Oblivion

di Caelien
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Everything will escape ***
Capitolo 2: *** The sky's gonna break ***
Capitolo 3: *** He's fall from the sky ***
Capitolo 4: *** Human ***
Capitolo 5: *** Troubles ***
Capitolo 6: *** What is this I feel, why is it so real? ***
Capitolo 7: *** Don't run away ***
Capitolo 8: *** Thumping in my chest like an engine ***
Capitolo 9: *** Kept you here beneath my breath ***
Capitolo 10: *** Happiness. No longer a stranger. ***
Capitolo 11: *** Banner. ***
Capitolo 12: *** Opal with green dress. ***
Capitolo 13: *** Loki Laufeyson, i love you. ***
Capitolo 14: *** Montauk. ***
Capitolo 15: *** Always ***
Capitolo 16: *** We won't have to be scared ***
Capitolo 17: *** She looks strong in the weakness ***
Capitolo 18: *** I love you, most ardently. ***
Capitolo 19: *** Don't let it break your heart ***
Capitolo 20: *** Forgive me ***
Capitolo 21: *** Welcome back, Loki. ***
Capitolo 22: *** A rush of blood to the head. ***
Capitolo 23: *** The wrong goodbye. ***
Capitolo 24: *** I had hope. ***
Capitolo 25: *** Guilt ***



Capitolo 1
*** Everything will escape ***


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La guardava in silenzio, andare via...
 
Non aveva mai provato un dolore così ardente, forse non ricordava di aver nemmeno mai provato dolore.
Ora quegli occhi che aveva a lungo guardato, color dei prati, non lo avrebbero fissato mai più, con quell'intensità.
La sua memoria era appena stata spazzata via, a partire da quel maledetto giorno di Ottobre.

La guardava sparire, smarrita. Quei capelli ramati sciamare in mezzo all'aria e non più in mezzo alle sua dita. 
Avrebbe preferito la morte, piuttosto che sapere che lei non l'avrebbe più ricordato. E con lui tutti quei momenti che avevano fatto si che uno divenisse preponderante al massimo nella vita dell'altro.

Ma lo dovette fare. Non poteva più scappare adesso, dalle sue responsabilità. Glielo aveva promesso, lei. Ricordava quel giorno alla perfezione, come ogni momento passato al suo fianco.
 
"Devi promettermelo, Pleione. Se davvero tieni a me, quando te lo domanderò, dovrai lasciarmi andare".
 
Ricordò gli occhi di Pleione prima di quel maledetto incantesimo. Sembravano minuscoli tanto erano gonfi; il giorno prima di quello lei non aveva smesso di piangere, neanche per un minuto. Si era sempre vantato del suo potente scettro: adesso non lo aveva mai odiato tanto.
 
 
"Perchè non mi vuoi più? Tu fingi!" Si coccolava nell'idea che l'uomo fingesse. "Perchè, vuoi farlo, cos'è successo?". Implorava di sapere la verità.
 
Quella falsa freddezza nascondeva un dolore enorme, per doverla lasciare lì e per dover affrontare quei maledetti saggi ad Asgard.
Sapeva che sarebbe marcito in una cella, o peggio, sapeva che sarebbe morto. Essere a conoscenza del fatto che colei che aveva disgelato quell'uomo tanto sadico ed indifferente nei confronti della sua razza, sarebbe morta di crepacuore, lo avrebbe torturato per l'eternità, più di qualunque altro dolore.
Stava per posare lo scettro sulla sua tempia, per fare a se stesso la medesima maledizione che aveva inflitto a Pleione. 

Ma si bloccò. Le nocche erano bianche, tanto stringeva forte l'asta del potente oggetto. 
No, voleva ricordarsi di lei prima della fine. Voleva andarsene con lei negli occhi. Con lo scenario di un ghiacciaio, incorniciato da verdi e genuini fili d'erba.
Questo 
era l'incontro dei loro occhi, e lo era sempre stato fino ad allora.

Si voltò e si dissolse, con la morte nel cuore, nel suo dannato universo, nel suo dannato regno, che gli aveva donato solo odio per la razza umana.
Si voltò e pianse, per la prima volta dopo giorni di strazio, per la prima volta da quando era bambino.
 
"Addio Pleione Stuart della Terra. Grazie per avermi dimostrato che non esiste ghiaccio che il fuoco non possa scaldare. Che non c'è niente di male ad avventurarsi nel cuore di un umano. Grazie per avermi insegnato che l'indifferenza non è un'arma verso qualcuno, ma verso se stessi. Grazie per avermi dimostrato quanto mi sia sbagliato per tutto questo tempo".








Note: Spero quest'inizio vi abbia intrigato almeno un po', mi racomando recensite se vi va, mi fanno piacere i vostri pareri, anche se negativi! Un bacio e grazie per aver letto. Un grande grazie a BloodyMary94 per la copertina della mia storia e per la sua infinita gentilezza <3

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Capitolo 2
*** The sky's gonna break ***


II°

Anno precedente. Mese di Ottobre.
 
Dai disastri successi su Midgard erano passati ormai mesi. 
Loki se ne stava rinchiuso in una cella, senza pensare, senza parlare. Aspettava da tanto una sentenza. Era pronto a morire o a rimanere rinchiuso. Che cos'avrebbe avuto da perdere? Dentro di se aveva solo rancore, odio, frustrazione. Niente per cui valesse la pena sopravvivere.

Thor, Odino e il consiglio dei saggi di Asgard si riunivano da tempo per decidere la sua sorte, e proprio Thor cercava ogni giorno di poter giungere ad una decisione 'pacifica'.
Sapeva cos'aveva fatto suo fratello, sapeva che si era comportato come un mostro spietato. Ma voleva dargli ancora una possibilità. Si ricordò di quanto lui fosse spavaldo ed orgoglioso prima di arrivare sulla Terra, prima di conoscerne la genuinità e la semplicità. Ricordava molto bene quanto la gente fosse diversa da Asgard. Sperava ardentemente che la Terra potesse riuscire a cambiarlo, Loki.
Quel giorno splendeva il sole e l'atrio del consiglio era illuminato da caldi raggi di luce. Odino si trovava già seduto sul suo trono, in attesa dell'arrivo di tutti quanti gli appellati. Guardava alla sua destra con malinconia, dove una volta poteva fissare fieramente i suoi due più preziosi doni, Thor e Loki. Venne distratto dai passi di qualcuno; suo figlio Thor entrò precipitosamente.
 
"Figlio mio, che cosa succede?"
 
"Padre dovete ascoltarmi. Risparmiate la vita a mio fratello, prendete in considerazione l'offerta che già ho proposto a voi e.."
 
"La tua offerta è stata presa in considerazione, non credere che sia stata ignorata. Tuttavia devo venirti contro, figliolo, credo che sia troppo presto per inviarlo su Midgard."
 
"Padre tu forse dimentichi quanto quel regno mi abbia cambiato. Sai che anche lui ha diritto ad una possibilità, concediamogliela, vi prego! Mi ha considerato un debole in passato, mi ha considerato un traditore per essermi lasciato scalfire dai cuori puri dei terrestri. Ma so che Loki in realtà brama la felicità".
 
Odino sospirò. Nel mentre la sala del consiglio si era ghermita al completo e i presenti ascoltavano la conversazione con attenzione. Il vecchio dio mise una mano sulla spalla del figlio, scavato in volto, con gli occhi stanchi. Non aveva più chiuso occhio da quando si era aperto il processo per il fratello.
 
"Padre, vi prego dal profondo dell'animo".
 
Qualche ora dopo Thor si recò nei sotterranei, con in mano il suo possente martello. L'espressione stanca aveva abbandonato il suo volto, facendo spazio a quella che era stato il suo viso di sempre, fiero e sereno.
Arrivò di fronte la cella di Loki. Era seduto per terra e fissava il vuoto, nemmeno si accorse dell'arrivo del fratello. I suoi capelli erano sciupati, aggrovigliati, le sue vesti quasi ridotte ad uno straccio. I suoi occhi, un tempo lampanti d'ira, ora erano spenti e lucidi.
Le guardie aprirono la cella al dio, il quale si sedette di fianco al fratello.
 
"La sentenza è stata emessa, Loki"
 
"Ebbene?" La sua voce non esprimeva nessun tipo di preoccupazione o speranza. Era monocorde, spenta, flebile.
 
"Abbiamo convenuto di mandarti su Midgard, annullando i tuoi poteri naturalmente. Sono sicuro che ti sarà utile vivere in mezzo ai misgardiani, da loro imparerai molto. Ci recheremo al Bifrost domani mattina."
 
Loki si girò di scatto alla parola Midgard. Come potevano aver deciso una cosa tanto sciocca? Rispedirlo nel luogo che più lui giudicava sprezzante, inutile? Ma considerò che, alla fine, era meglio che assistere al trionfo del fratello ogni giorno della sua vita.
 
"E sia." Disse guardando di nuovo il vuoto.
 
La mattina dopo erano tutti pronti al Bifrost. Odino, Thor, loro madre, tutto il popolo di Asgard avrebbe assistito alla 'partenza' di Loki. C'era chi esultava e chi si preoccupava per i terrestri. 
 
"Loki, tu ti recherai per un periodo di esilio sul pianeta Midgard. I tuoi poteri ti verranno tolti così da renderti innocuo. Ma attento figlio mio; un solo errore, un solo comportamento violento, e Asgard e gli altri otto regni non saranno più un luogo dove tu sarai ben accetto".
 
Furono queste le parole pronunciate da Odino, prima che il potentissimo raggio facesse sparire Loki dai loro occhi.








Note: Ciao a tutti! Ecco qui il secondo capitolo. Cominciamo a far prendere forma alla storia! Spero vi sia piaciuto. Come al solito sono graditi i vostri pareri e tutte le vostre critiche! Un bacione e grazie di cuore per aver letto.

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Capitolo 3
*** He's fall from the sky ***


III°

Loki conosceva benissimo la sensazione del venire trasportati ad una velocità smisurata, eppure questa volta era diversa dalle precedenti. Sentiva di perdere le forze, sentiva di perdere se stesso. Tutto quello che lui era ad Asgard, lo aveva lasciato là.
Non riuscì a capire quanto tempo impiegò ad atterrare sul suolo terrestre. Rovinò rumorosamente su di un terreno bagnato, sul quale batteva una pungente e sottile pioggia. 
Cercò immediatamente di rialzarsi, facendo forza sulle proprie braccia; ma, con sorpresa, notò che queste non riuscivano a reggerlo.
Si ricordò allora di quando la stessa sorte toccò al fratello; le forze lo avevano abbandonato e ciò di cui aveva bisogno era nutrimento.  Ma rimase disteso a terra, le forze lo avevano definitivamente abbandonato. Sentiva come un macigno gravargli sulla schiena.
Davanti a se vedeva solo un prato ed un cancello, con dietro la sagoma sfumata di una casa midgardiana. 
Sentì un tuono, tremendamente rumoroso.
 
"Maledetto fratello, ti prendi gioco di me?" 
 
Quelle parole erano state le ultime prima di cadere in un sonno profondo, riverso su quel prato fangoso ed umido.

*
 

Qualche ora prima, nei pressi del grattacielo Stark.
 
"Allora ci siamo capiti signorina? Io e la signorina Pepper dobbiamo partire presto domani!Quindi sia puntuale, qui alle otto domani mattina, ho quell'incontro con quei brutti ceffi francesi, e non ho per niente voglia di presentarmi."
 
"Mi perdoni signore, quindi io per quale motivo dovrei venire in ufficio domani?"
 
"Ma per presenziare al posto mio ed evitarmi inutili convenevoli, naturalmente!" 
 
"Ma io.."
 
"Niente ma, signorina ... Signorina."
 
"Stuart, signor Stark, mi chiamo Ple.."
 
"Si si, puntuale, mi raccomando. Au revoir!"
 
Tony Stark era un uomo decisamente buono. Era un simpaticone, un gran bell'uomo. Questo diceva la gente, i mass media di lui. Chissà perchè Pleione, spesso e volentieri, vi vedeva uno sbruffone, egocentrico e menefreghista.
Pleione Stuart lavorava come segretaria della signorina Pepper da qualche mese ormai. Dopo la ricostruzione del grattacielo, aveva letto un'inserzione sul New York Times per un posto di lavoro alla Stark, e non aveva esitato a spedire una richiesta ed un curriculum.
Era un'eccellente lavoratrice seppure giovane; aveva infatti ventitre anni appena.
 
Finita la giornata di lavoro, prese un plico di documenti da finire di compliare a casa,  si mise la giacca e uscì, diretta a casa.
Per strada era ancora tutto un trambusto. Gli operai lavoravano senza sosta da mesi, per riparare ai danni subiti durante i mesi precedenti.
Come al solito il suo treno era in ritardo. Abitava nella parte più spartana della città, Brooklyn, che distava quasi mezz'ora di treno dal centro.
Arrivata, mise piede fuori dal sottopassaggio e venne investita da una forte pioggia.
 
"Perfetto... Mi tocca correre, o i documenti diventeranno fradici ed illeggibili!"
 
Stava per arrivare a casa, era trafelata, fradicia, stanca. Più si avvicinava all'abitazione, più le sembrava di vedere una sagoma scura sul suo prato, ma proprio non riusciva a capire di cosa potesse trattarsi.
Quando si accorse di ciò che aveva davanti, lasciò cadere i documenti a terra e si precipitò vicino a quello che era un uomo, apparentemente esanime, sdraiato sul suo giardino.
Lo ribaltò con forza supino, e tastò i polsi per sentire se era ancora presente il battito cardiaco.
 
"Grazie al cielo è vivo."
 
Incurante della pioggia fitta e dei documenti per terra, ormai stracciati, cercò di trascinare l'uomo dentro casa. Non lo poteva lasciare sotto un mare di pioggia, da solo, per di più in quel quartiere, chiunque egli fosse.
Chiuse la porta con un leggero calcio, e trasportò l'uomo fino alla camera da letto.
Fece caso solo in quel momento ai suoi abiti. Erano ridicoli e strani.
 
"Ma da dove arriva?..." 
 
Gli asciugo il viso ed i capelli con delicatezza, attenta a non destarlo dal sonno. Non sembrava sofferente. L'uomo aveva dei lineamenti praticamente perfetti, e degli inconsueti capelli corvini, che gli ricadevano fino alle spalle.
Mise sul suo corpo una pesante coperta di pile. 
 
"Maledizione ... Uno sconosciuto dentro casa che dorme, i documenti di Pepper andati persi, e il mio letto è inagibile. Perchè a me?" 
 
Pleione prese la saggia decisione di abbandonare  le imprecazioni e di asciugarsi dalla pioggia per poi andare dritta a dormire. Quella notte il suo 'giaciglio' sarebbe stato la poltrona di fianco al suo letto. Prima di addormentarsi profondamente, guardò ancora l'uomo di fronte a se. Sembrava più sereno, ora che era al caldo. Chiuse le veneziane dietro di lei e si addormentò placidamente, lasciandosi alle spalle la stancante giornata appena trascorsa.








Note: Ciao a tutti! Ecco il terzo capitolo, spero di aver soddisfatto le vostre aspettative! Volevo levarvi la curiosità dell'origine del nome Pleione: Pleione è il nome di una delle stelle che compongono le Pleiadi, un insieme stellare nella cintura di Orione. E come avrete intuito leggendo questo, si, sono un'inguaribile malata di astronomia! Un bacio e grazie per aver letto!

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Capitolo 4
*** Human ***


Loki fece un sonno senza sogni. Un sonno che avrebbe voluto finisse in un secondo, tanto era ingiustificato, obbligato.
Aprì lentamente gli occhi, disturbati da un fitto raggio di luce che li illuminava. Sentiva il rumore della pioggia battere sulla finestra, e credette, per un momento, di essere ancora ad Asgard, ancora innocente, di essere tornato a qualche tempo prima, quando ancora Thor non era re.
Ma, sfortunatamente, dovette ricredersi immediatamente. Era piacevolmente sorpreso di avere qualcosa di caldo indosso, visto il gelo della sera prima, ma ancora si chiedeva dove fosse capitato.
Ricordava di essere atterrato su qualcosa di viscido e bagnato, mentre ora era all'asciutto in una camera da letto.
Si mise lentamente seduto sul piccolo, ma ospitale letto. Massaggiò le sue tempie con le dita , che pulsavano e  dolevano fortemente.
D'improvviso un tuono. Una smorfia manifestò la sua irritazione per quel suono.
In un secondo momento, si avvide di una presenza alla sua destra, che ancora non aveva notato; sedeva rannicchiata su di una poltrona, ma il suo volto era coperto da un cappuccio.
Il trambusto del traffico newyorkese rimbombava nella sua testa, facendola dolere ancora di più.
Era ancora senza forze; ogni tentativo di fuga sarebbe stato vano.
 
"Ben svegliato fratello".
 
Loki sobbalzò. Thor si era materializzato vicino alla porta della stanza. Parlava a voce bassa.
 
"Sono solo venuto a rammentarti che ogni tuo comportamento verrà tenuto d'occhio da me e da nostro padre. Niente eccessi d'ira, Loki."
 
"Chi è costui accanto a me? Dove mi trovo? Concedimi di venire a conoscenza almeno di questo, fratello".
 
"Non so chi sia, dico davvero, ma se ti ha accolto nella sua casa mostragli gratitudine. Ti trovi a New York, dovresti saperti muovere qui. Niente caos stavolta, niente inganni".
 
"Che ci fai tu qui?"
 
Domandò schivamente Loki, distogliendo lo sguardo da quello del fratello.
 
"Ho voluto accertarmi che stessi bene. Ora devo lasciarti. A presto, Loki".
 
Thor sparì, lasciando interdetto il fratello.
Mentre Loki si mosse per sedersi sul margine del letto, la persona sulla poltrona si mosse.
Loki riuscì a scorgere dei lunghi capelli ramati, ma non il volto.
L'uomo era immobile, con gli occhi fissi sulla sconosciuta figura, come fosse stata una preda da osservare con estrema attenzione.
Questa si scostò il cappuccio dal capo, rivelando il suo aspetto; Loki rimase impassibile.
 
"Che ore son..."
 
Silenzio.
Pleione rimase intontita dagli occhi di Loki. Erano fissi su di lei, e straordinariamente chiari, quasi di ghiaccio. Era spaventata e spiazzata; la sera prima si era accorta del bel volto dell'uomo, ma quegli occhi gli davano decisamente un'aria molto più fiera e misteriosa.
 
"Io... Io non volevo farti del male. Eri per terra e la pioggia, il freddo... Ecco, pensavo di aiutarti."
 
Loki ascoltava i balbettii dell'umana, senza un'espressione delineata sul volto. Era, piuttosto, sorpreso dall'aria eterea che questa aveva. Cercò di prestare un minimo di ascolto a ciò che la midgardiana diceva, ma non riusciva a non osservarla nella sua particolarità.
Gli occhi della ragazza avevano un colore simile a quello di una verde foresta. Il suo viso era minuto, pareva così fragile. La sua carnagione era diafana ed i suoi capelli si muovevano come onde.
Ma Loki era un dio, un essere superiore, un discendente dei giganti di ghiaccio. Non poteva abbandonarsi a sentimentalismi tanto... umani, tanto superficiali. Si diede dell'idiota e tornò quindi a concentrarsi su ciò che l'impaurita umana gli stava dicendo.
 
"Ehi... Mi stai ascoltando? Ti ho chiesto come ti chiami?"
 
"Loki."
 
Rimase impassibile.
 
"Che nome... Ehm, Particolare"
 
Pleione non sarebbe voluto apparire così irrigidita, ma proprio non riusciva a mascherare la tensione che avvertiva in quel momento.
 
"E il tuo nome?"
 
Domandò Loki, freddamente.
 
"Pleione"
 
Nome inconsueto per una terrestre, pensava l'asgardiano.
 
"Molto bene, Pleione. Il mio corpo è debole. Avrei bisogno di qualcosa con cui nutrirmi."
 
Pleione si alzò lentamente in piedi, e tese il braccio esile verso la mano del suo bizzarro ospite.
 
"Diamo un'occhiata in cucina. Ti aiuto ad alzarti, se vuoi seguirmi."
 
Loki afferrò la mano della ragazza, nonostante sembrasse terribilmente più debole di lui, vista la sua corporatura esile. Ma aveva bisogno di qualcosa che lo reggesse per camminare, poco importava chi o che cosa questo fosse.
 
"Te ne sarei... Grato, sì."
 
Gli faceva rivoltare lo stomaco, quel comportamento così strano: il garbo. Con un midgardiano per giunta.
Mentre lo accompagnava verso la cucina, Pleione provava paura ed incertezza. Non capiva che intenzioni avesse l'uomo, non sapeva chi diavolo fosse e da dove sbucasse.
Lo aiutò a sedersi su una sedia in cucina, poi scostandosi di qualche passo. Gli occhi le ricaddero sulle sue vesti bizzarre.
 
"I tuoi vestiti sono logori. Posso prestarti qualcosa di comodo."
 
"Cosa intendi con comodo, Pleione?"
 
"Come cosa intendo per comodo? Una maglietta e dei jeans, ad esempio. Hai battuto la testa? Senza offesa, Loki.?"
 
Lo divertiva tutta quella paura, se ne nutriva, come fosse stato cibo. Che stupidi, gli umani.
 
"Ebbene portami questi abiti comodi, come dici tu."
 
"D'accordo, Loki. Intanto tieni, spero ti piacciano i biscotti. In casa non ho altro di 'energetico' ".
 
Gli porse il pacchetto contenente il cibo, mentre lui continuò a guardarla dritta negli occhi, senza preoccuparsi di cosa fossero quei 'biscotti'.
 
"Andranno bene."
 
Il modo e l'austerità con cui l'uomo la fissava dritta negli occhi rendeva la situazione ancora più tesa e strana.
Quando Pleione tornò in cucina, con dei vecchi vestiti di suo fratello in mano, trovò l'uomo un po' meno pallido in volto e il pacco dei biscotti completamente vuoto sul tavolo.
Ora Loki era in piedi, e guardava fuori dalla piccola finestra.
 
"Eccoti i vestiti. Loki, se non sono scortese, posso sapere come sei finito sul mio prato?"
 
Loki camminò verso di lei, prendendole dalle mani gli abiti. Accennò una specie di ghigno.
 
"Se ti dicessi la verità, mi prenderesti per pazzo."
 
"Ho a che fare con un pazzo tutti i giorni al lavoro, credimi. Nulla mi stupirebbe."
 
Pleione sorrise incerta.
 
"Non mi crederesti comunque. Dove posso indossare questa roba?"
 
"In fondo al corridoio c'è la camera dove hai riposato questa notte."
 
Mezz'ora dopo, Loki stava ringraziando, seppur con l'acido in gola, Pleione. Questa, notando che lui se ne era completamente scordato, gli porse il suo unico ombrello integro: la pioggia non accennava a cessare.
 
"Beh, ti sono molto grato, Pleione. Addio".
 
"Aspetta qui solo un momento... Ecco tieni, ti prenderai la febbre senza una giacca."
 
Pleione ritornò in casa per poi porgli una giacca di pelle consumata dal tempo.
 
"Era di mio fratello, è un po' rovinata, però ti riparerà dal freddo".
 
Loki era basito da tanta preoccupazione. Chi mai aveva provato a prendersi cura di lui? Cosa voleva quella stupida ed inferiore umana, cosa pretendeva di sapere di lui, della sua frustrazione perenne, del suo odio per l'universo intero.
 
"Molto gentile. Grazie."
 
L'espressione che nacque negli occhi dell'uomo, prima di voltarsi e andarsene, impressionò la ragazza a tal punto che rimase inebetita sulla soglia della porta finché non fu fuori dal suo sguardo.
 
"Che tipo bizzarro. Oh mio dio, che ora è? I francesi di Stark! Stavolta mi licenziano!"








Note: Ciao a tutti. Eccomi col quarto capitolo! Spero di aver soddisfatto ancora una volta le vostre aspettative! Come avrete notato, Pleione è una ragazza molto timida ed ingenua, ma presto questo sarà il suo punto di forza. Grazie per aver letto, un bacio grande.

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Capitolo 5
*** Troubles ***


"Dove diamine sto andando?"
 
Fu questo che si chiese Loki, dopo un'ora di girare in tondo per Brooklyn. Quel posto era maledettamente labirintico e sentiva il bisogno di fermarsi un momento. Vide davanti a se un piccolo parco, con qualche panchina sparsa in mezzo. Si incamminò in quella direzione, deciso a riflettere per un po' su dove sarebbe potuto andare e su cosa avrebbe potuto fare.
Si sedette, incurante del bagnato, su una di quelle panchine metalliche, straordinariamente scomode.
Come si comportavano gli umani? Quali erano le loro abitudini? Quali erano le loro mansioni durante il giorno?
La testa gli si affollava di domande.
I suoi occhi correvano da una parte all'altra; osservava attentamente ogni cosa che si trovava attorno a se. La studiava  e la catalogava nel suo cervello. Convenne che cominciare ad osservare di più lo avrebbe aiutato molto ad ambientarsi in quel, a suo parere, primitivo pianeta. Primitivo, si, ma anche complicato.
Improvvisamente vide qualcuno, dalla parte opposta della strada,  qualcuno di familiare. Correva affannatamente, senza ripararsi dalla pioggia, con dei fogli legati assieme sotto braccio.
Era Pleione, la ragazza che lo aveva ospitato per la notte. In un primo momento pensò di andare da lei, per domandarle dove avrebbe potuto andare, ma si rese conto che non poteva, non voleva. Il suo orgoglio era da sempre la sua arma più forte, la sua maledizione più grande. Sarebbe sembrato vulnerabile, se solo avesse mostrato le sue incertezze.
Rimase lì per qualche minuto ancora. Poi si alzò, deciso a trovare quanto meno un posto dove nutrirsi decentemente. Quegli strani 'biscotti', non lo avevano rafforzato abbastanza.
 
Nel mentre, Pleione, con un'ora e trenta di ritardo, era arrivata in ufficio. Scaraventò giacca e borsa sulla sua scrivania, intenta a fare una volata alla toilette per sistemarsi.
Era un disastro, ma tutto era meglio che non presentarsi affatto. Corse a prendere l'ascensore, per salire all'ultimo piano del grattacielo, nell'ufficio di Stark.
Appena vi entrò, vide l'uomo intento a parlare con i famigerati 'brutti ceffi francesi'.
 
"Oh, pardon. Signorina è in ritardo."
 
Stark le si avvicinò; la fissava adirato. I francesi, curiosi, si voltarono verso di lei. Risero alla vista di quella ragazza trafelata, fradicia e preoccupata.
 
"Signor Stark, sono mortificata, ho avuto delle diff.."
 
"Vada da Pepper, le spiegazioni le deve a lei, non a me. E ora, vada".
 
Pleione si rintanò dentro l'ascensore, ricoperta di vergogna. Premette il numero quattordici, e sapeva già cosa l'avrebbe aspettata: occhi torvi, tono grave e richieste di spiegazioni. Infatti, non appena l'ascensore si fermò e le porte si aprirono, venne sommersa da un fiume di parole.
 
"Pleione, dannazione, dove ti eri cacciata? E ti sembra questo il modo di presentarti in ufficio? Infradiciata? Io e il signor Stark saremmo dovuti partire per delle faccende importantissime questa mattina, e tu ti sei permessa di arrivare in ritardo! Meno male che siamo stati avvertiti da una tua collega. Allora? Coraggio, siediti e spiegami".
 
La ragazza si sedette, senza alzare lo sguardo dalle sue ginocchia.
 
"Signorina Pepper, mi dispiace molto. Sarei arrivata sicuramente in orario, sa quanto sono devota al lavoro. Purtroppo ho avuto un inconveniente..."
 
"Ovvero?"
 
"Ho dovuto ospitare per la notte un tipo un po'... strano. Vede, l'ho trovato riverso sul prato di casa mia, sotto la pioggia. Stamattina mi sono preoccupata di lui, avevo paura, e mi è passato di mente l'appuntamento. Domando umilmente scusa."
 
"Non credo a una sola parola, ma che sia l'ultima volta Pleione. Non chiuderò un occhio un'altra volta."
 
"Ah, signorina Pepper, ieri sera, prima di andare via, ho preso dei documenti da finire di compilare a casa. Purtroppo li ho perduti..."
 
"Ottimo. Va nel tuo ufficio, non voglio sentire altro. Hai una montagna di lavoro da fare."
 
"Sì, signorina Pepper."
 
La giornata nel complesso fu disastrosa; dopo qualche ora Stark era arrivato nel piccolo ufficio di Pleione, per farle una seconda lunga predica. Dopo di che aveva dovuto subire la derisione da parte delle sue 'perfettissime' colleghe per via dei suoi abiti stropicciati.
Non capiva come la gente potesse bramare un posto di lavoro la dentro. Era una specie di inferno dantesco, al contrario però. Più ci si elevava di piano, e più ci si ritrovava in mezzo a situazioni spiacevoli e dimenticabili.
Tutto questo non era mai stato molto propedeutico per Pleione. Non aveva mai avuto un gran carattere, con la quale difendersi.
Era arrivata a New York da poco, non l'aveva mai amata molto come città. Aveva sempre vissuto nell'atmosfera più tranquilla di Montauk. Ma da lì era voluta fuggire, dopo il terribile incidente che aveva coinvolto ed ucciso suo fratello Liam.
Liam aveva ventiquattro anni quando morì, mentre Pleione ne aveva appena quindici. Era un bel ragazzo, non somigliava molto a lei. Viveva di fotografia e di surf.
Egli era un punto di riferimento fondamentale per lei, qualcuno di indispensabile. E perderlo era significato perdere parte della sua persona, parte della sua vita. Aveva lottato molto con i suoi genitori, per poter scappare da ogni cosa che gli ricordasse Liam. Il mare, la sabbia, i turisti che fotografavano di continuo quei panorami che erano sempre stati speciali per i due fratelli.
Liam morì in seguito ad una rovinosa caduta dalla tavola da surf; batté la testa su di uno scoglio, provocandovi una ferita mortale.
Pleione non dimenticò mai quanto fosse orribile il mare tinto di rosso.
Dapprima timida, lei divenne più chiusa, più fragile.
 
Fortunatamente le cinque e mezza, orario in cui Pleione finiva di lavorare, arrivarono abbastanza in fretta.
Durante il tragitto verso casa, come sempre, si mise a pensare a quanto le mancasse Liam.
Da quando abitava a Brooklyn non aveva mai avuto modo di sfogarsi con nessuno, non aveva mai avuto modo di poter parlare di lui a qualcuno.
E forse non voleva farlo. Odiava mostrare se stessa alla gente.
Quando arrivò a casa sbattè con forza la porta dietro di se.
Si accasciò sul divano della sala da pranzo, senza nemmeno togliersi di dosso gli abiti umidi, e scoppiò in un pianto disperato.
Dopo qualche momento sentì bussare alla porta. Si asciugò le lacrime, incurante del trucco colato, e andò ad aprire.
Sgranò gli occhi, rossi, ma di un verde ancora più sorprendete, non appena vide chi era davanti a lei.
 
"Non vorrei..."
 
Loki provò a dire qualcosa, ma si fermò, notando quelli che erano gli evidenti segni di un pianto.
Comprese immediatamente di aver interrotto il pianto di Pleione. Perché avrebbe dovuto importargli? Sfoderò ugualmente la sua residua umanità.
 
"Perdonami, vedo che non è un buon momento"
 
"Non importa. Che fai qui?"
 
Pleione cercò di non sembrare tesa, ma sostenere lo sguardo di ghiaccio di Loki era un'ardua impresa.
 
"Io ho bisogno di mangiare."
 
Gli occhi le si strinsero in un'espressione interrogativa e stupita.
 
"Quindi?! Puoi andare in un bar o a un ristorante."
 
"Non ho denaro."
 
La ragazza pensò che, anche se Loki non era una gran compagnia, uscire di casa le avrebbe fatto bene.
 
"Dammi cinque minuti, vengo con te. Giusto il tempo di cambiarmi. Entra".
 
Loki non capiva. Non le aveva chiesto di accompagnarlo da nessuna parte. Quella ragazza stava iniziando ad irritarlo. Era vero, si era recato da lei poiché era l'unica terrestre con cui fosse in contatto, ma voleva solo un'informazione, non una compagnia per la cena.
Entrò nella casa, restio. Sentì la ragazza trafficare.
Dopo poco, Pleione si ripresentò davanti a lui. I suoi lunghi capelli erano in ordine e i suoi occhi non più cerchiati di trucco sbiadito.
 
"Che cosa vorresti mangiare?"
 
"Non fa differenza. Ho solo fame."
 
Cos'era quella formalità?
 
"Wow, solo fame! Ah, ti sarei davvero riconoscente se potessi restituirmi gli abiti che ti ho prestato oggi."
 
"Non vorrei sembrarti sgarbato, ma non ho altro."
 
Una lacrima si formò in uno dei suoi occhi.
 
"Erano di mio fratello, è semplicemente per un legame affettivo".
 
Loki continuava a non comprendere. Non aveva legami affettivi da molto tempo. Tanto meno con suo fratello. Il suo odio per Thor ribolliva ogni giorno di più. Cercò di non ridere di fronte all'impressionante debolezza della midgardiana.
Questa lo precedette nel parlare, notando che il silenzio era calato tra loro.
 
"Ho detto fratello e ti sei irrigidito, Loki. Non volevo toccare un tasto dolente."
 
"Non lo hai fatto. Ho fame, andiamo via."
 
Gli occhi dell'uomo divennero nuovamente fissi su di lei: sembravano volerla polverizzare.
 
Non parlarono più per il resto della serata. Pleione lo condusse in una pizzeria vicino a casa. L'asgardiano trovò piacevole quello strano cibo, sebbene il suo palato fosse abituato a ben altri sapori.
A mano a mano che il tempo scorreva, guardava di sottecchi la ragazza: erano seduti uno di fronte all'altro.
Questa fissava gli indumenti da lui indossati con un'espressione più che malinconica. Non aveva toccato cibo. Ogni tanto i suoi occhi si bagnavano di lacrime, che però non volevano cadere.
Per la prima volta, Loki, si sentì a disagio. Aveva allontanato i suoi abitudinari pensieri dalla mente e si concentrava, per sua sorpresa, sull'analisi di quegli occhi tanto insoliti. Che sentimento nascondevano? Vendetta forse? Avidità? Furia?
La ragazza distolse lo sguardo dalla giacca di pelle, sentendosi osservata.
 
"Hai fratelli, Loki?"
 
L'uomo trasalì. Dopo quasi mezz'ora di silenzio una parola.
 
"Diciamo di sì. Fratellastro."
 
"È vivo?"
 
Loki inarcò le sopracciglia, sorpreso dalla domanda.
 
"Sì. Viviamo distanti."
 
"Non avrei mai pensato di dirlo ad uno che ieri sera era in condizioni singolari in casa mia, ma ti invidio molto."
 
"Invidiarmi? Sciocca, non sai quello che dici."
 
Un pesante tuono risuonò nel cielo.
Maledetto. Pensò Loki.
 
"Mio fratello è morto".
 
Alla parola morto, i muscoli di Loki si bloccarono, anche s enon lo diede a vedere.
 
"Che dovrei fare, dispiacermi, per caso?"
 
"Non so che tipo di legame tu avessi con lui, ma, sai, non vado molto d'accordo con.."
 
"Ho sentito fare questo discorso molte volte, sai. Potrai dire tutto ciò che vorrai, su di lui. Si crede meglio di me, è uno sbruffone, il figlio prediletto, si crede il re del mondo, mi toglie i miei spazi, la mia vita, la mia possibilità di emergere. Ma io ti dico che queste considerazioni devi imparare a scrollartele di dosso. Lo dico a te, che sei uno sconosciuto, come lo direi ad un alieno, mi capirebbe comunque. L'amore è una lingua universale; fare resistenza verso di questa, non volerla recepire, è ciò che ti porterà sulla via dell'odio e della solitudine. Non commettere quest'errore. Posso dire senza indugio, che tuo fratello, poco importa che lo sia veramente oppure no, darebbe la vita per te. Metterebbe da parte tutte le incomprensioni se ti dovesse salvare. Perciò, ti prego, non negare l'amore a te stesso. È lo sbaglio più enorme che tu possa fare."
 
Loki non rispose. Era come se quella terrestre gli avesse letto nell'anima. Era qualche stregoneria? No, non poteva essere tutto frutto della sua primitiva mente. L'empatia non era un'abilità che l'umano conosceva. La vide portarsi le mani al viso, nascondendo le nuove lacrime.
Lui non si scompose, ma non riusciva a distogliere il pensiero dalle parole appena pronunciate dalla midgardiana.
Nessuno mai lo aveva ritratto così bene, anche se inconsapevolmente, con le parole. Trovò una forza più efficace in quelle parole che non nel suo, ormai perso, scettro.
 
"Perdonami, perdonami. Non volevo aggredirti così. Non volevo, perdonami, perdonami."
 
"Nessun problema, non preoccuparti."
 
Non lo disse maledicendosi, questa volta. Lo disse spontaneamente. Non c'era davvero nulla da perdonare, nulla di cui ridere. Capì perfettamente che la ragazza, con le sue parole, stava descrivendo sé stessa e i suoi sbagli. Il dolore, quel dolore, lo aveva provato anche lui, dal giorno in cui era nato.
 
"Va pure se vuoi. Io rimango qui"
 
Disse Pleione, cercando di respirare profondamente.
 
"Non ho dove andare."
 
Disse l'uomo, stavolta attento a non sembrare arrogante.
 
"C'è un albergo... Ah, non hai denaro con te."
 
Loki annuì, continuando a guardarla, con uno sguardo diverso questa volta.
 
"Direi che ancora per questa notte posso ospitarti. Però dormi sul divano stavolta."
 
Un leggero sorriso si formò sul volto della ragazza. Si asciugò le lacrime con i polsi del maglione.
Loki non sì sentì irritato da quella proposta, non pensò che lei fosse insistente. Solo, non capì cosa accadde al suo stomaco nel momento in cui gli occhi verdi di Pleione lo guardarono, sorridenti.








Note: Eccoci qui col quinto capitolo! Spero vi piaccia! Sono molto graditi tutti i vostri pareri, come sempre! Un grosso bacio e grazie di cuore per aver letto. Un bacio!

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Capitolo 6
*** What is this I feel, why is it so real? ***


Non appena arrivarono a casa, Pleione si affrettò a sistemare un cuscino ed una coperta sul divano dove Loki avrebbe riposato.
 
"Spero tu non stia troppo scomodo.. Nel caso svegliami e facciamo a cambio".
 
"Non vorrei arrecarti troppo disturbo"
 
"Non mi dai nessun fastidio, mi fa piacere un po' di compagnia! Basta che tu non mi uccida stanotte!"
 
Loki sorrise appena. Uccidere. Lo aveva fatto fino a qualche mese prima, senza alcuno scrupolo.
 
"Non credo lo farò."
 
Ora era davanti ad una delle creature più soggiogabili e fragili da lui mai incontrate. Ma nessun pensiero di assassinio gli sfiorava la mente. E ciò lo confondeva.
Pensava ancora alle parole della ragazza, alle sue premure per lui. Era quella la normale accoglienza su Midgard?
Fino ad allora, ne aveva un ricordo ben diverso.
Pleione finì di sistemare le cose sul divano, per poi andare in cucina.
 
"Posso offrirti qualcosa di caldo da bere, prima di dormire? Un the, una tisana..."
 
"Una qualsiasi bevanda calda andrà bene. Grazie".
 
"D'accordo, faccio io! Vieni, mettiti pure comodo."
 
Questi la seguì verso la cucina. Si soffermò ad osservare il corpo di Pleione, senza saperene il perché. Non era abituato a vedere le donne così esili, con abiti così aderenti al corpo; le Asgardiane erano tutte alte, possenti e con vaporose vesti.
Provò di nuovo quella strana sensazione allo stomaco.
Si sedette al tavolo della cucina, guardando la ragazza indaffarata con diversi marchingegni a lui sconosciuti.
Lei gli si sedette di fronte, sempre con quella rigidità tipica di chi è in estrema tensione.
 
"Sai, oggi è il mio compleanno."
 
La ragazza si fissava le ginocchia, intimidita dalla stretta vicinanza con l'uomo.
 
"... Dovrei dire qualcosa?"
 
Pleione guardò Loki dritto negli occhi, cercando questa volta di sostenere il suo sguardo il più a lungo possibile.
Loki rimase impassibile, a differenza del suo stomaco, che non accennava a smettere di contorcersi.
 
"Tanti auguri potrebbe andare, ad esempio."
 
"Allora, tanti auguri, Pleione".
 
La ragazza sorrise dolcemente.
Lo stesso fece lui, senza sbilanciarsi troppo.
Pleione era la prima persona che Loki avesse mai incontrato che si stesse davvero preoccupando di lui, senza nessun preciso motivo. Pensò che un sorriso, anche se non proprio spontaneo, sarebbe stato opportuno.
Ma quando il dio delle malefatte ricambiava inutili sorrisi?
La ragazza diede poi una tazza a Loki. Vi versò dentro del the, per lui una semplice brodaglia color ambra.
La bevve, e notò con piacere che il gusto era ottimo.
 
"Quanti anni hai, Pleione?"
 
"Ventiquattro. Anche se non avrei voluto superarne un altro."
 
Loki bloccò un sorso di the in gola, deglutendo lentamente. Dopo un istante di stupore dovuto a quell'affermazione, guardò la ragazza con espressione corrucciata.
 
"Perché dici questo?"
 
"Liam è morto a ventiquattro anni."
 
"Tuo fratello presumo."
 
"Sì. Scusami, sto parlando di nuovo di lui."
 
Loki avvicinò la mano verso quella di Pleione. Sfiorando la sua pelle, constatò che era la più morbida che avesse mai toccato in vita sua.
 
"Comprendo il tuo dolore. Quello di cui hai parlato stasera, io lo provo da lungo tempo."
 
Pleione prese la mano di Loki, mandando al diavolo tutta la vergogna che provava e la rigidità dell'uomo.
 
"Non gli ho detto che gli volevo bene, capisci? L'ho sempre condannato, per tutto. Finché è arrivato il momento in cui gli ho gridato il mio amore, quando ormai il suo corpo non era altro che un involucro senza niente dentro. Sai che cosa gli ho detto prima che morisse? Gli ho detto che non sarei mai voluta essere stupida, immatura e sfrontata quanto lo era lui. E poi, onde, la sua tavola da surf che è volata via, e il mare colorato di un rosso orribile..."
 
Di nuovo parole penetranti, profonde. Loki non lasciò la sua mano, anche se una volta si sarebbe immediatamente scostato. Dentro di sé sentiva tutta la sofferenza di Pleione, ma, seppur inconsciamente, non la rimandava indietro. La accoglieva come un antidoto contro la sua freddezza. Mentre lei parlava di suo fratello, lui faceva attenzione ad ogni singola frase, rimandandola al suo rapporto con Thor. Gli passarono davanti agli occhi tutte le sue malefatte, tutte le sue bravate a danno di suo fratello. Cominciò a capire di aver commesso troppi errori, troppe sciocchezze, il cui peso sentiva gravare sul suo cuore quella sera più che mai. Non ne avrebbe compreso il motivo ancora per qualche tempo.
Rimasero nuovamente in silenzio, senza lasciarsi la mano.
Per Pleione era la prima volta che parlava a qualcuno di Liam. Era un sorta di liberazione. Aveva un fardello in meno nell'anima. Tutto quel dolore l'aveva schiacciata troppo a lungo.
Per Loki era la prima volta da tanto tempo che ascoltava realmente le parole di qualcuno. Per lui significava qualcosa di nuovo.
 
"Hai sonno, Loki?"
 
"Non molto."
 
"Ti va di vedere della tv?"
 
Non sapeva che cosa fosse la tv. Ma acconsentì ugualmente.
Provò uno strano senso di calore quando lasciò la mano di Pleione. Non comprese perché.
Si sedettero assieme sul divano. La ragazza premette un tasto su un aggeggio che Loki non conosceva, ed una struttura rettangolare si illuminò all'improvviso.
Pleione continuò a scorrere i canali, finché non si soffermò su di uno, dove veniva intervistato il suo capo, Tony Stark.
 
"Lui."
 
Sibilò stringendo i denti, l'asgardiano.
 
"È il matto di cui ti parlavo. Il mio superiore."
 
Lo sguardo di Loki saettò da Stark a lei. Era sorpreso, in negativo questa volta.
 
"Tu lavori per quel.. per LUI?"
 
La ragazza si spaventò. Gli occhi di Loki erano di nuovo di ghiaccio.
 
"Sì, perché? Lo conosci anche tu?"
 
"Oh no. Proprio no."
 
La sua espressione si sforzò di rilassarsi, quando si accorse dello spavento di Pleione. Ora non sentiva bisogno di nutrirsene.
Stark si pavoneggiava davanti alle telecamere, sfoggiando sorrisi e ostentato charme.
 
"Oh si, i miei dipendenti sono trattati con tutte le cure possibili. Vige uguaglianza e pari diritti per tutti, nessuna discriminazione. E il grattacielo è stato costruito per essere molto più resistente di prima! Sapete, dopo le vicende dei mesi scorsi."
 
"È un ciarlatano. Se fosse vero non tornerei a casa furiosa ogni sera."
 
"Perché dici questo?"
 
Chiese curioso Loki. Se Pleione avesse disprezzato Tony Stark, le sarebbe andata molto più a genio, pensò.
 
"È solo un posto molto caotico e pretenzioso direi."
 
Continuarono ad ascoltare i deliri di Stark, ogni tanto sorridendo per quanto quell'uomo potesse essere egocentrico. Loki non si era ancora scordato di quel drink da lui offertogli.
Dopo qualche minuto, guardò di sottecchi Pleione, notando che si era addormentata, posata sulla sua spalla.
Era immobilizzato. Sarebbe stato un buon momento per lasciarla lì e andarsene, sparire. Ma ora la guardava respirare, lentamente. Guardò la sua mano, vicina a quella di Pleione. La sfiorò una seconda volta, sentendo nuovamente quello strano calore. Guardò anche i suoi capelli. Sentì dentro di se di volerli toccare. Era sicuro che fossero morbidi, maledettamente morbidi.
Abbandonando ogni proposito di fuga, alzò lentamente la sua mano libera, e la avvicinò alla chioma ramata.
Si bloccò. L'orgoglio, di nuovo lui, lo immobilizzò.
 
"No. Io sono un dio, lei è inferiore. Lei è una midgardiana. L'avrei uccisa qualche mese fa, l'avrei martoriata senza pensarci un momento. Non posso farlo."
 
Ma senza accorgersene, cominciò ad accarezzare i capelli di Pleione, notando un leggero tremore nei suoi gesti. Non sapeva per quale motivo, ma non avrebbe smesso per nulla al mondo. Non aveva mai provato una sensazione di quiete così profonda. Si sentiva libero, per aver compiuto quel gesto. La guardava ancora, era ipnotizzato da lei. La strinse ancora un poco a sé, senza rischiare di svegliarla.
D'improvviso un lampo. Poi il televisore si spense. Loki comprese, adesso.
Capì di aver definitoto Thor debole, quando invece era stato più forte di lui. Non aveva mai voluto aprire gli occhi davanti alla realtà. Midgard ti scaldava l'animo, e le sue donne ti cambiavano radicalmente. Così era successo a Thor, così, ammise a sé stesso, stava accadendo a lui.
Non sentiva più odio ribollire dentro.
 
"Buon compleanno, Pleione di Midgard".
 
Dopo aver appena sussurrato queste parole all'orecchio della ragazza, sentì la mano di Pleione stringere di nuovo la sua.
Si addormentarono così, ognuno con un peso in meno nel cuore, e con una certezza nella mente.
Qualcosa stava cambiando.








Note: Ciao carissime/i! Ecco il sesto capitolo! Spero vi piaccia come i precedenti, ma visto che il principino qui si sta lentamente scongelando, sono sicura che qualche sorrisetto apparirà sui vostri volti! Un bacio grazie e grazie di cuore di aver letto!

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Capitolo 7
*** Don't run away ***


Quella mattina il sole era alto nel cielo. Niente più nubi, niente più pioggia. Finalmente era Sabato, giorno di riposo per la giovane ragazza.
Pleione aveva fatto un lungo sogno, strano, molto strano.
Si era ritrovata davanti un giovane uomo, molto alto, con biondi capelli lunghi fino alle spalle. Portava una specie di armatura con un mantello rosso.
"Stagli vicino" Aveva detto "Non lasciarlo a se stesso, non ce la farà, altrimenti." Lei era confusa, non capiva chi fosse questo giovane dall'aspetto regale e di chi stesse parlando. Ma era affascinata dal luogo in cui si trovava.
Edifici mastodontici, persone dai visi perfetti, un caldo sole all'orizzonte che si avviava verso il tramonto. Quella luce ambrata che le scaldava il cuore. Era come un altro pianeta.
Aprì lentamente gli occhi, abbagliati dal sole.
Mosse lo sguardo alla sua sinistra e notò, sorpresa, di essere finita tra le braccia di Loki.
Questo le cingeva la vita con un braccio e le aveva posato una mano sul capo. Lo guardò in volto, e notò che il suo sonno doveva essere stato molto più tranquillo di quello della notte precedente.
Aveva un'espressione totalmente rilassata, quasi beata. Non portava più quella maschera di ghiaccio, che lo congelava.
La ragazza si abbandonò a quell'abbraccio, fino a che Loki non aprì gli occhi.
Pleione lo guardò, senza timore.
 
"Ben svegliato!"
 
Loki si scosse di colpo, notando quanto fosse particolare il viso della midgardiana, illuminato dal sole. Non aveva mai fatto caso a sottigliezze del genere, prima di allora. Non si era mai fermato a guardare l'espressione degli occhi di qualcuno, i contorni del viso, i capelli...
L'uomo constatò quanto la ragazza fosse più serena rispetto al giorno precedente.
Si sarebbe aspettato un rimprovero, di essere cacciato dalla sua casa per averla toccata. Fu sorpreso nel vedere che, per la prima volta, qualcuno non lo scansava come se fosse stato un mostro.
 
"Non so come sia successo, scusami."
 
"Scusa di cosa?"
 
Domandò sorpresa la ragazza, notando il disagio dell'uomo. Stavolta era lui a non voler reggere il suo sguardo.
 
"Per questo. Non sono così."
 
Disse lui, togliendo frettolosamente le braccia da attorno il corpo di Pleione.
Lei sorrise lievemente.
 
"Non ti devi scusare, Loki. Anzi, grazie. Non ricevevo un abbraccio da molto. Forse da Montauk."
 
"Ma io non.."
 
"Loki, basta. Grazie. Punto."
 
Pleione si alzò in piedi, per poi, anche se con incertezza, posargli un timido bacio sulla fronte.
Loki non aveva ricordi di labbra posate sul suo viso da quando sua madre lo aveva lasciato, prima di venire esiliato. Al contatto con labbra della ragazza chiuse quasi involontariamente gli occhi, e respirò profondamente, come rapito da chissà quale sensazione benefica.
Rimase, tuttavia, seduto con la sua solita rigidità.
Il sole che entrava dalla finestra aveva colpito anche il suo viso, e Pleione constatò che era davvero un uomo affascinante.
Si sentiva un po' immatura ad avere certi pensieri per la testa. Fare considerazioni del genere di un uomo conosciuto quarantotto ore prima non era esattamente ciò che rientrava nel concetto di consuetudine.
Come non lo era nemmeno il fatto di averlo invitato a rimanere a dormire a casa sua per la seconda volta di seguito.
Non era al corrente nemmeno della sua età, delle sue origini, di chi davvero fosse.
Ma nei suoi occhi riconosceva la bontà, anche se spesso rimandavano tutt'altro.
Le ricordavano un po' i suoi, dopo la tragedia di Liam. Aveva spazzato via ogni emozione dentro sé stessa. E nessuno, prima di Loki, si era azzardato a scrutarla con quell'intensità, con quella voglia di comprendere.
Loki la guardò, sorridendole con gli occhi. Questa volta senza nessuna velleità.
 
"Ti andrebbe di andare a fare colazione fuori? Finalmente ha smesso di piovere."
 
Disse Pleione, guardando fuori dalla finestra, poi sorridendogli nuovamente.
 
"D'accordo, sì."
 
"Ottimo! Se vuoi lavarti il viso va pure in bagno, io intanto mi vesto. Vieni, ti mostro dove andare."
 
Pleione prese Loki per mano, invitandolo ad alzarsi. Lo condusse di fronte al bagno.
L'uomo ringraziò e si chiuse la porta alle spalle.
Si specchiò, e quasi non si riconosceva. Il suo volto non era mai stato così rilassato, così privo di tensione. Ora l'ira e l'odio erano solo due vecchie compagne di vita; un nuovo sentimento si stava facendo strada nel suo animo, ma ancora non aveva avuto modo di decifrarlo.
La magia non gli mancava, la sete di morte men che meno.
Aprì il rubinetto e si gettò una manata d'acqua fresca sul viso. Si sentiva meglio, si sentiva tranquillo.
 
Più tardi, i due erano già per le vie della grande mela, affamati e in cerca di un posto dove fare colazione.
Si diressero verso il Central Park, dove Pleione amava recarsi di Sabato mattina.
Loki si sentiva decisamente a disagio. Tutta quella gente che mesi prima lo aveva temuto, odiato, adesso gli passava accanto, senza neanche riconoscerlo , senza emettere grida di orrore.
Pleione lo notò pensieroso.
 
"Stai pensando a cosa mangiare?"
 
L'uomo tornò in sé.
 
"Come? Oh, certo."
 
"Siamo quasi arrivati. Ti piacciono le crepes?"
 
"Le... cosa?"
 
"Crepes! Non mi dire che non le hai mai mangiate!"
 
"Onestamente, no."
 
"Allora te ne innamorerai!"
 
Loki non sapeva nemmeno cosa volesse dire, innamorarsi. Ma sorrise, osservando l'entusiasmo negli occhi della ragazza. I suoi capelli al sole erano ancora più belli, come anche la sua pelle diafana.
Arrivarono ad un chiosco in mezzo al parco, vicino ad una grande fontana. Qui vi erano posizionati alcuni tavoli, dove la gente mangiava tranquilla.
Era un'atmosfera decisamente inusuale per l'asgardiano.
 
"Prendi posto, intanto ordino. Chiedo anche per te, ok?
 
"Va bene, grazie"
 
Loki prese posto vicino alla fontana. Poco dopo arrivò Pleione, con la profumata colazione.
 
"Dimmi che ne pensi!"
 
"Assaggiamo."
 
Nemmeno l'ambrosia di Asgard aveva quel sapore così delizioso. Pleione osservava curiosa e sorridente Loki, ansiosa di conoscere il suo parere. Finito di masticare, lui emise il proprio giudizio.
 
"Decisamente deliziose."
 
La ragazza gli sorrise, divertita.
Rimasero lì a parlare a lungo, di svariati argomenti.
Erano come chiusi dentro una bolla, il mondo non c'era più. Pleione provava a sciogliere il carattere freddo di Loki.
Presi dalle chiacchiere,erano totalmente inconsapevoli di essere stati osservati sin dal loro arrivo da qualcuno Egli stava ora correndo verso il grattacielo Stark, terribilmente allarmato.
 
"Tony!"
 
Pepper si fiondò fuori dall'ascensore nell'ufficio dove Tony Stark stava controllando alcune scartoffie burocratiche.
 
"Che furia! Che ti prende piccola?"
 
"Tony, dimmi che ti ricordi di Stuart, Pleione Stuart."
 
"Vediamo. Bel sedere, rossa, magra e con delle belle gambe? La tua segretaria?"
 
"Sì, la MIA segretaria. Non credevo ai miei occhi. Tornavo da Central Park e l'ho vista da Ghanton's."
 
Stark versò del liquore in due bicchieri. Ma Pepper rifiutò il suo, spostando la mano tesa di Tony.
 
"Quindi? È così scandaloso che mangi delle crepes? Dici che le mandano a monte la dieta?"
 
"Tony, dannazione, sii serio per un momento. Era con Loki! Ricordi, quello che cercato di impossessarsi del genere umano qualche tempo fa? Che ti ha quasi ammazzato?"
 
"Oh, si è trovato la ragazza! E bravo il nostro dio gracilino."
 
Pepper era basita. Come poteva essere così tranquillo?! Cercò di ribattere, ma Stark la precedette.
 
"Non temere, lo SHIELD ha informato chiunque di dovere di questo. Ricordi Thor, il vichingo, con quel martello da falegname? Loki è il fratellastro, ed è stato esiliato qui dai suoi compaesani, chiamiamoli così."
 
"Ma la ragazza è in pericolo, tutti lo siamo!"
 
"Non ha i poteri, Pepper. Calmati."
 
"E chi ti dice che non abbia delle risorse? Un modo per poter tornare a fare del male."
 
"Me lo dice il fatto che sia io, che capitan ghiacciolo, il dottor Banner, Barton, Romanoff, Thor e lo SHIELD, siamo al corrente della situazione e che finché ci saremo noi in circolazione, il principino dei miei stivali deve starsene buono. Strano, mi sembrava sveglia la ragazza, non si è accorta di frequentare un criminale intergalattico?"
 
"Dobbiamo avvisarla Tony, lui potrebbe farle seriamente del male."
 
"Se credi sia necessario. Chiamala adesso. Non mi piace perdere tempo nel weekend."
 
Poco più tardi, Loki sostava in piedi all'entrata dell'enorme grattacielo, aspettando il ritorno di Pleione.
 
"Chissà cosa è successo, non lavoro mai di Sabato. Ti spiace aspettarmi un momento?"
 
"Va' pure."
 
"Non scappare!"
 
Gli disse lei, prima di sparire, guardandolo negli occhi. Più che un battuta, quel 'non scappare', somigliava ad una richiesta.
Ma l'agitazione si era impossessata del suo animo.
In cuor suo, Loki sapeva che quella sarebbe stata l'ultima volta che Pleione gli avrebbe sorriso così.
Sapeva che Stark l'avrebbe avvertita, che lui era un mostro, uno spietato assassino, un essere da cui stare lontani.
Il suo cuore si stava congelando di nuovo. Ma il sorriso di Pleione, l'averle tenuto la mano quella notte, lo aiutavano a non ricadere nella trappola più pericolosa: l'odio.








Note: Ciao bellissime. Pronto per voi il settimo capitolo. Spero sia all'altezza delle vostre aspettative! Un grosso bacio, grazie di cuore per aver letto!

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Capitolo 8
*** Thumping in my chest like an engine ***


"Salve Pleione, accomodati. Io ed il signor Stark dobbiamo parlarti urgentemente".
 
Non appena entrò nell'ufficio, la ragazza deglutì, in preda al panico. Cosa poteva aver fatto stavolta? Qualche importante documento perso?
Stark camminava nella sua direzione, con la sua solita espressione da arrogante. La scrutò dalla testa ai piedi.
 
"Beh, non si può negare che il ragazzo abbia gusto!"
 
Pepper lo fulminò con lo sguardo.
 
"Prego, siediti".
 
Disse Stark, sedendosi alla sua scrivania.
 
Pleione si mosse quasi a scatti.
 
"Hai idea del perché tu sia qui?"
 
"No, signore."
 
"Non preoccuparti signorina Stuart, niente a che fare con le tue mansioni."
 
Disse Pepper. La ragazza respirò per il sollievo. Ma rimase allarmata, notando l'espressione cupa della donna.
 
"Pleione, ti abbiamo osservata con un uomo al parco poco fa. Sai chi è?"
 
"Osservata? Comunque sì, è l'uomo che le avevo detto di aver trovato svenuto di fronte a casa mia."
 
Strak e Pepper si scambiarono un'occhiata. Non potevano esserci più dubbi.
 
"Dolcezza, sarà meglio che tu sappia chi è il giovanotto: ricordi i disguidi di qualche mese fa? Mezza New York rasa al suolo, mostri di latta volanti, eccetera?"
 
Pleione annuì, sempre più confusa.
 
"Molto bene, e ricorderai anche che un cattivissimo dio alieno voleva sottometterci tutti?"
 
Lei annuì nuovamente, aggrottando le sopracciglia.
 
"Fantastico. E' esattamente lui il tuo coinquilino. Ma niente paura, non ha più i suoi poteri, è stato esiliato qui da saggi di Asgard, il suo mondo. E suo fratello, Thor, lo tiene sotto stretto controllo. E che cavolo, il falegname dovrebbe essere qui da un momento all'altro!"
 
Pleione scoppiò a ridere, cercando di allontanare lo stress e credendo che tutta quella fosse una montatura, uno scherzo mal riuscito.
 
"Ti sembra divertente, Pleione? Lui è un mostro!"
 
Disse Pepper, esasperata.
 
"Un mostro? Mi state prendendo in giro? Vi annoiavate e avete deciso di chiamare la nuova arrivata per divertirvi?"
 
"Nessuno ti sta prendendo in giro dolcezza."
 
D'improvviso Stark smise di parlare, accigliandosi. Pepper era tesa in viso. Essi guardavano alle spalle di Pleione, che continuava a pensare che tutto fosse parte di uno scherzo.
 
"Scusate, ma mi aspettano di sotto. Prendete in giro qualcun'altr..."
 
Quando si voltò rimase di sasso. L'uomo che aveva sognato quella notte ora era davanti a lei. Esattamente uguale. Esattamente bello, possente e fiero uguale.
 
"Alla buon ora vichingo!"
 
"Ho fatto prima che ho potuto, Stark. Signorina Stuart, sono Thor, al tuo servizio."
 
Il ragazzo dai biondi capelli baciò la mano di Pleione, che ricadde lungo il corpo a peso morto. Non credeva ai suoi occhi.
 
"Ho chiamato Fury più di mezz'ora fa!"
 
"Non è un breve viaggio quello da Asgard a qui, Stark. Signorina Pepper, contento di rivederla. Pleione, lascia che ti parli di alcune cose. Non ci vorrà molto tempo."
 
"Ti ho sognato proprio questa notte. E come fai a sapere il mio nome?"
 
"Lo so che mi hai sognato, non è stata una casualità. Padre ed io ti teniamo sotto controllo da qualche giorno. Ci sono molti fatti di cui devi venire a conoscenza. Ma prima di tutto lascia che io ti ringrazi dal profondo del cuore. Mio fratello Loki, ha avuto per molto tempo l'anima ghiacciata. Ed è da quando ha incontrato te che, ho potuto riscontrare, ha cominciato a capire che la sete di conquista non è poi così importante. Prima per lui era così scontato, così monotono, vivere senza fare del male. Per lui era quella la prerogativa della vita; liberarsi dagli ostacoli e conquistare il potere, da solo."
 
Thor continuò a raccontare per filo e per segno la storia di Loki, a partire da quando aveva messo in pericolo Asgard, facendo penetrare i giganti di ghiaccio all'interno del regno. Raccontò lei le sue origini, la sua terribile fame di potere, che non riusciva a saziare.
Pleione non riusciva a crederci.
Aveva fatto del male, tanto. Aveva odiato, aveva ucciso senza nessuno scrupolo. Ma non riusciva a vederlo come un mostro, proprio no.
Quello che le aveva tenuto la mano, mentre piangeva, non era un mostro.
Pleione sapeva bene quanto gli sbagli pesassero sulla vita e sapeva quanto il giudizio altrui potesse essere una condanna.
Si era anche lei rifugiata nella solitudine, aveva cominciato anche lei a diffidare dal mondo.
 
"Pleione?"
 
Thor la richiamò, notandola assente per qualche momento. Un lacrima le aveva solcato la pallida guancia.
 
"Hai detto la verità? È difficile da credere. Per me eravate solo una leggenda."
 
Il biondo sorrise dolcemente: Pleione gli ricordava in modo spaventosamente Jane, l'umana che aveva rapito il suo cuore.
 
"Ho detto tutta la verità Pleione. Stagli vicino se puoi, non prenderlo come un ordine, prendilo come un consiglio per te stessa. Loki non è affatto un mostro di ghiaccio. Deve solo aprirsi alla vita. In così poco tempo, grazie a te, sta cominciando a cambiare."
 
"Lui è qui sotto. Devo dirgli che vi ho visti?"
 
"Credo lo sappia già. Se lo aspettava."
 
Disse Stark, mettendo le mani sulle spalle della ragazza.
 
"Non può nuocerti, non preoccuparti. Ognuno di quelli che lo ha combattuto la prima volta è pronto a farlo di nuovo. Ma è innocuo ora. Non ti nascondo però che il desiderio di metterlo al tappeto ancora arde nel mio cuore, o quel che ne è rimasto."
 
"La mia preoccupazione non è che lui possa nuocere a me. Con permesso, vorrei andare. Grazie per le preziose informazioni.. Signor.. Thor. Signor Stark, Signorina Pepper."
 
"Grazie a te Pleione. Non avere paura".
 
Disse infine Thor, posandole nuovamente un bacio sulla mano.
 
La ragazza uscì dalla stanza, imboccando l'ascensore. Non vi era espressione sul suo volto, se non lacrime, le quali non capiva da dove provenissero. Perché lui l'aveva cercata ancora?
Avrebbe potuto scansarla, sarebbe potuto scappare da lei in qualunque momento, come avevano fatto tutti da quando si era recata a New York. L'avrebbe potuta ferire.
Ma lui no. Era rimasto, anche quando si era mostrata tremendamente fragile.
Ecco le porte aprirsi verso l'ingresso.
Loki era ancora lì, non era fuggito. Seduto sui gradini, si teneva la testa tra le mani, mascherando con la freddezza la sua grande preoccupazione.
Pleione aprì lentamente la porta di vetro che li separava. Subito l'uomo girò il capo verso di lei.
Lo fissò con intensità, senza dire una parola. Loki dovette rompere quel silenzio, non lo sopportava.
 
"Che cosa ti è stato detto?"
 
Chiese, con voce monocorde.
 
"Tutto, suppongo."
 
Disse lei.
 
"Se te ne avessi parlato, mi avresti considerato fuori di senno e mi avresti cacciato."
 
"E questo ti preoccupava?"
 
Loki sentì di nuovo quella fastidiosa sensazione allo stomaco che lo ammorbava da due giorni. La domanda di Pleione gli risuonò molte volte in testa. No, che non lo preoccupava. Non lo avrebbe minimamente toccato una sua opinione negativa. Ma qualcosa stava cambiando.
 
"Pensavi che avrei potuto allontanarti? Pensavi che ti avrei cacciato? Che ti avrei urlato addosso?"
 
"Hanno sempre fatto tutti così, ovunque. Perché dovresti essere diversa?"
 
Chiese l'asgardiano, con aria di sfida.
Pleione lo guardò. Sembrava offesa.
 
"Sai, Loki, anche con me hanno sempre fatto tutti così. Non sono mai stata la compagna ideale di nessuno, l'amica migliore di nessuno. Quando la gente incontra la stranezza per la sua strada, solitamente la schiva, quasi riluttante. Io questo atteggiamento non l'ho mai utilizzato con nessuno, ho scelto la via della razionalità, ho sempre cercato di scavare a fondo nelle cose, anche quelle che sembravano più complicate. Mi spiace di non averti dato quest'impressione. So quanto sia difficile.."
 
"Cosa... Cosa pretendi di sapere tu."
 
"Nulla. E' questo il punto. Non voglio avere la presunzione di sapere niente. Vorrei solo avere la possibilità di conoscerti per quello che sei davvero."
 
Loki rimase in silenzio a guardarla. Non stava mentendo, poteva leggerglielo negli occhi. Per quanto cercasse di opporre resistenza, lei era davvero diversa, da chiunque avesse incontrato.
 
"Non hai sentito cosa ti hanno detto di me?! Non ti hanno detto quanto io sia malvagio, mostruoso, senza pietà?! Potrei ucciderti se volessi."
 
La ragazza gli mise le braccia intorno al collo, e lo strinse in un abbraccio.
Il suo respiro era caldo, e scaldava la sua pelle, gelida, da sempre.
Le braccia di Loki erano sospese a mezz'aria, immobilizzate per la sorpresa di quel gesto. Chi mai l'aveva abbracciato, se non sua madre?
 
"Mi hanno detto questo, sì. E, onestamente, non mi importa".
 
"Perché lo stai facendo?"
 
Domandò Loki, con un filo di voce ed il cuore che batteva ad un ritmo più che frenetico.
Pleione prese a parlargli vicino all'orecchio, sussurrando appena.
 
"La via d’uscita non la vedo più, mi dicevo. Ti devi arrendere di nuovo alle necessità che la vita ti chiede. Non sarai mai libera da questa maledetta non vita, che ti appartiene più di quanto pensi. La felicità sai come trovarla, ma non la vuoi, è troppo scomoda, troppo facile. La vedi come un ostacolo, come un desiderio, ma anche come un accanimento verso te stessa. Hai perso la fame, la fiducia, la gioia, la vivacità, la voglia di lottare per ottenere qualcosa, mi dicevo. Ti sembra tutto più facile se tutto lasci andare. Guardavo la barche sul molo di legno di Montauk, lasciate lì a marcire, e pensavo di sentirmi un po’ come loro: avrebbero voluto solcare il mare, fare ciò per cui erano state progettate. E mi sentivo così, progettata per la vita, eppure murata viva nell'apatia di qualcosa che avrei voluto non mi appartenesse.
Poi nessuno mai vorrà capirti, dicevo. Perché nessuno mai vuole cercare di risolvere i problemi degli altri, nessuno mai vuole avventurarsi in un dolore che non è suo, per paura di sporcarsi con la vita degli altri, coi loro errori, con le loro lacrime, con le loro grida di aiuto che nessuno sente, con le loro ferite che sgorgano la cattiveria di un mondo che non li aiuta. C’è chi nasce sotto una buona stella, vive di sorrisi, di fortune, di felicità. C’è chi sotto quella stella potrebbe esserci anche nato, ma nel suo cielo non la vedrà mai. Quella stella l'ho vista questa mattina, Loki. E tu le eri vicino, molto vicino."
 
Gli occhi di Loki persero la loro aria austera e si inumidirono. La strinse a sé, lentamente, come se avesse ritrovato un tesoro prezioso dopo anni di ricerche, dure, stancanti. Le mise una mano tra i capelli, respirandone il profumo.
Rimasero così, fermi come in una fotografia, per qualche istante, dall'ineguagliabile dolcezza.
Poi Pleione si scansò dal petto dell'uomo, con delicatezza. Intrecciò le dita a quelle della mano di Loki, immobilizzato per l'improvvisa intimità.
 
"Non ti voglio ferire. Nessuno lo farà. Te lo prometto, non qui."
 
I loro capelli sciamavano nel vento, i loro occhi si rifugiavano gli uni negli altri, in cerca di qualcosa che gli mancava. Erano di nuovo all'interno di quella bolla, dentro la quale vi era spazio solo per due. Loki era ammutolito, non sapeva cosa rispondere a tanta umanità. Aveva un unico desiderio, quello che quell'istante potesse non avere fine. Così lontano dalla realtà che fino ad allora aveva conosciuto, così lontano dal suo modo di essere.
Pleione sorrise. E Loki capì, finalmente qualcosa di più sulle midgardiane e il loro saperti rapire e guarire l'anima.
Si avvicinarono lentamente, di nuovo, l'un l'altra. Sentivano i loro corpi come attraversati da mille scariche elettriche. I loro visi erano vicini, ed ora entrambe si fissavano negli occhi.
 
"Non so se basterà prendere la tua mano, per riporre via il dolore."
 
"Loki, anche il male ha una sua data limite"
 
Serrarono gli occhi e si lasciarono trasportare da un bacio. Fu pieno di parole non dette, di speranze ormai messe a tacere, di dolore, di tristezza, di frustrazione. Ma ora, queste non importavano più. Le loro lingue si parlavano in modo differente, in una nuova lingua, che entrambi avevano messo a tacere per troppo.
Loki aveva compreso cosa fosse l'amore, cosa fosse la vita.
Pleione aveva ricordato cosa trasmettesse un bacio, cosa fosse la vita.








Note: Ciao stelline! Spero tanto che vi piaccia questo capitolo, ci ho messo tanto a completarlo e a renderlo il più 'realistico' possibile. Voglio assolutamente sapere cosa ve ne è parso! Un bacione, grazie di cuore per le vostre recensioni e per aver letto. Comunque vi lascio un piccolo regalino, ovvero la foto della ragazza che mi ha ispirato per il personaggio di Pleione. 
http://i49.tinypic.com/kb6m3s.jpg 
Immaginatela con i capelli più chiari, ed eccola lì ;)

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Capitolo 9
*** Kept you here beneath my breath ***


I due si erano ora, nuovamente rifugiati in mezzo alle bellezze del Central Park.
Camminavano, tenendosi per mano.
La gente li guardava ogni tanto. Era inconsueto incontrare degli occhi come i loro, o dei visi come i loro.
Camminavano come in un'altra dimensione, incuranti degli sguardi altrui, dei rumori della città.
Ogni tanto uno dei due guardava l'altro, furtivamente. Non era cambiato quasi nulla da quella mattina; certo vi erano stati un bacio, qualche 'piccolo' chiarimento sull'identità di Loki, ma ognuno dei due era rispettoso dell'intimità dell'altro.
Non viviamo in un romanzo rosa, pensò Pleione.
Non posso scoprirmi tanto in fretta, spero lo capirà, pensò Loki.
Il sole si stava avviando al tramonto ormai. La luce era diventata più aranciata, più calda.
Questa si specchiava dritta nell'animo dell'asgardiano. Dentro di se vedeva il tramonto. Il tramonto che portava alla fine di se stesso, il vecchio se stesso. Si sentiva morire. Ma sapeva che, come facevano le fenici degli antichi racconti, dalle sue ceneri sarebbe nato qualcuno di nuovo. Un uomo, un fratello migliore.
Sentiva che dalla mano di Pleione qualche strana energia gli arrivava dentro il cuore. Non sapeva come chiamarla; forse i termini conforto, serenità, sarebbero stati più che esplicativi. Ma ancora non li accettava, non li riconosceva.
Sentì una stretta alla mano e si girò verso Pleione.
 
"Loki, posso farti una domanda?"
 
Disse la ragazza, senza distogliere lo sguardo da davanti a se.
 
"Chiedimi ciò che desideri."
 
"Perché, con tutte le stelle, galassie, mondi che esistono, decidesti di prendertela proprio con noi umani."
 
L'asgardiano rallentò il passo, quasi fino a fermarsi. Non c'era un tono accusatorio nelle parole di lei. Solo curiosità, solo voglia di scoprirlo, come aveva detto. La guardò negli occhi, molto intensamente, riprendendo a camminare.
 
"Bramavo quello che non avevo."
 
"Ovvero?"
 
"Temo...Temo mi mancasse questo."
 
Loki alzò la sua mano e quella di Pleione, intrecciate, con aria imbarazzata.
Lei non disse nulla.
 
"E poi odiavo, detestavo, che Thor avesse trovato ciò che bramavo, prima di me. Lui è sempre venuto prima di me. L' erede al trono di Asgard, il possente dio, l'avvenente giovane. Cos'ero io al suo confronto? Cos'era il figlioccio di Odino paragonato a lui? Nel mio sangue non scorreva la sua stessa forza, la sua stessa determinazione, la sua stessa bontà. Quando Padre mi mise a conoscenza delle me origini, mandai al diavolo tutta la mia vita. Dentro me sentivo solo freddo. Terribile, insopportabile freddo. E tutto ciò che riusciva a scaldarmi era la sofferenza degli altri, il sangue delle ferite di chi colpivo. Ero cieco davanti al dolore. E quando mantenevo Thor sotto osservazione, durante il suo esilio fittizio, qui su Midgard, mi accorsi della sua fortuna sfacciata, di aver trovato prima di me.. l'affetto, la benevolenza, la comprensione. Lo spazio nel cuore di qualcuno. Ed io misi il ghiaccio sulla ferita aperta del mio di cuore, ma non servì ad altro che a rendermi più indifferente, più vile."
 
Pleione smise di camminare. Guardava attentamente negli occhi di Loki , divenuti in quel momento quasi vitrei; vi scorse vergogna.
Sembrava torturarsi tra quelle parole, infliggersi le punizioni che suo padre gli aveva graziato, durante la sua prigionia. Divenne teso, scavato in volto.
 
"Loki. Non voglio interferire in questi tuoi ricordi. Ma posso dirti che se per parlare di questi spiacevoli ricordi, tu usi il tempo verbale al passato, vuol dire che piano piano stanno sfuggendo dalle tue mani. Vedi, il problema sta qui. Tutte le cose, anche le più grandi, terribili, le più piccole e fragili, vanno come devono andare. Bisogna imparare ad aprire le mani e lasciarle andare. Non devi temere nulla, Loki. Non sei da solo."
 
"Io sono nato solo, mi hanno abbandonato da solo in mezzo al gel. Sono cresciuto solo con me stesso, ho sofferto solo. Come puoi affermare che io non lo sia."
 
Pleione chiuse la mano dell'uomo fra le sue, e poi la baciò sul palmo.
 
"Se la cosa può consolarti, adesso posso esserci io."
 
Si avvicinò al viso di Loki e gli posò un leggerlo bacio sulla guancia.
 
"Ti va di tornare a casa?"
 
"Casa?"
 
Loki non aveva una casa su Midgard. Non aveva una casa nemmeno ad Asgard, ormai.
 
"A casa. Puoi rimanere da me quanto credi, se vuoi. E i vestiti di Liam, se li trovi comodi, puoi tenerli. Ne ho scatole piene a casa."
 
"Io non potrei. Ti disturberei."
 
"Non hai soldi, né sai com'è fatta la città. Se qualcuno ti riconoscesse non penso sarebbe un bene. Mi sembra più logico stare da me, che vagare come un senza tetto e in pericolo, no?"
 
Tornarono a sorridere, come quella mattina, prima dell'incontro con Pepper.
Quando arrivarono a casa di Pleione, tutto sembrava meno strano che nei giorni precedenti. Sembrava che la loro 'convivenza' andasse avanti da molto più tempo. Gli sguardi erano più complici, la gestualità più spontanea e non tesa.
Loki pensò che dopotutto, quella era la migliore casa che avesse potuto trovare.
Nessuno dei due aveva bisogno di altro se non di ciò che gli era mancato per tutto quel tempo. L'affetto.
Ripresero le loro postazioni della sera precedente, stavolta senza televisore acceso.
Ognuno si abbandonava alle braccia dell'altro, come fossero state un'incubatrice, che poco a poco gli restituiva l'ossigeno, la voglia di vivere.
Chiudevano gli occhi e insieme inspiravano la vita ed espiravano la solitudine che li aveva accomunati fino a quel giorno.
 
"Forse, se non fosse stato per voi midgardiani, a quest'ora starei ancora marcendo in una cella ad Asgard."
 
Disse ad un tratto Loki, mentre passava le dita nella chioma ramata di Pleione.
 
"Ora comprendo perché Thor vi ha difesi a spada tratta."
 
Pleione gli accarezzò una guancia, sorridendo.
 
"Ti va di raccontarmi com'è, Asgard?"
 
Chiese con voce assonnata.
L'asgardiano avvicinò la bocca all'orecchio di lei.
 
"Chiudi gli occhi e la vedrai."
 
Pleione ubbidì.
 
"Appena ti materializzi ad Asgard vi è Heimdall, il guardiano del ponte del Bifrost, ti accoglie e ti apre la massiccia porta. Il ponte è lungo e ti porta alla città. Davanti a te vedi tante alte torri, squadrate, alternate ad edifici con grandi cupole. Il cielo ha il colore dell'ambra, oppure è terso, non vi sono mai nubi. Le fronde degli alberi emettono un suono celestiale, scosse dal vento. I cittadini camminano con le loro vaporose vesti, qualcosa che voi qui non usate. I guardiani hanno armature, abiti più formali. Ricordi? Come quello che avevo indosso quando mi hai trovato. Se entri a palazzo ti trovi di fronte ad uno scenario dalla straordinaria bellezza. Tavole imbandite con ogni ben di dei, guardie con pesanti elmi, ti guardano alle spalle, ti spianano la via verso la meraviglia. Tutto è adornato con raffigurazioni di personaggi importanti, vi sono icone del nostro re. Giochi d'acqua rompono il silenzio delle vaste sale, dedicate alle riunioni di Padre e del consiglio dei saggi. Nelle torri più alte vi sono le stanze per riposare, le sale dedicate ai servitori... E poi in cima alla torre centrale vi è quello che forse tu chiameresti osservatorio. Da lì vi osserviamo sempre. Il nostro cielo non è come il vostro. La notte vediamo le nebulose brillanti, le stelle pulsanti di luce infinita. Vediamo i pianeti illuminati dal sole, osserviamo i repentini moti del nostro universo..."
 
"È come un sogno. Sarebbe bello vederla."
 
"Può avere tutto il fascino di questo universo, ma nulla è paragonabile a quello che ho qui, a dove sono adesso."
 
Pleione riaprì gli occhi e guardò Loki sorridendo.
Gli si avvicinò e lo baciò una seconda volta, con la stessa dolcezza della prima.
Fu lei ad accarezzargli i capelli, a passargli le dita, morbide e delicate, sui tratti del viso. Così lineari, così belli.
 
"Sento che questa è la cura ad ogni veleno"
 
Sussurrò Loki, baciandole la fronte.
Lei cominciò a passargli le mani sul petto, accarezzandolo e studiandone la fisionomia; non avrebbe voluto staccare le labbra da quelle di Loki per nulla al mondo. Lui le cingeva la sottile vita con le mani, quasi non volesse farla scappare.
I baci si fecero più passionali, le mani cominciarono ad esplorare la pelle sotto le loro maglie.
Ma dovettero interrompersi, svogliatamente, non appena un frenetico bussare li fece distrarre.
 
"Direi che chiunque sia ha fretta. Aspetta."
 
Pleione si alzò in piedi, con aria scocciata, diretta alla porta.
Loki respirava affannosamente, agitato da tanta intimità. Aveva naturalmente avuto altre donne, il suo fascino non veniva ignorato ad Asgard, ma il contatto con Pleione era qualcosa che lo scombussolava nel profondo.
La ragazza aprì la porta, sbuffando. Dovette spalancare gli occhi, vedendo chi aveva di fronte.
 
"Lei?! Come fa a sapere dove abito?!"
 
"Mi sono scordato di dire una cosa importante all'extraterrestre, posso?"
 
Tony Stark era in piedi sulla soglia della porta con la sua solita aria beffarda.
 
"Entri, prego..."
 
Pleione fece entrare  Stark dentro casa. Questo gettò noncurante la giacca sul primo mobile a vista. Lei gli fece strada fino al salotto, dove Loki stava in piedi allarmato.
 
"Buonasera E.T.!"
 
"Chi ci fa lui qui?"
 
Chiese torvo in volto, Loki, rivolto a Pleione.
Stark, notando i vestiti un po' stropicciati e i loro capelli decisamente spettinati, alzò un sopracciglio, ridendo sotto i baffi.
 
"Spero di non aver interrotto nulla!"
 
Fece l'occhiolino a Loki.
 
"Il signor Stark è venuto per.."
 
"Un ultimo discorsetto; ma guardatevi! Non c'è che dire, siete proprio una una bella coppia!"
 
"Può cortesemente arrivare al dunque?"
 
Chiese Pleione, con una nota di stizza nella voce.
Loki era immobile ed il suo sguardo balzava da Stark a Pleione. Ogni brutto ricordo delle battaglie su Midgard cominciava a rifiorire nella sua mente.
 
"Bene. Primo, perdonate l'allarmismo di oggi. Pepper è una donna molto apprensiva, credo si sia preoccupata più per sé stessa che non di te, signorina Stuart. Secondo, non avrei voluto vomitarti in faccia tutte quelle informazioni sul principe delle tenebre qui, in quanto immaginavo che te le avrebbe comunicate lui stesso a tempo debito. Terzo, piccolo cervo, attento a come ti comporti, sei avvisato. Ricordi tutti quelli che ti hanno preso a calci in culo durante il tuo ultimo soggiorno? Sono tutti informati della tua presenza qui, e sono pronti a farlo di nuovo a un tuo sgarro. Ho finito. Beh già che ci siamo, Stuart, saresti così gentile da darmi da bere?"
 
"Prego?"
 
Pleione era sia incredula e leggermente infastidita dagli atteggiamenti invadenti del suo capo.
 
"Vedo che l'arroganza non ti abbandona, Stark."
 
Disse acidamente Loki.
 
"Signor Stark, mi perdoni, ma non ci sarà bisogno di tenere d'occhio Loki o di infliggergli terrorismo psicologico. È cambiato, mi creda."
 
"Vorrei tanto dolcezza, ma vedi, mi ha scaraventato fuori dalla finestra del mio ufficio tenendomi per la gola, qualche mese fa. Sono solo un tantinello... rancoroso, sì.  Comprendimi."
 
Loki stava per fare uscire il sangue dalle sue mani, tanto serrava nervosamente i pugni.
 
"Si fidi, come mi fido io, signor Stark. So che la battaglia dei mesi scorsi non è fantasia, ma so anche che le persone possono cambiare, possono rinascere. Se lei è venuto qui per invitarmi a mettere Loki da parte, spiacente, ma la sua visita è stata vana."
 
"Non voglio questo, cara signorina Stuart, non sono affari miei le tue tecniche di addolcimento per alieni. Tutt'altro. Sarai una buona fonte di informazioni!"
 
"MAI. Se lei si aspetta che io possa farvi la spia su Loki, sappia che dovrete torturarmi per farmi uscire anche una sola parola."
 
Pleione si avvicinò a Loki a braccia conserte.
 
"Dategli una possibilità, signor Stark."
 
"Non voglio che tu mi difenda, Pleione."
 
Sibilò Loki, con lo sguardo fisso su Stark. La ragazza lo guardò con tenerezza.
Tony lì fissò con uno strano sorriso che a Pleione ricordò un gesto paterno.
 
"Cosa non fa l'amore! Beh, il mio compito qui è finito, ho fatto il mio dovere. Grazie dell'ospitalità, bellezza!"
 
L'uomo sparì, chiudendosi alle spalle la porta di casa. Lo sguardo di Loki era ancora fisso dove un attimo prima vi era Tony Stark.
Pleione lo invitò a sedersi sul divano.
 
"Loki, non credere che io ti giudichi per il tuo passato."
 
"Sono sempre il mostro, il folle, quello da marcare sempre e ovunque."
 
Loki si coprì il viso con una mano, quasi a voler nascondere l'angoscia che lo pervadeva.
 
"Hai un cuore d'oro. Me lo hai dimostrato. Non ho bisogno di nessun'altra informazione sul tuo conto per avere conferma di ciò. E non coprirti gli occhi. Non tornare ad essere cieco verso la vita."
 
Loki si voltò verso di lei e la fissò come lui bene sapeva fare. Ricominciò quello che Stark aveva interrotto, stavolta determinato a non fermarsi più.
 
Nel frattempo Stark era nella sua auto, con in mano il cellulare.
 
"Fury, i piccioncini sono stati avvertiti."
 
"Quindi?"
 
"Non allarmi nessuno degli altri. Il principino pare innamorato, e non poteva trovare 'balia' migliore. Non c'è da preoccuparsi."
 
"Voglio informazioni ogni giorno, sono stato chiaro? Loki è un ingannatore esperto, non possiamo permetterci disattenzioni."
 
"D'accordo capo."
 
Quella notte casa di Pleione venne pervasa dall'amore. L'amore vero.
Si erano finalmente completati, donando l'uno all'altra ciò che gli mancava da troppo tempo.
Avevano entrambi avuto esperienze, entrambi avevano già fatto l'amore. Ma mai come quella notte sentirono di aver trovato un incastro così perfetto.
Fecero l'amore più volte. Non gli bastava mai, quella sensazione di benessere, di sentirsi finalmente accettati ed adatti alla vita.
Non ci furono gesti forzati, ma solo carezze e dolcezza.
Erano sicuri di stare facendo la cosa giusta, nessuno dei due se ne sarebbe mai pentito.
Ormai stanchi, si abbracciarono stretti l'un l'altra, continuando a baciarsi lentamente.
 
"Vorrei aver aspettato te, vorrei davvero averlo fatto. Non ero mai stata così bene."
 
Gli sussurrò Pleione.
 
"Ed io ti giuro che per quanto io abbia viaggiato per i nove regni, tu sei singolare in questo universo. Non lo dico perché ho appena fatto l'amore con te, ma perché mi hai donato l'affetto."
 
Loki posò la mano di Pleione sul suo petto, scolpito, perfetto, all'altezza del cuore.
E Pleione sentì che batteva senza sosta, senza volersi fermare.
Gli occhi chiari, meravigliosi di Loki erano del tutto privi di quel gelo che vi era prima, ed erano ora un caldo rifugio per lei.
 
"Pleione, posso chiederti.."
 
"Quello che vuoi."
 
"Devi promettermelo, Pleione. Se davvero tieni a me, quando te lo domanderò, se te lo domanderò... Tu dovrai lasciarmi andare. Ma non accadrà, ora ne sono certo."
 
Pleione annuì, sorridendo timidamente.
 
Si addormentarono in quel letto che finalmente aveva conosciuto l'amore, con l'anima finalmente completa, finalmente innamorata.








Note: Ciao stelle! Eccovi il nuovo capitolo! Spero vi piaccia tanto, scusate se ho ritardato a pubblicare oggi! Grazie a chi ha letto e a chi recensirà, grazie di cuore davvero. Un bacione

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Capitolo 10
*** Happiness. No longer a stranger. ***


Fury aveva ascoltato le parole di Tony Stark per metà. Loki si era innamorato, lo aveva sentito si, ma non ci sarebbe stato nulla che avrebbe potuto interessarlo meno. Non avrebbe lasciato gli altri vendicatori ignari della situazione.
Stark aveva mentito a Loki e Pleione. Nessuno dei vendicatori era stato ancora avvisato del ritorno del dio asgardiano sulla Terra.
Fury li radunò tutti esattamente il giorno dopo la telefonata.
Si ritrovarono in una sala sotterranea della base del pentagono.
Divennero tutti notevolmente tesi, non appena misero piede nella stanza circolare, sterile, quasi finta. L'espressione di Fury era identica a quella della loro prima riunione.
Capitan America era sempre identico, non era cambiato di una virgola. Il Dottor Banner aveva un'aria piuttosto mogia, doveva aver subito il risveglio dell' Altro da poco. Nathasha e Barton arrivarono assieme, entrambe con un'espressione più rilassata degli altri. Stark salutò tutti calorosamente appena entrò, reduce da un'ora di interviste e foto.
 
"Ci siamo tutti. Molto bene. Stark sa già per cosa siete stati convocati qui."
 
"Sì, ma le avevo anche detto che non c'era.."
 
"Silenzio Stark, non puoi vedertela da solo stavolta."
 
Disse Fury, fulminandolo con lo sguardo.
 
"Non ci saranno di nuovo minacce dallo spazio profondo spero!"
 
Esclamò Natasha, ridendo.
 
"Lasciatemi parlare. Ebbene, siete stati chiamati qui oggi a causa di una possibile, ripeto, possibile, minaccia presente sul pianeta.
 
"Oh bene, un'altra volta".
 
Clint rise sarcasticamente.
 
"Non disperarti Barton. Certamente vi ricorderete bene di Loki, il fratello di Thor".
 
"Ah si, quello gracile..." 
 
Rise Banner, ricordando la sua spettacolare performance all'ultimo piano del grattacielo Stark.
 
"Proprio lui. E' stato processato e i saggi della sua razza hanno emesso una sentenza poco tempo fa."
 
"Lo hanno ucciso?"
 
Chiese, teso in volto, Rogers.
 
"No, Capitano, al contrario. È stato esiliato qui sulla Terra, seppur privato dei suoi poteri."
 
Tutti si zittirono con espressioni incredule dipinte in viso. Quale mente malsana lo avrebbe potuto esiliare sul pianeta che aveva cercato di distruggere?
Stark non poté trattenere oltre una risata.
 
"Dovreste vedere le vostre facce, dannazione, degne di un film comico!"
 
"Cosa ci trovi di divertente, Stark?"
 
Chiese nervoso, Rogers.
 
"Sta' calmo, mio caro nonnetto!"
 
"Basta punzecchiarvi voi due! Sembrate due bambini! Fury, può spiegarsi meglio?"
 
Domandò Natasha.
 
"Thor è stato sul nostro pianeta molto prima di Loki. Come ricorderete, fu esiliato qui da suo padre, per colpa di una delle tante malefatte del fratello. Dovete sapere che durante la sua permanenza qui, ha perso completamente ogni ombra di arroganza e di superficialità, grazie ad una terrestre. O almeno, in gran parte grazie a lei. Fatto sta che Thor ha lottato per non fare tagliare la testa a Loki e ha suggerito di mandarlo qui, senza poteri, completamente innocuo. Sostiene che cambierà."
 
Clint scoppiò in una fragorosa risata nervosa.
 
"E cosa crede? Che qualche ragazzetta gli rapirà il cuore? Sempre che ne abbia uno."
 
"Oh, ma è già successo, Legolas."
 
"Stai scherzando?"
 
Chiesero quasi all'unisono i vendicatori.
 
"Oh si. E si è anche ben accasato!"
 
"Ma allora la ragazza in questione è in pericolo! Loki starà sicuramente tramando qualcosa!"
 
Sbottò Rogers.
 
"La ragazza è sveglia, Capitano. Ti assicuro che sa gestirlo meglio di quanto tu possa credere."
 
"Chi è questa ragazza coraggiosa? O meglio, scellerata."
 
Chiese incuriosito, Banner.
 
"È la segretaria appena assunta di Pepper. Si chiama Stuart, ma il nome non lo ricordo, diamine..."
 
"Pleione Stuart, ventiquattro anni, nata a Montauk, ottima studentessa, laureata in lettere con un master in economia alla Columbia."
 
Disse d'un fiato Fury.
 
"È molto giovane"
 
Disse Natasha, sorpresa.
 
"Vi sembrerà sorprendente, ma Stark ha potuto vedere con i suoi occhi quanto il nostro ragazzino disobbediente, sia diventato un po' meno disobbediente ed un po' meno ragazzino."
 
"Speriamo che sia anche un po' più forte! Altrimenti la prossima volta Lui non si divertirà così tanto!"
 
Continuava ad infierire, Banner.
 
"Fury, cosa dovremo fare noi? Tenere sotto controllo la ragazza?"
 
Chiese Rogers.
 
"No, affatto , Capitano. Per questo c'è già Stark, anche se non consisterà iin un vero e proprio controllo, ma sarà più un accertarsi che la ragazza non riporti ferite, stress o malessere per colpa di Loki. In tal caso, Thor ne sarà informato e il principino sarà riportato ad Asgard e processato definitivamente. Sa che deve mettersi in riga, se non vuole che gli venga mozzata la testa. Il vostro compito sarà semplicemente quello di tendere l'orecchio se vi convocherò una seconda volta: in tal caso comprenderete che la situazione ci è sfuggita di mano. Se non avete altre domande, per me abbiamo concluso."
 
Disse l'uomo, con tono più che autoritario
I cinque si salutarono fra loro, sperando di doversi riunire il più tardi possibile. Non sembravano particolarmente preoccupati.
Se Stark era vicino alla ragazza e al dio, la situazione sarebbe stata certamente sotto controllo.
 
"Tanto per essere ben informati, dove risiede Pleione Stuart?"
 
Chiese Natasha a Fury, prima di andarsene con gli altri.
 
"Brooklyn, New York City. Vi fornirò i dettagli quanto prima."
 
"Sta bene. Arrivederci signor Fury."
 
"Al più tardi possibile, si spera."
 
Lasciarono l'edifico, ognuno diretto al jet del governo che gli era stato assegnato per tornare a casa.
 
"Non ci credo che quel folle si è fatto addomesticare da una ragazza!"
 
Esclamò Barton, ridacchiando.
 
"Io non credo che lei sia al sicuro, non mi fido. Voglio dire, qualche mese fa quante ne avrà uccise, ragazze?"
 
Domandò Rogers.
 
"Nonnetto, sta al tuo posto. Come ho già detto, la ragazza è molto sveglia. E lo sa gestire meglio di noi. Con permesso, ho degli affari da sbrigare. Arrivederci! Natasha, Legolas, Hulk, Ghiacciolo".
 
"Attento a come parli Stark, un giorno ti toglierò quel sorriso da adolescente spavaldo"
 
Ringhiò tra i denti Rogers, spazientito.
 
"E tu attento all'artrosi. Ci si vede!"
 
Stark sparì dentro l'elicottero, salutando con la mano Rogers e gli altri tre vendicatori.
 
                                                                                                        * * *
 
Pleione si era svegliata di buon ora, con cautela, attenta a non destare Loki, placidamente addormentato.
Lo aveva guardato a lungo, prima di decidere di andare a farsi una doccia e di andare a comprare la colazione al negozio all'angolo dell'isolato.
Lo aveva guardato a lungo ed era certa di non aver mai visto un uomo così in tutta la sua vita. Di tipi affascinanti ce ne erano a bizzeffe sulla Terra. Aveva addirittura dovuto ammettere a sé stessa, seppur con imbarazzo, che perfino Tony Stark alla fine era un bell'uomo.
Ma non aveva mai sentito parlare di Asgard e dei suoi uomini, della loro impareggiabile bellezza.
Anche se le palpebre di Loki erano calate, Pleione riusciva lo stesso a vedere i suoi occhi. Li rivedeva esattamente come quando l'avevano guardata quella notte, prima che si addormentasse.
Li aveva rimirati a lungo in quei giorni, ma il bagliore che vi era apparso in quel momento li aveva resi meravigliosi.
Il petto dell'uomo si muoveva lentamente, ad un ritmo regolare. Pleione contemplò anche questo. Era come scolpito nel marmo, la pelle così chiara e perfetta.
Dovette distogliere lo sguardo a malavoglia da quell'uomo magnificamente perfetto.
Si fece velocemente una doccia, per poi vestirsi e sgattaiolare a comprare del cibo.
Il frigo di casa Stuart era abitudinariamente vuoto; un po' per l'assente voracità della ragazza, un po' per la mancanza di denaro a fine del mese.
Anche se, come di consueto, le erano rimaste poche centinaia di dollari sul conto, quella mattina decise che avrebbe preparato una vera colazione. Qualcosa che si discostasse completamente dalla sua solita mezza tazza di tè.
Comprò tutto il necessario per preparare delle crepes, proprio quelle che avevano deliziato Loki il giorno prima.
Cucinò in silenzio, come se ogni cosa fosse stata di cristallo fragilissimo, chiudendo la porta della stanza.
Qualche tempo dopo aveva sistemato tutto con cura su di un piccolo vassoio: spremuta di arancia, crepes, e il suo sorriso raggiante, come ciliegina sulla torta.
Posò il tutto sul comò, intenta a svegliare Loki.
Gli posò un delicato bacio sulla fronte, uguale al primo che gli aveva dato, qualche giorno prima.
L'uomo aprì lentamente gli occhi, sorridendo teneramente, non appena scorse meglio il viso sorridente di Pleione.
Poteva sentire il suo profumo pervadergli l'anima.
 
"Ben svegliato"
 
"Ciao Pleione.. Come mai già in piedi?"
 
L'uomo si mise seduto sul letto. Stirò le braccia, mostrandone ogni singolo muscolo.
Pessima mossa, visto il debole di Pleione per le braccia ben definite degli uomini.
Ripresasi un momento dalla visione celestiale di Loki appena svegliato, ancora svestito nel suo letto, si alzò per prendere il vassoio.
 
"Ti ho preparato una cosina, niente di che."
 
Loki fissò meravigliato il contenuto del vassoio. Non avrebbe desiderato altro, ma non lo avrebbe mai chiesto.
 
"Ma perché, Pleione non dov.."
 
"Non fare complimenti. Non saranno come quelle di Ghaton's, ma spero ti piacciano comunque!"
 
"Non avresti dovuto."
 
"Mangia, coraggio. Sono curiosa del risultato."
 
L'uomo si portò alla bocca le crepes. Le divorò, dopo il primo assaggio.
 
"Pleione, non ti offendere, ma.."
 
Pleione abbassò lo sguardo, imbarazzata.
 
"Lo sapevo, fanno pietà."
 
"Fammi finire la frase. Sai, quelle di ieri, in confronto alle tue, erano da principianti."
 
Il sorriso smagliante tornò in viso alla ragazza; abbracciò teneramente Loki, per poi baciarlo sulla labbra.
L'uomo trovò Pleione ancora più bella dei giorni prima. Sarà stata l'aria frizzantina della sera prima, rimasta ad aleggiare per la casa. Ma sarà stato anche il batticuore che aveva provato.
Ricordò di aver sentito il suo cuore battere così, negli ultimi tempi, solo per la paura di morire.
Non aveva mai ricordato di avere il batticuore per qualcosa di positivo, per amore.
Era ancora un poco restio all'esternare i suoi sentimenti, ma era sicuro di essere sulla strada giusta.
Quando anche Loki si fu lavato e vestito, si ritrovarono in cucina. 
Pleione lavava qualche piatto, mentre Loki la osservava, come fosse stata un'opera d'arte.
 
"Pleione, mi domandavo, tu lavori per quel.. Stark."
 
Ancora pronunciava il suo nome con acidità.
 
"Si, certamente."
 
"Io cosa dovrei fare quando tu lavori?"
 
A questo proprio non aveva pensato, Pleione. 
Che avrebbe fatto Loki mentre lei si sarebbe recata a lavoro? 
 
"Io..Francamente non ci avevo pensato. Bhe, puoi fare ciò che vuoi, direi."
 
"Ma io non posso stare qui se non se non ho denaro. Se non ho capito male, qui pagate tutto con quello. Non posso pesare su di te"
 
Pleione si mosse verso di lui.
 
"Pesare? Come potresti tu, pesare su di me. Fino ad oggi, sei il miglior peso che io abbia dovuto sostenere."
 
"Ma Pleione.."
 
"Non preoccuparti per questo, davvero. Troverò un modo. Dimmi, cosa ti piaceva fare ad Asgard, durante le giornate?"
 
Le sembrava ancora così assurdo parlare di Asgard come un ruolo davvero esistente.
Loki decretò che ogni risposta a quella domanda sarebbe stata una stranezza alle orecchie di Pleione. Tranne una.
 
"Amavo leggere. Ma non credo che troverei nulla di ciò che avevo ad Asgard, qui".
 
A Pleione brillarono gli occhi, sentendo la parola 'leggere'.
 
"Non vi saranno i libri che leggevi ad Asgard, qui a New York, ma nella centoquindicesima strada c'è la terza biblioteca più grande di tutti gli Stati Uniti. Lì potrai leggere ciò che vorrai senza spendere un soldo."
 
"Sul serio?"
 
"Certo! Questo pomeriggio ti porto a visitarla, se vuoi."
 
"Lo faresti?"
 
"Se ti rende felice, certo."
 
Felice. 
Felice.
Quella parola non suonava più tanto strana, se a pronunciarla era Pleione.
Felice.
Felice.
Ora forse, stava imparando a conoscerla la felicità.
Le aveva stretto la mano, dopo aver fatto l'amore con Pleione, quella notte.
Avrebbe stretto amicizia, con la felicità. 
Sarebbe stata più leale dell'indifferenza, dell'accidia, della freddezza.
Sarebbe stata una consigliera migliore.
 
"Non vedo l'ora."








Note: Ciao stelle! Ecco il nuovo capitolo! So che è un po' piatto, ma vi prometto che il prossimo sarà molto più 'movimentato'! Un bacione e grazie come sempre di aver letto e di aver recensito. Un abbraccio grande

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Capitolo 11
*** Banner. ***


Il pomeriggio lo trascorsero interamente dentro l'enorme biblioteca.
Era qualcosa di straordinario, agli occhi dell'asgardiano. Non aveva mai pensato che i terrestri potessero avere un tale patrimonio culturale.
Per lui erano sempre stati inferiori, sporchi, sciocchi. Rimase stupito dall'infinità di libri, di ogni genere, che gli infiniti scaffali di legno potevano contenere.
Naturalmente anche ad Asgard si poteva godere di simili panorami, ma su Midgard aveva tutto un'aria più genuina ed affascinante.
Non c'erano congegni sofisticati o guardie che avrebbero potuto mettere soggezione.
Loki era affascinato nel vedere così tanti umani catturati dalla lettura; era bello vedere che ognuno rispettava il silenzio dell'altro. Sembrava quasi surreale. Dai midgardiani non se lo sarebbe mai aspettato.
La luce del sole entrava dalle ampie finestre vicino al soffitto, che era alternato da grandi travi di legno ed enormi lampadari di cristallo.
Il profumo inebriante del legno e della carta ormai consunta rendevano quel posto meritevole di ammirazione.
Si fermarono alla caffetteria dentro l'edificio, dopo un' attenta perlustrazione di ogni singolo settore.
 
"Allora che ne dici? Può essere all'altezza delle tue aspettative?"
 
Chiese Pleione, mentre sorseggiava del caffè.
 
"Le supera. Sono sorpreso."
 
"Cosa amavi leggere?"
 
Loki esitò un momento a replicare. Sarebbe stato poco convenzionale rispondere con la verità, ma lo fece ugualmente.
 
"Strategie di antichi Re su come conquistare i regni, libri di magia oscura o libri di incantesimi mortali. Cose di questo genere."
 
La ragazza sgranò gli occhi, i quali fissavano stupiti Loki.
L'asgardiano rise, divertito dal cambio improvviso di espressione nel viso di Pleione.
 
"Suppongo che sarà opportuno cambiare genere. Tassativamente."
 
"Sono d'accordo, Pleione. Sarà interessante."
 
Loki continuava a sorridere, divertito.
 
"Stai ridendo di me? Sono così buffa?!"
 
"In verità mi hai ricordato molto Thor quando gli dissi le medesime cose, durante l'adolescenza. Ad ogni modo, cosa mi consiglieresti tu?"
 
"Io amo molto la filos.."
 
"Scusate l'interruzione. Posso sedermi?"
 
Un uomo con occhiali, basso e con i capelli scuri  era davanti al loro tavolo. Non sembrava avere intenzioni ostili, aveva un'espressione piuttosto serafica in volto. Prese una sedia e si accomodò al loro tavolo, senza aspettare una risposta.

 
"Lei è?"
 
Chiese Pleione, un po' irrigidita.
 
"Il mio nome è Bruce Banner, signorina. Forse il suo amico si ricorderà di me."
 
Loki riassunse l'espressione gelida e indifferente che lo aveva caratterizzato in passato.
Colui che lo aveva umiliato e messo al tappeto era ora seduto vicino a lui, anche troppo per i suoi gusti. Se non fosse stato per Pleione e la promessa fatta ad Asgard, lo avrebbe volentieri preso per il collo.
 
"Quale immenso..Piacere. Dottor Banner."
 
"Non fare quell'espressione Loki, non provo rancore per il passato."
 
"Oh, sono io a provarne."
 
Pleione era confusa. Notò il gelo tornare negli occhi di Loki e l'espressione corrucciata del misterioso uomo.
 
"Potreste spiegarmi cosa succede?"
 
"Pleione, conosci Hulk, giusto?"
 
L'uomo abbassò notevolmente la voce, avvicinandosi al viso della ragazza.
 
"Sì. Che cosa c'entra ora?"
 
"Lo hai davanti a te."
 
La ragazza si zittì definitivamente.
 
"Cosa vuoi da lei? Dimmi cosa sei venuto a fare, Banner."
 
"Non preoccuparti Loki. Non sono venuto qui per scontrarmi con te, o per far preoccupare Pleione."
 
"Come sai il suo nome?"
 
L'asgardiano si stava agitando.
Non avrebbe sopportato un altro tentativo dei vendicatori di portargli via qualcosa.
Ora Pleione era il suo tesoro più prezioso, e nemmeno i Chitauri avrebbero potuto portargliela via.
 
"So il suo nome perché Fury ci ha parlato di lei, e naturalmente del tuo legame con lei."
 
"Mi scusi signor Banner, m chi è Fury?"
 
"Fury è il capo dello SHIELD. L'organizzazione segreta che ha contatti con i vendicatori, di cui fa parte anche Thor."
 
"E perché Fury mi conosce?"
 
"È quello di cui vorrei parlarvi. Non sono venuto, ripeto, per scontrarmi con voi. Sono qui per comunicarvi ciò che ci è stato detto; so cosa vuol dire venire scansati perché si è diversi. Mostri. Ci è stato detto del vostro legame."
 
Entrambi arrossirono.
Banner sorrise appena.
 
"E ci è stato comunicato che Stark si accerterà che tu, Pleione, non venga danneggiata da qualche comportamento di Loki."
 
"Oh santo cielo, ho già detto come la penso a riguardo. È ridicolo."
 
"Lo so, lo so. Stark ci ha raccontato del vostro incontro. Sta tranquilla Pleione. Sono solo venuto a offrirvi la mia totale collaborazione per qualunque problema. Soprattutto tu, dio delle malefatte. So che in passato hai avuto qualche problemino coi tuoi avi, Thor me lo aveva accennato. Se dovesse ripresentarsi un problema simile, puoi rivolgerti a noi. Possiamo combatterli."
 
"Sta parlando dei giganti di ghiaccio?"
 
Chiese Pleione.

"Non li nominate. NON li nominate."
 
Loki tremava per la rabbia.
 
"Non sanno dove trovarmi. Non ho bisogno dell'aiuto di voi marionette dei servizi segreti. Quello che cercavo l'ho trovato. Non mi serve la protezione di nessuno."
 
Loki cercò la mano di Pleione e la strinse forte.
Non riusciva a fare uscire dalla bocca le parole innamorato, amore. Erano ancora acerbe per la sua lingua.
 
"Signor Banner grazie infinite. Non ignoreremo il suo aiuto, se ce ne sarà bisogno."
 
Disse Pleione, sorridendo, cercando di tranquillizzare i due uomini.
 
"Loki, Pleione, so cosa vuol dire vedersi portare via l'amore per forza maggiore. Non voglio separarvi, nessuno di noi vuole farlo. Anzi. Siamo tranquilli sapendo che Loki ha trovato qualcuno che lo possa mettere un po' in riga."
 
Banner fece un affettuoso occhiolino a Pleione.
Loki lo guardava, sospettoso.
L'uomo strinse la mano a Pleione, poi la tese verso di Loki.
Questo rispose al gesto rigidamente, probabilmente solo per compiacere la ragazza.
 
"Banner. Se vengo a sapere che questo è frutto di un vostro doppio gioco..Io non ve lo potrò MAI perdonare."
 
"Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, eh? In bocca al lupo, ragazzi."
 
Banner sparì in mezzo alla centoquindicesima strada.
 
"Stanno iniziando a stancarmi."
 
Disse Loki, tenendo stretta la mano della ragazza.
 
"Loki, Banner mi è sembrato sincero. Non aveva cattiveria negli occhi. E comunque torno a ribadire che non mi importa nulla di quello che dicono. Ci stiamo conoscendo poco a poco e mi va bene così."
 
La ragazza si avvicinò a Loki, baciandolo dolcemente sulle labbra.
 
"Grazie, Pleione."
 
Nel mentre, Banner si stava dirigendo verso il grattacielo Stark, intento a scambiare qualche parola con il suo proprietario.
Era rimasto piacevolmente sorpreso nel notare il viso rilassato e felice di Pleione. La pensava diversa, più simile a Loki, in quanto a freddezza e rigidità.
Non si aspettava di trovare una ragazza dolce e bella come lei.
E non si sarebbe mai aspettato di trovare Loki così privo di follia nello sguardo. Sembrava un umano qualunque, preoccupato per la sua storia d'amore.
Quando arrivò all'ultimo piano dell'edificio trovò Pepper e Stark in un' accesa discussione.
 
"Come puoi aver detto a Fury di non preoccuparsi?!"
 
"Oh Pepper, tu ti preoccupi sempre e solo del nostro grattacielo e della tua messa in piega, è assurdo."
 
"È permesso?"
 
"Così l'egocentrica ora sarei io?! Non voglio avere sulle spalle quel pazzo! E quella ragazza è così sprovveduta!"
 
"Pepper quella ragazza è una delle persone migliori che abbia mai conosciuto in vita mia. Mi ricorda molto te, i primi tempi che lavorarvi con me. Peccato che tu sia diventata così."
 
"Signor Stark.."
 
"Cosa intendi Tony? Quella ragazza è folle quanto lo è quel Loki!"
 
"E tu sei terribilmente insopportabile quanto lo è Capitan Ghiacciolo, te lo assicuro."
 
"SIGNOR STARK!"
 
"Oh, mi scusi signor Banner, non l'aveva vista. Sa, Pepper ultimamente è piuttosto suscettibile. Le donne!"
 
"L'ho notato.."
 
Si azzardò a dire banner, a bassa voce.
Ma ebbe come l'impressione che Pepper lo avesse sentito, vista l'occhiataccia che questa gli lanciò.
La donna uscì frettolosamente dall'ufficio, farfugliando incomprensibili farneticamenti.
 
"Signor Stark, ho appena incontrato Pleione e Loki."
 
"Oh, i due piccioncini. Dove li ha visti? Vuole un drink?"
 
"No, grazie. Mi preoccupa il suo uso eccessivo di alcolici.."
 
"Senta signor Banner, con tutto il rispetto, ma se si mette a fare come Pepper, prendo il necessario e ci mettiamo a giocare a chi si infuria di più."
 
Entrambe risero, per poi ritornare seri.
 
"Era alla biblioteca sulla centoquindicesima. Sono andato a comunicargli ciò che Fury ci ha detto. Loki era cieco dalla rabbia. Credo che sia davvero molto legato alla ragazza. Continuava a guardarla come se lei potesse lasciare la sua mano da un momento all'altro."
 
"Lo so, li ho visti in atteggiamenti amorosi anche io. E cos'altro gli ha detto?"
 
"Gli ho dato la mia piena disponibilità, se dovesse succedere qualche guaio. La ragazza sembrava contenta di questo, Loki, beh, credo sia oltremodo orgoglioso."
 
"Il signorino mi somiglia molto. Signor Banner, ho avuto un'idea per scaldare un po' il giovanotto!"
 
"Che vuoi fare Stark?"
 
Banner assunse un'aria piuttosto preoccupata. Le idee di Tony Stark avevano sempre un certo livello di pericolosità.
 
"Che ne dici di fargli incontrare tutti gli altri? Intendo il nonnetto, la spia e l'arciere."
 
"Non verrebbe mai."
 
"A tradimento verrebbe eccome. Devo giusto giusto organizzare una festicciola per l'inaugurazione della nuova sala conferenze."
 
"Stark, non.."
 
"Ho deciso. Ti spedirò l'invito a casa Banner."
 
"Signor Stark, non mi sembra una buona.."
 
Stark si era alzato in piedi, intento a stringere la mano di Banner ed accompagnarlo all'ascensore.
Aveva in volto la sua solita aria da invasato. Non avrebbe dato ascolto a nessun'altro, se non a se stesso.
 
"La vedo male Tony."
 
"Quanto sei pessimista! Sembri Pepper!"
 
Si salutarono con una stretta di mano, concludendo così il loro 'confuso' incontro.








Note: Ciao stelline. Scusatemi tanto se il capitolo è breve. So che avevo promesso scintille. Purtroppo ho avuto qualche difficoltà per cui mi è risultato difficile scrivere tutto ciò che avevo in mente. Vi chiedo scusa, davvero. Spero possa piacervi ugualmente. Un bacio grande e grazie infinite per tutto. 

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Capitolo 12
*** Opal with green dress. ***


Passarono i giorni, le settimane. 
Loki aveva ritrovato se stesso, aveva ritrovato la pace.
Ogni giorno accompagnava Pleione al lavoro, per poi recarsi alla biblioteca. Aveva, ormai, imparato a memoria le strade del quartiere ed insieme a quelle tutti gli utilizzi dei vari negozi. Aveva conquistato, per così dire, la sua autonomia.
Aveva imparato di più sui Midgardiani, sulle loro abitudini. Adesso sembrava, quasi, uno di loro.
Si avventurava in letture come Freud, Jung, Nietzsche. Apprezzava un linguaggio così forbito, simile a quello dei saggi di Asgard.
Se leggerò gli scritti dei loro 'pensatori', imparerò di più su di loro. Pensava, mentre scorreva le pagine di numerosi libri.
Ogni giorno passato al fianco di Pleione era un giorno in più che la vita gli regalava, privo di qualunque tipo di tensione. Si era dimenticato quasi definitivamente dell'odio, del rancore, della freddezza. Non aveva più paura di abbracciarla, di baciarla, di accarezzarle la pelle, di guardarla con infinito amore negli occhi.
Se dapprima i suoi occhi erano particolari e luminosi, ora risplendevano di una luce e di un colore mai visti su Midgard.
Si sentiva in armonia con tutto ciò che lo circondava, persino la primitiva ingenuità degli umani lo inteneriva. Asgard non gli mancava, nemmeno un po'.
Dal canto suo, Pleione si sentiva la ragazza più fortunata della Terra. Non capitava tutti i giorni di riceve l'amore di un dio, sebbene questo non rispecchiasse esattamente l'immagine stereotipata di uno di questi. Ogni contatto con Loki era un brivido lungo la schiena, ogni sguardo che si scambiavano era un raccontarsi la propria vita.
Non rimpiangeva la solitudine, che era diventata parte di lei, inseparabile. Ora si sentiva persa se pensava all'asgardiano lontano da lei. Rendeva meglio sul lavoro, sorrideva ancor più di quanto non avesse fatto ogni giorno della sua vita. Diede un calcio alle insicurezze, alle infinite incertezze che da tempo l'avevano assalita, ammorbandola. Aveva deciso di mettere al primo posto l'amore e non più uno scudo davanti alla sua anima. L'inverno si inoltrava, ma di certo non nei cuori della novella coppia.
Ad inizio del mese di Novembre, in ufficio, Pleione sentiva correre voce di una grande festa, per celebrare l'inaugurazione della ristrutturazione del grattacielo Stark. Ma non vi prestava particolare attenzione, non essendo ma stata attirata da quella che era la vita mondana. Sapeva di ricorprire un ruolo di prim'ordine all'intenro della grande ditta, ma non era mai stata richiamata per conferenze o eventi speciali. Quello solitamente era un compito per Pepper.
Come ogni giorno, il trenta Novembre alle cinque e mezzo, Loki aspettava Pleione al di fuori del grattacielo. Nella mano sinistra teneva stretto un piccolo pacchetto, nascondendolo dietro la schiena.
Nonappena la ragazza varcò la soglia della grande porta di vetro, vide Loki sorriderle, senza però dirle nulla.
Era piuttosto attento ad osservare le forme perfette del corpo di lei, che ogni giorno aveva bisogno di accarezzare.
 
"Loki! Com'è andata la giornata?"
 
Disse Pleione, posandogli un bacio sulle labbra.
 
"Ciao Pleione. In biblioteca, come al solito. Tu? Sempre ad impazzire dietro a quel buffone?"
 
"Shh! Attento, qui è pieno di gente che se ti sente ti marca stretto. Comunque tutto normale. Ehi.. Che nascondi dietro la schiena?"
 
La ragazza si mise in punta di piedi, provando a sbirciare. Loki le prese le mani, posandovi poi il pacchetto.
 
"Ma... Loki cos'hai.."
 
"Dai aprilo, coraggio."
 
Pleione lo fissò intensamente, con i suoi bellissimi occhi verdi scuro. Tolse frettolosamente la carta dal pacchetto. Non appena questo rivelò il suo contenuto, la ragazza spalancò occhi e bocca, incredula.
Sotto al suo sguardo vi era una sottile catenina d'argento, completata da un ciondolo con incastonata una pietra: un'opale.  Pleione la conosceva molto bene, suo fratello Liam la collezionava da sempre, e ne aveva tenuto alcuni frammenti dentro una piccola teca, che Loki doveva aver visto nella sua camera.
Questa era chiarissima e i riflessi andavano dal color giada al verde scuro. Era come vedere gli occhi di Loki ed i suoi incastonati in un'unica splendida pietra. Non fu capace di dire nulla, le scese una grossa lacrima dall'occhio destro, ed alzò il viso per guardare Loki.
 
"Non so.. Cosa dire. Io.. Lo sapevi che era la pietra che collezionava Liam vero?"
 
Loki annuì, sempre sorridente.
"L'ho vista nel negozio vicino alla biblioteca.. Gioielleria? Si chiama così? Mi sono permesso di spendere i soldi che mi avevi prestato per questa. Spero tu non sia arrabbiata.."
 
"Arrabbiata? Loki... E' bellissima. Non so come..."
 
L'asgardiano le cinse la vita e portò il viso di Pleione vicinissimo al suo.
 
"Un bacio dei tuoi andrà benissimo, Pleione."
 
Lo ringraziò come da lui desiderato. Lo abbracciò teneramente, per poi farsi aiutare ad indossare il meraviglioso regalo.
 
"Poteva essere così bello solo al tuo collo..."
 
Pleione arrossì.
Loki cominciò poi a parlare con tono fittizio.
"L' opale è conosciuta per la sua proprietà di scomporre la luce nei colori che la compongono, proprio per questo gli antichi ritenevano che l'opale avesse la capacità di 'schiarire' le idee e rafforzare la memoria. Gli antichi romani credevano donasse capacità profetiche a chi la indossava. il segni zodiacali propri di questo minerale sono..."
 
"Bilancia ed acquario... Qualcuno ha studiato oggi?"
 
Concluse la frase la ragazza, sorridendo.
Tornarono a casa senza molta fretta, poichè la voglia di godersi il mondo, tenendosi per mano, era ora irreferenabile. 
Quando furono davanti al cancello, Loki scorse la cassetta della posta aperta; vi fuoriusciva una busta rossa con striature nere. Riconobbe un nome stampato a chiare lettere.
 
"Credo che il tuo capo ti abbia spedito qualcosa..."
 
Disse l'asgardiano, indicando la cassetta.
Pleione prese in mano la busta; la aprì velocemente, incuriosita. Aveva paura, come sempre, di aver combinato qualche guaio con dei documenti importanti. Ma venne presa dallo sconforto non appena ne lesse il contenuto.
 
"Che succede?"
 
Chiese accigliato Loki.
 
"Come temevo. E' arrivato l'invito per quella stupidaggine..."
 
"Cioè? Spiegati."
 
"La festa del Signor Stark, per l'inaugurazione del 'nuovo' grattacielo. Sono invitata. O meglio, siamo invitati."
 
Pleione porse il biglietto a Loki, che fu sorpreso nel leggere ciò che vi era sopra scritto.
 
'Alla gentile attenzione della signorina Pleione Stuart e del signor Loki di Asgard. Siete cordialmente invitati all'inaugurazione del finalmente ristrutturato grattacielo Stark, recentemente distrutto dal soprascritto invitato. L'evento si svolgerà il dieci dicembre alle ore ventuno presso la sala delle conferenze all'ultimo piano. Nonostante l'antipatia dimostrata in passato dal dio gracilino, io Tony Stark, vi invito con cordialità ad unirvi ai festeggiamenti. Dolcezza, in abito lungo. Principino, in smoking. Visto il tuo reddito poco fruttuoso, se vi fosse qualche problema a trovare gli abiti adatti, io e Pepper siamo disponibili per un piccolo prestito dai nostri numerosi  guardaroba.
Sentiti saluti.
 
Tony Stark, Pepper Potts'
 
"E' uno scherzo vero?"
 
Rise nervosamente Loki.
 
"Loki ti prego! Mi licenzieranno altrimenti. Fallo per me.."
 
"Oh, d'accordo.. Cos'è questo..smo..smoking?"
 
"Molto bene, sappiamo di cosa parlare a cena."
 
Difatti l'argomento di conversazione, durante la serata, furono come vestirsi per le occasioni eleganti, come comportarsi in sedi come quella della ricca e famosa ditta, cosa dire e cosa non dire eccetera eccetera... Ma non ci fu bisogno di lunghe spiegazioni, in quanto, essendo un principe, Loki era stato abituato sin da piccolo a quelli che erano gli atteggiamenti di un piccolo re.
 
"Quindi insomma... Dovrei vestirmi come quella volta in Germania.."
 
Esclamò Loki, dopo essersi disteso per lungo sul divano.
 
"Sei stato in Germania? Ah.. Quando hai cercato di.."
 
"Si, non ne parliamo, per favore."
 
Disse l'asgardiano, portandosi le mani al viso.
 
"D'accordo, tranquillo... Comunque il vestito te lo trovo io, non preoccuparti."
 
"E tu?"
 
"Qualche cosa troverò..."
 
Pleione si sedette per terra, vicina al viso dell'uomo. Lo baciò sulle labbra, per poi accarezzargli una guancia.
 
"Non mi piace che ti preoccupi così tanto per me... Metti al secondo posto te stessa. Non dovrebbe essere così.."
 
"Loki, come potrei far prevalere me stessa? Come potrei considerarti meno della mia vita? Mi hai salvata da un oblio spaventoso. Ti prego, non dire così.."
 
"Non voglio in nessun modo sovrastare le attenzioni che dovresti dare a te stessa.."
 
Pleione continuava ad accarezzargli la guancia con un dito, passandolo lentamente, avanti ed indietro. Lo guardava, ascoltando ciò che lui diceva, ascoltando quelle parole, che anche se all'apparenza non lo sembravano, erano pure parole d'amore. Sorrideva, mentre si sentiva pervadere dalle attenzione di quel dio, tanto affascinante, tanto meraviglioso.
 
"Non metterò da parte me stessa, perchè ora ne fai parte anche tu. Non sono più da sola, e nemmeno tu lo sei. Penso per due come se pensassi per uno."
 
Loki le prese il viso con le mani, cominciando a baciarla prima lentamente, poi con foga. Doveva saziarsi di nuovo, ancora, delle sue labbra, della sua lingua, del suo amore. Quando finirono stesi sul letto, in procinto di fare l'amore, come ogni sera, da quel fatidico giorno, Loki si fermò a fissare il viso di Pleione, con un'espressione seria, ma maliziosa allo stesso tempo.
 
"A quella festa... Non ti scoprire troppo."
 
Pleione lo baciò sulla fronte, prima di trarlo a se.
 
"Sta zitto.."
Sussurrò, per poi cominciare quella danza simbiotica che avevano imparato a memoria. L'amore.
 

                                                                                                          * * *

 
La sera della festa arrivò in un baleno.
Senza dire nulla, Pleione aveva comprato a Loki uno smoking d'ultimo modello.
Vista la grande spesa, si vide costretta a domandare in prestito, seppur un po' restia, un abito alla signorina Pepper. Non aveva voluto dirlo a Loki, ma per lei non aveva nulla, se non un vecchio abito di quando andava al liceo, un po' troppo 'festaiolo' per quell'occasione.
Rimase imbambolata quando Pepper le aprì le porte del suo armadio. Era grosso quasi quanto casa sua, pieno di abiti, ordinati in maniera maniacale per colore.
Non avrebbe davvero saputo che cosa scegliere. Ma la donna aveva già pensato a tutto.
Il corpo di Pleione era molto simile al suo, per cui non fu ardua la scelta del modello. Le aveva tenuto da parte uno splendido abito verde scuro, con increspature a livello del seno e una gonna diritta che finiva a terra con un breve strascico. Era morbido e sensuale, con metri di chiffon lucente ed organza leggera. Passamaneria ingioiellata, impreziosiva il taglio ad impero dello splendido capo.
Pleione non avrebbe osato chiedere tanto, e fu felice come una bambina, quando lo indossò.
 
"Ti sta molto meglio che a me, Pleione."
 
Pepper la guardava, quasi commossa.
 
"Non dica sciocchezze, lei è un figurino signorina Pepper..."
 
"Tu sei giovane, che è una grande fortuna. Sai cosa ti dico? Tienilo pure. Non lo metto da così tanto.."
 
"Non posso, davvero.."
 
"Loki ne sarà entusiasta."
 
Pepper le fece l'occhiolino, rispedendola frettolosamente a casa, prima che ripensasse alla pazzia appena commessa.
Un Versace da duemila dollari regalato alla sua segretaria. Il suo cervello stava cominciando a risentire dello stress e della fatica.
Quando la ragazza rincasò, trovò già Loki ad aspettarla, nervoso e ed imbronciato.
L'uomo vide le due pesanti buste nelle mani della ragazza, con fare sospettoso.
 
"Non avrai mica comprato.."
 
"Vai a mettertelo, siamo quasi in ritardo. Se hai bisogno chiamami."
 
Pleione rispose lapidaria. Mise in mano lo smoking, ancora sigillato nella carta da regalo, a Loki.
Si chiuse a chiave nel bagno, dovendosi truccare e pettinare.
Nonostante qualche prima difficoltà, Loki indosso camicia, pantaloni, giacca e cravatta in poco meno di qualche minuto. Ma ne dovette agoniare quasi venti, per vedere Pleione pronta.
 
"Loki, se ridi ti rispedisco ad Asgard, lo giuro."
 
"Avanti, vieni fuo... ri."
 
Pleione aprì la porta, e mise nelle condizioni Loki di non parlare più.
La sua bellezza era incomparabile a quella di qualunque altra donna Loki avesse mai visto. Quel vestito rendeva assolutamente giustizia al corpo della ragazza. I capelli ramati e a boccoli erano raccolti in cima al capo, con qualche ciocca che ricadeva libera sul collo e sulla fronte. Al collo portava la loro collana, più splendente che mai, e l'ombretto scuro sulle sue palpebre faceva scintillare i suoi occhi ancora più del solito.
 
"Sei... Sei... Meravigliosa."
 
Pleione sorrise, ammirando il suo dio in tutto il suo splendore.
 
"E tu di più. Andiamo?"
 
"Metti qualcosa sulle spalle vero?"
 
Chiese con voce bassa e flebile, l'asgardiano.
 
"Assolutamente no."
 
Disse Pleione, guardandolo con fare sbarazzino.
 
"Questa è... una tortura. Sei tremenda, Pleione."
 
Presero il taxi e dopo qualche tempo furono davanti al grattacielo, affollato e circondato da fotografi di qualsiasi giornale o rivista.
Entrarono nella sala conferenze, un po' intimiditi dalla grande quantità di gente che la affollava. Ma non fecero caso al fatto che ogni testa, di donna e di uomo, si girasse al loro passaggio. Entrambe sfoggiavano una bellezza rara, quasi ultraterrena.
 
"Mi sento un po' a disagio..."
 
Disse sottovoce Pleione, avvicinandosi all'orecchio di Loki.
 
"Anche io, non lo nascondo... Oh, guarda, c'è il tuo.. Capo."
 
Tony Stark era vicino ad un tavolo adorno di qualunque ben di dei, intento a parlare con donne ed uomini, i cui volti erano però nascosti dalle teste degli altri invitati.
D'un tratto, una donna, con rossi capelli corti, puntò il dito verso Pleione e Loki, facendo girare Stark e gli altri ospiti vicini a loro.
 
"Non è possibile..."
 
Loki si irrigidì notevolmente.
Sei individui si stavano ora avvicinando alla coppia, Stark e Banner compresi, con sorrisi tirati in volto.
 
"Pleione sei uno schianto, ragazza! Complimenti Loki, ottima scelta."
 
"Signor Stark.. Signor Banner.. Signorina Pepper.."
 
Pleione alzò la mano, ingenuamente, come per salutarli.
 
"Lasciate che vi presenti i miei amici! Questa è Natasha Romanoff."
 
La donna che dapprima li aveva indicati porse a Pleione la mano. Era avvolta in un lungo tubino nero, molto elegante.
 
"Accanto a lei ci sono Clint Burton e Steve Rogers."
 
Burton le strinse calorosamente la mano, non rimanendo affatto indifferente alla sua bellezza. Il secondo uomo, alto e biondo, le prese la mano e ne baciò il palmo.
 
"Rogers, signorina, Steve Rogers."
 
Pleione era in imbarazzo, davanti a tanta prematura cordialità.
Loki, al contrario, sembrava teso ed infastidito.
 
"Siete venuti a farci un'altra predica?"
 
"Loki che..."
 
"Hai tutti i vendicatori, meno mio fratello, davanti ai tuoi occhi Pleione."
 
La ragazza divenne pallida in volto, ancor più del normale.
Cominciava a comprendere il perchè di quell'invito.
In quel momento desiderò poter diventare invisibile, più di qualunque altra cosa.








Note: Ciao stelline. Scusate l'immenso ritardo nel postare il capitolo nuovo. Oggi ho finito alle diciannove di studiare per gli esami, e mi sono ritrovata con tremila cose da fare, scusate tanto. Spero che il capitolo vi piaccia come gli altri. Grazie di aver letto e di aver recensito, un bacio enorme. Tanto per farvi comprendere la mia disperazione dopo sei ore di studio filate: http://i50.tinypic.com/2a7wv9h.jpg

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Capitolo 13
*** Loki Laufeyson, i love you. ***


Stark fissò imbronciato Pleione, che di lì a poco sarebbe certamente svenuta.

"Che c'è dolcezza, non ci avevi mai visti tutti insieme? Abbiamo un certo fascino, si, ma addirittura sbiancare alla nostra vista!"

"Taci Stark, non vedi che è impaurita!"

Rogers strinse il braccio a Stark, facendo guizzare lo sguardo da lui a Pleione.

"Signorina Stuart, mi permetta di dirle che non abbiamo nessuna intenzione di farvi alcun male.."

"Ma ci mancherebbe! Dio, voi uomini siete proprio un disastro! Vieni Pleione, credo che una chiacchierata tra donne ti sarà più utile che stare in mezzo a dei palloni gonfiati.."

"Lasciala stare."

Esclamò Loki, forse alzando un po' troppo la voce.

"Fai il bravo, altrimenti papino torna a prenderti Loki."

Natasha, prese per un braccio Pleione, ancora sotto shock. Prima di sparire in mezzo alla folla con lei, la ragazza si girò verso Loki, con gli occhi spenti. Lui le sorrise debolmente, non nascondendo la preoccupazione che era dipinta chiaramente sul suo viso. Questa diresse Pleione sulla terrazza esterna alla grande sala. Da qui si godeva di una suggestiva vista di tutta New York .

"Mi spiace che tu abbia reagito così.. Non era nostra intenzione metterti a disagio"

"Lei come avrebbe reagito, signorina Romanoff?"

Disse Pleione, seria in volto.

"Ti prego, dammi del tu. Posso capire ciò che provi. E' che devi cercare di capire Pleione. Siamo preoccupati che possa succedere di nuovo. Loki è subdolo, doppiogiochista, malvagio, pazzo. Abbiamo paura che possa, attraverso te e la tua ingenuità, scatenare un disastro come in passato. Per noi è difficile fidarsi..."

Pleione fissò duramente la donna accanto a lei.

"Lascia che ti dica una cosa Natasha. Nella mia vita ho incontrato troppe persone come voi. Piene di pregiudizi,  senza voglia di scavare affondo nelle persone, nelle cose di tutti i giorni. Voi 'giusti', avete mai provato a domandarvi perchè Loki avesse assunto quel comportamento verso di noi? Vi siete mai chiesti cosa davvero possa averlo spinto a tanta follia? Vi siete fermati alle apparenze, lo avete catalogato come feccia, come rifiuto dell'universo. Lascia che ti dica che Loki, o il dio delle malefatte, come amate chiamarlo voi vendicatori, ha messo da parte questa sua sete di distruzione. Lascia che ti dica che mi ha letteralmente salvata dal buio in cui la vita e il dolore mi avevano risucchiata, lentamente, in modo straziante. Ha messo da parte se stesso, per cercare di scoprirmi, per cercare di alleviare il mio dolore. E dando via alla nostra, seppur in partenza restia, conoscenza, ha sepolto quel mare di dolore che avevo nell'anima ed ha aiutato la nuova Pleione ad emergere. Non è un mostro, non è malvagio. Ha soltanto avuto bisogno di tempo, per accorgersi dei suoi sbagli, della sua voglia di essere compreso ed amato. Come avete fatto ad essere così ciechi? Lascia che ti dica, Natasha, che ciò che Loki mi sta restituendo, è vita. Vita pura. Amore. Voglia di respirare. Stavo per farmi molto male, stavo per mettere fine alla mia vita, prima di conoscerlo. Avevo riposto tutto le mie speranze in un cassetto troppo piccolo per contenerle tutte, e poco a poco queste si soffocavano l'un l'altra, lasciando spazio al vuoto. L'ho conosciuto il vuoto. Non era un buon amico, non dava buoni consigli. Loki ha colmato quel vuoto. Ha fatto si che si riempisse di luce ed amore."

Natasha era ammutolita. Credeva che Pleione fosse una ragazzina, un'ingenua piccola ragazzina, magari affetta anche dalla sindrome di Stoccolma. Invece no. Aveva davanti una donna. Una bellissima donna, fiera, decisa, e perchè no, innamorata.
Pensò che Pleione aveva maledettamente ragione su tutto. Non si erano mai soffermati al pensare sul perchè di tutta quella rabbia, si erano soffermati a pensare solo alla rabbia.
Pensò anche a Climt, a quanto anche lui avesse sbagliato, avesse giocato nella fazione opposta, ma pensò all'amore e alla serenità che questo le aveva donato, dopo quelle tristi faccende.

"Io.. Non immaginavo che le cose stessero così. Fury, quando ci ha parlato di voi, è stato molto sintetico, molto freddo. Se avessimo saputo.."

Pleione cercò di non farlo, ma pianse lacrime scure, prendendo le mani della donna accanto a lei.

"Aiutami. Ti prego. Aiutami a far capire a quegli uomini quanto si stiano sbagliando. Aiutami a fargli capire che Loki è cambiato, che non ha più malvagità dentro di se. Ti prego..."

Natasha, con gesto fraterno, passò i pollici sulle lacrime scure che scendevano dagli occhi sorprendentemente verdi di Pleione.

"Non sciupare il viso con le lacrime. Avete la mia comprensione ed il mio appoggio. Non pensavo che foste così... Innamorati."
 
Pleione sorrise a Natasha con tutto il cuore. le sarebbe stata sempre riconoscente per quelle parole di conforto.

Nel mentre, nella grande sala all'interno, la discussione tra i cinque uomini cominciava a farsi piuttosto agitata.
Loki era furente dalla rabbia. vedere Pleione con gli occhi vacui gli aveva letteralmente spezzato il cuore. Non avrebbe permesso a nessun 'super' di metterla di nuovo in quelle condizioni. Non sopportava di non vedere quel meraviglioso bagliore nelle iridi di Pleione.

"Signori. A stento riesco a contenere l'ira, quindi, siate brevi, e ditemi a cosa diavolo è dovuto questo... Pedinare me e Pleione."

"Principalmente perchè non ci fidiamo di voi. Anzi, di te, dio gracilino."

Disse Stark, sorseggiando un drink e sogghignando.
Burton, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, decise di prendere parola.

"Stammi a sentire Loki. So di cosa sei capace, so che la tua magia è molto potente. Ma non possiamo permettere che la tua malsana voglia di distruzione possa interferire di nuovo con la Terra. Ma la ragazza è ingenua, è giovane. Non rischiare di mettere in pericolo anche lei."

"Posso assicurarti, signor Barton, che il Loki di cui parli è ormai assopito da molto. Pleione non è affatto ingenua. E' lei che mi ha tolto di dosso quegli spregevoli  sentimenti di odio e di freddezza."

"E' pur sempre una ragazza che non sa a cosa va incontro! E così giovane.."

"Mi credi molto più vecchio?"

"Non degeneriamo in discussioni futili. Loki, voglio parlarti da uomo a uomo, non da terrestre ad asgardiano. In passato anche io ho amato una donna, e per degli errori durante il mio percorso, l'ho perduta. E mai finirò di pentirmene, per ciò non lasciare che il vecchio te stesso ritorni ed offuschi l'amore che tu ora provi per lei. Non farlo mai..."

Disse Rogers, intento a riappacificare la situazione.

"Ciò che voi non comprendete è che questi discorsi sono del tutto futili, in quanto so già tutto da me. Io e Pleione ci siamo salvati a vicenda.."

"Hai fatto un corso di drammaturgia per caso?.."

"Eh piantala Stark, stiamo cercando di avere una discussione civile, santo cielo."

Disse Rogers, afferrando stretto il braccio del milionario.

"Ehi, piano vecchietto, mi stropicci il completo.

Banner, che fino ad allora era stato silenzioso, decise di prendere parte alla discussione, smettendo di esserne solo uditore.

"Stark, Rogers, Burton. Io li ho visti. Ho visto gli occhi di questo ragazzo mentre afferrava la mano della signorina Stuart, e vi posso assicurare che erano privi della follia che prima lo aveva caratterizzato. Ho visto il viso amorevole e dolce di lei, che si specchiava in quello di Loki. Perchè non proviamo a... fidarci. Perchè non li lasciamo stare, non lasciamo che compensino i loro vuoti con l'amore che hanno da poco riscoperto. So cosa vuol dire essere considerato un... Mostro. Eppure voi non vi siete fermati davanti alla brutta faccia dell'Altro. Di Hulk... Avete voluto saperne di più sul Dottor Banner, sui contributi che poteva darvi. Perchè non facciamo lo stesso, perchè non scopriamo chi è diventato davvero Loki?"

"Sei diventato.. matto Banner?"

Disse con il volto rabbuiato Rogers.

"Sta zitto tu, questa volta, ghiacciolo. trovo l'idea sensata."

Disse Stark, interrompendolo. Ormai Rogers si era rassegnato alla spavalderia del 'collega'.
Loki si sentiva sollevato, sebbene non lo desse affatto a vedere. Dentro la sua testa ripeteva in modo spasmodico la parola 'grazie'. Finalmente qualcuno aveva voluto capire. Aveva voluto andare oltre i pregiudizi.
In quel momento Natasha e Pleione stavano facendo ritorno, entrambe sorridenti.
Loki sorrise amabilmente quando Pleione gli si avvicinò, stringendogli la mano.
Natasha li guardò stupita, ancora non abituata a vedere l'asgardiano così... Umano.

"Signori. Credo proprio che non ci sia bisogno di andare oltre con le 'indagini', chiamiamole così. E tu Stark, maledizione sapevi tutto, perchè non hai evitato questa spiacevole e lunga discussione?!"

"Altrimenti non era divertente, dannazione! Coraggio, guardatevi."

Disse Stark, rivolgendosi a Pleione e Loki. Burton, Rogers e Banner si erano tirati una poderosa manata in fronte, non credendo alle proprie orecchie.

"Allora sei proprio un'idiota Stark.."

Convenne Rogers, ormai disperato.

"Zitto nonno. Pleione, Loki, siete radiosi. Non c'è bisogno di pedinarvi, come dici tu, principino. Sappiate soltanto che se avrete bisogno di qualsiasi cosa, qualsiasi guaio incomba, avete noi dalla vostra parte"

L'uomo riassunse l'aria paterna di qualche tempo prima. Notò il viso di Pleione risplendere di dolcezza e di gratitudine, e il viso di Loki, sempre serio, ma notevolmente rilassato, da quando la ragazza gli aveva stretto la mano.

"Grazie di ogni cosa signor Stark. Comprendo le vostre preoccupazioni, ma vi assicuro che sono inutili. E' un uomo nuovo, un uomo buono. Posso giurarvelo sulla mia vita."

Disse Pleione, con un dolce sorriso in volto.

"Ed io posso assicurarvi che nessuna prigione o tortura mi sarebbe stata più utile per redimermi... Che lei."

Loki portò la mano di Pleione vicina alle sua labbra, baciandole il palmo.
I due si scambiarono un'occhiata dolce, ma furtiva.

"Cavolo, allora sei proprio un damerino!"

Ridacchiò Burton.

"Quanto sei sciocco. Ehi, voi due, godetevi il panorama la fuori, non pensate più a noi imbecilli... Altro che vendicatori."

Disse Natasha, suscitando l'ilarità di Loki e Pleione.
Quando questi si allontanarono dal gruppo di 'super' e si affacciarono sulla terrazza, stettero in silenzio, godendosi il panorama e le luci della grande città.

"Mi dispiace per ogni cosa. Probabilmente è colpa mia, Loki. Gli sarò sembrata troppo infantile."

"Non dire sciocchezze Pleione. Hanno ancora impressa nella mente un'immagine di me stesso che non mi appartiene. Diamogli tempo per abituarsi..."

"Ho cercato di difenderti col coltello tra i denti, gli ho detto che sei cambiato, gli ho detto quanto tu sia buono, quanto tu.."

Loki la interruppe, baciandola sulle labbra.

"Pleione, miei dei, non avrei mai e poi mai pensato che queste parole potessero uscire dalle mia labbra. Ma non posso più mentire a te e a me stesso. Pleione Stuart di Midgard, ti amo con tutta la mia anima."

Pleione era ora davvero in armonia con l'universo. Non credeva alle sue orecchie, ma era felice che Loki avesse accettato l'amore dentro di se.

"Loki  Laufeyson di Asgard, ti amo con tutta la mia anima, e spero accetterai questo mio amore dentro il tuo cuore, per molto..."

"Come sai il mio.."

"Ho studiato anche io qualcosa su voi Asgardiani."

Pleione sorrise, prima di appendersi nuovamente alle labbra dell'asgardiano.
Non potevano essere più felici di così.
Il cielo era privo di nubi, carico di stelle.
Il mondo si era zittito, suonando una musica celestiale solo per loro.
La gente non esisteva più, c'erano solo loro due.
Di nuovo nella loro bolla.
Avevano avuto a lungo la sensazione di stare consumando la loro vita in attesa di qualcosa che mai sarebbe avvenuto.
Ed ora sapevano che quell'attesa era valsa lacrime, dolore, buio, oblio.
Convennero entrambe che l'amore era la migliore delle ricompense, la migliore delle gratificazioni.




Note: Ciao stelle! Scusate l'enorme ritardo con cui pubblico stasera (maledetto studio!) Spero che, anche se breve, il capitolo vi piaccia tanto. Grazie di cuore, come sempre. Un bacione

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Capitolo 14
*** Montauk. ***


"Una massa di idioti! Ecco che cosa siete!! una massa di stupidi idioti! Cosa vi è passato per la testa?!"

Tuonava Fury, collegato via video con tutti i 'super', Thor escluso.

"Gli avete dato il via libera! Gli avete fatto intendere che può fare quel diavolo che gli pare!"

"Si calmi comandante! Abbiamo visto di persona..."

"Romanoff. Da te poi... Non mi aspettavo una reazione così infantile, così.. Fanciullesca. Dannazione sei stata addestrata per essere fredda e calcolatrice. Possibile che non ti sia fermata a riflettere?"

"L'ho fatto comandante! Non sono una stupida sentimentale ragazzetta. Lo sa meglio di me quanto io ormai sia diventata indifferente alla vita altrui... Ma."

"Ancora a ribattere?! Vi rendete conto che i suoi alleati, o peggio, Thanos potrebbero attaccarci da un momento all'altro, dopo il vostro attacco di compassione?"

"Fury, calmati. Cosa vuoi che ne sappiano quei mostriciattoli di latta? Sono lontani anni luce!"

Esordì Stark.

"Anni luce? Per loro sono pochi secondi. E poi sono in perenne contatto con la Terra, dovresti saperlo. Quando Thor ha riportato il Tesseract ad Asgard, ha notato alcune brutte scheggiature. Ciò vuol dire che i portali dimensionali non sono stati chiusi del tutto."

Il silenzio calò sui cinque individui aldilà del grande computer dello SHIELD.

"Questo non ce lo aveva detto, comandante. Aveva voglia di aspettare un altro po'?"

Esclamò Banner, visibilmente adirato.

"Si calmi dottore... Ve lo avrei detto a tempo debito, se non foste stati così precipitosi e... Idioti."

"Comandante Fury, cosa le fa pensare che Loki sia ancora in contatto con loro? E perchè ora che ha trovato quella ragazza, con cui dividere la vita..."

Chiese Rogers, accigliato.

"Capitano, non penso che Loki sia in contatto con loro. Mi avete frainteso. Penso che loro stiano tramando qualche allettante proposta per far si che Loki torni verso le forze oscure."

"Impossibile. Abbiamo visto come si guardano la signorina Stuart e Loki. Non credo che quel ragazzaccio tornerà più sui suoi vecchi passi."

Disse Burton, cercando di non apparire troppo sentimentale.

"Non incantante me con questi discorsi, signori miei. Mi spiace, ma io vi consiglio di stare sull'attenti. Thor è stato avvertito della vostra conversazione avvenuta al grattacielo Stark. Era fastidiosamente contento."

"Vorrei sapere cosa la fa incavolare di più, Fury, o il fatto che deve ammettere, per una volta, di avere torto, o che quel bocconcino di Pleione voleva accalappiarselo lei."

Disse Stark, facendo scoppiare a ridere praticamente tutto l'ufficio dello SHIELD e i vendicatori.

"Maledetto Stark, vorrei proprio vedere, se quello scienziato pazzo non ti avesse rimpiazzato il cuore con un hard disk esterno, come rideresti.."

"Com'è suscettibile, su! Umorismo!"

"Ora basta Stark. C'è altro comandante?"

Chiese Banner, ancora ridanciano.

"State in guardia. Se una minaccia come Thanos dovesse presentarsi a noi e schierare Loki dalla sua parte, altro che ragazzine e languide occhiate. La Terra sarebbe di nuovo in serissimo pericolo. Passo e chiudo, miei cari 'super'."

Fury chiuse i collegamenti con le webcam dei cinque figuri.

Si portò le mani alla testa, maledicendosi per non aver avvertito tempestivamente i vendicatori di quella che era la vera minaccia. Ricordava bene l’avvertimento che Thanos aveva rivolto all'umanità, e sapeva che un mostro di quel calibro non minacciava una razza tanto per passarsi il tempo. Ogni volta che quel nome risuonava nella sua testa, sudava freddo, sentiva brividi lungo la schiena. Avrebbe voluto essere speranzoso come i vendicatori, ma avrebbe voluto anche non possedere il peso del destino del mondo sulle spalle. Si toccò la benda nera sull'occhio destro, doleva. Cercò di allontanare i cattivi pensieri.

"Santo cielo Loki, che i tuoi dei te la mandino buona. E spero proprio che quella ragazza ti porti davvero sulla dritta via..."
 
                                                                                                       ***
 
Il mese di Dicembre andava inoltrandosi.
Il freddo saliva a picco, senza placarsi. Nevicava quasi tutti i giorni, lungo le strade trafficate di New York. Però quell'atmosfera rendeva la caoticità meno fastidiosa, meno confusionale. C'era parecchio freddo, eppure la gente emanava così tanto calore. Sarà che Pleione era sempre stata dedita alle stagioni fredde, al loro aspro contrasto tra vento gelido e animi caldi. La pausa dal lavoro per il natale era iniziata da una settimana e ne sarebbe durata due e mezzo, come di consueto. La casa di Pleione, che oramai era anche quella di Loki, risplendeva di mille luci e di tanto amore. La parola 'Asgard', non era più stata pronunciata dalla festa di Stark, ed entrambi ne erano contenti. Vivevano al momento, senza pensare al passato, ma con un occhio di riguardo al futuro. Loki era, però, non molto lieto di vedere così tanta neve intorno a se; tutto ciò che gli rimandava il pensiero al ghiaccio, al freddo, al gelo, non era mai qualcosa di positivo. Ripensava alle sue maledette origini, al male che aveva fatto a suo padre, a suo fratello, per colpa del freddo che aveva dentro se stesso. Ma il cuore gli si scaldava ogni volta che vedeva l'espressione esultante di Pleione nel scorgere le strade imbiancate. Questa gli aveva promesso di portarlo a Montauk, uno di quei giorni. Loki bramava di poter vedere il luogo in cui la sua, finalmente, midgardiana era cresciuta. Voleva ammirare finalmente il mare, da lei tanto decantato, e perdercisi con lo sguardo.
La mattina del ventitrè dicembre, Pleione svegliò Loki con un bacio sulla guancia, come faceva sempre. L'uomo aprì gli occhi lentamente, per poi abbracciare Pleione, stretta a se.

"Buongiorno.."

"Buongiorno Loki..."

Questo sbadigliò; stese le proprie braccia verso l'alto, sgranchendosele.

Pleione vi passò una dolce carezza; amava passare le dita sui muscoli, perfetti, dell'uomo.

"Ho una sorpresa per te!"

Esclamò sorridente Pleione, quando entrambe si furono seduti sul letto.

"Vediamo."

Disse lui, incuriosito.

Pleione frugò dentro la sua borsa, lasciata per terra la sera prima. Dopo qualche minuto di ricerche senza esito, estrasse una busta bianca, con sopra la scritta 'Regalo in anticipo '.
La ragazza porse la busta a Loki, che la afferrò lentamente.

"Non sarà mica un altro invito di Stark vero? Perchè se no..."

"No, sciocco. Apri, coraggio!"

" 'Regalo in anticipo ' ? Come mai un regalo?"

"Tra poco è Natale. Sebbene non ami molto questa ricorrenza, ho trovato che farti un regalo sarebbe stato... Carino?"

Disse timidamente Pleione, osservandolo con i suoi occhi verdi scuro.
Loki sorrise dolcemente, notando l'espressione da cucciolo indifeso della ragazza dinnanzi a lui.

"Non so cosa sia questo.. Natale. Ma grazie comunque Pleione."

Loki estrasse dalla busta il suo misterioso contenuto.
Aveva ora in mano due pezzi di carta piuttosto spesso, di colore bianco con alcune scritte confuse. Vi era una specie di scintillante francobollo e qualche striatura blu scura.
Pleione era divertita dall'espressione confusa di Loki, decise di alleviargli l'imbarazzo, sfoggiando uno dei suoi più bei sorrisi.

"Qualche tempo fa mi hai domandato di andare a Montauk... Sono biglietti per il treno. Quelli ci porteranno lì, oggi."

Loki alzò gli occhi dai due pezzi di carta. Sorrideva, bello come non mai.
Abbracciò silenziosamente Pleione, baciandole i capelli, profumati e morbidi come non mai. Questa avvinghiò le sue braccia attorno al collo dell'asgardiano.
Lui respirò profondamente il profumo di Pleione, memorizzandone ogni minima sfumatura. Le alzò il viso e la baciò, tante volte quante ne aveva sprecate dormendo, tante volte quante ne aveva bisogno.

"Grazie, mi rendi davvero.. Contento."

"Non mi devi ringraziare. Però facciamo presto, o perderemo il treno."

"Devi spiegarmi come funzionano questi treni."

Pleione si sporse per baciarlo ancora una volta.

"Sono un po' come... Il vostro Bifrost? Ho detto bene? Solo che sono più lenti e circolano solo sulla Terra."

Disse sorridendo, prima di dissolversi dentro il bagno, con in mano i vestiti.

Qualche ora dopo erano alla stazione del treno di Monatuk.
Faceva parecchio più freddo, ma non nevicava. Entrambe indossavano pesanti giacche nere; sarebbe stato facile scambiarli per due spie di chissà quale paese. Loki era rimasto sorpreso da quanto, effettivamente, fossero lenti quei treni. Era abituato a ben altri mezzi di trasporto, ma trovò che in quel modo, un viaggio valeva la pena di essere chiamato così. La stazione della cittadina era piuttosto spoglia; fatta di soli due binari e circondata da verdi colline, dava l'impressione di essere capitati in un altro posto, e di non essere più nei pressi di New York.
Camminando lentamente, mano nella mano, Pleione faceva da Cicerone a Loki. Questo si guardava in giro, parecchio incuriosito dalle architetture terrestri. Vi era una piccola scorciatoia che dalla stazione, portava dritta in un sentiero con piccoli rivi. Questi erano completamente congelati, per via della bassa temperatura.

"E' strano. Sembra di passare dalla civiltà alla natura selvaggia..."

Osservò Loki, stringendosi a Pleione.

"Qui ci venivo da piccola.. Io e Liam ci divertivamo a trovare gli insetti più strani, qui in mezzo alle erbacce."

"E ti piaceva stare qui?"

"Diciamo che i miei occhi hanno preso il colore delle foglie degli alberi, a furia di osservarli"

Continuarono a camminare lungo quelle strette strade, fino a che una grossa folata di vento freddo non li avvolse. L'oceano si stagliava davanti a loro, furioso, agitato. Le onde erano alte ed impetuose, non davano segno di volersi placare in alcun modo.
Loki ne era affascinato; in nessun regno da lui esplorato era mai stato tanto attirato dall'acqua. Non era mai stato esattamente il suo elemento preferito. Ma ora osservava il mare con occhi di un bambino, meravigliato.
Andando avanti di qualche passo, scorse che la sabbiosa spiaggia si stagliava per chilometri, davanti a loro. Ad ogni passo affondava sempre di più nella sabbia, sentendosi in un'atmosfera quasi surreale. Su Asgard non c'erano posti simili. Guardò di sfuggita Pleione; aveva lo sguardo fisso sul mare, su alcuni scogli che si scorgevano in lontananza. I suoi occhi erano di nuovo fissi nell'abisso.

"Pleione, stai bene?"

Questa gli rispose con voce malinconica, senza distogliere lo sguardo dal mare.

"S...Si. Che schifo di freddo su questa spiaggia... Sono geniale, Montauk a Dicembre."

Quell'improvviso linguaggio, che per nulla si addiceva a Pleione, fece trasalire per un momento Loki.

"Vedi laggiù? Dritto davanti a te, solo un po' più a destra. E' sparito proprio lì, Liam."

Loki rimase in silenzio, fissando con lei quelle appuntite rocce, che avevano marchiato col sangue la vita di Pleione.

"Non fare caso a ciò che dico. Quando passeggio su questa spiaggia non sono mai completamente in me. Vivo sempre in balia di quegli istanti..."

"Se vuoi possiamo.."

Loki cercò di dissuaderla dall'andare avanti con la passeggiata. Ma Pleione gli strinse la mano.

"Vieni, ti faccio vedere una cosa."

Sorrise di nuovo, rincuorando l'asgardiano.
Camminarono ancora qualche metro più avanti, fino a che al di sopra della spiaggia, non comparvero alcune case, visibilmente malandate ed abbandonate. Ve ne era una tra tutte, striata di azzurro tenue e di bianco. Una classica casa da mare, insomma.  Salirono insieme le scalette che portavano verso di questa, ma Pleione si bloccò, prima di avvicinarsi. Loki rispettava il suo silenzio; aveva supposto che quella casa fosse legata ad un ricordo molto personale per Pleione, e come lei aveva fatto con lui, non voleva forzarla, non voleva costringerla a dirgli nulla.

"Questa era la nostra casa. Papà ci aveva messo un sacco a finire di dipingerla, sai? Ricordo che mi divertivo ad intingere le mani nella pittura bianca e a sporcare la salopette di papà, mentre lavorava. Poi lì dentro"

Disse Pleione, indicando una finestra con i vetri in frantumi. I vetri erano però macchiati di blu scuro, come se qualcuno vi avesse sovrapposto della pittura.

"Lì dentro vi era la mia camera. Ero così felice di avere la vista sul mare, di avere questo 'privilegio'. Lì ho sognato, ho riso, ho pianto, ho scritto, ho pensato, quando nessuno poteva sentirmi. Era il mio piccolo rifugio dalla vita. Dopo il funerale di Liam presi la pittura che papà avrebbe dovuto utilizzare nella sua stanza, e la buttai letteralmente addosso al vetro. Era innocente, ma mi mostrava l'orrore. Ogni giorno. Sentivo il rumore del mare, e mi sembrava di sentire le urla della gente che era sulla spiaggia quel  giorno. Vedevo il mare agitato, e pensavo al corpo di mio fratello, sballottato in mezzo alle profondità del mare. Vedevo la sabbia, che era ormai un'ospite ben gradita in casa nostra, e da che la amavo, avevo preso a pensare che fosse sopravvalutata; infondo, sono solo sassolini minuscoli no?"

Loki la guardava, rapito dalle sue parole. Appeso alle sue labbra, come sempre, quando lei gli raccontava di se, o semplicemente gli proponeva aneddoti sulla vita. Si sedettero poi sugli scalini, che guardavano verso gli imponenti cavalloni che le onde formavano.

"Se solo riuscissi ad incontrare qualcuno. Mi dicevo. Qualcuno che non deridesse la mia tristezza. Se solo le persone capissero cosa si cela nel mio cuore. Se solo qualcuno avesse un cerotto delle dimensioni giuste per la mia ferita, troppo grande, troppo... Profonda. Ho provato a togliermi la vita, sai? Più volte, tante volte. Ho nuotato fino a quello scoglio, e ci ho battuto la testa ripetute volte. Ma mi fermavo. Mi fermavo, vigliacca, e piangevo. Urlavo. Tanto nessuno mi sentiva, le onde nascondevano la mia voce, la mia faccia. Le mie lacrime aggiungevano volume e sale a quella belva infuriata che era l'oceano. Ho provato a nuotare fino a dove riuscivo, giù, molto giù, cercando di obbligare me stessa ad affogare. Ma di nuovo vedevo passarmi davanti i giudizi degli altri. Cos'avrebbero detto, se anche Pleione Stuart, la sorella di Liam, fosse morta nell'oceano? Cos'avrebbero fatto passare alla mia famiglia. Non sarei certo riuscita a morire in pace. Sarei stata tormentata dai fantasmi della mia vita appena trascorsa... Ho deciso di consacrarmi agli altri, di annullare me stessa per non pesare su nessuno..."

L'asgardiano era in silenzio, ma le lacrime avevano gonfiato i suoi occhi. Non riusciva a mandare indietro, a scacciarle. Provò angoscia, profonda angoscia, nel sapere che la ragazza che ora amava con tutto se stesso, aveva provato esattamente le medesime cose che aveva sperimentato lui, più volte. Le cinse la vita con un braccio, lasciando che lei posasse la sua testa sull'incavo delle sue spalle.
"Sei stata la luce che mi ha illuminata, in quel pozzo profondo, che era ormai diventato buio. Era buio pesto, e sentivo, non vedevo. Sentivo le voci degli altri, ma non li vedevo, non volevo, Loki. Erano malvagi, non capivano quanto mi potessi sentire sola, come se non contassi niente."

"Pleione, ho provato lo stesso per anni. Ma sii fiera di te stessa, non sei caduta nella trappola infida dell'odio e del rancore. Non hai mai fatto del male a nessuno. Io ho stroncato delle vite, ho fermato delle esistenze che avrebbero potuto curare quelle malate, di qualcun'altro. Non condannarti per i tuoi sbagli..."

"Loki, come già ti ho detto tempo fa, tutti possono commettere errori. L'importante è accorgersi e rimediare. E tu lo hai fatto, mi hai guarita, da quella mia involontaria malattia... Ti amo per questo. E ti prego di non credere che per me siano parole scontate."

Ora erano gli occhi della ragazza ad essere ricolmi di lacrime, ma sorridenti, allo stesso tempo. Loki trovava questa combinazione impossibile, ma con Pleione tutto ciò che era irrazionale, diventava razionale.
La strinse a se, scaldandosi con il suo amore, da quella giornata fredda e ventosa. La baciò dolcemente, cercando di scacciare i brutti pensieri da lei, passando le sue labbra su tutto il suo viso. Fronte, palpebre, guance, mento, labbra. E poi regalò un dialogo silenzioso, muovendo la sua lingua con quella di Pleione. Erano entrambe rincuorati l'uno dall'altra. La consolazione più grande, per loro, era sapere che ognuno aveva provato gli stessi disagi, le stesse orribili sensazioni. La vita gli era costata cara fino a poco tempo prima. Ma sapevano che quel dolore era stato, seppur contraddittoriamente, propedeutico.
Si guardarono a lungo negli occhi, senza dire nulla.

"Mi devi scusare. Ti ho fatto vedere Montauk con gli occhi di una ragazzina depressa e sola. Non avrei dovuto."

"Mi hai solo mostrato te stessa. Non hai colpe di questo. Tutt'altro; mi hai permesso di conoscerti un poco in più. Non la trovo una colpa."

Le rispose Loki, con tutta la dolcezza che riuscì a far trasparire dai suoi occhi e dalla sua voce.
Lei sorrise, passandogli le dita sulle guance, ancora rigate dalle lacrime.
Qualche raggio di sole si stava, timidamente, mostrando, ora.

"Chi è lo stolto che ha potuto definirti un mostro..."

"Lo ero, Pleione."

"Non lo sei mai stato. E' stata colpa di chi non ha saputo..."

"Lo hai saputo fare tu, e non potrei essere più felice di questo".

La interruppe lui, stringendole la mano.
A Montauk, adesso, il freddo era più sopportabile, ed il sole abbagliava i volti eterei dei due.
Il mare cantava una canzone che solo loro potevano udire.
Il vento gli accarezzava i capelli, facendoli intrecciare tra loro.
Non era così male, l'inverno.








Note: Ciao stelline mie. Eccovi qui il nuovo capitolo. Finalmente scopriamo qualcosina in più sul passato di Pleione. Spero possiate apprezzare questa parte, un po' più introspettiva, e con un po' di 'allarmismo'. Un bacione grande e grazie di cuore a tutte voi che mi ostenete e mi aiutate.

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Capitolo 15
*** Always ***


Arrivò la sera. Il sole aveva preso il posto delle nubi.
Dopo aver visitato la cittadina, molto caratteristica, si diressero nuovamente verso la spiaggia, per osservare il sole scendere all'orizzonte.
Pleione era rinsavita da quello stato di passeggera depressione; era davvero rincresciuta di aver confidato dei così brutti ricordi a Loki, ma sapeva che tutto aveva uno scopo. E conoscersi a fondo, lasciando ad ognuno i proprio spazi, era uno degli scopi principali della loro relazione. Fu convinta, ora più che mai, di somigliare, in tante cose, a Loki. Il motivo della loro sofferenza non presentava particolari differenze. Dopo giorni di neve e cielo coperto, finalmente potevano godere dello spettacolo di un sole brillante ed incandescente, che quasi doleva alla loro vista. Passeggiarono lungo tutta la spiaggia, lunga chilometri. Non finivano mai, come la loro voglia di compensare l'uno al dolore dell'altra.

"Ti è piaciuta la città?"

Domandò Pleione, mentre camminavano tenendosi per mano.

"Molto, ma preferisco i posti dove sono a stretto contatto con la natura, lo sai. Qui è perfetto. E' un susseguirsi di visioni che nella mia terra non ho mai potuto godere."

"Ti assicuro che è molto più bella, senza storie orribili di mezzo..."

"Pleione, avanti. Ho apprezzato ciò che hai fatto oggi. Nessuno si era mai aperto così, davanti a me. E' bello vedere che qualcuno finalmente... Si fida."

La ragazza si strinse a Loki, che le baciò il capo.
Il sole caldo li illuminava, facendo risplendere i colori dei loro occhi, dei loro capelli, la pelle diafana...
Aspettarono che questo calasse, immobili, prima di recarsi nuovamente alla stazione per tornare a New York.

Non appena rientrarono in casa, si buttarono letteralmente distesi sul letto, stanchi ed infreddoliti.
Stettero abbracciati, senza dirsi nulla. I loro silenzi avevano sempre di più da dire, rispetto che le loro parole.
A New York ancora imperversava la perturbazione; sembrava che lì il tempo fosse sempre congelato.

"Da piccola pensavo di essere brutta, lo sai?"

Disse sottovoce Pleione, rompendo il loro silenzio.

Loki aggrottò le sopracciglia, decretando impossibile collegare la parola brutta a Pleione, nella sua interezza.

"Lo dico e mi viene da piangere, è assurdo... Avevo molti giocattoli, e la mia preferita era una bambola con gli occhi verdi. E in questa bambola rivedevo me, e l'unica cosa bella che credevo di avere. Gli occhi. Allora la chiamai come un'altra delle Pleiadi, da cui proviene il mio nome. La chiamai Anthea. E sgridavo Anthea, le dicevo di non essere brutta, che non sarebbe mai piaciuta a nessuno solo grazie ai suoi occhi verdi..."

Loki sorrise, intenerito da quest'ennesimo ricordo della ragazza davanti a lui. Le baciò delicatamente la fronte, passandole una mano tra i capelli.
 
"I tuoi occhi stregano le persone, Pleione. Ma tranquilla, nè tu nè tanto meno quella vecchia bambola, avreste fatto innamorare qualcuno solo per via del colore dei vostri occhi. Tu non comprenderai mai la tempesta di bellezza che c'è dentro di te. Sarà che su Asgard siamo molto rigorosi quando dobbiamo scegliere un compagno, o una compagna, con cui condividere la vita, ma in te ho visto la bontà, prima che l'avvenenza."

"Promettimi che non mi lascerai Loki. Non so come potrei andare avanti, vivendo con la consapevolezza di non averti vicino..."

Loki dovette riflettere qualche istante prima di rispondere. Era conscio, ogni giorno dei pericoli che rischiava di incontrare; non si perdeva nell'illusione di una vita tipicamente midgardiana. Sapeva con chi aveva sciolto alleanza, in passato, ma sapeva anche con chi ancora non l'aveva fatto. E un nome tra tutti era evidenziato nella sua mente. Thanos.

"Te lo prometto, Pleione."

Rispose per poi baciarla con passione. Non era sicuro di aver detto la verità.
Curarono gli ultimi malesseri di quella giornata, pregna di confessioni e di lacrime, con una nottata d'amore.
Ma quella notte, mentre Pleione dormiva placidamente, accostata al petto nudo di Loki, egli non riusciva a prendere sonno. Passava delicatamente la mano sulla schiena della ragazza, facendo movimenti circolari. Sentiva il suo respiro leggero e cercava in tutti i modi di venire cullato da quest'ultimo, come faceva ogni notte da due mesi a quella parte. Ma anche se ci provava, imperterrito, non ci riusciva. Continuava a pensare alla promessa fatta a Pleione. Sarebbe davvero stato capace di mantenerla? Non avrebbe mai messo in dubbio l'amore che provava per lei, la riconoscenza che le doveva; non l'avrebbe fatto nemmeno con un coltello piantato alla gola.
Era dubbioso su ciò che lo avrebbe potuto cogliere di sorpresa. Chiuse gli occhi, finalmente stanco di pensare. Ma avrebbe preferito rimanere sveglio, ancora. Chiuse gli occhi, e si ritrovò avvolto nel buio.

Non riusciva a comprendere se si trattasse di un'utopia o di una spaventosa realtà.
Girava lo sguardo ovunque, ma vedeva solo buio.
All' improvviso sentì una voce, grave, profonda, impregnata di malvagità, provenire da davanti a lui. Gocce di freddo sudore gli scendevano dalle tempie.

"Bene, bene, bene. Chi abbiamo qui! Il dio delle malefatte!"

"Chi sei?!"

Urlò affannosamente, Loki, ormai preda del panico.

"Come chi sono? Non ti ricordi?"

Uno spaventoso pugno nello stomaco colpì l'asgardiano, scaraventandolo a terra. Aprì gli occhi, e vide attorno a se i contorni della sua cella asgardiana; ma era come se fosse stata distrutta da un incendio. Tutto era arso e arruginito. Si mise seduto, dopo aver incassato il colpo. Inorridì.

Le sue paure si erano realizzate. Thanos era dinnanzi a lui, con un ghigno malvagio stampato in volto.
 
"T..Thanos."

"Proprio così stupido ragazzino. Pensavi di potertela filare su Midgard? Pensavi che non mi sarei ricordato del nostro patto?"

Loki deglutì.

"Pensavo che Odino ti.."

"QUELLO STOLTO DEL TUO PATRIGNO NON SI E' MAI PIU' FATTO VEDERE!"

Tuonò Thanos, facendo indietreggiare Loki, ormai terrorizzato.

"Cosa vuoi da me? Non ho più i miei poteri, non posso più servirti."

Il mostro camminava avanti ed indietro, squadrando l'asgardiano da capo a piedi. Gli mise una possente mano sulla spalla destra.

"Non hai più i tuoi poteri, dici?"

"Odino me li ha tolti, prima di esiliarmi su Midgard."

"E li rivorresti, Loki?"

"... No, Thanos."

La sua risposta stavolta era priva di menzogna. La magia non gli mancava. Era stata il suo rifugio, la sua scusa per potersi distaccare dalla bontà troppo a lungo. Non la voleva più, se ne stava lentamente disintossicando, con l'amore di Pleione.

"E' per la terrestre? ... RISPONDI!"

Tremava, ora tremava davvero. Se avesse minacciato di fare del male a Pleione, come avrebbe potuto agire? Cosa avrebbe potuto fare per farla rimanere incolume.

"E' per la vita che mi ha restituito. E per Asgard, a cui devo molto."

Thanos scoppiò in una spaventosa risata, scaraventando Loki dalla parte opposta della stanza ferruginosa.

"Debole, sei un debole. Come quello sciocco di Thor. Voi abitanti di Asgard siete così stupidi... Maledizione, dov'è finito il tuo spirito combattivo? Dov'è finito il tuo rispetto per ME? Hai permesso che i miei guerrieri venissero annientati! E non ti sei più presentato al mio cospetto, non hai MAI implorato il mio perdono!"

"Non vedo perchè avrei dovuto farlo..."

Rispose secco, Loki. Sapeva cosa stava rischiando, ma ogni cosa avrebbe tentato pur di non far ricadere la conversazione su Pleione. Non poteva permettersi di perderla.

"Che cosa?! Ti stai forse prendendo gioco di me, stupido umanoide che non sei altro!"

Thanos lo bloccò al muro, trattenendolo per la gola.

"NON MI HAI NEMMENO RIPORTATO IL TESSERACT, HAI PERMESSO CHE VENISSE DANNEGGIATO, TI SEI PRESO GIOCO DI ME, RAZZA DI STUPIDO! E MI CHIEDI ANCORA PER QUALE MOTIVO AVRESTI DOVUTO IMPLORARE IL MIO PERDONO?"

Loki venne scaraventato per terra, ormai coperto di lividi.
Thanos lo fissò dritto negli occhi. I suoi erano spaventosi, chiari, ma spenti, accecati dalla malvagità e dal bisogno di distruggere ogni cosa sul suo cammino.

"Ho promesso di offrire l'umanità alla morte. E non sono solito non mantenere le promesse, sai? Quindi sii saggio. Ti lascerò del tempo per pensare, ma non credere che sia finita qui. Torna in quel pianeta primitivo, di sciocchi, di idioti..."

Loki chiuse gli occhi, per poi riaprirli e trovare Pleione di fronte a lui, con faccia segnata dalla paura e dalla preoccupazione.

Egli era completamente bagnato dal sudore; lividi gli ricoprivano braccia e petto, il sangue gli usciva dalla fronte, macchiando la pelle chiara come la neve, che ancora scendeva instancabile.
Le guance di Pleione erano rigate da lacrime.

"Loki! Dio mio, ma che cosa sta succedendo?"

Disse lei in preda ad un pianto nervoso e toccandogli il viso con le mani. Gli asciugò il sangue con il lenzuolo, incurante dei loro corpi ancora scoperti.
Loki era stordito e parecchio indolenzito. Non avrebbe detto una parola riguardo al sogno/viaggio ad Asgard, a Pleione.
Si guardò il corpo, inorridito, constatando che le ferite erano reali e gonfie.
Guardò poi Pleione, e la abbracciò stretta a se, incurante del dolore che provava.

"Nulla... Nulla. Pleione, smettila di piangere... Ti prego.."

"Come puoi dirmi di smetterla?! Ti dimenavi come un animale! Urlavi, piangevi! Ti si sono formate quelle ferite, il sangue ha preso a scenderti dalla fronte.. Cos'è successo, ti prego di dirmelo, Loki."

Pleione lo guardava, supplicandolo.
Loki non poteva sopportare di vedere, di nuovo, gli occhi della ragazza ridotti a due cascate di lacrime, che non meritava di piangere.

"E' complicato..."

"No. Non che non lo è... Vado a prenderti del ghiaccio.."

Pleione si buttò addosso una camicia di Loki, e corse verso la cucina.
L'asgardiano liberò un'espressione contrita di dolore, dapprima trattenuta per non preoccupare ulteriormente Pleione. Lo sapeva che non sarebbe stato lasciato in pace. Ripensava alle parole dette poco prima dal mostro Thanos ; quando si sarebbe ripresentato, avrebbe trovato una soluzione per salvare se stesso e Pleione?
Sentì un lancinante dolore al costato, quando provò ad alzarsi in piedi. Probabilmente una delle tante botte gli aveva rotto una costola, difatti anche il suo petto era nero e livido.
Pleione, mentre cercava affannosamente qualcosa per medicare l'asgardiano, pensò che qualunque cosa fosse successa, la disperazione non sarebbe stata una cura adatta. Decise quindi di placare il pianto e di concentrarsi su quel poco che sapeva di pronto soccorso. Tornò con ghiaccio e garze per medicare Loki.
Lo aiutò a vestirsi, vista la sua difficoltà nel muoversi. Premette, con cautela, la garza sulla ferita aperta sulla fronte.
Posò poi la sacca di ghiaccio secco su tutti i lividi che erano presenti sul corpo di Loki.
Non disse una parola. Si limitò a sorridere, ogni volta che incontrava lo sguardo, vigile e poco sereno, dell'asgardiano.

"Loki, dove senti più dolore?"

Al cuore, avrebbe risposto lui.

"Il costato, mi fa male, molto."

Pleione tastò piano il punto dove era presente l'arrossamento, provocando involontariamente un ringhio da parte dell'uomo.

"Oh cielo, Loki scusa ti prego.."

"Non ti preoccupare... Non capisco. Non dovrei essere così... Debole."

"Loki, te lo chiedo ancora una volta... Cosa diavolo è successo? Sembrava ti stessero torturando..."

L'uomo chiuse gli occhi, combattuto tra il dire il vero o dire il falso. Non sarebbe stato giusto mentirle, ma sapeva che se non lo avrebbe fatto, avrebbe rovinato la vita della ragazza, costringendola a un perenne sentimento di angoscia. Bastava già per lui, non avrebbe più voluto coinvolgere nessuno con i suoi guai...

"Capita... Capita che a volte, quando sogno, mi imbatto in varchi multidimensionali, e mi materializzo dove non dovrei. Sono capitato in un posto orrendo. E purtroppo ogni cosa che mi accade nella fase onirica, si ripercuote sul mio corpo fisico, che sia questa piacevole, o spiacevole. E' uno dei tanti difetti dei giganti di ghiaccio."

Pleione lo fissò senza un'espressione delineata sul volto.

Passò la mano sulla fronte di Loki, facendo sparire l'ultima traccia di sudore che vi permaneva. Premette dolcemente le labbra su di questa, per poi fissarlo intensamente, come ben sapeva fare.
Lui sosteneva il suo sguardo, trovando conforto nell'abisso verde che erano le iridi della ragazza.

"So che stai mentendo. Ma aspetterò che tu voglia dirmi la verità... Non importa quando."

Loki davvero non si aspettava nulla di simile. Credeva che lo avrebbe respinto, che avrebbe cambiato atteggiamento nei suoi confronti, se si fosse accorta che stava dicendo una menzogna.
Era una delle cose che amava di Pleione, la sua infinita bontà, il suo saper sorprendere in qualunque situazione, anche la più ostica.

"Perdonami... E' qualcosa di troppo grande, anche per me..."

"Non sei da solo, Loki. Siamo in due, ricordatelo."

"Pleione, non puoi fare nulla..."

Lei lo baciò sulle labbra.

"Mi permetterai di amarti, qualunque cosa accada?"

Lui rispose con un altro bacio, più intenso, accarezzandole i capelli.

"Sempre."

Qualche minuto dopo erano vestiti e pronti per recarsi al pronto soccorso. Pleione aveva notato l'arrossamento all'altezza delle costole di Loki e ne aveva intuito una possibile frattura. Se una di questa avesse perforato un organo sarebbe stato troppo grave.
Nell'esatto momento in cui Pleione aprì la porta di casa, trasalì, e con lei Loki, trovandosi tutti i vendicatori davanti, Thor compreso, questa volta.
Dopo un attimo di sorpresa per entrambe, Pleione abbassò lo guardo, accigliandosi. Il gruppo di super si sorprese notevolmente nel vedere il viso di Loki così sciupato.

"Perdonatemi, ma non abbiamo tempo per nessun tipo di romanzina, Loki è ferito."

"Lo sappiamo, Pleione."

Thor si fece avanti, sorridendo sia a lei che al fratello.

"Thor... Lasciateci andare."

"Ho saputo tutto, Padre ha saputo tutto e mi sono precipitato qui. Devi rimanere al sicuro, ce la possiamo vedere noi."

Lo sguardo di Pleione si fece severo. Sentì la sua mano stretta quasi come in una morsa da quella di Loki, che probabilmente cominciava a sentire notevolmente il dolore.

"Cavolo Loki, sei proprio mal messo!"

Esclamò Stark, vestito e pettinato di tutto punto.

"Se lo avessi saputo non mi sarei messo in tiro."

Thor si girò verso di lui, lanciandogli un'occhiata non proprio amichevole.
Loki cercava di balbettare una risposta, ma non voleva rivelare niente vicino alle orecchie di Pleione. Cercò, con lo sguardo, di farlo capire a Thor, che si limitò a spostare il suo sguardo verso Pleione, per poi riportarlo verso il fratello. Questo fece un quasi impercettibile segno di assenso col capo.

"Vi prego, va portato da qualcuno che lo curi"

Supplicò Pleione.

"Pleione, non preoccuparti dolcezza, sono venuto con l'autista, portiamo io, il falegname e Legolas il principino da un medico."

Disse Stark, sorridendole. Notò l'aria affranta di lei e le fece un affettuoso occhiolino.

"Signorina Pleione, posso invitarla a venire con me, l'agente Romanoff e il signor Banner?"

Disse Rogers, col tono più dolce e tranquillizzante possibile. Loki per un momento lo guardò severamente, ma comprese che non era il momento di far rinsavire vecchi rancori. Decise di fidarsi.

"Va con loro Pleione. Non preoccuparti, ho da scambiare qualche parola con Thor..."

Disse Loki, guardandola intensamente negli occhi, cercando di trasmetterle tutto l'amore che provava per lei.

"D'accordo"

Sussurrò la midgardiana, sforzandosi di non fare uscire le lacrime dagli occhi.
Abbracciò cautamente Loki, che ricambiò, senza vergogna, il gesto. Le baciò il capo, passando le mani tra i suoi capelli. Si guardarono ancora, prima di dividersi.

"Signor Stark! Loki... Ha una costola rotta, credo... Fate presto."

Esclamò Pleione, prima che il suo capo si richiudesse dietro la portiera dell'auto.

"Non preoccuparti piccola, ci pensa lo zio Tony."

La ragazza rimase sulla soglia della porta, guardando l'auto sparire tra le labirintiche vie del quartiere.








Note: Ciao stelle! Scusate se ieri non ho aggiornato, ma lo studio mi ha sopraffatta! Cominciano i guai, ahimè. Spero che il capitolo vi piaccia! Un bacione e grazie di cuore come sempre, a tutte voi che mi riempite il cuore di gioia

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Capitolo 16
*** We won't have to be scared ***


Dopo un viaggio, che sembrò lungo anni, in automobile, Stark e Thor portarono Loki al grattacielo, dove vi erano delle sale mediche e i migliori medici di tutta New York, pronti a guarire ogni ferita.
Portarono l'asgardiano in una stanza senza molti mobili, con forti luci al neon; sembrava di stare dentro ad un enorme frigorifero.
Dopo aver medicato Loki, lo stesero su di un lettino, permettendogli di riprendersi dallo shock e dallo stress del, fin troppo realistico, sogno.
 
"Allora Thor, che cosa diavolo significava... Quello?"
 
Chiese Loki.
 
Thor camminava, impaziente, in tondo per la stanza, con Stark che non gli toglieva gli occhi di dosso, quasi ipnotizzato dal suo andamento.
 
"E' arrivato ad Asgard nella mattinata di ieri. Prima ha domandato un'udienza con Padre, senza mostrare intenzioni ostili. Ma ci aspettavamo un attacco a sorpresa. Non ero presente all'incontro, non so cosa si siano detti. Fatto sta che nella notte ha cercato te nella tua cella, sfuggendo alle guardie. Pensando che vi fossi dentro l'ha fatta esplodere e andare in fiamme, come hai visto nel tuo sogno."
 
Loki si irrigidì di colpo. Se non fosse stato su Midgard, con Pleione, sarebbe morto per mano di Thanos.
 
"E come... Avete saputo del sogno?"
 
Stark si mise seduto accanto al lettino di Loki, stiracchiandosi le braccia, come se fosse in mezzo ad una chiacchierata normale e priva di tensione.
 
"Semplice, lo ha fatto sia il falegname che l'onnipotente lassù."
 
"Attento a come parli di Padre, Stark."
 
Disse Thor, diventando irascibile.
 
"Calmati Thor. Come avete intenzione di agire? Ha minacciato di fare del male a.."
 
"Lo so fratello. Comprendo la tua preoccupazione più di quanto immagini. Ricorderai che anche tu avevi fatto lo stesso... Con Jane."
 
Loki abbassò lo sguardo, ripensando alla midgardiana amata dal fratello, alla quale aveva procurato non pochi guai, con la sua sete di distruzione.
 
"Me ne vergogno... E credo che tu lo abbia compreso."
 
"Certo che si. Non ti preoccupare, faremo in modo che tu e lei rimaniate incolumi."
 
Disse Thor, mettendosi seduto vicino a Loki.
 
"Più che a me, pensate a lei. Uno come me non merita la protezione di nessuno. Tanto meno da Odino..."
 
Stark sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
 
"Cavolo, sei noioso, dio gracilino. Ricordi che ti abbiamo detto, qualche tempo fa, che ti avremo aiutato nel momento del bisogno? Ecco. Hai lo SHIELD e l'olimpo, o come si chiama, dalla tua parte. Non rifiutare un aiuto, sii furbo, dannazione."
 
Loki si girò di scatto, con il suo sguardo più glaciale dipinto in volto.
 
"Portami rispetto Stark! Sono pur sempre un Principe! E sia ben chiaro, non sto rifiutando il vostro aiuto, sto suggerendo di proteggere Pleione. Io posso cavarmela, ho seguito numerosi addestramenti nel mio regno per superare intemperie del genere. Lei non ha nulla..."
 
"Si, si sono visti i risultati infatti! La bestia verde ti ha sbattuto per terra con estrema facilità. Calcolando che Thanos sarà due tonnellate in più..."
 
"Basta adesso Stark!"
 
Tuonò Thor, notando il volto ghiacciato del fratello.
 
"Loki, è chiaro che non possiamo restituirti i poteri.."
 
"Non li ho domandati. E in caso vi venisse in mente di rifilarmeli, li rifiuto."
 
Disse l'asgardiano, interrompendo il fratello.
 
"Fammi finire. Ma possiamo tutta via mettere a disposizione dello SHIELD tutti i nostri eserciti, nel caso di un attacco alla Terra. So che non vuoi i tuoi poteri, Loki, ma so anche che se Pleione fosse davvero in pericolo di vita, non esiteresti un momento a rientrare in possesso del tuo scettro. Se tu facessi ciò... Vista la sentenza che era stata emessa, saresti condannato a morte."
 
Stark smise immediatamente di fare facce annoiate, e puntò gli occhi spalancati sul viso di Thor.
Loki non respirò per qualche secondo. Il cuore smise di battergli nel petto.
 
"Io morire... Anche se io usassi la magia per.. Salvare?"
 
Thor si intristì parecchio. Quella confessione, sulla condanna a morte, gli era costata cara. Non avrebbe voluto mai voluto ribadirglielo, sapeva che Loki se ne sarebbe completamente scordato, una volta presa familiarità con il pianeta Terra.
 
"Anche per salvare qualcuno, si. Useresti comunque la magia, ed è proprio questo che ti è stato vietato."
 
"Thor, ma dici sul serio? Il ragazzo è praticamente condannato a morte in ogni caso!"
 
Esordì Stark, stupito. Credeva che su Asgard vigesse la temperanza e la clemenza. Non l'irrefrenabile voglia di staccare teste dai corpi di ragazzini disobbedienti.
 
"No, sbagli Stark. Non rischierebbe di morire, in quanto verrebbe messo al sicuro da noi, e da voi."
 
"Piuttosto che non combattere Thanos e venire nascosto come uno stupido idiota indifeso, mi scavo la fossa da solo, Thor. Che sia ben chiaro."
 
Disse tra i denti Loki. La sua voce non era più quella della mattina appena trascorsa. Era tornata quella di una volta. Monocorde e glaciale.
 
"Fallo per Pl.."
 
"Se Pleione dovesse essere in pericolo voglio essere IO a difenderla, comprendi?! IO. IO la amo, IO le ho promesso di starle accanto, non voi... super. Non voi su Asgard."
 
Urlò quasi, Loki, con gli occhi ricolmi di rabbia, e i muscoli tesi all'invero simile.
Thor si alzò, intento ad uscire dalla piccola stanza. Si girò con espressione malinconica verso il fratello, sul quale viso cominciarono a scendere lacrime di rabbia e frustrazione.
 
"Così è stato stabilito. Non posso fare niente nemmeno io, questa volta. Mi dispiace Loki."
 
Loki si maledì.
Maledì ciò che era stato: uno spietato assassino, un folle assetato di sangue, un infantile ragazzino rancoroso, un'idiota frustrato.
Maledì di essere nato.
Maledì il giorno in cui Odino lo trovò e lo prese con se.
Maledì le sue sporche e sudice origini.
Maledì Thanos e i maledetti Chitauri.
Maledì tutti quei libri di magia nera che aveva sfogliato durante tutta la sua vita.
Maledì i suoi errori, le sue malefatte.
Loki desiderò Pleione, vicino a lui, in quel momento.
Tratteneva il respiro, avrebbe voluto che il cranio gli esplodesse in mille pezzi, che di lui non rimanesse altro che qualche brandello di carne e qualche osso qua e la.
Tutto ciò che aveva fatto gli stava ritornando, ogni singola cosa.
Stark lo guardava, quasi spaventato. Ne avvertiva la sofferenza, la frustrazione. Sapeva bene cosa voleva dire pentirsi all'ultimo momento, dei propri errori.
 
"Ragazzo. Permettimi di dirti una cosa."
 
Disse con voce calma e lineare.
Loki lo fissò, con gli occhi rossi e gonfi di lacrime.
 
"Ti dirò ciò che ti dissi quando ci incontrammo l'ultima volta, da nemici. Il male può vincere una volta, due forse. Ma se succederà qualcosa, alla Terra, o a Pleione. Sta tranquillo che non passerà inosservata. Tutto sarà vendicato, tutto otterrà giustizia. Lascia che, almeno io che 'conosco' Pleione da vicino, possa darvi un minimo di aiuto. Lo so che non è facile fare gli umili, guarda me!"
 
Stark sorrise, cercando di riportare la mente di Loki sui giusti binari e non verso un deragliamento di disperazione e rassegnazione.
 
"Chi mi dice che non state cercando di annientarmi anche voi?"
 
Disse con un filo di voce, Loki.
 
"Nessuno Loki. Devi imparare a fidarti di noi. Se non riuscirai a fare quello, non sappiamo come altro aiutarti. Stammi a sentire, riposati, tra poco manderò a prendere Pleione e la farò portare qui. Ti manca. Anche io facevo così quando Pepper era lontana."
 
Stark sparì dietro la porta, lasciando dentro al cuore di Loki una lieve speranza. Anche se tutto quel caos gli era precipitato addosso come il Mjolnir, qualche tempo prima, la certezza di poter stare accanto a Pleione lo calmava come una medicina.
Non gli rimaneva che aspettarla.
 

                          ***

 
Pleione fu portata da Rogers, Banner e Natasha, nella base dello SHIELD di New York.
Fury, informato immediatamente da Thor su quanto accaduto, aveva preso la decisione definitiva di incontrare la ragazza e metterla al corrente di ogni pericolo che correva. Si aspettava che sapesse già molto, ma qualche dettagli in più non le avrebbe fatto del male.
Decise di affidare l'incarico ai tre vendicatori più affabili.
Pleione venne condotta vicino alla biblioteca nella quale Loki si recava spesso, non capiva dove stesse andando esattamente. Quando chiedeva spiegazioni, la risposta standard era: 'Siamo quasi arrivati.'
Si fermarono davanti ad un palazzo all'apparenza come tanti. Vi entrarono e scesero alcune rampe di scale. Il clima era terribilmente freddo.
Arrivarono dinnanzi ad una porta, con su scritto 'Locale caldaia'; Pleione aggrottò le sopracciglia.
 
"Locale caldaia? E' uno scherzo?"
 
Nessuno le rispose.
Natasha avvicinò l'occhio alla serratura della porta, dalla quale partì una specie di laser che scannerizzò la sua retina, per poi emettere un lieve suono.
Banner aprì la porta, e una luce abbagliante fece chiudere gli occhi a Pleione, la quale si era abituata alla scarsa illuminazione che vi era nel palazzo. Corridoi sterili e senza arredamento si stagliavano davanti a loro.
 
"Qualcuno può dirmi dove ci troviamo?"
 
Chiese preoccupata, la ragazza.
Natasha le sorrise debolmente, mettendole una mano sulla spalla.
 
"Siamo alla sede newyorkese dello SHIELD, Pleione. Stai per incontrare il comandante Nick Fury."
 
La domanda sorse spontanea nella mente di Pleione; la palesò.
 
"Per quale motivo devo incontrare questo.. Fury?"
 
A parlare questa volta fu Rogers, che ammirava il viso armonico della ragazza, con sguardo vigile.
 
"Deve parlarti di Loki e di ciò che è accaduto questa notte. So che ti sei spaventata molto..."
 
La ragazza abbassò lo sguardo.
 
"E' stato orrendo... Orrendo."
 
"Forza Pleione, entra pure in quella stanza laggiù a sinistra. Fury ti sta aspettando lì. Noi saremo nei nostri 'uffici'."
 
Le disse Banner, sorridendole e stringendole le mani.
Le mentì. I tre vendicatori sarebbero stati nella stanza accanto, provvista di monitor, il quale avrebbe mostrato loro il colloquio tra il comandante e Pleione.
Questa si diresse con passo incerto verso l'ufficio in questione.
Aprì la porta e trovò seduto ad un tavolo circolare, un possente uomo di colore, con una benda posizionata su di un occhio. Immetteva profonda soggezione. Quasi non si lasciò scappare un 'accidenti'.
 
"Signorina Stuart, si accomodi. La stavo aspettando."
 
Fury aveva una voce decisamente grave e profonda.
 
"Suppongo lei sappia per quale motivo si trova qui."
 
Pleione alzò lo guardo da terra, fissandolo intimidita.
Fury la squadrò, dovendo ammettere a se stesso che era davvero bella, fuori dal comune, decisamente. Tornò a concentrarsi sul suo discorso, dopo un attimo di smarrimento nelle iridi di Pleione.
 
"Ehm.. No, signor Fury."
 
"E' per Loki Laufeyson, signorina. Devo metterla a conoscenza di alcuni fatti preponderanti."
 
"Signor Fury, Tony Stark, il Dottor Banner e..."
 
"So che avete avuto un 'colloquio'. Si. Ma devo parlarle di cose più importanti. La prego di mettere da parte stupidi sentimentalismi e di aprire bene le orecchie."
 
Fury la guardava serio e torvo in volto. Sembrava respingere la dolcezza che la ragazza emanava, come fosse stata una malattia altamente contagiosa. Sapendo che effetto aveva fatto Pleione a Loki, un temuto assassino, ritenne opportuno cercare di prendere le distanze da questa, in quanto non voleva influenzasse il suo temperamento austero.
Dalla parte opposta della stanza, Banner, Rogers e Natasha osservavano attentamente le immagini sullo schermo.
 
"Dannazione, se la mette ancora così in tensione vado di la e..."
 
Disse Banner, visibilmente innervosito.
 
"Bruce, si calmi! Che le prende?"
 
Chiese Natasha, sorpresa nel vederlo così attento ai sentimenti di Pleione.
 
"Niente, ha ragione agente Romanoff, mi scusi."
 
Natasha e Rogers si scambiarono un'occhiata inquisitoria. Ripresero immediatamente la loro attenta osservazione.
 
"Cosa intende per stupidi sentimentalismi, signor Fury?"
 
Il comandante parve molto sorpreso nel sentire il tono dolce e mellifluo della ragazza trasformarsi in un tono quasi di sfida.
 
"Intendo dire che non voglio che venga esplicitato alcun riferimento alla relazione che lei e l'asgardiano intrattenete, sono stato chiaro?"
 
Pleione annuì, aggrottando le sopracciglia.
La timidezza svanì, sostituita da curiosità mista a rabbia. Non sopportava più vedere persone, chiunque esse fossero, categorizzare l'amore come una sciocchezza da ragazzini.
 
"Le dice niente il nome Thanos?"
 
Chiese l'uomo.
 
Pleione scosse la testa.
 
"No, decisamente no."
 
"Molto bene. Deve sapere che a capo della 'campagna militare' promossa da Loki qualche mese fa, vi era a capo costui, Thanos. Costui diede l'incarico a Loki di consegnargli il Tesseract, ovvero un marchingegno in grado di compiere passaggi tra una dimensione e l'altra. Ebbene, Loki fu sconfitto e con lui i Chitauri, le creature messe a sua disposizione da Thanos. Il Tesseract venne danneggiato durante gli scontri con i vendicatori, e non venne più restituito al mostro, ma custodito segretamente ad Asgard, che avrà certamente già sentito nominare. In conseguenza di ciò l'ira di Thanos si è scatenata, promettendo di offrire l'umanità alla morte, ed esattamente la notte scorsa, egli ha fatto incursione nella cella dove Loki era detenuto, all'interno del palazzo reale, in cerca di lui. Per eliminarlo. Non lo ha trovato, e quindi lo ha cercato dove sapeva di poterlo scovare: nella fase onirica. Vedi, la loro mente è in grado di fare rapidi balzi tra una dimensione e l'altra. Dove voglio arrivare? Le ferite inferte a Loki questa notte, sono state provocate da Thanos. Il mostro ha infine minacciato di ferirti, se Loki non si fosse deciso entro breve sul da farsi: riallearsi con lui, per conquistarci, o perire insieme a noi 'midgardiani'."
 
Fury disse tutto d'un fiato, attento a non tralasciare nulla di ciò che aveva deciso di esternare.
 
"Perfetto, delicato come al solito."
 
Esclamò Natasha, inarcando le sopracciglia.
 
"Sono sicuro che la ragazza se lo aspettasse... Dopo tutto Loki è stato un mostro..."
 
Disse Rogers, senza staccare gli occhi dalla scena.
 
"Ci risiamo. Come potete pensare che la ragazza si aspettasse qualcosa del genere? Siete impazziti? E' precipitata in qualcosa di enorme per lei! Come potete essere così indulgenti davanti alla sua fragilità? La nasconde, d'accordo, ma dentro di lei è fragile come un cristallo..."
 
Disse, stringendo i pugni, Banner.
 
"Oh insomma dottor Banner che le prende? Cosa sono queste dimostrazioni di empatia?"
 
Chiese accigliato Rogers.
 
"Lei non capisce, capitano. Quella ragazza ha capito più cose di me, e di Loki, di quante non ne abbia mai capite il mondo intero, e per l'asgardiano l'intero universo. Non sapete cosa vuol dire sentire il peso dei giudizi degli altri. Quella ragazza è pura, non sa nemmeno cosa siano i pregiudizi. Mi sta a cuore per quello; non ha sbarrato gli occhi quando ho nominato l'Altro. Anzi.."
 
Rispose, esasperato, il dottor Banner.
 
Nel mentre Pleione taceva.
Sconvolta da quelle notizie. Qualche mostro, più grande e potente di quanto non lo fosse stato Loki in precedenza, era riuscito a scovare l'asgardiano all'interno dei suoi sogni. Era fantascienza per lei, era pura fantasia. Eppure quelle parole erano lineari, tutto cominciava ad avere un senso. Quei lividi apparire dal nulla, il sangue che gli sgorgava dalla fronte. L'orrore si palesò nella sua mente. L'orrore davanti al fatto che era, effettivamente, impotente davanti ad un fenomeno del genere. Non se ne sarebbe mai fatta una ragione. Le passarono per la testa tutte le volte in cui Loki si era irrigidito, parlando del suo passato, tutte le volte che aveva preferito parlare di altro. Non immaginava che una minaccia così grande potesse incombere sulla sua coscienza.
Pleione cominciò ad andare in iperventilazione.
 
"C'è... C'è qualcosa che io posso... fare, signor Fury?"
 
L'uomo strinse gli occhi, non capendo cosa stesse succedendo alla ragazza, che divenne pallida ancor più di quanto non lo fosse in precedenza.
 
"Innanzi tutto calmarsi, direi. In secondo luogo, beh... C'è poco che lei possa fare, signorina Stuart. Deve rimanere ben nascosta da Thanos..."
 
"Non intendevo cosa posso fare per ME. Intendo cosa posso fare per LUI, per LOKI!"
 
Pleione quasi urlò, come se volesse che l'intero mondo la potesse udire.
Natasha, Banner e Rogers trasalirono, all'improvviso grido della ragazza.
Fury cercò di rimanere calmo e composto, si avvicinò alla ragazza, ormai fuori controllo. Non capiva se fosse per l'agitazione o per la frustrazione di non poter agire in difesa dell'asgardiano.
 
"Signorina Stuart, per il suo bene. Dovrebbe allontanarsi da lui, da Loki."
 
"NON MI INTERESSA COSA E' MEGLIO PER ME! DANNAZIONE! LE HO CHIESTO COSA POSSO FARE PER LOKI!"
 
Pleione stavolta quasi consumò le corde vocali, urlando in faccia a Fury.
 
"Non alzi la voce con me ragazzina, non si permetta! Non l'ho chiamata qui perchè non avevo nulla da fare! Loki è un delinquente dannazione, nemmeno una magia potrebbe redimerlo da quella che è la sua vera natura! Apra gli occhi!"
 
"...Lei non riesce a capirlo vero? Quand'è l'ultima volta che.."
 
"LEI E' UNA MALEDETTA INGENUA, SIGNORINA STUART!"
 
Sbottò Fury, perdendo la pazienza.
 
"Adesso basta, ha esagerato."
 
Disse Banner, uscendo dalla stanza dov'era e recandosi da Fury e da Pleione.
 
Gli occhi di lei divennero una valle di lacrime; cadde in ginocchio e strinse i pugni talmente forte da far fuori uscire il sangue dal palmo delle mani. Solo ora si rendeva conto di quanto si sentisse impotente; del fatto che nessuno voleva dirgli come proteggere Loki. Perchè tutti erano ciechi, non volevano vedere sotto l'armatura dell'asgardiano, non volevano andare oltre al suo sguardo glaciale.
 
"E' inutile che lei pianga, sapeva in cosa si stava avventurando. Maledizione abbiamo tentato di avvertirla in ogni maniera possibile, e lei si è finta sorda! A chi vuole dare la colpa, adesso?"
 
"SIGNOR FURY BASTA!"
 
Banner incombette nella stanza, per tutta sorpresa di Fury.
 
"Che ci fa lei qui, signor Banner?"
 
"Porto la ragazza lontana da lei. Guardi come l'ha ridotta!"
 
"Fasciarle la testa di illusioni non la salverà."
 
"Invece le urla e gli insulti si, naturalmente! Avanti Pleione, vieni con me.."
 
Banner porse la mano a Pleione, che la afferrò, per poi alzarsi. Questa si asciugò le lacrime, incurante degli occhi gonfi e dell'aspetto devastato. Prima di andare via assieme al dottor Banner, si girò verso di Fury, con sguardo deciso.
 
"Grazie per ogni cosa. So che ha capito."
 
Fury rimase interdetto. E con lui Banner, prima di voltarsi e andarsene con la ragazza.
Quella ragazza non aveva capacità umane, non era possibile. Era come se gli fosse entrata dentro alla mente. La sua furia era stata provocata dal dolore di vederla fragile, impotente, come lui in passato, davanti alle avversità della vita. Non vide un'espressione di odio in quegli occhi verdi, ma vi trovò solo gratitudine e bontà.
Abbassò lo sguardo, vergognandosi di se stesso. Non l'avrebbe mai più rivista.
Ma era certo di una cosa: era possibile, ora che l'aveva vista e conosciuta, quel cambiamento radicale, tanto decantato, di Loki.
 
Uscita dalla stanza, Pleione poggiò la testa sul petto del dottor Banner, esausta da troppe notizie e da troppo stress. Banner le mise una mano sul capo, accarezzandolo affettuosamente. Cominciò a parlarle con dolcezza, volendola rinfrancare.
 
"Sei una ragazza straordinaria Pleione, vedrai che Loki non ricadrà nella stessa trappola. Ha un'arma più potente di qualsiasi altra."
 
"No che non lo sono... Che arma può avere se non ha poteri? Che arma può avere se è lontano dal suo regno?"
 
Banner deglutì. Sapeva di essere osservato dall'intera base dello SHEILD, sapeva che era pericoloso ciò che stava per dire, pericoloso per se stesso. E destabilizzante per la ragazza.
 
"L'arma più potente che ha Loki, sei tu, Pleione. E dio solo sa quanto io lo invidi... Se dovesse succedere qualcosa con Thanos... Sarò il primo a far si che non ti.. non vi accada nulla."
 
Pleione alzò il viso, sorpresa, confusa. Guardò gli occhi scuri del dottor Banner, sprofondare in un sentimento di tremenda vergogna, per aver esposto così apertamente i suoi proibiti sentimenti.
 
"Dottor Banner io... Non credevo che lei..."
 
"Non era il momento più adatto per fartelo capire. Sono mortificato."
 
Pleione sorrise dolcemente, recuperata un po' di serenità, notando la timidezza e la tenerezza dell'uomo di fronte a lei.
 
"Se c'è qualcuno di straordinario, quel qualcuno non sono io. Siete  voi.  Siete Steve Rogers, Natasha Romanoff, Tony Stark, Thor, Clint Burton. Ma specialmente lei Dottor Banner e Loki... Siete la prova che anche le cose più grandi e inaspettate possono diventare dei punti di forza, possono essere controllate. Non si vergogni mai dei suoi sentimenti, dottor Banner. Non lo faccia mai, nemmeno se le sembrerà l'unico modo per salvarsi dalle intemperie che la vita potrà presentarle. Posso dirle, senza imbarazzarmi, che se il mio amore per Loki non fosse mai esistito, probabilmente mi sarei perduta nell'animo di un uomo come lei."
 
Banner stette in silenzio, beandosi di quelle parole, che erano una dolce cura al dolore che sentiva nel cuore. Perchè quel dolore non era come un cicatrice superficiale, che si rimarginava dopo un po'. Il cuore rimaneva lì a sanguinare, perennemente. Trovò quelle parole come un collante, potente e delicato allo stesso tempo, che gli ricomposero pezzo per pezzo l'animo in frantumi.
Aveva sentito in quei mesi, il bisogno di vedere la ragazza, di parlarle. Era rimasto rapito dai suoi occhi, dal suo viso etereo. Era rimasto rapito dalle medesime cose che fecero innamorare anche Loki.
Ogni giorno che passava, in lui accresceva quella strana voglia, di incontrarla o di sfiorarla, anche solo per errore.
Le baciò la fronte, accarezzandole ancora una volta i capelli ramati, setosi e profumati, prima di lasciarla scostare dal suo petto.
 
"Vieni Pleione, io e gli agenti Rogers e Romanoff dobbiamo riportarti da Loki."
 
"Dottor Banner, grazie di tutto cuore per ciò che ha fatto e sta facendo."
 
Lui si limitò a sorridere, ancora imbarazzato dalla sua confessione.
Fuori dalla stanza del monitor vi erano già Natasha e Rogers, in piedi ad aspettarli. Avevano sentito la loro conversazione, ma non dissero una parola. Accolsero Pleione con un sorriso compassionevole sul volto.
Prima di lasciare l'edifico Banner si voltò verso i due agenti, con espressione più seria che mai.
 
"Una sola parola su quello che è successo di sotto e vi uccido, parola mia e dell'Altro."
 
Natasha gli fece un sorriso affettuoso, mentre Rogers alzò un sopracciglio, tendendogli la mano.
 
"Parola mia, non verrà svelato nulla."








Note:  Ciao stelline mie. Scusate il ritardo con cui pubblico il nuovo capitolo, ma ho avuto qualche problema con l'html. Mannaggia alla stanchezza. Eccovi un bel colpo di scena, spero sia di vostr
o gradimento! Comunque volevo lasciarvi un regalino, insulso eh, per ringraziarvi di cuore per il vostro sostegno: http://i49.tinypic.com/2hqxa8m.jpg

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Capitolo 17
*** She looks strong in the weakness ***


Pleione venne scortata fino alla stanza di Loki da un taciturno Tony Stark.
Lo era anche lei, ancora scossa dal colloquio con Fury. Appena entrò vide Loki seduto sulla sedia accanto al suo letto, che si teneva la testa tra le mani; sembrava piangesse, in modo silenzioso. Stark le parlò sussurrando, vicino all'orecchio.
 
"Sii cauta con le parole, dolcezza. E'... Sconvolto."
 
Pleione si avvicinò lentamente verso di lui, cercando di recuperare la sua espressione di sempre, anche se con estrema difficoltà.
Si mise in ginocchio di fronte a lui, cercando di intravedere l'espressione del suo viso.
 
"Loki, sono qui..."
 
Questo alzò immediatamente il capo; i suoi occhi erano rossi in maniera impressionante e con quelli il suo viso. Pleione non aveva mai visto un colorito simile modificargli la carnagione. Respirò profondamente, sostenendo lo sguardo assente dell'asgardiano.
 
"Sei stata da Fury?"
 
"Si Loki. Mi ha spiegato ogni cosa."
 
"Dannazione..."
 
Ringhiò l'asgardiano. Si portò nuovamente il capo tra le mani; si strinse la chioma corvina con forza, quasi a volerla strappare.
Pleione cercò un contatto, accarezzandogli il braccio, ma venne respinta.
 
"Devi stare lontana da me, adesso. Se lui ti trovasse, io.. Non me lo perdonerei."
 
"Loki. Io non mi allontanerò mai da te, nemmeno se ci puntassero una pistola alla tempia. Mai."
 
"Non ti rendi conto del pericolo che corri standomi accanto..."
 
Pleione divenne rigida, esattamente tanto quanto lo era Loki in quel momento. Costrinse questo a guardarla negli occhi, stringendogli il braccio.
 
"Non fate che dirmi tutti che non mi rendo conto di questo, non mi rendo conto di quello... Credete che abbia vissuto nella bambagia tutta la vita?! Credete che davvero io non sappia nulla di ciò a cui sto andando incontro? Diamine, ho un cervello anche io! E sono in grado di compiere scelte, come tutti voi; super, alieni, comandanti di organizzazioni segrete. E la decisione che ho intrapreso è quella di starti accanto ogni singolo giorno di questa battaglia. Dovessi morire, non ti lascio da solo. Non riuscirai mai a convincermi del contrario."
 
Loki la guardò, ormai perso nella disperazione e nello sconforto.
 
"Non posso nemmeno garantirti l'incolumità, Pleione, non potrei vivere con la consapevolezza di averti fatto del male.."
 
"Me ne faresti se scomparissi dalla mia vita."
 
Pleione si sporse per abbracciarlo.
Gli baciò il collo, poi la fronte, ed infine le labbra, costringendolo a guardarla, a sprofondare nella selva della sua anima.
Si alzarono in piedi all'unisono, stringendosi con forza, poco importava se Loki fosse ferito, o se il torace di Pleione fosse costretto.
 
"Maledizione, non voglio lasciarti qui.."
 
Disse sussurrando, Loki.
 
"Non so se troverò mai qualcun'altro in grado di dirmi la cosa giusta, quando ne ho bisogno. Qualcuno i cui baci possano farmi venire i brividi per tutto il corpo. Qualcuno il cui corpo possa rapire il mio sguardo come qualcosa di straordinario. Qualcuno i cui occhi possano ipnotizzarmi come i tuoi. Qualcuno capace di risollevarmi la vita... Ma pretendo che tu sia al sicuro..."
 
Pleione lo strinse ancora di più a se, con l'intenzione di non lasciarlo più andare.
 
"Non mi sono mai sentita così al sicuro come con te, adesso."
 
Si baciarono lentamente, per poi posare le proprie fronti l'una sull'altra.
Respiravano insieme, scaldandosi la pelle, fredda.
 
"Mi dispiace di non averti incontrato prima... Di tutto questo, della mia follia.."
 
Disse l'asgardiano, sfiorandole le labbra.
 
"A me dispiace di dover essere un cruccio per te... Vorrei essere più forte, per aiutarti."
 
"Non sei scappata. Questo è l'aiuto più grande che potessi darmi."
 
La baciò ancora, rilassando finalmente i muscoli e tornando il Loki di sempre, quello che aveva imparato ad essere al fianco di Pleione.
Qualche ora dopo i due si addormentarono stretti l'un l'altra nel piccolo letto, ma mai troppo piccolo per loro.
Avevano la mente esausta; troppe rivelazioni in meno di un giorno, troppa tensione, troppe paure.
Non le nascondevano, ma le combattevano, assieme, come avevano imparato a fare. Nulla poteva più intimorirli come la solitudine, loro compagna di vita per troppo tempo.
Cominciò a piovere.
Le gocce battevano forti sui grandi vetri del grattacielo, cullando i loro sonni, addolcendo i loro pensieri.

Ma ad un tratto un brusco rumore fece spalancare gli occhi a Pleione. La stanza era diventata terribilmente scura, a stento riconosceva la sagoma di Loki.
Cercò di scuoterlo, in modo da svegliarlo, ma questo rimaneva addormentato.
Si mise lentamente in piedi, camminando per la stanza a passo felpato. Ma trasalì nuovamente, quando sentì la serratura della porta scattare.
Qualcuno l'aveva chiusa dentro, dall'esterno.
Cominciò a respirare affannosamente, e col poco fiato che le rimaneva in gola, a chiamare per nome l'asgardiano.
 
"L...Loki... Loki... T..Ti prego.. Svegliati."
 
Un altro rumore le fece spalancare gli occhi. Il terrore si era impossessato di lei.
Cominciò a gridare.
 
"CHI C'E'?! LOKI SVEGLIATI SANTO CIELO!"
 
Ma questo rimaneva immobile, senza quasi nemmeno respirare.
Cominciarono ad assalirla i dubbi più atroci. Sudava freddo e tremava. Cercava di abituare lo sguardo al buio che si era creato. Al di fuori delle finestre non si vedeva altro se non una pesantissima e scurissima nebbia.
Cominciò addirittura a pensare che qualcuno l'avesse uccisa nel sonno, e quello sarebbe stato il suo purgatorio.
 
"Non vi smentite mai, terrestri.."
 
I muscoli le si bloccarono, insieme a quelli il respiro ed il battito cardiaco. Una voce quasi demoniaca proveniva da dietro di lei.
Non aveva coraggio di muoversi, di parlare, di respirare. Aveva come il presentimento che se l'avesse fatto sarebbe sicuramente morta.
Una luce fortissima, che somigliava ad un neon, illuminò tutto lo spazio attorno a lei.
Pareva di essere tornati alla base sotterranea dello SHIELD, tanto era sterile e fittizia.
L'arredamento era sparito, con quello Loki e il letto sul quale riposava.
 
"E così tu sei la fantomatica Midgardiana. Non avere timore, volati, coraggio.."
 
Pleione prese quelle parole come un ordine. Si girò lentamente verso quello che si rivelò un essere altro quasi due metri e mezzo, terribilmente muscoloso, e con due occhi rosso vivo, il cui sguardo non le lasciò preludere nulla di buono.
Portava sul capo un elmo dorato, così come la sua armatura, completata da una specie di tuta blu. La ragazza constatò, con orrore, che la sua pelle era di un colorito violaceo.
Con coraggio, che non capì mai da dove fosse sorto, Pleione aprì la bocca, emettendo un sussurro impercettibile, ma che le orecchie del mostro sentirono alla perfezione.
 
"Tha...Thanos."
 
"Conosci il mio nome. Molto bene, non ci sarà bisogno di presentarmi."
 
Questo si avvicinò a lei, facendo tremare il pavimento, tanto era possente.
 
"Sai per cosa sono qui, vero?"
 
Pleione annuì, distogliendo lo sguardo da quegli occhi rossi e malvagi.
 
"Ottimo. Raccontami, terrestre, per quale motivo pensi che voglia nuocerti?"
 
Thanos si strofinava le mani l'una con l'altra, come se stesse pianificando qualcosa. E sicuramente lo stava facendo.
La ragazza strinse le braccia lungo il corpo, desiderando di dissolversi nel nulla. L'angoscia che l'aveva pervasa era come un atroce veleno, che secondo per secondo, le bruciava nel cuore.
 
"Lasciaci stare... Ti prego."
 
Sussurrò Pleione, senza voce in gola.
 
"Lasciarvi stare, eh? E perchè? Dopo tutto, quello a cui è stato recato danno, sono io, non ti pare, Pleione?"
 
Il modo in cui Thanos pronunciò il suo nome, fece sentire a Pleione una tremenda fitta al cuore, come se qualcuno glielo avesse stretto in una morsa affilata.
Si morse a sangue il labbro inferiore, per non far trasparire il dolore sul suo viso.
 
"Loki... Lui non è come prima. Non tornerà da te.."
 
"Oh davvero, piccola ingenua, credi che Loki non tornerà da me?"
 
Chiese, ridanciano, il mostro.
Pleione alzò lo sguardo su quello di Thanos. Questo sembrava aver scritto in volto la parola 'morte'. Ma lei non si spaventò.
 
"No... "
 
Rispose, alzando la voce.
Mossa sbagliata.
 
"Ha imparato ad amare."
 
Thanos avvicinò pericolosamente il suo viso a quello di Pleione, furibondo.
 
"Scommettiamo che così lo farà?"
 
Pleione resistette tutto il tempo che potè, mentre Thanos infieriva con calci, pugni, gomitate e spintoni sul suo corpo.
Pensò solo alla pietra che portava al collo, che resisteva straordinariamente agli urti.
Pensò a quello che rappresentava. Cercò di vedere solo gli occhi di Loki, e non il sangue che le sgorgava dalle braccia e dalle gambe, non gli occhi impossessati dalla voglia di assassinio di quell'orribile mostro.
Comprese ciò che le stava accadendo; probabilmente si era ritrovata nella medesima situazione in cui, la notte precedente, l'asgardiano si era imbattuto. Conscia di ciò, conscia che probabilmente stavano cercando di svegliarla senza successo, si intestardì, cercando di non urlare dal dolore, di non piangere.
Si sentiva le ossa in briciole, la pelle gonfia e livida. Non sapeva se ne sarebbe uscita viva.
Quella tremenda tortura durò quasi venti minuti, che le sembrarono una perennità. Incapace di muoversi e di respirare normalmente, Pleione rimaneva a terra, con gli occhi semi aperti, insanguinati. Guardava dritto negli occhi Thanos, che rideva istericamente, mentre si puliva l'armatura dal sangue di lei.
 
"Sciocca terrestre. Sciocca femmina. Sempre a pensare di poter risolvere ogni cosa con i sentimenti... Debole. Ecco che cosa sei. Debole ed inutile."
 
Senza capire come, Pleione mosse con fatica le labbra.
 
"Il v..vero deb..ole sei t..u. Per..chè non con..oscerai mai l'am..ore e la fel... felicità."
 
Thanos si incamminò nuovamente verso di lei, senza espressione, questa volta.
 
"Muori, imbecille."
 
Prima di vedere solo il buio pesto, Pleione sentì, come se fossero in lontananza, alcune voci urlare il suo nome e quella di Loki, che risaltava tra tutte, ripetere senza sosta 'fermati', 'basta'.
Lottò contro tutte le sue ferite, contro lo sconforto, contro la soddisfazione che non voleva dare a Thanos. Ma sentì la fine arrivare, comunque.
 
 
Furono vani i tentativi di calmare Loki, in preda ad una furia distruttiva.
Stark, preoccupato quanto lui, non lo frenò, quando scaraventò per aria ogni cosa che incrociava di fronte a se.
Ormai era passata mezz'ora da quando Pleione aveva cominciato a sanguinare e a ferirsi. Era passata mezz'ora da quando Loki si era sentito chiamare con disperazione, dalla voce della ragazza. Non capì nulla, fin quando le sue labbra non divennero all'improvviso livide.
Chiamò a gran voce Thor, Banner, chiunque potè.
Posarono Pleione sul pavimento, distendendola, in modo da non far confluire il sangue delle ferite in punti pericolosi.
Loki piangeva senza darsi un contegno; urlava a Pleione di svegliarsi, urlava a Thanos di fermarsi. Strillava le più indicibili delle maledizioni, senza che nessuno osasse interromperlo.
Il rumore delle ossa rotte era assordante ed orribile, alle orecchie dei vendicatori e dell'asgardiano.
Avevano cercato ogni modo per svegliarla; persino Thor, con l'assenso di Loki, provò a scaricare elettricità nel suo corpo, ma senza ottenerne il risveglio.
Ora, il bianco pavimento, era una pozza di sangue.
Natasha si copriva la bocca, piangendo, e reggendosi a Burton, inorridito dalla scena.
Rogers era ammutolito, impossessato dalla tragicità di ciò che stava avvenendo.
Stark teneva la mano destra di Pleione, mentre con l'altra cingeva la vita di Pepper, disperata.
Thor teneva fermo Loki, il quale urlava senza sosta, senza coprirsi gli occhi, mentre guardava il corpo di Pleione ridotto ad un tira pugni per Thanos.
Ed è inutile dire che Banner fissava il tutto senza proferire parola, lontano dagli altri, lontano da Loki. Avrebbe voluto urlare la sua disperazione anche lui, avrebbe voluto trasformarsi e uccidere chiunque stesse facendo quell'orrore alla ragazza. Ma permise solo alle lacrime di sfogarsi, ben attento a non farsi vedere dall'asgardiano.

All'improvviso Pleione mosse di nuovo la bocca, pronunciando una frase che fece rimanere di stucco tutti i presenti. Ma ciò che li fece ancor più sorprendere, fu il fatto di poter sentire la voce di Thanos palesare le sue intenzioni.
A quel punto Loki perse il senno, e nemmeno Thor potè far nulla per trattenerlo.
Cominciò a colpire il viso di Pleione con la mano, dandole rapidi schiaffi.
 
"SVEGLIATI! SVEGLIATI! SVEGLIATI MALEDIZIONE, SVEGLIATI!"
 
Grazie al cielo Pleione spalancò gli occhi dopo poco, emettendo un respiro rumoroso e forzato.
Una quantità non ben definita di sangue le sgorgò fuori dalla gola.
 
"PLEIONE!"
 
Urlò, Loki, fissandole le iridi verdi, ma opache.
 
"Odino sia ringraziato, è viva."
 
Esordì Thor, rilassando i muscoli.
 
"E' viva, ma va portata immediatamente in sala operatoria. Aiutatemi."
 
Disse deciso Stark.
 
"Lo..ki."
 
Disse fievolmente Pleione, cercando di sorridere, con scarso successo.
Loki si sforzò di apparire meno folle, meno furibondo, e le baciò la mano, nera per i lividi.
 
"Non parlare."
 
Pleione serrò nuovamente gli occhi, mentre veniva sollevata da tutti i presenti, con cautela. Fu portata di corsa nella sala operatoria del grattacielo.
Quando vi fu adagiata, Loki venne scortato, a forza, in un'altra camera, dove gli sarebbe stato somministrato un calmante. Per colpa del nervosismo era esausto e senza forze, e Thor non volle saperne nulla riguardo al farlo stare vicino alla ragazza.
Un possibile incidente con i medici midgardani non avrebbe permesso al cuore del suo amato fratello di reggere oltre.

Nella stanza con lei rimase invece Banner, che ora poteva avvicinarsi, senza timore.
Sentiva il respiro strozzato nella gola della ragazza, avvertiva la sua sofferenza. Le sfiorò la mano, accarezzandola.
 
"Pagherà. Te lo prometto. E morirà."
 
Disse vicino all'orecchio di lei.
Le guardò ancora una volta il volto livido, i capelli incrostati del suo stesso sangue, prima che arrivassero i medici.
 
 
 









Note: Ciao stelline. Scusate la mia assenza in questi due giorni, ma ho avuto delle serie difficoltà a mettermi al pc! Spero che il capitolo, anche se abbastanza cruento, vi piaccia tanto! Un bacio enorme e grazie come sempre a tutte voi <3

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Capitolo 18
*** I love you, most ardently. ***


Loki venne praticamente sedato, con un calmante molto potente ed efficace, anche per l’organismo di un asgardiano. Se ne stava sdraiato, con il caos nella mente, con le lacrime che continuavano a scendergli dal viso, sebbene avesse smesso di singhiozzare da ore.
Sentiva quel fastidioso ago conficcato nella vena, pungerlo come un pugnale; ancora non realizzava ciò che era accaduto.  Non riusciva a liberarsi la mente dall’immagine del corpo martoriato di Pleione,  al suo splendido viso ricoperto di sangue denso. I suoi meravigliosi occhi, con i capillari rotti e gonfi di lacrime.
Si sentiva tremendamente in colpa per ciò che era accaduto; non se lo sarebbe mai perdonato.
Quella era la potenza di Thanos, la sua micidiale arma; fare del male senza manifestarsi realmente, non farsi mai vedere da svegli. Nemmeno il suo scettro, a quel punto, sarebbe servito a qualcosa.
Si torturava il pensiero con maledizioni verso se stesso, con orribili pensieri riguardo gli esiti delle operazioni su di Pleione; non poteva pensare che quel corpo, il quale amava con tutto se stesso, con il quale aveva trovato la serenità durante le loro notti d’amore, era ora distrutto.

Pensò alla prima volta che le aveva accarezzato la pelle nuda; alla prima volta che aveva passato le lunghe dita sulle sue spalle, sul suo collo, sulla sua schiena, lineare e perfetta. A quando aveva imparato a memoria la forma del suo viso, baciandolo in ogni punto, assaporandolo con lentezza, come un cibo afrodisiaco, che non avrebbe mai voluto finisse.  Si rifugiò nel ricordo dei loro corpi uniti in un incastro perfetto, nelle loro mani intrecciate, mai separate,  nei loro petti nudi a stretto contatto l’un l’altro.
Ma sebbene fossero i più dolci dei suoi ricordi, non riusciva a darsi pace, non riusciva a liberarsi da quei sensi di colpa che lo assalivano come belve. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, di quel soffitto, di quelle vetrate che davano su un panorama che dapprima aveva amato, ed ora cominciava a non sopportare.

Avrebbe desiderato che fosse tutto un orribile, spregevole scherzo che la fase onirica gli avesse giocato, ma così non era. Quella era la realtà della quale ora era schiavo, nuovamente.
Avrebbe desiderato stringere Pleione a se, rassicurandola, dicendole che c’era una soluzione a quel mastodontico guaio, che il loro amore non sarebbe mai stato a rischio.
Avrebbe desiderato dover pensare a tutt’altra risoluzione, ma non vedeva via d’uscita, se non con un’azione drastica.

Quando ormai si erano fatte le ore tredici del giorno seguente, il sole stava splendendo sopra New York.
Peccato che quel pomeriggio, il grattacielo Stark, era tutt’altro che raggiante.
Aleggiava un’aria pesante, una tensione che poteva essere tagliata con il meno affilato dei coltelli.

Pleione aveva ancora qualche operazione da affrontare; le erano state ricuciti i profondi tagli e le erano state raddrizzate le ossa, alcune delle quali avevano subito fratture scomposte. Ospitava dentro di se quasi tanto metallo, per via delle viti, quanto ne aveva Tony Stark dentro al petto.
Era stata sottoposta ad un coma farmacologico, in quanto se fosse rimasta cosciente avrebbe perso energie, e di conseguenza rischiato la vita.
Ogni ora, i vendicatori si davano i turni per farle da guardia, poiché Thanos avrebbe potuto colpirla nuovamente, durante il sonno indotto dal coma.
Naturalmente Banner pretese di avere il maggior numero di turni possibile; aveva promesso a se stesso che  a Pleione non sarebbe dovuto più accadere alcunchè.  Ne approfittò anche conscio del fatto che Loki era bloccato nella sua stanza, tre piani sotto quella della ragazza, e non avrebbe rischiato nulla, se le avesse tenuto la mano o sfiorato la fronte con timidi baci.

Tutto proseguiva lentamente, sembrava che il tempo si fosse fermato a quell’orribile notte. Nessuno aveva più sorriso, aveva più abbandonato l’angoscia di quei momenti strazianti.
Solo uno tra tutti si sforzava di essere forte, un po’ per far rimanere integra l’immagine di se stesso, un po’ per compassione verso gli altri, ed era Tony Stark.  Si preoccupava di non far mancare nulla ai suoi colleghi, Rogers compreso.
Aveva la morte, nel cuore robotico, ma doveva essere forte. Avevano promesso a quella coppia tanto strana, che li avrebbero protetti ed aiutati. Di certo non si sarebbe tirato indietro.

Dopo il suo turno in stanza con Pleione, quel pomeriggio, si diresse verso quella di Loki, la quale ormai era un taboo per chiunque non volesse impressionarsi ancora di più.
Lo trovò come se lo aspettava;  disteso, senza un’espressione delineata sul viso. Gli occhi glaciali erano spenti e vitrei, avevano perduto quella luce splendente che li aveva illuminati durante quei mesi. Il suo viso sembrava quello di un uomo molto più vecchio di quanto non fosse.  

La sacca della flebo sembrava contenere un paralizzante, più che un tranquillante.
Stark si avvicinò a Loki, senza parlare. Questo sembrò non notarlo nemmeno, non fosse stata per una rapidissima occhiata indifferente.

“Sono stato da lei fino a qualche momento fa. Si riprenderà… Loki, devi cercare di farti un po’ di forza, dannazione, altrimenti per lei non ci saranno davvero più speranze di rimanere in vita.”

Loki mosse le labbra, ma la sua voce era diversa, non più folle, non più melliflua, non più dolce.

“… Stava morendo, Stark.  Se non le avessi messo le mani addosso sarebbe morta. Il solo pensiero di averle causato ulteriore dolore, anche per salvarla, mi fa sentire uno schifoso verme.”

“Se non lo avessi fatto tu, lo avremmo senz’altro fatto noi, Loki. Non hai colpe per quello, cerca di non crearti inutili patemi d’animo.”

L’ asgardiano, però, sembrava non sentirlo. Era sollevato nell’aver avvertito la presenza di qualcuno, oltre che del vuoto, ma recitava un sermone che si teneva dentro da ore, senza essere riuscito ad esternarlo.

“Il suo corpo… Mai in vita mia, sebbene io abbia ucciso, ho infierito così su di un corpo, di donna poi. Nemmeno io sarei mai arrivato a partorire un’idea così… Malata. Così… Sporca e sudicia.”

Loki girò gli occhi verso quelli di Stark, già puntati sul suo volto. L’asgardiano assunse la stessa espressione, quasi di supplica, che adottò durante il suo dialogo con Odino, quando egli gli confessò le sue origini.

“Che cosa devo fare, Tony Stark? Non ho saputo impedire che lei venisse ferita, non ho saputo proteggerla. Che ruolo ho ormai, nella sua vita, se non quello di distruttore? Perché, diciamocelo signor Stark, io la vita gliel’ho solo che distrutta. L’ho fatta mia con lo sguardo, col mio corpo, con il mio alone di… Mistero.  L’ho trasportata in un mondo fittizio, che non l’ha salvata dal pericolo della morte. Aveva cercato di sfuggirle, me lo ha confessato lei stessa, proprio due giorni fa.  Non aggrotti le sopracciglia, Stark, perché anche se le ho fatto del male, io non volevo. Anche se la sua anima è in fiamme, io la amo. E non smetterò di farlo nemmeno in punto di morte. La amo come un mendicante ama la gentilezza di chi gli regala un sorriso, piuttosto che denaro, la amo come un nomade del deserto ama un soffio di vento fresco, dopo giorni di siccità. La amo come il terreno ama la pioggia, mi ha bagnato e nutrito con il suo animo, puro e genuino, privo di maschere. La amo come un aquila ama librarsi nell’aria, la quale è priva di qualsiasi ostacolo. La amo quando mi guarda, con quei suoi occhi, che hanno sciolto il ghiaccio dei miei, la amo quando mi parla, con la sua voce che è miele nella mia mente, la amo quando mi accarezza, quando mi bacia, quando mi abbraccia, quando semplicemente mi tiene la mano. Cosa devo fare, signor Stark, per far sì che questo mio cambiare, questo mio abbandonare l’oscurità, non sia stato tutto un vano processo?  Pleione non mi ha considerato mai un folle, un elemento dal quale stare a debita distanza. Mi ha voluto conoscere senza prestare attenzione alle idee che voi le avevate messo in testa. E’ per questo che deve rimanere viva, è per questo che pretendo, voglio che non le accada più nulla.”

Stark lo guardava con compassione, proprio come suo padre aveva fatto tempo addietro. Non poteva rimanere indifferente davanti a un
discorso simile. Perché trovò, che anche nei numerosi libri che aveva letto, mai erano state pronunciate parole più vere e sincere, mai aveva visto un uomo cambiare così. Tese la mano verso la spalla dell’asgardiano, ormai nuovamente in lacrime.

“Loki, sei cambiato davvero, e credi a ciò che dico, nessuno pensava che tu fossi sincero. Credevamo che stessi recitando, come hai sempre saputo fare. Ma dopo ieri, dopo il tuo tentativo di salvarle la vita, beh, abbiamo compreso che l’amore ti ha spalancato le sue porte. I discorsi freddi che facevi devono essersi disciolti definitivamente, negli abbracci di Pleione. Per premiarti di questo tuo sconvolgimento di personalità, ti prometto che verrà usata ogni arma, ogni mezzo, per contrastare quell’imponente ammasso di merda. Perdona la volgarità, ma i soprannomi di spirito non li trovo adatti per un mostro simile.”

Loki lo fissò, stavolta con occhi ricolmi di speranza.

“Stark giura di stare dicendo la verità. Non rimarrò mai seduto a guardare tutto questo scempio, ma giura che davvero farete di tutto, non per aiutare me, ma per distruggere Thanos.”

Stark, questa volta, tese la mano in direzione di quella di Loki, intento a stringerla. L’asgardiano la afferrò, seppur debolmente.

“Parola mia, quello schifoso verrà sconfitto.”

D’un tratto Thor spuntò dalla porta della camera, con espressione di chi aveva origliato l’intera conversazione. Si avvicinò al fratello, con un timido sorriso in volto, quello per cui la gente lo apprezzava come re.

“Fratello, anche Asgard è contro Thanos. Devi solo fidarti delle nostre truppe, delle nostre forze. Ora, è vitale che il tuo corpo riprenda la sua forza. Non devi stancarti a pensare a come vendicare Pleione, per quello ci siamo noi. Padre è stato avvertito di ciò che le è successo… Ti esprime tutta la sua solidarietà, ma farà in modo che guarisca prima. Sappiamo quanto tieni a lei, sappiamo che è ciò per cui hai abbandonato le forze oscure. Non permetteremo che perisca. Per Asgard e per te, che sono sicuro vi tornerai quanto prima.”

Loki rispose frettolosamente, quasi interrompendo il fratello.

“Thor il mio posto adesso è qui, vicino a lei, per proteggerla. Asgard mi saprà certamente aspettare. Non credo che nessuno senta la mia mancanza.”

Thor sorrise, stavolta serenamente.

“E’ qui che sbagli, fratello mio.  Venuto a conoscenza della tua redenzione, il popolo ha lottato molto per farti tornare nel nostro regno. Sei diventato quasi più popolare di me, tra le fiabe raccontate ai bambini.  Non sei più il mostro dal quale rimanere lontani; sei un esempio per loro.”

Loki rimase attonito davanti a tale dichiarazione. Davvero la sua gente aveva potuto perdonare la sua sete di follia e potere? Non poteva capacitarsi del fatto che Midgard fosse davvero la casa di esseri così potenti, come le midgardiane.

“Non mentirmi fratello…”

“Non lo sto facendo Loki. Riposa, coraggio. Vi rimetterete e presto vi potrete riabbracciare.”

Thor uscì dalla stanza, rincuorato nell’aver visto riaccendersi le emozioni negli occhi dell’amato fratello.
Stark era sorridente,  finalmente. Non lo era così tanto da ore, pregne di tensione ed orrore.


“Coraggio giovanotto, ora dormi. Prometto che più tardi… Beh, lo vedrai.”
 
***
 
Più tardi,  Pleione venne portata nuovamente nella sala operatoria; questa volta avrebbero dovuto sottoporla ad un intervento più invasivo, in quanto quasi tutte le costole erano state fratturate. Una di queste rischiava di perforarle un polmone, ma erano riusciti ad evitare una pericolosa emorragia.
A fine delle medicazioni, un’altra imponente cicatrice era comparsa sul suo corpo. Questa le squarciava l’addome, da sopra i seni, fin sopra l’ombelico. Aveva perso una grandissima quantità di sangue, per questo fu necessaria una subitanea trasfusione sanguigna.
Quello che i medici ed i chirurghi non riuscivano a comprendere, era uno strano ammasso che le rigonfiava leggermente la pancia, il quale non erano riusciti a debellare. Fecero alcune ecografie, ma nulla. Non sembrava acqua, tanto meno grasso. Conclusero che si potesse trattare di ritenzioni gassose, senza prestarvi particolare attenzione.

Dopo gli ultimi punti, riportarono la ragazza nella sua camera, e la ricollegarono all’elettrocardiogramma.

Pleione, nella sua testa, non sentiva nulla. Da quando era svenuta, dopo aver visto il viso terribilmente segnato di Loki, non aveva visto altro che buio, sentito altro che silenzio. Credette di essere morta davvero, questa volta.
Ed atroci pensieri le passavano per la testa; non era riuscita a rendere felice Loki, non era riuscita a cambiargli la vita, come avrebbe voluto. Non era riuscita a diventare una donna grande, matura, saggia. Non era riuscita a non diventare un fallimento vivente, come aveva pregato in passato. Non aveva trovato modo di difendersi, di essere forte, di fronte a Thanos. Aveva creduto di poter resistere ai suoi calci, alle sue innumerevoli botte, ma non fu così. Si considerò un’inutile feccia di un orribile parassita.

Ma ecco tutto fermarsi di colpo. I pensieri, le immagini che correvano velocemente nel suo cervello, di sorrisi, lacrime, abbracci, baci.
Sentì di nuovo la sensibilità del suo corpo. Non riusciva a vederlo però. Era immobilizzata, distesa, ma sentiva chiaramente una mano stringere la sua, e un’altra mano accarezzarle i capelli.

Non ebbe dubbi, nemmeno in principio. Doveva trattarsi di Loki. Avvertì il suono, seppur straziante, del suo pianto disperato.
Sentì anche la voce di Tony Stark dire sottovoce

“Prenditi il tempo che ti serve.”

Le mani di Loki le scivolavano lungo il corpo, le toccavano le cicatrici e gli arti ingessati, ai quali straordinariamente non sentiva dolore.

“Che cosa ho lasciato che ti facesse quel mostro… Perdonami Pleione, ti prego. Avrei voluto aprirmi davvero, senza darti l’impressione di farlo per compassione. Ti avrei detto tutto la notte scorsa, se solo non ci fossimo addormentati. Ma era troppa la stanchezza, era troppa la voglia di starci accanto, seppur in silenzio.  Avrei voluto dirti che ti amo con tutto me stesso, e non riuscirai mai ad immaginare l’infinita grandezza e immensità di questo mio sentimento per te. Pleione mi hai salvato, mi hai fatto redimere da una vita orrenda, all’insegna delle barbarie, degli assassinii. Non importa se non senti, non importa se mi considererai un debole.  I tuoi occhi sono l’antidoto per il veleno che ho portato a lungo nell’anima, e peno per rivederli quanto prima. Sii forte, più che puoi, io lo sono per te, ogni secondo che passa, in questo maledetto posto, che non ho mai odiato tanto. Ho riflettuto a lungo su quanto mi hai detto a Montauk, sulla tua vita, sui drammi che l’hanno segnata. E ho creduto di essere così simile a te. A lungo ho desiderato una creatura esattamente uguale a me. A lungo ho creduto che l’avrei amata, fino al mio ultimo respiro. L’avrei cullata tra le mie braccia, le avrei donato l’intero universo, se me lo avesse chiesto. Ma mi sbagliavo. Questa notte mi hai dato la conferma del fatto che non siamo simili, non siamo affatto uguali. Ciò che hai detto a Thanos, prima di perdere definitivamente la coscienza, mi ha fatto comprendere quanto tu sia unica, quanto tu sia rara. E quanto io sia stato privilegiato e graziato nell’averti trovata. Grazie di permettermi di amarti, ogni giorno. Perché ci sono tante cose che ti vorrei chiedere, per conoscerti, ma tutto si riduce ad una domanda, nella mia mente: cosa sarebbe accaduto se non mi avessi permesso di far breccia nella tua anima? Resisti… Amore mio.”

Loki le posò un bacio sulle labbra, troppo fredde, troppo immobili, alzando la maschera dell’ossigeno.

Pleione pianse dentro di se, tutte le lacrime che non aveva pianto fino a quel momento. Sfogò il suo dolore in urla silenziose ed intime; urlava il nome di Loki, urlava le parole ‘ti amo’ dentro la sua anima, come se fossero state la medicina più potente per le sue ferite.
Lottò contro i farmaci che la tenevano addormentata, lottò contro alla paralisi a cui era costretta, e mosse con un velocissimo scatto la mano che era intrecciata a quella di Loki, che non smetteva di baciarla.

Questo spalancò gli occhi, credendola sveglia. Ma anche se non lo era, il suo cuore si scaldò di un tepore meraviglioso; lei aveva sentito. Lei stava bene.

E fu certo, che da sotto la mascherina che le buttava ossigeno dentro ai polmoni, avesse visto muoversi impercettibilmente le labbra di Pleione.

“Ti amo… Con grande ardore.”

Sentì nel suo pensiero, Loki.
Era sicuro che non ci fosse null’altro, nell’universo intero, di più prezioso della vita di Pleione. Niente lo avrebbe costretto a non combattere, anche se questo sarebbe significato perdere la sua vita. Ma poco gli importava, Pleione doveva vivere, anche per lui.








Note: Ciao stelline mie. Scusate di nuovo il ritardo con cui aggiorno questa sera, ma lo studio mi sta divorando viva. Spero che il capitolo vi piaccia tanto, ci ho emsso molto a scriverlo, ma ho voluto seguire i consigli di alcune di voi, e cercare di far aprire un po' quell'ermetico del principino asgardiano! Hehe. Un bacione grande grande e grazie die ssere sempre  così meravigliose. Grazie di cuore.

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Capitolo 19
*** Don't let it break your heart ***


La guarigione di Pleione avvenne rapidamente, grazie all’intervento, dall’alto, di Odino; le fratture a gambe e braccia si ricomposero in poco più di qualche giorno, i lividi si sgonfiarono e le cicatrici divennero meno evidenti. 
Loki ringraziava l’intervento del Padre in ogni momento. Egli permise, inoltre, una immediata ripresa di forze per lui; ciò significava potersi alzare dal letto in cui era costretto, togliersi quegli aghi dolorosi dai polsi e poter stare accanto a Pleione in ogni momento.

Era passata una settimana ormai, dal fatidico incidente; durante questo tempo, venuto a sapere dell’accaduto, Fury decise che avrebbe riunito i vendicatori e, seppur con estremo fastidio, anche Loki, per una riunione straordinaria. Thanos, avendo attaccato una terrestre, aveva sfortunatamente tenuto fede alla parola data in precedenza. E ciò stava a dimostrare il fatto che il mostro avrebbe potuto attaccare qualunque terrestre volesse.

La riunione avvenne nell’ufficio di Stark, che era stato munito di telecamere e sistemi avanzati di sicurezza, nel caso di una qualche malefatta del principe asgardiano.
Si ritrovarono tutti insieme, seduti attorno alla grande scrivania ovoidale. Ognuno dei vendicatori era visibilmente teso, mentre non si vedeva ancora traccia di Loki. Fury era venuto accompagnato da Maria Hill, sua stretta collaboratrice. Lei avrebbe avuto il compito di badare a Pleione, durante la riunione.
Fury  si girava velocemente i pollici, impaziente ed infastidito dal ritardo dell’asgardiano.

“Maledizione, sempre a fare ciò che vuole, quel criminale!”

Sbottò improvvisamente, alzandosi in piedi.

“Comandante Fury, mio fratello si trova nella stanza della midgardiana ferita! Cerchi di comprendere il suo dolore..”

Disse con tono duro, Thor.

“Dolore? Parli di dolore Thor? Quel ragazzino sta tramando un’alleanza con Thanos. Credi davvero che se avesse voluto proteggerla, le avrebbe permesso di addormentarsi, quella notte? Sapeva benissimo che quel mostro poteva trovarla ed aggredirla.”

Disse  iracondo, Fury.

In quello stesso momento, stava facendo il suo ingresso nell’ufficio, proprio Loki. Sembrava un po’ più rilassato dei giorni precedenti. Vedere le condizioni di Pleione migliorare giorno dopo giorno, gli aveva permesso di non pensare più al peggio.

“Mi spiace per il ritardo. Mi sono voluto intrattenere più del solito. Bene bene, guarda chi si rivede. Non mi chiudete in una gabbia stavolta?”

Disse Loki, guardando negli occhi Fury, mentre prendeva posto vicino al fratello.

“Fa poco lo spiritoso, Loki. La situazione ci è sfuggita di mano e tu non ti rendi conto di quanto sia grave..”

“Ma dico Fury, sei senza un occhio, non senza cervello! Come puoi dirgli che non si rende conto?! Hai una minima idea di cosa abbiamo visto, mentre la ragazza veniva aggredita?”

Disse ridacchiando sarcasticamente, Stark.

“Sta zitto Strak e fammi parlare. Loki ti devi allontanare da lei. Va dove ti pare, in Messico, in Europa, in Cina, ma devi assolutamente, tassativamente lasciarla stare. Corre il rischio di venire uccisa, mi comprendi? E credo che nessuno dei presenti sia allettato dall’idea di vederla perire. Dovrai prendere una scelta.”

Disse Fury, rimettendosi seduto e calmandosi.

“Comandante, la presenza di Loki è vitale per Pleione, lei..”

Intervenne restia, Natasha.

“Per la signorina Stuart è vitale stargli lontana, e ancora una volta, non farti prendere dai sentimentalismi Romanoff, non ti sono utili.”

Burton, visibilmente adirato per le parole appena pronunciate dal suo capo, intervenne animatamente.

“E’ questo il punto, comandante! Lei non sta mettendo in conto i sentimenti della ragazza ed, ebbene si, anche quelli di Loki! Non riesce a capire che si stanno salvando a vicenda, si stanno proteggendo a vicenda grazie ai sentimenti? Senza sono vulnerabili! Se Loki non provasse qualcosa di forte per la signorina Stuart, sarebbe caduto certamente nelle trappole di Thanos. E se la signorina Stuart non fosse stata spinta dalla forza di ciò che prova, sarebbe, senza ombra di dubbio, morta, la settimana scorsa.”

Loki si girò sorpreso verso Burton, e con lui tutti quanti i presenti. Era la prima volta che egli mostrava così tanta… Comprensione. E per l’uomo che l’aveva soggiogato, poi.
Dopo un attimo di stupore, Loki  si rivolse verso di Fury, con sguardo torvo e freddo.

“Lei crede che nella mia mente non sia aleggiata un’idea del genere, signor Fury? Ha idea di quante volte, in questi giorni, ho pensato di sparire, senza lasciare traccia? Ma ho riflettuto, so farlo anche io, per quanto possa sembrarle strano. Ho riflettuto a lungo, ed ho compreso che se Pleione dovesse vivere con l’idea che io la possa aver abbandonata, beh, in quel caso morirebbe sul serio. Per cui si scordi all’istante della sua proposta; Pleione non verrà abbandonata a se stessa.”

“Sono d’accordo con Loki, signor Fury. La ragazza non potrebbe sopportare un dolore tanto forte, adesso.”

Banner intervenne, seppur a bassa voce e con gli occhi fissi sulle sue ginocchia. Non osava alzare lo sguardo verso di Loki, per paura di far trasparire i propri sentimenti.

“Ci si mette anche lei dottor Banner?! Maledizione siete diventati una banda di rammolliti!”

Sbraitò Fury, sbattendo i pugni sul tavolo.

“Si si, siamo diventati una banda di rammolliti, contento? Sappiamo gestire la situazione da soli, per cui, se si vuole accomodare fuori, signor Furyoso, sarò lieto di accompagnarla. O vuole un drink per calmare i nervi?”

Alla battuta di Stark, persino a Rogers venne difficile soffocare una risata. Il comandante era livido di rabbia, e si dovette trattenere dal mettere le mani al collo dello spavaldo miliardario.

“Il tuo drink sai perfettamente dove metterlo e no, non me ne andrò finchè non sarete rinsaviti, razza di idioti che non siete altro! Loki, ascoltami bene, ed anche tu Re di Asgard. Se c’è un modo per tornarvene nel vostro regno, trovatelo. Più lontano andrete, meglio sarà per la ragazza e per l’umanità intera. Lasciate da parte il vostro egoismo e concentratevi su quelli che sono i rischi di rimanere qui! Anche se tu rimarrai al suo fianco, Loki, lui l ucciderà comunque. Non gli importerà nulla di apparirle nuovamente in sogno,  magari con armi affilate e potenti.  E se uccidesse anche te? Cosa pensi che succederebbe alla povera piccola Pleione? Vivrebbe da schifo, esattamente come ora, anzi molto più di adesso.”

Loki sosteneva lo sguardo rabbioso di Fury, mentre questo continuava il suo discorso. Ma Loki ,con la mente, si trovava fuori dall’ufficio di Stark, fuori dal suo grattacielo. 
Sebbene cercasse di dimostrare il contrario, sapeva che avrebbe dovuto farlo. Sapeva che, per il bene di Pleione, avrebbe dovuto lasciarla da sola. Come un codardo, come un uomo spregevole, come un debole. Avrebbe preferito davvero morire, piuttosto che allontanarsi da lei, ma dopo ciò che era successo, nulla gli sembrava più ovvio, più prudente.

Thor notò lo sguardo assente del fratello e gli posò una mano sulla spalla.

“Cosa preferisci fare, principe asgardiano? Stare a guardare mentre la tua bella viene uccisa, o cercare di salvarla? Non hai molta scelta… Ed ora, vi lascio alle vostre ultime considerazioni, non ci è rimasto molto tempo . Qualcuno vada di sotto, Maria Hill deve tornare alla base con me.”

Finì così il suo discorso Fury, uscendo dalla stanza con passo deciso.  Lo seguì  Rogers, il quale prese il posto di Maria Hill.

“Quell’uomo ha il tatto di un elefante in una cristallerai, santo cielo.. Comunque come sta Pleione? L’hai vista un po’ più colorita?”

Chiese Stark, avvicinandosi a Loki.
Questo, ancora in preda ai suoi pensieri, alzò lo sguardo verso l’uomo.

“…Si. O meglio, riesce a respirare senza quella maschera in viso. E’…E’ buon segno, no?”

“Si, lo è Loki. Vedrai, starà meglio molto presto. Perdonatemi, ma devo andare a stendermi qualche minuto.”

Disse il dottor Banner, uscendo dalla stanza con una strana espressione dipinta in volto.

“Loki, vieni con me fratello, voglio scambiare qualche parola da soli. Vi spiace se ci allontaniamo qualche istante?”

Chiese Thor, rivolto ai vendicatori.

“Andate pure, ognuno di noi ha alcune cose da sbrigare. Adios!”

Disse Strak, sorridendo.


***
Giunti in prossimità del tetto dell’edificio, i due fratelli guardavano l’orizzonte in silenzio. Thor navigava con lo sguardo tra gli imponenti palazzi di New York, che tanto gli ricordavano le costruzioni di Asgard. Preso dalla nostalgia di casa, si rivolese al fratello con tono affettuoso.

“Non ti manca mai, Asgard?”

Loki, visibilmente triste ed angosciato, spalancò gli occhi a quella domanda.

“Mancare? Vi ho passato gli ultimi istanti rinchiuso in una cella, senza cibo e senza acqua. Come puoi pensare che mi manchi…”

“Io… Ecco, credevo che potremo trovare un modo per… Portare almeno lei, al sicuro. A casa.”

Disse Thor, conscio del fatto che il fratello sarebbe esploso con una serie di insulti senza fine. E così fu.

“Pleione ad Asgard? Mai. La trasformerebbero in un’ordinaria asgardiana. Guerriera, fredda e senza luce negli occhi. Mi sono invaghito di lei perché era diversa da qualunque altra femmina io avessi mai incontrato.”

Disse Loki, fissando gli occhi azzurri di Thor.

Questo sorrise, con aria beffarda in volto.

“Dicesti lo stesso di Sif, quando eravamo poco più che adolescenti!”

“Oh, per Odino, quanto sei stupido Thor. Come puoi paragonare una come Sif a Pleione…”

Stettero nuovamente in silenzio per qualche momento, finchè Loki non si pronunciò e confessò, cominciando a far cadere le lacrime dal viso.

“Thor… Lo devo fare.”

“Che cosa, Loki? Perché stai piangendo?”

“La devo allontanare da me… Volente o nolente. So che morirà, se non lo farò. So cosa rischia. L’ho visto. Non voglio mi più sentire il rumore delle sue ossa rotte, non voglio mai più vedere scorrere una goccia di sangue sulla sua pelle, e non voglio mai più vedere quella patina di dolore nei suoi occhi.”

“Ma Loki, c’è un’altra soluzione, c’è un altro modo..”

“No, Thor, non c’è…”

“Ma come pensi di poter fare qualcosa di simile?! Ti trasformeresti nuovamente nel mostro che eri! Non puoi lasciarla qui senza pietà per i suoi sentimenti, e per i tuoi!”

“Un modo c’è. Anche se comporterà… la mia fine.”

Thor spalancò gli occhi, allarmato dalle ultime parole pronunciate dal fratello.

“Cosa… Loki non penserai per caso di..”

“Recupererò i miei poteri, fingerò di allearmi con Thanos. E poi provvederò a farla precipitare in un oblio… “

“NO! LOKI NON LO FARAI!”

Thor gli strinse il braccio, suscitando un pianto più animato e rumoroso.

“STUPIDO IDIOTA! NON CAPIRAI MAI QUANTO TUTTO QUESTO MI STIA DEMOLENDO IL CUORE E L’ANIMA! CREDI CHE MI DIVERTA? CHE SIA MINIMAMENTE PIACEVOLE PENSARE DI DOVERLE FARE QUESTO?”

“Non sarò complice del tuo omicidio, fratello.”

Disse Thor, mollando la presa. 

“Ho preso una decisione. Sono inamovibile”

“Non hai pietà, dannazione, Loki! E’ in un letto che lotta per vivere, come puoi farle questo?! Credi che non se ne accorgerà?”

“Lo farà. E questo mi preparerà lentamente al fatto di dover inevitabilmente essere annientato, da Thanos e da Odino.”

“Loki hai nuovamente perso il senno… Ti prego.”

“BASTA! Sarà la mia ultima malefatta Thor. E poi scomparirò. Non sarò più un fastidio per nessuno..”

***
Quella notte, Loki , come sempre, le teneva la mano e la guardava dormire. Prese il poco coraggio che gli era rimasto, e le parlò di nuovo. 

“Vorrei vederti sveglia. Vorrei saperti sana. Nessuno capisce come il nostro cuore sia demolito, ma forte, allo stesso tempo.  Mi sto odiando, per ciò che dovrò farti… Preferirei impiccarmi, piuttosto che sapere che non ti ricorderai più nulla. Ma è la cosa più giusta da fare, per te. Devi rimanere in vita, Pleione, devi farlo per me, altrimenti non avrò forza di morire. Ricordati, finchè potrai, dei miei occhi, che ti hanno amata così tanto e ti hanno studiata, ammirata, desiderata, per tutto questo tempo, che anche se poco, a me è sembrato infinito. Ricordati dei miei baci, che sono stati sinceri e pregni di amore, ricordati delle mie carezze, dei miei abbracci, che in vita mia ho riservato solo a te. Ricordati della mia voce, che anche se ti può essere parsa fredda e distaccata, era animata solo grazie all’amore che mi hai donato. Non lasciare che la nebbia che ti avvolgerà, ti porti via la felicità. Non lo fare. Difendila come hai difeso te stessa da Thanos, sii forte, Pleione, rendimi fiero di te, fiero di amarti, fiero di averti avuta al mio fianco.”

Non riuscì ad andare oltre. Piangeva troppo forte; il dolore lo stava sovrastando di nuovo, non riusciva a tenersi tutto dentro, eppure aveva paura che Pleione stesse sentendo ogni parola. Non gli aveva stretto la mano, non aveva mosso le labbra o strizzato le palpebre. Era immobile, innocente, impotente davanti a lui. Loki non si era mai sentito così sporco dentro, così spietato e malvagio. 

“L… Loki S..sei tu?”

Una voce appena percettibile fece bloccare di colpo i singhiozzi dell’asgardiano. Aveva paura ad alzare lo sguardo dalla mano di lei, ancora immobile. Volse gli occhi, lentamente, verso di lei.
Pleione lo stava guardando come sempre, con tutto l’amore che aveva dentro di se. La felicità e l’angoscia facevano a pugni nel petto di Loki. Questo si asciugò, con un gesto rapido, le lacrime dagli occhi, per poi assumere un’espressione che non gli era appartenuta da troppo tempo.

“Come.. s..stai, Loki?”

L’angoscia uscì vincitrice da quello scontro sanguinoso.

“Sto bene. Hai impiegato parecchio tempo per svegliarti, Pleione.”

“Io.. Mi sei m..mancato t..tanto, Loki.”

“Sono stato qui, sempre. E’ stato faticoso, ho perso molte forze per aiutarti a svegliarti, quella notte. Ma non lo facevi.”

Lame affilate si conficcavano nel cuore di Loki, facendolo soffrire come una bestia torturata.
Pleione non riusciva a capire se fosse un effetto del risveglio, e quindi un’allucinazione, o se fosse la realtà. Gli occhi di Loki erano freddi e fermi, come ghiaccio. Di nuovo. E la sua voce era senza alcun tono, come quando lo aveva appena incontrato. 

“C’è.. qua..lcosa che non..va?”

Loki si sarebbe volentieri ucciso con le proprie mani. Pleione non era nemmeno riuscita a mettersi seduta, e lo guardava negli occhi, senza mutare espressione, ma confusa. Non aveva la forza di contrastare la gioia nel vederlo, dopo una settimana di sonno forzato. 

“Sono solo stanco. Ti spiace se me ne vado? Sai, ora io ho sonno.”

Le botte di Thanos, a confronto con quelle ultime parole, erano state carezze, per il cuore della ragazza. Non riusciva a comprendere che cosa fosse accaduto in quei giorni, per stravolgere in quel modo il comportamento di Loki nei suoi confronti. Non fece domande, non ne aveva la forza.

“Va..pure Loki. Dormi be..ne.”

Ma Loki era già uscito dalla stanza, trattenendo il respiro nel petto. Avrebbe voluto baciarla a non finire, avrebbe voluto accarezzarla, ripeterle ‘ti amo’ senza mai finire, avrebbe voluto chiederle scusa, per non averla tenuta sveglia, avrebbe voluto prometterle che non l’avrebbe mai lasciata sola. 

Il vuoto nel suo cuore si stava facendo spazio, forzatamente, un’altra volta.













Note: Ok, questo capitolo è uscito fuori una schifezza. Ho provato a scriverlo bene per tre giorni, ed è uscita una terribile schifezza. Vi prego di scusarmi stelline mie, ho paura che stavolta vi lascerò piuttosto deluse :( Spero mi perdonerete, ma scrivere il tratto in cui Loki si capovolge come un calzino, è stato davvero difficile. Un bacione e grazie di cuore come sempre, siete fantastiche.

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Capitolo 20
*** Forgive me ***


Pleione rimase immobile per tutto il resto della nottata. Aveva dovuto rindossare la maschera per l’ossigeno, poiché la conversazione con Loki l’aveva scossa, e non poco.
Gli occhi spalancati, senza luce. La mente intrappolata nel ricordo di quelle parole fredde e terribilmente sconosciute.  Non riusciva realmente a comprendere; cosa poteva essere accaduto in quelle sue giornate d’assenza? Cosa aveva sconvolto, a quel modo, l’equilibrio armonioso e sereno che tanto aveva faticato a creare? Tormentò il suo cervello con domande, apparentemente senza risposta, per tutto il tempo, senza dargli pace.
Il suo sguardo era fisso sulle ferite, che ora non gli sembravano più tanto gravi e dolorose, rispetto a ciò che Loki le aveva poco prima inflitto.  
Cercò, a tutti i costi, di trovare un motivo a quelle parole distaccate, a quello sguardo glaciale, a quell’ espressione indifferente. Scavava dentro se stessa, usando la poca forza che aveva, per trivellare il cuore, farne fuori uscire le verità, che in quel momento, lei riteneva nascoste.

Perché, no, non poteva essere colpa di Loki, qualcosa nato dalla sua mente. Da perpetua ingenua qual’ era, si convinse che doveva per forza essere lei la ragione scatenante. Lacrime per piangere non ne aveva più, respiri da trattenere nemmeno. Si limitava a quella che, a volte, era la tortura peggiore per lei: pensare.
Vedeva la vista offuscarsi ad ogni respiro, per via di quella maledetta maschera. Avrebbe voluto spostarla dal suo viso, e poter essere in grado di farcela da sola, di respirare da sola. Ma nemmeno quello le era concesso.

D’improvviso, sentì uno scatto provenire dalla porta della sua camera, illuminata solo da una fastidiosa e chiarissima luce al neon.  Girò velocemente, almeno quanto le era consentito, il capo verso di questa, speranzosa di intravedere  due occhi chiari e una chioma corvina, fare capolino. Ma dovette abbandonare presto le speranze, non eliminando, però, il sentimento di sollievo.  

“Pleione…”

A spuntare, timidamente, dalla soglia della porta, era il dottor Banner.
Anche se Pleione bramava di poter parlare chiaramente con l’asgardiano, non era dispiaciuta affatto nel vedere Banner. Spostò dal viso quella torturante mascherina e salutò l’uomo di fronte a lei.

“Signor Banner… Che.. Bello vederla.”

Il cuore sobbalzò, a quelle parole, nel petto dell’uomo. Si guardò indietro, prima di arrischiarsi a farsi vicino alla ragazza. Nessuna parola avrebbe mai potuto esprimere il suo sollievo nel vederla sveglia. Nel vederla viva.

“Come stai..?”

Le disse, sedendosi accanto a lei.

“Beh, indolenzita direi.”

Scherzò Pleione, cercando di mettersi pseudo seduta.

“E’ stato… Semplicemente orribile, vederti ridotta in quelle condizioni. Avrei tanto voluto evitarlo.”

Disse Banner, spostando lo sguardo dagli occhi verdi di lei, al suo corpo.

“Non si faccia cruccio di cose.. Inesistenti. Sono certa che.. Nemmeno Thor e.. la sua arma avrebbero.. Potuto placare la furia… Di Thanos.”

Pleione faticava a parlare; respirava affannosamente, quasi dovesse cercare di catturare le parole nell’aria, che scappavano via da lei.

Banner notò il suo affaticamento, e le accarezzò la mano, lievemente.
Per un istante rimasero in silenzio, uno in preda al sollievo e l’altra in preda allo sconforto. Ma dopo poco Pleione riprese a parlare, incurante del poco ossigeno che circolava nei suoi polmoni.

“Dottor Banner… Ha idea di cosa.. Sia successo a Loki.. Durante il mio.. Sonno?”

L’uomo deglutì, prima di rispondere.

“Perché me lo chiedi? E’ accaduto forse qualcosa?”

“Era.. Freddo. Come qualche.. Mese fa. Come quando.. L’ho riparato in.. casa mia, la prima…volta.”

Rispose Pleione, volgendo i suoi occhi verso quelli dell’uomo. Adesso questi erano impauriti nel trasparire incertezza.

Banner sapeva  molto bene il perché di tale freddezza, da parte dell’asgardiano. Ma non avrebbe mai pensato che quell’assurdo piano, da Fury suggerito e da Loki premeditato, sarebbe stato realmente messo in atto. Dovette sforzarsi disumanamente per mantenere la calma, per apparire rilassato davanti a Pleione.

“Non saprei… Mi è sembrato, normale, sì, in queste giornate. Naturalmente era preoccupato per te, come tutti noi”

La ragazza chiuse gli occhi, strizzando forte le palpebre. Le più pessimistiche delle ipotesi cominciavano a sbocciare nella sua testa.

“Quindi non… Ha detto nulla… Riguardo al voler… Allontan..”

“No. Non lo ha mai fatto Pleione. Parola mia.”

La bloccò, seccamente, Banner.

Non poteva permettere che lei si demolisse ancora di più. Il suo cuore non avrebbe retto. Il suo animo si sarebbe lacerato ancor più di quanto non lo fosse già. Bruce Banner conosceva bene il prezzo del dolore, della solitudine e ciò che il corpo subiva, in condizione di schiavitù da parte di questi. Avrebbe mentito, per salvarla. Avrebbe mentito, per darle almeno qualche istante in più di respiro.
Ma nonostante il suo sforzo, Pleione notò un’aura di menzogna nella sua voce, nel suo viso, nei suoi occhi. Preferì non contraddirlo, non farlo sprofondare nella vergogna. Sapeva che Banner, per lei, provava amore, e questo andava rispettato. Non lo avrebbe ferito, rinfacciandogli quella bugia.

“Grazie.. Signor Banner. Le.. Dispiace se.. Mi riposo qualche.. istante? Sono.. stanca.”

Disse lei, con estrema dolcezza e garbo.

“Certo, non ti preoccupare. Tornerò a darti un’occhiata tra poco, dobbiamo sorvegliare il tuo sonno, costantemente. Coraggio, riposati.”

“Arrivederci.. Dottor..”

Banner la interruppe, sorridendo dolcemente.

“Chiamami Bruce, Pleione, solo Bruce.”

Lei annuì.

“Arrivederci Bruce.. Grazie.”


Quando fu sola, immersa nel silenzio, sicura di non essere osservata, Pleione si fece forza.
Tutta la forza che non aveva mai trovato nella sua intera vita, la sfoderò in quegli attimi; le gambe erano ancora in condizioni precarie, una pressione più forte del consentito le avrebbe nuovamente fratturato le ossa. Odino poteva aiutare, con la sua potenza, ma non poteva sfidare le leggi dell’anatomia. Le braccia non avrebbero retto il peso di un bicchiere di vetro, figurarsi quello del suo intero scheletro.

Si privò, con rapide mosse, attenta a non fare movimenti troppo bruschi, delle flebo, e degli innumerevoli elettrodi applicati sulla sua pelle. Respirò aria, tanta quanta la sua cassa toracica, ancora fragile, riusciva a contenere.
Si mise seduta, ricacciando i gemiti di dolore che insorgevano, attenta a non farsi sentire. Non ricordava di avere mai avuto i polsi così sottili, così fragili. Si accorse solo in quel momento del rigonfiamento, strano e arrossato, presente sulla sua pancia, ma non vi prestò particolare attenzione. Doveva alzarsi.

Fu il turno di mettersi in piedi, di camminare, di nuovo, dopo una lunga settimana di immobilità totale; mise i piedi nudi sul pavimento, freddo, ma mai come il suo animo in quegli istanti. Contò alla rovescia, per poi alzarsi in piedi.
Ma dovette ricadere sul letto, dolorante e ormai con le lacrime agli occhi.
Non importava quanto facesse male, non importava rompersi le ossa,  danneggiare se stessa. Importava raggiungerlo, ovunque egli fosse. Camminava e capitolava a terra, senza sosta, senza curarsi delle urla sopite dentro il suo petto. Sapeva perfettamente che tutto era meglio che vivere in quella  sfera di glacialità ed indifferenza; voleva tornare nella loro bolla, quella dove l’amore e la felicità non erano più emozioni proibite.

Si trascinò, passando stranamente inosservata, e in condizioni pessime, per tutti e tre i piani che la dividevano da quella maledetta stanza, nella quale aveva subito le percosse di quel mostro.

“Non ho paura.”

Sibilava ogni qual volta cadeva.

“Amo fino a bruciare.”

Diceva dentro di se, mentre sentiva le gambe cedere e sgretolarsi.

“Non sono più… Una benda troppo… minuta… per una ferita… troppo ampia.”

Dopo quasi un’ora di straziante trascinarsi, arrivò finalmente davanti alla porta. A quella porta. Lo vedeva, seduto sul suo letto, con la testa fra le mani. Sembrava piangere.

Con le infinitesimali forze rimaste, Pleione aprì la porta, facendo sobbalzare Loki.

“PLEIONE!”

Loki non credeva ai propri occhi. Non riusciva a rendersi conto di ciò che Pleione aveva appena fatto.
Dalle sue braccia colava sangue, i lividi erano di nuovo di un nero carico, e il suo volto era il ritratto della sofferenza.
Le corse incontro, poco prima che cadesse nuovamente per terra; la raccolse tra le sue braccia, bagnandola con le sue lacrime, ormai incessanti.

“Ma cosa ti è saltato in mente?! Sei un’imprudente!”

Urlava l’asgardiano.

Pleione aveva affrontato tre piani di scale e corridoi, senza un sostegno, senza ossigeno, incurante delle appena rimarginate fratture. E questo per vederlo, per poterlo sentire vicino a se. Loki comprese solo in quel momento, che la definizione di ‘amore’, era perfettamente riassumibile con quanto era appena accaduto.

“Io… Io… Loki.. Lascia che io.. Mi possa scusare… Con te.”

Disse ansimante, Pleione.

“Devi immediatamente riattaccarti alle flebo, a quei marchingegni maledetti, Pleione dannazione…”

“Loki.. Scusa..”

Loki  le controllava ogni centimetro della sua pelle, impaurito che qualche ferita si fosse riaperta, che qualche frattura si fosse ripresentata.

“Scu..Scusa?! Di cosa dovresti scusarti?! Stai sanguinando di nuovo…”

Ma Pleione sembrava non sentire la voce di Loki, sembrava non avvertirne la rabbia, per essersi spinta fino a quel punto.

“Scusa… Perché io… Non ti amo abbastanza… Non lo faccio come.. Tu vorresti. Com.. Comprendo che non vorresti essere così.. Così assillato, dalle mie.. Attenzioni. Vorrei solo… Che tu fossi.. Finalmente felice. Vorrei.. Poterti dire che Thanos.. Non è poi così spaventoso… Vorrei poterti dire che il nostro futuro… E’ certo, che non ci… saranno altri ostacoli. Vorrei poterti amare… Senza sapere di starlo facendo nel.. Modo sbagliato. Scusa se… sono stata.. Imprudente. Volevo solo.. Che tu lo.. Sapessi. Volevo solo.. Vederti.”

La ragazza si creò un posto con il capo, nell’incavo delle spalle di Loki, totalmente sconvolto da quanto appena  affermato dalla ragazza.
Si ritrovò nelle medesime condizioni di quando, per la prima volta, lei gli aveva aperto il suo cuore, di quando, all’ingresso della Stark Tower, si erano per la prima volta uniti in un bacio.
La prese in braccio, distendendola sul suo letto. Ringraziò Odino che Pleione avesse gli occhi chiusi e che non potesse accorgersi dell’emozione ritratta sul suo volto, di disperazione, in contrasto con la sua voce, ferma e monocorde. Se la voleva salva, anche se incapace di contrastare l’amore, crescente nella sua anima, per la midgardiana, avrebbe dovuto far ritornare la freddezza.

“Stai ferma qui e non andartene più a spasso per i corridoi. Chiamo i dottori.”

“Loki.. Scusami.. Davvero.”

Sibilò Pleione, in procinto di svenire per il dolore.

“Sta zitta, non sprecare le tue forze.”

Loki si allontanò, correndo disperatamente in cerca di un dottore.

Il suo cuore ormai era una discarica di finzione, di bugie, di contraddizioni. L’amore per Pleione bruciava, ardeva dentro di lui, non comprendeva come gli venisse così, terribilmente, naturale, essere freddo. Avrebbe voluto scaldarla con tutto il suo affetto, confortarla, assicurarle che sarebbe stata bene. Aveva l’inferno e il paradiso, dentro l’anima, in guerra. Il male assoluto cercava di contrastare il bene, che implorava al cuore di fermarsi, di non sotterrare di nuovo qualcosa di buono, qualcosa di propedeutico. Ma il male, sadico, subdolo, suggeriva al cuore di placare quel ritmo frenetico, di ragionare con la mente lucida, e non pervasa dall’amore.
Era peggio che venire sgozzati, che perdere un arto. Loki portava la maschera dell’uomo forte, indipendente. Ma dentro di se era fragile, era combattuto, era  solo in quel compito arduo e sporco.

Cercava un dottore, ma incontrò quello sbagliato.

“Maledetto bastardo che non sei altro.”

Disse tra i denti il dottor Banner, bloccandolo al muro con le forti braccia.

Loki non stette fermo a subire, cercò di districarsi da quella morsa.

“Non è il momento, Banner, Pleione è grave. Ha bisogno di essere cur..”

“Lo so cos’ha fatto, maledetto stupido, l’abbiamo vista tutti quanti dai monitor, che cosa credi?”

Loki spalancò gli occhi, iracondo.

“E non avete fatto nulla?! L’avete lasciata agonizzante dov’era!?”

Banner lo fronteggiò, senza paura.

“Se avessi potuto, se me lo avessero lasciato fare, l’avrei riportata indietro immediatamente, appena fosse uscita dalla sua stanza. Ma mi è stato ordinato di lasciarla venire da te, hanno detto che le avrebbe fatto bene. Ma, diamine, non ti credevo così… Subdolo.”

“Banner non c’è tempo..”

“Non temporeggiare, Loki, stanno già andando a curarla, non preoccuparti. Avevo un’opinione precisa di te, avevo deciso di darti fiducia, di permetterti di starle accanto, convincendo tutti di non starvi col fiato sul collo. Come al solito mi sono sbagliato. Come puoi pensare di farle… Questo.”

Disse il dottor Banner, con la bocca digrignata in un’espressione mista tra disgusto e furia.

 “Voi continuate a non capire..  E’ la cosa migliore. Non si ricorderà del suo dolore. E lei, mio caro dottore, potrà starle accanto se proprio vorrà, glielo concedo. Non faccia quell’espressione, me ne sono accorto di come la osserva, di come la desidera.”

Banner mollò la presa, non riuscendo più a sostenere lo sguardo freddo e deciso dell’asgardiano.

“Loki. Amala. Non distruggerla. Distruggerai anche te. Si è vero, credo di amarla quanto la ami tu, perché mio caro principe, non siamo così diversi, io e te. Cerchiamo le stesse cose, vogliamo gli stessi riscatti dalla vita. Per cui,  il fato non mi ha concesso di farlo, ma tu che puoi: amala. Ne ha bisogno.”

Loki rimase fermo dov’era, seguendo con gli occhi Banner, che camminava verso l’ascensore.

La confusione era ormai sovrana dentro di lui.
Ma di una cosa era certo, dopo aver sentito le parole di Banner, dopo aver ritrovato Pleione, esausta e martoriata, davanti a se, che implorava perdono: un umano poteva darti tutto. Non ti avrebbe mai rinfacciato la tua vigliaccheria.








Note: Ciao stelle belle. Eccomi qui col nuovo capitolo. So che sto aggiornando non più  con la frequenza di prima, ma sto riflettendo davvero molto su come poter strutturare al meglio i capitoli, per renderli il più fedeli possibile a quelle che sono le vostre aspettative. Beh, spero vi piaccia piccole mie, un bacione grande, e grazie a tutte voi, che state illuminando le mie giornate. Un ringraziamento particolarmente sentito alla Jo, lei sa per cosa <3

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Capitolo 21
*** Welcome back, Loki. ***


Assicuratosi che Pleione fosse stata riattaccata ai marchingegni che la tenevano in vita, Loki si diresse con passo deciso verso la sua stanza, intento a mettere fine a quella tortura, fisica e psicologica.
Prima di sdraiarsi sul letto e addormentarsi, si fermò davanti alle imponenti vetrate a riflettere; ripercorse con la mente tutti quei mesi, quegli splendidi mesi. Rinfrescò il cuore e l’anima, con le immagini delle loro mani intrecciate, dei loro occhi felici, dei loro capelli uniti in un unico colore, dei loro respiri sulla loro pelle. Liberarla da quei ricordi, sarebbe stato il dolore più grande che la vita gli avrebbe mai potuto infliggere. Ma lei veniva prima del suo ego, del suo orgoglio; aveva imparato, ormai da tempo, a sbarazzarsi di quei sentimenti, logoranti e infantili.

Posò una mano sulla finestra, specchiandovisi. Si era sempre vantato del suo aspetto, così ammirato, così fiero. Si ricordava delle fronde di donne che, nonostante la sua malvagità, lo seguivano di nascosto per tutta Asgard, speranzose di uno suo sfuggevole sguardo.  Si rammentava dell’imbarazzo che scatenava, persino su Sif, quando fissava con insistenza gli occhi delle donne.
Ma ora vedeva solo un uomo stanco, logorato dentro e fuori, debole, indifeso. Non sentiva più quella furia dentro di se, che gli aveva sempre permesso di affrontare con imprudenza e spavalderia le intemperie. Era straordinario come, il dover affrontare Thanos quella notte, lo stesse preoccupando più di quando dovette affrontare Heimdallr.  Nei suoi occhi non vi era più quella scintilla, capace di calamitare anche gli occhi più timidi. Vedeva una nebbia, fitta e grigia, che li copriva di tristezza e rassegnazione.  L’asgardiano volse poi lo sguardo verso il cielo, trapuntato da stelle, e cominciò quello che era un sordo monologo, poiché nessuno poteva sentirlo. Parlò al suo cuore, e poi a Pleione, come se fosse stata lì con lui.

“Spero che il mio corpo ed il mio spirito possano essere dannati in eterno, per quello che ho fatto, e per quello che sto per fare… Pleione, amore mio, non credo di sapere quanto questo ci stia facendo del male. Perché è un dolore troppo intenso, troppo insistente, per poter essere ignorato. Se potessi, anche solo una volta ancora, poterti guardare con amore, se potessi sentirti mia, se potessi solo baciarti, abbracciarti, stringerti le mani e rassicurarle dentro le mie… Se solo potessi evitarti questa sofferenza, amore mio. Ma è giusto così, non posso lasciare che lui ti trovi di nuovo, che ti… Uccida.”

Strizzò gli occhi, sforzandosi di non trasparire più i suoi sentimenti; lo aveva fatto spesso, ad Asgard, quando Odino si gloriava di Thor e non di lui. Poteva farlo anche ora, doveva farlo anche ora. La rabbia pervase il suo corpo, facendolo quasi tremare. Non riusciva ancora a credere a ciò che Pleione aveva fatto quella notte; rivide i suoi occhi, rossi e malati di dolore ed amore, le sue braccia, le sue gambe, il suo viso…  Schiavo della furia, scaraventò un poderoso pugno sul vetro, formandovi delle crepe.

“Padre, so che mi ascolti, so che vegli su di me, come una guardia con un prigioniero. Ascolta la mia supplica, se puoi; anche quando l’abbandonerò, da ottimo vigliacco quale sono sempre stato, falla sentire amata. Sempre, in qualunque momento. Non lasciarla in preda alla solitudine, di nuovo. Aiutala, e aiutami.”
Qualche momento dopo, Loki era disteso supino sul letto, pronto ad accogliere il sonno. Questo arrivò puntuale.

Chiuse gli occhi, sussurrando:

“Ti amo.”

La vista divenne nera e pesante. Aveva come la sensazione di stare cadendo nel vuoto, in un disequilibrio fastidioso. Sentì poi che il suo corpo si fermava, atterrava su qualcosa di duro e freddo. Tentò di scorgere qualche sagoma, ma ancora buio.
D’un tratto una voce. Quella voce.

“Bentornato Loki. Ti attendevo con ansia.”

Loki ora vedeva chiaramente Thanos davanti a se. Si trovavano sul Bifrost, ma Asgard sembrava non accorgersi di loro. La gente sciamava sul ponte, ma nessuno li scorgeva.  L’asgardiano si alzò in piedi, serio e gelido in volto, pronto a fronteggiarlo.

“Ho cambiato idea, Thanos, accetto di tornare al tuo servizio e di recuperare i miei poteri.”

Il mostro sorrise, malvagio.

“Sarei pronto a scommettere che la midgardiana non è poi così in forma eh? Forse sono stato un po’ troppo… Severo, con lei. Aveva le ossa tremendamente friabili, sai?”

Loki trattenne le imprecazioni e la furia, continuando a sostenere lo sguardo di Thanos.

“Comunque ottima scelta, ragazzo. Insieme faremo grandi cose…”

“Il mio scettro, Thanos, Lo rivorrei.”

Disse secco, Loki.

“Calma ragazzo, lo ritroverai accanto a te, al tuo risveglio. Dopo tutto, stai ancora dormendo.”

“Thanos, ricorda cosa mi hai promesso. Dopo il nostro patto, non la cercherai mai più.”

Il mostro inarcò le sopracciglia, quasi offeso.

“Oh, d’accordo, d’accordo. Anche se è stato divertente giocare con lei…”

“Attento a ciò che dici.”

Disse, senza riflettere, Loki.

Fu tremendamente azzardato pronunciare quella frase, poiché Thanos sarebbe stato certamente meno dubbioso, se Loki non avesse fatto alcuna allusione riguardo Pleione.
Difatti, l’imponente creatura, divenne scura in volto, avvicinandosi con passi pesanti all’asgardiano.

“Provi ancora qualcosa per lei, non è vero? Non ti è bastato vederla tumefatta?”

Loki combatté con tutte le sue forze per mentire.

“Non provo più nulla per quella s… sciocca midgardiana. Solo, gradirei non fosse più coinvolta nei nostri affari. Potrebbe, ecco… Essere d’intralcio.”

Thanos rise di gusto.

“Ora ti riconosco! Ma, bada. Qualunque scherzo, ti costerà molto caro. Qualunque idiozia e la ragazza questa volta morirà. Sono stato chiaro?”

“Cristallino.”

Rispose Loki, deglutendo.

Di nuovo il buio.

***


Si svegliò sudato e col fiatone.
Guardò velocemente al suo fianco, ed effettivamente era lì, l’odioso scettro. Aveva paura a guardarlo, a toccarlo. Ma continuava a ripetere nella sua testa che lo stava facendo per lei, tutto il resto non doveva contare. Si mise in piedi, accanto all’oggetto magico.
Lo fissò come un aracnofobico avrebbe fissato una tarantola, ma si fece coraggio; allungò la mano e lo afferrò, notando che la sua armatura si era materializzata al posto dei suoi abiti terrestri. Ma dovette trasalire, quando una voce possente si palesò da dietro le sue spalle.

“Non scherzavi affatto, fratello…”

“Thor, maledizione, cosa ci fai qui?”

Disse spaventato, Loki, vedendo il fratello turbato.

Thor gli mise le mani sulle spalle, senza fargli pressione o male.

“Loki, posso aiutarti, posso far si che questa follia non avvenga. Posso aiutarti a essere felice. Perché non …”

“Vuoi aiutarmi? Davvero? Allora sparisci, razza di idiota.”

“Loki, Thanos non puoi combatterlo da solo. Guarda cosa sei sceso a fare…”

“Suggeriscimi una soluzione migliore, figlio di Odino.”

Thor rilassò il volto cercando di apparire il più calmo e disponibile possibile. Sapeva che ciò che stava per dire gli sarebbe costato caro, soprattutto una volta detto ad Odino, ma per suo fratello avrebbe demolito l’universo, se glielo avesse domandato.

“Loki… Non so a cosa porterà quanto sto per dirti, ma… Posso far si che l’esercito ad Asgard distrugga Thanos, mentre tu… Distruggerai la mente di Pleione.”

Senza sapere il perché, le parole dette da Thor, diedero a Loki uno strano senso di conforto. Anche se detestava dare ragione al fratello, trovò che distrarre Thanos mentre lui si occupava di Pleione, sarebbe potuto essere un buon piano. Ma Odino?

“Come pensi di mettere agli atti una cosa simile con Padre? Ti sbatterà in una cella.”

Disse Loki, acidamente.

“Non ti devi preoccupare per quello, non dirò nulla del tuo piano, anche se sei già nei guai. Suggerirò semplicemente di sferrare un attacco a quel mostro, poiché ha minacciato nuovamente di attentare Midgard.”

“Tu… Faresti questo?”

“Loki, siamo fratelli. Morirei anche, se servisse ad aiutarti.”

Si fissarono intensamente, dicendosi con gli occhi, tutto quello che avrebbero voluto dirsi in anni e anni. ‘Ti voglio bene’.

“Thor, fa presto. Non credo che aspetterò ancora molto per…”

Thor sorrise, felice di essere riuscito nel suo intento.

“Sta tranquillo, mi precipiterò in men che non si dica ad Asgard. Buona fortuna fratello.”

“Buona fortuna a te, Thor.”

Si lasciarono così, i due fratelli, incerti se si sarebbero visti nuovamente.
Loki si era appena messo in seri guai, prendendo in mano il suo scettro, ma poco gli importava. Sapeva che non poteva temporeggiare. L’odioso incantesimo andava adottato di lì a poco, ma avrebbe voluto vedere Pleione ancora una volta, prima di cancellarle del tutto la memoria. Avrebbe voluto dirle ogni cosa. Le avrebbe demolito il cuore, il corpo, la mente, l’anima, ma sarebbe stata una sofferenza passeggera.

Ma non per lui.


Non erano riusciti a salvarsi. Non avevano vinto… Ma forse… Non avevano nemmeno perso.








Note: Ciao stelle belle. Mi scuso per il ritardo con cui posto, ma mercoledì ho gli esami e sto studiando come una disperata. Mi spiace per il capitolo breve, ma siamo nell'occhio del ciclone! Spero vi piaccia come i precedenti, e ringrazio la Jo e Princess_Klebitz per il loro sostegno <3 Un bacio e grazie di cuore come al solito

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Capitolo 22
*** A rush of blood to the head. ***



Avviso importante: visti spiacevoli precedenti, invito CHIUNQUE di voi abbia un giudizio negativo riguardo la mia fanfiction, a scriverlo senza alcun problema. Le critiche mi aiutano a migliorare. Non abbiate timore. Preferisco parole dure e sincere qui, che critiche e derisioni su un forum, a mia insaputa. Detto questo, scusatemi e buona lettura.







Dal suo patto con Thanos erano ormai passati giorni.

New York aveva salutato il nuovo anno, ma all’interno della Stark Tower, il tempo era congelato, impercettibile.

Aveva temporeggiato anche troppo, il dio delle malefatte, ma non avrebbe mai infierito su Pleione, ancora troppo debole, ancora troppo a rischio. Aveva aspettato che si rimettesse, quanto bastava per non farle rischiare la vita.

Camminava, ora, verso quella che era diventata la prigione della ragazza, quell’ angosciante stanza sterile. Era nuovamente vestito della sua armatura asgardiana,  e i pesanti stivali battevano sordi tonfi a terra. Prima di decidersi ad agire, aveva passato tutto il tempo chiuso nella sua stanza, a dannarsi e a pensare al più veloce metodo per disfarsi di quel peso, divenuto insostenibile.  Ma venne ostacolato, nei suoi piani, da un testardo Tony Stark, col quale discusse animatamente.

Si distrasse, per un momento, dall’infinita tristezza che lo avvolgeva, e tornò con la mente a quella giornata.



***

 
Qualche giorno prima:

Stark, con la sua inseparabile aria serafica, si stava dirigendo con fare deciso verso la stanza di Loki, intento a stanarlo da quella che stava diventando un’inaccessibile caverna scura.
Avvicinandosi alla stanza, sentiva un confuso vociare al suo interno e riconobbe la voce di Thor

“Buona fortuna fratello.”

Sentì dire al figlio di Odino.
Poi più nulla. Stette immobile qualche istante davanti alla porta, poi entrò disinvolto.

“Allora, come stai Lo… Che cavolo ci fai vestito di nuovo in quel modo… E con quell’oggetto infernale in mano?”

Spalancò gli occhi, incredulo. Non aveva mentito, voleva davvero cancellare la memoria di Pleione.

“Non sono affari tuoi, Tony Stark. Non impicciarti. Questa stanza sta diventando meta di turismo?”

Rispose gelido Loki, accortosi della sua presenza.

“Non credevo che fossi davvero così idiota, sai? Ti avevo rivalutato, e ora di nuovo, ci sei cascato. Che ti ha offerto Thanos? Gel per capelli a vita?”

Loki si avvicinò al viso di Stark, putandogli contro la tempia lo scettro.

“Sul tuo cuore robotico la mia magia non funziona, uomo di latta, ma posso sempre distruggerti in altro modo. Non ostacolatemi, non fatelo, o finirò per fare del male. Di nuovo.”

Stark rimase immobile, notando che la pazzia che una volta viveva nello sguardo di Loki, era assente. Vedeva solo preoccupazione ed incertezza.

“Nessuno si metterà fra voi due, come stabilito. Ma pensa bene a ciò che stai per fare, mio caro dio degli inganni. Perché questa volta potrebbe essere fatale, ingannare lei ed ingannare te stesso.”

Stettero a fissarsi per qualche istante.

Loki cercò, facendosi coraggio, di non lasciare più trasparire alcuna emozione dai suoi occhi chiari, come in passato.  Ma nonostante gli sforzi,  l’uomo di fronte a lui riusciva a leggergli dentro.
E la paura, la frustrazione, la tristezza erano solo alcune delle emozioni presenti nell’animo, tempestoso, dell’asgardiano. Stark provò a riprendere il discorso, cercando di non irritarlo.

“Stammi a sentire, possiamo trovare una soluzione con Fury e..”

“Quale parte del mio discorso non ti è risultato chiaro?”

Loki lo zittì, scaraventandolo a terra con una spinta.

“D’accordo razza di idiota, fa ciò che vuoi. Ma non venire a piangere da me, o da nessun’altro,  quando ti sentirai chiamare mostro anche dalla ragazza. Sei tu il fautore dei tuoi guai, ricordatelo sempre.”

Tony Stark lasciò la stanza, sbattendo con forza la porta dietro di se.
Si lasciò alle spalle Loki, il quale,  sempre più convinto e sempre meno forte, cominciò a elaborare il suo sporco piano.



***


Dalla sala monitor, i vendicatori osservavano attentamente Loki.

“Che intenzioni ha?”

Chiese Rogers.

“E perché ha di nuovo lo scettro?”

Chiese Natasha, irrigidendosi.

“Perché è un vigliacco.”

Esordì Banner, dal fondo della stanza circolare.

“E perché non ha voluto altra scelta."

Concluse Stark, passando le dita sullo schermo ed ingrandendo l’immagine.

Loki era posizionato di fronte alla stanza, ma ancora sussultava.

“Non posso crederci. Vuole davvero cancellarle la memoria?”

Chiese Burton, incredulo.

“Così sembra. E ora tenete gli occhi aperti; non credo agirà quest’oggi, ma qualunque raggio non previsto dovesse uscire da quello scettro, dobbiamo essere pronti a fermarlo."

Stark si rivolse, serio in volto, verso i colleghi, i quali avevano gli occhi torvi ed incollati agli schermi.

In quel momento, Loki apriva la porta.
Respirò profondamente, prima di assumere l’espressione glaciale. Alzò il volto e si accorse che Pleione lo stava guardando, quasi con fare curioso.

“Loki…?”

Una fitta allo stomaco colpì l’asgardiano, come la prima volta che si era accorto di quanto lei fosse speciale. Il suo nome, pronunciato con quella dolcezza, lo fece quasi tornare a quello che era il ‘nuovo Loki’. Ma ritornò in se.

“Sono qui per parlarti, Pleione.”

La squadrò dalla testa ai piedi, assicurandosi che nessuna ferita fosse ancora aperta.

La ragazza lo guardò, agrottando le sopracciglia.

“Perché hai la tua..?”

“Non ti interessa. E ora ascoltami.”

Pleione annuì, col cuore che le batteva senza sosta. Averlo davanti a se la faceva sentire meglio, ma quel fare glaciale la spaventava, nel contempo.

“Siediti se vuo..”

“Sta zitta. Ho detto che devo parlarti, non che lo debba fare tu.  Ascoltami attentamente.”

Loki la interruppe, rimanendo distante da lei.

Sapeva che se si fosse avvicinato troppo, avrebbe ceduto, l’avrebbe voluta tra le sue braccia.

“Loki, cosa sta succedendo? Perché mi parli..”

“TI HO DETTO DI STARE IN SILENZIO.”

Pleione si ammutolì definitivamente, sforzandosi di non fare cadere le lacrime sulle sue guance.
Non riusciva a comprendere cosa gli fosse accaduto, cosa lo avesse portato a comportarsi come un essere insensibile, che lei ben sapeva, non era.

“Mi rincresce doverti mettere a conoscenza del fatto che ho deciso di schierarmi nuovamente dalla parte di Thanos. Non abbiamo come obbiettivo Midgard, non più. Puntiamo a qualcosa di grande, che voi sciocchi terrestri non comprendete. La nostra sete di rivalsa, di potere… E’ nuovamente insaziabile. E per questo motivo è necessario che tu ti faccia da parte, o meglio, che io agisca per far si che ciò avvenga. Sei  diventata d’intralcio.”

Pleione comprese ogni cosa.

I muscoli le si paralizzarono; il naso cominciò a pizzicarle, una cascata stava per inondarle gli occhi.
Sentiva un rumore sordo e fastidioso, come un fischio in dissolvenza, perforarle i timpani.

La vista si offuscò un momento, non riuscendo più a mettere a fuoco la sagoma di Loki.
Come poteva essere stata così sorda, così cieca. Sapeva il perché di quelle parole, ed era interamente causa sua.  Era stata lei la goccia che aveva fatto traboccare il vaso; la sua debolezza quella notte, per non aver saputo affrontare quel mostro maledetto.
Strizzò con forza gli occhi, scuotendo la testa e prendendosela fra le mani. Tremava. Le sue dita si intrecciarono nei labirinti della sua chioma ramata, e cercarono quasi di strapparla.

Emetteva suoni di pura sofferenza dalla sua gola, che bruciava, come bruciava il suo cuore.  L’uomo che più aveva amato,  che la aveva aiutata a riscoprire la gioia, la vita, la stava ora mettendo con le spalle al muro.  Quello sguardo glaciale le trafiggeva l’anima, lasciandola lì a sanguinare. Aveva creduto di  potersi lasciare alle spalle i sensi di colpa, i continui dolori alla schiena e al petto, che i troppi pesi sulla coscienza le comportavano. Aveva creduto di potersi  scordare degli attacchi di pianto convulsi, appena tornata dal lavoro, sola, prigioniera nella sua casa, vuota e muta. Rivide se stessa rannicchiata nell’angolo di camera sua, urlare al silenzio di voler morire, perché nulla aveva un senso, perché tutto le era stato strappato, e non voleva più lottare. Si rivide tirare pugni allo specchio e dilaniarsi la pelle di graffi e tagli, perché Pleione Stuart era da tutti considerata la dolce e ingenua ragazzina di Montauk.

Loki aveva eliminato tutta questa voglia di autodistruzione. Le aveva donato la serenità.

E costui era certo di poter sentire il proprio cuore in gola.
Vedeva il viso di Pleione sconvolto dal dolore che quelle parole gli stavano recando. Non sapeva come reagire a tanta sofferenza.

 “Dimmi che non è vero.. Ti prego..”

“Oh si che lo è, Pleione. Più di quanto tu possa pensare.”

Disse lui, assassino.

“Tu stai mentendo..”

Pleione non riuscì più a trattenere le lacrime.

“Mai stato più sincero...”

Anche lui stava lentamente morendo, dentro di se. Ciò che si presentava ai suoi occhi era ancora peggio di quello che Thanos gli aveva fatto subire.

Il dolore di Pleione era ora, solo ed esclusivamente, causa sua.

Questa si alzò, senza più le difficoltà dei giorni addietro, e cadde in ginocchio davanti a Loki.
Strinse le mani sulle gambe, ancora tremanti.

“Loki che cosa ho fatto? Perché dici che sono un intralcio? Perché non mi vuoi più…”

“Dico che sei un intralcio perché è così. Mi hai distratto da quella che era la mia principale intenzione, ovvero fuggire da questo pianeta di stolti. Cosa dovrei farmene di una stupida, ingenua, giovane… Midgardiana.”

L’asgardiano sputava veleno dalla sua bocca, ad ogni parola.  E quel veleno ardeva, senza sosta, nel corpo della ragazza in ginocchio davanti a lui.

Loki inspirò ed espirò profondamente, prima di pronunciare l’ultima, tagliente e distruttiva frase. Sapeva ciò che ne sarebbe conseguito.

“Dovrò cancellarti la memoria. Sai troppe cose sul mio conto e sul mio passato. Sei una testimone scomoda, ma ti lascerò vivere; solo non ricorderai nulla di me.”

Pleione sollevò di scatto il volto, reso irriconoscibile dal dolore.

“Co.. Cosa?”

Disse in un sussurro.

Non riusciva nemmeno più a tirare fuori la voce, tanto  stava straziando la sua gola.

“Hai sentito perfettamente.”

Loki distolse lo sguardo;  non riusciva davvero più a reggere la visione di Pleione in quello stato. Non si capacitava di starle facendo del male.
Si stava demolendo il cuore, e nessuno riusciva a comprenderlo. Tutti lo colpevolizzavano, lo additavano come freddo ed insensibile animale, ma il suo cuore era la casa prediletta del dolore, del masochismo. Se solo Pleione si fosse resa conto, in un barlume di lucidità, che ciò che stava facendo era pensato solo per proteggerla da qualcosa di più grande di lei. Sarebbe stato un soffio di aria fresca in quell’inferno che lo stava avvolgendo.

“Loki tu non puoi… Ti prego… Io non voglio. Nella maniera più assoluta io… Ti prego!”

Lo pregava, in ginocchio, come un servitore, Pleione.

Loki, aveva a lungo bramato i terrestri in ginocchio, una volta, e mai come ora era sicuro che non meritassero quel destino. Erano esseri  troppo puri e genuini,  non perfetti, ma misericordiosi. Sapevano perdonare, conservando l’ingenuità anche da adulti.

“IO lo voglio. IO voglio che tu mi dimentichi. IO non voglio averti… Tra i piedi.”

Pleione continuava a pregarlo; avrebbe preferito la morte, piuttosto che la totale assenza di Loki nella sua mente. Non voleva cadere nell’oblio, un’altra volta.

“Perché… Loki… Io ti… amo.”

“Io no.”

Loki si voltò e lascio Pleione interdetta, ancora in ginocchio.

Quella sua freddezza.

Quei suoi occhi.

Quella sua voce.

Quel suo viso.

Quelle sue parole.

Quella sua chioma corvina.

Quella sua, ormai, perduta dolcezza.

Quella sua pelle bianca.

Quelle sue braccia che l’avevano accolta.

Quei suoi baci.

Quel suo respiro caldo e intenso.

Pleione scoppiò tutta d’un colpo.
C’erano pezzi del suo cuore ovunque, e tagliavano come lame affilate.

Loki vi si tagliò, si sfigurò cuore, occhi, anima e polmoni, con quei residui taglienti.
Ma era inevitabile, doveva salvarla. 








Note: Scusatemi. Vi prego di scusarmi, in quanto so di aver aggiornato in spaventoso ritardo, ma la mia salute è peggiorata e concentrarmi su qualcosa si è rivelato molto complicato. Mi dispiace se il capitolo risulterà, quindi, poco avvincente, o bello come gli altri. Questo capitolo lo dedico a tutte voi che mi seguite, ormai siete in trentasei e non avrei mai immaginato di raggiungere un simile risultato. Soprattutto devo ringraziare Princess_Kelbitz, Jo_The Ripper, devilcancry, _Atropo_, estar e Siatel85. Non capirete mai quanto le vostre parole, la vostra dolcezza e il vostro ascolto mi stiano rigenerando il cuore. Grazie dal più profondo della mia anima.

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Capitolo 23
*** The wrong goodbye. ***


Nella stanza monitor, dalla quale i vendicatori osservavano la scena da numerosi minuti, si era diffuso un silenzio quasi assordante.  Dovevano rimanere lontani da Loki e da Pleione, stavolta non potevano intervenire. Era giusto così.

Eppure vedere la ragazza urlare e quasi strapparsi la chioma ramata, era un amaro scenario da sopportare.  Avevano tutti abbassato lo sguardo a terra, meno che Banner. Soffriva insieme a lei, alla ragazza che gli aveva rapito il cuore. La guardava e combatteva contro se stesso, per non correre da lei e stringerla forte. 

“Guardatelo, il dio degli inganni… Scappa come un codardo.”

Disse d’un tratto, spezzando il silenzio, Banner.

“Lo ha voluto lui. Stark, non sarebbe il caso di mandare un medico a calmarla?”

Rispose Rogers, guardando con amarezza lo schermo davanti a se.

“No Capitano, non credo voglia nessuno in questo momento…”

Stark non si sbagliava.

Pleione, in quel momento, doveva rimanere sola con se stessa. Di nuovo, dopo  qualche mese di tregua.

La vita le stava presentando nuovamente il conto, non la avrebbe mai lasciata nelle braccia della serenità, della felicità.
Si torturava di domande, di ricordi. Passava le mani per tutto il suo corpo, quasi a volere strappare la pelle che aveva toccato Loki, che aveva baciato con dolcezza. Non voleva più quell’involucro, macchiato di amore, speranze e sollievo. Ora non le serviva più. Le era stato strappato tutto, un’altra volta, con violenza inaudita. Non sapeva come trovare pace, questa volta la medicina per l’anima, non era così scontata da trovare.
Posizionò una mano sul suo addome, sentendolo sempre più dolorante e rigonfio, ma che le importava di essere ferita esternamente, cosa poteva essere un graffio, un livido, un arrossamento della pelle, in confronto a ciò che aveva nel cuore?

Amare significava correre un grosso rischio. Dopo anni di apatia, costretta e torturante, aveva deciso di aprire il cuore a quel sentimento che aveva con insistenza scansato, come una malattia. Non aveva neanche mai dato una particolare valenza al significato della parola amare. E in quel momento, mentre urlava, senza sentirsi, senza sentire più nulla, capì che amare Loki significava tenere il suo respiro fra le braccia, ogni volta che lo aveva vicino, e capire che ogni altro rumore si era spento.
Ora non c’era più, quel respiro a cullarla, a rassicurarla. Il mondo era esploso di nuovo, in una bomba caricata a tristezza, dolore, speranze false, illusione, frustrazione e desiderio di svanire. E prima era arrivato quel bagliore accecante, che la aveva illusa, che la luce del giorno, la luce dentro i suoi occhi fosse tornata, ma dopo, come una pioggia acida, ecco arrivarle addosso quella carica di neri sentimenti.
Neri come la sua anima in quel momento.

E nero era  il cielo che osservava Loki, sulla cima del grattacielo Stark.
Navigava dentro di lui, come un’odiosa fotografia, l’ultimo sguardo che Pleione gli aveva rivolto. 
Era lo stesso sguardo di chi lo aveva implorato di non togliergli la vita; ricordò questo con orrore e disprezzo verso se stesso.  Non poteva pensare di stare infliggendo un dolore così intenso nell’animo della creatura che lo aveva accettato senza alcun pregiudizio, senza alcun ripensamento.
Chiunque sarebbe scappato, fuggito a gambe levate, dopo aver compreso il passato di Loki, ma non Pleione. Ed era questo che lo aveva tanto catturato, fatto sentire vivo e capace di essere… Riconoscente.

Guardava il cielo nero. E rivolgeva un monologo, lungo e doloroso a se stesso, come se dovesse convincersi che la sua natura non era quella di un essere marchiato dalla malvagità; comprendeva, dopo lungo tempo, che la sete di morte, distruzione e potere, non erano altro che i risultati di attenzioni mancate, affetto negato. Ma su Midgard, tutto questo, gli era arrivato come una ventata d’aria fresca in un’afosa giornata.

Pleione era l’unica donna che i suoi occhi potessero vedere, era il centro del suo cuore e ardeva, donandogli la vita, quella vera, quella dove i sentimenti potevano essere esternati, senza nemmeno un velo di vergogna.  Lei era come il profumo dell’erba inumidita dalla rugiada, che fin da piccolo gli penetrava l’anima, e lo rinfrancava, nemmeno lui sapeva perché. Lei aveva un potere su di lui, lo faceva sentire come se nel suo animo fosse primavera anche durante i grandi freddi invernali.
Il vento gli scompigliava i capelli neri, come quel cielo, e sentiva  la mancanza di una mano che glieli accarezzasse con dolcezza infinita. L’aveva chiamata inutile midgardiana, come se fosse stata una terrestre qualunque, appena incontrata. Non una compagna, con la quale aveva condiviso i momenti più belli della sua esistenza, fino a quel momento.

Continuava a maledirsi, a infliggersi lente e meritate torture, nel suo punto debole, il cuore.

***


Ad Asgard regnava la calma.

Thor era appena arrivato attraverso il Bifrost, ed ora correva verso la sala del trono dove Odino, con tutta probabilità, stava già impartendo ordini per riportare Loki nel suo regno.
Percorse le strade della città con affanno, osservando la gente camminare con disinvoltura, come se nulla fosse. Alcune domande cominciarono a prendere posto nella sua mente. Ma non si curò particolarmente di queste. Arrivò alla meta, ma tutto era tranquillo.
Dov’era Odino? Dov’erano i saggi, pronti a sputare la dolorosa sentenza per Loki?

“Padre! Sono tornato per parlarvi!”

Tuonò il dio, sperando di essere sentito.

Dopo qualche istante, Odino e Frigga fecero la loro comparsa, camminando uno vicino all’altro.

“Madre.. Padre.. Mi scuso se irrompo ad Asgard con tanta veemenza, ma ho un importante informazione da svelarvi.”

Disse Thor, inchinandosi.

“Se vieni per Loki, figliolo, perdi tempo. So già quel che devo sapere.”

Thor si accigliò, confuso dalle parole del padre.

“Come sarebbe a dire?”

Frigga aiutò Odino a sedersi sul suo trono; prese poi la parola, con tono più dolce e calmo.

“Thor, figlio mio, sappiamo che Loki ha patteggiato con Thanos. Sappiamo perché e per chi lo ha fatto.”

“Ed è per questo che siamo già giunti a fronteggiare Thanos, per proteggere il regno, per proteggere Loki e il nuovo erede.”

Concluse Odino, solennemente.

“Il... Il nuovo erede? Di cosa state parlando?”

Esclamò Thor, con aria interrogativa.
Di cosa mai poteva stare parlando, Odino? Quale erede? E di chi?

“La midgardiana, figliolo”.

Disse Frigga, con aria lievemente preoccupata.

Thor non riuscì subito ad elaborare il concetto.

“La midgardiana vicina a Loki? E’ lei l’erede?”

Domandò stupito il dio.

“No Thor.”

Disse Odino, alzandosi dal trono e dirigendosi verso di lui.  

“L’erede è nella midgardiana. E’ rimasta incinta.”

Thor scoppiò a ridere nervosamente, facendo rimbombare la sua voce per tutta l’ampia sala.

“Non è possibile, vi dico. Quella povera ragazza è stata torturata da Thanos con calci e pugni per quasi un’ora, come potrebbe essere incinta?  Insomma.. Se portasse in grembo una creatura, questa non dovrebbe essere… Morta?”

Pronunciò l’ultima parola con orrore. Il solo pensiero lo impensieriva non poco.

Odino notò il suo sguardo intontito e confuso, decise di dare al figlio alcune delucidazioni.

“Vedi Thor, la razza originaria di Loki è una razza assai forte e resistente. Ti assicuro, l’erede sta bene, sono riuscito a far sì che rimanesse incolume anche durante il brutale attacco di Thanos. Ha una madre forte e sana, non corre pericolo.”

Avvedendosi dell’incredulità del figlio, intervenne nella discussione anche Frigga.

“Ti starai domandando come abbiamo saputo di tale evento. Ebbene, come ben sai, dal suo trono, Odino può osservare tutto ciò che accade nei Nove Mondi.  Non appena ha intuito che tuo fratello Loki si stava avvicinando molto alla midgardiana, ha deciso di mantenerla sotto il suo vigile sguardo, insieme a tuo fratello. Così siamo venuti a conoscenza della gravidanza”.

Thor era confuso.

“Ma è una midgardiana… Lei.. La gestazione..?”

Frigga rispose anche a questa domanda.

“I giganti di ghiaccio femmina affrontano una gestazione di cinque mesi. Lo stesso avverrà alla midgardiana. Dopo i cinque mesi seguiranno due giorni di coma, ai quali seguirà la nascita del neonato.”

Avendo ottenuto delucidazioni, seppur sconvolto, Thor si stava quasi per dimenticare lo scopo della sua visita.

“E Thanos? Come faremo con lui? Sta cercando Loki, è convinto che lui sia suo alleato.”

Odino sospirò sommessamente, prima di prendere parola.

“Thor, siamo giunti a importanti compromessi per concederci la tregua, ma Thanos non sarà più una minaccia per Midgard e per Asgard. Gli è stata permessa la conoscenza di alcuni segreti del regno, i quali bramava da molto tempo.  Per quanto riguarda Loki… Lasciamo tempo al tempo. Non è a conoscenza della gravidanza della midgardiana. Lo lascerò tornare su Asgard, poi si vedrà.  Se deciderai di tornare da lui, digli che il suo destino lo sta attendendo, nel suo regno.”

Thor deglutì.
Prese qualche momento per rimettere in ordine le idee, poi annuì.

“Sarà fatto Padre. Devo fare presto, o Loki commetterà una sciocchezza irreparabile.”

Dicendo ciò, sparì, correndo verso il ponte Bifrost, intento a fermare il fratello.

***


Sulla Terra la notte era ormai giunta.
Pleione non aveva ancora smesso di piangere, non aveva smesso di provare dolore, nemmeno per un minuto. 

Stark era rimasto nella sala monitor tutta la sera. Sebbene non avesse mai intrattenuto delle grandi conversazioni con la ragazza, la sentiva un po’ come se fosse stata sotto la sua ala protettiva; mai si sarebbe immaginato che proprio la segretaria di Pepper si sarebbe andata a cacciare in una situazione del genere. La osservava ancora da quel monitor ed era parecchio preoccupato; se avesse continuato a disperarsi, sarebbe stato costretto a farle somministrarle un sonnifero. Doveva riposare, doveva avere un attimo di tregua. Dopo qualche momento di titubanza, decise di recarsi da lei con una bevanda calda. Approfittò dell’assenza degli altri suoi ‘colleghi’ per trasgredire alla regola da lui suggerita.

Recuperato del the caldo, si arrischiò verso la stanza di Pleione; più scendeva i piani del suo grattacielo, e più forti erano i singhiozzi. Arrivato davanti alla porta, non bussò, ma aprì senza dire nulla.
Pleione alzò di scatto il viso, sorprendentemente gonfio e rosso, sperando si trattasse di colui per il quale piangeva. Ma accortasi che non si trattava di lui, ma della figura di Stark, non fu facile placare il pianto.

“Ti ho portato qualcosa di caldo.”

L’uomo si sedette per terra, vicino alla ragazza, silenzioso. Non aveva nessuna particolare espressione delineata sul viso, sapeva che qualunque emozione avesse trasparito, di certo non avrebbe aiutato a far chiarezza nella mente di Pleione.
Con sua enorme sorpresa, la ragazza prese a parlare.

“Sono sola… Un’altra volta… Mi sono lasciata prendere dalle emozioni, quando ciò che avevo imparato a fare era controllarle, reprimerle.”

Disse, in un sussurro.

La sua voce era stanca e atona.

“Qualcuno ha detto che non si è soli quando un altro ti ha lasciato, si è soli se qualcuno non è mai venuto... Non mi sembra il tuo caso.”

Disse Stark, porgendole la tazza con il the.

Si avvide, con piacere, che era riuscito a placare, di poco, quel pianto rumoroso. Pleione prese un sorso della bevanda, e si girò con imbarazzo, verso l’uomo.

“Grazie signor Stark. Lei è un uomo buono.”

“Non mi ringraziare Pleione, non ce n’è bisogno…”

Dopo qualche istante di silenzio, Pleione posò il capo sulla spalla di Stark, stremata dal pianto. Questo non la scansò, ma vi posò sopra una carezza affettuosa.

“Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest, la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica, il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto; pensavo che l'amore fosse eterno: avevo torto.
Non servono più le stelle: spegnetele anche tutte; imballate la luna, smontate pure il sole; svuotatemi l'oceano e sradicate il bosco; perché ormai nulla può giovare.
Perfino Wystan Auden è stato profetico. Per due volte nella mia vita.”

Stark  rimase in silenzio, continuando a passare la mano tra i capelli della ragazza. Le parole erano inutili. La lasciò sfogare per tutta la notte. Non avrebbe lasciato che rimanesse da sola, non in quel momento.








Note: Ciao stelline mie. Scusate di nuovo il ritardo con cui posto, ma come vi ho già detto, problemi più grandi di me mi stanno impedendo di scrivere con la stessa assiduità di prima. Mi sento in dovere di ringraziarvi TUTTE, per il vostro incredibile sostegno. L'affetto che mi avete e mi state dimostrando è superiore a quanto mi sarei mai potuta aspettare. Grazie di avermi spinto a continuare a scrivere, di avermi dedicato del tempo con le vostre recensioni e con le vostre parole affettuose. Spero che il capitolo possa piacervi, nonostante sia conscia del fatto che non è molto intenso. Come avrete potuto leggere, ho azzardato davvero molto con la fantasia questa volta, spero non mi condanniate per questo hehe. Insomma, a voi l'ultima parola. Un bacione e grazie per ogni cosa, ogni parola, davvero, vi sarò riconoscente in eterno. Siete le stelle nel mio cielo. Un bacio  a tutte. Ah, se vi posso consigliare qualcosa da ascoltare durante la lettura ci lascio il link della canzone che mi ha aiutata a scrivere il capitolo http://www.youtube.com/watch?v=fkabCtAwvy8

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Capitolo 24
*** I had hope. ***


Grattacielo Stark. Dieci del mattino.

Il momento che tanto avevano sperato di non vedere mai, giunse.

Stava davanti a lei, in una fittizia posa di alterigia; la guardava gelido, come non avrebbe mai desiderato fare. Nella mano destra lo scettro, la mano sinistra chiusa in un pugno, che intrappolava tutte le sue emozioni represse, come un’impenetrabile prigione.

Lei non aveva più nessuna lacrima da piangere, nessun urlo da sfogare. Stava per lasciare definitivamente il ricordo della persona che le aveva ridonato la gioia, la speranza, la voglia di lottare.
I suoi occhi erano gonfi e lucidi, ma spenti da un’oscurità che la avvolgeva fin dentro l’anima.

Si fissavano, Loki e Pleione; si fissavano come se fossero improvvisamente divenuti vecchi e stanchi. Come due amanti rassegnati al destino infausto che la vita gli stava riservando.

“Abbassa lo sguardo midgardiana, le tue lacrime non mi dissuaderanno dal mio intento.”

Disse Loki, interrompendo il silenzio, che fino a quel momento era stato rotto solo dal suono del vento.

“Non intendono farlo. Lascia almeno che il mio ultimo ricordo di te possa essere il tuo sguardo, Re degli inganni.”

Rispose con voce apatica, Pleione.

‘Re degli inganni’, non avrebbe potuto chiamarlo con un appellativo più disgustoso.

“Basta con queste inutili chiacchiere… Ho dei doveri a cui adempire, cose che tu non capisci.”

Irritato e fremente di compiere in fretta quel disperato gesto, Loki avvicinò con un secco movimento della mano lo scettro alla tempia di Pleione, la quale rimase sorprendentemente impassibile.

“Loki ascoltami, ti chiedo un solo momento…”

“Fa’ silenzio.”

“No. Non lo farò, non adesso. Fai ciò che il tuo cuore reputa più giusto, elimina i miei ricordi di te, combatti con Thanos le tue battaglie. Ma rammenta questo: non trascorrerà giorno che non avvertirò un vuoto nel petto. La sera nel nostro letto, la mattina lavorando, il pomeriggio percorrendo Central Park, e durante le mie visite a Montauk. Rammentalo: saprò che mancherai tu.”

Pleione concluse il suo breve monologo con un accenno di serenità sul viso, quasi a voler rassicurare l’uomo davanti a lei.
Loki si dovette sforzare terribilmente per non stringerla a sè, per non mutare la sua espressione seria, ma i suoi occhi lo tradirono, inumidendosi per un momento.

“Non sentirai dolore, ma se opporrai resistenza…”

“Non lo farò. Fa ciò che devi e basta.”

Concluse, ormai distrutta, Pleione.

Lo scettro emise un suono metallico, che entrambe avrebbero ricordato con orrore per tutta la vita. Il raggio di luce celeste si avvicinò alla pelle diafana della ragazza. Questa si strinse il corpo con le braccia, tremante, ma improvvisamente alzò il voltò e sorrise.

“Ti amo Loki.”

Tutti i mesi, i giorni, le ore, i minuti.
Tutte le parole, tutti gli sguardi, i gesti, le carezze, i baci, le notti d’amore.
Insieme a lei, tutto venne avvolto da un’oscurità senza fine; ogni cosa si disgregò in infinitesimali brandelli, disperdendosi nel buio, che in un tempo impercettibile si distribuì in tutta la sua anima.

Loki la osservava con avvilimento; i suoi occhi non riuscirono a mantenere integri gli argini costruiti, e lasciarono straripare le lacrime, infinite ed amare.

Gli occhi di Pleione, da verdi, divennero neri come la pece, e quando l’incantesimo ebbe la sua dolorosa fine, tornarono occhi verdi, ma vitrei e vuoti. Quegli stessi occhi vacui che Loki osservò in Ottobre, quando la conobbe.

Svenne davanti ai suoi occhi, esausta e demolita nel cuore.
Fino ad allora, spettatori silenziosi, Stark e Banner la presero in tempo, riportandola nell’edificio al sicuro, non degnando di uno sguardo il principe asgardiano.

Ed ora era da solo, ancora una volta. Con il suo scettro in mano.

Avrebbe voluto dimenticare ogni cosa, non pensare più a ciò che aveva appena fatto, all’orrore a cui aveva dovuto assistere.
Ormai rassegnato ad un doloroso destino, avvicinò lo scettro alla sua tempia; punirsi un’ultima volta, un ultimo atto di masochismo, prima di annullarsi nuovamente e tornare il mostro temuto di un tempo.

La sua mano, sudata e tremante, portava ora l’arma alla sua tempia.

“No.”

Fu una parola secca, decisa.

‘Non lo farò’, pensò l’asgardiano. Voleva sparire con un ricordo che potesse scaldargli il cuore, anche nei momenti più spaventosi della sua vita. Non si reputò un vigliacco, ma un combattente, non più contro se stesso, ma per proteggere qualcuno.
Pleione sarebbe stata al sicuro, almeno nel suo cuore e nella sua mente.

Guardò un’ultima volta alle sue spalle, verso il luogo nel quale aveva fatto del male, ancora una volta. Si voltò e pianse, per la prima volta dopo giorni di strazio.

“Addio Pleione Stuart della Terra. Grazie per avermi dimostrato che non esiste ghiaccio che il fuoco non possa scaldare. Che non c'è niente di male ad avventurarsi nel cuore di un umano. Grazie per avermi insegnato che l'indifferenza non è un'arma verso qualcuno, ma verso se stessi. Grazie per avermi dimostrato quanto mi sia sbagliato per tutto questo tempo".

In fine, sparì.

Da New York.

Dalla Terra.

Dal cuore di Pleione.

***

“Presto, portatela nella sua stanza. Ho l’impressione che riposerà a lungo.”

Disse Stark, sospirando e consegnando Pleione nelle braccia dei medici.

“Ancora non posso credere a ciò che quel maledetto ha fatto. Spero davvero per lui che non si faccia più vivo, o non lo risparmierò.”

Commentò acidamente il Dottore Banner, guardando dal vetro la figura di Pleione stanca e fragile.

“Banner, non si dimentichi del compito che deve portare a termine.”

“Stark, questa è una pazzia! Non posso farle questo, non posso ingannarla, non voglio… Che le accada nulla.”

L’uomo abbassò lo sguardo, intristito.

“Beh, certamente non potrà avvenire nulla di paragonabile a quello che successe a Betty..”

Non accortosi dell’indelicatezza del suo sarcastico commento, Stark si ritrovò Banner visibilmente irritato a pochi centimetri dal viso.

“Si tolga immediatamente quel nome dalla bocca, sono stato chiaro?!”

“Mi scusi, si calmi, la prego.”

Banner sembrò non ascoltare le sue scuse, tornò a fissare nuovamente la ragazza.

“Ha solo vent’anni… Io non posso farlo Stark.”

“Deve Bruce. O non si salverà.”

***

 
La notte precedente.

Banner stava ancora lavorando nella sala monitor; algoritmi, variabili, grafici dai più svariati simboli e percentuali. Il suo studio sulle radiazione che lo avevano fatto diventare ciò che ora era, non conosceva confini.

Erano le tre del mattino, e Stark era appena passato davanti alla sala con due tazze di the fumante nelle mani. Il dottore si tolse gli occhiali e si massaggiò le tempie. Gli occhi gli bruciavano e la testa gli doleva parecchio. L’Altro era ansioso di manifestarsi da giorni, e tenerlo a bada era uno sforzo non da poco.

Fu un'ombra alle sue spalle a distrarlo.
Quando si voltò, Loki, nella sua posa arrogante, lo fissava con occhi freddi.
Era sempre superbo, ma al dottore non era sfuggita la profonda tristezza che dominava il suo sguardo.

“Buona sera Dottor Banner.”

Disse con tono arrogante l’asgardiano.

“Loki. Che cosa fai qui?”

“Non mi risponda con tanto astio, vengo in pace, dico sul serio.”

“E perché porti con te la tua arma?”

“Precauzione immagino. Dopo tutto, sono ospite  dei miei rivali.”

Il Dottore cominciò ad innervosirsi.

“Vieni al dunque. Riesci ancora ad essere sarcastico dopo quello che hai fatto?”

Loki finse di non sentirlo, irritato dalla situazione più che paradossale.

“Vengo per scendere a patti con lei, dottor Banner. E’ molto importante la sua collaborazione, beninteso.”

“A patti? Con te?”

Dopo un attimo di silenzio e assicuratosi che l’umano lo stesse seguendo con attenzione, Loki cominciò a parlare.

“So tutto Dottore. So del suo interesse… Per Pleione.”

Banner divenne ancora più nervoso, temendo uno scontro con l’asgardiano.
Dovette concentrarsi con tutte le sue forze, per non perdere il controllo.

“So che tiene a lei quanto ci tengo io. Una volta che me ne andrò dalla vostra Terra, Pleione sarà comunque una possibile preda di
Thanos, in quanto se mostrerò anche solo una briciola di compassione per la vostra razza, lui saprà come ferirmi. Con chi ferirmi.”

Lo sguardo di Loki mutò da fiero a preoccupato. Terribilmente preoccupato.
Banner si sorprese di provare  compassione per l’uomo di fronte a lui, ma comprendeva quanto gli stesse costando dire addio alla donna che amava.

“Cosa centro io con tutto questo? Non riesco a capire.”

Disse Banner.

“Mi lasci finire. Pleione avrà bisogno di un supporto morale; l’incantesimo che subirà avrà alcuni effetti collaterali, come ad esempio la depressione. E lei sa bene cosa vuole dire, vero?”

Uno sguardo malevolo partì dagli occhi dell’asgardiano e arrivò dritto al cuore dello scienziato.

“ Non sarà difficile convincerla, la sua mente sarà debole. Le chiedo di prendersi cura di Pleione. Come suo… Compagno ”.

Quell’ultima parola lo fece parecchio irrigidire, e sul suo volto si intravedeva l’estrema gelosia che provava nei confronti della ragazza.
In risposta alla sua frase, Banner spalancò gli occhi, e cominciò a ridere nervosamente.

“Che cosa?! Stai scherzando vero? Ti ricordi che cosa sono? Hai il cervello talmente offuscato dai tuoi loschi piani, che nemmeno ti accorgi di quello che dici. Come potrei io… Come potresti farle questo?”

“Banner non renda le cose ancora più complicate. Lei ama Pleione, lo so, glielo si legge negli occhi.”

Loki si portò le mani al viso, cercando di nascondere la sua disperazione.

“Razza di incosciente, e con l’Altro?  Cosa pensi mi succederebbe se mi trasformassi davanti a lei?”

“Dottore, per esperienza, so che l‘accetterebbe comunque. Io ho ucciso migliaia di persone, tentato di assassinare Thor e Odino, e Pleione non è fuggita. Mi ha accettato per quello che sono, mi ha amato… Mi ha accolto in casa sua a braccia aperte, mi ha dato la voglia di continuare a vivere. Ha confidato in un mio graduale cambiamento.  Lei a me non deve niente, ho provato a distruggere il vostro mondo, a conquistarlo.  E'  naturale che lei provi solo odio per me, ma se non vuole esaudire il mio ultimo desiderio, allora lo faccia per Pleione. Ha avuto l'unica colpa di amarmi"

Loki  lasciò cadergli qualche lacrima sulle guance, senza vergogna.

“La prego…”

Loki che pregava Hulk.
La situazione oltrepassò il paradosso.

“Io… Io non sono sicuro di poterlo fare. Sarebbe come mentirle spudoratamente, sarebbe prendersi gioco dei suoi sentimenti… Per te.”

Rispose Bruce, mettendosi le mani fra i capelli castani.

“Dottore…”

Loki lo pregò un’ultima volta.

“Oh buon Dio, cosa sto facendo…”

Bruce sospirò sommessamente, prima di guardare Loki negli occhi.

“E va bene, Pleione sarà al sicuro.”

Questa volta fu Loki a liberare un respiro, che fino a quel momento aveva tenuto costretto.

“Non me ne scorderò. A domattina, come stabilito.”

L’asgardiano sparì, lasciando Bruce Banner a crogiolarsi tra dubbi ed incertezze.








Note: Mie carissime amiche. Io non so come scusarmi per il ritardo con cui pubblico il mio ventiquattresimo capitolo. Mi siete mancate infinitamente; ho avuto un periodo nero, non sono più riuscita a scrivere nulla. Mi dispiace di avervi fatto attendere molto, spero seguirete ancora la mia storia con la stessa enfasi di questa estate. Volevo ringraziare tutte quante voi, per la pazienza, e in particolare le mie stelle, Francesca, Giovanna (che mi ha aiutato tanto per la stesura di questo capitolo) e Roberta.
Spero il capitolo vi piaccia, un grosso bacio.

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Capitolo 25
*** Guilt ***


Erano passate tre settimane dall’accaduto.
Pleione era tornata a lavorare nel grattacielo Stark; aveva un’aria confusa, stanca, avvilita, ma il suo lavoro non era mai stato così efficiente.
Forse perché era la sua unica valvola di sfogo; ancora non riusciva a spiegarsi tutte le sensazioni che provava, tutti i sogni che la tormentavano la notte.
La sua mente era un turbinio continuo di domande senza una risposta, di vaghi ricordi di cose mai accadute.
Ma non era da sola a sopportare tutto ciò: Bruce Banner le si era molto avvicinato, si era preso cura di lei.; adorava la sua compagnia, i suoi occhi  gentili e i suoi modi mai scortesi.  Sentiva qualcosa per lui, ma era un sentimento che non riusciva a esprimere, a delineare. Era come se si sentisse legata a qualcuno, o forse all’ idea di qualcuno. Tuttavia cercava di farsi forza e di stargli il più accanto possibile. Considerava il tempo passato con Bruce come una medicina contro quella strana apatia.
Alla fine di quella fredda giornata di Gennaio, Bruce la stava aspettando fuori dall’ufficio, come ogni giorno. Aveva in mano un mazzo di viole e non vedeva l’ora di consegnarlo a Pleione.
Bruce continuava a sentirsi un verme per quello che stava facendo; era ingiusto, terribilmente spietato, dover fingere.
Non poteva sopportare di starle accanto mentre sapeva che la sua mente era confusa, altrove. La amava molto, con tutto il suo cuore, ma sapeva che non lo avrebbe mai corrisposto sul serio.
Loki se ne era andato, ma aveva lasciato nell’anima di Pleione delle ferite che nemmeno tutto il suo amore avrebbe mai potuto guarire.
E ancora non riusciva ad accettare il fatto di starle mentendo spudoratamente sulla sua gravidanza.

Preso dai suoi pensieri, non si accorse di avere la ragazza alle spalle.

“Sei pensieroso oggi?”

Bruce sobbalzò; voltandosi rimase colpito dal bel sorriso di Pleione.

“Ciao Pleione. Queste sono per te… Come stai oggi? Tutto bene laggiù?”

Disse porgendole il mazzo di viole e  sfiorandole la pancia.
Pleione sorrise di cuore, annusando il buon profumo dei fiori. Si sporse verso Bruce e gli baciò la guancia.

“Sei stato gentile, mille grazie. Tutto bene, qui e laggiù ”

“Fantastico! Allora, dove ti va di cenare stasera?... Pleione?”

Bruce notò lo sguardo totalmente assente della ragazza, che fissava gli scalini davanti a sé quasi in lacrime.
Pleione ebbe un vividissimo deja vù; fece da spettatrice a una scena che non ricordava di aver vissuto. Eppure lei era lì in piedi davanti a sé stessa, abbracciata a una figura totalmente offuscata. Nel cercare di delinearla, avvertì una sensazione di vuoto dentro al petto, come se quel gesto gli stesse costando grande fatica e grande struggimento.
Per un solo istante vide una ciocca di capelli corvini; poi tutto svanì.
Erano di nuovo lei e Bruce, che ora la fissava preoccupato.

“Scusami, è che… Oh lascia stare. Direi che l’italiano potrebbe andare!”

Disse lei, sorridendo.
Bruce annuì facendo finta di nulla, anche se con reticenza, ed insieme si avviarono verso il Central Park, diretti al ristorante.


***

La serata era stata come tutte le altre da un mese a quella parte; piacevole, romantica, ma ancora Pleione, anche se regalava sorrisi in quantità al dottore, chiedeva dell’incidente. Sembrava stare lentamente accettando l’idea di aver avuto con lui una relazione prima dell’amnesia, ma voleva saperne di più.

Difatti, mentre passeggiavano verso Brooklyn, Pleione non fece mancare domande.

“Lo giuro Bruce, non riesco a ricordare cosa mi è successo. So solo che  non ricordo nulla dal mese di Ottobre… La mia memoria si ferma lì. La gravidanza poi… Come ho potuto dimenticarmi di una cosa simile.”

Bruce inspirò profondamente, prima di mentirle ancora.

“Presumo che il concepimento sia avvenuto qualche settimana prima dell’incidente… Poi un giorno, quando stavi tornando a casa dal lavoro, l’autobus su cui viaggiavi si è scontrato con un camion del Walmart. Hai sbattuto forte la testa e hai perso i sensi, oltre ad aver subito lesioni e fratture varie; subito la polizia ha chiamato la signorina Potts che si è assicurata che qualcuno ti trasportasse all’interno del grattacielo. Arrivata lì,  Stark mi ha immediatamente telefonato e mi sono precipitato da te. Sei stata in coma per quasi tre mesi… Ma incredibilmente, nulla di tutto ciò ti ha causato un aborto. La mia angoscia era inguaribile Pleione. Ho avuto paura di… Perderti, anzi, di perdervi..”

Disse, fissandole la pancia, che ogni giorno diventava sempre giù voluminosa.

Ormai sapeva il copione a memoria; recitava quelle parole come una cantilena, qualcosa di superfluo e fittizio. Tuttavia era vera l’angoscia provata dal dottor Banner in quei giorni di coma.
Quante volte avrebbe voluto mettere Loki con le spalle al muro, ed allontanarlo da Pleione.
Ma l’amava, non l’avrebbe mai fatta soffrire.
A forza di parlarle arrivarono davanti l’abitazione di Pleione.

“…È incredibile che io mi sia scordata di tutto questo. Ma ogni giorno ringrazio il cielo per averti accanto. Non so come avrei fatto a riprendermi senza il tuo sostegno.”

Disse Pleione, guardandolo con infinita dolcezza.

Bruce avrebbe voluto urlarle la verità e scappare; navigare nelle amorevoli iridi verdi di Pleione era la più bella delle sensazioni, ma non poteva accettarlo.
Da lei avrebbe voluto solo sentire brutte parole; d’altronde, credeva di meritare solo quelle.

“Non ringraziarmi, sei una ragazza forte, lo sei sempre stata.”

“Bruce…”

Disse all’improvviso Pleione, con un’espressione angosciata.

“Sì?”

“Io… Ricordo qualcosa. Sei stato con me a Montauk?”

Bruce ricordò cosa gli aveva accennato Loki: ‘Qualsiasi cosa lei ti chieda, qualunque cosa lei ricordi, vorrà sapere che tu eri con lei. È di fondamentale importanza che i ricordi dove lei era assieme a qualcuno, vengano colmati dalla tua figura.’

“Sì… È stato qualche tempo fa. Mi avevi portato a vedere la tua casa sul mare.”

“Oh, sì! Ricordo!”

Sorridente, Pleione abbracciò Bruce stretto a sé.

“Adesso devo andare Pleione, ci vediamo domani, d’accordo?”

Disse Bruce, esausto da tutto quel recitare.

“E se ti chiedessi di restare da me?”
Chiese Pleione, quasi sussurrando.

Bruce fu sconvolto da quella richiesta.

“Non so se è il caso… Sai, non vorrei che la tua memoria…”

Pleione scosse il capo.
Lo prese per mano e lo condusse all’interno della casa.

Una volta nella camera di Pleione, i due cominciarono a scambiarsi baci e carezze; lentamente si tolsero gli indumenti di dosso per poi ritrovarsi abbracciati nel letto di lei.

“Pleione… Voglio che tu sia certa di quello che stai facendo.”

Disse Bruce, con tono deciso.

‘Cosa sto facendo’. Continuava a ripetere nella sua testa, il dottore.
Era come abusare di lei, anche se i suoi sentimenti non erano finti. Non doveva essere lì, quella situazione stava arrivando al limite.
Anche in un momento come questo, in cui Pleione sembrava serena, felice, lui riusciva a scorgere negli occhi di lei un velo di malinconia e di apatia, che gli faceva più male di mille coltellate.
Con quale coraggio stava per fare l’amore con la ragazza incinta del Dio delle Malefatte?

Pleione si limitò a sorridere e ad annuire, inconsapevole di tutto.
Portò le sue labbra su quelle di Bruce, cominciando così una lunga notte d’amore.


***

“Il pranzo.”

Il vetro scomparve per un istante, soltanto per fare passare la ciotola col cibo all’interno della cella. Questa andò a fare compagnia alle altre ventinove dei giorni precedenti.

“Quante volte devo dirvi che non voglio niente…”

“Ordini di Odino.”

Si udirono dei passi allontanarsi.

Non mangiare, consumarsi lentamente senza che nessuno potesse dire nulla. Questa era la punizione che Loki si stava auto infliggendo.
Ogni cosa che avrebbe potuto rinvigorirlo, veniva da lui prontamente rifiutata; non trovava una ragione per provare benessere, dopo quello che era successo.
Aveva ingannato per tanto tempo, ed ora qualcuno aveva ingannato lui, magistralmente.
Quando, al cospetto di Thanos, venne scacciato e trattato come un infante illuso, si sentì meno della feccia, con l’anima marcia, immeritevole di vivere.
Il ricordo di quegli istanti gli consumava la mente, ogni secondo, ogni minuto, ogni ora, ogni giorno.
Arrivò al cospetto del mostro subito dopo il suo folle gesto.
In lacrime, con l’orgoglio e il cuore feriti a morte; Thanos lo fissava con un sorriso oltremodo maligno.

‘Hai ceduto, alla fine.’

‘Non infierire. E ora dimmi cosa devo fare.’

Loki si asciugò le lacrime velocemente.

Thanos rise.

‘Disperarti, dimenarti, scappare se vuoi.’

Loki lo guardò sospettoso.

‘Cosa intendi?’

‘Lo vedrai… Venite a prenderlo!’

Un gruppo di guardie Asgardiane, che Loki riconobbe immediatamente, si avvicinò a passo svelto verso di lui. Compresa ormai la trappola, non tentò neppure di opporre resistenza. Non trovava la forza di farlo.


‘E ora che farai Dio degli inganni?’

Loki lo fissava con occhi colmi di odio, mentre veniva immobilizzato.

‘Se le farai qualcosa… Se le torcerai un solo capello…’

‘La midgradiana era solo un espediente. Ti ho messo in trappola, e questo mi basta.’
 
Adesso era solo, rinchiuso in una cella di Asgard, senza voglia di reagire a quello che la vita gli stava procurando. Riempiva le sue giornate con i più disparati pensieri; cosa stava succedendo su Midgard? Cosa stava passando Pleione senza di lui? Thanos l’avrebbe lasciata in pace?
Con la mente in subbuglio, i giorni passavano lenti, bui, e il momento in cui avrebbe dovuto incontrare Odino era giunto.
Padre Tutto aveva deciso di incontrarlo per chiarirgli le condizioni della sua reclusione; la sua esecuzione era stata immediatamente da lui messa fuori discussione. Loki aveva agito meschinamente, ma era pur sempre suo figlio. Si limitò a rinchiuderlo nella cella più isolata delle intere prigioni Asgardiane, senza molte cerimonie, non appena le guardie arrivarono.

E qui, il Dio degli inganni si tormentava coi dolci ricordi dei giorni passati su Midgard; non riusciva a scordare, nemmeno con tutta la sua volontà, gli occhi di Pleione, i suoi capelli e i suoi gesti. La sua voce risuonava nelle sue orecchie, rompendo l’inquietante silenzio che lo avvolgeva. Il ricordo di loro due assieme, abbracciati nudi nel letto, era assassino. Come ogni giorno, pensando a ciò, si asciugò le lacrime dal viso, quando una voce lo fece sobbalzare.

“Loki.”
Odino era di fronte alla sua cella, con un’espressione indecifrabile sul volto.

“Ebbene? Quale sorte mi attende?”

Disse Loki, apatico.

“Ho bisogno della tua attenzione. La faccenda è più intricata del previsto.”

“Oh, e come potrebbe esserlo ancora più di prima? Hanno richiesto la mia testa appesa sopra al tuo trono, padre?”

L’ultima parola venne pronunciata da Loki con incredibile astio.

“Loki, tu ricordi lo stato della ragazza midgardiana, quando sei sparito?”

Chiese Odino, pacatamente.
Loki girò gli occhi, ricolmi d’odio, verso Odino, con un’espressione quasi assassina sul volto.
Di scatto si alzò in piedi e mise il suo viso quasi attaccato al vetro della cella.

“Ti stai prendendo gioco di me, vecchio?! Ancora non lo capite? Non voglio più ricordare, non voglio più nemmeno vivere, da quando ho ridotto Pleione in quello stato! Come credete che mi senta?! Soddisfatto? Potente? Appagato? Io, Padre, desidero stare qui, in silenzio, immerso nei miei tormenti, senza che nessuno possa interrompere il mio lento lasciarmi andare. Aver complottato con Thanos non è stato abbastanza per te? Per gli Asgardiani? Cos’altro devo patire, cosa devo sentirmi rinfacciare ancora? Possibile che io non possa torturarmi in pace?!”

Loki sputò il suo sfogo con il viso tremante e le lacrime che gli sgorgavano lungo il viso, incontrollabili.
Odino non riconobbe il figlio;  non per il viso deformato dalla rabbia, ma per la sua… Umanità. Per la prima volta in tanti anni, Loki stava provando il dolore provocato dall’amore. Non più rancore, non più odio, ma amore.
Lasciò che riprendesse a respirare regolarmente, prima di parlare.

Inspirò profondamente.

“Loki, la midgardiana aspetta un bambino.”

Gli occhi verdi giada si spalancarono.

“Non sei ancora stanco?!”

Urlò con tutta la sua voce, Loki.

“Loki… Il bambino è tuo.”

Disse Odino in un sussurro, quasi fosse spaventato da quello che stava dicendo.

La reazione fu esattamente quella che si aspettava; Loki cadde in ginocchio, fissando il pavimento, incredulo, con gli occhi quasi fuori dalle orbite, ma pregni di lacrime.
Com’era accaduto? Coma aveva potuto farsi sfuggire una cosa del genere? E come avrebbe mantenuto il patto con sé stesso, di non cercare Pleione mai più.

“È necessario comunicarti come procedere, figliolo. Il bambino non può rimanere su Midgard.”

Ma Loki era sordo a qualunque suono, tranne a quello del suo cuore, che batteva fremente nel suo petto.

“Io… Devo andare da lei…”

Continuava a ripetere, come se fosse stato un mantra.
Si sentiva morto dentro; aveva abbandonato la ragione della sua felicità, della sua ritrovata serenità, e con lei quello che sarebbe stato finalmente il frutto del loro amore.

“Come ho potuto…”

Gli ripassarono davanti a gli occhi tutti i momenti in cui aveva stretto, baciato, abbracciato Pleione. Pensò a quante volte aveva dato per scontato il fatto di essere con lei, quasi gli fosse dovuto.
Come al solito, pensò, non ho saputo sfruttare al meglio la mia occasione, quella più importante della mia vita; essere felice.
Alzò gli occhi verso Odino, che ora lo guardava con compassione.

“Fammi andare da lei… Ti prego.”

“Loki, il bambino deve essere portato ad Asgard, è un semi dio, non può rimanere su Midgard. Una volta qui, potrai vederlo, ma non crescerlo. Quello spetterà a tua Madre.”

Disse con tristezza.

“Ma non potete… Non potete portarle via suo figlio. Ha già sofferto abbastanza a causa mia, ne morirebbe! Lascia che vada da lei, a costo di non poter più tornare.”

Loki era disperato ed Odino con lui.

“Forse questa volta imparerai dai tuoi errori, Loki. Questo è tutto.”

Odino si voltò, scomparendo verso le scale.
Le grida di Loki furono del tutto inutili, i suoi insulti verso il padre men che meno e dopo quelle che gli sembrarono eternità di urla disperate, si accasciò esausto al suolo.

“Perdonami Pleione… Sono un mostro.”

Sussurrò l’asgardiano.
 
 






“Non lo sei Loki.”

Sussurrò Pleione nel sonno.








Note: Oh cielo, dopo mesi e mesi di indecisione eccomi qui. Non so come scusarmi per la mia assenza, ma meglio tardi che mai, no? Che dirvi... Spero di essere rimasta la stessa, di non aver deluso le vostre aspettative, di aver reso al massimo. Devo ringraziare Babsi e Jo per avermi spronata a continuare questa storia, che con tanta fatica e amore ho portato avanti e lo farò fino alla fine.
Grazie davvero di essermi rimaste accanto, tutte voi.
Crys.

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