I just want you to know who I am

di bice_94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Iris ***
Capitolo 2: *** conoscenze ***
Capitolo 3: *** sciocchezze o forse no? ***



Capitolo 1
*** Iris ***


Fare la doccia con calma era uno di quei piaceri che la detective Beckett purtroppo poteva permettersi raramente.
Il lavoro la costringeva a ritmi spesso frenetici che il più delle volte aveva però ringraziato.
Non le davano il tempo di pensare, di soffermarsi sulla sua vita.
Aveva lasciato Josh da parecchio ormai.
Dire chi aveva mollato l’altro era probabilmente impossibile.
Lui il dottore eternamente occupato a salvare il mondo, lei la detective troppo occupata a dare giustizia agli altri per ascoltare se stessa.
E così ognuno aveva preso la propria strada.
Si erano sorrisi e avevano lasciato che le loro vite iniziassero a trascorrere in due universi separati, in quei due universi lontanissimi che effettivamente appartenevano loro.
Il suono petulante del campanello la distolse dai suoi pensieri, proprio mentre stava avvolgendo il suo corpo in un lungo asciugamano bianco.
I capelli avevano ormai smesso di gocciolare, così afferrò in fretta un altro asciugamano e iniziò a strofinarli.
B: arrivo, arrivo, un secondo.
Il suono continuava imperterrito.
La donna si bloccò, davanti all’ospite inaspettato e sorrise delicatamente.
B: oi, ciao.. che ci fai qui?  vuoi entrare?
Ed ecco anche Iris, la figlia della sua vicina, arrivata da ormai un anno.
Una bellissima ragazza.
17 anni, piuttosto alta, capelli molto scuri, occhi di ghiaccio, ma brillanti ed espressivi.
Non amava attenzioni particolari.
Il suo abbigliamento tipico era un paio di jeans, convers ed una felpa, abbastanza larga da coprire le sue forme, per quanto perfettamente definite.
Non ricordava avesse avuto un ragazzo da quando abitava qui o almeno niente che fosse degno di nota.
Ah, ovviamente senza considerare David.
Il suo migliore amico, quello che la seguiva in ogni pazzia, veramente molto frequenti, o almeno l’unico che tentava di starle vicino in tutte le sue stranezze.
Un vero e proprio santo, considerando il carattere ostico di Iris, molto probabilmente dovuto all’assenza del padre, di cui si era sempre rifiutata di parlare.
I: si, grazie, ma scusami se ti ho disturbato.
Beckett la guardò con aria sospettosa.
Cos’era quella? Una parvenza di gentilezza?
B: muoviti.. lo so che non ti dispiace per niente.
Si misero a ridere e Iris si gettò a peso morto sul divano di Beckett.
B: aspettami, vado a vestirmi..
I: ok.
La detective scomparve in camera sua, ma poco dopo si sentì raggiungere dalla voce squillante della ragazza.
I: ehy, Kate, posso farti una domanda?
Beckett sorrise.
B: spara!
Sentì solo silenzio, finchè non vide la porta della sua camera completamente spalancata e Iris già diretta sul suo letto.
B: no, ma prego.. fai come fossi a casa tua.
I: si, grazie.. allora dicevamo..
Iris si mise sul suo letto, in una posizione decisamente particolare.
Le gambe appoggiate sulla parete e schiena e testa appoggiate sul materasso.
Troppo facile sedersi.
Beckett la guardò inclinando un po’ la testa e, scuotendola legermente, sorrise.
I: mi sbaglio o mi avevi detto che prima di fare la poliziotta avevi iniziato la facoltà di letteratura?
La detective si bloccò.
Aveva parlato con Iris di alcune parti del suo passato e ora questa uscita proprio non se l’aspettava.
B: si perché?
La ragazza inizialmente non rispose.
B: che c’è? Vuoi un consiglio per l’università? Vuoi prendere anche te letteratura?
Iris scoppiò a ridere e si alzò in piedi.
I: non prenderò letteratura nemmeno sotto tortura, nemmeno con una pistola puntata alla tempia. Dammi numeri e sono felice, dammi quelle…. Poesie e puoi tranquillamente portarmi al cimitero.
La ragazza uscì impettita dalla stanza, per tornare raggomitolata sul divano.
Anche la detective la seguì e si diresse verso il frigorifero, dove prese uno yogurt, ovvero la sua cena.
B: quindi non vuoi un consiglio universitario. E allora perché quella domanda?
Iris si alzò e iniziò a camminare attorno al tavolo.
I: non dirmi che ti mangi solo quello per cena.
Beckett alzò le spalle e si sedette sul divano, portando le ginocchia al petto.
B: non siamo mica tutte come te che mangi come un camionista e rimani perfettamente in forma.
I: aaah.. non ti capisco..
Beckett roteò gli occhi.
B: allora? Io sto aspettando la vera domanda.
Iris continuava a girare attorno al tavolo nervosamente.
I: allora.. se volevi fare letteratura, significa che ti piaceva quel genere di cose e presuppongo che dovevi essere anche molto brava a scrivere, che ne so.. racconti o articoli di giornali, no?
La ragazza sfoderò un enorme sorriso.
La detective inarcò il sopracciglio, rimanendo con il cucchiaino in bocca.
B: e a cosa ti servirebbe tutto ciò?
Iris non rispose.
Si limitò a sedersi pesantemente sul divano.
B: che hai combinato?
I: oh, ma insomma. Possibile che devo aver sempre combinato qualcosa?
La detective non disse niente, ma la fissò.
I: oh, ti odio. Quel brutto id-..
B: Iris!
I: ok, il mio caro professore di inglese mi ha beccato mentre facevo la rappresentazione visiva di uno stupendo pezzo di batteria..
Beckett scoppiò a ridere, strappando un sorriso anche alla ragazza.
I: quindi, visto che non gli porto più un compito dall’inizio dell’anno, voleva chiamare mia madre.
La ragazza abbassò lo sguardo.
Amava quella donna più di ogni altra cosa.
I: quindi sono riuscita a farmi dare una punizione piuttosto che chiamare mia madre.
B: e che punizione ti sei guadagnata?
Beckett si alzò.
I: devo scrivere per la fine dell’anno un racconto, come una specie di libro, oppure una serie di articoli di giornali, come una rubrica.
La ragazza si avvicinò alla detective e l’abbracciò.
I: ti prego, ti prego, ti prego.. mi aiuterai????
Beckett era veramente combattuta.
Era da molto tempo che non scriveva più.
Non che lo avesse mai fatto seriamente, ma prima della morte della madre amava farlo.
Anche solo per liberare se stessa.
B: Iris io non posso farlo. Mi dispiace, ma non sono capace. Ero una schiappa nello scrivere.
Piccola bugia.
La ragazza la osservò e probabilmente lo capì al volo.
Infatti si staccò immediatamente e si diresse verso la porta.
B: Iris, ho detto che io non posso aiutarti, ma conosco qualcuno che lo farebbe sicuramente. E molto meglio di me.
La ragazza si fermò e corse di nuovo dalla detective abbracciandola.
I: lo sapevo, lo sapevo.
I: e chi è questa persona.
B: Richard Castle.
I: chi?
La detective sgranò gli occhi.
B: ma come? Non lo conosci?
I: no, perché dovrei?
B: è uno scrittore molto famoso. Ha scritto non so quanti best-seller. Dovresti leggere un po’ di più signorina.
I: gnagna.. non iniziamo a fare la predica. E sentiamo un po’.. tu come lo conosci? È il tuo fidanzato?
La detective sobbalzò e la sua voce divenne stridula.
B: assolutamente no.
La ragazza inarcò un sopracciglio.
I: si, come no.
B: veramente.. lavora con me.. tutto qui.
Nel frattempo la voce di Annie, la madre di Iris, raggiunse le due donne.
A: Kathrine, Iris è lì?
B: si, arriva subito.
La ragazza la guardò.
B: ora fila a cena e poi ti passo a chiamare. Andiamo a fare visita a Castle.
I: grazie grazie grazie.
La ragazza si allontanò saltellando e sulla bocca della detective compare un sorriso al solo pensiero dell’incontro tra Iris e Castle.
L’avrebbe fatto impazzire.






p.s eccomiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii..
dopo tanto sono tornata.. soprattutto grazie a madeitpossible che ha letto pazientemente in anteprima questa ff e mi ha convinta ad iniziare a pubblicare..
è una cosa nuova, speriamo vi piaccia comunque..
fatemi sapere.. :D
un bacione a tutti..
al prossimo capitolo..
Bea:)





 

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Capitolo 2
*** conoscenze ***


I: ti prego, dimmi che non è quella la casa di quel.. Castle.
Beckett si voltò verso la ragazza.
B: si, è l’attico. Perché?
Iris sbuffò rumorosamente.
I: ecco lo sapevo. Sarà uno di quei grossi ricconi palloni gonfiati vanitosi. Andiamo via! Ora!
Beckett iniziò a ridere.
I: beh, che c’è?
La ragazza mise le mani sui fianchi e la guardò con uno sguardo per niente divertito.
B: scusa, scusa. Però ascoltami.
La detective afferrò le spalle di Iris.
B: lui lavora con me e, anche se a volte sembra un bambino di 3 anni, è un mio amico, forse l’unica persona che riesca a capirmi fino in fondo e probabilmente l’unico a conoscermi veramente. Quindi tu credi che io avrei permesso tutto questo a.. com’è che lo hai chiamato? Ah si.. ad un grosso riccone pallone gonfiato vanitoso?
Iris la osservò e sbuffò.
Beckett si stupì di se stessa.
Aveva veramente detto quelle cose ad alta voce?
Non volle pensarci.
I: e va bene. Ma ricordati bene: sono sicura che questo tizio non mi piacerà, perciò non chiedermi di trattarlo da docile bambolina. Chiaro?
La ragazza non aspettò la risposta di Beckett e si diresse verso la porta.
Beckett scosse la testa e sorrise.
B: agli ordini capo. Ah, tanti auguri Castle..
Aggiunse sottovoce.
I: ehy, Kate, andiamo??
La detective si riscosse e raggiunse Iris.
I: eccomi eccomi.
 
Quella sera la casa era veramente a sua completa disposizione.
Alexis era andata a dormire da Page e Martha era partita per l’intera settimana in visita a non so quali parenti.
Il silenzio casalingo era meravigliosamente accogliente dopo la giornata frenetica che aveva passato al distretto, giornata che fortunatamente sembrava finita.
Così Castle era tornato a casa, si era fatto una doccia, si era cucinato un’ottima cena, in compagnia di un buon bicchiere di vino e di un leggero sottofondo musicale.
Mangiò svogliatamente e, una volta ripulito tutto, si diresse nel suo ufficio.
Aveva indosso un semplice paio di jeans, un grosso maglione marroncino e un paio di occhiali da riposo che il medico gli aveva consigliato, vista la sua abitudine di stare ore ed ore davanti al monitor del computer.
Attraversò il salone e fu proprio lì che vide un piccolo libro, probabilmente abbandonato lì da Alexis.
Lo afferrò distrattamente, ma prestando più attenzione, decise di abbandonarsi per l’ennesima volta alla bellezza di quelle poesie.
Hermann Hesse.
Lo aveva già letto da adolescente, in preda alla splendida follia del suo primo grande e meraviglioso amore.
Gli venne da sorridere e, recuperando il suo bicchiere di vino, si abbandonò sul divano.
Arrivò più o meno a metà libro, quando il suono del campanello lo riportò bruscamente alla realtà .
 
Iris era già pronta a suonare un’altra volta, ma Beckett gli fermò la mano.
B: guarda che se aspetti un secondo, la persone normali capiscono comunque. Non c’è bisogno di attaccarsi al campanello come fai di solito a casa mia.
I: come sei noiosa.
Beckett roteò gli occhi, divertita.
Proprio in quel momento Castle venne ad aprire la porta, sfoderando uno dei suoi meravigliosi sorrisi, un misto di curiosità e divertimento.
Beckett rimase per un secondo in silenzio.
Non se lo aspettava in versione casalinga.
O per lo meno non se lo aspettava così dannatamente interessante in versione casalinga.
Ma come diamine era possibile?
Capelli scompigliati, occhiali, maglione?
Un attimo, occhiali?
C: ehilà, detective. Che ci fa qui?
Glielo avrebbe chiesto in un altro momento.
B: avrei bisogno di un piccolo favore. Posso? Anzi possiamo?
Castle si soffermò per un po’ sulla ragazza.
Sembrava confuso, ma dopo qualche secondo sembrò riprendersi.
C: ovvio, prego.
La casa dello scrittore fece uno strano effetto ad Iris che sembrò irritarsi all’istante.
Odiava la ricchezza e soprattutto chi la possedeva.
Aveva catalogato quel tipo di persone e non c’era modo di farle cambiare idea.
C: è successo qualcosa? Che posso fare?
Beckett guardò gli occhi azzurri di Castle e si sentì quasi in colpa per la situazione in cui stava per metterlo.
B: no, tranquillo.. non è successo niente. Solo ci servirebbe un piccolo favore per Iris.
Lo sguardo dello scrittore tornò immediatamente sulla ragazza che non sembrava per niente contenta.
C: immagino che tu sia Iris.
I: già, che genio è?
L’espressione di Castle era sconvolta, mentre quella di Beckett particolarmente divertita.
Lo scrittore sospirò.
C: però, che caratterino. Mi piace.
Disse facendo un sorriso, che però non ricevette risposta.
C: io comunque sono Richard Castle, piacere di conoscerti.
I: piacere tutto tuo.
Iris nemmeno si avvicinò, ma continuò a studiare il grande attico.
Castle si voltò con gli occhi spalancati verso Beckett, che tentava di soffocare una risata.
B: scusala, ma è una ragazza mooolto particolare.
C: oh, su questo non avevo dubbi.
La detective abbassò la voce
B: ascolta. Ho bisogno di te.
Non seppero bene il perché, ma entrambi sentirono una strana scossa a quelle parole, tanto che seguì solo un momento di silenzio.
I: che c’è? Volete una canzoncina di sottofondo?
Ok, quella ragazza non le stava per niente simpatica.
Castle si voltò con aria frustata, ma non rispose.
Beckett si riscosse e arrossì involontariamente.
B: bene, ecco.. dicevo.. Iris deve assolutamente consegnare entro la fine dell’anno un racconto o una serie di articoli di giornale altrimenti non potrà superare l’anno. Mi ha chiesto aiuto perché non ama particolarmente questo genere di cose..
C: non so perché, ma me lo immaginavo..
L’uomo parlò sottovoce, ma si guadagnò l’occhiataccia di Beckett.
B: comunque.. mi ha chiesto aiuto, ma io non posso  farlo. Non ne sarei capace.
Castle la guardò con curiosità.
Esattamente come Iris, sapeva del suo passato universitario e esattamente come lei il collegamento con le sue capacità fu immediato, ma Castle non disse niente.
B: perciò ho pensato subito a te.. chi potrebbe aiutarla meglio di uno scrittore di best-seller?
L’uomo osservò la ragazza, completamente immersa in un altro mondo, per nulla interessata alla conversazione tra i due.
B: per favore, Rick.
Quello era un colpo basso.
Lo sapeva lei e lo sapeva lui.
Castle sospirò.
C: e va bene.
B: grazie, veramente.
La detective sorrise e quello fu un ringraziamento più che sufficiente.
 




p.s ciaoooooo..
bene, ho visto che in fondo Iris vi sta pian piano iniziando a piacere..
sono proprio contenta.. :D
che dite, il nostro Castle riuscirà a reggere la situazione???
fatemi sapere se vi va.. :)
un bacione a tutti.. :D
al prossimo capitolo.. :)

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Capitolo 3
*** sciocchezze o forse no? ***


Lo scrittore accompagnò le due nel suo studio e Beckett si mise seduta su una piccola poltrona, un po’ in disparte.
Iris si mise rannicchiata su una sedia, in una posizione che per chiunque sarebbe risultata parecchio scomoda, ma non per lei.
Castle si mise di fronte a lei, salendo a cavalcioni sulla sedia, appoggiando quindi le braccia e il mento sullo schienale.
C: quindi, cosa vorresti fare? Un racconto o degli articoli di giornali? Hai già deciso?
I: se fosse per me nessuno dei due.
Castle sospirò.
C: ok, ma visto che non dipende da te, cosa vorresti fare?
Beckett osservava la scena incuriosita.
Quell’uomo era una fonte di pazienza infinita.
Dov’era finito il bambino di 3 anni?
I: i giornali potrebbero bruciare tutti.
C: bene, quindi deduco che ci orienteremo sul racconto.
Iris sorrise e, portando indietro la testa, guardò Beckett che si trovava alle sue spalle.
I: ehy Kate, lo fai lavorare con te perché è così intuitivo?
La detective cercò di non ridere, ma con la ragazza in quella posizione e la faccia già esasperata di Castle non era facile.
Tuttavia cercò di dare una mano all’uomo.
B: effettivamente può non sembrare, ma a volte riserva sorprese interessanti.
Castle le sorrise con riconoscenza e la ragazza rialzò la testa, tornando in una posizione normale.
I: convinta te.
Lo scrittore sospirò.
C: bene, e almeno sai che genere vuoi usare?
I: di sicuro niente fantasy, tutte stupidaggini per bambini. Niente cose sdolcinate, fanno venire il diabete. E ovviamente niente sciocchezze come scoperte di tesori o viaggi al centro della terra.
La detective vide perfettamente le smorfie di Castle, il cui sorriso diventava sempre più tirato ad ogni parola di Iris.
Stava in pratica criticando tutto il suo mondo.
Lo stava demolendo pezzo dopo pezzo.
Non solo perché leggere quelle storie era stata ed era tuttora una parte fondamentale della sua vita, ma soprattutto perché quelle storie rappresentavano il suo modo di vivere.
Era grazie a quelle se Richard Castle aveva resistito al diventare adulti.
Aveva resistito a quella maturità che è sinonimo di disincanto.
Lui aveva mantenuto gli occhi di un bambino, in grado di meravigliarsi davanti alla cosa più semplice, davanti alla cosa più piccola, in grado di sperare ancora in qualcosa di magico, di fantasticare su ogni singolo evento della vita, cercando di trovare il lato meraviglioso.
Beckett lo vide alzarsi, rimanendo in silenzio.
Castle andò vicino alla finestra.
C: ascoltami Iris. Odia pure tutto questo, perditi la bellezza di queste opere, sinceramente non mi importa gran che, ma non ti azzardare a chiamarle sciocchezze ok?
Non si era voltato, ma il suo tono di voce faceva capire alla perfezione il suo fastidio.
Oh, la cosa diventava veramente interessante.
Beckett non immaginava una simile reazione, ma quelle parole lo avevano veramente infastidito.
Come se Iris avesse toccato qualcosa di troppo caro.
Chissà, in fondo anche lei aveva ancora parecchio da scoprire a proposito del suo scrittore e soprattutto del suo mondo.
Iris non rispose e Castle si voltò.
C: ok?
Ripetè con tono deciso.
I: si si, va bene scrittore. Scusa tanto.
Iris alzò le mani in segno di scuse.
Probabilmente la riteneva una cosa priva di senso, ma quella reazione aveva scatenato in lei uno strano senso di curiosità.
C: quindi che vuoi scrivere?
I: qualcosa di interessante.. storie di omicidi, rapimenti.
B: allora hai trovato uno specialista.
Iris si voltò di nuovo verso la detective, con aria confusa.
Beckett capì immediatamente che non sapeva nemmeno che genere di libri Castle avesse scritto.
Sperò che per una volta stesse zitta.
I: e perché? Tu scrivi quella roba?
Beckett si coprì la faccia con la mano e Castle la guardò con aria disperata e infastidita.
C: già scrivo quella roba.
Ripetè con tono duro.
I: oh, perfetto.. sono sicura allora che a mister Neo piacerà il mio racconto.
Castle e Beckett si guardarono confusi.
Iris ne capì il motivo e si sbrigò a spiegare.
I: mister Neo è il professore di letteratura inglese.
B: oooh.. grazie per la spiegazione.
C: beh, direi che per stasera può bastare no? Quando vuoi che ci vediamo?
I: per me mai. Ma per necessità direi domani pomeriggio. Può andare?
C: perfetto.
Rispose seccato.
Castle accompagnò le due all’uscita.
Iris osservò Beckett che sembrava impaziente.
I: ti aspetto giù ok?
La detective sorrise.
Quando voleva sapeva recepire al volo.
B: grazie, arrivo subito.
La ragazza sparì in fretta e Beckett sospirò.
B: mi dispiace.. non credevo fosse così tanto pungente con chi non conosce.
Castle sorrise.
C: quello lo chiami essere pungente?
Beckett sorrise in risposta.
B: ok, stavolta hai ragione. Mi dispiace, ma non sapevo come altro aiutarla.
C: mi spieghi come hai conosciuto quella caaaaaara ragazza?
Beckett si spostò una ciocca dietro ai capelli.
B: è la mia vicina di casa. Ha una situazione familiare particolare. Vive da sola con la madre e si rifiuta di parlare del padre e io non ho il coraggio di chiedere cosa sia successo.
C: lo capisco.. solo mi stupisce questo carattere.
B: oh, è sempre così.. ma piano piano si scioglie.
Castle la guardò non del tutto convinto.
B: veramente.
La detective sorrise e alzandosi sulle punte lasciò un velocissimo bacio sulla guancia di Castle, lasciandolo completamente imbambolato.
B: grazie.
Lo scrittore sorrise e mentre la donna si stava già allontanando rispose sottovoce.
C: sempre.
 


p.s salveeeeeeeeeeeeeee..
mamma mia.. mi scuso per questo ritardo che definire mostruoso è un eufemismo.. :D
per fortuna questa scuola è finita più o meno.. e così ho di nuovo un pò di tempo..
spero che vi piaccia e che abbiate ancora voglia di leggere questa ff..
e soprattutto volevo ringraziarvi per le vostre recensioni e per i vostri consigli..
un bacione a tutti.. :D

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