¬ Falling Falling Snow ~

di B Rabbit
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** †First Chapter ~ ***
Capitolo 2: *** †Second Chapter ~ ***
Capitolo 3: *** †Third Chapter ~ ***
Capitolo 4: *** †Fourth Chapter ~ ***
Capitolo 5: *** †Fifth Chapter ~ ***



Capitolo 1
*** †First Chapter ~ ***


Prima di lasciare voi lettori tuffarvi nella storia, devo dire due cosette... forse tre XD
"B Rabbit" non è solo una persona, ma due, ovvero io e una mia amica ^ ^
Abbiamo incominciato a leggere delle storie insieme qualche settimana fa e, affascinate, abbiamo deciso di provare a scriverne una di testa nostra.
Spero che questo non vada contro il regolamento ^ ^"
Ok, ora vi lascio... no, aspettate, col cavolo! Ho dimenticato i ringraziamenti XD
Ringrazio Shana, la coccinella mia e della mia collega malata che, mentre stavamo pensando alla storia, e venuta da noi e ci ha ispirato parecchio!! Grazie tesora *-*
Non ci ha mai mollato quell'insettino, neanche quando è arrivato il bus. Abbiamo dovuto lasciarla al palo, non si voleva staccare da noi XD
Un altro ringraziamento va a Michael, un mio compagni di classe, che ha letto la storia e controllato le nostre correzioni XP
Ora avanti, leggete leggete U.U





¬ Falling Falling Snow ~
†First Chapter ~

Guardo questo cielo grigio con i miei occhi stanchi che, fino a poco tempo fa, cercavano la tua figura, insieme il mio cuore.
Vorrei piangere, ma non ci riesco.
I miei occhi si rifiutano di lasciarle scorrere calde sulle mie guance per poi cadere a terra lentamente, infrangendosi in mille luci nel silenzio della notte.
Cielo, e per questo che sta nevicando? Piangi al posto mio? Forse, il mio cuore è entrato in sintonia con la tua vastità e, impietosito del mio dolore, mi doni questi fiocchi chiari, bianchi come i suoi capelli e il suo sorriso?
Ti ringrazio per questo gesto, ma così i ricordi riemergeranno veloci nella mia mente nonostante io li abbia nascosti nei meandri del mio passato.
Perché, neve, assomigli tanto a lui?
Perché il tuo bianco mi ricorda lui?
Perché hai la stessa purezza del suo animo?
Perché, come lui, scomparirai presto lasciandomi solo?
Perché…
Perché, Allen, non riesco a dimenticarti? Avevamo promesso che si saremmo rincontrati, eppure ora sono qui, solo, abbandonato come quei cani che aspettano i loro padroni. Invano.
Per me, Allen, eri luce, pura luce, e come essa, sei scomparso, portato via dal fato beffardo, geloso della nostra felicità.

***


Nonostante i caldi raggi del sole che entravano attraverso le finestre e la giocosa aria di festa che si poteva respirare quel luogo, grigio e cupo, rimaneva triste, intoccato dalla felicità, come se fosse un mondo a parte, prigioniero di chissà quale maleficio che si raccontano nelle fiabe per i bimbi.
«E questo è tutto. Se ti comporterai bene, la tua permanenza qui sarà felice.»
Ah, quale più falsa e nera bugia si poteva dire ad un bambino? Non sarebbe stato felice lì, in quel posto che chiamavano “orfanotrofio” dove ti rubavano la libertà e l’identità.
Ora, un’altra vittima sarebbe stata tormentata e privata della cosa che, ben presto, avrebbe incominciato a rincorrere: l’amore. Era piccolo, sette anni circa, con una storia triste dietro le sue esili spalle, come tutti i bambini di quel luogo del resto. Nascondeva il braccino sinistro sotto delle bende bianche come i suoi capelli, anch’essi nascosti sotto il cappuccio della sua felpa nera un po’ troppo grande per il suo corpicino, e un paio di jeans incrostati verso la fine dal fango e, forse, anche dal sangue. Sembrava un piccolo animaletto impaurito, spaventato dal futuro ormai scritto per lui.
I giorni passavano e, ad ogni ora trascorsa, la solitudine stringeva a sé quel povero bambino privo di legami che lo tenevano alla vita. A causa della sua natura timida, il bambino non era riuscito a socializzare con gli altri, non era riuscito neanche a parlare ma, forse, non era a causa della sua timidezza: lo sbeffeggiavano a causa del suo aspetto, dei suoi capelli bianchi, del suo braccio che non faceva mai vedere e toccare a nessuno, ma soprattutto la cicatrice all’occhio, vecchio frammento della sua piccola esistenza. Avevano paura di lui? Provavano pietà? Ma al bambino non gli interessava tanto, non era la prima volta che rimaneva in compagnia con la solitudine, era una sua cara amica purtroppo; per lui, guardare gli altri con i suoi piccoli occhietti spenti dal dolore bastava, altro non serviva.
O almeno lo credeva fino al quel momento.
Per lui, la vita, iniziava ora, con una nevicata e con un rosso che non avrebbe mai dimenticato, dipinto cremisi sulle sue palpebre chiuse per sempre.


***



Sono passati ormai due anni da quando ci siamo separati, da quando sei stato adottato: da quel giorno ho incominciato ad aspettarti lì, in quel posto da quattro soldi, scappando dalle case in cui mi portavano per avere più possibilità di ritrovarti.
Ma è stato tutto invano.
Non sei più tornato Allen, ed ora, quella promessa mi pare sempre di più una bugia, di quelle che ci raccontavano sul futuro “radioso” che avremmo avuto… solo bugie…
Di te mi è rimasto solo il ricordo, ma anche esso sta sbiadendo, come il tuo sorriso e la tua voce, nascosti dalla realtà.
O neve che cadi, con la tua purezza mi trascini nei ricordi, mi trascini nel momento in cui ho conosciuto Allen.
Assomigli tanto alla neve che cadde quel giorno.
Purtroppo però, la stessa neve non può cadere che una sola volta.

***



Era Natale all’orfanotrofio e, come regalo, avevano permesso ai bambini di uscire fuori a giocare con la neve che continuava a cadere silenziosa.
Tutti tranne uno.
Il bambino dai capelli bianchi era rimasto lì, solo, seduto tra il bianco, con le gambe portate al petto e la testa sulle ginocchia, come se aspettasse che la neve lo avesse coperto di bianco e nascosto dagli altri. Ma qualcuno si accorse di lui, qualcuno che lo guardava spesso, che lo seguiva con lo sguardo, per non lasciarlo solo. Si avvicinò a passi lenti facendo ondeggiare la sua sciarpa sgualcita ad ogni suo movimento.
«Ciao…»
Il bambino alzò la testa dalle ginocchia, guardando gli occhi - o meglio, l’occhio - dell’altro: in quel momento il tempo sembrò fermarsi meravigliato dalla bellezza che sprigionava quel color verde che tanto ricordava le radure in primavera.
«C-ciao…»
Il bambino dai capelli bianchi ricambiò il saluto solo dopo qualche secondo a causa dello stupore che incuriosì l’altro.
«Vuoi giocare insieme a me?»
Una mano. Il bambino la fissò per un po’, chiedendosi se non fosse uno scherzo o una pazzia dell’altro, ma alla fine la prese, senza emozioni, freddo come la neve.
«Io sono Lavi, piacere!»
Il suo sorriso riscaldò il cuore del piccolo albino e colorò il suo visino di rosso, come i capelli del ragazzino con un occhio. Giocarono insieme fino all’arrivo del tramonto, o meglio, Lavi giocò con la neve, creando dei pupazzi grandi nonostante la sua piccola statura, mentre il più piccolo continuava a guardarlo. Non aveva mai giocato con la neve, era tutto nuovo per lui.
«Ne, Lavi… perché la neve che cade sulle mie mani si scioglie? Pensavo che rimanesse sul mio palmo, e invece… Perché tutto ciò che tocco scompare?»
Il bambino abbassò lo sguardo rendendo impossibile guardarlo negli occhi, in quegli occhi azzurri come il cielo…
«Non è vero che tutto ciò che tocchi scompare»
Lavi lasciò andare la palla di neve e si avvicinò al piccolo prendendogli la mano tra le sue, stringendogliela dolcemente.
«Io ti sto toccando ora e non sono scomparso, visto?»
Lavi gli sorrise dolcemente ma il bambino continuò a tenere il viso basso.
«Si invece, la mia vita è vuota, effimera, come quella della neve che cade solo per sciogliersi. Sono solo un burattino senza nome che esiste per prendersi le colpe degli altri e che è prigioniero del suo passato…»
«Non sei un burattino»
Il bambino dai capelli color tramonto abbracciò quello dai capelli color luna stringendolo a sé, per non farlo sentire solo.
«Tu sei come la neve, che cade per sciogliersi e diventare primavera. E proprio come essa rinascerai, liberandoti dalle catene che ti lacerano. E sai una cosa? Quel giorno non è lontano. Oggi rinascerai: da ora ti chiamerai…»
Allen.





Ps: i pensieri alternati ai flashback sono di Lavi ^ ^

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Capitolo 2
*** †Second Chapter ~ ***


¬ Falling Falling Snow ~
†Second Chapter ~




Notte.
Le mie mani tremano.
La mia mente vacilla.
Gocce di sudore imperlano la mia fronte per poi scivolare inesorabilmente, seguendo i lineamenti di quel volto che tanto adoravi…
Ho paura, la stessa di quella notte, e silenziosamente mi dirigo verso la finestra per sedermi lì vicino, appoggiando la testa al vetro bagnato.
Piove, e come quella notte, Morfeo mi ha teso una trappola mascherando un sogno in un terribile incubo.
Porto le ginocchia al petto e le abbraccio con forza.
Ho paura, piango. Perché non sei qui? Perché non mi abbracci?
Dov’è finita la promessa che mi feci in quella dannata notte?
Si è forse infranta come le gocce di questa pioggia contro il vetro trasparente?
E come sulla finestra, nel mio cuore non è rimasto altro che un alone di ricordo.
Mi sono perso, la solitudine ha ripreso a bussare alla porta del mio cuore, ma io non apro, resisto, aspettando solo te.
Lavi…


***


La notte era calata silente sulla città avvolgendo ogni casa, bottega, vicolo con la sua tetra oscurità, regina indiscussa.
Tutte le luci fecero i conti con essa, anche quella più coraggiosa e calda morì per mano sua.
Per volere di Morfeo chiunque dormiva, abbracciato dal calore delle coperte, tranne uno.
Il bambino dai capelli color tramonto morente non riusciva a dormire, guardava un punto infinito inesistente sul soffitto, cullato dai ticchettii della pioggia contro il vetro, la ninna nanna della natura.
Un singhiozzo trattenuto riportò Lavi alla realtà, facendolo sedere sul letto.
Altri singulti seguirono il primo, preoccupando il bimbo; sapeva di chi erano, la sua voce era inconfondibile e, nonostante fosse sotto di lui, i rantoli di Allen sembravano vicini, poteva percepire il suo respiro irregolare.
Lavi si sporse dal letto osservando il bambino dai capelli bianchi come la neve che piangeva nel sonno.
Era già da un paio di notti che succedeva, Allen rivedeva tutti i soprusi ricevuti durante le adozioni nei sogni, le ustioni e i lividi al braccino sinistro, le botte e le percosse, ma soprattutto la cicatrice all’occhio infertigli con una lama solo perché aveva rotto dei piatti.
Lavi strinse tra le mani le lenzuola mordendosi il labbro per non lasciare libera l’ira: come si poteva fare questo? Provavano euforia? Quindi era solo per una immensa felicità malsana? Quale ripugnante colpa aveva commesso Allen per sorbire tutto questo? La sua nascita non era uno sbaglio…
Il bambino scese silenzioso dal letto sedendosi al margine di quello del piccolo, scostandogli una ciocca di capelli dal viso sofferente.
«Allen…»
Delle gocce si formarono dagli occhi del piccolo albino che brillavano nel buio.
Quando le lacrime caddero giù Allen aprì lentamente gli occhi regalando al mondo quelle piccole gemme preziose, come se svegliato dal suono sordo delle gocce di dolore del suo cuore.
«Lavi…»
«Sono qui, Allen»
Un sorriso.
Una carezza.
Un abbraccio.
Lavi strinse dolcemente a sé Allen infondendogli calore tra le membra tremanti.
Il piccolo non riuscì a trattenere le lacrime, e pianse, tanto, nascondendo il viso sulla spalla del rosso, nascondendosi dietro a lui, inspirando il suo rassicurante profumo. Rimasero a lungo in silenzio, stretti l’uno all’altro, nascosti dalle nere ali del buio.
«Ne, Lavi… perché si deve soffrire? Perché si deve far del male? Non voglio più soffrire…»
«Non soffrirai più Allen, ti proteggerò sempre… se ti sentirai ferito curerò le tue ferire, se ti sentirai solo sarò lì con te.»
«E… se io dovessi sparire? Se all’improvviso scomparissi, tu verresti a cercarmi?»
«Certo, ti cercherei ogni giorno, senza mai rinunciare. Per me sei tutto Allen, sei la mia piccola luna che illumina la mia nera vita.»
«Resteremo per sempre insieme?»
«Si. Resteremo insieme tanti giorni quante sono le stelle che ornano il firmamento»
Lavi posò le labbra sulla fronte del piccolo albino sussurrandogli silenziosamente buonanotte in modo che fosse solo lui a sentirlo, era suo e di nessun altro.
Si addormentarono abbracciati, Allen con la testa nascosta nel petto del rosso, ascoltando il suo cuore, lasciandosi cullare dai ticchettii della pioggia e dai battiti di Lavi.


***



Corro per le strade senza mai fermarmi.
Il mio cuore batte forte e veloce, quasi percettibile nell’aria, ma lo ignoro, continuo a correre senza meta.
Le mie gambe tremano ormai vicine al cedere, ma non mi importa, continuo a correre senza stanchezza.
Il mio corpo urla di fermarmi ma non gli do’ ascolto e corro. Ripudio la fatica. Esilio l’affanno.
La mia mente è assalita da un solo grande pensiero, da un solo terribile tormento. Te.
Nonostante il fisico non regga, i miei occhi continuano a cercarti, a scrutare l’orizzonte.
Perché, fato, eri così geloso da spezzare la mia felicità?
Perché, destino, hai tagliato il filo scarlatto che mi legava a lui?
Perché sei così disonesto?
Gli dei non potevano nulla contro di te, ti temevano. Ma io ti ritroverò Allen, frantumando così quest’orribile tabù da troppo tempo padrone dei nostri destini.


***



Era finalmente giunta la primavera e tutte le piante rinascevano forti, alzandosi dalla terra e rivolgendo il loro sguardo al cielo, irraggiungibile compagno: e proprio come le piante, forti per volere di madre natura, era rinato un sorriso, quello del piccolo fiocco di neve caduto prima di Natale per rimanere sempre con il tramonto morente.
I due bambini erano riusciti ad eludere la sorveglianza di quella piccola prigione chiamata orfanotrofio per dirigersi verso il parco, il loro colorato mondo delle fiabe dove essere felici senza sentirsi in colpa.
«L-lavi, rallenta… per favore»
Il guercino teneva saldamente la mano di Allen e insieme correvano per le strade della città; udita la richiesta, Lavi rallentò il passo, voltandosi verso il compagno con un sorriso dipinto sul volto.
«Forza Allen, siamo arrivati ormai»
Dopo alcune svolte verso tutte le direzioni possibili, ecco apparire una piccola radura verdeggiante colorata con maestria da un pittore provetto che le aveva fatto dono di fiori variopinti e dalle specie più svariate. Alberi possenti si levavano al cielo con fronde verde smeraldo che avrebbero protetto i piccoli viaggiatori con le loro ombre.
«E’ bellissimo… non avevo mai visto un posto così bello…»
Un posto così colorato, avrebbe voluto dire. Il piccolo albino era sempre passato da una casa all’altra, senza mai vedere i colori, prigioniero del grigio. Lavi si tolse subito le scarpe e, dopo averle prese, si avventurò per il parco, avvicinandosi ai fiori e osservando gli insetti con occhi fanciulleschi.
Allen rimase a guardarlo sorridendo, ma dopo le varie incitazioni dell’amico, decise di entrare anche lui in quel “Paese delle Meraviglie” privo di pericoli e di inganni.
Si chinò verso le calzature, slacciò i lacci e sfilò le scarpe lentamente. Rimase a fissare il verde tappeto per qualche secondo, saggiandolo con lo sguardo, ma alla fine entrò. Le sensazioni che provò erano uniche per lui, il suo viso si illuminò come le stelle pure nel cielo nero come la pece: la sofficità dell’erba che gli carezzava delicatamente i piedi e la freschezza dell’ultima rugiada mattutina che gli solleticavano la pelle erano sensazioni nuove che divertirono il piccolo. Dopo aver tastato il terreno, quasi incredulo di quelle vere impressioni, raggiunse l’amico stranamente silenzioso.
«Ne, Lavi…»
«Shh»
Lavi indicò una cosmea dalla delicata corolla violetta, cullata dal flebile vento. Su uno dei suoi petali si trovava un sassolino rosso punteggiato di nero.
«E’ una coccinella»
«… Coccinella»
Allen rimase a fissare il piccolo insettino con occhi lucenti, felici di ammirare quella piccola bellezza della natura.
«Ti assomiglia, Lavi»
Il rosso sgranò gli occhi, come poteva somigliarli? Lui era un bambino, mentre quello… era un insetto! Quindi… voleva dire che lui assomigliava ad un insetto?
«Ha il tuo stesso colore di capelli, rosso scarlatto»
Lavi sorrise.
«Ed ha anche i sette puntini neri come la tua benda»
«Eh!?»
A quella reazione, Allen non riuscì a trattenere le risate, divertendosi e sdraiandosi sull’erba soffice. Lavi, sbuffando, tese l’indice verso la piccola coccinella che accolse il suo invito felice e salì sulla sua mano.
Dopo essersi ripreso dall’attacco convulso, l’albino si unì al rosso, guardando il piccolo insetto camminare sulla pelle rosea dell’amico. Si scambiarono la piccola creatura un paio di volte finché, desiderosa dell’ azzurro, si librò nel cielo infinito.
«Ciao Shana»
Allen alzò le mani e incominciò ad agitarle saltellando sul posto, quasi vorrebbe raggiungere la coccinella.
«Shana?»
«Si, non ti piace?»
Lavi fece di no con la testa e, portandosi le braccia dietro la testa, fece un sorriso ad Allen.
«Non è male, però ora andiamo, se no quelli dell’orfanotrofio si accorgono della nostra fuga»
Dopo essersi presi per mano, i due bambini si incamminarono verso l’orfanotrofio, ignari della tristezza che avrebbe contaminato il loro sorriso.










Yeeeeeeeeeeeeeeeeee, secondo capitolo concluso!!! *corre da una parte all'altra*
Ovviamente non avrei postato in ritardo se non fosse stato per la pigrizia di quell'altra
Questo grazie anche all'aiuto della mia piccola e dolce collega ^_____________^
Domani a scuola ti uccido
Ora, cari lettori (ma ne ho qualcuno?) vi chiederete, "Ma che cavolo centra la coccinella con la storia?"
Centra ragazzi, centra U.U
Col cavolo
Ringrazio Michael, il mio servo correttore che funge meglio di quello di word XD Sei peggio di word, non hai notato degli errori, cattivo!
Al prossimo capitolo ^____^ .
..
...
Se ci sarà XD

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Capitolo 3
*** †Third Chapter ~ ***


¬ Falling Falling Snow ~
†Third Chapter ~




La tenue luce della luna entra flebile tra le tende leggere, illuminando la piccola pietra color oro con cui le mie mani giocano.
Questo, è l’ultimo frammento di te che mi è rimasto, l’ultimo tuo ricordo, l’ultimo tuo dono.
Ogni volta che stringo tra le mani questa piccola pietra non riesco a non pensare a te, alla tua piccola risata, ai tuoi occhi preziosi che brillavano per la mia felicità, alle parole dolci che pronunciavi unicamente per me.
A te, il mio mondo.
Scosto le tende candide e rivolgo il mio sguardo alla luna, fedele compagna, custode delle mie preghiere.
Anche questo giorno è passato senza averti potuto trovare.
Il sole non mi ha regalato altro tempo ed è morto nel sangue alla fine dell’orizzonte, lasciandomi tra le candide braccia della luna.
O stelle che fate compagnia alla madre della notte, voi che potete vedere l’infinito e il futuro, ditemi, potrò rivederlo?
Le mie braccia potranno stringere di nuovo la mia luce?
I miei occhi potranno perdersi in quell’azzurro tanto adorato?
Porto la collana al cuore, cercando di ricordare il calore che mi regalavi.
Chiudo gli occhi abbandonandomi al buio, cercando di intravedere il tuo candido sorriso.
Stringo le mie gambe al petto, cercando di ricordare il tuo abbraccio...
«Allen …»
Morfeo, fa cessare questo inferno con il tuo sonno tanto desiderato.


***


Era abbandonato sul letto con i capelli color cremisi scomposti sul cuscino e gli occhi spenti e arrossati, privi di luce, quasi se ne fosse andata via insieme alle lacrime sgorgate dalle ferite del suo cuore.
“Mi dispiace”
“Bugie.
Se davvero ti sarebbe dispiaciuto, non mi avresti mai abbandonato.
Domani sarebbe stato il mio compleanno, il 10 agosto, e lo attendevo da molto. Non desideravo niente, né doni né auguri, solo la tua presenza, e invece mi hai lasciato nell’oscurità più profonda.”
“Non ti preoccupare, ritornerò da te.”
“Bugie!
Non saresti mai tornato da me, perché lasciarmi questa mera speranza che, un giorno o l’altro, mi avrebbe consumato l’anima?”
“Ti voglio bene, Lavi”
«Basta, basta! Perché le tue parole mi invadono la testa?»
Un’altra lacrima scese silenziosa da quel smeraldo, infrangendosi sul cuscino bianco.
«Perché hai deciso di abbandonarmi…»
Un pacchetto color paglia era al fianco del bambino, aspettando di essere scartato. Dopo essersi asciugato le lacrime, Lavi prese il regalo con le mani tremanti e lo aprì piano, sciogliendo con delicatezza il fiocco rosso: dentro vi era una piccola lettera ripiegata più volte, scritta con mano incerta, e una piccola ambra color oro, legata a un laccio per farvi una collana.
Lavi la aprì lentamente e con cura, quasi si potesse infrangere tra le sue mani.




Per Lavi
Scusa.
Scusa se non ho saputo combattere contro il destino.
Scusa se non ho replicato contro quest’ingiustizia.
Scusa se me ne vado come un codardo.
Scusa se domani ti lascerò solo.
Se vuoi odiami, hai tutte le ragioni per farlo, non sarò triste per questo.
Ti voglio bene, e te ne vorrò sempre.



Buon quattordicesimo compleanno
Allen











Lacrime cristalline solcarono le guance, tristezza immensa invase le membra, singhiozzi convulsi colpirono la voce ferendo il silenzio.
Portò la collana al petto, stringendola tra le mani.
Si abbandonò al dolore, allontanando la vergogna.
Urla.
Gemiti.
Singhiozzi.
Altro non fece, se non chiamare il suo nome tra il dolore che lo abbracciava.
«Perché… perché Allen?»
Un altro urlo e si abbandonò al sapore salato delle sue lacrime.


***



Una piccola scintilla. Una luce.
Una lacrima.
Mi dirigo verso la scrivania dove la luce lunare giace pigramente sul legno di ciliegio rendendo ancor più prezioso un ciondolo d’argento.
Il tuo regalo d’addio brilla nella notte illuminando la via tortuosa dei ricordi.
Accarezzo il ciondolo lentamente, percorrendo i lineamenti maestosi con delicatezza senza fermarmi, quasi volessi memorizzare le decorazioni floreali con la mia pelle. Dentro, sicuramente, una piccola foto ingiallita oppure lievemente strappata raffigurante una donna di struggente bellezza.
La immagino con gli occhi verdi, i tuoi occhi, due smeraldi quasi irreali per la loro colorazione. Unici.
I capelli color oro che brillano come i raggi del sole, compagno di nostro padre Urano, e la pelle di un roseo colore che ricorda l’alba dalle dita di rosa.
Penso che sia questo ciò che nasconde la collana, proteggendola geloso per non lasciare al tempo di portarla via con se come le foglie in autunno.
Eppure, nonostante l’ immane curiosità che assilla l’uomo, non ho mai aperto il ciondolo, svelando il segreto. Non ho il diritto di farlo, sei tu il solo che può godere di questa bellezza celata, Lavi.
Un lampo, un istante, un ricordo.
Nella mia mente si è diramato un frammento della mia vita ritornando a galla del mare della mente.
Porto la mano tremante al viso, toccando sognante il punto in cui le tue labbra vergini si schiusero sulla mia pelle, donandomi calore sulle guance e stupore negli occhi.


***



Era una giornata come le altre e il sole batteva sulla terra senza mai smettere. In fondo era già il 9 agosto e il caldo regnava sui vicoli della città.
Nell’orfanotrofio, i bambini si apprestavano ad uscire a giocare con il permesso dei grandi: in particolare un bambino dai capelli cremisi aspettava con ansia un compagno chiamando più e più volte il suo nome, sperando che l’altro rispondesse al richiamo.
Allen stava scendendo le scale saltellando, pronto ad abbracciare Lavi e ad andare a giocare fuori insieme a lui, lasciandosi accarezzare dai raggi dorati e dalla brezza frizzante dell’estate.
«Allen, vieni un attimo qui»
Un sospiro. Cosa voleva la signora oggi?
Le andò subito incontro scusandosi più volte con Lavi che intanto aveva incrociato le braccia sbuffando.
Discussero per qualche minuto, troppi: normalmente non diceva molto, qualche parola, eppure oggi la signora continuava a discutere con Allen che sembrava stranamente turbato.
Lo sguardo dell’albino si abbassò, la mano si chiuse violentemente in un pugno e le nocche diventarono bianche. Il piccolo guercio giurò di aver visto una lacrima sorda cadere sul legno scuro del pavimento, infrangendosi silenziosa in mille cristalli, chiari come le stelle.
«Allen…»
Una mano verso di lui. Un schiaffo per allontanarla.
Singhiozzi seguiti da una fuga disperata.
«Mi dispiace, ma Allen è stato adottato»
Il piccolo sgranò gli occhi.




Era davanti alla porta aperta, la luce gli abbagliava gli occhi rossi dal sonno, o forse dalle lacrime.
«Lavi…»
Il piccolo albino lo aspettava, con la valigetta in mano, lo sguardo basso, i denti che aggredivano il suo labbro fin dalla sera prima tingendosi di cremisi per la troppa rabbia.
Forse era giusto così, era meno doloroso, forse non sarebbe riuscito a varcare quella porta se Lavi fosse venuto, non sarebbe riuscito a dirgli addio guardandolo negli occhi.
«Aspetta!»
Si sentirono passi affrettati scendere le scale con affanno.
«L-lavi!»
Prima di poter dire altro, il guercino lo zittì abbracciandolo, circondandogli le spalle, stringendolo a sé dolcemente, quasi non lo volesse lasciare andar via.
Allen sorrise, chiudendo gli occhi, percependo qualcosa vicino al petto.
Il suo battito…
Perché doveva andare? Perché abbandonare tutto questo?
«Tieni…»
L’abbraccio si schiuse lasciando l’albino che guardava la mano di Lavi aprirsi lentamente lasciando intravedere un ciondolo d’argento.
«Questo… è il ciondolo di mia madre che mi diede prima di abbandonarmi, ed ora voglio che sia tu a tenerlo.»
Le mani del guercino si avvicinarono al viso del piccolo albino scostandogli con delicatezza le ciocche bianche dal collo e gli mise la collana.
«E’ tuo ora…»
Un bacio.
Il piccolo tramonto avvicinò il volto a quello dell’alba, schiuse le rosee labbra e le poggiò dolcemente sulla guancia, vicinissimo alle labbra dell’albino, per poi saettare vicine all’orecchio.
«Ti voglio bene, Allen…»
Una lacrima cadde dallo zaffiro.
Una lacrima cadde dallo smeraldo.
E l’alba e il tramonto si separarono per sempre.










E siamo arrivati al terzo capitolo!!! Yeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee
Ringrazio Nuirene per aver recensito e JuneHamar16 per aver aggiunto ‘sta roba di quattro soldi nelle sue storie da seguire. Grazie tesore, potrei morire felice ora ç-ç
*muore e risorge*
Diiiiicevamo… ah, siccome siamo un team (due pazze da manicomio) pensavo di postare una mini presentazione mia e della mia collega, ovviamente io faccio la sua e lei se mi renderai ridicola a scuola ti uccido per l’ennesima volta la mia ^ ^
Retroscena delle presentazioni
Cesena, giovedì 19 aprile 2012, Liceo Augusto Righi

Io: Sofiiiiiiiiii!!!!!!!!! La presentazio-
Lei: no.
Io: eeeeeeh? Perché?
Lei: ...no
Fine retroscena


Ecco quella della mia collega gente!

Presentation One
Il fantasma dello scientifico

La mia collega si chiama Sofia (non posso dirvi il cognome se no mi uccide, cattiva ç-ç) ed è una yahoista (cronica) U.U
Lei non fa niente legge e approva i capitoli e, nel tempo libero, sparge cuoricini e dolcetti rendendo tutti obesi, diabetici e zuccherosi.
OMINI DI MARZAPANEEEEEEEEEEEE!!!
La mia collega è unica, per un motivo. No, non è eccezionale, e che lei è un incrocio tra varie cose, precisamente è:
- per 1/8 caffè
- per 1/8 panettone
- per 1/8 gatto
- per 1/8 bulgara
- per 1/8 cinese
- per 1/8 italiana
- per 1/8 cono (eheheheh U.U)
- per 1/8 sofà
Non posso dire i suoi vari soprannomi perché mi ucciderebbe per privacy, MA, e dico ma, ne scrivo uno U.U
Quindi gente tenetevi pronti, il suo soprannome è…
*rullo di tamburi*
WOFF!
Si, è un cane XD
No, scherzo. Sono arrivata a questo soprannome seguendo un ragionamento approvato dalla nota università del Burundi, ecco lo schema U.U

Sofia→ Soff → Zoff → Woff

Bello vero?
Seguendo lo stesso ragionamento sono arrivata a chiamare mio cugino Owl, ma questo ve lo racconto al prossimo capitolo… no, bugia, lo faccio ora U.U
Gianluca→ Gianni → Barbagianni → Gufo → Owl
Ecco spiegato il mistero!
Ritornando alla nostra Woff… lei adora l’ AkuRoku, D Gray Man (l'ho fissata io), farmi venire un infarto, ma soprattutto farsi uccidere da me con tanto affetto e fantasia.
Piccoli masochisti crescono gente U.U
Ah, lei è un fantasma.
Ah, e a scuola dice sempre “Lero!” e “Kanda!” e adora i capelli di Tikki.
TIKKIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!


Retroscena Presentation One
Sofia: … Woff? Sei seria? *prende un coltello* … Yuhuu Lori-chan, vieni qui ♥
Io: WAAAAAAAAAAAAAH, mi vuole vivisezionare!! °AAAA°
Se non posterò più su efp, sarà colpa tua!!!
*scappa*


*La scrittrice muore e risorge*




Presentation Two
L'adorabile Otaku

La mia amatissima (?) collega si chiama Loredana ed è quella che fa praticamente tutto il lavoro e che viene amorevolmente soprannominata dalla sottoscritta Lori-chan, Loretta, Lori-baubau, Lori-pippi e Decaffeinato, la maggior parte presi da Tsubasa RESERVoir CHRoNiCLE e dal genio (malefico) delle CLAMP.
Possiede vari e frequenti istinti omicidi che sfociano in minaccie e pizzicotti, il suo punto debole sono il solletico e lo yahoi, in entrambi i casi finisce a terra rossa come un pomodoro maturo o babbo natale (sono indecisa).
Ama i manga,gli anime, il Giappone, tutto quello che riguarda il Giappone , le cose carine e coccolose. Odia la sua collega, il solletico.
Il suo motto è "otakuzziamo il mondo!".


Retroscena Presentation Two
Io: Eh? Io non finisco a terra rossa come un pomodoro maturo con gli yahoi °°
Sofia: Si, lo fai ♥
Io: E poi, non avrai esagerato con i soprannomi? *si sente il rumore di una vena che si ingrossa* Infine, da dove ti è uscito il motto "otakuzziamo il mondo!"? Mi basta la classe, baka ù.u


Sofi?


Sola, sono sooooola ç-ç
O va bè, ho voi lettori almeno
*cicale che cantano*
… waaaaaaaaaaaah TT^TT
*va a piangere nell'angolino della depressione*









FINE

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Capitolo 4
*** †Fourth Chapter ~ ***


¬ Falling Falling Snow ~
†Fourth Chapter ~




Era abbandonato su una poltroncina vicino alla finestra del salotto dai disegni arabeschi e il sedile dorato, creata da abili mani, maestre del modellare.
Ciondolava ritmicamente le gambe, seguito dalla lancetta del preciso metronomo sul pianoforte bianco del suo genitore adottivo mentre, guardando la strada affollata fuori dalla finestra, catturava i sorrisi e la felicità altrui con i suoi occhi, frammenti del cielo estivo. Erano passati mesi dall’ adozione, da quando si era separato da lui, da quando quegli occhi zaffiro cercavano lo smeraldo.
«Ne, Lavi… riesci a sentirmi?»
Il ragazzino portò la mano sul vetro guardando il proprio riflesso, i suoi occhi spenti, il sorriso sparito.
«Allen»
Si avvicinò un uomo dai circa trent’anni, alto, lunghi capelli corvini legati a coda, viso gentile e occhi luminosi che sapevano scacciar le ombre più buie dell’anima.
«Mana…»
L’uomo abbracciò il piccolo stringendolo dolcemente a sé, infondendogli calore nelle membra e conforto nel cuore, accarezzandogli la schiena e baciandogli la guancia.
«Pensi ancora a Lavi, vero?»
Sentendo quel nome, quelle lettere sconnesse fra loro ma che insieme sapevano far vacillare la sua mente, Allen non riuscì a trattenere le lacrime che uscirono insieme all’opprimente tristezza, mentre quel groppo alla gola cresceva.
L’uomo accarezzò i bianchi capelli della piccola stella caduta proferendo dolci parole al suo orecchio, udibili solo da lui, unicamente per lui.
«Mi manca… mi manca tanto…»
L’albino nascose il viso sul petto del genitore adottivo per limitare i singhiozzi sempre più forti e incontrollati, inspirando il profumo di Mana e ascoltando i battiti del suo cuore, lasciandosi cullare da quella melodia vitale. «Ho un’idea!»
Mana prese delicatamente le spalle del bambino scostandolo dal proprio petto per guardarlo negli occhi lucidi con un sorriso.
«Perché non adottiamo anche Lavi? Si sentirà solo lì, in quell’orfanotrofio. Che ne dici, ti va?»
A quella domanda le lacrime caddero copiose accompagnate da singhiozzi convulsi e da piccoli lamenti. Il piccolo albino cercò di calmarsi, asciugandosi le lacrime con i dorsi delle manine, ma era tutto inutile, le perle cadevano senza tregua.
«G-grazie… grazie…»
Le calde braccia di Mana strinsero di nuovo Allen al petto con affetto paterno, accarezzandogli i capelli chiari come la luna.
«Questo e altro per mio figlio»
Mana chiuse gli occhi lasciando la mano sulla testa dell’albino portandola sulla spalla, cullandolo con dolci parole cercando di interrompere la rovinosa discesa di quelle gocce cristalline.
«Papà…»



***


Era seduto a terra, le spalle al muro, in uno dei corridoio del cupo orfanotrofio.
Aveva le ginocchia al petto, le braccia stringevano le gambe e la testa era poggiata su di esse mentre la luce del sole bagnava placidamente i capelli scarlatti.
Erano passati mesi da quando il suo unico amico lo aveva abbandonato, quando la sua luce lo aveva lasciato solo nell’oscurità, quando quella piccola luna era scomparsa lasciando un vuoto nel cielo nero del suo cuore.
«Ma… quello è Lavi?»
Un bambino annuì.
«E pensare che prima aveva sempre il sorriso stampato sulla faccia…»
«E’ tutta colpa di quel piccoletto della cicatrice, se non fosse arrivato qui Lavi non si sarebbe ridotto il questo stato…»
L’altro incrociò le braccia.
«Già, hai ragione. Povero guercio, crede ancora che quell’altro tornerà per lui.»
«Basta!»
Lavi si alzò di scatto guardando furioso i due bambini che parlavano tra di loro contro di lui, contro Allen.
«Lui tornerà! Lui tornerà… per me…»
I bambini se ne andarono via correndo per il corridoio ridendo, infliggendo ferire al piccolo cuore di Lavi.
Il piccolo guercino si avvicinò alla finestra volgendo il suo sguardo al sole caldo, padrone del dì, compagno di Urano.
Da quel giorno, da quel dannato 10 agosto era rimasto lì, solo, ad aspettare il ritorno della sua luce, di quel flebile sorriso, di quella timida alba.
Aveva continuato ad aspettarlo in quell’orfanotrofio rifiutando ogni adozione, scappando dalle case temporanee per mantenere viva quella promessa, quella fiamma scarlatta che diventava sempre più flebile ad ogni scadere del giorno.



***



Pioveva.
Le gocce cadevano dal cielo infranto come il suo cuore, bagnando il solitario ragazzino che guardava incessantemente una lapide robusta.

“Mana Walker”

Era stato abbandonato. Di nuovo.
Gli occhi bruciavano, ormai stremati dalle troppe lacrime. La voce tremava, ormai stanca dal troppo urlare.
Le mani erano fredde, ormai prive di quel calore.
Era questo il destino di chi veniva abbandonato, lasciato solo e in disparte come bambole rotte e giochi inutili?
Era un giocattolo di Dio che, ormai stanco di lui, lo aveva lasciato cadere nelle tenebre togliendogli tutto ciò che aveva di più caro?
Si sentiva male, vuoto.
Voleva piangere, ma le lacrime non sgorgavano.
Voleva urlare, ma la voce non usciva.
Voleva morire, ma la vita non cessava.
Perché, Dio, lo fai soffrire così?
Non sei forse il Padre dell’umanità?
E, come Padre, non ami tutti i tuoi figli mortali?
“Le cose brutte esistono per mettere alla prova le persone” , questa frase risuonava nella testa, ovattando ogni rumore.
Nella sua breve vita aveva sempre perso e mai avuto, era una bugia per lui, una nera menzogna.
« Lavi, ora ho capito cosa hai provato quando ti ho lasciato solo»
Strinse le mani in pugni con forza, i palmi pulsavano a causa delle unghie che ferivano la pelle chiara.
« Scusami, scusami»
Rivolse lo sguardo al cielo grigio come la cenere, chiuse gli occhi lasciando la pioggia accarezzargli il volto con il suo tocco freddo mentre il silenzio lo avvolgeva lentamente.
«Ora tornerò da te per non lasciarti più in balia della solitudine…»



***



Doveva affrettarsi. Le donne dell’orfanotrofio lo avrebbero fermato di certo dopo averlo visto. Doveva sbrigarsi, doveva scappare. Se in un anno e mezzo Allen non era tornato, sarebbe stato lui a trovarlo. Chiuse velocemente la borsa a sacco e se la mise in spalla e, sistemandosi i capelli cremisi con una bandana, uscì di corsa dall’orfanotrofio, evitando le scale con un unico balzo. Lasciatosi alle spalle quel luogo di ricordi, il ragazzo incominciò a correre velocemente, incominciando le ricerche dalla zona est della città, sperando con tutto se stesso che Allen non abitasse fuori. Mentre correva, la sua viaggiava libera, superando ogni ostacolo, immaginando il loro incontro, l’abbraccio tanto desiderato, le carezze, il calore, la felicità… Il ragazzo si sentiva elettrizzato, le sue membra percosse ininterrottamente da euforiche sensazioni, la fatica volar via come le rondini durante l’inverno. Purtroppo per lui, per loro, le peripezie non erano mai troppe, la tela del ragno vasta e il loro sogno ancora lontano.










Quarto capitolo!!! Yessa!
Ringrazio RoxyShinohara per aver aggiunto la ff nelle sue storie preferite, da seguire e da ricordare. Tre in una volta. Mi stava venendo un infarto per la felicità ç-ç
*sente dolore al braccio sinistro*
...Cavolo. Diiiiicevamo… ah, si, il capitolo. E' composto interamente da flashback, per capire cosa è successo tra loro ^ ^
Ora vado, bye.
Al prossimo capitolo =)


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Capitolo 5
*** †Fifth Chapter ~ ***






¬ Falling Falling Snow ~
†Fifth Chapter ~




Il cielo è grigio, insieme al mio cuore stanco.
Sembra che la mia anima si sia ormai rassegnata alla tua assenza,
che non desideri più la dolcezza del tuo abbraccio,
e che il mio cuore abbia ormai smesso di bramare quell’affetto passato.
Cammino per le strade fredde e desolate con le mani in tasca, lo sguardo basso, privo di meta.
Mi sento solo, perso, vuoto come una bambola senza vita.
Senza accorgemene arrivo in un piccolo parco, un mondo a parte, differente dal nostro per i colori.
Era il nostro piccolo Paese delle Meraviglie, privo di pericoli dove avventurarci
senza paura, e invece è stato corrotto dall’inganno di questo mondo.
Mi siedo sull’erba soffice, ha un colore spento a causa dell’inverno predatore.
Porgo la mano all’ultimo fiore, ormai debole a causa del gelo
e sorrido mentre accarezzo i petali ricordando in questo colore sbiadito il tuo viso, la tua timidezza.
Un fiocco di neve cade silenziosamente dal cielo,
cullato dai freddi venti, portato delicatamente sulle mie mani, sciogliendosi.
Proprio come te.
Porto la mano chiusa al petto e stringo gli occhi, lasciandomi cadere nel buio,
aspettando che la neve mi copra di bianco facendomi sparire dal mondo.
«Allen, come questo fiocco sei caduto e la tua voce è sparita, portata via dal passato»
Eppure non sei rinato in primavera.
I miei occhi arrossati non hanno più lacrime e ti sto dimenticando pian piano,
nascosto dalla fitta nebbia della mia mente…











Mi sorridi, mi chiami, mi porgi la mano.
Però sei distante, sempre più lontano, portato via dal tempo.
Corro verso di te, ma inutile, non riesco a raggiungerti.
Più mi avvicino, più tu ti allontani.
Allen
Apro gli occhi. I deboli raggi invernali mi accarezzano
il viso perlato con il loro fascio dorato, destandomi dal sogno.
Mi siedo sul letto poggiando la schiena al muro e guardo un
punto indefinito della camera. Sto dimenticando pian piano il tuo viso,
la tua voce sempre più fioca, ovattata dalla realtà, dalla verità a cui mi ostino a non credere.
Mi manca il respiro, il cuore batte impazzito contro il petto,
vuole uscire fuori, aprendo il torace solo per raggiungerti, per raggiungere il luogo sognato.
Vorrei seguirlo, liberandomi da queste ferree catene
che mi legano a terra, ma la mente lo vieta.
Pian piano stai svanendo, fugace e silenzioso come un fantasma,lasciando ricordi dolori.
Dio, se il mio destino è quello di rimanere solo in questo mondo, fammi scomparire insieme a lui nel nulla.
Vorrei ascoltare ancora una volta la tua voce, essere cullato dal tuo abbraccio,
ma ormai ho capito che ne tu ne il tuo sorriso tornerete…
Mi alzo dal letto, un desiderio arde nel mio petto.
Mi vesto velocemente e scendo le scale, lasciandomi la porta alle spalle.
Incomincio a correre veloce, il vento invernale mi ferisce
il viso con le sue gelide carezze, sento gli occhi bruciare.
Ma continuo a correre, ignorando il mondo.
Scorgo le fronde degli alberi in lontananza, non manca molto,
sono ormai giunto al luogo che tanto alberga nei miei sogni.
Il parco.
Un insettino rosso scarlatto mi si avvicina, volandomi attorno, per poi dirigersi nel verde,
scomparendo, quasi volesse essere seguito.
Entro in fretta senza togliermi le scarpe camminando tra i cespugli,
osservato dai possenti guardiani lignei e guidato dalla coccinella.
Ma l’insetto scompare, abbandonandomi nel verde per raggiungere l’azzurro sovrastante.
Mi guardo attorno, quasi stessi cercando qualcosa.
E lì mi sentì morire.
Le mie gambe tremano.
I miei occhi sembrano confusi.
Poggio una mano sul tronco ruvido dell’albero, chiedendo sostegno,
mi sento cadere, giù, in un baratro senza fine.
Schiudo le labbra tremanti, guardando avanti.
Dio, è un altro tuo inganno vero? Quello che i miei occhi vedono
è un’altra mera ombra dei miei ricordi?





I fiocchi di neve continuano a cadere silenti dal cielo,
coprendo tutto con la propria purezza.
Stringo le mani con forza ignorando il dolore.
Perché? Perché è successo tutto questo?
Quale grave stoltezza ho mai commesso?
Dolce neve, ti prego, non smettere di cadere, fa che tutto si copra di bianco.
Fa che tutto questo dolore muoia come i fiori per colpa dell’inverno.
Fa che i ricordi periscano sotto il peso del tempo.
Sento dei passi, ma li ignoro, lasciandomi cadere nello sconforto.
Sento qualcuno alle mie spalle, ma non mi interessa, rimango fermo.
Una voce giunge alle mie orecchie, risvegliandomi.
La tristezza scompare, dilaniata da qualcosa.
Dalla mia luce.
Mi alzo. Sgrano gli occhi.
Non può essere…









«Lavi…»
E’ impossibile, non è lui, non può essere.
Dio, se veramente è un altro tuo inganno,
portati via ciò che vuoi, ma lascia
che questo sogno continui, ti prego.
Le mie mani tremano, le gambe perdono forza.
Non riesco a fare un passo, a raggiungerti,
la distanza mi ferisce più che mai.




Allen? Non sei un fantasma nato dalla mia mente?
Sei veramente tu?
Se sei un fantasma, ti prego, non scomparire.
Ma se, invece, sei veramente tu, ti scongiuro, parlami.
Sorridimi di nuovo.
Faccio un passo in avanti,
poi un altro e un altro ancora,
riducendo la distanza che tanto ti ferisce
«Allen…»






Una lacrima cade dai miei
occhi,rigandomi delicatamente il viso.
Quindi è vero… sei veramente qui, con me.
Sorrido trattenendo a stento la voglia di gridare.
Porto le braccia in avanti pronto
ad accoglierti ancora una volta.
«Sono qui»




Apro le braccia e ti stringo al mio petto,
poggiando il mento sulla tua spalla.
«Allen… Allen…!»
Ti stringo di più a me e mordendomi il labbro,
mentre le lacrime scendono cristalline.
«Non voglio più lasciarti…»






La tua voce, la tua dolce voce e
finalmente giunta alle mie orecchie.
Ora non la dimenticherò più, la custodirò
nei meandri della mia memoria con gelosia.
Schiudo le labbra tremanti e poggio le mani
sulle tue spalle, guardandoti negli occhi.
«Lavi…»




La morsa del mio abbraccio si fa più dolce,
lasciando scivolare le mani sui
tuoi fianchi, perdendomi nell’azzurro dei tuoi occhi.
«Allen…»
















«Ti voglio bene»

«Ti voglio bene»>


















The Happy End















*si ritrova seduta su un Tymcampy obeso*
Abbiam finito gente!!!
Sono commossa ç-ç
*allaga la stanza*
Ringrazio tutti, tutti voi, miei cari lettori. Ma soprattutto Nuirene, grazie per le tue recensioni, hai dato un significato al mio lavoro tesora ç-ç
Spero che vi sia piaciuto come capitolo e, in generale, come storia.
Ora... per un po' starò ferma, tipo una settimana o due, poi riprenderò a postare storie, tranquilli ^ ^
Alla prossima.

Ciaossu!!



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