If this was a movie.

di spacedust
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Who am I? ***
Capitolo 2: *** The Call. ***
Capitolo 3: *** Hyde Park ***



Capitolo 1
*** Who am I? ***


Driin, driin: 
ecco il suono che odio di più, é come un mostro dei film horror che esce sempre sul più bello; è lei il mostro che ha interrotto il mio sogno, quello che sto cercando di terminare da più o meno due notti. Alzo gli occhi al cielo, quasi ad imprecare che un altro giorno è arrivato e devo abbandonare il mio fedele letto per darmi in pasto alla gente feroce che avrei incontrato durante la giornata. Sono le 07.01, ho visto a stento l'orario, ma devo alzarmi. Con gli occhi quasi chiusi mi dirigo verso il bagno sbattendo il capo contro la porta che non si vuole aprire. Accendo il mio ipod mentre l'acqua calda della doccia inizia ad uscire, decido di mettere 'Drunk' di Ed Sheeran e di infilarmi nella doccia.

'I wanna be drunk when I wake up on the right side of the wrong bed and never any excuse I made up, tell you the truth, I hate what didn't kill me, it never made me stronger, never at all.'

Asciugo velocemente i capelli e mi piazzo davanti l'armadio con il solito interrogativo: 'Cosa metterò oggi?', sapendo che avrei scelto il jeans più comodo e la solita T-shirt con la solita felpa; forse con quegli abiti mi sento a mio agio. Corro trattenendo il fiato fino alla fermata dell'autobus, lo aspetto per cinque minuti e puntuale come sempre alle 07:45 ci salgo. I Double Cabs di Londra, che per molti sono soltanto pura attrazione, a quell'ora sono stracolmi e mi sento gomitate nelle costole e alla nuca, senza contare la gente che mi calpesta i piedi ad ogni singola fermata.
Da lì a poco sarebbe salita la mia unica amica, forse l'unica che mi è rimasta vicina da quando ho perso i miei genitori: Erin. La vedo. Il primo gradino del pullman è la sua passerella, avanza con passo deciso, tutti la guardano. E' alta, slanciata, il suo viso s'illumina in un sorriso, spuntano le sue fossette, mi saluta e mi rendo conto che non c'è ragazza più affascinante di lei.
Parliamo, ma non la sto ascoltando, penso al sogno di ieri notte e mi rendo conto di volerlo vivere. La brusca frenata dell'autobus mi riporta alla realtà: è ora di scendere. Senza che me ne accorga mi ritrovo, spinta dalla folla di ragazzi assonnati, davanti all'entrata del College. Nel resto della giornata domina il caos, sinonimo della mia vita e del posto in cui vivo: Kingdom Street, 8. L'erba alta del vialetto mi ricorda che non sono una buona padrona di casa, tiro fuori le chiavi dalla borsa ed entro. Sapendo che il giorno dopo la giornata a scuola sarebbe stata ancora più dura, apro i libri e tiro a studiare fino a notte fonda. Non mi accorgo dell'ora, guardo il telefono che segna l'O1:30; spero di trovare un messaggio almeno da Erin, ma niente.
E' quella la dura verità: nessuno mi cerca, nessuno sa della mia esistenza, sono solo una ragazza registrata all'anagrafe il 5 Settembre 1993, alle 15:OO. Mi distinguo a mio modo dagli altri per il modo di pensare, ma soprattutto per i miei modi a volte un po' da imbranata. Riconosco di non essere brutta, anche se per me l'aspetto fisico conta poco: ho i capelli di mia nonna, neri, lunghi e lisci che cadono sulle mie esili spalle, gli occhi azzurri, profondi, tanto da farmi credere di affondare ogni volta che li guardo, magra, alta quanto basta, ma soprattutto me stessa fino in fondo: determinata, responsabile, generosa, orgogliosa, sbadata, timida, amorevole, ma debole al punto che ogni commento o insulto della gente mi fa chiudere in me stessa e mi fa distruggere tutte quelle convinzioni che mi sembrava notare guardandomi allo specchio.
Non credo di avere mai sognato un futuro diverso da quello che so che mi aspetta. Ho smesso di credere nel futuro e nella felicità nel momento in cui mi sono vista sola, senza più una guida, in quell'esatto momento ho capito che Amber non era più la ragazzina che poteva uscire tutti i fine settimana, ma la donna che doveva rimboccarsi le maniche per poter vivere.
Sono stanca di essere invisibile e sottovalutata da tutti, al solo pensiero sento una lacrima scorrere sul mio viso. Odio piangere e odio me stessa mentre piango, non lo faccio quasi mai e soprattutto quando non c'è un motivo reale. Mi sento sola, non ho nessuno con cui parlare, mi trovo nella mia città, quella che conosco meglio delle mie tasche, ma all'improvviso è come se mi trovassi in un deserto.
Mi giro e mi rigiro nel letto cercando di smettere di piangere e di addormentarmi, dopo vari tentativi finalmente riesco a riposare i miei occhi stanchi.


SALVE POPOLO DI EFP! *w*
Premettiamo una cosa, non sono io l'autrice di questa storia ma una mia amica a cui è venuta questa idea :) lei non è iscritta al sito qundi abbiamo deciso di postare con il mio account ;) se volete aggiungerla e farle i complimenti di persona lei è @GiovannaCorsano su twittah :D
Ora se la storia vi è piaciuta, se l'avete apprezzata lasciate qualche recensione, please! Il prossimo capitolo arriva presto. :)
Grazie a tutti, Erin&Giovs :) <3
 

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Capitolo 2
*** The Call. ***


«Un cappuccino e un cornetto.»
«Da portare o al tavolo?»
«Al tavolo, grazie!»
Mi guardo attorno in cerca del tavolino più isolato del bar, ne trovo uno che fa per me, si affaccia sulla strada ancora poco affollata. Tiro fuori un libro a caso dalla borsa della scuola e comincio a leggere. L'odore del fumo mi solletica le narici, non posso passare l'intera giornata al bar, devo trovare qualcosa da fare ed Erin è sempre disponibile a passare del tempo con me.
«Ehi» dico con un tono decisamente stanco.
«Amber, sei tu?» dice quasi sorpresa della mia telefonata, in effetti non ha tutti i torti, non la chiamo mai. 
«Sì, ti ho forse disturbato?»
«No, tranquilla, mi ero appena svegliata, lo sai mi fa sempre piacere sentirti.» dice con un tono felice.
«Sai, sono al bar vicino casa, mi stavo guardando un po' intorno pensando al fatto che non c'è un granché da fare quindi se ti va possiamo passare un po' di tempo insieme.»
Silenzio. Forse sta pensando.
«Oggi? Dovrei sistemare un po' di roba qui in casa, se non ti va di aspettare sola, puoi venire anche qui e magari dopo usciamo. Ok?»
«Sicuro? Non vorrei disturbarti!»
«Stai scherzando?» mi urla nell'orecchio «Non esiste proprio, vieni adesso, immediatamente!»
«Ehm, dammi dieci minuti e sarò da te. Grazie Erin, non mi andava proprio di rimanere sola!» dico contenta.
«Ok, a dopo.»
«A dopo!» dico mentre cerco di uscire dal bar.



Arrivo davanti casa sua, entro nel vialetto della villetta, mi avvicino alla porta, suono il campanello. Dlin, dlon. Accorre subito Erin, che mi fa entrare senza esitare un minuto. La casa è uno splendore e davvero non capisco cosa ci fosse da sistemare.
«Vieni, entra!» mi dice mentre scompare in cucina. 
Sbottono il cappotto e lo appendo all'attaccapanni all'ingresso. Dopo circa cinque minuti la vedo sbucare con in mano un vassoio. 
«Come stai?» chiede mentre lo appoggia; è pieno di biscotti e con due tazzone di thé. Mi sorride.
«Sto bene, molto meglio rispetto a qualche sera però, ecco, ogni tanto penso ai miei e mi chiedo se loro sono fieri di come sto continuando la mia vita; insomma mi sento un po' sola.»
La vedo tintinnare, lo sguardo dritto all'orizzonte come se volesse trovare le parole giuste per consolarmi, poi si gira verso di me e mi accenna un «Mi dispiace!»
«Non ti preoccupare, era un mio modo per sfogarmi.»
«Sai che con me puoi sempre parlarne.»
Stanca delle solite confessioni da depressa, cambio discorso.
«L'altro giorno mi stavi spiegando una cosa, ma ad un certo punto mi sono persa. Cosa stavi dicendo?»
«Cosa? Tu non mi stavi ascoltando?» dice posando la tazza e prendendo un cuscino che pochi secondi dopo mi tira in faccia.
«Stavo cercando di recuperare il sonno perso durante la notte mentre giocavo con il mio amico immaginario!»
«Va be'. Allora, adesso sei pronta ad ascoltarmi o devi recuperare qualcos'altro?» butta lì con un sorriso malizioso.
«Dai, racconta!»
«Conosci Jonathan?»
Mi gratto la nuca come se volessi riportare alla mente quel nome quasi familiare. 
«Adesso non mi dice niente questo nome.»
«E' il capitano della squadra di calcio, alto, muscoloso, bravo ragazzo...»
«Ah!» la interrompo non appena riesco a ricordare la figura. «E allora?» dico curiosa di sapere il seguito.
«Aspetta, aspetta. Ti ho detto che ci sentiamo più o meno da un mesetto?»
«Grazie, vedo che mi tieni sempre informata!' dico facendole la linguaccia.
«Ecco, se non l'ho fatto è solo perchè pensavo che fosse una cosa da niente, insomma, che per lui non fosse niente se non una semplice amicizia.»
«Erin!' le urlo contro. «Non perdere tempo e spiega.»
«La scuola organizza il ballo di primavera e lui mi ha invitato.»
Sorrido, l'ho sempre saputo: qualcuno prima o poi avrebbe notato la stravagante bellezza di Erin che sembravo notare solo io. L'abbraccio.
«Sono contenta per te!» le sussurro. Mentre mi stacco dal suo abbraccio, lancio un'occhiata all'orologio: sono le 10:30.
«Si è fatto tardi, è meglio se vada!»
«No, dai!» dice con un'espressione supplichevole.
«Mi ha fatto bene trascorrere un po' di tempo con te, era da molto che non mi confidavo e a quanto pare la stessa cosa è per te» lancio una frecciatina «ma tu stessa mi hai detto che avevi da fare.»
«E allora? Puoi rimanere quanto vuoi, devo solo sistemare un paio di cose, davvero, non ci vuole molto.»
«No, meglio di no. E' meglio se prendo esempio da te e mi do da fare per sistemare il caos della mia casa.»
Fa spallucce, ormai rassegnata e mi accompagna alla porta.
«Erin, grazie di tutto. Ci sentiamo, anzi, se ti liberi presto stasera potremmo cenare insieme.»
«Ehm, Jonathan mi ha invitato al cinema, ho una scommessa da vincere. Mi dispiace.»
«No tranquilla. A presto, allora.»
«Ciao, Amber!»



Affondo le mani nelle tasche del cappotto, nonostante sia primavera, Londra ancora non si riscalda. Sono davanti casa, entro e senza pensarci due volte mi sdraio sul letto ad ascoltare musica:

'And they say she's in the class A Team. Stuck in her daydream, been this way since eighteen, but lately her face seems slowly sinking, wasting crumbling like pastries and they scream the worst things in life come free to us, cos were just under the hupper hand... It's to cold outside for angels to fly, Angels to fly.'

Quelle incredibili note mi conducono in un'altra realtà. Si è fatto vivo di nuovo, sempre lui, il sogno, lo stesso sogno, è una persecuzione ormai: non appena chiudo gli occhi, compare.
«Non ti voglio più vedere, devi sparire. Sei un bastardo, ti odio. Dio, se ti odio! SPARISCI!»: sono le parole che mi hanno svegliata, l'ennesimo litigio della coppia della porta accanto.
Mi alzo e sento il telefono vibrare.
«Chi potrà mai essere?» mi chiedo.

Ehilà! Scusate del ritardo ma in questo periodo siamo state super impegnate e non abbiamo potuto postare il capitolo in tempo, ma non è mai troppo tardi no?
Allora in questo capitolo viene presentata anche Erin, l'amica di Amber, un personaggio molto importante nella storia. Che ve ne pare?
Nel prossimo ci saranno molti risvolti quindi non ci abbandonate! 
Questa storia ci ha preso davvero tanto e ci farebbe piacere sapere cosa ne pensate anche voi.
Grazie a chi ha letto, da una malaticcia Erin, Giovs ( @GiovannaCorsano ) e Anna ( @HaleyAnneDavis ) 
love ya all, xoxo

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Capitolo 3
*** Hyde Park ***


Prendo il telefono, lo guardo distrattamente: continua a illuminarsi mettendo in evidenza "sconosciuto". Rispondo.
«Finalmente!» dice schizzinosa una voce chiaramente maschile.
«Come scusa?» replico quasi irritata da quella sua risposta.
«Sono due ore che provo a chiamare su questo numero!»
«1. Non so chi si quindi mi spieghi il motivo per cui dovrei risponderti? 2. Siccome parli con una sconosciuta, l'educazione prima di tutto!» dico alzando la voce per farmi capire.
«Ok, forse ho esagerato. Ti chiedo scusa. Sono preoccupato per mia sorella, sono il fratello di Erin, non è in casa e non ho la più pallida idea di dove possa essere. Ho preso la sua agenda, ho trovato il tuo numero e sto chiamando da due ore. E' per caso da te?». 
Dal suo tono avverto la preoccupazione.
«Senti, Erin non è con me, ma so che doveva uscire con un ragazzo.»
«Un ragazzo, dici?»
«Sì» dico con un tono assoluto.
Sento delle voci di sottofondo: lo stanno chiamando.
«Grazie, ciao.»
Nemmeno il tempo di rispondergli che il telefono comincia a bussare. Do' un'occhiata all'orologio. E' davvero così tardi? Avevo davvero dormito una mezza giornata? 
Mando un messaggio a Erin: "Hai un fratello davvero sgorbutico. Divertiti, ci sentiamo presto." e inizio a sistemare un po' di roba, a partire dal salotto: è uno schifo.
Non è di certo questo il prototipo di sabato che avrei voluto trascorrere. Quanto avrei voluto anch'io una vita normale in cui potevo uscire senza preoccuparmi della casa perchè al mio ritorno ci tutto sarebbe stato perfetto grazie alle mani magiche della mamma. 
Due ore di sano lavoro per far ritornare il salotto alle condizioni che meritava; passo alla cucina, al bagno e infine alla mia camera. A fine giornata la mia casa brillava. 'Well done!' mi dico mentre mi dirigo in bagno per rilassarmi sotto la doccia. Indosso il pigiama, accendo il mio ipod, mi sdraio sul divano e inizio a fare zapping, perdo interesse per ogni singola canzone che ascolto. Un nuovo messaggio: "Mi scuso per mio fratello, a volte sa essere molto rude. Bellissima serata con Jonathan, xx"
"Domani mi racconterai tutto. Notte, Erin." le rispondo.



Un risveglio diverso, non brusco come quello delle altre mattine, "la sveglia si è messa da parte" penso, più cauto, quasi dolce. Ho una strana voglia, sento lo stomaco brontolare. Metto la testa nel frigorifero: vedo delle uova; é ora che mi prepari dei pancakes. Accendo la televisione sintonizzandomi su un programma. Suona di nuovo il cellulare, "strano!". Prima passavano settimane senza che nessuno mi cercasse. Con il boccone rispondo: «Pfondo?»
«Buongiorno!» ingoiando il pezzo di pancake.
«Salve, salvino!»
«I Simpson no, eh?!» dice ridacchiando Erin dall'altro lato del telefono.
«Quegli omini gialli sanno come risollevarti il morale, sai?» replico divertita.
«Sono inquietanti. Dovresti dedicare il tuo tempo ad altro...» la interrompo chiedendole: «Cioè?»
Ridacchia divertita. «Faresti bene ad indossare una tuta, tra dieci minuti, al massimo quindici, sono a casa tua. Andiamo a correre!»
E' un tipo sportivo. «No, dai, non ne ho voglia!» sbuffo.
«Non voglio sentire storie, se non ti trovo pronta, giuro che ti smuovo a calci nel sedere. Deprimiti pure, ma poi non chiamarmi più!»
«Non mi sono mai lamentata della mia depressione!»
«Ooook, forse hai ragione però...» prende sfiato «Sbrigati!» mi urla nell'orecchio. Trascino il mio corpo fino all'armadio, prendo la tuta e in meno di dieci minuti sono pronta. Il campanello suona, mi fiondo alla porta. 
«L'erba del vialetto mi ricorda la giungla!»
Fingo di mettere il broncio. «Se qualcuno non mi disturbava come se fosse un personal trainer, l'avrei tagliata.»
Sorride. «Pronta?»
«Sì, signora!» rispondo mettendomi sull'attenti.



Il parco è affollato. «Quanta gente!» esclamo.
«C'è! Lo sapevo, sì, c'è!» sento urlarmi queste frasi.
«Ma chi?»
«Come chi? Jonathan.»
«Tu davvero mi hai portato fin qui solo per vedere un ragazzo con il quale sei stata insieme ieri sera?»
«No, cioè, forse un po»
«Torno a casa, adesso!»
«Perchè?»
Intanto vedo avvicinarsi un tipo muscoloso, veramente carino: Jonathan. 
«Erin?»
«Oh, ciao!» esclama la mia amica.
«Come mai qui così presto?». Sorride sicuramente compiaciuto di vederla.
«Volevamo tenerci in forma!» ammicca. 
Non avendo nessuna voglia di fare la terza incomoda, interrompo: «Senti, Erin, io vado a casa. Sono stanca.»
«Mi lasci sola?»
Sto per replicare, ma Jonathan mi precede dicendole: «Vieni a correre con me?»
«Mi dispiace lasciare Amber da sola.»
La tiro per un braccio. «Ma sei scema o cosa?» sbotto. «Devi assolutamente accettare.»
«Sicura?»
«Muoviti, non perdere altro tempo.»
«Se proprio ci tieni.»
Gira il capo verso Jonathan e gli urla: «Pronto a morire di stanchezza?»
Butto lì un 'ciao' e inizio a correre sulla via del ritorno. Ammaliata dal paesaggio (in questo periodo i parchi di Londra sono uno spettacolo: le conifere sono verdi più che mai, i giardini diventano di un colore vivo spennellati in giro dai colori pastello dei fiori, vedo le prime viole spuntare circondate dalle margherite. Avevano piantato i gerani, era tutto un incanto) non vedo che contro di me corre a tutta velocità un ragazzo distratto dalle chiacchiere del suo amico. Centimetro per centimetro lo vedo più vicino, distinguo la sua capigliatura, le sue braccia scolpite, i suoi occhi. 'Dio, assomiglia proprio a Erin.' ricordo di aver pensato prime che mi trovassi con il sedere per terra e le mani doloranti per la botta. 
«Oh, guarda dove vai, imbranata!». Quella voce.
'L'ho già sentita,' rimbomba la mente 'ma dove?'.
Mi strofino la tuta sporca di terriccio.
«Hai per caso bisogno di occhiali?» è davanti al mio viso, mi guarda dritta negli occhi, mentre l'amico se la ride proprio dietro le mie spalle.
«Senti, non ho bisogno di niente, sei tu che mi sei venuto addosso! Cos'è questo? Il tuo modo di far colpo su una ragazza?» emetto tutto d'un fiato con un groppo alla gola che mi stava attanagliando le parole.
«Woh-oh-oh, calma, babe!»
«Potrei anche chiederti i danni, lo sai?»
«Fai che vuoi!»
Sento i nervi salire alle stelle, quella voce è irritante.
«Vaffanculo.» Sto per andarmene quando sento il mio braccio bloccato da una presa forte, tipica di un uomo virile e sicuro di sè. Mi gira. Mi guarda, anzi mi fissa negli occhi e mi stringe ancora di più mentre il volto dell'amico diventa tutto ad un tratto serio, quasi spaventato da una possibile reazione dell'altro. Il mio sguardo cede al suo, un brivido di paura percorre la mia schiena, le mani e la fronte iniziano a sudare mentre le gambe tremano. Lo stomaco trema e sento partire un conato di vomito, lotto con tutta me stessa per trattenere quella schifezza e per rimandare indietro le lacrime che sarebbero uscite appena la presa fosse diventata più forte. D'altro canto lui avanza di qualche millimetro mentre io cerco di indietreggiare. Cerco di far uscire quelle poche parole che riesco a pronunciare quanto più decise possibili: «Che vuoi?». La mia voce trema, ma spero che non se ne sia accorto.
«Niente!» dice lasciando la presa e incamminandosi con l'amico che gli da una pacca sulla spalla.

Ciaaaaao. Come state? Noi bene, a parte lo stress per la scuola e tutto il resto.. E 'tutto il resto' include anche la nostra storia che ci sta davvero prendendo un casino! 
Entonces, 1. Scusate se ho postato tardi. Colpa mia che non ho mai tempo! D:
2. Che ve ne pare? Entra in scena il fratello di Erin, secondo voi chi è? Ai posteri l'ardua sentenza (?).
3. Grazie mille a chi ha recensito o l'ha messa nelle seguite. Fateci sapere com'è perche siamo davvero curiose e ci teniamo a sapere i vostri pareri.
Il prossimo capitolo arriverà presto, I promise. :)
Erin&Giovs&Anna.

p.s se volete aggiungeteci su twitter! @dreamdusst, Giovs @GiovannaCorsano, Anna (@HayleyAnneDavis) 

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