Solo una volta

di fri rapace
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


“È un’opportunità che viene concessa una volta sola nella vita…cioè, nella morte,” si corresse subito James, storcendo la bocca in una smorfia buffa che non riuscì ad annullare totalmente il tremore delle sue labbra. “Il nostro turno è stato molto tempo fa.”
Era raro vederlo triste, durò solo un attimo. Lily, in piedi accanto a lui, gli strinse forte la mano.
Remus e Tonks tacquero educatamente, solo quando la commozione abbandonò i loro volti, lui si azzardò a chiedere:
“E se Teddy ci riconosce?”
Pensava soprattutto a Tonks, nell’aldilà lui era parecchio più giovane e molto meno trasandato di quando era in vita e Teddy aveva potuto conoscerlo solo attraverso le foto del loro matrimonio, ma lei non era molto diversa da quello che era stata.
“Ma lui sa già tutto, vi sta aspettando.”
 

 
 
 
Un prologhino breve breve, per una ff ‘regalo di compleanno’ (un po’ in anticipo).
Spero di non dover far aspettare troppo per un aggiornamento – sono molto incasinata -  come sempre ringrazio chi avrà la pazienza di leggere e aspettarmi ^^

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Ci fu un’improvviso lampo di luce, che li costrinse a serrare gli occhi. Quando li riaprirono, scoprirono di essere in un posto completamente diverso; era reale, pieno di vita: la cameretta di un bimbo.
Remus frugò nella memoria, sforzandosi di far coincidere l’immagine della stanza di Teddy con quella in cui si trovava, ma la ricordava molto diversa.
Incapace di muoversi, aguzzò la vista, frugando febbrilmente tra le sbarre del lettino bianco che occupava il centro della stanza.
L’unica illuminazione era offerta dalla fessura verticale tra le imposte della finestra, che rovesciava una striscia di luce sul fagotto che respirava pacifico sotto a un lenzuolino rimboccato con cura.
Remus colse un movimento al suo fianco e ricordò di non essere solo: Tonks, non meno scossa di lui, si era portata una mano alla bocca. Un attimo dopo era già volata fino al lettino, le braccia tese verso il fondo, le dita che sfioravano con amore infinito le labbra del piccolo dormiglione.
“Dora…” riuscì a strapparsi di bocca. Vederla così ricordandola da viva nello stesso atteggiamento gli bruciava dentro.
Lei non rispose, ma dai lievi sussulti della sue spalle capì che stava piangendo.
“Dora?” ritentò, incapace di muovere un solo passo verso di lei. Di loro.
“Ha i capelli rossi…” singhiozzò con un certo sforzo.
“Sì?” la incoraggiò precipitosamente, pregando che trovasse la forza di proseguire. Era più facile rivedere Teddy in maniera graduale, attraverso gli occhi della mamma. I suoi non erano ancora pronti, si sarebbero certamente rotti una volta inquadrato il bel faccino.
Lei trafficò goffamente con il lenzuolo, e per un attimo temette che l’avrebbe sollevato tra le braccia, abbandonando la descrizione.
“Non cambiano colore,” mormorò invece. “Lo accarezzo, ma…”
“Forse non si ricorda di te, non sappiamo quanto tempo è passato.”
Fu subito pentito della sua uscita, non avrebbe dovuto dire una cosa del genere.
“Non riconosce la sua mamma? È questo che stai dicendo?”
Dal tono si capiva che pensava fosse quello che meritava per averlo abbandonato, cosa che lo fece sentire un verme.
“Io… mi spiace…”
Lei tirò su rumorosamente con il naso, e qualcosa nel suo sguardo era cambiato quando finalmente lo alzò verso di lui.
Si accorse confusamente che teneva qualcosa in mano, capì cos’era solo quando l’oggetto lo colpì sulla pancia.
“È una femmina, Remus!”
“Teddy è diventato una femmina?”
Era davvero quello che gli stava dicendo? Si chiese fissando ottusamente il pannolino spiaccicato sul pavimento.
“Come no, deve essergli caduto il pisello…”
Pur avendone sposata una, non sapeva molto dei Metamorfomagus: erano talmente rari che non esisteva una bibliografia su quei maghi tanto speciali.
“Sul serio?” chiese esterrefatto. “Ai Metamorfomagus può succedere…”
“Di cambiare sesso?” Tonks si grattò pensierosa una guancia, spostando la sua attenzione verso il fasciatoio relegato nell’angolo più buio della stanza. “Beh, all’inizio non te l’ho detto per non spaventarti, poi siamo morti e la cosa ha perso d’importanza.”
La fissò preoccupato, e lei non riuscì a trattenersi per più di un altro secondo.
“Certo che no!” sbottò, scoppiando in una risata liberatoria. “Semplicemente, questa bella bimba non è Teddy! Devi sempre complicare le cose, tu!”
Prese il bimbo dal lettino, portandolo fino al fasciatoio.
“Vedi un po' se trovi l'interruttore della luce, qui è tutto buio!”
“Dora, se non è Teddy, non puoi… lasciala giù!” cercò di persuaderla senza troppa convinzione: gli sembrava felice, lo era sempre quando poteva rendersi utile.
“Hanno sbagliato, fra poco verranno a prenderci per portarci dal Teddy con il pisellino. Mica posso mollarla così, mezza nuda!”
La piccola aveva aperto gli occhi e osservava tranquilla la sconosciuta, non sembrava minimamente turbata dalla loro presenza.
In effetti, aveva un che di familiare…
Perso in quella strana sensazione di déjà vu, non prestò attenzione alla porta della stanza che si apriva silenziosa, lasciando entrare una figura oscurata dalla luce esterna, che la colpiva sulla schiena.
“Ehi, la mia bambina! Che le state facendo?”
Il richiamo improvviso fece voltare Remus di scatto. Si cavò quasi un occhio scontrandosi con la bacchetta che gli era stata puntata contro dal nuovo arrivato: pur chiaramente determinato a non abbassare la guardia, la sua espressione incerta era distinguibile anche nella penombra; sembrava sapesse che non rappresentavano una minaccia.
Tonks si affrettò a consegnargli la bambina.
“Scuuusa!” disse, sinceramente dispiaciuta. “Sta bene, vedi? Volevo solo cambiarla.”
L’uomo la fissò ammutolito per un lunghissimo istante, prima di decidersi a rimettere la bacchetta nella cinta dei pantaloni e prendere la piccola con sé.
Remus lo osservò incuriosito: alto come lui, poteva avere venticinque, trent'anni, e il suo aspetto, da quel che riusciva a scorgere, gli parve curato. Solo i capelli ispidi, che gli ricordavano quelli di James e Harry, sembravano essersi ribellati alla sua scrupolosità. La forma del suo viso, invece… e gli occhi… la sensazione di familiarità  provata vedendo la piccola si rafforzò.
“La porto dalla mamma, voi restate qui. Non-muovetevi!”
Remus e Tonks si scambiarono uno sguardo interrogativo.
“Ma non ve l’hanno detto?” aggiunse con un po’ di malumore prima di andarsene, vedendoli confusi. “Vi stavo aspettando.”






Umh... suppongo si capisca chi sono lo sconosciuto e la bambina, giusto? Spero però non fosse palese fin da subito e di essere riuscita a stupirvi almeno un pochino ^^
Al prossimo capitolo (se vi va)
ciao
Fri

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


“Vi aspettavate di trovare un bambino, non è vero?”
Toccò a Teddy l’onere di rompere il silenzio: aveva atteso per dieci interminabili minuti che i suoi genitori si riprendessero, ma inutilmente.
Gli sarebbe piaciuto sentire la loro voce, il primo impatto era stato troppo inaspettato perché potesse rendersi conto di quello che stava succedendo e il loro aspetto fisico lo metteva a disagio. Suo padre era molto diverso da come l’aveva visto in fotografia, ma anche se sua madre era più o meno la stessa, ciò non cambiava il fatto che era difficile per lui identificarli come suoi genitori... oltretutto dimostravano un discreto numero di anni meno di lui!
Si cullava nell’illusione che forse avrebbe ricordato la loro voce. Victoire, quando era incinta, gli aveva detto che i bimbi, nella pancia, sentivano la voce di chi gli stava accanto e quei nove mesi passati nel ventre materno avevano costituito gran parte del tempo trascorso assieme a loro prima che morissero, preferendo combattere piuttosto che rimanergli accanto.
L’ultima riflessione gli fece stringere la bocca dello stomaco, un vecchio rancore che ogni tanto tornava a fargli visita e che durante l’adolescenza era stato un fedele compagno, uno di quelli che la nonna non avrebbe mai approvato frequentasse, che aveva dovuto tenere nascosto persino a Harry, certo che non avrebbe capito.
Scacciò irritato quella sensazione che viveva come sbagliata, negando che, in fondo, era stata la prima cosa che aveva provato quando li aveva trovati nella camera di sua figlia.
Non si erano spostati dalla stanza, malgrado non ci fosse il mobilio adatto a una riunione di adulti, le seggioline e il tavolino in miniatura dove si erano accomodati tutti e tre gli erano parsi bizzarramente adeguati.
Sua madre sbatté più volte le palpebre e sembrò scoprire, non senza un certo stupore, che i suoi occhi non erano vittima di un Incantesimo di Adesione Permanente fissato al volto del figlio.
“Ho bisogno di bere qualcosa di forte...” borbottò. Inghiottì con una mano uno dei calderoni in miniatura sparpagliati sul tavolo e se lo portò alla bocca, fingendo di deglutirne l’inesistente contenuto.
Teddy avrebbe riso, non fosse che non era affatto sicuro che stesse scherzando.
Mentre era distratto da lei, anche suo padre ritrovò la voce: Harry gli aveva parlato molto di lui e si rilassò, sapeva che ora che si era sbloccato avrebbe preso in mano le redini della situazione.
“Lasciamene un sorso, Dora...” mormorò invece, per poi rivolgersi timidamente a lui:
“Allora... sei... sei diventato un grande mago?”
Non furono le loro voci, ma quella frase... quella frase buttata lì, pronunciata a mezza voce a rendere tutto reale.
Sapeva che era stato con quelle parole che il suo padrino, suo padre e i loro amici avevano brindato alla sua nascita.
‘Vi siete ricordati di me, e siete venuti a prendermi?’ pensò stordito, ringraziando il senso di soffocamento che gli aveva impedito di dire ad alta voce quella frase, tante volte ripetuta nel sonno quando, da piccolo, sognava di loro.
Suo padre nascose gli occhi lucidi chinando il capo e lasciando scivolare i capelli sulla fronte, mentre sua madre si alzava goffamente, la seggiolina incastrata nel fondoschiena al seguito, e gli si gettava addosso, rovesciando entrambi.
“Il mio bambino!” gli singhiozzò contro il collo. “Il mio bambino.”
Sorpreso dall’agguato, si sentì incapace di lasciarsi andare: alzò impacciato le braccia con cui avrebbe dovuto stringerla, ma non ci  riuscì. Un tuffo al cuore e un’enorme vertigine lo colsero quando sprofondò il naso nei capelli rosa acceso: ricordare il suo profumo fu uno scossone emotivo ben più violento della frase del papà.
Pensò che sarebbe scoppiato a piangere - desiderava farlo - ma l’abbraccio finì prima che ci riuscisse.
Sua madre, in piedi davanti a lui, rise con il viso bagnato, cercando di liberarsi dalla sedia.
“Insomma, Teddy, sei un uomo,” disse con singhiozzi che non capiva se fossero dovuti alle risa o alle lacrime. “Proprio un uomo... Più uomo di tuo padre!”
“Ehi!” protestò lui, con un’occhiataccia alla moglie in cui Teddy lesse anche molta gratitudine: le era bastato così poco per alleggerire la situazione.
“Beh, in versione aldilà sei praticamente un pupetto!”
“Davvero?” replicò serio, la voce roca appena un po' incerta. “Perché devo avere circa la stessa età che avevi tu quando ci siamo conosciuti. Sai, Teddy, è la prima volta che ammette che era praticamente una bambina,” gli strizzò l’occhio complice, coinvolgendolo nel gioco. Facendolo sentire parte della famiglia.
“Uh, parla il vecchietto... Infatti, tu come nonno, ok, ci sta benissimo, ma io!” gli occhi scuri le luccicarono. “Perché sono nonna, vero?”
“Dove sono finite tutte le tue obiezioni sul fatto che io non sono troppo vecchio, povero e pericoloso?”
“Io non ho mai detto che non eri vecchio, ma solo che non m’importava,” lo liquidò disinvoltamente lei, per poi rivolgersi a lui con evidente trepidazione. “Teddy, raccontaci, vogliamo sapere tutto di te!”
“Raccontatemi prima qualcosa voi. Di noi.”
Pensò che fosse quello di cui aveva bisogno, che glielo dovevano.
Lei si prese un minuto per riflettere.
“Remus, dì a Teddy quello che ripetevo sempre quando ero incinta e lo accarezzavo attraverso il pancione!”
Lui gli fece un mezzo sorriso.
“Credo fosse... mmm… ‘ho fame’.”
“Ma che dici! Ti sbagli! Sono sicura fosse qualcosa di più commovente!”
“Ne sono certo. Ti accarezzavi lo stomaco e... hai iniziato a guardarmi con certi occhi che ho temuto seriamente per la mia incolumità, l’ultimo mese!” Lei gli diede uno sberlone sulla nuca, poi si fece triste. Aveva capito che non aveva molto da offrirgli in fatto di aneddoti famigliari e un senso di trionfo che lo fece sentire molto cattivo lo colse.
“È comunque commovente, però,” ritrattò suo padre, dispiaciuto.“È grazie alla tua fame se ora Teddy va matto per gli Zuccotti di Zucca e le salsicce.”
Era vero e ne fu sorpreso, ma non quanto sentirsi mentire indispettito:
“Mai piaciuti, anzi, li ho sempre odiati entrambi.”
Li aveva feriti, lo sapeva, ma il senso di colpa non gli impedì di pensare che se lo meritavano: anche a lui aveva fatto male capire che pensavano davvero di conoscerlo; loro, che avevano scelto di lasciarlo solo.
“Sei arrabbiato?” tentò sua madre, torturando con le mani l’allegra maglietta che indossava. “Hai la stessa espressione di quando ti eri appena fatto addosso qualcosa…”
Teddy, suo malgrado, si sentì arrossire violentemente.
“Non te la prendere, i genitori servono a questo: metterti in imbarazzo,” gli disse papà con tono pacato.
“Tu non hai niente da insegnarmi,” rispose tra i denti. “Io sono stato padre per molto più tempo di te.”
Suo padre si sporse verso di lui alzando le mani e fu certo che l’avrebbe colpito. Desiderava che lo facesse, gli avrebbe offerto l'occasione di sfogare quel rancore che si portava dentro da tanto, troppo tempo.
Invece allargò le braccia, mostrandogli i palmi vuoti.
“Allora insegnami,” lo pregò, osservando speranzoso la porta socchiusa della stanza: due paia d’occhi sbirciavano attraverso la fessura.



Ecco finalmente il capitolo! Ebbene sì, l'uomo era Teddy e la bambina sua figlia :-)
Di Victoire credo non si sappia nulla, per cui cercherò di eliminare quanti più cliché possibili su di lei, e di rendere il più 'unico' possibile Teddy.
Ciao ciao
Fri


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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Tonks non aveva notato che qualcuno stava sbirciando la loro conversazione, era troppo presa a cercare un punto d'incontro con Teddy: avevano solo quell'occasione per appianare le cose con lui e non c'era nulla che potesse convincerla ad arrendersi!
Nonostante i sensi di colpa, non considerava le proprie scelte sbagliate, ma capiva quanto fossero difficili da accettare per lui.
Teddy non aveva ancora trovato nulla da ribattere al padre e lei decise di approfittare dell'attimo di tregua.
“I tre livelli di punizione?” suggerì.
“Come?” fece lui. Colto così, alla sprovvista, il suo viso tornò ad essere quello innocente e dolce del suo piccolino. Avrebbe voluto abbracciarlo ancora, tenerlo stretto per tutto il tempo che rimaneva loro, ma sapeva che a lui non sarebbe bastato, gli adulti faticavano a riconoscere l'amore quando era espresso solo a gesti, senza l'intervento chiarificatore delle parole.
“Beh, come metodo educativo,” spiegò. “La nonna li ha usati anche con te, scommetto!”
A Teddy sfuggì suo malgrado un sorrisetto.
“Primo livello: niente Metamorfosi per una settimana. Secondo livello: niente bacchetta per una settimana. Poi c'è il terzo, ma comunque no, no, non li ha usati...”
“Oh,” mormorò Tonks, delusa. Era così ben informato che sperava di aver finalmente centrato un argomento che potesse rappresentare un punto d'incontro tra di loro.
“...li usa tutt'oggi!” finì lui, in tono scanzonato. Tonks provò un senso di vittoria: aveva fatto centro! Parlare della donna che aveva cresciuto entrambi  gli aveva fatto persino accantonare, almeno momentaneamente, il muso lungo. “Giusto l'altro ieri una delle sue ciabatte preferite mi ha colpito sul... ehm...” indicò vagamente il ginocchio. “Il terzo livello è ormai l'unico che può impormi... ma questo non è un ostacolo sufficiente a farla desistere dal punirmi!”
“Bugiardo! Era sul cul... ehm... basso-schiena!”
La vocetta venuta dal fondo della stanza spinse tutti e due a voltarsi nella direzione dove Remus guardava da un po'.
La porta si accostò prudentemente, lasciando solo uno spiraglio minuscolo.
“Pettegola...” brontolò Teddy, mettendo su un'aria di rimprovero palesemente fittizia. “Comunque, in mancanza di prove tangibili, io continuo a sostenere la mia versione dei fatti.”
Remus gli si rivolse in tono posato:
“Bisogna ammettere però che le sculacciate, per loro stessa definizione, vengono inferte sul...” si finse in difficoltà, sforzandosi di rimanere serio.
“Sotto-schiena!” gli venne suggerito a mezza voce.
“Se le due impiccione non tornano subito dalla mamma, sarò costretto a partire con i miei innumerevoli livelli di punizione!” minacciò Teddy.
“Ma noi siamo con la mamma. E' qui dietro di me!”
La porta si chiuse di botto, riducendo a un brusio appena percettibile le risatine complici della famiglia di Teddy.
“Ma in quante sono la' dietro?” chiese Tonks, che non stava più nella pelle dalla curiosità. “Non ce le presenti?”
“Ho due figlie, oggi si chiamano Pallallegra la piccola e Aurorabella la grande.”
“Per Merlino!” sbottò lei, sconvolta. Questo poteva voler dire solo una cosa: l'irreparabile era accaduto! “Hai permesso a mia madre di scegliere i loro nomi?”
Remus cercò subito di rimediare alla sua uscita, che aveva inspiegabilmente ritenuto poco carina:
“Dora, ma cosa dici? Sono dei nomi molto... ehm... interessanti,” disse svelto, ordinandole con lo sguardo di non contraddirlo.
“Sono persino peggio di Ninfadora!” sottolineò lei, accecata dall'intenso senso di solidarietà nei confronti delle sue povere nipotine.
Teddy non sembrava affatto offeso.
“No, c'è un equivoco... ho detto che oggi si chiamano così. Auro... bella, o come Merlino era, inventa un nome diverso per lei e sua sorella ogni giorno. Questi li ha scelti per voi, tipo in vostro onore...”
Non riuscì a nascondere l'impaccio, sembrava pronto a difendere la fantasiosa passione della figlia da ogni critica e allo stesso tempo desideroso di sentirsi rassicurato dalla loro approvazione.
Tonks lo trovò molto tenero.
“La bimba è simpaticissima,” lo tranquillizzò. “Davvero forte. E la mamma...?”
“Victoire.”
“Sul serio?”
“E' il suo vero nome, sì.”
“Ha un nome francese,” notò subito Remus. Lei lo trovava così fantasticamente normale che non ci aveva pensato.
“Sì. Beh, Fleur è francese e Bill non ha difficoltà ad adeguarsi ai suoi gusti.”
Un silenzio stupefatto calò nella stanza, fino a che Tonks esplose:
“Loro... sono i tuoi suoceri?”
“Sì.”
Bill passi, ma immaginava il delirio di lei e Fleur consuocere. Loro due che organizzavano il matrimonio dei figli... assieme. Che volevano dire la loro sui nipotini! Ci sarebbe stato da divertirsi! Un senso di vuoto le diede il capogiro, ma non intendeva permettere alla nostalgia per quella vita che era proseguita senza di lei di toglierle la voglia di continuare quell'avventura. Perché lei e Remus avevano scelto di 'andare avanti', anche nell'aldilà.
“Ti vogliono bene?”
Era stato Remus a parlare, il nervosismo tradito dalle mani strette in grembo.
Teddy sembrò stupito dalla domanda.
“Sì, certo. Tutti mi vogliono bene.”
“Anche noi, lo sai?”
Teddy chinò il capo, i capelli spinosi, tali e quali a quelli materni, assunsero una sfumatura azzurrina.
“Sono stato innamorato della mamma. Avevo otto anni e andavo sempre in giro con una sua foto,” confessò. “Non ho foto di te da piccolo, papà, ma cercavo di modificare il mio aspetto per esserti il più possibile simile, per piacerle. Perché se persino mia madre aveva preferito un altro uomo a me, credevo che sarei stato amato solo assomigliandoti.”
A Tonks le sue parole fecero molto male: si sporse verso di lui, prendendogli il viso tra le mani.
“Io non ti ho preferito a un altro uomo, Teddy, lui non è un altro uomo, è tuo padre. Ho scelto di combattere al suo fianco, l'abbiamo fatto per te.”
“E' quello che dicono tutti. Non ci credo. Io non avrei lasciato le mie bambine...”
“Le avresti lasciate, invece.”
Remus aveva parlato con durezza, la sua era un'affermazione che non ammetteva repliche.
“Tu non mi conosci, non ti permettere!” lo assalì Teddy, e la sua rabbia calò di tono la voce dell'altro, che si fece triste.
“Le avresti lasciate perché le ami.”
“Non è così che funziona, papà. Ti sbagli.”
“No, è lui che funziona così!” precisò Tonks. “E hai ragione, sbaglia quasi sempre. Ma dovevamo combattere, Teddy, se Voldemort avesse vinto, non ti avrebbe permesso di continuare a vivere.”
Teddy non aveva conosciuto sulla sua pelle le discriminazioni subite da Remus e, dopo il loro matrimonio, anche da lei, era palese dalla sua difficoltà a capire le loro ragioni. Ne era grata, forse non li avrebbe mai perdonati, ma ora aveva la conferma che il mondo migliore che avevano desiderato per lui esisteva davvero. Il loro sacrificio non era stato vano.
“Vieni via con noi...” chiese inaspettatamente Remus. Tonks sperò che fosse una qualche tecnica per farsi intendere da Teddy, ma capì che la supplica gli era scappata involontariamente. Era così imbarazzato che sembrava rimpicciolire a vista d'occhio, per cui decise di intervenire.
Teddy, però, fu più svelto:
“Volete andare di la', suppongo. Certo che vengo con voi, non vi lascerei mai in balia delle mie streghette da soli,” risolse, anche se aveva capito che il padre intendeva dire tutt'altro. La gratitudine negli occhi di Remus per aver rimediato alla sua debolezza era tangibile.
“Grazie,” mormorò.
Tonks gli strinse la mano, per fargli coraggio. Per farsi coraggio.




Avevo questo capitolo pronto da un po', ma non mi convinceva molto... in realtà ancora non mi convince, ma non riesco a risolverlo diversamente, per cui... spero vi piaccia lo stesso :-)
Ps- comunque Fleur e Tonks consuocere sono uno scenario di cui dovrò per forza scrivere, prima o poi XD

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Remus seguì Teddy a capo chino, si vergognava molto per la sua ultima uscita e si chiese perché, invece di arrabbiarsi, suo figlio gli avesse teso una mano in segno d'aiuto. Forse, intuì, perché l'aveva finalmente fatto sentire desiderato.

Entrarono in una grande stanza che faceva sia da salotto che da cucina, preceduti dalle donne di casa.

Victoire, la moglie di Teddy, era una Weasley, non vi erano dubbi: aveva i capelli rossi lunghi fino alle spalle e una miriade di lentiggini che la facevano sembrare più giovane di quello che, supponeva, fosse. Malgrado fosse vestita in maniera semplice aveva un certo fascino, di cui pareva essere inconsapevole.

Teneva in braccio la bambina che avevano scambiato per Teddy: doveva avere circa sei mesi ed era paffutissima, con i pochi capelli che sembravano una nuvoletta posata sulla sua testolina.

“Papà, ma io non pensavo che i nonni sarebbero stati così!” protestò la bambina più grande, facendosi avanti dopo un attimo d'indecisione.

Doveva avere circa otto anni, valutò, e, come la sorella, era davvero molto carina.

“Neanche io pensavo sarebbero stati così giovani,” la rassicurò Teddy, che ora pareva molto più rilassato.

“A parte quello,” rispose secca lei, come se considerasse la motivazione esposta dal padre così scontata da ritenere offensivo che le fosse stata attribuita. “Pensavo che ti avrebbero fatto contento, invece no, li odi! Quando mi parli di loro sembra invece che gli vuoi bene!”

“Ma no che non li odia,” si intromise Victoire, rivolgendosi non alla figlia, ma a lui e Tonks. “E' solo molto emozionato e nervoso, e sai che quando il papà è in quello stato d'animo fa tutto alla rovescia, dando troppa importanza a quello che, per lui, ne ha di meno.”

Remus e Tonks trattennero il fiato, aspettando che Teddy la contraddicesse, ma non lo fece.

Remus, pur senza riuscire a scacciare del tutto la paura di illudersi, si sentì rincuorato: lei sembrava conoscerlo molto bene.

La bambina, di cui ancora ignoravano il vero nome, si dondolò sui talloni.

“E' vero, è così pasticcione!” convenne con aria saggia. “A me riescono benissimo gli Incantesimi Domestici!” si vantò, come per rimediare alla brutta figura fatta dal papà: se lei era brava, doveva esserlo anche lui, che l'aveva cresciuta “Me li hanno insegnati le mie nonne-bis.” Alzò una mano e puntò un indice verso Tonks. “Invece tu eri un disastro con quelli. Lo dicono le mie nonne-bis.”

“Tutte e due?” gemette Tonks, facendo una smorfia buffa.

“Eh, mi spiace tanto, ma sì,” sospirò la bambina, avvicinandosi e dandole delle piccole pacche sul dorso della mano.

“Secondo me io sarò Smistata nella Casa del mio papà, quando andrò a Hogwarts,” proseguì inarrestabile, senza prendersi la briga di controllare se il suo gesto consolatorio avesse funzionato.

Tonks non riuscì a trattenere un mezzo sorriso.

“Cioè a Serpeverde, scommetto.”

“No-no,” venne pazientemente corretta “Il papà sembra un po' come nonna Andromeda, a volte, ma è perchè vuole darsi un tono...”

“Io non voglio darmi un tono,” protestò Teddy, che però venne completamente ignorato da entrambe.

“Ma in realtà è proprio un Tassorosso.”

Remus sentì qualcosa pungolarlo: era Tonks che, con un sorriso di trionfo, gli stava ficcando il gomito nel fianco.

“Uno e zero per me!” esultò, divertendolo più che farlo indispettire.

“Il papà, poi, è bra-vi-ssi-mo in Pozioni.”

“Due a zero per la nonna,” commentò Remus, anticipando la peste dai capelli rosa. “Evidentemente non hai preso proprio nulla, da me.”

Doveva ammettere di sentirsi un po' deluso e dispiaciuto, e la cosa lo stupì: quando Tonks era rimasta incinta aveva pregato che Teddy non ereditasse nulla da lui, sarebbe dovuto essere contento di vedere esaudita la sua supplica.

“Non ha preso nulla da te, ma è uguale spiccicato l'idraulico.”

Sulle prima non prese affatto bene l'uscita di Tonks, sentì salire il sangue al viso e strinse inconsapevolmente i pugni, ma poi capì.

“Dora, tu non sai cos'è un idraulico, vero?”

Lei fece spallucce.

“Mmm-no,” ridacchiò. Era eccitata e cercava di trattenersi dal chiacchierare a ruota libera per dar sfogo alle emozioni, ma senza troppo successo. “Ho ripetuto quello che dicevano a mio padre i suoi amici Babbani riguardo me. Credo che fosse una specie di scherzo.”

“Non ha molto senso,” osservò. “Perché tu assomigli a tuo padre, tranne...”

“Tranne gli occhi,” lo anticipò Teddy. Ora poteva vedere come Andromeda l'avesse sempre guardato anche con gli occhi di sua madre, e per un istante mostrò una certa commozione. “La Frase Preferita di Harry,” scherzò per nascondere il turbamento. “Una volta mi ha confidato che si sarebbe Schiantato da solo se se lo sentiva ripetere un'altra volta! A proposito, una cosa in comune ce l'ho con te, papà, una volta anche io ho Schiantato Harry.”

Remus ammutolì, agghiacciato.

“Sai come si sono svolti i fatti?” cercò di parlare senza far tremare la voce, e gli uscì un tono freddo e distante anche se dentro di sé urlava disperatamente che così non fosse.

“Sì,” ammise. “Harry mi ha spiegato che da ragazzo aveva il vizio di sfidare maghi più grandi e potenti di lui!”

Dall'aria divertita di Teddy, Remus capì che Harry aveva omesso di raccontare come si erano svolte veramente le cose, buttandola sul ridere. Gliene sarebbe stato grato per sempre.

Sapeva che sarebbe stato un ottimo padrino e ringraziava il cielo di aver avuto il tempo di sceglierlo prima di morire. Qualcosa scattò dentro di lui, come un pezzo di un puzzle che trovava il suo posto. Non aveva più pensato al giorno in cui era morto da... non lo sapeva. Era come se l'avesse dimenticato, fino a quel momento.

“Mi dispiace di averti chiesto di venire via con me... non... non avrei dovuto. E' che... tu c'eri, con me, quel giorno.”

Teddy aggrottò la fronte.

“Quale giorno?”

“Noi ci eravamo già incontrati, non ricordi?”

 

 

***

 

Remus si era svegliato in un luogo che conosceva bene: era a casa.

Quello che non riconobbe era il ragazzo fermo sull'ingresso, come ad accoglierlo.

Ciao!” lo salutò alzando il palmo aperto della mano con un sorriso simpatico.

Remus gli andò incontro con sospetto, la mano stretta alla bacchetta anche se aveva la netta sensazione di potersi fidare di lui. Pur non riconoscendolo lo sentiva come una presenza famigliare, piacevole.

Dora, Teddy e Andromeda stanno bene?” si affrettò a chiedere, con lo stomaco contratto per la preoccupazione.

Fece per sbirciare oltre la sua spalla, ma la testa gli girò forte, obbligandolo ad appoggiarsi alla parete dell'abitazione per non cadere.

Io... cosa sta succedendo? Un istante fa stavo combattendo contro Dolohov e... e poi ho aperto gli occhi ed ero qui, invece che a Hogwarts!”

Va tutto bene,” gli rispose tranquillo il ragazzo.

Non posso restare qui, devo tornare al castello, devo tornare per Teddy!” si ribellò con rabbia: come poteva non capire?

Ma io sono qui.”

Remus sgranò gli occhi.

No, lui è... è piccolo. E' impossibile!”

Qui è possibile tutto quello di cui hai bisogno. Sono venuto per te.”

Diceva la verità, e d'improvviso seppe cosa era successo.

Mi perdonerai mai?” chiese, soffocato dall'emozione, sentendosi morire di nuovo.

Teddy gli sorrise ancora e stavolta a Remus parve di vedersi in uno specchio.

Un giorno, forse, capirò,” gli rispose, sincero.

Hai la mamma,” cercò disperatamente di consolare entrambi. “Lei saprà cosa fare, è una persona migliore di me.”

Teddy scosse la testa.

No...” sfuggì a Remus in un gemito.

 

***

 

Tonks alzò gli occhi verso il Teddy reale.

“Poi sei venuto ad accogliere me,” tirò su col naso. “Mi perdonerai mai?” gli chiese in tono insistente, come se fosse una domanda che gli aveva rivolto spesso, senza ottenere mai nessuna risposta.

Teddy guardò la sua famiglia, prima quella che lui si era creato, poi quella che gli era stata strappata prima che potesse conoscerla, e scoppiò in lacrime.

Nessuno se l'aspettava, ma Victoire riuscì a superare la sorpresa appena in tempo per bloccare e tranquillizzare la sua figlia maggiore, che stava per correre dal padre.

“Ci pensano la sua mamma e il suo papà a lui, adesso.”

Tonks non se lo fece ripetere due volte, e tornò ad abbracciarlo stretto. Remus non aspettava altro: aveva bisogno solo del permesso di farlo, perché non avrebbe sopportato di venire rifiutato da Teddy.

Rimasero abbracciati per tutto il tempo rimanente concesso loro per stare assieme, raccontandosi senza parole di sentimenti che non potevano essere pronunciati, ma solo sentiti.




Mi scuso per l'enorme ritardo con cui posto quest'ultimo capitolo, ma non ho mai lasciato una long inconclusa e ce l'ho messa tutto per finirla il prima possibile. Spero vi piaccia ^^
ciao ciao
Fri


 

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