Il gioco del destino

di bennycucciola
(/viewuser.php?uid=187901)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Finalmente era arrivato il giorno che aspettavano da tutti questi anni di sgradevole attesa, finalmente lei sarebbe morta e tutto quello che avevano sofferto per colpa della sua famiglia non sarà altro che un brutto ricordo; sazieranno la loro sete di vendetta, quella che li affliggeva di più. Si pentirà. Di tutto. Di tutto quello che suo padre gli aveva fatto. Provavano ancora un forte sentimento d’ingiustizia; non avevano potuto uccidere il vero colpevole della morte dei loro genitori ma sapevano che sarebbero finalmente riusciti a uccidere la persona a lui più cara: la sua unica figlia.
C’era solo una cosa che lui non riusciva a capire, o semplicemente una cosa a cui non voleva credere. Voleva sapere perché si sentiva un nodo allo stomaco e non un senso di sollievo, di liberazione mentre la guardava felice nei suoi ultimi minuti di vita, senza sapere che stava per essere uccisa. Voleva sapere il perché ogni volta che incrociava i suoi occhi, sinceri e profondi, gli si scioglieva il cuore, si sentiva mancare la terra sotto i piedi. Non poteva essere amore. Non DOVEVA essere amore. Lui doveva continuare a odiarla, come aveva fatto per tutti questi anni... Ma non ci riusciva, non riusciva ad’immaginare di non rivederla più, di non vedere più la sua risata, i suoi occhi, le sue labbra, i suoi capelli al vento. Voleva sapere se un giorno l’avrebbe mai perdonata, se lei lo avrebbe mai amato, se si sarebbero baciati...
Ma come lo poteva scoprire se lei moriva?
No, non poteva morire, non ora che sapeva di amarla, l’avrebbe salvata, l’avrebbe salvata anche a costo della sua vita.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


LUCE WILLIAMS

Mia madre non fa che dirmi che sono stupenda e capace di grandi cose, lei non mi mentirebbe mai, e poi perché mai dovrebbe mentire su una cosa del genere?
Al contrario di mia madre quando mi guardo allo specchio vedo una semplice ragazza un po’ timida con un ammasso di capelli castano- biondo ondulati, lunghi fino alle spalle, due occhi blu- verdi, bocca carnosa e una faccina un po’ troppo rotonda, cosa c’è di speciale in me? Niente, perché altrimenti mio padre non mi avrebbe abbandonata a sette anni e mia madre mi avrebbe dato ascolto  non facendomi cambiare scuola proprio al quarto anno delle superiori. Lei insisteva, dicendomi che sarebbe stato meglio per entrambe cambiare aria e lasciare la nostra vecchia vita alle spalle ed io ho ceduto, perché non sono capace di ribellarmi. Ho paura di cambiare scuola e città e non credevo che sarebbe stato così difficile lasciare quelle pesti dei miei compagni di scuola; so che dovrebbe essere più un bene che un male ma è così difficile farsi degli amici, e se poi lì non me ne faccio nemmeno uno? Sarebbe solo peggiorata la situazione ed io ho proprio paura di questo: che le cose possano peggiorare. Per evitarlo, ho deciso che quando arriverò in California sarò una ragazza del tutto nuova.
Cambiare? Il cambiamento può essere facile e bello per alcune persone, mentre per altre è duro e doloroso. Nel mio caso è la seconda opzione.

. . .

Mia madre guidava, seria in viso. Da quando mio padre ci ha lasciato non l’ho più vista sorridere, neanche un accenno, solo tristezza.
Le ore di macchina sono state pesanti ed io sono stata sempre a guardare il panorama, sembrava che rispecchiasse il suo umore.
La pioggia battente sulla strada, produceva una malinconica sinfonia, il cielo, grigio spento, proprio come i suoi occhi, come la sua vita. Il vento sembrava parlare in acuti sussurri, con voce strozzata, voleva far sentire e far capire al mondo intero che non è secondo a niente.
Povero vento, quanto lo capisco, credono di conoscerti, anche se in realtà non sanno niente di te.
Credono che porti solo sventura e distruzione, ma non conoscono il tuo lato sensibile, che accarezzi le foglie e fai volare i desideri.
A volte mi chiedo: chi ci conosce davvero?

. . .

Arrivate in California è tutta un’altra storia: sole, freschezza, tempo sereno.
Forse è destino, forse dovrei imitare il tempo ed essere felice, far vedere a tutti che non sono invisibile. Cambierò ... se è un gioco del destino allora meglio iniziare a giocare.
Perché solo giocando si saprà chi vincerà ...

. . .

La casa è molto più grande di quello che si aspettava. Ha tre bagni, quattro stanze, una cucina, una sala da pranzo, due salotti, due piscine (una all’interno e una all’esterno), soffitta, e un pezzo di spiaggia tutta loro.
Al diavolo la vecchia Luce Williams, adesso c’è né un’altra: Ambiziosa, sicura di se e alla moda.
- Luce, aiutami, non rimanere impalata come una mummia–
- Si mamma scusa, vengo subito-
Luce corse verso la madre, pronta per un nuovo inizio. La madre, al solito, la guardava seria, ma con una scintilla di compiacimento.
- Entriamo Luce, iniziamo la nostra nuova vita– La madre le prese la mano ed entrarono nella loro nuova casa, anzi no, la loro nuova vita.

. . .

La camera di Luce era ancora sommersa di pacchi ma a lei già piaceva da morire, come se fosse stata fatta proprio per lei: grande, un letto a due piazze, un balcone gigantesco, da dove poteva ammirare la Luna riflessa nel mare, le stelle in quel cielo blu intenso e la meravigliosa spiaggia.
Lei s’immedesimava in ognuna di queste cose, così diverse, ma anche così simili.
Era come se la natura cercasse di dirle qualcosa.
Mentre si immaginava su quella spiaggia, stesa al sole, intravide qualcuno, che cammina annoiato, o forse, affascinato dalla natura che lo circondava. Una strana sensazione la percorse, come tanti serpenti striscianti sul corpo, come tante gocce d’acqua fredda sulla schiena, era un misto tra piacere e dolore, una cosa che non si descrive solo a parole. Non erano semplici brividi, tutto il suo corpo era attratto da lui. Dopo una scintilla trasformò quella sensazione in piacere puro...
Lui la stava guardando.
 
 
 
 
 

DANIEL  GRIGORI

Un’altra giornata noiosa, ragazze che mi circondano dalla mattina alla sera, la mia ragazza che mi assilla, mio fratello che è un rompi palle pensa solo alla vendetta.
Mi sono veramente rotto, che vita di merda, è sempre la stessa routine, l’unica cosa che amo di questo mondo è la spiaggia, sentire il vento che mi scompiglia i capelli e che mi fa desiderare di volare, di andarmene per sempre, di non pensare al futuro, le onde che s’infrangono come scaglie di vetro sulla spiaggia indifesa, la luna che riflette la sua luce sul mare blu come il cielo.

. . .

Prese il suo Sub nero argentato, stava per partire quando il cellulare vibrò, era suo fratello, e adesso cosa voleva? Inutile rispondere. Riattaccò il telefono.
Il cielo si stava oscurando piano e la luna sorgeva mostrandosi in tutta la sua bellezza. Non vedeva l’ora di staccare il cervello da tutti i suoi pensieri, non vedeva l’ora di camminare a piedi scalzi sulla sabbia tiepida.

. . .

Arrivò sulla spiaggia privata, della loro vecchia casa, bella come non mai, aveva un non so che di strano. C’erano le luci accese, le finestre spalancate, qualcuno adesso abitava lì. Era come se tutti i ricordi che aveva cercato invano di dimenticare tornavano a galla.
Lui da piccolo con suo fratello che giocavano nel giardino, sua madre in cucina che preparava i suoi buonissimi biscotti in casa e ... suo padre che leggeva il giornale ... quel ricordo gli fece male più degli altri perché sullo stesso giornale ci sarà scritta la sua morte. Quel bruttissimo giorno di fine estate, dove quel bastardo è venuto a derubarci e mettere la parola fine alle vite dei loro genitori e rovinare per sempre quella sua e di suo fratello. Il corpo di quel criminale non era stato ritrovato ma la polizia diceva che fosse morto in un incidente stradale. Lo travolse un’ondata di odio.
Quella casa un’altra volta illuminata, un’altra volta piena di gente, di vita; non lo sopportava, non poteva tollerare che altre persone la occupassero, è piena di ricordi e piena di significati per la sua adolescenza, ma... anche se ormai non doveva pensarci e doveva essere felice per le persone che l’avevano comprata voleva sapere chi ci abitava adesso. In quel preciso istante dal balcone della sua vecchia camera uscì una ragazza, bellissima, una strana sensazione lo percorse, come tanti serpenti striscianti sul corpo, come tante gocce d’acqua fredda sulla schiena, era un misto tra piacere e dolore, una cosa che non si descrive solo a parole. Non era solo brividi, tutto il suo corpo era attratto da lei. Dopo una scintilla trasformò quella sensazione in odio...
Lei lo stava guardando ...
Non ci posso credere, non può essere lei, non deve essere lei, perché a me? Adesso si che potevo definire la mia esistenza una merda totale; un’altra ondata di odio, ma stavolta molto più violenta; ma come diavolo si permette di ritornare? E in casa mia? No, ero quasi riuscito a far smettere quel deficiente di mio fratello con i suoi pensieri di vendetta e tu ... tu ritorni? Me la pagherai. Ti odio.
Daniel voleva affrontarla, dirle di andarsene immediatamente, ma lei ovviamente non avrebbe capito. La gamba gli stava vibrando, era di nuovo il cellulare, lo prese senza staccare gli occhi da lei. Non ci riusciva.

- Amoreeeeeeeeeeeeeeee!!! Ma dove sei? Ti ho cercato tanto oggi, non ti sei fatto sentire, né vedere a scuola, cos’è mi stai evitando? Stai male? Oh, il mio povero cucciolo, hey ci sei?–
- S... s... scusa ... ci sono, ho solo avuto un piccolo contrattempo e...– Daniel non fece in tempo a finire la frase che la sua ragazza lo bombardò d’infinite domande su ogni genere di argomento, lui rigirò gli occhi “dio quant’è pesante a volte” pensò lui, ancora guardando quella ragazza.
- Amore, James ti cerca, dice che ti deve dirti una cosa molto importante, non ho capito bene di che cosa si tratta ma continuava a dire come un pazzo maniaco che lei è tornata ... lei chi???? SENTI DANIEL SE E’ UNA TUA EX OK, MA SE MI TRADISCI IO ...–
Il resto della frase non la sentì. E’ vero, lei è tornata.
- Devo andare–
- COSAAAAA???? EH NON MI VUOI DIRE CHI E’? DANIEL, NON RIATTACCARE, DANIEL ...–
Si sentì solo il bip del cellulare, ormai lui era al colmo della collera.
Prese furiosamente le chiavi della macchina e sbatté violentemente la portiera, guidò come un ubriaco verso casa, l’unico suo pensiero era di trovare il fratello e parlarci immediatamente, forse la sua mania di vendetta non era del tutto sbagliata.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

JAMES GRIGORI

“è un incubo. Uno di quelli talmente reali da sembrare veri; ma ho come il presentimento che non sia solo un sogno”
James era disteso sul letto, baciato dal sole del pomeriggio, che gli illuminava il viso abbronzato, quando ebbe uno strano presentimento, un senso di rabbia ed eccitazione. Spalancò ferocemente gli occhi. Gridò.
“Non può essere lei, non deve essere lei” pensò mentre si alzò dal letto.
Corse in salotto, si mise le scarpe e senza neanche allacciarsele uscì con la rabbia e la disperazione dipinta in faccia. Il cuore gli martellava nel petto e tante piccole spine lo trafiggevano ovunque. Continuava a pensare: “Devo chiamare Daniel, devo chiamare Daniel”.
Lo sapeva, lei è qui, anche se non l’aveva ancora vista era certo che lei era vicina, ma non ci voleva ancora credere, lo voleva vedere con i suoi occhi.
Salì sulla jeep e, dopo poca strada, parcheggiò accanto alla loro vecchia casa. La vide ammirare la villa in cui stava per abitare insieme alla madre.
A quella vista ripensò ai giorni in cui lui e lei erano felici insieme, erano solo all’asilo ma lui già l’amava, com’era bella. Traboccava di gioia ogni volta che erano vicini. Adesso provava tutt’altro che amore.

. . .

Aveva provato a chiamare Daniel quella sera, ma non aveva risposto.
James girava in torno al tavolo in preda all’ansia.
Gli occhi freddi, blu come il mare; i capelli biondi sudati che gli grondavano sulla faccia e la luna e le stelle che sembravano volessero dare solo lui la loro luce, per illuminare i suoi muscoli, così belli da sembrare irreali.
Decise di chiamare Bella, era l’unica che lo potesse aiutare.
1,2,3,4 squilli. Finalmente al quinto rispose:
- Pronto-
- Pronto, Bella. Ti devo chiedere un favore-
- Dimmi-

. . .

Provò a richiamare Daniel, ma era occupato. Forse Bella era riuscita a dirglielo, forse lo stava avvertendo.
Ripensando a quello che era successo gli venne uno strano brivido per tutto il corpo. Doveva smetterla di pensare a Luce.
 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


LUCE WILLIAMS

Luce stava seduta sul letto, ancora in pigiama, guardando le scatole ancora piene ammassate sul pavimento.
Si chiedeva quando sarebbe riuscita a mettere tutti i suoi vestiti e le sue cose nei mobili nuovi. Lucidi di un nero intenso, moderni e spigolosi, con rare curve colorate di viola.
Non aveva mai avuto una camera così bella, già se la immaginava pulita e ordinata, con i muri pitturati di viola-lilla coordinati al mobile e i suoi mille poster.
Non si sarebbe mai aspettata da suo padre un tale regalo.
Era molto stanca. Aveva pensato tutta la notte allo sguardo del ragazzo che aveva visto sulla spiaggia, uno sguardo pieno di odio, stupore, rabbia, pieno di ricordi che credeva aver rimosso del tutto e adesso gli scorrevano davanti agli occhi come un film in 3D. Conosceva bene quell’espressione.
 "Anche mamma aveva fatto lo stesso sguardo quando aveva scoperto che abitare qui era l'unica decisione giusta per non finire in mezzo alla strada, da allora mi sono sempre chiesta il motivo della sua reazione, poiché qui è tutto così spettacolare e magico."
Il ragazzo ovviamente non era innamorato di lei ma Luce continuava a pensare che era il più bello che avesse mai visto.
Con grandi occhi blu ghiaccio, con leggere sfumature di verde e di grigio; i capelli castani schiariti dal sole, tanti riflessi biondi tra le ciocche ricce, i muscoli abbastanza marcati, ma così dolci allo stesso tempo.

. . .

Il giorno dopo dovette andare a scuola, era il 20 febbraio e lei era agitatissima, tra la camera sottosopra, la scuola e il ragazzo sulla spiaggia. Non aveva ancora trovato un vestito adatto per il suo primo giorno di scuola alla Califonia's school quindi quella mattina iniziò a svuotare tutte le valige piene di vestiti, senza risultati. Alla fine preferì una maglia lunga nera con il collo a "V", dei jeans leggeri sotto e le scarpe a ballerina con un po’ di tacco. Doveva assolutamente comprare dei vestiti nuovi.
Si preparò, si sistemò i capelli in un acconciatura sexy (legati in una coda alta e ciuffo  sbarazzino) e uscì di casa.
La scuola era molto vicina quindi decise di andare a piedi. Arrivò davanti al cancello della scuola dopo neanche cinque minuti. La camminata non era servita a far diminuire l'agitazione, anzi, l'aveva aumentata passo dopo passo.
Già su per la collina l'aveva intravista, bella e prestigiosa, una marea di ragazzi che attraversavano il cancello sorridenti con le loro macchine costose, le ragazze camminavano sculettando come delle modelle e vestivano da dive, a confronto a loro Luce non era niente. Si sentiva morire ma doveva affrontare questo primo giorno.  Entrò, e, lentamente, avanzava, facendosi strada tra i suoi nuovi compagni.
La guardavano tutti, alcuni con dei sorrisi, altri diffidenti e altri ancora curiosi. Dopotutto era la novità della scuola, la “new entry”, non poteva farci niente.
Luce doveva cercare la segreteria per prendere l'orario e le aule solo che aveva un unico problema: non aveva la minia idea di dove si trovasse.
 " Bene, primo giorno e già mi perdo, sicuramente potrei battere il record mondiale di stupidità. Dove sono andata a finire? Con tutte queste ragazze, se così si possono chiamare, che mi fissano. Odio la gente che mi fissa, capisco che sono “la nuova” ma dà fastidio, possibile che non lo capiscono?” DRINNNN “oh cavolo la campanella, dove vado or.."
- Ciao, tu sei quella nuova?-
Un ragazzo alto, biondino, carnagione abbastanza chiara e occhi neri si avvicinò a lei. 
- Sì, ma...-
- Immagino tu non sappia dove andare giusto ?- Il ragazzo le sorrideva, emanava amicizia, Luce gli sorrise a sua volta, un po’ più timidamente. 
- Già non ci capisco niente e poi ... qui mi fissano e basta- 
Lui si guardò intorno ridendo - hai proprio ragione, qui non c'è nessuno che si fa gli affari suoi , ma tanto questo è il liceo no?–
Aveva perfettamente ragione, questo era il liceo: popolari, sfigati, bulli; ora doveva affrontare  tutto questo. Anche se iniziare a metà anno non sarà una cosa molto facile.
- Ah, scusa se non mi sono presentato, Bill, Bill Bond- le tese la mano ancora sorridente ma adesso con un luccichio nei occhi.
- Lucinda Williams. Per gli amici Luce- gli prese la mano e sorrise, un amico già il primo giorno, gli sembrava un miracolo.
- Bene, dai ti accompagno io in segreteria– Sorrise soddisfatto.
- Sul serio mi accompagneresti?- Luce era sorpresa, non era tanto facile trovare un ragazzo, e sottolineo, ragazzo che il primo giorno ti si avvicini e ti aiuti , è ...dolce.
- Ma certo, andiamo- 
Bill l'ha portò con se, gli fece fare il giro turistico della scuola spiegando le varie aule e i professori. Per fortuna la prima ora non avevano lezione.
Scherzarono e parlarono molto, poi gli fece vedere la palestra: c'era una piscina all'esterno, mille attrezzi e una pista d'atletica, il professore sbraitava con una ragazza che non faceva un esercizio per bene, il professore si chiamava Martelli Marcello. Un uomo alto, robusto. Si capiva subito che era severo, ma anche sicuro di quello che faceva.
Vide l'auditorium, assomigliava più ad'una città, era immenso e c'era anche un teatro.
Luce era contentissima, lei amava il teatro.
- Sai, io frequento questo corso insieme a i miei amici: Bella è la più talentuosa, ma Emily riesce a tenerle testa, io invece devo competere con i due fratelli Grigori, i più popolari qui dentro, sono matti-
- Wow, hai tanti amici- 
- Beh si, ma saranno anche i tuoi dato che ora sei mia amica- Le prese la mano amichevolmente e lei gli sorrise.
- Ora è meglio che ti accompagni alla segreteria che tra un po’ inizia la seconda ora. Se non mi presento in classe in orario babbo natale si arrabbia-
- babbo natale?- Bill scoppiò a ridere e Luce era più confusa di prima
- babbo natale è il professore di biologia, si chiama Enzo Mancini. Anche lui come il prof di ginnastica ha origini italiane ma lui assomiglia a babbo natale e invece di parlare, urla, lo conoscerai presto. Ora andiamo-
Uscirono dall'auditorium e andarono in segreteria, era affollatissima: c'erano una marea di studenti con dei fogli in mano e altri davanti alla presidenza imbronciati. Istintivamente Luce fece un passo indietro ma Bill la fermò.
- Tranquilla, ci penso io- 
Si avvicinò ad'una donna bruna: aveva un'aria simpatica, era paffutella, ma molto bella, gli occhi grigi che risaltavano sulla pelle bianca, Bill le fece segno di avvicinarsi 
- Cussy, lei è la nuova arrivata, già gli ho fatto fare il giro turistico, ma ora devo scappare sennò babbo natale mi accoltella-
La donna lo guardò male mentre Bill disse babbo natale ma poi sorrise. 
- Te l'affido, trattala bene, mi raccomando!– Le fece l'occhiolino. Luce era sbalordita, questo ragazzo conosceva tutto e tutti e non aveva vergogna o paura, era sempre a suo agio. Come avrebbe voluto essere come lui.
Bill si avvicinò a Luce e le disse:
- A te invece ci vediamo alla pausa pranzo, intesi? Ciao ragazze- Luce non fece neanche in tempo a rispondergli che lui si dileguò.
- E’ sempre così mia cara, non cambierà mai, a parte i convenevoli, piacere, io sono Cussy Mcland. E tu sei Lucidna Williams. Mia cara ora compila questo modulo. Ecco le tue classi. Alla fine delle lezioni devi ritornare qui a consegnare questi fogli.-
Luce guardava le cose che Cussy gli aveva appoggiato fra le mani, erano una marea di documenti, tutti da compilare. Il mondo della scuola dopotutto è fatto di carta.
- Bene, sei apposto. Ora corri a fisica, siete in laboratorio, l'aula c'è l'hai scritta lì, ma comunque è l'ha 230, corri, corri. Se no farai tardi-
- Grazie- Le sorrise e uscì dalla porta scorrevole. 
"Ok, ora dove diavolo devo andare? Aula 230, come se fosse facile a trovarla. Grandioso, ritardo il primo giorno di scuola. Sarò sicuramente uno studente modello. Devo chiedere informazioni."
Luce vagava disperatamente in cerca di qualcuno o qualcosa che la aiutasse a trovare la sua aula. Trovò una ragazza castana bassettina, davanti ad un armadietto che cercava dei libri.
- Scusa, sai dove si trova l'aula 230 ?- la ragazza si voltò, la fissò un attimo e infine le sorrise.
- Tu sei la nuova arrivata non è così? Piacere, Emily. La 230 è l'aula dove devo andare anch’io, quindi tranquilla, andiamo insieme- Luce le sorrise, erano già in due ad avergli fatto quel sorriso sincero, pieno di bontà.
- Grazie infinite, comunque io sono Lu...-
- Luce non è così?-
- Come fai a saperlo?- 
- Faccio parte del giornalino della scuola, del gossip in teoria. Devo sapere tutto di tutti, anche delle New entry. Tranquilla, non entrerò nella tua privacy- Si diressero insieme nella loro aula.
Il laboratorio di fisica era immenso, c'erano vari oggetti strani, cartelloni appesi e molti ragazzi in giro. Il professore aspettava vicino alla cattedra. Appena vide Luce le sorrise e le prese il modulo per firmarlo. La quale si sedette vicino ad Emily. Per tutta la lezione non fecero altro che commentare l'abbigliamento del prof e i dubbi di Luce riguardo al piano di studio.
La mattinata era stata serena, la maggior parte dei corsi erano insieme ad Emily e ne era contenta, erano vicine pure di armadietto.
Arrivò la pausa pranzo e si doveva vedersi con Bill.
- Hey Luce, dove vai? Vieni a sederti con me al tavolo- Emily la chiamava.
- Eh no, mia cara, ci sono io- Bill si avvicinò a Luce da dietro, la face prendere uno spavento.
- Ma Bill, se siamo tutti insieme, nello stesso tavolo, che cavolo dici?- 
- Si, ma ce la devo portare io dato che sono stato il primo a conoscerla, giusto Luce?- 
- Mmm... s-si– 
- Bambino- Emily rigirò gli occhi e si mise a sedere.
- Lo so. Andiamo Luce ?- 
Erano tutti seduti su uno dei tavoli vicini alla finestra. Non si aspettava che i suoi due primi amici si conoscessero. Mentre Luce pensava, i due parlavano della mattinata, di lei e delle cavolate di Bill.
- Lui è un bambino, un bambino impertinente- Emily lo stuzzicava scherzando. 
- Sì, è vero, e ne vado fiero- Bill la guardava di sottecchi e si metteva a ridere.
- Contento tu mio caro– 
Stavano ancora mangiando quando una ragazza bionda si avvicinò a loro, pareva che si conoscessero, perché Bill ed Emy la salutarono rispettosi. Era proprio bellissima, aveva i capelli sciolti luminosi, i suoi boccoli cadevano perfettamente sulle sue spalle, indossava un top rosa, una giacchettina rossa, jeans attillati e degli stivali neri che gli arrivavano al ginocchio.
- Bella, vieni, ce ne hai messo di tempo, sempre a truccarti, eh?-
- E tu Bill sempre a rimorchiare vero?- Fissò Luce disgustata, poi le sorrise.
- Piacere, Bella Febrei- Luce le sorrise timidamente.
- Piacere mio, Lucinda Williams- Bella ricambiò ancora il sorriso e si voltò verso Emily.
- Daniel e James non si uniscono a noi, hanno gli allenamenti anche durante la pausa pranzo- 
- Pazienza, li vedrò dopo quei mascalzoni. Luce sono quelli di cui ti ho parlato prima-
- Ah, si- la presenza di Bella non la metteva più a suo agio. Era come se la padrona fosse arrivata e i suoi schiavi dovevano portagli rispetto e non degnarla di uno sguardo. Il bello era che dopo essersi presentate Bella non le riferiva più parola, e Luce si chiuse in se stessa ascoltando le chiacchiere dei suoi nuovi amici, chiedendosi chi fossero questi misteriosi Grigori .
La campanella suonò ed era ora di ricominciare le lezioni.
- Dove devi andare ora Luce ?- le chiese Emily prendendo gli avanzi del suo pranzo, Luce cacciò il suo orario dallo zaino
- Vediamo un po’... a confezioni- 
- Oh anch’io, siamo compagne- Bella si alzò e le andò vicino.
- Bill, Emily, voi andate, la accompagno io. Siamo compagne di corso.– 
- Ok. Io e il bambino ora abbiamo ginnastica, ci vediamo all'uscita- 
- A dopo- Bella prese Luce sottobraccio e andarono nel corridoio che portava all’aula.
- Bene bene, tu sei la nuova arrivata, vedo che ti sei già ambientata- Lo sguardo di Bella era molto freddo, anche se il suo atteggiamento era amichevole.
- In che senso?- 
- Nel senso che già al tuo primo giorno di scuola hai conosciuto me, la più polare in questa scuola, insieme ai fratelli Grigori, dato che sono così belli che non c’è una ragazza in tutta la scuola che non ne sia innamorata pazza- 
- Più popolari?-
- Certamente, non è da tutte, sai, sei stata fortunate- Le sorrise, anche se Luce avvertiva invidia e gelosia in quei gesti buoni. 
- Comunque sia, belli i tuoi vestiti-
- Ah, grazie- 
- Prego, ma non mi hai fatto finire la frase: sono molto belli per essere di seconda mano!- Le lasciò il braccio ed entrò dentro la classe. Luce rimase immobile "seconda mano?".
Le ultime quattro ore erano state infernali, Bella non faceva altro che farle complimenti ma allo stesso tempo insulti.
I professori erano tutti simpatici ma lei era ancora molto tesa.
Al suono della campanella uscì dall'aula.
- Luce, non venire con noi sennò farai tardi alla segreteria, spiegherò io la tua assenza agli altri, ciao-
Bella varcò il corridoio da grande modella, mentre lei, sfigata, rimaneva lì impalata. Sentiva alcuni ragazzi ridere di lei, abbassò la testa e andò alla segreteria.
- Oh, cara, com'è andato il primo giorno di scuola?- 
Luce teneva ancora la testa abbassata.
- Bene- 
Cussy la studiò un per un po’ ma alla fine lasciò perdere.
Uscì dalla segreteria, percorrendo il corridoio semideserto con l'umore a pezzi solo a causa di una ragazza che l'aveva derisa davanti a tutti, forse gli avrà parlato anche alle spalle. Prese i suoi libri e iniziò a correre, voleva andarsene.
"Mancano solo altri 364 giorni alla fine dell’anno". Corse fino all'uscita e lì si scontrò con un ragazzo.
- Oddio scusa, scusa, non ti avevo visto, volevo andare via, scusa- Si era accosciata a terra per prendere i libri, si meravigliò quando capì che anche lui la stava aiutando.
- Scusami tu, non avevo visto che stavi correndo- La sua voce era stupenda: profonda, intensa, armoniosa. 
Stavano raccogliendo i libri insieme. Non aveva ancora avuto il coraggio di alzare la testa e vederlo negli occhi, si sentiva strana, anzi, si sentiva bene in sua presenza. L'ultimo libro: matematica, lo prese, ma non si accorse che anche lui stava per prenderlo e le loro mani si toccarono. Alzò il capo e lo vide... restò senza fiato: Aveva i capelli biondi scompigliati sulla fronte, gli occhi grandi risaltavano sul viso abbronzato, verdicon sfumature celestine.
Appena lo guardò percepì la stessa sensazione che aveva avuto con il ragazzo della spiaggia. Era sicura di conoscerli.
- Em, grazie, scusa ancora- Le loro mani ancora non si erano staccate e continuavano a fissarsi.
- Ciao- disse lui con quel tono sensuale. 
- Ciao- Rispose Luce un pochino imbarazzata.
- Sei nuova?-
-Si, sono arrivata ieri in California- 
Si fissavano ancora, poi finalmente lui accennò un sorriso.
- Wow, ok. Io sono James Grigori. E tu?-
" Cavolo, quindi lui è uno dei due fratelli Grigori. Avevano ragione Emily e Bella a dire che erano uno schianto, per lo meno lo è James. Aiuto, mi sento stranissima, che mi succede? I suoi occhi, mi pare tanto di conoscerlo... oddio gli devo ancora dire il mio nome, che stupida"
- Sono Lucinda Williams ma per gli amici Luce- Si strinsero la mano e lei sentì tutto il calore della sua pelle. 
- Io devo andare che c'è mio fratello che mi aspetta, è stato un piacere conoscerti Luce-
- Il piacere tutto mio- si lasciarono piano la mano e lui se ne andò, il cuore di Luce batteva così forte che credeva di stare per morire.
 

DANIEL  GRIGORI

"Ma dove diavolo è andato mio fratello. Che palle sempre ad'aspettarlo e sopportare i suoi schizzi isterici. Ieri poi... dopo averla vista volevo... volevo ... cazzo"
- Fratello-
- Alleluia, ma dove cazzo eri?-
- Non immagineresti mai chi ho incontrato...- 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1037034