Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Sentii
un ennesimo fuoco accendersi sotto la mia pelle, all’altezza dell’occhio
destro, e mi piegai in due, portandomi le mani al volto, imprecando.Altri due colpi riuscirono a raggiungere il
mio fianco e la mia coscia.
« Non farti vedere in questa casa almeno fino a domani,
capito? »
Riuscii
a rimettermi in piedi a fatica, nonostante non fossi esattamente stabile, e lo
guardai dritto in faccia. Come sempre quando mi guardava, da ormai 5 anni,
tutto quello che vidi nei suoi occhi fu una rabbia fredda, raggelante.
« Sei davvero una delusione.. Da ogni punto di vista. »
Mi
morsi un labbro e mi portai una mano all’addome, che pulsava in un modo
dolorosamente preoccupante. « Vaffanculo
papà. » sibilai, prima di barcollare fuori di casa nella
fredda aria di ottobre.
Vaffanculo
davvero, non bastava fare a botte con quei quattro idioti, dovevo pure
prenderle da mio padre una volta tornato a casa…
Non
riuscii a trattenere un gemito di dolore, mentre mi accasciavo contro un muro,
senza forza. Mi faceva un male fottuto ovunque e non non
riuscivo a vedere bene da un occhio. Sputai per terra, per liberarmi la bocca
dal sangue.
« Merda. Merda… Vaffanculo! »
ringhiai, sedendomi a terra, incurante della sporcizia sul marciapiede.
« Ehm.. Scusa, stai… stai bene? »
Alzai
lo sguardo al suono di quella voce titubante, e mi trovai a fissare una faccia
conosciuta. Capelli biondo scuro scompigliati, un viso ovale piuttosto
infantile e grandi occhioni del colore del miele. Era quello sfigato di 4° B…
Adam Thomas. Un piccolo finocchio so-tutto-io, fissato con la letteratura di
fine ‘800 e la musica metal. Pigliarlo per il culo era sempre stato uno dei
miei passatempi preferiti.
Appena
mi riuscì a vedere in faccia mi riconobbe, nonostante l’occhio pesto ed il
labbro spaccato e sanguinante. Spalancò gli occhi, stupito.
« Che cazzo di domanda è? Ti sembra che stia bene? » ribattei, in un rantolo dolorante.
« Webber. » esalò lui, senza
aggiungere altro.
« Complimenti, hai indovinato il mio nome.. »
Questo
idiota mi stava irritando. Cosa diavolo pensava di fare, rimanendo lì a
fissarmi sconvolto? Merda, ma proprio lui dovevo incontrare? Chiunque altro
sarebbe andato bene, ma non lui.
Dopo
una manciata di secondi sembrò finalmente risvegliarsi da quello stato di
catalessi, e si inginocchiò accanto a me, con aria alquanto preoccupata.
« Aspetta ti do una mano a rialzarti, ma che diavolo..
Cosa ti è successo?? »
Mi
prese sotto braccio per aiutarmi, ma allontanai le sue mani con un gesto
nervoso.
« Vaffanculo, non ho bisogno dell‘aiuto di un frocetto come te. »
Thomas
spalancò gli occhi alle mie parole, ma non diede segno di volersi allontanare. « Sei conciato malissimo, dovrei chiamare
un‘ambulanza.. »
« NO! » lo interruppi. « Non chiamare nessuna ambulanza del cazzo, e
neanche i miei genitori, se stavi per dirlo.. »
« Ma non posso lasciarti qui così… »
Nonostante
il dolore all’occhio, allo zigomo, alla bocca e a tutto il corpo in generale,
riuscii ugualmente a dedicargli un ghigno cattivo.
« E perché no? È il tuo dovere civico che te lo impone?
O un qualche fottuto istinto da crocerossina? »
Lui mi guardò ancora con quegli occhioni dorati aperti all’inverosimile. Era
proprio quella sua aria da gattino maltrattato che faceva venire a tutti la
voglia di essere cattivi con lui. « ..O magari ti sei
preso una cotta per me, eh, frocetto? »Sputai, sprezzante.
Trasalì a quelle parole e sbatté un paio di volte le
palpebre, poi si alzò, scuotendo la testa. Sperai che avesse finalmente deciso
di andarsene e lasciarmi la possibilità di collassare su quel marciapiede, senza
che nessuno mi infastidisse, ma ovviamente le mie erano le vane speranze di un
ingenuo: si fermò davanti a me e tirò fuori il cellulare.
« Che cazzo
stai facendo? Ma ci senti quando ti si parla? Se chiami l‘ambulanza, giuro che
ti ammazzo di botte. »
Lui mi ignorò, ben consapevole che, per come stavo messo,
non avrei potuto impedirgli di fare proprio niente, visto che non riuscivo
neanche a reggermi in piedi.
« Pronto? Si,
vorrei un taxi all‘angolo tra la quinta e la quarantacinquesima.. »
Lo guardai perplesso un paio di minuti, poi chiuse la
chiamata e mise via il cellulare.
« Si può sapere
perché cazzo hai chiamato un taxi? Guarda che io non ce li ho i soldi per
pagar… »
« Oh cristo,
non ti sembra di parlare un po‘ troppo per essere uno che sembra appena finito
sotto un trattore? » mi interruppe, con
aria esasperata. «Il
taxi te lo pago io, e per il momento limitati a collassare su quel cazzo di
marciapiede e chiudi il becco. »
Lo guardai sconvolto. A scuola non aveva mai ribattuto
ai nostri maltrattamenti, ma a quanto pareva quando voleva sapeva tirare fuori
le palle anche lui.. A turbarmi più di tutto, però, era che in quel modo sarei
stato in debito con lui. Fanculo, non volevo avere debiti con uno come lui.
Rimanemmo in silenzio senza neanche guardarci per
qualche minuto, finchè non arrivò il taxi, poi lui mi
prese per un braccio, aiutandomi ad entrare in macchina, ed io non protestai
più, troppo impegnato ad impedirmi di imprecare per il dolore.
« Dove vi
porto? » chiese la voce annoiata del tassista dai
sedili davanti.
Gli diedi l’indirizzo di un mio amico, poi mi accasciai
sul sedile, chiudendo finalmente gli occhi. Dio, se faceva male. Faceva davvero
tanto male. E il bello era che erano venuti a pestarmi in 4 per una tipa
che neanche mi ricordavo di essermi fatto, cazzo. Ero ancora assorto in
pensieri di questo genere, quando sentii qualcosa toccarmi la guancia.
Spalancai gli occhi, trasalendo, e mi accorsi che quel qualcosa erano le
dita di Thomas.
« Ma si può
sapere che cazzo stai facendo? »
Lui spalancò di nuovo quei suoi occhioni da cucciolo
abbandonato che mi facevano venire tanta voglia di picchiarlo, e arrossì. Si,
quel frocetto di merda era veramente diventato rosso
come un pomodoro. Ma dove diavolo ero finito? Non potei fare a meno di pensare
che quella fosse la tanto millantata gioventù che avrebbe portato in rovina il
nostro povero paese.
« Scusami.
Scusa, è che… avevi.. Hai… c‘è del sangue sulla tua faccia. »esclamò alla fine, per poi voltarsi
verso il finestrino ed iniziare ad… osservare il panorama, immaginai. Scossi la
testa, con uno sbuffo. Non avevo la forza, né la voglia di incazzarmi in quel
momento. Rimanemmo così, in silenzio, fino a quando il taxi non fermò davanti a
casa di Mike. Thomas pagò con una banconota da 10 $, poi fece il giro della
macchina e mi aiutò a scendere, mettendosi un mio braccio intorno al collo.
Sospirai, arrendendomi all’idea di farmi aiutare da
quel ragazzino.
Lui suonò il campanello, e dopo un paio di minuti Mike
venne ad aprirci, in boxer e maglietta, con una birra in mano.
Appena vide me conciato così, e Adam Thomas che
mi sosteneva, nonostante la sua corporatura fosse circa un quarto della mia,
scoppiò a ridere.
« Come cazzo ti
sei conciato amico? È stato lui? » mi chiese,
continuando a ridere a crepapelle, indicando Adam con un cenno.
« ‘Affanculo
Mike, mi fai rimanere qui fino a domani? »
gli chiesi, cercando di ignorare i miei istinti omicidi nei suoi confronti.
Lui scosse la testa, ancora ridendo, e si scostò,
aprendo la porta del tutto per farmi entrare. « Entra coglione.. »
Mi staccai finalmente da quello stupido ragazzino ed
entrai in casa di Mike, chiudendomi la porta alle spalle, ignorando il saluto
incerto mormorato da Adam dietro di me. Seguii il mio amico in cucina e mi
lasciai cadere su una sedia, mentre lui apriva il frigorifero e ne tirava fuori
una birra anche per me.
La afferrai al volo e ne presi subito una lunga
sorsata. Era gelata. Dio, mi ci voleva proprio. Sospirai.
« Allora, chi
cazzo è che ti ha fatto sta roba? E, soprattutto, perché eri con Thomas? » mi chiese alla fine Mike, sedendosi davanti
a me. I capelli castani gli ricadevano in una massa insensata sugli occhi
azzurri, arrossati dal fumo e stanchi.
Scrollai le spalle, bevendo un altro sorso di birra. « Sono stati quegli sfigati della Union e quello
stronzo di mio padre.. »
« Che cos..?
Quelli della Union? E perché?? »
« A quanto pare
mi son fatto “una delle loro tipe“ qualche sera fa… boh, io manco me la
ricordo questa.. Comunque mio padre si è incazzato e mi ha menato pure lui, poi
m‘ha detto di non presentarmi a casa fino a domani. E questo è quanto. » cercai di abbozzare un sorriso, ma era troppo
doloroso, e ciò che spuntò sul mio viso, più che un sorriso, fu una cazzo di
inquietante smorfia.
« E Thomas? Da
dove è sbucato? »
« Da un
tombino? »
Mike inarcò un sopracciglio. « Ah Ah. Quanto sei
simpatico. Dovrei ridere? »
Alzai gli occhi al cielo con uno sbuffo. Quel ragazzo
non aveva mai apprezzato il mio senso dello humor.
« Non lo so
stronzo. Quando sono uscito di casa me lo sono trovato davanti in modalità WWF-salviamo-uno-Shane-Webber-in-via-d‘estinzione. Ha
voluto aiutarmi a tutti i costi, mi ha persino pagato il taxi.. Quello ha dei
problemi seri. »
Mike ridacchiò, sorseggiando la sua birra. « Già, evidentemente tutti quei soldi gli hanno dato
alla testa.. »
«Mh, più che ai soldi, mi sa che la colpa della sua
mentalità perversa andrebbe attribuita a quella roba che ascolta e che legge.. »
« Cazzate,
anche tu ascolti musica rock e metal. »
« Si, ma io non
leggo Baudelaire e Rimbaud dalla mattina alla sera.. È l‘accoppiata che è
fatale.. »
« Non so,
quella roba non l‘ho mai letta. » mi rispose Mike, con
un’alzata di spalle.
Non era un idiota, intendiamoci, anzi, per essere l’ex
quarterback della squadra di football era quasi un genio, quasi. Però la
poesia proprio non la sopportava. In realtà neanche a me piaceva un granchè.. Trovavo che tutta la poesia lirica non fosse
altro che una enorme sega mentale di sfigati che non vedevano la vagina di una
donna da quando erano usciti da quella della propria madre. Per quanto riguardava
invece la poesia di quei francesi fattoni,
semplicemente, la trovavo inquietante. La poesia epica era decisamente la mia
preferita, ma in ogni caso preferivo la prosa.
« Secondo me ha
una cotta per te. » esordì Mike, dopo
qualche secondo di silenzio.
Lo guardai sconcertato. « Cosa? » esalai, con
aria stolida.
« Thomas.
Secondo me gli piaci. »
« Ma ti sei
rincretinito? » okay, o mi stava pigliando per il culo,
oppure aveva tremendamente ragione.
« No, sono
serissimo. Lo sanno tutti che è gay, no? »
« Si, ma ciò
non implica che abbia necessariamente una cotta per me, razza di idiota. »
« Okay, ma ti
assicuro che a volte ti guarda in un modo… »
fece un piccolo ghigno divertito. « E poi, dai, sono 3
anni che non fai altro che maltrattarlo e pigliarlo per il culo e, appena ti
vede in queste condizioni pietose, invece che goderci immensamente come farebbe
qualsiasi essere umano normale, lui cosa fa? Ti aiuta a rialzarti e ti paga un
taxi? Cos‘è, il cazzo di buon samaritano che porge l‘altra guancia ed aiuta i
bisognosi? »
Scrollai le spalle e finii con un lungo sorso la mia
birra, poi mi tirai fuori una sigaretta dalla tasca dei pantaloni.
« Oh, no, hai
capito malissimo. » mi interruppe Mike,
mentre con le mani frugavo i jeans alla ricerca di un accendino.
Mi fermai per un secondo e lo guardai sconcertato.
Cosa voleva adesso? Non potevo più fumare in casa? E da quando? Per caso era
diventato improvvisamente un salutista?
« Che vuoi? » biascicai, tenendo la sigaretta tra le
labbra.
« Shane, stai
gocciolando sangue ovunque. Prima vai a lavarti, poi potrai fumare. »
Mi alzai con uno sbuffo sonoro, appoggiando la
sigaretta sul tavolo, perché attendesse il mio ritorno.
« E magari
disinfettati un po‘ la bocca e il sopracciglio, già che ci sei! » mi urlò dietro il mio amico, mentre mi
dirigevo verso il bagno traballando leggermente.
Mi posizionai davanti al lavandino e finalmente potei
osservare la mia faccia allo specchio. Non era una bella visione, affatto. I miei
occhi scuri erano quanto mai inquietanti, in quanto uno era mezzo chiuso e
gonfio come una palla da tennis, mentre l’altro, apparentemente in condizioni
migliori, era di dimensioni normali, ma in compenso era completamente
arrossato. Avevo il labbro inferiore gonfio e spaccato, e non potei fare a meno
di ringraziare il cielo e tutti i santi per non essermi fatto il labret, perché se l’avessi fatto credo proprio che sarebbe
rimasto ben poco della mia bocca. In compenso il septum
l’avevo fatto eccome, e adesso il buco perdeva sangue, anche se stava
lentamente smettendo.
« Merda.. » imprecai, sfiorandomi appena il piercing con
la punta delle dita.
Mi morsi un labbro e lo tolsi con un gesto secco. E
fece male, FECE MALE. Vaffanculo, se fece male!
Mi sciacquai la faccia con l’acqua fredda, pulendo
anche i ciuffi di capelli neri inzuppati di sangue, poi finii di controllare la
situazione del resto del corpo -pietosa, naturalmente-, prima di andare a farmi
la doccia.
«Chegiornata
del cazzo. »
Salve a tutti! Dopo anni e anni di assenza l’illustre
sottoscritta torna a tediarvi con i suoi deliri mentali! Yèè!
Innanzitutto mi scuso per aver postato questo aborto. XD questo primo capitolo
è scritto piuttosto maluccio, perché inizialmente l’avevo scritto al presente,
poi ho deciso di metterlo al passato, ma non avevo voglia di riscriverlo tutto
in modo decente, quindi mi sono limitata a cambiare il tempo dei verbi. XD sono
pessima, mi faccio schifo da sola. La storia è un gioioso clichè,
ma spero che almeno qualche spunto originale ci sia… o almeno che vi faccia
divertire un pochino, se no mi sentirò un fallimento su tutta la linea. XD il
problema è che ultimamente io e il teen drama andiamo
a braccetto come due fidanzatini. Ed è una cosa che non augurerei a NESSUNO. E poi
questi mezzi bulli con seri problemi mentali mi ispirano un sacco. E dovrei
smetterla di sproloquiare e sparare minchiate. .-.
Spalancai gli occhi con un sussulto e mi voltai verso
Catherine, la mia migliore amica, che al momento mi stava fissando con un
espressione accigliata.
« Che c‘è? » le chiesi in un bisbiglio, lanciando
un’occhiata alla prof di storia per assicurarmi che non mi stesse guardando.
« Cosa diavolo
ti è successo? È tutto il giorno che hai la testa tra le nuvole e scarabocchi
il nome di Shane Webber ovunque.. »
mi sussurrò lei, accennando al mio libro.
Abbassai lo sguardo e mi resi conto che aveva
schifosamente ragione. Dio santo, c’era quel nome ovunque!
Arrossii leggermente e tornai a guardare la mia amica.
« Non è
successo niente Cat, te lo assicuro.. » le risposi alla fine, con aria più triste di
quella che avrei voluto.
Lei scosse la testa con aria esasperata. « Dovresti veramente smetterla Adam.. »
« Ma di fare
cosa? »
« Di sbavare
dietro a quel coglione immenso. »
La guardai profondamente indignato. « Che cos..? IO NON GLI SBAVO DIETRO! »
« Si si…
figurati.. »
« Mi piace un
pochino. Forse. Ecco tutto. »
Lei mi guardò con un sopracciglio inarcato e la sua
migliore espressione scettica. « Un pochino? »
« Un pochino. » confermai.
Lei scosse la testa di nuovo. Non la sopportavo quando
faceva così, cavolo. Lo sapevo benissimo che Shane era uno stronzo con la “s”
maiuscola, lo sapevo anche meglio di lei.. Però non ci potevo fare niente, se
mi piaceva.. E il problema era proprio che non mi piaceva un pochino, mi
piaceva fottutamente tanto.
Tirai un lungo sospiro e appoggiai la testa sul banco,
nella paziente attesa che finisse la lezione.
Mi guardai intorno, cercando una via di fuga, ma non
ce n’erano. Mi avevano circondato, non potevo fare niente.
«Ehy frocio, allora è vero che muori dietro a Shane? »
Li guardai spaventato, con gli occhi sbarrati. Ero confuso,
non riuscivo a capire quello che stavano dicendo. Come avevano fatto a
scoprirlo? Un tizio che non avevo mai visto prima mi si avvicinò, dandomi uno
spintone.
« Vorresti
che te lo sbattesse dentro, eh? » mi ringhiò contro, per poi scoppiare a ridere.
Scossi la testa con fare frenetico, indietreggiando,
fino a quando non andai a sbattere contro il muro. Loro mi si avvicinarono
ancora.
« Avanti
Shane, perché non lo fai felice? » disse ancora, ridendo, e finalmente lo vidi.
Era tra di loro e anche lui mi stava guardando con uno
sguardo schifato e sprezzante. Mi si avvicinò.
« No.. » riuscii a
mormorare.
« NO! »
Mi alzai a sedere, spalancando gli occhi, e mi accorsi
di essere ancora in classe. Avevo il viso imperlato di sudore e tutta la classe
mi stava fissando, ridacchiando. Arrossii di nuovo, e incontrai lo sguardo
della prof, che mi fissava allibita.
Merda. Non solo mi ero addormento in classe, ma mi ero
messo pure a fare gli incubi??
« Signor
Thomas.. Se è tanto stanco, la prossima volta le consiglierei di rimanere a
casa a dormire, invece che disturbare la mia lezione.. Nel frattempo perché non
esce dalla classe? Magari un giretto le schiarirà le idee.. »
Tirai un lungo sospiro e mi alzai, senza ribattere
nulla. Quel ragazzo non poteva assillarmi anche nei sogni, dannazione.
Raggiunsi il bagno a passo svelto e mi sciacquai la
faccia, che oltre ad essere sudata, adesso era anche accaldata e bordeaux.
Ringraziai il cielo che almeno il bagno fosse vuoto, visto che le lezioni non
erano ancora finite. Non avevo proprio voglia di incontrare nessuno in quel
momento.
Naturalmente, appena finii di pensarlo, sentii dei
passi avvicinarsi alla porta.
« Ma guarda chi
si vede.. »
Mi irrigidii al suono di quella voce. Mi voltai
verso di lui.
« C-ciao.. » fu l’unica cosa che riuscii a mormorare,
vedendo Shane in piedi davanti ad uno dei lavandini che mi guardava divertito.
La sua faccia era un po’ migliorata rispetto al giorno prima. L’occhio si era
un po’ sgonfiato, e adesso riusciva a tenerlo aperto decentemente, i suoi
capelli neri non erano più impastati di sangue, e in generale non sembrava più
un ammasso di carne trita.
« È davvero un
colpo di fortuna trovarti qui da solo.. »
esordì, dopo qualche secondo di silenzio.
Io però non ero affatto della stessa idea. Al momento
avrei solo voluto tornarmene in classe, e comunque stargli il più lontano
possibile, dopo quel sogno del cazzo.
« Già, beh,
però io ora devo tornare in classe.. »
Feci per superarlo, per poter raggiungere la porta, ma
lui mi bloccò, prendendomi per un polso. Mi spinse con la faccia contro la
parete, torcendomi il braccio dietro la schiena e stringendo tanto forte da
farmi male. Non riuscii a bloccare un gemito di dolore.
« Che cosa..
Vuoi da me? » riuscii a mormorare. «
Fanculo, mi fai male.. »
Sentii il suo corpo aderire al mio, e la sua bocca
avvicinarsi al mio orecchio.
« Sai, io odio
avere debiti con le persone.. In particolare se queste sono come te.. »
Mi morsi un labbro per il dolore. Non riuscivo a
capire dove diavolo volesse andare a parare con quel discorso del cazzo.
« Mi sono
chiesto “in che modo potrei ripagarlo per essere stato tanto gentile con
me?” » proseguì, con tono leggermente ironico. « Ci ho pensato tutto il pomeriggio, poi mi è
venuta in mente una cosa.. »
Mi strinse ancora più forte il braccio, e io sentii le
lacrime iniziare a pungermi gli occhi.
« Io ti
piaccio, non è vero? » sussurrò alla fine al
mio orecchio.
Spalancai gli occhi. Non poteva averlo detto. Dovevo
aver capito male.
« Forse
potremmo trovare un accordo.. »
Sentii l’altra mano scivolarmi lentamente sul fianco,
e le sue dita insinuarsi sotto la mia maglietta, mentre con la bocca mi
mordicchiava il lobo.
Io stavo per avere un attacco isterico. E probabilmente
quella era una strana cosa a metà tra un sogno e un incubo, perché tutto questo
non poteva star accadendo veramente.
« Cosa ne dici,
può funzionare? » sussurrò ancora, facendo scivolare la mano
fino al bottone dei miei jeans.
E Dio, in quel momento non sapevo proprio cosa
avrei dovuto fare. Shane mi piaceva, si, ma era sempre lo stronzo menefreghista
che era il giorno prima, dubitavo che si fosse improvvisamente scoperto gay e
follemente innamorato del sottoscritto.. Quando sentii le sue dita superare
l’elastico dei miei boxer, finalmente mi decisi a reagire.
« Lasciami! Mi
fai schifo.. »
Gli tirai una gomitata nello stomaco e lo allontanai
da me. Lui non oppose molta resistenza, e non sapevo se lo facesse di proposito
o fosse semplicemente ancora troppo debole per farlo.
Mi voltai verso di lui, e vidi che mi sta guardando
con un ghigno divertito.
« Ti faccio
schifo..? » sussurrò, avvicinandomisi di nuovo. « Eppure non si direbbe affatto.. »
Appoggiò una mano contro il muro, al lato della mia
testa, mentre con l’altra scese nuovamente al cavallo dei miei pantaloni. Io
sussultai, rendendomi conto del leggero rigonfiamento che quello stronzo stava
andando a stuzzicare.
Gli tirai uno spintone e corsi fuori dal bagno,
cercando di risistemarmi i jeans e di non avere un aneurisma nel bel mezzo del
corridoio.
« Vaffanculo.. »
P.o.v. Shane
Rimasi qualche secondo a fissare la porta da cui
Thomas era appena uscito, poi entrai in uno dei piccoli cubicoli, chiudendomi
la porta alle spalle. Scivolai a terra, soffocando l’ennesima imprecazione, e
scoppiai a ridere. Mi ero eccitato! Mi ero eccitato a toccare quel ragazzino!
Dio, dovevo essere messo proprio male.. E per fortuna non se ne era accorto,
altrimenti mi sa che tutta la mia credibilità sarebbe andata a puttane. Lasciai
passare qualche minuto, poi mi alzai ed andai a sciacquarmi il viso, per
calmare i bollenti spiriti. Non avevo alcuna intenzione di farmi una sega nei
bagni della scuola per colpa di un ragazzino sfigato con ancora l’apparecchio
ai denti.
Dopo un paio di minuti ero nuovamente in condizione di
uscire da quel bagno senza sembrare un coglione con gli ormoni a palla, quindi
me ne tornai in classe. Mi stravaccai al mio posto, accanto a Mike, e mi voltai
a guardarlo sorridente.
Lui fece una smorfia seccata. Quella notte non aveva
dormito un cazzo, e adesso era di pessimo umore ed intrattabile.
« Che cazzo è
quel sorriso da deficiente? » grugnì nella mia
direzione.
« Ultimamente
ci si annoia parecchio, non trovi? »
Lui mi guardò perplesso e stizzito. Odiava quando non
parlavo chiaro e tondo da subito.
« Mi sono
trovato un passatempo. » annunciai alla fine.
« Cioè? Ti sei
dato alla danza classica? »
« No, ho deciso
di scoparmi Adam Thomas. »
« Sei diventato
frocio? »
« Non direi..
Sono solo annoiato, e ho trovato un nuovo e divertente modo di torturarlo.. »
Lui mi guardò sconcertato, poi scosse la testa. « Tu sei da manicomio peggio di lui, amico.. Quello non
te lo dà.. »
Inarcai un sopracciglio. « Ma se hai detto ieri che ha una cotta per me. »
« Si, ma non è
idiota, sa benissimo che una scopata con te equivarrebbe alla totale
distruzione della sua vita scolastica e sociale. »
Lo guardai assorto per un attimo, poi sorrisi di
nuovo. « Okay, scommettiamo che entro il mio compleanno me lo
porto a letto? »
Gli porsi la mano.
Mike si voltò a guardarmi con un sorrisetto divertito.
« Okay. »
La strinse.
Un mese e mezzo.
P.o.v. Adam
« Cosa cazzo ha
fatto quello stronzo? » urlò Catherine,
guardandomi con gli occhi sgranati ed un’aria quanto mai sconvolta. « Io lo ammazzo, quel pezzo di merda! »
Guardai la mia amica con aria stanca. « Lascia stare Cat, tanto ci
sono abituato alle sue prese per il culo.. »
« Ma come
diavolo sarebbe a dire?! Questo va oltre le normali prese per in giro! Io gli
spezzo le gambe a quello sfigato omofobo di merda! »
Quasi mi venne da ridere a sentirla parlare così.
Naturalmente a lei non avevo raccontato dei vari “pestaggi”. Dopotutto non mi
avevano mai fatto nulla di serio, a parte qualche livido qua e là, e
sicuramente se gliene avessi parlato lei si sarebbe incazzata tanto da andare a
cacciarsi nei guai. Ci mancava solo che si mettessero a maltrattare pure lei,
Dio santo!
« Non importa,
dai.. » mormorai, abbozzando un mezzo sorriso.
Lei sbuffò, scuotendo la testa. « Io proprio non capisco come tu faccia a sopportare
tutto questo.. E anche a farti piacere quel.. »
«Cat! » la interruppi.
« COSA? »
« Basta così,
okay? »
Lei sospirò, rassegnata. « Non ti capisco proprio.. »
Io scrollai le spalle e le sorrisi. « Non importa, non devi capire per forza. Comunque ora
devo andare.. Magari dopo ti chiamo.. »
Lei annuì controvoglia e mi salutò, tornando poi a
sedersi sul gradino davanti all’ingresso della scuola. Stava aspettando che
iniziassero i corsi di teatro pomeridiani. Avevano chiesto anche a me di
parteciparvi, ma io mi ero rifiutato con gran decisione.
Già ero abbastanza gay, senza che mi mettessi anche a
fare l’attore fallito.
Mi avviai con uno sbuffo verso casa, ed imboccai il
solito vicoletto che mi accorciava la strada di un bel po’. Era tutto il giorno
che ci pensavo, ma ancora non ero riuscito a capire perché diavolo Shane si
fosse comportato così quella mattina. Era solo un nuovo modo per pigliarmi per
il culo? Affondai la faccia ancora di più nella sciarpa e tirai giù il
cappellino nero. Faceva fottutamente freddo quel giorno.
Mi stavo pregustando il momento in cui mi sarei
infilato in casa, sotto una coperta con una cioccolata calda in mano, quanto
iniziai a sentire le risate. Rimbombavano per tutto il vicolo, ma non ci feci
caso.
Era troppo tardi, quando mi resi conto che erano voci
conosciute.
«Ehy, guardate chi c‘è! »
Alzai lo sguardo, spaventato. Davanti a me si
stagliavano i soliti 4 brutti figuri. O almeno, 3 di questi erano brutti. Tom
Curtis, Jim Hampton, Mike Dalton e Shane Webber.
« Ma guarda, il
piccolo Thomas.. »Jim mi si avvicinò,
invadendo il mio spazio vitale. « Sai, dovresti proprio
evitare di andartene in giro da solo.. »
Tom ridacchiò, due passi indietro. « Già, dove hai lasciato la tua amichetta.. Bennet, no? Catherine Bennet. Una
gran figa, magari la prossima volta ce la presenti.. »
« Vaffanculo,
non vi azzardate a tirare in mezzo pure lei. »
Tom e Jim scoppiarono a
ridere, mentre Mike e Shane si scambiarono un’occhiata d’intesa piuttosto
divertita.
Jim mi diede una spinta che mi fece barcollare
all’indietro. « Perché se no che fai, eh, frocetto?
»
Aprii bocca per ribattere, ma non feci in tempo a dire
nulla, perché in quel momento accadde una cosa veramente inquietante. Shane
Webber intervenne.
Si mise in mezzo, tirando una spintarella a Jim, con un sorriso conciliante stampato in faccia.
« Dai Jimmy,
lascia stare questo sfigato e andiamocene che ho fame.. »
Deglutii a vuoto, vedendo Jim
voltarsi verso di lui con aria chiaramente incazzata.
« Che cazzo
fai, Webber, ti metti a difendere questa mezza checca? »
«Ehy, amico, rilassati… Dico solo che preferisco andare a
mangiare, che stare qui ad insultare Dorothy.. »
si voltò a guardarmi leggermente divertito. «
Dai, non c‘è neanche più gusto.. Non gli hai ancora fatto nulla e se la sta già
facendo addosso.. »
Okay, mi aveva chiamato Dorothy, e aveva osato
insinuare che me la stessi facendo addosso -cosa assolutamente falsa-, ma, per
quanto lo potesse negare anche all’infinito, Shane Webber mi stava decisamente
difendendo.
« E va bene.. » grugnì Jim, ancora
accigliato, dopo averci pensato su qualche secondo.
Mi tirò una pacca in mezzo alla schiena, superandomi. « Ci vediamo domani a scuola, frocetto!
» e si allontanò per il vicolo.
Gli altri lo seguirono, tranne Shane, che rimase
davanti a me decisamente più del dovuto.
Mi guardò per un secondo con un’espressione
indecifrabile, poi sorrise divertito. « Scusa per stamattina, ho esagerato. »
Disse solo questo, prima di andarsene. Disse solo
questo, ma bastò a farmi diventare rosso come un fottuto Babbo Natale ubriaco.
Buonsalve gente!!
Innanzitutto devo chiedere
umilmente perdono per avervi fatto aspettare così tanto, e anche perché è
scritta maluccio… spero però che vi diverta almeno un pochino! :D
Fatemi sapere!
P.s. grazie tante per le recensioni e a chi ha aggiunto
tra i preferiti/seguite eccetera!
Erano passati tre giorni, e Shane non si era fatto
vedere, grazie a Dio. Neanche i suoi amici erano venuti a disturbarmi, ed io
iniziavo a sentirmi fin troppo rilassato, anche se avevo un brutto
presentimento che mi assillava. Ero piuttosto certo che stessero tramando
qualcosa. Cristo, si era comportato in modo troppo strano, ultimamente.
Stavo pensando proprio a questo, quella sera, come una
previsione, o una qualche oscura premonizione. I miei erano via per lavoro, e
non sarebbero tornati prima di un paio di giorni, ed io non aspettavo proprio
nessuno, quindi quando suonò il campanello saltai in aria per lo spavento. Mi
avviai verso la porta alquanto preoccupato: chi poteva essere alle -lanciai uno
sguardo all’orologio- 11 di una piovosissima sera di novembre?? Cat mi avrebbe certamente telefonato, prima di piombarmi in
casa, e quanto agli altri miei amici… beh, onestamente non è che ne avessi
molti, e comunque non tanto stretti da venire a casa mia senza essere invitati.
Aprii la porta, senza prima chiedere chi fosse, e rimasi paralizzato.
Shane Webber.
Shane Webber fradicio di pioggia e pesto come non mai
era accasciato contro uno stipite e mi guardava, tenendosi lo stomaco con una
mano. Era sporca di sangue.
« Mi fai
entrare? » mi chiese, dopo qualche secondo, senza
grandi giri di parole.
Mi scostai dall’entrata per lasciarlo passare, senza
dire nulla. Lui barcollò nell’ingresso, e solo quando mi accorsi che stava per
stramazzare sul mio parquet, mi decisi finalmente a chiudere la porta da cui
entrava un vento gelido e carico di pioggia, e ad andare ad aiutarlo. Lo portai
fino in cucina -dove il pavimento era piastrellato, e molto più semplice da
pulire dal sangue- e lo feci sedere al tavolo.
« Che.. Che
cosa diavolo ti è successo? E perché sei qui? Come sai.. Come fai a sapere dove
abito?? » esclamai alla fine, quando finalmente
riuscii a parlare.
Lui mi guardò per un secondo, fissandomi con quegli
strani e penetranti occhi neri, poi abbassò lo sguardo.
« Posso
rimanere a dormire qui? » mi chiese, invece di
rispondere alle mie domande.
« Si, i miei
non ci sono, ma.. » mi bloccai,
rendendomi conto di ciò che avevo detto. Ero forse impazzito? Avevo appena
detto a Shane Webber che poteva rimanere a dormire a casa mia? « Ma prima vorresti rispondere alle mie
domande? » aggiunsi alla fine, titubante.
Lui mi guardò con un piccolo sorriso sghembo.
« I tizi
dell‘altra volta.. » incominciò. « Il problema è che questa volta avevano un
coltello.. »
Spalancai gli occhi.
« Ma l‘ho
schivato! » si affrettò ad aggiungere. Abbassò lo
sguardo sulla sua mano insanguinata. «
O quasi, almeno. »
Scossi la testa, allontanando tutte quelle inutili
domande che continuavano ad affollarmisi in testa e, cercando di recuperare un
po’ di lucidità, mi avvicinai a lui.
« Dovresti
andare in ospedale. »
Scosse la testa. « Ospedali no, lo sai. »
« Okay, ma
almeno lascia che te la disinfetti e che la bendi.. »
probabilmente avevo davvero la sindrome della crocerossina. Oppure ero
semplicemente impazzito. Comunque ero troppo buono, per negare il mio aiuto ad
una persona in quelle condizioni. Anche se la persona in questione era Shane
Webber.
« Togliti la
maglietta. »
Lui mi guardò con un sopracciglio inarcato.
« Come faccio a
medicarti una ferita all‘addome con la maglietta addosso? Toglila. »
Lui annuì, con un sospiro, e la tolse, scoprendo il
torace. Allontanando immediatamente dalla mia testa ogni qualsivoglia pensiero
romantico o erotico quella vista potesse suscitare, mi concentrai sulla ferita.
In effetti era molto più superficiale di quello che avevo temuto, e non perdeva
neanche più tanto sangue. Dopo tutti quegli anni passati a subire i
maltrattamenti di Shane & co. ormai ero praticamente diventato un
infermiere professionista. Quando mi picchiavano mi medicavo sempre da solo,
non potevo certo andare a piangere dalla mamma o, ancora peggio, andare in
ospedale.
Esaminai le varie ferite per qualche minuto, poi
finalmente mi alzai e tornai a guardare Shane.
« Non c‘è
niente di particolarmente grave. Ora vai a farti una doccia calda, che sei
bagnato fradicio e in pessime condizioni, poi ti medicherò quella.. » dissi, accennando alla ferita.
Lui mi guardò per un secondo, poi annuì. Era
silenzioso ai limiti dell’inquietante quella sera.
Lo accompagnai al bagno degli ospiti, gli lasciai
degli asciugamani puliti ed un paio di pantaloni della tuta da indossare, poi
tornai in cucina, a ripulire il pavimento che aveva infangato completamente.
A quel punto, finalmente solo, mi lasciai andare
all’isteria. Lanciai un muto urlo di frustrazione, abbrancando con forza lo
straccio, e mi buttai a terra con fare nervoso.
Cosa diavolo stava succedendo quella sera? Shane
Webber era nel mio bagno degli ospiti a farsi la doccia! Perché diavolo Shane
Webber era nel mio bagno degli ospiti a farsi la doccia??
E perché la cosa mi eccitava da morire? Perché ero un
dannato pervertito, ecco!
Strofinai con foga il pavimento, scaricando lo stress
e la frustrazione, e quando non ebbi proprio più niente da fare, rimisi tutto a
posto e mi abbandonai mollemente su una sedia. Perché la mia tranquilla vita di
adolescente si stava incasinando a quei livelli? Che avevo fatto di male per
meritare ciò?
«Ehy Thomas.. Io ho finito.. »
Alzai lo sguardo: sulla porta c’era Shane, con indosso
solo i pantaloni dell’adidas che gli avevo dato e i
capelli ancora fradici, che mi guardava in attesa.
Era di una bellezza mozzafiato. Rimasi a fissarlo
inebetito qualche secondo, poi mi riscossi e mi alzai, scuotendo la testa nel
tentativo di riprendermi. Forza Adam, ce la puoi fare.
Lo portai in camera mia e lo feci sedere sul letto,
poi mi allontanai per andare a prendere disinfettante e garze varie. Quando
entrai nel bagno, lontano dal suo sguardo indagatore, tirai un enorme sospiro,
come se fossi rimasto in apnea fino a quel momento. Presi la cassetta del
pronto soccorso con gesti meccanici. Non dovevo fare altro che andare di là,
mettergli due bende, spedirlo nella camera degli ospiti e poi andarmene a
dormire. Niente di più facile, dannazione.
Tirai un altro lungo sospiro, poi tornai in camera.
Lui mi aspettava proprio dove l’avevo lasciato. Bello come l’avevo lasciato.
Pericoloso come l’avevo lasciato.
Mi inginocchiai davanti a lui, appoggiando la cassetta
al mio fianco, poi ne tirai fuori un batuffolo di cotone ed il disinfettante e
mi misi all’opera. Feci tutto piuttosto alla svelta, cercando, senza troppo
successo, di non fissare il suo petto muscoloso e tatuato, o i suoi addominali,
mentre lavoravo.
« Okay, sei a
posto! » esclamai alla fine, con un sospiro leggero.
Lui mi guardò, fissando i suoi occhi scuri nei miei.
Li sentivo addosso, i suoi occhi, mi facevano venire i brividi. Sorrise
leggermente.
« Puoi toccare,
se vuoi. »
Spalancai gli occhi. « C-come..? »
Il sorriso si allargò ancora, diventando parecchio
sinistro. Mi prese una mano, senza lasciarmi opporre alcuna resistenza -non che
avessi intenzione di farlo, comunque- e se la portò al petto.
Arrossii leggermente.
« È da quando
ho tolto la maglietta che mi fissi… »
sussurrò, guidando le mie dita lungo i bordi neri dei suoi tatuaggi.
Ne seguivo il percorso affascinato, senza riuscire a distogliere
lo sguardo. Percepivo il calore che la sua mano trasmetteva alla mia. Un calore
solido e piacevole.
Vidi la mia mano scendere lungo l’addome, sfiorando
leggera le bende appena messe, e poi scendere ancora, tastando la sua pelle
liscia e calda con i polpastrelli. Non sapevo neanche più chi dei due fosse a
muoverla, se io, o lui, che ancora la teneva stretta. Sentii i primi peli sotto
l’ombelico farsi lentamente più folti, fino a quando le mie dita raggiunsero
l’elastico dei pantaloni. Mi fermai per un secondo, ed alzai lo sguardo sul
viso di Shane, che mi stava fissando. Non sorrideva più. Sentii la sua mano
stringere leggermente la mia e trascinarla più in basso, oltre l’elastico.
A quel punto, una qualche scintilla scoccò nella mia
testa, rimise in moto gli ingranaggi, ed io mi risvegliai da quello stato di
catalessi, ritirando bruscamente la mano e saltando in piedi.
« Che cavolo.. » mormorai, arrossendo a dismisura.
Cosa diavolo stava facendo quell’idiota? era forse
impazzito??
Feci per allontanarmi, ma lui mi fermò, afferrandomi
per un polso, con un sorrisetto malizioso dipinto in volto. Mi attirò
nuovamente verso di sé.
«Ehy, così non vale.. »
sussurrò, squadrandomi ancora con quegli occhi tremendamente profondi. « Io ti ho lasciato toccare, ma ora è il mio
turno… Do ut des, no? »
Lo guardai con gli occhi spalancati. Non mi piaceva
quella nuova versione di Shane, e neanche la sua personalissima interpretazione
di Do ut des. O meglio, mi piaceva da un
certo punto di vista, ma mi preoccupava anche un sacco, da tutti gli altri
punti di vista.
Mi passò lentamente una mano su un fianco, sollevando
leggermente la maglietta, premette le dita nella carne e mi avvicinò a sé
ancora di più.
« Dimmi una cosa, Thomas… sei ancora vergine? »
Sgranai gli occhi ancora di
più. Era impazzito. Era chiaramente diventato pazzo. Non c’era altra ragione,
per cui si dovesse comportare così, oltre alla follia.
« Sarebbe un vero peccato.. »
Mi staccai da lui di scatto.
È vero che mi piaceva, ma non avevo alcuna intenzione di fare nulla con lui. Mi
morsi un labbro. Ero assolutamente in grado di dominare i miei istinti. E i
miei impulsi. E quelle cose lì.. Tipo gli impulsi.
« OKAY! » esclamai, con voce
leggermente isterica e stridula. « Okay.. » ripetei, normalizzando la respirazione e il
tono. « Facciamo che tu.. Ora dormi. Dormi. E io-
vado di là. Nella camera degli ospiti. »E mi ci chiudo dentro. A chiave.
Non aggiunsi altro, e fuggii
dalla stanza, sbattendo la porta alle mie spalle.
Non ho tempo di scrivere, ma grazie a tutte per le
recensioni!! Vi amo tanto! Mi rendete tanto felice! :D
s- La mattina dopo mi
svegliai con un mal di testa indecente e il fianco che bruciava in modo
insopportabile. E il fatto che ultimamente accadesse spesso, che mi svegliassi
in condizioni simili, non rendeva la cosa più sopportabile. Mi misi a sedere
sul letto, guardandomi attorno ancora intontito dal sonno. Ero in una camera
che decisamente non era la mia, né quella di Mike, e anche questo mi succedeva
spesso, solo che di solito non ero da solo e dolorante. Era una camera piena di
libri e dischi e fogli sparsi in giro in un disordine sconvolgente. Libri.
Io non conoscevo persone che leggessero. Non ero neanche poi tanto sicuro che
la maggior parte dei miei amici sapesse leggere.
Feci mente locale, nonostante
la cosa richiedesse uno sforzo notevole, e ripercorsi la giornata precedente.
Alla fine ricordai tutto.
« Ah, cazzo.. »
imprecai. « Union. Coltello. Pioggia, tanta pioggia.
Adam Thomas. » conclusi, scivolando fuori dal letto in un
movimento molto poco fluido che mi procurò tante dolorose fitte al fianco.
Uscii nel corridoio, indeciso
su cosa fare, dal momento che quella casa era davvero fottutamente grande e io
non c’ero mai stato prima. Mi sarei perso, senza dubbio. Pensavo questo, quando
una melodia leggera raggiunse le mie orecchie. Era piuttosto attutita da
-probabilmente- diverse pareti, ma era senza dubbio il suono di un pianoforte.
Seguii il suono fino ad una porta bianca. La aprii e mi ritrovai sulla soglia
di un piccolo salottino poco arredato, occupato solo da qualche scaffale pieno
di libri, un divanetto, un tavolino ed un pianoforte a coda, nero lucente, a
cui era seduto Adam.
Non si era ancora accorto
della mia presenza, quindi mi presi il tempo per osservarlo. Solitamente non
sembrava altro che un ragazzino impacciato e un po’ imbranato, ma mentre
suonava tutta la sua figura esile esprimeva un che di elegante, nobile. Ed era
anche piuttosto bravo.
« Non sapevo che suonassi il pianoforte. »
Adam si fermò, sentendo la
mia voce, e la musica si interruppe. Si voltò a guardarmi.
« Mi pare ovvio. Tu non sai nulla di me, a parte che
sono gay e che quando mi picchi sanguino come ogni altro comune essere umano. » rispose, con una nota fredda nella voce.
Le mie labbra si piegarono in
un sorrisetto involontario e soddisfatto. Mi piaceva questa cosa, che
non fosse troppo remissivo. Rendeva tutto molto più divertente.
« Già, non so niente.. Però sei piuttosto bravo, è una
tua composizione? »
Lui scrollò le spalle. « Si, ma non è niente di che, e non è ancora finita.. »
« Beh, continua pure, non voglio essere d‘intralcio. » dissi, andando a sedermi sul divanetto.
Lui scosse la testa. « Non ti preoccupare, ormai avevo più o meno finito..
Son qui da due ore.. »
Calò un silenzio leggermente
imbarazzante. Ovviamente nessuno dei due aveva qualcosa da dire. E come avremmo
potuto? Non eravamo esattamente due amici che chiacchierano amabilmente.
Mi guardai intorno, e lo sguardo
mi cadde su un libro appoggiato poco più in là sul divanetto. Lo presi,
guardandolo con un sopracciglio inarcato.
« Stai leggendo Lords
of Chaos? »
Lui mi guardò incuriosito. « Si, perché? »
Lo guardai divertito, con un
sopracciglio inarcato. « È un libro
che parla di Black metallari satanisti, assassinii ed incendi di chiese, no? »
Lui scrollò le spalle. « Tecnicamente, se ti riferisci a VargVikernes, lui non era esattamente satanista. Più che
altro era fissato con il culto di Odino ed il nazismo.. »
« Si, beh, cambia qualcosa? Era comunque uno
psicopatico assassino. Non credevo ti piacessero quel genere di cose.. »
Un sorrisetto timido si
dipinse sulle sue labbra. « Non è che mi
piacciano… le trovo interessanti. Mi piacerebbe capire come sono andate
veramente le cose.. Se è andata veramente come dice lui oppure no... E tutti
quei roghi.. »
« Sei inquietante. »
Lui arrossì leggermente. « Ma mi interessano solo da un punto di vista puramente
psicologico! Che cosa ha spinto questi uomini a compiere certe azioni? E la
musica ha avuto una qualche influenza in tutta questa faccenda? Certi.. » si interruppe e mi guardò, come indeciso se
continuare a parlare oppure no. « Mi affascina,
che esistano uomini che.. Che si lasciano andare ai propri istinti, ai propri impulsi
al punto di diventare come degli animali.. »
«Colui che fa di sé una bestia si libera della pena
di essere un uomo.. »mormorai,
sovrappensiero.
Lui sorrise leggermente. « Già, come dicono gli Avenged..
»
Lo guardai, e in quel momento
non potei fare a meno di pensare che quel ragazzino- quel ragazzo fosse
decisamente bello. Non era quel genere di bellezza da giornale, da passerella,
né quella che fa voltare la gente al suo passaggio. Era più una bellezza
particolare, non vistosa, ma dolce. Proprio il genere di bellezza che ti vien
voglia di maltrattare.
Mi alzai e lo raggiunsi,
intrappolandolo tra il mio corpo ed il pianoforte. Lui mi guardò perplesso,
arrossendo leggermente.
« Dimmi, se io fossi un animale, che cosa sarei,
secondo te? Un cane forse? » dissi, con un ghigno
leggero.
Lui scosse la testa. « No, tu saresti qualcosa di più… complesso di un
cane.. » mi osservò per un secondo con aria pensierosa. « Una pantera. Forse.. Un giaguaro, qualcosa del
genere. »
Inarcai un sopracciglio. « Una pantera, eh? E tu? Cosa saresti, un gattino? »
Lui scosse di nuovo la testa,
sorridendo divertito. « No, i gatti
sono animali troppo misteriosi ed eleganti. Potrei essere io un cane. »
Lo fissai per un secondo,
irritato: iniziava ad essere troppo carino, per i miei gusti. Me lo dovevo
portare a letto, non certo farmelo piacere. Mi tornò la voglia di fargli
qualcosa di cattivo, di farlo sentire a disagio.
Gli afferrai il viso per la
mascella, stringendo più del dovuto.
« Gli istinti… »
mormorai. « Non sono qualcosa che si può studiare sui
libri… » avvicinai il mio viso al suo, e lo vidi
spalancare gli occhi. « Credo che tu non
sappia niente di cosa voglia dire cedere ai propri istinti. » conclusi, passandogli lentamente la lingua
su una guancia.
Lui arrossì di botto,
tremando leggermente, ed io lo lasciai andare, allontanandomi di nuovo da lui.
« Quando tornano i tuoi? »
Lui mi guardò perplesso ed
ancora leggermente sconvolto. « Do- domani
sera, credo… »
Sorrisi, e fui sicuro che il
mio sorriso avesse un che di terribilmente preoccupante in quel momento. « …Quindi stanotte sei ancora a casa da solo.. »
Lui mi guardò inquietatissimo ed annuì.
« Bene, allora stasera ti porto fuori a fare un po‘ di
pratica.. »
« Prati.. Cosa? Pratica di cosa?? »
Sorrisi di nuovo. « Di lasciarsi andare agli istinti. La teoria non è
tutto, no? » mi infilai le mani nelle tasche con nonchalance. « È.. Diciamo, un ringraziamento. »
« Okay.. » disse Adam. Poi
spalancò gli occhi, di nuovo, come se la parola gli fosse sfuggita dalle labbra
senza il suo consenso.
« Bene, passeremo a prenderti verso le 11/11 e mezza.
Vedi di essere pronto, perché non avremo voglia di aspettare. » detto questo mi avviai nuovamente verso la
porta.
« Aspetta.. Ma- dove andiamo? Cosa mi devo mettere? Che
cavolo? »
Alzai gli occhi al cielo,
senza neanche voltarmi, e lo liquidai scuotendo la mano seccato. « Metti quello che ti pare. » Continuai a camminare, scuotendo la testa. «Checca..
»
Visto che siamo in vena di aggiornamenti lampo…
Grazie a tutte coloro che leggono/recensiscono questa
storia! :D