Il Mare d'Inverno

di Giada810
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Henley-on-Thames ***
Capitolo 2: *** Le domande di Altair ***
Capitolo 3: *** Terra e fiori ***
Capitolo 4: *** Indovina chi viene a cena? ***
Capitolo 5: *** Altair! ***
Capitolo 6: *** La festa del paese ***
Capitolo 7: *** Parole parole parole ***
Capitolo 8: *** Aspettando Halloween ***
Capitolo 9: *** Opposti e basta. ***
Capitolo 10: *** Che altro c'è oltre la bellezza? ***
Capitolo 11: *** Punto di svolta ***
Capitolo 12: *** Harrods ***
Capitolo 13: *** Festa di compleanno ***
Capitolo 14: *** Fragole ***
Capitolo 15: *** Astoria, la prima moglie ***
Capitolo 16: *** Al chiaro di luna ***
Capitolo 17: *** Lady Malfoy ***
Capitolo 18: *** Una boccata d'aria fresca ***
Capitolo 19: *** Il mare d'inverno ***
Capitolo 20: *** Aspettando Natale ***
Capitolo 21: *** Il pranzo per farli conoscere ***
Capitolo 22: *** Il pranzo per farli conoscere - Parte II ***
Capitolo 23: *** Fiori d'arancio ***



Capitolo 1
*** Henley-on-Thames ***


Buonasera!
Purtroppo per voi sono tornata con una nuova storia.
Bentornata a chi mi conosce già e benvenute a coloro che sono nuove lettrici di una mia storia.
Spero che possa piacere, perché io sono piuttosto soddisfatta del risultato (la maggior parte dei capitoli sono già completi, così non dovrete temere ritardi negli aggiornamenti).
Che dire, buona lettura!
 
 

Cap. 1
Henley-on-Thames

 

 
Henley-on-Thames era esattamente quello che molti avrebbero definito un ridente paesino della campagna inglese. Placidamente disteso sulle rive del Tamigi, con tante case a graticcio che si affacciavano sul fiume o su strette vie tranquille, era abbastanza lontano dalle grandi città per potersi estraniare dai propri problemi, ma non così tanto da dare l’idea di essere fuori dal mondo.
Ed era esattamente quello il motivo per cui quattro anni prima Draco Malfoy aveva scelto di viverci dopo la fine della guerra e del suo matrimonio con Astoria Greengrass.
Aveva scelto Henley-on-Thames dopo lunghe ed accurate ricerche sulla presenza di maghi nei dintorni. Visto e considerato che l’ultimo mago che aveva vissuto in quella città era morto prima ancora che lui nascesse e vista la totale mancanza di motivi di interesse che potessero attrarre un mago in quella zona, Draco aveva organizzato il proprio trasferimento in quella cittadina babbana con metodi babbani.
Ancora isolato e trattato con diffidenza per il ruolo avuto durante la guerra, ormai conclusasi da quasi quattro anni, aveva portato con sé solo una cosa della sua vita passata.
Sua figlia, Altair Malfoy.
L’arrivo dello straniero, guardato dapprima con diffidenza e poi con curiosità, aveva sollevato molti dubbi nelle menti degli abitanti del luogo, affascinati da quell’uomo biondo e schivo e dalla bimba di appena un anno che gli somigliava come una goccia d’acqua.
Tutte le domande che lo riguardavano e che per lungo tempo avevano animato i caffè della piazza, erano rimaste irrisolte. Che lavoro facesse, da dove venisse, perché la moglie venisse a trovarli così raramente, erano interrogativi senza risposta.
Aiutato da un vecchio compagno di scuola che lavorava al Ministero della Magia, aveva acquistato un villetta a due piani ai margini della città, lontano dalla maggioranza delle abitazioni e dalle vie di negozi, e si era poi procurato una certificazione che gli permettesse di non mandare la piccola Altair in una scuola per l’infanzia frequentata da babbani.
Poteva tollerare che giocasse con i bimbi babbani al parco, ma non avrebbe sopportato di vedere la propria figlia conviverci per otto ore al giorno.
A tutto c’era un limite, per Salazar!
Aveva scelto una villetta piccola ma graziosa, circondato da un bel giardino di erba morbida perfettamente curata, diversa dalla casa in cui lui aveva vissuto tanti anni, tetra ed enorme nella sua freddezza ed impersonalità. Voleva per sua figlia un futuro diverso, a partire dal luogo in cui sarebbe vissuta.
Non che Draco fosse particolarmente entusiasta di vivere a stretto contatto con i babbani, ma negli anni aveva dovuto riconoscere alla  feccia  almeno un merito. Nessuno di loro avrebbe mai usato il proprio figlio come carne da macello in una guerra senza senso.
Accanto alla villetta dei Malfoy, il cottage di proprietà di un’anziana signora era rimasto sfitto dopo la morte dell’ultimo inquilino e nessuno aveva mai mostrato interesse per il suo acquisto, preferendo i nuovi appartamenti che erano stati costruiti nel centro della cittadina o le nuove villette con vista fiume.
Grande fu quindi la sorpresa degli abitanti di Henley-on-Thames quando una sera di inizio luglio un camion di una ditta di traslochi giunse in città, chiedendo come raggiungere il cottage.
Già il mattino seguente l’abitazione era stata ripulita e sistemata, le pareti tinteggiate di un tenue celeste e le persiane dipinte di un caldo color mattone, il cancelletto d’ingresso sistemato sui cardini e il giardino liberato dalle erbacce che lo soffocavano.
Dopo un giorno di fervente attività, in cui gli operai aveva montato e sistemato i mobili, un uomo dai capelli sale e pepe aveva appeso al cancelletto di legno un’insegna in legno dipinto. Poi era salito sul camion ed era ripartito alla volta di Londra.
“Rosehill cottage”, così recitava la nuova insegna, si era animato due giorni dopo. Il nuovo abitante di Henley-on-Thames, che alcuni passanti con una buona vista avevano osservato al di là delle tendine chiare, era in realtà una ragazza giovane.
Tanto la curiosità degli abitanti era stata sollecitata, tanto quella di Draco Malfoy era rimasta apatica. Le sue speranze erano due, che non fosse una vecchia impicciona né una di quelle ragazze che lo assillavano con le loro sciocche domande.
Nei giorni successivi, nonostante la ragazza fosse sempre in casa a sistemare scatoloni e valigie, nessuno venne a bussare alla porta di Draco con la speranza di fare amicizia, permettendogli di tirare un sospiro di sollievo.
 

***

 
Luglio era già giunto a metà e il sole continuava a splendere come il primo giorno che aveva fatto capolino tra le nubi scure, incrinando la volta plumbea e piovosa del cielo inglese.
Nel giardino posteriore di una villetta bianca, Draco Malfoy era seduto su una poltrona di vimini imbottita di soffici cuscini color panna, leggendo l’articolo in prima pagina di un giornale. In una foto animata, un uomo di colore, alto e robusto, sorrideva rassicurante, agitando una mano in segno di saluto.
“Kingsley Shacklebolt eletto Ministro per il secondo mandato.”
Accanto a lui, nella sua divisa da Auror, Harry Potter sorrideva imbarazzato ai fotografi della Gazzetta del Profeta. Disgustato da tanta finta modestia, Draco gettò a terra il giornale, aprendo poi una rivista di Quidditch, sfogliandola svogliato. Si fermò un istante a osservare un articolo, il  suo  articolo, sorridendo orgoglioso nel leggere il proprio nome a fine pagina.
Fare il giornalista non era mai stata la sua massima aspirazione, non era il tipo da passare ore e ore a fare domande, intervistare persone insulse, sgobbare ore e ore per poi doversi accontentare di un minuscolo trafiletto insulso a fine pagina che nessuno avrebbe mai letto.
Draco però aveva trovato un buon compromesso tra l’attività di giornalista, morto di fame e senza nemmeno una carriera soddisfacente, e vivere di rendita, sfruttando i soldi lasciati dal padre e annoiandosi a morte tutto il giorno. Questo compromesso era l’attività di giornalista free lance presso la rivista di Quidditch di cui un compagno di Hogwarts, Adrian Pucey, era il caporedattore.
Una voce allegra lo distolse dai suoi complimenti interiori.
Altair, accovacciata vicino alla staccionata, stava accarezzando un gatto dal pelo rossiccio che si rotolava a terra facendo le fusa.
-Papi, papi!- lo chiamò, facendogli cenno con la mano, invitandolo ad avvicinarsi –Guarda che bel micino!-
Abbandonando la rivista sulla poltrona, Draco raggiunse la figlia, chinandosi per darle un bacio sulla testolina bionda.
-Altair, non toccarlo.- le disse –Non sai di chi è, potrebbe avere qualche malattia.- ipotizzò, allungando una mano sulla spalla della bambina e facendola alzare da terra.
-Ma è così carino!- protestò la piccola, lanciando uno sguardo intenerito alla bestiola.
Il gatto, quasi lusingato, si strusciò sulle sue caviglie, chiudendo gli occhi estasiato dalle coccole ricevute e dai complimenti.
-A me sembra che abbia il muso schiacciato.- commentò Draco a mezza voce.
Quasi avesse udito il commento poco lusinghiero, il gatto guardò Draco con i suoi occhi gialli e soffiò minaccioso.
Era chiaro che nessuno dei due aveva in simpatia l’altro.
-Dai, papi, posso giocarci un po’?-
Altair strattonò la manica della camicia del padre, guardandolo dal basso con gli occhi chiari sgranati. Vedendo Draco poco propenso ad assecondare la sua richiesta, mise la propria mano piccola e leggermente cicciottella in quella grande del padre, posandovi sopra la guancia.
Draco aggrottò la fronte, in parte felice per la capacità spiccatamente serpeverde di saper manipolare le persone e in parte infastidito dalla propria incapacità di resistere di fronte ad una bambina di nemmeno cinque anni.
-Va bene, ma poi vai a lavarti le mani, intesi?-
La bambina annuì ubbidiente, muovendo il capo e facendo ondeggiare i capelli biondi, tenuti indietro da un cerchietto verde bottiglia come il vestitino che indossava, in perfetto stile Serpeverde.
-Resti qui con me, papi?-
Draco annuì controvoglia, sedendosi sul prato accanto alla piccola, che si sporse verso di lui per regalargli un bacio umido come ricompensa per la sua concessione. Dopo essersi pulito con la mano la guancia impiastricciata, Draco tornò a guardare la figlia che coccolava quello strano gatto dagli occhi gialli e dal muso schiacciato estremamente familiare.
-Papi, secondo me se lo coccoli anche tu, poi gli stai simpatico.- propose con convinzione, sollevando da terra l’animale e tendendolo verso il padre.
Draco, dapprima stupito per quello sfoggio di forza della bambina, rise alla vista dell’espressione contrariata e incredibilmente buffa del gatto, sollevato in aria con ben poca delicatezza e con le zampe posteriori che pendevano e dondolavano.
La bambina scosse un poco la palla di pelo che teneva tra le mani, evidentemente convinta che fosse simile al suo peluche preferito, e sollecitò il padre a prenderlo.
Draco allungò le braccia e prese il gatto, più per togliere un peso alla figlia e per accontentarla che per un reale desiderio di fraternizzare. Appena tentò di accarezzarlo, una voce lo distolse dal suo proposito e il gatto ne approfittò per divincolarsi dalle mani di quell’uomo che, era evidente, non gli stava molto simpatico.
-Buongiorno.-
Dalla porta laterale del cottage appena ristrutturato, una donna stava venendo verso di lui. Non molto alta, con morbide forme delineate dai jeans chiari e dal maglioncino di cotone azzurro che indossava, Draco notò che aveva un aspetto famigliare, seppur poco riconoscibile a causa del sole alle spalle della ragazza che camminava verso di lui.
-Mi scusi, ma il gatto è uscito dalla finestra e poi è scappato dalla recinzione.- si scusò, un sorriso perfetto e cordiale sul volto.
Appena giunse vicino allo steccato che divideva i  loro giardini, il sorriso educato si trasformò in una smorfia di stupore, perfettamente speculare a quella che deturpava i tratti piacevoli del volto di Draco.
-Granger?- domandò con una nota di disgusto nella voce.
-Malfoy.-
Quella di Hermione Granger era più che altro una spiacevole constatazione.
Si fissarono per qualche istante, ognuno perso nei propri pensieri, studiandosi da capo a piedi con l’espressione serie e ostile di un guerriero che analizza il proprio nemico.
L’analisi di Draco durò pochi istanti.
La Granger era esattamente come la ricordava, con un cipiglio austero e severo da professoressa e la linea delle labbra contratta in una smorfia di disapprovazione, rivolta a tutti e contemporaneamente a nessuno in particolare. Aveva i capelli leggermente meno crespi e le forme più morbide e pronunciate, ma era indiscutibilmente irritante come quando andavano a scuola.
Hermione, d’altro canto, lo studiò attentamente, più curiosa che ostile.
Era più alto di come lo ricordasse, sempre ammesso che l’attenzione che gli aveva dedicato negli anni si potesse considerare adeguata ad un confronto attendibile. I capelli erano sempre gli stessi, così come gli occhi chiari e la piega delle labbra, perennemente incurvato all’ingiù in una smorfia di vanità e superiorità verso il mondo.
Un fatto era evidente. Aveva perso quell’aspetto pallido e malato ed era diventato un uomo molto attraente, la cui bellezza era rovinata solo da quella smorfia che sembrava scolpita nel suo incarnato di porcellana finissima.
-E cosa ci faresti tu qui?-
Il tono di quella domanda non era esattamente interessato, ma nemmeno disinteressato del tutto. Era irritato e sottilmente inquieto.
L’ultima volta che aveva sentito parlare di Hermione Granger, ovvero l’ultima volta che quella donna era stata oggetto dei suoi pensieri, risaliva a poco più di quattro anni prima, quando stava ancora organizzando il suo trasferimento ad Henley-on-Thames.
Era citata in un articolo della Gazzetta del Profeta, in cui si ricordava che la giovane strega lavorava come collaboratrice di quella pazza visionaria della Lovegood presso la redazione del Cavillo.
Proprio questo ricordo fece sorgere dentro di lui il sospetto che fosse lì per scoprire che fine avesse fatto il famigerato Draco Malfoy dopo aver posto fine ad un matrimonio breve e non propriamente di successo ed essersi dato rapidamente alla fuga con la figlia, incapace di sostenere il peso dei commenti e delle occhiate malevole che le persone continuavano a rivolgergli.
Già si immaginava quel giornale da quattro zellini andare a ruba grazie ad una sua foto, magari risalente al periodo di detenzione prima del processo, in cui sembrava un pericoloso relitto della società, sormontata da un titolo enorme ed accattivante, elaborato ad arte per attirare l’attenzione di coloro che ancora non sembravano sazi di vendetta.
Gli sembrava quasi di percepirlo, l’odore della soddisfazione che strisciava in quella sudicia mudblood dietro la facciata calma e riflessiva che si sforzava di mantenere. Immaginava le urla di giubilo della sua mente, soddisfatta di potergli rendere finalmente ciò che lui le aveva fatto subire per anni.
La gioia perversa di umiliarlo, il piacere di sminuirlo davanti a tutta la comunità magica come lui aveva sempre cercato di fare davanti a studenti e professori di Hogwarts.
Erano sentimenti che lui conosceva, che lui stesso aveva provato anni addietro, quando era ancora convinto che un Marchio Nero sul braccio, uguale a quello del suo venerato padre, fosse sinonimo di superiorità e potere, di fama e gloria, prima di capire che era solo una condanna alla schiavitù eterna.
-Sono venuta a riprendere il mio gatto.- rispose Hermione, con le sopracciglia aggrottate di chi non capisce cosa ci sia di difficile in una situazione tanto elementare.
-Non  qui-qui, ma qui in questo paese.- specificò burbero.
Non che non lo immaginasse, anzi era certo che la sua mente laboriosa e infaticabile stesse già elaborando frasi ad effetto per il suo articolo, ma voleva sentire cosa gli avrebbe risposto.
-Non vedo come ti possa interessare.- commentò con distacco.
-MI interessa nel momento in cui vieni qui per rovinarmi la vita e acquisire prestigio alle mie spalle. Sappi però, Granger, che non ti permetterò di sputtanarmi senza fare niente.- le sibilò, una sottile minaccia sussurrata a bassa voce per impedire ad Altair di sentire.
-Tu vaneggi, Malfoy.- rispose incredula Hermione –Non sono qui per te, anche se il tuo egocentrismo è così degenerato da farti credere il contrario.-
Hermione distolse lo sguardo acceso di indignazione da lui, distratta da un miagolio pacifico a soddisfatto ai loro piedi.
Accucciata a terra vicino al suo nuovo amico, Altair lo stava deliziando con delicati grattini dietro le orecchie,  a cui il gatto rosso rispondeva con sommesse fusa di ringraziamento. Hermione sorrise alla vista di quella bambina così bella e tenera, il faccino rotondo e roseo incorniciato da lisci e lucenti capelli biondi.
-Lui si chiama Grattastinchi, gli stai simpatica.- disse gentilmente alla bambina, che alzò il viso verso di lei e sorrise, senza però staccare la manina dal pelo soffice e lungo dell’animale che l’aveva conquistata.
-Io sono Altair.- si presentò con un sorriso –E tu come ti chiami?-
-Hermione.-
La bambina, sotto lo sguardo esterrefatto del padre che non poteva credere che sua figlia stesse giocando amabilmente con il gatto della Granger, rifletté per qualche istante.
-È un nome strano.- ponderò, il nasino arricciato –Ma mi piace!- stabilì, sorridendo ancora di più.
-Grazie, anche il tuo è..-
Hermione non riuscì a terminare la frase, perché la mani di Draco passarono sotto le braccia sottili della bambina e la sollevarono da terra, lontano dal gatto che soffiò indispettito. Senza badare alle proteste della figlia, Draco la prese in braccio, sostenendola con un braccio solo, mentre l’altra mano si puntava sul fianco in un gesto di fastidio palese.
-Granger, piantala di parlare con mia figlia, non vorrei che la infettassi con il tuo lurido sangue.- sputò, avvelenato dall’ansia che sentiva crescere dentro di sé.
Conosceva le doti oratorie di Hermione Granger e poteva immaginare quanto risentimento covasse verso di lui per quello che le aveva fatto subire negli anni. Non era dunque difficile immaginare che articolo avrebbe scritto, sommando ai ricordi personali quelli della guerra.
Avrebbe creato un ritratto talmente raccapricciante di Draco, che i pochi che sembravano dimostrare tolleranza e persino benevolenza verso di lui nel mondo magico gli avrebbero voltato le spalle senza alcuna esitazione. Ne sarebbe uscito distrutto, ma questo era ancora nulla rispetto a ciò che davvero lo preoccupava.
Sua figlia, Altair, che adesso si dibatteva tra le sue braccia, mugugnando di disapprovazione, nel tentativo di tornare con i piedi per terra per giocare con il suo nuovo amico.
Con un articolo infamante come quello che la Granger avrebbe scritto su di lui, che futuro avrebbe avuto Altair? Figlia di Mangiamorte, nipote di un uomo condannato a trenta anni di carcere ad Azkaban per una serie lunga e fitta di crimini vari, anello di congiunzione tra i Malfoy e i Greengrass, che mai avevano fatto mistero del proprio odio per Nati Babbani e traditori del sangue.
Sarebbe stata condannata ad una vita di solitudine e diffidenza, di pregiudizi e insulti, lei che era una delle bambine più dolci del mondo.
No, avrebbero dovuto passare sul suo cadavere per poter distruggere anche la vita di sua figlia.
-Ma che…-
-Te lo ripeto un’ultima volta, poi vedi di andartene, Mudblood.- le intimò, mente Hermione sussultava a quell’insulto così cattivo e crudele come solo lui sapeva pronunciarlo –Non ti avvicinare mai più a mia figlia o a me solo per uno stupido articolo.-
-Ma di che accidenti stai parlando!- protestò Hermione, che dei viaggi mentali che Malfoy pareva essersi fatto nella sua mente contorta non capiva assolutamente nulla.
-E non fare la finta ingenua, che mi fai solo incazzare di più. Dì alla tua amica svitata che i miei avvocati la ridurranno sul lastrico prima di poter pubblicare qualsiasi articolo su di me sul suo pulcioso giornale.- chiarì tutto d’un fiato, fissandola ostile mentre qualcosa faceva capolino sul volto di Hermione.
Stupido articolo. La sua breve, ma intensa carriera come giornalista.
Amica svitata. Luna Lunatica Lovegood.
Pulcioso giornale. Il Cavillo.
Comprensione.
Non che Hermione leggesse tutti gli articoli della Gazzetta del Profeta alla ricerca spasmodica di un articolo in cui fosse menzionata, ma era abbastanza certa che l’ultima volta che si fosse fatto riferimento al suo lavoro fosse stato quattro anni prima, quando ancora aiutava Luna a rimettere in piedi il Cavillo dandogli credibilità.
Che articolo Malfoy credeva che dovesse scrivere ancora non l’aveva capito, ma era abbastanza sicura che fosse terrorizzato all’idea che lei volesse vendicarsi per sette anni di insulti e fatture con una pagina piena zeppa di resoconti sul suo comportamento in guerra.
Un articolo, insomma, che avrebbe distrutto la sua immagine di Mangiamorte pentito e che avrebbe distrutto la vita sociale di sua figlia prima ancora che cominciasse.
-Ho smesso di lavorare al Cavillo due anni fa, quando l’Ufficio Misteri mi…- interruppe con un gesto secco della mano la protesta di Draco e continuò la spiegazione -..mi ha chiesto di collaborare con loro come ricercatrice. Lavoro al Ministero e sono una studiosa di Trasfigurazione e Incantesimi, un  topo di biblioteca, come diresti tu.-
Lo guardò con una nota di compatimento e disgusto malcelato negli occhi, scuotendo la testa alla vista di un uomo che, evidentemente, non riusciva a vedere più in là del proprio aristocratico naso.
-Sei talmente marcio, Malfoy, che pensi che tutti siano come te, che per renderti sette anni di insulti di cui  mudblood  era il più gentile, sarei capace anche di rovinare la vita di tua figlia senza alcuna pietà.- respirò a fondo, mentre tutto quello che non gli aveva mai detto veniva a galla –Senza alcuna pietà, proprio come faresti tu.-
-Non farmi la paternale, Granger, perché…-
Hermione lo interruppe, irritata e totalmente disinteressata a qualunque suo sproloquio sulla superiorità del sangue.
-Non me ne frega niente di te, Malfoy. Hai avuto quello che ti meritavi, tanto dolore e nessuna comprensione. Come tu sia riuscito a non passare nemmeno un giorno ad Azkaban rimane per me un mistero, ma immagino che i soldi comprino proprio tutto, anche se vengono da un Mangiamorte rinnegato e codardo come te, vero?-
La frase di Hermione emanava disprezzo e disgusto in ogni sillaba, in ogni suono emesso, ma Draco ghignò, come se quello fosse il più grande complimento. In fondo aveva enumerato la virtù di un Serpeverde.
-Dopotutto sono un Malfoy e i Malfoy se la cavano sempre.-
Hermione scosse ancora una volta la testa, chinandosi oltre la staccionata che li divideva e prendendo Grattastinchi tra le braccia per riportarlo a casa.
-Già. I peggiori se la cavano sempre.-
Lo guardò con sfida, altezzosa come era sempre stata e piena di compatimento come lui non avrebbe mai sopportato.
-Leva la tua faccia da lurida Mudblood dal mio giardino, feccia.-
Hermione alzò il mento, intenzionata a non mostrare il proprio dolore per quella sequela di insulti che colpivano a fondo in una ferita, formatasi quando era ancora una bambina insicura dai capelli cespugliosi, che ancora non riusciva a guarire del tutto.
Vedendola in quella posa di ostentata alterigia, Draco per un attimo comprese cosa significasse  vedere rosso. Posò Altair a terra, fece un passo verso la staccionata e sputò per terra, a pochi centimetri dalle scarpe di Hermione.
Non fece nemmeno in tempo a rialzare gli occhi, che uno schiaffo potente e sonoro colpì la sua guancia, mentre gli occhi di Hermione brillavano di lacrime di umiliazione e rabbia sconfinata.
-Sarai la disgrazia di tua figlia.- mormorò, mentre si asciugava con un gesto stizzito la lacrima che era sfuggita dai suoi occhi scuri. Gli voltò le spalle, diretta a casa sua dopo aver lanciato una sguardo dolce e fugace alla bambina, che a sua volta osservava senza capire il suo papà, così buono e affettuoso, che ansimava per la rabbia e guardava la ragazza che andava via in lacrime.
Mentre il vento faceva ondeggiare il vestitino verde di Altair e agitava i suoi capelli chiarissimi, Draco rimase immobile, con il cuore che rimbombava nel petto e l’eco della porta della Granger che echeggiava nelle orecchie, colpito dai suoi occhi lucidi e, dovette ammetterlo, innocenti.
Era esploso per una ragione tanto terrificante quanto inesistente.
Le aveva sputato addosso, in un gesto di disprezzo assoluto che nessuna parola avrebbe mai potuto esprimere.
L’aveva vista sull’orlo delle lacrime, lei che per una vita aveva resistito stoicamente ai peggiori insulti, alcuni dei quali coniati dai compagni di Draco appositamente per lei.
Tutto questo, per nulla.
Ciò che per lui era più sconvolgente, era che il viso confuso di sua figlia lo stava facendo sentire in colpa.
 
 
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e se siete giunte fino a qui significa che, forse, non è così male.
Vorrei solo dire che Henley-on-Thames è un vero paesino dell’Oxfordshire, di cui ho preso in prestito il nome e la posizione come ambientazione di questa ff (vi consiglio di andare a guardare le foto su internet, è stupendo).
Altair Malfoy è invece un personaggio di mia creazione, spero che vi possa piacere.
Lasciate una recensione, per favore: mi fareste un’autrice felice e mi fareste capire se è il caso di continuare o meno questa fan fiction.
Spero di leggere presto tanti commenti (spero anche belli).
Un abbraccio, mie care lettrici!
Giada

 

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Capitolo 2
*** Le domande di Altair ***


Cap. 2
Le domande di Altair
 
 

Dopo tutto ciò a cui aveva dovuto assistere in guerra, Draco non si considerava una persona impressionabile, ma era rimasto sconvolto nel constatare quanto sua figlia fosse rimasta conquistata da Hermione e dal suo gatto.
Comprendendo con straordinaria empatia la sua agitazione e la sua rabbia, quando erano rientrati in casa Altair non aveva fatto domande, limitandosi a dargli un bacino sulla  bua  alla guancia, sostenendo che sarebbe guarito più in fretta, e andando poi nella sua cameretta a giocare con il suo peluche preferito.
Il giorno dopo, però, gli aveva chiesto se poteva andare a trovare Hermione per giocare con il suo  micione. Draco aveva aggirato abilmente la domanda, l’aveva distratta proponendole una visita dalla nonna Narcissa e aveva tirato un lungo  e profondo respiro di sollievo, intimamente convinto di aver messo una pietra sopra la questione della sua nuova e detestabile vicina di casa.
Mai pensiero fu più sbagliato.
Altair aveva fatto la stessa domanda dopo che erano tornati a casa con la Polvere Volante, il giorno dopo a colazione, prima del pisolino pomeridiano e dopo aver mangiato una bella fetta di pane e marmellata di pesche, la sua preferita.
Provvidenzialmente distratto da un gufo che picchiava sul vetro dell’ampia vetrata che dava sul giardino posteriore della villetta, Draco ringraziò mentalmente la sua buona stella.
Il gufo grigio, enorme nel suo piumaggio gonfio e soffice che lo faceva somigliare, secondo Altair, ad una palla di piume, era stato inviato da Pucey, con le risposte su Hermione Granger che Draco aveva chiesto.
Irritato per la figura da psicopatico visionario con manie di persecuzione che aveva fatto, Draco lesse la conferma a quello che Hermione gli aveva detto. Lavorava al reparto Ricerca dell’Ufficio Misteri del Ministero della Magia ed era una della più apprezzate studiose del suo campo.
Mentre ancora leggeva, una piccola mano liscia e morbida si appese al suo maglione, strattonandolo verso il basso per ricevere attenzione.
-Papi, andiamo da Hermione e dal micio?- domandò, guardandolo con gli occhi azzurri sgranati.
-Altair, mi spieghi perché vuoi andare da.. da..- non riusciva proprio a chiamarla per nome –dal micio?- chiese, trovando un compromesso per non dire quel nome che gli sembrava così estraneo.
-Perché così tu chiedi scusa ad Hermione e io posso giocare ancora con Gattastinchi.- rispose semplicemente la bambina.
Colpita da tale disarmante semplicità, Draco si chinò e la prese in braccio, dirigendosi verso la cucina e sorridendo nel sentire una mano piccola insinuarsi nei suoi capelli lisci e tirargli gentilmente qualche ciocca.
Mentre si versava dell’acqua in un bicchiere colorato, che Altair aveva tanto insistito per comprare, la fece sedere sul bancone della cucina e la guardò far dondolare le gambe fasciate da una calzamaglia color malva.
-Ho sete anche io.-
Altair protese la braccia verso il padre e il bicchiere colmo d’acqua fresca e Draco glielo porse, facendosi più vicino e posando le labbra sulla nuca della bambina in un lungo bacio, restando appoggiato a pensare.
-Perché devo chiedere scusa a...- ancora una volta incespicò nelle parole -…insomma, perché?- tagliò corto, curioso di sentire la spiegazione della figlia.
-Perché l’hai trattata male e l’hai fatta piangere e mi dici sempre che poi si deve chiedere scusa.-
Altair lo guardò soddisfatta del proprio ragionamento inoppugnabile.
Draco, a malincuore, dovette ammettere che in effetti la teoria della bambina non faceva una grinza. Quando pochi giorni prima erano stati al parco, Altair aveva urtato una bambina babbana e l’aveva fatta cadere, continuando poi a giocare.
Altair si era subito giustificata dicendo che non aveva fatto apposta, ma Draco le aveva piegato pazientemente che quando facciamo male ad una persona o facciamo qualcosa di spiacevole dobbiamo chiedere scusa.
Il giovane mago si era congratulato con se stesso per quella spiegazione politicamente corretta che gli sarebbe valsa il premio come miglior papà dell’anno. Peccato che poi si fossa rivoltata contro di lui.
Mettendo il bicchiere nel lavandino, Draco sbuffò.
 
***

 
Nel silenzio assoluto della villetta appena ristrutturata, interrotto solo dal fruscio di una penna che scorreva rapida su un foglio di carta, i colpi decisi ma non irruenti sul legno della porta d’ingresso risuonarono forti e amplificati.
-Arrivo!-
Hermione lesse le ultime due righe del paragrafo e inserì una cartolina tra le pagine del libro per tenere il segno. Abbandonando il voluminoso libro rilegato in pelle di drago sul basso tavolinetto da fumo, si alzò e si diresse all’ingresso, controllando rapidamente lo stato dei suoi capelli nello specchio che aveva appeso proprio accanto alla porta.
Meno peggio di quanto pensasse, constatò.
Controllando di avere la bacchetta con sé per qualsiasi evenienza, Hermione aprì. Il sorriso cortese parve congelarsi sul suo volto sostituito da una maschera di incredulità e shock.
-Ciao Hermione!-
Una vocina che non poteva appartenere all’uomo davanti a sé la salutò, convincendola a distogliere lo sguardo dalla causa scatenante del trauma. Ancora turbata ed esterrefatta, Hermione rivolse la propria attenzione alla bambina che la guardava dal basso, fasciata in una abitino viola abbinato alle scarpette di vernice, il viso dolce e rotondo contornato dai capelli biondi, impreziositi da due mollettine color malva della stessa tonalità della calzamaglia.
-Ciao Altair.- la salutò con un sorriso, accarezzandole la testa- Come mai qui?- domandò, alzando gli occhi fino ad incontrarne un paio grigi.
Draco era rigido davanti a lei, palesemente a disagio e non del tutto convinto di ciò che stava facendo. Con le braccia incrociate sul petto, metteva in risalto le braccia e i bicipiti, perfettamente sagomati dal maglione di cotone color panna.
Vedendo che il padre sembrava indeciso e picchiettava le dita sulle braccia, Altair decise di prendere in mano la situazione e poter così andare a giocare con il micio.
-Papà deve chiederti scusa, vero, papi?- chiese conferma, alzando candidamente il visino verso il padre.
Draco lanciò uno sguardo alla figlia e si fece forza, ricordando a se stesso che loro erano gli unici maghi nel raggio di molti chilometri e che nessuno sarebbe mai venuto a sapere cosa lui ed Hermione Granger si sarebbero detti.
-Sì, è vero.- si schiarì la voce poi continuò –Volevo scusarmi per ciò che è successo ieri.- disse rapidamente, cercando di abbreviare quel momento di imbarazzo.
Non vi era alcuna traccia di sentimento e convinzione nelle parole, né tantomeno nello sguardo che le rivolse, quasi una richiesta di non tenerlo oltre sulla porta, in piedi come uno stupido su uno zerbino decorato con allegri tulipani rossi e gialli, in pieno stile Grifondoro.
Hermione pensò che quello fosse un giorno memorabile, in cui dalla bocca di Draco Malfoy  non solo uscivano delle parole di scuse –anche se non sincere-, bensì uscivano delle scuse indirizzate a lei.
Incredibile, doveva segnarselo sul calendario, magari evidenziando il giorno con frecce luminose al neon.
Altair, che per qualche motivo che per Draco rimaneva imperscrutabile pareva aver preso in simpatia Hermione dal primo sguardo, faceva saettare gli occhi azzurri tra il padre, che stringeva una mano della bambina nella propria, ad Hermione, che era rimasta stupita e incredula, nonché intimamente soddisfatta.
-Allora, lo perdoni, vero, Hermione?-
Alla voce squillante e speranzosa della bambina, la bolla di imbarazzo e incredulità che li aveva avvolti in quei pochi secondi eterni scoppiò.
Draco respirò a fondo, riconoscente che quel momento in cui il suo orgoglio era stato brutalmente calpestato fosse passato, mentre con un pollice accarezzava il dorso della mano della figlia, sentendone la pelle liscia e soffice sotto il polpastrello.
Altair era la cosa più bella che gli fosse mai capitata, aveva un effetto calmante ed era immensamente più dolce e profumata di quelle disgustose pozioni per i nervi che assumeva in precedenza.
-Ma certo che lo perdono.- annuì Hermione, sorridendo alla bambina.
Si era sentita incredibilmente offesa per le parole di Draco e per quello sputo, per quel gesto di sfregio fatto solo per il gusto di ferire, e non era riuscita a dominare quella fitta di umiliazione profonda al petto. Aveva dato sfogo alle lacrime amare che Malfoy le aveva provocato e aveva concentrato in quello schiaffo tutta la rabbia che in una situazione normale avrebbe dominato.
Un altro schiaffo non avrebbe fatto di certo male e le avrebbe dato anche un poco di soddisfazione fine a se stessa, ma non sarebbe stato un comportamento corretto adatto ad una Grifondoro.
Era ovvio che Malfoy non si fosse scusato volontariamente, ma era anche vero che l’aveva fatto per far piacere alla figlia, per accontentare un capriccio innocente che l’avrebbe resa felice senza alcuno sforzo. Si era abbassato a far delle scuse a lei solo per dare il buon esempio alla figlia, quindi forse non era così male come ricordava.
-Hermione.- Altair si staccò dalla mano del padre e  si avvicinò alla ragazza che le stava di fronte –Adesso che tu e papà avete fatto pace, posso giocare un po’ con Grattastinchi?- pronunciò il nome del gatto con lentezza, attenta a non fare errori.
-Certo, per me non ci sono problemi.- si morse un labbro per l’incertezza di quanto aveva appena detto, poi alzò lo sguardo su Draco –Per te ci sono problemi?-
Draco soppesò al risposta, combattuto tra gli occhioni entusiasti di sua figlia e la prospettiva di entrare in casa della Granger. Già se la immaginava, sciatta e senza alcun tocco di stile, coperta da uno strato di polvere come la casa di una donna vecchia e decrepita e invasa dall’odore stantio dei libri ammuffiti.
-È tardi, Altair, magari He..- ancora quel maledetto nome che non gli usciva -..magari stava facendo qualcosa e l’abbiamo disturbata.-
-Veramente non stavo facendo nulla, ma se…- Hermione scrollò le spalle, evitando di dire qualcosa che avrebbe potuto disturbare Altair e l’immagine di cavaliere senza macchia e senza paura che si era costruita del padre.
Forse Malfoy era la peggior specie di uomo sulla faccia del pianeta, ma con sua figlia doveva essere un angelo, l’aveva capito da come gli occhi di Altair brillavano ogni volta che lo chiamava  papi  e da come quelli dell’uomo si addolcissero quando cadevano sulla figura sottile della figlia, trasformandolo quasi in un’altra persona.
Se era così  almeno  con una persona sulla faccia del pianeta, perché doveva rovinare tutto quell’amore con allusioni al suo disprezzo per il sangue di una come lei?
Non ne aveva il diritto, così si morse la lingua e bloccò il flusso di parole.
-Puoi tornare un’altra volta, se vuoi.- propose ad Altair, inginocchiandosi alla sua altezza –Oppure posso portare Grattastinchi nel tuo giardino, così stai in casa e papà non si preoccupa, che ne pensi?-
Draco rimase spiazzato dalla gentilezza con cui la Granger si rivolgeva a sua figlia e dal modo in cui le sorrideva, senza lasciar trasparire minimamente –almeno agli occhi di una bambina di quattro anni- tutto il rancore che correva tra loro.
-Non posso giocarci solo cinque minuti?-
-Non lo so…- tentennò Hermione, alzando gli occhi verso Draco che sbuffò in silenzio.
-Solo cinque minuti?- domandò ancora, andando dal suo adorato papà e stringendogli una mano tra le proprie, piccole e calde.
-Va bene, solo cinque minuti.- le concesse –Poi torniamo a casa a fare il bagno.-
Altair annuì felice, voltandosi subito verso Hermione che si fece da parte per lasciarli entrare in casa. Seguendo con aria da martire la figlia che era entrata senza alcun tentennamento, Draco superò l’uscio e sentì la porta chiudersi alla sue spalle, escludendo il freddo vento che era salito nell’ultima mezz’ora.
Mentre Altair allungava una mano fino a stringere senza alcun imbarazzo quella di Hermione, la ragazza li condusse oltre il piccolo ingresso dalle pareti gialle, guidandoli nel salotto.

Draco rimase stupito da quell’ambiente e dalla cucina che si intravedeva oltre una porta ad arco, completamente diversi dall’immagine che si era costruito nella mente.
La pareti del salotto erano di un delicato color crema, decorato in alto da una greca color amaranto che richiamava il colore brillante del divano e della poltrona, posti di fronte ad un alto mobile in legno e separati da esso grazie ad un tappeto etnico e ad un tavolino da fumo. Il vetro di quest’ultimo quasi scompariva sotto l’enorme quantità di fogli, pergamene, quaderni, piume e penne babbane  che lo sommergevano, indiscutibile marchio di riconoscimento della proprietaria della casa.
Alle pareti, stampe e foto di ogni forma e dimensione riscaldavano di umanità l’ambiente.
-Questo è il salotto.- spiegò Hermione con un leggero imbarazzo nella voce –Di là c’è la cucina e al piano superiore le camere da letto e il bagno.- terminò, indicando le scale con la balaustra in legno che conducevano al piano superiore.
-Questa sei tu?-
Con l’indice teso e in punta di piedi per veder meglio l’oggetto di tanto interesse, Altair indicava una foto in una cornice d’argento, appoggiata su uno scrittoio nell’angolo apposto della stanza.
-Sì, sono io il primo giorno di scuola. Stavamo per andare alla stazione per prendere l’Espresso per Hogwarts.- spiegò Hermione, un sorriso al ricordo di quel giorno importante e ormai lontano.
-Dove è andato anche il mio papà?-
Dopo essersi scambiati un’occhiata fugace e colma di ricordi spiacevoli legati agli anni in cui avevano vissuto sotto lo stesso tetto –un tetto gigantesco risalente al Medioevo, ma pur sempre lo  stesso  tetto-, entrambi annuirono.
-E questi chi sono?-
Alle spalle di Hermione, Draco chinò il capo, sconsolato e ormai rassegnato a fare la figura di quello che non è capace di insegnare alla figlia la buona educazione. Altair era sempre timida e poco propensa alle chiacchiere in presenza di estranei, parlava così liberamente solo con sua madre e con nonna Cissy, ma sembrava che conoscesse Hermione da una vita.
-Sono mia mamma e mio papà e quella che si vede dietro è la nostra casa.-
Hermione, tuttavia, non pareva particolarmente turbata da tutte queste domande, si era limitata a scoccare uno sguardo a Draco quando prima aveva nominato la scuola che li aveva visti insultarsi e affatturarsi nei corridoi. Per il resto, parlava ad Altair come avrebbe parlato ad ogni altro bambino, babbano o mago che fosse.
-La tua mamma è molto bella, lo sai?-
Togliendo un paio di grossi volumi dal divano su cui stava lavorando prima, Hermione rise, poi annuì con il capo avvicinandosi alla bambina.
-Sarà molto contenta di questo complimento, soprattutto se viene da una bambina bella come te.-
Mentre Altair sorrideva compiaciuta del complimento, Grattastinchi scese le scale e si strofinò prima sulle caviglie della sua padrona e poi su quelle sottili della bambina di cui si era perdutamente innamorato, forse anche a causa delle coccole generose che riceveva.
Forse memore dell’ultima volta che quella bambina dall’aspetto tanto dolce l’aveva sollevato con poca grazia come fosse stato un peluche, Grattastinchi sfuggì alla sua presa e si acciambellò sul divano, invitando la bimba a raggiungerlo con un miagolio e uno sventolio della coda.
Senza farselo ripetere due volte, Altair saltellò verso il divano, bloccandosi poco prima di sedersi.
-Posso?- chiese al padre, che era rimasto in piedi accanto alla porta da cui erano entrati nel salotto.
Mentre si dirigeva verso la cucina, Hermione gli passò accanto, lanciandogli un’occhiata truce.
-Ti assicuro che non è contaminato e che il gene del sangue sporco non si trasmette per via aerea. Puoi farla sedere senza paura che una mutazione genetica la trasformi in una come me, magari con l’aggiunta di squame verdi e viscide.- sibilò con amara e perfida ironia.

Senza aspettare una risposta, andò in cucina, prendendo un vassoio e posandoci sopra tre bicchieri di succo alla pesca e qualche biscotto fatto in casa. Quando tornò in salotto, Altair era seduta a gambe incrociate sul divano, accarezzando Grattastinchi che si rotolava a pancia in su, mentre Draco le sedeva accanto in una posa rigida e composta, evidentemente occupato nella difficile operazione di non toccare più del dovuto quello che probabilmente considerava a tutti gli effetti un  ricettacolo di germi impuri.
In realtà quello che rendeva Draco Malfoy così rigido e teso era molto meno legato di quanto si potesse pensare agli ideali razzisti che lo aveva sempre caratterizzato. Era solo il pensiero di trovarsi in casa di Hermione Granger, sul  suo  divano mentre Altair giocava e rideva dello strano muso schiacciato del  suo  gatto rosso, a causargli un evidente e sospetto irrigidimento dei nervi.
Dopo aver bevuto un sorso di succo, Altair ricominciò ad accarezzare metodicamente il batuffolo di pelo fulvo che teneva accovacciato accanto alle gambe e guardò Hermione con palese curiosità negli occhi accesi, affascinata da quella donna che evidentemente considerava la sua nuova amica.
-Hermione, tu hai un fidanzato?-
-No.- rispose Hermione tra un colpo di tosse e l’altro, bevendo un altro sorso di succo per riprendersi da quella domanda.
Non che avesse problemi a dire ad una bambina di meno di cinque anni che non era fidanzata, ma la metteva a disagio parlarne davanti a Malfoy, lo stesso che le aveva ripetuto per anni quanto fosse poco attraente e femminile.
-E perché no?-
-Altair, non credo che siano affari….- Draco cercò di mettere un freno alla curiosità della bambina che gli sedeva accanto. Non aveva idea di aver fatto una figlia tanto pettegola, ma d’altro canto, si disse, era anche figlia di sua madre.
Se aveva preso la curiosità e la tendenza a spettegolare da Astoria e da lui la spiccata capacità serpeverde di piegare le persone ai propri desideri, Draco non riusciva proprio a capire da chi avesse preso la simpatia verso i Grifondoro e verso  quella  Grifondoro in particolare.
Il sospetto che il gene dei Black, e di Sirius Black in particolare ne fosse in qualche modo responsabile, sarebbe divenuto, di lì a poco, più di un sospetto.
-Non fa niente.- lo tranquillizzò Hermione, tornando a sorridere alla bimba, timorosa di aver detto qualcosa di male –Ero fidanzata, ma poi abbiamo capito di non amarci più e che non era giusto stare insieme lo stesso, capisci?- diede voce alla prima scusa che le era venuta in mente, molto più alla portata di Altair di quanto non fosse la verità.
Altair fece segno che sì, aveva capito, e tornò ad accarezzare il micio pensierosa, elaborando una nuova domanda.
-Papà fa il giornalista sportivo.- spiegò orgogliosa, utilizzando quelle parole che aveva sentito tante volte quando incontrava gli amici di Draco –E tu cosa fai?-
-Io studio libri antichi, faccio ricerche su cose che nessuno conosce più.- le spiegò Hermione, in modo abbastanza semplice affinché anche lei potesse capire, indicando i libri che erano sparsi sul tavolino e che riempivano gli scaffali di una grande e imponente libreria a muro.
Draco l’aveva notata subito, ma non vi aveva prestato molta attenzione. Mentre la figlia tempestava Hermione di domande più o meno strane, che spaziavano dal colore preferito a  quanti anni avesse Grattastinchi, Draco osservò la libreria alle spalle di Hermione.
Era occupata da libri più o meno grandi, sistemati in piedi o orizzontalmente sopra gli altri, fino a riempire ogni buco disponibile; alcuni erano palesemente babbani, con le coste in cartoncino logorate dal tempo, mentre altri erano magici, rilegati in pelle di drago dai colori più vari.
-Anche papà legge tanto, ma noi non abbiamo così tanti libri come te.-
L’affermazione di Altair stupì Hermione, che non ricordava di aver mai visto Draco leggere un libro durante gli anni di scuola, se si escludevano le pagine che i professori assegnavano durante le lezioni.
-Ah, davvero?- fu l’unico commento, ben poco intelligente a dire il vero, che le uscì dalla bocca.
-Sì, Granger, davvero.- confermò scocciato Draco –Anche se ti sembrerà strano, anche a me hanno insegnato a leggere.-
-Rilassati.- gli suggerì Hermione, porgendo alla bambina che li divideva un biscotto dal piattino che non riusciva a raggiungere a causa del gatto che si era placidamente coricato sulle sue gambe –Ero solo stupita, non ti ho mai visto in biblioteca.-
Draco sbuffò e roteò gli occhi al soffitto. Il tempo che lui e la Mudblood potevano passare insieme senza scannarsi a vicenda stava rapidamente giungendo al termine.
-Sai com’è, avevo anche una vita sociale, al contrario di qualcun altro.- l’allusione era più che palese e infatti gli occhi di Hermione si assottigliarono pericolosamente, in una perfetta imitazione della McGrannit, di quelle che avrebbe rivolto ad Harry e Ron ai tempi della scuola per dei compiti non fatti.
Forse una volta poteva anche tollerare e soprassedere a certi insulti sulla sua voglia di studiare, ma ora non più, non quando quella stessa voglia di studiare l’aveva fatta diventare una delle più apprezzate studiose di Incantesimi e tecniche di Trasfigurazione delle epoche passate.
-Io avevo una vita sociale, solo che ho preferito cercare poche vere amicizie, piuttosto che avere un codazzo di leccapiedi che si sono volatilizzati non appena ho perso il mio prestigio.-
-Sei davvero così sicura di essere l’unica ad avere dei veri amici?- le domandò aspramente. Certo non le avrebbe spiegato tutta la sua rete di amicizie vere e semplici conoscenze vantaggiose, ma voleva almeno far cadere quelle certezze di cui lei si mostrava tanto sicura.
-Abbastanza, visto che io non sono dovuta scappare da Londra con mia figlia solo perché nessuno aveva più fiducia in me.- sibilò, approfittando delle risatine contente di Altair per coprire quell’attacco diretto e  molto poco diplomatico.
Terminato l’eccesso di risatine di Altair, a cui Grattastinchi aveva appena leccato con gioia e affetto il palmo della mano, la bambina riprese l’interrogatorio da dove l’aveva interrotto.
-Anche tu sei una strega, vero?-
Prima che potesse rispondere, Hermione venne interrotta da una voce derisoria, che cercava chiaramente di fare il verso alla loro professoressa di Trasfigurazione.
-Oh, sì, la migliore strega degli ultimi secoli!-
La bocca di Draco si storse in un ghigno di disaccordo e fastidio, cercando di nasconderlo alla vista della figlia dietro al proprio bicchiere di succo.
-Sei davvero la migliore strega del mondo?- chiese Altair, euforica oltre ogni dire.
-Non esageriamo!- si schermì Hermione, spingendo Draco a storcere nuovamente la bocca –Però sì, sono una strega molto brava.-
Altair batté le manine, facendo sobbalzare Grattastinchi, che balzò a terra per sgranchirsi le zampe.
-Mi fai vedere una magia?- vedendo la titubanza della strega, aggiunse –Per favore per favore per favore?-
Sgranò gli occhi come faceva solitamente con il padre per conquistarlo definitivamente e sorrise ancor più vedendo la ragazza acconsentire con un gesto del capo.
Senza prendere la bacchetta e con uno sguardo di sfida a Draco, Hermione si chinò in avanti, il pugno chiuso proteso davanti a sé verso la bambina. Chiuse gli occhi, si concentrò e sorrise alla propria euforica spettatrice, aprendo le dita.
Lì, sul palmo della mano, faceva mostra di sé un tulipano rosa che oscillava leggermente, come mosse da una brezza invisibile.
Vedendo l’eccitazione di sua figlia per quella magia banale –magia senza bacchetta, ammise con una punta di irritazione- Draco sbuffò ancora, guardando l’orologio in legno appeso al muro.
Ma il tempo non passava mai?

Mentre la piccola, ormai decisa ad adottare Hermione come sorella maggiore, continuava a cianciare di cose allucinanti, dalle magie che le faceva vedere nonna Cissy a quelle che faceva il papà, Draco studiò le foto appese sui muri.
Ritraevano Hermione a varie età e con varie persone, molte delle quali erano presenti in più di una fotografia. Una foto dell’ultimo anno dei Grifondoro al gran completo il giorno dei M.A.G.O.; lei, Potter, Weasley e la sorella in un parco; lei, la rossa e la Lovegood in posti che non conosceva; lei e Potter in abito elegante a quello che doveva essere un matrimonio; lei e i suoi genitori.
-Malfoy!-
La voce squillante e perforante dell’antica compagna di scuola lo destò, accompagnata da un energico colpetto sul ginocchio. Lei e Altair, mano nella mano, stavano in piedi davanti a lui, che si era perso ad osservare tutte quelle fotografie.
-Altair mi ha chiesto di vedere il piano di sopra, posso portarla su?-
Scambiando un’occhiata con la figlia, Draco si limitò ad annuire, stupito da quell’atto di educazione e gentilezza della Granger. Vedendole scomparire al piano superiore, si abbandonò contro lo schienale della poltrona, esausto e con un dolore sordo ai muscoli del collo tesi per il disagio. Al piano di sopra, sentiva la voce limpida della figlia che raccontava qualcosa, sollecitata di tanto in tanto da una risposta o da una risata della Granger.
Ci aveva impiegato mesi di convincimento, con l’aiuto di Astoria, per convincere Altair che Pansy non era cattiva come sembrava e che non era la strega di Biancaneve, come lei stessa si era convinta. Poi, d’un tratto, arrivava una Grifondoro con i denti da castoro e conquistava il suo cuore al primo sguardo.
I bambini erano strani e sua figlia non faceva eccezione.
Sentendo dei rumori, si raddrizzò e si voltò, in tempo per vederle scendere. In braccio ad Hermione, Altair indicava prima una foto e poi un’altra, prima un quadro e poi un oggetto e faceva domande curiose.
Chi erano, dove erano, quanti anni aveva. Tutte domande che a Draco non interessavano minimamente, ma che invece entusiasmavano Altair e sembravano non infastidire Hermione, che raccontava tutto con tranquillità, come se avesse dimenticato chi fosse la bambina che portava in braccio e che giocava con i suoi capelli gonfi.
Ancora una volta, Draco rimase profondamente stupito dal comportamento perfettamente diplomatico e gentile che Hermione aveva verso la piccola Malfoy. Non sembrava infastidita dalle domande né dalla parentela che la legava a Draco né dalla sua stessa presenza nel suo salotto, come se non le importasse nulla dei loro trascorsi e del sangue che scorreva nelle vene dei suoi vicini di casa.
Dopo aver finito il tour anche del piano inferiore, Hermione porse a Draco la figlia, accompagnandoli poi alla porta, tra le proteste di Altair che non voleva assolutamente tornare a casa solo per farsi il bagno.
-È bello il mio papà, vero?- domandò la bimba, dopo aver dato un bacio sulla guancia ad Hermione, guardando orgogliosa il suo papà.
Divertito dalla situazione, Draco guardò la ragazza in piedi accanto a lui diventare un poco rossa d’imbarazzo e far vagare lo sguardo altrove, tormentandosi il polsino della camicia a scacchi. Era in imbarazzo esattamente come lo sarebbe stata anni prima.
Già a quel tempo, Draco aveva notato la riservatezza di Hermione per temi che riguardassero la sfera emotiva, come ad esempio la semplice vista di due studenti che si baciavano in modo un poco  intraprendente  nei corridoi.
-Non ti piace il mio papà?- domandò delusa.
Per lei era il papà più bello del mondo, aveva gli occhi grigi e i capelli biondi come i principi delle fiabe, perché a Hermione non piaceva?
-No no, mi piace.- Hermione si affettò a rispondere, poi si morse la lingua –Cioè, sì, è proprio un bel papà.- cercò di salvarsi, sorridendo in risposta al sorriso contento e soddisfatto della bimba.
Dopo essersi scambiati un cenno del capo, Draco si voltò verso casa, mentre Altair continuava a salutare la sua nuova amica.
-Se solo non fosse così insopportabile...-
Sentendo alle proprie spalle il borbottio lugubre e irritato di Hermione, Draco continuò a camminare verso casa, lasciando libero sfogo ad una piega sospetta delle labbra, una piega che con molta fantasia si sarebbe potuta considerare un sorriso.
 
 
 
Buonasera  mie care lettrici!
Ecco il nuovo capitolo, spero che vi piaccia come vi è piaciuto il primo. Il prossimo arriverà domenica prossima.
Forse è un capitolo un po’ di passaggio, ma credo sia necessario per farli avvicinare.
Vi lascio un piccolo spoiler, che dite?
 
" -Granger, non è che sei così nervosa perché ti sei preoccupata per me?- insinuò, cercando di alleggerire l’atmosfera pesante che aleggiava nella stanza e di eliminare ogni traccia di riconoscenza che si sentiva in dovere di provare nei suoi confronti.
Era meglio non creare strane situazioni, lasciare tutto come era in precedenza ed evitare occasioni che permettessero alla Granger di sorprenderlo. Di nuovo.
-Malfoy.- sibilò senza nemmeno voltarsi -Ricordati che io ho una bacchetta e un coltello e tu hai entrambe le mani occupate a reggere tua figlia. A te le conclusioni.- lo sollecitò, lanciando le rondelle di carota in una pentola. "
 
Bene, spero di avervi incuriosito e ovviamente aspetto le vostre recensioni, spero belle e ancora più numerose del capitolo precedente.
Ogni commento o suggerimento è ben accetto, quindi fatemi sapere ciò che ne pensate.
Un abbraccio fortissimo!
Giada
 

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Capitolo 3
*** Terra e fiori ***


Prima di lasciarvi alla lettura del capitolo, vorrei ringraziarvi per le bellissime recensioni e per aver inserito questa storia tra le preferite, seguite o ricordate.
Grazie!                                      
Buona lettura!


Cap. 3
Terra e fiori

 

 
Se Draco i primi giorni era rimasto particolarmente irritato da quella sorta di venerazione che Altair sembrava aver sviluppato per Hermione, nel giro di due settimane si era rassegnato all’evidenza.
In qualche modo, Hermione aveva conquistato Altair come nemmeno Daphne, che era sua zia, era riuscita a fare, per non parlare poi delle donne con cui era uscito. Aveva cercato di presentarle quelle due che erano state importanti per lui, ma la piccola aveva tenuto il muso per tutta la serata e aveva parlato a monosillabi.
Gli avevano spiegato che era tutta paura che lui l’abbandonasse per un’altra persona, ma Draco, più che rassicurarla continuamente, non aveva saputo proprio che fare.
Al terzo tentativo, quando Altair aveva fatto esplodere il lampadario alla vista di un semplice e casto bacio sulle labbra, Draco aveva preso la drastica decisione di tenere la sua vita sentimentale ben lontana da sua figlia.
E adesso arrivava la Granger, per l’esattezza la Granger e il suo gatto.
Soprattutto quella palla di pelo rossiccio, di un colore così fastidiosamente simile ai capelli di Weasley, sembrava essere onnipresente. Mentre la padrona era immersa tra pagine impolverate e lingue ormai morte e sepolte, lui sgattaiolava oltre lo steccato, fiondandosi dalla bambina nella certezza che non lo avrebbe cacciato.
Era maledettamente astuto quel gatto.
Così Draco aveva passato quelle due settimane di luglio a metà tra la tranquillità di vedere sua figlia contenta ed entusiasta della nuova vicina di casa e il fastidio per vederla così felice per colpa di una Grifondoro dal sangue impuro.
Era stato tentato più volte, in quei pomeriggi in cui Altair andava da Hermione per far merenda, dal desiderio di andarsela a riprendere e riportarla a casa, facendole un bel discorsetto su chi fosse degno di essere frequentato.
Una sola cosa l’aveva fatto desistere, l’immagine di se stesso, piccolo e solo nel Manor di famiglia, obbligato a giocare con i mille doni di suo padre senza poterli condividere con nessuno scelto personalmente, perché nessuno era degno di un Malfoy.
Suo padre l’aveva ricoperto di attenzioni e doni, sua madre lo viziava in modo eccessivo e non gli era mai mancato nulla, ma non aveva mai avuto il piacere di scegliersi un vero amico, uno di quelli con cui senti quel feeling inconfondibile che te lo fa scegliere tra altri venti.
Per trovare una persona che gli fosse affine, aveva dovuto aspettare di arrivare a Hogwarts e di conoscere Nott, apprezzando il suo silenzio solidale con il passare degli anni.
Quindi, alla fine di una sequela interminabile di sbuffi, occhiate nervose all’orologio, camminate avanti e indietro per il salotto e impulsi repressi all’ultimo di andare ad aprire la porta che conduceva in giardino.. ecco, alla fine di tutto ciò, Draco aveva deciso di lasciare che Altair passasse i suoi pomeriggi con la mezzosangue.
Nonostante questa apparente benevolenza, controllava che la bambina non rimanesse contagiata dalla sua sciatteria e dalla sua ossessione per i libri e lo studio. Astoria l’avrebbe scuoiato vivo se avesse visto che Altair, la sua principessa dai vestitini sempre all’ultimo grido, si era trasformata in una piccola saputella.
E lui, davvero, ci teneva alla sua pelle chiarissima.
 
Al di là della staccionata e del giardino magicamente perfetto di casa Malfoy, quello di Hermione sarebbe diventato, di lì a pochi giorni, un piccolo gioiello. Amava le piante e i fiori, una passione che le aveva trasmesso sua mamma, ed era più che mai decisa ad approfittare della casa che aveva acquistato in campagna per poter sperimentare e creare un giardino da sogno.
Per questo motivo, la sera prima, aveva mandato a Malfoy un bigliettino, di quelli che scambiava alle elementari con le sue compagne di classe, chiedendogli di far vestire Altair con qualcosa di meno principesco dei soliti vestitini che indossava di solito. Non che fossero brutti, anzi, ma sarebbero stati decisamente poco pratici per lavorare in giardino il pomeriggio seguente.
Hermione e Draco si erano cordialmente ignorati per due settimane, sotterrando l’ascia di guerra per Altair, che aveva conquistato Hermione come poche bambine avevano fatto in passato.
Avevano annullato i contatti e con essi anche le possibilità per discutere e per essere sottoposti a domande imbarazzanti da parte di Altair. Non avevano nulla di cui parlare, nessun argomento che fosse completamente esente da minuzie che li avrebbero portati a litigare su due opinioni opposte e ovviamente, almeno dal loro singolo punto di vista, inoppugnabili.
La loro logica era semplice ma condivisa da entrambi: zero contatti, zero litigate, zero stress per entrambi.
Almeno fino a quel momento.
 
-Papi.-
Draco emise un verso gutturale, continuando ad allacciare le scarpe da tennis della figlia, distratto dalle mani che giocavano con i suoi capelli, per i quali sembrava che sua figlia avesse una vera passione.
-Vieni anche te da Hermione? Oggi sistemiamo il giardino e piantiamo i fiori!-
-Non posso, Altair.-
-Ma piantiamo anche i garofoni!- cercò di convincerlo, mettendogli le mani sulle guancie e facendogli una carezza.
-Si dice  garofani.- la corresse e lei sbuffò –Ha invitato solo te, non è educato presentarsi in due.-
Draco Malfoy non era diventato improvvisamente un esperto di galateo e buone maniere, semplicemente aveva un appuntamento con una donna e non aveva intenzione di rimandarlo per passare un pomeriggio intero con la Granger. Aveva già dovuto rimandare quell’incontro due volte e non era certo che la donna in questione avrebbe accettato di buon rado un'altro gufo di scuse per l’appuntamento mancato.
Sentendo il tono del padre farsi autoritario e rigido, Altair si limitò ad annuire, seguendo docilmente il padre fino al cancelletto che dalla strada immetteva nel giardino di Hermione, quello che di lì a poco si sarebbe trasformato nel loro campo di battaglia.
-Oggi vado da Theodore.- disse Draco alla bambina, inginocchiandosi davanti a lei –Se hai bisogno,  lei  saprà come contattarmi, ok?- le spiegò, accennando con il capo all’interno della casa, evitando il nome di Hermione che ancora gli sembrava così strano.
Palesemente triste ed offesa, Altair annuì seccamente e gli voltò le spalle, dirigendosi verso casa di Hermione, dove fu accolta da Grattastinchi.
Sulla soglia di casa, Hermione fece saettare lo sguardo tra Altair, che era entrata in casa senza nemmeno salutare il padre, e Draco stesso, che osservava la figlia al di là dello steccato.
Dopo un rapido cenno di saluto, Draco si diresse verso casa ed Hermione si chiuse la porta alle spalle.
 
***

 
 
Sdraiato a pancia in giù e con la faccia affondata del cuscino morbido, Draco riposava soddisfatto e stanco dopo l’amplesso. Accanto a lui, una donna dai capelli color mogano lo osservava pensierosa, la testa sorretta da una mano e il corpo morbido avvolto dal lenzuolo blu.
Draco Malfoy era bello, molto bello ad essere sincere, ma non era decisamente l’uomo per lei. Desiderava un uomo che la venerasse, innalzandola su un piedistallo e facendo di lei l’unica donna della sua vita, ma sapeva che quel posto era già occupato.
Altair, la piccola figlia di Draco che aveva visto solo in fotografia, era per lui tutto il suo mondo, un mondo che non desiderava spartire con nessuno, ad eccezione della madre della piccola.
Riflettendoci attentamente, avrebbe potuto,  forse,  accettare di essere messa in secondo piano rispetto alla figlia, consapevole di quanto fossero diversi quei due tipi di amore, ma non poteva proprio sopportare di arrivare dopo di  lei.
Lei, Astoria Greengrass, vanitosa e superba come poche, con l’aria di chi si considera un gradino sopra chiunque solo per i propri capelli neri e gli occhi azzurri. Fastidiosamente intoccabile e odiosamente presuntuosa, l’aveva odiata dalla prima volta che l’aveva vista, così snob da far concorrenza a Draco stesso.
Ecco, non poteva proprio accettare di arrivare dopo Astoria e di dover rimanere in disparte, triste spettatrice di quel rapporto che ancora non sapeva definire, insospettita e irritata da quei vaghi e riservati accenni che ne aveva fatto Draco in quasi quattro mesi di relazione.
Le sarebbe mancato Draco, a letto era bravissimo e sapeva essere anche galante e divertente, quando non aveva il pensiero fisso su qualche problema della figlia o sull’imminente arrivo di Astoria,  la stronza.
Allungò le dita verso i capelli biondi, pettinandoli all’indietro e continuando la carezza sul collo, giù lungo la spina dorsale fino alla curva delle natiche.
Rapidamente Draco si voltò a pancia in su, stringendole il polso con un sorriso storto sul viso. Curvando le labbra in modo altrettanto malizioso, la donna continuò la sua carezza impudica verso il basso, fino ad arrivare alla sua meta, sentendola calda e pulsante sotto il palmo della mano curata.
Lo accarezzò con lentezza, prima con la punta delle dita e poi avvolgendolo nella propria mano, guardandolo negli occhi fino a quando Draco non li chiuse, conquistato e rapito dai suoi gesti lenti.
-Jo…- il suo sussurro si spense in un basso ringhio di godimento.
Questa era un’altra cosa che le piaceva di lui. Nonostante la corazza da freddo mangiatore di donne che molti amici gli avevano cucito addosso, Draco era un uomo normale, che quando era a letto si lasciava andare, anche se con un certo contegno, a ciò che sentiva, senza bisogno di ostentare un silenzio stoico e falso.
Ecco, le piaceva  sentirlo  mentre facevano l’amore.
Mentre Jo gli sussurrava all’orecchio la sua decisione, Draco lanciò un’occhiata fugace alla sveglia sul comodino, mentre un debole campanello d’allarme  veniva immediatamente messo a tacere da un fitta all’inguine.
-Jo, devo andare.-
-No, non devi.- cercò di persuaderlo, sdraiandosi su di lui –Fai l’amore con me un’ultima volta.- lo implorò.
Come avrebbe potuto far funzionare il cervello con una donna completamente nuda e disponibile sdraiata addosso?
Era un padre, non un eremita.
Ribaltò la posizioni, strofinandosi su di lei fino a quando la sentì ansimare, per poi strapparle un grido mentre la sua mano scivolava tra le sue cosce calde e lisce, accarezzandola con perizia e impudenza.
Jo schiuse le labbra, sentendo la necessità di avere più aria mentre il ventre le andava a fuoco, completamente avviluppata nelle spire di quel demone lussurioso.
 
***
 
Hermione camminava avanti e indietro nel salotto, guardando alternativamente l’orologio da parete e quello che portava al polso.
Draco sarebbe dovuto venire a prendere Altair alle sei, un po’ più tardi del solito a causa del suo impegno. Insospettita da quel ritardo che stava facendo preoccupare la piccola, aveva mandato il suo Patronus a Nott. L’ex Serpeverde però le aveva risposto di non sapere dove si trovasse l’amico, aggiungendo, come era ovvio che fosse, una buona dose di appellativi sgradevoli.
Vedendo la testa dell’uomo sparire nel camino con un sonoro strappo senza aver saputo notizie del padre, Altair era scoppiata a piangere, singhiozzando per la paura fino a quando non si era addormentata.
Aveva sempre amato i bambini, desiderava averne almeno due, e quello era il motivo per cui passava tanti pomeriggi con Altair, che nonostante fosse figlia di Malfoy non ne aveva preso il carattere e si era rivelata la dolcezza fatta persona. Vedendola piangere così disperatamente, con gli occhi bagnati di lacrime amare e il naso rosso, Hermione aveva sentito una morsa al cuore.
Ancora una volta, mentre la bambina dormiva al piano superiore, Hermione imprecò sonoramente, pregando Godric di non deluderla e di riportare l’uomo a casa sano e salvo, così che potesse picchiarlo personalmente.
Uno scampanellio le fece ringraziare nuovamente il capostipite della propria casa. Aprì la porta e studiò Draco davanti a sé per qualche minuto prima di colpirlo con uno schiaffo sulla stessa guancia della volta precedente.
-Granger, ma che cazzo ti prende, eh?-
-Sei un perfetto idiota!-
Con un energico strattone, lo tirò in casa, puntandogli poi un dito contro il petto e picchiettando ripetutamente il polpastrello sul maglione, come Molly Weasley aveva fatto tanto spesso con i gemelli negli anni precedenti.
-Passi il ritardo, ci può anche stare e io non ho alcun problema ad occuparmi di tua figlia, che al contrario di te è una persona deliziosa…- lo sgridò, cercando di tenere la voce bassa per non svegliarla prima di aver finito il proprio discorso.
-Senti da che pulpito parli di…- Draco cercò di replicare ma venne troncato sul nascere.
-Ma non posso credere che tu l’abbia fatto per una donna!-
Quello che in altre circostante sarebbe stato un urlo di rimprovero, si trasformò in un sibilo acuto e veemente, che lasciò sconcertato Draco più per il contenuto che per il tono.
-E tu come cazzo fai a saperlo? Hai una palla di vetro?-
-No, idiota, sai che non credo a queste cose.- le rimproverò sbuffando –Ma hai un volgarissimo succhiotto sul collo e una ancor più volgare macchia di rossetto color mattone sul colletto della camicia.- elencò, muovendo il dito accusatore tra il lato destro del collo e il lato sinistro del colletto della camicia.
Se le parole e il tono in cui erano state pronunciate non fossero state abbastanza chiare, sicuramente l’espressione di disgusto e rimprovero di Hermione sarebbe stata sufficientemente eloquente da sopperire a tale mancanza.
-Ma che stai facendo?-
Memore forse dell’ultima volta che si era ritrovato con la bacchetta di Hermione Granger puntata al collo, Draco sobbalzò vedendo quell’innocuo –almeno all’apparenza- legnetto puntato contro di sé.
-Rilassati, voglio solo darti l’aspetto di un padre anziché di un frequentatore di bordelli.-
Con un gesto del polso e il suono di un risucchio il rossetto scomparve dalla stoffa, un altro movimento più complesso della bacchetta e la macchia rossastra si riassorbì, lasciando solo un alone appena più scuro della pelle candida.
Rimettendo la bacchetta nella cintura, Hermione fece cenno a Draco di seguirla al piano superiore, conducendolo nella propria camera.
-Per la cronaca, Altair non ha voluto fare nulla in giardino perché voleva che ci fossi anche tu e quando via Metropolvere ho chiamato Nott…-
-Hai chiamato Nott?-
-Sì, sei sordo?- lo rimbeccò -Tu non tornavi, era tardi e Altair si era preoccupata. L’ho chiamato e lui non aveva idea di dove fossi.- terminò in tono d’accusa.
-Sì, beh..- Draco si grattò la nuca, ancora fuori della camera in cui riposava sua figlia –Dovevo dire qualcosa ad Altair e quello è ciò che le dico di solito quando la lascio da mia madre.-
Hermione lo guardò allibita, poi si mise le mani sui fianchi.
-E non potevi dirlo a me?-
-E perché avrei dovuto?- le domandò.
-Forse perché ho fatto tutto il possibile per Altair ma non è servito a nulla? L’unica cosa che voleva, era sapere che suo padre sarebbe tornato presto e io non potevo assicurarglielo con certezza.- sbottò furibonda, poi respirò a fondo –Non mi interessa con chi esci perché non è affar mio, questo lo so benissimo, ma la prossima volta, per piacere- disse tra i denti –dimmelo, così non mi sentirò uno schifo mentre consolo tua figlia che piange disperata.-
Gli aprì la porta, mettendo in mostra la sua camera, i muri celesti nascosti dalla penombra e i mobili bianchi che sembravano riflettere la poca luce che filtrava dal corridoio. Sul grande letto matrimoniale, Altair dormiva tranquilla, stringendosi al cuscino.
-Spero almeno che ti sia divertito.- sibilò amara Hermione, mentre Draco la superava entrando nella stanza.
Ancora arrabbiata con lui per quel comportamento sconsiderato, Hermione scese al piano inferiore, andando in cucina per prepararsi la cena, lasciando Draco da solo a svegliare la figlia.
 
Guardandosi intorno, Draco si sedette sulla sponda del letto, sollevando Altair e prendendola in braccio, mentre la svegliava con un bacio sulla fronte. La bambina mugugnò nel sonno, le guancie ancora arrossate dal pianto.
Si era divertito? Sì, eccome.
Ora, però, si sentiva uno schifo sapendo che, mentre sua figlia piangeva, lui si stava rotolando tra le lenzuola con una donna di cui non gli importava granché e che gli aveva appena detto chiaro e tondo che non erano decisamente fatti per stare insieme. L’unica scusante era che non si era davvero reso conto di che ore fossero.
Aveva ragione la Granger, non erano assolutamente affari suoi, ma la prossima volta le avrebbe detto dove sarebbe andato, almeno per poter tranquillizzare Altair. Era rimasto stupito da quanta preoccupazione ci fosse nella voce di Hermione, da  quanta tristezza e sconfitta si potesse leggere nei suoi occhi quando aveva dovuto ammettere di non aver potuto fare niente per consolarla.
Era rimasto stupito.
Di nuovo.
All’inizio Draco era rimasto impressionato dalla casa della Granger, che mostrava un buon gusto armonioso e insospettabile, e poi dalla sua gentilezza verso la bambina, ma era ancor più sorpreso vedendo che si era affezionata ad Altair in poche settimane.
Se la Granger avesse avuto un figlio, lui certamente non gli avrebbe preparato una crostata.
Lasciando dormire ancora un po’ Altair tra le proprie braccia, Draco andò in cucina, attirato dai rumori di pentole e stoviglie. Hermione stava cucinando qualcosa che doveva essere stato molto cattivo, a giudicare dalla cattiveria che ci stava mettendo per tagliarlo.
-Noi andiamo.-
Hermione si voltò verso la voce che l’aveva chiamata, rivelando che la vittima della sua preoccupazione altro non era che una povera carota ormai martoriata. Annuì, tornando a dedicare la propria attenzione al povero ortaggio innocente, facendo più rumore del dovuto mentre lo affettava con un coltello particolarmente affilato e dal minaccioso manico in plastica nera.
-Granger, non è che sei così nervosa perché ti sei preoccupata per me?- insinuò, cercando di alleggerire l’atmosfera pesante che aleggiava nella stanza e di eliminare ogni traccia di riconoscenza che si sentiva in dovere di provare nei suoi confronti.
Era meglio non creare strane situazioni, lasciare tutto come era in precedenza ed evitare occasioni che permettessero alla Granger di sorprenderlo. Di nuovo.
-Malfoy.- sibilò senza nemmeno voltarsi -Ricordati che io ho una bacchetta e un coltello e tu hai entrambe le mani occupate a reggere tua figlia. A te le conclusioni.- lo sollecitò, lanciando le rondelle di carota in una pentola.
Un rumore di passi e il tonfo di una porta che sbatteva segnalarono l’uscita di scena di Draco Malfoy.
 
Percorrendo il breve tratto di strada che separava il proprio cancello da quello di Hermione, Draco baciò la nuca della figlia che, avvolta nel calore del corpo paterno e nel suo profumo, dormiva più serenamente.
Non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura e probabilmente avrebbe portato il segreto nella tomba con sé, ma era grato a quella strega con manie da crocerossina per essere stata vicina ad Altair. Altre donne avrebbero esaurito la pazienza in pochi minuti, Pansy ad esempio sarebbe stata una di quelle, ma era più che certo che la Granger avesse fatto davvero  tutto  il possibile.
 
***
 
Dopo una settimana di pioggia ininterrotta e battente, che aveva sommerso tutto il sud dell’Inghilterra e che aveva reso le strade di Henley-on-Thames simili a dei ruscelli impetuosi, finalmente era tornato il sole.
Dopo aver avuto paura che il suo papà non sarebbe più tornato, Altair aveva approfittato dei giorni in cui Hermione era stata impegnata con i suoi studi e i suoi polverosi libri, per poter passare del tempo con lui.
Nonostante l’aspetto freddo e distaccato, per Altair Draco era il papà più bravo del mondo, divertente e giocoso. Molte delle bambine che incontrava al parco dicevano che i loro padri lavoravano fino a tardi e giocavano con loro solo nei week end, ma per lei era tutto un altro mondo.
Draco si sdraiava con lei per terra per poter disegnare, le stava accanto quando giocava con le bambole o quando guardavano i cartoni in televisione, poco importava che spesso si addormentasse dopo nemmeno mezz’ora.
Ciò che le piaceva di più, però, era quando le leggeva la fiaba della buona notte. Aveva una voce così bella e profonda, che raramente Altair resisteva fino alla terza pagina.
Impegnata a ridere del disegno decisamente poco artistico del padre, Altair sentì a malapena il campanello, ma intuendo chi fosse scattò verso la porta, trascinandosi dietro il padre, la manina saldamente ancorata alla sua.
-Hermione!-
Contenta di rivederla finalmente dopo una settimana di lontananza, Altair alzò le braccia per convincerla a sollevarla. Sorridendo, Hermione le scoccò un bacio sulla guancia e poi la rimise a terra.
-Oggi c’è il sole, mi aiuti a piantare i fiori?- le propose, tendendole la mano. L’idea iniziale era stata quella di lavorare in giardino da sola, ma poi, non appena aveva tirato fuori dai sacchetti le confezioni di semi e bulbi, aveva capito che da sola si sarebbe stufata in meno di mezz’ora, dato che era sempre stata abituata a lavorare a fianco di sua madre.
Titubante, la bambina strinse la mano della ragazza, il capo alzato verso il padre e arricciato in una smorfia di dubbio e incertezza.
-Ma papà?-
Hermione si morse il labbro, indecisa, poi cercò di sembrare naturale. Dopotutto Draco non sembrava così male, almeno quando la bambina era nei paraggi e a portata di orecchio. Poteva fare uno sforzo, si disse.
-Vuoi venire anche tu?-
La domanda e il sorriso sincero che gli rivolse Hermione, lasciarono Draco profondamente colpito dalle sue capacità recitative. Agli occhi di chiunque non li conoscesse, quel sorriso sarebbe apparso reale e profondamente sincero.
Limitandosi ad annuire in risposta, si chiuse la porta di casa alle spalle e le seguì in strada e poi fino alla porta della ragazza, che parlottava in modo fitto con la bambina che teneva per mano.
Da quanto poté capire mentre le seguiva nel giardino sul retro, stavano decidendo quali fiori piantare per primi e dove mettere il dondolo e un tavolo in ferro con sedie coordinate.
-Tu ovviamente porti i pesi.- lo informò Hermione scaricandogli tra le braccia un sacco pieno di terriccio fertilizzato –Questo mi serve per le aiuole dei tulipani, portalo laggiù.- gli ordinò, indicandogli un punto accanto alla steccato che confinava con la loro proprietà, mentre Altair rideva deliziata da quel comando.
 
Sfruttato come un elfo domestico o come un normale e babbano facchino, entrambi ruoli per lui inaccettabili, Draco passò l’intero pomeriggio a portare sacchi e pesi di ogni genere da un lato all’altro del giardino, comandato a bacchetta da sua figlia.
-Papi.- la voce di Altair e una mano piccola nella sua fece distogliere Draco dallo studio di un foglietto di istruzioni per il montaggio di un tavolo da giardino.
-Dimmi, amore.-
Vedendo la testa di Hermione scattare nella sua direzione, palesemente stupita da quella dimostrazione involontaria di affetto, Draco si schiarì la gola, cercando di darsi un tono.
-Sono stanca , posso andare un po’ sul divano?- domandò sbadigliando.
-Ma certo, aspetta che poso questi e andiamo a casa.- Draco pensò di cogliere al balzo l’opportunità di fuggire a quella fatica. Quando cercò di liberarsi dei guanti da lavoro, però, venne fermato dalla bambina, che lo guardò con rimprovero scuotendo la testa e i codini biondi.
-Tu devi aiutare Hermione!- gli ricordò –Io vado sul divano con Grattastinchi.-
-Ma non vuoi andare a casa?-
Draco cercò di persuaderla con un sorriso accattivante, ma Altair scosse la testa e si aprì in un sorriso furbo, distruggendo tutte le speranze di Draco.
-No, tu devi aiutare Hermione a finire il giardino!-
Tirandolo per una manica del maglione, lo fece abbassare alla sua altezza e gli diede un bacio sulla guancia, per poi scappare all’interno della casa e chiamare a gran voce Grattastinchi.
-Tua figlia è come te, direbbe qualsiasi cosa per farsi accontentare.- sentenziò Hermione, prendendogli il foglietto dalle mani e leggendolo con attenzione sotto lo sguardo attento di Draco.
Indossava dei jeans vecchi e sbiaditi e una maglietta celeste a maniche lunghe, dello stesso colore della fascia che le fermava i capelli. Non l’aveva mai vista così, semplice e sportiva come tante altre ragazze con cui era uscito.
-Si può sapere che hai da guardare?- lo rimbeccò, prendendo due pezzi di ferro che dovevano appartenere, secondo quelle istruzioni sibilline, alle gambe del tavolo e unendoli con delle viti.
Con delle viti e, soprattutto, con grande difficoltà.
-Paura del giudizio, Granger?- la stuzzicò.
Vedendo che continuava a guardare con aria truce e minacciosa il foglietto delle istruzioni, Draco sbuffò ed estrasse la bacchetta dai pantaloni. Mormorando appena qualche parola a fior di labbra, Draco mosse il polso e i pezzi si saldarono insieme, dando forma ad un perfetta tavolo da giardino, nero e lucido.
-Dovevamo farlo a mano!- protestò Hermione.
-Ci avremmo messo tutta la vita e tu lo sai.- puntualizzò Draco, sedendosi esausto su una delle sedie che aveva appena montato con un altro incantesimo, semplice ma efficace.
-Comunque non ho paura del giudizio delle persone, ancor meno del tuo.- rispose Hermione, decisa a non mostrarsi deboli su un argomento tanto sciocco –Hai già espresso ampiamente la tua opinione su di me negli anni passati, non sarebbe affatto una sorpresa.-
Dopo aver appallottolato un sacco di iuta e averlo gettato in un sacco della spazzatura, Hermione si tolse la fascia dai capelli, agitando la testa per liberarli.
Come si sbagliava.
La sorpresa ci sarebbe stata, perché per un attimo, fugace e transitorio, ma pur sempre esistente, Draco l’aveva trovata bella, una donna con un suo perché.
 
Vedendolo seduto, con la faccia distrutta dalla  fatica del lavoro all’aria aperta a cui non sembrava avvezzo, Hermione realizzò con stupore che non avevano ancora litigato, un record per due persone come loro. La presenza di Altair si era rivelata ancor più positiva del previsto.
Esausto e decisamente poco contento del lavoro che gli era stato assegnato, Draco si passò una mano tra i capelli. Come una scossa improvvisa, Hermione si accorse che lo stava trattenendo lì anche ora che Altair non era più presente, probabilmente addormentata sul divano con il suo gatto pigro. La presenza del biondo non le era pesata come previsto, anzi, con Altair nei paraggi si era rivelato quasi accettabile, ma certo non si aspettava che questo valesse anche per lui.
Era stato un bel pomeriggio ed Hermione voleva evitare che tutto si rovinasse per un’esclamazione infastidita e maleducata del ragazzo, un’esclamazione che non sarebbe tardata ad arrivare, a giudicare dall’espressione corrucciata che aveva in volto.
-Vai pure, finisco io.- gli disse senza alcuna particolare inflessione nella voce.
Draco lanciò uno sguardo al giardino ingombro di attrezzi e sacchi di terriccio aperti e confezioni di semi o bulbi ormai vuote. Alzò un sopracciglio, guardando Hermione che aveva ricominciato ad ignorarlo come facevano sempre e andava da una parte all’altra raccogliendo ciò che andava buttato e gettando gli attrezzi in una scatola di cartone.
-Usa la bacchetta, no?- le suggerì brusco, ma Hermione scosse il capo.
-Che gusto c’è a lavorare all’aria aperta se poi usi la magia? Ma non mi aspetto certo che tu capisca, per carità.- continuò alzando le braccia in segno di resa, comprendendo dalla sua espressione che lui decisamente non capiva proprio che gusto ci fosse.
Si era sottoposto a quella tortura solo per compiacere Altair e ora desiderava solo una doccia calda, sdraiarsi sul divano e bere un bicchiere di vino elfico.
Certo, le rimaneva un sacco di lavoro da fare e da sola ci avrebbe messo un bel po’ di tempo, ma la colpa era sua e della sua cocciutaggine, che le impediva di riconoscere che un colpo di bacchetta sarebbe stato ben più efficace.
Avrebbe potuto aiutarla.
No,si vietò categorico, è pur sempre la Granger e tu hai pur sempre una dignità e un certo decoro da mantenere.
Anche se nel complesso il pomeriggio si era rivelato piacevole e per certi aspetti anche divertente, come quando Altair aveva rovesciato un sacchetto di terriccio addosso a Grattastinchi, sotterrandolo quasi completamente, non era certamente il caso di protrarre quella situazione, non consona ad uno come lui.
Cosa avrebbero detto i suoi amici vedendolo con i pantaloni sporchi di terra ed erba, i capelli spettinati e la camicia sudata incollata alla schiena, ancor più sapendo che tutto ciò era dovuto al fatto che aveva aiutato una come la Granger a sistemare il giardino?
Cosa avrebbero detto vedendolo immerso tra terra e fiori?
Cosa avrebbero detto sapendo che si stava chiedendo se un po’ di quell’odore –terra e fiori-  le era rimasto addosso?
-Finisci tu?- le domandò ancora, in una sorta di congedo freddo e impersonale.
-Finisco io.- confermò Hermione, legandosi nuovamente i capelli con una coda alta –Dì ad Altair che nei prossimi giorni non può venire qui perché sono molto impegnata.-
Annuendo con il capo e senza ulteriori saluti, Draco le voltò le spalle e andò a prendere la figlia, che dormiva sul divano di Hermione con una mano sotto il viso e l’altra stretta al petto, mentre Grattastinchi era acciambellato vicino ai suoi piedi.
Era stata così contenta di andare da Hermione che non si era neppure cambiata il vestito e ora la sua gonnellina grigia era macchiata di terriccio ed erba in più punti, così come le scarpette di vernice.
Astoria sarebbe morta di infarto vedendola così.
 
***
 
Dal salotto proveniva il suono delle voci dei personaggi del cartone che aveva concesso ad Altair di vedere prima di andare a letto, mentre Draco stava sistemando la cucina. Diede un colpo di bacchetta alle stoviglie nell’acquaio ed esse cominciarono a lavarsi spontaneamente con accuratezza.
Spense le luci e si avviò in salotto, ma un movimento nel giardino affianco attirò la sua attenzione.
In piedi fuori dalla porta spalancata, che ancora dondolava sui cardini per la forza con cui era stata aperta, la figura di Hermione si stagliava scura contro la luce gialla del lampadario. Guardava un punto imprecisato del giardino ancora ingombro di oggetti e, Draco se ne accorse con un sussulto di stupore, tremava.
Non avrebbe saputo dire se di rabbia o freddo o paura, ma di sicuro stava tremando violentemente. In contrasto con il corpo che era scosso da un tremore forte e incontrollato, il braccio destro era rigido lungo un fianco, la mano stretta a pugno intorno ad una pezzo di carta.
Probabilmente rabbia, dedusse Draco.
 
 
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Se così fosse, fatemelo sapere.
In caso contrario, fatemelo sapere ugualmente.
Insomma, commentate numerose (almeno spero)!!
Vi do appuntamento a sabato o domenica prossima.
Un bacione a tutte, vi abbraccio
Giada

 

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Capitolo 4
*** Indovina chi viene a cena? ***


 
Leggere le vostre splendide recensioni è sempre un piacere.
Grazie mille, a tutte!
Buona lettura!


Cap. 4
Indovina chi viene a cena?

 

 
Hermione era stata impegnata con le sue scartoffie per parecchi giorni.
Draco non se ne era interessato più di tanto, ma spesso vedeva Altair avvicinarsi alla finestra della cucina che offriva una perfetta vusuale della casa vicina. Lì, in punta di piedi e con le mani aggrappate al bordo della finestra per mantenere l’equilibrio, la bambina sbirciava i movimenti che si intravedevano oltre le finestre.
Anche quel pomeriggio di metà agosto non faceva eccezione.
-Papi, dov’è Hermione?-
-Non lo so.- le rispose sinceramente.
L’aveva intravista uscire di casa solo un paio di volte, diretta in centro città o semplicemente alla cassetta della posta, per poi rintanarsi rapidamente in casa. Non che fosse mai stato un grande osservatore di Hermione Granger, ma si era accorto di una ruga di preoccupazione e agitazione che le si era formata sulla fronte, lasciata scoperta dai capelli raccolti disordinatamente sulla nuca con una matita.
Vedendo che spesso la casa appariva completamente vuota e che la macchina era nel vialetto d’ingresso, Draco aveva immaginato che fosse andata al Ministero o in qualche località magica alla ricerca di altri libri per i suoi studi.
Intanto, in giardino, i primi fiori stavano già sbocciando, merito probabilmente di qualche pozione o incantesimo particolare più che delle loro abilità nel giardinaggio.
-Papi, guarda!-
Euforica, la bambina puntò il dito contro il vetro, indicando una finestra della casa di Hermione. Al di là del vetro e oltre la tendina color panna, si vedeva chiaramente la figura di Hermione che camminava avanti e indietro, la mani affondate nei capelli ribelli.
-È in casa.- constatò semplicemente.
Finalmente quella casa dava segni di vita e, benché non volesse ammetterlo, la cosa un poco lo rincuorava. Non era preoccupato per lei, ma non aveva proprio voglia di spiegare ad Altair perché Hermione fosse scomparsa così improvvisamente.
-Andiamo a salutarla?-
Nonostante il suo istinto gli dicesse che c’era qualcosa di strano nel modo in cui Hermione camminava avanti e indietro nel salotto, voltandosi talvolta di scatto verso il punto in cui sapeva esserci il divano, Draco annuì.
Come un fulmine, Altair corse in giardino e poi in strada, raggiungendo rapidamente la porta di Hermione, seguita a pochi passi da Draco. Già vicino alla porta, qualcosa li bloccò.
Erano urla, le tipiche urla di due persone che stanno litigando in maniera poco civile e rispettosa delle buone maniere.
Mentre un rumore di vetro in frantumi giungeva alle loro orecchie, Draco colpì la nuca della figlia con la punta della bacchetta, creando una pellicola insonorizzante intorno a  lei.
Prendendola in braccio, fece il giro della casa e si avvicinò alla finestra che si affacciava in salotto, accucciandosi a terra per poter ascoltare senza essere visto. Precauzione del tutto inutile, visto che nessuna delle due persone che discutevano prestava attenzione ad altro che alla propria rabbia.
Bastò un occhiata e la vista di una chioma folta per capire chi fosse l’artefice di tanto trambusto.
Ronald Weasley.
 
-Ma sei veramente idiota come sembri? Mi hai tradito con Lavanda, poi mi hai lasciato per lei e ora mi chiedi anche di venire al vostro matrimonio?- ricapitolò Hermione, incredula –Ma sei impazzito o semplicemente scemo?-
Il dubbio le era venuto già la sera in cui aveva ricevuto il gufo con la partecipazione di nozze e in quel momento quello stesso dubbio si era trasformato in una certezza, soprattutto considerando l’ostinazione con cui Ron continuava a domandarle di partecipare al suo matrimonio.
Eppure pensava che la parola  no  fosse di facile comprensione anche per uno come lui.
Ronald sbuffò, con quell’aria di superiorità che aveva sviluppato negli ultimi anni.
-Non vedo perché la fai tanto tragica, Mione.-
-Non. Chiamarmi. Così.- gli intimò, sibilando e stringendo i pugni per impedirsi di prenderlo a schiaffi.
O a pugni.
O a fatture molto dolorose.
-Non facevi tanto la difficile quando te lo dicevo mentre eravamo a letto.- le rammentò seccamente.
-Evidentemente avevo preso una botta in testa piuttosto forte.- bofonchiò Hermione a mezza voce, arricciando le labbra, dubbiosa di esser mai stata nella proprie piene facoltà mentali per aver accettato un soprannome così insulso.
-Tu eri tutta impegnata nei tuoi libri e in quella cavolate che ti interessano tanto e io volevo una fidanzata, non un topo di biblioteca come te.- le spiegò senza il minimo tatto.
-Sei sempre gentile, vedo.- gli disse con voce rotta e ridotta ad un tremito.
-Oh, smettila di fare la vittima.- le intimò sbuffando –Ti ho detto molte volte quello che desideravo, ma tu non mi hai mai dato retta, hai sempre voluto fare di testa tua ed era ovvio che alla fine avrei cercato soddisfazione in una donna  vera.-
Hermione inspirò rumorosamente, cercando di trattenere un singhiozzo si sofferenza e indicò con la mano la porta.
-Ora che hai espresso la tua infallibile opinione, sei pregato di andartene da casa mia.-
Ron si alzò, chinando il capo al ricordo di quale fosse stato lo scopo della sua visita. Nonostante l’avesse amata, non aveva mai sopportato il piglio da professoressa puntigliosa che assumeva quando era contrariata e ancora una volta, davanti a quell’espressione, si era fatto prendere dal nervosismo.
Aveva esagerato, se ne rendeva conto.
-Allora, verrai al matrimonio?-
Hermione gli scoccò un’occhiata furiosa e gelida.
-Spiacente, ma tu e la tua consorte dovrete fare a meno della mia presenza, sempre che quella sottospecie di suino riesca a preoccuparsi di altro che delle tartine che mangerà.- commentò acidamente.
-Smettila di insultare Lavanda, sei solo gelosa.-
-Oh sì, hai proprio ragione.- lo assecondò, lanciandogli il giubbotto che aveva appeso all’ingresso –Invidiosissima di essere un’oca giuliva di prima categoria.-
Ron infilò il giubbotto di pelle nera con foga, allacciando la cerniera come se fosse la ragione di tutti i suoi problemi.
-Ma io non mi riferivo a quello.-le disse, con un’espressione cattiva sul volto, quella che aveva sviluppato negli ultimi anni e che l’aveva trasformato in uomo diverso e molto meno gentile di quanto non fosse stato a scuola.
Ginny l’aveva implorato di andare a far pace con Hermione e di convincerla a venire al matrimonio e lui era partito con le migliori intenzioni e un discorso perfetto su come dovessero dimenticare i propri errori. A parte i loro battibecchi, gli stessi che avevano logorato la loro storia fino al punto di rottura, ciò che proprio non poteva tollerare erano gli attacchi a Lavanda, l’unica donna che l’avesse accettato per come era, senza farlo sentire troppo stupido e troppo poco speciale.
Le si avvicinò fino ad arrivarle ad un soffio dal viso.
-Sei solo invidiosa perché non c’è nemmeno un povero sfigato che ti fila, che ti guarda come una donna e non come una biblioteca ambulante.-
Mentre Hermione gli intimava di non cercarla mai più, si smaterializzò.
 
Draco tolse l’incantesimo che aveva posto su sua figlia e si appoggiò con le spalle al muro della casa. Lui e Pansy ai tempi della scuola se ne erano dette di peggiori, ma Weasley non ci era andato giù leggero.
Ricordava una litigata con una ragazza che aveva lasciato prima ancora di sposare Astoria. Non aveva fatto una piega davanti ad urla che avevano raggiunto il muro del suono, ma quando le aveva detto che non era la donna più sensuale che avesse mai visto, era letteralmente crollata.
-Papi, che succede?- domandò ansiosamente Altair, aggrappandosi al braccio del padre e alzando il visino per guardarlo negli occhi chiari.
-Altair, andiamo a casa, è meglio.-
-Dobbiamo salutare Hermione!- protestò.
-Altair, Hermione…- pensò rapidamente ad una scusa, troppo impegnato nel nascondere la verità alla figlia per preoccuparsi di non usare il nome della ragazza –Non sta molto bene, forse vuole riposare un po’.-
Si compatì mentalmente per la poca fantasia e anche per la propria stupidità, quando Altair corse verso il retro della casa sostenendo che allora avrebbe avuto bisogno d’aiuto e di un bacino contro la bua.
Vedendola sparire all’interno della casa, Draco si rassegnò a seguirla, maledicendo il giorno in cui non aveva contattato anche una veggente per sapere se Henley-on-Thames sarebbe stata abitata da maghi anche in futuro.
Quando arrivò in salotto, la scena era anche peggio di come se la fosse immaginata.
Hermione era seduta sul divano a gambe incrociate, stringendo al petto un cuscino rosso e con il viso rigato da lacrime amare e silenziose.
In piedi davanti a lei, Altair le passava una mano sulle guancie, cercando di asciugarle le lacrime, e l’altra tra i capelli, giocando con un ricciolo lungo e ribelle. Vedendo che le sue premure non bastavano, salì agilmente sul divano e prese il posto del cuscino, facendosi abbracciare dalla sua amica preferita.
-Stai male, Hermione? Papà ha detto che stai male e che forse era meglio andare a casa, ma io…-
Hermione sobbalzò e si voltò verso Draco, realizzando solo in quel momento che fosse presente e che probabilmente aveva sentito la litigata. Spostando Altair accanto a sé, Hermione si alzò rapidamente e voltò le spalle ad entrambi, asciugandosi le guancie umide con il polsino della maglia a maniche lunghe che indossava, in un modo che a Draco ricordò molto una bambina.
Tirando su con il naso, Hermione si voltò nuovamente verso di loro, con in viso un sorriso teso e costruito come Draco ne aveva visti pochi nella sua vita.
Tornò verso il divano con la massima calma e si sedette al proprio posto, sprofondando nei cuscini mentre una enorme stanchezza, la stessa che sentiva ogni volta che la sua debole autostima veniva bersagliata senza pietà, la invadeva. Si abbandonò contro lo schienale del divano, mentre Altair si sporgeva verso di lei e le dava un bacio sulla guancia, cercando di consolarla come meglio poteva.
-Stai meglio, Hermione?- le domandò dopo un lungo silenzio, preoccupata –Perché piangevi?- indagò, rassicurata dal rapido annuire della ragazza.
-Un mio… amico è venuto a trovarmi e abbiamo litigato.- spiegò, alzandosi con la bambina in braccio.
Fece un cenno a Draco che la seguì e andò in cucina, invitandoli a sedersi al tavolo mentre lei preparava qualcosa per merenda.
-Crostata o latte e biscotti?- domandò.
-Crostata!-
-Niente, grazie.-
Hermione tagliò una fetta ad Altair e la posò su un tovagliolo di carta, poi si avvicinò a Draco con un’altra fetta, un poco più grande della precedente, e la allungò verso di lui.
-Giuro solennemente- assicurò con voce solenne –di non avere cattive intenzioni nei tuoi confronti.-
Un sorriso fugace le illuminò il volto congestionato dal pianto, pensando che i gemelli Weasley avrebbe approvato qualsiasi cattiva intenzione ai danni di Draco Malfoy.
Domandandosi distrattamente il motivo di quel sorriso passeggero, Draco fece scorrere lo sguardo tra la fetta di crostata alle fragole fatta in casa, che, doveva ammetterlo, era la sua passione, e la Granger che lo guardava con aria di sfida, perfettamente visibile negli occhi arrossati dal pianto.
Riluttante, tese la mano e prese la torta che lei gli porgeva.
 
Mezz’ora dopo, Altair era seduta sul divano a guardare il suo cartone preferito con Grattastinchi a fianco ed Hermione era appoggiata al frigorifero con una burrobirra in mano e lo sguardo perso oltre il vetro della finestra.
-Non so quando è diventato così, forse dopo la morte di Fred ha perso ogni contatto con la realtà e poco a poco è andato fuori di testa, forse il fatto di essere stato rifiutato dall’Accademia per Auror. Non lo so.- disse più a se stessa che a Draco, che non sembrava per nulla interessato alla sue vicende.
-Io non me ne sono accorta fino a che non ho visto che mi tradiva, tre anni fa.- riprese –A quel punto mi sono accorta che non ero più innamorata di lui come lo ero ai tempi della guerra. Era come se la pace avesse messo chiarezza nel mio cuore, sapevo ciò che volevo e soprattutto sapevo che avevo tutto il tempo per conquistarlo.-
Fece una pausa e bevve fino all’ultima goccia di burrobirra, mentre lo sguardo di Draco si spostava dal proprio bicchiere a lei.
Una canzoncina allegra echeggiò dalla sala, una canzoncina che Hermione aveva canticchiato tante volte durante la sua infanzia e che ora andava formandosi inconsciamente sulle sue labbra, che si curvavano per articolare parole silenziose.
-Mi ha tradito con Lavanda, un’oca di prima categoria, mi ha lasciata dicendo che lei gli dava ciò che io non potevo dargli.. immagino cosa…- berciò con sarcasmo –E ora ha anche il coraggio di chiedermi di andare al suo matrimonio. Se lo può scordare!- esclamò, gettando con violenza la bottiglia vuota nella pattumiera.
Il silenziò tornò ad echeggiare nella cucina, mentre in sottofondo la canzone continuava la sua melodia gioiosa.
Draco guardava Hermione ed Hermione guardava fuori dalla finestra, ipnotizzata da un piccolo uccellino che saltella nel suo giardino.
-Oggi l’ho guardato e non ho visto niente del ragazzino che ho incontrato quindici anni fa sull’Espresso di Hogwarts e che cercava di far diventare giallo il suo topo.- scosse le spalle, sconsolata –Niente.-
 
Draco la fissò.
Era indiscutibilmente logorroica e con la tendenza a fare la maestrina con chiunque, ma era anche intelligente, una strega con un cervello e una competenza che molte Purosangue non potevano vantare.
Ma era anche incredibilmente stupida.
E insicura.
E fragile.
E debole.
E fiduciosa al limite della stupidità.
I difetti di Hermione sarebbero bastati a riempire uno di quei volumi di migliaia di pagine che amava tanto, ma Draco in questa veste di patetica debolezza infondata proprio non poteva sopportarla oltre.
-Non ti metterai mica a piangere, vero?- le domandò con un tono per nulla paziente –Perché non sopporto le persone che piagnucolano per delle stupidate.- la avvertì.
-Stupidate?- gli fece eco indignata –Non so quanto tu abbia sentito, ma non è stato molto carino e delicato con me. Scusa tanto se non mi piace essere insultata.- sbottò.
-Sono le stesse cose che ti dicevo io a scuola, non capisco perché te la prendi tanto.- la punzecchiò –Non ti sei abituata?-
Hermione prese un respiro profondo sentendo l’intervento rassicurante di quel maestro di tatto e delicatezza che era il suo vicino di casa, nonché l’unico interlocutore e confidente al di sopra dei cinque anni che avesse nelle immediate vicinanze.
-No, Malfoy.- disse con tutta la calma che riuscì a raccogliere nel profondo di se stessa –Non ci ho fatto l’abitudine e, ad essere sincera, ciò che ha detto Ron mi ferisce molto più di quanto mi ferissi tu, per il semplice fatto che di te non me ne poteva fregare di meno.-
-Grazie.- rispose Draco, senza alcuna sfumatura di dispiacere nella voce, ma con l’aria di chi parlava giusto per dare aria alla bocca.
-Eri maleducato, supponente e arrogante. Pensavi di me quello che io pensavo di te e non me ne facevo alcun problema. Con Ron è tutto diverso, se permetti.- terminò piccata.
-Perché ne sei innamorata?- domandò con voce cantilenante e derisoria, portandosi una mano al petto come se stesse recitando un dramma settecentesco.
Lo sguardo infuocato di rabbia e sopportazione ormai ridotta al limite che Hermione rivolse a Draco fece quasi tremare le pareti della stanza, almeno in senso metaforico. Per un attimo Draco Malfoy pensò che forse avrebbero tremato davvero, quasi che la rabbia di Hermione verso il pezzente si stesse riversando fuori dal suo corpo per sfogarsi su qualsiasi cosa fosse abbastanza vicino.
-No, non ne sono più innamorata.- rispose con sicurezza.
Era sempre stata convinta che non avrebbe mai cancellato del tutto quel sentimento che l’aveva travolta durante la sua adolescenza, ma in quel momento, quasi scossa fino alla fondamenta dallo sguardo pungente e perforante di Malfoy, i suoi dubbi crollarono di schianto.
-Ho passato tutta l’adolescenza sentendo ragazzini sciocchi e sputasentenze- gli rivolse uno sguardo carico di significato, come a chiarire che quella definizione non fosse casuale –che mi dicevano che ero poco femminile, poco attraente, poco sensuale e nemmeno lontanamente accettabile esteticamente. Speravo solo che il mio fidanzato, anche se ex, dimostrasse un po’ di tatto.-
Terminata la sua spiegazione, Hermione notò che l’espressione di Malfoy non era cambiata di una virgola, probabilmente indifferente a tutto ciò che lei gli aveva detto e interessato solo a pungolarla e infastidirla con i suoi commenti acidi.
-Tatto?- domandò infatti l’uomo di fronte a  lei, appoggiato al tavolo con le mani nelle tasche e le caviglie accavallate –Direi che riferita a quel pezzente la tua è una speranza al limite dell’idiozia più assoluta.-
-Ma che te lo dico a fare.- sbuffò Hermione, dandogli le spalle e andando in salotto da Altair.
Si lasciò cadere sul divano accanto alla bambina, che faceva ondeggiare i piedini infantili e tondeggianti a ritmo di musica, e si mise a canticchiare con la piccola la canzone, una delle tante che avevano allietato la sua infanzia.
 
Draco, vedendola uscire dalla cucina come una furia che masticava maledizioni a mezza voce, sorrise in silenzio.
Forse il suo non era il metodo più delicato e ortodosso per consolare qualcuno e aiutarlo a riprendersi, ma lui non era mai stato granché bravo nell’esternare sentimenti come la gentilezza o la solidarietà emotiva. Era stato sgradevole, indelicato e piacevole come della carta vetrata sulla pelle delicata dei palmi delle mani, ma almeno aveva ottenuto l’effetto sperato.
La Granger era tornata in sé, senza piagnistei e lagne inutili e fastidiose.
 
Dopo aver bevuto un bicchier d’acqua accompagnato dalla voce delle due ragazze in salotto, Draco sentì la melodia che accompagnava i tanto sospirati titoli di coda e decise che era arrivato il momento di tornare a casa. Arrivato in salotto, però, rimase profondamente stupito.
Di nuovo.
Altair si era accoccolata in braccio alla ragazza, allacciando le braccia intorno al suo collo e posando la testa contro quella riccioluta della ragazza, mentre le accarezzava distrattamente i capelli morbidi e ricci, tanto delicatamente da dare quasi l’impressione di una madre che consolasse la figlia.
Draco rimase a fissarle in silenzio, mentre la Granger disquisiva sui suoi cartoni preferiti di quando era piccola, incoraggiata dalla sua ascoltatrice d’eccezione. Draco notò con stupore che il tono, mentre parlava di principesse, principi e fatine, era ben diverso da quello che usava con lui e con i professori ad Hogwarts, era incredibilmente più dolce e gentile, meno cantilenante e supponente.
Era un tono che, quasi, ipnotizzava.
Altair rise, mentre Hermione le faceva un leggero solletico sui fianchi sottili.
Se sua figlia si era così affezionata, allora la Granger non doveva essere così male.
Forse.
 
-Altair, dobbiamo andare.- le rammentò Draco con tono conciliante, sollevandola dalle gambe di Hermione e prendendola in braccio prima che potesse fare resistenza. La bambina sbuffò sommessamente, guardandosi Hermione e illuminandosi di aspettativa.
-Hermione, vieni a mangiare da noi stasera?-
Hermione lasciò ricadere sul divano il cuscino che stava sprimacciando nel tentativo di rimuovere tutte le grinze e lanciò un’occhiata breve ma loquace a Draco. Si portò un dito alle labbra e mordicchiò con incertezza l’unghia curata, mentre con l’altra mano posava una carezza gentile sul capo della bambina.
-Non lo so, magari un’altra volta?- le propose, ma la bambina arricciò il naso.
-No, stasera.- si impuntò.
-Altair, stasera non posso, ma un’altra volta verrò volentieri.- le promise, sotto lo sguardo all’erta e sospettoso di Draco.
-Perché non puoi venire stasera?-
-Perchè…-
Temporeggiò, sperando di trovare una scusa convincente. Dire che doveva lavorare sarebbe sembrato patetico anche agli occhi di una bambina di quell’età e ancora più a quelli derisori del padre; allo stesso modo accettare era una possibilità impossibile anche solo da considerare.
Fortunatamente Draco le venne in soccorso, probabilmente intuendo i suoi pensieri e condividendoli appieno.
-Altair, adesso basta.- la riprese Draco con tono fermo e duro, come Hermione non gli aveva mai sentito rivolto alla piccola –Se ha detto che non può venire, ci sarà un motivo e non è affare nostro. Quindi saluta, da brava.-
Altair si rabbuiò e chinò il viso verso la spalla del padre. Brontolò un saluto sommesso e poi rimase in silenzio, mentre i due adulti si scambiavano il loro consueto cenno del capo ed Hermione le dava un bacio sulla nuca, a cui però decise di non rispondere.
Quando la porta si chiuse alle spalle dell’uomo, Hermione si sentì immensamente dispiaciuta. Le dispiaceva non accontentare quella bambina a cui si era affezionata in maniera impressionante, soprattutto pensando di chi era figlia. Tuttavia non era proprio riuscita ad accettare, soprattutto vedendo lo sguardo esterrefatto e allucinato di Malfoy, che sembrava aver appena ricevuto un potente colpo allo stomaco.
A lei dopotutto, dovette riconoscere a se stessa, non sarebbe dispiaciuto così tanto passare qualche ora con Malfoy. Quando c’era Altair nei paraggi si rivelava incredibilmente mansueto e cortese, probabilmente nel desiderio di non deludere sua figlia e darle il cattivo esempio.
D’altra parte non poteva certo pensare che per Malfoy il fatto che Altair le si fosse affezionata potesse avere una qualche rilevanza nell’opinione immutabile che lui aveva di Hermione. Lei rimaneva una Sanguesporco e lui un Purosangue. Per quanto potesse essere cambiato dopo la guerra, alcune convinzioni erano ancora palesemente radicate in lui, tanto che le sembrava quasi di riuscire a leggere la sua altezzosa superiorità nei suoi occhi chiari.
 
***
 
I motivi per cui aveva dovuto rimandare molti dei pomeriggi in compagnia di Altair erano stati numerosi e vari e spaziavano da una biblioteca chiusa all’ultimo momento per un funerale e dove era dovuta tornare un altro giorno, fino ad un caffè con Harry e Ginny, che l’avevano come sempre rimproverata di lavorare troppo e farsi vedere troppo poco.
Stremata da un’intera giornata passata nella biblioteca del Ministero, in assoluto la più fornita di tutta Europa, Hermione si materializzò nel salotto e abbandonò la scarpe a lato del divano, distendendosi sui cuscini morbidi mentre si massaggiava le tempie e si stropicciava gli occhi stanchi e arrossati.
Il campanello la destò quando stava già scivolando nel mondo dei sogni, vinta dalla stanchezza e dal bruciore agli occhi causato come sempre dalla luce tremula e giallastra delle lampade incantate che il Ministero non voleva assolutamente sostituire, sostenendo che conferissero all’ambiente un’aura magica e antica.
Come se il Ministero della Magia non fosse abbastanza magico, si disse Hermione, alzandosi con uno sbuffo lamentoso e contrariato.
Senza badare al proprio aspetto, Hermione andò alla porta e l’aprì senza nemmeno guardare dallo spioncino, rassicurata dagli incantesimi di protezione e dalla bacchetta infilata nella cintura. Quando spalancò la porta, però, si maledisse per non aver continuato a dormire o per aver almeno finto di farlo.
Draco Malfoy la guardò con espressione sconcertata e poi palesemente divertita, aprendosi in un sorriso luminoso e proprio per questo irritante.
-Oh, scusi.- disse quasi con rammarico –Cercavo Hermione Granger e invece ho trovato la strega di Biancaneve!-
Hermione cercò di chiudergli a porta in faccia senza badare alle buon maniere, ma Draco mise un piede tra lo stipite e la porta, facendo fallire il suo intento di chiuderlo fuori e troncare una conversazione che non aveva assolutamente voglia di intrattenere.
-Non sei molto gentile. Devo dedurne che non hai apprezzato il mio commento?- Hermione si limitò a incrociare le braccia sotto il seno e sbadigliare assonnata –Sul serio, Granger, che hai fatto? Hai combattuto contro un troll di montagna?-
-Tu sì che sai come trattare una donna, Malfoy.-lo prese in giro, poi si guardò allo specchio dell’ingresso e ammise che doveva proprio dargli ragione. Aveva i capelli arruffati e la coda scomposta, occhi arrossati e occhiaie profonde, e per finire uno sbaffo di inchiostro sulla guancia.
-Allora- lo esortò sciogliendosi i capelli, sconfitta in quella lotta impari con il proprio riflesso –come mai sei qui, oltre che per ammirare la mia fulgida bellezza?- ironizzò.
-Per invitarti a cena, Granger.-
Hermione lo guardò come se fosse pazzo, sgranando gli occhi e inclinando la testa di lato in una posa meditativa. Ponderò per qualche istante la domanda dell’uomo e poi lo studiò con attenzione. Non sembrava pronto per uscire a cena e nemmeno per restare in casa, troppo semplice per un’uscita e troppo elegante per una serata in compagnia della figlia.
-Sei ubriaco.- stabilì, non trovando altre alternative.
-No, ma Altair continua a chiedermi di invitarti, visto che quando te lo ha proposto lei tu non sei voluta venire.- le spiegò, poi arricciò le labbra con rimprovero –Tra l’altro, mi ha dato il tormento per tutti i giorni in cui non ti sei fatta vedere, quindi vedi di non farlo più.- la sgridò, puntandole contro un indice affusolato.
-Scusa se io ho dovuto lavorare, al contrario di qualcun altro!- lo rimproverò, poi piegò in capo da un lato e lanciò uno sguardo all’orologio da muro appeso alla parete in salotto –Mi do una sistemata, arrivo tra cinque minuti.-
Si avviò verso le scale, lasciando che la porta si chiudesse dietro di lei, ma subito sentì dei passi alle proprie spalle, accompagnati da una voce.
-Ti aspetto, tanto Altair sta guardando un film e ho messo un incantesimo di controllo su di lei e su tutta la casa.-
Hermione si voltò a guardarlo e lo vide salire le scale, guardando le foto appese alla parete e studiandone i soggetti. Era vestito con gusto tipicamente babbano, ma di classe, con pantaloni neri di fattura sartoriale e una camicia viola dai bottoni argentati.
-Non farti strane idee.- specificò seguendola –Non ti aspetto perché voglio essere galante con te, solo che non sopporto più le canzoncine spacca timpani di quei cartoni.- disse con espressione da autentico martire.
-Non farla tanto tragica, sono canzoni bellissime.-
Draco sbuffò in disaccordo, poi la seguì in camera da letto e ne osservò l’arredamento, mentre Hermione prendeva dei vestiti puliti dall’armadio e si dirigeva in bagno, raccomandandogli di aspettarla e di non frugare in giro.
Mentre i rumori in bagno lo avvertivano che la ragazza si stava cambiando e sistemando, Draco guardò i quadri che Hermione aveva appeso sopra al letto e al di sopra della cassettiera posta accanto alla porta. Erano copie di quadri famosi, probabilmente provenienti dai negozi di souvenir di qualche museo. Draco riconobbe “Notte Stellata” di Van Gogh e “Il Bacio” di Klimt, mentre un terzo non riusciva proprio ad identificarlo.
-“Il bacio”, di Hayez.- lo istruì una voce alle sue spalle.
-Lo sapevo.- la informò Draco, quasi annoiato da quella che voleva che apparisse come una superflua precisazione, e uscì dalla stanza, precedendo Hermione al piano inferiore e poi fuori dalla porta.
 
-Perché non sei venuta l’altra volta, ma adesso hai accettato senza problemi? Volevi l’invito da  me?- le domandò mentre percorrevano il vialetto di ghiaia chiara.
-Illuso.- lo liquidò Hermione, seguendolo e facendogli una smorfia –Non avevo problemi nemmeno l’altra volta, ma ho visto la tua faccia.-
Draco fu tentato di chiederle spiegazioni, ma un turbine biondo vestito di rosso la investì in pieno, gridando di gioia ed entusiasmo. Dopo averle dato un bacio sonoro sulla guancia rosata e paffuta, Hermione venne rapita da Altair, che la condusse in giro per casa, mostrandole le stanze e i propri giochi, cianciando senza sosta di ogni cosa che le capitasse sotto tiro. Quasi tutto ciò che le raccontava aveva a che fare con Draco, che stando a quei racconti sembrava un uomo magnifico e assolutamente da sposare.
In cucina, immerso tra padelle e pentole che negli anni gli erano diventate familiari, Draco le sentiva parlare e ridere al piano superiore. Era sempre più sconvolto dal fatto che Altair fosse così estroversa e frizzante con Hermione, mentre non lo era con nessuna delle donne che facevano parte del suo circolo di amici.
Dei passi sempre più vicini annunciarono l’arrivo della sua bambina e di Hermione, che la teneva per mano ascoltando attentamente ciò che Altair le raccontava, annuendo e rispondendo di tanto in tanto alle domande curiose che le venivano poste.
Altair continuò a parlare dei suoi giochi, degli amici che aveva conosciuto al parco e di tutto ciò le veniva in mente. Più di una volta, Draco aveva visto Hermione rimanere veramente stupita del fatto che la bambina avesse amici babbani o che conoscesse molte cose del mondo babbano che il padre aveva sempre snobbato.
-Sei stanca Hermione?- le domandò premurosa mentre Draco stava portando via i piatti –Hai gli occhi rossi.- notò, rasserenandosi immediatamente quando Hermione disse che aveva semplicemente lavorato troppo.
-Però hai un bel vestito.- si complimentò come se fosse un risarcimento per gli occhi arrossati.
Hermione abbassò lo sguardo sul vestito di cotone blu che aveva indossato, semplice e morbido, senza particolari fronzoli e rifiniture sofisticate e di fattura non proprio sartoriale, dato che l’aveva comprato ad un mercatino. La ringraziò, arrossendo subito alla domanda della bambina, che si era voltata verso il padre.
-Vero, papà?-
Draco fece quasi cadere il piatto che aveva in mano, ma riuscì a riprendere il controllo in una frazione di secondo, senza far svanire il sorriso dal viso della figlia. Spostò lo sguardo dalla bambina che lo guardava per avere una conferma, che lei riteneva assolutamente fondamentale, ad Hermione che chiaramente avrebbe voluto sprofondare, almeno per poter nascondere le guancie infuocate di vergogna.
-Molto bello, Altair.- si complimentò annuendo, calcando su quel complimento nella speranza di vederla arrossire ancora di più. Con un sorriso soddisfatto per averla messa a disagio, tornò a sedersi e porse ad Hermione una coppetta di gelato, mentre la ragazza gli sibilava un minaccioso  “Non ridere”, sussurrato a mezza bocca affinché Altair non potesse udire.
-Anche tu hai un bel vestito, Altair. Te lo ha preso papà?- domandò, ma la bimba scosse la testa.
-La mamma.- affermò con orgoglio –Sai, lei disegna abiti per le streghe di tutto il mondo ed è sempre via, ma quando torna mi porta sempre dei bei vestitini che disegna proprio lei apposta per me.-
Fece una pausa per mangiare un cucchiaino di gelato e poi tornò a raccontare, gli occhi che brillavano di orgoglio per la sua mamma. Hermione si chiese chi fosse, visto che Draco non l’aveva mai nominata e non le sembrava nemmeno il caso di chiederlo alla bambina.
-Adesso è in America a… Papi, dov’è?-
-A Los Angeles.- le ricordò Draco, senza nemmeno staccare gli occhi dal proprio dolce.
-Sì.- annuì Altair –Ma tornerà presto e mi porterà un nuovo vestito. Magari può portarne uno anche a te.- propose, alternando gli occhi tra i due adulti.
Hermione era notevolmente in imbarazzo e deglutì con fatica il suo gelato, mentre Draco sembrava trattenersi a stento. Se fosse sull’orlo delle risate o delle lacrime o del sarcasmo più pungente, sarebbe stato difficile stabilirlo.
-Sai, il papà e la mamma non stanno più insieme da quando io ero piccola.- continuò, alternando le sue chiacchiere allegre a cucchiate di morbido gelato alla panna –Però papà le vuole tanto bene. Non la ama più come si amano i principi e le principesse, ma le vuole tanto bene lo stesso, vero papà?-
-Già.-
Il tono secco di Draco esprimeva chiaramente quanto fosse contento che sua figlia stesse sbandierando i suoi fatti privati alla Granger, ma d’altra parte non avrebbe nemmeno saputo cosa dirle per farla smettere. Se le avesse detto che non si doveva parlare di certe cose con gli estranei, lei sicuramente gli avrebbe contestato che Hermione non era una estranea, ma era sua amica e con tutta probabilità gli avrebbe anche chiesto quale fosse il problema.
Altair era intelligente, maledettamente intelligente, e spesso Draco si era accorto di quanto potesse essere pericolosa per lui questa intelligenza.
Da quando avevano incontrato Hermione, inoltre, quell’intelligenza fulminante e pericolosa sembrava in crescita continua. Gli aveva chiesto perché l’aveva fatta piangere, perché si conoscevano, perché non voleva andare a chiedere scusa, perché Hermione non potesse stare di più con loro, perché non andasse anche lui a casa di Hermione al pomeriggio, perché la trovava antipatica.
Insomma, i  perché  di Draco Malfoy stavano aumentando a dismisura in brevissimo tempo.
-Papà vuole bene alla mamma, ma non la ama più. Si amano le fidanzate e quindi papà ha bisogno di una fidanzata.- Altair proseguiva imperterrita con il suo discorso, mentre Draco, seppur a testa china, riusciva a scorgere un sorriso sulle labbra di Hermione, decisamente attenta e divertita da quelle chiacchiere.
-Papà è buono, bello e bravo, come il principe della Bella Addormentata nel Bosco, ma gli manca una principessa.- constatò seriamente, poi alzò lo sguardo su Hermione, ancora sorridente e divertita da quello sproloquio infantile –Vuoi essere tu la fidanzata di papà?-
 
In quel momento, molte cose accaddero contemporaneamente.
Draco cominciò a tossire furiosamente, Hermione rovesciò il bicchiere dell’acqua sul tavolo, un gufo iniziò a picchiettare sul vetro della cucina e il telefono di Hermione squillò.
Per un attimo in salotto vi fu il trambusto più totale, mentre Altair aggiungeva il suono della propria risata argentina a quelli che già riempivano l’aria. Sembrava sinceramente divertita e ignara di quanto aveva appena detto.
Draco ed Hermione si scambiarono un’occhiata carica di significato, per metà incredula  e per metà divertita da quell’ipotesi quanto mai improbabile, ma ben presto tutto si risolse nel modo più tranquillo.
Draco lesse la lettera e consegnò ad Altair le foto che la madre le mandava, Hermione ripose al cellulare e si allontanò rapidamente verso il bagno, parlando con tono concitato.
Quando tornò in salotto, era notevolmente irritata e, nonostante facesse del suo meglio per non darlo a vedere, Draco notò la piega strana che prendevano le sue belle labbra quando sorrideva ad Altair. Vi era qualcosa di così forzato, faticoso e tuttavia triste nel modo in cui curvava le labbra, che Draco non ebbe alcun dubbio sul motivo.
Weasley, quell’idiota.
Mentre con un colpo di bacchetta sparecchiava la tavola e incantava i piatti affinché si lavassero da soli, Draco sobbalzò accorgendosi di quello che aveva pensato prima.
Belle labbra.
Da quando guardava le labbra della Granger e, soprattutto, da quando pensava che fossero belle e carnose?
Forse da quando si era accorto che non era così antipatica, insopportabile e fredda come pensava. Forse da quando aveva visto con quanta dolcezza trattasse sua figlia. Forse da quando l’aveva vista piangere in silenzio abbracciata ad un cuscino.
Forse.
 
Altair sbadigliò quando ormai erano le nove passate e dopo qualche protesta e tentativo di corruzione del padre, che ormai aveva imparato a dire di no agli occhi supplichevoli di sua figlia, si convinse a salutare Hermione e ad andare a letto. Se suo padre si era reso almeno in parte immune a quei tentativi meschini e serpeverde di averla vinta, Hermione ne era ancora vittima, e si lasciò convincere con facilità ad andare a darle la buona notte nel suo letto.
Quando li raggiunse in camera, Altair stava già sprofondando nel mondo dei sogni. Piegandosi oltre Draco, che si era seduto sul letto a leggerle qualche pagina del libro di favole, Hermione si chinò su di lei e le diede un bacio sulla fronte, scendendo poi al piano inferiore per indossare il cardigan azzurro e tornare a casa.
-Pensi di fuggire come una ladra senza nemmeno dirmelo?- le domandò una voce proveniente dalle scale. Per un istante fugace sembrò quasi dispiaciuto per quella possibilità.
-In realtà ti stavo aspettando, non sono una maleducata.-
Draco scese lentamente gli ultimi gradini, la mani in tasca e l’espressione pensierosa. Le si affiancò senza dire nulla e l’accompagnò alla porta. Tese la mano verso la maniglia, indugiando un poco prima di aprirla.
-Devo ancora capire come hai fatto a conquistarla.- confessò pensieroso voltandosi verso di lei senza aprire la porta.
Hermione alzò le spalle, vagando con lo sguardo sui muri e sul mobilio pregiato. Non lo sapeva nemmeno lei. Di certo non si sarebbe aspettata tanto affetto e dolcezza dalla figlia di Malfoy, me ancor meno si sarebbe aspettata una bambina solare ed estroversa, perfettamente integrata con i babbani e con il loro mondo. Le sarebbe piaciuto dire che probabilmente era tutto merito del suo animo nobile e di una strana congiunzione astrale, ma non poteva negare che fosse merito di Malfoy e del modo in cui l’aveva educata.
-E io devo capire come mai l’hai educata in questo modo, senza lasciar trasparire le tue idee su quelli come me.- vedendo che Draco si stava accigliando si affrettò a chiarire –Non sto dicendo niente di offensivo quindi togliti quell’espressione dalla faccia, ma mi stupisce il fatto che tu l’abbia educata alla tolleranza quando non riesci nemmeno a tollerare me.-
-Chi ti dice che non ti tollero?- domandò, punto sul vivo.
Cercava di fare il meglio per sua figlia, educandola in modo che non avesse problemi a tornare a far parte della società magica londinese, con ideali che le garantissero amicizia e nessun pregiudizio basato sul suo cognome. Cercava di fare il meglio e di pensare a quello che era il mondo magico del dopoguerra, mettendo da parte le opinioni ancora radicate in lui che avrebbero potuto metterla in difficoltà.
Avrebbe potuto sopportare una vita di emarginazione e disprezzo, ma voleva che lei fosse diversa da come era stato lui. Se per farlo doveva fingersi anche ciò che non era, di larghe vedute e con un profondo rimorso, l’avrebbe fatto senza alcun problema.
Non si aspettava, però, di essere così trasparente per qualcuno.
-La faccia che hai quando mi guardi, quando mi parli e quando vedi che do un bacio a tua figlia. Arricci il naso e storci le labbra, nemmeno ti stessi immergendo in una piscina di pus di Bubotubero.- commentò con tranquillità, rassegnata –Apprezzo il fatto che, almeno, fai di tutto per nasconderlo.-
Rimasero a fronteggiarsi nell’ingresso, mentre Draco si chiedeva se davvero assumesse quell’espressione disgustata quando la guardava e soprattutto domandandosi come facesse lei a sopportarlo senza fare una piega.
Lui era scappato dopo pochi anni di occhiate malevole e riprovevoli, lei ci conviveva da quando aveva undici anni. Come faceva?
-Lo faccio per Altair. Voglio che cresca con delle idee che le permettano di farsi accettare nonostante il cognome che porta.- spiegò, guardandola con fermezza e sfidandola a criticarlo o contraddirlo.
-Altair ti adora.- riconobbe con un sorriso, pensando a tutto ciò che la bimba le aveva raccontato sul suo papà –Devi essere un padre fantastico.-
Con quel complimento, aggirò Draco che la guardava incredulo davanti alla porta ed uscì, stringendosi nel maglione per proteggersi dal freddo.
 

 
 
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.
Ciò che aveva fatto arrabbiare così tanto Hermione nel capitolo precedente non era nulla di losco, mi dispiace per quelle di voi che già si aspettavano scenari apocalittici :D  ma spero comunque di non avervi deluso.
Ho cercato di non rendere Ron troppo cattivo, ma solo un po’ più “duro” e cambiato dopo la guerra. Ditemi voi se ci sono riuscita.
Come al solito, fatemi sapere cosa ne pensate e se avete qualche domanda, non esitate a farmela. Risponderò con piacere.
Aspetto i vostri commenti, sperando che siano belli e numerosi come quelli che mi avete gentilmente lasciato al capitolo precedente.
Vi abbraccio forte,
Giada
 
PS. Il prossimo aggiornamento sarà  
mercoledì, dato che ho diviso il capitolo in due parti e la prima (il prossimo capitolo, appunto) è un po’ più breve del solito. vi aspetto :)
 
 
 

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Capitolo 5
*** Altair! ***


Care lettrici, come sempre vi rubo qualche istante prima del nuovo capitolo.
Grazie per tutte le recensioni che mi avete lasciato, siete fantastiche. E ora…
Buona lettura!



Cap. 5
Altair!

 

 
Settembre era passato così rapidamente che Draco quasi non si era accorto del tempo che era trascorso.
Le sue giornate erano trascorse rapide e tranquille tra qualche articolo per la rivista di Pucey, il tempo passato con Altair e numerosi pomeriggi con il suo circolo di amicizie della scuola.
Aveva approfittato della disponibilità della Granger, affidandole la bambina con la certezza che la strega non l’avrebbe persa di vista nemmeno un momento e avrebbe saputo riparare a qualsiasi piccolo incidente che sarebbe potuto accadere.
Si era stupito per la facilità con cui aveva lascato la figlia in casa di una persona che non fosse sua madre Narcissa. Si era sorpreso per la fiducia che riponeva nella Granger e in parte ne era rimasto spaventato.
Tante giornate, tante piccole situazioni che avevano condiviso li avevano avvicinati, convincendoli ad abbandonare le ostilità in nome di una tregua sancita silenziosamente e di comune accordo.
 
Dopo parecchi giorni di pioggia e freddo che avevano fatto sprofondare Henley-on-Thames in un inverno profondo e anticipato, il sole era spuntato a sorpresa tra le nubi grigie, caldo e ammiccante nel suo splendore.
Seduto su una panchina del parco situato sulle sponde del fiume, circondato da uno steccato colorato e ombreggiato grazie ad alti aceri di un rosso brillante, Draco osservava ogni mossa delle figlia, che giocava allegra dondolandosi sull’altalena.
Con gli occhi vigili, allargò le braccia sullo schienale della panchina e inclinò il viso verso l’alto, lasciando che il sole gli sfiorasse la pelle, come una carezza lasciva di un’amante gentile.
Aveva liquidato con pochi monosillabi secchi le chiacchiere inutili di una donna che gli si era seduta accanto e ora poteva godersi la quiete del parco, per quanto si potesse definire quieto un luogo infestato da bambini babbani urlanti.
Quando un vento freddo e sferzante cominciò ad agitare i capelli biondi di Draco, l’uomo si alzò e camminò lentamente verso la figlia che chiacchierava con una bambina dai capelli nerissimi e il viso spruzzato di lentiggini.
-Altair, andiamo a casa.-
Senza troppe proteste, la bambina salutò la sua nuova amica e diede la mano al padre, che la guidò verso casa. Con le guance paffute arrossate per i giochi, Altair raccontò tutto ciò che aveva fatto e che il padre aveva già attentamente supervisionato.
-Papi, Jane ha detto che domani c’è la festa del paese e che ci sono tante giostre e bancarelle con cose buone da mangiare.- gli disse quando avevano già imboccato la strada che conduceva verso casa –Ci andiamo?- propose entusiasta.
Draco sospirò.
Di nuovo quella insopportabile festa del paese. Altair aveva insistito anche l’anno precedente, ma l’arrivo a sorpresa di Astoria l’aveva dissuasa dal suo desiderio. Draco le aveva comprato un paio di orecchini in oro dei Goblin  e  non aveva smesso di ringraziare il misericordioso Salazar Serpeverde per parecchi giorni.
Quell’anno, però, nulla l’avrebbe salvato tanto facilmente.
-No, Altair. Sai che non mi piace andare a queste feste.- le disse con tono fermo –Se vuoi possiamo andare dalla nonna.- le propose, ma la bambina non sembrava contenta dell’alternativa che le era stata proposta.
-Ma papi, ci sono le giostre!-
-Altair, non insistere.-
-Ma…-
-Altair, basta!- la rimproverò alzando il tono di voce più del dovuto –Ho detto di no, non insistere.-
La verità era che non sopportava di andare nei luoghi affollati di babbani, dove il contatto era inevitabile e l’atmosfera cameratesca sembrava rendere tutti più ciarlieri ed espansivi. Poteva tollerare di scambiare qualche parola con il proprietario del supermercato o con le donne che lo salutavano gentilmente al parco, ma tutto terminava lì.
Niente amicizie e niente contatti superflui, soprattutto non con una massa festante ed urlante di babbani gioiosi.
Altair richiuse la bocca già pronta alla replica, il labbro inferiore tremò pericolosamente e gli occhi le si riempirono rapidamente di lacrime amare, ferita dal tono burbero del padre.
Una figura che camminava verso di loro le apparve come l’unica via di fuga. Con uno scatto improvviso che colse Draco impreparato, Altair fuggì sull’altro lato del marciapiede, attraversò la strada fortunatamente deserta e corse verso la donna che stava camminando in direzione opposta.
Hermione guardò stupita Altair che correva verso di lei, i codini al vento e il volto arrossato. Con le guancie umide e rigate di grosse lacrime, la bambina le abbracciò le gambe e nascose il viso nel cardigan di cotone rosso della donna.
-Hey, che succede?- le chiese, preoccupata dai piccoli singhiozzi che emetteva la piccola.
Altair non rispose, continuando a piangere in silenzio mentre Hermione le accarezzava la testa.
Con passo nervoso, Draco le raggiunse, puntandosi le mani sui fianchi e fissando la figlia con severità.
-Altair, quante volte ti ho detto di non attraversare la strada da sola?- le chiese, la voce che vibrava di apprensione. La bambina non rispose, continuando a tenere il volto nascosto contro il grembo di Hermione, che alternava senza capire lo sguardo dall’uno all’altra.
-Malfoy, che è successo?-
Draco le scoccò un’occhiata che voleva intimarla a non ficcare il naso negli affari altrui, ma Hermione sollevò le sopracciglia con impaziente aria di attesa e lui sbuffò. In quel tempo passato insieme aveva capito una cosa di Hermione: otteneva sempre ciò che voleva, o persuadendo le persone o prendendole per sfinimento.
-Domani c’è la festa del paese, le ho detto che non possiamo andarci e lei ora sta facendo i capricci.- riassunse brevemente –Vero, Altair?-
La bambina, in un moto di rabbia, si voltò verso il padre, continuando a rimanere attaccata ad Hermione e stringendo il maglione delle ragazza tra le mani.
-NO!- protestò –Tu non mi vuoi portare perché sei cattivo!-
Draco rimase stupito da questo sfoggio di determinazione, soprattutto perché Altair raramente faceva capricci di qualsivoglia tipo. Magari brontolava un po’, ma poi accettava le decisioni che lui prendeva senza protestare ulteriormente.
Anche Hermione era rimasta stupita dal tono arrabbiato e offeso della bambina, che solitamente si rivolgeva al padre con tono dolce e affettuoso. Si rimproverò immediatamente per tutto quello stupore, riconoscendo che ovviamente non poteva essere sempre così dolce e tranquilla come la vedeva lei.
-Altair, basta con questi capricci, mi stai innervosendo.- le intimò Draco.
Non aveva mai sopportato i bambini che si lamentavano e piagnucolavano inutilmente e aveva più volte ringraziato la sua buona stella di avergli dato una bambina così giudiziosa. Aveva cantato vittoria troppo presto.
-Malfoy, non potresti accontentarla?- tentò Hermione -Fate solo un giro e tornate subito a casa. Mezz’ora, nemmeno un minuto di più.-
-Granger, non ti impicciare.- la liquidò bruscamente -Anche se capisco che, per una che come te ha sempre seguito Potter, sia difficile.-
-Beviti una camomilla, Malfoy.- gli suggerì aspramente –Volevo solo dare una mano.-
-Nessuno te l’ha chiesta.- le rammentò.
I tratti del viso di Hermione si indurirono, ferita da quella risposta brusca al suo tentativo di aiutarlo a trovare un compromesso. Capiva che Draco non potesse darle sempre tutte vinte alla figlia, ma quella richiesta era piuttosto semplice e non avrebbe fatto alcuna fatica ad accontentarla.
L’avrebbe viziata molto meno con quella piccola concessione che con tutti i vestiti e giochi di cui la ricoprivano Draco e la madre, senza contare che avrebbe potuto stare un po’ con degli altri bambini della sua età.
-Posso sapere dov’è il problema di questa festa?- domandò con educazione affettata –Mi hanno detto che ci sono giostre e bancarelle di dolci, fiori e oggetti fatti a mano.-
-Il problema- sbuffò Draco, ormai rassegnato davanti a tanta insistenza –è che ci sono un sacco di babbani, tutti concentrati in una volta sola, che chiacchierano tra loro e fanno un sacco di domande a me. Chi sono, cosa faccio, da dove vengo, dov’è mia moglie.- enumerò, tenendo la voce bassa per non far sentire ad eventuali passanti i termini usati –Merlino, Granger, per me è una corsa ad ostacoli!-
Possibile che non capisse?
Qualche domanda rara e distaccata poteva gestirla, avendo il tempo di elaborare con precisione un piano su cosa dire, cosa inventare e cosa omettere, ma tutte quelle domande, fatte a raffica come un fuoco nemico e impietoso, lo mettevano in difficoltà. E poi, ad essere onesti, non voleva stare troppo a contatto con quei babbani, punto e basta.
-Non è che hai paura dei babbani e di starci a contatto?- domandò Hermione, sospettosa. Draco le lanciò un’occhiata nervosa e lampeggiante, infastidito dal fatto che l’ipotesi della donna fosse giusta, quasi come se gli avesse eletto nel pensiero.
-No… Anche.- ammise stizzito, sapendo perfettamente che la strega avrebbe continuato a fargli domande finché non si fosse convinta di ciò che le avrebbe detto –Ma il problema fondamentale è che sono troppi, troppo curiosi e troppo logorroici.- si lamentò.
Altair, che aveva smesso di piangere e si godeva in silenzio le carezze di Hermione sulla nuca e il suo profumo di casa e pulito, alzò la testa verso la donna, sentendo che ormai anche il padre aveva abbandonato il tono severo e freddo che l’aveva ferita.
-Hermione, mi porti tu alla festa?-
-No, tesoro.- le disse Hermione con un sorriso –Non posso assumermi questa responsabilità.-
Altair storse il nasino, non aveva capito nulla di quei termini complicati. Aveva solo compreso che Hermione non poteva.
-E se viene anche papà?- tentò nuovamente di convincerla –Se c’è anche papà vieni?-
Hermione sorrise dolcemente, intenerita dal pensiero di Altair, che credeva che la presenza di Draco l’avrebbe convinta definitivamente. Prima che potesse risponderle, Draco intervenne con uno scoppio di risata nervosa e incredula.
-Altair, non andrò a questa festa, tantomeno con  lei.-
Rivolse uno sguardo a Hermione e ne rimase turbato.
Come una crepa nell’intonaco antico, il sorriso gentile di Hermione si sgretolò in pochi secondi, come colpito nel punto più fragile. Draco non riuscì a capire da dove venisse quel’espressione ferita e dispiaciuta, poi un lampo di comprensione gli balenò negli occhi chiari.
“Arricci il naso e storci le labbra, nemmeno ti stessi immergendo in una piscina di pus di Bubotubero.”
Se la sentì addosso, quell’espressione nauseata e disgustata nel profondo, poteva quasi sentire i muscoli tendersi per fargli assumere quella smorfia.
Hermione deglutì pesantemente, allontanando fermamente la bambina da sé e regalandole un sorriso di scuse.
Lo affiancò, continuando la sua camminata verso il centro che era stata interrotta da Altair e dalle sue lacrime. Si piegò sul suo orecchio, soffiandogli il fiato caldo di quel sibilo risentito sul collo.
-Sei sempre il solito stronzo, Malfoy.-
Senza dire altro, risentita per quel tono superiore con cui aveva sputato un semplice ed innocuo  lei, Hermione andò a comprare la frutta come si era prefissata.
Tutto il buonumore con cui si era svegliata quella mattina era scomparso in un attimo, con una sola parola. Come sempre, Malfoy la mandava fuori dai gangheri in meno di dieci minuti, la innervosiva come pochi e la faceva infuriare come nessun’altro.
In qualche modo –in qualche  sgradevole  modo- Draco Malfoy era unico nel suo genere.
 
***
 
Ancora in quello stato di delizioso torpore che avvolge e unisce lo stato di veglia con quello del sogno, Draco si rigirò nel letto, cullato dal delizioso sogno a luci rosse appena fatto.
Affondò il volto nel cuscino fresco e poi rotolò nuovamente nella posizione precedente, sdraiandosi supino, gli occhi chiusi e assonnati che cercavano di riacciuffare stralci di immagini definite eppure già lontane.
Cercò di immergersi nuovamente in quel sogno, ma capì immediatamente che ormai era perduto.
Rassegnato a non riuscire a riaddormentarsi, dopo pochi minuti Draco si alzò e camminò verso la cameretta della figlia. Gli piaceva vederla dormire, sembrava uno di quegli angeli biondi e sereni che spesso venivano dipinti sulle volte delle residenze signorili.
In silenzio, aprì la porta della cameretta e la lasciò socchiusa, cosicché la luce del corridoio penetrasse nella stanza ancor immersa nella penombra del sonno, trafitta da chiari raggi di luce che filtravano dalle imposte chiuse.
Fece pochi passi e si bloccò.
Sentiva il cuore rimbombargli nel petto e arrivargli in gola, pronto ad uscire.
Altair non c’era.
-Altair!-
Sua figlia non andava mai in giro per casa da sola, specialmente appena sveglia. Ogni volta che aveva sete o doveva andare n bagno, lo svegliava e si faceva accompagnare, approfittando poi della situazione per dormire nel lettone con lui.
Non era normale che non fosse in camera e che non l’avesse chiamato.
Draco si precipitò giù dalle scale, abbracciando con un solo sguardo il salotto e poi la cucina, vuote.
-Altair!-
La voce di Draco si stava alzando ad ogni richiamo rivolto alla figlia. In casa non c’era e anche il giardino era vuoto. Urlò ancora il suo nome, sperando che si fosse nascosta da qualche parte.
Non sentendo alcuna risposta, Draco indossò la giacca di pelle che aveva appeso all’appendiabiti dell’ingresso e infilò le scarpe di cuoio, senza perdere tempo inutile per indossare i calzini.
Con la bacchetta nascosta nella manica della giacca e il cuore che sembrava voler consumare tutto il sangue, l’uomo uscì di casa sbattendo la porta alle proprie spalle. Chiamando la figlia e facendo scorrere lo sguardo sui giardini dei vicini e sui campi circostanti alcune grandi proprietà disabitate, Draco corse lungo le stradine laterali, quelle che spesso percorreva con Altair per andare a giocare nei prati.
 
Dov’era?
Dov’era sua figlia?
 
Senza nemmeno rendersene conto, arrivò nella piazza principale del paese. I negozi erano ancora chiusi e la piazza era occupata solo da bancarelle dai tendoni colorati, pronte per essere allestite con gli oggetti più vari.
Altri minuti di corsa senza meta gli dissero che Altair non era nemmeno lì. Iniziò a percorrere tutta la strada a ritroso, inoltrandosi in strade secondarie e mai percorse, sperando di trovarla.
Magari spaventata, ferita e in lacrime, ma di trovarla.
Rientrò in casa e la chiamò di nuovo.
-ALTAIR!-
La voce di Draco ormai tremava per il terrore che si stava facendo largo dentro di lui, squassandogli il petto e insinuandosi nelle sue vene, corrodendolo da dentro come acido. Girò su se stesso, guardandosi intorno disperato, le mani nei capelli e gli occhi allucinati dalla paura.
 
Dov’era?
Dov’era sua figlia?
 
Emise un gemito di frustrazione, piegandosi sulla ginocchia, gli occhi serrati e le ciglia umide che non riuscivano più a contenere le lacrime.
 
Dannazione, dov’era?
Dov’era finita Altair?
 
Non era entrato nessuno, questo era certo, perché gli incantesimi di protezione non erano scattati e la bacchetta non aveva reagito a nessun intruso. Tuttavia, la sera precedente, Altair era rimasta silenziosa e arrabbiata dal suo rifiuto.
Poteva essere uscita per dispetto o per curiosità verso la festa, anche se non aveva idea di come avesse fatto ad aprire la porta e superare gli incantesimi di protezione, ma poi?
 
Poi dov’era andata?
Chi aveva incontrato?
Cosa le avevano fatto?
 
Con un urlo di rabbia, scagliò un vaso di cristallo sul muro, guardando inerme e disperato i frammenti di cristallo che si spargevano sul pavimento.
Continuò a far vagare gli occhi lungo la stanza, in cerca di qualcosa che gli desse un’idea, un’intuizione.
 
Dov’era Altair?
Dov’era?
 
La vide.
La finestra e, oltre il vetro, il cottage azzurro con le persiane rosse di Hermione.
Hermione.
Impossibile, sicuramente anche lei aveva impostato incantesimi di protezione e difesa su tutta la casa, soprattutto visto il ruolo che aveva avuto in guerra. Tutti i Mangiamorte erano in cella, ma non si era mai troppo prudenti.
Probabilmente anche Altair sarebbe stata respinta da quegli incantesimi anti intrusione, ma magari…
Con un briciolo di speranza in corpo, Draco uscì di nuovo di casa, attraversò il giardino e scavalcò la staccionata, dirigendosi verso la porta sul retro di Hermione, quella più vicina alle scale.
Di nuovo il cuore gli balzò nel petto, schiacciandogli i polmoni.
La porta era semplicemente accostata, non chiusa come avrebbe dovuto essere.
Con la bacchetta spianata e il respiro che diventava sempre più faticoso e accelerato, Draco esaminò il piano inferiore, immerso nella penombra e nel silenzio più assoluto, l’inconfondibile silenzio del sonno.
O della tragedia.
 
 
 
 
 
Come sempre, spero che il capitolo, benché corto, vi sia piaciuto e vi abbia incuriosito. So di lasciarvi con il fiato sospeso, almeno lo spero, ma vi prometto che il prossimo capitolo –che arriverà  domenica  e non sabato come al solito- vi ricompenserà.
Alle più sospettose di voi dico: calma e sangue freddo, niente panico.
Per saperne di più, vi aspetto  domenica  sera.
Nel frattempo, commentate!
Per farmi sapere cosa ne pensate del capitolo in genere o per farmi sapere le vostre idee.
Ogni commento è ben accetto.
Vi abbraccio!
Giada

 

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Capitolo 6
*** La festa del paese ***


Buonasera e ben tornate!
Vi lascio al capitolo, ma prima vi vorrei ringraziare per le recensioni che mi avete lasciato e che, come sempre, mi riempiono di gioia.
Buona lettura!
 

Cap. 6
La festa del paese
 

 
Cautamente, con i piedi doloranti per il cuoio delle scarpe a contatto con la pelle nuda, Draco salì la scale, cercando di fare meno rumore possibile e di regolarizzare il respiro affannato.
La prima porta, quella della camera per gli ospiti, era chiusa. Draco l’aprì con un cigolio sinistro ma quasi impercettibile e ne controllò l’interno.
Mobili in acero, letto matrimoniale dalla trapunta blu, tende delle stesso colore.
Vuota.
La porta del bagno era aperta e nulla si muoveva al suo interno.
Con circospezione Draco si avvicinò all’ultima porta. Era socchiusa e Draco la spinse lentamente verso l’interno con la mano libera, mentre la sinistra teneva la bacchetta ben sollevata.
Varcò la soglia e la stanza gli apparve come un sogno o più semplicemente come la fine di un incubo.
Illuminate dai raggi che filtravano dalle persiane rivolte verso il sole che stava sorgendo, Hermione e Altair dormivano placidamente sul letto, vicine.
Il piumone color porpora giaceva scomposto e stropicciato ai piedi del letto, probabilmente calciato da parte dalla proprietaria nel corso della notte, e la ragazza dormiva a pancia in su, una mano abbandonata sullo stomaco e l’altra sul cuscino.
Accanto a lei, Altair dormiva serena, raggomitolata in posizione fetale. Con un braccio stringeva il suo peluche e l’altro era teso verso la padrona di casa, stringendo con una mano un lembo della camicia da notte di Hermione.
Draco rimase fermo, respirando a fondo nel tentativo di calmarsi.
Era evidente che Hermione non si fosse accorta della sua visitatrice notturna, pensò Draco, perché non l’avrebbe mai lasciata scoperta.
E perché l’avrebbe avvertito.
 
Perché l’avrebbe avvertito, vero?
 
Con il cuore che ancora faticava a riprendere il suo ritmo cardiaco normale, Draco si avvicinò al letto e si inginocchiò vicino ad Hermione. Muovendosi piano ma con decisione, con una mano Draco le bloccò un polso sul materasso e le mise l’altra mano sulla bocca per zittire il rumore che sicuramente avrebbe fatto sentendo qualcuno svegliarla in una casa che avrebbe dovuto, almeno teoricamente, essere vuota.
Non appena sentì il contatto di una mano sul proprio viso, Hermione sgranò gli occhi appannati dal sonno ed emise un suono strozzato e terrorizzato, cercando immediatamente di scalciare e di liberarsi dall’aggressore.
Immobilizzandola prontamente contro di sé, Draco si avvicinò al suo orecchio.
-Sono io, Granger.- le mormorò a mezza voce –Shh, sono io.- ripeté ancora, aspettando di sentirla tranquilla prima di lasciarla andare.
Sentiva il battito furioso e impazzito del cuore della ragazza rimbombare contro la propria cassa toracica e il suo respiro diventare poco a poco meno affannoso. Seppur marginalmente, si accorse della camicia da notte che si era sollevata fino ad un livello indecente, scoprendole totalmente le gambe lisce e mettendo in mostra un lembo delle mutandine di cotone azzurro, ma i suoi pensieri inopportuni vennero interrotti dall’annuire di Hermione, che gli fece cenno di lasciarla parlare.
-Che ci fai qui?-
Gli sussurrò, osservandolo incuriosita e in apprensione.
Solo un motivo grave poteva portare Draco Malfoy, che cercava di limitare i contatti con lei durante il giorno, in casa sua di notte.
Mattina, si corresse guardando le lame di luce che filtravano attraverso le persiane.
-Altair.- disse semplicemente Draco, indicando con un cenno del capo l’altra metà di letto. Accorgendosi di trovarsi in una posizione piuttosto compromettente, Draco si rimise in posizione eretta, togliendo il ginocchio dal letto e smettendo di intrappolare Hermione sotto di sé, lasciandole libero il polso.
Probabilmente disturbata dai movimenti dei due adulti, la bambina si era voltata dall’altro lato, stringendo il peluche con forza e stingendosi le braccia intorno al corpo infreddolito.
-Andiamo giù.- suggerì Hermione.
Mentre Draco annuiva e guardava sua figlia, Hermione si alzò e rimboccò amorevolmente le coperte alla bambina, che subito si rilassò, sentendosi al caldo. Notando la camicia da notte pericolosamente sollevata, Hermione divenne paonazza per la vergogna, la sistemò in modo che la coprisse fino alle ginocchia e indossò una felpa grigia.
 
Seguita da Draco scese in salotto ed entrò in cucina, aprendo le imposte con un gesto della bacchetta e lasciando che il sole li illuminasse.
Draco era stravolto, aveva gli occhi arrossati e sembrava più pallido del solito, almeno da quanto poteva giudicare con gli occhi ancora intorpiditi dal sonno. Fissava la brocca d’acqua vuota sul tavolo come se non la vedesse, la bocca socchiusa e la vena sul collo che sembrava pulsare più veloce del normale.
Avvicinandosi cautamente, Hermione si fermò davanti a lui e gli mise una mano sulla spalla, muovendo l’altra davanti ai suoi occhi, cercando di richiamarne l’attenzione.
Draco sollevò lo sguardo, puntando gli occhi ancora spaventati in quelli apprensivi di Hermione. Non l’aveva mai visto così, anzi, non aveva mai visto nessuno così, ad eccezione della signora Weasley alla morte di Fred, ma anche allora, forse per l’adrenalina della battaglia o per la sete di vendetta, Molly aveva reagito subito, con qualcosa di feroce e forte negli occhi.
Malfoy invece sembrava momentaneamente spento e vuoto.
-Malfoy, stai bene?-
Draco accennò un assenso con la testa, ben poco convincente.
Ben sapendo che probabilmente non avrebbe apprezzato e che, rivolto a Draco Malfoy, il suo era un gesto totalmente irrazionale, Hermione gli passò le braccia intorno alle spalle e lo abbracciò, in un goffo e quanto mai inaspettato tentativo di consolarlo.
Draco si irrigidì immediatamente, colto alla sprovvista da quel gesto semplice e confidenziale. Non lo infastidiva, ma lo metteva a disagio, facendolo sentire indifeso e fragile. Eppure sentiva di averne bisogno, per calmare quel terrore che lo aveva colto e che non voleva proprio scomparire.
Non avrebbe dovuto lasciarsi andare, ma era certo che niente di ciò che sarebbe successo in quella stanza sarebbe mai uscito da quelle pareti tinteggiate di pittura color pesca. Se aveva capito una cosa della giovane Grifondoro che ora lo stringeva, era che lei non l’avrebbe mai affatturato, picchiato o ricattato perché era un Malfoy.
Piuttosto,  l’avrebbe fatto perché era un insopportabile ragazzo strafottente, come gli aveva ricordato pochi giorni prima.
Non l’abbracciò a sua volta, sarebbe stato troppo, si limitò invece a reclinare la testa sulla sua spalla coperta dai capelli riccioluti e spettinati, chiudendo gli occhi e respirando a fondo il suo profumo. Non era ricercato come quello di Astoria, ma ugualmente buono.
Si rilassò lentamente, sentendo il corpo morbido e ancora caldo di sonno della propria vicina di casa premere contro il proprio, mentre il respiro umido e bollente gli solleticava il collo che, come tutto il resto del suo corpo teso, sembrava gradire quella vicinanza in maniera del tutto irrazionale.
Dopo qualche minuto, sentendo forse il suo battito regolarizzarsi e il suo respiro calmarsi, Hermione si staccò da Draco e si avvicinò alla dispensa.
-Non ho whiskey, che in questo momento sarebbe proprio l’ideale per te, ma ho del caffè. Va bene lo stesso?- si voltò a domandargli cosa preferisse con naturalezza, come se non si fossero mai sfiorati e come se fosse del tutto naturale averlo nella propria cucina di prima mattina.
-Sì, ma fallo forte.- le rispose –E non una parola di quello che è successo.-
Hermione annuì  a quella raccomandazione tanto simile a quella di un adolescente che chieda alla madre di non baciarlo davanti agli amici.
-Malfoy, mi dici che è successo?- gli chiese Hermione, appoggiandosi al ripiano della cucina in attesa che il caffè gorgogliasse nella caffettiera.
Draco le spiegò rapidamente quello che era successo quella mattina, da quando si era svegliato a quando aveva svegliato Hermione stessa con la mano sulla bocca, cercando di trasmettere il meno possibile l’angoscia che l’aveva afferrato e stretto nella sua morsa gelida.
-Granger, tu hai messo degli incantesimi di protezione alla casa, vero?- le domandò.
-Ti preoccupi per me?- domandò Hermione e, allo sguardo truce di Draco, rispose con un accenno di sorriso canzonatorio –Certo che li ho messi.-
-E allora come mai io e Altair siamo entrati senza alcun problema?- indagò, ricordando con quanta sorpresa aveva varcato la soglia senza che nessun campo di forza lo sbalzasse all’indietro.
-Ho modificato l’incantesimo per poche persone. Harry, Ginny, te e Altair, per ogni eventualità.- gli spiegò, versando il caffè in due tazze –Sarebbe stato piuttosto spiacevole che venendo a prendere Altair alla sera, ti trovassi sbalzato indietro e poi non avevo voglia di togliere e rimettere l’intero incantesimo ogni volta, quindi ho pensato di eliminare il problema.-
Alzò le spalle con noncuranza e Draco la guardò stupito.
Aveva tolto l’incantesimo da casa sua, permettendogli di entrare a suo piacimento ogni volta che volesse, nonostante il proprio passato. Si era fidata senza che lui gliene desse motivo.
-Non hai paura che ti possa uccidere nel sonno?-
-No.- rispose con tranquillità Hermione –Perché poi Altair ucciderebbe te.-
Draco non poté che trovarsi d’accordo con quell’affermazione. Se avesse anche solo torto un capello ad Hermione, una volta cresciuta Altair lo avrebbe ucciso in modo molto cruento.
Un improvviso senso di riconoscenza, una sensazione di essere in debito con lei, lo colpirono come un fulmine a ciel sereno.
Passava i pomeriggi con la bambina, magari quando lui doveva vedersi con gli altri Serpeverde approfittando della sua disponibilità; sopportava quella smorfia di disgusto di cui anche lui era ormai consapevole, solo per l’affetto che la legava ad Altair; si era persino preoccupata per lui quando era tornato tardi e non gli aveva ancora tirato uno schiaffo per la sua incompetenza come padre, che riusciva a far scappare la figlia senza nemmeno rendersene conto.
Si stava comportando con lui meglio di quanto fosse tenuta a fare e facendo uno sforzo molto maggiore di quanto non stesse facendo Draco stesso, a cui, dopotutto, la sua vicinanza stava risultando utile.
Si sentiva un incompetente ingrato.
-Per quello che ho detto ieri.. per il modo in cui l’ho detto, più che altro…- tentò di scusarsi goffamente –Non volevo. Mi dispiace.- disse a fatica.
Hermione gli porse la tazza di caffè, accompagnandola con un sorriso euforico. Le prime scuse sincere di Draco Malfoy erano rivolte a lei.
Memorabile.
Draco si sedette al tavolo di Hermione, ormai famigliare, e la osservò depositarvi un paio di vasi di vetro pieni di biscotti, accomodandosi poi a sua volta per fare colazione. Mangiarono in silenzio, accompagnati dal suono dei biscotti e dal miagolio di Grattastinchi, che si era svegliato e stava bevendo contento il suo latte.
Nel silenzio della casa, le menti di entrambi si arrovellavano contemporaneamente su un unico quesito.
-Come ha fatto Altair ha uscire di casa? Ieri sera ho messo i soliti incantesimi.-
-Perché lo chiedi a me?-
-Perché sei tu il genio.- le disse. Alzò la testa dalla propria tazza di caffè e le regalò l’ombra di un sorriso forzato.
-Materializzazione.- la voce di Hermione risuonò incerta e debole. Draco la guardò come se avesse davanti a sé un pazzo che blaterasse su Ricciocorni Schiattosi e Prugne Dirigibile.
Come se avesse di fronte a sé Lunatica Lovegood, in pratica.
-Sei impazzita.-
Doveva essere quello il motivo di quell’uscita insensata, senza dubbio.
-No, Malfoy, ascoltami. L’ho letto in un libro.- Draco alzò gli occhi al cielo ma Hermione lo ignorò –Si chiama Materializzazione Infantile Involontaria, funziona come quella ufficiale ma solo su brevi distanze.-
-Come da casa mia a casa tua.- meditò Draco, mentre Hermione annuiva.
Sotto lo sguardo attento di Draco, Hermione cominciò a spiegare tutto ciò che ricordava.
Era un tipo di magia che si verificava solo in famiglie dove era presente almeno un mago o una strega, dove cioè il bambino aveva già avuto a che fare con la possibilità di spostarsi da una luogo all’altro senza percorrere fisicamente la strada.
Era un tipo di magia poco conosciuta e poco studiata, proprio perché era rara e solitamente sfruttata dai bambini solo per spostarsi involontariamente nella camera dei genitori dopo un brutto sogno.
Questo tipo di materializzazione, essendo strettamente collegata al desiderio inconscio di andare  veramente  in un altro posto, si era attivata in Altair a causa della sua ostinazione di andare alla festa e del profondo turbamento che l’aveva colpita alle parole del padre. Abituata alla gentilezza sconfinata di Draco, aveva vissuto quel rimprovero più duramente del previsto.
-Insomma, è colpa mia.- brontolò Draco, in parte afflitto da tutto ciò che aveva scatenato il suo semplice rifiuto e in parte orgoglioso per la magia della figlia.
-Non è stata colpa tua, Malfoy.- lo rassicurò Hermione –Sei solo troppo buono con lei.-
-E quando non lo sono, guarda che casino combino.- si lamentò, lugubre.
Hermione non sapeva cosa dirgli. Non aveva mai avuto a che fare con dei bambini, a parte Teddy Lupin con cui trascorreva brevi giornate in compagnia di Harry e Ginny, e non era un esperta in puericultura, ma le dispiaceva vedere Draco così afflitto.
Era un ottimo padre, forse un po’ troppo permissivo e con la tendenza ad accontentare Altair in quasi tutto, ma la bambina non era viziata e capricciosa. Soprattutto, Draco metteva Altair al di sopra di tutto il resto, comprese le sue convinzioni.
E questo, indipendentemente da qualche piccolo errore e soprattutto in considerazione del soggetto in questione, lo rendeva davvero meritevole di stima. Altair aveva cambiato Draco –soprattutto nelle piccole cose, come invitarla a cena o bere un caffè in sua compagnia- come nemmeno la guerra aveva fatto, e lui le aveva permesso di cambiarlo.
-Dai Malfoy, è inutile piangere sul latte versato.- lo incoraggiò, mettendo le tazze nel lavandino e dandogli un colpetto di incoraggiamento sulla spalla.
-Si dice  “sulla pozione versata”.- la corresse, ma Hermione scosse la testa.
-I maghi lo dicono, i babbani dicono “sul latte versato”. Ma il concetto non cambia, non credi anche tu?-
Draco rimase muto, accorgendosi che quel detto svelava molto di più di tutte le spiegazioni che suo padre gli aveva impartito negli anni.
Il concetto non cambia.
Già, forse maghi e babbani erano più simili di quanto non sembrasse.
 
-Hermione?-
Una vocina assonnata proveniente dal piano superiore li destò da quel limbo di pensieri e sguardi che li aveva racchiusi in un bozzolo di tranquillità.
Altair si era svegliata.
Draco balzò in piedi all’istante, salendo i gradini a due a due e raggiungendo in un attimo la bambina. La raggiunse sul letto, abbracciandola con forza  e baciandole i capelli arruffati dal sonno.
Non l’aveva abbracciata prima per non svegliarla e ora ne sentiva ancor di più il bisogno impellente.
Profumava di sonno e pulito, del profumo inconfondibile di un bambino che si fosse appena alzato dal suo letto caldo. Mischiato al suo profumo infantile, ce n’era un altro, più deciso, lo stesso che aveva sentito prima in cucina.
Un profumo che, senza alcuna spiegazione, profumava di casa, di familiarità e calore.
Il profumo di Hermione.
Prese in braccio la bambina, uscendo dalla camera da letto.
-Non farlo mai più, Altair.- le disse premendo le labbra contro la tempia soffice della piccola –Mi hai fatto morire di paura, non farlo più. Mai più.-
Quasi percependo i sentimenti del padre, Altair gli allacciò le braccia intorno al collo e affondò le manine paffutelle nei capelli biondi, la sua passione. Nascose il viso nel collo caldo del suo papà, dandogli tanti baci umidi nel tentativo di rassicurarlo.
Arrivati in cucina, Altair si slanciò verso Hermione, dando anche a lei il bacio del buon giorno e mettendosi poi al tavolo a fare colazione con una naturalezza sorprendente.
Draco passò lo sguardo da Hermione, che leggeva il giornale in silenzio, ad Altair, che mangiava i biscotti, a Grattastinchi, che dondolava la coda oltre il bordo della sedia su cui era acciambellato.
-Granger- la chiamò schiarendosi la voce –vieni alla festa con noi?-
Mentre Altair lanciava un piccolo strillo di gioia e saltava in braccio al padre, Hermione rivolse a Draco un luminoso sorriso d’assenso.
 
 
Come previsto, la festa era affollata, rumorosa e piena zeppa di bambini urlanti.
Draco si muoveva tra la folla come cercando di superare un cespuglio di rovi dalle spine acuminate e velenose, tentando in ogni modo di evitare contatti spiacevoli.
Altair camminava tra il padre ed Hermione, tenendo le mani intrecciate a quelle di entrambi. Si guardava intorno estasiata, ammirando le bancarelle colorate e i prodotti esposti.
Dolci, giochi, abiti vintage, prodotti agricoli e biologici, gioielli di bigiotteria creati a mano.
Accompagnata dal sorriso contento di Hermione e dal volto impassibile di Draco, Altair correva da una bancarella all’altra con gioia, trascinando dietro di sé i due adulti.
Dopo aver visto ogni bancarella ed averla esaminata con molta attenzione, Altair convinse il padre a portarla alle giostre. Draco la fece sedere su un cavallino a dondolo accanto a quello di Jane, la bambina dai capelli neri e dal viso spruzzato di lentiggini con cui sembrava che la piccola avesse un feeling particolare, e andò verso la panchina su cui era seduta Hermione.
Sedeva ad occhi chiusi, con il capo reclinato all’indietro verso il sole caldo, ignara o dimentica del mondo intorno a se.
Era bella.
Era bella a modo suo.
Era bella e non sarebbe morto solo per averlo ammesso.
 
 
-Tu come ti vesti Hermione?-
Alla domanda di Altair, Hermione sollevò le spalle. Altair e Draco erano già pronti ed erano venuti a prenderla, ma lei li aveva accolti avvolta in un accappatoio rosso. Si era scusata per il ritardo, ma aveva spiegato che aveva dovuto rispondere ad alcune lettere importanti del lavoro e non aveva avuto tempo di prepararsi.
Altair seguì Hermione al piano di sopra, per farle compagnia mentre si vestiva, abbandonando Draco sul divano.
Erano riemerse dalla camera meno di dieci minuti dopo. Altair era andata orgogliosa verso di lui, sorridendo e vantandosi di aver scelto personalmente l’abito di Hermione.
Draco aveva alzato lo sguardo e me era rimasto colpito.
Indossava un vestito a maniche lunghe in cotone bianco, ricamato sull’orlo del vestito e delle maniche e sullo scollo a barca con degli arabeschi neri e piccole perline lucide. Era scesa, in soggezione per quell’esame attento, i capelli sciolti e vaporosi come sempre e le guancie arrossate, non avrebbe saputo dire se per il trucco o l’imbarazzo.
-È bella, vero?-
Hermione, imbarazzata più del normale per quella mancanza di commenti di qualsiasi genere, si era affrettata a recuperare un maglioncino corto ma pesante a maniche lunghe, nero come le ballerine, e a invitarli ad uscire.
Draco aveva esitato, incapace di riconoscere, nemmeno a se stesso, di poter considerare bella Hermione Granger, il topo di biblioteca per antonomasia.
Era rimasto immobile per qualche istante, stupito per quel complimento sincero ma muto che aveva rivolto alla ragazza che anni prima non avrebbe nemmeno degnato di uno sguardo e ancor più colpito dal tuffo al petto che aveva sentito non appena l’aveva vista.
Un tuffo al petto inconfondibile e irrazionale.
Un tuffo al cuore sospetto e pericoloso.
Ma in fondo, lui era un uomo e lei una donna, era normale fare certi pensieri, tanto non sarebbero mai diventati altro che questo, pensieri incorporei.
O forse no?
-Molto bella.- aveva sussurrato Draco, a voce troppo bassa perché qualcuno potesse sentirlo.
 
 
Andando verso di lei, Draco raccolse un filo d’erba dal prato e si avvicinò in silenzio ad Hermione, allungò la mano e con la punta le solleticò la pelle bianca ed esposta della gola, lasciandosi scappare un sorriso storto quando la vide sussultare per lo spavento.
Le si sedette accanto, mentre alcune donne lo guardavano sorridendo, compiaciute di vedere quel giovane introverso ma educato finalmente in buona compagnia.
Astoria, Draco lo sapeva benissimo, non aveva mai suscitato molti consensi tra le madri delle bambine con cui Altair giocava. Era decisamente troppo snob per delle donne di provincia, forse anche per quelle dei quartieri residenziali della capitale.
Hermione, invece, sembrava stare simpatica a tutti e ora che cominciava a conoscerla, non lo trovava più un fatto tanto strano.
Non era bella come Astoria o sensuale come Jo, ma aveva un sorriso gentile e contagioso che, spontaneo com’era, non poteva lasciare indifferenti. Era cresciuta da quando andavano ad Hogwarts, aveva abbandonato le manie da saccente saputella e aveva limato quei tratti del carattere che spesso la rendevano odiosa.
Sembrava essersi addolcita.
-Bel vestito.- commentò, tanto per non rimanere in silenzio come due stupidi.
Hermione lo guardò stupita, poi abbassò lo sguardo su ciò che indossava, come se se lo fosse dimenticato.
-L’ho comprato quando Harry e Ginny si sono sposati. Ho fatto la testimone e dovevo essere vestita in un certo modo…- ricordò con un sorriso gli interminabili giri nei negozi di Londra in compagnia di Ginny. Trovare quell’abito era stata la sua salvezza, nonché quella dei suoi piedi.
-Da un matrimonio a una festa di paese.- sentenziò Draco, guardando i delicati, ma preziosi ricami dell’abito, spiegandosi l’origine di tanta eleganza nel guardaroba di una donna che, a quanto sapeva, non amava la mondanità.
Era un abito raffinato, ma al contempo semplice, che non stonava eccessivamente in un contesto provinciale. Tutte le donne della cittadina approfittavano di quell’evento per indossare gli abiti buoni del proprio guardaroba ed Hermione sembrava perfettamente in tema con il resto degli abiti sfoggiati.
-L’ho pagato una fortuna e non lo metto mai. Non è stata così male l’idea di Altair, almeno prende un po’ d’aria.- disse, lisciandosi una piega del vestito, lo sguardo fisso sulla punta delle sue  interessantissime  scarpe.
Un silenzio imbarazzato cadde su di loro, così diversi e abituati ad avere Altair tra loro che sembravano incapaci di trovare un argomento di cui palare.
-Come mai sei venuta proprio qui?-
Draco non era molto orgoglioso della sua semplice domanda, ma almeno aveva trovato un argomento per aprire una conversazione in uno dei rari momenti in cui si trovavano insieme, soli senza Altair. Hermione tentennò un attimo, incerta su quanto la domanda fosse realmente interessata, poi decise di rispondere comunque.
-Ho bisogno di silenzio per le mie ricerche, non riesco a lavorare con le macchine che passano in strada o con la voce delle persone che passeggiano a Diagon Alley o con il rumore delle altre persone che si trovano nelle biblioteche da cui prelevo i libri. Anche se tutti pensano che mi occupi di argomenti stupidi o inutili, serve concentrazione per interpretare testi egizi o babilonesi. Qui c’è calma, soprattutto nelle vie lontano dal centro. Ecco perché ho preso quella casa un po’ isolata.- disse rivolgendo uno sguardo al fiume che scorreva tranquillo –E poi mi piace la natura. Sai, mia madre…-
Si interruppe tanto bruscamente che Draco le rivolse uno sguardo perplesso. Hermione scosse la testa con noncuranza e abbassò lo sguardo, raccogliendo una palla colorata che le era arrivata sui piedi e porgendola con un sorriso ad un bambino dai capelli castani.
-Granger, che c’è?- le domandò, vedendo che non sembrava intenzionata a ricominciare a parlare.
Si era accorta di aver parlato con naturalezza, senza dosare le parole come faceva sempre con lui. Per anni Draco le aveva ripetuto che non stava mai zitta e parlava in continuazione, ora non ci teneva a sentirselo dire nuovamente, non quando avevano raggiunto una latente e temporanea tregua.
Negli anni aveva sviluppato la consapevolezza che spesso le sue chiacchiere potessero risultare noiose e forse persino fastidiose per qualcuno. Per Draco sarebbero state sicuramente simili all’effetto delle pustole causate dal Bubotubero.
-No, nulla.- gli rivolse un sorriso che, per la prima volta da quando la conosceva, Draco poté definire davvero mortificato –Mi ero solo dimenticata che tu eri tu.-
-Molto chiaro.- la canzonò –Cosa vuol dire che io sono io?-
-Nulla, mi ero solo dimenticata che non ti interessa dei miei genitori o di me o della mia vita o..- sollevò le spalle –Mi ero dimenticata che era solo una domanda di cortesia.-
Draco rimase sorpreso non tanto da quanto gli aveva appena detto, quanto piuttosto dal tono. Non era accusatorio, né triste, né lamentoso. Era oggettivo, forse velato da una sottile rassegnazione.
Draco ne rimase colpito, colpito tanto profondamente da non riuscire a spiegarsi il perché.
Forse perché invece avrebbe ascoltato volentieri quello che gli voleva dire, forse perché non l’aveva mai vista con quello sguardo di scuse sul viso, forse perché l’aveva colpito il fatto che se ne fosse dimenticata almeno per qualche attimo, forse perché aveva una bella voce, forse perché erano scuse inusuali.
Molte donne l’avevano annoiato con i loro discorsi, ma nessuna se ne era mai scusata, se non per civetteria e per un finto modo di schermirsi. Lei l’aveva fatto davvero, dispiaciuta di averlo infastidito con qualche parola di troppo.
Il silenzio cadde pesante su di loro, tanto spesso e pesante da creare un fastidioso senso di oppressione al petto e ai polmoni.
Aveva sempre e solo parlato con persone serpeverde, che avevano idee serpeverde e condividevano la sua visione della vita. Stessi ideali, stessi stili di vita, un passato simile e un futuro che doveva rispettare gli stessi canoni.
Hermione era stata una sorpresa sin da quando si erano incontrati a luglio in giardino, con il suo affetto a prima vista per Altair e la sua casa arredata con gusto, con la sua preoccupazione disinteressata e la sua sincera gentilezza anche verso di lui.
-Vado un attimo a salutare una persona.- lo informò Hermione, nel tentativo si sfuggire da quell’atmosfera opprimente e a stento sopportabile. Poi si alzò e andò da un uomo di circa trent’anni, alto, con capelli e occhi neri, che non appena la vide si aprì in un sorriso gentile, facendole un galante e ironico baciamano d’altri tempi.
Seduto da solo sulla panchina, Draco alternava lo sguardo da Altair, che era scesa agilmente dalla giostra e giocava a palla con alcuni bambini babbani, ad Hermione, che chiacchierava spensierata con l’uomo moro, che annuiva interessato e rapito dalla conversazione.
Chissà se gli sta raccontando quello che non ha detto a me, chissà se lui è davvero interessato a lei, chissà se è così bravo da farle credere di essere interessato ai suoi discorsi più che al suo corpo.
Non si era mai fatto problemi di alcun tipo nell’etichettare le persone a prima vista, solitamente con appellativi e giudizi poco lusinghieri, ma in quel momento si stupì per il profondo risentimento che provava verso quell’uomo.
 
Hermione stava parlando con quel ragazzo che aveva conosciuto pochi giorni prima, ma che già le stava molto simpatico. Faceva un po’ il cascamorto in maniera palese, ma era anche intelligente e socievole, nonché di bell’aspetto che, come avrebbe detto Ginny, non poteva certo guastare.
John chiacchierava tranquillamente con lei, annuendo interessato e intervenendo in ciò che diceva senza però cercare di prevaricare nelle discussione.
Si sentiva molto più a suo agio con lui che con Malfoy, riusciva a parlare senza la sensazione di risultare invadente o con il timore che presto le avrebbe detto bruscamente di non infastidirlo più.
Dopotutto, però, non c’era da meravigliarsene. Malfoy rimaneva sempre Malfoy e non si sarebbe mai abbassato ad interessarsi a ciò che lei diceva.
-Hermione!-
Una voce squillante e ormai familiare la chiamò. Interrompendo la conversazione, che nel frattempo era passata dall’autunno ai viaggi all’ultimo film in uscita, Hermione si voltò verso Altair, che l’aspettava accanto al padre.
-Vieni?- le chiese ancora, aspettandola per tornare a casa.
-Arrivo.- rispose Hermione, dopo aver dato una rapida occhiata all’orologio –Devo andare, magari ci vediamo oggi pomeriggio?- domandò, congedandosi dal ragazzo moro.
-Il tuo fidanzato te lo permette?-
La voce del ragazzo esprimeva lo stesso fastidio che traspariva palesemente dallo  sguardo con cui scrutava un punto alle sue spalle dove Hermione immaginò ci fosse Draco.
-Non è il mio fidanzato, è solo il mio vicino, nonché un vecchio compagno di scuola.- spiegò, lusingata da quelle attenzioni.
-Sicura? Perché dal modo in cui ti guarda direi che è piuttosto geloso.- commentò ancora in un basso ringhio gutturale che non riusciva tuttavia ad offuscare la bellezza del suo sorriso.
Hermione si girò un istante, controllando quanto il giovane stava dicendo e scorgendo sul viso di Draco solo l’espressione truce ed annoiata che aveva solitamente nei momenti di noia.
-Oh, no.- lo rassicurò con un sorriso divertito –Quella è la sua solita espressione, è semplicemente infastidito per il fatto che mi stia aspettando. Di certo non è geloso di  me.-
Se John avesse saputo la verità sul loro passato, probabilmente non avrebbe nemmeno preso in considerazione quell’idea strampalata. Con un sussulto interiore, si accorse che per quanto strampalata l’idea non le dispiaceva per niente, anzi la lusingava.
Non solo perché Draco era un bel ragazzo, ma perché era  lui.
-Sento una nota di dispiacere?- le domandò osservandola con attenzione, ma Hermione scosse la testa.
-No, nessun dispiacere.- lo tranquillizzò –Ci vediamo oggi pomeriggio in giro.-
Gli sorrise prima di andarsene, ma lui si sporse verso di lei e le diede un bacio sulla guancia, per poi voltarsi e raggiungere Jack, il barbiere.
 
Quando raggiunse Draco e Altair, la bambina la osservò incuriosita, con il viso alzato verso di lei. Dopo qualche attimo di esitazione e riflessione mentre tornavano verso casa, si decise a porre la domanda che tanto la interessava.
-Lui è il tuo fidanzato? È per questo che non vuoi il mio papà?-
Hermione tossì e Draco esplose in una risata pesantemente sarcastica che fece voltare molte persone che stavano percorrendo la loro stessa strada.
-No, Altair.- rispose pazientemente Hermione, sorda alla risata di Draco che ancora non si era spenta del tutto –John è un mio amico, lavora al negozio di frutta e verdura sulla piazza.-
L’ululato maschile che si levò alle sue spalle la informò del fatto che Draco trovasse divertente quella notizia.  Estremamente  divertente.
-Un fruttivendolo? Granger, dopo un pezzente come Weasley questo è il colmo. I soldi ti fanno proprio schifo, vero?- le domandò, continuando a camminare al fianco di Altair e sorridendole ironico.
-Non mi fanno schifo, ma non sono tutto.- puntualizzò Hermione, mentre si avvicinavano alle loro villette.
-Quindi tu adesso vai via?-
La domanda di Altair la colse impreparata.
-Adesso che sei fidanzata vai via e non ci vieni più a trovare?- insistette la bambina, mentre un fondo di timore si faceva largo in lei.
-Altair, prima o poi andrà via, è ovvio.- la risposta secca e indelicata di Draco anticipò quella della diretta interpellata –Non puoi pretendere che rimanga con noi per sempre.- disse con tono piatto, totalmente disinteressato.
-Non aspetti altro, vero, Malfoy?- lo attaccò, infastidita dal disinteresse totale che Draco sfoggiava ogni volta che parlavano di lei. Sembrava quasi che la considerasse un intoppo nella vita tranquilla che si era creato ad Henley-on-Thames, una fastidiosa macchiolina sulla tovaglia immacolata e perfetta della sua nuova vita: piccola, ma fastidiosamente indelebile, che si tiene perché non c’è altra soluzione, non certo per scelta.
-Non fare la melodrammatica.-
-Non faccio la melodrammatica, sono solamente stufa di tutto il disprezzo con cui mi tratti.-
-Io non ti tratto con disprezzo.- la contraddisse.
-Sicuro?-
Draco rimase in silenzio, mentre Altair, che si era persa a metà di quei sussurri sottili e pungenti, riprendeva le domande da dove era stata interrotta, dalla domanda che più le premeva e che più la preoccupava.
-Non ci vuoi più bene?-
Arrivati davanti alla villetta bianca di Malfoy  e vedendo che Altair sembrava pericolosamente vicino al pianto più disperato, Hermione si accucciò davanti a lei, guadandola intensamente negli occhi e stringendo le sue mani piccole e lisce tra le proprie.
-Anche se un giorno andrò via, questo non significa che non ti vorrò più bene, capisci?- la bambina annuì, poco convinta –Io ti vorrò bene per sempre.- le promise, certa che non si sarebbe dimenticata presto di quella bambina dai dolcissimi occhi azzurri.
-Anche a papà?-
Hermione sentiva in parte l’impulso di ridere per quella fissazione della bimba per il suo papà, che coinvolgeva anche nei discorsi meno appropriati, e in parte il desiderio di piangere per quella domanda in particolare.
Ignorando il fatto che altri due occhi chiari la stessero fissando, Hermione continuò a guardare la piccola Malfoy davanti a lei, che ricambiava la sua stretta con tutta la forza che aveva.
Non sapeva se fosse una scelta saggia dire la verità su quello che sentiva per Malfoy. Aveva scoperto un lato tenero e affettuoso che non si era mai immaginata, forse perché non le era mai interessato veramente, ma non poteva certo negare che in gran parte era rimasto il ragazzo di sempre, per cui i soldi potevano comprare, se non la felicità, almeno il prestigio.
Aveva un carattere difficile e spigoloso, ma in fondo si era rivelato un uomo attraente, non solo a livello fisico, bensì anche su quello emotivo. Era un uomo con dei lati positivi, che lei aveva scoperto e che, le doleva ammetterlo, l’avevano conquistata.
Cosa risponderle?
Optò per le verità, come sempre.
-Sì, Altair, anche a papà.-
 
 
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia tranquillizzato –ogni riferimento a persone che abbiano commentato i capitoli precedenti con una punta di ansia è puramente casuale :)
Non ho potuto rispondere alle vostre recensioni perché ho avuto un po’ di impegni, ma domani ho la mattina libera e vi risponderò con immenso piacere!!!
La Materializzazione Infantile Involontaria è una mia creazione, che spero possa avere senso ed essere coerente con quanto scritto da J.K.R.
Come sempre, ogni commento, domanda o suggerimento è ben accetto.
Vi do appuntamento a  
sabato!!!
Un abbraccio a tutte
Giada

 

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Capitolo 7
*** Parole parole parole ***


Grazie mille per le numerose recensioni che mi avete lasciato.
Prima di lasciarvi al capitolo, vorrei solo dire due parole.
Chi di voi ha già letto “Mio” avrà una certa familiarità con questo tipo di capitoli, per le altre sarà forse una sorpresa (gradita, spero): sono spezzoni di giornate diverse che hanno lo scopo di mostrarvi come cambia il loro rapporto, poco a poco (anche se qualche cambiamento c’è già stato).
Spero che vi piaccia l’idea…
Buona lettura!!!



Cap. 7
Parole parole parole
 

 
-Perché lo fai?-
La voce di Draco ruppe il silenzio che li aveva circondati, avvolgendoli come una coperta calda mentre Altair giocava silenziosamente sul tappeto dopo aver passato buona parte del pomeriggio a giocare in compagnia di Hermione.
La giovane strega, accoccolata ad una estremità del divano con in mano una tazza di tisana bollente, si voltò verso di lui guardandolo confusa.
-Perché faccio cosa?- gli domandò, bevendone poi una lunga sorsata.
-Tutto quello che fai per me… ehm, per noi… ehm, per Altair.-  farfugliò a disagio. Poi diede un colpo di tosse e parlò di nuovo –Insomma, perché?-
Hermione si strinse nelle spalle, sorseggiò ancora la calda bevanda che spandeva nell’aria un delicato aroma di menta e malva, e spostò lo sguardo dal fondo della tazza ad Altair.
-Mi piacciono i bambini, mi sono sempre piaciuti, e tua figlia è dolcissima.- confessò con un sorriso. Altair l’aveva colpita dal primo sguardo, per la sua tenerezza e per la sua caparbietà, per il suo essere così affettuosa e al tempo stessa così… così… così Malfoy in certi atteggiamenti.
-Tutto il contrario del padre, vero?- ironizzò Draco con un sorriso mesto. Era quello che la maggior parte della gente pensava, che Altair avesse un carattere fantastico che compensava quello scorbutico e chiuso dell’uomo.
-No, non credo.- disse cautamente Hermione –Oddio, ha un caratteraccio, ma non credo che sia poi così cattivo come vuol far sembrare.-
Draco sorriso guardandola di sottecchi, mentre anche lei cercava di nascondere un sorriso dietro il bordo della tazza, di porcellana azzurra decorata con ghirigori floreali di una tonalità più scura.
-Ah, davvero?- si incuriosì Draco. Gli sembrava stupido parlare di se stesso in terza persona come se stessero discutendo di un estraneo, ma, per qualche motivo oscuro e profondamente celato, lo trovava anche divertente.
-Sì, davvero.- lo assecondò Hermione –Fa tante scene, si atteggia a cattivo e antipatico, ma in fondo non lo è davvero. Gli piace far credere alla gente di esserlo.-
-Quindi non sono così cattivo come sembra? È un modo per dirmi che sono dolce, tenero e zuccheroso?- domandò disgustato da quella prospettiva. Hermione rise di gusto, rovesciando parte del proprio infuso sui propri pantaloni.
Tamponò meglio che poté la macchia con un tovagliolo che fece comparire dal nulla, poi riprese il discorso.
-Zuccheroso? Tu? Che bestemmia!- esclamò inorridita, poi gli lanciò il tovagliolo umido in piena faccia e rimase in attesa della sua reazione. Pochi istanti dopo, Draco, che ancora si rigirava tra le dita il pezzo di stoffa interessata, cambiò posizione sul divano, voltandosi verso di lei e osservandola con gli occhi ridotti a due fessure.
-Ti ho mai detto che sei infantile quando fai così?- la rimbeccò con lo stesso tono che usava con la figlia.
-Ti ho mai detto che ho solo ventisei anni?-
-Ti ho mai detto che a ventisei anni non si è più dei bambini?-
-Ti ho mai detto che se continui a ridere così poco, ti verranno un sacco di rughe?-
-Ti ho mai detto che sarei affascinante in ogni caso?-
-Ti ho mai detto che sei arrogante?-
-Ti ho mai detto che sei irritante?-
-Vanesio.- lo apostrofò.
-Petulante.-
-Cafone.-
-Modestamente.- si compiacque Draco, sorridendole indifferente al commento che lei aveva appena fatto, quasi che essere tacciato di maleducazione fosse per lui fonte di compiacimento.
Mentre si scrutavano truci, con l’ombra di un sorriso nascosta dalle labbra imbronciate, Altair alzò il viso verso di loro e li guardò con la testa pensosamente inclinata da un lato.
Erano proprio strani, battibeccavano sempre e poi bevevano insieme il caffè con la brioche, come avevano fatto quella mattina.
Ah, adulti! Chi li capisce è bravo!
 
***
 
Stava fissando da un po’ di tempo Draco e Altair, il modo in cui l’uomo cambiava completamente quando stava con la figlia, il luccichio che brillava negli occhi della bambina quando parlava del suo papà, la delicatezza con cui Draco la allacciava le scarpine di vernice prima di andare a cena dalla nonna.
-Perché mi fissi?-
La voce di Draco la distolse dai propri pensieri, le cui radici affondavano in assolati pomeriggi estivi passati in un salotto di una casa londinese, quando lei voleva fare tutto da sola e suo padre le stava dietro, in perenne supervisione e sorveglianza.
Dal piano superiore della villetta proveniva il rumore di Altair che cercava qualcosa nella propria camera ed Hermione rimase per un attimo a fissare Draco, poi scosse le spalle, finendo il proprio tè.
Hermione di era accorta che sotto quella patina di distacco e austerità di cui si ammantava quando usciva, Draco Malfoy celava molto di più e questo la incuriosiva.
-Mi ricordi mio padre.- confessò con un sorriso –Lui mi stava sempre vicino quando facevo qualcosa e mia madre stava preparando la cena e non poteva controllarmi di persona.- rise, alzandosi in piedi pronta ad andarsene.
-Cosa ci trovi di così ridicolo nel fatto che io ami mia figlia, Granger?- le disse con tono secco, arrabbiato al pensiero che lei, che meglio di altri aveva visto da vicino quanto amasse Altair, potesse ancora ridere di quel sentimento.
-Non è per quello che rido, ho sempre pensato che anche uno come te potesse amare.- gli spiegò, per nulla turbata da quel tono sgarbato, comprendendo cosa celasse –Mi fa ridere solo averti paragonato ad un Babbano.-
Draco rimase impassibile, indeciso su come interpretare il fatto che l’avesse paragonato ad un essere senza una goccia di magia nel proprio sangue.
–Voglio un bene immenso a mio padre, puoi considerarlo un complimento.- lo rassicurò, leggendo la sua indecisione nella piega che avevano assunto le labbra.
 
***
 
Con una pila di libri in mano, Hermione camminava a passo spedito lungo i corridoi del Ministero della Magia, salutando di tanto in tanto maghi e streghe di varie età ed epoche, in carne ed ossa o dipinte nei quadri appesi alle pareti.
-Stai facendo palestra?- la apostrofò una voce che avrebbe riconosciuto tra mille. Si voltò in quella direzione con qualche difficoltà visto il peso di ciò che trasportava e incrociò due occhi verdi.
-Oh, ma che gentile, ti stai offrendo volontario per aiutarmi?- gli chiese, depositandogli tra le braccia i volumi appena presi.
-In cambio mi offri del cibo.-
La voce di Harry risuonava così affamata che Hermione scoppiò a ridere, annuendo e seguendolo in direzione dell’atrio da cui si sarebbero smaterializzati.
 
Erano a casa di Hermione da qualche minuto ed Harry si era appostato alla finestra, scrutando la villetta bianca al di là del giardino come se fosse stato un animale raro e da studiare con meticolosità, approfittando dell’assenza della moglie per scrutare liberamente l’oggetto della propria curiosità.
-Quindi lì vive Malfoy?-
-Già.-
-Con la figlia?-
-Già.-
-E non l’hai ancora ucciso?-
-No, ma l’ho schiaffeggiato due volte.-
Harry parve molto più tranquillo, ora che aveva appreso che tutto sommato Hermione era ancora in sé. Tornò verso il salotto e si sedette sul divano con la ragazza, mangiando un muffin in un sol boccone.
-Scusami- le disse, bevendo un sorso di caffè all’americana appena fatto –ma ho mangiato solo un boccone questa mattina presto e poi non ho avuto tempo per pranzare.-
-Tranquillo, non potrai mai essere peggio di Ronald.- storse la bocca in una smorfia disgustata parlando dell’ex fidanzato e Harry decise di cambiare argomento.
-Quindi, Malfoy com’è diventato?- indagò curioso, mangiando il secondo muffin al cioccolato, che sembrava ammiccargli invitante.
-Non è diventato.- rispose rapidamente Hermione –È sempre il solito bamboccio viziato.-
Non sapeva perché, ma si vergognava ad ammettere di trovare attraente e simpatico Malfoy, lo stesso che aveva reso la loro vita, se non proprio un inferno, certamente poco piacevole e molto problematica.
Harry l’osservò attentamente, poi deglutì e assunse un’espressione seria e preoccupata.
-L’ultima volta che mi hai mentito, ho scoperto che viaggiavi nel tempo. Devo dedurre che Malfoy ti ha fatto qualcosa di brutto?- le domandò –Ti ha.. toccato?- ipotizzò con delicatezza, presupponendo le peggiori situazioni e già pronto a farlo pentire dei suoi tanto decantati natali.
-Oh, no!- Hermione si affrettò a rassicurarlo, stringendogli le mani e scuotendo la testa con convinzione –È solo che…- si morse le labbra, piena di vergogna per qualcosa che nemmeno esisteva.
-Hermione, mi sto spaventando.-
Sentendo Harry onestamente allarmato da tanta reticenza, Hermione gli raccontò tutto. Dello sputo, di Altair e della sua dolcezza, del giardino che avevano sistemato, della festa e della fuga di Altair in casa propria. Harry rimase in silenzio, mangiando qualche altro muffin e rischiando quasi di strozzarsi quando Hermione si dilungò troppo sui particolari del loro veloce ma sentito abbraccio in cucina.
La sua faccia era una gamma di emozioni contrastanti e in un certo senso spassose e divertenti.
-Tu, la mia migliore amica, innamorata di Malfoy.- disse in un soffio, abbandonandosi contro lo schienale del divano.
-Hey!- lo riprese Hermione –Frena, non sono innamorata di Malfoy.. solo…- tossì un poco –Mi piace.- confessò con semplicità arrossendo.
-Merlino- ritentò Harry, con un leggero sorriso derisorio sulle labbra –La mia migliore amica si sta innamorando di Malfoy.- vedendo che non replicava si portò le mani sul viso –Oh Godric, se non replichi vuol dire che è vero!-
La cuscinata di Hermione lo zittì.
 
***
 
Quando Draco aveva bussato alla porta di Hermione per chiederle se le poteva tenere Altair per cena mentre usciva con i suoi amici, certo non immaginava di trovarla in quelle condizioni.
Altair l’avrebbe definita buffa, sua madre  originale, Astoria vergognosamente plebea.
-C’è un motivo particolare per cui hai delle piume tra i capelli?- le domandò, allungando una mano verso i suoi capelli e rigirandosi una piuma bianca e soffice tra le dita.
-Oh!- Hermione rise –È venuto Harry e ci siamo presi a cuscinate, ma…-
-Potter? Qui?- Hermione annuì –Merda!- esclamò, sbattendo una mano sullo stipite della porta, facendola sobbalzare per lo spavento –Non gli avrai detto che abito qui?-
-Certo che sì.- ad un’altra imprecazione del mago, Hermione iniziò ad indisporsi –Si può sapere che ti prende?-
-Cazzo, Granger, ma come fai a non capire!- le urlò –Potter è pericoloso quanto te, quanto chiunque altro pensi che non mi merito quello che ho. Non posso permettergli che venga qui e…-
Spazientita, Hermione roteò gli occhi e gli sbatté malamente una mano sulla bocca, sentendo sotto i polpastrelli la ruvidità della barba non fatta.
-Ad Harry non importa un accidente di te.- gli disse diretta –È venuto qui altre volte con Ginny e tu non te ne sei nemmeno reso conto, perché lui non ha intenzione di immischiarsi con la tua vita. Puoi stare tranquillo, Harry è come me.- gli spiegò, sperando di risultare convincente.
“Sexy?”
Si domandò Draco con una punta di sarcasmo e fastidio per quel pensiero, mentre con gli occhi scendevano dalla capigliatura scomposta di Hermione verso i pantaloni della tuta che indossava, coperti da un maglietta più larga del dovuto ma ugualmente seducente, più per quello che lasciava immaginare che per quello che mostrava.
-Ti calmi o vuoi una camomilla?- gli disse, togliendo la mano dalla sua bocca. Draco annuì, poi si passò una mano tra i capelli e li tirò indietro, scoprendo la fronte e tirando nervosamente qualche ciocca un po’ più lunga delle altre.
-No, la camomilla mi fa schifo.-
-Ma guarda, non l’avrei mai detto…-
 
***
 
-Quando ci hanno portato a casa tua.. durante la guerra intendo… perché ci hai aiutato?-
Era da un po’ che le frullava nella mente quella domanda.
Voleva sapere, voleva capire, voleva capirlo.
Draco alzò la testa dal giornale che stava leggendo. Quel giorno non c’era Altair con loro, ma si erano incontrati in piazza e avevano deciso di bere un caffè insieme. Non avevano  veramente  deciso, si erano semplicemente trovati davanti al bar nello stesso momento e avevano capito che sarebbe stato stupido sedersi a due tavoli diversi.
-Io non vi ho aiutato.- negò dopo averla studiata con attenzione –Non pensare cose che non esistono, Granger.-
Come il fatto che, dopotutto, non stavano così male insieme?, si domandò Hermione.
-Perché non me lo vuoi dire?-
Era una domanda che si era posta spesso, sia prima sia dopo che la guerra finisse. Secondo Harry era stata la paura, ma lei non ne era convinta. Se avesse avuto paura di Voldemort, avrebbe fatto di tutto per assecondarlo ed evitare la sua ira,  o no?
-Perché non sono affari tuoi.- le disse brusco, prima di alzarsi e uscire, gettando qualche banconota babbana sul tavolino.
Hermione restò seduta per qualche istante, indecisa su come agire, poi si alzò e uscì dal caffè, individuando la testa bionda al limitare della piazza e accelerando il passo per raggiungerlo. Lo chiamò quando era a soli pochi metri da lui e Draco la guardò al di sopra della spalla, senza accennare a fermarsi.
Lo raggiunse in una via silenziosa e strinse un lembo della giacca, trattenendolo e affiancandolo prima di lasciarlo libero. Camminarono silenziosamente, finché Draco non decise di rompere quel mutismo teso.
-Avevo paura.- disse tenendo gli occhi fissi davanti a sé, cercando di non dar peso allo sguardo  di Hermione che non lo lasciava nemmeno un attimo –Avevo paura di Voldemort, ero terrorizzato da quello che poteva fare, ma ancora di più avevo paura che restasse per sempre lì, in casa mia.-
Le lanciò una breve occhiata per controllare che sul suo viso non ci fossero segni di compatimento o derisione. Con sollievo vi lesse solo comprensione.
-Potter mi ha guardato in un modo… Mi stava chiedendo di aiutarlo, era l’unica possibilità di togliermi per sempre quell’essere  dalle palle. Per i miei gusti siete sempre stati troppo eroici- sentenziò –ma era.. non giusto, non me ne è mai fregato niente di cosa fosse giusto o meno, ma… era la cosa più utile da fare.-
Inspirò profondamente, ignorando l’imbarazzo che lo stava sommergendo per essersi lasciato andare in quel modo con lei. Una mano delicata gli sfiorò la spalla.
-Grazie comunque.-
Draco la guardò, poi storse il naso, come era sua abitudine quando non era d’accordo con lei su qualcosa. Quindi praticamente sempre.
-Non è servito a molto, mi pare.-
-Forse no.- gli concesse Hermione –Ma almeno ci hai provato, è questo che conta.-
-Credi?-
-Credo che faccia la differenza per quello che pensiamo di noi stessi, per ciò che vediamo quando ci guardiamo allo specchio. Credo che sia la differenza tra vedere un codardo e vedere un ragazzo che almeno ha tentato di fare la cosa gusta.-
Draco annuì e la guardò.
Nessuno aveva mai parlato con lui di quello che era successo nel tetro salone di Malfoy Manor e lui stesso non era mai stato interrogato sull’accaduto, nemmeno dai giudici che si erano accontentati delle dichiarazioni di Potter e di sua madre.
Nessuno gli aveva mai detto ciò che gli stava dicendo la Granger in quel momento, che poteva essere orgoglioso di ciò che era diventato, di ciò che aveva fatto e di ciò che  non  aveva fatto o detto.
Lei era la prima, era stata la prima in molte cose.
La prima che gli avesse fatto balenare nella mente l’idea che il sangue puro non fosse necessario per saper usare una bacchetta; la prima che gli avesse fatto saltare i nervi con un solo sguardo; la prima a cui avesse sputato addosso l’insulto  mudblood  con tutta la cattiveria di era capace già a dodici anni appena compiuti; la prima che avesse visto torturata davanti ai propri occhi; la prima che avesse mai resistito a Bellatrix, urlando con tutta la dignità che era riuscita a mantenere mentre le ossa scricchiolavano; la prima donna che l’avesse affascinato nonostante il suo sangue, o forse proprio  per  il suo sangue.
E,  dulcis in fundo, la prima e l’unica che avesse conquistato Altair totalmente e inesplicabilmente.
 
***
 
 
-Sono io.-
Draco entrò in casa e si piegò sulle ginocchia, in tempo per prendere in braccio Altair che gli era corsa incontro non appena aveva sentito la voce del padre. Dopo avergli dato un bacio sulla guancia, si fece rimettere a terra e corse in camera propria, urlando di dovergli mostrare un disegno che lei ed Hermione avevano fatto quel pomeriggio.
Mentre appendeva la giacca all’appendiabiti, il rumore di passi leggeri alle sue spalle lo fece voltare, trovandosi davanti Hermione che, appoggiata allo stipite, lo fissava curiosa.
-Non riesco a capire- esordì, muovendo intanto la mano in segno di saluto –se esci sempre con la stessa donna o se ne cambi una ogni volta.-
Draco si lasciò scappare una risata e andò in salotto, buttandosi scompostamente sul divano e togliendosi le scarpe senza nemmeno slacciarle.
-Dipende a quando ti riferisci. Quella che ho visto oggi è la stessa con cui esco da tre settimane, ma non è la stessa con cui sono uscito quando.. quando ho fatto ritardo.- le spiegò ed Hermione annuì.
-Toglimi una curiosità.- Draco annuì, invitandola a proseguire –Se stai tutto il tempo qui con Altair, mi spieghi come fai a trovare le donne con cui esci? Metti degli annunci sul giornale?-
-Mmm, potrebbe essere un’idea.- ponderò –Chissà quante risponderebbero all’annuncio. Magari  tutte  insieme..-
-Sei un maiale.- sentenziò Hermione in risposta allo sguardo lascivo e insinuante con cui aveva accompagnato le ultime parole.
-E tu sei una puritana.- ribatté.
-Non per distruggere le tue convinzioni, ma solo perché una non va con il primo che capita, non significa che sia puritana.-
-Oh sì, invece. Significa che non ti sai godere la vita.-
-La vita non è solo sesso.- puntualizzò Hermione, fermamente convinta che la vita non si potesse ridurre solo ad una po’ di ginnastica tra le lenzuola.
-Non solo,- le concesse Draco con un gesto della mano -ma ammetterai che una buona notte di sesso aiuta a distendere i nervi.-
-Che è un po’ come dire che per te la donna con cui esci o una prostituta sono la stessa cosa, perché svolgono la stessa funzione?- domandò con fervore Hermione, che quelle considerazioni maschiliste e misogine non le aveva mai sopportate.
-No, non farmi fare la parte del mostro e non mettermi in bocca parole che non ho detto.- precisò -Vuol dire che se dovesse capitare che una sera ho voglia di scopare e al momento non esco con nessuna donna, potrei anche pensare di farci un pensierino.-
-Merlino, non ti facevo così squallido.- lo commiserò la giovane, scuotendo la testa.
-Se sei così dispiaciuta per me, potresti immolarti per la causa.-
Hermione scacciò con la mano un moscerino che le svolazzava davanti al viso, poi riportò l’attenzione su Draco, che si era spostato sul divano accanto a lei.
-Per quale causa?- domandò, certa di essersi persa un passaggio.
-Questa causa.- chiarì Draco, facendole scivolare una mano sulla coscia fasciata da un paio di calze di cotone leggero, accarezzandola sotto lo sguardo sconcertato e paralizzato d Hermione, che reagì allo shock solo quando sentì le dita di Draco solleticarla vicino all’inguine.
La mano di Hermione volò rapida verso la sua guancia, ma Draco la bloccò con facilità. La fissò per un attimo, poi si mise a ridere.
-Avresti dovuto vederti in faccia…- la guardò divertito ma non cattivo -…cara la mia puritana.- la apostrofò, uscendo dalla stanza seguito dai borbottii di Hermione.
Si guardò appena la mano mentre saliva le scale alla ricerca di Altair.
Era calda, la saccente Grifondoro.
 
***
 
Quando Altair aveva preteso di cucinare una torta e lui le avevano spiegato a chiare lettere che nessuno dei due ne era capace, Draco si era sentito ancora una volta orgoglioso di se stesso per il modo in cui sempre più spesso riusciva ad opporsi alle pretese della figlia, che negli ultimi tempi sembrava cercare in tutti i modi di passare del tempo con lui ed Hermione.
Contemporaneamente.
La sua risposta ferma ma gentile non aveva però avuto l’effetto sperato.
Meno di un’ora dopo, Draco e la piccola si trovavano in cucina con Hermione, pronti ad infornare una teglia colma di quella che, una volta cotta, sarebbe diventata una buonissima torta paradiso.
Seduto su una sedia, Draco osservò la figlia che aiutava Hermione ad infornare a torta, attenta ad ubbidire ad ogni indicazione che le desse la donna.
-Dobbiamo aspettare cinquanta minuti.- asserì Hermione, iniziando a riordinare. Mentre lei metteva gli utensili sporchi nel lavello, Draco prese il sacchetto della farina e si avvicinò al ripiano della credenza da cui Hermione l’aveva preso prima. Con il braccio sollevato in aria, Draco venne però urtato da qualcosa, perse l’equilibrio e…
… e venne investito da una nuvola bianca.
Altair, consapevole di aver urtato poco delicatamente il padre mentre inseguiva Grattastinchi, si zittì immediatamente e sgattaiolò in camera sua, seguita a ruota dal gatto che, dopo essere sfuggito alla sua presa, la stava aspettando ai piedi delle scale.
In cucina, Draco ed Hermione si fissarono per lunghi secondi, lei con la bocca socchiusa in una “o” di puro stupore e lui con i capelli chiari imbiancati di farina candida, che ricadeva sui vestiti e sulle sopracciglia. Dopo aver superato lo sconcerto per quella nuvola di farina che si era alzata in cucina, Hermione distese le labbra e si lasciò andare in una risata fragorosa, sonora e limpida che invase la casa e le riempì gli occhi di lacrime.
L’iniziale piega di fastidio che aveva curvato le labbra di Draco si dissolse quando la verità ruppe il muro di pregiudizi e orgoglio che si era consolidato negli anni.
Non stava ridendo di lui in quando Draco Malfoy umiliato da un incidente in cucina, stava ridendo di lui in quanto padre ricoperto di farina da capo a piedi dalla figlia.
Capirlo e sostituire la smorfia offesa con un sorriso complice fu un tutt’uno.
Mentre Hermione ancora rideva, sorreggendosi al ripiano della cucina con una mano e asciugandosi gli occhi con l’altra, il sorriso di Draco cambiò nuovamente, trasformandosi in un ghigno furbo.
Rapidamente, infilò la mano nel sacchetto di carta che ancora teneva in mano, ne prese una manciata e la tirò verso Hermione, che smise immediatamente di ridere, trovandosi invece sommersa di farina, esattamente come l’uomo che le stava di fronte.
Lo fissò con la bocca socchiusa per la sorpresa, poi il suo sguardo saettò verso il sacchetto, valutando le possibilità di prenderlo e rovesciarlo sulla testa del Serpeverde.
-Non ci pensare nemmeno.- le intimò Draco, posando l’obiettivo di Hermione sul tavolo alle proprie spalle e andando verso di lei per bloccarle ogni possibile tentativo.
-Ma tu mi hai riempito di farina!- protestò.
-Tu ridevi.- le fece notare, come giustificando la sua azione.
-Anche tu avresti riso se avessi visto la tua faccia.- sul finire della frase, ricordando l’espressione di puro sconcerto che si era dipinta sul volto di Draco, Hermione si aprì in un sorriso luminoso che lasciava presagire un’altra risata simile alla precedente. Draco la raggiunse, parandosi davanti a lei con un’aria che, secondo le intenzioni, sarebbe dovuta essere minacciosa.
-Non ridere.- le intimò. Hermione si morse le labbra cercando di trattenersi –Non ridere, Granger, o me la paghi.- Hermione strinse ancor più le labbra, cercando di bloccare la risata che lo sguardo serio di Draco, in contrasto con la sua figura completamente coperta di farina, le aveva suscitato.
Si trattenne per qualche istante, poi esplose.
Mettendo il piede su un piccolo cumulo di farina, Hermione slittò in avanti, aggrappandosi saldamente alle spalle di Draco per non cadere. Quando sentì un braccio passarle intorno alla vita e premerla contro il petto di Draco, la risata di Hermione si smorzò bruscamente, facendoli precipitare nuovamente nel silenzio.
Mentre la strega teneva lo sguardo fisso sulla cucitura del maglione di Draco, l’uomo non staccava gli occhi da lei, dalla massa di capelli ricci e indomabili che gli solleticava il mento.
Erano incredibilmente vicini, più di quanto non fossero mai stati, e questo non era certo un dato positivo, soprattutto non quando si era accorto di non considerarla più solo una vicina di casa o la Sanguesporco che tollerava per amore di Altair.
I pomeriggi con lei lo divertivano, la sua risata lo faceva sorridere per quanto era infantile, il suo corpo lo intrigava e i suoi occhi sembravano volergli far capire che in lei c’era altro.
-Guardami.- il sussurro rauco di Draco uscì dalla sua bocca flebile come un soffio di vento, leggero  e delicato che solleticò i capelli sulla nuca di Hermione, infiltrandosi fra i ricci scuri fino alle sue orecchie.
Restia, Hermione sollevò il viso verso il suo e cercò il suo sguardo, perdendosi da qualche parte tra le ciglia folte e chiare e le pagliuzze che conferivano alle iridi quella sfumatura grigia che l’aveva conquistata.
Rimasero a guardarsi, in silenzio, fino a quando Altair tornò da loro.
 
 
***
 
-Whiskey?-
-Solo se non è la solita schifezza che ci rifili di solito, Nott.-
-Uh, sei nervosetto, Malfoy?-
Draco alzò lo sguardo fiammeggiante sul ragazzo moro che era seduto sulla poltrona accanto a lui. Zabini si zittì immediatamente, allungando un braccio per prendere il bicchiere di cristallo che il proprietario di casa gli stava porgendo.
-L’altra sera sono uscito con la Greengrass. Daphne.- precisò Zabini davanti all’occhiata ardente di Draco –Scopa da paura.- commentò con un sorriso malizioso e Nott gli diede una pacca sulla spalla, quasi complimentandosi.
Draco si limitò a buttare giù, tutto d’un fiato, il liquido ambrato, affidando ad un elfo il compito di riempirlo di nuovo.
-E tu?- lo apostrofò Theodore –Che mi dici di Jo?-
Draco sollevò le spalle e con un cenno del capo rifiutò la sigaretta che gli veniva offerta.
-Non la vedo da un po’, non era il mio tipo.-
-Non era Astoria, vorrai dire.- entrambi gli uomini scoppiarono a ridere alle parole di Goyle, che era appena entrato nella stanza e si era lasciato cadere sulla poltrona di pelle –Non ho mai capito che cosa è per te.- gli disse, prendendo a suo volta un bicchiere di whiskey e bevendone un sorso.
-La mia ex moglie?- propose ironicamente Draco.
-Sì, capo, lo so. Ma voglio dire, ogni volta che qualcuno la nomina lo fulmini con la sguardo. Se sei.. ancora innamorato..- borbottò a mezza voce, imbarazzato per la direzione che stava prendendo il discorso –Basta dirlo, insomma, e noi ci facciamo da parte.-
Draco spostò lo sguardo da uno all’altro, osservandone i volti seri, in attesa di una sua risposta. Erano tutti maturati eppure erano rimasti gli stessi ragazzini con cui condivideva le prime sbronze nella camerata sotterranea di Hogwarts, gli stessi per cui una ragazza era solo una scopata e un oggetto da considerare di proprio possesso.
Erano ancora scapoli e Draco si domandò se si fossero mai innamorati e se avessero mai provato quello che lui aveva provato per Astoria e che, contro ogni logica, iniziava a provare per la Granger.
Avrebbero mai visto più in là del proprio naso?
Si sarebbero mai domandati se il sangue fosse davvero la parte più importante di una persona o un semplice orpello che poteva essere ignorato?
Si sarebbero mai chiesti se il profumo che rimaneva attaccato alla pelle di una donna dipendeva dal bagnoschiuma che scivolava sul suo corpo sotto la doccia o dalle pozioni che usava per domare i propri capelli ricci?
Avrebbero mai conosciuto la differenza tra la crostata di fragole acquistata e quella fatta in casa, magari un po’ troppo cotta ma dal sapore inconfondibile?
Si sarebbero mai insultati mentalmente ma con convinzione per aver notato il neo vicino all’orecchio e per aver desiderato di nasconderlo con le labbra?
-Mi sono preso una sbandata per la Granger.- annunciò e i tre giovani maghi seduti accanto a lui si bloccarono, con i bicchieri a mezz’aria e la sigaretta accesa tra le dita.
Poi lo scoppio della loro risata rimbombò sulle pareti di pietra.
-Se non ne vuoi parlare, capo, basta dirlo.- disse tra le risate Goyle –Non c’è bisogno di inventarsi storie così strane.-
Bevendo gli ultimi residui di whiskey nei propri bicchieri, Zabini, Nott e Goyle tornarono a parlare delle quotazioni alla Gringott e della giovane strega che era stata presentata nel circolo delle famiglie Purosangue la settimana precedente.
Draco li guardò e scosse impercettibilmente la testa.
No, non avrebbero mai messo in discussione nulla di tutto ciò che era stato loro insegnato negli anni passati.
Mentre reclinava la testa all’indietro, due occhi scuri lo scrutarono sospettosi da dietro un bicchiere di cristallo finissimo.
 




Buonasera!
Ben tornati, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Anche se così non fosse, vi invito come sempre a commentare per farmi sapere cosa ne pensate e per aiutarmi a migliorare.
Il titolo del capitolo (oltre che riferito ad una bellissima canzone di Mina) si riferisce alle parole di Hermione e Draco, a quei momenti di conversazione che li avvicinano, a tutto ciò che viene detto nelle varie "sequenze". Personalmente, mi dà anche l’idea dello scorrere del tempo, ditemi che ne pensate.
L’aggiornamento sarà regolarmente sabato, quindi vi do appuntamento tra una settimana esatta.
Aspetto con ansia le vostre opinioni, un abbraccio fortissimo!
Giada

 

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Capitolo 8
*** Aspettando Halloween ***


Grazie per le recensioni, siate state gentilissime e sono contenta che lo stile a “frammenti” vi sia piaciuto.
Buona lettura!
 

Cap. 8
Aspettando Halloween

 

 
Ottobre era passato in un battito di ciglia, gli alberi sembravano essersi infiammati in una sola notte e Henley-on-Thames era circondata e sommersa da un oceano di foglie croccanti e dorate, sovrastate da un cielo grigio perla, spruzzato di piccole nubi bianche.
La notte delle streghe, come volevano le credenze popolari, era ormai alle porte e come ogni anno la piccola cittadina lungo il fiume si era arricchita di zucche e lanterne, mentre i bambini si preparavano alla consueta sfilata, che sarebbe terminata sulle rive del fiume con uno spettacolo pirotecnico.
Seduta al tavolino della piazza, Hermione leggeva assorta  Frankenstein, un vecchio volume dalla costa sfondata e con in copertina la suggestiva immagine di una tempesta violenta.
-Frankenstein? Adatto al periodo.- commentò una voce maschile.
Hermione alzò lo sguardo e sorrise incontrando due occhi scuri come la notte di cui stava leggendo pochi attimi prima.
-Ciao John.- lo salutò, invitandolo ad accomodarsi con lei.
-Ti posso offrire qualcosa?- le domandò mentre chiamava un cameriere e ordinava un caffè e una brioche alla crema. Hermione scosse la testa e il giovane andò via con l’ordinazione.
-Allora, Hermione, cosa indosserai ad Halloween?-
-Oh, non lo so ancora, ci sto pensando.- confessò, pensierosa  –Non so nemmeno se verrò, a dire il vero.-
-Devi venire assolutamente, i fuochi che si riflettono sul fiume sono uno spettacolo magnifico.- le consigliò, mordendo poi la sua brioche e bevendo un sorso di caffè bollente, appena arrivato.
-Va bene, prometto di pensarci.-
-Come mai sei così indecisa, non credi alle streghe?- le domandò ancora, dopo qualche attimo passato ad aggiornarla sull’imminente ampliamento della libreria del paese.
La risata di Hermione risuonò forte e chiara tra i tavolini del bar, attirando l’attenzione di qualche persona che, temeraria come Hermione, si era seduta all’aperto nonostante il clima ostile.
Quando la risata della ragazza si spense, una voce profonda e ironicamente divertita la precedette nel rispondere al giovane.
-E come potrebbe non crederci? Lei è un’autentica  strega, fidati.-
Hermione si voltò in tempo per scorgere il lampo ironico nello sguardo di Draco e per vedere Altair agitare la mano nella sua direzione, mentre il padre la conduceva via, diretti verso la piccola, ma ben fornita libreria del paese.
John rivolse uno sguardo sconcertato all’uomo biondo. Non era molto gentile dire ad una signorina, chiunque ella fosse, che era una strega, pensò, tanto più che Hermione non ne aveva nemmeno l’aspetto arcigno e incartapecorito.
-Non farci caso, è un cafone.- lo informò, completamente tranquilla e serena, Hermione –Dicevamo? Oh, sì, che prometto di pensarci.- assicurò, portandosi una mano sul cuore come giurando solennemente.
Una voce che chiamava a gran voce il ragazzo li interruppe ed entrambi si voltarono verso un negozio vicino, sulla soglia del quale un uomo anziano e panciuto con folti baffi ben curati cercava di attirare l’attenzione sbracciandosi.
-Devo andare, il capo chiama.- sorrise, indicando il padre –Non ti azzardare a pagare, va tutto sul mio conto.- le intimò, puntandole minacciosamente un dito contro.
Facendo un cenno al cameriere che annuì, John le diede un bacio sulla guancia e se ne andò.
Carino era carino, rifletté Hermione, ma gli mancava qualcosa.
Tipo i capelli biondi?
Stizzita per quella vocina che si era risvegliata dopo anni in cui si era astenuta dal fare fastidiose insinuazioni, Hermione gettò il libro nella borsa con foga e tornò a casa, decisa a lavorare tutta la giornata.
 
***
 
-Allora, da cosa ti vuoi vestire?-
Sdraiate sul tappeto di casa Malfoy, Hermione e Altair disegnavano con i pennarelli su un grosso foglio di carta prestampato, che poco a poco si stava riempiendo di colori sgargianti, trasformandosi in un rigoglioso giardino con fiori e farfalle di ogni forma e colore.
Stupito e sinceramente preoccupato per la salute mentale della ragazza, che sembrava divertirsi un mondo, Draco sedeva in poltrona e revisionava il suo articolo, lanciando di tanto in tanto brevi occhiate alla figura flessuosa che era sdraiata poco distate dai suoi piedi.
Hermione non aveva un corpo in grado di far voltare gli uomini che passavano in strada, non era né alta né molto prosperosa, ma nel complesso, forse grazie anche alla sua semplicità, poteva risultare interessante agli occhi di un uomo.
In particolare in quel momento, sdraiata a pancia in giù e fasciata da un paio di pantaloni di cotone blu che ne disegnavano le forme, stava scatenando in Draco particolari pensieri.
Nonostante i tentativi di metterli a tacere sotto il ricordo della sua pedanteria adolescenziale, che purtroppo per lui era scomparsa quasi totalmente negli anni, alcune considerazioni tornavano prepotentemente a galla.
Aveva proprio un bel sedere.
E delle belle labbra, ma questo l’aveva notato già in precedenza.
E degli occhi dello stesso colore dell’ebano.
E…
E niente, doveva concentrarsi su ciò che aveva scritto il giorno prima, non sul corpo della Granger, per Salazar!
-Non lo so.- sbuffò la bambina –Jane si veste da fatina, Charlotte da strega, sua sorella da folletto…-
L’elenco di Altair andò avanti per cinque minuti abbondanti, intervallato da sbuffi contrariati e pennarelli messi da parte perché troppo spenti o accesi. Finita la lista, il risultato fu che Altair non aveva idea di che costume indossare.
Hermione ci pensò un po’ su, guardandosi intorno per cercare ispirazione, poi lo sguardo le cadde su ciò che stava facendo Draco.
-Ti sei convertito ai quaderni babbani?-
-No.-
-Ma quello è un block notes babbano, lo sai, vero?-
-Sì.-
-Quindi ti sei convertito.-
-No.-
-Malfoy sei contraddittorio, te l’hanno mai detto?-
-Ma non sono sopravvissuti abbastanza per raccontarlo.-
Hermione decise di mettere fine a quel battibecco che tanto non avrebbe portato da nessuna parte, tanto più considerando il ghigno poco rassicurante che gli era apparso in volto, e tornò a colorare un albero di mele rosse e lucide.
-Cosa scrivi?-
Draco, a quella domanda sul Quidditch di cui Hermione notoriamente non sapeva nulla, rimase un istante stupito, poi cedette all’occhiata sinceramente curiosa di Hermione.
-Un confronto tra le squadre dell’Irlanda.- spiegò, mostrando una serie di appunti minuziosi e scritti fittamente in una calligrafia obliqua e spigolosa.
-Posso vedere?- domandò curiosa Hermione, sedendosi sul tappeto, come una bambina piccola che aspettava il regalo promesso.
Draco scosse le spalle, poi le tese il block notes e l’articolo che stava rivedendo e correggendo. Hermione si avvicinò e lo lesse con interesse.
Non capiva nulla di Quidditch, ma il mondo del giornalismo l’aveva sempre affascinata. Da piccola era stata fermamente convinta che sarebbe diventata la giornalista più famosa d’Inghilterra, fino a quando una lettera le aveva cambiato la vita.
E poi era curiosa. Lo era sempre stata, ma Draco la incuriosiva ancor più del normale. Voleva capire se tutto ciò che aveva avuto nella vita fosse dovuto solo al suo cognome e ai soldi della sua famiglia o se avesse davvero delle capacità, se l’attrazione che sentiva verso di lui fosse dovuta solo al suo aspetto fisico o se il suo brutto carattere celasse una personalità inaspettata e da scoprire, se assomigliasse davvero ad una principe come sosteneva Altair o se l’apparenza ingannava e oltre a quei capelli biondi non vi null’altro che valesse la pena di conoscere.
-Non ci capisco nulla di Quidditch- esordì, restituendogli il quaderno –ma è bello.- si complimentò, ricevendo un cenno di assenso da parte di Draco, che avrebbe potuto essere un ringraziamento o il segno che era d’accordo, che sapeva di essere bravo.
Non avrebbe saputo dirlo.
-Grazie.-
Hermione rimase colpita da quel ringraziamento esplicito, poi tornò a disegnare con Altair, mentre un’idea prendeva forma nella sua mente, ispirata da ciò che stava scrivendo Draco.
Irlanda. Boschi. Creature magiche.
-Altair, ti piacerebbe un costume da ninfa dei boschi?-
Altair distolse l’attenzione da un fiore particolarmente bello e colorato.
-Cos’è una  ninfea?-
-Non  ninfea, Altair, si dice  ninfa.- la corresse Draco con un sorriso –È una fata dei boschi, molto bella.- spiegò, cercando con gli occhi l’assenso di Hermione che sicuramente doveva saperne più di lui, come sempre.
-Aspetta, vado a prendere un libro.-
Come un fulmine, la ragazza scappò fuori dalla porta in un turbinio di capelli ricci e tornò dopo qualche minuto con un grosso libro voluminoso rilegato in pelle di drago blu. Lo sfogliò tornando a sedersi e poi lo voltò verso la bambina. Sulla pagina di pergamena antica era stata disegnata una bellissima immagine di una fanciulla dai lunghi capelli castani e dagli occhi azzurri come il cielo, avvolta in un impalpabile vestito verde che richiamava il colore del bosco che la circondava.
-Questa è una ninfa dei boschi.- disse -Possiamo fare un vestito così.- propose.
-Farlo noi?- domandò incredula la bambina.
-Sì, con la magia è piuttosto semplice e veloce, ma divertente.- asserì, ricordando quando lei e Ginny avevano usato alcuni semplici incantesimi per aiutare Fleur e creare un abito da principessa per il compleanno di Victoire.
-Possiamo, papi?-
Altair rivolse lo sguardo speranzoso al padre, che acconsentì con un cenno del capo.
-Ma scordatevi che vi aiuterò.- precisò.
 
Dopo aver messo da parte i pennarelli, Altair prese il libro che le aveva dato Hermione e cominciò a sfogliarlo con cura, guardando le immagini antiche che lo impreziosivano.
Era un libro che riassumeva le leggende sia babbane sia appartenenti al mondo magico riguardanti le più antiche creature incantate.
Sfogliando il libro per l’ennesima volta, Altair si soffermò ancora sull’immagine della ninfa.
-Sembra la mamma.- asserì distrattamente –Solo che la mamma ha i capelli neri ed è ancora più bella. Vero, papi?- chiese conferma, alzando il viso verso il padre.
Draco annuì con un sorriso accondiscendente, mentre Hermione, seduta all’estremità opposta del divano, sentiva un nodo allo stomaco improvviso.
E sciocco, perché era ovvio che uno come Malfoy, per cui i soldi e soprattutto la bellezza significavano tutto nella vita, si fosse sposato con una donna bellissima, bella come una dea, come una ninfa.
Nulla a che vedere con lei, insomma.
-Malfoy, ma chi è sua madre?- riscuotendosi da quel senso di inadeguatezza totalmente immotivato, Hermione gli pose a bassa voce la domanda che da tempo la incuriosiva.
-Non lo sai?- le domandò Draco in risposta, sinceramente stupito che non lo sapesse ancora, lei che sapeva sempre tutto di tutto.
-Non te lo avrei chiesto, altrimenti.-
-Astoria Greengrass.-
La risposta di Draco fece sorgere nella sua mente il tenue bagliore del ricordo, tuttavia sfumato dal tempo. Era un nome non totalmente estraneo, ma nemmeno conosciuto. Le sembrava di averlo già sentito, ma non ricordava dove.
-Veniva con noi ad Hogwarts, ma è più giovane di noi di un anno.- spiegò, vedendo che Hermione non riusciva ad inquadrare di chi stessero parlando –Alta, molto bella, occhi azzurri e capelli neri. Stava sempre insieme a sua sorella, Daphne.-
Mentre Draco parlava, un’immagine un poco più definita le si affacciò alla mente. Le sembrava di ricordarla almeno vagamente, quella ragazzina molto bella e altrettanto snob, che dimostrava fin troppi anni più della sua vera età e che faceva parte del gruppo di Serpeverde al seguito di Malfoy.
Annuì verso Draco, che smise di aggiungere dettagli sulla ex moglie e tornò a leggere per l’ennesima volta il proprio articolo.
Le domande che avrebbe voluto porgli erano tante, ma nemmeno una legittima. Probabilmente Draco l’avrebbe guardata con stupore, poi con fastidio e infine le avrebbe ricordato che non erano affari suoi.
Si morse le labbra, tornando a guardare Altair che fissava affascinata le figure dipinte sull’antico manoscritto, sfiorandole con delicatezza, come se comprendesse il loro valore.
-Se Altair ha cinque anni e tu ne hai ventisei, vi siete sposati molto giovani.- constatò tranquillamente, sperando di non venire Schiantata per quella costatazione.
Draco si limitò a sollevare appena lo sguardo dal foglio per lanciarle un’occhiata seria, ma non del tutto bellicosa.
-Ci siamo fidanzati dopo la guerra. I nostri genitori volevano così e noi ci piacevamo molto, così non abbiamo fatto obiezioni.- disse, non senza una certa fatica e insofferenza per tali confidenze –Ci siamo sposati a vent’anni, subito dopo lei è rimasta incinta e dopo un anno dalla nascita di Altair ci siamo separati.- riassunse brevemente, nella speranza di mettere fine alla questione.
-Ma se eravate innamorati…- obiettò Hermione, ma lui la interruppe subito.
-Ti ho detto che ci piacevamo, è ben diverso dall’essere innamorati. E comunque non sarebbe bastato. Lei aveva talento, voleva viaggiare e avere successo, non era il tipo da stare a casa a fare la calzetta e lavare piatti.-
Sul viso di Hermione si aprì lo sconcerto più totale.
Poteva capire la volontà di Astoria di realizzarsi sul piano professionale, Hermione stessa aveva incanalato tutte le sue energie per diventare una studiosa conosciuta e rispettata, ma la differenza fondamentale era che lei non aveva una famiglia.
I suoi genitori si erano abituati alla sua assenza fin dai tempi della scuola e i suoi amici conducevano vite separate dalla sua, ma Astoria, al contrario, aveva un marito e una figlia splendidi. Che bisogno c’era di andare lontano, in giro per il mondo per raggiungere quel successo che avrebbe potuto ottenere anche con una vita più stabile?
-Non rimproverarla per qualcosa che non conosci.- la rimproverò bruscamente Draco, recuperando all’istante la sua facciata di distacco in risposta allo sguardo eloquente di Hermione –Astoria ama Altair più di ogni altra cosa, ma ha uno spirito libero che le impedirebbe di essere una buona madre se dovesse obbligarsi a vivere stabilmente in un posto.-
-Non è un po’ troppo semplice giustificarla in questo modo?- Hermione si lasciò scappare una critica a quella che considerava una scusa bella e buona, prima che riuscisse  a frenarsi.
-Forse, Granger.- le disse con tono accondiscendente, ma in palese disaccordo -Ma non sono cose che ti riguardano.-
Bruscamente, Draco tornò ad occuparsi dell’articolo che ormai non aveva più alcun bisogno di essere corretto, e cercò di escludere l’espressione di Hermione dal proprio campo visivo, colpita da quel tono brusco.
Ogni pensiero positivo, fisico o emotivo che fosse, che era sorto in lui nelle settimane precedenti morì rapidamente. Era rimasta la stessa ragazzina curiosa e saccente, ficcanaso e supponente di quando andavano ad Hogwarts. Gli anni non l’avevano cambiata e pochi attimi prima le aveva visto in viso la stessa aria di superiorità e integerrima visione della vita che aveva a scuola e che lo mandava in bestia.
 
***
 
Nonostante stesse cercando di concentrarsi il più possibile sulla lettera che sua madre gli aveva inviato, le risate squillanti di Altair e quelle appena accennate di Hermione continuavano a distrarlo.
Il suo salotto era stato trasformato, per volere di Altair che aveva indossato per un attimo le vesti di un dittatore, in un atelier di moda. Draco era stato impietosamente sfrattato dal divano e confinato sulla poltrona, mentre il suo adorato sofà veniva utilizzato come deposito di stoffe, sfiocchi e nastri di vario tipo.
Sul tappeto, Hermione prendeva le misure con il metro da sarta, che sembrava esaltare oltre ogni dire la piccola, e poi con un colpo di bacchetta mandava le forbici a tagliare la stoffa scelta con precisione chirurgica.
Draco si perse ad osservarle, assorto e incuriosito.
Ciò che più lo stupiva di Hermione era la sua capacità di stupirlo.
Pochi giorni prima, forse per scusarsi, seppur in modo contorto e molto  Malfoyesco,  del tono con cui le aveva risposto riguardo ad Astoria, era riuscito a convincerla a spiegargli in cosa consistesse quella ricerca che stava facendo e lei, vincendo quella reticenza che la prendeva ogni qualvolta dovesse parlare con Draco, aveva iniziato a parlare e a gesticolare a proposito di incantesimi e riti degli Egiziani e delle antiche popolazioni della Mesopotamia.
Ne era letteralmente euforica.
Parlava con una competenza e un entusiasmo che erano riusciti a coinvolgere persino lui e sembrava conoscere ogni singolo dettaglio riguardante quegli argomenti, ogni virgola che fosse mai stata scritta, ogni teoria che fosse mai stata formulata.
Era quello che Nott avrebbe elegantemente definito un  fottuto genio.
Eppure, sotto quella veste da topo di biblioteca, da enciclopedia umana e da saccente studiosa razionale e pedante, c’era qualcosa di diverso e nascosto, qualcosa che veniva fuori quando giocava con Altair e che si spegneva rapidamente nel momento in cui Hermione si ricordava della sua presenza.
Era la parte più nascosta, il bocciolo più prezioso della rosa, quello più delicato e che viene più facilmente ferito.
A guardarle ridere e prendere misure per un vestito per la parata di Halloween, Draco si chiese, sinceramente dubbioso, chi si stesse divertendo di più.
Ottima domanda, peccato che non avesse risposta.
In quei mesi di tregua, Draco aveva capito che Hermione non era solo la ragazza puntigliosa e un po’ acida che aveva etichettato come insopportabile dal primo sguardo. Era di più e forse per questo Altair le si era affezionata tanto, alla ricerca di una figura femminile nella sua vita che giocasse con lei come una sorella maggiore, un’amica o una mamma adottiva. Una figura, insomma, ben diversa da quella di sua zia o di sua madre, affettuose ma comunque più composte e legate al galateo.
Ciò che ancora non riusciva a spiegarsi era come Hermione Granger, che l’aveva odiato dal primo sguardo e aveva probabilmente sperato di vederlo morto, potesse comportarsi in modo gentile con una bambina che avesse un qualsiasi legame di parentela con lui, ancor più come potesse essersi affezionata ad Altair.
Merito del suo cuore Grifondoro, pensò con acidità, cercando di non ammettere a se stesso che questo comportamento svelava una personalità sinceramente disposta al perdono e la volontà di andare avanti e superare i pregiudizi che avevano rovinato il mondo magico per tanto tempo.
Considerando il suo circolo di amicizie vere e presunte tali, questo cambiamento Draco non poteva proprio permetterselo.
 
Poco meno di un’ora dopo, Hermione mandò la piccola a svestirsi al piano di sopra e, con il libro in una mano e la bacchetta nell’altra, iniziò a muovere il polso in movimenti complicati e precisi. Davanti a loro, i ritagli di tessuto e i nastri si cucivano tra loro, dando vita ad un vestito morbido e frusciante di tante sfumature di verde.
Era molto meno sensuale di quello rappresentato nell’illustrazione del libro di Hermione, ma ugualmente bello e dolcemente infantile.
Con un sorriso soddisfatto -più per la propria capacità di fare qualsiasi incantesimo, che per la propria vena artistica- Hermione chiuse il libro e portò il vestito al piano superiore.
Entusiasta del proprio costume, Altair scese al piano terra facendo una sfilata improvvisata per il padre, che approvò con un bacio l’abito della figlia.
Mentre Altair si cambiava nella propria cameretta, insistendo per poter fare da sola come una vera signorina, Hermione radunò la stoffa inutilizzata e chiuse i nastri in una scatola per il cucito.
-Dove hai imparato a cucire?-
La domanda di Draco le parve naturale, sinceramente curiosa, ma al tempo stesso il solo fatto che provenisse da Draco le faceva sospettare che in realtà non fosse realmente interessato alla risposta, che l’avesse chiesto solo per riempire quel silenzio.
Per evitare di fare la figura della maleducata proprio quando l’aveva convinto del senso di civiltà dei babbani e della loro capacità di educare i figli, rispose.
-In realtà non so cucire, tranne i bottoni e le cose elementari, ma questo libro mi diverte. Mi ricorda quando ero piccola e mia nonna mi cuciva i vestiti per le feste di Natale o Pasqua. Era stata una sarta molto brava e…- si interruppe improvvisamente, accorgendosi si trovarsi ancora una volta sul punto di iniziare a raccontare fatti che a Malfoy non interessavano assolutamente –Mi faceva sentire una principessa, ecco tutto.- terminò velocemente.
Chiusa in un silenzio imbarazzato, Hermione fece scomparire tutto ciò che aveva portato per il vestito e si sistemò la bacchetta nella cintura dei pantaloni.
-Granger, c’è un motivo particolare per cui, quando parli con me, ti zittisci all’improvviso?- domandò irritato per quelle interruzioni che stroncavano sul nascere quasi ogni conversazione che avessero lontano da Altair –Non sono abbastanza intelligente per capire o c’è qualche altro motivo che a questo povero idiota sfugge?- l’attaccò, indicandosi con un ampio movimento della mano e fissandola con sguardo feroce.
-Io faccio sempre così.- si difese prontamente Hermione. Non era il caso, si disse, di rivelargli quanto le piacesse quella sorta di tregua tra loro e quanto temesse di vederla infrangersi davanti ai propri occhi solo per le sue chiacchiere logorroiche e per la risposta sgarbata che avrebbero suscitato in Draco.
-No, non è vero. Quando parli con il pezzente di turno non ti zittisci nemmeno per un momento.- controbatté subito Draco, deciso a cavarle la verità di bocca anche con le cattive maniere, se necessario.
Quell’abitudine di Hermione di zittirsi e chiudersi a riccio gli dava ai nervi, perché gli ricordava il senso di frustrazione e invidia che provava da piccolo quando i suoi genitori interrompevano i loro discorsi per non coinvolgerlo in faccende che Draco non poteva capire. Soprattutto, per quanto gli desse fastidio ammetterlo, lo innervosiva perché rendeva più bruciante ed evidente il desiderio di avere una conversazione con lei, un discorso che esulasse da Altair e da tutto ciò che la bambina comportava nelle loro vite, una chiacchierata degna di questo nome.
-Beh, lui è interessato a quello che dico.- si giustificò Hermione, punta sul vivo.
-Ne sei così sicura?- insinuò –Io dico che è più interessato al tuo corpo che ai tuoi discorsi.-
-Solo perché per  te  quello che dico io non ha nessunissima importanza, non significa che sia così per tutti.-
Indispettita da quel sorriso sarcastico e palesemente derisorio che Draco aveva in volto, Hermione gli voltò le spalle e salì le scale velocemente, per andare dalla bambina e salutarla.
 
Scese dopo pochi minuti, infilando la giacca cha aveva appeso all’ingresso e infilandola rapidamente.
-Ciao, Malfoy.- lo salutò, fermandosi sulla soglia del salotto e guardando da lontano la figura seduta sulla poltrona.
-Ciao, Granger.- le fece eco la voce di Draco, che la guardò al di sopra del libro che stava leggendo e arricciò le labbra in una smorfia di indecisione e riflessione combattuta.
Si fissarono per qualche istante, ognuno con i propri pensieri, ognuno con i propri timori che impedivano loro di lasciarsi andare, ognuno con l’orgoglio che imbrigliava ciò che avevano provato nella cucina sommersa di farina.
La lotta interiore di Draco alla fine terminò in un ultimo bagliore di ribellione della parte sconfitta, che si riverberò con un ultimo guizzo negli occhi grigi. Le fece un cenno di saluto con il capo, poi tornò a concentrarsi sulle parole stampate davanti ai suoi occhi. Hermione ricambiò il gesto, poi uscì nell’aria fredda.
Dentro casa, Draco fissava le lettere scure senza vederle, gli occhi fissi che non leggevano e anzi sembravano incrementare le riflessioni che gli riempivano la mente. Era stato stupido fare la parte dell’offeso ed era stato indelicato insinuare che ciò che Hermione diceva non avesse alcuna importanza, perché il pezzente –così l’aveva ribattezzato- non si interessava a lei in quanto  Hermione,  ma in quanto essere femminile da portarsi a letto.
L’avevano colpito l’indignazione e il risentimento che trasudavano dalla sua replica veemente.
L’avevano colpito e in qualche modo l’avevano rattristato.
Senza alcuna logica e con una buona dose di stupidità –così l’avrebbe etichettata pochi minuti più tardi- Draco si alzò con risolutezza e spalancò la grande porta a vetri che conduceva in giardino, fermandosi sulla soglia.
Alla luce aranciata del sole che moriva all’orizzonte, Draco vide la figura di Hermione scostare le assi della staccionata e sgusciare nel proprio giardino.
-Non penso che quello che dici sia inutile.- disse tutto d’un fiato.
Sussultando leggermente per quella voce inaspettata, Hermione si voltò verso di lui, che la guardò impassibile per qualche attimo e poi, lanciando maledizioni a se stesso e a ciò che aveva detto, scomparve dietro i tendaggi bianchi del salotto.
 
***
 
Alla fine, dopo giorni di fermento e tensione, almeno per Draco, la notte di Halloween era arrivata.
Sembrava che la popolazione residente ad Henley-on-Thames si fosse riversata al gran completo nel viale principale e nella piazza della città, da cui avrebbe preso avvio la parata di Halloween.
Appese ai balconi della case, poste ai piedi degli alberi o lungo il percorso da seguire, luminose e spettrali zucche intagliate conferivano un’aria magica e suggestiva alla festa, mischiando i propri sgargianti colori autunnali con quelli allegri dei costumi dei bambini.
In un angolo della piazza, alcune bancarelle vendevano dolciumi caldi e mele caramellate e offrivano ai più adulti bicchieri colmi di the caldo, ottimo per riscaldare le ossa nella fredda sera autunnale.
Draco si sentiva sballottato da quella fiumana di gente, ma teneva stretta la mano della figlia e non si lamentava, resistendo stoicamente.
Anche quella sera, mentre aiutava Altair ad indossare il costume da ninfa sopra ad alcuni indumenti pesanti che l’avrebbero riscaldata, Draco aveva dovuto riconoscere la bellezza dell’abito.
-Guarda papi, c’è Jane!-
Saltellandogli accanto, la bambina indicò una fatina dai capelli neri e dal vestito rosso e arancione, cha a pochi metri da loro faceva una giravolta a beneficio dei genitori che l’ammiravano.
Tirato dalla figlia che stava dimostrando una forza superiore al previsto, Draco si lasciò condurre di malavoglia da quel gruppo di babbani, che con le loro lentiggini avevano già decretato il loro destino.
Erano decisamente troppo simili ai Weasley e ad uno di loro in particolare.
Dei fratelli maggiori sapeva poco o nulla, i gemelli erano indubbiamente dei geni degli scherzi e l’unica femmina aveva, perlomeno, carattere da vendere. Ronald Weasley, invece, era solo un zecca per la società.
-Buonasera.- il saluto gli uscì più simile ad un sibilo che ad una serie di suoni articolati da un essere umano, ma i genitori della piccola Jane non parvero farci caso.
-Buonasera. Ha visto che belle zucche quest’anno?-
Rispose con un assenso appena percettibile, ma fortunatamente venne salvato dall’arrivo di altri due babbani, che vennero subito coinvolti in una discussione sugli addobbi della prossima festa di paese, permettendo a lui di restare in disparte a studiare la folla.
C’erano bambini mascherati, mamme con gli occhi vigili, ancora bambini mascherati, padri che avrebbero preferito rimanere a casa a guardare una partita in televisione, altri bambini mascherati, qualche temerario genitore che aveva indossato un costume.
Niente di interessante, a parte la Granger, che chiacchierava amabilmente con il fruttivendolo, quel pezzente da quattro soldi che le sfiorava casualmente –o meglio, in modo studiatamente casuale- il braccio.
E la mano.
E i capelli che venivano scossi dal vento.
E il fianco, con la scusa di avvicinarsi per dirle qualcosa in un orecchio.
Disgustosi, fu l’impietosa sentenza di Draco.
I rintocchi del campanile segnalarono che era giunta l’ora del tanto atteso spettacolo pirotecnico.
Tirandolo ancora per la mano e continuando a parlare con una bambina conosciuta al parco, Altair guidò il padre tra la folla che si muoveva indolente fino a raggiungere Hermione, a cui John stava sussurrando qualcosa nell’orecchio, prima di andarsene seguendo il padre e altri parenti.
-Ti ha invitato da lui dopo i fuochi d’artificio?- le domandò ad un orecchio Draco, avvicinandosi silenzioso e arrivandole alle spalle senza richiamarne l’attenzione.
Hermione sobbalzò, presa alla sprovvista, e si voltò verso di lui.
-E tu….-
-Come lo so?- terminò al suo posto la domanda –Sono un uomo, Granger.-
Sono un uomo, Granger, che, potendo, avrebbe fatto esattamente la stessa cosa,  si corresse.
-Sei un maiale.- lo apostrofò per la secondo volta nell’arco di poche settimane -John mi ha solo invitato a bere qualcosa.-
-Merlino, Granger, come sei ingenua.- la compatì –Pensavo ti avessero spiegato come si fanno i bambini.- la derise a bassa voce, mentre si avvicinavano al fiume scortati dal chiacchiericcio di Altair e di una bambina che le camminava a fianco.
 
Cercò di mantenere le labbra curvate in un sorriso ironico strafottente, concentrandosi sui propri muscoli facciali per non prestare l’attenzione dovuta al pensiero che si faceva prepotentemente largo nella sua mente, alla sensazione che spadroneggiava nel suo petto, al prurito alle mani che stava diventando insopportabile.
Poteva scherzare e prenderla in giro, fingere di compatirla per quello spasimante da quattro soldi e punzecchiarla su temi che la riservatezza di Hermione etichettava come imbarazzanti, ma la verità era che non si sentiva divertito per quella battuta né disgustato al pensiero che qualcuno potesse provare attrazione verso Hermione.
Si sentiva infastidito, arrabbiato, geloso marcio.
Geloso come non era mai stato, come non avrebbe mai ammesso di essere.
Soprattutto non di  lei.
Soprattutto perché la gelosia era la prima spia di un interessamento reale, ben diversa  dal semplice possesso che Draco conosceva bene.
La folla si sparpagliò in vari punti della pista ciclabile che correva parallela alla sponda del fiume, ma Draco prese la figlia in braccio e si spostò più lontano, su una piccola collinetta che declinava poi dolcemente nel parco giochi dei bambini.
-Dove stai andando?-
Draco le indicò la sua meta, ancora perso dietro le proprie riflessioni sulla differenza tra gelosia e possesso e sulla categoria in cui avrebbe potuto rientrare ciò che sentiva verso Hermione. Sempre silenziosamente, continuò a salire fino in cima, dove Altair si fiondò sulla piccola altalena appesa ad un ramo dell’albero più robusto.
 
-Pensi di rivolgermi ancora la parola o hai deciso di ignorarmi tutta la sera?- sbottò Hermione, infastidita dal silenzio ostinato in cui Draco si era chiuso in attesa dei fuochi d’artificio.
-Non ti stavo ignorando, solo che non so di cosa parlare con te.- la liquidò sbrigativamente, sollevando le spalle e continuando a fissare l’altalena di Altair, tentando di concentrarsi sugli anelli delle catene piuttosto che su quello che stava provando verso la ragazza mora che stava in piedi pochi passi dietro di lui.
Hermione annuì, sconsolata.
Era chiaro che lei e Draco Malfoy non avrebbero mai avuto nulla in comune, nemmeno un semplice argomento di conversazione. Cosa si fosse aspettata da quella vicinanza improvvisa e stranamente pacifica, da quei momenti complici che avevano condiviso, da quella vicinanza improvvisa dovuta alla farina, non lo sapeva nemmeno lei.
Dapprima si era solo accorta di non provare alcun fastidio durante i pomeriggi passati in compagnia di Altair, poi di trovare persino divertenti alcuni loro battibecchi, infine di riuscire ad ammettere con relativa facilità, almeno a se stessa, che Draco era un bell’uomo.
Avevano notato che non la lasciava del tutto indifferente, ma aveva dato la colpa al fatto che non uscisse con un uomo ormai da troppo tempo, una spiegazione tanto plausibile quanto falsa.
Si era illusa che tutto ciò potesse valere anche per lui, ma chiaramente era stata una speranza vana. Nonostante il tempo passato insieme e qualche chiacchierata civile e persino interessante, Draco non aveva mai dimostrato di apprezzare  davvero  la sua compagnia, tantomeno di apprezzarla come donna.
Confrontando poi il modo in cui si rivolgeva a lei con quello con cui le aveva parlato della ex moglie, la sconfitta giungeva impietosa su tutti i fronti.
 
-Astoria non è come la immagini tu.- le disse Draco quando lei gli aveva già voltato le spalle, pronta ad andarsene –Ama quello che fa perché la fa sentire finalmente libera, dopo aver vissuto per anni in una famiglia conservatrice come i Greengrass. Ama davvero Altair, ma non è mai stata portata per i bambini e la vita stabile la rende ingestibile e la fa star male.- spiegò Draco a voce bassa e calma, come se quella confessione spontanea fosse estremamente stancante per lui, ma altrettanto necessaria.
-È meglio che sia una madre affettuosa ma poco presente, piuttosto che una donna insopportabile e isterica che vive con noi tutto l’anno.- sentenziò.
Hermione annuì, senza chiedersi se lui la stesse guardando.
Ora che Draco le aveva esposto con tale dolcezza e semplicità la difesa di sua moglie -perché era chiaro che non la considerava totalmente  ex- Hermione decise che poteva anche andarsene.
A che scopo rimanere, se non per sentire altri elogi per quella donna che risultava essere bella, gentile, elegante, affettuosa e, dettaglio non trascurabile, stupendamente Purosangue?
Perché sarebbe dovuta restare lì, per sentirsi lacerare pezzo dopo pezzo dal confronto con una donna che per lei non aveva volto, ma che si presentava come un modello impossibile da superare, celata e protetta in un rapporto con Draco che Hermione non riusciva a catalogare in nessun modo?
Non amava Draco, non ancora, ma a chi piacerebbe sentire tessere gli elogi di un’altra donna?
Quindi, si chiese nuovamente avvicinandosi al dolce declivio della collinetta, perché restare?
-Hermione, dove vai?- il richiamo di Altair la convinse a tornare indietro, mettendosi alle spalle dell’altalena che dondolava appena, mentre la piccola aspettava con il naso all’insù l’inizio dello spettacolo.
-Te ne stavi andando?
Dal tono di Draco Hermione dedusse con delusione che non le stava prestando la minima attenzione, probabilmente troppo preso dal ricordo della donna che aveva sposato. Alcuni ad Hogwarts mormoravano che nessuna donna sarebbe mai stata in grado di convincerlo a sposarsi, ma evidentemente una ci era riuscita.
-Sì.-
Draco rimase stupito da quella risposta. Poco prima era pungente e quindi perfettamente tranquilla e padrona di sé, pronta a godersi lo spettacolo, e un attimo dopo stava tornando verso la folla.
-Stavi andando dal pezzente?- domandò, approfittando del primo luminoso scoppio nel cielo per poter parlare senza che anche Altair sentisse, la voce alta quel tanto che era necessario per essere udito.
Non era certo di voler sentire la riposta e soprattutto di voler sentire i sentimenti che questa avrebbe scatenato in lui.
Lo infastidiva immaginarla tra le braccia di qualcuno di quegli zotici babbani di campagna, magari nuda e calda come lui l’aveva sognata la sera prima, ma al tempo stesso lo infastidiva anche il fatto che, quando il pensiero languiva e si perdeva a fissare il vuoto, spesso quel vuoto veniva riempito da lei, dalla secchiona Hermione Granger.
Era infastidito in entrambi i casi e non sapeva quale lo irritasse di più.
-No.-
Ancora una volta la risposta di Hermione fu secca e concisa.
Ancora una volta, Draco si maledì per quel peso sullo stomaco che sembrava essere scomparso non appena era stato certo che Hermione non stesse per andare da quel fruttivendolo di provincia, permettendogli di godere di quel corpo che lo intrigava ogni giorno di più.
Quindi se ne stava andando, ma non per andare da quello zotico. Prima era rilassata e dopo aver parlato con lui gli aveva voltato le spalle. Che fosse lui il problema?
-È per quello che ti ho detto?-
-Sì.- sbuffò Hermione, attorcigliando su un dito una ciocca di capelli ricci e spostando nervosamente il peso da un piede all’altro.
-Sei gelosa di Astoria? Di  me?- domandò con una punta di compiacimento e tono canzonatorio.
-No.- Draco si sentì quasi dispiaciuto per quella risposta –Ma hai mai conosciuto una donna a cui piaccia sentir tessere le lodi di un’altra?- gli domandò bruscamente, mentre un altro fuoco d’artificio nascondeva parzialmente l’intonazione stizzita della voce.
-No, in effetti no.- le concesse –Però mi hai ascoltato, di questo te ne rendo merito.- si complimentò riconoscendole il merito di aver ascoltato in silenzio quella che, riflettendoci bene, appariva come una difesa a spada tratta di Astoria.
-E cosa ti potevo dire, che la fai apparire come un’apparizione celeste, avvolta da un’aura di martirio e buoni sentimenti e incompresa dalla strega cattiva?- gli domandò indicandosi con un sorriso amaro –E poi, io pagherei per avere qualcuno che parla di me come parli tu di tua moglie.-
-Mia ex moglie.- la corresse, senza sapere da dove provenisse il bisogno di tale precisazione –E poi sono certo che Potter ti lodi come una regina quando parla della strega più brillante dell’ultimo secolo.- scimmiottò la McGrannit con voce un poco più alta, mentre Altair si copriva le orecchie per attutire lo scoppio dell’ennesimo fuoco d’artificio.
-Non è la stessa cosa.- disse abbattuta, sobbalzando come un bambina ad uno scoppio più forte.
-Perché no?-
La voce di Draco risuonò più vicina al suo orecchio di quanto immaginasse, ma Hermione tenne lo sguardo fisso sulle luci colorate che illuminavano il cielo nero.
-C’è qualcosa nelle tue parole, qualcosa che non è amore, ma non è nemmeno solo amicizia.- tentò di spiegare quella nota morbida nella voce di Draco quando parlava della minore delle sorelle Greengrass –Harry non ha nulla di simile quando parla di me, te l’assicuro.-
Sarebbe stato difficile, se non impossibile, descrivere a parole quello che lo legava ancora ad Astoria.
Era la madre di Altair, il dono più bello che la vita gli avesse fatto, e per questo le sarebbe stato sempre immensamente grato, ma non era il solo motivo.
Non aveva amato Astoria perché erano troppo simili, cresciuti in famiglie dagli stessi ideali e con un passato molto simile, ma quelle stesse similitudini che gli impedivano di innamorarsi di lei avevano permesso a Draco di trovare in Astoria una donna che lo comprendesse a fondo.
Avevano condiviso momenti bellissimi e avrebbero avuto una vita stupenda se si fossero innamorati, ma non sempre la vita, aveva dovuto ammettere, va come vogliamo.
Quasi mai, si corresse in quel momento, mentre fissava il profilo di Hermione alla luce azzurrina di un fuoco scoppiato nel cielo scuro.
-Non è amore.- precisò Draco.
Per tutta risposta, l’alzata di spalle di Hermione che voleva comunicare il più totale distacco, si trasformò in un sobbalzo infantile e piuttosto buffo, persino più evidente di quello di Altair che ancora usava le mani sulle orecchie come protezione dai boati.
Sogghignando, Draco le si avvicinò e le mise una mano sul fianco, stringendola dolcemente a sé, mentre il sorriso si accentuò nel buio quando Hermione si rilassò sotto il suo tocco.
 




Bene, eccoci qui.
Il tempo trascorso nel recedente capitolo ha portato a ciò che avete letto.
A voi l’ardua sentenza.
Spero che vogliate lasciarmi un commento, sia che abbiate apprezzato il modo in cui ho fatto evolvere la situazione, sia che abbiate qualcosa da dirmi.
Ci “rileggiamo” tra una settimana, nel frattempo vi faccio una domanda. È solo curiosità, le vostre risposte, se deciderete di rispondere a questo piccolo sondaggio, non influiranno sulla storia che, come ho già detto a qualcuno, è già stata scritta.
La domanda è questa: secondo voi, che ruolo avrà Astoria in questa storia?
Aspetto le vostre opinioni e le vostre rispose.
Un abbraccio fortissimo!
Giada

PS. so che Halloween non è una festa inglese, bensì tipicamente americana, ma visto che in alcuni locali italiani vengono organizzate serate a tema, ho pensato che lo stesso potesse valere per la nostra cittadina.


 

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Capitolo 9
*** Opposti e basta. ***


Come sempre vi rubo una riga per ringraziarvi per le recensioni, per aver anche solo letto la mia storia o per aver inserito la storia in una delle liste.
 E, last but not least, grazie per aver risposto al mio sondaggio del capitolo precedente.
E ora …
Buona lettura!



Cap. 9
Opposti e basta.

 
Hermione gemeva contro il suo orecchio, stringendolo contro il proprio corpo nudo mentre gli accarezzava la schiena e la nuca sudata.
Quel profumo di pulito lo avvolgeva, insieme all’odore del sesso che permeava la stanza e le lenzuola.
Si muoveva pigra sotto di lui, sfiorandolo e inarcandosi sotto le sue mani esperte, che la tormentavano e al tempo stesso le regalavano brividi intensi.
Era una tortura, per lei che ne era vittima e per lui che ne era carnefice, una sofferenza intensa come può esserla quella di un assetato che rimanda il momento di bere l’acqua che è a sua disposizione.
Era una tortura e un piacere vederla così e sapere che era merito suo se lei chiudeva gli occhi e gettava la testa all’indietro, se spingeva il bacino contro il suo, se gli mormorava di darle di più e lo pregava come non aveva mai fatto con nessuno.
Era una visione suprema, vederla così, sudata e nuda, calda e in preda al delirio dei sensi sotto di lui.
Una visione deliziosa.
Una visione interrotta da un suono fastidioso e squillante, che gli perforava il cervello e faceva sbiadire i contorni di quel corpo voluttuoso, rendendo sempre più lontana e vaga la sensazione di calore che irradiava.
 
Draco aprì gli occhi con il respiro affannato. Sentiva i capelli leggermente sudati e una fitta all’inguine, mentre la sua mente ancora faticava ad accettare la verità.
Aveva appena fatto un sogno erotico la cui protagonista indiscussa era Hermione Granger, la secchiona di Hogwarts, la sua vicina di casa, la donna che aveva conquistato al primo sguardo il cuore di sua figlia, la donna che gli faceva ribollire il sangue nelle vene per l’eccitazione.
Merda.
Aveva bisogno di uscire con una donna al più presto, possibilmente una che avesse anche qualche neurone e che non fosse assolutamente amica di Pansy, decise Draco mentre spegneva malamente la sveglia e si gettava sotto il getto della doccia.
L’acqua fredda gli tolse per un attimo il fiato dai polmoni, poi Draco tornò a respirare regolarmente e a frizionarsi con la spugna, cercando di calmare i brividi che lo scuotevano.
Si sarebbe preso una broncopolmonite e per cosa?
Solo per quello che era successo la sera prima.
 
 
Aveva tenuto la mano sul suo fianco fino a quando i fuochi erano giunti al termine, illuminando con un’ultima esplosione di colori e luci abbaglianti tutti gli spettatori sottostanti.
Quando lo scalpiccio della folla e le urla entusiaste dei bambini avevano posto fine allo spettacolo pirotecnico, l’atmosfera avvolgente e surreale che aveva avvolto il loro abbraccio si era spezzata in tanti frammenti che apparentemente non avevano lasciato alcuna traccia di sé.
Draco aveva preso in braccio Altair e la bambina si era addormentata all’istante. Hermione si era sporta intenerita verso di lei e le aveva dato un bacio sulla nuca.
Con quella vicinanza, con quel profumo, con quell’ultimo stralcio di atmosfera romantica che era rimasta almeno nei loro cuori, la mente di Draco riusciva a formulare solo un pensiero incoerente e fuori luogo, totalmente inappropriato per uno del suo rango e per lui  in particolare.
Voleva baciarla.
Voleva sapere se quella labbra belle fossero anche buone e soffici come sembravano.
Voleva assaggiare il suo sapore e lasciarle il proprio in bocca.
-Vai da quello lì adesso?- le aveva domandato senza alcuna inflessione particolare nella voce, controllandosi il più possibile, urlando alla mente di frenare il corpo e al corpo di salvare la mente, andandosene al più presto.
Hermione annuì senza troppa convinzione, senza riuscire a staccare lo sguardo dai suoi occhi chiari, quasi due fari che bruciavano nella notte scura.
-Allora buonanotte.-
-Buonanotte.-
Maledizione, perché la sua voce doveva suonare così morbida, così bassa, così…?
Mentre qualche remota zona del suo cervello gli urlava di usare un po’ di buon senso e di dare una bella rispolverata ai vecchi e cari ideali di famiglia, Draco ignorò tutto ciò che non fosse quella stretta allo stomaco.
Sostenendo Altair addormentata con un braccio solo, passò l’altro intorno alla vita di Hermione e la premette contro di sé. Senza darle il tempo di replicare o protestare, come sarebbe stato tipico di lei, Draco calò implacabile sulla sua bocca, premendo le labbra sulle sue e invitandola a permettergli di andare oltre.
Lentamente fece scivolare la lingua nella sua bocca, respirandone il sospiro estasiato che le aveva strappato e soffocando il proprio che lei gli aveva appena suscitato con una mano delicatamente posata sul collo, poco sotto l’attaccatura dei capelli.
Baciare una donna con la propria figlia in braccio non era probabilmente contemplato nel manuale del buon padre, ma, se anche Altair si fosse svegliata, il massimo che avrebbe fatto sarebbe stato chiamare la banda del paese per festeggiare.
Beandosi delle sensazioni che il corpo di Hermione contro il suo gli regalava, fece pressione sulla sua schiena per avvicinarla ancora di più, prima di sciogliere lentamente quel bacio.
 
 
La broncopolmonite era sempre più vicina e il ricordo della sera prima sembrava rimbombargli nella mente, urlando a gran voce la propria esistenza.
Maledetti fuochi d’artificio.
Stizzito, Draco uscì dalla doccia e si avvolse un asciugamano intono alla vita, frizionandosi un telo di spugna sui capelli bagnati e imprecando contro tutti gli esseri dotati di poteri magici che avessero mai calpestato la terra.
Voleva baciarla e l’aveva baciata.
Che diavolo gli era saltato in mente?
Non poteva fare quello che gli passava per la mente, non quando la donna in questione verso cui convergevano i suoi impulsi sessuali era Hermione Granger.
Forse era meno saputella ed irritante di quanto pensasse, forse era più simpatica e dolce di quanto immaginasse, forse era decisamente morbida da toccare e dolce da assaporare, ma era ancora indiscutibilmente e inevitabilmente  lei, la stessa ragazzina che aveva insultato nei corridoi e che gli aveva tirato un pugno sul naso.
Era sempre lei.
E lei apparteneva ad un altro mondo, un mondo lontano dal proprio e con cui non poteva mischiarsi, un mondo che per quanto affascinante e allettante non aveva nulla a che fare con quello da cui lui proveniva, un mondo che per lui avrebbe rappresentato l’allontanamento dai compagni di sempre.
Un mondo, a conti fatti, che non conciliabile con il proprio.
Non erano opposti e complementari.
Erano opposti e basta.
 
***
 
I giorni successivi alla festa erano passati rapidi e frenetici ed Hermione era stata presa più che mai dalle sue ricerche, costretta a correre da una biblioteca all’altra e da una riunione all’altra, attenta a sfruttare tutti i tempi morti degli studiosi con cui aveva bisogno di parlare.
Il ricordo della notte di Halloween continuava a martellare nel cervello di Hermione ogni minuto della giornata e della notte, come un tarlo corrosivo.
L’aveva colta di sorpresa con quel bacio, ma non per questo ne era stata meno felice. Era stato lento, gentile, intenso e pieno di desiderio, come se non avesse aspettato altro che quel momento da mesi.
Come se l’avesse voluto quanto lei.
Evidentemente non era così.
Non l’aveva cercata, non le aveva dato nessuna giustificazione per il suo improvviso mutismo. Altair le aveva solo detto che sarebbero andati via per alcuni giorni per fare visita a nonna Narcissa, ma lui non si era nemmeno degnato di darle la benché minima spiegazione.
Probabilmente non la riteneva necessaria, probabilmente per lui non c’era nulla di cui parlare, probabilmente non riteneva opportuno farle sapere i suoi piani.
Quel bacio le aveva acceso un fuoco dentro, un fuoco che creava immagini di speranza dalle fattezze pericolosamente simili a quelle del suo vicino di casa. Prima di quel momento aveva solo sentito una forte attrazione fisica verso quell’uomo che era diventato così diverso dal ragazzo esile e pallido dei tempi di scuola, e una crescente simpatia per quel lato nascosto del suo carattere che riusciva a renderlo una persona piacevole, seppur in modo discontinuo.
Quel bacio aveva cambiato tutto. Ora sentiva che c’era qualcosa di più, qualcosa che andava oltre la semplice fisicità e la tenue amicizia che si stava instaurando, qualcosa che la spingeva ad attendere con gioia i pomeriggi passati in sua compagnia e che non era collegata solamente all’allegro chiacchiericcio di Altair.
Qualcosa che non sapeva cosa fosse.
Qualcosa che era e sarebbe rimasto a senso unico.
Chissà cosa si era aspettata, si domandò Hermione togliendosi le scarpe e appendendo la giacca all’appendiabiti in ferro battuto.
Pensava che le avrebbe dichiarato amore eterno, che avrebbe dimenticato anni e anni di ideali razzisti solo per quello che aveva visto in lei in appena quattro mesi?
Sperava che l’avrebbe invitata a cena portandole una rosa rossa?
Pensava che sarebbero andati in giro mano nella mano passeggiando lungo il fiume?
Cosa si aspettava?
Non lo sapeva con precisione, ma avrebbe voluto che almeno non la trattasse come una lebbrosa.
Si lasciò cadere a peso morto sul divano, con gli occhi chiusi e le mani sulle tempie che pulsavano, ma la quiete tanto agognata venne interrotta all’istante da un secco colpo sulla porta, che le strappò un sospiro frustrato.
Possibile che non riuscisse mai a rilassarsi?
 
Aprì la porta senza nemmeno guardare dallo spioncino, certa che gli incantesimi di protezione avrebbero scagliato un malintenzionato ben lontano dalla sua porta.
-Granger.-
Il modo in cui Draco Malfoy sapeva pronunciare il suo nome, senza dargli alcuna inflessione particolare e al tempo stesso facendolo risuonare come un’accusa pesante e degna della pena capitale, e quella sfumatura infastidita e tuttavia indifferente che riusciva a dare al suo cognome erano uniche ed inimitabili.
Era in piedi sullo zerbino con le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni, un maglione di lana grigia a collo alto e un’espressione rilassata in viso, come se fosse naturale farsi vivo dopo averla baciata e dopo essere sparito per quasi due settimane.
-Siete tornati.- constatò, appoggiandosi allo stipite della porta aperta, senza dar segno di lasciarlo entrare.
-Sì, ci siamo materializzati in campagna e poi abbiamo preso la macchina. Altair dorme.- terminò, indicando la casa alle sue spalle –Mia madre mi ha detto di porgerti i suoi saluti.-
-Grazie.-
-Vi conoscete?-
Gli era sembrato strano quella richiesta da parte della madre, ma era già in procinto di smaterializzarsi e non aveva chiesto spiegazioni. Ora però aveva intenzione di sapere ciò lo interessava. Sua madre non aveva mai rinnegato totalmente gli ideali che aveva condiviso negli anni passati accanto al marito e l’aveva lasciato basito il fatto che gli ricordasse di salutare una Mudblood.
-Più o meno. L’ho incontrata un paio di volte a casa di Andromeda e abbiamo scambiato qualche parola. Diciamo che la conosco di vista e di nome.-
Draco annuì a quella spiegazione, notando che Hermione sembrava più concentrata su un piccolo buco nel proprio maglione piuttosto che su di lui. Forse era imbarazzata, forse pensava al bacio.
Sicuramente ci pensava, si corresse, visto l’ardore con cui aveva risposto. Era  lui  che non avrebbe dovuto pensarci, che avrebbe dovuto rimuovere quel dettaglio insignificante dalla propria mente, relegandolo ad una zona remota e inaccessibile etichettata come  “errore madornale e disgustoso”.
Peccato che non lo fosse affatto.
-Comunque, come mai sei qui?- gli domandò Hermione, spostando nervosamente il peso sulla gamba destra e ticchettando con la punta del piede sinistro sul pavimento in cotto dell’ingresso.
-Oh, giusto. Volevo sapere se c’erano problemi per quello che è successo ad Halloween.- Hermione lo guardò senza capire dove fosse il nocciolo della questione, avvertendo però una vaga inquietudine che l’avvertiva che il colpo sarebbe arrivato presto –Voglio dire, è stato un momento di sbandamento. Sai, i fuochi, l’astinenza, un bicchiere di Whiskey che mi era rimasto sullo stomaco…-
Alla spiegazione di Draco, Hermione incassò con noncuranza il colpo allo stomaco e annuì, assicurandogli con tranquillità ascetica che andava tutto bene, che tutto era come prima, che non si sarebbe fatta nessuna strana idea e che questo non avrebbe avuto risvolti su Altair, che sicuramente ne avrebbe sofferto.
Era stato questo, quindi. Non attrazione, non sentimento, nemmeno eccitazione fisica.
Era stata colpa dell’astinenza, un modo educato per dirle che lei o un’altra donna al di sotto dei cinquant’anni non avrebbe fatto alcuna differenza, che l’aveva baciata solo perché era l’essere vivente femminile e maggiorenne più vicino e a portata di mano.
Era stato un bicchiere di whiskey sullo stomaco.
 
Ma poi, il whiskey poteva rimanere sullo stomaco?
 
-È tutto?- lo incitò –Perché sono appena tornata e vorrei farmi una doccia.- gli spiegò spazientita.
-Uh, no. Avrei un favore da chiederti. Stasera ho un appuntamento, non è che potresti curare Altair fino a quando torno?- Hermione annuì -Temo che finirò tardi, forse è meglio che tu venga a casa nostra così Altair può andare a dormire nel suo letto.-
Hermione deglutì.
Se aveva avuto dubbi nei giorni precedenti, a quel punto erano scomparsi come lavati via da un colpo di spugna.
Non gli importava nulla di lei, al punto che usciva con un’altra donna, e non aveva capito nulla dei motivi per cui l’aveva baciato a sua volta, probabilmente scambiando il suo ardore con uno sfogo fisico.
Deglutì ancora, la bocca secca e la salivazione azzerata.
Era lampante che Draco era completamente indifferente a ciò che era successo ed era altrettanto ovvio che lei invece ci era cascata dentro con tutte le scarpe, che si era fatta incantare come un ragazzina da un paio di occhi grigi e da un sorriso tanto candido quanto raro.
-Va bene.- acconsentì.
Stando a casa avrebbe rimuginando su quanto facesse male sapere che l’uomo di cui, senza alcuna logica, si era innamorata era fuori con un’altra donna e non pensava minimamente a lei come un appartenente al genere femminile. D’altro canto, stando con Altair avrebbe avuto qualcosa da fare e forse si sarebbe distratta.
-Mi faccio una doccia e arrivo, così poi puoi andare.-
-Perfetto.- gongolò soddisfatto e sollevato di non aver contrattempi al suo appuntamento galante -Altair sarà felicissima di vederti dopo tanto tempo.-
E tu?, avrebbe voluto chiedergli, Tu sei contento di vedermi?
La risposta a quella domanda muta le arrivò ugualmente quando Draco le voltò le spalle per tornare a casa propria e prepararsi.
 
La doccia non le aveva sciolto i nervi e i capelli crespi l’avevano fatta infuriare più del normale. Il riflesso che le rimandava lo specchio, simile a quello di un leone con la criniera appena uscita da una seduta di permanente, la faceva sentire una nullità.
Astoria probabilmente assomigliava a una dea dei boschi, la sua ultima conquista come sarebbe stata? Uguale ad una baccante?
Probabile.
Sconfortata, indossò un paio di jeans anonimi e un maglione semplice, certa che anche un abito in seta impalpabile non avrebbe fatto alcuna differenza. Con i capelli fermati da un bastoncino di legno rosso, Hermione scese le scale, indossò il cappotto e attraversò il giardino.
Draco Malfoy le aprì la porta con il consueto distacco, perfettamente fasciato da un completo blu notte e da una camicia grigia, che sembrava riflettere ed accentuare la luminosità dei suoi occhi chiari.
-Ciao.-
-Ciao. Altair?- chiese Hermione e Draco alzò gli occhi al cielo.
-È in camera sua. Sta facendo un po’ di capricci per convincermi a restare.- disse scocciato –Le ho detto che tanto uscirò lo stesso e ora cerca di farmi sentire in colpa.-
-Vedo che sei già pronto.- constatò, appendendo il cappotto all’ingresso.
Hermione chiamò Altair, ma la bambina non diede segno di avere sentito. Draco mormorò qualcosa di poco educato a bassa voce e recuperò un mantello pesante da un guardaroba in legno scuro.
-Altair, io vado.- annunciò, ma ancora una volta nessuno rispose –Granger, il frigorifero è pieno, usa pure quello che vuoi per cucinare. Alle nove e mezza deve essere a letto.-
-Lo so. Rilassati e divertiti.- gli augurò con un groppo in gola.
Malfoy usciva raramente, ma ogni volta che decideva di svagarsi non trovava alcuna difficoltà a trovare una donna che gli facesse compagnia. Era bello, ricco e, quando voleva, anche simpatico. Nessuna sorpresa che fosse uno scapolo ambito nella società magica, nonostante il suo passato.
Lei invece non usciva con un uomo da almeno due anni e solo nelle ultime settimane John aveva dimostrato un interesse nei suoi confronti. Era un uomo attraente, ma ormai lei era persa mente e cuore dietro a Malfoy, come una stupida adolescente.
Non era ancora arrivata al punto di piangere, struggendosi per il suo amore perduto e impossibile, ma forse sarebbe stato meglio usare il vecchio metodo  chiodo scaccia chiodo. Con un poco di fortuna avrebbe funzionato egregiamente e in meno di un mese Draco Malfoy sarebbe stato solo il ricordo di un incubo a occhi aperti.
-Come sto?- le chiese vanitoso, indicandosi e aprendo le braccia per permettergli di ammirarlo meglio.
-Borioso come al solito.- lo liquidò.
-Lo prendo come un complimento. Buona serata, Granger.- le augurò non senza un pizzico di ironia, probabilmente divertito dal confronto tra la sua serata a base di sesso e champagne e quella di Hermione in compagnia di una bambina di cinque anni. Poi si smaterializzò, lasciandola nell’ingresso vuoto e silenzioso, cullata da una vaga nota di legno e spezie, probabilmente appartenente al dopobarba di Draco.
 
Salì le scale, concordando con Ginny sul fatto che tanti anni passati tra la polvere secolare di tanti volumi le dovessero aver danneggiato i neuroni. Quella era l’unica spiegazione possibile che giustificasse la sua infatuazione per Draco Malfoy, etichettandola come follia.
Era totalmente irrazionale che una come lei potesse non solo trovare qualcosa di affascinante in uno come lui, ma che potesse anche innamorarsene.
Ma dopotutto, quando mai l’amore era razionale?
Ad ogni gradino le elucubrazioni di Hermione diventavano più contorte, il mal di testa più martellante e la rabbia più forte.
Henley-on-Thames non era una grande metropoli, ma ospitava comunque un buon numero di giovani della sua età, di bell’aspetto e simpatici, che amavano la vita all’aria aperta e la natura come lei, che non avevano nessun marchio sul braccio che ricordasse da che famiglia provenissero e che non avevano partecipato ad una guerra, che non avevano mai dovuto scegliere tra commettere un omicidio e veder morire i propri genitori, che non le avrebbero mai chiesto un esame del sangue per verificare la sua idoneità prima di un appuntamento.
Tra tutti questi, possibile che lei si fosse innamorata di un uomo che non solo era tutto l’opposto di quelle belle qualità, ma era proprio  lui?
Maledetto il giorno in cui aveva deciso di avere abbastanza soldi per lasciare Londra, maledetto il giorno in cui aveva scelto quella città e quel paesino, maledetto il giorno in cui Grattastinchi era scappato dalla staccionata e maledetto il giorno in cui aveva pensato che Draco Malfoy non fosse così male come sembrava.
I gradini finirono ed Hermione decise di mettere un freno a quelle riflessioni che facevano male e non erano di alcuna utilità. Poteva coinvolgere tutti i maghi o i santi del Paradiso, ma Draco sarebbe rimasto fuori casa con la sua nuova fiamma, divertendosi e mettendo in mostra tutto il fascino e la galanteria che non avrebbe mai sprecato per lei.
 
***
 
Con un sonoro strappo nella notte buia, una figura ammantata di nero si materializzò nel giardino di una villetta bianca alla periferia di Henley-on-Thames. Silenziosamente, picchiettò con la punta della bacchetta sulla serratura della porta a vetri che conduceva in salotto e la fece scorrere sui binari ben oliati.
Attento a non fare alcun rumore che svegliasse gli altri occupanti della casa, l’uomo avanzò con decisione. Una mano emerse dalle pieghe del mantello pesante e si alzò, abbassando il cappuccio e svelando una chioma di lucenti capelli chiari.
Mentre l’anello con lo stemma dei Malfoy riluceva alla tenue luce della bacchetta, Draco appese il mantello all’appendiabiti e salì le scale il più silenziosamente possibile.
La camera di Altair era vuota e il letto perfettamente rifatto, segno che nessuno vi avesse mai dormito. Il lieve sobbalzo del cuore a quella sorpresa si tranquillizzò immediatamente non appena ricordò che la figlia era in compagnia di Hermione. L’aveva vista combattere durante la Battaglia finale e doveva ammettere che aveva stile, abbastanza per mettere in difficoltà molti di quei bifolchi che un tempo militavano tra i Mangiamorte.
Facendo luce con la bacchetta, Draco entrò in camera propria e ancora un volta rimase intenerito davanti a quella visione.
Altair ed Hermione dormivano serenamente sul suo letto. La bambina indossava, da quel poco che sbucava da sotto le coperte, il pigiamino azzurro, mentre la giovane strega era ancora vestita come quando l’aveva salutata prima di uscire e probabilmente si era addormentata sopra le coperte mentre leggeva una storia ad Altair.
Silenzioso, Draco si avvicinò al lato della figlia e le posò un bacio sulla fronte, senza che lei desse il minimo segno di essersene accorta. Aggirò il grande letto matrimoniale, accostandosi all’altro lato e sporgendosi oltre la figura di Hermione per prendere il libro e posarlo sul comodino.
Forse avvertendo un lieve spostamento accanto a sé, Hermione mugugnò nel sonno, infastidita. Appellando con un incantesimo non verbale una coperta, Draco la stese sul corpo della ragazza, coprendola fino alle spalle.
-Draco…- mugugnò, probabilmente destata dal sonno profondo a causa di quel peso inaspettato sul corpo. Timoroso che si fosse svegliata e l’avesse colto in un attimo di gentilezza, Draco rimase immobile, ma poco dopo si accorse della verità.
Hermione si trovava in quello stato di dormiveglia di cui non si ha alcun ricordo alla mattina, in cui si dice ciò che il subconscio suggerisce, ma di cui la coscienza non ha consapevolezza.
-Sono io.- la rassicurò, inginocchiandosi accanto alla sponda del letto e guardandola meglio.
Aveva i capelli arruffati, ormai liberi dal bastoncino che li fermava la sera precedente. Una mano si era nascosta sotto il cuscino e l’altra giaceva abbandonata accanto al viso.
-Sei stato con lei?-
Quel sussurro geloso mormorato inconsciamente gli strappò un sorriso.
Era gelosa di lui.
Ed era gelosa di lui perché provava qualcosa nei suoi confronti.
Avrebbe dovuto esserne contento, lusingato, ma sentiva solo un profondo dispiacere. A che scopo provare qualcosa per poi ottenere solo sofferenza?
Ci aveva riflettuto a lungo, in quelle due settimane trascorse con sua madre nell’antica residenza dei Malfoy. Gli erano serviti numerosi bicchieri di Firewhiskey e numerose camminate nervose su e giù per il salotto di rappresentanza, per permettergli di analizzare e accettare quello che  sentiva per la donna che ora dormiva tranquilla nel suo letto, nella sua parte di letto.
 
Chissà se avrebbe impregnato le coperte del suo odore.
 
Aveva analizzato ogni momento, ogni crampo allo stomaco, ogni formicolio che lei gli avesse suscitato nelle settimane precedenti e poi.. oh, poi il pezzo forte, la cazzata peggiore che potesse fare.
Il bacio di Halloween.
Per quello non aveva avuto bisogno di particolari riflessioni, non vi era stata alcuna necessità di scavare a fondo per trovare dentro di sé ciò che aveva provato.
Era stato come una bomba, quel bacio, come una bomba che era esplosa in tutta la sua irruenza e aveva lasciato dietro di sé un paesaggio cambiato e completamente nuovo, consapevole della propria potenza.
Quel bacio aveva lasciato dietro di sé, dentro Draco, la consapevolezza di quello che provava e di quello che non avrebbe dovuto provare, la certezza che provasse qualcosa per Hermione e che non avrebbe dovuto provare nulla.
La certezza di fare un errore.
Aveva valutato, riflettuto, ipotizzato, imprecato a lungo prima di giungere alla conclusione definitiva, quella di tenersi alla larga da lei e di cercare di allontanarla, in modo da non correre il rischio che fosse lei stessa a tentare un ulteriore avvicinamento.
Era un errore, quel sentimento, e come tale l’avrebbe eliminato.
Non poteva stare con lei, non poteva sorvolare sul fatto che, per quanto fosse una brava persona e una donna splendida, non fosse la Purosangue che il suo gruppo di amici e conoscenti si aspettava che lui scegliesse.
Non era pronto a perdere le conoscenze di una vita, la stima di tanti compagni di scuola, ciò che lo legava ad Astoria solo per lei, solo per quello che provava e che sarebbe potuto svanire in un battito di ciglia.
Hermione arricciò il naso, contrariata anche nel sonno di non aver ottenuto risposta. Draco le si avvicinò ancora, parlando a voce così bassa che dubitò persino che lei potesse udirlo.
-Sì.-
La smorfia di disappunto di Hermione si trasformò in qualcosa di più marcato, di più sofferente, di più profondamente doloroso. Si mosse nel letto, come se si stesse svegliando, ma poi si tranquillizzò, mentre qualcosa di luccicante brillava tra le sue ciglia scure, scendendo poi sulla guancia fino a lasciare un segno bagnato sul cuscino.
-Cos’ha più di me?-
Quella domanda lo colpì come una pugnalata all’altezza dello stomaco.
Cassandra era bella, affascinante, intelligente e simpatica, una della Medimaghe più promettenti del San Mungo. Aveva lunghi capelli di un rosso cupo come il sangue e la pelle abbronzata per il sole dei Caraibi, da cui era appena tornata. Era piuttosto ricca, amava i bambini e aveva un cane.
Eppure tutta la serata passata in sua compagnia l’aveva lasciato con l’amaro in bocca, con un senso di insoddisfazione pressante.
-Niente.- rispose fiocamente –Niente, Hermione.-
Assaporò lentamente quel nome che non aveva mai pronunciato, articolandolo attentamente con le labbra e la lingua, con ogni respiro e ogni vibrazione che richiedeva, sentendolo dolce e corposo nel rimbombare della cassa toracica.
Se non fosse stata quello che era, chi era, allora avrebbe anche potuto fare ciò desiderava, ciò a cui tendeva con ogni fibra del proprio corpo.
L’avrebbe svegliata e l’avrebbe tenuta stretta tutta la notte.
L’avrebbe baciata fino a toglierle il respiro, fino a sentire i polmoni urlare per il bisogno di ossigeno.
L’avrebbe portata al piano inferiore e l’avrebbe fatta sua sul divano, sul tappeto, contro il muro, ovunque avesse potuto.
Avrebbe fatto l’amore con lei fino all’alba, come sognava quasi ogni notte e come desiderava ogni giorno.
Se avesse potuto, l’avrebbe fatto.
Se lei non avesse avuto quei genitori babbani, l’avrebbe fatto.
Se lui non avesse avuto alle spalle ventisei anni di insegnamenti contrari, l’avrebbe fatto.
Ma in quei desideri c’erano troppi  se  ed erano troppo invadenti, troppo importanti e troppo difficili da dimenticare, persino troppo difficili da accettare.
Lei era una Mudblood, una Grifondoro e una donna che aveva combattuto contro di lui, che aveva contribuito a mandare suo padre ad Azkaban, a riempirne le celle con i genitori dei suoi compagni.
Era tutto ciò che gli era stato insegnato a disprezzare o perlomeno a tenere alla larga. Suo padre non era più lì a ricordargli gli ideali della loro famiglia, ma essi erano scolpiti nella sua mente.
Il fatto che lei fosse anche dolce, intelligente, simpatica e bella a modo suo non cambiava i fatti, non cambiava quelli che erano i confini dei loro mondi e non cambiava ciò che gli altri avrebbero detto.
La voleva, la sognava, si era inspiegabilmente innamorato di lei e non riusciva ad accettare che John, quel bamboccio, la portasse a cena e la invitasse a casa sua, ma tutto questo non era abbastanza e non avrebbe portato nulla di buono. Anche se l’avesse amata di quell’amore struggente e inafferrabile decantato nella poesia di sempre, anche in quel caso non sarebbe cambiato nulla.
Maledetto il giorno in cui quel gatto si era intrufolato nel suo giardino e maledetto il giorno in cui aveva ceduto alle richieste di Altair di farle le sue scuse, maledetto il giorno in cui aveva cominciato a darle confidenza e quello in cui aveva ammesso che non era male come aveva pensato!
 
Si alzò in piedi e si spolverò i pantaloni, poi si chinò verso di lei e le baciò delicatamente la fronte, come aveva fatto poco prima con Altair, in un bacio che non era nulla rispetto a quello che avrebbe desiderato fare.
Fece violenza su e stesso per impedirsi di spostare le labbra sulla guancia, lungo la linea della mascella delicata e fino alle labbra. Si obbligò a limitarsi a quel contatto leggero che non soddisfava minimamente la sete che aveva di lei e si limitò a sfiorarle la fronte in un bacio infantile.
Un bacio che sarebbe stato tutto ciò che avrebbe avuto da lei.
 
 
Buonasera e bentornate, mie care (o cari, se ci sono).
Abbassate le armi e deponete i forconi!
Se avete intenzione di uccidermi ora, sappiate che il peggio (ma anche e soprattutto il meglio, ve lo posso garantire)  deve ancora venire.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi invito, come sempre, a lasciarmi un commento per farmi felice e sollevarmi il morale dopo i pesanti studi pomeridiani.
Un grosso abbraccio, a sabato prossimo
Giada

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Capitolo 10
*** Che altro c'è oltre la bellezza? ***


 
Mi avete lasciato tante splendide recensioni, che mi hanno riepito il cuore di gioia. Grazie mille!
Vi lascio al capitolo, anche se temo che vi farà venire un po’ il nervoso. Non disperate.
Buona lettura!

 

Cap. 10
Che altro c’è oltre la bellezza?
 

 
-Fammi capire.- l’espressione di Ginny lasciava ad intendere che avrebbe avuto bisognodi molte spiegazioni per capacitarsi di una notizia del genere –Tu passi tutti i tuoi pomeriggi con la figlia di Malfoy, vi siete baciati ad Halloween, lui è sparito e poi è uscito con un’altra e tu sei innamorata di lui?-
Hermione dovette ammettere che detta in quel modo sembrasse ancor più inaccettabile di quanto non fosse realmente, ma si ritrovò ad annuire sconsolata.
Non passava proprio  tutti  i pomeriggi con Altair, ma tutto il resto era esatto e la conclusione non era poi così differente.
La bocca di Ginny si spalancò, mentre i suoi occhi azzurri la guardavano increduli e sconcertati. Non poteva biasimarla, non era certo notizia da tutti i giorni quella che non solo si era innamorata di nuovo, ma anche dell’uomo più insopportabile del pianeta.
-Stai scherzando.-
Il mormorio attonito di Ginny non era solo una constatazione flebile sussurrata a mezza voce, era piuttosto una speranza. La speranza che la sua amica non si fosse bevuta il cervello e che non fosse impazzita totalmente.
-No. Senti Ginny, lo so che sembra strano, ma lui non è come sembra.- si giustificò, cercando di non far morire la sua amica di infarto il giorno prima del suo primo anniversario di matrimonio.
-Vuoi dire che non è insopportabile, viziato, presuntuoso, approfittatore, bastardo, cafone e donnaiolo?- le domandò scettica.
-In effetti lo è.- ammise Hermione, sconfitta da quella sfilza di aggettivi che lo descrivevano alla perfezione –Ma è molto di più. Dovresti vedere come è dolce con sua figlia o come è bello quando sorride sinceramente, sembra un’altra persona.-
-Non ci tengo, grazie.- la liquidò con una smorfia schifata.
-Suvvia Ginny, non fare così. Non è male come sembra, davvero. Se fosse uguale a quando andavamo a scuola non mi avrebbe mai permesso di stare con sua figlia o di dormire a casa sua.-
-Hai dormito a casa sua?- la voce della giovane Weasley salì di due ottave per lo stupore –E poi che altro, gli hai anche stirato le mutande?-
Hermione decise di non raccogliere il sarcasmo della rossa. Aveva deciso di confidarsi con lei perché stava scoppiando e pensava di poter contare su un minimo di comprensione e ragionevolezza, ma tutto ciò che aveva ottenuto erano state espressioni sconcertate e una macchia di cioccolato sui jeans, ricordo di un pasticcino che Ginny aveva fatto cadere per la sorpresa alle parole “Credo di provare qualcosa per Malfoy”.
Hermione aveva parlato per quasi un’ora e poco a poco la loro conversazione si era trasformata in una sfilza di espressioni sconcertate ed esclamazioni attonite senza precedenti da parte della giovane signora Potter.
-Ginny, insomma, mi vuoi dar retta?- esclamò esasperata -Ho bisogno di aiuto, non di sarcasmo.-
-Hermione, cosa ti posso dire? Ti sei innamorata, sempre ammesso che sia vero, dell’uomo peggiore sulla faccia della terra, quello che dovrebbe andare in giro con un cartello di pericolo attaccato alla schiena e che preferirei sapere in Australia piuttosto che accanto alla mia migliore amica.- enumerò.
-Ginny, non è cattivo, davvero. Non ho bisogno di un piano di protezione, per quello avrei chiamato tuo marito, ma solo di un consiglio.- le disse, aiutandola a sfornare una teglia di muffin al cioccolato bianco.
-Sentiamo.-
-Devo togliermelo dalla testa. Come faccio?-
Ginny guardò l’amica con espressione triste e al tempo stesso comprensiva –lei sapeva cosa voleva dire sperare di dimenticare una persona che invece rimaneva saldamente ancorata ai propri pensieri-, decisa a non infierire ulteriormente. Già essersi presa una sbandata, perché non poteva –non doveva- essere altro che questo, per Malfoy era una disgrazia in sé.
-Chiodo scaccia chiodo?- propose, anche se temeva che non sarebbe bastato –Per una cotta dovrebbe essere sufficiente.-
-Ginny, ho ventisei anni, non quindici. Non credo di essermi presa una cotta.- l’ammonì Hermione, dando voce ai timori della giovane Weasley –Comunque ci ho già pensato, almeno posso provarci.-
-Giusto- concordò -e chi è questo tizio?- indagò curiosa, molto meno ostile di quanto non fosse all’argomento Malfoy.
Aiutandola a togliere i muffin dalla teglia e a sistemarli negli appositi pirottini di carta, Hermione aggiornò l’amica sull’identità del nuovo spasimante e sugli ultimi sviluppi delle loro uscite, che, a partire da Halloween e dal successivo rifiuto di Malfoy, si erano intensificate.
Ginny ascoltava attenta, molto ben disposta verso questo semplice ma intelligente babbano, che sembrava il corteggiatore perfetto. Cena, fiori, cinema, passeggiate al pomeriggio lungo il fiume, un braccio posato sulle spalle per infonderle un po’ di calore mentre alla sera passeggiavano nel viale del paese.
Un vero gentlemen, ma Hermione non ne sembrava entusiasta.
-Hermione, quest’uomo sembra uscito da un film. Qual è il problema? Corre troppo… fisicamente?- ipotizzò.
Ginny sapeva che anche Hermione, proprio come lei, non sarebbe riuscita a concedersi completamente ad un uomo fino a quando non ne fosse stata completamente coinvolta. Non che aspettasse il principe azzurro, ma nemmeno il primo che passasse per la strada.
-Oh, no.- si affrettò a precisare, non voleva che Ginny si facesse un’idea sbagliata di John –Ma non mi coinvolge, non mi sento presa da lui, non… Non è Malfoy.- si lasciò scappare un sospiro frustrato, coprendosi il viso con le mani e chiudendo gli occhi.
Merlino, ma cosa aveva fatto di male nella vita che fosse così terribile da meritarsi, come punizione, di innamorarsi di Draco Malfoy?
-Domani ci sei, vero?- la voce di Ginny suonò meditabonda.
Hermione alzò la testa e annuì, un po’ preoccupata per quell’espressione pensosa e pronta ad architettare una strategia di guerra.
-Harry ha invitato Steve, un Auror della sua squadra. È uno dei ragazzi più belli che abbia mai visto ed è scapolo. Ha un debole per le brune intelligenti, quindi vedi di essere una favola domani sera.- le consigliò, porgendole una ciotola di glassa liquida con cui decorare i muffin per il buffet della sera seguente.
 
***
 
Avvolta in un accappatoio rosso a nido d’ape, Hermione scrutava l’interno del proprio armadio con attenzione, le mani puntellate sui fianchi e la testa piegata pensosamente di lato.
Steve si era rivelato una delusione, bello ma eccessivamente ossessionato dal Quidditch e dall’attività fisica, proprio l’opposto di Hermione che era negata per qualsiasi sport non fosse il nuoto.
In compenso, Hermione aveva avuto una piacevole sorpresa.
Harry aveva incontrato nuovamente Viktor Krum durante la sorveglianza della finale del campionato europeo di Quidditch e l’aveva invitato alla festa per il proprio anniversario, come ringraziamento per due biglietti che il famoso cercatore gli aveva regalato.
Victor si era mostrato entusiasta di rivederla dopo tanto tempo e non aveva esitato ad invitarla a cena.
Hermione guardò nervosamente la sveglia posta sul comodino. Mancava meno di un’ora all’arrivo di Viktor e lei doveva ancora scegliere cosa mettersi. Guardò ancora una volta nell’armadio e cominciò a fare una selezione radicale dei vestiti appesi. Un tempo non avrebbe mai pensato che avrebbe amato un capo d’abbigliamento diverso dai jeans, ma la comodità di non doversi preoccupare di abbinare pantaloni o gonna, camicia, maglione e scarpe in modo impeccabile per le occasioni importanti e di doversi preoccupare solo di queste ultime.. ah, non aveva prezzo!
Quello nero era troppo elegante per una cena e quello beige con piccoli fiori azzurri troppo informale, quello rosso era troppo sensuale e quello blu troppo leggero, quello marrone troppo serio e quello azzurro troppo scollato.
Chissà come mai l’aveva comprato.
Ah, già, era in saldo.
Continuò a scartare vari altri abiti che erano tutti  troppo, fino a tenere in mano gli ultimi due sopravvissuti, un tubino beige e uno grigio antracite. Stufa di tutti quei preparativi, gettò sul letto quello beige e richiuse il tubino grigio nell’armadio, fiondandosi in bagno per truccarsi leggermente e pettinarsi in modo accettabile.
Dopo essersi data un’ultima controllata allo specchio e giudicando passabile l’effetto ottenuto, Hermione scelse un paio di scarpe eleganti dalla scarpiera, eleganti ma non troppo alte per evitare ruzzoloni imbarazzanti, e con la cerniera del vestito ancora slacciata e le decolleté in mano scese al piano inferiore.
Mentre controllava di aver messo tutto l’occorrente e anche il superfluo nella borsetta, il campanello suonò. Pregando che non fosse già Viktor e di non fare la figura della ritardataria, Hermione guardò dallo spioncino della porta.
Tutto ciò che vide fu una chioma bionda, inconfondibile.
 
Aprì la porta quel tanto che bastava per vederlo e farsi vedere in viso, nascondendo però il corpo.
-Ciao.- Draco guardò incuriosito lo stretto spiraglio tra la porta e lo stipite, da cui sbucava solo il viso di Hermione.
-Ciao. Ti serve qualcosa?- domandò brusca.
Doveva uscire con Viktor per distrarsi da lui e lui veniva a scombussolarle i piani? Che cavolo, Merlino non aveva proprio pietà di lei.
-Granger, hai mangiato jogurt scaduto a colazione?-
Draco era seriamente infastidito. Non si vedevano da un po’ e aveva pensato di andare a vedere come stesse, portando come scusa la preoccupazione di Altair. La bambina era effettivamente preoccupata e dispiaciuta di non vedere la sua amica tanto spesso, ma certamente Draco non si sarebbe sprecato ad attraversare il suo giardino solo per un capriccio infantile.
Si era riproposto in tutti i modi di fingere, per quanto possibile, che Hermione non esistesse, escludendola dai propri pensieri, dai propri desideri e dalla propria vita in generale, ma questi propositi si erano rivelati piuttosto ardui da mettere in atto dato che Altair la nominava ogni cinque minuti netti.
-Ma che spiritoso.- si complimentò Hermione davanti a quella battuta che tante persone le avevano fatto negli anni passati –No, i miei jogurt sono perfettamente entro il limite di scadenza previsto e stamattina ho mangiato solo del pane tostato.- continuò serafica –Sono semplicemente in ritardo.-
-Appuntamento?-
Draco formulò la domanda con il tono più tranquillo che riuscì a simulare, mentre dentro di sé i polmoni sembravano incapaci di incamerare aria. Guardandola bene, il giovane notò che aveva un leggero filo di trucco sul viso e i capelli raccolti in una crocchia morbida e scomposta, quasi casuale.
-Il fruttivendolo ti porta fuori a raccogliere pomodori al chiaro di luna?- ipotizzò con un ghigno sarcastico e strafottente –Oppure andate a scaricare le casse di broccoli nel suo negozio?-
-Non sei simpatico, Malfoy.- lo avvertì –Sto uscendo, ma non con John.-
-Ah no?- le domandò, appoggiandosi allo stipite e mettendo un piede nello spiraglio della porta –E chi è lo sfortunato che ti porta a cena?-
Hermione deglutì pesantemente.
Malfoy era un maestro nell’arte del colpire profondamente e impietosamente al cuore delle persone, con una maestria e un talento naturali che non richiedevano nemmeno impegno o particolari indagini per scovare il punto debole della vittima. Sembrava che fiutasse la preda designata e la colpisse sul suo tallone d’Achille senza alcuno sforzo.
Non solo non la considerava una donna attraente, ma addirittura considerava una sfortuna dover uscire con lei, nemmeno fosse stata un errore della natura nata dall’incrocio tra un Avvincino e un Troll di montagna.
-Viktor Krum.- gli rispose con un filo di voce –Potrai fargli le tue condoglianze per la disgrazia di dover uscire con me un’altra volta, ora devo finire di prepararmi.-
Con un moto di dispiacere, Draco notò il lampo di dolore puro che le aveva illuminato cupamente lo sguardo, ma lo mise  a tacere rapidamente. Era lei quella che era entrata nella sua vita, che si era dimostrata così gentile e affettuosa e che l’aveva obbligato a rivalutare le proprie opinioni. Lui non stava facendo altro che tentare di risparmiarsi dolore inutile.
E di risparmiarlo anche a lei.
Hermione cercò di chiuderlo fuori, ma Draco fermò la porta con il piede e la spinse verso l’interno, seguendola in salotto mentre sbuffava come l’Espresso per Hogwarts.
-Voglio proprio vedere come ti sei vestita.- la canzonò, poi la studiò attentamente, sorpreso di vederla così elegante –Così elegante per il bulgaro? Stai cercando di sedurlo con le tue grazie?-
-Ci sono persone che seducono anche con altro, tipo con il cervello, ma non mi illudo che tu capisca.- con un colpo di bacchetta la cerniera del vestito si chiuse, fasciando Hermione nel tubino scelto.
Ignorando completamente il suo ospite indesiderato e al tempo stesso tanto bramato, Hermione infilò le scarpe che aveva lascato sugli ultimi gradii della scala quando aveva aperto a porta e infilò un giacca corta della stessa tonalità di marrone delle scarpe in camoscio.
-Se hai dei vestiti come questi nel tuo armadio, perché non li metti mai?- le domandò –Sarebbero molto meglio di quei jeans che indossi di solito.-
-Infatti i tubini e gli abiti eleganti sono rinomati per la loro praticità durante le faccende domestiche. La prossima volta che imbiancherò, ricordami di comprare un abito da cerimonia.- ribatté prontamente.
-Merlino, quanto sei ottusa.- la apostrofò –Intendevo quando esci, non quando stai a casa a lavorare.-
-E a che scopo se non c’è nessuno che mi guarda?- lo zittì con acidità.
Tutti ripetevano sempre che una persona deve sentirsi bene innanzitutto con se stessa, ma lei non la pensava allo stesso modo. Per lei la praticità e la comodità dei vestiti contavano più dell’eleganza, soprattutto quando doveva semplicemente andare a comprare il pane o la frutta.
Ci teneva ad essere sempre in ordine, ma non per questo sentiva la necessità di mettere un vestito frusciante e costoso solo per mettersi in mostra.
Se e quando l’uomo giusto sarebbe arrivato voleva che prima l‘apprezzasse con dei vestiti semplici e poi con un’elaborata acconciatura su cui aveva lavorato per mezz’ora. Non voleva che questo ipotetico  lui  si trovasse davanti alla sorpresa di una donna normale dopo essersi immaginato una vamp o una reginetta di bellezza.
-Beh, se non ti vesti in modo femminile non attirerai mai l’attenzione.-
Hermione si voltò furiosa verso di lui, come una fiera che si rivoltava contro il disturbatore che aveva osato troppo, muovendosi così rapidamente che una ciocca di capelli sfuggì alla salda presa di una forcina.
-Quindi per te una donna è bella solo se indossa delle scarpe dai tacchi vertiginosi e un abito che costa quanto un appartamento nel centro di Diagon Alley?-
Draco la squadrò con attenzione, più furiosa del previsto e del dovuto davanti ad un’affermazione che, si supponeva, provenisse da un uomo di cui ormai conosceva le idee. Un ghigno compiaciuto si aprì sul viso di Draco.
Si era innervosita perché quel tipo di donna che aveva descritto era proprio il suo opposto e perché voleva sapere se corrispondeva ai suoi canoni di una donna interessante.
Gli sarebbe piaciuto poterle dire che non sempre era così, che anche per lui alla fine era giunto il momento in cui aveva perso la testa per una donna che indossava dei jeans sbiaditi e dei semplici maglioni di lana, che si raccoglieva i capelli con una matita e che non conosceva il significato della parola  fondotinta, tantomeno il suo utilizzo.
Forse in un altro mondo sarebbe stato bello vedere la faccia che avrebbe fatto e forse anche le sue guancie diventare rosse per l’imbarazzo.
Ma nelle loro vite, così diverse che non avrebbero mai dovuto incrociarsi, quella non era una possibilità contemplata o attuabile. Esisteva solo un mondo, quello in cui Draco doveva trovarsi una fidanzata Purosangue o quantomeno Mezzosangue con dei parenti illustri per poter rimanere all’interno del circolo delle sue amicizie, circondato dai valori e dalle regole che a sua volta avrebbe trasmesso ad Altair.
Scusa, le disse mentalmente, indurendo il proprio sguardo in modo tanto impalcabile da farla rabbrividire di paura e sorpresa davanti ad un uomo che sembrava completamente diverso da quello che lei aveva conosciuto.
Scusa, Hermione, ma è arrivato il momento della stoccata finale.
-Mi sembra ovvio, Granger. Che altro c’è oltre la bellezza?-
Hermione divenne pallida, così pallida che Draco per un attimo temette che fosse sul punto di svenire. Poi deglutì, prese un respiro profondo e tornò del suo colorito normale. Con gli occhi luccicanti di qualcosa di indefinito tra la rabbia e il dolore, lo guardò e fieramente si diresse verso la porta, aprendola con tanta forza da farla sbattere violentemente contro il muro.
-Mi domando a questo punto perché tu sia ancora qui. Stasera non hai bisogno di me per Altair e io ho un impegno, anche se immagino che questo fatto sia per te disgustoso e inconcepibile, quindi puoi anche andartene.-
Senza aspettare una risposta, si diresse al piano di sopra e si chiuse in bagno, appoggiandosi alla porta e lasciandosi scivolare a terra, impegnandosi per non piangere e non far colare il mascara appena applicato.
Che altro c’è oltre la bellezza?
Era esattamente ciò che le aveva detto Ron, ciò che sostenevano le sue compagne ad Hogwarts e quello urlavano tutte le pubblicità babbane. Non era esatto, però.
Oltre la bellezza c’erano l’intelligenza, la simpatia, l’eleganza innata, il genio artistico, persino i soldi.
La domanda giusta era un’altra.
Che altro contava oltre la bellezza?
Ecco, in questo caso la risposta giusta era  niente.
Il campanello della porta la richiamò al piano inferiore, pronta ad accogliere Viktor con il sorriso più sincero possibile. Aprì la porta e il cipiglio del Cercatore bulgaro le parve quasi rassicurante, familiare, dolce e sincero.
Viktor si era accorto di lei quando nessun altro la considerava una ragazza degna di attenzione, quando indossava la divisa di Hogwarts che la rendeva ancor più ordinaria di quanto non fosse. Dopo quasi otto anni dall’ultimo incontro al matrimonio di Bill e Fleur, la guardava ancora con quella luce gentile negli occhi scurissimi.
-Hermione, sei bellissima come sempre.- le disse, l’accento che l’aveva sempre caratterizzato ridotto ormai ad una lieve sfumatura quasi impercettibile.
-Anche tu stai benissimo.- gli disse di rimando, osservando i jeans scuri abbinati ad una giacca blu e una camicia bianca, sobrio ma elegante.
Lo abbracciò felice e si lasciò stringere tra le sue braccia muscolose e un po’ impacciate, come erano sempre state nei momenti di tenerezza tra loro.
-Bene, se sei pronta andiamo.- le propose, porgendole il braccio con galanteria. Indossati rapidamente cappotto e sciarpa, Hermione uscì, chiuse la porta dietro di sé e accettò con piacere quell’offerta, affondando il mento nella sciarpa di lana.
In un attimo si erano smaterializzati.
 
Al di là di un vetro freddo, nascosto da tende bianche, Draco osservava curioso e teso i due parlare sulla soglia di casa. Chissà cosa avevano da dirsi di così allegro da scatenare quell’abbraccio.
No, si ammonì, non doveva importargli, non doveva preoccuparsene, non doveva nemmeno porsi la domanda.
Chi era lei per suscitare il suo interesse? Chi era lei per scatenare la sua gelosia? Chi era lei per intrigarlo così profondamente?
Chi era lei per farlo sentire così in colpa per quella frase falsa, detta solo allo scopo di trovare una scusante per starle lontano, per costringerla a mandarlo via?
Nessuno, non doveva essere nessuno per lui.
Poco importava che si fosse innamorato di lei e che lei ricambiasse, poco importava che quella risposta l’avesse colpita più dolorosamente di un Cruciatus inflitto con brutale perfezione.
Doveva starle lontano, perché altrimenti non sarebbe riuscito a resisterle.
 
***
 
Dopo avere passato la mattinata con Ginny, che per l’ennesima volta l’aveva supplicata di andare al matrimonio del fratello per non lasciarla sola con la futura cognata, Hermione aveva deciso di calmare i nervi cucinando.
Il risultato erano stati nervi ancora a fior di pelle e tre crostate appena sfornate, profumate e invitanti. Ne aveva presa una alle fragole e l’aveva sistemata su un vassoio, attraversando poi il giardino e andando dai suoi vicini di casa.
Al suono del campanello, la casa rimase silenziosa per parecchi minuti e proprio quando fu sul punto di ritentare, la porta si aprì rivelando un Draco Malfoy piuttosto provato.
-Granger.-
-Già.- concordò con semplicità, poi gli tese il vassoio –Una crostata di fragole, la tua preferita.-
Dopo un attimo di sconcerto e indecisione, Draco tese le mani per prendere quello che, in effetti, era realmente il suo dolce preferito.
-Come fai a sapere che è la mia preferita?-
Già, come faceva a saperlo?
Perché l’aveva guardato e soprattutto l’aveva capito.
-Ho notato che quando la faccio tu e Altair la divorate in un secondo.- confessò con tutta la tranquillità di cui era capace, poi si accorse dei capelli spettinati di Draco e delle labbra arrossate e si morse un labbro –Tu non sei solo, vero?- domandò imbarazzata.
-Adesso sì. Vieni.- la invitò, anche se un poco irrigidito dal trovarsi solo con lei senza Altair a fare da parafulmine e da scusante per il tempo che passavano insieme, soprattutto alla luce di quello che era successo nelle ultime settimane.
Il fantasma della sera di Halloween e di quello che si erano detti nei giorni seguenti sembrava aleggiare minaccioso e tetro sopra di loro.
-Altair non c’è, è venuta Daphne a prenderla per portarla dai nonni.-
-Beh, allora vado, così non ti disturbo.-
-Chi ti dice che disturbi?- domandò bruscamente.
Le ultime settimane erano state un inferno. Era furioso con se stesso per quel bacio che le aveva dato e al tempo stesso per quelle frasi cattive che le aveva detto, cercando di tenerla alla larga senza riuscirci e facendo solo soffrire entrambi. Era furioso per quello che provava e perché non riusciva a mettere a tacere tutto quell’amore  –no, cercò di correggersi,  tutta quell’attrazione- che sentiva verso di lei. Era furioso come lo era stato poche volte nella vita e si innervosiva in maniera inaccettabile ogni volta che Hermione era presente.
Cercava di ignorarla, di ignorare quella che sentiva e che voleva, ma tutto questo gli stava logorando il sistema nervoso fino al punto di non ritorno.
-Oh, non è un problema, davvero. So benissimo che... insomma, che lo fai per Altair.- lo rassicurò pacatamente, andando verso la porta da cui era entrata meno di un minuto prima.
Ormai si era rassegnata, al punto che era diventata così brava a relegare e ignorare quello che sentiva per Draco che spesso se ne dimenticava realmente. L’atteggiamento scostante di Draco le toglieva ogni possibilità di sperare che i suoi sentimenti verso di lei cambiassero anche solo impercettibilmente.
Non era mai stata debole o remissiva, ma nemmeno masochista.
Sapeva riconoscere una causa persa e non c’era alcun motivo per ostinarsi su quello che provava, rendendosi ridicola.
-Che faccio  cosa  per Altair?- le chiese Draco, in cerca di chiarimenti.
-Che mi sopporti e sei carino con me.- gli rispose, sorridendo mestamente –So benissimo che se fosse per te avreste già traslocato da un'altra parte.-
-E chi te l’avrebbe detto?- le domandò ancora.
-Nessuno, ma si vede, soprattutto negli ultimi tempi. Mi parli solo quando c’è Altair, se mi vedi in strada quando sei solo mi saluti a stento, la maggior parte delle volte che dici qualcosa è per sputare veleno.- sollevò le spalle –Sei al limite della sopportazione, si vede.- gli disse con semplicità.
Nelle ultime settimane Draco sembrava sempre sul punto di esplodere, aveva i nervi a fior di pelle ed era incredibilmente silenzioso in sua presenza. Forse il bacio, nonostante tutto ciò che le aveva detto per giustificarsi e nonostante le uscite con la sua nuova conquista, gli aveva causato una specie di trauma. Evidentemente era stato troppo per lui e ora doveva porre rimedio comportandosi peggio del solito.
Illusa.
-Ho fatto questa torta per calmare i nervi, quindi potrei aver fatto un disastro.- lo avvisò –Ti conviene assaggiarla prima di darla ad Altair.- gli consigliò con un sorriso educato ma forzato.
-Quindi sei venuta solo per la torta?- le domandò prima che riuscisse a tacere. Quella rassegnazione che le vedeva negli occhi lo faceva impazzire, più di quanto non accadesse per la voglia che aveva di lei.
-E per Altair.- aggiunse Hermione. Draco annuì pensieroso.
-E per nient’altro?- la sollecitò.
-Per che altro sarei dovuta venire?-
-Per me.-
Hermione lo guardò con occhi sgranati, sentendo il sangue affluirle alle guance per la vergogna. Già immaginava le battute che Draco le avrebbe fatto scoprendo che si era innamorata, illudendosi magari che lui ricambiasse. Sarebbe diventata lo zimbello del gruppetto di Serpeverde che ancora lo circondava.
Lo guardò, leggendo quasi una strana luce di aspettativa nei riflessi degli occhi così profondamente grigi, poi si diede della stupida.
Hai anche le visioni, ora? Aspettativa? Ma ti sei dimenticata di chi stiamo parlando?
-Devo andare, mi aspetta Ginny.- gli disse congedandosi –Mi raccomando, attento alla torta.- abbozzò un sorriso, poi camminò verso il retro della casa di Draco.
Il debole di uno strappo annunciò al giovane che Hermione si era smaterializzata.
Chiuse la porta e tolse una fragola dalla torta, portandosela alle labbra e mangiandola lentamente.
Era venuta per vederlo. Lo sapeva, lo sentiva.
Per un attimo aveva sparato quasi in una risposta affermativa, un  “Sì, sono venuta soprattutto per te”  che non sarebbe mai arrivato. Aveva fatto di tutto per convincerla che la considerava solo una babysitter gratuita e una compagnia accettabile quando non c’era nessun altro essere magico nei paraggi e ora non poteva certo aspettarsi una dichiarazione d’amore eterno.
Non poteva continuare così, logorandosi i nervi per l’indecisione. Sarebbe esploso.
Doveva decidersi.
Certo, Daphne non era di alcun aiuto comportandosi in quel modo.
 
 
-Ciao zia!-
Altair scoccò un bacio alla giovane donna bionda che era appena arrivata, poi salì al piano superiore per prendere il maglioncino di lana.
Rimasti soli, Draco e Daphne si guardarono a lungo, in silenzio.
-Come stai?-
-Bene, sono appena tornata dall’America. Sai, sono andata a trovare mia sorella.-
Draco annuì, distratto, riportando l’attenzione sulla donna accanto a sé solo quando la sentì più vicino del previsto.
-E tu? Da quanto non vedi Astoria?-
-Da qualche mese.- rispose atono.
-Sai, lei si vede con un tipo di Los Angeles.- lo informò e lui si limitò ad annuire, dopotutto se lo era immaginato.
-E tu? Hai trovato qualcuno?- lo sollecitò, poi continuò –Potrei farti compagnia io.- si propose con voce bassa e sensuale, portandosi ad un soffio dal suo viso. Vedendo che Draco non sembrava intenzionato ad allontanarla, Daphne di alzò sulle punte per avvicinarsi di più al suo viso.
Si appoggiò contro di lui, facendogli percepire la forma dei seni oltre il tessuto leggero della camicetta e posando una mano sulla sua spalla, mentre l’altra scivolava lungo la sua spina dorsale, accarezzandogli una natica fasciata dai jeans.
Draco mantenne lo sguardo fisso negli occhi della cognata, limpidi come quella della sorella e azzurri come l’acqua di un torrente puro e incontaminato. Daphne aveva sempre avuto un debole per lui e non ne aveva mai fatto mistero, soprattutto dopo il suo divorzio da Astoria.
Ed era perfetta.
Perfetta esteticamente e perfetta per il suo stato di sangue, ricca e sensuale, perfetta per i canoni che gli imponeva la sua classe sociale e ancora più perfetta per i canoni pretenziosi dei suoi compagni.
La guardò avvicinarsi, accarezzargli le labbra con le proprie e poi invitarlo a socchiuderle con un gentile tocco della lingua. La lasciò fare, rispondendo a quel bacio lento e profondo, mentre la mano della giovane strega seguiva la cintura e si spostava sul cavallo dei suoi pantaloni, sfiorandolo e provocandolo con studiata leggerezza.
Sentì le labbra di Daphne distendersi in un sorriso compiaciuto. Continuando a baciarlo, senza staccarsi da lui nemmeno per riprendere fiato, Daphne continuò ad accarezzarlo al di sopra della ruvida stoffa dei jeans, accarezzandogli l’attaccatura dei capelli con l’altra mano libera, premendosi contro di lui.
Aveva aspettato per anni il momento in cui avrebbe potuto finalmente baciare l’uomo che aveva sempre sognato e che era stato il suo amore adolescenziale segreto, e ora quasi non le sembrava vero di sentirlo contro di sé, così ben disposto verso ciò che lei  –lei  e non sua sorella-  stava facendo.
Poi, proprio mentre il corpo di Draco iniziava a rispondere ai suoi tocchi sapienti, i passi della bambina sulle scale li fecero staccare bruscamente, lasciando Draco ansimante e con i capelli scompigliati e Daphne soddisfatta e speranzosa.
-Continuiamo un’altra volta, promesso.- gli sussurrò ad un orecchio, leccandogli il lobo e scomparendo poi con la nipote.
 
 
Si era staccato da lei un poco scombussolato e, mentre la bocca di Daphne si staccava dalla sua con un piccolo schiocco, Draco aveva  capito, nel senso più profondo e assoluto del termine.
Lui l’avrebbe voluta diversa, perché era l’immagine di un’altra donna che aveva occupato la sua mente mentre Daphne lo toccava, mentre lo baciava e gli faceva sentire le sue forme di donna contro il petto. Si era eccitato per un’altra donna, per un’altra immagine.
Anche se Daphne era bella, bionda, sensuale, affascinante, ricca e Purosangue, lui l’avrebbe voluta più riccia, più mora, meno elegante, più saccente e petulante, più logorroica e con il sangue più sporco.
Lui avrebbe voluto Hermione.
 
 
 
Stasera sono di fretta!
Vi invito come sempre a lasciarmi un commento, per farmi felice ma soprattutto per farmi sapere che ne pensate di questi nuovi sviluppi.
A sabato, con il prossimo capitolo. Vi do un piccolo indizio, il titolo, che già vi dovrebbe far stare serene: "Punto di svolta".
Vi abbraccio forte
Giada

 
 

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Capitolo 11
*** Punto di svolta ***


Mi avete lasciato moltissime recensioni splendide e io non posso che ringraziarvi di cuore. Mi avete fatto felicissima, quindi direi che vi meritate questo capitolo! :P
Buona lettura!
 

Cap. 11
Punto di svolta
 

 
La notizia del malore che aveva colto Lucius Malfoy e voci di corridoio riguardo una sua possibile scarcerazione avevano fatto il giro del mondo magico e avevano ampliamente superato i confini della Gran Bretagna, sollevando un polverone di polemiche.
Un problema di salute, per quanto potesse essere grave, avrebbe giustificato la scarcerazione di un uomo che si era sporcato le mani con il sangue di decine di persone? Era sufficiente per liberarlo e ridurre la sua pena? Era sufficiente per negare alle vittime la giustizia che meritavano?
E poi, senza aver scontato nemmeno un  giorno ad Azkaban, il figlio e la moglie meritavano di poter riabbracciare il marito e il padre, nonché il loro compagno Mangiamorte, quando altre famiglie erano state distrutte per sempre, senza pietà?
 
La Gazzetta del Profeta quella mattina andò a ruba e la notizia che occupava le prime pagine del quotidiano giunse in un soffio anche ad Henley-on-Thames, per l’esattezza in una graziosa villetta azzurra dalle persiane rosse alla periferia del paesino.
Dopo aver bevuto il proprio caffèlatte sbirciando dalla finestra la villetta bianca dei propri vicini, Hermione posò la tazza nel lavandino e camminò con passo nervoso fino alla porta in legno scuro di casa Malfoy.
Bussò e una voce maschile, attutita dal legno e dalla distanza, l’invitò ad entrare. Si mosse nella casa che ormai le era familiare e trovò Draco in cucina, che l’aspettava con le spalle appoggiate al frigorifero, le braccia incrociate e un’espressione ostile sul bel viso.
-Sapevo che non avresti resistito.- la canzonò –Non potevi resistere alla visione del brutale assassino che aspetta il ritorno del suo padrone, vero?-
La stava trattando male senza motivo, lo sapeva e ne era anche soddisfatto, nonostante in bocca percepisse distintamente il sapore amaro del torto e cercasse in ogni modo di ignorarlo.
Anche se Hermione non poteva saperlo, lui aveva messo in discussione le proprie idee, aveva lasciato che il seme del dubbio germogliasse dentro di sé alla luce del comportamento che la strega aveva tenuto nei suoi confronti.
Hermione l’aveva conquistato e l’aveva cambiato, anche se per il momento era riuscito ad ammetterlo solo al proprio riflesso allo specchio.
Tuttavia, se anche lei aveva creduto alle parole di quello squallido articolo ed era andata da lui solo per crogiolarsi per il suo linciaggio mediatico, allora lui non avrebbe usato alcuna delicatezza con lei.
-Veramente non è per questo che sono venuta.- gli disse cautamente –Pensavo che avessi bisogno di qualcuno che ti tenga Altair mentre vai a trovarlo. Voglio dire, è sempre tuo padre anche se è…-
Non l’aveva visto.
Semplicemente non l’aveva visto muoversi e arrivarle così vicino. Così vicino da farla indietreggiare, così vicino da spingerla contro la parete alle sue spalle, così vicino da schiacciarla con il proprio peso, così vicino da farle percepire chiaramente il battito furioso del cuore impazzito dalla rabbia.
Così vicino da metterle una mano intorno al collo.
Così vicino da metterle una mano intorno al collo e premere con rabbia, tanta rabbia da lasciarla quasi senza fiato, più per la paura che per la reale forza che stava usando. Certo non era una carezza, quella che le stava lasciando sul collo, ma non era nemmeno una stretta che avesse davvero l’intenzione di farle del male.
-Anche se è cosa?- la incalzò -Un brutale assassino che ha ammazzato donne e bambini senza il minimo rimorso?- propose, gli occhi che luccicavano di malvagità e rabbia tanto profonda da non essere comprensibile –Anche se ha addestrato il figlio per essere il suo degno erede, un mostro che è scappato in gran segreto all’estero, probabilmente in un castello sperduto tra i monti dove sta addestrando adepti? Anche se è il padre di un bastardo che è la sua copia sputata, che ha strappato la figlia dalle braccia della madre per far di lei la prima Mangiamorte della nuova stirpe?- le sibilò soffiandole in faccia il fiato caldo.
Boccheggiando per lo stupore per il dolore che trasudavano quella parole, Hermione riconobbe le stesse ipotesi di un articolo che aveva colpito anche lei per la cattiveria esagerata e brutale che trasudava ad ogni parola, ma che avrebbe fatto vendere molte più copie del previsto, anche solo per saziare la curiosità della gente.
Un articolo firmato Rita Skeeter, ovviamente.
 
Mentre Hermione rabbrividiva, gli occhi di Draco persero quella luce folle che li aveva illuminati in precedenza, le pupille di dilatarono fino a nascondere quasi l’iride grigia, mostrando tutto il suo stesso stupore per quanto era appena accaduto.
La stretta della mano di Draco si addolcì, trasformandosi in una carezza leggera e titubante sul collo arrossato di Hermione. Le sfiorò i segni che le aveva lasciato con la punta della dita, senza allontanarsi da lei, con il terrore che questo avrebbe permesso una sua fuga.
Si sentì in colpa e, forse per reazione alla paura irrazionale di vederla scappare, Draco capì chiaramente quello che provava.
Non era solo una cotta, una sbandata passeggera.
Non si era innamorato di lei per solitudine o riconoscenza.
L’amava perché era lei, perché nonostante il modo in cui l’avesse trattata in passato e nonostante le frecciatine che non smetteva di rivolgerle, lei era venuta da lui, era tornata, aveva cercato di aiutarlo ancora una volta.
L’amava perché lo faceva sentire amato, protetto, compreso.
Ma se l’amava, come doveva comportarsi di fronte a quel sentimento che gli stava creando tanti problemi e lotte interiori?
Era sbagliato, rappresentava tutto ciò che i suoi amici disprezzavano, era contro tutti i principi su cui aveva fondato la sua vita, era contro natura essersi innamorato di lei.
Eppure, una parte di sé -forse quella più sincera, più nascosta, più desiderosa di libertà, quella si era quasi risvegliata per la paura di perderla- pensava che non fosse quel sentimento, bensì la sua decisione di sopprimerlo, togliergli ossigeno e schiacciarlo sotto il peso di regole imposte da altri, ad andare contro le leggi naturali dell’uomo.
Un babbano, non aveva idea di chi fosse  e nemmeno gli interessava, aveva detto che ognuno aveva il diritto di cercare la propria felicità, di combattere per raggiungerla, perché proprio la felicità era lo scopo della vita umana.
E allora, perché lui non avrebbe potuto fare ciò voleva, ciò che lo avrebbe reso libero, ciò che l’avrebbe liberato da un peso sul cuore, ciò che l’avrebbe reso felice?
In fondo non chiedeva niente di male o di perverso.
Voleva solo provare  a stare con Hermione, voleva solo invitarla a cena senza usare Altair come scusante, voleva solo baciarla sulla porta di casa, voleva solo invitarla da lui senza sentirsi in colpa e avere la sensazione di essere un traditore dei propri stessi ideali.
Non era niente di strano, niente di sporco, niente che altri uomini non facessero quotidianamente.
 
Perché lui no?
Non lo meritava?
 
Aveva combattuto, era stato marchiato come una bestia, aveva sofferto e aveva avuto un matrimonio che nel complesso poteva essere definito un fallimento, considerando che Astoria abitava ad almeno duemila chilometri da loro per la maggior parte dell’anno e forse aveva anche trovato un compagno.
Perché per lui non poteva essere la stessa cosa?
Solo perché il destino, Dio o Merlino, chiunque ci fosse lassù, lo avevano fatto innamorare di una donna meravigliosa dal sangue impuro?
Al diavolo tutti -il destino, Dio o Merlino, chiunque ci fosse lassù-, si disse in un moto di intrepido coraggio tipicamente Grifondoro.
Con Hermione stava bene, benissimo a dire il vero, e non avrebbe permesso al suo stupido orgoglio di indurlo a mandarla via, men che meno ai suoi ancor più stupidi compagni di bevute.
Prese un respiro profondo e con convinzione sfondò gli argini che si era imposto.
-Non..- provò a dire, ma la voce rauca gli morì in gola quando i suoi occhi incrociarono quelli di Hermione, sgranati, facendolo vacillare per un attimo.
Chinò il capo e respirò a fondo, chiudendo gli occhi e concentrandosi solo sulla sensazione del corpo di Hermione accanto a lui e sulla decisione di rassicurarla, di farle capire, per quanto possibile, com’era fatto.
-Quello che hanno scritto mi ha mandato fuori di testa.- confessò a bassa voce, quasi scusandosi –Hanno scritto che mio padre ha ammazzato donne e bambini come animali e non si sono nemmeno preoccupati di controllare che sono tutte menzogne. Hanno detto che sono un mostro, una bestia, un subdolo assassino, che non aspetto altro che riunirmi al mio padrone e che sto usando mia figlia per creare un nuovo esercito per il Signore Oscuro. Cazzo!- esplose, tirando un pugno al muro accanto all’orecchio di Hermione, alzando lo sguardo dal pavimento solo per essere certo di non colpirla e abbassandolo subito dopo, sgonfiandosi come un palloncino bucato.
Si sentì svuotato dalla rabbia e dalla preoccupazione che l’avevano animato in quella folle reazione contro Hermione e contro la sua gentilezza, rivoltandosi come una bestia feroce, ferita e per questo ancor più pericolosa.
Non voleva farle male, non era sua intenzione, ma la possibilità che lei credesse a quelle mucchio di bugie gli aveva aperto una voragine nel petto, così profonda da inghiottire tutto il suo buonsenso, tanto dolorosa da non comprenderne istantaneamente la profondità.
-Se Altair dovesse mai leggere quello che hanno scritto, se dovesse mai pensare che sono.. che sono…- tentò di nuovo, mordendosi con forza le labbra fino ad arrossarle –Sarebbe terrorizzata e scapperebbe, andrebbe via con sua madre e…-
Voltò la schiena ad Hermione, le spalle curve come per nascondersi o proteggersi.
-Penso che potrei ammazzarmi, se dovessi mai perdere Altair.- confessò, dando voce alle proprie paure più profonde, nella certezza che lei le avrebbe accolte con dolcezza, con comprensione.
Forse con amore?
Hermione rimase immobile, respirando a fondo per riprendersi e massaggiandosi il collo leggermente dolorante. Guardò le spalle di Draco tremare, i pugni stretti lungo i fianchi e le nocche bianche per lo sforzo.
Deglutì, vedendo in quell’uomo sofferente che aveva davanti la vera persona che aveva visto e conosciuto, seppur in modo discontinuo, in quei mesi di vicinanza. Draco Malfoy era  quello lì,  quello che amava sua figlia più della sua stessa vita e che avrebbe fratto di tutto per lei, anche cambiare le proprie idee; lo stesso ragazzo che era talmente terrorizzato all’idea di uccidere Silente che aveva rischiato di uccidere molte altre persone; lo stesso che a Malfoy Manor fissava tutti con sguardo allucinato dalla paura e incapace di sopportare la vista di una tortura.
Gli si avvicinò piano e con un tocco sulla spalla lo fece girare verso di lei. Sotto il suo sguardo chiaro e ancora inquieto, intimamente colpevole, Hermione gli passò le mani intorno alla vita e appoggiò la testa contro il suo petto, sentendo il battito del cuore e inspirando il profumo speziato del suo dopobarba.
Quasi convinta dalla sua immobilità ad andarsene, Hermione venne bloccata da due mani grandi e calde, incredibilmente dolci rispetto a come erano state prima, che si posarono sui suoi fianchi e la spinsero contro il corpo di Draco, scivolando sulla schiena e tra i suoi capelli, accarezzandole delicatamente la cute.
Draco l’accolse dolcemente tra le sue braccia, respirando a fondo il suo profumo e usandolo come calmante, come aveva fatto già in cucina dopo la fuga di Altair.
Non era solo il suo profumo, quel misto di talco e pulito, a calmarlo, erano le sensazioni che tutto il suo corpo e le sue delicate forme di donna gli regalavano, a dargli la sensazione di essere a casa, nel senso più proprio e meno materiale del termine.
Lì, abbracciato a Hermione, nella propria cucina semibuia, con il giornale ancora  aperto sul tavolo che li occhieggiava malevolo con i titoli a caratteri cubitali, lì Draco sentiva di trovarsi esattamente dove avrebbe dovuto essere.
E al diavolo i suoi amici, al diavolo ciò che gli avevano insegnato e ciò che si aspettavano da lui, al diavolo Astoria e tutte le lamentele che avrebbe potuto fare.
Con Hermione tra le braccia e Altair che dormiva placida nel suo letto, Draco si sentiva felice.
Felice, ma un po’ in colpa.
-Non volevo…- Draco diede un colpo di tosse, poi continuò –Non volevo farti male, ero solo.. preoccupato, credo.-
Hermione rimase in silenzio, beandosi di quel calore che solo il corpo di Draco riusciva a darle e che sembrava un fuoco indomabile, persino più forte, nell’intimità di quel’abbraccio, di quando fosse stato durante il loro primo e unico bacio.
Le mani di Draco, le stesse che pochi secondi prima la stavano stringendo con dolcezza, la staccarono fermamente da lui. Con una mano che le imprigionava il mento e lo teneva alzato per mettere in mostra il collo, Draco le esaminò con aria truce la pelle chiazzata di rosso.
-Ti ho fatto male?- Hermione scosse la testa, sorridendo per l’apprensione che sentiva nella voce dell’uomo e che non riusciva ad essere celata del tutto e cha la riscaldava dall’interno di gioia –Sul serio, Granger.- insistette.
-No, non mi hai fatto male, Drac…- si bloccò all’improvviso e divenne rossa, in quel modo che Draco trovava così infantile ed eccitante al tempo stesso –Volevo dire, Malfoy.- tentò di salvarsi in extremis.
-Prova a dirlo ancora.-  lei lo guardò confusa e ancora imbarazzata –Il mio nome. Non te l’ho mai sentito dire.- le fece notare con semplicità.
-Draco.- disse incerta, con una lieve inflessione interrogativa nella voce, e lui distese le labbra in quello che, oltre la tensione che ancora non l’aveva abbandonato, sembrava un sorriso.
-Mettici più trasporto, Granger.- le suggerì ironico, piegandosi su di lei e avvicinandosi alle sue labbra, incapace di resistere alla piega imbronciata e confusa che avevano assunto.
Ne ricordava perfettamente la consistenza e il sapore, la morbidezza e delicatezza con cui rispondevano ai suoi baci, e ora che le aveva così vicino -quelle labbra che erano state la prima cosa che aveva notato di lei- ora non riusciva proprio ad allontanarsene.
-Draco.- riprovò e il sorriso di Draco si fece più evidente, estasiato dall’inflessione roca e dal tono basso con cui Hermione aveva parlato.
-Meglio, ma dico che puoi migliorare ancora un po’.- mormorò fiocamente, mentre già il suo respiro bollente e leggermente accelerato di insinuava fra le labbra aperte di Hermione.
Con un lampo di lucidità, la giovane strega pensò che sembrava tutto bellissimo, magico come la notte dei fuochi di Halloween. La stanza era immersa nella penombra, il corpo di Draco era caldo, il suo respiro profumava di caffè e di quella nota che ancora non riusciva a riconoscere e tutto ciò che non fosse lui e la sua bocca e le sue mani e il suo corpo e... tutto il resto perdeva importanza.
Hermione socchiuse gli occhi, continuando a fissarlo oltre le ciglia scure e Draco ne rimase deliziato.
Al diavolo tutto, Hermione era perfetta, almeno per come la vedeva lui.
Voleva lei, solo lei e nient’altro in quel momento.
Voleva solo lei e l’avrebbe avuta, sentiva già le proprie labbra sfiorare quella della strega, che sembravano urlargli solo di mettere fine a quella tortura dei sensi.
Voleva lei, solo lei e nessun’altra.
Non solo in quel momento, sempre.
 
Poi il campanello suonò e delle voci maschili chiamarono il proprietario di casa a gran voce.
Hermione e Draco si allontanarono, gli occhi sbarrati e i respiri accelerati.
Quando la voce all’esterno della casa si identificò, Hermione serrò gli occhi scuri in un gesto di profonda frustrazione. Mosse appena la mano in segno di saluto, si morse le labbra e scomparve con un debole strappo.
Nott e Zabini erano arrivati.
 
***
 
Altair non si era mai ammalata.
Aveva avuto qualche linea di febbre, ma niente di grave o che non potesse essere curato facilmente. Mezzo bicchiere di pozione per la febbre, un cucchiaino di zucchero per addolcirne il sapore, qualche coccola e il permesso di dormire con lui nel lettone e Altair tornava pimpante in poche ore.
Per questo, quando i puntini rossi sulla pelle chiara della bambina si erano moltiplicati, Draco aveva cominciato a sentirsi invadere dall’ansia per quella malattia che non conosceva, tanto più che il prurito di cui si era lamentata la bambina si era presto evoluto in febbre e malessere generale, che la lasciava spossata e debole.
Aveva resistito poche ore, dandole una semplice pozione per la febbre e aspettando che facesse effetto, poi, totalmente nel panico come accadeva sempre per ciò che non sapeva gestire, aveva chiamato sua madre.
Narcissa adorava sua nipote e per questo motivo Draco non aveva avuto alcun dubbio sul fatto che sarebbe accorsa da lui.
 
-Draco, caro, tu lo sai che io ti voglio bene e che farei di tutto per te e per tua figlia.- esordì con calma Narcissa, guardandolo attraverso le fiamme del camino in cui la sua testa fluttuava –Tuttavia ci sono situazioni che un genitore deve affrontare da solo.- decretò.
-Ma Altair sta male!- protestò, comprendendo che la situazione era più spinosa del previsto e che sua madre non sarebbe accorsa in pochi minuti come aveva sperato.
-Lo so, ho capito quello che mi hai detto. Non sono più una ragazzina, ma non sono ancora sorda.- puntualizzò piccata, poi riprese con voce carezzevole –Non puoi correre da me ogni volta che hai un problema.-
-Io non corro da te ogni volta!- protestò Draco con veemenza, sentendosi punto sul vivo.
-Spiegalo al tappeto del salotto, che ha un solco profondo come il Lago Nero da quando poche settimane fa sei scappato da…-
-Io non sono scappato!-
-In ogni caso- tagliò corto la donna –ora sto uscendo. Vado a trovare tuo padre e non posso proprio chiedere di spostare l’incontro settimanale, soprattutto, non ora che sta male.-
Draco sbuffò sonoramente e sua madre gli lanciò uno sguardo di rimprovero. Poi si addolcì e richiamò l’attenzione del giovane su di sé.
-Sei un uomo, Draco, ma soprattutto sei un padre. Cerca di cavartela da solo.- gli soffiò un bacio sulla punta delle dita, quasi per compensare l’impossibilità di dargliene uno vero –Dai un bacio ad Altair per me e… saluta anche la signorina Granger da parte mia.- aggiunse Narcissa, prima di fargli un occhiolino complice e scomparire in uno sbuffo di cenere.
Si riscosse dal senso di stupore suscitato dall’espressione furba della madre nel nominare la sua vicina di casa, passandosi poi stancamente una mano sul viso ed espirando a fondo per calmarsi. Sua madre non poteva aiutarlo e lui non aveva intenzione di chiamare Medimaghi in casa sua, a meno che la situazione non fosse degenerata.
Doveva trovare una soluzione, ma non era mai stato bravo in campo medico e delle malattie dei bambini sapeva giusto ciò che aveva appreso per esperienza personale e ciò che aveva visto negli anni di Hogwarts, durante le sue non troppo rare visite in infermeria.
Pensò a cosa fare per qualche minuto, camminando avanti e indietro in salotto, fino a che la possibilità che aveva escluso fin da subito non gli apparve la migliore.
Hermione.
Ancora una volta la strega che era entrata prepotentemente –e al tempo stesso in punta di piedi- nella sua vita, si rivelava essere la soluzione a tutti i suoi problemi.
In quei mesi, c’era sempre stata.
Quando doveva uscire e aveva bisogno che qualcuno badasse alla bambina, quando Altair era scappata perché si era arrabbiata per il suo rifiuto di andare alla festa di paese, quando si era sentito un padre incompetente e aveva avuto bisogno di supporto, quando gli aveva spiegato come cucinare una torta, quando…
Sembrava una congiura, ma ogni cosa facesse, di ogni cosa parlasse, ogni dettaglio notasse sembrava spingerlo prepotentemente nella sua direzione.
Sembrava una congiura ma soprattutto sembrava un rimprovero per la sua incapacità di accettare per i propri sentimenti, di lottare per essi e di fregarsene di ciò che gli altri si aspettavano da lui, mandandoli dove meritavano.
Più cercava di starle alla larga, ancora confuso e preda dell’indecisione, più si sentiva spinto verso di lei da qualcosa che non riusciva a spiegarsi e che non aveva nulla a che spartire con la razionalità
Nelle settimane appena trascorse, aveva sentito il bisogno di provocarla, di infastidirla come solo lui sapeva fare. In un modo distorto e perverso, aveva desiderato che lei si ricordasse per sempre di lui, anche quando qualcosa,  o qualcuno, l’avrebbe portata via da Henley-on-Thames.
Voleva avere un rapporto che esulasse da tutte le etichette convenzionali.
Non vicino di casa. Erano di più.
Non amico, non avevano la giusta confidenza.
Non amante, mancavano proprio i presupposti fisici.
Erano meno di quanto avrebbero voluto e più di quanto fosse giusto per le regole non scritte della classe a cui apparteneva.
In un attimo di follia, uno dei tanti che lo prendevano spesso, Draco provò a immaginare i volti dei propri amici o presunti tali, se avesse detto loro che si era innamorato di lei.
Zabini e Nott l’avrebbero affatturato senza esitazione, Pansy sarebbe morta di infarto e Daphne avrebbe avuto un attacco di nervi. Quanto ad Astoria, sarebbe morta prima di accettare passivamente di vedere la propria figlia in compagnia di una Mudblood e della Granger in particolare.
Forse non sarebbe stata un’esperienza piacevole, ma di certo sarebbe stata comica.
Ora, però, si sentiva ad un punto di stallo.
Aveva capito che non avrebbe potuto continuare così, struggendosi come un eroina tragica per un amore che non aveva nemmeno il coraggio di confessare ad alta voce. Al tempo stesso, non riusciva a trovare il modo giusto per dare una svolta alla propria vita, al rapporto con Hermione.
Non era il tipo da dichiarazioni plateali o sceneggiate romantiche, non lo era mai stato e non sarebbe cambiato per lei, anche perché Hermione aveva già dimostrato di apprezzarlo e accettarlo per come era.
Dovendo essere proprio sincero con se stesso, Draco ammise che non era tanto il modo a mancargli. Sapeva che un gesto, una carezza, una parola, meglio ancora un bacio, sarebbero bastati ad una persona intuitiva come Hermione, anche se drammaticamente insicura in questioni di cuore, per capire ciò che celassero.
Ciò che gli mancava era il coraggio.
In altre parole, aveva paura.
Non paura di essere rifiutato, deriso, respinto. Hermione l’amava e in ogni caso, da brava Grifondoro, non avrebbe mai deriso nessuno su una questione tanto delicata e importante come l’amore.
No, aveva paura di volerlo.
Aveva paura di desiderare, di esporsi in prima persona per qualcosa, senza potersi poi rifugiare dietro la volontà altrui.
Se avesse deciso di stare con Hermione –di stare   davvero  con lei, di dichiararlo apertamente - allora la responsabilità di quella scelta, davanti al mondo magico, davanti ai suoi amici, davanti ad Astoria, sarebbe stata solo ed esclusivamente sua.
Era pronto ad affrontare le proprie paure per Hermione?
 
Mettendo da parte le più varie elucubrazioni, Draco spedì senza alcuna esitazione –o meglio, senza aggiungere alcuna esitazione a quelle che lo tormentavano già- il proprio patronus sbiadito, ad Hermione.
Pochi istanti dopo, la giovane strega entrò in casa Malfoy a passo di marcia, con i capelli bagnati sciolti sulle spalle che gocciolavano impietosi sul maglione pesante, che probabilmente aveva indossato frettolosamente dopo la doccia per rispondere alla sua richiesta.
-Malfoy, che succede?- gli domandò piena di apprensione, stringendo le dita intorno alla propria bacchetta, nascondendola il più possibile con la manica lunga del maglione.
Draco rimase scioccamente imbambolato per qualche istante, rapito da qualche goccia d’acqua ribelle che scendeva lungo il profilo del collo della ragazza e si insinuava al di sotto del maglione, nell’invitante solco tra i seni che Draco non riusciva a non occhieggiare lascivamente.
In quel momento si sentiva un idiota completo.
Aveva tentennato, il giorno prima, stuzzicandola con quella questione del nome, e aveva perso tempo, mentre i suoi cosiddetti amici erano stati maledettamente tempestivi.
Quella cucina semibuia, il giorno prima, gli era sembrato il posto più bello del mondo, perfetto per loro due, chiusi in una bolla si elettricità che sembrava impossibile da distruggere, che apparentemente li avrebbe protetti da tutto, mentre in realtà non aveva resistito nemmeno dieci minuti.
Si riscosse con risolutezza.
-Altair. Ha la febbre e delle macchie rosse su tutto il corpo.- indicò il piano superiore con un cenno del capo e salì le scale al seguito di Hermione. Rimase in silenzio, indeciso su come comportarsi e su cosa dire.
Non era stato gentile con lei, né in passato né, specialmente, nelle ultime settimane. Le aveva detto cose orribili, dall’insinuare che quel bacio non fosse stato altro che uno sfogo momentaneo al rinfacciarle che non fosse abbastanza bella per interessarlo.
Aveva scavato ancor più a fondo nelle ferite dell’insicurezza che la caratterizzavano da sempre e l’aveva fatta star male, ma nonostante ciò Hermione era accorsa immediatamente, quando aveva immaginato che lui potesse avere bisogno del suo aiuto, il giorno prima.
Come sempre, l’aveva aiutato senza pensarci troppo.
E forse questo comportamento non era dovuto al fatto che fosse una generosa Grifondoro, forse era proprio lei che era fatta così, buona, altruista e gentile anche con chi, come lui, non lo meritava.
E lui non l’aveva ancora ringraziata, non le aveva ancora chiesto scusa.
Aveva tentato di baciarla e questo forse poteva essere, agli occhi della strega, un tentativo di riconciliazione, di tornare alla sera di Halloween e all’atmosfera che regnava tra loro prima delle sue frasi indelicate, ma non era stata una scusa degna di questo nome.
Rimase a rimuginare su queste considerazioni per qualche istante, mentre Hermione entrava in camera della bambina e la controllava, osservando i puntini rossi che risaltavano sulla sua pelle chiara e misurandole la temperatura corporea con la bacchetta.
Disturbata da quei movimenti, Altair si svegliò. Hermione confabulò per un po’ con la bambina, prima di darle un bacio sulla guancia arrossata e accaldata per la febbre e tornare da lui, che ancora l’aspettava sulla soglia, appoggiato allo stipite con le caviglie accavallate e le braccia strette al petto.
-Non sono un’esperta di malattie infantili, ma credo che sia morbillo.-
-Morbillo?-
Draco la guardò stralunato e con la fronte corrucciata, cercando nella propria memoria qualche vago ricordo di quella parola strana. Se non fosse uscita dalle labbra pressoché onniscienti della Granger, Draco avrebbe pensato che fosse una malattia immaginaria dal nome piuttosto buffo.
Hermione rise brevemente della sua espressione spaesata, poi spiegò.
-È una malattia babbana. O meglio- si corresse subito come se fosse davanti ad un professore che sarebbe rimasto molto deluso dalla sua imprecisione –è diffusa specialmente tra i babbani, ma colpisce anche i maghi, dato che a livello anatomico non hanno nulla di diverso.-
-Non ho mai visto nessuno con quelle bollicine strane.-
-Questo perché raramente voi…- tentennò un attimo, poi capitolò, non trovando un’espressione più adatta -…Purosangue vi mischiate ai Babbani, quindi riducete al minimo le occasioni di contagio. Altair deve averla presa da uno dei bambini con cui gioca al parco.- ipotizzò con un’alzata di spalle.
-Ma si può guarire, vero? Cioè, non è grave?- chiese con una nota di panico.
Hermione lo guardò con un sorriso gentile, rivedendo in lui il proprio stesso padre che all’età di sei anni l’aveva portata al pronto soccorso solo per un mal d’orecchi, ipotizzando le malattie peggiori conosciute dall’umanità e tartassando il dottore, fino a che questo, sfinito, aveva chiamato altri due colleghi che confermassero la sua diagnosi. Poi allungò titubante la mano verso il suo viso.
All’ultimo istante parve quasi ripensarci, poi però respirò a fondo e tirò fuori il proprio tanto decantato coraggio Grifondoro. Non portava più lo stemma sulla divisa, ma non per questo doveva venir meno ai principi della Casa che per anni l’aveva ospitata con fierezza.
Di certo non per colpa di un serpente viscido, pericoloso, lunatico e così stupendamente apprensivo come Draco Malfoy.
-Ma certo, rilassati.- lo rassicurò con una carezza leggera sulla guancia, staccandosi poi con le gote leggermente arrossate –Hai degli ingredienti per le pozioni?-
-In camera mia, vieni.-
Hermione arrossì ulteriormente, grata di potersi nascondere nella penombra del corridoio, al pensiero che quella frase, in un'altra circostanza, sarebbe stata ben più apprezzata.
Draco la guidò lungo il corridoio fino alla propria camera, aprendole la porta e facendole galantemente cenno di precederlo. Hermione entrò, guardandosi intorno stupita dal disordine che vi regnava.
L’ultima volta che vi aveva messo piede, quando era rimasta con Altair fino a tarda sera e si era addormentata nel letto di Draco -immersa nel suo profumo, ricordò tra sé e sé-, la stanza era notevolmente più in ordine, con solo un paio di pantaloni accuratamente ripiegati sul bracciolo di una piccola poltroncina.
-Lo so, è in disordine.- ammise Draco –Ma sono stato un po’… agitato, diciamo…- tentò di minimizzare la propria apprensione per non fare la figura del genitore apprensivo e pauroso -…per Altair e non ho sistemato. Possiamo definirlo  ordine sparso, ecco.-
Hermione gli sorrise e poi selezionò alcuni ingredienti tra quelli che Draco le aveva mostrato, riposti con cura in una valigetta per pozionisti, di quelle elegantemente imbottite e rifinite in pelle di drago di Norvegia, una delle più pregiate perché estremamente resistente.
-Ti serve una mano?-
Voltandosi verso di lui per rifiutare la sua proposta e per ribadire fieramente la propria capacità nel preparare pozioni, Hermione si ritrovò gli occhi di Draco improvvisamente vicini e il suo naso pericolosamente ad un soffio dal proprio.
Si perse per un attimo a fissare le pagliuzze brillanti delle sue iridi, che contrariamente a ciò che aveva supposto, non esprimevano superiorità o derisione per la sua inettitudine. Stranamente, le parvero quasi desiderose di aiutarla, di fare qualcosa in sua compagnia, di starle vicino, e decise che non sarebbe stata una cattiva idea accettare la sua proposta.
-Taglia quelle radici, molto fini.- lo istruì dopo aver annuito sorridente -Devono essere una specie di granella, tipo quella di nocciole per le torte.- si pentì del proprio paragone un istante dopo averlo detto, sapendo che Draco non avrebbe perso occasione per canzonarla.
-Uh.- la prese infatti in giro –Piton sarebbe stato fiero di un commento così preciso per  la nobile arte del preparare pozioni.-
-Ma stai zitto!- lo spintonò di lato, poi tornarono entrambi a dedicarsi ai propri ingredienti.
 
 
Mezz’ora dopo, la pozione era quasi pronta.
-Passami le radici.-
Hermione tese distrattamente la mano verso Draco e lui vi lasciò cadere sopra l’ingrediente mancante.
-Sono abbastanza simili alle nocciole tritate?- chiese con insolenza.
-Sì, abbastanza.- Hermione gli lanciò un’occhiata di sufficienza, poi fece cadere i pezzettini color caffé nel piccolo calderone e mescolò con lentezza la pozione che sobbolliva vivace, tenendo sotto controllo l’orologio da polso e la lancetta dei secondi.
-Vuoi anche il lievito?- ironizzò Draco.
-No.-
-E il burro?-
-Nemmeno.-
-Le uova?-
-No, ma tu sembri ansioso di ricevere della farina. Magari in testa.-
Lo guardò truce smettendo di mescolare e Draco rise sommessamente, versando il liquido di un orribile color melma in un bicchiere.
-La porti tu ad Altair?- le chiese porgendole il bicchiere colmo.
-Tu dove vai?-
-A prendere dello zucchero. Visto l’aspetto rivoltante, ho il sospetto che il sapore sia anche peggio.-
Hermione annuì concorde, poi andò nella cameretta della bambina e si sedette sulla sponda del letto, scuotendola delicatamente per svegliarla, chiamandola a bassa voce mentre si rigirava al di sotto delle lenzuola rosa con arabeschi verdi.
-Altair, devi bere questa pozione.-
-E mi farà sparire le bollicine?-
-Sì.-
-E anche il prurito?- chiese con gli occhioni colmi di sofferenza.
-Sì, tesoro. E anche la febbre.- le assicurò, intenerita dall’espressione della bambina che si grattava un braccio –Bevi questa e domani starai benissimo.-
Altair annuì, poi sgusciò con difficoltà dal groviglio di coperte in cui si era avvolta come in un bozzolo e si arrampicò in braccio ad Hermione, sedendosi sulle sue gambe e passandole la braccia sottili intorno al collo, la testa bollente posata nell’incavo del suo collo.
Quando Draco arrivò, pochi istanti dopo, le trovò ancora nella stessa posizione, con Altair che si lasciava coccolare dalla ragazza e Hermione che le accarezzava la nuca calda e le posava, proprio in quel momento, un bacio delicato sulla guancia arrossata.
Stupendosi della propria stessa sdolcinatezza, Draco dovette ammettere che raramente aveva visto spettacolo più bello ed emozionante.
E quando formulò quel pensiero, Draco capì di essere capitolato definitivamente.
E capì che se non riusciva ad immaginare niente di più bello di Hermione e sua figlia insieme, allora era proprio cotto a puntino.
E capì che tutte le resistenze che aveva imposto a se stesso erano fallite.
E capì che aveva perso la lotta contro i propri propositi.
E capì che non gli importava.
E capì che, in fondo, non avrebbe potuto stare meglio di così.
Si era innamorato di Hermione ed Hermione si era innamorata di lui.
Altair l’adorava e avrebbe finalmente avuto quella figura femminile che, a giudicare da quanto si era affezionata a Hermione, le mancava moltissimo.
E decise che, dopotutto, cedere ai propri sentimenti non sarebbe stato così male.
-Amore.-
Entrambe si voltarono al suono della sua voce e Draco sorrise, pensando che, anche se con sfumature ed intensità diverse, quell’appellativo sarebbe andato bene per entrambe.
-La pozione avrà un cattivo sapore- disse avvicinandosi a loro e inginocchiandosi all’altezza della figlia -quindi dopo mangia una zolletta di zucchero, va bene?-
La bambina annuì, poi, sempre rimanendo in braccio alla strega e attorcigliandosi una ciocca riccioluta intorno alle dita, bevve la pozione con espressione disgustata. Porgendo il bicchiere al padre, prese una zolletta e la portò subito alle labbra, divorandone rapidamente più della metà.
-Meglio?- domandò premurosamente Draco. La piccola annuì, tendendo le braccia verso il padre per essere presa in braccio, contenta di poter approfittare di quella situazione per farsi coccolare ancor più del normale.
Draco la sollevò e la strinse al petto, sedendosi sul letto vicino ad Hermione e continuando ad accarezzare la testa della figlia con una mano, mentre con l’altra teneva in mano qualche altra zolletta di zucchero.
-Ne vuoi una anche tu?-
-Perché me lo chiedi?-
-Le stai guardando come un’affamata.- abbandonando per un attimo le carezza ad Altair, Draco prese una zolletta e la porse ad Hermione –Non è avvelenata e ti assicuro che il gene dei Malfoy, con tutto ciò che comporta, non è contagioso.-
Draco parafrasò quello che lei stessa gli aveva detto la prima volta che lui e Altair erano venuti a casa sua ed Hermione lo notò subito. Indecisa se fidarsi del sorriso incoraggiante –forse anche di scuse?- del ragazzo davanti a sé, Hermione si riprese da quel senso di intorpidimento quando Draco mosse la zolletta della discordia sotto il suo naso.
-Ti devo imboccare?-
Con piacere.
Per evitare di dar voce a quel pensiero tanto inopportuno quanto spontaneo e sincero, Hermione scosse la testa e prese la zolletta.
Draco si pentì subito della propria gentile offerta, quando vide Hermione succhiare lo zucchero in un modo che, a suo modesto parere, avrebbero dovuto dichiarare fuori legge, per i pensieri impudichi e osceni a cui poteva dar adito.
Si concentrò sui capelli della figlia e si finse particolarmente interessato ad una cucitura del pigiama della bambina.
-Malfoy, posso…?-
Hermione indicò vagamente in corridoio e Draco annuì, immaginando che dovesse andare in bagno. Pudica –e puritana- com’era, probabilmente si vergognava persino a parlare dei propri bisogni fisiologici.
 
Quando tornò, però, Hermione gli porse un bicchiere trasparente colmo di una pozione dalla consistenza melmosa e dal color verde muschio poco invitante. Draco osservò con scetticismo quell’offerta, facendo saettare lo sguardo grigio dal bicchiere ad Hermione, riservando ad entrambi sguardi di profonda ostilità.
-Mi vuoi avvelenare?-
Cogliendo l’ironia, anche se discutibile visti i loro trascorsi, di quella domanda, Hermione rise e scosse la testa, tendendo ancor più il bicchiere verso Draco.
-È una specie di vaccino.- Draco però la guardò con sguardo vacuo. Chiaramente non aveva capito di cosa stessero parlando. –Tu la bevi e non ti ammali come Altair, praticamente.- tagliò corto.
Lentamente, il mago annuì, ma prima di bere come suggerito, abbassò lo sguardo sulla figlia che dormiva placidamente sul suo petto, il viso premuto contro il suo collo e una mano stretta intorno al colletto della sua camicia.
-È normale che si sia addormentata così in fretta?-
-Oh, sì.- ancora una volta Hermione rimase intenerita per la dolcezza con cui Draco si occupava della figlia –La pozione dà sonnolenza, ma non è niente di grave.-
Rassicurato, Draco fece distendere la figlia a letto e le rimboccò le coperte fin sotto il mento, prima di darle un bacio su ciascuna guancia.
-E tu come fai a sapere queste cose? L’hai letto in un libro?- la prese in giro, guadagnandosi un leggero scappellotto dietro la nuca.
-Anche Ted ha avuto il morbillo, qualche anno fa.- spiegò, poi soggiunse -Posso?-
Hermione indicò Altair con la testa e Draco annui, lasciando che anche lei salutasse la piccola. Si ritirarono entrambi sulla soglia, ognuno appoggiato ad uno stipite in legno.
Richiamando l’attenzione di Draco con un colpetto leggero sul braccio, Hermione gli porse il bicchiere con la pozione. Draco guardò ostile il liquido dall’aspetto disgustoso, poi lo bevve in sorso e storse la bocca in una smorfia di disgusto puro.
-Merlino, che schifo.- boccheggiò, respirando nel tentativo di calmare i conati di vomito che sembravano ribaltargli lo stomaco. Evidentemente, quel  vacino  o come diavolo si chiamasse, era anche peggio della cura vera e propria.
Dopo aver ispezionato la stanza con lo sguardo, Hermione si avvicinò al comodino e prese una delle zollette che Draco aveva posato lì per mettere Altair a letto. Tornò verso il ragazzo e gliela porse.
Forse con un pizzico di vendetta, Draco l’accettò e iniziò a succhiarne un’estremità, curioso di vedere se le guance della ragazza sarebbero andate a fuoco in pochi minuti, segno evidente che non era stato il solo a giudicare oscenamente eccitante quel gesto.
Con enorme compiacimento, Draco vide le gote della strega colorarsi gradualmente, fino a prendere la tinta di due mele mature.
-Tu non l’hai bevuta, quella schifezza.- le fece notare dopo qualche istante di silenzio.
-Oh, no. Io…- Hermione si impose mentalmente si darsi una regolata e di mettere un filtro ai pensieri che poteva fare su Draco in sua presenza –Io ho già avuto il morbillo da piccola.-
-E quindi?-
-E quindi generalmente non si prende mai due volte, questa malattia.-
-Che assurdità.-
Al commento indisponente di Draco, Hermione non riuscì a trattenere un sorriso sincero. Qualsiasi cosa Draco dicesse o facesse, non riusciva a fare a meno di mostrare al mondo la sua vena scorbutica e polemica.
Hermione lo trovava simile a Brontolo, scorbutico, irascibile e brontolone, ma estremamente dolce e profondamente sensibile.
-Perché sorridi al vuoto?- le riprese Draco, con la sua usuale nota brusca nella voce che, probabilmente, non sarebbe mai riuscito a cancellare del tutto.
-Perché sei uguale a Brontolo.- gli disse per ripicca, certo che non sarebbe stato contento di sentirsi paragonato ad un nano piccolo, stempiato e con il naso a patata, lui che tanto si vantava della propria bellezza. Vedendo che era pronto a replicare qualcosa, lo precedette –Non chiedermi chi è, perché so che lo sai benissimo, caro il mio Purosangue, e non protestare, perché sai anche tu che sei uguale a lui, irascibile ma…-
-Ma?- lo sollecitò con un sogghigno poco rassicurante.
-Ma anche dolce.- ammise, poi soggiunse, imbarazzata –A volte. Raramente. Quasi mai. E solo con Altair.-
Draco si allontanò rapidamente dalla stanza della figlia e andò in corridoio, ridendo di gusto, a lungo, sorreggendosi con una mano alla parete e senza staccare gli occhi da Hermione che lo fissava sconcertata e anche un poco offesa. Consapevole di averle riso in faccia, Draco si avvicinò nuovamente a lei con la mani alzate in segno di resa.
Era gentile, dolce e morbida, ma anche pericolosa.
-Non è gentile ridere di una signora.- lo rimbeccò.
-Signora?- Draco si guardò intorno confuso –Io non vedo signore.-
Hermione gli tirò un colpo piuttosto forte sul braccio.
Riprendendo un po’ del contegno che aveva perso –che perdeva sempre in sua compagnia, senza quasi accorgersene- Draco assunse un’espressione seria e la guardò fissa negli occhi, respirando a fondo.
Ci voleva coraggio per dire quello che stava per confessare.
-Grazie.-
Nel silenzio che seguì, Draco si domandò cosa ci fosse di difficile da interpretare in due sillabe di elementare comprensione.
-Per la sberla?-
-Merlino, quanto sei ottusa.- la apostrofò per la seconda volta in meno di un mese –E sadica, vuoi farmelo proprio dire.- l’accusò.
Con un alzata di sopracciglia, Hermione cercò di fargli capire che non aveva idea di cosa stessa dicendo. Draco sbuffò, poi prese coraggio.
-Ti ho detto delle cose… poco gentili- minimizzò con scaltrezza tipicamente Serpeverde, distogliendo lo sguardo –negli ultimi tempi, ma tu ci hai aiutato…  mi  hai aiutato lo stesso, sia ieri sia oggi. Grazie.- terminò con semplicità.
Sotto lo sguardo intenso del mago, che sembrava scavarle dentro e incendiarla poco a poco, Hermione annuì imbarazzata, chinando la testa e sussurrando un flebile  “prego”.
Nel suo letto, Altair si rigirò nel sonno ed entrambi si voltarono a guardarla. Quando Draco spense la luce della lampada rimasta accesa, rimasero silenziosamente immersi nella penombra.
-Comunque non c’è bisogno che tu mi chieda il permesso per dare un bacio ad Altair.- decise di dirle, dando voce alle conclusioni a cui era arrivato prima nella propria testa -Anche se te lo impedissi, lei te li darebbe da sveglia, quindi la mia risposta non farebbe tutta questa differenza.- le fece notare.
-Ma se facesse la differenza, tu me lo impediresti?-
Protetta della scarsità di luce, Hermione attese in trepidazione la risposta.
Nonostante quello che le aveva detto in precedenza –che era stata solo una valvola di sfogo, che non era bella, che non avevano nulla in comune-, quel pomeriggio con Draco era stato perfetto, nonostante le condizioni di salute della piccola.
Il giovane si era mostrato gentile, per nulla sarcastico, quasi complice e affettuoso.
Era cambiato radicalmente rispetto all’atteggiamento amaro e ironico che aveva mantenuto in passato.
E quel nuovo Draco le era piaciuto ancora di più.
Sentì la tensione dell’uomo, quasi palpabile, sciogliersi di colpo, come se avesse aperto una valvola di sfogo per la tensione accumulata.
-No.-
Confessò il mago a bassa voce, sentendosi immediatamente più leggero e tranquillo, più libero dopo quell’ammissione con cui voleva porre definitivamente fine alle costrizioni che si era stupidamente imposto in precedenza.
Nella penombra della stanza, ancora appoggiato allo stipite della porta accanto ad Hermione, Draco mosse le dita, cercando la mano della ragazza e accarezzandole con leggerezza il dorso, le nocche lisce, sfiorandole appena il polso palpitante e sentendo sotto le dita la pulsazione del sangue nelle vene. Rimasero fermi, l’uno accanto all’altra, le mani vicine, le dita che si sfioravano con tocchi leggeri senza mai cercare un contatto più deciso, senza mai intrecciarsi, lasciando che quei tocchi superficiali ma incredibilmente eccitanti parlassero al posto loro.
Hermione sorrise, mentre con un dito seguiva il percorso di una vena sporgente sul dorso della mano di Draco.
Sorrise, sentendo il respiro tranquillo di Altair che riposava.
Sorrise, pensando che, forse, erano finalmente giunti ad un punto di svolta.
 
 






 
Buon pomeriggio!
Uff, l’estate è arrivata e io sto morendo di caldo.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto quanto a me è piaciuto scriverlo.
Stiamo facendo passi avanti, spero abbiate apprezzato.
Appuntamento a sabato, con il prossimo capitolo, per sapere cosa succederà!
Come sempre, se oltre a leggere voleste anche commentare, mi farebbe piacerissimo (anche se non si dice XD ) leggere le vostre opinioni.
Vi abbraccio forte!
Giada

 

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Capitolo 12
*** Harrods ***


 
Vi ringrazio per le recensioni che mi avete lasciato e per aver inserito la storia in qualche lista.
Buona lettura!


Cap. 12
Harrods
 

 
-Domani è il mio compleanno!-
Un tornado biondo, alto poco più di un metro ma con la voce squillante di mille campanelli, si precipitò in casa di Hermione, saltando sul divano della ragazza e andandole vicino. Hermione richiuse il quaderno, che conteneva la ricerca che stava revisionando per l’ultima volta, e rivolse la sua attenzione alla bambina.
-Tu festeggi con me e papà, vero?- chiese ancora, puntando gli occhi azzurri accesi e speranzosi in quelli di Hermione.
La ragazza lanciò uno sguardo a Draco, che però non diede segno di volerla aiutare, sogghignando nel vederla in difficoltà. Sembrava anzi piuttosto interessato a levare un granello di polvere visibile solo ai suoi occhi dal maglione che indossava, spazzolando con noncuranza la spalla.
-Ehm, penso di sì.-
Alla risposta di Hermione, un po’ incerta, Draco si risvegliò dai propri pensieri.
-Pensi?- domandò con voce canzonatoria –Hai un impegno con il fruttivendolo o con l’uomo dall’unico sopracciglio?- chiese pungente, la mascella serrata in un gesto di fastidio.
Hermione voltò la testa verso di lui, assottigliando gli occhi per quei soprannomi che aveva affibbiato a John e a Viktor, ma con un sorriso lusingato per la gelosia che manifestava il tono di quella domanda.
-Non ho alcun impegno,  io.- calcò sull’ultima parola –E tu?- gli domandò con un sorriso cortese ma a sua volta canzonatorio.
-Nemmeno. Strano, non trovi?- la provocò.
Le labbra di Draco si stesero in un sorriso compiaciuto vedendo l’espressione di disappunto e irritazione che stava facendo capolino sul viso struccato di Hermione.
Gli piaceva vedere la sua gelosia e lo divertiva punzecchiarla. Gli piaceva la piega che prendevano le sue labbra, la fronte un po’ corrugata e il lampo di fastidio puro che lanciavano i suoi occhi scuri.
Un’espressione, nel complesso, che urlava a gran voce ciò che provava verso di lui.
-Papi, oggi può venire anche Hermione con noi?-
Gli occhi di Draco, che sembravano non potersi più staccare da quelli color ebano di Hermione, si spostarono all’istante sulla figurina della figlia, che lo fissava con aspettativa e con la mano di Hermione saldamente stretta tra le proprie.
-Dove, Altair?- domandò. Era certo di essersi perso almeno una parte dei ragionamenti della figlia.
-A scegliere con noi il mio vestitino per la festa della nonna!- gli rispose la piccola con tono squillante e con leggero rimprovero per aver dimenticato che nonna Narcissa aveva organizzato una cena per il suo compleanno, quella stessa sera –Mi hai detto che andavamo oggi e Hermione è sola e allora può venire con noi. Vero che può venire, papi?-
Draco spostò lo sguardo su Hermione e poi sulla mano della figlia, che sembrava volerla fondere con quella più grande della ragazza. Gli occhi azzurri di Altair sembravano brillare nella penombra del salotto di Hermione, rischiarato appena da una lampada posta vicino al divano.
-Ma certo, a meno che non abbia impegni  improrogabili  per questa mattina.- ipotizzò con un pizzico di sarcasmo.
Immediatamente, Altair si girò verso Hermione per porle la domanda che le aveva suggerito implicitamente il padre, guardandola con aspettativa e un po’ di delusione per quell’ipotesi che sconvolgeva i piani di una bella giornata con il suo papà e la sua amica.
-Hai impegni?-
-No, Altair, non ho impegni. Tuo papà fa solo del sarcasmo.-
-Che cosa fa papà?- domandò confusa.
-Niente, niente.- bofonchiò Hermione, posando il quaderno sopra il cumulo di proporzioni notevoli che si era formato sul tavolino –Se volete andare ora, vado a vestirmi.- propose e ad un cenno affermo dei suoi due ospiti si diresse in camera propria, riemergendone pochi minuti dopo vestita con dei semplici jeans e un maglione nero come gli stivali e la borsa, in cui gettò frettolosamente un paio di pacchetti di fazzoletti di carta, una agenda rossa, il suo cellulare e una bustina che Ginny aveva soprannominato  “farmacia ambulante”.
-Non porti anche un attaccapanni e uno specchio a figura intera?- le domandò Draco mentre uscivano dalla porta sul retro che conduceva in giardino. Hermione lo guardò sconvolta e si portò teatralmente una mano alla bocca spalancata per la sorpresa.
-Hai fatto una battuta riferita a Mary Poppins?- gli domandò con un ghigno canzonatorio che tanto assomigliava a quelli che lui stesso esibiva spesso e volentieri –Non ci credo, devo segnarmelo sul calendario.- disse ridendo, muovendo un paio di passi verso casa.
Draco la trattenne saldamente per un braccio strattonandola indietro, contro di sé, stringendo le labbra e guardandola dall’alto con aria minacciosa.
-Taci, Granger.- le intimò, mentre lei nascondeva il sorriso affondando il viso nella sciarpa, immergendosi nella lana rossa fino al naso e continuando a fissarlo al di sotto della ciglia che ombreggiavano i suoi occhi.
-Dove andiamo?- la domanda di Altair pose fine a quello scambio di sguardi incandescenti ed entrambi gli adulti si guadarono pensierosi.
-Direi da Madama McClan.- propose Draco –Così le dici come vuoi il vestito e lei te lo fa subito.- Altair annuì, ma Hermione non sembrava affatto convinta. Storse il naso e poi richiamò Draco con un piccolo colpo sulla spalla.
-Io avrei un’idea. Sai, per fare qualcosa di diverso dal solito.-
Draco annuì, concorde ma sospettoso, e poi si accorse di un altro particolare.
Andare a Diagon Alley significava incontrare inevitabilmente qualcuno che conoscesse entrambi e che non avrebbe esitato un istante a diffondere un pettegolezzo tanto succulento.
Non che temesse di essere visto con lei, ma non aveva ancora deciso  precisamente  come agire, come comunicare ai suoi amici la notizia che avrebbe provocato loro un attacco apoplettico collettivo.
 
 
Quando si materializzarono nel retro tetro del Paiolo Magico, Draco si domandò che senso avesse fare tanto la misteriosa quando poi la loro meta segreta si era rivelata la stessa che aveva proposto lui.
La risposta gli arrivò pochi minuti dopo, quando Hermione materializzò tutti e tre in un vicolo buio di un quartiere della Londra babbana, guidandoli per varie vie trafficate senza rivelare nulla della propria meta. Dopo qualche minuto in cui Altair camminava con il naso all’insù, ammirando la folla e le case alte così diverse da quelle che era sempre stata abituata a vedere, e Draco aveva mantenuto le labbra corrucciate, arrivarono davanti ad un edificio di parecchi piani, le cui vetrine erano sormontate da grandi scritte dorate su sfondo verde.
Harrods.
Hermione si voltò verso di loro, sorridendo indecisa e molto meno convinta della propria idea di quanto non lo fosse quando si erano smaterializzati da Henley-on-Thames.
-È un grande magazzino, il più famoso di Londra.- poi si rivolse ad Altair, che aveva un’espressione confusa sul visino paffuto –Ci sono tanti reparti di vestiti, giochi e tante altre cose.-
Alzò lo sguardo verso Draco che fissava pensieroso le vetrine, spostando lo sguardo sulle varie persone che entravano o uscivano dalle porte automatizzate e fulminando con una sola occhiata quelli che guardavano sospettosi il suo insolito colore di capelli.
Trascinati da Altair, si avvicinarono ad una vetrina e mentre la bambina scrutava i vestiti esposti oltre il vetro, Hermione si affiancò a Draco.
-Che ne pensi?-
-Della tua  straordinaria  idea di portarmi in un negozio babbano?- domandò, sbirciando oltre le porte scorrevoli il negozio che si estendeva splendente e affollato di persone ed oggetti.
-Non è solo un negozio!- puntualizzò Hermione, che adorava Harrods pur non essendo una patita dello shopping -Comunque sì, di questo posto.-
Draco abbassò lo sguardo su di lei, che lo guardava incerta e in attesa di una sua risposta. Gli sembrò quasi una bambina che aspettava il commento della maestra per il compito svolto.
Una bambina cresciuta e incredibilmente ammaliante.
-Può andare.- le concesse distogliendo lo sguardo, ma scorgendo con la coda dell’occhio il sorriso soddisfatto sulle labbra di Hermione –quelle belle labbra che per prime l’avevano ammaliato con il tono dolce e gentile che sapevano liberare.
Meditò per qualche istante, poi decise di dare un piccolo aiutino all’atmosfera elettrica che sembrava essersi instaurata tra di loro, la stessa che aveva percepito poco prima di smaterializzarsi da Henley-on-Thames e che gli aveva fatto desiderare di poterla fare sua anche in giardino, se solo non ci fosse stata Altair nei paraggi.
-E comunque- l’avvisò, piegandosi vicino all’orecchio di Hermione e passandole un braccio intorno alla vita –questo scherzetto ti costerà molto caro, cara la mia puritana.- la minacciò.
Se anche Hermione avesse desiderato ribattere, la risposta le morì in gola quando sentì le labbra di Draco solleticarle prima il lobo e poi posarsi poco lontano, baciandole la pelle soffice e sensibile sotto l’attaccatura dell’orecchio, sfiorandola lascivamente con la punta della lingua.
Sentendolo sogghignare contro la propria guancia –arrossata, non aveva alcun dubbio su questo- per il brivido che l’aveva scossa, Hermione decise di entrare da Harrods, prima di dare spettacolo sul marciapiede, tra allegre comitive di turisti e famigliole vocianti, che certo non avrebbero apprezzato il gemito che aveva rischiato di non riuscire a soffocare.
 
 
Draco non era mai stato un fanatico dello shopping e andava da Madama McClan proprio per questo, perché lei prendeva le misure in dieci minuti scarsi e poi lui poteva andarsene con Altair, mandando poi qualcun altro a recuperare l’abito finito, approfittando magari dell’elfo domestico della madre.
Non aveva mai sopportato le luci accecanti, la folla e i commessi che ti giravano attorno come avvoltoi, ancor meno dover aspettare ore mentre Astoria provava decine di vestiti, che le stavano tutti d’incanto ma a cui lei doveva sempre trovare qualche difetto.
In quel posto, quel giorno, con quella donna, tutto era diverso.
Certo le luci erano accecanti, il posto affollato e la commessa babbana sembrava una iena pervertita, che non solo gli girava intorno con insistenza ma sembrava più interessata al suo fondoschiena che ad altro, ma con Hermione era tutta un’altra storia.
Avevano saltato completamente i piani dedicati all’abbigliamento da donna, ma da quel poco che Draco aveva visto, aveva ammesso che i babbani in fatto di moda non se la cavavano così male.
Giunti alla loro meta, Altair lanciò un piccolo urlo di gioia. Nonostante i bellissimi abitini che le confezionava Madama McClan e quelli che le portava Astoria, la bambina non ne aveva mai visti tanti tutti in una volta.
Prendendo Hermione per mano e rubandola letteralmente a Draco e alla loro conversazione, Altair la trascinò con sé tra i vari vestiti in mostra, sfiorandoli tutti con le dita sottili e testandone la morbidezza. Sotto lo sguardo attento di Draco, vagarono tra i vari abiti fino  a quando Altair indicò decisa un abito appeso in alto. Draco sorrise per il buon gusto della figlia, mentre Hermione annuiva sorridendo e cercava la giusta taglia.
Ancora una volta, Altair aveva dimostrato di avere lo stesso buon gusto in fatto di abiti della madre, che ne sarebbe stata certamente orgogliosa.
Era di un deciso e brillante color ciliegia, sottolineato in vita da una fascia sottile color panna decorata da tre piccole rose di tulle, della stessa stoffa che costituiva la maniche corte a sbuffo.
Nonostante il colore acceso che ad una prima occhiata sarebbe potuto apparire pesante ed esagerato, l’abitino era elegante e raffinato. Anche se di chiara fattura babbana, Draco era certo che sua madre l’avrebbe apprezzato, soprattutto perché avrebbe messo in risalto la carnagione lattea e i capelli chiari di Altair davanti agli ospiti che sicuramente Narcissa aveva invitato.
-Andiamo a provare il vestito!- gli annunciò Altair, correndo in camerino seguita da Hermione. Draco le seguì, sedendosi su una poltroncina in camoscio fuori dal camerino in cui entrambe erano entrate.
-Bello bello bello!- esclamò felice la bambina, uscendo dal camerino ed esibendosi in una storta piroette per mostrare al padre il vestito da ogni angolazione, beandosi del fruscio della gonna che si sollevava ad ogni rotazione –Ti piace papà?- gli domandò ansiosa, guardandolo in attesa di un suo parere.
-Ti sta benissimo, amore.- le disse, dandole un bacio sulla guancia che fece sorridere di tenerezza Hermione che, appoggiata allo stipite del camerino, con un braccio teneva sollevate le tende per osservarli.
-A te piace il vestito?- si voltò verso Hermione, ansiosa di conoscere anche il suo parere.
-Sì, è davvero molto bello.-
Convinta dall’ennesima conferma, Altair sgusciò nuovamente nel camerino passando sotto il braccio teso di Hermione e la chiamò per farsi aiutare a slacciare la cerniera.
 
Giunti alla cassa, Draco sospirò di sollievo nel constatare che la commessa asfissiante era sparita e che la donna dietro al bancone era una signora di mezza età, piuttosto in carne e con capelli castani tagliati in un caschetto perfettamente regolato.
-Scusate.- la donna attirò l’attenzione dei due giovani –Se posso permettermi, siete una bellissima coppia.-
Hermione avvampò improvvisamente sulle guance e Draco si trattenne con difficoltà dal fare un qualche tipo di commento che la mettesse ancor più in imbarazzo, soddisfacendo invece il suo ego per il piacere che provava sempre nel prenderla in giro.
-Per questo volevo dirvi che la collezione dell’abito che avete scelto per vostra figlia comprende anche un abito, come dire, corrispondente per lei.- disse rivolta ad Hermione –Se le interessa, può trovare l’abito al piano inferiore, nel reparto donna. Fareste un figurone.- concluse con un sorriso materno, porgendo a Draco un sacchetto che riportava il marchio del magazzino emblema di Londra.
Salutando con un cenno la donna, che già si stava dedicando al cliente successivo, Draco ed Hermione si allontanarono camminando in silenzio, mentre invece Altair era alquanto eccitata all’idea che Hermione potesse avere un vestito come il proprio.
-Mi dispiace.- disse Hermione, trattenendolo per la manica del cappotto e fermandosi di fronte a lui, mortificata –Mi dispiace che abbia pensato che Altair è mia figlia, che noi due… Forse sono stata troppo…-
-Merlino, Granger, sai essere patetica quando fai così.- le disse bruscamente, poi si addolcì –Non fare quella faccia, non hai detto nulla e non hai ancora il controllo sulla mente delle persone, per quanto a volte tu sappia essere così logorroica da spingere la gente a non avere più controllo sulle proprie azioni.-
-Hey!- si indignò Hermione, incrociando la braccia sotto il seno.
-Quindi- continuò imperterrito -appurato che sei solo logorroica e non ancora onnisciente e onnipotente, andiamo al reparto donna.-
-E perché?-
-Perché domani è il compleanno di Altair e oggi siamo usciti per farla felice, quindi tu ora farai quello che vuole lei.- a quelle parole Altair esultò, prendendo entrambi per mano e trascinandoli verso le scale mobili.
Anche se riluttante, Hermione li seguì al piano inferiore, più per desiderio di far felice Altair –una sorta di regalo di compleanno anticipato- che per reale volontà di provare quel vestito che si prospettava, addosso a lei, assolutamente orripilante.
Il piano donna, illuminato da luci al neon che mettevano in risalto gli abiti e facevano brillare lustrini e paillette, era un trionfo di abiti lunghi, eleganti e scollati, dai tessuti più pregiati e dai colori più vari.
Liquidando rapidamente una commessa che sembrava essersi appostata dietro un espositore di pochette di raso come un avvoltoio, Hermione, Draco e Altair cominciarono ad aggirarsi con calma per il piano, tra i sospiri estasiati della bambina che sembrava assolutamente incantata.
 
Dopo quindici minuti, numerose  proteste, qualche energico strattone di Altair e una presa ferrea e decisa di Draco intorno alla sua vita, Hermione si ritrovò in un camerino spazioso, a piedi nudi sulla moquette che ricopriva il pavimento e in intimo, intenta a fissare con aria truce l’abito che Altair, sotto lo sguardo decisamente sadico del padre, aveva scelto.
Fortunatamente, dovette ammettere Hermione, avevano ignorato l’abito color ciliegia e avevano optato per uno di una tonalità intensa di celeste, brillante quanto gli occhi della bambina.
Con un sospiro rassegnato, Hermione indossò l’abito e tirò su la cerniera con un colpo di bacchetta, riponendola immediatamente nella tasca del cappotto. Si guardò allo specchio e con stupore ammise che non le stava poi così male come aveva temuto.
Certo, non assomigliava minimamente alla modella di un catalogo di moda e non si avvicinava nemmeno lontanamente alle altezze esagerate e statuarie di quelle donne che calcavano le passerelle, ma non sembrava nemmeno Sibilla Cooman nei suoi periodi peggiori.
-Granger, muoviti.- l’esortò Draco al di là della porta del camerino –Mi è appena comparsa una ruga in fronte.-
-Dai, Hermione! Esci!- ordinò Altair con tono imperioso.
-Esco, ma guai a chi ride. Soprattutto tu!- senza bisogno di ulteriori chiarimenti che specificassero a chi si stava rivolgendo, Hermione prese un respiro profondo e uscì.
Altair batté le mani euforica, ma Hermione le prestò poca attenzione. Il suo sguardo era puntato su Draco, che la fissava pensieroso e concentrato, la testa inclinata di lato e le gambe accavallate, le braccia rilassate sui braccioli della poltroncina.
A disagio per quello sguardo che la scrutava, Hermione spostò il peso da un piede all’altro. Alzò gli occhi per cercare di sollecitare una sua risposta, ma quando incrociò quelli ardenti e liquidi di Draco, chinò rapidamente il capo per aggiustarsi una piega della lunga gonna.
-Oh, insomma!- sbottò dopo qualche altro attimo di tensione –Vuoi dirmi come mi sta o ti diverti a vedermi in imbarazzo?-
Draco si aprì in sorriso che esprimeva chiaramente, senza bisogno di parole, tutto il proprio divertimento per il suo stato d’animo. Poi anche la piega delle sue labbra si ammorbidì, lasciando posto ad un sorriso gentile, dolce, caldo.
-In effetti mi sto divertendo un mondo, erano anni che non mi divertivo così. Da quando Potter ha preso quella fantastica T in Pozioni.- ricordò con nostalgia i bei tempi andati –E comunque non ti sta bene.- Hermione chinò la testa, intristita. -Di più.-
Subito dopo averle lasciato quel complimento –atipico come era lui stesso- Draco prese la figlia per mano e si allontanò verso l’uscita dei camerini.
-Ti aspettiamo qua fuori.- la informò.
Ancora un poco scossa per quel complimento inaspettato e ancor più per lo sguardo ardente che sentiva ancora sulla pelle, quasi la stesse spogliando con gli occhi, Hermione richiuse la tenda del camerino e appese l’abito alla gruccia.
Fece appena in tempo a indossare ed allacciare i pantaloni, che la tenda venne scostata bruscamente, richiudendosi alle spalle dell’intruso.
-Malfoy!- esclamò scandalizzata.
Cercò di coprirsi con le mani, ma la stretta decisa di Draco intorno ai polsi le impedì con fermezza di attuare il proprio proposito.
La spinse contro lo specchio freddo e la sentì rabbrividire, insinuando poi una mano al di sotto della sua schiena per staccarla dalla superficie fredda e liscia e premerla contro di sé.
-Il vestito ti sta bene.- le disse ad un orecchio, baciandole la spalla nuda, mentre seguiva con un dito il profilo della spina dorsale –Ma io ti preferisco senza.-
Sentendo la voce di Draco così bassa e roca, il suo fiato solleticarle la pelle e le sue mani accarezzarle impudiche il corpo, Hermione chiuse gli occhi e mosse la testa alla cieca, in cerca della bocca di Draco.
Non dovette attendere molto, perché ben presto sentì le labbra del mago accarezzare le sue, prima con dolcezza, poi con frenesia, audacia, urgenza.
 
Dopo l’arrivo improvviso di Nott e Zabini, che avevano rovinato irreparabilmente l’atmosfera di quel momento, Draco si era ripromesso che il loro primo bacio sarebbe stato dolce, lento, agognato, delicato. Se l’era ripromesso anche mentre ripercorreva a passo spedito e deciso il corridoio che conduceva al camerino di Hermione, ma i suoi buoni propositi di tenere a freno i bollenti spiriti erano falliti miseramente alla vista di Hermione, con indosso solo i jeans e il seno fasciato da un reggiseno di pizzo nero, elegante e sensuale, ma semplice e pratico come piacevano a lei.
Aveva perso la testa ed era solo riuscito a colmare la distanza tra i loro corpi, assolutamente insopportabile, e a premerla contro di sé, cercando le sue labbra come un assetato e coinvolgendola in un bacio che era tutto fuorché ciò che si era prefissato.
Era frenetico, ardente, improvviso, passionale.
Aveva temuto che Hermione si sentisse turbata, infastidita forse, da tanta irruenza, ma quando l’aveva sentita rispondere con ardore e aggrapparsi saldamente alle sue spalle, tutti i dubbi erano spariti, lasciando posto solo al desiderio che lo bruciava.
Hermione affondò una mano nei suoi capelli e gli accarezzò con l’altra il collo, la giugulare, il pomo d’Adamo. Vi posò le labbra, quando Draco la lasciò libera di respirare, pur trovando quella necessità una fastidiosa interruzione.
Con un singulto stupito da parte di Hermione, Draco scostò il reggiseno e le accarezzò un seno, continuando a baciarle il collo, le spalle e il viso, mentre con il pollice stuzzicava un capezzolo, beandosi dei gemiti con cui Hermione esprimeva tutto il proprio apprezzamento.
Le diede un bacio violento, respirando il verso di protesta di Hermione e zittendola.
Quando si staccò da lei, Hermione emise un verso gutturale, ma il suo disappunto durò poco.
Vedendo Draco inginocchiarsi davanti a lei, baciandole e succhiandole lascivamente prima lo stomaco, poi l’addome, scendendo fino all’ombelico e al bordo dei jeans, senza smettere di accarezzarle il seno scoperto, Hermione lasciò ricadere la testa all’indietro, respirando affannata ad occhi chiusi.
Non appena un gemito più forte degli altri riempì l’aria intorno a loro, le labbra di Draco arrivarono fulminee a coprirle la bocca, baciandola con impeto, mentre le sue mani le scaldavano il petto scoperto con carezze bollenti.
Hermione si abbandonò a lui.
Non riusciva a sentire, pensare, cercare altro che Draco.
E anche se una parte di lei le rammentava che erano in un camerino in un luogo pubblico, Hermione non riusciva a riprendere il saldo autocontrollo che l’aveva sempre caratterizzata.
Aveva desiderato così a lungo Draco, un suo bacio, una sua carezza, la sua pelle contro la propria, la sua bocca che la cercava, la sua gamba che premeva tra le proprie e la inchiodava alla parete del camerino, che ora non riusciva a farne a meno.
Si mosse come una gatta, andando incontro alle labbra di Draco che le sfioravano il collo e alle dita che seguivano il profilo delle vene.
Con le mani ai lati della testa di Draco, Hermione guidò il viso del giovane davanti al proprio, guardandolo negli occhi lucidi di brama e baciandolo con decisione, solleticandogli le tempie con la punta della dita e accarezzandogli le gote accaldate con i pollici.
Dolcemente, in contrapposizione con l’audacia e la passione con cui l’aveva toccata e baciata prima, Draco rallentò, le sistemò il reggiseno e le accarezzò la schiena, baciandola più lentamente fino a staccarsi da lei.
-Non possiamo dare spettacolo qui, ora.-
Un altro bacio, a stampo ma intenso, sulle labbra.
-Ti prometto che continuiamo presto.-
Un altro ancora, più delicato, vicino all’orecchio.
-Molto presto.-
Le accarezzò la guancia con la punta del naso, inspirandone il profumo.
-Prestissimo.-
 
Uscire da un camerino non era mai stato tanto difficile.
 
***
 
Le feste a casa Malfoy, sia prima sia dopo la guerra, erano sempre state motivo di grande fermento nella società magica delle famiglie Purosangue.
Candelabri d’argento rischiaravano l’ambiente, facendo risplendere i marmi lucidi del pavimento e delle pareti e rischiarando gli stucchi che impreziosivano il soffitto; tende e tovaglie bianche donavano freschezza agli arredi e un sommesso chiacchiericcio si spandeva nell’aria come se fosse la delicata colonna sonora della serata.
Altair, la festeggiata, seguiva la nonna in giro per l’ampio salone, aggrappandosi alla mano della strega come se fosse un’ancora di salvezza, intimidita da quella folla di persone sconosciute, e sorridendo fiocamente ogni volta che veniva presentata a qualche parente lontano.
Con lo sguardo sempre puntato sulla figlia, quasi condividendone l’insofferenza –la stessa che lui stesso da piccolo aveva provato per quelle feste interminabili-, Draco sorseggiava distratto un bicchiere di vino elfico.
-Dai, usciamo sul terrazzo. Ho bisogno di aria.- lo esortò Theodore Nott, decisamente stufo di avere accanto l’amico sotto forma di bambola di porcellana, con gli occhi fissi e la mente persa altrove.
-Nott, vorrei farti presente che siamo a inizio dicembre.-
-E allora?-
-Allora fa un fottuto freddo fuori.- spiegò esasperato Draco, che credeva che l’amico, alla  veneranda  età di ventisette anni, fosse in grado di distinguere le caratteristiche principali delle stagioni.
Erano solo quattro, dopotutto.
-Merlino, quanto sei polemico ultimamente.- borbottò il giovane moro, lanciandogli un’occhiata in tralice e uscendo sulla terrazza, che si apriva pochi metri al di sopra del giardino e offriva una vista suggestiva dei terreni circostanti, avvolti da una gelida nebbiolina opaca.
Dalla tasca interna della giacca, Theodore estrasse un portasigarette d’argento, impreziosivo da un’incastonatura che riproduceva lo stemma della sua casata. Prese una sigaretta e tese verso Draco il portasigarette aperto, offrendogliene una.
Il giovane scosse la testa.
-Sei diventato noioso, negli ultimi tempi.- constatò Nott, accendendo la sigaretta e prendendo una boccata di fumo, lasciando che le volute azzurre uscissero poco a poco dalle narici.
-Trovo sia un po’ azzardato definire  “ultimi tempi”  gli ultimi cinque anni.- considerò Draco –Lo sai che è da quando è nata Altair che non fumo più.-
-Già, l’immagine del padre modello.- lo apostrofò l’altro, portandosi la sigaretta alle labbra e inspirando profondamente –Ma io parlavo in generale.- fece un vago gesto con la mano, spandendo nell’aria l’odore di tabacco bruciato.
Draco non commentò, alzò solamente un sopracciglio in attesa che l’amico continuasse.
-Sei strano, da qualche mese. Stai sempre in quello sperduto paesino di campagna, con tua figlia, e da qualche settimana non esci più con nessuna donna.- spiegò –Che fine ha fatto Cassandra, quella Medimaga con un corpo da favola?-
Ancora una volta Draco si astenne dal rispondere.
Oh, sì, era cambiato negli ultimi mesi. Theodore sarebbe rimasto stupito nell’apprendere  quanto  era cambiato e per colpa di chi.
-L’altro giorno stavo giusto pensando che avrei potuto presentarti mia cugina, che abita in Germania ma ha intenzione di trasferirsi qui, quando mi è venuta in mente una cosa.- Draco lo guardò curioso –Dopo quella chiamata che mi ha fatto la tua vicina di casa, non ho più saputo nulla di lei.-
Draco spostò lo sguardo sui terreni circostanti, giocando distrattamente con l’orologio, cinturino in pelle di drago siberiano e cassa in oro massiccio, un capolavoro dell’arte orafa dei folletti.
-Nemmeno un accenno a quanto fosse insopportabile, a quanto ti disgustasse vivere a pochi metri da lei. Nemmeno il più piccolo accenno a quanto il suo puzzo di Mudblood infestasse l’aria.-
Ancora silenzio.
Draco era l’immagine dell’immobilità assoluta.
Nott ne fu quasi deluso, poi notò con estremo piacere una vena che pulsava a ritmo anomalo sul collo di Draco. Così proseguì con le proprie considerazioni.
-Quindi mi sono domandato- fece una pausa, certo di aver già conquistato l’attenzione più totale dell’amico –non è che è lei a soddisfare i tuoi appetiti sessuali?-
Nel silenzio più totale, quasi i rumori della festa fossero stati assorbiti dalla tensione che aleggiava, Nott accese la seconda sigaretta e nascose il sorriso prendendo una boccata di fumo.
-Voglio dire, non sarà bella come Daphne, ma da un certo punto di vista le donne sono tutte uguali, non ti pare? Una vale l’altra, se ti servono per una cosa sola.-
Le mani di Draco ebbero un leggero spasmo.
-Un bell’incantesimo tacitante e il gioco è fatto. Poi basta solo non guardarla in faccia, ma quello è piuttosto semplice, non trovi? Non serve mica sapere che faccia ha, per scoparsela. Giusto?- soggiunse malignamente.
Draco annuì appena, fissando il gazebo con le rose di sua madre.
-Secondo me la Granger è una vera porca a letto. Tutta quell’aria da santarellina illibata, da vergine condannata al martirio per cui il sesso è un atto troppo plebeo per poterla interessare. Tutte storie.- decretò -Sotto sotto, nasconde un animo da puttana.-
Draco affondò le mani nelle tasche del completo nero, serrando i pugni e respirando a fondo l’aria fresca, contaminato solo dall’odore della sigaretta che si consumava lentamente tra le dita di Nott.
-Ma forse l’incantesimo tacitante non è una buona idea.- ripensò alla propria precedente idea –La soddisfazione è sentirla urlare mentre gode, altrimenti che gusto c’è?-
Draco rimase immobile.
Troppo immobile.
-Magari potrei provarci.- rifletté –Chissà come sarebbe sbattersela sul…-
La sigaretta cadde a terra, mentre Nott sbatteva la schiena contro la balaustra della terrazza e si portava una mano al naso, sentendo un liquido vischioso scorrere tra le dita, caldo e appiccicoso, inconfondibile.
Sangue.
Draco gli aveva rotto il setto nasale.
Ebbe a stento il tempo di imprecare trivialmente a bassa voce, che due mani salde e decise si strinsero sul bavero della giacca, raddrizzandolo a portando i visi vicini.
Draco respirava affannosamente, gli occhi fissi in quelli di Nott.
-Sai, Draco…-
-Taci, Nott.- il sibilo letale di Draco lasciava pochi dubbi sul suo stato d’animo –Se devi aprire la bocca per dire altre stronzate, ti consiglio di stare zitto. È meglio per te, credimi.-
Allontanando il compagno con una spinta decisa ed energica, Nott si sistemò la giacca e il nodo della cravatta, lasciando che il sangue colasse dalle narici e gli imbrattasse la camicia candida di vistose macchia cremisi. Recuperò la bacchetta dalla tasca interna della giacca scura e subito Draco lo imitò, tenendolo sotto tiro.
Con un sogghigno compiaciuto, Nott puntò la bacchetta contro se stesso, mormorando un incantesimo di guarigione. Un suono secco e un gemito di dolore segnalarono che il naso di Nott era tornato come nuovo.
Rapidamente, l’uomo si ripulì il volto e la camicia. Poi, alzò il viso verso l’amico, che lo guardava guardingo.
-Non hai mai picchiato nessuno per una donna.-
-C’è sempre una prima volta.- commentò caustico il giovane Malfoy.
-Nemmeno per Astoria.-
A quella precisazione, Draco non seppe come replicare.
-Personalmente trovo che la Granger sia la peggiore Mudblood sulla faccia del pianeta.-
-Nott…-
L’avvertimento di Draco parve cadere nel vuoto, perché il moro continuò a parlare.
-Non ha solo il sangue più lurido d’Inghilterra…-
Tristemente, Draco si accorse di essere stato lui stesso, ai tempi di Hogwarts, a fare quel commento in Sala Comune, accecato dall’odio e forse anche dall’invidia per quella ragazzina saccente e brillante che tutti ammiravano.
-…ma è anche saccente, petulante, logorroica, noiosa, frigida e…-
-Nott, piantala.-
Alla nuova ammonizione di Draco, Theodore si zittì, ma le sue labbra rimasero curvate in un sorriso derisorio.
-Personalmente non riesco a trovarne nemmeno una, ma evidentemente deve pur avere qualche qualità positiva.-
-Evidentemente.- lo assecondò Draco, con tono piatto. Per quanto si sforzasse non riusciva a capire dove Nott volesse arrivare con tutto quel discorso.
-E tu ne hai trovate molte, non è vero?-
-Di cosa?-
-Di qualità positive di miss Granger.-
-Cosa staresti insinuando?-
Fingere e negare sempre, anche l’evidenza, si ammonì.
Perché era evidente ciò che Nott stava insinuando.
-Io non sto insinuando, Draco. Io so.-
-Tu sai?- gli fece eco –E da quando sei onnisciente?-
-Da un po’.-
Si accese una nuova sigaretta, la terza nel giro di meno di un quarto d’ora, e aspirò a fondo. Poi decise di illuminare il proprio interlocutore.
-Da quando ci hai detto che avevi una sbandata per la Granger con una faccia da pesce lesso davvero degna del peggior Grifondoro. O da quando Daphne mi ha confessato che non l’hai più richiamata, nonostante abbia un corpo capace di far eccitare un uomo al primo sguardo. O da quando tua figlia mi ha detto che fumare fa male ai polmoni, una cosa che tu, chiaramente, non le avresti mai detto. O da quando hai smesso di guardare nelle scollature delle donne che ti presento. O da quando mi hai spaccato il naso, per esempio.- concluse.
Draco rimase in silenzio.
-Non hai nulla da dirmi?- lo incoraggiò Nott e quella domanda parve svegliare Draco.
-Cosa vuoi sentirti dire?- chiese –Che mi sono innamorato di Hermione? Va bene. Mi sono innamorato di Hermione Granger, Grifondoro, Mudblood e amica di Potter.-
Ammetterlo ad alta voce, davanti a qualcuno che non fosse il proprio riflesso allo specchio o il proprio bicchiere di Whiskey, faceva molto più effetto e mostrava molto più palesemente la portata di quella considerazione.
Dopo anni passati a camminare a testa alta, fiero anche quando non ci sarebbe stato motivo e fintamente sicuro di se stesso anche quando non lo era, Draco Malfoy chinò il capo, sconfitto.
-Se vuoi dirlo agli altri, fa’ pure. Ma aspetta che Altair sia lontana, non voglio che senta quello che gli amici di suo padre pensano della donna che lei adora.- alzò gli occhi con risolutezza, fissando Nott con decisione.
-Non ti importa di quello che penserà tutta quella gente?- domandò indicando con una mano la vetrata, le dita che stringevano l’ultimo mozzicone di sigaretta.
-A loro importa di me e di quello che voglio? No.- rispose da solo -Quindi non vedo perché a me dovrebbe interessare ciò che pensano loro. Anche se non lo comprendono e non lo accetteranno mai, questa è la  mia  vita.-
L’aveva deciso nel momento stesso in cui l’aveva detto.
Prima di quella sera era stato convinto di voler stare con Hermione, di comportarsi come avrebbe voluto fare già nelle settimane precedenti, ma non aveva mai pensato al dopo, a cosa sarebbe successo nel momento in cui qualcuno al di fuori di Potter e della Weasley avrebbe saputo di loro due.
Ora lo sapeva e, in un certo senso, doveva ringraziare Nott per questo.
-E Astoria?-
-Con la mia ex moglie me la cavo da solo.- liquidò la domanda, la più spinosa possibile, con un tono secco e perentorio. Astoria sarebbe stata un bel problema, ma non era quello il momento di pensarci, tanto più che non erano affari di Nott.
 -Quindi vuoi stare con lei?-
Voleva?
Voleva rinunciare a tutto per lei, per quella donna irritante ma stupendamente dolce che l’aveva conquistato, che era entrata con dolcezza nella sua vita, con tanta delicatezza da convincerlo a cambiare senza che si sentisse costretto?-
Voleva cambiare vita per lei?
-Sì.-
Nott lo guardò con profondo compatimento.
-Sei patetico, Malfoy.- disse accorgendosi di quel luccichio innamorato negli occhi grigi dell’amico –Ma sei un patetico uomo innamorato che è disposto a combattere per la propria donna, per quanto il suo sangue sia sporco, e questo ti fa onore.-
Senza dire altro, si avviò verso la grande porta a vetri che conduceva nel salone, dove la festa era ancora nel pieno del suo svolgimento.
-Dove vai?-
-A consolare la povera Daphne.-
-E…- lo sollecitò Draco, spazientito da quel modo di fare troppo simile alla Cooman, per i suoi gusti.
-E niente. Per me questa conversazione non è mai avvenuta.-
-Sei un amico, Theo.-
-No, voglio solo godermi lo spettacolo da spettatore in prima fila, quando gli altri lo verranno a sapere. Non rimarrò al tuo fianco se decideranno di tagliarti fuori dai nostri circoli di amicizia, Draco.- chiarì –Io non avrei nulla da guadagnarci.- sottolineò l’evidenza in perfetto stile serpeverde, poi scostò le tende e se ne andò.
 
 
 
Ciao carissime/i!
Aggiorno presto perché stasera non posso.
Dunque, come avete visto LA svolta, che alcune di voi avevano già reclamato nello scorso capitolo, è arrivata. Forse mi direte che potevo aspettare ancora un po’, che qualche altro capitolo d’attesa ci sarebbe stato bene, ma non volevo tirare troppo per le lunghe.
Nella parte finale, Nott risulta decisamente triviale e volgare, ma spero risulti chiaro che, innanzitutto, lo fa per scatenare una reazione in Draco e per capire se gli nasconde qualcosa come sospetta, e in secondo luogo anche perché non ha alcun rispetto per una ragazza dal sangue impuro come Hermione.
Inoltre, è cmq una ff a rating arancione, quindi credo di non aver fatto danni :)
Bene, come sempre vi chiedo di lasciarmi una piccola recensione (se è lunga, tanto meglio :P) per dirmi che ne pensate.
Un abbraccio fortissimo, a sabato prossimo!!!!
Giada

PS. forse qualcuno ha notato che anche nell'altra mia ff avevo inserito un capitolo dedicato a Londra: penso che lo farò in ogni storia, Londra è la mia grande passione, la città che amo sopra ogni altra  <3




 

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Capitolo 13
*** Festa di compleanno ***


Cap. 13
Festa di compleanno
 

 
-Sono pronta!-
Altair arrivò di corsa in camera del padre, fermandosi davanti a lui e facendo una giravolta per mostrare il vestitino color pesca che le arrivava poco sotto le ginocchia e sembrava gonfiarsi come un fiore in boccio.
Aprì le braccia con orgoglio per la scelta fatta e alzò il viso verso il padre che la guardava sorridendo, le mani sui fianchi nudi coperti solo da un paio di boxer neri. Draco si chinò verso di lei, le mise le mani sotto le ascelle e la sollevò alla propria altezza, scoccandole un bacio sulla guancia morbida. Aggrappata alle sue spalle nude e leggermente umide per la doccia appena fatta, Altair rise, con la sua risata cristallina e musicale come mille campanelli, stringendogli le braccia al collo e premendo le labbra contro la guancia di Draco, un poco ruvida per la barba che stava ricrescendo, lasciandosi coccolare.
Dopo aver depositato la figlia al centro del letto matrimoniale, Draco tornò davanti al proprio armadio, le cui ante spalancate mettevano in mostra il suo vasto guardaroba.
-Come ti vesti?- gli domandò la bambina, sedendosi sulla sponda del letto e facendo ondeggiare i piedi ad un ritmo che solo lei conosceva.
-Come al solito.-
-No!-
Draco si voltò verso al figlia che era balzata giù dal letto in un lampo e si stava avvicinando a lui con decisione e passo marziale.
-Oggi è il mio compleanno e devi essere elegante perché dobbiamo festeggiare e poi viene anche Hermione e io ho detto anche a lei di vestirsi elegante.-
Finalmente Draco si spiegava molte cose.
Poco prima di pranzo Altair aveva insistito per andare da Hermione e comunicarle ufficialmente l’orario della cena e prima ancora che lui potesse replicare, era già corsa in giardino, entrando come un fulmine iperattivo nella villetta azzurra, aprendo la porta sul retro che le strega lasciava sempre aperta per lei.
Sua figlia era un piccola peste astuta e questo, doveva ammetterlo, gli piaceva moltissimo.
-E quindi come mi dovrei vestire?- le domandò, fingendosi offeso.
-Elegante!- esclamò Altair con ovvietà –Come quando esci con la mamma.-
A quelle parole, Draco si fermò per qualche istante a riflettere. Altair si stava affezionando moltissimo ad Hermione, come se fosse un’amica, una sorella, una seconda mamma.
Nonostante le remore iniziali e i dubbi sull’affidabilità e sull’influenza che avrebbe potuto avere una secchiona come la Granger, Draco si era dovuto ricredere su tutta la linea.
Da quando avevano incontrato Hermione, Altair sembrava molto più allegra, solare, iperattiva e astuta, soprattutto quando si trattava di dover escogitare rocamboleschi piani per farli stare insieme. Pur essendosene accorto tempo prima, all’incirca quando Altair aveva cominciato a fare resistenza per poter cucinare quella famosa torta paradiso, Draco non si era opposto.
Aveva lasciato che quel tempo passato insieme gli insegnasse a conoscerla, a scoprirla poco a poco, a imparare tutto ciò che poteva conoscere di Hermione al di là della patina di insicurezza e timorosa riservatezza che la strega frapponeva tra loro due.
-Papi, muoviti!- gli ordinò Altair –Tra poco arriva Hermione!- gli rammentò.
Annuendo, Draco tirò fuori dall’armadio un completo nero e una camicia color ceruleo. Li indossò con lentezza, studiando Altair che lisciava le pieghe dell’abitino che le aveva portato Astoria qualche mese prima, lanciandogli di tanto in tanto un’occhiata severa per controllare che stesse facendo esattamente ciò che lei gli aveva ordinato.
-Come sto?-
Altair batté le mani.
-Sembri il principe delle fiabe.- decretò con una lunga occhiata –Ad Hermione piacerai un sacco!-
Prima che Draco potesse anche solo aprir bocca, dei colpi risuonarono alla porta d’ingresso, echeggiando sulle scale e accendendo di gioia gli occhi azzurri di Altair che prese il padre per mano e corse verso le scale, fiondandosi al piano inferiore.
 
Come ordinato dalla piccola festeggiata, entrambi erano  molto eleganti e Altair approvò con un sorrido radioso la scelta dell’abito di Hermione.
Non che fosse particolarmente elaborato o appariscente, quell’abito di un cupo rosso sangue, ma il contrasto con la pelle chiara e i capelli scuri era davvero notevole, notò Draco.
L’aveva già vista elegante, ad esempio quando era uscita a cena con il bulgaro dall’unico sopracciglio o quando era uscita un paio di volte con il fruttivendolo smidollato, ma mai per lui.
Le fece cenno di entrare e le tenne la porta aperta, mentre Altair si lasciava prendere in braccio e accettava con piacere altri baci di auguri.
Mentre la strega appendeva il pesante scialle di lana che aveva indossato al posto del cappotto e rimuoveva l’incantesimo che aveva fatto prima di uscire, per evitare di rimanere congelata prima di arrivare a casa di Malfoy, Draco si concesse del tempo per osservarla, approfondendo l’analisi attenta che le aveva già fatto nei giorni precedenti.
Ancora una volta, confermò le sue idee.
Non era bella come potevano esserlo Astoria o Daphne, ma era decisamente attraente.
Sentiva un bisogno fisico di averla, di possederla e poterla considerare sua a tutti gli effetti. Non gli era più sufficiente un bacio rubato di nascosto in un camerino e sapeva che Hermione non avrebbe mai accettato nulla di meno di una storia seria.
Non meritava di essere tenuta nascosta, come se si vergognasse di lei.
Tuttavia, il problema più grande, al confronto del quale anche le reazioni delle amicizie di famiglia apparivano delle bazzecole, aveva un solo nome.
Astoria.
Nonostante avesse ostentato sicurezza davanti a Theodore, la sera precedente, in cuor suo Draco non era affatto tranquillo, tutt’altro.
Era una spirito libero, Astoria, insofferente a costrizioni e obblighi, ma solo quando riguardavano lei stessa in prima persona. Per tutto il resto, questioni di sangue e di doveri morali altrui, era in tutto e per tutto l’emblema della perfetta purosangue.
Altezzosa, snob, intransigente.
La vita dell’artista che conduceva l’aveva resa una donna più libera, ma non dalla mentalità più aperta.
Pur non avendo alcuna possibilità di ottenere l’affidamento di Altair, Astoria poteva rivelarsi un bel problema, soprattutto perché la bambina sarebbe stata influenzata dall’opinione materna su Hermione.
Per quanto grande potesse essere il problema Astoria, Draco, però, si rifiutava di affrontarlo, nemmeno con se stesso.
Si riscosse da quei pensieri amari e si diresse in salotto, dove Altair e Hermione lo stavano aspettando, sedute sul divano e impegnate a giocare con la bambola preferita della piccola Malfoy.
Un problema alla volta, decise Draco, partendo dal più incombente. Astoria era ancora a migliaia di chilometri di distanza e avrebbe potuto aspettare qualche giorno.
 
***
 
Quando furono comodamente seduti a tavola, Draco decise di prendere in mano la situazione. Non aveva fatto alcun riferimento a quello che era accaduto nel camerino di Harrods, ma Hermione, da quando erano usciti, aveva conservato un’espressione imbarazzata per il resto della mattinata.
La stessa espressione che aveva in volto ancora in quel momento.
Forse si vergognava semplicemente di essersi lasciata andare in quel modo in un luogo pubblico, o forse non sapeva come comportarsi, se interpretare quello slancio come un altro puro istinto sessuale dovuto ad un bicchiere di whiskey o come qualcosa di più.
Dall’uscita di quello scabroso articolo sulla Gazzetta del profeta si erano avvicinati, non solo dal punto di vista fisico.
Draco aveva fatto del proprio meglio per essere gentile, per cercare di farle intuire il proprio cambiamento senza doverlo dire apertamente, cosa in cui non era mai stato bravo. Da brave Serpe, preferiva aggirare l’ostacolo e giungere al risultato per vie traverse, decisamente più comode.
Ora era appunto giunto il momento di prendere in mano la situazione e approfondire la loro conoscenza, mostrando il proprio interesse verso di lei anche dal punto di vista intellettuale.
-A che punto sei con la tua ricerca?- esordì con noncuranza, dando avvio a quella che, sperava, si sarebbe rivelata una conversazione intelligente ed interessante, degna del tanto decantato cervello di Hermione Granger.
Hermione bevve un lungo sorso d’acqua per mandar giù il boccone di cibo che le si era fermato in gola, fermamente intenzionato a soffocarla, per la sorpresa che la domanda di Draco aveva suscitato in lei.
-Qualcosa non ti è chiaro della domanda che ti ho appena fatto?- le domandò con un pizzico di ironia, addolcita dal tono divertito ma gentile con cui l’aveva appena apostrofata. Hermione scosse la testa, poi si pulì la bocca con un tovagliolo.
-È a buon punto. Ho scritto tutto e non mi resta che mandare una bella copia al Ghirigoro per la stampa e inviare poi quella copia al Ministero.-
-Al Ministero?-
Draco non capiva davvero come potessero dei funzionari ministeriali interessarsi agli studi di una ricercatrice sulle antiche popolazioni magiche della Mesopotamia e dell’Egitto. Per quanto interessanti, non ne vedeva l’utilità in ambito politico.
-Sì.- annuì –Io mi occupo della ricerca, per così dire, accademica. Libri, documenti, papiri, tavole di argilla e via dicendo. Loro poi devono leggere le mie teorie e stabilire se vale la pena mandare una squadra sul posto per verificarle e fare accertamenti.-
-Che tipo di accertamenti?-
-Perché me lo chiedi?- la domanda di Hermione suonò vagamente sospettosa.
Come darle torto.
-Perché voglio sabotarti.- Hermione lo guardò allibita –Sto scherzando, Granger. Merlino, quanto sei credulona. Sono curioso.-
-Di quello che faccio io?- domandò incredula.
Inaspettatamente, Draco sorrise.
Un sorriso sincero, aperto, caldo, persino dolce.
-Sì, Granger, di quello che fai e dici tu.-
Sono curioso di te.
Trovava stupido e infantile e immaturo e precoce dire di essersi innamorato di lei quando non avevano mai parlato davvero, quando non si erano mai trovati soli troppo a lungo, quando non si conoscevano intimamente come lei e Potter, quando non sapeva nulla di lei e del suo passato tranne quello che gli aveva raccontato Altair.
Eppure, in un modo ugualmente stupido e infantile e immaturo, era certo che anche conoscendola avrebbe confermato la sua teoria.
Che si era innamorato di lei.
Voleva conoscerla nel senso proprio, non solo biblico, del termine. Voleva sapere qual era il suo sport preferito, se preferiva il mare o la montagna, se aveva mai fumato una sigaretta o saltato un giorno di lezione per motivi che non comprendessero Basilischi nelle tubature o Mangiamorte assassini in libertà.
Voleva conoscerla e voleva cominciare subito.
-Sono accertamenti di vario tipo, dipende dal caso.- gli rispose dopo un attimo di attonita incredulità -In questo caso sarebbero incantesimi per rivelare antichi campi di forza magica, studi astronomici per verificare l’allineamento dei pianeti in epoche passate. Cose così, molto costose e impegnative, che vengono autorizzate solo se le teorie di base sono credibili.-
-E le tue lo sono?- la guardò con sfida –Credibili, intendo.-
-Penso di sì.- disse con modestia. Draco rise, guadagnandosi un’occhiata sconcertata e risentita in cambio.
-Non sto ridendo di te.- le disse alzando le mani in segno di resa –Ma sei davvero una pessima bugiarda. Smettila di fare la finta modesta, ti si legge in faccia che è solo una facciata.-
-E va bene.- sbuffò Hermione –Le mie teorie sono le migliori degli ultimi anni, forse dell’ultimo secolo, forse persino le migliori che siano mai state elaborate da mente umana. Soddisfatto ora?-
Draco la guardò a lungo in silenzio, costringendo Hermione a chinare lo sguardo sotto gli occhi vigili di Altair, che saettavano dall’uno all’altra.
-Sì, così mi piaci.- mormorò, sorridendole. Poi levò il bicchiere in cui aveva versato del vino elfico, perfetto se accompagnato al pesce che aveva cucinato per quella sera. –Alla migliore strega dell’ultimo secolo.- brindò.
Nonostante quelle fossero le medesime parole con cui l’aveva parodiata tante volte, quella volta in suo tono non conteneva derisione o fastidio. Era ammirato, un po’ galante, sincero.
 
 
-Tanti auguri ad Altair, tanti auguri a te!-
Altair canticchiò le ultime note della canzone con voce stonata ma felice, avvicinandosi poi alla sedia del padre per farsi prendere in braccio e farsi scoccare un bacio sulla guancia.
Dopo aver spento le candeline, che Hermione aveva definito  indispensabili  per una festa coi fiocchi, la giovane strega depose un grosso pacco davanti alla bambina. Racchiuso in una scatola di cartone verde scuro, il dono sembrava decisamente promettente.
Con trepidazione Altair sciolse il fiocco rosa e sollevò il coperchio, sbirciando il contenuto, ulteriormente impacchettato da un foglio di carta regalo di un verde più chiaro.
Hermione prese la prima parte del regalo dalla forma rivelatrice e la depose davanti alla bambina, poi spiegò.
-Questo è il regalo che ho scelto io, ma che tu non approveresti.- disse con una nota di rimprovero nella voce, guardando l’uomo che sedeva davanti a lei e che teneva sulle ginocchia la figlia.
Draco la guardò scettico, ma si astenne dal commentare, aspettando pazientemente che la bambina rompesse la carta e svelasse il mistero. Ne uscì un libro piuttosto voluminoso, rilegato con una bella copertina rigida in pelle scura, sul cui frontespizio brillava un titolo in voluttuose lettere dorate.
Storia di Hogwarts.
-Vorrei precisare- puntualizzò Hermione vedendo l’espressione stupefatta di Draco, sul punto di mettersi a ridere –che non è l’edizione integrale che leggevo io, è un’edizione riscritta e illustrata apposta per i bambini.-
Si allungò verso il regalo e lo aprì a caso, rivelando la mappa di un castello in continua evoluzione, le cui stanze e i cui passaggi cambiavano direzione e ampiezza mano a mano che la data in alto a sinistra cambiava.
Altair sfogliò qualche pagina, rivelando ritratti di streghe e maghi di varie epoche, eventi significativi come il Torneo Tre Maghi, scorci dei boschi che si estendeva intorno alla scuola, abitati dalle più varie creature magiche.
-È…-
-Bellissimo!-
Altair interruppe il padre e si tese verso Hermione per darle un bacio e abbracciarla con tutta la forza che riuscì a concentrare nelle sue braccia esili. Poi tornò seduta e lasciò che la donna le porgesse anche il secondo regalo.
-Questo, invece, l’ho scelto perché così  tu- puntò un dito contro Draco con aria accusatoria –non mi potrai accusare di traviarla  e farla diventare una piccola secchiona come la sottoscritta.-
Altair aprì il pacco ed estrasse una bambola dai dolcissimi lineamenti, due splendenti occhi blu e capelli biondo miele, acconciati in due treccine che ne incorniciavano il volto rotondo e paffuto. Il vestito era color ciliegia, come l’abito che avevano acquistato insieme da Harrods, ma tra i capelli Hermione aveva appuntato due mollettine rosse, quasi per ribadire chi fosse il mittente del dono.
Altair, usando le spalle del padre come se fossero una scala e arrampicandosi agilmente sul suo corpo, si sporse verso la ragazza e l’abbracciò nuovamente.
-Sono contenta che ti piacciano i regali.-
-Moltissimo!- confermò la piccola con un sorriso radioso.
Mentre Hermione consigliava Altair su quale nome fosse più appropriato per il suo regalo, Draco prese il libro e lo sfogliò distrattamente, fino a quando la sua attenzione non venne calamitata dal nome dell’autore, scritto con un carattere sottile in fondo alla copertina.
Hermione Granger.
-L’hai scritto tu?-
Altair si voltò verso di lui, poi guardò nuovamente Hermione, non appena comprese a cosa si stesse riferendo il padre, guardandola con ammirazione.
-Già. Tutti mi hanno sempre preso in giro, dicendo che è un libro noioso e pesante, ma da quando è uscita questa versione, un sacco di persone la comprano.- affermò con soddisfazione –Un libro illustrato fa meno paura di uno un po’ voluminoso.-
-Un po’ voluminoso?- fece eco Draco –Quel libro aveva perlomeno mille pagine.-
-Millecentosettantaquattro, per l’esattezza.-
Draco rise sommessamente, appellando la torta dalla cucina e depositandola con delicatezza sul tavolo davanti a sé.
-Torta!- esultò felice Altair.
-A te l’onore.- decretò Hermione, tendendo a Draco un coltello affilato.
-Tempo fa non mi avresti mai dato in mano un coltello del genere.- constatò il giovane mago facendo brillare la lama alla luce del lampadario –Hai deciso di fidarti di un Serpeverde?- la stuzzicò, ma Hermione scrollò le spalle e non raccolse la provocazione.
Non avrebbe saputo cosa ribattere, dato che, in effetti, aveva cominciato a fidarsi di un Serpeverde tempo prima, quando un giorno d’agosto aveva scelto di togliere la protezione da casa sua anche per Draco ed Altair. Da allora era stato tutto un susseguirsi di atti sconsiderati, che spaziavano dall’abbraccio in cucina al bacio sotto le stelle luminose della notte di Halloween, dal lancio della farina al fare shopping da Harrods, dalla litigata per l’articolo di Rita Skeeter a quell’elettricità tra i loro corpi che poteva ancora sentire sulla pelle.
Nonostante non fossero stati propriamente pacifici, i momenti che aveva passato con Draco erano stati belli e persino divertenti, non abbastanza intimi da permetterle di conoscerlo ma abbastanza per incuriosirla, non abbastanza per amarlo ma abbastanza per innamorarsene.
-Diciamo che ho capito che non tutti i Serpeverde sono cattivi come si dice in giro.- disse con diplomazia.
-E che altro si dice in giro?- le domandò con un sorriso ammiccante, passandole un piattino con una generosa fetta di torta.
-Che se mangio così tanto, ingrasserò e non entrerò più in questo vestito.-
Nonostante le parole, Hermione accettò il dolce e vi affondò la forchetta, fissando la panna che la guarniva per non prestare attenzione agli occhi di Draco che la scrutavano famelici. Li sentì scivolare sulle spalla, sui fianchi e poi di nuovo verso l’alto, accarezzandole il seno e poi il viso.
-Non sarebbe poi così grave.- le disse con noncuranza, poi tornò a dedicare la sua attenzione alla torta e alla figlia che attendeva la propria porzione di dolce.
-Anche io ingrasso se mangio questa torta?- domandò, incuriosita, esaminando la torta invitante che aveva nel piatto.
-No, amore.- le spiegò Draco –Tu sei piccola e hai bisogno di energie per crescere e giocare, quindi devi mangiare. E in ogni caso, saresti bellissima lo stesso.-
-Concordo.- lo appoggiò Hermione, mangiando senza remore una forchettata di panna –Tuo papà ha ragione, stranamente.- soggiunse, lanciando all’uomo un’occhiata di scherno e ricevendone una profondamente offesa in risposta.
Hermione lo ignorò.
 
Dopo aver finito la propria fetta, Altair si voltò sorridente verso i due adulti che sedevano al tavolo con lei, alternando lo sguardo finché il padre non se ne accorse e le sorrise divertito.
-Pulisciti la bocca.- la sgridò bonariamente, poi si sporse verso di lei e le passò il proprio tovagliolo sulla bocca, vicina alla quale faceva mostra di sé un vistoso sbaffo di panna –Non si parla con la bocca sporca.-
Altair lo ignorò totalmente, rivolgendosi invece a Hermione.
-Hermione, quando è il tuo compleanno?-
-Il 19 settembre.-
Altair sembrò molto dispiaciuta.
-Oh, allora non possiamo festeggiare insieme.-
-Sarà per la prossima volta.- le assicurò Hermione in tono conciliante, ma Altair si illuminò di colpo, accendendosi di entusiasmo come una lampadina.
-Ma possiamo fare finta che è il tuo compleanno e festeggiare insieme!- Draco ed Hermione si guardarono perplessi, poi tornarono a concentrarsi su Altair che li guardava con occhi pieni di aspettativa ed entusiasmo per quell’idea che giudicava assolutamente geniale –Allora? Va bene?- li incalzò, decisa ad ottenere una risposta affermativa.
-Penso di sì.- concesse Hermione, titubante, seguita immediatamente dall’annuire di Draco.
-E cosa vorresti come regalo?- domandò Altair, certa che il regalo fosse il nocciolo della questione, nonché uno degli aspetti più importanti di un compleanno che si rispetti.
Hermione ci pensò su, togliendo i piatti del dolce e portandoli in cucina, sistemandoli nell’acquaio e aprendo poi l’acqua. Quando ebbe riposto anche la torta in frigorifero, si voltò verso Draco ed Altair, che seduti a tavola aspettavano una sua risposta.
-Quando ero piccola, io e i miei genitori passavamo tutta la giornata al mare, sia per il mio compleanno, sia per quello di mio papà, a novembre.- raccontò e Draco notò con piacere che non era più restia a parlare di sé davanti a lui come accadeva i primi tempi.
Ora parlava con lui come con qualsiasi altro uomo.
Se da un lato questo fatto lo innervosiva, perché di fatto lo metteva sullo stesso piano del fruttivendolo pezzente, dall’altro lo rendeva non poco felice, perché significava che Hermione lo vedeva come un uomo prima che come un Mangiamorte o come il ragazzino spocchioso degli anni di Hogwarts.
Era una conquista.
-Ecco, se dovessi scegliere, mi piacerebbe andare la mare.-
-Al mare? Granger, siamo a dicembre.- le ricordò.
-Grazie, Mister Ovvio.- gli fece una linguaccia infantile, poi tornò a sorridere –Il mare d’inverno è uno spettacolo magnifico, ci sono stata qualche anno fa con Ginny e Harry e mi ha emozionata come quando ero bambina.-
-Sono i tuoi amici?-
Alla domanda di Altair Hermione non si scompose minimamente. Annuì tranquilla e sorrise della smorfia schifata di Draco.
-E perché non ti vengono mai a trovare?- domandò Altair, la voce triste e dispiaciuta al pensiero che gli amici di Hermione non le volessero bene e la lasciassero sola.
-Mi vengono a trovare molto spesso. Perché dici così?- chiese Hermione, vedendo il viso confuso di Altair.
-Io non li ho mai visti- obiettò la bambina.
-Lo so, ma i miei amici e il tuo papà non vanno molto d’accordo.- spiegò con tatto e con un eufemismo del quale Draco rise apertamente.
-Perché no? Sono antipatici?-
Alla domanda di Altair, che non concepiva minimamente come il suo adorato papà potesse stare antipatico a qualcuno, il viso di Draco si illuminò di compiacimento e amore sconfinato per la figlia, che già all’età di cinque anni mostrava la propria spiccata vena Serpeverde in più occasioni.
Mettere in dubbio le qualità di Harry Potter era una di queste occasioni.
-Sì, amore. Molto antipatici.- precisò rivolgendo un sorriso furbo ad Hermione, la quale si astenne a fatica dal commentare che era piuttosto pretestuoso, da parte sua, definire antipatico chicchessia.
-Allora ci andiamo, papi, a vedere il mare d’inverno tutti insieme?-
Nonostante fosse piuttosto infantile e smielato, Draco non poté fare a meno di constatare quanto fosse bello che Altair pensasse a loro due e ad Hermione come un “insieme”. Nella mente della bambina, probabilmente, Hermione era diventata una sorta di mamma adottiva, di sorella maggiore che in più era anche la fidanzata di papà, come la piccola già sperava dalla prima volta che avevano cenato insieme.
Avrebbe dovuto, Draco se ne rendeva perfettamente conto, spiegare alla figlia che non erano una famiglia, che Hermione non era davvero la sua fidanzata, che, anche se l’idea gli piaceva più del dovuto, non sarebbe rimasta con loro per sempre.
Avrebbe dovuto, ma l’illusione era così dolce, anche per lui.
Perché rovinare un pensiero così bello, l’immagine di loro tre seduti su un plaid in spiaggia, circondati dal rumore del mare che ululava nell’aria fredda di dicembre?
Perché distruggere i suoi sogni?
Perché insegnarle che la vita era più dura di come potesse apparire?
Perché dare voce ad una prospettiva triste e deprimente prima ancora di essere certi che non ci potesse essere, anche per lui, un lieto fine?
-D’accordo.- sospirò.
Come sempre, alla fine l’algido Draco Malfoy era capitolato davanti agli occhioni imploranti della figlia, che lo guardava con il viso alzato verso il suo e le mani che gli accarezzavano le guance coperte di leggera barba bionda, quasi invisibile sulla pelle chiara.
Come aveva scoperto da poco, il fatto che Hermione sorridesse radiosa e contenta accanto a loro, non era stato un fattore del tutto irrilevante nella sua decisione.
Tutt’altro.
-E quando andiamo?- lo esortò la bambina, decisamente euforica.
-Direi il 19.- propose Hermione dopo averci riflettuto un attimo –Tra dieci giorni, così sono tre mesi esatti dal mio compleanno. Va bene?-
Altair annuì, solenne, e Draco la imitò, riservando alla donna che aveva di fronte uno sguardo che poteva dire tutto o niente.
Hermione optò per il tutto.
 
***
 
Due ore, qualche protesta e quattro baci della buonanotte dopo, Altair riposava tranquilla nel suo letto, stanca nonostante non avesse voluto ammetterlo.
Draco ed Hermione, dopo averle rimboccato le coperte, scesero lentamente le scale e tornarono al piano inferiore. Dopo un rapido sguardo all’orologio da polso, Hermione si diresse verso l’attaccapanni dell’ingresso per recuperare il proprio scialle e tornare a casa.
Prima che potesse allungare la mano sull’indumento, due mani calde si posarono sulle sue spalle, accarezzandole la clavicola, scendendo fino al polso e risalendo poi fino al collo e alla nuca, sfiorando, leggere come una farfalla, l’attaccatura dei capelli.
-Non ti stai dimenticando qualcosa?-
Anche solo il tono della voce di Draco, bassa e morbida come seta sulla pelle, le causò un senso di languidezza al petto.
-Non credo.-
-Mhm…- Draco emise un verso gutturale –Hai forse scordato cosa ci siamo detti nel camerino di Harrods?-
Improvvisamente, Hermione si illuminò di consapevolezza.
 
-Non possiamo dare spettacolo qui, ora.-
-Ti prometto che continuiamo presto.-
-Molto presto.-
-Prestissimo.-
 
Quando Hermione si voltò verso Draco, incontrò due occhi fumosi e liquidi, lucidi di brama ardente.
 
 




 
 
Buon pomeriggio!
Come sempre, vi ringrazio per i commenti gentilissimi che mi avete lasciato, siete fantastiche!
Non credo che ci sia nulla da aggiungere, a parte che ci stiamo avvicinando al nocciolo della questione, alla svolta vera e propria della storia, dopo la quale sarà tutto in discesa verso al fine (che però, attenzione, non significa che sarà tutto rose e fiori!).
*sorrido malefica*
Spero che il capitolo vi piaccia, perché personalmente adoro questi momenti familiari :)
Vi invito a lasciarmi un commentino (o commentone, sapete che adoro leggere quello che mi scrivete) e a farmi sapere le vostre opinioni, belle o brutte che siano.
Un abbraccio fortissimo, a sabato!
Giada


PS. il prossimo capitolo si intitola "Fragole"... che ne pensate?

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Capitolo 14
*** Fragole ***


26.07.2012
 

ATTENZIONE: come alcune gentili lettrici mi hanno consigliato, premetto che questo capitolo contiene una scena un poco più “spinta” rispetto al resto dei contenuti della storia, anche se non credo che possa traumatizzare nessuno.
Lettore avvisato, mezzo salvato.

 
 
 
AVVERTIMENTO: è il primo capitolo di questo genere che scrivo, quindi vorrei un consiglio da voi. Credete che debba cambiare rating e alzarlo fino al Rosso? Oppure posso semplicemente lasciare un’indicazione ad inizio capitolo, ad esempio al posto di questo Avvertimento che vi lascio oggi?
Non so, vi chiedo un parere. Grazie e buona lettura!

 
 
 

Cap. 14
Fragole
 

 
Non sapeva esattamente come ci fosse finita, ma in quel momento Hermione non chiedeva nulla di diverso.
Il corpo di Draco, strettamente allacciato al suo, la premeva contro la parete fredda, lasciandola quasi senza fiato per la pressione che esercitava sulla cassa toracica e soprattutto per il bacio infinito e profondo che le stava regalando.
La mani affondate nei serici capelli dell’uomo e le braccia strette intorno al suo collo, Hermione si godeva ad occhi chiusi le sensazioni che la stavano sconvolgendo, così intense da sommergerla e lasciarla con i polmoni urlanti per il bisogno di ossigeno.
Sentiva ancora quel sapore che Draco sembrava avere perennemente in bocca.
Caffè e…
Caffè e...
 
Fragole.
 
Draco Malfoy sapeva di fragole.
Si accorse a stento di aver emesso un gemito profondo e incontrollato, solo quando Draco rise sommessamente contro le sue labbra e si affrettò a baciarla di nuovo, prima che potesse dire qualsiasi cosa, che in un momento come quello si sarebbe rivelata di certo inopportuna.
Quando le mani di Draco scesero possessive ma delicate sulle sue natiche, Hermione non protestò, benché consapevole che a quella velocità e con la temperatura tra loro che si alzava ad un ritmo vertiginoso, il passo tra quel bacio ardente e il primo bottone sfilato dalla sua asola sarebbe stato breve.
Eppure non voleva fermarlo. Sentiva di essere esattamente dove avrebbe dovuto.
Con un piccolo schiocco, la labbra di Draco si staccarono da quelle arrossate e gonfie di Hermione, scendendo decise e fameliche sul suo collo, succhiandole la pelle e lasciandovi un segno rosso, un marchio.
Compiaciuto, fiero di orgoglio maschilista per averla marchiata come sua, Draco tornò a baciarla, certo che nessun altro luogo al mondo sarebbe stato accogliente come le braccia di Hermione che lo avvolgevano.
 
La voleva.
E lei voleva lui.
 
Con delicatezza ma decisione, spinse il bacino contro quello di Hermione e la sentì trattenere bruscamente il respiro, accorgendosi solo in quel momento di quanto Draco fosse evidentemente eccitato.
Vedendo che quel contatto intimo l’aveva resa più titubante nel rispondere al bacio nel quale l’aveva coinvolta, Draco si staccò da Hermione e la scrutò attentamente, sondandole gli occhi scuri e liquidi e cercando di captarne le emozioni.
-Ti disturba il fatto che sia eccitato?-
Senza giri di parole, ma con voce tranquilla e delicata, appena un poco affannata, Draco andò dritto al punto. In altre momenti quel suo modo di essere diretto sempre, senza eccezioni, l’avrebbe infastidita, ma in quel momento Hermione si sentì quasi rassicurata dal tono premuroso e pieno di tatto di Draco. Scosse la testa.
-Domani mi dirai che è colpa dell’astinenza? Che vuoi venire a letto con me solo perché la torta ti è rimasta sullo stomaco, perché hai bisogno di uno sfogo…- strinse i denti, la voce rotta -…di una prostituta?-
Il senso di colpa non aveva mai fatto parte della gamma di emozioni che Draco provava abitualmente, anzi l’ultima volta in cui si era sentito veramente in colpa era stato quasi dieci anni prima, guardando gli occhi azzurri e penetranti di Silente in cima alla torre di Astronomia.
Da quando aveva incontrato Hermione e aveva iniziato a frequentarla, tuttavia, quel sentimento prima estraneo gli era diventato fastidiosamente familiare.
Anche in quel momento, Draco si sentì in colpa per quello che le aveva detto poche settimane prima, per il senso di timore non infondato che riempiva gli occhi castani di Hermione.
Aveva paura che lui rinnegasse un’altra volta quello che avrebbe potuto accadere tra loro, aveva paura di sentirsi ancora una volta etichettata come un errore, un passatempo, un tappabuchi in sostituzione di qualcun’altra più degna di lei.
Draco, per contro, si sentiva un verme.
-No.- le soffiò all’orecchio, baciandole il neo su cui, per primo, aveva fantasticato –Non ti dirò nessuna delle bestialità che ti ho detto l’altra volta.- le assicurò.
-So che è infantile, però promettimelo.-
Draco sollevò un sopracciglio. Non trovava la sua richiesta infantile, bensì ingenua e anche un po’ ironica, trattandosi di loro due.
-Ti fidi della parola di un Serpeverde?-
Hermione parve rifletterci, cercando in quegli occhi grigi –di una sfumatura di grigio assoluta, come tutto in lui, dalle idee ai modi diretti alla passione, era assoluto- la garanzia che non sarebbe rimasta fregata e ferita nuovamente.
Non trovò la garanzia che cercava, ma trovò qualcos’altro, qualcosa a cui al momento non seppe dare un nome, qualcosa che poteva essere il riflesso della lampada in salotto o un luccichio profondo delle pagliuzze dell’iride, qualcosa che poteva essere il proprio riflesso o l’idea di immaginare il  loro  riflesso negli occhi del mondo, di chi li avrebbe guardati dall’esterno.
-Non di un Serpeverde.- lo corresse, con tutta la fiducia che solo un Grifondoro poteva avere -La  tua  parola.-
In fondo, Draco sapeva che alla luce di quello che aveva detto e fatto non meritava tutta quella fiducia, ma sapeva anche che tutto quello che aveva fatto e detto, era servito per portarlo lì, in quel momento, con lei.
Sorrise.
-Promesso.-
Hermione era decisamente soddisfatta, ma corrugò la fronte quando sentì Draco muovere la bacchetta in direzione delle scale. Levò lo sguardo su quello fumoso di lui, che le rispose con un’alzata di spalle.
-Non so tu, ma io non ho intenzione di spiegare a mia figlia come nascono i bambini.- poi mosse la bacchetta contro se stesso –E non credo nemmeno che tu ti voglia ritrovare incinta di me.-
Annuendo, Hermione si alzò in punta di piedi per colmare quei dieci centimetri abbondanti che li separavano e attaccò le proprie labbra a quelle di Draco.
 
Fragole.
 
Si appoggiò a lui per non cadere, puntellando le mani sulle sue spalle larghe e muscolose, decisamente diverse da quelle del ragazzino minuto che aveva conosciuto ai tempi di Hogwarts.
Lo conosceva da sedici anni e solo allora le sembrava di conoscerlo davvero, di conoscere il Draco Malfoy che, come una fenice, era risorto dalle ceneri del dopo guerra più forte e bello che mai, una persona nuova e un uomo decisamente migliore, bello fuori, sì, ma anche e soprattutto dentro.
Ma con un carattere comunque pessimo.
Sorrise di quel pensiero, ma il sorriso le morì sulle labbra, inghiottito dalla bocca che si era avventata, vorace, sulla sua.
 
Fragole.
 
Persa e stordita dalla lingua di Draco che le esplorava intimamente la bocca, Hermione rimase spiazzata sentendo le mani di Draco stringere con fermezza le sue spalle e indurla a voltarsi verso il muro. Il brivido di paura che l’aveva attraversata la fece tremare, ma Draco fu subito dietro di lei, accarezzandole il ventre con una mano. Spostandole i capelli con la mano libera, le baciò lascivamente il collo, mentre il metallo dell’anello che portava le dava la sensazione di un cubetto di ghiaccio sulla pelle surriscaldata.
-Tranquilla, voglio solo spogliarti.-
Come per dare maggior credito alle proprie parole, le mani di Draco si spostarono sulla cerniera del vestito, facendola scendere lentamente verso il basso, mentre le sue dita le sfioravano la pelle che, poco a poco, veniva denudata.
La sensazione della dita che sfioravano la pelle calda della schiena, venne ben presto sostituta dal calore umido della bocca di Draco e dalla frizione della barba che stava ricrescendo sul suo mento.
Hermione rabbrividì, eccitata, sentendo che Draco si era inginocchiato dietro di lei, baciandole le fossette all’altezza dei reni e protendendo le mani verso l’alto, sulle sue spalle, tirando il vestito verso il basso e lasciando che si ammucchiasse ai piedi della donna in una nuvola purpurea.
Le accarezzò una natica, coperta da un leggero slip di cotone rosso bordato di pizzo. Draco rise sottovoce.
-E queste? Le hai scelte apposta per me?- la canzonò.
Hermione scosse la testa.
-Non per te, per quell’altro.-
Draco le morse con decisione la natica morbida, ringhiando sommessamente.
-Non ci provare nemmeno.- l’avvertì, la voce che trasudava possesso da ogni sillaba.
Nel buio, Hermione sorrise, mentre le labbra di Draco salivano nuovamente verso l’alto e il suo corpo eccitato sfregava contro il suo, fino a premerle prepotente contro il sedere. Le abbassò una spallina del reggiseno, poi l’altra, e le baciò la spalla nuda, muovendosi leggero e lento lungo la clavicola, fino al collo e all’orecchio.
Reclinando la testa e abbandonandola sulla spalla dell’uomo, Hermione protese le braccia all’indietro, cercando la testa di Draco e aggrappandovisi saldamente, cercando un punto d’appiglio nei suoi capelli lisci e  morbidi.
Con gesti frenetici, Draco le sollevò il bordo inferiore del reggiseno e vi introdusse le mani, accarezzandola con movimenti circolari, sentendo i capezzoli turgidi e gonfi premere contro il palmo della sua mano.
Un gemito più forte degli altri gettò Draco in uno stato di frenesia, sembrava che non ne avesse mai abbastanza, né di lei né del suo corpo.
La voltò repentinamente contro di sé e le tolse il reggiseno, gettandolo distrattamente a terra. Iniziò ad ondeggiare sensualmente il bacino contro quello di Hermione, mentre si abbassava e prendeva tra le labbra un capezzolo, succhiandolo con foga, incitato dal respiro affannato di Hermione.
Le abbassò le mutandine umide, continuando a regalarle sensazioni intense con la bocca e la lingua, baciandole prima la forma tondeggiante del seno e poi spostandosi sulla punta scura. Le artigliò con fermezza una coscia e le fece piegare la gamba contro il proprio fianco, aprendola a lui e a ciò che voleva farle.
Le accarezzò l’interno coscia, la carne calda e sensibile dell’inguine, fino ad arrivare al suo centro caldo e umido e accarezzarlo in superficie, strappandole un verso di protesta.
Abbandonate ormai le remore che aveva prima e la vergogna per mostrarsi nuda a lui, Hermione mugugnò di insoddisfazione e spinse il bacino verso le dita di Draco, inseguendolo e invitandolo a darle di più.
-Draco.- lo pregò con un sospiro.
Quando uno sbuffo nervoso della strega si trasformò in un gemito profondo, che risuonò quasi amplificato nella casa silenziosa, Draco decise di porre fine alla tortura a cui l’aveva sottoposta. Mosse le dita in avanti e il corpo di Hermione le accolse con facilità, avvolgendolo nell’umido calore della sua intimità.
L’accarezzò per pochi attimi, prima che il corpo della ragazza, già provato e portato al limite dalle carezze e dai baci affamati che si erano scambiati in precedenza, fosse scosso da un tremore incontrollato, che la fece inarcare verso Draco, aggrappandosi saldamente alle sue spalle.
Ad occhi ben aperti, Draco non si perse nemmeno un istante dello spettacolo assolutamente sublime che si stava offrendo ai suoi occhi.
Ad occhi chiusi, le narici che fremevano per incamerare aria nei propri polmoni affannati, Hermione era assolutamente una delle visioni più belle che avesse mai visto, bella, eccitante e dolce come poche riuscivano ad essere nello stesso istante.
Qualcosa però non andava.
-Voglio sentirti.- le mormorò all’orecchio e immediatamente le labbra di Hermione si schiusero, permettendo che i suoi gemiti sommessi e rochi gli giungessero alle orecchie, dolci come miele.
 
Spossata per l’orgasmo e cullata da leggeri baci sulle tempie, Hermione realizzò solo in quel momento di essere nuda, stretta a Draco, eccitato ma ancora vestito di tutto punto.
Gli diede un bacio veloce, staccandosi prima che lui decidesse di approfondirlo.
 
Fragole.
 
Famelica, gli aprì la camicia, sfilandola dai pantaloni ma senza togliergliela del tutto, poi gli slacciò la cintura, facendo particolare attenzione a sfiorarlo ad ogni movimento che facesse.
Con un tintinnio metallico, i pantaloni caddero a terra e Draco li calciò da parte, abbandonandoli nel buio del corridoio.
Ormai nudo, quando anche i boxer caddero a terra con un suono ovattato, Draco sentì gli occhi di Hermione osservarlo, colmi di lussuria e ancora lucidi di piacere.
Stranamente, Hermione si accorse di non provare alcuna vergogna per la propria nudità, né imbarazzo per il modo intimo in cui l’aveva guardato, osservando il suo corpo parzialmente celato dalla camicia. Non sapeva da dove derivasse quell’intraprendenza con la quale si inginocchiò davanti a lui, per fare quello che aveva sempre ritenuto umiliante e lesivo della dignità della donna, ma aveva il sospetto che la causa fosse quella luce negli occhi di Draco, quel modo in cui la stava guardando mentre lo accarezzava e gli regalava il piacere che lui per primo aveva donato a lei.
La faceva sentire la donna più bella del mondo.
Persa nella considerazione che dava una strana sensazione di potere, sapere che l’uomo che si ama –perché ormai si rifiutava di negare o di sminuire ciò che era tanto evidente, almeno per lei- è succube delle proprie carezze, completamente estasiato da ciò che gli si sta donando, Hermione venne sollevata con forza e premuta contro la parete, mentre tutta l’eccitazione di Draco premeva prepotente contro la sua intimità.
-Ti voglio, Hermione.-
-Me ne sono accorta.- ironizzò Hermione.
Mentre la camicia scivolava sulle sue spalle e cadeva a terra con un fruscio, Draco rise, baciandola di nuovo e entrando delicatamente dentro di lei, iniziando subito a muoversi con lentezza esasperante, una mano contro la parete e l’altra che circondava il corpo di Hermione, ricoperto di un leggero strato di sudore che non faceva altro che renderla più bella e desiderabile.
Non era tanto il sudore che rendeva la sua pelle liscia ad essere eccitante, era la consapevolezza che fosse così, stanca, sudata e eccitata, solo per lui, per lui e per nessuno altro, per lui perché era lui che amava.
-Sei bellissima, quando godi.-
Al sussurro spezzato di Draco, pronunciato con fatica immane tra un movimento lento e profondo e il successivo, Hermione gli strinse le braccia intorno al collo e nascose il viso contro la sua spalla, riscaldandogli la pelle già bollente con il proprio respiro.
-Sei sempre… così… così diretto.- mugugnò, più imbarazzata per quelle parole che per la situazione in sé.
Senza fermarsi o rallentare il ritmo dell’amplesso, Draco immerse una mano nei capelli di Hermione e la staccò fermamente dal proprio nascondiglio, fissandola negli occhi con decisione e risolutezza.
-Non ti nascondere… mai da me.- le disse con notevole ed evidente fatica –Ho desiderato tanto fare l’amore con te.  Ti  ho desiderata tanto.-
Hermione parve illuminarsi, per quella confessione così semplice, ma intensa, fatta di parole bollenti, affaticate, pronunciate in un momento forse poco adatto a discorsi seri, ma ugualmente perfetto per quella confessione.
Lo baciò con trasporto, facendolo vacillare appena sotto l’impatto tra i loro corpi, uniti in quell’abbraccio ancor più strettamente di quanto non fossero.
 
Fragole.
 
Fu un bacio lungo, intenso, lento come i movimenti che facevano per unirsi, tentando tuttavia di rimanere uniti il più a lungo possibile, rimandando il momento in cui quell’unione, perfetta e intensa, fosse giunta al culmine e alla sua conseguente fine.
Lenti, le mani l’uno dei capelli dell’altra, le bocche unite tanto da impedire loro quasi di respirare adeguatamente, la gamba di Hermione che circondava il fianco di Draco, arrivarono sull’orlo di quel baratro di piacere che avevano cercato di prolungare il più possibile.
Nel sentire Hermione tendersi e venire scossa dall’interno per il piacere che la stava riempiendo, Draco si staccò dalla sua bocca, aprendo gli occhi per vederla alla luce soffusa che proveniva dal salotto.
Non era solo bella o sensuale o ammaliante.
Era  sua.
E questa consapevolezza lo portò oltre il limite, oltre il piacere, oltre tutto quello che aveva sperimentato fino a quel giorno e che, in verità, in quel momento perdeva importanza e consistenza, significato e rilevanza, se non nella misura in cui era servito per arrivare a quel punto.
Ad Henley-on-Thames, in quel cottage bianco che aveva scelto alla prima occhiata, in corridoio, con  lei.
Con un basso ringhio quasi animalesco, premette le mani sulle sue natiche per spingerla contro di sé e si svuotò in lei, per poi baciarla e affondare la lingua nella sua bocca, esplorandola a fondo.
A fondo, in profondità, come lei gli entrata dentro.
 
Fragole.
 
Piegandosi un poco sulle ginocchia, Draco sollevò Hermione, che gli allacciò le gambe intorno alla vita e gli strinse le braccia intorno al collo, emettendo un basso urlo di panico. Anche se con qualche difficoltà, a causa della spossatezza dovuta all’amplesso appena consumato, la portò in salotto, lasciandosi cadere sul divano soffice e trascinandola con sé.
Uscì delicatamente da lei, poi si sistemò su un fianco e le passò un braccio sotto al collo, lasciandola libera di sistemarsi contro di lui come avrebbe preferito.
La giovane strega gli si premette contro, forse in cerca di calore o forse alla ricerca di tenerezza, incastrando una gamba tra le sue e appoggiando una mano sul suo petto, all’altezza del cuore, contando mentalmente i battiti accelerati che pulsavano al di sotto del proprio palmo.
-L’hai trovato molto squallido?- le domandò, cauto, mentre nella sua mente si faceva largo l’idea che forse non era stato il massimo del romanticismo fare l’amore per la prima volta con la donna che amava contro un muro.
-Che cosa?-
-Fare l’amore in corridoio.- Hermione sorrise, sentendo come suonava bene la frase  fare l’amore  in bocca a Draco e riferita a loro due, insieme -Non credo che fosse proprio il massimo delle tue aspirazioni.-
-In effetti non me l’ero proprio immaginato così.- Draco si insultò mentalmente per la propria mancanza di tatto e incapacità di contenersi –Ma non per questo mi è dispiaciuto. È stato bello anche così.- gli diede un bacio sul petto, posandovi poi la guancia e rilassandosi, completamente abbandonata a Draco e al suo abbraccio che le sembrava così protettivo e avvolgente.
 
Riaprendo gli occhi, lo sguardo di Hermione scivolò lungo il profilo del braccio di Draco, che era mollemente appoggiato al suo fianco, mentre la punta delle dita le sfiorava la schiena come se stesse suonando i tasti di un pianoforte.
E lì, sull’avambraccio del braccio sinistro, nero come la notte sulla sua pelle di un pallore lunare, spiccava il disegno particolareggiato e minaccioso di un drago.
Alzatasi a sedere di scatto, Hermione controllò anche l’altro avambraccio, pulito e incontaminato. Quando risollevò gli occhi su Draco, trovò quelli grigi e fumosi dell’uomo  a scrutarla, offuscati nella loro bellezza da un’ombra di amarezza.
-Fa paura, vero?-
La voce ridotta ad un suono graffiante, Draco abbassò anche il proprio sguardo sul tatuaggio, che catalizzava la sua attenzione ogni qualvolta si trovasse nudo davanti ad uno specchio o in una doccia.
Hermione, d’altro canto, non sapeva come interpretare quella frase.
Si riferiva al tatuaggio del dragone o a quello che proprio tale tatuaggio nascondeva?
-Non rispondi? La grande Hermione Granger non trova le parole per dirmi che anche se è venuta a letto con me, anche se è ancora nuda e soddisfatta dalla mia prestazione, trova disgustoso e indicibilmente ributtante questo sfregio che ho sul braccio?- domandò con voce secca e spiacevole, poi si interruppe.
Fece una smorfia dispiaciuta e sbuffò.
-Ignora quello che ho appena detto, sono un idiota.-
Per quanto strane, le scuse di Draco suscitarono in Hermione un moto di tenerezza, soprattutto vedendo il modo ostinato con cui, con perverso masochismo, continuava a guardare il tatuaggio che intaccava il candore niveo della sua pelle, passandoci sopra il dito e tracciando a memoria i contorni del Marchio Nero, precisi anche se ormai invisibili.
Stringendo fermamente il polso di Draco, allontanò la mano dall’avambraccio dell’uomo, gli fece distendere il braccio destro e tornò nella posizione precedente, sdraiati l’uno accanto all’altra e strettamente abbracciati.
Draco rimase inizialmente fermo, continuando a fissare il drago che sembrava guardarlo minaccioso, poi decise di riposizionare il braccio esattamente com’era prima, sul fianco nudo di Hermione.
Tenne ostinatamente lo sguardo fisso sulla parete, dove un dipinto di notevoli dimensioni rappresentava un mare in tempesta, agitato da onde che si alzavano e si abbassavano ritmicamente impetuose, creando giochi di luce e sfumature sulla distesa blu dell’oceano.
-Quando è nata Altair, ho provato di tutto pur di riuscire a togliere quello… quel… il mio Marchio, ma non funzionava nulla.- la voce morbida assunse una sfumatura scoraggiata al ricordo dei numerosi tentativi falliti che aveva fatto, nella vana speranza di riuscire a far tornare il proprio braccio pulito come quello di altri suoi coetanei.
-Poi, un giorno, sono andato al Manor, da mia madre, e nello studio di mio padre ho trovato un libro, nascosto nel doppiofondo della scrivania, dove solo l’ultimo Malfoy avrebbe potuto trovarlo. Magia oscura, la più antica e pericolosa che esistesse, eredità di secoli e secoli di interessi non propriamente accademici.-
Hermione rimase in silenzio, attenta.
-Ho preso il libro, ho chiesto a mia madre di accompagnarmi e siamo andati da Kingsley, il vostro amico. Aveva fama di essere un grand’uomo e gli ho chiesto aiuto. Ero disposto ad umiliarmi, pur di togliermi questo schifo, ma non ce ne è stato bisogno.- emise una risata amara e sarcastica –Nella sua infinita bontà ha accettato di aiutarmi anche senza avere un tornaconto personale.-
Il tono era palesemente incredulo.
-Così mia mamma ha usato un incantesimo di Magia Oscura per coprire il segno lasciato da quello del Signore Oscuro.-
-Ma la Magia Oscura è vietata!- si infervorò Hermione –Avrebbero potuto incriminarti!-
-Lo so, è per questo che siamo andati da Kingsley.-
Hermione annuì, poi si rigirò tra le braccia di Draco, facendo combaciare perfettamente la propria schiena con il suo petto, le gambe intrecciate e il braccio sfregiato di Draco che premeva contro la sua pancia. Lo scostò per poterlo guardare meglio, passando le dita sui contorni frastagliati delle ali squamose.
-Ti ha fatto male?-
-Il Marchio Nero o l’incantesimo di mia madre?-
-Entrambi.- rispose Hermione senza esitazioni. Nonostante fosse un argomento spinoso da affrontare, per loro due ma anche per qualsiasi altra persona che avesse visto e provato sulla propria pelle ciò che la guerra aveva portato, Hermione sentiva una curiosità latente e forse poco appropriata per quell’aspetto della magia poco conosciuto e misterioso.
-Il Marchio Nero è stata la cosa più atroce che abbia mai provato in vita mia.- confessò -Sentivo al pelle bruciare e al tempo stesso sembrava che mi stessero strappando la carne a brandelli. Credo di essere svenuto per il dolore, quando ha finito.- ammise con imbarazzo, come se quella dimostrazione di debolezza fosse una colpa peggiore del Marchio stesso.
Con una complicata torsione del collo, Hermione voltò la testa all’indietro e diede un bacio leggero sulla spalla di Draco, lì dove riusciva ad arrivare senza smuoversi da quella posizione intima e accogliente.
-La maledizione che ha usato mia madre, invece, è stata decisamente sopportabile, anche se comunque dolorosa. Credo che con questi incantesimi di Magia Oscura abbia un certo peso anche lo stato d’animo in cui ci si trova. Ero terrorizzato dal Signore Oscuro, da quel branco di bestie che lo seguivano, così lontani dall’eleganza raffinata di mio padre.-
Dalle parole di Draco traspariva chiaramente come fin da piccolo si fosse fatta un’idea sbagliata di cosa comportasse essere un Mangiamorte. Molti dei seguaci di Voldemort erano molto più vicini, sia per aspetto fisico che per brutalità, a Greyback piuttosto che all’algido ed elegante Lucius Malfoy, che pur nei suoi ideali razzisti conservava uno  charme  invidiabile.
-A proposito- soggiunse Hermione, dopo essersi cullata per qualche istante nel respiro profondo e caldo di Draco che le solleticava la nuca –mi dispiace per come sta tuo padre e anche per quello che hanno scritto.-
Draco scosse la testa, sfregano il naso contro i capelli di Hermione, stringendo di più la stretta nella quale l’avvolgeva e attirandola contro di sé. Sentendola sobbalzare nel percepire il proprio membro contro le natiche, Draco sorrise, poi tornò serio.
-Non dispiacerti e non provare alcuna compassione per lui o per i suoi errori. Lui non ne avrebbe per te.-
Anche se incarcerato, malato e privato della propria dignità di uomo libero, suo padre non avrebbe mai abbandonato gli ideali che avevano permeato gran parte della sua esistenza, che ne avevano determinato ricchezza, potere e decadenza. Draco ritenne giusto farlo sapere alla donna che si lasciava coccolare teneramente tra le sue braccia, a scanso di equivoci futuri.
Sentendo le dita di Hermione continuare a sfiorare i profili scuri del drago tatuato sull’avambraccio, Draco le prese la mano fra le proprie e la scostò dalla propria pelle.
-Non c’è alcun bisogno che ti sforzi, capisco che possa risultare… rivoltante e disgustoso per te.- ammise in un soffio, consapevole, grazie  a quella maturità acquisita faticosamente negli anni, che ciò che lui aveva fatto e ciò che era stato per molti rappresentavano quanto di più ributtante e miserabile ci fosse sulla faccia del pianeta, senza contare il dolore che la sua presenza, e i ricordi che essa comportava, poteva suscitare.
Non voleva costringerla ad accettarlo dopo solo una notte, se questo significava forzarla e farla soffrire, diventare ai suoi occhi la personificazione di tanti anni di insulti e tensioni, di tanti mesi di stenti e guerra, privazioni e dolore.
-Ci ho messo anni per rimettere insieme i pezzi che la guerra aveva lasciato dentro di me, ma alla fine ce l’ho fatta. I mesi che ho passato qui, con te e Altair, sono solo un di più, del tempo che mi è servito per capire che anche il più puro dei Serpeverde può essere dolce e apprensivo come un babbano del Surrey.-
Draco decise saggiamente di non manifestare il proprio disappunto per essere stato paragonato ad un babbano, ricordando come già in precedenza Hermione avesse precisato quanto amava il padre, esortandolo a considerare quel paragone come un bellissimo complimento.
 
-Ancora?- chiese divertita e sorpresa Hermione, sentendo le dita di Draco insinuarsi in lei e accarezzarla con esperti movimenti circolari. Draco scosse la testa, spingendola con la schiena sui cuscini del divano e salendo a cavalcioni sopra di lei, beandosi della visione del suo corpo nudo, dolcemente esposto alle sue carezze.
-Teoricamente sì, ma il mio socio è piuttosto provato.- Hermione rise e, quando Draco si chinò sul suo petto per baciarle ogni lembo di pelle che riuscisse a raggiungere con la bocca,  immerse le mani tra i suoi capelli per spingerlo di più contro di sé o  per trattenerlo su un punto particolarmente sensibile.
Lo lasciò fare per un po’, poi la voce del mago la riscosse.
-Quella storia del mare…- Hermione annuì –Hai detto che era una tradizione dei tuoi genitori.- Hermione annuì ancora, lasciandosi scappare un sospiro –Non ti dà fastidio il fatto che veniamo anche io e Altair?-
-Dovrebbe?-
-Forse.-
-Hai detto bene:  forse. Ma non è questo il caso.-
Mentre il suo  socio  si riprendeva piuttosto velocemente, Draco le separò le cosce e vi si sistemò in mezzo, scendendo rapidamente con la bocca tra i suoi seni e poi fino all’ombelico.
Hermione lo trattenne.
-Non lo dico tanto per dire. Sono contenta di passare una giornata al mare con voi. Con  te.- precisò, più imbarazzata per quella confessione che per la mano di Draco che la stava accarezzando senza pudore né ritegno alcuno.
Lusingato e sinceramente felice, Draco si abbassò tra le sue gambe e iniziò a torturarla con la bocca, venerandola quasi, nel tentativo –immotivato, per come l’avrebbe visto Hermione- di ringraziarla per essere entrata nella sua vita e averlo fatto innamorare in modo così profondo come non gli accadeva da tanto tempo.
Altair aveva assorbito tutte le sue energie e tutto il suo affetto più puro e sincero, impedendo a qualsiasi altra donna, anche solo per il fatto di non approvarla, di entrargli dentro e bruciagli l’anima.
Hermione ce l’aveva fatta. Si sentiva bruciare per lei e non poteva che esserne infinitamente grato.
-Draco, smettila…-
-Che succede, non ti piace?- le domandò senza allontanarsi da lei.
Proprio come aveva previsto, Hermione gemette in modo incontrollato, la cosce che tremavano e le mani che gli tiravano i capelli, chiara dimostrazione che stava provando tutto fuorché fastidio.
-Non voglio venire…- iniziò  a spiegare e Draco rise.
-Sei la prima che me lo dice.-
Seppur ben lontana dalla realtà, la mente che vagava in un mondo tutto suo, Hermione lo colpì sulla spalla.
-Non voglio venire da sola.- precisò, articolando a fatica le parole tra un gemito e un sospiro di estasi pura –Ti voglio. Fai l’amore con me, ti prego.-
Quasi sul punto di ripetere la sua preghiera, Hermione si sentì colmare da Draco, il suo respiro che le riscaldava il collo, le sue mani che la toccavano e l’accarezzavano con una delicatezza e insieme un ardore che non credeva possibili, il suo petto liscio che sfregava contro i suoi capezzoli e la mandava in estasi, il suo bacino che premeva contro il suo ad ogni spinta.
Arrivò al limite quasi senza rendersene conto, sentendo Draco seguirla poco dopo ed emettere un suono inarticolato contro il suo orecchio, ciò che di più animalesco ed eccitante avesse mai udito in vita sua.
Si accasciò sopra il suo corpo morbido e accogliente, ora decisamente stanco e impossibilitato a ricominciare dopo poco come era successo prima. Rimase per un poco dentro di lei, assaporando quella sensazione stupenda che il corpo caldo, morbido e umido di Hermione sapeva donargli.
Sentiva il bisogno di dirle qualcosa, qualunque cosa, che esprimesse la sensazione di pace interiore che provava in quel momento e che lo faceva sentire su un altro pianeta, che le facesse capire come per lui quello che avevano appena condiviso fosse più del semplice atto sessuale, della mera attrazione fisica che li attirava l’uno verso l’altro ormai da tempo.
Era la pace totale dei sensi, l’apoteosi del piacere fisico e spirituale, era l’amore prepotente che sentiva per Hermione e che sembrava diffondersi nelle sue vene e riscaldarlo dall’interno.
Era stata la scarica elettrica che gli aveva smosso le idee e gli aveva fatto capire appieno che ciò che provava per lei era diventato, poco a poco, quasi impercettibilmente, totale e perfetto come quello che avevano appena condiviso.
-Hermione.- la chiamò con incertezza, non ancora convinto né sicuro su come avrebbe dovuto agire per dirle ciò che sentiva. Era difficile aprirsi ed essere sinceri su questioni così delicate e personali, che lo facevano sentire esposto e vulnerabile, pur sapendo che non aveva nulla da temere da lei.
-Che c’è?-
Draco fece forza sulle braccia per poterla vedere meglio, gli occhi lucidi e la bocca rossa, i capelli scompigliati e le gote accese, la soddisfazione nello sguardo e una dolcezza infinita nella voce.
-Temo di essermi innamorato di te.- le confessò a bassa voce, con la goffaggine tipica di un bambino che muova incerto i primi passi. Le parole non erano mai state il suo forte, specialmente riguardo a temi sdolcinati e sentimentali. Le sfiorò appena le labbra con le proprie, con delicatezza, quasi scusandosi per quella confessione che, lo sapeva, non era proprio perfetta.
Poi le scivolò accanto. Sul punto di posare la testa sul suo seno, come un bambino, sentì la mani della ragazza circondargli il viso e indurlo a levarlo verso di lei, dove le sue labbra morbide e rosse lo attendevano già dischiuse.
-Allora temo che siamo in due.- gli sussurrò contro le labbra, sorridendo contenta e intenerita dall’imbarazzo infantile e tipicamente maschile di Draco nel confessare i propri sentimenti. Eppure, anche se un poco goffa, la dichiarazione di Draco le era sembrata perfetta.
Hermione lo baciò, di un bacio lento e profondo, lasciando a lui solo il compito di rispondere, dettando lei ritmo e profondità con cui le loro lingue si rincorrevano e giocavano al gioco più vecchio del mondo.
-Sai di fragole.- gli disse con le labbra ancora premute contro le sue.
Draco rise sommessamente, poi le leccò le labbra e le succhiò il labbro inferiore, quello più carnoso.
-Ed è un buon sapore?-
-Buonissimo.- gli rispose con un sorriso luminoso.
Con un senso di appagamento e felicità bruciante che gli invadeva il petto, Draco si sistemò accanto a lei, nel poco spazio che rimaneva tra il suo corpo morbido e lo schienale del divano, e posò il viso sul suo seno, mentre la mano di Hermione gli accarezzava i capelli e i muscoli appena accennati sotto la pelle tesa delle spalle.
Mentre un senso di torpore si impadroniva delle sue membra stanche, Hermione si passò la lingua sulle labbra.
Fragole.
 
***
 
Quando la luce del primo sole mattutino filtrò attraverso le tende bianche che proteggevano il salotto da occhi indiscreti, Draco aprì gli occhi, acquistando poco a poco consapevolezza del corpo –femminile e inconfondibile- che riposava placido sopra il suo, una gamba infilata tra le proprie cosce e pericolosamente vicino al suo membro.
Abbassò gli occhi su Hermione e la guardò dormire come una bambina, una mano stretta al seno e l’altra posata all’altezza del suo cuore. Le diede un bacio in fronte, poi uno sulla tempia e un altro sulla guancia, sentendola mugugnare infastidita nel sonno.
Draco rise, poi si chinò un poco e le sfiorò la labbra in un bacio leggero, approfondendolo immediatamente quando la vide socchiudere gli occhi, sveglia e consapevole.
 
Quando ancora stava con Ron, non le era mai piaciuto fare l’amore di mattina, appena svegli. Non che ci fosse stato un motivo particolare, semplicemente non le piaceva.
Ma in quel momento, sentendo Draco uscire da lei e darle un altro bacio –l’ennesimo, sempre con quel gusto latente di fragola sulle labbra- Hermione pensò che avrebbe fatto l’amore con lui ad ogni ora del giorno e della notte.
-Buongiorno.- la salutò Draco con un sogghigno, certo che il buongiorno che le aveva appena dato era stato più che eloquente nel dimostrare quanto fosse felice di trovarsela accanto appena sveglio.
Hermione ricambiò il saluto, poi levò il viso verso di lui e arricciò le labbra, pensierosa.
-Prima del trasloco ho buttato tutti i miei addobbi natalizi. Erano vecchi e rovinati.- spiegò –Mi accompagnate a comprarne di nuovi?- propose, certa che Altair si sarebbe divertita n mondo.
-Si può fare.- concesse –Ma forse prima è meglio che ti vada a cambiare a casa. Altair è piccola, ma forse qualche dubbio le verrebbe, vedendoti vestita come ieri sera, non credi?-
-Grazie per questa precisazione, non ci sarei mai arrivata con il mio quoziente intellettivo decisamente superiore alla media.- ribatté, tirandogli un cuscino in viso.
Draco lo prese al volo, ridendo, e lo lasciò cadere  a lato del divano su cui era ancora sdraiato, guardando Hermione richiamare la bacchetta con un incantesimo non verbale e poi richiamare i propri vestiti, iniziando a vestirsi sotto lo sguardo ingordo dell’uomo.
-Morbida…-
Le sfiorò un fianco.
-Dolce…-
Tentò di accarezzarle le mutandine rosse, ma Hermione si ritrasse, avvampando nel sentire quelle parole che, visto il tono lascivo con cui erano state pronunciate, non si riferivano chiaramente al sapore della sua bocca.
-Ma così permalosa e acida.- decretò Draco, ricevendo una linguaccia e una smorfia in risposta.
Hermione terminò di vestirsi. Vedendo la difficoltà con cui cercava in tutti i modi e con complicate torsioni del busto di allacciare la cerniera, Draco si alzò, totalmente a proprio agio nella propria nudità, e le andò alle spalle, tirando su la cerniera e accarezzandole la spina dorsale in una lunga carezza esasperante.
Le baciò la base del collo, poi la spalla e infine l’orecchio.
-Fatti una doccia e cambiati, poi torna. Ti porto a fare colazione fuori.-
Hermione annuì, poi si voltò verso di lui e gli stampò un bacio sulle labbra, rimanendovi saldamente attaccata, le braccia intrecciate intorno al suo collo e il busto imprigionato dall’abbraccio avvolgente e caldo di Draco.
 
Fragole.
 
Draco la baciò fino a quando rimase senza la più piccola riserva di ossigeno, staccandosi di malavoglia da quella bocca che avrebbe baciato ininterrottamente per tutto il giorno. Se non ci fosse stata Altair di cui occuparsi, probabilmente avrebbe sigillato la propria camera per impedire ad Hermione di allontanarsi dal suo letto e da lui per i giorni successivi.
Da quando quella donna lo rendesse completamente succube della passione che sentiva e irretisse la sua capacità di raziocinio, era un mistero. Non era mai stata particolarmente bella e non lo era nemmeno in quel momento, ma ormai l’amava e non l’avrebbe voluta diversa per nessun motivo al mondo, nemmeno in cambio della creatura più bella dell’universo.
La strinse un poco, sentendo il calore del suo corpo di giovane donna propagarsi sulla propria pelle, poi si staccò, costringendo i propri ormoni a darsi una regolata, prima di perdere ogni contatto con la realtà e finire ancora a fare l’amore su quel divano.
-Ti avviso, Granger.- le disse con tono basso e minaccioso –Se non vuoi finire di nuovo nuda sotto di me su quel divano, ti conviene andartene ora, altrimenti giuro che non rispondo più delle mie azioni.-
Hermione rise, gli stampò un bacio sulle labbra con un piccolo schiocco, poi uscì rapidamente dalla casa.
 
Quando il rumore della porta d’ingresso annunciò che Hermione era uscita, Draco rimosse l’incantesimo che aveva messo la sera prima alle scale. Indossò i boxer che avevano abbandonato in corridoio, mandò il resto dei vestiti nel cesto della biancheria e salì a controllare Altair.
La bambina dormiva placida nel suo letto, abbracciando la bambola che Hermione le aveva regalato. Sul comodino, occupandolo quasi interamente viste le dimensioni notevoli, giaceva  Storia di Hogwarts.
Draco si avvicinò al letto e si piegò per dare un bacio alla bambina, che mosse la mano nel sonno per sfiorargli la guancia, prima di voltarsi sul lato e cadere ancora in un sonno profondo.
Draco andò in camera propria e si lasciò cadere spossato sul letto.
Nonostante le numerosi notti d’amore e di sesso che aveva passato negli anni passati, prima e dopo il matrimonio e il divorzio,con Astoria o con altre donne, Draco non si era mai sentito così felice ed appagato come in quel momento.
E non era solo un appagamento fisico, era soprattutto un appagamento interiore.
Si sentiva come un adolescente alla prima cotta, scioccamente felice all’idea di rivederla dopo qualche ora e di passare una giornata con lei e Altair, come una famiglia.
Aveva ragione Nott: era patetico.
Eppure non riusciva a dispiacersene, non aveva intenzione di colpevolizzarsi né di colpevolizzare Hermione per quello che provava, per quell’amore che sentiva crescere e aumentare dentro di sé ad ogni istante che passava con lei.
Fare l’amore con lei –tutte le volte che aveva fatto l’amore con lei quella notte- non era stato uno sfogo fisico, era stato il coronamento perfetto di ciò a cui anelava da quando l’aveva baciata ad Halloween.
Era stata l’unione perfetta, la massima dimostrazione di come due persone opposte –loro due nello specifico– potessero essere anche complementari.
Fare l’amore con lei –tutte le volte che aveva fatto l’amore con lei quella notte- gli aveva dato un senso di completezza e perfezione assoluta, gli aveva fatto sperimentare il nodo allo stomaco che tante ragazze attendono di provare, gli aveva mandato il cervello in tilt nella suprema visione di Hermione che godeva con lui, per l’amore che provava per lui.
 
Era patetico.
Era innamorato.
Ma era felice.
 
Un colpo alla porta d’ingresso lo risvegliò dal dormiveglia in cui era caduto dopo una notte eccitante, appagante, ma certamente non propriamente riposante.
Scese al piano inferiore, guardandosi attorno alla ricerca di qualcosa che Hermione avesse dimenticato e andò alla porta, sbirciando dallo spioncino l’identità del visitatore.
La maglietta che aveva preso dall’armadio, per darsi un aspetto consono ad accogliere un ospite, cadde a terra.
Merda.
 
***
 
Considerando che solitamente Altair si alzava alle nove, Hermione decise che le dieci sarebbero state un orario più che adeguato per presentarsi a casa di Draco.
Si guardò ancora una volta allo specchio appeso all’ingresso. Sul collo spiccava l’inconfondibile macchia rossa di un succhiotto, uno dei  regali  di Draco, ma Hermione decise di non coprirlo. Se Altair avesse chiesto qualcosa a riguardo, si sarebbe inventata una scusa plausibile che non comprendesse i discorsi sulle api e i fiori.
Indossò sciarpa e cappello e uscì, infilando la bacchetta in una tasca interna mentre si dirigeva verso la casa dei vicini. Non appena si fu richiusa il proprio cancelletto alle spalle, tuttavia, la porta della villetta bianca dei Malfoy si aprì.
Draco e Altair uscirono, seguiti immediatamente da un’altra persona, una donna che lei non aveva mai visto, ma che era inconfondibile nel suo cappotto bianco abbinato alle scarpe e alla borsa di vernice dello stesso colore.
Astoria.
 






 
Immagino che questo finale vi abbia lasciato l’amaro in bocca, ma la storia è ancora lunga e i giochi sono aperti. Non disperate!
Come ho detto, domani parto e per questo ho postato oggi, un po’ in anticipo. Il capitolo successivo, “Astoria, la prima moglie”, verrà postato DOMENICA 22 o LUNEDì 23.
Come vi ho chiesto nell’avvertimento a inizio capitolo, mi piacerebbe sapere che ne pensate di questo capitolo, visto che è il primo di questo genere che scrivo. Lasciatemi un commentino, per favore!
Un abbraccio!
Giada

   

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Capitolo 15
*** Astoria, la prima moglie ***


Mi avete lasciato un mare (giusto per restare in linea con il titolo della storia) di recensioni bellissime. Le ho lette tutte e mi hanno riempito di gioia e, perché no, anche di soddisfazione.
Non ho potuto aggiornare ieri per impegni personali, spero mi vogliate perdonare.
Come noterete, non ho ancora risposto alle vostre recensioni. Premettendo che lo farò al più presto, ho pensato che avreste preferito leggere il nuovo capitolo.
Grazie per i consigli che mi avete dato riguardo al problema del rating e buona lettura!
 


Cap. 15
Astoria, la prima moglie
 

In piedi sulla porta di casa dell’ex marito, Astoria era più bella che mai, ancora più bella dell’ultima volta che l’aveva vista, il viso incorniciato dai lunghi capelli scuri e gli occhi che brillavano come lapislazzuli sul biancore candido del cappotto e della pelle lattea.
Troppo stupito da quella visita inattesa, Draco rimase immobile sulla soglia di casa, senza nemmeno preoccuparsi della pelle d’oca che andava formandosi sulle cosce e sulle braccia, lasciate scoperte e completamente esposte all’aria invernale che entrava dalla porta aperta.
Fissò Astoria a lungo, fino a quando lei non parlò.
-Non mi fai entrare, Draco?- lo esortò con dolcezza, senza la benché minima traccia di fastidio per quella strana accoglienza che aveva ricevuto.
Draco annuì e si fece da parte per permettere di entrare. Astoria lo superò e poi si voltò verso di lui, posandogli una mano sulla guancia per avvicinare il viso di Draco al proprio, dandogli il bacio sulle labbra che gli riservava sempre quando si vedevano dopo tanto tempo.
-Ciao.- lo salutò, sorridendogli.
Interpretando forse quel saluto come una sollecitazione a reagire per non destare sospetti, Draco la salutò a sua volta e le diede un bacio sulla guancia, accompagnandola in salotto.
Astoria, perfettamente a suo agio, si tolse il cappotto e lo gettò, insieme alla borsa, sulla poltrona, poi si lasciò cadere sul divano, sfilando le scarpe e abbandonandole sul tappeto. Si accese una sigaretta e fumò con tranquillità, perfetta padrona di casa anche in una casa che non era la sua.
Il “problema Astoria” di era presentato prima del previsto, senza concedergli il tempo di affrontare la situazione gradualmente, spiegando ad Astoria tutto ciò che andava spiegato a piccole dosi, dandole modo di assimilare la notizia e non morire di infarto.
Completamente nel panico più totale, timoroso che qualcosa potesse far intuire ad Astoria cosa era successo appena poche ore prima proprio in quella stanza, Draco si guardò intorno, fingendo di cercare un posacenere per la moglie e controllando che non ci fossero, invece, segni evidenti del passaggio di Hermione.
-Allora- esordì, sedendosi accanto alla donna e porgendole un posacenere in cristallo finissimo –come mai questo arrivo improvviso?- le domandò con noncuranza.
-Volevo fare una sorpresa ad Altair per il suo compleanno, ma abbiamo avuto un problema urgente con la nuova collezione.- spiegò –E quindi eccomi qui!- concluse aprendo le braccia, come per mostrarsi in tutta la propria eleganza, fasciata in un completo scuro giacca e pantaloni e da una camicia di chiffon grigio perla.
Draco annuì, poi si alzò e versò in due bicchieri una generosa dose di whiskey. Tornò verso la moglie e le porse uno dei due, che lei guardò con un sopracciglio inarcato e un’espressione stupita.
-Whiskey alle…- controllò l’orologio in oro bianco che portava al polso, il quadrante impreziosito dallo stemma della famiglia Greengrass -…alle nove di mattina?-
Draco alzò le spalle, fingendosi indifferente a questa precisazione e levò il bicchiere, brindando.
-Dobbiamo festeggiare il tuo arrivo.-
Convinta dal sorriso aperto e gioviale dell’uomo, Astoria prese il bicchiere che ancora tendeva verso di lei e lo picchiò contro quello di Draco, portandolo alle labbra e bevendone un lungo sorso.
-Vado a svegliare Altair.-
Quando si alzò, Draco le si parò davanti.
-Ho un’idea migliore.- le disse con calma –La sveglio e le dico di scendere, che in sala c’è una sorpresa di compleanno per lei. Che ne dici?-
Astoria annuì e rimase ad aspettare, mentre Draco saliva con lentezza le scale, in cuore in tumulto e una spiacevole sensazione di angoscia alla bocca dello stomaco.
 
Aprì la porta della figlia e la richiuse dietro di se, avvicinandosi al letto e sedendosi sulla sponda. Accarezzò i capelli morbidi e scompigliati della bambina, notando con una morsa al cuore che teneva stretto al petto la bambola che le aveva regalato Hermione.
Hermione.
Le aveva fatto promesse che ora, visto l’arrivo di Astoria, non avrebbe potuto mantenere.
L’aveva illusa.
Draco fece un sospiro profondo, passandosi stancamente una mano sul viso, poi prese la bambola e la sfilò da sotto il braccino della figlia, posandola sul comodino accanto all’altra parte del regalo di Hermione.
Draco sfiorò con la punta delle dita il nome della giovane strega, tracciandone i caratteri elaborati e dorati con cui era stato inciso. Sorrise come uno stupido.
Era un bel nome, peccato che avesse avuto così poche occasioni per utilizzarlo.
Con un respiro profondo e un peso opprimente all’altezza del petto, Draco scosse la figlia e le diede un bacio sulla guancia, svegliandola tra i suoi mugugni infastiditi.
-Ancora cinque minuti.- borbottò assonnata, ma Draco le tolse le coperte e la prese in braccio, facendola accoccolare contro il suo petto.
-Altair- la chiamò seriamente –devi ascoltarmi bene.-
Stropicciandosi gli occhi assonnati e lucidi di sonno, Altair guardò attentamente il volto serio e triste del padre, gli occhi cerchiati da rughe di concentrazione che stonavano con l’aspetto ancora giovane della pelle.
-Giù c’è una sorpresa per te.- le disse, poi sospirò e continuò –Ma qualsiasi cosa succeda, tu non devi mai dire nulla su Hermione e su quello che abbiamo fatto con lei in questi mesi.-
Altair lo guardò con occhi vacui. Non capiva.
-Hai capito? Non devi dire nulla, Altair. È una specie di gioco, ok?-
Draco le sorrise, cercando dimostrarsi il più tranquillo e rilassato possibile, e Altair si tranquillizzò, annuendo a sua volta, convinta.
-Questi li nascondiamo, per il momento.- le disse indicando la bambola che aveva posato sul comodino, accanto l’edizione illustrata di  Storia di Hogwarts  –Va bene, amore?-
Altair annuì ancora e Draco, con un gesto secco e nervoso della bacchetta, fece scomparire entrambi. Gli occhi della bambina si incupirono e Draco le diede rapidamente un bacio sulla guancia, lasciandosi abbracciare e stringendo a sua volta il corpo esile di Altair tra le proprie braccia. Quando sentì le mani della piccola insinuarsi tra i propri capelli, giocando rilassate con le ciocche bionde del padre, Draco la rimise a terra e l’accompagnò al piano inferiore, tenendola per mano, facendo scorrere il pollice sul dorso liscio della mano della piccola.
Era i suo calmante personale e solo Salazar sapeva quanto ne avesse bisogno in quel momento.
Giunti in sala, Altair rimase per qualche secondo pietrificata per la sorpresa, poi si staccò del padre e corse verso Astoria, che la prese in braccio, dandole tanti baci sulle guance mentre la piccola sorrideva allegra. Sorridendo per la felicità della figlia, Draco le lasciò sole e si diresse con calma in bagno. Lì, con lentezza e gesti ponderati, sigillò e insonorizzò la stanza.
Fissò il proprio riflesso allo specchio, il tatuaggio del dragone che spiccava come inchiostro su un drappo di seta bianca, sentendo ancora sulla pelle la sensazione della dita di Hermione che lo accarezzavano con delicatezza e comprensione.
Si morse le labbra, cercando di cacciare quel fastidioso groppo alla gola che gli impediva di deglutire correttamente. Sentì in bocca il sapore del whiskey appena bevuto.
Un ricordo.
 
-Sai di fragole.-
-Ed è un buon sapore?-
-Buonissimo.-
 
Prese la prima cosa che gli capitò sotto mano, una boccetta di profumo che Astoria -sempre lei, maledizione- gli aveva fatto recapitare per il suo compleanno, e la lanciò con forza contro lo specchio davanti a lui.
Urlò.
Con le mani strette intorno al bordo del lavandino, la testa chinata in avanti e infossata tra le spalle che tremavano di rabbia, Draco respirò a fondo, ripetendosi che doveva calmarsi, scendere al piano inferiore e mostrarsi più che mai contento di rivedere Astoria, evitando così di turbare la gioia della figlia, che ogni volta viveva il ritorno della madre come una festa.
Con un colpo di bacchetta aggiustò lo specchio, ricompose la boccetta di vetro e asciugò gli schizzi di profumo costoso che avevano sporcato le piastrelle, poi si sciacquò accuratamente il viso con acqua fredda e si fece una doccia rapida, asciugandosi con la magia e indossando il primo indumento che gli capitò a tiro.
 
Quando tornò in salotto, pochi minuti dopo, perfettamente vestito e ordinato, trovò Altair seduta in braccio alla madre, che la coccolava e la baciava tra una parola e l’altra, ascoltando tutti i racconti di Altair e annuendo attentamente, con un sorriso radioso sulle labbra impreziosite da un rossetto scarlatto.
Tutto si poteva dire di Astoria, tranne che non amasse sua figlia.
Era una madre atipica, incapace di dedicarsi completamente alla famiglia e di restare stabilmente in un luogo, che aveva bisogno di libertà e aria fresca per poter creare e poter esprimere liberamente se stessa, ma di certo non era senza cuore.
Forse le sue scelte non erano condivisibili, ma non la si poteva rimproverare.
Draco si sedette accanto a loro e Altair subito iniziò a spiegare ciò che stava raccontando alla madre, cercando anche le sua approvazione intervallando il discorso con la tipica frase  “vero, papi?”.
Draco annuì, sfoggiando un sorriso luminoso che si specchiava in quello perfettamente speculare di Astoria e Altair.
-Ho fame, facciamo colazione fuori, papi?-
 
-Fatti una doccia e cambiati, poi torna. Ti porto a fare colazione fuori.-
 
Draco deglutì pesantemente, ma nessuno se ne accorse, Astoria era troppo impegnata e guardare la figlia che giocava con la sua collana di perle e Altair era troppo piccola per leggere in quel gesto di tensione tutto il suo dolore.
-Volentieri, principessa.- la prese in braccio, alzandosi seguito da Astoria –Andiamo a vestirci?-
 
In cameretta, Draco rimase seduto sul letto, osservando Astoria che sceglieva con Altair il vestito da indossare per quella che, agli occhi della piccola, si prospettava come una giornata felice e speciale.
Il sorriso di Altair avrebbe potuto illuminare a giorno anche la notte più buia, era il simbolo stesso della gioia e dell’entusiasmo più sinceri.
Dentro di sé, in qualche angolo remoto, Draco sapeva che avrebbe dovuto essere contento, lieto per la felicità che sua figlia emanava da ogni cellula, felice di rivedere Astoria e la propria famiglia riunita, ma quella parte era troppo debole, persino per uno che come lui avrebbe dato qualsiasi cosa per Altair.
Tutti quei “avrebbe dovuto”, tutti quei doveri di cui era consapevole, non facevano altro, però, che incrementare e mettere ulteriormente in risalto il dolore che sentiva, quel senso di impotenza e rabbia che ribolliva dentro di lui al pensiero che, ancora un volta, non poteva essere padrone delle proprie scelte di vita.
E quel che era peggio, era che non era il coraggio a mancargli, era il senso di dovere, di protezione, di responsabilità verso sua figlia a frenarlo.
Ora che finalmente aveva avuto il coraggio di dire a Nott che sì, per quanto assurdo, si era innamorato di Hermione, ora che aveva tirato fuori quel poco di coraggio che le passate generazioni di Malfoy avevano accuratamente sepolto sotto strati e strati di orgoglio e opportunismo, proprio ora l’amore per Altair si era trasformato in una gabbia.
Una gabbia d’amore, ma pur sempre una gabbia.
-Ti piaccio, papi?- Altair fece una giravolta davanti a lui, mostrandosi in tutto il splendore, attendendo con un sorriso la risposta del padre. –Non ti piaccio?- chiese delusa, vedendo la piega delle labbra, amara e triste.
Draco si risvegliò all’istante, illuminandosi in un sorriso candido e perfetto.
-Sei bellissima, come sempre.-
 
-Questo vestito non ti sta bene. Di più.-
Hermione.
 
Improvvisando un colpo di tosse e la necessità di bere un bicchier d’acqua, Draco scese in cucina. Ignorò completamente sia l’acqua fresca che conservava in frigorifero, sia quella del rubinetto.
Si diresse a passo spedito vero il mobiletto dei liquori e stappò la prima bottiglia che gli capitò sotto mano, senza prestare attenzione all’etichetta e tantomeno all’orario. Portò la bottiglia alle labbra e bevve un lungo sorso, sentendo il bruciore del liquore incendiargli la gola e fargli bruciare gli occhi dietro le palpebre ostinatamente chiuse.
Rimise a posto la bottiglia e sciacquò la bocca con una sorsata d’acqua, cercando di togliere almeno l’odore di alcol che gli sarebbe rimasto sulle labbra, sperando che l’alcol in circolo rendesse più facilmente sopportabile quella situazione.
Si avvicinò furtivo alla finestra, quella che offriva una panoramica perfetta della villetta di Hermione e, proprio come aveva fatto Altair mesi prima, guardò le finestre, una ad una, cercando l’ombra di Hermione, intravedendola solo per un istante fugace dietro le tende bianche della camera da letto.
Mentre i rumori al piano di sopra lo informavano che anche Astoria si stava cambiando, mostrando alla figlia il suo ampio guardaroba e lasciandola giocare con qualche gioiello, Draco rimase incollato alla finestra, la fronte appoggiata alla superficie liscia e gelida del vetro e le mani artigliate al bordo del davanzale.
-Siamo pronte!-
La voce di Altair lo richiamò dai propri pensieri.
Altair e Astoria lo aspettavano ai piedi delle scale, tenendosi per mano. Per qualche istante, si concentrò totalmente sull’ex moglie, assolutamente splendida nell’abito corto che aveva scelto, un tubino nero stretto in vita da una cintura bianca che ne evidenziava il punto vita e faceva aderire la stoffa alla sue forme.
Era bella.
Era bella.
Era bella.
Era bellissima, a dire il vero.
Ma non era Hermione.
 
Scosse la testa, ammonendosi tra sé e sé, poi indossò il cappotto e aprì la porta, sospirando sollevato quando l’aria fredda gli sferzò il viso e gli fece bruciare gli occhi, insinuandosi al di sotto dei lembi del cappotto slacciato e facendolo rabbrividire. Respirò a pieni polmoni, più che mai deciso a schiarirsi le idee e a concentrarsi su quelli che erano i suoi doveri, coma padre e come Purosangue.
Sei un Purosangue, uno dei Purosangue più ricchi d’Inghilterra, e meriti una donna che sia alla tua altezza, una donna come Astoria.
Bella.
Anche Hermione era bella, a modo suo.
Elegante.
Anche Hermione sapeva essere elegante, ad esempio con quell’abito che aveva provato da Harrods.
Sensuale.
Anche Hermione, con quel suo modo pudico di arrossire, sapeva rivelarsi sensuale come pochi avrebbero potuto immaginare.
Purosangue.
Respirò a fondo.
Hermione non era Purosangue, non andava bene, non era la scelta giusta.
Hermione era sbagliata.
 
Al tonfo della porta d’ingresso che si chiudeva alle spalle di Astoria, ne seguì un altro.
Draco si voltò e vide la ghirlanda di agrifoglio sulla porta di Hermione sobbalzare sul legno della porta, prima di rimanere ferma, silenziosa e gelida.
Aveva visto.
Hermione aveva visto.
L’aveva visto con Astoria e Altair, mentre uscivano di casa come una famigliola felice.
Sentì un braccio infilarsi sotto al proprio e una mano piccola stringere quella libera.
-Ho fame. Dove mi porti?-
Draco rispose debolmente al sorriso di Astoria, poi condusse le sue due donne verso il centro del paese, alla ricerca di un caffè che riscontrasse il favore della strega.
 
 
Seduti ad un tavolino vicino alla vetrata che guardava sulla piazza principale, Astoria mangiava con compostezza la propria brioche.
-Non sono come quelle che ho mangiato a Parigi, ma possono andare.- sentenziò –Altair, siediti composta e tieni la schiena dritta, altrimenti diventerai gobba come quelle secchione che stanno sempre sui libri.-
Hermione non ha la gobba, ha una schiena perfetta.
A quel pensiero, Draco bevve il proprio caffè e ne ordinò immediatamente un altro.
-Allora- esordì Astoria, pulendosi la bocca con gesti misurati –non mi hai ancora detto nulla. Come te la passi in questo buco di paese?- gli domandò, guardando con rimprovero la piccola piazzetta e i negozi che vi si affacciavano, regalandole colore e vivacità anche nel freddo pungente dell’inverno.
-Come al solito.- rispose con tono piatto –Sei tu quella che gira il mondo, dovresti essere tu quella con meravigliose novità da raccontare.- la esortò, sperando di spostare l’attenzione della donna su se stessa, l’argomento che preferiva in assoluto. Tuttavia, il tentativo di Draco fu vano.
-Lo sai, le solite cose. Feste, sfilate, interviste, ancora feste.- mosse una mano in aria, come per mostrare che erano routine ordinaria per lei, ormai abituata al mondo sfavillante e mondano della moda d’oltreoceano –Tu, invece, non mi hai detto nulla. Non c’è nessuna donna con cui ti vedi?- indagò con quel pizzico di civetteria e amore per il gossip che l’aveva sempre caratterizzata.
-Ho avuto qualche storia, ma al momento non mi vedo con nessuna.- rispose brevemente, poi indicò con un cenno del capo Altair, che si era incupita all’improvviso. Non gradiva sentire parlare delle donne che frequentava, sembrava sempre spaventata all’idea che una di quelle donne potesse portarle via il suo papà.
Astoria annuì e cambiò prontamente argomento.
-Ho visto che la catapecchia accanto a casa tua è stata ristrutturata. Chi è quel pazzo?- domandò con una risata. A lei, così abituata alle grande metropoli, anche babbane, affollate di persone, traffico e vitalità, non sarebbe mai venuto in mente di trasferirsi in un luogo dimenticato da Merlino.
Giusto qualche Grifondoro provinciale e dalla vita sociale praticamente nulla avrebbe potuto accettare tutto quel mortorio. Draco era l’eccezione che confermava la regola, ma questo era tutto un altro paio di maniche.
Draco sembrò particolarmente contrariato per quella domanda. Per la seconda volta, bevve il caffè in un solo sorso e ne ordinò immediatamente un altro.
-La Granger.- biascicò a fatica.
Astoria lo guardò perplessa, mentre Altair chiedeva di poter andare ad accarezzare un tenero cucciolo di husky che era appena entrato nel locale con il proprio padrone. Dopo averle dato il permesso e averle raccomandato di lavarsi accuratamente le mani, Astoria tornò al discorso che avevano interrotto.
-La Granger.- ripeté e Draco annuì –Hermione Granger, la secchiona frigida amica di Potter?-
Draco non seppe come rispondere, combattuto tra ciò che pensava e ciò che Astoria si aspettava che dicesse.
Hermione non era secchiona, era geniale. Aveva un cervello che avrebbe fatto invidia a molti e comodo a tutti, un’intelligenza brillante e vivace.
E non era nemmeno frigida. Era timida, questo sì, forse anche puritana –gli venne da sorridere-, ma di certo non era frigida. Aveva un fuoco dentro che bruciava, bruciava per lui, e una passione che sapeva tirar fuori al momento giusto e con la persona giusta.
Ma cosa avrebbe potuto rispondere?
-Già, lei.-
-Oh Merlino.- mormorò attonita –E non l’hai ancora cacciata via?-
 
-Leva la tua faccia da lurida Mudblood dal mio giardino, feccia.-
 
Ci aveva provato, ormai cinque mesi prima, ma lei non si era piegata, nemmeno quando le aveva sputato addosso, mostrandole un disprezzo che nessuna parola avrebbe mai potuto esprimere.
Era rimasta, gli aveva insegnato a conoscerla e l’aveva fatto innamorare.
Lui aveva accettato, anche se indirettamente, di conoscerla, l’aveva fatta innamorare e ora l’avrebbe distrutta.
Pensò alla porta del cottage di Hermione che sbatteva, alla ghirlanda natalizia che dondolava contro il legno dell’ingresso.
Forse l’aveva già fatto. Ancora una volta, la soluzione ai suoi problemi era arrivata provvidenziale, senza bisogno che lui aprisse bocca e si esponesse in prima persona. Hermione l’aveva visto con Astoria, mentre uscivano da casa come una famiglia felice e perfetta, e probabilmente aveva già tirato le somme.
Forse in quel momento, mentre lui beveva il terzo caffè e ne ordinava un quarto, lei stava piangendo, accoccolata sul divano, con un cuscino stretto tra le braccia come unico conforto, come quel conforto che lui non poteva darle.
Forse stava piangendo per lui, sola e triste, come mesi prima aveva pianto per quell’idiota di Weasley.
Ma, anche ora, cosa avrebbe potuto risponderle?
-Ci ho provato, ma se essere testarda.- prese un bel respiro e diede il tocco di classe alla propria menzogna –Niente che un buon incantesimo isolante e di pulizia dell’aria non possa risolvere, non trovi?-
Astoria annuì concorde, poi terminò la propria brioche, controllando la figlia che ancora giocava con una piccola palla di pelo argentato.
-E, dimmi, com’è diventata la più brillante strega della sua generazione?-
Proprio come aveva fatto lui, anche Astoria parodiò il complimento che tanti professori le avevano rivolto negli anni e che a Serpeverde aveva sempre scatenato una certa maligna ilarità.
Draco, però, non lo trovava divertente, non più.
Ricordò l’incantesimo che aveva mostrato ad Altair la prima volta che erano andati a trovarla, quel tulipano apparso sul palmo della sua mano senza l’uso della bacchetta, bello e delicato com’era lei.
-Non è diventata.- liquidò il discorso –È la stessa saputella irritante e secchiona che era a scuola. Più tette e culo, ma stessi capelli come un groviglio di rovi e denti da castoro.-
Astoria rise, attirando l’attenzione di molti avventori che la guardarono con occhi languidi, rivolgendo a lui occhiate di invidia.
Astoria poteva risultare antipatica a molte donne –una della quali, evidentemente, aveva appena pestato il piede al marito sotto il tavolino-, ma non poteva che suscitare occhiate d’ammirazione tra gli uomini.
-Mi stupisco che tu non l’abbia ancora schiantata.- considerò pensosamente. Draco si aprì in ghigno che richiese tutto il suo impegno.
-Preferisco non trovarmi anche San Potter tra i piedi. Gli anni di scuola mi sono bastati.- sbuffò scocciato e Astoria gli rivolse un’occhiata piena di comprensione.
 
***
 
-Buonanotte, Altair.-
-Buonanotte, mamma.-
Astoria diede un bacio in fronte alla figlia, poi le rimboccò le coperte e uscì dalla camera, dirigendosi decisa verso quella di Draco. Aprì la porta e lo trovò in piedi davanti all’armadio, occupato a sistemare i vestiti puliti sulle apposite grucce.
-Ti serve il bagno?- gli domandò, ma lui scosse la testa, guardandola al di sopra della spalla –Allora mi faccio una doccia.-
-Sì, certo.- Draco annuì, poi prese da un armadio degli asciugamani puliti e li porse alla donna che aspettava vicino alla soglia d’ingresso –Hai bisogno d’altro?-
Astoria scosse la testa e scomparve in bagno, rimanendovi a lungo, lasciando che lo scrosciare della doccia fosse l’unico indizio della sua presenza. Draco si lasciò cadere sul letto, provando ad immaginare Astoria sotto la doccia, nuda come l’aveva vista tante volte, e tentando di provare per lei quello che provava per Hermione.
E per quanto si sforzasse, per quanto cercasse di elaborare fantasie erotiche con lei come protagonista, per quanto rievocasse dalla propria memoria immagini e ricordi di com’era il sesso –eccellente- tra loro due, Draco si accorse che non era mai stato altro che questo, sesso.
Le voleva bene, la trovava anche sensuale ed eccitante come donna, come corpo e mero oggetto di desiderio, ma non l’amava e non l’aveva mai amata, forse perché erano troppo simili, forse perché sarebbe stato come amare il proprio riflesso.
Appagante, ma sterile.
Hermione era il suo opposto, lo completava. La sua visione del mondo lo stimolava, gli offriva spunti di riflessione, motivi di discussione, l’opportunità di ipotizzare che ci fosse altro, oltre il mondo di opportunismo che caratterizzava le casate di Purosangue che facevano di Serpeverde la propria tana.
-Draco, ti devo dire una cosa.-
Quando riaprì gli occhi, Draco si trovò davanti un’Astoria ben diversa da quella con cui aveva appena trascorso la giornata. Coperta da un asciugamano stretto poco sopra il seno, in piedi accanto alla porta, lo guardava con un una luce di preoccupazione negli occhi, priva della briosa vitalità che aveva sfoggiato per tutta la giornata.
-Dimmi.- la invitò a sedersi ma lei scosse il capo, mordendosi le labbra carnose su cui era rimasta una traccia del colore scarlatto del rossetto –Mi devo preoccupare?- indagò, seriamente spaventato nel vedere il suo nervosismo.
-Oh, no.- lo rassicurò con un sorriso –Solo che questa… notizia… potrebbe risultare piuttosto travolgente, ecco.-
Draco la guardò senza capire, mentre un timore vago serpeggiava dentro di lui, avviluppando i suoi polmoni in una morsa di inquietudine. Astoria prese un respiro.
-Ho deciso di rimanere. Qui.- precisò davanti allo sguardo di Draco, poi soggiunse –Per sempre.-
La bocca di Draco si aprì per la sorpresa, lasciandolo boccheggiante e perplesso, stupito e pietrificato. Deglutì pesantemente, facendo vagare lo sguardo per la stanza, per poi riportarlo sulla figura che attendeva una sua risposta.
-Come mai questa decisione?- domandò con tutta la calma e l’indifferente curiosità che riuscì a mettere insieme, mentre il suo cuore pompava così forte da sembrare deciso a sfondargli la cassa toracica e cadere sul letto, tra loro due, mostrando quando fosse martoriato e sofferente.
-Ho capito che ho sbagliato, che non era necessario andarmene in giro per il mondo per sentirmi realizzata quando qui avevo te e Altair.- spostò il peso sul piede sinistro, a disagio –So che sono passati anni, ma potremmo provare ad essere una vera famiglia.- propose, gli occhi che brillavano di speranza.
-Astoria- tentò Draco, schiarendosi la voce –Io credo che se non ha funzionato quattro anni fa, non possa…-
Astoria corse verso di lui e gli tappò la bocca con una mano, sorridendo gentile.
-Non dirlo, ok? Possiamo almeno provare, ricominciare da quello che andava bene fra noi, non trovi?-
Vedendola così speranzosa, convinta di avere una possibilità, Draco provò a valutare la fattibilità di quella proposta.
-E cioè?-
-Cioè Altair.- Draco non poté che essere d’accordo sul fatto che almeno da quel punto di vista erano sempre andati d’accordo, perfettamente concordi su tutto ciò che fosse bene per lei –E il sesso.- soggiunse Astoria, sciogliendo il nodo che fermava l’asciugamano e lasciandolo cadere a terra, svelando ai suoi occhi il proprio corpo nudo e lucido d’acqua.
-Astoria, io credo…-
Ancora una volta lo interruppe.
-Proviamoci, almeno.- lo esortò –Pensa a come sarebbe contenta Altair di avere di nuovo una famiglia normale, unita.-
Draco distolse lo sguardo da lei e lo puntò sul corridoio buio, immaginando la sorpresa di Altair se le avessero dato la notizia. Non sarebbe stata felice, di più.
Provò ad immaginare la vita con Astoria, con una moglie sempre presente. Svegliarsi con lei accanto, con il suo profumo di fiori e spezie che impregnava il cuscino, fare colazione insieme, passare tutta la giornata con lei e con la felicità di Altair che riempiva la casa, addormentarsi ancora con lei, con il suo stesso profumo di fiori e spezie che lo avvolgeva e lo accompagnava nel mondo dei sogni.
Sarebbe stato difficile, avrebbe richiesto impegno e dedizione, ma la felicità di Altair sarebbe stata una ricompensa sufficiente.
E la tua, di felicità?
Alla domanda di quella vocina interiore che non sentiva da tempo, Draco abbassò lo sguardo, sconfitto.
La sua felicità poteva anche passare in secondo piano, rispetto a quella di Altair. Sua figlia era il dono più bello che la vita gli avesse fatto e se per garantirle una vita felice e un futuro sereno avesse dovuto sacrificarsi, l’avrebbe fatto.
In fondo, non c’era nessun valido motivo per cui rifiutare la proposta di Astoria.
Hermione? Propose quella stessa vocina, simile a quella della madre.
Hermione era stata un passatempo, uno sfogo, si disse. Era stata poco più di una prostituta, decretò caustico.
E quello che provi, quello che senti quando la vedi? Tu la ami.
Le dita di Draco ebbero un lieve spasmo, stringendosi sul copriletto trapuntato di arabeschi neri sullo sfondo verde.
L’amore non esiste, non verso quelle come lei. È sporca e impura, è sbagliata.
Astoria era quella giusta, quella che l’avrebbe reso felice, soddisfatto, appagato dalla propria vita. Gli offriva sesso, tranquillità, la possibilità di rimanere entro il proprio circolo di amicizie e di far felice Altair.
Cosa poteva volere di più?
Hermione.
 
Già, Hermione.
 
-Sai di fragole.-
-Ed è un buon sapore?-
-Buonissimo.-
 
Hermione sarebbe rimasta indietro, parte di un passato che non avrebbe mai dovuto esistere, che mai sarebbe potuto tornare, un ricordo sbiadito che in pochi mesi sarebbe diventato talmente irrilevante da non importunarlo più.
Di Hermione, nella sua vita, non sarebbe rimasto nulla.
Solo il ricordo dell’unica notte d’amore che avevano condiviso, il suo profumo di talco, qualche capello attaccato ai vestiti.
 
-Cosa posso dire.- mormorò. Levò il viso verso quello di Astoria che ancora lo fissava in attesa di una sua risposta –Benvenuta nella tua nuova casa.-
Quando la sentì sedersi sulle proprie gambe, le labbra che premevano contro le sue, Draco chiuse gli occhi.
Bruciavano.
 







Come lasciava intuire il titolo, questo capitolo (che vi farà arrabbiare, lo so) è incentrato su Draco e Astoria. Hermione tornerà nel prossimo capitolo, ve lo prometto, e anche Nott e Narcissa, che avevano suscitato la vostra simpatia.
Commentate, le vostre opinioni sono sempre apprezzate!
Appuntamento a
sabato.
Un abbraccio
Giada

 

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Capitolo 16
*** Al chiaro di luna ***


Ho risposto a tutte le recensioni del capitolo 14 e a molte del capitolo 15. A tutte le altre risponderò domani mattina.
Ah, non fatevi trarre in inganno dal titolo.
Vorrei rivolgere un ringraziamento speciale a 
imane  che ha segnalato questa storia all’amministrazione affinché venga inserita fra la storie scelte del sito. Non so se questo avverrà realmente né quanto tempo ci vorrà, ma le sono infinitamente grata. È una bella soddisfazione. Grazie.
Buona lettura!
 
 
 

Cap. 16
Al chiaro di luna
 

 
Henley-on-Thames era esattamente quello che molti avrebbero definito un ridente paesino della campagna inglese. Placidamente disteso sulle rive del Tamigi, con tante case a graticcio che si affacciavano sul fiume o su strette vie tranquille, era abbastanza lontano dalle grandi città per potersi estraniare dai propri problemi, ma non così tanto da dare l’idea di essere fuori dal mondo.
Se quattro anni prima l’arrivo di Draco Malfoy e della sua figlioletta aveva suscitato scalpore e mormorii incuriositi, altrettanto successo quando, quattro anni dopo, la moglie del giovane l’aveva raggiunto.
Anche solo per la loro bellezza e per quell’aura misteriosa che sembrava circondarli nella loro riservatezza, la giovane coppia di coniugi in compagnia della bambina non avrebbe potuto non attirare l’attenzione dell’intero paesino.
In più, per calamitare definitivamente l’attenzione maschile e l’antipatia femminile, Astoria non aveva minimamente considerato la parola  adattamento  riferita al proprio guardaroba.
Abiti eleganti e succinti, scarpe di pregiata fattura, rossetto scarlatto e unghie laccate. Il suo aspetto era esattamente identico a quello che curava meticolosamente nei suoi pomeriggi a Los Angeles, tra stoffe e abiti della sua nuova collezione.
Per Draco, che aveva cercato di aderire il più possibile a usi e costumi babbani per non attirare troppo l’attenzione su di sé e sulla propria vita ritirata, gli sguardi che li seguivano ovunque erano simili ad una morsa intorno al collo, che sembrava stringersi ad ogni passo, lasciandolo pallido, cinereo e senza fiato.
Aveva la sensazione che tutta l’aria gli fosse stata risucchiata dai polmoni, la spiacevole impressione che tutti quei mormorii di dissenso e disapprovazione fossero rivolti a lui e alla sua mancanza di coraggio, il sospetto che tutti sapessero che se Hermione, la dolce ragazza del cottage azzurro, non si vedeva più in giro, la colpa era sua.
Si sentiva gli occhi di tutti puntati addosso, attirati dalle sue colpe -perché era consapevole di averne- piuttosto che dall’aspetto appariscente, metropolitano e mondano di Astoria.
 
-Ma insomma, cosa fate tutto il giorno in questo paese?- sbottò Astoria, guardandosi intorno con il naso alla francese arricciato e un’espressione di insofferenza sul bel viso.
Camminavano lungo il viale della cittadina, tenendosi sotto braccio come una coppia felicemente sposata, anziché felicemente divorziata.
-Non c’è nulla da fare.- proseguì –Ma tu cosa facevi prima che arrivassi io?-
Dal tono con cui Astoria gli si rivolse, era chiaro che si considerava la sua salvezza, quella che l’aveva liberato da giornate tetre e monotone, di una calma piatta assolutamente insopportabile.
In effetti, le giornate con Altari si ripetevano sostanzialmente uguali a se stesse. Si prendeva cura della bambina, che specialmente i primi tempi richiedeva tutta la sua attenzione, giocava con lei, la portava al parco se c’era bel tempo, andava a trovare sua madre e usciva con qualche ragazza o con i suoi amici.
Ogni giorno si ripeteva all’incirca uguale agli altri, fino a quando aveva incontrato Hermione.
Con lei era cambiato tutto.
Con lei aveva lavorato in giardino, era andato alla festa di paese, aveva scoperto un insospettato risvolto positivo della parata di Halloween, era andato da Harrods. Ma anche i pomeriggi più tranquilli, quelli passati a casa in compagnia di Hermione, conservavano nella sua mente qualcosa di speciale e assolutamente indimenticabile.
E se c’era una cosa che aveva capito in quella settimana passata con Astoria, era che Hermione Granger era testarda anche quando era solo un ricordo, saldamente ancorata alla sua mente e decisa a non andarsene, indifferente agli sforzi a alla tenacia con cui Draco cercava di mandarla via.
E se fisicamente era riuscito ad allontanarla senza muovere nemmeno un muscolo, mentalmente la faccenda era di tutt’altro genere.
Si sentiva stanco, Draco, oppresso da un senso di insoddisfazione latente e logorante che gli corrodeva lo stomaco come acido e gli faceva percepire in bocca il gusto amaro del torto, del dolore, della mancanza, della perdita.
Hermione gli mancava come mai nessuno gli era mancato, di un dolore tanto più amplificato quanto più forte era il senso di colpa che lo attanagliava.
-Devo fare qualcosa o impazzisco.- lo sollecitò ancora Astoria.
Draco abbassò lo sguardo su di lei, che muoveva gli occhi a scatti come per cercare una via di fuga, e scosse la testa.
-Dobbiamo prendere frutta e verdura.-
-E questa sarebbe la tua alternativa?- domandò scettica e anche un po’ infastidita all’idea che lui non prendesse sul serio la sua insofferenza.
-No, ma se vuoi mangiare dobbiamo comprare qualcosa.- le rammentò. Astoria sbuffò.
-Non capisco perché non vuoi tenere un elfo domestico. Quelle creature sono fatte apposta per servire.- decretò convinta.
 
 
-Malfoy, perché fai tutto tu in casa e non usi un elfo domestico?-
Effettivamente, Draco era rimasto piuttosto stupito nel constatare che Hermione non avesse ancora fatto riferimento alla sua strana associazione per gli elfi domestici. La guardò indeciso, poi scrollò le spalle.
-Ne ho avuto abbastanza di elfi e di teste di elfi domestici appese in casa mia. Dobby e quel’altro…- ci pensò un attimo -…Kreacher, sono stati la goccia che ha fatto traboccare il vaso.-
-Capisco Dobby, ma Kreacher è sempre stato il tipo d’elfo che quelli come voi- disse cautamente –volevate.-
Draco si lasciò andare ad una risata amara e un poco isterico, forse anche scettica.
-Dobby ci ha traditi per salvare San Potter e Kreacher ha fatto lo stesso, ma non con noi. Entrambi sono la dimostrazione che non ci si può fidare nemmeno di creature che, come loro, sono fatte apposta per servire.-
-Non sono fatte apposta per servire!- ribatté prontamente Hermione, indignata e infuriata –Sono state costrette a servire che è ben diverso!-
-È la stessa cosa.- sbuffò Draco, facendo un gesto ago e infastidito con la mano.
-Affatto! Se io ti costringessi con l’Imperius a servirmi per il resto della vita, tu lo faresti, ma non per questo sarebbe la tua natura.-
Draco la guardò un istante, gli occhi accesi di indignazione e convinzione per le proprie idee, le guancie un poco arrossate per la foga con cui aveva risposto e i capelli in disordine, scompigliati dal vento freddo. Nel complesso, bellissima.
-Va bene, Granger.- l’assecondò –Adesso andiamo a bere un caffè.-
Strinse tra le dita un lembo del suo giaccone invernale e la trascinò fino all’entrata della caffetteria che si affacciava sulla piazza.
 
 
Ignorando quella frase della moglie e il ricordo che aveva suscitato, Draco si diresse verso il negozio del fruttivendolo. Vedendo una sagome inconfondibile sulla soglia, che stringeva tra le braccia un sacchetto di carta e parlava con l’altrettanto inconfondibile sagoma del fruttivendolo, Draco tentò di cambiare strada, ottenendo solo di far perdere l’equilibrio ad Astoria.
-Draco!-
La protesta di Astoria attirò l’attenzione delle due persone sulla soglia d’ingresso, che li guardarono con occhi sgranati senza fiatare.
Riacquistato l’equilibrio, Astoria infilò nuovamente il braccio sotto quello di Draco e si diresse con lui verso il negozio, entrando senza salutare e rivolgendosi direttamente al giovane.
-Avete dei germogli di soia biologici?- domandò lanciando uno sguardo gelido e vagamente disgustato al grembiule verde che indossava, sporco di terriccio.
-Prego?-
-I germogli di soia.- scandì Astoria, come se stesse parlando con un analfabeta piuttosto ottuso –Sono delle verdure.- precisò.
John assottigliò gli occhi, irritato per essere trattato in quel modo supponente da una donna che sembrava non avere idea del posto in cui si trovava né del fatto che vestita in quel modo, in quel paesino di provincia le cui strade erano costellate di pericolose fessure tra una pietra e l’altra, era vagamente ridicola.
Quando, con aria irritata e ostile, aprì la bocca per ribattere che anche se non abitava nella capitale e non era un damerino in giacca e cravatta, aveva comunque ricevuto un’istruzione, una mano ferma ma delicata gli si posò sul braccio, trattenendolo.
Abbassò lo sguardo su Hermione, che scosse impercettibilmente il capo.
Poco distante, Draco osservò il gesto di Hermione e lo scambio di sguardi tra i due sentendo il sangue affluirgli al cervello per la gelosia.
Hermione poteva toccare solo lui.
-Allora, questi….- Astoria interruppe la frase, prestando attenzione alla donna accanto al pezzente e realizzando solo in quel momento chi avesse davanti –Granger?-
-Greengrass.-
Si fronteggiarono un poco, Astoria in nome della storica rivalità tra le loro Case e che sentiva di dover rinnovare anche in quell’occasione. Hermione si limitò a guardarla con gli occhi assottigliati, fissando solo gli occhi azzurri della donna e cercando di escludere tutto il resto, soprattutto il braccio di Astoria ancora strettamente allacciato a quello di Draco.
-È un autentico  piacere  vederti.- sibilò Astoria, con un ghigno tanto famelico che Hermione, per un attimo, ebbe l’impressione di aver visto una lingua biforcuta saettare tra i denti bianchissimi.
-Purtroppo non posso dire lo stesso.- la contraddisse amabilmente Hermione, sorridendo come se avesse appena incontrato una vecchia amica.
Astoria incassò.
-E come ci sei finita in questo buco?- domandò, indicando con un cenno del capo il paese che si intravedeva oltre la porta a vetri del negozio –Per amore?- ipotizzò, lanciando una breve significativa occhiata a John, che l’affiancava e guardava senza capire quel dibattito amaro e pungente.
Draco spostò nervosamente il peso del corpo da un piede all’altro, nervoso e innervosito da quella domanda che Astoria aveva appena fatto. alzò il mento in segno di sfida e strinse i denti, guardando con ostilità il giovane davanti a lui, che fissava alternativamente le due donne senza capire alcunché dei loro insulti camuffati da gioviali convenevoli.
Hermione amava lui, solo lui, si disse Draco con convinzione.
Avevano fatto l’amore, lei aveva fatto l’amore con lui con un trasporto che non avrebbe saputo descrivere e che poteva essere riassunto solo sotto il termine  amore.
Quello era un bamboccio, un pezzente, un rammollito di paese. Nulla a che vedere con lui, lui che era alto, bello, lui che era l’uomo che lei amava, lui che…
Lui che l’aveva abbandonata e che l’aveva fatta soffrire.
Lui che la stava facendo soffrire.
-Mi piace la campagna.- celiò Hermione, sollevando le spalle, tranquilla come se quell’allusione le fosse scivolata addosso come acqua, come se non stesse soffrendo.
-Già, e poi immagino che con il lavoro che fai sia il massimo che ti puoi permettere.- ipotizzò Astoria, perfida e intenzionata a tirar fuori tutto il vecchio repertorio che lo stesso Draco aveva più volte sfoggiato a scuola, quel repertorio che le avevano insegnato ad onorare e a rispettare sempre, a dispetto di ciò che avrebbe provato.
-Mi dispiace moltissimo- proseguì, portandosi una mano al cuore –che la tua carriera vada così male.-
Draco guardò Hermione, sollevando lo sguardo da una cassetta di mele. Si sarebbe aspettato una replica, un minimo di orgoglio e di voglia di mettere a tacere Astoria. Hermione, invece, rimase in silenzio.
-Ma dopotutto, non tutti possono avere una carriera sfavillante, una figlia adorabile e un marito splendido, non trovi?-
-Già.- concordò Hermione con un lento annuire -Certo, poi uno si domanda come abbiano fatto a raggiungere questa  carriera sfavillante  senza un minimo di quoziente intellettivo e con i neuroni in prognosi riservata, ma questo è tutto un altro paio di maniche, non trovi?- le fece eco, sorridendo –Ma immagino che i soldi comprino tutto, anche se vengono da una famiglia come la tua, vero, Greengrass?-
 
-Ma immagino che i soldi comprino proprio tutto, anche se vengono da un Mangiamorte rinnegato e codardo come te, vero?-
 
Draco notò la stessa rabbia, ma una sfumatura più triste e infinitamente stanca nella voce di Hermione.
La giovane Grifondoro spostò meglio il sacchetto tra le braccia, fece un cenno di saluto a John e si diresse verso la porta, spintonando con poca grazia Astoria affinché si facesse da parte, facendola oscillare sui tacchi alti e sottili.
Aprì la porta, poi si bloccò sulla soglia.
-Oh, giusto un consiglio, Greengrass. Tieni gli occhi aperti e la bocca e le gambe chiuse.-
Astoria aprì la bocca indignata per quel commento volgare, ma non riuscì a dire altro.
-Lo dico per te. Le strade sono scivolose e i tuoi tacchi davvero poco adatti a camminare su strade di campagna. Sarebbe un vero peccato se insieme al tacco delle tue scarpe, ti rompessi anche una gamba.- disse dispiaciuta, poi soggiunse –Oh, e giusto perche tu lo sappia, i germogli di soia e la soia in generale sono dei legumi, non una varietà di verdura.- specificò con tono da saputella.
Poi mosse la mano al vento, come salutando qualcuno, e uscì, facendo sbattere la porta dietro di sé.
Draco la guardò camminare sul selciato acciottolato, sicura sulle sue scarpe sportive.
Splendida.
 
***
 
Un gufo dal piumaggio scuro picchiettò il becco sul vetro della finestra della cucina. Astoria sussultò, poi si alzò e aprì la finestra, staccando la lettera dalla zampina del gufo, che le mordicchiò un dito prima di andarsene.
-Puoi mettere tu a letto Altair, intanto che io rispondo?-
A Draco sembrò quasi di percepire una nota di nervosismo nella voce di Astoria, ma si limitò ad annuire, prendendo in braccio la bambina e salendo con lei al piano di sopra.
Dopo averla lavata e vestita, le rimboccò le coperte e le diede un bacio sulla fronte.
-Mi leggi il libro di Hermione?-
Draco sussultò.
Era evidente che non aveva aspettato altro, che aveva taciuto su Hermione nei giorni precedenti solo per rispettare il gioco che lui le aveva imposto, ma tenendo quel desiderio sempre lì, pronto per quando sarebbero stati soli.
Draco sospirò, poi si risedette sul bordo del letto e le prese in braccio, sentendola calda e profumata di pulito al di là del pigiamino di flanella rosa confetto.
-Altair- cercò le parole giuste, quelle più delicate, che avrebbero fatto meno male ad entrambi, ma non le trovò. Non c’erano molti modi per dire quello che stava per dire a sua figlia, e nessuno era adatto ad una bambina di cinque anni.
-Altair- riprese con un sospiro profondo –Hermione non può più stare con noi, non possiamo più fare con lei quello che facevamo prima. La devi dimenticare, Altair.-
La bocca rosea della bambina si aprì di sorpresa, mentre con gli occhi lucidi e sgranati guardava il padre, aspettando che le dicesse che non era vero, che era un gioco, che presto Hermione sarebbe tornata da loro e sarebbero andati al mare come promesso.
Ma quella smentita non arrivò e la certezza che il suo papà non stesse scherzando, che fosse serio come seria e triste era la piega della sua labbra, di fece strada dentro di lei.
Altair si morse le labbra, poi nascose il visino paffuto contro il collo del padre e iniziò a piangere, il corpo magro e sottile scosso dai singhiozzi strazianti che le uscivano dal petto.
Sentendo la camicia bagnarsi rapidamente, Draco strinse la piccola contro di sé e cercò di consolarla, accarezzandole la schiena e baciandole la nuca e le guancie umide, ma era inconsolabile.
E il suo pianto così disperato era da spezzare il cuore.
 
 
Stanco, le spalle curve e la maglietta bagnata dalle lacrime della figlia, Draco tornò lentamente in camera, trovando Astoria seduta davanti allo specchio, che si pettinava accuratamente i capelli prima di andare a dormire.
-Come mai ci hai messo tanto?-
-Voleva che le raccontassi una favola.- scrollò le spalle, indifferente –Chi ti ha scritto?-
Astoria interruppe improvvisamente il movimento ritmico con cui faceva scorrere i denti della spazzola tra i capelli, poi riprese come se nulla fosse successo, fissando distrattamente fuori dalla finestra.
-Mia madre.- rispose seccamente –Ha organizzato una festa per domani sera. Vuole festeggiare il mio ritorno definitivo.-
Quell’ultima parola suonò, alle orecchie di Draco, come, una condanna, un’impietosa sentenza di morte, come il titolo di coda che mette fine, per sempre, alle vicende dei personaggi, dopo i quale nessun atto eroico, nessun amore impossibile, nessuna forza di volontà può dimostrarsi tanto potente da invertire l’ordine delle scelte fatte.
I giochi si chiudevano e il sipario sembrava cadergli addosso, soffocandolo.
-Non dici nulla? Non ti va di festeggiare?-
-No, sono molto contento. Ma sai che non mi piace uscire.-
-Già, Daphne mi ha detto che all’ultima festa di Narcissa ti si è visto appena.-
Draco annuì e si sedette sul bordo del letto. Piegò la testa da un lato, poi dall’altro, prima di compiere dei movimenti circolari nel tentativo di attenuare il dolore che sentiva alla base del collo, dove i muscoli sembravano tirati all’inverosimile.
Sentì un fruscio e poi il materasso curvarsi sotto il peso di Astoria. La sentì muoversi alle proprie spalle, prima di sentire le sue gambe lunghe circondargli le vita, il seno premuto contro la sua schiena e perfettamente percepibile al di là del tessuto leggero della camicia con cui era solito dormire.
Dopo una lunga carezza che partiva dai polsi e arrivava alle spalle,le mani di Astoria si posarono sulle sue spalle, massaggiandogli i muscoli tesi ed esercitando leggere pressioni tra la spalla e il collo.
Gli sfilò la maglietta e iniziò a premere leggermente alla base del collo, muovendo il pollice lungo la linea dei muscoli meglio delineati ed evidenti, scendendo il avanti sul petto e sfiorandogli i torace, spingendo i palmi aperti delle mani sempre più in basso.
Gli scostò i boxer e iniziò a toccarlo senza vergogna, sollecitandolo nei punti che meglio conosceva.
La bocca di Astoria gli accarezzò la pelle e Draco le permise di continuare, subendo passivamente e abbandonansi alle sue intenzioni.
-Che succede, non ti piace?-
 
-Draco, smettila…-
-Che succede, non ti piace?-
I gemiti di Hermione, il suo debole tentativo di sfuggire dalla sua bocca, agitando i fianchi e ottenendo solo di approfondire il contatto con cui la stava baciando e accarezzando.
-Fai l’amore con me, ti prego.-
La sua preghiera innamorata.
 
Il solo pensiero di Hermione ebbe il potere di farlo eccitare e di spingere il suo corpo a rispondere, in un modo deciso che le carezze esperte di Astoria non erano state capace di sollecitare.
-Astoria.-
-Mhm.- rispose distrattamente al suo richiamo.
-Perché sei tornata? Perché ti vuoi fermare?-
La sentì sospirare profondamente, quasi con sofferenza. Astoria lo liberò dalla sua presa, gli posò un bacio sulla spalla e si mosse per sedersi sule sue gambe, le braccia strettamente allacciate al suo collo.
Lo guardò seriamente con i suoi profondissimi occhi azzurri, poi sorrise.
Aveva le allucinazioni o era una piega amara quella che le deturpava le labbra carnose?
-Perché ti amo.-
Draco la guardò, fissandola a lungo e studiando ogni singola pagliuzza, ombra o luce che fosse presente nelle iridi chiare, studiando la piega delle labbra, la curva delle sopracciglia, la frequenza con cui sbatteva le palpebre chiare e finalmente struccate.
Giunse ad una sola conclusione.
Mentiva.
 
***
 
Le feste a casa Greengrass non erano meno sontuose di quella che meno di due settimane prima aveva riempito i saloni di villa Malfoy, ma era ben diversa.
Se Narcissa aveva l’abitudine di addobbare la casa con tovaglie e stoviglie di pregio che lasciassero intuire la propria ricchezza, Ielena Greengrass preferiva mostrare quella ricchezza nel modo più appariscente possibile.
Era ricca e voleva che la gente lo sapesse.
Nonostante la magnificenza delle decorazioni e degli arredi, la casa non appariva però pacchiana o priva di gusto, solamente pesante per gli occhi, quasi accecati da tanto lusso sfacciato.
 
Come era accaduto già pochi giorni prima, Theodore Nott estrasse dalla tasca della giacca il solito portasigarette d’argento e fece cenno a Draco di seguirlo fuori dalla stanza affollata, dove prese una sigaretta per sé e offrì le altre a lui. Come preventivato, il giovane Malfoy scosse la testa e lasciò all’altro il piacere del fumo.
Theodore accese la propria sigaretta con un colpo di bacchetta, poi guardò distrattamente la punta accendersi e brillare rossastra alla luce della luna, che sembrava coprire i giardini circostanti e la villa di marmo grigio di una patina di madreperla.
-Astoria è tornata.- la voce di Nott non lasciava trasparire nulla, né curiosità né interessamento né approvazione né rimprovero. Era il tono di chi è profondamente annoiato e sarebbe disposto a parlare di tutto pur di non rimanere nel silenzio e nell’apatia.
-Già.-
-È ancora più bella del solito.- constatò, lanciando una rapida e intensa occhiata di apprezzamento al di là delle ampie vetrate che dal portico in marmo lasciavano intravedere la sala dei ricevimenti.
Proprio accanto al vetro, Astoria parlava con la sorella e con Pansy Parkinson, sorseggiando un flute di champagne. Volgendo le spalle al vetro, metteva in mostra la generosa scollatura che le scopriva l’intera schiena, lasciando perfino intravedere l’attaccatura della natiche.
Draco seguì lo sguardo di apprezzamento del compagno e annuì.
-Già.-
-Mi fa eccitare al solo pensiero di come deve essere nuda.- ammise Nott senza alcuna vergogna –Non so cosa le farei se entrasse nel mio letto.- commentò con un sorriso che Draco, più volte negli anni passati, aveva definito da vero maniaco e che in quel momento luccicava sinistro alla luce della luna.
Vedendo che il biondo non rispondeva, Theodore continuò.
-Quindi cosa siete?-
-Marito e moglie, immagino.-
A quella risposta insoddisfacente, Nott sbuffò e gettò per terra il mozzicone di sigaretta, che ormai si era consumata fino al filtro. Ne portò un’altra alle labbra, l’accese e aspirò a fondo il sapore acre del fumo.
-Sul piano sessuale, intendo.- specificò –Fingete di essere la famiglia perfetta davanti a noi e ad Altair o siete davvero felici e appagati come sembra?-
-Non hai motivo di preoccuparti, Astoria sa sempre come far godere un uomo. Sono appagato come sembro.- concluse, guardando fugacemente la moglie che ora rideva, gettando i capelli all’indietro e scoprendo anche la generosa scollatura che le lasciava libero il decolté e metteva in mostra una splendida collana di diamanti, eredità del ramo materno della famiglia.
-Ma non mi hai detto se sei felice.- puntualizzò Nott, soffiando il fumo dalle narici direttamente in faccia all’amico, che lo guardò truce e infastidito per qualche momento.
Draco affondò le mani nelle tasche e alzò il mento i segno di sfida.
-Sono felicissimo.- affermò Draco a denti stretti.
-Non mentire a me, Draco.- lo riprese Nott, quasi divertito per quel tentativo –Ho mentito più spesso e meglio di te, quindi non pensare nemmeno di darmela a bere. Ora te lo ripeto: sei felice?-
Draco decise di gettare ogni maschera.
Al chiaro di luna, i capelli illuminati di luce opalina che li rendeva quasi bianchi, Draco assunse un’espressione dura e granitica, la mascella serrata e rigida.
-Non fingerti interessato alla mia felicità. Come hai puntualizzato tu stesso durante la nostra precedente…-  “discussione”  -…conversazione, noi non siamo amici. Siamo solo due persone che sono costrette a fingersi amiche perché sono troppo codarde per dire ai propri genitori che vogliono costruirsi una vita indipendente dai loro giudizi e pregiudizi.- sbottò Draco.
Sfilò la sigaretta dalle dita di Nott e, stringendola tra pollice e indice con tanta forza e rabbia da piegarla, ne aspirò una lunga boccata. Sentì il fumo riempirgli i polmoni come non accadeva da tempo, tossì un paio di volte, poi riprese a parlare da dove si era interrotto.
-Non fare lo psicologo con me e non farmi la paternale, perché non serve e non ne hai il diritto.- gli rinfacciò –Ho fatto quello che loro si aspettavano, quello che  tu  ti aspettavi da me.- chiarì con ira.
Gettò il mozzicone in terra e lo calpestò con forza sotto le scarpe lussuose.
-Astoria è tornata e ora è la mia donna, perfetta, bella, sensuale e Purosangue come tutti volete. Se vuoi scopartela fa pure, non me frega un cazzo, ma non rompere i coglioni a me.-
Nott ascoltò immobile e indifferente quello sfoggio di trivialità che mai aveva visto sulla bocca dell’amico, poi le labbra sottili si piegarono in un sorriso soddisfatto e strafottente che Draco aveva già visto due settimane prima, in una situazione curiosamente simile e opposta al tempo stesso.
-Coma hai puntualizzato tu stesso, non siamo amici in quel modo smielato e disgustosamente fedele in cui lo sono i Grifondoro. E meno male, aggiungerei, considerato come sono finiti quelli di loro che si sono fidati degli amici.- soggiunse pensieroso, poi continuò, tendendo l’indice verso Draco –Tuttavia, tra tutti quelli a cui sono costretto a sviolinarla in nome dei dettami di classe, tu sei di gran lunga quello che preferisco.- li confessò, accendendo un'altra sigaretta.
-Sei falso, bugiardo, ipocrita, strafottente, maleducato, egoista, approfittatore e donnaiolo come lo sono io.- constatò –Quando ho pensato a te e alla Granger insieme, magari a letto nell’atto di dar vita alla vostra infetta e impura progenie di Mezzosangue babbanofili, ho quasi vomitato dal disgusto.-
Draco trovò piuttosto curioso il fatto che il disgusto di Nott derivasse dal pensiero dei figli di sangue misto che lui ed Hermione –gli veniva da sorridere al solo pensiero- avrebbero potuto avere, e non dal fatto che facesse pensieri osceni su di lui.
-Quando poi, dieci giorni fa, la cara e disponibile- ammiccò –Daphne mi ha comunicato che te e la sorella eravate tornati insieme, ho festeggiato con lei tutta la notte, se capisci cosa intendo.-
Draco capiva, ma preferiva risparmiarsi certi pensieri.
-Ho pensato che eri rinsavito, che non ti avrei mai più visto in faccia quella faccia disgustosamente felice che avevi quando parlavi della Granger. Ero disposto a farti un monumento, davvero.-
Nott sorrise, poi tornò improvvisamente serio, mortalmente serio.
-Quando, però, ti ho visto stasera, avrei voluto spaccarti il naso  e restituirti il favore. Tutto, pur di toglierti quell’espressione sofferente e depressa dalla faccia.- disse bruscamente –Hai una donna da urlo, una figlia che sembra un raggio di sole- Draco si stupì di quello sfoggio di dolcezza e capacità poetiche da parte di Nott –hai evitato la galera e vivi di rendita, eppure sei infelice.-
Draco si mosse a disagio, domandandosi quando Nott era diventato così bravo nel capirlo.
-L’altro giorno Daphne mi ha detto che anche se non mi ama come ha amato te, con me è felice. Ho sorriso come un ebete per tutta la giornata e poi ho capito che anche se non diventerò un uomo perfetto e responsabile come te, anche se continuerò comunque ad essere un maniaco e un porco e a guardare le tette di ogni donna che incontro, mi sono innamorato.-
-Buon per te.- lo frenò Draco, muovendosi rapido e nervoso verso la porta, la sua salvezza. Una mano grande e una presa salda intorno al braccio lo bloccarono e lo spinsero all’indietro, lontano dalla maniglia verso cui aveva già allungato la mano.
-È una sensazione strana innamorarsi per la prima volta, ho questo strano nodo allo stomaco, quando sto con lei, che mi ricorda quando abbiamo fatto indigestione di pudding natalizio al primo anno.-
Il romanticismo non era mai stato il forte di Nott.
-Non ho intenzione di cambiare per amore, ma nemmeno di rinunciarci sono perché mi fa paura.-
-Io non ho paura.- ringhiò Draco.
Come ormai accadeva spesso,  troppo  spesso per i gusti di Draco, Nott sorrise vittorioso.
-Oh, sì, invece. Sei terrorizzato. Ti sei nascosto sempre dietro qualcuno e adesso hai paura di volere qualcosa di tua spontanea volontà, hai paura di dirlo ad altri che non sia io, perché in fondo in fondo sapevi che io sarei stato zitto.-
Draco si liberò rabbiosamente dalla presa di Nott, decisamente più muscoloso di lui, e lo fronteggiò con uno sguardo feroce.
-Paura? Io? Facile sputare giudizi quando sei innamorato di una come Daphne, che è esattamente ciò che quegli stronzi si aspettano da te, vero, grand’uomo?- lo apostrofò –Se fossi innamorato di Hermione te la faresti sotto, preferiresti emigrare in Antartide piuttosto che andare davanti alla tua perfetta famiglia razzista e dire loro che stai con una donna che loro non userebbero nemmeno come posacenere.-
Ansimava.
-Tu non sai cosa sto passando io, quello che sento quando vedo le tende di casa sua chiuse, quando scopo con Astoria  e vorrei fare l’amore con Hermione. Non lo sai, quindi non venire qui a darmi insegnamenti di vita che non mi servono!- urlò.
Nott ascoltò il suo sfogo isterico e lo fissò con compatimento.
-Una settimana fa eri patetico, Draco, ma almeno avevi le palle per dirmi di farmi i cazzi i miei e di non impicciarmi con la tua vita e la tua donna.- gli rinfacciò Nott –Adesso sei patetico e debole. Mi fai pena.- gli sputò in faccia tutto il suo disprezzo e la sua pietà, poi gettò il mozzicone ai piedi di Draco e gli voltò le spalle, andandosene.
 
 
In un angolo del grande salone di casa Greengrass, una donna dai lunghi capelli raccolti in un elegante chignon costellato di perle, attendeva l’uomo a cui aveva dato appuntamento.
-Sono qui.-
La donna sobbalzò nel sentire quella voce conosciuta dietro di sé, poi si voltò e sorrise riconoscente, lasciando che il giovane uomo, che avrebbe potuto essere suo figlio, le facesse un galante baciamano d’altri tempi.
-Hai fatto quello che ti ho chiesto?- domandò con voce suadente.
-Ovviamente. E nel migliore dei modi, vorrei aggiungere.- si compiacque del proprio operato e ricevette uno sguardo divertito in risposta.
Sentendo il rumore di una porta a vetri che si apriva poco distante, entrambi si voltarono in quella direzione, scorgendo Draco rientrare nella stanza e prendere un bicchiere di whiskey dal vassoio più vicino, bevendolo tutto in un sorso e allentandosi la cravatta stretta.
Sembrava provato, a disagio, nervoso, come chi debba prendere un’importante decisione.
O l’ha appena presa.
-Ti devo un favore, Theodore.-
-Per lei questo e altro, Narcissa.-
 
 




 
Ecco il ritorno di Nott e quello di Narcissa, anche se in secondo piano.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se quelli che parlano al chiaro di luna non sono Hermione e Draco, come magari avreste potuto pensare dal titolo, bensì Draco e Nott.
Molto meno romantico, ma ugualmente importante, non trovate?
L'incipit del capitolo è lo stesso del capitolo 1. Non è una ripetizione perchè ho voluto fare meno fatica, bensì una scelta voluta.
Commentate e fatemi sapere che ne pensate!
Appuntamento a VENERDì 3. Un abbraccio
Giada
 

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Capitolo 17
*** Lady Malfoy ***


Ho avuto qualche problema con questo capitolo, quindi non ho potuto rispondere alle recensioni. Lo farò in settimana, promesso!
Buona lettura!
 
 
 

Cap. 17
Lady Malfoy
 

 
Il cottage azzurro alla periferia di Henley-on-Thames era rimasto silenzioso a lungo, negli ultimi giorni. Solo una colonna di fumo grigio, che usciva lento e inesorabile dal comignolo per poi disperdersi nell’aria gelida, era stato l’unico indizio della presenza della proprietaria della villetta.
In quel pomeriggio gelido di dicembre, in cui un vento potente spazzava le strade umide di pioggia del paesino inglese e induceva la maggior parte degli abitanti a rintanarsi nelle proprie confortevoli abitazioni, la casa era immersa in una penombra avvolgente.
Come unica fonte di luce, gialla e splendente e completamente diversa dalla luce pallida che filtrava attraverso la coltre di nubi e le tende, una lampada da tavolo brillava sull’alto tavolino di legno posto tra la poltrona e il divano del salotto.
La luce gialla e corposa bagnava i mobili, la pareti color crema e i divani color amaranto, creando riflessi infuocati sui capelli castani e aggrovigliati della figura accoccolata in poltrona, la ginocchia strette al petto e gli occhi fissi su un libro.
“Riti, Incantesimi e Astrologia nelle civiltà Mesopotamiche e nell’Egitto dei Faraoni.”
Il titolo della propria ricerca brillava in lettere d’oro sull’elegante copertina in pelle di drago blu. Poco più in basso, era stato inciso anche il suo nome.
Hermione osservò soddisfatta una delle due copie che il Ghirigoro le aveva fatto recapitare quella mattina e che erano arrivate in perfette condizioni nonostante il gufo fosse ad un passo dall’affogamento. Fin dalle prime luci dell’alba, ingenti quantità di pioggia si erano riversate a secchiate su tutta l’Inghilterra meridionale, e il gufo era ripartito solo poche ore prima, quando il tempo aveva concesso clemenza.
Quando un fischio proveniente dalla cucina le annunciò che l’acqua bolliva, Hermione si alzò, ripose il libro su una mensola della libreria stracolma e si diresse nella stanza adiacente. Senza accendere la luce, Hermione si mossa sicura, aggirando il tavolo e fermandosi accanto ai fornelli, spegnendo il fuoco bluastro che guizzava al di sotto del bollitore.
Da una mensola accanto alla dispensa, prese la tazza azzurra, decorata con ghirigori floreali blu, e la riempì di acqua bollente e fumante. Pensierosa, prese un filtro di camomilla e lo intinse nell’acqua, fissandolo mentre si bagnava e sprofondava lenta verso il fondo di porcellana.
 
-Ti calmi o vuoi una camomilla?-
-La camomilla mi fa schifo.-
 
Draco.
Merlino, quanto le mancava.
Nonostante fossero trascorsi anni di solitudine tra la rottura con Ron e l’incontro e l’amicizia con Altair e Draco, Hermione si sentiva improvvisamente sola, inspiegabilmente spaesata, tristemente abbandonata.
Quando li aveva visti uscire di casa, la prima impressione che aveva avuto era che erano la perfetta immagine della famiglia felice, belli ed eleganti allo stesso modo. Dubitava fortemente di fare la stessa impressione al fianco di Draco.
Si era rintanata in casa con uno strano groppo di inadeguatezza in gola e con la speranza di non dover affrontare quella donna che aveva fama di essere tanto bella quanto arrogante, ma non aveva pianto.
Dopotutto, si era detta riflettendo a mente lucida, potevano esserci molte valide spiegazioni per quell’arrivo improvviso. Probabilmente Draco non aveva fatto in tempo ad avvisarla, ma l’avrebbe contattata presto.
Le lacrime erano arrivate nei giorni seguenti, quando le sue illusioni e speranze si erano infrante come onde sugli scogli della realtà nuda e cruda, amara nella sua crudeltà.
Draco non aveva dato cenni di vita, non aveva bussato alla sua porta e non le aveva scritto nulla. Si era limitato a cambiare vita, mostrandosi in paese in compagnia dell’ex moglie come se nulla fosse mai accaduto.
Certo sapeva di non poter competere con Astoria in fatto di bellezza, ma aveva sperato che almeno Draco fosse riuscito a vedere oltre, fosse riuscito ad apprezzarla –ad amarla persino- per ciò che vedeva in lei oltre l’aspetto fisico e i suoi capelli ingarbugliati.
Aveva sperato che l’amasse con la stessa intensità con cui lei aveva scoperto di amarlo.
Così non era stato.
Nella cucina buia, Hermione tirò su con il naso e si asciugò l’ennesima lacrima che le aveva rigato la guancia, la milionesima da quando  Astoria-quella-stronza-Greengrass, come Ginny l’aveva amorevolmente soprannominata, era tornata.
Mentre altre lacrime imitavano la precedente e debordavano dai suoi occhi scuri, facendosi beffe dell’impegno e dei tentativi di trattenerle per non dare a Draco un'altra vittoria, il silenzio triste del cottage venne squarciato da un improvviso, deciso ma delicato bussare sulla porta d’ingresso.
Hermione imprecò a denti stretti, rovesciando, per lo spavento improvviso, parte della camomilla sul pavimento e sulla maglia a maniche lunghe che indossava. Asciugò la mano imbrattata di camomilla zuccherata e appiccicosa in uno strofinaccio da cucina e si diresse alla porta.
Per un attimo, quel bussare deciso ma educato, delicato, signorile forse, le aveva ricordato il modo in cui bussava Altair quando doveva dirle qualcosa di importante e Draco le raccomandava di bussare e di comportarsi da bambina beneducata, piuttosto che da piccola peste distruttrice.
Mise a tacere quella fugace illusione, scuotendo la testa con rimprovero verso se stessa.
Ormai era passata una settimana e le possibilità che Draco si presentasse alla sua porta, bello e sorridente più che mai, erano davvero irrisorie.
Doveva rassegnarsi al fatto che non avrebbe avuto, nemmeno questa volta, un lieto fine, che Altair e Draco non sarebbero mai diventati la sua famiglia, che la notte che avevano condiviso sarebbe stata la prima e anche l’ultima.
 
Nascondendo cautamente la bacchetta nella manica della maglia che indossava, Hermione sbirciò attraverso lo spioncino della porta e rimase perplessa.
Una sagoma alta e snella, sconosciuta, avvolta in un mantello nero  attendeva a capo chino davanti alla porta, fissandosi le scarpe e volgendo le spalle al vento gelido che spazzava il suo giardino.
Sospettosa e all’erta, ma decisa a non mostrarsi scortese con il misterioso visitatore, Hermione sfilò il chiavistello, che inseriva più per abitudine che per vera utilità, e aprì la porta.
La figura alzò il viso.
-Signora…- boccheggiò Hermione, colta di sorpresa –Signora Malfoy.- articolò a stento. Realizzando e valutando le possibili implicazione che poteva avere la presenza di Narcissa Malfoy sulla soglia di casa propria, in una gelida e ostile giornata di dicembre, Hermione si animò di preoccupazione.
-Cosa è successo? Draco sta bene? Gli è successo qualcosa?- domandò ansiosamente, ma si trovò davanti un sorriso rassicurante.
-Oh, sì, Draco sta bene, non si preoccupi.- la rassicurò, rivolgendole un sorriso sincero e vagamente soddisfatto, come se avesse superato un importante esame –Sono una sbadata.- si schermì con classe –Avevo la mente altrove e mi sono materializzata nel giardino sbagliato, che sciocca!- si colpì delicatamente sulla fronte, ridendo di se stessa.
-Vuole… vuole entrare?- domandò Hermione cortesemente, a disagio più per quella situazione surreale –invitare la moglie e madre di due Mangiamorte in casa propria come se si trattasse di una vecchia amica?- piuttosto che dalla presenza di Narcissa. Pur nella sua aurea di eleganza e nobiltà che la circondava, Narcissa aveva perso quasi totalmente l’aria snob e altezzosa che aveva sempre esibito in tutte le occasioni in cui si era mostrata in pubblico accanto al marito.
Che l’assenza di Lucius Malfoy le facesse bene?
-Sì, la ringrazio.- rispose inaspettatamente Narcissa –Vorrei scambiare due parole con lei.-
Hermione riuscì a non dare a vedere quanto quella risposta cortese l’avesse stupita e si fece da parte, lasciando libero il vano della porta per permettere alla strega di entrare. La donna la superò e si fermò nell’ingresso, attendendo che Hermione chiudesse la porta, tagliando fuori il vento gelido che le aveva colpite fino ad allora.
Narcissa la guardò con determinazione, poi prese la parola.
–Ai miei occhi, Draco è il ragazzo più bello che esista sulla faccia di questo o altri pianeti, ma sono anche consapevole che il parere di una madre è di parte.- sorrise mesta –In ogni caso, non ha mai avuto bisogno di ingannare nessuna donna per avere compagnia per una notte- Hermione avvampò di imbarazzo -e non credo che abbia iniziato con lei, signorina Granger.-
-Io non penso che…-
Punta sul vivo, perché in effetti era consapevole di essersi sentita presa in giro, Hermione si mise sulla difensiva. Tuttavia, Narcissa scosse la testa.
-Non la sto accusando. Anche io avrei avuto i suoi stessi dubbi, vedendo l’uomo che amo- Hermione, a quelle parole, si domandò se Draco avesse rivelato qualcosa alla madre o se fossero solo supposizioni fatte da una donna rigida, Purosangue, ma comunque romantica -andare allegramente in giro con un'altra donna.-
Era una sua impressione, o Narcissa aveva storto la bocca in una piccola smorfia nel fare riferimento ad Astoria?
-Mio figlio può avere molti difetti, signorina Granger, ma non è un ipocrita.- chiarì con tono fermo la strega –Se si è comportato in un determinato modo con lei nei mesi passati, se ha scelto di aprirsi con lei e di dedicarle il proprio tempo e la propria attenzione, le posso garantire che non l’ha fatto al mero scopo di trovare una donna che gli scaldasse il letto.-
Narcissa non aveva peli sulla lingua, questo era chiaro.
Ciò che, agli occhi disillusi di Hermione, non era affatto chiaro, era se poteva o meno fidarsi delle parole di Narcissa, se poteva sperare che tutto ciò che le stava confidando fosse davvero frutto di passate conversazioni con il figlio.
-Signora Malfoy, io non so cosa Draco le abbia detto, ma non credo che possa negare che ora suo figlio sia molto felice e soddisfatto della sua nuova situazione sentimentale, così come credo che non si possa negare che, dei due, quella che è rimasta sola e ferita sia io.- disse Hermione tutto d’un fiato, sentendo un lieve spasmo al petto nel pronunciare il nome di Draco.
I primi anni in cui l’aveva conosciuto, aveva trovato quel nome buffo e insolito, strano nell’accezione più negativa del termine, ma ora, sedici anni, una manciata di mesi e una notte d’amore dopo, Hermione lo trovava solo unico nel suo genere, proprio come l’uomo che lo portava.
Tuttavia, non aveva alcuna intenzione di far passare Draco come il martire che non era, come  l’uomo sofferente per amore, come la vittima di scelte e avvenimenti più grandi di lui. Non aveva intenzione di permettere alle parole di una madre di sminuire o attenuare la rabbia che si sentiva in diritto di provare nei confronti dell’ultimo dei Malfoy.
Maledizione, era lei quella che era stata illusa e abbandonata!
Narcissa sospirò.
-No, non posso negarlo, ma credo che lei abbia fatto un errore. Mio figlio non   è  felice,  appare  felice. È molto diverso.- rettificò la donna. Dopo un breve attimo di silenzio, in cui Hermione provò ad assimilare le parole della donna e a guardare tutti gli avvenimenti supponendo che Draco apparisse felice, ma non lo fosse davvero, Narcissa riprese il discorso con quieta dolcezza -Signorina Granger, io capisco che possa avercela con Draco e non ho intenzione di biasimarla per questo, ma posso assicurarle che conosco mio figlio e che non l’ho mai visto sereno come negli ultimi mesi.-
Hermione storse le labbra, scettica.
Lei, al contrario di Narcissa, era sicura di non averlo mai visto così appagato come negli ultimi sette giorni passati al fianco di Astoria.
-Di lei e di Draco, di quello che è successo tra voi, so solo ciò che mi è stato raccontato vagamente da mio figlio e ciò che mi ha riferito una mia fonte- spiegò, enigmatica -ma sono più che propensa a credere che lei, per Draco, sia stata come una boccata d’aria fresca, quella che l’ha fatto respirare di nuovo dopo anni passi ad attenersi a regole, etichette, alleanza ipocrite e prestabilite.-
Hermione non era convinta di essere ciò che Narcissa credeva che fosse per Draco, ma era più che certa che Draco, per lei, era stato la boccata di vitalità -di aria fresca, volendolo dire in altro modo- che le aveva restituito brio e vita dopo mesi di lavoro arido, apatia e di esistenza mortificata dalle insistenze stolte di Ron.
-Di sicuro lui per me lo è stato.- sussurrò involontariamente.
A capo chino per l’imbarazzo di essersi lasciata sfuggire un pensiero tanto intimo  e personale, Hermione si perse il sorriso materno e sinceramente contento che si dipinse sul viso di Narcissa.
-Allora trovo che sarebbe stupido, da parte sua, negargli una seconda opportunità per farsi perdonare, non trova?- le suggerì conciliante. Hermione la fissò con il capo inclinato, confusa.
-Ma non ha appena detto che non ha fatto nulla di male, che non mi ha mai presa in giro nei mesi passati?- non era mai stata un asso nelle faccende di cuore e in quel momento era più confusa che mai.
-L’ho detto e lo ripeto, ma Draco la ama e ora sta facendo del suo peggio per rischiare di perderla. Questa è una colpa più che sufficiente per cui dovrebbe chiederle perdono, sbaglio, forse?-
Le due donne rimasero a lungo a fissarsi, mentre nella mente di Hermione le parole e il punto di vista di Narcissa le aprivano nuove inaspettate possibilità, prospettive decisamente migliori di quelle che i suoi dubbi e la sua insicurezza aveva dipinto nei giorni passati.
-Beh- si riscosse la distinta visitatrice –credo che sia meglio che io vada.-
Con gesti misurati d eleganti, Narcissa alzò il cappuccio del mantello e lo sistemò sulla nuca, nascondendo lo chignon in cui aveva acconciato i capelli biondi. Seguita da un’Hermione ancora stupita e insolitamente silenziosa, si avviò alla porta.
-Draco è davvero un pessimo bugiardo ai miei occhi, provi anche lei a vedere oltre quella patina di insicurezza che lo costringe a comportarsi in questo modo deplorevole.- le suggerì, posandole una mano sulla spalla, senza ritrarla disgustata come avrebbe fatto anni prima –Arrivederci, signorina Granger.-
Con passo deciso ma non affrettato, Narcissa percorse il vialetto di ingresso e in pochi passi giunse alla porta di casa Malfoy, bussando con decisione con una mano e trattenendo il cappuccio sulla nuca con l’altra.
 
***
 
A casa Malfoy, immersa nel silenzio ovattato che solo una uggiosa giornata invernale poteva concedere, sembrava addormentata nella penombra che l’invadeva, eccezion fatta per il salotto, il cui lampadario splendeva di luce chiara e abbagliante nella propria purezza.
Seduto ad un capo del divano, Draco correggeva stancamente un articolo che aveva scritto nei giorni passati, una impietosa critica sull’inettitudine dei Cannoni di Cuddley, in assoluto la peggior squadra in assoluto che il campionato nazionale di Quidditch avesse visto da molti anni.
Il pensiero che quel pezzente analfabeta di Weasley fosse un loro sostenitore, non aveva fatto altro che rendere le parole di Draco più dure.
Nel frattempo, con la schiena appoggiata al bracciolo e una boccetta di smalto che galleggiava a mezz’aria, Astoria si stava dedicando alla propria manicure, intenzionata a trasformare le proprie unghie in minacciosi artigli vermigli.
Al piano superiore, Altair riposava, immersa nel proprio riposino pomeridiano.
Dei battiti sulla porta d’ingresso, riscossero i due giovani dal silenzio in cui erano piombati, in cui sprofondavano sempre più spesso negli ultimi giorni.
-Vai tu?- gli domandò Astoria, rivolgendogli un abbagliante sorriso e continuando poi a stendere lo smalto rosso sulle unghie.
Mettendo da parte il proprio block notes, Draco si alzò e si stiracchiò, sentendo le membra intorpidite e la base del collo dolorante per la prolungata immobilità. Si diresse verso la porta e controllò attraverso lo spioncino, rimanendo stupido nel vedere chi fosse l’inaspettato visitatore.
-Mamma?- domandò aprendo la porta. La figura in attesa sulla soglia abbassò il cappuccio che ne celava parzialmente il viso e si mostrò, sorridendo raggiante al figlio.
-Ciao caro.- Narcissa entrò in casa e si sporse verso il figlio, dandogli un bacio sulla guancia. Sorrise, ricevendone uno in risposta, mentre Draco la guardava stupito per quella visita inaspettata.
-Come mai sei venuta? È successo qualcosa a…?- lasciò la frase in sospeso, ma Narcissa non ebbe alcun dubbio sul fatto che si riferisse a Lucius, a cui, nonostante le incomprensioni che li avevano divisi e l’incapacità di entrambi nel mostrare i propri sentimenti, voleva bene.
-No, caro, tuo padre sta bene, l’ho visto ieri pomeriggio.- lo rassicurò, togliendo il mantello e ripiegandolo su un braccio –E dov’è la mia adorata nipotina?-
-Altair dorme.- Draco indicò il piano superiore con un cenno del capo, poi tornò a fissare la madre come esortandola a spiegare i motivo della sua vista a sorpresa. Forse attirata dalle voci, anche Astoria giunse nell’ingresso.
-Narcissa, che piacere vederti.-
-Sì, cara, altrettanto.- Narcissa rivolse un rapido sorriso alla ragazza, guardando con disapprovazione il minuscolo abito che indossava e che le lasciava scoperte le cosce fasciate dai collant chiari –Temo che sarò costretta a rubarti Draco per un paio d’ore. Non ti dispiace, vero?- domandò e, tuttavia, il tono della strega lasciava chiaramente intendere che non avrebbe modificato i propri propositi solo a causa di una risposta negativa.
In definitiva, quella domanda era pura cortesia.
-Con questo tempo?-
Narcissa non rispose nemmeno. Si imitò ad annuire e a fare cenno a Draco di seguirla fuori di casa.
 
 
Nelle strade deserte e spazzate, ora che il vento si era acquietato, da un leggero venticello frizzante, Draco e la madre camminavano fianco a fianco, i mantelli che si sfioravano appena.
-Non potresti essere più gentile con Astoria?- domandò con una punta di rimprovero Draco, fissando di sottecchi la donna, che sogghignò con perfidia sottile. Per il poco tempo che erano stati sposati, i rapporti tra le due donne erano sempre stati tranquilli e distesi, ma da quando Astoria era tornata, Draco si era accorta di come la madre la trattasse con sufficienza e accondiscendenza.
Eppure derivavano dalla stessa elite, Draco era convinto che dovesse andare d’accordo.
-Potrei- concesse Narcissa -ma non ne ho alcuna intenzione. E ora parliamo di qualcosa di più importante.- tagliò corto, ansiosa di passare a ciò che più le premeva in quel momento.
-Mamma, Astoria è mia moglie, dovrebbe essere un argomento sufficientemente importante.- la voce di Draco sembrò quasi sul punto di sgridare la madre per una mancanza in fatto di etichetta, ma poi si addolcì in una sfumatura divertita.
-Sono passata dalla signorina Granger, prima.- Draco tossì rumorosamente, fermandosi in mazzo alla strada per riprendere fiato, poi affrettò il passo per affiancare la madre che non si era fermata –Abbiamo parlato un poco ed è stata una conversazione illuminante.-
-Avete parlato? E di cosa?- domandò ansiosamente.
Al solo nome di Hermione, il cuore di Draco aveva iniziato a pompare furiosamente nel petto, rimbombando nella cassa toracica, acceso di aspettativa ed eccitazione, quell’eccitazione che il solo pensiero di Hermione sapeva riaccendere in lui, facendolo fremere e tendersi nello spasmodico desiderio di lei, di averla con sé, accanto a sé, di poterla stringere e baciare.
Di poterla considerare sua.
Aveva fatto del proprio meglio per tenere i propri pensieri lontani da lei e da ciò che era accaduto, ma aveva fallito miseramente. Qualunque cosa facesse, il suo sguardo andava sempre e comunque a posarsi sul cottage azzurro.
-Di te.- rispose con semplicità la strega, lanciandogli uno sguardo fugace e divertito.
-Di me?-
Draco non era sicuro di come dovesse considerare quella notizia. Sua madre sapeva essere dolce e amabile o al contrario minacciosa e sottilmente glaciale.
-Sì, di te.- confermò –Vedi, come hai detto tu, potrei essere più gentile con Astoria, ma a quel punto tu ti sentiresti legittimato a comportarti così come stai facendo ora. E, te lo dico, è un comportamento che non mi piace.-
Draco rimase basito.
Era più che certo che sua madre, come molti altri, avrebbe largamente apprezzato il ritorno di Astoria.
-Sei anni fa, quando vi siete posati, ero più che convinta che la vicinanza vi avrebbe fatti innamorare. Eravate simili, con esperienze simili alle spalle e avreste potuto condividere una vita splendida. Purtroppo, avevo fatto male i conti e non avevo tenuto conto dello spirito libero di quella ragazza.- scosse la testa come rimproverandosi.
-Se Astoria fosse tornata, diciamo, sette mesi fa, l’avrei accolta a braccia aperte.- confessò –Certo, speravo che tu trovassi una donna da amare come tuo padre ha amato me, ma anche un matrimonio fatto di complicità e rispetto era preferibile alla vita da scapestrato che conducevi con tutte quelle oche giulive che ti cadevano ai piedi.- borbottò contrariata al solo pensiero.
-Hey!- protestò Draco, tuttavia Narcissa lo ignorò  e lo liquidò con un gesto vago della mano.
-Ma, ora, questo compromesso non è più accettabile.- Draco la guardò come avrebbe guardato un pazzo. Non capiva proprio dove sua madre volesse arrivare con tutto quel discorso e la donna parve capirlo, perché si fermò, si voltò verso Draco e gli mise le mani sulle spalle, nonostante fosse ben più alto di lei e quel gesto fosse molto meno facile da compiere di quando gli dava consigli sulla banchina del Binario 9 e ¾.
-Draco, so che io e tuo padre ti abbia dato degli insegnamenti precisi e poco tolleranti- Draco inarcò un sopracciglio a quell’eufemismo –ma il mondo è cambiato ed è ora che tu cambi con esso. Tu ami Hermione.- affermò con sicurezza –E allora perché stai rovinando tutto?-
Nella voce di Narcissa, c’era rimprovero, forse anche rabbia, ma soprattutto un grande senso di frustrazione. Dopo anni dalla fine della guerra e dal crollo dei propri ideali, Narcissa era venuta a patti con i danni provocati dagli insegnamenti che lei e Lucius avevano impartito al figlio. Se Draco stava rinunciando a tutto ciò che aveva imparato a provare in quei mesi, la colpa era anche loro.
Draco si scostò dalla presa della madre, passandosi una mano sul viso e stropicciandosi gli occhi stanchi. Aveva ventisette anni, ma ne dimostrava almeno dieci in più, in quel momento.
-Perché è una Mudblood.- disse in un sussurro.
Narcissa sospirò. I timori di Draco erano più profondi di quanto temesse.
-Tuo padre doveva sposare Bella.- confessò e Draco la guardò stupito –Andromeda era scappata con quel Babbano, Ted, e per risollevare l’onore macchiato dei Black, mia madre decise di dare in sposa la figlia maggiore al rampollo dei Malfoy. Al primo incontro ufficiale con le famiglie, io e tuo padre ci siamo innamorati.-
Narcissa sorrise al ricordo.
-Colpo di fulmine?- ironizzò Draco nel tentativo di sciogliere un po’ di quell’atmosfera romantica che si stava creando intorno a loro. Narcissa rise annuendo.
-Sì, proprio un colpo di fulmine. Suo padre minacciò di diseredarlo, se non avesse rispettato il suo volere, ma Lucius insistette tanto, che alla fine anche tuo nonno si piegò. E così eccoci qui.- disse allargando le labbra.
-Dimentichi un particolare, mamma.- Narcissa lo incoraggiò ad andare avanti –Tu eri Purosangue esattamente come papà, avrebbero pagato il tuo sangue a peso d’oro. Hermione no.-
-E allora?- Narcissa iniziava a stufarsi. Sembrava che Draco, quel giorno, avesse la testa più dura del marmo dei pavimenti del Manor. –Pensi che esistano amori di serie A e di serie B? Guarda Bellatrix, ha sposato Rodolphus ed è stato l’inizio della fine. E poi guarda Andromeda, ha amato un uomo solo ed è stata felice.-
-Andromeda è vedova.- sottolineò cupamente Draco.
-Sì! E io? Anche io posso essere considerata vedova, ma non posso affermare con orgoglio di aver sposato un uomo che è morto per amore della sua famiglia.- gli occhi di Narcissa brillarono per un attimo di lacrime scintillanti, poi riprese il discorso –Io mi sforzo, Draco, ma non capisco dove sia il problema.- ammise con sincerità.
Draco calciò un paio di sassolini nel bel mezzo della strada, guardandosi le scarpe. Affondò le mani nelle tasche del cappotto, poi sbuffò.
-Ho paura.- ammise in un soffio, portato lontano da un alito di vento –Mi escluderanno tutti, Nott, le Greengrass, Goyle, Pansy, persino Zabini, quell’italiano ottuso e narcisista. Mi tratteranno con un lebbroso.-
-Meglio per te, Zabini indossa sempre delle cravatte spaventose!- inorridì la strega, strappando al figlio un sorriso tirato.
-E se un giorno Hermione non…- si bloccò, pieno di vergogna e imbarazzo per quelle confessioni che non aveva mai condiviso con nessuno. La madre gli posò dolcemente una mano sul braccio, invitandolo a continuare –E se si stufasse di me, se mi lasciasse? O se io dovessi lasciarla? Non ci sarebbe più nessuno ad aspettarmi. Rimarrei solo ed emarginato.-
-Sei piuttosto pessimista, figlio mio.- lo prese bonariamente in giro -E se invece non succedesse nulla di tutto ciò? Se vi siete innamorati dopo tutto quello che avete passato, non credo che sia una cosa passeggera quella che vi unisce.-
Draco sbuffò, indeciso.
Aveva fatto quegli stessi pensieri più volte, nei giorni precedenti, ma non era giunto a capo di nulla. Tutti i suoi ragionamenti si infrangevano puntualmente sulla paura della solitudine, della disapprovazione, dell’emarginazione.
Per qualche strano motivo, gli tornava alla mente l’immagine di Potter al secondo anno, quando camminava solo nei corridoio, additato e temuto da tutti, che mormoravano maligni alle sue spalle, mentre lui si guardava intorno stanco e forse anche spaventato.
Nei suoi ricordi, però, compariva sempre Hermione, più simile a come era adesso che all’immagine di ragazzina secchiona dai denti sporgenti come un castoro, che rimaneva accanto a Potter in qualunque occasione.
Sarebbe rimasta accanto a lui?
-Draco, non è vero che in amor vince chi fugge. In amore vince chi rischia. Non l’hai mai fatto, prova.- gli suggerì Narcissa. Gli si avvicinò con un sorriso materno e incoraggiante, si alzò in punta di piedi e posò un bacio sulla fronte del figlio, scostandogli i capelli in alto come quando era bambino.
Con uno strappo inghiottito dal vento che ululava, Lady Malfoy scomparve.
 






 
Spero che questo capitolo dedicato a Narcissa vi sia piaciuto e abbia risolto i vostri dubbi sulle sue intenzioni. Come ogni madre, vuole solo il meglio per suo figlio. E se per Draco il meglio è Hermione…
Lasciatemi un commento, mi fareste un grande piacere e mi sarebbe d'aiuto, perchè sono un po' insicura su quel capitolo.
L’aggiornamento sarà VENERDì o SABATO.
Un forte abbraccio e buone vacanze!!
Giada 

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Capitolo 18
*** Una boccata d'aria fresca ***


Cap. 18
Una boccata d’aria fresca
 

West Wittering, almeno durante i mesi estivi, era una delle spiagge maggiormente frequentate del sud dell’Inghilterra, affollata da famiglie e capannelli di turisti desiderosi di approfittare delle sue acque fresche e limpide.
In inverno, invece, le spiagge restavano quasi deserte, frequentate solo da surfisti che affrontavano con passione le onde provenienti dall’oceano e da abitanti del posto, che passeggiavano in compagnia dell’anima gemella, umana o canina che fosse.
 
Anche quel giorno, così come era accaduto nelle ultime settimane, un vento freddo sferzava la superficie del mare, sollevando altre onde che si infrangevano lungo la costa. Il cielo plumbeo, di un colore così intenso da farlo assomigliare ad una volta di mercurio, si rispecchiava sull’acqua gelida tinteggiandola di grigio.
Sulla spiaggia, seduta su un plaid dalle sfumature rossastre e avvolta in uno scialle nero con ricami purpurei per proteggersi dal vento, una figura solitaria fissava il mare, i ricci scuri che si agitavano intorno alla sua testa come i capelli di Medusa.
Immersa nelle proprie tristi riflessioni, sorrise debolmente ad una coppia di amiche che le si avvicinarono per domandarle l’ora, seguite da un festante pastore tedesco che tentava in ogni modo di appropriarsi della pallina da tennis mordicchiata che una delle due stringeva in mano.
Quando le due ragazze si furono allontanate, la giovane donna tornò alla propria occupazione, portando le ginocchia al petto e appoggiandovi  mento, le spalle curve e i capelli più aggrovigliati e spettinati che mai.
Aveva il naso ghiacciato, ma nel complesso, grazie alle calze di lana indossate al di sotto dei jeans e allo scialle di lana che stringeva al di sopra del cappotto, non sentiva freddo. Aveva solo le membra leggermente intorpidite dalla prolungata immobilità, ma tutto sommato stava bene.
Insomma, benino.
Considerando che i giorni passavano e, checché ne potesse dire Narcissa, l’uomo che amava non si era fatto vedere nemmeno lontanamente, stava uno schifo, ma non si sarebbe certamente fatta abbattere da uno come lui, men che meno da lui nello specifico.
Era carino, questo sì, anche simpatico e intelligente, forse persino affascinante e in un certo qual modo anche irresistibile –almeno per lei-, ma non si sarebbe mai abbassata a chiedergli spiegazioni, non avrebbe pianto per lui, almeno non in sua presenza, e non si sarebbe fatta vedere da nessuno, eccetto Harry e Ginny, debole e vulnerabile.
Non avrebbe mai ammesso di essere stata una stupida colossale, di essersi fidata di un essere infido e subdolo come solo un piccolo insulso letale serpente sa essere, e non si sarebbe arresa ai ricordi e al rimpianto di avere avuto così poco tempo per stare con lui.
No, no e ancora no.
Era una questione di principio, per la miseria.
Lei era Hermione Granger, fiera e combattiva Grifondoro, e lui era solo Draco Malfoy, insulso e abbietto essere senza spina dorsale, succube delle idee altrui, debole e codardo.
Tra loro due, di certo non sarebbe stata lei a piegarsi. Se la voleva, se l’amava, allora toccava a lui fare il primo passo, tornare da lei, cercarla, soprattutto perché era stato lui a sbagliare.
Scosse la testa, rimproverandosi per quella fantasia che aveva preso vagamente forma nella sua mente, una fantasia dolcissima in cui Draco sarebbe venuto a cercarla, chiedendo scusa anche in ginocchio  pur  di convincerla a tornare da lui.
Sì, Hermione, sogna, si disse.
Con Astoria al fianco, chi avrebbe mai potuto amare una come lei, sciatta, anonima, insignificante e insulsa?
Figurarsi se avrebbe speso il suo preziosissimo tempo per andare da lei.
 
-Ciao.-
Hermione sussultò e si voltò fulminea verso la voce che le aveva fatto salire il cuore il gola, incastrato  a metà fra la trachea e le corde vocali, sia per lo spavento sia per quella piacevole sensazione di tachicardia che aveva imparato, da qualche tempo, ad associare a lui, alla sua voce e alle sue mani.
Lo sguardo sorpreso –piacevolmente  sorpreso, come ci tenne a specificare tra sé e sé il nuovo venuto- si assottigliò poco a poco, trasformando gli occhi scuri della giovane strega in due lame taglienti e minacciose, capaci di fulminare il soggetto desiderato al primo sguardo.
Era forse per quello che avvertiva una strana sensazione allo stomaco?
Indispettita dal suo arrivo, che contraddiceva quello che si sarebbe aspettata che lui facesse o stesse facendo in quel momento lontano da lei, Hermione gli voltò le spalle, e tornò ad osservare il mare impetuoso davanti ai suoi occhi, sbuffando per togliersi una ciocca di capelli dalla bocca.
Non aveva alcuna intenzione di mostrarsi felice del suo arrivo, euforica magari, persino sollevata nel sapere che se era lì con lei non poteva, logicamente, essere altrove a fare porcherie con Astoria. Oltretutto, ciò che più la mandava in bestia, era il modo in cui si era presentato lì.
Impeccabile cappotto doppiopetto nero in perfetto contrasto con la sua carnagione chiara ma in sintonia con il tetro colore del mare e con il plumbeo cielo che li sovrastava, pantaloni di taglio sartoriale e scarpe che sarebbero state più adeguate ad un matrimonio piuttosto che su una spiaggia sferzata dal vento.
Era perfetto, come se non l’avesse turbato minimamente quello che era successo, come se fosse perfettamente normale tornare da lei dopo aver fato l’amore, averla ignorata ed essere tornato con la moglie.
E ora la salutava pure.
Che faccia tosta.
Hermione gli voltò le spalle con risolutezza e strinse le gambe al petto con maggiore forza, come tentando di proteggersi dal freddo, dallo sguardo di Draco, da Draco stesso e dal male che poteva farle.
Più di tutto, Hermione era più che mai decisa a proteggersi da se stessa, da quell’impulso contradditorio che voleva abbracciarlo per il sollievo e la gioia di rivederlo, così nervoso e impacciato nel tentativo di scusarsi, e che contemporaneamente avrebbe desiderato ardentemente schiaffeggiarlo come la prima volta che si erano rivisti, con tutta la rabbia e l’amore che sentiva dentro, con la precisa volontà di fargli provare tutto il dolore che aveva provato lei nel momento in cui si era convinta di non valere nulla, paragonata ad Astoria, in cui era stata ormai certa che Draco non sarebbe mai tornato da lei.
Quasi sul punto di alzarsi, schiaffeggiarlo e poi andarsene con la poca dignità che le sarebbe rimasta dopo quello sfogo di isteria, Hermione trasse un respiro profondo nel tentativo di calmarsi.
Non era quello che i suoi genitori le avevano insegnato.
Così, stringendo i denti e intrecciando le dita delle mani, per frenare l’impulso di correre ad abbracciarlo -quell’impulso che sentiva crescere e rinforzarsi prepotentemente ad ogni secondo che passava, ad ogni istante in cui il vento le portava alle narici l’odore di sale mischiato al profumo del dopobarba di Draco-, Hermione rimase immobile, ostinata nel mostrare indifferenza.
-Ti ho cercata dappertutto.- esordì Draco, gli occhi fissi sulle spalle di Hermione, che rimaneva ostinatamente voltata verso il mare, sperando che perdessero un poco la loro rigidità e mostrassero la sua fragilità, la sofferenza che le aveva procurato in quei giorni. In fondo, Draco sperava che un piccolo indizio gli mostrasse che non era troppo tardi, che non aveva combinato un disastro irreparabile e che Hermione non aveva ancora deciso di mettere un masso di svariate tonnellate sopra quel capitolo della propria vita denominato “Draco”.
-Ah!-
L’esclamazione di Hermione suonò sarcastica, scettica, infastidita, amara e indispettita, tutto in un solo suono, persino meno di una sillaba.
-Ma non sapevo dove trovarti.-
Silenzio, un arma ancora più tagliente delle parole che Hermione avrebbe potuto sputargli addosso con disprezzo, rabbia e crudeltà. Un silenzio che sembrava bruciare come sale sopra una ferita sanguinante e ancora aperta, ancora più dolorosa perché sapeva di esserne l’artefice.
-Così sono stato da Potter.- confessò Draco, sperando di ricevere un qualche tipo di reazione, anche solo un’esclamazione preoccupata e ansiosa di sapere se si erano affatturati, invece ottenne solo un lento e distaccato annuire, quasi Hermione stesse seguendo una lezione di Cura delle Creature Magiche sull’alimentazione delle Alghe Carnivore del Lago Nero.
-È piuttosto sadico il tuo amico.- tentò la strada dell’ironia, della provocazione, nella speranza di suscitare una difesa a spada tratta del famoso Harry Potter, colui che non può essere meno che perfetto e moralmente ineccepibile, ma ottenne, ancora una volta, una risposta secca e pungente.
-Solo con chi se lo merita.-
Acida.
-Mi sono dovuto inginocchiare, prima che decidesse di dirmi dove trovarti.- puntualizzò allora, evitando tuttavia di dire che si era solo  metaforicamente  inginocchiato, che aveva messo in ginocchio il suo orgoglio per chiedergli quell’informazione, ma non la sua dignità.
Un’alzata di spalle.
-Non ti interessa quello che ti sto dicendo?-
-Dovrebbe?-
Eccome!
Draco spostò il peso del corpo da un piede all’altro, alternativamente, in un gesto di palese insofferenza. Non era andato lì con la stupida convinzione di trovarla raggiate e ansiosa di accoglierlo a braccia aperte, era consapevole che avrebbe faticato non poco, ma si aspettava qualcosa di diverso dal distacco e dall’ironia pungente che Hermione gli stava riversando addosso a secchiate.
Aveva sbagliato, ma non capiva perché dovesse respingerlo così ostinatamente quando era chiaro che fosse andato lì appositamente per lei e per chiederle scusa, per cercare di rimediare agli errori che era consapevole di aver fatto, per rimettere le cose a posto.
Lui aveva fatto il primo passo, lei avrebbe anche potuto mostrarsi un po’ più collaborativa.
-Penso di sì.- rispose Draco diplomaticamente, cercando di non mostrare troppo palesemente la propria inquietudine ed aspettativa. Aveva immaginato urla e fatture, anche qualche schiaffo, ma di certo non quel gelo.
-E perché mai?- la voce di Hermione risuonò scocciata, infastidita e sinceramente curiosa di sapere, almeno così pareva, quale fosse lo strano motivo che aveva spinto Draco a farsi un’idea tanto bizzarra della situazione e di un suo possibile interessamento.
-Perché ti ho cercata ovunque.-
-Sì, questo l’hai già detto.-
Con tono annoiato, Hermione si riavviò i capelli dietro l’orecchio. Draco notò un lieve tremore della mano e, speranzoso, decise di provarci nuovamente.
-Non vuoi nemmeno guardarmi in faccia?- domandò con voce bassa, soffice, accomodante, quasi stesse cercando di convincere una bestiola selvatica a farsi avvicinare senza mostrare gli artigli.
Hermione scosse la testa, come se rispondere fosse troppo difficile, come se la risposta che sentiva sulla punta della lingua non fosse quella che la sua determinazione e il suo orgoglio le imponevano, come se aprire bocca potesse creare una frattura irreparabile nella fortezza che, come sempre nei momenti difficili e dolorosi, si era costruita intorno.
 
Come se quella fortezza fosse sul punto di crollare da un momento all’altro.
 
-Io però vorrei vederti.- confessò Draco, senza vergogna ma con un pizzico di disagio, messo in soggezione per una confessione così semplice ed infantile come mai ne aveva fatte ad una donna.
Si sentiva tremendamente in imbarazzo nel mostrarsi così, fragile e sincero, ma sapeva anche che, con una persona fiduciosa e pura come Hermione, la sincerità poteva rivelarsi la carta vincente. Inoltre, inaspettatamente, sentiva che quelle parole gli facevano bene, lenivano con lenta dolcezza, proprio come avrebbe fatto Hermione, le ferite che l’insofferenza e la nostalgia per lei gli avevano inciso nel cuore e nell’anima.
-Ti manderò una foto.- sibilò Hermione, la voce appena un poco tremante di debolezza.
Draco sbuffò esasperato, aggirò a grandi passi la coperta su cui era seduta e si accucciò davanti a lei, prendendole il viso tra le mani e impedendole di voltarsi da un’altra parte, come la bambina capricciosa e testarda che sapeva essere.
-Guardami.- le ordinò imperioso. Forse aizzata da quel tono secco e autoritario, un tono che lei non aveva mai sopportato, la mano di Hermione volò rapida verso la guancia di Draco, schiaffeggiandolo con forza e rabbia.
Stupito, Draco si portò una mano alla guancia, sfiorando con la punta delle dita il punto in cui sentiva la pelle bruciare per l’impatto violento con il palmo della ragazza. Con un gesto brusco, Hermione si liberò dalla stretta della sua mano sul viso, scuotendo la testa e agitando i capelli al vento.
-Non darmi ordini.- scandì, la voce ridotta ad un sibilo, ribelle ad ogni tipo di costrizione e decisa e non dargli modo di insinuarsi al di sotto della sua corazza di distacco.
Per evitare di indispettirla ancor di più –ben sapendo quanto avrebbe potuto diventare manesca una Grifondoro passionale come lei- Draco alzò le mani in segno di resa.
-Guardami.- ripeté e questa volta, più che un comando, quella stessa parola suonò più come una richiesta, un’offerta, un invito –Guardami.- le chiese ancora, la voce dolce, bassa e carezzevole, roca quanto bastava per farle palpitare il cuore e vibrare la pelle di un brivido intenso. Vedendo che Hermione aveva abbassato gli occhi sulla coperta e su un filo ribelle che stava torturando con le dita, Draco le prese delicatamente, quasi con circospezione, il mento tra le dita, alzandole il viso in modo che potesse guardarla negli occhi, quegli occhi color dell’ebano di cui non si sarebbe mai stancato.
 –Ti sto parlando, possibile che non te ne freghi nulla? Conto così poco per te?- insistette il giovane mago.
Con un manrovescio deciso, Hermione colpì le mani di Draco per liberarsi dalla stretta gentile che esercitavano sul mento, poi fece pressione sulle sue spalle e lo fece cadere a gambe all’aria sulla coperta, respingendolo rabbiosa.
-È piuttosto curioso il fatto che  tu  faccia questa domanda a  me, considerando che non sono io quella che ti ha mollato in tronco, senza alcuna spiegazione.- gli rinfacciò a voce alta, osservandolo dal basso verso l’alto, mentre Draco si rialzava e si scompigliava i capelli per rimuovere la sabbia –Ma immagino che fosse un po’ troppo al di sotto del vostro purissimo galateo, mandare un biglietto con due righe di spiegazione alla povera cretina, vero? Non sia mai che Malfoy e la sua perfetta mogliettina sprechino una goccia di inchiostro per la feccia che infetta il mondo, vero?-
Dalla tasca della giacca in cui l’aveva riposta, la bacchetta di Hermione emise un potente fiotto di scintille rosse, segno inequivocabile che la rabbia, l’insicurezza e la frustrazione che aveva covato dentro di sé per dieci giorni, ora si stavano riversando prepotentemente fuori dal corpo di Hermione, incanalandosi nella sua bacchetta.
-Sarai anche qui per parlarmi, Malfoy, ma hai solo fatto un gran giro di parole vuote. Mi hai cercata? Sei andato da Harry? Ti sei addirittura abbassato a chiedergli qualcosa invece di minacciarlo come ti hanno insegnato?- gli domandò pungente, senza alzarsi per diminuire la distanza tra loro. Tuttavia, anche se la guardava dall’alto in basso, non era Draco quello con il coltello dalla parte del manico. –Beh, non so che farmene di tutte questa fandonie.-
-Non sono fandonie, sono scuse.- precisò Draco a denti stretti.
-Allora non so che farmene delle tue scuse.- ritrattò Hermione, seccata –Sei tornato perché eri convinto che ti avrei riaccolto a braccia aperte? Pensavi che ti avrei implorato di lasciare tua moglie e di tornare da me perché senza di te non potevo vivere?- gli domandò con voce spezzata, carica di rabbia.
Sapeva che non era tanto stupido da essersi fatto illusioni del genere, ma nel profondo Hermione sentiva la voglia di colpirlo, di ferirlo, di attaccarlo almeno a parole, visto che non poteva usare la bacchetta.
Sentiva un bisogno impellente di lasciar straripare tutto ciò che si era accumulato dentro di lei in quei giorni di dolore, frustrazione e rabbia, ma anche di amore, delusione e speranza rinnovata dalle parole di Narcissa.
Aveva iniziato a osservarlo più attentamente, sia quando lo vedeva uscire di casa sia quando lo incontrava in paese, mantenendosi lontano dalla sua visuale per poterlo analizzare con il cervello lucido, senza che questo andasse in corto circuito sotto lo sguardo penetrante di Draco, e aveva capito che non era felice e appagato come poteva sembrare.
Qualcosa, nella piega delle labbra, nei capelli scompigliati, nella luce cupa degli occhi e forse persino nel modo in cui camminava, le aveva fatto intuire che tutto quanto aveva visto nei giorni precedenti era stato solo una facciata, perfetta ma sottile come carta velina e pronta a crollare al primo soffio di vento.
Narcissa, con le sue parole e si suoi suggerimenti, con quella razionalità e saggezza che Hermione al momento non riusciva trovare dentro di sé, le aveva aperto gli occhi e le aveva mostrato la verità su Draco e sulla sua stupida stoica ostinazione, quella verità di cui probabilmente si sarebbe accorta giorni prima, se solo non fosse stata così presa dal proprio dolore, dalla propria sofferenza e, anche, dalla convinzione dell’incapacità di Draco di accettarla per quello che era.
A conti fatti, avevano sbagliato entrambi. Draco perché si era fermato davanti alle proprie paure ed Hermione perché si era accontentata di ciò che aveva visto e che in fondo era ciò che si aspettava.
Ah, brutta bestia la paura!
Si era sentita tradita, abbandonata e ferita, ma questa non era una buona giustificazione all’arrendevolezza che aveva dimostrato davanti al ritorno di Astoria. Draco non si era fatto più sentire, ma lei non aveva chiesto nulla, aveva gettato le armi e rinunciato a combattere, una scelta che, in quanto Grifondoro, non le faceva certo onore.
Si era arresa e questo era, in parte, ciò che la faceva imbestialire.
Nessuno, nemmeno Voldemort, Bellatrix o Ronald, l’avevano resa debole e remissiva, nemmeno Draco ci era mai riuscito in tanti anni di insulti e ora, invece, otteneva quel risultato senza nemmeno volerlo, solo per esserle entrato dentro, così a fondo da poterla ferire più facilmente e più in profondità.
In pochi mesi l’aveva ferita più di quanto altri avessero mai fatto in tanti anni.
 
L’avrebbe fatto ancora?
 
Era questo dubbio, profondamente radicato dentro di lei, ad impedirle di prendere una decisione definitiva. Da un lato lo voleva, totalmente e inesorabilmente, ma dall’altro avrebbe solamente desiderato proteggersi.
Ancora in piedi, Draco la guardava, con gli occhi pieni di lei e della rabbia e del dolore che leggeva nei suoi.
Aveva pensato che Hermione l’avrebbe implorato?
Ed Hermione davvero pensava che l’avesse pensato?
Scosse la testa.
-No, pensavo solo che mi amassi abbastanza da darmi modo di spiegarmi.- mormorò, di un mormorio così simile allo sciabordare dell’acqua del mare sulla ghiaia del bagnasciuga, che lambiva la costa come la voce di Draco le lambiva dolcemente l’udito e il cuore.
Draco si passò le mani tra i capelli, spingendoli all’indietro, come se liberare la fronte potesse anche liberargli la mente, fare luce sui propri pensieri e trovare una soluzione, un modo di agire che non rimbalzasse addosso ad Hermione come ad un muro di gomma.
Mentre Hermione, infastidita per lo spiraglio che Draco sembrava aprirsi nella sua corazza semplicemente con la propria voce, si avvolgeva nuovamente e più strettamente nello scialle, nascondendovi il viso fino al naso, Draco si mosse a disagio sul posto, cercando di decidere come comportarsi. Tornare a casa a mani vuote era da escludere a priori, aveva chiesto persino a Potter dove trovarla e ora era assolutamente fuori discussione gettare le armi.
Draco sperava solo che la voglia di stare con lui fosse più forte di tutto e mandasse in secondo piano gli errori idioti che la sua paura della solitudine gli aveva fatto commettere.
Bene, Draco, piano B.
-Posso sedermi?- le domandò educatamente. Hermione levò il viso verso di lui, colpita da quel tono formale e dall’esitazione con cui rimaneva in piedi, attendendo una sua risposta.
Vedendola annuire, Draco si sfilò le scarpe e le abbandonò sulla sabbia, arrivandole affianco e sedendosi accanto a lei sulla coperta, le gambe stese davanti a sé e le braccia puntate indietro per sostenersi.
-Non ho mai pensato che mi avresti implorato di lasciare Astoria.- le disse tranquillamente, riferendosi alla domanda sarcastica e amara di Hermione, cattiva quasi nel voler sottolineare che non si sarebbe mai abbassata a tanto, neppure per lui.
Soprattutto  per lui.
-Innanzitutto perché sei dannatamente orgogliosa per abbassarti a tanto.- constatò con tranquillità, un mezzo sorriso nella voce, divertito da quel lato del suo carattere che lo irritava e lo intrigava al tempo stesso –E in secondo luogo perché non ce ne è alcun bisogno. L’ho già lasciata.-
Hermione sussultò dalla sorpresa e si voltò verso di lui, quasi incredula del fatto che Draco fosse finalmente riuscito, dopo anni, ad opporsi a qualcuno e reclamare ciò che desiderava. Draco mantenne lo sguardo fisso sulla spuma bianca delle onde che si infrangevano lungo la costa, intimamente compiaciuto dell’interesse che era riuscito a risvegliare in lei con quella frase secca e diretta.
Attese qualche istante, godendosi lo sguardo di Hermione su di sé e la sua attenzione completamente calamitata dalle sue parole e dalla sua bocca –anche se in un modo molto meno letterale di quanto avrebbe desiderato-, poi iniziò a raccontare.
 
 
-“Astoria, amore, mi manchi.”- Draco entrò in camera da letto tenendo gli occhi fissi su un foglio di pergamena, leggendo con voce morbida e con tono drammatico, quasi stesse parodiando una tragedia secentesca.
Astoria, in piedi davanti allo specchio, abbandonò lo studio del proprio riflesso e si voltò, lenta e circospetta, verso il giovane mago, che intanto proseguiva nella lettura.
-“Ti ho scritto quasi venti lettere in meno di una settimana, ma non ho mai ricevuto un gufo di risposta, quindi immagino che per te non sia lo stesso.”- riprese la voce lenta di Draco, appoggiandosi allo stipite della porta sotto lo sguardo attonito di Astoria –“Puoi considerare questa lettera come il mio addio, come la mia resa. Mi arrendo, Astoria. Le idee che ti hanno inculcato da piccola sono più forti anche di quello che abbiamo condiviso in questi mesi. Forse per te è inammissibile amare un Mudblood come me, ma per me amarti è stata l’esperienza più bella della mia vita.”-
Con lo sguardo incollato alla lettera che Draco stringeva tra le dita, Astoria si portò una mano sulla bocca, come per mettere a tacere un grido silenzioso, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime luccicanti.
-Blablablablabla…- gli occhi grigi di Draco corsero al fondo della pagina, mentre  la sua bocca si storceva in una piega di ribrezzo –Questa parte la salto perché è talmente sdolcinata da farmi venire il diabete al solo pensiero. Ecco, direi di riprendere da qui.-
Certa che non potesse esserci nulla di peggio, Astoria chinò il capo, sedendosi lentamente sulla poltroncina accanto al letto.
-“Ti amo come non ho mai amato nessuno, ma non sono disposto ad umiliarmi ancora per te. Se mi ami, devi accettare anche il mio sangue, per quanto sudicio possa apparire ai tuoi occhi. Ti auguro una vita felice con un marito degno di te. Tuo, Antony.”- concluse Draco alzando finalmente gli occhi e incrociando quelli spaventati di Astoria –Non so perché, ma ho la sensazione che questo riferimento al sottoscritto non sia esattamente un complimento.-
-Posso spiegarti.- esordì Astoria, ma l’espressione di Draco lasciava ad intendere che, secondo il suo modesto parere, non vi era nulla di così poco chiaro che necessitasse di una spiegazione.
-Non credo che ci sia nulla da spiegare.- la interruppe -Tu avevi un altro e te lo sei scopata allegramente, fregandotene del fatto che fosse quasi il compleanno di Altair, ma appena hai saputo che faceva parte della feccia che tanto disprezzi, hai fato le valigie e hai tagliato la corda. E così eccoti qui.- la indicò con un dito e un’espressione che non aveva mai riservato a nessuno, disgustato e risentito –Prendere per il culo il tuo ex marito ti è sembrato più accettabile che affrontare le vecchie convinzioni di famiglia, vero?-
Astoria scosse la testa con decisione.
-Non è così.- replicò, decisa –Ho capito che avevo sbagliato e che nella mia vita c’è posto solo per un uomo che sia alla mia altezza, un uomo come te.-
Draco la guardò con risentimento, scuotendo la testa. Come Daphne, come la loro madre, come Zabini e come tanti altri, Astoria non avrebbe mai visto più in là del suo delizioso naso alla francese.
-Ma nella mia vita non c’è posto più per te, Astoria.- le disse con fermezza –Sei la madre di Altair e ti sarò eternamente grato per questo, ma se tu stai rinunciando a quell’uomo solo perché hai paura, io non voglio fare lo stesso errore.-
Astoria lo guardò stordita, senza capire appieno il significato di quella frase. Fiero di sé per non essere come lei, per aver saputo cambiare e accettare serenamente la realtà, per essere stato capace di innamorarsi di Hermione nonostante i suoi natali, Draco inspirò e butto fuori l’aria tutto d’un colpo.
-Mi sono innamorato di Hermione.- alla faccia incredula e interrogativa di Astoria, si concesse un mezzo sorriso –Sì, proprio Hermione Granger, quella che abita nella casa e fianco e che ha il sangue più lurido d’Inghilterra.- precisò con un sorriso triste e colpevole per quel soprannome che aveva coniato anni addietro.
-So che quelle come lei ti fanno schifo, ti disgustano, ti fanno venire voglia di epurare il mondo con un “Gratta e Netta” di massa, ma, sinceramente, non me ne frega nulla.- disse con sincerità –Fai le valige, domani mattina te ne devi andare perché ho un impegno.-
-E…- ancora turbata e sconvolta per quella notizia, Astoria fece fatica a formulare una domanda e dare ad essa l’inflessione scocciata che avrebbe voluto –quale sarebbe questo impegno così urgente che non mi lascia nemmeno il tempo di fare le valige con calma?-
Astoria la stava prendendo decisamente meglio di come avesse previsto, anche se, dovette ammettere Draco, questo Antony aveva decisamente giocato un punto a suo favore.
Un sorriso scaltro e determinato si dipinse sulle labbra di Draco.
-Vado a riprendermi la  mia Mudblood.-
 
 
Draco si voltò verso Hermione, curioso di leggerle in volto la reazione che il suo breve racconto aveva suscitato in lei. La strega era tornata a fissare, cocciutamente, il mare davanti a loro, che con il proprio sciabordio faceva da colonna sonora alla loro conversazione, ma qualcosa nei suoi tratti si era ammorbidito, fino a lasciare i suoi lineamenti dolcemente corrucciati.
Per quanto sincera e spontanea quella confessione gli fosse sgorgata dalle labbra, Draco non avrebbe potuto negare che quello era esattamente l’effetto che aveva desiderato ottenere.
Era pur sempre una Serpe e, si sa, una Serpe perde la muta, ma non il vizio.
-Così se ne è andata?- domandò Hermione, voltandosi per la prima volta verso Draco, rimanendo quasi incantata. I suoi occhi, forse scuriti dalla luce nebulosa che filtrava attraverso le nuvole, avevano assunto una sfumatura opaca e plumbea, fumosa e mercuriale come il mare agitato alle sue spalle. Gli occhi di Draco sembravano gocce di mare incastonate in un viso affilato dai tratti più dolci di quanto si potesse immaginare.
-Già.- confermò Draco con tranquillità.
-E l’hai lasciata tu?- domandò incerta, piegandosi in avanti e torcendo il collo per poterlo vedere in viso più agevolmente, cercando nei suoi lineamenti qualche indizio di menzogna.
-Sì, sei diventata sorda negli ultimi dieci giorni, sapientina?- l’apostrofò.
Automaticamente, con una reazione istantanea affinata in anni e anni di battute e repliche sottili e velenose nei corridoi di Hogwarts, Hermione aprì la bocca per rispondergli a tono e metterlo a tacere, ma la richiuse di colpo, ammutolita davanti al sorriso di gentile derisione che lesse sulle labbra dell’uomo.
-Mi stai prendendo in giro?- indagò la ragazza, con un tono pericolosamente simile a quello tante volte utilizzato dalla McGrannit quando tirava aria di punizione imminente per chiunque si trovasse nel raggio di due metri da lei.
-Può darsi.- le concesse Draco, rimanendo fermo a guardarla.
-Non sei affatto nella posizione di farlo.- gli fece notare indispettita, decisa a sgridarlo come anni prima aveva fatto con Harry e Ron per qualche battuta rivolta alla sua passione per lo studio in un momento in cui la loro carriera scolastica, già deprimente in sé, sembrava declinare tristemente verso il fallimento più totale.
Draco, annoiato oltre ogni dire, agitò una mano al vento.
-In ogni caso- sorvolò sulla replica piccata di Hermione –ho accompagnato Astoria a casa dei suoi, per assicurarmi che non tentassero di affatturarla mentre annunciava piuttosto vagamente il motivo per cui partiva di nuovo, e poi ho portato Altair da mia mamma. Per inciso- soggiunse, alzando un dito -mi ha detto di porgerti i suoi saluti e mi ha invitato a darmi una mossa, a meno che non volessi distruggere anche la felicità di mia figlia.-
-Ah, ecco perché sei venuto.- mormorò lugubre Hermione.
Draco emise uno strano suono, soffiando come un gatto irritato e intenzionato a mostrare gi artigli per far valere le proprie ragioni, e con un movimento rapido e fulmineo abbandonò la posa rilassata e si inginocchiò davanti ad Hermione. Le mise le mani sulle spalle, stringendo e scuotendola un poco.
-No.- negò fermamente, fissando gli occhi in quelli ancora dubbiosi di Hermione. Vi scorse una scintilla di speranza e continuò, rincuorato –Ti ho cercato perché  io  ti volevo cercare, perché ero stufo di fingermi il marito perfetto di Astoria e... oh, Salazar…- mormorò spazientito, nella speranza che almeno lo stimato fondatore di Serpeverde gli infondesse un po’ di coraggio e lo aiutasse a dire ciò che aveva in mente e che era incredibilmente sdolcinato, almeno per uno come lui .
–Perché non ce la facevo più a stare senza di te.- confessò tutto d’un fiato.
Hermione socchiuse la bocca, meravigliata.
-Quando ti ho vista e ti ho sputato addosso, pensavo sinceramente che fossi la più grande disgrazia che potesse capitarmi sulla faccia del pianeta.- le raccontò, preso da un improvviso bisogno di farle capire come fossero cambiate le cose per lui da negli ultimi cinque mesi -Insomma, io fuggivo da Londra per evitare i tanto declamati eroi di guerra e il loro seguito, e poi mi capitavi tu tra capo e collo. Eri la sfiga fatta persona.-
Hermione storse la bocca.
Se era venuto per rimettere insieme i pezzi di ciò che c’era stato tra loro, quello non era certamente un buon punto di partenza.
-Quando però ho iniziato a conoscerti- Draco deglutì, in difficoltà –ho capito che non eri solo saccente e logorroica, non eri solo quella odiosa ragazzina secchiona che io avevo visto negli anni. Eri di più.-
Pur non volendo dargliela vinta, anche se avrebbe voluto tenerlo un altro poco sulle spine, Hermione si ritrovò a sorridere, addolcita da quelle parole e intenerita dall’espressione spaesata che Draco aveva assunto nel farle quella confessione tanto inusuale per lui.
-Ed è di quel  di più  che io mi sono innamorato.- le confessò in un soffio, chinando il viso per nascondere l’imbarazzo e rialzandolo subito dopo, in un moto di orgoglio. Era convinto di quello che diceva ed era deciso e non vergognarsene.
Hermione lo fissò ancora un po’, indecisa se cedere subito a quello che sentiva e voleva, o se resistere quel tanto che fosse sufficiente a farlo crogiolare per qualche altro minuto nel dubbio e nell’agitazione più totale.
Poi le tornò alla mente quello che Narcissa le aveva scritto su un bigliettino che le aveva fatto recapitare quella mattina, accompagnato da uno splendido mazzo di rose e tulipani. Una frase semplice, senza fronzoli o inutili giri di parole, accompagnata solo da una svolazzante firma aristocratica.
“Non è vero che in amor vince chi fugge. In amor vince chi rischia”.
Hermione era rimasta stupita dal modo in cui quella frase somigliasse a ciò che tante volte sua madre le aveva detto, quando le raccontava di come lei e suo padre si fossero conosciuti. Così, Hermione aveva deciso di annoverare quella particolare similitudine tra le perle di saggezza che elargiscono mamme e nonne di ogni epoca.
 
E se si chiamavano perle di saggezza, un motivo doveva pur esserci, giusto?
 
Così Hermione aveva deciso di prendersi quella giornata per meditare in solitudine, ma tutti i suoi piani e le sue ponderate e razionali riflessioni erano andate  a monte con l’arrivo improvviso e destabilizzante di Draco.
Inspirando profondamente, Hermione si liberò dello scialle che aveva sulle spalle e si mise in ginocchio davanti a Draco, avvicinandosi con qualche difficoltà a causa delle ginocchia che affondavano nella sabbia morbida sotto di loro.
L’una di fronte all’altro, Hermione allungò le mani e le infilò tra i capelli del giovane mago, trattenendoli sulla nuca per liberargli il viso dalle ciocche che lo nascondevano alla sua vista e gli impedivano di vedere chiaramente quel volto che le era tanto mancato nei giorni precedenti.
Come se avesse a che fare con uno strano animale di cui non si riesce a prevedere la reazione, Hermione fece scorrere le dita sul profilo affilato del viso di Draco, sfiorandogli con delicatezza, quasi con timore, la linea della fronte e la curva del naso, stropicciandogli le labbra con il pollice per saggiarne la morbidezza, accarezzandogli poi le sopracciglia chiarissime e gli zigomi.
Dopo aver terminato quella lenta esplorazione del viso di Draco, Hermione sembrò indecisa su come procedere. Voleva baciarlo, era un bisogno impellente, non solo fisico, ma soprattutto mentale. Era il bisogno di sentirlo vicino, di percepire il suo respiro sulla bocca, le sue mani sul corpo, il solletico che i suoi capelli sottili le procuravano quando le sfioravano la fronte.
Era il bisogno di sentirsi nel luogo giusto nel momento giusto, un posto che poteva essere solo tra le sue braccia.
Non sapeva quando fosse arrivata a quel punto, ma ormai Draco le era diventato indispensabile, si era infiltrato sotto la sua pelle e nella sua vita strisciando come una serpe, con tutti gli aspetti negativi –insicurezza, rabbia, dolore- e positivi –scoperta, dolcezza, sorpresa- che questo poteva comportare.
Vedendola indecisa e percependo forse la sua insicurezza, Draco mosse la testa in avanti, sfiorandole le labbra con le proprie, quasi per invitarla a dischiuderle, ad avvicinarsi, a non avere paura di lui o di quello che aveva fatto o di quello che avrebbe potuto fare.
-Ringrazia il cielo che sono Grifondoro e quindi particolarmente disposta al perdono, altrimenti ti avrei fatto restare in ginocchio sui ceci molto più a lungo.- gli rammentò la strega, continuando a sfiorare la bocca di Draco con le proprie labbra dischiuse.
-E tu ringrazia che ti amo, altrimenti non mi sarei mai inginocchiato a chiederti scusa in questo modo.-
Mentre le proprie labbra si distendevano naturalmente in un sorriso, sentendo Hermione trattenere il fiato a quella confessione improvvisa, Draco infilò una mano tra i capelli aggrovigliati di Hermione e l’attirò bruscamente contro di sé, stampandole un bacio deciso sulle labbra e godendo della loro morbidezza.
Deciso a non permetterle di staccarsi da lui, né in quel momento né mai, Draco rafforzò la presa sulla nuca e le passò prepotentemente un braccio intorno alla vita, bloccandola contro il suo corpo, mentre con la lingua le accarezzava le labbra un po’ screpolate del freddo e la convinceva ad schiuderle per lui.
E quando si immerse nel calore della sua bocca, Draco tornò finalmente a respirare.
Hermione era la sua boccata d’aria fresca.
 







 
 
Un ringraziamento a tutte le ragazze che hanno commentato e un grazie speciale a Harry Potterish, Elcherie e Lalaco che hanno segnalato questa storia per l’inserimento tra le Scelte.
 

AVVISI IMPORTANTI!
1-
Mancano 2/3 capitoli alla fine della storia, quindi mi duole avvisarvi che ci stiamo avvicinando alla fine.
2- Domani mattina parto e starò via 2 settimane. Purtroppo, non avrò possibilità di connettermi a internet, quindi l’aggiornamento con il capitolo 19 arriverà LUNEDì 27 o MARTEDì 28. Mi dispiace, ma proprio non posso fare diversamente. Spero di farmi perdonare con il capitolo successivo.
 
 
Credo che questo sia tutto. Aggiungo solo che questo capitolo, soprattutto la caratterizzazione di Draco alle prese con  il confessare i propri sentimenti, mi ha causato non pochi grattacapi. Sono abbastanza soddisfatta del risultato finale e spero piaccia anche a voi.
Vi invito a lasciarmi un commento e vi prometto che risponderò al più presto, ovviamente dopo aver aggiornato, in modo da non ritardare troppo.
Un grosso bacio e buone vacanze a tutte!
Con affetto, Giada

 

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Capitolo 19
*** Il mare d'inverno ***


AVVERTIMENTO:
Questo capitolo contiene una scena simile a quella contenuta nel capitolo 14 “Fragole”.
Lettore avvisato, mezzo salvato.
Buona lettura a tutti!
 
 

Cap. 19
Il mare d’inverno


 
Accaldato e con un’indescrivibile voglia di sentire l’odore e il sapore della pelle di Hermione, Draco le raccolse i capelli sulla nuca, trattenendoli con una mano, mentre la bocca scendeva sul collo della ragazza e la baciava in ogni punto riuscisse a raggiungere.
Gli era mancata, ma non si era reso conto di  quanto  gli fosse mancata fino a quando non aveva sentito quella frenesia impossessarsi dei propri gesti, delle proprie mani, della propria bocca, fino a quando il bisogno di sentirla era diventato infinitamente più importante del bisogno di respirare.
Fino a quando, con la bocca finalmente attaccata alle sue labbra rosse e la lingua intrecciata alla sua, non aveva sentito i polmoni riprendere aria, quella che gli era incredibilmente mancata in quei giorni.
 
Non sentiva, non desiderava, non vedeva null’altro che lei, lei e il suo corpo caldo, lei e i suoi capelli che si incastravano tra le dita, lei e la ginocchiata maldestra che gli aveva tirato sulla coscia, lei e il modo in cui l’aveva trascinato sulla coperta lasciandosi cadere all’indietro, lei e la dolcezza con cui gli stava accarezzando i capelli, lei e la passione con cui lo stava baciando.
Lei.
Una Mudblood.
Hermione Granger.
Buffo come la vita si prenda gioco di noi, facendoci innamorare di chi non solo non avremmo mai immaginato fosse possibile innamorarci, ma anche di chi non avremmo mai voluto innamorarci.
Tuttavia, Draco era felice così, innamorato di una donna che non avrebbe voluto, incastrato nella sua buffa vita e tra le braccia di Hermione. Meglio di così, non avrebbe potuto stare.
Continuò a baciarla con lentezza, spingendo la lingua a fondo nella sua bocca per berla quanto più era possibile, disposto anche ad affogare in lei pur di non dover più patire l’astinenza dei giorni passati.
Sentendo le gambe di Hermione schiudersi e piegarsi ai lati del proprio bacino, per accoglierlo forse inconsapevolmente vicino a sé, Draco si staccò da lei e, ad occhi chiusi, con il fiato corto, posò la fronte sulla sua spalla per riprendere fiato e tentare di dominare il proprio corpo, che stava reagendo in modo evidente e poco appropriato ad un luogo pubblico.
-Che succede?-
La voce di Hermione, affannata e un po’ preoccupata per un distacco così improvviso, strappò a Draco un sorriso compiaciuto. Le diede un bacio leggero, ma non accennò a riavvicinarsi a lei, facendo leva sulle braccia per sostenersi. Scosse la testa.
-Nulla.- rispose con una scrollata di spalle –Ma ti conviene rallentare, a meno che tu non abbia intenzione di istruire questi babbani su tutte le possibili posizioni del Kamasutra, di cui io, per inciso, sono un esperto.- precisò con aria ammiccante e con uno sguardo lascivo alle labbra della strega.
Hermione guardò appena al di sopra della spalla del giovane, scorgendo una copia di anziani pensionati che li guardavano con profondo rimprovero, mormorando tra loro riguardo l’indecenza dei giovani d’oggi e scuotendo il capo con disapprovazione e biasimo.
Con un moto di vergogna, le guance in fiamme, Hermione nascose il viso contro il collo dell’uomo, approfittandone per poter annusare tranquillamente il suo profumo e avere, al contempo, un rifugio da quegli sguardi riprovevoli.
Il giovane mago, invece, si limitò a lanciare un’occhiata in tralice all’anziana coppia, invitandoli tacitamente ad andarsene senza proferire alcunché. Quando si furono allontanati in direzione delle poche abitazioni che si ergevano colorate al limitare della spiaggia, Draco si distese accanto ad Hermione e la trascinò al proprio fianco, quanto più vicino possibile.
Alla ricerca di una posizione più comoda, la giovane strega incastrò il capo tra il collo e la spalla di Draco e intrecciò una gamba alle sue, ma sussultò immediatamente, rizzandosi a sedere.
-Ma sei… sei…-
A corto di parole, Hermione indicò eloquentemente i pantaloni di Draco, che rise del suo imbarazzo e del fatto che non se ne fosse accorta prima. Anche Hermione, chinando il capo e riavviandosi i capelli dietro le orecchie, si diede della stupida. Presa com’era da quel bacio tanto atteso, non aveva fatto caso ad altro che non fosse la bocca di Draco attaccata alla propria.
-Eccitato?- suggerì il giovane, vedendola in difficoltà per quella sua strana forma di pudore –Certo! Mi sei saltata addosso come un’assatanata!- si giustificò.
Hermione aprì la bocca, indignata. Quando però realizzò che, effettivamente, il modo in cui l‘aveva baciato non avrebbe potuto, nemmeno con tutta la buona volontà di questo mondo, essere definito casto, gli assestò un pugno deciso sulla spalla, strappandogli un soffocato gemito di dolore.
-E sei anche manesca!- constatò, fingendosi piacevolmente sorpreso. Quando Hermione si stampò in viso un’espressione soddisfatta, Draco la strinse intorno alla vita e la strascinò nuovamente su di sé, sostandole i capelli per mettere in mostra il collo –Mi piace.- approvò con voce arrochita.
Hermione gli regalò un altro pugno sulla spalla, più leggero e solo vagamente violento, più complice che vendicativo, poi piegò il collo all’indietro e mise in mostra la gola calda.
-Ho passato tutta la mattinata a cercarti. A casa tua, in paese, al ministero, a Diagon Alley.- enumerò, senza alcuna traccia di fastidio nella voce –Da quanto tempo sei qui?-
-Poco prima di pranzo, credo.- la voce di Hermione risuonò stentata, messa in difficoltà dalla lingua dell’uomo e dal modo in cui seguiva gli avvallamenti e le vene del suo collo –Mi sono alzata presto, ho fatto una lunga camminata e dopo aver fatto colazione in un bar sono venuta qui. Poi ti ho aspettato.-
Draco sembrò sorpreso dalle sue ultime parole. Smise di baciarla e, fissandola con cipiglio indagatore, la fece distendere sulla coperta, sotto di sé, imprigionandola con il proprio peso.
-Vuoi dire che sapevi che sarei venuto? Ti eri messa d’accordo con Potter?- il tono di Draco e il suo basso mormorio diventarono sospettosi, per poi addolcirsi nel vedere come Hermione scosse dolcemente la testa, negli occhi una vaga derisione per la sua malafede.
-Stupido.- lo apostrofò, con un lieve scappellotto dietro la nuca –Sono almeno dieci giorni che ti aspetto.- spiegò con lentezza, sperando che il concetto penetrasse nella testa dura di Malfoy senza ulteriori imbarazzanti spiegazioni esplicite.
Draco la guardò, con i capelli scompigliati, le labbra secche, la guancie arrossate dal freddo e gli occhi limpidi.
Lo stava aspettando da dieci giorni.
Un po’ come dire che era arrivato in ritardo di dieci giorni, ma che lei non gli aveva fatto notare quel ritardo esagerato. Un po’ come dire che doveva avere la testa parecchio dura, per recitare la parte del marito perfetto per ben dieci giorni senza accorgersi del male che si stava facendo. Un po’ come dire che, anche se si era rivelato anche peggio di quanto avesse pensato, anche se l’aveva lasciata senza spiegazioni, anche se l’aveva delusa e fatta soffrire, lei aveva deciso di dargli un’altra possibilità.
Un po’ come dire che, se nemmeno quel giorno si fosse presentato da lei, chiedendole scusa in ginocchio come meritava, lei l’avrebbe aspettato anche il giorno dopo, e quello dopo ancora, e quello dopo ancora.
E così via.
Senza dire nulla, tornò a distendersi sulla coperta, le braccia intrecciate dietro la nuca come un cuscino improvvisato, la testa di Hermione posata all’altezza del cuore e un suo braccio avvolto strettamente intorno alla vita.
Pur continuando a fissare il mare e le sue infinite sfumature di grigio, blu e verde, Draco sentì Hermione sorridere contro il proprio cappotto. Non la vedeva e in realtà lei non aveva emesso alcun suono che lasciasse intendere che stesse sorridendo, ma lui lo percepiva.
Allungò una mano verso il suo viso, tratteggiando alla cieca il profilo del naso, la curva delle ciglia abbassate sui suoi splendidi occhi scuri e poi più giù, fino alle labbra.
Le trovò distese in un sorriso appagato e felice, e non riuscì  a non sorridere come un ebete –un rammollito, come si sarebbe definito tempo addietro- alle onde regolari  e placide del mare.
Con il pollice, strofinò il labbro inferiore di Hermione per saggiarne quella morbidezza che aveva imparato ad apprezzare, ma le trovò secche e un poco screpolate dal vento freddo che le aveva sferzate per tutta la mattinata. Lungi dall’esserne infastidito, Draco si ritrovò a domandarsi che effetto avrebbe fatto sentirle strofinarsi sul suo corpo, su determinate zone del suo corpo.
Meglio non pensarci, decretò, sentendo già il proprio basso ventre infiammarsi.
-Adesso stai buona qui.- le ordinò rude, stringendole un braccio intorno alle spalle –Stasera ti porto a cena fuori.-
Quella frase gli suonò familiare, ma questa volta non aveva dubbi. Fosse arrivato anche Merlino in persona, lui avrebbe portato la propria donna a cena.
Punto.
 
***
 
Appena visibile oltre la coltre di nubi che ne sfumava i contorni e le conferiva un aspetto spettrale e suggestivo, la luna risplendeva con tutta l’intensità di cui era capace nel cielo. Sotto di lei, uniche sagome nere che arrancavano nella sabbia fine e pallidamente illuminata, due persone si stavano dirigendo verso un quadrato scuro, uniforme e regolare che spiccava sulla superficie accidentata della spiaggia di West Wittering.
Un’improvvisa folata gelida, meno violenta di quelle che avevano sferzato il litorale nei giorni passati, inghiottì il borbottio contrariato dell’uomo, che lanciò uno sguardo infuriato alle proprie scarpe di cuoio, le cui punte erano ricoperte di granelli di sabbia chiara e finissima.
Una risata spontanea e un poco esasperata squarciò il silenzio che li aveva avvolti fino ad allora, sovrastando per un istante lo sciabordio del mare e il lontano abbaiare festoso di un cane.
Decisa a non sentire ulteriormente le lamentele di Draco riguardanti quanto sarebbe stato meglio scegliere una spiaggia di sassi o quantomeno di ghiaia che non si appiccicasse alle sue costosissime scarpe italiane, Hermione lo strattonò verso di sé, convincendolo ad andare avanti.
Draco smise di lamentarsi, dedicando la propria più completa attenzione sulla morbida figura femminile che camminava davanti a sé con passo incerto, barcollando leggermente ogni qualvolta un piede affondasse nel terreno morbido e irregolare.
Quando una ventata leggera di profumato vento invernale le portò alle narici l’aroma speziato del dopobarba di Draco, Hermione non poté esimersi dal sorridere fra sé e sé, affondando il mento nella sciarpa che portava al collo.
La cena era andata bene.
Non era certo la prima volta che passavano del tempo insieme e, considerando quanto e cosa avevano già condiviso nei mesi passati, non si poteva nemmeno considerare quell’uscita come un primo appuntamento, ma di certo era stata un’esperienza nuova.
E come tutte le cose nuove che aveva affrontato nella sua vita, l’aveva spaventata. Aveva temuto di mostrarsi troppo, di scoprire e rivelare una parte di sé che magari Draco non avrebbe apprezzato. Hermione aveva temuto, in fin dei conti, che la vera lei, vista a tutto tondo e senza censure strategiche, potesse risultare per Draco insopportabile come l’undicenne dai capelli cespugliosi che non si era mai dato la pena di conoscere.
Invece, contrariamente alle pessimistiche aspettative della giovane strega, era andato tutto bene.
Quando la spiaggia si era svuotata e il cielo si era ormai oscurato del tutto, dopo aver passato il pomeriggio placidamente sdraiati sulla coperta di Hermione, parlando di tanto in tanto e approfondendo la conoscenza reciproca, Draco aveva Materializzato entrambi nel retro del Paiolo Magico.
Con grande sorpresa di Hermione, Draco, a testa alta e con la mano della strega strettamente intrecciata alla sua, aveva percorso tutta Diagon Alley, riservando un saluto formale a quanti avevano incrociato e dedicando la propria attenzione solo a lei. Arrivati davanti all’esclusivo ristorante accanto al Ghirigoro, Draco le aveva aperto la porta e si era fatto scortare dal cameriere fino al piccolo tavolo posto esattamente al centro della sala, ben visibile a tutti gli avventori e a chiunque passasse per strada.
Quando aveva capito che quello era il suo modo -un modo indiretto basato su scorciatoie in perfetto stile Serpeverde- per affermare pubblicamente che stava con lei senza doversi perdere in spiegazioni dettagliate con il primo pettegolo ficcanaso che avrebbero incontrato, Hermione aveva messo a tacere le proteste che le erano nate nel trovarsi al centro dell’attenzione.
Soprattutto perché, per il resto della cena, si era ritrovata al centro dell’attenzione di Draco e tutto in lui –i suoi occhi penetranti, la sua galanteria nel versarle l’acqua, il suo esasperato scuotere la testa nel venire a sapere che non beveva nemmeno il vino più pregiato, le sue continue frecciatine, la punta della sua scarpa che le aveva sfiorato le gambe a metà cena in una lunga, eccitante carezza- l’avevano rapita e distolta da tutto ciò che non fosse lui.
 
Era stato Draco ad insistere affinché tornassero lì, benché ora si lamentasse come un bambino ad ogni passo, osservando con cipiglio critico le proprie adorate scarpe sporcarsi sempre di più di sabbia umida.
Guardando il paesaggio quasi surreale che li circondava, Hermione approvò entusiasticamente quella scelta.
Il mare si era acquietato e anche il vento aveva concesso una tregua, benché la temperatura rimanesse comunque molto bassa. La luna, alta nel cielo sopra le loro teste e resa quasi evanescente dalle nuvole che rendevano i suoi contorni indefiniti, spandeva ovunque una debole luce, adatta appena a rischiarare i contorni degli oggetti. I lampioni, invece, lanciavano lunghe lame di luce gialla e corposa sulla spiaggia sottostante, creando un alternarsi di zone illuminate a giorno ed altre avvolte nella penombra.
Sul mare, lontano, quasi all’orizzonte, l’acqua limpida e appena increspata da qualche onda solitaria riluceva al riflesso argenteo della luna.
 
Con il fiatone, per la fatica di camminare con pesanti scarpe invernali che ad ogni passo si incastravano nel terreno soffice, si lasciarono entrambi cadere sulla coperta.
Hermione si tolse qualche ciocca ribelle dal viso, voltandosi verso Draco giusto in tempo per vederlo rizzarsi a sedere, prima di sistemarsi sopra di lei e coprirla interamente con il proprio corpo. Con un bacio impetuoso, per nulla gentile, mise a tacere ogni domanda, affondando subito la lingua nella sua bocca per saziarsi di lei.
Aveva aspettato tutto il pomeriggio perché erano circondati da troppe persone, e poi aveva rimandato tutto a dopo la cena, perché non voleva darle l’impressione di essere un dodicenne allupato incapace di dominare i desideri del proprio corpo, ma adesso, adesso che erano soli e vicinissimi, non riusciva proprio ad imporsi l’autocontrollo necessario.
La mani di Draco scorrevano frenetiche sul corpo di Hermione, studiando la morbidezza dei fianchi, la tensione delle cosce piegate, il calore del suo collo. Dal suo viso, la mano di Draco scivolò fino al primo bottone del cappotto della strega, liberandolo dalla propria asola e occupandosi poi, rapidamente, di tutti gli altri.
Le sfiorò con delicatezza e desiderio il seno, il ventre, ma quando raggiunse il bordo dei jeans, la mano di Hermione lo trattenne dal proprio proposito.
Draco levò gli occhi su di lei, preoccupato di leggervi dentro il disagio, il fastidio, intimorito di leggervi il proprio ennesimo errore. Invece, contrariamente ai suoi presagi, vi scorse solo un imbarazzato rimprovero.
-Che stai facendo?-
Draco pensò che se non avesse fatto quella domanda, non sarebbe stata lei.
-Secondo te? Gioco a scacchi?- propose ironico. E tutti sapevano quanto Draco Malfoy odiasse gli scacchi. –Granger, non pensavo che avrei dovuto farti un disegnino. La scorsa volta mi sembravi piuttosto brava in quello che stavamo facendo.-
Dopo quello che, a tutti gli effetti, Draco considerava un complimento, la sua spalla fu colpita per l’ennesima volta da un pugno deciso e preciso, violento quanto bastava per comunicare tutta la contrarietà di Hermione.
-Non ho affatto bisogno di un disegnino, caro il mio dio del sesso.- lo apostrofò con sfacciato sarcasmo, sollevando un sopracciglio in un’espressione di provocatorio scetticismo –Ma non qui.-
-E dove?-
Arrochita di lussuria, la voce di Draco risuonò impaziente. Hermione scosse la testa divertita e gli diede la risposta più normale del mondo, una risposta che celava in sé tutta la sua semplicità, il suo riserbo, tutto il suo essere “Puritana”.
-In un letto?-
-Abbiamo tempo per farlo in un letto, in tutti i letti che vorrai.- le garantì suadente con voce bassa e carezzevole –Ma adesso ti voglio troppo per potermi Materializzare in qualche altro posto senza rischiare di dimenticare un pezzo per strada. Facciamolo qui.- propose, insinuandole le mani sotto la schiena. Con un gesto repentino, le sollevò il bacino, spingendolo contro la propria eccitazione.
Hermione emise un verso sorpreso, all’opposto del sospiro estasiato che Draco si lasciò sfuggire dalle labbra, distese in un sorriso canzonatorio, profondamente divertito per la reazione di Hermione, esattamente quella che sperava di ottenere.
-Qui?- Hermione era palesemente sconvolta da quell’idea.
-Sì, qui. Sulla spiaggia. Sotto la luna.- le mormorò con inaspettato romanticismo, indicando con un cenno del capo il mare che, alle proprie spalle, riluceva argenteo –È un’idea troppo eccitante.-
-E se passasse qualcuno? Pensa se ci vedessero!-
La risposta di Hermione, che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere una veemente replica di dissenso, suonò solo come una debole protesta, mentre le sue mani già correvano sul capo di Draco, immerse nei suoi capelli chiarissimi, accarezzandogli la cute mentre lui le baciava il collo, deciso ad ottenere una resa completa.
Contro la propria giugulare, Hermione percepì le labbra di Draco distendersi in un sorriso famelico e vittorioso. Allontanò una mano dalla sua vita, dove la stava accarezzando con lenti gesti estenuanti delle dita, e alla cieca cercò qualcosa nelle tasche del cappotto. Prese la bacchetta, si staccò da lei quel tanto che ritenne necessario e l’agitò, lanciando quelli che Hermione riconobbe come blandi incantesimi protettivi, sufficienti affinché non venissero visti o uditi da eventuali passanti.
-Ecco- esordì Draco gongolante, con una smorfia di superiorità in viso -perché ho sempre sostenuto che essere un mago sia il massimo.-
Hermione diede un ultimo sguardo attorno a sé, controllando che la spiaggia fosse deserta e riconoscendo con se stessa che nessuno, tranne loro due, avrebbe mai avuto la folle idea di andare al mare in inverno di notte. Sollevata, cercò con gli occhi quelli di Draco, trovandoli accesi e lucidi di brama, offuscati dalla lussuria più sfrenata.
Allungò le mani verso il suo viso, attirandolo bruscamente contro di sé e baciandolo con una passione che non sapeva di avere nascosta in sé, desiderosa tuttavia di donargli tutta quell’inaspettata risorsa, desiderosa di donarglisi completamente, anima e corpo.
Iniziò a toccarlo freneticamente, come ebbra di lui e del suo corpo, fino a che sotto le proprie mani non sentì la morbidezza e il calore della pelle di Draco. Solo allora, all’improvviso, si accorse di averlo spogliato con furia.
-Mi piace quando mi spogli in questo modo.- le confessò famelico, ma le sue parole lascive vennero stroncate da un brivido violento. Investiti da una leggera folata di vento, lieve ma comunque gelida, Hermione avvertì la pelle di Draco accapponarsi sotto le proprie mani, mentre il corpo dell’uomo veniva scosso interamente da un profondo brivido di freddo.
Nel tentativo di riscaldarlo, sfregò le mani sulla sua schiena, poi, quando sentì la sua pelle tornare naturalmente liscia, affondò la mano nella tasca in cui conservava la propria bacchetta e la mosse un poco sopra le loro teste. Dal nulla, tante piccole guizzanti fiammelle blu si disposero in cerchio intorno a loro, spandendo in poco tempo un piacevole calore, sufficiente a riscaldarli nella notte fredda.
-La mia magia migliore.- constatò a bassa voce Hermione, osservando come quei fuocherelli di riflettessero negli occhi di Draco. Un ghigno canzonatorio si dipinse sui suoi tratti affilati.
-Oltre che saputella, sei anche presuntuosa.- la prese in giro, baciandola subito, prima che potesse ribattere. Le rise sulla bocca, sul collo, tra i capelli, sul seno, prendendola gentilmente in giro per l’ennesimo pugno contrariato che aveva ricevuto sulla spalla.
-Sarò pieno di lividi, domattina. Se tutti penseranno che abbiamo fatto qualcosa di violento, non prendertela con me.- l’avvisò, prestando più attenzione a come adorare il suo corpo ancora vestito che alla sua espressione minacciosa.
Si toccarono e si baciarono famelici, affamati, frenetici, fino a quando Hermione non si sfilò il maglione e gli occhi di Draco, a quel punto, si accesero.
-Spogliati per me.- le suggerì, guardandola negli occhi con fermezza.
-Cosa?-
-Potrò spogliarti tutte le volte che voglio- affermò con quella presuntuosa sicurezza che Hermione aveva imparato ad associare a lui e che, pur controvoglia, aveva imparato ad amare -ma questa volta voglio che sia  tu  a spogliarti per  me.-
Forse, se la voce di Draco fosse stato appena un poco più simile ad un ordine, Hermione gli avrebbe regalato un bel due di picche, insegnandoli il significato di un nuovo modo di dire babbano. Tuttavia, quelle ultime parole risuonarono più come una proposta, una sfida ad un eccitante gioco tra loro due.
 
E una Grifondoro non rinuncia mai ad una sfida, specie se contro un Serpeverde.
 
Con uno strano sguardo provocatorio che Draco non le aveva mai visto in viso e che lo fece eccitare come non mai, Hermione lo spinse lontano da sé, prese un respiro profondo e si alzò in piedi, continuando a guardarlo mentre si allontanava di un paio di passi.
Con lentezza, permettendo a Draco di gustarsi ogni suo gesto, cullata dallo sguardo bruciate e famelico del giovane mago, Hermione sfilò la cintura dai passanti dei jeans, poi si tolse gli stivali, le calze di lana e infine i pantaloni, abbandonandoli stropicciati sulla sabbia.
Con un’audacia che non le era familiare e che, tuttavia, la infiammava dal profondo, sganciò la chiusura del reggiseno e lo fece cadere a terra senza nemmeno guardarlo, perdendosi invece nello sguardo grigio e fumoso di Draco.
 
Uno sguardo poteva incendiare?
 
Evidentemente sì, a giudicare da quanto sentiva la pelle bruciare, bollente per lo spasmodico desiderio di essere toccata ancora, sempre, dalle mani di Draco e dalla sua bocca.
Chiuse gli occhi, prese un respiro e fece scivolare i propri slip lungo le gambe, calciandoli lontano nella speranza di vincere la tentazione di rivestirsi e coprirsi il più possibile. Mai, davanti a nessuno, si era spogliata con tale audacia, mettendosi in mostra e offrendosi allo sguardo lussurioso di un uomo.
Si concesse ancora un attimo per raccogliere il coraggio di aprire gli occhi e affrontare lo sguardo di Draco.
 
E se non gli fosse piaciuta?
E se, dopo aver rivisto Astoria ed essere stato nuovamente con lei, non fosse stato più in grado di accontentarsi di una come lei, che con la bellezza sfrontata e sensuale della giovane Greengrass non aveva nulla da spartire?
 
Tutti i suoi dubbi di dissolsero come bolle di sapone scoppiate, quando, poco prima di aprire gli occhi, le labbra di Draco si posarono sul ventre della ragazza, baciandole delicatamente la pelle e insinuando la lingua nell’ombelico, succhiando l’epidermide fino ad arrossarlo.
Un suono ovattato e un tintinnio metallico, la informarono che, in qualche modo contorto e acrobatico, Draco era riuscito a liberarsi dei pantaloni senza mai staccarsi da lei, gettandoli poi distrattamente da qualche parte intorno a loro.
Con le mani posate sul suo capo e le dita intrecciate ai suoi capelli morbidi e lisci come seta, Hermione lasciò che Draco la trascinasse sulla coperta, stendendosi sopra di lei e dondolandosi con ritmo lento ed ipnotico sul suo corpo, facendola ansimare ad ogni contatto con il proprio bacino, ad ogni carezza delle sue labbra sul proprio seno.
Continuarono a toccarsi con urgenza febbrile, sfiorandosi appena, in un gioco estenuante che sembrava voler rimandare all’infinito il momento della resa dei conti finale. Stavano giocando ad un gioco pericoloso, senza sapere quando tutta l’eccitazione e l’attesa accumulata negli ultimi giorni sarebbe esplosa.
Hermione non avrebbe saputo dire cosa desiderasse precisamente. Porre fine alla tensione che l’attraversava fino a farle quasi male o concedersi altro tempo per giocare, rincorrersi, provocarsi come avevano sempre fatto, eppure in un modo nuovo e intrigante che non aveva mai sperimentato con nessuno?
Sapevano essere crudeli, le mani di Draco, che la sfioravano e si allontanavano proprio nel momento in cui lei inarcava la schiena per andargli più vicino, per offrirsi meglio a lui. Sapeva essere crudele, la bocca di Draco, nel baciarle la gola in modo tanto lieve da sembrare lo sfioramento di un pregiato foulard di seta.
Sapeva essere crudele e al tempo stesso dolce, nel modo in cui le accarezzava la nuca e i capelli, nel modo in cui sfregava il naso contro il suo collo, nel modo in cui esternava senza vergogna ciò che stava provando, nel modo in cui la guardava e rideva ad ogni suo sbuffo esausto e impaziente.
-Draco.-
Hermione si avvicinò alle sue labbra, lasciando che si sfiorassero ad ogni movimento, senza mai unirsi in un bacio vero e proprio. Allontanò una mano dai suoi capelli e la fece scorrere lungo il suo petto liscio, fino alla sottile striscia di morbida peluria che partiva dall’ombelico e scendeva verso il basso.
La stretta di Draco sul suo polso, tuttavia, la fermò prima che potesse toccarlo.
-Ferma. Altro che puritana, sei un’assatanata…- considerò tra sé e sé, scuotendo la testa divertito ma con la voce tesa, affaticata. Poi spiegò, davanti allo sguardo spaesato di Hermione:
-Sono al limite.- confessò imbarazzato –Se mi tocchi… Non voglio venire così. Sarebbe davvero troppo umiliante fare la figura del ragazzino arrapato.- cercò di sdrammatizzare, mentre allontanava con fermezza la mano di Hermione, bloccandola contro la coperta, al di sopra della sua testa.
Sentiva l’urgenza di averla in ogni fibra del proprio corpo, in ogni muscolo teso fino allo spasmo, ma voleva concedersi qualche altro istante per osservarla, per imprimersi nella mente ogni dettaglio della splendida visione che aveva davanti agli occhi in quel momento.
Non era eccitante. Solo bella.
Bellissima, con i capelli sparpagliati intorno al viso, con gli occhi luccicanti alla luce dei lampioni che li riempiva di bagliori d’ambra, con le labbra arrossate e dischiuse, un invito a baciarla e un tentativo di regolarizzare il respiro affannoso.
Bellissima, nel suo essere così donna senza fronzoli e orpelli.
Bellissima, come solo agli occhi di un uomo innamorato e perso si può essere.
Era una visione splendida che non avrebbe mai più rivisto, ma era certo che ne avrebbe viste di migliori.
 
-…la vostra infetta progenie di Mezzosangue babbanofili…-
Dei figli.
Dei figli con Hermione.
Patetico.
Stupendo.
 
Entrò in lei con un movimento lento, leccandole le labbra aperte in un gemito strozzato, muovendosi con lentezza e attenzione, impegnato nel regalarle tutto il piacere che poteva offrirle.
Serrò gli occhi, la bocca aperta per incamerare aria e controllarsi.
Pochi istanti dopo, Hermione affondò le dita nelle sue spalle, aggrappandovisi con fermezza mentre il suo corpo tremava incontrollato, squassato dall’orgasmo. Strinse le gambe intorno ai suoi fianchi, attirandolo contro di sé e invitandolo a venirle più vicino con le mani sui suoi fianchi magri, sentendo sotto le dita la scanalatura dell’inguine.
Anche se con fatica, Draco continuò a muoversi con frenesia, aspettando il momento in cui, nuovamente, Hermione avrebbe gridato il suo nome con voce strozzata, trasfigurata dal piacere.
Proprio come piaceva a lui.
La strinse forte, mentre si svuotava in lei, gemendo spudoratamente contro il suo orecchio e mormorando il suo nome con voce spezzata, affaticata, appagata.
Innamorata.
Rimase un poco dentro di lei, sentendo che la stretta delle sue gambe non si era ancora allentata, così come l’abbraccio serrato intorno alle sue spalle. Le accarezzò i capelli, inspirandone il profumo e cercando le sue labbra, baciandola con delicatezza, la lingua che esitava, tentatrice, sulle labbra.
 
Fragola.
 
Hermione si gustò il latente sapore di fragola che percepiva in bocca a Draco, allentando di malavoglia la presa delle gambe intorno alla sua vita e lasciando che uscisse dal suo corpo, sistemandosi immediatamente contro di lui, incapace di restare senza quel calore avvolgente che il corpo dell’uomo le aveva donato durante l’amplesso.
Il silenzio li avvolse per qualche istante, mentre riposavano quieti, poi la voce di Draco si levò meditabonda sopra di loro, sovrastando il rumore ipnotico della risacca.
-Penso che te lo chiederò ancora.-
Hermione si sistemò a pancia in giù, alzando la testa e puntellando un braccio sul petto di Draco per sostenersi. Lo guardò con la fronte aggrottata, sistemando con un’espressione scocciata un ciuffo riccio e crespo che le era caduto davanti agli occhi.
-Mi chiederai ancora  cosa?-
Draco si illuminò di un sorriso furbo e vagamente strafottente.
-Di spogliarti per me.- specificò quieto, abbassando distrattamente lo sguardo per controllare che tipo di reazione avrebbe avuto Hermione a quella proposta. Lei continuò a guardarlo con il mento sorretto dalla mano, un indice che picchiettava pensosamente sul petto di Draco e le labbra arricciate in una smorfia di indecisione.
-Oppure- ipotizzò cautamente –potrei essere io a chiederti di spogliarti per me.- propose con un’aria ammiccante che non le era propria ma che, trovò Draco, si sposava benissimo con la penetrante decisione dei suoi occhi color ebano.
-Quando vuoi, Granger.- le rispose con spavalderia, drappeggiando lo scialle sui fianchi di Hermione e piegando un braccio sotto la testa per stare più comodo. Le diede un bacio sulla nuca, poi chiuse gli occhi, stanco. –Quando vuoi.-
Pochi secondi dopo, la luna, finalmente libera dalla coltre di nubi spumose, illuminò una spiaggia deserta e finalmente addormentata.
 
***
 
Quando il sole sorse su West Wittering, la mattina successiva, come di consueto venne accolto dall’inconfondibile e assoluto rumore del mare, agitato ma non furioso.
Colpito agli occhi da un raggio di sole fioco ma insistente, Draco si svegliò poco a poco, prendendo gradualmente coscienza della realtà circostante. Percepì la stoffa ruvida e pesante della coperta a contatto con la pelle nuda della propria schiena, mentre il proprio petto era a contatto con una superficie molto più liscia  e morbida, decisamente calda e piacevole.
Sorridendo genuinamente felice, Draco aprì gli occhi e abbassò lo sguardo su Hermione, che dormiva sdraiata per metà sul proprio corpo, ancora placidamente addormentata e con il viso nascosto dai capelli, che la difendevano da quella fastidiosa luce che aveva svegliato lui.
Con la punta delle dita, attento a non svegliarla bruscamente per non scatenare una Veela inferocita, le scostò i capelli e la osservò dormire, le labbra curvate in un sorriso rilassato e i tratti del viso placidamente distesi nella quiete del sonno, prima di far scivolare il proprio sguardo sul resto del suo corpo.
Durante la notte, la sua gamba si era incastrata tra le proprie, alla ricerca di calore, e l’intero suo corpo nudo si era disteso quasi completamente sopra il proprio, un braccio a circondargli la vita e il seno schiacciato contro il suo petto, mentre il suo fiato gli solleticava e riscaldava costantemente i pettorali.
I suoi fianchi, nudi e invitanti, erano a stento celati dallo scialle con cui Draco li aveva coperti la sera prima, e che nella notte le si era attorcigliato attorno.
Con la punta dell’indice, dispettoso, Draco iniziò a percorrere un sentiero immaginario sul corpo di Hermione, sfiorandola dal fianco, fino alla curva del seno, per poi scendere nuovamente verso il basso, fino alla curva delle natiche.
Tracciò quello stesso percorso un altro paio di volte, fino a quando non la sentì mugugnare infastidita. Sorrise e si fece più audace. Le accarezzò con urgenza una coscia e poi insinuò la mano al di sotto dello scialle, fermandosi sulla natica liscia e stringendo la presa con gentile possesso.
-Vuoi ritrovarti schiantato di prima mattina?-
Il basso ringhio ostile di Hermione lo fece ridere e lei gli si strinse maggiormente contro, facendo quasi le fusa nel sentire maggior calore e strofinandosi per trovare una posizione più confortevole tra le sue braccia.
-Veramente volevo solo che qualcuno togliesse il suo dolce peso dal mio stomaco, vostra Altezza.- la prese in giro.
Facendogli una linguaccia, Hermione si alzò a sedere guardandosi intorno e tentando di coprirsi con lo scialle, cercando di sottrarlo alla presa dispettosa di Draco, che lo strappò dalle mani della strega e rivolse un’occhiata di profondo apprezzamento nel vedere il suo corpo nudo.
Hermione sbadigliò un paio di volte,  poi si voltò verso Draco, che la guardava in attesa con le braccia incrociate dietro la nuca, completamente a proprio agio nella propria nudità.
-E adesso che facciamo?- le domandò, avvertendo dentro di sé un’insolita inquietudine e aspettativa per la risposta della ragazza.
-Adesso mi porti in una caffetteria dove abbiano dei muffin al cioccolato, visto che se non sbaglio mi devi ancora una colazione.- Draco incassò in silenzio quell’allusione, nemmeno tanto velata, al pasticcio che aveva combinato con Astoria – Poi andiamo da tua madre a prendere Altair. Dobbiamo comprare gli addobbi di Natale per il mio albero. E poi le avevamo promesso di portarla al mare.-
Draco annuì, contento che Hermione avesse pensato anche ad Altair e non solo a passare una giornata esclusivamente in sua compagnia, segno che aveva accettato completamente la bambina nella sua vita. Aveva temuto che quel distacco improvviso da lui avesse compromesso anche i rapporti di Hermione con Altair e l’affetto che la legava a sua figlia, ma così non era stato.
Riguardo alla sua piccola peste, non aveva dubbi riguardo a quale sarebbe stata la sua reazione. Nei giorni immediatamente precedenti alla partenza di Astoria, le richieste di Altair per poter vedere Hermione si erano fatte sempre più frequenti ed insistenti.
-Le sei mancata moltissimo in questi giorni. E quando le ho detto che non doveva parlare ad Astoria di te- confessò con un profondo senso di colpa -non ha aperto bocca. Ma quando eravamo soli mi chiedeva sempre quando potevamo venirti a trovare.-
Allungò una mano verso il braccio di Hermione e la strattonò con prepotenza verso di sé, facendola sedere sulle proprie gambe e baciandole pensierosamente la clavicola. Hermione sorrise immaginando la serietà della bambina nel rispettare ciò che il suo papà le aveva detto.
-E tu cosa le hai risposto?-
-Nulla.- rispose con semplicità Draco, sollevando le spalle mentre sorrideva triste –Noi Serpeverde siamo bravi nell’eludere le domande scomode.-
-E le domande di tua figlia sono scomode?-
Draco sorrise mesto, accarezzandole la schiena.
-Lo sono quando riguardano te e quando la risposta implicherebbe ammettere che ho sbagliato e che sono scappato come un codardo.- Hermione gli stampò un bacio delicato sulle labbra –Mi faceva sentire in colpa, come quando ha pianto perché le mancavi.-
-Ha pianto?-
-Sì, ed è stato strasziante sapere che piangeva per colpa mia, perché io avevo deciso di tornare con Astoria pensando di farlo per il suo bene.- scosse la testa, rimproverandosi –In realtà lo facevo solo per me, perché avevo paura di rimanere… solo, quando tu un giorno mi avresti lasciato.-
-E perché dovrei lasciarti?- domandò Hermione, confusa.
-Perché so essere profondamente insopportabile, a volte.-
-Non solo  a volte sempre.-
Draco annuì scoraggiato, nascondendo il viso contro la gola di Hermione, come un bambino che di malavoglia accetta la ramanzina dei genitori e deve ammettere che è giusta.
-Però- la mano di Hermione gli accarezzò lievemente i capelli e gli massaggiò, incerta, i muscoli tesi delle spalle –anche io so essere insopportabile ogni tanto.-
-Non solo ogni tanto, sempre.- le fece il verso.
-Allora siamo perfetti insieme, non trovi?- gli domandò con un sorriso, senza aspettarsi davvero una risposta seria a quella domanda retorica, pronunciata solo per stemperare quel momento.
Draco la guardò negli occhi, serio, riflettendo su qualcosa che Hermione non poteva conoscere ma che, a giudicare dai tratti corrucciati del suo viso, doveva essere di estrema importanza.
-Lo penso anche io.-
 
***
 
Villa Malfoy, dopo la guerra, era rinata.
La morte del Signore Oscuro e la conseguente incarcerazione dei suoi adepti aveva tolto quella coltre di tenebra e oppressione che sembrava aver soffocato la ricca magione aristocratica nel corso dell’anno precedente.
Insieme ai suoi abitanti, Villa Malfoy era tornata a risplendere.
Arrivandovi davanti in una fredda e umida mattina di dicembre, con il sole nascosto dietro a pesanti nubi nere e minacciose, Hermione venne tuttavia attraversata da un brivido di paura. La casa austera, che si ergeva imponente davanti a lei, circondata da un giardino spoglio e costellato di pozzanghere fangose, era fin troppo simile alla casa in cui era stata condotta di forza numerosi anni prima, in una giornata fredda ancora vivida nella sua mente.
Sentì la gola improvvisamente secca e il proprio corpo irrigidirsi, ma, prima che potesse fare alcunché, le braccia di Draco si strinsero attorno alla propria vita e l’attirarono bruscamente contro il proprio torace.
Così piacevolmente contrastante con l’aria umida che li circondava, il corpo di Draco le parve un rifugio sicuro, pur essendo cosciente del fatto che non avesse nulla da temere né da quella casa né, tantomeno, dalla donna che l’abitava.
Draco le passò le mani sul ventre, accarezzandole la pancia fino a quando sentì i muscoli rilassati. Strofinò il naso contro il suo collo in un modo rassicurante che ad Hermione ricordò Grattastinchi, e poi le diede un tenero bacio sulla guancia, con una dolcezza tale che Hermione ne rimase meravigliata.
L’aveva visto arrabbiato, spaventato, superbo, eccitato, appagato, innamorato, persino umile nel chiederle scusa, ma tenero mai.
-Hai paura?- le chiese senza giri di parole, andando dritto al punto senza tergiversare inutilmente. Non sembrava seccato da quell’ipotesi, semplicemente dispiaciuto. Dopotutto, era pur sempre casa sua, la casa in cui era cresciuto e in cui, immaginò Hermione, aveva vissuto momenti felici con una famiglia che, nonostante le idee non condivisibili, aveva sempre mostrato d’amarlo.
-No.- negò con un cenno del capo, come per imprimere maggior forza alle proprie parole –Ma rivedere questo posto, anche dopo tutto questo tempo, mi fa un certo effetto.- ammise con un’alzata di spalle, come per sminuire il disagio che provava in quel momento.
-È una casa come un’altra- la rassicurò Draco, poi le diede un bacio sul collo e si allontanò da lei –Solo che ha venti camere da letto, due saloni da ballo e una piscina olimpionica coperta.-
-Cosa?!-
Hermione ebbe il dubbio che stesse mentendo spudoratamente, ma non era del tutto certa. Con un Malfoy, l’aveva imparato, si doveva essere pronti a tutto.
-Una piscina olimpionica coperta.- ripeté con noncuranza –Se fai la brava, dopo te la faccio vedere. Ora muoviti, non fare i capricci e non costringermi a prenderti in braccio come Altair.-
La prese per mano e camminò con decisione verso la porta d’ingresso, due battenti di scuro legno intarsiato, su cui serpenti di varie dimensione di intrecciavano tra loro fino a formare lo stemma della secolare famiglia Malfoy.
Draco batté tre volte la pesante testa di serpente che costituiva il batacchio della porta, poi, mentre attendevano che qualcuno venisse ad aprire, le indicò una panchina di marmo sistemata sotto un grosso albero spoglio, i cui rami si protraevano al cielo come dita gelide.
-Avevo sette anni. Stavo giocando a rincorrere il mio cane, sono inciampato in una radice sporgente e sono caduto in avanti, sbattendo la faccia sullo spigolo della panchina. Mi sono rotto il naso e tutti i denti davanti.- sorrise, mettendo in mostra una smagliante dentatura, denti perfettamente allineati e bianchi come neve.
-Tu  avevi un cane?- domandò Hermione meravigliata. Non si immaginava proprio Draco Malfoy, almeno per come l’aveva conosciuto a scuola, correre dietro ad un cucciolo pieno di pelo e farsi leccare la mano da un animaletto festoso.
-Sì, un husky. Era completamente bianco, con una macchia grigia intorno ad un occhio. Bellissimo ed elegante come me.- le ammiccò scherzoso, prendendosi in giro per la prima volta davanti a qualcuno.
Hermione scosse la testa, esasperata.
-E come si chiamava?-
-Salazar.-
Hermione sentì la mandibola caderle a terra nell’udire quel nome così poco adatto ad un cane, ma così tipicamente Malfoy. Sogghignando, Draco le mise un dito sotto il mento e spinse verso l’alto, come suggerendole di chiudere la bocca ed evitare, così, di sembrare un pesce rosso.
Le stampò un veloce bacio sulle labbra prima che la porta si aprisse.
 
Narcissa in persona era andata ad aprire ai suoi ospiti inaspettati. Raffinata nel proprio abito da strega di velluto verde menta, che la rendeva elegante senza apparire eccessiva, sorrise raggiante al figlio.
-Draco.- lo salutò con un bacio sulla fronte, poi si rivolse alla ragazza che gli stava accanto, in silenzio -Benvenuta a Villa Malfoy, Hermione. Posso chiamarti Hermione, vero?-
Hermione annuì contenta, seguendo poi Draco nell’ingresso della casa, guardandosi intorno e notando che, vista dall’interno, la casa sembrava molto meno austera e decisamente più luminosa di quanto potesse apparire dall’esterno. Il soffitto era finemente stuccato e le pareti erano abbellite da numerosi dipinti, ritratti di uomini e donne di varie epoche -antenati dei Malfoy e dei Black, immaginò Hermione notando il cipiglio fiero che sfoggiavano- e tranquilli paesaggi i cui alberi ondeggiavano al vento.
-Altair si è comportata bene?- si informò Draco, mentre affidava il cappotto ad un elfo e con uno sguardo invitava Hermione ad imitarlo senza protestare.
-Oh, sì, è stata un angelo. Abbiamo giocato alle principesse.- Narcissa sorrise deliziata. Era chiaro che le avesse fatto immensamente piacere occuparsi della nipotina per qualche ora –Anche se non capisco da dove arrivi la sua convinzione che i principi siano azzurri e arrivino in sella ad un cavallo bianco.- confessò confusa.
Draco rivolse un’occhiata penetrante ad Hermione, che abbozzò un sorriso e tentò di nasconderlo dietro ad una mano, ridendo al pensiero di Narcissa che si arrovellava nel tentativo di capire perché un principe dovesse essere azzurro.
-Vai a chiamare Altair, mamma.- le chiese Draco -Dille che le ho portato una sorpresa.-
Rivolgendo uno sguardo furbo ad Hermione, Narcissa annuì e si allontanò in direzione di un lungo corridoio illuminato a giorni da grossi lampadari in ferro battuto, su cui brillavano candele incantate.
I due giovani rimasero nell’ingresso in attesa dell’arrivo della bambina e la strega ne approfittò per curiosare intorno. Incrociò lo sguardo di due occhi profondamente neri, scuri come la notte più tenebrosa. L’uomo nel ritratto inchinò brevemente il capo in un saluto galante, poi tornò a chiacchierare con l’anziano mago della cornice accanto.
Hermione rivolse uno sguardo interrogativo a Draco.
-È il mio pro pro pro zio Udolphus. È vissuto nell’Ottocento, ma era piuttosto, come dire…- esitò, incerto –Di ampie vedute, diciamo. Sotto certi aspetti, non faceva differenze di sangue.-
Hermione annuì, poi, dal fondo del corridoio, giunse un chiacchiericcio inconfondibile ed eccitato, accompagnato dal suono ritmico dei tacchi di Narcissa sul marmo.
-Una sorpresa? Che cos’è? Allora? Che cosa mi ha portato papà?- Narcissa continuò a camminare, senza rispondere ma con un sorriso furbo in viso, tenendo la bambina per mano e conducendola verso di loro.
Poi, le domande di Altair di interruppero e lei sgranò gli occhi, vedendo chi l’aspettava in fondo al corridoio, un sorriso gentile sul viso pulito e i capelli scuri e crespi bagnati della luce gialla e tiepida dei lampadari antichi.
Un attimo, poi un urlo euforico rimbombò nella grande dimora.
-HERMIONE!-
Altair si liberò dalla presa della nonna e iniziò a correre verso Hermione, i codini biondi che svolazzavano e il vestitino che si agitava intorno alle sue gambe corte e sottili. Con un sorriso splendente, si slanciò verso Hermione, che la prese in braccio e la strinse la petto, baciandole i capelli mentre la piccola, felice, le stringeva le braccia esili al collo.
Draco le guardò, poi si avvicinò a loro. Diede un bacio sulla nuca alla figlia, che lo guardò raggiante, e poi, con circospezione, attento alla reazione di Altair, baciò Hermione sulle labbra.
Lo sguardo di Altair saettò, curioso e un po’ perplesso, dall’uno all’altra, scrutandoli attentamente.
Poi la sua risata cristallina e contenta riempì l’aria.
 
 
 






 
Buongiorno, lettrici!
Con questo capitolo, un po’ più lungo del normale, spero di farmi perdonare per il ritardo. Io sono piuttosto contenta del risultato, spero piaccia anche a voi.
Ringrazio tutte le ragazze che hanno commentato il capitolo precedente e coloro che hanno segnalato la storia per inserirla tra le scelte. Risponderò prestissimo a tutte voi.
Come sempre, vi invito a commentare e a lasciarmi la vostra opinione.
Appuntamento a
sabato!
Un grosso abbraccio
Giada

 

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Capitolo 20
*** Aspettando Natale ***


Cap. 20
Aspettando Natale
 

 
Dopo essersi sfogato nei giorni precedenti ed aver riversato su città e campagne tutto il proprio ingente carico di pioggia e maltempo, il tempo concesse pietosamente una tregua. In una delle rare giornate di bel tempo che il clima inglese concedeva ai suoi abitanti, il mare luccicava di un blu intenso e rifletteva il cielo, azzurro come il più puro dei lapislazzuli.
Attirati dalla prospettiva di rilassarsi sotto il sole tiepido e di inspirare  a pieni polmoni l’aria salmastra trasportata dal vento freddo e secco, molti abitanti dei vicini paesini dell’entroterra erano saliti in macchina e senza indugi si erano recati a West Wittering, stendendo coperte e teli sulla spiaggia umida e pulita.
Poco lontano dal bagnasciuga, anche Draco ed Hermione avevano sistemato la coperta della ragazza, aggiungendo qualche cuscino soffice, per rendere più comodo l’ozioso riposo del  principino viziato, come Hermione l’aveva amorevolmente soprannominato quella mattina.
Disteso sulla coperta, la schiena sorretta da una pila di cuscini e le dita impegnate e giocherellare con l’anello di famiglia, Draco osservava Altair, rilassato e cullato nel proprio dolce far niente. Accanto a lui, Grattastinchi riposava quieto, acciambellato su se stesso, i grandi occhi gialli e intelligenti che fissavano ostili e minacciosi il paesaggio davanti a sé, quasi sfidandolo ad avvicinarsi più del dovuto.
 
Era così… bagnata, quella grande distesa d’acqua.
 
Poco distante da lui, Altair ed Hermione camminavano avanti e indietro scrutando attentamente un breve tratto di bagnasciuga, tenendosi per mano, alla ricerca delle conchiglie più belle.
Confabulavano tra loro, complici e un poco cospiratorie, ma il vento inghiottiva le loro parole prima che potessero giungere alle orecchie curiose di Draco. Ogni tanto, Hermione si chinava e raccoglieva una conchiglia, per sottoporla all’attento e insindacabile giudizio di Altair, che annuiva soddisfatta o, più spesso, scuoteva il capo scontenta.
Divertita da tanta puntigliosità, Hermione ributtava la conchiglia in mare.
Perso nelle proprie riflessioni, Draco si accorse che due occhi scuri stavano ricambiando il suo sguardo solo quando Hermione agitò una mano davanti a sé. Draco si riscosse e la guardò con intensità, sentendo qualcosa nascere in lui e crescere prepotente alla vista di Hermione che si comportava in modo così materno con Altair.
Il confronto sorse immediato e spontaneo, nonostante si fosse ripromesso più volte di non cadere in quella trappola.
Astoria non avrebbe mai sporcato le proprie scarpe alla moda solo per cercare conchiglie sulla spiaggia, e questo indipendentemente da quanto amasse sua figlia. Non che non avesse mai trascorso del tempo con Altair o non avesse mai giocato con lei, ma preferiva coinvolgerla in giochi più signorili, adatti ad una piccola principessa.
Hermione, al contrario, aveva sorriso alla richiesta di Altair di cercare delle conchiglie e, quando lui aveva sospirato rassegnato, si era offerta di prestarsi come compagna di giochi della bambina.
Ancora una volta, vedendole ridere insieme, Draco si domandò chi delle due si divertisse di più.
Pochi metri più in là, con la mano piccola e morbida di Altair ancora stretta nella propria, Hermione mosse una mano, in un chiaro invito a raggiungerla. Per tutta risposta, Draco sollevò un sopracciglio e storse la bocca, come per domandarle se davvero, dopo averlo conosciuto, fosse convinta che si sarebbe messo a raccogliere conchiglie su una spiaggia, circondato da babbani.
 
Non era, questo, chiedere troppo anche al suo spirito di padre premuroso?
 
Hermione si picchiò la mano sulla fronte, ammonendo se stessa per quella domanda sciocca, poi rimase a guardarlo, seria e rapita dai riflessi quasi bianchi che gli occhi di Draco avevano assunto, illuminati dal riflesso accecante del sole che si rispecchiava sul mare.
Era assolutamente splendido, avvolto nel completo nero che enfatizzava il biondo pallido dei capelli lisci e sottili, i lineamenti del volto rilassati e morbidi, gli occhi accesi e luminosi di felicità.
Rimasero a fissarsi con intensità, dimenticandosi del mondo circostante, indifferenti al pianto di un bambino capriccioso, all’abbaiare di un cane giocoso o al rumore dolce del mare, impegnati solo a parlarsi.
Perché, sì, gli occhi potevano parlare.
E gli occhi di Draco le parlarono di sentimenti difficili da dichiarare, di ringraziamenti difficili da ammettere, di persone da affrontare. Le parlarono di piumoni caldi, di crostate di fragole un po’ bruciate ma inconfondibili, di conchiglie da raccogliere e da conservare. Le promisero notti d’amore, addobbi di Natale da comprare, spiagge su cui camminare a piedi nudi all’alba.
Le dissero tanto quegli occhi, ma soprattutto le dissero che l’amavano.
Un urlo eccitato di Altair ed Hermione si sentì trascinata indietro dalla presa energica della bambina, che era scappata ridendo da un’onda impetuosa che aveva minacciato di bagnarle le scarpette di vernice.
Ecco, gli occhi di Draco le avevano parlato anche di Altair.
 
 
Quando accanto a sé sentì Grattastinchi, da lui ormai ribattezzato  astuta palla di pelo, fare le fusa estasiato, Draco abbassò gli occhi e si accorse di aver affondato la mano nel pelo fulvo, muovendo pigramente le dita in una carezza conciliante.
Fu quasi tentato dall’idea di ritrarre la mano e fingere di non aver mai ceduto ad un comportamento tanto sdolcinato come fare le coccole ad un gatto dal muso schiacciato, ma poi si accorse che nessuno l’avrebbe mai notato.
Sdraiata a pancia in su, la testa posata sulle sue gambe e i capelli più scompigliati che mai, Hermione dormiva tranquilla dopo il lauto pasto al sacco che si erano procurati quella mattina presso una trattoria italiana nei dintorni.
Vedendola così rilassata, la tentazione di infastidirla fu irresistibile. Allungò una mano verso di lei e disegnò con la punta del dito il profilo del suo viso, soffermandosi sulla punta del naso e sul labbro inferiore, dischiuso come nell’attesa di un bacio. Fu profondamente tentato di accogliere quella sua inconscia richiesta e regalarle un bacio che, anche se non esplicitamente richiesto, lei avrebbe comunque apprezzato, ma non era certo di riuscire a muoversi senza svegliarla.
Inoltre, i cuscini su cui si era adagiato avevano appena assunto la perfetta conformazione della sua schiena e del suo collo, sostenendolo in modo eccellente. Sarebbe stata una vera scortesia rinunciare ad una comodità così… comoda.
Si accontentò, così, di attorcigliare una ciocca di capelli intorno al dito e a guardarla più attentamente, lasciando vagare gli occhi sul resto del corpo, soffermandosi all’altezza del torace.
Lì, palesemente comoda e avvolta dal piacevole calore del corpo della strega, Altair dormiva profondamente, la guancia posata sul seno di Hermione e la mano chiusa a pugno intorno ad un lembo della sua sciarpa, il corpicino magro avvolto tra le braccia della ragazza.
Draco rimase colpito da quell’immagine così affettuosa, tenera e materna.
Visti da occhi esterni, sarebbero potuti sembrare una famiglia.
O forse lo erano già?
 
***
 
Hermione era indecisa.
Altair era entusiasta.
Draco era perplesso.
-Allora?-
-Sììì!-
-No.-
-Perché?-
-Perché no.-
-Molto maturo da parte tua.-
-È troppo Grifondoro.-
Per nulla intaccata da quella grave accusa, la pallina di vetro tra le mani di Hermione sembrò brillare con più ardore alla luce delle lampadine a basso consumo energetico che risplendevano sul soffitto del grande magazzino in cui li aveva condotti Hermione.
Con il proprio completo scuro e i capelli lisci e scompigliati dal vento salmastro di West Wittering, in mezzo a tanti comuni babbani vestiti con jeans e maglioni, Draco era magnificamente fuori posto. Quanto ad Altair, deliziosa nel suo corto abitino di velluto e raso color prugna, nessuno avrebbe potuto dubitare che fosse sua figlia.
Chinandosi in avanti e portando il nasino a pochi centimetri dalla sfera, la bambina esaminò da vicino il piccolo addobbo natalizio di vetro rosso. -Secondo me è bellissima.-, sentenziò infine.
Hermione scoccò uno sguardo vittorioso a Draco, che al contrario guardò la figlia risentito, profondamente ferito da quel tradimento.
-Sei una traditrice.- l’apostrofò, tirandole un codino e facendola ridere. Poi, rassegnato, decise di collaborare alla scelta degli addobbi natalizi.
-Oltre a quelle palline lì, prendi anche…- scrutò attentamente l’espositore, dedicando solo un fugace sguardo truce ad un piccolo Babbo Natale con la gobba, poi porse ad Hermione l’unico addobbo che avesse superato l’esame -…queste.-
Sul palmo della sua mano, un delicato decoro natalizio a forma di fiocco di neve luccicò, brillante come il diamante più puro, camuffando abilmente la propria natura di cristallo di vetro.
Di classe.
Draco non avrebbe potuto scegliere nulla di diverso.
-Belli!-
-Sì, approvati!- Hermione prese due scatole di cristalli, le scaricò assieme a quelle scelte prima tra le braccia di Draco e gli scoccò un bacio sulla guancia. Poi prese Altair per mano, che ridacchiava tenendo una mano davanti alla bocca, e la condusse verso un nuovo reparto.
Draco rimase fermo sul posto, a guardarle zigzagare da uno scaffale ad un altro, prendere tra le mani un addobbo, esaminarlo e poi rimetterlo dov’era prima, alla ricerca di quello perfetto. Sentì un rumore di passi e poi uno sbuffo accanto a sé.
-Anche tua moglie ha deciso di cambiare gli addobbi, eh, amico?-
Draco si voltò e squadrò attentamente l’uomo che gli si era fermato accanto, un tipo rubicondo e grassoccio, che indossava un orribile maglione di lana rossa decorato da renne blu.
 
Assolutamente ripugnante.
 
In una mano stringeva il manico di un cestino per la spesa traboccante di scatole e scatoline, festoni, lucine e nastri da pacco, mentre accanto a sé aveva posato a terra un abete di plastica.
-La mia li cambia un anno sì e l’altro pure.- rise da solo, indifferente allo sguardo perplesso di Draco e alla sua poca partecipazione alla conversazione –Ma che ci posso fare, lei è contenta così!-
-Bill! BILL!- una voce forte e imperiosa risuonò nell’aria, attirando l’attenzione di molte persone incuriosite –Dai muoviti! Dobbiamo andare a prendere la ghirlanda per la nostra porta! E tua madre vuole anche un puntale nuovo per l’albero e poi…-
Il povero Bill, rassegnato, sospirò, scuotendo la testa divertito senza prestare attenzione a ciò che la moglie stava ancora dicendo, certo che l’avrebbe ripetuto almeno altre dieci volte prima di raggiungere le casse.
-Beh, buon Natale, amico!-
Regalò a Draco una cameratesca pacca sulla spalla e si allontanò verso una corsia poco lontana, nei cui meandri era appena scomparsa la moglie.
Draco rimase ancora qualche istante radicato nello stesso punto, le sopracciglia aggrottate nel tentativo di assimilare l’assurdità di ciò che era appena successo, poi si guardò intorno e individuò la chioma ribelle di Hermione, che spuntava oltre una vasta esposizione di finti abeti sintetici.
La raggiunse e le si affiancò, passandole un braccio intorno alle spalle e sospingendola poi verso un’altra corsia, al seguito di Altair che guardava curiosa tutta la merce natalizia esposta in quel posto, grande come non ne aveva mai visti, specialmente mai così addobbati a festa.
-Un tipo mi ha chiesto se sei mia moglie.-
Hermione lo osservò, sconcertata e curiosa.
-E indossava un orribile maglione con sopra delle renne.-
Hermione sorrise.
-Sembrava che avessero fatto un frontale con una macchina. Assomigliavano alla McGrannit.-
Hermione gli comunicò di non aver apprezzato la battuta con una un’energica gomitata nelle costole.
-E poi mi ha fatto gli auguri di Natale e mi ha dato una pacca sulla spalla.-
Le spalle delle strega iniziarono a sussultare.
-Una pacca sulla spalla! A me!- replicò, sconcertato da tanto ardire.
Chi mai si sarebbe preso una libertà simile? Certo solo un babbano, che non sapeva minimamente con chi avesse a che fare.
-E mi ha chiamato “amico”!- esclamò indignato.
Sussultando nel tentativo di non scoppiare a ridere in faccia a Draco, che certo non avrebbe apprezzato, Hermione gli passò un braccio intorno alla vita e posò la testa sul suo petto, approfittando del fatto che lui fosse più alto di lei di dieci centimetri abbondanti.
-Allora, abbiamo queste.- Draco indicò con un cenno le scatole che teneva sotto braccio –Cos’altro ci manca?-
Hermione rimase sconvolta nel sentirlo parlare in quel modo. Quel “ci” era giunto totalmente inaspettato alle sue orecchie, perché implicava un livello di coinvolgimento, di familiarità, di condivisione ancor più profondo di quanto fosse necessario per trascorrere una notte insieme.
Attenendosi prettamente ai fatti e analizzando la situazione in modo logico e pragmatico come aveva sempre fatto, Hermione riconobbe che di notti insieme ne avevano passate ben due e che la seconda avesse portato con sé implicazioni decisamente importanti, ma il senso di insicurezza che l’aveva accompagnata anche durante la relazione con Ron non riusciva a staccarlesi di dosso.
Quel “ci” stava ad indicare che avrebbero strascorso il Natale insieme o era semplicemente stato messo lì perché erano insieme in quel momento, nell’attimo in cui dovevano materialmente prendere gli addobbi e metterli in un cestino, se mai ne avessero trovato uno?
-Pronto?- Draco le schioccò due dita davanti al viso, per risvegliarla da quello stato di trance in cui sembrava caduta, gli occhi fissi su una bella esposizione di stelle di Natale –Sei sveglia o questa canzone ti ha bruciato le cellule del cervello?-
Hermione scosse la testa, assorta nei propri pensieri e nelle proprie riflessioni, valutando attentamente quali e quante implicazioni potesse avere quella piccola particella.
Evidentemente infastidito per essere messo in secondo piano, Draco abbandonò le scatole sul primo ripiano semivuoto che ebbe a portata di mano, passò una mano dietro la testa di Hermione e l’attirò contro di sé, mentre l’altra mano andava a posarsi possessiva e impudica sul suo sedere.
Hermione lo allontanò bruscamente da sé, fumando di indignazione e con gli occhi sgranati davanti a tanta sfacciataggine. Per quanto potesse essersi rivelata intraprendente nell’intimità che avevano condiviso, non lo sarebbe stata altrettanto in un luogo pubblico.
-Cosa ti è venuto in mente?- gli sibilò ad un centimetro dalla faccia, con tutto l’intenzione di mostrarsi minacciosa e pronta ad attaccare. Draco sogghignò contento di aver ottenuto finalmente la sua attenzione, lanciò un breve sguardo ad Altair, per controllare che non stesse distruggendo l’intero negozio, e diede ad Hermione un rapido bacio sulla bocca, staccandosi subito e prendendola sottobraccio, pilotandola verso il cestone dei peluche in cui la bambina stava frugando, estasiata.
-Tu mi stavi ignorando.- le fece notare, con tutta la serietà di chi è convinto che la propria risposta sia una giustificazione più che sufficiente.
-Io stavo pensando.-
-Ma non a me, quindi mi stavi ignorando.-
-Sei un bambino capriccioso, te l’hanno mai detto?-
-Solo tu, parecchie volte.-
-Perché è vero!-
-Balle.- la liquidò con un gesto della mano –Dunque, dicevo, prima che la tua disattenzione rendesse necessario tutto questo spreco di fiato, che altro  ci  manca?- scandì con attenzione le parole dell’ultima domanda, per essere certo che Hermione le comprendesse appieno e non lo costringesse a ripetere tutto un’altra volta.
 
E Merlino solo sapeva quanto Draco odiasse ripetersi.
 
Ma, a giudicare dalla risposta che ricevette, sarebbe stato necessario ripetere quella semplice domanda per l’ennesima volta. Hermione, infatti, l’aveva ignorato del tutto, rispondendo alla sua domanda con un’altra domanda.
-Ti va di passare Natale con me e i miei?-
Hermione aveva buttato fuori la propria proposta in un unico fiato, attaccando le parole le une alle altre e mordendosi quasi la lingua per la fretta con cui aveva parlato, poi era rimasta a guadare Draco in attesa di una risposta.
Era giunta alla conclusione che Draco non era affatto il tipo di uomo che parla a vanvera solo per dare aria alle corde vocali, quindi nemmeno quel minuscolo e irrilevante  ci  poteva essere considerato un errore, un’errata ed infelice combinazione di movimenti della lingua ed emissione di fiato.
No, quel  ci  voleva certamente dire qualcos’altro.
Ma cos’altro? Hermione, almeno considerando lo sguardo sorpreso con cui l’uomo aveva accolto quella proposta improvvisa, non era più tanto certa che la propria fosse stata l’intuizione corretta.
-Lo so che è un po’ eccessivo invitarti a pranzo dai miei a Natale. Ed è anche vero che sono comuni babbani che vivono in una casa babbana. Però mi sarebbe piaciuto passare il Natale con te ed Altair, ma non posso nemmeno lasciarli da soli, visto che li vado già a trovare poco durante l’anno per via delle mie ricerche.- si riavviò i capelli, nervosa, riprendendo fiato prima di iniziare nuovamente  a parlare, incespicando nelle parole per la  fretta che aveva di spiegare –Poi i miei hanno una casa fantastica, con un abete enorme in giardino e sono sicura che ad Altair piacerebbe un sacco.-
Una coppia triste, la cui crisi si leggeva sui loro visi tirati e nel modo rigido e distaccato con cui camminavano l’uno accanto all’altra senza mai toccarsi, rivolse un identico sguardo perfido e soddisfatto ad Hermione e Draco, probabilmente compiaciuti all’idea di non essere gli unici per cui il Natale si prospettava carico di discussioni.
Hermione, incurante di quegli sguardi cattivi e dell’occhiata ancor più truce che Draco aveva loro rivolto di rimando, continuò a gesticolare, agitata e in imbarazzo.
 
Merlino, cosa diavolo le era saltato in mente?
 
-Poi capisco che anche Narcissa non possa stare da sola a Natale. Sono proprio una stupida, non ci avevo pensato. Cioè, avevo pensato che festeggiasse con tuo padre, mi ero.. maledizione, mi ero dimenticata che tuo padre è…- si morse un labbro, gli occhi sgaranti, zittendosi prima di toccare apertamente un argomento che per loro poteva rivelarsi troppo spinoso e irto di ostacoli.
-Scusa, ho detto una stupidata.- mormorò mesta, profondamente dispiaciuta per quella sequela stupida e vuota di parole, ognuna delle quali era stata un passo in più verso il baratro che aveva creato con le proprie stesse mani.
O parole, in quello specifico caso.
Era stata affrettata e indelicata e nella sua stupidità aveva anche toccato un discorso che poteva rivelarsi come una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere incurante di tutto e tutti.
Miseriaccia, dopo dieci anni dal suo primo bacio era ancora un disastro nei rapporti di coppia, tanto più che Draco Malfoy era un esemplare anomalo di quella strana specie che erano gli uomini.
-Vado alle casse, tu vai pure da Altair. Ci vediamo domani. O dopodomani. O quando vuoi, insomma. Sarai molto impegnato, immagino, magari ci si vede direttamente dopo Natale.- abbozzò un sorriso, poi corse verso la cassa più vicina.
Draco rimase immobile, frastornato da tutte quelle parole che l’avevano investito con l’irruenza di un cavallone in una giornata di mare mosso. Come spesso accadeva davanti agli sproloqui senza capo né coda di Hermione, Draco non era nemmeno riuscito a reagire, troppo impegnato a capire il senso di quel discorso intricato.
Una mano piccola scivolò nella sua.
-Papi, perché Hermione è scappata via di corsa?-
Draco abbassò lo sguardo su Altair, sorridendo di tanta ingenuità. La risposta era così semplice.
-Perché è pazza.-
Di me, aggiunse compiaciuto fra sé e sé.
 
*
 
Dopo essere andata a comprare anche gli ultimi regali che mancavano all’appello, Hermione rientrò a casa, stanca e spossata e, soprattutto, arrabbiata con se stessa per il pasticcio che aveva combinato con Draco.
D’accordo invitarlo dai suoi per Natale. Poteva essere considerato affrettato e fuori luogo, considerando il poco tempo da cui si frequentavano, ma non era nulla che delle scuse e una risata non potessero sistemare.
D’accordo anche essersi dimenticata, anche solo per un attimo, di Narcissa. Era stato un momento di confusione che chiunque avrebbe potuto perdonare.
D’accordo anche aver dimenticato, nell’impeto di coraggio di cui si era armata per proporre la propria idea, che Lucius Malfoy era in prigione.
Ma, per le mutande di Merlino, come diavolo le era saltato in mente di dirlo ad alta voce?
Quale strana malattia aveva contratto, da essere così grave da spingerla a mettere da parte ogni buon senso e farle dimenticare che l’argomento  padre  con Draco poteva risultare più pericoloso di una pozione di Neville lasciata incustodita?
Lasciò cadere i sacchetti sul divano.
Era.
Abbandonò scarpe e cappotto all’ingresso.
Una.
Salì le scale trascinando i piedi, aprendo la porta della propria camera da letto con un sospiro sconfortato.
Stupida.
-Non ho mai  conosciuto  una donna che parlasse quanto te.-
Con uno strillo spaventato e vagamente isterico, se ne rese conto solo più tardi, Hermione sobbalzò per la sorpresa e si aggrappò allo stipite della porta per non cadere.
 
Lei era una stupida, ma lui era un’idiota.
 
Perfettamente a proprio agio, Draco l’spettava disteso sul letto, le braccia incrociate dietro la nuca e le caviglie sormontate, in una posa che faceva tendere il pullover sul petto asciutto e ne disegnava la sagoma.
-Forse perché non  esiste  una persona che parli quanto te.- considerò pensosamente, fra sé e sé –Sei logorroica, questo è quanto.- la informò, senza preoccuparsi del fatto che quel’aggettivo potesse non risultare, alle orecchie della strega, un complimento lusinghiero.
-“Sarai molto impegnato”?- ripeté le parole che lei stessa aveva pronunciato poche ore prima ed Hermione si accorse solo in quel momento di quanto potessero suonare infantili e… -Cosa stavi insinuando?-
Insinuanti, appunto.
-Cosa, precisamente, credi che io abbia da fare i questi giorni? Andare dai miei amici Purosangue, quelli che non mi parlano più perché ho fatto in modo che sapessero che sto con te? Oppure credevi che andassi dai genitori di Astoria, che mi hanno raccomandato di fare una doccia ad Altair con il disinfettante, prima di portarla a casa loro la prossima volta? Oppure, non so, pensi che debba andare a puttane?-
Il tono di Draco si alzò sull’ultima parola, palesemente furioso per la sottile e strisciante insinuazione che lei gli aveva lanciato. Un’insinuazione che non era nemmeno nata come tale, ma che avrebbe potuto prestarsi a mille e più interpretazioni.
Draco si mise a sedere sulla sponda del letto, pettinandosi i capelli all’indietro con le mani e prendendo un respiro profondo.
-Sei una pazza, sappilo.-
Hermione annuì, mortificata dal proprio atteggiamento infantile e stupido.
-Me ne sono accorta. Scusami.-
Draco la guardò come…
Hermione non avrebbe saputo dirlo. La guardò in quel modo in cui guardava solo lei, curioso e gentile, dolce e profondo, canzonatorio e innamorato. Con la testa le fece cenno di avvicinarsi e, appena fu abbastanza vicina, le mise le mani sui fianchi e la guidò fino a farla sedere sulle proprie gambe.
-Mia madre questo Natale non può esserci. Il nostro avvocato ha ottenuto il permesso per far ricoverare mio padre al San Mungo, almeno fino a quando non starà meglio. Poi tornerà ad Azkaban.- sospirò.
Nonostante i sentimenti ostili che la legavano a Lucius Malfoy, Hermione si sentì trafitta da quel sospiro dispiaciuto e sofferente che scaturì dal petto di Draco. Gli accarezzò il viso e gli diede un bacio lieve sulla guancia, cercando di trasmettergli tutto il proprio appoggio.
-Dovresti andare anche tu.- gli suggerì, ma lui scosse il capo.
-Oh, no. I miei sono sempre stati piuttosto sdolcinati tra loro e io non desidero assistere alle smancerie dei miei genitori. Grazie, no.- decretò, storcendo la bocca disgustato al solo pensiero –Per rispondere al tuo sproloquio di oggi, quindi, sì, a me e ad Altair farebbe molto piacere festeggiare il Natale con i tuoi genitori babbani, nella loro casa babbana, in un quartiere babbano, in…-
Hermione lo bloccò, premendogli due dita sulle labbra.
-Ho capito, hai sviluppato una passione per i babbani.-
-Oh, sì. Non immagini quanto.- le mormorò sfiorandole il collo con le labbra, infilando le mani sotto il maglione e arrivando a slacciarle il gancetto di chiusura del reggiseno. Hermione strinse il suo mento tra le dita e lo costrinse ad alzarlo verso di lei.
-Io sono una strega.- affermò con orgoglio.
-Oh, lo so. Lo so, cara la mia sapientona Grifondoro.-
Soddisfatta di quell’ammissione, Hermione tornò a baciarlo con delicatezza, esitando in superficie, giocando con le sue labbra, in una lunga e sensuale domanda di scuse.
-Tornando alle tue basse insinuazioni di oggi pomeriggio…- Draco le sfilò il maglione e il reggiseno già slacciato, osservando lascivo il seno nudo di Hermione e accarezzandone le punte –Vediamo se riesci a farti perdonare.-
La risata soffocata di Hermione venne coperta dal cigolio del letto e dal fruscio delle lenzuola.
 
***
 
-Ho letto la tua ricerca.-
Philipp Granger, un uomo di mezza età dall’aspetto socievole e paterno, con piccoli occhi scuri come l’ebano cerchiati da leggeri occhiali dalla montatura dorata, sedeva in poltrona, quella comodissima poltrona che aveva eletto a proprio scranno regalo per i momenti di pace e tranquillità familiare.
Gli occhi dell’uomo indugiarono sulla figlia, accoccolata ad una estremità del divano con le ginocchia strette al petto e i piedi nudi come una bambina, che lo guardava con aspettativa, attendendo con trepidazione il suo giudizio.
-Io non capisco nulla del tuo mondo, ma devo dire che le tue teorie, da quel poco che ho capito..- lasciò il discorso in sospeso, creando, forse un po’ sadicamente, un’atmosfera di suspense –sono davvero affascinanti.-
Hermione sorrise raggiante, dando un bacio sulla guancia al padre e tornando poi al proprio posto, attendendo pazientemente la madre che, poco dopo, entrò con un vassoio su cui faceva mostra di sé un elegante servizio da the composto da tazza, piattini e teiera decorati da motivi floreali sui toni del verde menta.
La signora Granger era una donna minuta, il cui viso magro era controbilanciato da una chioma folta, riccia e ribelle identica a quella che Hermione aveva ereditato da lei, con l’unica differenza che ormai i capelli della padrona di casa si erano ingrigiti sulle tempie.
Jean si sedette compostamente sulla poltrona posta di fronte al marito, sul lato opposto del caminetto, e versò il the in tre tazze ascoltando il chiacchiericcio di marito e figlia.
-Allora, Hermione- esordì quando la ragazza ebbe terminato di spiegare al padre la controversa questione riguardante chi fosse il reale inventore dei tappeti volanti –a Natale pensi di venire a pranzo da noi?-
Hermione annuì, allontanando la tazza dalle labbra.
-Naturalmente.-
-Oh, bene.- Jean sembrò oltremodo contenta di quella notizia, una scintilla di compiacimento negli occhi color nocciola –Nel pomeriggio potremmo far visita a Marla.-
Hermione annuì, nonostante un lieve pizzicore dietro la nuca le facesse presagire che non ci si potesse aspettare nulla di buono da quello sguardo cospiratore che sua madre le stava puntando addosso, esaminando i suoi capelli stretti in una treccia morbida con la stessa diagnostica attenzione con cui avrebbe esaminato una carie particolarmente brutta nella bocca di uno dei suoi pazienti.
Male, molto molto male.
-Marla, che cara donna, mi ha detto che anche Stan sarà a casa per le feste. Potrebbe essere una buona occasione per rivedervi e parlare un po’. È tanto che non lo vedi, sbaglio? Dall’estate del tuo ultimo anno a Hogwarts, sbaglio? È molto cambiato, sai?-
Beccata.
Hermione sorseggiò lentamente il the ad occhi chiusi, cercando di recuperare, da qualche nascosto anfratto del proprio animo, la pazienza necessaria per permettere alla madre di terminare un lungo e pomposo elogio delle qualità di Stan, un ragazzo in cui Hermione, francamente, non riteneva ci fosse nulla da elogiare.
Mentre Hermione assaporava i residui di zucchero che si erano accumulati sul fondo della tazza ed erano scivolati fino alle sua labbra con le ultime gocce di the, Jean si lanciò in un’appassionata ed entusiasta celebrazione dei successi di Stan presso la facoltà di legge dell’Università di Oxford.
-Sarebbe bello che passaste un po’ di tempo insieme a Natale, non trovi?-
Hermione abbozzò un sorriso di circostanze, mentre suo padre, il volto nascosto dietro un giornale di sport tenuto al contrario, scuoteva la testa sconsolato.
Pettinato, ordinato, educato, senza piercing o tatuaggi, con la passione per il tennis e il nuoto e una sfavillante media universitaria, Stan era il tipico bravo ragazzo che piace tanto alle mamme e Jean Granger, in questo, non faceva eccezione.
-Ecco, mamma- esordì cautamente Hermione, ben consapevole che andare contro i piani di sua madre e opporsi a quelle che lei riteneva sagge decisioni non era mai facile –per quanto riguarda Natale…-
-C’è qualche problema?-
I naso aquilino di Jean aveva già fiutato, nel tono titubante della figlia, che qualcosa non sarebbe andato esattamente secondo i suoi piani. Hermione scosse la testa, agitando i capelli intorno al viso pulito dai lineamenti dolci.
-No, assolutamente. Però, ecco…-
Jean la guardò confusa, mentre il padre le fece un cenno incoraggiante, invitandola ad andare avanti. Hermione si sistemò nervosamente i capelli dietro le orecchie, stropicciando poi il polsino della maglia a maniche lunghe che indossava.
 
Come si faceva a dire ai propri genitori che si vorrebbe invitare a pranzo per Natale il proprio fidanzato e la figlia avuta da un precedente matrimonio, naufragato rovinosamente perché era stato combinato dai genitori dalle tradizioni retrograde e leggermente ristrette?
 
Proprio in quel preciso modo.
-Mamma, papà, mi piacerebbe invitare  a pranzo da noi anche il mio fidanzato e sua figlia.-
Per un attimo, Hermione temette che tutto il coraggio raccolto fosse andato perduto, vanificato dal modo affrettato in cui aveva parlato, attaccando le parole le une alle altre, facendo di tutta una frase un’unica, lunga e indistinta parola.
Poi, notando la mascella serrata della madre e la vena sulla sua tempia che pulsava rovinosamente, Hermione capì che il messaggio era stato recepito più che chiaramente.
-Il tuo fidanzato?- domandò con difficoltà, articolando con fatica la parla incriminata.
-Ehm, sì. Non fidanzato ufficiale, ovviamente.- puntualizzò Hermione –Il mio ragazzo, l’uomo con cui esco.- balbettò a disagio, accorgendosi di non sapere esattamente come definire il proprio rapporto con Draco, soprattutto davanti ai suoi genitori.
-Come mai non ne sapevo nulla?-
Hermione si trattenne a stento dal rispondere alla madre che, forse, il tono ostile con cui stava affrontando l’argomento avrebbe potuto darle un indizio sul motivo per cui non ne aveva parlato prima.
Jean aveva sempre avuto una mentalità rigida: era una brava donna, dedita alla famiglia e al lavoro, orgogliosa della figlia e dei progressi brillanti che aveva fatto nel nuovo mondo di cui aveva scoperto di far parte, ma aveva sempre serbato la speranza, nemmeno troppo celata, di vederla sposata con un ragazzo normale, in modo che la sua vita futura si svolgesse più vicino a lei di quanto non fosse avvenuto negli anni precedenti.
Le magie improvvise di Hermione, quando era ancora piccola, le avevano fatto capire quanto fosse importante che imparasse a gestire i suoi poteri, ma vederla crescere lontana dalla casa in cui era nata era stata una sofferenza.
-Non è molto che ci frequentiamo. L’ho incontrato a luglio dopo tanti anni, veniva a scuola con me ad Hogwarts, ma è solo da un mesetto che usciamo insieme come.. beh, come una coppia.-
-Veniva a scuola con te?- Hermione annuì con foga, le guancie in fiamme per l’imbarazzo di dover affrontare un argomento tanto personale con i propri genitori, entrambi seduti di fronte a lei come un distaccamento moderno dell’Inquisizione spagnola –E chi sarebbe quest’uomo?-
Il tono di Jean era molto più che vagamente ostile, era dichiaratamente battagliero.
-Draco Malfoy.-
Una ruga di diffidenza affiorò sulla fronte della madre di Hermione, ma la ragazza, sfortunatamente, non se ne accorse.
Incrociando lo sguardo interrogativo di suo padre, Hermione decise di spiegare meglio cosa fosse successo negli ultimi sei mesi, tralasciando ovviamente quello che era accaduto dopo la festa di Altair contro il muro del corridoio, sorvolando strategicamente sul ritorno improvviso e inopportuno di Astoria e anche sulla loro riappacificazione appassionata in un luogo pubblico.
Parlò per diversi minuti, raccontando quanto fosse cambiato, come potesse sembrare un uomo rude al primo impatto ma incredibilmente dolce e pieno di piccole attenzioni con le persone a cui teneva di più.
Terminato il proprio discorso su quanto Draco fosse diventato importante per lei negli ultimi mesi, lasciando in ombra il ruolo che aveva avuto in guerra, Hermione sorrise radiosa e speranzosa al padre, che ricambiò con un sorriso contento, certo che l’uomo che la faceva sorridere a quel modo non potesse essere meno che degno di starle accanto.
Nemmeno ai tempi del suo rosso amico l’aveva mai vista così.
Quando lo sguardo di Hermione, ora molto meno impacciata di quanto non fosse stata prima, si posò sulla madre, la prima cosa che notò fu la piega amara e piena di disapprovazione delle sue labbra arricciate.
-Hermione- scandì attentamente, come se parlare e porle quella domanda che già aleggiava nell’aria, le costasse un enorme sforzo –ti prego, ti prego, dimmi che non è lo stesso Draco Malfoy che penso io.-
Hermione la guardò confusa, con sguardo vacuo.
-Dimmi che non è quello che abbiamo incontrato a Diagon Alley prima del tuo secondo anno, che non è quello che ti ha preso in giro per anni, che non è quello che hanno processato e che è stato scagionato per i soldi con cui ha corrotto la giuria.-
-Non è stato assolto perché ha corrotto qualcuno!- la replica veemente di Hermione si sovrappose alle ultime parole della madre –È stato scagionato perché era innocente, perché non c’erano prove contro di lui…-
-Solo perché non c’erano prove, non significa affatto che fosse innocente!- insistette Jean, colma di preoccupazione al pensiero di vedere la propria unica figlia al fianco di un criminale, di un avanzo di galera che con tutta probabilità stava approfittando del suo buon cuore per qualche losco fine.
-Ci sono tanti modi per eliminare o nascondere le prove. E anche per eliminare i testimoni, a dire il vero.- precisò spietata.
-Draco non è un criminale!- Hermione balzò in piedi, le braccia rigide lungo i fianchi e le mani contratte in pugni di tensione, di rabbia verso la madre che si ostinava a non voler ascoltare le sue ragioni –Ha sbagliato, ma era solo un ragazzo, aveva solo diciotto anni, era ingenuo, con la testa piena di quello che la sua famiglia gli aveva insegnato.-
-Diciotto anni sono più che sufficienti per essere responsabili delle proprie azioni, tu più di tutti dovresti saperlo.- la rimproverò, puntandole un dito accusatore in mezzo al petto, che si alzava e abbassava frenetico al ritmo del respiro affannato della giovane strega.
-Infatti lo so.- protestò con sicurezza, poi incrociò le braccia sotto il seno e la guardò con occhi lucidi –So che ha sbagliato e non l’ho dimenticato.  Affatto.  Ma ho deciso di dargli una seconda possibilità, ho deciso di concedermi una seconda possibilità. So riconoscere una persona pentita e cambiata quando la vedo.-
-Sei giovane, Hermione.- Jean roteò gli occhi, spazientita davanti alla cocciutaggine della figlia -Non puoi pensare di avere abbastanza esperienza per conoscere la mente delle persone.-
-Pensi che sia una stupida?- domandò oltraggiata la ragazza, alzando la voce e il mento in atteggiamento inconscio di sfida.
-Penso che tu ti sia fatta intortare come una quindicenne da un paio di pettorali e di occhi azzurri.-
Hermione aprì la bocca, sbalordita dalla bassa considerazione che sua madre, stando a quanto aveva appena detto, aveva di lei. Tuttavia, non ci fu bisogno di parlare, poiché una voce bassa ma decisa si intromise nella loro discussione, placandone i toni accesi.
-Ora basta, Jean.- gli occhi scuri di Philipp, penetranti e duri come l’ebano più pregiato, misero a tacere la moglie, che lo guardò ferita da quel tradimento –Hermione è grande, anche se per noi resterà sempre la nostra bambina. Forse non è ancora una donna adulta, ma è saggia ed è intelligente.-
L’uomo si voltò verso Hermione, che si era rimessa a sedere, stanca, la testa reclinata contro la morbida spalliera imbottita del divano.
-Non mi piace quello che ha fatto questo tizio in passato. Ho letto i giornali, ho letto  tutti  i giornali magici che tu mi hai consigliato, e ho tratto le mie conclusioni.- levando il palmo della mano verso la ragazza, il padre la mise a tacere, sorridendo lievemente nel vedere la nuova replica già dipinta sul suo viso –Ma se tu sei convinta che sia cambiato, che meriti la tua fiducia e che sia diventato un uomo migliore, degno di stare al tuo fianco, per me questo è sufficiente. Mi fido di te.-
Philipp levò lo sguardo deciso sulla moglie, sfidandolo a contraddirlo. Era un uomo pacifico e parlava poco, ma era anche un uomo di polso, fiero di portare i pantaloni in quella graziosa villetta della periferia di Londra.
-Ha anche una figlia, a quanto hai detto.- bofonchiò con stizza Jean, arrendendosi e incrociando le braccia nell’accettare la maggioranza che si era dichiaratamente schierata contro di lei.
-Sì, si chiama Altair.- rispose Hermione con freddezza -È una bambina deliziosa.-soggiunse con un sorriso perfido, accorgendosi solo marginalmente di aver assunto la stessa posa di sfida che adottava sempre Draco quando voleva aver ragione su qualcosa ad ogni costo.
Jean sbuffò scettica, poi si diresse in cucina bofonchiando tra sé e sé a proposito dei biscotti che aveva comperato apposta per quel pomeriggio. Philipp scosse la testa, rassegnato e in parte divertito per la cocciutaggine della moglie, poi si chinò verso la figlia e le prese una mano.
Il sorriso della sua bambina riscaldava il cuore.
-E dimmi, com’è questo Draco?-
Hermione ci pensò un po’ su, indecisa su quali parole usare per descrivere al meglio il carattere spigoloso di Draco. Poi ebbe un’illuminazione.
-Bello.-
Perché, sì, Draco era bello.
Fuori, certo, ma anche dentro, di una bellezza che pochi riuscivano a vedere, di una bellezza che a pochi era concesso scorgere, di una bellezza che pochi, purtroppo, si davano la pena di cercare.
 
***
 
25 dicembre.
 
Sulla soglia del cottage azzurro di Hermione e con la mano già tesa verso la maniglia della porta, Draco si sentì trattenere dalla piccola mano di Altair che stringeva nella propria, quando la bambina fece resistenza. Abbassando lo sguardo, la vide tormentarsi per l’ennesima volta una delle mollettine che le aveva appuntato in testa, imprigionando un paio di ciocche dispettose ai lati del visino della figlia.
-Altair, che succede?- le domandò, accucciandosi davanti a lei e dandole un bacio sulla fronte.
-E…- iniziò preoccupata e ansiosa, poi si insinuò tra le braccia del padre e si fece coccolare, affondando le mani tra i capelli dell’uomo mentre lui le dava tanti baci leggeri sulla nuca.
-Allora, mi dici che succede?- l’incoraggiò, alzandosi in piedi e tenendola in braccio, i piedi che dondolavano contro il proprio cappotto pulito. Non si lamentò.
-E se il papà e la mamma di Hermione sono antipatici? E se ci trattano male? E se non gli piaccio? E se…-
-Sono sicuro che saranno molto simpatici.- affermò con sicurezza Draco, annuendo con convinzione, quasi stesse parlando di un amico di vecchia data -E poi è impossibile che tu non piaccia a qualcuno. Sei la bambina più bella del mondo.-
-Sì, me lo ha detto anche la mamma. E anche Hermione.- arricciò le labbra, concentrata su un pensiero difficile –E se lo ha detto Hermione, allora vuol dire che è vero, vero, papi?-
Draco rise e annuì, bofonchiando qualcosa a proposito del fatto che mai, assolutamente mai,  Hermione-sapientina-Granger  avrebbe potuto sbagliare.
Con colpi decisi e poco delicati, Draco bussò alla porta di casa, udendo in risposta solo un urlo che li invitava ad entrare, attutito dalla distanza e proveniente, immaginò, dal piano superiore della villetta.
Sospingendo davanti a sé la bambina, ancora pensierosa ma palesemente sollevata dalla rassicurazione paterna, Draco entrò in casa e si guardò attorno, osservando soddisfatto il lavoro che lui, Altair ed Hermione avevano fatto il giorno precedente.
 
 
Hermione aveva raccomandato loro di vestirsi comodi, perché ci sarebbe stato da lavorare parecchio, quel giorno. Il loro obiettivo era semplice: addobbare la villetta di Hermione nel modo migliore possibile.
Così, precisamente alle otto di mattina, Draco, ancora mezzo addormentato e con profonde occhiaie scure sotto gli occhi appannati di sonno, si era presentato a casa di Hermione, accompagnato da un’Altair saltellante e particolarmente pimpante per essere una bambina che si era svegliata quasi due ore prima del consueto.
Appena un secondo dopo che il dito di Draco aveva premuto il campanello, Hermione aveva aperto la porta di casa, già perfettamente attiva ed efficiente, i capelli trattenuti da un elastico rosso, indossando solo una camicia a quadri con le maniche arrotolate e un paio di pratici jeans sbiaditi, gli stessi che aveva già indossato per i lavori in giardino.
-Siamo pronti!-
All’affermazione decisa di Altair aveva fatto eco un grugnito indistinto e primitivo da parte di Draco, che aveva seguito in casa la figlia e alla prima occasione si era lasciato cadere sul divano, coprendosi gli occhi con un braccio e pregando affinché qualcuno, fosse anche Potter in persona, fermasse quelle due pazze che erano sua figlia e la sua fidanzata.
Nessuno, però, sembrò avere pietà di lui e le sue preghiere rimasero inascoltate.
Prima avevano addobbato l’abete sintetico in salotto, appendendo e togliendo e spostando le palline fino a quando le due pazze, così le aveva soprannominate, non erano state soddisfatte.
Poi avevano appeso la ghirlanda sulla porta, e almeno quella era stata un’operazione rapida ed indolore.
Dopo la ghirlanda, era stato il turno degli addobbi in giardino, compito che comprendeva sia appendere dei festoni alla staccionata, sia decorare con luci e cristalli di vetro l’albero che era cresciuto in un angolo del giardino.
Dopo pranzo, consumato in fretta perché  “Non c’è tempo per battere la fiacca”, Altair aveva chiesto ad Hermione se poteva aiutarla ad impacchettare i regali di Natale per i suoi amici, “quelli antipatici”, come aveva precisato la bambina riferendosi a ciò che Draco le aveva detto tempo prima riguardo a Potter e alla moglie.
Quello, per il giovane mago, era stato il momento più bello della giornata.
Sua figlia era per lui fonte di grandi soddisfazioni.
La speranza di poter tornare presto a casa per recuperare le ore di sonno perso, si era infranta quando Draco aveva capito che Hermione adorava il Natale e non era certo il tipo di persona che risparmiava in regali.
Così aveva dovuto collaborare nell’impacchettare un set di manutenzione per manici di scopa per Potter…
“Harry ha una vera devozione per la sua scopa.”
…una camicia in raffinato chiffon blu per la moglie di Potter…
“Ginny adora quel colore, le starà d’incanto.”
...degli orecchini fatti con tappi di burro birra per Lunatica Lovegood…
“I suoi vecchi si sono rotti mentre cercava tracce dei Nargilli in Patagonia meridionale.”
…e poi un maglione per suo padre e dei guanti e una sciarpa per sua madre…
“I miei hanno sempre voluto che i regali di Natale fossero anche utili.”
… e poi un’infinità di regali per parenti e amici che Draco proprio non ricordava. Il suo cervello aveva reagito al sonno andando in standby come un comune televisore babbano, riducendosi ad attaccare meccanicamente un fiocco su ogni pacchetto, stando ben attento, come gli ricordava Altair ogni tre minuti, ad abbinare il colore del fiocco con quello della carta e del nastro.
A conti fatti, quella giornata era stata un vero incubo.
Fortunatamente, almeno la nottata si era rivelata decisamente piacevole e piena di belle sorprese.
 
 
-HERMIONE!-
La voce di Hermione, proveniente dal piano superiore, echeggiò sulle scale.
–Mi sto vestendo, adesso arrivo!-
Soddisfatta della risposta, Altair si sedette sul divano, facendo dondolare ritmicamente i piedi e fissando le scarpette di vernice nera con attenzione, canticchiando tra sé e sé la canzoncina del cartone che aveva visto la sera precedente, prima di andare a letto.
Draco rimase in piedi, ticchettando con le scarpe sul pavimento per pochi minuti, prima che la sua curiosità avesse la meglio sulla sua, di per sé inesistente, pazienza.
-Altair, rimani un attimo qui, mentre io vado a vedere cosa combina Hermione?- la bambina annuì –Brava, amore.- Draco le diede un bacio sulla nuca, poi si guardò attorno, alla ricerca del proprio nemico. Ghignò, quando l’ebbe individuato addormentato nella propria cesta.
Con passo lesto e silenzioso, si avvicinò a Grattastinchi e lo sollevò dal suo confortevole giaciglio, depositandolo poi in braccio alla figlia.
-Gioca con Grattastinchi, io torno subito!-
Mentre scompariva rapidamente su per le scale, salendo i gradini a due a due, Draco fu quasi certo di aver visto il gatto fissarlo con sguardo vendicativo, mentre la bambina gli tirava la coda e le orecchie.
 
Al primo piano, Draco sbirciò attraverso la fessura luminosa della porta lasciata socchiusa.
Di spalle, Hermione scrutava l’interno del proprio armadio, le mani sui fianchi nudi e la testa inclinata, il collo lasciato scoperto dai capelli raccolti, indossando solo un completo intimo di pizzo nero.
Draco aprì con una leggera spinta la porta della camera ed entrò senza bussare, annunciandosi con un lungo e sommesso fischio di apprezzamento. Hermione si voltò verso di lui e arrossì, chinando appena il capo e spostando nervosamente il peso da un piede all’altro, a disagio sotto gli occhi di Draco che studiavano attentamente il suo corpo con evidente approvazione.
Con passo lento e strascicato, dell’uomo che crede di avere l’intero mondo ai propri piedi e se ne infischia altamente del fatto che non sia così, Draco la raggiunse, le passò le mani intorno alla vita, accarezzando la schiena di Hermione con i palmi aperti, come per percepirla il più possibile.
La spinse con forza contro di sé e la baciò con ingordigia trattenuta, leccandole le labbra ed esitando ai bordi, distraendola con la propria insopportabile esitazione mentre le sue mani andavano a posarsi, possessive, sulle sue natiche, spingendola contro il proprio bacino.
Un pensiero indefinito affiorò nella mente di Hermione, ricordandole che era Natale, che dovevano andare a pranzo dai suoi genitori e che al piano inferiore li stava aspettando Altair. Tuttavia, come sempre, il corpo di Draco e la sua bocca e le sue mani erano troppo invitanti, irresistibili.
Accarezzandogli il collo, uno dei suoi punti più sensibili, Hermione affondò con prepotenza la lingua nella bocca di Draco, bevendone i sospiri estasiati che gli strappava ad ogni carezza lieve al di sotto dell’attaccatura dei capelli.
Lo baciò a lungo, fino a quando sentì le mani di Draco sfiorarle con lascivia il bordo decorato degli slip, poco al di sotto dell’ombelico, solleticandola con malizia.
-Fermo.- lo ammonì, aprendo gli occhi e scontrandosi con l’espressione da allegra canaglia che Draco si era stampato in viso, forse convinto di poterla convincere a cedere a lui e ai desideri –Merlino, quanto lo desiderava- del proprio corpo.
-E buon Natale.- soggiunse.
-Anche a te, sapientina.- Hermione gli fece una smorfia, poi gli voltò le spalle e tornò a scrutare nei meandri del proprio guardaroba e Draco la imitò, il mento appoggiato alla sua spalla e le braccia incrociate sulla sua pancia –Oh, quasi dimenticavo… Bel completino.- si complimentò, accarezzando le mutandine che le coprivano il pube senza celare alcunché e facendola avvampare di vergogna.
-Oh, non fare la puritana con me. Ho visto di cosa sei capace quando siamo soli.- le ricordò, con un’espressione beata in viso –L’hai scelto apposta perché stai tentando di sedurmi?-
-Non ho affatto bisogno di questi mezzucci per sedurti.- affermò con spavalderia –Piuttosto che dire sciocchezze, cosa mi consigli?- domandò, alludendo alla vasta gamma di abiti che le ante aperte dell’armadio mettevano in mostra. Draco vi scrutò dentro attentamente, poi allungò un braccio e ne estrasse lo stesso abito che Hermione aveva indossato alla cena per il compleanno di Altair.
-Questo.- disse risoluto, passandolo ad Hermione –Ti sta molto bene e inoltre…- abbassò la voce e si avvicinò ancor più al suo orecchio, biascicando con voce impastata di desiderio –Spero di potertelo sfilare come la scorsa volta.-
A passo veloce si diresse alla porta, rallentando il passò quando udì la risposta di Hermione.
-Volentieri.-
Al di sopra della spalla, Draco le regalò uno sguardo carico di promesse, poi le sorrise e si avviò al piano inferiore.
 
 
 
Buonasera!
Grazie a tutte per le recensioni che, nonostante l’epico ritardo, avete lasciato al capitolo precedente.
Ho avuto un’idea improvvisa che inizialmente non doveva essere inclusa nella storia, che quindi si allungherà di un capitolo. A conti fatti, ne mancano 2 (più un epilogo? Non lo so, vedremo.).
Commentate numerose!! Un abbraccio
Giada
 
PS. Sono in periodo di esami, ne avrò uno questa settimana, quindi l’aggiornamento potrebbe ritardare. EFP è importante per me, ma devo dare la priorità all’università. Spero mi capiate. baci

 

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Capitolo 21
*** Il pranzo per farli conoscere ***


Cap. 21
Il pranzo per farli conoscere
 

 
Daffodil Street aveva l’aspetto di una via di un piccolo paese di campagna, piuttosto che di una via secondaria della periferia londinese. Tante villette a schiera si fronteggiavano lungo i due lati opposti della strada, speculari le une alle altre.
Le due file di abitazioni, intervallate da giardini coperti di neve appena caduta e da automobili parcheggiate nel vialetto, erano differenziate dagli addobbi natalizi, che conferivano personalità distinte ad ogni casa e donavano un tocco di colore alla via, dove il bianco della neve e il rosso dei mattoni regnavano incontrastati.
I più classici, forse coppie di anziani coniugi ormai affaticati dall’artrite, avevano appeso una ghirlanda di agrifoglio alla porta e fili di luci colorate  intermittenti lungo gli stipiti delle finestre. Altri, forse più giovani e atletici, avevano agghindato il grande abete che nelle giornate estive ombreggiava le finestre sul lato sud della casa.
Altri ancora, più eclettici, avevano posizionato sul tetto una renna gonfiabile, dal grosso naso rosso.
Proprio su quella renna dall’aspetto appariscente e pacchiano, si posò lo sguardo scettico di Draco, non appena lui, Hermione ed Altair uscirono da un vicolo stretto e buio, dopo essersi materializzati in un luogo che Hermione aveva assicurato essere sicuro.
Mentre Draco sollevava un sopracciglio, disapprovando vistosamente quello strano modo di addobbare la propria casa, i tre iniziarono a camminare lungo un marciapiede, avanzando cautamente sullo strato di neve gelata, rallentati da Draco che portava in braccio Altair in modo che la piccola non scivolasse sulla neve ghiacciata e non si facesse male.
Il lieve scricchiolio dei cristalli di neve ghiacciata accompagnava i loro passi, sovrastato di tanto in tanto dal rombo del motore di una macchina che sfrecciava sulla strada, portando gruppi di persone più o meno numerosi a casa di parenti o amici per festeggiare il Natale.
-Dobbiamo camminare fino al Polo Nord?-
Draco ruppe il silenzio, bilanciando meglio il peso di Altair tra le braccia, che si stringeva al collo del padre e giocava tranquilla con i suoi capelli lisci.
-No, ci siamo quasi.-
Draco annuì, poi la sua attenzione venne attirata da urla gioiose provenienti dal giardino che stavano costeggiando in quel momento. In un cortile ben curato, cintato da basse siepi di sempreverde, un gruppo di bambini era impegnato in quel momento in una battaglia a palle di neve, ingaggiata di comune accordo contro un povero padre indifeso, che aveva deciso di immolarsi per la causa e offrirsi come bersaglio per il divertimento delle piccole pesti di famiglia.
Mentre costeggiavano l’ennesimo giardino imbiancato dalla neve, con un piccolo abete appena nato addobbato da un lungo filo di luci, Hermione passò un braccio sotto quello di Draco, appoggiando la guancia contro il suo braccio, avvertendo il tessuto leggermente ruvido contro la propria pelle.
Era rimasta piacevolmente stupita quando Draco aveva accettato la sua proposta di passare il Natale con i propri genitori. Non solo perché erano babbani e Draco, nonostante avesse deciso di vivere fra loro, non aveva mai dimostrato di amare particolarmente quel mondo, bensì perché dopo quella risposta il confronto con Ron era stato inevitabile.
Ron aveva rimandato per mesi il momento in cui avrebbe dovuto incontrare i coniugi Granger, nonostante Hermione avesse espresso questo desiderio già da tempo. Aveva rimandato e rinviato per un numero infinito di volte, finché, esasperato e ormai con le spalle al muro, aveva acconsentito di malavoglia.
In ogni caso, gli incontri di Ron con i suoi genitori erano stati notevolmente circoscritti negli anni, sia per numero sia per durata, e non aveva mai capito se Ron si trovasse a disagio nel mondo babbano perché non ne comprendeva il funzionamento, oppure se semplicemente trovasse insopportabili i suoi genitori, indipendentemente dalla loro origine.
Gli aveva posto quella domanda numerose volte, ma lui non aveva mai risposto, sostenendo che era tutta un’impressione e un’esagerazione di Hermione e che lui non aveva nulla contro Jean e Philip.
Hermione non ci aveva mai creduto.
Ecco perché, nel notare il tentennamento di Draco, aveva subito pensato al peggio ed ecco perché era rimasta stupita dalla leggerezza e dalla tranquillità con cui Draco aveva accettato la sua proposta.
Come se non avesse problemi a mischiarsi con i babbani, come se lo facesse volentieri, come se lo facesse per lei.
-Grazie per essere venuto.-
Draco abbassò lo sguardo su di lei, che ancora camminava con la guancia premuta contro il suo bicipite, gli occhi fissi sul marciapiede per riuscire ad evitare tutte le lastre di ghiaccio che avrebbero potuto causarle una caduta al suolo davvero poco dignitosa.
Fu quasi tentato di sottolineare il doppio senso di quella frase, ma si trattenne pensando che Altair saltellava a meno di due metri da loro.
Era decisamente troppo presto per spiegarle perché non avrebbe mai dovuto dire ad un uomo, specialmente ad uno che come lui avrebbe fatto l’amore con la propria donna ad ogni ora del giorno, una frase del genere.
-Non è un problema.- si limitò invece a rispondere, sollevando le spalle con noncuranza. Sentì la stretta di Hermione intorno al proprio braccio intensificarsi e la guardò –Granger, non è che hai qualche ripensamento e ora mi dici che preferisci che me ne ritorni a casa, vero?-
-Oh, no, affatto!- Hermione scosse la testa con convinzione, alzando il viso per mostrargli il proprio sorriso, sinceramente entusiasta all’idea che Draco conoscesse i propri genitori. E Draco la conosceva fin troppo bene per non sapere che era la pura verità –Volevo solo dirti che se mia madre ti dovesse sembrare un po’ fredda… Beh, ecco, non farci caso e fai finta di nulla. Ignorala.- gli consigliò, indicando poi una casa a poco più di cinquanta metri da loro e tornando a camminare in silenzio.
Draco rimase a riflettere sulle parole di Hermione per qualche istante, poi, arrivato al limitare del giardino curato e dal vialetto, che  il padre di Hermione doveva aver caritatevolmente spalato quella mattina in vista dell’arrivo degli ospiti, la trattenne per un braccio, facendo cenno ad Altair di andare pure ad esaminare da vicino un buffo nano da giardino dal naso a patata.
Draco guardò la propria fidanzata –Merlino, gli faceva ancora un certo effetto  considerarla tale- con attenzione e un pizzico di fare inquisitorio.
-Sa chi sono, vero? Appena le hai detto come mi chiamo, lei ha capito chi sono e cosa ho fatto in guerra, vero?-  la sollecitò nuovamente, non avendo ricevuto risposta alla propria prima domanda, ed Hermione fece vagare lo sguardo tutto intorno, come cercando qualcosa su cui deviare l’attenzione di Draco, poi annuì, mortificata.
Le mani di Draco, che prima stringevano delicatamente le mani di Hermione, salirono fino alle spalle e la scrollarono appena.
-Togliti quell’espressione da funerale dalla faccia, o tuo padre penserà che ho fatto chissà che!- la rimproverò. All’occhiata di Hermione, che silenziosamente stava aspettando una qualche reazione a ciò che gli aveva detto riguardo al comportamento che probabilmente sua madre avrebbe tenuto nei suoi confronti, Draco si mostrò ancora una volta indifferente, distaccato, assolutamente non intaccato da quelle parole.
–Non me ne importa nulla, Granger, di quello che pensa tu madre.- avendo percepito il proprio tono di voce, Draco tentò di addolcirsi, consapevole che non avrebbe apprezzato che qualcuno parlasse così di sua madre. –Non volevo offenderla, ma non mi interessa se pensa che sono un criminale o peggio. Io so cosa ho fatto, so cosa sono stato, so che sono stato un Mangiamorte. Me lo ricordo ogni istante della mia vita, puoi credermi. E lo ricordano anche gli altri. Una donna in più o in meno non mi cambia la vita.- le confessò con brutale sincerità.
Hermione si strinse contro di lui, appoggiandosi al suo torace asciutto e stringendogli le braccia intorno alla vita. Draco si sentì immediatamente più rilassato.
-Quello che mi importa, è se quello che pensa tua madre è un problema per te, qualcosa che ti potrebbe far venir voglia di mollarmi in tronco con un calcio in culo.- le disse, con un sorriso angelico in risposta all’occhiataccia di rimprovero di Hermione per quell’espressione colorita.
–Ti vergogni di me per quello che sono stato?-
-No!- la risposta di Hermione suonò indignata al solo pensiero che lui potesse pensare qualcosa di simile di lei.
-Bene. Ti vergogni di farti vedere con la figlia di un Mangiamorte?-
-NO!-
-Bene. Mi ami?-
Hermione aprì la bocca come un pesce fuor d’acqua. Non si aspettava una domanda simile nel bel mezzo di una discussione di quel tipo. Rimase immobile nella propria indecisione, mentre Draco sorrideva di un sorriso vittorioso, lo stesso che assumeva spesso quando si compiaceva per averla spiazzata.
Le passò un braccio attorno alle spalle, allungò una mano verso Altair, che corse verso di lui e la strinse senza remore, poi si incamminò verso la porta.
-Lo prendo come un sì.- le mormorò all’orecchio, prima di staccarsi da lei e bussare alla porta.
 
Qualche minuto di attesa e il rumore dei tacchi bassi di sua mare sul parquet dell’ingresso furono più che sufficienti per mettere Hermione in agitazione. Si immaginava gli sbuffi infastiditi e insofferenti della madre al di là della porta in quercia, così come poteva benissimo immaginare il modo in cui suo padre stava probabilmente roteando gli occhi.
Si ritrovò a stringere la mano di Draco con forza senza quasi accorgersene, alla ricerca di calore e sostegno, incoraggiamento e amore. Draco sollevò le loro mani intrecciate all’altezza del viso e le baciò il dorso, proprio nell’istante n cui la porta si apriva e lo sguardo di Jean e Philip si posava su di loro.
Hermione desiderò ardentemente sprofondare.
 
 
La prima cosa che Philip pensò, quando aprì la porta e vide il gesto affettuoso e confidenziale che univa Hermione e il suo fidanzato, fu che quel tipo dai capelli biondi, le spalle larghe e gli occhi grigi stava lanciando alla sua bambina un’occhiata davvero troppo lasciva e carica di lussuria.
Si riprese immediatamente, soffocato da una massa di riccioli castani e morbidi, stritolato tra le braccia della figlia che gli stava augurando buon Natale. Si fece  educatamente da parte e fece entrare i suoi ospiti.
Per qualche istante la confusione regnò sovrana, giusto per il tempo necessario affinché Hermione abbracciasse la madre, facesse apparire qualche regalo e una bottiglia di vino per il pranzo e invitasse Draco ed Altair ad appendere i cappotti.
Poi vi fu un momento di silenzio e di sguardi incrociati, durati non più di dieci secondi, ma che ad Hermione parvero un’eternità.
Gli occhi chiari di Jean vagarono indagatori sull’uomo biondo e sulla figlia. La somiglianza era lampante, nel colore dei capelli, nei tratti del viso, nella carnagione chiara, nella postura in generale. Due goccia d’acqua, che si differenziavano solo per il colore degli occhi.
Ha gli occhi della madre,  pensò con un pizzico di acidità, prima di notare che gli occhioni con cui la bambina la stava guardando erano colmi di agitazione e di dolcezza, la stessa dolcezza che avevano quelli di Hermione quando era piccola e che non avevano mai perso del tutto.
-Io sono Altair.- si presentò la piccola –Tu sei la mamma di Hermione, vero? Sei molto bella.-
Jean rimase stupita dalla loquace gentilezza della piccola. Aveva immaginato che fosse scorbutica, capricciosa, indisponente, viziata, di certo non dolce e tenera, assolutamente adorabile nel modo in cui teneva la mano al padre e muoveva il piedino calzato da una scarpetta di vernice.
-Ciao, io sono Philip, il papà di Hermione.-
Il marito intervenne per rompere quell’atmosfera tesa, facendo una carezza ad Altair sulla testa e regalandole un bel sorriso, tendendo poi la mano verso il mago, salutandolo con una vigorosa stretta di mano.
-Piacere, Draco Malfoy.-
Dopo aver notato, con un pizzico di sollievo, che il padre di Hermione indossava un discreto cardigan color turchese sopra una camicia nera come i pantaloni –nulla a che vedere con Bill, l’uomo dall’orripilante maglione con le renne-, Draco spostò lo sguardo sulla madre di Hermione, che gli tese, riluttante, la mano.
Aveva gli stessi capelli di Hermione, ma il viso era più severo, magro, e gli occhi decisamente più chiari, di un color nocciola striati di verde scuro, belli, ma incredibilmente accusatori in quel momento.
-Piacere.- biascicò tra i denti la padrona di casa, ritirando la mano e facendo segno a tutti di seguirla in soggiorno, dove prese posto su una poltrona, gemella di quella su cui si sedette il marito, e lasciando a lui, Altair ed Hermione il divano.
-Scusala.- gli mormorò Hermione ad un orecchio, dispiaciuta, ma Draco sollevò le spalle.
 
Cos’era un occhiata malevola in più, quando ne aveva già ricevute bizzeffe negli anni di scuola e nei mesi dopo il processo?
 
-Questa sei tu, Hermione?-
La vocina di Altair, incuriosita come sempre, attirò l’attenzione generale su un angolo del soggiorno dove, sopra uno scrittoio dall’aria antica, erano state esposte numerose fotografie, che ritraevano soggetti differenti in differenti occasioni.
-Altair, vieni qui. Non è…- la richiamò subito Draco, temendo che una figlia curiosa e un po’ ficcanaso non fosse l’ideale per migliorare l’opinione che Jean aveva di lui. Non che gli importasse poi molto, ma sapeva che Hermione ci teneva, lo capiva da come si era irrigidita sul divano nel notare gli sguardi inquisitori che la madre gli stava lanciando.
-Non ti preoccupare.- il tocco di Philip sulla spalla lo sorprese, così paterno e incoraggiante com’era. –Guarda pure le foto, Altair, non c’è alcun problema.-
Sorrise alla bambina, che gli sorrise di rimando, tornando ad esaminare tutto ciò che vedeva in giro.
-Dimmi, Draco, tu di cosa ti occupi?-
Il tono di Philip, oltre che gentile, educato ed incoraggiante, gli parve anche sinceramente interessato e Draco considerò che sarebbe stata vera maleducazione ignorarlo. Il mago ringraziò internamente di avere una risposta che non fosse “Vivo di rendita con i soldi che mio padre ha accumulato in tanti anni di loschi traffici e attività criminali”.
Grazie Merlino.
-Scrivo per una rivista sportiva, mi occupo di Quidditch. Sa, è…-
Pronto a dare spiegazioni all’uomo su cosa fosse il Quidditch, Draco venne interrotto dal luccichio estasiato che illuminò lo sguardo scuro dell’uomo, identico a quello di Hermione quando parlava dei propri studi, e dal modo in cui si era piegato in avanti, i gomiti puntellati sulle ginocchia, per ascoltare meglio.
-È quello sport così emozionante, giusto? Quello che si gioca sui manici di scopa, giusto?- un po’ frastornato da tutto quell’inaspettato entusiasmo, Daco annuì –Oh, io lo adoro! Non ho mai giocato, ovviamente, ma trovo sia assolutamente affascinante!-
-Papà ha una passione per il Quidditch.- gli spiegò Hermione, scuotendo la testa rassegnata.
-E dimmi, Draco, per quale rivista scrivi?-
-Qu…- Draco incespicò nelle parole. Raramente gli era capitato che qualcuno mostrasse un tale interesse per la sua attività di giornalista sportivo, non tanto perché la professione in sé suscitasse poca curiosità, quanto perché era lui a svolgerla. –“Quidditch Today”.- rispose infine.
-Mi piacerebbe leggere quello che scrivi. E poi sono davvero affascinato dalle vostre foto che si muovono, quelle che mettono sempre sui vostri giornali: sembra proprio di essere lì.-
Jean annuì seccamente in risposta allo sguardo carico di sollecitudine del marito, mentre Hermione ridacchiava per quella passione strampalata del padre. Lei, onestamente, non trovava nulla di affascinante in un manico di scopa e qualche palla volante.
Un colpo di tosse discreto attirò l’attenzione generale. Draco lanciò un’occhiata prima a lei, poi al padrone di casa. Si schiarì nuovamente la voce. Aveva la bocca secca.
-Magari potrei mandarle una copia della rivista, se vuole.- propose, titubante.
Non aveva mai incontrato i genitori di una sua fidanzata in veste ufficiale. La maggior parte delle sue storie non erano durate abbastanza da arrivare ad un passo di tale rilievo, al contrario i genitori di Astoria lo conoscevano praticamente da sempre, quindi non c’era mai stata una presentazione ufficiale.
E ringraziava Merlino, perché era davvero estenuante.
-Oh, sì, mi piacerebbe molto, Draco.-
Contento come un bambino, Philip si alzò e andò a versare a tutti un drink, portando poi un succo di frutta anche per Altair. Draco si stupì di tutta quella gentilezza verso di sé, di quella piccola attenzione verso Altair e del fatto che avesse considerato poco carino che loro bevessero lasciando lei a bocca asciutta.
Un cigolio del divano lo fece voltare verso Hermione, che gli si era avvicinata un po’, appoggiandogli una mano sulla coscia, in un gesto intimo e tremendamente piacevole e rassicurante.
-Sei stato carino a promettere una copia del tuo giornale a mio padre.-
-Non è male, tuo padre.- le mormorò a bassa voce, osservando l’uomo che si era piegato in avanti e ascoltava il chiacchiericcio di Altair, rispondendo alle sue domande. Al contrario, Jean sembrava seduta su un letto di spine e chiodi, almeno a giudicare da come stava ritta in poltrona, gli occhi fissi su di lui.
Una spina di fastidio si conficcò nel fianco di Draco.
Forse Jean lo riteneva un avanzo di galera che meritava solo di stare nel fango in cui aveva sempre sguazzato, ma non capiva proprio, nemmeno lui che per tanti anni non si era mai fatto problemi a palesare il proprio disprezzo per tutto e tutti, che bisogno ci fosse di far pesare questa opinione ad Hermione, proprio il giorno di Natale, anche sapendo quanto ci tenesse.
Era stato fin troppo bravo.
Lanciò un’occhiata di sfida alla donna, mise una mano sulla coscia di Hermione, là dove il vestito lasciava scoperta una generosa porzione di gambe, celata solo dalle collant leggere, e le diede un bacio sulla bocca leggermente colorata di rossetto color pesca, lieve, un semplice contatto tra labbra.
Senza lingua, come avrebbe detto Nott senza troppi formalismi.
Lieve, sì, ma lungo ed intenso.
Avvertì le dita di Hermione sfiorargli la nuca e la guancia, poi si staccò da lei con un basso schiocco appena udibile.
Dei passi annunciarono che Jean era andata in cucina.
-Adesso basta.- lo sgridò Hermione con un sorriso –L’abbiamo fatta arrabbiare abbastanza.-
Draco sorrise, soddisfatto di quel piccolo dispetto perfettamente riuscito, poi si voltò verso il signor Philip, che gli rivolse uno sguardo di divertito rimprovero, e lo coinvolse in una conversazione sul Quidditch. Involontariamente, lo sguardo di Draco andò a posarsi su un vecchio orologio in bronzo appeso alla parete.
Sua madre doveva essere appena arrivata al San Mungo.
 
***
 
All’ultimo piano del San Mungo, le porte metalliche dell’ascensore si aprirono. Una donna dal portamento fiero uscì, camminò a passo deciso e impaziente fino all’ultima porta in fondo al corridoio e, senza altro saluto che un cenno secco del capo rivolto alle due guardie carcerarie che sorvegliavano la stanza 810, entrò.
Immersa nella luce opaca di una cupa giornata invernale e piovosa, la stanza appariva ancor più tetra di quanto non fosse solitamente, anche a causa dell’assenza di decorazioni, quelle che invece rallegravano il resto dell’ospedale e gli donavano un tocco di colore.
A letto, con la schiena sprofondata nei cuscini bitorzoluti e puliti, un uomo biondo riposava ad occhi chiusi, la pelle tirata sugli zigomi magri e i capelli biondi che gli incorniciavano, spenti e fin troppo sottili, il viso dai lineamenti aristocratici e spigolosi.
Abbandonati il cappotto e un piccolo pacchetto incartato sulla piccola sedia sbilenca posta accanto alla porta, la donna si avvicinò al letto, sedendosi sulla sponda e accarezzando il volto dell’uomo.
-Lucius.- a quel sussurro lieve, appena udibile come se non volesse disturbarlo, il mago aprì gli occhi, sorridendo debolmente non appena ebbe messo a fuoco la figura celestiale che stava chinata su di lui, accarezzandogli con dolcezza infinita la guancia.
-Cissy.-
Narcissa sorrise al marito, poi si chinò in avanti per dargli un bacio sulle labbra secche e screpolate, spaccate in più punti per la malattia e per il lungo soggiorno ad Azkaban, che aveva lasciato la propria impronta in ogni tratto del suo bel viso.
-Buon Natale.- gli augurò la donna, accarezzando il dorso della mano magra, molto più scheletrica di quanto non ricordasse.
Gli occhi di Narcissa si inumidirono, ma Lucius li asciugò con la punta delle dita.
-Puoi tornare a casa, se vuoi. Non sei obbligata a stare qui anche a Natale.- le suggerì l’uomo.
Gli faceva immensamente male vederla piangere, vedere quei bellissimi occhi azzurri offuscati dalle lacrime e sapere di non poter fare assolutamente nulla per evitarlo.
Si sentiva debole.
-Oh, razza di stupido!- sbottò Narcissa a denti stretti. Lucius sgranò gli occhi davanti a tanta trivialità. –Piango, perché è proprio qui che voglio essere e vorrei poterci rimanere molto di più.-
Lucius sorrise, poi aprì le braccia, attendendo che sua moglie accettasse quel muto invito. Pochi attimi dopo, si ritrovò a stringerla contro di sé con tutta la forza che riuscì a raccogliere nel proprio corpo debole.
-E dimmi- le disse, posandole un bacio sulla nuca, inspirando a fondo il profumo dei suoi capelli puliti, lavati di fresco –come sta la mia nipotina? E Draco? Sta bene Draco?- domandò con apprensione paterna.
-Sta benissimo. È molto felice, in questo periodo.-
Pur sapendolo in una casa babbana impegnato a fare conoscenza con i genitori babbani di Hermione, Narcissa non ebbe alcun dubbio su ciò che aveva detto e sulla felicità del figlio. Tuttavia, non ritenne opportuno raccontare al marito tutti i dettagli della relazione tra Draco ed Hermione, con il rischio di provocargli un colpo apoplettico o una crisi di iperventilazione. Avrebbe aspettato che uscisse di prigione.
Perché di questo era assolutamente certa: avrebbe tirato fuori suo marito di prigione, anche a costo di corrompere, minacciare e maledire tutto il Wizengamot.
 
***
 
A tavola, mentre aveva modo di apprezzare le capacità culinarie di Jean Granger, Draco si ritrovò a ringraziare più volte la parlantina che Hermione doveva aver ereditato dal padre. Le loro chiacchiere sopperivano largamente al silenzio della donna, che si limitava a lanciargli occhiate al vetriolo di tanto in tanto.
La situazione non gli causava particolari fastidi, dopotutto Serpeverde non era una Casa che brillava per la propria cordialità e per l’atmosfera cameratesca, ma non aveva potuto non notare che Hermione, al contrario, sembrava esserne molto dispiaciuta.
E lui odiava vederla così abbattuta, gli rammentava con troppa chiarezza come l’aveva già vista soffrire per causa propria.
Terminato il tacchino ripieno con salsa di mirtilli, dopo che Draco ebbe sviscerato con Philip i procedimenti per le selezioni delle squadre di Quidditch della scuola, Jean si alzò per sparecchiare. Raccolse i piatti sporchi e si eclissò in cucina.
Draco, vedendo Hermione in procinto di alzarsi per raggiungere la madre in cucina, la precedette. Si alzò fulmineo e con una mano sulla sua spalla, sospinse Hermione a tornare seduta.
-Scusatemi un momento.- disse, gli occhi che saettarono per un istante sulla porta chiusa dietro cui era sparito il suo bersaglio, un gesto che non sfuggì agli occhi e all’istinto allenato di Hermione, capace di captare guai in vista a molti chilometri di distanza.
Draco sorrise di quel lampo di preoccupazione che scorse nei suoi occhi scuri, probabilmente timorosa che una civile discussione tra Draco e Jean potesse trasformarsi in una lite all’ultimo sangue.
-Tranquilla.- la rassicurò, chinandosi verso di lei, mentre posava il tovagliolo accanto al proprio piatto –Rimanderemo la parte in cui ci lanciamo i coltelli a dopo il dolce.-
Hermione, che evidentemente non aveva apprezzato la battuta sarcastica di Draco, assottigliò gli occhi in atteggiamento minaccioso, ma non disse nulla.
Draco rivolse un cenno del capo al capofamiglia, congedandosi educatamente dalla tavola, e con incedere lento e rilassato si diresse in corridoio, seguendo il tintinnio delle stoviglie.
 
 
In cucina, Jean era immersa nei propri pensieri.
La bambina era assolutamente deliziosa, completamente l’opposto della mocciosa viziata e spocchiosa che aveva immaginato. Nonostante la vivacità e la curiosità, la sua educazione traspariva in ogni suo gesto, dal modo in cui stava seduta composta a tavola, al modo in cui chiedeva sempre  per favore  e diceva sempre  grazie, il sogno di molti genitori.
La nota dolente della giornata era il padre. Jean aveva immaginato che si sarebbe dovuta scontrare con lo stesso ragazzo che qualche anno prima occupava, con la propria foto di Mangiamorte appena assolto, con occhiaie profonde e tagli ancora freschi sul volto, le prime pagine di molti giornali magici.
Al contrario, si era trovata di fronte un giovane uomo elegante, la cui fierezza traspariva da ogni gesto o postura, altezzoso ma mai maleducato, orgoglioso ma non arrogante. E, doveva ammetterlo, decisamente ricco di fascino e di quel tipo di bellezza magnetica e pericolosa.
Nessuna sorpresa, in fondo, che Hermione si fosse presa una sbandata per lui. Ma che ne fosse persino innamorata, le pareva davvero eccessivo.
Che fine avevano fatto tutte le lacrime che aveva versato perché quelli come lui la facevano sentire inferiore?
Che ne era stato degli stenti della guerra, patiti perché quelli come lui avevano deciso di darle la caccia come un animale?
Dove era sparito tutto il disprezzo reciproco che li aveva uniti, unico sentimento tra la vasta gamma di sentimenti umani, per tanti anni?
-Io non le piaccio.-
Nonostante avesse udito la porta aprirsi e richiudersi, Jean rimase comunque stupita dalla voce che sentì alle proprie spalle. Si sarebbe aspettata Hermione, venuta a portare le ultime posate sporche e a sottolineare la sua mancanza di cortesia verso gli ospiti, oppure Philip, che per l’ennesima volta le ripeteva di essere più clemente e gentile.
Certo, non avrebbe mai immaginato di udire quella voce morbida, vagamente roca in un modo che lo faceva apparire costantemente lascivo, avvolgente eppure gelida nella propria convinzione di superiorità.
Continuando a riporre la stoviglie sporche nella lavastoviglie, Jean gli lanciò un’occhiata sbieca al di sopra della spalla.
Quella di Draco non era stata una domanda, tuttavia lei ritenne necessario togliere ogni dubbio.
-No.- confermò, esaminando in modo particolareggiato l’uomo davanti e lei, il fidanzato della sua Hermione.
Giacca nera, camicia nera, pantaloni neri, scarpe di pelle nera, la cui fattura pregiata era intuibile già a metri di distanza. A braccia incrociate strette al petto, in una posa indolente e annoiata, era appoggiato alla parete, le caviglie sormontate, e la fissava, negli occhi grigi il nulla più assoluto. Jean lo trovò vagamente inquietante, completamente vestito di nero, con i capelli chiarissimi e la carnagione pallida che spiccavano come latte in un mare d’inchiostro.
Alla sua conferma secca, Draco annuì lentamente.
-Nemmeno a me piace lei, se è questo che la preoccupa.-
Jean si asciugò le mani in uno strofinaccio, raddrizzando la schiena e alzando il mento, indispettita dal tono strafottente e sarcastico di cui era intrisa quella frase.
-E giusto perché lo sappia, non sono particolarmente interessato all’opinione che ha di me. Tanto più che, da quanto so, non si è nemmeno premurata di ascoltare quello che sua figlia ha da dirle sul mio conto.-
-I giornali sono stati sufficientemente esaurienti sul suo conto, signor Malfoy.- replicò, stizzita.
La stava forse accusando di superficialità?
-Oh, immagino.- rise Draco, di una risata gutturale e pericolosa, pesantemente sarcastica e scettica –Quindi lei crede che io sia un criminale, un assassino, che stia usando mia figlia per creare una nuova stirpe di Mangiamorte.-
Non era una domanda.
Da come Jean abbassò lo sguardo per un fugace attimo, Draco comprese che l’abbonamento alla Gazzetta del Profeta fosse ancora valido e che la donna davanti  a lui avesse letto più che dettagliatamente l’articolo di Rita Skeeter, prendendo come oro colato tutto ciò che vi era scritto.
Buffo come invece Hermione non avesse mai preso in considerazione tutte quelle fandonie.
-Non so- suggerì in tono distratto –magari crede anche che io abbia marchiato mia figlia come una bestia?-
Hermione doveva aver ereditato da loro la passione –forse persino l’ossessione- per la conoscenza, così Draco non ebbe alcun dubbio sul fatto che la propria interlocutrice sapesse cosa si intendesse per  marchiare  una persona.
Jean rabbrividì appena a quell’ipotesi mostruosa e ancor più rabbrividì per aver anche solo pensato che un padre, seppure un padre come lui, con quel tipo di passato oscuro alle spalle, potesse compiere un simile abominio sulla propria figlia.
-In ogni caso, non mi interessa.- riprese Draco, un gesto vago e incurante della mano che fendette l’aria –Pensi di me quello che le pare, non mi tocca minimamente la sua opinione.-
Jean fremette nell’udire il tono superbo e arrogante dell’uomo, nello scorgere il lampo di assoluto menefreghismo nei suoi occhi.
Come aveva potuto pensare che fosse persino educato?
-Tuttavia dimentica una cosa molto importante.-
-A Natale siamo tutti più buoni?- suggerì la donna, pesantemente ironica.
-Oh, no, questa smancerie le lascio ai Grifondoro come Hermione.-
Jean scorse una piega insospettabile sulle labbra rosee dell’uomo di fronte a sé.
 
Era forse un sorriso nel pensare ad Hermione?
Era forse un sorriso divertito, dolce, innamorato?
 
-Io mi riferivo al fatto che si sta dimenticando di sua figlia.-
-Non potrei mai dimenticarmi di Hermione. Come osi?- la protesta di Jean si spense, sfracellandosi contro il sorriso sardonico di Draco.
-Si sta dimenticando che anche se io posso sembrarle un criminale, un assassino, un cafone, un essere indegno, uno stronzo che meriterebbe solo di sguazzare nel fango più putrido…- Draco sputò quei termini ad uno ad uno, senza nessuna inflessione nella voce che non fosse il gelo.
Jean si chiese quando si fosse fatto così vicino, tanto vicino che ebbe quasi l’impressione di sentire il suo sibilo soffiarle sul viso.
-Nonostante queste  lusinghiere  idee che lei si è fatta su di me senza nemmeno darsi la pena di conoscermi, Hermione è innamorata di me.- un lieve sorriso trionfante gli illuminò il viso congestionato dalla rabbia –Forse lei lo trova disgustoso, ripugnante, abominevole e quant’altro, ma le cose stanno così. Noi ci amiamo e stiamo bene così. Insieme.- specificò.
Non c’era alcun dubbio o incertezza nella sua voce. Poi, quella nota di dolcezza che aveva ammorbidito la sua voce mentre parlava della propria relazione con Hermione scomparve, la linea della mascella si fece serrata e la sua voce si ridusse ad un sibilo minaccioso.
–Come ha detto lei, oggi è Natale, ed Hermione desidera trascorrerlo con voi e con me e mia figlia. Quindi ora lei si stampa in faccia un bel sorriso, prende il dolce e lo porta di là. Poi mi fa il piacere, ma lo fa soprattutto a sua figlia, di essere gentile e carina con me, di non far pesare ad Hermione il fatto che mi disprezza e la fa felice. Sono stato abbastanza chiaro?-
Jean fu tentata di rispondergli che nessuno, nemmeno un mago dotato di una bacchetta potenzialmente letale, poteva permettersi di parlarle in quel modo in casa sua, ma la luce che illuminava i suoi occhi la fece desistere. Non era rabbia, odio, violenza, follia.
E Jean capì.
Forse Draco era davvero maleducato, cafone e arrogante come aveva pensato; forse la sua educazione era solo una facciata di circostanza; forse si sarebbe fatto una doccia appena tornato a casa per eliminare i germi babbani; forse era troppo sicuro di sé, con metodi poco ortodossi e per nulla condivisili.
Forse aveva davvero un pessimo carattere.
Ma se era andato lì in cucina, se l’aveva provocata, se non aveva fatto una piega davanti alla conferma che lei provava un totale ribrezzo verso chi condivideva un passato come il suo, se l’aveva sottilmente minacciata affinché facesse esattamente ciò che voleva lui, ecco, l’aveva fatto solo per Hermione.
Perché la voleva vedere contenta, le voleva regalare un Natale proprio come lo desiderava lei, con la sua famiglia, sia quella di sangue sia quella che si era scelta in un piccolo paesino dell’Oxfordshire.
Jean venne colpita da quella pesante comprensione come se le avessero tirato una palla in pancia.
L’uomo che aveva davanti non stava usando Hermione per loschi scopi come aveva pensato, non la stava usando nemmeno come svago sessuale come aveva temuto nel notare lo sguardo di perenne lussuria con cui la guardava.
Quello che aveva davanti era un uomo innamorato, che stava con Hermione perché l’amava.
Realizzarlo, per Jean, fu assolutamente sconvolgente, tanto da lasciarla senza fiato, senza la capacità di dire alcunché mentre Draco le voltava le spalle e, come se non si fossero detti nulla, prendeva il dolce che attendeva sul tavolo e lo portava in sala da pranzo, dove un applauso accolse la portata più attesa.
Jean prese un bel respiro e li raggiunse, accomodandosi a tavola e sorridendo al marito, che la guardava interrogativo, sperando in una spiegazione che gli rivelasse di cosa avessero parlato in cucina tutto quel tempo. La donna scosse la testa, rimandando a più tardi.
-E dimmi, Draco- esordì con noncuranza, come riprendendo un discorso avviatosi in precedenza in cucina e provocando un’occhiata vagamente preoccupata di Hermione –qual era la tua materia preferita d Hogwarts?-
-Pozioni- rispose senza alcuna esitazione Draco –soprattutto i primi anni. Sa, Piton era un professore eccellente.-
Hermione grugnì di disappunto. Sapeva che Draco aveva apprezzato quella materia solo ed esclusivamente perché Piton favoriva sfacciatamente lui e i suoi compagni di Casa; molto probabilmente, quella era stata, anzi, la materia che aveva odiato di più, costringendolo a stare a contatto con ingredienti dall’aspetto disgustoso e dall’odore rivoltante, indegne per un principino viziato come lui.
-Ma anche Incantesimi non mi dispiaceva affatto. Esclusi i primi anni, che sono stati davvero banali, ha affrontato alcuni argomenti molto stimolanti.-
Hermione ridacchiò nascondendo il viso nel piatto, ricordando come durante quegli  anni banali, come li aveva chiamati lui, Draco aveva avuto anche difficoltà a far Levitare la sua piuma. Era borioso come al solito.
Draco le lanciò un’occhiata indispettita, poi proseguì nel proprio discorso, riuscendo a coinvolgere, di tanto in tanto, persino Jean, forse incuriosita da dettagli che Hermione non aveva mai ritenuto interessante spiegarle.
Hermione si concesse un sospiro di sollievo.
 







SONO TORNATA!!
  
Buonasera, mie care e pazienti lettrici!
Solo una piccola nota: ho cancellato l'avviso e così sono andati persi i commenti di chi aveva commentato e mi aveva fatto sentire il proprio sostegno. Ho risposto ad ognuno, grazie per la pazienza.
Aspetto i vostri commenti, sperando che questo capitolo mi abbia fatto perdonare per il mostruoso ritardo.
Un bacione e tanti abbracci
Giada
  
PS. Ho avuto l’idea di scrivere, al termine di questa ff, una serie di spin-off (si dice così??), one-shot o drabble o altro, legate alla storia, magari momenti che non ho raccontato. Che ne dite?

 

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Capitolo 22
*** Il pranzo per farli conoscere - Parte II ***


Cap. 22
Il pranzo per farli conoscere
Parte II

 

 
Mentre l’acqua della doccia spandeva nella casa silenziosa lo stesso piacevole suono di una cascata che scrosciava sulle rocce, Hermione aiutò Altair a svestirsi e a indossare il pigiama di flanella blu e le rimboccò le coperte. La piccola Malfoy si accoccolò comodamente sotto il piumone, gustando deliziata il tepore delle coperte, e trattenne Hermione per una mano.
La strega sorrise, intenerita. Altair era un amore.
 
-Hermione, mi aiuti a mettere il pigiama?-
Hermione aveva annuito, poi l’aveva presa in braccio e portata al piano superiore, sentendo la testa calda della piccola abbandonata mollemente contro la propria spalla. Forse dormiva già.
-Io vado in camera.- l’avvertì l’inconfondibile tono strascicato di Draco –Magari puoi aiutarmi a togliere i vestiti.- le propose a voce bassissima, suadente, poi la sospinse in camera della figlia, dando un bacio lieve ad entrambe.
 
Quando la stretta della bambina intorno alla propria mano si allentò e il respiro si fece regolare e lento, calmo, Hermione le sistemò le coperte e le diede un bacio sulla fronte. Uscì e si diresse senza esitazioni in camera di Draco, per salutarlo prima di andare a casa. La tensione iniziale di quel pranzo di Natale e l’ostinazione di sua madre l’avevano spossata e ora desiderava ardentemente una bella dormita riposante.
Quando aprì la porta e vide cosa –chi-  le si era parato di fronte, capì che nessuno dei suoi precedenti progetti si sarebbe realizzato.
Draco era già tornato in camera, ed Hermione si domandò come non avesse notato che l’acqua della doccia aveva smesso di produrre quello scroscio inconfondibile.
Con solo un asciugamano intorno alla vita stretta, il petto e le gambe ancora bagnate, su cui scorrevano luccicanti gocce d’acqua, Draco si stava frizionando i capelli con un asciugamano altrettanto piccolo. Quando la vide, si interruppe e gettò quel piccolo pezzo di tessuto spugnoso in un angolo, offrendole lo spettacolo dei suoi bei capelli biondi, insolitamente scompigliati, che gli incorniciavano il viso affilato.
-Ehm.- fu tutto quello che riuscì a dire.
 
Oh, complimenti, Hermione, davvero un commento intelligente.
 
-Ci hai messo un sacco di tempo.- le fece notare con disappunto, come rimproverandola per qualche grave mancanza in ambito accademico –Mi sono dovuto arrangiare da solo.- le disse, indicando con un dito i vestiti che aveva ammucchiato sulla poltroncina accanto alla finestra.
-Allora non c’è alcuna ragione per cui debba rimanere. Credo che andrò a casa a farmi una bella dormita riposante.-
Hermione gli voltò le spalle e si diresse verso la porta. Sulla soglia, venne raggiunta da qualche contrariato colpo di tosse. Guardò Draco al di sopra della spalla e lo vide fissarla indispettito, la braccia conserte e le gambe divaricate, in una posizione ostinata e combattiva.
-Sì?- domandò educatamente, deliziata nel vederlo sempre più infastidito ad ogni secondo che passava senza che la sua precisa volontà venisse esaudita.
-Non costringermi a venirti a prendere fin lì.- la minacciò.
Hermione roteò gli occhi, esasperata nel vedere tanta infantile ostinazione in un uomo che si supponeva fosse adulto. Tuttavia non se ne andò. Spinse la porta con una mano in modo che si chiudesse alle sue spalle e andò verso Draco.
Si scontrò con il suo corpo asciutto e scattante e, mentre gli baciava le labbra con dolcezza, cercando di arginare l’evidente foga che permeava i gesti del mago, sciolse il nodo con cui aveva bloccato l’asciugamano e lo fece cadere sul pavimento.
-Mai stuzzicare il drago che dorme.- le ricordò Draco, un mugugno a stento distinguibile nel modo in cui si ostinava a non volersi staccare dalla sua bocca.
-Hai detto qualcosa?- domandò ironica Hermione.
Draco, le mani saldamente artigliate alle sue spalle, la staccò fermamente da sé, scrutandola negli occhi con brama crescente nelle iridi chiare e con desiderio ormai evidente nel corpo.
-Sì. Toccami.-
Hermione si stupì di non provare alcun turbamento nel modo in cui Draco le aveva posto un invito così esplicito. Anche se istintivamente non aveva potuto far a meno di notare che Draco non usava mai mezzi termini né si preoccupava di mettere un filtro ai propri desideri riguardanti la sfera sessuale, dentro di sé Hermione aveva subito percepito che quello che le aveva rivolto non era stato un invito osceno, sporco, di cui vergognarsi.
Aveva solo espresso il desiderio di sentirla, di giocare con lei, di non limitarsi a fare l’amore con lei in modo convenzionale, noioso, ripetitivo.
Voleva che tutto, con lei, fosse indimenticabile, unico, prezioso.
Il rumore della cerniera del proprio vestito che veniva abbassata la riscosse.
Draco arricciò il vestito rosso fino alla vita e le abbassò il reggiseno di pizzo, toccandole il seno con urgenza, con ponderata violenza, mentre con l’altra mano ammucchiava il vestito di Hermione a terra e l’aiutava a calciarlo in un angolo, dove non avrebbe potuto essergli di impiccio.
Quando avvertì una mano di Hermione posarsi sui propri glutei e l’altra chiudersi attorno al suo membro e toccarlo con desiderio, proprio come le aveva chiesto, Draco proruppe in un ansito sorpreso e languido. Gemette piano, premendo la bocca contro il collo di Hermione.
-Merlino…- mormorò con voce rotta di piacere, sentendo che i gesti di Hermione non sembravano intenzionati a rallentare.
-Veramente sono Hermione.- gli rammentò la strega e lui le morse il labbro inferiore, trattenendolo tra i denti candidi, stretti nel tentativo di limitare i propri versi di eccitato apprezzamento a ciò che Hermione gli stava facendo.
-Non è… il momento… di scherzare.- le disse con fatica.
Hermione annuì, dandogli stranamente ragione senza protestare. Quando le dita di Draco artigliarono la sottile stoffa delle sue mutandine, chiuse gli occhi e posò la testa sulla spalla di Draco, avvertendo quelle stesse dita che iniziavano a toccarla con delicata urgenza.
-È da quando ti ho visto stamattina, che desidero farlo.- le confessò, continuando ad accarezzarla e toccarla con amore e attenzione, mentre con fatica recuperava la bacchetta e sigillava e insonorizzava la stanza.
Arretrando con circospezione, si sedette sul letto e trascinò Hermione sopra di sé, continuando a baciarla in mille modi diversi, leccandole le labbra prima di affondare nella sua bocca, esplorandola a fondo prima di riemergere e limitarsi a semplici e delicati sfioramenti di labbra dischiuse, che anelavano disperatamente un bacio in più.
 
L’amore con Hermione non era mai uguale.
 
 
***
 
 
In cucina, sovrastando il tintinnio di stoviglie e il sobbollire del cibo in pentola, l’aria densa di profumi era pervasa dalle chiacchiere delle tre donne che si affaccendavano intorno ai fornelli.
Hermione stava mescolando in pentola un sugo alle olive, una ricetta italiana che era sempre stata il suo cavallo di battaglia; Ginny, i capelli rossi raccolti da piccole forcine in perfetto contrasto con l’abito di lana azzurra che indossava, affettava il pane e controllava di tanto in tanto la cottura dell’arrosto; Luna, con un’eccentrica camicia gialla e viola con maniche a pipistrello, sistemava tartine e stuzzichini su qualche vassoio.
Dal salotto, giungevano le chiacchiere concitate di Harry e Neville riguardo l’ultima partita del campionato di Quidditch.
Si erano ritrovati a casa di Hermione per il pranzo di Santo Stefano, festeggiando in ritardo il loro Natale, dato che il giorno precedente ognuno era stato impegnato con le rispettive famiglie.
-Allora, come è andato il Natale dai tuoi con Malfoy?-
Hermione uccise una povera oliva innocente.
Quelli, insieme alle sedute di shopping bimestrali, erano i momenti in cui odiava la sua amica dal più profondo del cuore.
Luna abbandonò le ultime tartine ai carciofi e salmone e si sedette su una sedia, fissandola con curiosità, i grandi occhi chiari spalancati di curiosità tutta femminile, con un’aria molto meno svampita di quella che avevano negli anni di Hogwarts.
-Bene.-
-Oh, Hermione, non tenerti tutto dentro!- la rimproverò la bionda, dandole un colpetto sul gomito –Confidati con noi, altrimenti attirerai un sacco di Nargilli.-
Hermione sbuffò. Raccontò per sommi capi cosa era successo il giorno prima, mentre le sue amiche annuivano di tanto in tanto, come conquistate da una serie televisiva particolarmente appassionante.
 
Che cavolo, la sua vita era diventata la nuova “Beautiful”??
 
-E poi?-
-E poi nulla!- si indignò la proprietaria di casa, scolando la pasta –Siamo tornati a casa e siamo andati a letto.-
-Ah ah!- trionfante, Ginny le puntò un dito contro, mentre Luna rideva, coprendosi discretamente la bocca con una mano –È proprio qui che volevano arrivare. Com’è Malfoy a letto? Bravo?-
Hermione si concesse un’esclamazione indignata davvero poco educata, brontolando tra sé e sé. Alle sue spalle, Luna e Ginny risero di cuore, portandosi una mano sulla pancia, senza nemmeno tentare di nascondere il proprio divertimento.
-Oh, Hermione, quante scene! Sono argomenti normalissimi. Se non ne parli con le amiche, con chi puoi confidarti?-
Luna annuì, concorde.
-Ma io non ti vengo a chiedere delle prestazioni di Harry!- Hermione cercò di motivare la propria tesi, spostando poi uno sguardo eloquente su Luna –O di Neville.-
Ginny fece spallucce.
-E che problema c’è?- la giovane Weasley si sedette sul bancone e fece dondolare le gambe, sorridendo sorniona –Harry è  bravissimo. È così dolce, attento, passionale. Ve lo giuro, non c’è giorno che non lo facciamo almeno due volte.-
-Ginny!-
Hermione si coprì le orecchie. Le faceva impressione immaginare Harry sotto certi aspetti, nonostante sapesse benissimo che non poteva essere un santo. Ginny rise di cuore.
-Harry è stato il primo e l’unico uomo della mia vita, ma ti posso assicurare che non me ne pento. Mi dà tutto ciò di cui ho bisogno, sia dentro sia fuori dalle lenzuola. Quando faccio l’amore con lui è come andare in paradiso. Non è nemmeno un orgasmo, è…- ci pensò su, poi si illuminò e le guardò con fare cospiratorio –È l’estasi più totale.-
Hermione emise un grugnito disperato, ormai rassegnata e sentire confidenze sul proprio migliore amico.
 
Merlino, cosa aveva fatto di male?
 
-Anche Neville.- la voce trasognata di Luna interruppe le elucubrazioni di Hermione e gli sghignazzamenti di Ginny –Sapete, da piccolo mi ha detto di essersi perso nei boschi vicino a casa sua. Credo che abbia incontrato un satiro.* Sono famosi per le loro arti amatorie e credo che lui ne sia stato positivamente influenzato.-
Incontrando gli occhi stralunati e increduli di Ginny e Hermione, che mai avevano immaginato Neville -il caro piccolo impacciato e timido Neville- come un maestro dell’arte amatoria, Luna rise, mentre le sue gote assumevano una lieve tinta rosata.
-Ora tocca a te!- Luna diresse abilmente l’attenzione su Hermione –Racconta, racconta, racconta!- la esortarono.
Riluttante, con un profondo sbuffo rassegnato, Hermione decise di abbandonarsi a quelle confidenze femminili, certa che peggio di così la situazione non potesse precipitare. Magari le avrebbe fatto anche bene.
-Draco è bravo, molto bravo. Ed è insaziabile, giuro.- confessò, chinando lo sguardo mentre Ginny le rivolgeva uno sguardo di approvazione, come se solo quel particolare motivasse la sua scelta di stare con lui. Ginny era brava ad apparire molto più frivola di quanto non fosse, forse per il suo desiderio di alleggerire sempre l’atmosfera, non appena si faceva un poco più tesa.
-Come se ti dispiacesse!- la prese in giro Luna, scambiandosi uno sguardo complice con la signora Potter.
-Non ho detto che mi dispiaccia.- puntualizzò Hermione, decisa a non voler apparire come la fanciulla irretita dall’uomo cattivo, come una puritana. La voce di Draco che la canzonava, la spinse ad aprirsi un po’ di più a quelle confidenze intime. –Ma vi posso assicurare che è piuttosto difficile resistergli, visto che mi guarda costantemente in modo osceno, come se fossi… non so… qualcosa da sbranare.-
-Magari è esattamente quello che vuole.-
-E che tu gli lasci fare, ammettilo.-
-Già. Comunque è molto bravo, ma non nel senso che fa qualcosa di strano o di.. ehm, fantasioso. È solo che è così attento, gentile. Non si preoccupa solo di se stesso, cerca di… farmi…-
-Farti godere, prima di godere lui stesso.- terminò Ginny per lei, prendendo in mano la situazione. Hermione annuì, grata che avesse afferrato il concetto e l’avesse tolta dall’imbarazzo di rispondere lei stessa.
-Tesoro, hai trovato l’America.- si complimentò Ginny, scolando la pasta –Ci sono uomini orribili ed egoisti in giro, fidati. Ho sentito i racconti di Julia e ora più che mai sono convinta che siamo molto fortunate ad avere al nostro fianco uomini come Harry o Neville.- gli occhi di Luna brillarono d’amore.
-O Malfoy.- aggiunse Ginny, riluttante. Sorrise, però, quando vide Hermione sorridere come un ebete al frigorifero.
 
 
-Complimenti alle cuoche.-
Harry e Neville applaudirono alle rispettive compagne, mentre le ragazze portavano in tavola la pasta, adeguatamente protetta da un incantesimo Riscaldante, e i vassoi con tartine di vario tipo. Mentre l’attenzione di tutti si concentrava sull’antipasto, uno scampanellio proveniente dalla porta annunciò l’arrivo di qualcuno.
-Vado io.- si offrì Harry, vedendo che Hermione si stava dirigendo in cucina con i vassoi vuoti. Si alzò e andò risoluto verso la porta, desideroso di liberarsi dello scocciatore il più in fretta possibile. Il suo stomaco reclamava del cibo e quegli stuzzichini e quella pasta all’italiana avevano un aspetto davvero appetitoso.
Aperta la porta, Harry ebbe la sensazione che tutto il suo appetito fosse finito sotto le sue scarpe da tennis, schiacciato senza pietà dalla sorpresa di trovarsi di fronte due inaspettati occhi grigi.
Davanti a lui, Malfoy era venuto a far visita alla propria fidanzata. Questa verità colpì Harry con l’intensità di un Bolide in pieno stomaco dopo aver fatto un’abbondante colazione a base di salsicce e uova strapazzate.
Malfoy non era cambiato affatto e, benché il passare degli anni fosse ben visibile nella piega della bocca e nei tratti virili del viso, per un istante ad Harry parve lo stesso ragazzino odioso e sprezzante che l’aveva deriso per la morte dei suoi genitori, per le sue convinte dichiarazioni sul ritorno di Voldemort, per gli amici di cui amava circondarsi, etichettandoli come pezzenti e feccia.
Lo odiò.
Desiderò quasi spaccargli il naso, rivalendosi per tutte le volte in cui aveva dovuto trattenere questo istinto, in cui altre persone l’avevano trattenuto a forza e con fatica dal mettere in atto questo suo proposito violento.
Chiuse le dita a pugno, sentendo i tendini delle nocche tirare per lo sforzo.
Contrasse i muscoli.
-Hermione non c’è?-
Come risvegliandosi da quell’ondata devastante di ricordi e odio ormai sopito, Harry chinò il capo e vide la piccola bambina che, con la mano allacciata a quella di Malfoy e un brillante sorriso sul viso paffuto, lo fissava in attesa di una risposta.
Un miagolio attirò la sua attenzione, mentre Grattastinchi, il sospettoso gatto da guardia di Hermione, si strusciava sulle caviglie della bambina e poi dedicava un miagolio lieve al mago.
Ancora senza parole, frastornato da ciò che rivedere Malfoy gli aveva suscitato, Harry si fece da parte e li lasciò entrare.
-Hermione!- la chiamò, il tono appena più incerto di quanto volesse –Vieni un attimo.-
Con il rumore di una sedia che strisciava sul pavimento, Hermione entrò nel piccolo ingresso della propria villetta e rimase stupita nel vedere Draco, sul viso la stessa espressione di stupore che leggeva sul viso di Harry, gli occhi verdi che la guardavano smarriti, incerti, vagamente accusatori, forse sospettando che avesse organizzato un modo per farli incontrare e riappacificare dopo tanti anni.
-Draco.-
L’evidente stupore della strega rassicurò immediatamente Harry, rammentandogli che Hermione, l’onesta e leale Hermione che aveva mentito solo per proteggere altre persone, non gli avrebbe mai teso una trappola tanto meschina.
Quando Hermione andò verso Draco, posò un bacio sulla nuca della bambina e abbracciò con affetto l’uomo facendosi abbracciare a sua volta, Harry fu costretto a distogliere lo sguardo. Si sentì ferito.
Nel parlare con Hermione di Malfoy, nel sentire che si era innamorata di lui e che si era affezionata a sua figlia, Harry non aveva pensato che averne la prova tangibile, visiva e così dannatamente reale potesse avere tutto un altro impatto su di lui.
Si sentiva tradito, abbandonato dall’unica donna da cui, davvero, non si era mai separato, da cui si era sempre sentito sostenuto, protetto, amato, anche se di un amore che nulla aveva a che spartire con la fisicità. Hermione era stata, ancor più di Ginny, l’unica costante della sua vita e ora, vedendola così, stretta tra le braccia di Malfoy, con le sue mani posate lievemente sulla schiena e le labbra che bramavano le sue, si sentiva defraudato.
-Che ci fai qui?-
Harry, scostando Neville e Luna dal proprio passaggio e aggirando Ginny, che li avevano raggiunti e lo guardavano senza capire cosa si stesse agitando dentro di lui, decise di non voler sentire altro.
 
La domanda di Hermione non era un’accusa, così come non lo erano le sue mani posate sul petto o le dita che gli avevano accarezzato la mascella. Malfoy si diede dello stupido.
 
-Hermione.-
-Mhm.-
Draco scivolò fuori dal suo corpo, dandole un ultimo bacio sulle labbra, prima di sprofondare con la testa sul cuscino e trascinarla contro il proprio corpo, la sua schiena liscia contro il proprio petto e una mano sul suo ventre morbido.
-Domani- soffocò a stento uno sbadiglio –andiamo fuori a pranzo, ti va?-
Chiuse gli occhi, deliziosamente spossato, mentre Hermione intrecciava le dita con le sue. Udì la sua risposta quando già stava scivolando nel sonno.
-Domani vengono i miei amici a pranzo per festeggiare. Facciamo a cena?-
 
Draco maledisse il suo sonno. Se ne era completamente dimenticato.
-Mi sono dimenticato di quello che mi avevi detto ieri sera. Forse ero già addormentato. Ero stanco morto, chissà perché…- cercò di sdrammatizzare la situazione, sorridendole.
Lunatica, Paciock e la Weasley lo fissavano con malsano interesse, giudicandolo forse un fenomeno da baraccone. Potter si era già dato alla fuga e ora la tensione sembrava spessa come un calderone di feltro.
La sua sola presenza aveva raggelato l’atmosfera festosa. Quasi si dispiacque per Hermione e per averle rovinato il pranzo a cui lei, probabilmente, teneva tantissimo.
-Tranquilla, adesso ce ne andiamo.- le assicurò. Si avvicinò alle scale, dove Altair stava coccolando il suo gattone adorato senza capire molto della conversazione appena sussurrata e degli sguardi degli adulti, e la prese per mano, facendola alzare.
-Altair, andiamo dalla nonna.-
-E Hermione?-
Draco la ignorò.
-Paciock, Lovegood, Weasley.- salutò con educato distacco –Togliamo il disturbo. Buon appetito.- augurò.
Si diresse verso la porta e l’aprì, facendo un cenno di saluto ad Hermione. Quasi sulla soglia, Altair puntò i piedi, decisa a non venire.
-E Hermione?- domandò ancora -Perché non viene con noi?-
-Perché ha degli ospiti.- rispose seccamente, infastidito dagli sguardi che non lo abbandonavano.
-Ma io voglio restare con lei.-
La piccola lanciò uno sguardo ad Hermione, che però non sapeva cosa fare.
Le dispiaceva vedere lo sguardo mortificato di Draco, quel suo tentativo muto di chiederle scusa per l’interruzione, per averle rovinato il pranzo, per essersi dimenticato quello che gli aveva detto la sera prima.
L’avrebbe volentieri invitato a restare per il pranzo, ma non sapeva cosa avrebbe potuto scatenare quella proposta. Harry aveva già abbandonato la stanza e temeva che anche gli altri potessero darsi alla fuga.
Tuttavia, non poteva impedirsi di desiderare ardentemente che rimanesse con lei.
-Non si può, Altair.- ripeté bruscamente Draco –Hermione ha degli ospiti e noi non siamo stati invitati. Vedrai Hermione domani, adesso andiamo.-
-Ma io voglio stare qui ora!- protestò la bambina.
-Altair…-
Draco stava perdendo la pazienza.
Si chinò per prenderla in braccio e portarla via, evitando ulteriori sceneggiate pubbliche che mostrassero ai paladini della giustizia la propria incompetenza come padre, quando vide la Weasley avvicinarsi a lui, a passo deciso.
 
Aveva forse deciso di sbatterlo fuori in malo modo una volta per tutte?
 
La signora Potter, inaspettatamente, si chinò all’altezza di Altair, sorridendole con la stessa gentilezza che aveva visto sul volto di Hermione quando aveva conosciuto sua figlia, a luglio.
-Io sono Ginny, la migliore amica di Hermione.- si presentò facendole una carezza sulla guancia ancora rosea di rabbia –Ti piace la pasta al sugo?-
Altair rivolse uno sguardo incerto ad Hermione, che annuì incoraggiante, il viso, prima preoccupato, ora profondamente trasfigurato dalla gratitudine verso l’amica. Ginny era speciale.
-Sì.- rispose con voce sottile la bambina, intimidita.
-Allora vieni.- Ginny le tese la mano –Hermione fa la pasta al sugo più buona del mondo.-
Definitivamente convinta da quelle parole, Altair lasciò la mano paterna e strinse quella della ragazza dai capelli rossi, seguendola in salotto. Ginny sorrise trionfante, soddisfatta e fiera della propria bravura innata con i bambini
-L’invito vale anche per te, Malfoy.- puntualizzò la rossa senza nemmeno voltarsi verso di lui –Entra e chiudi quella porta, fa un freddo cane.-
Senza ammettere repliche, Ginny sparì in salotto, seguita da Neville e Luna, che, completamente a proprio agio, gli rivolse un sorriso raggiante. La tensione di prima sembrava già evaporata.
Non vedendolo del tutto convinto dalla piega che avevano preso gli eventi, Hermione strinse tra le dita il colletto del cappotto di Draco e lo tirò in casa, chiudendo la porta alle sue spalle e impedendo ad altra aria gelida di entrare.
-Sorridi.- lo incoraggiò –Fallo per me.-
Gli sbottonò gli alamari in avorio del cappotto e lo aiutò a sfilarlo, facendo scorrere i palmi della mani aperte sulle sue braccia, sentendo la forma e la consistenza dei muscoli. Appese il cappotto accanto a quello degli altri ospiti e poi lo sospinse nell’angolo dell’ingresso, in ombra, abbracciandolo forte e premendosi contro di lui. Immediatamente, le braccia di Draco la premettero maggiormente contro di sé, accarezzandole la schiena con la punta della dita.
-Sono contenta che ci sia anche tu.- gli confessò Hermione, baciandolo sul pomo d’Adamo –Non ti ho invitato solo perché non sapevo come l’avrebbe presa Harry.-
-Male, direi.-
La voce di Draco suonò tesa, infastidita. Hermione alzò le spalle, fingendosi indifferente.
-Non mi dai un bacio?-
Draco sbuffò, falsamente contrariato, poi prese un labbro di Hermione tra le labbra, sentendone la corposa morbidezza in bocca, succhiandolo fino a quando Hermione non si lasciò sfuggire un breve ansito soffocato. Solo allora, soddisfatto, le diede un bacio vero, intenso, profondo, che trasudava libidine pura in ogni movimento della lingua nella bocca di Hermione.
 
Si sarebbe ubriacato di lei.
 
-Però tienimi lontano la Lovegood. Non voglio sentir parlare di  Narnilli.-
-Nargilli.-
-Sì, quelli.- sbuffò, prendendola per mano e andando verso il salotto.
 
 
Dopo aver aggiunto un paio di sedie, piatti e bicchieri per Draco e Altair, a tavola un posto era comunque rimasto vuoto. Hermione si sporse un poco dalla sedia, cercando di vedere oltre la testa di Neville che le sedeva di fronte.
Ginny seguì il suo sguardo.
-Forse dovrei andare a parlare con Harry.- propose Hermione, abbandonando la propria tartina nel piatto.
-No.- Ginny le coprì la mano con la propria, fermandola, con risolutezza e decisione, irremovibile –Non è più un bambino, deve imparare a comportarsi da uomo maturo.-
Dopo essersi scambiate un lungo sguardo, Hermione e Ginny tornarono a mangiare.
 
-Mi aiuti?-
Hermione fece un cenno con il capo a Draco, impilando i piatti sporchi con un incantesimo e facendoli Levitare in cucina, seguita da Draco che compì lo stesso incantesimo sui vassoi vuoti.
Dopo aver sistemato tutti i piatti sporchi nella lavastoviglie, Hermione si voltò verso l’uomo che stava in piedi alle sue spalle, appoggiandosi al lavello con le reni, ticchettando lievemente con le unghie sul ripiano in legno.
-Come sta andando?- si informò –Non sono tanto male, vero?- chiese, alludendo agli amici che li attendevano in salotto, il cui chiacchiericcio si estendeva fino a loro, accompagnato di tanto in tanto dalla risatina di Altair, che, pensò Draco, si stava ambientando molto meglio di lui.
-Sono ancora vivo.- considerò, allargando le braccia, storcendo però la bocca in un ghigno di orribile insofferenza. Hermione non poté fare a meno di pensare che ci fosse dell’altro. Gli si avvicinò, premurosa, abbracciandolo forte, più intensamente di quanto non accadesse di solito.
Draco sorrise, chiudendo le braccia intorno a lei.
Lo abbracciava così solo quando facevano l’amore, mentre veniva scossa dall’orgasmo, ma ogni tanto gli piaceva sentire quella forza sul proprio corpo anche in altre situazioni. Era piacevole, avvolgente, soffocante in modo rassicurante.
-Che cosa c’è che non va?- domandò ancora la strega, sentendolo sospirare lievemente sui propri capelli.
-Nulla, solo…- esitò, incerto. Poi continuò, riluttante per la confessione che stava per fare –Mi dispiace di essere arrivato a rovinarti tutto. So quanto tieni a tutte queste smancerie.- la canzonò –Vi stavate divertendo, prima. Poi sono arrivato io e…-
Sospirò ancora, riempiendo con quel sospiro dispiaciuto il vuoto che aveva lasciato ad aleggiare tra loro a fine discorso, senza sapere come esprimere a parole il proprio dispiacere. Era davvero dispiaciuto.
Sapeva che la propria presenza era poco apprezzata nei vari ambienti del mondo magico, ma negli ultimi tempi, con Hermione sempre intorno, con la sua leggerezza nell’affrontare la vita, se ne era quasi dimenticato, almeno fino a quando aveva visto l’espressione di Potter mutare così improvvisamente nel riconoscerlo.
Non che gli importasse dell’umore di Potter, ma gli dispiaceva che questo spiacevole effetto causato dalla sua sola presenza si riversasse anche su Hermione.
-Io sono contenta che tu sia arrivato.-
-Davvero?-
Pur conscio del sentimento che Hermione provava verso di lui, Draco parve piuttosto stupito per quella rivelazione, quasi infantilmente bisognoso di rassicurazioni. Hermione ne rimase intenerita.
-Davvero.-
Si alzò sulle punte, mantenendo l’equilibrio grazie al corpo di Draco contro il proprio, e gli baciò la gola, la linea affilata della mascella, sentendo la sua durezza ammorbidirsi lievemente. Salì fino all’orecchio, scostando i capelli biondi per accarezzare con le labbra il lobo e le complesse curve del padiglione auricolare, prima di scendere e baciare piano la guancia, premendovi le labbra e rimanendo ferma in quella posizione, intima, semplice, genuina come il bacio tra due bambini.
Draco emise un basso sospiro estasiato, strofinando la guancia contro la sua bocca.
Amava quei momenti con Hermione, quei suoi slanci affettuosi, quella sua sensuale dolcezza, la semplicità dei suoi gesti e l’ardore che questi nascondevano.
Amava tutto di lei.
Tranne i suoi amici, pensò amaramente, quando oltre il viso di Hermione scorse la porta aprirsi e l’inconfondibile profilo di Potter stagliarsi sulla soglia illuminata dal lampadario del salotto.
Maledetto Potter, avrebbe dovuto buttarlo giù dalla scopa quando ne aveva l’opportunità.
 
-Oh, scusate.- bofonchiò all’indirizzo di Hermione, che si era staccata da Draco, pur tenendo un braccio intorno alla sua vita, stretta per metà nel suo abbraccio allentato –Che pessimo tempismo.- borbottò a capo chino, voltandosi per uscire.
Con la coda dell’occhio, Draco scorse il lampo di dispiaciuta tristezza che balenò sul viso di Hermione.
–Sai, Potter, per una volta credo che tu possa affermare con orgoglio di aver avuto un tempismo perfetto.-
Harry lo guardò come un malato di mente e anche lo sguardo di Hermione non era tanto differente. Incurante di ciò, Draco mise tra le braccia di Hermione un cesto con del pane affettato e una bottiglia di vino rosso. Poi la sospinse fuori dalla porta. Prima che la strega potesse ribellarsi, forse temendo che la propria cucina diventasse il teatro di un efferato omicidio, Draco estrasse la bacchetta e sigillò la porta, poi si voltò verso Potter.
-Frena, Sfregiato.- lo ammonì, divertito dalla circospezione e dalla cautela, persino eccessiva, con cui Harry aveva già estratto la propria arma, all’erta.
Davvero credeva che avrebbe osato attaccarlo in casa di Hermione?
Salazar, com’era ottuso.
-Vedi, Sfregiato, io non ho una particolare ammirazione per te e tu non ce l’hai per me, il che mi va benissimo. Non sei esattamente il tipo di persona con cui mi piace passare le mie giornate e, credimi- gli assicurò addolorato, portandosi una mano al petto -averti sopportato per sette anni ad Hogwarts è stata una piaga.-
Harry sentì le guance avvampare di indignazione.
Come si permetteva quel… quel…
-Non sei un granché come mago e non hai nemmeno buon gusto nel vestire.-
Harry aggrottò un sopracciglio.
E questo che diavolo aveva a che fare con il resto del discorso?
Draco lanciò un’occhiata di ribrezzo alle scarpe sportivo del mago, chiuse da dozzinali stringhe di tessuto sintetico.
Plebeo, commentò impietosamente con una smorfia.
-Ora che ho espresso il mio modesto parere su di te, apri bene le orecchie. Non lo ripeterò un’altra volta né ammetterò di avertelo mai detto così esplicitamente, ma ci tengo che tu lo sappia. Mi ascolti?- domandò, per accertarsi che il mago dai capelli spettinati e arruffati lo stesse affettivamente ascoltando con tutta l’attenzione –limitata, temette Draco- che possedeva.
-So che avresti preferito vedere la tua amica accanto al tuo rosso amico o ad un altro pezzente che non abbia il mio passato e il mio cognome, ma purtroppo per te lei ha scelto me e mi ama.- Harry storse la bocca, come per dire che sì, sapeva benissimo quale disgrazia fosse in corso –E anche io la amo.-
Sul viso di Harry si dipinse un’espressione frastornata.
-Forse a te non sta bene, forse non sta bene neppure ai miei amici, ma così è. Non sono disposto a chiederti in ginocchio la tua approvazione, perché della tua opinione  non so che farmene. Me ne fotto di quello che pensi.-
-Grazie.- bofonchiò Harry, infastidito da tanta poca considerazione.
-Non ti chiederò scusa per quello che ho fatto né di diventare mio amico né ti proporrò di andare a giocare a Quidditch insieme alla domenica. Però ti propongo una tregua.-
Fece una pausa e Harry gli fece cenno di continuare. La situazione stava assumendo una piega interessante e forse iniziava a capire dove volesse andare a parare il Serpeverde con tutto quel  gentilissimo  discorso nei suoi confronti.
-Tu non rompi le palle a me e io non le rompo a te.-
Harry picchiettò un piede a terra e Draco fu quasi certo che avesse acquisito quel fastidioso ed irritante tic da Hermione. Dentro al grande e famoso Harry Potter era palesemente in corso un’autentica battaglia, una tempesta impetuosa tra due parti della sua anima, tra due opinioni contrastanti.
A suo modesto parere, ponderò Harry, Malfoy era una delle quattro più grandi disgrazie che fossero mai capitate al mondo magico, assieme a Voldemort, le lezioni del professor Ruf e gli abiti da cerimonia tradizionali. Non che Malfoy fosse cattivo, aveva capito che non era così già da quando erano stati condotti a Villa Malfoy durante la guerra. Il vero problema di Malfoy era il fatto che fosse ottuso, vanaglorioso, narcisista, arrogante e maleducato e…
Harry non conosceva sufficienti vocaboli per descriverne il pessimo carattere.
D’altro canto, riconobbe riluttante, Hermione si era innamorata di lui. E, Harry la conosceva abbastanza per poterlo affermare con certezza, Hermione aveva la spiacevole abitudine di volere che le persone a cui teneva maggiormente evitassero di litigare o farsi la guerra in sua presenza. Era stato così quando lui e Ron avevano litigato durante la ricerca degli Horcrux e, ne era certo, sarebbe stato così anche quella volta.
Certo Hermione era abbastanza intelligente da non pretendere che diventassero amici, ma sicuramente avrebbe desiderato che non si verificassero scene di quel tipo, come la fuga silenziosa e rancorosa di Harry dall’ingresso.
Harry sbuffò.
-Potter, quanto ti ci vuole ad elaborare un concetto elementare?- sbottò Draco, sbocconcellando un grissino –Anche se ti ritieni troppo superiore per abbassarti ad accettare una mia proposta, potresti farlo almeno per Hermione.-
-Questo lo so anche io, idiota.- lo apostrofò Harry, prendendo un grissino e spezzandolo rabbiosamente a metà.
Harry ribollì di rabbia. Non avrebbe mai accettato una tregua di quel tipo se non fosse stato in debito con Hermione, un debito che cresceva in modo esponenziale dal primo anno ad Hogwarts. Con gi anni e con la guerra che avevano affrontato insieme, quel debito aveva assunto proporzioni enormi, in confronto alle quali Grop appariva coma un piccolo e docile agnellino.
Harry sbuffò più forte, poi rivolse al giovane mago che gli stava davanti uno sguardo bieco.
-È chiaro che lo faccio per Hermione.-
-Chiaro.-
-Ed è anche ovvio che tu non mi piaci, Malfoy.-
-Ovvio.-
-E vorrei specificare che non ho intenzione di vederti più di quanto non sia strettamente necessario.-
-Lo spero bene.-
-E penso che capisca anche tu che se un giorno Hermione dovesse arrivare a casa mia in lacrime, ti farò rimpiangere i tuoi antenati, dal primo all’ultimo.-
-Non credo sia possibile. Sono troppi, non me li ricordo tutti.-
-Ripeto.- la voce di Harry suonò minacciosa in un modo che Draco non aveva mai nemmeno immaginato che fosse lontanamente possibile -Se un giorno Hermione dovesse arrivare a casa mia in lacrime, ti farò rimpiangere i tuoi antenati, dal primo all’ultimo. Sono stato chiaro, Malfoy?-
Lo sguardo di malcelato odio che intercorse tra in due, gli infiniti significati che quegli occhi racchiudevano, le infinite minacce che erano rimaste impigliate tra i loro denti, la tensione che aveva saturato la stanza, tutto sembrò cristallizzarsi nell’attesa.
-Chiaro.-
Il sibilo di Malfoy fu a stento udibile nella cucina silenziosa, ma fu sufficiente.
Harry gli tese la mano.
-Tregua?-
-Tregua.-
Senza esitazione Draco strinse la mano del mago. Poi, con un colpo di bacchetta, aprì la porta, senza preavviso. Al di là della porta aperta, Ginny, Luna e Neville si raddrizzarono immediatamente, fingendo indifferenza e spiegando in modo concitato e  confusionario di come stessero cercando un bottone di una camicetta caduto casualmente proprio sotto la porta della cucina. Hermione balbettò frasi sconnesse, imbarazzata.
Draco la guardò e scosse il capo con disapprovazione.
-Granger, come sei caduta in basso.- la derise –Sorpresa ad origliare dietro la porta come la serpe più infida.-
-Evidentemente ho imparato dal migliore.-
Draco, sorprendendo tutti, non parve offeso dal commento di Hermione, che l’aveva etichettato, nemmeno tanto nascostamente, come infido. Le mise un braccio intorno alle spalle e l’accompagnò al tavolo.
Il resto del pranzo, fortunatamente per Hermione, proseguì nel migliore dei modi.
Peccato per un piccolo, insignificante intoppo…
 
 
-Quella è una cicatrice?-
La domanda di Altair interruppe la conversazione sul nuovo posto vacante di insegnante di Erbologia ad Hogwarts e fece cadere su tutti il silenzio. Molte paia di occhi corsero in direzione di Harry, che fino ad allora aveva mantenuto un certo distacco da Malfoy e da sua figlia, pur non potendo negare che fosse assolutamente adorabile.
-Ehm… Sì.- annuì, incerto e titubante.
-Il mio papà è un mago bravissimo, te la può togliere subito, visto che è così brutta.-
Draco proruppe in un improvviso latrato di ilarità, gettando la testa indietro e ridendo sguaiatamente, senza alcun contegno, rischiando quasi di ribaltare la sedia.
 
 
 





Ok, lettrici, questo è il penultimo capitolo.
Un confronto con gli amici di Hermione mi sembrava assolutamente doveroso e spero che questa somiglianza tra Jean e Harry vi sia piaciuta.
Che dire, spero che commentiate numerosi!
Bacionissimi,
Giada

 

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Capitolo 23
*** Fiori d'arancio ***


Ho aggiunto la parte finale “Note di fondo”, in parte dietro suggerimento di una lettrice, in parte perché ho avuto un ripensamento. Chiedo scusa per questa modifica.
 
 

Cap. 23
Fiori d’arancio
 
MARZO
 
La domenica mattina, con il tepore del piumino e quella deliziosa penombra pervasa di silenzio, era uno dei momenti che Hermione preferiva in assoluto.
Le piaceva rotolare nella propria parte di letto, affondare il viso nel cuscino fresco, sentire la frescura delle lenzuola sulle gambe nude, così diversa dal calore umano, dal calore si sesso e sudore che impregnava l’altra parte del letto.
L’altra parte, dove dormiva lui.
Hermione rotolò a pancia in sotto, voltando il capo nella direzione da cui proveniva il suono di un lento respiro. Sorrise tra sé, come una bambina che osserva da lontano il compagno di classe che è il suo primo amore, prendendosi in giro per quel gesto sdolcinato, osservare il proprio fidanzato mentre dormiva.
Draco era bello, quando era immerso nel sonno.
Era sempre bello, si corresse immaginando la sua indignazione, almeno per lei.
Studiò il suo profilo, attentamente, con una calma che raramente si poteva concedere quando anche lui era sveglio, se non altro per pudore, per un minimo di fierezza che le impediva di farsi sorprendere a fissarlo come una quindicenne un po’ sciocca, o forse solo innamorata.
Il profilo di Draco era senza ombra di dubbio aristocratico, ma un po’ troppo spigoloso per poter essere definito bello di quella bellezza patinata che accumunava i modelli delle riviste di moda. Era dotato di una bellezza sottile, fine, evidente solo a chi ha la pazienza di cercarla, non appariscente.
Ciò che Draco aveva in abbondanza, invece, era il fascino. Quel fascino un po’ misterioso, riservato, dell’uomo dal passato oscuro, da cui molte donne si erano sentite in dovere di salvarlo.
Il punto, a parere di Hermione, era che Draco non aveva affatto bisogno di essere salvato, né dal suo passato né da nient’altro. Era innegabile che non avesse avuto un passato e un’adolescenza facili da affrontare, era assolutamente certo che le sue esperienze di vita l’avessero segnato profondamente, ma era anche vero che era riuscito, in un certo senso, a salvarsi da solo. Aveva preso, accettato e assimilato tutto ciò che aveva fatto e subito in vita propria e l’aveva trasformato in qualcosa di utile, in un insegnamento che potesse renderlo un uomo e soprattutto un padre migliore.
Tutto ciò, facendo la scelta più difficile. Restare se stesso.
Non aveva cambiato il proprio carattere, si era limitato a limarne i tratti più spiacevoli e spigolosi, quelli che sarebbero stati maggiormente d’intralcio per la vita che aveva deciso di condurre con Altair.
Hermione ridacchiò, affondando la bocca nel cuscino fresco per attutire il suono della propria risata, sentendolo mugugnare nel sonno. Evidentemente i protagonisti del sogno non stavano facendo ciò che voleva lui, come voleva lui, quando voleva lui. Draco mosse la testa, grugnendo qualcosa di incomprensibile, e una ciocca di capelli gli cadde davanti agli occhi.
Hermione non riuscì a resistere alla tentazione di spostare quel ciuffo ribelle dal suo viso. Allungò una mano e con la punta delle dita lo sospinse al proprio posto, insieme alla massa morbida e fluente di cui faceva parte.
Disturbato anche da un tocco lieve e attento, Draco mugugnò e si voltò dal lato opposto, volgendo verso Hermione la schiena ampia e nuda e rubandole il piumone e il lenzuolo con cui si erano coperti per tutta la notte.
Rimasta al freddo, Hermione cercò di riappropriarsi almeno di una misera porzione di coperte, ma vide quanto tutti i propri tentativi risultassero vani. Strisciò sul materasso fino ad accostarsi alle spalle di Draco, si infilò sotto un lembo di piumone, non troppo grande ma comunque sufficiente a coprirla interamente, e passò un braccio intorno alla vita di Draco, stringendosi a lui, la mano posata sul suo petto liscio e la guancia posata contro la sua schiena.
Contro il seno nudo, la pelle di Draco trasmetteva un calore intenso e piacevole, che la riscaldò in pochi minuti. Hermione allungò il collo e affondò il naso tra i capelli di Draco, annusando l’odore avvolgente e ormai familiare di pelle, dopobarba e sapone che impregnava l’attaccatura dei capelli e il collo.
Chiuse gli occhi, estasiata.
Erano anni, da quando lei e Ron erano entrati in crisi e poi si erano lasciati, che non dormiva più con un uomo, abbracciata a lui e ormai assuefatta e dipendente dal suo profumo.
Si domandò come avesse potuto far a meno per tanti anni di quella piacevole sensazione di protezione, benessere e  serenità che solo l’odore della pelle dell’uomo che si ama può dare. Era una sensazione bellissima ma strana, primordiale eppure complicata da descrivere a parole, di cui Hermione amava bearsi ogni mattina, quando si svegliava e lo trovava accanto a sé.
Ancora più del suo odore di uomo, ancor più dell’odore di sesso e amore che le sembrava di percepire sulle lenzuola che li avevano avvolti durante la loro intensa notte di passione, ancor più della consapevolezza che Draco aveva scelto di stare con lei, ancor più di tutto ciò, ciò che Hermione davvero adorava di quei momenti era sentire che, anche se immerso nel sonno più profondo, le braccia di Draco si chiudevano autonomamente intorno a lei.
Amava da impazzire la sensazione delle mani di Draco sulla propria schiena nuda, il contatto con le sue gambe calde e toniche intrecciate alle proprie, la sua bocca posata sulla propria nuca o sulla propria tempia.
Amava tutto di lui.
Dopo qualche minuto di immobilità e sonno profondo, Draco mosse il braccio e la sua mano andò istintivamente a coprire quella della ragazza, intrecciando le proprie dita alle sue, trattenendola all’altezza del cuore.
Hermione allungò il collo e alla cieca posò un bacio sulla prima porzione di pelle che le sue labbra trovarono. Avvertì la serica consistenza della pelle di Draco contro le proprie labbra e la forma appena delineata della spina dorsale, un poco sporgente all’altezza del collo, ne tracciò le curve e gli avvallamenti con le labbra umide e poi gli scoccò un bacio delicato, prima di tornare a posare il capo sul cuscino di Draco.
Un lieve movimento delle coperte, un frusciare circospetto e indolente, l’avvertì che Draco stava muovendo un braccio alla ricerca di qualcosa che trovò quasi immediatamente.
La mano del mago si chiuse fermamente sulla coscia di Hermione, stringendo appena più in alto dell’incavo posteriore del ginocchio. Strinse la presa sulla carne liscia e morbida e spostò la gamba di Hermione sul proprio fianco, trattenendola lì fin quando fu certo che non si sarebbe spostata. Poi tornò a dormire.
Hermione si sistemò meglio, incastrando la propria gamba all’altezza dell’anca di Draco, premendosi contro la sua schiena, stringendo l’abbraccio intorno al suo torace, muovendo appena le dita sul suo petto, avvertendo la peluria sottile, quasi impalpabile che lo ricopriva.
Poi si addormentò a sua volta.
 
 
Draco si svegliò con la strana sensazione di un peso bollente sulle spalle, con una sbarra di acciaio intorno al torace, con un  qualcosa  di non meglio definito sul fianco. Tentò di muoversi, ma un mugugno infastidito lo trattenne dal tentare di nuovo qualche movimento avventato.
Schiuse gli occhi e la camera in penombra, a stento illuminata dalla luce uggiosa e perlacea di una giornata di marzo, prese forma davanti ai suoi occhi, opachi e appannati di sonno.
Sbatté più volte le palpebre, nel tentativo di prendere coscienza di ciò che lo circondava: i muri resi grigiastri dalla luce fioca che filtrava dalle imposte, il piumone in parte ammucchiato a terra, dei vestiti abbandonati per terra.
Realizzò dove fosse e cosa fosse successo in quella camera nelle ore precedenti e si ritrovò quasi ad arrossire, al pensiero di ciò che lui ed Hermione avevano combinato quella notte. Si erano spinti decisamente più in là di quanto non fosse mai capitato nei mesi precedenti e per qualche istante, mentre osava sempre di più, aveva temuto che lei potesse respingerlo, spaventata da ciò che stavano sperimentando.
Invece no, Hermione non aveva esitato e non era mia parsa spaurita o intimorita, tranne forse nei primissimi istanti, da gesti, carezze, baci sempre più audaci, invadenti, peccaminosi. Non gli aveva posto vincoli o limiti di alcun genere. Aveva seguito ciò che lui le suggeriva e l’aveva ricompensato con gli sguardi più dolci, eloquenti e pieni d’amore che Draco avesse mai visto.
Così, tutto ciò che di indefinito Draco aveva percepito dopo essersi svegliato, prese un nome ben preciso, conquistò lineamenti ben definiti anche nella penombra ingannevole della stanza, assunse contorni inconfondibili, perché li aveva esplorati più e più volte nelle ore che avevano vissuto intensamente quella notte.
Scostò il piumone che lo copriva fino alle spalle, per vedere ciò che i suoi sensi avevano già percepito e identificato senza incertezze. La mano di Hermione era ancora posata sul suo petto e sembrava quasi che tentasse di artigliargli la pelle, di ghermirgli il cuore; la sua gamba era posata sopra il proprio fianco e lo scaldava con l’umido calore della sua pelle e della sua intimità che Draco avvertiva distintamente dietro di sé; il suo respiro tra le scapole lo faceva rabbrividire, così come le sue labbra che lo sfioravano di tanto in tanto.
Con attenzione e circospezione e con una capacità di contorsionismo che Draco non sapeva di possedere, il giovane mago si districò dall’intricata ragnatela di gambe e braccia che lo avviluppava e si voltò verso di lei, appena in tempo per ritrovarsela nuovamente fra le braccia, morbida e calda e profumata come piaceva a lui. Aprì un poco le braccia per consentirle di sistemarsi come preferiva e la guardò cercare una posizione comoda, strofinandosi contro di lui ad occhi sempre chiusi, un sorriso beato sulle labbra.
Quando i movimenti di Hermione e la sua ricerca della posizione perfetta si furono acquietati, Draco richiuse le braccia intorno al corpo che lo scaldava. Diede uno sguardo alla sveglia e, giudicandolo un orario dignitoso, iniziò a muovere il palmo aperto della mano lungo la spina dorsale di Hermione, salendo fino al collo e ai capelli per potervi affondare una mano.
-Hermione.- la richiamò con un sussurro basso e morbido, ma il suo richiamo non sembrò dare alcun risultato, dato che la strega sbuffò qualcosa di indistinto e infastidito e poi si acquietò nuovamente nel tepore del suo abbraccio.
-Hermione.-
Draco tentò nuovamente di svegliarla, con un tono più deciso e autorevole, avvicinando la bocca al suo orecchio cosicché potesse udirlo meglio, senza che la propria voce venisse attutita dalla massa cespugliosa dei suoi capelli ricci. Non ottenendo altra risposta che un lieve aggrottare della fronte, Draco decise di riprovare.
-Herm…-
-Ti ho sentito.-
Con evidente difficoltà, gli occhi scuri di Hermione di spalancarono su di lui, offuscati dal sonno ma già vigili.
-E perché non mi hai risposto?-
-Perché sto bene così, non mi voglio alzare.- brontolò contrariata. Draco roteò gli occhi esasperato.
Non aveva mai conosciuto nessuna donna che amasse poltrire a letto di domenica mattina quanto Hermione. Forse solo Altair la superava in quanto ad amore sconfinato per il proprio letto e cuscino, ma bisognava sottolineare che avevano più di vent’anni di differenza.
-Ormai sei sveglia, tanto vale alzarsi.- Hermione emise un suono gutturale simile ad un animale ferito, profondamente sofferente per quella notizia crudele –Dai, non brontolare come una pentola di fagioli.-
Mentre la spingeva con la schiena contro il materasso, Draco le circondò il volto con le mani e la baciò piano sulle labbra. In un attimo si ritrovò imprigionato tra le gambe di Hermione, intrecciate dietro la propria vita in un caldo abbraccio di carne, ossa e pelle, in un abbraccio da cui mai Draco si sarebbe voluto liberare.
-Buongiorno.- le mugugnò quel saluto inintelligibile senza staccarsi troppo da lei e quando Hermione schiuse le labbra per rispondergli, lui ne approfittò per affondare la lingua nella sua bocca, baciandola più profondamente di quanto si aspettasse.
Hermione emise un ansito languido.
La bocca di Draco scivolò verso il basso e i tentativi di Hermione di trattenerlo sul proprio collo furono vani. Si fermò solo quando arrivò all’altezza del suo seno, baciandone con delicatezza la forma tondeggiante, saggiandone la morbidezza, inspirandone il profumo, prima di concentrarsi esclusivamente sul capezzolo, succhiandolo e leccandolo con lentezza esasperante.
Vi era qualcosa di sadico, quasi, nel modo in cui Draco sembrava trarre piacere dai gemiti affamati, insofferenti, impazienti che prorompevano dalle labbra di Hermione ogni volta che si fermava troppo presto.
Eppure, secondo Draco, quei gemiti e quei suoni melodiosi erano nulla se confrontati con le urla di piacere assoluto e quasi doloroso che le aveva strappato quella notte. La schiena inarcata, per andare incontro alla sua bocca, era nulla rispetto ai movimenti convulsi che li avevano uniti in quella notte di passione sfrenata.
Non sapeva nemmeno cosa avesse acceso la miccia che li aveva poi fatti scattare in modo così selvaggio, violento quasi, ma ne era assolutamente felice. Aveva sperimentato tanti tipi di amore con Hermione, tutti ugualmente belli e appaganti, e anche questo non era stato da meno. Era stato incredibilmente bello provare qualcosa di nuovo e condurla su terreni nuovi, almeno per lei.
-Stanotte- le disse, tra un bacio a l’altro sulla pancia piatta, e subito avvertì i suoi muscoli irrigidirsi di tensione e imbarazzo. Le accarezzò i fianchi, cercando di trasmetterle serenità –sei stata bene?-
Draco non sentì il bisogno di essere più specifico, di dire esplicitamente che quello che voleva sapere era se si sentiva in qualche modo a disagio per ciò che era successo. Era una strega e una donna intelligente, avrebbe capito da sé.
Draco levò lo sguardo su di lei e lesse quella comprensione nei suoi occhi sfuggenti e nelle sue gote arrossate di vergogna. Riportò il viso alla sua altezza e la scrutò con attenzione.
-Hermione.- iniziò conciliante. Stava così bene con lei, che non voleva rovinare tutto solo per la sua voglia di sperimentare qualcosa di nuovo in ambito sessuale. Voleva che capisse che quello che avevano fatto era stato bello, sì, ma assolutamente non necessario per farlo sentire appagato e soddisfatto della loro relazione.
-Hermione, se quello che abbiamo fatto ti mette a disagio, ti… non so, ti da fastidio, non sei obbligata. Non mi serve  quello  per stare bene con te.-
Hermione era rimasta in silenzio, osservando al di sotto della ciglia scure mentre Draco parlava. Era impressionante il modo in cui, nella penombra della stanza e nel silenzio mattutino, Draco, così intensamente preoccupato e così impegnato nel non sembrarlo, sembrasse allo stesso tempo più maturo e più infantile.
Si concesse del tempo per scrutarlo a lungo e in silenzio, osservando piccoli dettagli di ansiosa attesa sul suo volto, mentre considerava quanto fosse bello percepire così distintamente, quasi le scorresse sulla pelle come miele vischioso, la sua preoccupazione, il suo interessamento ai propri desideri, come fosse bello e piacevole avere qualcuno che si curasse di lei.
Hermione si mise a sedere al centro del letto, le gambe incrociate in posizione quasi meditativa, coprendosi il corpo con il lenzuolo. Lasciò Draco scoperto, ma non se ne preoccupò: non aveva mai mostrato di avere problemi a mostrare la propria nudità, anzi sembrava andarne fiero. Lo guardò con serietà, poi si lasciò scappare un sorriso.
-Ti sei preoccupato per me.- constatò gongolante.
Draco distolse lo sguardo, colpito da quella considerazione pungente. Avrebbe tanto desiderato che Hermione evitasse di dirlo apertamente. Si sentiva stupido e sentimentale, vulnerabile ed esposto quando le sue intenzioni e la sua preoccupazione venivano messi in mostra.
Hermione gli andò di nuovo vicino e l’abbracciò, tentando con quel gesto di toglierlo dall’imbarazzo che l’aveva pervaso e che era chiaramente intuibile dal suo sguardo sfuggente e dall’espressione contrariata.
-Sei gentile a preoccuparti per me, ma non ce n’è alcun bisogno. Sono stata benissimo.- Draco si rilassò impercettibilmente, ma il sospiro che si lasciò sfuggire fu impossibile da fraintendere –Perché me lo chiedi?-
-Ieri sera non ti ho visto esattamente rilassata. Mi sembravi a disagio.-
Seppur a disagio, come era sempre nel dover affrontare argomenti di quel genere, Hermione sapeva che gli doveva una spiegazione per l’iniziale ritrosia che aveva mostrato quella notte, quantomeno per ripagarlo e ringraziarlo della gentilezza che aveva dimostrato preoccupandosi per lei.
-Non lo ero.- gli assicurò, sorridendo, poi storse un poco le labbra, ripensandoci –O meglio, lo ero, ma non perché mi desse fastidio quello che stavamo facendo. È solo che… Ehm… Tu sei così esperto.- ammise, riluttante ad ammettere che almeno in quello Draco aveva conoscenze decisamente più ampie delle sue –E io mi sono sentita imbranata e inadeguata, più del solito. Era quello il problema, non che mi desse fastidio. Mi è piaciuto il modo in cui abbiamo fato l’amore stanotte.- confessò, un attimo prima di sgranare gli occhi, stupefatta di se stessa.
-Merlino, ma cosa mi fai dire!- borbottò con voce soffocata, nascondendo il viso tra le mani e scuotendo un poco la testa.
Draco rise, poi avvolse le proprie dita intorno al suo polso e tirò fino a convincerla ad allontanare le mani dal viso. Hermione lo guardò torva, un labbro imprigionato tra i denti, che stava subendo le conseguenze di quel discorso di cui non aveva colpa. Allungò le gambe e le sistemò intorno a quella incrociate di Hermione, intrappolandola all’interno, e si chinò in avanti, portando i loro occhi alla stessa altezza.
-Anche a me è piaciuto e non c’è nulla di male a riconoscerlo. Non capisco perché ti fai tutte queste paranoie quando parliamo di sesso. Con me, poi.- aggiunse, davvero perplesso per questo particolare.
Hermione inclinò la testa di lato, guardandolo in modo strano.
-Che intendi?-
-Ehi, sveglia!- le scoccò le dita davanti agli occhi, come richiamando l’attenzione di uno studente pigro e distratto –Intendo che sono il tuo fidanzato. Se non ne parli con me, con chi altro vuoi affrontare certi argomenti e sperimentare qualche novità?-
Hermione annuì, pensierosa.
-Mi piace quando dici che sei il mio fidanzato.- constatò con un sorriso –Suona bene detto da te.-
Si sporse verso il proprio fidanzato –le piaceva definirlo così, le sembrava di dare ancora più importanza e valore al loro legame- e diede un bacio sul naso di Draco, che socchiuse gli occhi, beandosi delle carezze e dei tocchi delicati con cui Hermione tratteggiava ogni linea del suo viso. Sentendo le labbra della ragazza spostarsi sulla fronte, gentili e accoglienti, mosse il viso per inseguirle, cercandole con la bocca dischiusa, in attesa.
Allungò le mani, alla cieca, seguendo le stoffa delle lenzuola fino a quando non la trovò drappeggiata su qualcosa di morbido e familiare, com’erano diventati, negli ultimi mesi, i fianchi di Hermione. Erano una delle parti del suo corpo che apprezzava di più, che accarezzava più spesso, sopra e sotto i vestiti, tanto da conoscerne ogni curva con la stessa precisione con cui conosceva i dettagli del volto di sua figlia.
Il corpo di Hermione gli venne incontro, adagiandosi sulle sue gambe, mentre la sua bocca non smetteva di sfiorargli il viso, baciandolo sulle palpebre abbassate, sulla guancia fresca di rasatura, sul pomo d’Adamo e sul profilo deciso della mascella.
Draco inclinò la testa all’indietro, esponendosi di più a lei, sospirando di piacere, senza però sentirsi eccitato e colmo di un bisogno che premeva per essere soddisfatto.
Non negava che avrebbe fatto l’amore con Hermione anche subito, ma in quel momento il piacere che sentiva era dovuto alla magnifica sensazione che provava solo in quei momenti.
L’aveva confrontata più volte con tutto ciò che aveva provato in vita sua con le varie donne e compagne che aveva avuto, ma non aveva trovato alcun ricordo paragonabile alle sensazioni di quei momenti, forse perché non aveva mai trovato una ragazza dolce e premurosa come Hermione.
Erano state tutte donne decise, passionali, audaci. Hermione più di tutto donava amore e dolcezza, donava il piacere di sentire le mani nei capelli, la bellezza di un sorriso che ammalia ma che è anche complice, semplice, affettuoso, Hermione era capace di farlo sentire uomo anche quando gli tirava una cuscinata, gli regalava la serenità di poter giocare con Altair davanti a lei senza paura di vedere sminuita la propria virilità.
Hermione, per lui, era tutto un altro mondo.
Hermione era l’amore sconfinato, sincero, deciso a donare tutto se stesso, tipicamente Grifondoro, che Draco non aveva mai ricevuto in vita sua, abituato ad altri tipi d’amore. Aveva ricevuto l’amore di Narcissa, tenero e composto, quello di Lucius, fiero e contenuto, quello di Astoria, amichevole ma forzato, quello di tante altre donne, passionale e sincero, ma mai un amore travolgente, totalizzante, sorprendente come quello che lo spingeva a cercare Hermione sempre, in ogni luogo o situazione si trovassero, un amore che non sembrava placarsi mai.
E poi, Hermione gli offriva un sacco di occasioni di svago e divertimento gratuito e inaspettato.
-Non riuscirai a blandirmi e sedurmi solo per evitare di andare al matrimonio dello Straccione.-
-Sedurti?- Hermione sgranò gli occhi, come se fosse appena caduta dalle nuvole.
-O almeno ci stai provando.-
-E ci riesco?-
-Farei l’amore con te tutto il giorno, Hermione, ma oggi andremo a questo matrimonio.- affermò con decisione, più irremovibile di Ginny quando si metteva in testa di aver assolutamente bisogno di un cappotto nuovo e pretendeva che lei l’accompagnasse per negozi nella Londra babbana.
Hermione incrociò le braccia sotto il seno e assottigliò le labbra in un’espressione contrariata, rimuginando su come fosse riuscito a convincerla a partecipare a quello stupido matrimonio, facendo semplicemente leva sul suo orgoglio, accusandola di voler evitare Ron solo perché si sentiva inadeguata e inferiore a Lavanda.
Hermione non ci aveva visto più dalla rabbia e aveva strappato l’ennesimo invito che Ron le aveva spedito, per affidare al gufo una breve e concisa risposta affermativa.
L’aveva fregata come una bambina.
-E non capisco perché tu abbia insistito tanto.- terminò, dopo averlo accusato di averla raggirata come la peggior serpe strisciante –Tu odi Ron. E tutti i Weasley. E Lavanda.- si interruppe quando si accorse che l’elenco si stava allungando a dismisura.
-Perché non capita tutti i giorni di vedere un asino che sposa una vacca.- Hermione gli tirò un pugno sul bicipite come rimprovero, ma non riuscì comunque a trattenere una risata. L’ultima volta che l’aveva vista, ingrassata e strizzata a forza in un vestito rosa succinto, Lavanda corrispondeva perfettamente alla definizione che ne aveva dato Draco. –E poi voglio che tutti ti vedano.-
Hermione lo guardò meravigliata.
 
Voleva sfoggiarla come un trofeo?
 
-Quando è venuto qui, quell’idiota ti ha detto delle cose orribili. Nemmeno io ho mai detto cose così pesanti ad una mia ex, nemmeno a Pansy. Mai.- precisò, perché Hermione capisse che era da dettagli e sottigliezze simili che si riconosceva un vero signore –Ora voglio che veda che non solo c’è qualcuno che ti ha filato, ma che quel qualcuno sono io. Voglio che veda che anche se lui è un povero idiota, non significa che siano tutti come lui. Voglio che veda che sei più felice con me e mia figlia di quanto tu sia mai stata con lui. -
-Tutto questo per orgoglio?-
Hermione non capiva.
-Sì, per il tuo. Smettila di trattarlo con i guanti solo per quello che vi ha legato in passato, tira fuori le palle. Fatti valere, fargli vedere come sei felice con me e fa’ in modo che si mangi le mani per quello che si è perso.-
Hermione rimuginò un po’ sulle sue parole. Non era mai stata un tipo vendicativo e quindi…
 
Oh, al diavolo!
 
Era una bugia bella e buona. Moriva dalla voglia di potersi vendicare, almeno un pochino, del senso di inadeguatezza che l’aveva sommersa dopo il tradimento di Ron, moriva dalla voglia di farsi vedere da lui e mostrargli quanto Draco apprezzasse le sue qualità di  donna vera, come Ron stesso aveva definito Lavanda paragonandola a lei.
Moriva dalla voglia di farlo morire d’invidia.
Hermione annuì con decisione, con quella scintilla di determinazione e perfidia negli occhi che Draco aveva visto tante volte nel suo sguardo e che lo rendeva felice e orgoglioso, sapendo che era diretta contro Ronald-sono-un-idiota-e-un-pezzente-Weasley.
Pervaso di quella magnifica sensazione conosciuta con il nome di soddisfazione, Draco si sdraiò, con la testa appoggiata al ventre morbido di Hermione. Chiuse gli occhi, lasciando che le dita di Hermione giocassero con i suoi capelli, attorcigliando una ciocca, lasciandola ricadere sulla fronte e riprendendola un attimo dopo tra le dita.
 
 
Hermione si accorse di essersi addormentata solo quando si svegliò nuovamente, avvertendo un movimento accanto a sé e sentendo il materasso inclinarsi sotto il peso di Draco.
Due labbra bollenti le sfiorarono il naso, poi la guancia, poi la bocca.
Hermione sperò che quei momenti non finissero mai.
-Sveglia, sapientina.-
La voce di Draco la richiamò un attimo prima che la sua bocca trovasse la propria, lasciandole in bocca l’intenso sapore del caffè appena fatto, amaro e inconfondibile, misto ad un sapore che ormai Hermione associava solo a lui.
 
Fragole.
 
Spalancò gli occhi e si trovò davanti quelli di Draco, brillanti e chiarissimi alla luce perlacea che filtrava dalle finestre, schermata solo dalle tende bianche ed impalpabili.
La bellezza di Draco -anche di prima mattina, anche con gli occhi ancora un po’ appannati di sonno, anche con i capelli scompigliati- la colpì come un doloroso calcio allo stomaco, come uno Schiantesimo ben eseguito, capace di lasciarla senza fiato nella consapevolezza che lo vedeva così bello perché lo amava in un modo che non credeva possibile.
Oggettivamente sapeva riconoscere che, indipendentemente da ciò che poteva dire Draco nella sconfinata alta considerazione che aveva di sé, esistevano molti uomini più belli di lui, ma quando l’aveva davanti, quando lo guardava e lui la guardava a sua volta, quando si trovava impigliata nel suo sguardo invadente, privo di qualsivoglia forma di pudore nella volontà di scavarle dentro fino a farle male, in quei momenti non vedeva altro che lui.
Era una consapevolezza che faceva quasi male.
Anzi, no, si corresse. Faceva male. Punto.
Era un nodo allo stomaco, una morsa alla gola, era l’impossibilità di respirare, di immaginarsi senza di lui. Era la consapevolezza che sarebbe rimasta così, su un letto sfatto e persa nei suoi occhi, per sempre.
Era la consapevolezza di ricordarsi ogni singola pagliuzza delle sue iridi, ogni ombra che le sue ciglia proiettavano sugli zigomi, ogni curva delle labbra e ogni diversa pressione che i suoi polpastrelli avevano esercitato sul proprio corpo.
Era la dilaniante certezza che nessun altro avrebbe potuto farla sentire bella, importante, necessaria al mondo come la faceva sentire lui quando la guardava.
 
Esisteva solo per lui?
No, esisteva anche per conto proprio, ma con lui  esisteva meglio.
 
-Cherì- la prese in giro, leccandole la punta del naso e alzandosi divertito quando la vide pulirsi con foga. Si sedette sul materasso al suo fianco e proseguì -rimarrei tutto il giorno sdraiato sul tuo corpo nudo, ma il caffè che ti ho preparato non aspetterà i nostri comodi prima di raffreddarsi.-
Persa com’era, di lui e in lui, Hermione non aveva fatto caso ad altro che al viso che la sovrastava e sembrava riempire tutto il mondo.
Poi vide.
-Mi hai portato la colazione a letto?-
Con una faccia, ne era sicura, da pesce lesso, fissò, impietrita dalla sorpresa per quel gesto dal romanticismo inaspettato, la caffettiera fumante che galleggiava a mezz’aria accanto a loro e il vassoio che Draco teneva il equilibrio sulle ginocchia, su cui aveva sistemato due tazze, un bricco di latte, un piatto di biscotti, del pane tostato, marmellata, un bicchiere di succo di zucca e una ciotola di fragole.
-Avevo fame.- celiò con indifferenza Draco, alzando le spalle e mangiando un biscotto in un sol boccone.
-Porco.- rise Hermione, togliendogli delle briciole dalle labbra.
Draco si lasciò pulire come un bambino, poi prese un sorso di succo. Prima che potesse berne un altro, Hermione glielo rubò dalle mani.
-Mi hai rubato il succo.- le disse con disappunto.
-Hai portato un bicchiere solo, quindi è anche per me.- constatò con indifferenza, prendendo una fragola  –fragole a marzo?-  e mordendone la polpa rossa e succosa. Una goccia di succo scarlatto le scivolò sul mento e Draco la raccolse con un dito, succhiandolo.
-E chi lo ha detto?
-Io, direi che è più che sufficiente.- gli fece la linguaccia, bevendo il succo prima di porgergli nuovamente il bicchiere mezzo vuoto, a cui Draco rivolse un’occhiata ostile di profondo disappunto. Senza badargli troppo, Hermione sgranocchiò un biscotto e spalmò la marmellata su due fette di pane, passandone una a Draco.
-Granger- un biscotto allo zenzero sparì nelle  signorili  fauci di Draco –è arrivato un pacco per te. È da parte di Astoria.-
Il biscotto che Hermione teneva in mano cadde nel caffelatte, schizzando in ogni direzione gocce marroni sulle lenzuola, che Draco ripulì con un colpo di bacchetta.
-E cosa potrebbe avermi mai mandato tua moglie? Arsenico?- masticò tra i denti la strega, tenendo lo sguardo basso, all’apparenza molto concentrata nel ripescare dalla propria tazza il biscotto ormai zuppo.
-In primo luogo, è la mia  ex  moglie, come ho già precisato più volte, e in secondo luogo, no, non credo che ti abbia mandato dell’arsenico, per il semplice fatto che Astoria non sa nemmeno cosa sia.-
Hermione borbottò ancora qualcosa di inintelligibile, ma Draco fece finta di non sentirla. Capiva che parlare di Astoria fosse come gettare sale su una ferita ancora frasca e infetta, ma quel pacco appena arrivato aveva colto di sorpresa anche lui e non gli era sembrato il caso di tenerlo nascosto.
Prese nuovamente la bacchetta e l’agitò con un movimento secco, nervoso, senza sapere cosa si sarebbe potuto aspettare da Astoria, e fece comparire una scatola cubica, piuttosto grande, di cartone marrone, su cui spiccava una targhetta bianca su cui era stato scritto il nome del destinatario.
Hermione allungò le mani verso il pacco, diffidente, e lo aprì con circospezione, alzando di pochi centimetri il coperchio per sbirciarvi dentro. Draco, che stava seguendo ogni sua mossa, vide l’espressione di sorpresa e meraviglia che comparve sul viso di Hermione.
Abbandonata ogni accortezza superflua, Hermione mise il coperchio di cartone da parte e affondò le mani nel pacco, producendone un fruscio di carta e…
 
…stoffa?
 
Dopo aver rivolto un’espressione confusa a Draco, Hermione estrasse il contenuto del misterioso dono. Sorretto dalle mani di Hermione, entrambi si ritrovarono a osservare un magnifico abito da cocktail, di pizzo nero dallo scollo a barca e dalle maniche lunghe fino al gomito, i cui ricami si stagliavano sulla stoffa color ametista che lo foderava completamente.
Hermione ne studiò la fattura, pregiata e sartoriale, scoprendo l’invisibile cerniera sul fianco e i piccoli cristalli neri che seguivano e impreziosivano il profilo dello scollo. Era stupendo, non lo si poteva negare, ma il fatto che provenisse da Astoria era un chiaro indizio che la fregatura fosse in agguato.
Draco si sporse oltre il bordo del letto e raccolse il biglietto che era scivolato a terra quando Hermione aveva sollevo l’abito dal fondo della scatola. Gettò una breve e discreta occhiata a cosa vi fosse scritto e un sorriso contento gli illuminò il volto.
Poche parole, vergate in una calligrafia pomposa e antiquata, arzigogolata e curata, erano state tracciate sul biglietto di pergamena filigranata con lo stemma della società di moda di Astoria.
Il tono di quella breve frase era conciso e secco, autoritario, sgarbato quasi.
-“Metti questo al matrimonio del Pezzente. Non voglio che la tua sciatteria faccia sfigurare Altair.-“- lesse Draco e gli occhi di Hermione, indignati, scattarono furibondi su di lui. Il mago tese verso Hermione il biglietto, in fondo al quale una A e una G si intrecciavano in un elaborato disegno di occhielli e volute, incomprensibile a chiunque non conoscesse il mittente.
Hermione si sporse per guardare meglio il fondo della scatola. Spostò alcuni fogli di frusciante carta velina, lanciandoli malamente in grembo a Draco, ed estrasse l’ultima parte del pacco. Era un abito della taglia di Altair, perfettamente rifinito e curato in ogni dettaglio come quello di Hermione, di cui riprendeva i colori e i decori in pizzo nero sul corpetto.
Come il precedente, anche questo era magnifico.
Hermione e Draco si guardarono, l’una ancora sconvolta, l’altro soddisfatto e divertito, mentre entrambi formulavano lo stesso pensiero.
Astoria non avrebbe mai sprecato giorni per ideare e confezionare un abito di simile bellezza solo per non far sfigurare sua figlia. Poteva avere la certezza pressoché assoluta che Draco non avrebbe mai permesso ad Altair di sfigurare in società, seppure in una società di pezzenti.
No, quegli abiti erano un risarcimento, destinato a Draco più che ad Hermione in sé, per lo scompiglio e la sofferenza che il suo arrivo aveva provocato.
E in quegli abiti e nel gesto in generale, vi era senza dubbio lo zampino di Altair.
 
 
***
 
 
Come tutti i precedenti matrimoni dei figli di Molly e Arthur, anche quello di Ron si era svolto nel cortile della Tana, ripulito dalle erbacce e liberato da tutti gli gnomi da giardino che lo avevano sempre infestato.
In accordo con i gusti della sposa, tuttavia, il sobrio ricevimento che era stato allestito nelle occasioni passate era stato sostituito da uno sfarzoso ricevimento in abito da cerimonia e frak.
Sotto l’immancabile gazebo, i tavoli erano stati ricoperti di tovaglie di taffettà bianco e color  lavanda, bicchieri in cristallo, piatti di porcellana decorata da fiori color  lavanda  sul bordo, candelabri di argento brunito. Al centro di ciascun tavolo un bouquet di rose e peonie bianche e fiori di  lavanda  richiamava i toni di tutte le decorazioni che  Lavanda  aveva scelto per il matrimonio. Un’orchestra suonava in un angolo, a lato della pista da ballo, e cinguettanti uccellini color  lavanda  svolazzavano sopra le teste degli invitati, lasciando cadere qua e là bigliettini di ringraziamento e frasi d’amore.
Per sopperire alla mancanza di luce tipica dei pomeriggi di marzo, centinaia di candele color  lavanda  erano apparse e ora galleggiavano in aria, colpite più e più volte dal volo maldestro degli uccellini e spandevano i aria una fragranza delicata di mughetto.
 
Appesantiti dal lauto pasto, molti invitati sonnecchiavano ai propri tavoli, mentre i più giovani danzavano un lento valzer, cullati dalla musica leggiadra.
Lontano dai tavoli, al confine con la boscaglia incolta che circondava la casa di famiglia dei Weasley, molti uomini si erano radunati per smaltire il pranzo consumato e per fumare una sigaretta o chiacchierare con gli amici.
Dato che la cerimonia si era svolta in mattinata e il pranzo luculliano, che si protraeva da ormai quattro ore, stava giungendo fortunatamente al termine, molti di questi uomini in fuga dal ricevimento si voltarono stupiti sentendo il suono inconfondibile di una materializzazione risuonare nell’aria.
 
C’era qualche invitato che non era al ricevimento e che arrivava proprio in quel momento, quando la maggior parte di quelli presenti non desiderava altro che tornare a casa propria e mettersi in pantofole?
 
Prima che le figure misteriose emergessero dal folto della boscaglia selvaggia, una voce infantile ed entusiasta giunse alle loro orecchie.
-Quella è una casa?-
-Già. È davvero…- le fece eco una voce maschile, morbida, vagamente disgustata.
-Fantastica!- esultò la stessa voce infantile udita in precedenza, mentre gli invitati misteriosi e ritardatari entravano nel perimetro del giardino della Tana, sgombro da erbacce, illuminato dalla luce soffusa di alcune lanterne svolazzanti color  lavanda  e riscaldato da un incantesimo potente, dando la sensazione di trovarsi in una tiepida giornata di settembre.
Gli occhi di Harry, che si era voltato verso la fonte dello stupore generale dei propri interlocutori, si sgranarono, riconoscendo nelle tre persone che aveva davanti la propria migliore amica con il suo odioso fidanzato e l’adorabile figlia di quest’ultimo.
-Hermione?- chiese con stupore, guadando con apprezzamento innocuo le forme dell’amica ben delineate dal vestito, che con il sapiente gioco di luci ed ombre del pizzo la rendeva una naturale calamita per gli occhi.
-In carne e ossa.- si schermì Hermione, salutandolo con un bacio sulla guancia.
-Più carne, direi.- si lasciò scappare Harry, guardando i fianchi morbidi dell’amica, abilmente sottolineati dalla stoffa del vestito e dalla postura obbligata a cui i tacchi alti la costringevano.
-Potter, attento a come parli della mia donna.-
Harry gli rivolse un cenno con la testa che, con molta immaginazione e tanta buona volontà, poteva essere equiparato ad un sorriso e depose una carezza sul capo di Altair, che gli sorrise con timidezza. Harry si chinò alla sua altezza, le mormorò qualcosa all’orecchio, poi la prese per mano e la condusse in un angolo del giardino, dove un bambino dai capelli azzurri e una bambina bionda, poco più grandi di Altair, stavano attaccando impietosamente un giovane uomo dai lunghi capelli rossi.
-Quello è Charlie, uno dei fratelli di Ronald. Vive in Romania e studia i draghi.- illustrò Hermione, dopo aver abilmente distolto l’attenzione da sé con uno sguardo capace di far rabbrividire Minerva McGrannit in persona –I due bambini sono Victoire e Ted, il figlio di Lupin. Credo sia un cugino alla lontana di Altair, giusto?- domandò Hermione, incespicando negli alberi genealogici delle famiglie Purosangue.
-Già.-
Un urletto stridulo squarciò il mormorio che si era ricreato  dopo la piccola pausa che era succeduta al loro arrivo, e un fulmine dai capelli rossi e tacchi a spillo sfrecciò attraverso il giardino, correndo ad abbracciare la nuova arrivata.
-Grazie grazie grazie!- le bisbigliò ad un orecchio, stritolando Hermione nel proprio abbraccio marca  Donne-della-famiglia-Weasley  -Mi hai salvata da Lavanda.- mormorò Ginny con gratitudine, poi, prendendola per mano, le fece fare un giro su stessa e ne ammirò l’abito, fischiando di ammirazione -Stupendo, poi mi dirai dove l’hai preso.- Ginny rivolse un saluto secco a Draco, prese l’amica sottobraccio e la condusse sotto il gazebo, facendo lo slalom tra i tavoli e gli invitati.
–Venite, vi porto dallo sposino e dalla sua adorabile mogliettina.- ironizzò con astio, camminando a passo di marcia e trascinando dietro di sé Hermione, decisamente meno abile sulle proprie scarpe di quando non lo fosse la signora Potter.
-Ginny, smettila di procedere come un carro armato.- la trattenne per un braccio e Ginny, voltandosi, ridacchiò nel vederla ondeggiare in modo pericoloso –Che è successo con tuo fratello?- indagò, percependo odore di baruffa.
-Nulla, è sempre il solito idiota immaturo ed egocentrico.- sibilò Ginny, riprendendo la propria marcia.
-Complimenti, Rossa, non avrei saputo dirlo meglio.- si complimentò Draco e Ginny gli rivolse un sorriso d’intesa al di sopra della spalla, rallentando solo quando giunse alle spalle del proprio obiettivo, artigliandolo come un’aquila con la propria preda inconsapevole e predestinata.
-Ron-Ron- lo richiamò, dandogli una leggera spinta tra le scapole,  assolutamente involontaria  -guarda chi è arrivato.-
Lo sposo, interrompendo la conversazione con l’unico gemello sopravvissuto alla guerra, si voltò verso la voce ben conosciuta della sorella per ricordarle, una volta in più, di non chiamarlo con quel nomignolo che odiava. Si voltò, furioso, e rimase immobile, come impastoiato, con la bocca aperta e la risposta secca che si era bloccata in gola.
Davanti a lui, Hermione lo guardava con indifferenza e accanto a lei, con un completo scuro che cadeva perfettamente sulle spalle ampie, Draco Malfoy le teneva un braccio mollemente appoggiato sulle spalle, stringendola possessivamente e guardandolo con un ghigno perfido.
-Che cosa ci fa lui qui?-
Ron saltò i saluti, troppo impegnato a ribollire di rabbia per il completo sartoriale di Malfoy che già a miglia di distanza sembrava sminuire la fattura dozzinale del proprio.
-Mi sembra abbastanza ovvio.- sputò Hermione con superiorità, freddamente –Tu mi hai invitato, oserei dire con insistenza, al tuo matrimonio e la tua dolce consorte ha specificato su ogni biglietto che l’invito si estendeva anche al mio compagno. Lui è il mio fidanzato, quindi possiamo dire che l’abbia invitato tu stesso.- concluse.
-Gentile da parte tua, Weasley.- ringraziò Draco, beffardo. Affondò una mano in una tasca dei pantaloni, portando avanti una sfida di sguardi taglienti con Weasley, consapevole di avere, come sempre, la vittoria in pugno.
Ronald Weasley era sempre stato troppo ottuso, troppo impulsivo, troppo insicuro di sé per poter portare avanti una discussione feroce o una sottile sfida di insulti con chiunque. Con lui non contava elaborare insulti fantasiosi che attaccassero la sua famiglia, era molto più efficace la capacità di affondare il coltello nella piaga mai rimarginata del suo senso di inferiorità, inadeguatezza, insoddisfazione.
Draco, in questo, era sempre stato un maestro raffinato.
-Amoruccio, mia madre…-
Lavanda arrivò, zampettando sui tacchetti delle scarpe di vernice bianca, ma si arrestò non appena vide i nuovi arrivati. Lo sguardo indispettito che rivolse a Hermione saettò, allucinato e sorpreso, su Draco, scivolando dalla testa bionda ai piedi calzati da scarpe di pelle conciata a mano, ammirandone con invidia il fisico asciutto e la pallida bellezza del viso, valorizzata dagli abiti scuri.
Mai si sarebbe aspettata di vedere Hermione al braccio di un uomo bello e affascinante come Draco Malfoy, poco importava il suo passato discutibile.
Aveva immaginato di potersi gustare il ghiotto e succulento pettegolezzo di Hermione Granger che si presentava al proprio matrimonio abbrutita e sola, al massimo in compagnia di un topo da biblioteca come lei, dal naso adunco, gli occhiali spessi come fondi di bottiglia e i capelli untuosi da far concorrenza a quelli di Piton.
Invece, la secchiona di Hogwarts le stava davanti sprizzando soddisfazione, bellezza e felicità da ogni centimetro del suo costoso e ricercato abito.
Lavanda si rimangiò la frase che stava per pronunciare, gonfiando le guance nel tentativo, quanto mai vano, di moderare l’eccesso di collera che sentiva montare dentro di sé. Sentì le lacrime pungerle gli occhi.
Quel giorno doveva essere suo e suo solamente e invece Hermione e il suo perfetto fidanzato –si sentiva in colpa a pensarlo con Ron accanto, ma il magnetismo che Draco e la sua sicurezza sfrontata esercitavano sulle donne era innegabile- erano venuti lì, con la chiara intenzione di far vedere a tutti che erano un po’ troppo al di sopra dei neosposi, intellettualmente o economicamente, per mischiarsi con uno come Ron.
Hermione scorse chiaramente il lampo di amara invidia negli occhi non troppo svegli di Lavanda e, pur non conoscendone l’origine, se ne sentì in parte dispiaciuta. Forse la sua presenza lì aveva fatto tornare alla mente di Lavanda ricordi del senso di inferiorità che aveva sommerso lei e Ron negli anni di scuola, in cui il confronto con la popolarità di Harry e con il talento innegabile di Hermione stessa erano stati più lampanti, ma vi era un particolare che Lavanda sembrava aver dimenticato, almeno temporaneamente.
L’insistenza e la cattiveria con cui Lavanda aveva rimarcato più volte, nel mandarle ripetutamente l’invito, la sua condizione di ragazza sola e cornificata, era stata la sola e unica ragione che aveva spinto Hermione a partecipare a quell’evento dalla dolcezza nauseante, come nauseante era la presenza asfissiante delle decorazioni color lavanda.
Lo sapeva Hermione e lo sapeva anche Lavanda.
-Lavanda, sei bellissima.- si complimentò Hermione -Congratulazioni.-
Lanciò ai neosposi un sorriso a trentadue denti, sentendo la mascella incrinarsi nello sforzo di produrre quel surrogato di amabile cordialità, poi li aggirò e andò a salutare il resto della famiglia Weasley che li aveva raggiunti.
 
Nei primi mesi dopo la loro rottura, Molly era stata molto arrabbiata con Hermione, che aveva lasciato il suo amato figlio accusandolo di tradimento. Quando Ron si era presentato, nemmeno due mesi dopo, al braccio di una Lavanda più ridacchiante che mai, Molly aveva capito che quelle accuse infondate, tanto infondate non erano.
Amava il suo ultimogenito maschio come ogni altro figlio, ma aveva visto crescere nei suoi occhi una freddezza e un odio verso il mondo tale, che ne era rimasta davvero impressionata.
Negativamente.
Del suo piccolo Ron, quello genuino e sincero, non era rimasto poi molto, e non poteva pretendere che Hermione continuasse ad amare un uomo così rabbioso e rancoroso, con un gelo negli occhi che non aveva mai visto nemmeno nel giovane biondo che le aveva appena fatto un piccolo inchino.
Draco Malfoy in persona aveva messo piede in casa sua, con un sorriso di cortesia sul volto e nessuna bacchetta nascosta dietro la schiena. Incredibile.
Molly, imitata dal marito, abbracciò un po’ goffamente la ragazza, guardandola con rammarico nel fare il confronto inevitabile con la nuova nuora, che non si era ancora inserita nella famiglia Weasley.
-Hermione, ho letto la tua ricerca e devo dire che l’ho trovata estremamente interessante.- si congratulò con piglio serio e ammirato Percy, accennando un piccolo inchino galante –Vorrei chiederti una breve spiegazione riguardo al capitolo 3, paragrafo 7, perché…-
Hermione sentì una mano stringerla all’altezza del gomito, con una rudezza inconfondibile. Hermione si voltò verso Ron, scrollandolo dal proprio braccio con stizza e fastidio.
-Vieni, dobbiamo chiarire due cose.-
Hermione lo guardò scettica, con un sopracciglio aggrottato e sollevato, senza accennare a muovere un passo per allontanarsi dalle orecchie di chi era troppo vicino a loro.
-Non c’è nulla di cui parlare. Mi hai invitato, sono venuta. Hai sottolineato che potevo portare anche un accompagnatore, così è stato.- gli fece notare, senza preoccuparsi di abbassare il tono di voce e di nascondere la propria collera –Se poi eri fermamente convinto che nessuno mi avrebbe mai filato perché sono un topo di biblioteca e sono sciatta e brutta e la presenza di Draco ti ha infastidito, non so che farci.-
Sollevò le spalle, indifferente, mentre la mano di Draco si chiudeva intorno alla propria.
Un senso di sollievo e sicurezza si propagò in lei, mentre le sue dita percepivano l’umido calore tra le dita della mano grande di Draco, il piccolo callo che la piuma gli aveva causato sull’indice, il polsino della camicia che le solleticava il polso e l’anello dei Malfoy che, freddo come ghiaccio, premeva contro le sue nocche.
Erano piccoli dettagli rassicuranti, che Hermione percepiva senza bisogno di cercarli e che le facevano comprendere la misura in cui, per lei, stare al fianco di Draco era diventato estremamente naturale, molto più di quanto non lo fosse stato stare al fianco di Ron.
Il carattere brusco ma sincero di Draco era infinitamente meno problematico del complesso di inferiorità che affliggeva Ron.
Richiamato da altri invitati e colleghi di lavoro, gli sposi si allontanarono e ben presto anche il gruppo di cordiali teste rosse che li aveva circondati si disperse. Draco si guardò intorno alla ricerca della figlia, ma la sua ricerca si concluse quasi subito, quando Harry e Charlie Weasley attraversarono di corsa la pista da ballo, ridendo come pazzi, inseguiti da Ted, Victoire e Altair.
-Prendiamoli!-
Brandendo minacciosamente due bacchette arancioni, prodotto dei Tiri Vispi Weasley, i bambini attraversarono la pista da ballo, seminarono il panico tra gli invitati, che già si immaginavano disastrosamente ricoperti di sostanze viscide e maleodoranti, e scomparvero nel retro del giardino.
Un urlo maschile comunicò al mondo che il grande Harry Potter era caduto gloriosamente in battaglia.
 
Draco scosse la testa scettico, sperando che nessuno informasse mai sua madre del comportamento esuberante di Altair in occasioni pubbliche, e, presa per mano Hermione, la condusse sulla pista da ballo, mischiandosi e nascondendosi dietro altre coppie. La strega si guardò intorno, allarmata, controllando che nessuno stesse prestando troppa attenzione a lei e al suo appariscente fidanzato.
-Draco, io non so ballare.- gli sussurrò, come per avvertirlo che se si fosse ostinato con quella sua decisione non avrebbe ottenuto altro che farsi pestare i piedi.
-Ma io sì.- si compiacque Draco. Le passò una mano dietro la schiena e l’attirò contro di sé, prendendole una mano e sollevandola all’altezza del loro viso. Le posò un bacio all’interno del polso.
Le fece un occhiolino complice e poi, con una leggera spinta del proprio bacino contro quello della ragazza, le indicò in quale direzione muoversi. La guidò in una successione di passi elementari e giravolte, estremamente semplici ma di gran lunga più consapevoli del dondolare scomposto della maggior parte degli improvvisati ballerini che li circondavano.
Solo un paio di coppie di anziani coniugi ballavano, combinando sapientemente passi e giri, figli di un’altra epoca, quando il ballo da sala era ancora uno dei fondamenti dell’istruzione dei giovani.
Ron, ricordò con una fitta di malinconia Hermione, era a stento capace di non amputare i piedi della sua dama.
-Dove hai imparato a ballare?-
Draco, a quella domanda, parve sinceramente a disagio. Lasciò vagare lo sguardo ovunque intorno a loro, poi lo abbassò su di lei, stringendola meglio contro di sé, avvicinandola fino a che non percepì le rotondità dei suoi seni premere contro il proprio petto.
-Io e Astoria abbiamo seguito qualche lezione prima del matrimonio. Sai, per aprire le danze.-
-A quanto pare, la lista di cose per cui devo ringraziare tua moglie si sta allungando rapidamente e in poco tempo.- sbuffò Hermione, irritata e contrariata da tale constatazione, distogliendo lo sguardo dal viso di Draco.
-Astoria è la mia ex moglie, non farmelo ripetere ancora.  Ex.  Altrimenti non sarei qui con te adesso, non ti pare?- Hermione annuì, passando le braccia intorno alla sua vita e affondando il viso contro la sua spalla. Subito la mano di Draco le coprì la nuca e la premette maggiormente contro la propria clavicola. –Per inciso, l’unica cosa di cui dovresti ringraziare Astoria è questo vestito. Ti sta da favola.-
Hermione bofonchiò un ringraziamento e con uno scappellotto ben assestato allontanò la mano che Draco aveva incautamente posato sul suo fondoschiena. La risata del mago si disperse nei suoi capelli, riscaldandole la cute con il suo respiro caldo e umido. Draco continuò a condurla nel ballo, facendola volteggiare per la pista da ballo.
Hermione ricordò la scena di un vecchio film.
 
“Le girerà la testa con tutte quelle giravolte.”
“La testa non gira se si guarda il proprio cavaliere negli occhi.”
 
Ed era vero, con gli occhi fissi in quelli di Draco, Hermione non vedeva altro.
E poco importava che avesse l’espressione beata di una persona ubriaca che abbia avuto la migliore delle allucinazioni, poco importava che il ritmo con cui si muovevano fosse poco adatto alla musica che era seguita al valzer, poco importava che da qualche parte una chioma di capelli rossi, rancorosa e inconfondibile, si fosse allontanata stizzita.
Tutto ciò che voleva, l’unico uomo che voleva, la stava stringendo nell’unico abbraccio che la faceva sentire completa e se stessa al contempo.
Poco a poco, nei mesi passati, le insicurezze sulla propria inadeguatezza e inferiorità nei confronti di Astoria e delle donne che Draco aveva avuto in precedenza erano scomparse e si limitavano ad affiorare di tanto in tanto, in momenti in cui il confronto con l’ex moglie di Draco le appariva inevitabile.
Questi strascichi di insicurezza avevano, però, il proprio lato positivo e vantaggioso, specie quando Draco la rassicurava con carezze più dolci e baci più avvolgenti che mai, con occhiate profonde e rassicuranti come non se ne erano mai scambiate.
Occhiate che erano in tutto e per tutto simili a quelle che, dimentichi del mondo circostante, si stavano scambiando in quel momento.
-Se continuo a guardarti così, temo che ti ucciderò per autocombustione spontanea.- la prese in giro, accarezzandole una guancia arrossata con le nocche della mano.
-Correrò questo rischio.- affermò coraggiosamente la strega. Il commento di Draco le parve da manuale.
-Grifondoro fino al midollo.-
La musica si animò improvvisamente, mentre i componenti della piccola orchestra si alzavano in piedi a abbandonavano i propri rigidi spartiti per una musica che Hermione aveva già sentito, forse in un film, forse in una pubblicità alla televisione.
-Non sei così male a ballare.- si complimentò Draco –Insomma, mi hai pestato i piedi solo una cinquantina di volte, poteva andarmi peggio.- soggiunse, preoccupato per quella prospettiva apocalittica.
-Beh, non puoi pretendere che sia perfetta, non ti sembra? Insomma, sono intelligente, gentile, perspicace, simpatica e bella…- enumerò sulla punta delle dita, un sorriso divertito che le splendeva in volto mentre elencava tutte le caratteristiche positive che le venivano in mente e che, tuttavia, non era certa di possedere in quantità sufficiente a vantarsene.
Mentre Hermione era distratta e guardava, al di sopra della propria spalla, Ginny che ballava Ted, riconoscibile dai suoi capelli fosforescenti, Draco ne contemplò i tratti rilassati del viso, su cui erano perfettamente riconoscibili i segni di un sorriso che partiva dalla bocca e si propagava poi agli occhi e ad ogni altra leggera ruga d’espressione del viso.
Hermione, ora che aveva archiviato il confronto con i novelli sposi e ne era uscita vincente e senza nemmeno un graffio nella sua autostima, era visibilmente più rilassata e sembrava godersi quel ricevimento come una festa, ridendo con Ginny e con Harry e approfittandone per riallacciare i rapporti con la famiglia Weasley in generale.
Draco, nonostante sentisse l’insofferenza per non trovarsi nel proprio ambiente naturale, aveva cercato di adattarsi, di mantenere la calma e di concentrarsi solo su Altair, che stava incredibilmente stringendo amicizia con il figlioccio di Potter, e su Hermione.
Vederla così contenta e così bella era una soddisfazione di per sé e contribuiva a creare un certo turbamento in lui, ma tale soddisfazione non escludeva a priori che potesse ricavarne un vantaggio.
Tornati a casa, avrebbe avuto modo di riscuotere la propria ricompensa.
-Non pensare che sia venuto al matrimonio dei Pezzenti per puro altruismo.- le biascicò all’orecchio.
-Oh, lo so. Sei venuto perché ti diverti a vedere Ronald schiacciato dalle proprie insicurezze.-
-Già, e anche tu, dato che non ti sei fatta problemi a risultare acida come uno yogurt scaduto.- le rinfacciò e Hermione arrossì, colta con le mani in quella marmellata che era il senso di rivalsa nei confronti di Ron, della mancanza di tatto che più volte le era pesata nel corso degli anni.
-Touché.- ammise, accusando il colpo.
-Comunque sono venuto anche perché volevo che ti prendessi la rivincita che ti spetta. Non sopporto di vederti abbattuta per quell’idiota, per nessun idiota. Nemmeno per me.- si scusò ancora una volta, indirettamente ma in modo ampiamente comprensibile da un cervello infaticabile e reattivo come quella di Hermione. La strega gli diede un bacio sulla spalla.
-E comunque non era a questo che volevo arrivare.- lo sguardo di Draco e la piega delle sue labbra assunsero improvvisamente una sfumatura pericolosa, famelica, mentre le sue labbra si posavano contro l’orecchio di Hermione, sentendola tremare sotto la propria bocca e le proprie mani.
-Stasera, a casa, prenderò la mia ricompensa.- ringhiò, minaccioso e suadente, insinuante quanto era sufficiente a farla tremare d’aspettativa –Sarà una ricompensa estremamente piacevole, per entrambi.- puntualizzò.
Hermione, le labbra dischiuse per ciò che un semplice tono di voce era riuscito ad insinuare in lei, lo guardò con occhi allucinati. Si sentiva scombussolata dall’interno, come solo il desiderio di Draco e di un’unione intensa e assoluta con lui poteva scombussolarla.
Doveva ammettere, inoltre, che lei stessa aveva pensato ad un modo per ricompensarlo del fatto che si fosse sacrificato a venire lì con lei, in mezzo a persone che solo dopo un trapianto di personalità avrebbe potuto apprezzare.
Le sue stesse idee, dopo alcune ipotesi insoddisfacenti, erano giunte a considerare che nulla sarebbe stato più adatto che concedersi a lui in modo particolare, totale, magari informandosi su qualche libro specializzato che potesse darle qualche consiglio in più.
Forse ad occhi esterni, Hermione se ne rendeva conto, quell’idea sarebbe potuta apparire squallida, simile al pagamento di una prostituta particolarmente riconoscente e dedita alla causa, ma lei sapeva che non era così.
Draco era un uomo riservato, di poche parole, che difficilmente esprimeva i propri sentimenti con parole chiare e dirette, i cui occhi penetranti come lame rendevano difficile anche confessare ciò che si provava.
Il modo più semplice ed efficace, per comunicare e condividere i propri sentimenti con Draco, senza balbettare come una stupida, era l’atto fisico. Era fare l’amore con lui, stringerlo, farlo sentire amato, compreso, protetto, come un bambino. Perché in fondo Draco era questo, un bambino insicuro che, come le aveva confessato sulla spiaggia, aveva paura di essere abbandonato per il pessimo carattere che sapeva di avere, che temeva di rimanere solo come era già accaduto in passato.
L’atto sessuale, con Draco, non era solo piacere fisico, era donazione completa di sé, era condivisione di pensieri e parole che sgorgavano dagli occhi molto più di quanto non fosse possibile a parole.
Fare l’amore con Draco, Hermione l’aveva sperimentato sulla propria pelle e ancora stentava ad abituarsi, era come sentire le sue emozioni scorrerle sulla pelle, insinuarsi dentro di lei, infiltrarsi nella sua mente.
Ogni suo bacio era una dichiarazione d’amore, ogni carezza era la rassicurazione che non avrebbe mai fatto un errore madornale come quello che l’aveva spinto ad accogliere ancora Astoria in casa propria, ogni movimento irruente era un’affermazione di possesso, ogni affondo dentro di lei era un tentativo di arrivare più vicino di quanto fosse umanamente possibile.
Solo Draco era stato capace di trasmetterle sensazioni simili, lui e solo lui.
-E ciò che accadrà stanotte sarà più di qualsiasi cosa tu abbia sperimentato in questa o in altre vite.-
-Sembri piuttosto sicuro di te.- lo canzonò. Lui sorrise.
-Oh, sì, lo sono.- le promise.
Con una mano, con irruente gentilezza, sospinse la testa di Hermione ancora contro il proprio petto, continuando a ballare al ritmo lento della musica avvolgente che scaturiva dagli strumenti dell’orchestra, cullato dalle carezze di Hermione sul proprio collo, chinandosi ogni tanto per baciarle le labbra.
-PAPI!!!-
La soave voce di Altair, trillante e cristallina, interruppe l’idillio privato dei giovani. Come un fulmine, Altair evitò le coppie che ballavano e si fiondò da loro, allungando le braccia verso il padre per farsi prendere in braccio.
Draco sostenne il corpo leggero ma agitato della figlia con un braccio, mentre con l’altro stringeva Hermione, in un gesto identico a quello che aveva già fatto da sfondo al loro primo bacio, in una notte di Halloween fredda e suggestiva. Non si scompose minimamente nell’udire un brusio stupito in sottofondo, forse prodotto da quanti ritenevano impossibile che chi avesse vestito un mantello nero e portasse un marchio sul braccio potesse provare sentimenti umani.
Forse accortasi della mascella tesa del padre, Altair gli diede un bacio sulla guancia, accarezzandolo con la mano libera, quella che non era sprofondata nei suoi capelli lisci.
-Allora, amore, ti stai divertendo?-
Draco sorrise, vedendo che anche Hermione aveva alzato il viso nell’udire quell’appellativo. Non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto Cruciatus, testarda e orgogliosa e femminista com’era, ma Draco sapeva che moriva dalla voglia di sentirsi chiamare così.
 
Magari l’avrebbe accontentata, in un futuro non troppo lontano.
 
-Vik e Ted sono simpaticissimi! E zio Charlie studia i draghi! E mi ha detto che una volta Harry ha combattuto contro un drago e ha vinto! Harry è fortissimo, nemmeno Ted l’ha sconfitto nel gioco dei pirati.-
Draco emise un basso verso sofferente, nell’udire quella serie di informazioni che, a conti fatti, potevano riassumersi nel fatto che Altair stesse socializzando con il nemico.
-E poi, Ted ha detto che quando siamo più grandi come te e Hermione anche noi due ci sposiamo!-
Il ballo di Hermione e Draco si interruppe. Lo sguardo della strega corse veloce al viso di Draco, che appariva di una sfumatura tendente al Verde Melma del Lago Nero. Preoccupata, con una mano gli lambì la mascella e la guancia, abbracciandolo forte per trasmettergli la propria solidarietà, cercando soprattutto di nascondere il sorriso incontenibile che stava facendo capolino sul suo viso.
-Papi, stai bene?- non vedendolo rispondere, Altair gli schiacciò il naso, esortando una reazione di qualsiasi tipo.
-Sì. Che dicevi dei draghi, tesoro?- riprendendo un po’ del proprio già pallido colorito, Draco cambiò abilmente argomento, con voce un po’ stridula e strozzata.
Altair iniziò a chiacchierare e dietro di loro Ginny, che stretta ad Harry aveva sentito tutto, disse qualcosa a proposito di quanto fosse bello l’amore infantile, quello che nasce e dura per sempre.
Staccando la mano dalla schiena di Hermione, Draco le indirizzò un gesto triviale con la mano, tentando di comunicare quanto non apprezzasse quella battuta.
-E Harry ha detto che domenica porta me e Ted allo zoo babbano!-
Con un grugnito di sofferenza profonda, Draco si trovò schiacciato tra l’abbraccio euforico ed entusiasta di Altair intorno al collo e quello incoraggiante e nascostamente soddisfatto di Hermione intorno alla propria vita.
Già sul punto di maledire Merlino e la pessima influenza che aveva sulla sua vita, Draco si rimangiò tutto quando le sue due donne, così le aveva soprannominate, lo baciarono ciascuna su una guancia.
Lontano dal loro mondo, Ronald e Lavanda Weasley stapparono una bottiglia si champagne.
 



Epilogo
 
La camera era illuminata dalla lampada su comodino, che attraverso il paralume di vetro spandeva una soffusa luce, che bagnava, calda e avvolgente, familiare, i muri della camera da letto di Draco.
Un forte gemito, incontenibile, rimbombò nella stanza altrimenti silenziosa.
Draco si leccò le labbra, affamato.
Risalì dal proprio lauto banchetto mentre il corpo sotto di lui tremava, colto da spasmi incontrollabili, forti, dolorosi nella loro intensità.
Dita tremanti, contratte nel piacere, si artigliarono ai suoi capelli.
Nella sua risalita lenta, la bocca di Draco si fermò sul seno della propria amante, turgido e duro, rosso per il trattamento che aveva già ricevuto, suggendolo come un bambino, mentre i gemiti e gli ansiti soffocati, poco distanti dal proprio orecchio, lo incitavano e gli suggerivano come proseguire la sua lenta tortura.
Ne assaporò la forma sfuggente con la bocca e la morbidezza circostante con una mano, mentre l’altra scendeva verso luoghi già scoperti e che, tuttavia, non si sarebbe mai stancato di esplorare.
Il corpo femminile che stava deliziando con i propri tocchi sapienti si agitò sotto di lui, frenetico, impazzito, scalpitante, mentre una voce arrochita invocava una tregua senza desiderarla realmente.
Le sue labbra ne trovarono altre, ugualmente affamate e voraci, prima ancora che si accorgesse di essersi allontanato dal proprio precedente obiettivo.
Affondò la lingua in una bocca arida e umida al contempo, accogliente e perfettamente in sincronia con la propria, intrecciandosi con la propria gemella al ritmo frenetico di un bacio soffocante.
Si staccò dalla meravigliosa bocca che l’aveva conquistato, rotolando supino sul letto e trascinando sopra di sé il corpo nudo che l’aveva ammaliato.
-Non so se questo sia il momento più adatto a quello che sto per dirti.- confessò, il bacino inarcato e proteso verso l’alto in cerca di attenzioni, carezze, baci che sarebbero arrivati presto.
Godette del piacere intenso che lo sommerse, trascinandolo in un abisso scuro e luminoso, dove tutto aveva una sola forma, i contorni nitidi di una figura che non avrebbe mai potuto dimenticare.
-Allora non dire nulla.-
Il volto di Hermione comparve sopra il proprio, i capelli che cadevano ai lati come cortine del palcoscenico di un teatro, solleticandogli il viso. Subito, le mani di Draco corsero lungo il corpo della ragazza, stringendo i seni con desiderio.
-No, è importante. E non te l’ho mai dett…-
La voce si ruppe sull’ultima vocale, costringendolo ad un ansito animalesco di cui, in seguito, sarebbe andato davvero poco fiero.
Hermione, sopra di lui, fermò i propri movimenti, osservandolo attenta e curiosa da tale importante serietà.
-Ti amo.-
Immediatamente, come scottato, Draco distolse lo sguardo, concentrandosi sul ventre piatto della fidanzata, accarezzandolo con la punta delle dita, mentre pensieri incoerenti e confusi ronzavano nella sua testa.
-Mi sembra giusto.- fu la risposta sibillina di Hermione a convincerlo a riportare la propria attenzione su di lei, che lo guardava con gli occhi scuri scintillanti alla luce della lampada, che lo guardava divertita, che lo guadava emozionata.
Scese su di lui, lentamente, accogliendolo dentro di sé come qualcosa di molto prezioso, guidata e aiutata nei movimenti dalle mani di Draco sui fianchi. Come colpito da una scarica di adrenalina, Draco invertì le posizioni, incombendo su di lei.
-Anche io ti amo.-
Le fronte corrugata e preoccupata di Draco si rilassò all’istante, mentre il suo sorriso tornava ad essere impertinente e le sue mani impudiche.
Si spinse in profondità dentro di lei, strappandole un grido di estasiato godimento, mentre tendeva una mano verso la lampada, troppo lontana per essere spenta manualmente.
-Nox.-



Note di fondo
 
Era aprile, ma sarebbe potuto essere gennaio o luglio, non sarebbe cambiato nulla.
La mattina li avrebbe accolti così, abbracciati e intrappolati tra lenzuola stropicciate, le teste sui cuscini caldi di sonno e le ciglia abbassate sui loro sogni.
Era mattina tardi, ma sarebbe potuto essere anche l’alba, non sarebbe cambiato nulla.
In nessun modo i raggi del sole sarebbero riusciti a strapparli dal sonno profondo e colmo di stanchezza che inevitabilmente faceva da strascico ad una notte piena di chiacchiere e di biscotti al cioccolato.
Era domenica, ma sarebbe potuto essere anche lunedì o giovedì o un giorno qualsiasi, non sarebbe cambiato nulla.
Difficilmente e solo per motivi estremamente seri avrebbero passato una notte lontani.
Il proprio letto, senza l’altro, sembrava incredibilmente freddo e vuoto.
Poi un trillo e tutto quell’idillio cambiò repentinamente, a cominciare dalla botta rumorosa che mise a tacere la sveglia, scaraventandola con rabbia giù dal comodino.
Si udì un grugnito maschile e un gemito di odio profondo, a stento attribuibile ad un esponente del gentil sesso.
-Amore mio, luce dei miei occhi, gioia del mio cuore.-
Fin dall’esordio delle parole di Draco, Hermione si insospettì, aprendo gli occhi su di lui e lanciandogli un’occhiata intimidatoria.
Avevano dormito a stento un paio d’ore e lei decisamente non aveva voglia di scherzare.
-Unica ragione della mia vita- continuò imperterrito Draco, sbadigliando prima di continuare –Ti spiacerebbe togliere la tua coscia dai gioielli di famiglia?-
-Vedo che i biscotti al cioccolato che hai divorato stanotte non ti hanno addolcito.- commentò Hermione, caustica, sistemando la camicia da notte intorno al proprio corpo e sistemandosi supina nella propria metà di letto.
-Che bugiarda, hai mangiato metà pacchetto.-
-Ma se quando ci ho provato, mi hai buttato giù dal letto!-
Era una domenica mattina di aprile, ma sarebbe potuto essere anche un mercoledì sera di novembre, non sarebbe cambiato nulla.
Loro due avrebbero trovato ugualmente un modo per bisticciare.
Poi, dei colpi sulla porta della camera e tutto cambiò di nuovo.
Draco ed Hermione si scambiarono uno sguardo allarmato.
-Papi! PAPI!-
Non ricevendo risposta, Altair strillò più forte.
-PAPI, POSSO VENIRE NEL LETTONE CON TE?-
Le pareti tremarono.
Quella bambina aveva dei polmoni decisamente potenti.
-Altair, aspetta un attimo che mi vesto.-
Il tempo di finire una frase, ed entrambi erano già in piedi. Draco aggirò il letto e si avvicinò ad Hermione, che si passava le mani nei capelli, visibilmente ansiosa.
-Merda merda merda!- imprecò, pestando un piede –Devo materializzarmi via di qui.-
Si guardò intorno alla ricerca della propria bacchetta, indossando un maglione di Draco sopra la camicia da notte con cui aveva dormito quella notte. Draco sollevò un paio di camicie dalla poltroncina sotto la finestra, poi entrambi dovettero arrendersi all’evidenza.
-Hermione, la bacchetta non c’è.-
-Cavolo, devo averla lasciata giù in cucina, quando sono andata a prendere il succo di zucca.-
Hermione si guardò intorno, occhieggiò per un attimo la bacchetta scura di Draco ed immediatamente scartò l’idea. Non era il caso di rischiare di spaccarsi a metà usando una bacchetta mai provata prima e non era nemmeno del tutto sicura che Draco le avrebbe concesso di usarla.
-Facciamo così.- Draco le mise le mani sulle spalle –Torna a letto e facciamo entrare Altair, tanto siamo vestiti.-
-E poi?-
-Poi nulla, vediamo che succede.-
Hermione lo guardò allibita, incredula che avesse avuto un’idea così poco brillante. Senza avere il tempo di dire  Quidditch, si ritrovò spinta sul letto e sommersa dalle coperte che Draco le aveva lanciato in testa. Si districò a fatica, sbuffando come un Dorsorugoso infuriato.
Con un ultimo sguardo di ansiosa aspettativa, in trepidazione, Draco aprì la porta.
Altair guardò il padre, che a sua volta la guardava apprensivo, con espressione stralunata.
Con qualche difficoltà, sollevò la palla di pelo che portava sottobraccio e la mostrò al padre, che subito l’identificò con un contrariato Grattastinchi.
-L’ho trovato che dormiva sul mio letto sopra i miei piedi.- si giustificò la piccola Malfoy, poi mosse un passo per entrare in camera.
Si fermò.
Seduta sul letto, con le ginocchia strette al petto e un sorriso incerto sul viso, Hermione si sistemò una ciocca riccioluta dietro l’orecchio. Altair ricambiò lo sguardo con il visino corrucciato nello sforzo di capire.
Draco si affrettò a imbastire una spiegazione accettabile.
-Hermione non trovava più Grattastinchi e si… sentiva sola.- improvvisò, ricevendo uno sguardo pietoso da parte di Hermione. Draco sollevò le spalle, come a dire che non sapeva proprio fare di meglio –E allora è venuta qui e abbiamo fatto quattro chiacchiere, ma poi era tardi e…-
A quel punto della spiegazione, Altair si stufò.
Si diresse con decisione verso il letto e, mentre uno sbadiglio la costringeva ad atteggiare le labbra piccole e rosee in una O perfettamente tondeggiante, con la mano che non stava sorreggendo Grattastinchi salutò Hermione.
Spinse il gatto sul letto e si arrampicò a sua volta, sbadigliando nuovamente. Dopo aver scacciato malamente Grattastinchi dal luogo che si era scelto, ma che era disgraziatamente per lui era lo stesso su cui Altair aveva messo gli occhi, la bambina gattonò fino a trovarsi tra i due cuscini e si infilò sotto le coperte calde. Si accoccolò sul petto di Hermione, con la testa posata sul suo seno, sotto lo sguardo ancora circospetto e incredulo dei due adulti. Hermione non esitò ad abbracciarla.
Draco imitò la figlia, passò un braccio dietro le spalle di Hermione, si mise comodo e subito si ritrovò con Grattastinchi acciambellato sullo stomaco.
-Non ti ci abituare.- lo avvertì, scatenando le risatine di Altair –E lo stesso vale per te.- la avvisò, tirandole una ciocca di capelli e facendola ridere più forte, mentre si nascondeva contro Hermione per ricevere aiuto.
In quel momento Draco Malfoy, mago dal passato complicato, padre modello, fidanzato perfetto –modestamente,  si compiacque- comprese una grande verità.
 
Sua figlia era una ruffiana.
 






 

TITOLI DI CODA           

Dopo dieci giorni, ecco il capitolo finale, con annesso epilogo, del  Mare d’Inverno.
Ci ho messo impegno, fatica, attenzione, cura e passione per scriverlo e spero che tute queste buone intenzioni traspaiano nella lettura.
Per il capitolo non vi era alcuna alternativa (volevo che ci fosse il matrimonio di Ron, come alcune di voi mi avevano chiesto), ma per l’epilogo avevo due possibili alternative, una delle quali comprendeva Grattastinchi e anche Altair. Ho scelto questo, perché mi sembrava più in linea con la sottile vena di passione che ho cercato di seminare per tutta la storia.
 
Lo dico, prima che qualcuno mi possa accusare di furto XD :

i personaggi qui citati (ad esclusione di Altair Malfoy che è mia creazione esclusiva) sono di proprietà di J.K.Rowling e sono stati usati da me senza alcuno scopo di lucro.
 
Ringrazio tutte le persone che hanno recensito e hanno portato questa storia a quota 304 commenti e in particolare un ringraziamento speciale va a
imane, Harry Potterish, Elcherie, Lalaco, vielvisev, MissBallerina, BLUFLAME e grant per aver segnalato questa storia per le Scelte.
A voi va il mio ringraziamento più sentito.
 
Per me è stato un piacere e un onore scrivere per voi, spero che abbiate apprezzato il mio lavoro come io ho apprezzato la vostra gentilezza nel farmi sapere cosa ne pensavate.
Vi invito per l’ultima volta a commentare numerose (pensate che lo fate per una buona causa, salvare una studentessa universitaria depressa!!).
 
Un abbraccio, con tanto affetto
Giada
 
 
 
PROGETTI FUTURI:
Oltre agli spin off di cui vi avevo già parlato, ho altre storie in cantiere, long, raccolte e one shot. Ogni tanto date un’occhiata alla mia pagina! Per chi volesse, può dirmelo nel commento al capitolo e sarò felice di avvertirvi alla prossima pubblicazione.
Baci <3

 
 
 
 
 

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