War

di Cassandra14
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Miei cari lettori rieccomi qui con una one-shot…è un po’ lunghina, ma non mi andava di allungare la storia creando interminabili capitoli senza fine

 

Miei cari lettori eccomi di nuovo qui con una nuova storia di due capitoli…all’inizio volevo scrivere una one-shot, ma poi ho notato che è un po’ lunghina e non mi andava di ridurre la storia all’osso. Alla fine mi sono decisa, e ho voluto scrivere questa storia; ditemi cosa ne pensate.

Allora, devo fare una piccola precisazione,: la storia è ambientata nel passato, nel secondo dopoguerra.

Bhè, che dire? Leggete e commentate!

Ringrazio tutti coloro che recensiscono le mie storie, e ringrazio sissy che mi ha corretto la storia rendendola più decente.

 

 

 

War

Che brutta cosa la guerra. Più che altro strana. Sono i governi che dichiarano la guerra, mentre quelli che muoiono sono i poveri cittadini, coloro che fino ad un certo punto vivono felici, senza preoccupazioni, ma poi, all'improvviso, si ritrovano ad essere richiamati alle armi, e bisogna combattere.

Combattere per cosa? Per degli ideali, per il paese e per la patria. Già, la patria, l’amata come la chiamano in molti, ma alla fine non fa nulla per alleviare il dolore delle povere famiglie, che hanno perso una persona cara nella loro guerra.

 

La guerra imperversava da lunghi anni, e ormai molti uomini erano stati chiamati a combattere, mentre le donne stavano in casa e sbrigavano le faccende adatte a loro: curavano la prole, pulivano casa, rammendavano le divise dei mariti, dei figli o dei fratelli, e poi rimanevano in ansia per il destino assegnato ai loro cari.

Una ragazza era alla scrivania della propria camera: stava scrivendo una lettera.

Suo padre era morto in battaglia. Lo stato aveva mandato a sua madre una medaglia all’onore, perché il marito era morto proteggendo la patria.

Alla fine anche il fratello della giovane, Sam, di ventitré anni, era stato richiamato e così aveva fatto le valigie ed era partito per l’Afganistan.

Usagi aspettava con ansia le lettere del fratello, le leggeva e poi cominciava a scrivere, raccontando al giovane lontano da casa, tutto quello che succedeva nella piccola città.

Era da mesi che andava avanti così, con l’angoscia nel cuore, ma almeno finché rispondeva alle sue lettere significava che era vivo. Nell’ultimo mese anche il migliore amico di Sam, Motoki, era stato richiamato alle armi, lasciando lo studio e l’università. Anche lui scriveva ad Usagi, la conosceva da quando era bambina, e i suoi genitori la lasciavano spesso andare a giocare con il fratello e con l’amico.

Lei aveva solamente sedici anni, ma pensava come una donna, e questo piaceva a molti ragazzi, specialmente a Motoki.

 

Lei stava china sul foglio bianco; la mano con il pennino scivolava velocemente sulla carta; ogni tanto la lunga corsa dell’arnese si fermava, la punta metallica veniva immersa nella boccetta con l’inchiostro nero, e poi, riemersa dal contenitore, riprendeva la sua marcia.

Mentre era intenta ad imbustare la lettera e a chiuderla, la voce di sua madre la chiamò “Usa, vieni! Ti vogliono al telefono.”

Usagi percorse il corridoio e arrivò in sala, dove era posizionato l'apparecchio; prese la cornetta e rispose.

“Pronto?”

“Ciao Usa, sono Motoki…ti ricordi di me, vero?” chiese una voce famigliare dall’altra parte dell’auricolare.

“Ma certo che ti riconosco Motoki! Allora, hai ricevuto la mia lettera?”

“Sì, e ti ho inviato la risposta. Ci hanno dato la possibilità di fare due chiamate, una ai famigliari e una agli amici, così ho chiamato te…ma tuo fratello?”

“Mio fratello è in Afganistan, non in Libia…in ogni caso sta bene, mi scrive e io rispondo alle sue lettere”.

“Ho capito…senti ora devo andare: ci chiamano. Ci sentiamo poi, ok? Ciao.”

“Ciao.

Lui aveva riattaccato e anche questa volta non era riuscito a dirle che l’amava, ma se adesso doveva combattere forse sarebbe morto rimanendo l’unico a conoscenza di questo segreto.

Motoki si volse; vicino a lui c’era l’amico Mamoru.

“Ehi, ma tu non hai chiamato nessuno?” chiese il biondino.

“Non ho nessuno da chiamare” rispose il moro.

“Mi spiace rivangare il tuo passato” concluse Motoki. L'amico non rispose, ma con uno sguardo gli fece capire che ormai il passato era passato.

 

I mesi passavano e la guerra andava avanti; molti soldati erano periti a causa delle bombe, ma anche i cittadini non erano messi bene: le case crollavano, gli allarmi impazzivano e il cibo scarseggiava, come anche l’acqua.

Usagi continuava a scrivere le sue lettere. Nell’ultimo periodo un’amica le aveva presentato per posta un certo Mamoru Chiba, così aveva incominciato a scrivere anche a lui, quasi periodicamente.

Le lettere del fratello arrivavano una volta a settimana, mentre quelle di Motoki ogni due settimane, dato che lui le aveva annunciato che era stato diviso dal plotone iniziale per andare in un centro, mentre il resto della truppa rimaneva all’accampamento; invece, le lettere di Mamoru arrivavano ogni tre giorni.

 

 

Un giorno il plotone ritornò all’accampamento, e il generale decise di lasciare i soldati liberi di chiamare le proprie famiglie; questa volta, però, la telefonata da fare era una, e Motoki doveva decidere se chiamare i parenti o Usagi; alla fine fu Mamoru che gli facilitò la scelta: il biondo chiamò i suoi, mentre il suo amico decise di sentire la voce della giovane ragazza che rispondeva alle sue lettere.

Al trillo del telefono Usagi corse a rispondere alla chiamata, alzò la cornetta e tutta eccitata disse “Pronto!”

“Ciao Usagi.” la voce dall’altra parte non era quella di Motoki come si aspettava, era calda e molto sensuale, e lei non la riconobbe.

“Pronto?” chiese la giovane.

“Usagi, sei tu? Non dirmi che ti ho spaventata. Sono Mamoru, Mamoru Chiba, ci sentiamo spesso tramite corrispondenza,  ho deciso di chiamarti perché oggi ci hanno dato una sola chiamata… ho voluto chiamarti io, ma se ti va puoi anche parlare con Motoki” rispose il moro.

Usagi ebbe un sussulto, la sua voce le piaceva molto. Ad un tratto si riprese e disse “Mi fa piacere sentirti, ora posso sentire anche la tua voce”.

“Grazie, ma ora ti passo Motoki. Vuole dirti una cosa”.

Usagi in quell’istante non voleva ascoltare la voce di Motoki, ma la voce del giovane che l’aveva chiamata, mentre Mamoru non desiderava lasciare la telefonata. Quando lei aveva risposto il cuore del giovane aveva fatto un balzo, al solo sentirla si era sentito strano, come se fosse a casa.

 Motoki ormai si era impossessato del telefono e disse “Usa, ascolta: fra tre giorni io e Mamoru torniamo in città, sei contenta?”

“Certo…verrete con il treno, vero?”

“Sì…bene, ora devo andare. Ti ripasso Mamoru,ok?" concluse il giovane senza aspettare risposta. Infatti, diede la cornetta a Mamoru e corse a preparare le sue cose.

“Mamoru, sei tu?” chiese la ragazza.

“Certo…ci sono, scusa se ti ho spaventato, ma volevo provare a sentirti, dato che ci scriviamo”.

“Già…in ogni modo mi ha fatto piacere.”

“Bene, sono contento. Ora vado a radunare la mia roba. Ci vediamo, ciao”.

“Ciao Mamoru.”

La ragazza mise giù la cornetta. Quella telefonata l’aveva rallegrata, non tanto per la notizia di Motoki, ma per l’aver sentito la voce di Mamoru. Nel sentirlo aveva provato un sussulto poi, si era tranquillizzata, ed ora era smaniosa di vederlo.

 

I tre giorni passarono in fretta, e così, il giorno stabilito, Usagi uscì verso il pomeriggio da casa, diretta alla stazione.

Se ne stava seduta su una panchina; osservava le rotaie, deserte, sperando di vedere un treno in arrivo. Pensava a Mamoru, al suo aspetto, dato che ormai conosceva già i suoi pensieri e la sua voce. Ad un tratto si rese conto che lei non era lì per Motoki, ma per Mamoru!

Il fischio di un treno la fece sobbalzare, molte donne cominciarono a gridare felici: quello era il treno che avrebbe riportato in patria gli uomini.

Ma quando la locomotiva si fermò scesero prima tre bare di legno, e poi i sopravvissuti. Le si gelò il sangue. Cominciò a ricordare il giorno in cui, desiderosa di riabbracciare il padre, si accasciò piangendo su una bara di legno, perché lui, insieme a molti altri, era morto. Scacciò il pensiero, e quando vide Motoki scendere dal treno, gli corse incontro, ma lo abbracciò come una sorella abbraccia il fratello; dietro di lui scese un giovane molto carino, i capelli color ebano, gli occhi come il mare in tempesta, alto, fisico ben curato. Era Mamoru.

Usagi rimase d’incanto mentre lo fissava e lui aveva qualche problema a respirare: la biondina era davvero carina, indossava un vestito color panna che risaltava la sua forma, in testa aveva un cappellino bianco in tinta con le scarpe. Anche lei era una meraviglia.

Si salutarono dandosi la mano e poi cominciarono a camminare verso l’uscita della stazione.

I tre si diressero verso la casa di Motoki dove li aspettavano i genitori del giovane e ovviamente c’era anche la madre di Usagi. Arrivati, ci fu una piccola festicciola per Motoki, tutti erano felici, ma Usagi notò che Mamoru era sparito, così decise di cercarlo; lo trovò in cucina, stava seduto su una sedia e fissava il vuoto.

“Perché te ne stai qui tutto solo?” chiese Usagi.

“Eh? …me ne sto qui perché di là sono d’impiccio…” rispose Mamoru.

“No, non è vero. Motoki tiene tanto a te. E poi... ci sono io”. Disse lei.

“Mmm…sono felice per Motoki, ma quando arriverò a casa, non ci sarà nessuno e…” disse il ragazzo con tono triste e malinconico, ma non finì la frase perché Usagi lo abbracciò, trasmettendogli tutto l’affetto che provava. Il tocco della ragazza era dolce e rassicurante, tra quelle braccia Mamoru si sentiva bene, come un bambino che, triste, va dalla madre, e lei lo consola con amore e protezione.

Motoki, vedendo che la coppia era sparita, decise di cercarli, ma quello che vide non fu per lui assolutamente piacevole: i due erano abbracciati.

 

Finita la festa tutti tornarono a casa, mentre Mamoru era stato invitato a trattenersi da Motoki. L’amico, infatti, su consiglio della ragazza bionda, aveva chiesto al giovane di stare ancora in compagnia, così il moro aveva deciso di rimanere. Non sarebbe rimasto solo nel suo appartamento.

Mentre i due preparavano i letti Motoki chiese “Mamoru, sii sincero con me. Ti piace Usagi, vero?”.

Il ragazzo rimase spiazzato da quella domanda e non rispose.

“Lo avevo intuito alla stazione, poi per sbaglio vi ho visto in cucina e…” continuò il biondo “non volevo spiarvi, ma è capitato”. Mamoru allora prese parola “Se piace a te, la lascio...”

“Non pensarci neanche! Sarà lei che deciderà, ma penso che lo abbia già fatto. Lei mi ha sempre visto come un amico, e mi vedrà sempre così”. concluse Motoki.

 I due giovani si fissarono; i loro sguardi valevano più di mille parole.

 

Usagi era seduta sulla cassapanca che stava all’altezza della finestra della sua camera e fissava il cielo notturno. In quel giorno erano accaduti tanti fatti, ma soprattutto si era resa conto di essersi innamorata di Mamoru. Già con le lettere si era innamorata di lui, ma quando lo aveva visto, si era completamente sciolta.

Istintivamente andò verso la scrivania e cominciò a rileggere tutto quello che il moro le aveva scritto, sognandolo ad occhi aperti.

 

Il giorno dopo, Usagi decise di accompagnare di pomeriggio la sua amica Minako al centro, la quale doveva incontrare il suo fidanzato.

Erano sedute su una panchina davanti a una fontana e aspettavano l’arrivo del treno. Parlavano del più e del meno fino a quando Minako non chiese ad Usagi “Allora, com’è questo Mamoru?”

“Carino” rispose Usagi arrossendo.

“Qui c’è qualcosa sotto…dimmi la verità!” disse Minako.

“D’accordo, è molto di più, ma non so se i miei sentimenti siano ricambiati” rispose Usagi un po’ triste.

“Oh, dai, secondo me è impossibile che non ti venga dietro. Insomma, sei una ragazza carina e…” cominciò Minako.

“E…” disse Usagi aspettando con impazienza la risposta.

“Oh, ora non mi viene in mente niente, quando lo saprò te lo dirò” rispose Minako evitando lo sguardo omicida della bionda.

“Minako-chan, sei sempre la stessa!” concluse Usagi.

 

Arrivarono a destinazione e Minako notò subito che fuori dalla stazione c’era il suo ragazzo, che l’attendeva. Minako gli andò in contro e lo baciò, lui ricambiò con tutto l’amore che provava; nel mentre Usagi guardò con una punta d’invidia l’amica: anche lei desiderava una persona da amare ed essere ricambiata, ma purtroppo il principe azzurro non l’aveva ancora trovato.

 Takao era un bravo ragazzo, era perfetto per Minako: era castano chiaro, occhi castani con una punta di verde, fisico ben atletico e aveva un bel carattere; lui e lei si completavano a vicenda: l'una esuberante, mentre l'altro tranquillo, e formavano una bella coppia.

“Ciao Usa, come va?” chiese Takao rivolto alla bionda che fissava la coppia rimasta abbracciata.

“Bene, grazie” rispose Usagi.

“Se sapevo che venivi anche tu avrei portato un amico” disse Takao rivolto ancora ad Usagi.

Usagi non riuscì a rispondere che si sentì chiamare, lei si volse verso la persona che aveva detto il suo nome, e... non ci poteva credere, era Mamoru!

La bionda si rallegrò vedendo il giovane. Aveva pensato a lui per tutta la mattina e desiderava vederlo, anche solo per poco.

 

Alla fine Mamoru e Usagi si staccarono dall’altra coppia e cominciarono a passeggiare per conto loro, parlando del più e del meno.

Arrivarono nei pressi di un lago; l’acqua era cristallina e rifletteva i raggi dorati del sole. La ragazza si appoggiò alla ringhiera fissando la distesa azzurra davanti a sé, Mamoru le stava vicino, e anche lui ammirava il panorama che il luogo gli offriva.

Stettero in silenzio, elaborando i loro pensieri, ma ad un certo Mamoru prese coraggio e tutto d'un fiato disse “Usako, ascolta, io vorrei dirti una cosa. Ci conosciamo da poco, ma mi piacerebbe approfondire la nostra conoscenza. Ti va?”

Usagi rimase in silenzio. Non sapeva che dire. Le sarebbe tanto piaciuto uscire con lui, ma...c’era un minuscolo ostacolo tra lei e lui, e si chiamava Rei.

Rei era la ragazza che le aveva presentato Mamoru. Lei non poteva corrispondere con lui a causa di un malore che l’aveva costretta al ricovero, così Usagi aveva deciso di scrivergli le lettere al posto suo, conoscendo poco di questo misterioso ragazzo. Ovviamente la mora, prima di entrare nella sala operatoria, aveva dichiarato ad Usagi i suoi sentimenti nei confronti del giovane. Aveva anche aggiunto che quando Mamoru fosse tornato, il padre di Rei, un noto impresario che possedeva il miglior ospedale della città, gli avrebbe offerto un posto come medico.

Mamoru fissava la giovane aspettando un suo segno di vita, ma dopo un po’ cominciò a ridere. La bionda, sentendo queste risate, distolse i suoi pensieri e cominciò a fissare incredula il giovane che non smetteva di ridere. “Posso sapere, di grazia, perché ridi?” chiese la giovane.

“Hai una lucertola sulla testa” disse il moro tra le risate.

“Cos..” Usagi non fece in tempo a terminare la frase che lanciò un urlo,.

Mamoru fu molto veloce, riuscì a levare la lucertola dal capo della ragazza, mentre lei si era rifugiata tra le sue braccia. Usagi si sentì a suo agio e protetta dalla mole di lui, si sentiva tranquilla, mentre il ragazzo si sentì un po’ in imbarazzo: lei si era praticamente gettata tra le sue braccia, e lui l’aveva accolta come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.

Lentamente la giovane alzò il capo e fissò gli occhi del ragazzo che la teneva ancora stretta a sé. Le sue gote cominciarono ad infiammarsi, si sentiva strana, le farfalle nelle stomaco, il respiro non più regolare. Mamoru la fissava con dolcezza, e ad un tratto discese su di lei, fino ad incontrare le sue labbra color ciliegia. Fu così che i due si scambiarono un tenero e dolce bacio.

Quando si staccarono non furono dette parole, ma solo intensi sguardi. Gli occhi rispecchiavano i loro sentimenti e la loro anima; non erano dispiaciuti per il gesto, ma liberi di poter mostrare i propri sentimenti. Ma in quell’istante, nella mente di Usagi rimbombavano le parole di Rei, così, quasi meccanicamente, si staccò dall’abbraccio di Mamoru e disse un flebile “Mi dispiace”.

Mamoru rimase un po’ di stucco da quel gesto, non si aspettava una cosa del genere, ma mentre cercava le parole fu richiamato dalle voci di Minako e Takao.

 

Durante il viaggio Usagi era strana, così Minako decise di parlarle “Usa, che hai?”

“Niente Minako-chan, Mamoru…” rispose la ragazza.

“COSA HA FATTO MAMORU-KUN ALLA MIA MIGLIORE AMICA!!!” urlò Minako.

“Non urlare Minako-chan, Mamoru mi ha solo…” disse Usagi.

“TI HA SOLO…?!” incitò la ragazza.

“Baciato” disse la bionda con un tono di voce molto basso.

“COSA?! Lui ti ha…baciato” disse l’altra ragazza non credendo alle sue orecchie.

“Sì” rispose la bionda.

Minako si rimise seduta, vedeva che la sua amica nascondeva un alone di tristezza.

Il viaggio proseguì e per tutto il tempo le ragazze rimasero ai loro posti senza dire nulla, rielaborando il filo logico dei loro pensieri.

 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Ecco, come promesso, il secondo capitolo di War, e vi dico che non è l’ultimo

Ecco, come promesso, il secondo capitolo di War e dico che non è l’ultimo! Alla fine usciranno in tutto 3 capitoli.

Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto e spero di non deludervi con questo.

Devo dire che ho raggiunto le 110 letture, e per me questo è un record.

Ringrazio coloro che hanno lasciato e che lasceranno un commento. Grazie di cuore.

 

Ora vi lascio alla lettura,

Alessandra (cassandra14)

 

P.S: devo ringraziare tutti coloro che hanno recensito anche le altre storie, e che seguono ciò che scrivo. Grazie mille.

 

Capitolo 2

Era arrivata a casa e come una furia si era gettata sul letto, nella sua testa continuava a ricordare quel momento, il momento in cui Mamoru aveva appoggiato le sue labbra su quelle di lei, dandole un lieve bacio.

Era combattuta, non sapeva che fare. Da una parte era felicissima di quel gesto, aveva le farfalle nello stomaco, il cuore che batteva all’impazzata, ma dall’altra non voleva far soffrire una sua amica; chissà come l’avrebbe presa Rei, forse non doveva dirle nulla, in fondo era un semplice bacio.

Ma allora perché si sentiva così? Perché aveva la sensazione di aver fatto qualcosa di male?

Decise di non dire nulla per il momento, ma sapeva benissimo in cuor suo che quel bacio lei lo desiderava ardentemente.

 

Mamoru tornò nel suo appartamento buio e vuoto. Si sentiva strano, come se avesse perduto qualcosa di importante, qualcosa che lo avrebbe reso una persona migliore, e non il solito ragazzo burbero che sarebbe rimasto sempre sulle sue.

Sapeva che lì fuori c’era una ragazza che lo aspettava a braccia aperte, pronta ad accoglierlo nella sua vita, rendendola piena di vitalità.

Lui aveva avuto questa sensazione quando aveva visto per la prima volta Usagi, lei gli aveva dato la speranza, dimostrandogli con quell’abbraccio l’amore e l’affetto che lei provava per lui mentre gli altri pensavano a divertirsi.

Era sicuro che con quella ninfa bionda avrebbe avuto una possibilità, ma dandole quel bacio aveva buttato all’aria tutto. Sapeva che anche Motoki provava qualcosa per lei, però il biondo si era accorto del sentimento profondo che avrebbe legato Mamoru ad Usagi.

È vero, ora aveva la strada libera, ma dopo quel bacio aveva notato negli occhi della giovane due sentimenti contrapposti: da una parte la contentezza e dall’altra rammarico. Se ne chiedeva il motivo.

Decise che se fosse rimasto nell’appartamento a pensare non avrebbe giovato a nulla; voleva vederla, toccarla e sentirne il profumo dolce, anche solo di sfuggita.

 

Makoto e Minako avevano parlato a lungo, si erano riunite a casa di Ami per un semplice studio, ma quando una delle tre aveva toccato l’argomento Usagi i libri si erano chiusi e le penne erano state posate sul tavolo; le ragazze si erano guardate negli occhi senza proferire parola, erano gli sguardi che contavano più di mille parole.

Alla fine solo Minako ebbe il coraggio di parlare, raccontando alle due ascoltatrici la storia, almeno quel poco che sapeva.

Il racconto fu interrotto dal campanello della porta, Ami si alzò per invitare ad entrare il visitatore, una ragazza dai capelli lunghi e corvini fece il suo ingresso nella casa, Makoto e Minako guardarono stupite la sua figura, riconoscendola all’istante: Rei.

Ami la invitò ad accomodarsi, anche la mora doveva prepararsi ad un compito e aveva chiesto aiuto a Ami, per la sua reputazione di studiosa.

Lo studio riprese senza pause e senza allegria, di tanto in tanto Ami, Makoto e Minako si lanciavano lunghe occhiate.

 

Il giorno seguente Minako e Ami entrarono in classe e rimasero sorprese: Usagi era già seduta al proprio posto e stava ripassando per il compito il classe della prima ora. Entrambe erano rimaste di stucco nel vederla china sui libri, perché sapevano benissimo che la loro amica arrivava sempre in ritardo a scuola e non amava studiare. Insieme andarono verso la giovane e Ami prese la parola: “Ciao Usagi, come va? Ieri non sei venuta a studiare a casa mia. Sai alla fine si è aggiunta anche…” non fece in tempo a finire la frase che Minako le tirò una gomitata e cercò di rimediare: “…un’amica di Makoto, già. Sai devi conoscerla è davvero brava in matematica!”.

“Mmmh…ho capito. Scusate ragazze, ma tra poco abbiamo un compito in classe, mi piacerebbe studiare”

Ami e Minako si guardarono negli occhi: che cosa aveva provocato un cambiamento così grande in Usagi?

 

La giornata passò tranquilla, e all’ora di pranzo Ami, Minako e Makoto mangiarono insieme, mentre Usagi se ne rimase per conto suo sulla terrazza della scuola. Purtroppo le discussioni non erano più le stesse, c’erano troppe domande, che portavano sempre alla questione Usagi. Alla fine Minako, stanca della situazione venutasi a creare, disse: “Ragazze, dobbiamo fare qualcosa per Usagi”

“Va bene, ma cosa facciamo?” chiese Ami.

 “Secondo me dovremmo indagare. Allora, dato che io sono molto amica della sorella di Motoki, chiederò a lei, mentre tu ed Ami proverete con Mamoru” disse in modo risoluto Makoto.

“Facciamo così, dato che ho un amico che conosce Mamoru solo di vista, chiederò a lui, mentre tu…aspetta, ma Minako, perché quando stavo per dire Rei mi hai interrotto?” chiede Ami.

“Bhè, ecco, penso che sia una storia lunga, ma quello che so è che Rei e Usagi non vanno molto d’accordo, insomma sono amiche, ma sono sempre sulle difensive” rispose Minako.

“Io so il perchè” disse una voce alle loro spalle cogliendole di sorpresa.

“Naru, ci hai spaventate!” urlò quasi Makoto.

“Scusatemi, non volevo, e non era mia intenzione ascoltare i vostri discorsi, ma appena ho sentito il nome di Usagi…bhè, lei è la mia migliore amica e le voglio molto bene. Poi ho visto il suo cambiamento e ho pensato che voi ne sapevate qualcosa di più” disse Naru.

“Bhè, perché non ci racconti ciò che sai, poi ci aiuterai nel nostro piano, come dice il detto meno siamo e meglio è” disse Minako alzando un dito verso l’alto.

Tutte quante si guardarono con la gocciolina sulla testa, e poi Makoto disse: “Mina-chan, hai sbagliato, il detto è più siamo e meglio è”.

 “Sottigliezze mia cara, sottigliezze” concluse Minako.

“Ragazze, basta discutere…allora Naru, spiegaci che cosa sai” disse Ami cercando di far mettere a quelle due di discutere.

Naru si schiarì la voce e cominciò: “Usagi ha conosciuto Mamoru per corrispondenza, però il fatto strano è che è stata Rei a presentarli. Insomma, si sa che lei ed Usagi non sono grandi amiche, e a volte si stuzzicano a vicenda, però un giorno Rei venne ricoverata in ospedale, e decise di continuare la corrispondenza con Mamoru. Ma non poteva scrivere perché i medici le avevano impedito di farlo, così chiamò Usagi e lei l’aiutò. Il motivo della richiesta di Rei era semplice, Motoki aveva invitato me, Usagi e suo fratello ad una festa, e lì incontrammo Mamoru. Devo dire che mi fece una strana impressione, perché aveva uno sguardo gelido, ti metteva in soggezione, ma Usagi era l’unica che riusciva a guardarlo negli occhi senza avere timore. E’ questo il motivo della richiesta di Rei. Però, prima che Usagi e Mamoru cominciassero a spedirsi lettere, Rei disse le raccomandò di non fare nulla con lui, dichiarandole tutto l’amore che provava per lui. Ovviamente Usagi, vedendo così tanto amore, cercava di tenerselo lontano, ma il suo ritorno le ha provocato qualcosa…ma cosa?”.

“Forse ho capito, Usagi è strana perché quando è venuta con me dal mio fidanzato, lui quel giorno l’ha baciata…e…” disse Minako, capendo la situazione.

“Aspettate! Penso che lei provi qualcosa per lui, ne sono certa!” disse Naru.

“Allora ragazze, questo è il piano…” concluse Ami

 

Passarono alcuni giorni, durante i quali Usagi continuava ad evitare Mamoru, mentre lui cercava in tutti i modi di vederla per parlarle, ma lei non si faceva vedere, neanche alla sala giochi di Motoki.

Motoki, vedendo l’amico che riversava in uno stato pietoso, si diresse verso di lui, cercando di parlargli: “Allora amico cosa mi racconti?”

“Mmm…nulla. Sono stato un idiota!” disse tutto d’un fiato Mamoru.

 

Mamoru se ne era appena andato da lì, sapeva che non l’avrebbe rivista. In quel mentre entrò Unazuki, la sorella di Motoki: “Ehi fratellone, ho visto poco fa Mamoru, ma perché aveva quella faccia?”.

“Lascia perdere…Penso che c’entri Usagi in questa situazione, però Mamoru non mi ha raccontato molto” le rispose il giovane mogio.

In quel momento entrò Makoto che si diresse immediatamente da Unazuki.

 “Unazuki, ti devo chiedere una cosa urgente, tu sai se Motoki e Mamoru…”, si bloccò di colpo, non aveva notato che c’era anche Motoki con la sorella e pensò di non aver fatto una bella figura davanti a lui, ma soprattutto di aver toccato un argomento che avrebbe portato a mille domande e chiarimenti.

Così decise di parlarne anche con Motoki, forse lui avrebbe aiutato Mamoru a capire.

 

“Ho capito” disse infine Motoki.

“Motoki, solo tu ci puoi aiutare, purtroppo Ami non è riuscita a fare nulla, perché appena al suo amico ha pronunciato il nome Mamoru lui le ha chiuso il telefono in faccia spiegandole che era un tipo strano” disse sconsolatamente Makoto.

“Tranquilla Makoto, ci penso io. Per me Usagi è una cosa passata, lei mi considera veramente un fratello e poi ho visto come lei guardava Mamoru alla stazione e alla festa” rispose Motoki.

“Comunque secondo me dovreste parlarne con Rei” intervenne Unazuki.

 “Non saprei, e poi per dirle cosa?” chiese Makoto.

“Bhè, non lo so…chiarimenti, per ora sappiamo poco” disse la sorella di Motoki.

Makoto rimase a guardare i due: stranamente avevano ragione, ma per ora doveva aspettare e parlarne con le altre.

 

In un altro bar della città, due giovani sedevano uno di fronte all’altro e non dicevano nulla.

Ad un certo punto la giovane che stava girando il te caldo con il cucchiaino, prese la parola e disse: “Allora Mamoru, hai letto la mia lettera?”

“Si, l’ho letta” rispose il ragazzo mentre prendeva la tazza di caffè portandosela alle labbra.

 “E..?” lo incitò lei.

“Mi spiace Rei, ma non sei il mio tipo” rispose Mamoru risoluto.

“Perché Mamoru? Dimmi perché? Tu mi piaci, provo dei sentimenti sinceri per te e…” chiese Rei quasi con le lacrime agli occhi.

“Rei, là fuori c’è una persona che è adatta a te, ma non sono io”.

 “Ma sei sempre stato amorevole con me e..”.

“Mi spiace, hai frainteso. Io sono sempre stato disposto ad essere tuo amico. Ora devo andare a lezione” ribattè Mamoru in modo deciso allontanandosi dalla ragazza.

Rei rimase lì da sola, chiedendosi che cosa fosse successo, poi un lampo le attraversò la mente: Usagi.

Aveva capito che era stata lei, aveva fatto un errore a fidarsi di quella ragazza.

Decise che non era il momento di aspettare, doveva fargliela pagare. Un ghigno si formò sulle labbra di Rei, aveva la soluzione al suo problema.

 

 

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Un ghigno si formò sulle labbra di Rei, aveva la soluzione al suo problema

Un ghigno si formò sulle labbra di Rei, aveva la soluzione al suo problema.

 

Mamoru non ce la faceva più, prima Usagi e adesso Rei, sapeva che si era infilato in un bel pasticcio. Con Rei pensava di aver risolto la questione, ma con Usagi no: doveva capire e soprattutto parlarle.

Sapendo che lei non lo avrebbe ascoltato, decise di chiedere ad una delle sue amiche, ma avendo poche informazioni su di loro, non sapeva dove trovarle. Decise di andare nell’unico posto dove poteva trovare conforto, la sala giochi di Motoki.

 

Passeggiava per le vie principali di Tokyo, chiedendosi che cosa aveva fatto per meritarsi tutto questo. Insomma, era da tanto tempo che si sentiva dire che con le ragazze doveva ascoltare il suo istinto, dato che era infallibile, ma con Usagi aveva totalmente sbagliato e baciandola lei si era spaventata.

 

“Motoki, per favore parlane tu con Mamoru” chiese una ragazza mora con i capelli raccolti in una coda.

“Makoto, ci penserò io. Unazuki acqua in bocca” disse il biondo risoluto, ma non sapeva che un ragazzo aveva ascoltato l’ultima parte di quella conversazione.

“Motoki, eccomi qua!” disse Mamoru entrando nel locale, Motoki rispose alzando la mano, mentre Unazuki e Makoto lo fissarono stupite di trovarselo davanti.

“Bene, ora devo…ecco, io devo…studiare…già, domani ho un compito e vado da Ami a ripassare…forse ci sarà anche Usa-“ Makoto s’interruppe, guardò l’orologio e poi esclamò “Accidenti, Ami mi ucciderà. Vado!”

Unazuki tornò al suo lavoro, Makoto uscì dal locale in fretta e in furia, mentre Motoki doveva fronteggiare un Mamoru che aveva un’espressione interrogativa, esigeva delle risposte a tutte quelle stranezze.

Il biondo trascinò il moro dove la gente non poteva né vederli né ascoltarli; Motoki chiuse la porta e poi disse: “Mamoru, che è successo? Che cosa hai fatto?”.

Mamoru era sconcertato, come poteva essere, era lui che si faceva questo tipo di domande e ancora non aveva trovato la risposta; rispose: “Eh?! Cosa hai detto? Quello che si deve fare domande dovrei essere io, non tu. Non so cosa stia succedendo e francamente non lo so. Dimmelo tu”. 

Motoki osservò l’amico davanti a lui, sapeva, ma doveva aspettare che la risposta uscisse dalle labbra del moro.

“Mamoru, ascolta, hai fatto qualcosa ad Usagi? L’altro giorno sei entrato nel locale dicendo che eri uno stupido…che significava?” chiese Motoki speranzoso di ottenere quella precisa risposta.

“Bhè ecco…” si morse un labbro, non sapeva cosa dire e non trovava le parole per farlo “Io…ho…ecco io….ohh al diavolo, ho baciato Usagi” disse tutto d’un fiato Mamoru.

Motoki era riuscito ad ottenere ciò che voleva, però la verità detta da lui gli faceva male.

 

“Mamoru la storia è molto complicata” disse in modo pacato Motoki.

“Voglio, anzi devo sapere” disse risoluto Mamoru.

“Ok. Quando siamo andati in guerra, io avevo chiesto ad Usa di scriverci oppure di telefonarci, e così fu. Un giorno Rei chiese ad Usagi di scrivere a te, dato che lei è affetta da una rara malattia…non so cosa sia, dovresti chiedere ad Ami. Comunque, Usagi lo fece ben volentieri e così cominciò la corrispondenza tra voi. Ovviamente Rei venne dimessa dall’ospedale e continuò a mandarti lettere, però Usagi continuava a scriverti senza problemi: molto probabilmente le piacevi” Motoki fece una pausa, non riusciva a continuare, le parole erano difficili da trovare, fu Unazuki a completare il discorso per lui “Rei ti ama Mamoru, ti ama così profondamente che non immagini. Sul letto d’ospedale Rei chiese ad Usagi una cosa importantissima, non doveva assolutamente innamorarsi di te”.

Mamoru era sconcertato, l’amore non si poteva comandare, Rei non poteva chiedere una cosa tanto grande ad Usagi. Rimase a fissare i due pensando a cosa doveva fare e soprattutto come poteva farlo.

In quel momento intervenne Ami che disse: “Mamoru, ascolta, ti devi muovere, Rei soffre di gravi disturbi mentali che potrebbe portarla a fare pazzie, per caso ti ha detto qualcosa?”

“Aspettate, si…al bar, mi aveva mandato una lettera dicendomi che provava dei sentimenti per me, ma io le ho detto che amo un’altra persona, ma non ho fatto il nome di Usagi” rispose Mamoru.

“Siamo arrivate in ritardo vero?” chiese Minako.

Unazuki, Ami, Makoto e Minako si guardarono negli occhi, Rei aveva in mente di fare qualcosa ad Usagi, fortunatamente c’erano con lei Naru e Umino.

Ami spalancò gli occhi, no…non era possibile, era giovedì e solitamente Naru in quel giorno andava alle prove di canto e Umino restava a casa a studiare, Usagi era da sola!

“Ragazzi” gridò Ami capendo che l’amica era in pericolo “Usagi…è…”. La giovane non terminò la frase, i presenti capirono ciò che intendeva Ami e si maledissero per averla lasciata sola in un momento come questo.

Motoki e Unazuki rimasero al locale, mentre le ragazze con Mamoru si divisero per cercare la bionda.

 

Usagi stava passeggiando per le vie di Tokyo, erano appena le sette e spesso la ragazza il giovedì faceva la strada più lunga per tornare a casa, passando per il Crow, il locale do Motoki.

Sentiva l’aria frizzantina nelle narici, il vento che le scompigliava leggermente i capelli biondi. Adorava tornare a casa sentendosi tanto felice.

Purtroppo la sua felicità durò poco, perché una mano la afferrò per il polso, trascinandola per un vicolo cieco. Si ritrovò braccata come un animale in gabbia, circondata da tre luridi ragazzi, sentiva il pungente odore di alcol che proveniva dai tre; capendo che non avevano buone intenzioni provò a gridare, ma una forte mano le impedì di farsi sentire.

I tre cominciarono a toccarla e ad accarezzarla, Usagi cominciò a dimenarsi, non voleva essere toccata e soprattutto non da quei tre.

 

Successe tutto in pochi attimi, riuscì a liberarsi dalla presa del primo, e con fatica si liberò anche degli altri due. Raccolse la cartella e cominciò a correre.

Correva con la disperazione in corpo, voleva andarsene dal luogo in cui stava per subire una violenza; era spaventata e in queste situazioni di paura, il cervello e la ragione smettono di funzionare, così la povera ragazza non si accorse che, invece di andare verso la salvezza, si dirigeva verso la sua trappola.

 

Raggiunse il porto di Tokyo, intorno a lei non c’era nessuno, solo angoscioso silenzio.

Spaesata si guardò intorno cercando una via di fuga ulteriore, ma vedeva solo contenitori di latta. Ad un certo punto una luce l’accecò; una macchina sportiva rossa le aveva puntato i fari addosso. Una figura uscì dall’auto e si diresse verso la giovane, mentre si avvicinava sempre di più si accorse che era una donna, dai lunghi capelli neri. Usagi riconoscendo la figura spalancò gli occhi un po’ per lo smarrimento e un po’ per la paura, di fronte a lei vi era la figura di Rei.

Rei si fermò a pochi metri da Usagi, la squadrò con uno fare minaccioso e poi le disse: “Cara Usagi, ti ricordi la promessa che mi hai fatto in ospedale? Ecco, dovevi rispettarla! Invece, ti sei innamorata di Mamoru, pur sapendo che fosse mio!”.

Usagi abbassò il capo, solo in quel momento capì il turbinio di emozioni che provava per Mamoru, lo desiderava e soprattutto lo amava. “Chi sei tu Rei per dirmi che Mamoru è solo tuo! Mamoru è grande e grosso e sa prendere benissimo una decisione da solo”. Disse Usagi con una carica improvvisa che le veniva dal cuore.

Rei rimase di stucco, non aveva osato mai risponderle; decise che era il momento di farle pagare la sua insolenza.

Si girò e corse verso la macchina rimasta accesa, entrò nell’abitacolo e si decise che ciò che stava per fare era solo per il bene suo e di Mamoru. Usagi guardò con perplessità Rei, alla fine un lampo le attraversò la mente, voleva investirla con la macchina!

Si girò e cominciò a correre, la macchina prese velocità e la inseguì fino allo sfinimento, Rei continuava a ridere nervosamente stringendo il volante nelle sue mani, Usagi continuava a correre e dava segni di cedimento, non aveva più il fiato, la milza e i muscoli delle gambe le dolevano.

 

La macchina prese il sopravvento su Usagi, investendola; Rei continuò a ridere fino a quando non si rese conto che il freno non funzionava più, l'auto, a causa dell'enorme velocità, finì nella parte alta ancora in costruzione, andando contro prima alle travi e poi cadendo nell'acqua.

 

Mamoru correva verso la scuola di Usagi, si fermò ad un tratto sentendo tre ragazzi che borbottavano qualcosa, comprese alcune parole che gli fecero ricordare Usagi. Andò da quei tre e chiese: “Avete visto una ragazza bionda con dei buffi codini?”

“Si, e devo dire che ha un ottimo sinistro” disse il primo massaggiandosi la mascella.

“Dov’è andata? Lo sapete” chiese Mamoru cercando di velare la sua preoccupazione.

“Rei ci aveva detto di mandarla verso il porto, non so il perché” si tradì il secondo.

Mamoru spalancò gli occhi, non era possibile, in questa storia c’entrava Rei: Usagi era davvero in pericolo!

 

Corse ancora verso il porto, ne era abituato, tutte le mattine faceva jogging, ma ora era una corsa disperata verso la salvezza della persona amata.

I suoi occhi  si soffermarono sulla figura di Usagi riversa a terra, corse verso di lei cercando di sentirle il battito cardiaco, dopotutto stava studiando per diventare medico.

Fece un sospiro di sollievo quando capì che la ragazza era solo svenuta, così chiamò un ambulanza e aspettò cercando di svegliare l’amata.

 

Usagi si risvegliò in una stanza bianca, tante domande le attanagliavano la mente; cercò di alzarsi dal letto, sentì il tipico odore dei disinfettanti e capì che era finita in ospedale.

In quel momento entrò un medico che cominciò a visitarla, quando ebbe finito entrarono le sue amiche, Motoki, Unazuki e soprattutto Mamoru.

“Usagi” disse Minako trattenendo le lacrime, “ci hai fatto penare” rispose Makoto concludendo il pensiero di Minako.

La bionda fissò le amiche contenta di vederle dopo l’incidente, era al settimo cielo.

 

Il tempo passò fra risate, lacrime di gioia e racconti, Mamoru stava in silenzio e fissava prima Usagi e poi la camera, e altrettanto faceva la ragazza; alla fine il gruppo notando la situazione pesante che si stava creando decise di sciogliersi e di andare a casa, lasciandoli soli.

 

Cominciò Mamoru dicendo: “Usagi, sono contento che tu stia bene, pensavo..”,“No, io ho commesso un errore, non dovevo fare nulla, ho sbagliato” lo interruppe la giovane.

Mamoru si sentì mancare il fiato, non era possibile, le sue amiche avevano detto che c’era un po’ di speranza, ma con quelle parole quella luce si era ormai spenta.

Decise di provarci e così le disse: ”Ma non puoi cancellare così l’amore? Proviamo gli stessi sentimenti, e non puoi impedire di innamorarti perché l’hai promesso”

Usagi si morse un labbro, conosceva la storia e soprattutto aveva ragione, pensò di non andare oltre a quella storia e così disse con tono duro: ”Mi spiace, era solo una cosa passeggera, passerà, anzi mi correggo, è già passata”.

Mamoru non ci credeva, perché si comportava così? Prese coraggio e le disse: “Ok, come vuoi. Comunque domani parto.”

“Dove vai?” chiese timidamente Usagi, “In guerra” fu l’unica risposta.

 

Usagi rimase nella camera da sola, perché l’aveva fatto? Perché?

Non trovava nessuna spiegazione al suo gesto. Disperazione? Non lo sapeva, la risposta l’avrebbe trovata dormendo, purtroppo era incurante del fatto che non avrebbe chiuso occhio pensando a lui.

 

Mamoru entrò nel suo appartamento, voleva farsi solo una doccia fredda e dimenticare.

Anche lui aveva tante domande in testa e la risposta non arrivava. Era deciso, sarebbe partito per dimenticarla e per rifarsi una vita nuova, sotto le bombe.

 

Il giorno dopo Usagi si svegliò, non aveva chiuso occhio durante tutta la notte, attanagliata dai sensi di colpa e dalla moltitudine di domande.

Ami entrò in camera sua, la salutò e vedendo che c’era qualcosa che non quadrava le chiese: “Usa, ma che hai?”, Usagi non disse nulla, fece solo scendere copiose lacrime dai suoi occhi profondi.

Ami capì e le disse: ”Usa, ascolta…vestiti e vai da lui. Ciò che hai fatto è stato per la disperazione, ma il tuo cuore ti dice di lasciarti andare e di correre da lui”. La bionda fissò l’amica chiedendosi perché sapeva tutte quelle cose, ma capì che non c’era tempo per le domande, si vestì e uscì.

Corse con tutto il fiato che aveva nei polmoni, la meta era l’appartamento di Mamoru.

Salì di corsa le scale e suonò alla porta:nessuno rispose. Attese, minuti che le laceravano il cuore, che la struggeva, fino a quando la vecchietta, vicina di Mamoru, uscendo dall’appartamento con i bigodini in testa le disse: “Se cerchi Mamoru non è in casa, è partito…pure di buon ora”.

La bionda capì che si era diretto alla stazione, scese le scale, cercando di non cadere, chiamò un taxi e si diresse verso la stazione.

 

Giunta a destinazione fissò il tabellone delle partenze e cercò il treno; Maledizione stava per partire!

L’annunciatore fece l’ultima chiamata, e Usagi pregava disperatamente di ritardare mentre andava verso il binario. Il treno stava partendo, con l’ultimo scatto cominciò a cercare con lo sguardo a cercare il ragazzo, ma il treno ebbe la meglio e il convoglio partì.

La ragazza si abbandonò per terra, le forze e il fiato le mancavano, cominciò a piangere per ciò che aveva fatto. Era stata una stupida!

“Usako” una voce profonda e calda, ma soprattutto sensuale, la richiamò, lei si girò cercando di capire se non era la sua immaginazione a giocarle un brutto scherzo; lo vide, davanti a lei, gli occhi pieni di lacrime e di disperazione.

La giovane non ci pensò un attimo e gli saltò al collo baciandolo con tutta la passione che aveva in corpo. Lui rispose accarezzandola e stringendola a sé.

 

Quel giorno segnò per loro l’inizio di ciò che avevano sempre cercato, un anima gemella che ti amasse nel profondo.

Passarono insieme il resto della loro vita, avvolti dall’amore che li univa.

 

FINE

 

Ecco qua l’ultimo capitolo!

Finalmente vero?? Ora potrò dedicarmi alla stesura delle altre storie, così non ci saranno più aggiornamenti biblici!

Cmq spero che vi sia piaciuta la storia e colgo l’occasione per ringraziare coloro che hanno letto e recensito!

Grazie.

 

Bacioni a tutti,

Alessandra

 

 

 

 

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