The Hunger Games - Idol Edition

di himchanchan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** May the odds be ever in your favor ***
Capitolo 2: *** Uri B-A-P! Yes sir! ***
Capitolo 3: *** Let the revolution begin ***
Capitolo 4: *** New friends to play with ***
Capitolo 5: *** Ruthlessness ***
Capitolo 6: *** Remember who you are ***
Capitolo 7: *** Allies ***
Capitolo 8: *** Warrior ***



Capitolo 1
*** May the odds be ever in your favor ***


Erano ormai passati 27 anni da quando il comandante Kang Sudong, con un cospicuo gruppo di suoi sostenitori, era insorto. Nel giro di un anno riuscì a concentrare su di se tutto il potere e iniziò a seminare panico e terrore ovunque. Era da sempre stato un ammiratore del vecchio Adolf Hitler e difendeva con orgoglio i suoi ideali. Voleva che la Corea del Sud diventasse la nuova Germania nazista e per dimostrate che aveva il pieno controllo sui cittadini e poteva farne quello che voleva, al posto dei vecchi campi di concentramento istituì gli Hunger Games, “giochi” a cui tutti gli abitanti della Corea del Sud dovevano assistere... assistere alla morte dei propri figli, nipoti, fratelli e sorelle in diretta tv per mano di altri ragazzini, tutti tra i dodici e i diciotto anni. Le persone tentarono di ribellarsi ma nessuno diede loro il giusto appoggio e la rivolta finì in un bagno di sangue. Gli unici che si batterono per la propria libertà furono le genti più abbienti. Non ero uno di quelli che si sarebbero dovuti preoccupare che il proprio nome o quello dei propri cari fosse stato nella boccia da cui estraevano i nominativi; lo stato aveva deciso che i “ricconi” sarebbero stati esclusi dagli Hunger Games. Per colpa di tutto ciò, non mi ero mai reso conto di quanto fosse ingiusto il nuovo sistema di governo, riuscivo a mandare avanti la mia vita e quella dei miei compagni quasi come una volta. Almeno fino a quando non arrivò l'anno della venticinquesima edizione dei giochi.

“Hyung, svegliati! Oggi dobbiamo provare le coreografie nuove prima dell'annuncio! Il presidente ci ucciderà se arriviamo in ritardo! E ormai sai che ora non è più un modo di dire...”
Sempre la solita storia. Sempre a fare paragoni con il passato. Sempre a ricordarmi quanto la vita fosse perfetta... una volta. Non posso assolutamente permettermi di lamentarmi, c'è decisamente chi sta in condizioni di gran lunga peggiori delle mie ma gli altri membri del gruppo mi stanno facendo uscire fuori di testa con le loro allusioni al loro mondo felice.
Mi alzai dal letto e, a malavoglia, mi infilai una maglietta qualsiasi e uscii dalla camera. Nel salotto c'era il nostro manager che aveva già il fumo che gli usciva dalle orecchie per colpa mia e delle mie “inadeguate abitudini del sonno che non si addicono alla figura di un idol”, come diceva sempre il nostro presidente.
“Sei in ritardo” disse con aria di sfida e io non esitai a rispondere a tono.
“Dimmi qualcosa che non so”
Junhong, che stava in piedi proprio accanto a me, mi diede un leggero colpo con la mano sulla mia schiena per riportarmi alla realtà e farmi ricordare le buone maniere. Non funzionò, purtroppo. “Sono due anni che continui a ripetere questa frase. Lo so, non serve ricordarmelo. So anche che il presidente mi odia, so che tu non mi sopporti e che la mia presenza ti snerva quindi evita di farti vedere in giro quando ci sono anche io”.
Finimmo col litigare per tutto il viaggio dal nostro dormitorio alla sala prove quando finalmente quell'uomo ci lasciò un po' di tempo per stare da soli. Amavo i momenti come questo... noi, la musica e il ballo. Non c'era niente di più speciale per me al mondo. Con i miei dongsaeng ero felice e riuscivo a dimenticarmi di tutti problemi possibili e immaginabili che avessi potuto avere. Provammo fino allo sfinimento e ci buttammo stremati sul pavimento senza dire una parola.
Durante i nostri dieci minuti di pausa uno di noi ruppe il silenzio.
“Sapete... ho un brutto presentimento per l'annuncio di oggi”.
Youngjae. Il più intelligente di tutti ma anche il più ansioso. Non riusciva a stare tranquillo ogni volta che l'argomento principale riguardava gli Hunger Games. Soprattutto quella volta che era la venticinquesima edizione. Una delle regole di questi giochi prevedeva infatti che ogni venticinque anni ci sarebbe stata una variazione dello svolgimento del massacro. Quella era la prima volta che capitava l'occasione e sicuramente, i game makers avrebbero dato libero sfogo alla loro fantasia, tutti eravamo consapevoli che sarebbe potuta succedere qualsiasi cosa. Nessuno però voleva spaventare ancora di più Youngjae e il primo a rassicurarlo fu Himchan, la “madre” del gruppo. Io ero il padre, se a qualcuno potesse interessare.
“Non devi preoccuparti. Non ricordi? Noi non abbiamo il dovere di partecipare agli Hunger Games, puoi stare tranquillo”.
Bastarono queste parole e il tono dolce e protettivo di Himchan a calmare il ragazzo. Anche io amavo il suo modo di parlare, quasi ringrazio il fatto che fosse un gran chiacchierone. Era lui infatti quello con cui mi sfogavo, a cui raccontavo le mie paure, le mie preoccupazioni. Più che come una madre, per me era come un fratello. Una persona su cui potevo contare sempre e comunque.
Finite le prove, tornammo a malincuore nel nostro appartamento. Era ancora pomeriggio e avrebbero dato l'annuncio quasi tre ore dopo il nostro rientro. Decisi allora di fare una doccia per scacciare via qualsiasi tipo di pensiero, bello o brutto che fosse. Stetti in bagno fino a quando Daehyun iniziò a battere sulla porta urlando che voleva entrare anche lui per darsi una pulita e rinfrescarsi. Non mi ero infatti accorto che ero rimasto lì dentro per un'ora e, messo da parte il mio lato da egoista, mi precipitai fuori dalla doccia e filai dritto in camera per mettermi addosso una tuta qualsiasi.
A venti minuti prima dell'inizio dell'annuncio, eravamo già tutti in salotto ad aspettare che in tv apparisse il volto odioso dello storico commentatore degli Hunger Games, Lee Seungki.
Non ho mai digerito la sua faccia e il mio odio per lui arrivò all'apice quando noi B.A.P fummo ospiti a Strong Heart e cominciò a prendermi in giro perché quando rido si vedono parecchio le mie gengive. Non so cosa ci trovino di divertente in lui le persone.
Per ammazzare il tempo, iniziammo a parlare del più e del meno ma la cosa non aiutava. Non riuscivamo a non pensare a quel dannato annuncio e l'ansia stava uccidendo il nostro maknae, Zelo, e il cervellone del gruppo, Youngjae.

20 minuti...

10 minuti...

5 minuti...

1 minuto...


“Salve a tutti e benvenuti al primo annuncio della venticinquesima edizione degli Hunger Games!”
La voce di Lee rimbombò per tutto il salotto e io non potei evitare di aggrottare le sopracciglia per il mio odio verso di lui. Ci guardammo a vicenda per qualche secondo prima di rivolgere la nostra attenzione di nuovo verso il televisore. Sapete, Seungki è sempre stato una persona particolare... eccentrica oserei dire. Ogni anno infatti sfoggiava un nuovo colore di capelli e i suoi vestiti variavano tema ad ogni edizione. Questa volta aveva i capelli di un rosa così acceso che riuscì quasi a togliermi la vista e il suo completo ricordava quello di un signorotto borghese del 1800. Mi chiesi se si sarebbe mai dato ad un look da gangster. Ridacchiai tra me e me ma ritornai subito alla realtà quando riprese a parlare.
“Come ben sapete, secondo il regolamento, ogni venticinque anni si tiene un'edizione speciale dei giochi. Perché speciale? Beh, perché ogni volta ci sarà un incredibile ribaltamento delle carte in tavola e, dal momento che questa è la prima volta che i Game Makers hanno l'occasione di farlo, potrete di certo aspettarvi un'edizione ricca di colpi di scena!”
“Pff, come se non lo sapessimo già” Commentò Jongup.
“Allora... siete pronti per il grande annuncio? Rullo di tamburi, prego!”
Eccolo, il momento della verità era arrivato, tutti iniziammo a tremare senza rendercene conto. Da quel momento la nostra vita sarebbe cambiata o avremmo potuto vivere serenamente per altri venticinque anni?
“Oh-Oh! Credo proprio che i giochi di quest'anno saranno davvero interessanti! Secondo quanto stabilito dai vari incontri tra i Game Makers tenutisi nella capitale, nella venticinquesima edizione degli Hunger Games, saranno chiamati nell'arena 12 concorrenti maschi e 12 concorrenti femmine da... ventidue idol bands diverse!”


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Come vi è sembrato il primo capitolo?
Sinceramente, credevo di poterlo scrivere meglio ma anche così credo che vada bene c:
Sono ancora una nugu qui su efp quindi > 0 recensioni > Chi ti conosce ma... ok XD
Anche se sotto, sotto mi farebbe piacere sapere che cosa ne pensiate *coff*

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Capitolo 2
*** Uri B-A-P! Yes sir! ***


“Ragazzi, ci credete? Tra qualche giorno ci sarà il nostro debutto!”
“Tutte quelle ore passate a provare le coreografie, i testi... saremo ripagati di tutto il nostro lavoro!”
“E se le canzoni del nostro primo singolo sono eccezionali, è tutto merito del leader. Vai, Yongguk-hyung!”
I cinque ragazzi cominciarono ad applaudire per il loro leader. Gli erano totalmente riconoscenti per tutto ciò che aveva fatto; lui era quello con più esperienza in quella gabbia di matti a cui voleva un mondo di bene, non poteva negarlo. Per due lunghi anni erano sempre stati insieme a prepararsi per il loro tanto atteso debutto, era il loro sogno più grande. E finalmente stava per realizzarsi.
Yongguk rimase lì, immobile, a guardare i suoi compagni che festeggiavano per lui. Non riusciva però a nascondere il suo inimitabile sorriso che era diventato il suo “marchio di fabbrica”.
“Oh, andiamo, hyung. Non rimanere in disparte, vieni qui con noi!”
“Naaa... mi piace vedere i miei sciocchi dongsaeng super eccitati”
Scoppiarono tutti in una fragorosa risata che però si spense subito... Himchan aveva radunato attorno a se tutti i componenti del gruppo eccetto il leader. Stavano di sicuro macchinando qualcosa.
Infatti in men che non si dica si fiondarono su di lui e iniziarono a fargli il solletico fino a farlo cadere a terra e a farlo implorare di essere lasciato in pace per riprendere un po' di fiato.
“YAH! E' così che trattate il vostro leader? Dove sono finite le buone maniere?”
Disse con un tono autoritario e con l'espressione più seria che potesse mostrare. Purtroppo non riuscì a mandare avanti quella farsa e scoppiò a ridere a causa dei volti da cani bastonati che avevano i suoi dongsaeng.
“Andiamo! Stavo scherzando! Non volevate giocare?”
Fece per rialzarsi da terra ma Junhong lo fece ricadere sul pavimento e riprese a fargli il solletico dicendogli che l'aveva fatto preoccupare.
Qualche minuto dopo, entrò il presidente della casa discografica per congratularsi con loro. Con le parole più sincere del mondo, disse che i BAP erano il gruppo migliore che potesse mai avere, che non credeva che dei rookie fossero capaci di tali prestazioni e che loro erano speciali.
“... e mi raccomando. Stendeteli tutti!”
Il direttore era così, cercava di stare al passo con i tempi sia nel vestiario che nel modo di parlare nonostante la sua -quasi- veneranda età. I ragazzi non erano mai stati così felici e conclusero il loro incontro con il saluto che tra qualche giorno tutta la Corea del Sud avrebbe riconosciuto.
“Uri B – A – P! Yes sir!”


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24 idols.
24 idols coreani.
24 idols coreani tra cui anche i miei dongsaeng.
Loro sono stati il mio primo pensiero subito dopo l'annuncio. Erano la mia famiglia, non potevo permettere che andassero a morire in quell'arena. Erano forti, si, ma tutto poteva succedere lì dentro. Non volevo che soffrissero e che lo stato si prendesse gioco di loro... di noi.
Mi girai verso destra e vidi Himchan che cercava di rassicurare Youngjae e Junhong... inutilmente; è difficile consolare qualcuno quando anche tu hai paura. Alla mia sinistra, invece, Jongup fissava ancora il televisore e non mi ero accorto che Daehyun non fosse più in salotto. Non sapevo cosa fare, volevo rendermi utile anche io ma il mio istinto prese il sopravvento e, senza pensarci due volte, uscii dal dormitorio e sbattei la porta d'ingresso con tutta la forza che avevo in corpo.
In strada era pieno di persone che festeggiavano; quell'anno i loro figli potevano ritenersi al sicuro da qualsiasi bagno di sangue. Provai disgusto davanti a quelle scene ma subito la realtà mi colpì. Anche io negli anni precedenti non mi preoccupavo affatto di tutti i ragazzini che morivano agli Hunger Games; non ci pensavo, io non avrei mai dovuto partecipare a quel massacro. Il mio egoismo era stato così forte da farmi dimenticare che tutto era ingiusto, che lo stato non aveva diritto di uccidere delle persone innocenti solo per divertimento. Iniziai a correre senza motivo, senza una meta, fino a quando non arrivai in un vecchio parco giochi abbandonato e mi sedetti sulla prima panchina stabile che trovai.
Non sapevo davvero cosa fare, provavo disgusto per gli Hunger Games, per il nuovo governo e per me stesso. Ero stato davvero uno sciocco a trascurare tutto ciò e a preoccuparmi solo del mio tornaconto.
Quando ritornai sulla terra, mi alzai di scatto dalla panchina e ripensai subito ai miei dongsaeng. “Devo tornare da loro”, dissi ad alta voce. Che razza di leader è uno che abbandona i propri compagni in momenti come quello?
All'entrata del dormitorio le mie gambe si bloccarono, ero stato un vigliacco a lasciarli da soli. Sarei dovuto rimanere ma il solo pensiero di vederli negli Hunger Games mi faceva star male... con tutto il coraggio e la dignità che mi erano rimasti cominciai a cercare le chiavi di riserva che tenevamo fuori dalla porta. Stavo per girarle quando sentii la voce del nostro manager e subito persi il controllo.
Irruppi nel dormitorio con il fumo che mi usciva dalle orecchie e tutti mi guardarono con occhi increduli. Iniziai a sfogare tutta la mia rabbia su di lui.
Cosa era venuto a fare?
Era venuto a spiegarci che se ci avessero scelto e non fossimo sopravvissuti, la compagnia sarebbe andata in fallimento?
Erano davvero così crudeli?
Prima che potessi dire o fare altro, Junhong mi afferrò per il braccio facendomi voltare verso di lui. Stavo per dirgli di lasciarmi andare e di farsi gli affari suoi ma notai i suoi occhi rossi e gonfi e non potei fare a meno di intenerirmi.
“Yongguk, basta...”
Non mi chiamava mai per nome e dal tono in cui lo disse capii che sarebbe potuto scoppiare di nuovo a piangere da un momento all'altro.
“Junhong...”
“Smettila, Yongguk... Smettila... il nostro manager non c'entra nulla... ti prego”
Non riuscii a dirgli di no. Mi resi conto che era arrivato il momento di mettere da parte anche le divergenze con il manager, non era di certo colpa sua. Dovevo smetterla di fare il bambino e di iniziare a crescere.
“Sono corso qui non appena ho sentito l'annuncio. Yongguk, devi smetterla di credere che tutte le cose spiacevoli che ti accadono siano per colpa mia e soprattutto smetti di credere che io ti odi. Sono due anni che sto con voi, credi che se non me ne fosse importato nulla sarei ancora qui? No... sono rimasto perché io mi preoccupo per voi e non voglio che quegli squali là fuori vi divorino vivi, è chiaro?”
Rimasi senza parole. Quello che aveva detto era vero, non potevo mettermi a contestarlo perché sapevo che era sincero, glielo si leggeva in faccia. In tutto questo tempo era rimasto sempre al nostro fianco non pensando nemmeno per una volta di lasciarci stare con le nostre sole forze e io lo ripagavo con il mio odio infantile verso di lui.
Quella sera mi sembrava come se tutto mi stesse sfuggendo di mano, si creavano problemi su problemi e io non avevo la minima idea di come risolverli.
Cercai di spiegargli al meglio quanto mi dispiacesse averlo trattato come un pezzo di carne qualunque ma non riuscii a trovare le parole giuste.
Dopo qualche minuto di silenzio, ci fece radunare tutti in salotto e ci disse come si sarebbero svolti i giochi.
Tra tre giorni ci sarebbe stata la mietitura pubblica nello stesso edificio dove, a quanto pare, si svolgevano gli addestramenti, le interviste e la parata dei cosiddetti “tributi”. Vi avrebbero partecipato tutte le idol band della Corea del Sud e siccome era in diretta tv, ci saremmo dovuti vestire in maniera “elegante”. L'idea non mi allettava poi tanto, iniziai ad odiare gli Hunger Games e tutto ciò che desideravo a quel tempo era che qualcuno organizzasse una rivolta contro quell'ingiusto e spietato governo.
Quei tre giorni prima della mietitura furono strazianti. Non dormivamo e, come se non bastasse, ogni volta che stavamo per chiudere gli occhi, arrivava uno degli stilisti a scocciarci con gli abiti per quella fatidica sera. Invece del nostro solito look da ragazzi ribelli, con magliette e pantaloni strappati, ci costrinsero ad indossare degli smoking con tanto di papillon enormi neri e mocassini. Volevano addirittura tingerci i capelli di un colore, secondo loro, “normale” ma il nostro manager riuscì a fargli abbandonare l'idea.
Mi sentivo a disagio con quei vestiti, non ero assolutamente me stesso e non riuscivo ad abituarmici.
Durante il viaggio in auto verso l'edificio degli Hunger Games, Youngjae non resistette e cominciò a piangere come se non ci fosse stato un domani e quella volta, invece di scappare, fui io stesso a consolarlo. Volevo rendermi utile in quel poco tempo che ci rimaneva.
Arrivati a destinazione, entrammo nell'imponente palazzo a quindici piani e ci precipitammo, a malavoglia, nella sala dove si sarebbe tenuta la mietitura. Tutte le altre idol band erano già lì, mancavamo solo noi e c'erano telecamere ovunque che, non appena mettemmo piede lì dentro, si voltarono verso di noi e ci corsero incontro. Riuscimmo a stento ad arrivare ai nostri posti.
Una volta accertatisi che tutto fosse pronto, cominciarono con le presentazioni.
Ci rivediamo, Lee Seungki.
Anche quella volta non riuscii a non ridere... i suoi capelli rosa erano rimasti sempre gli stessi ma, dal modo in cui era vestito, pensai che stesse cercando di somigliare a Napoleone. Che tipo.
“Benvenuti a tutti voi, signorine e signorini”. Irritato, alzai gli occhi al cielo.
“Come ben sapete, questa è la venticinquesima edizione degli Hunger Games e i nostri Game Makers hanno avuto un'idea così brillante che sono onorato di essere il presentatore di questi giochi. Ma bando alle ciance ed entriamo subito nel vivo degli eventi!”
Non appena finì la frase, delle guardie portarono al centro del palco una boccia con dentro dei piccoli foglietti di carta su cui erano scritti i nostri nomi.
“Sarò io stesso ad estrarre i nominativi, sono così eccitato! Bene! Iniziamo!”
Mise la mano destra nel contenitore e tutti in sala trattennero il respiro per qualche secondo. Mi guardai attorno e tutto ciò che vedevo erano i volti distrutti di altri ragazzi che, come me, avevano il sogno di lavorare nel mondo della musica... purtroppo questo sogno si sarebbe potuto infrangere proprio quella sera.
Lee aprì il primo biglietto e lo lesse con la sua solita voce stridula.
“Il primo tributo per la venticinquesima edizione degli Hunger Games è... Ok Taecyeon degli 2PM! Congratulazioni!”
Il povero malcapitato salì immediatamente sul palco ma di certo era uno che aveva molte probabilità di vittoria. Era alto e muscoloso, il corpo di un vero vincente ma c'era qualcosa nel suo sguardo che riusciva a farti capire che anche lui era spaventato a morte.
Mi persi così tanto nei miei pensieri che non mi resi conto che Lee aveva già estratto il secondo nome. Kim Hyuna delle 4minute. “Bene, un altro è andato”, pensai.
“Bene, bene, bene... il prossimo tributo sarà... Park Kyung dei Block B!”
Devo ammettere di esserci rimasto davvero male dopo aver sentito quel nome. Prima di entrare alla TS Entertainment, io ero in buoni rapporti con lui. Ci esercitavamo insieme e ci davamo consigli su come migliorare le nostre abilità in quanto rappers. Ma con il tempo il nostro rapporto cominciò a sgretolarsi...
Lanciai un'occhiata a tutti i miei compagni per cercare di rassicurarli. Mi sorrisero ma si vedeva lontano un miglio che sapevano che nemmeno io potevo metterli in salvo da quella situazione. Mi rassegnai e rivolsi la mia attenzione di nuovo verso Lee.
“Questa volta sarà il turno di... Bang Yongguk dei BAP! Congratulazioni!”


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Ecco qui anche il secondo!
Buona lettura! (Sempre se ci sia davvero qualcuno lì fuori che sta leggendo davvero la fanfiction ç_ç)

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Capitolo 3
*** Let the revolution begin ***


Rimasi pietrificato per qualche secondo fino a quando la voce di Lee Seungki non cominciò a rimbombarmi nelle orecchie dicendomi di andare verso di lui. La mia razionalità mi aveva abbandonato e non riuscivo più a capire se stavo sognando o no. Non era la prima volta che mi svegliavo nel cuore della notte da uno dei miei soliti incubi in cui venivo scelto per gli Hunger Games.
Ma quello non era un sogno.
Mi guardai intorno, cercando gli sguardi dei miei compagni, ma tutto ciò che vidi furono i loro volti pieni di dispiacere per il triste destino che mi sarebbe spettato. Junhong aveva già le guance rigate dalle lacrime che, a differenza degli altri, non era riuscito a trattenere. Mi feci coraggio e avanzai lentamente verso il palco. Nell'enorme sala c'era un silenzio di tomba e le uniche cose udibili erano i miei passi pesanti e il mio respiro affannato.
Arrivato sul palcoscenico, iniziai a fissare il vuoto non volendo ascoltare una parola di quello che Lee stava dicendo. Non dovetti nemmeno sforzarmi troppo, tutti i suoi attorno a me, in quel momento, sembravano soffocati e distorti. Quando ripresi il pieno controllo di tutti i miei sensi, feci appena in tempo a sentire Lee che si congratulava di nuovo con me e mi rispediva al mio posto con un evidente ghigno sulle labbra.
Mi odiava davvero così tanto da voler vedermi morire in quel massacro?
Mi scrollai il pensiero dalla mente e mi concentrai sui prossimi tributi.
Ad un certo punto, chiamarono sul palco una ragazza di un gruppo sotto la mia stessa casa discografica, Song Jieun delle Secret. Era un peccato che una ragazza gentile e dolce come lei fosse stata scelta per partecipare a quella carneficina. E come mi dispiaceva per lei, mi dispiaceva anche per tutti gli altri ma soprattutto per quei ragazzini di quindici anni, come Junhong, che furono costretti ad andare lì a morire per il divertimento dei più potenti.
Era un'ingiustizia che andava fermata... e anche subito. Mi ero finalmente convinto che avrei fatto qualcosa per cercare di ribaltare le carte in tavola e non mi sarei di certo fatto uccidere da qualcuno. Avrei fatto di tutto per uscire da lì vivo e vegeto per cambiare le cose.
“Ed ecco qui i ventiquattro fortunati tributi che parteciperanno a questa, se me lo concedete, stupenda edizione degli Hunger Games! E possa la buona sorte sempre essere a vostro favore!”
Quella frase suonava come una presa per i fondelli, in quel momento più che mai. Ma i loro giorni da spietati dittatori stavano per finire, non mi sarei mai lasciato scappare un'occasione come questa.
Finita la mietitura, condussero tutti noi tributi in una stanza a parte per darci istruzioni precise su quello che avremmo fatto nei giorni seguenti.
Per due lunghissime e strazianti settimane, ci avrebbero portato lontano dai nostri compagni e dalle nostre famiglie per prepararci al meglio all'imminente massacro. Decisero che i tributi si sarebbero allenati “a coppie” scelte in base alla casa discografica. Io, quindi, sarei finito con Jieun. Ci assegnarono, per fortuna, un mentore a testa e il mio manager si offrì lui stesso volontario per questo incarico. Nonostante fosse già impegnato con le attività del mio gruppo, decise comunque di venire personalmente a darmi una mano e di questo gliene sarò per sempre riconoscente. Lui si sarebbe occupato di lavorarsi gli sponsor (*) mentre io cercavo di sopravvivere all'intero dell'arena. Solitamente, nelle edizioni precedenti non era permesso vedersi più volte con i propri cari durante l'addestramento ma quella volta fecero uno strappo alla regola; potevano venire a visitarci al massimo una volta tutti i giorni o la mattina o la sera. Sembravamo dei veri e propri carcerati in attesa di andare a morire sulla sedia elettrica.
Quella stessa sera ci fecero sistemare nei nostri nuovi appartamenti; io lo condividevo con Jieun. Era una vera e propria casa. C'erano un salotto tre volte più grande del nostro al dormitorio, quattro bagni, una cucina a dir poco enorme e, ovviamente, le nostre camere da letto con dei balconi grandi tanto quanto queste ultime.
Feci appena in tempo a sedermi sul mio letto che Junhong irruppe nella mia stanza e mi saltò addosso, abbracciandomi più forte che poteva e piangendo come un bambino. Risposi al suo abbraccio e lasciai che si sfogasse sulla mia spalla. Dopo essersi calmato, finalmente, mi parlò.
“Yongguk, promettimi che ce la farai. Promettimi che tornerai a casa e che non ci lascerai...”
“Junhong, io... te lo prometto. Ti prometto che tornerò a casa e che fermeremo tutto quanto, va bene?”
Quelle parole sembrarono rassicurarlo ma il povero ragazzo continuava a singhiozzare così lo presi di nuovo fra le mie braccia e ricominciai a parlargli.
“Hey, Junhong... devi essere forte. Io... tornerò a casa da te e dagli altri e ricominceremo una vita completamente nuova. Ho bisogno che tu tifi per me, non abbatterti così. Cercherò di vincere per noi, per i B.A.P”.
Finito il mio breve monologo, non mi accorsi che anche io stavo silenziosamente piangendo e non mi preoccupai di nasconderlo. Junhong, infatti, se ne accorse subito e, ridacchiando, me lo rinfacciò, dicendomi che io non piangevo mai e che cercavo sempre di essere forte ai suoi occhi. Poco dopo entrarono anche gli altri e non potemmo fare a meno di scambiarci un abbraccio di gruppo. Nessuno di noi voleva lasciare la presa e rimanemmo lì al centro della camera per dio-solo-sa-quanto.
“Ragazzi, tra qualche minuto dovrete tornare a casa”. Il nostro manager venne a darci la triste notizia ma i miei compagni mi intrappolarono ancora di più nella loro morsa e io non osai lamentarmi. Sapevo che, nonostante il loro permesso di venire ogni giorno, loro non sarebbero potuti stare sempre qui... avevano altri impegni, le interviste, i photoshoot. Non avevano tempo per me. Una volta andati via, mi buttai sul letto con ancora addosso i vestiti della cerimonia e mi addormentai senza neanche rendermene conto. Mi svegliai qualche ora dopo ma era ancora notte. Decisi allora di frugare nell'armadio e di mettere qualcosa di più comodo. Per mia sfortuna, era ancora vuoto così mi tolsi il papillon e la giacca e slacciai qualche bottone della camicia. Non sapevo che fare; di dormire non se ne parlava, avrei solo fatto degli incubi... il mio appetito era sottoterra e, nonostante la grandezza e la bellezza di quell'appartamento, non riuscii a trovare nulla di interessante da fare. Guardai fuori dalla finestra e, stavolta, era pieno di persone che gridavano i nostri nomi come se fossimo degli eroi.
Cosa c'è di eroico nell'uccidere dei ragazzini?
Non credo che sarebbero stati capaci di rispondermi. Continuai ad osservarli e più lo facevo, più mi disgustavano. Quelli non erano umani... erano dei mostri che sapevano divertirsi solo quando di mezzo c'erano violenza e sangue. Ma a loro cosa importava, i loro figli erano al sicuro dagli Hunger Games, potevano dormire sonni tranquilli.
Quando mi girai per tornare in camera, mi ritrovai faccia a faccia con Jieun. All'inizio non la riconobbi; anzi, mi si quasi fermò il cuore per lo spavento credendo che fosse chissà cosa.
“Anche tu non riesci a dormire?”
Mi chiese timidamente ma io risposi con un semplice cenno del capo. Ci sedemmo sul divano e rimanemmo in silenzio, se non mi sbaglio, per quasi mezz'ora fino a quando decisi finalmente di rompere il ghiaccio con il primo argomento che mi passò per la testa.
“Che te ne pare di questo appartamento? Chissà quanto hanno speso per costruire tutto quanto”
“Già... anche se per me è un inutile spreco di soldi. Ho sempre pensato che gli Hunger Games fossero inutili. Ironia della sorte, ora ci sono dentro”
Sorrise, cercando di nascondere il tono di amarezza con cui erano impregnate le parole che aveva appena pronunciato.
“Penso anche io la stessa cosa! Sono solo un inutile massacro che si potrebbe benissimo evitare. Se ne riuscirò vivo, farò di tutto per cambiare le cose”.
La ragazza annuì debolmente e ricadde su di noi quel muro di silenzio che fino a qualche istante prima eravamo riusciti ad abbattere.
Le feci un'altra domanda. Stavolta riguardo le altre ragazze del suo gruppo.
Rimase ancora in silenzio a guardare un punto fisso nel vuoto ma poi alzò lo sguardo verso di me e mi spiegò tutta la situazione.
“No... non sono venute. Sai, avevamo le riprese per il nuovo video stasera e sarei dovuta andare anche io con loro ma qualcosa ha deciso di farmi rimanere qui”.
Disse, chiaramente riferendosi agli Hunger Games.
“Ma se sei stata tutto il tempo da sola? Perché non sei venuta da me? So di non essere una delle migliori compagnie al mondo ma sempre meglio che starsene per fatti propri, specialmente dopo una serata come questa”.
Senza preavviso, si buttò fra le mie braccia e pianse come se non ci fosse stato un domani. Cercai di rincuorarla ma sapevo che qualsiasi cosa le avrei detto sarebbe stata tutta una bugia. A malincuore le feci una promessa che non avrei potuto mantenere.
“Ti farò uscire viva da lì”.


*Sponsor : Nel libro, gli sponsor sono utilizzati dai mentori dei tributi per cercare di far arrivare loro degli aiuti extra in caso di estrema necessità all'interno dell'arena. Dal momento che le medicine e il cibo aumentano notevolmente di costo durante gli Hunger Games, ci pensano questi sponsor a farsi carico delle spese per acquistarli.


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Ta-dah~ Ecco qui anche il terzo!
So che è un po' corto ma volevo aggiornare prima di domani perché
sarò parecchio impegnata con la scuola e non so quando potrò aggiornare di nuovo ç_ç
In ogni caso...
Credete che ci sarà una storia d'amore all'interno di questa fanfiction?
Beh, non ci sarà, mi dispiace per voi ma per stavolta passo u_u
Però chi lo sa... tutto può succedere *occhiolino*
Buona lettura~

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Capitolo 4
*** New friends to play with ***


Il giorno dopo mi svegliai di soprassalto nella mia nuova camera con un forte mal di testa che mi avrebbe tormentato per tutto il giorno. Il sole splendeva attraverso l'enorme porta-finestra della stanza preannunciando una bella giornata ma quella era tutt'altro che bella. Il mio primo giorno da tributo degli Hunger Games. Che bello, vero?
Mi diressi verso la porta ma prima che potessi aprirla, sentii dei leggeri colpi provenire da fuori.
“Forza, forza! La colazione è già in tavola, non vorrai che si raffreddi!”
All'inizio non riconobbi la voce dello sconosciuto ed esitai un attimo prima di aprire la porta ed entrare in salotto. Trovai il mio manager, Minhyun, seduto sul divano che guardava la replica della nostra mietitura e, oltre a lui, nella stanza c'erano anche Jieun e la sua manager che facevano colazione; scoprii allora di chi era la voce che era venuta a svegliarmi quella mattina.
“Oh, finalmente! Molto piacere, Yongguk. Io sono la manager di Jieun, Lee Jimin. Allora! Vieni ad unirti a noi”.
Non le risposi e pensai che la sua voce fosse tanto irritante quanto quella di Lee Seungki. Volevano proprio rendermi quella “bella” esperienza la migliore della mia vita. Forse era perché avevo mal di testa; forse perché tra due settimane sarei andato a morire in un bagno di sangue... non lo so. Fatto sta che più i minuti passavano, più quella sensazione mi opprimeva.
Mi sedetti accanto al mio manager e stetti in silenzio a guardare con lui la repliche dell a sera prima. Non ero arrivato in tempo per il momento in cui scelsero il mio nome... per fortuna. Non ce l'avrei fatta a rivedere le facce incredule e spaventate dei miei compagni che vedevano il loro leader camminare verso un destino già segnato.
Quando arrivò il momento dei commenti di alcune persone super eccitate per gli Hunger Games che avevano intervistato dopo la mietitura, mi alzai e mi diressi verso il tavolo per mandar giù qualcosa. Non ne potevo già più di tutto questo fomento per un massacro inutile come quello.
Notai che Jieun stava continuamente con la sguardo fisso verso il basso e non osava mai alzare il capo; la fissai per qualche minuto ma niente. Continuava a rimanere in quella posizione, i capelli le nascondevano gran parte del viso e non muoveva un muscolo. Non ero molto sicuro di quello che avrei dovuto fare...
Avrei dovuto parlarle o rimanere anche io in silenzio? Optai per la seconda opzione.
“Hey, J-Jieun... hai dormito bene la scorsa notte?”
Fece per alzare il viso ma tornò nella stessa posizione di prima quando Jimin mi rispose al posto suo.
“Jieun è stanca e non parla perché è troppo contenta di partecipare agli Hunger Games per esprimersi a parole”.
Mi rispose come se volesse mordermi e non si trattenne dal farsi scappare una risatina subdola alla fine della frase. Minhyun non poté fare a meno di sbuffare a sentire le inutili giustificazioni di quella donna e io risi per la sua reazione. Devo ammettere che ero fortunato ad averlo come mentore; come me, neanche lui approvava gli Hunger Games. O almeno questa è l'impressione che mi aveva dato. Non controbatté ma quel suo gesto nascondeva tutto il disappunto che provava verso quello che Jimin aveva detto ed ebbe effetto. La donna si alzò di scatto dal tavolo ed uscì dall'appartamento, lasciando Jieun con noi.
Non persi l'occasione e mi sedetti nel posto di fianco a lei. Non ero il tipo che faceva certe cose ma le misi una mano sotto il mento e, delicatamente, girai la sua testa nella mia direzione. Appena vidi il livido che aveva sulla sua guancia destra, preoccupato, la riempii di domande. Ero già in grado di immaginare chi glielo aveva procurato. Si ostinava a dirmi che era stato un incidente ma era palese che c'era dietro qualcosa di peggio. Il mio manager si offrì di andare a cercare del ghiaccio e rimanemmo seduti da soli, io e lei, al tavolo.
“Jieun... non serve mentire. A me puoi dire la verità, è meglio se ne parli”.
Cercai di rassicurarla e dopo qualche minuto di esitazione, cominciò a parlare molto lentamente e a bassa voce, come se qualcuno lì intorno potesse sentirla.
“Ieri notte dopo che sono tornata in camera... beh, non è che sono proprio andata a riposare...”
Rimase in silenzio per qualche secondo, fece un respiro profondo e riprese a raccontare.
“Ho cercato di andarmene. La mia manager è riuscita a trovarmi e poi... beh, lo vedi sulla mia faccia”.
Riabbassò lo sguardo e il mio istinto prese di nuovo il sopravvento; la abbracciai, cercando di rassicurarla. Inizialmente non cercò di ricambiare ma, rendendosi conto che non avrei mollato la presa tanto subito, mi cinse il busto con le sue braccia. Se quell'animale della sua manager non avrebbe cercato di aiutarla, ci avremmo pensato io e Minhyun. Per tutto il tempo degli allenamenti sarebbe stata sempre con me e quando si sarebbe trattato di tornare nell'appartamento, ci sarebbe stato anche il mio manager a darmi una mano per proteggerla da quella iena interessata solo ad apparire bella agli occhi delle persone.
Ci separammo quando Minhyun rientrò in salotto con il ghiaccio che sfilai dalle sua mani. Lo appoggiai con tutta la delicatezza possibile sulla guancia di Jieun per poi prenderle una mano e posarla sull'impacco. Non dissi nulla al mio manager e lui stesso non fece domande. Forse aveva già intuito cos'era successo, che lei si era confidata con me; sapeva che se avesse avuto dei problemi, io sarei stato la persona più adatta per metterla in salvo in mezzo a quei killer.
Cominciò a spiegarci quello che avremmo fatto durante la giornata:
Fino a circa mezzogiorno saremmo andati a conoscere i nostri nuovi stilisti e truccatori, nel pomeriggio sarebbe iniziato l'allenamento vero e proprio nella palestra condivisa da tutti i tributi in uno dei millemila piani del palazzo e la sera, dopo la cena, avremmo potuto ricevere visite dei nostri parenti e amici per un determinato limite di tempo e poi saremmo rimasti liberi di fare quello che volevamo... certo, entro i limiti del nostro appartamento.
Ci rispedì nelle nostre camere per metterci qualcosa di più comodo addosso e, una volta pronti, ci scortò lui stesso verso la nostra prima tappa del “tour”.
Ci lasciò in una stanza che più che un salone, sembrava lo studio di un medico... solo tre volte più grande. Aspettammo fino a quando due sconosciuti entrarono dall'enorme porta vetrata a qualche metro di distanza da noi. Finalmente, ecco i nostri stilisti. Erano... straordinariamente ordinari. Un uomo ed una donna che potevano avere non più di trent'anni si fermarono proprio davanti a noi.
Lui era alto quanto me ma era più esile; capelli neri gellati alla John Travolta qualche decennio fa e viso quasi più curato di una donna; portava una semplice t-shirt bianca, dei pantaloni di pelle lucida nera e un paio di scarpe bianche.
Lei, invece, non era affatto come Jieun. Alta, robusta... quasi più del suo compagno. Devo dire che aveva persino un'aria intimidatoria. I lunghi capelli castani e la frangetta le coprivano gran parte del volto e anche lei era vestita allo stesso modo del ragazzo. Pensai che forse quella era una specie di “divisa da lavoro”.
Rimasero immobili e in silenzio per quasi un minuto, che sembrava essere durato un'eternità, quando la ragazza cominciò a parlare.
“Ci siamo guardati negli occhi abbastanza, non credete? Io sono Park Soohyun e lui è Park Kyunghyun. I vostri stilisti, per l'esattezza”
“Di solito dovremmo congratularci con voi ma noi lo riteniamo poco consono. Non è poi una bella cosa essere scelti per andare a morire in un'arena, no?”
Quasi non credevo alle mie orecchie. Anche per loro questa era un'ingiustizia. Però cominciai a chiedermi perché, nonostante ci fossero tutte quelle persone che la pensavano come me, nessuno aveva mai provato ad alzare un dito per cambiare la situazione... forse per paura di quello che il governo avrebbe potuto fare, non a loro, ma bensì ai loro cari. Chissà.
“Allora, abbiamo dato un'occhiata al genere di musica che producete e di conseguenza al concept che più vi si addice. Abbiamo in mente già qualcosa per l'intervista e la parata dei tributi ma prima dobbiamo prendere le vostre misure, va bene? Ci vorrà solo qualche minuto”.
Io e Jieun annuimmo contemporaneamente e gli lasciammo fare il loro lavoro.
Una volta finito con metri, nastri e spille, ci condussero di nuovo al nostro appartamento e ci dissero che avevano portato tutto il nostro guardaroba da “persone normali” nelle camere e quindi di cambiarci con qualcosa di più adatto per l'addestramento subito dopo pranzo.
Non appena mettemmo piede nell'appartamento, Soohyun e Kyungsu erano già spariti; tirai un sospiro e mi diressi subito in sala da pranzo dove i camerieri avevano già portato tutto. Mangiai da solo ma mi accorsi dell'assenza di Jieun solo dopo essermi alzato dal tavolo. Mi diressi in camera mia per cambiarmi e, una volta pronto, andai verso la sua stanza. Bussai alla porta e, qualche minuto dopo, venni accolto da Jieun che non riusciva a non sbadigliarmi in faccia.
“Suppongo che tu abbia dormito”
“Non si direbbe, vero?”
Scoppiammo a ridere entrambi e, dopo essere tornata dentro a cambiarsi, ci dirigemmo verso il centro di addestramento.
Vasca degli squali, stiamo arrivando.


---


Oddio mi stanno per esplodere gli occhi,
ho addosso una stanchezza inimmaginabile e la scuola mi sta uccidendo ç_ç
Scusate se ho aggiornato così tardi ma per causa di forza maggiore, ho dovuto ç_ç
Giusto per darvene un esempio...
Prima ho scritto "Per forza di causa maggiore"...
Un neologismo.
Mi sento male solo a pensarci omg.
Buona lettura~

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Capitolo 5
*** Ruthlessness ***


Tutto ciò che ci divideva dalla zona di addestramento era un'enorme porta in legno argentato con i bordi di un rosso così accesso che se lo guardavi troppo a lungo cominciavano a lacrimarti gli occhi. Mi chiesi come mai avevano la mania del costruire e dell'avere cose tre volte più grandi del dovuto lì dentro. Probabilmente solo un inutile spreco di denaro per far vedere che potevano permettersi di tutto. Da collane fatte con denti di squalo smaltati di rosa che credevano fossero alla moda, al potere uccidere chi vogliono e come vogliono.
Feci un lungo respiro, posai la mano destra sulla porta e cominciai a farvi pressione per aprirla.
Eravamo alcuni dei primi ad arrivare; tra quei pochi che c'erano, mi sembrava di aver visto qualche faccia famigliare ma piuttosto che allontanarmi, rimasi vicino a Jieun in attesa dell'arrivo degli altri tributi.
Una volta riuniti tutti, entrarono in quella gigantesca palestra una decina di persone con indosso una tuta bianca e una di loro, che si distingueva dagli altri dalla sua tenuta rossa, fece qualche passo avanti e cominciò a parlarci.
Saltando la parte dei convenevoli, ci disse che ci saremmo dovuti allenare fino a circa le diciotto per i quattordici giorni successivi. Potevamo però scegliere che corso seguire: c'era quello di sopravvivenza, quello di tiro con l'arco, un altro in cui ti insegnavano a maneggiare una spada e così via. Insomma, tutto ciò che serviva per metterti in guardia da una minima parte dei pericoli che potevi trovare all'interno dell'arena.
Come volevasi dimostrare, tutti quanti si fiondarono ai corsi di addestramento con le armi; chi con le lance, chi con le spade ed altri ancora con archi, pugnali, asce e chi più ne ha più ne metta. Io non sapevo bene dove sarei dovuto andare ma pensai che avrei dovuto cercare di partecipare a più corsi possibili e magari imparare a sfruttare al meglio un'arma in particolare. Essendo il nostro primo giorno, optai per andare a sentire ciò che aveva da dirci l'insegnante del corso di sopravvivenza e portai Jieun con me.
Erano riusciti a ricostruire all'interno della palestra un paesaggio selvatico con tanto di erba alta e fitta e alberi che si fermavano proprio al limite del soffitto; era piccolo ma abbastanza grande da permettere a tutti i tributi di entrarvi ed allenarsi allo stesso tempo senza nemmeno il pericolo di imbattersi l'un l'altro.
Stavo cercando di fissare una trappola per conigli che l'istruttore aveva cercato di spiegarmi per un'intera ora quando qualcosa attirò la mia attenzione. Tutti i tributi si erano radunati attorno ad una postazione di tiro, più specificatamente quella per le lance. Il “pubblico” era formato per la maggior parte da ragazze che, a quanto pare, stravedevano per quel tipo ma non mancavano anche i ragazzi che cercavano di studiare le sue abilità e di capire i suoi punti deboli. Kwon Jiyong, meglio conosciuto come G-Dragon, leader della boyband Big Bang. Un genio in fatto di musica, non posso negarlo. Ammiravo il suo talento nel comporre, scrivere e produrre canzoni. Avrei voluto essere proprio come lui un giorno. A quanto pare, non era un maestro solo nel campo musicale, anche con le lance non se la cavava male; con tutti i tiri che aveva fatto, non aveva mancato un bersaglio e ogni volta che ne centrava uno, si sollevava per la palestra un enorme boato di mani che applaudivano e di squittii delle ragazze che a momenti avevano un mancamento di fronte a quella vista. Peccato che tra due settimane il loro principe azzurro non ci avrebbe messo più di dieci minuti a farle fuori. Erano state tutte ingannate dal suo volto così amichevole che sembrava dire “Avvicinatevi, vi prometto che riusciremo a venirne fuori tutti quanti”.
A quel punto, mi tornò in mente la promessa che feci a Jieun il giorno prima.
Come avrei potuto fare in modo di metterla in salvo dai giochi se neanche io avevo poi così tante chance di vittoria?
Mi venne un nodo alla gola e cercai di valutare le abilità in cui avrei potuto spiccare.
Archi.
La mia mira era a dir poco pessima.
Pugnali.
Avevo brutti ricordi di infanzia con quegli affari.
Lance.
Sarei stato capace di trafiggermici da solo.
Asce.
A momenti erano più grandi di me.
Fu a quel punto che in lontananza vidi che su un muro vi erano appese varie armi; mi alzai da terra e avanzi lentamente verso di esso. Studiai attentamente tutti gli armamenti a mia disposizione ma i miei occhi continuavano a fissarsi sempre sulla stessa cosa. Era lì che sosteneva il mio sguardo, brillava ed era così lucida che riuscivo a specchiarmici dentro. Quella spada aveva stampato sopra il mio nome e decisi che da quel momento in poi sarebbe stata solo mia. La presi e continuai a guardarla senza toglierle gli occhi di dosso mentre, senza rendermene conto, ero arrivato di fronte ad una dozzina di manichini disposti in modo casuale per l'allenamento. Mossi la mia nuova arma per iniziare a farci amicizia e, una volta sicuro di me, mi avventai contro quei fantocci. I miei primi colpi erano goffi e pieni di incertezza ma dopo aver preso confidenza con quella spada, il tutto si trasformò in un movimento armonico di una lama che trafiggeva il finto torace di un corpo senza vita per poi passare subito a quello successivo.
Una volta messi al tappeto tutti quei manichini, mi fermai per riprendere fiato e fui riportato nel mondo reale quando attorno a me sentii qualcuno battere le mani; erano gli altri tributi che, mentre mi esercitavo, mi avevano probabilmente visto massacrare quei fantocci. Per la mia meraviglia, c'era persino Kwon Jiyong che, non appena posai lo sguardo su di lui, smise di applaudire per farmi un segno di approvazione con entrambe le mani.
L'unica persona che mancava tra la folla era Jieun. Avrei voluto che vedesse quello che avevo appena fatto. Mi precipitai, allora, di nuovo verso la zona dell'addestramento di sopravvivenza e la trovai seduta vicino all'entrata in quella fitta erba.
“Jieun! Hai visto cosa ho appena fatto? Non credevo neanche di esserne capace!”
La mia voce era piena di gioia ed orgoglio a tal punto che persino il mio volto mi tradì e presi a sorridere come non mai.
“Si, carino...”
La sua risposta mi lasciò confuso. Avevo appena trovato il mio punto di forza e lei non mostrava segni di compiacimento.
“Carino? E' molto più di questo! Anche io adesso ho qualcosa su cui contare! Non è grandioso?”
“Nell'ottica degli Hunger Games lo è... ma non in quella di Bang Yongguk. Pensaci, è davvero così grandioso, come dici tu, aver trovato il modo migliore per uccidere delle persone? Quello di prima non eri tu, qualcuno di brutale e spietato aveva preso il tuo posto. Bang Yongguk farebbe la stessa cosa a delle persone?”
“Beh, prima o poi dovremmo abituarci all'idea dei giochi, alle loro regole. Non possiamo tirarci indietro, ci ucciderebbero all'istante. Tanto vale combattere e sperare di uscirne vivi”
“E tu sei davvero disposto ad uccidere qualcuno e darla vinta al governo?”
Silenzio.
Non sapevo davvero cosa risponderle. Continuavo a guardarla negli occhi e lei non si azzardava a spostare lo sguardo in un'altra direzione, cercava e pretendeva una mia risposta.
Non sapendo dargliene una, girai i tacchi e, dal momento che era quasi ora di rientrare negli appartamenti, mi concessi il lusso di disobbedire alle regole e di rientrare qualche minuto prima.
Mi buttai in doccia e scacciai dalla mia mente qualsiasi tipo di pensiero negativo per poi dirigermi in salotto giusto in tempo per la cena.
Non c'era ombra di Jieun. Probabilmente era rimasta in camera sua, sfinita per colpa del primo addestramento ma in quel momento non mi importava di lei, dopo quella nostra piccola chiacchierata di prima. Mangiai, allora, in silenzio e da solo ma il mio appetito non era poi così famelico. Decisi quindi di buttarmi per qualche oretta sul divano e oziare fino al momento in cui sarebbe suonata la sveglia ma i miei piani furono rovinati dal mio manager che entrò nell'appartamento con dietro di lui i membri del mio gruppo.
Sorrisi come un bambino appena entrato in un negozio di caramelle ma la mia felicità svanì quando i miei occhi si posarono sul più piccolo di tutti noi, Junhong, e mille pensieri su quello che era successo all'addestramento attaccarono la mia mente.
Sarei stato capace di strappare la vita ad un ragazzino come lui?


---


Ma salve~
Oggi ho una buona e una cattiva notizia da darvi~ ><
Quella buona è che finalmente ecco a voi il capitolo! Ta-dah~ (Capitan Ovvio).
Quella cattiva è che non ci sarò per una settimana e quindi non potrò aggiornare T_T
Però non è detto...
Se nel tempo libero riesco a scrivere qualcosa
e ad aggiornare tramite il cellulare, scroccando il wi-fi dell'hotel (lol),
forse posso darvi qualcosa :3
Ma non posso comunque promettervi niente T_T
Beh, allora buona lettura~

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Capitolo 6
*** Remember who you are ***


“Hyung!”
Junhong non poté fare a meno di saltarmi addosso e io non esitai a prenderlo al volo. Non mi vedeva da solo un giorno e già sentiva la mia mancanza. Quel piccoletto riusciva sempre a farmi tornare il buon umore più di chiunque altro senza neanche rendersene conto.
Ci sedemmo tutti sull'enorme divano di pelle bianca a parlare di come se la passavano senza di me i BAP e di ciò che avevo fatto all'addestramento.
Quando cominciarono a lodare la mia bravura durante l'allenamento, la mia mente all'improvviso se ne andò da tutt'altra parte ed ero lì, seduto e imbambolato a fissare un punto fisso sul pavimento. Riflettei su quello che mi aveva detto Jieun, su quello che io stesso stavo pensando non appena i ragazzi entrarono nell'appartamento.
Io, Bang Yongguk, sarei stato davvero capace di uccidere una persona?
Mi resi conto che però non avevo altra scelta; non avevo modo di scappare e se non avessi fatto in quella maniera, sarei stato io il primo a morire in quel bagno di sangue.
Decisi che era ormai ora di mettere da parte quel briciolo di pietà che mi era rimasta ma feci una promessa a me stesso: avrei ucciso solo se fosse stato necessario.
Venni riportato sul pianeta terra giusto in tempo per i saluti ma non riuscivo a non pensare ad altro.
Mi abbracciarono tutti quanti, dicendomi che io ero forte, che avrei potuto vincere. Arrivò, infine, il turno di Himchan che, secondo la logia della “famiglia”, doveva essere “mia moglie”.
“Ricordati chi sei”
Fu l'unica cosa che mi disse prima di scomparire dietro la porta d'ingresso di quell'infernale appartamento.
Ripensai alle sue parole tutta la notte e non riuscii a dormire per niente bene. Non capivo... sembrava che tutti attorno a me avessero la situazione sotto controllo e sapessero quello che dovevano fare. Poi c'ero io; il povero Bang Yongguk che a due settimane dagli Hunger Games non sapeva nemmeno far pace con i propri pensieri.
Mi sembra scontato dire che il giorno dopo sembravo un vero e proprio morto vivente. Come sarebbe potuto sopravvivere uno come me lì dentro?
Uscii dalla mia stanza senza curarmi troppo del mio aspetto e mi sedetti a tavola. Jieun era già lì, pronta per la nostra seconda giornata da tributi dei giochi. Anche quella mattina saremmo dovuti andare all'incontro con i nostri stilisti e preparatori. Non avevo capito di preciso per cosa ma ipotizzai che forse ci avrebbero dato le tute “ufficiali” per l'addestramento.
E così fu.
Kyunghyun non era presente, solo Soohyun è stata con noi quella mattina. Non ci azzardammo a chiedere cosa avesse fatto perché se solo provavi ad infastidirla ti avrebbe mangiato con gli occhi. Se ne stava seduta sul divano del suo studio con le gambe sopra il tavolino e con il cappuccio della felpa nera sulla testa. Non sembrava dare troppo peso alla nostra presenza. Ad un certo punto si mise persino ad ascoltare la musica e a giocherellare con il suo cellulare.
Io e Jieun ci scambiavamo di tanto in tanto un'occhiata per cercare di capire cosa avremmo dovuto fare ma non riuscivamo a trovare una soluzione.
Di colpo si alzò e venne verso di noi.
“Fate un giro”
La guardammo per qualche secondo per poi obbedire subito ai suoi ordini; forse si era finalmente resa conto che doveva occuparsi di noi.
Lei e Kyunghyun ci avevano disegnato una tuta completamente nera; avevamo una maglietta a maniche corte aderente che rientrava nei pantaloni. Questi a loro volta erano abbastanza larghi e di un nero più sbiadito. Infine, si presero la briga di sceglierci persino le scarpe. Erano alte e sembravano dei veri e propri scarponi da montagna. Forse volevamo abituarci già da subito per gli Hunger Games.
Mi presi qualche minuto per osservare Jieun. Non le si addicevano quei vestiti; lei era troppo femminile per indossare una cosa del genere. Cominciai a sorridere come un ebete e quando notai che lei e Soohyun mi stavano fissando con una faccia da “Sei tra noi o dobbiamo venire a riprenderti sulla luna?”, spostai lo sguardo in un'altra direzione facendo finta di niente e mi guardai freneticamente intorno, sentendo i loro occhi fissarmi senza muoversi un secondo.
“Beh, direi che può andare, no?”
Mi chiesi cosa avrebbe fatto se qualcuno avesse provato a contraddirla. Da testa calda qual ero, non potei fare a meno di togliermi la curiosità.
“E se ti dicessi di no?”
Fece una smorfia e focalizzò la sua attenzione di nuovo su di me, osservandomi con un sopracciglio alzato. Sentii Jieun sfiorarmi il braccio ma la ignorai.
“Sul serio, Yongguk?”
Fece un passo verso di me e io sostenni il suo sguardo.
“Sul serio. Non te l'avrei detto altrimenti”
Sbuffò.
“Sei simpatico, ragazzino. Potresti persino iniziare a piacermi; ma dovresti affinare la tua abilità di mentire”
Mi scompigliò i capelli e mi lanciò un sorrisino compiaciuto per poi lasciare la stanza senza alcun avvertimento. Non nego che rimasi sorpreso dalla sua reazione e mi si era creato in faccia uno strano rossore che non passò inosservato agli occhi di Jieun (e che non accennava ad andarsene). Mi stuzzicò tutto il giorno su questo “incidente”, persino durante l'addestramento, ma non le chiesi mai di farla finita. Mi dava fastidio, si, ma fin quando si trattava di lei, avrei potuto sopportare qualsiasi cosa.
All'allenamento mi fiondai subito a cercare la spada che avevo utilizzato il giorno prima proprio come un bambino che, appena tornato a casa da scuola, si mette a rovistare nella sua stanza per prendere il suo gioco preferito che la madre aveva rimesso a posto la mattina stessa.
Iniziai a sfogarmi sui manichini che mi avevano messo a disposizione e stranamente non si era creata la folla di ieri. Probabilmente gli altri tributi avevano ricevuto una bella strigliata dai propri manager per non aver combinato nulla nemmeno il primo giorno.
Atterrai anche l'ultimo dei manichini e decisi di prendermi una pausa per andare a vedere cosa stava facendo Jieun. La trovai ad osservare alcune delle armi messe a nostra disposizione.
“Trovato nulla di interessante?”
Si girò di scatto verso di me e mi guardò un po' spaesata.
“A dir la verità, no... non sono capace di usarle”
“E chi lo dice! Ho notato che stai passando parecchio tempo al corso di sopravvivenza, se proprio non trovi nulla, cerca di sfruttare al meglio quell'abilità”
“Lo farò. E' interessante, comunque. Quando ti stanchi di usare quella spada magari vieni a trovarmi”
Ridacchiammo entrambi per qualche secondo prima di tornare ad allenarci. Io, però, feci un giro per tutta la palestra, volevo vedere di cosa erano capaci gli altri. In fondo, sapevo solo che Jieun se la cavava bene nel corso di sopravvivenza e che Kwon Jiyong era bravo con la lancia. Stop.
Girovagai per un'ora bella e buona ma non sembrava che gli altri fossero particolarmente pericolosi. Notai però un paio di persone...

Chan Sunwoo dei B1A4.
Non capii molto bene lo scopo del suo allenamento ma non faceva altro che sollevare qualsiasi cosa fosse più pesante di un centinaio di chili che gli capitava sotto tiro. Non sapevo come avrebbe potuto sfruttare quell'abilità ma avrei fatto meglio a non sottovalutarlo.

Kim Hyojung delle Sistar.
Fuori sembrava una ragazza tanto innocente quanto Jieun, non avresti mai sospettato che sarebbe stata capace di fare certe cose e invece proprio quando meno te lo saresti aspettato e prima che avresti potuto dirle “ciao”, ti avrebbe piantato in fronte un coltello.

A parte loro, gli altri non risultavano una minaccia... per il momento.
Tornai dalla mia spada e notai che avevano messo in ordine tutti i manichini ma non ci pensai due volte ad avventarmi su di loro ancora una volta. Stesi finalmente tutti quanti, sentii che qualcuno alle mie spalle mi stava osservando.
“Sai, è da un po' che ti guardo. Non sei affatto male, amico. Cosa mi risponderesti se ti dicessi che noi due saremmo una buona coppia di alleati all'interno dell'arena?”


---


YAY! Mi sto rimbecillendo!
*Non aveva pubblicato "L'angolo dell'autrice" (?)*
Btw, saaaalve~ da quanto tempo *^*
E' da un po' che non ci vediamo, ne?
Sono tornata domenica ma il capitolo è arrivato così tardi
perché fino ad oggi sono stata senza computer *sigh*
Ma eccolo qui! *^*
Buona lettura~

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Capitolo 7
*** Allies ***


«Cosa mi risponderesti se ti dicessi che noi due saremmo una buona coppia di alleati all'interno dell'arena?»

La domanda mi tormentò tutta la notte successiva. Avrei dovuto accettare o no? Mi avrebbe decisamente fatto comodo uno come lui al mio fianco ma poi Jieun? L'avrebbe lasciata entrare nella nostra “squadra”? Non avrei potuto lasciarla sola. Non poteva di certo sopravvivere senza il mio aiuto e io non potevo vivere con il rimorso di averla abbandonata al suo destino senza nemmeno provare a difenderla, a cercare di tenerla in vita.

“Hey, allora? Accetti?”
Chiese il ragazzo a Yongguk. Stava studiando la sua espressione, cercava di capire quello che sarebbe stato meglio per lui e Jieun, metteva in ordine i suoi pensieri e si sforzava di dargli una risposta sensata. Avrebbe dovuto rifiutare... o accettare?
Lo guardò con gli occhi più incerti che avrebbe mai potuto mostrargli prima di riuscire finalmente a parlare di nuovo.
“Perché dovrei accettare? Così riesci a farmi fuori più facilmente?”
“Woh, calma. Ti ho semplicemente fatto una domanda. Se non vuoi, fa nulla. Io però ti dico di pensarci. Facciamo così: non serve che me lo dici subito, tra qualche giorno, fammi sapere”
Il ragazzo si allontanò dalla colonna su cui si era poggiato e tornò ad allenarsi da solo. Yongguk osservò ogni suo momento, non lo perdeva di vista; era come se mantenesse la guardia in caso l'altro decidesse di farlo fuori addirittura prima dell'inizio dei giochi... ma a pensarci, era impossibile. Che cosa avrebbe poi raccontato ai game makers? Si sarebbe di certo firmato da solo la condanna a morte e con la sua, anche quella degli allenatori lì presenti che avrebbero dovuto cercare di evitare che scoppiassero risse o cavolate simili. Avrebbe avuto la loro morte sulla coscienza anche nella tomba... sempre se gliene avrebbero concessa una.
Una volta accertatosi che fosse a distanza di sicurezza, Yongguk riprese ad allenarsi cercando di scacciare, per il momento, l'offerta dalla mente.


“Forse dovrei parlarne con qualcuno”
Mi alzai finalmente dal letto, non essendomi reso conto di aver fissato il soffitto per chissà quanto tempo, e uscii dalla mia stanza. Erano ancora le cinque di mattina e nel salotto non vi sarebbe venuta anima viva almeno fino alle nove ma trovai una figura seduta sul divano che mi dava le spalle. All'inizio, intontito per la mancanza di sonno e la quasi assenza di luce all'interno della stanza, non ebbi la possibilità di riconoscerlo subito ma poi capii chi fosse. Il mio manager o, per rimanere in tema con gli Hunger Games, il mio mentore. Non sapevo se avesse notato la mia presenza o se non gliene importasse nulla o se addirittura stesse dormendo proprio lì. Feci il giro del divano per avvicinarmi a lui e lo osservai per qualche minuto, dato che il buio mi ostacolava; stava dormendo. Feci allora un sospiro e cominciai ad allontanarmi guardandomi costantemente attorno nella speranza di riuscire a trovare qualcosa con cui passare il tempo.
“Ragazzino, dovresti essere a letto”
Appena sentii quella voce, sobbalzai e mi scappò anche una sottospecie di urletto, tanto per farmi sembrare ancora più coraggioso e pronto per affrontare quello che mi sarebbe toccato affrontare nell'arena.
“E fai silenzio che svegli tutti. Come accidenti farai una volta entrato lì dentro? Ma non parliamo di questo, non ho voglia di discutere”
“Scusa. Che ci fai qui a quest'ora?” “Lavoro”
“Lavoro?”
“Si. Lavoro. Non hai mai visto gli Hunger Games, ragazzino? Tra due giorni avrete la vostra prima intervista e io devo occuparmi di quello che dovrai dire per attirare gli sponsor su di te. E solo per te, ripeto: solo per te, ho chiesto di poter fare da mentore anche a Jieun. La sua non sembrava poi tanto interessata così ho ottenuto subito l'incarico. Quando la vedi, dille che farò tutto io per lei”
Mi si formò sulle labbra un sorriso misto di felicità e sollievo. Ero contento per Jieun. Avrebbe avuto una chance in più di sopravvivere con gli sponsor che il mio manager avrebbe potuto farsi amici. E poi c'ero io. L'avrei potuta difendere all'interno dell'arena, l'avrei aiutata durante l'addestramento, saremmo potuti essere alleati. Alleati... ero partito con l'idea di cercare qualcuno con cui parlare di questa faccenda e nonostante ci fosse il mio mentore lì davanti a me non me ne ero proprio reso conto che lui era la persona perfetta.
“Hyung... Ieri durante l'addestramento mi hanno chiesto di formare, si, diciamo... un'alleanza all'interno dell'arena e non so se accettare o meno. Voglio dire, io ho già promesso a Jieun che avrei cercato di difenderla e se accettassi non so se lui sarebbe d'accordo che venga con noi, lei è un po'...”
“Debole. Lo so. Ed è per questo che tu non accetterai. Starai con lei fino alla fine”
“Si ma che ne dici se provassi a parlarci e a vedere-”
“Niente ma. Bang Yongguk e Song Jieun: ecco la tua alleanza. Puoi andare”
Non ci pensai due volte ad alzarmi subito e a tornare nella mia stanza, proprio come un bambino che fa i capricci fino a quando non ottiene quello che vuole. Mi buttai di nuovo sul letto ancora sfatto e lasciai che i miei pensieri ricominciassero a divorarmi.
Una parte di me voleva rifiutare quell'offerta, voleva rimanere con Jieun e proteggerla in qualunque modo. Sarebbe anche stato da egoisti accettare; le avevo promesso che avrei trovato un modo per farla uscire viva di lì e se non avessi mantenuto la parola solo per salvarmi la pelle, sarei passato per il vigliacco di turno. E poi non ho nemmeno il coraggio di lasciarla sola. Però c'era qualcosa in me che non pensava a queste cose, voleva solo vincere, vincere e ancora vincere e quell'offerta sembrava proprio l'unica cosa che mi mancava per poter sopravvivere agli Hunger Games.
No. Aveva ragione Minhyun, non potevo lasciarla da sola.
Feci pace con i miei pensieri e mi infilai di nuovo sotto le coperte nella speranza di dormire un po' in quelle poche ore che mi erano rimaste per riposarmi. Non servì comunque a molto e a colazione non feci altro che bere caffè per evitare di addormentarmi dentro il piatto.
Una volta pronti, ci spedirono di nuovo dai nostri stilisti; dovevamo parlare dei nostri vestiti per l'intervista.
Kyunghyun era ancora assente, il che significava che avremmo avuto una Soohyun di nuovo nevrotica, pronta ad ucciderci solo se non avessimo fatto come diceva lei. Come al solito, era seduta dietro la sua scrivania con le gambe sopra di essa a giocherellare con il cellulare ma non appena ci vide entrare nella stanza, lo scaraventò da qualche parte e rivolse la sua attenzione su di noi.
“Allora, ormai vi avranno informato che tra due giorni avrete la prima intervista e che vi servono degli abiti che risaltino al meglio la vostra figura, no? Beh, scordatevi tutto questo. Io e Kyunghyun vogliamo mandarvi lì fuori mostrando la vostra personalità, non con un vestitino che risalti meglio le curve di una tenera Song Jieun e i pettorali di un feroce Bang Yongguk. No. Ragion per cui dovrete parlarmi di voi oggi. Su, sbizzarritevi”
Io e Jieun ci scambiammo un'occhiata, incerti su quello che avremmo dovuto fare, ma i minuti continuavano a passare senza che nessuno aprisse bocca. Rivolsi lo sguardo nuovamente su Soohyun e notai che non si era mossa di un millimetro; era lì che aspettava del materiale su cui lavorare per creare qualcosa di spettacolare... materiale che noi avremmo dovuto darle.
“Ma come siamo loquaci... sentite, se non mi importasse un accidente di voi, sarei andata a cercarmi qualcosa a caso su internet per farmi un'idea di come siete o addirittura avrei potuto darvi un vestito a caso senza neanche starci troppo a pensare e invece sono qui a chiedervi personalmente di aiutarmi a trovare un'idea per il vostro abito. Per esempio, Yongguk, cos'è che ti piace?”
Aveva ragione; avrebbe potuto benissimo fregarsene di noi. Pensai che non avrei dovuto rifiutare il suo aiuto, del resto, ci avrebbe dato una mano con gli sponsor ma soprattutto le ero grato per averci dimostrato che neanche lei voleva renderci la vita difficile lì dentro. Iniziai allora a parlare, a rispondere a quello che mi chiedeva e anche Jieun prese a fare lo stesso.
Terminato il nostro incontro con Soohyun, ci dirigemmo di nuovo verso il nostro appartamento e una volta finito di mangiare, andammo al centro di addestramento. Avevo un conto in sospeso da risolvere.
Non dissi nulla a Jieun e cominciai subito a cercarlo per non perdere tempo... anche io dovevo allenarmi, dopotutto. La palestra era enorme e non sapevo nemmeno da dove iniziare ma dopo aver girovagato per almeno trenta minuti, mi si accese la lampadina. Si trovava sicuramente alla postazione di tiro con le lance. Corsi subito lì, lo vidi avventarsi e lanciare quelle armi come se fosse la cosa più semplice del mondo e pensai che forse non era una cattiva idea avere Kwon Jiyong come alleato.


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Heilà, baldi giovani~ (?)
Ho finalmente aggiornato *^*
Scusate il ritardo ma volevo terminare il capitolo per forza in una certa maniera
ma non avevo idee e quindi non sapevo come fare ma eccolo! *^*
E' un po' noioso perché non ci sono molti avvenimenti ma whatever (?) uwu
Spero vi sia piaciuto anche questo~

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Capitolo 8
*** Warrior ***


“... ed è così che la TS Entertainment ha deciso di- No, hyung, davvero. Non ci riesco”.
Tutto andava male. Quella sera ci sarebbero state la sfilata e l'intervista dei tributi ed io non ero affatto pronto. Non era la prima volta che mi intervistavano da solo ma ormai ero in preda al terrore a causa di tutte le pressioni che il mio manager, i miei stilisti e i preparatori facevano su di me. E come ciliegina sulla torta, c'era il fatto che avrei dovuto completamente fingere di essere quello che non sono; sapete, per impressionare il pubblico e attirare più sponsor possibili.
“Dai, riprovaci. Non è poi così difficile!”
“Provaci tu a dire cose che non sono vere e che non andresti mai a pensare”
“Ne abbiamo già parlato, Yongguk. So che per te è sbagliato ma non possiamo farci nulla”
“Ma se tutti sanno come la penso, avere la faccia tosta di rinnegare tutto quello che ho detto in precedenza non mi si ritorcerà contro?”
Passarono alcuni minuti prima che Minhyun mi rispondesse. Effettivamente, lo sapeva meglio di me che avevo ragione ma preferì cambiare completamente argomento, seppellendo una volta per tutte la questione “sincerità”.
Mi chiese finalmente come fosse andata la mia conversazione con Kwon Jiyong e se avessi rifiutato la sua proposta di essere alleati all'interno dell'arena e gli spiegai, con amarezza, che l'avevo fatto, proprio come voleva lui. Mi ricordò per l'ennesima volta che avrei dovuto stare accanto a Jieun e mi raccomandò di non fare cavolate di cui poi mi sarei potuto pentire. Non sapevo se aveva ragione né tanto meno capivo dove trovava tutta la tranquillità che mostrava quando era con me nonostante l'inizio dei giochi fosse ormai vicinissimo.
Ripassammo per qualche altro minuto le mie battute, dopodiché mi spedì dritto dai miei stilisti per farmi provare gli abiti che avrei indossato quella sera. Era già tardo pomeriggio quando Soohyun e Kyunghyun arrivarono nel loro studio e in men che non si dica mi misero addosso il vestito che avrei dovuto portare per la sfilata dei tributi e l'intervista. A dir la verità non mi sembrava nulla di così eclatante... un semplice (e stranamente pesante) smoking: giacca bianca, papillon e pantaloni neri che non si abbinavano per nulla ai miei capelli. Probabilmente, dopo essere passato dai miei preparatori, sarei anche potuto uscire con un colore di capelli totalmente nuovo.
Kyunghyun fece un giro intorno a me e io rimasi quasi immobilizzato sentendo i suoi occhi che mi esaminavano dalla testa ai piedi e cercavo di sembrare il meno nervoso possibile; in fondo, lui non c'era quasi mai. Io e Jieun siamo stati sempre con Soohyun che ci faceva quasi da babysitter mentre lui era chissà dove a sbrigare le sue faccende. Effettivamente, nessuno dei due ci disse mai cosa gli era successo o cosa stesse facendo fino a quando non me ne parlarono quel giorno.
Kyunghyun disse che stava lavorando proprio al mio vestito ma io continuavo a non vederci nulla di speciale, era un normalissimo completo da sera che sarebbe stato indossato da un ragazzo a cui gli abiti formali non si addicevano nemmeno se avessero cominciato a tirarlo a lucido un anno prima.
L'unica cosa che mi raccomandò di non fare era di non pensare assolutamente di provare a canticchiare per farmi passare il nervoso né tanto meno rappare.
Ci rimasi un po' male a dir la verità. Eppure quando io e Jieun facemmo la nostra conversazione “cuore a cuore” con Soohyun le avevo detto che quello era il mio unico modo per scacciare via qualsiasi tipo di pensiero, bello o brutto che fosse. Così, nonostante tutte le mie lamentele, mi rassegnai e filai subito dai truccatori.
Non ci misero molto a fare il loro dovere, d'altronde, non c'era molto su cui lavorare; eyeliner nero, un po' di fondotinta e infine la “magica” bb cream che ti fa sembrare un'inquietante bambola di porcellana uscita direttamente da film horror.
Ora che ci penso, quel giorno non vidi molto Jieun. Neanche alle prove per l'intervista che, tra l'altro, avremmo dovuto fare insieme dal momento che avevamo lo stesso mentore e il suo aveva dato forfait alla prima occasione che le si era presentata. Ma proprio quando io e Minhyun stavamo per iniziare a dare un'ultima ripassata alle battute, eccola che si presenta, agghindata al meglio per la serata nel salotto dell'appartamento. Non che senza tutti quei fronzoli fosse brutta, eh. Non fraintendetemi. In fin dei conti, non portava chissà che incredibile vestito come quelli che si vedono di solito sui giornali d'alta moda; -eccessivamente- futuristici e bizzarri che neanche Lady GaGa in persona sarebbe capace di indossare o addirittura pensare di farlo. Ma ora sto divagando.
Insomma, portava un normalissimo vestito corto bianco a “palloncino” con il busto diviso a metà tra una parte con pietre e paiette argentate e un'altra sempre di stoffa, cucita in modo da far sembrare che fossero le piume dell'ala di un cigno; e per completare il tutto, stivaletti blu con il tacco e un semplicissimo frontino del medesimo colore tra i capelli boccolati... so di non essere poi tanto bravo nel descrivere questo tipo di cose ma, del resto, cosa potete aspettarvi da un ragazzo come me, fissato fino al midollo con i film di guerra e che, insomma, non ne sapeva poi molto del “mondo femminile”?
Rimasi a bocca aperta e imbambolato a guardarla, per l'ennesima volta da quando eravamo stati scelti per gli Hunger Games, fino a quando non cominciò a parlare, chiedendo a Minhyun se potesse anche lei provare ancora le sue battute. Il mio manager aveva deciso di darle l'immagine della “ragazza ingenua” che al di fuori dell'arena sembrava una persona gracile, indifesa e che sarebbe stata eliminata già dal primo giorno ma una volta dentro, sarebbe cambiata completamente, trasformandosi in un killer spietato. L'unico problema era che Jieun era davvero così nella vita reale e non riuscivo a capire fino a che punto questo “look” l'avrebbe aiutata. Ragion per cui, mi ero ripromesso che l'avrei aiutata a qualsiasi costo. E a dir la verità avevo già un piano... fatta eccezione per la parte in cui, se la fortuna fosse stata davvero dalla nostra parte, saremmo rimasti soltanto noi due e avremmo dovuto ucciderci a vicenda. Infatti, mi dispiace ammetterlo, ma non credevo che sarei stato capace di morire al posto suo; non sapevo esattamente cosa... provavo nei suoi confronti e dal momento che non riuscivo a trovare una risposta a questa domanda, decisi da accantonarla in qualche angolo buio del mio cuore, facendo finta che non sia mai esistita. E per di più, quello non era il momento adatto per prendersi una cottarella (ammesso e concesso che non ce l'avessi di già).


Era finalmente arrivata l'ora x e tutti i tributi erano attesi nel luogo dove si sarebbero svolte sia la sfilata che l'intervista: il piano più alto dell'edificio dove eravamo costretti ad alloggiare, ovvero il tetto.
All'inizio non riuscivo a spiegarmi perché volessero farci stare proprio lì, in fondo, c'erano milioni di sale enormi all'interno di quella struttura che sarebbero state più adatte del tetto. E se ero persino io uno di quello che si stava lamentando, gli organizzatori avrebbero dovuto farsi qualche domanda. Ma poi, capii che non era esattamente come l'avevo immaginato io, era giusto un pochettino diverso... solo un po'.
Non facendo caso ai mille paparazzi, giornalisti e fotografi che si aggiravano lì intorno e quelli che per l'occasione si erano addirittura muniti di un elicottero per filmare l'intera “cerimonia” in diretta, c'erano non-so-quante fontane enormi ai lati del tetto, che cambiavano periodicamente colore, rimanendo su delle tonalità tra il blu e l'azzurro, e fantasia del getto d'acqua; delle inutili colonne ricoperte di rose bianche e azzurre messe in modo da creare una specie di corridoio ornato da un lunghissimo tappeto blu mare alla fine del quale vi era la “zona interviste”; ovviamente non potevano mancare tutte le inutili decorazioni come luci stroboscopiche da mal di testa, tanti di quei fiori che a momenti potevi ritrovartene uno anche nella bottiglietta d'acqua e quant'altro.
E poi c'era il pubblico, posizionato nello spazio tra le colonne e le fontane. Ricconi che avevano pagato centinaia, migliaia di won pur di partecipare a quell'evento che avrebbe segnato l'inizio vero e proprio degli Hunger Games.
Prima di fare la nostra entrata in scena, ci spedirono nuovamente dai nostri stilisti e truccatori e nei camerini il caos più selvaggio regnava sovrano. Gente che urlava, si lamentava, piangeva e chi più ne ha, più ne metta, perché magari una forcina era fuori posto o erano in ritardo di un minuto sulla loro tabella di marcia e credevano quindi di non riuscire ad essere pronti in tempo per la sfilata e l'intervista. Fortunatamente, io e Jieun venimmo salvati da tutta quella follia da Soohyun e Kyunghyun che ci portarono in una stanza appartata per non farci innervosire e ripassare ancora una volta come ci saremmo dovuti comportare quella sera. Purtroppo, la calma che erano riusciti ad infondermi svanì dopo qualche istante, dal momento che gli organizzatori avevano avuto la brillante idea di invitare alla cerimonia anche gli altri membri dei rispettivi gruppi dei tributi. Come se non fosse stato già difficile sapere che avrebbero potuto ritrovarsi senza un componente tra qualche settimana. Non è che non volessi vederli, solo che non sarei riuscito a fingere di essere una persona completamente diversa da quella che loro, invece, avevano avuto modo di conoscere in tutto il tempo che avevamo passato insieme. O erano forse al corrente della mia farsa? Ma anche se non lo fossero stati, se ne sarebbero resi subito conto che ero costretto a fingere per ottenere l'approvazione del pubblico e, soprattutto, degli sponsor, in modo da avere una chance in più per sopravvivere all'intero dell'arena.
Quindi, dopo aver perfezionato gli ultimi dettagli, ci chiamarono tutti per la sfilata, mettendoci poi in fila per mantenere tutto in ordine. Io ero l'ottavo e Jieun la settima, volevano farci entrare a coppie ma l'idea fu bocciata dal momento che subito dopo aver sfilato c'era l'intervista e quindi uno dei due tributi sarebbe rimasto lì a fare il terzo in comodo.
Ed eccolo, finalmente. Il silenzio di tomba spezzato dal suono di un gong che dava inizio alla serata dedicata ai tributi.
Tutti applaudivano, entusiasti di vedere con i loro stessi occhi, i poveri malcapitati che erano stati scelti per competere agli Hunger Games. La prima “fortunata” a fare la sua entrata in scena fu Kim Hyuna delle 4minute e per un attimo sono rimasto a chiedermi se indossasse veramente qualcosa o se avessero deciso di presentarla come madre natura l'aveva fatta... non so se mi spiego. Evidentemente il suo mentore sperava di catturare l'attenzione del pubblico mettendo in mostra più pelle possibile e la sua intervista non fu da meno, anche se non fece la figura della stupida, anzi. Sembrava come se fosse a suo agio in quell'ambiente.
Il secondo a sfilare fu un certo Bang Minsoo dei Teen... qualcosa. Non ricordo il loro nome. E anche lui, come la ragazza con cui era in coppia, contava sulla sulla bellezza del suo faccino o su quanto fossero scolpiti i suoi addominali.
Passò circa un'ora e mezza quando chiamarono il nome di Jieun. Era rimasta in silenzio tutto il tempo e non si era neanche mossa dalla sedia su cui ormai aveva messo le radici. Provai un paio di volte ad andare a parlarle ma riusciva sempre a terminare la conversazione solo dopo due semplici domande così rinunciai e la lasciai ai suoi pensieri. Prima che andasse però le diedi un abbraccio, giusto per rassicurare sia lei che me; dopo, infatti, non ci sarebbe stato nessuno ad assistermi negli ultimi cinque minuti prima della mia sfilata e della mia intervista.
Mi sedetti sulla stessa sedia dove, fino a poco tempo fa, c'era Jieun e mi misi a guardare in diretta tutta la scena, nonostante ce l'avessi a qualche metro di distanza. Tra il pubblico riuscii a riconoscere gli altri B.A.P. Tutti tirati a lucido; non riuscivo neanche a credere ai miei occhi; possibile che volevano così tanto venire alla cerimonia per vedermi da mettersi tutti e cinque lo smoking e i mocassini? Sembravano dei damerini e mentre fantasticavo su di loro, non mi ero reso conto che era ormai arrivato il mio turno, per cui mi affrettai a sistemarmi un'ultima volta i vestiti per poi andare di fretta e furia all'entrata della passerella.
Quando fecero il mio nome, si alzò una specie di boato proprio dalla parte in cui avevo visto i miei compagni di gruppo poco prima. Sorrisi tra me e me a causa della loro reazione e subito pensai che quel sorrisetto mi sarebbe stato d'aiuto per conquistare più cuori possibili all'interno del pubblico, perciò me lo stampai in faccia per tutta la sfilata.
Una volta arrivato nel luogo dell'intervista, salutai a malavoglia Lee Seunggi, che tanto era al corrente della repulsione che avevo nei suoi confronti, e mi sedetti sul divanetto per i tributi.
Le sue domande non miravano poi così tanto ad attaccare la mia persona, come credevo che avrebbe fatto, probabilmente queste erano già state stabilite in precedenza e lui non poteva fare nulla per cambiarle, nonostante fosse evidente il tono di strafottenza con cui me le faceva.
L'unico problema arrivò quando il pubblico cominciò a fare una specie di coro incitandomi a cantare e/o rappare qualche pezzo di una canzone dei B.A.P. In quel momento ero totalmente nel panico a causa del fatto che Kyunghyun mi aveva esplicitamente detto di non farlo, soprattutto con questo abito addosso e continuavo a non capire perché. Vedendo che le loro grida si facevano più forti e insistenti, non ebbi altra scelta che accontentarli.
Mi diedero un microfono e mi fecero posizionare al centro in modo tale che tutti potessero vedermi meglio. Ancora non del tutto ero convinto se avessi dovuto farlo o se avessi dovuto rifiutare perdendo, purtroppo, tutto il lavoro che avevo fatto per comprarmi il pubblico. Appena partì Warrior a tutto volume nelle millemila casse che erano lì solo per farmi sanguinare le orecchie, feci un lungo sospiro e strinsi più forte che potetti il microfono, portandolo lentamente davanti al mio viso. Quando arrivò la mia parte e cominciai a cantare, notai che sulla mia spalla cerca qualcosa che stava letteralmente andando a fuoco ma invece di fermarmi, mi limitai a cercare di spegnerla con la mia mano libera ma più ci provavo, più la bruciatura si espandeva e, in preda al panico, cominciai a cercare tra la folla il viso di Kyunghyun per sapere almeno cosa fare senza rovinare lo “spettacolo”. All'inizio credevo che mi avrebbe detto di fermarmi e riprendere in un secondo momento e invece, appena incrociai il suo sguardo, notai che anche lui mi stai incitando e per un secondo non riuscivo a capire se ero io quello che era diventato matto ed aveva le allucinazioni o se erano loro a non vedere nulla. Proprio quando spostai lo sguardo verso il basso notai che i miei vestiti erano cambiati, non portavo più uno smoking e... "Cosa sono quegli scarponi da militare?", mi domandai.
Fu in quel momento che mi resi conto cosa era successo ai miei vestiti ed ecco anche perché Kyunghyun si era assentato per così tanto tempo.
Stava lavorando a non-so-che strano tipo di tessuto, congegno o qualunque altra cosa fosse in modo che quando si sarebbe bruciato completamente lo smoking, sarebbe venuta fuori questa cosa:
Una vera e propria divisa da soldato.


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ehm, io... SALVE! *si fa scudo col computer* quanto ce l'avete a morte con me? tanto, lo so ç_ç ma io non volevo lasciarvi così senza dire nulla, lo giuro! anzi, sono stata giorni e giorni a pensare a come mandare avanti la fanfiction ma mi sono bloccata ad un certo punto con questo capitolo e, e... scusate ç_ç però adesso eccola qui e ho scritto anche più del solito uwu (non riuscivo a trovare un buon momento in cui fermarmi e ancora adesso, questo non mi sembra adatto). Anyway, come vanno le vacanze? state oziando da bravi nerd come me? se si, vi amo. se no, pffh, la tua vita sociale non è nulla in confronto all'universo parallelo che c'è dietro al mio computer uwu ok, scherzo, anche io voglio una vita sociale (?). Comunque sappiate che appena ricomincerò la scuola, aggiornerò costantemente la fanfiction perché si! io quando sono sotto pressione tendo a fare cose che servono a tutto tranne che per gli impegni che dovrei portare a termine. sono un genio, ne? uwu comunque, è bello essere tornate a scrivere (?) e spero che anche questo capitolo vi piaccia, see ya~

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