Nymphomaniac Fantasia

di AlexisLestrange
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ispirazione fuggitiva ***
Capitolo 3: *** Leggende a noleggio ***
Capitolo 4: *** Nel mezzo del cammin ***
Capitolo 5: *** Un caso di fortuna ***
Capitolo 6: *** Analogie e affanni ***
Capitolo 7: *** Fotoritocco ***
Capitolo 8: *** Tasselli mancanti ***
Capitolo 9: *** Api e miele ***
Capitolo 10: *** La freccia di Cupido ***
Capitolo 11: *** Tale padre, tale figlio ***
Capitolo 12: *** Il testamento di nessuno ***
Capitolo 13: *** Mito e realtà ***
Capitolo 14: *** Hansel e Gretel ***
Capitolo 15: *** Errare è umano ***
Capitolo 16: *** Sirena d'allarme ***
Capitolo 17: *** Palla avvelenata ***
Capitolo 18: *** L'ultima leggenda ***
Capitolo 19: *** Ode ai salvatori ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Note dell'autrice:

Buongiorno! Vi rubo solo un paio di secondi per salutarvi e presentarvi questa storia. Dopo "Home Sweet Home" e "The Beauty 
and the Beast", ecco la terza storia della serie! Come avevo scritto anche nei commenti all'ultima storia, "The Beauty and the
Beast" era stata vagamente difficile e pesante da scrivere, quindi, dopo, mi è venuta voglia di scrivere una storia più leggera,
corta e divertente. Una storia che fosse, a suo modo, diversa. Quindi... niente, spero vi piaccia. 
Buona lettura!

 



C'era il silenzio più totale, tutt'attorno. Si sentiva a malapena il fruscio del vento
attraverso le fronde degli alberi, che ondeggiavano lentamente.

Il sole brillava alto nel cielo, anche se i suoi raggi s'infiltravano appena tra i rami,
illuminando solo a chiazze il terreno sottostante.

Voltò appena le pagine ingiallite del libro che reggeva in mano, lentamente, godendo
del contatto con i fogli ruvidi, impolverati.

La leggenda narra che la Ninfa Eco, una delle Oreadi che vivevano sulle montagne,
era solita parlare e cantare molto. La sua attitudine maliziosa scatenò l'ira della dea
Era, che la punì, togliendole la voce, permettendole solo di ripetere l'ultima sillaba
delle parole che le venivano rivolte.


La mano tremò appena. Per un attimo interruppe la lettura, osservando le parole mute
sulla pagina. Si poteva udire il suo respiro, quasi trattenuto, prima che una nuova
pagina venisse voltata.

Ma le disgrazie della giovane Ninfa non erano terminate. Le accadde un giorno di
incontrare il giovane Narciso, un uomo dalla incredibile bellezza, ma, ahimè,
compiaciuto solo di sé stesso. La Ninfa lo accostò, tentandolo di rivelargli il proprio
amore...


Girò una nuova pagina, quasi freneticamente, e sembrò che avesse smesso di
respirare, per quanto attentamente seguiva le parole, gli occhi che scorrevano veloci
lungo il foglio.

...ma il giovane, che già disprezzava ogni fanciulla attorno, davanti a quella figura
muta rise, e la cacciò. Eco, disperata, vagò piangendo lungo le montagne,
consumandosi dal suo dolore, fino a che di lei, non rimase che la voce, che si poteva
appena udire da una grotta nascosta, ancora gemendo del suo destino.


Una lacrima cadde sulla pagina, bagnando l'angolo del foglio bianco in un cerchio
perfetto; poi il libro venne chiuso di scatto, e cadde a terra, mentre qualcuno correva
via, lontano, tra i boschi.

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Capitolo 2
*** Ispirazione fuggitiva ***


La macchina avanzava quasi ruggendo lungo la strada assolata, schizzando rapida
sull'asfalto; ma ancora più forte del rombo del motore, ancora più forte della musica
che usciva dalla radio, erano le voci dei due fratelli, che litigavano tra loro.

«Dean, non posso credere che ci siamo davvero persi!» esclamò il primo, incrociando
le braccia esasperato.

«E dai, Sammy, persi è una parola grossa...» tentò l'altro, conciliante.

«Come li chiami, tu, due che non hanno la più pallida idea di dove si trovano?» fece
Sam, inarcando le sopracciglia.

«Beh, se la metti in questi termini...» borbottò Dean, piccato, senza smettere di
guardare la strada davanti a lui, cercando di aguzzare la vista.

Niente. Attualmente, la strada correva nel bel mezzo del nulla più totale. Niente città,
niente case, niente di niente. Solo alberi, dappertutto, attorno.

«E non mi stupisce che siamo ridotti così, dopo che ieri notte hai insistito perchè ci
rimettessimo in viaggio mentre eri ubriaco e imboccavi strade a caso!» continuò Sam,
allargando le braccia, come sopraffatto dall'assurdità della situazione.

«Avevo bisogno di guidare» fece Dean per tutta risposta, scrollando le spalle, e
chiedendosi per quanto a lungo si può sopportare un rompiscatole del genere al
proprio fianco prima di perdere del tutto la pazienza.

«Già, per sfogarti dopo che quella ragazza ti ha mollato a metà serata perchè non
avevi abbastanza soldi per pagarla, giusto?» aggiunse per lui il fratello.

«Non sa cosa si è persa» commentò Dean più a sé stesso che altro, scuotendo la
testa.

«...E intanto noi dovevamo essere alla Road House circa due giorni fa, mentre siamo
ancora qui!» insistette il fratello.

Dean chiuse gli occhi e fece un respiro profondo per calmarsi.

«Adesso non esagerare, Sammy, non siamo così in ritardo e... ma guarda» s'interruppe,
con un ghigno. Davanti a loro avevano fatto capolino i tetti di due o tre case, e pian
piano, quello che sembrava un piccolo villaggio fece la sua comparsa. «Adesso
chiediamo un paio d'indicazioni e ci rimettiamo in strada, d'accordo?»

Rallentarono, e si avvicinarono ad un giovane che se ne stava seduto sul bordo di uno
steccato, con un blocco per gli appunti in mano e un'aria assorta.

«Ehi, tu» fece Dean, accostandosi. «Potresti dirci...»

«Sh!» gli intimò subito il ragazzo, senza neppure voltarsi a guardarli, tutto impegnato
ad osservare qualcosa di lontano.

Vagamente contrariato, Dean scese dalla macchina e si mise al fianco del giovane, 
mentre Sam l'imitava.

«Che cosa stai...?»

«Non importa» sospirò il ragazzo, finalmente girandosi verso di loro. Aveva il volto
arrossato dal sole, e il viso circondato da ricci capelli di un biondo pallido; non poteva
avere più di vent'anni. «Ormai mi avete rovinato la visuale».

Sporgendosi per capire di cosa stesse parlando, Dean vide che poco più in là c'era una
bambina che stava raccogliendo fiori in un prato.

«Ma che cosa sei, un pedofilo?» chiese, arricciando le labbra in una smorfia
disgustata.

Il ragazzo scoppiò a ridere di cuore, sinceramente divertito. «Certo che no!» esclamò,
e i suoi occhi azzurri brillarono. «Sono solo un poeta!»

Dean aggrottò le sopracciglia, perplesso. «Tu sei... cosa?» domandò, chiedendosi se
aveva sentito bene.

«Un poeta!» ripetè il ragazzo, con un sorriso vago. «Sai, uno di quelli che scrivono
poesie. Quella bambina era perfetta per il mio nuovo componimento, ma, cosa vuoi
farci...» sospirò. «Ormai l'atmosfera è andata».

«Molto spiacenti» commentò Sam, avvicinandosi con un'aria non meno confusa del
fratello.

«Non importa, non importa» fece il giovane, scuotendo una mano con noncuranza,
senza smettere di sorridere. «Allora, cosa posso fare per voi?»

«Avremmo bisogno di un'indicazione» rispose Dean, che sembrava deciso ad ignorare
lo strano sviluppo della conversazione. «Dovremmo arrivare in Nebraska City il prima...»

«Siete fratelli?» lo interruppe di nuovo il ragazzo, facendo scorrere lo sguardo da uno
all'altro.

«Beh, sì» rispose Dean, e sembrava sinceramente colpito. «E complimenti, sei l'unico
che ha indovinato al primo tentativo».

Sam dovette trattenere un sorriso divertito, mentre il ragazzo non si fece problemi, e
scoppiò in una nuova risata.

«Oh, ma è stato facile!» esclamò, subito dopo. «Si vede da come vi guardate»

Dean non poteva essere più perplesso, e lanciò un'occhiata furtiva a Sam, aggrottando
le sopracciglia, come per controllare; questa volta lui non potè trattenersi dal
ridacchiare.

«Allora, volevate sapere come si arriva in Nebraska City?» chiese ancora il giovane,
come se non si fosse accorto di nulla, e quando i due annuirono, si mise a frugare in
una tracolla grigia che portava appesa alla spalla, fino a tirarne fuori una mappa.

«Ecco, guardate...» disse, aprendola davanti ai loro occhi, e indicando una strada che
pareva circondare una grossa foresta. «Dovete prendere questa strada, girare da
questa parte, proseguire per di qui, e poi...»

«Ma a fare tutto quel giro ci vorranno almeno due giorni!» esclamò sorpreso Dean.
«Non c'è una via più breve? Una che passi per il bosco, per esempio?»

Il ragazzo sollevò gli occhi e lo fissò talmente attento che Dean si sentì quasi a
disagio. «Certo che c'è» rispose dopo alcuni istanti, e sul suo viso si riaprì un sorriso
pacato. «Ma dentro al bosco non si può andare, ovviamente».

«Perchè no?» chiese subito Sam, confuso.

«Perchè il bosco è stregato, no?» rispose il giovane, con il tono più naturale del
mondo.

Dean e Sam si scambiarono un'occhiata eloquente.

«Come sarebbe a dire, "stregato"?» domandò lentamente Dean.

«Beh, maledetto, se vuoi» spiegò con tranquillità il ragazzo. Non smetteva un attimo di
sorridere, e la cosa cominciava ad innervosire entrambi. «La gente che ci va sparisce o
muore, o quel genere di cose, insomma. Ma è normale. Vent'anni fa parecchie donne sono
morte nella foresta, e lo spirito di una donna morta di morte violenta si può sempre
risvegliare, no?»

I due fratelli non sarebbero potuti essere più allibiti. Per parecchi secondi nessuno dei due
disse niente, e rimasero fermi ad osservare il volto sorridente dell'altro.

«Allora, cos'è che volevate sapere, sulla strada per il Nebraska?» chiese ancora lui,
passando lo sguardo da uno all'altro.

«Sai cosa?» fece Dean, lentamente. «Non importa. Magari ci fermeremo qui un paio di
giorni, che ne dici, Sammy?»

Il fratello annuì, con un mezzo sospiro.

«Splendido!» esclamò il ragazzo, e il suo sorriso, se possibile, si fece ancora più largo.
«Bene, per qualsiasi cosa, venite a cercarmi, sono Ethan Grey, vivo nella casa laggiù,
vicino al torrente. È stato un vero piacere!»

«Anche per noi» fece Dean, con una sfumatura ironica che il giovane non colse. «Beh, ci si
vede in giro, Ethan, d'accordo?»

Entrambi risalirono a bordo della macchina, e ripartirono lentamente alla volta del
villaggio. Sam si girò indietro ad osservare il ragazzo, che era tornato a guardare il blocco
degli appunti con aria pensosa, passandosi una mano tra i capelli biondi.

Dean, intanto, gli lanciò un'occhiata dallo specchietto.

«Ho davvero uno sguardo così fraterno?» borbottò, alla fine.

Sam rise e non rispose.

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Capitolo 3
*** Leggende a noleggio ***


La casa di Ethan si ergeva esattamente là dove gli aveva detto, anche se
probabilmente ''ergersi'' non era il verbo esatto. In effetti, la costruzione era piccola,
fatta totalmente di un legno che si mimetizzava perfettamente con la foresta dietro, e
se non fosse stato per il tetto, di un vivido rosso, Dean e Sam non l'avrebbero
neppure notata.

Parcheggiarono nel campo accanto al torrente, e il contrasto tra l'Impala e il
paesaggio circostante faceva quasi venire le vertigini. Tra la casetta, il prato di un'erba
verde brillante e il gorgoglio dell'acqua, gli parve di essere stati catapultati in qualche
favola nella quale loro non c'entravano assolutamente niente.

«Manca solo qualche uccellino canterino, non è vero?» commentò sarcasticamente
Dean, guardandosi intorno. «Andiamo».

Si avvicinarono alla casa e bussarono alla porta. Alla terza volta, una voce femminile
rispose dall'interno: «Arrivo!» e pochi secondi dopo, una giovane ragazza aprì loro.

Doveva avere più o meno la stessa loro età, e aveva lunghi capelli biondi raccolti in
modo improvvisato dietro alla nuca, con ciocche che ricadevano ovunque. I suoi occhi
erano di un azzurro chiaro, grandi, e passarono in rassegna da uno all'altro.

«Posso aiutarvi?» chiese, sorridendo.

«Veramente stavamo cercando un ragazzo» fece Dean, sbirciando appena dentro. «Un
certo Edward... Evan... abita qui?»

«Ethan?» rispose per loro la ragazza, divertita. «Non è in casa, adesso. Io sono sua
sorella, Leanne» si presentò, tendendo loro la mano.

«Oh, non sapevamo avesse una sorella» disse Sam, allungando la sua per
stringergliela.

Leanne rise. «Non mi sorprende, Ethan vive talmente sulle nuvole che non sono sicura
lo sappia nemmeno lui» commentò, allegramente, e Dean sogghignò appena.

«Sai quando dovrebbe tornare?» chiese Sam.

«Purtroppo per voi, credo che starà via tutto il giorno» rispose lei, con un'alzata di
spalle. «Posso aiutarvi io? Cosa volevate sapere?»

«Solo... solo fargli qualche domanda, stamattina ci ha accenato a qualcosa
d'interessante, quando l'abbiamo incontrato» fece Dean, esitando appena sulle parole.

«Vi ha detto per caso di essere un poeta?» chiese subito Leanne, quasi scettica.

«Veramente sì» ammise Sam, e lei scoppiò a ridere.

«Già, mi avrebbe sorpreso, se non l'avesse fatto! Vi ha fatto leggere qualcosa di suo?»
chiese, inarcando un sopracciglio.

Dean scosse la testa.

«Oh, meno male!» fece Leanne, sorridendo radiosa. «Forza, venite dentro».

L'interno della casa non si raccordava per nulla con l'esterno, anzi, era caotico e
disordinato come un qualunque appartamento di New York. La stanza era piccola, ma
ricolma di oggetti; libri, vestiti e padelle erano equalmente sparsi sugli scaffali, in
bilico sulle sedie e sul tavolo al centro.

«Scusate il caos» fece Leanne, sistemandosi per l'ennesima volta una ciocca di capelli
che le ricadeva dall'acconciatura. «Sto studiando per un esame e sono sempre fuori
città, e non c'è verso che Ethan metta un po' in ordine... accomodatevi» aggiunse,
sgombrando due sedie sepolte da fogli.

Dean e Sam si affrettarono a sedersi, mentre la ragazza continuava ad andare avanti
e indietro per la casa, cercando come minimo di creare un po' di spazio.

«Allora, cosa volevate chiedere a mio fratello?» disse Leanne, mentre liberava uno
sgabello da uno strato di vestiti e prendeva posto davanti a loro.

I due si scambiarono un'occhiata prima di parlare.

«Beh, stamattina Ethan ci ha riferito delle storie interessanti sulla foresta qui vicino»
cominciò Sam, osservando la sua reazione.

Leanne scoppiò a ridere per l'ennesima volta. «Oh, non ditemi che vi ha raccontato
che è stregata!»

«Hai indovinato» rispose Dean, con un mezzo sorriso.

«Sono tutte storie che continua a dire in giro, ma non c'è nulla di cui preoccuparsi, ve
lo assicuro» spiegò lei, tranquillamente.

«Ethan ha detto che sono morte delle persone, delle ragazze» insistette Sam.

Il sorriso svanì dal volto di Leanne. «Beh, quello è vero» replicò, seria. «Quindici
ragazze morte in meno di quattro mesi... una vera strage. Ma è successo una ventina
di anni fa, e da allora non si è mai ripetuto niente del genere».

«Che cosa è successo davvero, allora?» chiese Dean, guardandola attento.

Leanne volse lo sguardo verso di lui, accigliandosi appena. «Come faccio a saperlo? A
quell'epoca avevo cinque anni, e Ethan uno!»

«E allora come mai lui è così interessato a questa storia?» disse Sam, confuso.

La ragazza sospirò. «È colpa di nostro padre. È stato lui a raccontargli tutte le storie
sulla foresta, sui fantasmi e sui mostri... per divertimento. Ethan, però, ci crede
davvero. Lo ha sempre visto come una sorta di idolo. È stato per questo che ha deciso
di fare il poeta, sapete? Per imitarlo»

«Ah, anche vostro padre è un poeta?» chiese Dean, cercando di ignorare la strana
e improvvisa sensazione che qualcosa gli si fosse annodato nello stomaco.

«Era un poeta» lo corresse Leanne. Non sorrideva più, ma non pareva neppure molto
turbata.

«Mi dispiace» fece Sam.

«È stato tanto tempo fa...» commentò lei, scrollando le spalle. «E poi noi eravamo già
abituati a stare senza di lui. Viaggiava spesso, lui. Per trovare l'ispirazione, ci diceva».

«Capisco» fece Dean, e sentì una specie di groppo in gola che gli fece intendere che
era meglio non dire più nulla.

Per un attimo calò il silenzio. Leanne pareva distratta, come riflettendo su qualcosa di
tutto suo, e Dean non sapeva come intervenire. Fu Sam ad interrompere il silenzio.

«Leanne, è tuo questo libro?» chiese, allungando la mano per prenderne uno da uno
scaffale impolverato.

Lei sembrò sorpresa dalla domanda. «Sì, certo. Perchè?» fece, agrottando le
sopracciglia perplessa.

«Oh, ehm... mi pareva di averlo già visto da qualche parte» rispose vagamente Sam.

«Ne sei sicuro? Ero sicura che fosse un'edizione speciale» domandò Leanne,
meravigliata e confusa insieme.

«Davvero? Come l'hai avuta?» continuò Sam, mentre Dean gli lanciava un'occhiata
perplessa.

«Ce l'ha regalata nostro padre» rispose lei, sempre più dubbiosa.

«Sia a te che a Ethan, quindi?» insistette Sam.

«Sì, una copia a testa... poco prima di morire. Non so dove sia finita quella di 
Ethan» commentò Leanne.

«Non è che posso dargli un'occhiata?» chiese lui, già osservandone la copertina.

«Puoi anche tenerlo, se vuoi» commentò la ragazza, e d'improvviso il suo tono era
diventato quasi sprezzante. «Io non l'ho mai neppure aperto».

«Come mai?» chiese sorpreso Dean.

Leanna alzò le spalle. «Ho sempre tanto da studiare» rispose vagamente, alzandosi in
piedi. «Beh, Ethan non sarà qui prima di stasera, e io non ho più nulla da dirvi,
quindi...»

Dean e Sam afferrarono al volo che era meglio levare le tende.

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Capitolo 4
*** Nel mezzo del cammin ***


La macchina si fermò con un rombo al centro di un'ampia radura, circondata da un
intrico di alberi e rami intrecciati fitti tra loro.

Dean sbuffò. Da quando avevano imboccato la strada che si addentrava all'interno
della foresta, il sentiero aveva cominciato progressivamente a restringersi, e adesso
era altamente improbabile che un'auto riuscisse più ad infiliarsi là in mezzo.

«D'accordo, proseguiamo a piedi» commentò, senza riuscire a nascondere una punta
di seccatura.

Sam annuì senza aggiungere niente, quindi scese dalla macchina e cominciò a
guardarsi intorno, mentre Dean apriva il bagagliaio, come al solito colmo di armi d'ogni
genere.

«Che ne dici, cosa ci portiamo?» fece, tra sé e sé. Era piuttosto difficile scegliere,
specie quando non hai la minima idea di quello a cui stai andando incontro.

Sam continuava a non dire niente, così Dean si limitò a scrollare le spalle e a scegliere
due pistole che, dopotutto, facevano sempre comodo, e a controllare di avere con sé
sale e acqua santa quanto bastava.

«Ehi, Sammy» lo chiamò, prima di lanciargli una delle due pistole. Il fratello l'afferrò
al volo e l'infilò in tasca, distrattamente. Sembrava tutto preso da qualcosa.

«Cosa c'è, che cosa hai visto?» chiese Dean, agrottando le sopracciglia senza capire.

«Ho la sensazione che qualcuno ci stia osservando» mormorò Sam, avvicinandoglisi;
non appena si voltò indietro, vide una figura in piedi alle spalle di Dean e sussultò.

Dean si girò di scatto e sobbalzò sorpreso. Proprio dietro di lui, stava una ragazza,
giovanissima, con lunghi capelli neri che le cadevano lungo le spalle, ricci, quasi fino
alla vita.

Aveva una carnagione molto pallida, quasi bianca, e due grandi occhi scuri, che li
stavano fissando talmente attenti che pareva non sbattere neppure le ciglia.

«Ehm... salve» cominciò Dean, incerto. Sembrava innocua, nonostante tutto, e
l'ultima cosa che voleva fare era spaventarla. «Cosa ci fai qui tutta sola? Ehi, non
guardarci così, non ti faremo del male».

Lo sguardo della ragazza cadde sulle pistole che tenevano in mano, poi si fissò di
nuovo, diffidente, su Dean, che si schiarì la voce a disagio.

«Queste? Sono solo per precauzione, sai... nel caso incontrassimo qualcosa» tentò di
spiegare, esitante.

Sam si avvicinò, osservando attentamente la giovane, che immediatamente voltò la
testa verso di lui, e sembrò ispezionarlo con gli occhi per quanto intensamente lo
guardava.

«Va tutto bene? Ti è successo qualcosa?» domandò, preoccupato. C'era qualcosa, nei
suoi occhi neri, d'indecifrabile. Non era paura, no, ma qualcosa di diverso, con una
punta di determinazione.

La ragazza scosse la testa, con un movimento lento, senza staccare per un istante lo
sguardo da lui, che non potè far altro che rimanere lì, perplesso.

«Senti, c'è qualcosa che vuoi dirci? Hai visto qualcosa, per caso?» domandò ancora
Dean, senza riuscire a trattenere un velo d'impazienza.

Lei, però, continuava ad osservare l'altro. Alla fine, con un gesto lento quanto il
precedente, indicò Sam, poi Dean, poi il suo petto, e infine gli alberi dietro di lei.

«Non capisco... cosa stai cercando di dire?» fece Sam, confuso.

La ragazza ripetè lo stesso identico gesto: indicò i due fratelli, sé stessa, e la foresta
alle sue spalle.

«Vuoi che veniamo con te?» tentò allora Sam, esitando appena.

La giovane annuì, poi si voltò di spalle, e cominciò a camminare lentamente davanti a
loro: ad ogni passo, il lungo vestito bianco che portava ondeggiava appena, mosso dal
vento.

Sam e Dean si scambiarono un'occhiata, quindi si affrettarono a seguirla, lungo un
sentiero quasi del tutto nascosto dagli alberi e dall'erba che non sarebbero mai riusciti
ad individuare da soli.

Dean non riusciva a trattenere la marea di domande che aveva in mente. «Dove ci stai
portando? Ci devi far vedere qualcosa?» chiedeva, ma la fanciulla stava zitta e
guardava davanti a sé, quasi come se non lo sentisse.

Solo un paio di volte si girò ad osservarlo in silenzio, e allora Dean stringeva la pistola
che aveva ancora in tasca. C'era decisamente qualcosa che non quadrava.

Dopo un paio di minuti di cammino, la ragazza scostò con le mani bianche una cortina
d'edera, che si rivelò nascondere una piccola radura, dove, esattamente al centro,
stava una casa di legno.

Si avvicinarono: nonostante fosse molto rovinata -i vetri delle finestre erano rotti, e il
legno scheggiato quasi ovunque- aveva un'aspetto in qualche modo accogliente,
luminoso. La ragazza li condusse fino alla porta, che aprì, facendogli cenno con la
testa di entrare.

Dean si affrettò a obbedire, mentre Sam esitò appena.

«Sei sicura? Vuoi che veniamo dentro?» chiese. La giovane lo guardò con il suo
sguardo intenso, e gli parve che i suoi occhi neri brillassero per un istante.
Ammutolito, entrò.

Dentro, la casa sembrava un piccolo paradiso. Era formata da una sola stanza, con un
vecchio letto in un angolo, un tavolo apparecchiato al centro, e una piccola cucina nel
lato opposto all'ingresso.

La fanciulla li precedette e discostò appena due sedie dal tavolo, indicando loro di
accomodarsi, mentre lei si dirigeva verso la cucina dove, in un rincurvo contenitore di
rame, stava bollendo dell'acqua.

Dean si sedette, e rimase ad osservarla, mentre aggiungeva quelle che parevano
strane erbe all'interno del bollitore, e mescolava con un cucchiaio di legno.

Sam, invece, ne approfittò per vagare per la casa, che era ordinata e ben tenuta.
Proprio accanto ad una delle finestre, c'era una piccola mensa con alcuni libri, di cui
uno era appoggiato appena in bilico, come se fosse stato usato da poco.

Ci diede un'occhiata rapida, mentre Dean continuava a fare domande senza risposta
alla fanciulla.

«D'accordo, sei una tipa di poche parole» cedette alla fine, quasi sfinito dall'inutile
interrogatorio, gettando un'occhiata a Sam, che lasciò perdere quello che stava
facendo e si andò a sedere accanto a lui.

La ragazza aveva appena terminato. Estrasse due tazze da uno degli scaffali e li riempì
fino all'orlo di una liquido dal colore verdastro, e li stava sistemando sul vassoio,
mentre Dean borbottava, a mezza bocca, al fratello: «Io quella roba non la bevo, e se
sta cercando di avvelenarci?»

La giovane lo sentì; voltò di colpo la testa verso di lui, che tacque imbarazzato. Lei si
limitò ad appoggiare il vassoio sul tavolo davanti a loro, prendere un po' della bevanda
con il cucchiaio che aveva in mano, e a berla lentamente, senza smettere di osservarli.

Quando ebbe finito, si sedette di fronte a loro, sempre silenziosa. Dean e Sam si
schiarirono la voce e presero le due tazze nello stesso istante, assaggiandone il
contenuto. Era amaro, ma non era male, anzi, scendeva lungo la gola con una
piacevole sensazione di calore.

«Grazie» disse Sam, incerto, e per la prima volta le labbra della fanciulla s'incurvarono
appena in sorriso. Incoraggiato dal successo, andò avanti. «Come mai siamo qui? C'è
qualcosa che possiamo fare per te?» chiese.

La ragazza continuava ad osservarli, e qualcosa, nei suoi occhi, era cambiato. Ora vi si
leggevano chiaramente una sorta di timore reverenziale, una forte decisione e -era
possibile?- una muta richiesta di aiuto.

Sam vide tutte queste cose, e per un attimo l'impotenza davanti al suo silenzio rischiò
di farlo impazzire. Appoggiò la tazza sul tavolo, e ritentò, conciliante: «Come ti
chiami? Io sono Sam, e lui è mio fratello Dean. Mi piacerebbe conoscere il tuo nome».

Lei lo guardò a lungo, ancora, poi scosse la testa.

«Non vuoi dirmelo? O non puoi?» insistette Sam.

La fanciulla scosse la testa di nuovo. Sembrava non sapesse fare altro, e per un
attimo Sam si chiedette addirittura se lei stesse capendo le sue parole.

Adesso la ragazza non lo guardava più. Stava osservando Dean, che aveva appena
finito di bere dalla tazza, e che appogiandola sul legno, alzò di nuovo gli occhi su di
lei.

«Ascolta» disse Dean, alla fine, deciso. «Qui, in questa foresta, sono successe delle cose.
Delle morti. Tu ne sai qualcosa? Puoi dirci qualcosa?»

Per un lungo tempo lei non fece che fissarlo negli occhi. Entrambi attesero
pazientemente, perchè lei sembrava star riflettendo. Finalmente, si alzò in piedi, e si
avvicinò ad una delle finestre, dove erano posti delle piccole piante dentro dei vasi.

Strappò un fiore giallo da uno di quelli, poi si voltò, e, lentamente, lo depose nella
mano aperta di Sam, che si limitò ad osservarlo sbalordito.

«Ma cosa significa? Che cosa vuoi dirmi?» domandò, ma la ragazza incrociò le braccia
e lo guardò in silenzio.

«Vuoi che ce ne andiamo?» fece Dean, che cominciava a trovare insopportabile lo
stare lì senza concludere nulla.

Dopo alcuni secondi, la ragazza annuì. Dean non se lo fece ripetere due volte e si alzò
in piedi, dirigendosi verso la porta. Sam lo stava per imitare, ma s'interruppe e si
voltò a guardare la fanciulla.

«Noi torneremo» mormorò infine, insicuro. «Se... hai bisogno di noi. Torneremo».

Sul viso bianco della giovane si aprì finalmente il primo vero sorriso, mentre gli occhi
neri brillavano ancora una volta, e lei inclinava la testa, come per guardarlo meglio
mentre usciva e spariva di nuovo nella foresta.

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Capitolo 5
*** Un caso di fortuna ***


Erano appena usciti dalla casa, che Dean si rivolse al fratello, guardandolo con le
sopracciglia aggrottate, e chiese: «Allora, adesso me lo vuoi dire?»

«Cosa?» fece Sam per tutta risposta, distratto.

«Che libro è quello? Cos'ha di tanto speciale?» domandò ancora lui, quasi spazientito.

Sam se lo fece passare da una mano e l'altra, riguardandolo davanti e dietro. «Oh, è
solo un libro di mitologia greca» rispose, alzando le spalle.

«Ma non mi dire!» ribattè Dean, sarcasticamente. «E allora? Perchè l'hai preso, per
avere qualcosa da leggere prima di andare a dormire?»

«No, proprio no» Sam si fermò accanto all'Impala e finalmente alzò lo sguardo.
«Dean, c'era questo stesso identico libro a casa di quella ragazza nella foresta».

L'altro lo guardò sorpreso. «Davvero?»

«Avresti dovuto notarlo» commentò Sam, quasi con riprovero.

«Chissà, magari ero troppo preso dalla conversazione» ribattè ironico Dean. «Quindi?»

«Sai il fiore che la ragazza mi ha regalato? Era un narciso» continuò il fratello, che
sembrava troppo immerso nelle sue riflessioni per seguire un filo logico nella
discussione.

«D'accordo, signor botanico, e allora?» insistette Dean, che cominciava a spazientirsi.

«Allora, a casa di quella giovane, il libro era aperto proprio alla pagina che raccontava
la storia di Narciso!» spiegò finalmente Sam.

Dean, per tutta risposta, inarcò le sopracciglia, scettico.

«Lo so cosa stai per dire, ma non può essere una coincidenza, Dean!» esclamò l'altro.

«Certo che può essere una coincidenza!» ribattè lui, incredulo. «E poi, cosa potrebbe
c'entrare con il caso?»

«La conosci, almeno, la leggenda di Eco e Narciso?» chiese Sam, incrociando le
braccia con quell'aria saputa che dava estremamente sui nervi al fratello.

«Ecco, non nei dettagli, ma...» cominciò Dean, ma l'altro lo interruppe.

«Prima di innamorarsi, non corrisposta, di Narciso, un giovane che amava solo la
propria bellezza, Eco era una Ninfa delle montagne con l'abitudine di parlare troppo, e
per questo la dea Era la punì, togliendole la parola» Sam alzò lo sguardo verso di lui.
«Rendendola muta, Dean, capisci?»

Il fratello lo guardo semplicemente sbalordito, poi sogghignò. «Andiamo, Sammy, non
vorrai dirmi che pensi davvero...»

«E se quella ragazza stesse cercando di farmi capire che cosa è successo?» insistette
Sam. «E se fosse stato un messaggio per farmi sapere qualcosa su di lei?»

«Cosa, che è una Ninfa, che una dannata dea le ha rubato la voce, o che si è
innamorata di un gay?» chiese Dean, senza smettere di ghignare.

«Non lo so, qualcosa!» fece Sam, chiaramente deluso dalla reazione del fratello.
«Perchè regalarmi quel fiore, altrimenti?»

«Magari pensava che fossi carino» commentò Dean, inarcando le sopracciglia, e
quando vide che il fratello stava per ribattere ancora, intervenne. «D'accordo,
spiacente di deluderti, ma le Ninfe proprio non esistono, la dea Era nemmeno, quindi,
o quella era una dichiarazione d'amore inespressa, o lei è semplicemente una ragazza
muta con complessi di emarginazione!»

Sam scosse la testa, intestardito. «Ascolta, Dean...»

«Sai cosa penso?» lo interruppe ancora il fratello. «Stiamo solo perdendo tempo qui!
Magari vent'anni fa sono morte tutte quelle persone, ma adesso non c'è proprio un bel
niente di pericoloso in quella foresta, e invece di dare ascolto ai deliri di quel poeta da
strapazzo, dovremmo saltare in macchina, andarcene e tornare alla Road House!»

«Dammi solo un altro giorno» insistette Sam, ma l'altro alzò lo sopracciglia, beffardo.
«Per favore, Dean! Un giorno soltanto. Voglio capire cosa sta succedendo».

Lo stava guardando negli occhi con il suo solito sguardo di mista determinazione e
supplica, e Dean non potè far altro che sbuffare spazientito.

«D'accordo» assentì, senza guardarlo, per poi infilarsi in macchina.

«E adesso dove stai andando?» chiese Sam, sorpreso.

«Dalla polizia. A cercare di capire qualcosa di più su quelle morti. Vieni?» fece,
accennando con la testa al sedile accanto.

«No, io... vado a fare un salto da quella ragazza, nel bosco» fece Sam, esitando
appena. «Magari riesco a farmi dire qualcosa».

«Sì, e magari gli unicorni volano in una valle di arcobaleni» ribatté Dean, sarcastico.
«Bene, buon per te!»

Premette sull'accelleratore, e l'Impala si allontanò con un rombo; per qualche istante
Sam rimase fermo ad osservare la sagoma che spariva lungo l'orizzonte, poi scrollò le
spalle e s'incamminò verso la foresta.

Il passaggio si faceva sempre più intricato: rischiò di inciampare in una radice, e si
aggrappò all'ultimo ad un albero. Nel farlo, il libro di Leanne cadde a terra e si aprì con
un tonfo.

Sam abbassò lo sguardo, notò sbalordito qualcosa che sembrava fuoriuscire dalle
pagine. Si chinò a raccoglierlo.

«E questo cos'è?».

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Capitolo 6
*** Analogie e affanni ***


«"Storie e leggende incredibili"?» domandò l'uomo davanti a lui con un'espressione
stupita.

Dean esibì il sorriso più convincente che riuscì a tirare fuori, pentendosi di non aver
trovato un titolo migliore, e tendendo la mano verso l'altro, spiegò, con disinvoltura:
«È una rubrica, sergente. Per il mio giornale, sa».

«Sceriffo» lo corresse quello, e dopo un attimo di indecisione, gliela strinse con la sua
mano paffuta. «Un giornalista, eh? Non ne capitano molti da queste parti. Venga, si
accomodi».

Dean lo seguì all'interno di un piccolo ufficio che più che ad una centrale assomigliava ad
un soggiorno in vecchio stile, con mobili di legno scuro su cui erano posati centrini e
portafoto.

Lo sceriffo Mayer, un'uomo di mezz'età la cui pancetta, i grossi baffi e il viso rubicondo
suggerivano un'indole pacifica e poco incline all'azione, si sedette su una poltroncina di
fez, e indicò una sedia a Dean, che lo stava ancora osservando tra il sorpreso e il divertito.

«Allora, giovanotto, di cosa si occupa di preciso?» gli chiese, affabile.

«Ehm... misteri, sa. Cose strane che accadono nel mondo» rispose, con un'espressione
così convinta che lo sceriffo ridacchiò sotto i baffi.

«Beh, ho paura che sia venuto a cercare nel posto sbagliato» disse poi, incrociando le
mani sulla scrivania con un sorriso sinceramente dispiaciuto. «Qui non succede mai nulla,
siamo una cittadina tranquilla, ce la caviamo con poco».

«Già, l'avevo intuito» commentò Dean con una punta di sarcasmo che per fortuna l'altro
non colse. «Eppure, mi hanno detto che qualche tempo fa qui è accaduta una strana
faccenda, rimasta ancora irrisolta»

Lo sceriffo Mayer aggrottò le sopracciglia, perplesso. «No, non mi risulta».

Dean per un attimo non seppe cosa dire. «Quindi non è vero che, venti anni fa, sono
morte quindici ragazze?»

«Oh, quello!» fece lo sceriffo, e sembrò agitarsi. «Sì, sì, ovviamente è vero. Una brutta
faccenda, brutta davvero... ma non c'era niente da risolvere».

«Cosa intende dire?» chiese Dean, senza capire.

Mayer si terse il sudore dalla fronte. «Beh, tutti pensavano che ci fosse una specie di
assassino seriale, no? Ma non era niente di tutto questo. Quelle ragazze si sono suicidate».

«Tutte e quindici?» fece l'altro, spalancando gli occhi meravigliato.

«Esattamente» rispose lo sceriffo, sbattendo gli occhi. Improvvisamente, non sembrava
più avere tanto il controllo della situazione. «Una dopo l'altra. Scappavano di casa, e dopo
qualche giorno si toglievano la vita nella foresta».

«In che modo?» chiese cautamente Dean, e non poté biasimare Mayer, che parve sorpreso
dalla domanda.

«Diversi, sa» rispose, passandosi una mano dietro il collo grassoccio, a disagio. «Si
avvelenavano, s'impiccavano, si pugnalavano. Una ragazza si legata una pietra ad una
gamba e si è lasciata cadere nel torrente».

«Capisco» mormorò Dean. «E non c'era nessun legame tra le vittime? Niente che le
accomunasse?»

«Beh, in realtà sì» disse lo sceriffo Mayer. «Erano tutte giovani madri che avevano
partorito da poco, massimo da un mese. Provi ad immaginare la tragedia per tutti quei
poveri figli così piccoli...»

Sembrava starsi per commuovere, e questo per Dean fu il segnale che era ora di
andarsene, per non rischiare di doversi mettere a consolare un bambinone che aveva tre
volte la sua stazza.

Si alzò in piedi, e stava per voltarsi quando gli venne in mente una cosa.

«Sceriffo...» cominciò, esitando appena. «Il signor Grey era collegato in qualche modo a
questa faccenda?»

«Il signor Geoffrey Grey? Il padre di Ethan e Leanne?» domandò sorpreso Mayer.
«Immagino si possa dire di sì. Sua moglie, Charlotte, fu la prima delle fanciulle suicide».

Qualcosa sembrò gravare all'improvviso sullo stomaco di Dean. E così, quei due fratelli,
Ethan e Leanne, erano rimasti in pochi anni orfani. La loro famiglia si era ridotta a loro
due. E stavano andando avanti insieme, da soli.

Cercò, o meglio, s'impose, di non pensarci. Annuì, strinse la mano allo sceriffo, e
raggiunse in pochi passi la macchina. Stava per dirigersi verso la foresta per andare a
cercare Sam, poi a metà strada cambiò idea.

Era ora di dare un'occhiata più approfondita a casa Grey.

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Capitolo 7
*** Fotoritocco ***


Dean aspettò pazientemente nascosto tra gli alberi della finestra, finchè la porta della casa
non si aprì e ne uscì Leanne. Sembrava parecchio indaffarata, reggeva una tracolla e un
paio di libri con l'altro braccio: camminando in fretta, prese il sentiero che portava verso il
paese.

Quando la ragazza fu completamente sparita dall'orizzonte, finalmente Dean uscì dal suo
nascondiglio e raggiunse la casa. Tirò fuori dalla tasca una specie di coltellino multiuso,
pensando alla maniera migliore per forzare la serratura senza fare troppo danno, ma si
accorse che la porta era già aperta.

Sbalordito, e chiedendosi se i due fratelli avevano mai sentito parlare di ladri e malviventi,
la spinse ed entrò.

La stanza centrale era esattamente uguale a quella mattina, e lui procedette con cautela,
cercando di non pestare o far cadere gli oggetti accatastati ovunque.

Si avvicinò agli scaffali, che erano ricolmi di libri, per lo più classici e romanzi d'ogni tipo,
poi si diresse verso la cucina, che era immersa in quel caos tipico dei ragazzi che non
hanno alcun controllo da adulti: lattine vuote per terra, cartoni di pizza, padelle quasi
intonse a favore di incarti di cibi già pronti.

Più o meno lo stesso tipo di disordine che lui e Sam lasciavano ovunque restassero più di
un giorno, notò Dean, distrattamente, e si sorprese di averlo pensato.

Sul tavolo grande, al centro della stanza, erano aperti ancora altri libri, questi tutti
sottolineati e scribacchiati a matita. Si chinò appena per decifrare i titoli: erano testi
dall'università. A quanto pareva Leanne stava studiando legge.

Ancora una volta, sentì una strana sensazione che gli fu impossibile definire. Non era
proprio invidia -dopotutto, come poteva invidiare una cosa così noiosa come la vita
universitaria?- ma assomigliava più ad una vaga curiosità per qualcosa che sapeva non
avrebbe mai avuto, che aveva perso in partenza.

Scuotendo la testa e chiedendosi che cosa accidenti gli stava prendendo, si allontanò, e
vide una porticina sul muro a destra, quasi invisibile, dello stesso colore della parete.
La aprì con cautela e ritrovò dentro la camera dei due fratelli.

Anche se Leanne si era lamenata del disordine del fratello, quella mattina, Dean non faticò
a riconoscere l'angolo più caotico, quello a destra, come quello della ragazza.

Il letto era disfatto, e veniva probabilmente usato anche come scrivania, visto che ci erano
ammucchiati fogli su fogli, penne e ancora altri libri -cominciò seriamente a chiedersi
quanti libri c'erano, in una casa così piccola.

Invece, a sinistra, l'angolo di Ethan era molto più ben messo. Aveva meno cose della
sorella: un blocco per gli appunti aperto a metà, con una penna appoggiata sopra, ancora
aperta, e tre o quattro testi appoggiati su una mensola.

Ma la cosa che sorprese Dean fu la parete accanto al suo letto. Si avvicinò ancora, e notò
che era formata da una quantità smisurata di fogli di carta, foto e giornali. Assomigliava
vagamente alle loro pareti, quando stavano lavorando ad un caso, ma la unica differenza
era che là non c'erano né mostri, persone scomparse o cartine geografiche.

Erano solo poesie, frasi, e foto di famiglia.

Il suo respiro parve rallentare di propria iniziativa. Dean allungò la mano e ne staccò una
dalla parete, osservandola a lungo.

Mostrava due bambini biondi in braccio ad una donna dal viso pallido, che assomigliava in
maniera sorprendente a Leanne. Accanto a lei, un uomo dai capelli scuri cingeva con un
braccio le spalle della moglie, sorridendo. Voltò la foto. Una calligrafia elegante aveva
scritto: Io, Charlotte, Leanne ed Ethan, 1996.

Dean la rimise a posto, sentendo un nodo stringerglisi attorno alla gola. Come per
distrarsi, diede un'occhiata alle poesie sparse tutt'attorno, quasi senza vederle, leggendo
parole sparse che non dicevano niente. Notò che portavano tutte la stessa firma, G.G.

E poi, appena più su, c'era un'altra foto della madre. Dean non resistette all'impulso di
staccare anche quella, e la guardò da vicino. Sì, la donna era quasi perfettamente identica
ai suoi figli: aveva lunghi capelli di un biondo chiarissimo, identici a quelli di Leanne, e gli
stessi occhi grandi, azzurri, di Ethan. Stava sorridendo, lo sguardo rivolto qualcosa in
basso.

Dean impiegò qualche istante per comprendere che Charlotte stava chiaramente
aspettando un bambino, e che si stava accarezzando la pancia prominente, con un gesto
affettuoso.

Sentendosi la bocca stranamente arida, voltò la foto. Questa volta non c'erano né nomi,
né date, solo una poesia, scritta a mano dalla stessa calligrafia elegante di prima.

La fanciulla sorride, alza e scuote
I lunghi capelli colore del sole
Occhi neri che ammiccano al buio
E dolce m'invita, con un sussurro leggero
Lontano da tutto, nel mezzo del niente


Dean si ritrovò a leggerla più e più volte. C'era qualcosa che non quadrava, ma continuava
a sfuggirgli. Alla fine, lasciò perdere e la riattaccò accanto alle altre foto, poi si voltò ad
osservare ancora il viso della giovane Charlotte. E d'improvviso capì.

Pensò di chiamare Sam -la sua mano era già corsa alla giacca, quando sentì la voce di
Ethan chiamare dall'esterno: «Leanne? Leanne, sei in casa?»

Probabilmente Dean venne colto troppo di sorpresa; quasi d'istinto uscì dalla camera, e si
ritrovò in mezzo al soggiorno, sotto gli occhi sorpresi di Ethan, colto in flagrante in piena
irruzione in domicilio altrui.

Tuttavia, dopo i primi attimi di stupore, un largo sorriso apparve sul volto del giovane, che
esclamò: «Sei tornato davvero, allora!»

Si precipitò da Dean, stringendogli la mano, gli occhi che brillavano, apparentemente
trascurando il fatto che un quasi completo estraneo si trovasse a casa sua, da solo.

«Sono così felice di rivederti!» esclamò, gli occhi che brillavano di quella che Dean
riconobbe come pura gioia. «Non pensavo ti avrei rivisto sul serio... sai una cosa?
Stamattina, dopo che tu e tuo fratello ve ne siete andati, ho cominciato a comporre una
poesia su come ci siamo conosciuti!»

«Co-cosa?» fece Dean, sbalordito, allontanandosi dalla stretta del ragazzo.

Ethan scoppiò a ridere. «Sì, ma mi sono dovuto interrompere subito, perchè, indovina? Mi
sono dimenticato di chiedervi come vi chiamavate, e non sapevo cosa scrivere nella
dedica!»

L'altro evitò accuratamente di commentare, e il sorriso di Ethan si fece ancora più largo
mentre aggiungeva: «Allora? Chi siete?»

«Io... Dean» rispose, decisamente sconvolto dall'assurdità della situazione. «E mio
fratello, Sam».

«Dean e Sam...» sussurrò il giovane, quasi rapito. Dopo un paio di secondi, tuttavia, parve
ritornare sulla terra e aggiunse: «Allora, posso fare, qualcosa per te?»

«Ehm... sì, veramente sì» fece Dean, sollevato dallo star riportando la conversazione di
nuovo su un piano comprensibile. «Quando stamattina ci hai parlato di quella foresta, mi
hai proprio incuriosito. Hai detto che credi che dentro ci sia una specie di fantasma?»

«Io non credo niente» sorrise Ethan, e i suoi occhi azzurri scintillarono ancora. «So per
certo, che dentro quel bosco c'è una sorta di... presenza».

«Presenza?» ripeté Dean, aggrottando le sopracciglia.

«Una sorta di spirito. Un'entità non umana, di cui noi possiamo solo a stento immaginare
la portata» spiegò il ragazzo, e il suo sguardo si perse oltre al paesaggio dalla finestra.
«Qualcosa che nessuno ha mai visto... che nessuno può comprendere».

«Se nessuno l'ha mai visto, e non possiamo immaginarlo, come fai a sapere che c'è?»
chiese, quasi bruscamente, Dean.

Ethan si voltò a guardarlo, e un gran sorriso gli illuminò il volto, di nuovo. «È stato mio
padre! Lui mi ha detto tutte queste cose. Lui sapeva tutto... sapeva sempre tutto. Era il
migliore».

Qualcosa si strinse nella gola di Dean, impedendogli di parlare, ma per fortuna il ragazzo
non se ne accorse: era tutto preso dallo staccare uno dei fogli dalla parete.

«Lui scriveva poesie» continuò a spiegare l'altro. «E ci metteva dentro tutto quello che
pensava. "Scrivi sempre della verità, Ethan" mi diceva sempre. "Scrivi quello che vuoi che
la gente sappia"»

«E lui ha parlato dello... spirito della foresta nelle sue poesie?» chiese Dean, ritrovando la
voce, e cercando nello stesso tempo di seguire il filo logico del discorso, sempre se ce
n'era uno.

«Noi poeti vediamo quello che la gente ignora» fece Ethan per tutta risposta. Aveva
finalmente scelto uno dei tanti fogli attaccati al muro, e glielo porse. «Ecco, leggi».

Dean abbassò lo sguardo. La poesia si chiamava "Richiami".

Voce sfuggente che manca di essenza
Forma confusa, d'immensa potenza
Invoco il tuo nome tra larici ombrosi
Vieni, riprendi la tua umana forma


Gliela riconsegnò, senza parole. Ethan sembrava soddisfatto dal suo silenzio, e riattaccò la
poesia al suo posto, senza mai smettere di sorridere.

«Visto? Mio padre credeva ci fosse qualcosa, nel bosco» spiegò, entusiasta. «Qualcosa che
aveva un incredibile potere, che poteva disporre a suo piacimento di sé e degli altri.
Qualcosa d'impossibile da vedere... da percepire».

Dean era semplicemente frastornato. Le parole della poesia continuavano a tornargli in
mente, ed ogni volta acquistavano nuovi significati, finchè non sentì i tasselli che pian
piano si ordinavano.

«Ethan...» domandò, lentamente. «Quella creatura non è l'unica cosa che vive nella
foresta, vero? C'è qualcos'altro... o meglio, qualcun'altro. Che se ne sta tutta sola al
centro del bosco».

Per la prima volta, il sorriso sul volto di Ethan vacillò e poi sparì. Alzò lo sguardo verso
Dean, come spaesato, e chiese: «E tu come fai a sapere di Sedra?»

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Capitolo 8
*** Tasselli mancanti ***


«Sedra, giusto? Ti chiami così?» domandò Sam, esitando appena.

La fanciulla, seduta proprio davanti a lui, spalancò i grandi occhi neri, sorpresa. Annuì
lentamente, senza mai distogliere lo sguardo da lui.

Sam sorrise, cercando di suonare il più rassicurante possibile. «Vuoi sapere come l'ho
capito?» chiese. «In realtà, ho più tirato ad indovinare. È una lunga storia. Vuoi che te la
racconti? So che ti piacciono, le storie... e poi, ho bisogno del tuo aiuto per completarla».

Sedra annuì di nuovo. Sembrava vagamente interessata, ma una vena di preoccupazione
le si leggeva chiaramente negli occhi.

«È cominciato tutto da questo libro» fece Sam, tirando fuori quello che aveva preso a casa
di Leanne, e appoggiandolo sul tavolo. L'altra parve ancora più sorpresa. «Ne hai uno
uguale anche tu, vero? L'ho visto la prima volta che sono venuto qui».

Sam cominciò a sfogliare le pagine del libro. «L'ho preso per leggere qualcosa di più su
Narciso... era un narciso il fiore che mi avevi dato l'altra volta, vero? E guarda cos'ho
trovato in mezzo».

Proprio tra le pagine che riguardavano il mito di Eco, c'era nascosto un libricino, in realtà
più simile ad un vecchio fascicolo che non poteva avere più di cinque pagine in tutto. La
rilegatura era molto vecchia, di un marrone scuro, eppure sulla copertina vi si leggeva
ancora chiaramente la parola Sedra.

«Mi sono chiesto cosa potesse significare» continuò Sam, osservando la fanciulla che
faceva scorrere le dita lungo i caratteri dorati del titolo, chiaramente riconoscendo il
proprio nome. «Poi mi è venuto in mente che poteva essere come ti chiamavi. Non so
perchè... ho indovinato, allora?»

Sedra gli sorrise appena. Pareva starsi rilassando man mano che la conversazione andava
avanti, e non aveva più quell'atteggiamento rigido della prima volta che si erano visti,
anzi. Stava appena chinata in avanti, verso di lui, e fece per aprire il libro.

«Sei curiosa di sapere cosa c'è dentro?» fece Sam, allungando la mano per sfogliare le
pagine; sfiorò appena la ragazza, che ritrasse la mano, quasi d'istinto. «È un libro di
poesie. O almeno, così sembra. Sono strane... sembrano quasi indovinelli. Per questo avrei
voluto che tu mi aiutassi a capirle»

Sedra tornò seria, e si portò entrambe le mani alla gola, per poi scuotere la testa.

«Lo so che non puoi parlare» le rispose Sam. «Ma ce la faremo lo stesso, te lo assicuro.
Vedi come riusciamo a capirci, anche adesso?»

Lei non sembrava molto convinta, e abbassò appena lo sguardo, mestamente.

«Sedra... ho bisogno del tuo aiuto. Davvero. Non te lo chiederei se non fosse importante»
insistette lui. «Per favore. Devo capire cosa sta succedendo, e cos'è successo»

Si osservarono a lungo, e solo dopo istanti, che parvero, eterni, lei sorrise appena, di
nuovo, e annuì. Sam cercò di ricambiare il sorriso, ma era troppo preso dai mille pensieri
che sembravano rimombargli in testa. Non aveva dimenticato di avere un solo giorno per
risolvere il caso... ed era ancora in alto mare.

«Bene» cominciò, esitante. Aprì il fascicolo e le indicò la prima poesia.

Silenziosamente,
Estranea al
Docile e dolce
Richiamo
Armonioso.


«Di che cosa potrebbe parlare?» chiese Sam, alzando lo sguardo verso la fanciulla,
sperasso che avesse qualche idea geniale, e notò con sorpresa che il suo sorriso si era
fatto ancora più largo.

Lei allungò una mano e fece scorrere il dito lungo il testo della poesia, dall'alto verso il
basso, più volte.

Sam aggrottò le sopracciglia. «Che cosa... cosa stai cercando di dirmi?» fece, perplesso,
seguendo il movimento della sua mano. «È il testo della poesia, no? E... aspetta!»
s'interruppe di colpo. «Mi stai indicando solo le inziali! Le iniziali di ogni verso... S... E...
D... ma questo è il tuo nome! Sedra!»

La fanciulla rise, come divertita dal suo entusiasmo. Sam sorrise a suo volta, mentre pian
piano cominciava a capire sempre di più.

«Aspetta... quindi questa non è una poesia... è un acrostico! Con il tuo nome! È dedicata a
te, vero? Parla di te!» continuò, euforico. «Come ho fatto a non pensarci prima?
"Silenziosamente"... beh, è chiaro, non puoi parlare... e poi? "Estranea al docile e dolce
richiamo armonioso
". Il dolce richiamo... dolce... un richiamo armonico... di che cosasta
parlando, Sedra?»

Lei per un attimo parve riflettere, poi gli sfilò il libro di mitologia greca dalle mani, e lo
sfogliò rapida, fervidamente. Alla fine glielo aprì davanti, in una delle pagine dove era
raffigurata una sirena tutta presa dall'ammaliare un giovane marinaio con la sua voce.

«Una sirena? Il dolce richiamo di una sirena... il canto!» esclamò Sam, e Sedra annuì,
eccitata. «Quindi tu sei... sei estranea dal canto, perchè non puoi cantare? Qualcosa del
genere?»

Questa volta Sedra non fece nessun cenno, né di diniego né di assenso, e si limitò a
sorridere, voltando pagina sul libro e indicandogli la poesia successiva. Sam la lesse ad
alta voce.

Fedele ritrovo degli
Ostili amanti, che
Restano e giacciono
E si amano e lottano;
Sospiri custoditi
Tra i suoi scrigni di
Ambrato legno.


Si fermò un attimo, cercando di riflettere. «Anche questa... anche questa è un acostico?
F... O... R... E... Foresta! Ma di che cosa parla, Sedra?» chiese ancora, osservandola.
«Ostili amanti... sospiri... e se...?»

La fanciulla non disse niente, e si limitò a scorrere le pagine fino a raggiungere l'ultima, ed
indicargli la poesia scritta. Sam comprese che doveva leggere anche questa, e non potè
che obbedirle.

Nulla potrà mai
Ostacolare la sua folle
Voglia, spinta da un
Ardente desiderio di
Eros, e l'insaziabile
Cupidigia del suo
Habitus, che grida
Ordinando l'Amore.


Sam alzò di nuovo lo sguardo, più perplesso che mai. «Sedra, di chi si parla? Chi è?»
chiese, lentamente.

La giovane fece di nuovo scorrere il dito lungo la pagina, piano, senza staccare gli occhi da
lui, che si affrettò ad osservare le iniziali.

«No...v...ae...ch...o» lesse, senza capire. «Novaecho...No... Aspetta un momento, questo
è latino! Nova... Nova Echo! La nuova Eco, è così?»

Sedra annuì. Non sorrideva più, anzi, sembrava terribilmente seria, mentre distoglieva lo
sguardo dal libro e guardava lontano.

Sam stava riflettendo così intensamente che probabilmente il cervello gli sarebbe
scoppiato da un momento all'altro.

«La nuova Eco... questo vuol dire che c'è stata qualcuno... qualcuna che ha avuto la
stessa storia di Eco? È stata amata, senza essere ricambiata? E per questo si è distrutta
dal dolore?»

Sedra scosse lentamente la testa, tornando a guardarlo intensamente, come cercando di
fargli capire qualcosa solo attraverso gli occhi.

«No? Vuoi dire che la sua storia non è del tutto uguale?» fece Sam, e lei annuì. «Il finale è
diverso? Cos'è successo alla nuova Eco? Non si è arresa?»

La fanciulla annuì, e il suo sguardo si fece talmente intenso che lui rishciò di perdercisi
dentro, quasi ipnotizzato.

«Che cosa ha fatto per conquistare il suo Narciso, Sedra? Come ha fatto?» domadò ancoa,
e la voce gli tremò appena.

Sedra tacque per un attimo, come pensosa, poi fece un gesto strano. Portò entrambe le
mani davanti a sé, poi, facendo vibrare appena le dita, se le pose davanti alla bocca,
aperta.

Sam si accigliò. «Che cosa stai...?»

Sedra ripetè il gesto, con maggiore forza, osservandolo attenta, ansiosa di farsi capire. Ma
Sam si sentiva come se il suo cervello fosse andato di colpo in stand-by, e si arrese.

«Mi dispiace» disse, depresso. «Mi dispiace davvero, non capisco».

Proprio in quel momento sentì il suo cellulare suonare.

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Capitolo 9
*** Api e miele ***


«Sam, sono io. Devo parlarti».

«Anch'io. Arrivo subito».

La voce metallica del fratello gli arrivò dall'altro capo del telefono; con un mezzo sospiro,
Dean richiuse il cellulare e se lo infilò in tasca, per poi alzare lo sguardo verso Ethan, che
lo stava ancora guardando incuriosito, la testa piegata di lato.

«Sam arriverà tra poco. Probabilmente anche lui avrà qualche domanda da farti» disse,
con un tono che voleva essere quasi intimidatorio, senza troppo successo. Quel ragazzo
era talmente strano da metterlo quasi a disagio.

«Davvero?» fece per l'appunto Ethan, con sincero interesse. «E a proposito di cosa?»

«A proposito di quella ragazza, Sandra, Sera, o come diavolo si chiama!» replicò Dean,
che era ad un passo dal perdere totalmente la pazienza.

«Ah, Sedra!» lo corresse pacificamente il giovane. «Come mai vi interessa tanto?»

«Non lo so, dimmelo tu, Ethan!» fece Dean per tutta risposta. «Cos'ha di strano? Perchè
hai cercato di tenerci lontani da lei, raccontandoci quelle storie sulla foresta stregata?»

«Non erano bugie!» ribattè il ragazzo, indignato. «Era la verità! Succedono davvero cose
strane, in quel bosco!»

«Davvero?» ripetè l'altro, sbalordito.

«Già». Ethan sembrava quasi arrabbiato dalla mancanza di fiducia nei suoi confronti, ed
incrociò le braccia davanti al petto.

«E... che genere di cose?» s'informò cautamente Dean, squadrandolo a fondo.

Per un attimo sembrò che Ethan stesse decidendo se rispondergli o meno, ma
evidentemente non era il tipo da starsene in silenzio per ripicca, così sorrise e disse: «Beh,
non è proprio facile da spiegare. È piuttosto strano».

«Tu prova» fece Dean, che era seriamente convinto che non potessero esserci cose molto
più strane di quelle che vedeva ogni dannatissimo giorno.

Ethan sembrò concentrarsi a fondo per cercare le parole giuste. «Beh, ecco... quando un
uomo ed una donna entrano in quella foresta... loro... sentono d'un tratto l'irresistibile voglia
di stare insieme, e...» s'interruppe, come preso da un'ispirazione improvvisa. «Hai
presente le api e i fiori?»

«Lo so cosa fanno le api!» intervenne Dean, quasi indignato. «Voglio dire, le persone. Ma
perchè?»

«Io credo» cominciò il giovane, e di nuovo sembrò che una luce gli illuminasse il volto
mentre parlava, tanto era radioso «che lo stesso spirito che anni fa ha ucciso tutte quelle
giovani donne, ora si sia pentito, e stia cercando di rimediare, infondendo nelle persone
che lo raggiungono questo improvviso desiderio di unirsi nel suolo fertile della foresta!»

Questo era troppo persino per Dean. Mentre realizzava che era probabilmente la cosa più
stupida, assurda e senza senso che avesse ai sentito, si preparò ad esprimere nel modo
più pungente e sarcastico possibile il suo scetticismo, ma si bloccò di colpo davanti
all'espressione del ragazzo.

Stava ancora sorridendo, e per l'ennesima volta, sembrava che i suoi occhi brillassero di
luce propria. I suoi occhi azzurri. Gli stessi di Charlotte. E per la prima volta si rese conto
di cosa volesse dire.

«Ethan...?» cominciò Dean, la voce stranamente roca, senza sapere come continuare.

«Sì?» fece lui, tranquillamente, senza smettere di sorridere.

Lo spirito di cui Ethan blaterava aveva ucciso sua madre, inducendola al suicidio. Lo aveva
reso orfano, e solo. Come poteva parlarne così bene? Con tutta quella tranquillità, come se
fosse un amico di vecchia data? Se fosse successa a lui, una cosa del genere...

Ovviamente fermò il ragionamento a metà. Proprio non gli interessava indagare più di
tanto a fondo a questione. Ma il problema restava.

Era quasi snervante vedere quel ragazzo che sembrava non scomporsi davanti a nulla,
nemmeno a parlare della morte della propria madre! Sembrava fosse tutto così
meraviglioso, ai suoi occhi... come se non gli fosse mai successo niente di brutto, mai.

Eppure aveva perso entrambi i genitori, maledizione! Come faceva a stare così tranquillo?

Lo guardò per l'ennesima volta. Stava ancora aspettando una domanda il cui arrivo era
ormai poco probabile.

«Niente, non importa» borbottò Dean, abbassando lo sguardo, e lasciandosi cadere su una
sedia tra quelle sparse nella stanza.

«D'accordo» commentò serenamente Ethan. «Hai detto che Sam sarà qui tra poco?»

«Cosa...? Ah, sì, direi di sì» rispose distrattamente l'altro, dando un'occhiata all'orologio.
«Non dovrebbe fare molto tardi».

«Tardi...» ripeté Ethan tra sé e sé, e parve risvegliarsi di colpo, come dopo una doccia
fredda. «Tardi! Avevo promesso a Sedra che sarei andato a farle visita oggi pomeriggio,
glielo avevo detto...»

Sembrava terrorizzato alla prospettiva di mancare alla parola data. Si alzò in piedi, afferrò
una borsa, ci buttò dentro un paio di libri e si bloccò un paio di centrimetri davanti alla
porta, voltandosi di nuovo verso di lui.

«Mi dispiace così tanto, Dean!» fece, ed era palesemente sconsolato. «Non farò tardi...
potete aspettarmi qui? Tu e Sam? Non ci metterò più di un'ora, ve lo assicuro!»

«Ok, d'accordo» fece Dean, meravigliato da tanta preoccupazione.

«Perfetto!» esclamò Ethan, e un largo sorriso gli illuminò il viso. «A più tardi, allora!»

Il ragazzo aprì la porta, uscì di getto, rischiando quasi di travolgere Sam, che stava proprio
per entrare. Ethan alzò lo sguardo, sorrise in tono di scusa, agitò la mano a mò di saluto e
si precipitò fuori, a correre lungo il prato che cominciava a scurirsi con il venire della sera.

Dean non riuscì a trattenere una risata davanti a quello spettacolo, e Sam sorrise a sua
volta, divertito.

«Allora, che cosa dovevi dirmi?» fece subito dopo, accomodandosi in una delle sedie di
fronte a lui. «Hai scoperto qualcosa di nuovo sulla foresta?»

«Sì» Dean ghignò. «E per prima cosa, non ci voglio più tornare con te. Almeno, non da soli».

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Capitolo 10
*** La freccia di Cupido ***


Il silenzio più totale era calato all'interno della casa, da quando lui se n'era andato di
corsa, in fretta e furia, lasciandola da sola, dicendo che doveva scappare, e con la
promessa di tornare a trovarla.

Promesse. Erano solo parole, tutte parole.

Sedra deglutì, e si scostò una ciocca di lunghi capelli neri da davanti al viso, fissando dritto
davanti a sé, il posto di una sedia rimasta vuota.

Aveva detto che sarebbe venuto.

Anche lui aveva promesso che non se ne sarebbe dimenticato. Ma erano solo parole,
davvero, ed era così facile, dimenticarle!

Il labbro della fanciulla tremò, e i suoi grandi occhi scuri parvero inumidirsi. Trattenne una
lacrima sulla punta delle ciglia nere, non valeva la pena di piangere.

Poi, la sentì. Si stava avvicinando. Stava arrivando.

Non provò neppure a girarsi per vederla, sapeva che era inutile. Ma la sentì sul collo come
un vento freddo, e rabbrividì.

«Va tutto bene, tesoro?»

La sua voce era un sussurro che pareva lontanissimo, riecheggiante, come mille voci
sfocate che parlavano tutte assieme, senza distinzione, rimbombadogli nelle orecchie. Si
limitò ad annuire.

«Stavi piangendo?»

Sedra scosse la testa, ma la sentì avvicinarsi ugualmente. Ebbe la sensazione che
qualcuno le accarezzasse il viso asciugandole le lacrime, ma non ne era certa. Nessuno lo
aveva mai fatto.

Lei non poteva toccarla davvero, eppure lo avvertiva lo stesso, il suo tocco, leggero e
sottile come un brivido, leggero ed impalpabile. Ma reale.

«Sedra... amore mio»

Il suo sussurro era dolce, ma quasi insopportabile alle orecchie della fanciulla. Avrebbe
voluto tapparsi le orecchie, e invece rimase immobile, a fissare davanti a sé il nulla con
fare risoluto.

«Non devi fare così, tesoro. Ti voglio bene... e sono qui per aiutarti».

Solo parole. Anche queste, erano solo parole. Vuote e insensate. Che potevano ingannare,
addolcire, offendere, risanare. Bastava solo aprire la bocca e pronunciarle. Sedra
rabbrividì.

«Ho bisogno di te».

Sedra lo sapeva bene. Era solo per quello, che lei si faceva viva. Faceva finta di starle
vicino, e invece era come un parassita, che si mostrava solo quando poteva prenderle
qualcosa. I suoi discorsi sulla falsità, sull'amore, sulla libertà, le succhiavano via l'energia
per reagire. Ed era solo per quello che rimaneva lì, nel bosco.

«Mi sento sola... lo sai quanto mi sento sola, amore mio? Puoi capirmi, vero?»

La fanciulla avrebbe solo voluto poterla osservare dritto negli occhi, per trasmetterle con
lo sguardo tutto l'odio che provava. Ma lei non aveva occhi. Non aveva corpo. Non aveva
forma. Non era nulla.

Come poteva il nulla farla soffrire così tanto?

«Ho bisogno che mi tu mi porti qualcuno. Qualcuno da amare. Lo hai già fatto altre volte,
vero? Sai come si fa? Lo so, che lo sai. Ti prego, tesoro...»

Sedra scosse la testa, trattenendo le lacrime. Non voleva. Non sopportava doverlo fare. E
si era ripromessa che la prossima volta che lei glielo avesse chiesto, si sarebbe rifiutata.

«Oh, amore mio!»

La voce parve spezzarsi da dolore, e divenne come un lamento, un lamento ancora più
vicino, che sembrò avvolgerla tutta, e circondarla, senza lasciarle nessuna via di fuga.

«Sedra, tesoro, non abbandonarmi! Ho bisogno di te! Ho bisogno di qualcuno da
stringere... da amare! Ti scongiuro, non lasciarmi da sola! Io non posso stare sola... non
sopporto stare sola... lo sai, vero, amore mio? Mi sento morire, morire dentro!»

Lei era dapppertutto, dappertutto intorno a Sedra, che cominciò a tremare, invasa dal
torrente di delusione, paura, e risentimento che la voce portava.

Erano solo parole, solo parole, cercò di dirsi, ma quelle parole erano forti, erano
terrorizzate, la tennero incatenata alla sedia, e non poteva opporsi. Poi, d'un tratto, tutto si
calmò.

La voce tacque, e qualcosa d'indistinto parve materializzarsi accanto all'orecchio della
fanciulla.

«Potresti farlo tu».

Sedra spalancò gli occhi, terrorizzata dalla prospettiva. Il suo respiro si fece affannoso,
mentre lei continuava a parlare, in un sussurro.

«Potresti essere tu. Sarà bello, vedrai. È un piacere immenso... qualcosa che va al di là di
ogni tua aspettativa. Non sarai proprio tu a comandarlo, ma ti assicuro che sarà
meraviglioso, Sedra... meraviglioso»

La voce fece una pausa. Lo sguardo di Sedra cadde di nuovo sulla sedia vuota che le stava
proprio di fronte, ed improvviso l'altra sembrò comprendere tutto. Pareva le leggesse nella
mente.

«Ne sei innamorata, tesoro mio!»

Lei lo esclamò in tono quasi trionfante, e Sedra abbassò lo sguardo, in un misto di dolore,
vergogna e umiliazione-

«Ne sei innamorata... tu lo vuoi, non è così, amore? Oh, io ti capisco. Posso capirti
perfettamente... e posso fartelo avere. Devi solo portarlo da me, Sedra. Come hai sempre
fatto»

La fanciulla scosse la testa, davvero, non voleva, ma lei continuava ad insistere, sempre
più eccitata.

«Io lo so, che ti piacerà! Sarà bellissimo, sentirai il tocco della sua mano scorrerti sulla
pelle, accarezzarti, e poi ti si farà così vicino! Potrai sentire il suo respiro sul tuo viso,
tesoro, e le sue labbra ti sfioreranno così dolcemente! Lo vuoi, non è vero? Io lo so che è
questo che desideri... posso dartelo. Portalo da me»

Sedra non poteva più opporsi. Sentiva qualcosa stringerle il cuore sempre più forte, come
una morsa, e non riuscì più a fermare le lacrime, che caddero sul suo vestito bianco,
perfettamente rotonde. Annuì.

«Ti aspetto, amore mio. Vi aspetto. Ti prometto che sarà meraviglioso, amore mio, e non
gli succederà niente di male. Te lo prometto».

Una promessa, un'altra. Quante ancora doveva ascoltare, impassibile, per poi vederle
infrangersi senza poter fare nulla? Lei, invece, non poteva promettere nulla. Non l'avrebbe
mai fatto. Mai.

«Sarà stupendo. Te lo giuro. Sedra, la mamma ti vuole bene. Vuole che tu sia felice. Ti
aspetto... e ti renderò felice, te lo prometto».

Erano solo parole.

Sentì che se n'era andata, che era scomparsa, pochi secondi dopo, e nello stesso istante,
la porta della sua casa si spalancò, e ne entrò, trafelato, Ethan: appena la vide, un gran
sorriso apparve sul volto del ragazzo, che le corse incontro.

«Sono in ritardo, Sedra, lo so, mi dispiace tantissimo!» si giustificò subito Ethan, le
guance rosse di eccitazione. «Però sono venuto, visto? Guarda... ti ho portato il libro,
possiamo leggere qualcosa insieme, ti va? So che ti piace il mito di Eco e Narciso, però
potrei raccontarti qualcos'altro, che ne dici? Hai mai sentito parlare della storia di Apollo e
Dafne? Anche la loro è molto bella, Sedra, sono sicuro che ti piacerà!»

Ethan era un fiume di parole, inarrestabile, e Sedra si ritrovò a sorridere dolcemente
senza neppure essersene accorta.

«Vedi, lui era un dio, il dio del sole, ecco, e andava sempre in giro a vantarsi dei suoi
poteri immensi» cominciò lui, sedendosi nel posto di fronte alla fanciulla, e aprendo il libro
sul tavolo. «Diceva che era più forte di tutto, anche dell'Amore! Solo che a Cupido la cosa
non andava bene, quindi...»

Più raccontava la storia, più Ethan si agitava, preso dalla gioia della sua stessa narrazione.
Aveva gli occhi azzurri che brillavano, eccitati, e la sua voce inondava l'intera stanza,
limpida, cristallina.

«E così Apollo si ritrova innamorato di una Ninfa qualunque, e non era solo una cotta, ma
proprio amore amore, se capisci quel che intendo...» continuava il ragazzo, e Sedra
ascoltava rapita la storia di questa passione che si rincorreva nei boschi, finchè la giovane
Ninfa non invocava l'aiuto degli dei...

«...e in questo modo Dafne comincia a trasformarsi in una pianta, un alloro, capisci? È un
bel casino per il povero Apollo, trovarsi innamorato di un albero, pensa, Sedra! Ma
ovviamente non può essere questo a fermarlo, e...»

E così Apollo dichiarava che l'alloro sarebbe stata per sempre la pianta a lui consacrata,
ascoltò Sedra, pensando che era una pur sempre una magra consolazione, e si ritrovò a
fissare incantata il volto di Ethan che stava concludendo la sua storia.

«E la rende immortale, immortale come lui stesso, perchè voleva... va tutto bene, Sedra?
Mi sembri strana...» Ethan si interruppe, preoccupato, vedendo che la fanciulla aveva
cominciato a tremare.

Sedra annuì, poi, nel silenzio sbigottito del ragazzo, si alzò in piedi, e gli fece cenno di
seguirlo.

«Vuoi che venga con te, Sedra? Vuoi che usciamo fuori? Sì, è una bellissima idea!»
esclamò contento Ethan. «Possiamo continuare all'aperto, il sole è fantastico, sai?»

Lei sorrise appena, mestamente, ed uscì dalla porta, mentre dietro di lui il ragazzo la
seguiva, euforico.

«Mi farò perdonare il ritardo, Sedra! Avremo una bellissima serata, te lo prometto».

Te lo prometto.

Solo parole.

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Capitolo 11
*** Tale padre, tale figlio ***


«Acrostici?» fece Dean, agrottando le sopracciglia.

Sam annuì, tirando fuori il libricino dall'interno della giacca.

«So che sembra assurdo» disse, prevenendo la reazione scettica del fratello. «Ma
chiunque abbia scritto queste poesie, sapeva quello che era successo nella
foresta, e stava cercando di trasmetterlo a qualcuno!»

«E chi pensi che sia stato?» chiese ancora Dean, squadrandolo.

«Io penso... penso che sia il padre di Leanne ed Ethan» rispose, esitando appena, Sam.
«Ok, magari non ci crederai, ma è l'unico che poteva mettere queste poesie nei libri di
mitologia dei figli, no? Forse... forse glieli ha regalati apposta, perchè capissero! Leanne
ha detto di non averlo mai letto, ma Ethan... Ethan deve averlo fatto, e deve aver capito,
perchè lui sa di Sedra, no?»

Dean stava guardando il fascicolo di poesie con una strana aria, tra l'interessato e lo
settico, e temendo che il fratello potesse non credere alla sua versione dei fatti, Sam si
affrettò ad intervenire prima che l'altro commentasse qualcosa.

«Sì, lo so, è una teoria piuttosto strana, però ha senso, non credi?» disse, quasi
freneticamente. «Voglio dire, le poesie, i miti, le Ninfe e tutto il resto, ma alla fine torna
tutto... anche se magari suona un po' folle all'inzio, io...»

«Smettila di dire che è assurdo e che è difficile da credere, Sammy!» lo interruppe Dean,
seccato. «Lo so anch'io che è stato Geoffrey a scrivere quelle poesie»

«Davvero?» fece l'altro, sorpreso.

Dean annuì. «Il padre di Ethan sapeva parecchie cose. Aveva un'idea piuttosto precisa di
quello che c'era nella foresta, e stava disperatamente cercando di dirlo ai figli, solo che
Ethan è troppo idiota per capirlo».

«E... che cosa c'è nella foresta?» chiese Sam, senza capire.

«Un demone» rispose seccamente l'altro. «Un demone, che ha posseduto sua moglie, e
anche tutte le altre ragazze morte, adesso che ci penso».

«Come... come hai fatto a capirlo?» chiese Sam, guardandolo quasi incredulo.

«C'era una foto di Charlotte appesa in camera di Ethan» spiegò Dean. «Aveva gli occhi
azzurri. Ma nella poesia scritta sul retro, dedicata a lei, il nostro Geoffrey parlava di occhi
neri. Ho fatto due più due» commentò, con un sorrisetto soddisfatto.

«Beh, complimenti» fece Sam, aggrottando le sopracciglia. «Quindi... aspetta un attimo,
allora era questo che cercava di dirmi Sedra!»

«Cosa?» chiese Dean, perplesso.

«Alla fine, mi ha fatto un gesto strano, non riuscivo a capirlo... stava mimando una
possessione! Mi stava indicando il fumo che entrava in bocca, e io non lo avevo capito!»
rispose il fratello, euforico. «Allora è il demone... il demone è Eco! Dean, stavamo
sbagliando tutto!»

«Parla per te!» commentò l'altro, piccato, ma Sam era troppo preso dalle sue riflessioni
per farci caso.

«Noi pensavamo che Sedra fosse la nuova Eco... perchè non poteva parlare, e tutto il
resto, ma non è lei, è il demone! Il demone era innamorato di qualcuno... e ha posseduto
tutte quelle fanciulle per arrivare a lui... ma perchè, perchè farle suicidare, dopo?»

«Ma adesso, il demone, dov'è?» chiese Dean, cercando freneticamente di seguire il filo del
ragionamento.

«E' nella foresta! Ecco di cosa parlava quell'acrostico!» continuò Sam, alzandosi in piedi, e
cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza, mentre il fratello lo seguiva con
gli occhi. «E anche l'altro... diceva che il demone è preso dalla cupidigia... ha bisogno di
amore, Dean! Ecco perchè possiede le giovani coppie che si addentrano nella foresta e le
spinge a stare insieme!»

«Quindi abbiamo a che fare con una specie di demone maniaco sessuale?» chiese Dean,
aggrottando le sopracciglia perplesso.

«Qualcosa del genere» assentì distrattamente Sam, non meno confuso del fratello. «Ma
non ha senso... quando non è dentro nessuno, dov'è? Voglio dire, chi possiede?»

«Forse Sedra?» azzardò Dean.

«Non credo... se fosse stato dentro Sedra, perchè aiutarmi a capire?» rispose l'altro,
scuotendo la testa. «Ma un demone ha bisogno di un corpo per esistere... o no?»

«Per quanto ne so io, sì» fece Dean, incrociando le braccia. «Forse c'è qualcosa che non
abbiamo considerato... qualcuno....»

«E voi cosa diavolo ci fate a casa mia?»

Era la voce di Leanne. Era appena entrata, e se ne stava davanti alla porta, le mani sui
fianchi, e li squadrava sorpresa e arrabbiata insieme.

«Oh, ehm, scusaci, Leanne» rispose imbarazzato Sam, mettendosi da parte. «Noi...
noi...stavamo»

«...stavamo aspettando Ethan» concluse per lui Dean.

Leanne li guardò, poco convinta. «D'accordo, e chi vi ha fatto entrare, allora?» chiese
ancora, passando gli occhi azzurri da uno all'altro.

«Noi... ehm...» cominciò Sam, lanciando un'occhiata al fratello.

«...Ethan» rispose Dean, tirando fuori uno dei suoi sorrisetti che ogni tanto riuscivano di
toglierlo da situazioni spinose. «Ethan ci ha fatto entrare, poi è andato via, e adesso,
noi...»

«...lo aspettiamo qui» terminò Sam, lanciando un'occhiata che sperava essere
convincente.

Leanne continuava a guardare da uno all'altro, come chiedendosi se la stessero prendendo
in giro. Alla fine dovette decidere di lasciar perdere, perchè commentò: «Oh, beh...
comunque, adesso dovete andare via. Devo studiare... per gli esami, sapete».

«Ehm... d'accordo, adesso ce ne andiamo, solo...» cominciò Sam, esitando.

«... potresti rispondere a qualche domanda, prima?» chiese per lui Dean.

«Domanda?» chiese Leanne, perplessa.

«Su tuo padre» aggiunse Dean, guardandola dritta negli occhi.

Leanne abozzò un sorriso, guardandoli come se uno dei due dovesse annunciare "Pesce
d'Aprile!" da un momento all'altro, ma vedendo che nessuno lo faceva, sembrò
spaventata. «Io... non capisco, che cosa volete da me?» chiese.

«D'accordo, dobbiamo dirti qualcosa» fece Sam, cercando di riprendere in mano la
situazione. «In realtà io e mio fratello non siamo proprio turisti. Siamo... una specie di
investigatori, e siamo qui per scoprire la verità sulla serie di suicidi che ci sono stati anni
fa».

«E pensiamo che tuo padre possa essere coinvolto, quindi, se vuoi darci una mano...»
continuò Dean.

«Come potrebbe papà c'entrare qualcosa?» chiese Leanne, quasi sconvolta. «La mamma è
stata la prima a morire!»

«Lo sappiamo, ed è proprio per questo» rispose Sam. Leanne cominciava a sembrare
terrorizzata dalla situazione, e la cosa lo faceva sentire vagamente colpevole. «Si tratta
solo di un paio di domande, davvero. Sarà una cosa rapida»

«No» disse la ragazza, secca. La voce le tremava appena, ma suonava decisa. «Mi
dispiace, ma non voglio parlare di mio padre. Né ora, né mai... tanto meno con voi due»

«Ascolta, so che la sua perdita può essere stata un trauma, ma...» cominciò Dean, ma
Leanne si mise a ridere, spaventosamente cinica.

«Un trauma? Nient'affatto, è stata la cosa migliore della mia vita!» esclamò, con una tale
cattiveria da far accapponare la pelle.

«Cosa stai...?» farfugliò Sam, confuso.

«Mio padre era un persona orribile!» fece Leanne, e gli occhi azzurri parvero tremare,
inumidendosi. «Non gli era mai importato nulla, né di me, né di Ethan! Da quando è morta
la mamma, se ne stava tutto il giorno via di casa, non si faceva vedere mai! Io ero una
bambina, una bambina, è ho dovuto tirare su Ethan da sola! Voi non avete idea di come
sia stato!»

Sam lanciò un'occhiata a Dean, che stava guardando Leanne come se la vedesse per la
prima volta, quasi stordito.

«Passava settimane fuori casa, e poi tornava per una notte, solo per prendere qualcosa da
mangiare e chiederci se andava tutto bene!» continuò la ragazza, ormai con le lacrime agli
occhi, che, adesso che aveva cominciato, pareva non riuscire a trattenersi dal scagliargli
addosso la sua collera. Sam si chiese per quanto tempo avesse dovuto trattenerla,
nasconderla.

«Veniva da me, con quel suo bel sorriso bonario, e mi chiedeva: "Tutto bene, piccoletta? Il
mio Ethan cresce bene?"» Leanne imitò la voce del padre in tono incredibilmente
sarcastico. «Io avrei solo voluto dirgli che per crescere bene avrebbe avuto bisogno di un
padre, uno vero, che stesse al fianco della sua famiglia, dei suoi piccoli orfanetti! E invece
lui non c'era mai per noi, non c'era mai per me!»

Una lacrima scivolò lungo la guancia di Leanne. «Io dovevo badare ad Ethan, mentre lui se
ne andava in giro a farsi gli affaracci suoi, a vivere la sua vita, intanto che noi ce ne
stavamo da soli a piangere la morte della mamma! E tutte le volte, quando tornava, mi
diceva che presto sarebbe finito tutto, sarebbe venuto a stare con noi... ma non era vero
niente, un giorno l'hanno trovato morto nella foresta, ed è così che è finita, non come
diceva lui!»

«Mi dispiace» mormorò Sam. Avrebbe voluto avvicinarsi per consolare Leanne, ma sentiva
che sarebbe stata una mossa sbagliata. Dean sembrava paralizzato, ed osservava il
pavimento con aria sempre più frastornata.

«Sai qual è la cosa peggiore?» fece Leanne, scuotendo la testa con rabbia. «La cosa
peggiore è che Ethan l'ha sempre creduto un'eroe! Mio padre lo riempiva di storielle, di
fantasie, e mio fratello se l'è sempre bevute tutte! Credeva ad ogni parola, lo vedeva
come un mito, mi diceva che voleva crescere, essere come lui... e anche oggi, anche
adesso... non fa che dire che vuole imitarlo, e solo io so com'era veramente, e non posso
dirglielo, non voglio rovinargli tutto...»

Le lacrime cominciarono a scendere più rapide lungo il viso della ragazza, che si lasciò
cadere su una sedia, tremando appena.

«Ethan non faceva che credere che se ne andasse in giro per mondi fantastici, ad
incontrare mostri immaginari per cercare ispirazione per le sue dannatissime poesie! E
ogni volta che tornava, ce ne raccontava una nuova... splendide Ninfe eteree che facevano
i bagni nei boschi, e solo io capivo che erano le prostitute che si faceva mentre cercava di
dimenticare la mamma!»

Finalmente, Dean riuscì a sollevare pesantemente lo sguardo, e lanciò un'occhiata
significativa a Sam, che annuì.

«Leanne, noi...» cominciò, ma la ragazza l'interruppe.

«Andate via da casa mia» disse, con voce esausta e tremante. «Vi prego. Dirò ad Ethan
che siete passati»

Senza poter più fare altro, i due si alzarono in piedi, osservarono per l'ultima volta Leanne,
poi uscirono in silenzio dalla casa, lasciandola da sola.

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Capitolo 12
*** Il testamento di nessuno ***


Dean lanciò un'occhiata al fratello, appoggiando una birra sul tavolo della loro stanza. Era
tutto il giorno che Sam leggeva da capo a fondo il libro di mitologia e gli acrostici di
Geoffrey, e se provava ad interrmperlo o a rivogerli qualche domanda, non otteneva
nessuna risposta.

Finì di spazzolare i resti del loro ultimo pranzo, si stiracchiò, ma alla fine non riuscì a
trattenersi da un nuovo tentativo,

«Sam, dobbiamo parlare» gli disse, per l'ennesima volta, e sorprendentemente, il fratello
alzò lo sguardo dai libri per guardarlo.

«Sì, credo di essere riuscito a capire come sono andate le cose con...» cominciò Sam, ma
Dean lo interruppe.

«No, non di questo».

L'altro lo osservò sorpreso, senza parlare, aspettando che il fratello si spiegasse meglio.

«Ci sei arrivato anche tu, no?» disse infatti Dean, inarcando le sopracciglia. «Il padre di
Ethan e Leanne era un cacciatore».

Sam annuì, e si alzò appena dalla poltrona nella quale era sprofondato per leggere,
drizzandosi per ascoltare meglio. «Sì, certo... era fin troppo ovvio. E allora?»

«E allora?» ripetè Dean, quasi incredulo. «Non credi che quei due dovrebbero saperlo?»

L'altro sospirò e scosse la testa. «Lo sapevo che l'avresti detto» commentò, quasi
amaramente. «Ma non possiamo, Dean. Non noi».

«Ma cosa stai dicendo, certo che possiamo, e dobbiamo!» replicò il fratello, accigliandosi.
«Sam, hai sentito cos'ha detto quella ragazza, crede che il padre fosse un lurido ubriacone
che li ha abbandonati per darsi alla bella vita, ha il diritto di sapere la verità!»

«No, Dean, no!» ribattè Sam, cercando di mantenere calma la discussione. «Io lo so che
cosa pensi, ma prova solo a riflettere un attimo! Non pensi che Geoffrey sapesse già che
sarebbe andata così, se non avesse detto nulla ai figli sul suo vero lavoro?»

«Che cosa intendi dire?» domandò quello, senza capire.

«Loro padre sapeva esattamente che finchè avesse mentito, i figli l'avrebbero odiato!»
fece Sam, cercando le parole giuste. «Lui... lui ha preferito questo, però! Non voleva che
Ethan e Leanne crescessero nel terrore dei mostri, sapendo dell'esistenza di creature
soprannaturali, come...»

«Come noi, vuoi dire?» lo interruppe, aspro, Dean.

«Esattamente» rispose Sam, esausto. «Se papà non ci avesse detto nulla di quello che
faceva quando se ne andava, noi saremmo cresciuti proprio come Leanne ed Ethan.
Avremmo pensato che non tenesse a noi, forse, ma saremmo cresciuti in tranquillità,
normalmente!»

«Stai dicendo che papà ha fatto male?» ringhiò Dean, gli occhi accesi da una strana luce
rabbiosa.

«Sto dicendo che papà ha fatto un'altra scelta!» ribatté Sam, senza battere ciglio. «E hai
visto quali sono i risultati, Leanne ed Ethan sono ragazzi qualunque, noi siamo cacciatori!»

«Lui voleva solo proteggerti!» replicò furente il fratello.

«E l'ha fatto... l'ha fatto, finchè ha potuto!» rispose l'altro. «Ma non puoi biasimare
Geoffrey per aver cercato di tener lontani i suoi figli da questa roba!»

Calò un silenzio carico di tensione e di rabbia. Alla fine, fu Dean a romperlo, voltando lo
sguardo in un'altra direzione.

«Non importa. Il padre di quei ragazzi era un eroe, ha lottato per vendicarsi e per salvarli,
non lascerò che pensino fosse un infame che ha lasciato i suoi figli a sé stessi» commentò
tagliente.

«Non possiamo, Dean!» ribatté Sam, ora accendendosi anche lui. «Geoffrey è morto... ha
preferito morire lontano, nell'anonimato, pur di non far scoprire a nessuno la verità! Chi
siamo noi per andare contro la sua volontà? Non è nostra la scelta!»

«Non era nemmeno sua!» ruggì l'altro, arrabbiato. «Chi è un padre per decidere a cosa
debbano credere i figli, eh? Senza lasciare loro alternativa!»

Sam non riuscì a replicare. La morte di John pulsava ancora troppo vivida, troppo recente,
ed era come se aleggiasse nella stanza, sopra di loro. Deglutì.

Dean distolse lo sguardo un'altra volta, e il fratello potè sentire il suo respiro tremare
appena prima di riprendere il ritmo regolare.

«Senti, io lo so che tu...» cominciò, ma le sue parole vennero interrotte da qualcuno che
bussò alla loro porta.

«Chi è?» chiese immediatamente Dean, mentre entrambi scattarono in piedi.

«Sono Leanne... Fatemi entrare, per favore!» rispose la voce dall'altra parte del muro.

I due fratelli si scambiarono un cenno d'intesa, quindi Sam andò ad aprire, e dalla porta
uscì Leanne, i capelli biondi che le ricadevano da tutte le parti dall'acconciatura
scompigliata, apparentemente sconvolta come l'ultima volta che l'avevano vista, la sera
prima.

«Ehi, tutto bene?» domandò Dean, aggrottando appena le sopracciglia.

Leanne scosse la testa, e deglutì. Pareva fosse ad un passo dal mettersi a piangere.

«Ethan è sparito» riuscì alla fine a farfugliare la ragazza, e la sua voce tremò.

«Come sarebbe a dire, sparito?» chiese Sam, preoccupato.

«Non l'ho più visto da ieri» spiegò Leanne, lasciandosi cadere su una delle sedie, e
passandosi una mano tra i capelli. «Aveva detto a voi che sarebbe tornato, no? E anche a
me... e invece non l'ha fatto, è stato fuori tutta la notte, e la mattina, e ancora non si è
fatto vedere!»

«Non hai detto che sta spesso fuori casa?» fece ancora Dean, senza capire.

«Sì, ma di solito mi avverte, mi chiama, mi fa sapere!» ribattè Leanne, voltandosi a
guardarli. «Invece non ho ricevuto niente, neppure una telefonata! Sono così
preoccupata...»

«E perchè sei venuta da noi?» insistette Dean. «Voglio dire, non se ne dovrebbe occupare
la polizia?»

Leanne deglutì appena, ma quando li guardò, il suo sguardo era più determinato che mai.

«Sta succedendo qualcosa di strano» dichiarò, con decisione, nonostante la voce
tremante. «Io me lo sento, e voi lo sapete, perchè è questo che fate, no? State indagando
su questo».

«Vuoi dire che adesso ci credi?» ribattè Sam, inarcando le sopracciglia.

«L'ho sempre fatto» mormorò lei. «Sentite, io lo so che non mi sono comportata nel
migliore dei modi con voi, ma a me tutta questa storia spaventa. La foresta, le fanciulle
suicide, mio padre... e adesso anche Ethan. Io voglio solo uscirne fuori, davvero. Vi
prego»

I due fratelli si scambiarono un'occhiata fugace: Dean incrociò le braccia davanti al petto,
e Sam sospirò.

«Leanne... noi sappiamo cos'è successo veramente» cominciò, incerto. «Tutta la storia, fin
dall'inizio. Come sono morti i tuoi genitori, cosa c'è dentro alla foresta. Ma tuo padre... tuo
padre non voleva che tu sapessi. È morto, nella speranza che tu restassi lontana da questa
faccenda»

La ragazza alzò lo sguardo. «Lui non aveva il diritto di decidere per me» rispose, e nei suoi
occhi azzurri c'era un tale orgoglio e forza che Dean sentì per un attimo una vaga
ammirazione per lei. «Voglio solo la verità».

Sam sospirò, mentre Dean sogghignava appena.

«Te l'avevo detto» commentò, compiaciuto. «Ed ora mettiti comoda, Leanne, sarà una
cosa piuttosto lunga».

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Capitolo 13
*** Mito e realtà ***


«È cominciato tutto tempo fa» cominciò Sam, osservando il volto di Leanne squadrarlo
attentamente. «Molto prima che tua madre morisse… Ethan doveva essere appena nato,
immagino».
 
Il silenzio nella stanza era completo. Persino Dean non parlava: se ne stava appena in
disparte, con aria indifferente, ad aspettare che il fratello districasse l’intera vicenda.
Leanne era immobile, le braccia incrociate sul petto, lo sguardo azzurro fisso su di loro.
 
«Credo che tuo padre fosse fuori casa. Magari era nella foresta, per scrivere qualcosa. Ed
è lì che l’ha incontrata» continuò Sam, piano.
 
«Incontrato chi?» chiese immediatamente la ragazza, le labbra strette.
 
«Non ha un nome» fece quello, e la vide inarcare le sopracciglia, scettica. «E neanche una
vera forma. Leanne, era una delle creature di cui tuo padre scriveva… un demone»
 
«Un demone» ripeté lei, come se non credesse alle sue orecchie. «Sentite, se volete
prendermi in giro…» commentò, e fece per alzarsi.
 
«Sei stata tu a chiedere la verità» ribatté Dean alzando le sopracciglia. «Ma se non ci credi,
puoi andartene».
 
Leanne si risedette lentamente. «Un demone» ripeté ancora, con voce leggermente
strozzata. «Bene. Perfetto. Ottimo, direi.»
 
Sam sospirò appena, sentendo che sarebbe stata una conversazione difficile. Ed erano
solo all’inizio! «I demoni non hanno un aspetto, o almeno, se ce l’hanno, nessuno l’ha
visto. Per stare sulla terra, hanno bisogno di possedere il corpo di una persona.
Questo demone… era nel corpo di una ragazza quando ha visto tuo padre».
 
«E cos’è successo?» chiese ancora Leanne, come invitandolo ad rendere la storia ancora
più assurda.
 
«Io credo» cominciò Sam, e questa volta esitò anche lui. «Io credo che il demone si fosse
innamorato di tuo padre».
 
La ragazza non riuscì a trattenersi e spalancò la bocca, stupefatta. «Non credevo che
quelle… quelle cose potessero amare!» replicò, tagliente.
 
«Credici, neanche noi» commentò Dean alzando appena le spalle. «Va avanti, Sammy».
 
«Proprio come accade nella leggenda di Eco e Narciso, il demone si avvicinò a lui per
conquistarlo, ma tuo padre rifiutò» riprese quello, impaziente di arrivare al nocciolo della
questione. «Aveva già moglie e figli, quindi, capisci, non poteva accettare. Tornò a casa,
lasciando il demone là… ma ovviamente quello non poteva arrendersi».
 
«E cosa fece?» domandò piano Leanne, la cui reticenza cominciava a crollare.
 
«Il demone… o la nuova Eco, come la chiamò poi tuo padre, prese il corpo di tua madre»
rispose Sam. «Prese possesso di lei, perché era il modo più semplice per arrivare a
Geoffrey. Fu abile, perché nessuno si accorse della differenza per molto, molto tempo. La
stessa notte in cui riuscì a prendere le sembianze di Charlotte, Eco portò tuo padre nella
foresta, e li si unirono».
 
«’Si unirono’» sbuffò Dean, facendogli il verso. «Dì pure che si diedero al sesso selvaggio».
 
Sam si preoccupò di lanciargli un’occhiataccia, prima di continuare.
 
«Tuo madre… o il sul corpo, o quello che era, rimase incinta. Eco decise di continuare a
possedere il corpo di Charlotte, finché il bambino non fosse nato» spiegò, osservando la
reazione di Leanne.
 
«Perché?» si limitò a chiedere lei, senza fare alcuna piega. Sembrava che il suo volto fosse
stato scolpito nel marmo, e non solo per il pallore che le si stava dipingendo in faccia.
 
«Perché parte del bambino era sua» le rispose semplicemente Sam. «Era anche figlio suo,
e avrebbe avuto qualcosa di…» esitò un attimo prima di continuare. «Qualcosa di
demoniaco».
 
Sentì che anche Dean si voltava a guardarlo, incuriosito dal seguito. Questa parte della
vicenda, che Sam era riuscito a comprendere solo da poco, a lui era completamente ignota.
 
«E qui la storia comincia a farsi più intricata, perché non so cosa accadde esattamente.
Posso solo immaginarlo» fece il fratello minore, gettando un’occhiata al libricino di
acrostici aperto sul tavolo davanti a loro.
 
«E immaginalo, allora» replicò Leanne, dura. «E in fretta, perché ogni secondo che sprechi
a parlare, Ethan lo sta passando chissà dove».
 
Dean non poté trattenere uno sguardo misto di stupore e ammirazione, nell’intravedere
nei suoi occhi azzurri tanta determinazione nel ritrovare il fratello. Ne aveva di stoffa,
quella ragazza.
 
«D’accordo, d’accordo» annuì Sam. «Allora, il demone rimase nel corpo di tua madre,
senza destare sospetti, per tutti i nove mesi successivi. Non ne sono sicuro, ma penso che
Geoffrey venne a sapere la verità il giorno in cui le partorì. Forse il dolore delle doglie, o
semplicemente l’amore che provava per tuo padre, portò Eco a confessare tutto».
 
«E chissà com’è la presa, il poveretto» commentò Dean con un ghigno leggero.
 
«Non troppo bene» rispose Sam, con espressione rassegnata. «Credo che provò ad
uccidere sia lei che la bambina appena nata. O almeno, così pare da alcune poesie che ha
scritto riguardo quel giorno…»
 
«Hai detto la bambina?» lo interruppe il fratello, spalancando gli occhi in un lampo di
comprensione.
 
«Esatto» fece l’altro, osservandolo attento. «La figlia di Eco, la creatura nata quella notte,
è Sedra».
 
«Lo sapevo che quella ragazza aveva qualcosa di strano!» esclamò Dean, trionfante.
 
«La conoscete?» intervenne Leanne, aggrottando le sopracciglia.
 
«Sì, e tuo fratello anche» rispose Sam, e a quelle parole la ragazza sussultò sorpresa. «Ma
lei è a posto, tranquilla. Lasciaci spiegare. Il tentativo di Geoffrey di ammazzare moglie e
figlia non funzionò, ed è per quello che Eco scappò via, con la bambina, nella foresta. È da
quel giorno che tuo padre ha incominciato ad inseguirla.»
 
«Vuoi dire che… tutti quei mesi fuori casa…?» balbettò Leanne, come stordita.
 
«Lui stava andando a caccia del demone» completò per lei Dean. «È quello che ha fatto
tutta la vita, sai… solo che non voleva che tu ed Ethan lo scopriste. Voleva foste al di
fuori di questa storia».
 
Leanne sembrò, per un istante, troppo colpita dalla rapidità degli eventi per parlare.
Rimase immobile sulla sedia, gli occhi azzurri spalancati, il labbro inferiore che tremava
appena. Trattenne il respiro, poi affondò il viso tra le mani bianche, e anche se non
udirono nessun singhiozzo, videro le sue spalle tremare.
 
«Leanne…» mormorò piano Sam, incerto su continuare, e al suono di quelle parole, la
ragazza rialzò il viso, pallidissimo, anche se nessuna lacrima le solcava le guance.
 
«Ditemi com’è morto» sussurrò solamente, e la sua voce era più roca del solito.
 
Sam respirò a fondo prima di continuare il racconto.
 
«Eco non era una sciocca. E dopotutto, voleva ancora farla pagare a tuo padre, che aveva
rifiutato il suo amore per ben due volte. Aveva bisogno del corpo di tua madre per
soddisfare i bisogni del neonato, e allo stesso tempo, in quel modo non poteva scappare
rapidamente come avrebbe voluto» spiegò, lentamente.
 
«Fu per quello che s’inventò lo stratagemma delle fanciulle suicide. La prima fu tua
madre… Eco la fece uccidere, ma un attimo prima che la vita l’abbandonasse, lasciò il
corpo di Charlotte ed entrò in quello di un’altra donna. E così continuò a fare: ogni due o ù
tre giorni, spingeva al suicido i corpi che la ospitavano, e poi se ne andava».
 
Gli occhi azzurri di Leanne parevano essere ad un passo dal riempirsi di lacrime.
«Perché?» domandò di nuovo, e la voce le tremava come non mai.
 
«Per lei era utile, perché le permetteva di mimetizzarsi con facilità: se tuo padre non
sapeva quale fanciulla inseguire, non poteva trovarla. E inoltre, era una punizione per tuo
padre, costretto a subire queste morti senza poter far nulla per evitarle» Sam cercò di
rispondere nel modo più diretto e indolore possibile, ma non era facile, con lo sguardo di
lei addosso.
 
«Ma alla fine lui l’ha trovata, no?» chiese ancora la ragazza, e una luce speranzosa si
accese nel suo sguardo.
 
Sam annuì. «Alla fine, dopo interi anni, lui riuscì a trovarla. La vide in un piccola casa
nella foresta, mentre stava con Sedra nel il corpo dell'ultima ragazza rapita del villaggio.
Aspettò finché Eco non mise la piccola a dormire… entrò in casa. Ora sapeva come
uccidere un demone. Ma quando si trovò faccia a faccia con lei, e si ritrovarono a
combattere, fu Eco ad avere la meglio. Lo uccise. Anche in punto di morte, Geoffrey cercò
di dire il suo esorcismo, fu Eco ad uscire spontaneamente dal corpo, lasciando anche
l’ultima fanciulla morta».
 
Leanne non disse niente. Chinò solo la testa, e i capelli biondi le caddero sul viso,
nascondendolo parzialmente. Per lunghi secondi, nessuno disse una parola, mentre la
ragazza se ne stava immobile, i pugni stretti sul bordo della sedia.
 
«Ethan cosa c’entra con tutto questo?» domandò alla fine, senza alzare lo sguardo.
 
«Tuo padre lasciò sempre una traccia del suo lavoro» ripose a bassa voce Sam. «Nelle sue
poesie, parlava di quello che vedeva, dei posti che esplorava. Ethan non ha fatto che
seguire le sue tracce, e ha trovato Sedra. Non sapeva, e continua a non sapere, chi lei sia,
e credo che anche lei ignori la sua identità. Ma a quanto pare, Ethan la va a trovare quasi
quotidianamente. E… era lì che era andato, l’ultima volta che l’abbiamo visto».
 
Leanne alzò lo sguardo, e una scintilla di determinazione brillava di nuovo nei suoi occhi
chiarissimi.
 
«E allora andiamolo a prendere» sussurrò, e le sue labbra pallide s’incurvarono appena in
un sorriso.


Note dell'autrice:

Ho tralasciato questa storia per tanto, troppo tempo. 

I problemi di tempo, altre fanfiction, e poi la scuola, la vacanza, i viaggi, mi hanno davvero costretta a lasciare questo
racconto nel dimenticatoio per un lungo periodo, e per questo mi devo scusare con tutte le persone che la stavano
seguendo, e che attendevano il nuovo capitolo.

Ma dato che scusarsi non è mai abbastanza, prometto che cercherò di essere il più veloce possibile ad aggiornarla!

Da parte mia, devo dire che riprendere in mano i personaggi per scrivere questi capitoli, è stato davvero meraviglioso.
Non solo Dean e Sam, ma Ethan, con la sua incoscienza, la giovane Leanne, e poi Sedra, Eco e Geoffrey, tutti i
protagonisti di quest'avventura, che cominciavano davvero a mancarvi.

Spero che riprenderete a seguirla con lo stesso entusiasmo ed interesse di prima! 
Un bacio, e a presto,

Relya

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Capitolo 14
*** Hansel e Gretel ***


«Sedra, non ne sono sicuro».

Per la prima volta, la voce di Ethan suonò appena indecisa. La ragazza si voltò verso di lui,
e nel farlo, i lunghi capelli neri si mossero al vento, mentre lo osservava con sguardo
interrogativo.


«Dovrei proprio tornare a casa, adesso» tentò ancora lui, e questa volta sembrò appena
più sicuro. «Leanne sarà già così preoccupata, e io avevo promesso ai miei due amici che
sarei ritornato già ieri! Siamo stati tutta la notte fuori, e io non so nemmeno dove mi stai
portando...»


Sedra abbassò lo sguardo, desolata, e a quella vista la convinzione di Ethan sembrò
vacillare.


«Non che sia così importante» si affrettò ad aggiungere. «Davvero, posso stare con te
quanto vuoi, solo che... se potessi tornare a casa per dire a Leanne che sto bene...»


La fanciulla si limitò a continuare ad osservarlo con i grandi occhi neri ricolmi di tristezza,
e la voce di Ethan si spezzò.


«Non importa!» esclamò lui, dopo un istante, e cercò di sorridere di nuovo. «Al massimo
mi beccherò una sgridata da Leanne, al ritorno, ma non fa niente! Lei si lamenta sempre
per qualcosa, sai?»


Finalmente, sul volto di Sedra comparve un accenno di sorriso, e rincuorato, Ethan andò
avanti, sempre con quel tono spensierato e incalzante.


«E poi, sono davvero curioso di sapere dove stiamo andando! Non sono mai stato da
questa parte della foresta, siamo lontani da casa tua, vero?» domandò, ma non aspettò la
risposta, andando avanti. «Dev'essere qualcosa di straordinario che vuoi farmi vedere, se
stiamo camminando tanto!»


Il labbro inferiore di Sedra tremò, ma la ragazza sorrise incerta ed annuì.

«Forza, allora!» rise Ethan, ed affrettò il passo per affiancarla. «Non vedo l'ora di arrivare!
Ehi, poi mi dovrai riaccompagnare indietro, sai? Stiamo camminando da così tanto tempo
che non saprei proprio tornare a casa... mi perderei subito, tra tutti questi alberi!»


Rise ancora, e il sorriso di Sedra parve tremare ancora una volta. La fanciulla battè le
palpebre, e lo osservò. Era proprio vicino a lei... lo sguardo le cadde sulla mano del
ragazzo, così vicina. Timorosa, con un movimento esitante, allungò le sue dita bianche per
sfiorarla, e con sua sorpresa Ethan sorrise e gliela strinse.


«Sono proprio curioso» ripeté, senza smettere di sorridere con quei denti bianchissimi.

Sedra lo guardò, e nel guardarlo il suo viso s'illuminò di gioia. Euforica, cominciò a
camminare ancora più in fretta, e sentì che Ethan teneva il passo, ridendo.


Corsero uno dietro all'altro, tenendosi per mano, tra gli alberi e le felci della foresta,
scostando i rami che impedivano loro il passaggio, e mentre camminava rapida, i piedi
scalzi che percorrevano senza esitazione il terreno, Sedra si sentì come una delle
protagoniste dei racconti di Ethan, e la cosa la riempì di gioia.


Correvano, ed erano come Apollo e Dafne che si inseguivano nella foresta, come i due
bambini che scappano dalla casa della matrigna cattiva, come due incosapevoli vittime
dell'Eros che si desideravano ardentemente.


Si voltò indietro verso di lui, e per la prima volta nella sua vita, Sedra sentì il desiderio
ardente di comunicare, di fargli capire quello che provava in quel momento, di buttargli
addosso i fiumi di parole che le scorrevano in mente. Si fermò di colpo.


Il tratto di bosco nel quale si trovavano era esattamente identico a tutti gli altri, e per un
attimo Ethan si guardò intorno perplesso, come chiedendosi il motivo di quella sosta.


«Siamo arrivati?» domandò, confuso, e si voltò per guardarsi attorno. «È un bel posto,
sai? Guarda, il muschio ha circondato tutto questo albero! Se lo guardi da lontano, sembra
un disegno... potrebbe essere un soggetto stupendo, per una poesia».


Nel parlare, le aveva lasciato andare la mano, per poter sfiorare i ruvidi tronchi, e Sedra
trattenne il fiato, osservando con desiderio le sue dita muoversi lungo la patina verde che
aveva corroso il legno.


Lo guardava talmente attenta, che i suoi occhi neri erano completamente spalancati, come
per paura di perdersi qualcosa. Respirava piano, come se annaspasse e allo stesso tempo
stesse cercando di fare meno rumore possibile.


«Allora, cosa ci facciamo di bello qui?» chiese Ethan voltandosi di nuovo, sorridente, ma
nel vederla così, si preoccupò. «Stai bene, Sedra? Sei più pallida del solito... vuoi sederti
un attimo?»


La prese per le braccia e l'aiutò ad accomodarsi su una grossa radice là accanto, per poi inginocchiarsi al suo fianco. Sedra si lasciò andare alla sua presa, senza smettere di
guardarlo, come se temesse di vederlo scomparire da un momento all'altro.


«Forse abbiamo camminato troppo» fece Ethan, leggermente ansioso. «È da ieri sera che
siamo in giro, e oggi abbiamo mangiato così poco! Vuoi che vada a prenderti qualcosa,
Sedra? Torniamo al villaggio?»


La fanciulla scosse la testa precipitosamente, gli occhi spalancati dalla paura che lui se ne
andasse, con un movimento quasi febbrile.


«Va bene, va bene, sto qui!» si affrettò ad aggiungere Ethan, che cominciava ad avere
davvero paura. «Ma dimmi che stai bene, Sedra... ti prego, dimmi che va tutto bene!»


Sedra sorrise debolmente. Sarebbero state solo parole, davvero. Non aveva senso
pronunciarle. Si limitò ad annuire piano, e quando rialzò la testa, parve accorgersi solo in
quel momento di quanto erano vicini.


Tremò appena nel vedere il volto arrossato di Ethan a pochi centimetri dal suo, e lasciò
vagare gli occhi neri su tutti i dettagli, i capelli biondi che gli ricadevano
scompigliatamente sulla fronte, il suo sguardo azzurro, il profilo del naso, le sue labbra.


Sbatté di nuovo le palpebre, e qualcosa che sapeva di fuoco ardente sembrò montarle
dentro, mentre lei cercava a tutti i costi di placarlo, di dominarsi.


Una voce, vicinissima al suo orecchio destro, le sussurrò dolcemente di non controllarsi, di
lasciarsi andare. Il cuore le batteva all'impazzata, sentiva tutte le emozioni bruciarle sulla
pelle rendendola bollente, mentre la voce si faceva sempre più forte.


«Non trattenerti, tesoro!» le sussurrò con veemenza. «Posso dartelo, puoi averlo!»

«Sedra, tutto bene?» esclamò Ethan preoccupato, e appoggiò una mano sulla sua.

La fanciulla non riusciva più a resistere: sentì la voce avvolgerla sempre con più forza, la
sentì ovunque, potente, inevitabile. In un ultimo, disperato, tentativo, chiuse gli occhi con
forza, e si alzò in piedi di scatto.


«Sedra!» fece Ethan, alzandosi a sua volta, e si avvicinò alla ragazza di spalle, sfiorandola
appena.


Lei trattenne il fiato, in affanno. Il corpo le tremava tutto, poi, di colpo, si fermò. Rilassò i
pugni stretti, lasciò scorrere naturalmente il respiro, e riaprì gli occhi.


«Sedra?» la chiamò lui un'altra volta, interrogativo.

La ragazza sorrise, si voltò, ed aprì la bocca per parlare.

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Capitolo 15
*** Errare è umano ***


Leanne caricò anche l'ultima pallottola all'interno del fucile, con un movimento deciso.
 
Dean alzò lo sguardo per guardarla, inarcando le sopracciglia, compiaciuto. La ragazza si
era dimostrata un'ottima allieva, e, mentre aspettavano che Sam andasse a recuperare le
ultime cose dalla macchina, si era lasciata insegnare tutto quello che poteva sui demoni e
sulla caccia.
 
Dopo un istante, si decise a parlare. «Non sembri avere problemi, nel maneggiare questa
roba» commentò, accennando con la testa alle armi da fuoco, bottiglie d'acqua santa e
libri d'esorcismo aperti sul tavolino davanti a loro.
 
Leanne si voltò a guardarlo, distrattamente. Era stata sovrappensiero tutto il tempo, e
sembrò impiegare qualche secondo a capire di cosa stava parlando.
 
«Non posso permettermelo» rispose, alla fine. «Ethan è in pericolo, io sono la sorella
maggiore, devo fare tutto quello che è necessario per proteggerlo. Fine della storia»
concluse, per poi tornare impassibile al suo lavoro.
 
«Sai, ti capisco» fece Dean, alzando appena le spalle. «Per me è lo stesso».
 
Non sapeva neppure perchè stava cercando a tutti i costi di cominciare una conversazione:
forse era stato il fatto di aver trovato qualcuno di così simile a lui, oppure era
semplicemente rimasto colpito da tanta determinazione.
 
Leanne lo guardò ancora, questa volta con appena più interesse. «Con Sam?» domandò, e
lui annuì. La ragazza esitò un attimo, poi si azzardò a continuare. «E i vostri genitori
sono...?»
 
«Morti» concluse per lei Dean, e pensò che se Leanne avesse osato commentare con un
'mi dispiace', lo avrebbe preso come l'equivocabile segno che era ora di chiudere la
conversazione.
 
Ma lei non lo fece. Si limitò ad annuire, seria, e si morse il labbro, indecisa se continuare o
meno.
 
«Anche vostro padre era un cacciatore?» riuscì a chiedere alla fine.
 
Dean annuì un'altra volta. «Solo che lui, a differenza del vostro, ci ha sempre detto tutto,
fin dall'inizio, fin da quanto... eravamo piccoli».
 
«Ha fatto bene» commentò Leanne, accalorandosi, ma lui scosse la testa.
 
«Lo pensavo anch'io, prima di conoscere voi due» replicò, lo sguardo rivolto verso un'altra
direzione.
 
«Cosa intendi?» domandò lei, confusa.
 
«Leanne, dicendoci la verità, nostro padre ci ha... condannati a diventare quello che
siamo» rispose lentamente Dean, e si chiese per quale dannato motivo era andato ad
infilarsi in una conversazione del genere. «Il vostro, vi ha dato la possibilità di diventare
quello che volevate, studiare, scrivere poesie e tutto il resto».
 
«Avrebbe dovuto darci la possibilità di scegliere!» ribatté con forza Leanne, e per un
attimo i suoi occhi azzurri parvero inumidirsi, ma lei non pianse.
 
«Nel momento stesso in cui ve ne avesse parlato, non ci sarebbe stata più nessuna scelta»
replicò duramente Dean.
 
Leanne si morse di nuovo il labbro, che tremava ancora. «Perchè no?» chiese, deglutendo.
 
«Perchè essere cacciatori non è un passatempo, e nemmeno un mestiere. Non puoi
smettere di esserlo... né evitarlo» fece lui, e si maledisse nel sentire che la voce non gli
suonava sicura come avrebbe voluto.
 
Leanne respirava a fatica, ma ancora tratteneva le lacrime. Era davvero forte, rifletté tra
sé Dean, non voleva mostrarsi in difficoltò davanti a lui. La vide asciugarsi gli occhi con un
movimento fulmineo del braccio, e poi scoppiare in una risatina tremula.
 
«E io che pensavo che Ethan fosse un tale idiota!» disse, cercando di scherzare, ma la sua
voce non era per niente ferma. «E invece aveva capito tutto, molto più di me».
 
«I fratelli minori hanno ragione più volte di quanto noi maggiori siamo disposti ad
ammettere» commentò Dean con un mezzo ghigno, e Leanne rise ancora, questa volta di
cuore.
 
«Sembri un esperto» commentò divertita, guardandolo.
 
«Purtroppo per me, lo sono» fece Dean, con un altro sogghigno. «Non riesco ancora a
credere che Sam stia diventando un cacciatore bravo quasi quanto me».
 
«Forse dovremmo lasciarli crescere» sussurrò Leanne con un'inaspettata dolcezza, e Dean
si voltò a guardarla, sorpreso, per poi scuotere la testa.
 
«No, è nostro compito fargli abbassare la cresta» replicò, compiaciuto.
 
«E chi la fa abbassare a noi grandi?» rise Leanne, divertita.
 
«A quello, ci pensano i genitori» ribatté Dean, e vide che la ragazza smise di ridere. «I
nostri fratellini sono sempre i più coccolati».
 
«E i padri ci trattano come se noi fossimo già troppo adulti per avere bisogno di loro»
mormorò Leanne, e una luce le brillò negli occhi mentre abbassava in fretta lo sguardo.
 
«Come se fossimo i loro sostituti, quando loro sono troppo occupati» concluse Dean, con
la voce appena più roca del solito.
 
Per un attimo cadde il silenzio. Dean si era appena pentito delle sue parole, quando
Leanne parlò ancora, più a sé stessa che a lui, lo sguardo basso.
 
«Io non so se riuscirò a perdonarlo» mormorò, mestamente. «Ho passato troppo tempo ad
odiarlo per poi accorgermi di volergli bene all'improvviso».
 
«Lo ha fatto per voi» ribatté automaticamente Dean, e le parole suonarono banali persino 
a lui.
 
«Io avrei solo voluto...» Leanne dovette interrompersi, per asciugarsi gli occhi una
seconda volta. «Avrei solo voluto che ci avesse lasciato qualcos'altro, oltre che a un
mucchio di poesie. Che avesse trovato un modo per farci sapere la verità».
 
«Beh, lo ha fatto, a modo suo» replicò Dean, scrollando appena le spalle. «Per lui, tutte
quelle non erano solo filastrocche per bambini, no? Nei libri che vi ha regalato, era lì la
chiave per scoprire tutto».
 
Leanne alzò lo sguardo, e questa volta non ce la fece ad impedire ad una lacrima di
caderle lungo una guancia. «Avrei voluto capirlo prima» farfugliò, deglutendo. Trattenne il
fiato, poi sorrise tra le lacrime. «Mi sono sempre piaciute, le sue poesie».
 
Dean aprì la bocca senza sapere cosa dire, ma la fatica di trovare un'adeguata risposta gli
fu risparmiata da Sam, che scelse il momento giusto per entrare nella stanza, lanciare
un'occhiata ad entrambi e decretare che era ora di andare.

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Capitolo 16
*** Sirena d'allarme ***


«Ehi, Sammy» chiamò Dean, affrettando il passo per raggiungerlo. «Ti posso chiedere una
cosa?»


Lui si voltò a guardarlo, alzando le spalle. «Sì, certo, che c'è?» domandò, tranquillamente,
senza smettere di camminare lungo il sentiero che conduceva dentro alla foresta.


Dean sentì Leanne avvicinarsi silenziosamente alle loro spalle, mentre parlavano. «Sai, la
tua ricostruzione dei fatti era perfetta» cominciò, con un leggero ghigno. «Ma ancora non
capisco perchè un demone debba fare tutta questa fatica per un solo umano. Non è
normale, no? Eco poteva avere tutti gli uomini che voleva, perchè impegnarsi tanto per
Geoffrey?»


Sam attese qualche istante prima di parlare, e per alcuni lunghi secondi, non si sentì altro
che i loro passi cammiare tra rami e foglie secche.


«I demoni un tempo erano persone, no?» fece poi quello, lentamente. «E se
mantenessero le caratteristiche di quando erano in vita? Magari, amplificate, facendone
un'ossessione?»


«Vuoi dire che questa Eco, quando era una donna, era...» cominciò sorpreso Dean.

«Una persona che aveva bisogno di sentirsi amata» concluse Sam, osservando esitante la
sua reazione. «E se un desiderio così forte fosse riuscito a rimanerle addosso anche
dopo... anche dopo l'Inferno? E se lei ne avesse fatto il suo pensiero fisso?»


«Un po' come un fantasma, vuoi dire?» fece il fratello, ancora scettico.

«Qualcosa del genere» annuì Sam. «Forse, in questo modo, quando è venuta qui, l'ha
fatto solo per avere l'amore che non è riuscita ad avere in vita».


«Beh, sta facendo le cose in grande» commentò Dean, inarcando le sopracciglia. «E
spiegami un'altra cosa, hai capito anche chi possiede, quando non è dentro le coppiette di
scout?»


«Dentro nessuno» fece l'altro, e quando vide che Dean stava per replicare incredulo, si
affrettò a spiegare: «Non nel verso senso della parola, almeno. Senti, quando Eco e
Geoffrey sono... stati insieme, lei potrebbe aver lasciato una parte di sé dentro la bambina
che stava per nascere. In questo modo, una parte del demone è sempre dentro Sedra, e il
resto può restare in giro come vuole».


«Non ho mai sentito niente del genere» replicò Dean.

«Nemmeno io» fece il fratello, conciliante. «Ma è l'unica cosa che mi è venuta in mente».

«Capisco» ribatté l'altro, con un'alzata di spalle. «Ma c'è un'altra cosa che la tua brillante
teoria non spiega».


«E sarebbe?» chiese Sam, aggrottando le sopracciglia.

«Per quale motivo Sedra non parli» rispose Dean, aspettandosi di ricevere un'altra arguta
intuizione.


Il fratello, però, si limitò a scuotere la testa. «Non ne ho idea» ammise. «La questione non
coincide. Nella leggenda, è Eco a non avere la parola, no? Ma se il demone è riuscito a
fingersi Charlotte per così tanto tempo...»


«Allora lei parlava eccome» intervenne Leanne, che non si era persa una parola della loro
conversazione, avvicinandosi.


«Esatto» assentì Sam, sovrappensiero. «Mentre Sedra... non c'è nulla che non vada in lei,
no?»


«A parte l'avere sangue demoniaco nelle vene, intendi?» lo interruppe Dean sarcastico, e
a quelle parole Sam fece una smorfia. «Senza offesa, ovviamente, ma se questa cosa
l'avesse resa un po'... come dire... strana? Dopotutto, è sopravvissuta tanti anni da sola
nella foresta, no?»


Il fratello non sembrava per nulla convinto. Stava per replicare qualcosa, ma s'interruppe
di botto dal parlare, avvertendo qualcosa.


Tese le orecchie, e sentì qualcosa di lontano, come una voce, o meglio, le note di una
canzone.


«Sentite anche voi?» chiese Leanne, fremente.

«Ma che roba...?» comincò Dean, senza capire.

Più camminavano, più la voce si faceva forte. Era piacevole, aggraziata, dolce, e la
melodia che andava delineandosi con sempre più chiarezza era d'incredibile difficoltà e
bellezza. Aumentava di volume ad ogni passo, e ben presto furono in grado di decifrarne
le parole.


Oh, chi mai potrà lenire
la lenta mia agonia?

Se confinata resto
in un corpo senza voce
la voce senza corpo
saprà cos'è l'amore?


«Io... io la conosco!» boccheggiò Leanne, sorpresa. «Questa è una poesia di papà! Ethan
me la ripeteva sempre, l'aveva scritta poco prima di morire!»


Sam e Dean si scambiarono un'occhiata piena di significato.

Continuarono a camminare, seguendo la direzione che suggeriva loro il canto, e Leanne si
ritrovò a mormorarne le parole a bassa voce, accorgendosi sorpresa di conoscerle a
memoria.


«Oh, da sola sempre canto, l'eterno mio dolore» sussurrava, tra sé e sé, come ipnotizzata.
«Ma se qui ritornerai, nel prediletto nostro covo, farà il tuo calore, scongelare il cuore
mio?
Ma chi è che la sta cantando? Come fa a conoscerla?» fece, sbalordita, voltandosi a
guardare i due fratelli.


Dean scosse la testa, non meno sorpreso di lei, ma Sam sembrava avere in mente
qualcosa.


«Andiamo, in fretta» si limitò a commentare, cupo.

Ormai sentivano la voce fortissima, come fosse accanto a loro. Rallentarono il passo,
senza neppure essersi consultati, facendo meno rumore possibile.


Dovevano essere arrivati alla sorgente del canto: si scambiarono un'occhiata, poi Dean
scostò alcuni rami, e davanti a loro comparvero le immagini di due ragazzi, uno accanto
all'altro.


«Ethan!» boccheggiò Leanne, trattenendo il respiro.

Ma non era lui che gli altri due stavano guardando. Ossevavano a bocca aperta la fanciulla,
in piedi di fianco a lui, i lunghi capelli neri che le arrivavano fino alle spalle.


Era Sedra, e stava cantando.

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Capitolo 17
*** Palla avvelenata ***


«Ma che diavolo...?» boccheggiò Dean, stupefatto.

La voce della fanciulla arrivava fino a loro, forte, sicura, e terribilmente dolce. Ethan la
guardava con un sorriso disarmante sul volto, ma Sedra teneva lo sguardo alto, mentre
cantava, muovendo lentamente le labbra.

«È lei? Sedra? La figlia del demone?» sussurrò Leanne, distogliendo lo sguardo dalla scena
per voltarsi verso Dean, che annuì. «Ma non era muta?»

Quello girò a sua volta la testa verso Sam. «Già, non era muta?» ripetè, con una punta di
sarcasmo.

«Io... non capisco» mormorò lui, socchiudendo gli occhi come per visualizzare meglio la
scena. Che cosa aveva ridonato la voce alla ragazza? Cosa le era successo? Perchè non era
possibile che per tutto quel tempo lei avesse saputo parlare, non dopo tutta la fatica che
avevano fatto per comunicare, quel giorno, quando le aveva chiesto aiuto per gli
acrostici...

Come in un lampo, gli tornò in mente la loro conversazione. Sedra davanti a lui, chinata
sul libro di mitologia, i lunghi capelli neri che le scivolavano davanti mentre voltava le
pagine alla ricerca di qualcosa... già. Ma cosa?

Fu un attimo. La sirena. Il canto. La poesia con il suo nome, Sedra. Com'era?

Silenziosamente estranea al docile e dolce richiamo amoroso.

«Estranea!» bisbigliò eccitato, e gli altri due si girarono di scatto a guardarlo, sorpresi.
«Sedra è estranea al richiamo... è estranea al canto! Non è lei a cantare!»

«Ma di che accidenti...?» cominciò Dean, aggrottando le sopracciglia, ma Sam lo zittì,
guardandosi attorno. Seguì lo sguardo della fanciulla, che puntava verso l'alto, ed esaminò
le cime degli alberi, e infine lo vide. Una massa scura ed informe di fumo nero, che si
addensava tra i rami di un larice.

«Dean, è lei! Il demone! É lei, Eco!» esclamò.

Probabilmente parlò a voce troppo alta, o forse fu colpa di Dean, che trattenne
rumorosamente il respiro, o forse ancora di Leanne, che fece un passo indietro, spezzando
un ramo.

Il canto s'interruppe bruscamente. Sedra aprì e chiuse la bocca invano, prima di accorgersi
che c'era qualcosa che non andava, e si voltò di scatto: nel vederli, spalancò gli occhi neri.

«Sedra!» fece Ethan, preoccupato: seguì il suo sguardo, vide il gruppetto ai piedi
dell'albero, ed aggrottò le sopracciglia nel riconoscerli. «Cosa ci fate, voi, qui?»

Leanne fece un passo avanti per raggiungerlo, ma Dean la bloccò con un braccio. Il suo
sguardo, come quello di Sam, erano fissi sulla sagoma scura immobile sulla cima
dell'albero.

Quello che pareva fumo si agitò, e prese una forma incredibilmente umana, come di una
fanciulla a cavalcioni su un ramo, che voltò la testa verso di loro.

«Attenti!» ringhiò Dean, ma fu troppo tardi: in una scia rapidissima, Eco si gettò verso di
loro, attraversò i fitti rami, si ricompose, simile come uno sciame di api, oltrepassò Sedra
ed Ethan, si gettò verso Sam e Dean, che si abbassarono istintivamente, e prese in pieno
Leanne, che cadde a terra.

«Leanne!» gridò Ethan, correndo verso di lei.

La ragazza si alzò lentamente da terra, si scostò i lunghi capelli biondi dal viso, poi alzò la
testa e aprì gli occhi. Erano completamente neri.

Leanne fece un sorriso storto e camminò verso di loro, che indietreggiarono lentamente.

«E' amore, ciò che vuole» fece Sam, il fiato mozzo.

«Buono a sapersi» ribattè Dean sarcastico, senza perdere d'occhio la ragazza.

Leanne si voltò di colpo verso di lui. Il sorriso si fece ancora più largo, poi, neanche un
istante dopo, con una spinta gli si gettò addosso. Dean sentì le sue braccia stringerlo con
una forza inaudita, e mentre cercava di liberarsi dalla stretta, le labbra di lei andarono a
cercare le sue, e senza lasciargli neppure prendere fiato, lo baciò.

Fu qualcosa di grottesco e bizzarro al tempo stesso: il demone aveva una forza ed una
passione fuori dal comune, e mentre le labbra di Leanne si muovevano nelle sue, sentiva
le sue mani stringerlo, passargli con veemenza tra i capelli, accarezzarlo, stringerlo.

A Dean parve di soffocare. Sentì qualcuno -probabilmente Sam- gridare, poi qualcosa colpì
Leanne, che lasciò la presa, e ne approffitò per allontanarsi di scatto, tossendo e
ansimando.

La ragazza parve furibonda. Alzò lo sguardo verso Sam, il respiro corto, fece un passo
verso di lui, e proprio mentre stava per alzare le mani per mandarlo a sbattere da qualche
parte, venne interrotta dalla voce di Ethan.

«Lascia stare mia sorella!» esclamò, arrabbiato.

Leanne inclinò il viso per guardarlo, sogghignò, poi rovesciò bruscamente la testa
all'indietro e il demone ne uscì di corsa, lasciando che la ragazza cadesse nuovamente a
terra, priva di sensi.

Eco rimase sospesa in aria per un attimo, poi si lanciò contro Sedra, che si raggomitolò su
sé stessa, spaventata, ma successe qualcosa di strano: invece di possederla, si limitò a
circondarla, girandole attorno, come alla ricerca di uno spiraglio per poter passare.

«Fammi entrare!»

La voce di Eco suonò stridula nel bosco.

Sedra si raddrizzò, e sollevò lentamente la testa, le pupille che saettavano in una direzione
e nell'altra, come alla ricerca di un volto da guardare negli occhi.

«Fammi entrare, figlia mia, ti darò ciò che vuoi!»

Sedra si fermò, ed esitò appena. Il suo sguardo corse a Ethan, che la osservava
stupefatto, gli occhi azzurri spalancati in un genuino stupore.

«Non farlo, Sedra!» esclamò Sam, intuendo troppo tardi quello che stava per succedere.

La fanciulla spalancò la bocca, ed Eco le si gettò dentro, rapidissima, fino a scomparire del
tutto. Sedra barcollò appena, poi rialzò lo sguardo, e quando aprì gli occhi, erano
completamente neri.

Mosse qualche passo verso Ethan, ma per qualche motivo non pareva così sicura come lo
era stata Leanne: tremava, camminava in una strana maniera, quasi trascinandosi.

Raggiunse il ragazzo, che rimase perfettamente immobile, osservandola con il suo sguardo
chiarissimo. Sedra alzò una mano per accarezzarlo, e qualcosa come un sorriso incurvò il
labbro di Ethan. La fanciulla avvicinò il volto al suo.

«Sedra, non farlo! È tuo fratello!» gridò Sam, in un ultimo, disperato, tentativo.

Lei parve bloccò per un attimo, trattenendo il fiato, poi, lentamente, si avvicinò ancora ad
Ethan, una mano ancora sul suo viso, e sovrappose la sua guancia bianca alla sua. Battè
gli occhi, che ripresero il loro colore naturale, e dischiuse le labbra. Una sola parola ne
uscì.

«Ora.»

Ethan fece d'un tratto un balzo all'indietro, alzò lo sguardo con una sorprendente fierezza, ed
osservando Sedra, che era rimasta immobile, al centro della radura, nonostante tremasse
chiaramente, cominciò a parlare, a voce alta.

«Exorcizamus te, omnis immundus spiritus, omnis satanica potestas...»

«Cosa?» boccheggiò Dean, che non sarebbe potuto essere più stupefatto, ma non c'era
tempo per meravigliarsi: con un grido, Sedra era caduta a terra, gli occhi di nuovo
nerissimi, e si dimenava sull'erba, rabbiosamente.

«...omnis incursip infernalis adversarii, omnis legio, omnis congregatio et secta
diabolica...»

Ethan continuava, senza la minima esitazione, fissando negli occhi Sedra, e nonostante
non ci fosse traccia di soddisfazione nel suo volto insolitamente pallido, non si fermò.

«Ab insidiis diaboli, libera nos, Domine. Ut Ecclesiam tuam secura tibi facias libertate
servire, te rogamus, audi nos.»

Sedra gridava, e le sue grida riecheggiavano in tutta la foresta, forti, terribili. Gli occhi neri
erano spalancati, e pareva che Eco stesse facendo di tutto per rimanere dentro il corpo
della fanciulla. Sprazzi di fumo le entravano e uscivano dalla bocca, simili ad artigli che
cercavano disperatamente un appiglio.

«...Ut inimicos sanctae Ecclesiae humiliare digneris, te rogamus, audi nos!»

Sedra spalancò la bocca più che mai, cadde di lato, si raggomitolò e parve vomitare fuori il
fumo nero, che venne risucchiato dall'alto, per poi sparire; infine, priva di forze, si lasciò
cadere al suolo.

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Capitolo 18
*** L'ultima leggenda ***


Per un istante, nessuno si mosse, né disse una parola. Lo stesso Ethan rimase in
disparte, di lato, ad osservare preoccupato la figura accasciata di Sedra, che se ne
stava rannicchiata su sé stessa al centro della radura.
 
Dean e Sam si scambiarono un'occhiata, ma non fecero nulla. Leanne era ancora priva
di sensi, alle loro spalle. Il silenzio era tangibile.

Sedra tossì. La videro tremare, appoggiò le mani bianche sul suolo, quasi
aggrappandosi ai ciuffi d'erba verde, conficcando le mani nel terriccio, e si voltò da un
lato, i lunghi capelli neri che le coprivano il viso.
 
Stava ansimando, ma a parte quello, sembrava stare bene. Non alzò lo sguardo,
rimase china su sé stessa, al centro di quel semicerchio di spettatori che aspettavano
la sua prossima mossa trattenendo il fiato.

«Sedra...?» mormorò Ethan, preoccupato. «Ha... ha funzionato? L'ho detto giusto?»

Lei non rispose. La testa appena più alta, la videro chiudere gli occhi, poi mosse la
mano lungo il fianco della sua veste bianca, lentamente, scorrendo le dita tra le
pieghe della stoffa. Vi trovò una cavità, infilò la mano, e quando la ritrasse, stringeva
in mano un sottile pugnale.

«Sedra!» esclamò Ethan. «Che cosa vuoi...?»

Fu un attimo. Con una scintilla di fiero orgoglio negli occhi neri, Sedra alzò in alto il
pugnale, con l'intenzione di calarselo in petto: Ethan spalancò gli occhi, si gettò su di
lei, e le strinse con forza il polso, impedendoglielo.

«No!» fece il ragazzo, ansimante, fermo sopra di lei. «No, Sedra, perchè vuoi farlo?
Non deve andare così, non deve!»

La fanciulla sbatté le palpebre una volta. Voltò la testa verso di Ethan, e lo guardò a
lungo, mestamente, gli occhi intrisi di una tristezza indelebile.

«Non è così che deve andare. Te l'ho detto.» Ethan era incredibilmente pallido, il volto
madido di sudore, e stringeva il polso della ragazza con tanta forza che si poteva
vedere la pelle sbiancare sotto la sua presa.

Sedra abbassò gli occhi, senza tentare di opporgli resistenza. Deglutì, il fiato ancora
corto, poi sbatté nuovamente le palpebre, dischiuse le labbra, e tre parole le uscirono
dalla bocca, vibrando nell'aria davanti a lei.

«Lasciami andare, Ethan.»

La sua voce era appena roca, ma aveva un che di infantile, come quella di una
bambina. Dean e Sam spalancarono gli occhi, sorpresi, e il primo non poté evitare di
lasciarsi sfuggire un: «Sedra, ma tu... parli?»

La fanciulla voltò delicatamente la testa verso di loro, guardandoli appena. Ethan non
mosse un muscolo.

«Sempre» sussurrò lei, a mò di risposta.

«Hai sempre parlato?» fece Sam, sbalordito. «E perchè non ci hai mai...?»

«Perchè le parole, sono menzogne!» lo interruppe la ragazza, con la voce appena più
acuta del solito, che tremò sull'ultima sillaba, come se stesse per mettersi a piangere.
«Eco... mentiva... e così, faceva del male... alle persone. Solo con le parole. Era solo
parole. E io non volevo... essere... come... lei. Non voglio...» Sedra si voltò di nuovo
verso Ethan.

«Ma tu non lo sei, Sedra, non lo sei mai stata!» ribatté lui, e le strinse più forte il
polso, mentre lei si dimenava per liberarsi.

«Tutte quelle storie, Ethan!» rispose lei, in un mormorio. «Tutti quei racconti!
Qualcosa mi hanno insegnato, sai. Non finisce mai bene... mai... per i mostri».

«Tu...» cominciò il ragazzo, quasi disperato, ma venne nuovamente interrotto.

«Scilla, era una Ninfa» sussurrò Sedra, piano. «Venne trasformata in un mostro
marino, e da allora divenne cattiva. Uccise tante persone, Ethan, e si divorò sei
marinai, compagni di Ulisse. Non aveva più nulla di umano, ormai.»

«Sedra, tu...»

«Anche Medusa era solo una fanciulla, ma da quando venne trasformata da Atena,
pietrificava chiunque con il suo solo sguardo» continuò Sedra, e nonostante la voce le
tremasse, i suoi occhi neri erano colmi di determinazione. «Era pericolosa, talmente
pericolosa che neppure ucciderla era bastato. Persino da morta, la sua testa mozzata
continuava a fare del male alle persone».

Ethan deglutì. «Sedra...»

«E dall'amore falso ed ossessivo di Pasifae nacque il Minotauro, e anche lui era un
mostro, e crudele. Non c'era nulla da fare, Ethan, bisognava solo saziarlo, o ucciderlo.
Era malvagio. Non era colpa sua, era solo...» Sedra non riuscì ad andare avanti.

«Non è così che deve andare» ripetè Ethan, e la sua voce tremava più che mai. «Non
ti farò uccidere».

«Io non voglio fare male a nessuno, Ethan!» esclamò Sedra, avvicinando il volto al
suo, gli occhi pieni di lacrime.

«Non ne farai. Ti prego, Sedra, tu...» la supplicò lui, ma la fanciulla lo interruppe.

«Ethan, ascoltami» sussurrò piano, guardandolo. «Le parole, sono menzogne, e per
questo non ho mai parlato. Ma la poesia...» Sedra si avvicinò ancora di più a lui. «La
poesia può rendere immortali. Lo sai, vero?» sorrise appena, incerta.

Una lacrima scivolò sulla guancia del ragazzo, mentre annuiva tremante, il collo teso.
Lasciò andare il polso della ragazza, e fece scorrere invece la mano sulla sua,
intrecciandovi le dita, fino a stringere insieme a lei il pugnale.

«Fallo per me, Ethan» sussurrò Sedra. «Solo tu puoi farlo. Rendimi eterna. Fa che
nessuno mi possa dimenticare».

Lui deglutì, annuendo ancora. «Te lo prometto» mormorò, con voce roca.

Sedra sorrise. Si allungò ancora in avanti, appoggiando quasi il capo sul petto di
Ethan, chiudendo gli occhi. Quando le sue labbra furono a pochi centimetri dal suo
orecchio, rabbrividì tutta, e bisbigliò: «Fa in fretta».

Dean e Sam si sentirono come intrusi in quel momento di così profonda intimità ed,
esitanti, distolsero lo sguardo. Per qualche motivo, non vollero vedere Ethan che
compiva quel gesto, e si voltarono di spalle.

Tuttavia, neppure così, poterono evitare di sentire il gemito di dolore di Sedra, i
singhiozzi soffocati del ragazzo, e il rumore del pugnale che cadde a terra con un
tonfo.

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Capitolo 19
*** Ode ai salvatori ***


Dean bussò appena sul legno. Si sentirono dei rumori confusi di oggetti rovesciati
provenire da dentro, poi la porta si aprì e ne uscì Leanne, i capelli biondi più
scompigliati di solito, mezza svestita, scalza, con un libro stretto sottobraccio.

«Oh, siete voi!» esclamò, sussultando appena, poi sorrise e, sporgendosi a sbirciare
oltre di loro, vide la macchina parcheggiata nel vialetto. «State partendo?»

«Sì.» Dean sorrise appena, a sua volta. «Passavamo a salutare. Come stai?»

Leanne si passò una mano tra i capelli, e l'altro notò solo in quel momento che era più
pallida del solito e che aveva gli occhi circondati da occhiaie.

«Non male» rispose poi, alzando le spalle, e alla loro sarcastica alzata di sopracciglia,
sorrise. «Mi riprenderò, davvero! Devo solo raccapezzarmi in tutta questa faccenda, e
poi sarà tutto come prima, più o meno».

«Continuerai a studiare?» chiese Sam, accennando al libro che stava stringendo.

Lei vi lanciò un'occhiata confusa, poi sorrise ancora. «Oh, ma questo è solo un vecchio
libro di poesie di papà, le stavo rileggendo. In ogni caso, sì, penso di sì... è solo che,
sapete, giurisprudenza mi sembra così priva di senso, adesso!»

«Posso capire» fece Sam, sorridendo a sua volta. «Ma non lasciar perdere, ti prego. È
quello che...»

«...Che mio padre avrebbe voluto, lo so» concluse lei, e per un attimo un'ombra le
passò sul viso pallido. «Che devo dire? Sarò il primo avvocato con il complesso del
sovrannaturale».

Dean sorrise. «Ed Ethan, come sta?» chiese dopo un attimo di silenzio.

Leanne si morse un labbro, insicura. «Lui... non lo so, non ne ho idea» ammise, e si
passò di nuovo una mano sui capelli, anche se Dean avrebbe giurato di aver visto un
luccichio nei suoi occhi chiari. «La sta prendendo... bene, immagino. È stato sveglio
tutta la notte, ha sepellito Sedra e poi... ha scritto fino all'alba. Credo volesse
comporle un'epigramma, o qualcosa del genere».

«Mi dispiace» mormorò Sam, e sul volto di lei comparve l'ennesimo sorriso incerto.

«Passerà, anche a lui» disse, con una strana decisione. «È più forte di quel che
sembra. Dopotutto, è cresciuto, non è più il mio sciocco fratellino».

Si scambiò un'occhiata con Dean che Sam fece accuratamente finta di non vedere.

«E così, voi continuerete a...?» riprese Leanne, osservandoli attenta.

«...a cacciare?» concluse per lui Dean, annuendo appena.

«A cacciare, sì» ripeté lei, come se stesse testando il suono della parola. «Fate
attenzione, allora».

«Ne facciamo sempre» rispose lui, con un sorriso divertito.

«Ed immagino non serva a molto» concluse lei, ridendo. «Grazie di tutto, allora, e
chissà, magari ci rivedremo, un giorno o l'altro».

«Chissà» sorrise Sam, alzando appena le spalle. Si voltarono, ed avevano appena
cominciato ad allontanarsi quando lei chiamò di nuovo.

«Ehi, Dean!»

Lui si voltò di scatto, aggrottando appena le sopracciglia. «Sì?»

Leanne arrossì appena, prima di parlare. «Riguardo a quel bacio, nella foresta...»
iniziò, imbarazzata.

«Nessun problema» la anticipò Dean automaticamente. «So che è stato il demone,
non potevi farci nulla».

«Sì... beh...» Leanne rise mordicchiandosi un labbro, prima di parlare. «Volevo solo
dirti, non mi è proprio dispiaciuto».

Sam non riuscì ad evitare di ridacchiare, mentre Dean, sorpreso e compiaciuto,
metteva insieme qualcosa che suonò come: «Oh... beh... neanche a me».

«Allora, ciao» fece di nuovo lei; i due fratelli si voltarono di nuovo per andarsene, ma
ancora una volta una voce li interruppe.

«Ve ne stavate andando senza salutarmi?»

Era Ethan. Si girarono immediatamente, e lo videro sulla soglia, anche lui un po'
scompigliato, la bocca e gli occhi aperti in un'espressione di sincero disappunto.

La notte sembrava aver portato tutto tranne che riposo: aveva gli occhi rossi e
segnati dalle occhiaie, il volto pallido, e pareva aver perso tutta la sua giovialità.

«Ethan!» si affrettò a rispondere Dean, avvicinandosi di nuovo. «Noi... non volevamo
disturbarti, sai, abbiamo saputo che hai lavorato tanto».

A quelle parole, in ogni modo, un sorriso gli illuminò il volto, mentre lui rispondeva,
con un orgoglio solo in parte soffocato dalla stanchezza: «Oh, sì! Non ho fatto che
scrivere, da ieri, sapete? Ho deciso di comporre un poema epico in tre libri sulle
avventure mie e di Sedra! Il metro sarà lo stesso di Virgilio, mentre per lo stile...»

«Progetto ambizioso» lo interruppe Dean, con un sorriso divertito.

«Sarà un successo, ne sono sicuro!» esclamò Ethan, e una scintilla gli animò gli occhi
azzurri per un istante, anche se nel suo tono c'era una foga eccessiva, quasi febbrile.

«Faremo in modo di recuperarne una copia, allora» fece ancora Dean, e finalmente
anche l'altro sorrise di nuovo nel modo entusiasta che gli era solito.

«Ethan, puoi spiegarmi una cosa?» chiese Sam, dopo una piccola pausa, esitando
appena, e quello volse gli occhi azzurri su di lui. «Come facevi a sapere
quell'esorcismo, ieri?»

«Me l'ha insegnato Sedra, ovviamente» rispose lui, con una sicurezza disarmante.
«Qualche ora prima, nella foresta. Me l'ha detto e io l'ho imparato».

«Beh, complimenti, allora» fece Dean, sinceramente colpito. «Io ho sempre qualche
problema a ricordarmelo, specie con la parte finale». Gli strizzò l'occhio con aria
complice, ed Ethan sorrise di nuovo.

«Sono stato bravo?» gongolò, con lo stesso entusiasmo di un bambino che ha appena
ricevuto un complimento dalla maestra. «Dite che potrei fare il cacciatore anch'io?
Come mio padre?»

Sam e Dean si scambiarono un'occhiata tra il sorpreso e il terrorizzato.

«Ascolta, Ethan» rispose Sam, in tono incredibilmente solenne. «Io credo che sia
meglio che tu continui a scrivere poesie. È quella la tua vera vocazione, dopotutto, no?
Il tuo talento è la vera eredità di tuo padre, ed è giusto che tu la metta a frutto».

Il ragazzo annuì, serissimo. «È quello che farò, allora!» disse, convinto, e a Leanne
scappò un sorriso affettuoso.

«Dobbiamo proprio andare, adesso» fece Dean, con un'occhiata al fratello.

«Buona fortuna» fece Leanne, in un tono più dolce del suo abituale, ed Ethan annuì.

«Anche a voi» rispose Dean; per la terza volta, si voltarono allontanandosi, e per la
terza volta, sentirono dei passi frettolosi dietro di loro e quando si girarono, videro
Ethan che li raggiungeva correndo.

«Aspettate!»

Il giovane si fermò davanti a loro, ansimando, poi alzò lo sguardo, e sorridendo,
spiegò: «Ieri ho finito anche la vostra poesia. Quella sul nostro incontro, ricordate?
Tenete» aggiunse, e gli porse un pezzo di carta ripiegato in quattro.

Sam lo prese, stupito e perplesso. «Beh, grazie, Ethan».

«Di nulla» fece quello, e un sorriso enorme gli si aprì sul viso, come quello della prima
volta che l'avevano visto. «Ci si vede!»

E detto questo, si voltò e corse via. Dean ridacchiò, riprendendo a camminare, mentre
Sam scuoteva la testa divertito.

«Se Ethan diventa un cacciatore, giuro che mollo tutto e mi do all'opera lirica» commentò
Dean, salendo in macchina.

Sam si sedette nel posto accanto, aprendo il foglietto. «Vediamo un po'...» mormorò
tra sé; lesse qualche riga con le sopracciglia aggrottate, poi scoppiò a ridere.

«Cosa c'è?» chiese subito Dean, voltandosi verso di lui.

«Nulla» fece lui, senza smettere di sorridere. «Ma ora ho capito perchè Leanne era
sollevata all'idea che non avessimo letto nulla del fratello».

Gli passò la pagina, e Dean si afferrò e lesse in fretta, per poi ridere a sua volta.

«Non è possibile» sogghignò; appallottòlò il foglio e lo gettò nel sedile posteriore,
mettendo in moto con un rombo, mentre la macchina si allontanava sul sentiero.

Il foglio, in un angolo del sedile, si ridistese appena, come stiracchiandosi, mosso da
mani invisibili, lasciando intravedere l'inchiostro delle parole scribacchiate da Ethan
con tanta dedizione.

                      «A Dean e Sam, i fratelli Winchester.

                                 Allorchè lor giovan cavallieri perduta avean la via
                               come agnelli fuor dal gregge rinvenuti a casa mia,
                                      capei del grano uno, scuro cipiglio l'altro
                                     fraternità amorevole sotto l'apparire scaltro;

                                 Oh, potea codesta gioia l'animo mio risollevare!
                                Qual speme mi lasciaron, col loro eroico salvare!
                                  Io ignoravo allora il futuro debito mio immenso,
                                ma ringraziar Fortuna devo, se a tutto ciò ripenso.

                               Che poi il mal per nuocere, non sempre venga tutto,
                                 nella gioia o nel dolore, nella festa oppur nel lutto,
                                     per monti e valli e campi oramai è risaputo;
                           ma dunque, chi opporsi può a ciò che il Fato ha voluto?»




Note dell'autrice:



Ed un'altra storia giunge qui alla conclusione.

Per prima cosa, vorrei ringraziare, ovviamente, chi è arrivato fino a qui, leggendo fino all'ultima riga -o dovrei dire verso?-
di questa long, chi ha seguito la vicenda di Ethan e Leanne fino all'ultimo, chi, volta per volta, ha lasciato un commento,
un'ipotesi, una speranza, e chi semplicemente l'ha letta.

Mi sono affezionata a questa storia più che alle altre, devo ammetterlo. Sarà che mentre scrivevo Ethan mi faceva una
tenerezza assurda, sarà che Leanne è così affine a Dean che scrivere di lei è un piacere, sarà che Sedra e Echo sono
state un modo per unire la passione per Supernatural con quella per la mitologia greca.

Questa è la terza del ciclo di long cominciato con ''Home Sweet Home'', e ce ne sarà molto probabilmente una quarta,
che comincerò non appena avrò un pò di tempo. Insomma, restate sintonizzati per ulteriori news, e ancora un grazie
gigantesco, a chi è rimasto con me fino alla fine.

Un bacio!

-Relya

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