Invisible

di sterne
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chi è causa del suo mal pianga se stesso ***
Capitolo 2: *** Il principe azzurro non esiste. ***
Capitolo 3: *** Chi di cuor si pente, fa penitenza abbastanza. ***
Capitolo 4: *** La verità è raramente pura e mai semplice. ***



Capitolo 1
*** Chi è causa del suo mal pianga se stesso ***


"Invisibile"



1° Capitolo
"Chi è causa del suo mal, pianga se stesso"

 

Gentilmente betato da Anna Laura

Sono invisibile. Invisibile come avrei sempre voluto essere. Non mi vede più nessuno, nessuno vede più i miei difetti. Nessuno vede più quello che io odio con tutte le mie forze. Nessuno vede più Me.

E’ quello che avevo sempre cercato, quello che sempre ho agognato, ma c'è una cosa negativa in tutto quello. E’ tutto troppo "Invisibile".

Mi avvicino a mamma che seduta al centro del mio letto con le mie foto sulle gambe e la mia maglia tra le mani mentre l'annusa urla disperata con gli occhi ricolmi di lacrime. E io non riesco a farmi sentire. Nonostante urli con tutte le mie forze. “Mamma sono qui, guardami. sono qui...” Lei non mi sente, lei non mi vede. Sono Invisibile...
 
Due giorni prima…
 
- “Perché sei qui?” Alza lo sguardo evitando accuratamente il mio. Mi guarda qualche secondo distrattamente e poi torna a raschiare il legno della barca.
- “Perché sapevo che ti avrei trovato.” Sospiro cercando di mantenere un tono freddo e distaccato.
- “Perché volevi trovarmi? L’ultima volta hai fatto finta di non vedermi. Sei scappata come una codarda”. Sbotta arrabbiato girandosi verso di me e prestandomi tutta la sua attenzione questa volta.
- “Magari è quello che sono. Siamo uguali del resto.”
- “Sei venuta per insultarmi? Per rinfacciarmi quello che ti ho fatto? Mi dispiace, ok? Quante volte ancora dovrò ripetertelo?”
- “No,non serve più ormai, non ce ne sarà più bisogno ..Tranquillo.
Sono venuta per dirti che va bene così, che ti perdono e non mi importa di quello che è successo. Sei stato il primo uomo che ho amato, l’unico in realtà.” Una lacrima sfugge al mio controllo, la cancello in fretta con le mani sperando  che non se ne accorga. Mi giro cercando di allontanarmi in fretta, ma, le sue mani mi fermano.
- “Mi dispiace per come sono andate le cose, non avrei mai voluto che finisse così.” Nemmeno un sospiro esce delle mie labbra. Rimango immobile ad ascoltarlo. Voglio memorizzare ogni suo tratto o dettaglio, ogni tremolio della sua voce.
- “Non andartene, ti prego, rimani un po’ qui con me.” Sussurra…
- “Non posso, ho poco tempo”. Devo andare via prima che il veleno che è in circolo nel mio corpo fermi il mio respiro. Tengo per me questa parte del discorso.
La sua mano continua a stringere la mia, poi la lascia andare, sapendo che è impossibile farmi cambiare idea.
Volevo vederlo per l’ultima volta, volevo dirgli addio, e dirgli che l’ho perdonato. Avrei voluto dirgli che. nonostante tutto, lo amo ancora.
Ma poi sarebbe stato ancora più difficile fuggire via.
Ma il tempo tiranno, è mio nemico.  Non faccio in tempo a fare pochi passi che sento ancora il suo sguardo posato su di me. Quando tutto comincia a girare, la vista si annebbia e le immagini cominciano a distorcersi. Un conato di vomito sembra salire dal mio stomaco, ma è solo l’impressione. Le forze cominciano a mancarmi e l’ultima cosa che sento è la sua voce. Urla il mio nome al vento e al cielo, gli unici testimoni della mia disperazione, il mio atto vile è servito a liberare la mia anima che era incatenata in questo corpo che odiava. Adesso è libera.
 
Mi sento leggera e stordita, mi guardo in torno e non sento più quel dolore al petto, forse il veleno non ha fatto effetto. La mia vista è tornata normale, adesso sento solo freddo.
Mi guardo intorno è vedo che nulla è cambiato, il paesaggio è quello di prima. La barca è sempre lì di fronte a me. Un singhiozzo mi ridesta, mi giro e rabbrividisco.
Il mio corpo giace a terra senza vita e quello della persona che amo lo stringe forte a sé cullandolo, le sue lacrime bagnano il mio viso ormai esanime. Giro attorno a quei corpi che conosco alla perfezione. L’unica cosa che sento è il suono melodioso della sua voce. Rotto solo dai singulti.
- “Ti prego, non puoi farmi questo, puoi odiarmi per tutta la vita, ma ti prego non mi abbandonare, non puoi andartene. Ho ancora tante cose da dirti …Non  puoi lasciarmi così.. Svegliati, ti prego svegliati.” Sussurra queste parole tra i miei capelli, e il mio cuore è sul punto di spezzarsi, anche se non può. Non più ormai.
 
Gli corro incontro, voglio abbracciarlo. Voglio dirgli che sono qui, che non lo lascio, che non me ne vado. Ma non posso. Le mie gambe sono ferme. Il mio corpo non risponde ai miei comandi. Sento una pressione sulla mano destra ma non riesco a capire cos’è. Il mio corpo adesso percepisce le cose in modo diverso. Guardo la mia mano intrecciata ad un’altra mano, le dita bianche e affusolate, mani giovani come le mie. Alzo lo sguardo. Braccio, spalla.. E’ un ragazzo.
I capelli castani scompigliati dal vento incorniciano il suo viso. È di una bellezza sconvolgente. Le labbra rosse come ciliegie sono piccole ma carnose, e gli occhi verde azzurri scrutano mesti e con attenzione la stessa scena che stavo guardando pocanzi anche io. I raggi del sole filtrano tra i suoi capelli e lo illuminano come fosse un angelo. E magari lo è anche, visto che sono… Morta. Sono morta. Di nuovo quel brivido di freddo, devo ancora abituarmi a questa idea.
- “Lasciami!” Urlo spazientita e visibilmente sconvolta. “Voglio andare da lui. Voglio tornare indietro.” Cerco di liberarmi dalla sua stretta. Ma rimango ferma, non mi sono mossa di un solo millimetro.
- “E’ perfettamente inutile tutta questa scena, rassegnati. Non c’è più nulla da fare!” rimane impassibile. La sua voce è calma e distaccata, come se stesse parlando del tempo. Quando io invece sento dentro di me tutta l’angoscia che avevo prima di morire triplicarsi. Perché Dan è lì di fronte a me. Che mi sussurra parole gentili, che mi prega di tornare indietro.. e io non posso. E mi pento di aver compiuto un tale gesto. Perché adesso non posso più tornare da lui. Non posso più stringerlo e sentire il suo profumo. Non posso più sentirlo
- “Ti prego aiutami, voglio tornare indietro. Voglio stare con lui.” Copiose lacrime rigano il mio viso. E il mio corpo è scosso da fremiti e singulti.
- “E’ troppo tardi, mi dispiace. Hai fatto la tua scelta, avresti dovuto pensarci prima.” Sospira tranquillo, la sua calma m’incendia. Come può non avere alcuna reazione?
- “Ma come osi parlarmi così? Devi aiutarmi. Ti prego ” . Mi accascio senza forze a terra, ai suoi piedi. La sua mano stringe ancora la mia. Ma non fa nulla per aiutarmi o per consolarmi. Chi è causa del suo male pianga se stessa, è proprio vero.
 
Dopo lunghi minuti che sembrano ore per me, smetto di piangere, ormai rassegnata all’idea che nulla più si può fare.
- “Chi sei tu?” Chiedo curiosa, non sono più nemmeno impaurita. Il suo viso m’infonde fiducia. E poi che male potrebbe farmi? Il male peggiore me lo sono inflitta io stessa.
- “Sono Markus, per ora ti basta sapere il mio nome. Il resto lo saprai strada facendo.”
- “Chi ti dice che ci rivedremo? Comunque io sono…”
- “ Bridget , so chi sei.” M’interrompe senza nemmeno guardarmi.
- “Bri…” Rispondo seccata “Bene, visto che le presentazioni sono state fatte puoi lasciami la mano. Oltretutto, non credo di averti dato tutta questa confidenza.” Concludo stizzita.
Nessuna parola da parte sua, lascia la mia mano e scompare così com’è comparso.
 
 
 
SPAZIO PER ME
 
Buongiorno fanciulle, sì avete ragione, sto cominciando a rompere lo so. Non è colpa mia, sono le mie mani indemoniate oggi, scrivono cose contro il mio volere.
Allora, inizio una nuova avventura. Non abbandono  “Where were you?” lo prometto. Questa storia nasce dal nulla. Non so come m’è venuta in mente. Una sera mentre tornavo a casa nella vetrina di un mercatino dell’usato ho visto un baule. E ho immaginato una storia con una ragazza fantasma seduta a gambe incrociate su quel baule. Mi rendo conto che può non avere senso ma vi assicuro che per me ce l’ha.
Abbiamo conosciuto i nomi dei protagonisti. Bridget è una giovane ragazza di venti anni con tanti problemi. Che decide che la sua vita è meno importante rispetto a tutto ciò che la circonda e fa questa scelta sbagliata pentendosene subito dopo.
Dan è l’unico vero amore di Bridget. L’ha fatta soffrire tanto ma era l’unico che sapeva come prenderla e anche lui l’amava tanto quanto lo amava lei. Solo che quando il destino si mette in mezzo è difficile opporsi.
E Markus, angelo custode di Bridget l’aiuterà a capire un po’ di cose.
Spero che la storia vi incuriosisca. Se vi va ci sarà un altro capitolo e basta forse ;)  Fatemi sapere che ne pensate.
Ah questo è il mio gruppo storie. Tra incanto e disincanto
Grazie in anticipo.
Clara
 
SPAZIO PUBBLICITA’
Se volete ho scritto altre 3 sciocchezzuole.
“Where were you?”  ancora in corso.
“Non importa…” Minilong di 4 capitoli. Completa.
“Lucciole e Lacrime” Os romantica.

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Capitolo 2
*** Il principe azzurro non esiste. ***


"Invisible"



2° Capitolo
Il principe azzurro non esiste
Gentilmente betato da Anna Laura 

- "Scompari e riappari ogni qualvolta ti va?  Un po’ sciocco da parte tua"
- "Non mi sembra che tu sia nella posizione più adatta per parlare..." e sorride con quel sorriso sornione che non fa altro che farmi innervosire "Vieni con me!"
- "Non vengo proprio da nessuna parte con te. Lasciami in pace." Nessuna risposta da parte sua ,afferra il mio polso e mi tira come se fossi una bambola di pezza; ed io non posso sottrarmi al suo volere.
- "Dimmi almeno dove mi stai trascinando. Ne ho il diritto"
- "No, hai perso ogni diritto quando hai deciso di rinunciare alla tua vita!" Mi guarda dritto negli occhi per la prima volta. E il suo sguardo è carico di rancore…
Per quale ragione poi?
 
Una folata di vento gelido mi scompiglia i capelli, sotto di me qualcosa di morbido, ciò che sto calpestando deve essere sabbia o terra, non riesco a percepire perfettamente . Devo ancora abituarmi a questi nuovi sensi. Abbasso lo sguardo, un manto di verde solletica i miei piedi coperti da sandali bianchi. Le mie gambe bianche, lasciate nude per metà. Una gonna di lino blu fascia il resto delle gambe sfiorandole delicatamente. La parte superiore del mio corpo invece è coperta da una larga camicia bianca. Alzo lo sguardo all’orizzonte, il tramonto sta imporporando il cielo. Nuvole rosse sembrano raggrupparsi, come alleate e mie nemiche creando una triste atmosfera. Tutto ciò fa da cornice ad una scena a me familiare.
- “Perché mi hai portata qui?” Chiedo visibilmente sconvolta.
- “Perché devi capire”.. Il suo tono è sempre lo stesso, freddo e distaccato.
- “Cosa devo capire? Come fai a conoscere questo posto? Chi sei tu?” Tante domande si affollano nella mia mente ma solamente alcune trovano via d’uscita e, allo stesso tempo, molte rimangono silenziose, tanto so bene che non otterranno risposta comunque.
- “Zitta e guarda!” mi zittisco anche se l’unica cosa che vorrei fare è urlare per ribellarmi alla sua insolenza.
Le nuvole rosse imporporate dalla luce del sole al tramonto, lasciano spazio a quelle grigie. Anche il cielo sta per piangere.
 
Una ragazza siede su una vecchia altalena, le gambe incrociate. I capelli in disordine le coprono parte del volto, guarda l’orizzonte senza guardarlo realmente. Le gambe la dondolano svogliatamente. Sono io…
Mi ricordo quel pomeriggio, volevo solo starmene da sola in camera mia, non volevo vedere nessuno, volevo rimanere al buio, succedeva spesso ultimamente, l’unica cosa che mi rendeva felice era leggere e scrivere. Scrivere ovunque, anche su un post – it, e qualsiasi cosa mi passasse per la testa. E i miei genitori non facevano altro che ripetermi che dovevo smetterla di vivere nel mio mondo e che dovevo vivere la mia vita. E non quella dei miei personaggi. Quel pomeriggio ricordo di avergli risposto male perché volevano convincermi ad uscire a chiudere uno dei tanti libri cominciati.
Leggevo perché era l’unico modo per provare emozioni che mai in vita vera avrei provato. E scrivevo per lo stesso motivo, volevo che almeno i miei personaggi avessero quello che non potevo avere io. Ma nessuno mi capiva. Nessuno, ero sola. Nessuno si accorgeva della mia inquietudine.
 
- “I suoi occhi sono spenti non sono più luminosi come una volta, Beth, dobbiamo fare qualcosa.”Una voce arriva ovattata alle mie orecchie catturando la mia attenzione. Non è Markus, e poi quel nome, Beth è il nome di mia madre. Mi guardo intorno ma non c’è nessuno.  Markus tira di nuovo la mia mano e la scena cambia, sono dentro casa mia, in cucina, i miei genitori abbracciati guardano dalla finestra, guardano la scena che guardavo pocanzi. Mio padre stringe a se mia madre.
- “Chris ho paura, nostra figlia è sempre stata una ragazza riservata, ma ora è diverso. Ora sembra stanca persino di vivere. Ho paura.”
 
-“Perché mi stai facendo vedere questo? Perché mi hai portata qui? Rispondimi!” Urlo spazientita avvicinandomi ai miei genitori. Provo a sfiorarli ma senza risultato. Non è vero che non avevano capito allora. Loro stavano cercando una soluzione, volevano aiutarmi e io non gliene ho dato il tempo. Maledette lacrime, almeno da morta avrei voluto essere padrona del mio corpo e riuscire a dominare le mie emozioni. Ma è impossibile evidentemente.
- “Smettila Bridget!”
- “Smettila tu di chiamarmi così. Sono Bri. Odio quel nome.”
- “Lo so, è per questo che ti chiamo così.”
- “Vuoi prendermi in giro? Vuoi farmi impazzire.”
- “Non puoi…” sentenzia guadagnandosi un’occhiataccia. “…sei morta” conclude.
- “Lo so non ho bisogno del tuo promemoria.” Sospiro asciugando le ultime lacrime sfuggite al mio controllo e mi maledico per essermi mostrata debole. Ancora una volta. “hai intenzione di darmi almeno qualche risposta?”
- “Smettila di piagnucolare e guarda.” Con un cenno indica la finestra di fronte a noi.
A fianco a me sull’altro dondolo un’altra figura. Prima non c’era ne sono certa. Un ragazzo dai capelli castani, scompigliati. Markus.
- “Eri lì? Con me? Perché?” lo guardo negli occhi e di nuovo quelle lacrime odiose. No, non piangerò di nuovo. E di nuovo da parte sua ottengo solo silenzi. Tira ancora la mia mano. È come se volesse tirarmi fuori dalla mia stessa vita. Dai miei stessi guai.
 
Siamo a di nuovo a casa mia, io sulla poltrona leggo distrattamente un libro, come al solito. E la mia amica di fronte a me agita le mani mentre farnetica qualcosa. Ma non riesco a sentire cosa.
Pian piano le voci si schiariscono e riesco ad ascoltare.
 
- “Mi sono innamorata!” sospira con gli occhi a cuoricino buttandosi sul divano.
- “Chi è questa volta?” chiedo con tono neutro, per nulla sorpresa o interessata, senza nemmeno levare lo sguardo dal libro. Conosco a memoria la sua espressione trasognante.
- “Un giovane marinaio in divisa. Con gli occhi azzurri come il cielo d'agosto e le labbra rosse e carnose. Bri avresti dovuto vederlo.”
- “uh interessante…” Sospiro.
- “Bri è bello vederti partecipe nelle nostre conversazioni.” Protesta la mia amica, facendomi notare la mia distrazione.
- “Sally tu ti innamori ogni due giorni. Mi hai raccontato di nove possibili padri dei tuoi figli è un po’ troppo, non credi?” Cerco di giustificarmi, giudicando lei. Quando adesso l’unica che DEVE essere giudicata sono io.
- “Lo so però questo è davvero un amore. Domani te lo faccio vedere. Tu piuttosto, Dan?”
- “Non lo so, non chiedermelo. Sono confusa. E’ lui però che è incomprensibile.” La mia amica mi guarda con aria preoccupata, tra poco se ne uscirà con una delle sue perle di saggezza. E’ una brava ragazza, dolcissima e altruista, però non mi sento capita nemmeno da lei.
- “Bri, il principe azzurro non esiste, mettitelo in testa. Quel mondo incantato che ti sei creata rimarrà solo nella tua fantasia. I ragazzi di cui scrivi e leggi ogni giorno sono frutto di una mente fantasiosa. Non esistono primi appuntamenti da palpito nè prime volte da sogno, con fuochi d'artificio e uccellini che cantano. Non esistono aitanti fanciulli con gli occhi blu come il mare che ti dichiarano il loro amore su una ruota panoramica nè vampiri superdotati che all'occorrenza diventano agnellini dal cuore di cioccolato. Chiudi i libri e apri gli occhi e guarda la vita vera...”
Eccola la perla di saggezza. Ha ragione lo so, ma è quello che mi sento dire ogni giorno.
 
Il mio sguardo cade di nuovo su di me, le mani torturano le pagine di quel libro che ho letto decide e decine di volte ma che ogni volta sortisce gli stessi effetti su di me. E affianco a me di nuovo Markus seduto sul bracciolo della poltrona.
- “Sei sempre stato con me? Perché?”
- “Il giro turistico non è ancora finito.” Stringe di nuovo la mia mano ma sciolgo la presa prima che possa portarmi ancora in giro per il passato.
- “No! Non voglio vedere altro. L’ho già vissuto, l’hai dimenticato? Voglio parlare con te”
- “L’hai vissuto ma non hai capito evidentemente.” Cerca di riprendere la mia mano ma io come una bambina capricciosa mi siedo a terra. Voglio sapere.
- “Ok, se è questo quello che vuoi ti spiegherò tutto.”
 
 
SPAZIO PER ME
 
Non chiedetemi perché vi prego. Ho una paura tremenda, mi sto impelagando lo so. Vi prego abbiate pietà è che sta prendendo tutto una piega strana. Ringrazio di vero cuore tutte coloro che hanno recensito il primo capitolo. Significa davvero molto per me.
Ah questo è il mio gruppo storie Tra incanto e disincanto
Grazie di cuore.
Clara
 
SPAZIO PUBBLICITA’
Se volete ho scritto altre 3 sciocchezzuole.
“Where were you?”  ancora in corso .
“Non importa…” Minilong di 4 capitoli. Completa.
“Lucciole e Lacrime” Os romantica.

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Capitolo 3
*** Chi di cuor si pente, fa penitenza abbastanza. ***


 

"Invisible"

3° Capitolo

 

 Chi di cuor si pente, fa penitenza abbastanza.

 

Capitolo NON betato.

 

 

- “Smettila ti prego” Piagnucolo.

- “No Bridget, visto che non vuoi ascoltarmi, farò a modo mio.”

- “No!” Urlo, ma ormai è troppo tardi.

Rivedo me e Sally, la mia migliore amica. Oddio no, questa scena no, ti prego. Cerco di ritrarre la mano, ma, Markus la tiene ben stretta.

 

Sono seduta a terra, nel bagno di casa sua.  La testa gira ancora e lo stomaco borbotta, vomiterò di nuovo da un momento all’altro. Guardo Markus che al mio fianco rimane immobile e in religioso silenzio. Riguardo me e Sally, la mia amica si appoggia al bordo della vasca, vicino a me. Mi accarezza i capelli togliendomi quelli che si sono appiccicati alla fronte.

 

- “Bri che ti succede? Non sei più la stessa, stai sempre male. Hai saltato le ultime quattro lezioni all’università. E quando incrociamo Dan cambi strada.

- “Sally per favore.”

- “No, Sally un corno. Ora mi spieghi. Bri sono preoccupata e anche i tuoi genitori lo sono.” La guardo con disprezzo quasi. Adesso me ne pento, in fondo stava cercando di autarmi.

- “A loro non importa nulla di me.” Oh merda… mi gira la testa, le orecchie mi fischiano. Faccio appena in tempo a sollevarmi e rimettere di nuovo.

- “Bri...” La mia amica preoccupata s’inginocchia al mio fianco e mi tiene i capelli.

- “Sono incinta.” Sussurro, quando ho ripreso fiato.

Stringo forte la mano di Markus e sento gli occhi pizzicare. Ti prego basta. Lo prego mentalmente.

- “Come sei incinta? Com’è successo?” Basta una truce occhiata e la mia amica tace. Ma per poco. “Ok, non volevo dire in quel senso. E’ che... cerca di capirmi, mi hai sorpresa.”

Lo scenario cambia e non sono più con Sally. Ogni volta sento la terra mancare sotto ai piedi. E’ come quando sei sulle montagne russe e senti lo stomaco salirti in gola e il fiato mancare.

 

 

Flashback

 

- “E domani?” Una spinta, un gemito, una lacrima.

- “Non pensare a domani, Bridget.”

- “Promettimi che non cambierà nulla, che non mi abbandonerai.” Singhiozzo quasi. Vorrei dirgli che lo amo. Che lo amo dalla prima volta che l’ho visto a scuola. Eravamo solo due bambini.

- “Te lo giuro.”

Mai giurare, mai. Io odiavo i giuramenti. Eppure quella notte gli credetti. Suggellammo quella promessa con il mio amore, i suoi sospiri e le mie lacrime. Quella notte stavamo incidendo il nostro destino. Quella notte fu l’inizio della fine.

 

Fine flashback

 

 

Markus stringe ancora la mia mano, il mio corpo trema. Non riesco a fermarlo. Ho freddo. Lo stesso freddo che provavo quando stavo per morire.

Lo guardo negli occhi, il suo sguardo non è più glaciale.

-“Perché mi stai facendo questo?” S’irrigidisce e stringe i pugni, così anche la mia mano. “Perché ce l'hai così tanto con me? Perché mi odi?”
- “Perché non mi hai dato ascolto quando ti imploravo di smetterla. Perché non hai voluto sentirmi quando ti sussurravo che eri importante e che eri degna di questa vita. Perché non hai voluto vedere il bello che c'era in te. Non odio te Bri. Odio me stesso per non essere riuscito salvarti.”

 

Guarda di nuovo fisso di fronte a noi. La scena continua. No! Mi accascio a terra non riesco guardare.

 

- “Non posso tenerlo Sally, lo capisci?” Piango, sono disperata.

- “Dan lo sa?” Sally mi guarda preoccupata.

- “No. E non lo dovrà sapere.”

- “Bri è anche suo figlio ne ha il diritto. Se non glielo dirai tu, lo farò io.”

- “No!” Urlo andandole incontro e stringendo le sue mani. “ No, ti prego” La guardo negli occhi. “Giurami che non glielo dirai.”

- “Bri…”

- “Ti prego, Sally per favore è già così difficile. Sono già la delusione della mia famiglia. Non voglio esserlo anche per lui.”

- “E Dan? Non ci pensi a lui? Non pensi che magari voglia saperlo?”

- “Mi ha abbandonata.” Scoppio in un pianto disperato. “Mi aveva promesso che non l’avrebbe mai fatto. Eppure mi ha lasciata sola.”

 

 

Inspiro cercando di trattenere quanta più aria possibile. I muscoli facciali cominciano a bruciare per lo sforzo, il cuore pulserebbe se solo fosse vivo. Con un altro scatto in avanti immergo il viso in quella pozza d'acqua limpida. E' fredda e gli occhi pizzicano terribilmente. Voglio piangere. Stringo la dita ai bordi della tinozza, le nocche impallidiscono. Sputo fuori tutta l'aria che ho nel petto, veloci le bolle corrono verso l'alto e raggiungono la superficie, scappano via da me. Anche l'aria che respiro è inorridita. I miei capelli fluttuano sul filo dell'acqua.
Quando il petto comincia a dolere, mi sollevo. E' la quarta volta che ripeto la stessa operazione. Non mi preoccupo nemmeno dell'acqua che ormai ha bagnato anche i miei vestiti. Copre le lacrime almeno.
Inspiro di nuovo e poi ancora, ancora, ancora e ancora.
- “Sei già morta la vuoi smettere?”
- “Zitto! Taci, taci, taci!” urlo e colpisco il suo petto a pugni stretti...

- “Bridget…” Il suo tono è calmo. Per la prima volta, non è arrabbiato o deluso, ma addolorato e rassegnato quasi. “Perché l’hai fatto?”

- “Io… Io credevo che così avrei risolto tutto, che liberavo tutti un peso.”

 

Markus si avvicina a me, i stringe entrambe le mani e io chiudo gli occhi.

Siamo a casa mia, nella mia camera. Guardo la stanza, è tutto esattamente come l’ho lasciato. I libri sulla cassapanca davanti al letto. Il vestito appeso all’anta dell’armadio semi aperto. La borsa a terra vicino alla libreria. La porta del bagno socchiusa. Ho come la sensazione che un’altra me stia per uscire da quella porta. Poi un singhiozzo mi riporta alla realtà. Guardo il mio letto e vedo mia madre. Provo a chiamarla, ma, non mi sente, non mi vede.

Sono invisibile. Invisibile come avrei sempre voluto essere. Non mi vede più nessuno, nessuno vede più i miei difetti. Nessuno vede più quello che io odio con tutte le mie forze. Nessuno vede più Me.
E’ quello che avevo sempre cercato, quello che sempre ho agognato, ma c'è una cosa negativa in tutto quello. E’ tutto troppo "Invisibile".

Mi avvicino a mamma che seduta al centro del mio letto con le mie foto sulle gambe e la mia maglia tra le mani mentre l'annusa urla disperata con gli occhi ricolmi di lacrime. E io non riesco a farmi sentire. Nonostante urli con tutte le mie forze. “Mamma sono qui, guardami. sono qui...” Lei non mi sente, lei non mi vede. Sono Invisibile...

 

Apro gli occhi di scatto, ho il respiro affannato e il viso rigato dalle lacrime.

- “Ti prego, basta”

- “No. Resisti. Non abbiamo ancora finito.”

- “Ti prego.”

- “Bri smettila di pregarmi.” Spalanco gli occhi per la sorpresa e mi zittisco improvvisamente. “Bri” E’ la prima volta che mi chiama così. Il suo sguardo è cambiato improvvisamente. Mi fa quasi paura. “Ero io a pregarti di non rinunciare alla tua vita. Ma tu non mi hai dato ascolto. Vedi che peso che eri per i tuoi genitori? Bri sei un’egoista lo capisci? Hai pensato solo a te stessa. Vedi tua madre? E’ angosciata per sua figlia. E Dan…”

Stringe di nuovo le mie mani…

 

Siamo in ospedale, sono io quella distesa sul letto. La bocca socchiusa è quasi completamente coperta dal un cerotto bianco, serve per tenere fermo il tubo che entra nella mia trachea.

Altri due tubicini piccoli invece entrano nelle narici. Il braccio sinistro è occupato da una flebo e all’indice è attaccata una piccola pinza, probabilmente e da lì che proviene l’assordante rumore del mio battito cardiaco. E’ regolare. Guardo il monitor che segna la frequenza, cinquantotto battiti al minuto.

Il lenzuolo bianco mi copre fin a sotto il petto. Sotto s’intravede un camice azzurro. Mi avvicino al letto. Non ricordo questa scena. Guardo Markus stranita e con la mente piena di domande. Dan tiene in mano un diario, e sta leggendo qualcosa, ma non riesco a sentirlo. Sento solo il battito del mio cuore e un bip continuo mischiato al suono di una respirazione artificiale.

Guardo me stessa distesa su quel letto e le gambe per un attimo cedono. Il camice è aperto leggermente sul petto, dei segni rossi, sembrano bruciature.

Le orecchie fischiano, sento di nuovo freddo quel freddo che penetra fino alle ossa. Rabbrividisco. Mi gira di nuovo la testa…

Chiudo gli occhi e non vedo più nulla, soltanto luce, tanta luce.





Spazio per me.

Salve fanciulle dopo tanti mesi torno ad aggiornare.  Devo dirvi la verità questa storia mi sconvolge non poco, è per questo che esito a scriverla. In più ho sempre il timore di cadere nel banale e di deludervi. Questo capitolo l'ho riscritto e corretto parecchie volte, ma alla fine era questo il senso.
Spero di non avervi deluse aspetto con ansia il vostro parere. Sono curiosa di sentire che vi passa per la testa. =)
Grazie in anticipo.
Clara

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Capitolo 4
*** La verità è raramente pura e mai semplice. ***



" Invisible "

4° Capitolo
 
La verità è raramente pura e mai semplice.
 
(Non betato)

 
 
 
- “So di non essere io l'orgoglio dei miei genitori. Mia madre guarda mio fratello maggiore e le uniche parole che escono dalla sua bocca sono riguardanti la sua bellezza. Poi guarda il minore e quando lo vede abbracciato alla sua fidanzata, dice che sono piccoli, ma, dolcissimi. E poi vede me... Cosa dovrei dire? "Mamma, papà, sono incinta."
Io che non ho mai portato a casa un ragazzo. E l'unico che abbia mai presentato è "ufficialmente" il mio migliore amico, Che tra l’altro non vedo da quando ho scoperto di aspettare un figlio da lui... Sally, solo la loro delusione. La loro più grande sconfitta.”

- “Non dire così, non è vero Bri. I tuoi genitori ti amano, vedrai che capiranno.”
- “No, Sally non è vero. Lo sai anche tu.”
- “Cosa so anche io? Eh Bri, cosa? So che tua madre è preoccupata per te. E  anche tuo padre. Ti costringono ad uscire di casa,  perché se fosse per te l’unico contatto con il mondo esterno sarebbe quel dannato computer. Bri quella che vivi attraverso i tuoi personaggi non è la tua vita. Tu devi crearti una vita. Tua. Vera.”
Rimango in silenzio. Del resto è quel che mi riesce meglio. Certe volte vorrei urlare al mondo intero tutto quello che penso, tutto quello che provo. Poi per fortuna, torno in me.
Vorrei dirle che si sbaglia. Vorrei dirle tante cose. Alla fine però le tengo per me. Tanto so già che quando tornerò a casa, aprirò il mio portatile e scriverò qualcosa di deprimente.
Sono anni che la mia vita sociale è pari a quella di un candelabro antico. Inutile e polveroso.
Non sono poi così diversa da qualche anno fa. Ho solo fatto finta di cambiare e di migliorare. Ma poi alla fine si sa, le persone non cambiano mai.
Questa sono io, inutile, apatica, asociale e polemica. Eternamente indecisa e perennemente scissa in due.
Prima o poi, logora dai rimorsi, ripenserò  al tempo passato e come ora, mi odierò.

 
- “Hai visto? Ci sei riuscita!” La voce di Markus mi fa tremare per qualche istante. Quando finirà questo strano viaggio paranormale.
- “Ancora tu…”
- “In carne ed ossa” Mi giro a guardarlo con aria perplessa “Ok, in bagliori e fasci di luci. Ti piace di più?”
- “Sei un angelo, no? O almeno ti spacci per tale. Quindi sì, direi che va meglio così.”
- “Sei brava a spostare l’attenzione su altro. Ma non m’incanti, bellezza.”. Mantiene ben salda la presa nella mia mano e gli occhi puntati sulla scena di fronte a noi. Alzo gli occhi al cielo e guardo anche io nella stessa direzione. La me del passato e la mia migliore amica continuano un muto discorso che conosco già.
- “Sono riuscita a fare cosa?” domando apparentemente tranquilla. Se c’è una cosa che ho imparato in questo viaggio paranormale è che Markus adora farmi irritare ed io non intendo dargli altre soddisfazioni.
- “Non fare finta di essere tranquilla, sono un angelo non uno stupido.” Mi guarda stizzito. Questa volta è lui ad essere irritato. La rabbia nel suo sguardo però dura pochi istanti presto una nuova scintilla li fa brillare. E’ quello che mi mette più paura è il modo in cui stringe la mia mano. No, no. No. Basta con tutti questi spostamenti. Piagnucolo nella mia testa. “Visto che ti piace così tanto mantenere lucida e brillante quella bella corazza che ti porti addosso, facciamo qualcosa di nuovo. Vediamo se riesco a riaccendere qualche emozione.” Strattona la mia mano e presto ci troviamo nella camera di Sally.
C’è qualcosa di strano, mi guardo intorno, la camera è illuminata dai raggi del sole. Dovrebbe essere pomeriggio inoltrato. Il letto è ancora disfatto. Una pila di vestiti sgualciti occupano la sedia all’angolo della stanza, tra la finestra e il grande armadio bianco che ricopre quasi interamente la parete di fronte al letto. Sul comodino la bajour è accesa, nonostante sia pieno giorno. A fianco un piccolo carillon portagioie. Quello che le ho regalato il giorno del suo sedicesimo compleanno. Sally adora i carillon. Ciò che attira la mia attenzione e che mi ferma il respiro per un momento è un portafoto. Mettendo a fuoco e cercando di scacciare via le lacrime che minacciano di uscire, capisco che si tratta di una  foto di Sally, Dan e me . Risale a circa quattro estati fa. Quando tutto ancora doveva accadere, qualche mese prima che mi rendessi conto di amare Dan.
Stringo con forza la mia gonna blu. Solo allora mi accorgo di indossare ancora gli stessi abiti che avevo quando… Quando sono morta. Aggiungo. Ormai è bene che cominci ad abituarmi a questa idea. Inoltre guardando bene me stessa. Mi rendo conto di non aver notato di essere seduta su un’antica cassapanca. Bri, Bri, se lo sapesse la madre di Sally… Era di sua nonna e ci tiene particolarmente. “E’ un cimelio di famiglia” aggiungeva saccente suo padre. Più per prendere in giro sua moglie che per valorizzare quel vecchio mobile.
Un rumore mi riporta alla realtà, che questa volta risulta essere più dura del previsto. Soprattutto perché guardandomi intorno mi convinco sempre di più che questa volta dovrò affrontare da sola quel che accadrà e che Markus non è qui a stringermi la mano.
Un’esile figura fa capolino nella stanza, indossa una maglia lunga e logora. La scritta scura sul fondo bianco risulta quasi totalmente sbiadita. Si fa avanti con passo annoiato e stremato. Solo allora i miei timori diventano certezze. Questo non è un flashback. Mentre il mio cuore comincia a battere all’impazzata, tutte le mie paure diventano realtà.
Sally solleva il capo e punta lo sguardo su di me.
Dopo un breve momento di religioso silenzio. E’ probabile che si stia chiedendo se stia sognando o meno. I suoi occhi, all’inizio sbarrati per la sorpresa più che per la paura, adesso sono velati di lacrime.
- “Hai paura?” Le domando incerta e con voce tremante.
- “Un po’” ammette.
E tutto quel che faccio e scendere dalla cassa panca, correrle in contro e abbracciarla.
 
E come quando ti trovi nell’occhio del ciclone, la stanza comincia a girare. Non sento più il calore del sole che pochi istanti fa scaldava la mia pelle. Non ho più le braccia rassicuranti di Sally a stringermi forte. Non sento più il profumo di lampone che aleggiava intorno a noi. Sento solo freddo e una mano, la sua, che mi stringe.
Un calore differente adesso si propaga intorno a me. Il buio mi circonda, soltanto una fioca luce filtra attraverso le fessure della porta alle mie spalle.
Cerco di mettere a fuoco, ma non è semplice orientarmi con così poca luce.
- “Ehi sei sveglia?” una voce assonnata mi scuote anima e corpo. No, no, no, no. Non te lo permetterò questa volta.
- “Ehi…” l’unica risposta da parte mia. Ricordo perfettamente quella notte. E non intendo riviverla.
 
-“Markus, Come puoi farmi questo?” sibilo. Come se i miei compagni di stanza potessero sentirmi. Tzè! Non mi abituerò mai all’idea di essere Invisibile. “Markus!” niente, nessuna risposta. Mi muovo irrequieta da una parte all’altra della stanza. “Che tu sia dannato!” sbotto irritata.
Solo a quel punto una mano gelida, strattona nuovamente la mia. E’ la sua, finalmente.
- “Sono stato dannato nell’esatto momento in cui hai ingerito quel maledetto veleno. Sei stata tu a dannarmi.” Ci muoviamo velocemente, è come se fluttuassimo. Non riesco nemmeno ad orientarmi, non so dove siamo, né dove stiamo andando.
Una luce fortissima mi costringe a chiudere gli occhi.
Quando li riapro sono di nuovo in quella camera d’ospedale. Questa volta però non sono una semplice spettatrice.
Sono distesa su quel letto, provo a parlare ma qualcosa nella gola me lo impedisce. Intravedo due tubicini uscire delle narici. Ricordo il flashback di qualche ora fa, o magari era qualche giorno fa. Chi lo sa.
Sposto lo sguardo sulla parte sinistra del mio corpo, il braccio è occupato da una flebo e all’indice è attaccata la piccola pinza del cardio-frequenzimetro. Il battito è regolare, guardo il monitor di fianco al letto, cinquantotto battiti al minuto.
Un lenzuolo bianco mi copre fin a sotto il petto. Sotto indosso un camice azzurro, è aperto leggermente sul petto. Noto i segni rossi, sembrano bruciature. E lo sono infatti. Devono avermi praticato una rianimazione. Rabbrividisco.
Alzo lo sguardo e vedo Dan, seduto di fianco al letto tiene ancora in mano quel diario, come nel flashback, il capo chino, sta leggendo.
 
-“Quella sera maledetta avevo giurato a me stessa che nulla avrebbe rovinato quello che avevamo costruito. Ti avevo detto che ti amavo, ti avevo svelato quei sentimenti che erano rimasti nel mio cuore per così tanto tempo. Nonostante questo, nonostante il mio cuore scoppiasse di gioia perché non eravamo più soltanto amici. C’era ancora un segreto tra di noi. Un’enorme segreto. Così mentre prendevo fiato, quella sera maledetta cambiavo il mio futuro.”
 
Il battito del mio cuore al suono di quelle parole comincia ad aumentare, la voce incrinata di Dan fa tremare il mio stomaco. Conosco il seguito di quel racconto e lo conosce anche lui. Entrambi conosciamo la fine. Dan solleva lo sguardo i suoi occhi incontrano i miei e per la prima volta dopo tanto tempo non sono Invisibile. Per la prima volta dopo tanto tempo mi sento di nuovo Viva.




Spazio per me.

Chiedo umilmente perdono per il ritardo. Ma l'ispirazione è arrivata solo oggi. Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento. Credo parli da sè, non ho molto da aggiungere. Sperò di ricevere qualche recensione con il vostro parere. Grazie per la pazienza.

Clara.

 




 

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