Se solo fossi qui

di bik90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inizio ***
Capitolo 2: *** Come sua madre ***
Capitolo 3: *** Kyoshiro ***
Capitolo 4: *** Caparbietà ***
Capitolo 5: *** Una lacrima di rabbia ***
Capitolo 6: *** Incomprensioni ***
Capitolo 7: *** Sfiorare la follia ***
Capitolo 8: *** Sensi di colpa ***
Capitolo 9: *** Falso amore ***
Capitolo 10: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 11: *** Pericolo in casa ***
Capitolo 12: *** Piano diabolico ***
Capitolo 13: *** La rabbia di Kyoshiro ***
Capitolo 14: *** Attacco inatteso ***
Capitolo 15: *** Sorprese sgradite ***
Capitolo 16: *** Accettazione ***
Capitolo 17: *** Verità ***
Capitolo 18: *** Scoperte agghiaccinati ***
Capitolo 19: *** Rivelazioni ***
Capitolo 20: *** Guardiani uniti ***
Capitolo 21: *** Fine ***



Capitolo 1
*** Inizio ***


<< Io non voglio perderti >> disse la donna poggiando il mento sulla spalla dell’altra e abbracciandola.
Natsuki le sorrise accarezzandole una guancia.
<< Purtroppo sai anche tu che potrebbe accadere >> le rispose.
Shizuru annuì mentre una lacrima solitaria le rigò il volto.
<< Ti amo, Natsuki >>.
 
Era notte fonda e la strada solitaria. L’unica fonte di luce era la sigaretta che stava fumando e, quando terminò, gettò la cicca per terra con poco garbo. Con calma espirò il fumo divertendosi a farlo uscire a cerchi concentrici e sorrise quando terminò guardando dritto avanti a sé.
<< So che ci sei >> disse << E’ inutile continuare a giocare a nascondino, non credi? >>.
A quelle parole, una scarica elettrica partì da un punto indefinito e, se non l’avesse schivata, l’avrebbe sicuramente colpita. La ragazza non si scompose troppo e non smise di sorridere. Si pulì gli abiti dalla polvere e pronunciò una sola parola.
<< Duran >>.
Immediatamente il suo Child apparve al suo fianco, grande ed imponente con i suoi grandi occhi gialli che si guardavano intorno.
<< E’ davanti a noi >>.
Il lupo meccanico si voltò e si mise in posizione d’attacco. Non era la prima volta che combatteva accanto alla sua nuova padrone, erano dieci anni che era diventato il suo animale e lei si era sempre comportata bene, non aveva mai avuto timore di combattere e di usare i suoi poteri. Era una guardiana in gamba, la degna erede di sua madre. La ragazza si mosse velocemente tenendo ben strette nelle mani le pistole dal calcio madreperlato. Aveva imparato a non farsi mai cogliere impreparata.
<< Vieni fuori! >> tuonò rivolta a un gruppo di alberi.
Pochi attimi dopo sparò i primi colpi ordinando al suo animale di caricare le pallottole d’argento. Sentiva l’adrenalina salirle e darle alla testa, il cuore aumentare le pulsazioni, ogni muscolo del suo corpo tendersi pronto all’azione. Con gli occhi riuscì ad intravedere un veloce movimento. L’Orphan non aveva intenzione di uscire allo scoperto; toccava a lei scovarlo. Corse tra gli alberi sempre col suo Child accanto, sentirlo presente nella sua vita le donava sicurezza. Era il suo unico punto fermo. Scosse il capo scostando i lunghi capelli scuri dal volto e si concentrò.
<< Eccoti >> disse con un mezzo sorriso.
Lo colpì prima che riuscisse a sfuggirle ferendolo. Gli si avvicinò senza smettere di tenere puntate le armi. Questa volta l’Orphan che voleva ucciderla aveva la forma di un grosso topo completo di baffi e coda. Sapeva che dalle zampe anteriori poteva lanciare scariche elettriche e non desiderava provarle sulla sua pelle. Con freddezza gli sperò nuovamente evitando però di farlo morire subito.
<< Credevi di potermi fare fuori? >> urlò la ragazza piena di rancore non solo verso il mostro ma anche nei confronti dell’intero mondo << Credevi di poter essere tu, sporca e schifosa creatura, a richiamare in vita il Principe d’Ossidiana? Beh, hai scelto la notte sbagliata >>.
Lo colpì per la terza volta ma alla testa mettendo finalmente fine alle sue sofferenze. L’Orphan scomparve davanti ai suoi occhi trasformandosi in un mucchio di cenere spazzata dal vento che aveva iniziato a soffiare. Solo il quel momento la ragazza si concesse di respirare profondamente mentre scivolava sulle ginocchia.
<< Vattene anche tu >> continuò rivolta al suo Child che era rimasto immobile.
Duran ubbidì, aveva imparato a non contraddirla mai se non voleva farla arrabbiare.
Sola, le prime lacrime iniziarono a rigarle il volto. Non permetteva a nessuno di vederla in quello stato, nemmeno a Duran, non voleva apparire debole. Lei era forte, vigorosa e con tanta energia. Combatteva gli Orphan da dieci anni e non aveva intenzione di dar loro vinta. Non l’avrebbero uccisa, era troppo intelligente per quei mostri. Si portò una mano sugli occhi asciugandoli e si alzò in piedi.
Ancora con questi ricordi?, si domandò ironicamente, Pensavo fossi andata oltre.
Sapeva che non era vero. Erano dieci anni che era una guardiana, dalla morte di sua madre, e ancora non aveva trovato un suo equilibrio tra la sua vita e il lavoro che svolgeva. Sorrise amaramente. Il sole sarebbe sorto da lì a poche ore, doveva andare via e non farsi vedere in giro a quell’ora. Si spazzolò nuovamente gli abiti e sollevò i suoi grandi occhi verdi verso il cielo. La donna che le aveva dato la vita era lì, quando era bambina tutti le dicevano che la stava osservando e lei si era aggrappata a quella convinzione con tutte le sue forze. Anche se aveva solo otto anni alla sua morte, continuava a ricordarla perfettamente.
Credi che sarò mai brava come te, Natsuki?

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Capitolo 2
*** Come sua madre ***


<< Perché non mi hai avvertito? >>.
La diciottenne alzò gli occhi al cielo scrollando le spalle e non fece nulla per cercare di nascondere i suoi gesti.
<< Guardami Midori >>.
La voce della donna era autorevole e le ubbidì. Si ritrovò a contemplare gli occhi arrabbiati di una donna di quarantaquattro anni dai lunghi capelli rossi.
Kuga!, avrebbe voluto urlarle, Devi chiamarmi Kuga!
<< Avevo dimenticato il cellulare a casa >> mentì spudoratamente.
Mai la guardò ancora per qualche secondo prima di sospirare e scuotere il capo. Sempre più spesso ormai, le pareva di parlare ancora con la madre della diciottenne e quello non era un buon segno.
<< Per favore, Midori >> continuò cercando di apparire più dispiaciuta che adirata. Aveva compreso che quell’atteggiamento con lei non funzionava << Noi siamo guardiane, dobbiamo agire insieme. È una cosa che non smetterò mai di ripeterti >>.
E io continuerò sempre a fare quello che voglio, pensò Midori.
<< Va bene, Mai >> disse per mettere fine a quella conversazione << Scusami >>.
La donna le sorrise anche se sapeva bene che quelle scuse non erano per niente sentite. Guardò il suo orologio da polso e batté l’indice sul quadrante.
<< Avanti, vai a prepararti >> affermò con autorità << Dobbiamo andare a scuola >>.
Midori la fissò allibita.
<< Ma sono quasi le sette e… >>.
<< Niente scuse signorinella >> la bloccò Mai << O devo ricordarti di essere la tua insegnante? Coraggio, vai a farti una doccia. Ti aspetto qui >>.
La vide chinare il capo con aria sconsolata e dirigersi verso il bagno. Solo quando sentì chiudere la porta, si concesse di respirare profondamente. Più gli anni passavano e più diventava difficile riuscire a gestire quella ragazza.
È proprio come te, eh Natsuki?
Un sorriso amaro le increspò le labbra mentre si lasciava cadere sul piccolo divano. Guardandosi intorno, doveva ammettere che Shizuru aveva avuto gusto nel comprare quell’appartamento alla figlia. Il suo sguardo cadde su un posacenere ricolmo di cicche di sigarette. Lo prese in mano per svuotarlo e sospirò.
Ti sei anche messa a fumare, Midori?
L’avrebbe fatta impazzire, ne era sicura. Non sapeva per quale motivo nel pieno della notte aveva provato a chiamarla e, nel vedere che non rispondeva, si era recata al suo alloggio scoprendo che non era in casa. Nonostante le continue raccomandazioni sul non agire da sola contro gli Orphan, Midori continuava a fare di testa sua. Esattamente come sua madre alla sua età. Sin da quando Duran era andato da lei, aveva iniziato a cacciarsi nei guai. Lei aveva provato a starle vicino, a guidarla, a farle comprendere come comportarsi e come cercare di conciliare i vari impegni che si trovava a dover rispettare, ma Midori aveva dimostrato fin da subito di sapere come muoversi e presto si era allontanata dalla donna per poter agire autonomamente. Odiava ricevere ordini, era uno spirito libero che a nessuno era permesso comandare. Lei non aspettava che fossero gli Orphan ad attaccarla, li cacciava letteralmente. Andava in giro per la città, si recava nei posti più isolati e nei quartieri peggiori per scovarli e ucciderli. Sotto la sua furia distruttrice, non avevano scampo. Più d’una volta l’aveva vista in azione e doveva ammettere che era perfino più brava della madre. Era trascorso parecchio tempo da quando, insieme, distruggevano quei mostri che minacciavano la loro calma. Non era più una bambina, non era più una ragazzina che si aggrappava alle gambe della adre quando la portava ad allenarsi. Si passò una mano tra i capelli e fissò un punto indefinito di fronte a sé mentre lasciava vagare i suoi pensieri ancora per qualche minuto. Erano trascorsi così tanti anni da quando lei e l’amica frequentavano il liceo, lo stesso che ora stava calcando Midori e sua figlia Himeko, lo stesso che aveva terminato anche suo figlio maggiore Kyoshiro. Sorrise involontariamente pensando che lei non aveva mai smesso di andarci. Prima da alunna e poi da professoressa. Se glielo avessero chiesto, avrebbe faticato a ricostruire il cammino che aveva seguito per giungere fino a lì ma era contenta, tutto sommato.
<< Io sono pronta >>.
Si voltò verso la diciottenne che aveva parlato e trattenne il respiro. La somiglianza con sua madre era talmente evidente che delle volte le pareva che fosse ancora con lei, che non l’avesse mai abbandonata. Le sorrise mentre il battito del suo cuore tornava normale. Indossava l’uniforme scolastica con la zip della felpa lasciata aperta, i lunghi capelli corvini erano sciolti e le ricadevano sul volto, gli occhi di un verde brillante la fissavano con un misto di curiosità e menefreghismo. Mai annuì lentamente alzandosi in piedi e avvicinandosi. Le sistemò con apprensione la divisa spazzolandole la gonna a balze color crema e le rivolse un largo sorriso con aria materna.
<< Mi raccomando >> le disse con la solita apprensione << Questo è l’ultimo anno, Midori. Cerca di fare poche assenze e di impegnarti di più >>.
La ragazza le rivolse un sorriso furbo.
<< Stai facendo la professoressa adesso? >> le domandò con una nota ironica nella voce.
<< Sono preoccupata >> rispose la donna << Non posso sempre tirarti fuori dai guai io >>.
A quella frase, la diciottenne si scostò quasi bruscamente.
<< Nessuno ti ha chiesto di farlo >>.
<< Midori… >>.
<< Per favore, chiamami Kuga >>.
Con quelle parole aveva alzato l’ennesima barriera con lei. Mai allungò una mano per poterla poggiare sulla spalla ma riuscì appena a sfiorarla. Le sorrise nuovamente cercando di calmarsi. Quella situazione non era facile per nessuno, soprattutto per la diciottenne. Aveva provato a comprenderla, delle volte anche ad accontentarla; ma ogni suo tentativo di approccio era stato bocciato. Si guardarono negli occhi per qualche istante e la donna dovette fare ricorso a tutta la sua forza per cercare di non cadere vittima del magnetismo del suo sguardo. Somigliava così tanto a Natsuki, forse troppo e questo era uno dei suoi punti deboli. Anche se non l’aveva mai detto, sapeva che Midori desiderava ardentemente essere come la madre, sembrare lei quando combatteva o semplicemente nella vita di tutti i giorni. Aveva lo stesso modo di portare i capelli, la stessa maniera di atteggiarsi, delle volte usava le stesse frasi della donna. Mai, essendo madre di due figli entrambi ragazzi, comprendeva che questo non era un buon segno. Nell’adolescenza, ognuno aveva il diritto di formare il proprio carattere, di crescere e fare le proprie esperienze per diventare, infine, un adulto a se stante. Cosa che, invece, non stava accadendo alla diciottenne. Provare a parlargliene sarebbe stato inutile, Midori aveva alzato un muro tra lei e il resto del mondo; soprattutto quando si trattava di parlarle della madre. Per tutti quella era una ferita ancora aperta, nonostante fossero trascorsi dieci anni, però per la ragazza era stato diverso, ancora non riusciva a superarlo. Il fatto stesso che avesse deciso di usare il cognome di Natsuki la diceva lunga sul modo in cui si rapportava col dolore per la perdita del genitore.
<< Dobbiamo andare >>.
Midori si limitò ad annuire prendendo da terra lo zaino e posizionandolo su una sola spalla.
Uscirono dall’appartamento e dalla palazzina. Mai fece scattare l’antifurto della sua auto e aprì lo sportello. Guardò Midori con aria interrogativa notando che non stava facendo lo stesso.
<< Non pretenderai che mi faccia vedere a scuola in macchina con la professoressa Tokiha? >> le domandò inarcando il sopracciglio e cercando le chiavi del motorino.
La donna rise di gusto.
<< Va bene, starai davanti a me. Non voglio perderti di vista! >>.
S’infilò nell’auto mettendo la cintura di sicurezza e regolò lo specchietto retrovisore. Vide la diciottenne indossare il casco e montare a cavalcioni sul suo mezzo di trasporto.
<< Ciao Kuga >>.
La voce di un ragazzo la fece voltare quasi di scatto; ma l’attimo dopo si ritrovò a sorridere.
<< Ciao Kyoshiro >> contraccambiò la ragazza senza nessun tono particolare nella voce.
<< Kyoshiro, che ci fai qui? >>.
<< Mamma? >> chiese sorpreso il ventunenne avvicinandosi all’auto << Perché sei sotto casa di Midori? >>.
Mai vide suo figlio diventare dello stesso colore dei capelli.
<< Non rispondere alla mia domanda con un’altra domanda! >>.
<< Passavo di qui >> rispose il ragazzo evasivamente gettando un’altra occhiata alla diciottenne.
<< Io me ne vado >> affermò Midori mettendo in moto. Non le interessavano quelle chiacchiere tra madre e figlio e soprattutto voleva trascorrere meno tempo possibile con Kyoshiro.
<< Midori aspetta un attimo! >> le urlò Mai nel vano tentativo di fermarla. Si voltò verso il figlio e con una mano gli accarezzò il volto leggendo una leggera delusione nei suoi occhi << A che ora hai lezione? >>.
<< Alle dieci >>.
La donna gli rivolse un dolce sorriso.
<< La prossima volta vedrai che andrà meglio >> cercò d’incoraggiarlo << Adesso è meglio che vada anch’io >>.
Kyoshiro si limitò ad annuire e rimase per parecchio tempo immobile mentre l’auto della madre si allontanava.

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Capitolo 3
*** Kyoshiro ***


Stupido.
Sei uno stupido, Kyoshiro.
Continuava a ripetersi queste parole mentre tornava a casa.
Stupido che non sei altro! Dovresti smetterla di ossessionarti in questo modo.
Si prese la testa tra le mani mentre dava un calcio ad una lattina vuota di coca-cola gettata sul marciapiede. Si rendeva conto d’essere ridicolo, perfino sua madre compativa il suo comportamento, eppure non riusciva a smettere. Non riusciva a smettere di cercarla, di andare nei posti che frequentava anche solo per vederla di sfuggita, di recarsi sotto casa sua per controllare se ci fosse il suo motorino. Si comportava come se avesse tredici anni e non ventuno. Se suo padre l’avesse saputo, avrebbe sicuramente disapprovato il suo modo di comportarsi soprattutto se avesse scoperto con quale ragazza lo stava facendo. Chinò il capo vergognandosi di se stesso e di quello che faceva. L’unica che aveva compreso qualcosa era Mai ma nemmeno lei poteva veramente immaginare cosa significasse essere assillati da un unico pensiero. Era come un chiodo fisso per lui, nonostante cercasse di apparire normale e di incontrarla solo per caso. Quella mattina, come tutte da diversi anni ormai, aveva sperato che gli rivolgesse qualcosa di più di un semplice saluto freddo e distante. Un sorriso gli sarebbe bastato ma doveva anche ammettere che era sempre meglio di niente. Almeno l’aveva vista e sapeva che stava bene. Delle volte gli saltava il cuore in gola quando passava alle ore più improbabili sotto il suo appartamento e non vedeva il ciclomotore. Non avendo il coraggio di chiamarla per sapere dove fosse, passava ore e ore in giro per la città alla sua ricerca e il più delle volte era costretto a tornare a casa a mani vuote e con un gran senso d’angoscia dentro. Sapeva che salvava delle vita e proteggeva il mondo dagli Orphan, un giorno sarebbe toccato anche a lui, e forse era proprio per quello che esisteva una tale distanza tra il ragazzo e la diciottenne. Lei era una guardiana da dieci anni; lui, che ne aveva ventuno, doveva preoccuparsi unicamente di prendere buoni voti all’università. Non aveva minimamente idea di cose significasse avere sulle proprie spalle il peso della salvezza del mondo.
Se solo tu fossi qui, Natsuki.
Conosceva Natsuki, la madre di Midori e ricordava come fossero felici prima della morte della donna. Da quel momento nel cuore della ragazza si era creata una ferita che ancora stentava a rimarginarsi. Lei e sua madre erano state molto amiche fin da bambini, condividevano un grande destino e la stessa cosa sarebbe dovuta succedere e loro due se solo Midori non avesse preso un’altra strada. Se solo si fosse lasciata avvicinare, Kyoshiro avrebbe provato a farle comprendere che non era sola, che quel fardello avrebbe potuto dividerlo con lui, anche se non era ancora un guardiano. Mai l’aveva istruito affinché fosse pronto in ogni momento, gli aveva insegnato tutto quello che sapeva eppure, inconsciamente, sapeva che non sarebbe mai stato all’altezza dell’amica. quando evocava il suo Child sembrava un uragano. Il suono improvviso del suo cellulare lo riportò alla realtà. Lo prese dalla tasca del jeans e sospirò leggermente leggendo il nome sul display.
<< Ciao Miko >> disse provando ad apparire normale.
<< Ciao amore, ma dove sei? Ho chiamato a casa ma tuo padre mi ha detto che eri già uscito >>.
Un lieve sorriso increspò le labbra del ragazzo.
Odiava quella sua mania di cercarlo sempre prima a casa e poi al cellulare.
<< Sì, ho fatto due passi >> mentì.
<< Tutto okay? >>.
<< Certo, sono solo un po’ preoccupato per l’esame di diritto canonico >>.
<< Oh, ma vedrai che andrà benissimo! >> esclamò la ragazza ridendo di fronte a quella paura << Visto che sei sveglio, ti va di fare colazione insieme? >>.
<< Non chiedo di meglio >>.
Si misero d’accordo sul bar e l’ora e riagganciò. Desiderava tornare a casa, farsi una doccia e mettere in lavatrice quegli abiti che gli pareva fossero sporchi. Ovviamente era solo la sua immaginazione però sarebbe servito a farlo sentire meglio. Gli sembrava di sentire l’odore del tradimento sulla sua pelle e questo era assurdo perché lui non aveva mai minimamente pensato di ingannare Miko. Si portò una mano sul cuore mentre svoltava a sinistra. Non poteva nemmeno non ammettere, però, che non provasse nulla per quella ragazza che conosceva da quando aveva mosso i primi passi. Qualcosa di profondo la legava a lei e lo spingeva a comportarsi come l’ultimo degli idioti. Midori era speciale, non solo per il suo dono ma per quello che era realmente, per ciò che gli aveva trasmesso durante gli anni. Un sorriso nostalgico apparve sul suo volto. Delle volte desiderava poter tornare indietro, a quando Natsuki era viva e lui si divertiva a trascorrere le estati a casa della diciottenne inventando ogni giorno delle fantastiche avventure. Entrambi erano pieni di sogni sul futuro e su quello che li aspettava. Ricordava che l’amica sempre piena di allegria, di vita e i suoi occhi trasmettevano un calore che gli era sempre piaciuto e che, crescendo, aveva sperato conservasse solo per lui. Invece, quella luce era scomparsa e lui si era ritrovato tagliato fuori dalla sua vita. Le parole che gli aveva rivolto quella sera ancora gli bruciavano nella mente.
Se si fosse trattata di un’altra persona, me ne sarei fregato. Ma tu sei così importante per me e vorrei che per te fosse lo stesso.
Senza accorgersene era arrivato a casa. Infilò la chiave nella toppa e non fu sorpreso di non trovare nessuno. L’appartamento era silenzioso e vuoto; suo padre e sua madre erano a lavoro mentre Himeko era a scuola. Si tolse le scarpe e si diresse velocemente in bagno. Gettò nel cesto dei panni sporchi gli abiti e si infilò sotto il getto dell’acqua fredda. Sentì il cellulare squillare ma non se ne curò. Miko avrebbe potuto aspettare il tempo di una doccia.
 
Si era appena vestito quando qualcuno citofonò. Con ancora l’asciugamano in mano e i capelli umidi andò ad aprire scoprendo che era Miko. Sganciò il portone e aprì la porta di casa gettando una breve occhiata al suo orologio da polso. Le otto.
<< Se non è Kyoshiro che va dalla colazione allora è la colazione che va da Kyoshiro! >> salutò allegramente la ragazza entrando e chiudendo l’uscio alle sue spalle.
Il ventunenne le sorrise osservandola avanzare e mettergli davanti gli occhi il sacchetto con i cornetti.
<< Ho preso il tuo preferito >> gli disse a fior di labbra prima di baciarlo.
Kyoshiro la abbracciò contento di averla al suo fianco. Miko era una ragazza incredibile, sempre gentile e disponibile con tutti. Avevano frequentato la stessa classe al liceo e adesso si erano iscritti alla stessa facoltà. Il loro rapporto si era evoluto nel corso del tempo fino a sfociare nell’amore dopo gli esami di maturità. Adesso erano diversi anni che stavano insieme e non avevano mai avuto particolari problemi. La osservò mentre la ragazza apparecchiava per due la tavola. Era alta e snella, dai lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri, le labbra carnose e le curve al punto giusto. Era davvero bella.
Ma non è lei, pensò improvvisamente. L’ombra della tristezza gli attraversò il viso così veloce da non essere notata dalla sua ragazza, Adesso anche quando sono con Miko penso a Midori. Ma che mi succede?
Si sedette di fronte alla bionda cercando di scacciare quei pensieri dalla mente.
<< Allora >> iniziò Miko iniziando a mangiare << Io propongo di fermarci in biblioteca a studiare dopo le lezioni. Vai in palestra stasera? >>.
<< Pensavo di fare qualche ora di allenamento >> rispose il ragazzo << Ieri non sono andato >>.
Si sporse per darle un bacio sulla guancia che la fece arrossire.
<< Ti amo, Miko >> le sussurrò in un orecchio mentre la sua mente non smetteva di ripeterselo.
 
Mai aveva provato a tenere d’occhio la diciottenne ma con gran agilità era riuscita a defilarsi sparendo nel traffico. Aveva parcheggiato vicino il liceo e col cuore in gola si era avviata all’entrata. Sperava che non avesse deciso di marinare la scuola anche oggi. Il suo curriculum scolastico faceva concorrenza con quello della madre alla sua età con l’unica differenza che Natsuki, conoscendo Shizuru, aveva messo la testa a posto e aveva iniziato a studiare seriamente. Scosse il capo mentre si sistemava i capelli dietro le orecchie.
<< Ehi Kuga ma allora ogni tanto ti ricordi di venire a scuola? >>.
Nel sentir pronunciare quella domanda, la donna si voltò quasi di scatto lasciandosi scappare un sospiro di sollievo nel vedere Midori davanti al cancello.
<< Fatti gli affari tuoi Hiroshi >> le rispose la mora mettendo il cavalletto al motorino e togliendo il casco.
Il suono della campanella mise fine a quel piccolo battibecco che stava nascendo. Mai allargò le braccia rivolta agli studenti.
<< Forza, tutti dentro adesso! >>.
 
Midori non riusciva più a stare seduta al suo posto. Aveva bisogno di alzarsi, di correre, di cacciare qualche Orphan. Quello stile di vita non faceva per lei. Erano trascorse solo due ore dall’inizio delle lezioni e già stava pensando ad un modo per uscire. Si guardò le mani strette a pugno sul banco e sospirò mentre la campanella suonava. Il professore di matematica uscì dopo aver assegnato gli esercizi, e quella di storia entrò. A malapena la degnò di uno sguardo al contrario della donna che non smetteva di fissarla. Mai era davvero insopportabile.
<< Aprite il libro a pag 225 e iniziamo >> disse sedendosi << Midori inizia a leggere >>.
<< Non ho il libro >> rispose la ragazza guardando fuori dalla finestra.
<< Penso che Aoi possa prestartelo per questa volta ma devi portare i libri >>.
Immediatamente la sua compagna si girò dalla sua parte allungando una mano per passarle il volume. La diciottenne lo prese e alzò la mano.
<< Cos’altro c’è? >>.
La mora si alzò in piedi.
<< Potrei andare in bagno? >> chiese.
Mai alzò gli occhi al cielo esasperata dal suo comportamento.
<< Va bene >> rispose infine << Ma torna subito >>.
La ragazza le sorrise mentre le passava davanti. In quel momento notò qualcosa sul suo orecchio. Scattò in piedi facendo rovesciare la sedia e si avvicinò a lei.
<< Cos’è questa? >> domandò prendendo in mano una sigaretta.
<< Penso una sigaretta >> rispose prontamente Midori.
La donna gliela spezzò davanti agli occhi incurante di far cadere il tabacco per terra.
<< Non tollero che si fumi in classe, Midori >> rispose duramente e con sguardo fermo.
<< Infatti avevo intenzione di fumarla in bagno, non qui >>.
Lo schiaffo che le arrivò le fece pulsare dolorosamente la guancia destra mentre il resto della classe si zittiva.
<< Fuori >> disse semplicemente Mai comprendendo d’aver esagerato con lei.
Il sorriso beffardo che si disegnò sul viso della diciottenne la fece rimanere perplessa per qualche istante prima di tornare a sedersi. Riprese la lezione cercando di mantenere il controllo della situazione. Passò forse un quarto d’ora quando decise di richiamarla. Ordinò ad un altro studente di andare a chiamarla ma, quando lo vide tornare da solo scuotendo la testa, comprese che Midori aveva giocato d’astuzia e lei c’era cascata in pieno. Si precipitò per i corridoi ma nessun bidello l’aveva vista. Corse fuori la scuola in tempo per vederla sfrecciare via col suo motorino.
Midori, pensò, Perché?

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Capitolo 4
*** Caparbietà ***


Midori correva col suo motorino senza rispettare la segnaletica stradale. Voleva solo allontanarsi il più possibile dalla scuola e da quella scocciatrice di Mai. Sorrise mentre ripensava a come l’aveva fatta arrabbiare ma l’attimo dopo il suo viso si rabbuiò. Le aveva dato uno schiaffo, non l’aveva mai fatto prima.
Vaffanculo, pensò aumentando la velocità.
Il suo più grande desiderio era quello di poter avere una moto ma sua madre Shizuru glielo aveva sempre negato. Diceva che era troppo pericoloso e che doveva accontentarsi di ciò che le aveva regalato.
Vaffanculo anche a te, mamma.
Alla fine si fermò in un quartiere malfamato dove i palazzi erano in rovina da troppo tempo ormai per essere rimessi a posto. La puzza di urina e rifiuti organici le fece storcere il naso. Si tolse il casco guardandosi intorno. Poteva vedere chiaramente nell’ombra barboni e tossici che la fissavano incuriositi. Evocò le sue pistole e le strinse a lungo nel palmo della mano. Aveva bisogno di un’emozione forte e quello era il luogo migliore. Agli Orphan piacevano i luoghi fetidi e malsani. Evitò di chiamare accanto a sé Duran, voleva godersi ogni secondo di quello che faceva. Sapeva di essere forte, forse ancora di più della madre. Il ricordo della donna morta le fece male.
Io non commetterò il tuo stesso errore, si disse, Io non morirò per proteggere qualcun altro. Nessuno merita di morire sacrificandosi come te.
Iniziò a camminare a piedi senza una meta precisa, limitandosi a tendere ogni muscolo del suo corpo che sarebbe scattato al minimo rumore. Sorrise anche se non sapeva perché. Puntò entrambe le pistole davanti a sé ma non sparò.
<< Possibile che oggi non ci sia nemmeno un Orphan che voglia giocare con me? >> urlò girando su se stessa.
In quel momento una goccia la colpì si striscio sulla guancia. Alzò gli occhi e vide alcuni mostri attaccati alla parete di un vecchio palazzo che la osservavano. Avevano una consistenza melmosa e molle. Sorrise nuovamente.
<< Eccovi >> disse semplicemente correndo per allontanarsi.
Immediatamente gli Orphan iniziarono a inseguirla dopo essersi gettati sulla strada. Anche se erano piccoli e non avevano le gambe, Midori dovette ammettere che erano veloci. Con la coda dell’occhio ne contò cinque. Stava ancora correndo, quando Duran apparve al suo fianco.
<< Cosa ci fai qui? >> gridò la diciottenne adirata << Non ti ho evocato, tornatene da dove sei venuto! >>.
Il lupo per qualche secondo continuò a restare al suo fianco senza comprendere.
<< Non hai sentito? Me la vedo da sola! >>.
L’attimo dopo scomparve.
Che scocciatura, pensò scostando una ciocca di capelli dal volto, Non ho bisogno di te adesso.
Si voltò e decise di affrontarli. Sparò i primi colpi con entusiasmo che, però, precipitò non appena si rese conto che i proiettili veniva assorbiti dai corpi degli Orphan e che non riportavano alcun tipo di danno. Si morse il labbro inferiore mentre mirava agli occhi. Il primo riuscì a farlo fuori con un grido di esultanza ma gli altri quattro passarono al contrattacco. Midori fu colpita al braccio da uno strano liquido che immediatamente la fece urlare per il dolore. Era acido. Si allontanò dal gruppo per cercare di prendere tempo. Non aveva calcolato quell’intoppo. Corse con tutte le sue forze mentre gli Orphan le stavano dietro. Si nascose dietro la parete di una casa crollata e respirò profondamente guardando la ferita. Faceva male ma non era molto estesa. Riusciva ancora ad usare il braccio e la mano. Alzò appena la testa per riuscire a vederli e sparò. I suoi colpi andarono a vuoto e i mostri si avvicinavano.
<< Duran! >> evocò vedendosi messa alle strette.
Subito incontrò gli occhi del grosso lupo metallico.
<< Carica i proiettili di diamante! >> gli ordinò uscendo allo scoperto << Fuoco! >>.
Il suo Child ubbidì e, con un solo colpo, riuscì a ucciderli tutti. Dopo l’esplosione pezzi dei corpi di Orphan ricaddero per terra prima di scomparire.
<< Bravo >> si limitò a dire Midori aspettando che, ora che il lavoro era terminato, Duran scomparisse.
Il suo Child era forte e riponeva la massima fiducia in lui ma era molto tempo che preferiva la solitudine alla sua silenziosa compagnia. Gli anni che aveva trascorso lontano dalla madre e dalla sorella le avevano fatto comprendere che ognuno era solo al mondo. Solo col suo fardello e lei più di tutti poteva dirlo. Si appoggiò per qualche minuto alla parete che aveva usato per proteggersi e sospirò ricordando che non era sempre stato così. C’era stato un tempo in cui, con Natsuki, era quasi divertente allenarsi e andare a caccia di Orphan. Ma era accaduto tanto tempo fa, quando ancora viveva ad Ombras con Shizuru e Ruka aveva pochi mesi. Si passò una mano sulle tempie scacciando quei ricordi e si avviò verso il motorino. La giornata era ancora lunga e lei aveva parecchio da fare.
 
<< Pronto? >>.
<< Ciao Mai, sono Shizuru >> disse la donna dall’altra parte del cellulare << Ti disturbo? >>.
<< Ehi Shizuru ciao! No, figurati. Sono appena uscita da scuola >>.
<< Midori è lì con te? >>.
Il cuore della rossa perse un colpo mentre si guardava intorno sperando inconsciamente di vederla.
<< No >> rispose infine.
<< Non è andata a scuola nemmeno oggi, vero? >> domandò con una nota d’angoscia Shizuru.
Anche se non poteva vederla, Mai si ritrovò a fissare il marciapiede quasi con vergogna. Dieci anni fa le aveva fatto una promessa che stentava a mantenere.
<< Sì >> disse << E’ venuta ma poi… >>.
<< E’ andata via >> concluse l’altra con un sospiro << Mi ha telefonato la preside del liceo poco fa. Mi ha detto che se continua così rischia di ripetere l’anno >>.
L’amica non ripose, si era immaginata che potesse succedere.
<< Lo sapevi? >> chiese Shizuru interpretando il suo silenzio.
<< Lo immaginavo >>.
<< Mi avevi promesso che l’avresti tenuta d’occhio! >> sbottò la più grande con le lacrime agli occhi << Mi avevi detto che con te sarebbe stata al sicuro! Per questo l’ho mandata a vivere a Tirha, tu mi hai consigliato di farlo! Io te l’ho affidata quando aveva più bisogno di me perché mi avevi assicurato che ti saresti presa cura di lei! Io ti ho dato la mia bambina! >>.
<< Non è facile gestire Midori! >> ribatté la rossa sentendosi colpita dalle sue parole come un pugno << Dovresti parlare con lei invece di chiamare me! >>.
Tra le due calò un silenzio così lungo che Mai credette che Shizuru avesse riagganciato.
<< Hai ragione, scusami >> disse infine la donna che viveva ad Ombras passandosi una mano sulla fronte cercando di riflettere.
<< No, scusami tu >> rispose Mai rendendosi conto d’aver esagerato << Cercherò di parlare col consiglio dei docenti per vedere quanto è grave la sua situazione. Ma tu, Shizuru >> fece un respiro profondo prima di continuare << Tu dovresti cercare di parlare con lei. Lo so che non è facile, che Midori ha il suo bel carattere però tu sei sua madre e l’unico genitore che le rimanga >>.
Dall’altra parte sentì la donna sospirare.
<< Sì, lo so >> ammise tristemente.
<< Più il tempo passa e più diventerà difficile farlo >>.
<< Grazie Mai >>.
La donna dai capelli rossi sorrise.
<< Vedrai che si aggiusterà tutto >> rispose << Abbraccia forte la piccola Ruka da parte mia. A presto >>.
 
Midori fissava la finestra illuminata dalla luce interna del lampadario e sospirò. Non sapeva nemmeno lei perché si trovasse lì a contemplare quello che vedeva. Probabilmente stavano cenando oppure facendo semplicemente conversazione. Ricordava che a Tate piaceva molto ascoltare ciò che aveva fatto la sua famiglia durante il giorno. Sorrise tristemente. Era seduta sul suo motorino da ore e ancora non sentiva il desiderio di allontanarsi. Sospirò sistemandosi meglio. Era stanca, aveva trascorso tutta la giornata a combattere e uccidere Orphan riportando qua e la graffi ed escoriazioni. La bruciatura sul braccio le faceva ancora male ma sarebbe guarita più in fretta che su una persona normale. Tornò a guardare le persiane calate fino a metà e si sentì tremendamente stupida per quello che stava facendo. Anche se non l’avrebbe mai ammesso, le piaceva l’aria che si respirava in quella casa, sapeva di normalità. Involontariamente strinse i pugni sulle gambe e represse le lacrime che stavano uscendo. Provava invidia e rabbia al tempo stesso per ciò che Kyoshiro aveva ancora e che invece a lei era stato strappato brutalmente. E aveva addirittura il coraggio di cercarla e di proclamarsi suo amico. Lei lo odiava, non si vergognava ad ammetterlo. Un tempo erano amici, lo aveva considerato il suo unico e migliore amico, l’unico cui si sarebbe voluta aggrappare nel momento del bisogno, ma lui aveva tradito la sua fiducia e non l’avrebbe più riconquistata. Quello che aveva fatto non poteva essere cancellato.
<< Ti va un po’ di cioccolata calda? >>.
Midori alzò gli occhi incontrando quelli di Tate. Sorrise appena notando che l’uomo stringeva due tazze fumanti. Prese quella che gli porgeva e lo vide sedersi sul marciapiede di fronte a lei.
<< Da quanto tempo sei qui? >> le domandò l’uomo dopo essersi sistemato.
La diciottenne chinò il capo.
<< Non lo so >>.
<< Per come la penso io, credo che il balcone si osservi meglio seduta attorno al tavolo della cucina, anche se devo ammettere che qui la vista è perfetta. È una crepa quella che vedo? >>.
La ragazza rise dopo aver fatto un lungo sorso dalla sua bevanda.
<< Non prendermi in giro, Tate >> rispose sentendosi più leggera.
Fin da bambina, quell’uomo aveva avuto uno strano fascino su di lei. Si era sempre trovata a preferirlo a Mai perché sapeva che non l’avrebbe mai sgridata qualunque cosa gli avesse raccontato.
<< Non lo sto facendo, Midori >> alzò le mani vedendo che la ragazza stava per replicare << Scusa, volevo dire Kuga >> le sorrise per farle capire che andava tutto bene << Dico sul serio, la prossima volta che vuoi cenare con noi basta citofonare >>.
<< Chiamavi sempre mia madre così >> disse la studentessa << Perché con me è così difficile? >>.
Tate la guardò a lungo negli occhi prima di rispondere.
<< Tu non sei Natsuki >> affermò con calma << Tu sei un’altra persona, sua figlia, ma non lei. Non potrai mai esserlo per quanto ti stia sforzando >>.
<< Smettila >>.
<< No, ascoltami Midori >> continuò risolutamente l’uomo << Devi capire che questa è la tua vita, non il prolungamento di quella di tua madre. Hai diritto a essere te stessa. Tu sei Midori. Non Kuga, non Natsuki ma solo Midori Fujino. Non puoi vivere la vita di un’altra persona >>.
Le aveva afferrato un braccio vedendo che si stava per allontanare e la strinse a sé dopo essersi alzato in piedi. La tazza sfuggì alla ragazza e si frantumò in mille pezzi. Tate non la mollò per molto tempo e la sentì piangere tra le sue braccia. Aveva bisogno di farlo.
<< Lo so che fa male >> le sussurrò con affetto paterno << Ma devi accettarlo >>.
La diciottenne non gli rispose, le mancavano le forze per farlo. Quell’abbraccio le faceva sentire un piacevole calore all’altezza dello stomaco.
<< Mi dispiace per la cioccolata >> disse infine riferendosi ai cocci della tazza sparsi sulla strada.
<< Non fa niente >> rispose Tate << L’aveva preparata Kyoshiro >>.
Midori si staccò da lui quasi con forza.
<< Che bravo ragazzo >> affermò con una nota ironica.
<< Lo è davvero >>.
A quelle parole, Midori lo guardò a lungo negli occhi desiderando urlargli ciò che provava per il ventunenne ma si trattenne. Kyoshiro era suo figlio, era ovvio che l’avrebbe protetto sempre.
<< Hai sentito tua madre? >> domandò Tate per cambiare argomento.
La diciottenne scosse la testa.
<< Dovresti farlo, hai bisogno di lei almeno quanto Shizuru di te. È tua madre >>.
Midori preferì non rispondere. Stava praticamente tagliando fuori dalla sua vita la donna. Le parole dell’uomo la fecero sentire in colpa.
<< Mia madre è morta >> disse in un soffio.
La mano di Tate le sollevò il volto per costringerla a guardarlo e la fissò con durezza.
<< Non voglio sentire più una cosa del genere. Anche lei è tua madre e soffre per tutta questa situazione >>.
La studentessa si dimenò dalla sua presa.
E perché non ha fatto niente per impedirla?, avrebbe voluto chiedergli con rabbia.
Si voltò verso il suo motorino e fece per metterlo in moto.
<< Resta qui, stanotte >> le propose improvvisamente l’uomo.
Lei scosse il capo, troppo orgogliosa per ammettere che era ciò che desiderava.
<< Midori, non fare la stupida. È tardi e non hai ancora mangiato niente >> continuò << Se ubbidisci, potrei mettere una buona parola per non farti andare a scuola domani >>.
Le strizzò l’occhio e il gesto la fece sorridere.
<< Credo che sia arrabbiata con me >> bisbigliò appena riferendosi all’accaduto della mattina.
Tate le posò una mano sulla spalla stringendo. Era a conoscenza della situazione e aveva consigliato alla moglie di non prendersela per il suo comportamento. Anche loro avevano avuto diciotto anni e soprattutto Mai doveva comprendere il suo stato d’animo.
<< Nessuno ce l’ha con te >> rispose << Ma la scuola è importante, Midori, e tu devi impegnarti. Anche Natsuki avrebbe voluto questo >>.
Lei avrebbe voluto vivere, pensò, Avrebbe voluto restare con me.
<< Ti ho convinta? >>.
<< Okay, va bene ma domani lo voglio di vacanza! >>.
S’incamminarono insieme verso il portone.
 
Convincere Mai a non urlare per la proposta fattale dal marito non fu facile. Midori aveva gravi insufficienze in molte materie e aveva bisogno di studiare tanto per recuperare; farle perdere un altro giorno di scuola non l’avrebbe aiutata. Pazientemente l’uomo le aveva spiegato i motivi che lo avevano spinto a comportarsi in quel modo e alla fine la donna aveva ceduto. Si era gettata sul letto matrimoniale sospirando.
<< Oggi mi ha telefonato Shizuru >> disse alzando gli occhi verso Tate << Non credeva che la situazione scolastica della ragazza fosse così disastrosa >>.
L’uomo le si sedette accanto e le prese una mano per baciarla. Ancora adesso, a distanza di tanti anni, la amava come la prima volta che si erano presentati tra i banchi di scuola.
<< Dovrebbe parlare di più con Midori >>.
<< Questo glielo ho detto anch’io ma devi ammettere che non è facile >>.
<< E’ sua figlia, dovrebbe… >>.
Mai gli mise un dito sulle labbra per evitare di farlo continuare.
<< Proprio perché è sua figlia si comporta in questo modo. L’ama così tanto da accondiscendere ad ogni richiesta e vive nel terrore di sentirsi rifiutata da lei. Quando Natsuki è morta, ci ha lasciato portare Midori con noi, anche se stava impazzendo di dolore perché l’unica cosa che le stava a cuore veramente a cuore era il benessere della bambina >>.
Tate la guardò a lungo e alla fine annuì comprendendo ciò che stava dicendo la moglie. Shizuru non cercava la figlia perché non voleva distrarla, non voleva metterla in difficoltà e sperava che fosse la ragazza a prendere l’iniziativa. Purtroppo non aveva calcolato che Midori avesse mal interpretato quei segnali ed era arrivata a pensare di contare poco o nulla per la donna. Anche per quello aveva cominciato ad usare il cognome di Natsuki, aveva bisogno di qualcosa che la facesse sentire importante. E chi poteva aiutarla se non la madre stessa?
<< Adesso mettiamoci a dormire >> propose Mai dando un bacio a fior di labbra all’uomo << Domani sarà un’altra lunga giornata >>.
Vide suo marito sorridere prima di abbracciarla.

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Capitolo 5
*** Una lacrima di rabbia ***


Midori si svegliò a causa del sole che batteva sulle palpebre chiuse. Sbadigliò stiracchiandosi. Anche se non l’avrebbe mai ammesso di fronte a Mai o a Tate, aveva dormito finalmente bene. Nel suo appartamento non le capitava mai; c’erano sempre lunghi incubi a svegliarla a qualunque ora. Si guardò intorno. Si trovava nella stanza di Himeko, la figlia sedicenne dei coniugi Yuhichi, nel letto che le era stato riservato in situazioni simili. La ragazza probabilmente era a scuola. Al contrario di lei, Himeko era studiosa e diligente come il fratello, intelligente e volenterosa, curiosa e felice di apprendere sempre nuove cose. Era la figlia che avrebbe voluto anche Shizuru. A quel pensiero un’ombra di tristezza le attraversò gli occhi ma si affrettò a scacciarla. Si alzò in piedi e nel prendere il suo cellulare per controllare l’ora, vide un bigliettino lasciato sul comodino. La scrittura era della donna dai capelli rossi.
Approfitta di questa giornata per studiare, domani ti aspetterà una lunga serie di interrogazioni. Io e gli altri prof abbiamo bisogno di voti! Per favore fai la brava.
Ti voglio bene
Mai
La ragazza sorrise mentre lo accartocciava e si recava in cucina. Sperò che non ci fosse nessuno in casa ma si sbagliò. Nel corridoio beccò Kyoshiro che usciva dal bagno.
<< Giorno >> le disse gentilmente mentre si asciugava i corti capelli rossi con un asciugamano.
<< Ciao >> si limitò a dire la diciottenne senza guardarlo e dirigendosi con risoluzione verso il frigorifero. L’aprì iniziando a sorseggiare latte freddo direttamente dal cartone.
<< Me ne dai un sorso? >> chiese il ventunenne porgendole la sua tazzina col caffè.
Di malavoglia Midori ubbidì e si sedette intorno al tavolo. Nel vedere che Kyoshiro la imitava, alzò gli occhi al cielo sospirando.
<< Non hai lezione oggi? >>.
<< A mezzogiorno >> rispose il ragazzo inzuppando un biscotto secco nella sua bevanda << Quello è di mia madre? >> domandò indicando il biglietto accartocciato che l’altra stringeva nella mano destra.
La diciottenne si limitò ad annuire e lo vide sorridere di nuovo.
Cosa cazzo avrà da sorridere, pensò mentre giocherellava con una ciocca di capelli.
<< Lo fa con tutti >> le disse Kyoshiro << Vuole farci comprendere che, anche se non è presente, ci è sempre vicina >>.
<< Mi fa piacere per te >> ribatté la ragazza lanciandogli il foglietto stropicciato << A me queste cose non interessano >>.
Il ventunenne lo prese al volo e restò a fissarla a lungo finire di fare colazione. Anche appena sveglia, con indosso semplicemente un pigiama e i capelli in disordine, le pareva bellissima.
<< Se vuoi, posso darti una mano con lo studio >> propose improvvisamente vedendo che si stava alzando per allontanarsi.
Midori si voltò quasi di scatto ma non rispose.
<< Una volta mi hai detto che ci saremmo dovuti essere l’uno per l’altro perché siamo speciali >>.
La ragazza dai lunghi capelli corvini si concesse di sorridere ironicamente.
<< Io ti odio, Kyoshiro >> si limitò semplicemente a dire.
 
<< Midori, aspettami! >>.
La bambina si era voltata fermandosi.
<< Kyoshiro, sei lento! >> lo aveva rimproverato incrociando le braccia sul petto come aveva visto fare molte volte a sua madre Shizuru.
<< Non è vero! >>.
<< Sì che lo è! Guarda, devo sempre fermarmi ad aspettarti! >>.
Midori aveva sei anni e Kyoshiro nove; era estate e finalmente avevano terminato di andare a scuola. I genitori del bambino si erano trasferiti alla tenuta Fujino come al solito qualche giorno prima e i due avevano ripreso i loro giochi. Anche se non si vedevano spesso, entrambi si sentivano molto legati, soprattutto per quello che li aspettava in seguito. Le loro madri non avevano mai mentito su ciò che facevano e su cosa che fossero Duran e Kagutsuchi quindi avevano ben presente cosa avrebbero dovuto fare. Midori era entusiasta come di ogni cosa nuova, per lei la vita non era altro che una scoperta continua. Era sveglia e intelligente, il suo primo anno scolastico si era concluso brillantemente e aveva perfino chiesto alle sue madri di poter iniziare i compiti delle vacanze. Natsuki si era meravigliata non poco della diligenza di sua figlia limitandosi a scuotere il capo e a dare la “colpa” a Shizuru.
<< Avrà anche i miei geni ma quella sei tu in miniatura >> diceva spesso alla compagna quando vedeva la piccola fare i compiti seduta intorno al tavolo della cucina.
Kyoshiro, invece, cresceva timido e introverso, faceva fatica ad istaurare rapporti d’amicizia con i compagni di classe e nello sport non era particolarmente bravo. Suo padre, in quegli anni, l’aveva iscritto a vari corsi di calcio, basket e pallavolo e alla fine aveva dovuto sempre gettare la spugna perché il bambino si rifiutava di proseguire. Prediligeva la solitudine e la lettura dei libri; l’unica persona che era riuscita ad avvicinarsi a lui e che lo faceva sorridere anche quando lo prendeva in giro, era Midori. Quella bambina aveva un’allegria contagiosa, alla quale non riusciva a resistere e accettava tutte le critiche gli faceva. Erano amici praticamente da sempre, erano cresciuti insieme e avrebbero condiviso il futuro.
<< Voglio giocare anch’io con voi! >> aveva urlato Himeko correndo verso di loro.
<< No, non puoi! >> aveva risposto Kyoshiro << Stiamo facendo un gioco tra guardiani e tu non sei inclusa >>.
A quelle parole, la bambina di quattro anni era scappata via piangendo e cercando rifugio tra le braccia della madre.
<< Kyoshiro, l’hai fatta piangere! >> lo aveva sgridato Midori che considerava Himeko come sua sorella.
<< Scusa >> aveva detto il bambino chinando il capo comprendendo d’aver esagerato.
<< Kyoshiro, vieni immediatamente qui! >> aveva esclamato sua madre da lontano agitando una mano con fare autoritario.
<< Adesso ti sgrideranno! >>.
Midori aveva riso mentre si incamminava per tornare indietro.
<< Midori >> aveva detto Kyoshiro prendendola per un braccio per bloccarla << Quando torno a casa posso… posso… >>.
Il suo volto era diventato ancor più rosso dei suoi capelli.
<< …posso dire di avere una fidanzata? >>.
Aveva fatto la domanda così veloce che dopo era stato costretto a riprendere fiato.
<< Io? >>.
Il bambino aveva annuito guardando per terra.
<< Noi siamo speciali, Kyoshiro >> gli aveva risposto con calma la bambina << Per te, io ci sarò sempre >>.
Nel sentire quella frase, Kyoshiro le aveva dato un bacio sulla guancia come a voler suggellare quella promessa.
<< Anch’io ci sarò sempre per te >>.
 
<< Mamma, mamma! >>.
Sia Natsuki che Shizuru si erano voltate verso la voce della figlia che correva verso il gazebo dove erano sedute con Mai e Tate che tentava di calmare Himeko.
<< Finalmente, Kyoshiro >> disse in tono duro la donna dai capelli rossi vedendo arrivare anche il figlio.
<< Mamma Natsuki, Kyoshiro mi ha dato un bacio qui! >> aveva esclamato la bambina lasciandosi prendere in braccio dall’altra donna e indicando la guancia.
A quelle parole, il drink che stava bevendo la donna dagli occhi verdi le era andato di traverso. Aveva iniziato a tossire rumorosamente mentre Shizuru rideva.
<< Che… che cosa… >> aveva provato a dire.
<< Non fare così Natsuki >> aveva risposto la sua compagna sorridendo a Midori << Kyoshiro è stato molto carino a darti un bacetto >>.
La bambina l’aveva abbracciata; poi era scesa dalle sue gambe e aveva preso per mano Himeko per poter tornare a giocare. Kyoshiro le aveva seguite immediatamente dopo, già dimentico della sgridata della madre.
Le due coppie avevano osservato il trio che si sedeva per terra con macchinine e piste da corsa sorridendo.
<< Che cosa si è messo in testa tuo figlio? >> aveva domandato Natsuki subito dopo rivolta a Tate.
L’uomo si era stretto nelle spalle con un risolino beffardo.
<< E’ un rubacuori come il padre >>.
<< Credo che sia stata Midori a rubare il cuore di nostro figlio >> lo aveva corretto Mai posandogli una mano sulla spalla.
<< Mia figlia è ancora troppo piccola, ma come… >>.
Shizuru le aveva preso una mano e le aveva accarezzato il volto per impedirle di continuare.
<< Oh avanti, Natsuki >> aveva detto << Sono così carini insieme >>.
<< Non dire sciocchezze! >> aveva esclamato la mora sentendosi invadere da una profonda gelosia genitoriale per la bambina.
Mai e Tate avevano riso.
<< Non dirmi che alla sua età non avevi anche tu un fidanzatino! >> aveva continuato la donna dai capelli castani.
<< Shizuru! >>.
Il volto di Natsuki aveva preso fuoco senza che lei potesse evitarlo.
<< Chiunque sia stato, lo avrai traumatizzato a vita Kuga >> aveva affermato Tate scuotendo il capo.
<< Fatti gli affari tuoi Yuhichi! >>.
Tutti erano scoppiati a ridere mentre tornavano a prestare attenzione a ciò che stavano facendo i bambini. Shizuru aveva fatto scivolare la testa sulla spalla della sua compagna e aveva sospirato ascoltando il suo cuore battere. Erano tutti felici.
 
Anche se avrebbe voluto, Kyoshiro non riuscì a fermare Midori che in fretta si era vestita ed era andata via. Dopo quella breve conversazione non si erano più parlati, nonostante il ragazzo ribollisse del desiderio represso di poter avere una conversazione tranquilla con lei. I ricordi di ciò che si erano detti da bambini ancora aleggiavano nella sua testa come se fossero accaduti solo qualche giorno prima. Si sedette sul letto della sua stanza col libro in mano ma non lo aprì; non era concentrato abbastanza per studiare. Guardò la sua stanza e sospirò. Se Natsuki non fosse morta, lei e Midori avrebbero continuato ad essere amici e forse anche di più. Forse quel sentimento che si era manifestato da bambini, col tempo si sarebbe fortificato e avrebbero potuto stare insieme come una coppia. Miko non avrebbe mai fatto la sua apparizione nella sua vita, non si sarebbe mai aggrappato a lei per cercare di dimenticare la diciottenne e sarebbe riuscito ad essere veramente felice. Dopotutto, Midori era il suo unico amore. Lo sapeva, lo aveva sempre saputo e, ogni volta che ci pensava, si sentiva un verme. Fin da bambini, era stata la sola a riuscire ad avvicinarsi a lui e permettersi di toccargli il cuore. L’aveva lasciata fare perché si rendeva conto che un giorno sarebbero stati sempre insieme. Dalla più tenera età aveva avuto una sola amica che lo faceva crescere e lo spronava ad affrontare le sue paure. Con Midori ogni sua preoccupazione svaniva e tutto perdeva d’importanza di fronte a ciò che lei si prefiggeva di fare. Non lo aveva mai lasciato solo, l’aveva supportato e, alla fine, quando superava i suoi timori, si sentiva importante. Si guardò allo specchio. L’immagine che vide riflesse nel vetro era quella di un ragazzo insicuro e completamente in balia delle sue emozioni, dallo sguardo triste e spento. In un moto di rabbia, gettò il libro universitario contro la superficie liscia e fredda che vibrò per pochi istanti prima di assestarsi.
Midori, pensò cambiando posizione.
Lei era sempre stata gentile, gli era stata accanto anche se non fisicamente, l’aveva ascoltato e gli aveva dato numerosi consigli su come agire. Lui non era riuscito nemmeno a dirle una parola di conforto quando era morta Natsuki.
 
La diciottenne dai lunghi capelli neri era tornata a casa e si era fatta una doccia. Non l’avrebbe mai ammesso, ma, sentire Kyoshiro così vicino a lei, l’aveva fatta tremare. Per questo era andata via il più veloce possibile; era letteralmente scappata da ciò che il suo cuore voleva provare. Lo odiava così tanto che credeva sarebbe potuta vivere tranquillamente solo di quel sentimento, eppure non riusciva a cancellare completamente i ricordi di ciò che avevano condiviso quando erano bambini. I loro genitori erano sempre stati molto amici; sua madre Natsuki e Mai erano anche loro amiche d’infanzia ed avevano incanalato i propri figli nel medesimo percorso. Sarebbe stato tutto normale e perfino bello se Kyoshiro non si fosse comportato da sciocco. C’era anche lui la sera in cui era morta la donna, come poteva comportarsi da amico? Lei non aveva intenzione di perdonarlo, anche se erano trascorsi dieci anni. Era colpa sua se sua madre non si era più rialzata.
Si alzò dal bordo della vasca da bagno, si vestì e si legò i capelli in una coda alta mentre un leggero sorriso le increspava le labbra. Tate le aveva detto che per quanto si sforzasse non poteva essere la donna dagli occhi verdi perché lei era morta; non aveva idea di quanto si sbagliasse.
Lei era Natsuki.
 
Correva.
Correva sul suo motorino per cercare di seminare l’Orphan che la stava inseguendo. Questa volta non aveva fatto nulla per attirare l’attenzione del mostro, desiderava semplicemente mangiare un panino e invece era stato lui a trovarla. Aveva la forma di una grossa tigre ed era veloce allo stesso modo. Lo aveva condotto in un luogo isolato per non attirare l’attenzione su di sé e soprattutto per non mettere in pericolo persone normali. Si lanciò dal suo mezzo senza aspettare che si fermasse, atterrando perfettamente in piedi e invocando Duran. Aveva bisogno anche di lui. Strinse il calcio delle sue armi mentre osservava il nemico. Aveva lunghe zanne metalliche che fuoriuscivano dalle fauci, gli occhi rossi e un pelo ispido ricopriva il suo corpo.
<< Duran, carica i proiettili di diamante! >> tuonò alzando la mano << Ora! >>.
Il mostro con un agile salto evitò il colpo portandosi alla sinistra della ragazza. Era astuto e glielo stava facendo capire. Iniziò a correre verso di lei leccandosi con la lingua il naso e i baffi. Già pregustava non solo il sapore del suo sangue ma anche la gioia di poter avere un illimitato potere. Il potere che solo il Principe d’Ossidiana poteva dare. Midori provò a colpirlo varie volte con le sue pistole ma ogni attacco andò a vuoto. Si ritrovò ad indietreggiare e infine a correre per evitare di cadere vittima delle sue grinfie. Alle sue spalle poteva sentire il cemento cedere e sgretolarsi sotto il peso delle unghie uncinate del mostro e un brivido la percorse. Gettò una veloce occhiata al lupo che correva al suo fianco e pensò a un modo per capovolgere la situazione. Si guardarono negli occhi e si compresero al volo. Midori sorrise fermandosi all’improvviso. Si voltò puntando una delle due armi e sparò nello stesso momento in cui lo fece anche Duran. Non aveva calcolato che l’Orphan fosse così vicino a lei. Fissò i suoi occhi e sbagliò colpo. Il suo Child, però, lo colpì al fianco facendolo urlare e scattare in avanti. L’attacco fu così rapido da non riuscire a spostarsi. Il dolore che provò all’altezza della spalla le fece perdere l’equilibrio e sbattere la testa per terra. Sentì il sangue scivolarle sulla felpa che indossava e il peso del mostro salirle sul corpo.
<< Duran… >> provò a dire comprendendo che di lì a poco avrebbe perso i sensi.
Non voleva mollare, desiderava trovare la forza di rialzarsi e di richiamare il lupo che era scomparso.
<< Duran! >> urlò a pieni polmoni.
In quel momento l’animale si materializzò al suo fianco e attaccò l’Orphan costringendolo a scendere dal corpo della padrona. Nel sentirsi libera, Midori si voltò di fianco cercando di respirare profondamente e guardò Duran affrontare il mostro. Un sudore freddo le imperlava la fronte e a tratti le si appannava la vista ma sapeva che non poteva lasciarsi andare all’oblio che la stava chiamando a sé. Chiuse gli occhi una sola volta mentre si portava la mano alla ferita. Provò a rimettersi in piedi ma le fu impossibile.
<< Duran, uccidilo! >> gridò riuscendo solo a mettersi carponi per terra.
Improvvisamente una luce esplose costringendola a ripararsi la vista con le mani sporche di sangue.
<< Kagutsuchi! >> sentì dire l’attimo dopo.
Mai era arrivata. Con una rapida mossa fece segno al suo Child di attaccare l’Orphan mentre i braccialetti infuocati roteavano veloci intorno ai polsi. Immediatamente la sua fenice si lanciò contro il mostro senza esitare. Aspettò che Duran si allontanasse abbastanza per poterlo colpire e utilizzò il suo potere. In pochi minuti la tigre divenne cenere.
<< Midori! >> esclamò la donna correndo verso la ragazza e rabbrividendo nel vedere il sangue che aveva perso << Aspetta, non muoverti! >>.
Ma la diciottenne la scostò con un gesto brusco.
<< Perché? >> tuonò tra le lacrime senza riuscire a trattenersi << Perché sei intervenuta? >>.
Mai si bloccò paralizzata dalle sue parole.
<< Ma che stai dicendo? >> domandò dubbiosa riprendendo ad avanzare lentamente.
A fatica e con immenso dolore, Midori riuscì a rimettersi in piedi. Duran le si avvicinò per aiutarla in silenzio.
<< Perché sei qui? >> continuò ad urlare reggendo con una mano la spalla ferita << Nessuno ha chiesto il tuo aiuto, nessuno! >>.
La donna dai capelli rossi scosse il capo capendo che era troppo orgogliosa per ammettere di avere bisogno d’aiuto.
<< Sono qui perché questo è il mio compito >>.
Vide la diciottenne alzare una pistola contro di lei. Si chiese a gioco stesse giocando. Provò a fare un altro passo ma Duran ringhiò minacciosamente.
<< Era il mio Orphan! >>.
Piangeva anche se non riusciva a capirne il motivo.
<< Midori, adesso calmati. Sei ferita e… >>.
<< Se fai un altro passo ti sparo! >> gridò la ragazza << Non devi intrometterti nella mia vita, quello che faccio sono solo affari miei! >>.
Mai annuì comprendendo che fosse meglio assecondarla.
<< Okay, tranquilla. Ho capito >> rispose alzando le mani in segno di resa << Adesso fammi vedere… >>.
Mosse il piede destro in avanti ma dovette fermarsi quando una pallottola le passò a pochi centimetri dal volto. Guardò la diciottenne con un misto di paura e angoscia.
Perché si stava comportando in quel modo?
<< Non sto scherzando! >> riprese Midori mentre dalla sua canna si levava un filo di fumo grigio << Vattene! >>.
<< Io… >>.
Midori sparò di nuovo ma questa volta il colpo fu più vicino al corpo della donna. Mai ingoiò un groppo di saliva sentendo uno strano terrore montarle dentro. Qualcosa le diceva che la terza volta non avrebbe sbagliato bersaglio. Indietreggiò continuando a non comprendere per quale motivo stesse reagendo così male al suo soccorso.
<< Ora! >>.
Solo quando vide la donna allontanarsi, scivolò per terra poggiando la testa sul corpo di Duran che si accovacciato vicino a lei. Respirò profondamente senza smettere di piangere mentre allentava la presa sulle sue armi. Le vide cadere lentamente per terra al suo fianco. Si coprì il volto con entrambe le mani e singhiozzare sommessamente.
Ma cosa diavolo mi ha preso?
 
Si svegliò per il vento freddo che soffiava sulla sua pelle e sui suoi abiti. Aprì gli occhi ancora assonnata e notò che era calata la notte. Si chiese quanto avesse dormito mentre provava ad alzarsi. Duran e le sue pistole erano ancora accanto a lei, segno che inconsciamente non aveva voluto mandarli via. Si sollevò barcollando e scoprendo che la sua ferita si stava rimarginando, anche se adesso sanguinava meno. Aveva bisogno di una doccia per lavare l’odore e il colore del sangue dal corpo e degli abiti puliti. La puzza del liquido vermiglio le fece storcere il naso. Guardò negli occhi il suo Child aspettando che si rimettesse sulle zampe e poi osservò la volta celeste.
<< Grazie per essere rimasto al mio fianco >> sussurrò chinando poi il capo.
Duran le si avvicinò fedelmente. Nonostante il più delle volte fosse intrattabile, quella ragazza era la sua padrona e suo dovere era rispettare i suoi ordini e proteggerla. Midori rimase parecchi secondi immobile valutando il suo senso d’equilibrio e fece un solo passo in avanti.
Non male, pensò sorridendo, Ma dovrò lasciare il motorino qui.
Sarebbe passata a riprenderlo quando si fosse sentita meglio.
Stava per ordinare al lupo di poter scomparire, quando improvvisamente un rumore alle sue spalle la fece voltare. Immediatamente materializzò le pistole tra le mani tele trasportandole da terra. Sapeva che nessun rumore era casuale e, infatti, non si era sbagliata.
<< Ancora voi >> disse a denti stretti riconoscendo nei mostri che si stavano avvicinando, la stessa tipologia melmosa degli Orphan che aveva già sconfitto.
Duran si mise in posizione d’attacco attendendo di ricevere un suo comando. La vide alzare il braccio nella direzione dei mostri.
Midori calcolò velocemente la situazione e decise per un attacco frontale. Era stanca di scappare, stanca di fuggire, stanca di dover contare sull’aiuto di forze esterne alle sue. Sua madre era sempre stata in grado di affrontare gli Orphan senza bisogno di Mai. La ricordava combattere con solo accanto il lupo metallico e riuscire senza sforzo in quello che faceva. Era capitato che anche lei fosse presente e rammendava perfettamente come subito dopo l’abbracciava e la sollevava con quelle stesse mani che fino a pochi minuti prima avevano ucciso. Mai una volta si era sentita abbandonata da lei o messa da parte per il suo lavoro. Natsuki voleva che sua figlia si sentisse partecipe della sua vita e di quello che faceva affinché un giorno fosse pronta a prendere il suo posto. Ci era riuscita. Scostò una ciocca di capelli dagli occhi e piegò la testa leggermente all’indietro. 
<< Duran, diamoci da fare! >> disse iniziando a sparare contro gli Orphan.
Il suo Child la imitò dopo aver caricato i proiettili d’argento. Ormai aveva imparato a capirla anche senza che parlasse. I mostri si scagliarono contro di loro senza timore di essere uccisi, a spingerli era l’agognato desiderio di potersi ricongiungere al Principe d’Ossidiana. Midori freddò con un solo colpo due degli Orphan che li avevano accerchiati. Non si lasciò prendere dal panico, non voltò loro le spalle una sola volta.  Era decisa ad affrontarli e a massacrarli tutti. Schivò un attacco che andò a colpire il cemento. L’odore d’acido si sparse per l’aria. Vide il suo Child buttarsi nella mischia e afferrare con i denti e con gli artigli quei mostri mentre lei continuava a sparare. La ferita alla spalla la limitava nei movimenti ma cercava di non pensarci. Improvvisamente uno di loro le si gettò addosso avvinghiandosi al collo. Cercò di staccarlo ma non ci riuscì. Cadde in ginocchio alla ricerca d’aria dimenandosi e provò a incrociare lo sguardo del suo animale. Immediatamente Duran le andò in aiuto strappandole a morsi il mostro. Finalmente riuscì a respirare normalmente mentre si portava una mano al collo. Stava per rialzarsi quando uno degli Orphan la colpì alla schiena con l’acido. Alle narici le arrivo lo sgradevole odore della carne bruciata. Urlò per il dolore rialzandosi in piedi. Si voltò digrignando i denti per la rabbia e sparò mirando agli occhi. Continuò a sparare finché non ne rimase in piedi nemmeno uno. Soffiò su entrambe le canne delle pistole con aria soddisfatta.
<< Duran! >> esclamò sorridendo nonostante il dolore << Siamo stati davvero in gamba!>>.
Il suo lupo le andò incontro. Era la prima volta che gli faceva un complimento veramente sentito. Midori gli accarezzò la testa e l’attimo dopo scomparve.
<< Complimenti Kuga >> disse una voce sconosciuta.

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Capitolo 6
*** Incomprensioni ***


Era trascorsa una settimana da quando aveva visto Midori l’ultima e non aveva parlato con nessuno del loro strano incontro. Aveva pensato parecchio a lei ma si era bloccata ogni volta che sentiva l’impulso di chiamarla. Temeva di sentirla di nuovo rivolgersi in modo poco carino ed educato.
Dov’è che abbiamo sbagliato, Midori?, si domandava spesso quando era sola.
Non metteva in dubbio che la morte di Natsuki avvenuta alla tenera età di otto anni davanti ai suoi occhi, l’avesse scossa parecchio ma era sempre stata dell’opinione che sarebbe riuscita a raddrizzarla esattamente come aveva fatto con la donna quando erano adolescenti. Ora, però, non ne era più così sicura. Quella ragazza desiderava soffrire e voleva farlo da sola come se ci fosse qualcosa che non riuscisse ad accettare. Un grande odio la nutriva, di gran lunga maggiore di quello che alimentava la madre. Sorrise leggermente nel costatare che avevano parecchie cose in comune al di là dell’aspetto fisico. Entrambe avevano perso un genitore molto presto ma, se Natsuki aveva potuto contare sul suo appoggio e successivamente su quello di Shizuru, la diciottenne non aveva nessuno cui aggrapparsi.
Non vuole nessuno, si corresse l’attimo dopo.
Scese dall’auto con i compiti in classe del giorno e sospirò. Forse doveva informare Shizuru, forse tutto questo silenzio non faceva bene a nessuno. All’inizio aveva pensato che nascondere alcune cose che faceva Midori alla madre avrebbe giovato alla sua salute fisica e mentale già duramente colpita dalla morte della compagna ma adesso si stava ricredendo. Si rese conto che inconsciamente aveva contribuito all’allontanamento da parte della ragazza dalla sua famiglia. Era stata lei a suggerire a Shizuru di farla andare a vivere a Tirha affinché potesse controllare i suoi sviluppi con Duran e gli Orphan e la donna non si era opposta preferendo mettere il bene della figlia di fronte al suo, nonostante quella scelta le costasse un immenso dolore. Si era sacrificata per Midori ma la diciottenne aveva interpretato quel gesto come un rifiuto non solo di se stessa ma anche di ciò che rappresentava e ciò che aveva rappresentato Natsuki. Per questo aveva iniziato ad utilizzare il cognome della donna morta, per cercare di mettere più distanza possibile tra lei e la famiglia Fujino, quella famiglia che l’aveva emarginata. Si portò una mano alla bocca spaventata da tutte quelle considerazioni.
Se solo fossi qui, Natsuki.
 
Midori si svegliò con un gran mal di testa, l’ennesimo quella settimana. Era fastidioso e aumentava quando pensava all’incontro che aveva avuto con quello sconosciuto. Era un ragazzo, più grande di lei dai corti capelli così chiari da essere bianchi e gli occhi rossi. Definirne l’età in quei pochi minuti le era stato impossibile; aveva dei lineamenti infantili ma le fattezze del corpo erano quelle di un adulto. Se glielo avessero domandato, avrebbe detto che avesse all’incirca venticinque anni. Si passò una mano tra i lungi capelli scuri e si guardò la punta dei piedi mentre li dondolava avanti e indietro. Non le aveva detto nient’altro oltre quella frase limitandosi a fissarla intensamente. Aveva uno sguardo che era riuscito a metterla in soggezione e questa era una cosa rara per lei. Aveva notato che indossava l’uniforme dell’università privata della città e, nonostante il desiderio di fargli delle domande, era rimasta anche lei in silenzio ad osservarlo. Era un viso nuovo, non lo aveva mai visto in giro e la cosa la incuriosiva non poco soprattutto perché non le aveva rivolto domande su ciò che aveva visto o su cosa stesse facendo. Le era parso, in un certo senso, che sapesse; il che era assurdo. C’erano solo due persone che sapevano dell’esistenza dei guardiani; Tate con la sua famiglia e Shizuru con la sua. Sapeva inoltre di un’altra ragazza, molto amica della madre e di Mai i tempi del liceo, che però era morta più di vent’anni fa. Era a lei che doveva il suo nome. Natsuki le ripeteva spesso quella storia quando era bambina prima di metterla a letto ed era per questo che la conosceva. Oltre a loro, il resto del mondo ignorava cosa fossero i Child e gli Orphan.
O si sbagliava?
Scosse il capo alzandosi dal letto e gettando una breve occhiata al suo orologio da polso. Era passato da poco mezzogiorno. Stava per infilarsi sotto la doccia quando il suo cellulare prese a squillare. Nuda, uscì dal bagno si diresse nella sua stanza. Quando vide il nome sul display, fu tentata di agganciare, non sarebbe stata la prima volta che lo faceva. Erano ormai settimane che evitava le sue chiamate.
<< Pronto? >> disse infine sedendosi sul bordo della vasca. Non sapeva nemmeno lei perché lo faceva << Ciao mamma >>.
<< Ciao Midori >> rispose la donna dall’altra parte mentre le sfuggiva un sospiro di sollievo per averle risposto << Come stai? >>.
<< Uff, bene >>.
Con la coda dell’occhio si guardò i tagli che aveva riportato in quei giorni.
<< Sono contenta, è parecchio che non ci sentiamo >>.
<< Sono stata impegnata >> affermò con una nota dura nella voce.
<< Anche con la scuola? >>.
<< Mi hai chiamata per farmi la ramanzina? >> chiese scattando in piedi la diciottenne e diventando rossa in volto. Aveva compreso dove volesse arrivare.
<< Calmati, Midori >> rispose la madre cercando di fare appello a tutta la sua pazienza << Non ho chiamato per litigare >>.
<< E per cosa allora? >>.
Quella domanda ferì Shizuru che dovette sedersi dietro la scrivania del suo studio.
<< Una madre non può chiamare senza motivo sua figlia? >> domandò provando a sorridere anche se non poteva essere vista.
Tu non sei mia madre!, avrebbe voluto urlare la ragazza in preda ad un forte senso di rabbia, Mia madre non mi avrebbe mai allontanato da lei.
<< Okay >> disse mettendo fine a quella conversazione che stava avendo solo con se stessa << Devo andare adesso >>.
<< Aspetta! >> esclamò la donna appigliandosi a quella telefonata con tutte le sue forze << C’è Ruka qui, te la passo >>.
Per la prima volta Midori sorrise. Amava la sua sorellina, era più piccola di lei di dieci anni e in quegli anni non era mai stata molto presente visto il suo trasferimento. Dovette stringere tra le mani il marmo della vasca per evitare che la rabbia s’impossessasse di nuovo di lei mentre pensava all’unica persona che aveva permesso che Ruka crescesse senza Midori.
<< Ciao Midori >> salutò una voce infantile con un leggero imbarazzo.
La diciottenne credette di sciogliersi in quelle semplici parole.
<< Ehi, ciao >> contraccambiò la ragazza vedendo allo specchio che stava sorridendo << Ruka >>.
Disse quel nome lentamente e con una nota di nostalgia.
<< Ci vieni alla mia gara d’equitazione? >> domandò la bambina.
Midori si ritrovò ad annuire ancor prima di parlare. Ingoiò un groppo di saliva.
<< Ma certo, che domande mi fai >> rispose.
<< E’ domenica prossima >>.
<< Ci sarò Ruka >>.
<< Che bello! >> esclamò la bambina felice << Così ti faccio conoscere tutti i miei compagni >>.
<< Va bene >> affermò la diciottenne di fronte al suo entusiasmo << Come va a scuola invece? Oggi sei uscita prima? >>.
<< Sì, l’insegnante di geografia ha la febbre. Lo sai, tutte le maestre hanno detto a mamma che sono la più brava in storia >>.
<< Bravissima, sono orgogliosa di te >>.
<< Allora torni? >> chiese Ruka con una nota supplicante nella voce << E’ una promessa? >>.
<< Sì, è una promessa. Ti prometto che trascorreremo qualche giorno insieme >>.
<< Okay! Ciao Midori >>.
<< Ciao Ruka >>.
Sentì che la bambina stava per ripassarle Shizuru e velocemente riagganciò. Respirò profondamente poggiando il mento sulle ginocchia dopo aver spento il cellulare. Aveva fatto una promessa a Ruka che intendeva mantenere, sua sorella era troppo importante per lei. Non le avrebbe dato un dispiacere o una delusione, per quella bambina sarebbe stata disposta a mettere momentaneamente da parte l’odio che provava nei confronti del mondo intero. Anche Ruka, come Midori, era una parte di Natsuki e non voleva perderla. Si sentì in colpa pensando che non la vedeva da parecchio tempo, che si era persa molto della sorella durante la sua crescita e che sarebbe continuato ad accadere. Diede un pugno alla vasca pensando che c’era una sola persona da incolpare e si ferì alle nocche. Le massaggiò per pochi attimi prima di alzarsi in piedi e infilarsi sotto la doccia.
 
Shizuru aveva provato varie volte a richiamare la figlia dopo averla fatta parlare con Ruka ma il suo cellulare risultava spento. Sospirò poggiando la fronte sulla superficie liscia del vetro del suo studio.
<< Mamma stai male? >> chiese la bambina alle sue spalle seduta al suo posto intenta a colorare un disegno.
La donna si voltò sorridendole. Le si avvicinò accarezzandole i capelli ed ebbe una fitta al cuore.
<< No, sono contenta >>.
<< Anch’io! >> esclamò Ruka alzando gli occhi << Midori ha promesso che verrà! >>.
<< Sì ho sentito >> rispose Shizuru.
Osservò la bambina che si cresceva esile e mingherlina dopo averle dato un bacio sulla fronte. Somigliava a Natsuki, anche se non era evidente come nella figlia più grande. Aveva i capelli scuri, tagliati a caschetto, e gli occhi erano simili a due grandi perle nere dove la pupilla si confondeva con l’iride. Sorrise nuovamente alla piccola che la stava osservando.
<< A cosa pensi? >> le domandò con ingenuità.
<< A Midori >> disse con sincerità.
<< Lei non è brava come me a scuola, vero? >>.
Shizuru rise alla sua domanda pensando a quanto fosse sveglia anche Ruka.
<< No, è un po’ più birbantella >> le rispose toccandole la punta del naso.
La bambina la abbracciò in uno slancio d’affetto.
<< Tranquilla mamma, Midori ci vuole bene >>.
Quelle parole lasciarono senza fiato la donna che per qualche secondo si limitò a stringere tra le braccia il corpicino della figlia. Le diede un bacio tra i capelli.
Non sai quanto vorrei che fosse vero, pensò, Non sai, piccola mia, che darei per tornare a vedere un sorriso sulle labbra di tua sorella.
<< Ti va di venire con me oggi? >> chiese improvvisamente a Ruka chinandosi per arrivare alla sua altezza << Andiamo al parco e ci compriamo un gelato? >>.
<< Ma non devi lavorare? >> domandò a sua volta prudente la bambina.
Shizuru le sorrise scostandole una ciocca di capelli. Prese in mano il telefono dell’azienda e premette un tasto rosso.
<< Shizuki, annulla per favore tutti i miei impegni del pomeriggio >>.
<< Anche l’incontro delle quattordici? >> chiese la segretaria nell’altra stanza.
<< Sì, oggi non ci sono per nessuno >>.
Quando riagganciò, aiutò a scendere dalla sedia la figlia e le mise il giubbotto.
<< Grazie mamma >> disse Ruka sapendo che la madre era sempre molto impegnata col suo lavoro riconoscente per quel pomeriggio che le aveva prospettato.
Shizuru si limitò a sorriderle mentre indossava la giacca del suo completo. La prese per mano ed uscirono. Il tragitto dal luogo di lavoro al parco fu coperto da un quarto d’ora di auto. A Ruka piaceva usare la macchina, le metteva allegria e alla donna rilassava guidare. Le gettò una veloce occhiata attraverso lo specchietto retrovisore e la vide ridere. La sua era una bambina vispa e spensierata, sempre sorridente e gioiosa. A chiunque, da piccola, rivolgeva ampi sorrisi che le facevano saltare il cuore in gola. Arrivata, parcheggiò e inforcò gli occhiali da sole scendendo dalla sua auto.
<< Andiamo, Ruka? >> le chiese.
La bambina non se lo fece ripetere due volte. Erano rari i pomeriggi che poteva passare con la donna, di solito c’era sempre l’autista personale della madre a prenderla e portarla a scuola e, quando tornava a casa, trascorreva le giornate con la servitù aspettando che tornasse. Era cresciuta tenendo ben presente che se Shizuru non era presente era perché molto occupata. Nessuno aveva mai cercato di metterla in cattiva luce; anzi, le mamme dei suoi amici e le sue maestre le dicevano spesso di comportarsi bene e di volerle ancora più bene proprio per quello. Per lei era naturale provare un simile sentimento ed era convinta che anche Midori, nonostante il suo freddo comportamento, gliene volesse. Non aveva mai compreso come mai la sorella studiasse lontano da loro, una volta solo si era permessa di fare una domanda alla madre e, nel vederla piangere di nascosto, si era giurata che non l’avrebbe più fatto. Guardò la donna chiedere due coni gelato al chiosco del parco e sorrise. Ai suoi giovani occhi era la persona più bella e gentile. Raramente l’aveva sentita urlare e non si era mai arrabbiata con lei quando si sporcava. Aveva lunghi e lisci capelli castani, lineamenti delicati, occhi del colore delle nocciole, una voce dolcissima. Prese il suo gelato ringraziando.
<< Allora >> iniziò Shizuru osservando la bambina << Se vinci la gara d’equitazione che regalo vorresti? >>.
Ruka la fissò per un solo attimo e poi tornò ad osservare il paesaggio circostante come se si stesse concentrando.
<< Posso chiedere qualunque cosa? >>.
La donna rise.
<< Basta che non chiedi la luna! >> scherzò << Come mai mi fai questa domanda? >> aggiunse subito dopo.
Di solito Ruka esprimeva un desiderio che non superava mai le aspettative della madre, le era stato insegnato che nella vita non doveva dare nulla per scontato e soprattutto che niente le era dovuto. Otteneva qualcosa solo se l’aveva veramente meritata. Guardò sua figlia con aria interrogativa aspettando che parlasse.
<< Vorrei che Midori vivesse con noi >>.
Alzò i suoi grandi occhi scuri per poter incontrare quelle di Shizuru che aveva sentito il cuore saltarle in gola a quella richiesta. Si chinò leggermente sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza e le posò delicatamente una mano sulla testa senza smettere di sorridere.
<< Ruka >> disse prendendo tempo mentre cercava le parole giuste per spiegare la situazione alla bambina. Lei non sapeva nulla di Child, Orphan e guardiani; aveva sempre pensato che non ci sarebbe stato bisogno di coinvolgerla.
Sua figlia le sorrise come se avesse compreso il suo disagio.
<< Ruka! Ehi, Ruka! >>.
Shizuru e la bambina si voltarono nello stesso istante e videro un gruppo di bambini che agitava le braccia in segno di saluto. Anche la bambina contraccambiò iniziando ad urlare.
<< Ti va di giocare con noi? >> le domandò il ragazzino che sembrava essere il capo della comitiva.
Ruka guardò la donna che annuì e le diede un bacio sulla guancia.
<< Arrivo! >> rispose correndo verso di loro.
Shizuru la osservò allontanarsi e raggiungere gli altri bambini e cercò una panchina dove poteva tenere d’occhio la figlia. Si sedette senza perderla di vista e sospirò notando il gruppo di mamme che si era formato a poca distanza da lei. Sorrise educatamente e fece un segno di saluto ma preferì non unirsi a loro. In tutti quegli anni si era concessa solo la compagnia di Ruka e del lavoro. Non aveva permesso a nessun altro di entrare nella sua vita; per lei non c’era più nessun posto libero. Niente amici, niente svago, niente. L’unico amore della sua vita era morto dieci anni fa e le aveva dato due figlie da crescere. Vide la bambina scherzare e ridere di gusto rincorrendo un pallone e riuscì a sorridere. Nonostante fosse passato tanto tempo, non aveva dimenticato Natsuki. Come avrebbe potuto, d’altronde? Lei era stata l’unica donna della sua vita, l’unica a cui aveva giurato amore eterno, l’unica che avesse veramente amato, l’unica che l’aveva resa felice. Con la mora, se n’era andato anche un pezzo di lei, della sua anima. L’aveva seppellita, le aveva detto addio, l’aveva dovuta lasciare andare; eppure nel suo cuore era sempre viva. Si portò una mano al petto sopraffatta da tutti quei pensieri. Ruka la chiamò per farle un saluto e lei contraccambiò mandandole un bacio. Quella bambina era tutto ciò che le rimaneva di Natsuki, la teneva stretta a sé come se fosse di cristallo, temendo in continuazione di poterla perdere. Midori si era allontanata da lei alla morte dell’altra donna e tra le due non c’era più stato molto dialogo, era così legata a lei che alla sua perdita non aveva voluto avvicinarsi più a nessuno. Lei l’amava, era sua figlia, portava il suo cognome eppure ogni volta che parlava con lei sentiva distintamente una barriera alzarsi; una barriera che ogni giorno diventava sempre più spessa. All’inizio aveva provato a starle vicino, a chiamarla spesso, ad andarla a prendere a Tirha ogni fine settimana; ma, un po’ per la distanza fisica e un po’ per la chiusura della bambina, i loro incontri e le loro conversazioni avevano iniziato ad affievolirsi fino a scomparire quasi del tutto. Sentì il senso di colpa gravare sulla sua coscienza. Lei l’aveva lasciata fare pensando che avesse bisogno di tempo, che dovesse prendere coscienza di ciò che era diventata, che dovesse metabolizzare l’accaduto. E invece Midori si era allontanata. La stessa cosa, però, non doveva accadere con la piccola Ruka. Aveva bisogno di lei, era ciò che le rimaneva del suo grande amore. Se avesse perso anche la bambina, la sua vita non avrebbe avuto senso. La guardò passarsi le dita tra i capelli senza perdere di vista il pallone. Era la sua gioia, il suo orgoglio, tutto il suo mondo. Ebbe una fitta al cuore pensando che Midori, alla stessa età della sorella, era già diventata una guardiana che combatteva gli Orphan. Proprio come Natsuki. Le era stato strappato tutto; l’innocenza, la serenità, la felicità, l’affetto della madre e lei non era riuscita a sopperire a quelle mancanze. L’aveva affidata a Mai e a Tate pensando che solo una guardiana poteva istruirne un’altra ma l’aveva fatto con la morte nel cuore, disperandosi ogni sera di fronte alla sua stanza vuota, piangendo dopo le chiamate che le faceva, angosciandosi quando era a lavoro e la pensava. Di fronte alla figlia, aveva sempre cercato di non far trapelare nulla, di non farle capire quale angoscia le afferrasse costantemente il cuore affinché potesse seguire la sua strada e gli insegnamenti della donna dai capelli rossi. Chinò il capo per qualche istante e una lacrima solitaria le scivolò sul volto.
Ti voglio bene, Midori.

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Capitolo 7
*** Sfiorare la follia ***


Era notte quando la diciottenne si decise ad uscire dal bar malfamato che frequentava. Non era un bel posto, probabilmente sua madre Shizuru sarebbe impallidita nel vederla in un posto simile ma era l’unico luogo dove nessuna le prestava attenzione. In altri locali una ragazza così giovane avrebbe destato interesse e invece lì passava inosservata. Osservò alcuni uomini tentare un approccio mal riuscito con una giovane donna che stava attraversando la strada e le venne da sorridere mentre il volto di Kyoshiro si affacciava nella sua mente. Nemmeno da ubriaco sarebbe stato capace di provarci con una ragazza, figurarsi con lei. Sapeva che provava qualcosa di molto forte nei suoi confronti, forse non più forte di ciò che provava per la sua fidanzata, era palese ormai da anni ma lei lo aveva sempre evitato. Non desiderava avere niente a che fare con lui, una delle persone che incolpava della sua infelicità. Si chiese come mai in un momento simile stesse pensando proprio a quel ragazzo e scosse il capo. Se non fosse stata per l’intraprendenza di Miko, Kyoshiro non avrebbe mai fatto la prima mossa e non si sarebbe mai fidanzato con la ragazza. Ai suoi occhi appariva come l’eterno bambino incapace di prendersi le sue responsabilità e di crescere. Non sarebbe mai stato un buon guardiano. Infilò il casco e partì alla volta di casa. Aveva ricevuto una lettera dal consiglio dei docenti che si era riunito quel giorno per informarla delle numerose assenze che aveva fatto e delle insufficienze che aveva riportato. Sapeva cosa significava ma non le importava, da quando era morta sua madre niente la interessava più. Era come se il suo cuore si fosse spezzato quella sera e nulla, nemmeno lo scorrere inesorabile del tempo, avrebbe potuto riattaccarlo. A distanza di dieci anni ancora sanguinava e doleva. Improvvisamente pensò a sua sorella e alla telefonata che aveva avuto con lei. Le aveva fatto una promessa che intendeva mantenere, anche se significava rivedere e stare a contatto per diversi giorni con Shizuru. Un lieve sorriso le apparve sul volto riflettendo su come si sarebbe arrabbiata la donna nell’avere la conferma ai suoi dubbi e quanto sarebbe rimasta delusa dal suo comportamento. Scrollò le spalle.
Perché dovrei preoccuparmi?, si disse, Lei è l’ultima persona che potrebbe rimproverarmi. È stata lei che mi ha spedito a Tirha.
Sentì un tonfo alle sue spalle che la fece sobbalzare e interruppe il flusso dei suoi pensieri. Frenò quasi di botto e ascoltò. Da lontano avvertì un altro rumore. Senza pensarci oltre, sterzò e aumentò al massimo la velocità. In piena notte c’era solo una cosa che poteva fare tanto casino.
Arrivò dopo una ventina di minuti. Non era stato difficile capire la strada da prendere, era bastato seguire la scia di fracasso che il mostro si lasciava alle spalle senza importarsene. Vide la grossa fenice di Mai levarsi in alto nel cielo mentre lei si toglieva il casco ed evocava il suo Child. Non era mai stanca di combattere gli Orphan, era nata per fare quello.
<< Duran! >> gridò gettandosi nel combattimento.
<< Che cosa ci fai qui? >> le domandò Mai vedendola.
Prima di rispondere, Midori si prese qualche secondo per osservarla. Indossava abiti laceri e sporchi e il suo volto era graffiato in vari punti. Si strinse nelle spalle con aria noncurante.
<< Non credo che te la stia passando bene >> le rispose seccamente concentrando la sua attenzione sul mostro.
Dopo il loro ultimo incontro in cui l’aveva quasi uccisa, non si erano più viste e nemmeno una volta la donna dai capelli rossi l’aveva chiamata. Aveva capito che starle addosso non sarebbe servito. Doveva lasciarla andare, da sola si sarebbe accorta di stare sbagliando. O almeno era quello che sperava.
<< Duran, carica le pallottole d’argento! >> ordinò la diciottenne senza più degnare di uno sguardo Mai.
L’Orphan che le stava di fronte era grande e piegato su se stesso come una scimmia ricoperto completamente di peli. L’unica cosa che riusciva a distinguere erano gli occhi ridotti a due fessure rosse come il sangue. Oscillava mentre le osservava e aspettava la prossima mossa. Il Child della donna doveva averlo ferito ma ancora non si arrendeva.
<< Perché non l’hai ancora ucciso? >> domandò a Mai senza voltarsi.
L’altra stava per rispondere quando Kagutsuchi dall’alto gettò contro il nemico una lingua di fuoco. Immediatamente il mostro aprì le sue ali nere e iniziò ad agitarle per crearsi una barriera che non faceva passare le fiamme. Midori osservò senza parole lo spettacolo comprendendo il motivo da sola. Si passò una mano sulle tempie e l’attimo dopo si gettò contro di lui sparando mentre Duran la seguiva. Il mostro si alzò in volo per evitare l’attacco della ragazza e cercò di colpire la fenice. Essendo molto pesante, però, ed avendo delle ali sottili simili a quelle dei pipistrelli, non poteva restare sospeso per molto tempo. La diciottenne lo vide cercare un posto dove atterrare e gli corse incontro ordinando al lupo di mirare alle ali. Se avessero limitato il suo potere sarebbero passati in vantaggio. Notando che adesso il pericolo era raddoppiato, l’Orphan si depositò per terra e appena ebbe la presa salta iniziò a correre verso la nuova arrivata. Era veloce nonostante la mole e in pochi balzi era arrivato così vicino a Midori da poterla colpire. Il pugno che le diede la fece sbalzare di parecchi metri. Anche a Duran toccò il medesimo trattamento. La ragazza si rialzò e provò a colpirlo con le sue pistole. Uno solo dei suoi proiettili si conficcò nella zampa del mostro. Questo servì a rallentarlo di pochi secondi che bastarono a Kagutsuchi per coglierlo alla sprovvista col suo attacco. La diciottenne si spazzolò i jeans che indossava pensando che quello era il suo paio preferito.
<< Tutto bene? >> le chiese Mai avvicinandosi con cautela.
<< Ovvio >> disse Midori ostinandosi a non guardarla. Si sentiva in colpa per il suo comportamento di una settimana fa ma non l’avrebbe mai ammesso.
La donna dai lunghi capelli rossi le sorrise.
<< Sono contenta >> disse semplicemente.
Quelle parole le fecero alzare gli occhi quasi di scatto. Possibile che fosse stata in pensiero per lei?
<< Grazie >> continuò Mai << Senza il tuo aiuto… >>.
<< Ho fatto solo il mio dovere di guardiana >> rispose la diciottenne interrompendola << Quello che non fa ancora tuo figlio >>.
<< Non ho nessuna intenzione di andarmene tanto presto >> tentò d’ironizzare la rossa.
Si bloccò comprendendo che non avrebbe dovuto dirlo. Guardò Midori implorando che stesse calma. Troppo tardi. Le lacrime stavano già rigando il suo volto.
<< Credi che mia madre volesse morire? Credi che desiderasse lasciarmi questo incarico a otto anni? Pensi che avesse voluto tutto questo? >>.
<< No, io non… >>.
<< Mia madre mi amava tantissimo e purtroppo amava anche Kyoshiro! È stato questo il suo errore, questo! E io vi odio perché per colpa vostra è morta e mi ha lasciata da sola >>.
Senza darle il tempo di ribattere, si voltò e iniziò a correre verso il suo motorino. Le urla di Mai non servirono a fermarla.
 
Aveva vagato a lungo cercando di smaltire la rabbia e alla fine il suo mezzo di trasporto si era fermato perché era finita la benzina.
Porca puttana, pensò scendendo e dando un calcio al motorino.
Si guardò intorno e riconobbe nell’edificio che le stava di fronte la palestra dove si allenava Kyoshiro. La luce indicava che c’era ancora qualcuno dentro nonostante fosse tardi. Fece un respiro profondo mentre si avvicinava. Una volta il ventunenne le aveva proposto anche a lei di iscriversi con delle scuse ridicole, non era stato difficile capire che in realtà avrebbe voluto solo trascorrere del tempo insieme. Scosse il capo iniziando ad arrampicarsi per arrivare alla finestra più bassa. Una strana curiosità la spingeva a controllare chi ancora ci fosse, quasi sperando di trovarvi Kyoshiro. Gli infissi erano aperti e lasciavano uscire una musica assordante. Si affacciò per sbirciare e sorrise nel vedere che non si era sbagliata. L’unica persona che ancora stava facendo vari esercizi agli attrezzi era il figlio di Mai. Sgusciò all’interno senza difficoltà e si portò alle spalle del ragazzo. Lo osservò a lungo prima di rivelarsi. Indossava una canottiera scura zuppa di sudore che metteva in risalto le fattezze del corpo sulle quali stava lavorando e un paio di pantaloncini corti neri che portavano il simbolo di una nota marca sportiva. Ai piedi calzava scarpe da ginnastica e alle mani aveva messo dei guanti di pelle dalle dita bucate. Poco lontano da lui vide una bottiglietta d’acqua e un piccolo asciugamano bianco.
<< Pensavo che i bravi ragazzi come te andassero a dormire alle otto >> disse ironicamente richiamando la sua attenzione.
Kyoshiro si voltò di scatto e immediatamente divette più rosso dei suoi capelli accorgendosi di avere di fronte Midori.
<< Oh, ciao >> la salutò ingoiando un groppo di saliva << Non ti ho sentita arrivare >>.
<< Sono passata dalla finestra >> spiegò la diciottenne portandosi davanti a lui senza smettere di osservarlo << Non sei ancora stanco? Da quanto tempo sei qui? >>.
Un lieve sorriso apparve sul volto dell’altro. Non gli sembrava vero di stare parlando con lei.
<< Dai, smettila. Sembri mia madre >> rispose riprendendo ad allenarsi.
<< Cosa c’è? Ti metto forse in difficoltà? >>.
Kyoshiro sentì la gola diventargli secca mentre annuiva.
<< Non sono abituato a parlare con te. Di solito mi metti alla porta alla seconda frase >> rispose << E poi ti ho chiesto un sacco di volte di venire con me in palestra! >> aggiunse facendosi audace.
Midori non gli rispose preferendo fargli lo sgambetto per fargli perdere l’equilibrio e con la sola forza delle braccia lo spinse per terra.
<< Non ti stai impegnando abbastanza >> disse infine dopo essere salita cavalcioni sul suo corpo << O questi allenamenti non ti servono a niente >>.
Il ragazzo la osservò senza sapere cosa dire. Gli pareva incredibile sentirla sul suo corpo, averla così vicina lo faceva sussultare di desiderio.
<< Midori… >> provò a dire.
La vide chinarsi su di sé sempre di più finché le loro labbra si toccarono. Kyoshiro rabbrividì nel costatare che la ragazza lo stava baciando e che quel sapore, che per tanto tempo aveva solo potuto immaginare, adesso era reale. Chiuse e riaprì gli occhi per accertarsi che non fosse un sogno e l’attimo dopo un dolore acuto lo colpì alla bocca. Si scostò dalla diciottenne rendendosi conto che quella ragazza gli aveva appena morso il labbro inferiore facendolo sanguinare.
<< Ma che diavolo… >> iniziò portandosi una mano alla zona ferita << Sei ubriaca? >>.
Alzò gli occhi verso Midori e la vide sorridere mentre si rimetteva in piedi.
<< Può darsi >> gli rispose con calma facendo finta di ripulirsi la camicia che indossava << E questo dovrebbe essere un bene per te, Kyoshiro. Sarebbe l’unico modo per riuscire ad avermi >>.
<< Ma che stai dicendo? >> si difese il ventunenne << Sei tu che mi hai baciato! >>.
<< Oh, non dirmi che non ti è piaciuto >> incalzò la ragazza << Così mi offendi. Credi che non sappia per chi batte veramente il tuo cuore? O cosa chiedi incessantemente alla luna e alle stelle durante la notte. Tu mi vuoi, Kyoshiro; mi desideri con ogni fibra di te stesso ma non riesci ad ottenermi. Sai che non potrei mai essere tua e per questo ti accontenti di fare sesso con Miko. Dimmi, mi sto sbagliando? >>.
<< Smettila, Midori! >> urlò Kyoshiro sentendosi ferito << Sei crudele! >>.
Lei lo fissò a lungo mentre si apriva il primo e il secondo bottone della camicia con fare seducente. Vedeva distintamente i suoi occhi sgranarsi per la sorpresa e il desiderio di possederla. Il ragazzo le si avvicinò prendendola per le spalle e scuotendola.
<< Smettila! >> ripeté con tutto il fiato che aveva nei polmoni << Perché mi fai questo? Tu non eri così! >>.
Gli si riempirono gli occhi di lacrime nel comprendere che si stava prendendo gioco dei suoi sentimenti per lei. Si portò una mano sul viso per scacciare la sofferenza ma senza risultato.
<< Hai ragione, io non ero così! >> sbottò Midori che non sapeva motivare il suo comportamento mentre le prime lacrime si formavano agli angoli degli occhi << Io non ero così! Ero felice! È tutta colpa tua, Kyoshiro! Tua! Tu mi hai fatto diventare quella che sono adesso! >>.
<< Non è vero, smettila >> rispose il ragazzo allontanandosi come se improvvisamente potesse infettarlo << Non è colpa mia! >>.
<< Tu hai ucciso mia madre! >>.
Quella frase fu come una coltellata nel petto per il ventunenne che dovette piegarsi su se stesso per non cadere scoppiando a piangere come un bambino.
<< Stai zitta… >> sussurrò appena col viso poggiato sulle ginocchia e nascosto dalle braccia.
<< Tu hai creato questo mostro! >> incalzò Midori sentendo la rabbia offuscarle la mente e prendere il controllo del corpo << Guardami! >>.
Invocò le sue pistole puntandole contro il ragazzo che con timore le ubbidì. Si guardarono negli occhi per qualche istante prima che la diciottenne faceva scattare la sicura delle sue armi.
<< Io sono una tua creazione >> disse nuovamente con più calma di prima << Dillo! >>.
<< Midori, lo sai che… >> provò a dire Kyoshiro tra le lacrime che sentiva il cuore battergli nelle orecchie.
<< Dillo! >> gridò la ragazza avvinandosi e puntando entrambe le pistole sulla testa dell’altro << Voglio sentirti dire che è tutta colpa tua! Tu hai ucciso mia madre! >>.
<< E’ stato un incidente… >>.
<< Kyoshiro! >> urlò Mai che era appena entrata perché doveva pendere lei il figlio dalla palestra e aveva visto solo l’ultima scena << Midori, allontana immediatamente le pistole da mio figlio >>.
La diciottenne sorrise nel vederla.
<< Il tuo adorato figlio, eh Mai? >> le domandò dando un leggero calcio al ragazzo << Perché non racconti a mamma cos’è che non ti fa dormire la notte? Qual è il tuo desiderio più nascosto, Koshiro? >>.
Senza aspettare risposta lo spinse via allontanandolo da sé. Midori fece scomparire le armi dalle mani e respirò profondamente prendendo coscienza di ciò che aveva fatto fino a quel momento e di cosa sarebbe successo se Mai non fosse arrivata a interromperla. Senza smettere di piangere, corse via.
Mai si avvicinò al ragazzo e lo abbracciò sentendolo tremare. Lo baciò tra i capelli respirando profondamente e pensando alla paura che le aveva attanagliato lo stomaco quando aveva visto la ragazza puntare contro Kyoshiro le sue pistole. Il terrore di perderlo l’aveva spinta ad invocare i suoi braccialetti infuocati per difenderlo. Lo strinse a sé. I suoi figli erano la cosa più preziosa che aveva creato, non avrebbe permesso a nessuno a toccarli. Nemmeno alla figlia di Natsuki.
 
Midori era tornata a casa completamente sconvolta da ciò che aveva fatto. Durante il tragitto aveva invocato Duran affinché le rimanesse accanto e più volte lo aveva abbracciato per cercare di sentirsi meglio. Sapeva che lui non l’avrebbe mai allontanata e non le avrebbe fatto domande sul suo comportamento. Aveva bisogno di qualcuno che non la giudicava come invece stava facendo in quel momento la famiglia Yuhichi. Li odiava, odiava tutto il mondo, odiava ciò che gli altri pensavano di lei. La rabbia e l’odio erano gli unici sentimenti che provava in quel momento. Ormai stentava sempre di più a controllarsi, a distinguere la realtà da ciò che desiderava, a moderare le sue azioni. Si prese con entrambe le mani la testa dondolandosi leggermente avanti e indietro.
Che cosa diavolo le prendeva? Perché aveva simili sbalzi?
Guardò il suo Child che la fissava con aria interrogativa e sospirò stendendosi sul letto. Il rancore che provava le offuscava la mente tanto da non riuscire a controllarsi. Strinse il cuscino mentre nuove lacrime le rigavano il volto. Non riusciva a dare nessuna risposta alle sue domande. Allungò una mano per afferrare l’unica fotografia che aveva in tutta casa. Raffigurava lei e Natsuki col pancione. Sorridevano verso l’obiettivo ed entrambe avevano una mano poggiata sul ventre della donna. Era stava scattata qualche settimana prima della nascita di Ruka, quando ancora non sapevano se avesse avuto un fratellino o una sorellina e lei era contenta dell’arrivo del nuovo componente della famiglia. Crescendo con Kyoshiro e Himeko aveva sempre sentito il desiderio di avere qualcuno sempre con lei, con cui giocare e andare a dormire, farsi il bagno e andare a scuola. Credeva che sarebbe stato divertente. Non aveva idea di quanto si sbagliasse. Con la morte di della madre, tutto il suo mondo era andato in frantumi; l’aveva visto sgretolarsi davanti ai suoi giovani occhi. Ricordava che si era sentita al settimo cielo quando Shizuru l’aveva sollevata per mostrarle la sorellina attraverso il vetro dell’ospedale in quella culletta di plastica e Midori l’aveva abbracciata e chiamata mamma varie volte. Da piccola era stata legata a entrambe all’incirca allo stesso modo, anche se successivamente si era buttata dalla parte di Natsuki per il destino che condividevano. Accarezzò il vetro della cornice bagnandolo di lacrime fermando le dita sui bordi di plastica. Gemette sentendosi invadere da una profonda sofferenza e dalla consapevolezza che quella sofferenza non sarebbe mai cessata. La stava ancora stringendo contro il suo petto, quando si addormentò profondamente.
 
Qualcuno bussava alla porta con insistenza. All’inizio Midori pensò che fosse solo la sua immaginazione ma, quando sentì squillare anche il suo cellulare, comprese che era tutto reale. A fatica si alzò dal letto sbadigliando sonoramente e stiracchiandosi. Si stropicciò gli occhi mentre si dirigeva verso l’uscio di casa.
<< Chi è? >> domandò appoggiandosi al muro accanto alla porta.
<< Sono Tate >> rispose l’uomo << Aprimi Midori >>.
La ragazza sbirciò dall’occhio magico per accertarsi che fosse davvero lui e sospirò tornando alla sua prima posizione.
<< E’ meglio se te ne vai >> gli disse ricordando ciò che era successo la notte precedente.
<< Non provare a darmi consigli e apri questa cazzo di porta! >>.
Dal tono della sua voce era evidentemente arrabbiato.
E come dargli torto in fondo?, si chiese la diciottenne, Ho puntato due pistole alla testa del figlio ieri.
<< Vattene, Tate >> continuò.
Il bussare divenne più frenetico e agitato.
<< Muoviti ad aprirmi o giuro che butto giù la porta! >>.
Midori inserì il catenaccio di sicurezza e aprì leggermente l’uscio mentre domandava cosa volesse a quell’ora. La migliore strategia era mostrare di non sapere niente. Appena Tate ebbe un minimo spiraglio fece una tale pressione che la porta si spalancò rompendo la catena.
<< Però! >> esclamò la ragazza riprendendosi in fretta dallo stupore.
Vide l’uomo dirigersi velocemente verso di lei. In tanti anni che lo conosceva, non l’aveva mai visto in quello stato. La prese per il bavero della camicia che ancora non si era tolta sollevandola di pochi centimetri da terra e sbattendola contro la parete più vicina. Midori represse un gemito di dolore e si concentrò su di lui.
<< Che cosa vuoi? >>.
<> ripeté il quarantaquattrenne rosso in volto << E me lo chiedi anche? Cosa cazzo ti è passato per la testa ieri? Cosa credevi di fare a mio figlio? >>.
Nonostante la situazione, la ragazza riuscì a sorridere.
<< Mettimi giù >> disse semplicemente << Mi stai facendo male >>.
Tate ubbidì rendendosi conto d’aver esagerato e si passò entrambe le mani tra i capelli. Le puntò il dito indice contro come se fosse un’arma.
<< Devi stare lontana da mio figlio! >> le urlò.
<< Non è a me che devi dirlo >> rispose prontamente Midori.
<< Non sto scherzando, Midori! Dopo quello che hai fatto… ma ti rendi almeno conto? Kyoshiro è mio figlio, Mai mia moglie ed io non permetto a nessuno di toccare la mia famiglia! Sono stato abbastanza chiaro? >>.
<< Kyoshiro è venuto rifugiarsi tra le gambe del suo papà come al solito? >> domandò ironicamente la studentessa.
Lo schiaffo che le arrivò la colpì alla guancia sinistra. Si toccò la parte dolente senza dire nulla.
<< Non voglio vederti girare più intorno alla mia famiglia, chiaro? >> gridò nuovamente Tate << Devi stare lontana da loro, se ti trovo in compagnia di uno di loro te la faccio pagare cara >>.
<< Sto morendo di paura >> ribatté l’altra non volendo ammettere che quelle parole la stavano ferendo.
<< Sono fin troppo serio, Midori. Siamo stati pazienti con te, abbiamo provato a capirti, a comprendere quello che ti era successo, ti abbiamo accolta come se fossi una figlia e tu… tu ci ripaghi con questo? Hai puntato delle pistole contro Kyoshiro, lui che non ti vuole così bene >>.
<< Smetti di parlare di quanto è bravo tuo figlio! >> esclamò Midori esasperata. Se loro non volevano vedere cosa fosse in realtà Kyoshiro, erano affari loro ma ribadire ogni volta e con risolutezza ciò che pensavano era davvero troppo per lei << Lui non è un santo, è uno stronzo! Io lo odio per ciò che mi ha fatto! E’ tutta colpa sua! >>.
<< Lui non ha fatto proprio niente >> rispose Tate sempre pronto a difendere il figlio << Sei tu che hai dei problemi e non fai nulla per porvi rimedio. E adeso stai perdendo anche noi >>.
<< Vattene! >> urlò la ragazza indicandogli la porta << Vattene via, io non ho bisogno di te e di nessun altro! >>.
Tate la guardò ingoiando un groppo di saliva e rendendosi conto di ciò che le aveva veramente detto; poi si voltò e andò via sbattendo l’uscio di casa alle sue spalle. Mentre scendeva le scale della palazzina sentì il cuore pesante per i sensi di colpa.
All’inizio Midori rimase immobile, come se le servisse del tempo per metabolizzare ciò che era appena accaduto; poi si sedette sul divano. Improvvisamente si sentì stanca e priva di forze. A fatica alzò gli occhi dal pavimento e colse un veloce movimento provenire dal balcone aperto del salone. Si mise in piedi quasi di scatto e non credette ai suoi occhi quando le si presentò davanti lo stesso ragazzo che notti addietro si era complimentato con lei. Lo fissò per parecchi secondi in silenzio mentre lui sorrideva.
<< Ciao >> le disse infine facendole oscillare davanti gli occhi un sacchetto di carta bianca << Ti va di pranzare insieme? >>.
Alla domanda seguì il lancio veloce di un panino che Midori afferrò al volo. Il nuovo arrivato emise un lungo fischio d’approvazione senza smettere d’osservarla. La diciottenne tolse la carta argentata da ciò che le aveva dato lo sconosciuto e diede un grosso morso sentendosi improvvisamente affamata; poi gli fece segno d’entrare in casa. Si sedettero entrambi sul divano.
<< Hai avuto una brutta litigata prima >> costatò il ragazzo.
<< Mi stavi spiando? >>.
Lui le sorrise nuovamente scrollando le spalle.
<< Ti osservavo >> si limitò a rispondere.
<< Comunque non sono affari tuoi >> ribatté la diciottenne senza smettere di mangiare.
<< Ovviamente, Kuga >>.
Midori lo guardò a quelle parole ma non riuscì a comprendere se stesse scherzando a meno.
<< Chi sei? Ce l’hai un nome? >>.
Lo sconosciuto accavallò le gambe osservando l’arredo della stanza.
<< Tu ce l’hai un nome? >> domandò a sua volta.
<< Non fare questo gioco con me e rispondi >>.
L’altro fece le spallucce.
<< Se tu sei Kuga allora io mi chiamo Homura. Puoi fartelo bastare? >>.
Il suo tono era ironico e stuzzicava non poco la curiosità della ragazza che gli stava di fronte. Midori gli sorrise, già dimentica di ciò che era successo con Tate.
<< Per ora sì >> rispose decidendo di stare al gioco.
Continuarono a pranzare in silenzio.
<< Certo che le buone maniere non fanno proprio parte di te >> disse il ragazzo << Non mi hai nemmeno ringraziato per il pranzo che ti ho offerto >>.
Prima che avesse il tempo di scansarlo, un cuscino gli arrivò sul volto con forza da parte della diciottenne.
Forse aveva bisogno solo della persona che gli stava di fronte.

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Capitolo 8
*** Sensi di colpa ***


Da quel momento per Midori iniziò uno strano periodo. Homura, come si faceva chiamare lo strano ragazzo albino, passava sempre più tempo in sua compagnia. All’inizio lei era a disagio, non aveva mai trascorso così tante ore con un’altra persona per giunta di sesso opposto ma aveva scoperto che non era una sensazione spiacevole. Lentamente aveva incominciato ad aprirsi con lui, a concedersi di poter avere un semplice amico, a scoprire cosa significasse guardare negli occhi un’altra persona senza odiarla o pensare di doverla uccidere. Il ragazzo, esattamente come lei, parlava poco di sé e il più delle volte restavano in silenzio ad osservarsi e immersi nei propri pensieri. Midori non sapeva come facesse, ma lui riusciva sempre a trovarla ovunque si trovasse. Non faceva domande se qualche volta la vedeva arrivare con lividi e graffi; era come se già sapesse cosa avesse fatto prima. La ragazza era grata di quel lato del suo carattere che non la metteva in difficoltà e non la costringeva a raccontargli bugie. Spesso pranzavano insieme e, ancor prima che se ne accorgesse, si ritrovò ad ammirarlo e a fidarsi. Il gesto stesso di dargli il suo numero di cellulare ne fu la prova. Quel ragazzo le ispirava simpatia, la faceva ridere e svagare anche solo per qualche ora. Il più delle volte, quando si vedevano, indossava la divisa universitaria e raramente lo aveva visto indossare un abbigliamento casual. Non sapeva spiegarsi il motivo, ma Homura era riuscito a fare breccia dentro di lei e gli aveva perfino concesso il potere di consigliarla. Fu grazie a lui che decise di tornare a scuola e anche di riprendere a studiare quel po’ che le serviva per raggiungere la sufficienza ed evitare una bocciatura.
<< Mi hai fatto un incantesimo, vero? >> gli domandò un pomeriggio in cui entrambi erano a casa della diciottenne seduti intorno ad tavolo per studiare.
Lui alzò gli occhi dal libro di antropologia e le sorrise.
<< Credi? >>.
Midori arrossì di fronte a quello sguardo così carico di determinazione. Si ritrovò a scuotere il capo.
<< Non lo so >> ammise infine chinando la testa.
<< Pensi che se studiassi un po’ daresti l’impressione di non essere più una dura? >>.
A quelle parole, la ragazza lo fissò per cercare di capire cosa gli passasse per la mente. Come al solito, si trovò di fronte ad una espressione imperturbabile. Si domandò come facesse a conoscerla così bene, ad anticipare ogni sua mossa, a dissipare ogni suo dubbio.
<< Non me ne frega niente della scuola, dei voti, dei professori >> disse sulla difensiva.
<< Oh, devo dire che me n’ero accorto >> rispose sarcasticamente l’altro con un mezzo sorriso << Ma questo non significa niente, Kuga. Tu sei intelligente, vuoi davvero buttarti via così? Io non ti sto dicendo di cambiare le tue abitudini, di diventare una ragazza tutta casa, scuola e chiesa; diventeresti insopportabile e non mi piaceresti più ma almeno fa quel minimo indispensabile >>.
Il volto di Midori avvampò improvvisamente. Aveva appena detto che…
Il ragazzo le chiuse il libro sollevandole il viso con due dita. Si fissarono negli occhi per qualche secondo mentre il battito del cuore della ragazza accelerava in maniera impressionante. Conosceva appena la persona che stava guardando eppure si rese conto di desiderarla. Era assurdo ma vero. Ingoiò un groppo di saliva senza smettere di staccare gli occhi da lui. Capelli corti e chiari, occhi grandi ed espressivi, un volto pulito dai lineamenti perfetti, alto, muscoloso; per lei era bellissimo. Per un solo attimo si domandò come mai un tipo come lui fosse interessato ad una cosa lei che nulla aveva di particolare e che aveva fatto scappare tutti nel corso degli anni. Non aveva mai pensato ai ragazzi, non si era mai interessata di piacere a qualcuno. Kyoshiro aveva una cotta per la diciottenne ma quello era un discorso diverso; per molto tempo erano cresciuti come fratelli ed era chiaro che si fossero affezionati l’uno all’altro. Il pensiero di cercarsi un fidanzato non l’aveva mai sfiorata, aveva sempre pensato a compiere la sua missione e a tenere vivo dentro di lei il ricordo della madre. L’ultima cosa la fece sobbalzare leggermente dalla sedia riflettendo sul fatto che Natsuki era più piccola di lei quando aveva conosciuto Shizuru e se n’era innamorata. Aveva sempre creduto che l’amore sarebbe stato l’unico sentimento che non avrebbe mai provato e invece si rese conto che il suo cuore le stava battendo in gola per ciò che le suscitava il contatto con quel ragazzo. Sapeva di essere arrossita e si sentì vulnerabile. Velocemente si allontanò dalle dita dell’altro scattando in piedi e cercando di assumere il suo solito atteggiamento.
<< Io ti piaccio? >> ripeté sforzandosi di ridere con noncuranza.
Si avvicinò alla finestra del salone e dal vetro lo vide alzarsi.
<< Ti sembra strano che a una persona per bene come me possa piacermi una che invece è il mio opposto? >>.
Era a pochi centimetri da lei, poteva sentire distintamente l’odore della sua pelle. Rabbrividì ma cercò lo stesso di controllarsi.
<< Tu neanche mi conosci >> rispose Midori.
L’abbraccio che le fece sentire il corpo del ragazzo contro il suo, la fece rimanere senza fiato. Homura era dietro d lei e con le forti braccia le aveva circondato il petto con una sorta di dolcezza che non aveva mai provato prima. Avvicinò il volto a quello della diciottenne.
Ti conosco molto più di quanto tu conosca te stessa, pensò lasciando che l’odore della sua pelle lo invadesse.
<< Nemmeno tu >> le disse in un soffio prima di darle un bacio sulla guancia.
 
Mai era al corrente di ciò che aveva fatto Tate e non era riuscito a dargli torto per non essersi riuscito a contenere. Anche lei per proteggere i suoi figli si sarebbe messa contro il mondo intero. Amava Midori, era la figlia di Natsuki e le somigliava moltissimo, l’aveva accolta e cercato di farle da mamma alla morte della donna dai capelli neri ma, di fronte alla scena che le si era prospettata quella sera, non avrebbe esitato ad evocare Kagutschi contro la diciottenne. Kyoshiro era suo figlio e lei l’avrebbe protetto a costo della sua vita. Non comprendeva come Midori fosse arrivava ad una cosa del genere; era sempre stata una brava bambina e successivamente un’adolescente turbolenta ma mai avrebbe pensato che potesse essere capace di qualcosa di simile. Aveva visto i suoi occhi, erano completamente annebbiati dall’odio e dal rancore per quel ragazzo che non aveva fatto proprio nulla per meritare un simile trattamento se non innamorarsi di lei. Sorrise appena di fronte a quella consapevolezza inclinando leggermente la testa di fronte alla sua tazza di latte e caffè. All’inizio aveva pensato che fosse semplicemente una cotta temporanea, di quelle che prendono i bambini quando trascorrono molto tempo insieme soprattutto perché Kyoshiro aveva sempre visto Midori come un mito da emulare. Seguiva perfettamente tutto quello che gli diceva anche quando aveva paura di farlo e lei era stata dell’opinione che presto gli sarebbe passata. Invece si era sbagliata e da che era solo un’infatuazione, si era presto trasformato in un amore a senso unico. La diciottenne non aveva mai fatto nulla per incoraggiare il ragazzo a perseguire il suo obiettivo e, quando successivamente si era trasferita da loro a Tirha aveva iniziato ad evitarlo. Troppo tardi si era accorta che per lui, la ragazza covava un profondo rancore. Tossì brevemente portandosi la mano davanti alla bocca.
E dire che io ho sempre riso all’idea che nel futuro potessero mettersi insieme, dopotutto sembravano così carini quando giocavano.
Quando dava voce ai suoi pensieri sui due bambini di fronte alle madri di Midori, ricordava che Natsuki diventava rossa immediatamente arrivando quasi ad arrabbiarsi per quello che diceva. L’unica che riusciva a calmarla era Shizuru. Sorrise di nuovo alzando la testa nel sentire una porta aprirsi. Quella mattina non era andata a scuola, si era presa un giorno di ferie per poter stare sola con Kyoshiro ed erano soli a casa. Tate era a lavoro e l’aveva pregato di passare a prendere Himeko alla fine delle lezioni e di portarla da qualche parte per qualche ora. Gli dava piena libertà di scelta, aveva bisogno di parlare un po’ col figlio. Da quella notte erano trascorsi tre giorni e il ventunenne si era praticamente chiuso in se stesso più di quanto già non facesse. L’accaduto doveva averlo scosso parecchio. Ebbe una fitta al cuore a quel pensiero mentre gli sorrideva e lo osservava camminare verso la cucina.
<< Buongiorno >> lo salutò.
<< Ciao mamma >> rispose il ragazzo << Non dovresti essere a scuola? >>.
Mai si passò una mano tra i capelli.
<< Ho pensato di riposarmi per questa volta >>.
Kyoshiro si limitò ad annuire. Si versò il caffè che era rimasto nella caffettiera mischiandolo con un goccio di latte e si sedette in silenzio. Sapeva che sua madre stava osservando ogni suo movimento per valutare il momento opportuno per parlare. Iniziò a mangiare senza guardarla sperando di essersi sbagliato.
<< Kyoshiro, senti… >> iniziò la donna allungando una mano verso quella del figlio.
Bingo, pensò il ventunenne con una nota triste.
Alzò appena gli occhi dalla sua tazzina e abbozzò un sorriso.
<< Non mi va di parlarne, mamma >> rispose ancor prima che la donna potesse formulare la frase.
<< Capisco che quello che è successo sia stato per te… >>.
<< Tu cosa, mamma? >> esclamò Kyoshiro scattando in piedi senza riuscire a trattenersi << Tu capisci cosa mi è successo? E hai anche una cura per farmi sentire meglio? >>.
Mai lo guardò con aria interrogativa. Era la prima volta che gli parlava in quel modo.
<< Kyoshiro… >> iniziò titubante.
<< Non siamo tutti d’acciaio come te! >> continuò il ragazzo << Non sai niente di come mi possa sentire in questo momento! Non immagini cosa mi divori l’anima ogni notte da dieci anni a questa parte! Nessuno sa niente! Midori, la ragazza che ho sempre amato, mi ha puntato non una ma due pistole alla nuca. Ho pensato che sarei morto e sarebbe stato meglio di questo inferno dove vivo da codardo! Io non sono il bravo ragazzo che credi di conoscere >>.
Si morse il labbro inferiore facendolo sanguinare nel vedere gli occhi della madre riempirsi di lacrime. Sentì una dolorosa fitta trafiggergli il cuore per quelle parole. Il volto della donna era una maschera di dolore; non aveva mai lontanamente immaginato che suo figlio vivesse un simile tormento. Si alzò in piedi poggiando le mani sul tavolo e cercando di assumere un tono calmo.
<< Non immaginavo che… >>.
<< Solo perché una persona non si comporta come Midori non vuol dire che va tutto bene >> disse il ventunenne abbassando gli occhi << Lei non è il demonio ed io non sono il santo, semmai è il contrario. Mi merito il suo odio, non ho mai cercato di evitarlo; pensavo solo che col tempo mi ci sarei abituato e forse che lei mi avrebbe perdonato. Anche così non riesco a smettere di amarla >>.
Si prese la testa con entrambe le mani vergognandosi di ciò che aveva appena detto. Quando sua madre gli sfiorò la spalla per poterlo abbracciare, rabbrividì sentendosi tremendamente sporco. Si scostò da lei in modo brusco indietreggiando, corse verso la sua stanza e chiuse a chiave. Non aveva il coraggio di guardarla negli occhi, il senso di colpa era troppo forte.
 
Era disteso sul suo letto e fissava ad intermittenza il soffitto e il cellulare sul comodino con una mano sul volto. Non riusciva a smettere di pensare a quello che aveva confessato alla donna dai capelli rossi e si vergognava profondamente del suo comportamento. Sapeva che sua madre non lo stata giudicando, desiderava solo comprendere a cosa fossero dovute le sue parole. Aveva fatto dei riferimenti a dieci anni prima, non ci voleva un’intelligenza superiore per comprendere che si riferiva all’incidente in cui era morta Natsuki. Per esperienza, intuiva che adesso la donna stava cercando di mettere insieme le brevi e spezzate frasi che aveva detto per farne uscire un senso che potesse comprendere.
Natsuki, pensò mentre un’altra lacrima gli rigava il volto, Mi dispiace così tanto. Non sarebbe dovuto andare così, sarei dovuto essere pronto.
Mai aveva smesso da un’ora circa di bussare alla sua porta per chiedergli di aprire, non sapeva nemmeno se fosse ancora in casa. Si voltò di lato e il suo sguardo cadde su una foto che rappresentava lui e Miko abbracciati. La prese aprendo la cornice e togliendola. Sotto ce n’era un’altra. La sollevò tenendola in alto mentre tornava a poggiare la testa sul cuscino. Si portò la mano libera all’altezza della bocca rendendosi conto che presto avrebbe pianto nuovamente. Lui non era mai stato bravo in niente.
 
Erano tornati dalla fiera del paese da poco. Appena Midori era rientrata in casa, era corsa a salutare la madre Natsuki che non si era unita a loro. La donna era seduta sul divano del salone e aveva appena terminato di bere il suo liquore. Si era alzata in piedi e aveva abbracciato la figlia felice di poterla rivedere. Le aveva sussurrato qualcosa all’orecchio che l’aveva fatta ridere e solo dopo si era voltata verso gli altri componenti del gruppo.
<< Divertiti? >> aveva domandato con una nota aspra nella voce.
Kyoshiro aveva annuito sorridendo e mostrandole il pesce rosso che aveva vinto. La donna dai lunghi capelli scuri si era chinata su di lui senza smettere di tenere in braccio la bambina e gli aveva accarezzato i corti capelli in segno d’apprezzamento. Nei suoi occhi di bambino di otto anni poteva leggere l’ingenuità e la spensieratezza di quell’età. Himeko, invece, dormiva nel passeggino.
<< Complimenti >> gli aveva detto Natsuki sorridendogli << Siete stanchi? >> aveva chiesto subito dopo rivolgendosi a entrambi.
Midori prontamente aveva scosso il capo abbracciandola e nascondendo il volto nell’incavo tra il collo e la spalla.
<< Porto a letto Himeko >> aveva affermato Tate prevedendo tempesta e allontanandosi in fretta. Per esperienza sapeva che prima o poi Natsuki sarebbe esplosa nuovamente.
<< Sei la solita testaccia dura >> aveva iniziato Mai togliendo il giubbotto di jeans al figlio e sorridendo pensando che la piccola litigata che avevano avuto ore prima fosse conclusa << Saresti dovuta venire anche tu, i bambini si sono divertiti tantissimo >>.
Shizuru aveva circondato la vita della sua compagna e aveva dato un bacio alla bambina.
<< Diglielo anche tu Midori >> aveva detto << Abbiamo visto i fuochi d’artificio >>.
<< E’ vero, mamma! >> aveva esclamato la figlia senza rendersi conto che fosse molto tardi << C’erano anche i pagliacci per strada >>.
Natsuki non aveva risposto posando la bambina sulla sedia e sbottonandole il golfino bianco che indossava.
<< Natsuki, stai bene? >> aveva domandato Shizuru posandole una mano sulla spalla leggermente preoccupata.
L’altra si era scostata quasi bruscamente.
<< Come credi che dovrei stare? >> le aveva risposto l’altra << Come, Shizuru, dopo che ancora una volta mi avete detto di attendere? >>.
I due bambini si era scambiati una breve occhiata.
<< Natsuki, per favore ci sono i bambini >> era intervenuta la donna dai capelli rossi mettendosi davanti a Kyoshiro come se in quel modo riuscisse ad isolarlo acusticamente.
<< Loro sono il nostro futuro! Se noi non li addestriamo adesso, non saranno preparati ad essere dei guardiani. Possibile che voi due non capiate? >>.
Shizuru aveva fatto velocemente scendere Midori dalla sedia e aveva ordinato ad entrambi di salire in camera e di indossare il pigiama senza fiatare. Le proteste iniziali della figlia erano state spente da una sua semplice occhiata. Era tornata a guardare la donna che amava facendo un respiro profondo. Non sapeva più quante volte avevano affrontato quell’argomento ormai. Si era passata una mano tra i capelli aveva gettato una veloce occhiata a Mai.
<< I nostri genitori ci hanno dato degli insegnamenti che dovremo trasmettere ai nostri figli. Dobbiamo iniziare ad allenarli >>.
<< Perché pensi che dovremmo morire così presto? >> aveva domandato la donna dai capelli rossi << Finora è andato tutto bene >>.
<< Non è detto che sarà sempre così! >> aveva ribattuto Natsuki << Potremmo morire da un momento all’altro >>.
<< Non dire queste cose >> aveva detto Shizuru che sentiva una fitta allo stomaco ogni volta che l’altra donna parlava di queste cose.
<< Smettila, Natsuki >> aveva esclamato Mai sedendosi << Abbiamo delle famiglie, io non voglio allontanarmi dai miei figli! >>.
La donna dagli occhi verdi aveva scagliato una sedia lontano da lei per la frustrazione di non essere compresa. Non capiva come la sua compagna e Mai si opponessero alla proposta di iniziare qualche allenamento con i bambini affinché prendessero confidenza con tutto ciò che prima o poi li avrebbe riguardati. Anche sua madre e il padre dell’amica avevano agito così e loro, quando avevano iniziato, avevano la stessa età di Midori. Il timore di poter cadere vittima di un attacco degli Orphan e di dover lasciare l’incarico ad una bambina che non sapeva nemmeno da dove si cominciasse, la terrorizzava e non la faceva dormire la notte. Per questo stava premendo con Shizuru e l’altra donna, anche se trovava sempre un muro davanti a sé.
<< Credi che io invece voglia farlo? Credi che io, invece, desideri non vedere più Midori o Shizuru? Loro sono la cosa più preziosa della mia vita, ma sono più realista di te! >>.
<< Sono solo dei bambini >> si era inserita l’altra donna << Natsuki, facciamoli vivere ancora per qualche anno in assoluta tranquillità. Ne abbiamo già parlato nel pomeriggio >>.
Natsuki aveva annuito mordendosi il labbro inferiore per l’impotenza. L’idea di doverlo fare di nascosto non l’aveva mai sfiorata; lei e Shizuru condividevano tutto e quello era una parte di lei. Un giorno avrebbe fatto parte di Midori.
<< Io non voglio farli arrivare impreparati >>.
La mano della donna che amava che le sfiorava il volto le era parsa calda e delicata. Si era lasciata andare a quel tocco sentendo che la stava abbracciando.
<< Non succederà, Natsuki >> le aveva sussurrato in un orecchio << Stai tranquilla >>.
Alla fine la mora si era arresa e aveva annuito. Erano salite al piano superiore e avevano visto da sotto la porta la luce accesa in camera della bambina. Nel far scattare la serratura, la luce era stata spenta in tutta fretta.
<< Ti abbiamo visto birbante >> aveva detto Natsuki sorridendo << Mamma Shizuru non ti aveva detto di metterti a letto? >>.
Si erano avvicinate entrambe al letto dove Midori si era coperta fin sopra la testa.
<< Sappiamo che sei sveglia, Midori >> aveva continuato Shizuru sedendosi.
A quelle parole, la bambina si era arresa e aveva alzato la testa. Nell’incontrare gli occhi di Natsuki le si era gettata addosso abbracciandola. La donna aveva contraccambiato il gesto mentre guardava la compagna con aria interrogativa.
<< Tutto bene, Midori? >> le aveva domandato l’altra accarezzandole i capelli.
<< Ti prego mamma, non morire >> aveva sussurrato appena la piccola aggrappandosi ancor di più al corpo della mora.
Sia Shizuru che Natsuki avevano compreso che la bambina era tornata giù per ascoltare ciò che stavano dicendo. Per un attimo la donna dagli occhi verdi aveva pensato che non le sarebbe dispiaciuto se, per una volta, non avesse avuto il suo carattere e avesse ubbidito agli ordini. L’aveva allontanata appena da sé per poterla guardare negli occhi e le aveva sorriso dopo aver stretto la mano della compagna.
<< Midori, va tutto bene >> aveva risposto con calma << Io non vado da nessuna parte >>.
<< Ma io ti ho sentito e… >>.
<< Lo so piccola, ma tu e la mamma siete troppo importanti per me. Siete tutta la mia vita, il mio presente e il mio futuro, tutto >> le aveva baciato la piccola mano e aveva fatto la stessa cosa con quella di Shizuru << Mi credi se ti dico che niente e nessuno mi porteranno via da voi? >>.
Senza rispondere, Midori si era gettata nuovamente tra le braccia della donna; questa volta convinta e felice delle sue parole. Anche la castana si era unita a quell’abbraccio. Aveva dato un bacio leggero sulle labbra di Natsuki e le aveva sorriso.
<< Ti amo >> le aveva bisbigliato senza allontanarsi.
<< Anch’io >>.

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Capitolo 9
*** Falso amore ***


Il giorno seguente Mai era tornata a scuola col cuore carico d’angoscia. Kyoshiro si rifiutava di parlare non solo con lei ma anche col padre e la sua ragazza. Si portava dentro una sofferenza che adesso che era esplosa era difficile contenere. Si diede la colpa per non averlo compreso prima mentre pensava per l’ennesima volta alle sue parole. Il ventunenne si colpevolizzava per qualcosa che era successo dieci anni prima e aveva lasciato per tutto per tempo che Midori lo odiasse perché lui stesso in prima persona si odiava. Si domandò cosa avesse sbagliato nell’educazione di entrambi quei ragazzi che ora erano completamente alla deriva, soli col proprio dolore. Ripensò involontariamente alle numerose litigate che aveva avuto con Natsuki quando era ancora in vita e dovette riconoscere che la mora aveva sempre avuto ragione. Lei non aveva mai portato con sé suo figlio né l’aveva mai allenato come invece aveva iniziato a fare l’amica con la figlia e come già aveva fatto suo padre con lei. Chinò il capo pensando che la paura le aveva sempre impedito di vedere la situazione in modo obiettivo.
Sarebbe stato diverso, Natsuki, se ti avessi dato retta? Forse, se anche Shizuru fosse stata dalla tua parte, alla fine avrei ceduto.
La donna dai capelli castani si era sempre rifiutata di farle portare Midori con sé tanto che lei alla fine aveva iniziato a farlo di nascosto. L’aveva fatto per il suo bene e solo ora Mai riusciva comprenderla. Se le fosse successo qualcosa ora, probabilmente suo figlio non saprebbe da dove iniziare al contrario della diciottenne che, doveva ammettere, era molto brava ma anche molto temeraria.
Entrò in classe e fu sorpresa di vederla seduta al suo posto con la sua solita aria strafottente mentre osservava il paesaggio fuori dalla finestra. Riuscì a sorridere nonostante tutto quello che era successo tra lei e la sua famiglia. Si sedette alla cattedra aprendo il registro e incrociò i suoi grandi occhi verdi. Midori non si scompose per nulla, anzi mantenne un atteggiamento ancor più freddo rispetto alle altre volte ma per la professoressa il fatto di averla di fronte era già fonte di grande gioia. Se le fosse stato possibile, si sarebbe alzata e le avrebbe dato un bacio. Congiunse la punta delle dita davanti agli occhi e fissò per diversi secondi le caselle bianche che sarebbero dovute essere occupate dai voti della ragazza. Sorrise.
<< Midori Fujino >> disse semplicemente facendole segno di andare alla cattedra.
Senza lasciar trapelare nessuna emozione, la diciottenne si alzò e ubbidì.
 
La campanella era appena suonata quando la ragazza si fiondò fuori l’aula. Aveva bisogno di fumare una sigaretta e non voleva farlo in bagno dove avrebbe dovuto dispensarle alle altre ragazze come un centro caritatevole. Ne prese una mettendola in bocca e uscì sul terrazzino della scuola. Per fortuna era deserto. Fece un mezzo sorriso mentre l’accendeva. Aspirò ampie boccate cercando di rilassarsi e ripensando che l’interrogazione non era andata male. Ogni volta che aveva guardato negli occhi Mai vi aveva lette sorpresa per essere preparata e lei non poteva fare a meno di sentirsi soddisfatta. Homura aveva ragione. Alzò gli occhi verso il cielo splendente e assottigliò gli occhi per la forte luce.
<< Deduco che sia andata bene >>.
Midori sorrise al suono di quella voce. Si voltò e non rimase sorpresa nel vedere il ragazzo. Per lei era un mistero come facesse ad essere sempre presente e ad avere del tempo libero da trascorrere con la diciottenne.
<< L’università non è dall’altra parte della città? >> chiese ironicamente mentre lo vedeva avvicinarsi.
Lui agitò una mano sorridendo come per dire che non era importante. Nell’altra stringeva sempre un libro che doveva studiare e indossava la sua solita uniforme.
<< Ho parecchio tempo tra una lezione e l’altra >> le rispose a pochi centimetri dal suo volto << E poi desideravo vederti >>.
A quelle parole il cuore di Midori perse un battito. Le sfuggì dalla mano la sigaretta fumata a metà e arrossì. Il ragazzo scoppiò a ridere.
<< Non dirmi che ti ho messo in difficoltà! >> esclamò divertito << La grande Kuga che viene messa a tappeto da una frase. Allora è vero che la penna ferisce più della spada! >>.
<< Piantala Homura! >> urlò la ragazza diventando ancor più rossa di quello che già era << Te la canti e te la ridi da solo! >>.
Vedendo che l’altro non smetteva, si unì alla sua risata per la prima volta dopo tanto tempo in modo spensierato. Homura la osservò e le mise una mano sulla spalla sentendo la necessità di avere un contatto con lei. La sentì tremare mentre aumentava la presa per impedirle di indietreggiare, anche se sapeva che non l’avrebbe fatto. Era completamente rapita dal suo sguardo. Si chinò su di lei accarezzandole la guancia e senza smettere di sorridere. La baciò delicatamente sulle labbra non osando andare oltre. Midori si ritrovò a sorridere. Era il suo primo, vero bacio.
<< Che fai, hai paura? >> gli domandò maliziosamente afferrando con entrambe le mani il bavero della divisa del ragazzo e spingendolo verso di sé.
Si baciarono nuovamente ma questa volta in maniera più intensa. La diciottenne era intenzionata a non dargli troppo campo libero e a non fargli prendere troppe volte l’iniziativa su quel rapporto che stava nascendo. Desiderava fargli capire che anche a lei piaceva comandare e che sapeva farlo bene. Solo quando si staccarono, notarono la figura di una donna che li stava osservando.
Ma che cazzo, pensò Midori guardando Mai avanzare con sguardo severo.
Gettò una veloce occhiata al ragazzo che le sorrideva e arrossì.
<< Ti stavo cercando >> iniziò la professoressa squadrando attentamente lo sconosciuto.
<< Beh, mi hai trovata >> rispose prontamente la ragazza.
<< Vorrei parlarti >> continuò la donna << Possibilmente in privato. Chi è questo ragazzo? Non credo che frequenti il liceo >>.
<< No, infatti signora >> si presentò l’altro sentendosi interpellato e allungando una mano << Sono solo passato a salutare un’amica >>.
Strizzò l’occhio a Midori con aria d’intesa.
<< L’intervallo è terminato >>.
Dal tono della voce, la studentessa comprese che non ammetteva repliche e lo capì anche l’universitario dopo uno rapido scambio di sguardi.
<< Certo, mi scuso se l’ho fatta perdere tempo. Non era mia intenzione. È stato un piacere conoscerla >>.
Si allontanò velocemente e Midori aspettò di vederlo sparire prima di spostare la sua attenzione su Mai.
<< Chi è quel ragazzo? Non credo d’averlo mai visto prima >>.
<< Di cosa volevi parlarmi? >> domandò a sua volta la diciottenne evitando di rispondere mentre si appoggiava alla ringhiera.
La donna chinò leggermente la testa.
<< Volevo solo dirti che… >> iniziò << … che sono contenta che tu abbia deciso di rimetterti a studiare >>.
Midori si limitò ad annuire. Sapeva che dietro quella frase c’era molto di più, una specie di tregua nonostante quello che era accaduto notti addietro ma non voleva darle nessuna soddisfazione. Finalmente aveva trovato qualcuno che non aveva niente a che fare col suo passato e non intendeva tornare sui suoi passi. Desiderava che Mai e la sua famiglia fosse un capitolo concluso della sua vita. Fece per allontanarsi ma la mano della donna sul suo braccio la bloccò.
<< Aspetta, per favore >>.
Il suo tono era quasi di supplica.
<< Che cosa è successo dieci anni fa tra te e Kyoshiro? >>.
Era una domanda che voleva porgerle da quando l’aveva vista in classe. Aveva bisogno di sapere e, visto che da suo figlio era impossibile scoprire qualcosa, doveva almeno fare un tentativo con Midori. La ragazza si scostò con un semplice movimento veloce dell’arto. Sorrise mentre si passava le dita tra i lunghi capelli scuri e la guardò dritta negli occhi. Quel gesto le ricordò Natsuki in un modo così brutale da farla rabbridivire.
<< Tra me e Kyoshiro? >> ripeté sarcasticamente << Per fortuna nulla >>.
<< Non essere sciocca, Midori. Hai capito perfettamente cosa intendo. Lui sta male >>.
<< E’ quello che si merita >>.
 
Kyoshiro era disteso sul letto nella sua stanza e fissava senza interesse la televisione facendo zapping. Erano giorni che non usciva e per casa si faceva vedere solo all’ora dei pasti. Ogni tentativo da parte dei genitori di parlare con lui era stato stroncato sul nascere. Non desiderava essere compatito, gli bastava già il suo senso di colpa che lo logorava. Aveva liquidato anche Miko con poche frasi ed sms riferendole che non stava passando un buon periodo e che si sarebbe fatto vivo lui quando si fosse sentito meglio.
Se mai potrà accadere, pensò tristemente.
Improvvisamente qualcuno provò ad aprire la porta della sua stanza chiusa a chiave.
<< Non ho voglia di vedere nessuno >> disse senza nessun tono in particolare voltandosi verso l’uscio. Sapeva che a quell’ora poteva essere sola una persona visto che i suo padre per ora di pranzo non c’era mai e sua madre non era rientrata.
La figura dall’altra parte non si arrese e, dopo aver bussato un paio di volte per invitarlo ad aprire, usò un’altra chiave per forzare la serratura.
<< La parola privacy non ti dice nulla, Himeko? >> domandò sarcastico Kyoshiro girandosi dall’altra parte.
La sorella invece di rispondere si diresse con disinvoltura verso le persiane calate della finestra e le sollevò per far entrare la luce.
<< Forza Kyoshiro >> affermò sorridendogli << E’ una bellissima giornata e tu dovresti uscire a fare due passi >>.
<< Non ne ho voglia >>.
Himeko si chinò su di lui prendendogli un braccio e tirando per farlo alzare.
<< Dai, alzati! >> esclamò << Smettila di poltrire sul letto! >>.
<< Himeko, per favore… >> provò a dire il fratello mettendosi seduto.
La ragazza gli sbatté sul corpo un paio di jeans e una maglietta pulita.
<< Smettila di compiangerti! >> gli disse sedendosi accanto << Reagisci, Kyoshiro! >>.
Si guardarono negli occhi per diversi secondi.
<< Io non mi sto compiangendo >> si difese il ventunenne sentendosi punto.
La sedicenne inarcò il sopracciglio destro.
<< Tu non sai cosa si… >>.
<< Senti Kyoshiro >> lo interruppe nuovamente Himeko prendendogli una mano << Lo so che quello che hai provato è stato tremendo, che non a tutti capita di vedersi due pistole puntate contro la fronte, che per giunta l’ha fatto la nostra Midori ma tu non puoi credere che restando qui possa sentirti meglio. Devi reagire non solo per te stesso ma anche per me, mamma e papà. Non ce la facciamo più a vederti in questo stato catatonico. È difficile, me ne rendo conto, però non devi arrenderti. Tu sei mio fratello e un futuro guardiano. Credi che gli Orphan avranno pietà di te se ti vedono rintanarti da qualche parte? >>.
Il ragazzo era arrossito a quelle parole rendendosi conto d’essere uno sciocco.
<< Himeko, io ho… >>.
<< Avuto paura, lo so >> le rispose la sedicenne con un sorriso dolcissimo << Lo so, Kyoshiro. E so anche che Midori è un po’ il tuo idolo, lo è sempre stata da quando giocavamo l’estate nella tenuta di Shizuru ma le cose cambiano. Midori non è più la bambina che ti tendeva la mano per soccorrerti, adesso devi vedertela da solo perché non ci sarà nessuno che ti aiuterà quando uno di quei mostri verrà a cercarti per ucciderti >> lo abbracciò e aspettò che il fratello contraccambiasse << Io ti voglio bene e mi fa male vederti stare così male. Hai una famiglia che ti adora, una ragazza meravigliosa, dei bravi amici. Cerca di scrollarti di dosso il peso della figura di Midori >>.
Kyoshiro la strinse a sé ricordando che era trascorso molto tempo dall’ultima volta che l’aveva fatto. Di solito era lui che consolava la sorella per le prime delusioni della vita mentre adesso i ruoli si erano capovolti. Le accarezzò i lunghi e lisci capelli dello stesso colore dei suoi sorridendole e le diede un bacio sulla fronte.
<< Hai ragione, Himeko. Farò dici >>.
Si alzò in piedi prendendo il cellulare in mano e componendo il numero di una persona che per troppo tempo lo aveva aspettato.
La sedicenne gli strizzò l’occhio mentre usciva dalla stanza nel momento in cui la conversazione si attivò.
<< Ciao Miko >>.
 
<< Allora offri tu stasera? >>.
Midori guardò il ragazzo mentre passeggiavano inarcando il sopracciglio. Quel gesto fece scoppiare a ridere il più grande che la abbracciò.
<< Ma come no? >> continuò ironicamente.
<< Smettila, Homura! >> esclamò la ragazza divertita da quello scambio di battute << Tu sei l’uomo e quindi tocca a te pagare! >>.
Prima che avesse il tempo di aggiungere altro Homura le alzò il viso e la baciò con passione.
<< Per un altro di questi penso che potrei offrire tutte le sere >>.
Midori sorrise. Quando era con quel ragazzo il resto non aveva importanza, si sentiva importante.
<< Guarda che potrei prenderti in parola >>.
Risero entrambi mentre il braccio di lui scivolava lentamente sulle sue spalle. La diciottenne lo osservò con la coda dell’occhio senza smettere di camminare. Si erano visti dopo pranzo e avevano studiato insieme tutto il pomeriggio. Homura le aveva detto che stava preparando un esame di antropologia culturale, che studiava a Tirha ma che era nato in un altro paese, che aveva un fratello più grande. Quella era stata la prima volta che le raccontava qualcosa di sé e Midori si era sentita in dovere di contraccambiare la sua fiducia. Gli aveva raccontato di avere una sorella e una madre che vivevano ad Ombras, di avere la passione per le moto e per i cavalli. Alla domanda di lui sul perché non avesse frequentato il liceo del suo paese natale, la ragazza si limitò a rispondere che quell’istituto era lo stesso cui erano state iscritte entrambe le madri. Dopo quella rivelazione lo aveva guardato a lungo per controllare le sue reazioni ma sembrava che non lo avesse turbato affatto. La cosa la fece sentire meglio prima di rimettersi a studiare. Ogni volta gli era vicino la sua capacità di ragionare lucidamente si offuscava e veniva sopraffatta dai sentimenti che provava per lui. Con lei si comportava normalmente, non aveva attenzioni particolari; anzi spesso si divertiva a punzecchiarla perché stava al gioco e non se la prendeva per le sue battute.
<< Dai, vieni con me >> le disse improvvisamente il ragazzo prendendola per mano e stringendo per non perdere la presa.
Midori si lasciò condurre in un vicolo poco frequentato con un mezzo sorriso stampato sul volto. Le era mancato comportarsi come una ragazza qualunque di diciotto anni per tutto quel tempo e ora, con accanto quella persona, desiderava rimediare. Aveva trascorso un periodo infinito a controllare dall’alto la città, ad andare a caccia di Orphan, a privarsi di momenti piacevoli. Non avrebbe più fatto lo stesso errore. Le piaceva stare con Homura nonostante lo conoscesse appena, aveva un modo di guardarla e si toccarla che la faceva sentire al settimo cielo. Arrossì per quei pensieri e quasi non si accorse che il ragazzo aveva rallentato il passo. Le indicò una vetrina quasi con orgoglio.
<< Una libreria? >> domandò Midori scettica.
<< Non una libreria qualunque >> precisò l’altro << Qui puoi trovare testi originali anche con più di duecento anni in perfette condizioni >>.
L’espressione della ragazza lo fece scoppiare a ridere nuovamente.
<< Hai uno strano modo di divertirti tu >>.
<< Sono un intellettuale >>.
<< Okay intellettuale >> rispose Midori riprendendogli la mano scherzosamente << Adesso ti faccio vedere io un posto ma ti assicuro che lì di cultura ce n’è ben poca! >>.
Nel parlare rivolta verso il venticinquenne urtò una coppia che era appena uscita dalla libreria.
<< Mi scusi >> disse prontamente la diciottenne.
Nel guardare il ragazzo scoprì che era Kyoshiro in compagnia di Miko.
E meno male che stava male, pensò immediatamente Midori allontanandosi dalla coppia e ricordando le parole di Mai di quella mattina.
<< Midori? >> esclamò con aria interrogativa il ventunenne osservando alternativamente prima la ragazza e poi lo sconosciuto vicino a lei.
Ma chi diavolo è?, pensò.
<< Ciao >> salutò laconicamente la mora evitando di dargli spiegazioni su chi fosse l’altro.
Sentì la mano di Homura cercare la sua e stringerla quasi avesse compreso che non era un incontro gradito.
<< Stai bene? >> domandò come al solito premurosamente Kyoshiro.
<< Sì >>.
<< Mi fa piacere >>.
Nonostante quello che gli aveva fatto, nonostante l’avesse fatto tremare di paura e stare male successivamente, era sinceramente felice di vederla; anche se l’ombra di quello sconosciuto non lo faceva stare tranquillo. Non l’aveva mai visto in giro, di sicuro non era uno della zona o della città.
<< Kyoshiro, dobbiamo andare >> fece Miko notando la strana situazione che si era creata.
<< Certo, scusami >> rispose il ragazzo << A presto allora >>.
La diciottenne gli fece un cenno del capo in segno di saluto senza parlare e li osservò allontanarsi mentre chiacchieravano fittamente tra loro tenendosi per mano. Il lungo fischio del venticinquenne la distolse da quella vista. Si voltò quel tanto che bastava per guardarlo.
<< E così è di lui che sei innamorata >> disse semplicemente.
<< Che cosa? >> urlò Midori scostandosi leggermente da lui come se avesse detto un’eresia << Ma che diavolo farnetichi? >>.
Homura sorrise afferrandole una mano e baciandogliela.
<< Però lo hai baciato >>.
La ragazza sgranò gli occhi per la sorpresa e stava per ribattere, quando l’altro la baciò a sorpresa.
<< Ehi, Kuga >> le sussurrò in un orecchio quando si staccò << Adesso sei solo mia, mettitelo in testa >>.
Il nuovo sorriso che le rivolse la fece sentire la persona più importante del mondo.
 
Avevano comprato panini e patatine fritte ad un fast food per poterli mangiare in tranquillità e lontano da chiunque volesse controllarli. Midori era felice come non lo era da moltissimo tempo. Sentiva di essere totalmente presa da quel ragazzo che in così pochi giorni era riuscito a fare breccia nel suo cuore. Non aveva mai sperimentato un sentimento di simile portata, era qualcosa che la lasciava senza fiato per l’intensità e poteva riuscire perfino a comprendere ciò che univa Natsuki a Shizuru, Mai a Tate; anche se era dell’opinione che le due cose ancora non fossero lontanamente paragonabili. Lasciò che Homura scegliesse una panchina solitaria nel parco della città, vicino una fontana ma lontana dalle altre. Ad entrambi piaceva restare soli. Mangiarono senza smettere di punzecchiarsi, lanciandosi frecciatine a volte anche forti ma entrambi erano consapevoli di stare scherzando. Ridevano e si sorridevano e per la ragazza era la prima volta che si trovava così a suo agio con un’altra persona.
<< Midori >> disse improvvisamente la diciottenne diventando rossa in volta per quella rivelazione << Io mi chiamo Midori >>.
Alzò timidamente gli occhi verso il venticinquenne e scoprì che aveva chinato il capo sul suo. Le loro fronti si sfiorarono mentre i loro sguardi s’incrociarono.
<< Te lo dico perché mi sembra giusto che tu lo sappia ora che stiamo insieme >>.
Nel pronunciare quella frase, aveva trattenuto il fiato. L’aveva detta veramente? Ma cosa le era passato per la testa?
Il ragazzo la baciò annullando i pochi centimetri che lo distanziavano dalla sua bocca e mettendo fine a tutte le paranoie che stavano nascendo in lei.
<< Il tuo ragazzo si chiama Nagi >> le rispose senza staccare gli occhi da quelli della diciottenne.
Quelle parole le riempirono il cuore di felicità. Era tutto vero. Si baciarono nuovamente e con più passione. La lingua del ragazzo scese lentamente sul suo collo facendola sussultare per la sorpresa. Era una sensazione nuova per lei ma anche gradita, che le faceva venire i brividi. Sentiva di provare qualcosa di molto forte per lui. Improvvisamente un rumore di foglie secche spezzate attirò la sua attenzione facendole aprire gli occhi. Due Orphan stavano venendo verso di lei. Velocemente scansò Nagi da sé mettendosi in piedi e ordinandogli di allontanarsi il più rapidamente possibile. Il ragazzo guardò per un attimo prima lei e poi si voltò. Lo stupore si disegno sul suo viso mentre si affiancava alla diciottenne. Senza pensarci troppo, Midori evocò le sue pistole dal calcio madreperlato e sentirle premere nei palmi le fece provare una sensazione di protezione. Dentro di sé imprecò. Quei mostri riuscivano sempre a rovinare i momenti più belli.
<< Vattene Nagi! >> urlò pronta a fare fuoco senza troppe mezze misure.
Lo vide scuotere il capo.
<< Non posso lasciarti qui da sola >>.
<< Questo non è un consiglio ma un ordine! >>.
Il ragazzo ingoiò un groppo di saliva ma continuò ad ostinarsi sulla sua posizione. Intanto i due Orphan si erano fermati per valutare la situazione. Erano alti e sottili, dalle vaghe sembianze umane, dal colore grigio, calvi e con gli occhi ridotti a due fessure. I loro lineamenti erano inesistenti, esattamente come il naso e la bocca era solo una linea dritta. Si erano piegati sulle ginocchia ed immediatamente erano stati circondati da scariche elettriche. Midori sparò ed evocò il suo lupo. Aveva bisogno di lui, non poteva mettere a rischio anche la vita di Nagi oltre che la sua.
<< Duran, carica i proiettili di diamante e spara! >>.
Ma il colpo non sortì l’effetto sperato; l’elettricità faceva da barriera ai due mostri. La diciottenne fece fuoco contro di loro senza alcun miglioramento. Il primo Orphan fece un passo avanti e le lanciò una scarica elettrica che lei prontamente evitò.
<< Per favore, mettiti in salvo! >> gridò rivolta al ragazzo mentre si allontanava col suo Child. Doveva allontanarli da lui.
Se non poteva colpirli con le sue armi, doveva trovare il loro punto debole. Evitò altri due attacchi che frantumarono il cemento della strada e non smise di correre. Aveva bisogno di un piano. Si passò una mano sulla fronte alla ricerca di una soluzione e in quel momento alcune gocce di pioggia le colpirono il viso.
È proprio vero che le disgrazie non vengono mai da sole, pensò ironicamente facendo attenzione a non scivolare.
Continuò a correre col fiato corto e il cuore che le martellava nel petto zigzagando tra i sentieri del parco e gli alberi. Con la coda dell’occhio poteva vederli starle dietro senza problemi e non essere fiaccati dall’acqua che cadeva sempre più forte. Si fermò dietro un albero per riprendere fiato e ordinare a Duran di fare fuoco. Colti impreparati dall’attacco del Child, uno dei due cadde a terra morto per diventare immediatamente polvere mentre l’altro si riparava a sparare una scarica di elettricità. Midori si allontanò dal pino un attimo prima che fosse colpito e iniziasse a bruciare. Saltò su un ramo basso riprendendo la sua corsa senza una meta precisa. L’unica domanda che il suo cervello si poneva era se Nagi le avesse ubbidito. Non avrebbe tollerato di perdere anche lui, soprattutto ora che nella sua vita stava andando tutto bene. Emise un urlo di rabbia mentre saltava da un ramo all’altro per evitare di essere ferita da un attacco dell’Orphan. Per terra, Duran la seguiva fedelmente. Improvvisamente mise il piede su una parte marcia e perse l’equilibrio cadendo rovinosamente a terra. Le pistole le sfuggirono di mano e, sbattendo la testa, perse il contatto col suo Child. Si voltò in tempo per vedere il mostro a pochi metri da sé. Rotolò a destra per sfuggire alla sua scarica elettrica e poi a sinistra per lo stesso motivo mentre le vesti si laceravano. Si mise carponi per arrivare alle sue armi ma una raffica di elettricità la colpì all’altezza della schiena. Si accasciò a terra dopo aver urlato riuscendo solo a mettersi a pancia in su. Respirò profondamente cercando aria che le sembrava essere inaspettatamente scomparsa e chiuse gli occhi sapendo che ne avrebbe ricevuta un’altra.
<< Natsuki, no! >>.
A quell’urlo riaprì le palpebre vedendo davanti a sé, a farle da barriera protettiva, Nagi con le braccia spalancate. Il ragazzo gridò per il dolore della potenza della scarica e si accasciò sulle ginocchia.
<< Nagi! >> esclamò la diciottenne muovendosi verso di lui colpita dalle parole che aveva usato e dal gesto << Duran! >> aggiunse subito dopo richiamando il suo Child mentre un senso di folle rabbia la invadeva. Quei mostri si erano già presi sua madre, non avrebbe permesso che accadesse la stessa cosa con il venticinquenne << Uccidilo! Carica i proiettili di diamante! >>.
Duran ululò mettendosi in posizione d’attacco e colpì l’Orphan che non ebbe modo di creare un muro di elettricità per proteggersi. Midori si avvicinò al ragazzo che sanguinava da una tempia ma le sorrideva. Le accarezzò una guancia come se volesse rassicurarla.
<< Complimenti, Kuga >> disse semplicemente mentre la pioggia continuava a bagnare i loro corpi.
<< Ti avevo detto di andartene! >> sbottò la ragazza incapace di trattenersi << Ti avevo detto… >>.
Le parole le morirono in gola quando Nagi l’abbracciò stringendola a sé con trasporto. Lentamente sentì tutto il terrore provato in quegli attimi abbandonarla.
<< Va tutto bene >> le sussurrò in orecchio << Nessuno di noi è ferito >>.
Midori annuì inghiottendo un groppo di saliva e si sciolse dalle sue braccia. Si guardarono negli occhi e si sorrisero. Erano sporchi, graffiati, bagnati ma per la ragazza erano solo particolari senza senso. Adesso c’erano altre domande, altri dubbi che le attraversavano la mente; più importanti delle sue condizioni estetiche.
<< Tu hai detto… >> iniziò lei abbassando lievemente lo sguardo << Hai pronunciato… >>.
<< Il nome di tua madre? >> concluse il ragazzo tenendo ben strette le mani della diciottenne nelle sue. La vide asserire col capo in un movimento appena percettibile << Io l’ho vista, Midori; ero solo un ragazzino e lei mi ha salvato la vita tanti anni fa >>.
La ragazza alzò gli occhi su di lui attenta.
<< Me la ricordo benissimo. Era bella e indomabile, fiera e glaciale, combatteva con un’energia che non avevo mai visto e uccise col suo animale i mostri che mi stavano inseguendo. Era come te, tu le somigli moltissimo e adesso che ti ho vista lottare contro quelle creature ho ricordato la scena. Ho gridato il suo nome senza pensare a nulla, con l’unico desiderio di salvarti la vita. Non chiedevo nient’altro e non mi interessa se mi sono ferito o se ho provato dolore. L’importante è che tu stia bene. Voi fate qualcosa di meraviglioso, che salva la gente; io non pretendo di capire cos’è o per quale motivo accade, mi interessa solo stare con te >>.
Midori lo baciò comprendendo quale fosse quel grande sentimento che spingeva sua madre ad amare Shizuru e il ragazzo contraccambiò intrecciando le sue dita a quelle di lei. Lentamente fece scendere la lingua lungo il collo della ragazza sentendola rabbrividire. Lentamente insinuò le dita sotto la maglietta e le accarezzò la morbida pelle. Era completamente in suo potere.
<< Aspetta >> disse improvvisamente Midori allontanandolo da sé con due dita.
<< Scusami >> rispose repentinamente Nagi ritirando le mani dal suo corpo << Non voglio costringerti a fare qualcosa che non vuoi >>.
Lei gli sorrise posandole l’indice sulle labbra e accarezzandole con la punta. Si alzò in piedi facendogli segno di fare lo stesso e gli strinse la mano sinistra mentre con quella libera disegnava strane rune nell’aria che s’illuminarono di luce rossa. Quando terminò, entrambi si ritrovarono in una valle silenziosa e illuminata dalla luce della luna piena. Nagi si guardò intorno incredulo senza sapere cosa dire e i suoi occhi caddero sull’arco bianco che si ergeva minaccioso sul paesaggio. Un lieve sorriso di compiacimento gli increspò le labbra prima di tornare a fissare la ragazza che l’aveva magicamente condotto lì. Midori gli baciò la mano che stringeva.
<< Qui saremo al sicuro, nessuno ci disturberà >> disse muovendo alcuni timidi passi sul terreno << In questo posto esistiamo solo tu ed io >>.
Il venticinquenne l’abbracciò da dietro baciandole la guancia.
<< E’ bellissimo >>.
<< E’ stato creato da un mio antenato tanto tempo fa. Un giorno, se avrai voglia, ti racconterò la sua storia >> spiegò la diciottenne voltandosi verso di lui per guardarlo negli occhi.
Aveva deciso di mostrargli quel luogo di pace e serenità per non essere più disturbati da nessuno. Desiderava fare l’amore con lui non solo per accontentarlo ma soprattutto per sentirsi parte di qualcosa di più grande che ancora non aveva sperimentato e voleva accadesse in un posto particolare come quello. Si gettò tra le sue braccia sentendo il cuore batterle forte nel petto e si alzò sulla punta dei piedi per baciarlo con intensità. Non ci fu bisogno di ulteriori parole per capire ciò che entrambi volevano. Le sue mani corsero alla camicia del ragazzo per aprire con dita tremanti i bottoni mentre lo sentiva scendere verso l’inguine all’altezza della cerniera dei jeans. Si baciarono di nuovo e si ritrovarono stesi per terra. Nagi la sovrastava col suo corpo mentre le toglieva la maglietta e baciò ogni singolo graffio che trovò sul suo petto. Midori aveva il cuore che batteva ad una velocità spaventosa nel petto e non smetteva di osservarlo. Arrossì quando si rese conto di essere senza reggiseno e provò a voltarsi per chiudersi in posizione fetale per l’imbarazzo ma il ragazzo non glielo permise. Le sorrise per infonderle coraggio e scese verso la zip già aperta dei pantaloni. Ritornò in alto catturando le labbra della diciottenne in un lungo bacio e con la punta della lingua iniziò a disegnare simbolo senza senso su petto e pancia. Sentiva distintamente l’eccitazione bruciargli dentro e il desiderio di farla sua era forte. La guardò come se stesse chiedendo un consenso e il sorriso di Midori lo incoraggiò.
<< Sei bellissima >>.
 
L’alba stava sorgendo da poco, quando Nagi si svegliò. Lentamente spostò il braccio della ragazza dal suo petto e si alzò in piedi mentre i suoi occhi si fissavano sul portale. Sorrise; quella notte era stata meravigliosa, non si era aspettato che potesse esserlo veramente. Credeva che avrebbe dovuto fingere fino alla fine e invece, mentre faceva l’amore con quella ragazza, era potuto essere se stesso e permettersi e di godere di quegli attimi che Midori gli stava regalando. Per essere stata la sua prima volta doveva ammettere che era stata brava. Indossò la camicia che era buttata poco lontano dai loro corpi e si inginocchiò di fronte all’arco di marmo bianco.
Presto, pensò, Presto riuscirò a completare il mio piano. Ormai manca molto poco.
 

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Capitolo 10
*** Ritorno a casa ***


Midori fissava il suo riflesso nel vetro della finestra della sua aula con un mezzo sorriso stampato sul volto. Anche se provava, non riusciva cancellarlo allo stesso modo in cui non riusciva ad eliminare il volto del venticinquenne dalla sua mente. Per lei rappresentava tutto il suo mondo, tutto quello che desiderava, tutto ciò che aveva sempre cercato e finalmente trovato. Dopo tanto tempo, poteva dire di essere felice. Nagi era gentile, intelligente, simpatico e sapeva stimolarla e spronarla. Con lui accanto, le pareva, in un certo senso, di essere tornata la bambina che era prima della morte della madre. E poi era convinta che fosse stato il destino a farli incontrare. Natsuki l’aveva salvato parecchi anni prima dall’attacco degli Orphan, per questo conosceva quei mostri e non ne era spaventato; e adesso si era innamorato della figlia di quella donna. Non poteva essere un caso, qualcuno aveva deciso di darle una seconda possibilità.
Ha più spina dorsale lui di Kyoshiro, pensò poggiando la fronte sul freddo vetro, Lui che non è un guardiano, non ha avuto paura di morire.
Storse il naso nel costatare che ancora una volta aveva nominato il ventunenne e sbuffò leggermente, annoiata dalla lezione di matematica. Tutte quelle nozioni, quelle formule e quei numeri non le sarebbero serviti nel futuro. Ritornò con la mente alla notte in cui avevano fatto l’amore. Era stato bellissimo, aveva provato un piacere che credeva non essere umanamente possibile. Si era donata completamente a lui, gli aveva fatto dono della cosa più preziosa che possedeva. Aveva riposto tutta se stessa nelle sue mani senza esitazioni, senza paura, senza ripensamenti. Non era pentita; anche se non glielo aveva mai detto, credeva di amarlo. Non ne era sicura, ma non aveva provato mai niente di simile per nessuno. Le piaceva tutto di lui, dal suo sguardo intelligente fino al più piccolo e insignificante particolare del suo corpo. Si passò un dito sulle labbra immaginando che fosse il suo. Ogni volta che la sfiorava, riusciva a farle sentire i brividi per l’eccitazione e si rendeva conto che qualunque cosa le avesse chiesto, lei gliela avrebbe data volentieri. Quello che provava per Nagi era molto forte, talmente tanto che delle volte pensava che le sarebbe scoppiato il cuore. Il suono della campanella la riportò alla realtà. Alzò gli occhi sulla lavagna dove il professore stava scrivendo gli esercizi da fare a casa. Sorrise appena mentre si stiracchiava e si metteva in piedi. Si affrettò a mettere tutto nello zaino e corse fuori. Con la coda dell’occhio vide Mai scendere le scale del liceo per avviarsi alla macchina e, anche se era cosciente che l’aveva vista, non si voltò per salutarla. Non aveva intenzione di ascoltarla parlare male del ragazzo che stava frequentando. Amava sentirsi libera di fare ciò che le andava. Appoggiata contro la ringhiera, non dovette attendere a lungo il ragazzo. Nagi si fermò davanti a lei scendendo dalla moto e sollevando la visiera del casco integrale. Le sorrise mentre l’abbracciava. Midori contraccambiò soffermandosi ad osservare per l’ennesima volta la due ruote del venticinquenne. Ancora non riusciva credere che il ragazzo possedesse una fantastica Ducati blu metallizzata. Si era fatta promettere che un giorno gliela avrebbe fatta guidare.
<< Sei innamorata di me o della mia moto? >> domandò ironicamente Nagi cui non sfuggivano le lunghe occhiate che lanciava la ragazza al suo mezzo di trasporto.
<< Scemo! >> esclamò la diciottenne ridendo.
Gli tolse il casco per poterlo baciare e lo abbracciò sentendo quella piacevole sensazione all’altezza dello stomaco. Lui le accarezzò il volto con gentilezza e la prese per mano. Le porse un altro casco sempre integrale e partirono. Midori gli cinse il corpo e poggiò la testa sulla sua schiena. Nonostante la protezione, riusciva lo stesso a sentire il battito del suo cuore. Sorrise respirando profondamente mentre la sagoma della stazione si profilava all’orizzonte. Si voltò dall’altra parte come se in quel modo potesse sfuggire a ciò cui stava andando incontro. Era sabato, era arrivato il momento di tornare a casa. L’unica cosa che la spingeva a compiere quel passo dopo mesi di assenza da Ombras era la promessa fatta alla sorella. Solo per quel motivo la sera precedente ne aveva parlato con Nagi che, comprensivo come sempre, si era offerto di accompagnarla a prendere il treno. Dopo avevano fatto l’amore. Arrossì a quel ricordo e scoprì che le sarebbe mancato, anche se si trattava solo di un paio di giorni. Il venticinquenne parcheggiò vicino la grande fontana e l’accompagnò fino al binario portandole lo zaino.
<< E’ leggero >> sentenziò mettendolo su una spalla.
<< Non mi sono portata molto, solo le stretto necessario. Dopotutto, sto andando a casa >>.
Le faceva uno strano effetto pronunciare quelle parole.
<< Spero che tu non abbia dimenticato l’intimo color pesca, è il mio preferito >> scherzò Nagi sottovoce per non farsi sentire da estranei.
Il volto di Midori prese fuoco mentre faceva finta di malmenarlo. 
<< Homura, non è divertente! >>.
Il ragazzo ridacchiò ancora per un po’; poi, quando sentì il fischio del treno, la abbracciò per salutarla.
<< Comportati bene >> le disse sorridendo.
Lei affondò il volto nel suo petto stringendolo.
<< Mi mancherai >> sussurrò.
Nagi le sollevò il volto e la baciò con calma assaporando le sue labbra. Doveva ammettere che avevano un sapore gradevole. Le sorrise salutandola con la mano quando lo sportello del vagone si aprì per permettere ai passeggeri di entrare e continuò a restare fermo nello stesso punto finché il treno non scomparve dalla sua vista. Quel gioco gli stava piacendo sempre di più, ci stava prendendo gusto.
Midori Fujino, pensò inclinando leggermente il capo verso destra, Tu condurrai alla vittoria me e mio fratello senza nemmeno accorgertene.
 
Mai aveva visto Midori salire sulla moto di quel ragazzo sconosciuto ed ebbe uno strano presentimento. In teoria sarebbe dovuta sentirsi sollevata; la diciottenne, nell’arco di pochi giorni, era riuscita a recuperare nelle materie in cui rischiava una insufficienza così da non essere più in pericolo per bocciatura. Era opinione comune tra gli insegnanti ammetterla agli esami di maturità. Eppure non lo era. Sentiva che quel giovane uomo non era ciò che faceva credere di essere. Ad una sola occhiata avrebbe detto che era più grande del figlio di tre o quattro anni e da lì nella sua mente si facevano strada molte domande su come si fossero conosciuti e a che punto era quella specie di relazione. Il solo pensiero che la ragazza si fosse spinta troppo oltre con una persona che conosceva appena, la faceva stare male. Non sapeva spiegarne il motivo, ma lo sconosciuto le metteva i brividi. Fu risvegliata dai suoi pensieri dall’arrivo della figlia.
<< Ciao mamma! >> esclamò la sedicenne rivolgendole un ampio sorriso.
<< Ciao Himeko >> la salutò la donna aprendo l’auto ed entrando << Com’è andata oggi? >>.
La figlia si mise la cintura di sicurezza e prima di rispondere inviò un sms.
<< Tutto ok >> disse infine << Nel pomeriggio ho una riunione con tutti gli altri rappresentanti di classe del liceo >>.
Mai annuì inserendo una marcia. Himeko aveva un carattere mite e solare come lei, al contrario di Kyoshiro, che riusciva a fare amicizia con chiunque senza problemi e si faceva volere bene da tutti. Con i suoi compagni non aveva mai avuto problemi e il fatto era testimoniato dal fatto che era il terzo anno consecutivo che veniva eletta rappresentante della sua classe.
<< Ti devo accompagnare io o papà? >>.
Il silenzio che ne seguì, la fece voltare leggermente verso la figlia che era arrossita.
<< Non ce n’è bisogno >> disse infine guardando fuori dal finestrino.
La sedicenne non era mai stata particolarmente brava a dire bugie, ogni volta che ci aveva provato era stata puntualmente scoperta dai genitori e alla fine aveva capito che avrebbe dovuto rinunciare. In quel momento avrebbe potuto raccontare qualunque cosa alla madre per non farle capire la verità e invece non riusciva a pronunciare una sola parola.
<< Mi viene a prendere un amico >> sbottò infine maledicendo il semaforo rosso che aveva costretto la madre a fermarsi. Sapeva che adesso la stava guardando.
<< Un amico? >> ripeté Mai con aria indagatoria ma anche divertita dall’imbarazzo della figlia << Chi? >>.
<< Hiroshi >> rispose con un filo di voce Himeko tamburellando le dita sul ginocchio.
<< E ha anche un cognome questo Hiroshi? >>.
<< Hiroshi Tenou >>.
Il verde scattò e alla sedicenne scappò un sospiro di sollievo mentre con la coda dell’occhio vedeva la madre inserire la prima per ripartire.
<< Ma è uno dei miei ragazzi? >> domandò la donna dai capelli rossi nonostante sapesse già la risposta.
La sedicenne si limitò ad annuire.
<< Okay Himeko, adesso respira! >> esclamò Mai lasciandosi andare ad una risata per il comportamento della ragazza.
<< Mamma! >> ribatté la figlia.
<< Non c’è niente di male, tranquilla! Non ho intenzione di chiuderti in convento perché nel pomeriggio ti vedi con un ragazzo >>.
<< Io non mi vedo con un ragazzo! >> precisò Himeko sempre più rossa << Mi viene solo a prendere a casa perché io non ho il motorino! >>.
Le fece la linguaccia divertita dalla situazione. Con Mai aveva un ottimo rapporto, era una madre fantastica.
<< Va bene, adesso si dice così! >>.
Entrambe scoppiarono a ridere e quasi non si accorsero di essere arrivate sotto casa. La donna guardò la figlia scendere e mettersi sulle spalle lo zaino. Non credeva possibile che fossero già trascorsi sedici anni dalla sua nascita. Sia lei che Tate avevano voluto molto un secondo figlio e, avendo già un maschietto, una bambina era ciò che entrambi speravano. Un po’ come era avvenuto tra Shizuru e Natsuki. Sorrise tristemente nel ricordare la figura della mora.
Spero che tu stia vegliando su tua figlia, Natsuki.
 
Il viaggio era stato lungo e monotono, non era abituata ai treni e alle sue fermate. Per lei la velocità, unita al vento che le scompigliava i capelli, era tutto. Più volte si era alzata in piedi per fare due passi nel vagone e altrettante volte era tornata a sedersi sbuffando. Desiderava sentire Nagi ma sapeva che a quell’ora era impegnato all’università e così si dovette accontentare di rileggere i suoi messaggi. Le persone con cui divideva lo scomparto le apparivano tristi e noiose; c’era un prete che leggeva un testo sacro, una donna che si mangiava nervosamente le unghie e un uomo che leggeva il giornale mentre teneva tra le labbra un sigaro spento. Ai suoi occhi sembravano prive di qualunque curiosità. Si appoggiò allo schienale respirando profondamente e provò a dormire un po’. Aveva appena chiuso gli occhi quando il suo cellulare prese a squillare. Attivò la conversazione sperando che non fosse la donna a chiamarla e le sue speranze furono accontentate. Sorrise nel sentire la voce gentile di Ruka.
<< Midori dove sei? >>.
<< In treno >> rispose la diciottenne allontanandosi dallo strano gruppo per poter parlare liberamente << Non preoccuparti, sto arrivando! >>.
Sentì la bambina ridere.
<< Ha detto mamma che ti veniamo a prendere in stazione quindi non ti muovere! >>.
<< Pensavo di prendere un taxi fino a casa >> disse Midori << Dici… >> esitò leggermente e dovette ingoiare un groppo di saliva << …dici a mamma che ci vediamo direttamente a casa. Lei probabilmente lavorerà ancora >>.
La bambina riferì il messaggio alla donna che doveva starle accanto e l’attimo dopo riprese la conversazione con la sorella maggiore.
<< No, ha detto che si è liberata apposta per venire in stazione >> rispose la bambina.
<< Ah, okay allora >>.
<< Non sei contenta? >> chiese Ruka accorgendosi del cambiamento nella voce della diciottenne.
<< Ma sì, certo >> si affrettò a riprendersi Midori << Però devi venire anche tu a prendermi! >>.
<< Va bene! >> disse la più piccola << Ci vediamo più tardi! >>.
Midori la salutò e tornò al suo posto con poco entusiasmo e si addormentò immediatamente.
La svegliò l’avviso del conducente del treno che informava i viaggiatori di essere giunti alla loro ultima tappa. Midori si stiracchiò sbadigliando e si accorse che nel vagone era rimasta solo lei. Si strinse nelle spalle mentre infilava il cellulare nella tasca del jeans e indossava il giubbotto. Prese lo zaino e si avviò verso l’uscita. Appena mise piede sulla banchina, la sua attenzione fu richiamata dalla voce femminile di una bambina che le faceva dei cenni con la mano. Come si accorse di avere la sua attenzione, la piccola iniziò a correre nella sua direzione zigzagando tra gli altri passeggeri scesi da poco. La diciottenne sorrise mentre allargava le braccia e si piegava sulle ginocchia, pronta a ricevere l’abbraccio della sorella.
<< Ehi, ciao Ruka >> disse stringendola a sé. La allontanò leggermente per poterla guardare negli occhi << Sei diventata più bella o sbaglio? >>.
<< Dici? >>.
<< Mi sa proprio di sì! >> esclamò la ragazza mettendosi in piedi e scompigliandole i capelli in modo affettuoso.
<< Midori! >> esclamò Ruka dimenandosi mentre rideva.
<< Ciao Midori >> disse Shizuru che si era avvicinata alle due sorelle.
Le sorrise per cercare di non far trapelare l’ansia che provava. Ogni volta che la figlia maggiore tornava, lei non sapeva mai come comportarsi. Una parte di sé desiderava abbracciarla e lasciarsi andare come aveva fatto la piccola, mentre l’altra le imponeva di mantenersi visto che la diciottenne non avrebbe gradito. Le accarezzò il volto senza osare andare oltre.
<< Com’è andato il viaggio? >>.
<< Bene >> rispose la ragazza prendendo per mano Ruka e sistemandosi lo zaino su una sola spalla. Evitò di guardare la donna e concentrò la sua attenzione solo sulla bambina << Sei in forma per domani? >>.
Ruka annuì mentre uscivano dalla stazione e si dirigevano verso l’auto.
<< Vedrai, io e Brio siamo i migliori >>.
<< Ah sì, mi ero dimenticata che hai messo un nome del genere al tuo cavallo >> rise Midori prendendola in giro.
La sorella le fece una pernacchia.
<< Mamma, diglielo che è un bel nome! >>.
<< Certo che lo è Ruka >> rispose Shizuru mettendo in moto << Tua sorella è solo invidiosa! >>.
<< Non è assolutamente vero! >> scattò Midori sentendosi colpita.
La bambina rise felice di rivedere finalmente la diciottenne. Tornarono a casa e, mentre attraversavano il lungo viale alberato, la ragazza pensò che era tutto come ricordava nonostante i due mesi d’assenza. Si scoprì con una mano poggiata sul finestrino e l’altra stretta in quella della sorella che varie volte durante il tragitto l’aveva abbracciata e stretta come se avesse bisogno di un contatto per comprendere che era veramente con lei. Shizuru l’osservava in silenzio non senza provare un misto di felicità e angoscia nel costatare che Midori evitava i suoi sguardi. Dopo aver parcheggiato, entrarono in casa. Immediatamente furono accolti dai domestici che riempirono la ragazza di complimenti e si preoccuparono di preparare la cena. Congedandosi velocemente, la diciottenne preferì salire in camera sua e fu seguita da Ruka.
<< Che cosa vuoi mostriciattolo? >> le chiese vedendola sulla soglia della porta.
<< Non sono un mostriciattolo! >> le precisò la sorella entrando e sedendosi sul letto << E poi non volevo niente >>.
Midori aprì lo zaino sistemando le poche cose che si era portata nei cassetti. Passò un dito sulla scrivania e sulle mensole notando che non c’era nemmeno un filo di polvere. Anche se non era presente, la sua camera era sempre stata pulita. Sollevò gli occhi sulle innumerevoli fotografie che aveva e sorrise. Le era mancato tornare da quei ricordi, erano parte della sua vita.
<< La mamma ha messo una copia di quella foto in camera sua >> disse la bambina indicando una cornice d’argento cui la diciottenne teneva particolarmente. Midori la prese tra le mani sedendosi accanto a lei. Rappresentava solo Natsuki che teneva tra le braccia la prima figlia di poche settimane. Sorrideva ed era spensierata come se non ci fossero problemi.
<< Era bella la mamma, vero? >>.
La ragazza annuì ingoiando un groppo di saliva.
<< Lei era fantastica in tutto quello che faceva >> rispose.
<< Vorrei tanto averla conosciuta, credi che le sarei piaciuta? >>.
Midori le accarezzò una guancia sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
<< Ovvio, Ruka >> disse con voce leggermente tremante << Sei sua figlia esattamente come me. Solo noi due e mamma Natsuki >>.
Le baciò la fronte abbracciandola mentre una lacrima solitaria le rigava il volto.
Kyoshiro è tutta colpa tua se mia sorella non ha potuto conoscere nostra madre.
 
Durante la cena Midori fu silenziosa e rispose con brevi monosillabi alle domande della madre rallegrandosi solo nel sentire la voce di Ruka. La bambina era allegra, felice e rideva spesso senza rendersi conto di quanto fosse tesa la situazione. Per lei, sua sorella e la donna non avevano nessun problema e nessuna incomprensione; semplicemente non si vedevano spesso e non parlavano molto. Voleva troppo bene ad entrambe per comprendere che sotto c’era altro.
<< Mai mi ha detto che ti sei ripresa a scuola >> disse Shizuru sorridendole amabilmente. Cercava di portare la figlia sul discorso che le aveva brevemente accennato l’amica per telefono a ora di pranzo. Voleva sapere che tipo di ragazzo stava frequentando la ragazza.
Midori si limitò ad annuire.
<< Se ti facevi bocciare, penso che ti avrei preso in giro per tutta la vita! >> esclamò Ruka ridendo.
<< Ed io te l’avrei fatta pagare >> rispose prontamente la sorella facendole l’occhiolino.
<< Sono contenta che tu abbia messo la testa a posto >>.
Finirono di cenare senza che la diciottenne si sia fatta scappare nulla. Non desiderava rivelare di Nagi, la relazione col ragazzo era una cosa che voleva tenere per sé; le bastava che Mai e Kyoshiro l’avessero vista in sua compagnia. Diligentemente Ruka salutò sia Midori che la madre per andare a dormire. L’indomani doveva alzarsi presto per partecipare alla gara ed era molto in ansia per questo.
<< Stai tranquilla pulce >> la salutò la sorella scherzando << Buonanotte >>.
<< Mettiti il pigiama e infilati nel letto >> disse Shizuru dandole un bacio sulla guancia << Tra poco passo a darti la buonanotte >>.
La bambina annuì e salì al piano superiore sotto gli occhi vigili della donna dai capelli castani. Midori aspettò qualche istante prima di alzarsi in piedi e allontanarsi dal salone.
<< Dove vai? >> chiese la madre.
<< A fare due passi >> rispose senza voltarsi.
<< Credevo che avremmo parlato un po’ adesso >>.
Un lieve sorriso increspò le labbra della diciottenne.
<< Non abbiamo nulla da dirci >>.
<< Midori, mi piacerebbe capire cosa ti sta succedendo. Vorrei essere presente nella tua vita e tu, in questo modo, non mi stai aiutando >>.
<< Io non devo aiutarti a fare niente. Sei tu che hai scelto questa vita, sei tu che mi hai mandata a vivere a Tirha, sei tu che hai avuto paura di quello che ero diventata >>.
Shiruzu fu colpita da quelle parole così fredde e distaccate ma soprattutto dal loro contenuto. Era la prima volta che glielo diceva, la prima volta che la colpevolizzava apertamente senza chiudersi nei suoi ostinati silenzi.
<< Io non avrei mai voluto farlo, non ti avrei mai lasciata a Mai e a Tate! >> esclamò con voce tremante << L’ho fatto per te! >>.
<< Certo, ne sono sicura >> rispose Midori con una nota ironica. Non credeva alle sue parole, non ci riusciva. Erano trascorsi dieci anni da quella volta e lei si era creata una sua nuova vita anche con l’aiuto di Nagi. Uscì e l’aria frizzantina della notte la investì facendole per un momento girare la testa. Si accese una sigaretta, aveva desiderato farlo fin da quando era tornata a casa e solo ora si permetteva il lusso di fumare. Non che le interessasse cosa avesse pensato la donna se l’avesse vista ma non voleva che Ruka pensasse che fosse una cosa positiva. Sapeva che era sbagliato e non desiderava che la sorella prendesse le sue insane abitudini. Aspirò ampie boccate mentre camminava per la grande tenuta. Quando era bambina, insieme a Kyoshiro e Himeko, spesso aveva giocato ad essere una esploratrice talmente grande le pareva il terreno. Sorrise rendendosi conto che le gambe la stavano conducendo verso la stalla. Aprì la porta lasciandosi investire dall’odore del fieno e mosse i primi passi in modo incerto. Shizuru era un’eccellente cavallerizza e aveva insegnato quell’arte anche alle figlie che molto precocemente avevano dimostrato il loro talento. Nella stalla c’erano quattro cavalli che si svegliarono nel sentirla arrivare ma solo uno nitrì nel riconoscerla. Arrivò al suo box e allungò una mano per potergli accarezzare il muso.
<< Ciao Bregho >> disse sottovoce guardandolo negli occhi scuri << Mi dispiace essere stata via tutto questo tempo >>.
L’animale sbuffò come se comprendesse quello che le stava dicendo e fece un passo indietro.
<< Scusa >> continuò Midori osservando il cavallo. Era stato un regalo della madre prima di morire, adesso era anziano ma restava sempre il suo animale << Scusami tanto >>.
Entrò nel box per abbracciarlo mentre le prime lacrime facevano capolinea sul suo volto. Gli accarezzò la morbida criniera e il pelo corto sentendo risvegliarsi in lei gli antichi sentimenti che credeva aver dimenticato. L’ultima volta che era tornata ad Ombras non era andata a salutarlo, non se l’era sentita anche se Ruka la teneva spesso aggiornata sul suo stato di salute. Gli passò una mano sotto il muso passando al collo e poi al tronco del corpo. Nonostante avesse dodici anni, Bregho godeva ancora di buona salute. Gli sorrise ancora calmandolo.
<< Scusa >> ripeté più a se stessa che al cavallo << Mi sei mancato >>.
Poggiò la fronte su quella di Bregho e sospirò senza avere timore di trattenere le lacrime. Di fronte all’animale non poteva mentire. Sapeva di non essere una brava persona, sapeva di avere sbagliato con lui, sapeva di non comportarsi bene. Eppure non riusciva a cambiare. Dopo un tempo che le parve infinito, si staccò dal cavallo uscendo dal piccolo recinto e rimise la sicura alla stalla per impedire che la porta si potesse aprire. Si appoggiò alla parete di legno asciugandosi il volto e respirando profondamente. Si accese un’altra sigaretta tirando su una gamba. Alzò gli occhi verso il cielo sentendosi tremendamente in colpa per quel suo meschino comportamento nei confronti dell’animale che non aveva fatto nulla per meritarsi un simile trattamento da parte sua. Ritornò a fissare il terreno facendo cadere la cenere.
Se solo fossi qui.
Si staccò, introducendosi tra gli alberi. Improvvisamente colse un movimento alle sue spalle. Si voltò di scatto impugnando le pistole.
<< Mi arrendo >> disse una voce familiare con un pizzico d’ironia dietro un pino << Non sparare >>.
Midori fece sparire le sue armi mentre sentiva il cuore battere più forte.
<< Nagi? >> domandò con aria interrogativa.
Il ragazzo sbucò dal suo nascondiglio con le mani alzate.
<< Non farmi del male! >>.
<< Che cosa ci fai qui? >>.
Il venticinquenne la abbracciò facendola voltare.
<< Non ti sono mancato? >> le chiese in un orecchio sfiorandole la guancia con la sua.
La diciottenne sentì distintamente l’ispido della sua barba e sorrise.
<< Che ci fai qui? >>.
<< Sono venuto a trovarti >> rispose il giovane iniziando a baciarle il collo con passione.
Midori rabbrividì a quel contatto e provò a girarsi per guardarlo negli occhi. La prese del ragazzo, però, si fece più forte e le impedì di muoversi.
<< Che cosa vuoi fare? >> gli domandò con un filo di voce sentendo una sua mano insinuarsi sotto la gonna che indossava. Una scarica elettrica l’attraversò quando le dita di Nagi vennero a contatto con la sua femminilità << Vuoi farlo qui? >>.
<< Non ti eccita un simile pensiero? >>.
<< Potrebbe vederci qualcuno >> rispose Midori sussultando e provando nuovamente a voltarsi. Anche questo tentativo andò a vuoto.
<< Hai paura che mammina potrebbe vederti mentre fai sesso con un ragazzo in mezzo al bosco? >> la canzonò il più grande senza smettere di massaggiarle l’inguine.
A quella provocazione, la diciottenne reagì andando a cercare con le mani la zip del jeans nonostante gli desse le spalle.
<< Non sono una brava ragazza >> disse.
<< Lo so perfettamente >> rispose Nagi abbassandole lo slip.
<< Vuoi farlo in questo modo? >> domandò la ragazza sentendo la presa sulle sue mani, poggiate sulla corteccia dell’albero, aumentare per ostacolarle ogni movimento.
<< Non ti eccita? >>.
La lingua di Nagi le accarezzò il collo scendendo verso la scollatura della camicia. Sentiva che si stava bagnando, la sua era una domanda retorica. Le baciò una spalla mordendole la pelle attraverso il tessuto e rise leggermente. Quella diciottenne era completamente in suo potere, poteva farle fare ciò che più voleva. Si abbassò il jeans con la mano libera avvicinandosi maggiormente al corpo dell’altra.
Ci sarà da divertirsi dopo, pensò trattenendo una risata e gettando un’occhiata alla casa illuminata. 

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Capitolo 11
*** Pericolo in casa ***


Shizuru sorrideva nell’osservare il volto addormentato della bambina. Era ancora così pura, così immacolata che le veniva da piangere. Le sfiorò una guancia indugiando qualche attimo sui suoi lineamenti. La piccola Ruka si era addormentata immediatamente e l’ansia che provava durante la cena pareva essere scomparsa.
<< Andrà tutto bene >> sussurrò la donna chinandosi per darle un bacio leggero.
Ruka si mosse leggermente ma non si svegliò.
La madre si allontanò dal suo letto, fermandosi sull’uscio della porta e continuò a guardare il corpo della figlia. Anche la bambina, come Midori, era stata una benedizione. Sorrise con tristezza mentre si passava una mano sul ventre nel ricordare quello che era accaduto dieci anni. Desiderava tanto un secondo figlio, un fratellino da dare a Midori ma la sorte era stata loro avversa.
 
La donna dai capelli castani si era mossa leggermente nel letto senza smettere d’osservare la ripetitività della goccia che cadeva dalla flebo a cui il suo braccio era attaccata. Aveva sentito la porta della stanza aprirsi e si era sbrigata a voltarsi chiudendo gli occhi.
<< Shizuru, sei sveglia? >>.
Era la voce di Natsuki. Involontariamente la donna si era passata una mano sulla pancia e aveva sentito gli occhi riempirsi di lacrime al pensiero di ciò che le accaduto. Il desiderio di sprofondare in una profonda voragine si era fatto strada nella sua mente.
<< Come ti senti? >> aveva chiesto la mora dopo averla baciata.
Shizuru aveva aperto gli occhi comprendendo che con lei non poteva fingere.
<< Non ce l’ho fatta nemmeno stavolta? >> aveva domandato a sua volta, anche se sapeva già la risposta.
Aveva visto Natsuki mordersi il labbro inferiore mentre abbassava gli occhi e l’attimo dopo l’aveva abbracciata.
<< Mi dispiace >> aveva detto semplicemente accarezzandole i capelli.
<< Midori? >>.
<< E’ con Mai, pensa solo a rimetterti >>.
 
Shizuru e Midori erano tornate a casa dopo aver fatto la spesa e avevano trovato Natsuki in camera della bambina intenta a prepararle la valigia. Nell’incontrare gli occhi interrogativi della compagna, la mora si era affrettata a spedire Midori nel salone con una scusa. La figlia l’aveva guardata a lungo prima di ubbidire; era troppo sveglia per non capire quando succedeva qualcosa.
<< Ubbidisci >> aveva detto Shizuru per incoraggiarla. Solo quando la bambina si era allontanata aveva nuovamente rivolto la sua attenzione all’altra donna << Cosa sta succedendo? >>.
<< Pensavo tornaste più tardi >>.
<< Natsuki, perché stai mettendo in valigia le cose di Midori? >>.
La mora aveva ingoiato un groppo di saliva prima di parlare.
<< Mando Midori per qualche giorno a casa di Mai e Tate >> aveva risposto infine.
<< Cosa? >> aveva esclamato Shizuru << Perché? >>.
Nella sua voce echeggiava nitidamente il terrore.
<< Perché non voglio litigare davanti a mia figlia! >>.
Quelle due parole erano risuonate nella mente della più grande come un martello pneumatico. Aveva sentito una fitta al cuore ed era stata costretta ad appoggiarsi alla scrivania.
Mia figlia… il suo tono era stato così aspro, così sprezzante come se volesse rinfacciarglielo.
<< Pensavo che fosse nostra >> aveva detto con una tristezza infinita << Mi stai accusando di non riuscire ad avere un bambino? >>.
Natsuki aveva sgranato gli occhi rendendosi conto d’aver esagerato.
<< Ma che stai dicendo? >> aveva ribattuto << Certo che è nostra; lo è sempre stata ma, a quanto pare, te ne stai dimenticando! >>.
Shizuru adesso piangeva senza curarsi di nasconderlo.
<< Cosa intendi dire? >>.
<< Io non capisco perché noi non ti bastiamo più! >> era sbottata la mora non riuscendosi a trattenere << Perché sei così ossessionata dal desiderio di volere un altro bambino? Dal volere un figlio tuo? >>.
Quelle domande avevano ferito Shizuru più di un pugno datole in pieno viso mentre Natsuki si era morsa il labbro. Non avrebbe mai pensato che sarebbe riuscito a dirlo veramente. Erano tre anni che la donna le aveva espresso il desiderio di voler ampliare la famiglia come avevano già fatto i loro amici e all’inizio la mora era stata felice sapendo che questa volta sarebbe stata Shizuru a darle un bambino. Quando avevano deciso di avere Midori, la scelta era caduta automaticamente su Natsuki che aveva bisogno di un erede cui affidare Duran alla sua morte. Durante la gravidanza era stato difficile combattere gli Orphan, stare attenta quando correva e uccideva i mostri e, anche dopo la nascita della bambina, era passato molto tempo prima di sentirsi nuovamente bene. L’idea di dover ripetere l’esperienza non l’aveva mai sfiorata, in quei tre anni aveva sempre pensato che Shizuru sarebbe riuscita a portare avanti la gravidanza. E invece, la donna dai capelli castani e gli occhi nocciola aveva avuto cinque aborti. Una volta era arrivata al quarto mese ma mai oltre. La prima volta entrambe avevano pianto ma non si erano lasciate scoraggiare. La seconda Natsuki aveva proposto di lasciar perdere e di riprovarci tra qualche anno, la terza e la quarta era stata distrutta dal dolore di vedere Shizuru in ospedale, la quinta aveva quasi rischiato di perderla. Non avrebbe continuato questo ciclo, non avrebbe retto. Doveva smettere di farsi del male, avevano già una figlia.
<< Mi vuoi lasciare? >> aveva chiesto la donna tra le lacrime.
La mora aveva scosso il capo.
<< Io ti amo >> le aveva risposto con calma << E vorrei che tornassi ad essere quella di prima, quella che mi ha fatto innamorare da ragazza. Questa cosa sta diventando un’ossessione per te! Hai una vaga idea di come mi senta io ogni volta che ti vedo stare male? Di come si senta Midori nel sapere che sua madre è in ospedale? Noi siamo la tua famiglia >>.
Shizuru aveva allungato la mano per stringere la sua e gliela aveva baciata. Non si era mai fatta quelle domande, si era comportata da egoista nei suoi confronti.
<< Scusami >> aveva detto con un filo di voce e intrecciando le sue dita a quelle dell’altra donna << Mi dispiace averti procurato tutto questo dolore >>.
Natsuki le si era avvicinata per darle un bacio sulla fronte.
<< Ti prego, abbandona l’idea di avere un altro bambino >> le aveva sussurrato << Io non posso perderti. Abbiamo bisogno di te, io ho bisogno di te. Naufragherei se non ti avessi più al mio fianco >>.
<< Io volevo darti qualcosa di mio >> aveva risposto Shizuru ricominciando a piangere << Volevo che provassi la mia stessa gioia quando è nata Midori, volevo renderti felice e volevo fare stessa con la bambina. Siamo entrambe figlie uniche, sappiamo cosa vuol dire essere sole e non desideravo che anche per Midori fosse così. Un fratello mi era sembrata una buona idea per colmare quella solitudine che vedo ogni giorno avanzare verso di lei, però ho fallito non una ma ben cinque volte. Non sono capace nemmeno di darti un bambino >>.
Natsuki l’aveva baciata abbracciandola. Non avrebbe mai pensato che dietro quella, che lei aveva definito fissazione, ci fosse una così grande generosità. Si era data della stupida per aver detto e pensato che lo facesse solo per lei. Tutto quello che aveva fatto, l’aveva affrontato solo per la donna che amava.
<< Mi dispiace non averti compreso >> aveva detto asciugandole il volto con la punta delle dita.
Aveva nascosto il volto nell’incavo tra il collo e la spalla come una bambina, vergognandosi terribilmente. Shizuru le aveva accarezzato i lunghi capelli mentre il suo odore le riempiva le narici.
<< Lo farò io >> aveva affermato improvvisamente Natsuki con risolutezza.
L’altra aveva scosso il capo poggiando la fronte sulla sua per guardarla negli occhi.
<< Non posso chiederti una cosa del genere, non dopo quello che hai passato in quei nove mesi >>.
Ricordava com’era stato difficile per lei conciliare i suoi impegni come guardiana e quelli di mamma e soprattutto non avrebbe mai dimenticato la paura che provava la mora ogni volta che doveva combattere.
<< Non me lo stai chiedendo >> aveva ribattuto la mora mentre un leggero sorriso le increspava le labbra << Sono io che voglio farlo >>.
<< Natsuki, io non… >>.
Il dito della donna dagli occhi verdi sulle sue labbra le aveva impedito di continuare.
<< Non mi succederà nulla >> aveva continuato sempre più convinta di volerlo fare << Avremo un altro figlio >>.
Di fronte alla sicurezza di Natsuki, Shizuru non aveva potuto fare altro che sorridere a sua volta.
<< Ti amo >> si era limitata a dire baciandola.
Nove mesi dopo era arrivata Ruka.
 
Shizuru abbatté la porta della camera di Ruka con un sospiro. Le voleva così bene, per lei simboleggiava l’ultimo regalo di Natsuki prima di morire.
Perché mi hai lasciata?, si domandò mentre attraversava il lungo corridoio per arrivare alla camera di Midori.
Si strinse nella sua vestaglia scoprendo che una finestra era stata lasciata aperta. Si avvicinò per chiudere le imposte e notò degli strani movimenti tra gli alberi, dove iniziava il bosco. Si sporse per vedere meglio e nel momento in cui mise a fuoco i vari elementi, sgranò gli occhi per la sorpresa. Si portò una mano davanti alla bocca inorridendo. In fretta richiuse le ante e si appoggiò alla parete sospirando. Due lacrime le rigarono il viso.
Midori, perché mi fai questo?
Rimase diversi minuti impietrita senza sapere cosa fare. Involontariamente strinse le mani a pugno così forte da conficcare le unghie nei palmi che sanguinarono. Rialzò il volto, si sistemò i capelli e fece un respiro profondo prima di scendere al piano inferiore.
 
Midori rientrò in casa passando dalla porta secondaria. Si passò la lingua sulle labbra sorridendo. Era stato divertente, Nagi aveva ragione. Ripensò per un attimo al venticinquenne che le aveva detto che sarebbe tornato a Tirha, prima di accorgersi della madre in piedi di fronte alle scale. Da come la guardava doveva aver visto ciò che lei e il ragazzo avevano fatto. Stava per dire qualcosa ma lo schiaffo che le arrivò a mano piena la bloccò facendole pulsare dolorosamente la parte.
<< Non permetterti più di fare una cosa del genere >> disse gelida Shizuru.
Midori si portò la mano destra sulla guancia.
<< Non capisco se ti dia più fastidio il fatto che io faccia sesso o che lo faccia con un ragazzo. Non a tutte piacciono le ragazze, mamma >>.
Altro schiaffo, questa volta dall’altra parte. La diciottenne la guardò, era la prima volta che si comportava in quel modo. La vide piangere e per un attimo si sentì in colpa per le sue parole così dure. Mai avrebbe pensato di rivolgergliele.
<< Smettila Midori, smettila! >> urlò tra le lacrime << Perché mi fai questo? Perché ti fai questo? Che ti sta succedendo? Parlane con me >>.
<< Io non ti devo nessuna spiegazione del mio comportamento, faccio quello che mi pare! >>.
<< Dove sei finita, Midori? >> chiese Shizuru la cui rabbia era stata sovrastata dal dolore << Dov’è finita la bambina che mi sorrideva e chiamava mamma? Io ti voglio bene >>.
<< E’ morta >> sussurrò la ragazza abbassando lo sguardo.
Shizuru le si avvicinò allungando una mano per sfiorarle il volto ma la figlia si sottrasse come un animale ferito.
<< Io non volevo mandarti a Tirha, desideravo che restassi qui con me e Ruka ma ho pensato che per te… >>.
Le parole le morirono in gola nel sentire un rumore provenire dal piano superiore. Subito dopo un grido e il rompersi di un vetro.
<< Ruka! >> esclamò Shizuru voltandosi verso Midori che aveva già impugnato le pistole e stava correndo per le scale.
Per la diciottenne non esisteva nient’altro; nel momento in cui aveva compreso che la sorella era in pericolo, ogni altra cosa aveva perso immediatamente importanza. Invocò Duran mentre si dirigeva nella stanza della bambina. Alle sue spalle, la voce della madre era solo un rumore troppo lontano per essere ascoltato. Spalancò la porta della camera con rumore sordo cercandola con gli occhi ancor prima che con la voce.
<< Ruka! >> esclamò notando che il letto era vuoto e la finestra, col vetro rotto, spalancata << Ruka! >>.
Avanzò mentre il cuore le diventava sempre più pesante e le sfuggì un sospiro di sollievo nel vedere che non c’erano tracce di sangue sul pavimento. Si affacciò e subito vide un grosso Orphan che rincorreva la sorella.
<< Duran! >> disse semplicemente saltando anche lei.
Il suo Child la imitò seguendola. Caddero sulla soffice erba senza farsi male mentre Shizuru li osservava dalla finestra. Non avrebbe potuto fare nulla per Ruka. Ripresero a correre per raggiungere il mostro. Era alto e massiccio, si muoveva lentamente ed era fatto prevalentemente di paglia.
Kagutsuchi sarebbe stato perfetto, pensò quasi con rabbia Midori mentre lo osservava.
<< Duran, fa fuoco con i proiettili d’argento! >> urlò senza fermarsi.
Voleva richiamare la sua attenzione, cercare di dissuaderlo dall’uccidere la sorellina. In fondo una guardiana era un boccone allettante. Il mostro si voltò verso di loro interrompendo momentaneamente la sua caccia.
<< Sono qui, Ruka! >> continuò la diciottenne cercando di rassicurarla.
L’attimo dopo schivò un attacco dell’Orphan gettandosi a destra. Era in grado di lanciare spighe di grano appuntite. Se una sola di quelle avesse colpito la sorella, non se lo sarebbe mai perdonato. Gli sparò per costringerlo a guardare solo lei mentre suggeriva alla bambina di nascondersi. Aveva incontrato i suoi occhi per un solo attimo, era graffiata, spaventata e piangeva per quello che vedeva. Nonostante la paura, però, ubbidì sapendo che doveva fidarsi di quello che diceva la maggiore. Si mise dietro un grosso albero rannicchiandosi e sperando che quell’incubo finisse presto.
Midori aveva compreso che i colpi di Duran non servivano a molto. Il mostro si era solo innervosito per quei proiettili che gli facevano il solletico. Si morse il labbro inferiore per la rabbia mentre pensava a come avvicinarsi abbastanza per dargli fuoco. Era l’unico modo che aveva per sconfiggerlo. Si guardò intorno mentre Duran continuava a colpirlo. Adesso l’attenzione dell’Orphan era completamente sua, si era dimenticato della sua precedente preda. La diciottenne iniziò a correre nella direzione opposta a quella dove si trovava la sorella assicurandosi che il nemico la seguisse.
<< Duran, vieni con me >> disse mentre il suo Child la affiancava.
Infilò una mano nella tasca e strinse il suo accendino con forza mentre sorrideva.
Meno male che fumo, pensò con una nota ironica.
Il mostro le stava dietro e provava a colpirla con le sue spighe affilate. Una le sfiorò la guancia, un’altra le si piantò nella coscia, una terza le ferì la spalla destra. Represse le urla di dolore stringendo i denti e mordendosi il labbro inferiore anche se non poté evitare di rallentare. Si voltò per sparare e riprese ad affrettarsi. Duran era dietro di lei per permetterle di darle il tempo di attuare un piano. Si fermò per riprendere fiato dietro un pino e si prese la testa con entrambe le mani.
<< Duran! >> urlò l’attimo dopo schivando un attacco dell’Orphan e avvicinandosi all’animale << Tienilo impegnato! >>.
Guardò negli occhi gialli il suo lupo come se stesse annuendo e si sentì avvolta da una calda sensazione. Doveva sconfiggere quel mostro per evitare che potesse nuocere a Ruka, doveva farlo per il semplice fatto che aveva minacciato un membro della sua famiglia. Non gli avrebbe permesso di passarla liscia. Con forza e rabbia sfilò dal suo corpo le due spighe gettandole per terra e osservò il suo Child che colpiva ripetutamente il mostro come le aveva ordinato. Il più veloce possibile si spostò alla sua destra descrivendo un mezzo giro intorno all’Orphan cercando di non distrarlo. Si arrampicò su un albero con agilità, dopo aver fatto sparire le sue pistole, e respirò profondamente mentre col dorso della manica si asciugava il sangue della ferita alla guancia. Prese l’accendino di metallo in mano aprendolo. Quando sentì l’odore della benzina arrivarle al naso, premette la piccola levetta laterale per attivare la fiamma e si gettò senza paura sul mostro che le dava le spalle. La paglia s’incendiò immediatamente e, nonostante la diciottenne cercò di essere rapida, non poté evitare che una vampata le bruciasse il ginocchio. Cadde per terra rotolando per diversi metri prima di riuscire a fermarsi. Quando alzò gli occhi verso l’Orphan, questi non esisteva più e Duran le si stava avvicinando con calma. Si mise in piedi con fatica e il suo primo pensiero fu per la sorella. Tornò indietro con la poca forza che le era rimasta e chiamò a gran voce Ruka. La bambina sbucò lentamente dal suo nascondiglio con timore.
<< Ruka! >> esclamò Midori nel vederla. Le si avvicinò ma la vide arretrare. Si fermò rendendosi conto d’avere un aspetto orribile e provò a sorriderle per non spaventarla. Comprendeva che tutto quella situazione doveva averla terrorizzata a morte << Va tutto bene. Non c’è più il mostro che voleva farti del male >>.
La bambina guardò Duran ingoiando un groppo di saliva mentre la diciottenne si voltava seguendo il suo sguardo. Poggiò una mano sul corpo di metallo del lupo.
<< Lui non è una minaccia. È un amico, mi aiuta a combattere gli esseri cattivi che hai visto. Era un amico anche della mamma >>.
Ruka fece un passo della loro direzione senza smettere, però, d’avere paura.
<< Va tutto bene >> le ripeté Midori allargando le braccia e piegandosi leggermente sulle ginocchia per invitarla ad avvicinarsi ulteriormente << Duran non ti farà del male >>.
Il Child si accucciò come un cucciolo capendo di essere lui la causa del timore della bambina.
<< Andiamo Ruka, torniamo a casa >>.
A quelle parole, la sorella si tuffò nel suo abbraccio scoppiando in lacrime. La ragazza la tenne stretta contro il suo corpo accarezzandole dolcemente i capelli. Notò che aveva una caviglia gonfia, probabilmente era slogata.
<< E’ tutto a posto >> le sussurrò << Sono qui >>.
<< Tu salvi le persone? >> chiese la bambina mentre si asciugava gli occhi.
Midori sorrise passando un dito sulla sua guancia destra.
<< Sì >> rispose << E lui mi aiuta >> aggiunse indicando il lupo metallico.
<< Anche mamma Natsuki lo faceva? >>.
<< Sì, io ho il suo stesso compito >>.
<< E’ per questo che è morta? >>.
La diciottenne annuì senza smettere di fissarla con i suoi grandi occhi verdi. Ruka la abbracciò nuovamente, poi si voltò verso Duran.
<< Grazie >> disse semplicemente posando la piccola mano sulla sua testa senza più avere paura.
Midori si alzò e la aiuto a mettersi cavalcioni sull’animale. La bambina non poteva camminare e lei non aveva la forza necessaria per portarla in braccio fino a casa. Guardò il suo Child che diligentemente la seguiva. Non aveva fatto storie e sembrava che per lui Ruka fosse priva di peso. Guardò il cielo per un attimo; albeggiava.
<< Mamma! >> esclamò la sorella della ragazza allungando le braccia verso la donna sulla soglia del portone principale.
Shizuru corse verso di loro con le lacrime agli occhi e sollevò la figlia minore stringendola e baciandola.
<< Oh, Ruka! >> disse con liberazione lieta che non fosse capitato niente ad entrambe << State bene? >> domandò subito dopo voltandosi verso Midori che si limitò ad annuire.
 Rabbrividì leggermente nel vedere i suoi abiti strappati e coperti di sporco e sangue. Allungò una mano verso la diciottenne per sfiorarle il volto dove lentamente si stavano formando i primi lividi e lei non si sottrasse. Aveva bisogno di un po’ di calore umano in quel momento.
<< Credo che si sia slogata la caviglia >> disse semplicemente non volendo ammettere nemmeno a se stessa che le faceva piacere l’attenzione che Shizuru aveva per lei.
Ricordò ciò che era successo forse qualche ora prima e si sentì terribilmente in colpa. Non avrebbe dovuto permettere che la vedesse fare sesso con Nagi, il solo pensiero adesso le dava la nausea. Cadde per terra sulle ginocchia mentre Duran scompariva. Sua madre si chinò su di lei mettendo giù Ruka e la abbracciò senza dire nulla, come se tutto quello che era accaduto precedentemente non aveva importanza. Quando si staccò, Midori stava sorridendo.

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Capitolo 12
*** Piano diabolico ***


La diciottenne si mosse nel letto reprimendo un gemito di dolore. Aprì gli occhi e si guardò intorno. Era sola nella stanza ma non molto tempo prima accanto a lei aveva dormito Ruka. E anche Shizuru. Dopo aver portato la bambina in ospedale, la sua sorellina non ne aveva voluto sapere di dormire sola e si era sistemata sul lettone della camera matrimoniale chiedendo a Midori di restare. Anche se non voleva ammetterlo, nemmeno lei voleva restare sola; almeno per quella volta. Ancor prima di stendersi, già si era addormentata. Si alzò scoprendo che le girava leggermente la testa ma che riusciva a camminare. Si portò una mano sulle ferite storcendo il naso. Ancora non erano guarite del tutto. Rimase parecchi secondi a contemplare la stanza che un tempo Shizuru divideva con Natsuki e sospirò con tristezza. La donna non aveva apportato nessuna modifica fatta eccezione per il piccolo santuario che aveva creato per l’amata. Si avvicinò al comò sfiorandolo con la punta delle dita. C’erano parecchie foto della madre, insieme a Shizuru o da sola, con Ruka e Midori, e una candela accesa. La diciottenne sapeva che non veniva mai spenta. Sul lato destro, un vaso con dei fiori freschi emanava un dolce profumo. Erano i preferiti di Natsuki. La ragazza si concesse ancora qualche minuto per contemplare il tutto e sentì l’esigenza di sedersi. A distanza di tanto tempo, aveva dimenticato alcune foto. Sorrise nel vedere quelle scattate al mare, un paio in cui la madre era intenta in cucina, altre in cui erano ancora ragazze. Si chiese se il pensiero di morire così presto avesse mai sfiorato la mente di Natsuki e si ritrovò a darsi della stupida. Essendo stata guardiana, si era fatta le stesse domande che si faceva lei. Si rialzò e decise di scendere al piano inferiore. Trovò sua madre e Ruka in cucina, anche loro sveglie non oltre due ore. Nel sentire i suoi passi entrambe alzarono gli occhi interrompendo quello che stavano facendo.
<< Buongiorno >> salutò lei sulla soglia della stanza. Guardò l’orologio a parete; erano le quattro del pomeriggio << Mi spiace per la tua gara, piccola >>.
Come aveva previsto, la caviglia destra si era slogata e i medici gliela avevano dovuta fasciare. Per tre settimane avrebbe dovuto usare le stampelle e fare meno sforzi possibili. L’equitazione era una di quelle cose che, almeno per quel periodo, avrebbe dovuto evitare.
La bambina le fece segno di sedersi accanto a lei e Midori ubbidì. Le diede un bacio sulla guancia abbracciandola e le sorrise. Non era arrabbiata, aveva scoperto qualcosa che era di gran lunga superiore alla sua gara col cavallo. Sua sorella salvava le persone. Shizuru porse alla maggiore una tazza di tè e le mise davanti il contenitore dello zucchero. Nell’incontrare quegli verdi, le parve che Natsuki fosse ancora viva. La ragazza arrossì involontariamente sentendosi a disagio per quello che era accaduto e si rese conto che l’odio che provava nei suoi confronti si era affievolito. Era strano, sua madre non aveva fatto niente di particolare per lei, eppure le parole che aveva rivolto le risuonavano ancora nella mente. Una nota di sincerità aleggiava in quella frase. Non aveva mai messo in dubbio che Shizuru non avesse sofferto per la morte dell’altra donna ma, col tempo e col suo allontanamento, aveva pensato che la stesse rifiutando e che non la volesse accanto per ciò che era diventata. Possibile che si sbagliasse, che avesse vissuto per tutti quegli anni con la ragione annebbiata? Fissò la madre pensando a quante volte avevano fatto colazione insieme intorno a quel tavolo. Le mancavano quei momenti, le risate che aleggiavano nella stanza, le battute della donna più grande nei confronti di quella con i capelli scuri per la sua imbranataggine in cucina, le occhiate che dicevano più di mille parole. Stava ancora riflettendo su quelle cose, quando il suo cellulare iniziò a squillare. Si alzò di scatto nel leggere il nome sul display e guardò la porta per uscire. La mano della sorella posata sul suo braccio la fece voltare prima di attivare la conversazione.
<< Resta ancora qualche giorno >> le disse stringendo il tessuto della sua maglia.
Midori cercò lo sguardo di Shizuru e comprese dai suoi occhi che era il suo stesso desiderio. Sospirò leggermente posando una mano sulla testa di Ruka. Le sorrise. In fondo glielo doveva.
<< Okay pulce >> rispose << Ma non ti ci abituare >>.
Si allontanò senza fare spiegazioni e si portò il cellulare all’orecchio.
<< Ciao >> salutò semplicemente con un leggero sorriso.
<< Ehi, finalmente! >> esclamò Nagi dall’altra parte del telefono << Che fine hai fatto? E’ pomeriggio! >>.
<< Lo so, mi sono svegliata poco fa >> spiegò Midori pensando al piacere che la invadeva mentre parlava con lui.
<< Brutti pensieri stanotte? >>.
<< Mia sorella si è slogata una caviglia >> rispose la ragazza senza dilungarsi troppo.
<< Oh mi spiace >> disse il ragazzo <>.
<< Abbastanza >>.
<< Quando torni? Ti vengo a prendere domani mattina?>>.
<< Veramente non so ancora quanto mi fermo >> ribatté la diciottenne << Ruka mi ha chiesto di trattenermi un altro po’ >>.
<< Beh, mi sembra giusto >> rispose il venticinquenne con calma << Però non stare troppo lontana da me >>.
Midori sorrise a quell’affermazione sentendosi arrossire. Riusciva sempre a farle quell’effetto, anche per telefono.
<< Tranquillo, non credo di correre questo rischio >>.
<< Ti prendo in parola! Adesso scappo, la mia lezione sta per iniziare >>.
<< Va bene, a più tardi allora >>.
 
Nagi chiuse la conversazione e gettò il suo cellulare contro la parete che aveva di fronte in un moto di rabbia.
<< Maledizione! >> imprecò lasciandosi andare a diverse parolacce.
Si prese la testa con entrambe le mani respirando profondamente per calmarsi. Non era quello il momento di mandare tutto all’aria, ormai era a un passo dal compimento del suo piano. Gli serviva ancora un po’ di tempo e soprattutto gli occorreva la diciottenne. Alzò gli occhi verso lo specchio che aveva nella sua stanza e si osservò a lungo mentre s’infilava una camicia bianca. Doveva essere paziente, non poteva permettersi di compiere nessun passo falso. Sorrise alla sua immagine passandosi un dito sul volto sbarbato e sorrise. Con le ragazze non aveva mai avuto eccessivi problemi, ma con Midori era stato fin troppo facile. Si era lasciata avvicinare con una tale semplicità che quasi l’aveva spaventato. Era vissuta per troppo tempo sola con se stessa e aveva accettato immediatamente le attenzioni del primo ragazzo che le si era avvicinato mostrando un minimo di interesse. Il fatto che non fosse spaventato da quello che faceva poi, era servito a rafforzare ulteriormente il loro legame.
D’altronde è ciò che più mi interessa di te, pensò con una nota ironica senza smettere di contemplarsi davanti al vetro.
Quella ragazza si era completamente abbandonata alle sue mani, faceva tutto quello che le chiedeva e lui ogni volta si spingeva un po’ oltre per vedere se superava i suoi limiti. Per ora l’aveva sempre soddisfatto. Ripensò a quando l’aveva pressata per fare sesso sotto casa e di come lei non si fosse sottratta nonostante fosse consapevole che la madre potesse vederli. Più la portava dalla sua parte e più si sarebbe allontanata da Shizuru e Mai. Fino a quel pomeriggio il pensiero di un riavvicinamento tra madre e figlia non l’aveva mai sfiorato; aveva osservato molto da vicino le vicende di Midori ancor prima della morte di Natsuki e tutto si era svolto esattamente come desiderava. Senza saperlo, Shizuru aveva fatto il suo gioco aiutandolo. La diciottenne era lontana da tutti e soprattutto dall’altra guardiana, Mai Tokiha. Aveva bisogno di questa separazione per poter agire, per attuare il suo piano, per renderla ancora più debole di quanto già in realtà fosse. Amava tutto quello che era riuscito a creare; il lungo e faticoso castello stava finalmente dando i suoi frutti. Questo lo pensava fino a pochi minuti fa. Ripensando alla telefonata avuta con Midori, il suo sorriso scomparve e un nuovo moto d’ira lo assalì. Diede un pugno contro lo specchio e vide per diversi istanti la sua immagine tremare prima di ristabilizzarsi. Sarebbe rimasta ancora qualche giorno dalla sua famiglia, doveva forse credere che in poche ore fosse avvenuto un riavvicinamento? No, non era possibile, la ragazza non era tipo da lasciarsi tutto alle spalle. Aveva maturato un profondo odio per la madre e tutte le persone che le stavano attorno tranne forse per la sorella. Strinse la mano finché le nocche non sbiancarono. Possibile che fosse stata quella bambina a compiere un simile miracolo? Non aveva mai pensato che fosse una minaccia, altrimenti l’avrebbe uccisa parecchi anni prima. Si massaggiò le tempie provando a calmarsi. Probabilmente non era nulla di cui preoccuparsi ma il semplice fatto che non stesse sotto il suo controllo, lo mandava in agitazione. Aveva bisogno di quella ragazza, di quello che era; e poi ovviamente anche dell’altra guardiana. Il ruolo decisivo, però, lo giocava Midori nel suo piano. Aveva aspettato anni prima di metterlo in pratica, era rimasto nell’ombra ad osservare e a controllare che gli eventi volgessero a suo favore prima di uscire allo scoperto e calarsi nella parte. Aveva iniziato a giocare e avrebbe continuato. Nessuno lo avrebbe fermato, aveva atteso abbastanza. La sola idea di dover lasciar perdere e tornare a sospirare il giorno in cui avrebbe compiuto il suo compito, lo faceva vomitare. Non poteva fermarsi questa volta, era così vicino che ogni volta rabbrividiva nel pensare a cosa sarebbe successo di lì a poco. Iniziò ad abbottonarsi la camicia molto lentamente voltandosi verso la sua stanza. Quella sciocca di Midori si era bevuta ogni singola cavolata che le aveva raccontato e sarebbe dovuto continuare ancora così. Gli occorreva un altro po’ di tempo, non chiedeva molto. Presto avrebbe potuto smettere con quella farsa e trattare quella ragazza come veramente meritava. Per lui non era null’altro se non un mezzo per arrivare al suo fine.
Un mezzo indispensabile, pensò amaramente, Ma dopotutto mi sto anche divertendo con lei. Il sesso non è niente male.
Quello che, però, avrebbe ricavato una volta terminata quella sceneggiatura, sarebbe stato di gran lunga più appagante. Riusciva ad assaporarlo se lo pensava intensamente, era il suo unico desiderio. E per raggiungerlo doveva allontanare ogni affetto dalla diciottenne, renderla ancor più sola di quanto già non fosse e rimanere il suo unico punto fermo. Doveva arrivare ad aggrapparsi unicamente a lui per qualunque cosa. Solo così sarebbe stata completamente in suo potere. Il punto cui era arrivata era a suo favore, pendeva dalle sue labbra ma ancora non gli bastava. Chiunque si proclamasse suo amico, era un nemico del venticinquenne e doveva essere eliminato. Si avvicinò alla finestra adagiando il braccio sul vetro e poggiandoci sopra la fronte. Per diversi minuti osservò il passaggio di macchine e passanti anonimi che conducevano delle vite prive di qualunque interesse per lui. D’un tratto sorrise nel vedere camminare una coppia che si teneva per mano. Avrebbe iniziato proprio da lui, il sentimento forte che provava per Midori era da trasformare assolutamente in odio.
 
Midori aveva cercato di spiegare a Ruka il più semplicemente possibile il suo lavoro con Duran raccomandandole di non dirlo mai a nessuno. Era importante che mantenesse il silenzio con tutti i suoi amici. La bambina le aveva assicurato che non ne avrebbe fatto parola a patto che le avrebbe raccontato sempre tutto. Non voleva che sua sorella le nascondesse più niente. La diciottenne le poggiò una mano sulla testa con un sorriso limitandosi ad annuire. Erano stese sul prato poco distanti dalla veranda e guardavano il sole che giocava a nascondino con le nuvole. Shizuru le osservava seduta sotto un grande ombrellone mentre faceva finta di leggere un libro. Nemmeno lei era andata a lavoro quel lunedì e aveva disdetto i suoi appuntamenti per i prossimi due giorni. Midori non aveva specificato quanto tempo si sarebbe trattenuta e non voleva perdere quell’occasione di ripristinare il rapporto con la figlia maggiore. Aveva anche telefonato a Mai per avvertirla del piccolo progresso e l’amica si era rallegrata con lei. Avrebbe pensato lei a parlare con gli altri professori per spiegare l’assenza e forse anche quelle future. Sorrise, non passava un po’ di tempo insieme da non ricordava più quanto tempo. Ruka, nonostante quello che le era accaduto, era felice e non sembrava che le pesasse usare le stampelle; Shizuru si ritrovò a pensare che aveva ereditato la forza di Natsuki.
<< Vuoi vedere una cosa? >> chiese improvvisamente la diciottenne mettendosi seduta.
La bambina prima di rispondere alzò gli occhi verso la donna.
<< Guarda che non devi mica chiedere il permesso! >> la prese in giro la sorella scoppiando a ridere.
<< Sì invece! >> rispose Ruka diventando rossa << Mamma, Midori mi prende in giro! >>.
Shizuru si avvicinò al duo.
<< Vuoi venire anche tu? >> le domandò la ragazza dai capelli scuri alzando anche lei gli occhi sulla madre.
Non credeva che sarebbe riuscita a proporglielo veramente e si meravigliò parecchio delle sue parole. La donna si limitò ad annuire comprendendo a cosa si riferisse. Non vedeva il portale dalla morte della compagna, Midori non le aveva mai permesso di andare con lei. Subito dopo il suo assenso, la diciottenne iniziò a disegnare sul terreno delle rune che iniziarono ad illuminarsi. Nel vederla compiere quei movimenti, l’immagine di Natsuki le passò davanti agli occhi. Involontariamente cercò il suo braccio per poterlo stringere. La ragazza a quel gesto sobbalzò, era passato un tempo infinito da quando quel calore l’aveva sfiorata e ritrovarlo la fece sentire in un certo senso felice. Guardò Shizuru ricordando quante volte l’aveva presa in braccio e baciata da bambina e come lei si sentisse protetta da quella stretta e dalle parole che le rivolgeva. Per un attimo il suo sguardo si addolcì ma il momento dopo tutto quello accaduto dopo la morte della madre le passò davanti e la rabbia tornò ad impossessarsi del suo corpo. Si liberò velocemente della stretta della donna e attese. La meraviglia che si dipinse sul volto della sorella le fece capire che erano arrivate. Si voltò verso il portale passandosi una mano tra i lunghi capelli e lo indicò mentre raccontava la stessa storia che Natsuki le aveva raccontato parecchi anni prima, quando aveva iniziato ad allenarla.
<< E’ fantastico, Midori! >> esclamò la bambina non appena la sorella ebbe finito di parlare.
Poggiò la piccola mano sul nome inciso sul marmo della madre e sorrise tornando a guardare Midori.
La diciottenne le sorrise di rimando e posò la sua mano su quella dell’altra. Entrambe stavano provando le stesse sensazioni. Shizuru era seduta davanti a loro e sentiva il cuore batterle ad una velocità folle nel petto. Era una scena così simile a quella che aveva vissuto lei da ragazza da farle venire le lacrime agli occhi. Distolse per un attimo gli occhi dalle figlie, per non essere vista piangere, e si guardò intorno. Quel posto non era cambiato per niente, era esattamente uguale a quando lo aveva visto la prima volta con Natsuki.
<< E’ una dimensione immutabile >> le disse improvvisamente Midori sedendosi a pochi passi di distanza come se le avesse letto nel pensiero.
Shizuru annuì chinando leggermente il capo mentre Ruka giocava a rincorrere una lepre che aveva visto dopo esserle stato raccomandato di non allontanarsi troppo.
<< Non volevo allontanarti da noi >> iniziò la donna lentamente << Non ti avrei mai mandata a casa di Mai e Tate >>.
<< Ma l’hai fatto >> rispose prontamente la ragazza << La mamma era appena morta e tu mi hai mandata a Tirha >>.
<< Mi dispiace tanto Midori >>.
Shizuru allungò una mano verso la figlia senza vergognarsi di piangere ma lei si ritrasse.
<< No >> ribatté a quel gesto << Non farmi altro male >>.
<< Non voglio fartene, non ho mai voluto fartene >>.
Midori scattò in piedi. Le faceva male la testa per quei sentimenti improvvisi che cozzavano tra loro. Cosa le stava succedendo?
<< No! >> esclamò dando vita al suo dolore << No, non ti avvicinare! >>.
Le prime lacrime le rigarono il volto senza che riuscisse a fermarle. La donna si alzò cercando nei suoi occhi quel barlume che prima li aveva illuminati ma vi trovò solo rabbia e dolore. Sentì una fitta al cuore per quella costatazione.
<< Sei la mia bambina >> disse portandosi entrambe le mani al petto.
La diciottenne sgranò gli occhi per la sorpresa ricordando che quella frase gliela ripeteva ogni sera prima di addormentarsi. Era diventata una cosa solo loro prima che partisse per Tirha. Da quel momento non gliela aveva più detta. In fretta e completamente in balia delle sue emozioni, ridisegnò i simboli sul terreno. In pochi attimi il portale e tutto ciò che conteneva la dimensione parallela sparì. Midori tornò a fissare il grande ombrellone bianco e respirò profondamente per calmarsi prima di correre lontano. A fermarla non servirono nemmeno le grida di Ruka.
 
Nagi era in libreria e col dito scorreva una serie di libri fingendosi interessato. Con la coda dell’occhio teneva d’occhio una ragazza a qualche metro di distanza. Si mosse lentamente continuando la sua finta ricerca e alla fine si scontrò contro di lei.
<< Scusami >> disse raccogliendole il libro che le era caduto di mano.
<< Grazie >> rispose Miko rimettendolo a posto e senza nemmeno guardare la persona che aveva di fronte. Non era il manuale che cercava.
Ne prese un altro aprendolo e sfogliandolo.
<< Appassionata d’arte? >> chiese Nagi sorridendo appena.
A quella domanda la ventunenne si decise ad alzare gli occhi.
<< Oh, ciao >> continuò il venticinquenne << Scusami, non ti avevo riconosciuta >>.
Miko lo guardò a lungò prima di ricordare dove l’avesse già visto e storse leggermente il naso. Era in compagnia di Midori, l’amica d’infanzia di Kyoshiro. Quella ragazza non le piaceva molto, aveva un carattere strafottente e delle volte cadeva anche nella maleducazione. Ma soprattutto non amava il modo di comportarsi con il suo ragazzo. Era come se ce l’avesse con lui.
<< Nemmeno io >> rispose cercando di apparire gentile.
<< L’altra volta non abbiamo avuto il tempo di presentarci, io sono Nagi >> disse porgendole una mano che la ventunenne strinse.
<< Miko >>.
Iniziare una conversazione con le ragazze era una cosa che gli era sempre riuscita bene. Esercitava un certo fascino su di loro e le faceva sentire immediatamente a loro agio. Anche in quel momento fu così. Era una persona informata e acculturata su ogni fronte e in poco tempo si ritrovarono a parlare di arte contemporanea. Miko rimase piacevolmente sorpresa dalle sue conoscenze, non avrebbe mai pensato che una ragazza come Midori frequentasse un tipo del genere e non disdegnò i suoi consigli su quali manuali usare per ampliare la sua cultura in proposto. Stavano per congedarsi, quando il ragazzo improvvisamente cambiò tono di voce e il suo sguardo divenne triste. Ancor prima di poter chiedere il motivo di quel mutamento, il venticinquenne parlò.
<< Da fastidio anche a te, vero? >>.
Miko lo sguardò senza comprendere cosa volesse dire. Dentro di sé, Nagi esultò.
<< Intendo il bacio che c’è stato tra loro >> disse abbassando gli occhi come se facesse fatica a parlare << E’ vero, noi non stavamo ancora insieme ma… >>.
<< Un bacio tra Midori e Kyoshiro? >> ripeté la ragazza scandalizzata.
Nagi la fissò con aria sorpresa mentre pensava che tutto stava andando come aveva pensato.
<< Sì >> rispose dopo una lunga pausa << E’ stata una cosa senza senso per lei, almeno così mi ha detto… lui, lui non ti ha detto niente? >>.
Miko scosse il capo mentre le prime lacrime facevano capolinea sul suo viso.
<< Oh, ho combinato un casino >> mormorò il venticinquenne facendo finta di apparire dispiaciuto << Scusa, non immaginavo che tu… >>.
<< No, non c’è bisogno di scusarti >> rispose la ragazza cercando di non piangere << Ora, devo proprio andare >>.
Il ragazzo annuì.
<< Certo, ti capisco perfettamente >> disse facendole un cenno di saluto.
La ragazza si allontanò mentre si mordeva il labbro per la rabbia e il dolore per quel gesto celato e non poté vedere il sorriso che lentamente affiorava sulle labbra di Nagi.

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Capitolo 13
*** La rabbia di Kyoshiro ***


Miko si era sempre definita una ragazza modello; mai una parola fuori posto, comportamento impeccabile di fronte a chiunque, modi gentili e dolci. Nessuno l’aveva mai sentita urlare o adottare un atteggiamento disdicevole. Era la prima figlia di un grande imprenditore e di una donna che insegnava galateo a bambine dai cinque ai dieci anni. Anche lei aveva frequentato quella scuola di buone maniere e ne era uscita in modo perfetto. I suoi genitori tenevano molto a fare bella figura con i loro amici e ospiti e Miko aveva sempre saputo qual era il suo limite. I parenti si complimentavano con lei spesso e si era attorniato da un gruppo di ragazze come lei. Al liceo poi aveva conosciuto Kyoshiro e fin dal primo anno, se ne innamorò. Le sue amiche l’avevano presa in giro così tante volte che spesso si era ritrovata a pensare che fosse meglio toglierselo dalla testa soprattutto perché il ragazzo sembrava nemmeno accorgersi della sua presenza in classe e fuori. Kyoshiro sembrava preso solo da una persona più piccola di loro. Si chiamava Midori Fujino e da ciò che aveva scoperto, erano vecchi amici d’infanzia. All’inizio fu gelosa di quell’amicizia che li univa e li faceva sentire così vicini ma poi aveva compreso che quel sentimento era a senso unico. La ragazza pareva che lo odiasse e oltretutto era maleducata, le buone maniere non sapeva nemmeno dove fossero di casa. Lentamente incominciò a provare del forte risentimento per lei che riusciva ad ottenere, senza volerla, l’attenzione dell’unica persona di cui era innamorata. Delle volte le aveva dato fastidio il semplice fatto che la madre di Kyoshiro, la professoressa Mai Tokiha, li accompagnasse insieme a scuola o che, nell’incontrarlo per strada, la liquidasse in fretta perché aveva una cosa urgente da fare. Sapeva che andava da lei anche se non glielo diceva. Alla fine del quinto anno, però, si era decisa a prendere l’iniziativa prima che fosse troppo tardi, prima che notasse qualcun’altra al suo posto e la reazione del ragazzo la sorprese piacevolmente. Da quel momento erano sempre stati insieme nonostante il ventunenne si rifiutasse di parlare con lei di Midori e di qualunque altra cosa la riguardasse. A Miko stava bene, in fondo era una parte della sua vita che non aveva intenzione di cancellare ed era convinta che prima o poi l’avrebbe resa partecipe anche di quello.
Quanto sono stata sciocca!, si disse mentre correva in preda alle lacrime e pensava a tutte le volte in cui le sussurrava di amarla mentre facevano l’amore, In realtà non te la sei mai tolta dalla testa!
Si morse il labbro inferiore con rabbia sentendosi presa in giro.
Kyoshiro ti odio!
Entrò in fretta in un bar chiedendo di poter utilizzare la toelette. Appena chiuse la porta alle sue spalle, appoggiò entrambe le mani sul bordo del lavandino e ricominciò a piangere. Quella rivelazione l’aveva sconvolta, aveva sentito il suo cuore fermarsi per qualche istante alle parole di Nagi. Alzò gli occhi osservandosi allo specchio e tornò subito ad abbassarli. Mai come in quel momento desiderava prendere qualcosa a pugni. O qualcuno magari. Si passò una mano tra i lunghi capelli biondi pensando a come comportarsi adesso. La scoperta di quel bacio le bruciava più di uno schiaffo datole in pieno viso. Respirò varie volte profondamente prima di uscire e recarsi a casa. Guardò il suo orologio da polso sapendo che non c’era nessuno a quell’ora e mandò un sms a Kyoshiro per incontrarsi. La risposta affermativa non si fece attendere.
 
Il ventunenne aveva finito di vestirsi e, dopo aver letto l’sms della ragazza, prese le chiavi della macchina che sua madre gli aveva gentilmente lasciato. Chiuse la porta a doppia mandata e fischiettò per tutto il tragitto fino a casa di Miko. Se la ventunenne gli aveva detto di andare da lei significava che sarebbero stati soli. E ovviamente stare soli voleva dire sesso. Sorrise abbassando leggermente il finestrino dalla parte del guidatore. Da quando aveva incontrato Midori con quello sconosciuto stava cercando di mettersi l’anima in pace e lasciarla perdere. Ognuno dei due doveva vivere la sua vita senza pesare sull’altro, lo aveva capito troppo tardi ma l’aveva compreso. Avevano condiviso il passato ma questo non indicava che doveva accadere la stessa cosa per il futuro o il presente. Voleva dividere la sua esistenza con Miko, era lei la ragazza che desiderava accanto. L’amava e la ragazza contraccambiava senza limiti. Era una ragazza eccezionale, il semplice fatto che avesse aspettato per cinque anni prima, dimostrava quando fosse innamorata e quanto ci tenesse. Parcheggiò la macchina al primo posto vuoto che trovò, scese e inserì l’antifurto. Citofonò e gli fu aperto senza chiedergli chi fosse. Salì al terzo piano e spinse leggermente l’uscio di casa già pregustando quello che sarebbe accaduto dopo.
<< Miko, sono arrivato! >> disse guardandosi intorno.
<< Sei un porco! >> urlò la ragazza sbucando dalla cucina e lanciandogli contro una scarpa. Mentre lo aspettava si era imposta di non gridare e comportarsi decentemente ma, nel sentire la sua voce, la rabbia si era impossessata di lei << Credevi che non l’avrei mai scoperto? >>.
<< Ma si può sapere di cosa stai parlando? >> chiese il ragazzo mentre uno strano presentimento si faceva strada nella sua mente.
<< Lo sai perfettamente! Mi riferisco al bacio che vi siete dati tu e quell’altra! >>.
Kyoshiro sentì una morsa allo stomaco a quelle parole. Allungò una mano verso di lei ma Miko arretrò per non essere nemmeno sfiorata.
<< Chi te l’ha detto? >> domandò sapendo che Midori era a casa di Shizuru.
<< Non provi nemmeno a negarlo! >> esclamò la ragazza scoppiando in lacrime << E io che pensavo di essere unica per te! >>.
<< Ma tu lo sei, Miko! >> rispose il ventunenne << Quel bacio non significa niente per me! >>.
<< Bugiardo! Vai dietro a quella ragazzina maleducata da sempre, abbi almeno il coraggio di ammetterlo! >>.
Kyoshiro le si avvicinò lasciandosi colpire dalle sue mani.
<< Non è così! >> disse cercando le parole giuste << E’ vero, c’è stato un bacio tra noi ma è come pensi! >>.
<< Fin dove ti sei spinto? >> chiese la ragazza temendo la risposta.
<< Cosa? >> proruppe lui << Da nessuna parte! Ma cosa stai pensando? È successo una sola volta, è stata lei >>.
<< Se per te non conta nulla, allora perché non mi hai detto niente? >>.
Kyoshiro abbassò leggermente gli occhi sul pavimento ripensando a quando era successo. Il bacio da parte di Midori era sempre stato tutto ciò che veramente desiderava, fin da bambino non aveva voluto nient’altro che essere ricambiato da quella bambina che lo faceva sentire importante. La consapevolezza, però, che lei lo odiasse fino al punto da divertirsi col ventunenne, gli bruciava dentro come una ferita. Strinse le mani a pugno per la rabbia. Quando aveva sentito il sapore delle sue labbra, si era sentito per un solo attimo finalmente appagato col mondo; il ritorno alla realtà era stato ancor più doloroso di quanto si aspettasse. Per questo aveva deciso di lasciarsi alle spalle tutto quello che provava per la diciottenne e di guardare solo al suo presente con l’unica ragazza che gli stava dimostrando amore. Ma Midori continuava a tormentarlo anche quando non l’aveva per la testa. Per Miko quei lunghi secondi di silenzio furono più loquaci di un discorso di mezz’ora. Chinò il capo con dispiacere e amarezza.
<< La ami, non è vero? >>.
A quella domanda il ragazzo alzò il volto.
<< No! >> esclamò. L’attimo dopo si morse la lingua rendendosi conto d’essere ridicolo << Le voglio molto bene ma ti giuro che… >>.
La ragazza lo interruppe mettendogli un dito sulle labbra.
<< Io ti amo, Kyoshiro >> disse tra le lacrime << Ti amo per tutto quello che sei, adoro ogni tuo stupido particolare incluso il tuo modo di non riuscire a mentire. Non sei mai stato capace >>.
Il ventunenne dovette ingoiare un groppo di saliva.
<< Anche io ti amo, Miko >> rispose con un filo di voce.
<< Ma non come ami lei >> concluse la ragazza tristemente.
<< No >>.
A sorpresa la ragazza gli diede un bacio sulla fronte. Non riusciva a provare rancore verso di lui, amava anche quel suo modo di essere sincero in quel momento. Per questo lo aveva scelto, preferendolo ai tanti che cadevano ai suoi piedi sotto l’influenza del suo fascino. Sorrise con malinconia mentre gli accarezzava una guancia.
<< Miko, io… >>.
Non sapeva cosa dire, si sentiva terribilmente in colpa e impotente per la piega degli eventi. Mai come in quel momento si era sentito così a nudo. Aveva creduto di cancellare il passato e invece proprio quel passato lo stava travolgendo. Per quanto si sforzasse, non riusciva ad allontanare Midori dal suo cuore. Era entrata in modo naturale, semplice, come se ci fosse sempre stata facendo breccia nella sua timidezza e nella sua discrezione e c’era rimasta per tutti quegli anni. Si morse il labbro cercando di non piangere. Alzò timidamente gli occhi verso la ragazza che lo fissava.
<< Mi dispiace tanto >> riuscì solo a dire.
<< Anche a me >>.
 
Midori era tornata a Tirha piuttosto in fretta quello stesso pomeriggio. A nulla valsero le parole della sorella di restare e le continue occhiate della madre. Era spaventata da quello che le stava accadendo, da quello che aveva sentito a contatto con la madre, da quel calore che era scaturito da un suo semplice tocco. Una valanga di ricordi positivi, che aveva custodito gelosamente nel cuore dalla morte di Natsuki, adesso minacciava di travolgerla e di sgretolare il suo castello d’odio nei confronti di Shizuru e del resto del mondo. Perfino la voce rassicurante di Nagi non era servita a farla stare meglio. Il ragazzo, nel venire a sapere che stava tornando, si era proposto di andare a prendere in stazione ma lei si era rifiutata. Una volta arrivata, aveva parecchi giri da fare prima di rincasare, non sapeva a che ora avesse finito e non voleva distrarlo dallo studio. Così aveva preso un taxi fino in centro ed era rincasata quando il sole era tramontato da diverso tempo.
Gettò con poca grazia sul letto l’uniforme scolastica che aveva ritirato dalla tintoria respirando profondamente e si buttò sul divano alzando gli occhi fino al soffitto. Da sotto la felpa tirò fuori la collana d’oro che le avevano regalato le sue madri il giorno del suo quinto compleanno e fissò la piccola medaglietta dello stesso materiale. Non le capitava di farlo da parecchio tempo. Sospirò mentre la voltava e leggeva l’unica parola che Natsuki ci aveva fatto incidere.
Noi.
Non c’era nient’altro, il ciondolo era semplice, liscio, quadrato e non aveva null’altro disegnato. Da quando l’aveva ricevuta, non se n’era mai separata. Si domandò per quale motivo la stesse osservando proprio in quel momento, proprio quando si faceva così tante domande sul suo comportamento nei confronti della madre. Si passò una mano sulle tempie senza smettere di stringerlo con l’altra. Pensò a Natsuki e al profondo legame che l’aveva unita a Shizuru. Era qualcosa che non osava nemmeno lontanamente paragonare a quello che c’era tra lei e il venticinquenne. Credeva di amare quel ragazzo, gli aveva donato tutta se stessa e ciò che aveva di più prezioso cercando sempre di accontentarlo ma in quei due giorni trascorsi in famiglia si domandava incessantemente se fosse davvero quello l’amore. Nei suoi ricordi di bambina, Natsuki e Shizuru erano felici; il loro rapporto aveva un qualcosa di tenero, dolce che rammentava con un misto di malinconia e tristezza. Nagi la faceva sentire importante ma al tempo stesso non riusciva a scacciare una sorta d’ansia che provava nel volerlo compiacere. Non sapeva perché, ma dubitava che anche per la donna morta fosse lo stesso quando era in compagnia dell’altra. Tra loro c’era sempre stata una complicità che non aveva trovato nemmeno a casa di Mai e Tate nonostante avesse vissuto con loro per qualche anno. Pareva che si completassero a vicenda, che fossero l’una il prolungamento dell’altra, che pensassero le stesse cose, che si amassero allo stesso modo di quando si erano conosciute. Una cosa così bella che poi era stata distrutta. Si portò le ginocchia al petto e vi poggiò sopra il mento.
<< Spero che quel muso lungo sia per la mia lontananza >>.
Midori si voltò di scatto verso il balcone lasciato aperto che far cambiare aria e sorrise appena nel vedere Nagi in piedi contro la ringhiera.
<< Da quanto tempo sei lì? >> domandò nascondendo in fretta il ciondolo.
Non era la prima volta che riusciva ad arrampicarsi così agevolmente fino al piano del suo appartamento. Il ragazzo entrò e posò sul basso tavolino il libro che stava leggendo prima di chinarsi su di lei.
<< Sono arrivato da poco >> mentì sorridendole e sollevandole il viso con due dita.
Aveva il dono di riuscire ad essere silenzioso e furtivo come un gatto che osserva la sua preda ed entrare in azione nel momento opportuno. L’aveva vista rientrare e l’aveva osservata per poi farsi avanti. Doveva continuare a mantenere un certo controllo su di lei. La baciò con trasporto senza darle il tempo di replicare e, con un leggera pressione, la fece stendere.
<< Homura >> disse Midori sentendo le sue mani sotto la felpa << Non mi racconti cos’hai fatto in questi due giorni? >>.
Nagi arrivò al suo seno e iniziò a giocarci facendola sussultare.
<< Credo che sarebbe enormemente noioso rispetto a quello che invece possiamo fare >> rispose maliziosamente.
La ragazza gemette nel sentire il gancetto del reggiseno aprirsi e lo guardò negli occhi. Vi lesse lo stesso desiderio che lentamente la stava invadendo. Lo baciò mentre gli apriva la camicia.
<< Sapevo che ti ero mancato allo stesso modo >> disse il ragazzo.
 
Non sapeva che ora fosse ma certamente era mattina inoltrata. Midori si alzò dal divano dopo aver spostato il peso del corpo del ragazzo che le dormiva addosso e si recò in bagno per farsi una doccia. Solo allora controllò l’ora; mezzogiorno. Avevano fatto l’amore varie volte quella notte e alla fine si erano addormentati esausti.
<< Buongiorno >> la salutò Nagi abbracciandola da dietro quando si recò nella sua stanza.
Midori lasciò che le desse un bacio sulla guancia.
<< Non avevi lezione stamattina? >>.
<< Ce l’ho alle tre >> rispose lui stringendola.
Lei si voltò passando una mano tra i suoi capelli e gli sorrise.
<< Allora dovresti sbrigarti! >>.
<< Agli ordini! >> esclamò l’altro divertito << Mi faccio una doccia e mi vesto, non vorrai lasciarmi andare in giro così? >>.
La diciottenne rise.
<< Meglio di no >> disse << Non vorrei che altre ragazze ti saltassero addosso oltre a me! >>.
Entrambi risero; poi Midori si recò in cucina e si preparò un tè. Guardando nella dispensa, scoprì che non c’era niente di commestibile. Scosse il capo mentre si sedeva e aspettava che l’acqua bollisse. Rimuginò su quello che era successo e involontariamente un sorriso le increspò le labbra. Ogni volta che quel ragazzo la sfiorava un forte piacere la invadeva e le impediva di pensare razionalmente. Si sistemò alcune pieghe della sua uniforme scolastica e improvvisamente qualcuno bussò alla sua porta. Guardò nuovamente l’orologio a parete prima di alzarsi.
<< Chi è? >> domandò.
<< Sono Kyoshiro, per favore aprimi >>.
Kyoshiro?, ripeté la diciottenne mentre faceva scattare la serratura, Che rottura di coglioni questo ragazzo.
Aprì la porta e se lo ritrovò davanti. Non ricordava che fosse così alto o così muscoloso.
<< Che cosa vuoi a quest’ora? >> gli domandò senza salutarlo.
Il ragazzo entrò a grandi passi fermandosi nel salone e si prese la testa con entrambe le mani. Aveva riflettuto a lungo sull’andare o meno da lei e alla fine aveva scoperto di non riuscire a farne a meno.
<< Si può sapere che cosa ti è preso? >> tuonò guardandola negli occhi.
Lei lo fissò senza comprendere.
<< Senti >> iniziò visibilmente seccata << Se hai dei problemi non venirti a sfogare con me >>.
<< Il mio unico problema sei tu, Midori! >> rispose << Tu e quel ragazzo che ti porti dietro! >>.
Sapeva che non poteva essere stata lei a parlare con Miko e quindi la scelta era caduta automaticamente sullo sconosciuto che frequentava.
<< Ma si può sapere a cosa ti riferisci? >>.
<< Che cosa gli hai raccontato? Che ci siamo baciati? >>.
<< Cosa? Io non… >>.
<< L’ha detto a Miko! >>.
Midori si voltò nel sentire la porta del bagno aprirsi e ne uscì Nagi con ancora i capelli bagnati. Si guardarono per un solo istante prima che Kyoshiro si dirigesse da lui. Lo sbatté contro la prima parete che trovo dopo averlo afferrato per il bavero della camicia. Il venticinquenne lo lasciò fare, anche se avrebbe potuto liberarsi senza problemi della sua presa. Desiderava che Midori lo vedesse carico di rabbia.
<< Tu! >> gli urlò in faccia il ragazzo dai capelli rossi << Che cosa credevi di fare? >>.
<< Kyoshiro, lascialo! >> esclamò la diciottenne accorrendo.
<< Io… >> disse Nagi << Non avevo idea che… >>.
<< Kyoshiro! >>.
Con una veloce mossa Midori lo allontanò dal suo ragazzo mettendosi tra lui e l’altro.
<< Smettila! >>.
<< Perché mi fai questo? >> continuò Kyoshiro dando un pugno contro la parete << Possibile che tu debba sempre rovinarmi la vita?! >>.
La ragazza, a quelle parole, sgranò gli occhi.
<< Non provarci neppure, Kyoshiro! >> urlò a sua volta incapace di trattenersi << Sei tu quello che ha rovinato la mia vita! Come osi venire qui e urlarmi contro? >>.
<< Io provo a dimenticarti ma, ogni volta, ti ritrovo sempre più vicina! Non ti voglio, okay? Non voglio la tua amicizia, non voglio vederti, non voglio ascoltare la tua voce! Non voglio più niente da te! >>.
<< Quella è la porta! >> ribatté Midori indicandogli l’uscio << Non ti ho chiesto io di starmi dietro come un cagnolino, ho sempre desiderato vederti sparire! >>.
Per qualche secondo nessuno dei due parlò, limitandosi ad osservarsi.
<< Miko mi ha lasciato >> sbottò infine il ventunenne << Ed è tutta colpa vostra! Che cosa gli hai raccontato su di noi? >> aggiunse indicando Nagi che era rimasto in disparte per tutto il tempo.
<< Sei sempre stato bravo a scaricare le colpe sugli altri >> rispose prontamente la diciottenne mentre pensava che lei non aveva mai detto una sola parola su di lui al venticinquenne.
Kyoshiro strinse le mani a pugno guardando il pavimento.
<< Ti odio! >>.
Quelle due parole colpirono profondamente la ragazza nonostante cercasse di non darlo a vedere. Era sempre stata lei a dirglielo, a non cercare mai di mostrarsi gentile e dolce con lui che era la causa del suo dolore, a mostrarsi sprezzante e tagliente come una lama. Non si era soffermata neppure per un istante su cosa, invece, si provasse a ricevere delle accuse da chi si considerava proprio amico Era la prima volta che le diceva una cosa del genere e per parecchio tempo, anche dopo che il ragazzo se ne fu andato, riecheggiò nella sua testa con una nota dolorosa.

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Capitolo 14
*** Attacco inatteso ***


<< Che cosa ti è preso? >>.
Nagi alzò gli occhi al cielo per l’ennesima volta. In quei giorni la diciottenne lo aveva rimproverato spesso per quello che aveva detto all’ex ragazza di Kyoshiro. Non si era aspettato una simile reazione da parte sua, era come se fosse amareggiata e dispiaciuta dalle parole del ventunenne mentre sarebbe dovuta essere, a suo parere, arrabbiata. La guardò cercando di non far notare il turbamento che provava nel sentirla di nuovo prendere l’argomento.
<< Non dirmi che stai di nuovo parlando di quello >>.
<< Finché non mi darai una valida ragione >> rispose seccamente Midori.
Il ragazzo scosse impercettibilmente il capo.
Strane creature gli umani, pensò per un istante.
<< Ti ho già detto che non l’ho fatto apposta >>.
<< Vorrei sapere cosa ti è passato per la testa in quel momento >>.
Nagi sbuffò passandosi una mano tra i corti capelli. Quando faceva così non la sopportava.
<< Piantala, Kuga >> disse cercando di metterla sullo scherzo << Stai diventando pesante! >>.
Rise prendendola per il braccio e avvicinandola. La baciò sulla guancia sperando che le passasse.
<< Ancora non ho capito come fai a sapere certe cose >> rispose Midori << E per quale motivo l’hai detto a quella ragazza >>.
Lui si strinse nelle spalle.
<< Pensavo che non fosse una cosa importante; sai, una di quelle cose senza valore >>.
L’occhiata che gli lanciò la diciottenne gli fece comprendere d’aver esagerato.
<< Okay, scusa >> si affrettò ad aggiungere subito dopo.
<< Decido io quali sono le cose importanti della mia vita e quali no >>.
<< Ovviamente >> continuò Nagi sapendo di doverla accontentare affinché non lo allontanasse << Quindi era importante o no? >>.
La domanda diretta mise a disagio Midori che si affrettò a scostarsi da lui per non essere guardata arrossire.
<< No >> rispose infine con gli occhi bassi.
Nagi le si avvicinò abbracciandola con calma e avvertì il suo cuore battere più veloce non per il suo gesto. La baciò nuovamente comprendendo che avrebbe potuto perderla se la situazione non fosse migliorata. Per un attimo pensò a cosa sarebbe accaduto se avesse perso la sua unica occasione rappresentata dalla diciottenne. Non poteva permetterselo. Non capiva il motivo ma c’era qualcosa di molto forte che la legava a quel ragazzo, qualcosa che andava molto al di là del rapporto che sarebbe potuto esistere perfino tra guardiani. Socchiuse gli occhi respirando il suo odore. Aveva creduto che se Kyoshiro si fosse liberato dell’amore che provava trasformandolo in odio, tutto sarebbe stato più semplice per lui e invece la ragazza pareva confusa per il suo comportamento e addolorata per le parole usate.
<< E’ tutto okay? >> le domando dopo qualche minuto di silenzio e di immobilità.
Midori annuì cercando di nascondere il suo turbamento. Si vergognava di ammettere di essere terribilmente confusa in seguito a quello che era accaduto col suo vecchio amico d’infanzia. A distanza di giorni ancora le pareva di sentire il suo “ti odio!” nelle orecchie. Alzò gli occhi verso le stelle e per la prima volta si domandò se quello che stava facendo era giusto.
Era giusto donarsi completamente ad una persona che conosceva appena?
Era giusto nutrire tanto odio per tanti anni?
Era giusto tagliare fuori dalla propria vita una delle persone che si erano sempre amata?
Si portò una mano al cuore ascoltandolo battere.
Non sono mai stata una brava ragazza, pensò con ironia, Eppure ricordo un tempo in cui ero una brava bambina.
Incrociò gli occhi del ragazzo che si era portato davanti a lei e si affrettò ad abbassarli. Non sapeva perché, ma desiderava che quei dubbi fossero solo suoi per il momento. Nagi la baciò con passione e le passò le labbra sul collo per prestarle le giuste attenzioni. Si trovavano in un parco giochi della città ormai deserto a causa dell’ora. Le stelle illuminavano la zona mentre la luna giocava a nascondino con le nuvole. Tirava un gradito venticello che però, usando la moto, aveva costretto a far indossare il giubbotto ai due ragazzi. I capelli di Midori oscillarono come i fili d’erba ai suoi piedi mentre con una mano allontanava leggermente Nagi. Fece un paio di passi indietro comprendendo che il ragazzo non avesse capito le sue intenzioni. Chiuse gli occhi per un attimo respingendolo nuovamente.
<< Non adesso Homura >> disse con un filo di voce.
<< Oh ma dai! >> rispose il venticinquenne strusciandosi contro la sua schiena << Sarà divertente… >>.
Midori scosse il capo. In quel momento non aveva voglia di fare sesso soprattutto se in un luogo pubblico. Non desiderava ripetere l’esperienza già provata quando era ad Ombras.
<< Non mi va ora >>.
Si voltò posando una mano su una delle due catene che sorreggevano un’altalena e non poté vedere il lampo di paura che attraversò gli occhi del ragazzo. Lo sentì avvicinarsi e poi fermarsi.
<< Non prendertela >> continuò la diciottenne sorridendo leggermente senza guardarlo << Non sto mettendo in crisi il tuo ego maschile è solo che… >>.
Le parole le morirono in gola nel sentire un dolore lancinante all’altezza delle scapole. Provò a voltarsi ma scoprì che era già caduta per terra. Una nuova ondata di sofferenza la travolse mentre l’aspro odore di sangue le arrivava alle narici. Stava ancora pensando a cosa fosse successo, quando finalmente giunse l’incoscienza che le fece provare un minimo di sollievo.
 
Kyoshiro si era sentito in colpa nei confronti di Midori già mentre si metteva in auto dopo la sua sfuriata. Aveva sbagliato e aveva agito impulsivamente; non era colpa sua se quel ragazzo, che le ronzava sempre intorno, aveva parlato con Miko. Ma lui aveva avuto bisogno di sfogarsi e prendersela con qualcuno per quello che gli era successo e l’unica persona con cui poteva farlo era la diciottenne. Le aveva detto di odiarla, anche se non era vero. Come poteva provare un sentimento simile verso di lei? Per lui rappresentava la sua luce, il faro che tante volte l’aveva guidato nella giusta direzione. Il pensiero poi di vederla accanto a quell’albino, gli aveva fatto un gran male. Se solo Midori avesse superato l’astio nei suoi confronti, forse sarebbe riuscita a vedere il grande amore che provava per lei; un amore che gli aveva fatto rinunciare all’unica persona che gli aveva voluto veramente bene.
Se solo fossi qui Natsuki, pensò mentre vagava con la macchina senza una meta precisa.
Era uscito dopo cena nonostante la mattina si alzasse presto per studiare alla ricerca di qualcosa che alleviasse la sua sofferenza. I suoi genitori non gli avevano fatto domande e lui aveva preferito ancora non raccontare nulla. L’unica che credeva avesse intuito qualcosa era Himeko ma non aveva osato parlare. Sicuramente gli avrebbe detto che era stato uno sciocco a lasciare Miko, una ragazza così buona e bella agli occhi di tutti. Scosse il capo fermandosi nei pressi di un parco giochi e scese dall’auto dopo averla parcheggiata. A quell’ora non c’era nessuno in giro e tutto era silenzioso intorno a lui. Sospirò avvicinandosi ad una fontanella per bere e nell’attimo in cui alzò gli occhi per asciugarsi la bocca vide Midori. Lei era distante da Kyoshiro ed era in compagnia del solito ragazzo dai capelli chiari. Nessuno dei due poteva sapere che era lì mentre si inoltravano nella pineta. Per qualche secondo il ventunenne rimase immobile molleggiandosi sulle ginocchia pensando a cosa fare. Voleva raggiungerli anche solo per poterla vedere ma d’altra parte temeva di andare incontro ad un’altra delusione. Due ragazzi soli in un parco giochi in piena notte poteva significare solo una cosa. Il solo pensiero che si donasse a quello sconosciuto, gli dava alla testa. Chiuse gli occhi, respirò profondamente e l’attimo dopo si affrettò ad annullare la distanza che c’era tra loro.
<< Midori >> chiamò notando che era come se fossero scomparsi e tendendo le orecchie.
Al minimo bisbiglio o gemito che avesse ascoltato, si sarebbe affrettato a tornare indietro con la coda tra le gambe.
<< Midori >> disse nuovamente senza smettere di guardarsi intorno.
Ma che fine hanno fatto?, si domandò.
Improvvisamente sentì un tonfo e il cuore gli saltò in gola.
<< Midori! >> urlò correndo nella direzione dalla quale gli era sembrato provenire il rumore.
Arrivò in uno spazio circondato da alberi dove al cento erano poste altalene e vari giochi per bambini.
<< Aiutami! >> gridò una voce maschile.
Kyoshiro spostò lo sguardo leggermente alla sua destra e credette di morire in quel momento. Midori era riversa in una pozza di sangue. Corse la lei che era tenuta tra le braccia di Nagi.
<< Che cosa è successo? >> chiese tastandole il polso.
Per fortuna era ancora viva ma le ferite erano profonde e sparse su tutto il corpo. Doveva essere portata immediatamente in ospedale.
<< Un… un mostro ci ha attaccati! >> rispose il venticinquenne coperto del liquido vermiglio << L’ha colpita prima che potesse difendersi… >>.
<< Dov’è ora? >> continuò Kyoshiro sollevando la ragazza priva di conoscenza e guardandosi intorno. Sapeva che un Orphan non rinunciava mai alla sua preda.
<< Credo che sia andato via, io l’ho messo in fuga >>.
Il ventunenne lo guardò sgranando gli occhi per la sorpresa ma non disse nulla.
Era possibile che quel ragazzo mingherlino fosse riuscito a far scappare un Orphan il cui unico desiderio era quello di uccidere i guardiani?
<< Non perdiamo tempo adesso! >> esclamò Nagi sollevandosi e aiutando Kyoshiro << Ha bisogno d’aiuto! >>.
L’altro ingoiò un groppo di saliva e annuì. Si caricò Midori sulle spalle e corse verso la macchina.
Coraggio Midori, si ripeteva senza nemmeno lontanamente prendere in considerazione l’idea che non potesse farcela, Coraggio. Resisti!
Aprì lo sportello posteriore e la adagiò, Nagi prese posto accanto a lei e lui salì al posto del guidatore. Senza rispettare nessuna segnaletica, guidò verso l’ospedale.
 
I medici presero in consegna la ferita più grave mentre sia Kyoshiro che Nagi furono affidati alle cure di due infermiere. Invano ripeterono di non avere bisogno di nulla e di stare bene, d’altronde il sangue che entrambi avevano sul corpo e sui vestiti sarebbe potuto essere anche loro. Il ventunenne non smetteva di torcersi le mani per l’impotenza di non poter fare nulla mentre aspettavano in sala d’attesa. Improvvisamente prese il cellulare in mano e compose il numero di casa. In tutto quel vortice di eventi si era completamente dimenticato di avvisare i suoi genitori. La chiamata fu breve e coincisa e in poco tempo Mai e Tate sarebbero arrivati. Si infilò il cellulare in tasca mentre tornava al suo posto iniziale. Di fronte a lui, il venticinquenne si teneva con entrambe le mani la testa e fissava il pavimento. Apparentemente sembrava distrutto dall’accaduto. Kyoshiro si guardò gli abiti sporchi di sangue e diede un pugno alla parete. Non poteva capitare davvero, non a Midori. Lui aveva bisogno di lei anche solo per farsi dare del codardo. Aveva bisogno di sapere che era viva, il resto non era importante.
<< Kyoshiro! >>.
Il ragazzo si voltò mentre veniva abbracciato dalla madre.
<< Che cosa è successo? >>.
Il ragazzo dai capelli rossi si limitò a scuotere il capo.
<< Tu stai bene? >>.
Mai vide suo figlio annuire e involontariamente tirò un sospiro di sollievo. Gli guardò gli indumenti rabbrividendo.
<< E’ stato un… >> iniziò gettando una veloce occhiata all’altro ragazzo che non aveva dato segni di vita. Abbassò il tono della voce << …un Orphan? >>.
Kyoshiro guardò Nagi ricordandosi della sua versione dei fatti e si sedette su una sedia di plastica il più lontano possibile da lui. Anche in quella situazione, continuava a non piacergli.
<< Mamma, papà >> disse finalmente iniziando a piangere << Dovete avvisare Shizuru >>.
Tate gli posò una mano sulla spalla stringendo mentre Mai annuiva. Non sarebbe stata una telefonata piacevole.
<< Andrà tutto bene, Kyoshiro >> disse l’uomo che era sempre rimasto in silenzio << Midori ce la farà >>.
Suo figlio annuì impercettibilmente chinandosi in avanti.
<< Io la amo >> sussurrò << La amo e lei sta morendo >>.
 
Il suo cellulare squillava da diversi secondi ma lei non riusciva a ricordarsi dove l’avesse poggiato. All’iniziò lo cercò a tentoni sul comodino vicino al letto e, non riuscendolo a trovare, alla fine si decise ad accendere la luce. Sbatté varie volte le palpebre prima di comprendere d’averlo lasciato nella tasca della giacca che aveva indossato quella mattina per un pranzo di lavoro. Si alzò e attivò la conversazione senza nemmeno guardare chi fosse.
<< Pronto? >> domandò sbadigliando.
Chiunque fosse doveva avere un motivo serio per disturbarla a quell’ora di notte.
<< Shizuru! >> esclamò una Mai molto agitata << Devi… devi venire assolutamente a Tirha! >>.
Il cuore dell’altra donna perse un colpo.
<< Mai, è successo qualcosa? Stai bene? >>.
<< Midori >> disse semplicemente l’amica << Midori >> ripeté passandosi una mano tra i capelli << Siamo in ospedale >>.
<< Ti prego, dimmi che non è niente >> bisbigliò Shizuru appoggiandosi al letto per sorreggersi mentre comprendeva che non era possibile.
<< La stanno operando >>.
La quarantaseienne agganciò trattenendo il respiro. Il suo sguardo si posò su una foto di Natsuki e scoppiò in lacrime.
Ti prego non portarla via con te, pensò nascondendo il volto tra le mani, Ti prego lasciala qui.

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Capitolo 15
*** Sorprese sgradite ***


Mai vide arrivare Shizuru in ospedale e corse da lei per abbracciarla. Erano trascorse diverse ore dalla chiamata che le aveva fatto e ancora nessuno aveva fatto sapere qualcosa sullo stato di salute della diciottenne. Kyoshiro e l’altro ragazzo erano chiusi in un mutismo inquietante ed entrambi fissavano il pavimento come se custodisse segreti che solo loro erano in grado di decifrare.
<< Sono arrivata il prima possibile >> disse Shizuru dopo essersi sciolta dalle braccia dell’amica. Come sempre era impeccabile ma il suo volto era una maschera di dolore << Vi hanno fatto sapere qualcosa? >>.
Mai scosse il capo prendendola per mano. Sentì che stava tremando. Si avvicinarono a Tate e al ventunenne che in quel momento si alzò in piedi.
<< Kyoshiro >> affermò la quarantaseienne posandogli una mano sulla spalla << Ti prego, ho bisogno di sapere >>.
Il ragazzo non riuscì a guardarla negli occhi.
<< Io non ho visto nulla >> rispose guardandosi per l’ennesima volta le mani sporche di sangue << Non ero con lei quando è successo >>.
Istintivamente Shizuru si voltò nella direzione dello sconosciuto.
<< Era con te? >> chiese senza troppi preamboli muovendo alcuni passi verso di lui.
Nagi alzò appena il volto e la donna lo riconobbe immediatamente nonostante l’unica volta che l’avesse visto fosse notte.
<< Tu! >> esclamò afferrandolo per il bavero del giubbotto da motociclista che indossava << Che cosa lei hai fatto? >>.
<< Signora, io non… >>.
<< Non voglio sentire scuse! Se dovesse succedere qualcosa a mia figlia ti riterrò responsabile e ti ucciderò, è una promessa! >>.
<< Shizuru, calmati >> s’intromise Tate posando le sue mani su quelle della donna e attendendo che allentasse la presa << In questo momento non serve a nulla litigare >>.
Nagi tornò a respirare profondamente quando Shizuru si allontanò da lui per sedersi accanto a Kyoshiro.
<< Ruka? >> domandò Mai.
<< Non l’ho svegliata, non volevo farla preoccupare >> rispose la donna dai capelli castani << Ma ho dato l’ordine al mio autista di portarla a Tirha quando si fosse svegliata >>.
Kyoshiro guardò l’ora e si prese per l’ennesima volta la testa tra le mani. Era quasi l’alba.
<< Era ridotta male? >> sussurrò Shizuru senza avere il coraggio di guardare nuovamente gli abiti sporchi dei due ragazzi.
Nessuno dei due se la sentì di rispondere.
<< Shizuru, vedrai che andrà tutto bene >> tentò di consolarla Mai senza successo.
Decise di accompagnarla in bagno e, una volta dentro, chiuse accuratamente la porta alle sue spalle. L’altra donna si guardò per un solo istante allo specchio prima di scoppiare in lacrime. Mai l’abbracciò nuovamente comprendendo che per lei doveva essere devastante. Prima Natsuki e adesso Midori.
<< Ho bisogno di lei >> gemette Shizuru << Non può morire anche lei, non Midori. Mi sento così annientata, Mai! >>.
<< Lo so, Shizuru >> rispose l’amica dai capelli rossi accarezzandole il volto << Ma non accadrà quello che pensi. Tua figlia ha la stessa testa dura di Natsuki >>.
Le sorrise cercando di infonderle coraggio e dopo qualche minuto tornarono in sala d’attesa. In quel momento un medico uscì dalla sala operatoria. Shizuru gli andò incontro col cuore in gola e dietro di lei sentì i passi di Mai, Tate e Kyoshiro. Solo Nagi continuava a tenersi in disparte. La donna le prese la mano destra per stringerla con forza mentre attendevano.
<< L’operazione è andata bene >> disse l’uomo dagli occhi chiari << Le ferite erano profonde e sparse su tutto il corpo ma siamo riusciti a stabilizzarla. Ha perso molto sangue, è debole. I miei colleghi la stanno portando in terapia intensiva >> fece una pausa << Può vederla una sola persona per il momento, è spossata anche se tra poco si sveglierà >>.
Un sospiro generale si levò tra i presenti mentre il medico sfogliava la sua cartella.
<< Grazie dottore >> dichiarò la madre di Midori sorridendo appena.
<< Come le dicevo, signora >> continuò il dottore rivolgendosi direttamente alla donna << Sua figlia ha perso molto sangue e purtroppo il feto… >>.
Shizuru sentì il cuore perdere un battito e lo stomaco essere attanagliato da una morsa gelida.
<< Il feto? >> ripeté con voce roca.
Il medico sollevò lo sguardo per poterla osservare. Comprese immediatamente che non ne sapeva nulla. Quando si creavano simili situazioni, odiava il suo mestiere.
<< Ha detto feto? >> domandò una voce dietro gli altri che emergeva. Nagi avanzò tra gli altri facendosi spazio quasi con foga << Io sono il padre >>.
Sentì gli occhi di tutti i presenti puntarsi su di lui e dovette inghiottire un groppo di saliva per evitare di imprecargli contro. Il dottore lo fissò a lungo con tristezza.
<< Oh, mi spiace >> disse infine << Ma purtroppo le grandi emorragie cui la paziente è andata incontro e il lungo intervento cui è stata sottoposta hanno portato inevitabilmente alla morte dell’embrione >>.
La donna dai capelli castani si portò una mano davanti alla bocca mentre Mai la avvolgeva con le sue braccia. Non era possibile che stesse capitando veramente, non era possibile che Midori fosse incinta.
Non sua figlia, aveva appena diciotto anni! Era poco più di una bambina, avrebbe voluto urlare e invece taceva col cuore gonfio di dolore.
<< Di quante settimane era? >> domandò Nagi cercando di assumere un tono fermo e deciso.
Kyoshiro lo guardò.
<< Cosa può mai… >>.
<< Era mio figlio >> lo interruppe il venticinquenne prima che potesse finire la frase senza nemmeno guardarlo << Mio figlio >>.
Il ragazzo dai capelli rossi chinò il capo vergognandosi.
<< Due circa >> rispose l’uomo << Appena starà meglio effettueremo un raschiamento >>.
<< Ancora non lo avete tolto? >> chiese Shizuru tra le lacrime.
Il medico scosse il capo.
<< La nostra priorità era riassestare la ragazza e darle una possibilità. Se avessimo dovuto rimuovere anche il feto, avremmo rischiato di perderla. È un’operazione che si effettua in anestesia totale >>.
<< Posso vederla? Sono la madre >>.
<< Solo lei, tra poco dovrebbe svegliarsi >>.
Detto fece segno a Shizuru di seguirlo.
 
Nagi aveva atteso di vedere scomparire la donna e l’uomo dalla sua visuale prima di voltarsi e cercare un bagno. Aveva bisogno di un luogo per stare da solo. Anche se sentiva il profondo desiderio di vedere Midori, sapeva che Shizuru non glielo avrebbe permesso. Strinse le mani a pungo nelle tasche del jeans digrignando i denti per la rabbia.
Possibile che non stesse andando niente per il verso giusto?
Trovò la toelette maschile quasi subito e ci si infilò sperando che fosse vuota. Aprì il rubinetto e mise entrambe le mani sotto l’acqua corrente sciacquandosi varie volte il volto con gli occhi chiusi. Quando li riaprì lo specchio gli riflesse la sua immagine. Diede un pugno contro il vetro urlando per la collera e staccò l’attrezzo che sorreggeva il rotolo di carta per asciugarsi le mani. Si passò le dita tra i corti capelli mentre ripensava a ciò che era successo. Midori era incinta, aveva appena ucciso suo figlio; un figlio che nessuno dei due sapeva di esistere.
Sarebbe cambiato qualcosa se lo avessi saputo?, si domandò sedendosi su una delle tre tazze vuote.
A quella richiesta non sapeva rispondersi. Si morse il labbro superiore fino a farlo sanguinare senza sapere cosa fare. La possibilità di avere un bambino non l’aveva mai nemmeno sfiorato, aveva dedicato la sua vita a cercare l’occasione giusta per adempiere il suo piano e portare a compimento la promessa fatta parecchi anni prima. Ora, invece, era confuso e amareggiato per ciò che si era venuto a creare. Diede un altro pugno contro le mattonelle e questa volta si ferì le nocche. Cos’era quella sensazione che stava provando? Rimorso per quello che aveva fatto, forse? Rimpianto per aver portato alla morte suo figlio? Lui doveva farlo, doveva uccidere Midori se voleva liberare suo fratello. Un bambino gli sarebbe solo stato d’intralcio. Le guardiane dovevano morire. Nessuno l’avrebbe fermato, non potevano competere con lui.
<< Come stai? >>.
Nagi alzò gli occhi azzurri e vide Kyoshiro. Era talmente preso dai suoi pensieri da non averlo sentito arrivare. Si mise in piedi evitando di guardarlo.
<< Non sono affari tuoi >> rispose seccamente.
<< Mi dispiace >>.
A quelle parole, il venticinquenne si voltò leggermente verso di lui.
<< Mi spiace per tuo figlio >> concluse il ragazzo dai capelli rossi non sapendo nemmeno lui perché era lì. Quando il medico aveva detto che Midori era incinta aveva sentito tutto il suo mondo cadergli addosso e si era sentito annientato dalla consapevolezza che si fosse donato a Nagi.
<< Ti dispiace? >> ripeté il più grande inarcando il sopracciglio destro. Sapeva che era sincero ma lui aveva bisogno di riprendersi e di scaricarsi un po’ << Tu bruci d’amore per quella ragazza, sei pazzamente innamorato di lei e mi vieni a dire che sei dispiaciuto se abbiamo perso il bambino? Dentro di te, stai gioendo di questo e lo neghi perfino a te stesso! >>.
<< Non è così >> disse Kyoshiro in modo sincero meravigliandosi di come quel ragazzo facesse a sapere certe cose << A me dispiace sul serio. Quel bambino era innocente >>.
Nagi lo guardò cercando di assumere uno sguardo sprezzante mentre ricordava che se non fosse stato per lui a quell’ora sarebbe riuscito già nel suo intento. Anche se non poteva saperlo, aveva salvato la vita alla sua amica.
Maledetto!, pensò il più grande con astio.
<< Sparisci! >> gli urlò << Non voglio vederti e soprattutto non devi girare intorno a Midori! >>.
Kyoshiro alzò gli occhi su di lui per un solo istante e si sentì tremendamente stupido per quello che aveva appena fatto. Eppure era spontaneamente dispiaciuto per la perdita del bambino. Sapeva che la diciottenne ne avrebbe sofferto molto e questa consapevolezza gli stringeva il cuore in una morsa fredda. Uscì dal bagno.
Solo, Nagi si lasciò andare a un respiro profondo. Aveva bisogno di mantenere la calma se voleva continuare a tenere a galla il suo piano e si meravigliò di come si comportasse Kyoshiro. Lo aveva istigato all’odio nei confronti suoi e di Midori, lo aveva fatto lasciare con la sua ragazza, gli aveva spalancato le porte della rabbia da riversare sul mondo; e invece a distanza di qualche giorno era già scomparso tutto. L’unica cosa che restava era l’amore per la diciottenne. Si portò una mano sanguinante davanti al volto e la chiuse a scatto conficcando le unghie nel palmo. Non aveva mai conosciuto un individuo simile, così buono e pronto a lasciarsi il rancore alle spalle. Si appoggiò al muro traendo sollievo dalla fredda parete e sollevò la testa in direzione del soffitto. Quello non era altro che in piccolo intoppo sul suo percorso, avrebbe risolto anche quello. L’unica cosa che doveva continuare a fare era comportarsi da bravo e gentile fidanzato seriamente preoccupato per la ragazza. Sorrise appena tornando a guardare di fronte a sé.
Sei dispiaciuto per aver ucciso tuo figlio?, si chiese con superba ironia, No.
Quel che era successo non poteva essere cambiato e lui doveva continuare a giocare la sua partita.
 
Shizuru si lasciò guidare in silenzio dal medico attraverso il reparto di terapia intensiva e si ritrovò a pensare che, nonostante passassero gli anni, certe cose non sarebbero mai cambiate. Involontariamente ripensò alle molte volte in cui era Natsuki ad aver bisogno di cure mediche ed erano costrette a recarsi in ospedale. Era a Tirha che l’aveva conosciuta, anche se poi si erano trasferite ad Ombras. Un lieve sorriso le apparve sulle labbra mentre chinava la testa e rifletteva su tutto quello che era accaduto. Pensava a Midori e pensava alla compagna morta.
Non sono stata brava come credevo, si disse ricordando le tante volte in cui aveva creduto che sarebbe stata un ottimo genitore.
Midori era in ospedale.
Midori aveva rischiato di morire.
Midori aveva riportato gravi ferite.
Midori, semplicemente la sua bambina.
Midori l’aveva allontanata per tutti quegli anni e lei non aveva fatto niente per impedirlo.
Midori improvvisamente si era ritrovata sola con un grande incarico.
Midori era rimasta incinta.
Midori doveva subire un raschiamento.
Era talmente presa dal suo senso di colpa e dai suoi pensieri da non accorgersi che l’uomo si era fermato di fronte ad una stanza. Aprì la porta senza entrare e la richiuse una volta che fu entrata. La donna respirò profondamente e mosse i primi passi all’interno della camera. Tutte quelle considerazioni la facevano sentire una nullità come persona e soprattutto come genitore. Si scoprì a piangere mentre fissava la figlia nel letto. Si avvicinò sedendosi sul bordo e le prese una mano. La ragazza teneva gli occhi chiusi ma si muoveva lentamente, segno che stava per svegliarsi. Gliela strinse e le lacrime non smettevano di rigarle il volto.
Grazie, si ritrovò a pensare, Grazie per avermi dato una seconda possibilità con lei.
Le baciò l’arto mentre con la mano libera le accarezzava il volto delicatamente. La vide aprire gli occhi quasi con pigrizia, come se fino a quel momento avesse semplicemente dormito, e le sorrise con calore. Era viva, si sarebbe rimessa e non le avrebbe più permesso di allontanarsi da lei. Avrebbe voluto abbracciarla e stringerla tuttavia si rendeva conto di non poterlo ancora fare.
<< Ciao >> le disse con voce tremante per la forte emozione.
La ragazza aprì la bocca per dire qualcosa ma nessun suono ne uscì.
<< Non sforzarti, Midori >> continuò Shizuru sfiorandole le labbra con dolcezza << Va tutto bene, ci sono io con te >>.
La diciottenne la fissò intensamente e la donna non lesse per la prima volta nel suo sguardo risentimento o rabbia. Continuò ad accarezzarle il volto senza smettere di sorridere, senza smettere di provare gioia per poterla avere di nuovo vicino. Le diede un bacio sulla fronte beandosi di quel volto dai lineamenti così simili a quelli di Natsuki, di quegli occhi dal verde intenso, di quel sorriso che per la prima volta dopo tanto tempo rivolgeva solo a lei. In quel momento ogni cosa aveva perso importanza, non era paragonabile a quello che stava provando e pareva essere rimasta fuori da quella stanza.
 
Shizuru non lasciava mai sola la ragazza che aveva bisogno di riposo e tranquillità e per tutta la giornata le restò vicina. Amava sua figlia e Midori sembrava gradire le attenzioni che le riservava. Ogni volta che si svegliava la trovava accanto, seduta sulla sedia o sul bordo del letto mentre si asciugava le lacrime o le sorrideva. Il medico a distanza di otto ore dall’intervento, andò a controllarla e, nonostante le sue condizioni migliorassero, ancora non era pronta ad affrontare un altro intervento. Per questo la donna si limitava a tenerle la mano mentre dormiva e attendere che trovasse la forza per affrontare ciò che la aspettava. Mai, Tate e Kyoshiro erano rimasti fuori ad aspettare mentre il ragazzo dai capelli chiari si era allontanato. Non poteva dargli torto se aveva bisogno di stare un po’ solo visto che almeno per quel giorno, non l’avrebbero fatto entrare. Shizuru tremava al solo pensiero di dover affrontare l’argomento con la figlia e a come avrebbe reagito.
<< E’ arrivata Ruka >> disse Mai interrompendo il flusso dei suoi pensieri dopo essere entrata in stanza.
Shizuru annuì mentre si asciugava gli occhi e si sistemava gli abiti. Dopo essersi assicurata che Midori fosse stabile, aveva chiamato il suo autista per chiedergli di far pranzare la bambina in un fast food e di portarla in ospedale. Come si era aspettata, l’uomo non le fece domande a riguardo limitandosi ad eseguire gli ordini. Uscì e venne travolta dalle braccia della figlia che si era staccata dalla stretta di Tate.
<< Ehi ciao >> salutò chinandosi per accarezzare il volto della bambina.
<< Mamma >> disse Ruka alzando gli occhi verso la donna << Cosa è successo? Dov’è Midori? >>.
Mai sorrise andando in aiuto dell’amica e poggiò una mano sulla spalla della piccola.
<< Tranquilla Ruka >> rispose << Midori è stata male ma ora sta meglio, non preoccuparti >>.
La bambina scosse il capo stringendosi a Shizuru.
<< Ho avuto paura mamma! >> esclamò << Stamattina non c’eri quando mi sono svegliata e io… >>.
La madre le accarezzò i capelli cercando di apparire calma.
<< Scusami >> dichiarò abbassandosi sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza << Non volevo farti preoccupare ma dovevo venire da Midori >>.
Gli occhi di Ruka si riempirono di lacrime.
<< Posso andare da lei? >>.
Shizuru scosse il capo.
<< Non ora, Ruka >> le spiegò con pazienza << Magari domani >>.
<< Mamma >> ripeté la bambina abbracciandola nuovamente.
<< Ehi Ruka >> s’intromise la donna dai capelli rossi chinandosi su di lei << Ti va di andare a casa con Kyoshiro? Magari prima ti porta a mangiare un gelato >>.
Guardò suo figlio che lentamente annuì scendendo dal davanzale della finestra dove era seduto. In qualche modo doveva rendersi utile, era sempre meglio che restare seduto e aspettare. Sua madre gli aveva portato un cambio d’abiti pulito ma era distrutto da tutta quella situazione e da quel senso d’impotenza. Aveva visto l’altro ragazzo andare via in preda all’ansia mentre lui non era riuscito nemmeno a pensare a cosa fare.
<< Vieni piccola >> disse semplicemente tendendole una mano e sorridendole.
Si vedeva chiaramente che era spaventata e aveva bisogno di un po’ di tranquillità. La bambina gettò un’occhiata alla madre e, solo quando la vide annuire, si convinse a seguirlo.
<< Ci vediamo più tardi! >> disse Shizuru osservandola allontanarsi col cuore in gola nel doversi separare nuovamente dalla figlia più piccola.
Anche se avrebbe voluto che restasse lì con lei, si rendeva conto che era stanca e che era pomeriggio inoltrato. Per arrivare a Tirha aveva affrontato un lungo viaggio e per giunta aveva provato un forte spavento nel non trovarla a casa.
<< C’è Himeko a casa >> spiegò Ma cingendo le spalle della quarantaseienne << Non preoccuparti per lei, starà bene. Le ho detto di preparare l’altro letto per stanotte >>.
Shizuru sorrise appena guardandola negli occhi.
<< Grazie >> bisbigliò appoggiandosi a lei.

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Capitolo 16
*** Accettazione ***


Il giorno seguente Midori si sentiva meglio e il suo miglioramento fu testimoniato dal fatto che provò a mettersi in piedi e chiese ripetutamente di uscire. Come sua madre, non amava gli ospedali e preferiva starci il minimo indispensabile. Anche se non si sentiva bene, aveva forti giramenti di testa e un frequente senso di nausea, si rifiutava di restare lì. Mai, che aveva dato il cambio a Shizuru affinché potesse riposare almeno qualche ora e stare in compagnia di Ruka, non fu un valido avversario e il ritorno della donna dai capelli castani la salvò. Non toccava a lei, infatti, spiegare cosa le sarebbe successo adesso. La madre entrò nella sua stanza cercando di sorridere come al solito e congedò l’amica affinché potessero rimanere sole.
<< Voglio uscire >> disse prontamente Midori poggiando la testa sul cuscino.
La madre le passò una mano sulla fronte sentendo che aveva la febbre. Prima di andare da lei, era passata a parlare col chirurgo che l’aveva operata il quale era rimasto piacevolmente sorpreso dalla rapida ripresa della diciottenne. Questo significava poter eseguire nel pomeriggio il raschiamento, attendere oltre avrebbe potuto procurare infezioni alla ragazza.
<< Non stai bene Midori >> rispose la donna << Hai affrontato un grave intervento >>.
La figlia chinò leggermente il capo come quando da piccola faceva qualcosa di sbagliato e ne provava vergogna. Farsi sorprendere in quel modo da un Orphan era inconcepibile per lei.
<< Mi riprenderò in fretta, lo sai anche tu >> ribatté riferendosi alla capacità dei guardiani di guarire più velocemente dei comuni mortali.
Shizuru annuì sorridendole appena.
<< Lo so >> dichiarò accarezzandole una guancia << Ma c’è un’altra cosa che i medici devono fare prima che tu possa uscire >>.
Midori la guardò con aria interrogativa mentre le pareva che la stanza intorno a lei vorticasse. Lentamente la madre fece scendere la sua mano sul ventre della ragazza restando in silenzio. Non ci volle molto prima che la diciottenne comprendesse cosa significasse quel gesto. Sussultò e poggiò entrambe le mani su quella della donna.
<< Che cosa significa? >> chiese con paura.
Shizuru la guardò negli occhi per farle comprendere che non stava scherzando.
<< Eri incinta e hai perso il bambino >>.
Per diversi secondi quella frase aleggiò nella camera. Midori la osservava in silenzio e alla fine scosse il capo. Non era possibile.
<< Non è vero >> disse con forza << Stai mentendo >>.
Sua madre le prese entrambe le mani. Aveva immaginato che una cosa del genere non sarebbe stata semplice da accettare soprattutto per una diciottenne.
<< E’ così Midori >> riprese << Dovrai sottoporti a un raschiamento per… >>.
<< Sono incinta ma non è morto! >> esclamò la ragazza con le lacrime agli occhi.
L’attimo dopo dovette tornare a poggiarsi ai cuscini per le poche forze che sentiva di avere. Avvertì un dolore lancinante all’altezza dello stomaco che la costrinse a trattenere il respiro. Il sudore le imperlava la fronte.
<< Lo sapevi? >>.
Midori non osava guardarla.
<< No >> rispose infine << Ma sono sicura che è non morto >>.
<< Midori >> tornò a ribadire la donna preoccupata da quel rifiuto della realtà che stava avendo la figlia << Delle volte rifugiarci nelle nostre fantasie ci fa stare meglio ma… >>.
<< Non devi psicanalizzarmi! Non ho bisogno di questo. Tu vuoi solo io abortisca! >>.
Adesso percepiva sempre più chiaramente le fitte al basso ventre ed era un’enorme sofferenza.
Cosa mi sta succedendo?, si domandò.
La mano della donna che si poggiava sulla sua spalla la fece sobbalzare. Sembrava non aver fatto caso alle sue parole, sapeva che erano dette solamente da un moto di rabbia e impotenza.
<< No >> disse tra le lacrime sapendo cosa stava per ripeterle << Non chiedermi questo >>.
<< Se non fosse necessario non ti chiederei mai di farlo >> rispose Shizuru abbracciandola << E’ morto, Midori. Non c’è niente che puoi fare per lui >>.
<< Non voglio ucciderlo >> replicò la ragazza poggiando la testa sul suo petto << Per favore, mamma >>.
<< Non lo stai uccidendo, non è questo che sta accadendo. Ti prego ascoltami piccola mia. Questo dolore che senti non cesserà finché non ti farai togliere il feto. Non c’è più nessun bambino >>.
Le accarezzò il viso provando a calmarla e le sorrise. Sua figlia era spaventata e piangeva, comprendeva il suo desiderio di protezione.
<< Ti prometto che non ti succederà più niente >> sussurrò Shizuru continuando a stringerla.
<< Dov’è lui? >> chiese Midori con voce rotta dal pianto << Dov’è Nagi? >>.
La madre comprese che doveva riferirsi al ragazzo albino, il padre del bambino.
<< Voglio parlare con lui prima di fare una cosa simile >>.
Nonostante il dolore, la sua volontà era ferma e decisa.
<< Vedo… >> iniziò titubante Shizuru << …vedo se è qui fuori >>.
La vide annuire prima di uscire.
Stava per rivolgersi a Mai per riferirle il desiderio della figlia quando le si avvicinò Nagi. C’era qualcosa in quel venticinquenne che non le piaceva, forse era dovuto a ciò che avevano fatto ad Ombras.
<< Come sta? >> domandò premurosamente.
Lei cercò di non irritarsi al suono della sua voce e indicò la figlia attraverso il vetro mentre si ripeteva che lo faceva solo per Midori. Ebbe una fitta al cuore nel vederla piangere ancora.
<< Vuole vederti >> disse evitando di guardarlo << Vuole parlare con te prima di entrare in sala operatoria >>.
Nagi annuì.
<< Mi sembra giusto >> si limitò a rispondere muovendosi verso la diciottenne.
Shizuru in un moto di rabbia lo afferrò per il braccio per costringerlo a fermarsi.
<< Ha la febbre alta e non si è ancora ripresa da ieri >> dichiarò a denti stretti << Cinque minuti, non di più >>.
Lui fece un movimento brusco per divincolarsi dalla sua presa.
<< Cercherò di fare il possibile >>.
 
<< Non riesco a sopportare nemmeno che la sfiori >> disse Shizuru osservando attraverso il vetro della stanza il ragazzo seduto sul letto di Midori mentre la abbracciava.
Ovviamente non poteva sentire cosa si stessero dicendo, anche se avrebbe tanto voluto saperlo. Mai abbozzò un leggero sorriso comprendendo che la situazione non fosse delle migliori.
<< Non mi piace >> continuò cupa.
<< E ciò che racconta non è molto plausibile >> costatò Kyoshiro avvicinandosi alle due donne dal posto dove era seduto.
La madre le accarezzò una guancia con gentilezza. Il ventunenne le aveva già parlato di come si fossero svolti i fatti e anche lei aveva trovato piuttosto strano che un Orphan si facesse mettere in fuga un ragazzo qualunque. Aveva illustrato il racconto a Shizuru ma la donna non le aveva prestato molta attenzione.
<< Da quando un Orphan non porta a termine il lavoro? >> continuò retoricamente.
La madre di Midori lo guardò annuendo leggermente.
<< Cosa ne pensi, Kyoshiro? >>.
Il ragazzo si prese del tempo prima di rispondere. Non se la sentiva di puntare il dito senza remore contro quel ragazzo che si stava dimostrando così importante per la diciottenne.
<< Che non dice la verità >>.
Shizuru gli poggiò la mano sulla spalla destra.
<< Allora dobbiamo scoprire cosa nasconde >>.
 
Midori appena vide Nagi entrare nella sua stanza lo abbracciò scoppiando in lacrime. Il ragazzo non disse nulla limitandosi a stringerla per farle comprendere che era lì e che poteva contare su di lui per qualunque cosa. La diciottenne aveva bisogno di sentirlo vicino prima di sottoporsi all’intervento.
<< Mi dispiace tanto >> sussurrò senza smettere di tenere la testa sul suo petto.
<< E di cosa? >> chiese il venticinquenne accarezzandole i capelli.
<< Non sono stata capace di proteggerlo >>.
<< Non è stata colpa tua, Midori >> rispose Nagi facendo scendere la mano sul collo << Non sapevamo che aspettavamo un bambino e, se anche lo avessimo saputo, non sarebbe cambiato niente. Quel mostro… >>.
Midori lo fissò con i suoi grandi occhi verdi mentre gli passava un dito sulle labbra.
<< Non sono stata capace di proteggere nemmeno te >> disse con vergogna.
Il ragazzo le diede un bacio sulla fronte sentendola bruciare.
<< Non è colpa di nessuno, non potevamo prevedere quell’attacco >> ribadì con calma << Adesso devi pensare solo a stare bene. Ho temuto di perderti >>.
Si abbracciarono nuovamentecercando il calore l’uno dell’altro. La diciottenne avrebbe voluto non staccarsi mai da lui.
<< Devi farlo, Kuga >> continuò il venticinquenne sorridendole appena << Per te. Non c’è più niente che possiamo fare per lui >>.
Involontariamente Midori si strinse ancor di più tra le sue braccia.
<< Non lo stiamo uccidendo. Se fosse ancora vivo, lo avremmo amato perché sarebbe stato nostro figlio >>.
Questa volta la ragazza annuì senza poter, però, evitare che una lacrima le scorresse sul volto. Si guardarono negli occhi prima che Nagi si alzasse salutandola con la mano. Era arrivato il momento di entrare in sala operatoria.
 
Shizuru era stata in tensione per tutta la durata dell’intervento nonostante un chirurgo e un ginecologo le avessero assicurato che era un’operazione divenuta ormai di routine. Solo quando le avevano detto che era andato tutto bene, si concesse di tornare a respirare normalmente. Si era avvicinata alla barella mentre la riportavano in camera e le aveva sfiorato appena i capelli mentre una lacrima le solcava la guancia sinistra. Con lei erano rimasti Mai e suo figlio, Ruka era a casa con Tate e Nagi, invece, e con un certo sollievo, non si vedeva nel corridoio. Abbracciò la donna dai capelli rossi sentendosi finalmente meglio. Midori si sarebbe ripresa. Si sedette su una sedia nella sala d’attesa e fece un paio di respiri profondi per far sparire l’ansia.
<< Perché non vai a casa a riposarti un po’? >> propose Kyoshiro che vedeva chiaramente quanto fosse stanca. Da quando era arrivata non si riposata mai adeguatamente e adesso il suo corpo reclamava una doccia calda e una lunga dormita << Midori si rimetterà, non è in pericolo >>.
Prima di rispondere la donna guardò per un attimo Mai.
<< Preferisco restare e aspettare che si svegli >> rispose.
La donna dai capelli rossi le strinse una spalla.
<< Hai bisogno anche solo di qualche ora di riposo >> tentò di convincerla << Come ha detto Kyoshiro, non c’è nessun pericolo per lei e non puoi fare nulla >>.
<< Ma, io… >>.
<< Resterò io con Midori >> si offrì il ventunenne in uno slancio di generosità.
Mai lo guardò sorridendo.
<< Appena si sveglia, prometto di chiamarti >>.
Quelle parole convinsero Shizuru a seguire l’amica a casa mentre Kyoshiro entrava nella stanza della diciottenne e prendeva posto sull’unica sedia accanto al letto. Le prese una mano sentendo una strana sensazione avvolgerlo. Sorrise leggermente pensando che non le era mai stato così vicino come in quel momento. Poteva osservare ogni suo lineamento, ogni suo tratto, senza che la ragazza lo aggredisse verbalmente o fisicamente. Pensò che anche quando lo trattava in quel modo, la trovava lo stesso carina. Improvvisamente Midori gemette nel sonno generato dall’anestesia e involontariamente il ragazzo aumentò la presa ingoiando un groppo di saliva pensando che presto si sarebbe svegliata. Probabilmente non sarebbe stata felice di vederlo. Come se avesse compreso che ci fosse lui, la diciottenne si voltò nella sua direzione sempre tenendo gli occhi chiusi.
<< Ky… kyo… shiro… >> sussurrò senza svegliarsi.
Quella parola detta in modo così frammentato fece allargare il sorriso sul volto del ventunenne.
<< Sono qui, Midori >> rispose << Sono qui >>.
Le prese la mano nelle sue stringendo per donarle il suo calore e gliela baciò con dolcezza.
Forse per lui c’era ancora una speranza.
 
Shizuru era uscita dalla doccia e si recò in camera di Himeko per cambiarsi. Mai era in cucina e stava preparando un the mentre la sedicenne era uscita per vedersi con degli amici. Sorrise mentre le veniva incontro Ruka. Quando era tornata dall’ospedale, aveva cercato di farle prendere la cosa come una piccola vacanza anticipata.
<< Cosa c’è Ruka? >> le domandò chinandosi per arrivare alla sua altezza.
Nonostante le stampelle, la bambina si muoveva piuttosto bene. La vide abbassare il capo e fissarsi la punta delle scarpe. Sorrise nel notare che era lo stesso gesto che facevano sia Midori che Natsuki.
<< Mamma >> disse infine << Midori morirà come mamma Natsuki? >>.
La donna la guardò trattenendo a stento le lacrime.
<< No, ma che dici? >> rispose abbracciandola e accarezzandole dolcemente una guancia << Nessuno morirà, Ruka >>.
La piccola la guardò dritta negli occhi per assicurarsi che dicesse la verità.
<< E allora perché non posso vederla? >>.
Shizuru si prese del tempo per rispondere mentre si rimetteva in piedi e la prendeva per mano. Anche se era una bambina forte e con un carattere mite, non voleva sconvolgerla nel mostrarle Midori stanca e debole. Nonostante le sue ferite guarissero molto in fretta, la diciottenne aveva bisogno almeno di un paio di giorni di assoluto riposo per rimettersi del tutto. Si sedette intorno al tavolo e le fece segno di mettersi sulle sue gambe. La bambina ubbidì.
<< Vedi Ruka >> iniziò cercando di essere il più semplice possibile << Midori non sta ancora bene, ha bisogno di dormire tanto e… >>.
<< Ma io non voglio svegliarla >> la interruppe la figlia come se non fosse così difficile come le stava dicendo la madre << Voglio solo vederla >>.
La donna guardò Mai che stava versando il liquido ambrato in due tazze e vide che le stava sorridendo.
<< Magari domani, Ruka >> s’intromise la rossa voltandosi e asciugandosi le mani al grembiule << Domani la tua mamma ti porterà a trovare Midori >>.
Alzò gli occhi verso quelli di Shizuru e aspettò di vederla annuire lentamente. La bambina abbracciò la madre contenta che la sua richiesta fosse stata esaudita.

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Capitolo 17
*** Verità ***


 
Anche se l’intervento era andato bene, Midori passò tutta la notte a girarsi e rigirarsi nel letto d’ospedale in preda a incubi e sogni che nemmeno la presa della madre sulla sua mano riusciva a scacciare. Kyoshiro aveva chiamato Shizuru quando aveva iniziato a riprendersi e da quel momento non si era mai mossa dalla stanza. La diciottenne sudava e spesso diceva cose senza senso. Chiudeva e apriva gli occhi senza vedere realmente chi o cosa ci fosse intorno a lei. La donna non ci mise molto a comprendere che, inconsciamente, la figlia si colpevolizzasse per quello che è accaduto. Solo quando il sole iniziò a battere sulle sue palpebre, Midori accennò a calmarsi e dare sosta alla sua mente. Si svegliò mentre la madre le stava accarezzando il volto con un panno umido per asciugarle il sudore.
<< Ciao >> la salutò incontrando il suo sguardo.
Midori con fatica riuscì a mettersi seduta.
<< Come stai? >>.
<< Come se mi avesse investito un tir >> rispose la diciottenne prendendosi la testa con entrambe le mani.
Shizuru sorrise nel costatare che le stava tornando un briciolo d’ironia.
<< Te la sei vista brutta >>.
<< Quando esco di qui voglio trovare quel maledetto Orphan che mi ha fatto questo e fargli passare di peggio >> commentò con risoluzione Midori senza guardare la madre.
La donna le accarezzò una ciocca di capelli con calma.
<< L’hai visto? >> domandò sentendo il battito accelerare.
La ragazza scosse il capo mordendo in labbro per le fitte di dolore che le attraversavano il corpo.
<< Sei sicura che fosse veramente un Orphan? >>.
Midori alzò gli occhi di scatto sulla figura materna e la fissò con aria interrogativa.
<< Che stai insinuando? >> domandò a denti stretti.
<< Nulla, nulla >> rispose repentinamente Shizuru posandole una mano sulla sua << Calmati >>.
<< Credi che non… >>.
La diciottenne la vide abbassare lo sguardo e sgranò il suo.
<< Tu pensi che Nagi non dica la verità! >> esclamò con rabbia.
<< Smettila, non ho detto niente di simile >> l’ammonì la donna.
<< E’ come se l’avessi fatto! Perché non gli credi? Cosa dovrebbe guadagnarci dal mentire? >>.
Shizuru stava per ripeterle di restare calma, quando la porta si aprì facendo entrare Kyoshiro. Da quando aveva telefonato alla donna, non si era allontanato dal corridoio. La parola che aveva pronunciato Midori appena uscita dalla sala operatoria gli aveva infuso la forza di continuare caparbiamente la strada che si era scelto.
<< E tu perché gli credi senza remore? >> domandò a sua volta rivolto alla ragazza.
<< Fatti gli affari tuoi tu! >> gridò la diciottenne.
<< Sono affari miei perché sono un futuro guardiano >> rispose con calma il ventunenne.
<< Beh, allora rifatti vivo quando lo sarai diventato! >>.
<< Non ti sembra strano che un Orphan abbia rinunciato ad ucciderti? O che tu non l’abbia sentito arrivare? I guardiani non hanno i sensi più sviluppati? >>.
Dallo sguardo che assunse Midori capì d’averla colpita. Eppure si rifiutava di ammettere che c’era qualcosa che non andava. Scosse infatti, il capo con ostinazione.
<< E’ stato Nagi a metterlo in fuga, dovreste ringraziarlo invece di dargli addosso! Lui mi ha salvato la vita! >>.
<< No >> la corresse Shizuru incapace di mantenersi << E’ stato Kyoshiro a salvarti >>.
Quell’affermazione le fece sentire una sgradevole sensazione all’altezza dello stomaco.
<< Non voglio nemmeno ascoltarti! >> esclamò caparbiamente.
<< Ma si può sapere perché ce l’hai tanto con Kyoshiro? >> domandò sua madre << Che cosa vi è successo? Una volta eravate inseparabili >>.
<< E’ successo prima che mia madre morisse! >>.
Shizuru vide il ragazzo chinare il capo con aria colpevole.
<< Forse dovremmo raccontare quello che è successo >> sussurrò appena.
Midori lo fulminò con lo sguardo.
<< Non ti farò passare per la vittima della situazione ancor più di quanto tu faccia! Stai zitto! >>.
<< Adesso uno di voi due mi racconta tutto >> disse la donna senza però essere ascoltata da nessuno.
<< Io non voglio passare per una vittima, lo so che ho sbagliato! >> gridò Kyoshiro incapace di parlare a bassa voce << E per questo che dobbiamo dirlo, affinché tutti sappiano la verità e finalmente potrò gettare questa maschera che tu mi hai costretto a indossare. Non sono un bravo ragazzo, non sono mai voluto esserlo ma l’ho fatto per accontentare le persone che mi circondano e, solo se parleremo, finalmente tutti mi vedranno per quello che sono! Non è quello che desideri anche tu? >>.
<< Io vorrei mia madre ancora qui ma non è possibile! >>.
<< Lo so che sono stato un codardo e non ti sto chiedendo di perdonarmi; per te è troppo difficile riuscirci. Voglio solo poter smettere con questa recita e poter guardare il mondo senza quest’angoscia che mi porto dentro! Permettimi di farlo, Midori. Almeno, dammi l’opportunità di avere una seconda possibilità senza più questo peso addosso >>.
Shizuru aveva ascoltato il battibecco tra i due ragazzi, intenzionata più che mai ora a farsi raccontare a cosa si riferissero. Kyoshiro si voltò verso di lei e fece un respiro profondo.
<< Mi dispiace Shizuru >> disse non guardandola negli occhi << E’ colpa mia se Natsuki è morta >>.
 
Erano appena usciti dal centro commerciale e Natsuki si era accorta che era molto tardi. Aveva fatto un respiro profondo prendendo le buste della spesa da mettere in auto mentre i due bambini si tenevano per mano.
<< Forza >> aveva detto aprendo l’auto << E’ tardissimo >>.
Midori aveva riso.
<< Ma mamma, è colpa tua! >> aveva esclamato << Abbiamo perso tanto tempo a vedere il regalo per mamma Shizuru! >>.
Natsuki l’aveva guardata e ogni volta rimaneva di stucco nel costatare che non le sfuggiva niente.
<< Hai ragione piccola peste >> aveva ammesso guardando per l’ennesima volta l’orologio da polso. Doveva far mangiare Ruka che sicuramente in quel momento stata strillando reclamando ciò che le era dovuto << Ma non dirlo a nessuno! >>.
<< E’ un segreto? >>.
<< Sì >> aveva risposto la madre posando il carrello senza smettere di tenerli d’occhio entrambi << Sarà una sorpresa per il suo compleanno. Ti piace l’orologio che abbiamo scelto? >>.
La bambina aveva annuito sorridendo.
<< E a te Kyoshiro? >>.
Il ragazzo, sentendosi prendere in causa era prima sobbalzato e poi aveva annuito mentre diventava rosso.
<< S… sì >>.
<< Mamma >> aveva detto Midori con la sua solita allegria << Kyoshiro diventa sempre rosso quando parla con te! >>.
<< Non è vero! >> aveva esclamato Kyoshiro stringendole la mano.
<< Adesso non litigate >> li aveva ammoniti Natsuki osservando che il parcheggio era ormai deserto. Dovevano assolutamente sbrigarsi.
In quel momento le era arrivata una chiamata.
<< Lo so >> aveva detto attivando la conversazione << Sono in ritardissimo ma mi farò perdonare appena arrivo! >>.
<< Non ho dubbi >> aveva risposto Shizuru dall’altra parte cercando di sovrastare le urla della bambina di pochi mesi << Anche perché Ruka mi sta letteralmente distruggendo i timpani. Credo che abbia un futuro come tenore. Su, sbrigatevi perché anche Himeko inizia ad avere fame >>.
Natsuki aveva riso per poi riagganciare. Aveva preso la mano di Midori camminando nuovamente verso l’auto. Quel fine settimana Mai e Tate avevano chiesto alla coppia di amiche se potevano gentilmente tenere la loro i bambini per poter tornare ad essere, almeno per quei due giorni, un uomo e una donna e non un padre e una madre. Entrambe aveva accettato volentieri nonostante l’arrivo da circa un mese della piccola Ruka. In fondo Kyoshiro, di undici anni, e Himeko, di sei, erano molto tranquilli.
<< Mamma >> aveva detto improvvisamente Midori richiamandola alla realtà e indicando qualcosa che si muoveva nel cielo.
Natsuki aveva seguito la sua direzione e aveva trattenuto il fiato. Un Orphan si stava dirigendo verso di loro. Istintivamente si era portata davanti ai bambini per proteggerli.
<< Tranquilli >> aveva affermato sorridendo << Non è niente di grave >>.
<< Mamma, sconfiggilo! >> aveva esclamato Midori con grinta.
Era già capitato che la donna uccidesse quei mostri di fronte a lei e la sua ammirazione era cresciuta notevolmente. Non aveva paura, sapeva che sua madre non avrebbe permesso a nessuno di farle del male. Aveva guardato Kyoshiro che, invece, stava tremando. Mai, anche se il figlio aveva già undici anni, non lo aveva mai portato con sé quando combatteva e non aveva ancora iniziato ad allenarlo; al contrario di Midori che aveva già sopportato un anno di dure esercitazioni. La bambina stava crescendo forte e con un gran carattere, lo stesso che aveva Natsuki e questa consapevolezza la faceva dormire tranquilla ogni notte.
<< Va tutto bene, Kyoshiro >> aveva sussurrato la piccola guardandolo negli occhi << La mia mamma ci proteggerà >>.
<< Duran! >> aveva evocato intanto la donna pronta a combattere.
Il lupo era immediatamente apparso al suo fianco emettendo un lungo ululato.
<< Carica i proiettili di diamante! >> aveva continuato aspettando il momento opportuno per colpire il mostro che lentamente si stava rivelando.
I due bambini avevano sentito il cuore saltare in gola nel vederlo. Era enorme con due paia di ali e un corpo grosso ricoperto di peli. I suoi occhi erano simili a quelli delle mosche, rossi, e l’immagine di Natsuki sembrava ripetersi all’infinito.
<< Fuoco! >> aveva ordinato al suo Child.
L’Orphan aveva prontamente schivato il colpo e si era diretto con velocità contro la donna. Duran aveva gli aveva prontamente afferrato una delle sei zampe lanciandolo lontano da loro.
<< Riprova Duran! >> aveva detto Natsuki che con la coda dell’occhio non smetteva di osservare Midori e Kyoshiro. Non temeva per la bambina, le aveva insegnato che in situazioni simili la cosa migliore era rimanere nascosta; ma per il figlio di Mai che pareva letteralmente terrorizzato.
<< Non muovetevi da lì! >>.
In fretta aveva raggiunto il lupo metallico e il nemico sperando di farla finita in fretta.
Il mostro si era alzato in volo leggermente frastornato dal colpo subito e dall’alto aveva lanciato contro la donna e il suo Child il suo pungiglione, grosso come la mano di un adulto e tagliente come una lama. Prontamente Natsuki si era gettata a destra per evitarlo, poi a sinistra ed era riuscita a rimettersi in piedi. Aveva ordinato un nuovo colpo a Duran che era riuscito a ferire l’Orphan ad un’ala. Nonostante questo, però, riusciva lo stesso a mantenersi piuttosto in alto.
<< Non ti preoccupare >> aveva detto Midori rivolta all’amico senza comprendere come mai Kyoshiro avesse tutta quella paura << La mamma è la migliore >>.
Ma il bambino era spaventato a morte da quello che stava accadendo. Sobbalzava ogni volta che Natsuki schivava un attacco e nemmeno la vicinanza di Midori serviva a farlo stare meglio. Improvvisamente la donna aveva urlato a causa di un pungiglione che l’aveva presa si striscio al braccio destro. Duran aveva ululato mostrando le zanne scintillanti mentre la guardiana gli ordinava di provare a colpirlo.
<< Mamma! >> aveva esclamato la bambina con preoccupazione vedendo la madre che si premeva la parte ferita. L’istinto le diceva di correre da lei ma la ragione le impediva di muoversi e di rispettare gli ordini.
Si era voltata verso Kyoshiro ma l’amico non le era più accanto.
<< Kyoshiro! No! >> aveva urlato subito dopo accorgendosi che correva in una zona priva di qualunque riparo.
Sia l’Orphan che Natsuki avevano notato il bambino spaventato e si erano precipitati verso di lui; il primo con l’intento di ucciderlo, la seconda con l’intenzione di proteggerlo. Kyoshiro era troppo importante, non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male. La donna si era voltata un attimo in direzione di Duran e si era fermata.
<< Fuoco! >> aveva gridato dopo avergli ordinato di caricare le pallottole di diamante, il suo colpo più potente.
Il mostro era stato centrato ma prima che fosse sconfitto definitivamente, era riuscito a lanciare un ultimo colpo contro il bambino che correva spaesato e impaurito. Natsuki aveva visto la traiettoria del pungiglione e si era lanciata sul figlio dell’amica abbracciandolo così da fare, col proprio corpo, da scudo. Kyoshiro aveva sentito le ferma presa della donna avvolgerlo e aveva chiuso gli occhi. Li aveva riaperti quando si era accorto che era tutto silenzioso intorno a lui e che le braccia di Natsuki non lo stringevano più come prima. Lentamente aveva voltato lo sguardo scoprendola con gli occhi chiusi come se stesse dormendo.
<< Natsuki… >> aveva sussurrato muovendosi appena dalla sua posizione raggomitolata.
Non avendo più il bambino a sorreggerlo, il corpo della donna si era accasciato al suolo privo di vita e solo allora Kyoshiro aveva visto una grande macchia di sangue, che si allargava a vista d’occhio, sulla sua schiena. Aveva sentito gli occhi riempirsi di lacrime mentre comprendeva che era morta.
<< No… >> aveva mormorato cadendo sulle ginocchia << Non… >>.
Aveva alzato gli occhi nel sentire dei passi avvicinarsi.
<< Mamma… >>.
Midori non riusciva a credere a ciò che vedeva. Non era possibile che fosse vero. Aveva iniziato a piangere ancor prima di rendersene conto.
<< Midori, io… >> aveva detto Kyoshiro allungando una mano verso l’amica << …mi… mi dispiace tanto… >>.
La bambina l’aveva evitato come se improvvisamente avesse la peste.
<< Non mi toccare! >> gli aveva risposto senza che le lacrime smettessero di uscire dai suoi occhi << Kyoshiro, che cosa hai fatto? >>.
<< Io… >>.
<< Hai ucciso la mia mamma! >> aveva incalzato Midori << E’ colpa tua se è morta! Non provare ad avvicinarti! >>.
Si erano guardati per un lungo istante; un istante in cui la bambina aveva compreso che non avrebbe più potuto volergli bene. Aveva stretto i pugni con rabbia mentre le pistole che un tempo appartenevano alla madre aleggiavano davanti i suoi occhi. Le aveva impugnate ricordando come faceva la donna e puntate contro il bambino senza l’intenzione di fargli del male.
<< Ti odio, Kyoshiro! Ti odio, ti odio, ti odio! Hai ucciso la mia mamma! >>.
Da quel momento aveva smesso di essere una semplice bambina.
 
Erano trascorsi due giorni dal funerale di Natsuki e in casa pareva che ogni traccia d’allegria fosse scomparsa. Shizuru cercava di tornare alla normalità, doveva farlo per Ruka e soprattutto per Midori ma la bambina, invece, si ostinava in un silenzio assoluto preferendo restare nella sua camera. Mai e Tate avevano consigliato alla donna di darle del tempo di metabolizzare il dolore; dopotutto aveva visto sua madre morire davanti ai suoi occhi ed era normale, visto il forte legame che le univa, che fosse ancora sconvolta. Shizuru ogni volta che provava a parlare con lei riceveva solo brevi monosillabi e lunghi silenzi, perfino al cimitero non aveva mai cercato il suo abbraccio o semplicemente la sua mano. Anche la trentaseienne era distrutta per la perdita dell’unica persona che amava eppure doveva reagire per le due bambine che Natsuki le aveva lasciato. Ora che lei era morta, era rimasta solo la donna ad occuparsene.
<< Ehi Midori >> aveva detto la madre avvicinandosi al letto della bambina.
Era una calda e tarda mattinata e il sole filtrava attraverso le tapparelle della finestra. Midori le dava le spalle ed era sobbalzata quando aveva sentito la mano della donna sulla sua schiena.
<< Ti va di fare colazione? >>.
<< No >> aveva risposto seccamente la piccola senza guardarla.
<< Devi mangiare qualcosa >>.
<< Non mi va >>.
<< Manca tanto anche a me >> aveva affermato Shizuru con le lacrime agli occhi cambiando argomento << Anch’io vorrei che fosse rimasta con noi. Lei non voleva lasciarci >>.
Midori si era finalmente voltata per guardarla e la madre aveva scoperto che stava piangendo. Senza darle il tempo di dire qualcosa, l’aveva abbracciata chiudendo la distanza che le separava e la bambina non si era opposta.
<< Rivoglio la mamma! >> aveva urlato mentre le lacrime le rendevano roca la voce << La rivoglio! Fa male! >>
<< Lo so >> aveva risposto la donna tenendola stretta contro il suo corpo e accarezzandole i lunghi capelli << Lo so che fa male. Shhhh, sta tranquilla >>.
Le aveva dato un bacio sulla testa tentando di calmarla.
In quel momento accanto al letto si era materializzato il lupo metallico. Shizuru lo aveva guardato con terrore comprendendo cosa fosse divenuta ora la bambina e che il Child rispondeva ai suoi stimoli.
<< Midori >> aveva detto con calma << Non c’è bisogno di chiamare Duran adesso >>.
La bambina aveva guardato il lupo che le si era avvicinato e gli aveva poggiato la mano sulla fredda testa.
<< Li ucciderò tutti >>.
 
Quella notte Shizuru, Mai e Tate erano rimasti svegli a chiacchierare. Ora che Midori era divenuta una guardiana, molte cose sarebbero cambiate.
<< Dobbiamo portarla con noi >> aveva detto Mai rivolta all’altra donna riferendosi alla bambina.
Ma Shizuru si ostinava nelle sue idee. Aveva perso da poco Natsuki, non voleva separarsi anche da Midori soprattutto ora che aveva più bisogno di lei.
<< E’ la cosa migliore >> aveva tentato di convincerla Tate << Midori imparerà molte cose da Mai su come agire, è rischioso lasciarla qui e poi noi le vorremmo bene >>.
La donna aveva alzato gli occhi verso Mai mentre piangeva.
<< Non voglio mandarla a Tirha >>.
 
Intanto la bambina di otto anni si era svegliata a causa della forte sete che provava ed era scesa in cucina per prendere un bicchiere d’acqua. Camminava silenziosamente per non svegliare nessuno e, quando si era accorta che la luce nella stanza era accesa, si era fermata rimanendo meravigliata. Col cuore in gola, aveva accostato l’orecchio alla porta per ascoltare. Erano le voci dei tre adulti.
<< Starà bene con noi >> continuava a ripetere Mai << Adoriamo quella bambina, non le faremmo mai del male >>.
<< Lo so >> aveva risposto la madre di Midori << Ma io… >>.
No mamma!, avrebbe voluto urlare la bambina, Non voglio andare con loro!
Invece si era limitata ad origliare quello che dicevano.
<< Non la stai abbandonando, Shizuru >> aveva detto Tate << Potrai venire a trovarla quando vuoi e tornerà ad Ombras ogni fine settimana >>.
No, ti prego!
<< Va bene >> aveva sentito rispondere la trentaseienne dai capelli castani << D’accordo. Domani mattina glielo dirò >>.
A quelle parole, Midori era corsa lontano dalla cucina, completamente dimentica del suo bisogno di bere. Le prime lacrime erano iniziate a uscire mentre si chiudeva in camera sua.
Sentiva di odiare tutti.
 
Shizuru si era aspettata che la bambina urlasse e facesse i capricci quando le aveva detto che sarebbe andata a vivere a Tirha. Al contrario Midori era rimasta molto calma e si era limitata ad annuire. Ancora non aveva idea del profondo rancore che la figlia stava nutrendo nei confronti del mondo.
<< Ti verrò a trovare spesso >> aveva detto la donna più a se stessa che alla bambina. Sentiva il cuore spezzarsi per quella separazione necessaria ma doveva farlo, adesso sua figlia aveva bisogno di una guida e non poteva di certo essere lei.
Midori non la guardava, non riusciva ad alzare gli occhi verso la madre.
<< Non sarà così brutto, vedrai >>.
L’aveva abbracciata ma la piccola non aveva contraccambiato.
<< Midori, dobbiamo andare! >> aveva esclamato Mai indicandole l’auto già messa in modo da Tate. Ai posti dietro avevano già preso posto Himeko e Kyoshiro.
La bambina aveva annuito perpetuando nel suo silenzio. Si era voltata per avvicinarsi alla macchina ma la madre l’aveva bloccata per abbracciarla nuovamente.
<< Ci vediamo tra qualche giorno >> le aveva sussurrato all’orecchio mentre ricominciava a piangere.
Midori si era staccata da lei ed era salita. Mai aveva salutato Shizuru e aveva chiuso entrambi gli sportelli prima che Tate guidasse verso l’uscita. La donna era rimasta immobile agitando la mano osservando l’auto che si allontanava e diventata sempre più piccola. Mai una volta sua figlia si era voltata verso di lei per contraccambiare quel gesto.

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Capitolo 18
*** Scoperte agghiaccinati ***


Shizuru sapeva che la perdita di Natsuki aveva segnato sia Kyoshiro che Midori ma non aveva mai immaginato che entrambi si portassero dentro un peso del genere. Non pensava che la figlia ritenesse unico responsabile il ragazzo e che l’odio nei confronti di tutti fosse iniziato proprio quel giorno. Dopo quel racconto, si sentì una pessima madre. Non era riuscita a stare vicino a Midori, non aveva compreso il suo silenzio come una richiesta d’aiuto quando l’aveva mandata a vivere con i coniugi Yuuichi, non aveva fatto nulla di buono per lei in quei dieci anni. Si sentiva tremendamente in colpa per il suo comportamento.
Quando te ne sei andata, credevo che sarei morta. Poi le bambine, l’unica cosa che mi restava di te, mi hanno dato la forza di reagire e lottare contro quel dolore che minacciava di farmi annegare. Adesso, a distanza di tanti anni, penso che sarei dovuta morire io al tuo posto affinché Midori crescesse bene.
La sua mente viaggiava lontano, i suoi pensieri si perdevano nei meandri della sua testa. Ricordava com’era la sua vita prima della morte di Natsuki e piangeva non sentendosi all’altezza dell’incarico che la donna le aveva affidato. Midori l’aveva osservata sentendo il cuore stringersi ogni volta che la madre le nascondeva una lacrima, ogni volta che si voltava per non farsi vedere; ma non riusciva a dirle nulla che poteva esserle di conforto soprattutto se pensava che aveva implicitamente accusato Nagi di aver provato a ucciderla. Lei aveva sofferto più di tutti e si era sentita abbandonata e sola, il suo unico amico era stato Duran, anche se poi molto presto aveva iniziato a evitare perfino lui. Finalmente iniziava a sentirsi molto meglio, i dolori e le ferite erano scomparsi e poteva stare in piedi anche per delle ore. I medici, però, ancora non volevano dimetterla. Osservò dal corridoio che aveva iniziato a percorrere varie volte durante il giorno la figura di spalle della madre appoggiata al davanzale della finestra e sospirò scostando lo sguardo. Da quando Kyoshiro aveva parlato, era diventata ancora più triste. Pensò al ventunenne e a come fosse riuscito ad alleggerire il peso che si portava sulle spalle mentre poggiava la testa contro il muro. Da quel giorno non lo aveva più visto, era andato via talmente in fretta da non darle il tempo nemmeno di accusarlo di qualcosa.
<< Midori! >>.
La ragazza sorrise nel sentire la voce della sorella e allargò le braccia vedendola correre verso di lei.
<< Come stai oggi? >> le chiese guardandola negli occhi.
<< Bene, che domande sono! Non vedo l’ora di uscire! Chi ti ha accompagnato? >>.
<< Mai >> rispose la bambina indicando la figura che era arrivata da poco.
<< Ciao Mai >> salutò la diciottenne.
<< Ti vedo in gran forma ormai >> costatò la donna dai capelli rossi.
Midori si passò una mano tra i lunghi capelli annuendo.
<< Spero che domani mi dimettano >> disse << Mia madre è di là >>.
Mai le fece un leggero cenno di saluto col capo prima di allontanarsi per raggiungere l’amica.
Ruka iniziò a chiacchierare con la sorella maggiore come faceva da qualche giorno ogni volta che andava da lei.
<< Ma Kyoshiro è innamorato di te? >> domandò improvvisamente la bambina con aria innocente.
Midori sputò il succo di frutta alla pesca che avevano preso alla macchinetta e tossì per diversi secondi mentre la sorella l’osservava con aria interrogativa.
<< Cos… cosa hai detto? >>.
<< Ti ho chiesto se… >>.
<< Ciao Midori >>.
La ragazza si voltò di scatto al suono della voce maschile. Sorrise mentre gli andava incontro e gli gettò le braccia intorno al collo pensando di essere stata miracolosamente salvata.
<< Buon pomeriggio >> rispose al saluto dandogli un bacio sulla guancia.
<< Sono contento di vedere che stai bene >>.
<< Lei è mia sorella Ruka >> disse Midori indicando la bambina e presentandogliela.
<< Oh, ciao piccola >> salutò Nagi << Tua sorella mi ha parlato tanto di te >>.
La bambina guardò alternativamente prima la ragazza e poi il nuovo arrivato prima di correre via alla ricerca della madre.
<< Di solito non si comporta così >> affermò Midori osservandola.
Il venticinquenne fece un movimento con la mano per dire che non era importante e le accarezzò una guancia. La diciottenne lo lasciò fare lieta di quel tocco mentre una vocina nella sua testa le sussurrava tutti i dubbi che Kyoshiro aveva insinuato. Anche se lui non era presente, le sue domande senza risposta continuavano a restare a  galla. Lo baciò cercando di metterle a tacere una volta per tutte e chiuse gli occhi. Ma come faceva a pensare che Nagi volesse davvero farle del male? Sua madre, poi, era ancora più assurda a credergli.
<< Che stai facendo, Midori? >> domandò improvvisamente Shizuru interrompendoli.
La ragazza avrebbe voluto risponderle per le rime ma si limitò a stringersi nelle spalle.
<< Credevo di essere maggiorenne >> disse semplicemente.
<< Sarà meglio che vada adesso >> affermò Nagi sentendo l’aria farsi pesante.
La donna lo fissava con sguardo truce e non faceva niente per nascondergli che la sua presenza non era ben vista.
<< Ma Nagi… >> provò a dire la diciottenne dispiaciuta.
<< Non preoccuparti >> le rispose prontamente il venticinquenne sorridendole << Devo tornare a studiare. Ci sentiamo, però >>.
Le diede un leggero bacio sulla guancia e salutò la donna che preferì limitarsi ad un cenno del capo. Quando il ragazzo fu andato via, Midori le lanciò uno sguardo carico d’astio e si recò in bagno senza dire nulla.
 
Kyoshiro aveva deciso di prendere la situazione di petto e di fare qualcosa per capire davvero chi fosse quel Nagi. Aveva poche informazioni su di lui ma doveva farsele bastare. Dall’uniforme che spesso gli aveva visto addosso, doveva essere iscritto all’università privata di Tirha e se era abbastanza fortunato, forse alloggiava in una delle stanze che l’ateneo metteva a disposizione. Conosceva pochi ragazzi che dopo il liceo si erano iscritti lì e sperò vivamente che potessero indirizzarlo in modo giusto. Fece un paio di telefonate e nella tarda mattinata riuscì ad ottenere da un amico un caffè al bar vicino la facoltà di lettere e filosofia.
<< Allora, come ti va Kyoshiro? >> domandò il ragazzo della sua stessa età vedendolo arrivare.
Si strinsero la mano in modo amichevole mentre Kyoshiro sorrideva.
<< Solite cose, Yoshi >> rispose prendendo posto intorno a un tavolino di metallo << A te invece? Ho saputo che tua sorella si è sposata >>.
Ordinarono un paio di caffè macchiati al cameriere che era arrivato e continuarono la loro chiacchierata.
<< Oh, sì. Hikari era pazza di Takeda dai tempo del liceo. Finalmente sono convolati a nozze i due piccioncini >>.
Entrambi risero.
<< Mi spiace averti fatto staccare dall’università prima >> iniziò Kyoshiro riferendosi al fatto che l’amico era vincitore di una borsa di studio come bibliotecario della sua facoltà che gli permetteva di mantenersi agli studi senza gravare eccessivamente sui genitori.
L’altro fece un gesto con mano.
<< Ma figurati >> rispose Yoshi << Per te che mi hai sempre passato le versioni di latino questo ed altro! >>.
Rise ricordando i tempi in cui riusciva a copiare anche se Kyoshiro veniva messo alla cattedra dal professore.
<< Avrei bisogno solo di un paio di informazioni >>.
<< Dimmi tutto! >> esclamò il ventunenne sbottonandosi la sua uniforme per il caldo che sentiva e facendo un respiro profondo.
<< La divisa che indossi è quella di antropologia? >> domandò riferendosi agli studi dell’amico.
Lo vide scuotere il capo.
<< Sono tutte uguali >>.
<< Impossibile >> affermò Kyoshiro dopo averla osservata bene << L’uniforme che ho visto indossare ad un ragazzo è leggermente diversa dalla tua >>.
Yoshi lo guardò con aria interrogativa incentivandolo a continuare.
<< Beh, per esempio i bottoni che hai qui non sono così ma dorati e poi ci sono delle rifiniture ai polsini… >> nemmeno lui sapeva bene come spiegarsi e si sentì ridicolo agli occhi dell’amico << Il colore di fondo è uguale, sempre blu, ma… >>.
<< Amico >> lo interruppe Yoshi << Credo d’aver capito a che uniformi ti stai riferendo ma risaliranno almeno a un centinaio d’anni fa! Se ti interessa dovrebbero esserci delle foto in biblioteca. Vuoi vederle? >>.
Kyoshiro annuì.
<< Mi faresti un gran favore >>.
S’incamminarono verso la facoltà continuando a chiacchierare del più e del meno mentre molti pensieri viaggiavano nella testa del ragazzo dai capelli rossi.
<< Ma poi si può sapere a chi l’hai vista questa divisa? A un nonnetto centenario in metro? >> chiese Yoshi ridendo.
Kyoshiro si unì alla sua risata e fece il gesto di dargli una gomitata. Entrarono in biblioteca. A quell’ora c’erano pochi ragazzi che stavano studiando e l’amico si diresse senza indecisioni verso il piano superiore. Gli indicò una vetrina con alcune foto in bianco e nero appartenenti ad alcuni studenti.
<< E’ per caso così? >> chiese puntando il dito su un ragazzo fotografato per intero mentre sorreggeva una targa vinta.
Kyoshiro trattenne il respiro nel vedere chi fosse quella persona. Non era possibile che fosse davvero lui. Inghiottì un groppo di saliva prima di domandargli di poterla vedere più da vicino. L’amico aprì la teca di vetro che portava al collo e gliela porse. Il ventunenne si sedette cercando una spiegazione logica mentre leggeva l’etichetta posta sotto la cornice della foto.
Nagi Homura.
Per il suo impegno ed eccellenza negli studi antropologici.
La data risaliva a centoventi anni prima.
<< Ma che hai? >> gli domandò Yoshi vedendolo sbiancare << Sembra che tu abbia visto un fantasma! >>.
È così, avrebbe voluto rispondergli l’amico.
<< Ma che dici! >> esclamò Kyoshiro cercando di apparire normale << Grazie per avermi aiutato >> aggiunse allungando una mano per stringere quella dell’altro.
Yoshi contraccambiò la stretta sorridendo.
<< E’ stato un piacere esserti d’aiuto >> rispose cordialmente.
 
Da quando aveva lasciato la facoltà, il ventunenne non aveva fatto altro che provare a chiamare il cellulare della ragazza.
Cazzo rispondi!, pensò gettando il telefonino sul sedile del guidatore mentre si metteva al volante.
Mise in moto e uscì dal parcheggio mentre formulava il numero di Shizuru.
<< Midori è lì con te? >> chiese appena la donna attivò la conversazione << Dove siete? >>.
Shizuru si guardò intorno presa leggermente dall’ansia di quelle domande.
<< Sono al suo appartamento, l’hanno dimessa un’ora fa >> rispose la quarantaseienne << E’ successo qualcosa, Kyoshiro? >>.
<< Non muovetevi da lì! >> urlò il ragazzo superando un camion senza curarsi dell’elevata velocità << Dici a Midori che non deve vedere Nagi per nessun motivo! Non è quello che ha fatto credere di essere! >>.
La donna ingoiò un groppo di saliva mentre sentiva il cuore fermarsi.
<< Hai scoperto qualcosa su di lui? >> chiese.
<< State lontane da lui! >>.
Shizuru dovette sedersi prima di rispondere.
<< Troppo tardi >> sussurrò scoppiando in lacrime << E’ passato a prenderla con la sua moto un quarto d’ora fa >>.

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Capitolo 19
*** Rivelazioni ***


Nagi aveva proposto alla diciottenne di stare un po’ soli appena l’avessero dimessa dall’ospedale e così era passato a prenderla sotto casa. Prima di montare sulla moto, le aveva promesso che avrebbero fatto tutto quello che desiderava e Midori era voluta andare nel posto in cui aveva ucciso un Orphan per salvare il venticinquenne. Era stato lì che aveva aperto il portale e avevano fatto l’amore per la prima volta. Sentiva il desiderio di vedere dei luoghi a lei cari dopo tutto quello che aveva passato. Durante il tragitto si tenne stretta al ragazzo e ignorò volutamente il suo cellulare che squillava. Quando arrivarono e si tolse il casco integrale, notò che tutte le chiamate erano di Kyoshiro. Storse il naso alzando gli occhi al cielo. Ma cosa diavolo voleva adesso? Stava per cancellarle, quando il ventunenne provò nuovamente a chiamarla.
<< Eh no! >> esclamò Nagi sorridendole << Almeno oggi non ci sei per nessuno, nemmeno per… >> le prese di mano il telefonino e guardò il display inarcando leggermente il sopracciglio << …Kyoshiro? >>.
Midori si strinse nelle spalle e vide l’altro rifiutare la chiamata.
<< Ehi, aspetta… >> provò a dirgli.
<< Troppo tardi >> rispose il venticinquenne mettendoselo in tasca e avvicinandosi per baciarla.
<< Poteva essere importante >>.
<< Non ora, adesso siamo solo tu ed io >>.
Midori lo abbracciò respirando il suo odore e lasciò che le sue mani le stringessero i fianchi. Era passato molto tempo da quando aveva potuto stare con lui in tranquillità.
<< Com’era? >> chiese improvvisamente la diciottenne staccando le sue labbra da quelle di Nagi.
<< Com’era cosa? >>.
<< L’Orphan che ci ha aggredito >>.
<< Dobbiamo parlarne adesso? >>.
<< Voglio trovarlo e ucciderlo, ogni momento è buono per parlarne >> rispose Midori guardandolo negli occhi per fargli capire che non scherzava.
Il venticinquenne la guardò per qualche istante in silenzio.
<< Non è il caso che ti fiondi alla ricerca del mostro >> disse << Sei appena uscita dall’ospedale >>.
<< Ha ucciso nostro figlio! >> esclamò la ragazza << Per te questo non conta niente? >>.
<< Non è quello che ho detto >> ribatté Nagi cercando di mantenere la calma.
Delle volte l’avrebbe presa volentieri a schiaffi. L’abbracciò impedendole di divincolarsi e le diede un bacio sul collo.
<< Sono dispiaciuto anch’io >> iniziò << Ma lo supereremo insieme >> Respirò vicino al suo orecchio e la sentì rabbrividire << Avremo la nostra vendetta >>.
Midori annuì tenendolo stretto ancora per qualche secondo prima di sciogliersi dalle sue braccia.
<< Ti andrebbe di venire con me? >> gli chiese riferendosi al portale.
Desiderava sentirsi a casa e quello era l’unico posto che riusciva a farla stare meglio.
Nagi asserì col capo senza smettere di sorriderle. Era esattamente ciò che voleva. La diciottenne lo stava conducendo proprio dove auspicava andare. La osservò disegnare quelle strane rune sul terreno mentre diventavano brillanti e si ritrovò a ridere nell’osservare il paesaggio cambiare. Midori lo guardò con aria interrogativa.
<< Sai perché rido? >> le domandò allontanandosi di qualche passo da lei. Si voltò per vedere il portale che si ergeva in tutta la sua maestosità e si inginocchiò baciando il terreno.
Finalmente avrebbe riportato in vita suo fratello e questa volta non ci sarebbe stato nessuno a impedirglielo.
<< Ma che stai facendo? >>.
La diciottenne aveva appena finito di pronunciare la sua domanda, quando una forza invisibile la immobilizzò. Nagi si rialzò e le si avvicinò senza smettere di sorridere. Mosse appena la mano destra e dal terreno spuntò una croce di legno mentre con l’altra prese il mento della ragazza stringendo.
<< Mia cara Midori >> disse << O forse dovrei chiamarti Kuga, come tua madre. Ti piacerebbe essere come lei, vero? Le verità è che tu non sei nemmeno degna di pronunciare il suo nome >>.
<< Che cosa stai… >>.
Le parole le morirono in gola nel sentirsi sbattere con violenza contro i duri pali. Non riusciva a muovere nessuno dei suoi muscoli. Guardò il venticinquenne con rabbia.
<< Liberami immediatamente! >> urlò << Che cosa stai facendo? >>.
Nagi mosse le dita dell’arto sinistro e fece apparire delle corde che andarono a serrarle strettamente polsi e caviglie alla struttura di legno.
<< E’ stato un piacere farmi amare da te >> continuò accarezzandole una guancia << Sei stata una preda semplice da catturare, molto più di tutti gli altri guardiani. La più stupida, oserei dire >> sentiva la ragazza rabbrividire ripugnata dal suo tocco ma non poteva sottrarsi. La cosa lo fece sorridere ancor di più << Tu, mia cara ragazzina, e l’altra guardiana rimasta riporterete in vita mio fratello, il grande Principe d’Ossidiana >>.
Midori sgranò gli occhi per la sorpresa.
<< Ucciderò prima te e poi la tua amica quando verrà a cercarti. Il sangue delle ultime due discendenti di Aruk farà crollare il portale e finalmente il mio sogno si avvererà! Ho atteso più di settecento anni, ho aspettato nell’ombra l’occasione giusta per uscire allo scoperto e finalmente, con te, tutto questo è stato possibile. Sarà merito tuo se il mondo per come lo conosci perirà sotto i colpi del Principe d’Ossidiana e del suo dominio >> strinse una mano a pugno sentendo l’euforia invaderlo << Dopo tutto questo tempo, torneremo alle origini e il sacrificio di Aruk e di tutti quelli dopo di lui sarà vano! >>.
La diciottenne lo ascoltò con le lacrime agli occhi comprendendo che tutto quello che era successo, tutto quello che aveva provato, tutto quello che aveva fatto, era solo una menzogna. Avevano ragione sua madre, Mai, Kyoshiro quando l’avevano messa in guardia da lui. Kyoshiro! Il pensiero che il ragazzo avesse provato a chiamarla tante volte la fulminò. Chinò leggermente il capo sentendosi un’incapace.
<< Oh, ma non devi piangere >> ironizzò il venticinquenne << E’ tutto merito tuo, Midori. Dovresti essere fiera del ruolo che stai ricoprendo. Il tuo nome sarà ricordato in eterno, non come tutti questi guardiani anonimi che hanno dato la propria vita per salvaguardare l’equilibrio del mondo. A che scopo farlo? Pensa a tua madre che si è sacrificata per salvare il tuo amico… >>.
<< Sei un maledetto bastardo! >> urlò la diciottenne riuscendo finalmente a dire ciò che pensava << Non permetterti nemmeno di nominare mia madre! >>.
Nagi si meravigliò della forza di volontà che aveva appena dimostrato Midori e aumentò la stretta delle corde sul suo corpo. Non poteva rischiare che si liberasse dal suo potere ed evocasse il suo Child. I polsi iniziarono a sanguinare e a bruciare ma lei strinse i denti. Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vederla urlare.
<< Natsuki Kuga >> continuò Nagi con noncuranza e guardandola negli occhi come a sfidarla << L’ho osservata a lungo, come ho fatto con tutti gli altri. Li ho visti morire e sacrificarsi, donare il loro animale al primo discendente e sperare che il mondo rimanesse come lo avevano conosciuto. Ma lei era diversa, aveva una forza e un odio verso ogni cosa che mi impressionò e compresi che forse sarebbe stata proprio quella ragazza strafottente a portarmi alla vittoria. La tenni d’occhio a lungo e quando stavo per palesarmi, successe qualcosa che ribaltò i miei piani. Tua madre abbandonò la rabbia e l’astio per far posto a qualcosa di totalmente diverso, l’amore. Aveva conosciuto una persona che l’aveva cambiata, che le aveva fatto comprendere come dietro ogni piccolo gesto potesse celarsi una grande gioia. Fui costretto a rimandare i miei progetti e attendere qualcun altro che facesse al caso mio. Non dovetti attendere a lungo. La collera per quello che ti era capitato mi portò dritta a te e, dopo averti studiato, compresi che tu eri ciò che cercavo. Non avrei avuto un’altra possibilità come questa. Ad una prima occhiata eri come lei; testarda, ostinata, forte, abile, veloce ma avevi qualcosa in più. Eri completamente sola. Col trascorrere degli anni, sei riuscita ad allontanare tutti gli affetti più cari. Prima tua madre, poi l’altra guardiana, Mai Tokiha con la sua famiglia e infine anche l’amore di quello stupido ragazzino. Nemmeno Natsuki aveva mai provato un simile odio verso il mondo. Me ne sono inebriato quasi subito e ho continuato a nutrirlo affinché mi portasse al trionfo. Tu hai permesso tutto questo. Vedi Midori, quando Aruk rinchiuse il Principe d’Ossidiana in un’altra dimensione collegata al portale, io riuscii a scappare e ho giurato che lo avrei liberato a qualunque costo. Ora tutte le mie fantasie diventeranno realtà >>.
La diciottenne aveva ascoltato allibita e sempre più piena di rabbia nei confronti dell’albino.
Che stupida che sono stata a pensare che fosse tutto vero!, si ripeteva mentre cercava incessantemente una soluzione al danno che aveva creato. Nessuno doveva morire per colpa sua, non avrebbe permesso a Nagi di perpetuare il suo piano. Si morse il labbro con rabbia mentre provava a muovere le mani. Tutti inutile, i lacci erano troppo stretti e l’acre odore del sangue le arrivò presto alle narici.
<< Non ci sarà nessuno a salvarti, non questa volta >> disse il venticinquenne << Questa volta compirò ciò che ho promesso. Kyoshiro non ti salverà >>.
Detto, fece apparire nelle mani un pugnale che brillò per qualche istante alla luce del sole. Nagi sorrise guardandola mentre comprendeva cosa voleva fare.
Kyoshiro, pensò la diciottenne con tristezza, Tu mi avevi davvero salvato. Mi spiace non averlo capito.
Improvvisamente le tornò in mente la prima volta che vide quel posto e chiuse gli occhi nel momento in cui il ragazzo conficcò la lama nel suo petto fino all’impugnatura. Midori avrebbe voluto urlare per il dolore ma Nagi non glielo permise. Immediatamente il sangue sgorgò dalla ferita sporcandogli le mani e gocciolando per terra. Si portò un dito alle labbra leccandolo con gioia e rimase in silenzio osservando la diciottenne perdere lentamente i sensi. Adesso doveva solo attendere.
 
<< Quando torna mamma? >> aveva domandato Midori rivolta a Natsuki mentre finiva di colorare il suo disegno.
<< Presto >> aveva risposto la donna intenta a finire la sua relazione per il giorno seguente. Essere commissario di polizia le dava la possibilità di poter effettuare spostamenti e non essere reperibile anche per delle ore mentre combatteva contro gli Orphan ma poi doveva anche evitare di essere sommersa da un mare di scartoffie. Aveva alzato appena gli occhi dalle pagine del suo lavoro e aveva incontrato quelli della figlia. Si era meravigliata di quanto espressivi fossero, di quanto le somigliasse, di quanto le apparisse meravigliosa. Si erano fissate in silenzio prima che entrambe riprendessero i loro compiti. Si trovavano sotto il gazebo vicino la piscina vuota. Ormai l’autunno incalzava e la sera faceva sempre più fresco.
<< Tra poco entriamo in casa >> aveva aggiunto senza guardarla.
<< Io voglio aspettare la mamma >> aveva detto caparbiamente la bambina di sette anni.
<< Fa freddo, Midori >> aveva ribattuto in tono autoritario Natsuki posando la penna sul foglio << Rischi di prenderti un raffreddore >>.
Ma la figlia aveva scosso il capo ostinandosi nella sua decisione. La donna aveva sospirato mentre la osservava. Anche di carattere erano uguali ma, nonostante avesse i suoi geni, il genitore che Midori adorava era Shizuru. D’altronde come sarebbe potuto essere il contrario? La sua compagna era una persona eccezionale e con la bambina era una madre fantastica; al contrario suo che si sentiva sempre un po’ impacciata. Questo non significava che le volesse meno bene, amava la piccola con ogni fibra del suo essere. Semplicemente non era accomodante come Shizuru che cercava sempre di accontentare Midori in ogni suo capriccio. Per questo la bambina si ritrovava a preferire di più la compagnia dell’altra mamma che la sua. Delle volte si ritrovava a pensare che a lei era stato dato il ruolo di genitore più severo. Una folata di vento le aveva messo in disordine le carte che stava rileggendo. Si era affrettata a riprenderle sentendo la figlia ridere sottovoce. Quando era tornata a sedersi, aveva guardato l’orologio da polso e poi il cielo. Immediatamente era scattata nuovamente in piedi ordinando alla bambina di rientrare subito in casa.
<< Voglio restare qui, mamma! >> aveva esclamato << Non mi importa se fa freddo >>.
Natsuki l’aveva presa in braccio senza ascoltare storie e l’aveva depositata sul pianerottolo di casa.
<< Resta qui! >> le aveva urlato tornando indietro.
Shizuru le aveva sempre proibito di parlare a Midori del suo, per così dire, secondo lavoro e non voleva ancora che la allenasse. A suo parere era troppo presto per la bambina e sarebbe potuto essere uno shock. Aveva evocato il suo Child nel momento in cui l’Orphan si era palesato ai suoi occhi.
Avevo ragione, aveva pensato con una nota di tristezza preparandosi a combattere.
 
Stringeva ancora le sue pistole quando Midori l’aveva abbracciata. Il mostro era appena stato sconfitto e Duran era al suo fianco. All’inizio non si era accorta che la bambina la stava osservando e sentire le sue piccole mani stringerle il tessuto della maglia le aveva fatto provare una piacevole sensazione all’altezza dello stomaco.
<< Ti sei spaventata? >> le aveva domandato scostandola leggermente per poterla guardare negli occhi.
Midori aveva scosso il capo sorridendole.
<< Sei stata bravissima, mamma! >> aveva risposto << Hai ucciso quel mostro! >>.
Sembrava estasiata da quello che le aveva visto fare. Natsuki le aveva accarezzato una guancia.
<< Questo non è un gioco, Midori >> le aveva spiegato con calma << Il mostro che hai visto è un Orphan e quando io non ci sarò più toccherà a te fare quello che faccio io >> si era voltata per indicarle il lupo di metallo << Lui ti aiuterà >>.
Aveva aspettato di vederla annuire prima di prenderla per mano. A quel punto, doveva mostrarle un’altra cosa. Aveva disegnato le rune magiche e non aveva staccato gli occhi della figlia mentre la loro proprietà scompariva. La bambina l’aveva guardata per un solo attimo prima di osservare il paesaggio circostante. Natsuki le aveva indicato il portale e si era mossa in quella direzione mentre le raccontava la storia dei suoi antenati e di come loro salvassero il mondo. Aveva fatto parecchie pause per essere sicura che la bambina la seguisse e le aveva concesso di accarezzare le bianche pareti dell’arco. Midori era rimasta sorpresa e allo stesso tempo affascinata da quello che faceva sua madre e che aveva fatto sua nonna. Per lei era come trovarsi in uno dei suoi cartoni preferiti dove l’eroina combatteva i cattivi e vinceva sempre.
<< Ti voglio bene mamma! >> le aveva detto buttandosi tra le sue braccia.
La madre aveva sorriso dopo averle dato un bacio tra i capelli. Da sua figlia non poteva aspettarsi niente di diverso, Shizuru si era sbagliata.
<< Vuoi fare una cosa con me? >> le aveva proposto << Da domani verremo tutti i giorni qui ed io ti insegnerò a difenderti >>.
<< Diventerò brava come te? >>.
<< No, Midori >> aveva risposto la donna << Diverrai più brava di me >>.
 
Era capitato spesso che la bambina si alzasse durante la notte per vari motivi. Di solito era per colpa di un incubo o semplicemente desiderava dormire nel letto matrimoniale. Nonostante Natsuki ripetesse che fosse ormai grande per stare da sola, a Shizuru faceva piacere tornare ad addormentarsi mentre stringeva il corpicino della figlia. Quella notte la mora aveva sentito la porta aprirsi e dei passi muoversi nella direzione delle due donne. D’istinto si era spostata per farle posto sapendo che di solito Midori s’infilava sotto le coperte dalla parte della sua compagna e voleva dare loro più spazio possibile. E invece aveva sentito le mani della bambina scostare le lenzuola dal suo corpo e cercare un varco dove sistemarsi. Aveva aperto leggermente gli occhi, sorpresa da quel gesto e si era mossa per permetterle di entrare. Midori l’aveva abbracciata senza dire nulla e aveva poggiato la testa sul suo petto facendo un respiro profondo. Natsuki aveva iniziato ad accarezzarle i capelli con calma mentre la baciava.
<< E’ tutto a posto? >> le aveva sussurrato poi sapendo che era ancora sveglia << Di solito ti piace dormire dalla parte di mamma Shizuru >>.
La bambina aveva annuito e aveva stretto il tessuto del pigiama che indossava con una mano.
<< Ti prometto >> aveva risposto sottovoce per far sentire solo alla mora << Che sarò un’ottima guardiana >>.
Si erano guardate per pochi secondi senza dire nulla mentre sorridevano.
Da quel momento erano diventate inseparabili.
 
Dove sei finita Midori?, continuava a ripetersi Kyoshiro mentre per l’ennesima volta si metteva in auto senza averla trovata.
Era arrivato a casa della diciottenne un quarto d’ora dopo la chiamata fatta a Shizuru e in fretta aveva spiegato a lei e alla madre quello che aveva scoperto. Aveva ribadito varie volte che fosse proprio Nagi e non un suo antenato e si erano divisi per cercarla. Anche Tate si era unito alle ricerche, Himeko avrebbe voluto fare lo stesso ma qualcuno doveva badare a Ruka. Tutti erano preoccupati per quello che sarebbe potuto accaderle, in particolare il ventunenne che non avrebbe sopportato di perderla nonostante non l’avesse mai avuta. Immaginava che Shizuru fosse quella più terrorizzata; quando le aveva parlato, la sua voce tremava e sapeva che una volta rimasta sola avrebbe pianto.
Nagi Homura, si promise il ragazzo, Ti fermerò a qualunque costo.
Accostò l’auto mettendo le quattro frecce nel sentire il suo cellulare squillare.
<< Kyoshiro >> disse Mai << Novità? >>.
<< Nessuna >> rispose scoraggiato il figlio << Dove diavolo possono essere andati? Abbiamo setacciato tutta la città >>.
<< E’ rimasto solo un posto >> affermò risoluta la donna apparendo alle spalle dell’auto.
Il ventunenne la vide riflessa nello specchietto retrovisore e riagganciò
<< Vengo con te >>.
Sua madre si avvicinò all’auto posando una mano sullo sportello e scosse il capo.
<< E’ troppo pericoloso >> ribatté << Non possiamo rischiare. Se io muoio… >>.
<< Non morirà nessuno! >> esclamò Kyoshiro scendendo dalla macchina << Non ti lascio andare da sola >>.
Si guardarono negli occhi per un lungo istante in cui Mai comprese che nulla gli avrebbe fatto cambiare idea. Il desiderio di salvare Midori era più forte di qualunque altra cosa. Non riuscì a dargli torto; se si fosse trattato di Tate probabilmente avrebbe reagito allo stesso modo. Annuì una sola volta prima di chinarsi leggermente sulla strada e disegnare le rune magiche. Kyoshiro trattenne il fiato mentre il paesaggio intorno a lui cambiava e ricominciò a respirare normalmente quando vide il portale.
<< Puoi evocare Kagutsuchi? >> chiese subito prendendo la madre per un braccio.
<< Non l’ho mai fatto, non ce n’è mai stato bisogno qui >>.
Mossero qualche passo nella valle in silenzio ascoltando i battiti del suo cuore.
<< E’ meglio se ti nascondi >> affermò la donna << Se non ci saranno problemi, uscirai allo scoperto >>.
All’inizio Kyoshiro protestò ma di fronte all’occhiata ferma e decisa di Mai dovette limitarsi ad ubbidire. La donna si passò una mano tra i capelli e attraversò la radura. Se a Midori era successo qualcosa, non poteva permettersi di perdere suo figlio. Il mondo reclamava la sua vita per continuare a esistere. Alzò gli occhi verso il portale e notò qualcosa di diverso. Col cuore in gola iniziò a correre e, quando fu a pochi metri di distanza, vide lo spettacolo raccapricciante che Nagi aveva inscenato. Una croce si ergeva vicino l’arco di trionfo e, priva di sensi, si era stata legata la diciottenne.
<< Midori! >> esclamò affrettandosi a raggiungerla per liberarla mentre vedeva sempre più chiaramente la pozza di sangue che si allargava ai suoi piedi. Forse non era ancora troppo tardi, non doveva esserlo.
Improvvisamente si fermò sentendo dei battiti di un applauso provenire dall’alto. Nagi era seduto su un ramo dell’albero e la guardava con aria beffarda.
<< Finalmente >> disse tranquillamente << Ti stavamo aspettando, Mai Tokiha >>.
Si gettò a terra con un agile salto cadendo perfettamente in piedi.
<< Chi sei? >> chiese la donna arretrando di pochi passi.
<< Permettimi di presentarmi; sono Nagi Homura, il fratello del grande Principe d’Ossidiana >>.
Le sue parole rimasero per parecchi istanti ad aleggiare nell’aria mentre Mai rifletteva su quello che doveva fare.
<< Sono la persona che lo riporterà in vita uccidendoti, ormai manchi solo tu >> continuò indicando i nomi dei guardiani morti incisi del marmo.
La donna scorse in modo tenue quello della diciottenne e si ritrovò a stringere il pungo per la rabbia.
<< Non accadrà quello che pensi! >> gli urlò << Io ti sconfiggerò! Kagutsuchi! >>.
Anche se non era sicura di poterlo fare, tutti i suoi dubbi scomparvero quando vide la fenice apparire alle sue spalle e i suoi braccialetti infuocati formarsi intorno ai polsi.
<< Sarà divertente ucciderti, guardiana >> disse Nagi impugnando l’elsa del pugnale ancora grondante del sangue della ragazza << Molto più di quanto sia stato uccidere quella sciocca ragazzina >>.
Kyoshiro era rimasto nascosto come gli aveva ordinato la madre ma quando vide il Child della donna comprese che era successo qualcosa. In fretta si precipitò da lei anche se non sapeva nemmeno da dove iniziare per esserle d’aiuto. Correndo tra gli alberi per non essere notato, vide la madre lottare con Nagi. Si fermò nascosto dietro un cespuglio sentendo il cuore scoppiargli per l’impotenza mentre gli pareva di rivivere una scena che l’aveva segnato profondamente.
Questa volta non morirà nessuno, pensò, Questa volta io salverò tutti. Te lo prometto, Natsuki.
Si voltò alla ricerca della diciottenne e, quando i suoi occhi caddero sulla croce, credette che il terreno sotto i suoi piedi cedesse. Approfittò del fatto che l’albino fosse impegnato a combattere contro Kagutsuchi per avvicinarsi.
<< Midori >> sussurrò notando il sangue che aveva perso << Adesso ce ne andiamo >>.
La ragazza era pallida ed era priva di sensi. Le toccò il volto trovandolo freddo e indugiò per un solo istante sulle sue labbra socchiuse. Aveva bisogno di essere portata in ospedale e di ricevere tutte le cure possibili. Iniziò a scioglierle il braccio sinistro dalla corda insanguinata e a quel gesto, Midori aprì appena gli occhi. Abbozzò un sorriso nel riconoscerlo.
<< Kyo… shiro… >> disse in un soffio.
<< Va tutto bene, ti porto via >>.
La diciottenne scosse impercettibilmente il capo.
<< Va… vattene… >>.
<< Io non vado da nessuna parte senza di te >> le rispose prontamente il ragazzo.
<< Devi… devi salvarti >> continuò caparbiamente Midori << …almeno…almeno tu… >>.
<< Non dire stronzate >> affermò l’altro trattenendo a stento le lacrime.
<< Non pensavo ti fossi fatto così ardito, Kyoshiro >> disse beffardamente Nagi vedendolo.
<< Kyoshiro! >> urlò Mai.
Il venticinquenne mosse una mano e improvvisamente dal terreno spuntarono due grosse radici che bloccarono il ventunenne impedendogli altri movimenti.
<< Liberami! >> gridò Kyoshiro che non riusciva a raggiungere Midori svenuta nuovamente << Liberami, bastardo! >>.
<< Di te mi occuperò dopo >> rispose Nagi con calma << Appena avrò finito con la tua mamma >>.
Rise riprendendo a concentrare la sua attenzione sulla guardiana. Anche se non voleva ammetterlo, Mai era seriamente in difficoltà di fronte a lui. I suoi attacchi erano veloci e mirati, Kagutsuchi non riusciva mai a colpirlo e lei si sentiva stanca.
<< Kagutsuchi colpiscilo! >> urlò la donna indietreggiando leggermente.
Era ferita in vari posti, il pugnale che usava Nagi era ben affilato. Sapeva che il ragazzo per ora si stava solo divertendo con lei e tremava pensando a quando avrebbe deciso di farla finita.
Forse quella era davvero la fine.

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Capitolo 20
*** Guardiani uniti ***


Kyoshiro provava a dimenarsi dalla ferma presa delle radici che gli avvolgevano le gambe fino al ginocchio ma era tutto inutile. Urlava il nome di Midori cercando di tenerla sveglia ma la diciottenne, dopo quelle brevi frasi, teneva gli occhi chiusi come se dormisse.
<< Ti prego, non te ne andare! >> gridò allungando una mano verso di lei << Io ho bisogno di te! >>.
Si guardò intorno cercando qualcosa che potesse essergli utile ma non c’era niente.
Dannazione!, pensò in preda all’agitazione.
Non poteva fare nulla, stava di nuovo osservando impotente la morte.
Ho promesso che non sarebbe morto nessuno!
Kyoshiro,
Il ragazzo si guardò intorno ma non vide nessuno che lo stava chiamando.
Kyoshiro.
Di chi era quella voce? Ingoiò un groppo di saliva senza smettere di cercare la fonte di quel suono.
Una luce si materializzò davanti ai suoi occhi così bianca e cristallina che il ragazzo fu costretto a socchiudere gli occhi mentre si portava una mano sul volto.
Kyoshiro.
<< Natsuki? >> domandò con voce incerta.
Non era possibile che fosse davvero la voce della donna. Continuò a fissare la luce che lentamente si stava trasformando finché non apparve una spada brillante e bianca come il bagliore di prima. Kyoshiro guardò l’arma stupefatto, non aveva mai visto niente di simile. La lama era di cristallo, affilata e appuntita mentre l’elsa era intarsiata d’oro e d’argento.
Prendi la spada, Kyoshiro.
Il ragazzo ubbidì e immediatamente le sue mani iniziarono a bruciare. Tentò di mollare la presa ma scoprì che era impossibile farlo mentre cercava di non urlare per il dolore. Guardò davanti a sé sperando che quella sofferenza finisse presto. Dovette sbattere varie volte le palpebre per capire che era tutto vero quando davanti a sé vide la figura di una donna.
<< Natsuki? >> ripeté tremando leggermente.
Siamo forse morti tutti?, si domandò l’istante successivo.
La donna che gli stava di fronte sorrideva ed era bella, davvero meravigliosa. Era Natsuki e al tempo stesso non lo era. Tutto il suo corpo era investito di una candida e accecante luce, la sua pelle era così chiara da parere eterea, i suoi occhi due fonti di luminosità.
Non sei morto, Kyoshiro, disse la figura che gli stava di fronte dissipando i suoi dubbi.
Il ventunenne si rese conto che la voce della donna era nella sua testa, lei non muoveva le labbra per parlare.
Tu sei la nostra speranza.
Dopo quelle parole, una nuova luce apparve accanto a Natsuki e lentamente prese la forma di un uomo. Era stato lui e parlare e, esattamente come lei, sorrideva al ragazzo con calore. Kyoshiro sentì gli occhi riempirsi di lacrime nel vederlo.
<< Nonno? >> chiese mentre iniziava piangere.
Sua madre aveva delle foto a casa, sia lui che sua sorella sapevano bene chi fossero i genitori di Mai e soprattutto l’uomo che era stato un guardiano morto assieme alla madre di Natsuki.
L’uomo annuì posandogli una mano sulla spalla. In quel momento un profondo calore invase il ventunenne e fu così forte da fargli trattenere il fiato. Dopo quel contatto, accanto a lui iniziarono a formarsi molte altre luci. Kyoshiro guardava estasiato senza comprendere.
Siamo qui, Kyoshiro, disse il nonno senza smettere di stargli accanto, Noi siamo i guardiani, tutti i guardiani, e siamo qui per aiutarti. Usa la spada, Kyoshiro.
<< Ma io non ho… >>.
Non esitare, non permettere alla paura di albergare nel tuo cuore. Noi guideremo le tue mani, saremo la tua forza contro Nagi e il suo piano.
Salva Midori, Kyoshiro,aggiunse Natsuki.
Salva tua madre, concluse l’uomo, Salva questo mondo. La spada che impugni è quella di Aruk, solo i puri di cuore possono tenerla in mano e usarla contro le forze maligne e tu lo sei, ragazzo. Lo sei altrimenti non saresti qui. Il tuo cuore ti ha portato a provare a salvare le persone che ami e questa tua qualità adesso sarà ricompensata. Noi ti staremo accanto.
Kyoshiro annuì. Tutto dipendeva da lui e non aveva intenzione di deludere le aspettative di nessuno. Impugnò strettamente la spada mentre chiudeva gli occhi e la sua lama si illuminò di una luce accecante. Quando li riaprì, sentì la forza dei suoi antenati muovere le sue dita, le sue mani e renderlo più potente di quanto fosse mai stato. Tagliò le radici che gli bloccavano i piedi con un colpo netto e si precipitò a liberare Midori. La diciottenne era pallida più che mai ma almeno respirava ancora. Nel sentirsi spostare mugugnò qualcosa che Kyoshiro non riuscì a sentire. Si chinò su di lei mentre la stendeva a terra e le chiedeva di aspettarlo.
<< Torno presto >> le disse dopo averle dato un bacio sulla fronte.
<< Perché… >> iniziò la ragazza << …perché…non…perché non sei…andato via? >>.
Il ventunenne sorrise a quelle parole e le prese una mano per baciargliela.
<< Perché io ti amo >> rispose sentendo una lacrima rigargli il volto << E non ti avrei mai abbandonata. Verrei con te anche all’inferno >>.
Si rimise in piedi e si voltò cercando Nagi e sua madre. La grossa fenice si librava in aria a diversi metri da lui ed era in difficoltà. Kyoshiro impugnò la spada davanti a sé con entrambe le mani e respirò profondamente.
Vi prego nobili antenati, pensò sentendo il loro calore, Datemi tutta la forza che posso contenere.
Ancora prima di accorgersene, stava correndo in aiuto di Mai.
 
La donna combatteva con tutte le sue forze e le sue capacità ma sapeva che Nagi era nettamente superiore a lei. Era stata ferita in diversi posti e lasciava una scia di sangue ogni volta che si muoveva. La sua fenice attaccava il nemico ma era rallentata dalla poca forza che conservava Mai. Non riusciva a rimanere concentrata per molto, le girava la testa e delle volte era costretta a fare un respiro profondo per impedire alla nausea di avere il sopravvento. Nagi si era accorto della sua difficoltà e giocava con lei come avrebbe fatto il gatto col topo. Si stava divertendo, per lui era un piacevole passatempo dopo tanto tempo di inattività. Si fermò un attimo sorridendo.
<< Sei in difficoltà, Mai? >> la canzonò passandosi una mano tra i capelli. Si osservarono in silenzio << Adesso ti svelo un segreto >>.
Si piantò le unghie della mano destra nel braccio sinistro e fece cadere sul terreno alcune gocce di sangue. La donna lo osservava terrorizzata.
<< Sai perché Aruk non è riuscito a sconfiggere gli Orphan? >> disse iniziando a correre verso di lei << Perché sono io quello che li comanda, sono io che li mando ad uccidere i guardiani >>.
La colpì in viso mentre la ferita che si era appena inferto sanguinava copiosamente. La rossa cadde per terra perdendo l’equilibrio e si portò una mano al naso per tamponarlo. Kagutsuchi sparì per un attimo per poi riapparire. Mai vide il volto di Nagi pericolosamente vicino al suo e inghiottì un groppo di saliva. Il ragazzo leccò la lama del pugnale completamente estasiato da quello che stava accadendo.
<< Io ho mandato a uccidere tuo padre e la madre della tua amichetta. Io ho praticamente tolto la vita a Natsuki >>.
<< Sei un figlio di puttana! >> esclamò la donna con le lacrime agli occhi.
Nagi allargò le braccia mentre la sovrastava.
<< E’ arrivato il momento di finirla >> disse semplicemente.
Improvvisamente la terra tremò e da ogni goccia del sangue del fratello del Principe d’Ossidiana caduta sull’erba nacque un Orphan. Mai sentì il cuore tremarle per la paura. Erano centinaia e la sua fenice venne accerchiata.
<< Kagutsuchi! >> urlò allungando una mano verso il Child.
<< Ora muori >>.
<< No, ora muori tu >>.
Nagi voltò appena la testa in direzione della voce maschile che aveva parlato e l’attimo dopo Kyoshiro affondò la lama della spada nel suo petto fino all’elsa, esattamente come lui aveva fatto a Midori. Il sangue uscì immediatamente dalla ferita mentre il venticinquenne muoveva dei passi all’indietro.
<< La…la spada di Aruk… >> mormorò cadendo a terra.
<< Kyoshiro, stai bene? >>.
Il ragazzo annuì mentre aiutava la madre a rialzarsi e la abbracciò felice di essere riuscito a salvarla. Fissò per qualche secondo il corpo senza vita di Nagi e la spada bruciò intensamente tra le sue dita. Di nuovo il terreno sotto i loro piedi ondeggiò. Kyoshiro si guardò intorno; tutti gli Orphan, ora che era morto il loro padrone, erano completamente allo sbaraglio e cercavano, come potevano, di mettersi in salvo. Prese la mano di Mai correndo nel posto in cui aveva lasciato Midori.
<< Dobbiamo andare via di qui! >> gridò per cercare di sovrastare il rumore del terremoto che diventava più intenso.
Kagutsuchi lanciò dall’alto una fiammata per spianare loro la strada dagli Orphan. Non avevano molto tempo, doveva fare in fretta. Anche il portale iniziò a vacillare e formari crepe sulla sua superficie di marmo bianco.
<> domandò il ventunenne senza guardare la donna.
Mai scosse il capo cercando di conservare le energie per tenere attiva la sua fenice. Arrivarono da Midori e Kyoshiro si chinò su di lei sollevandole il volto.
<< E’ finita >> le sussurrò dolcemente << Adesso ce ne andiamo davvero >>.
La ragazza non si mosse né diede segni di vita mentre la rossa disegnava le rune per uscire da quella dimensione. In un tempo che parve loro infinito, si ritrovarono a contemplare il paesaggio familiare della loro città. Kyoshiro stringeva tra le braccia il corpo di Midori ma non aveva lasciato la spada che gli aveva permesso di sconfiggere Nagi. Mai gli posò una mano sulla spalla chinandosi sulla ragazza.
<< No… >> mormorò appena il figlio accarezzandole il volto << …io…io ho promesso che l’avrei salvata… >>.
Anche la madre piangeva nel contemplare il corpo della diciottenne.
<< Kyoshiro… >> iniziò baciandolo su una tempia dopo averlo abbracciato << …le sue ferite…erano… >>.
Le parole le morirono in gola quando vide la spada illuminarsi e liberarsi dalla stretta del figlio come se avesse una vita autonoma. Si librò nell’aria fermandosi davanti a loro e in quel momento apparvero sia Kagutsuchi che Duran. Entrambi si avvicinarono alle loro rispettiva padrone. Il lupo di metallo sfiorò con la punta del muso il volto di Midori mentre la fenice toccò con una zampa la fronte della donna. Immediatamente le ferite che avevano riportato si rimarginarono e la vita tornò a scorrere nel corpo della diciottenne che aprì gli occhi. Kyoshiro le baciò una mano piangendo per la felicità mentre lei gli sorrideva.
Sei stato bravissimo, Kyoshiro.
Entrambi i ragazzi alzarono gli occhi sulla spada e videro la madre di Midori e il nonno del ventunenne. Alle loro spalle erano presenti tutti gli altri guardiani.
<< Mamma… >> sussurrò la ragazza piangendo. Riconobbe nella figura dietro di lei sua nonna Saeko << Nonna… >>.
Non piangere bambina mia, finalmente è tutto finito. Finalmente la nostra famiglia avrà una vita normale. Niente più Orphan, niente più portale, niente più Child. Siete liberi da questo fardello, liberi di essere semplicemente bambini, ragazzi e adulti. Nessuno sarà più investito di una così grande responsabilità. Questa è la fine.
<< Vuoi dire che non ci saranno più Orphan da combattere? >>.
Natsuki scosse il capo.
Uccidendo Nagi hai sconfitto la fonte del male, lui era l’unico collegamento tra il Principe d’Ossidiana e gli Orphan. Adesso che è morto, anche loro sono scomparsi. Per sempre. Nessuno vi chiederà mai più di vestire i panni degli eroi.
Le dita di Midori s’intrecciarono a quelle di Kyoshiro nel sentire quelle frasi. Non le sembrava possibile, da quel momento avrebbero avuto una vita come tutti gli altri.
I guardiani guardarono in alto per un attimo prima di voltarsi verso i due Chid.
Ora dobbiamo andare.
In quel momento la diciottenne comprese che avrebbe dovuto dire addio a Duran. Si voltò verso di lui allungando la mano libera dalla presa di Kyoshiro. Non desiderava staccarsi dal ragazzo, la sua vicinanza le scaldava il cuore. Il lupo metallico si avvicinò e lasciò che Midori gli accarezzasse il muso. Silenziosamente gli stava dicendo addio. Il ventunenne vide che sua madre stava facendo la stessa cosa con Kagutsuchi. La figura di Natsuki si mosse con leggiadria verso i due ragazzi e sfiorò il volto di entrambi mentre sorrideva. Midori ricominciò a piangere nonostante quel tocco le avesse fatto provare quel calore familiare che sentiva ogni volta che da bambina sua madre l’abbracciava.
Va tutto bene, piccola mia. Lasciati alle spalle tutto quest’odio e questo rancore che hai provato fino ad ora e fai posto nel suo cuore ad altri sentimenti. Permettiti di essere finalmente felice con la persona giusta accanto e lasciati amare per quello che sei. Nessuno vuole vedere me in te; tutti desiderano che tu sia semplicemente te stessa. Io ti ho dato la vita affinché tu potessi essere una persona a se stante, non la mia copia e adesso è venuto il momento di liberarti del passato e vivere la tua vita da diciottenne. Non sprecare questa possibilità.
La ragazza strinse con più forza la mano di Kyoshiro sentendo il cuore battere nel petto ad una velocità folle. Altre lacrime le rigarono il volto e poggiò la testa sul petto del ragazzo.
Ti voglio bene.
<< Anch’io >> disse Midori e, nell’attimo in cui le figure evanescenti dei guardiani sparirono, fu come se il grande peso che si portava dentro scomparisse allo stesso modo.
Si girò verso Kyoshiro sorridendo e il ragazzo le accarezzò una guancia stringendola contro il suo corpo. Sapeva che ora sarebbe stata solo sua.
 
Midori si appoggiò alla ringhiera e fissò il mare sotto di lei con un sospiro. Kyoshiro le si avvicinò dopo averle dato qualche secondo per fissare la distesa d’acqua salata. Era trascorsa una settimana da quando aveva sconfitto Nagi e gli pareva che fosse trascorso un secolo. La ragazza che gli stava di fronte non era così diversa da quella che per dieci anni aveva conosciuto, era tornata ad essere la bambina spensierata della quale si era innamorato. Shizuru e Ruka erano tornate ad Ombras il giorno prima con un gran sollievo. Adesso nessuno avrebbe più combattuto e rischiato la vita per salvare il mondo, erano liberi. Sapeva che per Midori quella libertà aveva lo stesso sapore della possibilità di cominciare una vita nuova, lontana dal dolore e la sofferenza. E lui ne avrebbe fatto parte. In fondo era tutto quello che desiderava. Amava la diciottenne, l’aveva amata per tutti quegli anni e non avrebbe smesso ora che finalmente stava insieme a lei. Il loro rapporto era solo all’inizio, entrambi avevano ancora bisogno di tempo per metabolizzare quello che era successo eppure sentivano che ad unirli c’era un forte legame. Un legame che non si sarebbe mai spezzato. Le sfiorò con la punta delle dita il dorso della sua mano che stringeva la balaustra e sorrise. Prima non avrebbe potuto permettersi di farlo, Midori gli sarebbe saltato addosso con intenzioni tutt’altro che gentili, mentre adesso il contatto col suo corpo le metteva allegria. Si guardarono negli occhi sorridendo; poi la diciottenne tornò a fissare le onde del mare. Era sera e la luna rifletteva la sua luce sulla superficie facendola apparire argentata. Avevano cenato a casa di Mai ed erano usciti per fare una passeggiata. La donna dai capelli rossi si era raccomandata di non far tardi visto che entrambi dovevano studiare il giorno seguente. Gli esami universitari e di maturità erano alle porte.
<< Allora, hai deciso? >> le domandò il ragazzo senza staccare gli occhi da lei.
Gli era impossibile farlo, credeva che sarebbe potuto rimanere delle ore a fissarla senza stancarsi. La vide annuire lentamente.
<< Sì, torno ad Ombras >>.
Kyoshiro annuì, si era aspettato che la ragazza scegliesse di tornare a vivere a casa di Shizuru. Dovevano recuperare parecchio tempo e la diciottenne era intenzionata a non perdere questa nuova occasione che le si offriva. Stavolta la madre non l’avrebbe allontanata, era stata lei stessa a proporglielo. Desiderava tornare a sentire il profumo familiare dei biscotti che preparava la donna, la sua voce affettuosa, il calore del suo corpo quando l’abbracciava. Quando Nagi l’aveva ferita a morte, il suo primo pensiero era stato per il ragazzo e subito dopo il volto della donna si era affacciato tra i suoi ricordi. Come le aveva consigliato Natsuki, non aveva intenzione essere lasciata sola e voleva tornare ad essere circondata da quegli affetti che da bambina la facevano sentire protetta e al sicuro. Intrecciò le sue dita con quelle di Kyoshiro e il ventunenne le si avvicinò abbracciandola da dietro. Le diede un bacio sulla guancia senza dire nulla. Sapeva che sarebbe partita il giorno seguente, non c’era bisogno di dirlo. Shizuru sarebbe riuscita a farle ottenere il trasferimento scolastico e le avrebbe fatto prendere il diploma ad Ombras senza problemi.
<< Credi di riuscire ad aspettarmi? >> gli chiese con un filo di voce poggiando la testa sul suo collo e respirando il suo odore.
Kyoshiro sorrise a quella domanda.
<< Ti ho aspettata per dieci anni, penso che potrei attenderti in eterno >>.
 

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Capitolo 21
*** Fine ***


Dodici anni dopo…
Il braccio che le circondava la vita le impediva di muoversi. Sorrise mentre lo accarezzava e godeva ancora del tepore delle coperte e i primi raggi solari filtravano attraverso le tapparelle abbassate. A quella tenue luce l’anello che portava all’anulare brillò per qualche secondo e lei lo contemplò. Ancora a distanza di più di un anno, non riusciva a credere che fosse tutto vero. Si strinse sotto quel braccio che la faceva sentire al sicuro e fece un respiro profondo. In quel momento dalla culletta sentì provenire il pianto della neonata. Sospirò spostando il braccio dell’uomo che le dormiva accanto e stava per alzarsi quando fu preceduta da quest’ultimo. Kyoshiro si avvicinò alla bambina sollevandola e parlandole dolcemente.
<< Cerchiamo di non svegliare la mamma e la sorellina, Sumire >> le sussurrò baciandola.
Midori si mise a sedere sorridendo mentre contemplava la scena. Nonostante suo marito fosse tornato tardi e fosse stanco, aveva sempre un sorriso e una parola gentile per lei e le bambine.
<< Oh, ecco la mamma >> continuò l’uomo cullando la piccola << Si è svegliata anche lei >>.
La donna inclinò leggermente il capo dopo essersi presa le ginocchia con le mani.
<< A cosa stai pensando? >> le domandò.
<< Sei una persona eccezionale, Kyoshiro >> rispose lei con calma.
Sentiva di amarlo esattamente come la prima volta che lo aveva capito. Da quel momento non lo aveva mai lasciato e ora erano entrambi due adulti diventati da qualche mese genitori.
<< Ti amo >> disse lui camminando avanti e indietro davanti al letto.
In quel momento si svegliò anche l’altra neonata iniziando a piangere. Midori si alzò dal letto per prendere tra le braccia la figlia e diede un leggero bacio al marito sulle labbra.
<< Mancavi solo tu, piccola >> disse la donna parlando alla bambina e accarezzandole la testa << Adesso siamo tutti svegli >>.
I due adulti si sorrisero. Da quando erano arrivate le gemelle nella loro vita non c’era stato un attimo di pausa. Le due bambine sottraevano tutte le energie ai genitori e in particolare a Midori che le allattava al seno. La madre baciò entrambe prima di sedersi sul bordo del letto e sbottonarsi la camicia da notte. Era l’ora dalla poppata. Nel frattempo Kyoshiro teneva a bada Sumire che aveva iniziato a piangere affamata.
<< Adesso tocca anche a te! >> esclamò divertito l’uomo cullandola su e giù per la stanza.
Midori lo osservava; suo marito aveva una dote naturale con i bambini. Di fronte alle continue notti insonni, ai cambi di pannolini, ai pianti; non aveva mai vacillato. Nemmeno lei era stata così sicura di sé, delle sue doti di mamma come lo era stato Kyoshiro.
<< Ti amo, Kyoshiro >> disse sentendo il bisogno di far uscire i suoi sentimenti.
Lui si chinò per baciarla contento delle sue parole.
<< Ho sentito la mia nipotina piangere? >> esclamò Ruka entrando in camera senza bussare << Oh, scusate piccioncini! >> aggiunse vedendo la scena che si stava svolgendo.
<< Ruka! >> rispose Midori << Quante volte ti ho detto che devi bussare prima di entrare in camera nostra? >>.
La sorella le fece un gesto con la mano mentre si avvicinava.
<< Su, dammi Kagura >> disse rivolta a Kyoshiro.
<< Quella è Sumire! >> dichiarò Midori risentita dallo scambio.
Ruka scoppiò a ridere.
<< Oh, non prendertela >> ribatté baciando la bambina << A questa età sembrano tutte uguali >>.
A quelle parole anche l’uomo rise.
<< La colazione è pronta >> continuò la ragazza tentando di calmare Sumire << La mamma ci sta aspettando giù >>.
I due coniugi annuirono.
<< Scendiamo non appena avremo finito >>.
Un quarto d’ora dopo si fecero vedere nel salone. Shizuru corse dalla figlia per darle una mano con le bambine che, finalmente sazie, si stavano riaddormentando.
<< Com’è andata la notte? >> chiese in modo apprensivo accarezzandole una guancia.
Midori si sedette versandosi del tè e si appoggiò allo schienale.
<< E’ ancora presto per sperare che dormano per più di tre ore di fila? >>.
Shizuru rise sottovoce mentre sistemava nel seggiolino per neonati una delle due nipotine e Kyoshiro faceva lo stesso. Quando le avevano comunicato che sarebbe diventata nonna, nessuno si aspettava che fossero due gemelle. Lei era stata felice, anche se si rendeva conto che il carico di lavoro sarebbe stato maggiore.
<< A che ora arrivano? >> domandò l’uomo dopo aver bevuto la sua tazzina di caffè.
<< Ho sentito Mai >> rispose prontamente Ruka << E si sono messi in viaggio adesso. La stessa cosa vale per Himeko >>.
<< Voi non dovete preoccuparvi di niente >> lo rassicurò Shizuru che aveva notato quanto fossero stanchi i due giovani << E’ già tutto organizzato >>.
<< Meno male, mamma >> sospirò Midori << Kagura stanotte ha anche avuto le colichette >>.
<< Credi che dovremmo preoccuparci? >> chiese il marito << Non è la prima volta che succede >>.
Shizuru sorrise.
<< Su Kyoshiro >> affermò << Non angosciarti più del necessario. È normale quando si è così piccoli >>.
La donna continuò a fissare la coppia mentre finivano di fare colazione. Dopo la laurea, aveva dato un lavoro a entrambi nell’azienda di famiglia; Kyoshiro gestiva le pratiche legali mentre Midori, laureata in economia e commercio, seguiva le sue orme. Un giorno sarebbe subentrata a lei a pieno titolo. Dopo il matrimonio erano andati a vivere con Shizuru e Ruka, la casa era abbastanza grande per ospitare tutti, incluse le ultime due arrivate. Midori, infatti, era stata restia ad allontanarsi dalla madre e dalla sorella con le quali aveva ritrovato il vecchio rapporto e l’uomo, comprendendo il desiderio della moglie, aveva accettato. In fondo non gli dispiaceva l’idea che ci fosse sempre qualcuno con lei e le bambine e che la aiutasse con loro quando lui era a lavoro. Inoltre Shizuru aveva destinato loro la dependance che era molto più grande di qualunque appartamento avessero visto prima delle nozze. Doveva ammettere, però, che era stato strano per Kyoshiro, staccarsi da Tirha e da tutto quello che aveva sempre conosciuto per vivere perennemente ad Ombras e anche per Mai e Tate il non poterlo vedere tutti i giorni all’inizio era stato un gran cambiamento. Per non parlare del fatto che da quando erano nate Sumire e Kagura telefonavano o videochiamavano almeno quattro volte al giorno.
Terminarono di mangiare e ognuno s’immerse nella sua attività. Shizuru andò a controllare che in cucina non mancasse nella, che il gazebo fosse stato apparecchiato e pronto a ricevere gli ospiti, Kyoshiro e Midori controllavano al computer alcuni file di lavoro finendo per addormentarsi sul divano e Ruka controllava le nipotine. Adesso che non aveva più esami all’università, aveva del tempo libero da trascorrere con loro. Diverse ore dopo, arrivarono Mai e Tate e la donna, ancor prima che l’auto fosse ferma, scese per correre a vedere le neonate che stavano dormendo nelle carrozzine. Costatò raggiante la loro somiglianza al padre e in maniera amichevole iniziò a battibeccare con Shizuru che invece, era dell’opinione che entrambe avessero preso dalla madre. Le due nonne erano molto gelose delle nipotine, forse perché erano le prime.
<< Credi che se Ruka o Himeko avessero un bambino, la smetterebbero? >> domandò in un orecchio Kyoshiro e Midori in modo ironico.
<< Probabilmente no >> rispose la moglie baciandogli una mano.
Mezz’ora più tardi arrivò anche Himeko col marito.
<< Dove sono le mie nipotine preferite? >> chiese facendosi spazio tra Shizuru e Mai per poterle vedere.
<< Per ora sono le uniche nipotine >> costatò il fratello punzecchiandola.
Nonostante fossero adulti, Himeko gli fece la linguaccia e iniziò a chiacchierare con Ruka. La madre delle due ragazze aveva organizzato quel pranzo per poter trascorrere del tempo insieme. In effetti c’erano parecchie occasioni da festeggiare, la nascita delle gemelle, il matrimonio di Himeko con Hiroshi, la laurea triennale di Ruka; e finalmente sembrava che ognuno, almeno per quel giorno, avesse messo da parte gli impegni per dedicarsi alla famiglia. Ridevano, scherzavano, facevano battute e progetti futuri. Midori a un certo punto prese il marito in disparte dal gruppo, allontanandosi leggermente dal gazebo e lo abbracciò.
<< Guarda >> gli disse indicando i famigliari << Che cosa vedi? >>.
Kyoshiro le cinse le spalle con un braccio e, dopo averle dato un bacio sulla tempia, osservò Hiroshi chiacchierare con Tate, Himeko conversare con Ruka, Shizuru e Mai tenere in braccio le gemelle che con tutta quella confusione si erano svegliate.
<< Vedo due bambine che tra poco piangeranno per la fame >> rispose scherzando.
<< Guarda meglio >> lo incitò la moglie.
L’uomo la guardò senza comprendere dove volesse arrivare. Midori gli diede un bacio sulla guancia sorridendogli e continuando a indicargli il gruppo.
<< Sul serio, non capisco… >>.
<< Guarda che famiglia meravigliosa abbiamo, Kyoshiro >> lo interruppe la donna << Ce la siamo meritata >>.
Suo marito la baciò a quelle parole ricordando ciò che era successo dodici anni prima.
<< Tua madre sarebbe orgogliosa di te >> le rispose tenendola stretta << Ti amo >>.
Si baciarono nuovamente prima di tornare dagli altri che li stavano chiamando.
 

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