A day in the life.

di aleintheskywithdiamonds
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rumore in sala prove. ***
Capitolo 2: *** Rita. ***
Capitolo 3: *** Ma... Io so chi sei! ***
Capitolo 4: *** Sad, but true. ***
Capitolo 5: *** Reazioni. ***
Capitolo 6: *** William. ***
Capitolo 7: *** Un passo avanti. ***
Capitolo 8: *** Faul. ***
Capitolo 9: *** Sconosciuto. ***
Capitolo 10: *** Cambiamento. ***
Capitolo 11: *** Beccati. ***
Capitolo 12: *** The End. ***



Capitolo 1
*** Rumore in sala prove. ***


Rumore, solo rumore si riusciva a sentire in quella sala prove dove John, Paul, George e Ringo provavano ormai da ore. 
Non una parola era ben distinta dalle altre, non una frase intera era possibile individuare. La situazione era, però, ben facile da capire: quattro musicisti da Liverpool stavano litigando per un motivo che ormai non ricordavano più.
< Cazzate > diceva Lennon.
< Ascoltami > ribatteva Harrison.
< Basta > continuava a ripetere Starr con tono spazientito.
< Ora me ne vado > diceva McCartney come se fosse una minaccia.

Per un fan è difficile immaginare questa scena, i tuoi idoli che litigano furiosamente tra di loro. Sono pur sempre esseri umani, o no? Quello di quel mercoledì 9 Novembre 1966, fu il litigio più violento prima del periodo precedente allo scioglimento della band.

< Volevi sperimentare? Non ti è bastato Revolver? > diceva Paul rivolgendosi all'amico di vecchia data, John. < Vuoi completamente rifare la nostra musica? > 
< Ormai siamo sulla vetta, possiamo fare quello che vogliamo, basta che in copertina ci sia la nostra faccia e la gente continuerà a comprare i nostri dischi. > continuava a dire John per zittire Paul.
Ormai il litigio era solamente tra John e Paul, gli interventi di George e Ringo serviva solo ad alimentare la fiamma della lite.

Dopo l'uscita di Revolver i Beatles erano ansiosi di continuare sperimentare e immergersi nella musica psichedelica che iniziava ad affascinare in quel periodo. Tutti e quattro erano decisi sul da farsi, soprattutto George e John, ma non tutto è sempre rose e fiori.

Ci fu un lungo momento di silenzio, George teneva in mano la sua chitarra osservandola per bene, ma senza sfiorarla, non voleva creare alcun suono, non voleva che il suono delle sue corde infastidisse i tre Beatles, Ringo teneva in mano le due bacchette e ogni tanto spingeva con forza alle due estremità, come per spezzarle. Ad interrompere quel momento di quiete fu Paul, che si alzò dalla sedia di legno su cui era seduto immobile < Sono le 5, sono stanco. Ci vediamo domani mattina. > e senza nemmeno aspettare la risposta di John, George e Ringo, uscì dallo stabile in direzione dell'albero sotto cui aveva parcheggiato la propria auto sportiva grigia.

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Capitolo 2
*** Rita. ***


Rita.

Salve a tutti, sono Rita. Ho appena vent'anni, vengo da una buona famiglia, che però ho lasciato per andare a vivere con il mio ragazzo.
No, non sono scappata, se ho bisogno dei miei genitori, loro mi danno una mano. Sto insieme a Patrick da quasi due anni, ci siamo messi insieme un giorno di dicembre, mi ricordo, nevicava tanto, eravamo appena tornati dalla festa di una mia amica, lui si era imbucato, quando è arrivata l'ora del coprifuoco e tutti gli invitati sono tornati a casa, lui mi ha fatto passare la notte a casa sua.
Dopo qualche notte passata nel suo letto, mi ha chiesto se poteva diventare una cosa seria. 

Il nostro rapporto va a gonfie vele, cioè, andava a gonfie vele finché non sono rimasta incinta, ora sono al terzo mese e i dottori dicono già che è un maschio. Patrick era al settimo cielo quando l'ha saputo. Bene, io no. Sono giovane, ho tutta la vita davanti e non mi ci vedo bene a cambiare pannolini. Non gli ho detto subito che non ero daccordo sull'avere un figlio, anzi, ero decisissima ad abortire. Lui un po' meno... Se devo dirla tutta, proprio per niente. Patrick voleva un figlio a tutti i costi e abbiamo iniziato una litigata che è durata circa due settimane.

Ora sono qui, una ragazza incinta, nel bel mezzo di una strada alle 5 del mattino. Ho freddo, ho anche paura, ma avevo più paura a rimanere a casa con Patrick, sono quasi sicura del fatto che se non fossi stata incinta, mi avrebbe già ammazzata di botte.
Sono ore che vago, in cerca di una macchina che mi possa accompagnare in un posto caldo, un bar ancora aperto che possa prestarmi un telefono, anche un uomo che mi possa tenere compagnia finché non sorge il sole. 

Non mi pento di essere scappata da Patrick, potrei pentirmi di aver abbandonato i miei genitori, ma non mi mancano più di tanto. Anche se adesso vorrei avere una mano da loro.
*si siede a terra, con le spalle contro un albero ancora umido dalla precedente giornata di pioggia. Cerca di coprirsi meglio con il golf, ma il freddo è così forte da farle quasi ghiacciare il sangue. Chiude gli occhi, ma dei forti fari e il rumore di un motore le fanno quasi dimenticare il suo intento di dormire un pochetto. Si alza e sbraccia per farsi vedere dal conducente della Aston Martin DB5 che si ferma proprio davanti a lei, aspettando che apra la portiera e salga a bordo*

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Capitolo 3
*** Ma... Io so chi sei! ***


Paul era stanco, davvero molto stanco. Aveva passato tutta la notte in sala prove con George, John e Ringo, e il duro litigio che aveva appena affrontato l'aveva sconvolto ancor di più. 

Il bassista sedeva sul sedile posteriore della propria Aston Martin DB5 e con le mani toccava il sedile di fronte a lui in cerca del volante. Era così stanco che non riusciva a rendersi conto del fatto che aveva aperto la portiera sbagliata e che si era seduto sul sedile sbagliato. Era una situazione piuttosto divertente, anche Paul la trovava divertente, ma la stanchezza lo consumava a tal punto che non aveva abbastanza forze per riderci sù. 
Uscì dall'auto e riprese il posto del conducente, con un movimento debole girò le chiavi e partì diretto verso casa sua, non vedeva l'ora di poggiare la testa sul cuscino e dormire.

Aveva passato un paio di semafori, una fermata del bus, tre case con altrettanti giardini dall'erba umida e un piccolo pub ormai chiuso, quando la sagoma di una donna comparve in mezzo alla strada. Per un attimo Paul non la investì, ma si fermò le fece un debole sorriso e lei salì in macchina.
< Che ci fai in giro a quest'ora? > chiese Paul con il suo solito fare da bravo ragazzo inglese.
< È una lunga storia... Piuttosto, tu che ci fai in giro a quest'ora? > chiese la ragazza divertita.
< È una lunga storia... > 
La risposta di Paul divertì la ragazza che accennò un sorriso e continuò < Io sono Rita. >
< Dove vuoi che ti porti, Rita? > chiese Paul sorridendo.
< Va bene anche un Motel, basta che sia un posto con un letto caldo dove passare la notte. >

Dopo la risposta di Rita, ci fu un lungo silenzio. La macchina viaggiava a velocità moderata e la ragazza ogni tanto scrutava il viso di quell'uomo così gentile che le aveva offerto un passaggio. A un certo punto l'auto sportiva grigia passò sotto un lampione e lo sguardo di Rita incrociò quello di Paul.
< Oddio... > sussurrò lei < Ma... Io so chi sei! Non ci posso credere, SEI PAUL MCCARTNEY! > 
Rita era un fan sfegatata dei Beatles, aveva ogni loro disco che ascoltava quando era a casa da sola, siccome Patrick li reputava "quattro deficienti".
Gli occhi di Paul si spalancarono e Rita gli saltò addosso strillando < Sta calma, sta calma! > diceva lui, ma la giovane ragazza non lo ascoltava, era troppo presa dall'eccitazione. 
Rita gli era praticamente in braccio, col piccolo pancione che sfiorava il freno a mano, Paul cercava di farla tornare al suo posto, ma non ci riusciva, la ragazza era quasi più forte di lui. 
Il bassista riuscì a far tornare la giovane ragazza al suo posto e a riprendere il volante, ma non si accorse che il semaforo che regolava lo scorrimento dell'incrocio in cui era arrivata l'auto era diventato rosso, Paul schiacciò col piede l'accelleratore e in meno di due secondi, un'auto sbucò dal nulla. 

Rita urlò e lui con un veloce movimento riuscì a evitare l'auto, ma non l'albero che sorprese il musicista che tentò di fermarsi... Ma fu troppo tardi. Rita e suo figlio morirono sul colpo e Paul fu scaraventato fuori dall'auto, sbattè la testa contro lo stesso albero che aveva mandato l'auto sportiva fuori controllo e poi rotolò giù per un burrone là vicino.

Così... Così la vita del giovane bassista s'interruppe. D'un tratto.
Cazzo, no. Non poteva essere. Insomma. Non poteva finire così, la favola di quattro ragazzi da Liverpool che hanno ispirato la loro carriera ai grandi del rock n' roll, che stavano finalmente vivendo il loro sogno. Erano ormai più famosi di Gesù Cristo, non era solo una frase tratta da un'intervista, era ormai un dato di fatto. Andando in giro per una qualsiasi cittadina, avresti sicuramente trovato qualcuno che ti rispondeva alla domanda "I Beatles, li conosci, vero?".
Il mondo avrebbe subito un trauma troppo grande, la prematura perdita di uno dei suoi idoli.

Paul, ora non si sapeva dove fosse diretto. Se qualcuno avrebbe mai rivisto i suoi occhioni da cucciolo, le sue labbra a forma di cuore e, persino, le sue sopracciglia che qualcuno aveva considerato da frocetto. Troppo brutto per essere vero, no? Ma purtroppo, era tutto fottutamente vero. 

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Capitolo 4
*** Sad, but true. ***


< No no no no. CAZZO NO. > urlava Brian al telefono.

Erano le sette del mattino e un poliziotto aveva trovato la macchina incidentata. Utilizzando il modello dell'auto e la targa, la polizia era riuscita a risalire a Paul. Incredulo. Il poliziotto che era venuto a sapere di questa informazione era incredulo. Non poteva essere, non sapeva se avvertire la stampa o Brian Epstein, il manager della band inglese. Era un'informazione da paura, una novità così non capita più di una volta nella vita. Poteva venderla alla stampa e farci dei bei soldoni da mettere a posto la pensione, ma no. Aveva deciso di fare la cosa più giusta.

< Non una parola, chiaro? NON una parola. > il manager era sceso a patti col poliziotto. Anche se il cadavere non era stato trovato e le prove che dimostrassero che il giovane McCartney era su quell'auto grigia, che ormai era tuttuno con l'albero, erano pochissime, Brian non voleva che nessuno sapesse di quell'incidente. No, non poteva succedere quel casino proprio ora.
Mise giù la cornetta con violenza, quasi lanciandola contro l'apparecchio telefonico. Era sudato, completamente rosso e le lacrime gli rigavano il volto. 
< Che cazzo succede? > arrivò Lennon dalla stanza di fianco sorpreso e divertito dal casino che aveva fatto il manager < Si è formato un altro gruppo religioso contro di noi? >
Brian scuoteva la testa in segno di negazione, fissando il basso. Si buttò sul divano più vicino, la notizia l'aveva completamente sconvolto. 
< Paul, Paul è morto. > furono le uniche parole che lui riuscì a dire. 
John scoppiò a ridere. Aveva avuto la stessa reazione quando sua zia Mìmi gli aveva comunicato la morte di zio George. John ha sempre avuto una visione cinica del mondo, per lui era tutto uno scherzo, ma purtoppo, questo, non era uno scherzo.

Guardò Brian negli occhi, sconvolto. Non sapeva se credere o no a quello che aveva appena detto l'uomo seduto in fronte a lui. 
John aprì la bocca per parlare, ma George e Ringo arrivarono, col sorriso sulle labbra.
< Allora, Paul si è divertito stanotte e ha deciso di darci buca? > disse Ringo.
< Ehi, ragazzi. Va tutto bene? > continuò George.
Silenzio, silenzio totale.
< Paul. > borbottò Lennon con le poche forze rimaste.
< Cosa? Paul cosa?! >
< È morto, cazzo. MORTO. > continuò Brian mettendosi le mani sul volto.
< No, state scherzando, spero. > 

Non ci fu risposta. 
Le ore seguenti furono piene di vuoto.
Vuoto.
Non un respiro.
Non una fottuta parola.
Non un dannato movimento.
Erano tutti e quattro. Immobili sulle poltrone a fissare il pavimento.

Nonostante il precedente litigio, era pur sempre il loro amico più caro. Insieme avevano vissuto esperienze magnifiche. 
Era andato. Non avevano avuto la possibilità di salutarlo. Non l'avrebbero più rivisto dopo. 
Passò molto tempo. Non si poteva perfettamente definire quando tempo John, George, Ringo e Brian avessero passato su quelle poltrone, ma il manager si alzò e asciugandosi le lacrime disse: < Dobbiamo trovare una soluzione. >
< È morto, Brian. Non c'è alcuna soluzione. > disse George riluttante.
< No. Abbiamo sputato sangue per arrivare dove siamo arrivati. Non può finire tutto così. >
< Cosa intendi dire. >
Brian guardò a terra, non diceva niente, ma le sue intenzioni erano perfettamente chiare.
< Ha ragione. > disse John alzandosi < Lo so, Paul lascerà un vuoto impossibile da riempire. Ma abbiamo lavorato sodo e non possiamo sciogliere la band così. >
< Cosa vorresti fare? Trovare un nuovo bassista? > disse Ringo guardando John dritto negli occhi castani.
< Brian, la stampa sa già? > disse Lennon ignorando il batterista.
Brian scosse la testa < Hai ragione. John sei un genio. >
< Cosa? Cosa?! > George e Ringo non avevano capito che volevano dire i due, ma non dissero niente aspettando spiegazioni.
< Troviamo un sosia, insegnamogli quello che deve sapere e facciamo finta che nulla sia successo. > disse ancora il manager.
< È folle. Completamente. > disse Harrison.

John era daccordo con l'idea di Brian, ma sostituire il suo migliore amico, era davvero un peso enorme da sopportare. 
George aveva ragione, era un'idea folle, completamente folle. Ma il sentimento che prevaleva in quella stanza era la disperazione. La disperazione li avrebbe portati e compiere quel folle gesto?

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Capitolo 5
*** Reazioni. ***


 Vuoto. Vuoto totale. Lo stesso vuoto di prima. Niente, proprio un bel niente. Brian aveva trovato una soluzione? Era meglio seguirlo con la bocca cucita e il peso di un segreto che mai, dico MAI, dovranno rivelare al mondo?

 

John.

Il suo migliore amico, Paul. Ricordava bene il giorno in cui lo aveva incontrato. Anzi, benissimo. Siamo a luglio, il 6 luglio 1957. John suonava con la sua band skiffle, i Quarry Men, era sul piccolo palco allestito dietro alla parrocchia di St Peter's Parish Church e un giovane Paul di appena 15 anni, li guardava esibirsi con un'aria compiaciuta. La stessa sera il suo amico Ivan, il bassista del gruppo, presentò Paul a John.

Paul aveva un'aria fin troppo pulita, infatti continuava a prenderlo in giro per il fiorellino che portava nel taschino destro della giacca, ma nonostante quello, Paul prese coraggio e iniziò a suonare, colpendo così John... Lì era iniziato tutto.

"But of all these friends and lovers there is no one compares with you." diceva John in In My Life e forse, senza nemmeno accorgersene parlava proprio di lui, di quel piccolo quindicenne che teneva la chitarra al contrario, come gli ripeteva ostinatamente Lennon.

Insomma, insieme le avevano vissute tutte, inutile stare a raccontare quante, perché cosa hanno combinato lo sanno solo loro.

Un'amicizia interrotta senza nemmeno un saluto, un cenno. Forse nemmeno si erano ancora detti quato era grande l'amore che uno provava per l'altro, ma tanto loro lo sapevano già...

 

George.

Paul aveva 9 mesi in più di lui. Sull'autobus che li portava fino a scuola lo guardava come se fosse superiore a lui, ma la musica fu la cosa che li legò strettamente.

< Io ho una tromba. Mio padre me l'ha comprata e sta cercando di convincermi a suonarla. > diceva Paul.

< Io invece ho una chitarra. Amo le chitarre. > rispondeva George mostrandogli le varie chitarre scarabocchiate sui quaderni di scuola.

Da lì partirono conversazioni infinite sulla musica, scambi di idee, proposte.

Paul ha sempre trovato l'amico un ottimo chitarrista, è stato lui a convincere John a far parte dei Quarry Men.

In quel periodo erano in ottimi rapporti. George si era appena sposato con Pattie e voleva a tutti i costi che Paul gli facesse da testimone. Quando pensava al fatto che l'amico quella sera aveva alzato un po' troppo il gomito, gli saltava alla bocca un piccolo sorriso, un sorriso alla George, timido, ma che veniva dal cuore.
Proprio in quel periodo doveva perderlo. No, non ora. Perché proprio ora? Il destino fa brutti scherzi... È la vita... Non tutto gioca a nostro favore. Risposte che sarebbe meglio non sentire a queste domande.

 

Ringo. 
< Fermi ragazzi. Prima di voi si esibirà un altro gruppo. > Amburgo, 1960 circa. La prima volta in cui i ragazzi di Liverpool si esibivano con un contratto a nome "The Beatles". 
< Che gruppo sarebbe? >
< Rory Storm and The Hurricanes. >
I ragazzi seguirono il concerto con calma e interesse, seduti su una sedia in fondo al locale, maggiormente occupato dal piccolo palco dove i ragazzi suonavano. Tra di loro spiccava un giovane batterista, avrà avuto più o meno vent'anni, Ringo. Chiamato così per i tanti anelli che teneva alle dita, così tanti che sembrava che guidassero loro le bacchette.

Ringo si godeva il minor numero di fama all'interno del gruppo, siccome Paul e John ne condividevano la leadership, ma nonostante quello, i rapporti con Paul erano più che buoni.
Insieme scherzavano, portavano allegria tra le quattro mura in cui erano costretti a stare prima dei concerti. Tra Ringo e Paul non ci sono mai stati problemi seri.

Perdere Paul per Ringo era come perdere un amico di vecchia data, quelli che ti conoscono meglio degli altri e che non scambieresti per nulla al mondo.

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Capitolo 6
*** William. ***


William Campbell.

< Campbell, nel mio ufficio. >
Il commissario aveva appena chiamato il giovane Campbell nel suo ufficio per discutere dell'ultimo caso. Il ragazzo si pulì i folti baffi dal caffè e si recò subito nell'ufficio di vetro.
Era alto appena 179 cm, aveva un'andatura decisa e piuttosto buffa dato che a volte ricordava quella di una donna, portava un paio di occhiali dalla montatura spessa e i suoi occchi tendevano ad andare verso il basso esternamente.
< Signore, mi ha chiamato? > disse William con il suo accento canadese.

Qualche ora dopo...

Will - così lo chiamavano i suoi amici - era stanco, stanchissimo, la discussione con il commisario era stata dura, siccome quell'uomo leggermente calvo e sulla quarantina, era un tipo tosto.
La sua amata poltrona lo stava aspettando ed era pronto per buttarcisi su e gustarsi un té caldo con un bel giornale. 
Quel giorno, il quotidiano che comprava tutte le mattine mentre andava a lavoro era stranamente più spesso degli altri giorni, c'erano molte, ma molte più pagine del solito. Stava lì sul tavolino sistemato ordinatamente di fianco alla poltrona - anche se la casa di William non era tenuta in ordine da una mano femminile, era sempre ben organizzata - il giovane poliziotto lo prese, lo aprì e lesse il titolo che introduceva all'articolo su un grave incidente d'auto accaduto poco prima del sorgere del sole del 9 Novembre. Era stato trovato solo il corpo di una giovane donna incinta di tre mesi, ma anche parecchio sangue, appartenente a un'altra persona.

William detestava leggere articoli che parlavano della morte di qualcuno, lo rendevano profondamente triste e gli veniva subito il timore di morire prima di aver fatto qualcosa di importante nella vita. 
Capì proprio in quel momento che nei suoi giorni c'era del vuoto, doveva trovare uno scopo, doveva trovare qualcosa da fare.
Non sapeva cosa, non aveva alcuna idea. Qualcosa tipo iniziare il college e prende finalmente una laurea, salvare una vita, mettere su una famiglia, perdere dieci kili, trovare la cura per il cancro... 

Pensieroso andò in cucina per prepararsi un té - bere un té caldo era quello che amava fare di più - , ma si rese conto che non c'erano più bustine. 
< Potrei aspettare domani. > pensava, ma un bel té caldo era l'unica cosa che poteva tirarlo su in quel momento.
Senza pensare a dove andare prese la giacca, il portafoglio, le chiavi di casa e uscì. 
Mentre chiudeva la porta di legno e attraversava il piccolo giardinetto, continuava a pensare alle parole del giornale e al suo desiderio di fare qualcosa di grande, di grande davvero.
I suoi pensieri furono interrotti da un uomo che gli si era avvicinato, da qualche metro lo stava addirittura seguendo. 
< Aspetti. > l'uomo lo fermò < Lo so che la mia proposta potrebbe sembrare stupida, ma... >

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Capitolo 7
*** Un passo avanti. ***


Una ricerca impossibile. Ecco cos'era.

Come trovare un uomo sulla ventina fisicamente uguale a Paul, che sapesse muoversi esattamente come lui, che avesse lo stesso approccio con le persone, con un'esperienza musicale pari a quella di un membro del gruppo più famoso della storia?

 

Brian cercava qualcuno che riuscisse ingannare il pubblico e sostituire Paul da settimane.

Andare da una persona e chiedergli esplicitamente se aveva i requisiti giusti per poter sostituire Paul McCartney... Dai sù, o ti prendevano per pazzo oppure era molto probabile che un segreto che doveva essere nascosto al mondo veniva scoperto in quattro e quattr'otto. 

La strategia del manager inglese era quella di andare in un qualsiasi concerto, in un qualsiasi locale, sedersi in seconda fila - la prima spettava alle "vere fan" - e guardare se uno dei componenti della band che stava suonando era adatto a sostituire il baronetto scomparso.

 

Brian sapeva che non sarebbe riuscito a trovare un sosia il giorno dopo l'inizio della sua ricerca, ma questa caccia era diventata stressante e trovare la persona giusta si era rivelata una missione impossibile.

 

Un caffé, ci voleva un caffé, Epstein non era un amante della bevanda inglese e, nonostante la stanchezza aveva ancora tutta la giornata davanti, e doveva continuare la sua inutile ricerca.

Quel giorno aveva visitato tre locali dove tre giovani band suonavano dal vivo. I bassisti erano l'obbiettivo di Brian, quello del primo locale non era abbastanza preparato, in poche parole suonava il basso come lo suonano i cani ciechi; nel secondo locale c'era una band che aveva un cantante con una chitarra mezza rotta, una batteria a cui mancava qualche pezzo e nemmeno un bassista - inutile dire che Brian, solo a vederli aveva scartato la possibilità di rubare un componente per renderlo il "nuovo Paul"; e nel terzo locale il bassista era accettabile, ma fisicamente era troppo diverso da Paul.

 

Come sostituire un pezzo unico nel suo genere? Come?

 

Brian fece per attraversare la strada e tornare a casa, ma un uomo catturò la sua attenzione. Era alto quasi quanto Paul e i loro buffi modi di camminare erano simili.

Finalmente c'era, prima di andare da lui si chiedeva se ne sarebbe valsa la pena… Insomma, non pensando agli affari della band, Paul era suo amico, un amico insostituibile. 

 

Si avvicinò a lui, pensando per bene a quello che doveva dire, era a due centimetri da quel personaggio che tanto gli ricordava l'amico deceduto, gli picchiettò due dita sulla spalla per attirare la sua attenzione, questo si girò e Brian prese il respiro e attaccò con la sua folle proposta: 

< Buongiorno, sono Brian Epstein, il manager dei Beatles. >

Un'espressione di sorpresa comparse sul volto di quel sconosciuto.

< … > Brian non sapeva che dire. Era una proposta impossibile.

< Sì? > chiese cortesemente il ragazzo.

< Ha mai voluto suonare in una band? >

Il giovane sconosciuto arrossì, inizio a sudare e poi disse < Ho sempre voluto diventare famoso, fare qualcosa di importante nella vita, so anche suonare leggermente la chitarra, ma non sono un musicista. >

< Mi segua. Parliamone davanti a un caffè. > disse Brian sorridendo indicando un piccolo bar appena dietro l'angolo.

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Capitolo 8
*** Faul. ***


< Allora William, ci stai? >

Brian e il giovane uomo che si era appena presentato al manager, William Campbell, erano seduti davanti a un caffé da quasi un'ora.
Nonostante non fosse una cosa sicura buttarsi e fare quella folla proposta a un tale sconosciuto che avrebbe potuto vendere la storia alla stampa, Brian aveva parlato dello spiacente episodio e sul perché avesse tanto bisogno del giovane poliziotto.

< Sarebbe il sogno di una vita. Paul McCartney è uno degli uomini più famosi del mondo, o per l'amore del cielo, la sua morte è una cosa tragica, certo, ma essere al suo posto... >
William era estasiato. Anche se i Beatles avevano smesso con i loro tour da un pezzo, le fan urlanti c'erano sempre, e passare dalla solitudine di una casa da scapolo vuota, alla celebrità era qualcosa che voleva assolutamente provare.
< Ma io so solo suonare la chitarra. E non credo di assomigliargli come dice lei, signor Epstein. > chiese il ragazzo con insicurezza.
< Chiamami Brian. Non ti preoccupare, ti insegneremo tutto noi e per l'aspetto provvederemo con qualche operazione di chirurgia plastica, pagheremo tutto noi. Una cosa mi interessa, sai scrivere? >
Sostituire un musicista era facile, ma i testi delle canzoni di Paul, accompagnati persino alla melodia più stupida del mondo, potevano trasformare qualsiasi brano in un capolavoro.
< Sni. Cioè, scrivo qualche poesia quando il commissario non mi affida un caso su cui lavorare, ma non sono un granché e mi vergogno a farle vedere. >

Il viso di Brian si aprì in un enorme sorriso, aveva trovato quello a cui stava cercando. Pagò il conto alla giovane cameriera, si alzò in piedi e strinse la mano al giovane William.
< Sia chiaro, da adesso, William Campbell non esiste più. La tua vecchia vita non esiste più, ora và a casa tua, fai i bagagli, prendi tutto quello a cui tieni, ci penseremo noi a venderla e infine và dal tuo capo e licenziati. Non dare spiegazioni, affronta il commissario e lascia lui e la sua squadra sbattendo la porta dell'ufficio. >
Il manager, senza aspettare risposte, mise un biglietto da visita nel taschino di William e uscì dalla porta del piccolo bar.

Il giovane ragazzo era ancora scombussolato, il suo sogno si stava avverando, diventerà finalmente qualcuno. Sull'espressione confusa comparve uno sguardo compiaciuto, si alzò di scatto facendo cadere la sedia all'indietro, tutti lo guardarono molto male, e con passo deciso e menefreghista si avviò verso il commissariato.
Camminava finalmente a testa alta, con un gran sorriso stampato su quel viso insicuro. 
Entrò senza badare alle persone che lo guardavano e con un calcio aprì la porta dell'ufficio del commissario.
< CAMPBELL. MA CHE TI PASSA PER QUELLA TESTA?! >
< Stronzo. > disse William con un sorriso ironico < BRUTTO FOTTUTISSIMO STRONZO. ME NE VADO.  Ti ridò il tuo cazzo di distintivo, il tuo cazzo di cappello, la tua cazzo di divisa e la tua cazzo di pistola, no, un momento. QUELLA NON ME LA FA TENERE PERCHÉ PENSA CHE IO NON ABBIA ABBASTANZA PALLE PER USARNE UNA. > con un grandissimo sorriso e senza pantaloni andò in direzione di casa sua.

Arrivato lì, prese degli scatoloni che teneva ancora dal trasloco e ci mise tutti i suoi vestiti, la sua chitarra, i documenti e poi si fermò al centro della stanza a guardarsi intorno. 
< Vediamo... Farò il musicista, certo, ho bisogno di musica, musica, proprio così. > andò in direzione dello scaffale su cui erano posati in ordine perfetto i suoi vinili < Sì, i Beatles, tra poco sarò uno di loro > disse prendendo in mano With The Beatles  < Elvis, cazzo, il re. Come lasciarlo qua solo soletto? E vediamo un po' Dylan. Bob sonounfottutopoeta Dylan. E un po' degli altri. > non ci mise nemmeno un'ora che gli scatoloni erano pronti. < William, anzi, Paul. Sei pronto? La tua vita inizia ora. > pronunciata questa frase, prese il biglietto datogli da Brian e chiamò il manager con il vecchio telefono di casa.

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Capitolo 9
*** Sconosciuto. ***


I tre Beatles rimanenti sedevano silenziosamente in una piccola saletta. 
L'evento che li aveva tanto sconvolti era ancora una ferita aperta ed era un argomento intoccabile, anzi, ci furono poche conversazioni tra i tre giovani amici dopo che la tragica notizia era arrivata per la prima volta alle loro orecchie.

George leggeva il giornale, il giornale del 9 Novembre 1966. In prima pagina c'era una grossa foto di una macchina incidentata, la polizia non sapeva chi fosse lo sfortunato uomo che era al volante di quell'auto sportiva grigia, ma George lo sapeva benissimo. Continuava a fissare la foto in bianco e nero sul quotidiano con occhi lucidi e sembrava che stesse cercando in ogni angolo della fotografia, l'amico Paul che gli sorrideva e gli diceva che tutto andava bene.
Ringo, invece frugava tra i vinili che i ragazzi condividevano, la musica è stata la forza che li ha legati fin dall'inizio e ogni LP per loro era un tesoro.
Guardava con occhi sconsolati le grandi copertine quadrate e, quando incontrava un vinile della band, si soffermava sulla copertina. Guardava Paul. Dalla foto del ragazzo sorridente che si sporgeva dal balcone degli studi di Abbey Road in Please Please Me alla sua caricatura e le varie piccole fotografie sparse per la copertina in bianco e nero di Revolver vedeva il suo scherzoso amico.
John fissava il vuoto. Il vuoto che lo circondava da settimane, ormai. Tutti sanno dell'atteggiamento cinico di John, ma il grande cuore che si nascondeva sotto quella corazza stava per scoppiare. Lennon/McCartney, la principale coppia di compositori dei Beatles. Dappertutto si vedeva che c'era un certo feeling che li univa, altro che feeling, tra di loro c'era un grosso legame.

Brian entrò nella stanza con il giovane William, cercando di ignorare la puzza di tristezza che regnava nella saletta.
< Buongiorno ragazzi. Ecco l'ho trovato. > disse Epstein cercando di attirare l'attenzione su Campbell.
I ragazzi alzarono lo sguardo e squadrarono la figura del poliziotto con quegli occhiali dalla montatura spessa e i folti baffi.
William sapeva che tutti attendevano che parlasse, ma si sentiva come il terzo incomodo, anzi, proprio in questo caso possiamo parlare di quarto incomodo.
Uno sconosciuto era venuto senza preavviso a sostituire una persona che ha significato tanto nelle loro vite.
< S-Salve, m-mi chiamo William, anche se per ora Brian mi ha detto che devo cercare di presentarmi a nome di Paul. > disse balbettando.
John non ce la faceva più. Ridicolo, lo trovava ridicolo. Allora Lennon si alzò e uscì dalla stanza con fare spazientito.
< John, ehi. Non fare così. > disse Brian seguendolo < Avevamo deciso, eri d'accordo. Dobbiamo fare questo per il bene della band. >
< Lo so che non possiamo mollare tutto ora > disse John incazzato < ma Brian... Lui era il mio migliore amico. Possiamo pur insegnargli a essere uguale a Paul, ma ogni volta che lo guarderò, cercando il sorriso di una delle persone più vicine a me, non vedrò altro che un fottuto sconosciuto. > John iniziò a piangere. Le lacrime gli scendevano delicatamente e gli rigavano il volto. A quel punto arrivò William e sicuro di sé disse:
< Lo so. Non sapete nulla di me, non avete mai avuto nessun tipo di rapporto o legame con me. Sono perfettamente a conoscenza del fatto che sono qui per sostituire qualcuno che amate tanto. Non sono venuto qua convinto del fatto che avreste dimenticato Paul e sareste corsi tra le mie braccia. Ma sono qui per darvi una mano. Un amico non è sostituibile, ma un componente di una band lo è perfettamente. Io sono qui solo per quello. >

John lo fissò per un po', poi, con il braccio lungo le spalle dello "sconosciuto", lo portò dentro. William si sentì finalmente accettato.

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Capitolo 10
*** Cambiamento. ***


Erano passate un paio di settimane, da quel giorno in cui William, ormai chiamato Paul, era diventato parte dalla band.
Tutto procedeva normalmente, non avevano bisogno di parlare della vita che avevano alle spalle come fanno tutti gli sconosciuti dato che quella di William Campbell era stata dimenticata e quella di John, George e Ringo la conoscevano tutti perfettamente.

L'ex poliziotto si era liberato di quei folti baffoni e degli occhiali, ma continuava a essere diverso dalla persona che doveva imitare. Brian lo aveva accompagnato da un ottimo chirurgo plastico che, sotto equo pagamento, aveva promesso di non dire a nessuno dell'uomo che aveva reso uguale a Paul.
Il giovane ragazzo era appena uscito dalla clinica, ancora completamente stordito dall'effette dei farmaci e avvolto in enormi bende che rendevano la sua testa molto più grossa dal resto del corpo. Brian lo fece sedire sul sedile del passeggero della sua auto, pronto a portarlo a casa. Al semaforo dei ragazzi a bordo di una decappottabile accostata di fianco all'auto grigia di Epstein, stavano sghignazzando a causa delle medicazioni del giovane ragazzo. (*) William ci stava abbastanza male, perché umiliazioni del genere ne aveva già subite in passato, ma ormai lui era Paul McCartney, era mille volte più famoso e importante di quei tre ragazzetti e il pensiero lo confortava.

Arrivato a casa c'erano John, George e Ringo ad aspettarlo con ansia. Quando arrivò i tre si alzarono in piedi e appena videro le bende iniziarono a sghignazzare, cercando di non darlo a vedere.
< Credo sia ora di levare quelle bende. > disse Brian fulminando i tre ragazzi con lo sguardo.
< Grazie a Dio. Queste cose mi rendono veramente ridicolo. > rispose rispose lui, iniziando a togliere alcuni spilli che reggevano le bende.
Brian, John, George e Ringo si avvicinavano sempre di più per vedere se i tanti soldi che avevano, purtoppo, dovuto salutare per l'operazione, erano stati ben spesi.
< Allora? Come sto? > disse William dopo aver rimosso l'ultima fascia dal viso.
< Tu... Cioè... Lui. > disse Ringo balbettando.
< SEI FOTTUTAMENTE UGUALE. > disse George interrompendo il discorso senza senso di Ringo.

William si guardò allo specchio. All'inizio pensò fosse una foto di Paul appesa alle pareti, ma era impossibile dato che si muoveva esattamente come faceva lui.
Era fatta. Ormai il grande cambiamento era avvenuto. John, George, Ringo e Brian non vedevano più in lui il poliziotto sfigatello di qualche settimana fa. La gente per strada non l'avrebbe più deriso. La sua autostima sarebbe notevolmente cresciuta. Persino io, che sto scrivendo questa storia, fatico a continuare a chiamarlo William. Lui è Paul adesso. Paul McCartney. Passare da una persona qualsiasi a Paul McCartney in meno di un mese è un gran colpo, ma lo shock di una morte prematura, la perdita di un amico e il raccontare una grossa balla al mondo intero, erano quello che bastava per vivere il proprio sogno.


(*Per scrivere l'episodio accaduto dopo l'uscita di Brian e William dalla clinica mi sono ispirata a un racconto tratto dal libro di Pamela Des Barres Let's Spend The Night Together)

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Capitolo 11
*** Beccati. ***


Erano passati anni dal giorno in cui William fu chiamato così per l'ultima volta. Era il 12 ottobre 1969. Erano trascorsi quasi tre anni dall'incidente e i Beatles erano andati avanti con la loro carriera, avevano pubblicato altri album, tra cui l'ultimo uscito poco meno di un mese prima, Abbey Road.
Per ricordare l'amico defunto, la band aveva riempito di indizi tutti gli album che avevano pubblicato dopo quel 9 novembre 1966. Ma il mondo ancora non ne sapeva niente, non fino a quel giorno di metà ottobre.

George era seduto di fianco alla radio, il piccolo apparecchio aveva intercettato una trasmissione di Detroit, e Harrison stava ascoltando tranquillamente l'ultimo singolo della band. La quiete del chitarrista fu interrotta dalla voce squillante del dj Russell Gibb.
< E questa era Oh! Darling dei Beatles, scritta interamente da Paul McCartney per il loro nuovo album, uscito a fine settembre, Abbey Road. Parlando di Paul McCartney, ieri sera il sottoscritto, Russell Gibb, ha ricevuto una telefonata nella quale un sedicente "H. Alfred" ha rivelato di essere a conoscenza di un clamoroso segreto... >
George si alzò in piedi. 
< Cazzo, cazzo. RINGO! JOHN! VENITE QUI! MUOVETE IL CULO, FORZA! > Lennon e Starr arrivarono con un sorriso idiota stampato sulla faccia
< Cosa c'è George? Pattie ha trovato la tua scorta di riviste porno? >
< Ah, ah John sei molto divertente > disse George alzando il volume della radio < Ascoltate. > 
< James Paul McCartney, bassista e cantante della celebre band, i Beatles, è deceduto in un incidente stradale alle 5 del mattino di mercoledì 9 novembre 1966. La band ha nascosto il segreto, sostituendo McCartney con un sosia. Ma questo segreto non è completamente invisibile al pubblico dato che dalle copertine degli album successivi al 1966, è possibile trovare numerosi indizi che parlano, poco esplicitamente, del tragico evento. >
< CAZZO. > disse John tirando un pugno alla parete < Siamo finiti, ci hanno scoperto. >
< E adesso che diavolo facciamo? > disse Ringo con gli occhi blu pieni di ansia.
< Nonono. Non hanno prove. Nessuno gli crederà, domani questa trasmissione sarà già finita nel dimenticatoio. > disse George nel panico.
I tre si guardarono negli occhi, poi si alzarono e continuarono tutto tranquillamente.

Non ci furono altre notizie sulla leggenda, i ragazzi erano tranquilli. Paul stava portando a spasso Martha, quando passò davanti a un'edicola. McCartney Dead: New Evidence Brought To Light. Fu il titolo che attirò l'attenzione del giovane sosia. Cercando di non farsi riconoscere, prese i soldi e comprò il giornale. 
Non lesse l'articolo finché non fu a casa, aveva paura di cosa avrebbe trovato tra le righe del giornale. 
Arrivato nell'appartamento, non si curò nemmeno degli amici che lo salutavano e si sedette sulla poltrona aprendo il giornale. L'articolo portava la firma del giornalista Fred Labour e spifferava ogni cosa: dagli indizi contenuti negli album, a cosa successe quella notte, al nome dell'uomo che "occupava il trono" di McCartney.

Paul iniziò a sudare freddo, gettò il giornale sul tavolino di fronte a lui e si mise le mani tra i capelli fissando il basso. In quel preciso istante arrivò John
< Io vado a una mostra con Yoko. Ci vediamo > ma appena notò l'immagine dell'amico rannicchiata su una poltrona a fissare il basso, si dimenticò dell'appuntamento con la moglie e si fermò di fianco a lui.
< Che diavolo sta succedendo? > Paul non rispose, ma si limitò a indicare il giornale buttato sul tavolino. Lennon lo prese e lesse l'articolo velocemente.
< MERDA. E ora cosa facciamo?! > disse John urlando
< Non possiamo dire la verità, ci prenderanno per ballisti, finiremo col deludere milioni di fans. > disse Paul alzando lo sguardo.
< Dovremo adottare la tecnica del no comment? > disse John.
Paul non rispose, andò di fretta a chiamare gli altri per discutere della faccenda.
< Questo è solo l'inizio, questa storia farà il giro del mondo, noi non dobbiamo farci sfuggire una parola, dobbiamo affrontare la faccenda con il solito umorismo. > disse Brian.

La band rischiava grosso, anche se avrebbero continuato a smentire ogni cosa, la gente avrebbe continuato a pubblicare articoli su questa faccenda, perché è ormai risaputo che nessuno sa farsi i fatti propri.

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Capitolo 12
*** The End. ***


Decima traccia di uno degli album più famosi al mondo. The End, la fine. A quanto pare i Beatles sapevano che Abbey Road, sarebbe stato il loro ultimo lavoro in studio.
L'armonia che si respirava nell'aria non era più la stessa degli inizi, la fama portava con sé delle grandi responsabilità, che sommate al peso dei problemi personali dei quattro ragazzi, complicavano le cose.

Ognuno dei ragazzi era cresciuto musicalmente e ognuno aveva sviluppato un proprio stile, ognuno di loro voleva creare qualcosa di proprio in ogni canzone e questo aveva fatto crescere i litigi.
Per non parlare di un elemento, una donna, anzi, che era entrato nella vita dei musicisti, per di più in quella di John: sua moglie Yoko. 
Yoko aveva un modo di pensare diverso, e la sua presenza era minacciosa per gli altri componenti del gruppo. McCartney lo sapeva, la colpa dello scioglimento del gruppo sarebbe stata addossata su di lei, era il capro espiatorio. (*)
Poi c'era Paul: averlo sostituito non aveva eliminato i problemi legati alla morte dell'originale, e la paura di essere scoperti era costante.

< Credi che sia veramente la fine? Dovremmo sciogliere la band? > disse Paul con un po' di tristezza.
Lui sarà pure stato l'ultimo arrivato della band, ma la cosa lo feriva enormemente. Da un lato per il fatto che stavano vivendo un sogno, dall'altro perché lui è stato un fan della band, e sapeva cosa avrebbe provato il pubblico dopo la notizia dello scioglimento.
< Non possiamo continuare così... > disse John annuendo.

Finita. Era veramente finita. Avevano firmato tutti i documenti che si dovevano firmare, la cosa era ormai ufficiale. Quella che era diventata una voce popolare tra i media, era ormai una verità.
Tutti stavano per prendere la propria strada. E Paul? O almeno... E Faul?
Lui che avrebbe fatto? 
Era seduto sulla sua auto parcheggiata di fianco agli studi di Abbey Road e fissava le strisce pedonali. Quelle strisce che fino al 25 settembre 1969 erano state insignificanti per ogni passante londinese, erano entrate nella storia. Chi avrebbe mai detto che milioni di turisti sarebbero passati su quelle strisce e si sarebbero fatti immortalare per imitare il celebre scatto della copertina dell'album?
Paul era indeciso. Non poteva andare avanti a far finta di essere una persona che non era e portare il suo nome per buttarsi in una carriera da solista. Non poteva nemmeno rivelare il segreto al mondo. Non poteva neanche ritirarsi e scomparire pian piano per poi essere ricordato solo come membro dei Beatles. Scomparire sarebbe stata una mossa insensata, ormai era famoso e anche il suo album più brutto sarebbe diventato un successo mondiale.

Paul accese il motore dell'auto e si diresse verso casa.

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