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di LaliX
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutto iniziò con un arresto. ***
Capitolo 2: *** La sua missione. ***
Capitolo 3: *** Nuovi, fortunati acquisti ***
Capitolo 4: *** Un mare di guai. ***
Capitolo 5: *** L'Isola di Eudamon ***



Capitolo 1
*** Tutto iniziò con un arresto. ***


Ancora non ci posso credere. Sono sulla soglia di quella casa che ormai mi appare sempre più tenebrosa; pensavo di conoscerla come le decorazioni sul vestito che mi piace di più, ma ora mi accorgo che non è così. Quanti segreti! Quante cose celate. Come ho potuto credere a tutte le fandonie che mi diceva mio fratello? Fratello. Penso questa parola quasi con disgusto e, devo ammetterlo a malincuore, anche con un po' di rimpianto.
Lui sta per entrare nell'auto della polizia. Le sue mani sono tenute dietro la schiena, è ammanettato. Prima che si chiuda la portiera, mi lancia uno sguardo...Deluso? Da me non se lo aspettava, mi sembra di capire... La stupida, l'ingenua, sua sorella, che lo tradisce in questo modo? Ma la delusione è reciproca. Non che io sia una santa, per carità. Ma da quando ho conosciuto Nicolas sto cercando, piano piano, di migliorare. Per lui, per la nostra bambina. E per tutti i ragazzi che ora ci ritroveremo a controllare.
-Scusateci, ma dovremmo farvi ancora qualche domanda, se non vi dispiace-
Un agente si avvicina a noi, e ne sono quasi intimorita. In pochi giorni ho dovuto sopportare troppo.
-Coraggio, amore-, mi dice Nicolas, cercando di incitarmi a parlare. Ma non ci riesco, allora è lui a raccontare, per la millesima volta, la stessa storia che ho già sentito, e che ancora mi fa male.

-Bene, signor agente...Io sono arrivato alla fondazione di Bartolomè- pronuncia il nome di mio fratello come fosse una parolaccia, ma non posso biasimarlo -Circa un anno fa, poco più. E ho conosciuto Malvina. Ci siamo innamorati a prima vista, e abbiamo deciso di sposarci. Ma ci siamo resi conto che qualcosa non andava, dopo un po'. Io le ho fatto notare dei comportamenti strani che aveva il fratello a cui lei, probabilmente, era abituata, e non faceva caso. Ma indagando più a fondo abbiamo scoperto che lui maltrattava i ragazzi che ci sono nella casa, che li costringeva a rubare. E allora abbiamo sporto denuncia. Tutto qui.-
Tutto qui, come se fosse poco. E il peggio deve ancora arrivare. La porta si apre per l'ennesima volta. Thiago. Guarda prima noi, poi la polizia. Di nuovo noi.
-L'hanno portato via, vero?-
Senza parlare, mi stacco da Nico e lo abbraccio, ripetendomi che, ormai, io e i ragazzi della Casa Magica siamo la sua unica famiglia.
‘Una famiglia…’, continuo a pensare, mentre lo stringo forte a me. Lo sento sussultare ogni tanto, la spallina della mia canottiera è bagnata, e mi rivela che sta piangendo.
Ma saremo mai davvero una famiglia?, mi chiedo. Si fideranno mai, di me, quei ragazzi che hanno conosciuto il volto peggiore di mio fratello? Sento il respiro farmisi più corto, gli occhi bruciare come quando, dal parrucchiere, un po’ di shampoo sfuggito al controllo riesce ad infilarvisi.
Devo frenarmi, lo so. Sono l’adulta, qui, e se scoppiassi anch’io in lacrime sarebbe la fine. E poi colerebbe il mascara. Finirei per somigliare a un panda, e macchierei la maglietta di Thiago. Non posso, no.
Neanche adesso, che sento i ricordi tormentarmi come e più di prima; i silenzi carichi di significato, le parole non capite. Per stupidità, o forse per voglia di essere sorda?
Gli sguardi dei ragazzi, la paura che vedevo e che non riuscivo a decifrare-non riuscivo, o non volevo? I trasferimenti improvvisi in altri istituti, le grida di Bartolomè, il laboratorio dove li costringeva a fabbricare bambole. Quel laboratorio… L’avevamo scoperto, sì; ma ci eravamo lasciati raggirare ancora una volta, io prima di tutti.
-Un gioco, un modo per abituare al mondo del lavoro…- Mi tornano in mente le scuse assurde di Bart e di Justina.
Assurde, forse, ma ci abbiamo creduto.
Con lentezza mi allontano da Thiago. Ci scambiamo appena uno sguardo fugace, ma basta per capire che stiamo pensando la stessa cosa: come abbiamo fatto a non accorgercene?
-Thiago…-
E’ la voce di Marianella. Alzo appena gli occhi da terra: si sporge quasi con timidezza dalla porta, osservando cautamente mio nipote, come se non sapesse se tornare dentro o correre ad abbracciarlo.
-Va’ da lei-, lo esorta Nico, indirizzandolo con un lieve colpetto sulla spalla. Obbedisce, dirigendosi dentro casa con sguardo vacuo, quasi trascinandosi. Mi dà come l'impressione che per lui niente abbia più senso... Abbasso gli occhi, mentre lui accosta la porta dietro di sé.
E, finalmente, anch’io posso piangere.
-Non fare così, Malvina…-
L’abbraccio di Nicolas mi riscalda come un bel camino acceso in inverno, e una volta di più sono grata al destino che me l’ha fatto incontrare. Alzo la testa, vorrei sorridergli, senza caricarlo di tutti i miei pensieri, ma è più forte di me, la bocca non riesce a star chiusa: le parole scorrono senza che io possa anche solo provare a frenarle, a opporre resistenza.
-Come ho potuto, come? Bart… Aveva ragione, sono solo una stupida. E i ragazzi? Mi odieranno, Nico, e faranno bene! Cosa ne sarà di questo posto, della Fondazione? Io…-
Nicolas mi interrompe con gentilezza, appoggiando l’indice destro sulla mia bocca come per invitarmi al silenzio. A lui le mie labbra obbediscono, strano. Le lacrime no, loro continuano a scendere, ma senza nessun rumore, quasi fossero gocce di pioggia che scivolano su un impermeabile.
-Amore mio, non è colpa tua. Nessuno ne era al corrente, e i ragazzi lo sanno.-
La sua voce è infinitamente dolce, e mentre lui mi posa un braccio sulle spalle, mi lascio cullare da quelle parole rassicuranti, sperando in cuore che sia davvero come dice.
-Per quanto riguarda la Fondazione…-, conclude, dopo avermi stampato un bacio sulla fronte
-…A quella penseremo insieme.-
 

-L'hanno preso?-
Un uomo bassino e con i capelli ricci fece il suo ingresso nella stanza. Si guardò intorno, facendo passare lo sguardo su tutti i computer presenti, e poi si soffermò a fissare la donna dai lunghi capelli neri che era seduta avanti ad uno di essi.
-Sì, Bedoya Aguero è in prigione.-
L'uomo lanciò un'occhiata al computer che aveva di fronte, che in quel momento proiettava l'immagine dell'arresto. Lo sguardo che l'arrestato gettava a qualcuno sulla soglia della porta - ovviamente, la telecamera non era riuscita a riprendere chi fosse, tipico - era veramente agghiacciante.
-Era ora, quel delinquente-
Alla parola 'delinquente', la donna sollevò un sopracciglio, assumendo un'espressione ironica. In fondo, loro della corporazione non erano quelli che si potevano definire 'Stinchi di santo'.
-Adesso possiamo dare inizio al nostro piano, Charlie.-, disse lei, mostrandogli lo schermo che aveva di fronte. Era diviso in sette parti, ed ognuna inquadrava una pietra apparentemente innocua. Ma i due sapevano benissimo che quelle pietre avevano importanza. Il punto era che non sapevano perché. Si limitavano ad obbedire, ad ascoltare gli ordini del loro capo. Come gli era stato insegnato.
-Lui è pronto?-, chiese Charlie, tentando di assumere un tono professionale, senza riuscirci. La donna si portò una mano alla fronte. Con chi l'avevano messa a lavorare?
-Certo che è pronto. L'ho preparato tutta la vita per questo.-
Questa volta fu Charlie a sollevare un sopracciglio. Non aveva dubbi sulle capacità della donna, o su quelle del ragazzo, in fondo l'avevano salvato in più di un'occasione, sapeva quanto valessero. Ma ci teneva a mostrarsi scettico. Non voleva ammettere quanto ammirasse i due, per il loro coraggio e per la loro astuzia, oltre - ovviamente - per la loro forza.
-Vedremo, Franka. Vedremo. Entra, ragazzo!-
Un ragazzo con degli occhi grigi quasi inespressivi, vuoti, arrivò. Al contrario di Charlie poco prima, non si guardò intorno. Teneva gli occhi fissi su un punto indecifrato tra il pavimento e il muro.
-E' ora.-
Disse Franka, autoritaria. 'Sembra quasi che non abbia passato la vita a crescerlo' pensò Charlie, con una punta d'ammirazione. Non sopportava le smancerie, ed era lieto che Franka avesse abbandonato il tono protettivo che usava di solito quando c'era di mezzo il ragazzo. Alle parole della donna, il sopracitato ragazzo annuì. Gli erano già state date istruzioni su cosa fare, ed era pronto. Uscì dalla stanza dopo aver fatto un segno di rispetto a Franka, lasciandoli soli.
-Ce la possiamo fare, Charlie. E' perfetto per questo lavoro.-
Lo sapeva, Charlie. Ma non lo disse. Si limitò ad annuire, svogliatamente, mentre si sedeva su una delle sedie ed iniziava a leggere il giornale di quel giorno.
-Continuano le misteriose uccisioni in Argentina, tutte secondo lo stesso metodo. La Polizia brancola nel buio.-
Diceva il titolo in prima pagina. L'uomo rise. Non avrebbero mai scoperto niente, si erano dati da fare per non lasciare tracce.
 

Che silenzio.
Siamo tutti riuniti nel salotto da almeno cinque minuti, e nessuno ha ancora aperto bocca.
Gli occhi luminosi dei ragazzi tradiscono la loro (legittima) soddisfazione, ma per quanto possono cercano di non ostentarla. Per Thiago, forse per me. Magari è per questo, che nessuno ha ancora parlato.
Nico è seduto dall’altra parte della stanza rispetto a me, sul divano, e tiene per mano Cris e Monito. I due si scambiano qualche sguardo ogni tanto, forse vorrebbero andare a giocare. Del resto, come dar loro torto? Se il cattivo è stato cacciato, non c’è altro da fare. Missione compiuta.
Ma Nico sa che non è così. Mi ha parlato per circa mezz’ora di complesse questioni burocratiche, delle quali non ho capito assolutamente nulla, né mai ne capirò. E’ per questo, che ci ha riuniti.
-Ragazzi-, prende infine la parola, alzandosi in piedi e lasciando i bambini, che si avvicinano immediatamente, forse con l’idea di chiacchierare un po’ a discorso finito.
-Sarà chiaro a tutti, immagino, che non siete più sotto la tutela di Bartolomé.-
Lo dice il più in fretta possibile, per non urtare i sentimenti di nessuno, ed anche i ragazzi fanno presto ad annuire. Nico sembra soddisfatto, e, lanciata un’occhiata veloce a Thiago, che è seduto a testa bassa vicino a Mar, prosegue:
-Perfetto. E immagino capiate anche che al momento, in verità, non siete sotto la tutela di nessuno. E che la cosa va risolta in fretta.-
Un mormorio serpeggia tra i ragazzi; in questo sono come me, e chi ci aveva pensato alle questioni legali? Tutti sembrano chiedersi dove voglia andare a parare Nico. Sento qualche ‘E quindi?’, ‘Cioè?’, e infine qualcuno pone la domanda fatidica: -Ci rimanderanno indietro da dove siamo venuti?-
A questo punto, il panico che si era preparato è libero di scoppiare, anche se mantenendosi abbastanza silenzioso. Rama abbraccia forte sua sorella, Lleca ha la bocca spalancata mentre Jazmìn continua a mormorare il nome di Joselo con espressione terrorizzata. Io non sono una persona tanto sveglia, ma ho come l’impressione che non abbiano capito proprio bene.
Anche Nico si rende conto che è stato frainteso, e si sbriga a chiarire, scuotendo la testa per rafforzare il concetto:
-No, no, no. Nessuno vuole mandarvi da nessuna parte. Tranquilli.-
Qualcuno sospira di sollievo. Non so come abbiano fatto a credere che potessimo far loro una cosa del genere… Però, mi rispondo da sola, è anche vero che questi ragazzi sono abituati a Bart, dal quale ci si poteva aspettare di tutto. Perché è così, anche se, penso a malincuore, noi non ce n’eravamo accorti.
-Quello che volevo chiedervi-, riprende Nico, con tono di voce appena più alto di prima.
-E’ semplicemente questo: vorrei rilevare io la Fondazione BB. Mi accettereste, come tutore?-
Qualche secondo appena, e si scatena la gioia generale. Abbracci, baci, grida, tutto ciò  che era stato trattenuto finore è stato improvvisamente liberato. Anche Thiago, stretto a Mar, sorride. Sereno non lo è di certo, ma si sta facendo forza. Nei limiti del possibile.
Noto che Nico mi sta osservando con la coda dell’occhio; poggiato a terra Monito, che gli è saltato al collo, lascia i ragazzi e mi si avvicina.
-Naturalmente- aggiunge voltandosi verso di loro, dopo avermi fatta alzare prendendomi per mano
-Insieme a me ci sarà anche Malvina.-
Per una frazione di secondo, ho paura. La stanza è di nuovo silenziosa, e mi aspetto che da un momento all’altro qualcuno gridi di no. Perché è la sorella del mostro, perché è una stupida.
Invece Tacho, con un sorriso, replica:
-Si capisce.-
Senza neanche aver il tempo di rendermene conto, io e Nico veniamo circondati, e stretti nel grande abbraccio di quella che è la nostra nuova, grande famiglia.

 

Ciao a tutti!
Innanzitutto, grazie per essere arrivati fin qui, e per aver letto questa specie di nostro delirio *O*
Siamo in due a scrivere, _Milla3 e LaliX.
Vi iniziamo a dire che, anche se questa è una round robin, nessuno deve aggiungere capitoli. L'abbiamo fatto solo per poterla scrivere a due mani.
L'idea ci è venuta così, un po' all'improvviso, e si è sviluppata dopo molti tentativi assurdi.
Magari molti di voi non saranno molto d'accordo della coppia Malvina-Nicolas, ma pazienza, noi li troviamo adorabili insieme.
Cielo, nella nostra storia, non è mai arrivata nella Casa Magica, come si è notato, e Malvina e Nicolas si sono dovuti accorgere da soli di quello che accadeva.
Beh, che altro c'è da dire?
Speriamo vi sia piaciuto, e ci vediamo alla prossima ^^
Un bacio<3
_Milla3 e L

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Capitolo 2
*** La sua missione. ***


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Capitolo 3
*** Nuovi, fortunati acquisti ***


Osservo, soddisfatto, la costruzione che è adesso la Fondazione B.B.: il tetto in ardesia, le finestre tonde del secondo piano, l’orologio...
Da fuori sembra sempre lo stesso posto lugubre che era prima, mentre tutti noi sappiamo benissimo che è invece un luogo parecchio diverso.
-Oh, amore, non è meraviglioso?-
Al mio fianco, Malvina è supereccitata. Oggi c'è l'inaugurazione ufficiale, e nonostante i ragazzi vivano nella Casa Magica - così abbiamo ribattezzato la fondazione - già da un po', il resto del mondo non la conosce ancora.
-Certo, Malvina, è meraviglioso.-
Do un bacio sulla fronte a lei, ed uno alla bambina che tiene in braccio, la nostra piccola Esperanza, nata pochissimo tempo fa. La luce dei miei occhi. Mi sto giusto godendo la relativa tranquillità che si è venuta a creare, che un grido mi giunge dall'interno dell’edificio, nell'ingresso evidentemente, dato che riesco a sentirlo anche da fuori.
-Che succede qui dentro?-, sbraito, irrompendo nella casa, giusto in tempo per bloccare sul nascere una lite tra le due sorelle Rinaldi, Marianella ed Estefania. Sospiro. Nonostante l'indole aggressiva di Mar, non me la sento di incolparla. In fondo, da quando è arrivata qui da noi, Tefi non ha fatto altro che litigare con chiunque le desse anche il minimo fastidio. E se nessuno le dava fastidio, lei trovava comunque un motivo per attaccar briga.
Le due sbuffano, evitando di rispondermi, e se ne vanno in due direzioni opposte, dopo essersi lanciate un'occhiata di fuoco.
Come se i problemi non fossero abbastanza, mi si avvicina Luca. Questo ragazzo è strano, entra ed esce dalla casa come se nulla fosse, nonostante io lo abbia vietato esplicitamente, senza mio previo consenso. Inoltre, non ho avuto modo di conoscerlo; almeno non prima che quell'angioletto biondo che è Jazmìn - Giuro che se mi capita sotto tiro la uccido - lo invitasse a vivere con noi senza nessun preavviso.
Insomma, il nuovo inquilino, senza nemmeno rivolgermi un cenno di saluto, si precipita fuori la porta, con quella sacca in spalla che non lascia nemmeno quando dorme e Dio solo sa cosa contiene.
-Luca! Dove vai, senza permesso?-
Ma lui è già lontano. Faccio per seguirlo, quando la bambina di casa, che poi sarebbe Alelì, arriva bagnata ed urlante, inseguita da Monito e Cristobal con due fucili ad acqua in mano. Ormai all'esasperazione, esplodo.
-BASTAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!-


'Lat..te, ok, fatto. Fa... Far... Ah! Farina. Sì, a posto... E qui, cosa diamine c'è scritto?'
Mi maledico una volta di più per aver chiesto proprio a Tacho di fare la lista della spesa: lui, che praticamente scrive con i piedi! Non potevo far scelta peggiore.
Inclino il foglietto di una ventina di gradi, tentando invano di decifrare quell'oscuro linguaggio... I geroglifici egizi sono decisamente più semplici da interpretare di questo strano alfabeto dove le 'a' sembrano 'e', le 'e' delle 'l' e le 'l' sono praticamente identiche alle 't'.
Sospiro, sono stato punito per l'ingenuità della mia decisione... Ci metterò come minimo due ore a comprare tutto ciò che serve a sfamare quei ragazzi che mangiano più di un branco di lupi affamati.
E io che credevo che mi sarei riposato facendo una passeggiata, dopo la mattinata estenuante alla Casa Magica... Neanche per sogno, anche perché il mercato è un posto labirintico, per me che non ci vengo mai, e tutt'altro che riposante. Ebbene sì: il famoso archeologo Nicolas Bauer, che esplora piramidi e non teme la jungla, si perde tra le bancarelle di cibo e vestiti... Se lo sapessero quelli della comunità archeologica, riderebbero di me anche più di quanto non facciano già.
Mentre ruoto nuovamente il biglietto, nutrendo ancora la vaga speranza che visto da un'altra prospettiva diventi leggibile, sento di essere andato a sbattere contro qualcosa; infatti, non appena alzo gli occhi, mi ritrovo davanti una signora sulla settantina che mi fissa con aria di rimprovero, mentre mi indica la busta che probabilmente contiene la sua spesa, ormai a terra.
-Voi giovani!-, commenta, mentre con fare ammonitore mi agita un dito davanti alla faccia.
-Sempre con la testa per aria!-
Fa per chinarsi per raccogliere la busta, ma io la precedo: fortunatamente, il contenuto sembra ancora intatto.
-A lei, signora...-, le dico, porgendogliela.
-E mi perdoni se l'ho urtata... Stavo cercando di capire cosa dice la mia lista della spesa.-
Lo sguardo di rimprovero è svanito, con mio sollievo, dal volto della vecchina, lasciando il posto ad un sorriso che ne accentua le rughe.
-Lei è proprio un giovanotto ammodo come ce n'erano una volta... Per ringraziarla dell'aiuto, leggerò io.-
Inforcati un paio di occhiali da vista terribilmente grandi, stile anni settanta, che ha prontamente estratto dalla borsetta, tende la mano verso di me, come a chiedermi di darle il foglietto.
Eseguo, obbediente, senza osare contraddirla: non voglio offenderla, è armata di borsetta.
Via via che il suo sguardo scorre sulla pagina, le pupille sembrano allargarsi sempre di più, così come la bocca, aperta in una smorfia di stupore.
-Ma... Quante cose le servono?- commenta infine, rendendomi la lista.
-Gestisce forse un ristorante?-
'Beh, quasi', penso, mentre mi vengono in mente Monito e la sua fame sproporzionata, Tefi e le sue diete e i momenti di follia culinaria che prendono Feli di quando in quando.
-In verità, dirigo un istituto per minori-, rispondo, vagamente infastidito dal suono del termine, troppo burocratico per i miei gusti. Mentre mi spiego meglio, lo sostituisco con uno a me più familiare:
-La Casa Magica... L'inaugurazione ufficiale è oggi.-
La signora mi posa una mano sulla spalla, dichiarando, con suprema serietà:
-Non mi ero sbagliata... E' proprio una brava persona, signor Bauer. Si chiama così, no? La signora Agatha, che ha sentito parlare del vostro istituto, così mi ha detto. Ho visto che le servono delle uova; venga con me, la porto al banco di Caridad, è qui vicino.-
Pur ignorando chi sia questa Caridad, e un tantino stupito dal fatto che la donna conosca il mio nome, la seguo senza protestare: sempre meglio che continuare a vagare senza meta, con i ragazzi che mi aspettano alla Casa. Dopo un minuto circa di cammino, la mia insolita guida si blocca, indicandomi un banchetto stracolmo di prodotti tipici della campagna, dietro al quale sta una ragazza sulla quindicina, sola, che si affanna per accontentare tutti i clienti.
-Non è un po' troppo giovane per lavorare?-, domando alla signora, chinandomi perché mi senta anche se parlo a bassa voce.
Lei scuote la testa con un sospiro, poi, mettendo una mano vicino alla bocca, mi si avvicina con aria da cospiratrice:
-Lei ha ragione, sa. Ma la poverina è sola al mondo: suo padre, il signor Cuesta, è passato da poco a miglior vita, e prima di lui la signora Cuesta, buonanima-, spiega, facendosi frettolosamente il segno della croce.
Osservo la ragazza: sorride a tutti, anche a quelli che la trattano piuttosto male, chiedendole di sbrigarsi o lamentandosi per qualche suo errore... Mi è appena venuta un'idea, la spesa può aspettare.
So che è puro masochismo, e che i ragazzi ai quali mi ritrovo a dover badare bastano e avanzano; eppure mi si stringe il cuore alla vista di Caridad, e capisco benissimo qual è la cosa giusta da fare.
Ancora tallonato dall'informata vecchina, mi avvicino al banco, attendendo pazientemente il mio turno. La mia compagna di avventure, che ormai mi ha schedato come un 'bravo ragazzo' e non sembra avere alcuna intenzione di lasciarmi sfuggire, mi martella i timpani con tutti i pettegolezzi del quartiere, qualcuno anche riguardante Bartolomeo, ai quali non presto troppa attenzione.
Non appena tocca a me chiedere, rivolgo un sorriso d'incoraggiamento alla ragazza, che, un po' stupita, ricambia, domandandomi:
-Cosa le serve, signore?-
Poi, apparentemente riconoscendo la vecchina, aggiunge, calorosa:
-Signora Alvarez! Come sta? Ho qui della verdura che piacerà anche ai suoi nipotini!-
Lei ricambia, stringendo la mano della ragazza tra le sue, e le risponde con dolcezza:
-Sei un tesoro, Caridad, come sempre... E credo che dovresti ascoltare questo signore.-
Si volta verso di me, con un'espressione che mi fa capire tutto: però, acuta, la nonnina! Sembra essere perfettamente al corrente delle mie intenzioni, ed ha anche l'aria di approvare.
-Buongiorno, Caridad-, saluto, porgendole la destra, che lei stringe non senza un certo stupore.
-Io sono Nicolas Bauer. Vedi, ho saputo dalla signora che... I tuoi genitori...-
Mi interrompo a metà della frase, incerto: non sono bravo con queste cose. In ogni caso, pare aver capito, ed abbassa lo sguardo, imbarazzata:
-Ah.-
Non so bene come continuare, e fortunatamente la Alvarez mi viene in aiuto:
-Tesoro, il dottor Bauer gestisce un istituto per ragazzi come te. E, siccome è davvero un giovane ammodo, te lo posso garantire, mi farebbe piacere che tu andassi con lui.-
-Soltanto per vedere-, preciso io, non volendo spaventarla né metterle pressione.
-Se ti piace, c'è un posto anche per te. Cosa ne pensi?-
Caridad si torce le mani nervosamente, riuscendo soltanto a mormorare qualcosa che suona come'Papà diceva di non andare con gli sconosciuti'.
La signora Alvarez, sorridendo, circonda le spalle della ragazza con una delle sue esili braccia, domandandole con dolcezza:
-E io, sono una sconosciuta?-
Caridad alza nuovamente gli occhi, che brillano quasi mentre risponde:
-Certo che no. Era una cara amica di mia nonna materna.-
-Bene, tesoro mio, fidati di me: segui il signore, starai bene.-

Sciolta dal mezzo abbraccio della donna, la ragazza lascia il banco, abbandonando i clienti un po' spaesati e dirigendosi verso di me, dopo aver mormorato un 'Sì'.
Inizio ad avviarmi insieme a lei, quando mi rendo conto di non aver salutato la mia guida.
-Aspetta qui-, chiedo a Caridad, mentre ripercorro in fretta i miei passi per tornare dalla signora Alvarez, che saluto con simpatia:
-Grazie mille, anche se alla fine la spesa non l'ho fatta.-
Lei ridacchia, divertita. Ed è la sua replica a lasciarmi perplesso:
-Abbia cura di Caridad, e... Benvenuto nel nostro sistema, Bauer.-
-Cosa intende, scusi?-

In tutta risposta, mi tende la mano, presentandosi, finalmente, in maniera completa, facendomi rendere conto tutto d'un tratto di aver superato un esame senza accorgermene:
-Lucilla Alvarez, del tribunale dei minori. Sono certa che farà un lavoro egregio, con la Casa Magica.-


Ancora sconvolto per il modo che ha avuto quella donna di testarmi, e leggermente scombussolato, mi dirigo verso la Casa Magica. La ragazzina accanto a me, durante il tragitto, non ha fatto altro che chiacchierare.
Prima di lasciare definitivamente il mercato, la signora Alvarez mi ha detto non non preoccuparmi, che farà recapitare le cose di Caridad domani, nel caso alla ragazza piaccia il posto. Ma io sono sicuro le piacerà, quindi il problema non si presenta minimamente.
Nell'entrare in casa, però, la mia certezza vacilla.
Prima ancora di rendermi conto di quello che succede, sento un dolore lancinante al viso. Abbasso lo sguardo, mentre una sostanza liquida - sangue, probabilmente - inizia a colarmi dal naso. Sul pavimento, dov'è finito appena un secondo dopo aver distrutto la mia faccia, c'è un oggetto rosso, che identifico immediatamente come scarpa e avanti a me, con sguardo a metà tra il mortificato e il divertito, un ragazzo biondo e robusto.
-IGNACIO PEREZ ALZAMENDI- Urlo, riconoscendo nella figura che ho di fronte uno degli amici di Tefi e Thiago, il figlio del giudice -VUOLE SPIEGARMI COME MAI QUI VOLANO SCARPE?-
-Non era diretta a te, Nicolas..-, balbetta Thiago, rispondendo al posto dell'amico, come se questo spiegasse tutto. Sto per chiedere chiarimenti più approfonditi al ragazzo, quando mi rendo conto che tutta la casa è nel caos più totale.
Jazmìn e Tacho sono in un angolo a litigare. Ormai li conosco bene, e so che questo può voler dire due cose: O che si erano lasciati, ed ora stanno facendo pace, o che stavano insieme, ed ora stanno litigando. Mi prometto di indagare, e continuo a far correre lo sguardo.
Marianella litiga con una ragazza alta e bionda, che non conosco ancora, e con Tefi, che spalleggia la sconosciuta. Il motivo sembrerebbe Thiago, ma non sono sicuro di aver capito bene.
Thiago, Nacho ed un ragazzo con i capelli castani stanno giocando con le loro scarpe, e questo spiega come mai io me ne sia trovata una in pieno volto. Rama cerca di separare Alelì da Monito e Cristobal, che ancora litigano come prima che io uscissi.
La porta, alle mie spalle, si apre per far entrare Luca, appena tornato. Girandomi verso di lui, ho l'opportunità di notare lo sguardo spaesato di Caridad, e la sua bocca spalancata che forma una O.
-C'è un po' di confusione qui, vero?-
Mi chiede Luca, sarcastico, guadagnandosi un'occhiataccia che lui fa diplomaticamente finta di non vedere.
-Qui è peggio di una stalla al momento del pranzo!-, dice la ragazza accanto a me, non esattamente a bassa voce, facendo girare molti dei litiganti verso di noi, e ottenendo quasi lo stesso effetto dei miei ‘BASTA'. Sono impressionato. Tefi si avvicina, forse troppo, e si gira, con sguardo scettico, verso di me.
-E questa? Sarebbe nuova, Nicolas?-
Annuisco ma, notando lo sguardo spaesato di Caridad, mi affretto a specificare:
-Cioè, forse. Dipende da come si troverà.-
In un modo che è totalmente estraneo al carattere di Tefi, considerato anche che 'La nuova' ha appena detto la parola 'stalla', la ragazzina sorride, e tende la mano a Caridad.
-Piacere io sono Tefi. Spero ti troverai bene, e che tu non faccia amicizia con quelle due-.
Parlando, indica Jazmìn e Mar, che nel frattempo si stanno avvicinando a loro volta.
Beh, ora capisco il trucco. Estefania sta cercando di ottenere alleati nella guerra interna della Casa Magica. Sospiro. Almeno l'ha accolta con simpatia, e se è quello che serve per rendere felice la nuova arrivata, mi sta bene. Le metto una mano dietro la schiena e mi giro verso i ragazzi.
Anche quelli che ancora chiacchieravano, mentre mi schiarisco la voce, fanno silenzio.
-Ragazzi. Lei è Caridad. Spero la tratterete bene, perché da oggi starà qui con noi-.
In pochi secondi, la nuova viene attorniata dalle ragazze, e mi sento davvero soddisfatto di me stesso.
'Bravo, Nico', mi permetto di pensare, mentre estraggo un fazzoletto per asciugarmi quel po' di sangue che sento ancora sotto il naso dopo lo scontro con la calzatura di Nacho.
'Hai fatto un bel lavoro, sì. In fondo, come primo giorno ufficiale non c'è male...'
Potrei continuare ad auto-elogiarmi, se soltanto le grida non fossero diventate talmente forti da coprire anche i miei pensieri. E adesso, cosa succede?
Rassegnato, tento di mettere a fuoco la scena: spero per i ragazzi che non se la stiano prendendo con la nuova, o dovranno vedersela con me.
Ma no, sarebbe troppo anche per loro; infatti, a quanto vedo Caridad si trova nel vivo della discussione, che al momento infuria particolarmente tra Nacho e Mar, ma nel ruolo di paciere: questa ragazza mi piace sempre di più.
-Avanti, su, non vale la pena litigare...-
Mar le poggia una mano sulla spalla, con l'aria di chi sta per dire qualcosa di davvero importante:
-Certo che no, hai ragione, litigare è sbagliato... Cosa ne dici di spaccargli la faccia, invece?-
E salta su come un grillo, mentre a me si rizzano i capelli al solo pensiero di quale potrebbe essere la reazione del giudice se qualcuno osasse toccare suo figlio.
Lui, d'altra parte, sembra mettercela tutta per prenderle, lo devo ammettere; ha appena infilato sono una serie di battute davvero fuori luogo sul conto dei ragazzi (i MIEI ragazzi), e Mar non è tipo da lasciargliela passare liscia.
Fortunatamente, interviene anche Tefi:
-Su, finitela... E date il benvenuto come si deve a Caridad!-
Davvero queste parole sono state pronunciate da Estefania Elordi Rinaldi? Oggi sta decisamente accadendo un miracolo; deve aver proprio bisogno di alleati, non c'è che dire.
Mar sembra un po' riluttante, sbuffa, ma poi si rassegna al fatto che per una volta sua sorella ha ragione. Dopo aver rivolto l'ultimo sguardo minaccioso a Nacho, si rivolge alla nuova arrivata, con un largo sorriso:
-Io sono Marianella, ma puoi chiamarmi Mar. Molto piacere!-
Questo dà il via alle presentazioni, e in meno di un minuto tutti hanno stretto la mano a Caridad, dicendo nomi, cognomi, eventuali soprannomi (ho così appreso che la ragazza alta e bionda si chiama Melody).
Tutti, tranne il ragazzo moro che giocava con le scarpe insieme a Thiago e a Nacho; se ne sta in un angolo, visibilmente imbarazzato, e fissa i lacci delle sue Converse come se fossero la cosa più interessante del mondo.
Noto che Caridad, pur rispondendo a tutti con sorrisi e parole gentili, negli ultimi minuti è rimasta concentrata proprio su di lui. I suoi occhi lo osservano, la fronte si corruga appena.
-Scusatemi-, sussurra quasi agli altri, sottraendosi alle attenzioni generali tra la curiosità di tutti, per avvicinarsi al giovane eremita.
-Ciao...-, saluta, timida, facendo un cenno appena percettibile con la mano.
Lui si decide ad alzare lo sguardo; se non ho visto male, accenna anche un sorriso.
-Ciao. Scusa se... Non mi sono presentato.-
Parla piano e separa le parole, tipico dei timidi. Strano, non si sarebbe detto, prima, mentre lanciava scarpe.
-Mi chiamo Simon. Simon Arrechavaleta... Sono un amico di Thiago.-
Vedo quell'angelo che è appena giunto alla mia fondazione sorridergli ancora, e accovacciarsi di fronte a lui.
- Io sono Caridad. Caridad Martina Cuesta. Va tutto bene? -
Inclina la testa, chiedendosi cos'abbia il ragazzo. E, sinceramente, sto iniziando a chiedermelo anche io, nonostante non sia sotto la mia tutela.
- Sì, tutto bene... -, dice lui, decisamente poco convinto, ma almeno sciogliendosi un po'. Lei non sembra crederci, ma si lascia cadere sul pavimento, e parla con lui.
Mi fa piacere che abbia fatto amicizia.
Sono convinto che Caridad porterà molta luce in questa casa.

Ehilà, salve a tutti!
Eccoci tornate (forse con un po' di ritardo)
con un nuovo capitolo...
Che, chiaramente, speriamo vi piaccia :)
Se siete arrivati fin qui, vi ringraziamo per aver letto! ;D
_Milla3 e LaliX

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Capitolo 4
*** Un mare di guai. ***


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Capitolo 5
*** L'Isola di Eudamon ***


Se dovessi scegliere una parola per questi primi mesi di scuola, sceglierei  'faticosi', anche se probabilmente sarebbe sbagliata, visti i miei voti disastrosi in Lingua, così come in tutte le altre materie.
Non ho mai richiesto un trattamento di favore, ma a volte mi pare che i miei professori non ricordino bene che ho vissuto sulla strada, e che fino a pochi mesi fa non ero neanche capace di leggere. Già, grazie a Rama. Peccato solo che da quando è arrivata quella nuova, Valeria, sembra che Rama abbia sempre meno tempo per farmi da tutor negli studi.
Per questo sono qui, seduta sulla scrivania dello studio di Nicolas, che lui mi ha gentilmente offerto per non avere distrazioni esterne, con un libro di narrativa in mano, ed una poesia di Pablo Neruda che sono sicura mi piacerebbe anche, se solo non mi confondesse tanto.
'Andiamo Mar, non è difficile' mi dico, cercando di farmi coraggio 'In fondo, anche noi della band siamo un po' poeti.'
Finisco a fatica gli esercizi sotto la poesia, rendendomi conto solo all'ultimo minuto di averne sbagliati la metà. Sospiro: domani copierò dalla mia compagna di banco.
Apro il diario, pronta ad iniziare i compiti di matematica, quando noto sotto l'assegno di narrativa un altro brano che non avevo notato.
Scorro lentamente con il dito verso la pagina segnata, rendendomi conto con un sospiro di sollievo che non è un'altra poesia, bensì una leggenda.
Il sorriso che mi era spuntato nel momento in cui avevo superato la sezione poesie mi si affievolisce, mentre mi rendo conto che è illeggibile. Strizzo gli occhi, cercando di capire le parti che non sono in arabo (Greco? Ostrogoto? Cinese?), ma visto il mio scarso talento nella lettura, e lo scrittore che evidentemente s'è impegnato per rendere tutto incomprensibile, il mio proposito si ritrova presto vano.
Proprio a fagiolo la porta si apre, lasciando entrare Luca. Contenta e sperando d'ottenere aiuto, prendo il libro in mano e mi dirigo verso lui.
- Franchini! -
Esclamo, vedendolo sobbalzare. Mi rendo conto che avanti alla porta c'era il cartello 'Non disturbare', e che lui non ha seguito l'ordine.
-Tranquillo, non dirò a Nicolas che hai disturbato-
Dicendo questo, gli do un colpo di gomito
-Ovvio, sempre se mi aiuterai a decifrare questo brano. La Isola di Eudamon, dice. Ne hai mai sentito parlare? -
E chissà perché, vedo gli occhi di Luca ridursi a due fessure, mentre scuote un po' troppo velocemente la testa.


-Stanno iniziando a capire.-
Le parole di Luca Franchini risuonarono come colpi di pistola nel silenzio del laboratorio della CC Corporation, interrotto fino ad allora soltanto dall’incessante ticchettio provocato dal digitare frenetico sulle tastiere dei computer di ultima generazione che riempivano la stanza.
La notizia parve non turbare molto l’autocontrollo della donna bruna che rispondeva al nome di Franka Mayerhold; senza nemmeno distogliere lo sguardo dallo schermo del suo PC, domandò, con voce impostata:
-Cosa te lo fa pensare?-
Il giovane non replicò immediatamente; preferendo i fatti alle parole, estrasse da una delle tasche dei pantaloni un foglietto ripiegato con cura, che stese con altrettanta attenzione usando la propria coscia come piano di appoggio, per poi porgerlo a Franka, che lo ricevette con delicatezza, prendendolo tra pollice, indice e medio della mano destra.
-Era sul libro di narrativa di Mar-, spiegò il ragazzo, mentre osservava con apprensione ben celata gli occhi della donna correre veloci da una riga all’altra del testo.
-‘L’Isola di Eudamon’…-, mormorò Franka, sovrappensiero, ripetendone il titolo.
Anche Charlie, nel frattempo, si era avvicinato, sempre più interessato alla questione; Franka poteva anche essere la ‘seconda’ del Grande Capo, chiunque egli fosse, ma se c’era tra gli uomini della CC un esperto di leggende Pruniche (oltre che, all’occorrenza, di cinematografia), quello era lui.
Posizionatosi dunque alle spalle della donna in modo da riuscire a vedere bene il foglio, dopo la lettura, in virtù delle sue supposte conoscenze superiori in materia, sentenziò:
-Un libro di scuola che parli di Eudamon è qualcosa di più unico che raro, faccio i miei complimenti all’autore… Ma una buona metà di quanto c’è scritto è robaccia, semplici superstizioni.-
Franka roteò quasi impercettibilmente gli occhi, infastidita: già le era difficile sopportare Charlie quando questi si manteneva in silenzio, ma iniziava anche a darsi arie da professore, adesso, quel buffone!
Ferrea nella sua logica e determinata a non dare ragione all’uomo per nessun motivo al mondo, trovò il modo di contestare:
-Ciò vuol dire che rimane un 50% di verità. E, considerando che si tratta di una storia sconosciuta ai più, non è male come percentuale.-
Quest’osservazione non ricevette replica, dunque la discussione filologica non ebbe grandi sviluppi.
Dopo qualche secondo di pensoso silenzio, Franka parlò di nuovo:
-Quindi, tu credi che Mar abbia…-
-Forse no-
, rispose Luca, anticipando i pensieri della donna, così come lei stessa gli aveva insegnato anni prima.
-E’ venuta a chiedermi aiuto, non capiva il significato. Ma temo che abbia intuito qualcosa.-
Franka, forse per la seconda volta durante l’intera conversazione, sollevò lo sguardo, andando ad incrociare quello di Luca.
-Del resto, doveva succedere, prima o poi. Lo sapevamo- commentò infine, a voce così bassa che Charlie, il cui orecchio era meno allenato di quello di Luca, quasi non la udì.
-La cosa importante- aggiunse, alzando il tono in modo che il messaggio fosse ben chiaro a tutti, anche a quelli occupati con i computer
-E’ che, quando scopriranno davvero qualcosa, noi dovremo esserci. Per controllarli. Sviarli, sì, ma anche guidarli… lungo il cammino che a noi conviene.-


Sono ancora con quel libro di scuola in mano. Luca non è riuscito a decifrare quelle scritte, e sì che si è impegnato, e sono leggermente scombussolata.
Non riesco a spiegarmene il motivo. In fondo, a scuola, tra poco meno di un'ora, potrò dire semplicemente alla professoressa di non aver capito, e nessuno si stupirà.'Rinaldi non ha capito? Beh, di certo non è una novità'. Già me la vedo, a sbuffare e a rendermi ridicola avanti a tutti, come suo solito.
Ci sono abituata, vero. Infatti non è questo che mi preoccupa.
Quello che mi preoccupa è quel brano, quello che mi preoccupa è il fatto che non riesco a spiegarmi perché mi mette fino a questo punto in agitazione.
Mi sembra importante, tanto. Mi sembra che ci sia qualcosa da scoprire. 'Oh andiamo, Mar, non farti problemi.' mi dico, posando il libro nello zaino, ed uscendo di casa senza nemmeno fare colazione. Non ci riuscirei, con il buco nello stomaco che ho.
Arrivo in classe in anticipo, trattenendo la voglia che ho di cacciare ancora una volta il libro. Per fortuna letteratura è alla prima ora.
- Buongiorno ragazzi -
La professoressa entra, e tutti ci alziamo in piedi. Appena dopo l'appello, come se non avesse nulla da perdere, apre il libro di narrativa.
- Forza, parliamo della leggenda sul minotauro -
Dice, e tutti annuiscono. Spiazzata, alzo la mano per chiedere la parola. Il minotauro?
- Cosa c'è, Rinaldi? -
- Professoressa, per oggi non c'era la leggenda dell'isola di Eu..Eudamon? -
All'ultimo momento mi confondo con la pronuncia, facendo ridere tutta la classe. O forse ridono perché, a quanto sembra, ho sbagliato il brano per casa.
Eppure è impossibile, ho controllato parecchie volte, sperando di sbagliarmi, e che in realtà ci fosse un assegno più semplice.
- Non so di cosa parli, Rinaldi. E di certo non ho la più pallida idea di cosa sia questa.. Eudamon. -
- Ne è sicura? -,
le chiedo, stranamente nervosa. Per me ormai è vitale scoprire cosa si nasconde dietro quel brano, e ho sperato tanto di avere spiegazioni, in classe.
- Ne sono sicura, non mi dice nulla. Se non .. Beh, mi ricorda la parola greca, Eudaimonìa, felicità. Ma niente di più. -
Quasi con le lacrime agli occhi per la frustrazione, mi dirigo verso la cattedra, con il libro in mano.
- Guardi, qui c'è scritto 'L'Isola Di Eudamon'. Perché il mio libro è così?-
- Oh, non lo so -
sembra stupita -chiederò all'editore e ti farò sapere, magari la tua è una versione più vecchia -
Sospiro: so che non chiederà un bel niente. La giornata trascorre lenta, ed una volta tornata a casa, corro dai miei amici… Loro mi daranno ascolto.
- Ragazzi leggete qui -
Porgo il libro a Rama, che inizia ad osservarlo, strizzando gli occhi. Lo guardo mentre si concentra, e probabilmente ha la stessa espressione che avevo io, il giorno in cui lui mi insegnò a leggere.
- Alcune cose si capiscono - conclude alla fine -o almeno quelle in castellano. Però le altre lingue non le conosco.-
Tutti lo guardiamo, e gli occhi a forma di punto interrogativo che hanno Jazmìn, Tacho e Thiago devono essere gli stessi che ho io. Rama se ne accorge, ed inizia a spiegare.
- Eudamon, secondo la leggenda, è un'isola fluttuante, abitata da bambini felici. Per arrivare ad Eudamon...Qui si blocca..Cioè, c'è un'inscrizione in una lingua straniera..Ma che cosa vi insegnano, a scuola?-
Sospiro.
-Sugli altri libri non c'è scritto, c'è solo sul mio. E quando l'ho mostrato a Luca sembrava nervoso, e quel ragazzo non me la conta giusta. Ragazzi, qui c'è qualcosa che non va!-
Loro mi guardano, sembrano seri. Dio, spero di averli convinti. Poi, ad uno ad uno, partendo da Jazmìn, e colpendo pian piano Tacho, Thiago, e infine Rama, iniziano a ridere.
Trattenendo le lacrime d'umiliazione, socchiudo gli occhi.
-Sì, avete ragione-, mormoro, cercando di sembrare convinta -ho appena detto una stupidaggine.-
-Tranquilla Mar- mi sorride Jazmìn, rivolgendosi poi agli altri -vi va di mangiare fuori, oggi?–


Certo che non è giusto, però.
Lancio la millesima, disperata occhiata all’orologio che è appeso al muro, appena mezzo metro sopra la lavagna: le otto e cinquanta, ancora.
Mi sorreggo la testa con una mano, tentando di resistere al sonno… Sarà una lunga giornata.
Io non ho un’ostilità particolare nei confronti della scuola: è certamente meglio che fabbricare bambole o rubare. Ciò non toglie che non sia esattamente la cosa che mi rallegra le giornate. Se almeno fossi in classe con qualcuno degli altri! Non tutti, eh, soltanto un paio.
Thiago, Tefi e i loro amici… Beh, lo sapevo dall’inizio che non saremmo stati insieme: quelli vanno a scuola da quando avevano cinque anni! In ogni caso, fatta eccezione per Thiago, non mi dispiaceva più di tanto non doverci avere a che fare, almeno durante le prime ore della giornata.
Mi aspettavo anche di essere in una classe diversa rispetto a Rama, che è l’unico che anche quando c’era Bartolomeo s’ingegnava per studiare; passi anche per Jazmìn, che magari a scuola non c’è andata per molto tempo, ma ha comunque avuto dei genitori che, prima di morire, un po’ di cose gliele hanno insegnate, e per Tacho, che invece è stato più o meno istruito da quelli del teatro.
Esclusi praticamente tutti i miei amici, speravo che almeno qualcuno dei nuovi fosse nella mia situazione. Ma no: Caridad era abituata a studiare, Luca sembrava sapere quello che bastava (anche se nessuno sapeva spiegarsi come) e comunque è più grande di me ed è saltato fuori che persino Valeria, che in fondo è uscita da un riformatorio pure lei, un minimo di scuola l’aveva frequentata, anche se in maniera molto irregolare.
Insomma, per farla breve, la più ignorante della Casa Magica sono risultata io, con mio grande imbarazzo.
Ho provato a far notare a Nico che se io avevo il freno a mano bloccato non era mica colpa mia, ma del meccanico: agli altri l’aveva riparato, il motore, mentre io non avevo mai fatto un controllo in quindici anni e mezzo!
Lui, però, dopo averci impiegato circa mezz’ora per capire cosa intendevo (guarda tu, sono tanto istruiti ma poi le metafore così chiare non le afferrano), ha detto che era d’accordo con me, che sicuramente la responsabilità non era mia, ma purtroppo non poteva farci niente, se il direttore del Rockland era sicuro, in base ai risultati degli esami, che l’anno giusto per me fosse il primo.
Ed è per questo, che sono bloccata in quest’aula con la signora Simpatia, altrimenti detta prof di Lingua, in banco con un ragazzino la cui attività preferita è fissarmi con la bocca spalancata e circondata da persone ancora più basse di me.
Mentre la prof si lancia in un appassionato monologo sugli avverbi, mi appello di nuovo all’orologio: niente da fare, sono solo le otto e cinquantadue.
Devo fare qualcosa per svegliarmi, e riuscire a resistere almeno all’ora di Grammatica, la mia bestia nera. Un’ora soltanto, e il peggio sarà passato.
Nel disperato tentativo di distrarmi, mi ritrovo a sfogliare il libro di narrativa, che abbiamo all’ora seguente. Dopo qualche secondo, mi accorgo di averlo aperto, senza volerlo, alla pagina della leggenda di Eudamon.
Accarezzo quei caratteri misteriosi con la punta delle dita, mentre un dubbio torna a tormentarmi la mente.
Di certo la prof ha ragione, e questa storia c’è solo sul mio libro perché si tratta di una vecchia edizione.
Di certo i ragazzi hanno ragione, e Luca non ha affatto reagito in maniera insolita.
Di certo tutto ciò non vuol dire proprio nulla, e mi sto immaginando le cose.
E allora, perché non riesco a liberarmi della strana sensazione che non sia affatto così?

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