Benvenuti a Inazuma!

di Purple_Rose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un aiuto a popolare la città? ***
Capitolo 2: *** Si va a scuola! ***
Capitolo 3: *** Tutti in campo ***
Capitolo 4: *** In lotta per la maglia ***
Capitolo 5: *** Scintille in campo e nella vita ***
Capitolo 6: *** Comincia il torneo ***
Capitolo 7: *** Raimon vs Strongrock ***
Capitolo 8: *** Nuove scoperte e nuove conoscenze ***
Capitolo 9: *** Rivelazioni pre-partita ***
Capitolo 10: *** Centrocampo vincente ***
Capitolo 11: *** Una giornata al Luna Park (parte 1) ***
Capitolo 12: *** Una giornata al Luna Park (parte 2) ***
Capitolo 13: *** Minaccia del dragone ***
Capitolo 14: *** Raimon vs Kingdragon ***
Capitolo 15: *** Il risveglio della Raimon ***
Capitolo 16: *** Rivalsa inaspettata ***



Capitolo 1
*** Un aiuto a popolare la città? ***


LA MIA IDEA

Ohayo, minna!
Sono Purple_Rose, ovvero Camilla, più volte chiamata Milla!
Sono qui con questa fic speciale che mi è venuta in mente mentre stavo per andare a nanna!... ehm, ma questo non è importante…
Allora, conoscete la città di Inazuma, vero? Capitan Ovvio… -_-"
Comunque ho intenzione di unire vari personaggi della serie Inazuma Eleven e Inazuma Eleven Go! Stessa età e stesso carattere di sempre!
Vedrete nuovi rapporti di amicizia che nella serie normale non sarebbero mai potuti nascere!
Ci saranno coppie varie che, avverto, non avranno niente a che fare con lo yaoi...
Yaoiste: no...
(se ne vanno)
Si parte tutto da zero: i personaggi, pur mantenendo le loro caratteristiche, sono appena entrati nella Raimon jr H. e si conosceranno man mano!
vedremo come interagiranno tra loro...


PERSONAGGI PRINCIPALI

Scommetto che ora vi starete chiedendo:”bene, comincia la fic! P erché devi fare una spiegazione così lunga?”.
In effetti è lecito.
Se siete arrivati qui significa che la storia vi interessa, almeno spero...
Quindi, che ne direste di aiutarmi? Qui c’è bisogno di OC!!! ALLARME OC!!! ALLARME OC!!!
(si sente un allarme)
Okay! Mi servono minimo 5, massimo 10 protagoniste che faranno provare ai nostri Inazumiani l’amore del liceo! Romantico!!! <3
Se volete mandarmi il vostro personaggio compilate la scheda seguente!:

-Nome(magari con il significato, se c’è)
-Cognome(idem come sopra)
-Aspetto(giusto i capelli, gli occhi, la carnagione, l’altezza e la corporatura)
-Carattere(sbizzarritevi! Vedrò di esprimere al meglio che posso i caratteri dei personaggi!)
-Storia(solo se riguarda qualcosa di importante, come la morte dei genitori o un incontro con un personaggio chiave che dovrei sapere)
-Ruolo(semplice studente/manager/calciatore)
-Tecniche(solo se scegliete “calciatore”)
-Parenti(solo se sono personaggi di IE)
-Ragazzo di cui vi innamorate(… beh, si capisce)
-Migliore amico(facoltativo)
-Sogno nel cassetto(potete anche mettere qualcosa che riguardi il vostro amore)
-Personaggio(principale/secondario)

Bene, questo è quanto!
Per i ragazzi, essendo tutti i personaggi appartenenti alla stessa scuola sarebbe meglio evitare di scegliere due lo stesso. Nel caso scegliate lo stesso personaggio, cercate di mettervi d’accordo, per favore! :-3
I migliori amici possono essere scelti più volte! Così magari vi metto a gruppetti! ^ ^
Bene, questo riguarda i personaggi principali!


PERSONAGGI SECONDARI

Inoltre, se i protagonisti non vi interessano e volete solo vedere nella fic un personaggio, allora la scheda dei personaggi secondari è questa!:

-Nome
-Cognome(solo se è uno studente)
-Età(bambino/ragazzo/adulto/vecchio)
-Aspetto(stesso dei protagonisti)
-Carattere(inseritemi inoltre se ha rapporti con altri personaggi, che siano inventati o Inazumiani)
-Ruolo
-Personaggio(principale/secondario)

I ruoli dei personaggi secondari non sono pochi come all’inizio. Mi servirebbero questi:
_Un/a allenatore/trice
_4 insegnanti(forse più, forse meno)
_Un/a preside
_Un/a barista
_Un/a pasticcera
_Un/a fioraio/a
_Almeno 1 capitano di una squadra avversaria(gli altri giocatori posso farli io)
_Altrimenti potete creare studenti o abitanti a caso della città
Bene, riguardo alla squadra di calcio… non so bene come organizzarmi, vedrò chi vuole fare il calciatore!
Okay, per darvi un’idea, inserisco da subito due miei OC, un personaggio principale e uno secondario:

-Nome: Tsubomi
-Cognome: Murasaki
-Aspetto: di media altezza, pelle leggermente abbronzata. Ha i capelli neri e lisci lunghi fino a metà schiena. Gli occhi sono viola intenso
-Carattere: molto timida e insicura. Ha il dono di saper leggere gli animi delle persone solo guardandole negli occhi. Quando è a suo agio è molto dolce e gentile
-Storia: suo padre è morto quando era una bambina e viveva a Okinawa, ma grazie ad un bambino di cui non ha mai saputo il nome ha ritrovato il sorriso
-Ruolo: manager
-Ragazzo di cui vi innamorate: Tenma Matsukaze
-Migliore amico/a: Aoi Sorano
-Sogno nel cassetto: diventare pasticcera
-Personaggio: principale
 
-Nome: Hana
-Cognome: Amaino
-Età: ragazza
-Aspetto: capelli biondi e ondulati lunghi fino alla vita, occhi nocciola. Mediamente alta e parecchio abbronzata
-Carattere: ama essere al centro dell’attenzione, odia quando qualcuno la ignora. Odia a morte Tsubomi perché ha affinità con Tenma, di cui è innamorata a sua volta
-Ruolo: studentessa
-Personaggio: secondario

Credo che sia tutto.
Prometto che prima o poi appariranno tutti i personaggi che riceverò!
Se qualcosa non vi è chiaro, chiedete pure! Sono a vostra disposizione!
Questa è una fic che non comincerò molto presto, l’ultimo mese di scuola è quello più duro… ma così avrete il tempo di mandarmi i vostri fantastici OC!
Ciao a tutti! Spero partecipino in tanti!
Purple_Rose 

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Capitolo 2
*** Si va a scuola! ***


Si va a scuola!


-Ciao mamma! Vado a scuola!-
-Buona giornata, tesoro!-
Era un giorno come tanti a nella tranquilla città di Inazuma. Eppure, era anche un giorno speciale: il primo giorno di scuola per gli studenti della Raimon Jr. H., la sua prestigiosa scuola. La sua fama era a livello nazionale e la fama di tutti i calciatori professionisti usciti da essa era indiscutibile. Ogni ragazzo legato anche solo di poco al calcio sapeva quanto era conosciuta la squadra e come ogni giovane calciatore desiderasse ardentemente entrarvi.
Una studentessa appunto di questa scuola stava uscendo di casa in quel preciso istante con l’immancabile divisa scolastica addosso, formata da una minigonna a balze blu, una camicetta bianca a maniche corte e un foular rosa legato attorno al collo. Attraversò il cortile appena fuori e mise piede sulla strada, limitandosi ad una camminata tranquilla. Era uscita presto apposta per prendersela comoda e vedere la scuola. Alzò per un momento lo sguardo verso l’alto.
Il cielo azzurro del mattino limpido e cristallino era il mare in cui qualche candida nuvoletta bianca nuotava dolcemente. Il sole splendeva e illuminava la città che piano piano si risvegliava.
Una folata di vento le scompigliò i capelli neri lucenti, mentre un paio di occhi di un timido viola spiccavano da una carnagione leggermente abbronzata. Il viso si allargò in un sorriso radioso.
Quella giornata pareva volerle dare il buongiorno!:
-Buongiorno anche a te!-
-Tsubomi!-. Una voce la costrinse a voltarsi indietro. Una ragazza stava correndo verso di lei, sbracciandosi con il sorriso stampato in faccia.
I capelli blu cobalto le arrivavano a malapena fino alle spalle, mentre due occhi celesti scintillavano alla vista della mora:
-Aoi! Ciao!-. Le due studentesse si affiancarono, l’una accanto all’altra, dirigendosi nella stessa identica direzione. Entrambe avevano presentato un’iscrizione alla Raimon, entrambe si dirigevano là ed entrambe... erano molto unite tra loro:
-Non vedo l’ora di arrivare! Chissà com’è fatta!-
-Ma come, Tsubomi, non l’hai ancora vista?-
-No! Per questo sono eccitata!-
-Capisco... questa è l’occasione buona per accalappiare qualche bel ragazzo!-. La mora arrossì di colpo per l’imbarazzo:
-Ma che cosa dici!-. Aoi lasciò andare una risatina maliziosa:
-Andiamo, sei talmente carina! Qualcuno lo troverai senz’altro!-
-Non dire sciocchezze! E poi... ho già abbastanza problemi-. Tsubomi abbassò lo sguardo, sospirando. L’amica la guardò con tenerezza.
Il suo vero problema era la sua difficoltà nella comunicazione con le altre persone. Povera Tsubomi... il fatto di dover assolutamente dire qualcosa ad una persona per stringere amicizia la mette sempre in agitazione, il che la fa sudare, il che le fa credere di non essere il massimo nell’aspetto fisico in quel momento, il che la mette ancora più in agitazione... Aoi ridacchiò leggermente a quel pensiero:
-Senti, Tsubomi, sei una persona eccezionale, dolce, gentile... e anche molto brava a fare i biscotti!-. Sul volto della mora comparve una risatina, la quale diede la carica alla blu per continuare:
-Quindi non c’è motivo perché tu debba avere dei dubbi! Sei una persona fantastica! Te la caverai alla grande! Troverai, anzi, troveremo tanti amici e... magari daremo un’occhiata ai fighi della scuola!-
-Aoi!!!-
-Che c’è? Guardare è lecito!-. Entrambe scoppiarono a ridere. Tsubomi lanciò un altro sguardo al cielo: quello sarebbe stato il suo panorama d’ora in avanti.
Sorrise. Non era affatto male.
 
Poco lontano, con la stessa destinazione e la stessa tensione, una ragazza camminava per le vie immersa nei suoi pensieri, come se fosse in uno stato di meditazione. Voglio entrare nella squadra della Raimon! Ce la posso fare! Devo solo mostrare a tutti le mie capacità... dimostrerò quanto valgo e diventerò calciatore professionista!:
-Ciao, Shìn!-. Una voce fece irruzione nella sua mente, riportandola alla realtà. Si girò, scrutando e riconoscendo il proprietario della voce. Esso la guardava dolcemente con due occhi castani, appena sotto una capigliatura color caffè lunga appena fino alle spalle.
La ragazza scostò una ciocca di capelli neri dai due occhi a mandorla, stranamente uno azzurro e uno verde, sorridendo largamente all’amico:
-Ciao, Shindo!-. Il ragazzo la raggiunse, camminando al suo fianco. Rimasero in silenzio per circa un minuto, poi lui stesso decise di prender parola:
-Sei tesa? Di solito ti metti a parlare piuttosto animatamente!-. La ragazza abbassò il capo:
-Beh, forse solo un po’...-. Non amava mostrarsi debole, voleva sempre dimostrare la propria abilità senza tentennamenti o incertezze. Questo Shindo lo sapeva, e ne sapeva anche il motivo:
-Sei preoccupata per la selezione della squadra? Non ne vedo il motivo!-
-Concordo, sei sempre stata grande in campo, Shìn!-. In mezzo ai due si infilò un terzo studente, sfoderando un sorriso smagliante.
Presentava uno strano contrasto nell’aspetto, che si notava confrontando il nero intenso degli occhi e il verde eccentrico dei capelli, accuratamente legati in una coda:
-E poi ci sarò anche io in campo per la selezione! Se prendono me, prenderanno senz’altro anche te!-. La ragazza annuì, mutando espressione. Perché essere tristi quando aveva degli amici come quelli?:
-Grazie, Midorikawa!-
-Ovvio che io sarò tra gli spalti a tifare per entrambi!-
-Grandioso, tutto quello di cui abbiamo bisogno è di un pianista fallito che schiamazza per noi!-. Al trio si unì un ragazzo dall’insolita capigliatura a cresta e gli occhi marroni dall’aria acida. Il ragazzo nominato lo fulminò con gli occhi:
-Ma che bello vederti, Fudou! Scommettiamo che non passerai la selezione?-. Fudou sorrise arrogantemente:
-Guarda che se non prendono me, non prendono nessuno di voi! Io sono il migliore!-
-Certo, Akio-kun, come no...-
-Fai poco la spiritosa con i soprannomi, Shìn, che in campo dimostrerò a tutti quanto valgo!-. La mora sospirò, rassegnata. Fudou non sarebbe mai cambiato:
-Ciao a tutti!-. Da una via sbucò una seconda ragazza, la cui zazzera di capelli mori dominava sul capo. I due occhi grigi con riflessi azzurrini sprizzavano d’energia, sotto uno dei quali era ben visibile una voglia a forma di fulmine sulla pelle rosea.
Il saluto fu deliberatamente ignorato, visto come Shindo fissava male Fudou, Fudou fissava male a sua volta Shindo, Midorikawa non sapeva come o cosa guardare e Shìn sperava in cuor suo di aver sbagliato gruppo di amici.
Traduzione: la mora appena arrivata era completamente priva di attenzione.
Alzò il sopracciglio, confusa. Si era persa qualcosa? Mi sarò persa qualcosa?:
-Mi sono persa qualcosa?-. Il gruppetto alzò lo sguardo verso la nuova arrivata, riconoscendola:
-Ciao Alexia-. Questa, ritrovatasi dopo l’attimo di confusione, rinacque con un sorriso:
-Ciao a tutti! Di nuovo!-. E il quartetto divenne quintetto:
-Allora, Alexia, sei nervosa?-
-Forse solo un po’, ma non vedo l’ora di mostrare a tutti la potenza del mio tiro!-
-Peccato che in campo ci sarò anche io, contro di me non ha speranze!-
-Lo vedremo, Fudou, lo vedremo!-
-Sono arrivato ultimo? Devo pagare una penitenza?-. Alla fine fece capolino un sesto studente, la cui folta chioma di capelli rosso fuoco formava qualcosa di simile ad una fiamma. Gli occhi gialli si sposavano alla perfezione con essi, quasi in sintonia perfetta:
-No, Nagumo, per stavolta passi! Ma alla prossima dovrai mangiare in piedi!-
-Ne prendo atto, Alexia, non arriverò più in ritardo!-
-Non esagerate! Siamo in anticipo! Arrivati alla scuola avremmo un sacco di tempo per vedere il campo e guardarci un po’ in giro!-
-Va bene, Shìn, mi hai convinto!-. Anche un osservatore estraneo al loro gruppo avrebbe compreso al volo l’amicizia che legava quel gruppetto di studenti. Erano in parecchi, eppure nessuno prevaleva sull’altro, ognuno era libero di parlare  senza problemi.
E tra questi ragazzi vi erano giovani calciatori desiderosi di entrare nella squadra della Raimon, ma non erano certo gli unici...
 
-Akira, lasciatelo dire, sei paranoica-. Nella stessa città e con la stessa meta due ragazzi attraversavano le vie di Inazuma che, una dopo l’altra, li avrebbe condotti nella loro nuova scuola.
Erano un maschio e una femmina
Il ragazzo teneva dei lunghi capelli turchesi legati in una coda, che lasciava una grossa ciocca di essi proprio davanti all’occhio sinistro, che come il destro erano marroni.
La ragazza aveva lo stesso tipo di capelli, ma li teneva stretti in uno chignon con due ciuffi cadenti davanti alle orecchie. Gli occhi, simili a quelli del ragazzo, presentavano inoltre delle striature color miele molto singolari.
Quest’ultima era visibilmente nervosa e maneggiava nervosamente con la collanina dorata che portava al collo:
-Ma potrebbe succedere, no? Insomma, cosa c’è di strano nel fatto che durante l’iscrizione al club di tennis una meteora ci colpisce e fa esplodere l’edificio?-
-... direi tutto-. Akira sospirò, rimettendo al suo posto il ciondolino a forma di chiavetta con cui giochicchiava:
-Scusami, Kazemaru, è che...-. Il ragazzo sorrise teneramente:
-Sorellona, so benissimo quanto sia importante per te entrare nel club di tennis della scuola, ma devi stare tranquilla! Tieni in mano la racchetta da tennis da tanto tempo che nemmeno ricordo quanto! Sei bravissima, entrerai all’istante!-. Di rimando la sorella sorrise. Suo fratello sapeva sempre come tirarla su di morale e aiutarla nei momenti difficili, per questo gli voleva così bene:
-Akira-chan! Sei proprio tu!-. L’interpellata si voltò in direzione della voce e notò una studentessa che correva verso di lei. La riconobbe all’istante:
-Reina-chan!-. Si mise a correre verso di lei non appena la vide. Appena si trovarono l’una di fronte all’altra, si presero le mani e presero a saltare insieme ridendo come pazze. Mentre una qualsiasi persona le avrebbe definite “matte”, Kazemaru preferiva il termine “amiche”:
-Akira-chan, non sapevo che abitassi a Inazuma!-
-E io non sapevo che tu abitassi qui! Che scuola frequenti?-
-La Raimon!-
-Anche io!-. E ripresero a saltare e ridere, sotto lo sguardo divertito del turchese.
Reina aveva i capelli blu zaffiro che le toccavano le spalle, di cui due ciocche dietro alle orecchie erano invece argentee. Gli occhi erano due cristalli azzurri splendenti, che in quel preciso istante brillavano di felicità:
-Sono felice di rivederti, Reina-
-Grazie, Kazemaru!-
-Coraggio! Andiamo a scuola! Muoviamoci!-. La turchese prese entrambi gli studenti per le braccia e li trascinò a forza lungo la via, impaziente di arrivare. Solo quando la fatica la sorprese iniziò a rallentare:
-... Akira-chan, noi possiamo camminare anche da soli...-. La ragazza annuì, rinunciando alla “forza bruta” in quel caso ed evocando pensieri pacifici, limitandosi a camminare a fianco agli altri due:
-Allora, avete intenzione di iscrivervi a qualche club?-
-Certo, la mia cara sorellona stava per farsi venire un infarto con le sue idee insensate riguarda al club di tennis!-. Akira mise ridicolmente il broncio, gonfiando le guance:
-Non è colpa mia se l’Universo può piombarti addosso da un momento all’altro!-. Kazemaru scoppiò a ridere, mentre Reina non capiva ovviamente a cosa si riferiva:
-Ma che vuol dire?-
-Niente, Reina, storia lunga!-
-Tu che cosa hai intenzione di fare?-
-Vorrei provare ad entrare nel club di calcio!-
-Buona fortuna! Dicono che non sia così semplice!-
-Beh, pazienza, voglio comunque provarci!-. La blu sorrise:
-Capisco, allora in bocca al lupo!-
-Crepi!-. Il turchese le fece l’occhiolino. Le sue aspirazioni per il futuro erano fin troppo positive per lasciarsi spaventare da qualche piccolo ostacolo.
 
Al contrario di questi ragazzi, alcuni erano già alla meta: la Raimon Jr. H..
L’edificio sulle tonalità del blu e del giallo svettava imponente nella proprietà privata che lo circondava, in parte consistente in zone di prato verdi e l’immancabile campo da calcio esattamente davanti. Gli alberi di ciliegio erano già in fiore e i petali delle loro rosee tonalità venivano trasportate dal vento che accarezzava quel luogo, donandogli un aspetto magico.
Accanto alla proprietà, appena fuori dal cancello, stava un trio di studenti: due ragazzi e una ragazza, rigorosamente in divisa scolastica. Essi si divertivano con un semplice pallone da calcio: i due ragazzi palleggiavano o si passavano tra loro la palla e poi , inaspettatamente, la tiravano verso la ragazza, che prontamente parava.
Palleggio, passaggio, palleggio, passaggio, palleggio, palleggio, passaggio, palleggio... tiro, parata:
-Gran bella parata, Swan! Migliori sempre di più!-
-Spero che sia sufficiente, Shirou...-. I due ragazzi erano gemelli, si capiva da varie caratteristiche: per esempio, oltre ai tratti del viso sovrapponibili, entrambi presentavano due occhi grigi e un taglio di capelli simili, ma mentre nel primo questi tendevano al rossiccio e erano all’insù, nel secondo erano completamente argentati e più rivolti verso il basso.
La ragazza aveva gli stessi occhi e la stessa carnagione chiara dei due gemelli, ma i capelli erano azzurri, nonostante la similitudine nella pettinatura. Inoltre, al contrario dei due ragazzi, lei era l’unica a indossare dei guanti da portiere:
-Non devi pensarla così, puoi farcela Swan!-. La ragazza sorrise:
-Grazie Atsuya! Coraggio! Fatemi un altro tiro!-. L’albino non se lo fece ripetere due volte. Prese la rincorsa e si diresse verso la sorella. Appena in prossimità della porta, che consisteva perlopiù nella distanza tra due alberi, posò una mano sul terreno e la palla si alzò in aria, avvolgendosi di neve e ghiaccio. Atsuya raggiunse la palla dopo varie rotazioni su se stesso e tirò, sprigionando tutta la potenza del colpo:
-TORMENTA GLACIALE!!!-. La ragazza strinse i pugni. Sapeva bene quanto era forte quel tiro, ma doveva farcela:
-La parerò!-. Si mise esattamente davanti alla traiettoria, sperando che bastasse la sola forza delle sue mani. Ma il tiro, con tutta la sua potenza, la scaraventò all’interno della “porta” senza che la potenza avesse tentennamenti:
-Swan!-
-Accidenti! C’ho messo troppa potenza!-. I due gemelli albini accorsero, mentre la sorella ancora era a terra:
-Swan! Come stai?-
-Sorellina! Non sai quanto mi dispiace!-. Il portiere alzò gli occhi, sospirando:
-Se avessi una tecnica micidiale forte e veloce come le vostre, sarebbe più semplice parare i soliti tiri come questo...-
-Che cosa vorresti insinuare sul mio tiro?-
-Atsuya, non è il momento!-. Questo distolse lo sguardo offeso. Shirou si sedette vicino all’azzurra, sorridendo:
-Lo sai quanto tempo c’è voluto perché io e Atsuya imparassimo i nostri tiri speciali? Un sacco, te lo posso garantire! Se ti allenerai con impegno anche tu ce la farai!-. Anche il fratello arrabbiato dovette annuire. Dal viso della ragazza svanì ogni traccia di insicurezza, mostrando un sorriso radioso e determinato:
-Bene! Ricominciamo!-. I due gemelli sorrisero, rasserenati.
Quella era la Swan che conoscevano e alla quale volevano un mondo di bene.
 
C’erano anche altri studenti che non erano nemmeno usciti di casa...:
-Muoviti, Afuro! Se non ti sbrighi ce ne andiamo!-
-Un momento! Ancora un momento!-
-Questo lo hai detto già due ore fa!-. Infatti davanti ad una delle belle case della periferia di Inazuma stavano due ragazze dall’aria piuttosto infastidita.
Una di queste aveva una chioma di capelli bruni tendenti al nero lunga poco più giù delle spalle, mentre gli occhi grigi tendenti all’azzurro parevano voler fulminare la casa che aveva davanti.
L’altra ragazza aveva i capelli azzurri raccolti in una strana acconciatura a forma di due ventilatori, gli occhi dello stesso colore ribollivano di rabbia e avrebbero potuto incenerire una persona sul posto vista l’intensità:
-Se non ti sbrighi arriveremo in ritardo! E se perdo il discorso del preside agli studenti del primo anno per colpa tua, giuro che te la faccio pagare cara!-
-Ho quasi finito! Non ti innervosire, che ti si fanno le rughe!-
-NON TRATTARMI COME UNA ZITELLA, DIAMINE!!! ORA BASTA!!!-. La bruna si lanciò decisa verso l’interno della casa, entrando senza difficoltà dalla porta già aperta, salendo le scale e irrompendo nella stanza del “dannato”:
-AH!!! CHE COSA CI FAI TU QUI???-
-DOVREI FARTI LA STESSA DOMANDA!!!-. Con una presa a dir poco ferrea, la ragazza afferrò l’obbiettivo per i lunghi capelli biondi, trascinandolo fuori casa ripercorrendo al contrario la marcia già fatta. Arrivata fuori, lasciò libero il prigioniero, sorridendo soddisfatta:
-Et voilà! Un biondo effeminato pronto per andare a scuola catturato nel giro di qualche minuto! Acclamatemi!-. La ragazza-ventilatore applaudì ammirata, mentre il biondino puntava il suo sguardo da cane bastonato su entrambe attraverso i suoi occhi rosso scarlatto:
-Perché mi fate questo???-
-Non ci andava di aspettare, Eri ha fatto bene a venirti a prendere!-
-E che cosa dovevo fare, Maki? Dovevo sistemare i miei setosi e magnifici capelli biondo naturale! Oggi li ho profumati alla pesca! ALLA PESCA!!!-. Si annusò una ciocca con fare da intenditore, scostando i capelli come in una pubblicità di shampoo. Le due ragazze lo guardarono basite:
-... ehi, Eri, sei sicura che sia un maschio?-
-A questo punto, ho qualche dubbio in proposito-. Le due scoppiarono a ridere:
-Di che cosa state parlando?-
-Niente, niente...-. E con grande sollievo delle due ragazze, il trio si avviò finalmente verso la nuova scuola, mentre Afuro passava il tempo a farsi passare i capelli tra le dita e pensare a quanto fossero stupendi. Anzi, PARLAVA di quanto fossero parlava:
-Oh, mia chioma bionda perfetta, sei meravigliosa! Se fossi una donna, ti avrei già sposato! E senti che profumo delicato ma intenso... mm! Che delizia! I miei capelli sono anche così morbidi e soffici! Un dio non ne avrebbe di così belli! E poi...-. Le due amiche lo fissavano quasi come se fosse stato un estraneo, chiedendosi se non sarebbe stato meglio lasciarlo, anzi, rinchiuderlo a casa sua. Finalmente il biondo dio si decise a parlare di qualcosa di diverso dai suoi “meravigliosi capelli”:
-Dunque... come sta Hakuryuu?-. Eri ringraziò mille volte il cielo poiché aveva un fratello:
-Sta bene, probabilmente è con papà, lo aiuta a cercarsi un lavoro-
-Capisco... Maki, hai intenzione di iscriverti al club di calcio?-
-Ma neanche per sogno! Io il calcio proprio non lo capisco, in fondo i calciatori passano la giornata solo prendendo a calci un pallone!-. L’amica ridacchiò. Aveva sentito quella frase dalla sua amica decisamente troppe volte:
-Maki, sai quante volte ti avrò ripetuto che il calcio non è così facile come dici tu?-. L’interpellata iniziò a contare sulla dita:
-... non so, dimmelo, sei tu il genio matematico!-. Eri si mise un momento a riflettere. Il suo genio matematico si mise all’opera per risolvere quel difficile dilemma. Bastava calcolare velocemente la percentuale di possibilità che Maki aveva avuto di dire quella frase in tutto il tempo trascorso insieme, per poi sottrarre tutti gli avvenimenti sfavorevoli ad esso e moltiplicare il tutto con...:
-... direi un bel po’!-... la grande definizione matematica per eccellenza:
-Mi sa che ci toccherà iscriverci a qualche club... mia madre non vuole che ciondoli tutto il giorno!-
-Io sono già propensa ad iscrivermi al club di calcio come manager! Tu Afuro?-
-... che cosa hai detto? Ero distratto da capello che era andato fuori posto, ma con cura e amore l’ho fatto tornare dov’era prima!-. Un altro sguardo rassegnato ma divertito partì dalle due.
Non si poteva parlare d’altro con Afuro, lui era fatto così.
Ma quelli non erano gli unici ragazzi che erano partiti da poco da casa...
 
Rosso.
Rosso come il sangue.
Sangue è ciò che la circonda.
Vivo sangue rosso scarlatto.
E a terra i suoi genitori.
Morti.
Privi di vita.
Vita che è stata loro rubata.
Rubata... da lei.
-... Mio, perché?-
Un ghigno risuona nel silenzio.
Due occhi dorati paiono compiaciuti.
Una mano tiene saldamente un coltello sporco di sangue.
Un altro ghigno.
-MIO!!!-. Un cuore in tumulto si destava or ora, scontrandosi di colpo con la realtà. I raggi del sole filtravano dalla finestra e la costrinsero a chiudere gli occhi per un momento.
Sospirò:
-Un’altra volta...-. Due piedi si posarono a terra, sostenendo il corpo che piano piano si dirigeva in bagno. Arrivatoci, il viso di esso si riflesse nello specchio: mostrava una ragazza dai capelli blu notte, che leggermente scompigliati le arrivavano a sfiorare le spalle. Due occhi color dell’oro erano decisi e in quel momento anche un po’ arrossati, chiaro segno di chi non aveva dormito molto. La fronte dalla pelle candida era ancora sudata, qualche capello appiccicato alla pelle.
La ragazza tirò un altro sospiro. Perché? Perché lo hai fatto?:
-Haruhi? Ci sei?-. Sentendosi chiamare, la blu uscì dal bagno e si affacciò dalla finestra della sua camera, notando all’istante tre studenti.
Colei che l’aveva chiamata, una ragazza, saltava e si sbracciava largamente temendo di non riuscire a farsi notare. Ad ogni balzo i corti capelli corvini si muovevano con esso, rischiando di far cadere la montatura rossa di occhiali che svettava su di essi. Gli occhi grigi puntavano dritti alla meta: la finestra dell’amica.
Accanto vi era un ragazzo dai capelli color del tramonto, che insieme a due specchi azzurri puri appena sotto ad essi non nascondevano una certa indole allegra e vivace. Lo sguardo energico e il sorriso radioso non facevano altro che confermare il carattere esposto.
E infine c’era un ultimo studente dall’insolita chioma rosa. La pelle estremamente abbronzata faceva immediatamente pensare ad una vita marittima. Gli occhi nero pece avevano l’aria di chi non aveva la minima voglia di aspettare. Infatti, proprio non ne aveva:
-Muoviti, Haruhi! Voglio vedere questa famosissima scuola! Sbrigati!-. La ragazza ancora in casa sorrise, vestendosi rapida con la divisa ufficiale della Raimon Jr. H. e andando incontro ai tre amici:
-Eccomi ragazzi! Vi sono mancata?-
-Certo, un sacco!-. Il quartetto appena formato si avviò verso la scuola ormai conosciuta, senza fare a meno di chiacchierare tra loro:
-Che mi dici, Haruhi? Ti proporrai come manager nella squadra di calcio?-
-Assolutamente sì! Non vedo l’ora! Dicono che nella Raimon siano nati dei grandi campioni a livello mondiale!-. Il rosso sbuffò, incrociando le dita delle mani e portandole dietro la testa:
-Che ti importa? Mica giochi!-
-Non capisci, Tayou? Vedrò tanti ragazzi e ragazze volenterosi di lanciarsi nel calcio professionistico e di viaggiare per il mondo alla conquista del mondo sul campo sportivo! È un’occasione unica per vedere il mondo!-. Sorrise:
-Capisco, sempre la solita sognatrice!-
-Puoi dire quello che vuoi, ma io rimango della mia idea! Voglio vedere il mondo e per farlo non c’è modo migliore se non quello di veder nascere una squadra famosa a livello mondiale!-
-Buongiorno, ragazzi-. Dall’angolo della strada sbucarono altri due ragazzi, caratterizzati dalla stessa identica freddezza.
Uno dei due aveva uno strano sguardo vitreo, come se non gli importasse ciò che lo circondava. Dalla carnagione color caramello facevano capolino due occhi viola intenso estremamente misteriosi, uno dei quali coperto da una ciocca di capelli mori.
L’altro presentava la stessa imperturbabilità. I capelli argentati e la pelle chiara erano mirati a mettere in evidenza gli occhi azzurri, che in loro assenza sarebbero sembrati come due pietre opache e prive di riflessi.
Entrambi accennarono ad un saluto molto misero, che nonostante ciò i compagni parvero accettare:
-Suzuno! Gabriel! Eccovi qui, ragazzi!-
-Buongiorno, Tsunami-
-E basta con questo “buongiorno”! Siamo amici! Sciogliti, fratello!-. Tsunami circondò il collo di Gabriel col braccio, sorridendo largamente. Questo rimase immobile e impassibile, come se non fosse successo niente. Il ragazzo si arrese:
-Capito, oggi non ti va di fare l’amicone! Ma quando ti passa fammi un fischio, fratello!-. Fece l’occhiolino, affiancando Tayou e iniziando a parlare di chissà che cosa:
-... b-buongiorno G-Gabriel...-. L’interpellato posò il suo freddo sguardo sulla corvina, che si stringeva le mani quasi stesse pregando:
-Ciao, Haruna-. La ragazza sorrise, arrossendo leggermente. Il moro aumentò il passo e si mise nuovamente in parte a Suzuno:
-Non te la prendere, sai com’è fatto!-. La blu posò una mano sulla spalla di Haruna, sorridendo dolcemente all’amica, che ricambiò:
-Non sono amareggiata, perché... mi ha detto “ciao”, non “buongiorno”!-. Gabriel... questi piccoli gesti mi bastano per lasciarmi ancora sperare...
Haruhi ridacchiò. Certo non capiva quelle storie romantiche e strappalacrime, le trovava solo buffe dal suo punto di vista.
Chissà se andando alla Raimon avrebbe cambiato idea...
 
-Dico solo che se mettessi il cuore in ciò che fai, non sembrerebbe una tortura-
Nel frattempo altri due ragazzi si dirigevano nel medesimo posto. Uno dei due parlava palleggiando con un pallone da calcio quasi senza accorgersene:
-Goenji, te l’ho detto e te lo ripeto, io non gioco a calcio perché mi piace! Ci gioco solo perché lo vuole mio padre! Accidenti!-. L’argomento faceva irritare non poco l’altro studente, lo si capiva facilmente.
Questo aveva tratti fisici molto chiari, a cominciare dalla pelle color latte, quasi irreale. Una chioma argentata non poteva essere di un colore più adatto in coppia con gli occhi color ghiaccio. Sotto uno di essi, quello destro, appariva uno strano segno, simile ad una cicatrice.
Il “palleggiatore” invece appariva con uno strano contrasto tra il biondo pallido dei capelli e la leggera abbronzatura della pelle. Gli occhi color cioccolato penetranti parevano calmi e dolci come sembravano duri ed energici:
-Lo so, Lance, lo so! Ma ti ripeto, che se ci mettessi un qualche tipo di sentimento...-
-Uffa, ma vuoi stressarmi tutto il giorno? Lasciami in pace!-. Lance accelerò leggermente il passo, mettendo le mani in tasca.
Il biondo sospirò, lasciando cadere il pallone e correndoci dietro. Raggiunse il compagno nel giro di qualche secondo, ritrovandosi accanto a lui nuovamente. Esso sospirò:
-Senti...-
-Lo so che ti dispiace, Lance, tranquillo... è che se tu lo volessi potresti davvero divertirti a giocare a calcio!-
-Certo... quando scoprirai che il calcio risolve in un batter d’occhio i problemi delle persone, prova a richiedermelo. Altrimenti lascia stare, ho cose più importanti a cui pensare invece che imparare come si mette il cuore in un pallone di cuoio!-. Goenji scosse la testa. Certe volte non riusciva proprio a capirlo:
-Almeno hai la vaga idea della fama della squadra a cui sei iscritto?-
-Guarda che anche se non giocassi a calcio, tutto l’Universo sa che squadra è la Raimon! La sua fama è ovunque! Comunque non mi serve sapere molto: mi basta sapere che sarò il numero dieci, che sarò il capitano e che sarò il capo cannoniere della squadra, fine della storia! Hai capito?-
-Ho capito, signor “misere aspettative”-. Lance grugnì, distogliendo lo sguardo. Goenji è davvero fissato, non capisco perché attaccarsi tanto ad uno sport come questo! Io ci sono costretto da mio padre, lui non ha vincoli... quanto lo invidio... Improvvisamente il suo volto si fece scuro. Perlomeno uno dei miei familiari è felice di me, questo per adesso può bastare...:
-... Lance?-
-Dimmi-
-Mi sa che ci siamo-. Ed era così. L’imponente struttura della scuola era davanti ai loro occhi, quasi mirata a metter soggezione. E forse Goenji un po’ ne aveva:
-Direi niente male-
-Nah, Goenji! Tu ti sorprendi sempre per tutto! È solo una scuola, ricordatelo!-
-Certo, è solo una scuola... una scuola famosa per la sua squadra di calcio dalla quale sono usciti giovani promesse calcistiche nonché vere leggente nel gioco nel pallone!-. L’albino sospirò. Che ci trovava in quello sport, non gli sarebbe mai stato chiaro...
 
-No, ritenta!-
-Dunque... è il club di tennis?-
In prossimità della scuola un altro gruppetto di ragazzi camminava in divisa scolastica verso di essa. Un trio con uno studente e due studentesse:
-No, ritenta!-
-Allora... è il giornalino scolastico?-
-Ma ti sembra che io scriva qualcosa se non sono obbligato?-
-Giusto, giusto...-. Il ragazzo e una delle due ragazze sembrava che stessero giocando a una specie di indovinello:
-... niente, non mi pare di conoscerne altre!-
-Allora te lo dico! Tieniti pronta... è il club di calcio!-
-Davvero?!-
Il ragazzo orgoglioso della sua iscrizione aveva una folta chioma rosso rubino, che non passava certo inosservata visto il colore estremamente pallido della pelle. Gli occhi verde-acqua sembravano inespressivi eppure incredibilmente fieri:
-Ebbene sì! Ho deciso!-
-Scusa... sai come si gioca?-
La ragazza dubbiosa portava dei lunghi capelli rosa confetto. Gli occhi verde prato trasmettevano una dolcezza incredibile, forse dipesa dalla leggera bassezza di statura:
-Certo che lo so! Ho anche un tiro imbattibile!-
-Ah, io ti credo, Hiroto... ma il resto del mondo direi proprio di no!-. Le due scoppiarono a ridere, mentre il rosso metteva ridicolmente il broncio.
L’ultima del gruppo era una bionda dagli occhi azzurri limpidi, che le donavano un aspetto angelico grazie alla pelle leggermente pallida:
-Ridete, ridete pure! Ma quando sfodererò la mia tecnica micidiale imbattibile allora non riderete più!-
-Scommettiamo? Tanto la selezione la faremo insieme!-. Al ragazzo per poco non venne un infarto:
-Cosa?! Ma, Mizuka, dici davvero?-. La bionda sorrise orgogliosa:
-Ovvio, credevi che saresti stato l’unico ad iscriverti? Credenza molto intelligente, visto quanto “non” è famosa la prestigiosissima scuola della città di Inazuma!-. Hiroto assunse la classica espressione “sono-odiato-da-tutto-il-mondo-che-qualcuno-mi-dia-conforto!”:
-Marie! Aiutami almeno tu!-
-Scusa, Hiro-chan, ma contro Mizuka non puoi vincere!-. Il viso del ragazzo passò velocemente all’espressione afflitta, con tanto di braccia lasciate penzolanti e occhi da zombi. Le due amiche lo fissavano esterrefatte:
-Ma dai, non ti sembra di esagerare?-
-No-
-Quando fai così sei insopportabile!-. C’è solo un modo per rimetterlo in sesto...:
-Beh, comunque nella Raimon ci saranno un sacco di belle ragazze che non conosci a cui fare la corte!-. Il mezzo zombi resuscitò miracolosamente dal suo stato catatonico e si lisciò i capelli, eseguendo un perfettamente collaudato “sguardo da Don Giovanni”:
-Sono pronto! Che vengano a me le pupe!
-Non dovrai aspettare molto, la scuola è proprio lì-. La rosa indicò l’istituto blu e giallo che si innalzava poco lontano da loro, circondato dai suoi meravigliosi ciliegi:
-Grandioso!-
-Splendido!-
-PUPA!!!-. Il rosso pazzo maniaco si lanciò verso la sua preda: una ragazza dai capelli azzurri con dei guanti da portiere addosso. Hiroto la prese per una mano, inginocchiandosi ed esibendosi in un elegante baciamano:
-Salve, leggiadra creatura! Io, umile essere umano, chiedo che tra le tue innumerevoli doti ci sia quella della clemenza nei miei riguardi! Voglio essere colui che ti insegnerà cos’è l’amore e ti mostrerà come due cuori possano...-
-TORMENTA GLACIALE!!!-. Prima che potesse dire altro, il rosso venne preso in pieno da un tiro decisamente violento, che lo mise al tappeto in un nanosecondo. Il calciatore proprietario del tiro si avvicinò al “cadavere”, abbassandosi leggermente per vederlo in faccia:
-Scusami tanto, ma nessuno può fare la corte a mia sorella senza il mio permesso! Avrei dovuto dirtelo, bell’imbusto!-
-Atsuya, avresti potuto evitare...-
-Shirou, tu sei fin troppo clemente! Per fortuna che ci sono anche io nella tua vita!-
-Già... che fortuna-. Le amiche del rosso si avvicinarono ad esso, controllando il suo stato di salute. Questo parlava abbastanza piano, quasi in sussurro:
-... Marie...-
-Dimmi, Hiro-chan-
-... ho i capelli a posto?-. Lei sospirò rassegnata:
-Nemmeno una tempesta potrebbe rovinarli, tranquillo!-. La portiera si avvicinò al trio, sorridendo imbarazzata:
-Vi chiedo scusa da parte di mio fratello, Atsuya sa essere un tantinello aggressivo...-. La bionda le sorrise:
-Lascia stare, Hiroto si meritava una lezione! Mi chiamo Mizuka Sato, mentre lei è Marie Storm! Piacere di conoscervi!-
-Il piacere è mio! Mi chiamo Swan Fubuki, loro sono i miei fratelli Atsuya e Shirou Fubuki!-. Entrambi salutarono, nonostante l’aggressivo fosse un po’ astio:
-Ehm... mentre il farfallone a terra è Hiroto Kiyama che... non è assolutamente in grado di parare un tiro...-. Il rosso si alzò in piedi, come le altre due fecero:
-Guarda che se c’è un ruolo che mi si addice, è quello dell’attaccante!-
-Quindi... volete iscrivervi alla squadra di calcio?-. Mizuka annuì:
-Io e Hiro-chan vorremmo tentare, anche se le selezioni sono piuttosto severe. Anche voi?-
-Certo! Siamo il trio di fratelli più forte che esista!-. Atsuya trascinò entrambi i suoi fratelli accanto a lui:
-Mentre io sono attaccante, mio fratello è difensore e mia sorella portiere! Siamo grandi!-
-Veramente... come portiere ho ancora molto da imparare, ma farò di certo del mio meglio!-. Swan portò una mano sul petto, assumendo uno sguardo deciso:
-Questo è lo spirito! Diamoci dentro ragazzi! Scendiamo in campo e entriamo nella squadra!-
-Sì!!!-
 
Così cominciava l’avventura di ogni singolo studente, una lunga storia che cominciava lì.
In quell’enorme edificio sopra il quale si ergeva un fulmine giallo sfavillante.
Eppure ancora non sapevano che le loro vite erano collegate.
Collegate dal filo rosso del destino.
 
E finalmente comincio!
Innanzitutto ci tengo a ringraziare tutti coloro che mi hanno inviato gli OC! GRAZIE!
Inoltre premetto che non tutti gli Inazumiani saranno calciatori! Dopo tutto, ne verrebbe fuori una squadra talmente numerosa che non saprei gestire!
Oltre a questo, vorrei chiarire che mi servono comunque dei personaggi secondari, quindi è ancora possibile compilare la scheda del capitolo precedente e mandarmela in recensione(ho già un preside, un allenatore e un’insegnante, gli altri sono ancora liberi)
E per ultimo vorrei mettere in chiaro che questa è la prima fic che faccio nella quale appaiono così tanti personaggi principali, quindi è probabile che farò qualche errore o sbaglierò qualcosa. Se capita, gradirei che me lo diceste. Dopo tutto, sono qui per imparare!
Bene, e con questo chiudo! Al prossimo capitolo(anche se non so di preciso quando arriverà…)
Purple_Rose 

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Capitolo 3
*** Tutti in campo ***


Tutti in campo 

Nonostante numerosi patiti di calcio affermassero il contrario, la Raimon era pur sempre una semplice scuola superiore. Per cui non era così strano vedere qualcosa di consono ad un istituto scolastico, cioè la classica cerimonia di apertura, a cui il preside era ovviamente presente e prendeva parola in quel preciso istante:
-Do il benvenuto a tutti i nuovi studenti della Raimon Jr. H, è un piacere avervi nella nostra prestigiosa scuola-
La numerosa massa di studenti iscritti, più i ragazzi a noi già noti, avevano già preso posto all’interno dell’edificio, in un’enorme sala occupata da un palco e varie sedie messe ordinatamente di fronte ad esso, naturalmente tutte occupate:
-Colgo l’occasione per congratularmi con tutti gli studenti presenti in questa sala per la loro ammissione alle scuole superiori. Spero che la permanenza qui sarà più che piacevole e che vi aiuterà a trovare la vostra strada nel mondo-
Sopra il palco vi era appunto il preside. Un uomo alto e asciutto, dall’aria simpatica. I capelli bianchi erano leggermente corti e legati in un codino dietro la nuca. Proprio sotto il naso stavano un paio di buffi baffetti bianchi, mentre gli occhi piccoli e neri trasmettevano un’incredibile sicurezza e serenità. Le mani stavano nascoste dietro la schiena, all’altezza dell’addome, posizione mirata forse a enfatizzare il suo ruolo di rilevanza in quella struttura:
-Come spero e presumo, conoscete già la squadra della nostra scuola, estremamente rinomata per la sua bravura in campo. Per questo motivo, vi chiedo di prestarvi il massimo rispetto e magari passare a vedere qualche partita. Troverete anche me, perché è da quando sono qui che non me ne perdo una! FORZA RAIMON!!!-. Una delle mani fu messa in mostra, rivelando un grosso guantone di gommapiuma arancio mostrante la scritta “Raimon #1”, mettendosi successivamente a saltellare per tutto il palco, incitando la sua squadra del cuore come se fosse allo stadio. Cosa che portò un’incredibile confusione agli studenti e una perfettamente comprensibile rassegnazione agli insegnanti presenti nella sala. Il pensiero di ognuno di questi era lo stesso. Perché fa così ogni anno?
Quando si accorse di essere un tantino osservato, il preside sfilò dalla mano il guantone e lo lasciò cadere a terra, riprendendo la sua posizione di spicco:
-Ehm, bene... con questo concludo, siete liberi di andare nelle vostre classi e... FORZA RAIMON!!!-. Riprese l’incitamento aprendo la giacca nera che portava e rivelando una maglietta bianca dalla scritta arcobaleno “Raimon4ever”, il che lasciò basiti la maggior parte degli studenti della sala.
Una cosa era certa: quello non era il prototipo di preside serio e composto, tanto meno “distaccato”.
 
-Certo che è strano...-. Poco dopo la fine delle lezioni, che consistevano perlopiù nelle presentazioni dei nomi e del programma scolastico, quest’ultimo tragicamente ignorato, Fudou e Midorikawa camminavano fianco a fianco, il primo di questi ancora scosso dalla “performance” del preside:
-Parli della scuola di per sé o delle persone che ci lavorano, Fudou?-
-Beh, direi l’ultimo che hai detto. Mi chiedo se anche l’allenatore della squadra sia Mister Simpatia...-. Il verde ridacchiò:
-Ti dispiacerebbe?-
-Non so, credo che un tipo del genere passerebbe il tempo a chiederci il nostro stato mentale, non fisico...-
-Allora sei messo male in entrambi i casi, Fudou!-. Alexia si introdusse furtivamente nella discussione, presentandosi con una battuta pungente che l’interessato non gradì molto:
-Spiritosa! Fortuna che non siamo in classe insieme!-
-Non dire così...-
-Lascia stare, Midorikawa, chiaro che la mia presenza disturba il campione del mondo! E comunque è stata una giornata tranquillissima visto che non c’eri tu a rompere le scatole! Anzi, è stata la giornata più bella di tutta la mia vita!-
-... hai conosciuto un ragazzo?-. La mora sbarrò gli occhi all’improvviso. Un ragazzo?...
Qualche ora prima, in classe.
Gli studenti, dopo l’insolita cerimonia di apertura, non aveva messo da parte una certa curiosità riguardo alla nuova scuola. Insomma, se il preside era così “esuberante”, gli insegnanti come sarebbero stati? Per questo motivo il classico chiacchiericcio da scolaresca non aveva tardato a presentarsi.
Alexia si guardò attorno, ritrovandosi a fissare solo facce nuove. In quel momento, persino vedere l’arrogante Fudou sarebbe servito a rassicurarla:
-Uffa, che faccio qui da sola? Dove sono Shìn, Midorikawa, Shindo e Torch? Non è possibile che in così tanti io sia rimasta da sola! Dove sono?-. La risposta già la conosceva, ma in fondo sperava che qualche angelo celestiale sceso dal cielo le dicesse di aver sbagliato classe. Speranza vana, come sospettava.
I suoi occhi grigi striati d’azzurro vagarono per la classe, esaminando i visi che si trovava davanti. Certo, non erano alieni extraterrestri, poteva andarci d’accordo. Incrociò vari sguardi dalle iridi colorate: azzurre, color miele, color cioccolato, color ghiaccio... tutte dall’aria più o meno amichevole.
Ma dopo aver avvistato due occhi nocciola, si perse nell’oceano.
Sì, proprio così: il suo sguardo si perse in un blu oceano puro e profondo, tale che si perse al loro interno e credette di non volerci più uscire:
-Ciao!-. Per un attimo le parve che quegli occhi l’avessero salutata. Poi, per miracolo, si ricordò che ciò che stava fissando erano due occhi: se lei poteva vedere loro, loro potevano vedere lei. Ripresa dallo smarrimento nella barriera corallina, i tratti della persona di fronte a lei le parvero più evidenti: si trattava di un ragazzo dalla chioma bruna, folta eppure perfettamente uniforme. I tratti del viso praticamente perfetti chiaramente non erano orientali. Quegli occhi color mare non potevano trovare appartenenza migliore di lui:
-Ehm, c-ciao...-. Alexia cercò di sembrare il più possibile calma e controllata. Improvvisamente le mani le sudavano e il viso le andava letteralmente in fiamme. Il ragazzo le sorrise, radioso come il sole. Il cuore della mora perse un battito:
-Come ti chiami?-. Le ci vollero un paio di secondi buoni per analizzare di preciso la domanda:
-Alexia Black...-. Non sapeva come, ma era riuscita a rispondere:
-Piacere, Alexia, io sono...-
-Buongiorno a tutti!!!-
Improvvisamente dalla porta della classe emerse una donna, sfoderando un sorriso smagliante a trentadue denti rivolto agli studenti appena entrati:
- Mi chiamo Sachiko Yamada e sarò la vostra insegnate di storia e geografia! Chiamatemi pure Sachiko-san!-. L’insegnante era una graziosa donna alta e snella. Dal capo si allungavano dei lisci capelli castano chiaro, che terminavano giusto al sedere. Da dietro un paio di occhiali da vista spuntavano due occhi marrone scuro, in incredibile contrasto con la pelle chiara. Vestiva come una normale docente, ma l’espressione pareva quella di una persona che si trovava davanti al suo piatto preferito. Alexia ebbe la strana voglia di buttarla fuori dalla finestra... beh, al cuore non si comanda!:
-Spero che durante quest’anno andremo tutti d’accordo! Bene! Allora è il momento di interrogare...-. La classe spalancò gli occhi per lo sgomento nello stesso identico momento:
-CHE COSA?!-. La castana sobbalzò per lo spavento, mentre un’illuminazione le balenò in testa:
-... oh! Ma non posso interrogarvi! Non abbiamo cominciato nemmeno un argomento!-. Che cadde sulla classe la perplessità più assoluta è dire poco:
-Direi che possiamo cominciare presentandoci a turno! Cominciamo dalla prima fila!-. Così, uno alla volta, gli studenti si alzarono, proclamando il loro nome:
-Akira Ichirouta-
-Reina Yagami-
-Goenji Shuuya-
-Lance Kipling-. Alcuni tra i ragazzi a noi già noti si presentarono, fino ad arrivare ad un certo nome, il cui proprietario attirò l’attenzione della ragazza a noi già nota:
-Fidio Ardena-. Lo stesso ragazzo proprietario degli occhi oceano si alzò in piedi, proclamando il suo nome.
La mora sorrise. Quindi così si chiamava! Quelle singole lettere messe in quell’ordine le parevano riprodurre la più bella melodia che avesse mai sentito, come se non vi fosse altro modo per metterle assieme.
Peccato che non era l’unica ad avere pensieri simili...:
-AAAAHHHH!!!-. Dalla parte femminile della classe si levò un coro entusiasta, che si spense solo dopo vari richiami di Sachiho. Alexia si sorprese non poco. Appena arrivato e già così popolare? Per lei non era una buona cosa. E il guaio era che... Fidio era proprio vicino a lei, seduto al banco accanto al suo. Il che non passò inosservato alle studentesse di tutta la classe, che non la smettevano di lanciarle sguardi truci, come se volessero bruciarla col solo sguardo.
La mora abbassò il capo, sospirando. Non era esattamente il modo con cui voleva iniziare l’anno scolastico, non voleva avere l’intera classe contro per qualcosa che non aveva fatto! E poi... forse Fidio piaceva anche a lei...::
-Tocca a te!-. La mora si distolse dai suoi pensieri, balzando in piedi:
-Alexia Black!!!-
-Bene, puoi sederti e... cerca di rilassarti, sembri un po’ nervosa-. Varie risatine non sfuggirono alla ragazza, che si sedette mettendo il broncio. Era stata messa in ridicolo e la zona femminile della classe ce l’aveva con lei! Come poteva andare peggio?
-CHE RAZZA DI IDEE TI VENGONO IN MENTE???-
-Andiamo, lo sai che ho ragione!-. Bene, aveva capito cosa c’era di peggio: scoprire che uno dei suo amici/nemici era a conoscenza chissà come del suo interesse verso Fidio. Maledizione! Ma si ritrovò tuttavia a dover confermare:
-Come hai fatto a capirlo?-. Fudou ghignò, in una smorfia tra il soddisfatto e il malizioso:
-Se tu mi dici com’è, io ti dico come ho fatto!-. Alexia sospirò pesantemente. Tanto vale vuotare il sacco:
-... ha i capelli bruni e gli occhi blu, contento?-
-Molto, comunque avevo un piccolo sospetto, poi è bastato dirtelo e insistere un po’ per farti vuotare il sacco!-. Una serie di istinti omicidi attraversarono la mente della mora da un orecchio all’altro:
-BRUTTO...!-. Prese ad inseguirlo con il fuoco negli occhi, mentre il burlone ancora se la rideva di brutto. Il verde li fissava rassegnato. Non cambieranno mai...:
-Guardate che se non ci sbrighiamo a presentare l’iscrizione, inizieranno la partita di selezione senza di noi!-. Nello stesso momento i due si fermarono, sbarrando gli occhi contemporaneamente e mettendosi a correre verso il campo da calcio:
-OH NO!!! È VERO!!!-. Il “terzo in comodo” si limitò a seguirli, sorprendendosi di come andassero d’accordo almeno sul calcio...
 
-Salve a tutti coloro che si trovano qui. Mi chiamo Duncan Wallis e sono l’allenatore della Raimon, la squadra che voi tutti conoscete e per la quale vi trovate qui...-
Subito dopo le lezioni, il campo da calcio davanti all’istituto era stato immediatamente raggiunto e occupato da numerosi giocatori, tutti desiderosi di entrare a far parte della famosa Raimon.
Davanti a questo gruppo non troppo compatto stava un uomo, dall’aria tranquilla e imperturbabile. Gli occhi color cremisi seppur di un colore acceso erano rivolti con tranquillità verso i ragazzi davanti a lui, come se la selezione di una squadra famosa a livello nazionale fosse una cosa da niente. I capelli erano neri come la pece e parecchio spettinati, che mascheravano una certa severità.
I ragazzi presenti erano innumerevoli ed estremamente diversi l’uno dall’altro. Ma ugualmente numerosi erano gli spettatori che circondavano il campo, tutti appassionati di calcio e della stessa Raimon. Tra cui il già conosciuto fan numero 1, il preside, già con guantone e maglia in vista, molto notato e guardato con ironia dagli studenti accanto a lui:
-... ora, è mio dovere spiegarvi in cosa consisterà questa partita di selezione: come potete vedere, siete in tutto ventidue calciatori. Per questo motivo verrete divisi in due squadre da undici giocatori l’una, in modo da poter disputare una vera e propria partita di calcio. Giocherete una normale partita di novanta minuti, con una pausa dopo i primi quarantacinque. Tutto chiaro?-
-Sì!-
-Molto bene. Ora procediamo con lo smistamento. Ma prima mi serve sapere chi tra voi è qui per fare il portiere-. Due mani si alzarono, a cui furono donate due casacche a ciascuna, una rossa e una bianca. Successivamente l’allenatore indicò uno scatolone pieno di casacche, chiedendo che ciascuno dei giocatori ne prendesse una basandosi sul caso. Quando l’ordine fu eseguito, i ragazzi selezionati erano distinguibili per colore rosso e bianco:
-Ora siete divisi in due squadre: la squadra bianca e la squadra rossa. Deciderò chi far entrare nella squadra osservando il vostro gioco individuale e la vostra tecnica, per questo motivo non è ammesso utilizzare tecniche combinate. Nonostante la partita porterà alla vittoria una determinata squadra, non è detto che sceglierò solo i componenti di essa. Sappiate che dovrò scegliere in tutto undici giocatori titolari più un numero imprecisato di riserve. Con questo ho concluso, la partita inizierà tra dieci minuti-
L’allenatore Wallis si posizionò in piedi esattamente accanto alla panchina, osservando i giocatori davanti a lui e isolandosi nel suo pensatoio personale.
 
Certo non era l’unico intento ad osservare, ma soprattutto a capire.
... vediamo...
Swan si guardò attorno, osservando attentamente ogni singolo giocatore.
Non ne conosco quasi  nessuno, chiaramente sono venuti qui da lontano solo per la Raimon. Atsuya è nella mia stessa squadra, mentre Shirou è in quella bianca... questo vuol dire che la difesa del suo gruppo sarà potenziata. Mizuka è dall’altra parte, mentre Hiroto nella mia metà campo, però non so come giocano, quindi non ho informazioni. Ma non è di questo che devo preoccuparmi...
L’azzurra focalizzò la sua attenzione su qualcuno in particolare, assottigliando lo sguardo quasi fulminandolo. Era un ragazzino dall’insolita capigliatura bruna sostenuta da una fascia arancione. Gli occhi color cioccolato scintillavano, manifestando impazienza ed emozione.
Era un semplice aspirante membro della Raimon, tutto qui.
No, non era tutto qui. Lui era un portiere, proprio come lei.
Il ruolo dell’estremo difensore è diverso rispetto a quello dell’attaccante, del centrocampista o del difensore, lui deve parare. In un normale partita dovrei focalizzarmi sugli attaccanti avversari, ma questa è una partita di selezione. Devo essere più forte di lui per essere presa, non c’è scampo! E ci riuscirò!Sorrise fieramente. E poi, non sembra chissà cosa! Dovrei farcela, sì... entrerò nella Raimon!:
-Swan? Sei proprio tu?-. Improvvisamente una voce la fece tornare alla realtà. No, non una voce, LA voce:
-Yukimura?-. Senza che se ne fosse accorta, davanti a lui un ragazzo le sorrideva sereno, un ragazzo che conosceva bene. Sulla testa svettava una chioma blu intenso, mentre la pelle pallida faceva da sfondo ai due allegri occhi neri.
Swan non poté trattenere un lieve rossore che si impadronì delle sue guance:
-Come stai? Sei sempre il portiere incredibile che ricordavo?-. A quell’attimo di smarrimento ne susseguì un altro, più deciso:
-Beh, credo che lo vedrai in campo! Tra l’altro... siamo nella stessa squadra!-. Infatti anche il blu sfoggiava la casacca rossa, la stessa della ragazza:
-Già, è vero! Allora, fai del tuo meglio per difendere la porta! Io farò del mio meglio per fare goal!-
-Bene! Ci conto!-. I due si scambiarono il cinque, in testa i migliori propositi.
Non vedevano davvero l’ora che la partita cominciasse.
 
Chiaro che non vi erano solo dei calciatori su quel campo, specialmente osservando la zona della panchina. Seduta su di essa vi era infatti una ragazza a noi già nota: capelli blu notte, occhi dorati e allegri. Ma in quel momento l’allegria era assente. Vi era solo uno sguardo incredibilmente osservatore, tanto penetrante da scavare nell’anima di una persona e trovarne i segreti più nascosti.
Mm... è difficile capire la bravura di una persona da un solo sguardo... però non è difficile capire i vari ruoli consoni ai giocatori...
I due occhi scattavano da un lato all’altro del campo, soffermandosi sui ragazzi presenti e ipotizzando varie posizioni e tecniche. Non le era difficile, visto che pur non in campo aveva una grande dote calcistica, per questo si era si era iscritta come manager. Avrebbe dato il massimo, in qualunque situazione, dando preziosi consigli a tutti:
-Scusami... p-posso sedermi?-. Il suo furioso lavoro mentale si interruppe bruscamente al lieve suono di una voce. Haruhi si girò di poco, notando una ragazza mora dagli occhi viola, l’aria preoccupata se non impaurita da lei. Lo sguardo timido sembrava tremare, il che le trasmise un’incredibile tenerezza. Le sorrise dolcemente:
-Certo che puoi, siediti pure!-. La ragazza obbedì, prendendo posto velocemente sperando di essersela cavata, cosa che non sfuggì alla blu. Sembra agitata... mi chiedo a cosa stia pensando...:
-Come ti chiami?-
-... Tsubomi Murasaki-
-Piacere, Tsubomi, sono Haruhi Fujiwara! Sei anche tu una manager?-
-... sì-
-Fantastico! Allora ciao “collega”!-. Tsubomi la guardò con una punta di invidia. Che carattere allegro... magari anche io potessi essere così! Spero solo di non dire sciocchezze! Forse è meglio se sto zitta... però potrebbe pensare che sono un’asociale! Ma se parlo crederà che io sia una chiacchierona fastidiosa! CHE COSA DEVO FARE???:
-Hai paura di dire qualcosa di sbagliato?-. Sobbalzò. Come aveva fatto a capirlo?
Haruhi sogghignò. Non le sfuggiva davvero nulla, specialmente riguardo alle persone:
-Non devi essere tesa, qui non siamo ad una verifica in classe! Rilassati!-. Con la sua allegria riuscì a strappare alla timidona una risatina, mettendola a suo agio. Cosa che, dal punto di vista di quest’ultima, era molto difficile:
-Tu sei brava a giocare a calcio, Tsubomi?-
-Io? Non direi proprio, preferisco stare in panchina e porgere asciugamani-
-Capisco, a me piace capire i vari ruoli dei giocatori!-. La mora si sorprese molto interessata alla cosa:
-Come fai?-
-Facile...-. I due occhi color oro si posarono nuovamente in campo, riprendendo la loro “caccia al calciatore”. Si posarono sul primo che notarono: un ragazzo dall’aria arrogante dai capelli blu scuro, gli occhi marroni tendenti al giallo e la pelle irrealmente pallida.
L’identificazione richiese poco tempo:
-Direi che è un attaccante fatto e finito!-
-Come fai a dirlo?-
-Beh, è semplice: innanzitutto è parecchio alto, quindi ottimo per i contrasti aerei tipici di un contropiede avversario. Inoltre sembra un tipo parecchio arrogante, il che favorisce un carattere più aggressivo e proiettato in avanti-. La mora rimase sbalordita da quell’affermazione. Davvero si poteva capire il ruolo di un giocatore solo guardandolo?:
-... che mi dici di quello?-. Indicò un ragazzino poco più lontano: parecchio basso, i capelli castano chiaro sostenuti da una fascia azzurra e gli occhi di un tenero color nocciola. L’eccitazione lo faceva saltellare buffamente sul posto:
-Direi un difensore, molto arretrato-
-Come mai?-
-Beh, è molto basso, quindi deve avere problemi nell’avanzare palla al piede, cosa fondamentale per un centrocampista o un attaccante. Però il fatto di essere così piccolo lo rende molto leggero, quindi più agile e veloce, abilità che gli permettono di recuperare la palla e passarla in avanti-. Di nuovo Tsubomi restò di sasso. Incredibili le capacità intuitive di quella ragazza:
-Altre idee?-
-Che mi dici di quello, super-girl?-. Accanto alle due si sedette una terza ragazza dai capelli turchesi e gli occhi marroni con riflessi color miele. Essa indicava un ragazzo in campo dai tratti simili ai suoi, nonostante i capelli acconciati in modo diverso:
-Tu chi sei?-
-Mi chiamo Akira Ichirouta e sono venuta ad assistere alla partita-
-Capisco... allora...-. Il misterioso sguardo dorato si concentrò sul personaggio consigliato:
-... pare un altro difensore, anche se volendo potrebbe stare anche a centrocampo-
-Ah sì?-
-Beh, sembra agile e scattante, probabilmente starebbe bene al centro o come libero. Ha l’aria anche magra e slanciata, credo proprio che possegga un buon dribbling-
-Pare che tu conosca mio fratello meglio di me...-
-Oh, è tuo fratello?-. La turchese annuì, sorridendo:
-Sono venuta qui dopo essermi iscritta la club di tennis, lì non c’è tutto questo lavoro da fare...-. Alle altre due ragazze scappò una risata. Per loro paragonare tennis a calcio era alquanto strano:
-Voi che fate qui?-
-Siamo le manager della squadra-
-Davvero? Lo sono anche io!-. Una studentessa dai capelli rosa e gli occhi verdi si avvicinò al gruppetto appena formato, sorridendo amichevolmente:
-Piacere! Sono Marie Storm!-
-Piacere mio! C’è qualcuno che conosci in squadra?-. Marie controllò l’intero campo, individuando alla fine i suoi due amici:
-Sono loro! La ragazza bionda e il ragazzo rosso pelle bianca!-. Non fu difficile individuarli:
-Che ci dici, Haruhi?-
-... mi pare che la bionda sia attaccante, anche se sembra un tipo adattabile. Mentre il rosso sembra portato per l’avanti, non certo per l’area di difesa...-
-Siete tutte manager?-. E alla fine un’ultima ragazza bruna occhi grigio-azzurro si unì alla combriccola:
-A parte me sì, mi chiamo Akira. Tu sei qui per vedere qualche tuo amico?-
-Nah, i miei amici non capiscono nulla di calcio! A loro non interessa proprio!-
-Beh, a noi sì! E se a te piace, ti considerò già una mia grande amica! Mi chiamo Haruhi!-
-Io sono Marie!-
-E io s-sono Tsubomi-. La nuova arrivata sorrise. Già si sentiva a suo agio:
-Sono Eri Kanzaki, lieta di conoscervi!-
-Bene, riguardo agli altri giocatori...-
-Non c’è bisogno di una ricerca approfondita, stanno per iniziare la partita-. A quelle parole, tutte e cinque le ragazze prestarono la loro completa attenzione al campo: finalmente avrebbero visto con i loro occhi le prodezze di quei futuri campioni.
 
-Bene, è ora di dare inizio alla partita! Prendete posto in campo!-
Le posizioni erano state decise un po’ dall’allenatore, un po’ dal caso. Per questo motivo, ci fu chi era soddisfatto e chi meno, ma tutti avevano in mente l’obbiettivo: entrare a far parte della Raimon.
Il calcio d’inizio sarebbe stato della squadra bianca, di cui Goenji e Lance erano le due punte di sfondamento. Davanti a loro Atsuya e Yukimura erano posizionati come attaccanti della squadra rossa. Le due coppie non la smettevano di lanciarmi sguardi di sfida: era una specie di amichevole, certo, ma pur sempre una lotta all’ultimo posto in squadra, non era certo il momento di fare amicizia.
Lance osservò a lungo il pallone davanti a lui, chiedendosi cosa mai ci fosse di eccitante nel prenderlo a calci.Beh, l’importante e che io riesca ad imporre il mio gioco e ad entrare in squadra! E ci riuscirò!
Al fischio dell’arbitro, il ragazzo scattò in avanti palla al piede, seminando all’istante i due attaccanti di fronte a lui. Con la stessa velocità si preparò a incunearsi nella difesa, consapevole che non sarebbe stata una passeggiata.
Fudou e Nagumo, posizionati a loro discapito proprio in quella zona, gli andarono in contro per fermarlo con tanta grinta quanta imprudenza, lasciando uno spazio vuoto notevole dietro di loro:
-Non passerai!-. L’attaccante sorrise, passando indietro la palla di tacco e trovandosi Goenji a ricevere, che approfitto all’istante della zona libera:
-Cosa?!-
-Il calcio è uno sport di gruppo, non lo sapevi?-. Il biondo col pallone si lanciò in avanti. Subito si ritrovò davanti un centrocampista, somigliante ad una femmina per via dei capelli rosa e delle codine; gli occhi erano due frammenti di cielo limpidi e cristallini, che decisi puntavano verso l’avversario:
-Non passerai! THE MIST!!!-. Improvvisamente attorno a lui si formò una fitta nebbia bianca, che avvolse attaccante e centrocampista. Ma appena quest’ultimo tentò di rubar palla approfittando della situazione, Goenji scattò rapidamente in avanti, seminandolo:
-Dannazione!-. Swan, davanti alla porta, strinse i pugni, focalizzandosi sul pallone che non tardò ad arrivare:
-Preparati!-. Il ragazzo lanciò in aria la palla, eseguendo varie rotazioni su se stesso mentre la raggiungeva e accumulando fiamme attorno a lui. Colpì la palla in aria, sfoderando una fiammata che seguì il tiro:
-TORNADO DI FUOCO!!!-. Goenji poté vedere il suo tiro dirigersi verso la porta. Era certo che avrebbe segnato.
Ma c’era chi non la pensava così...:
-La fermerò! MORSO DEL LUPO!!!-
L’azzurra si aggrappò alla traversa bloccando la palla con i piedi che nel frattempo avevano preso le sembianze delle fauci di un lupo. Il tiro perse potenza, fino a fermarsi del tutto. Swan rimise i piedi a terra, facendo suo il pallone. Il biondo attaccante non poteva crederci:
-Come diamine...?-
-Non sono un portiere da quattro soldi, sappilo! Vai, Atsuya!-. Con un lungo rinvio, la palla arrivò precisa ai piedi del fratello Fubuki, che non perse tempo e cominciò ad avanzare sicuro di sé. La difesa avversaria si posizionò rapida, cercando di chiudere gli spazi. Ma lui aveva un asso nella manica:
-Prendete questo! CUNEO ARTICO!!!-. Atsuya si mise a correre velocemente, mente attorno a lui un’aura color ghiaccio formava un cuneo, permettendogli di infrangere la difesa anche se decisamente in modo violento. Dopo quel numero era a tu per tu con il portiere avversario. I due sguardi determinati si incrociarono:
-Prendi questo! TORMENTA GLACIALE!!!-. Il tiro del Fubuki fu scagliato velocemente verso la porta avversaria. Swan lo vide sorridendo, ormai sicura del punto di vantaggio. Ma...:
-MANO DEL COLOSSO!!!-. Improvvisamente da dietro il portiere avversario comparve un’enorme aura demoniaca dalle possenti braccia che, seguendo i movimenti del suo possessore, parò il tiro, trasferitosi successivamente nelle mani di quest’ultimo.
L’azzurra sbarrò gli occhi. Ha bloccato il tiro di Atsuya?! Ma non è possibile! Dovette ricredersi sulla prima impressione che aveva avuto su di lui, non era affatto un portiere incompetente.
Esso sorrise e fece per rinviare la palla, ma riuscì a fermarsi appena in tempo: Lance e Goenji erano marcati a uomo da Nagumo e Fudou, non poteva passarla a loro. Ma la difesa era troppo arretrata, ci sarebbe voluto troppo tempo per andare in avanti e in quel lasso gli avversari avrebbero organizzato la difesa. Però non c’era tempo di esitare, doveva passarla a qualcuno...:
-Passala a me!-. Un richiamo attirò la sua attenzione. Un ragazzo che correva in avanti. Un centrocampista! Perfetto!:
-Eccola!-. L’ordine fu eseguito e la palla fu lanciata e stoppata. Il centrocampista posò lo sguardo deciso in avanti, cominciando ad avanzare palla al piede. La folta chioma castana ondeggiava al vento e gli occhi grigio perla emergevano da una carnagione leggermente abbronzata.
Alexia gli corse incontro, decisa a fermarlo:
-Credi di potermi dribblare?-
-Ora vedrai! SOYOKAZE STEP!!!-. Il castano raggiunse velocemente l’avversaria palla al piede e la evitò roteando su se stesso, mentre questa veniva allontanata da una tromba d’aria:
-Accidenti!-. Arrivato ad un certo punto e certo di non poter più proseguire, il centrocampista calciò in aria la palla, poco lontano dalla porta. A quel punto sopraggiunse il piccoletto con la fascia azzurra che, avvistato il pallone, si preparò a tirare:
-BUTTOBI JUMP!!!-. Con un incredibile balzo raggiunse il pallone e tirò con entrambi i piedi, generando energia luminosa. Swan non si intimidì e fece per appendersi nuovamente alla traversa. Ma il tiro rimbalzò proprio su di essa, tornando indietro velocemente. Esso venne stoppato di petto dall’attaccante capelli blu scuro, che “infilzò” la palla con il piede, generando energia oscura. Poi, con una spallata, la scaraventò in porta come un laser nero:
-DEATH SWORLD!!!-. Swan non ebbe il tempo di eseguire la sua tecnica che il tiro le passò accanto, insaccandosi in rete sotto i suoi occhi increduli. Ma come...?:
-Goal, la squadra bianca segna!-. Wallis annunciò ufficialmente il punto, il che portò la squadra a esultare. Il trio responsabile dell’azione si riunì, estremamente soddisfatto:
-Ottimo lavoro Shinsuke! Tsurugi!-
-Bravo Tenma! Bel dribbling!-
-Niente male, Matsukaze... ma il duro l’ho fatto io-
-Certo, come no!-. I tre si diedero il cinque a vicenda, sorridendo e ritornando alle loro posizioni iniziali.
 
-Allora, che ne pensi, Wallis?-. Il preside si avvicinò all’allenatore, il quale, impassibile come prima della partita, osservava ancora i tre ragazzi appena entrati in gioco:
-Direi che è presto per giungere a delle conclusioni ma... sono ragazzi interessanti-
-Credi che formeranno una buona squadra?-
-Questo sarà il campo a deciderlo. In fondo, la partita è appena cominciata-. Sorrise leggermente. Era evidente l’intesa tra quei tre ragazzi, mentre il portiere della squadra rossa sembrava avere collegamenti con il suo attaccante. Nel portiere della squadra bianca non si poteva non notare l’abilità in porta, mentre per gli altri giocatori avrebbe dovuto vedere il resto della partita.
Ventidue giocatori venuti a giocare.
Undici futuri titolari.
Un numero imprecisato di riserve.
Ma il valore di ciascuno di quei ragazzi doveva ancora uscire fuori.
 
E rieccomi!
Allora, è il caso di fare qualche precisazione:
-innanzitutto ho messo alcune tecniche in italiano e altre in giapponese perché quelle italiane sono quelle già tradotte in Italia più quelle che mi avete mandato voi, mentre quelle giapponesi sono della serie Go e in Italia sono inedite;
-qualche tecnica singola la inventerò io, come quella di Atsuya per eludere la difesa. Il fatto è che lui tecnicamente è morto e l’unica sua tecnica che conosco e la Tormenta Glaciale. Vogliate perdonarmi, fan di Atsuya, spero che la nuova tecnica vi piaccia!;
-inoltre... beh, se volete la traduzione delle tecniche giapponesi, quella che ho messo è più o meno affidabile!
The Mist: la nebbia
Soyokaze Step: passo della brezza
Buttobi Jump: salto della vittoria
Death Sworld: spada della morte
Bene, nient’altro! Ciao
P.S. ultima cosa: vedendo un episodio di Inazuma Eleven ho scoperto che Reina ha gli occhi azzurri, non neri. Ho corretto l’errore e mi scuso con tutti coloro che la amano e la adorano alla follia! Ciao!
Purple_Rose 

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Capitolo 4
*** In lotta per la maglia ***


In lotta per la maglia


-Sono bravi!-. Haruhi lanciò un’ultima occhiata ai giocatori appena entrati in gioco, sorridendo eccitata. Talvolta le sembrava di essere in campo per come le partite di calcio la prendevano:
-Certo, ma... mio fratello non si è fatto vedere! CHE DIAMINE COMBINA???-. Akira strinse un pugno davanti a se, fulminando il turchese in campo, che ancora non aveva trovato occasione di mettersi in mostra. Il che non lasciò tranquille le ragazze accanto a lei:
-Akira-chan... cerca di calmarti...-. Marie ridacchiò nervosamente. Quella turchese aveva lo stesso temperamento della sua amica Mizuka, il che non prometteva nulla di buono:
-Come faccio a calmarmi? Quell’idiota di Kazemaru ancora non si mette in gioco! Come si aspetta che lo prendano?-
-Va bene, ma... la partita è appena cominciata, c’è tempo!-. Le parole di Eri servirono a far calmare momentaneamente l’Ichirouta, nonostante avesse preso a giochicchiare nervosamente con la collanina appesa al suo collo senza spegnere lo sguardo poco rassicurante.
Tsubomi guardò le ragazze accanto a lei con allegria. Di rado le capitava di vedere una tale esuberanza in presenza di persone nuove. Credo proprio che diventeranno grandi amiche, si vede!... chissà se anche io diventerò amica loro, sarebbe bello...:
-Ehm... Tsubomi...-. La mora, che per un momento si era persa nei suoi pensieri, rivolse nuovamente la sua attenzione verso il gruppo da cui era stata chiamata, scoppiando in una fragorosa risata: Akira, il viso rosso di rabbia, pareva drasticamente propensa a gettarsi in campo per dargli una svegliata, Haruhi la teneva per le spalle cercando di bloccarla in qualche modo, Eri le aveva afferrato un braccio sperando che in qualche modo bastasse e Marie provava a farla ragionare con le buone... senza successo:
-Davvero, non devi preoccuparti!-
-QUANDO HA INTENZIONE DI GIOCARE, EH??? SE NON SI MUOVE LO FACCIO MUOVERE IO!!!-
-Tsubomi, per favore, dacci una mano!-. Eri la guardò con occhi quasi supplicanti, il che lasciò l’interpellata in un misto tra il divertito e il perplesso. Senza alternative, questa tentò a parole di calmarla:
-Forse tuo fratello sta aspettando l’occasione ideale per fare la sua grande performance...-. La turchese estinse di colpo la rabbia, sorridendo fiera:
-Ma certo! è ovvio! Perché non ci ho pensato prima?-. Le ragazze attorno a lei si abbandonarono all’unisono ad un sospiro di sollievo, tornando tutte sedute.
Haruhi si rivolse a Tsubomi, ammirata dalle sue magiche parole:
-Come hai fatto? Hai qualche super potere?-. La mora ridacchiò:
-Ma no, è bastato ragionarci un po’ su!-. Haruhi squadrò la ragazza, puntando il suo sguardo dorato indagatore. È come se avesse il potere di capire le emozioni delle persone e in base a questo sa come comportarsi! È incredibile... è una persona interessante!:
-Sai, io non ho tutta la vostra esuberanza...-
-Però mi sembra che te la cavi comunque!-. La blu si ritrovò a parlare al vento, visto come la mora avesse cambiato oggetto di attenzione. I suoi occhi viola timidi puntavano dritti in campo e, particolare, su un giocatore. Stranamente, da quando lo aveva avvistato, non poteva fare a meno di posare di continuo il suo sguardo su di lui. Si sentiva strana, come se la sola presenza di quel ragazzo significasse qualcosa di speciale per lei. Perché continuo a guardarlo? Non capisco... è come se lui fosse importante per me... però nemmeno lo conosco! Che cosa mi succede? Non mi era mai capitato di pensare a una cosa simile...
Haruhi un’altra volta riuscì a cogliere l’indizio e a notare l’attenzione della ragazza puntata su un giocatore in campo.
Un centrocampista castano dagli occhi grigio perla.
 
-Accidenti!-. Swan sfogò la rabbia con un pugno diretto alla traversa, facendola vibrare per il colpo ricevuto. Erano riusciti a farle un goal, lei non era stata abbastanza forte da pararlo. Hanno usato un gioco troppo veloce per me, non ho saputo stare dietro a loro e per questo mi sono fatta segnare! Così non va bene! Rischio di giocarmi il posto in squadra!:
-Swan...-. Yukimura le mise una mano sulla spalla, cercando in qualche modo di rincuorarla. Non poteva buttarsi giù così, non per un singolo insuccesso!:
-La partita è appena cominciata! Abbiamo un sacco di tempo per rifarci!-. L’azzurra annuì, posando uno sguardo minaccioso sul portiere della squadra bianca, ancora euforico. Tanto sarò io ad entrare nella squadra! Puoi starne certo!:
-Allora ricominciamo!-. Il suo animo si riaccese come un fuoco impetuoso, che le fece brillare gli occhi di determinazione. Il blu sorrise soddisfatto: ora andava decisamente meglio! Non esisteva ostacolo che poteva fermare quella ragazza, non era davvero cambiata!
Riprese le posizioni, la partita proseguì con la palla della squadra rossa. Yukimura cominciò ad avanzare, pensando a come avrebbe fatto ad eludere la linea difensiva davanti a lui. Come posso fare? Io non ho una tecnica micidiale di dribbling! Ma se non arrivo davanti alla porta mi sarà impossibile usare il mio tiro!
Intanto, nella loro metà campo, Shìn e Alexia erano ferme, la prima in difesa e la seconda a centrocampo, indecise sul da farsi. Infatti né l’una né l’altra erano capitate nei loro ruoli preferiti, il che non permetteva a nessuna delle due di lanciarsi troppo nella mischia.
Il difensore sbuffò, propensa a buttarsi in avanti. Lanciò uno sguardo alla compagna, che parve capire al volo: non servivano parole tra di loro. Le due infatti avanzarono velocemente verso la metà campo avversaria:
-Passa!-. Accanto a Yukimura infatti sopraggiunse rapida Shìn, decisa a mostrare le sue capacità. Il ragazzo, nonostante non la conoscesse, decise di eseguire, consapevole che non avrebbe potuto affrontare la difesa viste le sue normali capacità.
Appena ottenuta la palla la mora sorrise largamente:
-Ora vedrete di cosa sono capace!-. Con un abilissimo gioco di gambe, la ragazza scartò velocemente i centrocampisti e si ritrovò davanti ai difensori. Le bastò osservare un attimo il campo da gioco e i giocatori posizionati su di esso per decidere quale strategia adottare. La sua mente progettò all’istante un’efficace strategia di gioco. Ora tocca a me!
Prese così ad avanzare verso la fascia destra in modo da farsi seguire dagli avversari e liberare quella sinistra, già occupata da Alexia, più decisa che mai:
-Vai, Alexia!-. Ottenuta la palla dall’amica, l’altra mora lanciò la palla in aria, elevandosi successivamente in rovesciata; poi la colpì, avvolgendola di fiamme rosse e arancio e indirizzandola verso la porta:
-Dimostrerò tutta la mia potenza! TIRO INFUOCATO!!!-. Il bruno si preparò nuovamente con la sua tecnica:
-MANO DEL COLOSSO!!!-. Ma il colpo, mostrando un’incredibile forza, colpì in pieno il colosso formato, che si dissolse all’istante e andò a finire inevitabilmente in rete. Il portiere cadde a terra per via della potenza del tiro:
-Goal, la squadra rossa segna!-
-EVVAI!-. Shìn corse ad abbracciare l’autrice del goal, che esultava entusiasta:
-Sono grande! Hai visto che tiro? E tu saresti un portiere? Ah! Ti ho battuto alla grande!-. Il portiere della squadra bianca si rialzò, togliendosi la polvere dai vestiti. Poi fissò la mora e, incredibilmente, sorrise:
-Che tiro micidiale! Sei stata incredibile!-. L’affermazione lasciò completamente di sasso le due more, che lo guardarono esterrefatte. Forse non era del tutto cosciente di ciò che era appena successo...:
-... ma hai capito che è stata Alexia a segnare?-. Eppure il bruno non spense nemmeno un po’ il suo sorriso, anzi, parve allargarlo:
-Certo! E il tuo tiro è stato incredibile!-. Improvvisamente nei suoi occhi color cioccolato comparve una scintilla di determinazione, che brillava come una stella:
-Comunque non permetterò che segnate ancora! Potete starne certe!-. Alexia, inizialmente un po’ spaesata e confusa, mutò la sua espressione in un sorriso deciso:
-Questo lo vedremo! Comunque... io sono Alexia Black!-
-Endo Mamoru! Ora dobbiamo continuare la partita e non mi arrenderò di certo!-. Le due ragazze tornarono nella loro metà campo:
-Che tipo strano!-. Shìn rifletté sul ragazzo appena conosciuto. Che strano carattere!:
-Già... però ha un temperamento e una grinta invidiabile! Sarà divertente questa partita!-
Alexia sorrise.
Lo pensava davvero.
 
Nel frattempo Lance, nella sua posizione, batteva nervosamente la punta del piede a terra, lo sguardo infastidito che avrebbe potuto folgorare una persona sul posto. Goenji ridacchiò a quella vista. Forse era il momento in cui il suo amico avrebbe fatto sul serio:
-Che hai, Lance? Sembri un po’ nervoso...-. Il ragazzo prestò la sua attenzione al biondo, fulminandolo con i suoi occhi color ghiaccio e continuando nonostante tutto a battere il piede, sempre più velocemente:
-Sentimi bene, Goenji! Non esiste al mondo che io mi lasci intimorire da un solo goal! È solo che... mi è arrivato il pallone solo una volta! E non ho nemmeno tirato!-. Il piede ancora in movimento fu fermato dopo un forte colpo di tacco a terra, che servì a scaricare la frustrazione del proprietario:
-Beh, ora la palla è nostra, potrebbe essere una buona occasione!-. L’albino sorrise complice. Quello era un buon momento per mostrare il suo valore.
La palla fu messa nuovamente al centro e al fischio, essa fu subito ai piedi di Lance. Ma quando questo si lanciò all’attacco, Goenji non lo seguì e rimase fermo nella sua posizione, lasciando l’amico solo davanti all’intera squadra rossa. Vai e segna, Lance!
Il ragazzo palla al piede proseguì la sua corsa completamente solo e dribblò velocemente con una facilità irreale tutti gli avversari che si ritrovava davanti. Una finta, un tocco, un rimbalzo, un palleggio... tutto pareva fatto con incredibile scioltezza eppure nessuno riusciva a fermarlo. Così è perfino troppo facile!
A ragazzi come Fudou e Nagumo la cosa rodeva non poco: il difensore non era un ruolo adatto a loro e non sapevano bene come comportarsi in proposito.
In un attimo Lance si ritrovò a tu per tu con il portiere, Swan, il cui sguardo era più deciso che mai:
-Coraggio, tira!-
-Ora vedrai!-. L’attaccante avanzò finché non si trovò sufficientemente vicino alla porta. Improvvisamente si fermò e dietro di lui apparve un imponente demone di ghiaccio, che prese la palla , la inserì in un lanciarazzi, mirò verso rete e sparò il tiro, che congelò la terra sulla quale passò:
-CARICATORE DI BUFERE!!!-. L’azzurra, sorpresa non poco dalla potenza che si stava dirigendo verso di lei, riuscì nonostante tutto a rispondere velocemente:
-MORSO DEL LUPO!!!-. Ma, oltre che non riuscire a fermarlo, il tiro trascinò il portiere proprio nella sua porta:
-Goal, la squadra bianca segna!-. Swan rimase tramortita a terra per qualche secondo, per poi rialzarsi dolorante. Che tiro... è stato incredibile... I suoi occhi grigi incrociarono quelli color ghiaccio di Lance, che incredibilmente non sembravano gioiosi per il goal fatto, il che la lasciò di stucco. Ma... ma come? Perché non esulta? Non gli interessa il fatto di aver appena segnato?
Dal canto suo Lance voleva solo dimostrare la sua grande superiorità e, viste le espressioni attonite dei giocatori presenti, molto probabilmente c’era riuscito:
-Sappiate che io entrerò nella Raimon! A qualunque costo!-. Puntò il dito verso il portiere della squadra rossa:
-E non sarai certo tu a fermarmi!-. Swan digrignò i denti, assottigliando lo sguardo. Ma che razza di presuntuoso! Crede di aver già vinto e c’è solo un goal di vantaggio tra le due squadre! Non lo conosco però già non lo sopporto! Si rialzò a poco a poco: quel tiro l’aveva scombussolata parecchio!
Lance tornò nella sua posizione, mentre accanto a lui Goenji sorrideva vittorioso:
-... togliti quel ghigno compiaciuto dalla faccia! L’ho fatto solo per mostrare a tutti quello che valgo, non per divertirmi!-
-Certo... tu continua a ripetermelo, forse un giorno ci crederò!... o forse no!-. L’albino distolse lo sguardo con fare offeso.
Odiava quando faceva così!
 
-Niente male davvero quell’attaccante!-. Seppur da una notevole distanza, anche Endo aveva notato la straordinaria abilità del goleador appena uscito vittorioso:
-Oramai la partita sta entrando nel vivo... e tu?-. Il suo sguardo puntò alquanto lontano, nella metà campo avversaria, su un giocatore: uno strano ragazzo che ancora non si era messo in mostra agli occhi dell’allenatore ma sembrava non esserne affatto preoccupato.
I capelli castano chiaro erano suddivisi in tante treccine, a loro volta raccolte in una coda a spazzola piuttosto alta. I tratti eccentrici consistevano in un paio di occhialini da aviatore che nascondevano gli occhi e una mantellina blu svolazzante. La persona in questione osservava gli altri con incredibile attenzione, come se stesse eseguendo un accurato esame di ognuno di essi. E forse era proprio così:
-Quando entrerai in gioco, Kido? Sono curioso di vedere come te la caverai!-
 
Il fischio dell’arbitro mise fine al primo tempo, permettendo ai giocatori di riprendere fiato: essi si divisero in vari gruppetti, riunendosi anche con membri dello staff o i tifosi. Una di questi ultimi aveva qualcosina da dire ad un giocatore:
-MA CHE STAI COMBINANDO???-. Kazemaru si convinse di aver perso la capacità di udire dall’orecchio sinistro dopo quell’urlo. Sua sorella a volte era davvero esagerata:
-Datti una calmata, non ho ancora avuto modo di inserirmi!-
-Mi prendi in giro? È finito il primo tempo! Se non ti muovi il secondo finirà in un attimo e con esso la tua possibilità di entrare nella squadra!-. Il turchese incrociò le braccia, distogliendo lo sguardo con fare offeso:
-Come se non lo sapessi! Non è così semplice! Sono un centrocampista, non un difensore! Non sono nel mio ruolo preferito!-. Akira emise un lungo sospiro. Ma perché devo sempre dirgli tutto io?:
-Dai un’occhiata alla tipa mora che ha segnato un goal-. Il ragazzo eseguì, notandola insieme ad un gruppetto particolarmente numeroso, formato da ragazzi più o meno sorridenti:
-Quella ragazza... si vede lontano un miglio che è portata per l’avanti! Eppure, nonostante sia stata messa a centrocampo, si è lanciata verso la porta e ha segnato!-
-Wow, non sapevo che fossi così brava nel capire i ruoli dei giocatori!-
-Modestamente!-. Meno male che Haruhi prima ha parlato di lei!:
-Il fatto è che non si è rassegnata all’idea che essendo in un ruolo sfavorevole non avrebbe potuto farsi valere! Ci ha provato, ed è quello che devi fare anche tu, fratellino!-. Kazemaru sospirò. Anche se avrebbe voluto, non aveva argomenti validi con cui controbattere:
-Ho capito, vedrò che posso fare!-. Akira gli diede una grossa pacca sulla spalla, facendolo piegare in avanti:
-Così mi piaci!-
 
-Endo!-. Marie corse verso il bruno, che la abbracciò teneramente:
-Marie! Sorellina, che ci fai qui?-. La rosa sorrise dolcemente al fratello, porgendogli un asciugamano e una borraccia:
-Ah, grazie!-. Lo osservò attentamente mentre si asciugava il sudore con l’asciugamano. Non è cambiato molto, ha sempre quell’aria decisa e un po’ tonta che lo contraddistingue... mio fratello non cambierà mai!:
-Come stanno gli zii, Marie?-
-Molto bene, direi. Zia Reiko è allegra e solare come sempre mentre zio Eisuke ha trovato lavoro in città e quindi ci siamo trasferiti qui!-
-Vi siete trasferiti a Inazuma? Ma è meraviglioso! Mamma e papà saranno felici di rivedervi!-. Endo bevette un sorso, beandosi della freschezza dell’acqua che pian piano lo risollevava dalla fatica dell’incontro. La rosa improvvisamente si fece timida, esitando a fare una domanda:
-Senti, Endo... tu lo conosci quello?-. Indicò titubante un ragazzo dai capelli turchesi, che pareva aver preso una bella botta alla schiena.
Il bruno rimase a guardarlo per qualche secondo, scuotendo la testa:
-No, è la prima volta che lo vedo! Non si è fatto vedere molto in campo, suppongo che aspetti la sua occasione... perché me lo chiedi?-. Marie arrossì, imbarazzata:
-Beh, ecco...-
-Vuoi diventare suo amico?-. La ragazza sbarrò gli occhi. Suo fratello era proprio un babbeo quando si trattava di faccende amorose! Ma tutto sommato questo giovava a lei:
-Sì, esatto!-. Endo sorrise radioso. Mia sorella vuole farsi nuovi amici! Che bella cosa!:
-Spero allora che conquisterai la sua amicizia!-
-Ehm, certo...-. Marie sospirò. Endo, sempre e solo innamorato del pallone! Capiterà un giorno in cui conoscerai la parola “amore”?:
-Endo-kun!-. Il bruno sbarrò gli occhi, drizzando le orecchie. Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille altre:
-Aki?-. Ai limiti del campo, nella zona riservata agli spettatori, una ragazza cercava di attirare l’attenzione del portiere della squadra bianca, riuscendoci notevolmente: i capelli verde muschio formavano una chioma corta perfettamente uniforme senza nemmeno un capello fuori posto. Gli occhi color oliva allegri incrociavano quelli color cioccolato del bruno, che in un primo momento rimase paralizzato. Fu necessario l’intervento di Marie con uno scossone per farlo svegliare:
-Ah! Eh! Sì! Ciao, Aki...-. La verde si avvicinò, sorridendo allegra:
-Allora, come va? È da un po’ che non ci si vede!-
-Ehm, s-sì, è vero...-. Marie alzò il sopracciglio, guardando i due con aria indagatrice. Mm, interessante...:
-La tua tecnica di parata è migliorata dall’ultima volta in cui l’ho vista! Sei diventato bravo!-
-Dici davvero?-
-Certo! Devi impegnarti ancora di più per essere preso nella Raimon!-. Il bruno sorrise deciso:
-Puoi star tranquilla! Farò di tutto per essere preso!-
-Così si parla! E io...-. Aki si allontanò dal ragazzo facendo l’occhiolino:
-Sarò qui e farò il tifo per te!-. Il viso del ragazzo divenne completamente rosso, mentre il suo cuore perse un battito. Aki... provo ancora queste sensazioni ogni volta che ti vedo... Successivamente si accorse di essere osservato con una punta di malizia:
-... che hai da guardare?-
-Niente, niente...-. Marie trattenne una risata: forse suo fratello sapeva più cose sull’amore di quanto immaginasse!
 
Finito l’intervallo, tutti i giocatori si predisposero nuovamente nelle loro posizioni, mentre la palla fu rimessa al centro del campo, consentendo alla squadra rossa il calcio d’inizio. Atsuya, al fischio dell’arbitro, si lanciò nuovamente in avanti, pronto ad affrontare qualsiasi avversario e, stavolta, a fare goal:
-La mia Tormenta Glaciale ti travolgerà!-. Purtroppo non aveva tenuto conto che il bruno non fosse l’unico difensore presente. Appena superati i centrocampisti, l’albino fu all’istante individuato da un ragazzo: un moro dagli occhi viola intenso, la cui mente stava svolgendo un lavoro accurato proprio in quell’istante, come una macchina perfetta. Non dovrebbe essere complicato, anzi... calcolando la sua velocità attuale e la possibilità di un’accelerazione in prossimità della porta...:
-Tre... due... uno...-. Appena Atsuya si ritrovò nella zona prevista, Gabriel si lanciò verso di lui:
-Ora! OMBRA LUNARE!!!-. Fece un balzo, atterrando a piè pari; attorno all’albino si formò una strana coltre di nebbia nera, che non gli permise né di avanzare, né tanto meno di tirare porta:
-Accidenti!-
-Se i calcoli sono giusti, non si può sbagliare!-. In un attimo il moro si lanciò in scivolata su di lui rubando palla e scattando subito fuori dalla zona oscura, che piano piano si diradò. Avanzò fino a metà campo, ritrovandosi nell’impossibilità di proseguire. Ma mentre lui rubava palla, c’era chi si era preparato a riceverla:
-Sono libera!-. Infatti, poco lontano da lui, Mizuka si sbracciava per farsi notare. È in una buona posizione... dovrebbe farcela:
-Eccola!-. Ricevuta la sfera bianca e nera, la bionda proseguì la sua corsa, consapevole che affrontare l’intera squadra avversaria non sarebbe stata una passeggiata. Ma, con grande sorpresa, scorse un ragazzo che la seguiva sulla fascia destra, un albino dai capelli argentati. Un difensore? Che ci fa lì?... quello è Shirou, se non ricordo male! Spero che se la cavi meglio di me nel dribbling!:
-Vai!-. Shirou ricevette subito la palla, deciso più che mai a non perderla. Infatti, appena Midorikawa fece per fermarlo, lui non glielo permise, lanciando in aria la palla per eseguire la sua tecnica:
-Ora tocca a me! DIFESA DI GHIACCIO!!!-. Scivolò per un momento sul piede destro e poi saltò, ruotando su se stesso come un pattinatore professionista; appena ritoccò il campo, da esso si innalzò un iceberg che ghiacciò completamente il verde. Shirou, riprendendo al volo la palla, riuscì a trovarsi nell’area di rigore, avvistando Mizuka poco lontano da lui.
La bionda sorrise ricevendo nuovamente il pallone. Ora chi la fermava più?:
-Bene, e ora LUPO...!!!-. Ma un fischio la stroncò sul nascere. Che aveva fatto?:
-Fuorigioco-. Le parole dell’arbitro la lasciarono di stucco, portandola a guardarsi intorno. Ed era vero: si trovava proprio davanti alla porta senza difensori davanti e aveva ricevuto un passaggio in quella zona. Fuorigioco di sicuro. Ma come era accaduto?
 
-Niente male... è stato bravo-. Dopo tanto silenzio, al preside parve un miracolo che Wallis spiccicasse qualche parola. Tra l’altro su un pensiero a lui estraneo:
-Chi?-
-Quel giocatore...-. Gli occhi cremisi dell’allenatore erano fissi sul ragazzo con la mantellina, che ancora rimaneva immobile a fissare gli altri. L’uomo dai capelli bianchi lo osservò, incredulo:
-... sei sicuro che si sia mosso?-
-Il fuorigioco è una tattica molto efficace, ma molto difficile da effettuare: consiste nel far avanzare la difesa nel momento stesso in cui l’attaccante avversario riceve palla quando si trova davanti alla porta. In questo modo il gioco si ferma e si scampa alla possibilità di un goal da parte degli avversari. Ma bisogna sapere esattamente quando muoversi per far si che funzioni, altrimenti il rischio è di avere i difensori troppo avanti e di lasciar troppi spazi indietro-. Il preside lo fissò confuso. Talvolta non capiva se parlava a lui o con se stesso:
-Va bene, ma come ha fatto quel ragazzo?-
-Ecco...-
Poco prima.
Kido distolse l’attenzione sui giocatori e la rivolse alla metà campo avversaria: un ragazzo albino dai capelli rossicci stava avanzando e molto probabilmente sarebbe stato respinto visto che era completamente solo, doveva prepararsi. Ma quale tattica adottare? Lì non conosceva nessuno di quelli che erano in squadra con lui e mettersi d’accordo sarebbe stato probabilmente impossibile per via della rivalità tra di loro.
Però... aveva notato che ogni qualvolta un attaccante avanzava, quasi tutta la difesa si portava in avanti, lasciando libera la zona davanti portiere.
Sorrise. Sperando sul suo solito tempismo, forse avrebbe potuto fare buona impressione sul suo gioco.
Ma doveva muoversi: vedeva già un difensore moro avanzare. Si posizionò poco lontano dalla porta, mentre come aveva previsto la difesa della sua squadra aveva preso ad avanzare verso una ragazza bionda, che da poco aveva ottenuto palla.
Non servì molto: appena la ragazza passò la palla ad un ragazzo con la sua stessa casacca, esso dribblò con una tecnica l’ennesimo difensore e la ripassò alla bionda, già messa davanti alla porta. Kido scattò in avanti non appena il pallone fu passato.
Il fischio dell’arbitro lo fece sorridere compiaciuto.
-Accidenti che roba! I ragazzi di quest’anno sono bravi! Credo proprio che sarà emozionante vedere le prossime partite!-. Gli occhi del preside brillarono per l’eccitazione, tanto da sembrare un bambino davanti ai regali di Natale.
Wallis riprese ad esaminare i giocatori, scoprendo che la partita aveva già ripreso con la palla della squadra bianca.
 
Appena ottenuta il pallone, Goenji si lanciò all’istante all’attacco. Doveva assolutamente fare goal!
Lance lo guardava con indifferenza, fermo nella sua posizione e assolutamente non intenzionato a muoversi da lì. Ho già mostrato quello che valgo, non c’è bisogno che mi lanci all’attacco!
Ma prontamente a stroncare l’avanzata del biondo ci fu Shìn, pronta a non lasciarlo passare. Si esibì in una soffocante marcatura a uomo: Goenji non poté avanzare nemmeno di poco, poiché tutti i suoi movimenti erano perfettamente controllati. Digrignò i denti:
-Credi che questo basti per fermarmi? Ci vuole ben altro!-. Ma la mora sorrise, compiaciuta:
-Sai, speravo proprio che me lo dicessi! PRESA DI VENERE!!!-. In un attimo dietro di lei comparve una donna formata interamente da fiamme scarlatte ardenti, che con un gesto tolse il pallone all’avversario:
-Oh no!-. Shìn proseguì vittoriosa palla al piede seminando l’attaccante e varcando la metà campo. Bene, e ora devo capire come arrivare in porta...
Per un attimo si guardò attorno: c’erano molti giocatori che non conosceva nella sua squadra, ma non sapeva di preciso quali fossero le loro abilità. Certo, conosceva Nagumo, Fudou, Alexia e Midorikawa, ma nessuno di loro possedeva un dribbling molto efficace, però probabilmente mettersi d’accordo con altri giocatori sarebbe stato inutile e assolutamente inefficace.
Improvvisamente notò un ragazzo accanto a lei: uno strano giocatore con un paio di occhialini da aviatore e una mantellina. L’aveva visto in difesa, che ci faceva lì?
In un attimo i loro sguardi si incrociarono, seppur intervallati dalle lenti del ragazzo. La mora gli passò quasi involontariamente la palla, incredibilmente sicura che presto gliel’avrebbe restituita. Esso proseguì la sua avanzata, seminando vari avversari e trovandosi davanti un ragazzo dalla chioma argentata e gli azzurri, Suzuno, anch’esso in una posizione non troppo favorevole alle sue abilità:
-E ora... GRANDE ILLUSIONE!!!-. Il giocatore con la mantellina fece una capovolta in aria con il pallone tra i piedi; quando toccò nuovamente terra esso si divise in tanti altri, che fluttuarono attorno all’avversario per confonderlo. Grazie a questa tecnica riuscì a eludere la difesa e a trovarsi in una buona posizione per tirare. Bene, sono alla porta. Però... non sarà facile segnare ad Endo...
Il portiere infatti già sfoggiava uno sguardo carico di sicurezza e determinazione che l’occhialuto conosceva fin troppo bene. Kido proseguì sulla fascia destra e fece per tirare ma, velocemente, passò verso sinistra, trovando al centro dell’area Shìn a ricevere. Seppur sorpreso, Endo riuscì a trovarsi esattamente davanti alla ragazza in modo da chiuderle lo specchio della porta. Ma la ragazza non stoppò la palla, facendola arrivare al ragazzo esattamente alla sua sinistra, Hiroto:
-Adesso tocca a me!-. Velocemente il rosso lanciò la palla in aria e la colpì in mezza rovesciata; in essa si sprigionò un’incredibile potenza proveniente dallo spazio. Il tiro si diresse con violenza verso la porta con una traiettoria simile a quella di una meteora:
-Prendi questo! METEORA DIROMPENTE!!!-. Per via dell’improvviso passaggio Endo ebbe il tempo solo di portare le mani in avanti, che ovviamente non bastarono a fermare il tiro, insaccatosi rapidamente in rete:
-Goal, la squadra rossa segna!-. I protagonisti dell’azione si riunirono, estremamente soddisfatti del lavoro compiuto:
-Complimenti, hai un ottimo tiro!-. Shìn non poté fare a meno di complimentarsi con il rosso, il quale, ovviamente, non fece altro che gasarsi:
-Già! La mia Meteora Dirompente non perdona nessuno! È un tiro imbattibile!-
-Tu non sei esattamente quello che si dice una persona “umile”, vero?-. Kido non poté fare a meno di dire la sua. Il rosso si grattò la nuca, imbarazzato:
-Beh, in effetti... comunque io sono Hiroto Kiyama, piacere di conoscervi!-
-Sono Kido Yuuto-
-Shìn Yang, e anche per me è un piacere!-. Endo sorrise largamente alla vista di quel trio appena formato: sicuramente sarebbero diventati ottimi amici. Che giocatori fantastici che ci sono qui! Sono davvero felice di vedere questa partita! Un sacco di ragazzi eccezionali stanno dando il massimo! Però io... Improvvisamente il suo sguardo si fece serio. Io non sto dando il massimo! Mi hanno fatto ben due goal! Ma non posso più permettermi di farmi cogliere nuovamente impreparato! Altrimenti rischio di non essere preso! Credo... che mi toccherà usare una tecnica diversa...
 
Mizuka smise per un momento di fissare il trio appena mostrato. Così non va bene... non va per niente bene! Oramai la partita è completamente avviata, tutti i ragazzi stanno sfoggiando le loro migliori abilità! E io... io mi sono fatta fermare dal fuorigioco e ancora non ho usato il mio tiro! Devo andare di nuovo all’attacco e segnare!... però... se prima non fosse intervenuto Shirou non avrei potuto ritrovarmi smarcata davanti alla porta... devo andare all’attacco, sì, ma con un compagno! Posò nuovamente lo sguardo sui giocatori presenti in campo, notando che il turchese ancora non si era messo in mostra. Sorrise. sì, poteva andare bene!:
-Ehi, tu!-. Kazemaru prestò la sua attenzione sulla bionda:
-Che vuoi?-
-Ti va di collaborare?-. Per un momento, il ragazzo credette ad uno scherzo:
-Scherzi, vero? Saremo anche compagni di squadra, ma allo stesso tempo siamo rivali! E poi non ho bisogno di te, devo solo mostrare che sono un centrocampista, non un difensore!-. Ma lo sguardo azzurrino della bionda si accese di determinazione, accompagnato da una voce che non ammetteva repliche:
-Senti, amico, oramai mancherà poco tempo alla fine della partita, e né tu né io abbiamo mostrato grandi abilità all’allenatore! Se vuoi essere preso, ti consiglio di fare ciò che la tua posizione di dice di fare!-
-Cioè?-
-Sei un centrocampista, no? Devo passare la palla all’attaccante, cioè io! Riflettici su-. Mizuka accennò ad un saluto, tornando alla sua posizione e lasciando Kazemaru con i suoi pensieri. ... ha ragione: di questo passò non mi prenderanno in squadra! E poi non dovrebbe essere troppo difficile farle arrivare la palla, se non fosse stato per il fuorigioco di prima probabilmente avrebbe segnato! Annuì, deciso: sapeva che cosa fare.
La partita proseguì con il pallone tra i piedi di Goenji; ma subito esso fu preso da Yukimura con una scivolata. Il ragazzo proseguì versò la porta, passando improvvisamente ad Atsuya:
-CUNEO ARTICO!!!-. La sua tecnica micidiale ebbe l’effetto sperato almeno in prossimità della porta, ben coperta dalla difesa. Improvvisamente l’albino fece dietro front e si fece seguire da essa, in modo che Yukimura potesse inserirsi e trovarsi in buona posizione per tirare:
-Vai!-. Ottenuta palla, il blu “graffiò” l’aria con i piedi, provocando una nebbia grigia; da essa comparve una pantera artica dai penetranti occhi rossi, che appena venne lanciato seguì il tiro con un potente ruggito:
-PANTHERN BLIZZARD!!!-. Il tiro viaggiò verso la porta, mentre Yukimura era certo di fare goal. Ma Endo stavolta non fu colto impreparato. Alzò esageratamente la gamba destra e poi sbatté violentemente il piede a terra; la mano corrispondente si chiuse a pugno e collegato ad esso si formò una sua copia più grande e fatta interamente di luce:
-PUGNO DI GIUSTIZIA!!!-. Grazie alla sua rotazione la tecnica respinse il tiro di Yukimura, lasciando quest’ultimo basito. Ha fermato il mio tiro?!
Anche Swan, che aveva scoperto sulla sua pelle la potenza del tiro del blu, era rimasta spiazzata da quella reazione. Improvvisamente la sua mente venne occupata da insicurezze. È... è stato incredibile... ha un tecnica eccezionale e una prontezza di riflessi invidiabile, verrà preso di sicuro. Ma io... io non ho altre tecniche da usare, e il Morso del Lupo hanno già potuto infrangerlo...
Persa nei suoi pensieri, l’azzurra non si accorse che la palla era stata recuperata da Kazemaru, il qual partì rapido attraversando il centrocampo. Ora è il mio turno! Ce la metterò tutta! E nonostante Shìn tentò di fermarlo, il turchese seppe rispondere:
-Non mi fermerai! SCATTO REPENTINO!!!-. Con incredibile velocità il ragazzo scattò a zigzag superando l’avversaria. Un dribbling semplice ma efficace, che non lo tradì fino al centro della metà campo della squadra rossa. Lì da solo sarebbe stato impossibile proseguire, anche con un dribbling efficace come il suo. Ma anche stavolta, la bionda attaccante seppe dove inserirsi:
-Bel lavoro! Ora passamela!-. Kazemaru sorrise, passando ben volentieri la palla. Mizuka si assicurò di non essere in fuorigioco e preparò il suo tiro da buona posizione. Caricò il destro e tirò, mentre il tiro venne seguito fino in porta da un lupo feroce:
-LUPO DELLA FORESTA!!!-. Swan cercò disperatamente di bloccare il tiro con la sua tecnica:
-MORSO DEL LUPO!!!-. Ma sapeva che non sarebbe servito: per via di come era abbattuta la tecnica era persino meno efficace rispetto a prima. Il tiro si insaccò a rete:
-Goal, la squadra bianca segna!-
-Sì! Ce l’ho fatta!-. Il turchese si avvicinò all’autrice del goal, porgendole la mano:
-Ti ringrazio-. Mizuka, leggermente sorpresa, si riprese con un sorriso, stringendogliela:
-Figurati! È stato un piacere!-. Swan cadde in ginocchio, affranta. Ora lo sapeva, non sarebbe stata presa in squadra. Ma che cosa credevo? Che bastasse avere una piccola tecnica micidiale per diventare il portiere di una squadra famosa? Sono stata proprio una sciocca ad illudermi! Sapevo che non sarei stata presa! L’altro portiere verrà scelto, lui è molto più bravo di me! Io non posso farcela! Atsuya, guardandola, si fece estremamente preoccupato: che era successo alla sua intrepida sorellina?
 
Non posso... non posso farcela...
La palla si ritrovò nuovamente al centro del campo, il calcio d’inizio destinato alla squadra rossa.
Ho perso, non sono riuscito a parare ben due tiri...
Nuovamente l’arbitro si accinse a fischiare per dare inizio a quella che probabilmente sarebbe stata l’ultima azione della partita.
La partita finirà, e con essa le mie speranze.
Dopo il fischio, subito Goenji rubò palla a Yukimura, dirigendosi di nuovo verso la porta.
Ho fallito, ho fallito, ho fallito, ho...:
-CHE COSA STAI COMBINANDO???-. Un urlo la scosse violentemente dai suoi pensieri depressivi. Non era la voce di uno dei suoi fratelli, né tanto meno di Yukimura. Era una voce nuova per lei, molto energica. E proveniva dal centrocampo... I suoi occhi grigi puntarono su di esso e si spalancarono completamente: a parlare era stato un ragazzo dai capelli bruni, gli occhi color cioccolato e una fascia arancione sulla testa. Lui?!:
-NON VORRAI MICA ARRENDERTI, VERO???-. Era proprio lui a parlare, ma soprattutto, a incoraggiarla, con la sua solita scintilla di determinazione negli occhi. Si fece passare la palla dal biondo e si portò esattamente di fronte a lei, posando un piede sulla palla:
-Non posso permetterti di concludere così una partita!-. Swan si riprese dalla sua incredulità assottigliando lo sguardo:
-Non hai il diritto di parlarmi in questo modo! Chi credi di essere?-
-Voglio solo impedirti di fare qualcosa di cui ti pentiresti!-
-Solo io ho il diritto di scegliere ciò che voglio fare! Non mi faccio condizionare da nessuno! E poi a te cosa importa? Siamo nemici!-. Endo digrignò i denti, fulminando la ragazza con lo sguardo:
-Non lo vuoi proprio capire, vero? Io voglio solo giocare a calcio, e se i miei avversari non si impegnano allora non ha senso giocare! Il calcio ha senso solo quando entrambe le squadre danno il massimo! E poi siamo avversari solo oggi! Per quel che ne sai, domani potremmo essere compagni di squadra!-. Swan sbarrò gli occhi. Lui... lui pensa questo? Vuole che io mi impegni solo per giocare una buona partita?:
-So che non hai ancora dato il massimo e questo mi fa imbestialire! Chi non si impegna al massimo fino alla fine, non gioca veramente a calcio!... ma se non vuoi impegnarti...-. Il bruno passò la palla a Goenji:
-... allora arrangiati, ma sappi che questo non è giocare a calcio!!!-. “Questo non è giocare a calcio!!!” Quella singola frase le rimbombò in testa. Significava forse che stava tradendo lo sport che amava? Io... io non ho dato il massimo, è vero. Mi sono spaventata alla prima difficoltà che mi si è presentata davanti, che cosa mi è preso? Quel ragazzo ha perfettamente ragione, questo non è giocare! Questo non è il mio calcio!:
-TORNADO DI FUOCO!!!-. Anche se un po’ confuso dalle parole del bruno, il biondo tirò comunque in porta. La palla avvolta dalle fiamme si diresse verso l’azzurra, ancora scossa, il capo chino e lo sguardo basso. Per un attimo, i suoi due fratelli temettero che il tiro avrebbe colpito la sorella. Ma questa puntò uno sguardo incredibilmente determinato verso il pallone infuocato, alzando le mani, quasi ruggendo contro il pallone:
-Non ho dato il massimo, ma non succederà più! Mai più mi bloccherò davanti alle difficoltà! Darò tutto quello che ho! PER IL MIO CALCIO!!!-. E inaspettatamente Swan fu avvolta da una misteriosa aura color neve, che a poco a poco prese la forma di un imponente ed maestoso lupo dai limpidi occhi azzurri. Il pallone colpì l’aura facendola scomparire di colpo, ma l’energia prodotta bastò a deviarlo sopra la traversa.
L’azzurra fu scaraventata a terra per la potenza prodotta. Rimase incredula, gli occhi spalancati e le pupille tremolanti. Che... che è successo?
Ma non ebbe il tempo di formulare altri pensieri che subito il triplice fischio dell’arbitro mise fine alla partita.
 
-Bene, dopo aver visto questa partita, ora vi dirò la lista di tutti coloro che sono stati ammessi alla Raimon...-. L’allenatore Willis radunò attorno a lui tutti i giocatori, stanchi ma soddisfatti più o meno della partita appena svolta. Ognuno di loro rimase in attesa, speranzosi che le loro abilità fossero bastate.
Per un momento l’uomo rimase in silenzio, come se volesse mettere ansia ai ragazzi davanti a lui. Sembrava che quel breve momento di quiete fosse la calma prima della tempesta.
Finalmente, dopo un’attesa che parve esagerata a tutti, Willis riprese a parlare:
-I giocatori sono i seguenti...:
Lance Kipling;
Goenji Shuuya;
Atsuya Fubuki;
Hyoga Yukimura;
Tsurugi Kyosuke;
Mizuka Sato;
Alexia Black;
Hiroto Kiyama;
Kido Yuuto;
Shìn Yang;
Matsukaze Tenma;
Kazemaru Ichirouta;
Nishizono Shinsuke;
Gabriel Andreus;
Shirou Fubuki;
Endo Mamoru
e Swan Fubuki. È tutto, da domani inizieremo l’allenamento-. L’uomo lasciò con calma il campo, come se non fosse successo nulla di importante.
L’azzurra era rimasta paralizzata appena aveva sentito il suo nome. I suoi occhi contenenti quelle iridi grigie si erano completamente spalancati. Mi... mi hanno preso? Mi hanno preso... MI HANNO PRESO!!!:
-Sì! Ce l’ho fatta!!!-. La ragazza si riunì ai due fratelli, anch’essi vittoriosi:
-Siamo entrati tutti e tre, ragazzi! È fantastico!-. Atsuya sorrise arrogantemente:
-Avevi qualche dubbio? Il grande trio Fubuki spacca!!!-. Gli altri due scoppiarono a ridere, liberandosi in questo modo della tensione e della fatica accumulata durante l’incontro.
L’azzurra si allontanò per un momento dai fratelli, avvicinandosi al portiere che fino a quel momento era suo avversario. Attirò la sua attenzione un po’ titubante:
-Senti... ecco...-. Il ragazzo, inizialmente leggermente confuso, sorrise:
-Figurati, non c’è di che!-. Swan, sollevata, gli tese una mano, che fu subito stretta:
-Mi chiamo Swan Fubuki. Da domani, come avevi previsto, saremo compagni di squadra!-
-Proprio così! Io sono Endo Mamoru! Difenderemo la porta di questa squadra insieme!-. I due si sorrisero a vicenda.
Finalmente potevano davvero considerarsi amici.
 
Shìn non era ugualmente allegra. Teneva lo sguardo basso, senza avere il coraggio di alzarlo. ... hanno preso solo me e Alexia, solo noi due... perché? Non è giusto!:
-Non hai l’aria di una che è felice essere entrata nella squadra!-. Nagumo le diede una piccola pacca sulla spalla, sorridendo:
-Guarda che non devi essere triste per me e gli altri!-
-Però...-
-Nagumo ha ragione!-. Midorikawa le circondò il collo col braccio:
-Shìn, te l’ho già detto! Sei grande in campo, e lo sei stata anche oggi! Per questo motivo voglio che tu affronti le partite giocando anche per noi!-
-Ehi! Guarda che hanno preso anche me!-. Alexia mise il broncio, avvicinandosi alla combriccola. Nagumo, imbarazzato per quel piccolo dettaglio imbronciato, tentò in qualche modo di cambiare argomento:
-Ehm... avete visto Fudou?-. Si accorse all’istante che era davvero un punto importante. Le due more e il verde si guardarono attentamente attorno, ritrovandosi solo a guardare facce estremamente diverse dalla sua:
-Che succede?-. Shindo corse incontro ai ragazzi, perplesso. Shìn e Alexia erano preoccupate per essere due entrate in una squadra famosa:
-Non troviamo Fudou...-. Il ragazzo sbuffò, esibendo noncuranza. L’ultima persona a cui voleva pensare era proprio lui:
-Bah, sarà andato a pensare da solo, sapete com’è fatto!-. Shìn guardò il cielo, pensando al suo amico. Aveva una strana sensazione, troppo brutta per essere qualcosa da passarci sopra.
 
-Allora, che dici?-. Il preside, finalmente senza maglietta e guantone, affiancò l’allenatore:
-Credi che formeranno una buona squadra?-. L’uomo non rispose, puntando i suoi occhi cremisi al cielo.
Il futuro ancora era incerto, non poteva sapere cosa avrebbe riservato loro.
 
Ed ecco un nuovo capitolo!
Lo so, è parecchio lungo, ma dovevo valorizzare i vari personaggi e le loro abilità!
So che la Difesa di Ghiaccio di Shirou è una tecnica di difesa, ma talvolta mi piace vedere gli effetti delle tecniche in contesti differenti! Ce la vedevo bene come tecnica di dribbling!
Spero che la squadra così formata piaccia! E spero di avervi incuriosito!
Piano piano tratterò le coppie che mi avete richiesto e qualcuna che aggiungerò io(così, tanto per complicarmi l’esistenza!)
Okay, metto qui la solita traduzione, anche se mi pare che ci sia solo una tecnica che ne necessita:
Panthern Blizzard:tormenta della pantera(non sono al cento per cento sicura che la traduzione sia esatta...)
Okay, con questo concludo!
Ah! Ultima cosa! Ribadisco che ho bisogno di altri personaggi secondari. Lo so che sono ripetitiva, ma...
Comunque ringrazio Marie16, _Pandora_, Words_ e Chicco90 per i personaggi secondari che mi avete già dato. Al momento ho un allenatore, un preside, una fioraia e tre insegnanti! Gli altri sono ancora liberi!
Bene, ho finito! Alla prossima!
Purple_Rose
 

 

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Capitolo 5
*** Scintille in campo e nella vita ***


Scintille in campo e nella vita

-Allora... hai sentito Fudou, Shìn?-. Un altro orario scolastico si concludeva per due giovani studentesse della Raimon Jr. H. In quel momento queste stavano accanto al campo da calcio nel cortile della scuola, che consisteva in una serie di prati verdi sopra i quali spuntavano rigogliosi dei romantici alberi di ciliegio in fiore.
Le due ragazze in questione sedevano su uno di questi prati, mostrando un’aria seria e preoccupata. Forse perché l’argomento della discussione era serio e preoccupante:
-No, Alexia, purtroppo non ho la più pallida idea di dove sia!-. Una delle due si alzò di colpo, mettendo piede fuori dall’erba e pestando con violenza la staccionata:
-Ma dove si è cacciato quell’idiota? Vuole farci preoccupare per niente? Mancare alla lezione! Che tipo!-. Shìn posò una mano sul mento, assumendo un’espressione pensierosa:
-Mi chiedo solo perché l’ha fatto...-
-Forse vuole solo attirare l’attenzione! Tu che dici?-. L’interpellata sospirò, alzando lo sguardo al cielo. Vorrei che fosse sparito solo per avere un po’ di sguardi puntati su di lui...:
-Ho paura che ci sia rimasto molto male per non essere preso nella Raimon...-. Dal suo punto di vista, la risposta alla domanda dell’amica era abbastanza ovvia:
-Bah, quello lì non sa come affrontare la vita!-. Shindo si intromise nella discussione sedendosi accanto a Shìn, l’aria di chi parla di una persona che proprio non sopporta. E, infatti, era esattamente così:
-Si butta giù per un singolo insuccesso! Scommetto che domani lo vedremo entrare in classe con la coda tra le gambe e la faccia di un cane bastonato!-. La ragazza in piedi annuì, completamente d’accordo con le parole dell’amico. L’altra invece rimase interdetta:
-Andiamo, Shindo, non essere così duro! Sarebbe dispiaciuto anche a me se non fossi stata presa!-
-Va bene, ma tu sei abbastanza matura da affrontare la cosa. Lui che ha fatto? Ha saltato un giorno di scuola senza nemmeno avvertire! Probabilmente a imprecare contro un albero!-. Ad Alexia sfuggì una risatina. Certo, la vista di un ragazzo lanciare insulti contro una pianta inanimata sarebbe stata una vista divertente da ogni punto di vista...:
-Sarà, ma io sono comunque in pensiero, è pur sempre nostro amico! E poi non credo che sia così vigliacco!-. Shindo sospirò, noncurante delle motivazioni dell’amica. Chiaramente era convinto di che non fosse un argomento importante, tanto da risultare noioso e inutile:
-Datti pace, Shìn vedrai che...-. Improvvisamente le note del componimento di Mozart “Alla turca” si diffusero nell’aria. Le due more si guardarono reciprocamente, poi scoppiarono a ridere. Shindo arrossì d’imbarazzo, mettendo il broncio e rispondendo al cellulare dalla quale proveniva quella suoneria:
-Basta! Piantatela di ridere!-
-Shindo, sei proprio all’antica!-
-Antipatiche... pronto?-
-Shindo? Sono Nagumo. Ci sono Shìn e Alexia con te?-
-Sì, perché?-
-Metti il vivavoce, dobbiamo dirvi qualcosa di importante!-. Il ragazzo rimase sorpreso. Perché quel tono preoccupato?
Mentre lui e le ragazze erano appena fuori dalla scuola, Nagumo e Midorikawa erano proprio al suo interno, nella loro stessa classe. Vicino a loro stava una donna, evidentemente una docente visto il registro in mano e l’aria diligente che la contraddistingueva. I capelli corvini erano legati in due chignon, acconciatura tipicamente cinese come i tratti del viso, tra cui gli occhi a mandorla. La pelle lattea era incredibilmente pallida, soprattutto se messa in contrasto con i toni scuri dei due occhi neri profondi.
Subito la voce di Nagumo fu udibile da tutti e tre gli studenti:
-Okay, ci siamo, che cos’hai di così urgente da dirci?-
-Abbiamo appena parlato con l’insegnante della nostra classe e di quella di Fudou, Mariko Chashiro-sensei. Siamo venuti a chiederle solo se aveva visto il nostro amico da qualche parte e se per le lezioni servivano materiali particolari, anche perché devo passare dal negozio a comprare qualche quaderno e...-
-DANNAZIONE NAGUMO, ARRIVA AL DUNQUE!!!-. Il rosso allontanò per un momento il cellulare dall’orecchio, cercando di capire se ancora riusciva a sentire. Il temperamento della sua amica spesso lo lasciava interdetto:
-Alexia, calmati, adesso ci sono! Comunque...-. Fece una pausa, prendendo una grossa boccata d’aria:
-... ci ha detto che ha ritirato l’iscrizione alla Raimon-. Cadde il silenzio. Da nessuna delle due parti si sentiva rumore. Anche Shindo, che aveva espresso tutti quei risentimenti sul ragazzo, era rimasto di sasso alla notizia. Alexia era nel suo stesso stato, allibita.
Invece Shìn, ripensando alla partita e alle affermazioni del pianista, dovette dare ragione proprio a quest’ultimo.
Fudou Akio non era altro che un codardo, una persona che non sa affrontare la realtà.
E non averlo più davanti non poteva che farle piacere.

-... non ci credo...-
Un altro orario scolastico volgeva al termine, cinque ore di noioso studio volavano via per lasciar spazio ad un pomeriggio completamente libero fino al giorno dopo, in cui la routine imponeva nuovamente la permanenza in quel tempio della noia.
Molti studenti, dopo essere sopravvissuti allo straziante insegnamento, avevano in mente solo sfere bianche e nere, tanto da non riuscire più a farne a meno.
-... non è possibile...-
Ovviamente la passione calcistica non riguardava solo i calciatori, ma anche i manager e, ovviamente, i tifosi della loro squadra del cuore. Una di queste non vedeva davvero l’ora di ammirare la squadra della Raimon formata solo ieri.
-... no...-
Ma il destino pareva non essere d’accordo...:
-Mi sono persa! -... e nemmeno il suo carattere privo di orientamento.
Akira sospirò pesantemente, scostando nervosamente una ciocca turchese dall’occhio. Certo non era la prima volta che le capitava, quindi sapeva più o meno come muoversi. Afferrò il cellulare, digitando un numero che ormai conosceva a memoria:
-Pronto?-. Sentendo la voce che sperava, mise nella sua risposta tutta la dolcezza che poteva in modo da sembrare il più disperata possibile:
-Kazemaru... nii-san... fratellone... aiuto...-. Ma il proprietario della voce parve non cedere. Rispose rimanendo freddo e indifferente:
-Tiro a indovinare, ti sei persa?-
-... Sì-. Buttò fuori un sospiro esasperato. Ma quante volte doveva capitare?:
-Bene, questo spiega come mai sono fuori dalla scuola ad aspettarti e tu non sei accanto a me... e dove ti sei persa stavolta? Per strada? Nella città? In un bosco senza nome?-. La turchese si guardò attorno, puntando i corridoi scolastici con sommo rammarico:
-A scuola-. Dalla parte opposta Akira poté sentire il fratello abbandonarsi ad una sonora risata, il che la fece innervosire non poco. Maledisse mentalmente il suo orientamento scarso se non nullo, fulminando il cellulare come se avesse davanti Kazemaru:
-Piantala!-
-Va bene, va bene... suppongo che non vedrai gli allenamenti! Pensi di farcela ad uscire?-
-Ehm... se non altro ci proverò...-
-Meglio di niente, cerca di sopravvivere!-
-Farò del mio meglio-. La conversazione si interruppe, lasciando la turchese sola a risolvere il suo problema, bloccata tra una miriade di classi mai viste finora.
Cominciò ad incamminarsi, sperando di trovare l’uscita o perlomeno di sbucare in qualche luogo anche solo lontanamente familiare. Nel caso contrario, avrebbe rivisto quei deliziosi carabinieri che più di una volta l’avevano portata in salvo.
Tra un corridoio e l’altro riuscì perlomeno a scorgere una classe conosciuta, forse quella del fratello, capendo seppur in modo approssimativo la strada da prendere.
Peccato, le divise dei carabinieri erano adorabili.
Fece per imbucare un corridoio che forse l’avrebbe condotta alla salvezza, ma qualcosa attirò la sua attenzione. Un colore che si distingueva benissimo dal resto della struttura: rosa.
Un rosa deciso e appariscente, forse eccentrico, che si distingueva benissimo dalle tonalità spente delle pareti scolastiche.
Appena sotto, due pezzi di un limpido cielo azzurro non sfiguravano in fatto di vivacità.
In un attimo quelle due pozze celesti incontrarono le due iridi color miele, queste rimanendo incatenate da quel limpido sguardo azzurro
Quegli occhi riuscirono ad incantare Akira, tanto che questa non si accorse della persona alla quale appartenevano:
-Ehm... che stai guardando?-. Solo sentendo la voce della persona in questione la ragazza distolse lo sguardo, arrossendo imbarazzata:
-Scusa! Scusa! Non ti avevo visto!-. Akira posò titubante lo sguardo su di lui, osservandolo meglio: sembrava una femmina, sì, ma a lei non era sfuggito il fatto che davanti a lei c’era un ragazzo dai capelli rosa legati in due codine e due occhi azzurri, nella quale era sicura che ci avrebbe visto il suo riflesso se si fosse specchiata al loro interno.
Solo riprendendosi dall’imbarazzo si accorse che l’aveva già visto:
-Scusa, ma... tu non hai partecipato alla selezione della Raimon? Sì! Sei quello del “The Mist”!-. Il ragazzo distolse lo sguardo, mordendosi il labbro. Akira cercò di incrociare nuovamente il suo sguardo, senza successo:
-Ho perso, ti basta sapere questo-. La vergogna di non aver sentito il suo nome in quella lista lo fece stare di nuovo male. Fece per allontanarsi, ma la ragazza lo prese fermamente per un braccio:
-Dove credi di andare?-. Il ragazzo si voltò, rimanendo bloccato in uno sguardo che non ammetteva repliche. Due iridi color miele decise e sicure erano insistentemente puntati verso le sue. Per un momento temette che queste potessero prendere fuoco da un momento all’altro:
-Non ti azzardare a buttarti giù! Non puoi farlo per un singolo insuccesso! Non te lo perdonerò mai!-. Ripresosi, ricambiò ampiamente quello sguardo intenso:
-Non sei tu a comandarmi! Chi sei per dirmi questo?-
-Chi sei tu per avere il diritto di arrenderti?-. Rimase spiazzato, senza sapere cosa ribattere. In questo modo Akira poté proseguire senza interruzioni:
-Se c’è un tipo di persona che proprio non sopporto è quella che crede di poter arrendersi solo perché non ce la fa! Non è così che funziona, ficcatelo bene in testa! Quando pensi di non farcela, non ce la farai in partenza! E questo non è il modo di pensare che dovrebbe avere un giocatore di calcio serio!-. Il ragazzo rimase paralizzato, quasi ammaliato da quelle parole. Perché aveva ragione, eccome se aveva ragione. Forse... in fondo non sono un giocatore serio... sto solo mettendo in cattiva luce questo sport.
Rimasero entrambi in un silenzio tombale, ognuno perso negli occhi dell’altro, dimenticandosi che erano ancora all’interno della scuola. Per un momento, nella testa del ragazzo, prese forma il pensiero che la ragazza di fronte a lui era davvero carina. Ma il pensiero svanì dopo poco tempo, permettendogli di riprendere contatto con la realtà. Si liberò della presa delicatamente e si voltò, rimanendo immobile sul posto:
-... come ti chiami?-. La turchese si svegliò di colpo da quella specie di trans, sorprendendosi di sentire una frase così normale dopo il discorso fatto poco prima:
-... Akira Ichirouta, del club di tennis-
-Io sono Ranmaru Kirino. Mi ricorderò di te, Akira Ichirouta del club di tennis-. Kirino accennò ad un saluto sempre rimanendo di spalle, allontanandosi lentamente subito dopo.
Akira rimase immobile a fissarlo andarsene, senza sapere bene cosa fare. Poi, improvvisamente, si lasciò cadere a terra, posando una mano sul cuore: batteva furiosamente. Da quando abbiamo iniziato a parlare, mi sono sentita così tesa, come se avessi avuto la necessita di fare bella impressione su di lui. Perché? Non mi era mai capitato...
Soprappensiero, si rialzò e prese a camminare distrattamente. Kirino... lui mi ha fatto sentire strana, eppure l’ho visto solo ieri... che cosa può significare? Chissà... ma?!
Improvvisamente si fermò, guardandosi attorno. Che fine aveva fatto la classe di suo fratello?:
-... di nuovo...-. Afferro nuovamente il telefono, digitando nuovamente lo stesso numero:
-Pronto?-
-... fratellino...-
-... carabinieri?-
-Carabinieri-. Se non altro loro li conosceva bene, mentre la vera personalità di Kirino Ranmaru restava tuttora un mistero per lei.

-Passa! Passa, Lance!-
Il normale allenamento pomeridiano era appena iniziato. Gli ordini dell’allenatore Willis erano quelli di disputare qualche partitella cinque contro cinque, in modo da decidere la formazione per la prossima partita.
Già, perché la Raimon era stata iscritta al Football Frontier, il più grande torneo delle scuole esistente in Giappone, nel quale la squadra del fulmine era sempre stata considerata una tra le favorite per via dell’abilità dei giocatori, della strategia dell’allenatore e di un notevolissimo gioco di squadra:
-Passa!... ehi! Ho detto passa!-... che in quel momento pareva non essere messo troppo in evidenza.
Lance correva palla al piede, seminando e dribblando avversari con la stessa facilità grazie la quale si era distinto nella partita di selezione. Ma, a differenza di quel match, accanto a lui c’era Mizuka, completamente smarcata e pronta a ricevere in qualsiasi momento il pallone. Eppure quel momento sembrava non arrivare mai:
-E svegliati, Kipling! C’è Mizuka completamente libera!-. Swan, finita per casualità nella porta della squadra di quello stesso albino, non faceva altro che urlargli contro. Ma che combina? Non sa passare? Se continua così manderemo il gioco di squadra semplicemente sotto i piedi!
Con un abile tuffo Endo sventò il pericolo del tiro di Lance, piazzato proprio all’incrocio destro dei pali. Il bruno fece suo il pallone e con un lungo rinvio lo rilanciò velocemente in avanti. Goenji tirò al volo al primo passaggio, senza lasciare il tempo all’azzurra di controbattere.
Lance sbuffò, tornando alla sua posizione come se non fosse successo niente. Ma c’era chi non la pensava esattamente così:
-Ehi!-. Infatti una certa biondina irritabile cercava di folgorarlo con lo sguardo, mettendosi proprio di fronte a lui. Il ragazzo la guardò con noncuranza:
-Che vuoi?-
-E me lo chiedi anche? Sono stata per mezz’ora ad aspettare che mi passassi la palla! Non mi hai visto?-. Il ragazzo rimase totalmente indifferente, come se l’argomento in questione fosse completamente inutile:
-Certo che ti ho visto. Comunque non ho bisogno né del tuo aiuto, né tanto meno quello degli altri! Posso fare tutto da solo senza problemi!-. Mizuka riuscì per miracolo a trattenersi dall’urlargli addosso ciò che pensava. Come se la squadra fosse inutile! Se fosse come dice lui questo sarebbe uno sport individuale! Che idiota...:
-Tu non sai di che parli!-
-Se non ti piaccio, non è un mio problema! Comunque il capitano della squadra lo sceglieranno in base alla bravura, e io sono certo di essere il migliore in campo! Ti conviene fartene una ragione, Mizuka...-. Lance si allontanò, indifferente alla reazione che le sue parole avrebbero avuto. La ragazza sbarrò gli occhi, accorgendosi che in quella frase un fondo di verità c’era. Se lui diventa il capitano, qui non credo che riusciremo a fare un buon lavoro... che diamine!::
-Certo che è davvero bravo!-. La sua attenzione si posò sul portiere avversario, sul viso dipinta un’espressione ammirata, quasi infantile. La bionda non poté fare a meno di ridere a quella vista:
-Tu sei il fratello di Marie, giusto?-
-Sì, mi chiamo Endo! E tu sei Mizuka, giusto? Piacere di conoscerti!-. I suoi occhi azzurrini si posarono con rabbia di nuovo sull’albino, cercando in qualche modo di capire il suo comportamento così diverso dal suo:
-Sarà anche bravo, ma non lo capisco davvero!-
-Per me l’importante è che si diverta!-. La ragazza rimase basita da quell’affermazione:
-... cosa?-. Gli occhi color cioccolata del portiere si fecero sognanti:
-Io voglio che tutti i giocatori di questa squadra riescano a divertirsi giocando a calcio tutti insieme! Credo che sia questo lo scopo di chi vuole giocare a calcio! Desidero vedere persone diverse unirsi grazie alla passione per questo sport! Se tutte le ostilità cessano, allora è più divertente giocare a calcio!-. La bionda rimase di sasso. Wow, che ideali... Un enorme sorriso prese forma sul suo viso. Si girò e fece per tornare alla sua posizione. Poi si voltò nuovamente verso il portiere, facendogli l’occhiolino:
-Sai, vorrei che tu diventassi il nostro capitano!-. E concluse l’azione, dirigendosi verso il centrocampo. Endo, rimasto leggermente confuso, si aprì in un sorriso esagerato:
-Grazie!-
Poco lontano da loro, a bordo campo, l’allenatore Willis sorrise.
Quello era l’entusiasmo che cercava nei suoi giocatori.

Coraggio... dai... forza...
Fuori dall’edificio, nel cortile, una timida moretta tentava in tutti i modi di farsi coraggio per fare qualcosa di sovrumano, qualcosa che di certo avrebbe messo in seria difficoltà chiunque...
... andiamo... vai lì e presentati...
... o forse “quasi” chiunque.
Poco lontano dalla ragazzo un trio di ragazzi si dirigeva verso il campo di calcio: un ragazzo alto dall’aria distaccata e arrogante, un piccoletto allegro e vivace e un ragazzo estremamente eccitato all’idea di entrare in campo. Quest’ultimo, castano dagli occhi grigi, era l’obbiettivo della mora, che nonostante gli sforzi non era riuscita a convincersi per andare a presentarsi.
Non è niente di scandaloso: vai lì e dì il tuo nome! Tutto qui!... MA NON CE LA FACCIO!!!:
-Che stai facendo?-. La mora sobbalzò, voltandosi di colpo e riconoscendo una bruna dagli occhi grigio-azzurri, che in quel momento parevano infastiditi:
-Kanzaki-san...-. La ragazza sbuffò, alzando lo sguardo:
-Visto che siamo entrambe manager, puoi chiamarmi solo Eri-
-... d’accordo...-. Il suo sguardo cadde sul trio di ragazzi poco lontani da loro. Non le ci volle molto per capire la situazione:
-Aspetta un po’... non mi dirai che ti interessa qualcuno, vero?-. La mora, colta in fragrante, cominciò a sudare, cercando faticosamente di nascondere il suo evidente nervosismo:
-Ma no, ma no... io... beh...-. Che ragazza fragile... un momento, perché sto perdendo tempo con lei? I miei amici mi aspettano!:
-Devo andare... a più tardi-. Eri fece per andarsene, mentre Tsubomi si perdeva nuovamente in pensieri autoconvincenti. Ma che combini? Finalmente qualcuno ti parla e tu lo lasci andare così? Muoviti! Dì qualcosa! Qualunque cosa!:
-... Eri-san... perché sei così magra?-. La bruna si bloccò di colpo, sbarrando gli occhi. La mora si maledì per aver fatto una domanda tanto personale e invadente. Eri fece marcia indietro, ritrovandosi nuovamente davanti alla ragazza:
-... quindi vuoi fare colpo su uno di quei ragazzi?-. Tsubomi spalancò gli occhi. Poi sorrise:
-Beh... forse...-. La bruna la prese per la spalle, direzionandola verso i tre ragazzi:
-L’unica cosa che devi fare è dire il tuo nome, salutare e magari accennare ad una conversazione. Niente di più, niente di meno. Pensi di farcela?-. Prese una lunga boccata d’aria, provando a farsi forza:
-Almeno ci proverò-. Con una leggera spinta Eri convinse la mora a camminare, nonostante il cuore le battesse a mille per l’emozione. Arrivata alla meta, la sua presenza catturò subito l’attenzione di tutti e tre gli studenti, compreso il castano alla quale mirava.
Socchiuse gli occhi, chinando il capo e stringendosi le mani:
-... c-ciao... s-sono una delle n-nuove manager... v-vorrei... p-presentarmi...-. Serrò le palpebre, mentre la paura di essere presa in giro la attanagliava completamente. E se ridono di me? E se mi prendono per una cattiva persona? E se non piaccio? E se poi...? E se qui...? E se dopo...?:
-Allora piacere di conoscerti! Come ti chiami?-. Rimase incredula per qualche secondo, alzando lo sguardo. Ad accoglierla c’erano due sorrisi allegri e uno sguardo freddo, ma non ostile. Il castano subito le porse la mano:
-Io sono Matsukaze Tenma!-. Tsubomi allungò titubante la mano e strinse quella offerta, sorridendo nervosamente, il viso rosso come un pomodoro maturo. Matsukaze Tenma... che bel nome...:
-... s-sono Tsubomi Murasaki, p-piacere-. Il ragazzino più basso cercò di farsi più alto in modo da attirare l’attenzione:
-Nishizono Shinsuke, felice di conoscerti!-. Il terzo evitò di incrociare lo sguardo della ragazza, rimanendo serio e imperturbabile:
-Tsurugi Kyosuke-. Alla mora parve di sognare. È andata bene... è andata bene! Mi sono presentata, sanno il mio nome! E io so il loro! Evviva!!!
Da lontano Eri sorrise, procedendo nella direzione che aveva preso inizialmente. Che ragazza strana, è troppo timida. Ma dopo tutto... non è male conoscere nuova gente...:
-Quindi... sei una delle nuove manager?-.
-Sì, esatto...-
-TENMINO!!!-. Ma subito una voce squillante ed energica mise un freno alla discussione che pareva stesse trovando un suo inizio. Il castano spalancò gli occhi quasi con orrore. No, non dirmi che...!:
-TENMINO STO ARRIVANDO!!!-. Prese a sudare, mentre il viso si fece dannatamente preoccupato:
-Oh no! Lei no!-. Tsurugi trattenne una risata:
-Mi sa che non te ne sei liberato...-. La mora si fece curiosa:
-Chi?-. Improvvisamente la risposta alla domanda arrivo con una studentessa, che si lanciò all’istante verso Tenma, stringendolo per il collo:
-Oh, Tenmino ti ho trovato! Finalmente! Ti sono mancata? Sappi che ora non ci lasceremo mai, te lo prometto! LA TUA HANA SARà CON TE D’ORA IN POI!!! NON DEVI TEMERE NULLA!!!-. Mentre il centrocampista rischiava seriamente di soffocare, Tsubomi ne approfittò per osservare meglio la studentessa: una bella ragazza dai capelli color grano lunghi e fluenti fino alla vita. La carnagione era abbronzata e uniforme in tutto il corpo, mentre gli occhi color nocciola si sposavano perfettamente con essa. È... è davvero carina...
La mora cominciò a sentire qualcosa, come un fastidio di cui sembrava non potersi liberare al momento. Un peso opprimente e antipatico. Sapeva cosa lo provocava, ma non aveva idea del perché.
E mentre la ragazza manifestava apertamente la sua felicità, il viso di Tenma per un momento si fece viola:
-Ha... Hana-chan... mollami... non respiro...-. Dopo che il castano poté respirare e il suo colorito tornò normale, finalmente riuscì anche a salutare la ragazza, visto che finora non era riuscito a farlo:
-... ciao, Hana-chan, cosa ti porta qui?-. La bionda sorrise maliziosamente, toccandogli la punta del naso con un dito:
-Ma quanto sei sciocchino, Tenmino! Sono qui perché sono iscritta alla Raimon, ovvio! Così potremo stare insieme tutto il tempo anche a scuola!-. Tenma sorrise nervosamente, cercando di sembrare all’apparenza allegro dietro ad una notizia che l’aveva lasciato con l’emozione opposta. Iscritta alla Raimon... vuol dire che ce l’avrò incollata tutto l’anno! Ma perché???
Finalmente Hana parve accorgersi di Tsubomi, la quale ancora non si era liberata del malessere dovuto alla sua presenza. Puntò lo sguardo verso la possibile rivale:
-E tu chi sei?-. I suoi occhi color nocciola si fecero minacciosi sulla ragazza e il suo viso si corrucciò in un’espressione molto poco rassicurante, che alla mora fece accapponare la pelle. Prese addirittura a tremare, mentre si strofinava le mani l’una contro l’altra per consumare almeno in parte la tensione, senza successo:
-Sono Murasaki... cioè, Tsubomi... Tsubomi Murasaki!-. Hana sorrise beffarda. E lei vorrebbe provarci con il mio Tenmino? L’ho battuta in partenza, sia in aspetto, sia in carattere! Non ha speranze! Afferrò il braccio di Tenma e si esibì nella sua espressione da cucciolo migliore:
-Tenmino, perché no ce ne andiamo da qualche altra parte? Qui è troppo affollato! Ti devo raccontare moltissime cose!-. Tenma ne rimase leggermente inquietato, buttando un occhio su Tsubomi. Ancora non aveva avuto modo di conoscerla bene...:
-Veramente io...-. Questa sorrise in modo rassicurante, sentendosi solo un fastidio per quei due. Evidentemente quei due stanno insieme... pazienza, credo che sia meglio andare:
-Non preoccupatevi, me ne vado io. È chiaro che avete molto da fare insieme-. E subito si incamminò lontano da loro, felice di aver fatto amicizia ma affranta dal peso che si era formato sul suo cuore, di cui ancora non riusciva a liberarsi.
Hana, più contenta che mai dopo che la moretta se n’era andata, tornò alle sue moine:
-Allora, Tenmino, andiamo? Dobbiamo recuperare il tempo perduto! Forza!-. Tenma prese a camminare con la bionda attaccata al suo braccio, pensando a malincuore a Tsubomi.
Alla fine, gli sarebbe piaciuto rimanere ancora un po’ con lei.

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E la graziosa Haruna sembrava esserne perfettamente consapevole.
Infatti, dalla sua macchina fotografica proveniva di continuo uno scatto, segno che quell’oggetto si stava riempiendo di foto, ognuna diversa da quella precedente:
-Haruna, non credi di aver fatto abbastanza fotografie?-. La corvina si allontanò per un momento dall’obbiettivo, porgendo la sua attenzione ad Haruhi, esattamente accanto a lei. Erano appena fuori dalla scuola, davanti al cortile, che oramai era preda degli scatti di Haruna, ancora decisa a non smettere:
-Mi sto allenando! Ora che mi sono iscritta al giornalino scolastico come fotografa devo fare pratica!-. La blu ridacchiò, cercando di non darlo a vedere. Come se avesse visto la sua amica una sola volta senza macchina fotografica in mano!:
-Ciao, ragazze...-. A loro si avvicinarono Gabriel e Suzuno, mantenendo la loro solita aria fredda. Haruna puntò la sua macchina sul primo, arrossendo:
-Gabriel... posso farti una foto?-. Lui la squadrò per due secondo, per poi annuire leggermente. Al click, la corvina guardò la macchina con occhi sognanti: questa foto l’avrebbe di sicuro sviluppata! Haruhi assunse un tono triste:
-Mi spiace che non ti abbiano preso, Suzuno...-. L’interessato rimase gelido come sempre, cercando nonostante tutto di mostrarsi perlomeno un po’ rattristato:
-Pazienza, a volte si vince, a volte si perde-. La blu si fece subito allegra: per Suzuno, questo equivaleva ad una scarica di determinazione e fiducia in se stesso, anche se non sembrava.
Haruna riprese a puntare in ogni dove la sua “arma”, rimanendo ferma in un punto in particolare. Subito cercò di vedere meglio, spalancando gli occhi per la sorpresa:
-Ragazzi! Quella è Natsumi Raimon!-. Gli altri tre mostrarono all’istante la loro attenzione, posando i loro sguardi verso una studentessa, accompagnata da un uomo. Questa mostrava con grazia dei meravigliosi boccoli ramati, lasciati sciolti e fluenti come se dessero modo di essere ammirati dagli altri. Gli occhi color mandorla trasmettevano autoritarietà e una certa altezzosità, dando il tocco finale ad una persona dall’aria elegante e raffinata. Vicino ad essa stava un uomo vestito tipicamente da maggiordomo, che sosteneva su di lei un prendisole rosa, in modo che la candida pelle rimanesse perfetta com’era.
Ad Haruna brillarono gli occhi per l’eccitazione, scattando all’istante l’ennesima fotografia su quella che era considerata una “celebrità”:
-Guardate che portamento! E che leggiadria! E poi è davvero bella come dicono!-. Haruhi alzò il sopracciglio, confusa. Davvero quella era così famosa?:
-Non capisco, in fondo è solo la figlia del preside...-. La corvina la fulminò con i suoi occhi grigi, corrucciando la fronte come se avesse appena sentito la cosa più bizzarra del mondo:
-Non è solo questo! Natsumi Raimon, oltre ad essere davvero la figlia del preside, è anche stata la prima della scuola in tutte le scuole che ha frequentato fin da piccola e quest’anno si è anche candidata come rappresentante della scuola! Lei è incredibile!-. La blu rimase un po’ inquietata dallo sguardo pungente dell’amica, ma comunque dubbiosa sulla popolarità di quella studentessa:
-Sarà, comunque il fatto di avere un maggiordomo accanto che le tiene il prendisole non mi da proprio una buona impressione su di lei... oh?-. Una suoneria si diffuse nell’aria, catturando l’attenzione della ragazza alla quale apparteneva. Subito rispose:
-Pronto?-
-Indovina chi ha un padre che ha appena comprato un trampolino elastico pronto all’uso in questo istante?-. La blu si fece subito gioiosa:
-Tsunami!-
-Esatto! Allora, vieni?-
-E me lo chiedi? Assolutamente sì!-
-Muoviti allora! L’adrenalina non aspetta nessuno!-
-Arrivo!-. Haruna sorrise, sapendo già cosa sarebbe successo:
-Vai da Tsunami?-
-Sì!-
-A fare qualcosa di eccitante?-
-Sì!-
-... senza protezioni?-
-Sì!!!-
-Buona fortuna-
-Sì!!!!!!!-. Subito Haruhi prese la rincorsa e si diresse verso la casa dell’amico, certa che ci sarebbe stato da divertirsi parecchio.

In poco tempo si fece sera. In poco tempo, lontano dalla città dei ragazzi da noi conosciuti, il salone di un imponente edificio era stracolmo di gente, tutti coinvolti nel grande sport grazie al quale erano lì in quel momento: il calcio.
Su un palco illuminato dalle varie luci dei riflettori stava un enorme tabellone, raffigurante lo schema ad eliminazione diretta della selezione del torneo cittadino del distretto di Kanto.
Una telecamera riprendeva quest’area e un uomo da poco salito sul palco, che subito prese parola:
-Diamo inizio al torneo cittadino del Football Frontier, distretto di Kanto! Come ben sapete, solo una squadra rappresenterà questo distretto nella fase regionale del Football Frontier! Per questa sezione, sappiamo per certo che la favorita è la Raimon, la squadra che è stata per molte promesse del calcio un grande trampolino di lancio! Bene, senza altri indugi, vediamo quali saranno le coppie che si affronteranno nel primo girone di eliminazione!-. Una donna salì sul palco, portando con se una scatola con un buco, contenete i biglietti delle varie squadre. L’uomo estrasse insieme due biglietti:
-Dunque, le due squadre che si affronteranno per prime sono... la Raimon Jr. H. e la Strongrock Jr. H.!-. Willis, presente alla cerimonia, fu illuminato da un riflettore, e con lui anche un altro allenatore dalla pelle scura, i capelli bruni e il classico equipaggiamento da montagna:
-Vedremo come la nuova Raimon se la caverà di fronte a questa nuova edizione del Football Frontier! Ci aspettiamo grandi cose dai ragazzi del fulmine!-

E rieccomi con un nuovo capitolo!
Lo so, non ha grandi contenuti, ma mi è servito per evidenziare qualche aspetto abbastanza importante.
Bene, inizia il torneo! La prima partita sarà contro la Strongrock, una squadra inventata da me! Riusciranno i nostri ragazzi a batterla? Lo scopriremo nel prossimo capitolo! Non mancate, mi raccomando! Ciao!
Purple_Rose


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Capitolo 6
*** Comincia il torneo ***


Comincia il torneo

... che brutta giornata...
Haruhi mise piede fuori da casa sua, sospirando pesantemente. Quel giorno si sentiva davvero giù di corda.
Ah, mi sento come se avessi esaurito le energie...
Prese a ciondolare per le strade, leggermente piegata in avanti, le braccia morte lasciate ad ondeggiare in assoluta libertà, quasi da sembrare spaghetti scotti. La camminata pareva quella di uno zombie, scoordinata e distratta.
Il viso che solo il giorno prima trasmetteva gioia e vivacità da ogni poro sembrava essersi spento, privo di ogni tipo di allegria. Gli occhi dorati puntavano verso il basso senza motivo e sembrava che lo stesso colore prezioso si fosse ottenebrato.
Anche una persona distratta vedendola avrebbe subito notato il malumore che emetteva dal viso, dal corpo e dai movimenti stessi. E il motivo qual era?
Uffa, oggi non c’è il sole!
L’unica ragione di quella uggia era semplicemente da ricongiungere al cielo: coperto di nuvole, che quella notte avevano scatenato una tempesta in piena regola. Il sole non era possibile da vedere, nascosto com’era dalle nubi di pioggia che parevano allontanarsi, in modo da svolgere il loro compito da qualche altra parte.
Haruhi tirò un altro sospiro, sperando incessantemente che il brutto tempo passasse. Il suo umore era incredibilmente legato alle condizioni climatiche, senza che nemmeno lei ne conoscesse il motivo. Sapeva solo che con il sole tutto era più bello e luminoso, senza era tutto più triste e spento, questa era l’unica motivazione che le veniva in mente.
Svoltò l’angolo senza accorgersene, ritrovandosi nella stessa strada che un altro studente stava percorrendo. Questo era a pochi metri dietro di lei, nonostante non si fosse ancora accorto della sua presenza. Ma gli bastò alzare gli occhi grigi per notarla. Ma quella è...?
Non gli fu difficile riconoscerla: essendo lui un giocatore, aveva avuto modo di conoscere le manager; l’unica cosa a lasciarlo interdetto era la strana camminata della ragazza. Si gratto la testa confuso, scompigliando leggermente la capigliatura argentata che sfoggiava. Accelerò il passo, affiancandola e notando chiaramente il malumore che si era impossessato di lei. Le sorrise, cercando in qualche modo di ignorare la cosa:
-Ciao, sei Haruhi-chan, giusto?-. La blu non rispose, proseguendo la sua “ciondolata” come se non avesse sentito nulla. Il ragazzo accelerò di poco, cercando in qualche modo di incrociare i suoi occhi, costantemente puntasti verso terra:
-... qual cosa non...?-. Ma appena l’albino tentò di aggiungere altro, la ragazza si bloccò di colpo e gli mise una mano davanti al naso, in segno di tacere:
-Scusa, ma oggi non rispondo a domande che iniziano con come, quando, perché, cosa, chi, quale o con chi...-. Shirou rimase interdetto, mentre Haruhi abbassò la mano e riprese la sua camminata come se non fosse successo niente. Ma... ma che le è preso? Ieri non sembrava così mogia...
Costretto al silenzio alzò lo sguardo al cielo grigiastro, beandosi dell’aria fresca che lo inebriava di mattina presto. Si era trasferito insieme alla famiglia per iscriversi alla famosissima Raimon, ma gli mancava Hokkaido, con il suo clima glaciale. In fondo il cielo coperto da nuvole gli ricordava casa...
Ma, come per smentirlo, in uno spiraglio tra il muro di nuvole il sole riuscì a far filtrare uno dei suoi raggi, permettendo alla città di intravedere un po’ di luce. Oh, beh... Inazuma non è certo come Hokkaido...:
-Ah! Che bella giornata!-. Shirou sobbalzò, scoprendo che la sua silenziosa compagna si era appena svegliata come d’incanto dalla depressione. Di colpo il viso divenne sorridente e radioso, illuminato da una nuova luce. I suoi occhi dorati si posarono con immensa curiosità su di lui, seguiti da un sorriso sornione. Arrossì davanti ad uno sguardo tanto intenso:
-... oh, Shirou-san! Che ci fai qui?-. Subito rimase di sasso. Alzò il sopracciglio, confuso:
-In realtà è un po’ che sono qui...-
-Sul serio? Non me ne sono resa conto!-. Shirou sbarrò gli occhi, estremamente confuso:
-Ma... ma mi hai anche parlato!-. Haruhi portò un dito al mento, cercando di ricordare. Poi scosse la testa, sorridendo innocentemente:
-Non mi pare proprio! Forse te lo sei immaginato!-. Ma... ma... ma...:
-Comunque non importa! Non pensiamo a queste sciocchezze! C’è una partita che ci aspetta e devi andare ad allenarti! Facciamo una gara a chi arriva per primo a scuola?-
-Ma veramente...-
-Coraggio! L’ultimo che arriva è un uovo marcio!-
-Un attimo, io...-
-VIA!!!-. Subito la blu prese una piccola rincorsa e scattò alla volta della scuola, percorrendo di corsa tutta la via davanti a lei e girando a destra al primo bivio. Poi fece marcia indietro e girò a sinistra: aveva sbagliato strada.
Shirou, che non si era minimamente mosso visto com’era rimasto spiazzato, improvvisamente scoppiò a ridere. Quella ragazza è incredibile! Poco prima era depressa e poi energica, pazzesco! Certo che è davvero bizzarra, però... Il viso delicatamente pallido si imporporò leggermente:
-... però... è anche molto carina...-. Riprese successivamente a camminare verso la scuola, ipotizzando che con quella velocità probabilmente Haruhi sarebbe già arrivata a scuola.
Senz’altro l’avrebbe rivista, e non vedeva davvero l’ora.

In prossimità dell’edificio della Raimon Jr. H., sulla strada che passava esattamente davanti ad esso, un’elegante limousine accostò. La portiera fu aperta da un uomo, dalle vesti probabilmente un maggiordomo, lasciando che una graziosa rossa, Natsumi Raimon, potesse uscire e cominciare la sua giornata scolastica:
-Buona giornata, signorina Raimon-. Lei nemmeno rispose, mantenendo la sua aria fredda ma raffinata che subito catturò l’attenzione degli studenti nel cortile, ognuno a conoscenza di come quella ragazza fosse ricca e importante.
Mentre solcava il cancello con passo lento e moderato, attorno a lei un concerto di brusii fece da sottofondo alla sua entrata:
-Ma quella è proprio Natsumi Raimon?-
-Sì, è proprio lei!-
-Che aria signorile, che presenza!-
-Già, inoltre è davvero molto bella!-
-Chissà com’è portare il nome della scuola...-
-Però... però sembra così fredda...-
-Sì, è vero, come un ghiacciolo!-
-Secondo me non ha neanche un amico!-
-Vero, credo proprio che sia così!-
-Io non la vorrei come amica, sarebbe troppo noiosa!-
-Concordo, non credo che mi piacerebbe averla troppo accanto-. Accompagnata da vari complimenti e commenti aspri, Natsumi rimase totalmente indifferente e non si perse nemmeno per mezzo secondo in qualche esitazione. Akira, anche lei nel cortile della scuola accanto alla sua amica Reina, rimase disgustata dalle affermazione di quegli studenti, che nemmeno la conoscevano. Tuttavia, osservandola mentre si dirigeva verso la sua classe, data una prima impressione, quella ragazza sembrava davvero una fredda e solitaria.
Ma, improvvisamente, mentre Natsumi ancora era intenta nella sua elegante camminata, un ragazzo le tagliò bruscamente la strada. Finì contro ad esso e cadde a terra, mentre la persona coinvolta non batté ciglio:
-Ehm... ops-. Dopo qualche impercettibile risolino, intorno a loro cadde il silenzio più totale.
La rossa si alzò in piedi, pulendosi i vestiti e i capelli. Poi rivolse un’occhiataccia allo studente davanti a lui, che ancora sembrava convinto di non aver fatto nulla di male:
-Ehi! Come osi tagliarmi la strada?-. L’interpellato, un ragazzo albino dagli occhi color ghiaccio, sbuffò sonoramente. Gli occhi trasmettevano una totale indifferenza:
-Non so come oso, non credo nemmeno di aver osato. Semplicemente ho camminato fin qui e tu mi sei andata addosso-. La rossa rimase indispettita, fulminando letteralmente il ragazzo con gli occhi. La sua aria fredda svanì di colpo, mentre la rabbia prese a parlare al suo posto:
-Sei impazzito? Sei tu che mi sei venuto contro! Sei uno svampito!-
-Se io sono svampito, tu sei stordita!-
-Come osi???-
-Oso e basta!-
-Tu non sai chi sono io!-
-Ma so che sei una stordita che mi starnazza contro per qualcosa di cui non ho colpa-
-Maleducato! Guarda che se chiamo mio padre non sai cosa ti succederà! Posso farti espellere in questo istante, scellerato!-. Ma prima che Natsumi potesse alzare mano sul ragazzo, questo l’afferrò per il polso, stringendolo fortemente. Gli occhi ghiaccio parvero infiammarsi di rabbia e vennero subito puntati in quelli mandorla della ragazza, che ne rimase addirittura spaventata:
-Ascoltami bene, schifosa viziatela che non sei altro! Non me ne importa assolutamente niente che tu sia la figlia del preside, del sindaco, del re del mondo o che so io! Né tanto meno il potere che tu possa avere su di me! So solo che quando per me qualcuno fa qualcosa di sbagliato, allora non cambio idea! Le cose non vanno sempre e solo come vuoi tu, ficcatelo bene in testa!-. Lo sguardo folgorante dell’albino ebbe in qualche modo il potere di paralizzare completamente la ragazza, che in nessun modo riusciva a muoversi. Quando la morsa al polso fu allentata, si allontanò di un passo indietro, il cuore pulsante per la paura.
L’albino distolse lo sguardo, tornando a percorrere la stessa direzione di prima, gli occhi indifferenti esattamente come pochi minuti fa.
Natsumi, ancora immobile per lo spavento, nemmeno si accorse che la campanella era suonata e francamente non le importava più di tanto.
Sapeva solo che quel tipo l’aveva fatta cadere a terra
Le aveva fatto male al polso.
Le aveva parlato in modo duro.
Ma allora... allora perché era convinta che quel ragazzo avesse degli occhi meravigliosi?

Ci volle poco tempo perché le aule della scuola si riempirono di studenti, tutti più o meno, forse meno, ansiosi di imparare e di apprendere.
In una di queste classi la lezione era da poco iniziata, ogni studente era preparato a resistere a quella bomba di noia, sperando in qualche modo di uscirne tutti interi.
Non c’era che l’imbarazzo della scelta: c’era chi messaggiava di nascosto col cellulare col proprio compagno, chi disegnava si esibiva in buffe caricature degli insegnanti su un quadernetto nascosto, chi parlottava con il compagno di banco o chi ricorreva al buon vecchio metodo dei bigliettini.
A parte forse Gabriel, che seguiva la lezione con interesse e un entusiasmo impercettibile, costantemente osservato da Haruna, ogni studente di quella classe cercava un modo di distogliere l’attenzione dalla lezione per non annoiarsi a morte.
Accidenti...
Peccato che per una ragazza particolare distogliere l’attenzione dalla scuola era fin troppo facile. Sospirò, appoggiando la testa sul palmo della mano mano, il cui gomito era appoggiato al banco.
Non le era andata molto bene la scelta dei banchi, la sua attenzione era dannatamente fievole in quella posizione. Infatti gli occhi verde prato guizzavano di continuo verso la persona accanto al suo posto, senza poter in alcun modo opporsi.
Non è possibile, come faccio a concentrarmi con... LUI accanto?
Il ragazzo graziato da tanta attenzione era un turchesino dagli occhi marroni, che pareva annoiato come quasi tutta la classe. Cercava in qualche modo di passare il tempo, passando dal dare uno sguardo alla lavagna, a pentirsene successivamente e a controllare di continuo l’ora sul suo orologio.
La ragazza non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Era da quando lo aveva conosciuto alla partita di selezione che la sua mente si era focalizzata su di lui. In qualche modo le stava facendo uno strano effetto, eppure lo conosceva a stento. La sua unica motivazione fin’ora era da ricongiungersi alla magia: forse era uno stregone che le aveva fatto un incantesimo. Certo che se l’ipotesi era giusta, non poteva non ammettere che quello fosse il più bel stregone che avesse mai visto, i barba a quei vecchi nonnetti con la barba lunga un chilometro.
Il turchese parve casualmente accorgersi dello sguardo della ragazza, ai suoi occhi alquanto familiare. Posò lo sguardo su di lei, sorridendo. Questa sobbalzò vedendosi osservata. Arrossì leggermente, controllando rapida che la chioma rosa fosse in ordine e che fisicamente fosse presentabile.
Improvvisamente il ragazzo ricordò di colpo dove l’aveva già vista:
-Ehi, ma tu non sei una delle manager della squadra?-. Lei annuì, sorridendo nervosamente. Si strinse le mani, scoprendo che avevano iniziato a sudare:
-Sì, sono Marie... una delle manager... della squadra... tu sei un giocatore... giusto?-. Lui annuì, soddisfatto. Finalmente qualcuno con cui parlare un po’:
-Esatto, mi chiamo Kazemaru, piacere di conoscerti!-. Marie si fece sognante. Kazemaru, eh? Dribbla davvero come un vento burrascoso...
Kazemaru ebbe modo di guardarla bene, nelle sue tonalità piuttosto vivaci, ma che non gli dispiacevano affatto. Capelli rosa e occhi verdi... che combinazione allegra... e devo dire che le dona molto... un momento! Sto pensando che è carina? No, non l’ho pensato... ma adesso sì! Credo che sia carina! Wow, prima d’ora non mi era mai capitato di crederlo...:
-Quindi... Marie... conosci molte persone nella squadra?-
-Un paio. Hiroto, Mizuka e Endo-niisan-. Kazemaru alzò il sopracciglio, confuso:
-Niisan?-. Marie annuì:
-Sì, lui è mio fratello! Beh, tutti dicono che non ci somigliamo molto...-. Il turchese si ritrovò a confermare il fatto. Una ragazza come lei imparentata con un portiere come lui... non che in quel bruno da poco conosciuto ci avesse trovato qualcosa di sbagliato, ma non si somigliavano davvero per niente:
-Personalmente non ci sarei arrivato-
-Non sei il primo e probabilmente non sarai nemmeno l’ultimo! Comunque a me piace essere la sorella di Endo, è una persona speciale!-. Il turchese si fece interessato. Oltre al fatto che conoscere uno dei suoi compagni di squadra non gli avrebbe fatto che bene, sentiva che conoscendo di più di Marie si sarebbe avvicinato di più a lei. Io... io voglio conoscerla meglio?:
-Speciale in che senso?-. Marie sorrise dolcemente pensando al fratello, che probabilmente in qual momento stava sognando palloni da calcio in attesa di toccarne uno vero all’allenamento:
-Beh, innanzitutto ama il calcio con tutte le sue forze, tanto da diventarne addirittura un fanatico! Però è sempre molto corretto e sportivo con i suoi avversari, tanto che alla fine per lui l’importante è che entrambe le parti diano il massimo! È sempre stato molto gentile e protettivo nei miei confronti, per questo gli voglio bene-. Kazemaru rimase molto interessato da quella descrizione. Davvero quel ragazzo era così? Sperò che in futuro avrebbe avuto in modo di conoscerlo meglio.
Sorrise:
-Sai, con queste qualità, potrebbe anche fare il...-
-Ichirouta!-. A quel richiamo, subito il turchese balzò in piedi, diritto sul posto come un militare, balbettando un’incerta risposta:
-Ehm, s-sì p-professoressa!-. L’intera classe scoppiò in una fragorosa risata, che il ragazzo non riuscì ad interpretare. Ma che ho detto?
L’insegnante zittì la classe, sorridendo serenamente al turchese:
-Scusami, ma io... sono un maschio-. Kazemaru spalancò gli occhi per la sorpresa, rimanendo di sasso. Lui è... COSA???:
-D-Davvero???-. Al cenno affermativo del prof, il turchese divenne completamente rosso d’imbarazzo.
In effetti il docente aveva un viso decisamente femmineo, su cui due occhi azzurri e dei capelli biondi lunghi non facevano che favorire l’inganno. Ma, dopo un’accurata osservazione, una qualsiasi persona avrebbe ammesso la sua appartenenza al genere maschile, per via del fisico e alcuni tratti poco evidenti tipicamente virili.
Seppur l’insegnante avesse dipinto un rassicurante sorriso sul viso, l’imbarazzo per la figuraccia non abbandonava il turchese:
-E va bene, Ichirouta, rispondi: come si chiama la scienza che studia l’origine di una parola?-. Sbarrò gli occhi. La scienza che studia l’origine di una parola... è una parola a sua volta?! E io come diamine faccio a saperlo?:
-Etimologia-. Un sussurro lieve ma udibile arrivò dolce alle orecchie del ragazzo, che non ebbe altra scelta se non accettarlo:
-Beh, è l’etimologia-. Il prof annuì compiaciuto, lasciando che Kazemaru si abbandonasse ad un sospiro di sollievo:
-Molto bene, Ichirouta, siediti pure-. Questo obbedì, sorridendo di gratitudine alla rosa accanto a lei:
-Grazie-. Lei ricambiò, arrossendo leggermente:
-Figurati-

Subito dopo le lezioni, momento che l’intero corpo studentesco reclama in modo ossessivo, l’ora dell’allenamento del club di calcio finalmente arrivava. I giocatori entravano in campo con grinta e spirito, consapevoli che la prima partita del Football Frontier era alle porte.
Al fischio d’inizio di una delle solite partitelle cinque contro cinque, Mizuka era partita immediatamente all’attacco, sfoderando tutta la sua grinta. La sua mente era concentrata sulle parole di Lance del giorno prima. “Comunque il capitano della squadra lo sceglieranno in base alla bravura, e io sono certo di essere il migliore in campo! Ti conviene fartene una ragione, Mizuka...”. Quella singola frase le era entrata in testa in un attimo e con la stessa rapidità aveva fatto capolino su ogni altro pensiero. Ha ragione... Purtroppo ha ragione. Il capitano deve essere qualcuno di forte, e anche se mi costa ammetterlo lui è bravo. Ma se L’allenatore Willis lo nomina, ho paura che la squadra ne risentirà...
Col suo avanzare, presto si ritrovò davanti Swan, il suo solito sguardo deciso dipinto sul volto. Aveva avuto modo di parlare con lei una volta...
Il giorno prima, dopo l’allenamento:
-Senti... sei Swan, giusto?-. L’azzurra fece emergere il viso dall’asciugamano, voltandosi verso la biondina davanti a lei. Lo spogliatoio attorno a loro era completamente vuoto, tutte le ragazze si erano già cambiate.
Sorrise. Tutto sommato, fare amicizia non le dispiaceva. E comunque, prima o poi, avrebbe dovuto conoscere tutti:
-Sì, sono io. E tu sei Mizuka, vero?-. Lei annuì, ricambiando il sorriso. Ma questo svanì all’istante. Certo, era affrettato, ma quel pensiero era fin troppo insistente per tenerselo ancora dentro:
-Volevo chiederti... che ne pensi di Lance?-. Il portiere rimase sorpreso. Non si aspettava che le chiedesse una cosa del genere, a stento lo conosceva!:
-Perché me lo chiedi?-
-Hai avuto modo provare il suo tiro sulla tua pelle, no? È così bravo?-. Sbuffò, gettando l’asciugamano su una panca. Non le piaceva parlare di quel tipo, tanto meno di come le aveva segnato alla partita di selezione:
-Antipatico, individualista e presuntuoso... ma sì, bravo-. La bionda sospirò pesantemente. Esattamente la risposta che si aspettava, ma questo non la faceva stare meglio. L’azzurra se ne accorse:
-Qualcosa non va?-
-... non vorrei ritrovarmelo come capitano-. Spalancò gli occhi per la sorpresa.
Capitano?! Non ci aveva nemmeno pensato. Ma dopo tutto non era un’ipotesi assurda, persino fattibile. Il che non le piaceva per niente:
-In effetti è bravo, ma è troppo deciso a mostrare le proprie capacità senza curarsi degli altri! Gli ho visto passare la palla una sola volta, a Goenji, ma solo perché loro due a quanto pare si conoscono!-. Mizuka annuì. Proprio ciò che aveva concluso anche lei:
-Immagino che dovremmo aspettare, speriamo bene...-
Mizuka si preparò a tirare, la mente ancora invasa da quei pensieri insistenti che le ronzavano nella testa. Tanto che non si accorse di Atsuya il quale, arrivato velocemente in area di rigore, si era gettato velocemente in scivolata. Gettò la gamba sulla traiettoria che il pallone lanciato avrebbe dovuto percorrere ma, per la sorpresa, la bionda perse l’equilibrio e gli andò addosso. La palla rotolò lentamente verso Swan, che la fece rapidamente sua.
I due ragazzi si alzarono doloranti, mentre Tsubomi sopraggiunse per controllare le loro condizioni, in mano la cassetta del pronto soccorso per ogni evenienza:
-Tutto bene?-. Ma la sua presenza fu cancellata dalla rabbia che si scatenò nella bionda. Era fin troppo nervosa per lasciar passare quell’incidente come un nonnulla. Lanciò uno sguardo infuocato al giocatore davanti a lei, che piano piano si stava rimettendo in piedi:
-Ma che sei matto? Per poco non finivamo entrambi all’ospedale!-. Peccato che il carattere aggressivo non mancasse neanche all’albino. Contraccambiò lo sguardo deciso, mentre il viso si corrucciava in un’espressione poco confortante:
-Sarei io il matto? Sei tu che hai perso l’equilibrio e mi sei andata addosso! Non sai stare per cinque minuti in piedi?-
-Cosa??? Ma come ti permetti???-. Si fulminarono con gli occhi a vicenda, mentre Tsubomi li guardava senza evitare di sentirsi un tantino ignorata...:
-Atsuya, datti una calmata-. La sorella dell’albino si avvicinò al fratello, cercando di tranquillizzarlo seppur consapevole che molto probabilmente sarebbe servito a poco. Infatti questo non spense nemmeno per un momento lo sguardo acceso di rabbia:
-Tu non ti intromettere! È una faccenda tra me e quest’attaccante da quattro soldi!-. Mizuka non prese bene l’affermazione. Se c’era una cosa che la mandava in bestia, era essere presa sotto gamba riguardo alle sue abilità in campo:
-Non osare schernire il mio modo di giocare! Sono senz’altro molto più brava di te, ghiacciolino sciolto!-
-Rimangiati subito quello che hai detto!-. Attorno a loro, la squadra era rimaste completamente immobile, nell’impossibilità di fare qualunque cosa. L’allenatore non li richiamò, si limitò a fissarli:
-Non hai il minimo rispetto per la sicurezza degli altri! Pensa se mi fossi infortunata! Non potrei giocare la partita!-
-Peccato! Secondo me se non ci fossi sarebbe molto meglio! Vinceremmo senz’altro! Saresti un solo un peso!-. Fu quella goccia a far traboccare il vaso.
In un istante, Atsuya si ritrovò a guardare da tutt’altra parte, la guancia dolorante. Era accaduto così velocemente che non se n’era accorto. Mizuka, spinta dalla rabbia, gli aveva mollato un sonoro ceffone, che aveva lasciato tutti senza parole:
-Mizuka, ma sei impazzita?-. Hiroto era intervenuto troppo tardi, ma sapeva che non l’avrebbe fermata in ogni caso.
Piano piano l’albino raddrizzò la testa, scoprendo che la bionda ancora lo guardava con un’ira spaventosa. Mai vista una ragazza tanto aggressiva...:
-... non mi pento di nulla, sei stato molto scortese nei miei confronti! Ti consiglio di chiedermi scusa!-. I suoi due occhi azzurri finalmente smisero di trasmettere rabbia, lasciando posto ad un leggero fastidio. Non proprio bene, ma meglio.
L’albino ci mise qualche secondo per riaversi completamente. Sbuffò, cercando di mostrarsi convincente:
-... scusa...-. Dalla bocca gli era uscita una parola appena sussurrata, ma che a Mizuka parve bastare. Sorrise soddisfatta, mentre gli occhi brillavano vittoriosi:
-Ecco! Vedi? Non è poi così difficile!-. L’albino rimase fermo a guardarla senza dire una parola. Poi sbuffò di nuovo, avviandosi la sua posizione in campo.
A sottecchi, senza che nessuno lo vedesse, sorrise. Non era mai stato più felice di prendere una sberla, dopo aver visto il sorriso radioso di quella biondina isterica.

-No, aspetta, fammi capire... che vuol dire che sono specializzati nella montagna?-
Dopo l’allenamento, veniva il momento di tornare a casa. I giovani calciatori, stanchi e grondanti di sudore, spremevano tutte le energie rimaste per poter riposare senza sensi di colpa per mancanza di impegno.
Due di questi giocatori, due ragazze, erano immerse in una discussione sull’imminente partita che la Raimon avrebbe dovuto giocare contro la Strongrock. Shìn, di solito la più informata sulle squadra, aveva esordito affermando che quella era una squadra “basata sulla montagna”:
-Significa, Alexia, che le loro tecniche sono tutte provenienti da un ambiente montano!-
-... continuo a non capire...-
-Le loro tecniche seguono uno schema fisso basato sulla montagna! Che so, tiro della montagna o dribbling della montagna!-
-Ah! Ho capito!... e secondo te cosa dovremmo fare per batterla?-. Shìn rimase a riflettere, portando una mano al mento. Ci aveva pensato, ma la sua conclusione non le era piaciuta molto:
-La verità è che una tattica normale basterebbe a rovesciare le sorti di una partita, ma in una squadra con componenti così diversi tra loro... sarebbe dura giungere ad un compromesso-. Alexia annuì, cercando anche lei di pensare a qualcosa. Nella Raimon c’erano senza ombra di dubbio giocatori piuttosto forti, ma mettere insieme caratteri in forte contrasto tra loro non avrebbe portato a buoni risultati senza una via comune da seguire:
-Cambiando argomento... dimmi, c’è qualcosa che dovresti rivelarmi?-. L’attaccante rimase confusa. Alzò il sopracciglio, squadrando la compagna:
-Di che cosa stai parlando?-. Shìn mise le mani dietro la schiena e alzò lo sguardo, fingendo innocenza. Sorrise maliziosa:
-Beh, sai... all’allenamento degli ultimi giorni non sei stata particolarmente presente, sembra che tu abbia la mente altrove... inoltre quando ti ho rivolto la parola in campo, tu nemmeno mi hai sentito!-. L’interpellata non smise di guardarla interrogativa. Dove vuole arrivare?:
-Si può sapere dove vuoi andare a parare?-
-Okay, sarò schietta... non è che ti sei innamorata?-. Alexia spalancò gli occhi, rimanendo a bocca aperta. Ma come diamine...? No, aspetta, “innamorata”? Addirittura? Arrossì di botto, distogliendo lo sguardo imbarazzata:
-Ehm... non so di che parli...-. Shìn sorrise vittoriosa, posando la sua mano sulla spalla della compagna:
-Allora ho fatto centro! Congratulazioni! Chi è?-
-Te l’ho già detto! Non è come pensi!-
-Andiamo! Si vede lontano un miglio!-. Rimasta senza alternative, l’attaccante depose le armi, consapevole che girarci intorno non sarebbe servito con Shìn: era fin troppo in gamba per lasciarsi ingannare. Sospirò pesantemente, emettendo un suono dalla bocca appena udibile:
-... Fidio Ardena...-. Stavolta fu la centrocampista a rimanere allibita:
-No, aspetta, “quel” Fidio? Quello che dopo essere stato un nanosecondo nella scuola è riuscito a conquistare quasi tutte le studentesse presenti? Quello lì?-. L’altra annuì, nell’impossibilità di negarlo:
-Oh, Alexia, hai adocchiato praticamente il playboy per eccellenza! Dovrai farti strada fra centinaia di fan sbavanti e fameliche radunate attorno a lui!-
-Guarda che non ne sono innamorata! Mi interessa un po’... un pochino, davvero poco! Quasi niente!-
-Bah! Se lo dici tu... per me ti piace ma non vuoi ammetterlo!-
-Uffa! Basta con questa storia! Che barba, non ne posso più! Cos’è, sono un libro aperto per voi? Tutti capiscono i miei sentimenti a partire da quel buono a nulla di Fudou!-. Come arrivò all’ultima sillaba, Alexia tappò la bocca, girandosi lentamente verso l’amica. Lei rimaneva tranquilla e serena, ma il viso era chiaramente irritato:
-... ti pregherei gentilmente di non nominarlo in mia presenza-
-Scusa, non volevo...-. Su di loro cadde il silenzio. Povera Shìn... da quando Fudou è sparito, lei ne è rimasta molto delusa... in effetti nemmeno io mi aspettavo che quello arrivasse a tanto! È proprio un codardo!:
-Alexia?
-Ah! Eh! Sì?-
-Casa mia è di là! Ci vediamo domani!-
-Okay... ciao-. Mentre vedeva l’amica allontanarsi, Alexia sentì una sensazione di solitudine e di malinconia braccarle il cuore. Sospirò. Accadeva ogni singolo giorno.
Camminò senza entusiasmo fino ad arrivare ad un edificio dall’aria vissuta, le mura rovinate e il giardino davanti trascurato. Sorrise appena, sentendo quel posto come la sua casa. Ed eccomi qui... il mio orfanotrofio.

Nello stesso momento, per un’altra delle strade di Inazuma, Eri passeggia va tranquillamente da sola, diretta verso casa sua. Entrambi i suoi amici avevano da fare e non erano potuti venire. Afuro si era diretto a passo di carica al salone di bellezza, lamentandosi che per via della noia i suoi “divini” capelli si erano rovinati. Maki, invece, aveva parlato di un ragazzo carino e si era defilata in un attimo. Così, era rimasta da sola.
Alzò lo sguardo, ammirando il cielo cremisi del tramonto che piano piano portava la giornata alla sua conclusione. Il sole ormai aveva perso quella sua luminosità accecante del mattino, così da poter essere osservato nell’arancione che prestava in quel momento.
La bruna sospirò, facendosi pensierosa. Ciò che le era capitato quel giorno aveva dell’incredibile...
Qualche ora prima, poco dopo la fine delle lezioni.
Mentre molti studenti si apprestavano a lasciare la struttura scolastica dopo aver sentito l’idilliaco suono della campanella, una sola ragazza era ancora al suo interno. Una ragazza dai capelli marrone scuro, gli occhi grigio-azzurro e... un libro di algebra aperto sul suo banco:
-Vediamo... i compiti per dopo domani... oh! Wow! Equazioni!-. Sorrise largamente, mentre ai suoi occhi quei numeri disposti in ordine confuso parevano qualcosa di eccezionale.
Ciò che l’aveva sempre distinta dagli altri era una notevole prestanza nella matematica, materia di cui pareva avere addirittura un’ossessione. Perché nonostante a tutti paresse una materia noiosa, lei l’amava davvero.
La fine delle lezioni per lei era un momento importante: niente persone in giro a disturbare. Perché ad eccezione dei suoi migliori amici non amava circondarsi di ragazzi petulanti. E nessuno con un po’ di buon senso rimarrebbe nella scuola dopo le lezioni senza un buon motivo:
-... ciao-. Eri sobbalzò, notando un ragazzo alla porta della classe. Ecco, aveva appena trovato un ragazzo senza buon senso. Questo si avvicinò, il viso incredibilmente calmo e indifferente:
-Sei Eri, giusto?-. Questa annuì, esaminando attentamente il ragazzo di fronte a lui. Sfoggiava sulla testa una chioma argentata, mentre gli occhi erano due sfere di ghiaccio pure e impenetrabili. Queste entrarono inevitabilmente in contatto visivo con le iridi grigio-azzurre di Eri, che ancora non si muoveva:
-... sono Suzuno, avrei bisogno di una mano-. La bruna rimase allibita. Una mano? Da lei? Nessuno le aveva mai chiesto un aiuto, tanto meno uno sconosciuto. Iniziò a provare una certa curiosità per quel tipo:
-Ehm... che cosa ti serve?-
-Ripetizioni di matematica-. Suzuno sospirò impercettibilmente, mantenendo la sua aria distaccata. Non era mai stato molto afferrato per quella materia, ma in classe aveva notato quanto invece Eri fosse preparata. Chiedere ai suoi amici era fuori discussione: anche se poco, era orgoglioso, non voleva rivelare di non essere bravo a fare i calcoli.
La ragazza era ancora intrappolata in quello sguardo, indecisa se distogliere il suo oppure no. Certo, in fondo non le dispiaceva stare a guardarlo...:
-Allora?-
-... va bene-. Suzuno sorrise appena, seppure ciò non modificasse il viso calmo e rilassato.
Eri si chiese se quel ragazzo potesse davvero provare delle emozioni.
Non smise nemmeno per un momento di pensare ai suoi occhi: due perfette sfere di ghiaccio, delicate eppure intaccabili. Suzuno... chissà che tipo è...
Ma senza accorgersene si ritrovò davanti a casa sua e dovette interrompere il flusso dei suoi pensieri. Varcò la soglia, arrivando in cucina. Lì trovò un ragazzo, seduto e con un bicchiere di acqua davanti a lui. I lunghi capelli biondi diventavano argentei verso le punte ed erano legati in una rudimentale coda bassa, mentre gli occhi color mattone erano puntati sul bicchiere davanti a lui. Batteva nervosamente il piede a terra, cercando di scaricare l’ansia che pareva averlo braccato, tanto che non si accorse della ragazza che aveva estratto dal frigo un cartone di latte. Questa si avvicinò silenziosamente al suo orecchio:
-... SONO TORNATA!!!-. Per lo spavento il ragazzo cadde dalla sedia, mentre Eri scoppiò a ridere:
-Non posso crederci! Nemmeno ti sei accorto che sono entrata, Hakuryuu!-. Questo si rialzò, fulminando la ragazza ancora euforica. Mise a posto anche la sedia, riposizionandosi su di essa:
-Scusa, sorellina, se sono preda dei tuoi agguati!-. La bruna ridacchio ancora, sorseggiando un bicchiere di latte. Poi prese posto anche lei davanti al fratello:
-Allora, si può sapere perché tanto nervosismo?-. Il viso del ragazzo si riaccese, facendone trapelare un sorriso radioso:
-Hai presente il ragazzo con cui scrivevo su internet? Il mio “amico di web”?-
-Sì... “Sferadighiaccio”, giusto?-
-Esatto! Ho scoperto che si è appena trasferito a Inazuma e l’ho invitato a casa mia!-. Eri sorrise dolcemente:
-Sono felice per te, fratellone-. In quel preciso istante entrambi udirono il suono del campanello. Evidentemente il ragazzo tanto atteso da Hakuryuu era appena arrivato:
-Credo che sia lui!-
-Vado ad aprirgli!-. Prima che l’altro potesse controbattere, Eri si era già lanciata verso la porta. La aprì senza pensarci, sorridendo a chiunque ci fosse ad attendere:
-Ciao, sono Eri, la sorella di...-. Ma non appena riconobbe le due sfere di ghiaccio, capì che si sarebbe ritrovata insieme al ragazzo a cui pensava molto più spesso di quanto avrebbe mai creduto:
-... ciao-

-Buon pomeriggio! Fra qualche istante avrà inizio la prima partita del campionato regionale che vedrà la prestigiosissima Raimon contro la possente Strongrock. Saranno i ragazzi provenienti dalla montagna o quelli del fulmine a portare a casa la prima vittoria del campionato?-
Il giorno dopo, nel campo della Strongrock Jr. H., la tanto attesa partita stava per avere inizio. Gli spalti a disposizione degli spettatori erano tutti completamente occupati da tifosi sfegatati di una o dell’altra scuola. Da essi provenivano urla di incitamento e frasi di incoraggiamento che rompevano un possibile silenzio cupo nel campo ancora vuoto.
I giocatori delle rispettive squadre erano riunite davanti alla rispettive panchine e allenatori. Nella Raimon si respirava un lieve strato di tensione: l’allenatore Willis aveva aspettato l’ultimo momento per annunciare la formazione della squadra. Il che non aveva potuto evitare di provocare una certa ansia nel gruppo, che ancora aspettava colo fiato sospeso.
L’uomo rimase in silenzio per qualche secondo, osservando con attenzione ogni ragazzo che aveva davanti. Poi annuì. Era il momento:
-Questa è la formazione che entrerà in campo oggi: in attacco, Lance Kipling, Mizuka Seto e Alexia Black; a centrocampo, Shìn Yang, Matsukaze Tenma, Kido Yuto e Atsuya Fubuki; in difesa, Gabriel Andreus, Nishizono Shinsuke e Shirou Fubuki; infine...-. Improvvisamente si fece perennemente serio, posando lo sguardo sul ragazzo bruno dalla fascia arancione:
-Endo?-. L’interpellato sobbalzò, sperando di non aver fatto nulla di male:
-Ehm, sì, allenatore?-. Si avvicinò di poco. Gli sembrava che la figura di Willis fosse fin troppo imponente davanti a lui. I suoi occhi cremisi erano fin decisi su di lui per stare tranquillo. Chiuse gli occhi e deglutì, cercando di capire se durante gli allenamenti aveva fatto qualcosa di sbagliato:
-... tieni-. Li riaprì lentamente, timoroso, trovandosi davanti con stupore la mano dell’allenatore che gli porgeva una fascia rossa:
-Sei il portiere titolare, e anche il capitano della Raimon-

Okay, vi devo delle scuse per aver fatto così tardi nell’aggiornare! È che sono partita per una vacanza di dieci giorni in Sardegna(che avrei voluto fossero di più...) e non avevo il computer sottomano! Gomennasai!
Comunque, questo è il nuovo capitolo! Nel prossimo inizieremo finalmente la partita! Vedremo cosa combineranno quelli della Strongrock e i nostri ragazzi della Raimon!
Per chi volesse mandarmi gli ultimi personaggi secondari, mi mancano solo un barista(o forse un cuoco, va bene comunque), un pasticcere e un insegnante. Se mi date gli ultimi, la smetterò di assillarvi con queste sciocchezze! XD
Bene! Alla prossima! Ciao!
Purple_Rose

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Capitolo 7
*** Raimon vs Strongrock ***


Raimon vs Strongrock
 

-Wow! Quanta gente!-. Gli occhi color miele di Akira presero a brillare. Certo, era solo una partita di qualificazione per la fase successiva del Football Frontier, ma la folla non mancava di certo: ogni singolo posto era occupato, nessuno escluso, tanto che i fan appena arrivati rimasero in piedi pur di assistere alla partita.
Fortunatamente, per lei e Reina che erano iscritte alla Raimon, c’era una zona apposita dove trovarono posto senza problemi. Le due squadre avrebbero raggiunto le loro posizioni per l’inizio della partita a breve, l’attesa cominciava a farsi sentire per tutti gli spettatori seduti, che continuavano comunque ad incitare la propria squadra del cuore:
-Certo che l’agonismo non manca!-
-Già. Mi chiedo se anche mio fratello scenderà in campo...-
-Staremo a vedere!-
-FORZA RAIMON!!! SEI LA MIGLIORE DI TUTTI!!!-. Le due ragazze sobbalzarono a quell’urlo disumano, ruotando lentamente la testa e sperando che non fosse chi credevano che fosse. Sfortunatamente, con il guantone in gommapiuma e la maglia bene in vista, accanto a loro c’era proprio il preside, tanto esuberante ed eccitato da non essere considerato tale.
La blu guardò negli occhi la turchese, capendo che aveva avuto lo stesso presentimento: tra le urla del preside e l’imbarazzo di averlo vicino, quella partita sarebbe stata molto più dura per loro che per i giocatori!
Cercando un modo per distrarsi, Akira osservò gli spettatori seduti tra gli spalti, tutti perennemente ansiosi di vedere l’inizio della partita. Ma, improvvisamente, ebbe un improvviso senso di dejà-vù.
Le balzò agli occhi un colore eccentrico che la colpì all’istante.
Rosa... capelli rosa...
Appena sotto, due cristalli di una tonalità ugualmente inusuale.
Due occhi azzurri... limpidi... lo stesso colore del cielo...
Fece capolino un viso quasi femmineo eppure di un ragazzo, serio, le mani conserte:
-Kirino...-. Seppur situato in mezzo a molta gente, la turchese non faticò per niente a riconoscere il ragazzo che poco tempo prima l’aveva colpita. Il suo cuore prese a battere, mentre il viso si dipinse di rosso.
Per miracolo anche Kirino parve accorgersi della ragazza. Quando incrociò i suoi occhi celesti, ad Akira parve quasi di svenire. Da quando le capitava solo guardando un ragazzo negli occhi?
Le voci della folla svanirono e smisero di affollare la mente della ragazza.
Le urla strepitanti del preside si dissolsero come nebbia.
Alla turchese sembrò di essere stata catapultata in un universo alternativo, che aveva inghiottito nell’oscurità chiunque tranne lei e Kirino. E non le dispiaceva affatto.
Il ragazzo rimase leggermente sorpreso di vedere Akira. Poi, lasciandola senza parole, le sorrise, agitando la mano in segno di saluto.
Il viso della ragazza divenne ancora più rosso. Che bel sorriso...:
-Akira? Che fai?-. D’un tratto, l’universo oscuro svanì, riportandola bruscamente alla realtà. Le voci assordanti della folla e in particolar modo del preside quasi la assordarono, per come erano venute all’improvviso. Rimase intontita per qualche secondo, per poi scoprire l’amica Reina che la scuoteva, il viso preoccupato:
-Si può sapere che ti è preso? Te ne stavi zitta con una strana faccia...-. Il viso della turchese rimase attonito ancora per qualche secondo. Poi, come in cerca di aiuto, i suoi occhi presero a vagare per la folla. Kirino...:
-Ho perso i colori...-. E mentre Reina cercava di capire quella strana affermazione e il preside riprendeva fiato dopo quella mega urlata che aveva fatto, la squadra fece il suo ingresso nel campo.
Dopo ciò che le era capitato, ad Akira non parve così assurdo non vedere il fratello scendere in campo con il resto della squadra. Nemmeno si interessò alla partita.
Tanto, nessuno dei giocatori in campo aveva i capelli rosa eccentrico e gli occhi azzurro cielo.
 
-Sta per avere ora inizio la partita che vedrà la Raimon Jr. H., capitanata dal portiere numero 1 Endo Mamoru, contro la Strongrock Jr. H., capitanata dall’attaccante numero 10 Hanami Takeru! Il lancio della moneta determina che saranno i ragazzi dell’allenatore Willis a dare il calcio d’inizio! Vedremo come se la caverà questa prestigiosa squadra!-. Nel campo erano già posizionate tutte e due le squadra, undici giocatori contro undici, entrambe le parti con un solo obbiettivo in testa: la vittoria.
La Raimon non si era ovviamente fatta mancare l’uniforme ufficiale della squadra: ognuno sfoggiava una casacca gialla a maniche corte blu, abbinata ad un paio di semplici pantaloncini blu; Endo, essendo portiere, indossava invece una casacca verde con delle maniche lunghe di colore arancione, mentre i pantaloncini erano verdi.
La Strongrock rimaneva fedele al clima montano, con delle casacche color della terra aventi dei sottili segni simili a crepe e dei pantaloncini dello stesso colore e fantasia; il portiere era invece in tenuta grigio pietra a tinta unita:
-... ed ecco il fischio d’inizio! La partita è cominciata!-
Appena il fischio dell’arbitro arrivò alle orecchie di Alexia, avente il numero 3 stampato sulla maglia, questa passò a Lance e si diresse velocemente versò la metà campo avversaria, decisa a mantenersi libera in caso di necessità. L’albino, proclamato numero 10 della squadra, prese ad avanzare imperterrito, mentre la difesa davanti a lui cercava di bloccargli ogni spazio. Senza alternative, dovette fermarsi, sperando di trovare un modo per districarsi tra i giocatori davanti a lui:
-Passala qui! Sono libera!-. La mora in avanti tentava in tutti i modi di farsi vedere, ma Lance si ostinava a ignorarla. Non ho bisogno di nessuno, sono perfettamente in grado di cavarmela da solo!:
-Prendi questa! CARICATORE DI BUFERE!!!-
-Vuole tirare da lì?!-. Mizuka, numero 9 della squadra, guardava sgomenta il tiro che nasceva in tutta la sua potenza e si apprestava a scontrarsi con la difesa. Questa, tuttavia, non venne colta impreparata:
-Noi ti bloccheremo! CATENA MONTUOSA!!!-. Quattro difensore si misero in riga davanti alla porta, battendo contemporaneamente a terra un piede. Dietro di loro una catena di quattro montagne fece da ostacolo al tiro di Lance, che nonostante tutto riuscì a passare. Tuttavia, al portiere avversario bastò poco per pararlo:
-Eccezionale! Abbiamo appena visto famosissima tecnica di difesa della Strongrock! La “Catena Montuosa”! Anche se c’è da dire che l’attaccante della Raimon ha tirato da una posizione davvero strana! Che cosa starà escogitando il loro allenatore?-. Lance grugnì, sotto lo sguardo di rimprovero della mora e della bionda. Ma nessuna delle due ebbe il tempo di proferir parola, perché il portiere della Strongrock non perse tempo e rilanciò il pallone a un attaccante. Questo penetrò subito nella difesa della Raimon, trovando Shirou, numero 6, a bloccargli la strada:
-Prendi questo! DIFESA DI GHIACCIO!!!-. Ma prima di essere congelato dall’iceberg, l’attaccante avversario passò velocemente indietro a Takeru, il capitano, ritrovatosi in buona posizione. Tirò di destro, mentre da dietro un puma ruggì imprimendogli una maggiore potenza:
-RUGGITO DEL PUMA!!!-. Endo puntò uno sguardo deciso verso il pallone che, rapido, gli stava andando incontro. L’occhio gli cadde sulla fascia rossa che portava al braccio destro. “Sei il portiere titolare, e anche il capitano della Raimon”. Sorrise, fiero.
L’allenatore mi ha nominato capitano... devo mettercela tutta!:
-MANO DEL COLOSSO!!!-. Con la sua potente tecnica, il bruno riuscì a bloccare il tiro:
-Grande parata! Abbiamo appena assistito all’esordio del nuovo portiere della Raimon! Endo Mamoru!-. Questo sorrise, estasiato, rilanciando velocemente verso Tenma, numero 18 della squadra. Il castano avanzò a passo di carica, dribblando senza difficoltà e arrivando a buon punto nella metà campo avversaria. Evidentemente sono più bravi in difesa che a centrocampo!:
-Mizuka!-. La bionda stoppò di petto il passaggio, accorgendosi di essere vicina alla porta:
-Ora è il mio turno! LUPO DELLA FORESTA!!!-
-CATENA MONTUOSA!!!-. Il tiro sfondò nuovamente la parete di roccia, ma anche stavolta il portiere non fece fatica a pararlo:
-Il tiro viene nuovamente bloccato dal bravissimo portiere della Strongrock! Esisterà un modo per segnare a quel fenomeno?-
-Dannazione!-. Mizuka fulminò con gli occhi il portiere avversario, che rispose con un sorriso arrogante. Quella squadra montana non le piaceva neanche un po’!
Di nuovo la palla fu rinviata e recuperata da un attaccante in casacca marrone, che non perse tempo e si catapultò in avanti. Gabriel e Shinsuke, rispettivamente numero 8 e 5 della squadra, gli bloccarono subito la strada. O almeno, così credevano:
-Non mi fermerete! SCOSSA TELLURICA!!!-. Il giocatore della Strongrock fece un’enorme balzo e, appena toccò terra, provocò un violento terremoto. I due difensori rimasero spiazzati e l’attaccante poté eluderli senza difficoltà. Fu di nuovo a tu per tu con Endo.
Batté con violenza il tallone del piede contro il terreno, dal quale andò a formarsi una crepa da cui emerse dell’energia arancio che avvolse il pallone. Tirò di destro e il tiro si diresse verso la porta in tutta la sua potenza:
-GEOFORZA!!!-
-Non ti permetterò di segnare! PUGNO DI GIUSTIZIA!!!-. La tecnica fece il suo dovere a metà, poiché il tiro venne deviato sopra la traversa. Il bruno rimase comunque vittorioso, seppur visibilmente provato dal tiro:
-Nuova parata di Endo! Ma c’è mancato davvero poco stavolta, il portiere ha chiaramente faticato! Che potenza!-. Il gioco riprese e la palla finì tra i piedi di Alexia che, mostrando una notevole agilità, si districò notevolmente tra i difensori avversari. Sorrise nel vedere la sua amica Shìn, numero 4, nell’ala opposta alla sua. Shìn è veramente in gamba! Subito le passò la palla, ammirandola mentre, avversario dopo avversario, avanzava verso la porta. Le ripassò subito il pallone, favorendo la sua azione:
-TIRO INFUOCATO!!!-
-CATENA MONTUOSA!!!-. Il tiro avvolto dalle fiamme distrusse di colpo quella barriera di montagne. Ma proprio quando Alexia era convinta che fosse goal, il portiere avversario agì. Diede un pugno a terra e innalzò un rudimentale scudo di roccia:
-DIFESA ROCCIOSA!!!-. Il tiro si scontrò contro di essa e venne fermato:
-Di nuovo! La Catena Montuosa ha fatto il suo dovere, anche se il tiro di Black è stato incredibilmente potente!-. Fu in quel preciso istante che nella mente della Yang si insinuò uno strano dubbio. No, un momento... qui c’è qualcosa che non quadra!
Mentre rifletteva, si assistette alla stessa scena di poco fa: la palla venne rinviata ad un attaccante, che affrontò da solo la difesa avversaria. Stavolta Gabriel gli impedì di proseguire:
-OMBRA LUNARE!!!-. La sua tecnica ebbe successo e, sfuggito dalla coltre nera che aveva provocato col pallone ai piedi, avanzò fino a centrocampo e passò ad Atsuya, numero 7, che subito si lanciò come un matto in avanti:
-Non avete ancora visto tutta la mia potenza!!! CUNEO ARTICO!!!-. E con il solito metodo brusco, il Fubuki si incuneò nella difesa, ritrovandosi a tu per tu con il portiere. Ma subito i quattro difensori si misero in mezzo, pronti ad eseguire nuovamente la loro tecnica:
-Non mi fate paura! TORMENTA GLACIALE!!!-
-CATENA MONTUOSA!!!-. Il tiro congelato si scontrò contro la parete di roccia, rompendola e trovando le mani del portiere avversario a bloccarla. L’albino batté un piede a terra, infuriato. Non è possibile! Perché non riesco a segnare?
La partita riprese a senso unico: la Strongrock tentava l’attacco ma veniva prontamente ostacolata. Eppure, la Raimon non riusciva a vedere la rete. Molti dei loro giocatori presero a innervosirsi.
Shìn, invece, non perse la calma. Rimase a fissare il punto in cui la Catena Montuosa era comparsa, riflettendo. Credo che non sia un caso il fatto che usino continuamente quella tecnica... però si frantuma ogni volta! Non ha l’aria di una difesa potente, eppure ci da enormi difficoltà! Che significato può avere?
Il suo sguardo ne incrociò un altro: Kidou, oramai numero 14 della squadra. Anche lui, esattamente come lei, era rimasto calmo a pensare. Era da quando aveva avuto quell’intesa nella partita di selezione che quel tipo era entrato nelle sue grazie. La sua mente e il suo gioco si basava su strategia e tecnica, proprio come lei. Tutto sommato, si somigliavano molto.
I loro occhi presero a scambiarsi idee, senza l’utilizzo di parole. Fu come se le loro menti entrassero in contatto. E, alla fine, ad entrambi fu tutto chiaro. Possibile che la Strongrock...?:
-... ed ecco il fischio dell’arbitro che segna la fine del primo tempo! Incredibile che nonostante tutti gli attacchi ricevuti da entrambe le squadre, nessuna delle due abbia dei goal di svantaggio! Vedremo cosa accadrà nel secondo tempo dopo l’intervallo!-
 
Il fischio dell’arbitro mandò le squadre a riposo.
Le manager della Raimon, Tsubomi, Haruhi, Eri e Marie, accorsero dai giocatori stanchi porgendo borracce e asciugamani e assistendoli in ogni modo.
Il primo tempo si era concluso con uno zero a zero. Risultato che a molti non piaceva per niente.
Endo ansimava per la fatica. Marie gli porse un asciugamano, rimanendo comunque in ansia per il fratello. Era stato costretto molte volte a salvare per miracolo la porta, era logico che la stanchezza lo avesse braccato proprio in quel momento.
La partita non stava andando molto bene, qualcuno c’era rimasto peggio di altri:
-Non ci credo! È passato tutto il primo tempo e non abbiamo fatto nemmeno un goal! Non è giusto!-. Atsuya, infatti, non la smetteva di infuriarsi per il punteggio, gettando con rabbia l’asciugamano a terra:
-Atsuya... calmati...-. Invano la sorella Swan tentò di calmarlo. Quando Atsuya comincia, non c’è modo di fermarlo!:
-Senti, Fubuki, siamo tutti frustrati per il punteggio...-. Mizuka prese parola, attirando incredibilmente l’attenzione dell’albino infuriato e sorprendendo non poco l’azzurra:
-... ma dobbiamo calmarci e pensare a cosa fare nel secondo tempo! Non ha senso pensare a ciò che è passato!-. Alexia concluse, sentendo di capire i sentimenti dell’albino. Per un momento il ragazzo parve calmarsi, abbandonandosi seduto a terra:
-Non credo che a parlare dovrebbe essere una che non ha fatto nemmeno un goal...-. La gelida voce di Lance fu come lo stridio di un gessetto su una lavagna per le orecchie di Mizuka e Alexia. Quel tipo era davvero insopportabile.
La mora prese subito a controbattere:
-Senti chi parla! Nemmeno tu hai fatto un goal, mi pare!-
-Non sono io quello che si è messo a straparlare sul valore del secondo tempo! Come se in una partita valesse solo quello! Sei penosa!-
-Come ti permetti?-
-Mi permetto e basta! È solo la mia opinione!-
-Ragazzi, calma...-. Il portiere bruno cercò di mettere pace. I litigi proprio non li sopportava. Ma fu deliberatamente ignorato dai due litiganti:
-Non ti intromettere!-
-Già, è una faccenda tra me è questa ragazzina!-
-Ragazzina a chi? Ora ti faccio vedere io!-
-Provaci, se ne hai il coraggio!-
-Ce l’ho eccome! Molto più di te!-
-Mi stai dando del codardo?-
-Esatto, ora cosa mi...-
-FINITELA!!!-. L’urlo del capitano mise fine alla lite. Perché quando a Endo qualcosa non andava bene, era capace di tutto. Anche di fare la ramanzina a dei perfetti sconosciuti. Si avvicinò ad Alexia, il viso irrigidito e gli occhi tremendamente seri:
-Sono d’accordo con te riguardo al fatto che non dobbiamo buttarci giù di morale per via di un semplice zero a zero, ma se non abbiamo fatto goal c’è certamente una ragione! E dobbiamo lavorarci insieme! Posso capire che tu sia arrabbiata, posso capire che tutti voi siate arrabbiati! Ma nel calcio una partita non si decide in partenza! Abbiamo ancora un intero secondo tempo da giocare! Quindi giochiamocelo!-. Alexia rimase completamente muta. Lo conosceva da poco, ma era la prima volta che vedeva quel ragazzo così serio in volto. Gli altri sembravano essere del suo stesso avviso e non si azzardarono a interromperlo:
-Insieme possiamo farcela! Noi siamo compagni! Siamo una squadra! E dobbiamo comportarci come tale! Siete d’accordo?-. Le riserve e molti giocatori annuirono, decisi. Lance sbuffò, distogliendo lo sguardo. Alexia si massaggiò la nuca, imbarazzata. Aveva assolutamente ragione:
-... beh, rispetto la decisione del nostro capitano!-. Il bruno rinacque in un sorriso radioso. Andava decisamente meglio. Mizuka sorrise di nascosto. Non solo non è stato Lance ad essere eletto capitano, ma questo sembra davvero valido!
Atsuya riprese, comunque infastidito dal punteggio:
-Allora, che facciamo? Rimane il problema che dobbiamo fare almeno un goal!-
-Hai ragione, ma che possiamo fare? La loro difesa sembra impenetrabile!-
-Non è una difesa-. La voce calma ma pacata di Shìn lasciò l’intera squadra con un palmo di naso, eccetto per Kidou:
-Che... che vuoi dire?-
-Intende dire...-. Proprio l’occhialuto prese parola, assicurandosi di avere tutti gli occhi puntati su di lui:
-... che la Catena Montuosa non è una vera e propria tecnica di difesa, bensì una barriera che serve a rallentare i tiri avversari, in modo che per il portiere sia più facile parare-. Eri capì al volo, scoprendosi interessata alla discussione:
-Quindi è una tecnica che serve a indebolire i vostri tiri, così da permettere al portiere di parare senza problemi-. Anche Alexia comprese, ricordando che appena Atsuya si era diretto verso la porta, la difesa si era riposizionata in tutta fretta:
-Evidentemente è una tecnica di cui non possono fare a meno! Per questo la usano così spesso!-. Shìn sorrise all’amica, confermando la sua ipotesi. Gabriel, seppur con la sua aria sempre perennemente solitaria, non perse nemmeno una parola del discorso:
-Ora capisco. Quindi, a rigor di logica, la parata del loro portiere dev’essere piuttosto debole...-. Kidou annuì al moro.
Haruhi si interessò alla conversazione, porgendo un orecchio mentre raccattava gli asciugamani usati, compreso quello sbattuto malamente a terra:
-Va bene, ma come facciamo a fare goal, allora? Se rallentano sempre il tiro... come possiamo mantenere la potenza?-
-Questo è il problema...-
-... forse dovreste pensare più in grande...-. La voce seppur lieve della blu catturò l’attenzione generale:
-Che vuoi dire, Haruhi?-. La ragazza fu ben contenta di rispondere:
-Beh, voglio dire che voi pensate ad un solo tiro... e se i tiri fossero due?-. Una lampadina si accese nella mente di Shìn, insieme ad un piano ben preciso:
-Ma certo! Ho un’idea! Sei grande, Haruhi!-. La blu sorrise fieramente, continuando il suo lavoro da manager. Shirou non la smetteva di guardarla, sorridente e rosso in viso. È carina, è divertente... ed è pure una grande esperta di calcio! È eccezionale!
L’intera squadra si riunì attorno alla mora, che piano piano spiegava una possibile strategia...
 
-E la partita riprende! Vediamo che nessuna delle due squadre ha effettuato dei cambi! La formazione è identica a quella del primo tempo, possiamo dire che questo è un secondo primo tempo! Come se la caveranno le due squadre?-
-Allenatore Willis... crede che sia stato saggio non dire niente alla squadra? Dopo tutto, lei è l’allenatore...-. Marie, non molto convinta sui metodi dell’allenatore, ebbe solo vari secondi di silenzio in risposta, facendole chiedere se avesse davvero sentito:
-La risposta l’hanno già trovata da soli, non c’è stato bisogno del mio intervento-. Quando la risposta arrivò, non seppe comunque convincerla:
-... ma un allenatore non dovrebbe dirigere la squadra?-
-I registi e il capitano dirigono una squadra, l’allenatore si limita appunto ad “allenare” i giocatori. Io mi limito a predisporgli una meta, sta a loro prendere la direzione giusta per raggiungerla-. La ragazza rivolse uno sguardo interrogativo a Tsubomi, che alzò le spalle: nemmeno lei ci aveva capito granché di quel discorso altamente filosofico.
Speravano solo che la Raimon vincesse quella partita e l’unica cosa che potevano fare era credere in loro.
 
-Si ricomincia con il calcio d’inizio a favore della Strongrock! Chi vincerà questa partita dall’esito ancora del tutto imprevedibile?-. Al fischio, Shìn si gettò all’istante in scivolata su Takeru, possessore della palla, rubandogliela e dirigendosi verso la metà campo avversaria. Il piano di Shìn ce l’avevano in mente tutti, serviva solo metterlo in pratica.
Poco prima, alla panchina della Raimon.
L’attenzione generale era riservata alla giovane mora, la cui mente geniale aveva elaborato una strategia probabilmente vincente. Sicura di essere ben sentita, la ragazza non poté fare altro se non illustrare la sua idea:
-Innanzitutto, dobbiamo raggiungere la porta come abbiamo sempre fatto. In questo caso, servirà un buon dribbling...-
-Tenma!-. Il castano ricevette la palla precisa ai piedi. Avanzò deciso, dribblando gli avversari:
-SOYOKAZE STEP!!!-. Arrivato a metà di quella zona grazie alla sua tecnica, si guardò attorno, consapevole delle mosse da fare.
-Quando Tenma avrà raggiunto un punto sufficientemente vicino, dovrà passare a qualcun altro, qualcuno abile nello smarcarsi...-
-Mizuka!-. La bionda non aveva fatto la benché minima fatica nel ritrovarsi vicino alla porta. Vide i difensori avanzare, pronti ad erigere la loro ormai conosciuta tecnica micidiale.
-Probabilmente, anzi sicuramente, la difesa sarà già posizionata. Dovremmo depistarli, quindi sarà necessario passare di nuovo...-
-Kidou!-. La Sato passò indietro, trovando Kidou a ricevere alla linea di mezzo campo:
-GRANDE ILLUSIONE!!!-. La sua tecnica gli permise di avanzare nuovamente. Quando vide di nuovo i difensori allinearsi, passò indietro a Mizuka, che avanzò come gli altri due prima di lei e, allo stesso modo, passò indietro ad Atsuya. Molti giocatori della Strongrock rimasero basiti. Ma il capitano, Takeru, capì all’istante:
-Stanno cercando di confonderci per eludere la difesa! Mantenete le posizioni!-. La voce del loro capitano li incitò a rimanere fermi. Il capitano della Strongrock si convinse di averli ormai bloccati.
Atsuya guardò i compagni, lanciando cenni d’intesa.
-Se questo metodo non funzionerà, e credo che non funzionerà, c’è un’ultima idea da provare. Ma la cosa importante sarà lavorare in perfetta sincronia...-
-CUNEO ARTICO!!!-. L’albino si ritrovò davanti alla difesa, pronta ad erigere la loro barriera. Incredibilmente, si preparò come sempre al suo tiro:
-TORMENTA GLACIALE!!!-
-CATENA MONTUOSA!!!-. Fu l’ennesimo dejà-vù: il tiro distrusse le montagne di roccia. Ma quando il pallone sembrò alla mercé del portiere in casacca marrone, con uno scatto Alexia si elevò in rovesciata e calciò la palla all’indietro, trovando Shìn a ricevere, sotto gli occhi increduli di Takeru.
-Quando il tiro di Atsuya verrà fermato, Alexia dovrà riportarlo a me. In questo modo, i difensori rimarranno spiazzati, nell’impossibilità di utilizzare la loro tecnica...-
La mora tirò la palla in aria, la quale venne avvolta da un’aura gialla. Quando scese, fece una rotazione su se stessa e colpì il pallone, che si diresse rapidamente in porta seguita da tanti felini feroci:
-RICHIAMO DALLA FORESTA!!!-
-DIFESA ROCCIOSA!!!-
-Se la mia ipotesi è corretta, la parata del portiere sarà troppo debole per sostenere il mio tiro...-
Il pallone sfondò la roccia e si insaccò nella rete, seguito da un coro di esulti da parte del pubblico e della Raimon stessa:
-La Raimon ha segnato! Magistrale è stato il tiro di Yang, il Richiamo dalla Foresta! La Catena Montuosa è stata appena sconfitta!-
-Shìn!-. Alexia saltò letteralmente addosso all’amica, finendo col cadere insieme a terra ridendo:
-Sei stata mitica! Geniale! Come sapevi che avrebbe funzionato?-
-Diciamo che... siamo una squadra!-. Tirò su il pollice, rivolgendo uno sguardo di gratitudine a Kidou. Lui rispose con un cenno d’intesa.
La partita riprese in favore della Strongrock, ma questa si fece soffiare il pallone da Alexia. La mora corse velocemente verso la porta, pensando tuttavia a Endo. Le parole che le aveva rivolto...
“Insieme possiamo farcela! Noi siamo compagni! Siamo una squadra! E dobbiamo comportarci come tale!”
Vide Mizuka correre di fianco a lei. Incrociò il suo sguardo azzurrino, sentendo il suo grigio striato di azzurro osservato. Annuirono contemporaneamente, sorridendo: sapevano esattamente cosa fare.
La mora superò molti giocatori e passò alla bionda. Questa sorrise, ritrovandosi davanti al portiere con la solita linea difensiva davanti:
-CATENA MONTUOSA!!!-. Caricò il destro, preparandosi alla sua tecnica micidiale. Ma, invece che in porta, il pallone con il lupo al seguito fu lanciato in aria, dove Alexia si era elevata in rovesciata. Appena colpì il pallone, la pelliccia del lupo al seguito si compose di fiamme rosse e arancio e gli occhi divennero intensi e scarlatti. Il tiro si diresse finalmente verso la difesa sotto il ruggito feroce del lupo ormai completamente trasformato:
-LUPO INFUOCATO!!!-. Quel singolo tiro combinato bastò a sbriciolare completamente la Catena Montuosa, senza lasciare al portiere la possibilità di controbattere. Il pallone fu in rete e si trasformò nel secondo goal della Raimon, sotto gli occhi increduli dei giocatori della Strongrock:
-La Raimon segna di nuovo! Spettacolare rete di Black e Sato, che utilizzano una tecnica combinata formidabile! Il “Lupo Infuocato”!-. La bionda e la mora si avvicinarono, dandosi il cinque a vicenda:
-Grazie del lupo-
-Grazie del fuoco-. Ridacchiarono, soddisfatte di come era andata.
Endo, da lontano, sorrise largamente com’era suo solito fare. Brave, ragazze! Così si fa! Siamo una squadra!
Grazie alla direzione combinata di Shìn e Kidou, da quel momento in poi gli attacchi della Strongrock furono sempre ostacolati: gli attaccanti non ebbero più la possibilità di tirare in porta, i centrocampisti venivano sempre contrastati e la difesa ormai si salvava per miracolo.
Così, al triplice fischio finale, la partita si concluse quasi con sollievo per i giocatori in casacca marrone. Per loro, la partita si era conclusa già da un pezzo:
-Ed ecco il fischio finale! La Raimon ha vinto contro la Strongrock per ben due a zero! Seppur inizialmente si trovasse in difficoltà, anche quest’anno i ragazzi del fulmine ci hanno strabiliato con tecniche eccezionali! Come sempre questa squadra ci ha sorpresi, vedremo come se la caverà nelle prossime partite!-. Takeru cadde in ginocchio, affranto. Avevano perso, per ben due reti di svantaggio. Era dannatamente umiliante, non riusciva a sopportarlo.
Ma una mano attirò la sua attenzione. Incrociò gli occhi color cioccolata del capitano della Raimon, sorridente e radioso come ormai tutti erano abituati a vederlo:
-Bella partita, mi sono divertito!-. Rimase sorpreso per qualche secondo. Poi sorrise, accettando la mano, rialzandosi e stringendola:
-Anche noi. E devo dire che avete meritato ampiamente questa vittoria-. Rimasero uniti in quel gesto di sportività, che il pubblico parve gradire per via dell’ampio applauso successivo.
 
Le due squadre lasciarono il campo, riunendosi tra loro. Il portiere e capitano della Raimon si mise davanti a Shìn e Kidou, sorridendo:
-Kidou, Shìn, siete stati davvero grandi! Siete due registi fenomenali! È stato grazie a voi se abbiamo vinto!-. Si spostò dagli attaccanti, Mizuka, Alexia e Lance:
-Avete fatto un ottimo lavoro, abbiamo vinto per due a zero! I vostri tiri sono stati eccezionali!-. Il suo sguardo si posò sulla difesa, formata da Shinsuke, Gabriel e Shirou:
-è anche grazie al vostro aiuto se ho mantenuto la porta inviolata! Vi ringrazio di cuore!-. Arrivò agli altri due centrocampisti, Tenma ed Atsuya:
-Avete fatto un ottimo lavoro con i vostri dribbling! Avete un grande talento!-. E, infine, riservò un sorriso speciale alle riserve rimaste, che mantenevano uno sguardo deluso, Swan, Kazemaru, Hiroto, Goenji, Yukimura e Tsurugi:
-Non dovete buttarvi giù se oggi non avete giocato! Anzi, dovete ringraziare i compagni che oggi sono stati in campo al vostro posto, perché è grazie a loro se nella prossima partita sarà possibile vedere anche voi nel torneo!-. Prese una lunga boccata d’aria, come per riprendere fiato:
-... sono felice che da ora in avanti potremo giocare a calcio tutti insieme! Oramai siamo una squadra! Sia la Raimon! E ci faremo valere, siete d’accordo?-
-Sì!!!-. La squadra esultò, manager comprese, contagiate dall’entusiasmo di quel ragazzo, che per loro grande fortuna era diventato loro capitano.
L’allenatore Willis prese parola, sempre con l’aria rilassata che ormai lo contraddistingueva:
-Ottimo lavoro, ragazzi, una buona partita. Potete andare. Domani cominceremo l’allenamento in vista della prossima partita-
-Sì, allenatore Willis!-. L’uomo si allontanò, avviandosi verso casa:
-Allenatore!-. Ma un ragazzo lo fermò. Un ragazzo dai capelli argentati, gli occhi color ghiaccio e l’aria irritata, che il moro parve ignorare:
-Dimmi, Lance-
-Perché ha nominato capitano quel tipo al mio posto?-. Willis lo fissò con noncuranza, sospirando:
-Dimmi, ti ho mai detto di volerti nominare come capitano? Ho scelto in base ai miei metodi e rispetto chi ritenevo più degno-. Le sue parole non servirono a spegnere il fuoco di rabbia dell’albino, che strinse un pugno in avanti:
-Sa benissimo che il migliore in campo sono io! Sono io il migliore!-
-Infatti sei il numero 10 della squadra. Non ti basta, Lance?-. A questo il ragazzo non seppe cosa rispondere, dando modo all’uomo di proseguire:
-Sei convinto di essere il più adatto al ruolo di capitano, vero? Beh, sarai anche forte, ma non sei portato per questo ruolo. Ho nominato Endo come capitano perché l’ho reputato più degno, e ancora adesso sono convinto della mia decisione dopo ciò che ho visto-. L’attaccante si riprese, gli occhi ancora accesi di rabbia:
-E che cosa ha visto? Quello che ho visto io è stato un ragazzino stupido e ingenuo che si diverte a straparlare tanto per avere l’attenzione puntata su di lui! Quello che ho visto è stato un ragazzino leccapiedi la cui unica particolarità è quella di incoraggiare inutilmente persone che nemmeno conosce! Questo è quello che ho visto!-. Rimasero entrambi in silenzio. Gli occhi cremisi dell’allenatore parevano più intensi del solito, come se volessero scavare l’anima di Lance. Questo non si azzardò ad aggiungere altro: era convinto di ciò che diceva, non avrebbe saputo dirlo meglio.
L’allenatore Willis diede le spalle all’albino, mostrandolo come un gesto sprezzante nei suoi confronti:
-Lo sai, Lance? Incoraggiare una persona è molto più difficile di quando sembri-. E subito si allontanò, lasciando il ragazzo solo a meditare su quella singola frase.
Una frase che segnava la vera differenza tra lui e Endo.
 
Ciao a tutti! Ecco il nuovo capitolo!
Okay, accetto suggerimenti per migliorare il mio stile riguardo alle partite! Questa è la prima fic che scrivo includendo delle partite, gradirei sapere se sto andando bene!
Bene, inoltre, vorrei precisare che Shìn e Kidou non sono innamorati! Mi sono accorta che forse può sembrare, ma non è così! Sono solo... una mitica coppia di registi! XD
So che sono ripetitiva, ma riscrivo comunque gli ultimi due(attenti, solo due) OC secondari che mi servono: un/a pasticcere/a e un/a barista(o un/a cuoco/a va bene comunque)
Bene! Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Mi dissolvo! Ciao!
(si dissolve... wow...)
Purple_Rose 

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Capitolo 8
*** Nuove scoperte e nuove conoscenze ***


Nuove scoperte e nuove conoscenze
 

 Era iniziato un nuovo giorno per la città di Inazuma. Gli studenti oramai erano già per le vie, consapevoli che la giornata sarebbe iniziata, per loro somma sfortuna, con il perenne orario scolastico.
Due ragazzi passeggiavano in coppia. Una ragazza dai capelli azzurri e un ragazzo dalla chioma blu intenso. La prima dei due aveva un’espressione infastidita sul volto, cosa che al ragazzo non sfuggì:
-Che hai, Swan? Abbiamo vinto la prima partita del Football Frontier, dovresti essere felice!-. L’interpellata sospirò pesantemente, alzando gli occhi al cielo:
-Certo, come no...-
-Che c’è che non va?-. L’azzurra strinse con forza la stoffa della gonna tra le mani per sfogare la sua frustrazione:
-C’è che non ero io quella in porta! Io non ho giocato, non sono io che ho vinto!-. Il blu sospirò, ricordandosi che né lui né la sua amica erano nel campo alla partita contro la Strongrock:
-Hai ragione anche tu, ma sono certo che prima o poi anche noi scenderemo in campo! Ne sono sicuro! L’ha detto anche il capitano...-. Swan sorrise appena, incrociando le mani e appoggiandole dietro la nuca:
-Sai, devo dire che non mi dispiace avere lui come capitano, Yukimura-
-Beh, è saltato fuori praticamente dal nulla e ci ha sorpreso non poco...-. Il ragazzo sorrise maliziosamente:
-Sai, mi ricorda qualcuno in questo senso!-. L’azzurra alzò il sopracciglio, confusa:
-Chi?-
-Ma tu, ovviamente!-
Due anni prima, a Hokkaido.
Il gelido freddo di questa terra non impensieriva più di tanto i ragazzi che la abitavano, intenti come non mai a giocare a calcio. Il campo dell’Hakuren, una delle scuole di Hokkaido, era spesso ricoperta da un candido manto di neve, che tutto sommato rendeva il gioco ancora più divertente con le scivolate e qualche caduta.
Colui che portava il numero dieci, un ragazzo dai capelli blu e la carnagione pallida, conduceva con abilità la squadra e non faceva fatica ad arrivare fino in porta. Un potente tiro mirato all’incrocio destro dei pali e fu goal:
-Bravo, Yukimura! Sei stato grande!-
-Ottimo lavoro!-
-Fantastico!-
-Grazie a tutti!-. La palla però venne recuperata da una ragazza a tutti sconosciuta: capelli azzurri, occhi grigi e pelle pallida. Il blu la guardò, confuso:
-E tu chi sei?-
-Mi chiamo Swan Fubuki!-. Puntò uno sguardo deciso e sicuro su Yukimura, che lasciò quest’ultimo confuso:
-Sono cui perché voglio entrare nell’Hakuren come portiere!-. La squadra intera si sorprese non poco. Qualcuno si mise anche a ridere. Il blu rimase serio; sotto quello sguardo deciso qualcosa gli impediva di parlare. Fortunatamente un altro componente della squadra parlò al suo posto:
-Guarda che non facciamo entrare tutti! Devi provare che sei forte! E poi sei solo una ragazza!-. Swan si morse il labbro. Questo avrebbe preferito non sentirlo. Puntò un dito su Yukimura, che ancora non parlava, la voce al limite della rabbia:
-Mettetemi alla prova! Avete detto che lui è bravo, no? Che me lo dimostri in campo!-. Il ragazzo si riscosse, annuendo. Non esisteva al mondo che lui rifiutasse una sfida.
Swan si mise in porta e Yukimura le fu di fronte, il pallone tra i piedi. Si scambiarono sguardi di sfida e quasi di una certa stima reciproca. Poi il ragazzo prese un respiro e si preparò al tiro:
-PANTHERN BLIZZARD!!!-. Il tiro seguito dalla pantera artica viaggiò verso la porta, con tutta l’ammirazione dei compagni di squadra. L’azzurra non si fece cogliere impreparata:
-MORSO DEL LUPO!!!-. Il tiro si scontrò contro le fauci del lupo, che erano anche le gambe della ragazza. La potenza delle due tecniche fu tale che la ragazza fu scagliata in porta e la palla schizzò in aria, ricadendo a terra e lasciando tutta l’Hakuren con un palmo di naso.
Yukimura si avvicinò alla ragazza e le tese una mano, che fu accolta da un sorriso:
-Credo che d’ora in avanti saremo compagni di squadra-
Swan sorrise, ricordando quel momento. Era stato il suo esordio all’Hakuren e anche il giorno in cui aveva conosciuto Yukimura. Arrossì delicatamente.
Un giorno speciale, si può dire:
-Poi, qualche mese fa, mi sono trasferita a Inazuma con i miei fratelli per entrare nella famosissima Raimon. E così, nonostante tutto, siamo ancora insieme-. Il blu annuì. Andrei anche in capo al mondo pur di starti vicino, Swan... Arrossì leggermente a quel pensiero:
-Siamo arrivati! Andiamo!-. Appena l’azzurra avvistò la scuola, si diresse verso di essa a passo di carica, seminando l’amico. Questo sospirò leggermente.
Chissà se ci sarebbe mai stato un posto per lui nel suo cuore.
 
-Ricordate che in alcuni verbi il Past Simple non si forma aggiungendo il suffisso –ed alla fine, ma si tratta di forme irregolari come “was/were”, “ate” e “drank”...-. La lezione di lingue straniere era da poco iniziata. La materia era esposta da un’insegnante estremamente giovane dai lunghi capelli argentati e gli occhi color ghiaccio dall’aria estremamente fredda, così come la sua spiegazione distaccata.
Molti studenti cercavano di rimanere attenti, poiché percepivano una certa “pericolosità” proveniente da quella persona: sembrava potesse arrabbiarsi da un momento all’altro.
Akira non vi prestava attenzione, intenta com’era a immaginare come sarebbe stato bello avere una certa testa rosa in classe.
Alexia era del suo stesso avviso, cioè del completo disinteresse verso la lezione: forse perché la vittoria contro la Strongrock l’aveva gasata, forse perché le lingue non erano mai state il suo forte. O forse, semplicemente la lezione la annoiava.
Sospirò, coprendo uno sbadiglio con la mano. Se prometto di non lasciare mai il Giappone, chissà se mi permettono di saltare la lezione di Inglese... forse chiedo troppo.
Cercò di immaginarsi già in campo a dare calci al pallone quando sul banco le arrivò un bigliettino, la cui frima le balzò subito agli occhi: Fidio Ardena. Il suo cuore perse un battito. Fidio le aveva mandato un messaggio? Proprio a lei?
Non perse tempo e lo aprì.
“Tu giochi a calcio nella Raimon, vero?”
Una domanda semplice, eppure per la risposta la mora ci pensò su per tre minuti buoni. Il bruno cercava di mostrarsi distaccato solo per evitare che l’insegnante lo beccasse a scrivere bigliettini. Questo Alexia lo sapeva bene.
“Sì, è così. Ti interessa il calcio?”
“Mi piace molto, lo seguivo spesso a casa mia a Venezia”
“Wow, allora sei Italiano. Bello”
“Mi sono trasferito qui perché mio padre ha trovato un lavoro migliore. Però non mi dispiace davvero questo paese”
“Se hai bisogno di qualcosa, chiedi pure a me”
“Lo farò”

-Kipling!-. La voce della professoressa scosse i due ragazzi, temendo di essere stati scoperti. Tuttavia, non erano lo le prede di quell’albina:
-Stai attento alla lezione!-. Lance le rivolse uno sguardo annoiato, sbuffando:
-Come vuole, professoressa White-. Questa gli rivolse uno sguardo truce, prima di riprendere la lezione da dove l’aveva interrotta. Fidio evitò di mandare bigliettini per tutta la lezione, con sommo rammarico della mora.
Ma, al suono della campanella, si vide arrivare sul banco un ultimo foglietto, prima che il bruno sparisse dalla sua vista.
“Sei stata davvero in gamba contro la Strongrock. Seguirò tutte le tue partite”
Sorrise, arrossendo.
Ora aveva un motivo in più per scendere in campo e dare il massimo.
 
Il solito allenamento mattutino era da poco incominciato. Come sempre, ogni giocatore dava il tutto per tutto in campo, sfoderando le proprie capacità davanti all’allenatore Willis. Infatti, per via del fatto che la formazione della partita sarebbe stata comunicata solo poco prima dell’evento stesso, non c’era possibilità di capire chi sarebbe entrato in campo.
L’incertezza portava i ragazzi a impegnarsi ancora di più, cosa che forse l’allenatore aveva davvero previsto.
Una giovane mora si era avvicinata ad un biondo palla al piede, passandogli il pallone. Questo parve capire immediatamente che la sua era una richiesta di conversazione:
-Di’ un po’, ehm...-
-Goenji-
-Ah, sì, Goenji-. Il ragazzo restituì la palla alla ragazza, che la stoppò di petto e prese a palleggiarla sulle gambe. Poi la lanciò nuovamente verso l’attaccante, il quale la deviò con la punta del piede verso l’alto e la palleggiò sulla testa:
-Tu sei Shìn, giusto?-
-Giusto. Volevo chiederti... tu conosci da molto tempo Lance?-. Il biondo fece cadere la palla a terra e ci mise sopra un piede, mostrando un’espressione sorpresa:
-Beh, sì, direi di sì, perché?-. Shìn si vide arrivare la palla e non perse tempo, bloccandola con la caviglia, alzandola con il piede e colpendo di testa:
-Visto che lo conosci bene, potresti spiegarmi il motivo del suo comportamento...-
-Potresti chiederlo direttamente a lui-
-Nah, non penso che mi direbbe qualcosa. Sembra piuttosto riservato-. Goenji si lasciò scappare un sorriso:
-Sei un’acuta osservatrice-. Anche la mora sorrise, mentre proseguiva con quell’attività di passaggi e palleggi. Il biondo sembrava indeciso sul da farsi. Non pensavo che qualcuno avrebbe chiesto a me per Lance... non so se dovrei parlare, è probabile che si arrabbierà:
-Allora?-. Il pallone finì dal ragazzo, che lo recuperò e lo tenne abilmente in equilibrio sul dorso del piede, in sospeso come la domanda che la ragazza le aveva posto.
Shìn lo fissò attentamente. Non gli piace parlare del suo amico alle sue spalle? Oppure... oppure teme la sua reazione? Mi chiedo che tipo di amicizie possa coltivare uno come Lance...:
-... ti posso dire solo questo: lui ha molto di più di quanto possa sembrare-. E prima che la mora se ne accorgesse il pallone fu ai suoi piedi e il biondo sparì dalla sua vista, lasciandola con un palmo di naso. Ha molto di più... di quanto possa sembrare? E che cosa dovrebbe voler dire?:
-Ehi! Shìn!-. Mizuka si avvicinò alla ragazza, perplessa:
-Che cosa stai facendo?-. Questa si riscosse, sorridendo:
-Oh, niente...-
-Va beh, allora mi aiuti a migliorare il mio dribbling?-
-Certo-. Mentre si dirigeva verso centrocampo notò Lance, in faccia la sua solita aria disinteressata.
Ha molto di più... chissà a che cosa si riferiva veramente...
 
-... che cosa?-
Appena finito l’allenamento, Atsuya si era catapultato da una persona, deciso come non mai.
Era da quando l’aveva incontrata, anzi, da quando aveva litigato con le che non la smetteva di pensare a Mizuka. Senza sapere come, le era entrata in testa e non l’aveva lasciato nemmeno per un secondo. Così, si era ripromesso di scoprire qualcosa su di lui.
E aveva notato che parlava molto spesso con quella ragazza dai capelli rosa, quindi...:
-Conosci bene Mizuka, no? Vorrei che mi dicessi qualcosa su di lei!-. Marie stava riponendo nelle borse gli ultimi asciugamani rimasti dopo l’allenamento ed era rimasta notevolmente sorpresa di sentire quella richiesta:
-Perché ti interessa?-. L’albino si morse leggermente il labbro. Non aveva mai sopportato le persone che si ponevano troppe domande scomode. In altre occasioni, la sua risposta sarebbe stata un “fatti gli affaracci tuoi”, seguito da una linguaccia. Ma aveva bisogno di sapere.
Tirò un sospiro, cercando di mostrarsi convincente:
-Beh... non la conosco, mi piacerebbe sapere di più su di lei... che ne so... qualcosa sulla sua vita, sul suo carattere...-. La rosa guardò a sottecchi il ragazzo. Mente. È ovvio che mente! Però... sembra che abbia un debole per Mizuka-chan... Sorrise:
-E va bene, ti dirò qualcosa-. Gli occhi grigi dell’albino si illuminarono:
-Grazie!-. La ragazza prese a riflettere, riponendo l’ultimo asciugamano al suo posto. Si sedette su una panca e il ragazzo la imitò:
-Beh, Mizuka è una persona speciale. La conosco da tempo ed ha sempre dimostrato di avere una grande passione per il calcio...-
Sette anni prima, a Tokio.
In un parco pubblico si potevano udire le voci dei bambini, piuttosto squillanti, intenti a giocare sullo scivolo o sull’altalena, felici e gioiosi.
Uno di questi, una femmina, si dondolava delicatamente su un’altalena, un dolce sorriso dipinto sul volto. I grossi occhi verde smeraldo si guardavano curiosi in giro e i capelli rosa parevano leggermente scompigliati.
La bambina fece dondolare le gambe sospese in aria. Si annoiava, non sapeva che cosa fare:
-Passa! Dai passa!-. Delle voci la attirarono e il suo sguardo cadde su un gruppetto di ragazzi, ai piedi dei quali stava un pallone perennemente in movimento. La sfera bicolore in questione cadde tra i piedi di una bambina bionda, i cui occhi azzurri brillavano di allegria ed energia.
La rosa sospirò. Non era brava a giocare a calcio, anche se le piaceva. Quando suo fratello le insegnava qualcosa era facile, ma da quando si era trasferito a Inazuma e lei era rimasta con i suoi zii non aveva più avuto occasione di rivederlo. Prese a immaginare come sarebbe stato giocare in una partita vera.
Era talmente persa nei suoi pensieri che non si accorse di una presenza vicino a lei finché questa non ringhiò. Sobbalzò, spalancando gli occhi per la paura. Un enorme cane le stava ringhiando contro e pareva proprio avercela con lei. Prese a tremare, scendendo con calma dall’altalena. Avrebbe voluto scappare, ma non riusciva a muovere le gambe. Il cane ancora non se ne andava e prese ad abbaiare con ferocia. Chiuse gli occhi e serrò le palpebre sperando che l’immagine svanisse, ma...:
-Prendi questo!!!-. Una voce le fece riaprire gli occhi poco prima di vedere il cane colpito da un pallone. Questo si rialzò dolorante, mugolando e allontanandosi. La rosa si lasciò andare seduta, respirando affannosamente:
-Stai bene?-. Alzò lo sguardo, incrociando quello azzurrino della bionda che aveva già notato. le rivolse uno sguardo di totale ammirazione, accettando la mano che le aveva offerto per rialzarsi:
-Io... grazie-. La bambina le sorrise:
-Figurati! Un semplice cane non può battere un possente lupo!-. La rosa la guardò interrogativa:
-Mizuka, tutto bene?-. Alle due si avvicinò un bambino dai capelli rosso vivido e gli occhi verde acqua, l’aria preoccupata:
-Tutto bene, Hiroto. Come ti chiami?-
-Marie Storm-
-Bene, Marie, ti va di venire a giocare con noi?-. Gli occhi della bambina si illuminarono:
-Posso davvero?-
-Certo! Più siamo e meglio è! Chissà che un domani non diventeremo grandi amiche!-
-E infatti... siamo diventate grandi amiche-. Marie sorrise al pensiero di quel giorno: da quel momento in poi lei e Mizuka erano diventate inseparabili e, insieme a Hiroto, si erano trasferite a Inazuma solo per andare a scuola insieme.
Atsuya non si era perso nulla del suo racconto. Certo che ha davvero del coraggio, pensare che era solo una bambina... e poi ha anche del carattere, non c’è dubbio!
Sorrise dolcemente. Quella ragazza la incuriosiva sempre di più.
Marie se ne accorse e sorrise maliziosamente:
-Di’ un po’... non è che ti piace Mizuka-chan?-. L’albino arrossì di botto, il che non era conveniente vista la carnagione pallida, che lo rendeva ancora più evidente:
-Ma no! Che dici? Io cotto di lei? Ma per favore! No! Assolutamente no! Insomma, come può...-
-Non lo dirò a nessuno, tranquillo-. Atsuya sospirò, sconsolato. Chissà, forse era davvero innamorato...:
-... promesso?-
-Certo!-. L’albino sorrise leggermente:
-Va bene, mi fido. Grazie di tutto, Marie-. Mentre si allontanava, la rosa posò uno sguardo dolce sulla bionda a poca distanza da lei, che fingeva di parlare con Hiroto.
Ho promesso, quindi non le dirò niente... è un peccato che non possa dirlo nemmeno a lui: per tutto il tempo, Mizuka-chan non ha fatto altro che guardarti, Atsuya.
 
-Certo che è davvero un gran bell’articolo!-. Haruhi e Haruna si avviavano verso casa, la prima con in mano un giornaletto colorato. Questo mostrava in prima pagina a caratteri cubitali il titolo “Vittoria schiacciante. 2-0 contro la Strongrock”, sotto al quale faceva la sua bella vista un articolo e la fotografia della Raimon estasiata per la vittoria:
-Beh, l’articolo non l’ho scritto io...-
-Sì... l’ha scritto una certa Aki, mi sembra-. La corvina annuì, sorridendo:
-Aki è una persona molto simpatica, oltre che un vero talento per il giornalismo!-
-Ma bisogna ringraziare soprattutto le tue fotografie! Si può sapere quando le hai scattate? Io non ti ho visto!-. Haruna le fece l’occhiolino, agitando il dito:
-Segreto professionale!-. Entrambe scoppiarono a ridere:
-Comunque sono davvero delle splendide foto, sai?-
-Grazie, ma a me interessava immortalare... lui-. I suoi occhi grigi si posarono su uno dei ragazzi in foto: un moro dagli occhi viola che se ne stava in un angolo a guardare gli altri con freddezza.
Haruhi alzò il sopracciglio, sospirando. Non cambierà mai...:
-Sai, Haruna, posso capire che tu sia perennemente cotta di Gabriel... ma, non per essere rude, lui non ti degna di uno sguardo!-. La corvina non smise di sorridere, continuando a guardare sognante il suo principe dagli occhi viola. Appena la blu schioccò le dita davanti alla sua faccia, si riscosse di colpo:
-Ah! Che c’è?-
-Niente, lasciamo stare... però quando hai incontrato Gabriel, io ho incontrato anche te, ricordi?-. Haruna sorrise dolcemente. Come poteva scordarlo?
Cinque anni prima, a Inazuma.
Per i vicoli di quella tranquilla città una ragazzina passeggiava tranquillamente. Una bambina dai capelli corvini delicatamente scompigliati, che le donava un aspetto vispo e giocoso. Gli occhi grigi brillavano davanti all’oggetto che teneva in mano: una macchina fotografica.
Il sorriso sul suo viso non accennava a spegnersi un solo secondo. I suoi genitori gliel’avevano regalata per il suo compleanno proprio quel giorno, con sua immensa felicità:
-Che bello! Non vedo l’ora di usarla!-. Era talmente presa a contemplare quella macchina da non accorgersi che, dietro l’angolo verso il quale stava per svoltare, un’altra bambina correva.
In un attimo le due si scontrarono, lasciando cadere i rispettivi oggetti che tenevano in mano. L’altra ragazzina dai capelli blu si rialzò quasi subito, afferrando la prima cosa che vide:
-Scusami tanto! Ma vado di fretta! I miei amici mi aspettano!-. Subito si allontanò nella stessa direzione che stava percorrendo.
La corvina a terra si massaggiò la testa, dolorante. Poi, sbarrando gli occhi, vide che per terra vi era un cofanetto rosa con rifiniture argentate, sopra il quale vi era il disegno della Tourre Eiffel francese. Dov’era finita la sua macchina?:
-Ehi! La mia macchina fotografica! Aspetta!-. Si lanciò all’inseguimento di quella strana ragazzina, il cofanetto stretto tra le mani.
Per miracolo riuscì a trovarla in poco tempo al centro di un parco. La trovò a guardare la sua macchina perplessa, circondata da altri due ragazzi della sua stessa età: un bambino dalla folta chioma color tramonto e un altro con una zazzera di capelli mori sulla testa.
La corvina rimase a fissare il bambino moro. Era... davvero carino:
-... il mio cofanetto!-. La blu si accorse della presenza della bambina, raggiungendola sorridente:
-Mi dispiace! Non ho guardato prima di prendere qualcosa!-
-Non ti preoccupare, è solo che mamma e papà me l’hanno regalata proprio oggi e ci tengo-
-Io mi chiamo Haruhi! Tu come ti chiami?-
-Io sono Haruna!-. Le due si scambiarono i propri oggetti:
-Perché vai in giro con un cofanetto?-. Haruhi sorrise, indicando uno scatolone pieno di roba accanto al ragazzino moro:
-Volevamo fare un viaggio senza muoverci da qui, allora ho preso qualcosa che provenisse da qualche luogo!-. Haruna sorrise estasiata. Sembrava divertente!:
-Posso giocare anche io?-
-Certo! Visto che partiamo per un viaggio, tu sarai la nostra fotografa ufficiale! Loro sono i miei amici, Taiyou e Gabriel!-. Gabriel accennò ad un saluto senza convinzione. Haruna rimase incantata da quella freddezza; non ne conosceva il motivo, ma la affascinava non poco:
-Allora... SI PARTE!!!-
-Da quel giorno sono successe tante cose...-
-Hai ragione, Haruhi. Intanto abbiamo conosciuto Tsunami e Suzuno, poi ci siamo iscritti tutti alla stessa scuola!-. La blu alzò lo sguardo al cielo, sorridendo serena. Haruna improvvisamente sorrise maliziosamente:
-Piuttosto... che ne pensi di Shirou-san?-. Haruhi rimase perplessa:
-Che c’entra lui adesso?-. La corvina le diede una pacca sulla spalla:
-Oh, andiamo, si vede lontano un miglio che ti fa l’avance!-. Il viso della blu divenne subito rosso. Prese a gesticolare con le mani come una forsennata:
-Ma che stai dicendo? Lui non mi fa nessuna avance! È solo un ragazzo come tanti! Un ragazzo come tanti, hai capito?-. L’amica continuò a guardarla a sottecchi, sorridendo. Shirou è cotto di lei, chissà se anche lei prova lo stesso...:
-... lo puoi dire se ti piace...-
-Ma non in quel modo! Lo rispetto come persona e come giocatore, nient’altro! Tutto qui! Capito?-. Haruna annuì poco convinta, capendo che non sarebbe riuscita a tirarle fuori nient’altro:
-Va bene, ho capito, non ne sei innamorata!-
-Finalmente!-
-... ma almeno lo trovi carino?-. Haruhi iniziò a pensarci intensamente. Beh... per carino è carino... è molto carino!:
-Credo... credo di sì-
-Per adesso può bastare-. Entrambe sorrisero.
Certo, l’amore era misterioso, ma la loro amicizia non aveva segreti.
 
In una zona di Inazuma, vicino ad un fiume limpido che passava sotto un ponte, stava un piccolo campo da calcio, sterrato e semplice. In esso due ragazzi giocavano a calcio, instancabili: uno, palla al piede, castano dagli occhi grigio perla, l’altro, in porta, bruno con una fascia arancione in testa.
Il castano prese ad avanzare, dribblando avversari immaginari e mirando all’incrocio destro dei pali. Il bruno, con un rapido balzo, afferrò il pallone con entrambe le mani e sventò la minaccia:
-Niente male, Tenma-
-Ma ancora non abbastanza! Riproviamo!-. Appena il pallone fu rinviato, l’allenamento proseguì fino a tardi, quando il sole andava a nascondersi dietro l’orizzonte e gli ultimi raggi solari sfumavano con blu notte donandogli varie chiazze violacee.
Entrambi caddero a terra, esausti ma soddisfatti. Si erano ritrovati casualmente nello stesso posto, decisi entrambi ad allenarsi anche più del dovuto. Così avevano fatto coppia fino alla fine, entrambi uniti dalla stessa identica passione.
Tenma si alzò lentamente, raggiungendo una panca e tirando fuori da una sacca due borracce. Ne porse una al portiere ancora a terra, che l’accettò con piacere:
-Grazie-. Tenma affiancò il bruno, sedendosi accanto a lui. Rimasero zitti per un minuto, il silenzio rotto solo dai loro respiri affannosi. Poi Endo lasciò cadere la testa all’indietro, osservando il cielo:
-Ah... adoro questa sensazione...-
-Di cosa parli?-
-Del momento che viene dopo l’allenamento. È bellissimo riposarsi sapendo di aver dato il massimo in campo-. Tenma sorrise, alzando il naso a sua volta:
-Hai ragione, è impagabile-
-Dimmi una cosa, perché ti vuoi allenare con i tiri? I centrocampisti raramente tirano in porta...-. Il castano posò il suo sguardo sulla porta davanti a lui, deciso:
-Ci sono volte in cui penso che in campo non mi impegno a sufficienza. Dribblo avversari, rubo palla... e poi? Vorrei essere in grado di dare maggior supporto alla squadra. Se imparassi a tirare in porta sento che mi sentirei un membro di maggiore importanza
-Capisco...-
-Tu non ti senti mai impotente? Insomma, stare sempre in porta e intervenire solo se le cose si mettono male...-. Endo ridacchiò appena, sdraiandosi completamente:
-Ci sono volte in cui vorrei lanciarmi all’attacco e aiutare i miei compagni, ma so che sarebbe solo pericoloso. Mi ricordo sempre che il portiere ha un ruolo fondamentale per la vittoria in una partita, quindi non ho mai la sensazione di essere inutile. Il portiere non è mai inutile-
-In effetti hai ragione, oltre al fatto che sei il capitano-. Tenma si lasciò cadere del tutto a terra, incrociando le mani e posandole dietro la nuca.
In qualche modo, entrambi sentivano di potersi dire tutto tra di loro. Forse per via del la loro passione per il calcio, forse per la loro voglia di impegnarsi sempre al massimo, in ogni caso era certi che tra loro sarebbe nata una solida amicizia.
Anche senza il bisogno di parlare:
-Senti, Endo... tu sei mai stato innamorato?-. La domanda prese il portiere completamente alla sprovvista. Arrossì delicatamente, ringraziando la notte che nascondeva tutto:
-Ehm, perché me lo chiedi?-
-Scusami se cambio argomento, è che...-. Tenma si mise seduto, rannicchiandosi e posando la testa sulle ginocchia. Era da un po’ che aveva quei pensieri, non sapeva bene come comportarsi. Shinsuke non è mai stato innamorato in vita sua e Tsurugi è troppo riservato per parlare di queste cose...:
-... diciamo di sì...-. Il castano rimase sorpreso:
-Davvero?-
-Beh, sì, qualcosa del genere...-
-Perché... è da un po’ che ho nella testa una ragazza... non so se è amore, la conosco davvero da poco, l’ho appena incontrata, ma qualcosa mi attira in lei-
-Posso sapere chi è?-
-Ehm... Tsubomi-. Endo si tirò su leggermente, alzando il sopracciglio:
-Quella dello staff della squadra? La manager?-. Il centrocampista annuì, rivedendo il suo timido sorriso nella mente:
-Il fatto è che... non riesco a togliermela dalla testa. Il suo viso, i suoi occhi, i suoi capelli... sono convinto che tutto di lei sia speciale. Inoltre non riesco a incrociare il suo sguardo per un secondo senza che il mio cuore non perda un battito-. Il bruno rimase ad ascoltare in silenzio. Gli sembrava la descrizione di ciò che sentiva con Aki:
-Secondo te... sono innamorato?-
-Non sono un grande esperto, in fondo. L’amore è diverso da persona a persona. Comunque sei tu che dovresti capirlo, non io-. Tenma sospirò, sconsolato:
-Mi chiedo se non ci sia una via più facile...-. Endo alzò lo sguardo al cielo, ammirando le stelle che da poco erano comparse e pensando alla sua Aki.
L’amore non è mai facile, amico mio.
 
Mentre i due calciatori discutevano riguardo ai propri sentimenti, per qualcuno la sera significava qualcos’altro. Da una delle case di Inazuma, una normalissima abitazione in periferia, si udiva una melodia. Il dolce suono di un pianoforte che, entrando in casa, si espandeva in tutte le stanze.
Una melodia semplice, delicata eppure con un fondo di malinconia, eseguita con tale perfezione da sembrare una registrazione.
Dita veloci e allenate scorrevano su uno strumento a corda dall’aria vissuta, dal quale proveniva la canzone. Si muovevano con scioltezza eppure con incredibile accuratezza, senza tralasciare il minimo margine di errore. Non appena si udì l’ultima nota, questa si perse nel silenzio tombale che venne a seguire, lasciando un lato di amarezza nella canzone.
La pianista si alzò dallo sgabello, sospirando. Scostò una ciocca di capelli bruni dal viso e sorrise:
-Credo di essere migliorata-. Strofinò gli occhi grigio-azzurri, sbattendo le palpebre un paio di volte. Il suo spartito era rovinato, per giunta scritto in piccolo, ma ormai la canzone la conosceva a memoria, non avrebbe più dovuto sforzarsi di leggere.
Sentì la porta di casa aprirsi e una voce annunciare l’arrivo:
-Sono tornato!-
-Bentornato a casa, Hakuryuu-. Sorrise al fratello appena arrivato, notando il sacchetto che aveva in mano dal quale proveniva un odorino invitante di pasta frolla appena fatta:
-Non dirmi che...-
-Ebbene sì, prima di tornare ho fatto un salto da Mami-san e ho preso qualcosa!
-Evviva!-. La bruna esultò, pensando alla pasticcera alla quale era tanto affezionata.
Maiko era una delle pasticcere presenti ad Inazuma. Una donna di una certa età, un po’ paffuta dal dolce sorriso e gli occhi verde brillante. I capelli, scuri, li teneva sempre legati in uno chignon, Eri non l’aveva mai vista senza.
Avrebbe voluto andare a salutarla, ma le sarebbero bastate le leccornie del suo negozio che suo fratello le aveva comprato:
-... stavi suonando il piano?-. La bruna annuì, portando il sacchetto in cucina. Hakuryuu sorrise dolcemente:
-Ti ho sentito. Stai diventando davvero brava-
-Grazie. Devo esserlo...-. Un’ombra di malinconia le attraversò il viso. Una piccola lacrima le scese rapida sulla guancia. Il fratello se ne accorse e la abbracciò:
-Su, su, non fare così-. Eri inspirò profondamente, cercando di ricacciare le lacrime che le pungevano gli occhi. Parve riuscirci, poiché si allontanò dal ragazzo e gli sorrise:
-Sto bene, tranquillo-. Nonostante la preoccupazione, Hakuryuu annuì. Ha subito una grande perdita, eppure trova ancora la forza di sorridere... Le diede un tenero buffetto sulla guancia, dirigendosi in cucina:
-Preparo la cena. Vuoi qualcosa in particolare?-
-Basta che sia commestibile!-. Ridacchiò leggermente, avvicinandosi al piano che poco prima era intenta a suonare. Ne sfiorò i tasti con la mano, constatando come fossero consumati eppure ancora integri.
Posò lo sguardo sullo spartito che troneggiava sopra lo strumento. Era impolverato, sembrava che non si fosse mosso da quella posizione da anni. Anzi, sembrava che non fosse stato sfogliato da anni.
Sorrise amaramente, mentre la stessa canzone risuonava nella sua testa, seppur suonata con un tono insolitamente più dolce e allegro.
... mamma...
Un’altra lacrima le rigò veloce il viso.
 
Anche stavolta vi ho fatti aspettare parecchio, eh? Mi spiace!
Avverto inoltre che per una decina di giorni o poco più non sarò presente su EFP. Quindi non potrò né pubblicare, né rispondere a possibili recensioni.
Okay! Questo è il capitolo!
Beh, sappiate che è da quando ho avuto l’idea per questa specie di Cross-Over tra serie che volevo scrivere qualcosa con Tenma e Endo insieme! Sono i protagonisti, dopo tutto!
Non dico altro perché probabilmente finirei per fare spoiler.
Allora alla prossima! Ciao!
Purple_Rose 

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Capitolo 9
*** Rivelazioni pre-partita ***


Rivelazioni pre-partita
 

 -Hana, non dico che la tua presenza non ci faccia piacere...-. Shinsuke sorrise forzatamente, cercando di mostrarsi convincente:
-... ma è proprio necessario che tu accompagni Tenma tutte le mattine?-. Senza volerlo, il piccoletto aveva enfatizzato le ultime parole con un nervosismo nella voce.
La bionda sembrava non seguirlo, intenta com’era a fissare il castano con occhi adoranti e addirittura famelici, avvinghiata al suo braccio come un polipo. Questo cercava deliberatamente di ignorarla, senza successo.
Come ogni mattina, i ragazzi della Raimon si avviavano verso l’omonima scuola. E come ogni mattina, per quel famoso trio, Hana spuntava da dietro l’angolo, stringendo il suo principe azzurro e rimanendo a fissarlo per tutta l’andata:
-... secondo me, visto come ti adora, potrebbe persino mangiarti-
-Non è divertente, Tsurugi!-. Il blu ridacchiò, procedendo l’andata come se attorno a lui non ci fosse nessuno. Shinsuke lo guardava con una punta di invidia. Chi non avrebbe voluto essere in potere di isolarsi dal mondo, ma soprattutto dalle smancerie di Hana?
Questa, infatti, prese a fare gli occhi da cucciolo, sbattendo più volte le ciglia. Tenma la guardò rassegnato. Quel gesto significa solo una cosa, una richiesta melensa in arrivo:
-Ti va di andare a vedere il tramonto insieme a me, Tenmino? Potremo rimanere abbracciati a vedere la discesa del sole verso l’orizzonte! Non sarebbe romantico?-. Da un lato, al centrocampista non sarebbe neanche dispiaciuto, non gli dispiacevano i tramonti. Ma vederli con quella bionda era tutta un’altra cosa. Specialmente se si trattava ascoltarla per tre ore parlare di vestiti, trucchi e problemi adolescenziali, tra i quali vi era il rapporto con la madre basato su uno scambio di “tesoro, porta fuori la spazzatura” e “stai rovinando la mia vita!”.
Tsurugi e Shinsuke lo sapevano bene, e mentre il primo lo guardava con malizia curioso di sapere la bugia del giorno, quella che gli avrebbe permesso di salvarsi, il secondo gli rivolgeva uno sguardo di comprensione, come per dire “ti compatisco, amico mio”:
-Ecco... vedi... non posso... perché... mi alleno fino a tardi! Sì!-. Tenma non era mai stato più felice di far parte del club di calcio:
-Fra poco ci sarà la seconda partita del girono eliminatorio! Non posso distrarmi! Devo rimanere concentrato!-. Tsurugi trattenne a stento una fragorosa risata. Il calcio che tanto ama gli ha salvato la pellaccia!
Shinsuke gli fece l’occhiolino. E bravo Tenma, l’hai scampata anche stavolta!
Hana non colse minimamente quei gesti, continuando a sorridere amorevolmente:
-Va bene! So quanto ti sta a cuore il calcio! Sarà per la prossima!-. Il castano dovette fare gli straordinari per trattenere il sospiro di sollievo che gli uscì dalla bocca:
-Però... voglio sperare che per “calcio” non intendi rimanere solo con quella tipa...-. Lo sguardo minaccioso che uscì dagli occhi nocciola della ragazza non piacque nemmeno un po’ a Tenma, che non aveva afferrato il soggetto della discussione:
-Scusa, ma a chi ti riferisci?-. La bionda gli lanciò uno sguardo infuocato:
-A quella tipa! La ragazza con un groviglio nero in testa al posto dei capelli e due acini d’uva rinsecchita al posto degli occhi!-. Il castano il castano non smetteva di guardarla, perplesso. Ma di chi diamine parla?:
-... continuo a non capire...-
-Tsubomi! La ragazza dell’altro giorno!-. Tenma sobbalzò, il sorriso timido di Tsubomi che prendeva posto nella sua mente. Poi sbuffò sonoramente, pensando al modo in cui Hana l’aveva descritta. Come no, dalla sua descrizione si capiva subito...:
-Sì, è come la descrivi tu, certo...-. Hana ignorò anche l’evidente sarcasmo che il ragazzo mostrava nei suoi confronti. Un sorriso quasi maligno le andò a formarsi sulle labbra:
-Quella Tsubomi... è davvero una fifona! È entrata in crisi appena sono arrivata io!-
-Beh, fifona, a me è parsa solo timida...-
-E poi hai visto come si è allontanata? Evidentemente si sentiva superiore!-
-Ma no, credo che si sentisse un po’ la terza in comodo, posso capirla...-
-E poi era anche bruttina! I capelli troppo lunghi e color della cenere grezza! Gli occhi di quell’assurdo viola! Scommetto che si vanta di quel colore! E la pelle, bleah, la pelle! Poi i suoi modi da “bambina perfettina” che non affronta nessuno! La pacifista! Scommetto che è solo una schifosa e noiosa asociale!-
-... bene, credo che la strada te la farai da sola-. Hana sbarrò gli occhi e si fermò mentre Tenma, un sorrisino dipinto sul volto, se la toglieva delicatamente di dosso, accelerando il passo e venendo affiancato dai suoi due amici, rimasti esterrefatti dalla sua reazione:
-Ehi, ma che è successo? Non ti ho mai sentito dire questo ad Hana!-. Il castano rivolse un sorriso all’amico dai capelli blu, che continuava a guardarlo confuso:
-... credo che se non mi fossi trattenuto, le avrei urlato contro di tutto e di più, a cominciare da quel cavolo di tramonto che vuole vedere con me-. Shinsuke rimase a bocca aperta. Era talmente raro sentire Tenma parlare in quel modo che gli parve di star sognando:
-Perché volevi urlarle contro, se è lecito chiederlo?-. Il sorriso del castano svanì come d’incanto, lasciando posto ad un viso neutro, privo di espressione, che lasciò preoccupati gli altri due. Seguì un momento di silenzio, che servì al centrocampista di meditare una possibile risposta.
Questa arrivò, con un enorme rossore da parte di Tenma e uno sbalordimento assoluto da parte degli altri due:
-Credo... di essermi innamorato di Tsubomi-
 
-Quindi tu sei la famosa Aki! È un piacere conoscerti! Sono Haruhi!-
Nel cortile della Raimon, gremito di studenti e vivacizzato dalle voci squillanti e gioviali di essi, tutti i ragazzi presenti aspettavano l’inizio della solita lezione, che a breve avrebbe avuto inizio con suono della campanella. Il tempo sufficiente per Haruhi e Taiyou di conoscere una nuova amica, presentata loro da Haruna:
-Anche per me è un piacere!-. Aki sorrise, più che contenta di conoscere nuova gente. Dopo quel suo articolo sul giornalino scolastico gli amici di Haruna avevano insistito per conoscere l’autrice e lei, senza nulla da obbiettare, si era fatta presentare:
-Io invece sono Taiyou! L’articolo che hai scritto mi è piaciuto molto!-. Haruna sorrideva fiera, orgogliosa di conoscere una simile “celebrità” ma amareggiata da fatto di non averla fatta conoscere al suo Gabriel, che si era allontanato senza motivo:
-Ti ho già visto, Haruhi, tu sei una delle manager della Raimon, vero?-. La blu confermò annuendo. Che stesse diventando famosa anche lei insieme alla sua squadra?
La verde sembrò gioire alla risposta:
-Senti... non è che ti potrei parlare un momento, noi due da sole?-. Sia la ragazza corvina che il ragazzo da capelli tramonto rimasero basiti. Appena conosciuta e già voleva un colloquio personale con la loro Haruhi? Quest’ultima non rimase meno sorpresa:
-Ehm, okay...-. La verde e la blu si allontanarono dai due compagni, che presero a parlottare tra loro su quello strano comportamento che nemmeno Haruhi capiva. Si appostarono vicino ad un ciliegio, lontano da sguardi indiscreti. Aki si era messa improvvisamente di spalle:
-Allora... conosci bene tutti i giocatori della Raimon?-. La sua voce tremava appena, sembrava colta dall’imbarazzo e l’acuta Haruhi non poté non accorgersene. Che strano...:
-Beh, non approfonditamente, ma li conosco abbastanza bene-
-E... conosci Endo?-. La blu si accigliò, confusa:
-Beh, certo, è il nostro capitano... ma perché stai di spalle?-. Aki si girò lentamente, tenendo uno sguardo basso. Haruhi però fu in grado di vederla seppur un poco e rimase enormemente sorpresa: aveva il viso perennemente rosso. Okay, ragioniamo... rossore del viso, più voce tremolante e incerta, più strano interesse verso Endo, uguale a... cotta spaventosa!!!:
-Sei innamorata di Endo!-. Aki sobbalzò stringendosi le mani ma senza sapere cosa rispondere. Non era mai stata capace di mentire:
-... sì...-. La blu ridacchiò, posandole una mano sulla spalla:
-Quindi è per questo che vuoi parlarmi? Per sapere qualcosa su Endo?-. La verde sorrise lievemente, ancora imbarazzata:
-Non lo vedo da un po’, può darsi che abbia cambiato gusti in fatto di, non so, ragazze...-. Di nuovo l’altra ridacchiò: non poteva trattenersi vedendola con quei dubbi. Che strano effetto che fa l’amore...:
-Beh, non so come potrei aiutarti, Endo lo conosco appena. Però so che è un ottimo capitano, con una passione smisurata per il calcio e un gran carattere per parlare con gli altri, persino a degli sconosciuti-. Aki lasciò andare un sospiro di sollievo, guardando Haruhi con gratitudine:
-Allora non dev’essere cambiato molto! Grazie mille, Haruhi!-
-Di niente!... ma tu lo sai cosa prova per te Endo?-. Il viso della verde si rabbuiò:
-Credo... che mi consideri solo una grande amica...-. Su quell’ultima affermazione cadde la loro conversazione, poiché in quel momento la campanella suonò, riportando entrambe alla realtà dei fatti: se ritardavano alla lezione, i loro professori le avrebbero ammazzate.
 
-Grazie-
Appena entrata nell’istituto, Eri rimase di stucco, capendo al volo che sono una voce poteva emettere un suono tanto calmo e pacato, privo di espressione:
-Suzuno... per che cosa?-. Il ragazzo la guardò con il solito sguardo spento, che tuttavia pareva leggermente più acceso del solito:
-Per la lezione privata sulle equazioni. Finalmente riesco a capirle-. La bruna sorrise, più che soddisfatta di aiutare in una materia a lei amica:
-Mi fa piacere-. La bocca dell’albino si incurvò in qualcosa di simile ad un sorriso immensamente lieve. Eri non poté che rimanere affascinata da quella minima espressione di felicità. È talmente freddo e impassibile... allora perché lo ammiro? Come fa ad affascinarmi tanto?:
-... allora... anche oggi vedrai mio fratello?-. I due entrarono nella classe, raggiungendo i proprio posti, i quali erano uno di fronte all’altro. Alla bruna bastò voltarsi per parlare col ragazzo:
-Sì. Ora che ci vediamo di persona, vorrei sapere di più su di lui-
-Capisco...-
-... e magari su di te-. Eri arrossì violentemente, cercando di capire se l’ennesima voce lieve non se la fosse immaginata quella volta. Vuole conoscere... me???:
-C’è la professoressa Chashiro-. Si risvegliò dai suoi pensieri, alzandosi in piedi in segno di saluto come tutti gli studenti fecero in quel momento. Non parlò con Suzuno per il resto delle lezioni ma, nel cuore, covava ancora quella magica frase.
L’insegnante dai tratti cinesi fece il suo ingresso, sedendosi e consultando il registro come sempre, chiamando ogni studente per verificare la sua presenza.
Shìn rispose come sempre all’appello, rimanendo ancorata al pensiero che più la assillava quel giorno: presto avrebbe saputo il nome della prossima squadra che avrebbe affrontato. Non vedeva assolutamente l’ora della fine delle lezioni, perché l’allenatore Willis era a conoscenza dei risultati degli altri gironi e glieli avrebbe riferiti.
Nemmeno si accorse dell’annuncio della professoressa:
-Ragazzi, abbiamo un nuovo compagno di classe-. Ma per miracolo la sua mente riuscì a sentire e rielaborare la parola “nuovo” e “compagno”. Volse la sua attenzione sulla porta in tempo per veder entrare il ragazzo in questione. Questo entrò sorridendo armoniosamente, quasi mirando a non rovinare i suoi tratti evidentemente occidentali. Teneva una capigliatura di capelli color grano lunga appena più su delle spalle e due occhi verde smeraldo brillavano di curiosità e allo stesso tempo mantenevano compostezza davanti a persone nuove:
-Lui è Mark Kruger. Viene dall’America ma parla perfettamente il giapponese-
-Piacere di conoscervi, spero che andremo d’accordo-
-Vorrei che domani uno di voi portasse Mark a fare un giro nella nostra scuola. Vediamo...-. I suoi occhi neri vagarono per la classe, sfidando con lo sguardo ogni studente presente. Appena incontrarono gli insoliti occhi di Shìn, una luce di consapevolezza parve brillare nei suoi occhi:
-Shìn, sarai tu-. La mora annuì, squadrando il nuovo arrivato con occhio critico. Questo manteneva l’aria amichevole e composta.
Come si doveva comportare con lui?
 
-Abbiamo appena saputo i risultati della prima fase del girone-
La Raimon al gran completo si riunì attorno all’allenatore Willis, in trepida attesa. Era l’ora di iniziare l’allenamento e l’uomo pareva voler motivare più a fondo i suoi ragazzi. Questo chiuse per un momento gli occhi, come per aumentare la curiosità nell’aria. Poi li riaprì, serio e composto come al solito:
-... la prossima partita è contro la Nightmare Jr H.-. Ci fu chi nella squadra rimase indifferente, chi rimase sorpreso e chi si chiese di che tipo di squadra si trattasse. Tra questi, per fare un esempio, vi era Endo:
-Sapete se è forte?-
-Mi ricordo di quella squadra...-. Gli occhialini di Kidou parvero lanciare un piccolo luccichio di consapevolezza:
-So che sono specializzati a centrocampo. Inoltre hanno delle ottime tecniche di scartaggio, tanto che nelle loro partite è raro vedere un avversario davanti alla loro porta-. Shìn si fece interessata. Centrocampo, eh? Ci sarà da lavorare sodo!
Willis si schiarì la voce:
-Predisporremo un allenamento incentrato sui nostri centrocampisti: avviso che la formazione sarà di due attaccanti, quattro difensori portiere compreso e cinque centrocampisti. Questi dovranno perfezionare le loro tecniche e, se possibile, inventarne di nuove. È tutto, iniziamo l’allenamento!-
-Sì!!!-. E, come sempre, i giocatori si lanciarono in campo con tutta la grinta che li contraddistingueva.
Swan sospirò, guardandosi i guanti che indossava. Se non sto in porta, che cosa dovrei fare? Dopo tutto, se sono una riserva, giocherò soltanto se Endo si farà male...:
-Swan!!!-. Atsuya e Shirou raggiunsero la sorella, i visi segnati da due radiosi sorrisi:
-Ehi, sorellina, ti va di allenarti con noi?-. Swan sospirò, sorridendo lievemente:
-Beh, va bene, anche se non credo che avrò spesso occasione di stare in campo...-. I due albini si guardarono a vicenda, confusi. Poi annuirono contemporaneamente, sorridendo di nuovo:
-Comunque un po’ di pratica ti fa bene! E poi potresti allenarti...-
-... magari a centrocampo! È da tanto che non lo fai!-. L’azzurra si riprese dai suoi pensieri, riflettendo. È vero, da quando ho lasciato Hokkaido mi sono dedicata soprattutto alla porta, ma potrei dare il mio contributo anche in un ruolo diverso... dopo tutto, la Nightmare è incentrata sul centrocampo!:
-... magari al campetto nel fiume potrei fare qualche dribbling...-. I due gemelli si sorrisero tra loro, riprendendo il loro allenamento con un nuovo spirito. Il portiere non lasciò la porta, vedendosi arrivare Mizuka:
-Ehi, Swan! Ti va se ti faccio qualche tiro?-
-Certo! Vai!-. La bionda non si fece pregare, calciando con tanta forza quanta passione ogni pallone che si ritrovava davanti. L’altra prese a tuffarsi, parare, saltare e fare di tutto per mantenere inviolata la porta. Nonostante qualche volta fallisse, questa non mollava, rialzandosi e guardando con decisione l’avversario, il viso sporco di terra. Certo, sarò anche un portiere di riserva per ora, ma presto anche io difenderò la porta della Raimon! Devo solo impegnarmi ancora di più! E se svilupperò le mie vecchie abilità da centrocampista, darò un contributo maggiore a questa squadra!
Non si accorgeva di come Yukimura, poco lontano da lei, le rivolgeva uno sguardo dolce, addirittura adorante nei suoi confronti. Che avesse avuto l’intero corpo sporco di terra non gli importava: per lui era sempre bellissima.
La sua contemplazione giocò contro e con lui, beccandosi un pallone in faccia per la prima e un’occhiata preoccupata e dal suo punto di vista adorabile di Swan.
Sorrise, mentre Tsubomi gli metteva un cerotto sulla fronte rossa.
Dura essere innamorati!
 
-... Marie?! E quando pensavi di dirmelo?-
Appena finito l’allenamento, il cortile della scuola non si colorava solo dei raggi aranciati del tramonto, ma anche di avvenimenti inaspettati, che lasciavano sbigottita Akira nei confronti del fratello:
-Ora lo sai, che ti importa?-
-Mi importa! Sono tua sorella, sono interessata alle tue relazioni!-
-E, di grazia, da quando sei diventata un’esperta?-
-... un punto a favore per te...-
-Cosa?-
-Niente, niente-. I due Ichirouta presero a camminare, entrambi sudati e stanchi per motivi diversi: la prima per l’allenamento di tennis, il secondo per quello di calcio. Eppure, entrambi avevano ancora la forza di parlare, specialmente la ragazza:
-Ma fammi capire, da quando va avanti questa storia?-
-Bah, non lo so, più o meno... da quando l’ho conosciuta-. Akira sorrise. Era insolitamente allegra per la cotta del fratellino e nemmeno lei ne conosceva la ragione:
-Bello, una cotta istantanea! L’ho conosciuta Marie, è molto carina ed è una brava ragazza! Se te la sposi, hai la mia benedizione!-
-Ma che dici! A mala pena ci parliamo!-. Il viso del turchese divenne completamente rosso. Se l’era immaginata, sì, la sua bella Marie in vestito bianco e il velo calato sul viso. Come se potesse essere vero...:
-Beh, dovresti rivolgerle maggiormente la parola! Sennò come fai ad avvicinarti a lei?-
-Che le devo dire?-
-Kazemaru, le ragazze parlano un po’ di tutto! Devi conoscere i suoi gusti, però!-
-E come faccio a conoscerli?-
-Eh eh, non posso dirti tutto io!-. Akira sorrise maliziosamente, il che fece innervosire non poco il fratello. A questo, poi, venne improvvisamente un dubbio:
-Senti un po’, non è che ti sei innamorata pure tu?-. La turchese distolse lo sguardo con fare altezzoso, con l’unico intento di nascondere il suo rossore:
-Ma che dici? Io, innamorata? Assolutamente no!-
-... come si chiama?-
-... Kirino Ranmaru-. Kazemaru sorrise vittorioso. Tanto lo sa che se non me lo avesse detto, in qualche modo lo avrei scoperto!:
-Com’è?-. La ragazza alzò lo sguardo al cielo rossastro, facendosi sognante:
-Beh, è speciale: ha i capelli rosa acceso legati in due codini, sembra un po’ una femmina ma è chiaramente un maschio! È abbastanza riservato ma una volta l’ho visto sorridermi ed ha un sorriso così dolce! Ha il fisico da sportivo perché gioca a calcio, ha anche tentato di entrare nella Raimon ma non ce l’ha fatta... ma parte migliore di lui sono i suoi occhi! Due frammenti di cielo limpidi e cristallini, talmente perfetti, talmente superbi, talmente...-
-Akira, calma! Volevo solo qualche dettaglio!-. L’interpellata divenne completamente rossa e abbassò lo sguardo. Kazemaru la guardò, intenerito:
-E va bene, evidentemente siamo due romanticoni!-
-Forse...-
-Andiamo, Akira, non offenderti, io scherzavo!-
-Non è per quello, è che... e se non gli piaccio?-. Il turchese si fece comprensivo. Era una domanda che si era fatto anche lui nei confronti di Marie e la risposta ogni volta era “se non mi vuole, mi butto da un balcone”. Il che, dal suo punto di vista, era un po’ drastica come soluzione...:
-Ascolta, non c’è motivo di pensare a questo. Lasciamo stare per adesso, okay?-
-... okay-
-Bene, perché ho una fame da lupi e con queste discussioni non siamo nemmeno in prossimità di casa!-. Akira sorrise, tirandosi su e raggiungendo il fratello, che con uno scatto da centometrista si era lanciato verso casa:
-Kazemaru, aspetta!-
-Che c’è?-
-Non lo devi dire a nessuno!-
-Certo! è il nostro segreto!-
Grazie, fratellino. Ti voglio bene.
 
-Passa! Passa!-
-Vai, Shirou!-
E se per qualcuno era l’ora di tornare a casa, per qualcun altro l’allenamento non era ancora finito. Sul palcoscenico di un campetto vicino ad un fiume i tre fratelli Fubuki si esibivano in passaggi ed evoluzioni col pallone, sembrando forse acrobati.
Swan, dopo qualche incertezza, aveva scoperto di non essersi arrugginita per niente come centrocampista: le piaceva andare contro vento invece di rimanere ferma ad aspettarlo.
Atsuya e Shirou la seguivano, intuendo rinvii e passaggi come solo un gruppo di fratelli poteva fare. Solo quando l’azzurra cadde al suolo esausta anche i fratelli la seguirono, lasciandosi cadere a terra privi di forze. La melodia dei loro respiri affannosi si perdeva nell’aria, mentre il cielo del tramonto iniziava a scurirsi, diventando di violaceo che blu notte.
I due gemelli si misero seduti, sorridendo al cielo. Swan li imitò, seppur mantenendo un tono più serio. Era il momento di chiedere ciò che andava chiesto. Forza e coraggio, Swan Fubuki!:
-Senti, Atsuya... posso farti una domanda?-. L’interpellato annuì, il sorriso rimasto invariato nonostante la curiosità:
-Ehm, volevo chiederti... se per casualità... insomma... ipoteticamente... io fossi... no... qualcuno fosse innamorato di me, che cosa faresti?-. Atsuya sospirò:
-Ti ricordi che è successo a Hiroto, no? Fatti un’idea!-. L’azzurra rabbrividì:
-E se... fosse il contrario? Sempre ipoteticamente, si intende!-. Shirou guardò perplesso la sorella. E da quando le piaceva fare domande ipotetiche? Vuoi vedere che...!:
-Mah, non lo so, dipende che tipo è!-
-E se fosse... che ne so... un ragazzo gentile, determinato e amichevole?-
-Bah, se è gentile è una mammoletta, se è determinato è un rompiscatole, se è amichevole è un impiccione!-. Swan sorrise forzatamente. Ma perché Atsuya deve sempre travisare tutto?:
-... se giocasse a calcio?-
-Dipende se è bravo. Se è così, un pensierino per un mio futuro cognato potrei farmelo... ma perché me lo chiedi?-
-Ah, così, tanto per parlare...-. Swan dovette trattenersi dal ridere dell’ingenuità del fratello. Che tipo che sei, Atsuya! Casualmente incrociò lo sguardo di Shirou, che la guardava in modo strano: sorrideva, ma con una punta di malizia nello sguardo. Swan sapeva che voleva dire. Del resto, Shirou era sempre stato più rapido di Atsuya nel capire le cose:
-Io direi che potremo anche andare a casa!-
-Va bene, andiamo!-
-Okay!-. I tre si rialzarono col cielo violaceo ormai punteggiato da piccole e fioche stelline. Atsuya accelerò il passo, come suo solito, mentre Shirou affiancò Swan:
-Di’ un po’... chi è?-
-Chi è chi, scusa?-
-Saremo anche gemelli, ma io sono Shirou, non Atsuya-. Non che mio fratello sia stupido, ma è parecchio ingenuo...:
-... Yukimura-. All’albino venne l’illuminazione:
-Uno dei nostri compagni di squadra!-
-Già...-
-Non era anche un giocatore dell’Hakuren?-
-Sì-
-... beh, se ti piace, credo che tu debba continuare a vederlo-
-Ma non sono nemmeno sicura che io piaccia a lui!-
-Non puoi saperlo finché non vai fino in fondo-. È quello che dovrei fare con Haruhi, tutto sommato...:
-... Hai ragione. Grazie, Shirou-
-Di niente-
-Ehi! Lumache! Muovetevi! Sento l’odore della cena da qui!-. Il trio si ricompose, diretto come sempre verso la loro casa.
 
Mentre la chiazza violacea del cielo a poco a poco svaniva, lasciando posto ad una traccia più scura, Lance si avviava verso casa, l’aria pensierosa e indifferente che da sempre lo caratterizzava. Un altro giorno era passato e tra poco ci sarebbe stata un’altra partita della squadra. Ma lui che ci stava a fare nel club di calcio?
Devo smetterla di continuare a farmi questa domanda. Sono nel club di calcio e sono il numero 10, il resto non conta. L’importante è che mostri il mio potenziale per dimostrare che sono il migliore!
Alzò lo sguardo al cielo, incrociando uno spicchio di luna bianca immersa nelle tenebre della notte. Non riusciva a non pensare alle parole dell’allenatore Willis.
-Lo sai, Lance? Incoraggiare una persona è molto più difficile di quando sembri-
Non capisco... insomma, che ci vuole a dire a qualcuno “sei bravo”. Endo non ha fatto altro che congratularsi con tutti, persino con l’avversario sconfitto! Eppure, lui è diventato capitano e io no, perché?
Prese a immaginarselo davanti: i capelli bruni, la fascia arancione, gli occhi color cioccolata, il sorriso esagerato e... la fascia da capitano. Iniziò a mettersi in confronto a lui quasi senza accorgersene. Beh, quello era un portiere, quindi aveva poca tecnica individuale in quanto a scartaggi e dribbling, nel quale lui invece era un asso. Senza contare che i suoi tiri erano mille volte più potenti dei suoi, anche se non ne aveva. Inoltre lui sapeva imporsi, sapeva sostenere tutte le discussioni che gli venivano contro sostenendo sempre le proprie idee, mentre lui faceva “il pacifista della situazione” cercando un compromesso in ogni cosa. Patetico.
Allora... perché? Perché lui sì e io no? Non capisco... e credo che non capirò mai.
Senza accorgersene, si ritrovò davanti a casa sua. Vide all’istante una stanza in cui la luce era accesa, una stanza che conosceva bene: lo studio di suo padre.
Scommetto che dovrà finire un lavoro importantissimo e dirà che non ha tempo né di mangiare né di dormire. Come sempre.
Varcò la soglia, borbottando un “sono tornato”, consapevole che vista la concentrazione di suo padre sul lavoro, in ogni caso non l’avrebbe sentito. Salì le scale ed entrò nell’omonima stanza, trovandovi un trionfo di fogli accartocciati ovunque. Chino su una scrivania non messa meglio vi era un uomo, di cui era chiara solo la capigliatura corta di capelli grigiastri. La calma della stanza era interrotta solo da lieve rumore della matita che scorreva sul foglio.
Lance si guardò attorno con aria rassegnata. Va beh, tanto toccava a sua padre pulire:
-Papà, sono tornato-. L’uomo alzò lievemente la testa, senza voltarsi:
-Ah, ciao Lance-. Silenzio. Sempre rotto dal rumore della matita:
-Cosa c’è per cena?-
-Prendi qualcosa dal frigo e riscaldalo. Io devo finire un lavoro importantissimo e non ho tempo di mangiare. Credo che dovrò fare anche le ore piccole-. Se ad un osservatore esterno sarebbe venuto da ridere, Lance aveva perso ogni ilarità per quella scena che si ripeteva di continuo:
-Ho capito. Senti... la mamma ha chiamato?-. La matita si bloccò. Tra i due cadde il silenzio più assoluto. Il padre di Lance si alzò in piedi, girandosi finalmente verso il figlio e rivolgendogli un sorriso forzato e stanco. Gli occhi grigio fumo trasmettevano dolcezza:
-Lance, figliuolo, perché mi fai sempre la stessa domanda?-. L’albino abbassò lo sguardo, sentendosi in qualche modo colpevole:
-Non lo so, ormai è diventata una routine...-. L’uomo mise le mani sulle spalle del figlio, nonostante questo mantenesse lo sguardo basso:
-Lance, lo sai che tua madre ci ha lasciati. Io e te ce la caveremo da soli. Che la caviamo già piuttosto bene, no?-. Il ragazzo alzò lo sguardo, sorridendo appena:
-Certo-. Il padre annuì, tornando la sua scrivania e procedendo il suo lavoro. Lance lasciò la stanza, procedendo verso la cucina. Afferrò una casseruola di cibo precotto e la infilò nel microonde:
-... ce la caviamo, dici? Ma se nemmeno mi chiedi com’è andata a scuola?-. Diede un pugno al tavolo della cucina, mettendo la mano libera sul viso e nascondendo una lacrima:
-Quando la mamma stava insieme a noi me lo chiedeva ogni giorno! Ogni giorno! E ci teneva a stare con me! Ma poi... poi...-. Prese una lunga boccata d’aria, calmandosi. Calmo, Lance, non ha senso fare cos’, e lo sai. Ora, devo solo pensare a me stesso! E al calcio... anche se non sono il capitano, devo dimostrare di essere comunque il migliore! E ci riuscirò! Lo so!
Il suono del microonde interrupe il flusso dei suoi pensieri.
 
-Benvenuti, appassionati di calcio! Ci troviamo nel campo della Nightmare Jr. H.! Oggi vedremo i proprietari di casa sfidare la Raimon Jr. H.! Sarà una partita piena di sorprese!-
Gli spalti, come previsto, già gremivano di gente: nessuno si sarebbe perso un avvenimento del genere. Ai tifosi della Nightmare si alternavano quelli della Raimon e, in proposito, non mancavano accese discussioni tra le due sponde. Nonostante questo la partita che a breve sarebbe iniziata obbligava tutti gli spettatori a guardare insistentemente il campo, in attesa.
Nonostante la formazione fosse chiara, l’allenatore aveva omesso anche quella volta i giocatori che avrebbero preso posto in campo. Per questo essi erano più che in ansia, specialmente le riserve dell’ultima partita: non vedevano davvero l’ora di saggiare di persona la sensazione di stare su un palcoscenico tanto importante.
L’allenatore Willis si schiarì la voce. Molti ragazzi della Raimon ebbero un sobbalzo. Che ansia che riusciva a dare quell’uomo!:
-Ecco i nomi dei giocatori che oggi scenderanno in campo: in attacco, Lance Kipling e Tsurugi Kyosuke; a centrocampo, Matsukaze Tenma, Hiroto Kiyama, Kazemaru Ichirouta, Shirou Fubuki e Atsuya Fubuki; in difesa, Gabriel Andreus, Shìn Yang e Kidou Yuuto; e in porta, Endo Mamoru-. Shìn rimase a bocca aperta, sorpresa quando Kidou. Io... IN DIFESA???:
-Ma, allenatore, io non sono un difensore!-
-Sarai all’altezza, ne sono sicuro. E anche tu Kidou-. I due registi si scambiarono un’occhiata confusa: a che gioco stava giocando quell’uomo?
Ma la partita doveva iniziare e, perplessi o no, tutti i giocatori dovevano prendere posto in campo. Così fecero tutti, pronti e decisi più che mai.
Un’altra partita stava per iniziare, bisognava dare il massimo.
 
Bonjour a tout!... sto parlando in francese! MA IO ODIO IL FRANCESE!!!
(si butta da una finestra, poi risorge magicamente)
Okay, a parte gli scherzi, ecco il nuovo capitolo! Spero vi piaccia!
Oltre alle relazioni amorose, mi sono permessa di mettere un accenno alla vita di Lance! Lo odiate di più o di meno dopo queste rivelazioni? Aperte le scommesse!
Dopo la vacanza al lago non ho avuto tempo di scrivere, ma ora sono tornata e fino alla fine delle vacanze non ho in programma altre uscite!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! a presto!
Purple_Rose
 

  

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Capitolo 10
*** Centrocampo vincente ***


Centrocampo vincente
 

 -Do’ il benvenuto a tutti i presenti! Stiamo per assistere ad una nuova avvincente partita del girone eliminatorio del Football Frontier che vedrà la Raimon, capitanata dal talentuoso portiere Endo Mamoru, contro la Nightmare, guidata dal misterioso centrocampista Tamashi Kuroki! Saranno i famosi ragazzi del fulmine a trionfare o sarà la denominata “squadra degli spiriti” a trionfare? Vediamo i giocatori entrare in campo!-
Come annunciato, i componenti di ogni squadra presero posto sul campo di gioco, decisi e sicuri come sempre delle proprie capacità. I giocatori di casa sfoggiavano delle casacche viola, la cui fantasia sembrava formata da piccoli spiritelli lilla, una scelta bizzarra oltre che eccentrica, abbinati a dei semplici pantaloncini lilla; la divisa del portiere era invece completamente nera con un piccolo spiritello grigio all’altezza del cuore e dei pantaloncini abbinati ad esso. La divisa di quei giocatori era strana come la squadra che la indossava.
Attorno al campo stava l’inquietante scenario della scuola della Nightmare: un ambiente brullo e arido, interrotto i vari punti da rovi, alberi secchi e tombe di dubbia provenienza. Al centro dell’area spuntata l’istituto, di un lugubre nero in vari punti rovinato da varie incisioni in alfabeto antico
Al contrario degli studenti di casa, abituati a quella visione, quelli della Raimon non riuscivano a non inquietarsi davanti a quell’insolito scenario, che nonostante tutti non impediva loro di tifare per i loro giocatori preferiti a gran voce. Erano pur sempre i tifosi loro!:
-Notiamo che, come è loro solito, la Nightmare gioca con uno schema basato sul centrocampo con ben cinque centrocampisti pronti a dominare! Vi sono anche tre attaccanti e solo tre difensori portiere compreso! La fama che si porta dietro questa squadra riguarda proprio il centrocampo! Mentre nella Raimon... oh! Ma che succede? Yang e Kidou, che nell’ultima partita avevano trionfato come centrocampisti, sono in difesa! Che cosa può significare?-. Shìn si morse il labbro, guardando l’allenatore a sottecchi. Questo manteneva la sua perenne aria distaccata e tranquilla, come se non gli importasse nulla della partita. Che cosa vorrà ottenere? Sa bene che ne io ne Kidou abbiamo esperienza come difensori! Spero che sappia quella che fa!
Kuroki, il capitano della Nightmare, unì le mani come in preghiera, recitando una sorta di litania:
-Che i potenti spiriti del passato ci guidino verso la vittoria!-. Così fecero anche gli altri giocatori della squadra, in rituale silenzio come se residenti in un santuario antico. Atsuya li guardava senza capire:
-Ma che combinano?-
-Ne avevo sentito parlare, pare che invochino gli spiriti per vincere la partita-. Shirou affiancò il fratello, ridacchiando alla vista della sua espressione irrimediabilmente perplessa:
-Non fare quella faccia, ognuno ha i propri metodi!-
-Okay, il mio metodo è impegnarmi al massimo!-. Atsuya si esibì nel suo sguardo determinato migliore mentre si fermava nella sua posizione in campo. Rivolse uno sguardo alla panchina, incrociando gli occhi azzurrini di Mizuka, messa a suo discapito come riserva. Le sorrise, alzando il pollice. Oggi giocherò anche per te! Stanne certa!:
-Il calcio di inizio spetta ai padroni di casa! Si comincia!-. Si udì il fischio dell’arbitro.
L’attaccante della Nightmare sorrise appena, calciando la palla e dando ufficialmente inizio alla partita. Avanzò sicuro di sé, finché davanti a lui non si impose Shirou, già predisposto per la sua tecnica:
-Ti fermo io! DIFESA DI...!-
-FANTASMA MALIGNO!!!-. Ma, in modo incredibilmente rapido, uno spiritello di nebbia violacea dagli infidi occhi rossi prese forma sulla palla, levitando sopra la testa dell’incredulo Fubuki e permettendo al padrone di passargli accanto:
-Ma come...?-
-Ci vuole ben altro per frenare l’ira degli spiriti!-. Per fortuna Shìn entrò in scivolata, facendo uscire la palla di lato e sventando il pericolo. Sospirò di sollievo, guardando l’attaccante con una certa curiosità. Interessante, una tecnica piuttosto inusuale, mi chiedo quante altre ne posseggano...
La rimessa fu subito eseguita e la palla fu nuovamente dell’attaccante in casacca viola, che avanzò imperterrito. Gabriel non si fece intimorire:
-OMBRA NOTTURNA!!!-. E grazie alla sua tecnica prese possesso della palla:
-Ora tocca a noi. È vostra!-. Il lancio lungo fu subito recuperato da Tsurugi, affiancato da Lance. Davanti a lui si fece avanti Kuroki, la fascia da capitano fucsia al braccio destro. Sebbene il ragazzo dai capelli blu non si fece intimorire, Kuroki era già pronto:
-Nessuno può resistere alla potenza degli spiriti! INCUBO OSCURO!!!-. Improvvisamente calò la notte e dei fantasmi bluastri dagli occhi color viola luminoso accerchiarono il blu, impedendogli di avanzare. Kuroki entrò in scivolata su di lui, fregandogli il pallone e passandolo in avanti ai suoi attaccanti.
Tsurugi digrignò i denti, imprecando contro se stesso:
-Piantala di perdere tempo e muoviti! Stanno contrattaccando!-. Lance lo richiamò acidamente, riuscendo solo a farlo infuriare ancora di più. Ma era vero, il gioco non era fermo, doveva mantenersi libero.
Intanto, con una serie di abili passaggi, la Nightmare era riuscita a ritrovarsi in prossimità della porta. I giocatori dovevano solo affrontare Shìn, decisa a non farli passare facilmente. Sono una centrocampista, è vero, ma è anche vero che non posso permettere che passino!:
-Fermo dove sei!-. Ma, con un’abile finta dalla mora non prevista, la palla finì alla punta della squadra avversaria, che fu subito affiancata da entrambi i lati dagli altri due attaccanti:
-Ammirate ciò che gli antichi spiriti possono fare! FURIA DELL’OLTRETOMBA!!!-. La palla fu lanciata in aria e fu raggiunta con un balzo da tutti e tre i giocatori. Tirarono contemporaneamente mentre dietro di loro andava a formarsi un grosso e feroce cane a tre teste dal ringhio feroce e spaventoso, che lanciò da tutte e tre le bocche un potente raggio viola, unitosi successivamente alla palla indirizzata verso la porta.
Endo sobbalzò, sorpreso dalla potenza del tiro. Ma si preparò comunque a tirare:
-PUGNO DI GIUSTIZIA!!!-. Per svariati secondo il pugno luminoso trattenne la palla lontana dalla porta. Ma alla fine si ruppe in piccoli frammenti di luce, lasciando il tiro in balia del bruno che venne preso e trascinato in porta. Il goal portò la Nightmare a festeggiare:
-Goal! Il primo goal va alla Nightmare! Fantastica l’azione di questi giocatori che con un tiro eccezionale, la “Furia dell’Oltretomba”, si portano in vantaggio! Endo non ha potuto fare nulla!-
-Endo! Come stai?-. Shìn e Kidou accorsero dal loro capitano, che lentamente si rialzò in piedi:
-Tutto bene?-. Questo strinse i pugni, serrando le palpebre:
-Mi dispiace, non sono riuscito a fermarlo-. Shìn gli mise una mano sulla spalla, sorridendo:
-Non ti preoccupare, è solo un goal! Possiamo rimontare!-. Endo ricambiò il sorriso, annuendo. L’enigmatico sguardo di Kidou si posò sulla Nightmare, ancora estasiata dal goal:
-Incredibile il tiro che hanno fatto, davvero incredibile. Devono averci lavorato molto...-. La mora imitò il compagno, esaminando gli avversari. Eppure un punto debole devono averlo, per forza... Endo batté le mani, richiamando i due all’attenzione:
-Per adesso non importa. Pensate a rimontare e a mettercela tutta!-
-Okay!-. Nonostante l’entusiasmo del suo capitano, Shìn non era del tutto tranquilla. Non aveva fatto molto come difensore fino a quel momento, come poteva dare un contributo alla squadra in un ruolo non suo? Le cadde l’occhio nuovamente sull’allenatore, che come sempre non batteva ciglio. Spero che abbia un piano, altrimenti sarà una disfatta!
La partita riprese nuovamente con la palla alla Raimon, che avanzò con Lance in possesso di palla. Questo fulminò gli avversari con lo sguardo, affrontandoli senza paura. Si credono chissà chi! Ora gli faccio vedere! Io sono il migliore! Posso esserlo solo io! Devo, esserlo solo io...:
-Mangiate la mia polvere, sciamani da strapazzo!-. Con la solita facilità assurda che ormai lo contraddistingueva, Lance si lanciò letteralmente nella metà campo avversaria senza che nessuno potesse fermarlo:
-Sono libero! Passa!-. Tsurugi si smarcò velocemente, ritrovandosi davanti alla porta senza avversari attorno. L’albino lo guardò per qualche secondo, ignorandolo successivamente e lasciandolo di stucco. Ma che combina?:
-Ti ho detto che sono libero!-. L’attaccante albino ricorse a varie evoluzioni del corpo per liberarsi dei giocatori attorno a lui, senza tuttavia passare al compagno.
Poi sbatté il piede a terra, innalzando tre pilastri di ghiaccio sopra i quali vi era l’affascinante ed enigmatica immagine del volto di una regina. Il portiere rimase ammaliato dai suoi occhi e, mentre era così distratto, Lance crossò velocemente sopra il pilastro centrale e tirò, senza lasciargli il tempo di controbattere e guadagnando un  punto per la sua squadra:
-Goal! La Raimon riacciuffa il pareggio! Che gioco! Kipling ci ha stupiti con un numero di classe e potenza! Senza contare che ha fatto tutto da solo! Amici, potremmo essere davanti alla grande rivelazione di questo torneo!-. Gli incoraggiamenti e gli esulti a suo nome rimbalzarono contro quel metaforico muro freddo e distaccato che lui stesso aveva formato attorno a lui. Come pensavo, sono il migliore. Non mi importa di nient’altro!:
-Ehi! Kipling!-. Ma quelle mura non poterono nulla contro la rabbia di Tsurugi, che le frantumò come un ariete su un portone di polistirolo. I suoi occhi sembravano sprizzare letteralmente lampi e fulmini di rabbia contro Lance, che lo guardava con la sua conosciuta noncuranza:
-Che vuoi?-
-E me lo chiedi anche? Guarda che non mi interessa se sei “il più bravo della classe”! Ero completamente smarcato e nonostante tutto mi hai ignorato! Ma che ti prende?-. L’albino sospirò lievemente, alzando un dito con fare saccente:
-Senti, potrei anche darti retta se non avessi segnato, ma non è così! Ho pareggiato! Perché ti lamenti?-
-Non è questo il punto!-
-E allora quale sarebbe? Ho fatto goal! Nel calcio l’importante è fare goal! Che c’è che non va?-
-Non è solo fare goal! Non capisci niente!-
-Ragazzi, va tutto bene?-. Tenma si avvicinò, attirato dal tono di voce dell’amico. Questo distolse lo sguardo, sbuffando sonoramente:
-Tutto bene! Chiedilo un po’ a lui se va tutto bene!-. Lance sospirò lievemente e si allontanò, come se nulla fosse accaduto. Il che lasciò il castano notevolmente perplesso:
-Si può sapere che è successo?-. Tsurugi rimase a fissare l’albino, fulminandolo con lo sguardo. Quel tipo non lo sopporto! Si può sapere che cosa nasconde? E sembra che anche gli altri nella squadra la pensino come me... quello lì ci creerà solamente guai in futuro!:
-Non sono affari tuoi!-. Il centrocampista sospirò, rassegnato. Quando fa così non c’è modo di cavargli fuori qualcosa! Spero solo che non abbia avuto una delle sue solite “discussioni amichevoli”!:
-Va bene, allora riprendiamo!-. I due ripresero posto in campo, pronti a riprendere il gioco.
E così fu. Tuttavia, nonostante la tenacia della Raimon, ogni tentativo di attacco era prontamente soppresso dall’ottimo gioco di centrocampo della Nightmare. Così, i ragazzi in casacca viola, vista la facilità con cui ogni volta prendevano palla, continuavano insistentemente ad attaccare.
Shìn ostentava sicurezza ma era perfettamente chiaro che non si trovava a suo agio in difesa. Tentava di  rubar palla ma la posizione e la velocità degli avversari non le permettevano di abituarsi. Così Endo era sempre costretto ad un salvataggio di fortuna, balzando come un grillo da una parte all’altra della porta. Sebbene fosse un tipo caparbio, la stanchezza lo braccava sempre di più, non avrebbe resistito a lungo.
Ad un minuto dalla fine del primo tempo la Nightmare tentò un’ultima azione. Avanzò imperterrita fino alla linea di difesa e lì trovò Shìn, lievemente insicura. Come faccio a fermarlo? Io non sono un difensore! Non so come bloccarlo!:
-Ci penso io!-. Ma improvvisamente Gabriel entrò in scivolata sull’avversario, lasciando la mora di stucco. Le parve di vedere a sottecchi un centrocampista in casacca viola fare per tornare affannosamente a centrocampo, immagine che si impresse fortemente nella sua mente.
Sfortunatamente la palla venne recuperata da un altro della Nightmare, posto proprio davanti alla porta, la cui difesa si era volatilizzata come d’incanto. Ne subentrarono altri due e tra la Raimon cadde il terrore:
-FURIA DELL’OLTRETOMBA!!!-. Il tiro venne scagliato in tutta la sua potenza verso la porta di Endo, tra lo sconforto generale. Gli occhi color cioccolata del portiere brillarono di determinazione, la scintilla che non accennava mai a spegnersi. Stavolta... stavolta...:
-Stavolta non passerai! PUGNO DI GIUSTIZIA!!!-. La rotazione continua del pugno mise l’ansia a molti dei giocatori del fulmine, che con timore la guardavano. Si ripeté la scena di prima: la palla infranse la tecnica, dirigendosi verso il portiere. Ma il bruno se l’aspettava, consapevole che la tecnica si era indebolita con la stanchezza accumulata. Aspetto il pallone e lo strinse tra le mani e lo stomaco. La potenza del pallone premeva fortemente e gli faceva un male cane, ma lui non mollava, non avrebbe mollato. Impiantò i piedi a terra e rimase fermo, mentre piano piano la palla perdeva potenza. Cadde in ginocchio, ansimando per la fatica, una mano posta sulla pancia solorante. Ma poi, accortosi della sua azione, sorrise, uno dei suoi unici sorrisi:
-L’ho... L’HO PARATO!!!-. La Raimon esultò sommessamente mentre il fischio dell’arbitro segnava la fine del primo tempo.
Almeno per ora erano salvi.
 
-Stai bene, Endo?-. Marie soccorse il fratello, che nonostante il viso imperlato di sudore e la mano messa a tastare la zona dolorante manteneva un’aria estremamente gioiosa. Prese un asciugamano, pulendosi il viso:
-Sto benissimo, stai tranquilla!-. Shìn lo guardò, rammaricata. Non ho saputo svolgere il ruolo di difensore e Endo ne ha fatto le spese... è tutta colpa mia. Il portiere parve intuire i suoi pensieri. Le sorrise serenamente, posando una mano sulla sua spalla e imitando il suo gesto al primo goal della Nightmare:
-Stai tranquilla, io sto bene! E poi devi rimanere concentrata, dobbiamo vincere! C’è tutto il secondo tempo da giocare!-. La mora annuì, un poco rincuorata. Poi si fece improvvisamente seria, posando i suoi insoliti occhi sul proprio allenatore. Doveva togliersi quel dubbio che la’assillava:
-Allenatore Willis-. L’uomo alzò il capo lievemente in modo da incrociare i suoi occhi. Attorno a loro cadde il silenzio, nessuno osava interrompere:
-Sì, Yang?-
-C’è un motivo particolare per cui io e Kidou siamo stati messi in difesa, vero?-. La squadra al completo si interessò all’argomento. Perché la decisione del moro aveva lasciato perplessa gran parte dei presenti, consapevoli che sia Kidou sia Shìn rendevano al meglio principalmente a centrocampo. Oltre al fatto che contro una squadra basata su di esso come la Nightmare il primo pensiero sarebbe stato quello di mettere in campo i migliori centrocampisti.
Il moro posò i suoi occhi cremisi sulla ragazza, in uno sguardo tanto intenso quanto inquietante:
-Dimmi una cosa: su cosa credi che si basi l’azione offensiva della Nightmare?-. L’affermazione dell’allenatore non lasciò Shìn del tutto impreparata. Dopo tutto, ci aveva pensato molto a riguardo:
-Beh, suppongo che basino il loro attacco sul centrocampo. In questo modo, ogni volta che attacchiamo, loro possono prendere la palla e avanzare-. Kidou annuì. Era giunto alla stessa conclusione. Ma Willis non sembrava dello stesso avviso:
-Ne sei certa?-. Shìn alzò il sopracciglio, confusa:
-Credo... credo di sì-
-Pensa al loro tiro, a “Furia dell’Oltretomba”. Cosa ne pensi in proposito?-. La mora prese a riflettere.Il loro tiro? Beh, è molto potente, questo è vero. Endo ha dovuto fare gli straordinari per bloccarlo. Tra l’altro, quando gli attaccanti sono in zona di tir,  i centrocampisti sono molto sicuri e perdono di vista il loro ruolo. Però quando Gabriel ha cercato di rubargli palla...:
-Sicuramente è un tiro molto potente, si basano molto anche su quello e...-. Un’illuminazione colpì Shìn, che rimase basita:
-Si basano... su quel tiro... su quel tiro! Ma certo!-. L’allenatore sorrise:
-Hai capito?-
-Ho capito! Sì! Ora so come possiamo batterli!-. Rivolse uno sguardo di gratitudine verso Gabriel:
-L’ho scoperto per merito tuo! Grazie, Gabriel!-. Il moro le rivolse il suo solito sguardo freddo, che tuttavia era velato da un lieve tono allegro:
-Beh, siamo compagni di squadra, no?-. Si strinsero la mano a vicenda. Ma Willis non aveva ancora finito di soprendere:
-Comunque ho deciso fare una sostituzione. Al posto di Hiroto entra... Swan Fubuki-. L’azzurra rimase di sasso, come il resto della squadra del resto:
-Ma... ma come?-. Willis le mise una mano sulla spalla:
-Ne sarai all’altezza, non dubitarne!-. Swan annuì lievemente, sempre poco convinta. Centrocampista? Certo, sono abbastanza capace, ma ho appena ricominciato a giocare in quel ruolo! E lui... come fa a saperlo?:
-Non fare quella faccia, sorellina!-. Atsuya le circondò il collo con il braccio:
-Non sei contenta? Saremo in campo insieme!-. Shirou sorrise, facendole l’occhiolino. Swan ricambiò, rincuorata. Finché i suoi fratelli erano in campo, non aveva motivo di dubitare.
Shìn annuì sorridendo. L’allenatore sa quello che fa, quindi...:
-Swan, mi servirai anche tu-. L’azzurra sorrise decisa:
-Conta pure su di me-. Endo guardò la squadra, estremamente soddisfatto. Si sta creando intesa, finalmente! Ora si che si ragiona!:
-Coraggio, ragazzi! Mettiamocela tutta!-
-Sì!-
 
-Ha ora inizio il secondo tempo di questa partita! Attualmente la Nightmare conduce per 1 a 0! Ma con la Raimon non si può mai sapere! Vedremo se i ragazzi del fulmine riusciranno a portarsi in vantaggio! Dunque, la Nightmare rimane con la solita formazione dai cinque centrocampisti! Mentre la Raimon effettua una sostituzione! Al posto di Hiroto esordisce Swan Fubuki! Che sia questo cambio a decidere le sorti della partita?-
-Allora, sei pronto?-. Shìn rivolse uno sguardo timoroso verso Kidou. Questo annuì, la solita aria pensierosa e riflessiva che ormai la mora conosceva bene:
-Andiamo!-. Il fischio dell’arbitro diede inizio al secondo tempo.
La palla, inizialmente di Tsurugi, fu subito presa da Kuroki, che avanzò con la solita facilità che contraddistingueva il suo ruolo nella sua squadra. Si districò con abilità nel campo e si trovò davanti la Yang. Sorrise arrogantemente:
-Ancora non hai capito? Non puoi battere gli spiriti!-. Lei sorrise:
-Questo lo vedremo! PRESA DI VENERE!!!-. Come sempre la tecnica di Shìn le fece apparire alle spalle una figura femminile. Ma stavolta era interamente composta da acqua limpida e cristallina come una sorgente pura. Col solito gesto e sotto gli occhi attoniti di Kuroki la donna rubò la palla e Shìn ne prese possesso, sorridendo. Non è male essere un difensore!:
-Tua, Gabriel!-. Il moro stoppò di petto la palla, avanzando rapidamente senza dare il tempo agli attaccanti di contrastarlo. Si fermò un momento, piegandosi lievemente in avanti; dietro di lui apparve una luna che, riflettendo due candidi raggi, fece apparire due copie del difensore:
-ILLUSIONE LUNARE!!!-. Grazie al suo nuovo dribbling, Gabriel penetrò a centrocampo passando di continuo la palla alle sue due copie, sotto lo sguardo soddisfatto di Shìn. Lo sapevo! Quando va in attacco, la Nightmare perde la concentrazione sul centrocampo perché è troppo sicura sul proprio tiro, che la maggior parte delle volte va a segno per via della travolgente potenza. Se riusciamo a contrastare l’attacco e agiamo velocemente prima che riorganizzino i centrocampisti, possiamo sorprenderli e avanzare verso la loro metà campo. E ho scoperto questo grazie a te, Gabriel! Il tuo intervento del primo tempo è stato fondamentale!
Swan si fece passare la palla, avanzando in quella che era la possibilità di fare goal alla Nightmare. Posso dare il mio contributo alla squadra anche come centrocampista! Ora vedrete! Fermatasi davanti ad un avversario bloccò la palla tra le caviglie e con un colpetto la fece passare sopra la testa sua e dell’avversario, mentre attorno a lei fiocchi di neve vorticavano come in una bufera:
-BICICLETTA GLACIALE!!!-. L’azione ebbe successo e Swan, ritrovatasi in buona posizione, passò al fratello Shirou, pronto a segnare. Questo “graffiò” la palla con i piedi e cadde in ginocchio, ruggendo al cielo; nel mentre dietro di lui un lupo lo imitava con un potente verso che donò potenza al pallone, coloratosi di rosso:
-RICHIAMO DEL LUPO!!!-. Il portiere della Nightmare alzò le mani davanti a lui e dal terreno si innalzò una lapide di roccia scrostata in vari punti:
-LAPIDE DIFENSIVA!!!-. Ma a nulla servì, perché il tiro ruppe facilmente la difesa e si insaccò in porta, con grande stupore da parte dei ragazzi in casacca viola:
-Goal! La Raimon segna! Spettacolare l’azione di questi ragazzi che hanno sfoderato tecniche incredibili una dopo l’altra! Il tiro di Fubuki, il “Richiamo del Lupo”, è stato il gran finale contro il quale il portiere della Nightmare non ha potuto nulla! I giocatori del fulmine si portano in vantaggio!-
-Grande, Shirou!-. Sia Swan sia Atsuya si lanciarono letteralmente addosso al fratello, felici come non mai di quel magico goal. L’albino rise sommessamente, estasiato dal primo goal che faceva nel torneo. Rivolse uno sguardo alla panchina, notando Haruhi che lo guardava. Le fece l’occhiolino, sorridendo. La blu ricambiò alzando il pollice. Sei fantastico, Shirou!
Il pallone venne posto nuovamente a centrocampo per la ripresa, sebbene durasse pochi minuti. Il tempo di un’ultima azione, che la Nightmare non si sarebbe lasciata sfuggire. O almeno, così credeva.
Infatti, appena Kuroki batté il calcio d’inizio, fu subito contrastato da una rapida scivolata di Kazemaru:
-Ora tocca a me! SCATTO REPENTINO!!!-. Rapido come sempre il turchese avanzò verso la porta avversaria, guizzando da un lato all’altro del campo senza permettere agli avversari di toccare la palla. Caricò il destro, fingendo il tiro e illudendo gli avversari. Invece toccò lievemente il pallone, verso il quale sopraggiunse Tenma, lasciando gli avversari in sua completa balia. Il castano allungò la palla davanti a lui e corse furiosamente verso di essa, facendosi seguire da un vento burrascoso. Il tiro, scagliato dal collo del piede, esplose in un tiro di vento celeste:
-MACH WIND!!!-. Il portiere non ebbe nemmeno il tempo di eseguire la sua tecnica difensiva:
-La Raimon segna nuovamente! Matsukaze esegue uno splendido tiro con una nuova tecnica, il “Mach Wind”! Questi ragazzi sono davvero incredibili!-. Tenma esultò, portando le mani al cielo. Sorrise al suo capitano, che contraccambiò con un gesto di intesa. Così è questo il tiro verso il quale miravi quando ti sei allenato con me... bel lavoro, Tenma!
Il triplice fischio dell’arbitro mise fine alla battaglia e alle ostilità. I giocatori del fulmine presero a festeggiare, poiché una nuova vittoria li avvicinava alla finale del Football Frontier che tanto desideravano.
Kuroki rimase stupefatto, incredulo davanti al risultato. Poi, incredibilmente, sorrise:
-Forse, gli spiriti non erano dalla nostra parte in questa partita...-. Si avvicinò a Shìn, rimasta di stucco davanti al suo viso insolitamente sereno:
-Abbiamo perso, sì, ma contro una squadra di tutto rispetto, lo devo ammettere! Chissà, forse avete gli spiriti della vittoria dalla vostra parte! Spero che vi accompagnino anche in futuro!-. La mora ridacchiò nervosamente, stringendo la mano che le aveva offerto.
Non sapeva di preciso se essere lusingata o inquietata dalle sue parole...
 
La Raimon si riunì alla panchina, vicino al proprio capitano. Questo, come sempre sorridendo esageratamente, portava nello sguardo un’evidente orgoglio:
-Ragazzi, siete stai eccezionali! Una partita fantastica! Ottimo lavoro!-. Una punta di amarezza si dipinse nel suo volto:
-Dovete perdonarmi, ho permesso agli avversari di fare un goal. Ma vi prometto che mi impegnerò ancora di più in futuro e diventerò ancora più forte per difendere la porta della Raimon!-. Rivolse uno sguardo a Swan, sorridendo amichevolmente:
-Ovvio che conto anche su di te, “collega”!-. L’azzurra ridacchiò, dandogli il cinque. Se era destino che avessi un compagno portiere, sono contenta che sia lui! Sei grande, Endo!
Shìn sorrise armoniosamente. Era talmente bello vedere i suoi compagni andare d’amore e d’accordo! Endo puntò un pugno al cielo, cosa che fecero anche gli altri giocatori:
-Coraggio ragazzi! Facciamo del nostro meglio per le prossime partite! Dobbiamo arrivare alla finale del Football Frontier!-
-Sì!!!-. Lance guardò disgustato il capitano dalla faccia arancione. Ancora non riusciva a capacitarsi dell’idea che fosse lui ad avere quel ruolo. Bah, incoraggiare gli altri! Patetico! E poi non capisco perché goda di rispetto, non fa praticamente niente! Vuole arrivare alla finale... non vi capirò mai! Non capisco perché tanto eccitamento per uno stupido torneo! :
-Bene, ragazzi, ottima partita davvero. Le nuove tecniche che avete imparato ci saranno molto utili in futuro, quindi perfezionatele al meglio nei prossimi giorni!-. Willis catturò l’attenzione generale come solo lui sapeva fare. Lance lo fulminò con lo sguardo. Se non era capitano era solo per colpa sua. Maledetto!:
-Sì, allenatore!-. La squadra si preparò per lasciare la Nightmare Jr. H. e tornarsene a casa, stanchi seppur soddisfatti della partita. Tutti compreso Lance, il viso serio e freddo che ormai tutti conoscevano, nonostante la vittoria non gli facesse né caldo né freddo. Si mise il borsone in spalla e si incamminò verso casa, l’aria di chi non ha molta voglia di camminare ma non ha scelta.
Per strana coincidenza anche un’altra persona doveva prendere quella stessa strada:
-Ciao, Lance!-. L’albino si voltò appena, riconoscendo un sorridente centrocampista castano:
-Ah, Matsukaze...-
-Anche io devo andare di qui per tornare a casa! Facciamo la strada insieme?-
-... se proprio devo-. I due rimasero in silenzio assoluto, rotto solo dal lieve suono dei loro passi ovviamente scoordinati tra loro. Tenma lo guardò a sottecchi, notando sempre lo sguardo glaciale che era anche il colore dei suoi occhi. Lui non era proprio la persona che ama starsene per conto suo, d’altra parte Tsurugi e Shinsuke abitavano in tutt’altra strada.
Tra l’altro c’era un altro motivo per cui aveva deciso di affiancarlo:
-Senti, Lance...-. L’attaccante grugnì di risposta. Di voglia di parlare ne aveva ben poca:
-Tu e Tsurugi... avete litigato?-. Lance sobbalzò impercettibilmente. Ma che c’entra adesso?... vuoi vedere che è qui solo per sapere questo? Bah, preoccuparsi per una cosa del genere! Sospirò stancamente, incrociando le dita dietro la nuca e rimanendo in quella posizione:
-Non proprio. Lui non condivide i miei metodi, io non condivido i suoi e a nessuno dei due piace cedere all’altro. Fine della storia-
-Ah...-. Il centrocampista sospirò. Tsurugi è un tipo un po’ aggressivo, ma di solito non è lui a cominciare una discussione, non è nel suo stile... dev’esserci qualcosa sotto. Forse è per il comportamento di Lance; va beh, è un po’ distaccato, ma non mi pare così antipatico... forse un po’... solitario...
Seppur lieve Tenma riuscì ad udire il tonfo di un oggetto caduto a terra, che lo riscosse dai suoi pensieri. Seguì con lo sguardo l’origine del rumore e ne identificò la forma: un portafoglio azzurro pallido con un lieve ricamo a pallone poco più scuro. Lo prese in mano, continuando tuttavia a camminare, e lo aprì. Agli occhi gli balzò subito una fotografia infilata in un piccolo porta-foto: vi era raffigurata una donna dai lunghi boccoli castano scuro che le adornavano il viso candido, lievemente rovinato nella sua perfezione da due sottili occhiaie che le marcavano gli occhi. Accanto a lei stava un uomo meno allegro, gli occhi e i capelli nero pece, che poggiava una mano sulla spalla della donna, la pelle accentuatamente più scura. E vicino ai due, in braccio alla donna, stava una coppia di bambini gemelli, di cui spiccavano due grossi ciuffi di capelli castano chiaro. Gli occhi color ghiaccio erano identici a quelli della donna. Identici... a quelli di Lance...:
-Ehm, Lance, per caso questo è tuo?-. L’albino rivolse la sua attenzione con noncuranza, com’era suo solito fare. Ma appena riconobbe l’oggetto i suoi occhi si accesero di rabbia. Gli strappò bruscamente l’oggetto dalle mani, il viso corrucciato in un’espressione infuriata:
-DOVE L’HAI PRESO???-. Tenma rimase impaurito da quegli occhi infuocati, tanto che temette che il calore sciogliesse le iridi glaciali. Lo aveva già visto arrabbiato, ma non era niente in confronto a quel momento:
-Io... l’ho... l’ho trovato per terra... suppongo che ti sia caduto...-. Lo sguardo incendiario si spense un attimo, tanto che il castano ebbe l’impressione di leggerci un filo di malinconia. Ma fu per un secondo soltanto, poiché l’albino distolse lo sguardo, rigirandosi delicatamente tra le mani l’oggetto, come se il minimo scossone lo potesse rompere. Poi lo mise nel suo borsone, riprendendo l’aria distaccata che poco prima gli girava attorno.
Tenma lo guardava a metà tra l’interrogativo e l’inquietato. Ma il silenzio non lo avrebbe condotto a niente, e lui era un tipo fin troppo curioso per non indagare a fondo:
-Ecco... beh... non sapevo... che avessi due fratelli...-. Lance si fermò senza voltarsi, cosa che fece anche Tenma:
-Di che cosa stai parlando?-
-Dei due gemelli... nella foto...-. L’albino abbassò lo sguardo. Poi rivolse uno sguardo al castano, uno sguardo rammaricato che si impresse marcatamente nella mente del centrocampista:
-Ti sbagli, loro non sono miei fratelli!-. Subito prese a correre, seminando l’altro ragazzo e lasciandolo solo con i suoi dubbi. Gli occhi presero a pungergli ma si trattenne furiosamente. Aveva promesso a se stesso di non piangere più per quella storia.
Si fermò solo quando si trovò in prossimità di casa sua. Prese ad ansimare per la corsa, che era stata molto più pesante di quanto avesse immaginato. Ripensò alla fotografia che aveva visto talmente tante volte che ricordava a memoria. Ripensò alla donna gioiosa, all’uomo moro, ai due gemelli... i due gemelli...
Non sono miei fratelli.
Entrò in casa sua, borbottando il suo solito “sono tornato” e preparandosi alla solfa che suo padre gli ripeteva ogni volta.
Loro non saranno mai miei fratelli.
 
E sono tornata con un altro capitolo-partita!
Wow, forse parlo troppo della vita di Lance, doveva essere una sorta di sorpresa... pazienza!
Spero che la partita sia piaciuta a tutti! Perché ne ho ancora parecchie da progettare!
Okay, mi spiace per non aver messo tutti gli OC protagonisti in questo capitolo! Non sapevo dove metterli! Nel prossimo cercherò di includerli tutti!
Vi ringrazio per tutte le recensioni che mi avete fatto! Siamo arrivati ad un bel numero!
Bene, metto qui una piccola traduzione:
Mach Wind: vento impetuoso(non so se è proprio corretto, la traduzione per Mach non l'ho trovata)
La tecnica del mio Tenmino! <3
Bene! Con questo concludo! Ciao!
Purple_Rose 

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Capitolo 11
*** Una giornata al Luna Park (parte 1) ***


Una giornata al Luna Park (parte prima)
 

-“I prodi ragazzi del fulmine trionfano sulla squadra delle tenebre”... un titolo da prima pagina!-. Aki ridacchiò:
-Te l’ho detto, Endo-kun, è il titolo del primo articolo del giornalino!-
-Oh... devo averlo rimosso...-
-Ma se l’ho detto due secondi fa!-
-... l’ho rimosso lo stesso...-. Sia la verde che il portiere scoppiarono a ridere.
Le lezioni erano da poco concluse e i due avevano sostato in un parco, seduti sulle panchine a godersi la calma di quel luogo.
I prati verde acceso si alternavano a lunghi sentieri color ruggine e a vari giochi dal metallo scintillante quali uno scivolo, un’altalena e delle piccole giostre a dondolo dalle forme animali. Gli alberi dalle fogli smeraldine erano scosse dal vento e frigolavano tra di loro, rompendo eppure completando quella calma poetica che regnava nel parco.
C’erano solo loro due.
Aki non poteva fare a meno di ripeterselo. Ci siamo solo noi... solo noi... io e Endo-kun... da soli... Quel semplice fatto l’imbarazzava e l’allietava allo stesso tempo.
Non che il calciatore fosse in una situazione più agevole. Ma non c’è proprio nessuno in questo parco? È un parco pubblico! Cavolo, è così imbarazzante... però è anche bello... averla qui, solo per me...:
-Allora, scommetto che non vedi l’ora di scoprire quale sarà il vostro prossimo avversario!-. Le iridi color cioccolata del ragazzo si riaccesero di vitalità:
-Certo! Non vedo l’ora! Ma prima dobbiamo scoprire chi vincerà la partita di domani!-. La verde fece mente locale. Ricordava qualcosa del genere:
-... mi sembra che ci fosse la Hurricane Jr. H. contro la Kingdragon Jr. H., comunque pare che siano entrambe squadra formidabili!-. Gli occhi del portiere brillarono di eccitazione:
-Allora, qualunque sia l’esito, avremo comunque una partita accesa! Fantastico! Sono talmente emozionato!-. Aki lo guardò con dolcezza. Quel sorriso così esageratamente entusiasta... anche quella manifestazione così aperta di felicità le piaceva di lui. È talmente unico questo ragazzo, non esiste al mondo una persona come lui! Così spigliato, così vivace ed energico! Nessuno ama il calcio come lui, nessuno! E con il suo senso dell’onore e del rispetto altrui... Endo-kun, sei davvero una persona speciale!:
-... Aki...-. La verde si riscosse, spalancando gli occhi. Era talmente immersa nei suoi pensieri che non si era accorta di quanto il suo viso fosse vicino a quello del ragazzo.
Troppo vicino.
Nemmeno sapeva quando si era avvicinata in quel modo, l’aveva fatto quasi automaticamente:
-S... scusa...-. Entrambi arrossirono vivacemente, senza distogliere minimamente lo sguardo. Due occhi color oliva in due color cioccolato, due iridi marroni in due verdi. Improvvisamente quella combinazione cromatica parve ad entrambi inimitabile.
Presero a colmare impercettibilmente quella piccola distanza che separava i loro visi. Entrambi erano persi l’uno negli occhi nell’altro, in un mare di colori dalla quale non volevano uscire. Come un incantesimo sentivano di dover avvicinarsi di più, sempre di più...:
-Aki...-
-Endo...-. Ma, di colpo, le note acute di una suoneria telefonica risuonarono nelle loro orecchie come il più fastidioso degli stridii. La magia si ruppe di colpo, come un oggetto di cristallo che si infrange a terra in mille pezzi. Si allontanarono rapidamente l’uno dall’altro, guardando ognuno da una parte diversa, i visi rossi come un pomodoro maturo.
La piaga che aveva frantumato il momento proveniva dal cellulare della verde, al quale dovette rispondere a malincuore:
-Pronto?-
-Aki? Senti, volevo sapere se hai ancora la chiavetta USB che ti ho prestato!-. Haruna. Mai come in quel momento la ragazza detestò la sua pimpante e ingenua voce:
-Mi hai chiamato solo per questo?-
-Beh, sì... ho interrotto qualcosa?-
-... lascia stare, non ne voglio parlare. Ce lo la chiavetta-
-Perfetto, volevo solo essere sicura! Ciao!-
-...Ciao-. Chiuse seccamente la chiamata. Quel magico momento rotto per qualche stupido file informatico! Non poteva davvero crederci.
Diede uno sguardo al bruno, che ancora guardava d’altra parte col viso lievemente porpora. Sospirò tristemente. Troppo bello per essere vero...:
-Era Haruna... niente di importante, comunque-
-Ah... forse è meglio... tornare a casa-
-Sì... meglio così-. I due si incamminarono, il tragitto di casa si fece estremamente silenzioso. Quell’imbarazzante distanza non permetteva a nessuno dei due di spiccicare parola, timorosi di dire qualcosa che peggiori la situazione.
Non abitavano molto lontani l’uno dall’altro, praticamente riuscivano a fare la stessa identica strada.
Endo guardò a sottecchi la ragazza, notando il suo sguardo rammaricato. Si mise a riflettere un momento, poi sorrise:
-Comunque... bella idea-. Aki si riscosse, guardandolo interrogativamente:
-Quale idea?-
-Quella del titolo! “I prodi ragazzi del fulmine trionfano sulla squadra delle tenebre”! Oserei dire... da prima pagina!-. Sul volto della verde si dipinse un sorriso divertito e sollevato.
Ripresero a parlare amichevolmente, com’era loro solito fare.
Nessuno dei due si accorse che le loro dita si erano incrociate.
Si stavano tenendo amorevolmente per mano.
 
-Un... un appuntamento?!-. Swan spalancò gli occhi forse più di quanto credeva le fosse possibile. Davanti a lei, ciò che aveva sempre sognato: Yukimura, un lieve sorriso imbarazzato che gli dipingeva il volto, che le chiedeva di uscire insieme a lei. Se è un sogno... non pizzicatemi!:
-Una sorta! Una sorta di appuntamento! Da amici... ovviamente...-. Le grandi aspettative dell’azzurra si attenuarono lievemente. Avrebbe dovuto immaginarlo:
-Giusto... certo...-. Era troppo bello per essere vero...
Gli allenamenti erano finiti da un pezzo. Entrambi avevano deciso di fare la strada insieme visto che Atsuya era andato con Shirou chissà dove, forse in qualche luogo “sperduto e inesplorato”, considerato il suo carattere estroverso e incredibilmente portato per l’avventura.
Il cielo, che si distingueva con quella divisione sfumata di viola tra l’arancione tramonto e il blu notte, presentava qualche simpatica nuvoletta che ne prendeva il colore e lo trasformava in un delicato indaco. Il sole non era nemmeno più visibile, ma varie nubi consistenti occultavano quella che sarebbe stata una bella luna bianca e pura.
Yukimura, dopo mille e uno ripensamenti, aveva finalmente deciso di chiedere alla sua Swan di uscire. Aveva sempre desiderato di poter stare insieme a lei per un po’, solo con lei, senza nessuno dei suoi amici attorno. Il giorno dopo sarebbe stato di ferie sia per la scuola sia per gli allenamenti, l’occasione era più che ghiotta!
Ma dopo essersi preparato furiosamente su cosa dire in sua presenza, compreso un discorso dettagliato di cui alla fine aveva fatto a meno, si era scordato completamente di organizzare la giornata per intero. Risultato: non aveva in mente nessun posto in cui andare.
Ehm, forse al parco... no! È banale! Troppo noioso!... ad un ristorante? No, a lei non piacciono queste cose troppo romantiche... forse in una sala giochi... ah, ma io sono una frana ai videogiochi! Farei la figura dell’incompetente!... magari... al campetto vicino al fiume?... MALEDIZIONE!!! A ME E ALLA MIA FISSA DEL CALCIO!!!:
-Ehm, okay, allora dove andiamo?-
-... AL LUNA PARK!!!-. Yukimura serrò le palpebre, stringendo i pugni per cercare di reprimere quella fastidiosa tremarella che lo aveva preso. Poi, riflettendo sulla frase che gli era appena uscita dalla bocca, si accorse sorprendentemente che non era affatto una cattiva idea.
Riaprì gli occhi lentamente, trovando un’azzurra raggiante:
-Mi sembra un’ottima idea! Sarà divertente!-. Il blu sorrise largamente, ringraziando quel colpo di fortuna. Evidentemente è quando sono sotto pressione che mi vengono delle buone idee! Mai come in quel momento aveva voglia di andare al Luna Park:
-Fantastico, allora ci vediamo domani alle 15, d’accordo?-
-Okay, va bene!-. Entrambi ripresero a camminare tranquillamente, sui visi dipinti radiosi sorrisi. Senza accorgersene, entrambi pensarono la stessa cosa.
Che bello, starò tutto il tempo insieme a lui!
Che bello, starò tutto il tempo insieme a lei!
E non si accorsero nemmeno che, un paio di metri di distanza, qualcuno aveva visto e sentito tutto. Qualcuno che non avrebbe dovuto vedere e sentire tutto:
-AH!!! LI HAI SENTITI???-. Qualcuno come un certo albino dal fare isterico.
Shirou sbatté le palpebre un paio di volte, temendo di aver perso la capacità di sentire da un orecchio. O forse, nel peggiore dei casi, da tutti e due:
-Li ho sentiti, Atsuya, li ho sentiti-. I due Fubuki, dopo aver scoperto che il luogo da esplorare era una proprietà privata, con grande tristezza per Atsuya l’avventuriero, decisero di raggiungere la sorella per fare la strada assieme a lei e in qualche modo alleviare la voglia di vagabondare non colmata dell’albino.
Tuttavia, nessuno dei due si aspettava che fosse già in gioiosa compagnia:
-COME HA OSATO CHIEDERLE UNA COSA SIMILE???-
-Fratellino, datti una calmata!-
-COME FACCIO A...!!!-. Shirou dovette tappargli la bocca con la mano per evitare che il timpano gli si rompesse del tutto. Che esagerato, tante storie per un appuntamento! Povera Swan... proprio ora dovevamo venire? Maledetta quella signora che ha comprato un giardino privato! Che se ne fa di tutto quello spazio?:
-Io non ci vedo niente di male a vederla uscire con un ragazzo, mi sembra anche un bella cosa, non capisco perché... Atsuya?-. Notando lo strano colore del viso del fratello, l’albino tolse la mano, permettendogli di prendere una fresca e necessaria boccata d’aria:
-Cavoli! Non riuscivo a respirare!-
-Oh, scusa...-. Entrambi rimasero in silenzio, tra l’uno che respirava affannosamente e l’altro che lo guardava con un filo di preoccupazione. Il primo poi riprese parola, sorridendo maliziosamente, lasciando l’altro enormemente spaventato. Oh-oh, conosco quel sorrisetto...:
-Dobbiamo pedinarli!-. Shirou lo guardò tra il rassegnato e l’esasperato:
-Oh no, ti prego... dimmi che non hai usato il plurale!-. Atsuya gli diede una sonora pacca sulla spalla, sorridendo in modo piuttosto complice, mentre il fratello continuava a guardarlo con tono alquanto afflitto:
-Ma siamo fratelli! Dobbiamo sempre agire insieme, non c’è storia! I gemelli Fubuki vanno sempre insieme! E poi la nostra sorellina è in pericolo, dobbiamo salvarla!-
-Ti ripeto che non credo ci sia qualcosa di male in Yukimura, mi sembra un tipo a posto!-
-Questo è quello che vuole farti credere! Mente! Lui mente! Lo so che mente!-. Ah! Ci manca che adesso si metta pure a fare il detective...:
-Dobbiamo risolvere questo caso! Apriremo gli occhi a Swan e le faremo vedere la verità su Yukimura! Non è vero, Watson?-. Ecco, lo sapevo! Qualcuno ha lasciato in giro un altro libro di Sherlock Holmes! Siamo tutti perduti!:
-Come no, Atsuya Holmes!-
-Bene! Vedo che sei entrato nello spirito dell’indagine! Allora domani alle 14 e mezza vediamoci al Luna Park!-
-Atsuya, per favore, lascia stare!-. I due si guardarono per un istante, senza dire nulla. Poi Atsuya sbuffò, voltandosi e accennando ad un saluto:
-... allora faccio da solo, brontolone! Salverò io Swan, e tu starai sugli spalti a vedere il mio trionfo! Ci vediamo!-. Il ragazzo partì a razzo, seminando il fratello sconvolto:
-Ma io parlavo di te! Lascia perdere!... niente, se n’è andato!-. Sospirò pesantemente, cercando di trovare un lato positivo nella faccenda. Che faccio adesso? I piani di Atsuya non hanno mai il lieto fine! Finisce sempre male per tutti i coinvolti! E se Swan si arrabbia, prima se la prenderà con lui, eccome se se la prenderà con lui, poi Atsuya scaricherà su di me la colpa e Swan me le darà di santa ragione! È sempre così che va a finire!...  forse ho bisogno di un consiglio... e magari un’idea su chi può darmelo ce l’ho...
Afferrò il cellulare, componendo un numero con l’ansia che cresceva. Appena sentì la voce che conosceva, arrossì di imbarazzo, insicuro su cosa dire:
-Pronto, sono Haruhi-
-...-
-... pronto?-
-... ciao, Haruhi, sono Shirou-. La voce della blu si accese di allegria:
-Ah! Ciao Shirou! Perché questa telefonata?-
-Avrei... bisogno di un consiglio...-
-Dimmi pure. Vedrò come aiutarti-. L’albino si grattò la nuca, imbarazzato. La storia non era particolarmente normale...:
-Ecco... mio fratello domani vuole pedinare stile detective mia sorella che vuole uscire assieme ad un tipo. Ho cercato di fermarlo, ma non mi ascolta mai!-. Haruhi ridacchiò. Quel ragazzo la sorprendeva sempre!:
-Mm, un bel dilemma... forse dovresti seguirlo e controllare che tutto vada bene-. Shirou sospirò, pensando che in fondo se l’aspettava:
-Va beh, ho capito, grazie...-
-... se vuoi, posso accompagnarti-. Rimase di stucco. La blu temette che avesse riattaccato:
-... Shirou? Sei ancora lì?-
-Ah! Sì!...-. Sul suo volto si fece largo un sorriso radioso:
-... sì, mi farebbe piacere-
-Okay, allora ci vediamo là!-
-Verso 14 e mezza può andarti bene?-
-Va benissimo, a domani!-
-A domani, Haruhi...-. Chiuse la chiamata, sorridendo sognante.
Forse i piani di Atsuya non erano poi così male.
 
Raimon Jr. H., alla fine delle lezioni.
-Come vedi, la nostra scuola ha molti altri club oltre a quello di calcio. Come, ad esempio, quello di tennis-. Shìn rivolse un saluto ad Akira, che ricambiò, colpendo con una poderosa rovesciata la pallina in arrivo nella sua metà di campo e ottenendo un punto per sé, lasciando l’avversario con un palmo di naso.
Lei e Mark erano intenti a visitare tutta la scuola in modo che quest’ultimo potesse ambientarsi al meglio nel nuovo istituto. L’edificio era grande, per non parlare della zona attorno, ma Shìn era decisa a fare tutto per bene, senza tralasciare nulla. Doveva fare bella figura al novellino, dopotutto!
Dopo una breve visita a varie classi, la mora era passata ai numerosi club che la scuola ospitava.
Il biondo seguiva il tour con ostentato interesse, cosa che alla ragazza faceva un insolito piacere. Che le interessasse davvero come quel ragazzo si sarebbe ambientato?:
-Bene, da quella parte, come potrai immaginare, c’è il club di calcio della Raimon, famoso in tutta la nazione!-
-... tu sei una giocatrice, vero?-. Shìn arrossì lievemente. La sua improvvisa domanda dopo tanto silenzio e il fatto che lui la conoscesse in quel senso la imbarazzava non poco:
-Beh, ecco, sì...-
-Ti ho visto in campo. Sei davvero in gamba-. Sentì un calore avvolgerle il petto:
-Lo pensi davvero?-. Mark sorrise:
-Certo. Mi piace il calcio. Le partite della Raimon sono sempre emozionanti-. Quella voce così calma e profonda eppure vitale le annebbiava la mente. Non sapeva cosa pensare, come se un’interferenza impedisse alle sue idee di trovare alloggio nella sua testa. Cercò di mantenere la calma, ostentando la sua solita sicurezza che in quel momento le scivolava dalle mani:
-Senti... tu non sei giapponese, vero?-. Il biondo annuì, alzando lo sguardo al cielo:
-Già, infatti sono americano, vengo dagli Stati Uniti. È un bel posto, ci ho lasciato alcuni amici, ma mio padre si è trasferito qui per motivi di lavoro-. Shìn lo fissò a lungo, ammirandone i tratti e il volto. Non sapeva cosa le stava succedendo, sapeva solo che non aveva mai visto un volto bello come il suo. La sua solita calma e compostezza era svanita come d’incanto, timore e un’insolita tremarella avevano preso il loro posto.
In tutta la sua vita non si era mai sentita tanto vulnerabile. Quella situazione le lasciava un misto di disagio e piacere insieme:
-Allora... qual è la prossima tappa?-
-Credo che sia la biblioteca. Seguimi-
Quanto avrebbe voluta visitare gli Stati Uniti insieme a lui...
-Ehi, Shìn?... terra chiama Shìn... Shìn!-. La mora si riscosse dai suoi pensieri bruscamente. Ancora una volta aveva pensato a quel giro della scuola e alle sensazioni che aveva portato con sé. Cosa che non era sfuggita ad un certo castano accanto a lei:
-Ah! Che c’è?-. Shindo sospirò, dandole una lieve pacca sulla spalla:
-Ma allora c’è qualcuno in casa! Credevo che fosse disabitata e avessero lasciato le luci accese!-
-Ah! Ah! Spiritoso...-. Midorikawa la guardò, sospettoso. Strano che sia così pensierosa, di solito è quando è in campo che inizia a ragionare! Mi chiedo se non ci sia qualcosa di mezzo...
Il trio si stava avviando verso le proprie abitazioni, come sempre stanchi dopo il duro allenamento. Ma la ragazza in mezzo ai due non sembrava minimamente connessa alla realtà:
-Stai bene? Sembra che tu sia preoccupata per qualcosa...-. La mora si affrettò a mostrarsi convincente, cercando di scacciare quello sguardo sognante e pensieroso che dall’inizio del tragitto di portava dietro:
-Ma no! Figurati! Sto davvero alla grande! Niente che mi dia da pensare, proprio niente!-. Shindo la guardò a sottecchi, per nulla convinto. Scrollò le spalle:
-Se lo dici tu... sai che ho visto Eri Kanzaki aggirarsi per l’aula di musica?-. Shìn cercò di mostrarsi interessata, nonostante la zazzera color caffè dell’amico non avrebbe potuto rimpiazzare una perfetta chioma bionda:
-Ah sì?-
-Sì. Mi chiedo se suoni uno strumento...-. Il verde mise via lo sguardo sospettoso, interessandosi alla discussione:
-Pensa se suonasse il pianoforte come te! Potresti proporle di fare quel pezzo a quattro mani che dicevi l’altro giorno!-. Shindo alzò gli occhi al cielo, dubbioso. Lei... la mia compagna di piano? Beh, se è brava magari... però devo scoprire se suona qualcosa!:
-Magari un giorno glielo chiederò-. La mora si isolò dalle chiacchiere dei compagni, concentrandosi nuovamente sull’americano che aveva il controllo dei suoi pensieri.
Quello che provo... che sia una cotta? Io cotta di Mark? Può darsi, però... non lo so, lo appena conosciuto, dubito che sia davvero amore!... almeno credo...
Shìn sbuffò impercettibilmente, senza che i suoi due amici se ne accorgessero.
Ora come ora avrebbe voluto che i suoi sentimenti fossero come un gruppo di giocatori avversari.
Almeno così sarebbe stato più semplice capire la loro formazione e il loro gioco.
 
Si apriva una splendida giornata soleggiata per la città di Inazuma. Un limpido cielo azzurrino faceva da fondo a piccole e candide nuvolette bianche, che spezzavano la perfezione di quella superficie celeste altrimenti perfetta. Il sole brillava in tutto il suo splendore, illuminando tutta la città e colorandola di tonalità accese e brillanti.
Specialmente il Luna Park di Inazuma, gremito di gente. Le giostre colorate scintillavano sotto il calore del sole, ma mai quanto gli occhi dei bambini alla loro vista. Nell’aria si udiva un allegro e continuo vociare allegro di giovani e adulti, pronti a divertirsi in quella giornata che aveva tutto e più di radioso.
Specie per una certa ragazza dai capelli azzurri, che se ne stava all’ingresso, in attesa del suo bel principe azzurro. Continuava a raddrizzarsi la minigonna, come se ogni minimo soffio di vento potesse raggrinzirla. Anche perché non era esattamente il suo indumento preferito. Stupida gonna! Perché non te ne stai liscia e perfetta come quando ti ho indossato? Accidenti!... ma dov’è Yukimura? Forse... forse sono in anticipo?
Il suo sguardo cadde sul suo orologio da polso: un quarto alle 15. Sì, era decisamente in anticipo.
Sospirò, poggiandosi su una delle colonne che sosteneva l’arco d’ingresso del parco. Forse si era fatta prendere un po’ troppo dall’entusiasmo. Evidentemente non è così importante per lui, l’importante è arrivare in orario... e probabilmente con qualche minuto di ritardo... forse addirittura dieci! E magari non vorrà nemmeno venire! Forse mi vuole dare buca! Oh no! Perché ho pensato che ci potesse essere un futuro per noi due? Che ingenua! Che...!:
-Oh, a quanto pare siamo entrambi in anticipo!-. Sentire quella semplice frase fece evaporare tutte le sue incertezze, portando nuove speranze per il suo cuore. Si voltò, riconoscendo una chioma blu intenso:
-A quanto pare sì...-. Yukimura sorrise, facendole gesto di entrare:
-Dopo di lei, mademoiselle!-. Swan arrossì lievemente, sorridendo estasiata.
Quello sarebbe stato un giorno da non dimenticare, lo sapeva.
... ma non sapeva chi, da poco lontano, la guardava con occhio indagatore.
Un altro mistero si apre in un colorato Luna Park, nella quale una graziosa ragazza fa la sua comparsa accanto ad un tipo visibilmente losco. Per questo motivo, il leggendario detective Fubuki Atsuya è qui per salvare la ragazza e aprirle gli occhi davanti a quel mascalzone!
Un giovane albino dai capelli rossicci e due all’apparenza enigmatici occhi grigi fissava con inequivocabile interesse la coppietta. Mentalmente narrava la vicenda, mostrando di essersi immerso nel ruolo anche riguardo all’aspetto: in testa sfoggiava un cappello in puro stile detective verde muschio, seguiti da un’impermeabile intonato. In bocca aveva una pipa, finta ovviamente, che ogni tanto tirava fuori fingendo di soffiare del fumo con aria indagatrice.
Appena vide la sua preda entrare nel Luna Park la seguì, a passo lento e moderato, in modo che nessuno lo notasse. Anche se, così conciato, aveva l’attenzione di molte persone all’interno, che lo guardavano stupefatte senza evitare di chiedersi se in giro ci fosse qualche festa in maschera per il Luna Park o se il tipo fosse fuggito da una casa di cura per malati mentali. E tra quella folla in particolare due ragazze lo notarono, una delle quali stava addentando in quel momento un hot-dog e rimase bloccata con la bocca spalancata:
-... Fubuki?-. Il ragazzo si riscosse, voltandosi e notando una giovane biondina dagli occhi azzurri e una mora dalle iridi grigio-azzurre. Si tolse il capello, simulando un inchino:
-Buongiorno, signore! Mi spiace, non posso fermarmi, sono nel bel mezzo di un’indagine!-. Alexia lo guardò come se fosse diventato matto, spalancando gli occhi al massimo delle due capacità. Mizuka lo guardò basita, scoppiando successivamente in una fragorosa risata. Ma questo qui è impazzito!:
-Fammi capire, che è successo? Perché sei conciato in questo modo? A stento sono riuscita a riconoscerti!-. Atsuya tolse del tutto il capello, usandolo come barriera contro tutti coloro che volessero sentire e sussurrando come se dicesse qualcosa di vitale importanza:
-Swan è qui insieme ad un ragazzo: un tipo losco, chiaramente malvagio. Sono qui in incognito per assicurarmi che non le succeda niente di brutto!-. La bionda accartocciò il tovagliolo dell’hot-dog, gettandolo nel primo cestino che avvistò. Gli rivolse un’occhiata di rimprovero:
-Ma ti sembrano cose da fare? Non si pedina una ragazza!-
-Tra l’altro... perché sei vestito così?-. L’albino si rimise il capello, mettendosi in una posa che lui definirebbe “da vero detective”:
-Perché questo è lo stile vestiario del grande Sherlock Holmes, il mitico detective!-
-Ah, certo, che domanda stupida...-. Alexia si diede una manata in faccia, sorprendendosi di quanto fosse ridicolo quel ragazzo quando ci si metteva. Mizuka, invece, sorrise maliziosamente, posandogli una mano sulla spalla:
-Va bene, Sherlock Holmes, allora io sarò Watson!-. Atsuya alzò il sopracciglio, confuso:
-Che vuol dire?-
-Questo è un modo simpatico per dire che ti do’ una mano a “salvare” tua sorella!-. L’albino rimase basito, come la mora del resto. Approfittando di quel momento di smarrimento la bionda gli prese il cappello, mettendoselo in testa e raddrizzandolo un poco:
-Beh, come ti sembro?-. Il ragazzo la guardò per qualche secondo. Poi arrossì, distogliendo lo sguardo:
-Sei... bellissima...-. Anche Mizuka arrossì, coprendosi il viso porpora col capello. Poi riprese la sua aria allegra, facendo cenno di seguirla. Alexia la guardò confusa:
-Ma, scusa, non dovevamo andare insieme al Luna Park?-
-Ma non hai sentito? Swan è nei guai! Lei viene prima!-. Le scoccò un’occhiata d’intesa, che fu subito accolta. Ah, ho capito che vuoi fare! Alexia la fissò maliziosamente, allontanandosi e rivolgendo ad entrambi un saluto:
-Coraggio, Fubuki, andiamo!-
-... Atsuya-. La ragazza lo guardò in modo interrogativo:
-Come?-
-Fubuki è il mio cognome. Puoi chiamarmi Atsuya-. Entrambi si sorrisero a vicenda.
Forse avrebbero perso più tempo insieme che dietro a Swan.
 
-Allora, dove pensi che sia finito tuo fratello?-. Haruhi guardò Shirou in modo interrogativo, senza tuttavia non rimanere ammaliata dallo spettacolo di colori che si apriva davanti ai suoi occhi. Il Luna Park era davvero splendido!:
-Eh, bella domanda... Atsuya è imprevedibile! Potrebbe essersi persino travestito da clown col naso a pomodoro pur di passare inosservato!-. Come se i suoi travestimenti aiutassero davvero a mimetizzarsi... Carnevale e Halloween non sono mai state le sue feste preferite!:
-Hi hi! Sembra un tipo interessante!-. L’albino trattenne uno sbuffo di gelosia. Alla fine, lui era sempre “il fratello noioso del tipo fico”. Non era mai stato primo nella classifica dei più popolari della scuola, senz’altro no. Quel posto era di suo fratello. Dovrei essere più interessante per piacere ad Haruhi? Più coraggioso ed energico?... aspetta, voglio piacerle?!
La blu si guardò in giro, gli occhi dorati brillanti d’allegria, avvistando mille persone diverse: una coppia di fidanzati dagli sguardi ingenui, due vivaci bambini che saltellavano in attesa del loro turno su una giostra, un vecchietto intento a sgridare un giovane per averlo urtato inserendo spesso “Ai miei tempi”. Ma subito le parve che la vista si modificasse sotto i suoi occhi, che si scontrarono solo famiglie, unite e gioiose, visibilmente legate tra loro. Una di queste aveva due bambine, molto simili tra loro. Il suo sguardo si rabbuiò. Quante famiglie... e io sono sola... così sola...:
-Ehi, Haruhi!-. Si riscosse, scoprendo due occhi grigi puntati su di lei con preoccupazione. Arrossì lievemente, sorridendo:
-Ehm, che c’è?-
-Dimmelo tu, eri rimasta come in trance! E avevi uno sguardo talmente tetro...-
-Ah... non me ne sono accorta!-. Ridacchiò nervosamente, nonostante l’albino continuasse a guardarla dubbioso. Cercò di sviare l’argomento e i suoi occhi dorati incrociarono qualcosa che li fece brillare di eccitazione. Il modo giusto per dimenticare:
-Oh! Shirou! Facciamo un giro lì?-. Il Fubuki seguì lo sguardo della ragazza, rimanendo pietrificato. Aveva avvistato un’imponente serie di montagne russe, alte in modo esorbitante e veloci come mai ne aveva viste. Su di esse un vagone scintillante partiva a tutta velocità, tra le urla dei passeggeri che risuonavano nelle sue orecchie. Oh no, le montagne russe no...:
-Ehm, pensavo che dovessimo trovare mio fratello...-. La blu si attaccò al suo braccio, guardandolo con occhi supplici e dal punto di vista dell’altro assolutamente adorabili:
-Ma dai! Che cosa vuoi che sia una piccola deviazione? E poi siamo in un Luna Park, divertiamoci!-. L’albino sorrise forzatamente, deglutendo ancora in vista di quella giostra estrema. Non riusciva a resistere davanti a quelle due pietre dorate.
Inspirò profondamente, cercando di cacciare la paura in fondo al cuore. In fondo, non poteva essere così male:
-Okay, solo un giro però...-
-EVVAI!!!-. Haruhi lo prese per mano, correndo rapida verso la giostra che aveva scelto lei stessa. Shirou non poté fare altro che seguirla, compiaciuto del piacevole calore che la mano della ragazza trasmetteva nella sua. Sorrise, guardando il cielo e pregando mentalmente.
Che qualcuno, lassù, mi protegga! Ho ancora delle cose da fare nella vita!
Sperando nella Dea della Fortuna, forse ne sarebbe uscito integro.
O al massimo con qualche osso rotto... se gli andava bene...
 
Ehilà, gentaglia di periferia! Vi sono mancata? Io sì!
Tenma: aspetta, tu saresti mancata a te stessa?
Esatto!
Me stessa: mi sei mancata!
Anche tu!
(si abbracciano)
Tenma: °-° non finirai mai di sconvolgermi...
Allora! Come avrete capito, questo e il prossimo capitolo sono dedicati alle nostre giovani coppie! Chiaramente non ho potuto portarli tutti al Luna Park, anche se sarebbe stato bello...
In ogni caso ho preso spunto dal viaggio che ho fatto al Lago di Garda: c’era un Luna Park a un quarto d’ora di macchina da lì e mi sono divertita molto! facciamo divertire anche gli Inazumiani!
Un saluto a tutti! Spero che il capitolo sia piaciuto!
Alla prossima! Ciao!
Purple_Rose 

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Capitolo 12
*** Una giornata al Luna Park (parte 2) ***


Una giornata al Luna Park (parte 2)
 

 -Andiamo, non fare così...-
-Lasciami stare!-. Haruhi guardava Shirou con comprensione, senza tuttavia riuscire a nascondere una risatina che prepotente le saliva alle labbra. I due se ne stavano seduti su una panchina e, mentre una manteneva un viso allegro, l’altro nascondeva il suo chinandosi in avanti e puntando i gomiti sulle cosce:
-Non è niente di che!-
-Lo dici solo per farmi stare meglio! E non ci stai riuscendo!-. L’albino alzò un poco gli occhi, rivelando un viso rosso e uno sguardo a metà tra il disperato e l’arrabbiato:
-Ma dai, non è successo niente!-
-Ah sì? Quante volte ti è capitato di... di... di...-. Il suo viso si accese di tonalità:
-... di... di... di vedere un ragazzo svenire per la paura sul vagone delle montagne russe???-. La blu trattenne a stento una fragorosa risata, che si ridusse ad un mugugno. Davvero non riusciva a non riderci sopra:
-Eddai... non ti... preoccupare... su...-
-... guarda che lo so che ti viene da ridere-. Haruhi non riuscì più a trattenersi e scoppiò in una fragorosa risata, lasciando cadere la testa indietro fino a ridursi quasi in lacrime. Il ragazzo sospirò, sorseggiando lievemente la fresca lattina di tè che teneva in mano. Sorrise un poco; in fondo, vista da altri, poteva davvero essere una scena divertente.
Erano da poco scesi dalle vertiginose montagne russe del Luna Park, dove Shirou aveva chiaramente manifestato una certa fobia a quella giostra perdendo i sensi verso la fine del giro. E sapere che invece Haruhi era solita a provare tutte le attrazioni più rapide e all’apparenza terrificanti lo aveva fatto sprofondare nella vergogna. Se uniamo il fatto che non erano gli unici sul vagone, quindi la blu non era l’unica a riderci sopra, il risultato era che il povero Fubuki aveva solo voglia di seppellirsi sotto terra e non uscire mai più.
Oramai nessuno dei due si ricordava che l’obbiettivo iniziale era controllare Atsuya: bastava che fossero insieme e tutto attorno a loro si dissolveva come d’incanto, ora che sostavano tranquillamente su una delle panchine del parco di divertimenti.
Haruhi alzò lo sguardo. Il cielo era di un meraviglio e limpido blu che faceva da sfondo a dei lievi sbuffi di bianco e ad un sole luminoso, che non si risparmiava a irradiare tutto ciò che incontrava con i suoi caldi raggi. Sorrise, chiudendo gli occhi e godendosi il suo lieve tocco caloroso. Ora sì che si ragiona! Finalmente un bel sole come dico io! Il mio umore è a mille! Rivolse un allegro sguardo al compagno:
-Comunque, se avevi paura della velocità e dell’altezza, potevi dirmelo prima di salire...-. L’albino si grattò la guancia, imbarazzato. Mai avrebbe ammesso che erano proprio lei e i suoi occhi dorati e irresistibili ad averlo fatto cedere:
-Beh, al momento non ci ho pensato...-. Anche lui posò gli occhi su quella superficie celeste, più volte chiudendo gli occhi per sfuggire alla fastidiosa luminosità del sole, che quel giorno sembrava davvero inesauribile. Mai come in quel momento sperava che arrivasse pomeriggio e che il mattino si fondesse con la sera. Certo che oggi fa un caldo incredibile! Non è come ad Hokkaido... non è come a casa... Abbassò lo sguardo, facendosi malinconico:
-Non è vero-. La blu la guardò interrogativa, notando quello sguardo uggioso riflesso negli occhi grigi:
-Che cosa?-
-Non ho paura di andare veloce-. Un altro risolino uscì a tradimento dalla sua bocca. Gli posò una mano sulla spalla, facendosi comprensiva:
-Non devi far finta, non c’è niente di male ad aver paura!-. Con un gesto delicato Shirou si liberò di quel contatto, sospirando e fissando attentamente il cielo:
-... anche lo snowboard è uno sport in cui si va molto veloci-. Haruhi si fece interessata, avvicinandosi un poco al compagno:
-Fai snowboard?-
-Facevo. Chiaramente, qui a Inazuma non è possibile farlo-. La blu alzò il sopracciglio, perplessa. Le era capitato una volta di praticare quello sport, era dannatamente difficile e per di più la tavola viaggiava a velocità notevole, scivolando rapida sulla neve:
-Ma allora perché ti spaventano le montagne russe?-
-Perché... non sono innevate-. La ragazza rimase a bocca aperta. Poi, improvvisamente, scoppiò a ridere, lasciando l’altro stranito e lievemente imbarazzato:
-Non posso crederci! È tutto qui?-. Shirou sorrise, arrossendo un poco. Chiuse gli occhi, vedendosi passare davanti il manto bianco della sua terra natale. Gli parve addirittura di sentire il gelido clima che da sempre lo caratterizzava:
-Vedi, io e i miei fratelli abbiamo sempre vissuto in mezzo alla neve, è il nostro elemento naturale, l’unico luogo in cui ci sentiamo veramente a casa. Fin da quando ero piccolo i miei piedi sono sempre sprofondati in qualche cumulo bianco, era un’abitudine. Per questo quando sfreccio con la tavola non mi preoccupa la velocità con la quale sfreccio, è irrilevante. Avere tutto quel biancore attorno a me in qualche modo mi conforta, mi rassicura, mi fa sentire bene...-. Haruhi rimase ammirata. Mai avrebbe pensato che Shirou avesse un tale pensiero. Che tipo... interessante...:
-... ti manca Hokkaido?-
-Mentirei se dicessi di no...-. Scostò lo sguardo dalla volta celeste, incrociando quello dorato di Haruhi, che non gli staccava minimamente gli occhi di dosso:
-Però Inazuma mi piace, è un bella città! E poi la Raimon mi ha fatto conoscere tante persone speciali!... come te...-. L’albino arrossì completamente. Haruhi sorrise dolcemente:
-Quindi credi che io sia speciale?-
-Beh... certo-
-Grazie Shirou!-. Rapida la blu gli mise le mani attorno al collo, posando un lieve bacio sulla sua pallida guancia. Il Fubuki spalancò gli occhi per la sorpresa, mentre la mente gli si annebbiava improvvisamente e i pensieri si facevano confusi. Mi ha... dato... un bacio...:
-Coraggio! Voglio provare qualcos’altro! Niente Montagne Russe, promesso!-. Si sentì trascinare per mano e, senza accorgersene, si ritrovò a correre insieme ad Haruhi. Ancora intontito la guardò, addolcendo lo sguardo. È così... bella... e speciale... e allegra... e intelligente... e imprevedibile e... Haruhi... io... mi sono innamorato di te.
E mentre la blu iniziava a parlare allegramente com’era suo solito fare, l’albino chiudeva gli occhi, beandosi del calore che la sua mano riceveva da quella della ragazza.
 
-... Yukimura... ti prego... dimmi che sai dove stiamo andando!-
-E che ne so?-
-Ah, perfetto...-. In un insolito edificio due ragazzi parlavano animatamente tra di loro. Sui loro visi, tuttavia, vi erano dipinte due espressioni a metà tra l’infastidito e il confuso, chiaramente l’opposto dello spensierato. Ergo, quei due stavano girando a vuoto in una giostra molto comune a riguardo: la casa degli specchi.
Swan si guardava perennemente intorno, imboccando distrattamente una via e cercando di capire se quella era una via d’uscita o l’ennesimo vicolo cieco. Dopo qualche secondo, il suo naso dolorante le fece capire che la seconda ipotesi era quella giusta.
Il blu accorse all’istante:
-Tutto bene?-
-Mi sono persa in una stupida giostra piena di specchi e sono andata a sbattere contro uno specchio, quindi... no, non va bene-. Yukimura ridacchiò nervosamente, cercando a tutti i costi di nascondere un’espressione avvilita che più volte cercava di prendere posto sul suo viso. L’appuntamento che tanto aveva bramato si stava rivelando un fallimento, ormai era passato parecchio da quando erano entrati nella casa. Prese una grossa boccata d’aria, puntando uno sguardo deciso in avanti.
Troverò una via d’uscita! Il nostro appuntamento non può finire così!... da amici... sì...:
-Coraggio, adesso troviamo l’uscita e...-
-No, lascia stare, la trovo da sola!-. L’azzurra si riprese dal dolore, marciando imperterrita in avanti senza sapere effettivamente dove stava andando.
Riuscirò ad uscire da qui! Il nostro appuntamento non può finire così!... da amici... sì...:
-Aspettami, almeno!-
-No, senti, è meglio se ci dividiamo. Almeno abbiamo più possibilità di uscire da qui!-. Yukimura so grattò la testa, dubbioso. Non gli sembrava il massimo come idea:
-Guarda, non è che non mi fidi, ma se nessuno dei due esce ci ritroveremo ancora di più nei guai! E poi... Swan!-. Troppo tardi. L’azzurra aveva già imboccato un altro vicolo strapieno di specchi. Il ragazzo era rimasto solo, terribilmente solo. Oh no... okay! Devo stare calmo! Devo stare calmo! Ora... trovo l’uscita... e tutto si risolverà al meglio!
Prese a camminare, cercando di scampare all’illusione che gli specchi davano a lui. Più di una volta vide la sua immagine proprio davanti a lui, poi alla sua destra, poi alla fine del corridoio e poi... attaccata alla sua faccia, poiché vi era andato a sbattere. Sbuffò sonoramente, iniziando a correre:
-Maledizione! Tu vuoi invitare una ragazza ed ecco cosa ti succede! Non è possibile!-. Cercò in tutti i modi di evitare di ritrovarsi un nuovo bernoccolo in faccia, sorprendentemente riuscendoci. Intanto si malediceva di essere entrato lì dentro. Ma che cosa mi è saltato in mente? Una casa degli specchi? Quando mai ad un appuntamento si va in una casa degli specchi? Sono uno stupido!
Era così preso ad insultarsi da solo che non si accorse dell’ennesimo angolo dietro al quale svoltò. Peccato che non era l’unico...:
-AH!!!-. Lo scontro fu inevitabile e Yukimura, senza capirci niente, finì addosso ad una persona. Chiuse istintivamente gli occhi, percependo un corpo sotto di lui. Ma gli bastò scoprire appena le iridi per incrociarne due grigie:
-Swan...-. Infatti la ragazza era proprio sotto di lui. E come se non bastasse, era anche a pochi centimetri dal suo viso. Entrambi arrossirono all’istante, resosi conto della situazione assurda in cui si trovavano. I loro occhi si incrociarono e si ritrovarono gli uni immersi negli altri.
Ha degli occhi... così belli...
Che splendidi occhi...
Yukimura deglutì impercettibilmente, sentendo il respiro dell’azzurra contro il suo viso.
Quanto avrebbe voluto colmare quella distanza.
Quanto avrebbe voluto unire le loro labbra tra di loro.
Quanto avrebbe voluto baciarla.
Ma non poteva, anche se lo voleva. Eccome se lo voleva!:
-S... scusa...-
-Niente... figurati...-. Si alzò con calma, interrompendo quel legame che sentiva di aver creato. La Fubuki ancora non ci credeva di essere stata così vicina al suo principe azzurro. Sorrise di nascosto. Tutto sommato, quell’appuntamento non era un totale fallimento:
-Allora... nessuno uscita?-. Afferrò la mano offerta dal ragazzo per rialzarsi, ancora lievemente intontita:
-Ehm, no...-
-Pazienza, rimettiamoci a cercare. Meglio se stavolta rimaniamo uniti!-. L’azzurra prese possesso della mano del ragazzo, facendola sua e lasciandolo con un palmo di naso. Presero a camminare con le mani intrecciate tra loro, intenti a scambiarsi di nascosto sguardi innamorati.
Peccato che la strada che avevano scelto portava esattamente da dove avevano iniziato...
 
Sebbene l’atmosfera del Luna Park fosse delle più allegre, qualcun sembrava non bearsene...:
-... Atsuya... Atsuya, è da ore che cerchiamo tua sorella! L’abbiamo persa, tutto qua!-. Una coppietta di ragazzi si avventurava sperduta tra le giostre colorate che li circondavano:
-Non l’abbiamo persa! Sto seguendo le tracce!-. Uno dei due, quello dai capelli rossicci, teneva in mano una grossa lente di ingrandimento costantemente puntata verso il terreno, come per captarne ogni minimo spostamento. La bionda in parte non sembrava esserne contenta.
Da parecchio quei due giravano per il parco di divertimenti a vuoto, in cerca della “pulzella in pericolo”, che aveva preso posto come problema principale nella mente dell’albino, eppure di lei non vi era la minima traccia, come se si fosse volatilizzata.
Mizuka sbuffò sonoramente, fissando il Fubuki quasi fulminandolo. Mai avrebbe ammesso che aspettava il momento di rimanere un po’ sola con lui da tanto, ma ugualmente mai avrebbe cercato in tutti i modi di attirare la sua attenzione. Aveva pur sempre il suo orgoglio!
Continuarono a camminare per diverso tempo, sotto il sole che perennemente arrostiva le loro teste. Appena la bionda rallentò un momento per riprendere fiato, i suoi occhi azzurrini caddero su un’attrazione in particolare: il tiro a segno. Per la testa le passò un’idea che la fece sorridere un modo quasi diabolico. È il momento di abbassargli un po’ la cresta...:
-Atsuya! Ti va di fare una partita?-. Il Fubuki si voltò disinteressato, rinunciando a malincuore a continuare le ricerche. Appena notò l’oggetto dell’attenzione della ragazza rabbrividì. Non... non vorrà mica che faccia il tiro a segno! Ma io sono una schiappa in quello! Non ho per niente mira!:
-Ehm, io vorrei continuare a cercare mia sorella...-. Prese a ridacchiare nervosamente. Mizuka fece un gesto di noncuranza, mantenendo il sorriso:
-Ma dai! Sono certa che sia ancora qui! E sarà ancora qui quando finiremo di giocare! Coraggio!... mica hai paura, vero?-. L’albino si raddrizzò di colpo, gli occhi infuocati:
-Fubuki Atsuya non ha mai paura! MAI!!!-
-Bene, allora alle armi!-
-... va bene...-. Riluttante prese tra le mani la pistola di plastica che la titolare del gioco gli aveva offerto. Iniziò a puntarla, scoprendo che non riusciva a tenerla ferma:
-Che c’è? Hai le mani che tremano!-. Nelle mani della bionda, invece, l’arma sembrava davvero un reperto di guerra. Nascose con la palpebra una delle iridi celesti per prende la mira e, dopo un tonfo, uno dei barattoli ebbe ciò che si meritava. E così furono i successivi due, tre, quattro, cinque... fino ad arrivare a quindici.
Atsuya più volte tentò di sparare, ma ogni volta il colpo andava a vuoto. Sentiva addirittura che quei barattoli si burlavano di lui. Sto diventando un tantino paranoico... giusto un tantino...:
-Serve aiuto?-
-NO!!!... sì-
-Vieni, Ernesto Sparalesto, ti faccio vedere-. Mizuka lo raggiunse alle spalle, posando le sue mani su quelle tremanti dell’albino. Questo sobbalzò, arrossendo lievemente. Sentiva il respiro della ragazza sul suo collo, molto vicino. Troppo vicino:
-Devi tenere ferma la pistola, così prendi bene la mira!-. La bionda strinse la pistola e le mani del ragazzo, al quale la mente faceva brutti scherzi e gli impediva di pensare normalmente come di prestare attenzione. Il colpo netto che ne uscì lo fece rinvenire, tanto da accorgersi che uno di quegli antipatici barattoli era andato a far compagnia agli altri.
La titolare indicò i premi a Mizuka, che scelse un orsacchiotto dalla maglietta bianca e un ciondolo a forma di cuore. Entrambi, poi, si diressero verso una panchina:
-Beh? Non è stato divertente?-
-Uno spasso... peccato che io abbia una mira schifosa!-. La bionda ridacchiò:
-Non sei andato male! Hai salvato dei barattoli in via di estinzione!-
-Certo, come no... carino l’orsacchiotto, comunque-. L’albino accarezzò appena l’animale peloso, sentendo il pelo morbido sulle sue dita:
-Non sapevo cosa prendere, ma questo mi piace!-. Atsuya sorrise alla bionda. Stava insolitamente bene con lei, senza saperne il vero motivo:
-... ma... il ciondolo è al contrario!-. La bionda controllò e dovette dargli ragione: il ciondolo dell’orso era stato capovolto per chissà quale ragione. Bastò girarlo per rivelare una scritta: I Love You. Una frase semplice, ma che diede un insolito capogiro al Fubuki:
-Che hai? Va tutto bene?-
-Sì... sì, sto bene-
-Perfetto! Sta attento all’orsacchiotto, vado a prendere dello zucchero filato!-. Non appena vide Mizuka abbastanza lontana, Atsuya si soffermò con lo sguardo sulla scritta, il cuore palpitante. I Love You... significa ti amo... che sia questo ciò che provo per Mizuka? Io la amo? Ma la conosco da poco tempo! Non è possibile!... però... questo spiega come mai mi sento così strano insieme a lei. La trovo carina, simpatica, sportiva, persino litigare con lei mi fa stare bene! Che sia questo essere innamorati?... forse è così, dopo tutto. Un sorriso radioso proruppe dalle labbra del ragazzo, come se fosse stato baciato dalla più grande delle fortune. Io... innamorato... non suona male!:
-Ecco qua!-. Alzò lo sguardo per incrociarne uno azzurrino. Gli occhi della ragazza che aveva scoperto di amare e che portava con se due vaporosi stecchi di zucchero filato rosato:
-Com’è che sei così contento? È successo qualcosa?-
-... diciamo di sì...-
-In ogni caso dovevi dirmelo se non eri capace di tirare a segno! Sei un tantinello scarso!-. Atsuya arrossì di botto, chinando il capo e facendo scoppiare a ridere la bionda. Subito affogò la vergogna in quella nuvola rosata, nascondendo in essa un sorriso.
Farei di tutto per sentirti ridere così.
 
Mentre varie coppie si divertivano del colorato scenario del Luna Park, una ragazza vagava senza meta tra una giostra e l’altra, l’aria serena e sorridente. Una ragazza dai capelli mori, gli occhi grigio sfumato d’azzurro e un’insolita voglia a forma di fulmine sotto l’occhio destro: Alexia.
Chissà cosa starà facendo Mizuka assieme ad Atsuya... L’occhiata che mi ha lanciato si intendeva piuttosto bene! Si vede che sono fatti per stare assieme!
Ridacchiò appena, avvicinandosi ad un chiosco e acquistando una bibita fresca. La stappò con un gesto secco, lieta finalmente di sentire un po’ di freschezza in quella giornata assurdamente soleggiata e luminosa, che la portò a finirla immediatamente. Riprese poi a camminare, guardandosi in giro e senza smettere di sorridere. L’atmosfera di quel luogo era contagiosa!
Improvvisamente gli arrivò alle orecchie il pianto di una bambina, che la scosse notevolmente dal suo piacevole torpore. Individuò l’origine all’istante: una bimba probabilmente di sei anni, dal candido vestito rosato e dai capelli biondo dorato, raccolti in due graziose codine. Se ne stava vicino alla casa degli specchi, gli occhi luccicanti di lacrime continue e il corpo scosso da continui singhiozzi.
Alexia rimase a guardarla, immobile, quasi sconvolta. Per un momento, l’immagine di una bambina mora si sovrappose a quella della biondina, accanto alla quale si stagliava un autobus. Scosse violentemente la testa per liberarsi dell’immagine, avvicinandosi piano e sorridendo amichevolmente. Si abbassò all’altezza della bambina:
-Ciao-. Questa smise per un momento di piangere, concentrando la sua attenzione sulla persona che aveva davanti e rivelando due grandi occhioni color nocciola. Tirò su col naso per l’ennesima volta, asciugandosi lentamente le lacrime:
-Ciao...-
-Perché piangi?-
-Perché... perché non trovo la mia mamma!-. Due fiumi di acqua salata sgorgarono nuovamente dai due occhi, rigandole il viso e armonizzandosi con vari e nuovi singhiozzi. La mora addolcì lo sguardo, facendosi addirittura comprensiva:
-Ti va se ti aiuto a ritrovarla?-. Le due iridi nocciola presero a brillare. Un sorriso ingenuo e radioso prese forma sulle labbra della bimba:
-Davvero?-
-Certo!-. Alexia le porse un fazzoletto, rimanendo a guardarla mentre si asciugava le gocce che rimanevano sul suo candido visino:
-Come ti chiami?-
-... Reiko-
-Bene, Reiko, andiamo!-
-Sì!-. La bambina si afferrò alla mano dell’attaccante, stringendola forte e trascinandola con incredibile tenacia. Le due presero a camminare, mentre Reiko chiamava a gran voce la sua mamma. Una morsa al cuore prese Alexia alla sprovvista. Per un attimo, l’immagine di un autobus aranciato le passò davanti agli occhi, insieme al pianto di una bambina. Una bambina che si ostinava a chiamare i suoi genitori, dai quali non sentiva la minima risposta:
-Eccola là!-. Ma dovette riprendersi: Reika si era già lanciata verso una donna dall’aria enormemente preoccupata, avente gli stessi occhi e gli stessi capelli della bambina. Appena la vide, corse verso di lei, abbracciandola e piangendo per la felicità:
-Reiko! Tesoro! Ero così preoccupata per te!-
-Mamma! Ho avuto tanta paura!-. Alexia, da lontano, non poté fare a meno di sorridere a quella vista così dolce. Si allontanò, senza nemmeno aspettare un ringraziamento. È così bello quando madre e figlia di ritrovano!... vorrei... che allora... fosse stato diverso...
Una punta di amarezza le colorò lo sguardo, in tinta con il triste sorriso che le dipinse delicatamente il viso. Riprese a camminare senza meta, meno serenamente di prima, cercando di scacciare dalla mente il fastidioso rumore di porte d’autobus che si chiudono.
Perché... perché?
 
... ma che ci faccio qui?
Shìn vagava per il Luna Park, sul viso dipinta una strana espressione innervosita. Si era lasciata convincere dai suoi amici che andare al Luna Park sarebbe stata una buona idea per distrarsi dall’imminente semifinale, ma era sola... era dannatamente sola in quel momento.
Certo che in quanto ad orario... sono proprio delle schiappe! È da almeno un’ora che li aspetto! Ma che fine hanno fatto?Come per rispondere alla sua domanda, alle orecchie le arrivò la suoneria del suo cellulare. Ricevette la chiamata da un certo tulipano rosso...:
-Pronto? Nagumo?-
-Ehilà, campionessa! Scusa, ma non posso venire al Luna Park! Ho avvistato una ragazza molto carina, questo viene prima di tutto!-. La mora lasciò cadere la testa in avanti, rassegnata:
-Ho capito, ho capito, le donne prima di tutto! Sta solo attento a non finire nei guai!-
-Nei guai? E quando mai ci sarei finito?-
-Ricordi il compleanno di Alexia? Quando hai regalato ad una sua amica una rosa e l’hai mandata all’ospedale per allergia?-
-... afferrato. Divertitevi, tu, Midorikawa e Shindo, anche senza di me!-
-D’accordo!-. La chiamata si interruppe, mentre Shìn sospirava debolmente. Aveva ancora Midorikawa e Shindo, no? Bastava contare su di loro!
Ma come per smentirla arrivò una chiamata del pianista...:
-Scusa, Shìn, ma mi sono completamente dimenticato che oggi ho lezione di piano! Ti chiamo velocemente, perché devo andare! Sono già in spaventoso ritardo!-
-Ma...-
-Ciao!!!-. E così fu anche per Midorikawa:
-Ho da fare!-
-Che cosa?-
-Da fare!-.E lì si chiuse la telefonata, con stupore della centrocampista. MA CHE DIAMINE FACCIO QUI DA SOLA??? Completamente rassegnata all’idea di passare per un’emarginata sociale, Shìn si avviò verso la prima giostra che vide: una sfavillante e alta ruota panoramica. Scoprendo poi che il vagone era per sole due persone, e attorno a lei vi erano solo coppie innamorate, ridacchiò appena. Ah, capisco... è una giostra romantica... Per questo, quando arrivò il suo turno, le tremò la voce nel dire che era sola nel voler salire. Il titolare della giostra, evidentemente un burlone di quelli alquanto fastidiosi, prese un megafono:
-ATTENZIONE!!! ABBIAMO UNA BELLA MORA SINGLE!!! CHI NON HA UNA COMPAGNA APPROFITTI DELL’OCCASIONE!!!-. Shìn arrossì per l’imbarazzo, tentata di strozzare quel tizio. L’unico single della fila si avvicinò e la mora lo riconobbe all’istante. Capelli rasta, occhialini da aviatore, mantellina. Solo una persona in tutto il mondo andava in giro in quel modo:
-Kidou!-. Il ragazzo sorrise, ringraziando mentalmente il destino che gli fosse capitato almeno una persona che conosceva bene. Salirono entrambi, l’uno di fronte all’altro, mentre il meccanismo della giostra cigolava appena nel partire e li sollevava lentamente in alto.
Shìn si avvicinò al finestrino, sbirciando la fila dove si trovava prima e scoprendola molto più piccola. Sorrise, sentendo che man mano si alzava, man mano le sue preoccupazioni per la semifinale svanivano:
-Allora, Kidou, che ci fai qui? Pensavo che ti avrei ritrovato ad allenarti!-. Il ragazzo diede un occhio fuori:
-Infatti sarebbe stato così, ma ho pensato che in fondo una pausa non fosse qualcosa di così terribile!... piuttosto pensavo di trovarti insieme ai tuoi amici-. La mora ridacchiò nervosamente:
-Diciamo... diciamo che è una storia lunga...-. E senza che se ne accorgesse dalla bocca le uscì tutto. Si stupì nel notare il comportamento di quel ragazzo: era insolitamente calmo e rilassato, eppure sembrava riuscire a ridere e a mostrare sentimenti. Sembra un rebus da risolvere...:
-Sai... volevo sapere... com’è andata... la visita... con quel tipo...-. Shìn rimase di stucco:
-E tu come lo sai?-
-Beh, Alexia non la smetteva di parlarne... “Shìn esce con un biondino d’oltreoceano!” ha detto-. Questa me la paga...:
-Non siamo usciti insieme, dovevo solo mostrargli la scuola! Un giro per ambientarsi!-
-Ah, capisco... meno male...-. La mora alzò il sopracciglio, perplessa:
-Che vuoi dire?-
-... niente-. Improvvisamente l’occhialuto le parve insolitamente distante, come perso nel suo mondo. Prese a guardarlo intensamente, cercando di cogliere un minimo indizio sul motivo di un tale cambiamento.
Non che Kidou non si fosse accorto di quegli insoliti occhi puntati su di lui. Quel silenzio lo stava mettendo in ansia, quello sguardo lo metteva quasi a disagio... Mi sta guardando... mi sta guardando... mi sta guardando... MI STA GUARDANDO!!!:
-Ehm... e com’è... l’americano?-. Spento lo sguardo indagatore, il ragazzo poté rilassarsi un momento. Fuori, la ruota panoramica li faceva salire sempre più in alto, fino ad arrivare al massimo estremo della giostra.
La mente della centrocampista vagò indietro, incontrando il viso di Mark nei suoi ricordi. Il suo sguardo si addolcì e sul suo viso si dipinse un sorriso sognante:
-Che ti posso dire, è un bravo ragazzo! Conosce molto bene il giapponese, non abbiamo avuto problemi ad intenderci, questo mi fa pensare che sia una persona intelligente. Inoltre era cordiale, sembrava interessato alla scuola e a quello che stavo dicendo e...-
-Era... carino?-. La mora arrossì di botto. Sentire una domanda del genere da un ragazzo, no, da Kidou era insolito. Meditò a lungo una possibile risposta: meditò sugli occhi smeraldini dell’americano, suo suoi capelli color del grano maturo, sui suoi lineamenti perfetti, sul suo bel sorriso... Il suo petto prese improvvisamente a scaldarsi e il suo viso a intensificarsi di tonalità purpurea. Ancora quella calda sensazione, e tutte le volte a cui penso a Mark... che sia il destino? Forse sono davvero destinata a questo? Io... lui... mi piace?:
-... penso... credo... sì... sì, era davvero carino!-. Sul suo viso si dipinse un radioso sorriso, che stupì alquanto il ragazzo. Appena Shìn vide il vagone fermarsi si alzò di scatto:
-Grazie, Kidou, ora ho le idee più chiare!-
-Riguardo a cosa?-
-Parlare con te mi è servito a capire i miei sentimenti!-
-D... davvero?-
-Sì! Forse mi piace Mark! Devo scoprire qualcosa di più su di lui! Ciao!-. E rapida la ragazza si fiondò fuori, lasciando il controllore della giostra con un palmo di naso:
-Wow, che ragazza vispa... ehi, ragazzo, è ora di scendere!-
-... farei un altro giro da solo, se a lei va bene-
-Beh, okay, fai come vuoi!-. Nuovamente la giostra riprese a funzionare, portando Kidou sempre più in alto. Alzò lo sguardo, senza più notare la mora seduta davanti a lui. Strinse i pugni, serrando le palpebre cercando di frenare le lacrime.
Stupido... sono solo uno stupido... e sono innamorato di Shìn.
 
-Senti, di’ quello che ti pare, ma non mi sembra il caso di fare una scenata per questo!-
-Non ti sembra il caso? Quel ficcanaso a messo le mani sulle mie cose! Lo sai quanto ci tengo a quel portafogli!-
-Ma ti ha detto che ti è caduto, no? Non ti ci soffermare così tanto!-
-Giuro che se riprova a farlo...-
-Non lo farà, a me sembra un tipo a posto-
-Vorrei vedere te alle prese con un ladro!-
-Che testardo che sei... in ogni caso sono in prossimità di casa, a domani Lance-
-A domani, Goenji-. Il biondo chiuse la chiamata, sospirando. Come al solito Lance ingigantiva sempre ogni cosa, a cominciare da quel fantomatico furto che aveva visto lui e Tenma come protagonisti. Ovviamente l’albino si era lamentato con lui dell’accaduto, perché si sa: chi trova un amico, trova un tesoro... e qualcuno con cui lamentarsi fino allo sfinimento!
In mano sosteneva due sacchi di carta pieni di ingredienti freschi da mercato, che gli davano una certa fatica che tuttavia sopportava. Chiuse gli occhi, godendosi la brezza fresca della sera che faceva da padrona nei dintorni. Il cielo era ormai di quel maestoso blu scuro notturno che avvolgeva tutta la città, punteggiato da mille punti luminosi quali erano le stelle. La luna piena che si poteva ammirare era persino più luminosa del solito, come più pura e più bianca.
In lontananza avvistò casa sua, come sempre illuminata per la sera. Nel viale, davanti ad ogni cancello vi era una piccola luce che illuminava l’entrata. Grazie ad essa Goenji notò che, appoggiato al muretto accanto al cancello di casa sua, c’era un ragazzo. Un ragazzo alto e magro, con le mani dentro le tasche dall’aria strafottente. Gli occhi di un intenso arancio brillavano vividi come una fiamma, sposati alla perfezione con la pelle abbronzata sulla quale svettavano. I capelli rossi erano acconciati in una cresta, di cui parte pendevano davanti ad un occhio.
Il biondo si fermò, osservandolo attentamente. Aveva qualcosa di insolitamente familiare:
-Hai bisogno di qualcosa?-. Il ragazzo sorrise, staccandosi dal muretto e avvicinandosi a passo lento, le mani sempre nelle tasche:
-In effetti sì, sto cercando Shuuya Goenji, l’attaccante della Raimon-. Goenji sobbalzò appena:
-Sono io-
-Oh, lo so che sei tu, ti avevo riconosciuto-
-E allora perché me lo hai chiesto?-
-Volevo sapere se avresti mentito. Evidentemente sei una persona onesta, Shuuya-kun-. L’attaccante assottigliò lo sguardo. Quel tipo iniziava ad innervosirlo, ma continuava ad avere la strana impressione di averlo già incontrato:
-Lo sai che è da maleducati chiamare per nome una persona che non ti conosce?-
-Ma tu mi conosci bene, Shuuya-kun. Non ti ricordi? In effetti, è passato molto tempo... ma non credo che avrai dei problemi a riconoscere... l’Imperatore Drago-. Goenji spalancò gli occhi di colpo, rischiando di far cadere la spesa per la sorpresa. Una serie di ricordi si affollarono nella sua mente senza tregua, fino ad arrivare all’immagine di due bambini sorridenti con un pallone da calcio tra i piedi:
-... Drake...-. Il rosso sorrise compiaciuto, toccandogli appena la spalla:
-Lieto di rivederti, Fuocherello. Comunque non sono qui per una visita di cortesia...-. Si allontanò dall’attaccante, iniziando a camminare verso chissà dove:
-La prossima squadra che affronterete sarà la mia, di cui sono capitano e punta. Ti consiglio di mettere in guardia i tuoi amici, Shuuya-kun. Anche se dubito fortemente che riuscirete anche solo a segnarci un goal-. E rapido svanì nella notte, lasciando il biondo solo con i suoi pensieri.
La sua squadra... allora è così...
Con un gesto meccanico aprì il cancello, mentre un amaro sorriso faceva capolino sul suo volto.
non riusciremo mai a vincere.
 
Ohilà, gentaglia! Comment ça va?
Allora, devo chiedervi nuovamente scusa per averci messo tanto. Non è professionale né ammissibile ritardare tanto, lo so, ma tra l’inizio della scuola e la crisi esistenziale(scherzo XD) che ho avuto non mi sono venute idee geniali, ero in un punto fermo.
Ma sono tornata con un nuovo capitolo!
Qui si gira attorno al genere sentimentale: amore, tristezza, amicizia... quelle cose lì, va bene?
Lo so che avevo detto che Kidou non sarebbe stato innamorato di Shìn ma, sotto richiesta di Melissa, si è deciso per una triangolo Mark/Shìn/Kidou! Quindi sotto ai voti! Chi vincerà?
E per il finale vi ho intrigati? Spero di sì, perché da qui in poi ho tutto in mente!... ce l’avevo anche prima, ma adesso ce l’ho di più!
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito fino ad ora! Mai una mia fic aveva superato le sessanta recensioni! Grazie!
Alla prossima! Ciao!
Purple_Rose 

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Capitolo 13
*** Minaccia del dragone ***


Minaccia del dragone
 

 -... Kingdragon?-. Tsubomi annuì, scorrendo sul computer le varie informazioni relative alla squadra, sotto gli sguardi curiosi delle altre tre manager della Raimon. Si trovavano nell’aula computer appena prima dell’inizio delle lezioni e, dopo aver chiaramente chiesto il permesso all’insegnante, si erano gettate a capofitto in quella che era una vera e propria ricerca sulla squadra semifinalista che avrebbero affrontato. Il cui nome, secondo Haruhi, suonava davvero assurdo:
-Ma come fa una squadra a chiamarsi così? “Regno Drago”?-
-... quello è Kingdom, Haruhi-chan. Questo significa “Re Drago”-. La blu si grattò la nuca imbarazzata:
-Evidentemente non ero attenta alla lezione della professoressa White...-. Eri sospirò rassegnata seppur divertita da quell’affermazione. Ma subito tornò a concentrarsi sullo schermo:
-Che ci puoi dire su questa Kingdragon?-. La mora non tardò a mostrarsi affidabile, leggendo a accuratamente tutti i trafiletti più importanti dell’articolo pubblicato per l’ultima vittoria di quella squadra. Il titolo dell’articolo scandiva a chiare lettere “Kingdragon surclassa l’Istituto Occult”:
-Vediamo... qui dice che è una squadra formidabile, la favorita del torneo in quanto abilità e potenza sono assolutamente ineguagliabili. Hanno un attacco eccellente e non hanno mai ricevuto goal dall’inizio del torneo-
-Nemmeno un goal?!-. Marie sbarrò gli occhi, immaginandosi in modo approssimativo una squadra di fenomeni del genere. Ma per gioco della sua mente le si parò davanti solo un gruppo di supereroi in calzamaglia. Devo smetterla di fantasticare in modo così strano...:
-Hanno un buon gioco di squadra, ma il loro vero asso nella manica è lui-. Tsubomi si bloccò sull’immagine di una ragazzo: cresta di capelli rossi, occhi arancio e sorriso forse troppo arrogante che spiccava sul viso. Le ragazze lo osservarono con attenzione, una certa preoccupazione dipinta sul viso di ognuna di loro:
-Quindi lui sarebbe...-
-Esatto, il loro giocatore migliore, il loro asso nella manica. Drake Ryu, numero 10 e capitano della squadra-. Haruhi lo squadrò dubbiosa, prendendolo semplicemente per un pallone gonfiato:
-Ma siamo sicuri che sia bravo?-
-Non vi è alcun dubbio in proposito. Nella precedente partita la Kingdragon ha concluso con un incredibile 4 a 0 per loro, e tutti i goal sono stati segnati proprio da lui! Lo chiamano “Il dragone rosso” per via del suo ineguagliabile tiro, che pare non abbia mai trovato una barriera tanto forte da contrastarlo-. Marie lo fissò a lungo, notando che in fondo quel viso arrogante era solo un simbolo di una sicurezza enorme nelle sue capacità. In fondo, in questo sport è importante credere in se stessi...
Eri sbuffò incrociando le dita dietro la testa e rimanendo ferma a pensare:
-Okay, è una squadra formidabile, abbiamo capito. Ma dobbiamo ricordarci che saremo noi a doverla affrontare, quindi che cosa possiamo fare?-
-Non lo so-
-Bella domanda-
-Forse una nuova tecnica?-
-Non sarà necessario-. Le quattro sobbalzarono, notando all’istante la presenza dell’allenatore Willis proprio alle loro spalle. Questo avanzò in tutta calma, raggiungendo il computer e squadrando la foto di Drake. Poi rivolse uno sguardo pacato verso le ragazze:
-Non vi preoccupate, ho già qualcosa in mente per questa partita e non c’è bisogno che vi preoccupiate. Potete andare-. Le tre, seppur dubbiose, obbedirono, lasciando l’uomo da solo. Questo spense del tutto il computer, raggiungendo la finestra della sala computer e perdendosi nell’azzurro del cielo.
Questa partita sarà molto più di una semplice semifinale...
 
Haruna entrò in classe allegra e vivace come sempre, mostrando a tutti il suo sorriso migliore. Al solito, la vera ragione della sua allegria stava seduto nel suo banco, la solita aria fredda e isolata che tanto l’affascinava: Gabriel. Quel giorno pareva davvero raggiante e il motivo era noto soltanto a lei.
Si avvicinò titubante al banco che tanto aveva osservato, cercando di scacciare il tremore che l’aveva presa alle gambe, e si ritrovò accanto al suo principe azzurro. Quel giorno aveva preso una decisione importante e niente le avrebbe impedito di realizzare i suoi propositi. Forza e coraggio, Haruna!:
-Ehm... ciao Gabriel...-. Questo alzò gli occhi, intrappolandola in quel suo sguardo viola intenso e misterioso. Arrossì lievemente, abbassando il suo e balbettando qualche parola sconnessa:
-Sai... tu ed io... insieme... magari... uscire... un giorno... a fare un giro...-. Certo per una persona normale parole del genere non avrebbero mai dato l’impressione di avere un senso compiuto. Ma Gabriel era davvero l’eccezione alla regola, tant’era notevole la sua intelligenza. Cosa che Haruna sapeva e ringraziava.
I suoi occhi si velarono di un filo di interesse, che colpì la mora. Difficile trovare anche lo spettro di un’emozione in quelle due pozze violacee. Possibile che... che lui voglia...:
-Perché no? Va bene-. Sul viso della ragazza si dipinse un sorriso vittorioso oltre che esagerato. Mi ha detto di sì! Mi ha detto di sì! Usciremo insieme! Usciremo insieme! Evviva!:
-Che cosa avevi in mente?-
-Magari... un giro per la città... un salto in pasticceria... e se c’è tempo anche un film al cinema-
-Va bene, può andar bene per dopodomani?-
-Certo!-. Ma Haruna dovette reprimere l’allegria appena vide la porta spalancarsi ed entrare la professoressa Sachiho. Rapida raggiunse il suo posto e fece svanire il sorriso che le si era formato, senza tuttavia riuscire a nascondere uno sguardo sognante.
Sachiho si sedette alla scrivania e, senza dubbio, fu chiaro che qualcosa non andava: andatura stanca e traballante, occhi spenti sottolineati da due occhiaie, carnagione lievemente pallida, voce sul baratro della disperazione. Decisamente quella donna aveva un problema.
Marie non riuscì a resistere alla curiosità:
-Mi scusi, Sachiho-san, le è successo qualcosa?-. La bruna si alzò di scatto; chiaramente aspettava solo che qualcuno le facesse quella domanda. Si avvicinò alla lavagna, prese un gessetto e vi disegnò una scritta che lasciò un poco confusi gli studenti: “gli uomini sono stupidi”. Ragazzi come Kazemaru, Tenma, Shinsuke e Hiroto rimasero decisamente allibiti, se non offesi. Cosa che il primo non tardò a mettere in chiaro:
-Mi scusi, ma su cosa basa questa sua assurda teoria?-. La professoressa, inaspettatamente, si sdraiò sulla cattedra, assumendo una posa quasi drammatica che lasciò perplessa la classe. Poi iniziò a mugugnare a denti stretti, in un misto di rabbia e frustrazione che dal punto di vista degli studenti poteva sembrare solo esilarante:
-Voi non capite... voi non capite! Il mio ragazzo! il mio ragazzo! VUOLE CHE CI PRENDIAMO UNA PAUSA!!!-. Marie ridacchiò nervosamente, cercando di mostrare un poco credibile il suo interesse e mascherando la sua perplessità. Ma siamo sicuri che sia una professoressa?:
-Ma come... perché?-. Anche questa domanda la bruna parve averla aspettata, perché si mise seduta, sempre sulla cattedra, e tirò fuori dalla tasca un fazzoletto, soffiandoci rumorosamente il naso:
-Ecco... stavamo passeggiando per il parco mano nella mano, era una situazione così romantica... così ho voluto cogliere dei fiori, presa com’ero dal momento, non c’è niente di male in questo, vero? VERO???-. Per un momento, a Tenma parve di intravedere uno sguardo omicida nei suoi occhi marrone scuro e rabbrividì. Se non siamo accondiscendenti, mi sa che ci boccia tutti quanti...:
-Beh, certo, niente di male...-
-Appunto! Ma dai fiori è uscita un’ape che si è messa a ronzarmi attorno! Ho cercato di scacciarla ma... ho dato una sberla al mio ragazzo... e l’ape ha punto lui...-. Kazemaru nascose un viso sull’orlo della risata dietro un quaderno. Mai schernire un’insegnante, almeno finché non ha fatto gli scrutini!:
-Ed è per questo che le ha chiesto una pausa?-
-NO!!! ANCORA NON è FINITA!!!-. Dopo un'altra rumorosa soffiata di naso, Sachiho si asciugò una lacrima con fare scenico, gettandola di lato in modo dignitoso:
-Siamo andati verso casa mia, così abbiamo preso l’autobus! Ma abbiamo aspettato quello sbagliato, quindi dovevamo aspettare che se ne andasse! Ma lì mi è sembrato di vedere un moscerino sulla sua schiena, così l’ho schiacciato! E per sbaglio l’ho spinto nell’autobus e questo è partito... e tra l’altro gli è rimasto un piede incastrato tra le porte per tutto il tragitto...-. Shinsuke rimase esterrefatto a guardarla. Wow, ma quante ne combina?:
-Ed per questo che le ha chiesto una pausa?-
-NO!!! ANCORA NON è FINITA!!!-. Tsurugi si accasciò alla sedia, sospirando. Ma quanto vuole tirarla avanti questa storia?:
-Dopo esserci ritrovati, siamo andati a casa mia! Ma nel mentre ho visto una borsa carinissima in un negozio e mi sono fermata! Lui mi ha messo una mano sulla spalla e io, per riflesso incondizionato, l’ho buttato a terra con una mossa di difesa personale...-. L’intera classe spalancò gli occhi per la sorpresa:
-Ed è per questo che le ha chiesto una pausa?-
-NO!!! ANCORA NON è FINITA!!!-. Stavolta il sospiro fu unanime nella classe, ma Sachiho non ci fece caso:
-Siamo arrivati a casa mia e io ho preso lo smacchiatore perché, quando l’ho steso, l’ho per sbaglio buttato contro una macchia di caffè e gli si è sporcata la camicia! Ma ho pensato che poteva funzionare anche se non lo mettevo in lavatrice, così l’ho preso e l’ho messo sulla camicia, anche se mi sono scordata che doveva toglierla prima...-
-Ed è per questo che le ha chiesto una pausa?-
-Ehm, sì, anche perché lo smacchiatore non era uno smacchiatore, era una bottiglia di Ketchup...-. Compiendo uno sforzo sovrumano i ragazzi trattennero una risata tremendamente fragorosa che minacciava di uscire dalle loro bocche. Sachiho si sdraiò nuovamente sulla cattedra, lamentandosi ad alta voce dicendo frasi tipo “perché mi hai detto questo?” o “non ero importante per te?” o “non ho fatto niente di male!” o “tante storie per una bottiglia di Ketchup!”.
Aoi, repressa del tutto la risata, cercò di rassicurare la professoressa:
-Ma prof, stia tranquilla! Ci sono tanti pesci nell’oceano! Non deve preoccuparsi in questo modo! Probabilmente... probabilmente non era l’uomo giusto per lei! Ne troverà senz’altro un altro!-. Come d’incanto, la donna si mise in piedi. Gli occhi si accesero di vitalità, la pelle prese tutto un altro colore e persino le occhiaie parvero sbiadire. Un sorriso pieno di orgoglio prese posto alla tristezza:
-Hai ragione! Non è l’unico uomo che incontrerò nella mia vita! Ce ne saranno molti altri! E io aspetterò! Lo prometto! Devo attendere e la mia anima gemella si rivelerà a me! CE LA POSSO FARE!!!-. Così, a passo di carica, prese la porta e se ne andò, nella testa vive delle motivazioni più che valide per guardare avanti. Gli studenti rimasero attoniti a guardarla uscire dalla classe.
Forse non ricordava che la lezione era appena iniziata...
 
Eri stava percorrendo da poco i corridoi della scuola. Dopo che il professor Lucius dell’ultima ora della sua classe era mancato si era potuta godere un momento per stare da sola, finalmente da sola. Inspirò quella calma come se fosse un aroma piacevole e intenso. Chiaramente c’era perché in altre classi si studiava in quel momento. E lei non poteva esserne più felice.
Passò distrattamente davanti alle stanze destinate ai vari club, ritrovandosi davanti ad una in particolare, davanti alla quale più volte era passata. Lì sentì qualcosa. Un suono melodioso. No, un susseguirsi di note poste in perfetta sequenza tra loro. Come tanti piccoli rumori che si uniscono e danno vita ad una sinfonia. Conosceva un solo strumento che riusciva a sorprenderla tanto: il pianoforte. Scostò appena la porta che le stava davanti, sentendo chiaramente il suono del piano uscire dalla stanza.
Sorrise. Era la Primavera di Vivaldi, una delle sue composizioni preferite. Quatta quatta entrò nella stanza, lasciandosi pervadere dalla musica e notando all’istante il musicista intento a suonare. Sulla testa una zazzera di capelli color caffè tagliati appena soprale spalle gli dava un tono all’antica, in perfetto stile da pianista classico. Non poté vedergli gli occhi, poiché durante la composizione il pianista li teneva chiusi, come se si stesse godendo ogni singolo suono che da quello strumento usciva. Rimase colpita dall’abilità con cui si destreggiava sullo strumento senza nemmeno guardarlo, quasi si stesse fondendo con esso.
La musica allegra e dal lato classico che si espandeva nell’aria fece sorridere la bruna. Com’è bravo, chissà chi è... Sorrise, avvicinandosi a lui e sedendosi impercettibilmente sulla sua stessa panca. Mise entrambi le mani sul piano, in un’ottava più alta, e imitò i suoi gesti, dando un tocco più vivace alla melodia. Il ragazzo accanto a lui sobbalzò appena, lasciandosi poi cullare da quella tonalità moderna che aveva scoperto. Le loro mani presero a muoversi in sincronia perfetta come una macchina, con gesti delicati ma decisi che percorrevano la scala bianca e nera che era il loro terreno di guerra. Non appena entrambi conclusero, attorno a loro cadde un silenzio tombale.
Il pianista schiuse le palpebre, rivelando due iridi color mattone che si incrociarono con gli occhi grigio-azzurri di Eri. Si sorrisero a vicenda, come vecchi amici, colpiti l’uno dall’abilità dell’altro. La musica li aveva appena fatti incontrare:
-Mi chiamo Shindou Takuto-
-Eri Kanzaki-
-Lo so, non è la prima volta che ti vedo qui... e non sapevo nemmeno che suonassi il piano!-. La bruna rivolse uno sguardo dolce al suo strumento preferito, accarezzandone appena la tastiera bicolore:
-Sai, è una cosa di famiglia...-. Shindou non colse l’allusione, preferendo non approfondire. Quella ragazza aveva un insolito lato amaro, preferiva non immischiarsi:
-Era da un po’ che volevo chiedertelo, ti va di entrare nel club di musica?-. Eri sobbalzò. Non aveva mai considerato quella possibilità. Io... nel club di musica? Sul serio? Certo, amo suonare, ma forse è presto... però prima è stato così piacevole suonare in due...:
-... credo che ci penserò seriamente-. Il castano sorrise vittorioso. Per adesso bastava:
-Sai, a parte me non ci sono grandi pianisti, mi piacerebbe provare qualche nuovo duetto insieme. Vorrei suonare ancora insieme a te-
-... piacerebbe anche a me-. E mentre i due si sorridevano reciprocamente da amanti della musica, due occhi dalla porta li scrutavano con gelosia.
Due sfere di ghiaccio fredde come tale.
 
-Lance, so che non sono la persona adatta a dirtelo...-. Atsuya si grattò la guancia, a disagio. Lance si mostrò chiaramente infastidito dalla sua sola presenza, continuando a palleggiare abilmente senza nemmeno guardarlo in faccia:
-Se vuoi dirmi qualcosa, fallo e basta, senza tanti giri di parole-
-...sbaglio o Goenji è strano?-. Lance smise di palleggiare, seeguendo lo sguardo del compagno albino e osservando il biondo attaccante, che a centrocampo si allenava col dribbling in piena solitudine. Il suo tocco sulla palla era effettivamente leggero, appena accennato, come se non vi mettesse la minima grinta. Inoltre i suoi occhi sembravano non appartenergli e non erano attenti, come se stessero guardando tutt’altra cosa. Come se stessero guardando un pensiero lontano. Strano che sia così distaccato, non è da lui... specie in un momento del genere...
Gli allenamenti della squadra erano in pieno svolgimento con un’insolita adrenalina nell’aria. Chiaramente l’ansia per l’attesa della semifinale si faceva sentire da molti giocatori. E se non era così, ci pensava il capitano Endo a aumentare l’entusiasmo, con risultati eccellenti bisogna dire. I ragazzi si allenavano con la grinta di sempre più qualcosa in aggiunta, cercando di sviluppare abilità che non avevano mai considerato molto: Shirou e Hiroto tentava di dare importanza alla precisione dei loro tiri, mentre Swan si apprestava a pararli sperando nella sua velocità. Mentre Shìn si era messa in testa di allenarsi in difesa e aveva trascinato Gabriel e Shinsuke ad aiutarla, Kidou si apprestava a migliorare la sua prestanza a centrocampo affiancato da Tenma e Kazemaru, senza potersi evitare di lanciare qualche sguardo alla Yang. La porta difesa da Endo era bersagliata dai tiri di Tsurugi, Yukimura, Mizuka e Alexia senza che questo li intimasse di rallentare. Senza contare che le manager erano in continuo fermento, annotando vari dati sulle cartelle e porgendo asciugamani e borracci ai giocatori che ne avevano la necessità, decise a rendersi utili in ogni modo pur di non essere di intralcio.
Di fronte a quella passione accesa nessuno sarebbe riuscito a non impegnarsi come loro. Nessuno a parte uno. Evidentemente per Goenji non era così. Atsuya assottigliò lo sguardo, esaminando attentamente i suoi movimenti lenti e senza spirito. Poi fissò nuovamente Lance:
-Per me è strano, ma io non lo conosco da tanto tempo quanto te. Se c’è una persona adatta a parlargli, quella sei tu-. Lance alzò il sopracciglio, mostrandosi dubbioso. Ma che me ne importa? Mica sono la sua balia! Una persona deve essere capace di risolvere da solo i suoi problemi!... però... in fondo che mi costa? Sbuffò sonoramente, avviandosi senza fretta verso l’amico:
-Lo farò, ma non perché me lo hai detto tu, chiaro? Non prendo ordini da nessuno!-. Atsuya non poté fare a meno di sorridere, tornando al suo allenamento. Tutto sommato, anche quel tipo aveva un cuore.
Lance si fermò davanti a Goenji, il quale si accorse istantaneamente della sua presenza. Lo guardò, perplesso dal viso insolitamente corrucciato dell’amico:
-Che hai, Lance?-
-Che ho io? Che hai tu! Se c’è qualcuno che dovrebbe fregarsene dell’allenamento, quello sono io! Non vorrai farmi credere che ti è passata la voglia di giocare, vero?-. Gli occhi color cioccolato del biondo si persero nel cielo, quasi malinconici. Lance lo fissò senza capire. Mai l’aveva visto in quello stato:
-... conosci la squadra che stia per affrontare?-
-La Kingdragon? Non personalmente, ma probabilmente basterà aggiungere un briciolo del mio talento a questa squadra per batterla!-
-Io invece credo che nemmeno tu riusciresti a sconfiggerla-. Lance rimase di sasso, sbarrando gli occhi. Davanti a lui, sotto mentite spoglie, stava davvero il suo caro amico Goenji?:
-... stai scherzando?-
-Io li conosco. Sai che sono serio in queste cose, ti basta capire questo-. E subito l’attaccante si allontanò, raggiungendo la porta di Swan per tentare seppur con poca voglia qualche tiro. Lance era rimasto immobili, con la bocca aperta per la sorpresa, ancora incapace di capire. G... Goenji... cosa mi nascondi? Noi ci siamo sempre detti tutto! Sei l’unico che sa dei miei genitori!... che sia davvero così forte questa squadra? Così tanto da impensierire l’attaccante di fuoco che mi ha sempre sostenuto? Mise una mano sotto il mento, scuotendo successivamente la testa. Non era da lui preoccuparsi per una partita, in fondo il calcio non era mai stato importante per lui. Ma non riusciva a non essere in pensiero per la partita che presto si sarebbe svolta. E mentre quello sconosciuto momento di insicurezza lo assaliva, non si accorgeva come due occhi color mandorla lo guardavano affascinati da lontano.
Gli occhi di un’aggraziata ragazza con un maggiordomo al seguito.
 
Si fermò, respirando affannosamente. Per un momento, attorno a lei, le voci delle sue compagne si fecero distanti e il continuo respiro del suo diaframma le arrivò assordante alle orecchie. Aveva il viso acceso di calore, come se davanti vi bruciasse una fiamma vivida, e le sembrava che persino i suoi sensi fossero stanchi. Una goccia di sudore le percorse lenta la tempia e la guancia, fino a segnarle appena il collo. Lentamente riprese contatto con il mondo esterno, buttando fuori l’ultima boccata d’aria pesante prima di riprendere il solito respiro. Strinse l’oggetto piccolo e sferico che aveva in una mano, serrando la presa della racchetta che portava nell’altra. In un attimo la pallina giallo acceso fu davanti ai suoi occhi e, con un colpo secco, schizzò rapida dall’altra parte del campo senza più tornare indietro. Il fatto la fece sorridere vittoriosamente. Un altro punto per me! Oggi sono in gran forma!:
-Uffa, Akira! Ma come fai ad avere un servizio così potente? Non riesco quasi mai a ribattere!-. La turchese si asciugò con un gesto del polso la fronte luccicante di sudore, sorridendo armoniosamente e ammirando solo per qualche secondo il suo corpo stremato dalla fatica:
-Cosa vuoi che ti dica? Mi viene spontaneo, è come se volessi partire con il piede giusto ogni volta!-. La tennista sua temporanea avversaria sorrise ironicamente, la faccia di una che aveva sentito mille volte frasi del genere dalla stessa persona. Sospirò, preparandosi a ricevere ma sciogliendo quasi subito la sua posizione, rimanendo ferma a fissare un punto lontano. Akira se ne accorse:
-Che hai, Hime?-
-Quello lì... non è il ragazzo che non è stato preso nella Raimon?-. Il cuore della turchese ebbe un sussulto. Arrossì lievemente, seguendo lo sguardo dell’amica con precauzione. Non si voltò del tutto, timorosa di trovarsi catturata in due iridi azzurre fin troppo simili al cielo, ma le bastò intravedere appena una ciocca di capelli rosa per riconoscerlo. Ranmaru...:
-... tutto bene? Sei rossa in viso...-
-Benissimo! Tutto bene! È solo... la stanchezza...-. Hime rimase dubbiosa ma annuì, riassumendo la posizione di ricevuta. Akira captò la sua posa come un incitamento a continuare, cosa che fece, cercando ai limiti del possibile di ignorare quei due frammenti celesti puntati su di lei. Sospirò, cercando di nuovo di isolarsi dal mondo. Ci siamo solo io, la palla e il campo... e la racchetta... e Hime... e la racchetta di Hime... siamo già troppi!!! Scacciò i suoi insoliti pensieri, assumendo uno sguardo deciso. Con un tonfo che ormai conosceva a memoria la palla viaggiò nell’altra metà campo, tornando indietro con un suono molto simile eppure diverso. Un paio di passi e la palla fu alla sua portata per ripetere la sequenza senza errori, continuando quella danza appassionata ancora per molto. La palla si prestava stupendamente a quello scambio, volteggiando in aria senza curarsi dei colpi continui che riceveva. Era la partita che decideva il suo destino, che presto avrebbe decretato la sua immobilità per mano di Akira, che decisa la colpì con una racchettata ben mirata che Hime non riuscì a controbattere. Ennesimo punto per lei:
-Basta! Non ce la faccio più!-. Hime si lasciò cadere a terra esausta:
-Sei imbattibile! Dovresti fare delle gare, lo sai?-. Akira le sorrise, notando come si era fatto tardi. L’allenamento di calcio di suo fratello doveva essere appena finito e lui la stava aspettando. Ripose pallina e racchetta facendo per raggiungere gli spogliatoi quando si accorse di aver dimenticato un dettaglio importante. Molto importante:
-Ciao. Ti ricordi di me?-. Lui è qui! È rimasto a guardarmi! Che vergogna! Non ci posso credere! Arrossì fino alla punta del naso, rimanendo a fissarlo con aria quasi spaventata. E ora che poteva fare?:
-Certo... Kirino... Ranmaru... giusto?-. Il rosa sorrise, annuendo:
-Sai, visto che la prima volta che ci siamo visti eravamo a scuola, avevo voglia di incontrarti in un più... adatto!-. Voleva... vorrebbe... vuole... INCONTRARMI?!?! Oddio, adesso svengo...:
-Allora... vuoi... fare qualcosa?-. Il ragazzo annuì di nuovo, estraendo dalla tasca un foglietto che porse alla turchese. Questo lo afferrò senza guardarlo, concentrata com’era sul viso del suo interlocutore. È così... bello... come fa ad essere così bello?:
-Bene, alla prossima!-. Con un gesto Akira lo vide congedarsi, voltandosi di spalle e raggiungendo chissà quale posto. Lei lo fissò finché non sparì dal suo campo visivo con sua grande amarezza. Abbassò lo sguardo, facendosi malinconica. Ah... voleva solo rivedermi... solo questo... nemmeno instaurare una conversazione... un momento, e questo cos’è? Sobbalzò appena vide che tra le man aveva un foglietto. Nemmeno se n’era accorta!:
-... “questo è il mio numero. Chiamami un giorno che sei libera. A presto, Akira del club di tennis”-. Più volte lesse quella magica sequenza di numeri, sorridendo sempre più largamente ogni volta fino ad arrivare ad un sorriso esagerato. E non solo per aver ottenuto il numero di telefono del suo adorato, perché alla sua attenzione era risaltato anche il resto messaggio. Specialmente uno spezzone in particolare...
Lui... si è ricordato... il mio nome...
 
Era pomeriggio inoltrato a Inazuma. Come sempre quella intensa tonalità arancio bruciava i tetti delle case, segnalando l’imminente venuta della sua compagna notte. Le tegole lucide riflettevano i suoi raggi in un gioco di luci davvero singolare, avvolgendo il tutto in un’aura accesa e solare, insolita per l’ora in cui si avviava il giorno.
Mariko si trascinava stanca per le strade, oscillando appena da una parte all’altra e mettendo in mostra senza saperlo le sue forme sinuose. La giornata a scuola era stata più difficile del solito: tra ragazzi chiacchieroni, calciatori ansiosi e studenti arroganti, non aveva smesso nemmeno per un istante di desiderare ardentemente la fine di quella giornata. Ora che era arrivata, voleva solo rilassarsi un po’, e conosceva il posto ideale per farlo.
Passò davanti a numerosi negozi, in un quartiere dall’aria vissuta eppure traboccante di vita. le luci al neon di vari ristoranti e bar si accendevano or ora, aggiungendo una nota di colore a quel posto lievemente trascurato. Una di quelle insegne era proprio la meta della mora, che trovò con estrema facilità vista l’originalità dello stile: un cartello luminoso incorniciato da quattro fasce spesse e fucsia, sul cui colore bianco crema spiccava la scritta “Inazuma’s family” in verde acceso. Attraversò senza scrupoli la porta, venendo avvolta da un’atmosfera calda e rilassante. Ignorò il tavolo da biliardo, il jukebox e i manifesti consumati che adornavano le pareti, sedendosi invece al bancone posto a stretto contatto con il muro, tipico di un bar. Emise un lungo sospiro di piacere, lieta di essere finalmente seduta a rilassarsi:
-Troppo lavoro, Mariko-san?-. Alzò lo sguardo, notando subito un’allegra ventenne che con energia agitava uno shaker e le sorrideva. I capelli ricci color pece le donava un’aria vivace e unica, evidenziata dai due smeraldi che brillavano dai suoi occhi. Il suo corpo magro si muoveva appena, come a ritmo, ondeggiando da una parte all’altra. L’insegnante le sorrise:
-Forse hai ragione, Keira. Dammi il solito, per favore-
-Subito!-. Veloce prese una bottiglia dallo scaffale dietro di lei, afferrando un bicchiere di cristallo e riempiendolo con il contenuto, che gli diede una tonalità dorata. Porse alla donna il bicchiere, la quale lo sorseggiò appena, sorridendo rincuorata. Ora andava davvero meglio:
-‘Sera, Chashiro-. Un uomo biondo si sedette accanto alla donna, ordinando la sua stessa bevanda e rimanendo ad osservare gli eleganti movimenti della barista:
-Buonasera anche a te, Lucius. Anche oggi è stata una giornata dura!-
-Puoi dirlo forte, i ragazzi sembravano più agitati del solito...-. La mora fece muovere appena il contenuto del suo bicchiere, facendosi pensierosa:
-Ho idea che sia per la partita, so che è la semifinale-
-Hai ragione, sono tutti gasati per questo. Ma... saranno contro la Kingdragon...-. Entrambi rimasero in silenzio meditativo, senza dire una parola per un po’. Si udiva solo il suono lieve di una musica nata dal jukebox, ideale per un saloon. Poi, inaspettatamente, bevvero nello stesso momento tutto il contenuto del bicchiere, sospirando successivamente:
-La Raimon... è sempre stata battuta dalla Kingdragon-
 
-Buongiorno a tutti! Sta ora per avere inizio la semifinale del torneo di qualificazione! Chi vincerà questa partita dall’esito totalmente inaspettato? Questa potrebbe rivelarsi una delle migliori partite del torneo di quest’anno poiché vedrà la prestigiosissima Raimon, che ci ha stupito per abilità dei giocatori e capacità di adattamento alle situazioni, e la fiera Kingdragon, che ci ha mostrato un gioco a dir poco sublime in ogni posizione! Portiamo la nostra attenzione sul campo e vedremo cosa succederà tra poco!-. La panchina della Raimon era in fermento. Ancora una volta l’allenatore non aveva informato la squadra sulla decisione della formazione. Per questo, appena Willis si alzò per prendere parola, tutti trattennero il fiato in attesa:
-Ecco la formazione che entrerà in campo oggi: in attacco, Lance Kipling, Hyoga Yukimura e Goenji Shuuya; a centrocampo, Kazemaru Ichirouta, Shìn Yang, Kidou Yuuto e Hiroto Kiyama; in difesa, Nishizono Shinsuke, Shirou Fubuki e Gabriel Andreus; in porta, Endo Mamoru-
-Sì!-. Ognuno nascose un sospiro di sollievo. Per una volta da quando era iniziato il torneo, i giocatori erano disposti in modo ricorrente alle loro abilità. Forse l’allenatore voleva agire in modo ricorrente, per una volta...
I ragazzi si apprestarono a prendere posto nel campo mentre per sottofondo vi era il coro di esulti della platea. Anche la Kingdragon entrò in campo, sfoggiando le casacche viola a strisce oblique arancio che indossavano. Il portiere aveva invece una divisa di un arancio appena più scuro, che occupava completamente la divisa.
Goenji lanciò uno sguardo verso il capitano della Kingdragon, Drake, che sorrise compiaciuto. Lo sguardo del biondo non era amichevole, ne tanto meno deciso. Era uno sguardo di puro timore per l’avversario:
-Per il lancio della moneta il calcio d’inizio spetta alla Raimon! La partita comincia con la palla di Yukimura!-. Appena il fischio d’inizio si diffuse nell’aria, Yukimura si lanciò in avanti palla al piede, trovandosi davanti i centrocampisti della Kingdragon e preparandosi a dribblarli. Peccato che non loro non glielo permisero...:
-AURA INFUOCATA!!!-. Proprio uno di loro, infatti, urlò al cielo, dal quale scese un fulmine che lo prese in pieno. In un attimo venne avvolto da un’aura fiammante che gli permise di sviluppare la sua velocità e, a discapito dell’avversario, di rubare la palla:
-Accidenti!-
-Capitano, è tua!-. Drake ricevette palla, affrontando la difesa della Raimon completamente da solo. Eppure, nonostante gli sforzi combinati di Shinsuke, Gabriel e Shirou, la palla rimaneva all’avversario, che per come si muoveva pareva farsi beffa di loro. Così “Il dragone rosso” fu davanti alla porta di Endo, che si apprestò a parare in qualsiasi momento:
-Non passerai!-
-Tu dici?-. Drake sorrise arrogantemente. Dietro di lui apparve un imponente drago rosso e viola dagli sfavillanti occhi arancio, senza ali, che attese il pallone tirato da lui dopo una capriola. Il drago seguì il tiro, infondendogli forza con una potente fiammata:
-DRAGO DEGLI INFERI!!!-. La potenza rivelata fu tale che Endo poté percepirla all’istante:
-PUGNO DI GIUSTIZIA!!!-. Nemmeno il pugno lucente del capitano della Raimon poté qualcosa contro quella potenza, che si sfogò solo contro la rete avversaria, lasciando i ragazzi del fulmine con un palmo di naso:
-La Kingdragon segna istantaneamente! Il Drago degli Inferi ha colpito di nuovo e nemmeno il preparato portiere della Raimon ha potuto fermarlo!-. Endo rimase sconvolto a fissare la porta. Non aveva mai sentito una potenza simile. Nello stesso stato erano gli altri componenti della Raimon, lasciati attoniti a guardare Drake, che si mostrava compiaciuto. Questo indicò il portiere della Raimon con un sorriso sprezzante sul volto:
-Ascoltate! Non esiste che un misero fulmine possa fermare un dragone! Vi consiglio di arrendervi, nessuno può battere la Kingdragon!-. E si allontanò subito dopo, lasciando dietro di sé sfiducia.
Goenji sorrise amaramente, abbassando lo sguardo con fare colpevole.
Avevo ragione... non vinceremo mai.
 
E sono tornata a rompere le scatole!
Tutti: no!!!
Sì invece! Che vi piaccia o no!
Come sempre sono in ritardo, spero comunque che il capitolo vi piaccia!
Ci tengo a precisare che il “liquido dorato” che Mariko e Lucius hanno bevuto non è niente di assurdo, è semplice birra. Sono adulti! Un bicchierino ci vuole a fine giornata! ;)
Ed ecco la semifinale del girone eliminatorio, che mi dite? Vi incuriosisce? Stavolta questa non è una squadretta da quattro soldi!
La prossima sarà una partita importante, che cercherò di scrivere presto. Intanto vi lasciò così!
Alla prossima, ciao!
Purle_Rose 

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Capitolo 14
*** Raimon vs Kingdragon ***


Raimon vs Kingdragon
 

 Tra gli spalti dello stadio, in sconvolto silenzio davanti all’azione appena sfoggiata, stava un piccolo gruppetto di studenti della Raimon. Amici dei giocatori, sfegatati tifosi, ma che in qual momento rappresentavano solo una minuscola parte della tifoseria giallo-blu rimasta di sasso davanti al primo goal contro di loro. Tra loro Akira, lo sguardo fisso e irremovibile sulla figura di suo fratello, si strofinava le mani sudate cercando di alleggerire la tensione. Ma già la mano le scappava alla sua famosa collanina a forma di chiave. E il ragazzo dai capelli verdi accanto a lei non poteva che darle ragione:
-Ragazzi, mai visto un tiro del genere! È stato come vedere un drago venire… non so… dagli inferi!-
-Il tiro si chiama Drago degli Inferi, Midorikawa…-
-… lo so! Cosa credi?-. Il verde distolse lo sguardo ignorando volutamente Nagumo accanto a lui, che sbuffo sconsolato. Egli si limitò ad osservare il comportamento dell’autore del goal, ancora festante e sicuro di sé. Non lo conosceva, eppure sentiva già che gli dava sui nervi.
-Quante arie si da’! Quel tipo è proprio insopportabile!-. Senza nemmeno uno sforzo si ritrovò ad essere in completo accordo con il resto della banda, i cui componenti portavano il proprio sguardo sui vari giocatori loro conoscenti e amici. Su di uno in particolare…:
-Scusate, è solo una mia impressione o Goenji è strano oggi?-. Tutti e tre guardarono confusi Reina, in ansia quanto loro ma attenta sul biondo della squadra. Da quando era sceso in campo aveva avuto una strana impressione su di lui, che con il passare dei minuti di gioco non aveva fatto altro che intensificarsi:
-Che intendi, scusa?-
-Non so, è come se oggi non avesse voglia di giocare…-. Lo sguardo miele della turchese scappò inevitabilmente sull’attaccante, compiendo una completa “analisi del soggetto”. Ed era vero: Goenji fissava il terreno con occhi quasi afflitti, mentre buttava un piede davanti all’altro senza nemmeno tentare di armonizzarli in una corsa. Non era l’attaccante formidabile che conosceva:
-Avrà mangiato qualcosa di avariato?-
-Nemmeno un hot dog con chili scaduto potrebbe mettere KO uno dei nostri ragazzi. Qualcosa lo turba, è evidente!-
-Lo immaginavo. Spero solo che vada tutto bene…-. Il quartetto di unì in un sospiro, assistendo alla ripresa con la palla della Raimon. Per quanto la situazione fosse dura, sapevano che la loro squadra era in grado di trionfare in qualunque momento critico.
Dovevano solo crederci davvero.
 
-La partita riprende con palla a Kipling! Amici ascoltatori, la partita è appena iniziata e la Raimon ha ancora tantissimo tempo per rimontare! Staremo a vedere che cosa si inventeranno i ragazzi del fulmine per ribaltare il risultato!-
Non appena un nuovo fischio fece riprendere la partita, Lance non si fece attendere: si avventò a grandi passi sul campo avversario seminando tutti i giocatori davanti a lui con abili dribbling, sciolto e disinvolto come sempre. E come sempre, quando Yukimura gli passò accanto, si rifiutò categoricamente di passare la palla, ignorandolo e continuando ad avanzare in attesa di qualcuno. Aspettava il suo migliore amico, ovviamente, solo di lui poteva fidarsi e poteva permettersi di rinunciare al possesso di palla. Sarà un gioco da ragazzi tornare in pareggio! Un goal e via, così mi riconfermo il cannoniere numero uno della squadra! Basta che io arrivi in prossimità dell’area di rigore continuando a dribblare e che mi faccia seguire dagli avversari sulla fascia sinistra, in modo così da lasciare lo spazio a Goenji che è… ANCORA NELLA NOSTRA METà CAMPO???
Davanti agli occhi glaciali ed esterrefatti del numero dieci un insicuro biondo stava or ora percorrendo la metà campo, ben lontano dal livello che normalmente avrebbe potuto raggiungere. Era come se stesse portando appresso un peso opprimente che rallentava la sua corsa e gli impediva di giocare al meglio. Lance non ne capiva minimamente la ragione.
Purtroppo quella singola distrazione fu letale per l’albino, al quale venne soffiato immediatamente il pallone dall’avversario con appena un contrasto. Grugnì, fulminando Goenji che non ne parve minimamente toccato. Che gli stava capitando?
In seguito la Kingdragon non perse tempo, affrettando il passo e superando senza difficoltà i centrocampisti della Raimon con una tela di passaggi precisi e ben calcolati. Si muovevano in modo spettacolare e ad un ritmo che gli avversari riuscivano a mala pena a definire. Era come cercare di catturare con un bicchiere una mosca sveglia e pimpante. E per loro somma sfortuna il loro bicchiere sembrava persino avere un buco.
Shìn si intromise tra l’attaccante e la porta, prendendolo in contropiede:
-Non passerai! PRESA DI VENERE!!!-. La donna infuocata che le apparve alle spalle fece il suo dovere, come sempre. La mora si permise un secondo di soddisfazione prima di passare rapidamente ad Hiroto e proiettare tutta la squadra in avanti:
-Coraggio! Andiamo a pareggiare!-. Ma il ghigno perfido che apparve sul viso di Drake non prometteva nulla di buono. Subito alzò la mano al cielo con due dita abbassate, segnale che i suoi compagni parvero interpretare alla perfezione. Ora vi mostreremo cosa succede alle povere squadre che affrontano la Kingdragon!
Appena il rosso si preparò a passare, in tre si buttarono in scivolata su di lui, mirando più alla sua caviglia che al pallone. Con un mugugno di dolore si accasciò al suolo, mentre la palla rotolava in fallo laterale e il gelo avanzava tra la squadra. Ma nemmeno un cartellino giallo fu alzato per i ragazzi in casacca viola. Sembrava quasi che l’arbitro non se ne fosse accorto, cosa che a Shìn puzzava tremendamente:
-Oh no! Hiroto viene atterrato! Che brusco intervento da parte della Kingdragon, che tuttavia non vengono ripresi per scorrettezza! Che cosa sta accadendo qui?-. Tutta la Raimon si apprestò a soccorrerlo velocemente con visi preoccupati e da un lato anche piuttosto sconcertati. Hiroto cercò di alzarsi, ottenendo solo una stilettata di dolore dalla caviglia:
-Hiroto!-
-Come stai? Tutto bene?-
-… insomma…-. Il rosso dovette ammetterlo: la caviglia gli doleva da impazzire. Non riusciva nemmeno a fare un passo, figuriamoci a correre dietro la palla. La sua partita era appena terminata:
-Mi dispiace, non posso continuare…-. Le manager della Raimon lo trasportarono con cura mentre Marie, la più preoccupata per le condizioni del suo migliore amico, mise immediatamente mano sulla cassetta del pronto soccorso. Bastò tastare lievemente la zona per percepire le conseguenze di una contusione. Non poteva certo rientrare:
-Scommetto che lo hanno fatto apposta!-. Mizuka strinse i pugni, fumante di rabbia, tanto che le nocche le si sbiancarono. Alexia, che nonostante il temperamento aggressivo cercava di mantenersi lucida, le mise una mano sulla spalla facendosi comprensiva:
-Calma, Mizuka, calma, senza prove non possiamo dire nulla. Rischiamo solo un’ammonizione. Per adesso non possiamo fare altro che continuare la partita.-
-Okay, però…-
-Va tutto bene, Mizuka.-. Hiroto le sorrise, cercando di ignorare l’avvampante dolore che appena si attenuava sotto una borsa del ghiaccio:
-Non ho scelta. Sono certo che potrai fare molto di più di me in campo.-. La bionda si morse il labbro con frustrazione, cercando di annuire nel modo più convincente possibile. Non potevano permettersi di ricevere cartellini, questo era vero. Ma ciò non rendeva la cosa meno fastidiosa, proprio per niente:
-Ragazzi, riprendiamo.-
-Metticela tutta anche per me!-. I due amici unirono i pugni, lanciandosi uno sguardo d’intesa:
-Certo!-. E con una nuova speranza la Raimon rientrò in campo.
Goenji lanciò istintivamente uno sguardo su Drake, luminoso in un insolito sorriso soddisfatto. Non avrebbe mai pensato che una persona come lui avrebbe potuto tentare una cosa del genere. Drake… ma che cosa ti è successo, amico mio?:
-Dopo la perdita la Raimon sostituisce l’infortunato Hiroto Kiyama con Mizuka Sato! Ma sono ancora sotto di una rete e la partita non sembra volgere a loro favore! Che sia questa partita a decidere la loro fine nel torneo?-
-Ragazzi! Mettiamocela tutta! Possiamo ancora vincere!-. Endo non si permise nemmeno un attimo di riposo, sorridendo incoraggiante alla sua squadra. Il vedere uno dei propri compagni seduto in panchina per colpa della Kingdragon lo rendeva solo più motivato che mai. Avrebbero vinto anche per lui, come suo compagno di squadra e come suo capitano:
-Sì!!!-
-Tsk, patetici.-. Drake ridacchiò tra sé e sé, schernendo quella blanda dimostrazione di volontà. Per quando l’uomo cerchi di toccare il cielo, questo sarà sempre troppo in alto per lui. Non avete speranze, ragazzi della Raimon! E allora… Scostò uno sguardo pieno di risentimento verso Goenji, in posizione d’attacco. Assottigliò lo sguardo, mentre una serie di ricordi gli riaffioravano alla mente. Allora ti pentirai di esserti messo contro di me, Shuuya. Ti pentirai per ciò che mi hai fatto!
Un nuovo fischio riaprì le danze con una rimessa laterale della Raimon. Ma al lancio di Kazemaru per Yukimura uno dei giocatori avversari intervenne all’istante, facendo suo il pallone e tentando un nuovo attacco istantaneamente.
Subito Shìn si preparò ad accoglierlo, cercando lo sguardo del suo compagno Kidou per organizzare la difesa. Ma quello che trovò la lasciò senza fiato. Gli occhi carichi di pensieri e intese che si aspettava di trovare erano mutati in due specchi di amarezza, di risentimento, di malinconia. Non avrebbe mai pensato di riuscire a percepire tanto dolore in uno sguardo sempre coperto da un paio di occhiali. E non credeva che uno sguardo del genere sarebbe mai stato rivolto nei suoi confronti. Perché l’aveva notato subito, quel sentimento rivolto verso di lei, e non riusciva a spiegarselo in alcun modo. Se ne sentì catturata, mentre una morsa di disagio e sconforto le braccava il cuore. Era colpa sua, in qualche modo e per qualche ragione era colpa sua. Kidou, che ti succede?:
-Stavolta nemmeno Venere mi fermerà! Togliti di mezzo!-. Quell’intenso sguardo la distolse completamente dalla partita, che accanto a lei procedeva rapida sotto forma dell’avversario che ora aveva davanti solo i difensori. Lo avrebbero potuto fermare prima, se non fosse stato per quell’attimo di confusione:
-Dannazione! Endo!-
-Difesa! Stanno arrivando!-. Gli ordini del portiere arrivarono chiari e rapidi e subito Gabriel, Shinsuke e Shirou bloccarono l’avanzata degli avversari marcandone uno ciascuno. Ma uno di essi si mosse rapido da destra a sinistra, riuscendo a liberarsi di Shirou con abilità. A tu per tu con il portiere portò uno sguardo a destra, dove Drake alzava il singolo indice per aria:
-Prendi questo!-. E quello che all’apparenza poteva sembrare un tiro finì esattamente nello stomaco del bruno. A questo mancò il fiato per qualche secondo, lasciandosi cadere in ginocchio e stringendo la palla tra le mani. L’avversario pareva soddisfatto:
-E questo era solo l’inizio…-
-Endo!-. Shìn fece per soccorrere il suo capitano ma questo alzò una mano, intimandole silenziosamente di mantenere la sua posizione:
-… coraggio…-. A fatica Endo si rimise in piedi, prendendo con sollievo una grossa boccata d’aria e tornando a sorridere come sempre. La mora trasse un sospiro di sollievo, sorridendo tra sé e sé. Finché abbiamo quella roccia del nostro capitano a sostenerci, non c’è nulla di cui preoccuparsi!:
-… coraggio, ragazzi! Andiamo all’attacco!-. Con una lunga rimessa la palla finì ai piedi di Mizuka, che avanzò rapidamente smarcandosi subito a metà della zona avversaria. Il suo sguardo vagò da destra a sinistra in un momento, individuando da una parte Lance e dall’altra… nessuno. … ma che… dove diamine si è cacciato Goenji? E ancora una volta questo era più indietro, quasi fiacco nella sua corsa. La bionda era senza parole per la sorpresa:
-Se non vuoi giocare seriamente, peggio per te! Io vado a segnare!-. Senza curarsi degli altri la ragazza si buttò nella mischia, dribblando e avanzando con una certa fatica ma con un coraggio e un orgoglio veramente ammirevoli. E la sua fatica fu premiata appena si trovò davanti alla porta, il solo portiere a difendere. Sorrise, mentre il suo famoso lupo le appariva alle spalle:
-Questo è goal! LUPO DELLA FORESTA!!!-
-SCUDO ALATO!!!-. Ma dalla schiena dell’avversario spuntarono subito due ali di drago vermiglie, grandi e potenti. Appena egli ebbe incrociato le braccia al petto le ali si ripiegarono su di lui, formando una barriera che non ebbe problemi a bloccare il tiro di Mizuka, rimasta di sasso:
-Non è possibile! Sono forti anche in difesa!-. Quella singola verità accompagnò i giocatori in casacca giallo-blu per i minuti successivi, che si susseguirono completamente a senso unico. Difendevano a stento, riuscendo a rubar palla o a mandarla fuori con la fatica di tutta la squadra. Ma la porta sembrava inarrivabile vista la muraglia di avversari che la proteggeva. E se non era inarrivabile, era semplicemente inviolabile: il portiere avversario riusciva sempre a parare ogni tiro.
Ma non era solo la straordinaria abilità della Kingdragon a mettere in difficoltà la Raimon. L’attacco era fortemente condizionato dalla mancata collaborazione di Goenji, che pareva tutto fuorché determinato a vincere. Quasi la triste consapevolezza di non avere possibilità lo stesse accompagnando per ogni passo fievole che faceva sul campo.
Senza contare che la solita collaborazione data dai due registi della squadra, Kidou e Shìn, sembrava essersi volatilizzata come d’incanto. La mora non riusciva più a sentire l’intesa con l’occhialuto e continuava a sentire spirare da lui quell’aura malinconica che gli aveva già percepito. Anche se era in gamba come regista, da sola era veramente dura. Goenji… Kidou… e gli altri sono in difficoltà senza la nostra direzione… rischiamo di perdere di questo passo!:
-Capitano! È tua!-. Un’altra parata del portiere in casacca viola. Ma stavolta la sua rimessa fu incredibilmente lunga, tanto che Drake si trovava appena prima dell’area di rigore per ricevere. Stoppò di petto, già pronto a scattare in avanti:
-AURA INFUOCATA!!!-. Nessuna resistenza da parte della difesa, in completa balia della sua velocità data dalla sua tecnica. Nuovamente lui e Endo si squadrarono reciprocamente, scambiandosi con un certo ardore sguardi di sfida. Un ghignò spontaneo venne naturale a Drake:
-Certo che siete veramente patetici.-
-Come osi?-
-Ma è la verità: vi abbiamo appena dimostrato che contro di noi non avete la minima chance, eppure vi ostinate a continuare! Sembra quasi che vi piaccia essere messi in ridicolo!-
-Chiamala pure ostinazione, ma noi proliferiamo quando abbiamo davanti squadre come la vostra!-
-Eh?-. Endo sorrise, una scintilla di tenacia che brillava nei suoi occhi color cioccolata. La stessa che era tra le ragioni per cui indossava quella fascia rossa al braccio:
-Noi non abbiamo affrontato così tante partite da poterci definire dei veri campioni, ma scontrarci contro avversari potenti che ci mettono alle strette riescono solo a tirare fuori le nostre migliori abilità! E allora non importa quante volte cadiamo, non importa quante volte ci facciamo male: noi ci rialzeremo e ogni volta saremo sempre più forti!-
-… sciocchezze…-. Drake era rimasto di sasso, quasi indifeso davanti a quel discorso così pieno di passione e coraggio. Nonostante il suo orgoglio gli impedisse di ammetterlo, davanti a quel ragazzo dai luminosi ideali si sentiva nettamente inferiore. E non lo sopportava. Ora ti faccio vedere io!:
-Ragazzi, adottiamo lo schema.-. Il compagno accanto a lui alzò appena il sopracciglio, per poi sbarrare gli occhi, assieme a tutti i suoi compagni:
-V-Vuoi dire… quello schema? Non sarà un po’ eccessivo?-
-Ho detto di adottare lo schema.-. Subito passò la palla all’attaccante accanto a lui, sorridendo malignamente:
-Dici che non importa quanto ti buttino a terra, giusto? Vediamo se è veramente così!-. L’attaccante con la palla caricò il destro. Gabriel, Shinsuke e Shirou cercarono di intervenire, ma subito gli altri della Kingdragon provvidero a marcarli strettamente, impedendogli di interferire. Il pallone colpì Endo al petto, facendolo arretrare un poco mentre la sfera bicolore tornava rotolando al suo proprietario, pronto per un nuovo attacco. A Kidou bastò un attimo per capire e raggelare:
-Vogliono sfinire Endo!-. Allora anche tra la squadra passò un vento gelido e sconvolgente. Il bruno si ritrovò ad incassare pallonate a raffica, nell’impossibilità anche solo di alzare le mani e provare ad afferrare il pallone: non gli era concesso nemmeno un attimo di tregua. Tra un colpo e l’altro soffocava gemiti di dolore, reggendosi sulle gambe per pure forza di volontà. Shìn era del tutto spiazzata davanti a quella scena. Non ci credo… non possono arrivare a tanto!:
-Codardi! Questo è scorretto!-. Shirou stava letteralmente scalpitando, cercando in ogni modo di liberarsi del suo marcatore. Era dannatamente frustrante stare a guardare e anche un tipo calmo come lui stava iniziando ad infuriarsi. Ma in nessuno modo riusciva a trovare un varco: evidentemente era uno schema che avevano provato più e più volte.
Endo intanto faceva da scudo alla sua porta, addirittura protendendo le mani  in avanti per fare in modo che ogni tiro finisse su di lui. Anche se faceva male, l’importante era che la palla non finisse in rete. Io non sono solo il capitano della Raimon! Sono soprattutto il suo portiere! E il mio compito è impedire che la palla finisca in rete, costi quello che costi! Eppure, per quanto fosse accesa la sua volontà e la sua voglia di vincere, ad ogni colpo sentiva parte della sua forza abbandonarlo. Per quanto fosse determinato, anche lui stava raggiungendo il suo limite.
Goenji intanto fissava sbalordito Drake, sconvolto dalla tattica che stava adoperando per cercare in ogni modo di vincere quella partita. In lui rivedeva un bambino dalla folta chioma rossa e dal sorriso arrogante ma infinitamente esuberante. Quel bambino era l’immagine di un Drake Ryu che forse nessuno conosceva, ma che tanto pareva oramai svanito. Non esisteva più, cosa che lo lasciava sconvolto. Drake…perchè?:
-Eh eh… può bastare.-. Quell’estenuante serie di pallonate finalmente si concluse. Drake guardò vittorioso il bruno, accasciatosi in ginocchio e ansimante come non mai. I suoi occhi arancio brillavano di cattiveria, era ben palpabile. Quella visione era per lui un sottile piacere:
-Allora, mister “più incasso più miglioro”, scommetto che dopo questo non sei più tanto di questa idea!-
-… ci vuole molto di più di qualche tiro ben assestato per far vacillare le mie convinzioni…-. Il rosso sobbalzò, squadrando sconvolto Endo che si rialzava lentamente. Gli occhi del bruno si velarono di una indomita determinazione, qualcosa di talmente intenso e nobile che Drake se ne sentì avvolto. Si morse il labbro, serrando i pugni:
-Bene, l’hai voluto tu.-. Uno dei suoi compagni non perse tempo e gli passò la palla. Era esattamente davanti a Endo, pronto a tirare. Ghignò e il portiere capì all’istante: voleva usare la stessa tecnica con cui aveva fatto goal all’inizio della partita. Il Drago degli Inferi:
-Immagino non serva spiegarti che il mio tiro è imbattibile. Nessuno è mai stato in grado di fermarlo, nessuno fino ad ora e nessuno d’ora in poi!-
-Un tiro imbattibile non esiste. Ci sarà sempre qualcuno in grado di pararlo, in questo modo sarà possibile inventare sempre nuove tecniche più potenti ed efficaci.-
-Non ne posso più della tua parlantina da saggio della valle! La finirò qui!-. Gli occhi sfavillanti dell’omonimo drago brillarono dietro a Drake mentre si apprestava a preparare la sua tecnica. La Raimon al completo guardava sconvolta quella combinazione di movimenti, sapendo perfettamente a cosa avrebbe portato. Nessuno di loro vedeva la luce nell’oscurità di quella situazione.
Endo strinse i pugni, mentre Drake si apprestava a fare la capriola antecedente al tiro. Estinse subito il timore che il goal di prima gli aveva inoculato, alzando le mani verso il pallone avvolto dalla fiammata del dragone. Non sono riuscito a fermare questo tiro all’inizio, ma non ricapiterà. Anche se Drake crede che sa una sciocchezza, la Raimon diventerà una squadra formidabile proprio perché verrà atterrata più volte da squadre più forti di lei! Così, ogni volta che ci rialzeremo, ogni volta che riusciremo a superare le difficoltà ne usciremo fuori ancora più forti! E questo accadrà… proprio...:
-Adesso! PUGNO DI GIUSTIZIA LIVELLO 2!!!-. Tutti sapevano che il ricorrente pugno luminoso di Endo sarebbe apparso nel disperato tentativo di fermare l’avanzata del dragone. Ma nessuno avrebbe mai immaginato che quella stessa tecnica, quella che prima non aveva funzionato, ora girava con maggiore potenza e sembrava trasmettere una maggiore energia. Lo scontro tra le due tecniche fu duro sin dall’inizio e vide il portiere barcollare pericolosamente. Il pugno serrato e brillante di luce dorata era costantemente serrato e tremolava per lo sforzo a cui era sottoposto. Nella mente del portiere rimbalzava da una parte all’altra la stessa frase: “ce la devo fare, ce la devo fare”, con una tale ostinazione da sembrare maniacale. I suoi compagni guardavano in piena ansia la scena, in tensione ma ancora colmi di speranza per il loro indomito capitano. A tutti in quello stadio, giocatori e tifosi, quella dimostrazione di forza sembrava non voler finire mai.
Poi, come per magia, Endo sentì la forza contrastante svanire e il pugno di luce continuare la sua avanzata fino a svanire da solo. Il pallone usato per la tecnica fece un breve volo prima di finire in fallo laterale, sotto lo sguardo esterrefatto della Raimon. Infine Drake riuscì a realizzare cos’era davvero accaduto, per poi lasciarsi pervadere dall’incredulità. E allora il coro d’entusiasmo dei tifosi giallo-blu non fece che confermare ciò che aveva realizzato:
-Non riesco a crederci, signore e signori! È accaduto un fatto veramente incredibile! La tecnica micidiale del Dragone Rosso, il mitico numero dieci della Kingdragon, che mai aveva visto una barriera tanto forte da rallentarla oggi ne ha trovata una in grado persino di respingerla! Endo Mamoru ci ha mostrato una forza e una determinazione davvero incredibile!... e qui sentiamo il duplice fischio dell’arbitro, il primo tempo finisce con uno scontro davvero degno di questo nome! Dopo quest’azione possiamo davvero aspettarci di tutto da questa partita e… oh mio dio! Endo è svenuto!-
-NIISAN!!!-
 
Se n’era andato nei bagni appena aveva sentito il fischio della fine del primo tempo, senza aspettare oltre. Non gli importava minimamente il fatto che toccasse a lui dare le istruzione per il secondo tempo. Che la squadra si arrangiasse, lui non era certo la loro balia. Ora voleva solo meditare su ciò che era successo da solo.
Drake si portò un generoso spruzzo d’acqua fresca alla faccia, sospirando di piacere e rimirandosi alla specchio di fronte a lui. Si stava guardando male da solo, quasi a rimproverarsi per quel primo tempo disastroso. Un goal, un solo misero goal! A quest’ora ne avrei già fatti almeno tre di goal! Io sono il Dragone Rosso!... che mi sta succedendo? O sto perdendo il mio carisma o… la Raimon è più forte di quanto sembri… Scosse la testa violentemente, asciugando le goccioline miste di acqua e sudore in un panno morbido. Quelle parole, no, quelle sciocche parole di quello sciocco Endo gli risuonavano ancora in testa come una litania.
Più sono forti, più noi diventiamo forti… un tiro non è mai imbattibile, ma può migliorare… sono tutte delle grandi stupidaggini! Come quello stupido! Uno stupido e sciocco portiere incapace! Bah!... ma se è sciocco, stupido e pure incapace… allora… come ha potuto respingere il mio tiro migliore? Non capisco… un momento…:
-… lo sai che è maleducazione spiare la gente?-. Aveva sentito la sua presenza immediatamente, non appena si era affacciato dalla porta del bagno. Del resto entrambi avevano intrapreso la carriera dello sport, non certo quella dell’agente segreto. Per loro fortuna, almeno…:
-Si può sapere che stai facendo?-
-Che vuoi dire, Shuuya-kun?-. L’innocente sorrisetto di Drake era per Goenji solo fonte di nervosismo. Il suo sguardo era serio e il suo viso contratto in un’espressione quasi di rimprovero, che al rosso non piaceva neanche un po’:
-Sai benissimo cosa voglio dire! Che volevi fare? Infierire sull’avversario?-. Il rosso sbuffò dandogli le spalle volutamente per farlo sentire trascurato. Dopo quelle riflessioni assurde voleva sentirsi addosso un po’ di realtà. E la realtà era che lui sapeva come innervosire il biondo:
-E anche se fosse? Che ti importa?-
-Che mi importa? Mi importa che è un gioco scorretto! È un’azione scorretta e ingiusta!-
-… ingiusta?-. Drake fissò l’altro dritto negli occhi, i quali riflettevano un rancore profondo, forte, di cui Goenji sentiva di far parte. Rimase spiazzato da quello sguardo, senza poter dire una parole, mentre fiumi di esse fluivano dalle labbra del Dragone Rosso:
-Che vuoi saperne tu di cos’è giusto o cosa non lo è? Che ne sai tu? Vuoi dire che sai se è ingiusto mirare volutamente alla caviglia del mio avversario? Vuoi dire che sai se è ingiusto usare il calcio per fare del male? Vuoi dire che sai se è ingiusto infierire sul mio avversario mentre questo è nell’impossibilità di reagire? Vuoi dire che sai se è ingiusto abbandonare il proprio migliore amico senza nemmeno dirgli un minuscolo “ciao”???-. L’ultima domanda lo prese al cuore, anche per la crescente intensità con cui era venuta fuori. Sapeva che, forse senza neanche accorgersene, si era riferito alla sua situazione. Perché sì, l’aveva abbandonato. In effetti era così:
-Drake, ascolta…-
-Stai zitto! Non voglio sentire una parola da te!-. Nuovamente vide solo le spalle del rosso, che gliele diede solo per non vedere delle amare lacrime che or ora rigavano le sue guance. Tra un singhiozzo represso per metà e l’altro riuscì a parlare, lasciandolo senza possibilità di ribattere:
-Tu hai una vaga idea di ciò che ho passato? Eravamo amici, amici, credevo che valesse qualcosa per te questo legame! E invece no, te ne sei andato senza dirmi niente, lasciandomi solo, senza nessuno con cui sfogarmi o parlare! Hai idea di quanto io abbia sofferto?-. Il biondo non disse nulla, ben sapendo che, in ogni caso, in quel momento ogni parola sarebbe sembrata un insulto per lui. Allora entrambi rimasero in silenzio per circa un minuto, immersi nella sola compagnia l’uno dell’altro.
Drake riprese a parlare poco dopo, curandosi di asciugarsi il viso prima di fissarlo dritto negli occhi:
-Te ne sei andato, quando sapevi che a parte te non avevo nessun amico! Nessuno! Quando tu avresti potuto fartene mille altri! Perché a tutti piace il Bomber di fuoco, vero? A tutti piace il bravo Goenji Shuuya! Beh, a me non piace. E sai una cosa? Va bene così.-. Un sorriso quasi mirato ad infierire si allargò sul suo viso:
-In fondo, è grazie al mio risentimento per ciò che è accaduto che mi sono allenato tanto in questi anni. Sapevi bene che io ho sempre avuto un tiro straordinario già da piccolo, e guardami ora! Numero dieci di una squadra formidabile! Perché tanto sapevo che, ovunque tu ti fossi rintanato, era un posto in cui potevi giocare a calcio, quindi non avrei avuto problemi a rintracciarti. E ora che ti ho trovato, sappi che non hai speranze di vincere la partita! Te lo impedirò in ogni modo! Ma credo che… visto come hai giocato fino ad ora… tu non abbia veramente la convinzione di potermi battere, vero?-
-… vero…-. Goenji abbassò lo sguardo, colpevole. Perché lo sapeva, sapeva che fino a quel momento non aveva giocato con passione quella partita. Il complesso di inferiorità che gli era nato appena aveva rivisto Drake lo aveva lasciato completamente spiazzato, ne era consapevole. È tutta colpa mia, mia e della mia paura…
Poi, come se nulla di quell’intima rivelazione fosse davvero venuta fuori, Drake ritirò fuori quel sorriso arrogante e presuntuoso che Goenji oramai riconosceva in lui nella sua nuova personalità. Fece per uscire dal bagno ma si bloccò all’uscio:
-Ah, ti consiglio di dare un’occhiata al tuo amichetto con la fascia arancio. Non sembrava che stesse particolarmente bene…-. Goenji sbiancò di colpo. Quello schema. Quella raffica di colpi. Nemmeno uno come Endo avrebbe potuto reggerli senza conseguenze:
-No!!!-. Rapido superò Drake e il suo sorrisetto compiaciuto, correndo a perdifiato con la panchina della Raimon come meta finale.
 
-Ne ha incassate parecchie, è naturale che sia finita così…-. La conclusione di Eri era drasticamente cruda, ma totalmente vera. Attorno all’incosciente Endo si era radunata tutta la squadra, titolari e riserve, in completa pena per il loro compagno caduto. Quella misera speranza che la sua parata aveva portato si era spenta appena era finito il primo tempo, con lo svenimento del bruno. A quel punto, erano in piena balia dell’avversario.
Goenji si morse il labbro con frustrazione, il pesante senso di colpa che gli opprimeva l’animo. Era solamente sua la colpa:
-Endo…-
-Ora non provare a sentirti in colpa!-. Tanto Alexia si era trattenuta con la situazione Hiroto che ora non poteva fare altro se non esplodere contro il biondo. Gli puntò addosso un dito accusatore, gli occhi rabbiosi e lucidi:
-Non hai fatto nulla per impedire che ciò accadesse, ammettilo! Per tutta la partita hai fatto solo la bella statuina che vaga per il campo e non muove un dito! Se avessi almeno tentato di collaborare com’è tuo solito fare, adesso Endo non sarebbe ridotto così!-
-Alexia…-. Mizuka tentò in qualche modo di riportare alla lucidità l’amica, mettendole una mano sulla spalla come lei aveva fatto. Intanto Marie teneva una delle mani del fratello, in piena ansia e nella speranza di vederlo riprendersi.
Kidou sospirò, guardando la squadra con il suo solito occhio critico:
-Così perdiamo un elemento prezioso… dovremo per forza sostituirlo.-
-Oh, ma falla finita!-. Anche a Shìn ribolliva il sangue nelle vene, ma per un motivo diverso da quello di Alexia. La squadra avrebbe potuto respingere la Kindragon se soltanto loro due avessero raggiunto il loro solito grado di affiatamento. E il fatto che il freddo ragionamento di Kidou fosse improvvisamente tornato ora invece che al momento giusto le aveva dato la spinta:
-Adesso ti azzardi a ragionare sulla situazione e su come migliorarla? Il momento per farlo era durante la partita, genio! Non ora!-. I ragazzi della Raimon erano rimasti senza parole. Proprio la loro coppia di registi aveva dei conflitti? Quella che fin dalla formazione della squadra aveva sempre avuto un alto grado di affiatamento? Quella discussione era indice di ciò che stava accadendo alla Raimon.
Kidou si passò una mano sugli occhiali, cercando di reprimere l’impulso di dire la verità su ogni cosa:
-Evidentemente non sono stato abbastanza attento alla partita. Mi dispiace.
-Ah! A te dispiace!-. La mora rise forzatamente, il fattosi persino cattivo nei confronti dell’altro:
-Sentito? A Kidou-kun dispiace di aver ignorato volutamente la partita e di essersi dimenticato qual è il suo ruolo in essa! Mi spiace, ma non saranno le tue scuse a farci vincere!-
-Stai esagerando, e tu lo sai.-
-Dammi una sola ragione per cui starei esagerando! Sto dicendo solo la pura e semplice verità! Cioè che oggi hai voltato le spalle alla tua squadra e hai finito per fare l’egoista probabilmente per una ragione stupida!-
-ORA BASTA!!!-. Shìn sobbalzò di colpo, gli occhi spalancati per la sorpresa. L’aveva sentito. Il paziente, il riflessivo, l’impassibile Kidou aveva alzato la voce contro di lei. E adesso continuava con i pugni serrati e il corpo appena proteso in avanti, segno che persino a uno come lui dispiaceva farsi mettere sotto in una discussione:
-Hai ragione che non sono stato presente e anche per il fatto che non ho dato il mio solito contributo! Ma non ti permetto di dare per scontate le ragioni che mi hanno spinto a fare questo! Se oggi non sono al mio massimo c’è una ragione più che valida! E io non ti permetto di schernirla!-. Nonostante la sorpresa Shìn non si permise di mollare la corda:
-Nessuna scusa vale ciò che hai combinato! Ci hai abbandonati del tutto!-
-Io ho le mie ragioni! Non mi interessa cosa ne pensi!-
-Ti consiglio di fartene una ragione! Io sono una regista come te, noi dobbiamo lavorare in coppia come una squadra!-
-Io scommetto che preferiresti mille volte fare squadra con quel playboy di un americano!-. Lo stesso Kidou si stupì delle sue stesse parole. Non si era mai lasciato tanto andare nel fiume della rabbia, non era riuscito a contenere le parole. E aveva finito per parlare della vera ragione del suo malumore, cosa che Shìn, travolta com’era dall’ira, non riuscì a interpretare lucidamente:
-Che ti importa di Mark? Non sono affari che ti riguardano le persone con cui mi vedo!-
-Come se lui davvero ti vedesse! Scommetto che è solo un’idiota farfallone sciupafemmine e…-. Un improvviso tonfo mise fine alla discussione. La guancia dolorante, la furia che va scemando, gli occhi che iniziano a pungere di dolore interno: questo era quello che Kidou sentiva. Mi ha dato uno schiaffo… la ragazza che amo mi ha dato uno schiaffo… significa… che mi odia:
-Non ti permetto di insultarlo! Kidou, sei uno stupido!-. Un silenzio nervoso avvolse come nebbia la Raimon, che mai come in quel momento si sentiva divisa dei suoi componenti principali. Il potente attaccante Goenji, i due registi Kidou e Shìn, il portiere e capitano Endo… Nessuno in quel momento sperava davvero di vincere la partita.
L’allenatore Willis, che fino a quel momento era rimasto in disparte a guardare la scena, riemerse nel suo ruolo appena pochi minuti prima della fine della pausa:
-Ragazzi, per il secondo tempo farò dei cambi.-. Nonostante il momento la Raimon prestò il proprio ascolto, speranzosa che qualche novità potesse cambiare il corso negativo che la partita stava prendendo. Dopo uno sguardo intenso a tutti i giocatori l’uomo parlò:
-Innanzitutto, com’è evidente, Endo sarà sostituito da Fubuki in porta.-. L’azzurra annuì, stringendosi al polso i suoi guanti da portiere:
-Poi Black entrerà al posto di Yukimura come attaccante.-. La mora sorrise, già eccitata all’idea di mettersi in moto. Ora l’unica cosa da decidere era il capitano momentaneo che avrebbe sostituito Endo. Lance già era sicuro del ruolo, sorridendo superiormente rispetto agli altri. Ma nuovamente tutte le aspettative furono stroncate dalle parole serie e irrevocabili dell’allenatore:
-Il nuovo capitano per questa partita sarà… Goenji Shuuya.-
 
-La partita riprende or ora! Per adesso i Kingdragon sono in vantaggio di un goal e sembra prevalga una certa superiorità anche sull’andamento del gioco! Mentre la Raimon ci appare molto strana: mentre Goenji entra con la fascia di capitano nonostante l’incerto primo tempo giocato Black esordisce nonostante Yukimura avesse prestato un’ottima intesa con gli altri attaccanti. Senza contare che non si è ancora vista la famosa intesa di Yang e Kidou, i quali non sembrano in forma quest’oggi! Infine Fubuki sostituisce Endo in porta, sarà all’altezza del suo compagno che ci ha lasciato di stucco? Amici ascoltatori, il secondo tempo ricomincia e ci sono ancora ben quarantacinque minuti da giocare! È ancora tutto in discussione!-
 
Desidero raccontarvi una bella(come no...) storia.
Parla di una ragazza, un’aspirante scrittrice, iscritta ad un sito di fanfiction. Un giorno la ragazza accese il suo computer e, non si sa come non si sa perché, vide cancellate tutte le sue storie, compresa quella in cui aveva salvato il capitolo della sua fic. Disperata dal non poterlo più recuperare cadde in depressione(come tanto le piaceva far diventare i personaggi nelle sue fic) e non scrisse più nulla per un lungo periodo di tempo. Quando finalmente si decise… okay, ora parlo al presente!
Davvero, non so come scusarmi per questo colossale ritardo nell’aggiornare! Ho battuto un record che speravo davvero di non acquisire mai! GOMENNASAI!!! T-T
Come avrete intuito, la ragazza della storia sono io(ma va?) e il mio capitolo è andato letteralmente a farsi friggere. Così, dopo parecchio, l’ho ripreso e oggi sono qui con questo!
Non so davvero se vale l’attesa, probabilmente no, ma spero comunque che vi piaccia!
Bene, commenti sul capitolo… beh, mi sono sempre chiesta come sarebbe avere Goenji come capitano, quindi… anche se l’ho ridotto male, mi spiace… no, non è vero! XD
Avrei voluto finire qui la partita, ma mi sono accorta che sarebbe venuto estremamente lungo! Quindi dovrete aspettare!... di nuovo… T-T
Vi prometto che per il prossimo capitolo ci metterò molto meno! Davvero!
Alla prossima! Ciao!
Purple_Rose
  

 

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Capitolo 15
*** Il risveglio della Raimon ***


Il risveglio della Raimon
 

-Poveri ragazzi, che situazione…-. Il flash della macchina fotografica di Haruna fece sobbalzare Aki, facendole prendere contatto con la realtà. Il secondo tempo della partita sarebbe cominciato a momenti e lei, come giornalista ufficiale della Raimon, era lì per assistere e documentare una delle partite più promettenti del campionato. E accanto a lei una mora esagitata non perdeva tempo, scattando foto di continuo come per paura di dimenticare anche un solo secondo di quel momento. Ma per la verde c’era qualcosa di ben più importante della partita…
-… sei preoccupata per Endo?-. Aki annuì piano, stringendosi le mani come in muta preghiera. Quando lo aveva visto svenire le era sembrato di non sentire più il terreno sotto i piedi. Come se qualcosa si fosse rotto nel suo cuore. E quella ferita le doleva come fosse vera, alimentata dalla consapevolezza che il bruno non era sceso in campo per quella seconda fase della partita.
-Haruna, tu credi che Endo stia così male?-
-Dimmelo tu, sei tu che lo conosci da una vita!-. E nella semplicità di quella risposta Aki vide la vera essenza del ragazzo che amava: forte, volenteroso e pieno di voglia di fare. Sorrise rincuorata, sfoderando uno sguardo pieno di speranza.
-Credo… che la sua partita non sia ancora finita.-. Haruna le sorrise, tornando poi a concentrarsi sul campo, protagonista dei suoi scatti ovviamente il suo amato Gabriel, che nella sua impassibilità riusciva a mostrare almeno un filo di preoccupazione. Anche in quella posa era, a suo dire, piuttosto fico.
-Questo posto è libero?-. Aki scostò la sua attenzione distrattamente, venendo solo poi travolta dalla sorpresa: lunghi capelli ramati, occhi freddi e nobili, portamento elegante e principesco. Natsumi Raimon. Proprio accanto a lei.
-C… Certo…-. La rossa prese posto in tutta tranquillità accanto alla verde, portando la sua attenzione tutta sul campo da gioco e, quasi involontariamente, sul numero dieci della Raimon. Accanto a lei il suo solito maggiordomo sembrava essersi volatilizzato e così, con solo la divisa scolastica e vari tifosi sfegatati tutti attorno, dava davvero l’impressione di essere una semplice studentessa. Aki si sorprese molto nel constatarlo, cercando di mostrarsi il più rilassata possibile accanto a una specie di celebrità.
-Signorina Raimon…-
-Sì?-
-I-Io sono Aki Kino, del giornalino scolastico…-. Nemmeno il senso di soggezione per quella figura così importante riusciva tuttavia a distoglierla da quell’occasione unica per un’intervista. –Volevo chiederle se potrei farle qualche domanda circa la partita…-
Natsumi fissò a lungo Aki, mettendola un poco a disagio. Poi, senza alcun preavviso, quel viso altezzoso andò ad addolcirsi in un soave sorriso, che incluse nel suo raggio i tratti degli occhi che parvero illuminarsi di una nuova luce.
-Certo, fa pure.-. La mora scattò all’istante la prima foto, abbagliata come l’amica da quella nuova visione che aveva di Natsumi Raimon. Quella foto significava mostrare quella ragazza sotto una nuova luce, che forse anche le faticava a mettere in mostra. Praticamente aveva appena scattato lo scoop del secolo, e ne era estasiata.
-Bene, allora, lei è molto esperta di calcio?-
-Mio padre lo è, quindi ho inevitabilmente imparato le regole e ho iniziato ad appassionarmi.-
-E… che ne pensa della nostra squadra?-
-Non so che dire. Hanno sempre giocato molto bene, ma oggi hanno qualcosa di strano, non saprei dire come…-. Aki annuì, appuntando la risposta e ripromettendosi di chiedere i dettagli alle manager del club.
-Bene… poi… ha qualche interesse verso qualche giocatore in particolare?-
-… in effetti…-. La rossa lanciò uno sguardo sul campo, sospirando verso l’oggetto dei suoi pensieri. Lo indicò con un solo gesto, quasi a voler nascondere quel sentimento.
-Lui lo conoscete?-
-Vuole dire Lance Kipling? È un ottimo giocatore, anche se un po’ solitario…-
-Solitario, eh?-. Lance… Lance… perché questo nome già mi piace per come suona? Certo che lui è così particolare… mi chiedo come sia di carattere, in fondo l’ho incontrato solo una volta… Kipling… beh, scoprirò chi sei, lo prometto!
-Bene, signorina Raimon, posso farle qualche altra domanda?-
-Certo, e…-. Natsumi sorrise dolcemente. –Chiamatemi pure Natsumi, grazie.-
Aki e Haruna si scambiarono sguardi dapprima sconcertati, poi piacevolmente sorpresi. Forse avrebbero scritto un articolo su di lei, col senno di poi: su Natsumi Raimon e la sua vera faccia.
-Okay… Natsumi!-
 
L’allenatore è sempre stato un tipo strano… ma con questo esagera!
Alexia non nascose le fiamme di rabbia che incendiarie puntavano dritte sul biondo neo-capitano, l’aria spaesata se non sconvolta aleggiante attorno a lui. Nemmeno era ripresa la partita e già non sopportava quella situazione, nonostante apparisse evidente che non avrebbero potuto mandare in campo un tizio svenuto: Endou non era in condizioni di stare in campo.
Anche prendere uno spettatore per caso e infilargli la fascia sarebbe andato bene! Ma lui no!
Inspirò profondamente, mentre la sottile barriera che conteneva il suo furente spirito andava col gonfiarsi e attenuarsi di continuo, minacciosa di rompersi da un momento all’altro. Goenji era riuscito a mandare a quel paese tutto il suo buon senso con il suo atteggiamento, certo non andava in visibilio per quella scelta. Sperava solo non fosse un’arma a doppio taglio.
Cercò di ignorare i suoi pensieri, mentre il gioco riprendeva in quel preciso istante sotto il calcio d’inizio della Kingdragon. Marcò in un attimo l’attaccante, l’ebbrezza del secondo tempo che si faceva viva.
-AURA INFUOCATA!!!-. Nemmeno il tempo di organizzarsi che già i valenti del dragone l’avevano sopraffatta, avanzando con furia cercando il raddoppio.
-DIFESA DI GHIACCIO!!!-. Provvidenziale fu l’intervento di Shirou, che sventò il pericolo e rilanciò in avanti. Alexia ebbe la palla con sua grande soddisfazione, avanzando come una guerriera in territorio nemico quasi sul punto di lanciare un grido di battaglia. Un botta e risposta con Kazemaru prima di vedere la porta sguarnita di fronte a lei.
-TIRO INFUOCATO!!!-
-SCUDO ALATO!!!-. Ma nemmeno le fiamme intense della Black poterono nulla contro il preparato portiere, vittorioso dietro alle sue ali di drago. Un grugnito fece emergere tutto il suo disappunto, ma nessuno ci fece caso: la palla già viaggiava nella direzione opposta.
Intanto Goenji sembrava dimostrare un po’ più di partecipazione rispetto al primo tempo, seguendo la palla ma non riuscendo a farsela passare. Stava correndo attorno a persone che avevano perso fiducia in lui, più come persona che come effettivo giocatore. Certo non poteva dire di essere rimasto sorpreso, anzi, quasi lo sollevava quella sorta di punizione. Ma il disagio maggiore era sentire la lieve morsa della fascia da capitano sul suo braccio. Era il fastidio del non essersela meritata, di averla senza una ragione e nel momento peggiore che si potesse avere. E il peggio era che forse proprio quel pezzo di stoffa rosso era la calamita che attirava gli sguardi gelidi dei suoi compagni. Quella era la vera ragione per cui sentiva un macigno sul cuore.
Ma perché l’allenatore ha voluto farmi capitano? Non ha il minimo senso!
I suoi occhi incrociarono per un attimo quelli cremisi di Willis, calmi e impenetrabili come sempre, forse velati di una lieve sicurezza che non riusciva minimamente ad interpretare. Che quell’uomo avesse un piano ben preciso nella testa?
-Non fare il morto vivente in questa situazione! Ci stanno attaccando!-. La voce di Lance lo riscosse, nemmeno fosse stato un secchio di acqua gelida a farlo. Sobbalzò, venendo sopraffatto dal veloce attacco di tre della Kingdragon, in corsa verso la porta come un carro armato.
Il piccolo Shinsuke non poté nulla contro i tre attaccanti alla riscossa, così come Shìn non fu abbastanza pronta ad accoglierli. La mora digrignò i denti, furiosa con la sua stessa debolezza. Non poteva negarlo: era la discussione avuta con Kidou ad averla traumatizzata a quel modo. Non riusciva ad ammetterlo nemmeno a se stessa: sentire quel velo denso di tensione tra lei e l’occhialuto dissolveva ogni sua sicurezza. Non poteva farcela senza il suo sostegno.
Lo stesso valeva per Kidou, che tra i due aveva le idee più chiare su quale fosse l’effettiva ragioen di quel legame. Per questo a mala pena reagì quando vide gli avversari. Dovette subentrare Gabriel:
-OMBRA LUNARE!!!-. Ma dalla coltre di nebbia nera poté emergere uno dei tre attaccanti, palla al piede e pronto ad affrontare Swan. Questa assottigliò lo sguardo, mentre un velo di ansia le caricava lo spirito. Rapidamente lanciò uno sguardo in panchina: Endou era ancora svenuto a terra. Batté le mani davanti a sé, pronta a ricevere.
Parerò ogni tiro in tuo onore, capitano!
L’attaccante della Kingdragon caricò il destro, mentre un imponente drago blu senza ali e arti seguiva il pallone fino in porta dietro ad un potente ruggito.
-DRAGON CRASH!!!-
-MORSO DEL LUPO!!!-. Nonostante una notevole fatica maggiore l’azzurra ne uscì vittoriosa, rilanciando in avanti e sospirando subito dopo.
Non era il Drago degli Inferi, ma era comunque molto potente. La Kingdragon è forte…
-Mia!-. Mizuka stoppò di petto in buona posizione, trovando Alexia subito pronta accanto a lei. Seguì una rete di passaggi tra le due per trovarsi poi esattamente davanti alla porta, più pronte che mai ad affrontare l’ostacolo. Si scambiarono un cenno di intesa e prepararono il loro tiro.
-LUPO INFUOCATO!!!-. E la loro belva in fiamme accorse, cercando rifugio nella porta avversaria. Ma nemmeno stavolta il portiere fu preso alla sprovvista. Con le mani poste come due mascelle aperte aspettò il tiro, chiudendolo tra esse mentre gli arti prendevano la forma delle fauci di un drago.
-MORSO DEL DRAGO!!!-. Il lupo scomparve, assieme alla potenza del tiro, tra le mani del portiere avversario. Le due attaccanti rimasero a bocca aperta, come il resto della Raimon e gli spettatori sugli spalti, tra i quali fan dei dragoni si alzò un coro festoso.
-Incredibile! Anche il Lupo Infuocato non trova conclusione in rete! Stiamo assistendo ad una vera e propria battaglia, amici ascoltatori! Nessuna delle due parti sembra pronta a mollare! Ma la Raimon è sempre sotto di una rete! Come faranno a recuperare i ragazzi del fulmine? E che cosa ha in mente l’allenatore Willis, le cui azioni ci hanno sorpreso tutti?-.
Tra i ragazzi in casacca giallo-blu nessuno lo sapeva.
 
-Ehm, mi scusi, allenatore Willis…-. Marie si fece titubante davanti allo sguardo perso dell’uomo, che nonostante tutto pareva davvero concentrato sulla partita in corso.
-Dimmi, Storm.-
-Ecco… non le sembra il caso di dire qualcosa ai ragazzi? Mi sembrano… come dire… un po’ sfiduciati…-. Haruhi annuì, così come Tsubomi e Eri accanto a lei. Decisamente era dura starsene in panchina tutto il tempo senza poter fare nulla di concreto per la squadra, ma loro era certe che il loro sostegno non sarebbe stato vano. Certo anche mettendola così il senso di impotenza non se ne andava, così come la certezza del vedere la loro squadra vagare depressa sul campo.
Willis non scostò lo sguardo dal campo, quasi dando l’impressione di non aver sentito nulla. Poi si drizzò sulla schiena, donando finalmente e evidentemente la sua attenzione alle ragazze.
-Non è mia intenzione deprimere la squadra, voglio solo sapere se è in grado di affrontare sfide più difficili di questa. E il solo modo che ho per saperlo è darle la possibilità di mostrarsi forte davanti alle avversità. Se non dovessero farcela, non credo che avrebbe senso continuare ad allenarsi.-. La rosa deglutì. Messo in quei termini dava l’idea che avrebbe diviso la squadra se non avessero vinto la partita. E per come si stavano mettendo le cose, sarebbe stata la cosa peggiore da fare.
-Allenatore… ma noi abbiamo qualche speranza di vincere?-
-Se vuoi la mia opinione, Marie, temo che dovremmo trovare altri impegni il giorno della finale.-. La rosa fece cadere la mascella con l’affermazione di Eri, distaccata e acuta come sempre. Stava appoggiata al lato della copertura che rivestiva la panchina, le braccia conserte e lo sguardo serio. Haruhi e Tsubomi si scambiarono uno sguardo sconsolato, portandolo successivamente sulla bruna.
-Che intendi, Eri-san?-
-Intendo che per quando siano promettenti questi ragazzi, hanno di fronte a sé un muro troppo alto e robusto per poterlo attraversare con le solite tecniche. Se continua così, il Football Frontier possiamo anche scordarcelo.-. Calò il silenzio in panchina. Certo era la conclusione più ovvia da fare visto come la partita si stava mettendo, ma mettere in chiaro la cosa era davvero dura da accettare. Tsubomi guardò Tenma tristemente, il quale non scostava minimamente lo sguardo dalla partita con i pugni tesi, del tutto impotente di fronte a quella scena. Il cuore le si strinse a vederlo così, così come Haruhi si morse il labbro nel vedere Shirou grondante di sudore ma totalmente in balia degli avversari.
La partita stava procedendo davanti ai loro occhi: la Kingdragon attaccava furiosamente come se fosse l’ultimo giorno della loro vita, mentre i difensori in casacca giallo-blu si difendevano con coraggio e forza d’animo, intervenendo sul filo del rasoio per impedire il raddoppio. Gli attaccanti potevano fare ben poco con le poche palle che venivano rinviate a loro; e in ogni caso ogni volta c’erano le ali del portiere a bloccare la via, o il violento morso del suo drago.
Le manager abbassarono tristemente il capo quasi contemporaneamente, rassegnate davanti a quel destino.
-Allora, è così che finisce?-
-… non è detto.-. Un minimo barlume di speranza si accese nei loro cuori. Il mister Willis aveva parlato nuovamente e, sebbene fosse effettivamente in grado di traumatizzarle nuovamente, loro erano aperte ad ogni possibilità.
-Che intende?-
-… Kanzaki, hai detto che la squadra è di fronte ad un muro adesso, giusto?-. Eri alzò il sopracciglio, perplessa.
-Veramente la mia era solo una metafora…-
-Ma è piuttosto azzeccata. Come se si trovassero di fronte a… non so… il muro di un castello, che cela al suo interno qualcosa di prezioso. Per entrare hanno provato di tutto: hanno forzato il muro, lo hanno bombardato, lo hanno preso a bastonate… ma niente sembra funzionare. Cosa si potrebbe fare a questo punto?-. Le ragazze rimasero allibite. Non erano effettivamente certe che quell’uomo stesse effettivamente parlando di calcio. Del resto non aveva mai parlato particolarmente chiaro con loro, su questo non vi era dubbio.
Haruhi pensò ironicamente alla risposta più ovvia.
-Si potrebbe aprire la porta?-
-Esattamente.-. La blu sbarrò gli occhi.
-No, un momento, scherzavo!-
-Ma è così. Basta aprire la porta e il gioco è fatto. Facile, no?-. Marie allontanò lo sguardo dal fratello a terra solo per rivolgerne uno interrogativo sulle altre. Uno scambio di occhiate perplesse rimbalzò in quel gruppetto, fino a trovare conclusione nel vuoto.
-Ehm, potrebbe spiegarlo meglio?-
-Diciamo pure che la Kingdragon è il muro, e la Raimon vuole attraversarlo. Hanno cercato di forzare al massimo la loro difesa, ma non ha funzionato. Hanno attaccato, ma sono stati ripagati con la stessa moneta. Non resta che trovare la chiave.-
-… potrebbe rispiegarlo ancora meglio?-. Willis sorrise furbamente, indicando prima Goenji, poi Kidou.
-Loro. Loro due sono la chiave per aprire la porta. Devono solo rendersene conto.-
 
Dannazione!
Goenji si fermò a riprendere fiato, il viso imperlato di sudore e il respiro affannoso. Attorno a lei i suoi compagni erano nelle medesime condizioni, tanto che alcuni a fatica si reggevano in piedi. Gli attacchi avversari si erano fatti feroci, devastanti, tanto che si chiedeva come avesse fatto Endou a resistere fino alla fine del primo tempo. Ma ciò che la infastidiva, o addirittura riusciva a mandarla in bestia era la consapevolezza che Drake era lì. Fermo. Dall’inizio.
Da quando abbiamo ripreso non si è mosso da centrocampo, non sta facendo nulla! Stiamo letteralmente cedendo sotto i loro piedi e lui non ha ancora mosso un dito! È assurdo!
Posò nuovamente lo sguardo sulla fascia, serrando le labbra. Era ancora insopportabile sentire quel peso, tanto più che nemmeno se avesse avuto davvero le effettive capacità per fare il capitano gli altri lo avrebbe ascoltato. Stava giocando da solo, completamente da solo. E non poteva fare nulla per impedirlo.
Perché… perché sono io il capitano? Non capisco!
Un moto di rabbia salì di colpo dal fondo del suo cuore. Strinse i pugni, sentendosi avvolgere da quel senso d’ira focosa. Era il rancore per quella situazione, per il ruolo immeritato, per il suo comportamento senza scuse, per la sua debolezza, e soprattutto per l’aver tradito la fiducia di chi credeva in lui.
Sono uno stupido! Stupido, e anche codardo per essermi spaventato solo dopo aver visto che Drake sarebbe sceso in campo! Non ho scusanti! Sono stato codardo e traitore! Non mi merito il ruolo di... capitano?... io sono il capitano…
Una strana quanto ovvia consapevolezza colmò qualcosa dentro di lui, un vuoto che non credeva di avere. Alzò lo sguardo in tempo per vedere l’attacco dei dragoni all’opera. Inspirò profondamente, chiuse gli occhi per un istante e li riaprì di colpo, sentendo una nuova energia fluire per tutto il corpo. Lanciò un urlo d’impeto, si lanciò verso l’avversario senza esitazioni e gli rubò il pallone in scivolata, un gesto imprevisto che nessuno in quel campo si aspettava.
-Ma cos…?-
-Dobbiamo segnare, ragazzi!-. Mise un piede sulla palla e assunse uno sguardo deciso, che dal tranquillo e ultimamente intimidito Goenji nessuno si aspettava. Per la prima volta da quando era sceso in campo finalmente gli altri ne avvertivano l’effettiva presenza: il suo carisma, la sua carica, il suo talento. E con la fascia addosso aveva davvero tutta un’altra forma.
-Goenji, ma che ti prende?-. Lance lo guardò senza capire. Il biondo gli sorrise furbo, e allora capì: era tornato l’attaccante formidabile che conosceva. Quindi dovevano agire. -… ho capito. Era anche ora, aveva il cervello spento per problemi tecnici?-
-Zitto e muoviti, che non hai ancora segnato durante questa partita!-. L’albino sorrise maliziosamente, lanciandosi in avanti di colpo e facendosi seguire palla al piede dall’altro. I ragazzi in casacca viola si ripresero dalla sorpresa, riorganizzando la difesa. Ma in quel momento nessuno poté nulla contro quei due, quasi il biondo avesse risvegliato il fuoco che c’era in lui: insieme si tuffarono nel reticolato difensivo scambiandosi rapidi e perfetti passaggi, districandosi con incredibile abilità in quello che sembrava un muro insormontabile.
Davanti alla porta il portiere non sembrava intimidito, ma non sapeva cosa gli sarebbe arrivato contro. Aveva di fronte ghiaccio e fuoco, due diversi poteri, quale avrebbe dovuto parare? Uno scambio di intesa perfetta tra i due attaccanti prima di esplodere nella loro potenza. Il biondo allungò la palla e i due la raggiunsero in contemporanea, calciandola e alzandola in aria. E mentre Lance caricava il destro, Goenji si esibiva in una rovesciata, generando assieme al compagno un tiro dalle fiammanti ali ardenti e indirizzate verso la porta.
-ALI DI FUOCO!!!-. La Raimon guardò estasiata il tiro, già certa del goal. Ma non aveva fatto i conti con la fila di difensori che si allinearono davanti alla porta. Essi furono avvolti da un’aura violacea dal potere antico, e dietro di loro si innalzò un muro di pietra con in cima l’imponente statua di un drago con le corna.
-MURA DI NIDHOGGR!!!-. Lo scontro generò energia, che fece tremare entrambe le squadre. Con grande gioia del fulmine il tiro passò, con grande gioia del dragone il tiro perse potenza e finì tra le mani del portiere. Una palla persa. Ma quella giocata aveva messo entusiasmo a tutta la platea e a tutti i giocatori della Raimon. Non era il tabellone ad averci guadagnato, ma certo l’umore sì.
-La Raimon manca per un soffio! Un tiro eccezionale da parte di Kipling e Goenji viene fermato dalla difesa della Kingdragon, che hanno dovuto sudare sette camicie! Quali altre sorprese ci riserverà questa squadra dalle mille facce? Senza contare il risveglio di Goenji, che come una furia si è lanciato per trovare il punto! Che abbiamo finalmente visto l’entrata in partita di questo formidabile attaccante?-. In panchina riserve e manager esultarono, sugli spalti la folla non nascose la propria gioia e in campo i giocatori finalmente vittoriosi si riunirono. Goenji non sembrava più totalmente in balia delle occhiate dei suoi compagni, al contrario alzava fieramente lo sguardo e sosteneva quello degli altri. Questi lo fissavano in un misto di interesse, indifferenza e perplessità, che avvolgeva tutti attorno a lui.
Il biondo inspirò profondamente, prima di fare un inchino destando lo stupore generale.
-Mi dispiace.-. Alexia batté le palpebre senza capire, scambiando quel sentimento con Mizuka e Shìn.
-Ma… ma dai, non dire così, c’è mancato poco! Per un pelo non riuscivi a…-
-Non è per quello. È per ciò che ho fatto nel primo tempo.-. L’attaccante si drizzò, finalmente pronto a dire ogni cosa. –La verità è che conoscevo Drake fin da quando eravamo piccoli, ed è sempre stato un vero fuoriclasse. Il suo tiro era talmente potente che a soli otto anni dava già del filo da torcere ai più grandi. Pensando che non avevo alcuna speranza contro di lui ero convinto che non avesse nemmeno senso combattere. Così mi sono arreso, e ho sbagliato. Mi dispiace. Capisco se ce l’avete con me.-. I membri della squadra si guardarono tra loro, mentre Goenji teneva gli occhi bassi in attesa della sua “sentenza”. E proprio la persona che più di tutte sembrava avercela con lui gli mise una mano sulla spalla, facendogli alzare lo sguardo.
-Guarda, non è che io ce l’ho con te.-. Alexia gli sorrise sincera. -Certo, mi hai fatto incavolare di brutto, lo ammetto, ma se una persona che ha commesso un torto lo ammette e cerca di porvi rimedio per me è okay. Hai fatto un’entrata spettacolare, da vero campione, quindi direi che sei pulito!-. Il biondo rimase a bocca aperta, vedendo anche come attorno a lui si aprivano sorrisi concordi e veritieri. Tutti la pensavano allo stesso modo. Sorrise anche lui, finalmente libero da quel peso opprimente.
-Grazie, ragazzi.-
-Era ora! Finalmente abbiamo il capitano!-
-Questo no.-. Il biondo accennò con la testa alla panchina. Un bruno dall’aria stravolta si apprestava finalmente a rialzarsi, con sommo sollievo della sorella accanto. La squadra si unì in un sospiro di sollievo. –Il nostro capitano è ancora lì. Io sono solo un sostituto temporaneo.-. I ragazzi sorrisero, annuendo in coro. Goenji poteva percepirlo: finalmente erano di nuovo uniti, finalmente non lo guardavano più con disprezzo. Erano tornati ad essere una squadra.
Quasi tutti, almeno…
-Bene, ora che siete di nuovo pappa e ciccia, non è che potremmo tornare alla partita? Vi ricordo che siamo solo al pareggio!-. Sebbene con il suo solito tono Lance aveva ragione. La squadra riprese nuovamente posto in campo con un nuovo spirito, che sembrava palpabile in aria.
Tanto che anche Drake lo percepì. Sospirò seccamente, fissando gelido il biondo ora sorridente che riprendeva posto in campo.
Tanto non vincerai! Quel portiere insulso non batterà il mio Drago degli Inferi!
 
-Niisan!!!-. Come vide quei due occhi spalancarsi Marie non poté trattenersi dal saltare al collo del fratello. Questo trattenne un mugolio di dolore, stringendo la sorella e cercando di ignorare che praticamente tutto il corpo gli faceva male.
-Bentornato, capitano!-. Le riserve si unirono in un coro festoso, così come le manager. Endou sorrise impacciato, quasi in imbarazzo da quella premura. Non che ricordasse granché del momento in cui era svenuto; era solo certo di averle prese di santa ragione da Drake, il resto era nebbia. Diede uno sguardo al campo, riuscendo a trovare un motivo ulteriore per sorridere: Goenji sembrava tornato in piena forma per come si muoveva, e la squadra si muoveva secondo i suoi ordini sebbene non precisi come quelli di un vero regista. In fondo non era importante ciò che era successo mentre era svenuto: la squadra era in forma, quello per ora bastava.
-… Kidou e Shìn, invece…-
-Niente da meno dal loro capitano. Hai centrato subito il problema.-. Sobbalzò lievemente. L’allenatore Willis non gli era mai parso un tipo particolarmente loquace, perciò quella frase stranamente lunga e quasi ironica lo aveva sorpreso. Ma gli occhi gelidi dell’uomo tradivano una certa premura: sembrava che si fosse messo in moto per la squadra già da un po’. Non lo aveva mai visto così attento prima d’ora.
-Loro non hanno fatto progressi, è un peccato.-
-So che è successo qualcosa che li ha divisi, per questo lo schema non funziona. Goenji se la cava, per il momento, ma è un attaccante e non un regista. No, ci serve la loro azione combinata per uscirne fuori.-
-Che cosa ha in mente, Allenatore Willis?-. L’uomo sorrise, forse per la prima volta da quando Endou lo conosceva.
-Direi che è ora di scendere in campo, capitano.-
 
-La partita prosegue più accesa che mai, signore e signori! La Kingdragon attacca feroce come sempre, ma sembra che la Raimon abbia trovato un equilibrio per respingerla! Mancano ormai venti minuti alla fine della partita e i ragazzi del fulmine hanno ancora un punto dietro di loro! Ce la faranno?... sostituzione per la panchina della Raimon! Vediamo che si avvicinano il neo capitano Goenji e Nishizono, che vogliano cambiare membri così importanti?!... Goenji torna ora in campo e al posto di Nishizono entra… Endou!!! Come libero?!-
-Endou!-
-Capitano!-
-Sei tornato!-. Fu come sentire un vento di aria fresca durante una giornata torrida. Visi gioiosi e pieni di speranza accoglievano il difensore, calzante nella divisa da difensore numero 20 e finalmente pronto a tornare in campo. E poco importava in quale ruolo giocasse, poco importava se non avrebbe potuto giocare al massimo per via delle sue condizioni fisiche: bastava solo che fosse lì assieme a loro.
Goenji posò una mano sulla spalla destra ora completamente libera, sospirando. Il suo ruolo era l’attaccante, non avrebbe potuto prendere il posto di Endou.
Il bruno sorrise nel suo modo ormai solito, fissando uno per uno i suoi compagni di squadra.
-Ragazzi, scusate se vi ho fatti aspettare. Ora che sono tornato, vedrete, riusciremo a vincere!-
-Sì!!!-
-So che è successo qualcosa mente ero svenuto. Dei diverbi, incomprensioni, o cose simili…-. Goenji annuì ormai rasserenato, mentre Kidou si sentì punto nel vivo come Shìn, i quali ancora non si degnavano di uno sguardo. Il capitano fu furbo a non fare nomi, facendo immaginare a chi si riferisse. –Non dirò che cosa è importante o chi ha ragione, e nemmeno qualcosa che vi tiri fuori dai guai. Vorrei solo che ricordaste chi sono per voi le persone che ora vi sanno accanto, che vi apprezzano per ciò che siete e che vi hanno sempre sostenuto. Tenete a mente questo: le persone a cui volete bene sapranno ricambiare questa premura.-. Lasciò qualche secondo di silenzio, in modo che ognuno assimilasse bene le sue parole. Sapeva che Goenji aveva ormai la coscienza pulita, che Kidou era una persona intelligente e che Shìn era un tipo in gamba almeno quanto l’occhialuto. Non c’era bisogno di altro.
Allora alzò il pungo al cielo, gli occhi brillanti. Ora contava solo la vittoria.
-Ragazzi! Vinciamo!!!-
-Sì!!!-. E così la Raimon si rimise in moto, pronta come non mai a contrastare i dragoni in arrivo. Questi si prepararono ad attaccare come sempre, avanzando sempre con maggiore fatica. Come biasimarli: Mizuka e Kazemaru si erano messi in coppia per marcare strettamente ogni attaccante in vista, in modo da impedire il passaggio. E con la stessa grinta messa per il goal Goenji rubava palla, avanzando in cerca del goal della vittoria. Tuttavia ogni volta veniva messo k.o. dalla difesa avversaria. Qualcosa ancora non andava nel loro meccanismo d’attacco, e la cosa gli rodeva il fegato. Pure Lance tentava di avanzare, ma nemmeno uno con la sua abilità ce la faceva da solo contro tutti quei giocatori allenati. Serviva un’azione precisa e programmata. E tutti sapevano chi poteva darla.
Intanto Kidou era ancora fermo in difesa, come scosso dalle parole di Endou. Certo non l’aveva specificato, ma era evidente che si stava riferendo a lui con quel discorso. Quel muro che lo separava da Shìn era insopportabile, qualcosa di quasi soffocante, e lui voleva davvero fare la pace con lei. Ma temeva di peggiorare la situazione com’era successo all’intervallo del secondo tempo. Quel “Kidou, sei uno stupido!” era stato più doloroso di essere trapassato da un pugnale in pieno petto, e faceva ancora tremendamente male. Non avrebbe potuto sopportarne un altro.
… però… però, anche se ho paura, non posso lasciare le cose come stanno. È meglio sperare che mi perdoni e buttarmi, piuttosto che rimanere nella certezza che tentare porta dei rischi! E poi… se quello che Endou ha detto è vero… “le persone a cui volete bene sapranno ricambiare questa premura.”…
Prese un’enorme boccata d’aria, cercando di segregare la paura in fondo al cuore e tirare fuori un coraggio che non possedeva. Percorse quella breve distanza con il cuore in gola, approfittando di Alexia che tentava l’assalto nella metà campo opposta. Avvicinò la mano con cautela, picchiettò appena sulla spalla e, appena si assicurò la sua attenzione, abbassò lo sguardo.
-Mi dispiace. È vero, hai tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiata, ho usato parole ingiuste con te! Non è affar mio giudicare le persone con cui ti piace uscire o con cui ti vedi, anzi, tu sei libera di fare solo ciò che vuoi! Mi fido di te e del tuo giudizio, e se hai scelto quel Mark allora sono certo che sia una persona meravigliosa! Sono uno stupido, proprio come dici tu, e credo che…-. Non riuscì a dire altro. Ogni parola gli era morta in gola quando aveva sentito il corpo della ragazza in contatto con il suo, in un caldo abbraccio. Avvampò di colpo, cercando di nasconderlo al meglio delle sue possibilità e godendosi per un istante quel momento, in cui la percepiva così vicina.
Shìn si allontanò poco dopo, radiosa come non mai. Bella come non mai.
-Anche io sono stata ingiusta con te! Eri solo preoccupato per me, sei stato davvero carino! Grazie Kidou!-
-Allora… pace fatta?-. Batterono i pugni, finalmente sorridenti.
-Pace fatta!-. Con un solo gesto la mora attirò l’attenzione dei difensori e dei centrocampisti, parlando rapidamente di qualcosa. Fu una gioia ascoltarla: era uno schema. E anche preciso come solo lei e Kidou sapevano farne. Finalmente erano tornati in partita.
Shìn fulminò gli avversari con gli occhi, tirando fuori uno spirito combattivo che per troppo tempo aveva oppresso. Ora che aveva il suo geniale compagno regista, nessuno poteva fermarla.
-Andiamo a vincere!-
 
Okay, okay, ho diversi punti di cui parlare
-ho di nuovo aggiornato con un ritardo colossale, gomennasai! Giuro che mi dispiace da morire, e per essere tornata ringrazio Light Blue per avermi esortata a continuare questa fic! Grazie! Questo capitolo lo dedico a te!
-il titolo è identico a uno degli episodi dell’anime. Me ne sono accorta solo a capitolo finito, ma mi pareva calzante e non me la sono sentita di toglierlo! ^^”
-sto tirando questa partita molto per le lunghe, e dire che mancano venti minuti! Beh, vedrò di organizzarmi! In ogni caso spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento!Okay! La Kingdragon è forte, ma ora tornano in campo Goenji, Kidou, Shìn e pure Endou! Per la mia cara squadra del fulmine ho in serbo altro ancora, state a guardare! Mi sa che questa fic la finirò tra mille anni… pazienza! ^ ^
Grazie a tutti coloro che recensiranno e a quelli che seguon la storia nonostante i miei ritardi assurdi! Vi ringrazio!
Alla prossima! Ciao!
Purple_Rose 

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Capitolo 16
*** Rivalsa inaspettata ***


Rivalsa inaspettata
 

 -… Shìn ha qualcosa in mente, è chiaro!-. Haruhi non aveva smesso di guardare il campo nemmeno quando tutto sembrava perduto. Il suo sguardo indagatore si era messo in moto già da un pezzo, e sembrava particolarmente interessato ai movimenti della propria squadra.
-Oh… ma d-di che cosa si tratta?-. L’ansia per le manager e le riserve era tale che la timida Tsubomi proprio non ce la faceva a trattenere quel balbettio involontario che tanto la caratterizzava. La blu scosse la testa, senza distogliere lo sguardo dalla geniale regista all’opera.
-Non ne ho idea, però fanno movimenti diversi rispetto a prima. Evidentemente hanno messo in atto una strategia, anche se ancora non so quale…-
-Ragazze, avete mai giocato a biglie sulla sabbia?-… okay, era il colmo. In perfetta sincronia gli occhi delle manager si posarono esterrefatte sull’allenatore, che nonostante la domanda totalmente fuori luogo pareva ancora drammaticamente serio. Niente scherzi con l’allenatore Willis, nemmeno riguardo a delle biglie.
-… scusi?-
-Avete mai fatto quei percorsi sulla sabbia per lanciarci sopra le biglie?-. Eri ci mise qualche secondo a riprendersi dallo shock, cercando in tutti i modi di evitare due automatiche risposte contrastanti: un “ahahahah mi prende in giro???” o un “MA LE SEMBRA UNA DOMANDA LOGICA???”. Si limitò a rispondere cortesemente e sinceramente, cercando di mostrarsi seria.
-Beh, sì, da piccola… modellavo la sabbia e ci lanciavo le biglie…-
-Io non ero capace.-. Marie sorrise dolcemente già presa da quella domanda, facendo oscillare l’attenzione sulla questione e sul fratello ancora un po’ malandato in campo. –Lanciavo le biglie su un campo fatto da me, ma continuavano ad andare per conto loro. Non riuscivo a farle andare dove volevo…-. Eri ridacchiò appena, posandole ironicamente una mano sulla spalla.
-Tranquilla, sebbene sia un’abilità che in futuro ti salverà la vita, credo che te la caverai comunque!-
-… come li facevi i percorsi di sabbia, Storm?-. La rosa sobbalzò, incredula che volesse davvero continuare quella conversazione. Prese a giochicchiare con le dita, arrossendo appena.
-Insomma… non so, per esempio piantavo il ginocchio a terra e tracciavo…-
-Lo immaginavo.-. Willis ridacchiò, perdendo per qualche secondo la parola e lasciando le ragazze più perplesse che mai, impegnate a guardarsi l’un l’altra in cerca di una spiegazione. Gli occhi cremisi di quell’enigmatica figura non perdevano tempo e stavano concentrati sull’unico luogo degno della sua attenzione, lasciando un’accuratamente studiata pausa dietro di sé. In fondo, seppur strano, a quell’uomo piaceva fare un po’ di scena.
-… allenatore?-
-Possiamo dire che la biglia di per sé è troppo sfuggevole per essere direzionata con precisione. Inoltre è rotonda e quindi è difficile mandarla esattamente dove vorremmo, tende ad andare dove trova l’inclinazione giusta. Ci vorrebbe… un modo per non lasciarle scelta. Un modo per portarla dove vogliamo senza permettere altre direzioni.-. E dopo quella frase che, forse, più che un’affermazione era una riflessione ad alta voce, l’uomo si chiuse nel silenzio, totalmente preso dalla partita in svolgimento. Il suo sguardo non si spostava dal pallone, che da Goenji fu preso bruscamente da uno della Kingdragon. Ignorò gli sguardi totalmente spaesati delle ragazze accanto a lui, concentrandosi sulla Yang, appostata nella sua metà campo pronta a mettersi in moto.
Posò una mano sul mento, facendosi pensieroso ma chiaramente interessato, un malizioso sorriso sul viso.
Vedo che hai già un’idea, Yang… come te la caverai con questa biglia così sfuggente?
 
Drake si grattò la guancia, osservando la Raimon disporsi in campo con un insolito dubbio in testa. Certo non credeva che quel tizio con la fascia arancio si sarebbe rialzato così in fretta dopo aver incassato tanti tiri, tanto meno che si mettesse a giocare come libero, ma non era quello a lasciarlo perplesso. Era l’aria nuova che si respirava in mezzo ai ragazzi del fulmine. Sguardi fiduciosi, cenni d’intesa, occhiate determinate erano rinate senza alcun preavviso, come se avessero sentito di colpo la dea della vittoria scommettere su di loro. C’era un clima diverso, di intesa. Non se lo spiegava.
… no, non è possibile! Shuuya-kun è depresso, la sua squadra va a rotoli e il suo capitano a mala pena si regge in piedi! Non hanno speranze! Non serve che mi preoccupi!
-Passamela!-. Un compagno gli servì all’istante il pallone e lui partì, avanzando sicuro di sé con ben tre dei suoi attaccanti ai lati, rapidi a scambiare con lui palla e quindi a districarsi tra la difesa avversaria. Si sentiva inarrestabile, infermabile, mentre a grandi passi consumava la distanza tra lui e la porta: ora come ora sentiva perfettamente suo il nome di Dragone Rosso, una creatura maestosa e imbattibile. Se solo avesse fatto un po’ di attenzione forse avrebbe notato lo sguardo compiaciuto di Shìn nella sua avanzata, il modo in cui calcolava le sue mosse e l’aria di chi è a due passi davanti a te. Ma nel suo egocentrismo nulla gli sembrava apparirgli chiaro, se non l’obbiettivo del goal.
Solo quando fu a poco dalla linea di rigore Endou gli fu addosso, impedendogli di vedere interamente lo specchio della porta. Sogghignò, maneggiando abilmente la palla tra i piedi per confondere un giocatore a suo dire nel posto sbagliato.
-Sei solo un portiere, credi di battermi sul mio territorio? Cammini sulla traiettoria del Dragone Rosso, perdente!-
-Dovunque ti trovi sul campo, il calcio è calcio! Non c’è un posto in cui si è più o meno bravi!-. Drake non lo prese nemmeno sul serio, indietreggiando appena per vedere i suoi compagni. Gli fu un po’ complicato, ma alla fine vide uno dei suoi compagni libero e in buona posizione. Bastava un solo passaggio per suggellare la vittoria.
È fatta!
-Tua!-. Ma la sua previsione si ruppe in mille pezzi all’abile intercettazione di Kidou, che si infilò velocissimo tra l’avversario e il pallone facendolo suo. Gli parve quasi di vederlo al rallentatore l’occhialuto, nella sua entrata perfetta e il ghigno soddisfatto sul volto. Il rosso rimase allibito, se non sconvolto, mentre l’altro rilanciava in avanti in direzione di Goenji. Drake si riprese poco dopo scuotendo la testa, cercando di non abbandonarsi a fantasie a suo dire insensate.
È stato solo un caso! Solo questo! Non ho dubbi!
Shìn lanciò uno sguardo a Kidou, che fece un lieve cenno con la testa. La prova era andata a segno, bastava continuare così. La mora sorrise determinata.
-Sono principalmente attaccanti, contano sul fatto che chiunque di loro possegga la palla è in grado di tirare. Ma questo loro sicurezza può trasformarsi in una debolezza! Basta sfruttare la cosa a nostro vantaggio, e io so come fare! Possiamo farcela!-
Le parole della mora riecheggiavano nella mente di ognuno, mentre continuavano in modo apparentemente normale la partita. Così nemmeno per un istante l’idea che quell’azione avesse avuto un fondo logico sfiorò la mente dei ragazzi del dragone: per loro era stata una botta di fortuna, nulla di più.
Ma la Raimon era unita, finalmente, sicura di se stessa e delle proprie capacità, senza contare che il loro capitano era nuovamente accanto a loro. Sapevano cosa fare, finalmente, e sebbene mancassero meno di venti minuti la concentrazione era al massimo.
Finalmente il fulmine si era risvegliato.
E il dragone non se n’era ancora reso conto, mentre contrastavano l’ennesima azione degli attaccanti della Raimon. Eppure era più che evidente che la porta era improvvisamente diventata più difficile da violare. Non solo per via Swan, che pareva aver preso il posto di Endou alla perfezione parando ogni tiro, ma anche grazie alla difesa in generale, che anticipava ogni passaggio come se conoscesse la loro formazione a memoria. Drake non se ne capacitava, mentre affrontava per l’ennesima volta la porta avversaria. Di nuovo fu il capitano della Raimon ad andargli incontro, e di nuovo cercò il supporto dei suoi compagni di squadra.
Solo in quel momento si rese conto che, effettivamente, qualcosa era cambiato.
La loro difesa… loro… ci marcano quasi tutti!
Giusto poco prima i ragazzi in casacca giallo-blu erano sempre stati travolti dal loro potente attacco, senza fare assolutamente nulla per impedirlo. Era l’effetto che faceva la loro travolgente forza a tutti. Ora invece marcavano lui e altri tre attaccanti, calcolando ogni movimento e, soprattutto, impedendo loro di ricevere palla. Il rosso si fece sospettoso, mentre controllava il possesso di palla e cercava un compagno libero.
Capisco, vogliono impedirci il tiro! Sanno che noi tiriamo sempre con molta forza e se non ci danno lo spazio credono di vincere! Illusi…
-Non basterà questo giochetto con noi!-. Rapido lanciò uno sguardo d’intesa con un compagno poco più indietro, che non si fece aspettare e avanzò velocemente. Era libero. Drake sorrise vittorioso, disarcionando Endou con un’abile finta e servendo un pallone d’oro al compagno.
Oramai era fatta.
-Non ci sperare!-. Ma ci fu Mizuka a frantumare ogni sua certezza, stoppando di pieno petto il pallone appena partito. Sorrise maliziosa all’avversario, avviandosi verso l’altra metà campo con Kazemaru al fianco, pronto per sostenerla.
Drake rimase con un palmo di naso a guardare l’avanzare della Raimon, allibito da quello che aveva visto. L’aveva anticipato con una facilità disarmante, come se i suoi pensieri si fossero materializzati in aria per essere letti da tutti. Non riusciva a capire dove aveva sbagliato, ma dovette riprendersi dando uno sguardo al tabellone: solo dieci minuti. Bastava resistere quei pochi minuti ed era fatta, nessuno avrebbe potuto più fare nulla poi.
Manca poco, manca poco…
Ma anche lo stesso Endou notò il fatto, eppure quella consapevolezza non riuscì ad allarmarlo minimamente. Guardò il campo, soffermandosi su ognuno dei suoi ragazzi, su ognuno dei componenti della sua squadra: c’era valore, c’era coraggio, c’era volontà tra di loro. Non si sarebbero arresi fino all’ultimo secondo, ne era assolutamente sicuro.
Sorrise sollevato, trovando di nuovo la Kingdragon ad avanzare.
La Raimon non perderà! Ne sono sicuro!
 
-Il nostro primo obbiettivo è marcare tutti i loro attaccanti. Come sappiamo tutta la loro squadra è in grado di lanciarsi in attacco, ma di norma salgono in tre per cercare il goal, con altri due di supporto. Voglio che la difesa si predisponga affinché ognuno di loro abbia almeno un marcatore!-
Gabriel non era certo venuto meno alle aspettative di Shìn: grazie alla sua intelligenza superiore riusciva a prevedere ogni singolo spostamento del giocatore, eseguendo una marcatura a dir poco perfetta. Il suo sguardo freddo e forse un po’ vacuo tradiva, però non vi era alcun dubbio sul fatto che fosse al massimo della concentrazione. Così nemmeno i difensori Endou e Shirou si lasciavano sfuggire i loro attaccanti, rapidi e precisi come mai prima d’ora, considerando la loro scarsa predisposizione alla marcatura.
-So che chiedo molto, ma ottenuto questo risultato sono certa di riuscire a frenare il loro impeto: innanzitutto, come credo che realizzeranno anche loro, impediremo il tiro o, alla peggio, semplicemente faciliteremo il lavoro a Swan.-
-Parata!-. L’azzurra sorrise, palleggiando appena con il pallone appena stoppato. L’attaccante marcato aveva tentato, ma con un raggio così limitato non ci voleva nulla per una come lei a parare.
-Inoltre, e questa è la parte fondamentale, riusciremo sempre ad intercettare palla!-
Shirou fece suo il pallone, frapponendosi nel passaggio effettuato senza difficoltà. Shìn osservava e capiva ogni cosa, sorridendo orgogliosa del suo piano e della rinnovata intesa con Kidou.
-Ciò che ho notato è che di solito la Kingdragon ha due semplici schemi: o l’attaccante tira da solo senza alcun sostegno, oppure effettua un passaggio a ridosso dell’area di rigore. A questo punto il concetto è semplice: basta marcare quattro su cinque attaccanti, lasciando libero solo uno. E quell’unico rimasto sarà senza dubbio l’unico a cui verrà data la palla perché smarcato. Seguite questo schema, e riusciremo a vincere!-
-Degno di te, Shìn, sei davvero una ragazza geniale!-. Kidou si permise di guardare la mora. Così fiera, così radiosa ora che si era liberata di quel blocco la cuore. Certo aveva senza ombra di dubbio sfumato ogni possibilità con lei, ma almeno poteva averla vicina. E amarla di nascosto.
 
-Quindi è così, Allenatore?-. La spiegazione era arrivata e tutti in panchina ne erano rimasti ammaliati. L’uomo annuì compiaciuto, ammirando come la squadra, sotto la mano dell’astuto piano di Shìn era drasticamente migliorata.
-Come una biglia è sfuggente, anche questa squadra possiede un attacco a dir poco incredibile. Ma se noi già sappiamo dove la biglia andrà allora potremmo relazionarci ad essa e farla andare dove vogliamo. Il concetto è questo.-
-Straordinario…-
-I-Incredibile!-
-Quindi… possiamo vincere?-
-Questo sta a loro determinarlo.-
 
Swan parò l’ennesimo tiro fiacco, ammirata dalla bravura di Kidou e Shìn nell’organizzare le marcature. Forse per un’amante delle sfide come lei qualche tiro un po’ più corposo le sarebbe piaciuto, ma non poteva essere egoista in una situazione del genere. Rapida rilanciò in avanti, servendo il pallone a Goenji.
-Mia!-
-Dove credi di andare???-. Come se il destino non si fosse fatto già beffe di lui, a interporsi tra il suo tiro e la porta apparve proprio Drake, insolitamente furente visto con quale indifferenza si era preso gioco di lui fino ad ora. Ma sebbene in qualunque altra situazione avrebbe avuto una paura colossale, ora gli veniva solo da sorridere. Era il momento della rivalsa.
-Mi ricorda quando ci allenavamo da bambini, sai?-
-Ora è diverso! Siamo nemici!-. Il biondo difese indomito il pallone, constatando con quale facilità riusciva ad eludere gli interventi selvaggi del rosso. Sembrava immensamente arrabbiato, forse per come stava andando la partita. L’unico goal che aveva segnato era lontano, e a nessuno di loro faceva più paura. La rabbia gli offuscava la vista, e in questo caso anche la bravura ci rimetteva.
Oh Drake, così non ha senso sfidarci…
-So che non è il momento, ma c’è una ragione per cui me ne sono andato…-
-Zitto! Non voglio parlarti! Voglio solo vincere! Voglio solo batterti!!!-. Drake andò in scivolata come una furia, trovando solo il nulla nella sua traiettoria. Goenji aveva saltato con netto anticipo, lasciandolo con un pugno di mosche a terra.
-Mi dispiace, Drake. Ma ora devo vincere!-. E liberandosi di quell’ultimo conto in sospeso si lanciò verso la Kingdragon. O almeno, quello che restava. Perché lo schema della geniale mora aveva un ultimo effetto ancora da essere svelato.
-Undici meno cinque fa sei, giusto? Se non contiamo il portiere e calcoliamo che alcuni centrocampisti potrebbero andare in aiuto agli attaccanti allora è presto detto: ridurremo drasticamente la loro difesa e allora sarà immensamente più facile andare in contro al portiere! A quel punto entrano in campo i nostri migliori attaccanti!-
-Alexia, andiamo!-. La mora lo affiancò.
-Cosa credevi? Che ti avrei lasciato tutto il divertimento?-. Si sorrisero a vicenda, eludendo con grande facilità gli ultimi difensori con abili triangolazioni. Erano soli contro il portiere, pronto e deciso esattamente come quando aveva parato alcuni dei loro potenti tiri. Ma ora era diverso: avevano molta più decisione.
-Non passerete!-
-Accettiamo la scommessa! Andiamo, Goenji!-
-Sì!-. Alexia alzò in aria la palla, correndo contro di essa assieme al compagno in due direzioni diverse. La mora fu avvolta da un’aura arancio, mentre il biondo da una rossa, entrambe ardenti di energia e di passione. E non appena i due si raggiunsero cambiarono rapidamente posizione, calciando contemporaneamente e generando nel pallone un’alternanza cromatica delle due fiamme.
-FUOCO INCROCIATO!!!-
-MORSO DEL DRAGO!!!-. Il tiro era potente, la parata anche. Così il fiato rimase in sospeso, quello di entrambe le squadra, così come quello della platea e della gente in panchina. Era la resa dei conti, la riscatta di una Raimon finalmente pronta alla battaglia. Quel tiro poteva tirarli su di morale o sotterrarli per l’eternità. Dipendeva tutto da quello.
Lo scontro fu forte e generò una miriade di scintille di luce. Il portiere era senz’altro bravo, ma piano piano stava arretrando, accendendo nel cuore di quelli della Raimon una scintilla di speranza. E non appena la potenza fu troppa da sopportare, il tiro infranse le fauci del drago, bucando finalmente la tanto agognata porta.
Goenji rimase incredulo per qualche secondo, intontito da un desiderio così tanto bramato. A mala pena sentì la folla alzarsi in preda ad un grido di gioia. Quando vide il tabellone confermare il pareggio, allora capì.
Avevano segnato. Avevano segnato contro la Kingdragon. Contro Drake.
-Abbiamo… segnato. Abbiamo segnato… ABBIAMO SEGNATO!!!-
-GOENJI!!!-. Alexia gli saltò addosso come una furia, esultando a gran voce assieme a tutti gli spettatori attorno. La Raimon al gran completo era euforica: Mizuka dava il cinque a Kazemaru, Swan correva ad abbracciare il fratello, Shìn saltava al collo di Kidou facendolo diventare paonazzo, Endou alzava il pollice verso un Gabriel insolitamente contento e riserve urlavano in coro con le manager la loro felicità.
-La Raimon segna! La Raimon segna! Incredibile, la Kingdragon, che dall’inizio del torneo non avevano mai visto violata la loro porta hanno ricevuto il loro primo goal! Il tiro di Black e Goenji, il Fuoco Incrociato era di una potenza inaudita! Questa squadra non finirà mai di stupirci, amici!-. Il biondo poté finalmente rialzarsi, al culmine della felicità. Strinse la mano alla compagna di goal, sorridendo radiosamente.
-Grazie della fiducia!-
-Siamo entrambi un fuoco impetuoso! Sapevo che non mi avresti delusa!-. E in quel coro di festa, tra urli gioiosi e sorrisi contagiosi, Lance sentì un’insolita sensazione. Era diversa dalla semplice consapevolezza di essere il migliore, cosa che in fondo non si era totalmente dimostrata in quella partita. Era come se i suoi sentimenti fossero legati a quelli dei suoi compagni, come se riuscisse a percepire per la prima volta l’unità di squadra. Il fatto che Goenji e Alexia avessero segnato un magnifico goal al posto suo lo lasciava indifferente, anzi, ne era addirittura felice.
Ora, per la prima volta nella sua vita, capiva la gioia di trionfare per il risultato.
Sorrise lievemente, che dal suo punto di vista era un grande passo avanti.
Non male il calcio, in fondo.
 
-Non è possibile.-. La mente di Drake lo aveva abbandonato appena il tiro dei due ragazzi della Raimon aveva frantumato il drago  davanti alla porta. Era stato quasi un blackout per i suoi pensieri, l’infantile desiderio di rifiutare la realtà. La riluttanza ad accettare ciò che nella sua mente era etichettato come un’idea folle e totalmente impossibile da realizzare.
Avevano segnato.
La Raimon, con il traditore Goenji dalla loro parte, aveva segnato a loro, i possenti dragoni della Kingdragon, gli unici e incontrastati. Era semplicemente inconcepibile. No, inaccettabile. Per lui, il Dragone Rosso, era semplicemente inaccettabile.
-Drake?-. Uno dei suoi cercò di smuoverlo, ma lui non lo sentiva. I suoi occhi erano bloccati sul tabellone, quasi per tradurne il reale significato che a lui sfuggiva.1 – 1. Uno a uno. Pareggio. Stesso livello. Equivalenza. In qualunque modo lo definiva continuava ad apparirgli inverosimile.
-Non è possibile… no… non è possibile! Non possono averci segnato! Noi siamo infinitamente superiori a loro! Noi siamo la Kingdragon!-. Il compagno lo guardò, non poco preoccupato per il suo viso incredulo e sull’orlo dell’ira, gli occhi tanto infuocati da mettergli calore addosso. Questi si fecero iracondi e vendicativi, tanto che i famosi draghi che seguivano i loro tiri al confronto erano pulcini. –Ora basta scherzare, mi hai sentito? Tiro io in porta, mi porto in vantaggio e la finiamo qui, hai capito???-
-Ma Drake… mancano a mala pena cinque minuti…-. Il rosso sorrise maliziosamente, schioccandosi le dita delle mani con aria superiore.
-Non mi dire, significa che se segniamo ora non avranno più il tempo di recuperare… è perfetto.-
-Rimane il problema che c’è quella ragazza, quella Yang, a darci problemi.-
-Oh, lei non è un ostacolo.-. Ridacchiò leggermente, prima di lanciare uno sguardo gelido alla mora. I suoi occhi scivolarono poi sul suo compagno regista, che ancora non le toglieva gli occhi di dosso. Ghignò. –Me ne occupo io.-
-Mancano solo cinque minuti alla fine, amici ascoltatori! Circa sette contando i minuti di recupero! A questo punto il primo che segna decreterà la vittoria! A chi sorriderà la dea della vittoria? Alla Raimon o alla Kingdragon? A questo punto l’esito della partita è totalmente inaspettato!-
-Andiamo!-. Drake si lanciò alla carica, palla al piede e il cuore più colmo di rabbia che mai. Non si trattava più solo del caro Shuuya-kun, no: ora ci andava di mezzo la Raimon al gran completo. E non avrebbe perso di sicuro.
-Coraggio, ragazzi, respingiamolo!- Shìn non si mostrò impreparata, organizzandosi in sincronia con Kidou e preparando la marcatura. Come prima gli attaccanti si ritrovarono con almeno un giocatore sopra. Non come prima Shìn si ritrovò davanti proprio Drake. Rimase sorpresa, cercando comunque di tenergli testa. Ma il rosso aveva un piano nella testa.
-Non sei male, ragazzina, quasi brava.-
-Oh, ma che bel complimento!-. La mora gli stava addosso, cercando di prendere palla senza però sbilanciarsi troppo.
-Fortuna nella sport, e nell’amore a quanto vedo.-. Rimase interdetta, riuscendo a mantenersi lucida. Drake sogghignava, stava architettando qualcosa. Ma da quel discorso contorno non riusciva minimamente a capire dove voleva andare a parare.
-Che vai blaterando, Ryu?-
-Ma come, non te ne sei resa conto? Non sei geniale come tutti dicono!-. Shìn grugnì, facendosi più aggressiva e un po’ meno precisa.
-Non prendermi in giro! Che cosa speri di ottenere?-
-Penso solo a come lui cerchi disperatamente la tua attenzione! Poveretto, ignorato a tal punto!-. Il duello fra i due era intenso, tanto che Shìn stava dimenticando di essere nel bel mezzo di una partita. In quel momento aveva solo due idee nella mente: impedire a quel tipo di passare e capire di cosa diamine stava parlando. Quest’ultima tra l’altro sembrava mettersi insolitamente in primo piano.
-Smettila di dire sciocchezze, Ryu! Non so di che parli e non riesco a capire dove vuoi andare a parare! Stai farneticando!-
-Oh, ma davvero? Apri, uno po’ gli occhi, carina, e ti accorgerai di essere una preda d’amore! Qualcuno è cotto di te!-. Per un momento la mente di Shìn rimase in sospeso, cercando di analizzare quelle parole. Poi, quando tutto le fu chiaro rimase di sasso, perdendo completamente di vista il suo primo obbiettivo. Cosicché per Drake fu facile eluderla e passare oltre, lasciandola riflettere su un’ultima frase.
-Sappi che è più vicino di quanto credi!-
Qualcuno… è innamorato di me?!
-Shìn! Hanno annientato la nostra tattica! Rischiamo di perdere il pareggio!-. Si riscosse solo alla voce di Kidou, ancora intontita da quelle teorie inculcatele da Drake. Ma purtroppo non ebbe il tempo di gestire i difensori: oramai Drake era a tu per tu con Swan, totalmente libero da ogni marcatura e marcatore.
E la posa che stava assumendo era troppo inconfondibile per essere confusa.
Gli sguardi di quelli della Raimon si fissarono tremuli sul rosso.
Il Drago degli Inferi.
-Prendi questo! DRAGO DEGLI INFERI!!!-. Swan puntò i piedi a terra, preparandosi a ricevere il colpo. In lei erano fin troppo vivide le immagini di Endou che rischiava di farsi male pur di lasciare la porta inviolata da quel tiro, ma non poteva lasciarsi intimorire. Strinse i pugni, tirando fuori tutto il coraggio che sapeva di possedere. Lo sguardo le cadde a terra, mentre tutta la potenza del tiro le lanciava i brividi lungo tutto il corpo.
Voglio vincere.
-Swan!-. Sentiva i richiami di suo fratello Shirou, ma non alzò lo sguardo.
Sì, voglio vincere.
-Swan!!-. Atsuya si sbracciava dalla panchina pur di farsi notare, ma lei parve non notarlo.
Io… io DEVO vincere!
-Swan!!!-. La voce del suo amato Yukimura cercava disperatamente di riportarla alla realtà, ma era inutile. I suoi sensi erano acuti, la sua energia al massimo, i suoi occhi fiammanti di passione. Fronteggiò il tiro in arrivo a testa alta, vedendo riflesse le fiamme del drago nelle sue iridi grigie.
Poi, come mossa da una forza misteriosa, il suo corpo si mosse quasi da solo.
-Voglio vincere! E vincerò!!!-. Come suo solito si attaccò alla traversa per parare il tiro. Ma invece di allungare i piedi si diede un grosso slancio, abbandonando la porta per qualche secondo e facendo scontrare i proprio piedi con il tiro, come racchiuso nelle fauci possenti di un lupo persino più grande e feroce di prima.
-SLANCIO DEL LUPO!!!-. E a quel punto Drake vide ogni speranza frantumarsi. Il tiro non poté minimamente sostenere la potenza e, nel giro di pochi secondi, cedette alla forza del lupo per poi cadere a terra, dritto tra le mani del portiere vittorioso.
Non è possibile, il mio Drago degli Inferi… con una tale facilità…
-Oh… oh!!! Amici ascoltatori, è pazzesco! Fubuki ne esce vittoriosa, è riuscita a bloccare il tiro di Ryu con una facilità infinitamente maggiore rispetto a Endou! Non riesco a crederci! La Raimon mantiene il punteggio invariato!-
-Swan! Sei mitica!-. Shirou le fece l’occhiolino, ma fu l’abbraccio di Yukimura a mandarla al settimo cielo.
-Sei stata fantastica, Swan!-. L’azzurra boccheggiò per qualche secondo, cercando di riprendersi dall’avvento del ragazzo del suo cuore. Poi sorrise decisa, liberandosi a malincuore della calda stretta e battendo il cinque al suo collega portiere.
-Grande parata!-
-Grazie, Endou!-.
-Coraggio ragazzi! Ancora uno! Possiamo vincere!-. La Raimon si unì in un coro festoso, l’umore al massimo e l’energia in egual misura. La Kingdragon invece non si era ancora ripresa dal colpo ricevuto: il loro asso nella manica, il Drago degli Inferi, era stato bloccato. E lo stesso autore del goal, la loro stella Drake era incredulo davanti all’evidenza.
Un pareggio.
Contro una squadra che, solo quella mattina, aveva in mente di sotterrare di goal fino ad annientarli. E ora pareggiavano, con un goal segnato da quel traditore di Goenji. Il quale, ancora euforico da quella gloriosa parata, prendeva posto in tutta tranquillità, determinato a venirne fuori vittorioso.
Non accadrà.
Strinse i pugni con furia, tanto da sentire le unghie pungergli la carne.
Non riuscirai a vincere.
Si morse il labbro, mentre il fischio dell’arbitro faceva riprendere la partita.
Non accadrà.
In un attimo il servizio di Swan arrivò ai piedi di Goenji, che si preparò a superare il muro difensivo avversario per arrivare alla porta. Per segnare. Per vincere.
-NON VINCERAI!!!-. Il rosso si frappose tra il biondo e l’obbiettivo finale, il viso sfigurato da una rabbia nera e profonda. Goenji quasi si spaventò a vedere quei due occhi luccicanti d’ira, sentendo solo un grande senso di colpa.
-Ce l’hai ancora con me, vero?-
-Certo che sì! Perché non dovrei?-. La battaglia cominciò e i due iniziarono a contendersi la palla, tra finte e movimenti improvvisi mirati a far capitolare l’altro. La tensione si era alzata, l’ansia divorava i volti di entrambe le parti che fissavano impotenti la scena: era una questione che apparteneva solo a loro. Non potevano interferire.
-Te l’ho detto, non me ne sono andato per caso…-
-Menti! Sei un bugiardo! Non voglio più ascoltare le tue menzogne!-. Drake si avventava sul pallone, voleva disperatamente impedire all’altro di superarlo. L’altro a stento lo riconosceva, non riusciva più a capire chi stava guardando. Chi era il vero Drake? Il maligno vendicatore, quella furia davanti a lui o l’appassionato di calcio che aveva sempre conosciuto?
Fermò il pallone sotto i piedi, facendosi serio.
-Ora basta!-. Perfino l’interpellato frenò la sua corsa all’odio. –Drake, posso capire che tu sia arrabbiato, e non cercherò in alcun modo di dire che non merito tanto astio, perché non è vero. Voglio solo che tu sappia che quello che sta giocando ora non sei tu, non è il grande giocatore che faceva impallidire i ragazzi più grandi tempo addietro! Questo non sei tu, Drake. Se l’odio ti fa giocare in questo modo, allora ti prego, finiamola qui.-. Per un attimo il Dragone Rosso fu colto da un momento di lucidità, tanto che per le iridi arancio passò un filo di consapevolezza. Ma fu breve: la rabbia scacciò ogni sentimento e nuovamente la belva ritornò a cacciare.
-STAI ZITTO!!!-. E quello fu il suo ultimo errore. Colto da un impeto d’ira Drake si sbilanciò in avanti, cercando di prendere la palla con la velocità. Ma in quel gesto avventato e totalmente prevedibile Goenji poté vedere con i suoi occhi quanto quel talento era stato sprecato. Così, a malincuore, evitò l’assalto lasciando che l’altro finisse rovinosamente a terra.
-Mi dispiace, Drake.-. Il rosso sentì tutto il peso del suo corpo diventare opprimente mentre finiva a terra di botto. La rabbia di dissolse di colpo e la stessa certezza che gli era nata poco prima tornò a farsi viva: non avrebbe mai vinto così. Quello non era lui.
Ho… perso?
Quasi facendosi beffe della situazione, della forza d’animo e dei sentimenti di tutti i giocatori, qualcosa colse tutti alla sprovvista. Un suono, o meglio, un trio di suoni, squillanti e familiari che ronzavano nelle orecchie di tutti. Goenji si bloccò sul posto sgranando gli occhi e portandoli sul tabellone, incredulo: era il triplice fischio.
La partita era finita.
-Incredibile signori! L’ansia e l’eccitazione erano tali che non mi sono reso conto della fine della partita! Così si conclude con un pareggio! Da non crederci! Ma come si deciderà chi passerà il turno per il Football Frontier?-
 
Yeah! Ho quasi finito questa estenuante partita!
Ditemi, ve l’aspettavate? Nell’anime non ho mai visto pareggi del genere! E poi, visto come hanno combattuto entrambe, non mi andava di far vincere una anzichè l'altra!
Tenma: ma tu hai formato la Raimon! E ci sono anche gli OC dentro!
Oh… e va beh! è il destino a parlare!
Tenma: no, è la tua follia… -_-“
In ogni caso spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento! Lasciate qualche recensione, por favor!
Ah! Avverto che al 7 Luglio e per una settimana circa non sarò presente causa… una bella vacanza in Grecia! ^ ^ quindi non mi farò viva molto presto per aggiornare o recensire!
Alla prossima, ciao!
Purple_Rose 

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