Frore in su nie

di Cheonefer86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 – Che foza in su ‘entu so deo. ***
Capitolo 2: *** Parte 2 - Deo contr’ ‘e su tempus, su tempus contr’ a mie ***
Capitolo 3: *** Parte 3 – Sas manos ‘alu unidas, asie, chi parent in pregato ria ***



Capitolo 1
*** Parte 1 – Che foza in su ‘entu so deo. ***


Il titolo della storia l’ho preso in prestito dalla canzone “Frore in su nie” dei Tazenda, così come i titoli delle 3 parti della storia, quindi quelle frasi appartengono ai Tazenda e a loro soltanto

Il titolo della storia l’ho preso in prestito dalla canzone “Frore in su nie” dei Tazenda, così come i titoli delle 3 parti della storia, quindi quelle frasi appartengono ai Tazenda e a loro soltanto.

Vi consiglio di ascoltarla e di leggere il meraviglioso testo, perché è veramente molto bella e ringrazio chi mi ha fatto amare ancora di più questo gruppo dedicandogli questa storia :)

 

 

 

 

Parte 1 - Che foza in su ‘entu so deo[1]

 

Un cielo completamente bianco rende questo luogo così irreale, come se fosse sospeso su di una nuvola infinita di cui non scorgi la fine, un gelo che ti fa tremare sotto il pesante cappotto.

Tornare qui ti distrugge il cuore, vedere le stesse pietre che ha visto Albus prima di lasciare questo mondo è come morire tu stessa, ma hai bisogno di respirare quest’aria per riuscire a credere che ti abbia abbandonata per sempre, i suoi occhi azzurri sapevano darti pace.

- Che ci fai qui? Chi abbandona non torna.

- Sto solo pensando alla felicità.

- Sei felice? – appena un sussurro che ti sfiora la pelle.

Una semplice domanda riesce a gettarti nell’abisso più profondo, dove non sei in grado di dare una semplice risposta, non più ormai. Prima ti bastava guardarti semplicemente intorno per sussurrare un “sì”. Adesso non più.

Il tuo silenzio risponde per te, le tue labbra ferme sono le parole migliori che tu possa pronunciare. Ripensi a quando eri bambina e a tutti i sogni che avevi, ai giochi sul prato e al fango sui vestiti, alla scoperta della magia dentro di te che aveva acceso la speranza di vivere una vita diversa, fuori dall’ordinario, dove mai ti saresti annoiata e dove saresti sempre stata felice. Vedere una penna librarsi in aria a causa della tua magia, era la più meravigliosa delle felicità.

Adesso, su quella Torre, i ricordi sono soltanto fotografie sbiadite che si perdono nel tempo, dentro di te soltanto un vuoto che nessun passato felice è in grado di colmare, una buca che si scava sempre più in profondità relegandoti in un anfratto buio dal quale è difficile risalire. Dal quale non vuoi risalire.

Senti un tepore in quel luogo, ti senti protetta rannicchiata su te stessa, aspetti solo che il gelo ti accolga tra le sue braccia per non lasciarti più andare.

È questo quello che vuoi?

In questo istante ti accorgi che è una risposta facile da dare, sai che il tuo desiderio è solo quello di camminare nel buio eterno e non dover più guardare negli occhi nessuno, non dover più fingere di stare bene, smettere di cercare una forza che non si possiede.

Ripensi a quell’unica persona che credeva in te e adesso non c’è più, spazzata via dall’uomo che ti è vicino. Dovresti odiarlo, ma non lo fai o forse sei solo stanca di ogni cosa per riuscirci.

Sei tornata di nascosto in questo luogo per sentirti di nuovo vicino all’unico uomo che somigliava ad un padre, in quel castello che hai sempre odiato con tutta te stessa da quando hai compreso che non c’era niente di magico nella crudeltà della vita e delle persone.

Sei felice?

No, non lo sei, e questa sarebbe la tua risposta da gridare nel vento per mostrare realmente quello che hai dentro, per non tenerti più segreti che ti corrodono l’anima, ma non puoi fare altrimenti, perché nessuno capirebbe i tuoi sentimenti, i tuoi pensieri così oscuri.

Pensieri che nascondi dietro uno sguardo vuoto, dietro un sorriso che dura sempre troppo poco, una vita che ti ha tolto ogni forza di lottare, ma sai che non serve a niente prendersela con il mondo, sai benissimo che la colpa è soltanto tua se ti sei arresa.

- Hai paura di rispondermi?

Ce l’hai, vero? Non vuoi che nessuno conosca la verità che celi così bene da tempo.

- Perché le interessa tanto saperlo? Lei è felice?

- Non sono affari che la riguardano.

- Nemmeno i miei la riguardano.

- No, mi riguardano se un’ex-studentessa si introduce senza autorizzazione nella mia scuola. Non m’interessano, ma mi riguardano.

- Giusto, l’importanza della scuola. A cosa serve imparare tutto questo se usciti da qui, non saremo in grado di fare nulla? Siamo solo degli incapaci, vero?

- A salvarti la vita. Se non lo sapesse, fuori di qui c’è una guerra in corso. – sorridi.

- Ma pensa, non ne ero assolutamente a conoscenza. E se non volessi salvarmi la vita?

- E per quale motivo?

- Non ha detto che non le interessava?

- No, infatti. È solo curiosità.

- Curiosità... le hanno mai detto di essere totalmente inutile e che nulla di buono sarebbe scaturito dalla sua vita? Le hanno mai detto che ogni sua scelta sarebbe stata completamente sbagliata? È mai arrivato al punto di tenersi tutto dentro preferendo la solitudine e il buio, perché tanto nessuno avrebbe cercato di capire le sue parole? – quante volte hai provato a spiegare quello che hai dentro, cercare di liberarti dai pesi che ti opprimevano il cuore. Troppe volte, e un giorno hai semplicemente smesso, preferendo sussurrare che tutto andava bene pur di evitare sguardi strani e domande di circostanza che odiavi più dei silenzi.

- Forse le persone hanno i loro problemi e non possono curarsi di quelli degli altri. – “Dovrei rispondere sì ad ogni domanda, in questa vita non mi sono mai sentito utile, parole e gesti completamente sbagliati che hanno portato soltanto dolore nelle vite delle persone a cui tenevo. Dolore che mi porto dentro ogni giorno.”.

- Giusto. Non si parla di persone qualunque, ma di famiglia e amici.

- La superficialità è propria anche delle persone che ci sono più vicine.

- Giusto anche questo. Quindi perché perdere tempo a cercare di rendere meno superficiale chi non smetterà mai di esserlo?

- Giusto. – ripete anche lui - Siamo dotati di libero arbitrio e possiamo scegliere le persone da tenere vicino. – un sorriso t’increspa le labbra, t’immagini ogni persona trasformarsi in una pedina che puoi prendere tra le mani e spostare sulla scacchiera, allontanandole da te, o cambiando ogni pezzo con un altro. Un’immagine del tutto impossibile da rendere reale.

- Lei le ha mai scelte?

- No. Io mi sono semplicemente isolato dal mondo. – “Stupido, Severus, chiudi la bocca!”.

Ti accorgi della sua strana espressione, quasi di rabbia, un’espressione che forse conosci bene perché è del tutto simile a quella che fai tu quando parole che vuoi rimangano per te, escono dalle tue labbra.

Che strana ironia avere qualcosa in comune con lui, pensi.

- Non si sente mai stanco di vivere in questo modo?

- Perché dovrei risponderti?

- Perché no?

- Per molte ragioni di cui nessuna dovrebbe interessarti.

- Ha ragione, non dovrebbe interessarmi, ma non la conosco, lei non conosce me, quindi nessuno dei due avrebbe modo di giudicare l’altro.

- Sei ancora inesperta della vita, ragazzina, la gente giudica, anche se non ti conosce, non dimenticartelo. Basta solo avere una passione per essere derisi, basta vestire in modo diverso per essere esclusi e schifati, un’amicizia per essere etichettati, una scelta sbagliata per essere marchiati fino alla fine dei propri giorni e non avrebbe senso che tutti scoprissero la verità se poi ne conseguisse essere guardati con pietà. – le parole escono veloci, senza avere la volontà di fermarle, ti stupisce di averle sentite da un uomo come lui, che forse è più sorpreso di te per quelle frasi che mai credeva di pronunciare di fronte a qualcuno.

- Sono stanca delle persone che mi giudicano senza conoscermi.

Fai un passo verso la balaustra, dove il vento soffia più forte, - Che intenzioni hai? – ti segue camminando lentamente.

- Solo vedere la neve. Se un fiore si nasconde in essa. – ti siedi, le gambe libere nell’aria e con gli occhi chiusi cerchi di assaporare il caratteristico odore della neve, quella freschezza che riesci a sentire sulla pelle, che ti penetra a fondo donandoti quasi sollievo.

È questo quello che ha provato Silente?, ti chiedi. Impossibile, era già morto quando è stato inghiottito dall’abisso di ombra, non avrebbe potuto percepire nessuna sensazione.

- Scendi di lì. Subito!

- Si sta così bene qui, la vista è meravigliosa e l’aria così piacevole.

- Se scendi, la vista non cambia, e nemmeno l’aria.

- Non si è abbracciati dal vento come qui.

Senti il suo respiro dietro di te, un caldo sospiro che contrasta il gelo circostante, provocandoti brividi su tutta la pelle, la sua presenza è così forte da farti vacillare per un istante; è una strana sensazione avere i suoi occhi addosso che ti scrutano così in profondità. Ti senti completamente nuda al suo sguardo.

- Non ho altro tempo da perdere con te e con i tuoi vagheggiamenti, ragazzina. – un lieve sospiro sulla nuca. – Vuoi rimanere lì? Bene, rimanici pure! Sei venuta qui per questo, precipitare da questa Torre come Albus, non sarò anche il tuo carnefice. Non voglio avere nulla a che fare con le tue smanie suicide. Perché è di questo che si tratta, vero? – non aspetta una risposta, non gli interessa, sa già qual è, si volta allontanandosi da te, neanche un passo verso la porta, che il tuo corpo si è fatto così leggero tra il vento e la neve che cade lenta.

Fiocchi che quasi non riescono a toccarti, ma ti sfiorano appena. Una sensazione che aspetti di vivere da tempo, così forte che senti i battiti del tuo cuore furiosi e veloci come mai ti era capitato, come mai avevi sperato di sentire.

Lassù dove non c’è nient’altro che carne ed aria, sei sola, completamente sola come non ti capitava da tempo, ma è una solitudine che ti piace, che desideri da molto ormai.

Ti senti leggera, serena come mai eri stata, c’è un buon profumo nell’aria, sai di conoscerlo, sai di averlo già sentito, quando da piccola correvi sulla spiaggia e il mare ti sfiorava i piedi, quando passavi ore a guardare il sole affacciarsi su quello specchio limpido illuminandolo d’intense sfumature che danzavano seguendo i movimenti dell’acqua.

È strano sentire il profumo del mare nell’aria tra i fiocchi di neve, e ti chiedi se quelle sensazioni sono solo il frutto della tua fantasia, se l’attesa della morte riesce a farti tornare tra i ricordi felici.

Vuoi solo continuare a vedere quei ricordi, a farti cullare da quella felicità, chiudi gli occhi lasciando che quelle immagini fluiscano, lasciando che la gravità ti trascini nel punto di non ritorno che desideri, morire abbracciata dalla neve tinta di rosso, il rosso del tuo sangue.

Ormai sei consapevole che manca poco a toccare terra, sorridi.

All’improvviso senti un forte spostamento d’aria alla tua destra, apri gli occhi e riesci solo a scorgere un lampo completamente buio, un fumo denso che non riesci a capire cos’è.

Prima di toccare il suolo qualcuno ti afferra, senti come un caldo abbraccio che ti avvolge, - Stupida, ragazzina! – una voce che conosci e che non avresti mai voluto sentire, non in quel momento, una voce dura che poi si fa più calma, un lieve sussurro sulla pelle.

- Non lasciare che l’ombra inghiotta il tuo cuore. – ti stringe ancora di più a sé. – Sei ancora così giovane, non lasciarti sconfiggere da quel mostro che reclama la tua vita. Non importa se sei sola, devi trovare la forza per te stessa, riuscire a stare bene dentro di te per trovare il tuo posto nel mondo perché solo così potrai trovare persone con cui condividere ogni cosa. – per un attimo lo vedi sorridere, - Non fare i miei stessi errori. – ma in un istante il sorriso scompare dalle sue labbra per lasciare il posto alla malinconia e al dolore e ti senti una stupida.

Incateni gli occhi ai suoi, al suo nero triste e stanco, dove puoi scorgervi il peso di un intero mondo, il peso della solitudine, il peso di una colpa che non sai definire con certezza, ma sai che c’è, la vedi in quello sguardo oscuro.

Ha ucciso Silente, l’unica persona che ti abbia trattato con rispetto, che credeva in te, l’unico che potevi considerare un padre, lo sai che è stato lui, ma allora perché quella tristezza e disperazione nei suoi occhi?, ti chiedi.

In un attimo tutte quelle emozioni ti esplodono in petto e non riesci a frenare le lacrime, ti stringi a lui afferrando con forza i lembi del mantello, il viso affondato tra la stoffa colma del suo odore, che riesce a calmarti, ma non riesce a fermare quel pianto così forte.

Immobile e immersa nella neve tra le sue braccia lasci che quei candidi fiocchi ti sfiorino la pelle, una fredda carezza per svegliare il torpore del tuo cuore.

Il contrasto tra il suo corpo caldo e la neve fredda riesce a calmarti, - Grazie. – è l’unica parola che riesci a pronunciare, lo vedi sorridere prima di farti alzare da terra.

- È meglio se vai via di qui, se dovessi imbatterti in qualche Mangiamorte non sarebbero così gentili come me. – ti limiti ad annuire incapace di pronunciare anche solo una sillaba di fronte a quegli occhi che ti scrutano l’anima.

“Perché io cosa sono? Non sono uno sporco Mangiamorte?”.

- Sia chiaro che non tollererò che tu ti introduca di nuovo qui per le tue idee malsane. Non nella mia scuola. – annuisci nuovamente prima di abbassare lo sguardo e fissare il candido manto.

“Mia? Non farmi ridere, Severus. Nulla in questo luogo potrà mai essere accostato al tuo nome, tutto è sempre stato e sarà…”. – Ti accompagno ai limiti della Foresta e poi te ne andrai da qui.

Affretta il passo lasciandoti indietro, cammina quasi con rabbia mentre senti salire una profonda vergogna lungo la schiena, come saresti riuscita a guardarlo da adesso in poi?

T’immagini distesa tra la neve, inerme, senza più battiti del cuore, senza respiro, un solitario fiore tra la neve e il sangue che si fa sempre più freddo, sarebbe tutto migliore, cosa farai adesso?

Andare avanti convinta che a tutto ci sia una spiegazione, il destino ti ha fatto salvare da quell’uomo per un motivo, e non puoi far altro che essere una foglia sospinta dal vento e dal suo volere.

 

 



[1] Come foglia nel vento sono io

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Capitolo 2
*** Parte 2 - Deo contr’ ‘e su tempus, su tempus contr’ a mie ***


Parte 2 - Deo contr’ ‘e su tempus, su tempus contr’ a mie

Parte 2 - Deo contr’ ‘e su tempus, su tempus contr’ a mie[1]

 

L’aria è gelida, un vento forte spazza ogni cosa, persino quegli ultimi raggi di umanità che ancora colorano la terra. Questa notte, dove un manto candido stona in un’oscurità sempre più opprimente, li hai visti morire uno dopo l’altro, cadere ai tuoi piedi senza poter far nulla, sangue che attimo dopo attimo si addensava nei tuoi occhi neri come il male.

Da quanto aspettavi di cadere inerme sul freddo terreno che ti avrebbe abbracciato fino a quando il tuo corpo non fosse diventato gelido e vuoto? Da quanto, Severus?

Probabilmente non te lo ricordi nemmeno, hai smesso di contare i giorni che ti separano dalla fine da tempo ormai.

Ti ritrovi a camminare tra la neve, passi pesanti che non riescono a sorreggere il tuo corpo distrutto dal dolore per ogni tortura, da un animo che non sopporta più questa vita.

Un raggio di tenebra che avanza in questo candido prato dove gocce scarlatte non fanno crescere fiori, una scia di sangue tra la neve che colora una vita di dolore dove non c’è mai stato tutto questo bianco, mai una luce nei tuoi occhi di buio.

Cammini lento tra il rosso e il morbido manto bianco, che non si confondono, si sfiorano lievi senza mai toccarsi. Chi sei, tu, il sangue o la neve? Sei il sangue di ogni persona che hai visto morire, come quello che vorresti smettesse di scorrere nelle tue vene. La tua pelle bianca non basta per essere candida come la neve, pura e fresca, come la tua anima non è più da tempo.

Barcolli cercando di non cadere, di sostenere il peso di ciò che è impresso nei tuoi occhi da un’intera vita, cercando di allontanarti da lì per non sporcare con il tuo sangue quella bianca infinità.

Non sai dove andare?

Chi accoglierebbe il traditore, la spia, l’assassino?

I tuoi simili non ti aiuterebbero mai, trasgredirebbero ad un preciso ordine dell’Oscuro Signore che temono più di ogni altra cosa e che seguono più per timore che per ideali: vigliacchi!

Tu non lo sei, vero, Severus?

Non temi la morte che aspetti da un tempo ormai diventato infinito.

Il cielo è completamente bianco e la neve inizia di nuovo a scendere lenta, la senti fredda sul tuo viso, come gelido si fa il sangue che senti colare lungo il corpo, scendere fino a macchiare il niveo tappeto: una strada rossa delinea i passi che hai fatto, ne senti l’acre aroma, un veleno che riesce a sciogliere ogni candore.

Ormai non riesci più a camminare e ti accasci al suolo come un burattino cui hanno tagliato i fili, il freddo ti assale, il sangue ti nausea.

Senti la vita che ti sta abbandonando tra il gelido vento d’inverno e l’abbraccio del bianco. Una sagoma nella neve che presto svanirà.

Chissà se dalle ceneri del tuo corpo nascerà mai un fiore? Nero e forte come te.

Sdraiato sulla neve, la vita se ne va mentre guardi un cielo candido che piange gelidi fiocchi: forse le uniche lacrime che qualcuno verserà per te.

Gli occhi si chiudono e il mondo finisce.

 

***

 

Una sensazione di calore avvolge il tuo corpo: è questo che si prova quando si è morti?

Un tepore che in vita non ricordi di aver mai provato, è una bella sensazione, non trovi?

Giaci sulla neve, un fiore nero i cui petali si staccano pian piano, il tuo corpo è freddo, immobile, sei morto e finalmente qual caldo insperato circonda il tuo essere.

Uno strano presentimento ti assale, come se qualcuno ti stesse toccando, dei brividi lungo la pelle, ma sei morto e non puoi provare brividi.

Senti una voce, ma non riesci a distinguere le parole.

Un dubbio s’insinua nella tua mente, cerchi di aprire gli occhi nella speranza di trovarti immerso in una luce che non ti appartiene, tra un profumo che non è mai esistito, ma riesci a scorgere soltanto un sorriso tra le ombre sfocate.

- Li-Lily… - ma il sorriso scompare e cadi nuovamente nell’oscurità.

- Che va farfugliando questo mostro? – una voce maschile che non puoi ascoltare.

- Anthony, non vedi che è ferito! – forse è questa la voce che ti ha sorriso, una voce familiare ma che non ricordi.

- Cosa vuoi che ci importi, può anche morire qui. – un’altra voce di uomo.

- Ha ragione Mark, anzi, dovremmo ucciderlo e liberare il mondo da tale assassino.

- Andiamo, Aisha, ha ucciso Albus Silente, l’uomo a cui volevi bene più d’ogni altro e non sappiamo quante altre persone, è uno spietato Mangiamorte, non merita un briciolo di pietà.

“Lo so, ma…”.

La neve continua a cadere dipingendo ogni cosa di bianco, persino il tuo corpo si fa sempre più candido, sempre più freddo. Tre voci che ti osservano come se fossi un qualunque pezzo di terra: sei ancora vivo. Purtroppo, diresti se solo riuscissi a parlare.

Una di quelle voci la senti incrinata, come se le sue parole non coincidessero con i suoi pensieri, ma te ne curi solo per qualche istante, i fiocchi di neve si posano sul tuo viso, una fredda carezza che riesce a infonderti un po’ di energia, cerchi di aprire nuovamente gli occhi, ma sono così pesanti che dopo pochi secondi ripiombano nell’oscurità, non prima di aver visto un flebile riflesso verde.

- Li-Lily… - ogni altra parola si perde nell’aria, sai che non è ancora il momento, la strada da fare è ancora tanta e non è ancora tempo per te lasciare questa terra, hai ancora un compito che ti attende.

- Chi è Lily? – chiede la voce di donna.

- Che importanza vuoi che abbia. Andiamo, non abbiamo tempo da perdere con un assassino traditore. – come biasimarli, in fondo è quello che sei realmente.

Non puoi morire adesso, in questo modo, cerchi di rialzarti, ma non hai più forze e il corpo ti abbandona nuovamente. E di nuovo ti ritrovi abbracciato dalla soffice neve che ancora cade lenta.

 

***

 

Morte. Sangue. Urla.

Lampi verdi desiderati come un inspiegato sollievo, come la fine di ogni dolore. L’impulso ti porterebbe a brandire la bacchetta per esaudire le loro suppliche, ma sai di non poter fare nulla, non puoi far altro che osservare lo strazio di quegli innocenti, bambini torturati per soddisfare la sete di sangue di alcuni mostri.

Sangue tra le lacrime.

Ti senti un mostro anche tu, vero?

Il legno tra le mani, un incantesimo e sangue caldo che scorre lento fino alla polvere che ti sporca la veste. Ridi. Gelida risata che risuona sulle pareti che osservano mute la tua voglia di sentirti forte, brami del sangue tra le mani, caldo fluido rosso di vittime che si dibattono, urlano, piangono. E più resistono più ti senti appagato. Il dolce piacere di porre fine ad una vita, vedere il respiro che si perde tra le lacrime che scorrono in un corpo sempre più freddo.

Ti fa sentire potente essere il solo artefice del destino di un uomo.

Ti piace, vero?

- No! – certo che no, tu non sei come loro.

Ormai dovresti essere abituato a vedere persone morire, ma ogni volta è come se fosse la prima, ogni immagine di quel macabro spettacolo si presenta davanti agli occhi quando cerchi di dormire, per te la notte è popolata soltanto da incubi.

Ti svegli di soprassalto e alcuni rumori che ti sono quasi familiari ti distraggono, fortunatamente, ma la tua mente è troppo debole per focalizzare qualsiasi cosa, persino quegli strani odori che senti, sai di conoscerli, ma non sei in grado di dire con precisione cosa siano.

- Va tutto bene, professore, era soltanto un incubo. – una voce che riesce a scacciare ogni tuo pensiero.

Ti metti seduto sul letto e inizi a guardarti intorno per capire in che posto ti trovi, le ultime immagini che ricordi sono quelle di te tra la neve e tre sguardi fissi sul tuo corpo in fin di vita che lento era ricoperto da candidi fiocchi. Intorno a te delle pareti ruvide sulle quali danzano i riverberi del fuoco proveniente da un ampio camino, vicino al quale puoi scorgere i tuoi vestiti.

D’istinto ti guardi portandoti le mani al petto: sono fredde e un brivido ti fa trasalire.

Osservare le bende del tutto zuppe di sangue ti riporta di colpo in quella stanza, ai piedi di Voldemort che, mai sazio di crudeltà, continuava a lanciare tremendi incantesimi fino a quando, stanco, non ti ha ordinato di andartene, tra le risa degli altri Mangiamorte. E ti sei ritrovato in quel prato, solitario come un fiore tra la neve.

Provi ad alzarti, ma una forte nausea ti fa desistere all’istante e una smorfia di dolore t’increspa le labbra pallide.

Si avvicina a te porgendoti un’ampolla con un liquido dall’odore disgustoso che rifiuteresti all’istante se solo avessi un briciolo di forza, così non puoi far altro che bere e vederla sparire in un attimo e rimani ad osservare della polvere nel punto dove poco prima c’era quella ragazza che ti è così familiare, ma non riesci a ricordare nulla, troppo stanco, troppo vinto, troppo dolorante.

Non riesci a capire dov’è la tua bacchetta, dove ti trovi e come ti ha portato lì. Però la domanda che con più vigore si fa strada tra i tuoi pensieri è: perché? Perché ti ha salvato e sta cercando di aiutarti?

Ti rendi conto che non riusciresti a trovare una risposta nella tua mente nemmeno se avessi tutte le forze di questo mondo.

La nausea ti assale ancora, ma, cullato dal calore del fuoco, cadi nuovamente in un sonno dal quale speri di non svegliarti mai più.

Passa un tempo che ti sembra infinito, lunghissimi minuti che il tuo corpo percepisce quasi come giorni, ma continui a sentirti stanco e dolorante.

- Cosa le è successo? – chiede all’improvviso mentre ti porge una tazza fumante di caffè, non vorresti risponderle perché sarebbe come tornare a quelle immagini e non vuoi, ma qualcosa in quel calore ti spinge a parlare, e non è solo il tepore del camino.

Osservi per un istante i suoi occhi velati di tristezza e le parole ti escono da sole: - Quando commettiamo degli errori, bisogna anche sapersi assumere le proprie responsabilità, e io ho pagato in questo modo, troppo poco sinceramente. – ti guardi il corpo martoriato da numerose ferite, le uniche che mostreresti agli altri, perché quelle che hai nell’anima sono soltanto tue, compagne con cui dividere la tua esistenza e per questo sei felice che nessuno potrà mai vederle e che nessuna pozione o incantesimo potranno mai rimarginarle, perché sai che è giusto che tu le porti sempre con te.

- E quale colpa avrebbe commesso? Una delle… - si ferma di colpo, quasi in imbarazzo.

- Una delle tante, volevi dire, vero? – sorridi mentre la guardi abbassare il viso. Sai che ha ragione, la tua vita è piena di colpe e non hai modo di porvi rimedio. O almeno questo è quello che pensi tu, ma non vuoi porvi rimedio, perché non lo meriteresti, vero?

- Già. – inizi a ricordare quel viso, quella stessa tristezza che avevi letto sul suo volto, ma non ricordi altro, anche se cerchi di sforzarti con tutto te stesso, quelle sono le uniche immagini che riesci a visualizzare. Un triste velo che ancora persiste. Solo quello.

- Cosa stai facendo? – le chiedi vedendola armeggiare con alcuni ingredienti, cercando palesemente di cambiare argomento di conversazione.

- Se non mi dice cosa le è successo non posso fare molto. – per adesso sei riuscito a distrarla dalla mancata risposta, ma sai che non si arrenderà perché inizi a ricordare che la sua indole era prettamente Grifondoro… e il suo cervello fortunatamente Corvonero, anche se hai sempre pensato che potesse essere una perfetta Serpeverde.

Adesso ricordi, su quella maledetta Torre, dove ti eri scoperto come con nessuno, e c’era riuscita in un modo del tutto subdolo. Avevi sempre sospettato che fosse tutta una messa in scena per farti cedere di qualche passo, anche se non sapevi il perché avrebbe dovuto farlo, ma adesso vedendo quell’espressione triste immutata negli anni, ti rendi conto che il suo gesto non aveva nulla di fasullo.

Forse avrebbe preferito che tu l’avessi lasciata andare, morire com’era suo desiderio, com’era tuo desiderio rimanere tra la neve, un solitario fiore velenoso dal quale si staccano lentamente i fiori oscuri di una vita.

Su quella Torre non potevi di certo definirla Grifondoro, pensi.

Ti accorgi della sua espressione rassegnata e del suo viso carezzato dai vapori del fuoco, stanco e pallido, segnato da numerose ferite che riesci a scorgere nonostante siano impresse nel profondo, riconosci quegli enormi squarci nella sua anima, percepisci il dolore come se fosse il tuo e ti chiedi se anche lei riesce a vedere quello che ti ostini a nascondere così bene al mondo.

Cosa vedono in realtà i suoi occhi quando ti guardano?

Vorresti chiederglielo, ma temi ogni sua risposta, più di ogni altra cosa, hai paura che qualcuno possa conoscerti veramente, sfiorarti l’animo così in profondità da riuscire a dire ti conosco, Severus Piton.

E tremi all’idea di essere conosciuto.

- Sono qui con un Mangiamorte, non riesco a far chiudere quelle ferite, perché le ha provocate un incantesimo che non conosco e, se non lo conosco, non posso distillare nulla che contrasti i suoi effetti, non so come aiutare gli altri, non so come affrontare tutto questo, non ne ho la forza, non riesco nemmeno a trattenere le lacrime. – vedi le lacrime che iniziano a solcarle il viso, e d’un tratto torni indietro, ai piedi di quella Torre dove piangente ti ha abbracciato, noncurante di quello che eri, si è sfogata con te riversando tutte le sue lacrime sul tuo corpo, come se fossi un amico, ma eri soltanto un mostro.

Vorresti dirle che ci vogliono anni e anni di esperienza per riuscire a tenersi tutto dentro senza crollare, a reprimere ogni sentimento, ma ti limiti a guardarla singhiozzante con le braccia tese sul tavolo.

- Ti ho vista mentre volevi ucciderti e rialzarti più forte e determinata di prima, lo dimostra che sei qui, a lottare in questa sporca guerra, perciò non dire di non averne la forza, mentiresti soprattutto a te stessa.

Sorride, - Si ricorda di me? – annuisci. Come potresti dimenticarla, non capita spesso di volare giù da una torre per salvare la vita di una stupida ragazzina che voleva suicidarsi.

- Vorrei svegliarmi e accorgermi che tutto questo in realtà è un lungo sogno costellato da incubi. – cerca di calmarsi e di riacquistare quel controllo perso un attimo prima.

Un sorriso amaro ti piega le labbra, vorresti anche tu svegliarti e correre tra la neve, cogliere quel fiore solitario e donarlo a Lily, alla tua Lily ormai morta, che ti tiene la mano sotto soffici fiocchi bianchi.

Da quando sogni ad occhi aperti, Severus?

- Sarebbe molto più semplice vivere nei sogni dove tutto è luce e felicità, purtroppo questa non è una favola, ma anche nelle favole per giungere alla fine bisogna oltrepassare l’oscurità. – t’immagini Silente mentre dice queste parole che sono più da lui che da te, sorridi alla sua immagine bonaria e allegra che per un attimo ti passa davanti agli occhi.

- Però c’è il lieto fine.

- Però c’è il lieto fine. – ripeti. – Speriamo ci sia anche per tutti voi.

- Per lei no? Ha già scritto la sua sentenza?

- Io sto dalla parte sbagliata della barricata, per me non può e non deve esserci nessun lieto fine, la mia sentenza sarà semplicemente ciò che merito.

Nella grotta c’è una fessura dalla quale puoi vedere quello che c’è fuori: un paesaggio completamente imbiancato e un cielo candido dal quale scendono soffici fiocchi di neve. Un paesaggio ormai immutato da tempo di cui non ricordi assolutamente nulla, soltanto rumori e odori che ti sono familiari, soltanto una scia di sangue tra la neve.

 

Neve scendi e sciogli al sol

il mio peccato nel tuo candor[2]

 

Ne senti ancora l’aroma di metallo che ti da la nausea, nonostante anno dopo anno è fluito nelle tue mani, riesce ancora a farti star male, ma sai che non è per l’odore. È per ciò che rappresenta, vero?

Vite spezzate accatastate come legna da ardere, bagnate dalla pioggia che goccia dopo goccia riesce a lavare via ogni traccia di sangue, a pulire la terra pregna di vita che non c’è più. Non te.

Nemmeno l’abbraccio della neve è riuscito a togliere le ombre nella tua anima ormai dispersa tra il dolore e la colpa.

 

Neve scendi e sciogli al sol

il mio peccato nel tuo candor

 

- Perché perdi tempo con un peccatore? – si volta di scatto con un coltello tra le mani, ti guarda stupita, ma lo sa anche lei che sei un peccatore, non ha bisogno di dirlo perché riesci benissimo a leggerlo nei suoi occhi. – Perché io ho salvato te?

- Credo che ci sia un motivo che spinge una persona a commettere tale peccato. Lei è diventato un Mangiamorte, ha ucciso Silente, non so perché, ma sicuramente ci sono delle ragioni per le quali l’ha fatto.

- Non cercare motivi dove non ci sono. – le dici semplicemente cercando di scacciare le immagini di due occhi azzurri che ti imploravano e di due iridi verdi immobili senza alcun anelito di vita.

- Non li cerco, non avrei nemmeno il tempo di cercare qualcosa nella sua testa, quando non sono in grado di capire nemmeno i miei di pensieri, ma so che Silente si fidava di lei, e a me questo basta.

Anche Silente mi ha salvato la vita, quand’ero piccola, ero sola, è stato come un padre per me, mi sono sempre fidata di lui perché conosceva le persone nel loro animo, se per lui una persona era degna di stima, allora doveva esserlo per tutti. Lui si fidava di lei ciecamente. E anch’io.

Pensi che è la prima volta che qualcuno ti dice simili cose e non sai se esserne felice o meno, vorresti urlarle di farsi gli affari suoi, ma qualcosa ti spinge a rimanere in silenzio ad osservarla, quasi in imbarazzo, per le sue parole, ma hai ancora una recita da portare avanti e non puoi permetterti che nessuno sospetti nulla.

È la seconda volta che riesce a metterti così a nudo, e sai che non puoi permetterti che lo faccia una terza volta.

Come riesce ad entrarmi così dentro?, ti chiedi.

- La fiducia è un vetro che può ingannare la vista.

- Nessuno poteva ingannare Silente.

- Io sì.

- Senza offesa, professore, lei è indubbiamente un mago molto abile, ma non così abile come Silente.

Delle risate echeggiano sulle pareti di pietra, stai davvero ridendo, Severus? Peccato che il tuo piano sul non farti mettere a nudo stia andando con Merlino.

- Eppure ho ingannato tutti, ucciso Silente e sono un Mangiamorte tra i più fidati dell’Oscuro Signore che ha fatto la spia per lui anno dopo anno.

- Come vuole. – si limita a dire, forse troppo stanca per continuare quel discorso e forse è meglio così perché quella dannata ragazzina potrebbe scoprire ogni cosa, ogni verità, e non puoi permettertelo assolutamente. Devi stare molto attento, Severus. – Se solo mi dicesse che cosa le hanno fatto esattamente potrei aiutarla, non voglio sapere la storia della sua vita, solo sapere gli incantesimi che hanno usato, così potrà tornare ad essere il Mangiamorte più fidato di Voldemort e quindi mio nemico.

- Quando esattamente abbiamo smesso di esserlo? Non crederà che adesso io e lei siamo amici e per Natale le manderò gli auguri?

Ride di nuovo, - Sa, mi sarebbe più utile con la bocca bloccata e il corpo funzionante, così se la farebbe da solo questa dannata pozione. – ti rendi conto che forse hai un po’ esagerato, in fondo ti sta salvando la vita, non merita di essere trattata così. – anzi, se ne sarebbe andato da solo da quella radura e nessuno avrebbe ascoltato le sue idiozie per un po’ di giorni. Non posso mettere sangue all’infinito nel suo corpo se è del tutto inutile visto che continua a perderlo da queste dannate ferite! – risponde stizzita mentre lancia con rabbia alcuni oggetti sul tavolino, la vedi prendere le sue cose per andarsene, - Adesso può anche morire per i miei gusti! – e sparisce in un attimo lasciando un vuoto nella stanza.

Ti senti un idiota, uno stupido che non riesce nemmeno ad alzarsi dal letto, ma riesce benissimo a parlare, sempre le parole sbagliate, vero, Severus? Ricordi quanto ti sono costate quelle parole quel giorno?

“Tutto”.

Un piccolo fiore solitario, appassito tra le mani e perso per sempre tra la neve che cancella i tuoi passi e il vento che ruba ogni singolo petalo per portarlo via, lontano da quel cuore di ghiaccio che non ha saputo alimentare la sua vita, lasciandolo morire dove le tue lacrime non sarebbero state nient’altro che veleno per quella terra ormai arida e ferita.

- Dannata ragazzina, non le ho chiesto io di salvarmi, poteva benissimo lasciarmi nella neve, me la sarei cavata da solo, come sempre, al massimo sarei morto. Devo assolutamente fare qualcosa, altrimenti rimarrò qui per sempre e cosa ben peggiore, dovrò sopportare ancora quella petulante ragazzina.

Cerchi nuovamente di alzarti, devi riuscirci a costo di dare fondo anche all’ultima goccia di forza che hai. Aggrappandoti a qualsiasi cosa che trovi, ti trascini al tavolo, ma ogni dolore ti colpisce di nuovo come tante lame che ti trapassano la carne, il sangue riprende a fuoriuscire dalle ferite, ne senti il calore invaderti la pelle, e una forte nausea ti fa barcollare.

- Le starebbe bene se la lasciassi in queste condizioni sul pavimento. – ti sussurra reggendo a fatica il tuo corpo prima di rovinare a terra.

- Perché sei tornata? – biascichi aprendo a fatica gli occhi.

- Perché sono una stupida che vuole aiutare un testardo antipatico cinico e bastardo peccatore.

- Che epiteti deliziosi, sono lusingato da tanto affetto. – stranamente le sorridi, in un’altra occasione l’avresti spedita a pulire calderoni su calderoni, nel caso migliore, probabilmente uccisa, nel caso peggiore. – Cr-Cruore… Ma-Manat… - riesci a dire prima di cadere nuovamente privo di sensi.

- Incanto Cruore Manat, bene, adesso so cosa fare, grazie, ti salverò, Severus, come tu hai salvato me. – un sussurro che non riesci a sentire, un nome così maledetto che nessuno pronuncia con tanta gentilezza.

 

***

 

Ti svegli e la stanza è stranamente in silenzio, il fuoco potente riscalda tutto, senti il calore sulla pelle, e illumina le pareti di pietra che adesso non sembrano più così oscure e tristi, ti senti bene, in forze, e non riesci a capire, ricordi solo di essere svenuto per l’ennesima volta tra le braccia di… non ricordi ancora il suo nome, vero?

“Aisha”.

Ti guardi intorno per cercare di scorgere i suoi occhi grigi, ma c’è un vuoto che non ti spieghi, un silenzio che speri solo di immaginare. Ti alzi di scatto dal letto, non t’importa se poi cadrai di nuovo sul pavimento, ma hai solo bisogno di vedere ancora i suoi occhi, di sentire la sua voce.

Perché adesso questa brama ti sta seccando la gola? Perché adesso desideri così tanto che il ghiaccio dei suoi occhi ti disseti?

Non sai rispondere, queste emozioni non ti sono mai appartenute, forse è solo la riconoscenza che hai verso di lei che ti fa provare simili sensazioni.

Trovi i tuoi vestiti puliti piegati sopra al tavolo dove non c’è alcuna traccia di pozioni o ingredienti.

Non c’è più alcuna traccia di lei.

Ti vesti, vuoi andartene il più lontano possibile da lì, dimenticare quelle ore che ti sono sembrate infinite e tornare ai tuoi maledetti doveri che contano più di ogni altra cosa, perché tu sei Severus Piton e la tua vita è solo espiazione di colpe che ancora ti macchiano l’anima, come il sangue di ogni persona che hai ucciso che ti stringe le vene.

Ti manca quel fiore solitario sulla neve.

Bellissimo e lucente come non sei tu, fiore nero di oscurità che sporca il manto candido dove giace.

Corri lontano, corri senza voltarti, sulla neve che si apre ai tuoi passi nervosi e stanchi, guardando solo l’orizzonte bianco davanti a te, vuoi solo dimenticare quella grotta, dimenticare quella donna per sempre, nessuno può penetrare la tua corazza, e questo ti spaventa perché se c’è riuscita lei chiunque potrebbe farlo.

Ne sei sicuro, Severus? Eppure Voldemort in tutti questi anni non c’è mai riuscito, invece lei…

“Chi è questa donna da turbare i miei pensieri e togliere ogni certezza al mio cammino sulla neve? Chi è questa donna che con un solo sguardo di ghiaccio è penetrata nella mia anima?”.

Continui a correre mentre i fiocchi riprendono a scendere, a toccare il tuo viso stanco gelandoti il cuore con le loro fredde carezze che in un istante si trasformano in rossi petali che cadono lenti sulle tue mani, li raccogli stringendoli, ma si trasformano in caldo sangue che ti scivola tra le dita macchiando la neve.

Di nuovo quell’aroma e la nausea ti getta di colpo a terra tra il freddo di quel manto, un solitario fiore nero dal quale sgorga copioso il sangue.

Cerchi di pulire le mani sul vestito, ma è del tutto inutile, il sangue continua a scorrere, ma ti accorgi di qualcosa nella tasca: la tua bacchetta e una pergamena con un fiore attaccato.

“Non lasciare che l’ombra inghiotta il tuo cuore.

Te le ricordi queste parole, Severus?

Mi piacerebbe che anche tu non lasciassi che un’ombra inghiotta il tuo cuore. Io ci ho provato, ci provo ancora oggi perché la mia guerra contro quell’ombra non credo finirà tanto presto, ma non so per quale motivo e come ci sei riuscito, ma in queste ore i tuoi occhi neri hanno donato un po’ di luce al mio cuore, come già avevano fatto su quella Torre. E quell’ombra sembra sempre meno grande.

So che dentro di te c’è molta luce, Silente lo sapeva e si fidava, e voglio continuare a farlo anch’io, ma se dovessi imbattermi in te in qualsiasi scontro, non esiterei un momento ad ucciderti, e lo stesso faresti tu, anche se in cuor mio spero che ci sia un lieto fine anche per te.

Perché anche se non lo credi tutti meritiamo una seconda occasione e credo che tu non l’abbia ancora mai avuta.

Ti ho salvato la vita perché credo che a questo mondo serva ancora un peccatore come te, in fondo siamo tutti peccatori, tutti abbiamo ombre nel nostro cuore, il vero coraggio è conviverci e trarne forza per continuare a lottare sempre.

Siamo un mondo fatto di opposti, la luce non può esistere senza il buio, non c’è bene senza male, in me ci sono entrambi, in te più di chiunque altro, ma senza uno di essi non saresti tu. Non avresti mai visto l’oscurità che alberga in me, donandomi un po’ di lucentezza.

Mentre mi allontanavo da quella grotta, da te, ho visto questo piccolo fiore nero e rosso tra la neve, mi ha ricordato quando ti ho trovato tra la neve. Mi ha ricordato te e non ho avuto il coraggio di tenerlo, mi avrebbe sempre riportato in quella grotta ogni volta che lo avrei guardato e, nonostante i tuoi occhi riescano a donarmi felicità, non riesco ad incontrarli con i miei, mi feriscono, non so il perché e questo mi spaventa. Qualsiasi sentimento che non riesco a spiegare e a controllare mi fa paura.

So che a te di tutto questo non importa nulla, forse avrai già bruciato la lettera col fiore appena l’hai aperta, ma io continuo ad avere fiducia in te.

Se dovessi sbagliarmi, convivrò col mio errore, non è di certo la prima volta che ripongo la mia fiducia nella persona sbagliata, ma io mi fido di te. Silente lo faceva e lui non si è mai preso gioco di me, quindi crederò in lui. Crederò in te.

Un addio perché so che non rivedrò mai più i tuoi bellissimi occhi neri, e ne sono felice e triste al contempo, ma siamo troppo distanti, ai lati opposti della barricata, come diresti tu.

Addio, Severus.”.

Raccogli quel fiore tra le mani insanguinate e all’improvviso ogni traccia di fluido scarlatto scompare, risucchiata dal suo stelo che ne assume le sue intense sfumature, la mano ora candida si confonde tra la neve.

Affondi il viso in quel manto mentre le lacrime scendono veloci e fredde lungo il viso mischiandosi ai fiocchi, non sai il perché di quel pianto, ma vorresti morire lì, con quel fiore tra le mani e quelle gocce amare a bagnare la neve. E il ricordo dei suoi occhi di ghiaccio.

Un dolore lancinante all’avambraccio ti riporta alla realtà spezzando ogni tuo desiderio e facendo scomparire quei ricordi che non possono esistere nella tua mente. Un dolore che fa parte della tua vita e che ti fa bruciare quella pergamena, ma il fiore non hai il coraggio di distruggerlo, lo getti a terra, sperando che qualcuno lo raccolga e lo custodisca per te.

Fai un passo, ma vedi una goccia di sangue sgorgare dai petali di quel fiore solitario nella neve, una lacrima rossa che brilla nei tuoi occhi, lo raccogli e scompari, lasciando impronte tra la neve, lasciando per sempre quelle ore imprigionate in essa.

 



[1] Io contro il tempo, il tempo contro di me

[2] Neve Rosso Sangue – Raphsody of Fire

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Capitolo 3
*** Parte 3 – Sas manos ‘alu unidas, asie, chi parent in pregato ria ***


Parte 3 - Sas manos ‘alu unidas, asie, chi parent in pregatoria

Parte 3 - Sas manos ‘alu unidas, asie, chi parent in pregatoria[1]

 

 

Il silenzio è quasi irreale in quel luogo, eppure gli echi della battaglia sono vicini, troppo vicini per essere ovattati da una costruzione traballante che ha accolto diverse voci e persone per molti anni.

Le scale cigolano sotto i tuoi piedi alzando la polvere accumulata da anni, se non fosse buio, potresti vedere le tue orme e forse ti accorgeresti di quelle di altre persone e di una lunga scia di un grosso serpente.

La paura di trovare quel mostro ancora lì ti assale, non forte come il timore di trovarlo già morto, non sopporteresti l’idea di non poter far nulla per lui. Speri con tutta te stessa che il suo cuore ancora batta.

Hai ascoltato per caso Hermione parlare con Harry di qualcosa che nemmeno ricordi, soltanto le parole “Piton” e “Stamberga” avevano importanza per te, la speranza di rivederlo si era fatta più forte, ma poi la parola “morto” pronunciata dalla ragazza ti aveva gettato in un abisso profondo dove il tempo si era fermato e intorno a te tutto era sparito.

Adesso percorri lenta quei passi che ti separano da lui, speri di non vedere il suo corpo ormai freddo, hai timore di come potrai reagire a quella vista.

Senti il rumore della guerra, le grida disperate di chi non ce la fa o di chi vede qualcuno soccombere, come sono lontani i tempi della pace dove tutto profumava di vita e i colori accendevano le speranze. La tua vita che profumo aveva?

La tua vita aveva sempre avuto l’acre aroma di un’illusione che non sarebbe mai diventata reale, di anni persi in un’ombra che inghiottiva il tuo coraggio e la tua voglia di essere felice. Più lottavi e più ti sembrava che fosse del tutto inutile, rialzarsi dopo l’ennesima sconfitta era sempre stato più difficile, e ogni volta che lo facevi, a fatica sentivi qualcosa che si perdeva dentro di te.

Erano più sensazioni che certezze, ti chiedevi spesso che cosa fosse quel senso di vuoto che ti rimaneva ogni volta che tornavi in piedi, come sotto quella Torre, dove un uomo dagli occhi così oscuri ti aveva donato un’altra possibilità e ti eri sentita vuota come mai, facevi fatica anche solo a sfiorare il suo sguardo, troppa vergogna, troppo dolore, troppa debolezza che non avresti mai voluto mostrare a nessuno. Tantomeno a lui.

Ma adesso nulla ha importanza, vuoi solo trovarlo, rivedere quegli occhi che ti bruciano l’anima, il suo meraviglioso sorriso che vorresti vedergli sempre sulle labbra. Da quel giorno sulla Torre qualcosa è cambiato, ma non sapresti dire cosa, nelle notti dove il suo viso ti accompagnava e la sua voce ti cullava il sonno era senza incubi, ti bastava pensare a quel fiore tra la neve che gli avevi lasciato per ricordarsi di te, per sorridere.

Lo trovi a terra tra la polvere e il suo stesso sangue, immobile, avvolto nel silenzio scarlatto che gli stringe la pelle, un abbraccio di porpora che presto lo accompagnerà verso la luce attesa da tempo, non più un fiore tra la neve, soltanto un corpo nel buio che attende la fine.

- Che ci fai qui? – un sussurro tra la polvere e il sangue, trattieni a stento le lacrime nel vederlo in quello stato.

- Sono venuta a salvarti la vita.

- Non puoi. Ormai è finita.

- “Non lasciare che l’ombra inghiotta il tuo cuore”, questo mi avevi detto ai piedi di quella Torre. Beh, questo vale anche per te, e non permetterò che quell’ombra ti porti di nuovo via da me. – nel suo sguardo una scintilla di stupore per quelle parole così ardite. Ti sarebbe piaciuto mostrarti sempre così audace ai suoi occhi, dimostrargli di essere una vera Grifondoro e non una ragazzina spaurita e codarda che non voleva affrontare la vita.

- Questa battaglia non la puoi vincere, rassegnati e mettiti in salvo.

- Non me ne andrò e la vincerò questa battaglia, insieme con te. È una promessa.

- Non fare promesse che non puoi mantenere. Io ti ho salvato la vita perché dovevi lottare… tu mi hai salvato la vita perché dovevo compiere il mio dovere. – si ferma per riprendere fiato, così flebile. - Adesso lasciami andare, non c’è più posto per me, qui. – lo osservi mentre chiude per un istante gli occhi. - Non c’è mai stato, e questo mondo sarà più luminoso senza la mia oscurità. – Ti getti sulle ginocchia, - Lascia che il fiore appassisca insieme con me. – allunghi le dita sfiorandogli il viso così pallido e freddo. - Lascia che la neve mi accolga di nuovo nel suo abbraccio. – Non riesci a vedere l’uomo fiero che conoscevi in quelle condizioni, esanime, senza alcuna voglia e forza di combattere, spingi con energia una mano alla gola per cercare di fermare quel caldo flusso di sangue mentre cerchi qualcosa nelle tasche incantate.

- Se non te ne sei accorto, non c’è la neve ed io non lascerò che tu raggiunga qualsiasi luogo in cui la potrai trovare. Non lascerò che tu vada dove vuoi andare! – continui a cercare diventando più nervosa ad ogni minuto che passa, ma sai che l’impazienza non ti è mai stata amica, quindi cerchi di calmarti e di ragionare.

Sorride come poche volte lo hai visto fare, un sorriso felice e sereno, ma non vuoi che sia l’ultima volta che glielo vedi fare.

- Dannate tasche! Che mi è saltato in mente di renderle così capienti. – senti i suoi battiti che si fanno sempre più deboli, i tuoi abiti sporchi di sangue che ti sputa addosso dopo ogni colpo di tosse, ma non te ne curi, è quasi come sentire Severus sul tuo corpo, il calore sulla tua pelle, ma non vorresti percepire queste sensazioni attraverso il suo sangue.

- Dopo tutto sei una donna, no? – un altro colpo di tosse, ancora sangue su di te. – Almeno credo, anche se i tuoi modi rozzi mi hanno sempre suggerito il contrario. – prova a ridere, ma il dolore alla gola è troppo.

- Dovresti stare zitto, sai? Riesci a tenere una mano su queste ferite? – prova ad alzare il braccio, ma è del tutto inutile, le forze lo stanno lentamente abbandonando. – Ok, non preoccuparti. – ti strappi il maglione avvolgendolo su se stesso, lo premi sulle sue ferite e in un poco tempo s’imbeve di sangue, ma noncurante delle tue mani del tutto rosse, spingi con più forza e con la bacchetta lo avvolgi con delle bende. – Lo so che così rischio di soffocarti, ma tieni duro un attimo e fidati di me.

Con le mani per un attimo libere, riesci a trovare la pozione per rigenerare il sangue, ma sai che non basta, sai che ti serve altro, poi come se un lampo ti avesse colpito: - Accio Poculum Dentium! – è impressionante come in certe situazioni di agitazione, i basilari incantesimi vengano meno.

Ti prenderesti a schiaffi da sola per tale mancanza, poi all’improvviso ti viene da ridere mentre togli le bende per versare la pozione appena uscita dalle tasche, sul collo di Severus che ti guarda come se fossi pazza.

Ansima come se gli mancasse il respiro, poi inizia a gridare e vedi le sue ferite bruciare letteralmente e hai paura, una tremenda paura che quel dolore sia del tutto inutile e che nulla possa salvarlo. In preda a spasmi incontrollati che lo fanno contorcere sul pavimento, lo abbracci stringendolo forte a te mentre le lacrime solcano prepotenti il tuo viso.

Non vuoi che muoia, non sei pronta a dirgli nuovamente addio, non sei pronta a dirgli addio per sempre.

Sai che quella pozione deve funzionare, ci hai messo mesi per prepararla e sai perfettamente i suoi effetti e le sue cure, ma in quel momento, mentre lo tieni tra le braccia e senti il suo corpo scosso da scariche di dolore, ogni tua certezza vacilla, e non sei più sicura nemmeno del tuo nome.

Vorresti non averlo abbandonato in quella grotta immersa nella neve, avresti voluto conservare gelosamente quel fiore e portarlo per sempre con te. Ti dai mentalmente e ripetutamente della stupida, quando senti le sue braccia stringersi attorno alla tua schiena, un contatto leggero, senza forza, ma riesci a sentire tutto il suo calore e ogni emozione ti scoppia in petto.

- L’ombra ha già inghiottito il mio cuore… lasciami andare. – e l’abbraccio si scioglie mentre il suo corpo cade esanime sul pavimento.

Forse non hai previsto che la volontà di un uomo può essere più potente di qualsiasi pozione o incantesimo, forse eri soltanto tu a volere un peccatore tra i vivi.

Che importanza ha adesso?, ti chiedi.

Avvicini il tuo viso alle sue labbra sporche di sangue, ma non t’importa, le sfiori delicata con le tue, come se dovessero rompersi da un momento all’altro. È ancora caldo e gli sposti i capelli imperlati di sudore dal volto, per vedere per l’ultima volta i suoi occhi, prima di chiuderli per sempre a questo mondo.

- Adesso cosa dovrei fare senza di te? Eri l’unica persona che riusciva a dissipare la mia ombra. Dimmi cosa dovrei fare! – gridi tra le lacrime, al suo viso stanco e immobile tra le tue mani.

Un piccolo fiore nero e rosso gli scivola da una tasca, lo raccogli e in un attimo ti ritrovi in quella grotta immersa nel bianco, ti ritrovi nuovamente ad osservarlo mentre dorme e speri che anche adesso stia dormendo. Un meraviglioso fiore nero che riposa nel morbido manto candido.

Un sonno dal quale sai che non si ridesterà mai più.

Addormentato per sempre come un Cristo morto dell’iconografia Babbana, lo guardi per alcuni istanti, le lacrime che ti velano gli occhi offuscando quella vista pietosa e forse pensi che sia meglio così, ma non riesci ad osservarlo ancora, vuoi solo scappare da lì e ricordartelo mentre ti stringeva ai piedi di quella Torre.

- Non sono riuscita nemmeno a mantenere la promessa. Sono soltanto un’incapace. – delicatamente poggi le sue mani sul ventre, le dita intrecciate dove posi quel fiore amato e ormai odiato.

Un fiore dannato.

Lasci la stanza, la polvere e il sangue di una vita finita, lasci quel luogo che avrebbe sepolto le tue lacrime. Corri lontano sperando che qualche incantesimo ti colpisca in pieno petto per poter rivedere il suo sorriso. Corri via senza accorgerti che due occhi di tenebra stringono timidamente quel fiore tra le dita strette come in preghiera.

Un fiore che sboccia di nuovo tra la neve.

 



[1] Le mani ancora unite, così, che sembrano in preghiera

 

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