We’re Gonna Build Another World Together

di bohemrhapsody
(/viewuser.php?uid=190016)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 ***
Capitolo 3: *** Chapter 3 ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 ***


Le luminose ampolle di vetro galleggiavano per il laboratorio di scienze, sprigionando i loro contenuti colorati per la stanza. All’improvviso, aperti gli occhi, si accorse che i suoi capelli biondi stavano fluttuando. Nermin era sospesa in aria. Strabuzzò gli occhi verdi e iniziò a dimenarsi sospesa, inizialmente urlò, ma poi decise di calmarsi e capire cosa fare. Iniziò a guardarsi intorno, nervosa: nella stanza non c’era più gravità.
Cercò di ripercorrere mentalmente ciò che era successo;

era tornata in laboratorio per recuperare il suo quaderno con gli appunti di chimica, ma distratta com’era, per prenderlo, spinse con il gomito un’ampolla, con una soluzione blu cobalto all’interno, che era situata all’estremità del banco. Scattò allungando una mano verso l’ampolla, per prenderla, ma prima che potesse afferrarla, si ritrovò con tutti gli oggetti intorno, sospesa in aria.

Scrutava la stanza scandalizzata dalla situazione. Il laboratorio di chimica era diverso visto da quella prospettiva. La luce del sole filtrava attraverso le grandi finestre della stanza, e si rifletteva sui banconi bianchi, dove prima sovrastavano le ampolle che stavano fluttuando in quel momento. Nermin rimase in silenzio. Non sapeva cosa fare, e non era così temeraria da muoversi alzata da tre metri da terra; quasi quasi toccava il soffitto con le piastrelle grigie a mosaico. Mentre meditava nella calma, il silenzio fu interrotto da un rumore di passi che si avvicinavano alla porta. Non ha mai sperato tanto in vita sua che fosse il suo migliore amico Jake. Trascorsi alcuni minuti una voce rauca e profonda domandò: “Nermin, sei là dentro? E’ tutto a posto?” Era Jake, per fortuna.

Nermin gioì in silenzio e sentì la porta cigolante aprirsi piano piano, sperando che insieme avessero trovato al più presto una soluzione, ma prima che il ragazzo potesse irrompere nella stanza, l’assenza di gravità cessò, le ampolle si scaraventarono a terra frantumandosi e provocando un gran fracasso e una pioggia di vetri e lei sparì nel nulla, avvolta da una nube bianca.

Frattanto, dall’altra parte della città...

C’era un vento tremendamente forte quella mattina, ma lei aveva troppa voglia di uscire invece che lasciare la sua amata tavola da surf appoggiata sul muro della sua camera. Iris, dopo aver infilato la muta, raccolto invano i suoi indomabili capelli rossi, prese la tavola, salutò suo padre in cucina e si diresse verso la baia di fronte casa.

Faceva freddo, il cielo era cupo e ogni tanto qualche tuono lo squarciava e il mare era agitato da numerose e alte onde che s’infrangevano rumorosamente sugli scogli. Si immerse nell’acqua gelida prima di salire sulla sua amata tavola e iniziò a cavalcare le onde come ogni mattina.

Più volte cadde a causa della violenza della corrente, ma si rialzò con determinazione almeno fino a quando non si accorse di un’enorme onda che stava per incombere su di lei. Iris non riusciva a tornare a riva, la corrente era troppo forte e la spingeva verso l’onda. Si guardò intorno terrorizzata. Non aveva mai visto niente del genere e si considerò ormai spacciata. Raccolse tutto il coraggio che aveva in corpo e decise di affrontare quel ‘mostro’; venne travolta in pieno e scaraventata in mare con violenza. Sott’acqua desiderò tanto che la marea calasse, ma ciò che voleva in quel momento si stava avverando: la sabbia, sotto i suoi piedi, cominciò a lacerarsi creando un’enorme voragine, sulla sua testa le onde piano piano si placavano e il mare stava tornando tranquillo, ma prima che potesse ritornare a galla un vortice d’acqua bluastra la trascinò con forza nella voragine facendola precipitare nel buio più profondo.




Writer's Corner

Questa è una storia a quattro mani diversa dalle altre.
Volevamo scrivere qualcosa di particolare.

Speriamo che questo primo assaggio vi sia piaciuto (magari fatecelo sapere con qualche recensione ajgkvbejv uu)
Emme & Al :3

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Chapter 2 ***


Iris e Nermin si ritrovarono in una stanza bianca, dove non c’era né inizio né fine. Sapevano entrambe di non essere sempre state molto “normali”, ma questo andava ben oltre le loro aspettative.
Era tutto così candido e freddo da star male. Ma dove erano finite? Non si conoscevano, ma allora perché erano lì, in quel momento, insieme?
Si guardarono a lungo, ognuna che cercava una risposta negli occhi dell’altra, ma la situazione era talmente surreale che entrambe erano troppo sbalordite per poter parlare. Nella stanza regnava il silenzio. Nermin era seduta a gambe incrociate, con una mano che reggeva la testa pensierosa e l’altra che giocava con i lunghi capelli biondi; Iris era bagnata ed era riduttivo dire che i suoi capelli erano zuppi; si abbracciava le gambe, stringeva i polpacci e aveva il viso stremato coperto da piccole gocce d’acqua. All’improvviso esclamò:” Bene, avrò una scopa in testa!”
Nermin, a quelle parole soffocò una risata, le sembrava molto buffa e si chiedeva da dove arrivasse in quelle condizioni. Le domande erano molte, ma nessuno parlava.
All’improvviso quell’imbarazzante silenzio venne interrotto da un ronzio assordante che si trasformò in un vortice luminoso, quasi accecante, dal quale venne buttato fuori un ragazzo. Cadde a terra, gemendo, con un tonfo sordo che rimbombò nel vuoto. Le due ragazze strabuzzando gli occhi osservavano incredule la scena.
Il ragazzo, dopo qualche minuto, si tirò su massaggiandosi la testa dicendo: ”Ma che diamine sta succedendo?!” Era un ragazzo dal viso con dei lineamenti forti e marcati. Le possenti mascelle e il volto erano corniciati da un folto cespuglio di ricci bagnati, color castano chiaro, che ricadevano sulle guance floride segnate da delle fossette che gli venivano quando sfoderava il sorriso che gli illuminava il pallido volto. Aveva gli occhi verdi e profondi e il naso era lievemente rivolto verso l’alto, ogni volta che sorrideva gli si allargavano le narici. Non era né troppo erculeo né nemmeno troppo gracile; il suo corpo, piuttosto magro, vestiva un paio di jeans lievemente consumati e una t-shirt nera con una stampa bianca del logo dei Ramones. Non indossava le scarpe e il motivo per cui non le portava non si sapeva. Continuava a sorridere, alquanto nervosamente, e balbettava cose poco comprensibili, se non solo a se stesso.
I tre ragazzi si fissavano silenziosamente, senza spiccicare parola anche se di cose da domandare ce n’erano fin troppe. Si poteva notare il viso lievemente annerito del giovane che si guardava in torno cercando un inizio e una fine a quella stanza. Si sedette anche lui a terra, a gambe incrociate, incurvando leggermente la schiena per poter posare la testa sulla mano. Il silenzio divenne così insopportabile che egli dovette romperlo; a un certo punto disse: “Io sono Harry, Harry Styles, ma Hazza per gli amici!” facendo una smorfia strana. Iris e Nermin alzarono la testa inarcando le sopracciglia e lo fissarono scoppiando a ridere. La rossa, con aria sarcastica, disse: ”Bene, Hazza, Harry o come ti chiami, io sono Iris e non so dove cazzo mi trovo!”- “Ah, beh, cara siamo in due... Comunque io sono Nermin” disse la bionda dall’altra parte della stanza, con un tono acido e scocciato.
“Vedo che la simpatia è il vostro forte” aggiunse beffardo Harry. Le due gli lanciarono uno sguardo di fuoco e lui abbassò la testa sorridendo, con fare di arresa.
Prima che una delle due potesse controbattere, si sentì di nuovo il ronzio assordante di prima e si ripresentò il vortice di luce, ma questa volta furono due, uno dalla parte opposta dell’altra. Ne uscirono due ragazzi che caddero a terra facendo risuonare il loro tonfo nella stanza semivuota. Quello a destra era alto e magro. Aveva i capelli corvini rivolti all’insù con le basette che gli evidenziavano le mascelle marcate. La sua carnagione lievemente olivastra risaltava in tutto quel bianco. Le sue labbra erano carnose, gli occhi verdi e marroni, le sopracciglia folte e la barbetta gli percorreva il mento e le guance scavate. Portava gli occhiali con la montatura nera e le piccole orecchie avevano gli orecchini. Si guardava intorno spaesato, arricciando il naso lievemente a punta con uno sguardo enigmatico. Era un po’ muscoloso e portava una giacchetta in stile ‘giocatore di football’ bordeaux e grigia, sotto indossava una polo bianca, dei pantaloni beige, leggermente larghi, e delle Nike sportive bluette. Sì alzò, con fatica, massaggiandosi la schiena, e si guardò intorno scrutando le quattro figure sparse per l’enorme stanza.
Il ragazzo a sinistra, invece, era ancora più alto e muscoloso del primo. I suoi capelli erano corti e lisci, color cioccolato e gli scendevano regolari fino alle ingenti orecchie. Aveva il viso tondeggiante e florido, gli occhi nocciola, le guance rosee, il naso ‘a patata’ e le labbra carnose. Il suo fisico era alquanto aitante. Indossava una maglia in cotone blu notte a maniche lunghe, dei jeans marrone sabbia arrotolati alla pescatora e delle scarpe da ginnastica bianco sporco. Anch’egli si alzò spaesato e dolente, guardandosi attorno stupefatto. Cominciò a tastare il muro candido in cerca di una via d’uscita, o di risposte ma non riuscì a trovare nulla. Tutti lo guardavano stralunati come se stesse facendo qualcosa di anomalo o a loro sconosciuto.
I ragazzi indagavano sbalorditi. L’imbarazzo e il silenzio regnavano in quell’ovattata stanza bianca e per la terza volta si formò quel vortice rumoroso e accecante dal quasi fuoriuscirono due ragazzi: uno biondo e uno castano.
Il ragazzo biondo aveva il viso innocente e lo sguardo perso. Era cereo, con le guance in carne rosee e alcuni nei sparsi sul viso. Il volto era incorniciato dalle mascelle e dal mento, calcati, seguiti da due evidenti nei sul collo. Gli occhi erano azzurri, profondi, e richiamavano le onde del mare. Le sopracciglia erano folte e castane, il naso lievemente pressato e largo, le labbra erano sottili e quando si spiegavano in un sorriso lasciavano intravedere i denti bianchi sovrastati dall’apparecchio. Aveva i capelli rivolti verso l’alto, biondo platino e con la ricrescita scura e i ciuffi più corti ricadevano sulle orecchie. Era alto, magro e il suo corpo era leggermente smilzo. Indossava un paio di jeans chiari a cavallo basso, una t-shirt bianca, una felpa azzurra e un paio di Vans rosso acceso. Egli si guardava attorno con un’espressione enigmatica e terrorizzata. Squadrava gli estranei presenti nella stanza e cercava delle risposte, delle dichiarazioni o qualcosa che lo potesse aiutare. Intanto il ragazzo castano rideva isterico. Aveva le labbra sottili e rosee a cuore e i denti che riflettevano il bianco della stanza contrastando la pelle colorita e i capelli castani chiari spettinati. Il contrasto della carnagione e dei denti facevano risaltare il colore azzurro empireo dei suoi occhi. Il suo naso era alla francese e mentre rideva si pressava sul viso. Il capo era retto da un collo lungo che connetteva esso con il corpo leggermente erculeo. Vestiva una t–shirt bianca a righe azzurre con sopra una giacchetta di jeans, sotto aveva dei pantaloni rossi con le bretelle e delle espadrillas azzurre.
Da quando erano in tre in quella stanza e Harry aveva cercato di attaccare discorso, nessuno aveva più parlato. I sette cercavano una risposta alle loro domande analizzando con sguardo indagatore la situazione, a dir poco inverosimile, in cui si trovavano.
All’improvviso la stanza si riempì, per l’ennesima volta, di quelle strane ed assordanti spirali dalle quali iniziarono a sbucare ragazzi da ogni dove. Alla fine si ritrovarono in un’infinità persone chiuse all’interno di una bolla di bianco. Erano tutti troppo scioccati per poter spiccicare parola, tranne per due ragazze, che evidentemente lo facevano per smorzare la tensione. Le due erano amiche e parlavano tranquillamente tra di loro facendo risuonare le loro voci squillanti nell’eco infinito della stanza. Una dai capelli corvini, mossi e lunghi fino alle spalle, gesticolava e parlava freneticamente facendo guizzare i suoi scuri occhi vispi da cerbiatta, mentre l’altra aveva una cascata di lisci capelli biondi lunghi fino alla vita e due squarci di cielo al posto degli occhi e la guardava divertita.
Le voci delle due si smorzarono quando tutti si girarono verso un angolo della stanza dal quale si poté vedere una piccola porta bianca aprirsi piano piano. Si presentò così ai loro occhi un piccolo uomo, alto, minuto ed erculeo, dai capelli turchesi e con un sorriso radioso stampato sul volto. L’uomo si schiarì la voce e infine disse, allargando le braccia: “Bene ragazzi, benvenuti alla Space Oddity’s Accademy: la scuola per i Superumani!” Dette queste parole tutti si guardarono tra di loro sgranando gli occhi stupiti. “Io sono il vostro Wuj, ossia il preside, e vi seguirò nell’addestramento per potenziare e sviluppare i vostri poteri. E’ per questo che siete qui, in questo momento, siete gli ibridi fa un Supereroe e un umano ed è vostro compito d’ora in poi occuparvi dei vostri elementi.” Dopo una breve pausa aggiunse: “Mi chiamo Ziggy Stardust e sono felice di accogliervi nella mia scuola. Ricordate, potete contare solo su di voi.” Dichiarato ciò, rivolse un ultimo sorriso ai suoi alunni e si dissolse all’improvviso. L’uomo con i capelli azzurri e la ciocca bianca che formava una saetta era scomparso nel nulla, lasciandoli spiazzati.




Writers’ corner.

Questa è una storia a quattro mani diversa dalle altre.
Volevamo scrivere qualcosa di particolare.

Questo capitolo è stato un vero parto con 32 h di travaglio lol, speriamo che con questo abbiamo iniziato a rendervi chiara l’ambientazione e la trama della nostra storia.
Ci auguriamo che vi sia piaciuta, yo. (magari una recensione non farebbe male la la laaaa) Verso l’infinito e oltre, Emme & Al *trollfaces*
Ps: Ringraziamo Mr. David Bowie uu (tenkiù)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Chapter 3 ***


Non sapevano che fare, erano totalmente spaesati, in preda al panico.
“Beh, che dire, devo capire quale sia questo mio dannato potere per andarmene" disse acida Iris, mettendosi le mani nei capelli ancora umidi. Tutti parlavano in cerca di una soluzione, ma che cosa potevano pretendere da dei ragazzi che non sapevano quali erano le loro capacità e che tra l’altro non si conoscevano tra di loro?
Erano tutti disorientati, in cerca di una soluzione o di un indizio. Perché quel tizio strano, uej, wag, waj o come si chiamava, li aveva lasciati lì così, senza nulla tra le mani? Tutti si facevano così tante domande, da creare un così forte mormorio che, all’improvviso, a Nermin diede fastidio. Tutta quella confusione non le permetteva di concentrarsi, per trovare una soluzione, e non aveva mai desiderato così tanto il silenzio. Si alzò in piedi scocciata rivolgendosi al muro. Il borbottio aumentava. “Ma insomma si può avere un po’ di silenzio?!” Disse decisa, quasi urlando, poi batté la mano ossuta sul muro. Tutto divenne silenzioso. “Oh, finalmente!” sussurrò girandosi verso la folla, non volava più una mosca.
Si girò e rimase esterrefatta. Tutti intorno a lei erano sospesi in aria dimenandosi, tutti tranne lei; si guardò i piedi cercando di capire cosa c’era che non andava, lei era a terra e loro... volavano! Fece un cenno con la mano destra, per portarsela sul mento e capire: i ragazzi si muovevano sincronizzati a lei. Provò ad agitare le articolazioni su e giù, un po’ divertendosi a vederli fluttuare. Alla fine decise di tornare composta e di cercare una soluzione. Abbassò le mani all’improvviso e la gravità ‘tornò’. Tutti caddero a terra provocando un tonfo sordo che rimbombava nella stanza. Si sentivano i gemiti delle persone, tutti accordati, e lei scoppiò in una fragorosa risata, sussurrando delle scuse, anche se voleva sotterrarsi. Per il nervoso Nermin aveva sempre avuto il vezzo di torturarsi le dita, muovendo le mani in modo circolare, giocherellandoci così cominciò anche per la vergogna. In quel modo attirò lo sguardo del biondino di fronte a lei che la guardava sorridendo; appena notò la sua occhiata indagatrice, il ragazzo abbassò il capo colorando le guance di un rosso acceso. Gli rivolse un sorriso e tornò a esaminare l’ambiente. Cominciò a squadrare i muri in cerca di una soluzione e dopo un po’ riuscì a notare qualcosa che lampeggiava debolmente. Si avvicinò silenziosamente al muro, tastandolo. Intravide una frase in inglese blu notte e riflettente, si specchiò all’interno di essa mentre cercava i bordi di una probabile porta, ma nulla. Si guardò intorno, tutti erano in cerca di una propria via d’uscita e ci stavano riuscendo al suo contrario. Tornò a osservare il muro con fare enigmatico e mentre si tormentava le dita notò il proprio riflesso nelle lettere.
Inaspettatamente i piedi di Nermin si staccarono da terra e lei cominciò a fluttuare per la stanza stralunando gli occhi. Tutti la fissavano, mentre senza un motivo preciso, si alzava dal terreno e ‘volava’ per quella stanza infinita. Cercò di erigersi senza risultati, così iniziò ad agitare le mani per darsi una spinta e raddrizzarsi: ci riuscì. Si spingeva più che poteva finché non raggiunse il soffitto che cominciò a toccare e analizzare; trovò una porta e sferrò con violenza un calcio per crearsi un passaggio; vi entrò e cadde sul pavimento di un’altra stanza bianca. Intanto …
Iris cadde a terra in un tonfo sordo. Pensò che quella stupida ragazza dai capelli biondi le avesse procurato un bel livido sul fondoschiena con quel suo strano potere. Imprecò sottovoce, guardandola furente mentre si massaggiava la parte dolente, scatenando il ghigno divertito del ragazzo moro a qualche metro di distanza da lei, evidentemente non era stata tanto calma. Lo guardò male e sbuffando si mise seduta a gambe incrociate; si guardò intorno in cerca di una via d’uscita, ma tutto ciò che riusciva a vedere era il bianco, altri ragazzi disperati nella sua stessa situazione e una scritta che appariva a intermittenza su una parete. Era sul blu metallizzato e recitava: “Planet Earth Is Blue And There’s Nothing I Can Do”
La lesse più volte con il tentativo di trovarne un senso, ma quanto più si sforzava, più non capiva. Supponeva che se avesse davvero uno strano potere non dovesse trovarsi sulla Terra in quel momento; quindi in preda all’angoscia e alla voglia di andarsene cercò di ricreare quella specie di voragine che l’aveva trascinata nel buio. Niente di niente, non ci riusciva, almeno fino a quando la sua rabbia divenne tale da mandarla totalmente in bestia. Improvvisamente il pavimento candido della stanza iniziò a tremare e sotto di lei sentiva mancare il terreno; una voragine si stava creando al di sotto e lei ci stava sprofondando dentro per essere inghiottita nel buio per la seconda volta.
Tutti la guardavano sbigottiti, ma lei non riusciva a giustificare quella strana forza che le percorreva il corpo facendole inarcare la schiena. Era come se avesse perforato ,con un martello pneumatico, il pavimento e ora si stesse immergendo in quella spaccatura. Ma come era possibile una cosa del genere? Per lei era già tanto riuscire a sollevare la sua tavola da surf, figuriamoci questo. Ormai immersa in quella specie di precipizio, urlò ironizzando: “Attenzione ai fossi!”
Si ritrovò nel buio più totale in cerca di un appiglio; tastò a lungo le pareti e alla fine trovò una sorta di maniglia che, dopo aver girato con forza, sbloccò. Cadde su una superficie piatta e fredda e con la mano riprese a massaggiarsi il fondoschiena dolorante.
Iris e Nermin e molti altri ragazzi si ritrovarono in una stanza bianca, molto simile alla prima, ma in questa c’era una pedana di ferro al centro, con vicino degli apparecchi strani e un professore altrettanto stravagante. Mentre aspettavano si guardarono intorno e iniziarono a scrutare i vari ragazzi; ce n’erano di tutti i ‘tipi’ alti, bassi, grassi, magri biondi, castani, rossi, blu o verdi. Si poteva benissimo notare quanto fossero a disagio. Ciò divertiva Nermin che ghignava silenziosamente posata su una parete, mentre giocherellava con le punte di suoi lunghi capelli biondi. Intanto Iris girovagando con lo sguardo si soffermò sul ragazzo con i capelli neri e gli occhiali che l’aveva derisa prima, lo vide perso e scoppiò a ridere attirando la sua attenzione e prima che potesse notare che fosse lei quella a ridacchiare, si girò di scatto verso la ragazza che giocherellava con i capelli. Finalmente arrivarono tutti, dopo un lungo sforzo, e il professore fece calare il silenzio. Era davvero strano quel uomo, aveva quel nonsoché di diverso; saranno stati i capelli bianchi sparati in aria oppure gli occhialoni con la montatura verde fluorescente a renderlo un tipo bizzarro, ma lo era. Aveva una statura bassa e il suo fisico era tutt’altro che palestrato, anzi era minuto, rugoso e allampanato e guardava tutti glorioso e con uno sguardo vispo.
“Ehm, ehm.” Diede dei colpetti di tosse per attirare l’attenzione. “Benvenuti alla Space Oddity’s Accademy! Io sono Clever Hergock, ho il potere dell’intelligenza sovrumana e la chimica è il mio pane quotidiano.” Scoppiò a ridere per poi tossire e fare l’occhiolino. I ragazzi si guardarono strabuzzando gli occhi. “Allora, allora, allora siete pronti per i test?! Sì? Sì!” Poi cominciò ad analizzare un pezzo di carta blu che si sorreggeva da solo. Si grattò il mento, con un po’ di barba bianca, e si concentrò sulla folla di giovani. Li fissò a lungo e alla fine pronunciò uno svariato elenco di nomi ai quali corrispondevano quelli dei “Superumani” che, alzando una mano, si facevano riconoscere…
“Nermin Prescott, controllo della gravità” la ragazza bionda, che prima si era sollevata da terra, alzò la mano. Il professor Hergock le fece cenno di avvicinarsi e lei, portando un ciuffo di capelli dietro uno orecchio con fare nervoso, gli andò incontro stringendogli la mano e salì sulla pedana di ferro. Nermin prese posto e l’uomo azionò i vari apparecchi che la esaminarono accuratamente. Tutti quegli affari pieni di fili e luci le facevano il solletico e non potevano impedirle di non contorcersi dalle risate. Intanto il professore prese il foglio blu di prima e lo usò come scanner su di lei. Nermin era in uno stato confusionario, non capiva cosa le stesse succedendo.
L’uomo sorrideva beffardo nel leggere i risultati estrapolati dal foglio, e con un luccichio negli occhi disse: “Le sue potenzialità sono ottime, vanno solo migliorate e rafforzate. Complimenti!” Aiutò la ragazza a scendere dalla pedana e mentre lei tornava al suo posto, cominciò a riconsultare di nuovo il pezzo di ‘carta’. Tornò a grattarsi il mento con indecisione e poi tornò a scrutare la folla. “Allora, allora… chi è Zayn Malik con il controllo del tempo?” Il ragazzo riservato, seduto all’angolo, alzò la testa non appena sentì pronunciato il suo nome; sollevò la mano e si diresse verso la pedana. “Cosa devo fare?” domandò, incrociando le braccia, una volta che si era posto su di essa. “Niente, Zayn… giusto? Niente, devi solo rimanere fermo e il resto lo faccio io!” esclamò rivolgendogli un sorriso, scoprendo i suoi denti storti. Zayn annuì e si fece analizzare. Si poteva sentire il professore fare i suoi cenni di approvazione. Il foglio blu tornò uno scanner che si diresse verso Zayn per analizzarlo. Il professore balbettò qualcosa e poi esclamò: “Prestazioni ottime, prestazioni ottime, puoi tornartene a posto!” Fece un segno con la mano e il ragazzo, per il sollievo, fece una smorfia, la quale doveva essere un sorriso. In seguito il professore chiamò altri ragazzi e anche questi ebbero “Ottime Prestazioni”. Il ragazzo biondo, che prima osservava Nermin, si chiamava Niall Horan e a quanto pare controllava gli impulsi elettromagnetici; quello castano che tastava il muro si chiamava Liam Payne ed era capace di metamorfosi, Harry, invece, controllava l’elettricità e inoltre si era venuto a scoprire perché non portava le scarpe; il ragazzo bizzarro che vestiva le righe si chiamava Louis Tomlinson, era uno dei più anziani e dotati, infatti, controllava le radici degli alberi. Poi c’erano anche Charlie Pennington, la bionda dagli occhi empirei, che scioglieva gli oggetti; Lana Bright, la ragazza che parlava senza fermarsi dai capelli corvini, che sapeva leggere nel pensiero; Joshua Rotterfield, Helene Blueskill, Dough Geltiers, Trisha Wellagrey e tantissimi altri ragazzi, tutti, che avevano ricevuto “Ottime Prestazioni”.
Poi finalmente toccò a Iris che, anche se aveva pregato che non succedesse, si era messa sulla pedana ancora fradicia. “Iris, Iris, Iris Hanguster, com’era l’acqua stamani?” Il professore scoppiò nella sua solita risata, che si tramutava in una tosse, e la guardò con uno sguardo spuntato, al di sopra delle lenti degli occhiali. Lei lo fulminò con gli occhi e rispose secca: “Assassina.” Il professore la prese con sarcasmo e riscoppiò a ridere. “Bene, ok, allora, tu controlli la crosta terrestre, giusto? Sì, ahà, sì, analizziamoti!”
“Vuole vedere cosa sono in grado di fare?” disse con aria di sfida la ragazza. “No, non si preoccupi ci ha già pensato quel macchinario” rispose beffardo il professore indicando quel bizzarro affare.
Iris non sopportava quell’uomo per qualche strano motivo e, come suo solito, avrebbe fatto di tutto per infastidirlo. Infatti fece per far tremare il pavimento, ma si fermò perché non voleva creare problemi. Doveva imparare a contenersi. “Bene, bene, signorina può andare, è un ottimo elemento anche lei” disse sorridendo. La ragazza lo guardò male ed infine tornò a posto.
Tornata al posto anche l’ultima ragazza, il professore posò il foglio blu e si mise gli occhiali, dalla montatura verde, in testa. Li guardò orgoglioso. “Perfetto, avete tutti delle ottime prestazioni!” Disse, sorridendo a braccia aperte. “Vi starete domandando, di sicuro, cosa dovrete fare oggi! Di sicuro. Per questo qui ci sono io!” Scoppiò a ridere e poi proseguì. “Ora, verrete indirizzati nelle vostre stanze. Ricordate, sono stanze a due e non si possono effettuare cambi quindi vedete di andare d’accordo, ripeto le parole del Wuj: Potete contare solo su di voi, anche nei momenti di necessità.” Diede un ultimo sguardo alla folla prima di cercare qualcosa tra le sue cianfrusaglie. Tirò fuori un’infinità di piume colorate ed enormi e le lanciò in alto. “La piuma che vi raggiungerà sarà la vostra e vi condurrà alla vostra stanza. Attenzione! Vi possono ferire una volta arrivati, quindi mantenete la distanza necessaria.” Fece una smorfia, che doveva essere severa, agitando il dito in aria e scoppiò nuovamente a ridere; poi fece un cenno con la mano verso un tunnel che si era aperto sul muro. “Via!” urlò estasiato.
L’infinità di piume cominciarono a volare per la stanza.




Writers’ corner.

Questa è una storia a quattro mani diversa dalle altre.
Volevamo scrivere qualcosa di particolare.

Occhei, ecco il terzo capitolo (lo sappiamo che stavate morendo aspettando per l’aggiornamento lol), è un papiro, lo sappiamo, ma ci abbiamo messo anima e corpo uu (?)
Comunqueeeee grazie per le tutte le visualizzazioni e recensioni(se volete potete recensire anche in questa eh *^*) Verso l’infinito e oltre, Emme & Al *trollfaces*
Ps: I personaggi pazzi sono puramente casuali (?)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1046869