Silberschein

di Blackie_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un angelo dannato ***
Capitolo 2: *** Ville Valo ***
Capitolo 3: *** 3. Silberschein ***
Capitolo 4: *** Bill Kaulitz von Tokio Hotel || ***
Capitolo 5: *** All'Inferno, la mia fetta di Paradiso ***
Capitolo 6: *** Jesse Valo ***
Capitolo 7: *** Un cervo dalle labbra di rosa ***



Capitolo 1
*** Un angelo dannato ***


Disclaimer: Bill Kaulitz, Ville Valo e tutti gli altri personaggi esistenti non mi appartengono assolutamente (ahimè) E soprattutto nulla di quanto scritto in questa storia corrisponde alla realtà dei fatti (anche perchè sono cose abbastanza assurde ehm^^") E naturalmente non guadagno un centesimo bucato postando questa storia (al massimo prenderò botte, lo sento T.T)

 Note dell'autrice:Era nata come OS ma alla fine l'ho allungata così tanto che... Beh, sarà comunque abbastanza cortina  u.u
Potrebbe risultare una schifezza, e anzi, probabilmente vi verrà voglia di linciarmi viva non appena avrete letto questo obrobrio XP E non vi darei neanche tutti i torti...
Diciamo che un esperimento ecco... Non ho mai scritto SlashFic prima^^"
Recensite e criticate pure...

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Fischi, urla, applausi… e no, non si trovava su di un palcoscenico, non sul solito almeno.

.::.Silberschein.::.



Ancheggiò avanti e indietro sulla pedana, i piedi che dolevano da dentro i tacchi 12, ma non lo dava certo a vedere… Sembrava quasi un professionista agli occhi degli spettatori, e dire che stava facendo tutto ciò solo per gioco.
Dopo aver eseguito un paio di mosse che avevano mandato in visibilio il pubblico maschile, si fermò al centro esatto del piccolo palco, appoggiandosi una mano sull'anca ben in vista e con l'altra al palo di metallo, incurvando in un sorriso malizioso le labbra carnose dipinte di rosso e nero.
Avvolse la sua gamba magra attorno al palo e fece un piccolo giro su sé stesso, terminando con la testa posata a terra, schiacciando il copricapo piumato che indossava. Dalla visone sottosopra che aveva del locale riuscì a notare benissimo i visi più che eccitati dei presenti, se lo sentiva sempre più duro da dentro i pantaloni di pelle... e probabilmente si vedeva anche. Sorrise al pubblico prima di rialzarsi e strusciarsi forte al palo, tra le grida di apprezzamento; alcuni spettatori gli lanciavano anche delle banconote, ma certo lui non lo faceva per soldi, il suo non era un lavoro, era un piacere, un diletto che si concedeva solo la notte per sfuggire alla solita, monotona immagine che aveva di sé stesso. Voltandosi di nuovo verso gli spettatori, incrociò un paio di occhi verdi scrutarlo più insistentemente degli altri, eppure sembravano quasi.. freddi? Non avrebbe saputo dirlo con certezza, sapeva solo che lo attraevano da morire.
Attizzato nuovamente da quello sguardo, tirò fuori la lingua e la passò alcune volte lungo la superficie metallica, prima che di rialzarsi per concludere il numero.
Eccole lì che arrivavano, strette da fili elastici stavano le sue due ali che usava per volarsene via, ogni volta che il mondo gli stava troppo stretto, talmente stretto da doversi creare un altro sé stesso, per potersi sentire a posto.
Mantenendo sempre le sue movenza sensuali, infilò le braccia fra le due ali scure, e con un salto fu in aria. Chiamavano spesso quel numero: dell' Angelo Nero, o dell'Angelo Dannato… E proprio questo sembrava, mentre era in aria si estraniava dal mondo, inclinava il collo all'indietro e si lasciava trasportare fuori dalla scena per quella notte. Pareva una visione irreale, tanto che pure la musica, le grida e i fischi cessavano, perché lui era qualche cosa di troppo grande da immaginare e descrivere. Non sembrava un uomo, non sembrava una donna, non esisteva parola che potesse descriverlo in quei momenti, nessuna metafora che potesse spiegarne appieno le sfumature, e pareva assurdo che una tale perfezione si trovasse in un luogo talmente sudicio e peccaminoso. Poi Lui sorrideva di nuovo, aprendo i suoi occhi felini e donando al pubblico un ultima carica erotica, soltanto con lo sguardo. E a quel punto pareva fosse nato solo per quel momento di gloria, non era lui la puttana, il vero servizio glielo donavano gli sguardi allibiti, sorpresi e increduli degli spettatori.
Un inchino e fu la fine della magia, il tempo riprese a scorrere e il respiro tornò di nuovo, assieme agli applausi e alle urla che salutavano l'uscita di scena di lui e della sua scintillante aura color argento.
Si chiuse il sipario davanti a lui, sospirò appena, mentre una mano ben curata gli batteva sulla spalla
-Non vale che a me tocchi sempre il numero dopo di te!-
Brontolò la bionda, il ragazzo si voltò verso di lei
-E perché scusa?-
La donna inarcò il sopracciglio
-Lo sai benissimo no? Dopo che vedono te tutto il resto passa in secondo luogo-
Sbuffò, ma era comunque sorridente, amava fargli di questi complimenti, quel ragazzo era incredibilmente egocentrico e amava quando lei gli parlava così
-Ma il tuo numero è per le donne!- Obiettò, Nat sbuffò ancora
-Fidati che, per quanto possano essere maschie quelle, tu andresti bene pure ad un asessuato-
E lì dovettero interrompere la loro conversazione, perché a quel punto toccava a Natalie far scaldare il pubblico, in quel caso soprattutto quello femminile.
Entrambi "lavoravano" per così dire, all' "Eros", locale berlinese, frequentato per lo più dalla popolazione omosessuale del città. Aveva scoperto con stupore che Natalie, oltre ad essere la sua truccatrice, faceva anche quel lavoro, per arrotondare la paga; ma forse ancora più grande era stato lo stupore della stessa Natalie, che anziché beccarsi uno sguardo scandalizzato o peggio, un licenziamento in tronco, aveva trovato soltanto una grande curiosità da parte del cantante. Talmente tanta curiosità che alla fine aveva deciso di entrare a vedere, e chissà per quale assurda ragione, l'stinto gli disse che quello era ciò che doveva fare per sentirsi davvero libero. All'inizio la truccatrice glielo aveva sconsigliato vivamente, eppure lui aveva continuato imperterrito, finché anche la donna non dovette arrendersi all'evidenza che quel ragazzo era una bomba erotica rinchiusa in un guscio di dolcezza e canzoni romantiche.
Bill aveva davvero bisogno di tutto quello, come di una qualunque altra droga. Aveva bisogno di sentirsi guardato, di vedere altri uomini eccitarsi di fronte ale sue movenze, aveva bisogno di sentire l'adrenalina scorrergli dentro in quei momenti… ma soprattutto aveva l'insano bisogno di sentirsi sporco, l'attrazione per il peccato era qualcosa che non riusciva ancora a spiegarsi, ma aveva ben poca importanza, quando la notte diventava l'Altro Bill contava soltanto sé stesso. Naturalmente faceva tutto rigorosamente in segreto, nemmeno Tom sapeva nulla; già, suo fratello che di lui aveva sempre saputo tutto, era all'oscuro della doppia vita che viveva. E forse questo non faceva altro che rendere il gioco ancora più eccitante.
Da dietro il tendone stava a guardare Natalie eseguire un completo spogliarello. Lui naturalmente non poteva spogliarsi, i suoi tatuaggi erano ben evidenti e non voleva nemmeno immaginare il caos che si sarebbe potuto creare se un qualche paparazzo avesse diffuso foto del genere. E poi tanto lui non aveva bisogno di spogliarsi, aveva dentro di sé una carica erotica naturale, racchiusa anche solo nei suoi occhi bicolori: Cioccolato alla nocciola di giorno; oro opaco la notte. Per nascondersi meglio, indossava sempre anche un copricapo e un trucco pesante formato da cerone bianco latte e tanti segni neri su tutto il viso.
Il numero di Nat non era ancora finito, che Bill decise di scendere un po' in mezzo alla gente, tanto per divertirsi un altro po', e anche per cercare Occhi Verdi. La notte era appena cominciata e lo spettacolo non era ancora finito
.

 

 

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Capitolo 2
*** Ville Valo ***


Chapter 2: Ville Valo

Si era appena cambiato, aveva riposto il costume di scena e indossato un paio di anfibi, decisamente più comodi dei tacchi alti e un giubbotto con pelo nero sulla tuta di pelle che ancora gli copriva le braccia e l'addome, i suoi capelli, ora privi del copricapo piumato, erano color biondo cenere e appena un po' spettinati; non aveva ancora rimosso il complesso trucco dal suo viso.
-Hey, bellezza- Fece una voce alle sue spalle, poi un paio di mani lo avvolsero prepotentemente per i fianchi, facendolo aderire ad un corpo più possente
-Sera!- Disse voltandosi e inarcando il sopracciglio, studiando colui che avrebbe appagato per quella serata.
Quasi rimase male notando che non si trattava dell'uomo dagli occhi verdi, bensì di un altro tedesco dai capelli biondi tirati all'indietro dal gel e un aria piuttosto sbronza
-Posso offrirti qualche cosa?- Gli disse, sedendosi e trascinando a forza Bill sulle proprie ginocchia
-Dipende… dovrei ripagarti poi?- Chiese ridacchiando, l'uomo sorrise
-Che altro credevi dolcezza mia?- Bill rise più forte e accettò di buon grado l'alcolico offerto dall'uomo e il conseguente lavoro di bocca che dovette fargli.
L'uomo lo fece inginocchiare lì davanti, slacciandosi la patta dei pantaloni senza nemmeno trascinarselo in bagno, ma tanto erano su di un divanetto nell'angolo, e comunque lì la gente non faceva molto caso a certe cose. Lo inglobò tra le labbra fino alla radice, cominciando a succhiare inizialmente piano per poi accelerare il ritmo, certe cose andavano fatte per bene.
L'uomo venne piuttosto velocemente fra le labbra di Bill ,il quale fu tentato di sputare il liquido amaro, ma l'uomo lo afferrò per i capelli e gli intimò:
-Ingoia puttana!- E a Bill veniva quasi da ridere. Credeva di offenderlo? Di dimostrare una sorta di superiorità? Invece il ragazzo lo trovava divertente e basta. Era uno sporco gioco, e se le regole erano quelle, perché no, gli piaceva ancora di più. Ingoiò il tutto e sorrise malizioso passandosi la lingua sui denti, rifiutando pure una generosa mancia dall'uomo. Come detto prima, non era un lavoro il suo, ma un puro gioco di piacere.
E poi in quel momento aveva altro a cui pensare, era riuscito ad individuare Occhi Verdi seduto al bancone, lo stava fissando ancora, con un sorriso piuttosto eloquente sulle labbra, Bill non aspettava altro. Si mosse sensualmente fino allo sgabello accanto a lui, ordinando un cocktail, solo quel punto l'uomo si decise a parlargli:
-Bello lo spettacolo- Disse, parlava inglese, ciò significava che doveva essere per forza uno straniero. Bill sorrise
-è il mio numero migliore, non c'è che dire- Rispose sorseggiando il suo drink
-In realtà intendevo il pompino…-
-Di che credevi che parlassi?- Bill sorrise, notando l'espressione dell'uomo. Credeva di poter giocare con un debole? Oh no, Bill aveva la risposta pronta a tutto, e solo e soltanto lui decideva se, quando e da chi lasciarsi trattare male. Approfittò del momento di pausa per squadrare meglio l'uomo: aveva un fisico robusto con delle belle braccia muscolose, una di esse era percorsa per intero da un tatuaggio che raffigurava uno strano motivo, forse una fusione fra onde e foglie. Era vestito in modo semplice, una canotta nera, jeans nemmeno troppo stretti ed un cappello che copriva i suoi capelli nerissimi. Unico vezzo, il trucco nero pesante che contornava quegli occhi verdi e magnetici, donandogli un'aria macabra, ma incredibilmente affascinante.
-Mi piaci, hai sempre la risposta pronta- Bill sorrise sornione
-Avevo notato di interessarti sai?-
-Come io avevo notato di interessare a te- E questa volta fu il biondo ad ammutolire.
Si assomigliavano in modo impressionante quei due, e ancora nemmeno lo sapevano.
Si erano da poco seduti su uno dei divani e l'uomo gli stava raccontando alcuni particolari di sé, senza troppo imbarazzo, mentre Bill gli massaggiava piano la schiena. Gli aveva detto di essere finlandese, e di cantare in una band metal piuttosto famosa nel loro paese, gli HIM
-Non vi conosco, mi spiace- Disse Bill, iniziando a grattare piano il bel collo dell'uomo
-Non c'è problema…- Gli disse -Comunque mi chiamo Ville, Ville Valo-
-Sembra un gioco di parole- Disse Bill, strappandogli un sorriso, poi il moro si voltò verso il ragazzo e cominciò a pizzicargli piano la coscia, accarezzandogli la gamba per intero e risalendo poi verso l'inguine. Bill buttò la testa all'indietro e dischiuse appena le labbra, rilassato. Ville approfittò di quel momento per posare la propria bocca su quella del biondo, esplorando il suo palato che sapeva ancora di alcool e giocando con il piercing sulla lingua del ragazzo. Bill lo accettò di buon grado, ma appena pochi istanti dopo Ville si staccò
-Vuoi andare nel privé?- Gli chiese Bill, avendo già intuito il proseguimento della nottata, ma Ville scosse la testa:
-Ti porto in un posto migliore, vuoi seguirmi?-
E Bill lo seguì. Forse non fu una mossa tanto intelligente, poteva essere chiunque quell'uomo, e data la sua stazza, se avesse cercato di fargli del male Bill non ne sarebbe uscito certo bene.
Ma quello era il suo gioco, ed il rischio era una delle parti migliori.
Salì in macchina con lui, lasciandosi portare chissà dove. Appena furono partiti Ville gli fece una richiesta, anzi, quasi un ordine
-Toccati!-
Il ragazzo si irrigidì appena per la strana richiesta, ma acconsentì, e cominciò a masturbarsi, immaginando il proseguimento della serata con Ville. Non ci volle molto prima che sentisse anche la mano dell'uomo intrufolarsi nelle sue mutande, mentre con l'altra teneva il volante
-Non ti sento piccolo, andiamo, non ti trattenere- Disse ridendo, e Bill non lo fece, i suoi sospiri aumentavano di ritmo, fino a diventare quasi dei pesanti rantoli, ad ogni sapiente movimento della mano di lui, e si sentiva sempre più vicino all'orgasmo. Ma non voleva venire, non subito almeno, però Ville era talmente bravo che temette di on riuscire nel suo proposito, finché, fortunatamente l'auto non si fermò davanti ad un albergo.
Ville scese e gli aprì lo sportello, Bill tentò di ricomporsi alla meglio, ma non era una cosa tanto facile, non se davanti a lui si trovavano un paio di occhi verdi che racchiudevano tante promesse.

 

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Capitolo 3
*** 3. Silberschein ***


é un po' corto, lo so... Really sorry^^" I contenuti però sono decisamente... interessanti u.u Enjoy!!
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L'uomo strisciò la carta magnetica e lo lasciò entrare in quella che doveva essere la sua stanza d'albergo.
Chiuse la porta dietro di sé e in un attimo Bill gli fu addosso, baciandolo con passione contro la porta.
Ville però lo sollevò da sotto le ginocchia senza fatica e lo appoggiò sul letto, stendendosi poi su di lui
-Non so come sei abituato di solito, ma qui comando io- Disse, cominciando poi a slacciargli la zip della tuta attillata, accarezzandogli la schiena e l'addome che restavano via, via sempre più scoperti. Bill tentò di sollevare a sua volta la maglia di Ville, ma questi gli tirò uno schiaffo che lo lasciò interdetto
-Quale parte non ti è chiara di "Qui. Comando. Io."?- Bill giurò di poter vedere le fiamme in quegli occhi verdi, e in quel momento ebbe davvero paura, paura che durò appunto solo un momento, perché poi l'unica sensazione che riuscì a provare fu la voglia intensa di proseguire quel gioco.
Stese le braccia lungo il corpo e si lasciò baciare e mordere da Ville. In alcuni punti tirava la pelle talmente forte da farlo gemere di dolore e piacere, ma anche quello faceva parte del gioco. Ben presto si ritrovò completamente nudo, con l'eccitazione che pulsava talmente forte da annebbiargli la mente.
-Torno subito, tu resta immobile- Gli disse ad un certo punto, Bill provò ad alzarsi per protestare, ma guadagnò soltanto un altro schiaffo, più forte del precedente. Allora il ragazzo decise di ubbidire e si rimise docilmente steso al proprio posto, mentre osservava Ville prendere uno scatolone da un cassetto dell'armadio e tirarne fuori qualcosa. Una corda.
Se Bill prima era impaurito, ora si stava lentamente terrorizzando, ma rimase ugualmente immobile, primo, perché non sarebbe comunque riuscito ad andarsene finché Ville non l'avesse voluto, e secondo, perché lui stesso provava quella morbosa curiosità di vedere fino a che punto avrebbe potuto spingersi quel finlandese dagli occhi di smeraldo.
Si lasciò legare strettissimi entrambi i polsi alla testata di metallo del letto, e osservò l'espressione concentrata di Ville con un misto di terrore e curiosità. L'uomo si voltò verso di lui e sorrise dolcemente
-Che c'è, hai paura?- Gli domandò, l'orgoglio prevalse in Bill
-No- Disse, ostentando sicurezza, ma Ville lo afferrò forte per la mascella, tirandolo vicinissimo al suo viso
-Non provare a mentirmi.- Ringhiò e le labbra di Bill tremarono appena. Ville lo baciò più volte tirando e mordendogli le labbra, talmente forte che Bill riuscì a sentire sul palato il gusto agrodolce del proprio sangue.
Ville si posizionò sopra di lui, ancora da vestito, e inumidì due dita con la proprio saliva, prima di infilarle nell'apertura di Bill e massaggiarlo piano. Bill si lasciò andare a profondi sospiri, che diventavano gemiti quando l'uomo spingeva più in profondità
-Ti piace?- Gli chiese con voce roca, Bill annuì gemendo e vide Ville sorridere. L'uomo cominciò a mordicchiargli il lobo dell'orecchio, mentre con l'altra mano libera iniziò a masturbarsi.
Bill aveva il suo respiro profondo e caldo nell'orecchio, e sentiva davvero di non farcela più. Ville intanto spingeva le dita più a fondo, provocandogli un devastante cocktail di dolore e piacere allo stesso tempo.
-Sai… mi hai stregato su quel palco- Gli disse tra un sospiro e l'altro, Bill non riusciva più nemmeno a parlare, però gli sorrise
-Sembravi un Angelo dell'Inferno, ti sentivi potente là in alto vero? Divino oserei dire… La tua aura d'argento catturava tutti, ma come fai?- Bill rise appena, Ville
gli afferrò con forza la mascella, baciandolo a lungo
-Ho capito che tipo sei… Ti piace l'emozione, l'emozione forte e improvvisa… Anche il pericolo direi giusto?-
Gli strattonò di colpo i capelli all'indietro, e Bill si lasciò scappare un urlo che non scompose minimamente Ville, il quale anzi, morse con forza il collo del ragazzo finché non rimasero i segni profondi dei suoi denti.
Fece uscire poi le sue dita e tornò a frugare nello scatolone. A Bill cominciavano a dolere i polsi, ma ora non se ne sarebbe andato di lì per nulla al mondo. Ville tornò nuovamente su Bill, con in mano una pezza di stoffa, Strinse forte il suo viso fra le mani e si avvicinò al suo orecchio, sussurrandogli con voce roca e sensuale:
-Adesso facciamo un bel gioco, e ti assicuro che giocherò pesante angelo mio- Bill sentì quelle parole tatuarsi a fondo nella propria mente, esattamente nel tono in cui le aveva appena pronunciate l'uomo
-Ma a te piace giocare, non è vero?-
E non ci fu alcun bisogno di risposte, Bill si ritrovò di colpo la stoffa stretta fra i denti, rendendolo incapace di proferire parola
-Scusami sai, piccola precauzione, non vorrei che qualcuno ti sentisse gridare- Sorrise, e Bill deglutì a vuoto, senza però distogliere lo sguardo. Soltanto a quel punto Ville si spogliò completamente, rivelando altri tatuaggi, di cui uno attorno al capezzolo, che suscitò il vivo interesse di Bill.
L'uomo lo guardò dritto negli occhi, prima di sedersi sopra di lui e far scontrare le loro due eccitazioni.
-Adesso si fa sul serio- E lì rivelò l'altra cosa che aveva estratto dallo scatolone, un frustino di pelle, con il quale colpì Bill più volte, finché le sue urla soffocate non raggiunsero il volume e il grado di dolore desiderato per il compiacimento di Ville.

Un'altra spinta, forte, brutale, fece venire Bill in un grido, soffocato dalla pezza su cui strinse forte i denti per contenere il dolore, ma Ville continuava, e gli ci volle ancora qualche colpo di bacino perché potesse raggiungere anche lui l'orgasmo.
Il finlandese uscì da lui e Bill tremava ancora, ma tirò un sospiro di sollievo quando l'uomo gli tolse il bavaglio dalla bocca. Ville percorse con le dita i segni che aveva lasciato sul corpo di Bill
-Ti ha fatto molto male?- Gli chiese con sincera preoccupazione, ma Bill non sapeva davvero che cosa rispondere, erano stati momenti d'Inferno quelli passati, eppure… gli era piaciuto. Non aveva mai fatto sesso in quel modo…ma nonostante tutto... sì, gli era piaciuto davvero
-Rispondi!- Gli intimò l'uomo, vicinissimo al suo viso
-Sì- Disse Bill, con la voce ormai roca per le numerose urla; Ville asciugò con le proprie labbra una lacrima sfuggita al suo controllo, in un gesto talmente dolce che fece dubitare a Bill che lui fosse lo stesso uomo che lo aveva brutalmente sodomizzato fino a pochi secondi prima.
-Ma sarei disposto a rifarlo ancora un milione di volte- Aggiunse piano, Ville gli sorrise dolcemente, perdendosi nell'accarezzare il viso marmoreo e perfetto del meraviglioso ragazzo biondo, legato inerme davanti ai suoi occhi.
Il finlandese lo liberò dalle corde, che avevano lasciato profondi solchi rossi sui polsi di Bill e il ragazzo si lasciò scivolare sul letto, accoccolandosi al petto di Ville, senza proferire parola. Rimasero immobili così a lungo, finché Bill non raccolse tutto il suo coraggio e cominciò a rivestirsi, Ville lo osservò e basta
-Ci rivedremo?- Gli chiese poi, quasi in una supplica, Bill lo guardò per alcuni interminabili istanti, poi le sue belle labbra si distesero in un accenno di sorriso
-Sai dove trovarmi…Questa settimana ci vado il lunedì, giovedì e venerdì sera.- Gli disse, e un enorme sorriso si dipinse sul volto di Ville
-Allora a presto-
-A presto- Lo salutò, ma appena posò la mano sulla maniglia, Ville lo fermò
-Me lo dici il tuo nome, Splendore?- Bill si fermò un istante sulla soglia, poi si voltò sorridente
-Puoi chiamarmi così-
-Così come?-
-Splendore, Schein… No meglio, Silberschein!- Si illuminò Bill, Ville lo guardò stranito
-Vuol dire…Splendore argenteo?- Chiese, inclinando appena la testa
Bill rise piano ed annuì:
-è una cosa che mi dicono, a volte- Spiegò.
-Hanno fottutamente ragione-
Non dissero altro, Bill si richiuse la porta della stanza dietro le spalle e uscì fuori, affrontando l'aria gelida dell'autunno berlinese.
Seduto da solo, sul vagone della metropolitana che l'avrebbe riportato a casa, si lasciò andare del tutto al pianto. Non era tristezza, ma nemmeno gioia… Era semplicemente un'emozione forte, troppo forte, di quelle che piacevano a lui. Sorrise, asciugandosi gli occhi e facendo svanire anche i pochi resti del complicato disegno che aveva avuto sul viso.
Una volta in camera si buttò sul letto ancora vestito e, nonostante i dolori su tutto il corpo, riuscì a piombare quasi immediatamente in un profondo sonno senza sogni.
 

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Capitolo 4
*** Bill Kaulitz von Tokio Hotel || ***


Capitolo 4: Bill Kaulitz von Tokio Hotel

Bill emise un leggero mugolio, prima di stiracchiarsi per bene nel letto. Ma appena fece questo sentì una fitta penetrante all'addome e sbuffò fissando il soffitto. Almeno così si era svegliato, pensò, mentre si alzava lentamente, ancora insonnolito.
Erano le due del pomeriggio secondo la radiosveglia sul suo comodino, chissà se Tom si era già svegliato… magari gli poteva aver pure preparato il pranzo. Bill ridacchiò, nah, suo fratello non era certo il tipo, e poi probabilmente ancora ronfava.
Si spogliò della tuta aderente, che non si era nemmeno preso la briga di togliere la sera prima, e quasi ebbe paura a guardarsi davanti allo specchio dell'armadio. Apprese sollevato, però, che di segni sul suo corpo ne erano rimasti davvero pochi. Gli unici evidenti erano il morso sul collo, qualche segno del frustino lungo il petto e braccia, e le ecchimosi date dalle corde sui polsi, ma quelle già stavano sparendo.
Sopra ai pantaloni dell'Adidas infilò un maglione nero a dolcevita, assicurandosi che coprisse completamente il morso, poi scese al piano di sotto dell'appartamento.
Dato che quando i due si erano trasferiti a Los Angeles avevano venduto la villa berlinese, adesso vivevano momentaneamente in un appartamento in affitto, fino al loro prossimo ritorno in California.
Sarebbero rimasti per un periodo a Berlino, ultimando gli ultimi ritocchi all'album assieme alla casa discografica e a Georg e Gustav, quella era la ragione ufficiale del loro ritorno… La realtà era che ad entrambi mancava la madrepatria, certo, l'America era energia allo stato puro, Los Angeles poi, una città veramente da sogno… Ma la loro fredda Germania avrebbe sempre occupato un posto speciale nel cuore di entrambi.
Suo fratello era acciambellato sul divano e vegetava davanti al televisore, quasi gli scoppiò da ridere, mentre si avvicinò piano da dietro e gli posò di scatto le mani sulle spalle, facendo sobbalzare il fratello che si guardò intorno terrorizzato, alla ricerca di ciò che lo aveva svegliato.
A quel punto Bill scoppiò a ridere, mentre il moro lo guardava torvo
-Bill?! Che cazzo fai??-
Il moro si calmò un momento
-Andiamo, nemmeno sai stare agli scherzi!- Disse, scoppiando nuovamente a ridere, mentre il gemello cominciava a rincorrerlo per tutta la casa.
Si sentiva così… Bill. Semplicemente un ragazzo di ventidue anni con ancora di quei comportamenti infantili che ogni tanto facevano bene.
Tom riuscì ad agguantarlo da dietro e cominciò a fargli il solletico, il gemello però non sapeva che sul corpo Bill portava i segni della passata nottata, e la sua risata si fece subito un gemito, a labbra serrate, per tentare di mascherarlo. Ma il gemello sembrò accorgersi che qualche cosa non andava e mollò velocemente la presa.
Il semplice metodo che escogitò Bill per uscire da quella situazione fu di afferrarlo a sua volta e continuare a punzecchiarlo. Notando la risata di Tom Bill tirò mentalmente un sospiro di sollievo.
Era dannatamente difficile recitare con il proprio gemello, con colui che l'aveva da sempre visto e conosciuto del tutto come Bill, come il suo semplice fratellino Bill.
Sorrise appena e si bloccò
-Tregua!- dichiarò scuotendo le mani, anche Tom si fermò
-Concordo, e poi ho una fame!-
Si guardarono un istante e poi, scoppiando a ridere simultaneamente dissero:
-Pasta con salsa alla Kaulitz!-

-Ci viene sempre meglio- Commentò il gemello maggiore, seduto a gambe incrociate sul divano, mentre si portava alla bocca un'altra forchettata di spaghetti
Bill stava per rispondergli ma una vibrazione dal suo cellulare lo interruppe
"Pronto Nat?"
"Bill, sei a casa? Tutto ok?"
"Ovvio! Scusa se non ti ho aspettata ieri sera…"
"Non importa, volevo solo sapere se eri arrivato a casa tua"
"certo! Sono qui con Tom … Saluta la nostra Nati fratellone!!"
Scoppiammo a ridere tutt'e tre
"Hey Biondina, tu e Bill non me la raccontate mica giusta… una volta vorrei tanto uscire con voi due e vedere che cosa combinate"
Quella frase, detta provocatoriamente per scherzo, rabbuiò Bill, il quale si riprese immediatamente per non darlo a vedere
Se solo sapessi, fratellone, se solo sapessi…
Ma non avrebbe mai dovuto sapere niente di niente, Tom era suo fratello e gli voleva bene più di quanto ne volesse a chiunque altro al mondo, ma anche Bill voleva bene a lui, e sapeva quanto una situazione del genere sarebbe stata impossibile da gestire per lui, e non voleva, non poteva permettersi di fargli del male.
Fortunatamente la telefonata con Natalie proseguì e si concluse senza ulteriori intoppi, però con la promessa di uscire tutti assieme una sera. Per "tutti" Tom intendeva lui stesso con Ria, Georg con la fidanzata, Gustav, Andreas e Bill e Natalie.
Sarebbe stata una cosa carina, e poi sia lui che Nat avevano il sabato libero quella settimana, sarebbe stato divertente in fondo.

Non molto tempo dopo si ritrovò a passeggiare per Berlino, un cappello di lana grigio calcato a fondo sulla testa, il cappuccio e anche gli occhiali da sole, nonostante il cielo fosse tipicamente plumbeo, come era normale nei mesi autunnali. Continuava a guardarsi intorno, lì non era a Los Angeles, dove in mezzo a tutta quella grandezza e a tutte le altre celebrità hollywoodiane passava quasi completamente inosservato. Lì a Berlino la gente sapeva perfettamente chi fosse Bill Kaulitz, ancora si riuscivano a trovare in giro i manifesti pubblicitari della Saturn che lo ritraevano, sorrise, aveva ancora i capelli tinti di nero in quel periodo, sembrava fosse già passata un'eternità.
Il suo pensiero volò poi d'improvviso a Ville, ai suoi occhi verdi e a ciò che avevano passato la notte precedente. Quasi si pentì di avergli promesso di rivederlo, il dolore all'addome si faceva sentire forte e chiaro ogni volta che si sedeva e si rialzava, ed i ricordi dei momenti di paura provati si sovrapponevano a quelli di assoluto piacere, creando un contrasto che avrebbe di lì a poco mandato in tilt quel poco che rimaneva di sano nella sua mente.
Sospirò, acquistando una cioccolata calda e sorseggiandola seduto su di una panchina. Nemmeno si ricordava il motivo per cui era uscito, e dire che tutti gli raccomandavano di mettere piede di casa solo se strettamente necessario. Cristo! Ora uno non poteva più nemmeno camminare per il centro senza meta, riflettendo? Di certo non sarebbe stata quell'ultima marachella a causargli guai.
Le giornate andavano accorciandosi, e già alle cinque e mezza di pomeriggio il poco sole che c'era stato durante il giorno stava tramontando, a quel punto Bill decise di rincasare, ma d'improvviso una mano gli picchiettò sulla spalla. Si voltò ed incrociò gli occhi azzurro cielo della sua truccatrice, le sorrise
-Ciao Nat!-
-Bill, non lo sai che non dovresti uscire di casa se non per questioni di vita o di morte?-
Disse imitando la voce severa del loro manager
-Scusami tanto David- Continuò Bill ridendo -Ma una certa truccatrice bionda di cui mi sfugge il nome mi ha convinto a girare per il centro assieme- Concluse in un candido sorriso
-Non provare a mettermi in mezzo!- Esclamò Natalie prendendolo sottobraccio per compensare le loro andature
-sai che se un paparazzo ci fotografasse in questo momento potrebbe ritornare in voga la balla del nostro fidanzamento?- Disse Bill, Natalie inarcò le sopracciglia e sorrise maliziosa
-Tu dici? E se un paparazzo ci fotografasse mentre faccio Questo?-
E detto questo strizzò esattamente i jeans del cantante, prima che questi potesse accorgersi delle sue intenzioni. Arrossì di botto, ma non le lasciò il tempo di crogiolarsi con il suo effetto sorpresa che l'aveva già afferrata per le natiche
-E se invece io facessi questo?- Le infilò la lingua in bocca per alcuni istanti, mentre stringeva le sue natiche fra le mani, lei gli passò piano la lingua sull'arcata superiore dei denti e lui le morse la lingua, prima di allontanarsi e riprendere a camminare con un sorriso strafottente sulle labbra.
Natalie lo raggiunse a grandi passi ed entrambi si scambiarono uno sguardo malizioso, si divertivano così, a prendersi in giro di tanto in tanto, era come… un gioco ecco.
Natalie sapeva perfettamente di essere dotata di molto sex-appeal. Per la sua età era sicuramente ancora molto bella e desiderabile, la maggior parte della gente le avrebbe dato pure una decina di anni in meno. Ma fra i due era Bill quello che davvero sapeva sedurre, quasi come se fosse una dote naturale, un istinto primordiale. Natalie lavorava all'Eros perché quel bastardo dell'ex-marito si "scordava" puntualmente di pagarle la quota mensile per il mantenimento del figlio, così le toccava fare quel lavoro, che certo la eccitava parecchio, ma rare volte le facevano davvero piacere i commenti ben poco adeguati della gente, gli sguardi eccitati e soprattutto i servizi che era costretta a fare come extra.
Bill era diverso, Bill si divertiva diamine! Per Bill non era altro che un gioco perverso, un insano modo di passare il tempo…Una sorta di sporca via di fuga da tutto ciò che riguardava sé stesso. Anche se probabilmente non sembrava, Bill non si piaceva neanche un po', erano gli altri a doverglielo ricordare incessantemente, altrimenti non sarebbe mai riuscito ad arrivare da nessuna parte; chiunque lo conoscesse davvero, poteva confermarlo. Quella doppia vita che si era creato gli serviva a sentirsi apprezzato in un modo che non fosse come "Bill Kaulitz von Tokio Hotel", gli serviva a sentirsi peccatore, sporco e impuro dentro e fuori. Non c'era alcuna apparente spiegazione razionale al suo comportamento, e forse proprio per questo il ragazzo risultava un ottima compagnia per Natalie e per chiunque altro. Forse proprio per il suo modo così innocente di accostarsi a ciò che di più immorale c'era al mondo, forse per il suo entusiasmo malato, pari a quello di un bimbo alle prese con un nuovo, divertentissimo gioco.
Ma Bill avrebbe scoperto di lì a poco, che non può essere sempre il momento giusto per giocare, e lo avrebbe scoperto a sue spese.

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Chiuse gli occhi e gettò la testa all'indietro, preso nell'incredibile brivido dato dall'orgasmo. Si spinse ancora un ultima volta dentro al biondino, il quale tratteneva a stento le urla di dolore, la faccia schiacciata contro le piastrelle sporche di quel bagno stretto e fetido.
Ville Valo uscì da lui e gli allungò una banconota, che il biondino prese in mano senza fiatare.
L'aveva scelto così, perché quei capelli, seppur più corti, gli ricordavano un certo altro biondino, che per qualche oscura ragione ancora non riusciva a togliersi dalla testa.
Come Lui, il ragazzo che aveva di fronte era piuttosto giovane, e come Lui, aveva un viso dai lineamenti addolciti e androgini.
Ma diamine, nessuno poteva anche solo vagamente essere paragonato a… Com'è che si era fatto chiamare Silberschein? Qualcosa del genere…
Lui era, beh, fuori dal comune per varie, ottime ragioni.
Punto primo: non solo era androgino, come piacevano a lui, era di più, tanto che appena l'aveva visto salire sul palco era convinto si trattasse di unA spogliarellista… Almeno prima che si accorgesse di un interessante particolare in mezzo alle sue gambe.
Rise appena, il biondino si voltò di scatto sgranando gli occhioni color del cielo, avrebbe detto fosse quasi impaurito. Ville gli accarezzò i capelli e la guancia, prima che questi se ne andasse velocemente, sistemandosi i pantaloni mimetici.
Non gli aveva detto il suo nome, il biondino, o se glielo aveva detto Ville non se ne ricordava e non se ne interessava.
e comunque, nemmeno Silberschein mi ha rivelato il suo vero nome
Pensò, lasciandosi andare ad un sorriso.
Punto secondo: Quell'aura di mistero che si trascinava addosso. Il trucco pesante, come un maschera, ed il fatto che nonostante tutta la loro notte passata (e la promessa di altre notti del genere in futuro) Lui non volesse comunque rivelargli il proprio nome, quasi a voler mantenere una sorta di pudore, seppur differente da ciò viene definito pudore normalmente. Di quello ne mancava eccome, e non poco.
Rise sguaiatamente. Era sicuramente ubriaco, non tanto da crollare per terra, ma abbastanza brillo per ridere in continuazione e senza motivo, e probabilmente bastava anche per sciogliere definitivamente i pochi freni inibitori che aveva.
Punto terzo: questo riguardava sé stesso in prima persona, erano le sue emozioni, il senso di colpa che aveva provato guardandolo soffrire. Diamine, era stata una carica erotica non da poco, vedere quella creatura tanto perfetta intrappolata fra le sue braccia, pronta a soddisfare qualunque suo bisogno, Dio, era stata una scopata da sogno, ovvio… Ma si era sentito strano dopo, si era sentito strano mentre leccava via quell'unica goccia salata di dolore dalla guancia di Lui, quasi non volesse vederlo soffrire così, quasi fosse troppo innocente per meritarselo.
Innocente? Quello? Ma se sembrava l'Eros in persona Cristo! Indipendentemente dal nome di questo cazzo di locale!
Scosse la testa e lasciò perdere l'elenco mentale di tutti i motivi per cui quel Silberschein lo faceva impazzire.
Uscì da quel minuscolo bagno e uscì pure da locale. Silberschein non c'era. Non che ci sperasse più di tanto, in verità, glielo aveva pur detto che lavorava lì solo tre sera a settimana… però non gli sarebbe dispiaciuto se fosse passato di lì, anche solo per dare un occhiata. Era l'unico posto in cui sapeva di poterlo trovare, doveva fare un tentativo.
Ma ora che aveva appurato che il ragazzo non si sarebbe fatto vivo per quella sera, e dopo aver sfogato le sue voglie su quell'insignificante biondino, decise di tornarsene in albergo
Sempre se riesco ad arrivarci
Aveva pensato, mentre barcollava verso la propria auto. Si accese una sigaretta, per rilassarsi e per provare a riordinare la mente.
Ma il pensiero era uno solo, e ricorrente. E quando aveva un chiodo così fisso conosceva un modo soltanto per smuoverlo. Si slacciò i pantaloni e, sfruttando tutti i ricordi della sera precedente, prese ad accarezzarsi nell'intimità. Un solo nome, un solo viso ed un solo corpo nella testa.
Silberschein
 

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Capitolo 5
*** All'Inferno, la mia fetta di Paradiso ***


Ne posto due di seguito, poichè dopodomani parto XD in questo c'è mooooolta più "azione" che nel precedente u.u buona lettura a chi c'è^^
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Chapter 5: All'Inferno, la mia fetta di Paradiso


Bill entrò all'Eros giovedì sera. Stranamente in ansia.
Tale ansia, lo sapeva, era dovuta ad un paio di occhi verdi che lo aspettavano laggiù in basso, fra tutti gli altri sguardi, che parevano insignificanti paragonati a quello di Ville.
Mandò giù la vodka liscia tutta di un fiato, di solito non beveva molto prima di esibirsi, dato che rischiava di compromettere il suo equilibrio, già precario sui tacchi. Nonostante ciò, quella sera aveva bisogno di rilassarsi, altrimenti avrebbe finito per bloccarsi.
Ogni tanto gli succedeva, succedeva che, mentre ballava sul palco, si rendesse conto di essere ancora l'altro Bill, quello del giorno per intenderci, e non riusciva più a lasciarsi andare; una volta era addirittura scappato bruscamente dietro le quinte…
Quella sera però, beveva soprattutto per scacciare Ville dalla propria mente. Almeno per un po', visto che già sapeva che quell'uomo non l'avrebbe lasciato andare via senza aver ottenuto ciò che voleva. La stessa cosa che desiderava ardentemente anche Bill, da ben tre giorni.
Gettò un occhiata vanitosa allo specchio che rifletteva la sua immagine alta e longilinea, fasciata interamente di pelle e da cerone bianco sul viso, interrotto dagli occhi, truccati come un Cigno Nero.
Si leccò le labbra, assaggiando il sapore di un altro drink, era già abbastanza brillo per potersi lasciare andare del tutto e dare il meglio di sé.

Entrò in scena con una camminata felina e si lasciò ammirare per un po', prima di cominciare ad aggrapparsi al suo palo.
Gli fu inevitabile cercare gli occhi verdi di Ville tra la folla, stupendosi di non trovarli. Scosse la testa e continuò, sorridendo con le labbra macchiate di un nero lucido.
Si mise a carponi sul palco, dando le spalle al pubblico e inarcando la schiena.
Le sentì in fretta, pacche, palpate e commenti poco decenti che lo fecero ridere.
Si voltò e gattonò fino al limite della pedana, sguardo assassino. Si leccò le labbra fissando un tizio in prima fila, ciuffo castano e occhi chiari, molto carino.
Posò la sua mano sotto al suo mento e gli regalò le proprie labbra in un bacio appena accennato, sorridendo nell'udire i fischi provenire da gran parte della platea.
Quella sera si sentiva proprio in gran forma, e l'alcool lo aiutava a dare il meglio di sé.

A numero finito, dietro le quinte, cominciò a cambiarsi. Indossò gli anfibi, una canottiera nera attillata con uno scaldamuscoli lungo mezzo braccio, posizionato strategicamente sul suo tatuaggio e i pantaloni in pelle di Dsquared.
Cominciò seriamente a domandarsi perché Ville non fosse ancora arrivato, insomma, era stato lui a chiedergli di rivedersi giusto?
Sbuffò pesantemente. In fondo se lo sarebbe dovuto aspettare, probabilmente il finlandese si era già dimenticato di lui, non era stata altro che un'avventura di una notte… Eppure Bill si sentiva tremendamente frustrato, amareggiato quasi… Senza sapersi spiegare il motivo di quella sensazione.
Si stava violentando mentalmente per quei pensieri inutili, quando Tatiana, la transessuale originaria del Venezuela entrò a passo spedito, dirigendosi verso di lui con uno dei suoi soliti sorrisoni
-Oh Bill, tesoro, c'è un tipino qua fuori che chiede della principessa in nero… Mi sa che parli di te!-
E rise, intanto il cuore di Bill perse un battito. Ville!
Scattò verso la porta delle quinte con fin troppo entusiasmo, che si attenuò un poco quando constatò che non era Ville ad aspettarlo, bensì il ragazzo con il quale aveva flirtato prima sul palco.
-Buonasera principessina - Disse semplicemente questi, ammiccando.
Bill gli sorrise avvicinandosi. Certo che lasciava il segno.
-Sera-
-Ti spiace se ti porto via con me… ho pure un amico da presentarti-
Gli strizzò l'occhio, Bill notò con piacere che il tipo ci sapeva fare e annuì seguendolo.
Beh, di sicuro non sarebbe di certo rimasto con le mani in mano per tutta la serata.
L'amico in questione aveva i capelli biondo chiarissimo e sorseggiava un drink seduto sul divanetto di pelle
-Jurgen!! Ho portato un amichetto!-
Bill vide lo sguardo del biondo percorrerlo dall'alto al basso
-Ma bene, dimmi dolcezza, ti va di ballare un po'?-
Bill sorrise senza lasciarsi pregare, e in poco tempo si strusciavano tutti e tre l'uno sull'altro.
Bill si trovava in mezzo e non staccava le labbra dalla bocca del ragazzo bruno, Max, mentre Jurgen gli stava dietro e lo stringeva avidamente per i fianchi.
Il biondo gli leccò il collo fino a salire accanto all'orecchio, Bill rabbrividì al contatto della lingua contro la sua pelle sensibile e si staccò dalle labbra di Max solo per mandare giù il suo mojito d'un fiato.
Il bruno gli sollevò la canottiera fino a sotto le ascelle, infilando le mani e cominciando a toccarlo freneticamente. Bill chiuse gli occhi per qualche secondo, preso dal piacere, per poi riaprirli ed incrociare lo sguardo verde di Ville

Ville varcò la soglia del locale che era già mezzanotte passata. Probabilmente il suo Silberschein si era già esibito, sarebbe stato difficile trovarlo fra la folla.
Ma appena ebbe finito di formulare quel pensiero, vide una sagoma affusolata spiccare fra le altre.
Il ragazzo biondo si trovava in mezzo ad altri due ragazzi, più giovani di Ville, ma probabilmente più vecchi di lui.
Si lasciava baciare, si lasciava toccare e sembrava godere… anche tanto.
Era da mozzare il fiato, gli occhi chiusi, pesantemente truccati, le labbra semidischiuse in un sorriso beato e un drink stretto nella mano guantata e laccata di nero. Ville si sentì subito più accaldato, ma non diede a vedere nulla.
Il biondo aprì finalmente gli occhi magnetici e lo fissò sorpreso, per poi sciogliersi in un sorriso
-Ville! Finalmente eh? Ti unisci a noi??-
Dalla voce si poteva intuire che fosse palesemente ubriaco. In una qualche altra occasione non avrebbe esitato a buttarsi nel gruppo.
Ma Lui, Silberschein, era tutta un'altra cosa. Era suo e doveva rimanere tale, almeno nei loro momenti…
Camminò a passo spedito fino a loro e afferrò il biondo per le braccia. Preso alla sprovvista Bill lasciò andare il bicchiere che si infranse a terra in tante schegge di vetro e ghiaccio, ma nessuno sembrò curarsene.

Bill si ritrovò spalle al muro, gli occhi di Ville accesi e penetranti nei suoi.
-Hey, non conosci le buone maniere? Ci stavamo divertendo…-
Sbuffò infantile il biondino, Ville ridacchiò
-Aspetto da tre giorni… puoi concedermi la precedenza- E fece aderire il proprio corpo ai fianchi magri di Bill
-Sei arrivato tardi- Sbuffò il biondo con la mente annebbiata -Avevo già trovato compagnia…-
Stava giocando Bill, lo provocava, ma l'alcool gli impediva di avere la lucidità necessaria per capire che con il finlandese era meglio non scherzare.
Una scintilla furente attraversò lo smeraldo dei suoi occhi e ben presto Bill si ritrovò la testa schiacciata contro il muro, con una mano di Ville che gli bloccava la mascella e terminava con il pollice sulle sue labbra .
-Vuoi proprio farmi arrabbiare tu?!- Ringhiò, sempre mantenendo quel suo sorriso unico, cattivo e misterioso.
Bill dischiuse piano le labbra e con la lingua leccò il dito che Ville aveva posato sulla sua bocca, senza smettere di guardarlo negli occhi, sornione.
L'uomo scoppiò a ridere e lo baciò sulle labbra
-Mi farai impazzire prima o poi stronzetto!- Anche Bill rise
-è esattamente ciò che voglio…- Riprese poi il contatto con le labbra del finlandese, il quale lo trascinò sopra di sé, stendendosi su un divanetto soffice e rosso. Rosso come la passione.
Bill sorrise, sedendosi su di lui e accarezzando il petto muscoloso di Ville che lasciava intravedere i pettorali anche da sopra la maglietta. Il ragazzo sapeva che questa sua dominanza era soltanto momentanea, tempo pochi minuti e Ville l'avrebbe trascinato via e posseduto di nuovo. In fondo era questo che voleva giusto?
-Andiamocene via di qui…- Sussurrò roco il ragazzo all'orecchio del finlandese, dalla sua mente erano già spariti i due ragazzi di prima. Ora tutto girava attorno a Ville e ai suoi occhi verdi.
-Non aspettavo altro- Fu la risposta dell'uomo. Bill si lasciò portare via ancora, ancora in quella sinfonia di dolore e piacere. Ancora si rese schiavo per Ville.

Erano in camera di Ville, sudati ed accaldati, Bill che ansimava sotto al finlandese, le gambe allacciate dietro alla sua vita. Le braccia legate sopra la testa. Non l'aveva imbavagliato quella volta, voleva baciarlo, gli aveva detto, e infatti la sua lingua continuava ad esplorare avidamente il palato del biondo, e soffocava le urla e i gemiti dolorosi di quest'ultimo.
Rallentò un attimo il ritmo delle spinte e gli scostò un ciuffo di capelli dorati dalla fronte. Bill aveva le guance arrossate e gli occhi socchiusi, la mascella stretta forte per evitare di urlare ad un volume troppo alto.
-Sei stato davvero stronzo stasera sai…- Gli sussurrò scherzosamente -Non dovresti prenderti la libertà di scherzare con me.-
Un colpo di frustino contro il costato accompagnò una spinta più forte, e Bill non riuscì a trattenere l'urlo che fece disegnare un sorriso divertito sul volto di Ville
-Hai ragione…- Mormorò il biondo sulle sue labbra. La sua voce era suadente e bassa, paragonabile al miagolio di un gatto.
-Sono stato proprio un bimbo cattivo…- Sorrise, e posò la guancia contro all'orecchio dell'uomo
-Puniscimi!- Disse in un soffio.
Ville sgranò gli occhi, sarebbe potuto venire soltanto per quell'ultima parola. Invece raccolse il frustino e lo colpì, sull'addome, sulle gambe, accompagnando ogni colpo ad un spinta forte.
Bill inarcò la schiena e l'uomo posò entrambe le mani sopra le sue spalle, attirandolo di più verso di sé e lasciando profondi e rossi segni delle proprie unghie.
Era come se non gli interessasse più l'eventualità che qualcuno avesse potuto sentirli. Ascoltava le urla di dolore del biondo come una dolce melodia, una sensazione di potenza e supremazia che lo pervadeva. Gli sembrava di essere riuscito a piegare un angelo, perché un angelo sembrava Silberschein, a prima vista almeno…
Le sue urla e i suoi gemiti di piacere si sovrapponevano nella sua voce, così suadente, così magica.
Udì Bill urlare ancora , urlare il suo nome, piantando le sue stesse unghie nel palmo delle proprie mani, preso dalle sensazioni contrastanti del momento.
L'uomo socchiuse gli occhi e si lasciò andare dentro di lui, accompagnando poi anche l'orgasmo del ragazzo con le proprie mani.
Rimasero immobili per un po', prima che Ville si decidesse a liberare il ragazzo.
Bill si sentiva malissimo, tutta la pelle bruciava tremendamente, ma cercò di mantenere ugualmente il contegno. Con Ville non poteva fingere però, anche se ancora non riusciva a capirlo.
-Ho esagerato?- Gli domandò. Bill non commentò, rimase steso supino a fissare il soffitto, soltanto quando Ville gli fermò la mano, si accorse di stare tremando. Fu istintivo mettersi a guardarlo, i capelli scuri e ondulati che gli ricadevano lungo il viso, bagnati dal sudore; il corpo allenato e coperto in più punti da tatuaggi… E gli occhi, quegli occhi indecifrabili che continuavano a fissarlo. Freddi. Come il primo momento in cui li aveva incrociati.
-Sei bellissimo- Gli scappò dalle labbra, Ville si limitò ad un mezzo sorriso, prima di accendersi una sigaretta e, senza dire una parola, offrirne una anche a Bill, il quale la accettò di buon grado.
La nicotina ebbe il potere di rilassarlo piacevolmente, nonostante Bill non riuscisse ancora a guardare negli occhi Ville. Si limitava a fissare il grande specchio dell'armadio, in cui vedeva sé stesso e l'uomo accanto a lui.
Vide Ville dallo specchio prima ancora di percepirlo sulla pelle. La sua mano, quella che non reggeva la sigaretta, si mosse piano lungo i suoi fianchi, salendo lungo l'addome e fermandosi poi sulle sue scapole, dove il ragazzo ebbe un fremito di dolore a causa dei graffi ancora pulsanti.
Ville li massaggiò piano, e nonostante il bruciore, Bill non poté fare a meno di trovarlo anche rilassante. Socchiuse gli occhi
-Va un po' meglio?- Gli domandò Ville, senza smettere di accarezzarlo. Bill sorrise, ed ebbe come l'impressione che tutto il dolore valesse la pena per poi ricevere un trattamento così dolce. Scosse la testa e tornò a guardare le loro immagini davanti allo specchio
-è meglio che vada…- Sussurrò appena. Ville si bloccò
-E perché?- Domandò appoggiando la sigaretta ancora accesa nel posacenere.
-Non credere che io abbia finito con te…- gli disse roco nell'orecchio. Solo un istante era durata la tenerezza. Ora tornava il Ville Valo vero.
Bill deglutì a vuoto, fissando la loro immagine nello specchio, vedeva e sentiva le mani di Ville scorrergli lungo la pancia piatta, sugli addominali appena accennati, fermandosi a sfiorare i suoi capezzoli, mentre le labbra seguivano un percorso lungo il suo collo e le spalle.
Soltanto guardare quella scena davanti allo specchio lo fece eccitare ancora, Ville se ne accorse e sorrise, mentre le guance di Bill assumevano un colorito porpora. Fortuna che c'era ancora abbastanza cerone per non farlo notare.
Ville passò la punta della sua lingua dietro l'orecchio di Bill, scendendo lungo il bel collo che Bill sollevò appena per lasciargli una porzione di pelle più ampia da baciare e leccare.
Il biondo si morse le labbra, senza distogliere per un solo istante lo sguardo dalla scena allo specchio, la stessa che stava vivendo.
Sospirò pesantemente prima di voltarsi e fissare Ville con i suoi occhi da cerbiatto. Tirò una boccata di fumo e, avvicinandosi alle labbra aperte di Ville, glielo soffiò in bocca, in gola, in un gesto incredibilmente sensuale.
Ville sorrise e raccolse anche lui la sigaretta, tirando un ultima volta prima di spegnerla sulla pelle di Bill, sulla parte sinistra del petto.
Il suo urlo di dolore fu soffocato dalle labbra possessive di Ville, e le sue mani bloccate dalla sua stretta poderosa.
Ancora una volta si lasciava trascinare all'Inferno… Unico modo per poter sfiorare la sua fetta di Paradiso.
 

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Capitolo 6
*** Jesse Valo ***


Capitolo 6: Jesse Valo

Bill giaceva su un fianco con gli occhi socchiusi e il respiro pesante. Ville era dietro di lui, e gli cingeva la vita con un braccio, mentre l'altra mano non smetteva di accarezzare lentamente i suoi capelli.
-Stai dormendo?- Gli chiese Ville, baciandolo poi sulla spalla. Bill scosse la testa, poi sorrise
-Se continui così, però, succederà presto- Mormorò. E avrebbe davvero voluto addormentarsi lì, accoccolarsi al petto caldo dell'uomo e chiudere gli occhi per un po'… ma la cosa non aveva alcun senso al momento.
Ville emise una risata bassa che gli solleticò i lobi. Si morse il labbro inferiore. Diamine! Era eccitante anche quando rideva
-Ti rilassa?- Gli domandò l'uomo che non aveva ancora smesso di passargli la mano fra i capelli. La sua voce era talmente calda e seducente che Bill avrebbe potuto ascoltarla per ore, ad occhi chiusi, soltanto per sentirne quel suono profondo dalle tante sfumature differenti.
Bill mugolò di assenso, prima di girarsi verso di lui e sfiorargli piano le labbra con le sue.
Ville gli accarezzò la guancia, percorse con le dita lo zigomo, passando per il naso alla francese e scendendo lungo la mandibola, intagliata perfettamente in quel viso d'angelo. Sorrise appena.
-Non vale così…- Sussurrò -Sei troppo bello- Gli pizzicò scherzosamente la guancia e poi si alzò, accendendosi una sigaretta.
Bill stava per rispondere qualcosa, quando uno squillare acuto si propagò nella stanza
-è il mio…- Sussurrò Bill. Fece per alzarsi in piedi, ma Ville gli mollò uno schiaffo forte in pieno viso che lo sorprese non poco.
-nessuno ti deve cercare nei nostri momenti, Chiaro??- Disse l'uomo guardandolo acido -Ti conviene spegnerlo, o non potrei essere così buono la prossima volta-
Bill rimase a bocca semiaperta incredulo
-Scusami…- Mormorò a testa bassa, senza sapere che altro dire. Il cellulare continuava a squillare, Ville sbuffò infastidito:
-Forza! Vai a rispondere-
Bill ubbidì e raccolse il telefono dalla sua borsa. Era Natalie.
 "Pronto? " Disse, massaggiandosi la guancia colpita
 "Bill!! Ma dove sei? Credevo fossi già rientrato a casa…" La voce della donna lo colpì, sembrava quasi preoccupata
 "Sono in un albergo a Schoneberg … Mi è passato di vista l'orario…"
 "Vengo a prenderti!" Sentenziò
 "Non…"
 "Poche storie… E poi facciamo un discorsetto, signorino Kaulitz"
Pregò vivamente che Ville non avesse sentito il cognome pronunciato dalla donna, l'uomo sembrava assorto nei suoi pensieri e preso dalla sigaretta che stava fumando. Tirò mentalmente un sospiro di sollievo.
Diede l'indirizzo a Natalie, la quale chiuse la chiamata senza dargli il tempo di dire altro.
-Devo andare…- sussurrò incerto, sperando che l'uomo non se la prendesse a male.
-E dove?-
-A casa… Mio fratello sarà preoccupato…-
Ville lo guardò obliquo
-E dimmi, non può pensare che tu abbia di meglio da fare?-
Bill sospirò:
-è complesso… Lui non sa niente- Disse a testa bassa, cominciando a infilarsi boxer e pantaloni
-Non sa del tuo "lavoretto serale"?- Virgolettò con le dita, Bill scosse la testa
-Non sa nemmeno che mi piacciono gli uomini- Rispose sollevando il sopracciglio con il piercing
-Un bel casino- Commentò Ville spegnendo la sigaretta. Questa volta nel posacenere, per fortuna.
-Già…- Bill si infilò nel proprio cappotto e fece per aprire la porta
-Mi raccomando… Domani niente cellulare capito? E ti tengo qui fino a quando ne ho bisogno… Sono stato abbastanza chiaro?- Ghignò l'uomo, mentre i suoi occhi di smeraldo si accendevano di malizia.
Bill sentì un brivido di paura, misto ad eccitazione, scivolargli gelido lungo la schiena. Ma imitò il sorriso dell'uomo
-A domani sera- sussurrò. L'uomo rise
-Un giorno mi dirai perché ti lasci fare tutto questo…- Disse Ville.
Bill abbassò lo sguardo per una attimo. Quando lo risollevò, i suoi occhi mutarono completamente ed il suo sguardo trapassò Ville da parte a parte. Erano gli stessi occhi che l'avevano spinto a provare interesse verso quell'angelo erotico che danzava in alto, sopra di lui. Gli occhi che gli avevano completamente annebbiato la mente, quasi più di tutto il suo corpo sensuale.
Quello sguardo poteva uccidere, e Silberschein sapeva come usarlo.
-Fa tutto parte del gioco no?-
E si richiuse la porta alle spalle, scomparendo nel gelo e nel buio di Berlino.
La vita era soltanto un gioco, e Bill Kaulitz stava vincendo. Almeno, così credeva...

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Ville valo si versò un mezzo bicchiere di Gin, prendendone piccole sorsate mentre nell'altra mano reggeva una sigaretta accesa. Teneva lo sguardo fisso verso la porta, per lui non c'era niente di meglio per acuire l'appagamento dato dal sesso sfrenato: alcool e sigarette… Erano i suoi tre principali vizi, tutti in una notte sola.
Sorrise espirando la nicotina e passandosi una mano fra i capelli per ravvivarseli un po'. L'orologio segnava "appena" le tre e quaranta del mattino. Avrebbe detto fosse più tardi.
D'un tratto udì la vibrazione appena percettibile del proprio cellulare provenire dalla tasca dai suoi jeans, ancora buttati alla rinfusa sulla moquette.
Posò scocciato il bicchiere sul tavolino, c'era soltanto una persona che poteva scocciarlo a quell'ora
 "Pronto Jesse?" Fece scocciato, tirando una boccata di fumo
 "Ville! Ti sembra il modo di salutare il tuo fratellino? La prossima volta me ne resto a casa, se questa è la tua accoglienza" Ville rise appena, Jesse era suo fratello, più giovane di ben otto anni, ma i due si intendevano ugualmente alla perfezione.
 "Già arrivato? Comunque non aspettarti accoglienza migliore se telefoni alle quattro di mattina… " Continuò l'uomo, sempre più scocciato. La risata, dall'altra parte del telefono, lo fece corrucciare ancora di più
"Andiamo Ville, non ci credo che stavi già dormendo, e non stavi nemmeno scopando, altrimenti non avresti risposto"
 "No, ma avevo Gin in una mano e sigaretta nell'altra, il cellulare mi impedisce a prescindere una delle due cose…"
 "Prenditela con questo cazzo di aereo, sarei dovuto arrivare verso mezzanotte in teoria…"
Ville aveva precedentemente invitato il fratello a raggiungerlo a Berlino, ma questi non l'aveva avvisato del suo arrivo.
 "L'hai tenuta una suite per me vero?" Rise il fratello, Ville sbuffò
 "ingrazia che, conoscendoti, ho già bloccato la stanza di fianco…"
 "Peccato, e io che speravo di passare la notte con il mio tenero e dolce fratello maggiore…"
Ville sbuffò ancora senza replicare e spense la sigaretta, recuperando poi il Gin
 "Senti, dammi l'indirizzo che sono in taxi…"
Ville eseguì e poi chiuse la chiamata. Finì il Gin in due rapidi sorsi e si rimise i boxer in attesa del fratello.
-Ville! Pronta consegna dalla Finlandia!!- Si annunciò così il ragazzo, bussando forte alla porta della sua stanza. Ville scosse la testa rassegnato ed aprì la porta, trovandosi davanti il sorriso e la faccia da schiaffi del fratello
-fai meno rumore, tanta gente dorme- Gli fece notare Ville facendolo entrare
-Perché io ci credo che tu fai poco rumore qua dentro vero?-
Ville rise ed estrasse una sigaretta dal pacchetto, lanciandolo poi al fratello che se ne accese una a sua volta.
-Avevi detto che c'era pure il Gin!- Disse Jesse tirando e guardandosi un attimo attorno
-Finito- Sentenziò Ville, il fratello lo guardò di sbieco
-Bugia- Affermò. Ville roteò lo sguardo
-Nel frigobar- Si arrese poi, tirando e soffiando via il fumo dalle labbra appena dischiuse. Jesse sorrise vittorioso e andò a prendere bottiglia e bicchieri.
-Allora? Come ti è sembrata Berlino?- Gli domandò Ville, sorseggiando dal bicchiere che il fratello aveva versato per lui
-Fredda… Ma la Nightlife sembra a posto- Disse in un mezzo sorriso sornione.
-Fredda? Helsinki è molto peggio…-
-Io ho freddo…- Ripeté -Ma almeno qua c'è il sole la mattina-
Si piegò verso il fratello e sorrise
-Tu invece? Dimmi un po', come hai fatto a divertirti senza di me?-
Ville rise di gusto
-Oh, ho trovato più di un modo… Schoneberg è un quartiere pieno zeppo di attrattive- strizzò l'occhio, il fratello annuì
-Immagino… Andremo al solito locale anche quest'anno vero?- Gli domandò Jesse, ciccando nel posacenere.
-Immagini bene fratellino…- Ville si portò la sigaretta alle labbra per l'ultimo tiro, e un'idea perversa gli balenò nella mente
-Sai… Credo di conoscere qualcuno che sarebbe entusiasta di seguirci- Ghignò. Jesse sollevò il sopracciglio
-Non mi dire… Qualcuno ti è sopravvissuto e vuole davvero ripetere l'esperienza?-
Ville rise di gusto
-è un tipo particolare, ma sono cero che ti piacerà non poco- Jesse si leccò le labbra
-mmh… La faccenda si fa interessante, quanto avresti aspettato per parlarmi di questo… Com'è che si chiama?- A Ville scappò un sorriso
-Non vuole dirmi il suo nome… è un tipo particolare, te l'ho detto-
-Ti da il culo ma non ti dice il suo nome? Molto eccitante… Convincilo, o meglio, obbligalo a venire… ci sarà da divertirsi- Rise piano, Ville lo seguì
-Tranquillo, a lui piace giocare- Ghignò l'uomo, pregustando già il momento.
I due fratelli brindarono assieme, svuotando completamente la bottiglia di Gin.
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-Quante volte te lo devo dire che è pericoloso farti portare in qualunque posto da uno sconosciuto? Se vuoi scopare ci sono i bagni o il privé all'Eros, lo sai.-
Natalie aveva cominciato a rimproverarlo, nemmeno fosse una vecchia zia bisbetica. Bill sbuffò
-Come vedi sono ancora vivo, quindi puoi risparmiarmi la paternale- Le disse. Non aveva voglia di discutere. Il sesso con Ville l'aveva lasciato incredibilmente appagato, ma aveva anche prosciugato le sue energie, e non voleva sprecarsi a litigare con la sua truccatrice nonché migliore amica.
Natalie aveva sbuffato, ma poi aveva tranquillamente lasciato correre. Sapeva quanto lui, che il rischio rendeva tutto più divertente.
-Comunque tuo fratello potrebbe ucciderti, quando gli ho detto che non sapevo dove accidenti ti fossi cacciato si è spaventato da matti-
Bill abbassò lo sguardo, si sentiva in colpa nei confronti di Tom, più che per l'ora, soprattutto per il fatto che avrebbe dovuto inventarsi un'altra bugia da rifilargli, e questo lo faceva stare male. Tremendamente male.
-Augurami buona fortuna- Disse a Natalie, prima di scendere dalla macchina
-Non ti basterebbe, comunque la cazzata l'hai combinata tu, quindi te la sbrighi da solo- Disse la donna
-Stronza!- Mormorò a denti stretti, suscitando l'ilarità della donna
-A domani Boss!- Fece lei, muovendo la mano come in un saluto militare. Bill sospirò ed entrò in casa.
Tom se ne stava rannicchiato sul divano, con gli occhi chiusi e la bocca semiaperta. Russava appena.
Bill sorrise, intenerito dalla scena, e staccando un post-it scribacchiò un biglietto che attaccò ad uno dei cuscini sul divano:
Sono tornato, puoi stare tranquillo adesso… Buonanotte e sogni d'oro!!
Il tuo fratellino.

Senza fare il minimo rumore, entrò in camera propria e cominciò a spogliarsi. Subito sentì il bruciore provocato dallo sfregare degli abiti sui graffi e sui lividi. Quella notte ci era andato davvero pesante, ma, a parte il male, non c'erano troppi segni evidenti sul suo corpo. Bill si portò la mano alla bruciatura sul petto, dove ora si era formata una piccola bolla. Chissà se sarebbe rimasta la cicatrice.
Non si domandò nemmeno per un istante il motivo per cui continuasse imperterrito a voler soffrire, a voler farsi scopare con tanta violenza, senza un minimo di rispetto per sé stesso… Ma non era così, poteva sembrarlo, ma Bill sapeva di essere lui a governare il suo gioco in fondo.
E la partita andava giocata fino alla fine.
 

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Capitolo 7
*** Un cervo dalle labbra di rosa ***


Capitolo 7: Un cervo dalle labbra di rosa

Un rivolo di luce mattutina che filtrava dalla tenda, la quale era stata erroneamente lasciata leggermente tirata, lo colpì in pieno viso.
Bill strizzò gli occhi mugolando qualcosa, visibilmente scocciato dalla brusca interruzione del suo sogno. Sì perché stava sognando, ne era certo, solo che ora quel sogno gli era sfuggito dai ricordi…
Scosse la testa e si stropicciò gli occhi nocciola, posando poi lo sguardo verso la radiosveglia che segnava appena le sette del mattino. Non si sarebbe mai alzato a quell'ora. Sbuffando sonoramente si trascinò fuori dalle coperte, per poter chiudere quell'odiosa finestra, ma nel fare ciò sentì i muscoli del bacino stirarsi terribilmente.
Represse un gemito, crollando nuovamente con la faccia sul cuscino, ringhiando sonoramente su di esso.
-Sheisse!- Mugolò, alzandosi poi finalmente e chiudendo la tenda con uno scatto secco. La luce appena accennata, bastò però ad evidenziare alcuni preoccupanti segni sulle sue gambe. Imprecò a mezza voce fissando le strisce oblique, ora colorate di un inquietante blu-violetto. Gliel'aveva detto Ville, che gli piacevano tanto le sue gambe, diceva che, così lunghe e slanciate, sembravano quelle di un cervo. Forse per questo, a quanto pareva, si era accanito con molta passione su di esse.
Gli era passato decisamente tutto il sonno.
Sospirò indossando dei pantaloni della tuta neri e la sua felpa dell'adidas a collo alto, color arancione fluorescente. Sì, perché nonostante il brusco risveglio ed i vari dolori si sentiva… bene?
Scosse la testa e scese in cucina, versandosi una tazza di caffè bollente, nero ed amaro quanto bastava, per poi sdraiarsi in una maniera improbabile sul divano, accendendo la tv e cominciando a guardarla senza vedere nulla in particolare.
Ok, si stava annoiando a morte… E se parlavi di Bill Kaulitz, la noia era piuttosto pericolosa. In fondo era per noia che aveva cominciato a mettere il suo corpo in mostra all'Eros no?
Spense la televisione e si lasciò andare sul divano, sbuffando.
-Com'è che sei diventato così mattiniero fratellino?-
La voce assonnata di Tom lo colse di sorpresa.
-Potrei dire la stessa cosa no?-
Di tutta risposta il gemello maggiore spalancò la bocca in uno sbadiglio da orso bruno e si avvicinò al frigorifero, estraendone il latte da versare nel suo caffè.
-Non riuscivo ad addormentarmi… Dev'essere anche questo racchiuso nel pacchetto "Gemelli per la Vita"-
Bill sghignazzò, nonostante il commento di Tom fosse incredibilmente serio.
-Non scherzo, il radar gemellare mi dice chiaramente che tu hai qualche cosa di strano stamattina… Più strano del solito, intendo-
Bill roteò gli occhi e immerse il viso nel cuscino.
-Non tirare di nuovo fuori la cosa del "radar" Ti. Prego.- Disse, nonostante tutte le sue parole non sembrassero altro che un confuso grugnito.
-Tu hai già mangiato?- Flautò Tom, ignorandolo, Bill si sedette leggermente più composto e rispose:
-Non ho fame oggi- Tom lo guardò di traverso
-Ok, hai decisamente qualcosa che non va nel verso giusto- Bill scosse la testa e rise appena.
Il moro si avvicinò a lui, sollevandogli le gambe per potersi sistemare a sua volta sul divano.
-Via Tom, non rompere!- Esclamò, tirando dei piccoli calci al gemello
-Devo rompere sì- Disse Tom, con apparente tranquillità -Non mi basta un post-it per farmi passare l'incazzatura fratellino
-Fuck you-
Sussurrò, sfoderando l'american english che gli era rimasto in testa, cercando di divincolarsi dal divano, ma Tom non voleva lasciarlo andare, e Bill era consapevole che avrebbe dovuto dargli delle spiegazioni. Oppure inventarsele.
-Ricapitolando…- Fece Tom -è praticamente da quando siamo qui a Berlino che tu sparisci quasi una sera sì e una no, per andare Nonsisadove con la nostra truccatrice… Ora, a parte i problemi di ragione etica non avrei nemmeno troppi problemi sul fatto che tu ti facessi la nostra Nat, anzi, direi di averci fatto uno o due pensierini pure io, ma non è questo il punto…-
Bill inarcò scettico il sopracciglio forato, quando suo fratello cercava di parlargli seriamente non riusciva quasi mai a mantenere il senso logico del discorso
-Il punto è che io ho capito che non c'entra Natalie, che ieri tu non eri con lei e sei tornato a tarda notte Nonsisacome da Nonsisadove…-
-Mi ha accompagnato Nat- Lo rassicurò
-E prima dov'eri?-
Bill sbuffò, palesemente frustrato dalla situazione e dall'idea di dover mentire ancora al suo gemello. Ma doveva. La verità gli avrebbe fatto molto più male, di sicuro.
-Senti, ho ventidue anni, sono adulto, vaccinato e maggiorenne in tutti gli stati… Credo di non aver più bisogno della balia o sbaglio?-
Lo guardò con aria di sfida, sperando, invano, di farlo desistere. Tom lo guardò con un'espressione strana… Quasi d'affetto:
-avrai sempre bisogno di un fratello maggiore però- Lo stava fissando, lo stava fissando dritto nello specchio dei suoi stessi occhi… Tom gli avrebbe letto l'anima, avrebbe visto tutto lì dentro. Perché con le labbra si può mentire, con gli occhi no…Specie se l'altro ne possiede un paio assolutamente uguale.

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Ville Valo si alzò di buon mattino. Che equivaleva più o meno a mezzogiorno e mezza.
Entrò nella cabina doccia di buon umore e cominciò rapidamente a rilassarsi sotto il getto dell'acqua tiepida lungo tutto il suo corpo.
Dopo essersi rigenerato a sufficienza spense l'acqua ed uscì, canticchiando il ritornello di "In the Shadows" dei suoi connazionali Rasmus. Frizionò i folti e ribelli riccioli d'ebano con l'asciugamano, prima di indossare soltanto un paio di jeans e abbandonarsi sui numerosi e morbidi cuscini del letto, a petto nudo, con in bocca la prima sigaretta della giornata.
I pensieri si susseguivano numerosi nella sua mente, nonostante più di tutti ci fosse sempre il suo misterioso Silberschein. Che fosse una sorta di ossessione la sua? Ne aveva già avuta un'altra in passato, travolgente a livelli inumani… Non era finita bene, non era finita bene per niente.
Soffiò via il fumo dal naso e dalle labbra carnose, sbuffando. Di qualunque cosa si trattasse, ciò che provava in compagnia di quel misterioso ragazzo era qualcosa di imparagonabile quasi a qualunque altra esperienza avesse mai passato; si ritrovava a bramare le sue labbra e la sua pelle in qualunque momento, e ogni volta in cui lo vedeva, non poteva resistere dall'immaginare la sua pelle squarciarsi in dolci graffi rosso sangue, il suo collo disegnarsi di tanti morsi, come vittima di un vampiro affamato. Ville immaginava le sue urla soffocate di dolore, la contorsione del suo bacino, il movimento convulso, sotto la sua presa ferrea, di quelle gambe lunghe, magre e provocanti più di quelle di qualunque donna.
E immaginava anche suoi gemiti di piacere, i suoi occhi che luccicavano come opali preziosi, le sue labbra, soffici come nessun'altre, che lo carezzavano dolcemente; il suo respiro caldo e rilassato mentre il ragazzo quasi si assopiva, accoccolato contro di lui come un cucciolo.
Quale essere poteva ispirare tanta tenerezza e violenza nel medesimo istante?
Ville decise di uscire per un po', farsi un giretto in città tanto per rilassarsi e schiarirsi un minimo le idee.
Indossò una maglia a caso, la felpa e la giacca; calò sui capelli un berretto nero e uscì per le strade.
Schoneberg aveva una fama ben chiara nel mondo, il quartiere gay per eccellenza, uno sprazzo di trasgressione nel cuore della grande capitale tedesca. All'apparenza, però, non era altro che un accozzaglia di edifici, solo alcuni particolarmente colorati, e chi non ne conoscesse la fama, difficilmente si accorgerebbe di ciò in cui si trasforma il luogo la notte.
Un sorriso si disegnò sul viso di Ville, senza un motivo apparente, passando accanto alla vetrina di un sexy shop. Strano che pure in quel quartiere, il negozio dovesse stare incuneato in un vicolo stretto, con un'unica, pallida insegna, che probabilmente alla notte brillava. Ad Helsinki, quando anche lui lavorava nello stesso genere di negozio che era proprietà di suo padre, non si era mai posto il problema che fosse troppo appariscente, anzi! Probabilmente avevano una mentalità diversa lì in Germania.
Si accese una sigaretta e fece per passare oltre, quando qualcosa in quella vetrina attirò magneticamente la sua attenzione. Non era niente di particolare in fondo, ma era convinto fosse esattamente ciò che facesse al caso suo e di Silberschein. Ghignò malizioso, portandosi la sigaretta alle labbra ed entrando nel sexy shop.

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-Sicura che debba esibirmi… così?- Aveva sibilato Bill Kaulitz dall'interno della stretta cabina-armadio in cui era entrato per cambiarsi ed indossare gli abiti per il suo numero. Solo che, quel giorno, gli sarebbe toccato indossarne altri, un tantino differenti
-Fa vedere…- La truccatrice entrò prepotentemente e dovette fare uno sforzo immane per trattenere lo stupore
-Quale sarebbe il problema??- Boccheggiò la donna con voce palesemente più acuta del normale.
Bill abbassò lo sguardo, volgendosi poi nuovamente allo specchio e guardandosi. Il busto era fasciato da una maglia attillata a collo alto, che però lasciava totalmente scoperta la schiena; i pantaloni, stretti e di pelle, erano invece tagliati ad arte in modo da lasciare scoperte entrambe le natiche, e ciò infastidiva Bill. Non perché si sentisse in imbarazzo, ma perché quella mezza nudità lo faceva sentire vulnerabile, e non era certo di poter essere davvero piacente così. Incurvò le labbra in una smorfia osservando le scapole spuntare appuntite dalla sua schiena, non era altro che un ammasso di pelle e ossa, come diamine avrebbe potuto sentirsi seducente se tutti i suoi numerosi difetti erano così dannatamente visibili?
-Nat… cazzo io non ci sto bene così!- Esclamò, battendo a terra lo stivale con il tacco di quindici centimetri, la truccatrice lo guardò interdetta
-Come scusa? I tatuaggi non si vedono, alla gente farà piacere guardare un po' di pelle del loro angelo dannato e… Beh, te l'ho mai detto che hai un culo fantastico?-
Bill inarcò un sopracciglio scettico, ma poi tornò ad ammirarsi, si ravvivò i capelli con la mano avvolta in un lungo guanto di velluto e abbozzò un sorriso:
-Se lo dici tu… Meglio che mi prenda un drink, comunque-
-Te lo porto io… E poi ti do anche un'aggiustatina al trucco…-
Natalie gli sistemò senza fatica il trucco, pesante e formato da due spessi segni tracciati con il kajal nero da entrambi i lati dell'occhio… Per scherzare, la truccatrice gli diceva sempre che con quel trucco pareva Cleopatra.
Dopo aver svuotato completamente il suo bicchiere, Bill fece per andarsene, ma Natalie lo bloccò prepotentemente per un braccio:
-Fermo lì…- Disse, posandogli poi il palmo sulla schiena -Che sono questi graffi?-
Bill si morse il labbro inferiore, per un attimo aveva pensato che non se ne sarebbe accorta
-Ecco, è stato ieri, sai quando sei venuta a prendermi in quell'hotel no? Ecco…-
La donna lo bloccò prima che potesse finire
-Frena, risparmiami la descrizione dettagliata. Bill, questi segni non sono soltanto di unghie…-
Il ragazzo non rispose. Aveva già dovuto dare troppe spiegazioni ed inventarsi troppe menzogne a suo fratello, che gli aveva creduto, alla fine, seppur fosse ancora palesemente scettico. Non aveva la forza di controbattere a Natalie, quindi preferì lasciare che traesse lei le conclusioni.
-BILL! Che. Cazzo. Hai. Fatto??-
-Niente!!!- Si mise subito sulla difensiva il ragazzo -Solo… ecco, noi…-
Non avrebbe avuto alcun senso mentirle… Bill preferì raccontarle tutta la verità, sin dalla prima sera in cui aveva incrociato quei meravigliosi occhi verdi. Naturalmente omise alcuni dettagli, ma alla fine fu una liberazione per lui, potersi finalmente confidare con qualcuno senza dover indossare la solita maschera.
Natalie lo ascoltò in silenzio, e quando finì di raccontare commentò semplicemente in un sospiro:
-Questa è una cosa seria…-
Bill la guardò obliquo, inarcando il sopracciglio
-In che senso?- Le domandò
-Che se hai rivisto lo stesso uomo per due volte, e ce ne sarà probabilmente una terza, dovresti cominciare a domandarti qualcosa…-
Bill sgranò gli occhi. Aveva visionato nella propria mente numerose possibili reazioni che avrebbe potuto avere la donna… Ma tra queste non aveva certo pensato ad un comportamento così enigmatico
-Ti conosco abbastanza Bill… So che tu non sei un tipo da mezze misure: o tutto o niente…- Gli tirò una leggera ed affettuosa pacca sulla spalla -Dai, tocca a te adesso… - Gli disse, Bill fece un respiro profondo e si preparò -Solo, Bill…- Il ragazzo si voltò nuovamente verso la donna -Fa attenzione.- Lo stava dicendo con un tono strano. Un po' sorella, un po' complice, un po' mamma… Forse tutto questo era ciò che per lui era la sua Natalie. Gli sorrise grato, e un attimo dopo era di nuovo su quel palco piccolo e tremendamente diverso da quelli che era abituato a calcare. Un attimo dopo, ed era di nuovo Silberschein.
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Ville non seppe dire quanto a lungo fosse rimasto a bocca aperta. La richiuse in fretta, per darsi un contegno… Ma constatò che anche tutti gli altri presenti in sala avevano avuto la medesima reazione alla vista di quell'angelo. Del suo angelo.
Dalla prima volta che l'aveva visto, mai avrebbe pensato potesse trovarlo più sensuale di quell'istante. Ma aveva dovuto ricredersi, il ragazzo si muoveva seminudo e sui tacchi vertiginosi ostentando una sicurezza ed un'innata arroganza che non facevano che aumentare la carica erotica che mostrava con una naturalezza devastante.
Si muoveva con sicurezza, consapevole della sua bellezza, della sua sensualità e dell'effetto che queste avevano sugli uomini che lo ammiravano, gli stessi uomini che gli lanciavano addosso delle discrete banconote non appena le sue natiche sode si trovassero alla distanza ottimale da loro.
Ma Bill quei soldi nemmeno li guardava. Il suo sguardo era rivolto altrove.
Ammiccò nella sua direzione, prima di leccarsi esplicitamente le labbra, lasciando in bella mostra anche il bottoncino che era incastrato al centro della sua lingua, e contribuiva a rendere i suoi baci qualcosa di unico.
Ville aveva ordinato un drink ed era rimasto imbambolato davanti alla visione della sua lingua che leccava avidamente il palo metallico… Quanta gente avrebbe tanto ardentemente desiderato trovarsi al posto di quell'oggetto?
E pensare che era davvero riuscito a fare sua quella meraviglia, pensare che aveva potuto sentire sulla propria pelle quella stessa, sensuale, lingua che ora accarezzava il palo. Pensare che era riuscito a piegare quell'angelo peccaminoso ai suoi perversi voleri… E questo gli faceva venire voglia di farlo suo ancora, anche subito. Doveva attendere, però, quella sera. L'avrebbe trascinato al locale in cui spesso amava andare con Jesse durante le numerose vacanza che avevano passato nella capitale tedesca. Avrebbe portato lì quella meravigliosa creatura, quasi con un moto d'orgoglio, nel mostrare la perfezione con la quale aveva avuto l'onore di venire a contatto.
Il numero di Silberschein finì, e Ville non aspettò un secondo di più per gettarsi dietro le quinte, trovandovi quasi subito il bel ragazzo.
-Mi cambio e arrivo subito…- Gli aveva detto, senza nemmeno salutarlo, ma a Ville non importava
-Non lo fare… Per dove andremo questa notte, vestito così sei uno splendore- In verità, sarebbe stato uno splendore perfino con addosso un abito da frate francescano, ma si guardò bene dal dirglielo.
Il ragazzo aveva espresso subito la propria curiosità, ma Ville si era limitato a sorridergli sornione
-Intanto andiamo un attimo in hotel, devo farmi una bella doccia e prepararmi… Mio fratello ci aspetta là per mezzanotte- Gli disse, il ragazzo lo guardò sorpreso
-Hai un fratello?-
-Sì, ha otto anni in meno di me… Il suo nome è Jesse-
-Io e il mio siamo gemelli, invece- Aveva detto, con naturalezza, il biondo. Strano a dirsi, non era male parlare con quel ragazzo… Era una persona interessante anche fuori dalle lenzuola, allora.


Bill uscì dall'auto, ringraziando con un mezzo sorriso Ville che gli aveva galantemente aperto lo sportello. Prima di dirigersi accanto a lui verso la solita camera. L'uomo fece strisciare la tessera magnetica e lo lasciò entrare. Bill si sfilò il lungo cappotto scuro e lo appoggiò ad una sedia, mentre l'uomo davanti a lui cominciava a spogliarsi
-Ti inviterei a farla con me la doccia… Ma purtroppo ci aspettano, e ho paura che la cosa si dilungherebbe troppo non credi?- Disse Ville maliziosamente, Bill scoppiò in una risata cristallina. Si tolse i tacchi, per dare un po' di sollievo ai piedi dolenti, e si sedette sul letto.
-Ti aspetto qui… Ma non metterci molto, devo farmi bello se voglio fare una buona figura- Gli disse, incrociando le gambe. Ville roteò gli occhi:
-Come se ci volesse tanto…- E sorridendo, si diresse verso il bagno. Fortuna che si era voltato abbastanza in fretta da non vedere Bill arrossire fino alla punta delle orecchie.
Pochi minuti dopo fu fuori, regalando a Bill la vista del suo corpo mozzafiato, mentre l'uomo si passava l'asciugamano sul corpo, coperto di lucide goccioline d'acqua, senza preoccuparsi di coprire le sue nudità.
L'uomo probabilmente si accorse dello stato di Bill alla sua vista, perché scoppiò in una risatina e si avvicinò pericolosamente al ragazzo, cominciandolo a baciare con foga accarezzandogli la schiena nuda. Le sue mani erano fredde e umide, così come le sue labbra. Bill sentì subito un calore partirgli dal basso ventre, e dovette usare tutta la sua forza di volontà per respingere momentaneamente il finlandese.
-Non…Hai detto…Che…Faremo tardi?- Gli disse, nelle pause fra un bacio e l'altro. Ville mugugnò, mordendo il labbro inferiore dell'altro.
-Fila in bagno allora… Prima che non risponda più delle mie azioni- Disse, baciandolo ancora a fior di labbra, Bill sorrise e fece come l'uomo gli aveva detto.
Si lasciò scivolare addosso il getto d'acqua calda, liberando un sospiro di relax. Si sentiva così bene con Ville, dovevano avere una sorta di affinità fisica o qualche cosa del genere, perché si intendevano alla perfezione per quello che riguardava quella specie di strano gioco di seduzione.
Una volta uscito dalla doccia, Bill si asciugò appena i capelli, sistemandoli poi con del gel che aveva trovato lì nel bagno. Si ritrovò, apparentemente senza motivo, con il respiro affannoso e il cuore che sembrava voler volarsene via dalla sua cassa toracica…Cielo! Si sentiva come soltanto una ragazzina ad un primo appuntamento poteva sentirsi! Scosse la testa, arrossendo di quel futile pensiero, e riprese a lavorare su sé stesso. Doveva essere perfetto.
Si ripassò con cura il trucco, che aveva fatto attenzione a non rovinare troppo durante la doccia e, dopo aver indossato nuovamente i suoi abiti, passò il rossetto color sangue sulle labbra e si diede una spruzzatina di profumo. Pronto. Sorrise ed uscì dal bagno, di colpo rimase a bocca aperta, fissando il finlandese davanti a lui.
Ville indossava una giacca di pelle rosso scarlatto sopra a maglia e pantaloni scuri, un foulard beige gli avvolgeva il bel collo, ma ciò che più aveva lasciato senza parole il ragazzo era il viso: Gli occhi truccati con matita nera ed ombretto rosso scuro che faceva risaltare e donava ancora più espressività ai suoi meravigliosi occhi di smeraldo e sulle labbra carnose si poteva notare distintamente del lucido, che le rendeva più scure e ne disegnava il contorno, in netto contrasto con la sua carnagione lattea.
L'uomo comunque, da parte sua, sembrava ugualmente preso nell'ammirare il ragazzo.
Non dovettero nemmeno stare a pensarci. Fu automatico per Bill gettarsi sulle labbra dell'uomo, come sembrò naturale a questi stringere il ragazzo per i fianchi ossuti e trascinarlo su di sé, continuando a baciarlo con insistenza e passione irrefrenabile. Quando l'uomo prese a leccargli il collo Bill si lasciò andare ad un sospiro di piacere
-Dovrò rimettermi di nuovo il rossetto- Disse ridendo, Ville lo fissò negli occhi
-Non lo fare, sono più belle così le tue labbra…- Gli disse, percorrendo il contorno di esse con le dita -Paiono il bocciolo di una rosa- Sussurrò, facendo avvampare Bill e ripercorrendo lo stesso percorso con la lingua. Si staccò poco dopo e ridacchiò.
-Che c'è?- Gli domandò il ragazzo, con ancora gli occhi socchiusi e le labbra sporte in avanti, l'uomo rise ancora
-Pensavo solo che… abbiamo un'urgenza, ben più grave del rossetto, qua sotto-
Bill abbassò lo sguardo e percepì chiaramente la durezza dell'uomo sotto di lui. Sorrise malizioso
-Ci penso io…- Gli mormorò suadente nell'orecchio, scendendo poi con la bocca e aprendogli la patta dei pantaloni per prendere il suo membro tra le labbra.
Non distolse nemmeno per un solo istante lo sguardo dal viso di Ville, in un'espressione di pura estasi, davanti alla quale Bill non resistette alla tentazione di toccarsi lui stesso con una mano, inebriandosi ancora di piacere.


Riallacciandosi i pantaloni, Ville gettò uno sguardo all'orologio
-Siamo in ritardo- Sentenziò
-Meglio muoverci allora- Fece il biondo, ma il finlandese lo fermò, sorridendo.
-Manca ancora una cosa… Chiudi gli occhi e aspetta qui un secondo-
-Che hai in mente?-
Ville non gli rispose, ma non fece assolutamente nulla finché, con uno sbuffare infastidito, il ragazzo non si decise a serrare le palpebre. Ville corse subito allo scatolone dove teneva tutti gli "attrezzi del mestiere" come li chiamava spesso suo fratello, quando ancora lavoravano al sexy shop del padre. Dallo scatolone estrasse proprio ciò che aveva comprato quella stessa mattina. Sorridendo, tornò dal biondo, il quale batteva lo stivale a terra con impazienza.
Gli legò al collo un collare di pelle nera con alcuni inserti metallici, al quale era legato una corda che fungeva da vero e proprio guinzaglio.
Il biondo spalancò gli occhi, e Ville tirò la corda verso il basso, trascinando all'indietro la testa di Silberschein
-E questo perché?- Gli domandò il ragazzo, sorpreso, ma ugualmente attratto da quell'oggetto che gli stringeva il collo, lasciandogli giusto il minimo spazio per respirare.
-Perché mi piace che la gente riconosca ciò che è di mia proprietà…- Tirò ancora di più il "guinzaglio" provocando un mugolio soffocato da parte di Bill
-E poi voglio tenerti sotto controllo- Posò le labbra accanto alla sua guancia -Sai…Io non mi fido delle Puttanelle - Ghignò.
Anche Bill sorrise, leccando l'orecchio all'uomo
-Non vado da nessuna parte, Padrone-
In quel preciso istante, Ville ebbe la certezza lampante che quella serata non se la sarebbe proprio mai dimenticata.
In un certo senso, aveva proprio ragione
 

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