Ovunque andrai, ti troverò

di Allyson_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** future past ***
Capitolo 2: *** Affrontare i propri sentimenti. ***
Capitolo 3: *** Sviste del destino. ***
Capitolo 4: *** Torn (lacerata) ***
Capitolo 5: *** amore e shock ***
Capitolo 6: *** Open your eyes ***
Capitolo 7: *** Distance ***
Capitolo 8: *** What happened in LA ***
Capitolo 9: *** Verità, famiglia e.. ***
Capitolo 10: *** Tournée e passato ***



Capitolo 1
*** future past ***


Questa è la mia prima fan fiction. Spero che vi piaccia! Aspetto vostre recensioni e consigli ! Buona lettura!   Capitolo 1:
 
Un anno prima:
Qual gioia è gioia se Silvia non mi è accanto.
A men d’immaginarla a me accanto,
nutrito del riflesso della perfezione.
Se la notte io non sono accanto a
Silvia non ha più musica per me l’usignolo.
A men di contemplar Silvia di giorno non
c’è giorno per me da contemplare.
Ella è la mia essenza e io non esisto
se non per lei”
<< Perché ogni volta che vedo questo film, in questo preciso punto in cui lei recita queste battute, inizio a piangere come una bimba? >>disse Alessandra commossa alla sua amica Chiara, mentre guardavano il film  “Shakespeare in love”.
<< Non lo so. Ma quando guardi i film, diventi un’altra persona. Insomma hai pianto anche al cinema vedendo “Titanic”. Lo sapevi come andava a finire no? >> rispose Chiara sorridendo.
Era un assolato pomeriggio di fine Gennaio,  con un cielo sfacciatamente azzurro che le nuvole non avevano osato rovinare.
<< Può essere. Ma il fatto è che questo film è di una drammaticità poetica unica! >> rispose Alessandra.
<< Risparmiati i paroloni Ale, e piuttosto dammi un po’ del tuo plaid! Ti ci sei avvolta come fossi una crisalide! >>
<< Ah, mi dispiace >> rispose e gliene diede una parte.
Erano sedute sul divano e osservavano attente quel film, quasi che sembrava che fosse stata la prima volta che l’avevano visto insieme. Quando decidevano di vederlo sicuramente era perché una delle due stava affrontando un periodo di depressione.
Alessandra aveva problemi familiari che non le permettevano di concentrarsi nello studio e che le avevano tolto il sorriso più di un anno fa.
Chiara ripeteva che prima o poi avrebbe trovato l’anima gemella, voleva un amore a stampo fiabesco, ma di questi tempi solo chi sogna può permettersi questi pensieri, e lei era davvero un grande sognatrice.
<< Se solo trovassi un uomo che mi amasse così >> sospirò Chiara, riferendosi al film.
<< Fidati, non c’è sempre bisogno di parole auliche  per conquistare o viceversa! Qui è normale l’unico modo che avevano per corteggiarsi erano le parole. Insomma se un uomo abbracciava una donna in pubblico nel 1500, la donna passava per la p******a di turno. A volte lo capisci anche con un solo sguardo che quella è la persona giusta. >> rispose Ale.
<< Te e il tuo amore per la storia adesso cosa c'entrano?Certo. Tu hai Edoardo che ti coccola,ti fa sentire importante. Io invece? >>
<< Hai sempre me! E poi fidati dopo due anni le cose non sono più come agli inizi. >> questa era la stessa frase che Ale ripeteva di continuo,ogni volta che Chiara tirava fuori quell’argomento.
Per sbaglio spostandosi colpì il telecomando, e il canale si spostò su MTV ed   in quel momento ebbe l’impressione di poter cambiare la sua monotona e deludente vita,forse sarebbe potuta riuscire a togliersi dalla mente tutti i suoi problemi e dare all’amica l’opportunità di scuotere un po’ anche la sua vita sentimentale.
Stavano mandando la nuova canzone dei Blue “I can”, e a tutte e due vennero in mente i periodi dell’adolescenza in cui credevano di poter sposare un giorno il loro cantante preferito. Ale aveva sempre preferito Duncan e Chiara, invece,  Lee.
<< Ma lo vedi quanto è bello? >>disse Chiara guardando estasiata Lee.
<< Ma stai scherzando senti che voce sensuale e che occhi ha Duncan!?Non c’è partita >> ribatté Ale.
E proprio così iniziarono ad impegnarsi nella solita conversazione: quale dei due fosse il più preparato, il più bravo per poi concludere che era un bene che non avessero gli stessi gusti riguardo i ragazzi.
In quei momenti davano prova del loro spirito adolescenziale e ridevano di gusto insieme .
<< Pensa se riuscissimo a sapere dove abita uno dei due, magari gli inviamo per posta un regalo e con la scusa diamo i nostri numeri di cellulare, magari un colpo di fortuna! >> propose Ale.
<< Certo! Un idea fantastica, secondo me appena vedranno il biglietto ci faranno una sorpresa! Prenderanno il primo aereo Londra- Roma e citofoneranno a casa nostra. >> rispose sarcasticamente Chiara.
Alessandra prese il suo cellulare, impostò la ricerca e diede invio.La pagina che si aprì era davvero colma di supposizioni ed informazioni.
Chiara continuava a parlare, spiegando il perché quell’idea era così sciocca, che sarebbe stato un fiasco totale, ma Ale la ignorò e continuò la sua ricerca.
<< Bingo >> disse interrompendo il soliloquio dell’amica.
L’espressione di Chiara cambiò radicalmente e con un enorme sorriso chiese:<< Quale dei due?>>
<< Qui ho trovato solo quello di Duncan. Quello di Lee sembra un mistero! >>
<< Non fa niente l’importante era trovarne uno dei due, tanto sono amici, insomma.. >>Chiara continuava a parlare in preda all’emozione e iniziò a camminare per tutta casa in  maniera convulsa.
Alessandra rideva, era contenta di vederla felice in quell’attimo; ma sapeva anche che quando Chiara avrebbe smesso di sognare ad occhi aperti avrebbe dovuto di nuovo affrontare la realtà.
“Se questa sorta di escamotage funzionasse davvero”pensò Ale “allora tutte le fan potrebbero conoscere il loro vip preferito! E non credo che sia così facile!”
Non sapevano che le cose sarebbero cambiate da un momento all’altro.
 
 
OGGI:
<< Perché pensi che non vada bene? Insomma è una bella ragazza no? >>D disse Duncan.
<< Il mondo è pieno di belle ragazze  sei tu che devi capire quali sono giuste per te o quali no; ma fidati non ti ci vedo con quella! >> rispose Ale.
Erano seduti in una caffetteria e parlavano animatamente riguardo la cameriera.
Una bella ragazza sui 22, con capelli scuri, occhi neri , nel complesso aveva un bel fisico, ma ad Ale non piaceva.
Il suo modo di parlare civettuolo la infastidiva, e il modo con cui ci provava con Duncan la metteva a disagio. La cameriera flirtava con lui ogni volta che poteva e , naturalmente, lui non era il tipo che si tirava indietro.
Ale non capiva cosa c’era che non andava in quella ragazza ma era sicura del fatto che non le piaceva.
Non era per gelosia, la sua scelta l’aveva fatta più di qualche mese fa e non aveva rimpianti, o meglio cercava di non pensare. Aveva deciso da quel momento di non pensare, non voleva problemi, non voleva ferire nessuno. Lei sapeva bene cosa voleva dire soffrire e non voleva recare danno a nessuno, specialmente se  ciò riguardava le persone che amava di più.
<< Ale non mi ci devo sposare! >>
<< Ah ok. Pensavo che avessi deciso di mettere la testa a posto, ma mi sbagliavo. >>rispose infastidita.
Abbassandosi un poco, quasi fino a toccare con il mento il tavolino, disse sussurrando:<< Io volevo cambiare, tu lo sai che non è stato possibile >>
<< Se la ragazza in questione non ha potuto o voluto tu non puoi fare niente. >> rispose lei sorseggiando il caffè in tutta naturalezza.
<< Tu non hai capito, vero. Ancora non hai capito. >> ribatté Duncan incredulo.
Iniziò a fissarla intensamente, ma lei non resse il suo profondo sguardo e in tutta risposta Ale si rimise a sorseggiare il suo caffè quasi avesse paura di averlo trascurato.
Le emozioni che stava provando Ale in quel momento la sovrastavano e proprio mentre aveva deciso cosa dire per rimediare a quel silenzio arrivò un fan.
<< Non ci posso credere sei tu?Sei Ally !!! La cantante dei Dark shadows ? Mi potresti fare un autografo? >>chiese un ragazzo avvicinandosi al tavolo. Guardava Ale quasi allucinato e incredulo.
<< Si sono io. Certo hai una penna? >> chiese Ale sorridendo e accontentò il ragazzo. In quei momenti riaffioravano nella sua mente non pochi ricordi. Quei fan sembravano lei qualche anno fa e odiava quella sensazione di non poter dar loro quanto loro volessero da lei. Era frustrante, proprio perché ci era passata e sapeva che cosa doveva voler dire.
<< Li odio, rompono sempre >> disse Duncan serio.
<< Sei arrabbiato? Non capisco che hai, perciò se vuoi parlarne bene altrimenti tieniti tutto per te ma non diventare sgradevole per favore. Anche io ti ho infastidito un tempo vero? Quando ti arrivò quel pacco, avrai deciso di cestinarlo, no? Tanto a te importa solo di te stesso. >> disse Ale lasciando i soldi sul tavolo e avviandosi all’uscita del locale.
Si mise la sciarpa e il cappello, perché il freddo a Londra non scherzava, era pungente e non perdonava.
Vide Lee che attraversava la strada, lo salutò con un cenno mentre si allontanava dal locale. Infilò anche gli occhiali da sole perché quel giorno il cielo era di un blu meravigliosamente intenso e si ricordò di quel giorno in cui aveva deciso con Chiara di inviare quel pacco.

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Capitolo 2
*** Affrontare i propri sentimenti. ***


  
Febbraio/Giugno 2011:
 
<< Allora è arrivato? >> chiese Chiara , che era appena entrata a casa.
<< Neanche mi saluti?Brava >> disse sorridendo l’amica << Comunque non lo so, dobbiamo pazientare ancora un po’. Insomma sono due settimane che l’abbiamo inviato >>
<< Secondo te, gli piacerà il regalo? >>
<< Ma come faccio a… >>improvvisamente squillò il cellulare. Alessandra lo prese, vide il display e si accorse che era privato. Fissò Chiara con aria terrorizzata e sorpresa allo stesso tempo e rispose:
<< Pronto sono Davide della compagnia telefonica **** le può interessare l’offerta.. >> disse un uomo dall’altra parte della cornetta.
<< No, no grazie >>e riattaccò delusa.
Passarono i giorni e non capitò nulla, e più il tempo passava e più le due amiche capirono di aver fatto un errore.
Solo dopo qualche tempo arrivò una strana telefonata sul cellulare di Ale. Ma le interferenze erano talmente tante che non riuscì a capire nulla. E ormai in quel periodo con tutti i problemi quotidiani che doveva affrontare,  non pensava proprio alla possibilità di essere veramente contattata dal suo amore adolescenziale.
Non ci credeva più neanche Chiara che dopo le prime settimane di euforia si era arresa all’inerzia sentimentale, trascinandosi da un possibile amante all’altro senza arrivare, infine, ad iniziare una relazione.
Dopo qualche mese avevano quasi rimosso quel fatto, così sciocco, e continuarono la loro vita come se nulla fosse stato.
Alessandra tra uno studio e l’altro si concedeva del tempo da passare con Edoardo, il quale era all’oscuro di tutto,   perché lei se ne vergognava. Capiva che si era comportata da immatura.
Chiara cercava disperatamente di creare un legame forte e resistente ma non ci riusciva, era troppo timida per andare in cerca di ragazzi. Li guardava da lontano, non ci parlava se non fosse stato strettamente necessario.
Era arrivato velocemente Giugno ed Ale aveva deciso di fare un provino musicale da cantante per entrare a far parte di una nuovo programma televisivo che si occupava di talent scout.
Non credeva che ce l’avrebbe fatta, i partecipanti erano più di 30.000 e sapeva perfettamente di non avere speranze ma “tentar non nuoce” si era sempre ripetuta nella sua testa.
<< Dai Ale anche se non andrà bene, potrai sempre accontentarti del premio di consolazione >> disse Edoardo vedendola agitata.
Era arrivato il giorno del provino e il caldo non faceva certo che peggiorare la situazione. Ale si sentiva tremare, quasi svenire, a tratti si sentiva pervasa da una strana euforia per poi ritornare in uno stato catatonico.
<< E quale sarebbe questo premio?>> chiese guardandolo sconsolata.
<< Io, no?! >> sorrise Edoardo.
<< Smettila di fare lo stupido! >> disse sorridendo e  dandogli una piccola spinta.
Si mise ad osservare quel posto. Sembrava un immenso magazzino dipinto di rosso con sedie nere sparse qua e là. C’erano solo due porte: quella per entrare nella stanza dove si svolgevano i provini e l’altra era l’uscita.  La porta dei provini si aprì e un uomo alto, di mezza età, urlò:
<< Il numero 20198? >>
Ale era immersa nei suoi pensieri e non si sarebbe accorta del tizio che urlava se non fosse stato per Edoardo che la tirò per un braccio e la portò da lui.
“ stai calma. Sei venuta qui per cantare, divertirti e divertire, nulla di più. Cantare, divertirti e divertire” continuava a ripeterlo nella sua mente mentre varcava la soglia.
<< Che pezzo ha portato signorina Bianchi? >> chiese una donna sulla sessantina, dietro la scrivania.
<< Guilty, scritto da Duncan James, cantato dai Blue >> disse Ale cercando di focalizzarsi solo sullo sguardo di quella donna.
<< Bene. Facciamo partire la musica. Prego signorina. >>
Ale iniziò a cantare, e ancora una volta si sorprese della sensazione che le dava quel semplice hobby.
Cantare e far uscire se stessi, i problemi in quel momento sembravano non esistere ; aveva dimenticato che i suoi genitori si stavano separando, che i suoi nonni non stavano bene e i continui litigi in casa. Non c’era niente di tutto questo ma solo una forte passione che le partiva dal cuore e sperava di scuotere l’animo altrui.
Osservò in quel momento i giudici che la osservavano dall’alto in basso e sorridevano di continuo.
La musica finì e la ragazza aspettò risposta.
<< Finalmente un’ altra  esibizione decente. Una delle poche devo ammettere. Non si adagi sugli allori signorina solo in 5 passeranno, ma per quello che può valere la sua è stata una buna esibizione. >>disse la donna.
Fu accompagnata fuori e corse ad abbracciare il ragazzo, dicendogli che era andato tutto bene. Che voleva festeggiare e che voleva fare l’amore con lui perché non era così felice da tanto tempo ed era il momento migliore per dimostrargli quanto tenesse a lui, quanto lo amasse.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Giugno 2012:
<< Ale perché sei andata via così? io.. mi dispiace è che mi sento molto stressato. Dobbiamo parlare. >> disse Duncan seguendo la ragazza che non sembrava aver voglia di cedere.
Il ragazzo continuò ma non raggiunse il suo scopo. Si fermò e rimase ad osservarla mentre si stringeva nel giubbotto di pelle nera . La osservò per più di qualche minuto, osservò i suoi capelli mossi castani ondulare ad ogni passo, il suo corpo muoversi. Ad un tratto Ale si girò e trattenendo un sorriso tornò indietro.
Duncan sapeva perché sorrideva. Quella ragazza dagli occhi verde smeraldo e labbra carnose, stava mettendo da parte il suo orgoglio e stava tornando per parlargli.
La conosceva in fondo e più volte aveva assistito a scene di quel genere.
<< Anche io sono stata una fan, sai? >> esordì Ale.
<< E’ normale. Chi non è mai stato fan di qualcuno?. >> rispose Duncan.
<<  Io ti ho inviato un regalo avvolto in un pacco rosso. Sapevo che il rosso era il tuo colore preferito, ma io non ti ci vedevo con una polo rossa e così ne ho comprata una blu. Blu, perché mi ricordava il gruppo di cui facevi parte. Blu, perché era anche il mio colore preferito. Blu, perché io ero una vostra fan. Perciò non dirmi che i fan rompono, perché noi cantanti senza di loro non saremmo nessuno. E’ per loro che cantiamo, è grazie a loro che possiamo fare il nostro mestiere.  >>
<< Aspetta tu cosa? >>
<< Si, hai capito bene.>> disse Ale tenendo lo sguardo basso.
<< Cosa posso dire? Io… Io.. Io mi ricordo del pacco rosso! >>
<< Certo. Magari l’hai anche aperto e ora mi dirai che indossi quella maglietta. >>
<< No. Non l’ho aperto. Però vieni con me, mi è venuta un’idea. >> disse Duncan prendendo Ale per la mano.
Ecco in quei momenti Ale riconosceva il suo amico, quando non era la rabbia o l’odio a controllarlo, quando non perdeva la testa per ogni cosa che non andava secondo i piani. Si, ora lo Ale lo riconosceva.
Salirono in macchina e andarono a casa di Duncan.
Sembrava che lui avesse fretta. Appena entrati dalla porta il ragazzo iniziò a correre su per le scale, per poi riscenderle velocemente con un pacco in mano. Ale riconobbe il suo pacco. Il suo pacco rosso, ancora intatto.
Lei sorrise all’inizio poi si fece improvvisamente seria: << Non aprirlo. Davvero, non aprirlo. >>
Duncan stava per sollevare il coperchio quando Ale ci mise la mano sopra.
<< Dai, Forza togli la mano.>> disse Duncan
<< Prometti che non mi prenderai in giro? >>
<< certo, certo > >
<< promettilo! >>
<<  Si. Promesso. Ora togli la mano. >> disse lui sollevando la mano di Ale dal coperchio.
Quando lo aprì, il ragazzo notò numerosi biglietti e una polo blu.
La prese e se la mise addosso. Gli piaceva davvero, fu in quel momento che capì le parole che la ragazza disse in precedenza. La misura che aveva preso era perfetta, eppure quella ragazza non lo conosceva, non lo aveva mai visto dal vivo ma sapeva le sue misure. “Assurdo” pensò.
Prese un biglietto e lo lesse a voce alta: << Speriamo che la maglietta ti sia piaciuta. Alessandra l’ha cercata con tanto amore e cura, io (chiara) ti chiedo di poter salutare Lee Ryan da parte mia dicendogli che c’è una ragazza a Roma che non si perde mai un suo /vostro concerto.>>
<< E’ anche da parte di Chiara una mia amica e vostra fan. >>disse Ale passandosi una mano tra i capelli.
Girò il pezzo di carta e lesse ancora << questo è il numero di Ale, questo è quello mio. Se decidi di chiamare, chiama Ale altrimenti si ingelosisce. PS Vi amiamo >>
Ale sgranò gli occhi, << questo non c’era scritto! >>disse strappandogli il biglietto dalle mani. A malincuore riconobbe la scrittura di Chiara. << Eravamo convinte che non sarebbe mai arrivato, oppure che tu non l’avresti mai aperto.>>
Duncan si era seduto sul divano vicino a lei e la stava guardando. Adorava I suoi occhi verdi, si sarebbe perso in quegli occhi. “ Siamo amici, sana e pura amicizia” si disse.
<< Invece l’ho aperto, e sono contento, molto contento. >> disse quasi sussurrando. Il cuore stava per sopraffare la mente di Duncan.
Si avvicinò sempre di più al viso di Ale, tanto da poterne sentire il respiro e dopo averla guardato un’ultima volta premette le sue labbra contro le sue, fino a farle incastrare dolcemente tra di loro.
<< No, non posso. Mi dispiace. Noi non possiamo, insomma.. siamo amici giusto? >>disse Ale staccandosi dalla presa di Duncan.
Duncan la guardò pensando a cosa avrebbe potuto dire ma iniziò a squillare il cellulare di Ale e lei dovette rispondere. Era Edoardo ed Ale cercò di mantenere la calma, in fondo non era accaduto nulla di importante. Non voleva far preoccupare il suo ragazzo per un semplice bacio.
Duncan sentendola parlare con naturalezza capì che non c’era niente da fare e andò in cucina. Prese un bicchiere d’acqua e fissò il frigo. Le foto con Ale e con gli altri ragazzi Lee, Sy, Ant erano attaccate lì sopra. Avevano passato dei bei momenti insieme, e alla fine erano un bel gruppo .
Rifletté su quello che aveva fatto. Pensò a tutte le relazioni che aveva avuto con una donna e al fatto che non fossero mai finite bene. Il rapporto tra lui ed Ale era molto affiatato e spesso si capivano con un solo sguardo, “Forse è meglio restare amici”. La soluzione gli balenò nella mente, era molto semplice. Avrebbe dovuto mettere da parte l’attrazione fisica che provava per lei, e altri sentimenti che non si addicevano ad un rapporto di amicizia .
Aveva preso la sua decisione, ma sapeva che doveva fare i conti con la sua impulsività e tenerla a bada non sarebbe stato così facile.
Ale lo raggiunse in cucina e prima che lei potesse aprir bocca, Duncan disse: << Tranquilla. Non tidevi preoccupare mi è chiaro. Io tengo a te , ma come amico. >>. “ devo farcela” si disse.
<< Quando hai detto che non ti è stato possibile cambiare, a cosa ti riferivi? Hai detto che io non ho capito , giusto? Cosa devo capire? >> chiese Ale con fare serio.
Non sapeva cosa rispondere, si sentiva con le spalle al muro e proprio ora che cercava di mettere a posto le cose, lei lo spiazzava di nuovo.
<< Io mi riferivo al fatto che .. se avessi incontrato la ragazza giusta avrei messo la testa a posto, tutto qui >>
<< Ti riferisci a quella ragazza di cui tanto mi hai parlato? Aspetta qual’era il suo nome? Marvy?>>
Duncan si strofinò i capelli dietro la nuca e rispose mentendo: << Esatto proprio lei. Però lei non sembra-va interessata e quindi non è valsa la pena.>>
<< Se ad una persona tieni davvero, vale sempre la pena. >> rispose lei asciutta.
“Non dirmi questo. “ pensò Duncan. Lui non rispose e cadde nuovamente il silenzio tra i due finché lei non disse: << Io devo andare ci sentiamo in settimana.>>
<< Certo. >> rispose di rimando salutandola.
Dopo aver sentito chiudersi la porta, Duncan prese il telefono e contattò Lee, Sy ed Ant. Aveva bisogno dei loro consigli, aveva bisogno dei suoi migliori amici.
Mentre aspettava il loro arrivo si preparò un whisky e iniziò a sorseggiarlo lentamente. Accese la televisione ma nulla lo interessava, la sua mente era troppo impegnata per prestarle attenzione.
“Non devo pensare” si ripeteva nella sua testa, finché fortunatamente non suonarono al campanello i suoi amici. LI salutò tutti e tre e li fece accomodare nel salone.
<< Dunc che devi dirci? >> chiese Ant.
<< Amico, sembra che ti è morto il gatto. Che ti è successo?>> chiese Sy.
<< Ragazzi io non vi ho mai detto nulla di questo ma penso che sia arrivato il momento perché ho davvero bisogno di una mano. >> esordì.
<< A noi puoi dire tutto, ma non puoi nascondere niente.>> disse Lee lanciando un’occhiata complice a Sy e Ant.
<< Cosa sapete? >> chiese allarmato lui.
<< Marvy non esiste. >> rispose Ant.
<< Marvy è Ale, perciò.. >> continuò Sy.
<< Perciò riguarda te e Ale. Ale e te. Voi due. >> disse Lee come se stesse recitando una battuta teatrale.
Duncan buttò giù in un solo sorso il resto del whisky, mentre i suoi amici ridacchiavano tra loro perché sapevano di aver indovinato.
<< Si vede tanto? >>
<< Dunc noi ti conosciamo bene e sarebbe da stupidi mentirti.>> disse Ant.
<< L’ho baciata oggi pomeriggio.>>
I ragazzi scattarono in piedi battendo le mani ma Duncan li zittì subito.
<< Ha detto che siamo amici. Io voglio essere suo amico ma come? >>
Rimasero ammutoliti. Erano consapevoli del fatto che sarebbe stato difficile.
<< Intanto stasera usciamo insieme. Noi quattro, andiamo a bere qualcosa e poi domani ci rifletteremo.>>
Disse Simon.
Lee e Antony si mostrarono d’accordo e Duncan dovette acconsentire nonostante non fosse in vena di festeggiamenti.
Calò la sera e iniziavano a mostrarsi le prime stelle nel cielo ormai scuro. Londra era già illuminata da mille luci e colori, dando spettacolo e prova della sua bellezza.
Erano seduti ad un tavolo di una Discoteca e stavano bevendo un cocktail.
<< Quella faccia da funerale non ti si addice! >> disse Lee rivolto a Duncan.
<< Mi sento così >> rispose lui. Proprio in quel momento Si avvicinarono due ragazze al loro tavolo; una era perfettamente truccata, capelli impeccabilmente lisci, occhi verde smeraldo, indossava un vestito nero particolarmente scollato sulla schiena, l’altra aveva capelli ricci ,occhi scuri e intensi,anche lei truccata con cura e sfoggiava un bel vestito rosso.
Duncan era troppo impegnato a girare il suo cocktail per osservarle, ma gli altri si zittirono improvvisamente.
<< Ale sei irriconoscibile!Stai davvero bene. Che ci fai qui? >> disse Lee.
<< Grazie, volevo presentarvi una mia amica arrivata giusto oggi da Roma. Lei è Chiara! Volevamo andare a ballare e abbiamo avuto la coincidenza di incontrarci qui. >> disse Alessandra dando delle piccole spintarelle  all’amica verso di loro.
I ragazzi si presentarono e si scambiarono qualche occhiata divertita vedendo Chiara quasi pietrificata.
<< Non scherzavo quando ti dissi che li conoscevo davvero. >> disse Ale rivolgendosi all’amica.
<< Pi-pia-Piacere di conoscervi! >> disse Chiara in estrema velocità.
Dopo essere rimasti un po’ con loro a scambiare qualche parola, le ragazze dissero che andavano a bere e i ragazzi guardarono preoccupati Duncan.
<< Secondo me non ha capito quello che provi. >> disse Ant.
<< E’ troppo naturale nei suoi modi >> aggiunse Sy.
<< Basta. Stasera ci si diverte. Ordiniamo qualcos’altro da bere. >> propose Duncan cambiando discorso.
Erano al terzo cocktail, quando Duncan invece dopo aver finito il suo sesto decise di andare in pista.
Gli amici lo videro allontanarsi e iniziarono a discutere se fosse il caso di lasciarlo andare da solo a ballare.
<< Lascialo fare. Facciamolo divertire. >> disse Lee particolarmente brillo anche lui.
<< Perché bevi se poi non riesci a reggere l’alcool? >> chiese Simon.
In tutta risposta Lee scoppiò a ridere.
 << Signor Costa mi concede questo ballo? >> disse una voce fuori dal loro campo visivo. Antony riconobbe Ale .
<< Cosa? Non credo sia il caso. Non sono un buon ballerino. >> rispose lui imbrazzato.
<< Neanche io.>> rispose ridendo lei.
Chiara si mise seduta vicino a Lee, diceva che le facevano male i piedi, “certo” Pensò Ale e nascose un sorriso.
Alla fine Antony accettò e si buttarono tra la folla danzante.
Mentre ballavano Ant si accorse che Ale aveva alzato un po’ il gomito, non aveva mai visto la sua amica muoversi in quel modo tra il sensuale e lo sfrenato.
Con la scusa di dover andare a bere la lasciò e andò a parlare con Simon, era preoccupato per i suoi due amici.
Ale credeva di non essersi mai divertita così tanto in tutta la sua vita, continuava a ballare e cantare le canzoni che il Dj aveva preparato per quella moltitudine di gente. Si sentiva libera da tutto.

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Capitolo 3
*** Sviste del destino. ***


Da dietro si sentì delle mani appoggiarsi sui suoi fianchi e percorrerli verso l’alto. Si girò e vide Duncan.
Lei sorrise e mise le sue mani sul collo dell’amico e continuarono a ballare insieme.
<< Perché ballavi con Ant prima? >>
<< Mi andava.. >> rispose mentre continuava a ballare.
<< Si ma perché lui? >>           
Lei non rispose e continuò a scatenarsi intorno a lui.
Duncan si fermò e la prese per un braccio. << Allora? >>
Lei prese la mano e la tolse dal suo braccio, mise il suo dito sulla bocca del ragazzo in segno di silenzio.
Ale si avvicinò alle sue labbra e lo baciò . Lui la prese per i fianchi e la strinse a sé. Continuarono a ballare insieme provocandosi con lo sguardo, con i gesti .
Duncan aveva voglia di stare con lei, aveva voglia di lei, di sentire il suo corpo, l’odore della sua pelle, il profumo dei suoi capelli. La strinse più forte a sé e la abbracciò intensamente. Dopo un po’ di tempo lei si fermò e disse che voleva andare a casa.
Lui guardò l’orologio della Calvin Klein, erano le quattro del mattino. Pensò che non poteva essere possibile , non potevano aver ballato per due ore di fila. A lui era sembrato un attimo.
<< Aspetta ti accompagno. Ma prima cerchiamo gli altri. >>
<< Vado fuori intanto . >> rispose lei.
Duncan setacciò tutto il locale ma non trovò nessuno dei suoi amici, e decise di raggiungere Ale.
La trovò che si stava accendendo una sigaretta. << Avevi detto che avresti smesso. >> la rimproverò lui.
<< Sono troppo sbronza per ricordarmi delle mie promesse. >> rispose lei ridacchiando.
Presero un taxi e arrivarono a casa. Duncan la accompagnò alla porta. << Sono stato bene stasera .>>
<< Cazzo, non trovo le chiavi. >> sbottò Ale. Doveva essersi presa una bella sbornia perché erano nella mano sinistra, la mano con cui teneva la borsa.
<< Sono nella tua mano. >>. Le prese dalla ragazza e aprì la porta. La accompagnò fino in camera da letto, le tolse le scarpe e fece per andarsene.
<< Fammi compagnia >> disse Ale osservandolo mentre usciva dalla camera.
Il ragazzo si girò e pensò che sarebbe stato un errore, la sua mente gli diceva che non avrebbe dovuto, ma il suo cuore non era d’accordo. “Non rovinare tutto. Stai attento.” si disse.
Si stese supino accanto alla ragazza cercando di non guardarla, di resistere; quella era una tortura.
Lei si avvicinò a lui e appoggiò la sua testa sul petto rannicchiandosi.
Biascicò un qualcosa che a Duncan pareva di aver capito, ti amo.
A quelle parole Duncan la guardò. Non poteva credere che Ale le avesse pronunciate davvero.
<< Cosa hai detto?>> . Non ottenne risposta, si era già addormentata. Rimase lì ad osservare la stanza e a riflettere, accarezzandole il viso finchè non si addormentò.
Un raggio di sole colpì il viso di Ale che si contorse in una smorfia per quella luce fastidiosa.
Le girava la testa da morire e aveva sognato di aver dormito con Duncan. Sorrise a quel pensiero, non sarebbe mai stato possibile.
Si girò nel letto con l’intento di capire se avesse sognato o meno, e abbozzò un sorriso quando scoprì che era stato solo un sogno, nonostante era un periodo che sorprendeva se stessa a pensare a Duncan in un altro modo.
Andò a prepararsi un caffè tenendosi la testa tra le mani. Accusava il tipico mal di testa post-sbornia. Si mise seduta al tavolo della cucina, non aveva le forze per prepararsi il caffè.
<< Buongiorno >> sentì.
<< Buongiorno >> disse senza pensare. Scattò in piedi, e sgranò gli occhi.
<< Tu cosa fai qui? >> continuò Ale sorpresa.
<< Mi avevi chiesto di rimanere a dormire, ed eccomi qui.>>rispose Duncan
<< Non ricordo di averlo fatto. >> disse pensierosa, poi imprecò << Non dirmi che.. Perché sarebbe imbarazzante. Insomma giuro non ricordo. Sono un idiota. Cazzo >>
<< Per chi mi hai preso? >>
Ale si accese una sigaretta, respirò avidamente il fumo e disse: << Quante volte mi hai raccontato storie di ragazze che ti sei portato a letto in questo modo? >>
<< Si, ma tu non sei una delle tante. Io ti conosco. Io non mi approfitterei mai di te. >> disse lui serio.
<< Mi dispiace, ma mi sento confusa.  >> disse buttando fuori il fumo << Devo dirlo a Edoardo. >>
<< Ale posso darti un consiglio? Tu devi capire quello che vuoi veramente.  Insomma ieri sera mi hai baciato. C’è qualcosa che non va che con il tuo ragazzo? >>
<< Io cosa? >> disse Ale spegnendo la sigaretta.
<< Ale ti sei comporta come una , una.. >>
Lei lo guardò con aria profondamente nervosa e dispiaciuta<< Io.. Io ti chiedo scusa se mi sono comportata così. Io non sono così.  >> disse con gli occhi lucidi.
Lei si sentiva una stupida. Si era messa a giocare con i sentimenti delle persone, proprio lei che sapeva cosa voleva dire soffrire. Si mise a piangere, non riusciva più a trattenere le lacrime.
Duncan si sentiva come se l’avesse travolto un treno. Soffriva nel vederla in quello stato ma ancor di più perché aveva capito che le cose non stavano andando come sperava.
<< Non fare così >> le disse.
<< Mi dispiace davvero tanto, io spero che tu capisca. Ho rovinato tutto. E’ un periodo strano. Credo di non sapere cosa desidero veramente. >> ammise, lei quasi sorpresa del fatto di aver detto quelle parole.
<< Se tu lo vorrai continueremo ad essere amici >> disse lui, sentendosi una forte stretta al cuore.
In quel momento si aprì la porta d’ingresso ed entrò Edoardo, << Amore, ti ho portato il caffè. Dove sei? >>.
Alessandra scattò in piedi e guardò Duncan. “Cazzo” imprecò dentro di se.
Edoardo era appena entrato in cucina e fu sorpreso di trovare Duncan con Ale.
<< Ciao, Duncan. Come va? >>
<< Ehm.. bene, bene. Tu? >> cercò di essere il più naturale possibile.
Edoardo si avvicinò e baciò Ale. Nel vedere quella scena a Duncan mancò il respiro e capì che era ora di togliere il disturbo. Dopo aver salutato i due ragazzi andò via e chiamò Lee. Aveva bisogno ancora di lui.
<< Che ci faceva Duncan qui? >> chiese Edo ad Ale.
<< Niente, mi stava raccontando di Marvy e voleva un consiglio.>> mentì lei.
<< Allora perché piangi amore? >>
<< No, non sto piangendo. Ieri sera ho usato un copri occhiaie che deve avermi fatto allergia. E’ da ieri quando sono tornata a casa che mi lacrimano gli occhi. >>
<< Povera cucciolotta.>> disse porgendole il caffè lungo.
Ale era confusa più che mai.
 
 
Ottobre 2011:
<< Hai fatto tutta questa strada. Hai vinto il provino, sei in finale, che problema hai?>> disse Chiara guardando  l’amica. Il suo viso mostrava evidenti segni di preoccupazione.
<< Non mi sento all’altezza. E poi stasera devo cantare due canzoni. Lo sapevi? >> disse Ale accendendosi una sigaretta fuori dagli studi. Ormai mancava meno di un’ora alla sua esibizione.
<< Il fumo non ti aiuterà. >> l’ammonì lei << Comunque no. Come mai? >>
<< Uno è l’inedito scritto da Tiziano Ferro per me.>> Chiara la guardò ad occhi sbarrati, ma Ale riprese
<< poi ho dovuto imparare la canzone “Torn” di Natalie Imbruglia, ma solo la prima parte e il ritornello l’altra parta dovrà essere cantata da un ospite il cui nome è ancora un mistero. >>
Chiara rifletté un attimo e poi disse << Ale secondo me la canterai con lei. Pensa che onore. >>
<< Che ansia. Rientriamo >> disse spegnendo la sigaretta.
Quarantacinque minuti passarono in fretta ed Ale si trovava proprio dietro le quinte quando vide un uomo dall’aspetto vagamente familiare.
<< Good luck >> disse l’uomo avvicinandosi. << I’ll sing with you. Concentrate yourself. Forgot everything and sing As you never done. (canterò con te. Concentrati. Dimentica ogni cosa e canta come non hai mai fatto.) >>
Non c’era molta luce dietro le quinte ed Ale non riuscì a mettere bene a fuoco, ma ringraziò comunque lo straniero.
“ … e ora entrerà la nostra seconda finalista : Alessandra , in arte Ally. “
Uno scroscio di applausi le diede il benvenuto sul palcoscenico e urla quasi inumane accompagnarono la sua entrata.
Iniziò la sua performance e al termine dell’inedito raccolse non pochi applausi. Il pubblico aveva gradito e lei si sentiva fiera di sé. Era riuscita ad ammaliare il pubblico e renderlo partecipe della sua passione e del suo divertimento.
LA presentatrice iniziò a parlare : << Devo chiedervi ora di dare il benvenuto ad una pop-star proveniente dall’affascinante Londra. Ha fatto parte di una famosa boy band che dopo un periodo di pausa ora è ritornata all’attacco. Date un caloroso benvenuto a Duncan James! >>
Alessandra si sentì mancare il respiro. Si girò verso le quinte e lo vide entrare in tutta naturalezza mentre il pubblico sembrava essere impazzito.
Le diede una pacca sulla spalla e dopo qualche secondo la musica partì, così Ale iniziò:
<< I thought I saw a man brought to life
He was warm
He came around
And he was dignified
He showed me what it was to cry …>>
Alessandra si impegnò cercando di svuotare la mente, come le aveva detto Duncan.
Al ritornello lui le si avvicinò e si guardarono negli occhi continuando a cantare trasportati dalla stessa passione. Neanche il tempo di attendere che la musica finisse che già il pubblico aveva iniziato a urlare a squarciagola e a battere le mani. Duncan le si avvicinò, le diede un bacio sulla guancia e la abbracciò.
Lei era commossa e sorpresa allo stesso tempo.
<< You looked a knock-out and You are gorgeous >> (sei stata una bomba e sei splendida ). Sussurrò l’uomo all’orecchio della ragazza.
Uscirono insieme e dietro le quinte iniziarono a parlare e con un po’ di fatica Ale cercava di comprenderlo.
Gli ripeté  di parlare più lentamente perché aveva difficoltà a capire le parole mangiate.
Dopo essersi complimentato, Duncan si allontanò e andò a parlare con una donna.
Era in uno stato catatonico, rimase pietrificata fissando il suo amore adolescenziale, e non poteva fare a meno di provare già una nostalgia infinita per quei due minuti e trenta condivisi insieme.
<< il vincitore di questa edizione è.. Marco >> disse la presentatrice. In quel momento scesero dal soffitto coriandoli multicolore e il pubblico stava già festeggiando in preda all’entusiasmo; proprio quando Ale stava per andare a complimentarsi con il vincitore, una voce fuori campo zittì ogni persona nel teatro.
<< Scusate c’è stato un errore da parte della regia, il televoto di marco è durato 80 secondi di più rispetto a quello di Alessandra a causa di problema tecnico. Perciò la vincitrice dell’edizione è lei.>>
Prima che la ragazza potesse realizzare fu sollevata da alcune persone che neanche riuscì a capire chi fossero, tanta era l’emozione.
Pianse di gioia, si sentiva viva come non lo era mai stata in tutta la sua esistenza. Dietro le quinte molte persone le si avvicinarono e si congratularono con lei. Dopo un’oretta circa si trovava nel suo camerino
per cambiarsi. La produzione le aveva detto che poteva scegliere uno dei 12 vestiti che aveva utilizzato per il programma, perciò decise di prenderne uno verde bottiglia con uno scollo a “vu” e indosso le alte scarpe nere. Si sistemò il trucco e proprio mentre stava raccogliendo le sue cose, sentì bussare.
Era certa che fossero ancora persone che le portavano altri fiori, così senza pensare aprì la porta.
<< Amore sei stata bravissima! >> disse Edoardo prendendola in braccio. << Sono fiero di te e lo sarei stato ugualmente anche se non fossi arrivata prima. Ti amo cucciola. >>
Era contenta, per la prima volta in vita sua si sentiva felice e libera da tutto ciò che la faceva soffrire.
Mentre Edoardo stava uscendo dal camerino portando via non pochi fiori e oggetti, Ale diede un ultimo sguardo a quel posto che ormai era divenuto così familiare.
Uscendo chiuse la porta e stava attraversando per l’ultima volta il corridoio stretto e poco illuminato.
Aveva la testa tra le nuvole quando urtò un uomo che andava nella direzione opposta alla sua, con in mano un mazzo di rose rosse.
<< I’m so sorry. I was looking for Ales.. Ah You are..>> disse Duncan.
(le battute che seguono sono scritte in italiano per praticità, ma i due parlano in inglese)
<< Si sono qui. >> disse lei profondamente imbarazzata.
<< E così ora ti trasferirai a Londra. >> disse lui sfoggiando il suo sorriso migliore. << Lavoreremo per la stessa casa discografica sai? >>
Ale scosse la testa, quel dettaglio non lo aveva calcolato.
<< Sarebbe bello poterci rivedere. Quanto rimarrai a Londra? >>
<< Non so il contratto è di un anno. Se il cd che uscirà riscuote un discreto successo potrebbero rinnovarmi il contratto a Londra. >> spiegò la ragazza.
<< Questi sono per te >> disse Duncan porgendole i fiori. << E’ stato un piacere lavorare con te. Spero di rivederti. >>
Non  riuscì a trattenere un “anche io” e si sentì avvampare nel momento in cui realizzò cosa aveva detto.
Lui sorrise e dopo averle dato un bacio sulla guancia tornò da dove era venuto.
Ale osservò i fiori. Quelle rose erano davvero belle, di un rosso così accesso che Ale pensò che fossero finte.  Notò nel mazzo un bigliettino su cui c’era scritta un e-mail. L’e-mail di Duncan Matthew James.

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Capitolo 4
*** Torn (lacerata) ***


Maggio 2012:
<< Non potete più continuare a frequentarvi come se niente fosse accaduto. In un giorno vi siete baciati due volte,di cui l’ultima non me la racconti giusta, sei sicuro che vi siete solo baciati? >> disse Lee beffardo.
<< Tu sei fissato. Te l’avrei detto no? Comunque sia io credo di aver bisogno di tempo per me. Ma ho paura di perdere il nostro rapporto. >> rispose Duncan.
<< Ci sono due soluzioni: o ti esponi e le racconti tutto quello che provi, oppure ti allontani gradualmente >>
<< Che cosa devo fare? >>
<< Amico non lo so proprio, ma so che questa è una scelta che devi prendere da solo. >> disse Lee dandogli una pacca sulla spalla.
<< Proprio di lei dovevo … Porca p******a >>imprecò stringendo i pugni.
Lee conosceva bene entrambi. Duncan era il classico tipo dall’innamoramento facile, ed era proprio per quel motivo che aveva avuto molte donne, ma riusciva anche a stancarsi di loro con la stessa facilità. Era testardo e ogni cosa che non poteva avere diventava per lui una sfida. ma se eri suo amico, lui sarebbe sempre stato pronto a difenderti con le unghie e con i denti.
Ale era la classica donna che quando si legava ad uomo faticava a lasciarselo dietro, cercava un rimedio per ogni problema. Era un’amica sincera e sensibile, attenta e scrupolosa; non giudicava mai, al contrario era un’ottima dispensatrice di consigli e quando non ne aveva cercava di tirarti su il morale se eri a terra. Possedeva una personalità solare e socievole, era fortunato ad averla incontrata, pensava spesso Lee. Proprio per quello non riusciva a capire il comportamento dell’amica.
Dopo un’oretta Duncan disse che doveva andare a trovare la figlia e Lee lo accompagnò.
 
2 settimane dopo:
 
<< E’ da un po’ che le cose non vanno come dovrebbero con lui. >>
<< Con chi Ale? >> chiese Lee preoccupato.
<< Come con chi? Con Edoardo. Insomma non facciamo l’amore da ormai 2 mesi e le cose che prima ci univano ora sembra che non esistano più. Ho paura. >> disse lei mentre beveva il suo frappucino nello starbuck’s coffe.
<< Di cosa? >>
<< Non lo so. Io non voglio lasciarlo e buttare al vento tre anni di relazione ma non credo di poter continuare così. >>
<< Devi solo aspettare. Prova a parlargli, non mi sembra un tipo chiuso mentalmente. >>
<< No, no. Il fatto è che non mi sento più così presa. Lui non capisce il mio lavoro, crede che per me sia tutto più facile. Non facciamo altro che litigare. >>
<< Mi dispiace, non so che dire. >> ammise Lee infine.
<< Conosci la canzone “Torn” di Natalie Imbruglia?>> chiese Ale quasi sembrasse che volesse cambiare discorso.
<< uhm.. si credo di si. >>rispose lui pensieroso.
<< Il testo l’hai presente? >>
<< Non proprio. >>
Ale tirò fuori l’ipod dalla borsa e porgendogli le cuffiette, fece partire la canzone.
(Pensavo di aver visto un uomo rinato
era appassionato, mi girava intorno con dignità
mi ha mostrato cosa voleva dire piangere
tu non puoi essere l'uomo che adoravo
non sembri sapere o preoccuparti di ciò che il tuo cuore vuole
non lo riconosco più
non c'è nulla al suo posto
il dialogo si è spento per me
è questo che succede
niente di buono
sono lacerata
Ho perso ogni fiducia, mi sento così
ho freddo e mi vergogno
distesa nuda sul pavimento
l'illusione non è mai diventata realtà
sono sveglia e riesco a vedere il più bel cielo lacerato
arrivi un po' tardi
sono già lacerata
Così penso che l'indovino abbia detto il vero
avrei dovuto vedere solo la realtà e non qualche fuoco fatuo
scorrevi nelle mie vene, ora non ci tengo, non ho fortuna
non mi manca così tanto
ci sono così tante cose
che non posso toccare
sono lacerata)
 
Lee si tolse le cuffiette e guardò l’amica.
<< Io mi sento così. Io e lui stiamo diventando questo. >> disse Ale con aria triste. << Ho cercato Duncan questi giorni, ma non mi ha mai risposto. Proprio ora che avevo bisogno dell’appoggio dei miei amici. Tu sai qualcosa?>>
<< Mi dispiace, no. .>> mentì. Più volte aveva assistito alle crisi di Duncan, indeciso se rispondere o meno alle sue chiamate.
<< Credo di aver preso la mia decisione. >>disse la ragazza fissando il fondo del suo bicchiere.
<< Spero che tu ci abbia riflettuto a lungo. >> concluse Lee sospirando.
Le diede uno strappo a casa e dopo averla lasciata, capì quanto poteva essere duro per lui mentire ai suoi amici, ma non aveva altra scelta.
<< Come mai sei a casa mia?>> chiese Ale trovando Edoardo seduto sul divano.
<< Avevo bisogno di parlarti. >> disse serio.
<< Anche io. >>
Parlarono a lungo della loro relazione, di tutto quello che rendeva difficile e comprometteva lo stare insieme. Finirono per litigare ancora una volta.
<< No. Dobbiamo prenderci una pausa. Insomma io non vivo più così. >> disse Edoardo alzandosi dal divano di scatto.
<< Neanche io. >>
<< Non riusciamo neanche a trovare una soluzione per salvare la nostra storia. Io temo che sia finita. >>
A quelle parole Ale sembrò sentirsi sollevata e dopo qualche minuto si salutarono abbracciandosi affettuosamente, e decisero che ognuno sarebbe andato per la sua strada.
Si sdraiò sul divano e rimase a pensare. Si sentiva davvero bene, si sentiva senza pensieri e vagamente felice. Non avvertiva più quel macigno sullo stomaco. Doveva riniziare a vivere.
Ma era da tempo che Ale si era sorpresa a pensare ad un’altra persona. Per quasi due mesi lei aveva pensato a Duncan. Sapeva di non poter avere speranze con uno come lui e poi non avrebbe mai voluto perdere quel legame che si era creato tra di loro. Inoltre sapeva che era un tipo dal bacio facile; anche per quello Ale era convinta di non poter avere speranze nel creare un rapporto più forte dell’amicizia.
Il giorno che lui l’aveva baciata, lei lo aveva rifiutato solo perché era fidanzata, per rispetto nei confronti di Edoardo, ma non perché amava il suo ragazzo. Lo aveva capito da qualche tempo, ma ammetterlo a se stessa non fu facile. Infatti quando gli si era ripresentata l’occasione l’aveva baciato, anche se in quel momento non doveva avere il cervello connesso, dato la sua ubriacatura.
 In quel momento avrebbe voluto correre da lui, e più volte scattò in piedi dal divano per andare verso la porta, ma poi si bloccava e tornava indietro.
Passò una settimana e Ale ancora non aveva smesso un solo momento di pensare a Duncan. Aveva provato a chiamarlo,aveva inviato messaggi, e-mail , a cui non ebbe risposta. Gli mancavano i giorni passati insieme, i sorrisi, gli sguardi, le sue battute, perfino i loro litigi.
Quella mattina si svegliò alle 4.30. Non riusciva più ad addormentarsi, non sentiva più la stanchezza, la fame, si sentiva da quel punto di vista incurante di sé. Fissava l’orologio convulsamente e quando arrivarono le cinque decise di mettere un punto a quella storia.
Si sciacquò il viso, raccolse i lunghi capelli in una sorta di coda, si vestì e uscì. Prese la macchina e prima di partire si accese una sigaretta, si sentiva molto nervosa.
“calma Ale. Non sei pazza. “ ripeteva nella sua testa.
Arrivò a destinazione, parcheggiò e salì i gradini quattro a quattro. Suonò al campanello, ma non ebbe risposta. “Cazzo. Apri, dai”.  Aveva il fiatone e si appoggiò al muro, cercando di riprendere fiato. Il suo cuore batteva all’impazzata e non era solo colpa del fatto che avesse corso.
Suonò ancora ma niente. Guardò l’orologio: erano le 5.20. “Si, sono pazza, ma non c’è due senza tre” si disse suonando per la terza volta il campanello.
Questa volta sentì dei passi dall’interno e la porta si aprì.
Davanti a sé comparve Duncan, solo con i pantaloni del pigiama, due solchi profondi sotto gli occhi e si reggeva la testa con la mano.
<< Mi dispiace, non potevo aspettare ancora a lungo. >>disse Ale pensando che quella fosse una buona giustificazione al fatto di essersi presentata all’alba.
<< uhm.. che ci fai qui?>> chiese lui assonnato quasi infastidito.
<< Dovevo parlarti di una cosa.. >>
<< Chi è, tesoro?>> chiese una voce femminile dall’interno dell’appartamento.
<< Niente, tranquilla. >> rispose Duncan rivolgendosi alla donna avvolta nel buio dell’appartamento, poi guardò Ale e notò che aveva gli occhi lucidi e disse: << Di cosa dovevi parlarmi? >>
<< Avrei dovuto parlarti prima. Non importa. Scusa il disturbo. >> concluse lei e scese le scale più in fretta che poteva.
“ Sei un’idiota. “ si disse mentre apriva lo sportello della macchina. Stava per fare retromarcia quando Duncan la chiamò al cellulare. Lei adottò lo stesso metodo di quel ragazzo: ignorò la chiamata. Ignorò le sue chiamate e quelle di tutti i suoi amici per tre giorni. Si rinchiuse in casa, non mangiava, a malapena dormiva. Da una parte era fortunata le ultime canzoni del disco del suo gruppo le avrebbe dovute registrare tra due giorni e si sarebbe distratta. Adorava il suo lavoro perché certe volte era meglio di una seduta di psicanalisi.
Quel pomeriggio, dopo essersi fatta una doccia, andò in cucina e si versò un bicchiere di brandy.
Girava per casa senza una meta. Aprì un pacchetto di sigarette e iniziò a fumare, convinta di riuscire a scaricare lo stress grazie a quel vizio.
Squillò il cellulare. Ale lo ignorò e andò in camera da letto. Si tolse l’accappatoio bianco e soffice e si vestì. Prese un paio di pantaloncini corti di una tuta e la prima maglietta che trovò.
Si guardò allo specchio con il bicchiere in una mano e la sigaretta nell’altra e si osservò. Aveva il viso scavato, occhiaie scure e profonde e i suoi occhi erano di un verde-grigiastro, grigi come il cielo, come il suo stato d’animo. Pianse lacrime amare, lacrime dure, si sentiva tremendamente triste e sconvolta.
Scese le scale e si avvicinò allo stereo con l’intento di accendere la radio:
 Welcome to the club of broken hearts, Where a thousand lonely souls have passed ,
Sooner or Later you’re gonna wake up and find what you’re looking for..”

<< F**k! >> urlò Ale spengendo la radio. Per la rabbia lanciò il telecomando per terra che esplose in mille pezzi. Si sedette sul divano e iniziò a singhiozzare convulsamente.
Improvvisamente suonarono al campanello. Lei alzò lo sguardo e fisso la porta di ingresso, smettendo di piangere. Si avvicinò alla porta e la aprì cautamente.
Entrò Lee con aria molto preoccupata e guardò l’amica.
<< Che cavolo combini, si può sapere? >> la rimproverò tenendola stretta fra le sue braccia.
Ale si lasciò andare e pianse a lungo sulla spalla del suo amico. Lee continuò ad abbracciarla fino a quando la ragazza non si fu calmata almeno in parte. Non l’aveva mai vista in quello stato, quasi le faceva paura tanto era stravolta. Sembrava un’altra persona e si pentì di non essere andato prima dalla sua amica che in quel momento disperato aveva avuto bisogno di lui.
<< Cosa è successo? >>
<< Mi sono lasciata con Edoardo. >>
<< Dicevi che forse era la soluzione migliore perché allora.. >> fu interrotto dalla sua amica che gli fece segno di tacere.
<< Ho mal di testa..>>
Lee aveva notato la bottiglia di brandy sul tavolino in salone e capì che Ale non doveva essere troppo lucida.
<< Basta bere! >>
<< L’ultimo. L’ultimo bicchiere e poi basta. >> disse lei versandone un altro abbondante.
 << Perché stai facendo così? >>
Lei non rispose e continuò a bere il suo brandy, fissando il suo bicchiere.
<< Come lo vedi? Io lo vedo mezzo vuoto. >> disse la ragazza con occhi allucinati.
<< Siamo tutti preoccupati per te. >>
<< Sai perché è mezzo vuoto? Perché è come me. Come il mio animo. >> continuò Ale quel discorso non sembrava avere né un capo né tantomeno una coda.
<< Quanto hai bevuto? >> chiese Lee sollevando la bottiglia dal tavolo.
<< Quattro da stamattina, però anche tre stanotte più quelli ..uhm Cavolo non me lo ricordo. >> disse la ragazza che stava cercando di contarli sulla punta delle dita.
<< Ti ucciderai con tutto quell’alcool , porca miseria. >> disse Lee mentre cercava di togliere il bicchiere ad Ale.
<< Ok. Prendilo. >> e porse il bicchiere all’amico.
Mentre Lee portava il brandy in cucina, la donna si accese un’altra sigaretta e da seduta si strinse le gambe al petto, osservando un punto della stanza. Le lacrime scesero nuovamente sul suo viso quasi inarrestabili. Non riusciva più a trattenerle.
<< Io sono innamorata di lui. >> disse Ale quando Lee rientrò nel salone.
<< Lo capisco. Prova a parlarci , magari potete ancora recuperare. >>
<< Non ha voglia di parlarmi. Sono una cretina. >> prendendo un’altra abbondante boccata di fumo.
<< Ale vedrai che Edoardo prima o poi ti ascolterà. >> disse cercando di consolare l’amica.
A quelle parole lei iniziò a ridere , per poi ritornare seria e guardare Lee.
<< Troppe donne. Glielo dicevo sempre. Ma per me lo facesse con chi vuole. >> disse Ale facendosi ancora più seria. << Non è vero. A me importa >> concluse la ragazza tra un singhiozzo e l’altro.
Lee non riusciva a capire cosa intendesse l’amica. Parlava in modo confuso e sconnesso. Aveva bevuto troppo e lui non poteva fare niente per aiutarla a passare la sbornia.
<< Sooner or later, Sto caz**. >> esplose Ale alzandosi in piedi.
<< Prima o poi cosa ? >> chiese il ragazzo senza pensare e quasi spazientito da quegli sbalzi d’umore.
Improvvisamente tutto divenne molto chiaro ed iniziò a collegare le parole:” Donne, chiamate senza risposta, Sooner or later “ . << Stiamo parlando di Duncan, Ale? >> gli chiese.
<< Si, quel decelebrato. >> rispose spegnendo la sigaretta.
Lee rimase sorpreso da quell’affermazione e capì solo in quell’istante tutte le frasi che prima sembravano sconnesse; ora avevano senso.
Duncan stava frequentando un’altra donna che a suo dire era il solo rimedio per evitare di pensare ad Ale.
Il ragazzo osservò l’amica a fondo, aveva lo sguardo perso nel vuoto, gli occhi rossi per il pianto, e fumava  di continuo.
Non fu facile per Lee quel pomeriggio occuparsi di Ale. Come non fu facile capire se sarebbe stato bene  o meno parlarne con Duncan, il quale, però, sembrava molto preso dalla sua nuova relazione.
Decise di vedersi con Antony e Simon per aiutare i loro amici. Discussero a lungo riguardo quella questione e alla fine optarono per lasciar che le cose facessero il loro corso e di dedicare più tempo alla loro amica per evitare che si comportasse in modo stupido.

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Capitolo 5
*** amore e shock ***


Giugno 2012:
<< Ally, Ale?? Pianeta terra chiama Ally. >> disse Marco mentre muoveva la sua mano davanti gli occhi della ragazza.
<< Scusa mi ero incantata. >> si giustificò .<< Da quando in qua usi il mio nome d’arte? >>
<< Fa più London’s Girl. >> sorrise il bassista.
I Dark shadows erano nella sala prove, stavano incidendo il brano “ Believe Me”  l’ottava traccia del loro nuovo album.
<< Dai riprendiamo. >> disse Henry, il loro manager.
I ragazzi ripresero a suonare e Ally iniziò a cantare. Dopo due ore erano riusciti a registrare un pezzo impeccabile. Era semplicemente perfetto.
<< Non potrei mai confondere questa voce con nessun’altra al mondo!>> esclamò Duncan che era passato con Antony davanti la porta in cui i Dark Shadows stavano registrando
<< Chi è? >> chiese l’amico.
<< E’ Ale. >> rispose lui facendosi scuro in volto.
<< Dai ritorniamo nella nostra sala. >> disse Ant scrutando le sue azioni. Aveva paura che commettesse qualcosa di erroneamente impulsivo.
In quel momento Ale uscì dalla porta della sala, e rideva di gusto con un ragazzo che ad Antony da lontano sembrò Jason.
Duncan sentì il suo cuore palpitare sempre più velocemente e ebbe come la sensazione di avere delle farfalle nello stomaco. Li stava fissando quando Ale lo vide.
<< Ciao ragazzi. >> li salutò la ragazza come se niente fosse.
<< Ti vedo in forma. >> disse Duncan.
Lei lo fulminò con lo sguardo e scosse appena la testa, alzando gli occhi al cielo.
<< Ant salutami gli altri ragazzi. Vado di fretta,sto andando a festeggiare la registrazione della nostra ottava canzone. >> disse lei << Se volete raggiungerci dopo, noi siamo al locale qui di fronte. >>
Rivolse uno sguardo gelido a Duncan e raggiunse correndo il suo gruppo.
<< E’ bella, vero? >> disse quasi inebetito.
<< Sei sicuro di non esserne innamorato? >> gli chiese Antony.
<< Credo di esserlo >> ammise Dunk con un velo di malinconia.
Quando i Blue finirono di lavorare , decisero di andare a salutare Ale e i suoi amici. Da quando era successo quello scompiglio tra i due indecisi innamorati, loro avevano visto molto meno assiduamente l’amica.
Appena entrarono ordinarono 2 birre e 2 cocktail. Duncan prese la sua e iniziò a scrutare la folla cercando con gli occhi Ale.
Ad un tratto la vide: stava baciando un tipo sui venticinque, capelli scuri e alto. Lei si staccò, parlò per un attimo con lui e poi sorridendo tornò al suo tavolo con il suo gruppo che l’applaudiva.
<< Vado a casa, ragazzi. >> disse Duncan fissando Ale da lontano.
Ale rideva con i suoi amici, aveva vinto la scommessa e si era guadagnata 20 $. Avevano scommesso che non sarebbe mai riuscita a baciare uno sconosciuto. La credevano troppo “perfettina” per permettersi un gesto del genere, ma si erano sbagliati. Una volta tornata al tavolo, vide Simon, Ant , Lee seduti al bancone mentre Duncan stava uscendo dal locale. Probabilmente aveva assistito alla scena e lei voleva mettere le cose in chiaro.
Raccolse le sue cose sul tavolo, salutò il suo gruppo, gli altri ragazzi e corse fuori.
<< Ei aspetta. >> disse Ale mettendo una mano sulla spalla di Duncan. Lui si girò e la guardò negli occhi << Cosa c’è ? >>
<< Come mai sei andato via? >>
<< Non volevo stare a guardare le tue scemenze. >>
<< Era solo una scommessa. Ascolta io non so cosa c’è che non va più tra noi, ma una cosa è certa: non voglio più litigare con te. >>
<< Tu non capisci, cavolo. >>
<< Cosa Duncan? Cosa devo capire? Ti infastidisci se bacio un tipo e allora a me non potrebbe infastidirmi il fatto che te la fai con una? >>
<< Quella mattina io … Ale lo sai come sono fatto. Io sono così, sono sbagliato. Però lo sai che posso mettere la testa a posto. >>
<< E’ stato imbarazzante quella mattina. >>
<< Sei proprio una ragazzina. >>
<< Sì, lo sono. Sarà colpa dei nostri 12 anni di differenza. >> disse lei sarcastica.
<< A me non importa la nostra differenza di età. Non mi è mai importata. >>
I due si scrutarono a fondo. Duncan si avvicinò ad Ale e la guardò negli occhi. << Te lo giuro, piccola. >> Gli disse accarezzandogli il viso.
Sentirono da lontano degli scatti e dei flash continui: Paparazzi.
Iniziarono a correre per la strada, non volevano dar loro una storia, nata da qualche strana foto. Si infilarono in un vicolo stretto, e aspettarono che quegli uomini passassero.
Si guardarono e sorrisero entrambi.
<< Li odio. >> disse Duncan.
<< Su questo sono d’accordo con te.>>
<< E’ evidente che abbiamo tante cose da dirci. Vieni a casa mia. Ti offro un tè, se non hai problemi. >>
Ale annuì e chiamarono un taxi. Arrivati a casa Duncan mise la teiera sul fuoco e mentre aspettavano che iniziasse a bollire disse: << Mi dispiace se ti ho trascurato. >>
<< Anche a me. >>
Il ragazzo si avvicinò e sussurrò all’orecchio della donna: “Puoi perdonarmi per tutto quello che ho combinato?”
Ale era appoggiata al muro quando lui si avvicinò, e a quelle parole decise che si sarebbe lasciata andare. Davanti a sé aveva il collo di Duncan ed iniziò a baciarlo lentamente fino ad arrivare alla bocca. Nessun bacio fu come quello. Tutti e due premettero le loro labbra e fu lui ad insinuare la lingua per primo in cerca dell’altra. Si stavano baciando appassionatamente quando la teiera cominciò a fischiare. Entrambi abbracciati si spostarono verso il piano cottura e Duncan dovette staccarsi dal bacio per spegnere il fornello.
Studiò Ale, la guardò negli occhi ancora una volta, la strinse tra le sue braccia e poi la prese in braccio.
La portò in camera e la fece sedere sul grande letto matrimoniale. Si tolse la maglietta e le collane in un solo gesto per poi tornare a dedicarsi alla ragazza.
<< Adoro il profumo della tua pelle. >> disse lui baciandole il collo e scorrendo con la mano i suoi fianchi.  Si sentiva inebriato da quell’odore così intenso. Lei ad un tratto si spostò e scendendo dal letto si tolse la maglietta e gli shorts, rimanendo in perizoma e reggiseno. Voleva farsi osservare qualche secondo prima di riavvicinarsi a Duncan. In tutta risposta lui rimase sorpreso, colpito e si tolse frettolosamente i pantaloni. La tirò a se e le sfilò il reggiseno. Continuarono a baciarsi con foga, avvinghiandosi con le gambe. Lui si mise sopra e iniziò a baciarle il collo, il petto, il seno, fino all’inguine e a quel punto le tolse il perizoma. Rimase per un attimo a guardarla nuda e sentì l’eccitazione salire sempre di più. << Sei bellissima piccola. >> disse trattenendo il fiato.
Lei sorrise e tolse l’unico indumento che era rimasto al ragazzo. Duncan si introdusse dentro di lei ed Ale ebbe un gemito. Diventarono una sola cosa, un solo corpo ed una sola anima. Si amarono a lungo quel pomeriggio. Entrambi non si erano mai sentiti così amati quanto ora. Si erano desiderati a lungo e fu anche per quello che Duncan cercò di amarla il più possibile. Vennero insieme, trascinati da un piacere mai provato in precedenza. Lui si stese vicino ad Ale, che si appoggiò sul suo petto accarezzandogli il viso. Anche Duncan l’abbracciò e mentre gli accarezzava i capelli disse : << Sono perdutamente innamorato di te, piccola. >>
<< Anche io, Dunk . >>
Si addormentarono entrambi vinti dalla stanchezza, e felici di essersi finalmente ritrovati.
Erano le otto di sera quando Ale aprì gli occhi. Vide che Duncan era ancora lì vicino a lei e dormiva profondamente. Gli accarezzò il viso, gli diede un bacio sulla guancia e quando fece per alzarsi, lui se ne accorse e la tirò a sé.
<< Dove volevi andare? >> chiese lui assonnato.
<< A prendere un bicchiere d’acqua. >>
<< Che ora abbiamo fatto? >>
<< Le 8pm. >> disse mentre iniziava a baciare lentamente il petto del ragazzo.
Improvvisamente squillò il cellulare di Duncan e quando rispose lui scattò dal letto, uscendo dalla camera.
Ale lo guardò a lungo e si incuriosì di quella reazione, così cerco di captare qualche parola di quella conversazione, ma invano. In compenso decise di andarsi a fare una doccia .
<< No. Ora non puoi venire. Sono occupato. Ti richiamo appena posso. >> disse Duncan a Lizzie.
“Cazzo! “imprecò dentro di sé. Doveva sbrigarsi, doveva dire a Lizzie che era finita, ma non poteva farlo per telefono. Le inviò un messaggio: “ Alle 9pm al pub “The Tom Cribb”  Panton St. “
Entrò nel bagno per lavarsi e trovò Ale che usciva dalla doccia. La osservò incredulo del fatto di essere con lei in quel momento. 
<< Che vogliamo fare? >> disse lei asciugandosi le gambe.
<< Piccola, purtroppo stasera sono impegnato. >>
Ale aveva gli occhi lucidi e una lacrima le rigò il viso: << Ho paura. >> Lui la abbracciò forte e sussurrò:
<< Sei tutto per me. >>
Lei si calmò e cercò di sorridere.
Duncan la accompagnò a casa e si salutarono con una bacio. Quando la vide salire le scale, il suo cuore iniziò a pulsare sempre più forte.
Arrivò al “ The Tom Cribb “ in meno di venti minuti, giusto in tempo per il suo appuntamento. Ordinò una birra e aspettò Lizzie.
Non avrebbe potuto non notarla : indossava una minigonna, scarpe con i tacchi e una canottiera bianca del tipo “vedo- non vedo”.
Era una bella donna e aveva 3 anni in meno di lui. Pensò accuratamente al suo discorso.
Dopo essersi salutati, lei iniziò a raccontargli cosa aveva fatto quel giorno , in cui non si erano visti.
Dopo una mezz’ora , Duncan decise di parlare:
<< Lizzie, io non so da dove iniziare. >>
<< Parla tranquillamente >> rispose la donna sorseggiando il suo Gin Lemon.
<< Io credo di aver bisogno del tempo per me>>
<< Perché? >>
<< Non riesco a dedicarti quanto tempo vorrei >> disse lui asciutto << E tu non meriti questo. >>
Quella era la medesima scusa che usava ogni volta che doveva lasciare una ragazza di passaggio.
<< A me va bene il tempo che mi dedichi >> rispose asciutta, appoggiando la mano sulla sua.
<< Credimi Lizzie, è meglio se per un po’ non ci frequentiamo .>> La sua parte da recitare era finita e si alzò . Lasciò i soldi sul tavolo, diede un bacio sulla fronte alla donna e uscì dal locale.
<< Aspetta. >> si sentì chiamare una volta fuori e si girò.
Lei prendendolo alla sprovvista lo baciò, e quando lui appoggiò le mani sui suoi fianchi per allontanarla, seguirono una moltitudine di flash: Paparazzi.
<< Ca***, Lizzie. >> imprecò e si allontanò lasciando la ragazza sola.
Andò a casa e cercò di dormire; era stanco e aveva solo voglia di riposare.  Si svegliò la mattina verso le undici e la prima cosa a cui pensò fu Ale. Doveva dirle quello che era successo prima che lo scoprisse da qualche giornale.
Digitò il numero e inviò la chiamata. Il cellulare era staccato. “Dormigliona” pensò.
Decise di andare a casa sua e le portò un caffè.
Suonò più volte il campanello, ma nessuno rispose. Si ricordò che quella mattina Ale doveva andare a provare in sala e si diresse agli studi.
Per caso passò con la macchina davanti un’edicola e da lontano vide la copertina di un giornale scandalistico/gossip con una foto di un luogo a lui familiare. Ormai era arrivato e dopo aver parcheggiato, si avvicinò all’edicola e prese in mano il giornale. In copertina c’era la foto sua e di Lizzie, scattata nel momenti in cui lei lo stava baciando e lui le aveva preso i fianchi per allontanarla.
Sperava che Ale non l’avesse ancora visto e corse dentro . Trovò Ale seduta ad un tavolino con Lee e Antony e sorrideva . Stavano prendendo un caffè; dovevano essere in pausa, pensò Duncan.
Appena Lee lo vide disse malizioso: << Amico, non devi dirci niente? >>
Duncan sorrise ad Ale, facendogli gli occhi dolci, ma lei abbassò lo sguardo e si concentrò sul suo caffè.
“ Si sentirà imbarazzata” pensò.
<< Già, lo sai che prima di far conoscere la tua nuova fiamma alla stampa, avresti dovuto presentarla ai tuoi amici. >> disse Ant dandogli una pacca sulla spalla.
<< Scusate, il dovere chiama. >> disse Ale, gettando con violenza il bicchiere nel cestino e si diresse a testa bassa nello studio di registrazione in maniera particolarmente rallentata.
<< Avete visto i giornali? >> chiese Duncan seguendo con lo sguardo la ragazza, con il cuore che batteva a mille.
<< Ce ne ha portato uno Ale, stamattina. >> disse Antony finendo il suo caffè. << A proposito non sembrava troppo dispiaciuta. Credo si stia riprendendo, sai? >>
“Cazzo” pensò lui mentre correva verso la sala di registrazione dei Dark Shadows.
La scena che gli si presentò fu tremenda: la ragazza era stesa sul pavimento apparentemente senza vita, con gli occhi sbarrati e vitrei. Marco cercava di rianimarla, mentre Jason corse fuori dalla stanza per poi rientrare accompagnato da due uomini, dovevano essere due medici, con una barella e un kit da pronto soccorso. Duncan scivolò per terra con le spalle poggiate al muro, inerme e frastornato.
Fu portata con codice rosso al Guy’s Hospital. Quando arrivò il suo cuore si era fermato per più 1 minuto ma l’attività cerebrale, nonostante fosse minima, ancora c’era.
I medici sull’autoambulanza praticarono una tracheotomia d’emergenza per liberare le vie respiratorie
Duncan arrivò all’ospedale con gli altri ragazzi e in sala d’attesa si sentiva impazzire.
Camminava su e giù per la sala d’attesa particolarmente preoccupato, aspettando che la ragazza uscisse dalla camera operatoria, ma vi era entrata da appena cinque minuti.
Uno specializzando chiese informazioni su chi fosse parente della ragazza e non ricevendo risposta chiese ancora se qualcuno la conoscesse bene.
Duncan si avvicinò e lo specializzando iniziò a fargli una serie di domande a cui lui non era preparato:
<< Sa se la ragazza è allergica ad un qualche tipo di alimento o farmaco? >>
<< Per quanto riguarda gli alimenti non credo, ma riguardo i farmaci non le so dire>>
<< E’ molto importante perché la somministrazione di qualche farmaco potrebbe esserle fatale, date le sue gravi condizioni. >>
<< Non ne sono a conoscenza. >>
<< Sa se la donna ha preso un particolare farmaco questa mattina? >>
<< No. So solo che soffre di mal di testa>> rispose lui sempre più agitato.
<< Fa uso di droghe? >>
<< Assolutamente no. >>
Lee che aveva sentito tutto si avvicinò con la borsa di Ale in mano e tirò fuori una scatola.<< Questa mattina diceva che aveva una forte emicrania e mi ha detto che era passata in farmacia e aveva comprato questo. >> e porse allo specializzando il farmaco.
Il ragazzo gliele strappò dalle mani e iniziò a correre quasi sembrasse che fosse rincorso dal diavolo in persona.

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Capitolo 6
*** Open your eyes ***


Ciao a tutti! Non ho potuto postare prima perchè ho avuto degli impegni con l'università. =( Comunque sia  mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate di questa fan fiction. Vorrei sapere se è il caso di continuare o meno. Se potete lasciatemi un commento! un bacio e buona lettura ! =) ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- - << E’ colpa mia. >> disse Duncan mettendosi le mani tra i capelli.
<< Che dici! >> sminuì Lee.
<< Non capisci. Porca puttana. >> sbottò lui.
<< Calmati, siamo tutti preoccupati. >> disse Antony che era accorso per sostenere l’amico.
<< Ho fatto l’amore con lei ieri! Ti e’ chiaro ora? >>
Antony e Lee si guardarono esterrefatti e preoccupati allo stesso tempo.
<< E’ colpa mia. Lei somatizza molto. Le sarà venuto l’emicrania per colpa di quelle foto maledette e avrà preso le medicine .>> continuò lui.
<< Sarebbe potuto accaderle comunque. >> disse Antony cercando di rassicurarlo.
Tra i tre calò il silenzio, erano tutti estremamente preoccupati anche per la reazione dello specializzando.
<< Hai detto: “fatto l’amore”? >>
<< Sì, Lee. Cosa non ti è chiaro?. >> rispose Duncan spazientito.
<< Ti ho sentito solo una volta usare quell’espressione. >> notò l’amico.
<< Come fai a pensare a questo? C’è Ale in camera operatoria. >> lo rimproverò Antony.
<< Credo che la ami. >> continuò Lee imperterrito rivolgendosi ad Ant mentre indicava Duncan col pollice.
Antony gli diede una botta per farlo smettere mentre Duncan sembrava aver fatto finta di niente.
Si alzò, era teso, non sapeva che fare. Avrebbe dato la vita per lei. Ne era sicuro. Si sentiva terribilmente in colpa . “Dai, cucciola” si disse.
Riuscì fuori lo specializzando insieme ad un medico dopo una trentina di minuti e fece segno a Duncan di avvicinarsi.
<< La paziente ha avuto uno shock anafilattico. Ha quasi perso la vita. Il suo cuore si è fermato per poco più di sessanta secondi prima di arrivare al pronto soccorso. I medici dell’ambulanza hanno dovuto praticare una tracheotomia d’emergenza a causa dell’ostruzione delle vie respiratorie dovuto all’anafilassi. L’aspirina che ha ingerito conteneva un eccipiente a cui la ragazza era inconsapevolmente allergica. L’intervento è riuscito, per fortuna siamo intervenuti giusto in tempo e le sue condizioni ora sono stabili . Dato che il cuore si è fermato, il sangue non ha potuto circolare e non ha portato ossigeno al cervello. >>
<< E quindi ? >> chiese lui con un filo di voce .
<< Per quello dovremo aspettare solo il suo risveglio dall’anestesia. Se ci sono danni a livello cerebrale causati dalla mancanza di ossigeno per il momento non è possibile stabilirlo. >> concluse il medico.
<< Posso entrare a vederla? >> chiese con gli occhi lucidi.
<< Ora non è possibile. La avvertirò personalmente quando potrà. >> e così dicendo tornò da dove era venuto.
Duncan andò dai suoi amici e spiegò loro la situazione di Ale. Le loro facce si rilassarono quando capirono che l’intervento era andato a buon fine ma si fecero di nuovo scure quando l’amico iniziò a parlargli dei possibili rischi a livello cerebrale.
Dopo un’ora il medico si affacciò nella sala d’attesa e gli fece cenno di entrare. Il medico lo condusse nella camera di terapia intensiva e gli disse che non sarebbe potuto rimanere molto.
Quando entrò non poté trattenere le lacrime, come aveva fatto per tutto il tempo in sala d’attesa; Ale era collegata ad una macchina che la aiutava a respirare e aveva un tubo che le portava l’ossigeno passando direttamente dalla gola. Gli occhi erano chiusi e le palpebre erano particolarmente scure.
<< Cosa ti ho fatto! >> sussurrò lui , continuando a piangere. << Piccola, mi dispiace. >> 
Rimase al suo capezzale per più di venti minuti, accarezzandogli la mano. Lei non si era ancora svegliata. Dormiva profondamente, in quel letto verde.
Quando il medico lo chiamò, lui diede un bacio sulla fronte alla ragazza << Sono con te, amore.>> e fece per raggiungere il medico.
Si voltò un ultima volta prima di uscire e vide che Ale muoveva le labbra e si riavvicinò al letto seguito dal medico. Stava provando a parlare ma non ci riusciva a causa del respiratore.
<< Ale, non parlare. Stai tranquilla, ci sono io. >> disse mentre il dottore la visitava.
<< La spostiamo al reparto. Le farò sapere la camera. >> disse il chirurgo notando che le condizioni della ragazza stavano migliorando.
Dopo qualche ora, fu concesso solo ad una persona di andare a trovare la ragazza e nessuno si azzardò a chiedere a Duncan di andare al posto suo.
Lui salì e raggiunse la camera di Ale. La trovò completamente sveglia ma ancora attaccata al respiratore.
<< Piccola mia cosa ti ho fatto.>> disse Duncan sedendosi vicino al letto di Ale. La ragazza cercava di parlare a gesti e pensò di aver capito cosa gli stesse chiedendo. Duncan spiegò la situazione e cosa le aveva fatto rischiare la vita.
Prese la sua mano e disse: << Mi dispiace per tutto. Mi sento colpevole. >>
Lei gli accarezzò il viso e abbozzò un sorriso stanco. << Quando ci siamo visti noi due ieri, io mi ero dimenticato di dirti che mi frequentavo con Lizzie ma ..>>
Ale iniziò a piangere e Duncan capì che non era il momento adatto per spiegarle la situazione.
Il ragazzo passò due giorni facendo avanti indietro dalla casa all’ospedale e viceversa. Anche i suoi amici erano passati a trovarla. Il pomeriggio del secondo la staccarono dal respiratore, e il terzo giorno riacquisì completamente la facoltà di parlare. In tutto ciò però non aveva ancora avuto modo di parlarle dell’equivoco con lizzie.
<< Di nuovo , qui? >> gli chiese Ale quando lo vide entrare quella mattina.
<< Non posso lasciarti sola, piccola. >> rispose Duncan.
<< Non voglio che trascuri le persone a cui tieni per venire qui. >>
<< E’ per questo che sono qui. >>
<< Mi riferisco a quella bella donna della foto. >> disse lei seria << Mi riferisco a Lizzie, Dunk. >>.
<< Ale è stato un equivoco. Quando ci siamo visti per parlare io mi frequentavo con lei. Mi frequentavo, bada. Non stavamo neanche insieme ufficialmente. La sera stessa l’ho voluta incontrare per dirle che non volevo continuare. Quando siamo usciti, lei mi ha baciato ed io per allontanarla le ho messo le mani sui fianchi.  Quando l’ho fatto sono arrivati paparazzi. Sai come sono fatti. >>
<< Non so se crederti o meno. >> ammise la ragazza.
<< Io sono innamorato di te , piccola. Te lo giuro. >>
<< Tu ci avresti creduto se fosse capitato a me? >>
<< Ale sono sincero. >>
Lei lo guardò negli occhi. I suoi occhi non mentivano.
<< Perché non me l’hai detto subito? Era per quello che avevo paura. >>
<< Perché quando sono con te, mi dimentico di tutto il resto. >>
Ale scoppiò a ridere a quell’affermazione. Gli veniva di ridere perché non poteva credere che lui fosse così innamorato di lei. Gli veniva da ridere perché si sentiva un palmo sotto di lui.
<< Mi dispiace. >> si giustificò << Mi fa strano sentirti parlare così. >>
<< Oppure perché sei un tipo insicuro. Se ti dicessi che il mio mondo ruota intorno a te, scommetto che ti rimetteresti a ridere. Perché ti fai mille complessi e credimi non ne hai motivo. >>disse serio lui.
La ragazza arrossì. Era vero, Duncan aveva ragione . Riprese: << Comunque lascio a te la decisione finale. Ma sappi che non ti lascerò andare senza combattere. >>
<< Promettimi che sarai sincero. >> disse lei fissando i suoi occhi blu.
<< Promesso, piccola. >> disse baciandole la mano. I due si abbracciarono a lungo.
<< Voglio imparare a fidarmi di te. >>gli sussurrò.
Quella sera la dimisero dall’ospedale e Duncan non voleva lasciarla sola. Ogni volta che andava a dormire rivedeva la scena del corpo di Ale apparentemente senza vita. Decise che le avrebbe preparato la cena e sarebbe rimasto a dormire da lei.
<< E se andassimo a prendere la pizza? >>propose Ale.
<< Hai scombussolato tutti i miei piani, già avevo pensato a cosa cucinare. >> rispose lui tra il divertito e il serio. Lei si avvicinò, spalancò i suoi occhi verdi e accennò un mezzo sorriso.
<< Gli occhi dolci , no. Dovrò accontentarti per forza. >> continuò mettendo un finto broncio.
Dopo cena Ale si mise seduta sul divano facendo zapping alla televisione, cercando qualche programma interessante da vedere. Duncan si presentò in salone con una vaschetta di gelato e due cucchiaini e ad Ale si illuminarono gli occhi.
<< Mi ero dimenticata di avere il gelato. Hai avuto un idea geniale a portarlo qui. >> disse sorridendo.
Dopo un’oretta decisero di andare a dormire. Mentre la ragazza si cambiava, lui la guardava ancora una volta meravigliato dalla sua bellezza. Quando lei si accorse del suo sguardo iniziò a coprirsi, sentendosi in imbarazzo.
Duncan sorrise e scosse la testa :<< Già ti ho visto senza vestiti. >>
<< Sì, ma non c’era molta luce quel giorno. >> si giustificò infilandosi il pigiama.
Lui rimase sveglio tutta la notte abbracciandola. Aveva paura che al suo risveglio lei non ci fosse per qualche strana ragione e anche perché voleva essere sicuro che stesse bene; ma la stanchezza prese il sopravvento.
<< Buongiorno. >>disse Ale dandogli dei bacetti sul viso.
<< uhm..’g-g-giorno >>farfugliò sbadigliando.
<< Dobbiamo alzarci. >>
In tutta risposta Duncan si girò dall’altro lato. << Come vuoi. >> disse lei alzandosi dal letto.
Lui la prese per un braccio, la tirò a sé e continuò a sonnecchiare. << Mi sento quasi un pupazzo. >> disse ridendo.
Alla fine il ragazzo si arrese e si iniziarono a preparare.
<< Non è possibile. Sei più lento di me. E solo per gestire quel ciuffo di capelli. Sono venti minuti che te lo sistemi>> lo accusò ridendo.
<< E’ per questo che sono un gran figo. Se non mi sistemassi a dovere perderei fascino. >> disse lui divertito.
<< Ma vai!>> disse la ragazzo dandogli una piccola spinta, in segno di dissenso. Scese in salone e accese la radio. Adorava ascoltare la musica la mattina, la rilassava e la metteva di buon umore.
Bevve il suo caffè e si accese una sigaretta. Alla radio misero : “U make me wanna” . Ale ripensò a quando appena quindicenne ascoltava quella canzone insistentemente. Sorrise. Aveva sempre sognato quella vita, ma soprattutto aveva sempre sognato lui. Nonostante all’inizio lei cercò di rimanere impassibile al suo fascino, col tempo non ci riuscì più.
Aveva lasciato il ragazzo che aveva creduto di amare per tanto tempo. Si sentiva felice e quando andò in cucina per mettere a lavare la tazza del caffè, prese la frusta (quella per montare la panna) e la usò come microfono. “You make me wanna call you in the middle of the night.
You make me wanna hold you till the morning light.
You make me wanna love, you make me wanna fall…”
Quando Duncan entrò in cucina rise e abbracciandola canticchiò anche lui:“Well I know that these feelings won't end no, no. They'll just get stronger if I see you again. Baby I'm tired of being friends.”
<< Siamo noi. >> sorrise Ale.


Dicembre 2011/ Gennaio 2012:

<< Com’è andato il viaggio? >>
<< Bene, qualche turbolenza ma bene >>.rispose Chiara.
<< Sono contenta che sei riuscita a venire per capodanno! >> disse Ale abbracciando la sua amica.
Quando arrivarono a casa le due amiche iniziarono a parlare delle novità. Non riuscivano a sentirsi spesso per via degli impegni. Qualche volta riuscivano a sentirsi e vedersi tramite skype.
<< Edoardo non è geloso di Duncan? >> chiese l’amica mentre svuotava la valigia.
<< No. E poi siamo solo amici. >> rispose la ragazza cercando un vestito adatto da mettere per la festa di capodanno.
<< Io sarei gelosa. Insomma vi vedete quasi tutti i giorni. >>
<< Se lavoriamo nello stesso posto, io non posso farci niente. >>
<< Io avrei gli ormoni a mille. Incontrare i Blue un giorno si e l’altro pure. Ma ti ricordi quando siamo andati al loro concerto allo stadio olimpico? >> disse Chiara con aria sognante.
<< Come faccio a dimenticarmi. Abbiamo passato quasi tutto il concerto a insultare le ballerine per il semplice motivo che erano sul loro stesso palco. >> rispose ridendo.
Entrambe si persero nei loro ricordi. Ricordavano entrambe i cartelli dei blue appesi per la città, nel lontano 2006, per pubblicizzare il loro concerto.
<< Sei sicura che ci sono anche loro stasera? >>
In quel momento squillò il telefono di Ale.
<< Ei Antony dimmi. >>
Chiara non riusciva a sentire quello che il ragazzo stesse dicendo e così aspetto impazientemente di conoscere l’argomento della conversazione. Si sedeva sul letto e muoveva il ginocchio sinistro su e giù in continuazione.
<< Che ha detto? >> le chiese, quando la sua amica attaccò.
<< Ci passano a prendere tra un’ora. >> disse lei preoccupata. << Cazzo, ancora non ho deciso cosa mettermi.>> sparpagliò tutti i suoi vestiti sul letto. << Secondo te, se metto questo rosso piacerà ad Edoardo? >>
La ragazza la guardò quasi allucinata. << Mi stai chiedendo questo, quando ci sono i quattro ragazzi più sexy che abbia mai visto? Tu non stai bene. >>
<< Dai, dai! Quello rosso con la gonna a palloncino oppure questo aderente nero? >> chiese l’amica in evidente crisi.
<< Quello nero. Scusa ma Edoardo? >>
<< Arriva dopo. >> rispose Ale cercando un paio di scarpe adatte all’occasione.
Arrivarono all’appuntamento in ritardo. Fortunatamente anche loro. Anzi solo Duncan e Lee, perché Simon e Antony avevano avuto un contrattempo e dissero che sarebbero arrivati più tardi.
Erano le dieci quando arrivarono al locale. Chiara cercava di non mostrarsi agitata. Ale sperava di aver preso la giusta decisione riguardo l’abito. Entrambe erano preoccupate chi per un motivo, chi per un altro. Anche i due ragazzi erano assorti nei loro pensieri. Duncan quella sera aveva intenzione di ubriacarsi ma non troppo, non voleva perdere completamente il controllo, ma voleva divertirsi e aspettava con ansia la sua ragazza. Si conoscevano da poco meno di una settimana. Una bella ragazza, alta, occhi scuri, capelli biondi, seno prorompente,proprio come piaceva a lui. Voleva passarci la notte insieme, aveva già deciso. Lee era scapolo e sperava di adocchiare una ragazza passabile, con cui divertirsi la notte di capodanno. Non gli sarebbe dispiaciuta Chiara. Più volte gli aveva lanciato occhiate dallo specchietto del sedile del passeggero, in macchina, e lei sembrò gradire. Poteva essere una probabile preda.
<< Io vado a prendermi una birra. >> annunciò Duncan una volta dentro.
<< Aspetta ti accompagno >> disse Ale, incurante del fatto di aver lasciato la sua amica con Lee.
Duncan e Ale parlarono animatamente mentre sorseggiavano le loro bevande.
<< Secondo te, mi sta bene questo vestito? >> chiese lei ad un certo punto.
Lui la osservò per un attimo. Tanto era immerso nei suoi pensieri che non aveva notato l’acconciatura dell’amica e il suo vestito. Se non fossero stati amici, lui ci avrebbe fatto un pensierino. Poteva essere tranquillamente il suo tipo ideale. Gli occhi verdi erano messi in risalto dall’eye-liner e dal mascara nero. Il suo vestito era aderente, sottolineava tutte le sue curve. Si soffermò sul seno forse più del dovuto pensando che nonostante non fosse una quarta aveva comunque una bella forma.
<< Mi stai fissando le tette?>> chiese lei stupita.
<< Ti guardavo nel complesso. Mi hai chiesto un giudizio, perciò ho dovuto studiare tutto. >> si giustificò lui. << Comunque per la cronaca sei perfetta >> riprese e le diede un bacio sulla guancia.
<< Speriamo che piaccia ad Edoardo. >> ammise lei speranzosa.
<< Solo uno stupido potrebbe non apprezzare. E lui non mi sembra tale. >> concluse asciutto. << Ma che ca.. , Ale girati. >>
Lei si girò e vide Chiara e Lee. Ballavano insieme abbracciati, dandosi qualche bacio. Sorrise.
<< Il sogno di una vita. >> disse prendendo un altro sorso del suo Mojito.
<< Cioè? >>
Prima che la ragazza potesse rispondere, arrivò Edoardo e lei gli andò incontro.
Duncan aspettava sempre più ansioso la sua “ragazza”. Si stava innervosendo, odiava aspettare, nonostante lui fosse un ritardatario cronico. Alla fine arrivò. Arrivarono anche antony e simon con le rispettive compagne.
Erano le cinque del mattino quando i ragazzi andarono a casa. Chiara era andata a dormire da Lee. Edoardo era andato dalla sua ragazza.  Duncan aveva invitato Stephanie a casa sua, ma lei non aveva accettato. Lo accusava di non averle prestato le dovute attenzioni quella sera. L’aveva sorpreso più volte guardare ripetutamente una ragazza dai capelli, con un vestito nero, non troppo alta, che ballava con un ragazzo. Quando Stephanie propose di andare a ballare, lui non si era tirato indietro ma spesso si girava in direzione di quella ragazza. Lei gli chiese chi fosse e lui rispose che era solo una sua amica.
Alla fine si arrese e quando decisero di andare a casa, lei lo salutò con un bacio sulla guancia lasciandolo solo.
Duncan era dispiaciuto della decisione di Steph. Aveva voglia di passare la notte di capodanno con lei, ma non gliene diede l’opportunità. Lo aveva accusato di non averle prestato attenzione perché troppo occupato a controllare Ale. Nonostante le avesse ripetuto più volte che si trattava solo di un’amica, lei aveva deciso di andarsene lo stesso. Ritornando a casa pensò all’accaduto. Ammetteva di aver guardato più volte Ale, ma non voleva dire nulla per lui. Gli piaceva solo guardarla muoversi.
 
Il pomeriggio seguente i Blue si incontrarono con Ale e Chiara. Si andarono a prendere una birra in un pub poco lontano dal centro di Londra.
<< Dai Duncan, non prenderci in giro. >> disse Simon.
<< Ragazzi ve lo giuro. Non ho fatto niente è voluta andare a casa. >> ammise sorseggiando la sua birra chiara. I ragazzi non erano convinti della sua versione, ma era la verità. Continuarono a punzecchiarlo finché Ale disse: << Lasciatelo stare. Perché dovrebbe mentire. >>
<< E te invece che hai combinato, piccola monella? >> chiese Lee.
<< Siamo arrivati a casa e ci siamo addormentati prima di poter fare qualsiasi altra cosa. >> rispose la ragazza mettendosi a fissare un punto del tavolo. Odiava ritrovarsi al centro di una conversazione che riguardava lei.
I ragazzi scoppiarono a ridere e Chiara rincarò la dose dicendo: << Certo, ciccia. >>
<< Raccontami la tua di nottata? >> cambiò discorso lei buttando giù la birra rimasta nel boccale.
Chiara arrossì e guardò Lee, che aveva fatto finta di non sentire mettendosi a giocherellare col cellulare.
Continuarono per tutto il tempo a scherzare sulle loro storie inventate per non dire cosa avessero fatto veramente quella notte. Le due ragazze si divertirono molto e una volta usciti si incamminarono tutti insieme a piedi verso casa. Durante il tragitto Lee prese per mano Chiara che erano davanti al gruppo.
<< Segno evidente. Credevate davvero che avessero parlato tutta la notte? >> chiese a bassa voce Antony per non farsi sentire dalla coppietta.
<< ..e mangiato marshmallow , hai dimenticato. >> aggiunse Simon.
Duncan ed Ale risero pensando che fosse la scusa più sciocca che avessero mai sentito.
Lui appoggiò il braccio sinistro sulle spalle di Ale e disse: << Devo ringraziarti per prima.>>.
Lei lo guardò con aria interrogativa, invitandolo a spiegarsi meglio. << Sai quando non credevano a quello che avevo detto riguardo Steph. >>
<< Ti pare che mi ringrazi? Comunque è stato un piacere. >> rispose lei e dopo un po’ si scostò dalla presa di Duncan e quel gesto non fu gradito all’amico.
Non capiva perché si sentiva così infastidito, ma una cosa era certa avrebbe voluto tenerla vicino a sé più tempo possibile. Quando si sorprese a pensare all’amica in quel modo, cercò di scacciare quelle idee dalla sua testa. “Che mi prende?” .
Non era possibile che quella ragazza così semplice potesse attirare la sua attenzione. Lui era il tipo che aveva bisogno di ragazze che lo colpissero prima esteticamente, che mettessero in risalto le loro forme, e certo Ale col suo modo di vestire non le mostrava molto. Portava sempre pantaloni stretti e felpe o magliette non proprio aderenti. L’unica volta che l’aveva vista vestita elegante era stato la notte di capodanno ed era evidente che l’aveva colpito. Ale gli era piaciuta sempre per il suo carattere, il modo di rapportarsi con gli altri, perché era sempre sorridente; lo intrigava anche il suo essere semplice e genuina che a Duncan sembrava unica e anche il fatto che non le piaceva mettersi in mostra. Era per quel motivo non vestiva sempre elegante. Riusciva ad essere al passo con la moda senza però mostrarsi troppo.
Stava iniziando ad apprezzare ogni sua particolarità.
 

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Capitolo 7
*** Distance ***


<< Sono cinque giorni che ti chiama di continuo, che hai intenzione di fare? >>
<< Simon, che devo fare? La ignoro. >> rispose Duncan.
<< Rispondile e cerca di essere chiaro. >> suggerì Ant.
<< Non mi interessa di Lizzie. Quando si stancherà di chiamarmi sarà meglio per tutti. >> disse Dunk mettendo il cellulare in tasca.
Erano appena andati in pausa. Stavano finendo di registrare il loro nuovo singolo. In quel momento passò Ale che salutò i quattro ragazzi con un sorriso. Duncan le prese un braccio: << Non mi saluti >> disse facendole gli occhi dolci. La tirò a sé e la baciò. Lei rise sentendosi in evidente imbarazzo.
<< Dai lasciami, devo andare. >>
<< Solo un altro bacio. >> e la prese ancora tra le sue braccia.
<< Mi stanno aspettando, Henry deve parlarci del disco. >> disse lei cercando di divincolarsi.
Lui la lasciò andare e quando si fu allontanata, si accorse che i ragazzi lo stavano guardando perplessi.
<< Cosa c’è? >> chiese.
<< L’ultima volta che ti ho visto comportarti in questo modo era quando stavi con Anya. >> fece Lee.
<< Concordo. >> disse Ant.
<< Poi mi fa strano. Lei ha 12 anni meno di te. Tu ne hai trentatre e lei quasi ventuno. Non la senti la differenza? >> chiese Simon.
<< Non l’ho mai sentita, neanche quando eravamo amici. Anzi, alcune volte i suoi ragionamenti erano più evoluti dei miei. >> ammise.
<< Non ci vuole tanto. >> ridacchiò Lee.
<< Molto divertente! >> esclamò stizzito.
Quella sera Duncan aveva invitato Ale a cena. Per quanto lo riguardava, poteva tranquillamente fare anche lo chef. Aveva preparato una cena con i fiocchi, la tavola era apparecchiata in maniera impeccabile, aveva perfino messo due candele per rendere meglio l’atmosfera. Mancava solo la sua donna che arrivò in ritardo come al solito.
<< Hai fatto tutto da solo? >> chiese.
<< Per te. >> rispose lui.
Lei sorrise e lo baciò profondamente. Iniziarono a cenare e parlarono a lungo della loro giornata.
<< E quando partiresti per promuovere il disco? >> le chiese.
<< Tra tre giorni. >>
A Duncan doveva essergli andato di traverso un pezzo di bistecca, perché iniziò a tossire .
<< Dunk , ti stai strozzando? >> gli chiese avvicinandosi
Lui cercò di riprendersi bevendo un bicchiere d’acqua.. << Tra tre giorni ? E te l’hanno detto solo oggi? >> chiese allibito.
<< Sì. A dire la verità ne avevamo parlato già con Henry durante il periodo in cui mi hai ignorato. >> rispose, evidenziando l’ultima frase.
Lui scosse la testa e ignorò la frecciatina. << Non voglio che tu parta. >>
<< Come sarebbe a dire? >>
<< Nel senso, sono contento per te, ma mi mancherai. Quanto rimarrai fuori? >>
<< 18 giorni. >>
Duncan si fece scuro in volto e abbassò lo sguardo sul piatto. << Ritornerai i primi di Luglio. >>
<< Penso di si. >> disse contando i giorni. << Il 4 Luglio. >>
<< Allora non ci vedremo fino ad Agosto. >>
<< Perché? >>
<< Perché anche io avrò un tour per promuovere il disco e parto il 4 Luglio. >> rispose dispiaciuto.
<< Ce la faremo. Vedrai che riusciremo a trovare un modo. >> disse la ragazza sorridendo.
La serata non era iniziata come avrebbe voluto Duncan, che non riusciva ancora a credere al fatto che non si sarebbero visti per un mese. Ammirava la positività di Alessandra, senza dubbio aveva cercato di alleggerire la situazione, ma lui sapeva come funzionavano le promozioni di un disco. Uscite notturne, incontri furtivi, storie di una notte; tentazioni di ogni genere a cui lui ancora faticava a rinunciare, figurarsi una ragazza inesperta e alle prime armi.
Avevano da poco finito di fare l’amore quando Duncan disse:
<< Vorrei che tu non dovessi partire. >>
<< Vorrei che Tu non dovessi partire >> ribatté Ale sorridendo.
Lui si girò e guardandola negli occhi prese ad accarezzarle i capelli. << Mi dispiace piccola, penso che non abbiamo via d’uscita dai nostri impegni. >>
<< Troveremo un modo. >> concluse lei baciandolo.
Ale si addormentò velocemente, Duncan invece no. Era preoccupato. Aveva paura di perderla. Era tanto che non provava un sentimento del genere ed ora ne era quasi spaventato.
Trasportato da quei pensieri, cadde in un sonno profondo .
Il giorno della partenza arrivò in fretta, tanto che i due ragazzi rimpiansero il fatto di non aver avuto più tempo per stare insieme. Avevano cercato di riempire gli ultimi giorni di attività. Andarono al cinema, al parco, a cena fuori, si erano visti con gli amici per prendere una birra prima dell’imminente partenza. L’unica cosa che Duncan non fece, fu quella di parlare con Ale delle continue chiamate di Lizzie, a cui lui non aveva mai risposto. Pensava fosse la cosa migliore da fare. Non voleva farla partire preoccupata per una situazione che lui riusciva a gestire. Non le avrebbe rovinato quella tournée per un fatto del genere. Erano all’aeroporto quando Ale lo salutò dicendo:
<< Voglio fidarmi di te, devo fidarmi di te, perché ho paura. Paura che tu faccia qualche cavolata in mia assenza. >> aveva gli occhi lucidi.
<< Piccola, non preoccuparti. Goditi questo viaggio, io non ti deluderò. Ma anche tu cerca di stare attenta. >>
Si abbracciarono a lungo e si baciarono ripetutamente fino a quando non chiamarono il volo della ragazza e a malincuore dovettero staccarsi.
Lui la guardò allontanarsi sentendo una stretta al cuore. La seguì con gli occhi finche non sparì dietro un angolo. Abbassò lo sguardo e si avviò verso casa.
Avrebbe voluto dirle che l’amava, perché ancora non ne aveva avuto occasione. Ancora non le aveva detto il fatidico “ti amo”. Ci aveva pensato più volte e aveva ritenuto meglio aspettare il suo ritorno, vedere come si sarebbe sentito lui. Solo la lontananza poteva permettergli di vederci chiaro sui suoi sentimenti. Era arrivato a quel punto perché troppo spesso si era sbagliato, illudendo così le sue amanti.
Quella volta non avrebbe commesso lo stesso errore. Anche lei non aveva ancora dichiarato ciò che provava ma Duncan era contento di questo. Voleva dire che anche Ale stava riflettendo su sé stessa e poi in questo modo lui non era stato costretto a risponderle subito, magari mentendo, magari dicendole la verità. Lo avrebbe capito presto cosa provava per quella ragazza, indubbiamente più giovane di lui, dotata di una spiccata maturità e responsabilità che raramente aveva notato in una donna della sua età e anche quando ne trovava una, a volte non ne era attratto fisicamente. Aveva sempre detto di essere un tipo complicato e anche in questa situazione non si smentì.
Una volta arrivato a casa, lo chiamò lizzie. Lui ancora una volta non rispose. Lo lasciò squillare finché non finì di suonare. Iniziò di nuovo. Era sempre Lizzie. “Arrenditi” pensò Duncan sconfortato.
Suonò per un quarto d’ora e alla fine lo spense. Non ne poteva più.
I giorni senza Ale era monotoni. Non sopportava quel silenzio in casa, le uscite senza di lei. Le mancava. Le mancava profondamente. Le mancava il suo viso, i suoi occhi verdi, le sue labbra, il suo sorriso, le sue battute e la sua voce.
Si erano sentiti attraverso Skype e telefono ma odiava poterla vedere o sentire ma non toccarla, sentire la morbidezza della sua pelle, odiava non poter sentire il profumo della sua pelle.
Senza lei, si sentiva quasi depresso, al punto che i suoi amici iniziavano a preoccuparsi per l’amico.
Cercavano di farlo distrarre, di portarlo fuori di casa e alla fine riuscivano quasi sempre a farlo divertire ma erano i momenti in cui era solo. Quelli erano un problema.
Inoltre Lizzie non mollava, continuava a chiamarlo imperterrita, ormai era passato un mese dall’ultima volta che si erano visti e lei non aveva smesso un giorno di chiamarlo.
Lo chiamò anche la mattina della sua partenza, quando si trovava in aeroporto e solo quella mattina lui decise di risponderle:
<< Lizzie se non ti ho risposto finora non credi che ci sarà stato un motivo? >> iniziò Duncan.
<< Dunk ho pensato davvero tanto a te, a noi, le cose andavano bene quando stavamo insieme. Perché mi hai lasciato così? La tua non era una spiegazione valida e me ne devi una perché ti sei comportato da codardo. Hai messo insieme delle parole che hanno dato vita ad una frase quasi senza senso quella volta al “Tom Cribb”>>
<< Non ti devo altre spiegazioni. >>
<< Tu non sei rimasto ad ascoltare me. Non mi hai dato il tempo di metabolizzare. Dammi un’altra opportunità >>
<< Allora non vuoi capire? >> disse lui spazientito. << Sono impegnato con un’altra ora. >>
<< Non importa Duncan. Non ho fatto altro che pensare a te, mi devi almeno un altro incontro. Devi ascoltarmi, non puoi allontanarmi così >> rispose lei.
Duncan sentì chiamare il suo volo. << Devo andare, hanno chiamato il mio volo. >>
<< Stai partendo? Ma come? Dove vai? >>
<< Vado in Italia, a Roma, per promuovere il disco. >>
<< Quando torni fatti sentire o dovrò farmi viva io. Ho bisogno di parlarti. >>
<< Non ho voglia di vederti. >> e attaccò il telefono con rabbia.
Non avrebbe mai immaginato che Lizzie potesse essere così petulante.
Mentre si incamminava verso il Gate, ad un tratto vide una ragazza dal volto familiare. Non poteva crederci, era Ale. Le corse incontro. Anche lei notò sorpresa il suo ragazzo e corse in quella direzione.
Si baciarono, si abbracciarono tentando entrambi di nascondere il pensiero che quell’incontro non sarebbe durato a lungo.
<< Mi sei mancata piccola! >> prendendole il viso tra le mani.
<< Anche tu. >> disse lei baciandolo.
Si creò il silenzio tra loro, non riuscivano a parlare tanto erano commossi e sorpresi.
Duncan sentì chiamare il suo volo. << Non voglio partire senza che tu sappia quello che provo per te. Piccola, era tutta la vita che aspettavo una persona che mi sconvolgesse, che mi costringesse a pensarla di continuo, a cui tenessi così tanto da non poter più stare bene da solo. E sei arrivata tu. Dal primo momento che ti ho visto mi sei sembrata diversa dalle altre, anzi ne ero sicuro. Ne ero sicuro perché me lo diceva il mio cuore. E quando ti ho conosciuto meglio, ho capito che persona splendida sei. Io non posso fare a meno di te. Il mio cuore non può fare a meno di accelerare i battiti quando sente il tuo così vicino. Il mio cuore non può fare a meno di amarti. Io non posso fare a meno di dirti che Ti amo. >>
Sentirono ancora una volta la chiamata d’imbarco per il volo di Duncan.
Ale presa alla sprovvista da quella dichiarazione non seppe cosa dire, ma il suo viso valeva più di mille parole. Era commossa, le lacrime le rigavano il viso per la gioia, perché non aveva mai sentito una dichiarazione d’amore così bella e sincera.
Non riusciva a parlare si sentiva pietrificata, avrebbe voluto dirgli quanto lo amava e lo avrebbe dovuto fare velocemente perché il tempo non aspettava e tanto meno si sarebbe fermato per loro.
<< Io..>>cercò di aprire bocca ma le parole non le uscivano. << Ultima chiamata per il volo YEZ4682, i passeggeri del volo devono recarsi all’imbarco. >> disse una voce al megafono.
Duncan sembrò capirla, le accarezzò il viso e le asciugò le lacrime. Le diede un bacio appassionato:
<< piccola devo andare. Ci vediamo quando torno. Ti amo. >> disse.
“Forza! Devi dire solo anche io, oppure Ti amo. Che ci vuole? Sono questi i sentimenti che provi per lui. “pensò. Provò a parlare di nuovo ma niente. Si sentiva la gola secca e non riusciva a connettere il cervello con il linguaggio specialmente dopo tutto quello che era successo durante la sua tournèe.
Duncan corse verso lo sportello dell’imbarco e raggiunse i suoi amici che lo stavano aspettando impazientemente.
Lei lo guardò allontanarsi e alla fine riuscì a dire: << Anche io ti amo. >> Ma era troppo tardi, lui era già lontano e non avrebbe potuto sentirla.
Lei si diresse verso casa sperando che il suo Duncan avesse capito cosa provasse e perché non era riuscita a parlare. Ci pensò un attimo ed ebbe paura di quel suo blocco emotivo. Non metteva in dubbio i suoi sentimenti per Duncan, sentiva di amarlo profondamente ma quell’uomo che aveva incontrato in America l’aveva sbalordita. Quel Patrick di Los Angeles aveva catturato la sua attenzione durante i giorni del tour. Quando si sorprese a sorridere pensando a tutti i momenti che avevano passato insieme corse in bagno a sciacquarsi la faccia. Si sentiva nervosa e si accese una sigaretta, aspirando avidamente il fumo. “ Maledetto, Dempsey” disse fra sé e sé.

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Capitolo 8
*** What happened in LA ***


Ei ciao a tutte! =) grazie per i commenti ! Li ho apprezzati moltissimo e per sdebitarmi ho postato questo nuovo capitolo più presto che ho potuto! Spero vi piaccia ! Un bacino a tutte!
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Ale ripensò alla settimana precedente che i Dark Shadows avevano passato a Los Angeles:
Il primo giorno in quella città fu il più difficile di tutti. Essendo una metropoli abitata in gran parte da vip, gli scandali erano all’ordine del giorno; << tutto merito dei paparazzi >> aveva detto Henry ai suoi protetti << Perciò non fate cazzate! La vostra reputazione può cambiare in un attimo ed essendo un gruppo emergente non avete bisogno di ostacoli in più da superare! >>. Il gruppo sapeva che il loro manager aveva ragione e cercò di comportarsi al meglio, o almeno ci avrebbero provato.
Erano alloggiati presso un hotel a pochi passi dal centro. Ale si meravigliò di tutto quel lusso in camera sua. Non aveva mai visto un hotel a 5 stelle e le sembrava quasi di sognare. La camera era enorme, per non parlare del bagno in cui c’era una vasca idromassaggio Jacuzzi pazzesca.
Il letto matrimoniale era molto spazioso e ogni dettaglio di quella camera era ben curato, perfino i petali dei fiori nei vasi sembravano sistemati a regola d’arte.
Dopo aver sistemato le valigie, si incontrarono nella hall dove Henry avrebbe consegnato loro il programma quotidiano. I ragazzi sussultarono quando capirono di non avere il tempo di riposarsi. Erano stremati. Erano più di dieci giorni che non riuscivano a trovare un po’ di tempo per loro. Credevano che essendo Los Angeles l’ultima tappa della loro tournèe avrebbero avuto delle ore libere. Si sbagliavano profondamente.
Quel giorno dovettero affrontare decine di interviste, incontri con i fan, incontri con la stampa e partecipare ad un programma televisivo della durata di due ore, dalle 21 alle 23, in cui la presentatrice aveva rivolto loro mirate domande riguardo il loro stile, la loro musica e la nascita del loro gruppo. I ragazzi avevano eletto come portavoce Ale, ma lei si era rifiutata di accettare quell’incarico dicendo loro che ogni componente del gruppo era importante e poteva tranquillamente parlare.
Arrivarono in hotel a mezzanotte e Ale non poteva credere che quella giornata fosse giunta al termine.
Si svegliò verso le 9. Aveva appuntamento alle 10 nella hall per ricevere il programma da Henry.
Si fece un bagno veloce, si asciugò i capelli e cercò di sistemarli al meglio. Si truccò accuratamente e scelse i vestiti. Optò per degli shorts semplici di jeans e una maglietta rossa senza bretelle. Si guardò allo specchio  e notò qualcosa di strano. Si era vestita quasi senza pensare e solo ora rimase colpita di quel suo cambiamento. I pantaloncini le andavano larghi e il petto le sembrava rimpicciolito, si guardò il seno e capì che doveva aver perso più di qualche chilo. Era la prima volta che poteva scegliere i vestiti che voleva e solo ora si era accorta di quanto stessero cambiando le cose. Di quanto il suo fisico risentisse di quello stress quotidiano.
Ma i Dark Shadows ebbero una sorpresa quel giorno. Henry aveva concesso loro un pomeriggio e la serata libera. I quattro ragazzi quasi non credevano a quelle parole ma il loro manager spiegò che avevano bisogno di un break per tornare più che attivi i giorni seguenti.
Decisero di andare al mare. Distava qualche miglia dall’hotel ma ne valeva la pena. Acqua cristallina e spiagge chilometriche bianche, come si poteva resistere?
Per quanto fossero stanchi non fecero altro che giocare con la palla che Jason saggiamente si era ricordato di portare.
Fecero più di qualche partita a beach e non si accorsero che si era creata la fila per utilizzare il campo.
Alla fine sentendo la gente spazientita capirono di aver esagerato e si ritirarono sotto l’ombrellone.
<< Odiavo i tuoi palli netti! >> si lamentava Jason riferito ad Ale.
La ragazza ridacchiò << L’ho capito quando hai preso a schiacciare su di me! >>
Continuarono a parlare della loro performance mentre il sole si avvicinava sempre più all’orizzonte.
Ad un certo punto una pallonata la colpì forte in testa. Si toccò la nuca dolorante e si massaggiò la cute.
Sentì una persona avvicinarsi e si piegò sulle ginocchia per vedere se le aveva fatto male.
<< Ei scusami, è stata colpa mia. >>
Ale non riusciva a vederlo, perché era controsole. Riusciva a distinguere solo i contorni del suo viso.
Si mise una mano davanti per riparare gli occhi dal sole e cercare di mettere a fuoco l’uomo.
<< Potevi stare un po’ più attento. >> disse lei un po’ infastidita massaggiandosi ancora la testa.
<< Ma io ti ho già visto da qualche parte? >> chiese l’uomo.
<< Non lo so. Mi sembra strano che tu conosca il mio gruppo, I Dark Shadows.. >> ad un tratto sembrò vedere meglio e capì con chi stava parlando. Aveva capelli neri, con un ciuffo che gli ricadeva sulla fronte, occhi chiari, barba incolta. “ Dottor Stranamore. “ pensò.
<< Tu sei Patrick Dempsey? >> chiese mettendosi seduta.
<< Si piacere di conoscerti. Ally? >>  chiese lui tendendogli la mano.
<< Si. In realtà mi chiamo Ale. Non pensavo conoscessi il mio gruppo. >> sorrise. Aveva sempre provato una grande stima per quell’attore e non solo perché lo riteneva davvero un bell’uomo ma perché le piaceva come recitava.  Secondo Ale era uno degli attori più bravi in circolazione.
<< Mi dispiace per averti colpito. Come posso farmi perdonare? >>
<< Non c’è bisogno . >>
<< Insisto. >>
Ale ci pensò un attimo.
<< Potremo sfidare te e i tuoi amici ad una partita di beach . >> disse lei sorridendo
Lui si mise a ridere e disse:
<< Non credo riuscirete a vincere contro di noi. >>
<< Vedremo! >> rispose lei accettando la sfida.
Le due squadre composte da quattro persone ognuna erano pronte.
Persero di un paio di punti e alla fine Patrick si avvicinò a lei e disse fiero:
<< Te l’avevo detto. Che avreste perso. >>
<< Avremo anche perso, ma non puoi dire che non è stata una vittoria sudata. >> disse lei sedendosi sulla sabbia.
Lui si sedette vicino ad Ale.
<< Devo riprendere fiato. >> disse.
<< L’ho detto che non è stata una vittoria facile. >> ripeté lei ridendo.
Patrick le diede un pacca sulla coscia in segno di assenso : << Non posso negarlo. >> . La guardò negli occhi. << Bel colore i tuoi occhi.  Molto particolare, sembra verde quasi celeste.>>
Lei sorrise e lo ringraziò per il complimento. Dopo un po’ che stavano parlando, i suoi amici la chiamarono dicendo che dovevano andare.
Lei salutò l’uomo con un bacio sulla guancia.
<< E’ stato un piacere conoscerti. >> disse Patrick salutandola.
Un uomo davvero simpatico e Ale non poteva negare che non le piacesse. Raggiunse Jason, Bill e Marco.
<< Eccomi che c’è? >>
<< Sono quasi le nove. Dobbiamo rientrare. >>
Raccolse le sue cose. Si vestì, mise i suoi Ray-Ban marroni e si diressero verso l’hotel. Si diedero appuntamento per le 10.30 nella hall. Avevano voglia di uscire e sapevano che quella sera ci sarebbe stata una festa sulla spiaggia vicino lo stabilimento in cui erano stati il pomeriggio. Non volevano fare tardi perché l’indomani la giornata sarebbe stata piena d’impegni, perciò era davvero la cosa migliore che potessero fare.     
Mise degli shorts semplici di Jeans, degli stivaletti corti estivi e canottiera Bianca stretta. Si truccò, usando un bel po’ di mascara e eye-liner nero e quando fu contenta del risultato scese giù accorgendosi di aver fatto tardi.
Quando arrivarono notarono molta gente, che ballava su un piano di legno abbastanza grande, dove avevano messo una sorta di chiosco con un barman, dove si poteva prendere da bere.
C’erano dei pali di legno agli angoli del pavimento collegati tra loro su cui erano posizionate delle tende color bianco/crema e c’erano delle luci colorate che ad Ale sembravano muoversi a ritmo di musica.
Il dj aveva scelto una musica ancora tranquilla quasi da piano bar, ma tutti sapevano che sarebbe cambiata da un momento all’altro.
Notarono dei divanetti in vimini con dei cuscini bianchi e si sederono. Jason andò a prendere quattro bottiglie di birra per se e i suoi amici.
La musica partì verso le undici e i tre ragazzi decisero che avrebbero rimorchiato qualcuno quella sera. Ale si era alzata e stava appoggiata ad uno dei pali di legno. Il vento smuoveva la tenda vicino a lei e copriva la sua vista ad intermittenza.
Beveva la sua birra e sorrideva osservando i suoi amici scatenarsi nella pista con delle ragazze.
Sentì una mano appoggiarsi sulla spalla. << Ti disturbo? >> Lei si voltò e vide Patrick.
<< No, anzi è un piacere. >> disse lei sorridendo. << Come mai qui? >>
<< Sto con alcuni amici, ma sono in pista vedi.>>rispose indicando due ragazzi che si dimenavano tra la folla.
<< Posso offrirti qualcosa? >> chiese Ale.
<< Stiamo scherzando, offro io. Cosa prendi? >>
Presero due birre e Si misero seduti parlando animatamente. Nessuno dei due aveva voglia di ballare.
Ma la musica era molto alta e decisero di andare a farsi una passeggiata. Camminarono allontanandosi sempre di più dalla fonte del rumore.
<< Perciò è da poco che hai intrapreso la carriera da cantante? >> chiese lui ad un certo punto.
<< Si. Ho vinto uno show in Italia e la Virgin mi ha offerto un contratto di un anno per incidere un disco nella sede di Londra. >> disse lei sorridendo.
<< Allora in bocca al lupo per il tuo disco. >> disse lui mandando giù un po’ di birra.
<< Crepi. Te invece ? Il tuo lavoro? >>
<< Sto lavorando ad un film ma non posso rivelarti nulla. >>
<< Così fai il misterioso eh! >> esclamò la ragazza ridendo.
Lo osservò un attimo, il vento gli smuoveva i capelli, la luna illuminava i suoi occhi chiari, indossava una camicia un po’ sbottonata e stropicciata, con dei Jeans scuri. Era un bell’uomo e ad Ale piaceva senza dubbio.
Si sederono entrambi sulla sabbia soffice e osservarono il movimento delle onde. Parlarono a lungo. Si trovavano bene insieme. Riuscivano a dialogare tranquillamente, senza problemi.  Si sentivano entrambi a proprio agio. Squillò il telefono di Ale e rispose in tutta fretta.
<< Ei ! ciao! .. Si scusami sono stata impegnata oggi … Ah ho capito! .. Buon divertimento Allora! Non ubriacatevi! >> e così facendo attaccò il cellulare. Si era dimenticata di Duncan. Per la prima volta non aveva pensato a lui. Per un attimo ebbe paura del suo comportamento poi pensò che in fondo era normale.
<< Era il ragazzo? >> chiese Pat sorridendo.
<< Eh si. >>
<< Da quanto state insieme? >>
<< Un mese forse qualcosa di più. >>
<< Forse? >>
<< Ah è una storia lunga. >> rispose la ragazza cercando di evitare quel discorso. In effetti non sapeva neanche lei il giorno preciso in cui si fossero messi insieme. Prima avevano fatto l’amore, poi avevano litigato, poi era stata male e infine iniziarono a stare insieme sul serio.
Cambiò discorso: << Te invece, vedo che sei sposato? >> disse osservando la fede nuziale all’anulare.
<< Si. >> non aggiunse altro. Lo vide solo molto pensieroso. Il suo sguardo era fisso sul mare e quel momento fu interrotto da alcune urla provenienti dalla festa.
<< Che cazzo succede ? >> disse Patrick scattando in piedi.
Ale vide da lontano un ragazzo biondo indietreggiare mentre uno stava per lanciargli un qualcosa che alla ragazza sembrò una sedia.
<< Cazzo Jason. >> disse Ale iniziando a correre verso la festa. Patrick la seguì e bloccò il ragazzo di colore che fece cadere la sedia.
<< Porca puttana Rob! Che cosa combini? >> lo rimproverò.
Jason aveva un occhio nero e anche bello gonfio. << Cristo Jason che è successo? >>
Il ragazzo era ubriaco e Ale non riuscì a capire la situazione finchè non arrivò Marco a spiegare l’accaduto.
<< Mi stai dicendo che si sono presi a botte per una donna? >> chiese Ale incredula mentre metteva del ghiaccio sull’occhio dell’amico.
Marco annuì. Dopo qualche minuto proprio mentre Ale e gli altri avevano deciso di andare via, portando Jason sotto braccio li raggiunse Patrick.
<< Mi dispiace per il tuo amico. Purtroppo Rob aveva bevuto troppo. Sono venuto a chiedervi scusa per quello che ha fatto da parte sua. >> disse l’uomo.
<< Cavolo se gli avesse lanciato davvero quella sedia.. >>  non riuscì a finire la frase. Si era preoccupata forse più del dovuto, ma odiava le risse, odiava la violenza, aveva sempre avuto difficoltà a capire quei meccanismi che portavano le persone alle mani.
<< Ma non è successo, perciò stai tranquilla. >> ribatté dolcemente Patrick.
<< E’ solo che ho temuto il peggio. >> rispose la ragazza stringendosi nelle spalle.
<< Non ci pensare. Comunque è stato un piacere conoscerti Ale. In bocca al lupo per tutto. >> disse avvicinandosi alla donna. Le diede un bacio sulla guancia soffermandosi più del tempo necessario.
Ale pareva pietrificata. Era scossa per quello che era successo qualche momento prima.
<< Devo andare. >> disse la ragazza divincolandosi da Patrick. << Anche per me è stato un piacere conoscerti. >> e così dicendo corse verso i suoi amici.
Dopo quella sera Patrick e Ale si incontrarono di continuo. Non per volontà loro. Sempre per caso. E nonostante Ale continuava a ripetere che erano delle coincidenze, lui non era di questo avviso. Non aveva mai creduto alle coincidenze. Credeva che tutto ciò che accadeva era perché ogni individuo  aveva un disegno. Ognuno  seguiva un percorso che si intrecciava con quello di altre persone e quelle che ti lasciano qualcosa dentro sono più che importanti e non bisognerebbe mai perderle.
Patrick diceva che Ale appartenesse a questo gruppo di persone. Per lui era diventata importante perché da quando si era sposato non aveva più avuto un’amica. O almeno le aveva avute ma non riusciva a parlare con loro, non riusciva a farsi capire. Invece Ale a volte sembrava capire perfettamente i suoi discorsi e riusciva a parlarle di tutto. Inoltre le piaceva. Gli piacevano i suoi occhi tanto per cominciare così profondi e cristallini che avrebbe desiderato perdersi in loro. La sua bocca carnosa, il suo fisico. Aveva provato più volte l’impulso irrefrenabile di baciarla, che non riuscì a tenere a bada il giorno della partenza della ragazza. Si scusò più volte e lei sembrò capire. Lui si accorse che Ale non aveva ricambiato il bacio e si pentì di quel suo gesto così sciocco.
Lui aveva una moglie e dei figli. Lei aveva un ragazzo. Era giusto così. Avrebbe desiderato rimanere suo amico ma con tutte quelle miglia che li separavano sarebbe stato molto difficile e forse sarebbe stato meglio così.

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Capitolo 9
*** Verità, famiglia e.. ***


 Ciao a tutti! scusate la mia lunga assenza ma sono stata impegnata questa settimana! Vi chiedo scusa! Spero di soddisfarvi con questo nuovo capitolo! =)


Passarono i giorni ed Ale si sentiva sempre più in colpa per non aver esposto i suoi sentimenti. Ora le pesavano tanto da sentire un macigno sulla bocca dello stomaco. Non voleva dirglielo per telefono perché voleva essere a contatto con i suoi occhi, con le sue mani. Avrebbe detto “Ti amo” quando lo avrebbe rivisto. Da quando era tornata aveva pensato solo e unicamente a Duncan. La svista di Patrick sembrava ormai dimenticata e sapeva che il suo cuore batteva solo per il suo ragazzo. Più i giorni passavano, più si sentiva oppressa da quella mole di emozioni, ormai ingestibili. Decise che l’avrebbe raggiunto in tournèe.
Ripensò al bacio di Patrick  e prese la sua decisione a riguardo.
 
I Blue erano appena rientrati in albergo. Si trovavano a Roma, una città che li aveva sempre accolti con euforia e gentilezza. Era mezzanotte inoltrata. Avevano partecipato ad una trasmissione televisiva per promuovere il disco.
<< Io vado a dormire. >> disse Duncan tirando fuori la chiave elettronica della sua stanza.
<< Notte Dunk. >> disse Lee.
Loro due si trovavano sullo stesso piano mentre Simon ed Antony si trovavano un piano più in alto.
Quando entrò trovò la luce della bajour accesa. Era sicuro di averla spenta, a meno che non se la fossero dimenticata accesa le persone addette al servizio di pulizie.
Si gettò sul letto, si sentiva davvero spossato.
<< Ci hai messo di tempo per tornare eh? >>
Duncan si alzò di scatto e si girò nella direzione da cui proveniva la voce femminile.
<< Lizzie? Che cavolo ci fai in camera mia? >> chiese lui sorpreso.
<< Ti avevo detto che dovevo parlarti. >> disse lei mentre si avvicinava al letto.
<< Chi ti ha fatto entrare? >>
<< Ho detto di essere la tua ragazza. Era l’unico modo. Ho fatto vedere alla reception la nostra foto. Ricordi quella che è finita sulle riviste scandalistiche? >>
Duncan stava per perdere la pazienza. Stava rischiando grosso.
<< Cosa vuoi da me Lizzie? >>
<< Volevo dirti quanto mi sei mancato.  Voglio passare un ultima notte con te. Prometto che dopo questa notte non mi vedrai più. Ti lascerò in pace. Mi hai lasciato senza preavviso e non ho potuto assaporare l’ultimo momento insieme. Questo sarà il nostro ultimo momento insieme.>> disse sedendosi sul letto.
<< Lizzie non posso darti quello che vuoi. >> rispose lui cercando di allontanarsi.
<< Me lo devi! Hai giocato sporco con me. >> disse lei alzandosi e togliendosi i vestiti. Sfoggiava in tutta naturalezza un completino rosso in pizzo. Si mise e cavalcioni su di lui e iniziò a baciarlo.
<< Lizzie per favore, non posso. >> disse lui cercando di scostarsi.
<< Non puoi o non vuoi? >> chiese lei maliziosa.
Duncan sembrò titubare e si stava facendo trascinare da quell’impulso naturale.
Lei lo fece stendere sul letto e nel momento in cui si stava togliendo il reggiseno, squillò il telefono.
Lui la spostò e corse verso il cellulare.
<< Si può sapere perché l’uomo alla reception, dice che non sono la tua ragazza perché la tua vera ragazza è già su con te?>>
<< Ale. Sei qui? Ma che.. >> disse lui balbettando.
<< Scendi a dirgli che sono con te! >> disse scocciata.
<< Arrivo. >> e attaccò.
Si volse verso Lizzie. << Ti ho già detto non posso darti quello vorresti. Non farti trovare qui quando torno>>. Cercò di essere serio e incisivo, stava iniziando ad odiare profondamente quella donna. Lei fece una smorfia, raccolse le sue cose e disse con aria di sfida:
<< Puoi allontanarmi per tutto il tempo che vorrai ma so che mi desideri ancora, l’ho visto nel tuo sguardo e l’ho sentito distintamente nonostante i jeans >> rispose calma.
Lui ignorò il riferimento sessuale e corse giù per le scale. Vide Ale seduta su  un divanetto nella hall. La prese in braccio e la baciò con tutto l’amore che aveva in corpo.
<< Sei pazza! che ci fai qui? >> disse mentre la stringeva a sé.
<<  Sai pensavo di tornare nella mia città, rivedere i miei...>> disse sarcasticamente. << Mi mancavi tanto e poi dovevo parlarti. Però prima, dimmi un po’ di  questa faccenda dell’altra ragazza. >>
Non sapeva che fare, non poteva mentirle, non voleva mentirle. Sapeva che la prima cosa su cui si basa una relazione è la sincerità e fiducia reciproca.
<< Ti spiego tutto dopo. Ora vieni in camera con me. >> disse prendendo le valigie.
Arrivarono in camera e Ale mostrava evidenti segni di preoccupazione.
La fece sedere sul letto e iniziò a raccontarle l’accaduto, partendo dal principio. Ale rimase scandalizzata dal racconto di Duncan e cercò di rimanere tranquilla.
<< Piccola mi dispiace. Non te l’ho raccontato subito, perché non volevo farti preoccupare. Io ci tengo a te e non voglio perderti. >>
<< Odio questa ragazza. Ma dove l’avevi trovata, vorrei sapere >> disse Ale arrabbiata.
<< Lascia stare l’importante è che ora sei qui, vicino a me. >> disse Duncan baciandola.
<< Aspetta. >> lo scostò lei. << Sono venuta fin qui perché dovevo parlarti. >>
Lui si fermò e osservandola le disse: << Ti ascolto. >>
<< In tournée.. ecco.. io >> disse la ragazza intrecciando nel dita delle mani cercando in tutti i modi di far capire a quel ragazzo che tanto amava cosa fosse successo.
<< Senti se sei stata con qualcuno, io..>> Duncan non riuscì a concludere la frase a causa di quello che stava provando. Aveva gli occhi lucidi e aveva paura di quello che doveva dirgli la ragazza.
<< No. No. Amore no. Sono stata baciata. Anche se tecnicamente è una cosa che si fa in due, devi credermi se ti dico che non era una cosa voluta, eppure mi sento, in parte, in colpa per un errore sciocco che non ho commesso per mia volontà. Ti chiedo scusa. >>
Duncan l’abbracciò istintivamente. Si era immaginato Ale con un altro uomo nello stesso letto, oppure incontri fortuiti nel camerino, ma un bacio non era nulla in confronto a quello. Ringraziò il cielo di avere una persona così sincera al suo fianco. Gli occhi di Ale erano leggermente umidi e lui aveva capito benissimo cosa intendesse. Alla fine poteva somigliare a ciò che era succeso qualche momento prima con Lizzie.
<< Ma sono stata spinta fin qui perché quando tu eri partito, io mi sentivo oppressa dai miei sentimenti per te. >> disse con fare ansioso <<  Il fatto di non essere riuscita a dire quello che avrei voluto mi ha creato un enorme scompenso e uno stato di agitazione tale da fare questa pazzia.
Le emozioni che provo mi sovrastano, sento che sono più grandi di me. Io voglio costruire con te il mio futuro, vorrei riuscire a creare un qualcosa di stabile e duraturo. Il fatto che abbiamo età differenti non prescinde il fatto che non possiamo amarci. Io ho quasi vent’un anni e magari trovi sciocco che io stia qui a dirti che voglio impegnarmi seriamente con te, ma questo è quello che vorrei di più al mondo. Perché sento che ogni cellula del mio corpo anela a te, ogni pensiero, ogni gesto è per te. Io ti amo Duncan James, con tutto il mio cuore. >>
A quelle parole lui si commosse,sapere che anche lei provava gli stessi sentimenti lo rendeva felice. In quel momento pensò che avrebbe voluto passare il resto della vita con quella donna straordinaria.
Si alzò dal letto e si avvicinò alla ragazza che stava in piedi.
<< Ti amo da morire. >> sussurrò lui.
La baciò con passione e la prese in braccio facendole posare la schiena sul muro. Lei si tolse la maglietta. A quel punto lui la mise sul letto. Ale si alzò di scatto e lo tirò a sé. Gli strappò letteralmente la camicia facendo partire i bottoni che caddero sparsi sul pavimento. Lui si sentiva eccitato da quel gesto e prese a baciarle il seno. Si strofinò ritmicamente sulla ragazza ma i pantaloni gli stavano dando fastidio a causa dell’erezione. Ci pensò Ale a toglierli  mentre lui si occupò dei suoi.
Una volta nudi lui iniziò a toccarla ed Ale ansimò. Entrambi avevano voglia dell’altro e lei prese la situazione in mano. Si mise sopra di lui e iniziarono a fare l’amore. Ale si muoveva ritmicamente presa dal piacere e Duncan le stringeva i fianchi. Poi approfittò di un momento in cui Ale stava cercando di riprendere fiato per porla sotto di lui. Ansimavano entrambi e lui non voleva che finisse mai ma il piacere in quel momento fu troppo da trattenere.
Fecero l’amore ripetutamente finché esausti non si addormentarono verso le 4 di mattina l’uno nelle braccia dell’altro.
 
La mattina seguente I Blue avevano la giornata libera. Fecero colazione tutti insieme e Ale contattò Chiara. Chiara abitava a Roma, vicino casa sua, e aveva voglia di rivederla. Non si vedevano dalla festa di capodanno, ma si erano sentite spesso durante quei mesi.
Le disse di raggiungerli a Piazza della repubblica, dato che l’hotel dei quattro ragazzi si trovava proprio lì.
Quando Chiara arrivò loro erano già fuori ad aspettarla. Appena Ale la vide, le corse incontro e si abbracciarono a lungo. Parlarono un po’ tra di loro, giusto qualche minuto e poi si avvicinarono agli altri.
Quando Lee la vide non poté fare a meno di sorridere, con lei si trovava bene ma lui non era tipo da sopportare una storia a distanza. Però non poteva negare il fatto che le piaceva molto.
Ale, fece da Cicerone, li portò in giro per la città, cercando di evitare le strade più trafficate per paura di un assalto dei fan. Spiegò loro la storia di quella città, la sua città. Raccontò delle leggende legate alla costruzione della città, le statue, il Colosseo. Loro sembravano interessati, perché quella era una delle poche città che aveva conservato così bene tutti quei monumenti dell’antichità.
Scattarono molte foto, alcune buffe, alcune serie, alcune a sorpresa.
Il pomeriggio Simon ed Antony dissero che volevano andare a fare shopping, Lee e Chiara volevano fare un giro per conto loro, lasciando Duncan ed Ale soli.
<< Che vogliamo fare? >> le chiese.
<< Non lo so. Io stasera vado a cena dai miei. Non li vedo da Ottobre. >> rispose lei pensierosa.
<< Mi piacerebbe conoscerli. >>
<< Io non credo. >> disse Ale incamminandosi su via Nazionale.
<< Perché? >>
<< Perché vivono da separati in casa. Litigano di continuo, fidati è meglio di no. >>
<< Perché si sono separati? >>
Ale temeva quella domanda e non aveva voglia di parlarne. Non ne aveva mai avuto voglia e anche in quel momento non si sentiva di raccontare quella faccenda. Era una ferita ancora aperta, era da poco che i suoi genitori si erano separati e lei all’inizio non lo accettava. Poi aveva cercato di essere indifferente, obbligava se stessa a ignorare la situazione familiare per stare bene. Aveva passato un periodo di profonda depressione e da quel momento aveva deciso che non sarebbe più stata male per la situazione dei suoi genitori. Per quello si comportava in maniera quasi egoista. Pensava solo al suo bene.
<< Duncan , ti dispiace se ne parliamo un’altra volta. Non mi sento proprio di parlare di questo oggi. >>
<< E mi lasci da solo stasera? >> chiese facendo gli occhi dolci.
<< Odio quando mi guardi così. Promettimi che se vieni, poi non mi farai domande. >>
<< Promesso. >>
Arrivarono a casa di Ale. Nella sua mente riaffiorarono i più svariati ricordi. Sorrise quando pensò alla sua collezione di tutti gli articoli che riguardavano i Blue; l’aveva fatta quando aveva 14 anni. Entrarono a casa.
<< Mom I’m back. >> disse in inglese, tanto si era abituata a parlare quella lingua.
La madre arrivò alla porta e abbracciò la figlia che non vedeva da quasi un anno.
<< Ale, ti stavo aspettando! Ti sei dimenticata l’italiano? >> disse sorridendo. Poi notò Duncan e guardò la figlia.  << Questo ragazzo assomiglia molto al tizio dei Blue che ti piaceva. Come si chiamava? Ah sì, Duncan. >> e si mise a ridere.
<< Mamma è lui. Questo è Duncan James.>> disse rivolgendosi alla madre, poi disse a Duncan. << Dunk, She’s my mom, Beatrice. >>
<< Nice to meet you. >> fece lui presentandosi.
Fortunatamente la madre era insegnante di inglese e non aveva problemi a capire il ragazzo.
<< Dov’è papà? >> chiese Ale.
<< Ha deciso di andare via, avrei voluto dirtelo prima ma purtroppo non volevo farti preoccupare. >>rispose la madre abbassando lo sguardo.
Ale mostrò la casa al suo ragazzo e quando entrò in camera sua, notò che tutto era rimasto come lo aveva lasciato. La osservò qualche minuto, poi vide il poster di Duncan James appeso sull’armadio con accanto il testo di una sua canzone. Si girò e vide che lui stava sorridendo. << I don't know how you do what you do, I'm so in love with you >> canticchiò lui.
<< Eh.. ero un tantino pazza di te. >> disse imbarazzata.
<< Eri? >> chiese lui malizioso.
<< Sono. >> rispose baciandolo.
Si misero a tavola per cena. La madre aveva preparato quantità di cibo mai viste neanche ai cenoni di natale.
<< Quando mi hai detto che venivi con una persona, non sapevo cosa gli sarebbe potuto piacere e così ho preparato un po’ di tutto. >> si giustificò la mamma.
Alla fine della cena Duncan disse: << Adoro il cibo italiano. Ha preparato davvero un’ottima cena. >>.
Beatrice raccolse il complimento con un sorriso, poi chiese loro come erano entrati in contatto una volta che Ale era arrivata a Londra..
La figlia raccontò partendo dal principio, omettendo i particolari, o gli eventi più funesti, tipo dell’anafilassi che aveva avuto qualche tempo fa.
<< Siete davvero una bella coppia. >> disse la madre felice.
Continuarono a parlare del più e del meno. Sembrava che Beatrice e Duncan erano entrati in sintonia tra loro. Andavano d’accordo e sembravano essersi simpatici a vicenda.
Ale ne era contenta. Le sembrava quasi irreale il fatto che Duncan fosse lì, in quella casa .
Verso le dieci e mezza si congedarono da Beatrice che aveva proposto ad entrambi di passarla a trovare più spesso, come se vivessero ancora nella stessa città.
<< Simpatica tua madre. >> disse lui mentre andavano verso l’albergo.
Ale non rispose era assorta nei suoi pensieri. Rientrare in quella casa le aveva messo malinconia. Era da molto tempo che Ale non pensava alla situazione familiare.  Era affranta, non avrebbe mai immaginato che alla fine si fossero separati definitivamente.
<< Piccola che hai? >> chiese.
<< Niente lascia perdere. >> rispose con un filo di voce.
Quando arrivarono all’albergo continuarono a non parlarsi. Anche quando si misero a letto nessuno dei due parlò finchè Duncan non disse:
<< Mi spieghi che succede? >>
<< Malinconia. Ripenso a quando i miei stavano insieme e mi fa male. >>
Lui la abbracciò cercando di consolarla. Si addormentarono entrambi, rimanendo abbracciati. Tra le sue braccia Ale si sentiva sicura e avrebbe voluto non dover ripartire il giorno seguente.
<< Non mi avevi detto che rimanevi solo un giorno. >> disse Duncan mentre la guardava prepararsi.
<< E’ colpa tua. Ero troppo presa da te, che me ne sono dimenticata.>> spiegò Ale mentre si sistemava i capelli. Lui prese per i fianchi e iniziò a baciarla sul collo. << Rimani con me. >>
Lei cercò di resistere. << Devo andare. Ho da fare con il gruppo. >>
<< Sicura? >> disse continuando a tentarla.
Lei si girò e iniziò a baciarlo con passione, finirono sul letto e lei si mise sopra di lui e lo baciò ancora. Poi guardò l’ora. Era in ritardo. Con uno scatto scese dal letto, raccolse le sue cose e si sistemò di nuovo.
Diede un bacio a Duncan per salutarlo e quando si avvicinò alla porta, lui disse:
<< Mi lasci così? >>
<< Riprenderemo quando tornerai. >> disse ammiccando.
Ale era andata via da qualche minuto quando bussarono alla porta. Era il servizio in camera. Nonostante lui non lo avesse richiesto notò un bigliettino.
“ Tira giù le serrande, in modo che la camera sia buia. Bendati e aspettami sul letto. Ale “
Fece come le aveva chiesto. Adorava quelle sue piccole pazzie. Si bendò gli occhi e aspettò la ragazza.





Allora che ne pensate? Commentate e ditemi la vostra ! =)

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Capitolo 10
*** Tournée e passato ***


Scusate la mia lunga assenza, ma avevo perso un pò l'ispirazione! Spero che questo capitolo appaghi le vostre aspettative! Un bacino a tutte! Grazie infinite per i commenti!! Davvero per me sono fondamentali! Un bacino !
Ally



<< Shh>> fece lei. Avvertì le sue mani sul  corpo, e la abbracciò. Lei gli tolse la benda dagli occhi, anche se sarebbe cambiato poco, dato che la stanza era immersa nel buio. Fecero l’amore e rimasero abbracciati. Poi Duncan andò al bagno e accese la luce. Lei si rivestì. Una volta tornato in camera alzò le serrande. Si girò verso Ale e sentì come fermarsi il cuore. << Lizzie! >>
Come aveva fatto a non accorgersene? Come aveva potuto essere ingannato in quel modo così sciocco?
Come aveva potuto non accorgersi che non era lei?
<< Che cosa hai fatto?>> chiese arrabbiato.
<< Ho avuto il nostro ultimo momento insieme. >> disse lei con naturalezza.
<< Tu non stai bene >> disse lui incredulo
<< Tranquillo, ora tolgo il disturbo. >> disse mettendosi le scarpe e fece per uscire.
Duncan diede un pugno al muro. << Porca puttana >> imprecò urlando.
<< Addio >> rispose lei chiudendo la porta.
Aveva sentito che c’era qualcosa di diverso, ma non si sarebbe mai aspettato un incubo del genere. Era arrabbiato con se stesso. Era arrabbiato con Lizzie. All’improvviso bussarono alla porta. Era Lee.
<< Ho sentito che è andata via Ale. Comunque amico, io sono nella camera accanto. Potevate fare più piano!. >> disse divertito
<< Va al diavolo, Lee! >> disse lui avvilito.
<< Non immaginavo che te la prendessi così tanto per una battuta. >> disse Lee.
Duncan iniziò a piangere. << Ho fatto una cazzata. >>
<< Sto per diventare zio? >> fece Lee cercando di sollevare il morale all’amico.
<< No.>>disse lui cercando di prendere fiato. << Cazzo Lee sii serio! Ho tradito Ale >>
<< E quando scusa se sei stato con lei fino ad’ora? >> chiese Lee senza riflettere. << Aspetta non era Ale, quella che è andata via ora?.>>
<< Era Lizzie. >>rispose lui avvilito.
<< Perché ? Pensavo fossi preso da Ale. >>
<< Io non sono preso, io la amo da impazzire. E’ colpa di quella donna. >> Duncan spiegò l’accaduto all’amico che lo guardava allibito. Non poteva quasi credere a quel racconto. Non poteva credere che una donna fosse capace di arrivare a tanto.
<< Da quando ci siamo messi insieme abbiamo sempre avuto problemi a causa sua. Cosa faccio ora? >>
<< Cerca di mantenere la calma. Non essere avventato. >>
<< Mi dici di mantenere la calma? Cazzo, mi ha ingannato, non potevo credere che si sarebbe abbassata a tanto. >> urlò.
Entrarono in quel momento anche Antony e Simon nella camera che non appena videro Duncan in quello stato capirono immediatamente che c’era qualcosa che non andava. All’inizio pensavano che fosse accaduto qualcosa con Ale, poi Lee spiegò loro la situazione e capirono che la situazione era ben più grave di un semplice litigio.
<< No, Dunk. Io non credo che debba dirlo ad Ale. >> disse Ant.
<< Questa faccenda è ben più grave delle semplici chiamate senza risposta Antony . >> ribattè Simon.
<< Non so che fare. >>
 
 
 
 
Febbraio 2012:
<< Cosa c’è che non va Ale? >>
<< Niente. Ho litigato con Edoardo. >>
<< Come mai? >> chiese Duncan mentre sorseggiava il suo cappuccino.
<< Sempre per il trasferimento. Lui dice che sono io che devo fare avanti e indietro e non lui che deve trasferirsi. Comunque sia, è solo polemica, perché ha già fatto domanda al lavoro per trasferirsi in una filiale dell’azienda qui a Londra, e a quanto pare sembra che gliel’abbiano accordato. Il problema è che è solo per  3-4 mesi. >> spiegò Ale irritata.
<< Poteva sempre andare peggio. >>
<< E’ quello che gli ho detto anche io. Quando ci si mette diventa davvero insopportabile. Non capisce che questi litigi non servono a nulla. >>
<< In effetti hai ragione. >>
<< Grazie. E’ bello avere l’appoggio di qualcuno. >> disse Ale sospirando.
Uscirono dalla caffetteria e passeggiarono per il centro di Londra. Ale era nervosa e Duncan l’aveva capito subito, perché aveva tirato fuori il suo pacchetto di sigarette.
<< Devi smettere. >> la rimproverò lui.
<< Hai ragione. Lo so. >> disse lei continuando ad aspirare il fumo.
Duncan cambiò argomento.
<< Sai l’altro giorno ho incontrato Marvy. >>
<< Ah!>> esclamò felice la ragazza. << E com’è andata? >>
<< Bè abbiamo parlato un po’. Ci siamo conosciuti  meglio.>>
<< E? >>
<< Ho scoperto che ha un ragazzo da qualche anno, lei dice di esserne innamorata, però da una parte sembra interessata a me. >>
<< Faccenda difficile, Dunk. Vedi come va. Cerca di capire se è davvero interessata a te. >>
<< E’ davvero una bella ragazza. >>
<< Ma perché non mi fai vedere qualche foto? >>
<< E da dove le prendo? >>
<< Facebook? >>
<< Non ce l’ha. >>
<< Ahahaha. Scusa peggiore non potevi inventarla eh? >> disse Ale ridendo.
<< Giuro. Te la farei conoscere. >> mentì lui. << Mi piace talmente tanto che sarei disposto anche a cambiare radicalmente il mio modo di vivere. >>
<< Ossia? >>
<< Niente più storielle. Voglio costruire qualcosa di serio. Niente tradimenti, niente bugie, vorrei che durasse. >>
<< Spero che funzioni  allora Dunk. Lo spero con tutto il cuore. >> disse Ale spegnendo la cicca della sigaretta.

Luglio 2012:
<< Insomma vi siete divertiti in tournèe eh? >> chiese Ale.
<< Abbastanza. >> sorrise Duncan.
Erano andati a cena fuori. Lui era tornato proprio quel pomeriggio. Le aveva raccontato tutto. Quasi tutto. Aveva omesso la faccenda che riguardava Lizzie. I suoi amici dicevano che avrebbe rischiato troppo e non volevano vedere quella coppia disgregarsi .
Era passato molto tempo dall’ultima volta che si erano visti e Duncan voleva assaporare quel momento. Mentre la guardava parlare, dentro di sé penso che Ale potesse essere la sua anima gemella. Per lei aveva provato un amore unico, diverso dagli altri. Riuscivano a parlare di tutto, a capirsi anche con uno sguardo. Lee diceva che erano telepatici in certi momenti, e Duncan non gli aveva mai dato torto quando sentiva quella frase. Capitava spesso che quando lui prendeva il cellulare per chiamarla, lei lo avesse già fatto. Oppure si completavano le frasi. Antony diceva che a volte facevano paura tanto erano affiatati.
Anche qui lui non gli aveva mai dato torto. Duncan notò la cicatrice sul collo di Ale, dovuta alla tracheotomia di qualche tempo fa. Era piccola e ancora un po’ rossa. Ripensò a quei momenti di terrore e rabbrividì al pensiero di dover passare le sue giornate senza di lei. Era diventata per lui come una droga, non poteva fare a meno di vederla, di sentirla. Era il suo mondo.
Dopo cena andarono a casa. Entrambi si sentivano stanchi. Duncan la accompagnò al suo appartamento e dopo essersi salutati con un bacio andò a casa.
Vissero dei giorni stupendi insieme. Avevano girato per la città come una coppia normale, senza nascondersi. Non erano più preoccupati dei paparazzi, che in quel periodo quasi sembrò loro che fossero andati in vacanza. Era tanto tempo che fortunatamente non ne vedevano uno.
Erano al parco in quei giorni estivi ed un pomeriggio Ale disse:
<< Sai forse abbiamo affrettato i tempi tra noi. >>
<< Può darsi. Però io ho espresso i miei sentimenti nel momento giusto, perché li sentivo davvero. Non avevo dubbi sul mio amore per te. >> rispose lui .
<< E lo dici a me? Io sono venuta fino a Roma per dirtelo. >> ridacchiò lei.
Lui sorrise: << E’ stata la sorpresa più bella che potessi farmi. >>
Lei lo baciò. Era contenta di sapere che ciò che provavano l’un l’altro era forte e unico.
<< Cosa farei senza di te? >> chiese lei retoricamente, prendendo il suo viso tra le mani.
Duncan la baciò appassionatamente.
Questi erano i loro pomeriggi tipici. In quei giorni il caldo era davvero insopportabile e per non rimanere dentro casa andavano a cercare riparo dal caldo sotto la fresca ombra degli alberi.
<< Pensa se Marvy avesse lasciato il ragazzo e si fosse messa con te. Noi due non saremmo mai stati insieme. >> disse Ale, sorseggiando la sua granita alla fragola.
<< Oh, ma l’ha fatto. >> disse lui, mescolando il ghiaccio con lo sciroppo di amarena.
<< E come mai non vi siete messi insieme? >> chiese lei.
<< Ci siamo messi insieme. >> rispose lui naturale.
<< E quando? >>
<< Oddio, possibile che non lo capisci? >> disse lui divertito.
<< Cosa? Lo dissi anche quel giorno in cui eri di un odioso insopportabile. Ricordi? Quando si è avvicinato un fan. >>
<< Appunto. Ma prima potevo accettare il fatto che non lo capivi. Ora proprio no, è così palese. >>
<< Era Lizzie?Però non coincide con quel periodo. >> disse Ale riflettendo.
<< Sei davvero assurda. >> disse lui diventando ad un tratto scontroso. Duncan odiava sentire il nome di Lizzie, lo odiava a tal punto che non voleva sentirlo pronunciare, perche gli ricordava delle sue persecuzioni.
<< Stai tranquillo eh?  Scusa se sono così stupida! >> disse stizzita, mettendo il broncio e le mani conserte.
Lui la abbracciò e gli diede dei teneri baci sul collo. Lei sorrise. Era fatta così, sbottava facilmente ma poi sorrideva quasi subito.
<< Sei tu piccola. Marvy eri tu. Non è mai esistita, era solo il nome con cui ti parlavo di lei, per non farti capire che in realtà parlavo di te. >>
<< Mi stai dicendo che io ti piacevo da >> prese a contare sulla punta delle dita guardando il cielo. << Febbraio? >> disse stupita.
Lui annuì ridendo.
<< Non credevo. Non ho mai capito nulla. >> disse lei ridendo. << Non credevo di essere abbastanza per te >> si fece seria.
<< Io non credevo di essere abbastanza per te, piccola. >> disse accarezzandole il viso. << Avevo paura di rovinare tutto. Avevo paura di perderti. >>
Lei era emozionata. Aveva gli occhi lucidi e pieni di lacrime. << Io non voglio perderti. Non sono mai stata così bene con uomo. >> ammise.
Duncan la prese tra le sue braccia e la abbracciò. Respirò a fondo il profumo dei suoi capelli, della sua pelle. Quell’odore non l’avrebbe mai dimenticato.

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