Hopeless

di Bennieee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The awakening - Il risveglio ***
Capitolo 2: *** Karter ***
Capitolo 3: *** The mirror - Lo specchio ***



Capitolo 1
*** The awakening - Il risveglio ***


The awakening - Il risveglio
Un’urlo squarciò l’aria gelida.
Il dolore straziante che si stava impossessando di ogni singola parte del mio corpo mi permise di riconoscerlo come il MIO urlo solo dopo una manciata di secondi.
Era la fine, ne ero certa. Ancora qualche minuto di agonia e finalmente sarebbe tutto finito, e io sarei morta.
Sentii il fuoco concentrarsi in un solo punto, vicino al cuore, lasciando tutto il resto del corpo gelido e immobile.
Il tempo di un’altro urlo e si spense anche da lì.
Ero morta? Speravo di sì. Non avrei potuto sopportare un’altro istante di dolore.
Eppure non mi sentivo morta. Voglio dire, uno dovrebbe sapere quando è morto, no? Già solo il fatto che stavo formulando dei pensieri dimostrava il fatto che o non ero morta, o ero morta solo in parte.
Prima di tutto, dovevo decidere dove mi trovavo. Inferno, Purgatorio o Paradiso? Ricordando il fuoco in cui bruciavo fino a poco prima, optai per l’inferno. Un dolore così grande non poteva esistere da nessun’altra parte, quello era sicuro. Tuttavia aprii gli occhi per assicurarmene.
E non ero all’inferno. O almeno, a me non sembrava.
Innanzitutto ogni cosa era semplicemente perfetta. Il lampadario di cristallo appeso al soffitto sopra alla mia testa, ad esempio. Alla luce del tramonto (capii che eravamo al tramonto perchè la luce che entrava da una finestra laterale era di quell’incredibile rosato-arancione che c’è solo in quel momento della giornata) luccicava riflettendo arcobaleni sulle pareti della stanza. Non c’erano arcobaleni all’inferno, e nemmeno lampadari di cristallo. Per il resto, la stanza in cui mi trovavo sembrava proprio essere vuota.
Mi alzai lentamente in piedi controllandomi il corpo. C’ero tutta intera, e la mia pelle non sembrava minimamente bruciata. Anzi, splendeva.
Mi passai una mano tra i capelli. Trovai anche loro, che mi ricadevano sulle spalle morbidi e lisci come non ero mai riuscita a renderli prima.
Ma prima di cosa, poi? Sforzai la mente, ma tutto ciò che ricordavo erano due occhi rossi su un viso a cuore, incorniciati da una marea di riccioli dorati. Poi, il dolore. Il dolore straziante da cui ero appena rescuscitata.
E in cui speravo di non ricadere per nulla al mondo.

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Capitolo 2
*** Karter ***


~ Karter
Più che ricordarmi ciò che era successo, in quel momento mi premeva sapere dov’ero, e cosa ci facevo lì.
Rivolsi un rapido sguardo intorno alla stanza e notai una porta che prima non avevo visto, bianca, che si confondeva con la parete.
Dovevo aspettare che qualcuno venisse a cercarmi, o dovevo essere io a cercare quel qualcuno?
Aspettare non era mai stato il mio forte, così mi diressi verso la porta e la socchiusi. Si affacciava su una camera non molto diversa da quella in cui mi trovavo. Stesse pareti spoglie, stessa moquette scura e stesso lampadario. Le uniche differenze erano costituite da un televisore enorme sintonizzato su un qualche programma che non riconobbi, e un divano dall’aria molto costosa, rosso, sul quale era elegantemente sdraiata una figura, probabilmente una ragazza. Aprii completamente la porta ed entrai silenziosamente nella stanza.
La ragazza si voltò di scatto, mostrando il viso nell’unico fascio di luce che entrava dalla finestra. Mi bastò scorgere la marea di riccioli biondo oro per riconoscerla.
Era lei, la mia assassina.
Non appena i miei occhi incorciarono i suoi, sentii il fuoco riesplodere all’altezza del cuore. Il dolore mi fece cadere a carponi sul pavimento, il naso a pochi centimetri dalla moquette. Annaspai in cerca d’aria, senza trovarlo. Urlai.
«Bennie?»
Non mi accorsi che mi era accanto finchè non sussurrò il mio nome accanto al mio viso. Come faceva a sapere come mi chiamavo? Non ricordavo di averglielo mai detto.
«Tirati sù!»
Un qualche istinto mi suggerì di non urlargli addosso, ma diamine, come faceva a dirmi di alzarmi mentre stavo bruciando?
«Brucio» sputai con il poco fiato che mi restava in gola.
«Devi bere. Continuerà a bruciare finchè non berrai, è inutile lagnarsi» il suo tono era calmo, sereno. Sincero. Possibile che la mia assassina stesse cercando di aiutarmi, adesso?
Mi offrì una mano ma non la accettai. Puntandomi sui talloni riuscii a tirarmi su, e a guardarla di nuovo in viso. Era davvero bella.
«Karter»si presentò tendendo di nuovo la mano verso di me. Stavolta la strinsi con la punta delle dita, restando in silenzio.
«Brucia ancora?» domandò.
«Ovvio» ringhiai io fissandola negli occhi.

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Capitolo 3
*** The mirror - Lo specchio ***


~ The mirror
Restituì lo sguardo per un paio di secondi, poi si girò di scatto.
«Seguimi, andiamo a caccia»
Spalancai gli occhi. Quella era una pazza. A caccia?!
Doveva essersi accorta che non la stavo seguendo, perchè si voltò di nuovo vero di me:
«Credi nell’esistenza dei vampiri?»
«No»
«Bhè, tu lo sei da.. vediamo.. quindici minuti. Mi segui e andiamo a spegnere il fuoco, o resti qui a bruciare?»
Oddio. Oddio oddio oddio.
Pregai con tutte le mie forze che fosse solo un sogno, pizzicandomi forte un braccio. Ahia.
Non potevo essere un vampiro, i vampiri esistono solo in quei stupidi libri per ragazzine, non nel mondo reale.
«Non mi credi?» Karter mi fissò inclinando la testa di lato.
«No»
«Bhè, nessuno ci crede alla prima. Vediamo se questo ti convince..» mi prese per un braccio e mi girò. Alle mie spalle un grosso specchio riflettè la mia immagine e quella di Karter. Rimasi sconvolta.
Non riuscii a capire se dalla bellezza, o dal terrore di me stessa.
I capelli neri scendevano fluidi fino a metà della schiena, incorniciando un viso dai lineamenti semplicemente perfetti. Le labbra perfette, se schiuse, rivelavano una fila di denti candidi come la neve. Gli occhi, rosso fuoco, erano simili a quelli di Karter, solo più allungati.
«Bella vero? Hai stupito anche me!» mi sussurrò la vampira (ancora non riuscivo a crederci) all’orecchio.
Rimasi in silenzio, stregata dalla mia immagine.
«Li convinciamo tutti, con lo specchio. È difficile abituarsi, eh?» ridacchiò.
«Ce ne sono altri?» domandai piano.
«Ovvio! Tantissimi.. bhè, non tutti con noi ovviamente. I nostri sono a caccia. Ero convinta che ti saresti svegliata a momenti, così io ho rimandato di un po’ la partenza.. ma adesso ho sete, se permetti. Andiamo?»
Avrei voluto fare altre domande, ma il petto bruciava ancora troppo forte, e il dolore sembrava espandersi sempre di più verso la gola così annuii con la testa e mi feci prendere per mano da Karter, che saettò via dalla stanza trascinandomi con sè.

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