La pulce nell'orecchio

di PattyOnTheRollercoaster
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Venerdì 21 Marzo, nel tardo pomeriggio - Qualcosa vi sfugge? ***
Capitolo 2: *** Venerdì 21 Marzo, alla sera - Un buon partito ***
Capitolo 3: *** Sabato 22 Marzo, nel pomeriggio - Un momento d'intimità ***
Capitolo 4: *** Domenica 23 Marzo, nel mattino - Fino all'altro ieri ***
Capitolo 5: *** Domenica 23 Marzo, nel pomeriggio - Infido di natura ***



Capitolo 1
*** Venerdì 21 Marzo, nel tardo pomeriggio - Qualcosa vi sfugge? ***


prova
La pulce nell’orecchio





Venerdì 21 Marzo, nel tardo pomeriggio
Qualcosa vi sfugge?





   In fin dei conti, si diceva sempre Elizabeth, lei e Ciel si conoscevano da tanto tempo. Erano cresciuti assieme, le loro famiglie erano vicine, e lei era sempre stata destinata a diventare sua moglie. Vedeva la cosa con particolare positività: lei voleva molto bene a Ciel e l’idea di diventare un giorno la signora Phantomhive poteva solo riempirla di gioia. Immaginava che sarebbero andati a vivere nella magione di campagna di Ciel, e che tutti i loro servitori sarebbero rimasti lì con loro e non si sarebbero separati mai. Si sarebbe trasferita assieme a Paula, e avrebbero formato una nuova famiglia. Elizabeth Middleford non aveva mai sentito il bisogno di cercare l’affetto di un altro uomo altrove, perché a lei bastava avere Ciel, e anche se lui non le dimostrava certo l’affetto che a volte si aspettava e desiderava, a lei andava bene così. Aveva sempre pensato che la morte dei genitori di Ciel lo avessero reso distante, molto freddo e calcolatore, ma non era un ragazzo malvagio, era solo chiuso. E le forti responsabilità alle quali era stato sottoposto fin da bambino – essere il cane da guardia della regina, tanto per fare un esempio banale – lo avevano reso un adulto serio che non esternava le sue emozioni. Però, anche se Ciel non era mai carino con lei, Elizabeth sapeva bene che entrambi provavano un grande affetto l’uno per l’altra. Non esistevano problemi, per Lizzy, in questo frangente della sua vita. Aveva diciotto anni ormai, e fra pochi mesi, a Dicembre, quando anche Ciel avrebbe avuto la sua stessa età, si sarebbero sposati. La data delle nozze era già fissata: undici Gennaio dell’anno dopo. Non sussistevano proprio problemi di alcun tipo, almeno fino a che Elizabeth non conobbe quel ragazzo misterioso, bello e terribile come un demonio, che le fece considerare un nuovo modo di vedere le cose.

   Da diversi anni Elizabeth aveva accettato i consigli di sua madre e tentava di vestirsi in maniera più adeguata e a comportarsi più compostamente, ma non aveva mai abbandonato il colore rosa né aveva smesso di farsi chiamare dalle persone a lei care Lizzy. Era il 21 di Marzo, anno 1893, e la famiglia Middleford, in particolare Lizzy, aveva deciso di dare un party per festeggiare l’inizio della primavera. In realtà era un modo come un altro per fare una bella festa, e riempire la sala da ballo di cose carine, invitati con bei vestiti e ovviamente per ballare con Ciel.
   «Zia Frances, zio Alex.»
   Lizzy udì la voce di Ciel fin dalla sala di ricevimento, e lasciò a Paula l’incombenza di appendere le ultime decorazioni, sollevandosi il vestito e correndo fino all’ingresso. «Ciel!» La ragazza si ricompose appena in tempo per salutarlo con un sorriso e dargli un bacio leggero sulla guancia. Purtroppo a sua madre Frances anche questo atteggiamento pareva un po’ troppo espansivo per una signorina come lei, ma aveva da tempo rinunciato a riprendere la figlia quando si trattava di Ciel Phantomhive: era inutile, ciò che le diceva le entrava da un orecchio e le usciva dall’altro, passando svolazzante dentro la sua testolina momentaneamente vuota. Al fianco di Ciel stava l’immancabile Sebastian Michaelis, il maggiordomo perfetto, con i capelli elegantemente tiranti all’indietro come piaceva a zia Frances. L’uomo si inchinò ad Elizabeth e la salutò cortesemente.
  «Vieni Ciel, voglio farti vedere come ho decorato la sala da ballo! Ho pensato a tutto io, ho scelto i colori e la disposizione delle decorazioni.» Il ragazzo si lasciò trascinare docile, anche se non era neanche lontanamente emozionato come lei.
   Ciel aveva diciassette anni, e ne avrebbe compiuti diciotto a Dicembre. In appena due anni, dai quindici in poi, si era letteralmente trasformato. Se prima lamentava continuamente di essere basso, adesso era divenuto alto e sottile, e quello rallegrava Elizabeth perché poteva finalmente indossare i suoi tacchi e, alle feste, farsi portare sottobraccio dal suo futuro sposo in quello che sembrava il ritratto della coppia felice. Il volto di Ciel si era affilato, non era più pieno come quando era ragazzino, ma si era fatto meno paffuto sulle guance e la mascella gli si era pronunciata. Somigliava molto a suo padre nel viso, ma la corporatura esile e slanciata era quella di sua madre. Elizabeth aveva anche notato che Ciel, con un pizzico di compiacimento, aveva iniziato a radersi ogni tanto, la qual cosa lo faceva sentire molto adulto.
  «Ci sono moltissimi invitati. I parenti, ma anche degli amici di famiglia. Ho mandato un invito anche al Visconte di Druitt, verrà con la sua nuova moglie.» Ciel storse leggermente il naso a quella notizia. «Lui non ti sta molto simpatico, vero?»
   Il ragazzo parve disgustato e per un attimo si perse nei ricordi, ma poi si riscosse. «Certo che no», sbottò «con tutte le mogli che ha avuto mi chiedo che razza di perver- di persona possa essere.» E detto questo, il naso rivolto altrove, Ciel dichiarò che l’argomento era chiuso.
   «Mamma e papà hanno invitato anche un vecchio conoscente, un conte che hanno conosciuto l’anno scorso. Si fermerà da noi per un po’, ma non ricordo chi sia. Oh! E verranno anche Edward assieme ad Angelina e il piccolo Yvan.»
   Ciel corrucciò gli occhi. «Ah sì?» Non poteva certo dire di essere allegro, il fratello della sua futura sposa lo aveva sempre odiato.
  Lizzy sorrise allegra e riprese a ciarlare. «Non vedo l’ora di poter prendere in braccio di nuovo il mio nipotino, dovresti farti conoscere anche tu da lui, dopotutto diventerai suo zio prima o poi, no?» Nel dire quelle parole la ragazza arrossì violentemente. «Non l’hai mai visto, vero? E’ un bambino davvero bello. Spero…», Elizabeth prese un grosso respiro prima di dire, «spero che anche il nostro bambino possa essere tanto bello.»
  Nel sentire quelle parole Ciel raggelò. La parola bambino associata a lui e Lizzy era qualcosa a cui non aveva mai pensato, e siccome la realtà gli era stata messa di fronte così violentemente non poté fare altro che ragionare a proposito di un certo grado di intimità che avrebbe dovuto raggiungere con lei, se volevano proprio avere un figlio. Il ragazzo arrossì vistosamente ma tentò di celare il tutto abbassando la testa e assumendo un cipiglio che voleva essere severo. «Non dire sciocchezze», disse infine schiarendosi la gola e tentando di nascondersi sotto il cappello.
   Elizabeth sgranò gli occhi e aprì la bocca, come a voler dire qualcosa, ma poi ci ripensò e abbassò lo sguardo. «Scusami», mormorò piano.
  All’improvviso l’aria fra loro due si era fatta pesante, e Ciel sentì che era interamente, unicamente, colpa sua. Si diede dell’imbecille, e avrebbe voluto poter tornare indietro nel tempo per non dire mai quelle stupide parole. Peccato che Sebastian non possedesse anche quel potere fra le sue tante capacità.
   Non dire sciocchezze. Ecco cos’aveva detto. Ciel solitamente era molto misurato nelle parole, dopotutto era un uomo d’affari e la diplomazia era la sua arma migliore per mandare avanti la Funtom Company. Con un po’ di diplomazia metà del lavoro era fatto. Ma con Elizabeth erano un altro paio di maniche, con lei non riusciva mai a misurare le parole che diceva, e al contrario quelle uscivano a valanghe come a punirlo per essere trattenute così tanto in gola. E di parole in gola ne aveva molte, ne aveva a bizzeffe! Era una vera sfortuna che da quel forno che era la sua bocca uscissero solo le frasi sbagliate in presenza di Lizzy. Come al solito si rese conto che non c’era limite alla sua deficienza, e le parole che aveva detto non potevano che essere interpretate male: lui non voleva dire che il loro futuro fosse una sciocchezza, che un loro eventuale figlio fosse una sciocchezza, che lei fosse una sciocchezza. Ciel voleva solo tirarsi fuori da una situazione che lo metteva a disagio, e l’unico modo in cui sapeva farlo era tagliando corto con l’argomento il più ferocemente possibile. E in quel momento non c’erano dubbi sul fatto che, di ferocia, ne aveva usata parecchia.
  Elizabeth teneva lo sguardo puntato altrove, e si diresse verso la sala pranzo in silenzio. «Dove vai?», le chiese Ciel con slancio seguendola.
   «A vedere com’è venuta la tavola. Avevo detto alle cameriere di disporre tutto in un certo modo.»
   Ciel la seguì in fretta e accordò il suo passo a quello della ragazza. Non gli sembrava proprio il caso di litigare in un momento come quello. La festa sarebbe iniziata fra un ora al massimo e gli invitati dovevano arrivare da un momento all’altro. Per come Lizzy era fatta avrebbe passato tutta la festa a intristirsi se non avesse sistemato la cosa. «Lizzy?», il ragazzo la fermò sulla soglia dell’enorme porta che dava alla sala da pranzo, riccamente decorata e con un tavolo magnifico e perfetto. «Sei arrabbiata?», domandò per sicurezza.
   Lei fece un sorriso tirato, ma nonostante questo Ciel poté vedere che i suoi occhi esprimevano ancora una certa tristezza. «No, non sono arrabbiata.»
  Ma certo che non è arrabbiata, tonto. E’ triste. Che razza di stupido! È colpa tua! «Ascolta, io non volevo dire che è una sciocchezza… quella cosa lì.» Il ragazzo si umettò le labbra. «Cioè, lo so che lo dico spesso a tutti, e anche a te. Ma non perché tu dica sciocchezze, cioè, a volte. Insomma sì, dici delle sciocchezze ma dici anche cose normali a volte.» Nel momento esatto in cui stava pronunciando quelle parole Ciel seppe che la conversazione stava prendendo una piega pericolosa. Pericolosa per lui, ovviamente. «…e quindi io dico così, ma non voglio dire così capito? Quello che dici certe volte ha senso, altre volte no ma capita a tutti. In fondo tu sei una ragazza esattamente come le altre, e può capitare di sbagliare.» Dopo una tiritera lunga almeno due minuti Ciel pensò che poteva ancora salvare il salvabile. «Comunque, stai molto bene con questo vestito.»
   Il volto di Lizzy aveva subito parecchie trasformazioni in quel breve lasso di tempo. Prima era stupefatto, e poi quasi raddolcito. Alla fine si era fatto confuso, ma poi aveva iniziato ad assumere un atteggiamento veramente, veramente arrabbiato. Atteggiamento che non accennava a sparire. Elizabeth parve voler dire qualcosa, aprì la bocca adirata ma poi, come al solito, la richiuse e seppellì dentro di sé i suoi pensieri. Con voce fredda disse solamente: «Ci vediamo a cena Ciel. Ora scusami ma devo andare un attimo in camera mia.» Ciel la guardò allontanarsi con un leggero senso di colpa. Si chiese se poteva considerare la faccenda sistemata una volta per tutte.
   Quando Elizabeth fu in camera si abbandonò sulla sedia della scrivania, come spossata, e si lasciò andare ad uno sbuffo rabbioso. Era incredibile come Ciel fosse riuscito a dire tutte le cose sbagliate in una sola frase! Aveva detto che lei era una ragazza esattamente come le altre, non che per lui era speciale, aveva detto che diceva sciocchezze, e aveva detto che lui non desiderava trattarla in maniera diversa da come trattava tutti gli altri. Se doveva pensare di stare per sposare un ragazzo tanto distratto, che le dimostrava il suo amore in quel modo… Elizabeth venne sopraffatta da un senso di forte nausea e si sentì costretta in una gabbia. Ciel non dimostrava mai il suo amore per lei, e questo per un semplice, banalissimo motivo, talmente banale che Elizabeth non lo aveva mai neanche preso in considerazione, e si sentì una stupida per non averci pensato prima. Ciel non era innamorato di lei.
   Come aveva fatto ad essere tanto cieca? Lei era sempre stata tranquilla perché lo amava dal profondo del cuore, sentiva di voler stare con lui per sempre, e immaginava radiosamente la loro vita coniugale assieme: feste, serate davanti al camino, marmocchi in giro per la casa, pic-nic la domenica pomeriggio. Un’infinità di cose che a lei piaceva fare ma, in questo frangente, c’era una cosa che non aveva considerato: Ciel. Sembrava assurdo, ma come lei lo voleva Lizzy aveva sempre dato per scontato che anche lui volesse stare assieme a lei. Evidentemente non era così, altrimenti il conte sarebbe stato molto più felice nell’averla come promessa sposa, o per lo meno allegro. Elizabeth sapeva che Ciel non sorrideva mai, che il suo sguardo sembrava severo, e che anche che le uniche parole che pronunciava erano spesso molto dure, ma quando voleva sapeva essere gentile, nei comportamenti e non nell’atteggiamento. Era stato gentile con Snake, con Tanaka, con molte delle persone che aveva incontrato, faceva sempre ridere Undertaker e chissà con quanti altri era stato gentile. Ma, si rese conto Elizabeth, per lei non aveva mai avuto altro che parole dure e sguardi di biasimo. Anche se molte volte l’aveva aiutata, persino salvata in alcune situazioni, era chiaro che non lo facesse per un particolare affatto nei suoi confronti. Se ci fosse stato lì qualcun altro, chiunque altro, Ciel si sarebbe fatto in quattro per salvarlo esattamente come aveva fatto con lei, né più né meno. Dopotutto era il suo mestiere.
   A quella consapevolezza Elizabeth emise un singhiozzo che tentò di soffocare dietro ad una mano, come se qualcuno potesse udirla. Si impose di non farsi sfuggire una lacrima, perché altrimenti avrebbe rovinato il trucco e non poteva permetterselo dato che la festa stava per iniziare. Lei era la padrona di casa e doveva essere allegra, gentile e attenta ad ogni invitato. A nessuno sarebbe piaciuto avere un anfitrione con gli occhi rossi e gonfi.
   Nel momento in cui lasciò la sua stanza Lizzy indossò la sua maschera di allegria, ma dentro la testa continuavano a vorticare mille pensieri. Era ovvio che lei e Ciel si sarebbero sposati, e fino a quel momento le era andato benissimo, ma era perché pensava che lui ricambiasse. Alla luce di quella nuova, orribile scoperta, come poteva vivere assieme ad uomo amandolo, sapendo che lui non provava nulla di particolare per lei? Si sentiva così sciocca! Non si rese conto di stare vagando a vuoto lungo i corridoi finché non si ritrovò nell’ala est del secondo piano, in direzione totalmente opposta dalla sala da pranzo. Si bloccò all’inizio del corridoio, decisa a togliersi quei pensieri dalla testa e risolvere la questione dopo, quando una delle porte che dava al corridoio si aprì. Ne uscì un uomo alto nerovestito, con i capelli corti e degli occhiali che lo facevano più serio. S’inchinò al passaggio di un’altra persona che Elizabeth non poté vedere, ma quando questi sorpassò l’uomo in nero lui apparve.
   Era un ragazzo molto alto, aveva occhi azzurrissimi e un viso pallido e sottile, delicato. Indossava una camicia bianca e un gilet nero e verde smeraldo, abbinato ai pantaloni della stessa tonalità che ricadevano eleganti e alle scarpe nere con un accenno di tacco. Quando la vide il ragazzo sorrise, pareva allegro e solare, proprio come Lizzy. «Buonasera milady», disse facendo dei lunghi passi per raggiungere la ragazza. Senza che lei se ne accorgesse le afferrò la mano e baciò leggero la stoffa del guanto. La osservò e poi fece una smorfia. «Non dovrebbe privare agli uomini un tale piacere qual è baciare la sua pelle.» Così dicendo le tolse fulmineo il guanto e la ribaciò sulla pelle nuda del dorso della mano. «Piacere di conoscerla, il mio nome è Alois Trancy.»
  Elizabeth, arrossendo per quell’uscita, ritirò la mano in fretta, ma si mostrò cortese e sorrise. «Lei è il conte Trancy dunque, l’ospite dei miei genitori.»
  Alois si rizzò sulla schiena e la osservò mentre il sorriso gli si faceva più largo. «Quindi lei dev’essere Elizabeth Middleford. Incantato. Ma…», il ragazzo si fece serio per un istante, «non verrà a cena assieme a noi?»
   Lizzy annuì con vigore. «Ma certo che sì, andiamo.»
  Mentre s’incamminavano il ragazzo si volse e le indicò l’uomo che camminava loro affianco. «Lui è il mio maggiordomo, Claude Faustus.» L’uomo chinò leggermente il capo e seguitò a camminare in silenzio.
  A Lizzy era stato insegnato fin da bambina che la prima regola in una festa era conversare, per non far annoiare gli ospiti. «Lei dove vive signor Trancy?»
  «Ho una casa in campagna, vicino a Oxford. Per il momento è l’unica dimora che possiedo, anche se pensavo di acquistare una casa a Wight, o qui a Londra. Lei cosa mi consiglia?»
   «Be’ Londra è magnifica, ma non ho mai visitato l’isola di Wight, quindi non potrei dirle quale sia la migliore. Dovrebbe andare in villeggiatura e vedere quale l’aggrada di più.»
   Il conte sorrise e, mentre scendevano le scale, disse: «So che non è buona educazione, signorina Middleford, ma posso chiederle quanti anni ha?». La ragazza parve prese in contropiede da quella domanda, così il ragazzo si affrettò a spiegare. «Voglio dire che stiamo usando modi molto formali, ma io sono ancora giovane, e anche lei mi pare, oltretutto è ancora nubile, mi dicevano i suoi genitori, e anche se non ci conosciamo a fondo ora spero che potremmo farlo nel tempo in cui rimarrò qui, perciò che ne dice se la chiamo per nome?»
   In effetti Elizabeth trovava sempre molto noioso dover essere così formale con tutti, e fu contenta di trovare qualcuno a cui poteva parlare più normalmente. «Oh ma certo! Mi chiami pure Lizzy. Tutte le persone più care mi chiamano così.»
  «Oh sono già entrato a far parte delle persone care, mi fa molto onore signorina Lizzy», scherzò Alois. «Attenta, a dare troppa fede.» Sull’ultimo gradino della scala tese la mano alla ragazza e la aiutò a scendere gli ultimi gradini.
   «Grazie.»
  Molti degli invitati erano già arrivati, e quando Elizabeth individuò suo fratello e sua moglie, assieme con il piccolo Yvan, si congedò cortesemente da Alois dicendo che si sarebbero rivisti presto.
   Ciel si aggirava lungo la magione Middleford salutando chi lo salutava e tentando di evitare conversazioni noiose il più possibile. Aveva lasciato Sebastian in un angolo a osservarlo, non gli andava di essere seguito ovunque da lui. Ciel cercava Elizabeth con gli occhi, ma trovarla pareva un’impresa impossibile con tutti gli invitati dei Middleford. Stava per perdere le speranze quando la sua attenzione venne catturata da un suono fastidioso: il vagito di un neonato. Ciel si volse distrattamente per guardare chi fosse il marmocchio che emetteva simili animaleschi lamenti, e vide un piccolo bimbo paffuto piagnucolare fra le braccia di Elizabeth. Ciel raggelò vedendo Lizzy tanto felice, e non poteva fare a meno di pensare a quanti figli si aspettasse di sfornare una volta sposati, il che rimandava all’imbarazzo di poco fa. Mentre si avvicinava al gruppetto, tuttavia, lo sguardo del ragazzo non poté che addolcirsi vedendo come Elizabeth sorrideva cullando il bimbo e sussurrandogli parole dolci e scherzose assieme. «No, no, quel brutto cattivone di Sebastian non ti farà nulla, ti proteggerò io.» Poco distante stava il maggiordomo, con in viso una smorfia di rassegnazione. In effetti Sebastian non era mai particolarmente piaciuto ai bambini molto piccoli, Ciel immaginava che fosse per la sua aurea demoniaca, dicevano che i bimbi piccolo potessero captare questo genere di cose.
   «Lizzy», chiamò Ciel raggiungendoli.
  La ragazza sorrise leggermente incerta e andò verso di lui mostrandole il bimbo che si era ormai calmato. «Questo è Yvan. Yvan, lui è tuo zio Ciel. Vuoi prenderlo in braccio?» Così dicendo gli porse il fagottino morbido, che non sembrava per nulla colpito dalla nuova scoperta di aver incontrato suo zio. Il ragazzo stava per rifiutare, ma per fortuna arrivò Edward a impedirgli di negare. Si avvicinò con fare altezzoso e prese il bimbo dalle braccia della sorella.
   «Ciel», salutò l’uomo con fredda cortesia. Poi si allontanò il più velocemente possibile.
   Lizzy guardava il fratello e la famiglia e si strinse a Ciel. «Non è bellissimo?»
  «Sì», cominciò a dire il ragazzo per farle piacere, anche se personalmente credeva che quel piccolo essere urlante fosse leggermente stupido (forse aveva preso dal padre), ma si bloccò quando vide che la mano sinistra di Elizabeth era rimasta senza guanto. «Lizzy, hai perso un guanto?» Le afferrò le dita ed Elizabeth sentì che le sue mani erano fredde e secche. «Dove l’hai lasciato? Ti aiuto a cercarlo?»
   «Dev’essere…»
  Ciel stava per volgersi a chiamare Sebastian, quando un braccio si frappose fra lui e Lizzy, cacciando in modo poco gentile la sua stretta sulla mano della ragazza. Quando alzò lo sguardo vide un uomo alle spalle di Elizabeth, che le reggeva il polso sinistro e le infilava il guanto con scioltezza, approfittando della loro vicinanza per soffiarle nell’orecchio: «Mi perdoni. Non le ho restituito il suo guanto, Lizzy.»
   Elizabeth sentì sulla pelle il tocco della sue dita calde e rassicuranti, e non poté fare a meno di pensare che erano così diverse da quelle fredde, insensibili di Ciel. La ragazza si voltò in quello che poteva essere un abbraccio molto indiscreto – ma a lei non pareva dare fastidio, constatò con leggera irritazione Ciel –  e guardò l’uomo con un sorriso sulle labbra, ringraziandolo. La verità era che Elizabeth non aveva pensato nemmeno per un secondo a quel contatto come se fosse qualcosa di particolare, lo vedeva come un semplice atto di gentilezza.
   L’uomo si sollevò in tutta la sua altezza e rivolse lo sguardo a Ciel, sorridendo serafico. «Oh ma qui è pieno di gente simpatica!» Allungò una mano e la tese. «Piacere di rivederti Ciel Phantomhive.»
   Il ragazzo, con un brutto cipiglio in viso e le sopracciglia corrugate, la strinse un po’ più forte del normale. «Alois», disse a mo’ di saluto.
   Elizabeth si volse da uno all’altro senza percepire l’ironia proveniente da Alois e la rabbia di Ciel. «Voi due vi conoscete? Ah, che bello! Ciel, Alois è l’ospite di mamma e papà, rimarrà qui alla magione per…», si rivolse all’interessato, «per quanto?»
   Alois sorrise. «Ancora non saprei dire con precisione, ma spero di restare abbastanza a lungo per conoscerla meglio Lizzy. Che ne dice di farmi fare un giro per il castello prima di cena? Potremmo andare in giardino, ho visto che i fiori hanno già iniziato a sbocciare.» Così dicendo mise una mano sulla spalla di Lizzy e la condusse via, riempiendole la testa di rose e balli, e tutte le meraviglie che riusciva a decantare.
  Ciel rimase impietrito, fermo in mezzo alla sala. Con attorno decine di ospiti di cui non gli interessava un bel niente, con la sensazione sullo stomaco che fosse appena successo qualcosa di sgradevole.
   «Vi sentite poco bene padroncino? Cosa c’è? Qualcosa vi sfugge di mano, per caso?» La voce melliflua e canzonatoria di Sebastian all’orecchio poté solo irritarlo di più.




















Tornata nel fandom di Kuroshitsuji! Per l'allegria di ognuno u_u Seh! xD

Allora, diciamo un paio di cose sulla fanfiction!
Prima di tutto, il titolo, La pulce nell'orecchio, si riferisce a Sebastian, che per tutti e cinque i capitoli della storia non farà altro che mettere la cosìdetta pulce nell'orecchio (ossia il dubbio) a Ciel, riguardo Lizzy e Alois.
So che a molti la coppia Ciel/Lizzy non piace, ma il fatto è che dopo aver scoperto alcune capacità di Lizzy (capitolo 57 del manga) mi sta molto più simpatica! Inoltre in quei capitoli quei due erano proprio dolci! Il mio lato romantico è scattato! Qui, si noterà soprattutto nel prossimo capitolo, ho cercato di rendere Lizzy un po' meno rompi e un po' più umana. Spero solo di non essere andata OOC. Dopo le scottanti rivelazioni delle insospettabili capacità di Lizzy, credo che il personaggio sia qualcosa di più che un bel faccino, per cui ho cercato di tirare fuori il suo lato meno frivolo (meno stressante xD).
Ah, piccolo appunto: odio l'anime di Kuroshitsuji, preferisco di gran lunga il manga, ma ho inserito Alois come personaggio perché era già conosciuto e non avevo voglia di inventarne un altro nuovo. Ci sono quindi cose che sono successe solo nel manga, ma i due personaggi dell'anime; spero di non aver confuso troppo le cose! :S

Be', spero che la storia vi interessi! Posterò ogni Domenica, e se volete uno spoiler del prossimo capitolo potete cliccare qui e andare a leggerlo sul mio blog!
Buona Domanica a tutti,
Patrizia

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Capitolo 2
*** Venerdì 21 Marzo, alla sera - Un buon partito ***


Venerdì 21 Marzo, alla sera
Un buon partito





   Ciel non sapeva definire con esattezza che cosa fosse quella strana sensazione che gli opprimeva il petto, e che lo portava a rivolgere spesso lo sguardo a Lizzy, quella sera a cena, ma più che altro ai suoi occhi e alle sue labbra, dato che entrambi parevano sinceramente interessati ad Alois Trancy. La discussione fra quei due era animata, e Lizzy sorrideva con gli occhi brillanti e vispi. Ciel non capiva come mai quello sguardo, solitamente riservato a lui, si fosse così bruscamente spostato su Alois.
   Si poteva dire che lui odiasse Alois, con tutte le sue forze. Lo aveva già incontrato, conosceva anche Claude, e non riusciva a sopportare che quei due si intromettessero nel contratto suo e di Sebastian. Era qualcosa fra lui e il maggiordomo dopotutto – fra lui e il demone –, era un sacrifico che lui aveva scelto di fare per rendere la sua vita, e la sua morte, migliori. Quando aveva incontrato per la prima volta Alois, un paio di anni prima, credeva che fosse una coincidenza, invece aveva poi scoperto che in realtà lui lo stava cercando per vendicarsi di Sebastian. La cosa gli era parsa realmente folle in un primo istante, e anche Sebastian aveva negato di aver mai visto quel giovane e meno che mai il suo presunto fratello. Purtroppo le difficoltà si erano come moltiplicate quando Claude aveva deciso che l’anima di Ciel era molto più interessante di quella Alois, e quel ragazzo lo aveva stupidamente preso come un affronto personale. Se fosse successo a lui Ciel avrebbe solo potuto esserne sollevato, dato che sapeva che il suo futuro inevitabilmente comprendeva la morte, ma Alois era uno di quegli esseri umani estremamente sciocchi e bisognosi d’attenzione in maniera malata, e sapere che due demoni si contendevano l’anima di Ciel lo aveva fatto diventare geloso.
   Alla fine del loro primo incontro nessuno aveva divorato l’anima di nessuno, ma Alois si era ripromesso di vendicarsi di Ciel per il suo essere così odiosamente interessante e sempre al centro dell’attenzione. Dopotutto, secondo il ragionamento del ragazzo, non era certo colpa dei due maggiordomi, era solo colpa di Ciel se le attenzioni venivano riservate tutte a lui. Ciel aveva qualcosa che ad Alois mancava. Il ragazzo vi aveva pensato a lungo, ed era giunto alla conclusione che la ragione prima per cui Ciel era di gran lunga più appetitoso era quel che si sarebbe lasciato alle spalle una volta morto: affetti. Affetti reali, non vuote relazioni come quelle di Alois. I suoi servitori erano fra quegli affetti, e c’erano anche i parenti, ma in prima pagina al posto d’onore c’era di sicuro lei: Elizabeth Middleford. Quale soluzione migliore che privarlo di quell’affetto così forte? Privarlo, in effetti, del sentimento più importante e più potente che possedeva? L’amore. E prenderselo per sé. In quel modo di sicuro Claude e Sebastian avrebbero lasciato perdere quello sciocco ragazzino nano, molto più basso di Alois, e anche per quello più insignificante! Si sarebbero battuti per lui, solo e unicamente per Alois Trancy.
   «Come dice scusi?»
   «Non è carino?!», esclamò Lizzy saltellando allegra sulla sedia.
   L’unico vero problema era forse proprio Elizabeth Middleford: Alois non aveva mai incontrato una ragazza più sciocca e noiosa di lei. Nonostante questo a Ciel sembravano andare a fuoco gli occhi dalla rabbia quando loro due parlavano, e fu questo a convincerlo a chiacchierare sempre di più con la ragazza, e ad avvicinare la sedia alla sua.
  «Davvero molto grazioso», disse sorridendo Alois osservando il centrotavola che, la ragazza gli aveva assicurato, aveva scelto lei personalmente.
   Stufo di tutte quelle smancerie Ciel sbuffò e si rivolse al conte suo coetaneo. «Alois, come hai conosciuto i genitori di Elizabeth?»
   «E’ stato un giorno in cui erano a Oxford per il lavoro del padre di Lizzy, Claude li ha aiutati riguardo ad una faccenda e poi li ho ospitati per qualche giorno a casa mia, così qualche settimana fa mi hanno invitato una lettera dicendo che desideravano contraccambiare. E’ stata una vera sorpresa e, se devo essere sincero, non vedevo l’ora di venire qui a conoscerla, mia cara Lizzy.» Alois sorrise serafico e la ragazza sbatté le palpebre, confusa e leggermente imbarazzata da certe affermazioni di lui. «I suoi genitori mi hanno parlato così tanto di lei, che mi sono ricordato subito delle loro parole quando mi hanno invitato. Sinceramente, le loro descrizioni non vi hanno reso giustizia.»
   Elizabeth ridacchiò lusingata, e decise che Alois era solo un tipo troppo espansivo. «Invece loro non mi hanno mai parlato di voi signor Trancy, stia sicuro che per questo verranno rimproverati.»
   In quel momento uno degli ospiti propose di spostarsi dalla sala da pranzo dato che la cena era già terminata da un po’ e loro si trattenevano lì solo per conversare. «E’ un’ottima idea, andiamo Lizzy», ne approfittò Ciel facendola alzare e trascinandola via sotto lo sguardo soddisfatto di Alois.
   Ciel salì le scale velocemente tenendo Lizzy per il polso e la ragazza faticava per stargli dietro. Nonostante questo corsero fino alla prima stanza che Ciel trovò e si rinchiusero dentro a quella che scoprirono essere una grande sala al piano di sopra in fase di ristrutturazione. Le luci erano spente ma delle grandi finestre facevano entrare la fredda luce lunare.
   Il padre di Elizabeth aveva deciso di situare una sala svago in quella stanza che non era mai stata troppo utilizzata, così aveva chiamato un architetto e diversi pittori per farla diventare più bella. Ovunque, per terra, c’erano attrezzi, colori freschi, sedie, e una grossa impalcatura correva lungo tutta la parete destra ad un’altezza di almeno tre metri da terra. Ciel non perse tempo a osservare gli arazzi mezzo srotolati e gli affreschi ancora non terminati, e si rivolse a Lizzy con cipiglio severo. «Che cosa stai facendo?!» La ragazza lo guardò senza capire, sinceramente, che cosa intendesse dire Ciel. «Da quanto conosci Alois Trancy?»
   Elizabeth boccheggiò, gli occhi spalancati e la gola secca. «D-da quando l’ho incontrato in corridoio, questa sera.»
  «Eppure sembrate conoscervi da molto più tempo. Siete intimi.» Ciel si avvicinò al viso della ragazza, strattonandole il polso e portandola vicino al sui viso. «Non voglio che parli più con lui, sono stato chiaro?» Senza accorgersene stringeva la ragazza troppo forte e quelle mani che erano diventate le mani di un uomo stavano facendo male ad Elizabeth nella carne come nell’animo. «Fai come ti dico.» Così dicendo Ciel lasciò andare il polso della ragazza, che si portò automaticamente il braccio al busto per massaggiarsi, mentre guardava Ciel con le sopracciglia sottili corrugate e gli occhi che esprimevano qualcosa a metà fra la paura e lo sdegno.
   Elizabeth non aveva mai risposto a nessuno all’infuori di Paula, ma lei era una serva e un’amica e poteva farlo di tanto in tanto, perché sapeva che avrebbero chiarito. Portava rispetto ai suoi genitori e a suo fratello, perché era più grande di lei, e in genere tentava di essere gentile con tutti, anche con i domestici di Ciel; nonostante il loro basso rango non vedeva perché disprezzarli, come facevano molti nobili e borghesi che conosceva. Mai avrebbe immaginato che le prime parole intrise di amarezza le avrebbe pronunciate verso Ciel, semplicemente perché non si sarebbe mai sognata di rispondere al suo futuro marito. Ma il pensiero ancora vorticante nella sua testa che Ciel non la volesse, e il suo comportamento irragionevole, egoista, le fecero montare la collera. Ciel era ancora girato e non la guardava quando Elizabeth, rossa in viso per la rabbia, gli disse con tono basso e collerico: «Non siamo ancora sposati, non puoi dirmi che cosa fare.»
   Il ragazzo spalancò gli occhi incredulo e si volse a guardare Lizzy. O meglio, qualcosa che somigliava alla sua Lizzy, ma che in quel momento era diversa dal solito. «Come?»
   «Hai sentito bene: io e te non siamo sposati, non puoi darmi ordini. Io parlo con chi mi pare.»
   Ciel non poteva credere a quel che sentiva. Da quando Elizabeth gli parlava in quel modo? Da quando lo trattava in quel modo? La risposta era così semplice, così ovvia: da quando era arrivato Alois Trancy. Non gli bastava intromettersi fra lui e Sebastian, doveva anche ficcare il naso nel suo fidanzamento! Cosa poteva avere mai detto a Lizzy quel mostro per farla diventare così? Il ragazzo affilò lo sguardo. «Che cosa vi siete detti tu e lui?»
  Elizabeth alzò il naso all’aria. «Non sono cose che ti riguardano, e non credo nemmeno che t’interessi veramente dato che riguarda me.» Con quelle parole la ragazza si affrettò a imboccare l’uscita e, aperta la porta, si trovava proprio sulla soglia quando una mano di Ciel la bloccò nuovamente. Lizzy si volse, piena di incredulità e rabbia per come Ciel la stava trattando. Lei era una lady, era la figlia dei Middleford, non uno qualsiasi dei giocattoli di Ciel – Sebastian, Bard, e tutti gli altri – e le avevano insegnato che tutti la dovevano trattare con rispetto. Scoprire così all’improvviso che il suo futuro marito il rispetto per lei l’aveva sotto alle suole la fece infuriare. Raramente lei era infuriata, e forse proprio per questo quando lo era il cuore le batteva forte e le sue frasi erano taglienti come lame. «Non mi toccare», sputò fra i denti. Guardò Ciel con quello che il ragazzo credeva essere odio puro. Elizabeth si liberò della sua stretta con un gesto secco e si allontanò da lui come se volesse tutelarsi, come se ne avesse paura. «Non ti avvicinare.» A malincuore gli occhi cominciarono a farsi appannati, ma la ragazza tentò di trattener le lacrime. «Non trattarmi mai più in questo modo Ciel, non ho mai fatto nulla per meritarmelo.» E svanì oltre l’angolo del corridoio.
   Ciel rimase immobile, a metà fra il corridoio e la stanza buia, gli occhi puntati sulla parete dove Lizzy era scomparsa. O meglio, fuggita. Rivedendo la scena nella mente Ciel dovette ammettere che non era stato molto rassicurante il suo comportamento. All’età di dodici anni aveva quasi colpito Lizzy, e solo Sebastian glielo aveva potuto impedire. Certo non si era dimenticato di quell’episodio, e neanche lei. Poteva pensare che lui fosse il tipo di uomo che faceva queste cose? Che gettava via così la sua umanità? L’umanità di Ciel valeva molto di più, e gli era già stata strappata via a forza da bambino. Poi lui aveva terminato l’opera, promettendo di farsi strappare via anche l’anima quando fosse giunto il momento.
   Però una cosa era certa: lui voleva bene a Lizzy. Non le avrebbe mai fatto del male, al contrario desiderava solo proteggerla da ogni minaccia che si fosse stagliata all’orizzonte. E la minaccia di quel giorno era Alois Trancy.
   Un rumore di passi lo riscosse da quello stupore e Ciel chiuse la porta in fretta per non far credere di stare ficcando il naso in casa. Quando alzò gli occhi vide dall’altra parte del corridoio la figura alta di Alois, che superava di parecchi centimetri un’Elizabeth arricciata su se stessa, con gli occhi tanto bassi da non vederlo. Il biondo invece gli lanciò uno sguardo divertito, mise un braccio attorno alla spalla di Lizzy e le sussurrò qualcosa all’orecchio, così vicino al viso che Ciel non poté udire, e non poté impedirsi di pensare che quell’essere non aveva il diritto di rimanere così vicino a lei, di toccarla, di respirarle sopra. I due fecero dietro front e imboccarono un corridoio diverso, di modo che Lizzy non vedesse Ciel.
   Il ragazzo, scosso, senza sapere cosa pensare, senza capire perché fosse tanto turbato, scese veloce le scale e sedette lontano da tutti su una poltrona. Le sue sopracciglia corrugate scoraggiarono chiunque dall’avvicinarsi a lui. Solo una persona ebbe il coraggio di affiancarlo.
   «Desidera qualcosa padrone?» Sebastian stava ritto al suo fianco, elegante nel suo frac nero.
   «Voglio andare via.»
   «La festa non vi piace? Eppure a tavola mi sembravate molto preso da certi discorsi.»
   «Non m’interessa, prendi il mio soprabito e andiamocene via.» Così detto Ciel si alzò e andò incontro al marchese Middleford per salutarlo e inventare qualche scusa per andarsene.
   Un quarto dopo era nella carrozza da solo e guardava fuori le strade quasi vuote, buie e tristi. Un bussare sordo lo fece alzare e aprire la finestrella che veniva usata per parlare con il conducente, girato a mezzobusto per farsi sentire. «Che cosa vuoi?», domandò infastidito a Sebastian.
   Il maggiordomo, senza smettere di guardare la strada, fece un mezzo giro per avvicinare la voce alla carrozza. «Ha parlato con Alois Trancy?»
   «No.» Esitò. «E tu?»
   «Ho avuto una curiosa chiacchierata con Claude. Dice che la loro visita è inutile e non servirà mai agli scopi del suo padrone, ma potrebbe essere comunque interessante, per voi.»
   «Che cosa vuole fare?»
  «Non lo so. Ma non credo che sia prudente che Elizabeth si intrattenga troppo con lui. Sa molte cose su di voi, potrebbe dirle a Claude, o ad Alois stesso. Perché non le suggerite di stargli lontano?»
   Ciel guardò furioso la schiena del maggiordomo e chiuse con rabbia la sportelletto, tornando a sedersi nella carrozza con le braccia incrociate. All’improvviso, i cavalli si fermarono. Ciel si guardò attorno accigliato, credendo che fosse successo qualcosa, invece una delle porte della carrozza si aprì e Sebastian sedette di fronte a lui, l’espressione seria. «Che cosa fai?!», gli urlò contro Ciel, «Ti ho detto che voglio andare a casa.»
   Senza fare caso alle parole del conte Sebastian disse con tono di biasimo: «E’ così che vi rivolgete a lady Elizabeth? Con questo tono maleducato?». Ciel accusò il colpo, spalancò gli occhi e rimase zitto, colpevole. «Dopo questa notte non ho dubbi sul piano di Alois, anche se non so a cosa porta o che idee abbia in testa. Secondo Claude è qualcosa di irrealizzabile, ma appunto per questo le sue azioni sono più pericolose: quando si renderà conto che non succede nulla, cosa potrebbe fare?»
   «Il piano di Alois?», domandò piano Ciel.
  «Oggi si è comportato molto bene con Elizabeth, ha parlato con lei tutta la sera ma non perché avesse voglia di chiacchierare. Quando voi l’avete portata via non ha detto una sola parola a nessuno ma, quando Lizzy è tornata di sotto è corso da lei e poco dopo si sono appartati.» Sebastian fece una pausa e avvicinò il viso a quello di Ciel. «Che cosa ha detto a lady Elizabeth? L’ha fatta arrabbiare.»
  «Co-?!» Ciel si scostò, una brutta smorfia in viso che confermava la sua colpevolezza. «No! Io le ho detto semplicemente di non parlare con lui, basta.»
   «E in che modo gliel’ha detto? Se posso sapere? Nello stesso modo con cui parla con me?» Gli occhi di Sebastian si affilarono.
   «In nessun modo!», strillò Ciel. «Le ho detto solo di non parlare con lui e lei si è arrabbiata. Ha detto che io non posso dirle cosa fare perché ancora non siamo sposati.» Lo sguardo di Ciel si adombrò. «Sì… è vero, non sono stato gentile, ma è per la sua sicurezza.»
   «Elizabeth non sa che è per la sua sicurezza, a meno che non le venga spiegata tutta la storia. Ma siccome non possiamo dirgliela lei deve fare in modo di tenerla lontana da Alois, perché se il suo piano implica Elizabeth potreste essere in pericolo, sia lei che voi padrone.»
   «Ma come posso tenerli lontani? Alois è stato invitato a casa Middleford.» Ci pensò su qualche istante. «E comunque non credo sia in grave pericolo, Elizabeth sa difendersi, lo ha già dimostrato in passato.» A quel ricordo Ciel stirò leggermente le labbra.
   Sebastian sorrise serafico. «Gli umani sono molto particolari: quelli più indifesi sono forti dentro, e quelli che paiono imbattibili si corrodono facilmente dall’interno. Da quel che ho visto questa sera Alois cerca di creare una frattura fra lei e Lizzy, ed è aiutato dal fatto che la frattura, fra voi due, c’è sempre stata.»
   «Non è così», disse duramente Ciel corrugando le sopracciglia. «Io e Lizzy siamo promessi fin da bambini, lei vuole sposarsi con me…»
   «Fino a quando, padrone?» Sebastian lo guardò con occhi scaltri. «Se Elizabeth trovasse un partito buono quanto voi, e in lui una persona piacevole, credete che non preferirà abbandonarvi, voi, che l’avete sempre trattata con freddezza?» Ciel era in difficoltà, così Sebastian uscì dalla carrozza e chiuse la porta, sporgendosi dalla finestra per dargli l’ultima stoccata: «Alois Trancy è un buon partito, e ora come ora pare anche essere vostro rivale in amore.»

  Elizabeth singhiozzava da parecchi minuti, abbandonata sulla spalla di Alois. Lui non le aveva domandato il perché della sua tristezza e lei non gliel’aveva rivelato, ma Alois poteva facilmente immaginarlo: conosceva Ciel, e sapeva che i suoi comportamenti spesso erano molto duri, specialmente per una signorina. Riprese a picchiettare dolcemente sulla schiena di Lizzy, affondando una mano nei suoi capelli biondi lasciati sciolti e portandola più vicina al suo petto. Quando la ragazza si fu calmata ed ebbe alzato gli occhi su di lui Alois la guardò come se fosse preoccupato. «Va meglio Lizzy?»
   «Perdonatemi, perdonatemi davvero io non so cosa mi è preso», cominciò Elizabeth con voce tremante, tirando fuori dalla manica un fazzolettino e passandolo sul viso. «Lei non è tenuto ad ascoltare le mie lamentele, e io non avrei dovuto coinvolgerla. Dopotutto non ci conosciamo che da poche ore. Sono molto dispiaciuta per il mio comportamento inopportuno. Le faccio le mie scuse.»
   «Non è colpa vostra Elizabeth. Quando è tornata alla festa era chiaro che fosse sconvolta, credevo che vi sentiste male e volevo solo riportarla nella sua stanza. E’ normale ogni tanto lasciarsi andare, anche le ragazze speciali come voi hanno il diritto di farlo quando ne sentono il bisogno.» Così dicendo Alois sorrise, e a Lizzy parve un vero segno del destino che, poche ore prima, Ciel le stesse dicendo che lei era una ragazza come tutte le altre, mentre Alois, che la conosceva da poco, le dicesse che era speciale.
   «Oh», Elizabeth abbassò il capo, confusa. «Grazie per essermi rimasto accanto, signor Alois, e mi scusi per la brutta serata che le ho fatto passare.» La ragazza si sciolse dal tiepido abbraccio di lui e si diresse alla porta, aprendola e invitandolo ad uscire. «Ci vediamo domani a colazione.»
  Alois, avvicinatosi all’uscita, sorrise ammaliante e prese una mano della ragazza. «Lo spero proprio Lizzy. Mi raccomando, una signorina non deve avere cattivi pensieri altrimenti la sua bellezza sfiorirà.» Si chinò, diretto al dorso della sua mano per baciarlo, ma a metà strada cambiò direzione e si accostò alla sua guancia. La sfiorò con le labbra e sussurrò all’orecchio di Lizzy: «Sogni d’oro.»
  Poco dopo nella camera di Elizabeth arrivò Paula, e trovò la sua signorina seduta sul bordo del letto a rigirarsi fra le mani il suo guanto della mano destra. «Signorina Elizabeth?», chiamò la domestica per attirare l’attenzione, siccome pareva che nemmeno il rumore della porta l’avesse distratta dai suoi pensieri.
   La ragazza si volse. «Paula. Hai avuto molto da fare alla festa?»
  La donna fece segno di no e si chiuse la pesante porta alle spalle. «Vostro fratello Edward mi ha chiesto dove eravate e io gli ho detto che vi sentivate poco bene, che eravate qui nella vostra stanza perché non ve la sentivate di rimanere giù.»
  «Hai fatto bene, è meglio che Ed non sappia di quel che è successo», disse Lizzy alzandosi e posizionandosi dietro il paravento. Paula si affrettò a raggiungerla, e con mani abili prese a slacciarle i vari fiocchi e nodi dell’abito che indossava.
  «Se posso essere indiscreta… Cos’è successo? E’ tutta la sera che siete molto strana. Non avete degnato il povero Ciel di uno sguardo, sembrava seccato.»
   La ragazza sbuffò di fastidio. Non aveva più voglia di essere triste a causa di Ciel, già per quello aveva disturbato il loro ospite e non desiderava combinare altri guai per colpa di quel ragazzo. «Ciel, Ciel», sbottò irritata Lizzy, «non voglio parlare di lui.» Rimase per un po’ in silenzio, mentre sentiva che il vestito pian piano si allentava. Poi riprese. «Non mi considera altro che una seccatura, non mi ha mai considerata più di questo. E oggi, solo perché conversavo con il conte Trancy al posto di stargli attorno, vuole che non parli più con lui. Be’ non lo farò di certo, inoltre mi è impossibile farlo senza ignorare tutte le norme della buona educazione, siccome il conte sarà nostro ospite fino a tempo indefinito. Tu sai fino a quanto Paula?»
   «No signorina… In effetti Ciel se non parla con voi è molto raro che prenda parte a delle conversazioni.»
   «Si comporta come un bimbo capriccioso: solo perché oggi non tutte le mie attenzioni erano riservate a lui!» La veste cadde a terra ed Elizabet alzò i piedi per uscire da quel groviglio di stoffe. «Io l’ho sempre trattato con rispetto, ho sempre cercato di essere come voleva lui, di comportarmi come voleva lui, invece Ciel non ha mai fatto nulla per me.»
  Paula ascoltava quel monologo annuendo coscienziosamente. Dopotutto era uno dei suoi compiti. Sbottonò la sottoveste alla ragazza e le passò la vestaglia da notte e la veste da camera.
   «Non posso credere che Ciel sia così… così… egoista. Da quando è tornato non è mai più stato lo stesso.» Elizabeth terminò di vestirsi con gesti secchi, poi sospirò e sedette sullo sgabello, mentre Paula ripiegava con cura il suo abito e lo metteva nella cabina armadio assieme agli altri. Lizzy si passava le dita sulla fronte, sconfortata. Quel lato del suo carattere non esisteva per nessuno, a eccezione dei familiari e dei domestici, e men che mai per Ciel. Da bambina, quando lui era ricomparso all’improvviso accompagnato da quel nero maggiordomo, Ciel aveva smesso di sorridere, così lei si era ripromessa di sorridere per entrambi. Ma ahimè doveva ammettere che quell’occupazione era più difficile del previsto. Aveva sempre tentato di essere carina e allegra quando Ciel era nei paraggi, e mancava tanto così a che pensasse che quello era il suo modo naturale di comportarsi. Invece, come tutti gli esseri umani, anche la gioiosa Lizzy aveva dei cedimenti, che però tentava di celare all’interno della sua camera e lasciava intravedere solo a Paula e la sua famiglia. E, ora che ci pensava, al nuovo arrivato, il conte Alois Trancy. Al pensiero che quel ragazzo l’avesse vista tanto debole e sciocca Elizabeth veniva invasa da un profondo senso di vergogna.
   «Paula, tu sapevi di quel conte Trancy? Sapevi che mamma e papà lo conoscevano?»
   La domestica si strinse nelle spalle. «Non ho mai sentito parlare il signore o la signora di lui, ma suppongo che se lo hanno invitato debbano per forza conoscerlo.»
   «Proprio non sai per quanto rimarrà?»
  Paula fece segno di no con la testa. «Forse ha intenzione di trattenersi per la primavera. Ha accennato qualcosa a proposito del fatto che vorrebbe visitare Londra e invitare lei e i suoi genitori all’isola di Wight per un paio di settimane.»
  Lizzy si lasciò sfuggire un sorriso. «L’isola di Wight? Mi piacerebbe tanto andarci, non siamo mai state lì.» La ragazza vi rifletté qualche attimo. «Potrei chiederlo al conte, forse potremmo organizzare il viaggio assieme e decidere quando andare. E’ una persona molto affettuosa, non è vero?»
 Paula piegò le labbra all’ingiù. «Veramente non mi è parso molto amichevole. A parte che con voi non ha parlato con nessun’altro.» La donna fece un sorriso furbo. «Che abbia un debole per voi? Eh, signorina?»
   «Oh non essere sciocca Paula, lo conosco da poche ore. E comunque io sposerò Ciel, siamo promessi.» La ragazza s’infilò sotto le coperte e diede la buonanotte a Paula. Si sentiva tanto stanca che prese sonno dopo pochi minuti.




















Buona Pasqua a tutti! =)
Allora, vedo che c'è qualche lettore, mi fa piacere! Immaginavo che la storia non sarebbe stata un successone, perché in questo fandom spopolano più che altro le yaoi Ciel/Sebastian. Be', non importa, questa fanfiction è per gli appassionati di Lizzy/Ciel, anche se sono pochi xD
Non c'è molto da dire questo capitolo, per cui vi lascio lo spoiler del capitolo tre sul mio blog, e vi ripeto di nuovo Auguri!
A Domenica prossima,
Patrizia

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Capitolo 3
*** Sabato 22 Marzo, nel pomeriggio - Un momento d'intimità ***


Sabato 22 Marzo, nel pomeriggio
Un momento d’intimità





   Il mattino seguente, dopo una buona dormita e una colazione poderosa, Ciel vedeva la faccenda sotto tutta un’altra luce. Sì, era vero, lui non era stato molto carino con Lizzy. Ma lei aveva mai avuto modo di dubitare di Ciel? Perché non aveva potuto semplicemente dirgli “Ma certo Ciel”, o “Se lo vuoi, mio caro Ciel”, o meglio ancora “Esaudirò ogni tuo desiderio tesoro, dopotutto oggi sei così carino vestito così! Ti intoni con il mio vestito”. Sì, decisamente quello sarebbe stato proprio da Lizzy. Ciel sospirò e ascoltò distrattamente Sebastian che lo informava degli impegni della mattinata. «Padrone, mi state ascoltando?»
   Perché mentire? «No.»
   «Allora glielo ripeto da capo, e veda di fare attenzione. Alle-»
   «Sebastian, credi che dovrei andare da Lizzy a scusarmi con lei?» La domanda gli uscì spontanea, mentre si rigirava distrattamente una penna fra le dita con la guancia poggiata alla mano. Due secondi dopo il ragazzo s’irrigidì. Non poteva credere che quella domanda gli fosse sfuggita proprio con Sebastian! Poteva chiederlo a Tanaka, o a Meirin, e anche se dubitava fortemente dei consigli che questi avrebbero potuto dargli sarebbe sempre stato meglio che chiederlo a lui. Il suo viso si adombrò mentre il maggiordomo ridacchiava.
  «Considerando che Alois risiederà alla sua magione per qualche tempo credo sia il minimo, per tutelarci. Consideri il fatto che Elizabeth passerà molto più tempo con lui in questi giorni di quanti ne passerà con voi.»
   A Ciel si rizzarono i sottili peli sulla nuca. «Cosa?!»
   «Facendo un breve calcolo…», cominciò a Sebastian pensieroso senza abbandonare la sua postura ritta. «Sì, molto più tempo, per lo meno da quel che ho visto da quando io sono qui, non so in che rapporti foste da bambini ma ora non vi vedete spesso», e così dicendo sorrise beffardo.
  Il ragazzo incrociò le braccia al petto, scocciato, e accavallò una gamba ruotando la poltrona e sottraendosi così alla vista di Sebastian. Fece un verso di fastidio, poi decretò a malincuore: «Dopo i miei impegni andiamo a casa di Lizzy, dì a Finny di avvisare la zia Frances.»
   «Sì, mio signore.»
   Quel giorno in particolare parve lunghissimo, tanto che Ciel stava per pentirsi di aver inviato la lettera a zia Frances, ma non c’era più nulla da fare, ormai aveva preso l’ennesimo impegno per quel giorno, e tirarsi indietro sarebbe stato scortese. Anche se ormai aveva quasi diciotto anni, la zia non gli avrebbe risparmiato una tirata d’orecchi per non aver adempiuto ai suoi doveri. Prima che potesse liberarsi di tutti i suoi impegni si fecero due del pomeriggio, e per cena lo aspettava un aristocratico che desiderava comprare molti dei prodotti per la Funtom Company per il suo primogenito in arrivo. Era un nobile, così Ciel si era ritrovato costretto a invitarlo a cena per onorare quella grande spesa a beneficio della sua compagnia. Erano già le tre del pomeriggio quando Ciel fu sulla sua carrozza, accompagnato da Sebastian, che andava a tutta velocità verso la magione Middleford.
   Dlin dlon.
   La porta si aprì senza gracchiare. «Buongiorno signor Phantomhive. Gradisce darmi il soprabito?» Un cameriere prese le vesti del conte e fece entrare lui e Sebastian nell’ormai conosciuta villa. «Abbiamo ricevuto la sua missiva, ma purtroppo il signore e la signora Middleford sono partiti questa mattina per impegni improrogabili. Hanno comunque pensato che la signorina Elizabeth sarebbe stata felice di incontrarvi.»
   Ciel non si premurò di dire che probabilmente Elizabeth sarebbe stata felice solo se avesse potuto infilzarlo con il fioretto, cosa nemmeno troppo improbabile considerando la sua bravura in quello sport. Il servitore li scortò fino ad un’ampia sala sul retro della casa dove era stato allestito da zia Frances un campo d’allenamento per poter tirare di scherma ogni volta che voleva. «Elizabeth sa che sono qui?», domandò Ciel riconoscendo la porta verso la quale il cameriere li stava conducendo. Gli sembrava strano che Lizzy, che non amava farsi vedere da lui in atteggiamenti tanto “maschili”, stesse tirando di scherma al suo arrivo.
   «L’abbiamo avvisata, ma probabilmente ha perso la nozione del tempo. E’ da dopo pranzo che si allena senza interruzioni.» Con un sorrisetto enigmatico l’uomo aprì la porta e si scostò per farli passare.
   Ciel non amava la scherma. In realtà non amava nulla che implicasse troppo l’utilizzo di braccia e gambe, e anche se spesso gli dicevano che la scherma era un’ottima tecnica di difesa, pensava sempre che fosse stroppo faticosa, e che era per quel motivo che avevano inventato le pistole e i fucili e che le persone come Lau importavano polvere da sparo dalla Cina. Tuttavia vedere Elizabeth mentre tirava di scherma (senza nessun mostro mezzo morto a minacciarla) fu una piacevole sorpresa. Il suo corpo si muoveva con scatti improvvisi ma non perdeva la sua eleganza, le movenze accuratamente studiate parvero a Ciel una danza sensuale se praticate dal corpo della sua Lizzy. La tuta le fasciava le gambe di modo che Ciel potesse vedere come fossero le belle cosce della sua fidanzata, e doveva ammettere che erano ancor più belle che nei suoi sogni più sfrenati. Nel complesso, si pentì amaramente di non aver mai assistito a nessuno degli incontri a cui aveva partecipato.
  Lizzy non portava nessuna protezione al capo, e questo fece un po’ innervosire Ciel nel momento in cui il suo avversario, chiaramente un uomo anche se aveva il volto coperto del tutto, la mise all’angolo con abili mosse mirate alla testa. Dopo qualche attimo di esitazione, tuttavia, Elizabeth, lo sguardo deciso e la mano abile, si lanciò in avanti e cominciò ad avanzare con veloci movimenti controllati e secchi della gambe, brandendo il fioretto con la stessa furia con cui Bard brandiva un candelotto di dinamite. In pochi minuti la situazione fu ribaltata, e la vincitrice risultò Lizzy.
  Ciel batté le mani forte, appoggiato allo stipite della porta in una maniera che sperava fosse per lo meno intrigante, e sorrideva leggermente guardando Elizabeth voltarsi stupefatta verso di lui. Il suo sorriso si sciolse quando l’avversario della ragazza tolse il casco e si rivelò essere Alois Trancy. Le sue mani si bloccarono a mezz’aria e gli occhi indugiarono sulla figura di Alois, che lo guadava con ironia.
   «Ciel…»
  Il ragazzo si riscosse. «Lizzy, hai perso la nozione del tempo? Ho mandato una lettera per avvisare del mio arrivo oggi pomeriggio.» La ragazza, presa alla sprovvista, stava per rispondere con un sorriso, ma la rabbia del giorno prima non era ancora scemata del tutto e invece di stirare le labbra le strinse e rivolse un’occhiata di scuse ad Alois, per poi incamminarsi verso Ciel. Infastidito da quella nuova intimità, il ragazzo corrugò le sopracciglia.
   «Ciel, sai bene che non mi piace quando mi guardi combattere», disse subito Lizzy senza perdere tempo.
   «Ma… ma sei tu… io ho avvisato!», protestò il ragazzo.
   «Se sapevi che ero qui, potevi mandare qualcuno a chiamarmi, mi sarei vestita in maniera più consona in un minuto.»
   «Ma a me non dispiace vedere quando ti batti.»
   «Ma dispiace a me», sibilò rabbiosa Lizzy.
  Ciel si rabbuiò. «Però lui può guardarti benissimo, a quanto pare. Non sono passate nemmeno ventiquattr’ore e siete già grandi amici, non è così?», domandò amaramente.
   Elizabeth lo osservava con occhi allucinati, ma poi, contro ogni sua volontà di tenere il broncio ancora per qualche tempo, le sfuggì un flebile sorriso. «Ciel! Per caso sei geloso?»
   Il ragazzo spalancò gli occhi. «Che cosa? Be’…», parve in difficoltà, «be’ sì, se proprio ci tieni a saperlo. Ma è solo perché tu me ne dai motivo!» Se Elizabeth aveva pensato che forse quello era l’inizio di un divertente discorso che avrebbe portato alla pace, si ricredette in quell’istante. «Il fatto che ancora non siamo sposati non conta nulla, tu sei la mia fidanzata», cominciò Ciel rabbioso, nella mente la figura di Alois Trancy che aleggiava attorno alla sua fidanzata con la sua figura alta e parole ammaliatrici sulle labbra. «Parlare con altri uomini ti rende solo una… solo…»
   Lizzy era stanca di piangere, di piangere per colpa di Ciel. Così l’unica cosa che fece fu arrabbiarsi di nuovo. «Solo? Solo che cosa?» Ciel capì di aver parlato ancora una volta senza pensare. «Dillo, Ciel. Finisci la tua frase.»
  Prima che nessuno dei due potesse parlare ancora una mano bianca si frappose tra di loro per porgere un asciugamano a Lizzy. «Succede qualcosa qui?» Alois Trancy, in tutto l’eroico splendore che poteva avere un uomo che aveva appena combattuto, aveva l’espressione più beata del mondo. Lizzy gli sorrise e prese l’asciugamano mormorando un grazie. «Vi confesso, conte Phantomhive, che non mi spettavo che la mia piccola Lizzy fosse tanto abile a maneggiare una spada. Invece questa damigella ha più carattere di quanto possa sembrare ad un’occhiata sfuggente.»
   Eh già, pensò Ciel. Poi si riscosse. “La mia piccola Lizzy?” Come osava quel fastidiosissimo microbo chiamare la sua Lizzy in quel modo tanto intimo? Lui la conosceva fin da bambini, lui era stato il suo compagno di giochi, e lui era stato anche il suo primo amore. O no? Ciel irrigidì la mascella, ma non disse nulla.
   «Comunque, siete sparito ieri sera conte. Non sono nemmeno riuscito a chiedervi come mai tu e Lizzy vi conoscete.»
  Fu la ragazza a rispondere, con la voce più fredda che Ciel le avesse mai sentito sulle labbra. «Il conte Phantomhive è un mio conoscente.»
   Un conoscente?
   Un conoscente.
   Ciel Phantomhive era stato declassato a un conoscente!
   Il ragazzo ascoltò quelle parole con la sensazione che un freddo gelido gli salisse lungo le gambe per appropriarsi delle sue viscere, che congelate in quel modo dolevano in maniera irrazionale. Non ebbe tempo di capacitarsi delle parole di Elizabeth, perché Alois decise di rigirare il coltello nella piaga: «Oh, un semplice conoscente. Da come vi parlate ieri ero certo che foste grandi amici, ma devo ammettere di essere sollevato conte».
   «E come mai?», chiese rigidamente Ciel.
   «In questo modo, potrei rivendicare Lizzy tutta per me un giorno, senza nessun’altro rivale, non trova?»
  Elizabeth alzò gli occhi su Alois, poi li spostò terrorizzata su Ciel, il quale però, incredibilmente rideva. «Se fossi in voi non sarei tanto soddisfatto, conte Trancy. Senza rivali non c’è gusto, e inoltre alle fanciulle piace essere contese, non è così Lizzy?» Uscì dalla sala e scambiò due parole con Paula, che era comparsa in quel momento sull’uscio, dopodiché scomparve dalla vista.

  «Complimenti padrone, non credevo che avreste mostrato tanto sangue freddo di fronte ad Elizabeth, e soprattutto di fronte ad Alois.»
   Ciel fece un verso di stizza. «Non prendermi in giro! E’ la prima cosa che mi è venuta in mente da dire.» Il ragazzo sbuffò e si portò una mano alla fronte. «Dio, che situazione ridicola.» Ciel e Sebastian si trovavano seduti ad un tavolo in attesa che Elizabeth e Alois scendessero per prendere il tè con il ragazzo.
  «Infatti», soffiò il maggiordomo. «Credevo che fosse venuto qui per porgere a Lizzy le sue scuse. Devo dire che ha fallito miseramente.»
   Il ragazzo lo guardò annoiato. «Sebastian, è un ordine: sta’ zitto.»
   Per prenderlo in giro, il maggiordomo s’inchinò e mimò con le labbra “Sì, mio padrone”, senza tuttavia emettere un suono.
  In quel momento una figura aprì la porta ed entrò. Ciel si sporse dalla sedia in un gesto automatico, per far sedere Lizzy al suo fianco, ma quando fu in piedi si ritrovò a pochi centimetri da Claude Faustus. L’uomo alto e longilineo lo fissava dall’alto e il suo sguardo gelava le ossa. Almeno Sebastian si sforzava di sorridere, e anche se molte volte lo faceva a sproposito e solo per irritare Ciel, in quel modo sembrava un po’ più… umano.
   «Claude», salutò con la stessa tagliente freddezza Ciel tornando a sedersi.
   Il maggiordomo gettò un’occhiata ilare a Sebastian, poi disse: «Che piacere rivederla, mio padrone». Sebastian fremette di rabbia – come poteva, Claude, insinuare che Ciel fosse suo? – ma non potendo dire una parola si limitò a lanciargli una terribile occhiata di disgusto.
   «Come mai il tuo padrone è qui, Claude?»
   L’attenzione del demone si rivolse di nuovo a Ciel. «Motivi alquanto sciocchi, a mio parere. E’ sua ferrea convinzione che venendo qui riuscirà ad attirare l’attenzione mia, e forse anche di Sebastian.»
   Ciel ghignò. «E come crede di fare?»
   «Mi è severamente proibito dirvelo conte, ma potreste sempre scoprirlo con i vostri mezzi.»
   Il ragazzo non riusciva a capire, e stava per chiedere altro quando un delicato tocco sulla spalla lo fece voltare. Sebastian, serio, si trovava dietro di lui. «Ah! Puoi parlare, maledizione», sbottò Ciel.
   «Grazie padrone.» Sebastian guardò Claude, malevolo, poi si rivolse al ragazzo. «Desidera che indaghi?»
   «No… Ci devo pensare un attimo. Tu piuttosto, non dovresti essere con Alois in questo momento?»
   Claude piegò la testa di lato. «Credo che il padrone volesse un poco di intimità, data la situazione delicata con lady Elizabeth. Mi ha chiesto di lasciarli soli.»
   Gli occhi di Ciel mandarono fiamme. «Situazione delicata?»
   «Nemmeno su questo posso dirle molto signore, a meno che non lo ordinate sotto contratto… con me.»
   «Mi credi così sciocco, maggiordomo?»
   «Certo che no signore, ma credevo che per tutelare lady Elizabeth, per tenerla con sé, avreste fatto di tutto. I demoni approfittano di questa debolezza umana.»

   «Io ho stipulato il mio contratto con Sebastian, e posso chiedergli ciò che voglio.» Ciel ghignò. «Non mi serve un’altra seccatura.»
  Sebastian rivolse al padrone uno sguardo tagliente. «Seccatura?» Ciel agitò la mano come a dirgli di non dare fastidio. Il maggiordomo si avvicinò al suo orecchio. «Se permette, questa seccatura vorrebbe concentrare l’attenzione del padroncino su un particolare: perché mai Alois Trancy e lady Elizabeth avrebbero bisogno di un momento di intimità?»
   Ciel spalancò gli occhi, si alzò dalla sedia e corse via dalla stanza, diretto da Elizabeth, con gli occhi di Sebastian e il suo sorriso divertito puntati sulla schiena. Ciel correva a perdifiato per arrivare nella camera di Lizzy, a interrompere qualsiasi cosa ci fosse da interrompere fra lei e Alois. A metà corridoio incontrò Paula, che vedendolo cominciò a dire: «Signorino Ciel, miss Elizabeth è con il conte Trancy, credo che sia una faccenda privata!», non fece in tempo a terminare la frase che Ciel l’aveva già sorpassata. Si fermò di colpo nel ritrovarsi di fronte alla stanza di Lizzy, che aveva la porta socchiusa. Le voci di Alois e della ragazza si sentivano bene dal corridoio, e Ciel rimase piacevolmente stupito dal sentire la loro conversazione:
   «C’è qualcosa su cui non sono stata sincera, conte Alois.» La voce di Lizzy parve appena più incrinata nel dire: «Non è vero che Ciel Phantomhive è mio conoscente, lui è un mio amico di infanzia, ci conosciamo fin da bambini, e… ed è il mio promesso sposo. Con molte probabilità la cerimonia avrà luogo all’inizio dell’anno prossimo.» Ciel sorrise soddisfatto. Sapeva che Elizabeth gli sarebbe stata fedele fino alla fine.
   «Capisco.» La voce di Alois Trancy era bassa e vibrante, tuttavia non pareva essere turbato. «Be’, mia lady, capisco il vostro tormento, ma lasciate che vi dica una cosa. Se si trattasse di decidere chi, fra me e il conte Phantomhive, è il più facoltoso, saremmo alla pari. Se si trattasse di convincere i vostri genitori, saremmo alla pari anche in quello, perché entrambi li conosciamo. Quindi in questo caso la scelta spetta a voi miss Elizabeth.» Da dietro la porta Ciel corrugò le sopracciglia: era chiaro che si era perso una parte fondamentale di quella conversazione.
   «La scelta?»
  Ciel udì Alois ridacchiare. «Avete ragione, non vi ho neanche fatto la domanda.» Dopo qualche attimo Alois si schiarì la voce: «Lady Elizabeth Middleford, chiedo umilmente la vostra mano.»
   «Che cosa?!» Ciel non poté trattenersi nell’udire quelle parole, e si disse che era stato uno sciocco a non interromperli prima. Sembrava che andasse tutto bene, che Lizzy stesse gridando ancora una volta ai quattro venti quanto lo amasse, e invece Alois le aveva fatto quell’assurda proposta.
   «Ciel!» Lizzy fece per allontanarsi da Alois, inginocchiato a terra, ma il ragazzo fece leva su di lei per alzarsi, la trasse al suo petto e le poggiò una mano su un fianco, sorridendo malevolo.
  «Conte Phantomhive, non posso credere che lei stesse origliando, è scortese. Io e miss Middleford stavamo parlando di cose importanti, che non la riguardano.»
   «Mi spiace Alois, ma credo che tutto ciò che riguardi la mia sposa riguardi anche me», sibilò Ciel con le sopracciglia aggrottate.
  «Se lei fosse la tua sposa. Tuttavia, alla luce della… come dire?, discrepanza, delle vostre opinioni, credo che Lizzy potrebbe considerare l’opportunità di scegliere un marito diverso. Qualcuno che la consideri speciale e non una qualunque, qualcuno che la consideri una donna e non una ragazzina capricciosa.» Alois ghignò. «Non ti soffermi mai a pensare alle conseguenze delle tue azioni sugli altri, vero Ciel?» Così dicendo si chinò su Lizzy, le accarezzò una guancia con il dorso della mano, poi le lasciò un piccolo bacio sulla tempia.
   Ciel arrossì di rabbia, ma c’era un modo per sistemare tutto una volta per tutte. «Lizzy, rispondigli. Digli che cosa ne pensi.»
   Elizabeth ragionava furiosamente, e la confusione che c’era nella sua testa non l’aiutava di certo. Conosceva Ciel da sempre, ed era ancora innamorata di lui, ma che senso poteva avere stare con un uomo che non la ricambiava? In quel momento Ciel stava dimostrando di volerla, ma solo in funzione del fatto di vedersela portare via. Se la voleva davvero avrebbe dovuto volerla sempre, non solamente quando qualcun altro dimostrava interesse per lei. Dall’altro lato c’era Alois Trancy, che non conosceva affatto ma che si era dimostrato subito gentile, premuroso nei suoi confronti, e anche interessato a lei tanto da chiederle di sposarlo. Non poteva essere una questione economica, lui possedeva molti soldi e c’erano ragazze che avevano una dote ancor più alta della sua, ragionò Lizzy. Quindi doveva supporre che quello del conte Trancy fosse un sentimento reale? Come poteva essere, dopo così poco tempo? Ma, in fondo, doveva già considerarsi fortunata, conosceva alcune ragazze il cui matrimonio era stato combinato solo per maritarle il più presto possibile, o per scopi economici.
   La voce di Ciel s’incrinò quando la richiamò alla realtà. «Lizzy?» Perché ci metti così tanto?
  La ragazza alzò gli occhi e si scostò da Alois, sistemandosi delle pieghe sul vestito. «Non potete certo chiedermi una cosa del genere conte Trancy», cominciò con voce sicura. Ciel fece un sorrisino, mentre Alois sembrava sbigottito; non si aspettava quella risposta. «Non posso decidere senza pensarci. Vi darò la risposta prima della vostra partenza.»
   Alois sorrise e imbastì uno sguardo adorante per Lizzy. «Dovrete affrettarvi allora, ho in programma di partire domani sera dopo cena. Mi piacerebbe molto tornare alla mia magione e annunciare di aver trovato una meravigliosa sposa.» Il ragazzo uscì dalla stanza, non senza fare un cenno di saluto a un immobile Ciel che lo ignorò.
   L’occhio del ragazzo libero dalla benda fissava Elizabeth, in viso un’espressione ferita e allarmata. Non appena si rese conto che Alois era uscito si chiuse con violenza la porta alle spalle, raggiunse Lizzy a grandi falcate e le strinse le braccia, il naso a pochi centimetri da quello della ragazza, mentre il suo viso si era trasformato da ferito ad una maschera di rabbia. «Che cosa ti prende, si può sapere?! Perché hai detto quelle cose?»
   La ragazza cercò di divincolarsi, ma la presa di Ciel era troppo forte.
  «E’ questo che sono per te? Solo uno stupido buon partito?! Che va bene prendere in considerazione fino a che non arriva qualcuno di meglio?! Credevo che io e te fossimo amici, che ci fosse qualcosa di vero fra noi. Sei una stupida!»
   Le urla del ragazzo fendevano l’aria come coltelli taglienti, coltelli che si conficcavano nella carne e nel cuore di Lizzy, fino a che la ragazza non poté più trattenere le lacrime. Con uno strattone deciso Elizabeth si liberò dalla stretta di Ciel e, altrettanto fulminea, la sua mano si mosse contro la guancia del ragazzo. Lo schiaffo risuonò forte nell’aria, e fece battere i cuori furiosamente.
  «Non ti rendi nemmeno conto di quello che dici», sibilò Elizabeth con tono rabbioso, le parole che defluivano una dopo l’altra come se una diga in fondo alla gola le si fosse rotta, rivelando quel fiume di parole e pensieri rivolti a Ciel che tratteneva da molto. «Tu credi che io voglia un amico?» La sua voce risuonò talmente gelida che Ciel si fermò a guardarla orripilato, una mano premuta sulla guancia. Quella non era la sua Lizzy. «Quale donna vorrebbe un amico come compagno per la vita? So bene che mi dovrò sposare presto, ho già diciotto anni ed è l’età giusta. Ho sempre pensato che avrei sposato te, e mi stava bene, anche se vedevo che tu non provavi i miei stessi sentimenti.
   «Tu credi che io sia solo una ragazzina viziata, superficiale, e non proverai mai nulla per me oltre l’amicizia.» Gli occhi di Elizabeth, già umidi, cominciarono a lacrimare senza ritegno. «Anche la sola idea di avere un figlio con me ti disgusta!»
   Ciel spalancò gli occhi. «Non è vero, io…!»
 «Invece… Alois… durante le poche ore in cui l’ho conosciuto è stato capace di interessarsi alle cose che mi piacciono, di considerarmi come una donna. Persino di consolarmi! E’ vero, lo conosco troppo poco per essere legata a lui, ma è il primo, per quel che mi riguarda, ad avermi fatta sentire speciale, ad avermi fatto un favore per vedermi felice e non solo per rimediare ad un errore. E’ il primo che mi desidera. Tu non hai mai fatto nulla di tutto questo in una vita intera.» Le ultime parole furono sputate con amarezza, e in quel momento, per la prima volta, Ciel vide gli occhi di Elizabeth Middleford come quelli di una giovane donna, e non più come quelli della ragazzina che era stata.
   Ciel, ancora stupefatto, riordinò in fretta le idee e stava per rispondere per le rime, quando qualcuno bussò. Paula entrò chiedendo permesso e osservò preoccupata i due giovani. «Scusate, il tè è pronto, sarebbe meglio che scendeste.»
  Elizabeth si asciugò le lacrime con un fazzoletto e fece un respiro profondo, avviandosi. Ciel la seguì a ruota fuori dalla stanza, dove anche Sebastian li attendeva con espressione vagamente curiosa, e faceva scattare gli occhi dall’uno all’altro.
   «Il tavolo è apparecchiato per tre persone», cominciò Paula avviandosi in fretta.
  «Non ce n’è bisogno.» Lizzy camminava a lunghi passi dietro di lei, davanti a Ciel e Sebastian. «Il conte Phantomhive stava per andare via.» Paula guardò la sua padrona, incerta, ma non poté fare altro che annuire e correre giù.
   Ciel, nell’udire quella frase, si piantò di fronte a Elizabeth e le prese le mani con sguardo supplicante. «Non fare così Lizzy, tu non sai che…», la ragazza tolse bruscamente le mani dalle sue e scomparve nel corridoio, con Ciel che la guardava andare via, impotente, «… io ti desidero.»
   Una mano si posò leggera sulla spalla di Ciel. Sebastian si abbassò un poco fino a raggiungere il suo viso e disse sorridendo: «Se la può far stare meglio, io lo so bene. Le sue reazioni di fronte alla signorina Elizabeth sono davvero curiose.»
   Ciel arrossì violentemente e scacciò la mano di Sebastian dalla sua spalla. «Ti piace così tanto mettermi in imbarazzo?!»
   «In effetti sì, molto.»




















Buonsalve a tutti!
Allora, ecco il terzo capitolo! Hm, non so bene che dire, non c'è molto da dire, tranne che dovrete aspettare ancora un po' prima di scoprire che cosa ha scelto Lizzy. Il prossimo capitolo è abbastanza divertente... o almeno, spero che sia tale! xD Io ci ho provato, vedrete la prossima settima. Intanto per avere un'anticipazione del prossimo capitolo cliccate qui.
Be', non c'è altro da dire. Buona Domenica a tutti =)
Patrizia

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Capitolo 4
*** Domenica 23 Marzo, nel mattino - Fino all'altro ieri ***


Domenica 23 Marzo, nel mattino
Fino all’altro ieri





   Ciel era stato invitato alla magione del marchese Middleford con innaturale formalità. Lizzy lo informava che si sarebbero visti quel giorno e lei avrebbe detto a Ciel e Alois quale scelta aveva fatto. Non c’era scritto niente altro nella lettera, solo parole controllate e cortesi, ma la carta e l’inchiostro stesso traboccavano di freddezza e biasimo. Nel leggerla, a Ciel tornò in mente il volto di Lizzy del giorno prima. Il ragazzo mise la lettera da parte e ficcò le mani nei capelli, frustrato. Non sapeva cosa fare, non poteva rimediare ad anni di affetto ben celato dietro una maschera di freddezza in una sola giornata. Lizzy non gli avrebbe mai creduto, avrebbe pensato che lo faceva solo perché lei non si sposasse con Alois. Le donne ragionano come – no, le donne non ragionano, si disse il ragazzo amaramente. Lungi da fargli comprendere meglio l’universo femminile, quel pensiero lo gettò ancora di più nel panico. Cosa faccio?
   Ciel si alzò di scatto e cominciò a vagare lungo i corridoi, sperando di trovare presto chi stava cercando. Per fortuna lei era lì, a sua completa disposizione. «Meirin!» Il ragazzo scese le scale che la domestica stava lucidando e si fermò qualche gradino sopra di lei.
   «Padron Ciel, ha bisogno di qualcosa?» La donna sistemò gli occhiali sul viso e attese.
  «Ho bisogno di un consiglio. Tu… tu sei una ragazza…», cominciò Ciel con evidente imbarazzo, «se per caso volessi una… dimostrazione d’affetto, come dovrebbe essere?»
   Meirin s’illuminò e giunse le mani. «E’ per la signorina Elizabeth? Oh, Sebastian ci ha raccontato tutto del vostro litigio di ieri. E’ così romantico che lei ora la voglia riconquistare!» Ciel desiderava uccidere Sebastian in quel momento, ma non poteva perdere altro tempo. «Be’, credo che lei debba interessarsi veramente a quel che fa la signorina Lizzy, la sua routine e ciò che le piace. Dovete farle capire che in tutti questi anni lei è sempre stata molto importante per voi, e il primo modo per riuscirci è dimostrandole interesse, facendole capire che voi la conoscete.»
   «Sì, fin qui ci ero arrivato. Ma come?», sbottò Ciel esasperato.
  Meirin abbassò gli occhi, corrucciata. «Non lo so…» Poi s’illuminò. «Ho trovato! Dovreste portarla a vedere uno spettacolo di paura!»
   Ciel, interdetto, sospirò rassegnato. «Va bene, grazie per il consiglio Meirin.» Così dicendo scese la scale e fece un segno di saluto.
  «Buona fortuna!», esclamò la domestica allegra. Non appena il padroncino ebbe voltato l’angolo riprese il lucido e ricominciò a strofinare con rinnovata energia.
   Ciel decise che Meirin non era la persona più adatta a cui chiedere consiglio. In fondo aveva un debole per le storie horror, e per di più era un cecchino esperto, come aveva potuto pensare che fosse una donna romantica? No, sarebbe stato meglio chiedere a qualcuno con più esperienza, qualcuno che se ne intendeva di queste cose, qualcuno di equilibrato. «Tanaka, potrei farti una domanda?»
   Il maggiordomo, che si stava rilassando bevendo una tazza di tè in ginocchio sul retro della magione, lo guardò sorridendo. Ciel lo prese come un invito a parlare.
   «Se dovessi riconquistare Lizzy – non che io abbia bisogno di farlo, intendiamoci – come potrei fare?»
 Tanaka rimase a fissare Ciel con lo stesso sguardo allegro. Poggiò la tazza di tè a terra e si alzò. Il ragazzo, pensando che promettesse bene, si preparò ad una rivelazione cardine della sua esistenza. Magari Tanaka, con tutti gli anni che aveva, era riuscito a decifrare l’universo femminile meglio di lui. Il maggiordomo alzò lo sguardo su Ciel…
   «Oh! Oh! Oh!»
  Ciel in cuor suo non si aspettava molto altro, per questo interpretò quel suggerimento nell’unico modo in cui poteva fare. «Capisco: devo essere allegro con lei e… e farla ridere. Grazie mille Tanaka, mi sei stato di grande aiuto.» Il ragazzo si dileguò, assimilando le informazioni che fino ad ora aveva appreso. Ragionò sul fatto che comunque non bastava quello per riconquistare Lizzy in un solo pomeriggio, per cui forse poteva chiedere aiuto anche a qualcun altro. Non che Tanaka fosse tanto male, ma ci voleva qualcuno più al passo con i tempi, qualcuno di moderno! Così Ciel decise di andare in cucina a cercare Bard.
  «Bard, posso chiederti un consiglio?», cominciò il ragazzo titubante, di fronte al cuoco e a Finny, che stavano nelle cucine a giocare a carte.
   L’uomo ghignò e la sua sigaretta si storse in una strana angolazione. «Riguarda la signorina Lizzy?»
   «Sì», disse Ciel rassegnato prendendo una sedia e accomodandosi al tavolo degli altri due.
   Bard sghignazzò. «Be’, è molto semplice. Le dica che lei è la più bella ragazza del mondo, le porti delle rose, dei cioccolatini, magari un gioiello costoso e poi è fatta.»
  Finnian lo guardava con tanto d’occhi, mentre Ciel si chiese se quella tattica, che pareva tanto semplice quanto scontata, fosse davvero la soluzione a tutti i suoi problemi. «Non dire sciocchezze!», lo apostrofò Finn, negli occhi un’aria combattiva.
   «Oh già, hai ragione!» Bard assunse un’aria solenne. «Devi essere anche distaccato ogni tanto: quando le donne si sentono un po’ ignorate ti desiderano di più.»
  «Davvero?», domandò Ciel. Ma non è possibile, è praticamente quel che ho fatto io fino ad ora, e non mi pare che abbia funzionato.
   «Non dire sciocchezze!», ripeté Finny. «Le ragazze vogliono che il loro uomo sia romantico, che si dimostri forte per proteggerle e che non le facciano mai soffrire», decretò il ragazzo.
   «Che parole da damerino sono queste? Parli come quell’orribile conte biondo!»
   «E’ la verità, nessuna ragazza si farebbe mai trattare come hai detto tu!»
   «La mia tecnica è scientificamente provata, da me ovviamente, e per quanto mi riguarda ha sempre funzionato alla grande.»
   Ciel, pensando che si prospettava un discussione lunga, si alzò e uscì senza che i due nemmeno se ne rendessero conto. Appena fuori dalle cucine si diresse verso il giardino, ripassando ciò che aveva appreso. Bene, abbiamo detto: farla ridere, proteggerla, farle dei regali costosi, uno spettacolo di paura – no, no, quello no. Com’era? Ah sì, interessarsi a ciò che fa. Poi, vediamo… Ciel, immerso nelle sue elucubrazioni, si spaventò a morte quando un serpente lungo almeno novanta centimetri gli soffiò addosso il suo verso sibilante perché l’aveva quasi calpestato con il tacco della scarpa. Il ragazzo alzò gli occhi e vide Snake, inginocchiato a terra, allungare un braccio e ritirarlo una volta che il serpente vi si fu arrotolato addosso. Senza espressione l’addestratore guardò Ciel. «Scusa, dice Oscar.»
   «Non importa.» Ciel fece per avviarsi, ma il ragazzo lo fermò.
  «Ho saputo del vostro problema con la signorina Lizzy, dice Wordsworth.» Il ragazzo si volse, stupefatto. In quella casa tutti si facevano gli affari suoi! Anche i serpenti di Snake, il che dava da pensare sulla sua vita privata. «Io credo che lei dovrebbe essere sincero e dirle ciò che prova, senza nascondersi dietro a nulla… dice Wilde.»
   Ciel, gli occhi spalancati di stupore, guardò il ragazzo dalla pelle scarna e secca stupefatto. «G-grazie», balbettò soltanto.
   «Si figuri, dice Wilde.»
  Ciel sbatté le palpebre e fuggì fuori dalla magione, il più lontano possibile da tutte quelle persone che lo confondevano e gli dicevano come era meglio che si comportasse. Dire a Lizzy ciò che provava senza nascondersi dietro a nulla? Chissà cosa non sarebbe uscito da quella sua boccaccia! Forse era meglio non rischiare tanto, avrebbe lasciato quel consiglio come ultima possibilità.
«Sebastian!»
   «Mio signore?»
  Ciel sobbalzò, trovandosi il maggiordomo affianco in meno di un secondo. Diavolo di maggiordomo! Il ragazzo si schiarì la gola e ordinò: «Voglio che tu vada in città a comprare un mazzo di rose fresche, una scatola dei cioccolatini più pregiati e un anello dello stesso colore del mio, ma più… femminile. Il più in fretta possibile.»
   «Sì, mio signore.» L’uomo si avviò lungo le scale che portavano al giardino e poi al cancello, ma ad un tratto si fermò.
   «C’è qualcosa che non ti è chiaro?», domandò freddo Ciel.
   «Per caso questi doni sono per la signorina Lizzy?» Il ragazzo non profferì parola, e questo fu una chiara risposta alla domanda di Sebastian. «Me lo chiedevo solo per curiosità. Dev’essere di umore molto generoso, altrimenti non mi spiego perché mai abbia deciso di fare tutti questi regali a Miss Elizabeth. Di sicuro non sarà perché ha timore che lei scelga un altro, o sbaglio? Dopotutto lei la ama, mio signore, incondizionatamente.» Il demone sorrise sadico. «O almeno, così era fino all’altro ieri. Se perdesse… ma non succederà, non è vero?» L’uomo partì alla volta della città, di corsa, e Ciel digrignò i denti.

   «Elizabeth oggi ti trovo splendida.» Alois Trancy fece un sorrisino di circostanza, si chinò e baciò la mano a Lizzy.
  La ragazza si ritrasse, imbarazzata. Chissà se Alois si sarebbe comportato allo stesso modo anche da sposati? «Neanche voi sfigurate.» Tuttavia non poteva vedere in lui la stessa bellezza degli occhi di Ciel, del suo volto, del suo fisico, del suo modo di comportarsi intrigante. Ai suoi occhi Alois era una persona dal carattere molto semplice. «Desiderate fare colazione?»
   «Ma certo, basta che la facciamo insieme.» Alois sorrise e seguì Elizabeth nella sala da pranzo. Quando furono seduti e il tè venne servito in graziose tazze decorate a mano, Alois, con mossa premeditata e occhi dolci, posò una mano su quella della ragazza. «Lizzy, ho pensato molto a questa situazione», cominciò il ragazzo con voce greve, «E non posso fare a meno di notare la tua tristezza in questi giorni. So bene che il conte Phantomhive ha molte più possibilità di me di avervi per moglie, voi due vi conoscete da molto, avete avuto modo di apprezzarvi reciprocamente. Io sono nuovo qui, invece, ma desidero che voi sappiate che, qualunque sarà la vostra scelta, in me potrete sempre trovare qualcuno che vi conforti. Dimmi Elizabeth, cos’è che ti turba tanto?»
   La ragazza, stupita, fece scivolare via la mano da quella del conte Trancy e sorseggiò il suo tè prima di rispondere. «E’ lodevole da parte vostra, che vi siate accorto che ero di pessimo umore. In realtà non ho ancora scelto nessuno dei due, perché è come ha detto lei, conte: Ciel è mio amico sin dall’infanzia, ma non si è mai interessato al nostro matrimonio più di tanto, invece lei signor conte è molto preso, ma la conosco da poco.»
   «So di non averle dato molte ore per riflettere, e mi dispiace. Forse sono stato troppo impulsivo. Allora mi dia lei del tempo. Mi permetta di farle conoscere ogni aspetto del mio carattere, così che possiate scegliere l’uomo che più vi aggrada, ma vi prego di non farvi accecare dalla quotidianità.» Elizabeth lo guardò interrogativa. «Voi siete abituata a ricevere pallide attenzioni, ma non è così che va trattata una dama come voi. Se Ciel non riesce a capirlo allora non è degno del vostro amore né del vostro rispetto. Nel matrimonio un uomo e una donna non dovrebbero essere uniti solo dall’amicizia, ma da qualcosa di più. E io provo qualcosa di più per lei, miss Elizabeth.»
   Lizzy sorrise, imbarazzata e rincuorata al tempo stesso. Ad ogni parola quel conte Trancy guadagnava qualche battito di cuore in più da parte sua. «La ringrazio, lei dev’essere una persona molto saggia. Prima di pranzo le andrebbe di andare a fare una cavalcata? Abbiamo i purosangue migliori qui alla magione. Ha delle vesti per andare a cavallo?»
   «E’ possibile che Claude le abbia portate.»
   «Allora la aspetto alle scuderia fra un’ora.» Così dicendo Elizabeth si alzò e Paula la seguì a distanza di qualche metro.
  «Claude.» Dopo qualche attimo il nero maggiordomo aprì la porta d’ingresso ed entrò. Alois pareva arrabbiato. «Perché ci metti sempre così tanto?»
   «Mi perdoni, stavo tirando fuori dall’armadio la vostra divisa per fare equitazione. Anche se voi non siete mai andato a cavallo.»
  Alois fece un verso di disapprovazione. «La principessina è molto lenta a prepararsi, mi ha dato un’ora di tempo. Accidenti, che noia. Preparami un bagno caldo, subito.»
   «Sì, vostra altezza.»




















Ciao a tutti! =)
Allora, proprio perché non è una Seb/Ciel, che sono quelle più apprezzate nel fandom, sono contenta che la storia abbia qualche seguace. Lizzy Power! Mwahahah!
Okay, a parte questo: mi piace questo capitolo perché ci sono tutti i servitori di Ciel e ognuno gli dà un consiglio diverso! Siccome comunque adoro Snake ho fatto sì che il più saggio fosse lui ^^ E ovviamente non sia mai che Sebastian si dimostra carino con Ciel, per cui lui si è ancora impegnato tantissimo per fargli venire dubbi su Lizzy xD
Se volete leggere lo spoiler dell'ultimo capitolo cliccate qui, a Domenica prossima per vedere chi sceglierà Elizabeth: Ciel che la ama davvero ma non l'ha mai dato a vedere o Alois, che la vuole solo per un capriccio ma è molto convincente? Hmmm....
Patrizia

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Capitolo 5
*** Domenica 23 Marzo, nel pomeriggio - Infido di natura ***


Domenica 23 Marzo, nel pomeriggio
Infido di natura





   Ciel si sistemò la giacca un ultima volta, controllò se i pantaloni cadevano bene, si diede una rassettata generale, infine fece segno a Sebastian di procedere. Il maggiordomo si sporse oltre a lui e bussò tre volte alla porta della magione Middleford. Un cameriere li fece accomodare e li condusse fino al giardino dove, seduta dando loro le spalle, immersa nella contemplazione dei fiori, c’era Elizabeth, sola. Ciel stava per schiarirsi la voce, poi ci ripensò. Strappò di mano a Sebastian il mazzo di rose e la scatola di cioccolatini che il maggiordomo portava e infine segnalò la sua presenza. Elizabeth si volse con uno scatto. «Oh, Ciel.» I suoi occhi si fecero come guardinghi. «Vieni a sederti qui con me.» Sorrise leggermente, ma non era uno dei suoi soliti sorrisi radiosi e spontanei.
   «Va’ via Sebastian», mormorò il ragazzo a mezza voce prima di dirigersi verso il tavolino immerso nel verde. Prima di sedersi il ragazzo porse a Lizzy il mazzo di rose e la scatola di cioccolatini. «Per te.»
   Consiglio numero uno – farle dei regali.
   Elizabeth osservò i fiori meravigliata. «Oh, grazie Ciel.» Sorrise di nuovo, ma questa volta con tenerezza sincera. «E questo cos’è?» Aprì la scatola e vi trovò dentro i cioccolatini a forma di cuore. Il suo sorriso si allargò. Prese un dolce e lo mangiò, sorridendo all’indirizzo di Ciel.
   Il ragazzo sorrise compiaciuto. «Cos’hai fatto oggi?»
   «Be’, io e Alois siamo andati a fare un giro a cavallo, ma lui non era affatto abituato ad andarci.» La ragazza ridacchiò. «Credo che non avesse mai visto un cavallo in vita sua, è stato davvero divertente vederlo provare a cavalcare.»
   «E che altro mi racconti?», domandò Ciel incoraggiante. «Posso?», chiese poi allungando la mano verso i cioccolatini.
   «Ma certo tieni.» Lizzy glieli porse e lo guardò mangiare sorridendo. «Be’, pensavo che in futuro potrei dedicarmi a creare abiti. Mi piacciono tanto, ma penso che anche io potrei farne di meravigliosi. Mi hanno insegnato a cucire, quindi non dovrebbe essere difficile.»
  «Sembra proprio adatto a te, sono sicuro che farai degli abiti bellissimi.» Ciel accompagnò le ultime parole passando un indice sulla guancia della ragazza, e la sua pelle gli parve della consistenza della seta. Era meglio di qualunque altro vestito che avrebbe mai potuto indossare, e certe volte Ciel fremeva anche solo per toccarla e baciarla. Il ragazzo arrossì violentemente a quel pensiero e ritrasse la mano veloce, distogliendo lo sguardo. Il suo comportamento non sfuggì a Lizzy, che si rabbuiò un poco. «Quindi… Avvisami quando la tua prima creazione sarà terminata. Hai già delle idee al riguardo?»
  Elizabeth, senza farselo ripetere due volte, si lanciò in una spiegazione dettagliata di un abito che le sarebbe piaciuto molto realizzare, al quale pensava da settimane. Ciel sorrise soddisfatto e spuntò dalla lista un altro punto.
   Consiglio numero due – interessarsi a lei.
   Dopo qualche minuto, una volta che ebbero esaurito il tema moda, Alois arrivò, splendente nel suo completo bianco. Pareva un angelo, accidenti a lui! «Alois, vedo con piacere che si è ripreso. Quella cavalcata deve averla scombussolata parecchio, non è così?», domandò Lizzy con un risolino.
   Per un attimo il ragazzo parve arrabbiato, ma alla fine rise di una risata finta. «Ha proprio ragione Lizzy, sono un vero disastro con queste cose. Nemmeno da ragazzino ho mai apprezzato i cavalli, l’equitazione o qualsiasi altra cosa che vi si avvicinasse. In compenso, credo di cavarmela nella scherma, e non sarebbe meraviglioso poter tirare di scherma assieme ogni volta che vogliamo?», così dicendo si sedette affianco a Elizabeth e le posò una mano sulla spalla.
   «Certo che sì. Dovreste venire a trovarmi più spesso.»
   «O potreste farmi visita voi. Le lascerò il mio indirizzo, immagino che le vostre lettere debbano essere entusiasmanti. Ci vuole una certa abilità per scrivere lettere gradevoli, e lei Lizzy, ha mille e una capacità, non è così?»
  Ciel borbottava giocherellando con un cioccolatino, che alla fine mangiò cercando di trasferirgli tutta la violenza che voleva riversare su Alois e le sue rivoltanti avances. Infine prese parola. «Alois, raccontami della tua clamorosa caduta da cavallo, mi spiace molto di non avervi potuto assistere.»
   Il biondo fece una brutta smorfia. «Qualcuno ha bisogno di rimanere al suo posto, Ciel. Chiediamo alla signorina che cosa ha deciso in merito alla questione per cui oggi siamo qui.» Si risvolse a Elizabeth e le strinse la spalla più forte. Lizzy tentò di liberarsi dalla sua presa, che le stava dando fastidio alla spalla, ma Alois non voleva lasciarla. Continuarono quel silenzioso teatrino per qualche secondo, mentre Ciel si domandava come mai Lizzy si agitasse tanto sulla sedia. Probabilmente per l’annuncio da fare. A quel pensiero il cuore del ragazzo cominciò a battere impercettibilmente più forte.
   «A-Alois», mormorò Elizabeth con l’espressione tirata.
   «Mi perdoni.» Il conte Trancy si ricompose, lasciò la presa e osservò Ciel malevolo.
   Lizzy, ancora un po’ sconvolta, si schiarì la voce e ricominciò a parlare. «Ho riflettuto molto sulle vostre proposte, e ho preso una decisione. Conte Trancy, la sua proposta mi lusinga moltissimo, ma credo che potrei trascorrere con lei tutte le giornate senza trovarvi la scintilla che caratterizza il mio rapporto con Ciel. Certo, lui non è il più romantico degli uomini, quello che io sogno fin da bambina, ma è quello adatto a me, ne sono certa. Mi dispiace di doverla lasciare andare così, spero che in futuro potremmo ancora…»
   Elizabeth si chinò verso Alois, ma non si accorse che il ragazzo, dopo un iniziale momento di stupore, tremava di rabbia. Con un gesto di stizza scacciò la mano di Elizabeth e si alzò dalla sedia, facendola cadere a terra. Inizialmente parve volersi trattenere, ma poi ci ripensò. Afferrò Lizzy per entrambi i polsi e prese a scuoterla con rabbia. «Tu! Insulsa bambina viziata! Non sai nemmeno cosa significhi avere un rapporto con una persona. Amore è solo una parola come un’altra nel tuo vocabolario…!»
   Senza pensare Ciel si alzò fulmineo, e con il volto deformato dalla rabbia si avventò su Alois, con il tavolino che si frapponeva in mezzo a loro, e lo spinse puntandogli le mani addosso. Alois lasciò andare Lizzy, che si allontanò fino a raggiungere l’uscita del giardino, ma non perse di vista i due ragazzi.
   Alois sorrise amaramente. «Che cosa vuoi fare, conte Phantomhive? Adesso che vieni minacciato hai deciso di reagire?»
   «Non sono stato io ad essere minacciato. Tu hai minacciato Elizabeth! Non permetterti più di toccarla in quel modo irrispettoso!»
   «Oh, perché? Perché solo tu lo puoi fare?»
   «No», Ciel sputava odio da tutti i pori, «Nessuno può farlo, per nessuna ragione.» Il ragazzo fece due ampi passi per girare attorno al tavolo e raggiungere Alois. Del tutto inaspettatamente, caricò il braccio e gli sferrò un pugno che andò a finire nello stomaco. Dal suo angolo Elizabeth squittì di paura. Ciel, il volto cinereo e l’espressione tanto folle da far paura, si chinò su Alois, che stava piegato in due, e gli sussurrò: «Se ti avvicini di nuovo a lei dirò a Sebastian di ucciderti.»
   Alois alzò gli occhi su Ciel, e comprese che si era sbagliato di grosso. Ciel Phantomhive non era più desiderabile per gli affetti che aveva intrecciato a suo vantaggio, per il dolore che si sarebbe lasciato dopo alle spalle, ma per quello che provava. Alois sentiva nel cuore solamente rabbia cieca, impazzita e indirizzata ovunque, senza controllo. Quella di Ciel invece era incanalata, e frenata dagli affetti – dall’amore – che lui provava verso gli altri. Era il suo cuore a renderlo così appetitoso, a renderlo effimero e forte come solo un uomo può essere.
   «C-Claude…», chiamò flebilmente Alois appoggiandosi al tavolino per alzarsi.
   Ciel alzò lo sguardo, ma Elizabeth era scomparsa. «Lizzy?» Il ragazzo si guardò intorno, per essere sicuro che non si fosse rifugiata altrove, magari per paura che combinassero qualcosa. Quando non la vide corse via. «Lizzy!», chiamò una volta dentro casa. Corse verso le scale, fino al piano superiore, diretto al corridoio dove c’era la stanza di Elizabeth. Corse così veloce per così tanta strada che quando arrivò e spalancò la porta era letteralmente senza fiato. Ciel ansimava di fatica e la corsa gli aveva fatto venire caldo. «Elizabeth?», mormorò quando vide la ragazza seduta su una sedia accanto alla finestra, che lo guardava con un velo di tristezza.
  Bene, a questo punto anche il consiglio di Finnian, di proteggere Lizzy, era stato portato a compimento. Tuttavia gli occhi tristi, che non le si addicevano affatto, erano ancora lì che troneggiavano sul suo volto e la facevano apparire più stanca. Ciel decise che, data la situazione, per una volta – solo per quella volta – avrebbe anche potuto fare come gli aveva suggerito Snake, e rivelare i suoi sentimenti alla ragazza con parole più chiare dei gesti.
   «Lizzy…»
  «Ciel, com’è possibile?» La ragazza volse gli occhi alla finestra. «Questa è l’ennesima riprova del fatto che solo quando succede qualcosa tu reagisci e mi rivendichi come tua fidanzata. Ma quando mi hai toccata, giù in cortile, quando Alois non c’era, ti sei ritratto subito, come se la mia pelle bruciasse, come se non ti piacesse affatto neanche sfiorarla con un dito.» Gli occhi di Lizzy si velarono di lacrime, ma la ragazza si impose di non piangere. Aveva promesso a sé stessa di non farlo più, a causa di Ciel. «E’ vero che non ha alcun senso avere un marito che non ti desidera, ma io non ce la faccio a pensare a un futuro con qualcuno che non sei tu.»
  Ciel ascoltava a bocca aperta e occhi spalancati. Si passò i palmi sul viso, più volte, sospirando forte. «Lizzy», disse infine, «sei proprio una sciocchina, lo sai?» Ciel si avvicinò alla ragazza e s’inginocchiò accanto a lei, prendendole il mento con una mano e sollevandoglielo, perché lo guardasse. «Tu credi che io sia un grande oratore, non è così?» Pur senza capire dove volesse andare a parare, la ragazza annuì. «Be’, non è affatto vero. Io, con te, non riesco mai a parlare, perché tutto ciò che vorrei dire mi si confonde in testa. E finisco per dire cose stupide, o cose non vere. Per questo preferisco starmene in silenzio la maggior parte delle volte.» Ciel sorrise, e si stupì che quell’effluvio di parole fosse così facile da pronunciare, forse perché erano parole vere. «Tu credi che io non ti desideri? Questo…», il ragazzo abbassò la testa per un secondo, scuotendola, «questo è davvero imbarazzante da dire.» Quando tornò a guardarla Elizabeth si stupì nel vedere Ciel di un vago colorito roseo. «Ma io ti desidero così tanto che solo toccarti mi provoca dei brividi, e vederti muoverti mi procura una scossa. L’altro giorno, alla festa, ti sei arrabbiata perché credevi che avere dei figli con te mi disgustasse, ma non è affatto così. E’ che l’idea di una simile intimità con te mi… mi imbarazza molto, e ho preferito che tu non lo notassi.» Ciel fece un sorrisino e prese un respiro profondo. Ma dopotutto, lui era Ciel, e non era abituato a dire cose del genere. E infatti: «E’ vero a volte sono sgarbato, però tu sei insopporta-».
  Lizzy mosse velocemente la mano e la portò sulle labbra del ragazzo, chinandosi su di lui. «Farò finta che non abbia mai detto quest’ultima frase.» Lizzy sorrise e lasciò cadere la mano, così Ciel mormorò delle scuse imbarazzate.
   Il ragazzo si alzò, e fece alzare con lui Elizabeth. «Voglio che mi sposi.»
   «Lo voglio anch’io.»
  «Tu credi… che anche se non sei ancora mia moglie, ho il permesso di fare una cosa?» Ciel scostò uno dei boccoli della ragazza dietro l’orecchio e osservò le sue labbra. Deglutì a vuoto, senza riuscire a placare quel groviglio che sentiva nello stomaco.
   «Perché no?»
  Lizzy chiuse gli occhi e Ciel si abbassò fino a sfiorare le sue labbra. Nessuno dei due aveva mai dato un bacio, né aveva visto qualcuno baciarsi. Ciel sperò di stare facendo la cosa giusta quando mise una mano sulla mascella di Elizabeth e l’attirò a sé. Le labbra di lei erano morbide, migliori di come aveva mai sognato, fresche e saporite, si distesero sulle sue con naturalezza. E Ciel fu certo in quel momento che era giusto che Lizzy fosse solo, interamente sua, perché le loro labbra si toccavano tanto armoniosamente da completare un puzzle: erano fatti per stare assieme.
   Quando si separarono Ciel aveva un’aria sconvolta. Lizzy gli sorrise, con quel sorriso naturale che aveva sempre avuto, con quegli occhi luminosi che Ciel aveva imparato ad amare.

   «Signorino?» Nessuna risposta. «Signorino?»
   Ciel, conscio che da qualche parte qualcuno richiamava la sua attenzione, si volse. La sua mente era occupata da un’immagine, un fatto avvenuto solo poche ore fa nella magione Middleford: labbra piccole e rosa, morbide e saporite. «Eh?»
   Sebastian sorrise serafico, un’ombra furba sugli occhi. «La cena è pronta. Crema di verdure come primo piatto, carne di maiale per secondo con contorno di insalata e salsa di gamberi. Per dolce abbiamo una torta alle fragole. Vino alsaziano frizzante per accompagnare il tutto.»
   «Grazie Sebastian, sto arrivando.» Ciel fece finta di scarabocchiare qualcosa di importante su un foglio, che in realtà era pieno solo di piccoli disegnini e inutili scritte a inchiostro nero. Poi si alzò, fece il giro della scrivania, e uscì nel corridoio accompagnato da Sebastian.
   «Posso permettermi due parole, signore?»
   «Fa’ pure.»
  «Oggi è stato molto audace, mi hanno raccontato del vostro litigio con Alois Trancy per difendere l’onore della signorina Elizabeth.»
   «Hm.»
   «E da quel che ho visto, lei ha accettato di diventare vostra moglie. Con un suggello come quello di oggi credo che non guarderà più altri uomini in tutta la sua vita.»
  Ciel si bloccò in mezzo al corridoio. «Che cos’hai visto tu?», domandò furioso a Sebastian. «C’era la porta chiusa, maniaco spione!»
  «In futuro le consiglio di controllare meglio le porte, signore. Sono infide di natura, come solo certe sue conoscenze possono essere.»










Fine
Questa storia non è stata scritta a fini di lucro. I personaggi appartengono a Yana Toboso, autrice di “Kuroshituji” e detentrice di tutti i diritti.




















Et voilà!
Allora, ho solo una cosa da dire sul capitolo: Lizzy ha scelto Ciel comunque, alla fine, perché secondo me lei è perdutamente innamorata! Awww... A parte questo fatto, che volevo sottolineare, abbasso Alois Trancy. Scusate, non ci posso fare niente, lo detesto davvero u_u
Mi è piaciuto far parlare Ciel apertamente, perché nel manga lui dimostra il suo affetto più con i gesti che con le parole, però è un po'... criptico delle volte. Cioè sembra che non sopporti Lizzy, così ho deciso di farlo parlare un po' con onestà.
Comunque, ringrazio tantissimo le persone che hanno recensito, mi ha fatto molto piacere leggere le vostre opinioni ^^ Fan delle Ciel/Lizzy, non arrendiamoci! Un giorno conquisteremo il nostro posto in questo fandom! xD
Alla prossima fanfiction, saluti a tutti =)
Patrizia

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