I'll come back to you

di Nihal_Land of Wind
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


 
 
I'LL COME BACK TO YOU
 
 
UNO
 
Susan girò l’angolo e si incamminò verso casa, osservando l’ incrocio affollato e trafficato di Londra dove la famiglia Scrubb abitava, poco lontano dalla stazione. Era il primo giorno delle vacanze estive.
La notte prima aveva dormito a casa di una delle sue nuove amiche. Si era divertita un sacco. Era una di quelle feste dove si spettegolava a gran voce dei compagni e compagne di classe e anche Susan aveva partecipato alle chiacchiere.
Passare molto più tempo con le compagne era per lei un fatto inusuale: gli anni passati per festeggiare la fine della scuola lei e i suoi fratelli andavano a casa dei signori Digory Kirke e Polly Plummer, per ‘ricordare i bei tempi di Narnia’, cosa che a lei non interessava più comunque. Che senso aveva continuare a parlarne se non poteva più tornarci nessuno di loro? E poi si aggiungeva il fatto che la seconda e ultima visita per lei si era conclusa nel modo peggiore: non trovava le parole per dire quanto le era costato lasciare Caspian... Per questo Susan cercava in tutti i modi di non pensare a Narnia: il mondo magico in cui lei e i suoi fratelli erano stati catapultati giocando a nascondino le ricordava troppo il principe e il futuro che avrebbe potuto avere con lui. Di conseguenza aveva quasi dimenticato quel fantastico teatro di mille avventure e incontri inaspettati; perciò, invece di partire il giorno prima con i suoi fratelli, i quali avevano seguito la tradizione consueta, aveva accettato l’invito dell’amica.
Susan però, mentre camminava, si accorse che le persone sembravano agitate e correvano verso un’unica direzione, da dove si stava alzando del fumo. Le parve anche di intravedere due figure vagamente somiglianti a zio Harold e zia Alberta; incuriosita, decise di andare a vedere.
 
C’era una grande folla. Si avvicinò ad un agente poco distante e chiese: “Scusi, che è successo qui?”
L’agente le scoccò appena un’occhiata: “C’è stato un incidente poche ore fa e il treno è deragliato.”
“Per caso la famiglia Scrubb è qui? Sono loro parente...”
L’agente si voltò completamente verso di lei questa volta; Susan fu sicura per un attimo che gli occhi di lui si fossero offuscati di un velo di tristezza; comunque la accompagnò verso il capannello di persone affollate intorno ai rottami del treno.
Capì immediatamente che qualcosa non andava. Sentì vagamente l’ufficiale dire che lui doveva andare per il momento e che comunque era meglio che Susan vedesse questa cosa con i propri occhi.
Udì un grido, un grido penetrante e straziante, un grido che può emettere solo una persona a cui il cuore è stato lacerato, strappato, privato della parte essenziale della sua vita.
Alla fine comprese che veniva da lei, perchè distesi per terra, fra le altre centinaia di persone,immobili e coperti di sangue, c’erano i suoi fratelli, i suoi genitori, Eustachio e Jill Pole.
 
 
Fu come se tutto il mondo si mettesse a girare su se stesso. Susan non capì più niente, le sembrò di avere un enorme buco nero al posto del cuore, tanto era sconvolta e incredula.
Si girò e cominciò a correre.
 
 
 
 
 
Ciao a tutti!! Questa è la mia prima fanfiction in assoluto, per cui non sono sicura se come inizio vada bene... Come primo capitolo è un po’ corto, ma spero che vi abbia fatto venire voglia di leggere il seguito XD. Prima di tutto, questa fanfiction parte dalla fine de L’ultima battaglia, il libro con cui si conclude la saga di Narnia. Se l’avete già letto avrete certamente capito cosa è successo... Questa storiella mi è venuta in mente pensando a Susan, che è il mio personaggio preferito nella saga e non mi piace il fatto che rimanga da sola a Finchley, perchè come sapete il resto della sua famiglia ha avuto l’incidente ed è morto. Così ho inventato un modo per farla ricongiungere ai suoi fratelli e a Narnia... ci riuscirà????
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Non lo so. Vedremo XD... Intanto cercherò di pubblicare al più presto il secondo capitolo... Poi dovete sapere che per scrivere questa fic ho preso spunto dai sette libri, però ho inserito anche la storia con Caspian del secondo film... perciò aspettatevi il suo ritorno! A presto
Nihal_Earth of Wind

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


I’LL COME BACK TO YOU

DUE

Susan corse. Non voleva più fermarsi. Voleva andarsene e correre, non riusciva ad accettare l’accaduto, non a lei, no...
Non riusciva a mettere a fuoco un solo pensiero sensato nella sua testa, aveva in mente solo quell’immagine dei suoi fratelli distesi, con i suoi genitori, Eustachio e Jill.
Aveva corso tanto che era arrivata a metà strada fra la stazione e casa sua. Meglio così, voleva solo allontanarsi da quel luogo che avrebbe evitato di sfiorare, tempo più tardi, anche col solo pensiero.
Nonostante fosse quasi arrivata a casa non si fermò, non accennò a rallentare.
La gente che passava la guardava incredula, chiedendosi perchè mai dovesse correre così tanto e perchè avesse le mani insanguinate, ma Susan, senza accorgersene, aveva stretto i pugni talmente forte da ferirsi con le unghie. La ragazza a sua volta lanciava occhiate sfocate alle persone che le passavano accanto ma non si curò delle loro espressioni. Erano così sorpresi che fosse disperata, scioccata, perchè aveva perso le persone che più amava al mondo? Avrebbe voluto urlare fino a perdere la voce.
Si accorse di avere la faccia tutta bagnata dalle lacrime, ma non le importava.
Di botto, si fermò in mezzo al marciapiede.
Si guardò le mani. Che cosa strana...il suo sangue in quel preciso istante stava andando dal cuore che batteva a tutto il suo corpo, ma quello di tutte le persone là, distese in stazione, non avrebbe più compiuto il suo percorso. Il loro cuore non avrebbe fatto più un battito.
Le lacrime dal suo bel viso le ricadevano sui vestiti, ma lei non stava più piangendo. Sentiva di non averne la forza. Non si preoccupò di asciugarle.
“Susan...Susan!”
In un primo momento non sentì la voce dei suoi zii, o non ci badò per nulla.
Loro la raggiunsero.
“Susan...è terribile...”.
Si lasciò abbracciare da sua zia, la testa annebbiata.
“E’ terribile...Peter, Lucy, Ed...Jill, i tuoi genitori e..... la voce di zio Harold si spezzò. “...Eustachio...”
Susan non disse nulla. Si sentì completamente stupida per aver pensato solo per un istante che fossero venuti per dirle che era tutto uno scherzo, seppure di cattivo gusto.
Ma non poteva essere vero, no...
“Ascoltala, Alberta: non se ne può rendere conto...”
Ascoltare chi?
“E’ inutile ripeterlo, Susan...non possiamo fare più niente ormai.”
Susan si accorse che le sue labbra si stavano muovendo. Ma perchè non se ne era resa conto prima? Aveva ripetuto “Non è vero” con voce strozzata durante tutta la corsa fino a casa, ecco perchè la gente che passava si era voltata a guardarla, così tranquilla e ignara di tutto, ignara della bomba che aveva fatto saltare in aria il mondo di Susan.
“Su, andiamo a casa.”
Se gli zii non l’avessero presa per le braccia e sorretta fino al portone, Susan sarebbe svenuta seduta stante. Era pallidissima.
Entrarono. La ragazza salì subito in camera, seguita dagli sguardi degli zii, e nella stanza si guardò allo specchio.
Quasi non si riconosceva. Aveva il viso fradicio, gli occhi erano sgranati e pieni di dolore, un dolore così grande da non saper descrivere a parole.
Si stese sul letto e, per aver pianto tutte le sue lacrime, cadde in un sonno senza sogni.



Giugno






Luglio






Agosto





Aprii gli occhi di scatto. Settembre. Primo giorno di scuola.
Il pensiero mi balenò in mente solo per qualche istante, per me tutto aveva perso importanza.
Istintivamente, meccanicamente, compii il rituale che esercitavo tutte le mattine: non potevo evitarlo, in parte perchè ne sentivo il disperato bisogno, in parte perchè quell’immagine scattata era la prima cosa ad attirare il mio sguardo. Era posata sul cassettone sotto allo specchio e ritraeva Eustachio, Jill, Peter, Edmund e Lucy alla fine della scuola. Ricordavo bene...


Il cortile è affollato di gente, perlopiù studenti che sfrecciano verso il cancello della scuola. Però c’è ancora il nostro gruppetto di ragazze vicino al muro, che chiacchiera e ridacchia a voce molto alta. Poco più in là, due adulti e cinque ragazzi, che aspettano me. Mi giunge l’eco di Peter, il mio fratellone, che dice qualcosa a proposito di una foto... alzo gli occhi al cielo scocciata, dobbiamo scattare la foto proprio ora che sto chiacchierando con le mie amiche che non vedrò per tre mesi! Mi giro e grido a Peter: “Non la possiamo fare più tardi? Sto parlando con loro!”
Lui mi risponde: “Gli zii vogliono una foto e mamma e papà ci stanno aspettando fuori dalla scuola! Manchi solo tu!”
“Allora fatela senza di me!” ribatto io girandomi di scatto e riprendendo la conversazione interrotta con le mie amiche.
Peter, rassegnato, si volta e torna verso il suo gruppo...


Mi pentii presto di quella scelta. Nell’ultima foto in cui comparivano i miei fratelli io non c’ero. Sentii il mio cuore lacerarsi e i miei occhi pizzicare.
In quel momento la porta si aprì.
“Susan, scendi che è pronta la colazione?”
Era zia Alberta; abitavo con loro dato che avevano ottenuto il mio affidamento. Annuii e lei chiuse la porta. Tornai a rivolgere lo sguardo alla foto e non potei fare a meno di pensare che quello era il primo giorno di scuola in cui non sarei stata accompagnata da loro. Strinsi le mani sulla cornice, senza riuscire più a tollerare il dolore sordo nel cuore, e decisi di scendere.
La foto rimase posata sul cuscino.






Non ho resistito alla tentazione di pubblicare subito anche il secondo capitolo hehe! Devo però avvertire i miei lettori che a causa della problematica connessione ad Internet riuscirò ad aggiornare più o meno una volta al mese, poi non parliamo di quando inizierà la scuola... Cercherò di inserire almeno un paio di capitoli alla volta, sempre che vogliate continuare a leggere ;-)
Ditemi cosa ne pensate fino adesso!
A prestoooo
Nihal_Earth of Wind

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


I’LL COME BACK TO YOU
 
TRE
 
Quando la zia aveva bussato, avevo avuto una sensazione di dejà vù: Lucy che saltava sul mio letto appena alzata. Ma non ci sarebbe stata mai più nessuna sorellina a darmi il buongiorno, solo una zia nel panico per quello che avrei potuto combinare. Di Lucy, Edmund, Eustachio, Jill e Peter sarebbero rimaste solo delle immagini scattate, che per quanto rappresentassero la realtà, non avrebbero mai e poi mai potuto ricreare quel senso di sicurezza e fiducia che mi infondevano quando li guardavo negli occhi.
Tentai di scacciare il ricordo del funerale, che avevo cercato di riporre invano in fondo alla mente, ma più provavo a respingerle, più quelle immagini riaffioravano ininterrottamente, prepotenti, dolorose: la fila per andare al cimitero, sette bare che si chiudevano per sempre sui corpi distrutti, il pallore della pelle, le persone che piangevano, ma non sarebbero mai state addolorate quanto me. Perchè avevo perso, me ne accorgevo solo in quel momento, le uniche persone che davano senso alla mia vita e senza di loro, davanti a me si stendeva il deserto.
 
C’era qualcuno che parlava al telefono... sembrava la zia. Zio Harold, invece, doveva essere uscito presto per andare al lavoro.
Non mi andava di fare colazione, però mi diressi lo stesso verso la cucina, nel caso lei avesse dato un’ occhiata nella stanza da sopra il telefono.
Arrivata sulla porta, sentii che la zia sussurrava concitata. Sembrava preoccupata, come se la telefonata fosse segreta. Non avevo nessuna intenzione di origliare, ma udii lo stesso le parole che pronunciava.
“...no, no, no, si è svegliata da poco, anzi appena conclusa la telefonata andrò a chiamarla di nuovo... sì, in effetti arriverà tardi a scuola se non si sbriga, anche se non so se abbia voglia di andarci... dopotutto chiunque sa della tragedia accaduta agli inizi di giugno... sì, anche lei ne è al corrente, dottore? Lo immaginavo... tutta Finchley ormai conosce la nostra famiglia, almeno di nome... non me ne vanto, certo, dopo quei terribili eventi, nessuno vorrebbe essere sulla bocca di tutti per questo motivo...”
Serrai i denti. Ero famosa perchè i miei parenti erano stati scagliati via con la forza di un uragano da un treno a tutta velocità! Ci mancava solo questa, fantastico!
“... in ogni caso, dottore, l’ho chiamata a causa di Susan... mi dispiace disturbarla così presto, ma vede, sono tanto preoccupata per lei... non voglio che a scuola facciano discorsi su ciò che è successo... se così fosse, da parte di Susan potrebbe scatenarsi una reazione come quella degli ultimi tre mesi...”
Oddio, cosa avevo combinato perchè la zia fosse così in pena?
Sembrò rispondermi senza volerlo.
“... ha cominciato piangendo in un modo incredibile, mi sono chiesta quante lacrime avesse ancora... ne ha versate ininterrottamente per una settimana intera, dottore... ma non è tutto: urlava, persino nel sonno... a volte grida sconnesse, altre volte invece i nomi dei suoi fratelli... sì, quella è stata forse la perdita più grande per lei, dottore, non sa quanto volesse loro bene...”
Ora zia Alberta parlava in modo febbrile.
“... ah, aspetti dottore, non è ancora finita purtroppo... rompeva tutto ciò che teneva in mano, non riusciva a controllarsi... e poi, forse la cosa peggiore... non mangiava più. Si rifiutava categoricamente di inghiottire qualcosa... Io non l’ho chiamata prima perché mio marito insisteva, era convinto che sarebbe passato tutto prima o poi, ma...”
Sgranai gli occhi. Sul serio avevo fatto tutto quello che la zia aveva appena detto?
Non me lo ricordavo...
...
Ah. Invece sì.
Dire che gli ultimi tre mesi erano stati un incubo per me è un eufemismo. Tutte le notti, tutte, sognavo di essere in un prato, con sopra di me un cielo blu scuro, come sospeso tra il tramonto e la notte. Dopo aver contemplato per un po’ il panorama iniziavo a correre, dapprima piano poi sempre più veloce, mentre intorno a me si faceva completamente buio. Come capita spesso nei sogni, a un certo punto le mie gambe si rifiutavano di lavorare, diventavano pesanti e io mi fermavo, cadendo in un buco nero senza fondo...
Di conseguenza mi svegliavo urlando. Ogni tanto il sogno variava, ma solo alla fine: quando iniziavo a cadere, vedevo intorno a me le facce dei miei fratelli, di Eustachio e di Jill, com’erano prima di Quel Giorno, non sfigurate dall’incidente. Mi fissavano molto seri però, finchè le ritrovavo sempre più vicine a me. E allora anche loro cominciavano a gridare, ma io non capivo mai cosa stessero dicendo e poi svanivano, anche se io li chiamavo per farli restare.
Ma non succedeva mai.
 
Persa nei miei pensieri, non mi accorsi che zia Alberta aveva interrotto la telefonata e ora si trovava esattamente di fronte a me.
“Susan! Hai già mangiato?”
Non risposi. Nonostante tutte le sollecitazioni dei miei zii, da tre mesi a quella parte non parlavo più, sia perché non volevo, sia perché non ne avevo le forze e mi sembrava inutile. Comunque mi sedetti a tavola e scelsi, tra tutte le cose buone che la zia aveva preparato, una semplice fetta di pane imburrato. Prima di Quel Giorno mangiavo abbastanza: salsicce, toast, qualche volta anche pane e marmellata, quel tanto da mantenermi in forma ma da avere le forze per affrontare la giornata. Ora invece ero dimagrita tantissimo, infatti...
“Tesoro, sicura di voler mangiare poco ancora? Sei diventata così magra...”
Prima di uscire diedi un’occhiata allo specchio di fianco alla porta. In effetti il mio viso non era più pieno e colorito come prima di Quel Giorno, ma pallido e smunto.
Comunque presi le chiavi e varcai la porta, dirigendomi verso la scuola.
 
Da Quel Giorno la zia non si fidava per niente a mandarmi a scuola in treno, perciò aveva chiesto aiuto a un nostro anziano vicino, il signor McKenzie, una persona davvero discreta che abitava solo e da quando era andato in pensione aveva una gran voglia di essere utile. Così mi accompagnava in macchina e in cambio zia Alberta gli donava generose quantità di frutta e verdura dal nostro orto, che era considerato il migliore del quartiere. Che volete, l’anziano signore era felice di essere pagato in questo modo.
Mi diressi dall’altra parte della strada, con la zia che mi spiava ansiosamente da dietro la tendina di una finestra, e salii in macchina del signor McKenzie.
“Buongiorno Susan! Come stai?” Mi chiese lui da davanti. Io mi limitai a un sorriso molto tirato, senza parlare. Il signor McKenzie mi sorrise a sua volta, poi si girò e mise in moto.
Durante il tragitto non mi ero posta il problema, ma quando arrivai all’entrata della scuola mi prese una vaga preoccupazione: non volevo che i compagni mi assillassero, volevo solamente essere lasciata in pace. Per questo esitai qualche istante prima di aprire la portiera. Il signor McKenzie mi guardava interrogativo; a quel punto feci un altro sorrisetto e mi dissi che dovevo decidermi a scendere.
Come mi aspettavo, il cortile era già pieno, anche se nutrivo la remota speranza di riuscire a scappare verso l’entrata della scuola senza farmi notare. Non appena misi piede in cortile, una faccia vicino al cancello si girò e mi fissò.
In pochi istanti sembrò che fosse arrivato l’inverno in anticipo, perché tutti gli studenti ammutolirono e mi fissarono. Gelo assoluto.
Poi, saettando come una serpe fra l’erba, iniziarono a diffondersi un basso mormorio e qualche fugace occhiata verso di me. Io procedevo con la faccia a terra, dapprima camminando, poi sempre più veloce. Nonostante tutto senza volerlo, come se il mio udito si fosse magicamente amplificato, riuscii a distinguere i sussurri:
“E’ Susan Pevensie...”
“... all’inizio dell’estate...”
“... orribile incidente...”
“... i suoi parenti...”
“... tutti...”
Non lo sopportavo più: cominciai a correre, fino a sbattere contro la porta di entrata, sfrecciare su per le scale senza guardare nessuno e fiondarmi in classe.

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


I’LL COME BACK TO YOU
 
QUATTRO
 
Notai con sollievo che in classe non c’era nessuno ancora, perciò avrei potuto scegliere il posto che volevo. Presi possesso all’istante dell’ultimo banco in ultima fila, dalla parte opposta alla porta, tirai fuori i libri dalla cartella e finsi di essere occupatissima a impilarli un po’ a destra e un po’ a sinistra, in modo da non essere vista ma da potere sbirciare da un sottile spazio nel mezzo. Driiin! La campanella.
A poco a poco la classe si riempì e io guardai i miei vecchi compagni senza però vederli davvero. Le mie amiche Holly e Amy si sedettero nei due posti di fianco a me. “Ciao Susan!”
Risposi con il solito sorriso tirato (ormai era automatico), ma distolsi subito lo sguardo per fissarlo di fronte a me. Non l’avessi mai fatto: tutti quanti, compresa la prof di scienze che era appena entrata, puntavano gli occhi su di me. Sorrisi un’altra volta; cominciavo a detestare questo gesto. Rimasero lì a fissarmi per qualche secondo, finchè la prof (che ringraziai mentalmente) li richiamò.
“Buongiorno ragazzi.”
Tutti risposero a voce alta tranne me.
“Per oggi direi che non faremo niente di particolare, a parte raccontarci come sono andate le vacanze...”
Si accorse all’istante di aver fatto un passo falso, perché la vidi sgranare gli occhi al mio indirizzo e cambiare bruscamente rotta:
“... altrimenti possiamo prendere il proiettore e guardare un documentario!”
Inutile dire che fui a favore del documentario. Così passai le due ore successive a fissare con occhi vitrei il muro senza prestare veramente ascolto. Holly e Amy se ne accorsero nonostante fosse buio e mi lanciavano occhiate di sottecchi: ero sempre io quella che stava super attenta e non si perdeva una parola. Però avrebbero dovuto capirmi.
Per tutto il giorno riuscii a evitare le domande dei compagni; a essere sincera furono molto discreti, alcuni di loro mi rivolsero solo dei timidi: “Come va?” forse temendo che fosse una domanda stupida da fare visto ciò che era successo. Ma anche se non mi andava di parlare con nessuno, in fondo mi fece piacere che non mi avessero abbandonata.
Fu comunque un sollievo quando suonò la campana di fine lezione e potei salire sulla macchina del signor McKenzie per tornare a casa.
 
 

~ tre mesi dopo ~

 
 
“Allora ragazzi, non dimenticatevi di segnare i compiti delle vacanze!!”
Era sempre la prof di scienze, ansiosa come non mai. Secondo lei più compiti si danno nelle vacanze meglio è. Servono, certo, ma perché le chiamerebbero vacanze? Poi io avevo perso ogni interesse per lo studio. Peter diceva sempre che passavo tutto il giorno a studiare...
Nel cortile della scuola letteralmente sommerso dalla neve, mi staccai come sempre da Holly e Amy e andai per conto mio verso l’uscita. Pensavo che si fossero ormai abituate a questo mio comportamento, ma a giudicare dalle occhiate che Holly mi lanciava non era così.
 
Amy controllò che Susan fosse abbastanza lontana. “Dai, Holly, abbi pazienza” le disse poi. “Dalle tempo.”
“Sta sempre per conto suo” rispose Holly. “Passare un po’ di tempo con le sue amiche secondo te non la aiuta?”
“Probabilmente vuole pensare per conto suo!”
“Ma non ci parla da tre mesi! Ogni volta che le chiedevamo qualcosa come ‘che ne pensi di questo Susan?’ lei ci guardava stringendosi nelle spalle. E poi, hai notato che sembra non si ricordi nulla dell’anno scorso? Per esempio quel ragazzo che ha conosciuto ad aprile, Tom; parlava sempre di lui e ora è completamente scomparso dalla sua mente.”
Amy la fissò. Infine l’altra sospirò e disse piano: “Mi fa male vederla così. L’incidente del treno le ha cancellato tutto dalla mente e ora è completamente persa. Voglio solo aiutarla, ma lei non ce lo permette se non sta mai con noi.”
“Sì. Lo so.”
 
“Peter!”
E’ notte; il ragazzo corre non appena la madre lo chiama. “Nel rifugio!” Peter scappa, trascinando con sé il piccolo Edmund...
Susan avrebbe dovuto prendere Lucy. Ma è la madre a svegliare la più giovane dei Pevensie, perché Susan non c’è. I quattro corrono fuori dalla porta ed è allora che la sorella maggiore appare all’improvviso davanti alla botola del rifugio, ma la sua famiglia la attraversa come se fosse fumo. Susan non capisce, prova a seguirli. Le bombe lanciate dagli aerei in volo sembrano non sfiorarla, come se fosse semplicemente inesistente. Riescono ad entrare nella botola e anche Susan ci si lascia cadere, ma non c’è il rifugio. C’è solo un immenso prato sotto un cielo blu scuro; Susan non vede più la sua famiglia, allora corre per ritrovarli, ma il buio la inghiotte e lei cade senza potere fare nulla...
Da lontano però vede un volto, un volto che conosce bene...

 
Mi svegliai urlando. Da tre mesi sognavo sempre la stessa cosa, non ne potevo più. Persino il giorno di Natale...
Mi andai a lavare e poi mi vestii. Non riuscivo ad essere felice quel giorno: il primo Natale senza i miei fratelli. Quando erano ancora vivi, i Natali erano stupendi: la mattina Lucy era la prima a svegliarsi (e di conseguenza a svegliare gli altri) e a correre di sotto per vedere i regali. Papà tornava a casa, così a pranzo eravamo tutti uniti intorno al tavolo a festeggiare e a gustare le bontà preparate dalla mamma. Il pomeriggio lo passavamo nel salotto a giocare o solo a parlare; poi a sera uscivamo bene imbacuccati e andavamo nella piazza di Finchley addobbata a festa e Lucy era affascinata da tutte quelle luci. Regolarmente era Edmund a lanciare la prima palla di neve, di solito alla sorellina, così si scatenava la lotta sotto lo sguardo divertito dei nostri genitori...
Mi riscossi; un’altra cosa che non sarebbe più accaduta, un altro ricordo.
Scesi in salotto; mi ero alzata tardi e la zia stava ormai finendo i preparativi per il pranzo. “Buongiorno Susan” mi disse sorridendo, poi mollò il mestolo e corse ad abbracciarmi e a darmi un bacio sulla fronte. “Buon Natale!”
Io in risposta la abbracciai forte. Non volevo essere così fredda, ma c’era ancora qualcosa che mi impediva di parlare. La zia tornò ai fornelli, sempre sorridendo. “Tra poco Amy e Holly saranno qui, cara.” Erano infatti state invitate per il pranzo di Natale. Giusto in quell’istante suonò il campanello e io andai ad aprire, pronta per le lunghe chiacchierate che le mie amiche sapevano fare.
Quando aprii la porta però non mi trovai davanti Holly e Amy, ma un’altra persona. Una persona che riconobbi subito.
 
 
 
 
 
 
 
 
Scusate. Scusate. Scusate. So di essere in ritardo ma non ho potuto scrivere da quando è iniziata la scuola. Spero che il risultato comunque mi giustifichi ;-D
Come avete visto, ho pubblicato terzo e quarto capitolo. Chi saranno i personaggi misteriosi apparsi alla fine? Nel prossimo capitolo sarà svelato l’arcano!
Grazie tantissimo a Beth 96, RomioneThebest e Voice35 che hanno recensito la mia storia, sempre a Beth 96, Freddy Barnes, Sunny Fortune, TheGentle 95 e vale 95 che hanno indicato la mia storia tra le seguite e ancora a weasley_fg e a Sunny Fortune che l’hanno indicata tra le preferite!!
Nihal_Earth of Wind 

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


I’LL COME BACK TO YOU
 
CINQUE
 
Rimasi immobile sulla porta mentre il volto del mio sogno si sovrapponeva a quello che avevo davanti. Sembrava... ma non poteva essere...
“Ciao Phillis!”
Sbattei le palpebre un paio di volte, rimanendo a bocca aperta mentre il viso del mio sogno, così nitido fino a un attimo prima, spariva lasciando posto a un sorridente tizio con capelli neri e occhiali rotondi. Mi ci volle qualche momento per capire che era quello che mi fissava sempre da una finestra della Hendon House (la scuola di fronte alla mia) e che una mattina di tre anni prima mi era venuto a parlare mentre leggevo in santa pace il giornale fuori dalla stazione; da allora non mi aveva mollata un secondo. Ed era ancora convinto che mi chiamassi Phillis e che Susan fosse il mio soprannome; ma almeno con lui potevo conservare l’anonimato.
“Adam!” mi voltai di scatto verso mia zia che era giunta sulla porta: allora lo aveva invitato lei? “Entra pure!”
Sgranai gli occhi per farle capire che non era proprio il caso dato che sapevo bene ciò che lui provava per me, ma non ci fu verso: Adam si lanciò subito oltre l’uscio e mia zia lo fece sistemare in sala da pranzo. Li seguii, però c’era qualcosa che non mi tornava: il volto del sogno assomigliava straordinariamente a quello di Adam. Che strano.
“Sei stato gentile a passare” stava dicendo intanto zia Alberta.
 “Grazie signora Scrubb” disse luicontinuando insistentemente a fissarmi, mettendomi parecchio a disagio. “Sono passato a fare gli auguri per questo giorno di Natale, anzi ringrazio voi per la vostra ospitalità.”
Oh santo cielo. Stava tentando di trascinare mia zia dalla sua parte!! E infatti...
“Ma figurati caro, casa nostra è sempre aperta per un amico di lunga data di Susan!”
Ecco.
Io non avrei definito Adam un ‘amico’... diciamo piuttosto uno che mi stava appiccicato ogni volta che salivo in treno, insistendo per sedersi vicino a me e spesso rubando il posto ai miei fratelli che salivano poco dopo. Ma a quanto pare mia zia riteneva che fosse la compagnia ideale per me dopo l’incidente.
“Lei è molto gentile! Ma temo proprio di dovermi accomiatare anche se mi dà molto dispiacere...”
Avevo dimenticato il suo modo di parlare così forbito.
“Ma prima, questo è per te, Phillis!”
Tirò fuori dalla tasca un pacchettino e me lo porse, imporporandosi un po’ sulle guance. Io accettai, ma dato che ancora non volevo parlare, presi dal tavolo un quadernino che usavo appunto per queste situazioni e vi scrissi un “Grazie”.
Adam mi sorrise e disse: “E’ solo un pensiero, ma magari... non sono come ti aspettavi.”
Lo guardai, senza capire davvero cosa volesse dire con l’ultima frase. Zia Alberta sembrava non avere sentito.
“Signora Scrubb, è stato un piacere vedervi, la ringrazio ancora. Porti i miei auguri anche a suo marito!”
“Certo, caro! Torna pure quando vuoi. E buon Natale!”
Detto questo, Adam sparì oltre la porta.
“Ma che ragazzo gentile, è passato a fare gli auguri, che brava persona...” mentre mia zia continuava a tessere le lodi del mio ‘nuovo amico’, sentii una strana sensazione, come un presentimento e un ricordo lontano...
Decisi di tornare di sopra per poter pensare più liberamente.
“Ma che peccato però, non è rimasto neppure cinque minuti...”
 
Seduta sul letto della mia camera, rimasi a fissare il pacchettino, indecisa se aprirlo subito o aspettare. Non riuscivo ancora a collegare la frase di Adam a quella inaspettata sensazione. Dopo l’incidente, conservavo poco degli avvenimenti precedenti, come se il treno stesso mi avesse colpita resettando la mia memoria; ma dovevo riuscire a venirne a capo. Nell’attesa, mi decisi finalmente a strappare la carta.
Rimasi senza fiato: conteneva un paio di orecchini, due perle azzurre come i miei occhi; erano abbastanza semplici a dire la verità ma io li trovavo comunque bellissimi, ed ero certa di averli già visti da qualche parte ma non ricordavo dove...
Forse ero vicina alla risposta...
“Susan, le tue amiche sono arrivate!!”
Sospirai; avrei pensato più tardi a quel regalo.
 
POV ADAM
Adam girò l’angolo correndo; aveva fatto più in fretta che poteva. Sentiva già che la copertura non avrebbe retto, ma doveva fare un ultimo sforzo. Passò dietro la statua del grande leone che si trovava proprio fuori dalla stazione e si infilò in una porticina ben nascosta: lì di sicuro non sarebbe stato scoperto.
“Allora, come è andata?” chiese una voce, possente e calda, ma con una lieve nota di ansia.
“Le ho dato il pacchetto, ma non lo ha aperto sul momento” rispose il ragazzo col fiatone. “La copertura comunque ha retto, almeno finora... Lei non mi ha riconosciuto.”
Il proprietario della voce iniziò a camminare avanti e indietro. “Ricorda bene, dovrà fare tutto da sola. Tu potrai solo indirizzarla, ma dovrà essere lei a decidere.”
Lo sguardo di Adam si fece triste e preoccupato. “Ma se non...”
“So quanto tieni a lei” rispose gentilmente la voce. “Ma ora non è il momento. Dovrai aspettare altre due settimane. Ora vieni, non è prudente restare qui.”
Si voltarono e sparirono nel buio.
 
 
...Capodanno...
POV SUSAN
Ancora per una settimana, tutte le notti il sogno della mia famiglia e del rifugio della guerra mi aveva tormentato. Una stanchezza improvvisa mi aveva colpita dopo pranzo e non fu diverso quando mi svegliai il pomeriggio del 31 Dicembre, urlando come d’abitudine.
Tra l’altro appena realizzavo che era un sogno, l’ansia non se ne andava anzi rimaneva presente e restava appostata per delle ore. Poi a sera ricominciava. Ero letteralmente spossata.
Decisi che quella sera mi sarei vestita con più cura rispetto al solito: sarei andata da Amy, che aveva una bella casa e avrei festeggiato con alcune compagne di classe. Era un grande passo avanti, come i miei zii mi fecero notare, dato che per mesi non avevo voluto vedere nessuno. Però mi rifiutavo ancora di parlare: era come se la mia voce non fosse mai esistita.
Dopo essermi vestita, mi cadde l’occhio sugli orecchini che Adam mi aveva regalato una settimana prima. Beh, perché non indossarli? Li trovavo belli e poi stavano anche bene col mio vestito, appunto azzurro.
Mi sorprese che potessi pensare di nuovo a cose come i vestiti: il mio stato di incoscienza iniziava a svanire; ma sapevo che non sarebbe mai scomparso del tutto e avrei sempre portato addosso il lutto per i miei familiari.
Scesi di sotto e i miei zii mi fecero i complimenti. Li accettai con un sorriso mesto e poco dopo arrivò il signor McKenzie, il quale si era gentilmente offerto di accompagnarmi e di portarmi indietro dalla festa. Di sicuro zia Alberta gli avrebbe dato qualche cassetta di frutta in più.
In poco tempo arrivai a casa di Amy, già addobbata per l’occasione.
“Ciao Susan!” mi salutarono le mie amiche e io entrai. La stanza era grande e c’erano già quasi tutte le mie compagne.
Avevo lasciato i capelli sciolti, ma Holly notò lo stesso i miei orecchini: “Ti stanno molto bene... Sono perfetti con i tuoi occhi!”
Avvertii un’altra scossa, ormai familiare, quando mi venivano in mente pensieri che non credevo più di possedere, ma stavolta la riconobbi.
Avevo avuto un’illuminazione.
 
 
 
 
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Eccomi!! Sono giorni che cerco di finire questo capitolo ma causa compiti non ho potuto... Inoltre sono reduce dal tema di italiano per cui questo capitolo non è venuto come volevo, comunque dovrebbe avervi fatto incuriosire!
Ringrazio ancora tutti quelli che hanno messo la mia storia fra le preferite, seguite o ricordate, hanno lasciato una recensione (fa sempre piacere quando si ricevono xD) e anche i lettori silenziosi J
Un grande saluto a tutti!
Nihal_Earth of Wind
P.S: Non ricordo se Adam si chiama così anche nel film o se non si conosce proprio, comunque nel caso ho inventato io questo nome. Dalla descrizione dei capelli neri e occhiali rotondi sembrava Harry Potter, ma comunque immagino abbiate capito di chi si tratta.
Ciao!!

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei ***


I’LL COME BACK TO YOU
 
SEI
 
POV SUSAN
Holly mi vide sgranare gli occhi. “Tutto bene?” mi chiese.
Io annuii, ancora su di giri per l’illuminazione che avevo avuto poco prima. Ecco perché quando avevo aperto il pacchettino che mi aveva dato Adam avevo avuto la sensazione di un ricordo lontano... perché un ricordo di quegli orecchini ce l’avevo già.
Tutto stava nel metterlo a fuoco.
“Dai vieni, balliamo un po’” dissero Amy e Holly trascinandomi al centro della stanza e iniziando a ballare. Capii che stavano facendo di tutto per farmi sentire di nuovo meglio e ne fui molto contenta: non ero da sola.
Fu la serata più bella che avessi trascorso; da molto tempo non mi capitava di sentirmi così bene. Ascoltavo le chiacchiere delle altre e rispondevo, sempre per mezzo del quadernino.
Verso le due (era Capodanno, ma a una certa ora i genitori della mia amica volevano andare a dormire) il signor McKenzie arrivò per riportarmi a casa e io fui libera di pensare tra me e me. Avevo un’immagine confusa di Peter che mi diceva esattamente quello che mi aveva detto Holly: “Ti stanno molto bene... Sono perfetti con i tuoi occhi!” Però non ricordavo ancora in quale circostanza mio fratello mi avesse fatto questo complimento.
Rimuginando su questi pensieri, ero arrivata a casa. Salutai il signor McKenzie ed entrai, salendo fino alla mia stanza. Dopo essermi cambiata, mi infilai nel letto.
 
POV ADAM
Adam osservò da dietro un cespuglio la finestra di Susan; se qualcuno fosse passato da lì in quel momento avrebbe potuto pensare molto male, ma il ragazzo lo faceva per una giusta causa.
Le due settimane erano passate, quello era l’ultimo giorno. Ora doveva solo attendere che Susan si addormentasse e poi avrebbe saputo. Passò un quarto d’ora e Adam iniziava a spazientirsi, quando finalmente sentì che era il momento. Chiuse gli occhi e dopo un po’ sentì un urlo soffocato provenire dalla stanza della ragazza.
Riaprì gli occhi, deluso. Niente da fare, era proprio un’impresa disperata. Ma più di così cosa poteva fare? In ogni caso non avrebbe rinunciato. Sentendo un lieve tonfo vicino a lui, trasalì e si voltò di scatto.
“Sono io, non preoccuparti” disse la voce che gli aveva parlato dietro la statua del leone fuori dalla stazione. Il buio gli impediva di riconoscerlo, ma non c’era pericolo. “Allora?”
“Niente. Neanche ora.”
Il proprietario della voce trasse un lungo sospiro.
“Perché?” chiese il ragazzo d’impulso, tutto a un tratto. “Perché Susan non riesce a ricordarsi? Io ho fatto di tutto!! Sono mesi che cerco di farglielo capire e...”
“Silenzio.” Intimò la voce. “E’ più complicato di quanto pensassi. Non è prudente comunque farci vedere qui, potremmo non essere gli unici a sorvegliare Susan.”
Adam si zittì, ma aveva capito: “Lei?” domandò in un sussurro.
La persona invisibile annuì gravemente. “E’ necessario fare in fretta. Bisogna che Susan venga da noi prima che la Strega Bianca la attragga dalla sua parte. Andiamo.”
Detto questo sparirono, inghiottiti dal buio.
 
POV SUSAN
Cercavo di non addormentarmi sulla fetta di pane con la marmellata, ma era un’impresa ardua. Inoltre la zia mi osservava, sorpresa ma finalmente contenta che avessi iniziato a mangiare un po’ di più e mi mise davanti una bella tazza di tè fumante.
“Di’ la verità, qualcuno ti ha fatto cambiare idea a Capodanno” sorrise. Io scossi la testa: avevo semplicemente sentito il desiderio di mangiare pane e marmellata. “Non è che c’era anche Adam alla festa dell’altra settimana?” continuò zia Alberta sorridendo ancora di più. Mi affrettai a scrivere “NO” sul mio quadernino. E poi, anche se fosse stato, non poteva avermi convinto una delle mie amiche? Avevo l’impressione che la zia fosse un po’ troppo fissata con Adam in quel periodo.
“Vedi Susan” si era seduta di fianco a me. “Io ho notato che stai bene con Holly e Amy, ma hai sempre qualcosa che ti blocca. Invece Adam è un ragazzo così gentile e premuroso... secondo me se provassi a frequentarlo ti renderesti conto che può diventare un buon amico!”
Io non condividevo la visione della zia in realtà, ed ero piuttosto indecisa, ma alla fine acconsentii e mia zia gli telefonò per dirgli da parte mia di vederci al parco... ma solo in presenza di Amy.
 
La mia amica ridacchiava. “Ma che tipo è questo Adam?”
Le scrissi: lo vedrai quando arriva.
“Ma mi dici almeno se è carino?” era più agitata lei di me.
Secondo me di viso no. Ma uno la faccia non se la sceglie.
“Già. Da quanto dice tua zia però è molto gentile...”
La invitai a interrompersi: in fondo alla strada stava apparendo correndo il diretto interessato, con la sciarpa al vento. Io mi portai la mia intorno alle guance: mi faceva sentire più sicura di me.
“Ciao ragazze!” salutò fermandosi con uno scivolone davanti a noi. “Ciao!” rispose Amy mentre io agitavo una mano. “Facciamo una passeggiata?” propose lui e così ci incamminammo. Era evidente che Amy si sentiva il terzo incomodo, ma per me non c’erano problemi e a quanto pareva nemmeno per Adam, che camminava tranquillo di fianco a me. La mia amica tentò allora di fare conversazione con lui, con domande del tipo: che scuola fai, come trovi i professori, eccetera. Io non li interruppi, finchè non vidi una figurina stagliarsi poco più avanti e che riconobbi immediatamente per Holly. Anche Amy l’aveva vista.
“Amy!” disse Holly raggiungendoci “Ciao Susan! Amy, mi ha appena chiamata Elizabeth, dobbiamo finire il progetto di scienze! Te ne eri dimenticata?”
Io la guardai con una faccia del tipo: “Ah, sì?” Quale progetto di scienze? Mi risultava che la professoressa avesse dato solo esercizi e da studiare, senza parlare di una prova pratica.
“Ah... Ah già, il progetto di scienze!” esclamò Amy. “Mi dispiace ma devo andare... E’ stato un piacere conoscerti, Adam. Susan, ci vediamo presto, baci!”
E le mie amiche se ne andarono, lanciandomi qualche occhiata di scusa.
Ok... mi trovavo con Adam, da sola, in un parco coperto di neve. All’improvviso anche lui pareva agitato.
“Ehm...” iniziò. “Senti, Susan, devo chiederti una cosa.”
Aspetta un attimo... mi aveva chiamata Susan? Ma allora lo sapeva che quello era il mio nome vero.
“Ehm... ti sono piaciuti gli orecchini?”
Un po’ perplessa, annuii vigorosamente. Ero sincera.
“E, ehm... li ha-li hai messi?”
Ora ero decisamente perplessa. Annuii di nuovo, ma probabilmente era la risposta che si aspetterebbe chiunque faccia un regalo del genere. Ma perché me lo chiedeva?
“E... li hai messi a una festa?”
Ma che faceva, mi spiava? Glielo scrissi nel quadernino e glielo mostrai. Lui diventò immediatamente rosso.
“No assolutamente no!” rispose in fretta. “Non lo farei mai... E’ solo che sono adatti per una festa infatti li hai messi anche in un’altra occasione...”
Aveva ragione. Altrochè se ce l’aveva!! Li avevo messi a un ballo!!
Scrissi anche questo. “Esatto!” era contento.
A un ballo di fine anno scolastico!Scrissi.
Adam però pareva deluso ora.
Ma tu come lo sai?
L’attenzione del ragazzo però fu attirata da qualcosa poco più in là. “Non è il momento per parlarne” mi prese per un braccio e mi spostò dietro di lui.
“Maledizione” mormorò. “E’ arrivata.”
 
 
 
 
 
 
 
 
Ciao a tutti! Finalmente ho pubblicato un altro capitolo, ci ho messo tutto il pomeriggio di ieri per scriverlo! Scusate il ritardo, lo so lo dico sempre ma sono stata strapiena di cose da fare; ora meno male che ci sono le vacanze!
Auguro un felicissimo Natale e uno spettacolare anno nuovo a tutti coloro che hanno recensito la mia storia, l’hanno messa tra le preferite, seguite o ricordate e anche ai lettori silenziosi! Buon Natale!
Nihal_Earth of Wind 
 

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette ***


I’LL COME BACK TO YOU
 
SETTE
 
 
POV SUSAN
Non feci in tempo a chiedermi perché Adam fosse così allarmato, perché il ragazzo sbiancò all’improvviso e mi disse: “Devo portarti via da qui, a casa.”
Mi prese per un braccio e iniziò a correre nella direzione da cui eravamo venuti; sembrava stesse scappando da qualcosa...
“Corri, Susan!!” gridò. Cercai di sforzare di più le mie gambe poco allenate, ma nel farlo incespicai e caddi in mezzo alla neve...
Adam era poco più avanti per lo slancio, ma tornò indietro subito non appena mi vide a terra. Nel frattempo cercai di alzarmi puntellandomi sui gomiti e mi girai. La cosa che vidi mi fece restare interdetta per un momento.
Davanti a me stava un esserino alato che a prima vista sembrava una innocua farfalla, ma non poteva essere in pieno inverno; infatti era un vero e proprio essere umano in miniatura con grandi occhi azzurri e folti capelli rosso scuro. Era vestito di nero e sembrava puntare proprio a me. Vidi il suo pugnetto stringersi e quando lo riaprì conteneva qualcosa di luminoso che voleva lanciarmi.
Non avevo idea di dove fosse sbucato, ma ero sicura che non fosse simile a Trilli di Peter Pan. In quel momento sentii Adam dietro di me che tentava di tirarmi su: “Susan, alzati! Se ti prende è finita!”
Finalmente fui di nuovo in piedi, ancora confusa da quella apparizione che sembrava uscita da un mondo magico, e scappai seguita dal ragazzo; dopo pochi minuti eravamo di fronte alla porta di casa mia, ansanti per la corsa.
“Senti” disse Adam ancora col fiatone “Adesso entra... Ma non devi uscire... per qualche giorno...”
Sgranai gli occhi. Perché mai? E cosa diavolo era quella fatina dai capelli rossi?
Sembrò intuire le mie domande silenziose: “Ti spiegherò tutto... ma ora devo andare, quel folletto mi ha visto, non posso restare qui. E non posso nemmeno venire a spiegarti... qualche giorno. Aspetta solo qualche giorno, per favore.”
Non avevo capito assolutamente nulla di quel discorso, ma attraverso i suoi occhiali vidi una sincera preoccupazione per me nei suoi occhi. Annuii, anche se controvoglia.
“Resta in casa” fu l’ultima cosa che mi disse prima che entrassi e andassi alla finestra della cucina per sbirciare fuori... Ma era già sparito.
 
Dovette passare una settimana. Una settimana intera senza uscire di casa; non che prima mettessi piede fuori molto, ma dalla festa di Capodanno, non so perché, avevo recuperato un po’ di voglia di fare qualcosa. Ora però ero costretta all’inattività e gli zii iniziavano di nuovo a preoccuparsi. Seduta nella mia camera, guardavo fuori dalla finestra i fiocchi di neve posarsi sul davanzale e ripensavo alle parole di Adam. C’erano molte cose non chiare in quella situazione e avevo intenzione di scoprirle; primo, cos’era quella che io avevo definito ‘fatina’ ma che lui aveva chiamato ‘folletto’? Perché Adam era così preoccupato? Ed era un caso che fosse ricomparso proprio in questo momento, a tre anni di distanza dall’ultima volta che mi aveva parlato? E perché aveva detto ‘se ti prende è finita’? Non ce la facevo più ad aspettare.
Domenica pomeriggio cominciavo a spazientirmi sul serio. Non poteva mettermi tutti questi dubbi in testa e poi mollarmi così! Alla fine presi una decisione: sarei andata a cercarlo. Di solito a pomeriggio studiava nella biblioteca della città (me l’aveva detto Amy che sembrava averlo preso in simpatia). In teoria avrei dovuto rispettare la sua preoccupata esortazione a non uscire, ma non ne potevo sinceramente più. Che cosa poteva succedermi, in fondo? Ormai conoscevo bene Londra.
Così due minuti dopo ero sul marciapiede innevato, con sciarpa e giubbotto, e mi incamminai verso la biblioteca. Solo quando mi ci trovai ormai di fronte mi ricordai che dovevo passare davanti alla stazione, per forza: l’unica altra strada mi avrebbe fatto fare un giro lungo il doppio e non era il caso in mezzo alla neve. Ma che problema c’era? Mica ci dovevo entrare, dovevo solo passare sul marciapiede opposto. Raddrizzando la schiena, feci un passo, poi un altro, fissando l’ingresso della stazione come se ce l’avesse con me. Ma forse ero io che ce l’avevo con lui. Stavo per distogliere lo sguardo, quando vidi in mezzo a tutti gli altri il volto della persona che stavo cercando; Adam non si accorse di me e, per quanto avessi pregato che non lo facesse, dopo essersi guardato intorno furtivamente si infilò esattamente dentro alla stazione.
Non ci volevo entrare. Non ero ancora pronta. Ma dovevo farlo, se volevo avere delle risposte. E al momento questa necessità era la cosa più importante.
Mi feci coraggio e attraversai la strada; esitai solo un attimo prima di entrare. Senza un apparente motivo, il cuore mi batteva come impazzito.
Mentre scendevo le scale, non mi accorsi di uno svolazzo rosso dietro di me.
 
I fischi dei treni parevano assordanti; c’erano troppe persone e non riuscivo a scorgere Adam. Guardai da ogni parte, sentendomi nello stesso momento fuori posto in quel luogo. Finalmente lo vidi! Iniziai a correre scostando malamente le altre persone perché sembrava che lui andasse sempre più veloce e si guardava ancora intorno, come se anche lui stesse cercando qualcosa, o qualcuno.
L’avevo quasi raggiunto... Un treno arrivò in quel momento con uno stridio assordante e Adam si voltò proprio verso di me. Inizialmente scorsi sorpresa sul suo volto, ma poi questa si trasformò in panico e impallidì.
Non capivo. Perché aveva paura di incontrarmi?
 
POV ADAM
“SUSAN GIRATI!!” gridò Adam con quanto fiato aveva in gola; si era girato dopo avere sentito uno stridio che poteva appartenere a un treno, ma si era avverato ciò che temeva: il folletto comparso una settimana prima era dietro la ragazza e stava ringhiando contro di lei. Susan però non lo sentì, a causa del vocio delle persone e gli sbuffi dei treni. Ma non poteva lasciare che il folletto la prendesse, non ora che poteva avere cominciato a ricordare...
 
POV SUSAN
Vidi Adam dire qualcosa, ma i rumori della stazione erano assordanti. Comunque, ora che l’avevo trovato esigevo delle risposte. Mi sentivo autoritaria come una regina in quel momento.
Non feci in tempo a dire nulla però, anche perché non ero così vicina da poter farmi sentire: a un certo punto sembrò che tutto intorno a noi rallentasse e poi si gelasse, compresi me e Adam. Mi immobilizzai senza volere, ero totalmente incapace di muovermi.Qualunque cosa stesse accadendo, non era un bene.
A giudicare dalla sua faccia, Adam aveva provato le mie stesse sensazioni, ma al contrario riuscì ad avanzare verso di me seppur lentamente. Invece persone, treni, erano diventati statue di ghiaccio!
In quel momento mi superò lo stesso esserino alato dai capelli rossi che avevamo incontrato al parco. Mi sentii mancare: mi aveva seguito fin lì! E a quanto pareva era colpa sua se si era gelato tutto.
“I tuoi poteri non funzionano su di me” disse Adam al folletto, poi indicando me: “Lasciala subito.”
Il folletto ridacchiò maleficamente con voce acuta. “Non l’hai avvertita di quello che sarebbe successo? La Strega Bianca sarà molto felice di incontrarla così presto... Potrebbe anche ucciderla!”
“NO!” gridò Adam. “Sono il re di Narnia! Ti ordino di lasciarla subito!”
Il ghigno malvagio sparì dalla faccia del folletto; sciolse l’incantesimo su di me quando osservò meglio il volto del ragazzo, stringendo gli occhi azzurri anche quelli come il ghiaccio. Poi sparì con uno sbuffo.
Quando anche io lo guardai, trasalii: di fronte a me, Adam si stava mostrando per chi realmente era. I capelli da corti diventarono lunghi fino alle spalle, gli occhiali sparirono, il viso si fece un po’ più scuro e più bello.
Era Caspian.
“Caspian...” Avevo finalmente ritrovato la parola! Ma dopo tanto tempo la mia voce si era arrochita. “Caspian!”
 
 
 
 
 
 
 
 
Writer’s Space
Ebbene sì, è tornato Caspian!! Contenti? xDxD avevate capito che era Adam era lui? Complimenti a chi ci è riuscito ;-D
Ma non è l’unico personaggio noto... Come avete visto, c’è anche la Strega Bianca, ma Susan dovrà aspettare il prossimo capitolo per avere le spiegazioni che vuole (e vi assicuro che è molto ansiosa v.v).
Grazie ancora a tutti quelli che recensiscono, hanno messo come preferite, seguono, leggono questa storia!
Questo capitolo è dedicato a una mia amica, che ha molto insistito perché inserissi il folletto malefico e perché continuassi a scrivere questa fanfiction. Grazie ti voglio bene!!!!
Spero vi sia piaciuto!
Nihal_Land of Wind
 
P.S: Tanti auguri di buon inizio scuola a tutti! (io sto piangendo copiosamente per la disperazione!) 

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto ***


I’LL COME BACK TO YOU
 
OTTO
NOTA DELL’AUTRICE: [arriva in punta di piedi cercando di non farsi notare troppo] Ehm... sono imperdonabilmente in ritardo!! Vi faccio tante tante tante scuse ma la scuola mi ha investito come un rullo compressore! Spero comunque che continuerete a leggere v.v
Buona lettura a tutti! [si prepara a scansare i pomodori J]
 
 
POV SUSAN
“PERCHE’- SEI- USCITA- DI CASA???” gridò Adam, cioè Caspian. “TI AVEVO RACCOMANDATO DI NON FARTI VEDERE!”
Non avevo avuto il tempo di chiedergli nulla, perché lui mi aveva riportato di corsa dai miei zii e aveva mantenuto per tutto il tragitto un’espressione spaventosa: era arrabbiatissimo con me.
Ora eravamo nella cucina, davanti a due tazze di tè fumante che mi ero affrettata a preparare, ma Caspian non l’aveva ancora bevuto. Zio Harold fortunatamente era ancora al lavoro, mentre zia Alberta doveva essere da amici; meglio così, avrei dovuto spiegare la presenza di un re di Narnia comparso improvvisamente da chissà dove che aveva rischiato di buttare giù la porta per la fretta.
Facevo ancora fatica a parlare, nonostante ci provassi da diversi minuti e la mia voce era fievole come dopo una lunga malattia. “Volevo... volevo venirti a cercare perché... non ti avevo più visto... e volevo sapere...”
“MA TI AVEVO DETTO CHE SAREI VENUTO!!!” era letteralmente fuori di sé! “PERCHE’ NON MI HAI ASCOLTATO??”
“Ma... ma...” alla fine decisi di ribattere. “Mi devi delle spiegazioni! Perché non ti sei mostrato prima?”
Caspian sospirò, l’ira finalmente sbollita dopo lo sfogo, come il suo tè: “In realtà, Susan, eri tu che non mi vedevi. O meglio, non mi riconoscevi.”
Lo guardai senza capire.
“Ho scelto di trasformarmi in Adam perché sapevo che lo conoscevi, dato che me ne avevi accennato quando ci siamo conosciuti a Narnia. Però era una trasformazione valida solo per le altre persone, perché volevo che tu capissi chi ero fin dal primo momento. Anche ora, se entrassero i tuoi zii mi vedrebbero come Adam, mentre solo tu mi vedresti come Caspian. Però evidentemente c’era qualcosa che ti impediva di ricordare, forse lo shock dell’incidente.”
“Va bene” risposi io; finalmente iniziavo a venire a capo della questione. “E credimi, sono contenta sul serio di vederti qui, ma ancora non capisco alcune cose. Ad esempio, il significato degli orecchini.”
Caspian tacque per qualche istante. “Il giorno di Natale” continuò poi, forse cercando le parole giuste “sono venuto a casa tua sperando di farti un regalo migliore di quello che avresti trovato nel pacchetto: speravo di riuscire a farti ricordare Narnia. Ricordi cosa ti dissi? Che gli orecchini forsenon sarebbero stati come ti aspettavi. E ti ricordi cosa dissi il giorno del nostro primo incontro?”
Mi sforzai: avevo ancora memorie piuttosto vaghe. “Peter ti aveva attaccato con la spada e avevate iniziato a duellare...”
Caspian annuiva fissandomi intensamente.
“Ma non lo avevi riconosciuto, non pensavi fosse uno dei passati re di Narnia... Poi la spada di mio fratello si conficcò in un albero, proprio sopra la tua testa e...” mi sforzai ancora.
“Ti prego Susan, è fondamentale che tu ricordi tutto.” fece Caspian con aria preoccupata.
“Perché? Cosa succede?” domandai.
“E’ una storia complicata... ma inizia tutto, non indovinerai mai, dalla Strega Bianca. Non è stata sconfitta completamente, dobbiamo...” ma si interruppe, vedendo dalla mia faccia che non stavo capendo nemmeno quello. “Oh, per la criniera del Leone!!!” gridò perdendo la pazienza. “Non è possibile che non ricordi neppure chi sia la Strega Bianca, Susan!”
“Bè?” chiesi io sulla difensiva. “E’ così grave?”
“Certo che lo è, per il semplice fatto che ha già tentato di uccidervi in passato e ora sta spendendo tutte le sue energie per uccidere te!”
Un sospetto improvviso mi serpeggiò in testa. “Vuoi dire... che è stata lei a fare in modo che i miei fratelli morissero su quel treno?”
“No, no.” Mi tranquillizzò Caspian. “E’ stato Aslan, per motivi che capirai poi. SAI chi è Aslan, non è vero?”
Ci fu un attimo di silenzio, poi io scossi la testa.
Caspian era esasperato. “Ok, mi hai costretto. Vediamo se questo riesce a farti tornare la memoria una volta per tutte.” E prima che potessi rendermene conto, si avvicinò e mi diede un bacio.
Fu come essere investiti da un fiume in piena; in un istante ricordai tutto: Lucy che aveva scoperto l’armadio a casa del signor Kirke, il primo viaggio a Narnia, Aslan, Edmund catturato dalla Strega Bianca e la battaglia finale contro di lei, poi l’incontro con Caspian e l’inganno del nano nero Nikabrik per fare tornare la Strega, e anche come era andata a finire la mia ultima avventura nel mondo fantastico.
Caspian, di fronte a me, sorrise e disse compiaciuto: “Forse avrei dovuto farlo subito. Ma Aslan non lo riteneva un buon metodo, pensava che ti avrebbe fatto andare ancora di più fuori di testa.”
“Ah- ah” confermai, sorridendo anch’io, stavolta realmente per la prima volta da mesi. “Ma ora ricordo tutto, tutto quanto!”
Sì, anche quell’ultima memoria era chiara: ero stata io a interrompere lo scontro tra mio fratello e Caspian, il quale aveva realizzato dopo la nostra identità.
 
“Sei re Peter...”
“Credo tu ci abbia chiamati.”
“Bè, sì, ma... credevo che foste più vecchi.”
Sorrisi ripensando alla faccia di mio fratello a quella frase.
“Se preferisci, possiamo tornare tra qualche anno.”
“No! E’ solo che... non siete come mi aspettavo.” *
 
“Perché ridi?” mi chiese il re. “Niente” risposi “stavo solo pensando all’ultima cosa che hai detto prima di guardarmi, quando ci siamo conosciuti a Narnia.”
“Che non eravate come mi aspettavo? Sì, in effetti era un indizio... un po’ complicato forse, ma speravo che tu avessi colto il messaggio nonostante tutto.” Sorrise ancora.
“Sì ma... quando ti ho detto, anzi scritto, che gli orecchini li avevo messi a un ballo di fine anno scolastico tu sei parso deluso...”
“Certo” rispose lui scherzosamente piccato. “Perché gli orecchini li hai messi al ballo della mia incoronazione. E secondo la mia modesta opinione, erano perfetti con i tuoi occhi.”
“Ah, ecco perché avevo degli strani presentimenti...” A pensarci bene, la vigilia di Natale avevo fatto un sogno in cui avevo visto Caspian: era il sogno della mia famiglia che correva nel rifugio.
Caspian chiuse gli occhi per un momento, come in attesa di qualcosa. Poi rabbrividì.
“Ti senti bene?” chiesi preoccupata.
“Sì. Ma ora dobbiamo andare.”
“Ma se quel folletto ci sta cercando? E poi, dove dobbiamo andare?”
“Non dove, ma da chi” mi corresse lui. “Ci sono ancora un po’ di cose che devi sapere, ma non spetta a me spiegartele. In quanto al folletto, devi solo coprirti bene in modo che non ti si veda il volto e soprattutto i capelli. E non parlare finchè non siamo arrivati, ok?”
Imbacuccata con cappello calzato quasi fino al naso e altrettanto con la sciarpa, seguii Caspian fuori dalla porta dopo che lui ebbe dato un’occhiata intorno per sicurezza.
Mi prese sottobraccio e iniziammo a camminare nella direzione opposta rispetto alla stazione, ovvero verso il cimitero. Era decisamente l’ultimo posto in cui volevo andare in quel momento, ma per una volta non feci domande. Varcammo il cancello e Caspian si diresse immediatamente verso le tombe della mia famiglia; probabilmente durante il periodo in cui aveva vissuto nel mondo terrestre era venuto a visitarli, perché oltre ai consueti fiori che la zia portava quasi ogni giorno ce ne era un altro mazzo accanto. Giunti di fronte alla tomba di Peter, una lastra di pietra grigia, Caspian si inginocchiò e toccò la P con una leggera pressione. Subito con un rombo si rivelò di fianco alla tomba uno spazio piuttosto stretto, ma sufficiente a fare passare una persona della corporatura del re. Uno dopo l’altra, saltammo giù e atterrammo sul pavimento di un corridoio di pietra illuminato da fievoli torce, mentre la tomba si richiudeva sopra di noi. Mi faceva uno strano effetto essere là sotto. “Ma... da quanto la sua tomba è così?” domandai.
“Da quando è stato sepolto” mi rispose lui. “Anche questa è stata opera di Aslan. E’ un passaggio più sicuro per arrivare alla stazione; si allunga il giro ma così il folletto non ci vedrà: in ogni caso, è meglio essere prudenti.”
“Meno male che nessuno ha mai sospettato niente”.
Mentre procedevamo, riflettevo su quello che avevo richiamato alla mente quel giorno: Aslan, il creatore di Narnia, colui che aveva reso possibile il nostro arrivo là e che però ci aveva anche costretti ad andare via. Una volta avevo detto a Lucy:
 
“Hai sempre saputo che saremmo tornati vero?”
“L’ho sempre sperato.”
“Ero riuscita ad accettare l’idea di vivere in Inghilterra.”
“Ma sei felice di essere qui, no?”
“Finché dura.” **
 
Era sempre durata troppo poco per me. Non appena tornammo a Finchley dopo il nostro primo viaggio cercai di riprendere a vivere normalmente, come se non avessi mai combattuto battaglie e non fossi mai stata regina di un paese magico. Era troppo difficile; quando finalmente riuscii a fare finta di avere dimenticato tutto, ci ritrovammo di nuovo catapultati là. Nemmeno allora volli ammetterlo, ma speravo fosse per sempre, tuttavia mi ripetevo di non illudermi. Infatti, un attimo dopo pareva, ero di nuovo in Inghilterra.
“Eccoci” la voce calmante di Caspian interruppe il filo dei miei pensieri. “Siamo sotto la statua del leone che è fuori dalla stazione.”
Era una stanzetta quadrata alta e stretta con una rampa di scale su di un lato, illuminata da una lanterna e per il resto completamente spoglia. Ebbi giusto il tempo di rendermi conto delle dimensioni della stanza, quando una luce abbagliante invase le scale: sul gradino più alto comparve una zampa di leone, poi scese un’altra e infine tutto il corpo...
Aslan in persona.
In realtà sapevo da quando avevamo lasciato casa mia che sarebbe stato lui ad attenderci là, ma non ero comunque preparata a vederlo, né tantomeno a parlarci, non dopo tutto quello che avevo pensato su Narnia negli ultimi anni. Per questo abbassai gli occhi e sentii le mie guance diventare rosse.
Passò molto tempo prima che qualcuno decidesse di proferire parola; Caspian si era ritirato in disparte e aspettava apparentemente tranquillo, le mani dietro la schiena.
“Finalmente sei qui” esordì infine Aslan con la sua voce possente e calda. “Ti abbiamo aspettato per tanto tempo.”
Anche se dal tono non traspariva, io percepivo comunque la profonda delusione per quello che avevo fatto e seppi che non me lo sarei mai perdonato. Senza contare che non sapevo come rimediare.
“Ti conosco, Susan” continuò il leone. “E so che nonostante il tuo carattere deciso e la tua costanza a portare avanti le tue idee, anche se a volte infondate, che tanto spesso ti hanno portato a discutere con i tuoi fratelli... so che c’è qualcosa che vuoi dirmi.”
Forse fu l’accenno alle liti con i miei fratelli, ma qualcosa mi spinse a lasciarmi cadere a terra in ginocchio e a parlare: “Sì, è vero” La coda di Aslan scattava da sinistra a destra, da sinistra a destra. “So molto bene che quello che ho fatto è imperdonabile, nei tuoi confronti ma anche in quelli dei miei fratelli che non hanno mai smesso di credere in un ritorno a Narnia; io ho sempre respinto questa possibilità perché ci avevi detto che non saremmo più tornati e ho smesso di sperare... ma comunque non sono giustificazioni.”
Il fatto che Caspian non fosse vicino a me e che il leone non dicesse più nulla ma si limitasse a fare frusciare la sua coda sul pavimento mi fece smettere di parlare.
Per qualche minuto regnò il silenzio, senza che riuscissi a riempirlo. Poi la voce possente disse: “Susan, tu tendi a vedere tutto con troppa logica. Il che non è un male, beninteso, però non sempre è totalmente utile. Spesso c’è qualcosa che ci permette di andare oltre ciò che si può intendere con la ragione.”
Non riuscii ad alzare gli occhi su di lui.
“Credere a Narnia deve essere una scelta solo tua. Il fatto è che tu e i tuoi fratelli appartenete da sempre a quel mondo e quindi non puoi fare a meno di crederci. Hai capito il tuo errore? Hai avuto poca fede in ciò che sei stata e che hai vissuto. Perciò ora ti spiegherò cosa dobbiamo fare.”
Sentii pesantissima la sua zampa destra sulla mia spalla; Aslan si chinò su di me e mi solleticò la fronte con i baffi. Quando sollevò la zampa, con mia grande sorpresa e sollievo sentii tutto il senso di soffocamento e di colpa degli ultimi mesi svanire, come se il Grande Leone lo avesse preso su di sé. “Grazie” dissi.
“C’è una questione molto urgente da risolvere” esordì lui dopo che mi fui finalmente alzata e Caspian corse vicino a me. “Caspian ne conosce già una parte, ma era necessario che ci fossi anche tu perché completassi la spiegazione.” Iniziò a camminare avanti e indietro.
“Quel folletto non è una creatura comune. E’ stato creato dalla Strega Bianca ancora prima dei tempi di Digory Kirke e Polly Plummer, i primi a vedere Narnia nascere. Jadis a quel tempo era regina di un mondo governato dalla distruzione che aveva provocato lei stessa, combattendo una battaglia sanguinosa contro la sorella. Avrete notato che gli occhi del folletto sono azzurri: sono frammenti dello scettro della Strega Bianca ed è il contatto visivo che dovrete assolutamente evitare. Anche se piccolo, è un essere pericolosissimo in grado di portare la sua creatrice e padrona al suo obiettivo, ma in realtà c’è qualcosa che dovete temere ancora di più.”
Io e il principe ascoltavamo senza perderci una parola.
“Caspian, tu sai che esiste un luogo da cui si può accedere a tutti i mondi esistenti, anche se lontani anni luce l’uno dall’altro: la Foresta con i laghi, dove ogni lago è l’ingresso a un mondo. Quando creai Narnia, uno di questi si riempì di acqua per costituire l’accesso, ma per caso o per destino quello era proprio il mondo distrutto da Jadis. La Strega aveva un alleato potente nella guerra contro la sorella ed è una creatura immonda ora relegata nelle profondità della terra. Si chiama Dark Shadow.”
“Alla Strega Bianca servono tutte e due per ottenere ciò che ha sempre voluto, la sua ossessione, il tarlo che l’ha rosa da dentro ogni singolo giorno della sua vita: avere il dominio su tutte le terre esistenti e i loro abitanti, dall’animale più imponente a quello talmente insignificante da confondersi col terreno. Tutte le terre. Un dubbio ti sorgerà spontaneo, Susan, visto che hai visto con i tuoi occhi la Strega Bianca morire.”
Annuii; cominciavo a sentirmi inquieta.
“Il fatto è che è a causa tua se Jadis ha ancora un sottile filo che la lega alla vita.”
Caspian insorse: “Cosa?! Come può essere colpa sua?” nello stesso momento in cui io esclamai incredula: “Causa mia?!”
“Lasciatemi spiegare, vi prego” continuò il leone. “Sì, in gran parte è causa tua Susan, mi dispiace infinitamente dovertelo dire in questo modo. E’ anche grazie al folletto in realtà.
Il giorno dell’incidente ferroviario non è stato un caso che Peter, Edmund, Lucy, Jill ed Eustachio si trovassero insieme nello stesso treno: li avevo chiamati io perché tutti i re e le regine di Narnia, insieme a coloro che avevano contribuito alle sue vittorie nei secoli, dovevano essere presenti alla fine di Narnia stessa, il Giorno del Giudizio se preferisci. Però mancavi tu... eri a casa di un’ amica giusto?”
“Sì...”
“Esatto! Tutte le volte che in questi anni hai pensato di non avere più fiducia in Narnia, tutte le volte che hai fatto finta di non ricordare le vostre avventure là, era la Strega Bianca che agiva su di te! Non poteva farlo lei direttamente, ma poteva farlo il folletto. Quel giorno è stato lui a convincerti ad andare dalla tua amica, a distaccarti dai tuoi fratelli, a separarti da te stessa! Ed è questo il suo più grande potere, è in grado di dividere l’anima fino a staccarla completamente dalla vita reale: in altre parole ve ne può privare. Hai corso un grandissimo rischio che però potevi evitare, se avessi tenuto bene a mente ciò che vi ho sempre detto: quando si è re e regine di Narnia, si è re e regine per sempre.”***
“Il tuo compito perciò è questo: recidere il filo a cui Jadis si sta aggrappando disperatamente. Puoi farlo solo tu. Se la Strega Bianca raggiungerà il suo obiettivo, userà il folletto e Dark Shadow per gettare ombra su tutto, per creare mondi in cui regna la disperazione più profonda e in cui lei sia venerata come l’unica regina e l’unica in grado di riportare la pace. Ricorda il potere che aveva su Edmund: se accadrà questo, non ci sarà alcuna speranza di uscirne.”
Rimasi qualche attimo senza parole, assimilando tutto quello che mi era stato detto. Non avrei mai potuto immaginare le conseguenze delle mie azioni, ma ora ero io a potere e dovere rimediare.
“Come faccio a sconfiggere Jadis?”
“Questo lo saprai solo tu.”
Sospirai.
“Cosa ne sarà di te se fallirò e la tenebra calerà su tutti?”
“La Strega mi getterà al posto della creatura chiamata Dark Shadow, nel mondo fatto di oscurità e da cui l’oscurità proviene. E con me butterà anche voi, i quattro re della profezia che annunciava il suo annientamento.”
Sentii il bisogno di guardare Caspian per sapere il da farsi. Lui non aveva più detto nulla. “Io cosa devo fare?” chiese ad Aslan.
“Tu la accompagnerai in questo lungo e difficile viaggio. Ma sarà lei e soltanto lei a decidere cosa fare, mi sono spiegato? A un certo punto sarai posta di fronte a una scelta, Susan, e starà a te stabilire le tue azioni, che influenzeranno il corso della guerra forse in modo irreversibile. Io non potrò intervenire, ho fatto il possibile. Puoi credere a Narnia, ma puoi scegliere a chi essere fedele.”
“Un’ultima domanda” dissi. “I miei fratelli sono a Narnia?”
Aslan sorrise enigmatico. “Sì, ma nella vera Narnia. Quella che hai conosciuto tu è solo una copia. Loro si trovano in un luogo simile a quello che su pianeta Terra chiamano Paradiso.”
“Ma la Strega Bianca può far loro del male.”
“Solo se non la fermi in tempo. Lei vuole il controllo su tutti i mondi, ricorda, e Narnia è sarà il punto di partenza. Vuole la vendetta contro coloro che provocarono la sua sconfitta.”
Avevo capito. “Ora?”
“Adesso seguitemi” Aslan ci condusse su per le scale. “Ho sciolto le statue di ghiaccio, nessuno si ricorderà di nulla. Comunque, Caspian sarà di nuovo Adam e mi potrete vedere solo voi.”
Uscimmo dalla statua del leone e ci incamminammo. La guerra era iniziata.
 
 
 
 
 
 
*= tratto da “Le Cronache di Narnia: il Principe Caspian”
**= tratto da “Le Cronache di Narnia: il Principe Caspian”
***= tratto da “Le Cronache di Narnia: il Leone, la Strega e l’Armadio”
Writer’s Space:
Come dicevo prima, sono poco cortesemente in ritardo... credo che questo sia il capitolo su cui ho spremuto di più il cervello, spero che il risultato valga la pena!
Vi chiedo solo due minuti del vostro prezioso tempo per farmi sapere, se volete, cosa ne pensate della storia... recensite per favore, accetto le critiche anzi, sono quelle che aiutano a migliorare!
Ovviamente ringrazio tanto coloro che hanno recensito prima che pubblicassi questo capitolo e coloro che leggono silenziosi!
A presto
Nihal_Land of Wind
P.S.: Per colei che mi ha dato l’idea del folletto: il suo potere descritto in questo capitolo non è una caratteristica che hai anche tu, che sei un’amica fantastica xD xD

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