Love in Moulin Rouge

di xkissmejdbieber
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Soprattutto stanotte ***
Capitolo 2: *** Smoke in the dark ***
Capitolo 3: *** I'm sorry. ***
Capitolo 4: *** A questo giorno e a tanti altri come questo. ***
Capitolo 5: *** Questa è la felicità. ***
Capitolo 6: *** If you want it. ***
Capitolo 7: *** Yes, I want it, Justin! ***



Capitolo 1
*** Soprattutto stanotte ***


Hope 28-04-2012
Le case antiche hanno su di me una specie di potere. Sono impregnate di un fascino misterioso, come se il passato potesse ancora vivere il loro. Le scale che portavano all'ultimo piano della casa erano di legno a differenza delle altre fatte di marmo. Quando misi piede sull'ultimo gradino scricchiolò maledettamente sotto le Vans scambiate. Appoggiai il piede e mi ritrovai davanti a una porta, l’aprii e entrai in una soffitta polverosa. Scatoli colmi di roba e bauli. La luce filtrava a stento da una finestra sul soffitto piena di polvere. Presi un telo che copriva qualcosa e lo tirai via. C'era un baule sotto, di un legno più spesso e scuro e ben saldato. La chiave era nella serratura. Mi accovacciai accanto al baule e girai la chiave piccola di bronzo fino a quando il silenzio fu rotto dal Clic mettallico e aprii la cassa. Dentro c'erano vestiti di vari colori. Ne presi uno. Era color porpora di una stoffa spessa con un bustino stretto. Ve ne erano uno viola, uno verde e uno giallo dello stesso modello, sottane nere e reggicalze.. Tutti quei vestiti ricordavano le ballerine di Can Can parigine. Mentre rimuovevo i vestiti un diario e una piccola scatolina di latta richiamarono la mia attenzione. Presi il diario e la scatola e mi recai reggendoli fin sotto la finestra. Li appoggiai sul pavimento, rimossi il tappeto impolverato, presi due teli. Con uno pulii la finestra fino a quando la luce del giorno entrò in una fascio diretto che illuminava una porzione di pavimento. Stesi uno dei due sul pavimento e mi ci sedetti sopra. ,Mi rigirai la scatola e il diario tra le mani. Il primo era di latta rossa con un'incisione sul fondo "For ever in Paris", il secondo aveva una copertina rossa su cui era scritto in una grafia impeccabile "Devonne's Diary"; le pagine erano spesse e ricoperte da quella grafia elegante. Appoggiai la scatola per terra e mi immersi nella lettura del diario.
 


"Dear Diary,                                                                                                                                                      Parigi 18-03-1893
 
La prima cosa che mi ha colpita del Moulin Rouge sono state le donne: così disinvolte, trasgressive, estranee a ogni buon auspicabile costume. Esibiscono le loro gambe, sorridono ad estranei seduti ai tavolini, ballano e si divertono. Finito lo spettacolo vanno tra il pubblico e parlano con gli uomini, subendo commenti sgradevoli e maliziosi, lasciandosi osservare i seni traboccanti dal corpetto nero stretto. Fumano con loro e li osservano con gli occhi pesanti di trucco spesso sbavato attraverso cortine di fumo. Mordicchiano le sigarette stringendole tra i denti e lasciando impronte di rossetto color sangue, dello stesso colore delle gonne che indossano. Sono estranea a quel mondo. Non ho mai ballato per un pubblico di uomini semi ubriachi, mai ballato sotto quegli sguardi, mai ballato il can can.
"Caroline, non ti preoccupare, sarà una grandissima ballerina di can can. E' provocante ma non volgare e questo piacerà a Charles e Joseph, è una ballerina diversa dalle altre. Guardala! Non è una parigina, ma ha più fascino di tutte loro messe insieme! Questi suoi occhi scuri ed intensi e i capelli neri a boccoli, la sua pelle olivastra! Era una zingara sua madre?"
"Oh si lo era. Le abbiamo accolte quando la madre era poco più che diciottenne e lei aveva un paio di mesi! E' morta cinque anni fa e Devonne era da sola. Noi del circo le abbiamo insegnato tutto ciò che sa! Ti ringrazio infinitamente per quello che stai facendo per lei.."
"Tutto in onore della nostra vecchia amicizia! Ricordo ancora la nostra infanzia, i nostri giochi! Non sei cambiata per niente!"
Si è girata verso di me scacciando una ciocca di capelli carota, portando alle labbra dipinte di rosso la sigaretta. Ha inspirato aggrottando di poco la fronte e mi ha soffiato quella nuvola di fumo puzzolente sul volto. Vedendomi arricciare il naso ha riso di gusto con quella sua risata sguaiata e mi ha detto: "Sarai una grande ballerina ma devi imparare a fumare e a sorridere agli estranei mia cara, il can can te lo insegno io."
Si era voltata ed era entrata nel cabaret, io la seguii con Caroline. Erano le undici di mattina e non vi era nessuno dentro, le sedie e i tavolini che occupavano lo spazio sotto il palco erano lì, vuoti, aspettavano il pubblico di ogni sera. Louise Weber, detta "La Goulue" per il suo amore incondizionato per il cibo, salì sul palco. La gonna porpora un po' spiegazzata che aveva indossato la sera prima allo spettacolo le svolazzò intorno mostrando la sottana nera. Con un gesto della mano mi invitò a salire sul palco e io la seguii. Mi mostrò i passi di base e la imitai, il silenzio era interrotto solo dal rumore che i nostri piedi producevano toccando le assi di legno leggermente sconnesse in alcuni punti del palcoscenico.
"Ora mettici un po' di cuore e sorridi, Devonne!"
Obbedii. Sorrisi un po' forzatamente a Coroline che si era seduta con la sua solita compostezza su una sedia e mi osservava danzare. Lei annuì e mi sorrise. Non volevo lasciare il circo e Caroline. Il suo affetto. Il circo era il posto giusto per me, i carrozzoni di legno in cui viaggiavamo tutti insieme, il grande tendone colorato, i bambini seduti sugli spalti che ridevano compiaciuti. Dovrei odiarla, mi sta lasciando da sola in questa città immensa con questa signora un po' particolare, con le sue sigarette e il suo can can. Passarono i minuti e alle mie orecchie la voce di Louise arrivò più volte, propinandomi suggerimenti che seguii ma il mio cervello era impantanato nella solitudine e nella tristezza che l'imminente addio avrebbe provocato.
Il volto di un uomo sulla quarantina si affacciò dentro e sorrise a Louise. Uno dei suoi amanti? Forse quello con cui era stata la notte scorsa e dalla cui casa era andata via trafelata per venire ad incontrarci? La Goulue si fermò e urlò:
"Charles! Ho da poco parlato di voi a Caroline. Questa è Devonne ed è una nuova ballerina!"
"Una nuova ballerina?! Oh povero me! Quando Henry vi portò qui per parlarmi di una talentuosa e fantastica donna avrei dovuto rifiutare! Dovrei pagare anche questa nuova giovane?"
"Si, Signor Ziedeler, si fidi di me! E' una ballerina eccezionale!"
 
"Tra un po' si comincia."
Osservai Louise che si affaccendava per legare corpetti con nastri neri e osservava tutte le altre ragazze. Corpetti neri, sottane nere, gonne rosse, tutte uguali, capelli legati e per le più provocanti reggicalze, rossetto rosso e trucco su gli occhi. Mi guardai riflessa nello specchio. I miei fianchi magri, il mio seno non abbondante, i capelli neri raccolti in una crocchia, gli occhi che non avevo voluto farmi truccare troppo e le labbra porpora. Mi lisciai la gonna, imbarazzata e mi tornai a sedere osservando tutte le ragazze che spettegolavano mentre si truccavano o finivano di stringere i lacci dei corpetti fino a mozzare il fiato. Tutte parlavano di un nobiluomo, un dottore molto giovane di poco meno di vent'anni che era venuto a Parigi dal Canada per trovarsi moglie. Tanti pettegolezzi sul suo conto ma tutte dicevano che era bellissimo, che frequentava i salotti colti e che aveva un grande fascino. Il suo nome passava di bocca in bocca, la pronuncia inglese molto cambiata dalle bocche avvezze al francese. Justin Bieber. Sarebbe stato portato da Henry al Moulin Rouge quella sera. Tutte se lo sarebbero conteso.
"Si va in scesa, fanciulle!"
Le gonne porpora si mossero, uscirono dalla sala e io con loro. Percorremmo il corridoio, Louise si girò e mi sorrise. La musica partì e ci precipitammo sul palco. Indossai un sorriso e cominciai a ballare a tempo di musica. Gamba su, giù, su, giù. Osservai il nostro pubblico. Due uomini in prima fila che battevano le mani, una donna come noi serviva ai tavolini, due ubriachi ridevano e tanti altri dietro di loro. Paia e paia di occhi lucidi ci osservavano lasciandosi trasportare. Che imbarazzo. Il mio sguardo si soffermò improvvisamente su di un ragazzo di poco più di diciotto anni, aria da nobile seduto con un uomo dai baffi sottili. Sentii il suo sguardo su di me, sul mio volto. Con una mano stringeva una coppa di vino che rigirava ritmicamente, annuiva alle parole del suo compagno ma mi fissava come se non stesse prestando minimamente attenzione alle sue parole. Si passò una mano tra i capelli di un biondo scuro, scostando una ciocca che gli era andata a finire sulla fronte. Anche quando la coreografia mi portava a girarmi di schiena sentivo il suo sguardo su di me. Smisi di guardarlo e fissai un punto indeterminato obbligandomi a sorridere. Dopo del tempo la musica finì, il giovane battè le mani e le ballerine si dispersero. Rimasi sola in un angolo fino a quando Louise che parlava con due uomini si girò verso di me e urlò il mio nome. Mi avvicinai a lei.
"Signor De Giaques, Signor Oreil, vi presento Devonne. La mia protetta."
"Complimenti signorina, è di gran talento. Sono stupito!"
L'uomo sulla destra mi prese la destra e se la portò alla bocca baciandola, stessa cosa fece il secondo. Sorrisi loro timidamente. Louise poi mi portò con se verso l'uomo dai baffetti sottili con il giovane dallo sguardo penetrante.
"Henry!"
"Oh santi numi! Louise, lei diventa sempre più bella. La dipingerò!"
"Noi modelle abbiamo bisogno di un compenso!"
"Le vanno bene dei dolci?"
"Oh si, di sicuro, mio caro!"
Se quello era Henry allora quello era il giovane dottore, Justin Bieber. Lui mi guardava negli occhi e io mi persi nei suoi, color miele. Non riuscivo a distogliere lo sguardo, ero immersa in quel colore, in quelle pupille che parlavano da sole, piene di parole e di suoni silenziosi. Il tempo era fermo a quell'istante, tutto era fermo a quel momento.
"Devonne! Devonne!"
La voce di Louise mi riportò tra i comuni mortali. Mi voltai a guardarla e i suoi occhi verdi sembravano pieni di divertimento. Abbassai il capo imbarazzata arrossendo di poco poi alzai lo sguardo.
"Quest'uomo è Henry de Toulouse.. Questa graziosa fanciulla è Devonne."
L'uomo dai capelli neri e i baffetti sottili mi fece un cenno con il capo.
"Incantato. E' una gran ballerina, signorina!"
"La ringrazio profondamente, sono onorata."
"Voglio presentarvi il mio amico Justin Bieber. E' un dottore canadese da poco a Parigi per trovare moglie. E' un dongiovanni."
Il ragazzo rise grattandosi la fronte. Prese la mano di Louise e glie la baciò. Poi prese la mia e il contatto con la sua pelle mi sorprese e lo stomaco mi si attorcigliò. Quando le sue labbra morbide toccarono il dorso della mia mano la sensazione si acuì e forse arrossii. I suoi occhi miele mi tornarono a scrutare come se stesse cercando di penetrare fin dentro il mio essere, di osservare la mia anima. Mai qualcuno mi aveva fatta sentire così. Nessuno prima di lui. Gli sorrisi incantata, forse il primo vero sorriso in tutta la serata. A far scoppiare quella bolla silenziosa che mi aveva allontanato dal mondo furono due ballerine che si avvicinarono a noi. Danielle e Amber.
"Signor Bieber la sua fama la precede!"
"Grazie! A che devo la presenza di due dee come voi?"
"Alla sua bellezza, Dottor Bieber- aggiunse l'altra, Amber- la desideriamo con noi, nelle notti fredde di questo marzo. Soprattutto stanotte."
"Qualcuno deve pur farle sapere che le parigine sono le migliori tra le donne."
"Non mi farò problemi, signorine."
Le prese a braccetto e con loro attraversò il locale lasciandomi sola con il signor De Touluse e Louise.
"Che vi avevo detto? In due minuti trova compagnia! Ah, Bieber."
Annuii in preda allo sconforto poi dissi:
"Credo che andrò. E' stata una giornata lunga per me, arrivederci."
"Arrivederci, mia cara."
"A domani, Devonne."
Oh si, a domani..
Ora che sono seduta qui, alla luce della candela scrivendo su questa carta spessa e dall'odore intenso comprata stamattina in un piccolo negozio qui a Montmatre l'accaduto mi addolora. Chissà che starà facendo il dottor Bieber ora con quelle due ballerine. Rabbia e dolore si rincorrono nel mio essere in un vortice. Forse passerò la mia vita da sola in questo appartamento, la mia carriera non mi porterà nulla di positivo, nessun uomo degno di essere amato, niente. Forse nella mia vecchiaia, passati gli anni in cui il mio corpo è desiderabile, sarò qui a scrivere su altre pagine narrando della mia vita con dei gatti che di notte mi lasciano per andare in giro sui tetti. Il futuro è così mutevole.
                                                                                                                                            Tua, Devonne

LOOK AT ME NOW.
Weilà Pulzelle. Mi auguro che vi piaccia questa nuova ff. E' alquanto particolare come trama, lo so.
Se volete che la continuii voglio 4 recensioni. Niente recensioni niente storia *risatamalefica*
Con amore, @rapemejdbieber on Twitter.

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Capitolo 2
*** Smoke in the dark ***


Dear Diary,                                                                                          Parigi, 22-03-12
 
Sono passati due giorni sulla mia pelle e stasera, dopo lo spettacolo mi ritrovo qui distesa a riempire queste pagine. Stamattina sono stata in giro per Montmatre e Pigalle, ho girato le librerie e con i pochi soldi che mi aveva lasciato Caroline prima di partire ho comprato due libri, dell'inchiostro, della frutta e verdure, una baguette. Ho deciso che per la mattina o per il pomeriggio prima dello spettacolo devo trovarmi un lavoro da queste parti. Qualcosa che mi dia l'opportunità di ricavere soldi nel tempo libero da investire per comprare beni di prima necessità, qualche vestito e libri da divorare. Il Dottor Bieber viene ogni sera a guardare lo spettacolo, seduto al tavolino a sorseggiare vino rosso. Mentre ballo lo osservo nella penombra del cabarret in cui le luci sono tutte puntate su di noi, lui e quella sua aria da dannato donnaiolo.
Stasera era appena finito lo spettacolo, stavo tornando al camerino quando una voce mi ha strappata ai miei pensieri..

"Signorina Devonne! Signorina Devonne!"
Mi girai e mi trovai di fronte il signor de Toulouse seguito dal Dottor Bieber. Deglutii e sentii nelle orecchie il rumore provocato dalla saliva che scendeva nella mia gola e mi sembrò un rumore intollerabile, udibile da chiunque.
"La ringrazio per la sua attenzione. Sono rimasto profondamente sorpreso dalla sua bellezza, dal suo volto e dalle sue movenze e vorrei chiederle di concedermi l'onore di ritrarla, se le sta bene. Di sicuro la ripagherò per questa cortesia. Le vanno bene mille franchi?"
"Ovviamente si, sarà un mio onore! Mille franchi sono una grande somma di denaro."
"Vorrei farle questo ritratto quanto prima possibile, mi è stato commissionato da un cliente che ha urgenza di ricervelo. Le va bene se domattina ci incontriamo qui davanti alle dieci?"
"Oh si, va bene. Ora se non le dispiace devo andare. La mia abitazione mi aspetta!"
"A domani allora, Signorina Devonne!"
Mi girai e entrai nel camerino. Mi tolsi quei vestiti e mi rivestii con abiti consoni a una fanciulla rispettabile e uscii nel freddo di Parigi.
"Signorina Devonne?!"
Chi era ancora? Mi giraii e vidi il dottor Bieber lasciare da sola una donna con cui stava chiacchierando e avvicinarsi a me.
"Dove va a quest'ora tarda da sola? Non sa forse che le strade di Parigi possono essere molto insidiose per una giovane così bella?"
"La ringrazio per il complimento ma non ho nessuna compagnia, non ho scelta."
"Se vuole l'accompagno. Dove abita?"
"Poco lontano da qui, Dottor Bieber."
"Vuole una carrozza o vuole procedere a piedi?"
"Opto per la seconda."
"Va benissimo."
Mi si affiancò e camminammo per un po' immersi nel silenzio, poi lui si tolse dal taschino un pacchetto di singarette e un accendino d'argento e stringendo tra le labbra la sigaretta l'accese mettendo le mani a coppa intorno alla fiamma. Lo osservai mentre faceva tutto ciò poi si rivolse a me sorridendo e porgendomi il pacchetto:
"Ne vuole una?"
"No, grazie. Non fumo e non so come si fa."
"Oh, guardi è la cosa più semplice della terra. Si inspira- detto questo si portò la sigaretta alle labbra e inspirò- si trattiene il fumo ispirato- disse allontando la sigaretta dalle labbra morbide e invitanti come due pesche succose- e poi si espira."
Detto questo cacciò tutto il fumo dalle narici producendo nuvolette bianche simili a quelle del vapore nelle notti invernali. Le osservai diradarsi, riccioli bianchi nella notte fredda, e tornai a guardarlo.
"Vuole provare?"
Mi porse la sua sigaretta girandola verso di me dal lato del filtro. La ossevai stranita.
"Sempre se l'idea delle mie labbre su di essa non le dispiaccia, Singorina."
"Non si preoccupi. Provo."
Mi fermai e presi tra il medio e l'indice la sigaretta e osservai il filtro rivestito dalla carta color ocra e il resto della carta bianca. L'avvicinai alle labbra e inspirai. Il fumo che mi andava ai polmoni mi bruciò la gola. Allontanai la sigaretta dalle labbra con calma dissimulando il fastidio e trattenni per poco il fumo. Poi dischiusi le labbra e lo lasciai uscire.
"Per essere il suo primo incontro con una sigaretta se l'è cavata benone. Io provai tre anni fa quando sfraffignai una sigaretta a mio padre mentre era a caccia e provai. Tossii per parecchio tempo, erano anche molto forti."
Risi di gusto immaginando la scena poi gli porsi la sigaretta e allora notai l'impronta del mio rossetto su di essa.
"Mi dispiace per avergliela sporcata."
"Oh no, non si preoccupi è una cosa provocante."
"Cosa?"
"Vederla fumare e osservare l'impronta delle sue labbra sulla sigaretta."
Detto questo riprendemmo a camminare per le strade deserte e buie di una Parigi addormentata e silenziosa.
"Che ci fa una ragazza da sola a Parigi? State cercando la vostra strada lontano da casa?"
"Niente di simile. Mia madre lavorava in un circo in cui sono cresciuta. Da quando è morta ho vissuto lì, nei carrozzoni del circo, girando città e avendo un mio piccolo numero nello spettacolo in cui ballavo in vari ruoli. Era la mia casa. La direttrice del circo poco prima che arrivassimo qui a Parigi mi ha comunicato che non sarei più stata parte integrante della grande famiglia del circo.. Mi ha affidata a Louise Weber chiedendole di trovarmi un piccolo appartemento e un lavoro fisso: quello di ballerina al Moulin Rouge. Il resto è facilmente desumibile."
"Non deve essere facile la tua vita.. Ma sono sicuro che la direttrice l'abbia fatto per affetto. Ha talento e di certo il suo numero al circo deve essere stato bello e non degno di essere rimpiazziato. Ha perso una ballerina per l'affetto che nutre nei suoi confronti."
"Ne sono convita. Mi hanno cresciuta insegnandomi a leggere, a scrivere, contare, cantare, ballare e pensare. So parlare inglese grazie ad un equilibrista di Londra che parlava solo inglese e non sapeva parlare francese. E lei perchè è qui?"
"Vengo dal Canada, sono un famoso dottore lì. Ma deve sapere che si racconta di Parigi ovunque, soprattutto del suo lusso e delle sue donne. Così ho deciso di vivere qui per un po' e di trovarmi una sposa tra queste strade."
"Che storia interessante. Ha trovato una moglie?"
"A dir la verità no, ma ho trovato, sa, molte donne disposte a essere mie per una sola notte."
"Capisco."
Mi fermai per strada e osservai una palazzina di pietra alla nostra sinistra.
"Abito qui, Dottor Bieber. La ringrazio per la sua compagnia e la sua cortesia.."
Vidi il Dottor Bieber guardare a destra e a sinistra della strada poi avvicinarsi a me di botto e afferrarmi per la schiena premendo il suo corpo contro il mio. Mi fece indietreggiare fino alla casa fino a quando le mie spalle toccarono la pietra fredda dietro di me. Mi tenne ferma e mi accarezzò la gamba tra ginocchio e anca insinuando la mano sotto la sottana nera. Eravamo contro fronte, i nostri corpi vicinissimi. Provavo terrore e repulsione per quello scatto improvviso. Ma anche eccitazione per quella situazione totalmente nuova e ero attrata da quegli occhi vicini e veri. Lui si fermò. Si allontanò di poco da me lasciandomi andare. Lessi nei suoi occhi il desiderio e qualcosa di diverso che non seppi comprendere e leggere in quei pozzi oscuri. Lo fissavo spaventata e incantata. Si riavvicinò a me e mi aggiustò una ciocca di capelli neri che mi era finita davanti all'occhio sinitro portandomela dietro l'orecchio.
"Arrivederci."
Si girò e se ne andò, lasciandomi così sconvolta. Rimasi per parecchi minuti impietrita, appoggiata con le spalle al muro, come se fosse la mia unica certezza, come se la terra fosse fragile. Il freddo poi penetrò nei miei vestiti e mi riscossi. Entrai nella palazzina e salii le scale. Mi ritrovai davanti alla mia porta, presi la chiave che conservavo nel reggiseno ed entrai. Una domanda mi eccheggiava e mi eccheggia nel cervello ora, a distanza di un'ora passata a pensare: Perchè?
                                                                                                         Tua, Devonne


HEY BUBE.
Alloooora. Grazie a tutte quelle che hanno recensito e a quelle che mi hanno fatto i complimenti tramite Twitter. Siete stupende.
La volta scorsa ho dimenticato una cosa: I personaggi (tranne Bibah e Devonne) sono realmente esistiti.
Le regole (?) sono le stesse: 4 recensioni e continuo (sono accettate anche 5, eh! lol)
With love, @rapemejdbieber on Twitter.

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Capitolo 3
*** I'm sorry. ***


Dear Diary,                                                                                                              Paris, 23-03-12

   
Entrai nel camerino, un grosso stanzone alle quali pareti erano appesi grossi specchi e addossati tavoli ognuno dei quali aveva una sedia. Mi diressi in fondo, dove mi preparavo sempre un quarto d'ora prima che cominciasse lo spettacolo. Le ballerine presenti mi scrutarono appena misi piede dentro. Le osservai stranita non comprendendo il motivo di quegli sguardi, poi le vidi bisbigliare vedendomi passare. Pizzicata da quegli sguardi attraversai lo stanzone e sul tavolo trovai un mazzo di fiori. Giacinti viola. Volevano dire “Perdonami, ti prego”. Presi il mazzo e immersi il volto tra i fiori annusandoli. Vi era un biglietto legato con un fiocchetto al tulle che li avvolgeva. Lessi: "I'm sorry, Justin"
La calligrafia era particolare, fine, quasi femminile. Rimasi stupita per ciò che aveva fatto e mentre mi vestivo e truccavo i pensieri mi si affollavano nella mente, voci e voci si accavallavano. Ero anche spaventata. Spaventata per quello che aveva fatto, per quelle mani, per la sua violenza. Alzai gli occhi verso lo specchio e osservai i miei occhi color della pece colorati poco di nero e la bocca rossa. Presi una piuma rossa che avevo trovato nel cassetto e me la misi nella crocchia legata da un nastro nero. Abbozzai un sorriso quando Louise entrò, luminosa come al solito, nel camerino.
"Ragazze, in scena."
Come ogni sera lo spettacolo andò benone, come ogni sera ballai dando ciò che potevo al pubblico di fronte a me. Ma il dottor Bieber non era nel pubblico c'era Henry da solo che conversava con la cameriera. Delusa ritornai nel camerino e mi lasciai cadere sulla sedia dietro al mio tavolo. I rumori del cabaret arrivavano alle mie orecchie attutiti e socchiusi gli occhi volando lontano dalle mie carni. Improvvisamente una mano mi toccò il braccio e qualcuno si sedette poco lontano da me. Sobbalzai e aprii gli occhi di colpo e il volto del Dottor Bieber mi fu vicino. Mi sorrideva rassicurante ma avevo paura. Paura di lui, paura per quello che aveva fatto. Ritrassi il braccio di poco mettendo le braccia conserte e alzando le spalle incassando la testa tra di esse come ero solita fare quando avevo freddo o paura.
"La ringrazio per i fiori, mi sono piaciuti moltissimo."
"Mi auguro possa accettare le mie scuse."
"Me lo auguro anche io e non ne sono sicura a dir la verità."
Lui abbassò lo sguardo e si morse il labbro per il nervoso poi mi fissò negli occhi.
"La posso riaccompagnare a casa questa sera? Non avverrà nulla di spiacevole."
"Non sono sicura sia una buona idea.. Come faccio a sapere che non accadrà di nuovo?"
"La parola di un gentiluomo non le basta?"
"La promessa di un donnaiolo vorrà dire."
Ridacchiai e lui mi imitò portandosi le dita tra i capelli e buttandoli all'indietro.
"Non le basta neanche quella?"
"A quella credo perchè lei è un donnaiolo quindi non mente spacciandosi per un gentiluomo."
"E' un affronto per caso questo?!- un sorriso luminoso irruppe sul suo viso- Sta insinuando che io non sia un gentiluomo?"
"Niente affatto. Se non le dispiace dovrei vestirmi in modo più consono per tornare a casa, sarebbe così gentile da aspettarmi fuori?"
"Suvvia! Mi sta trattando come se fossi un uomo che non abbia mai visto una donna nuda."
"La sto trattando come farebbe una donna con pudore, signor Bieber."
Si alzò dalla sedia accanto alla mia e attraversò lo stanzone a passo svelto, aprì la porta e si girò verso di me sorridente. "Faccia presto" Detto questo uscì chiudendo la porta alle sue spalle silenziosamente. Dovrei fidarmi o no? Mi alzai e mi tolsi i vestiti nel camerino vuoto. Mi misi il vestito prugna lungo che indossavo prima dello spettacolo, mi sciolsi i capelli togliendo la piuma e facendo una treccia laterale che mi ricadeva su una spalla e scendeva fin sotto il seno. Mi misi il cappello nero a falda larga e indossai la mantella. Riposi il vestito di scena e presi con me il mazzo di fiori. Uscii nel corridoio e trovai il dottor Bieber intento a parlare con due ballerine molto provocanti mentre fumava una sigaretta. Notai un particolare che mi irritò molto: lui accarezzava la gamba di una con una mano sollevando con il movimento discendente e ascendente la gonna della ballerina. Feci finta di non averlo notato e percorsi il corridoio passandogli accanto. Lui mi fermò afferrandomi il braccio. Mi voltai e lo vidi salutare le due donne con un cenno del capo. Scrollai il braccio infastidita e continuai a camminare e lui mi seguì fino all'uscita sul retro affiancandomi. Uscimmo nell'aria fredda della serata e rabbrividii ma mi incamminai verso casa senza proferire parola.
"Avevate finto di non avermi visto?"
"Oh no- dissi guardando la pavimentazione sconnessa senza degnarlo di uno sguardo- eravate impegnato con quelle due donne, non potevo mica disturbarla."
"Potevate, voi potete. Non stavamo facendo nulla di male."
"Eravate in atteggiamenti intimi con loro due."
"Intimi?! Non conoscete allora gli uomini e le donne parigine, sono tutte e tutti così, non vi scandalizzate."
"Non mi devo scandalizzare?!- mi fermai osservando i suoi lineamenti perfetti- credete sia una stupida che non sa che intenzioni avevate?"
"Se avessi avuto quelle intenzioni con quelle due non vi avrei mica aspettata e a quest'ora starei facendo altro. Ma non è che siete gelosa?"
"Gelosa?! Di cosa? Di chi?"
"Di quelle ballerine."
"Non siate stupido."
Abbassai lo sguardo arrossendo di poco. Lui ridacchiò e mi alzò il mento con l'indice facendo incontrare i nostri sguardi.
"Ditemi con non siete gelosa guardandomi negli occhi e vi crederò." Si portò la sigaretta alle labbra, inspirò e emise una nuvola di fumo dalle narici riportando la sigaretta alle labbra e stringendola solo con quelle. Tossicchiai e innervosita presi la sigaretta e la buttai per terra spegnendola con la punta della scarpa nera.
"Non mi fumate in faccia- ripresi a camminare seguita da lui- non sono gelosa."
Lui rise ma non proferì parola. Poi mentre camminavamo di punto in bianco disse:
"E se veniste a pranzo con me?"
"Quando?"
"Domani o dopodomani, quando volete voi."
"Perchè volete?"
"Perchè mi affascinate e siete una bellissima fanciulla."
"Potreste scegliere tra la nobiltà a cui io non appartengo, come tutti farebbero."
"Non voglio confondermi tra la massa di aristocratici con la puzza sotto il naso."
"Mi porterete tra nobili che non conosco e con i quali non so relazionarmi."
"Allora non mi relazionerò con loro neanche io."
"Come farete?"
"Non parlerò con nessuno che non sia di vostro gradimento."
"E perchè?"
"Per non farvi sentire imbarazzata e non andremo in un ristorante di nobili ma in un che conosco io, un ristorante italiano."
Eravamo al portone di casa mia e mi fermai a guardarlo negli occhi e lui mi prese la mano libera con gentilezza.
"Dite sul serio?"
"Le sembro uno che scherza?! Per quando allora il nostro pranzo?"
"Dopodomani, vediamoci sotto casa mia a mezzogiorno."
Lui mi baciò il dorso della mano e io feci un cenno con il capo, aprii il portone e lo richiusi lasciandolo davanti alla mia porta.
Non capirò mai perchè lo stia facendo, mio caro diario. Il tempo mi darà una risposta?
        
                                                                                                                           Tua, Devonne



HIIII GUYS JDFHZDFSHFKASFUHSIDU
 Scusate se ho postato con ritardo ma tra compiti e interrogazioni
mi sa che morirò è.è
Anyway. Il linguaggio dei fiori era usatissimo nel periodo Vittoriano
e oggi poche persone lo conosco. Per trovare il libro con i significati ho dovuto usare la sclaa e stavo per morire sfracellata al suolo lol
Non voglio andare per le lunghe: 
4 MISERE, PICCOLE RECENSIONI NON CHIEDO TANTO *fagliocchidolci*
Grazie a tutte quelle che si complimentano con me *siinchina*
CCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCCIAO.
-Marta/ @rapemejdbieber on Twitter.

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Capitolo 4
*** A questo giorno e a tanti altri come questo. ***


Dear Diary,                                                                                                                                                                           25-03-1893                                                                                    
Scesi le scale reggendo con una mano un lembo della gonna vinaccia e uscii aggiustandomi la mantella sulle spalle. Davanti al portone di legno vi era Justin. Gli sorrisi avvicinandomi a lui e accennando un piccolo inchino e lui mi prese la mano, la baciò e si inchinò, poi mi prese sottobraccio e cominciammo a camminare.
"Signorina Devonne, le voglio chiedere una cortesia."
"Mi dica."
"Sono stufo delle buone maniere, possiamo non inchinarci come consueto?"
"Si figuri, detesto quegli sciocchi convenevoli."
Lui mi sorrise. Esitai sui suoi tratti: gli occhi grandi e luminosi, i capelli biondi tirati all'indietro con non so che sostanza maschile sembravano più scuri di quanto fossero. Chiunque avrebbe pagato per uscire con un gentiluomo del genere.
"Devo dirle un'altra cosa, mi scusi se le do così tanta noia."
"Mi dica pure."
"E' bellissima. I suoi occhi scuri mi hanno colpito sin dal primo momento. Per non parlare del suo corpo che fa invidia a tutte le donne che abbia mai visto. Vestite o non."
Arrossii violentemente e portai le mani al viso nascondendolo dietro le mani guantate di nero. Justin ridacchiò al mio fianco e mo tolse le mani dal volto con delicatezza, come se avesse paura di essere rude.
"Sa che non è una cosa da dire, Dottor Bieber?"
"Suvvia, Devonne, non le ho mica detto nulla di eclatante."
"O forse si?! Per curiosità- dissi distogliendo lo sguardo da quello di Bieber- quante donne ha visto nude?"
Detto questo arrossii lievemente e Justin si portò a picchiare il mento con le dita portando il conto. Ci furono manciate di secondi silenziosi poi Justin si schiarì la voce.
"Una trentina o poco più. Considerando il fatto che alcune le ho viste anche tutte insieme."
Mi affogai con la salive appena lo disse e tossii facendolo ridere di gusto.
"Ha conosciuto così tante donne così sfacciate?!"
"Devonne, voi donne siete tutte sfacciate solo che alcune non lo ammettono o si celano dietro un falso pudore. Anche lei è stata sfacciata con questa domanda, solo che cerca di nascondere ciò arrossendo e fingendo di essere timida."
"Non le farò mai più domande di questo genere, verrei fraintesa."
"Suvvia, non faccia la bambina. Non era un rimprovero, sono divertito da tutto ciò. Lei Signorina?"
"Nessuno, Dottor Bieber."
"La cosa mi stupisce."
"Come mai?"
"Nessuno è mai riuscito a catturarla nelle sue spire?"
"No, nessuno.. Ora le faccio io una domanda: quand'è stata la sua prima volta con una donna? Oramai sono sfacciata ma sa, la curiosità è donna. Anche se non ho mai ben capito questo proverbio."
"Avevo sedici anni e una domestica fu così gentile da introdurmi a questa disciplina.. Da allora devo dire di essere stato molto fortunato con le donne."
Annuii. Io di certo non ero il tipo di donna adatta a lui, io che non sapevo nulla dei rapporti intimi tra due persone. Il Dottor Bieber mi guidò in un vicolo non troppo largo e alla sua fine una porta di legno. Quella strada era inquietante. Justin aprì la porta e entrammo in una piccola sala con tavoli di legno coperti da tovaglie rosse e bianche, era deserto a quell'ora. Si girò verso di me e mi rivolse un sorriso. Nella stanza irruppe un uomo alto dai baffoni folti e neri, i capelli dello stesso colore che appena vide Justin sorrise aggiustandosi il cappello da cuoco.
"Dottor Bieber! Che piacere rivederla."
Si salutarono con una pacca sulla spalla come due amici che si conoscevano da una vita.
"Chi è questa fanciulla?"
"Lei è la Signorina Devonne, la ballerina di can can più bella di tutta Parigi!"
L'uomo mi fece una riverenza e sorrise.
"Messer Toni, vogliamo due pizze margherite, di quelle che solo lei a Parigi sa fare."
"Sarete accontentati. Accomodatevi miei cari."
Justin mi lasciò il braccio e mi condusse in un angolo della sala e si sedette ad un tavolino. Io mi accomodai sulla seconda e appoggiai le mani in grembo abbozzando un sorriso guardandomi intorno.
"Dove siamo e che mangeremo?"
"Siamo nel ristorante dell'uomo che ci servirà la pizza, una specialità italiana ed è uno dei pochi qui a Parigi che la prepara. E' squisita, solo gli italiani sanno deliziare le papille gustative come farà lui."
"Una specialità Italiana?"
"Oh si, è di Napoli quest'uomo, nel Sud Italia. Io ci sono stato. E' un paese stupendo, anche la gente lo è.. così calda e accogliente."
Reclinai la testa di lato e sorrisi e cominciai a seguire i ricami della tovaglia con un polpastrello quando Justin pose la sua mano calda e vigorosa sulla mia e mi accarezzò con il pollice il dorso, poi intrecciò le sue dita con le mie. Osservai prima le nostre mani e poi il suo volto e gli sorrisi perdendomi nei suoi occhi. Non so quanto tempo passammo a guardarci senza aver bisogno di parole, fatto sta che improvvisamente Messer Toni tornò con due piatti bianchi, bassi ed enormi con quella che era la pizza. Le pose davanti a noi e io la fissai curiosa: pomodoro, mozzarella fusa su una pasta sottile e morbida e una fogliolina di basilico. Tornò dopo poco con una bottiglia di vino, posate, bicchieri di vetro e fazzoletti e sorridendo ci disse:
"Siete una bellissima coppia, voi due."
Il cuoco si girò ed andò via. Justin aprì la bottiglia di vino e ne verso nei due bicchieri. Alzò il calice per brindare e disse:
"A questo giorno e a tanti altri come questo!"
 
Credo sia stato il giorno più bello della mia vita. Le nostre mani, le nostre dita unite, la sua compagnia e infine i suoi occhi grandi e luminosi.. Questo è il Paradiso.
            
                                                                                            Tua, Devonne



EEEEEEEECCIAO PULZELLE.
Bien, è tempo di aggiornare. Grazie a chi recensisce, a chi si complimenta e grazie a 'sto cazzo (?)
HAHAHAHHAHAHAHA NO.
Cooomunque, sappiate che siete nel mio cuoricino (?) e bho, non voglio dilungarmi:
Nel prossimo capitolo ci sarà una sorpresa, non siate maliziose hahahahahah
APPENA 4 DI VOI MI LASCIANO MINIMO 10 PAROLE AGGIORNO.
Baci alle mie dame (?),
Marta alias @rapemejdbieber on Twitter.


 

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Capitolo 5
*** Questa è la felicità. ***


Dear Diary,                                                                                                                                                                                    29-marzo-1893

Guardai Parigi ai nostri piedi,                                                                                                                        
il buio avvolgeva le case e il silenzio era pesate su ogni cosa.
Ogni tanto le risate di uomini ubriachi interrompevano la quiete di quegli istanti,
dei nostri istanti.
Mi girai verso di lui e lo guardai.
Aveva lo sguardo perso, fissava un punto all’orizzonte,
serio come poche volte prima.
Si girò verso di me e mi guardò.
I suoi occhi mi trapassarono  e un sorriso brillante si dipinse sul suo volto.
Rimanemmo così per qualche istante, seduti sul pavimento,
su di una gradinata che attraversava tutta Montmartre.
L’aria della sera mi punzecchiava le mani e rabbrividii.
Lui se ne rese conto e appoggiò il suo braccio sulle mie spalle stringendomi a sé.
Non eravamo mai stati così vicini.. Se non quella sera così strana a ricordarsi.
Arrossii lievemente e lui mi sorrise.
“Non siate timida, suvvia.”
“Non sono timida, il calore del suo corpo mi ha riscaldata dall’interno!”
Rise reclinando il capo.
La sua risata mi sciolse le viscere.
Tornò a guardarmi e mi persi nelle sue iridi color miele.
Mi sentii a casa per la prima volta, a casa in quegli occhi dolci e seri,
in quegli occhi che parlano senza parole. Eravamo vicini, troppo vicini.
Il mio stomaco era stretto in una morsa,
rabbrividii sentendo l’aria che fuoriuscendo dalle sue narici mi sfiorava le labbra.
Si avvicinò a me pericolosamente,
colmando quella manciata di centimetri che ci separavano, non più vuoto tra di noi.
I nostri nasi si sfiorarono e poi le nostre labbra.
Le sue erano morbide e lisce, calde e chiare.
Era inizialmente un timido bacio,
poi le nostre lingue cominciarono a intrecciarsi, rincorrersi, giocare tra di loro. 
Era il mio primo bacio e se fosse stato per me anche l’ultimo.
Ero felice, piena.
Il mio cuore voleva uscire fuori dal mio petto che stava sconquassando, voleva lasciare la mia gabbia toracica.
L’infinito nelle nostre labbra, nelle nostre bocche.
La sua lingua calda sfiorava la mia sinuosamente.
Tutto già vissuto, in un’altra vita.
Di comune accordo ci staccammo e ci tornammo a guardare.
Nessun suono, nessuna parola era stata emessa.
Neanche un minimo sussurro.
Avveniva tutto in modo sincronico, perfetto, stabilito dall’alchimia che c’era tra di noi. 
Mai avrei creduto che potesse accadere qualcosa del genere,
mai avrei creduto che due persone né sposate né fidanzate si sarebbero potute baciare così,
senza un programma, uno schema prestabilito, nessun legame certo.
Qualcosa tra di noi, però, c’era.
C’era quell’accozzaglia di sentimenti, quell’accozzaglia di desideri che il solo incontro dei nostri occhi scatenava in me.
Cos’è tutto questo? Cos’è quello che sto vivendo!?
Mi sorrise e la luce scaturita mi accecò.
“Signorina Devonne, mai nessuna donna con un semplice bacio mi ha fatto sentire così.”
“Mai nessuno prima di lei.”
Rimanemmo a guardare per qualche minuto Parigi, fermi, vicini, liberi. Il braccio del Dottor Bieber ancora poggiato sulla mia spalla, come a proteggermi sotto la sua ala.
“Credo sia tardi, dobbiamo andare, Dottor Bieber.”
“No! La terrò in ostaggio per sempre con me, non si sogni di andare via.”
“Solo per la notte, me lo consenta.”
“Solo ad una condizione.”
Lo guardai stupita e curiosa e lui abbozzò una risatina.
“Deve smettere di darmi del ‘lei’, non voglio così tanta formalità.”
“Va benissimo, Justin.”
“Un giorno neanche la notte ci separerà, Devonne.”
“E’ una minaccia?”
“Nono, nessuna minaccia. E’ una promessa questa.”
“Uhm..”
Si alzò con un rapido movimento e mi porse la mano che afferrai prontamente. Mi alzai aiutata da lui e mi sistemai la gonna marrone. Cominciammo a camminare per Parigi, nei vicoli silenziosi.
La stanchezza si faceva sentire su di me, le gambe erano pesanti dopo lo spettacolo al Moulin Rouge e credo che Justin se ne rese conto, mi sorreggevo al suo braccio più saldamente del solito e lui mi lasciava fare, aiutandomi.
“Quando ci rivedremo?”
“Quando vuoi, Justin, sai che per me è un piacere godere della tua compagnia.”
“Io passerei tutte le mie giornate solo ad osservarti, io e i tuoi occhi scuri. Non chiedermi di scegliere, rimarrei anche di notte con te, a guardarti dormire.”
“Allora fallo. Rimani con me, non è un invito pieno di malizia, sia chiaro.”
Justin mi guardò sorpreso e i suoi occhi sembrarono diventare ancora più grandi. Gli sorrisi come per confermarlo.
“Ne sarei felicissimo, ma non ho nulla da mettere per la notte.”
“Ti posso prestare una camicia da notte, se vuoi.”
“Ma è femminile.”
“Oh si, lo so. Ne ho una larga da prestarti che era di una donna del circo molto robusta, è pulita non ti preoccupare.”
“Ribadisco: è femminile. Non ho mai indossato una camicia da notte.”
“C’è sempre una prima volta, suvvia! Decidi, siamo quasi arrivati.”
Justin si fissò le scarpe e poi tornò a guardarmi negli occhi. Annuì. Sorrisi.
“Sarà divertente, Andiamo!”
Gli diedi le spalle e presi la chiave dal solito posto e aprii la porta scura e massiccia. Salimmo le scale, io davanti a lui a fargli spazio nel corridoio. Arrivai davanti alla porticina di casa mia e, infilata la chiave nella serratura, l’aprii. Entrammo dentro, nell’unica stanza, oltre al bagno che era stranamente presente in casa mia, e mi diressi al focolare, dopo aver acceso il lume sul comodino. La casa era terribilmente fredda.
“Non ti preoccupare, Devonne, accendo io il fuoco. Cominciati a cambiare.”
Mi allontanai e presi da sotto il cuscino del mio modesto letto la camicia da notte e presi delle calze di lana da indossare per combattere il freddo. Mi diressi all’armadio ed estrassi la camicia da notte da dare a Justin e la appoggiai sul tavolo. Andai in bagno e mi spogliai del tutto, mi rivestii e mi sciolsi i capelli sulle spalle. Tornai da lui e lo trovai con solo le brache addosso e sobbalzai portando le mani davanti agli occhi. Justin si voltò verso di me e lo sentii avvicinarsi. Mi tolse le mani dagli occhi e se le appoggiò sul petto caldo. Mi alzò il volto con il mento per farmi smettere di fissare le assi del pavimento e i miei occhi incontrarono i suoi. Mi sorrise e mi baciò piano la mascella, poi la guancia e alla fine le labbra. Io ero incantata, persa chissà dove.
“Vestiti Justin, fa freddo.”
“Non ho bisogno di vestiti, ma ti accontento.”
Si allontanò da me e indossò la camicia da notte che gli arrivava a metà coscia. Cominciai a ridere a più non posso. Sembrava un orso vestito da donna.
“Smettila. Non ridere. Non sono mica  buffo!”
“Nono, neanche un po’.”
Dissi trattenendo a stento le risate copiose.
Lui si riavvicinò a me e pose fine al riso con un bacio diretto e passionale poi si staccò.
“Così non ridi più, ah.”
Mi avvicinai al letto e mi infilai sotto le coperte seguita Bieber che aveva appena spento il lume. Ad illuminare i nostri volti solo le fiamme che nel camino guizzavano rosse. Eravamo vicinissimi. I suoi occhi nella poca luce brillavano come di giorno e la luce del camino li dipingeva di luci e di ombre ancora più marcate e particolari. Lui si avvicinò a me, mi baciò piano e mi sussurrò: “Sogni d’oro, Devonne.”
 
Questa è la felicità,

                                                                                             La tua Devonne


YEEEEEEEEEEEEEEEEP  IT'S ME BABIES.
Ciaaaaaao. 
Ecco il vostro capitolo, ecco la vostra sorpresa. SBADABUM, SI BACIANO LOL
Sopra ho postato la foto della scalinata, io ci sono stata ed è stupenda dhbfsdhrggt
Questa volta vi chiedo 5 RECENSIONI, 10 PAROLE, CAMPARI (?) 
Ho faticato molto per scrivere questo capitolo nel migliore dei modi è.è
Vogliatemi bene.
Vi adoro tutte.
Pace e amore,
Marta alias @rapemejdbieber on Twittaaaah.

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Capitolo 6
*** If you want it. ***


Dear Diary,                                                                                                                                                                                                        30-03-1893
 
Aprii gli occhi assonnata guardandomi intorno, ma la mia attenzione fu attirata dalla persona che giaceva accanto al mio corpo. Il Dottor Bieber. Rimasi a fissarlo per secondi, se non minuti. Improvvisamente cominciò ad agitarsi piano, la sua gamba urtò contro la mia e solo allora mi resi conto che lui aveva la sua mano sul mio fianco ed eravamo vicinissimi. Arrossii. Mi resi conto che stava per svegliarsi e chiusi gli occhi, ma mi sa che si rese conto che ero sveglia. La sua mano appoggiata sul mio fianco si mosse e mi sfiorò la guancia.
"Smetti di fingere di star dormendo, so che sei sveglia, hai anche le guance rosse."
Aprii gli occhi sorridendogli e poi mordendomi il labbro. Lui riportò la mano sotto la coperta e la poggiò sulla mia schiena, la fece scendere sempre più giù, sempre fissandomi negli occhi. La poggiò poco sopra il mio sedere e fece pressione per farmi avvicinare. Ora i nostri corpi combaciavano.
Petto contro petto.
Pancia contro pancia.
I suoi piedi sfioravano i miei, caldi.
Improvvisamente mi resi conto che qualcosa premeva contro di me, contro la mia gamba. Qualcosa che dovevano essere le parti basse del mio compagno di dormita. Lo guardai tra lo spaventato e il sorpreso e lui si rese conto del mio disappunto.
"Cosa c'è, Devonne?"
"Uhm niente.."
Abbassai lo sguardo per evitare di guardarlo. Lui mi fece alzare il mento e mi costrinse a guardarlo negli occhi.
"Bhe, avverto una leggera pressione contro la mia gamba da parte.. Di, ehm.. Capiscimi.."
Arrossii e tornai ad abbassare lo sguardo. Justin rise di gusto, inaspettatamente. Tornai a guardarlo in volto stupita. Lui mi afferrò per il bacino abbracciandomi con le sue braccia vigorose e mi portò su di lui. I miei capelli scuri ricadevano ai lati del suo volto, lui li guardò e avvicinò il naso ad essi annusandoli come un cane.
"Ti da fastidio il mio amico ai piani bassi.. Jerry?"
"Ah, no.."
"Scusami.. Si alza molto spesso, senza volerlo."
Arrossii e Justin mi sorrise.
"So che mi trovi molto impacciata.."
"Impacciata?"
"Oh, beh, si. Le donne con cui sei stato prima erano più spontanee ma per me è la prima volta che cose del genere accadono.."
"Sei perfetta."
Il mio cuore fece una capriola. Mi trovava perfetta. Abbassai lo sguardo verso le sue labbra socchiuse e invitanti. Mi chinai e lo baciai, prima piano, poi con crescente passione. Le sue mani, inquiete, percorrevano su e giù la mia schiena. Poi si fermarono sui miei glutei. Mi sarei dovuta sentire imbarazzata.. Ma di fatto non lo ero. Continuai a baciarlo, le nostre lingue sincroni e vicine. Mi staccai da lui dopo poco e sorrisi a un millimetro dalle sue labbra. Poi allungai le mie labbra verso le sue e vi depositai un lieve bacio e tornai a guardarlo negli occhi.
"Che facciamo oggi?"
"Un giro per Parigi, ti va?"
"Si che mi va.."
"Allora alziamoci e vestiamoci!"
Lui allontanò le sue mani dal mio deretano e io mi tirai su. Appoggiai il piede sul pavimento e afferrai un abito nel mio armadio. Ne avevo pochi, solo sei.. Andai in bagno e dopo essermi lavata brevemente mi rivestii. Trovai Justin con i suoi vestiti già indosso. Lo guardai e mi sorrise. Afferrai una mantella molto pesante, indossai le scarpe sotto lo sguardo di Justin. Mi prese la mano e, chiusa la porta, percorremmo la rampa di scale così. Usciti ci inoltrammo per i contorti vicoli della città che andava animandosi minuto dopo minuto. E’ indescrivibile il benessere che mi regala solo stringendomi la mano e accarezzandone il dorso con il pollice liscio. Ci guardammo negli occhi e sorridemmo. A volte i silenzi non pesano, sono come nuvole leggere, impalpabili. A volte i silenzi aiutano a capire, a sentire cosa c’è in essi. In due persone che sono in sintonia i silenzi sono, a volte, delle scelte.
Ci dirigemmo verso quello che doveva essere il centro di Parigi. Non ci ero mai stata. Lui si muoveva sicuro per le strade, ad ogni bivio, prendeva una decisione. Io lo seguivo, la sua compagnia era tutto ciò di cui avevo bisogno. Stava correndo troppo il mio cuore?
I miei presentimenti erano fondati. Eravamo nel cuore pulsante della città, sveglia, viva, palpabile. Uomini, donne, carrozze e negozianti si affaccendavano per le strade, percorrendo la pavimentazione fatta di sampietrini. Mi voltai verso di lui e gli chiesi:
“Dove stiamo andando?”
“Uhm.. Non lo so.”
“Ma dove siamo?”
“Non ne ho la più pallida idea..”
Lui rise buttando la testa all’indietro vedendo la mia espressione sorpresa e io lo imitai.
“Ma potremmo perderci..”
“Cos’importa? Siamo insieme!”
Abbassai il capo per mascherare il fatto che ero arrossita e abbozzai un sorriso. Era tutto perfetto. Lui non sembrava il gentiluomo amante delle donne dai facili costumi che avevo visto quella sera al Moulin Rouge, era molto meglio. Improvvisamente mi fermai davanti ad una vetrina. Justin, che fino a qualche secondo prima era impegnato a guardarsi intorno, curioso come sempre, si fermò e seguì il mio sguardo fisso, fisso su di un vestito.
Rimasi a guardarlo incantata, con la bocca dischiusa e l’espressione di una bambina che, visto un dolciume, lo desidera con tutta se stessa. Justin mi fissò e mi resi conto che stava sorridendo.
“Entra per provarlo, Devonne.”
“Tu dici?”
“Sono curioso di vedere come ti sta.”
Reclinò il capo e mi convinse. Spinsi la porta del negozio ed entrai.
“Salve.”
Una donna sulla trentina si avvicinò a noi e squadrò Justin e poi le nostre mani.
“In che cosa posso aiutarvi, Dottor Bieber e.. accompagnatrice?”
Mi resi conto della punta di sdegno nella sua voce e il mio sguardo divenne affilato come lame di coltello. Justin finse di non essersene reso conto, fissò il vestito in vetrina e lo indicò.
“La fanciulla al mio fianco vorrebbe provarlo.”
“Oh beh, si tratterebbe di prenderlo dalla vetrina e non so se la fanciulla ha abbastanza soldi da comprarlo.. Sa, siamo in una boutique di alta moda, non credo che lei- al che mi squadrò fredda- possa permetterselo.”
“Lo pagherei io e se dovessimo comprarlo le darò una somma in più per l’incomodo. I soldi non ci mancano, non si preoccupi.”
“Ma non intendevo dire lei, Dottore.”
“Lo so benissimo. Lo può prendere? Non abbiamo tempo da perdere con negozianti, seppur d’alta moda, come dice lei, sgarbati.”
Mentre la donna si girava e andava a prendere il vestito mi girai verso Justin e gli sorrisi grata per quanto aveva fatto e lui mi stampò un fugace e proibito, in pubblico, bacio sulle labbra. La donna dopo una manciata di minuti impiegati a sciogliere i lacci del corpetto e a sfilare il vestito dal manichino in legno, me lo porse e io mi allontanai. Mi diressi verso la porta sul retro del negozio, arredata di buon gusto, e entrai. Mi sfilai i vestiti e cominciai ad indossarlo. Avevo bisogno d’aiuto con i lacci del corpetto.. La negoziante acida si avvicinò a me e mi girai dandole la schiena; quella cominciò a stringere i lacci. Fu talmente violenta da lasciarmi senza fiato. Non emisi una parola per non darle soddisfazione e attesi che Justin mi raggiungesse. Dopo poco lo vidi spuntare e fissarmi senza fiato. Gli sorrisi reclinando il capo e andai a guardarmi nello specchio. Dovevo ammettere che il vestito era divino. Scrutai la superficie e dietro le mie spalle c’era Justin. Mi abbracciò da dietro stando attento a non rovinare l’ampia gonna e mi baciò la guancia dopo aver scostato i capelli. Rabbrividii sentendo le sue labbra sulla mia pelle.
“Sei bellissima, Devonne.”
“Grazie mille.. Non dovremmo scambiarci effusioni in pubblico..”
“Chi lo dice?”
“Ehm.. Nessuno lo fa.”
“Noi siamo l’eccezione.”
Gli sorrisi e rimanemmo a fissarci tramite lo specchio.
“Lo compriamo..”
“Quando lo dovrei indossare, Justin?! Non ho nessuna occasione importate da festeggiare.”
“Beh, si ce n’è una. Sabato prossimo ci sarà un ballo di un mio caro amico e annuncerò il nostro fidanzamento, se tu lo vuoi.”
 
 

BOOOOOOYFRIEND.
Okay, ciao puupe.
La nostra cara Devonne dirà di no o dirà di si?! Tutto questo nel prossimo capitolo!
Bassssta.
Non ho pubblicato per secoli per mancanza di un pc, ma ora sono qui, con voi, di nuovo MUAHHAHHAAH.
La scorsa volta avevo chiesto 5 recensioni e me ne avete lasciate 4, che stronze.
Ve ne chiedo solo 4 sta volta, mi avete delusa, sappiatelo.
Ma vi amo lo stesso perché sono carina, tenera e coccolosa. Il perdono.. (?)
Passate a leggere la nuova ff:  
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1147485&i=1 Okay? Okay.
Luv ya (?)
-Marta alias @rapemejdbieber on Twitter

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Capitolo 7
*** Yes, I want it, Justin! ***


SE VI FERMATE A LEGGERE,
MI LASCIATE UNA PICCOLA RECENSIONE DI 11 PAROLE?!
MERCI.


--Lo guardai strabiliata e gli occhi cominciarono ad inumidirsi. Stava succedendo tutto così velocemente. Chi ero io per fermarlo? Chi ero io per fermare.. noi? I suoi occhi radiosi  e il mio cuore che perse un battito per poi accelerare al suono di quelle parole mi diedero la risposta.
"Sei serio?"
Lui mi prese le mani e la sua stretta calda sulle mie mi riscaldò dentro.
"Si, sul serio."
Sul mio volto era dipinta la più pura sorpresa e sorrisi raggiante.
"Si che lo voglio, Justin."
"Oh mia principessa."
Mi strinse la vita tra le sue braccia e mi alzò di qualche centimetro dal pavimento. Girò su se stesso per tre se non quattro volte. I miei capelli svolazzavano intorno a noi seguendo il nostro movimento. Si fermò e il suo volto era a qualche millimetro di distanza dal mio. Ero incantata, persa nei suoi occhi color caramello. Deglutii pesantemente e sfiorai il suo naso con il mio. Il Paradiso tra di noi. Gli sorrisi e lui mi fece appoggiare i piedi sul pavimento e mi lasciò andare.
Passammo un'altra mezz'ora nel negozio a comprare accessori da indossare per la grande serata, dopo di che lui pagò tutto e trasportando vari pacchi ci disperdemmo per le stradine di Parigi. Mi voltai verso di lui con un sorriso dipinto sul volto:
"Allora, dove andiamo?"
"Casa mia."
Strabuzzai gli occhi e lo guardai interrogativa, come ad avere conferma di quanto aveva appena detto.
"Si, sono serio. Mangerai nella mia proprietà e starai con me oggi. Dobbiamo pur posare da qualche questi pacchi ingombranti."
"Come ci arriveremo?"
"Oh beh, andremo al mio studio che è poco distante da lì e dove mi aspetta il mio cocchiere Alfred e poi ci faremo condurre nella mia dimora."
"Hai un cocchiere allo studio?!"
Lo fissai interrogativa e lui si passò le dita sul polsino del cappotto in feltro.
"Si, per i miei spostamenti durante la giornata. Quando non torno a casa di notte mi faccio aspettare lì."
"Oh, capisco."
Abbassai lo sguardo e non proferii più parola.
"Questo non accade più da quando ti ho conosciuta, però."
Abbozzai un sorriso sentendo quelle parole e lui ricambiò con uno lucente.
Dopo una decina di minuti arrivammo ad un edificio costruito di recente il cui stile architettonico concordava perfettamente con gli edifici più antichi che lo circondavano. Entrammo nel grande portone e nell'atrio trovammo, in quella che doveva essere la portineria, una donna che chiacchierava con un uomo bassino dai folti baffi. Appena ci videro entrare si girarono e stettero zitti per una frazione di secondo, poi chinarono il capo e dissero:
"Salve Dottor Bieber."
"Buongiorno anche a voi. Alfred, le dispiacerebbe portarci a casa mia?"
"Oh si, va benissimo Dottore."
Alfred si allontanò dalla donna tarchiata e dal volto tondo e simpatico e si diresse verso il retro dell'edificio. Justin mi prese la mano e mi sorrise, sotto lo sguardo della donna. Poi insieme andammo verso il portone dove dopo neanche qualche minuto comparve la carrozza con Alfred al posto di guida. Salimmo a bordo e Justin, dopo aver disposto i pacchi sui sediolini di fronte a noi si sedette accanto a me. Trascorremmo qualche minuto nel nostro solito accogliente silenzio, guardando le stradine che si dipanavano sotto il nostro sguardo poi mi girai verso di lui che sobbalzò.
"Perchè me?"
"Perchè te in che senso?"
"Nel senso che mi stai rendendo così partecipe della tua vita.."
Non riuscivo a trovare le parole per concludere la frase che rimase sospesa a mezz'aria ma Justin, inteso il senso della mia domanda, mi rispose:
"Perchè sei diversa, perchè sei bellissima, un po' timida, perchè metti la gente a suo agio, perchè sei tu."
Lo guardai sorridendo e cercai le sue labbra avvicinandomi a lui, provocava assuefazione. Ero a pochi millimetri da lui e lui socchiuse gli occhi e mi baciò, facendomi appoggiare con le spalle contro la tenda del finestrino. La sua lingua si intrufolò tra le mie labbra e il bacio divenne sempre più passionale. Lui mi avvicinò la mano aperta alla mandibola, per poi spingersi con le dita alla mia nuca dove rimase, affondando tra i miei capelli. Si staccò dolcemente dopo un po' e appoggiò il capo tra la mia spalla e il mio petto e io lo lasciai fare, intrecciando le miei dita con le sue. Rimanemmo a coccolarci fin quando la carrozza non si fermò davanti ad un grande palazzo che ora era alla mia destra. Justin si rimise a sedere senza lasciarmi la mano e il cocchiere ci venne ad aprire. Uscimmo e l'ometto di nome Alfred prese i pacchi seguendoci all'interno della casa. Rimasi a bocca aperta appena entrammo. L'ingresso era immenso e si vedeva che la villa, dalle grandi dimensioni era abbastanza antica. Mi guardai intorno a naso all'insù, osservando il soffitto dipinto e le scale con i corrimano intarsiati in oro. Justin ridacchiò guardandomi.
"Stupita?"
"Oh, si, molto."
Mi fece attraversare l'ingresso e arrivammo ad una porta che dava sul giardino sul retro. Aprì la porta e il sole di quella giornata di fine marzo, molto più calda del solito, mi riscaldò le guancie. "Che ti va di fare?"
Mi guardai intorno e il mio sguardo si posò sulla scuderia. Guardai Justin con aria complice e, lasciata la sua mano a malincuore, cominciai a correre a perdifiato in quella direzione. Lui dopo poco mi affiancò e attraversò il prato con me. Arrivati davanti alla porta l'aprii e sul fondo della scuderia due stallieri si voltarono sorpresi mettendo a fuoco la mia sagoma nella luce del mattino. Entrai seguita da Justin, mi comportavo come se stessi a casa mia, ma non importava. Amavo i cavalli. A colpire la mia attenzione fu un cavallo tutto nero che vedendomi nitrì e mosse la criniera scuotendo il capo. Mi avvicinai a lui incurante di tutto e misi una mano di fronte a lui che me la scrutò e dilatò le narici. La avvicinai decisa, poi, al suo muso. Non ci scostò e io la passai su e giù, per stabilire un contatto tra di noi.
"Lei è Freedom. Ritieni fortunata, detesta essere toccata da chiunque, soprattutto dagli estranei."
Mi girai verso Justin che mi guardava sulla porta.
"Andiamo a cavalcare?"
"Sai andare a cavallo?!"
"Si, ma non voglio una sella, non ci sono abituata."
"Selvaggia.. Aspetta che faccio sellare il mio e poi andiamo."
Attraversò la scuderia e andò dagli stallieri mentre io andavo in giro alla ricerca di una coperta poco spessa da adagiare sulla groppa della puledra. Ne trovai una e, prese le redini e aperto il box, la feci uscire. Glie la appoggiai sopra e mi misi davanti a lei per stabilire un contatto visivo e la guardai negli occhi grandi ed espressivi. Rimasi così a scrutarla e ad accarezzarla per un po' fin quando Justin tornò già su di un cavallo bianco sporco. Gli sorrisi e agilmente salii a cavallo. Uscimmo di lì e guardai Justin negli occhi, dopo di che lanciai la puledra al galoppo.

 
 

 OUT OF TOWN GIRL.
Scusate se ho ritardato di un paio di giorni cwc
Amatemi lo stesso. Il capitolo scorso, non so come,
ha raggiunto più di 1000 visualizzazioni, cioè.. WAO.
Però, come al solito, poche recensioni. STRONZE, VOI.
4 E CONTINUO, ANCHE SE NE VORREI DI PIU'.
Luv ya,
-Marta alias @rapemejdbieber
 
PS. SE SIETE SU TWITTER LASCIATEMI IL NICK COSI' VI AVVERTO QUANDO CONTINUO.

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