Cronache della vita di un povero mortale

di Jack Le Fleur
(/viewuser.php?uid=174162)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Aggiorna! ***
Capitolo 2: *** Il Bimbominkiese ***
Capitolo 3: *** Complessi ***
Capitolo 4: *** Appuntamenti al buio ***
Capitolo 5: *** Scuola ***
Capitolo 6: *** La metro ***
Capitolo 7: *** Amici ***
Capitolo 8: *** Vicini ***
Capitolo 9: *** Riunione di famiglia ***
Capitolo 10: *** Mafia ***



Capitolo 1
*** Aggiorna! ***


Testata. Testata. Testata. Controllo! Testata. Testata. Testata.
Erano giorni che andava avanti così. Controllare il pc e prendere a testate la scrivania stava diventando la routine e non era certamente una gran cosa. Erano precisamente tre giorni che non chiudeva occhio sperando in un aggiornamento notturno, che puntualmente non arrivava. Aveva delle occhiaie da panda, lo sguardo vitreo e schizzato e decisamente non una bella cera. Sembrava più o meno uno zombie drogato, o almeno così l’aveva definito La Madre. Non riusciva più a sopportare la luce, soprattutto quella del sole: ogni volta che tentavano di aprire le tende, rigorosamente scure per dormire in santa pace le mattine d’estate, ringhiava coprendosi gli occhi arrossati e urlava di chiudere quei fottuti affari. Insomma se erano chiuse c’era un motivo, no? Forse era meglio considerarlo un incrocio non ben definito fra uno zombie, un vampiro e un drogato. Una creatura curiosa, tutto sommato. La Madre, l’unica apparentemente sana in quella famiglia per varie ragioni (che non citerò perché, per dirla in stile film, questa, è un’altra storia), tentava, inutilmente, di salvargli i pochi neuroni (ed erano davvero pochi) che non si erano ancora suicidati. Gli aveva addirittura proposto di comprargli un po’ di droga e di lasciarlo drogare con i suoi amici (ricordate quando prima ho detto che la madre era apparentemente normale? Ecco! Non scordate mai quell’apparentemente). Ma non c’erano state storie. Lui doveva rimanere lì e controllare che ci fossero aggiornamenti. Probabilmente un’altra testata alla scrivania l’avrebbe ucciso, ma La Madre riuscì ad infilare un cuscino di pikachu sotto la testa di Jack appena in tempo. Quella donna aveva sempre avuto un gran tempismo. “MAMMA! CHE DIAVOLO CI FAI IN CAMERA MIA!?” beh, Jack non era esattamente il tipo di ragazzo carino, educato e gentile. In verità era un po’ stronzo, ma solo un po’, insicuro e anche piuttosto nerd. Non si sarebbe detto dal suo aspetto: capelli rosso ramato piuttosto scuri, occhi verde/dorati, carnagione chiara, ma non era decisamente femminile come qualcuno potrebbe pensare (e sì, mi sto riferendo a te), si vestiva discretamente, era anche assai bravo negli sport (da qui aveva ricavato il suo fisico niente male) ed era anche intelligente. E qui vi chiederete perché l’aspetto dovrebbe contare qualcosa sul fatto che è nerd? Che c’entra? Beh, volevo solo sviare il tipico stereotipo di nerd. Tornando a noi, eravamo rimasti più o meno all’urlo disumano di Jack contro La Madre, giusto? Bene! “Sono venuta per portarti a fare una passeggiata!” stava sorridendo. Chiunque penserebbe beh, finché sorride va tutto bene! Decisamente no. I sorrisi di La Madre erano per la maggior parte inquietanti e le davano un’aria da pazza. Un po’ lo era davvero, ma non è di questo che stiamo parlando! “E se io dicessi di no?” tono scocciato ed espressione anche peggiore, decisamente non una buona mossa per tenersi la testa attaccata al collo. “E se io ti dicessi che ho preso i tuoi videogiochi e se non vieni moriranno tutti?” ancora quel sorriso. Brutta situazione.  Jack gettò uno sguardo al suo amato scaffale con i videogiochi. Vuoto. Dannazione, non si era neanche accorto che quella deviata avesse rapito i suoi videogiochi prima che gli venisse detto. Era troppo concentrato a cercare di captare degli aggiornamenti. “MALEDETTA PU..!” uno sguardo omicida di La Madre gli fece capire che era meglio se non finiva la parola. “…BBLICA CITTADINA!” ottima ripresa del nostro Jack Mercer. Uno a zero per i nostri. “Allora? Che mi dici?” chiese La Madre “Ok…” rispose Jack rassegnato.
Più o meno dieci minuti dopo si trovavano al parco, Jack si sentiva un po’ un cane… nel vero senso della parola! La Madre gli aveva messo collare e guinzaglio (presi in prestito al fedele cane Francis) e lo aveva portato in giro facendolo vergognare come quella volta che lo aveva vestito da ballerina di kan-kan. Aveva perso una scommessa e quello era il prezzo. Mai scommettere contro La Madre. Fortunatamente nessuno l’aveva visto. Comunque, erano al parco e La Madre correva in mezzo ai prati urlando come una bambina. Jack cercava di coprirsi, un po’ perché si vergognava di La Madre, un po’ perché aveva un collare con scritto Francis in elegante corsivo. La Madre si era distratta! Era l’ora di fuggire da quel posto. Fece appello a tutta la forza che gli era rimasta, viste le ore di sonno arretrate, e corse verso casa come un maiale con il pepe al culo. Scusate la similitudine, ma è quella che più rende l’idea. Arrivato a casa, c’era il problema fratello maggiore. La Madre, temendo una fuga, aveva ordinato esplicitamente ad Axel (il suddetto fratello maggiore), di rimandare gentilmente (alias a calci nel didietro) Jack da lei. Non potendo usare la porta, perché il suo magnifico (come gli piaceva definirsi) fratellone prendeva il sole nel bel mezzo del giardino e quindi nelle immediate vicinanze del vialetto di casa, dovette salire sull’enorme quercia che dava direttamente sulla sua finestra. Siccome la fortuna è cieca e quando pensi che ti abbia graziato riesce a farti nominare tutti i Santi del Paradiso (e non in modo positivo), sicuramente Jack se lo doveva aspettare: Il Padre era in camera sua, al suo computer a guardarsi dei porno. Voi direte e adesso anche il padre che guarda i porno? Ma che famiglia è? Si può sapere cosa sto leggendo!? Beh, sappiate che normalmente lui e La Madre li guardano insieme prima di… beh… fare… fare quello che devono fare. Comunque si presentava il problema computer occupato da Il Padre. C’era un solo modo per farlo andare via: le frittelle della signora Waffle. Nome curioso e azzeccato, contando che non faceva altro che cucinare qualsiasi cosa dolce esistesse al mondo nel suo negozietto artigianale. Quindi Jack decise di farsi un giro da quella parti e prendere le frittelle. Ci vollero venti minuti buoni per riuscire a comprarle. C’era una fila assurda, un tizio l’aveva saltata, un altro faceva un casino del demonio, un altro tentava di raccontare barzellette assurde sui russi, un altro ancora fissava male (per non dire peggio) il tipo che aveva saltato la fila,i cassieri erano maledettamente lenti e dopo un po’ si erano messi pure a chiacchierare amabilmente fra loro. Odio profondo verso le file. Alla fine era riuscito a comprarle e a farle cadere da una finestra laterale (passando ovviamente dal retro visto che Axel era ancora a fare la guardia/prendere il sole fuori) e scalando la quercia di nuovo era riuscito ad arrivare alla meta. Peccato però, che La Madre avesse previsto una simile possibilità. Jack si fermò appena in tempo, notando una trappola innescata nella finestra. Quella donna era completamente pazza. Beh, in fondo era russa. Così dovette di nuovo scendere dalla quercia ed andare a prendere un retino per riuscire ad afferrare il pc.
Cinque minuti dopo aveva il retino ed era sulla quercia. Stava per completare la sua missione quando il fratellino minore (perché ne aveva anche uno minore) fece capolino dalla porta. Ok. In quel momento poteva dire addio alla sua virilità: La Madre lo avrebbe castrato e lui avrebbe parlato per il resto della sua vita come un maledetto chipmunk. Quel bambino, Dastan, era qualcosa come la progenie del demonio. Era un essere subdolo e senza cuore e anche un attore consumato: un attimo prima era un angelo disceso dal cielo e l’attimo dopo ti inseguiva senza motivo con una mazza da base-ball.  Si stava avvicinando. Ciò non presagiva niente di buono. “Hey! Ciao piccolo! Senti, facciamo così: tu mi passi il computer e io ti porto a comprare le frittelle della signora Waffle! Eh?” Jack tentò di sfoggiare uno dei suoi sorrisi migliori che, tuttavia, contando che sembrava uno zombie vampiro drogato, non risultò un gran che. Infatti Dastan non si fece scrupoli a far scattare la trappola alla finestra e chiuderlo fuori, uscendo poi con una tranquillità disarmante dalla stanza del nostro eroe, fissandolo con un’espressione angelica. Un attimo prima che Jack ripassasse tutto il Vangelo, ci fu il Miracolo: Rox, il ragazzo di suo fratello (perché sì, Axel era palesemente gay) arrivò nella sua Lamborghini fiammante e disse più o meno “Hey, idiota! Hai intenzione di sbrigarti o devo portarti in macchina come una principessina?” Rox era un tipo molto delicato. Axel non se lo fece ripetere ed entrò in macchina. Partirono a tutta velocità per la casa di Rox (i suoi non c’erano. Immaginate cosa volevano fare.) e questo significava solo una cosa: via libera attraverso la porta principale. Jack scese velocemente e, ancor più velocemente salì le scale che portavano alla sua camera. Nessuno l’aveva scoperto principalmente per due motivi: Il Padre era troppo occupato nella degustazione delle frittelle del Dolce Pasticcio (il negozio della signora Waffle, per capirci) e il fratello era impegnato a guardare Ben Ten. Arrivato in camera, sapeva che non ci sarebbe stato nessun aggiornamento. E fu lì che Dio fece il secondo miracolo: C’ERA UN AGGIORNAMENTO! Dopo tutto quel tempo, finalmente! Lesse il capitolo e nell’attimo stesso in cui finì, La Madre entrò come una furia, urlando e strepitando e gli confiscò il computer. Poco male. Con tutte le ore di sonno arretrate, Jack si addormentò subito e dormì per tutto il giorno seguente. Tutto quel casino, solo perché non avevano aggiornato delle Fanfiction!

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Beh, che dire? E’ la prima volta che mi diletto in un commento e non è facile come sembra. E’ un po’ penosa come storia (come al solito), ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Non ho niente contro russi, chipmunk, madri, padri, fratelli. Axel e Rox mi sono usciti perché aspetto con ansia aggiornamenti su storie di KH e mi piace il nome Axel. Beh, avrei potuto almeno chiamare Rox in un altro modo, ma il mio cervello recepisce più o meno questo: AxelàRoxas! quindi non ho avuto scelta. Questa cosa è uscita fuori appunto per il fatto che mi annoio a morte quando non ci sono aggiornamenti e mi piaceva l’idea di non essere l’unica che dopo un po’ sclera. Beh, lasciatemi qualche recensione per farmi sapere, ok?
 
See you!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il Bimbominkiese ***


Jack continuava a fissare il messaggio che gli era appena arrivato sul cellulare. Non riusciva proprio a capire. E qui direte che diavolo è successo a quel povero disgraziato? Oppure oh no! Sarà successo qualcosa di brutto! E invece no,cari lettori! La verità è che proprio non capiva. *Cosa diavolo c’è scritto?*Jack si ritrovò a pensare che avessero sbagliato numero. Insomma, quella non poteva essere la sua lingua: era un incrocio fra qualcosa di sconosciuto che poteva andare dal francese all’elfico e un’equazione di secondo grado. Una cosa veramente assurda. Ma per capire bene il perché di quel messaggio, dobbiamo tornare agli avvenimenti di qualche giorno prima.

2 giorni prima
“Jackyyyy!” urlò una ragazza correndo incontro al nostro eroe “Xao!”. L’unica cosa che venne in mente a Jack è che avesse un compagno di classe cinese di cui non era a conoscenza e che la suddetta ragazza lo stesse chiamando.  “Non mi saluti?” disse con il broncio. Beh, a quanto pareva non era un compagno cinese, ma un saluto. Bizzarro. “Ehm.. ciao?” disse lui titubante.  “OH! Ma che carino che sei!” Jack non era un tipo gentile o paziente e quella tipa gli stava un po’… come si dice? Sulle palle? Infatti il tic all’occhio non si fece attendere e Jack provò, per la prima volta in vita sua, un forte desiderio di picchiare a sangue una donna. “Allora stasera usciamo, cucciolotto?” urlò con quella sua vocetta stridula la ragazza. A quel punto Jack non poté dire altro se non “Ma chi cazzo sei tu?” La ragazza rimase piuttosto sorpresa dalla domanda. “Ma come chi sono!? Sono la tua cuginetta preferita! Natalia!” Oh no. Oh no,no,no! Era la pazza! LA PAZZA! Dovete sapere che Natalia era la cugina di Jack, figlia della sorella maggiore di La Madre, nonché una pazza psicopatica, maniaca, stalker. Ed aveva una particolare ossessione per il nostro povero Jack, il quale la detestava a morte e la evitava come la peste ogni volta che si presentava da loro. Il che non succedeva da ben sette anni. Erano stati i sette anni più belli della sua vita. Ma i sogni non durano per sempre. “Allora? Usciamo stasera?” chiese con un’espressione inquietante degna di La Madre “Stasera? Io… veramente avrei un altro impegno! Facciamo un altro giorno?” disse con una risata nervosa “Ok! Facciamo dopodomani! Ti mando un messaggio, xao!”
Tornato a casa, La Madre aveva già saputo tutto e l’aveva costretto ad accettare. Quella maledetta donna non aveva cuore.
 
E qui torniamo alla nostra scena di poco fa. Jack stava fissando il messaggio piuttosto confuso. *Come diavolo dovrei fare a sapere cosa c’è scritto?* pensò. Ma la cosa bella di Jack era che incontrava sempre qualcuno che conosceva quando finiva in questo genere di situazioni.
Infatti, Rox stava passando con la sorella, la quale, grande fan di qualsiasi cosa trasmettessero su Disney Channel, aveva una maglietta con le stesse scritte che erano nel messaggio. *Forse quella disadattata mentale saprà tradurre questa roba!*
“Hey, Katie!” disse “Jack! Xao!” * Ma perché cazzo tutte le malate mentali dicono “xao” quando ti salutano?* “Non è che potresti dirmi cosa c’è scritto?” chiese mostrandole il telefono “Certo!
#Ti aspetto al parco vicino casa tua. Metti la biancheria più sexy che hai!#” “Oh mio Dio, Jack. Dovrei dirle a tuo fratello queste cose?” Rox si inserì nella conversazione. “Ti prego! Credi che non sia già abbastanza imbarazzante per me?” “Immagino di sì, visto che sei gay” Cosa? No, aspetta. Cosa? “IO NON SONO GAY! TU SEI GAY!” Urlò Jack rosso come un pomodoro “Sì, io sì.” Rispose tranquillo Rox. “Fottiti! Merdosa checca!” E se ne andò verso il parco, alias la propria fine. Natalia non si vedeva da nessuna parte. *Grazie a Dio non c’è. Hey, niente male quel biondino! Ma che cazzo sto pensando!? Quel malato di Rox mi sta facendo smadonnare. IO non sono GAY. NO.* “Hey tesoro, che ci fa un bel ragazzo come te solo in un parco?” a parlare era stato un barbone dall’aria poco raccomandabile. *Adesso attiro addirittura i barboni? Ma scherziamo?* “Come scusi?” disse sconvolto “Ho chiesto che ci fa un bel ragazzo come te tutto solo in un parco. A qualcuno potrebbe venire in mente di… non so… voler giocare con te!” OH. MIO. DIO. Immagino che sia stato anche il vostro pensiero, non è così? Beh, non dimenticatevi del barbone con strani istinti, perché dopo riapparirà in grande stile. Comunque, dopo aver sentito quelle parole, il nostro piccolo russo se ne andò piuttosto velocemente da lì e, intuendo che probabilmente quella cretina di Katie aveva tutti, ma proprio tutti, i neuroni bruciati e che quindi aveva “tradotto” male il messaggio. Per sua fortuna/sfortuna incontrò una sua compagna di classe, Maria. Maria era… la solita disadattata mentale (quel posto ne era pieno, dannazione) che seguiva tutto ciò che Disney Channel offriva: soprattutto Hanna Montana ed Il mondo di Patty. Quindi, penso possiate immaginare che razza di scabroso essere fosse. In ogni caso, Jack decise di chiederle aiuto per decifrare quella specie di scrittura geroglifica che sembrava comune a tutte le ragazze di quel posto. Ottenuta la traduzione #Ti aspetto con un pacco, porta la biancheria più sexy che hai!#, Jack non sapeva ancora dove doveva andare. Ma, chissà perché, non lo sorprendeva che l’ultimo pezzo del messaggio fosse stato tradotto bene. Il problema era che ,appunto, non sapeva dove dovesse andare. Così, decise di andare in un posto dove nessun ragazzo osa avventurarsi se non obbligato: la scuola. Quel giorno, c’erano le prove delle cheerleader che sicuramente avrebbero saputo dove mandare quel povero disgraziato. Si avvicinò piano al capo di quelle tro… ragazze e le disse ciò di cui aveva bisogno. Quello che venne fuori da quella traduzione era più o meno #Ti aspetto per il patto. Metti la biancheria più sexy che hai!# Senza ancora nessun indizio su dove andare, Mercer chiese anche alle altre cheerleader. Le traduzioni implicavano strani animali preistorici e/o estinti e l’unica che diede un barlume di speranza al povero ragazzo fu #Ti aspetto allo Scacco Matto. Porta la biancheria più sexy che hai!# Lo Scacco Matto era un bar gelateria molto carino *soprattutto i camerieri. NO. NO.NO.NO.NO.* e ci andava praticamente da sempre. Arrivato al bar, lei era lì che lo aspettava. Il problema o, come l’avrebbe definito Jack, la grazia di Dio era che ormai era tardi e quindi i due dovettero tornare a casa. La cosa divertente è che Natalia partì il giorno dopo e il nostro eroe si salvò da quella povera pazza.

Quando pensava che tutto fosse tornato alla normalità, vide il barbone del parco. Quel maniaco era sotto casa sua! Ma stai scherzando? penserete voi (vi erano mancate le mie immedesimazioni in voi, vero?). E invece no. Non sto scherzando. Era proprio sotto casa sua e mentre lui si voltava per entrare in casa dalla quercia, ormai famosa, il barbone si mise a correre verso di lui e lo atterrò con un placcaggio degno di un quarterback. Nonostante Jack si dimenasse come un’anguilla, non riuscì a sfuggire alla presa di quel tipo. Fu lì che successe l’impensabile. Arrivò Rox urlando “Axel! Che cazzo ci fai vestito da barbone?! Ora tenti anche di stuprare tuo fratello?!” “AXEL!?” Jack cominciò a ridere, isterico. Quella situazione era assurda. “Niente di tutto questo, caro. L’ho incontrato oggi nel parco e volevo vedere che reazione avrebbe avuto!” Quel genere di cose potevano succedere soltanto a lui. E tutto per colpa di quella lingua assurda. Com’è che la chiamavano? Ah sì! IL BIMBOMINKIESE.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
Ok. Siccome adoro questo tizio e le sue disavventure, ho deciso che scriverò qualche storiella a caso, totalmente dettata dall’ispirazione. Ma, hey, che ci volete fare? L’ispirazione è una putt… meretrice piuttosto cara.  Ammetto che questa storia mi piace meno dell’altra, ma è sempre meglio di niente e spero che vi faccia ridere almeno un pochino. E magari vorrete farmelo sapere. Anche solo per dirmi di darmi all’ippica. Comunque se siete arrivati fino a qui è già buon segno. Beh, che altro dire?
See you!
p.s. come al solito non ho niente contro tutto quello che ho criticato/nominato nella storia e spero di non aver arrecato offesa a nessuno.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Complessi ***


“CHE COSA HO FATTO DI MALE?!” urlò. Si, ok. Non avete idea di cosa stia succedendo. Visto che oggi non mi va di narrare le complicate questioni di vita del nostro amato Jack, suppongo che lo lascerò fare direttamente a lui. Non credete che vi abbandoni così! Dirò qualche cazza… cosa ogni tanto.
Non va bene. No. Proprio no. Perché le donne sono così complicate? Insomma, sono un continuo “Pensi che sia grassa? Come sto?” Insopportabili. Forse è per questo che odio Axel. Io non le sopporto le donne. Ovvio, no? Ok, me ne vado. Non voglio dire di essere come quel finocchio di mio fratello. Lui è talmente frocio che quando gioca a Fruit Ninja appaiono solo banane! E non sto scherzando! Banane! Banane! Banane! E’ pazzesco. No, il vero problema è che odio il modo in cui le donne riescono a fotterti qualsiasi cosa tu dica (o non dica). Del tipo, alla domanda “Mi trovi grassa?” ci sono varie risposte:
a)   Scherzi? Stai da Dio.
b)   Perché me lo chiedi?
c)   Beh, qualche chiletto in meno non ti farebbe male
d)    ……….
e)   Guarda! Una scimmia-pesce-scoiattolo!
Diciamo che ci sono anche altre variazioni, ma non mi va di dilungarmi in stupidi commenti o diventare volgare.
Come se non lo fosse già, eh?
Lei, lei vi darà varie risposte. Ma tutte ve lo piazzeranno nel culo come un arciere che centra il bersaglio. Ecco, lei è l’arciere e il bersaglio è il vostro bel culetto. E sapete quali saranno le risposte?
A)  LO DICI SOLO PERCHE’ SENNO’ NON TE LA DO! No, ok. Avrebbero detto “LO DICI SOLO PER NON FERIRMI!”
B)  PERCHE’ SI’! PERCHE’ NON MI RISPONDI?! SEI UN MOSTRO!
C)  FOTTITI! SEI UN MOSTRO! TI ODIO!
D)  NON DICI NIENTE!? TI ODIO!
E)  Dove? Ma… Dov’è andato?
Quindi, pensando alla storia della scimmia-pesce-scoiattolo come ultima spiaggia, si viene comunque fottuti.
E questo non è tutto. Lasciamo perdere le ragazze. I ragazzi sono molto megl… NO. NON E’ VERO! CATTIVO CANE! Aspetta, mi sto dando del cane? Sono proprio caduto in basso. E’ tutta colpa di quella checca schifosa di Rox che mi mette in testa strane idee.
Comunque, generalizziamo questa cosa. Quelli che le persone hanno e che tritano le palle fino a farne formaggio per cannibali sono i complessi.
Una fissa assurda e stressante che spinge l’interlocutore a spararsi in bocca anche con un proiettile usato o un sasso e una fionda. Penserete ma è impossibile! Come ci si spara in bocca con una fionda?!  Conoscevo un tipo, lo chiamavano Il Macellaio. E qui penserete conosceva un assassino? No. Conoscevo un macellaio. La gente pensa sempre cose strane quando gli parlo di Tony il macellaio. Comunque, lui non aveva fucili e per cacciare usava una fionda. Quindi, si può sparare con una fionda. Chiuso il discorso. Passiamo oltre. Stavo dicendo, negli ultimi giorni sembra che la gente mi abbia preso per il Gabinetto di Dio, in cui riversare tutta la frustrazione e lo stress. Adesso vi parlerò della giornata di ieri, o meglio, la tizia che di solito narra le mie disfatte lo farà. Sono un po’ stanco, credo che andrò a letto. Immagino che tutto quello che vi ho raccontato fin’ora non sia stato una novità… Bene. Adesso vedrete cosa vuol dire essere circondato da pazzi deviati nel week-end.

Visto che il dolce Jack non ha voglia di parlare della sua vita, dovrò tornare a farlo io. Non ci si può rilassare nemmeno un secondo, diamine!
Ieri
*Oh, dolce letto… Amore mio… Ti amo tanto, sai?... come stai stamatti…* “JACK!!!” urlò il fratello maggiore del nostro eroe, prima di saltare sul letto come un tricheco si butta nel mare. *Oh mio Dio! Ma è pazzo?! Che cazzo vuole a quest’ora!? Sono sole le… Una e mezzo di pomeriggio… Cazzo, è l’alba!” “COSA MINCHIA VUOI A QUEST’ORA?!” urlò esasperato e ancora assonnato il piccolo Jack. “Rilassati! E’ pronto da mangiare. E poi… senti… secondo te sono ingrassato?!” disse di getto il più grande. Cosa? Cioè, cosa? “Cosa sei diventato? Una ragazzina in cerca di rassicurazioni?” disse scocciato l’altro. “Jacky, ti prego!” lo supplicò “Non chiamarmi Jacky, razza di troglodita snaturato! Comunque sì, sei un ciccione!” “Cosa?! Davvero?! Mi prendi in giro!?” Stava totalmente sclerando. “No, scherzavo imbecille!” alzò gli occhi al cielo. Tutto quello che rimaneva di maschile del fratello doveva essere andato a meretrici. “No!! Non è vero! Rox non mi vorrà più! Morirò brutto, grasso e solo! Sono un mostro!” Disse cominciando a singhiozzare. Jack lo fissava sconvolto. Ma quello era davvero il fratello che si era travestito da barbone e aveva finto di volerlo abbordare/stuprare in un parco? “Ax, sul serio. Non sei gr..” “Stai mentendo!” “AXEL! BASTA! NON SEI GRASSO!” “Davvero?” Axel si fece piccolo piccolo guardando Jack speranzoso “Sì, sul serio!” “Quindi Rox vorrà ancora stare sotto?” “Sì, Rox vorrà ancora… No, aspetta, Rox sta sotto?!” “Beh, certo! Il Magnifico Me non poteva certo essere sottomesso!” Disse soddisfatto prima di andarsene. Rox stava sotto? Quella sì che era una sorpresa! Glielo avrebbe rinfacciato, quello era certo. *Meglio alzarsi*.
2 ore dopo
“Non so cucinare!! Sono una pessima madre! Merito di morire!” La Madre era in crisi “problemi culinari” perché aveva fatto bruciare i biscotti mentre guardava la tv. E voi direte beh, succede a tutti di bruciare una teglia di biscotti se si è distratti. Ma lei non aveva bruciato una teglia di biscotti. Aveva bruciato un biscotto. E ora era in preda a complessi di entità culinaria. Che donna, ragazzi.
Come se non bastasse, anche Il Padre era in crisi. A quanto pareva era andato a pesca e invece di prendere del pesce come tutti i suoi amici, aveva trovato un perizoma leopardato. E voi direte beh, che culo! Peccato che fosse da uomo. Quindi Il Padre era in crisi “sono l’unico che non sa pescare” e non c’era modo di staccarlo dalla tv: era in pigiama, abbracciato ad un cuscino e piangeva guardando un programma di pesca, come una ragazzina davanti ad un film di Moccia.
L’unico che sembrava stare come al solito era Dastan, che fissava i capelli di Axel come se volesse dargli fuoco. Come sempre, del resto.
“Jack, sono un pessimo padre! Lo so, tu non mi vuoi più bene! Sei un figlio orrendo! Come puoi non voler più bene a tuo padre?!” Ok. Il Padre era ormai fuori controllo e prese a lanciare i cuscini del divano contro Jack, dicendogli che era un pessimo figlio.
La Madre, invece, lo costrinse a mangiare tutti i biscotti che aveva preparato (compreso quello bruciato), dicendo che in realtà era un’ottima cuoca e che quel biscotto era semplicemente africano.
3 ore dopo
“Come mi sta questo, Jacky?” Trillò Axel “Bene, bene… Ax, sono due ore che siamo qui. Posso andarmene?” Ormai era disperato: si sarebbe buttato anche sotto una sedia per disabili pur di essere investito, così da mettere fine alle proprie sofferenze.
“Certo che no! Devo ancora provarmi quelli!” disse indicando una montagnetta di vestiti nel camerino. *Dio, non sono mai stato un buon fedele, lo so, ma ti prego! Non puoi farmi questo!*
“Fai shopping con il tuo fratellino, Jack?” Rox. Era ovunque quel tipo. “Già. Mi ha costretto.” Rispose quando Axel si infilò nel camerino. “Già… senti… secondo te, io sono bello?” Ma scherzi? Lo so che lo pensate. Anche Rox aveva dei complessi. Dopotutto era umano anche lui. “Ma che…?” Jack era sempre più confuso. Ma che avevano tutti quel giorno? “Sul serio.” “Beh, non so. Sì..?” rispose titubante “Quindi no?!” “Ho detto di si” “Davvero? Quindi, vorresti venire a letto con me?” Come? *Mi prende per il culo vero?* “Mi prendi per il culo, vero?” “No, per… Oh! Non intendevo dire che voglio venire a letto con te! Chiedevo solo se sono… come dire..? Appetibile?” Jack alzò un sopracciglio. Ma perché tutti gli facevano quel genere di domande? “Beh, penso… di sì.” “Grazie! Sai, Axel non mi sembra molto attento negli ultimi tempi. Pensavo fosse colpa mia.” Sorrise. “No, ha solo paura di essere diventato grasso e che tu non lo voglia più” il lato sensibile di Rox stava venendo a galla? Interessante. “Che scemo!” Rox rise, tranquillo. “Mi ha anche detto che stai sotto” *Boom Baby!* Il volto di Rox si trasformò dalla versione fate e dolci creature del bosco a appena lo vedo lo strangolo con le sue stesse budella e se ne andò, meditando vendetta.
Ora di cena
La Madre si era quasi ripresa. Aveva un sorriso inquietante e lo sguardo psicopatico, incorniciato dal trucco nero sciolto e colato a causa delle lacrime. Sembrava la brutta copia del Joker, ma nessuno pensò di farglielo notare. Il Padre era ancora con il suo pigiama rosa ad orsetti, quello delle crisi o, alle volte, delle grandi occasioni (quando l’altro adibito a grandi occasioni era sporco). Giocava con il cibo come un bambino di due anni e Dastan lo fissava come se fosse stato tutto come al solito. Non che non lo fosse stato, era chiaro. Axel rimirava il suo riflesso nel cucchiaio, che lo storpiava facendolo risultare enorme. Jack, dal canto suo, non aveva toccato cibo (vista l’indigestione di biscotti del pomeriggio).
22.00 circa
Jack era completamente sconvolto. Quella non era la sua giornata: possibile che alle dieci di sera non ci fosse un programma decente? C’erano Amici, Uomini e donne, C’è posta per te e questo genere di cose. Ad un certo punto riuscì a trovare anche una puntata delle settantordici mila di Beautiful. Tutti programmi di complessati, per ragazzine con problemi mentali. Così decise di andare a dormire.
Più facile a dirsi che a farsi. Il cane, Francis, uggiolava come un dannato. Non perché stesse male o cose del genere: la cagnetta più in voga del quartiere lo aveva snobbato e lui aveva un complesso di inferiorità. Non è possibile! Anche il cane? direte. Ebbene sì, anche il cane. Inoltre, su un ramo c’era un gufo che non voleva saperne ti togliersi dalle pal… scatole. Così, siccome quando va male va male, Jack non chiuse occhio fino alle quattro di notte.

Bella giornata, eh? Non vedevo l’ora finisse. Io sono l’unico che non ha complessi qui? E sono pure simpatico! Sono simpatico, vero? Oh, no! Anche a me adesso! Maledetti complessi!
 
 
 

 
Salve! Non ho idea di cosa sia venuto fuori, ma spero che questa cosa vi abbia strappato due risate. Vorrei ringraziare coloro che mi hanno recensito e che hanno messo la storia tra le preferite o le seguite. Mi fate sentire importante xD Ovviamente ringrazio anche coloro che la leggono soltanto e vi prego di farmi sapere qualcosa. Ovviamente, come al solito, non intendo offendere nessuno con ciò che ho scritto nella storia. Penso di non dover dire altro. Ok. Alla prossima!
p.s. No, Jack non è Edward Cullen. E’ ispirato a Sud Italia di Hetalia.
See you!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Appuntamenti al buio ***


“Ripetimi perché sono qui.” disse con tono scocciato “Perché hai la vita sociale di un settantenne nazi-fascista in un campo ebreo” rispose il fratello come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Vi spiego la situazione: Axel non riusciva mai a farsi i caz… cavoli suoi, così aveva deciso di organizzare al nostro povero Jack dei meravigliosi appuntamenti al buio.
“Che entri il primo candidato!” trillò il più grande. Si fece avanti una ragazza poco più grande di Jack, sui diciassette anni forse, che sembrava piuttosto timida. Jack pensò che forse il fratello non era poi così male, ma dovette ricredersi quando questa li sorpasso e al suo tavolo si sedette una signora di mezza età in vestiti succinti e trucco da prostituta. Jack la fissò sconvolto. Ma che razza di gente frequentava suo fratello? “Questa è Pamela! Spero che vi divertiate insieme! Se mi cercate, io sono a quel tavolo laggiù.” Indicò un tavolo piuttosto appartato a cui era seduto un ragazzo biondo e piuttosto scocciato. Rox.
Axel si defilò in fretta, lasciando il povero fratello con quella tizia che tanto pareva una meretrice. Jack era piuttosto combattuto fra il desiderio di scappare il più lontano possibile da quella tizia, che gli lanciava occhiate maliziose, e quello di impalare suo fratello con una motosega.
Optò per la prima ipotesi (in mancanza di una motosega) e se ne andò in bagno, rinchiudendosi nella prima cabina per cercare di formulare un piano. Circa trenta secondi dopo la porta si aprì, Jack sentì distintamente il rumore di tacchi a spillo che producevano le scarpe del nuovo arrivato. Tacchi a spillo? Quello era il bagno degli uomini! Stava per farglielo notare quando una voce stridula lo interruppe “Dove sei, tesoro? Non vorrai far aspettare una signora! Pamela non gradirebbe!” Soffocò un conato di vomito. Ma quella era pazza! Addirittura parlava di se stessa in terza persona. Chi minchia era, Cesare?*
La pazza cominciò ad aprire gli scomparti dei bagni, partendo dal fondo. Quello fu un colpo di fortuna: Jack era nel primo in cima. Non potendo usare la porta dello scomparto perché l’avrebbe sicuramente scoperto, scavalcò il divisorio e corse fuori dal bagno verso il tavolo di Axel. Si gettò praticamente fra le braccia di Rox, con lo stesso sguardo di un animale braccato. La donna uscì dal bagno urlando “DOV’E’ IL MIO TESORO?!” e cadde scivolando su della carta igienica. Si rialzo come se nulla fosse e lasciò vagare lo sguardo sulla sala finché non vide Jack. Cominciò ad avvicinarsi lentamente. Jack era ancora fra le braccia di Rox, che se ne uscì con un “Ma chi diavolo è quella?” con un’espressione che era tutto un programma. “Axel… Axel mandala via! Ti prego!” Jack era completamente terrorizzato. Quella era una maniaca!
“Ok, ok! Pam, mi dispiace. Ma il tuo turno è finito.” Pamela lo guardò con occhi disperati e se ne andò senza dire una parola, con lo sguardo basso.
“Tu… TU! MA CHI CAZZO MI HAI MANDATO!?” il nostro eroe era ormai fuori controllo. Vorrei anche vedere direte voi. “Passiamo al secondo incontro!” disse tranquillamente Axel, incurante delle minacce di morte e schiavitù del fratello.
Il secondo incontrò fu quasi peggio della maniaca cinquantenne: era una ragazza grassa e piena di brufoli, con un apparecchio che pareva quello di Willy Wonka e degli occhiali assurdi. Come se non bastasse, aveva una voce stranissima e rideva come un maiale. Era più o meno sui diciotto anni. Si chiamava Gesualda. Che diavolo di nome era Gesualda!? Jack riuscì a resistere circa dieci minuti prima di pregare suo fratello di farla sparire. Insomma, aveva provato a parlarci, ma era impossibile: aveva le abilità cognitive di una noce di cocco… vuota. Inoltre, tutto ciò che mangiava le rimaneva nell’apparecchio e sputava come un lama nella stagione degli amori. Fuori dai giochi Gesualda, fu il turno di Rosalìa. Davvero una bella ragazza, se non fosse stato per quei cambi di personalità: era dolce e timida, davvero una persona carina prima che tentasse di ucciderti con un coltello da pesce. Scartata anche lei (per evidenti motivi), arrivò Matt. Matt era… un tamarro. Una cosa assurda: pelle arancione, muscoli che sembravano star per scoppiare, occhiali da sole sempre e comunque e una parlata insopportabilmente… tamarra. Dopo dieci minuti di spasmi involontari e tic all’occhio, decise di mandare via anche lui. Ormai senza speranze, decise di riuscire a sopportare anche l’ultimo dei “contatti” di suo fratello. “Questo è Ivan. E’ arrivato da poco dalla Russia, ma parla benissimo la nostra lingua. Conoscetevi, fraternizzate… moltiplicatevi.” Jack lo guardò storto. Quello era cretino, seriamente. Ivan era un ragazzo di quindici anni, proprio come lui (grazie a Dio), piuttosto alto, capelli di un colore fra il castano e il nero e occhi di un colore indefinibile: parevano indaco, a volte addirittura viola, altre volte azzurri o grigi. “Ciao.” Bisognava pur cominciare la conversazione, no? L’altro lo fissò. Sembrava indeciso se rispondere o no. “Ciao…” aveva una bella voce: né troppo acuta, né troppo profonda. “Come va?” chiese Jack. Ivan si limitò a fissarlo con quei suoi strani occhi muta-colore. Non sembrava molto incline a conversare, così Jack lasciò perdere. Erano arrivati al dolce quando Ivan parlò “Sei molto bello, sai?” Jack sputò tutto quello che stava bevendo: avete presente lo sputo a pioggia? Esattamente così.
“Co… cosa?” chiese titubante. “Sei molto bello.” Ripeté sicuro Ivan “E la tua presenza non mi disturba. E’ strano. Di solito detesto le persone che incontro, soprattutto all’inizio.” Jack lo fissava, sconcertato. Certo che era un tipo strano. Beh, in fondo era una conoscenza di suo fratello: se non era strano e frocio, sicuramente, suo fratello non l’avrebbe notato. Finalmente quella maledetta serata finì e Jack, dopo un lungo bagno ristoratore, poté andare a dormire. Si risvegliò nel cuore della notte. “Già sveglio, Jack?” Era proprio lui, Ivan Romanov, il tizio che gli aveva presentato suo fratello, che lo fissava cingendogli la vita con un braccio. Jack sgranò gli occhi. Che diavolo ci faceva quel tizio lì?! “Come sai dove abito? Come sei entrato?!” chiese infatti, allarmato. “Beh, tuo fratello mi ha dato il vostro indirizzo e, seriamente, dovresti pensare di chiudere la finestra nonostante il caldo di questi giorni, coniglietto. A qualche maniaco potrebbe venire l’idea di salire e fare… strane cose.” Coniglietto? Strane cose? Accidenti a quell’idiota di suo fratello e agli appuntamenti al buio! Spedì Ivan fuori casa con il coltello giapponese che teneva sotto il cuscino (era un tipo previdente, lui) e chiuse bene la finestra. Possibile che suo fratello conoscesse solo maniaci decerebrati? A quanto pareva sì. Ivan lo salutò dal ramo della quercia, mandandogli un bacio. Jack rabbrividì. *Il solito pazzo maniaco. FANTASTICO! Però è carin… DIO!* e se ne tornò a letto (dopo essersi assicurato che Ivan se ne fosse tornato a casa). Vi ho già detto che Ivan era il suo nuovo vicino?
                                                                                                                     
    
                                                                                                      
 
 
*Nel film “Asterix alle Olimpiadi”, Cesare parlava di sé in terza persona e io mi divertivo un mondo.
Bene. Stavolta ho dato il peggio di me (non è vero). Vi prego *si inginocchia* recensite! Ditemi qualcosa! Datemi un indizio! (?) Voglio ringraziare Russia-chan che mi dice frasi assurde a qualsiasi ora del giorno e che io faccio dire ai miei personaggi (molte di loro verranno attribuite ad Ivan). Spero che nessuno di voi si chiami Gesualda. Sarebbe curioso, però. Nel caso qualcuno si chiamasse Gesualda… beh… che dire? Niente di personale. Detto questo, mi levo dalle pal… me ne vado.
p.s. Come avrete notato, aggiorno totalmente a caso, secondo ispirazione. Quindi, non ho idea né di quale sia il prossimo capitolo, né di quando lo posterò. Che tipo disorganizzato che sono *sospira*
See you!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Scuola ***


Erano ormai gli inizi di gennaio quando arrivarono i nuovi studenti: tre, per la precisione. Tutti stranieri.
“Ragazzi, sono arrivati dei nuovi compagni di classe!” *Che culo…* pensò il nostro caro Jack “Adesso ve li presento. Questa è Angelina Castelli, è italiana. Questo è Stefan Tomson ed è americano. E questo… è Ivan Romanov ed è russo” Jack stava mordicchiando il tappo della biro, che per poco non gli andò di traverso nel sentire l’ultimo nome pronunciato dal professore. Perfetto! Lo stalker era in classe sua! “Mi auguro che li facciate sentire a loro agio! Bene, iniziamo la lezione”.
Angelina era una ragazza piuttosto bassa, ma tutto sommato carina, bionda, gli occhi neri; Stefan era un ragazzo non molto alto (alla faccia sua), bruno con gli occhi del medesimo colore; Ivan, beh, lo conoscete già.
I ragazzi cercarono dei posti a cui sedersi: Angie (così aveva chiesto di essere chiamata) si sedette accanto a Melita (una delle cheerleader), Stefan si sedette nel posto più vicino a Jack che trovò poiché Ivan l’aveva nettamente preceduto.
 “Ciao coniglietto!” sorriso. Jack era troppo scioccato per dire alcun che e si limitava a fissare il russo con un’espressione del tipo “Qualcuno lassù ce l’ha con me, e scommetto che è zia Maggie!”. La lezione proseguì senza eventi particolarmente significativi. Non si può dire lo stesso dell’ora di matematica.
Ora di matematica
Il professor Stalin (e ho detto tutto) era un ometto basso e tozzo, con i baffi alla Hitler (nonostante si chiamasse Stalin). Erano nel bel mezzo di una spiegazione “… quindi sommate membro a membro e il risultato sarà il segmento AC” “Sommare membro a membro… mhm… quindi è così che voi matematici definite un’orgia gay? Capisco…” Ivan non aveva certo peli sulla lingua. Il professore si voltò e, non sapendo cosa rispondere, si limitò a fissare il russo con un’espressione basita.
“Sei uno di quelli nuovi, non è così?” chiese dopo qualche minuto “Da.” “Capisco.” Si voltò e riprese normalmente la lezione.
Ora di italiano
“Prof, Ivan continua a guardarmi in modo strano!” Jack non riusciva più a rimanere zitto: Ivan lo stava fissando con uno sguardo malizioso/ da maniaco con quel suo sorriso, falso e raccapricciante al tempo stesso. “Oh, per favore, Mercer! Non è poss…” notando che Jack aveva perfettamente ragione, la prof si era zittita e tutti i compagni di classe stavano fissando quella coppia mal assortita in attesa di svolte.
“Suvvia, Jacky! Sei fortunato che ci incontriamo sempre in luoghi affollati, da?”sussurrò Ivan nel suo orecchio. Jack rabbrividì e l’atmosfera inquietante creata dalla presenza del russo (bastava solo la sua presenza), spinse tutti i compagni e l’insegnante a voltarsi di nuovo verso la lavagna e fare finta di niente.
Ora di ginnastica (2 ore)
“Bene ragazzi! Oggi farete il test di Cooper. E, Clarisse… no, un’unghia rotta non è considerato un infortunio.” Il professore di ginnastica era un tipo muscoloso e abbronzato, con la boccuccia di rosa, gli occhi piccoli e delle ciglia lunghissime, completamente calvo (lo chiamavano Palla da Bowling) e un monociglio che pareva essere uscito da un documentario sugli australopitechi. Le ragazze si specchiavano abitualmente sulla sua testa per ritocchi istantanei.
Il test di Cooper consisteva in 12 minuti di puri intenti suicidi: bisognava correre e correre e correre. Orribile.
Stefan, aveva deciso che non avrebbe fatto palestra (provate a biasimarlo) e continuava, insistentemente, a fissare il nostro eroe. Mentre partiva il primo gruppo di martiri, lo prese da parte e gli disse qualcosa del tipo “Che ne dici di uscire un po’, solo io e te, dolcezza?”  in modo piuttosto ambiguo. Il nostro amato Jack rispose, ovviamente, con un “Ma che cazzo vuoi? Fuori dalle palle!” con la solita dolcezza che lo caratterizza. Ivan, avendo sentito tutto, cominciò a meditare un piano a scopo vendicativo: quel tizio attentava all’onore della sua dolce donzella (Jack). Così, quando fu il loro turno di correre, Stefan se ne rimase a lato del campo a contare i giri di Mercer. Erano ormai passati due minuti quando il prof si girò. Era l’attimo giusto per colpire! Ivan si staccò dal gruppetto e sferrò un calcio dritto in faccia all’americano che, barcollando, cadde a terra. Poi, come se nulla fosse successo, si riunì al gruppo. Quando il prof si voltò di nuovo, Stefan era a terra.
“Cos’è successo a Tomson?” chiese confuso “Credo che non si senta tanto bene…” rispose innocentemente Ivan. La classe aveva appena imparato che nessuno doveva provarci con Jack. Finito il test, i nostri due russi si accasciarono a terra, ansanti. “Hey… Ivan.” “Da?” “Credo di aver perso un polmone. Puoi andare a prenderlo?” entrambi cominciarono a ridacchiare. La mancanza di ossigeno fa questo effetto.
La seconda ora giocarono a base-ball. Ripresosi, decise di giocare anche Stefan. Vi dirò solo una cosa: Ivan era nella squadra avversaria. Dato il fatto che l’americano continuava a provarci spudoratamente con il suo coniglietto, pensò di fargli notare qual’era il suo posto dicendo “Beh, di qui a cinque minuti ti spaccherò tutti i denti, uno ad uno, con la mazza da base-ball. Ma ci tengo a precisare che non c’è niente di personale!” in tono falsamente dispiaciuto. Jack rispose, ridacchiando, con un “Ci mancherebbe!”
Ora di chimica
“Hai un bastone in tasca o sei felice di vedermi?” Jack aveva lasciato perdere la timidezza (sì, era timido) e si stava dando alla pazza gioia con delle battutine subdole ed imbarazzanti. Come previsto, Ivan arrossì e lui continuò a ridacchiare. Proprio mentre, per vendetta, Ivan tentava di tirargli una pacca sul culo, Jack si voltò e la mano del russo finì… . Credo possiate immaginare la faccia di Jack in quel momento: era a metà fra un pomodoro e una bestia. Tutti li stavano fissando, straniti, ma loro due non riuscivano né a fare né a dire niente. Molto lentamente, Jack afferrò una provetta e gliela lanciò contro, per poi cominciare a lanciargli ogni cosa gli finisse sotto mano (compresa una boccetta di veleno… come c’era finita lì?) finché il professore non gli intimò di calmarsi.
Ora di supplenza
Il professore stava amabilmente leggendo il suo giornale, senza degnare gli studenti della minima attenzione. Improvvisamente, senza spostare di una virgola il quotidiano, proruppe in un “Verner… va fuori.”
Il suddetto Verner, spaesato, disse “Ma… perché?” “Va fuori. E migliora la mira.” Infatti, Verner aveva tentato di fare canestro con una pallina di carta nel cestino, ma aveva miseramente fallito. Quei professori avevano addirittura la vista a raggi x.
Ora di scienze
“Quindi la materia non si può distruggere: si può solo trasformare. Infatti, può darsi che nella vostra vita abbiate respirato un atomo della stessa aria respirata da personaggi celebri, come Gesù!” il professore era piuttosto esaltato.
“Quindi potremmo respirare la stessa aria di Bin Laden?!”  sussurrò Jack al compagno di banco.
Ivan rispose con il solito “Da, coniglietto!”. Stefan, sentendosi escluso, cercò di captare le parole di Jack, storpiandole in un “Potremmo fare esperanto in un Lager?” Tutti si voltarono verso di lui. Non c’erano speranze. “Usa amplifon.” Beh, Ivan era Ivan.
Quello fu il primo di tanti giorni di scuola con Romanov.
 

 
Questo capitolo è quello che mi è venuto peggio di tutti. Non so scrivere! ç__ç  *si deprime in un angolo* beh, aspetto un vostro giudizio. Russia-chan, come puoi vedere ho messo alcune battute. Amami! (?) Ok, adesso me ne vado xD
See you!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** La metro ***


Quello era l’Inferno. Quel giorno Jack aveva deciso di uscire con degli amici e, tranquillo, si stava dirigendo al luogo dell’incontro. Destino voleva che non ci fossero pullman che conducessero in città (c’era un pullman ogni morte di Papa in quel posto) e che i treni praticamente non esistessero. Girovagando in alcuni quartieri si poteva riuscire a sentir bestemmiare in scimmiesco. Quindi, l’unica alternativa era usare quel mezzo di trasporto sotterraneo che viene generalmente definito metro.

Gli avevano detto che sarebbe stato meglio evitare come la peste quella sorta di verme di metallo, ma lui aveva pensato qualcosa come *Eh, vabbè! Cosa potrebbe succedere?* E ora si trovava lì, schiacciato fra una vecchietta obesa che sembrava essere lì da così tanto tempo da essere diventata un tutt’uno con il sedile e un tipo enorme che puzzava di sudore e qualcosa di non ben definibile, con dei peli sotto le ascelle che, ogni volta che alzava le braccia, avevano più o meno un effetto “bomba nucleare”:  avete presente il fungo che si forma quando la bomba esplode e l’aria viene risucchiata verso l’alto? Bene. I peli delle ascelle di quel tipo facevano più o meno la stessa cosa. Sembravano quasi dotati di vita propria. Davanti a lui, in piedi, c’era un tizio che suonava e sperava di scroccargli un po’ di soldi. Tirchio com’era, sicuramente non gli avrebbe dato niente. Poi, c’era un gruppetto di ragazze che faceva un casino assurdo, ridendo e urlando e alcune di loro lo guardavano per poi ridacchiare fra loro. Snervante. Odiava essere fissato. Una di loro, che sembrava più coraggiosa delle altre, si avvicinò a lui con non poche difficoltà (c’era un sacco di gente). “Ciao!” disse la ragazza. *Sta parlando con me?* “Io sono Becky…” lei lo stava fissando. Probabilmente sì, parlava con lui. Jack non disse niente. “Ehm… come va?” quella tipa, Becky, non si arrendeva. “Mi spiace, ma non mi piacciono le ragazze.” Disse Jack velocemente. Lei lo fissò fra lo sconvolto e l’imbarazzato. Di certo non se lo aspettava. Tornò dalle sue amiche senza dire altro. “Quindi è così, eh? Interessante.” Ivan. Cosa diavolo ci faceva lì!? “I..Ivan. Non è come pensi! Volevo solo togliermela dalle palle!” cercò di giustificarsi “Sembri in difficoltà, Jacky. Comunque per me non è un problema che tu sia gay. Anzi, adesso ho addirittura campo libero!” disse sorridendo. *CAMPO LIBERO?! COSA?!*”Di che stai parlando?” chiese con un’espressione terrorizzata. Aveva una brutta/bella sensazione. Beh, se bella o brutta dipende dai punti di vista. “Campo libero! A te non piacciano le ragazze. A me non piacciono le ragazze. Tu sei un bel ragazzo. Cosa c’è di meglio?” stava ancora sorridendo. Jack non sapeva cosa dire. Era totalmente basito. Gli aveva appena detto che voleva rimorchiarlo? La vecchietta-sedile si alzò. Probabilmente era finalmente giunta l’ora di tornare nel mondo di sopra. Ivan si sedette velocemente, passando un braccio sulle spalle di Mercer. Le ragazze di prima (soprattutto Becky) lo fissavano in modo strano: probabilmente pensavano che volesse togliersi di torno la ragazza, non che fosse sul serio gay. “TOGLI QUELLE LURIDE MANACCE, RAZZA DI MANIACO!” urlò due secondi dopo. Tutti i passeggeri si voltarono, curiosi. La scena che si presentava loro era più o meno questa: Jack, rosso come un pomodoro, tentava di allontanare da sé Ivan, che si stava evidentemente divertendo molto. Ivan, dal canto suo, tentava di abbracciarlo dicendo cose del tipo “Amore, dai! Ci guardano tutti!”. “MA CHE AMORE E AMORE!? TU SEI PAZZO!”

Dieci minuti dopo

Il vagone della metro aveva ritrovato la sua calma e Jack era stato costretto a tenersi praticamente appiccicata quella creatura. Dopo un po’, Ivan interruppe quel momento di silenzio “E’ la prima volta che sali sulla metro?” “Che cosa te lo fa pensare?” chiese Jack sulla difensiva “Il fatto che sembri piuttosto spaesato e che controlli la mappa ad ogni fermata.” rispose pacatamente Ivan. Jack era piuttosto piccato “Touchè.” Ormai Ivan lo teneva praticamente in braccio e lui si sentiva piuttosto in imbarazzo. Le ragazze (sempre quelle di prima) li fissavano sempre più sconvolte, per non parlare delle vecchiette che li guardavano male e le madri che coprivano gli occhi ai loro figli. Però, doveva ammettere che era molto comodo: il giubbotto di Ivan rendeva tutto molto morbido e caldo e non doveva nemmeno reggersi poiché ci pensava già l’altro. Così decise di dargli corda e si appoggiò a lui. In tutta risposta, Ivan, interpretando quel gesto come via libera ad ogni sorta di perversione, gli schioccò una sonora pacca sul sedere. Jack si irrigidì e sgranò gli occhi, diventando di un colore molto simile al porpora, mentre tutte le persone sul vagone li fissavano. Il nostro eroe si scostò un poco e, con tono molto dolce e sensuale, sussurrò a Romanov “Ivan, Ivan, Ivan… perché mi costringi a fare queste cose in pubblico? Sai, io non vorrei farti del male, davvero! Ma così, beh, mi costringi.” Gli poggiò delicatamente le mani sul collo per poi iniziare a… scuoterlo violentemente, tentando di strozzarlo e, contemporaneamente, spaccargli la testa sul finestrino. Nei suoi occhi c’ero solo pura follia omicida e aveva un sorriso da psicopatico felicemente stampato sul volto. Le persone cominciarono ad allontanarsi, lentamente, lasciando sfogare Jack senza muovere un muscolo per aiutare l’altro russo.

Dieci minuti dopo

La situazione si era raffreddata e i due russi si trovavano nella medesima posizione di prima. Ivan aveva imparato che il suo coniglietto non amava essere toccato.
“Diavolo! Cos’ha quella sulle gambe?!” sussurrò schockato Jack “Peli. Beh, se avessi anch’io una pelliccia del genere, non avrei bisogno del giubbotto per sopravvivere ai freddi inverni della Grande Madre Russia!” Jack si voltò a guardarlo. Non era un tipo molto normale, quello. Quando si voltò di nuovo a guardare la donna, però, si trovò d’accordo con il russo e cominciò a ridacchiare “Beh, non hai tutti i torti!”
“Ridi alle mie battute, coniglietto? Allora ti sei proprio innamorato!” disse raggiante Ivan. La risata di Jack si spense nell’arco di mezzo secondo, sostituita da una sorta di incrocio fra una risata malvagia e un ringhio.
“Prego?” sussurrò minaccioso “N… Niente.” Probabilmente era una delle poche persone che riusciva a spaventare Ivan.

Dieci minuti dopo (ancora e ancora)

“Osserviamo un esemplare femmina di Vecchietta- Lady Gaga nel suo ambiente naturale. La Vecchietta- Lady Gaga è una specie molto diffusa nelle metropolitane, si nutre generalmente di cibi da fast-food e pizza ed è sempre alla ricerca di un nuovo compagno per l’accoppiamento. La Vecchietta- Lady Gaga è costantemente nella stagione degli amori, ma ha scarsi risultati con gli esemplari maschi.” Sussurrò Ivan nell’orecchio di Jack, il quale proruppe in una fragorosa risata. Ormai la gente non ci badava più (cominciavano ad abituarsi a quei due svitati) e Ivan continuò il suo documentario improvvisato “Oh! Abbiamo avvistato un esemplare maschio di Tamarro Cannaiolo! Anche questa specie è molto diffusa in questo genere di ambiente. Ha le stesse necessità nutrizionali della  Vecchietta- Lady Gaga ma fra le sue abitudini, troviamo quella che lo caratterizza: fuma canne come beve acqua. Ha generalmente un colore tendente all’arancione e i capelli alla cazzo ed è solito indossare abiti appariscenti e fare un sacco di palestra per attirare gli esemplari femmina.” Jack non riusciva a smettere di ridere “Oggi è la nostra giornata fortunata! Ecco là un esemplare maschio di Sdolcinato Cronico,  un esemplare femmina di Goth Convinta e un paio di esemplari maschi di Uomo Scimmia. Le prime due specie sono nemiche naturali, ma la scarsa personalità dello Sdolcinato Cronico lo spinge ad evitare colluttazioni o, quanto meno, gli impedisce di vincerle. Lo Sdolcinato Cronico non è tipico di questi luoghi. Infatti, preferisce il clima tranquillo dei pullman a quello caotico della metropolitana. E’ una specie molto tranquilla e timorosa e tende a cercare di mimetizzarsi con l’ambiente per evitare i predatori. Per conquistare la femmina tende a portarle dei doni romantici e, anche avendo ricevuto un rifiuto dalla femmina scelta, continua a perseguitarla finché ella non accetta di dargli una possibilità. La Goth Convinta fa parte di una specie non molto prevedibile: alcuni esemplari sono sostanzialmente passivi, altri aggressivi, altri ancora docili e solari (cosa che non si direbbe dal loro aspetto). Tende ad indossare abiti neri e pieni di borchie per intimidire il nemico e, se necessario, sfoggia sguardi omicidi per i nemici più audaci. Si accoppia generalmente con gli esemplari della sua stessa specie. L’Uomo Scimmia tende a viaggiare in branco e comunica con gli altri esemplari attraverso versi animaleschi e comportamenti violenti. Non ha un buon odore ed ha l’abitudine di tentare un approccio di tipo amoroso con femmine di ogni specie. Un momento! I nostri esemplari di Sdolcinato Cronico e Goth convinta hanno stabilito un contatto! Il maschio prova ad essere galante ma la femmina lo… oh mio Dio! La femmina deve essere nella stagione degli amori! Lo agguanta e comincia a baciarlo! Lo sta portando fuori dalla metropolitana. Per quell’esemplare maschio… non c’è più niente da fare.” Jack stava praticamente piangendo dal ridere quando il suo cellulare squillò. “E’ Dan.” Sussurrò. “Aspetta… i cellulari prendono quaggiù?” sembrava piuttosto sorpreso “Certo! Sei nella metro, non nel terzo mondo” ribatté sarcastico Ivan. Jack gli fece la linguaccia e rispose. “SI PUO’ SAPERE DOVE CAZZO SEI?!” “Sulla metro.” “SULLA METRO DOVE?!” Bella domanda. Era così impegnato ad ascoltare Ivan, che non si era minimamente reso conto di dove andava. “Ehm… Aspetta.” Poggiò una mano sul microfono del telefono “Dove siamo, Ivan?” “Piccadilly Circus” “COSA?! Diamine.” Tornò a parlare con Dan “Ehm… Non ce la faccio a venire. Mi sono distratto e sono arrivato a Piccadilly.” “DIAVOLO!” sospirò “Va bene. Ci vediamo un altro giorno, ok? E’ proprio da te fare queste cose” “Ok! Ciao!” Aveva pochi amici, ma quelli che aveva erano tutti fuori di testa.
“Andiamo a farci un giro?” propose “Ci sto.” Acconsentì l’altro.
Così, tutto sommato, passò un bel pomeriggio e scoprì che non poteva affrontare con Ivan un viaggio in metro!
 


Delirio totale. Questo capitolo ha quasi una sfumatura romantica in alcuni punti. Mah! Spero vi piaccia. Non mi va di dilungarmi tanto, oggi.
See you!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Amici ***


Quel dì il nostro eroe sarebbe uscito con gli amici (stavolta senza perdersi nelle intricate vie della metropolitana) e Ivan si era amabilmente autoinvitato. Jack non era irritato dalla sua presenza, cominciava ad abituarsi a quel pazzo stalker, ma era preoccupato per come avrebbero reagito i suoi amici. O meglio come Ivan avrebbe reagito ad i suoi amici. Si preannunciava una giornata interessante.
La mattina arrivò anche troppo presto per i gusti del nostro piccolo russo e, come ogni mattina da un po’ a questa parte, Ivan si stagliò sulla porta in tutta la sua potenza urlando “E’ ORA DI SVEGLIARSI, CONIGLIETTO!” ricevendo un sonoro “vaffanculo” e una cuscinata in piena faccia. Jack, ovviamente, non accennò a staccarsi dall’amore della sua vita (il letto) e si rimise a dormire. Ivan, che ormai aveva capito come prendere il suo coniglietto, si avvicinò lentamente e cominciò ad accarezzargli i capelli, scendendo poi sulla pelle chiara del collo e, infine, sotto la maglia del pigiama. La reazione di Jack non si fece attendere: spalancò gli occhi, arrossendo e scacciò Ivan dimenandosi in modo convulso. Si appiattì nell’angolo del letto, con le ginocchia strette al petto e lo sguardo spaventato e rancoroso (sembrava vagamente la posizione di Gollum del Signore Degli Anelli). “Non toccarmi!” gli sibilò contro “Allora alzati, coniglietto. Se ti addormenti, chi sa cosa potrebbe venirmi in mente di farti…” disse, ambiguo. Jack ci mise più o meno dieci secondi a percorrere la distanza fra camera sua e il bagno al piano di sotto. Dopo essersi assicurato che il più grande (di ben due mesi) non l’avesse seguito, si concesse una liberatoria seduta al gabinetto. Mentre stava facendo tranquillamente quello che doveva fare, si voltò verso la finestra (non riusciva a fare pipì… ansia da prestazione, probabilmente) e vide… Ivan che lo fissava con un’espressione molto inquietante, sorridendo e mordicchiandosi le unghie come una ragazzina eccitata. Jack si coprì più in fretta che poté ed Ivan gli mandò un bacetto per poi congedarsi, andando ad invadere la sua cucina. Quello era pazzo! Non poteva stare tranquillo nemmeno in bagno?! Ripresosi dalla shock, andò in camera a vestirsi e Ivan lo abbracciò da dietro a tradimento, schioccandogli un bacio sulla nuca. Jack si rigirò, gettando il russo sul letto e montandogli a cavalcioni sopra per fargliela pagare. Destino voleva che proprio in quel momento entrasse sua fratello Axel, che assunse un’espressione stupita. Rimasero a fissarsi per un minuto buono. Axel si limitò a richiudere la porta senza dire niente, per poi riaprirla e richiuderla di nuovo un altro paio di volte. Alla fine se ne andò semplicemente, con sguardo confuso. “Togliti!” urlò a quel punto, al culmine dell’imbarazzo, Jack “Fino a prova contraria, coniglietto, sei tu quello sopra di me.” Rispose pratico Ivan “Non è vero!” si intestardì il nostro britannico. Negare anche l’evidenza. Sempre. Senza stare a sentire altre stupidaggini, Ivan si limitò a sollevare di peso il piccolo Jack e posarlo sul letto. Lo lasciò vestirsi tranquillamente (ovviamente dietro il separé) e scesero entrambi per fare colazione. Ivan si era praticamente accasato da loro senza un evidente motivo. La cosa strana, è che a tutta la famiglia sembrava piacere molto Ivan. Persino suo fratello Dastan lo ammirava: adorava il modo in cui torturava suo fratello e la sua stima nei confronti del russo era aumentata quando, pochi giorni prima, l’aveva trovato in camera sua, con solo le mutande, e il più grande si era limitato a dire, sorridendo “Oh, questa non è la camera del mio coniglietto. Beh, credo che dovrò farmi una mappa di casa vostra. Posso sapere dov’è la camera di Jacky?”. Dastan aveva risposto, tranquillamente “Quella in fondo al corridoio.” “Grazie mille. In gamba, teppistello!”. Aveva atteso l’arrivo del russo in camera di suo fratello, annunciata da un urlo disumano di quest’ultimo, e si era messo a dormire.
“Ivan è proprio carino, eh?” disse suo fratello Axel con sguardo malizioso “Smettila.” Sussurrò scocciato Jack, ancora imbarazzato per la figuraccia di poco prima “Oh, Ma è vero! Lo pensi anche tu, ammettilo!” “Ti ho detto di smetterla!”.
Erano circa le undici quando notarono lo strano comportamento di Dastan: fissava sognante fuori dalla finestra. Fuori c’era una ragazzina dai lunghi capelli biondi che si dirigeva verso la loro porta. Credendolo innamorato, pensarono che fosse davvero carino, finché non si accorsero cosa stava fissando in realtà. Il bambino, stava infatti fissando i capelli della ragazzina con un accendino in mano. Era un piromane nato. In seguito, la famiglia scoprì che era la sorellina di Ivan e che, in quanto a squilibri psicologici, non aveva nulla da invidiare al fratello.
 
Era finalmente arrivata l’ora di uscire. Si erano dati appuntamento al parco (ormai famoso) vicino casa di Jack. Credo di non essermi mai soffermata a descriverlo. Bene. Lo farò adesso! Il parco era una bellissima distesa di giardini verdi, intervallato da viuzze ghiaiose, con delle panchine di legno rossiccio e un bellissimo laghetto con le paperelle (paperelle? Sembra una vasca). I giganteschi alberi gettavano ombre su ampie zone di prato, usate normalmente dalle coppiette per i loro picnic. Per quanto il parco fosse pieno di alberi, Jack amava particolarmente un bellissimo salice piangente che si trovava vicino al laghetto: quella zona non era molto frequentata e le foglie formavano una sorta di tenda naturale che rendeva impossibile vedere cosa succedesse sotto l’albero. Arrivati lì, aspettarono gli amici del piccolo britannico per qualche minuto. Ivan non credeva di poter rimanere così sconvolto conoscendo cinque persone, ma si sbagliava: Dan, il migliore amico del suo coniglietto, alias quello del telefono, arrivò correndo, saltando praticamente in braccio a Jack e rimanendo appeso come un koala per una decina di secondi. Alla fine si staccò, non è ben chiaro se perché il saluto era terminato o per le occhiate omicide si Ivan; Matt arrivò muovendosi in modo strano e curioso per poi salutare Jack urlando “VIENI DA PAPA’!” e abbracciandolo per poi esclamare “Ballo bene, eh?!” con sguardo fiero. Fu Ivan a rispondere “Certo! Sembri un tricheco con le convulsioni!” per poi afferrare saldamente Jack ed attirarlo a sé. Poi, arrivarono John e Nicholas, i gemelli, che salutarono, uno, con un “Salve popolo!” e, l’altro, con “Buongiorno!”. Ed infine, ultimo ma non ultimo (beh, in effetti ultimo) Adam, che arrivò cantando “It’s raining men! Halleluja!” senza un motivo apparente, per poi schioccare un sonoro bacio sulla guancia a tutti (Ivan escluso). Ivan era rimasto tutto il tempo con le unghie ancorate al tronco del salice per non rischiare di uccidere qualcuno e Jack ne sembrava piuttosto felice. Fu il momento delle presentazioni “Dan, Matt, John, Nicholas, Adam… questo è Ivan. Ivan, questi sono… oh, ti prego! Non farmeli ripetere tutti!” disse ridacchiando. Sembrava felice. Era quello che contava. Ivan tentò di poggiargli un braccio sulle spalle, ma lui le scrollò. Il russo sorrise, nonostante ci fosse rimasto male: perché permetteva ai suoi amici di fare quello che volevano e non permetteva a lui anche solo si sfiorarlo? Insomma, andavano a scuola insieme, a volte addirittura uscivano insieme (niente di troppo elaborato, sia chiaro) e poi viveva praticamente a casa sua. Non era giusto.
 Senza ulteriori indugi si avviarono verso la prima meta: il centro commerciale. Jack si sentiva un po’ una ragazzina mentre passeggiava fra i negozi con quel gruppo di scalmanati. Incontrarono il bar- karaoke e lì Ivan capì perché il suo coniglietto gli aveva detto di non dare mai un microfono ad Adam: il ragazzo, infatti, cominciò a cantare a squarciagola (stonando la maggior parte delle note) fra il divertimento e la disperazione degli amici che lo portarono via a forza dal palco. Prima di scendere, comunque, riuscì a gridare alle poche persone rimaste “Vi amo tutti!”.
In seguito finirono in un negozio di vestiti, dove Matt tentò di provarsi un vestito da donna, che fece una brutta fine. Arrivati nel supermercato, cominciarono a fare corse con i carrelli in mezzo alla gente, con le guardie della sicurezza che li rincorrevano intimandogli di fermarsi. Nascostisi in un negozio di videogiochi, Jack si sentiva a casa e l’inglese notò che nemmeno ad Ivan la cosa dispiaceva: sembrava nel suo ambiente naturale. Infine andarono in un altro bar (senza il karaoke, grazie a Dio) e spedirono Jack a prendere da bere per tutti. Approfittando dell’assenza dell’amico, il quintetto cominciò a tartassare Ivan di domande su dove abitava, quanti anni aveva, che voti prendeva a scuola, se aveva mai ucciso qualcuno e cose del genere. Domande di routine, insomma. Alla fine Dan chiese quello che tutti loro volevano sapere “Si vocifera… che tu e Jack, beh, abbiate una relazione di tipo amoroso. E’ vero?” Parlava in modo strano, ma Ivan non ci faceva più di tanto caso. La sua espressione si incupì. “No. No, non è vero.” “Non ne sembri felice” osservò Nicholas “Dovrei esserlo?” sorrise amaro il russo. A quel punto tornò Jack, chiedendo “Di che parlate?” “Niente di che.” disse subito Ivan.
Superata la fase centro commerciale della giornata, i nostri amici andarono a farsi un giro per la città. Erano nel bel mezzo di una tranquilla passeggiata, quando Matt esclamò all’improvviso “Voglio farmi un tatuaggio!”.
Così, si ritrovarono in un negozio di tatuaggi a scegliere il giusto disegno per quello scellerato. “Questa mi piace” disse indicando una stella “Vuoi questa?” “Voglio un tatuaggio da duro!” “Ti faccio un drago?” Matt sembrò pensarci su. “Vada per la stellina!” esclamò infine. Un’ora dopo aveva la sua bella stellina sul collo. A quel punto avvistarono una cavalletta in mezzo alla strada e John, il playboy egocentrico, cominciò a strillare come una verginella isterica. Aveva paura degli insetti. Appurato.
Passarono il resto della giornata al parco giochi, alternandosi fra altalena e vari giochi, ridendo e scherzando e litigando con i bambini di tre anni su chi doveva salire prima.
Andarono a mangiare in pizzeria e tutti tentarono di rubarne un pezzo a Jack, che esclamò “Vi prendo a pizzate in faccia!” “Come le altre volte, Jacky?” chiese scherzosamente Dan “Silenzio! Ti frantumo i coglioni con un martello da burro!” “Cos’è un martello da burro?” risero tutti, compreso Jack. “Oh, Ivan aiutami!” “Non mettermi in mezzo!” disse ridendo il russo. E la serata passò così, fra scherzi e risate (e qualche furto di pizza e coca cola).
Non restava che tornare a casa. Jack e Ivan si staccarono dal gruppo per tornarsene alla propria dimora (che linguaggio sofisticato) e cominciarono a parlare del più e del meno “Ti sei divertito con quei pazzoidi?” chiese Jack “Sì! Sono divertenti. Però… mi hanno chiesto se io e te stiamo insieme.” Il sorriso di Jack vacillò “Che cosa gli hai detto?” chiese in fretta “Di no.” Jack tirò un sospiro di sollievo. Per Ivan fu una coltellata. “Se gli avessi detto di sì, beh, ci avrebbero rovinato la vita. Ci avrebbero trovato una canzone e costretto a baciarci e cose del genere. Sono degli assatanati!” disse divertito Jack. Ormai erano arrivati davanti a casa di Jack “Beh… io torno a casa, allora.” Disse impacciato il più grande. Prima che potesse andarsene Jack chiese velocemente “Ti va di rimanere a dormire da me?” per poi arrossire visibilmente, non credendo nemmeno lui a quello che aveva detto. Ivan lo fissò per poi sorridere ed annuire. Non era un sorriso inquietante. Era molto carino. “Ti aspetto. Passa dalla finestra.” Così, quella notte dormirono insieme. Proprio insieme! Ivan lo abbracciava da dietro e Jack faceva finta di essere addormentato, perché, se non fosse stato per l’imbarazzo, non gli sarebbe dispiaciuto ricevere quelle attenzioni più spesso.
E in questo modo passò la prima giornata di Ivan con gli amici scalmanati di Jack.
 
 
*vomita arcobaleni* Ok, la sfumatura romantica sta diventando una secchiata di colore rosa. Se vi interessa saperlo, ho intenzione di fare una deviazione di questa storia in cui spiegherò bene l’evoluzione del rapporto dei nostri due russi (ma in realtà non interessa a nessuno xD). Ringrazio chi ha recensito e segue la storia. I love you! (?) E… mhm… basta. Me ne vado.
See you!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Vicini ***


Ricordate quando vi dissi che Ivan era il nuovo vicino di casa di Jack? Bene. Sicuramente non vive da solo, no? Abbiamo già incontrato la sua sorellina (in un accenno appena accennato di un accenno) e adesso credo sia il caso di presentarvi tutta la famiglia.
 
Jack se ne stava tranquillamente stravaccato su una delle sdraio di suo fratello, intento a sonnecchiare al sole. Un’ombra si stagliò minacciosa su di lui, facendogli aprire svogliatamente gli occhi “Ivan, ti ho detto che non... Natalia!” Natalia era proprio lì, davanti a lui, che lo fissava con sguardo famelico (il nostro piccolo cucciolo amoroso era in costume). Il risultato dell’operazione Jack più costume più Natalia era Natalia avvinghiata a Jack come una cozza ad uno scoglio, perché la matematica non è un’opinione. Come se non bastasse avere una bimbaminkia che ti sussurra frasi dall’alto potenziale erotico nell’orecchio, in quel momento, proprio di lì, passava Stefan, il tizio americano. Ovviamente, in quel posto non erano minimamente capaci di farsi i cazziopoli loro e quindi pensò di avvicinarsi molto cautamente, temendo una reazione violenta di Ivan che (non si sa come ma c’era sempre) stava fissando Natalia come se volesse spaccarle i denti a craniate.
La mattina passò così: Natalia che sussurrava frasi erotiche a Jack, Ivan che fissava male Natalia e Stefan che fissava spaventato Ivan. Jack non faceva praticamente niente. Ad un certo punto, però, ebbe l’illuminazione: se avesse detto a Natalia che era fidanzato probabilmente l’avrebbe lasciato in pace. “Natalia, ora basta. Devi smetterla di fare così. Sono impegnato.” disse sicuro di sé. La ragazza chiese l’ovvia domanda che chiunque avrebbe posto “Con chi?” e lì era, per così dire, del gatto.
Cosa le doveva dire? Che aveva dormito con un russo di un metro e novanta che le avrebbe spaccato la faccia se solo glielo avesse chiesto? No. Meglio evitare l’argomento Ivan. E allora cosa poteva dirle? Le sue riflessioni furono interrotte da un molto inquietante “Coniglietto? Che stai facendo? Non mi presenti la tua amica?” Oh no. Era fottuto. Ivan avrebbe detto qualche porcata e lui sarebbe morto di vergogna. Ancora si sentiva morire per quella volta in cui li avevano beccati a dormire insieme: loro dormivano beati e, una volta sveglio, Jack si era ritrovato accerchiato da tutta la famiglia che li fissava parlottando e/o ridacchiando. Axel aveva cominciato a chiamare il russo cognatino e i suoi genitori dicevano “Possibile che abbiamo fatto solo figli gay?” e si voltavano per controllare cosa stesse facendo Dastan. Era stato tremendo. Soprattutto la parte in cui Ivan si svegliava stritolandolo e chiamandolo coniglietto davanti ai suoi genitori, ma soprattutto davanti ad Axel. Il fratello maggiore del nostro eroe si era poi, infatti, prefissato l’obiettivo di farli mettere ufficialmente insieme. Mai. Mai sarebbe successo.
Ritornando a noi, eravamo al momento esatto in cui Ivan irrompe nella conversazione. “Chi è lui?” chiese confusa Natalia, ancora appiccicata a Jack “Lui è…” “Il suo ragazzo!” rispose pronto Ivan interrompendo Jack. Il suddetto quasi si strozzò con la saliva, cominciando a tossire come un fumatore ottantenne con i polmoni mezzi andati. Natalia si immobilizzò, fissando male Ivan che ricambiava con lo stesso identico sguardo.
La tensione nell’aria era palpabile. Pareva quasi di vedere le saette che fuoriuscivano dagli occhi dei due e si scontravano a mezz’aria. Jack stava ancora morendo, senza che nessuno gli desse la minima importanza.
“Hey, Jacky! Che succede?” Bene. Questo non lo conoscete. Si tratta di Charlie, uno dei vicini di Jack, diciassette anni, un po’ scemo.
Jack si voltò, sperando che quel deficiente riuscisse a trarlo in salvo. Si sbagliava. Egli, infatti, folgorato dalla bellezza di Natalia, non riuscì a fare niente di socialmente utile. A quel punto arrivò Rox con la sua… Fiat Panda del 1400. Dove diavolo era la Lamborghini?! Vedendolo uscire da quel carretto, Jack non riuscì a trattenersi, piegandosi in due dalle risate. Come risultato ottenne un Rox incazzato nero che non accennò a sollevare un dito per aiutarlo. Alla fine poté fare solo una cosa per tirarsi fuori da quella situazione: “E’ vero. Io e Ivan…. Stiamo… insm” “Cosa?” domandarono gli altri due “insem…” “Non ho capito” disse Natalia “INSIEME, PORCA TROIA!” potete capire che Ivan si sentì un modello della playboy (anche se non si sa cosa c’entri) e che Natalia scoppiò a piangere correndo in casa. Jack sospirò soddisfatto: se l’era tolta di torno. “Bene. Oggi pomeriggio vieni a casa mia allora, coniglietto!” Jack aprì un occhio, poi l’altro e quando parlò, la sua voce aveva un che di minaccioso “Di cosa cazzo stai parlando?” “Stiamo insieme, no?” Si era sotterrato nella merda con le sue stesse mani.
Fu così che quel pomeriggio fu costretto ad andare a casa di Ivan per non destare sospetti in Natalia (che non si sapeva cosa ci facesse lì). E Stefan dov’è finito? Vi chiederete voi. Beh, non ne ho idea, mica sono Dio. Visto che siamo qui e che non abbiamo niente di meglio da fare vi narrerò le avventure del nostro cucciolo amoroso orsacchiottoso nelle stanze di casa Romanov.
Non aveva mai avuto tanta paura di una bambina da quando aveva tre anni ed una bambina di cinque voleva che la sposasse: Marya, la sorellina di Ivan, era la figlia perduta del demonio. E voi direte vabbè! Anche Dastan se è per questo! Ma non potete capire che razza di mostro fosse quella bambina. Appena arrivati in casa, si gettò fra le braccia del fratello sorridendo. *Che carina* pensò Jack. Non l’avesse mai fatto: appena il fratello non guardava, il sorriso della bambina si spense, sostituito da un’occhiata omicida degna di Axel quando Dastan gli rubava il gel per capelli. Come se non bastasse, la ragazzina fece un gesto piuttosto eloquente passandosi un dito lungo il collo in orizzontale: lo stava minacciando di morte!
Ripensandoci, col senno di poi, non era neanche strano, trattandosi della famiglia di Ivan. La cosa più sconvolgente avvenne però quando il russo si congedò un attimo: la bambina, facendo la finta innocente, condusse il nostro coniglietto nella stanza dei giochi. La stanza dei giochi era appunto una stanza piena di giocattoli di tutti i tipi: robot, barbie, bambole, cavalli a dondolo, casette (era veramente enorme), ma la cosa a spaventarlo fu l’angolo di bellezza con il tavolino del the proprio lì accanto. Aveva un brutto presentimento. Mentre lui si guardava intorno, ammirato, la bambina chiuse lentamente la porta, girando poi la chiave. Quando Jack se ne rese conto, era già troppo tardi.
Quando Ivan tornò in sala, sua sorella ed il suo coniglietto non c’erano, così si disse che quella peste l’aveva portato sicuramente nella stanza dei giochi per fargli prendere un the. Non sbagliò del tutto, se vogliamo essere sinceri, ma sicuramente non si aspettava quello che trovò: Jack era… una bambola! Aveva un bellissimo vestito di pizzo bianco e nero che arrivava fino a mezza coscia, i capelli erano tirati indietro da delle mollette del medesimo colore ed era addirittura truccato: ombretto grigio, che faceva risaltare gli occhi dorati, un leggero tocco di blush e del rossetto rosso. Quel povero ragazzo attirava la sfiga come una calamita con le monete. Ivan rimase semplicemente paralizzato.
 
Jack si voltò leggermente sentendo il rumore della porta che si apriva e Ivan entrò. Si guardarono. Ivan rimase a fissarlo con la bocca spalancata. Lui arrossì fino al midollo. Non era possibile! Chiuse gli occhi esasperato ed imbarazzato e si voltò di nuovo verso Marya, appoggiando una guancia sulla mano. “Fratellone, non pensi anche tu che Natasha stia davvero bene vestita così?” disse sorridendo raggiante “C… Coniglietto?” sussurrò Ivan ancora troppo sconvolto per riuscire a dire più di una parola. Jack si voltò senza dire una parola ed Ivan gli scattò una foto con il cellulare. Il nostro britannico sgranò gli occhi: era nella merda. Ivan l’avrebbe ricattato e lui avrebbe dovuto fare tutto quello che voleva. Era nella merda.
La mezz’ ora seguente fu impiegata a sorseggiare the che sapeva di acqua per i piatti (e probabilmente lo era) con Marya che lo guardava come si guarda un figlio che si diploma e Ivan che lo fissava come un maniaco. Jack cerava in tutti i modi di abbassare un po’ la parte inferiore dell’abito, fallendo miseramente. Si sentiva nudo senza pantaloni. Inoltre, quel vestito era davvero troppo corto. Però bisognava dire che c’era un bel circolo d’aria e non si soffriva il caldo. Poco dopo Jack ebbe l’occasione di conoscere i genitori di Ivan: Alisa Ivanov (da dove probabilmente avevano preso il nome del figlio) e Dimitrij Romanov.  I due infatti entrarono nella stanza dei giochi per salutare i figli e notandolo dissero “Oh, finalmente Ivan! Chi è la tua amica?” Jack non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo. E quando Ivan gli fece presente che più che amica dovevano direamico, i due di scusarono un’infinità di volte. Gli chiesero perché era vestito in quel modo (domanda lecita) e lui prese a raccontare.

 
Dopo aver chiuso la porta la ragazzina si avvicinò al nostro eroe. Era palese che non avesse buone intenzioni, ma quando tirò fuori il vestito di pizzo, Jack era completamente terrorizzato. Era più grande di lei, non poteva certo obbligarlo! Si dovette ricredere quando tirò fuori una foto di lui e Ivan, abbracciati, che dormivano nella sua camera. Diamine! Ma che razza di famiglia aveva quel tipo?! La vestizione non fu tanto male: la ragazzina era piuttosto brava a destreggiarsi fra pizzi e merletti. Jack si chiese come facesse ad avere un vestito della sua misura e che sembrava stargli a pennello. Forse, contando che era la sorella di Ivan, poteva esserselo procurato apposta per lui. Il trucco fu una cosa traumatica: la sua dignità si stava sgretolando lentamente ed inesorabilmente e quando alla fine la bambina gli sistemò i capelli, capì che quello sarebbe stato un trauma da aggiungere alla già lunga lista.
 
Finito il racconto, gli permisero di usare il bagno e ripulirsi.
Ancora scosso dall’essere stato vestito da donna, Jack non si oppose alla proposta di Ivan di fare i gavettoni.
Nel giro di cinque secondi si ritrovò bagnato fradicio e smanioso di vendetta.
Con le sue conoscenze belliche (derivate dai videogiochi), si trovò una postazione ottimale e con un fucile ad acqua colpì Ivan come solo un cecchino esperto sa fare.
Poco dopo Ivan era rimasto senza munizioni, mentre lui ne aveva ancora due.
Il russo lo guardò implorante, dicendo “Oh, ti prego! Coniglietto, sono disarmato! Dov’è il tuo senso dell’onore!?” e Jack gli disse quasi urlando “E’ andato a puttane con la mia dignità!”
Passato il momento gavettoni, rimasero fuori ad asciugarsi, con Natalia che li fissava dalla finestra come le vecchiette dei paesini.
Rientrati, Ivan andò in bagno e Jack dovette seguire Marya in camera sua.
Il russo si allarmò non vedendo il suo coniglietto (contando cos’era successo poco prima) e corse in camera della sorella. La scena era questa: Marya si rimirava due bellissime trecce intrecciate con dei nastri colorati mentre Jack giocava con i peluches unicorno della sorella. C’erano di vari colori, ma il giovane britannico sembrava particolarmente affascinato da quello rosa con la criniera e la codina arcobaleno. Ivan cominciava a credere che quel povero ragazzo avesse subito davvero dei traumi piuttosto pesanti in età infantile. Stava praticamente parlando (faceva una strana vocina, simile a quella da idioti che si usa parlando con gli animali) con Mr. Pink (l’unicorno) e non stava minimamente considerando il russo che lo guardava come si guarda un cerebroleso psicolabile. Stendendo un velo pietoso anche su questo evento, era l’ora della cena.
Vennero servite strane pietanze e Jack decise di assaggiare quella che sembrava una polpetta di carne: non era male. “Cos’è questo?” disse masticando “Testicoli di toro, caro!” rispose prontamente Alisa. Jack sputò tutto nel piatto, tappandosi poi la bocca con una mano, chiudendo gli occhi con un’espressione tra lo schifato ed il depresso. Possibile che non ci fossero nemmeno cibi normali in quella casa? Non osò nemmeno chiedere cos’erano gli altri e rimase digiuno. Arrivata la sera, pensava di poter tornare a casa, ma Ivan lo costrinse a dormire da lui quella notte. Beh, dormire è una parola grossa: rimasero svegli praticamente tutta la notte a “cazzeggiare”. Ivan tentò ripetutamente di spogliare il nostro eroe almeno dei pantaloni dicendogli che tanto le sue gambe le aveva già viste (sottolineando il tutto con un “Non è così, Natasha?”), ma il nostro coniglietto non demorse. Il pigiama era di Ivan e quindi gli stava largo, cadendo di lato sulle spalle e lasciandolo senza copertura per abbastanza tempo perché a Ivan venisse di nuovo voglia per provarci con lui (circa due centesimi di secondo). Si addormentò un paio di volte: la prima venne svegliato con un bacio e potete immaginare cosa Jack non tirò addosso ad Ivan; la seconda venne violentemente svegliato con solletico e scossoni fra le risate del russo. Non capì il perché di quelle risate finché non si guardò allo specchio: aveva la faccia imbrattata di pennarello, in particolare dei baffi da Hitler, degli occhiali alla Harry Potter, dei cuoricini un po’ ovunque e dei baffi da gatto intorno al naso. Ripulitosi, guardarono (stavolta tranquillamente) un film per poi mettersi a dormire. Il giorno dopo Natalia si era convinta che stessero insieme e aveva cominciato a tormentare l’altro vicino. Jack era salvo. Ivan aveva una foto molto compromettente. Erano felici entrambi! Niente di meglio per concludere una giornata da buoni vicino, no?

 
 
 
 
Hola! (?) Mi sono trattenuta da fare cose romantiche (credo), spero che lo notiate anche voi. Ho usato tanti termini molto cucciolosi amorosi, in compenso. Ditemi cosa ne pensate, magari. Diciamo che non è andata poi tanto male in questo capitolo (per me). Per Jacky, beh, a lui non va mai bene xD Non ho altro da dire.
See you!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Riunione di famiglia ***


“Ok, sta diventando imbarazzante. Nonna… NONNA! Smettila subito”. La Nonna era una donna molto imponente, nonostante la sua ‘altezza’ di ben un metro e cinquantadue, con occhi grandi  e azzurri e i capelli bianchi e cotonati che la facevano somigliare ad uno zucchero filato gigante. In quel momento stava stringendo, in quel modo in cui solo le nonne e le zie sanno fare, le guance del nostro caro Jack e lo stava ripulendo, usando un dito accuratamente sbavato, da dei residui di biscotto. “Fatti sistemare, biscottino mio.  Nessuna ragazza vorrà starti vicino se sei tutto sporco” disse con quella voce da idioti che si usa con i cani. ‘Ragazza eh?’ si ritrovò a pensare il nostro eroe prima di riuscire a ribellarsi a quella stretta da lottatore. Quel giorno… mi correggo, quel maledetto giorno, si sarebbe tenuta la tanto temuta quanto odiata riunione di famiglia. E voi direte tutti hanno dei parenti un po’ strani! Lui non può averne di peggio di quanto abbiamo già visto! E vi sbagliate. I parenti di Jack sono molto, molto peggio di quello che pensate, ma andiamo con ordine: alla riunione partecipava tutta la famiglia, quindi una manciata di pazzi sarebbe arrivata da tutte le parti del mondo per ritrovarsi a casa del nostro coniglietto. Quello che non era specificato era che la ‘famiglia’ comprendeva anche vari fidanzati e cose del genere. Vi immaginate? No? Bene, ve lo racconterò io.
Sembrava una giornata come tante in quel viale della periferia di Londra, ma c’era ben poco di normale in quel traffico di automobili, dei tipi più disparati, che si fermavano davanti ad un’ormai più che conosciuta casa con una grande quercia.
I primi ad arrivare furono i parenti di suo padre. Americani. Tutti. Casinisti, espansivi e temerari. Il cugino Erik, che si credeva il figlio perduto di Indiana Jones, arrivò per primo, cominciando ad urlare cose del tipo “Ma quanto siete cresciuti!” oppure “Siete diventati grandi!” o ancora “E’ normale che i tuoi figli siano tutti gay o piromani, @#%$*?”. Poi fu il turno dello zio Ken, un nome, una garanzia. Quell’uomo era la copia della bambola: palestrato, perfetto e con l’amichetto piccolo. Aveva la vita sentimentale di un bradipo sedato sotto una doccia fredda ed andava avanti a bambole gonfiabili. Lo zio Oreste, unico italiano di famiglia, che tutti si ostinavano a chiamare zio Foreste perché amava molte le foreste… si, quelle che avevano le donne e non credo ci sia bisogno dica altro. Lo zio Foreste era il fidanzato della zia Dolly, una donna… di facili costumi, ecco! Dopotutto si chiamava come una pecora!
La cugina Mina, una cinquantenne gattara con problemi di doppia personalità, anche conosciuta come Melita, una sorta di coniglietta di playboy con la cellulite e le rughe che la facevano sembrare un carlino.
Lo zio Brian, un nano obeso fissato con il Signore degli Anelli (vi basti pensare che sapeva parlare l’elfico) e sua cugina, la nonna Betthanie, una vecchietta piuttosto… alternativa che usava travestirsi da altre persone insieme al marito Reginald.
Poi, arrivarono in massa i parenti russi, a partire da Lei, Jelena, la sorella di La Madre.  Quella donna era la persona più bastarda sulla faccia della terra: per farvi un esempio, camminava per il parco con dei panini in mano e si metteva a mangiarli in faccia ai barboni dicendogli che non avevano certo bisogno di diventare ancora più ciccioni. Una persona altruista, non c’è che dire. Insieme a lei arrivarono, ovviamente, sua figlia Natalia e suo marito Marat, una persona completamente senza volontà, controllato meno segretamente di quanto pensassero dalla moglie.
Ritardataria come sempre, arrivò la sorella di Natalia, una yaoista assatanata sempre in cerca di gossip e che cercava di convertire il nostro amato Jack, Ana.
Poi arrivò il nonno, rigido tradizionalista che si chiedeva quando avrebbe avuto nipoti e la bisnonna Selene, che non faceva altro che lavorare a maglia per esprimere i propri pensieri.
Come dimenticare lo zio Nikolaij, il più famoso (secondo la sua modesta opinione) regista di film porno al mondo?
Passato il momento dei saluti, Natalia si avvicinò con fare ambiguo al nostro eroe per poi avvinghiarcisi come era suo solito fare “Mi sei mancato taaaaaaaaantissimissimissimo!!! Ma oggi staremo tutto il giorno insieme, vero Jacky?” domandò con quella sua vocetta squillante “Mi sembrava di aver… chiarito le cose. Non funzionerà mai fra noi, mettitelo bene in testa” “Oh, ceeerto! Perché tu stai con quel russo di due metri vero? Non vorrai dirmi che sei sul serio gay!” L’atmosfera nella stanza divenne improvvisamente glaciale e tutti i parenti si voltarono verso di lui. Persino la bisnonna Selene smise di lavorare a maglia per fissarlo con quei suoi occhietti inquisitori. “Io non sono…!” Bene, adesso aveva due possibilità: sputtanarsi a vita con la propria famiglia e subire lo stress di numerose minacce di morte (cose che erano successe anche ad Axel) o lasciarsi tormentare da Natalia per il resto dei suoi giorni. Non ci fu bisogno di scegliere.
Pochi secondi dopo, infatti, entrò un Ivan tutto pimpante del tutto intenzionato a togliersi dalle pal… scatole l’invadente cugina del suo coniglietto. Beh, successe tutto piuttosto velocemente: un paio di sguardi omicidi, Ivan che afferrava Jack e una… come si dice?... Slinguata con i controfiocchi. Quel che fece Ivan fu prendere Jack e baciarlo come non aveva mai fatto, davanti alla cugina Ana, che, come potrete immaginare, cominciò ad urlare frasi sconnesse su quanto fosse romantica quella scena mentre tirava fuori non si sa da dove una videocamera per filmare il momento. I nonni russi rabbrividirono, e così un’ altra discendenza se ne andava a farsi benedire. Al contrario degli altri, Axel si asciugò una finta lacrima di felicità dal lato dell’occhio, mentre Rox guardava il cognato con la faccia di uno che la sa lunga. La bisnonna Selene cominciò a sferruzzare qualcosa, che venne poi interpretato come un cappio. A quanto pareva una relazione gay non era ben accetta. Il fratello di La Madre cominciò, invece, a scrivere una storia sulla base di quella del nipote, dicendo che sarebbe diventata un meraviglioso film porno. Quando Ivan si staccò, la faccia di Jack pareva un semaforo quasi al pari di quella di Natalia. Come era solito fare iniziò a lanciare contro l’altro russo ogni cosa gli capitasse a tiro, compreso uno dei gatti della cugina Mina. “Cosa c’è, coniglietto? Qualcosa non va?” chiese Ivan schivando l’ennesimo gatto “QUALCOSA NON VA?! MI HAI SLINGUATO DAVANTI A TUTTI LA MIA FAMIGLIA, PERVERTITO!” “Non capisco cosa ci trovi di male. Dopotutto, abbiamo dormito insieme, no?” e l’atmosfera si fece, se possibile, ancora più gelida. “CREDI CHE IL FATTO CHE ABBIAMO DORMITO INSIEME TI CONFERISCA L’AUTORITA’ PER FARE UNA COSA DEL GENERE!? E’ COME SE IO ANDASSI E MI SLINGUASSI DASTAN! TI SEMBREREBBE UNA COSA NORMALE?!” Sentendosi citato in causa, il bambino si voltò dicendo “Non tirarmi in mezzo alle tue questioni personali. Tzk! Finocchio.” causando un’occhiata tutt’altro che gentile da parte del fratello.
“No, Dastan è tuo fratello. E’ del tutto diverso. E poi, io e te stiamo insieme!” disse il russo sorridendo raggiante “AHAHAHAHAH, No.” Rispose freddamente Jack “Si.” “No” “Si” “No” “Si” “PROVALO!” Ivan tirò fuori dalla tasca dei jeans un registratore e lo accese. ‘“E’ vero. Io e Ivan…. Stiamo… insm” “Cosa?” “insem…” “Non ho capito” “INSIEME, PORCA TROIA!”’ e staccò la registrazione con un’espressione soddisfatta sul volto. Jack si sentì sprofondare. Si era sotterrato nella merda con le sue stesse mani, per Diana! Non gli rimase altro che dire l’unica cosa che gli avrebbe portato un minimo di profitto “Beh… ok. Si, noi… abbiamo una relazione, ma non volevo che lo sapeste!” “Io l’avevo detto che era frocio.” Disse il cugino Erik con ovvietà.
Le espressioni di tutti i parenti si addolcirono e quello che sembrava un cappio si rivelò essere una piccola sciarpetta “Per i vostri futuri bambini…?” disse la bisnonna Selene un po’ titubante. Ivan l’accettò volentieri e Jack fu costretto a fare lo stesso ed a farsi baciare ripetutamente da un russo più che contento di poterlo fare senza rischiare di perdere un arto, o peggio, una palla. Vi chiederete perché non tutte e due? Beh, perché così l’altra si sarebbe sentita sola.
“Visto che siamo in vena di confessioni, io dovrei dire una cosa.” Iniziò il nonno Reginald “Io non sono il nonno… sono la nonna.” Disse la nonna Betthanie togliendosi i vestiti del nonno, che a sua volta si era travestito da nonna. Ma c’era una persona psicologicamente normale in quella famiglia?
“Ma… Perché? Perché vi siete travestiti?” chiese confuso Jack “E tu perché sei frocio?” il nostro britannico spalancò gli occhi per poi chiudersi in un ostinato silenzio ed andare in un angolino, da solo, sussurrando fra sé e sé “Sono una principessa, sono una principessa, sono una principessa…” dondolandosi avanti e indietro con le ginocchia strette al petto. “Oh, suvvia piccolo Jack! Non c’è un motivo! Così come non c’è un motivo per il fatto che sei frocio!” “Questo non mi tranquillizza nonna!” e tutti scoppiarono a ridere, perché si sa, quando fai una figura di merda tutti ridono di te. Le sorprese, però, non erano ancora finite “Beh, ecco… mi sento attratto sessualmente dagli animali” disse flebilmente Marat, il padre di Natalia e Ana, e tutti lo guardarono sconvolti “TI SEI SCOPATO MIA MADRE PENSANDO CHE FOSSE UNA SCIMMIA?! E’ QUESTO CHE INTENDI?!” gli urlò contro Natalia, mentre Nikolaij prendeva appunti “No, ma… ricordi quando usciva quella roba bianca dal sedere di Fufy? Beh… Non era latte delle fate.” Tutti lo fissarono sempre più allibiti. “Io sono una spia internazionale” disse convinto lo zio Brian “Non dire cazzate, Brian! Sei solo un nano ciccione!” intervenne Dolly “Questo non ti ha impedito di prenderlo nel culo, eh, Dolly?” Lo zio Foreste lì guardò tranquillo mentre tutti spostavano l’attenzione su di lui “Non ti senti offeso, zio?” chiese Dastan “Offeso? Sai quante corna le ho fatto io? Pare un bove africano!” il bambino lo guardò confuso. Insomma, cosa ne poteva sapere un bambino di corn- “Ci sono bovi in Africa?” Lo zio Ken bloccò la discussione sul nascere dicendo “A me piace fare uncinetto! Ecco! L’ho detto!” nessuno sembrava sorpreso dalla confessione del compagno di Barbie. “A me piace la figa” disse candidamente Dastan e a quel punto, veramente, tutti rimasero malissimo. Non succedeva tutti i giorni di sentirsi dire da un bambino di cinque anni, ciò che vorresti sentir dire dai tuoi altri due figli, e questo Il Padre e La Madre lo sapevano bene. Forse per questo corsero ad abbracciare il figlio dicendogli che era il migliore di tutti loro. Axel e Jack li fissarono tanto più male potessero.
“Io sto sotto.” Disse Rox, in un moto di solidarietà verso la famiglia. “Diamine! Sembra uno di quei ritrovi per alcolisti anonimi” disse Jack, disgustato “Ci manca solo che si presenti e che tutti dicano ciao!” continuò. “Io sono Axel e mi piace bruciare le cose” “Ciao Axel!” dissero tutti in coro. “Qui qualcuno mi sta prendendo per il culo” disse freddamente il nostro eroe mentre veniva stritolato da un Ivan sempre più affettuoso “Io sarei più che felice di prenderti per il culo, coniglietto”disse suadente Ivan all’orecchio del compagno“Se non la smetti di stringermi in questo modo, ti frullo le costole e te le faccio bere!” e, come si conviene a scene del genere, ci fu un momento di silenzio in cui tutti sentirono la frase di Jack. Ovviamente. Le discussioni continuarono per tutta la giornata fra tentati omicidi, sparizioni ambigue di gatti, nuovi copioni di film vietati ai minori, yaoi nella più pura delle sue forme (Axel e Rox non erano certo dei puritani) e la bisnonna Selene che sferruzzava completini per fantomatici bambini futuri. “Io adoro le riunioni di famiglia” sussurrò Il Padre.
 

 

 
Ehm… *coff coff* Non mi faccio viva da un po’. Sai che dispiacere direte voi. Lo so, lo so, ma non fa niente. Voglio fare un ringraziamento speciale a Russia, che mi ha tenuta sveglia tutta la notte parlando di porcate varie che mi hanno spinta a finire questa sorta di creatura anche chiamata capitolo (e che mi ha suggerito più di un paio di scenette). Bene. Come al solito vi prego di dirmi cosa ne pensate (visto il fatto che mi sanguinano gli occhi per la mancanza di sonno) e darmi qualche consiglio poiché mi sembra più che evidente che io ne abbia bisogno. Detto questo, voglio solo precisare che il nome del Padre, cioè @#%$* è meravigliosamente censurato e non ve lo rivelerò oggi (non ce l’ha).
 

See You! 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Mafia ***


“E’ tutta colpa tua! Sei un emerito coglione!” sussurrò Jack “Beh, scusami signor perché non prendiamo la scorciatoia che passa per il vicolo buio ed inquietante? Tanto cosa potrebbe accadere? Non ti hanno mi detto che porta una sfiga assurda dire queste cose? Ma la guardi la televisione, cazzo?” rispose a tono Ivan.
Si trovavano legati ad una sedia con delle corde lerce e maleodoranti da qualche parte in culo al gatto, più precisamente in un magazzino abbandonato che puzzava di pesce. Come se quello non fosse stato abbastanza, le sedie a cui erano legati, erano a loro volta legate insieme per lo schienale. Se ne deduce che i due fossero costretti a stare molto vicini, ma che fossero impossibilitati a farsi del male (tranne forse per le mani, legate dietro lo schienale).
“Tzk! Non sono certo io quello che la mafia russa vuole fare secco, mi spiego?” disse maligno il nostro britannico.
“Non sono certo io quello che tutti scambiano per la mia ragazza, mi spiego?” lo schernì l’altro.
“SILENZIO!”urlò uno dei rapitori “Stupidi ragazzini, se non chiudete la bocca vi taglio la lingua!”
“La lingua? N-No, la lingua mi serve!” disse Ivan in tono falsamente preoccupato guardando poi maliziosamente Jack.
“Non guardarmi in quel modo, pervertito!” disse Jack a mo’ di rimprovero.
“Come sai in che modo ti sto guardando? Non mi vedi!” gli rispose Ivan stranito.
“Ti conosco, brutto maiale!” affermò sicuro il nostro eroe.
Il brusco rumore della porta del magazzino che si apriva zittì tutti nella sala.
“E così, uno dei discendenti della nobile famiglia Romanov è un omosessuale. Ironica la vita, da?” disse la donna che era appena entrata nel magazzino “Adesso capisco perché non hai mai trovato… come si dice? Attraente? Sì, attraente la mia dolce bambina.”
“Dolce bambina? Quella è l’Anti-Cristo!” sussurrò Ivan.
“ZITTO!” urlò la donna tirandogli uno schiaffo “La mia bambina è dolcissima!” disse con una stranissima voce, sottile e leggermente offesa.
Jack ridacchiò per poi sussurrare “Ti sta bene”.
La donna si voltò verso di lui e, fissandolo male, tirò fuori un coltello da caccia “Hai detto qualcosa, ragazzina?” Jack rimase in silenzio per qualche attimo “Allora, uno: sono un uomo, se vuole può anche controllare. Due: lo schiaffo se lo meritava perché è stronzo. Tre: vaffanculo, tu e il coltellino da checca!”
“Non… non è da… c-checca!” la rapitrice sembrava in difficoltà “Invece sì!” insisté Jack “Riesco a vedere i cuoricini rosa sul manico da qui. Che razza di mafioso utilizzerebbe un coltello con i cuoricini? Io mi vergognerei. Cos’è? Hello Kitty sta cercando di rapire Winnie the Pooh nel magico bosco delle fate canterine? Oh, andiamo!” disse esasperato il nostro amico delle creature del bosco “NON È VERO! Non ascoltarlo, Petunia! Sei un bellissimo coltello! Ti voglio bene, mia principessa!” finì la frase sussurrando. La donna se ne andò sbattendo la porta. I nostri eroi erano alquanto confusi: ma che cazzo stava succedendo? “Come merda hai fatto?” chiese Ivan “A fare che?” domandò Jack impassibile “A fare… quello!”  “Oh… Quello. Ci sono abituato” disse semplicemente “Abituato?” “Già. Non so se hai presente con chi vivo. Parlando di cose serie, chi era quella tipa?” “Zvetlana Kirilenko. È un alto membro della mafia russa.” “Kirilenko… mia zia ha un’amica che si chiama così” constatò Jack. Si guardò intorno: aveva sete e c’era un idiota che fissava la televisione come fosse stato un uomo nu- UNA DONNA nuda. “Hey, Gollum!” urlò a uno dei rapitori “Posso avere dell’acq-” “ZITTI!” urlò il mafioso “… ci sono i Puffi!” disse con la solita voce da idiota di cui parlo spesso. I nostri eroi ed il compare dell’uomo erano del tutto sconvolti. Ripresosi dallo shock, Jack pensò che forse non era stata una buona idea chiamarlo Gollum “Senti… Puffetta, mi serve dell’acqua!” L’uomo scattò al richiamo, prese un bicchiere e glielo porse “In quale modo poco ortodosso pensi che possa prendere in mano il bicchiere, Gargamella?!” gli urlò contro il nostro britannico facendo un cenno della testa ad indicare le mani legate “Io… io non sono Gargamella! Gargamella è cattivo!” urlò l’uomo per poi iniziare a piangere.
Jack lo fissò per qualche secondo senza sapere cosa fare. Ivan non osava pronunciarsi e il compare del Puffo pareva più sballato di una prostituta di colore dopo un mega trip di coca. Nella stanza era calato il silenzio, interrotto dalle battute dei puffi e da qualche intervento del mafioso drogato come ad esempio “Vedo i colori… Quanti colori… Che bello!”
Jack approfittò della situazione per fare a Ivan una domanda cruciale, una di quelle domande la cui risposta vale la pena di essere ascoltata “Ma come cazzo hanno fatto a catturarci questi deficienti?” Ivan sospirò rumorosamente “Beh, tu stavi messaggiando con… Dan e io… beh, io ti guardavo il culo.” Rispose schiettamente “Mi guardavi il culo? Peccato che non sei caduto in una fossa mentre eri distratto. Avrei riso fino all’anno prossimo e, chissà, magari ridendo mi sarei piegato ad un’angolazione piuttosto particolare.” “Mi stai chiedendo di buttarmi in un fosso per il tuo amore?” “Ti sto chiedendo di buttarti in un fosso per il mio bellissimo culo. Mi sembra fattibile, no?” “E poi me lo lascerai toccare?” disse come un bambino davanti ad un negozio di caramelle “No! Non si tocca la merce.” Il più grande sospirò, ma decise comunque di provare a metterlo in imbarazzo “Come mai così audace, coniglietto?” “Scherzi? Saranno 25 ore che non dormo! Potrei dirti cose al di fuori dell’umana comprensione!”  Andarono avanti con discorsi senza senso su sederi, animali e puffi zombie, quando un’inaspettata entrata in scena mise fine a tutto.
“Zia?” chiese Jack.
Jelena si voltò di scatto verso di lui, fissandolo, poi, sorpresa “Che ci fai tu qui?”.
Jack sospirò di sollievo: erano salvi! Sua zia li avrebbe portati via da lì e… un momento. Cosa ci faceva sua zia lì? L’espressione sollevata che gli si era appiccicata in faccia fu immediatamente sostituita da una perplessa e sospettosa “Come hai fatto a trovarci?” chiese. Sua zia lo fissò ancora per qualche attimo, poi si voltò verso i due presunti mafiosi e prese ad ignorare i due giovani legati in mezzo allo stanzone.
“Vedo che avete fatto buona caccia… anche troppo. Comunque dobbiamo festeggiare! Ho portato dei biscotti e per Vladimir” indicò Puffetta, per intenderci “c’è anche un bel bicchiere di latte!” concluse con un sorriso e la voce stupida che si usa con i bambini. Puffet… Vladimir  prese a saltellare felice mentre la sigla finale del programma invadeva le orecchie dei nostri eroi, felice che gli avessero portato, e non mi prendo la responsabilità di smentire, ‘Il suo alcolico preferito!’. Zvetlana fece la sua comparsa poco dopo, attirata dal profumo dei biscotti del Dolce Pasticcio. Non so se avete presente quando nei cartoni animati c’è l’animale scemo che vola seguendo l’odore del cibo. Bene, se sapete di cosa sto parlando, immaginate una scena simile che ha come protagonista una cinquantenne evidentemente disturbata e dei biscotti con gocce di cioccolato. Vi sembrerà ridicolo, no? Aggiungete come sottofondo la sigla dei Puffi, un tizio che dice di vedere i colori e un pupazzo formato gigante di unicorno con uno sguardo ambiguo poggiato in un angolo. Come ci fosse arrivato, nessuno lo sa. Jack fissava la zia con gli occhi sgranati. Non poteva essere d’accordo con quei disadattati mentali! L’unica cosa positiva era che prendere lui era stato un errore. Magari l’avrebbero liberato e sarebbe tornato a casa.
“E dopo faremo fuori il ragazzo!” esclamò felice Jelena “E i maledetti avranno un erede in meno!” Non credo si possa riprodurre il suono agghiacciante della risata in cui si esibì dopo. Sarebbe impossibile. Ivan chiuse gli occhi in un’espressione rassegnata. Che morte ridicola: ucciso da due svitate, un  tipo che ‘vedeva i colori’, un tipo fissato con i Puffi e un unicorno gigante con lo sguardo da maniaco sessuale.
Jack non pensava che avrebbe mai potuto essere preoccupato per Ivan e invece lo era. E anche parecchio. “Cosa ne facciamo dell’altro?” le chiese l’amica. “Mio nipote?” sospirò “Mi dispiace, ma ha visto troppo. Potrebbe sparire e diventare lo schiavo di mia figlia Natalia!” Jack deglutì rumorosamente “Oppure potrei farlo fuori e buttare il suo cadavere in mare.” Il trucco parve scrostarsi quando la sua faccia assunse un’espressione estasiata “Potrei impagliarlo e tenerlo come mobile da soggiorno! Non sarebbe fantastico?!” Jack la fissò sconvolto: insomma, aveva sempre pensato che fosse stronza, ma non fino al punto di voler impagliare suo nipote! La Kirilenko cominciò a battere le mani, completamente d’accordo con l’amica, mentre i compari non facevano niente di effettivamente produttivo.
Quando tutto sembrava perduto e le due donne cominciavano ad affilare le armi, non si sa il come ed il perché, qualcuno di ormai ben noto si lanciò sul nostro britannico rischiando di ucciderlo prematuramente nell’impatto, quasi come se un asteroide si fosse schiantato, in modo decisamente poco grazioso, sulla Luna. “Amorino!!! Sei qui! Mi sei mancato tantissimo! Hihihihi! Il mio Amux!” urlò Natalia stritolandolo. Jack non sapeva se era peggio l’essere uccisi ed impagliati o avere spalmata addosso una bestia del genere. Probabilmente la seconda. Quando sei morto almeno… beh si, sei morto. Quella invece lo stava spupazzando come fosse stato un maledetto Teddy Bear! “Cosa ci fai tutto legato?! Oh, il mio Amux sta male messo così!” continuò a strillare dispiaciuta “Anche se è molto sexy” aggiunse a voce bassa. Jack era terrorizzato in modo quasi osceno da quella ragazzina. La bionda prese a slacciare le corde e a Jack parve quasi che ci fosse un coro di angeli che cantavano, illuminati dalla luce della Divina Sapienza, quando le sentì allentarsi. Dio, era un sollievo! Ovviamente, appena libero tentò una blanda fuga, troncata sul nascere da un placcaggio rude di Natalia. Il risultato era che, invece di essere seduto sulla sedia di legno, era sdraiato per terra con quell’animale sopra che lo stringeva come un pupazzo. Ivan era ancora ‘comodamente’ seduto sulla sedia, mentre tutti i mafiosi fissavano i due ragazzi per terra. Il moro approfittò di quell’occasione per alzarsi e nascondersi dietro il pony maniaco. Ma non era un unicorno? Starete pensando. Sì, ma dopotutto gli unicorni sono cavalli cornuti e quello era basso e incazzato. Un pony, insomma. Abituatisi alla scena, l’attenzione di tutti si spostò sulla sedia lasciata vuota dal russo. Cominciarono a volare urla, imprecazioni, minacce, biscotti e ‘polverina magica’ tanto che, in poco più di un minuto, nessuno capiva nemmeno più dov’era. Ivan si tuffò nella massa di persone che, soprattutto in quel momento, non godevano di piene facoltà mentali e recuperò il suo coniglietto. Uscì velocemente dal magazzino e fermò un taxi. Era un posto sperduto, isolato e non girava anima morta (non giravano i morti, pensate i vivi) e lui, non si sa in quale arcano e astruso modo era riuscito a trovare subito e sottolineo subito un taxi disposto a riportarli a casa con i pochi soldi che avevano. Dalle mie parti usiamo chiamare questa cosa ‘Botta di culo sfacciata’. Jack, che più che drogato pareva ubriaco, blaterava strane teorie su alieni rosa e conigli con sette occhi. “Coniglietto… come stai?” chiese l’altro titubante. L’inglese si voltò verso di lui con sguardo un po’ assente “Dove sono i conigli? Anche io voglio vedere i conigli!” prese a strillare dimenandosi nell’abitacolo. Il conducente li guardò male dallo specchietto retrovisore (soprattutto Ivan in effetti, probabilmente credendo che l’avesse ridotto lui così) e Ivan tentò di calmare l’altro con scarsi successi.  Dopo un po’ smise da sé. Con ogni probabilità si era dimenticato il perché stava strillando come un matto e si era stancato di farlo. Dopo un po’, preso dalla noia, decise di rompere il silenzio “Ivan?” disse con voce strascicata “Si?” rispose l’altro “Cos’è un Amux?” chiese imitando il modo in cui l’aveva detto la cugina. Ivan lo guardò “Come fai a non sapere cos’è?” e rise con una certa nota di nervosismo. Jack lo stava ancora fissando “Non lo sai, vero?” “No.” “Bene.” Di nuovo cadde il silenzio, intervallato qua e là da un’esclamazione meravigliata di Jack che ancora non aveva i neuroni a posto. Erano in viaggio da un’oretta quando Jack espose la sua brillante teoria. “Secondo me… un Amux è una creatura che ha qualche abilità o qualità spiccata. Io, per esempio, sono bello, avvenente, intelligente e un sacco di altre belle cose. Per questo sono un Amux!” era normale che sembrasse davvero così ubriaco? “Tu, invece,” continuò “sei un Amux diverso da me. Lo sei anche tu, però sei un Amux brutto! La tua abilità è fare il maniaco. Non tutti ci riescono, sai?” Credo che sappiate tutti com’è la faccia di un ubriaco che parla e discute di presunte teorie scientifiche. Jack aveva esattamente quella faccia. “Quindi anche io sarei un Amux?” chiese curioso e divertito l’altro “Sì. Però non bello quanto me. Sei un Amux specializzato nel rompere i coglioni.” Tornarono a casa così, con Jack che straparlava sugli Amux, Ivan che lo ascoltava come fosse stato il Papa in persona a parlare e il conducente del taxi che, del tutto basito, li fissava dallo specchietto retrovisore.
 
 
Qualche giorno dopo
Casa di Jelena, ore 11.37
La donna era seduta sulla poltrona del salotto e fissava male la combriccola di persone che si trovava davanti: Natalia, la Kirilenko e i due compari. “Non so chi di voi sia più idiota!” Natalia la fissò con le lacrime agli occhi “Bambina mia! Non parlavo di te! Va a giocare” disse con voce dolce. La ragazzina scappò dal soggiorno alla velocità della luce. Non in senso letterale, insomma sarebbe impossibile e… Non divaghiamo! La donna ricominciò a fissare i tre rimasti con astio. Di colpo si voltò verso uno di loro e gli puntò l’indice accusatore dritto in fronte “Tu! Come hai potuto pensare di drogarti in servizio?!” gli urlò contro. L’uomo si nascose in un angolino, strusciando il ditino per terra a formare cerchi concentrici. Poi passò al compare, ormai denominato definitivamente Puffetta “Tu non vedrai i Puffi per una settimana!” Vladimir scoppiò a piangere “No! I Puffi no!” e scappò via. Infine, ultima ma non ultima, passò alla sua amica Zvetlana “Mi fidavo di te!” disse con rabbia “Ti perdonerò, per questa volta. Che non succeda più. A proposito, mi hanno detto che volevi che il ragazzo stesse con tua figlia. È vero?” “Si.” Rispose l’amica sicura “E volevi ucciderlo perché…?” le chiese di continuare con un gesto della mano “Non ha accettato!” Jelena la fissò e capì che quel povero disgraziato non aveva affatto torto. “Zvet…” iniziò “Io… ti voglio bene, però… tua figlia è un obrobrio! È brutta come la fame! Io… non voglio offenderti, ma è così. Per non parlare di quanto sia insopportabile, con quella vocetta nasale! Con quelle sopracciglia degne dell’uomo di Neanderthal, i denti storti e gialli, gli occhi strabici! E i baffi! E la barba! E vogliamo davvero ignorare quell’enorme verruca sul naso?” concluse con uno sguardo significativo alla madre della suddetta “La mia bambina è bellissima!” urlò quella prima di andarsene. Jelena si accasciò sulla poltrona e si massaggiò le tempie sospirando. Non poteva stare tranquilla un attimo! Uno dei mafiosi, quello intento a disegnare cerchi per terra, si voltò verso di lei dicendo “È sbagliato provare attrazione per un cane?” con tono innocente. Lo cacciò e si avviò verso la propria camera da letto con un brutto presentimento. Si sentivano abbai e sospiri provenire dalla camera. “Maledizione.” Sussurrò chiudendo gli occhi. Aprì la porta e staccò il cane dalle grinfie di suo marito.
 
Lo stesso giorno
Casa di Jack
Il nostro britannico si era ormai ripreso e fissava sconvolto i risultati della sua ricerca.
Amux: parola utilizzata generalmente da una certa classe sociale, definita nel gergo popolare ‘Bimbiminkia’, che prende il significato di amore riferito ad un oggetto o ad una persona”. Porca vacca, aveva chiamato Amux anche Ivan!
Quello che non sapeva era che Ivan aveva fatto la stessa identica ricerca e che in quel momento lo stava spiando, seduto comodamente sul ramo della quercia, mentre sorseggiava un succo di frutta alla pera.
 
 
 
 


Sentite, sono qualcosa come secoli (?) che non mi faccio viva e vi chiedo umilmente perdono *si inginocchia a terra*. Devo chiedere scusa anche perché il capitolo è corto (come al solito) e perché pur essendo l’ultimo (si si, lo so, siete dispiaciuti, ma prima o poi doveva succedere) non sono riuscita a fare gran che. Passando alle cose serie, spero che almeno a voi sia piaciuto. Mi ci sono voluti anni per trovare un briciolo di ispirazione ed è venuta fuori questa… cosa. Non mi sento affatto positiva in questo momento xD Fatemi sapere cosa ne pensate, popolazione. Insomma, qualcuno dovrà pur dirmi se faccio schifo e devo andare a pulire i bagni al McDonald o se posso permettermi di dire di saper scrivere qualcosa di quanto meno leggibile ogni tanto.
Quindi, anche se mi dà un tremendo senso di nostalgia, dichiaro questa serie di raccolte finita~ *si sentono i fuochi d’artificio* *piange* Vi ringrazio per questo premio! Non me l’aspettavo! *ha in mano una statuetta a caso* Ok, me ne vado.
Alla prossima, se mai ci sarà~
M.J.V.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1043181