Panta Rei

di chi_lamed
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chi sono? ***
Capitolo 2: *** Non avere paura ***



Capitolo 1
*** Chi sono? ***


Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.


Panta Rei

 
Chi sono?
 
Un idillio puro e semplice, di quelli rari, così rari che viene spontaneo racchiuderli nella cornice dei ricordi per non farli scappare via lontano. Tanto incantevole da sembrare finto.
Ed invece, per la prima volta, la bellezza della realtà presente era tutta a portata di mano.
Sole splendente, caldo al punto giusto, brezza leggera.
Cinguettio di uccelli, fiume di montagna che scorre ripido e limpido a pochi passi, natura incontaminata.
Tutte cose che solo un anno prima non lo avrebbero interessato minimamente, un po’ per desiderio di rinunciare spontaneamente a qualsiasi fonte di gioia nella vita – una punizione perenne che si era inflitto da solo, quale giudice, carnefice e condannato – ed un po’ perché in quel tempo era troppo indaffarato prima a reggere il suo doppio gioco con Voldemort, poi a farsi quasi uccidere da Nagini.
Tutte occupazioni non da poco, non c’è che dire.

Comodamente seduto su una piccola panchina intagliata in un tronco, Severus riposava all’ombra di un larice, tra le mani un nuovo libro di Pozioni che trattava di rarissimi e complicati preparati provenienti dall’India. La fruttuosa mattinata tra i boschi inglesi in cerca di radici ed erbe non lo aveva per nulla stancato, anzi, gli aveva lasciato un inesprimibile senso di pace interiore, come una boccata d’aria pura dopo un lungo periodo trascorso in un luogo buio dall’aria stantia.
Niente obblighi scolastici, niente impegni al Ministero, nulla di nulla. Solo tempo unicamente per se stesso.
Ne sentiva il bisogno da tanto, similmente all’assetato che nel deserto anela alla fonte.
Arrivato ad un passo dalla morte, era miracolosamente rinato grazie all’aiuto inaspettato di Fanny.
In quegli istanti così cruciali aveva compreso che, nonostante tutto, nonostante la colpa ed il desiderio di espiazione tramite il proprio sacrificio, lui era fatto per la vita. Mentre le lacrime della Fenice scendevano a sanare ogni ferita esteriore, là, presso il confine, in bilico tra l’andare avanti ed il restare, il suo cuore aveva scelto la seconda possibilità.
Istinto di sopravvivenza? Anche.
Era tornato indietro più leggero, lo sentiva, come se un macigno di proporzioni colossali gli fosse stato tolto dalle spalle. Eppure qualcosa ancora non andava.
Il cuore gli aveva concesso la pace, pulsando ritmicamente per svegliarlo alla vita, la ragione invece in alcuni momenti era ancora restia ad accettare tutto, recalcitrante ed ostinata. L’abbraccio di Minerva, il sorriso dei colleghi, gli sguardi ammirati di un intero mondo magico, gli occhi di Harry… tutto gli diceva grazie e bentornato.

La ragione invece chiedeva: perché?
Era una vaga inquietudine, che s’intrufolava nei momenti meno opportuni, quando si sedeva alla scrivania in presidenza, quando si trovava al tavolo degli insegnanti o quando Minerva si rivolgeva a lui in tono materno perché non aveva mangiato abbastanza. Oppure di notte ed allora l’inquietudine diventava incubo: si vedeva afferrato da decine e decine di ombre senza volto né nome, pronte a ghermirlo, perché quella nuova vita che gli era stata regalata era un furto ed un errore; per lui non poteva esistere nessun merito, nessuna redenzione. Non era insolito, poi, trovarlo davanti allo specchio a guardarsi l’avambraccio sinistro completamente immacolato come la sua nuova anima, con la fronte appoggiata alla superficie fredda per accertarsi di essere sveglio e che quella fosse la realtà delle cose.

Perché?
Perché io sono vivo e non altri?
Domande che non trovavano risposta, a cui una gelida mattina di gennaio se n’era aggiunta un’altra, sempre davanti allo specchio, dopo che non riconobbe più l’uomo che vi era riflesso e non certo per una questione di fisionomia.
Chi sono? Fu la domanda che gli salì alle labbra.
Chi è Severus Piton?
Un ex Mangiamorte? Una ex spia? Il Preside di Hogwarts?
Era tutto quello e più ancora.
Era l’Uomo-Severus quello che non riusciva più ad afferrare.
Aveva vissuto quasi un’intera esistenza dietro ad una maschera. Ora che essa non era più, gli risultava difficile capire e mostrare chi fosse veramente. Non era come ricostruire un edificio partendo dalle macerie, era molto più complicato: i frammenti dell’anima sono incredibilmente più fragili ed effimeri, come una bolla di sapone. Aveva bisogno di un lungo e paziente lavoro per maneggiare qualcosa che gli sembrava sconosciuto e sfuggente, quasi estraneo.
E così a quella fatidica mattina se n’erano susseguite altre, fino alla fine della scuola. Non gli era mai capitato di attenderla con tanta trepidazione, quasi più dei suoi stessi studenti. Fatta passare una settimana per le ultime attività, aveva salutato tutto e tutti dichiarando di volersene andare in ferie in un qualsiasi posto, purché fosse lontano dal castello.
Perché una cosa gli era stata chiara, in tutto quel disagio: per avvicinarsi a se stesso doveva prendere il largo. Per superare l’inquietudine e gli incubi doveva rispondere a quella fondamentale domanda che lo tormentava da mesi.
Minerva, Pomona e Poppy erano rimaste presso i cancelli di Hogwarts a guardarlo andare via come se si trattasse di un evento che di lì a poco avrebbe scatenato la fine del mondo. Le espressioni esterrefatte delle tre donne mentre, valigia fluttuante al seguito, oltrepassava la barriera per smaterializzarsi, gli avevano fatto pensare di essersi trasfigurato senza accorgesi in un Ippogrifo a pois.
Era evidente che per loro Severus Piton non sembrava persona capace di mollare tutto ed andarsene in qualcosa di simile ad una vera e propria vacanza.
Ulteriore necessità da ricordare, si era detto: cominciare a vivere sul serio.
Aveva pianto troppo su stesso e non gli erano rimaste più lacrime.
Aveva finalmente bisogno di vedere il sereno.



*****

Note dell'autrice: se siete arrivati fino in fondo senza annoiarvi, vi dimostrerete molto gentili se mi lascerete una recensione, per la quale ve ne sarò enormemente grata.

Il Personaggio Originale arriverà nel prossimo capitolo e promette scintille. E no... sarà completamente fuori dagli schemi e da ogni previsione, spero di stupirvi.

 

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Capitolo 2
*** Non avere paura ***


Nota introduttiva: per assaporare pienamente la storia e comprenderne bene tutte le sfumature del Personaggio Originale, consiglio caldamente i lettori di guardarsi almeno uno dei seguenti film: L'attimo fuggente, Good Morning Vietnam, Patch Adams. O, in alternativa, se proprio non ne avete visto nemmeno uno (ma ponete rimedio, perché meritano!), limitatevi ad immaginarvi Robin Williams.
Lo so, le sorprese non si dovrebbero svelare all'inizio, ma meglio così che arrivare alla fine del capitolo e chiedervi cosa mi sono fumata per inventarmi un Personaggio Originale del genere.
Liberamente ispirato al professor Keating e a Patch Adams, sono ancora indecisa se dargli un nome: in ogni caso questa ff non sarà una crossover.
Buona lettura. 
 


Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.





Non avere paura  

 

Corrugò la fronte per un breve istante. Aveva letto la procedura per quella pozione almeno dieci volte, ma ancora non riusciva a comprendere come, dalle radici di Ginseng tagliate a pezzi, si potessero ottenere gli effetti portentosi che venivano descritti: una straordinaria concentrazione mentale, accompagnata dal totale rilassamento della muscolatura e da una sensazione di benessere. Era quantomeno strano, dal momento che l’uso comune di quella pianta prevedeva che le radici venissero polverizzate finemente. Sembrava una via di mezzo tra la Pozione Aguzzaingegno, quella Calmante ed il Distillato della Pace. Decise che quel preparato sarebbe stato il primo su cui si sarebbe cimentato, una volta tornato al castello.
Cercò nel taschino interno della giacca un segnalibro ed invece si ritrovò in mano qualcosa di completamente diverso.
Una figurina delle Cioccorane.
Il suo se stesso su quel piccolo cartiglio lo fissò con il cipiglio severo di sempre. Voltò la figurina e lesse per l’ennesima volta:
 
Severus Piton, attuale Preside di Hogwarts. Considerato da molti uno degli eroi della Seconda Guerra Magica, è anche pozionista tra i più esperti dell’intero mondo magico, nonché uno dei pochi in grado di preparare alla perfezione la Pozione Antilupo inventata da Damocles Belby. È noto soprattutto per aver svolto il ruolo di spia tra i Mangiamorte per conto di Albus Silente e per aver così permesso ad Harry Potter di sconfiggere definitivamente, nel 1998, il mago oscuro Tom Riddle, altrimenti noto come Lord Voldemort o Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Nell’agosto 1998 gli è stato conferito l’Ordine di Merlino, Prima Classe.
 
Quando voltò nuovamente la carta, la figura era prevedibilmente sparita.
Scosse la testa, come a scacciare via un ricordo molesto, ma non poté impedire agli angoli della bocca di sollevarsi in un sorriso condito di mestizia.

***
L’anno scolastico era cominciato da pochi giorni ed una mattina, non appena mise piede nella Sala Grande per la colazione, il suo arrivo fu accolto dagli studenti con strane occhiate e continui brusii. Il suo stomaco fece una brutta capriola e non certo per la fame. Si era ormai abituato ad essere al centro dell’attenzione, ma questo non significava che la faccenda gli piacesse, tutt’altro. Tentò invano di capirci qualcosa guardando i colleghi, ma dal tavolo rialzato gli giunsero soltanto sorrisi e sguardi carichi di simpatia. Si sedette al solito posto, ostentando assoluta indifferenza, fino a che non trovò sul piattino uno strano riquadro di carta. L’intera Sala trattenne il fiato quando sollevò la figurina e guardò la didascalia sul retro.
Fu costretto a deglutire per cacciare il nodo alla gola, mentre un inaspettato calore gli si spargeva nel petto.
Rialzati gli occhi, si accorse che l’intero corpo studentesco aveva lo sguardo puntato su di lui. Vi lesse ammirazione, gratitudine e qualcosa di molto simile all’affetto. Qualche Serpeverde sembrava non condividere troppo l’atmosfera che si era creata, mentre i Grifondoro sfoggiavano sorrisi raggianti. Sentimentali come sempre, non era una novità.
Ripose la figurina a lato del piatto, con gesto stizzito spiegò il tovagliolo, lanciando occhiate intimidatorie mentre si versava il tè: il primo che avesse detto o fatto qualcosa di eclatante si sarebbe ritrovato scaraventato sull’Espresso per Londra in un batter di ciglia. Si sentiva come una gelatina accanto alla fiamma: prossimo a sciogliersi senza decoro. E l’ultima cosa che desiderava era commuoversi di fronte a tutti.
Solo un anno prima si era seduto a quello stesso posto accolto da esclamazioni di vituperio, nelle quali le parole “assassino”, “traditore” e “bastardo” erano quelle più gettonate; ognuna di esse era stata una stilettata al cuore, una pugnalata che gli aveva fatto sanguinare l’anima, ma che non aveva intaccato l’odiosa maschera di Mangiamorte. Si era dovuto quasi mordere le guance a sangue per tutto il tempo della cena di benvenuto per mantenersi impassibilmente spietato.
La dolce mano di Minerva sul braccio lo riscosse da amari ricordi.
«Grazie, Severus.» disse sottovoce la maga, con gli occhi particolarmente lucidi.
Strinse più forte il manico della tazza, accorgendosi solo in quell’istante che la mano gli tremava. Quando bevve il primo sorso, ognuno dei presenti tornò ai propri pensieri e a svuotare i piatti.
A fine pasto cercò di nascondere il gesto, ma fu inutile: più di qualcuno lo vide mettersi la figurina nella tasca della giacca ed uscire a passo spedito, con il nero mantello che fluttuava in una danza elegante e superba.

***
Sbatté le palpebre più volte, per impedirsi di piangere nonostante il sorriso. Odiava fare il sentimentale anche quand’era solo con se stesso.
Mise il segnalibro al punto interessato e voltò pagina, riprendendo la lettura, benedicendo il silenzio e la quiete che lo circondavano da ogni parte.
 
Splash!
 
Tremò d’indignazione.
Chi era l’idiota di turno che aveva deciso di attraversare il fiume a piedi, saltando sulle rocce, anziché passare il ponticello che si trovava a pochi metri da lì?
Lo scoppio di risate gli fece alzare gli occhi, oltre il cespuglio che lo nascondeva alla vista dei passanti, verso il sentiero sull’altra riva. Un gruppetto di ragazzi in età da M.A.G.O. rideva a crepapelle dirigendosi verso la passerella, mentre un adulto incauto si rialzava a fatica dal letto del fiume, completamente fradicio e sicuramente indolenzito dalla caduta.
«Prof, quando ci ha detto che stamattina ci saremmo immersi nella Filosofia della Natura, intendeva in senso letterale?»
 
Hmf, che insolente!
 
Se fosse stato un suo studente a pronunciare una frase del genere, si sarebbe ritrovato in punizione con Gazza per un intero anno scolastico. Beh, a dire il vero era alquanto improbabile che qualche studente l’avrebbe mai visto così… o che mai anima viva lo avrebbe visto a nuoto in un fiume.
«Ebbene, signori miei, ho voluto stupirvi con effetti speciali!» disse lo sciagurato ai giovani, che ora attendevano l’uomo sulla sponda in cui era anche Severus.
 
Eh?
 
Al di fuori da ogni logica, quello continuò a rimanere in acqua, con i piedi a mollo nel basso fondale, cercando di strizzarsi inutilmente le maniche della camicia. Poco male, il caldo di mezzogiorno l’avrebbe asciugato in breve tempo.
«Vi do il benvenuto in questa mirabolante immersione nella Filosofia della Natura!» esclamò, inchinandosi con buffo gesto teatrale che per Severus non prometteva nulla di buono.
Invece ritornò subito serio, mettendosi comodamente le mani nelle tasche dei pantaloni.
«Durante quest’anno vi ho osservato accuratamente. Siete stati attenti, studiosi, scrupolosi. Ma vi siete dimostrati estremamente timidi nell’applicare al reale quello che studiavate sui libri. Forse avete pensato di non essere abbastanza capaci. Forse credete ancora che solo i grandi filosofi possono farlo, mentre voi – ordinari ragazzi di una ordinaria scuola inglese – al massimo potete aspirare a capirci qualcosa delle loro teorie e a mettere la crocetta nel riquadrino giusto durante i test.»
Fece una pausa, guardandoli uno ad uno, incurante dell’acqua gelida che gli lambiva le caviglie.
«Ma non è così. Ogni essere umano è filosofo. Ogni uomo che vive e si muove su questo pianeta ha una propria concezione della vita, di se stesso e del mondo che lo circonda ed applica queste categorie quotidianamente, ogni istante. Potete fare come Hegel e cercare un fine di tutto in ogni cosa – anche nel rigore non parato del vostro portiere preferito – oppure potete comportarvi come Kant e agire sempre in base al dovere, non permettendo alle emozioni e ai sentimenti di governare le vostre azioni. Oppure essere come Socrate e divertirvi a tormentare generazioni di studenti con domande sparate a raffica. Ogni riferimento al sottoscritto è puramente voluto.»
Parlò con voce chiara e decisa, ma dolcemente:
«Non abbiate paura di esprimere il vostro pensiero, di utilizzarlo per plasmare le vostre vite. Non abbiate paura di vedere quello che gli altri non vedono o scelgono di non vedere. Non abbiate paura di voi stessi! Non siate pigri, né conformisti, anche se per altri sembrerete strani o impopolari. Non cercate di essere accettati a prezzo della vostra unicità!»
 
Severus aveva chiuso il libro, tenendo il segno tra le pagine con l’indice della mano destra. In poche battute quell’uomo lo aveva spiazzato, non solo per un modo ed un luogo di insegnamento alquanto insolito, ma soprattutto per le parole usate.
“Non cercate di essere accettati a prezzo della vostra unicità!”
Conosceva quella sensazione. Era la fame. Fame di affetto, fame di attenzioni, fame di uno sguardo che si posa su di te e ti vuol bene per quello che sei e basta, senza chiederti nulla in cambio, senza fermarsi alle apparenze. Fame che ti fa versare lacrime di rabbia e ti vorrebbe far prendere a pugni la vita che ti ha regalato poco o nulla, costringendoti a mendicare per far parte di un gruppo, a cercare un riscatto barattando la tua libertà e tutto quello che sei con un Marchio Nero. E la rivincita tanto sognata diventa catena che imprigiona e toglie quel poco che ti era rimasto: la padronanza di te stesso.
Il resto dei tuoi giorni viene vissuto con un solo scopo: spezzare quella catena. Con il rimorso, con fiumi di lacrime, con un pentimento straziante. Fino al sacrificio totale.
Per un riflesso incondizionato fletté leggermente il braccio sinistro.
Ben nascosta tra i rami del larice, Fanny pigolò pianissimo, quasi avvertendo lo stato d’animo del suo padrone. Severus la udì comunque e abbassò le palpebre, ritrovando un barlume di calma.
Sguardi puntati su di lui, ammirati, benevoli, grati. Occhi lucidi che lo fissano. Una figurina delle Cioccorane sul piattino della colazione.
C’erano svariate persone che nei mesi passati si erano date da fare per saziare quella fame, ma accettare quel dono gli era sembrato un segno di debolezza, una pericolosa crepa nella sua armatura.
Un cuore spezzato da anni di tormenti geme di dolore anche se appena sfiorato per essere curato. E il farmaco adatto – lo sapeva, lo sapeva perfettamente – lo poteva trovare solo guardando dentro di sé, smettendo di avere paura di se stesso.
Riaprì gli occhi, guardando i ragazzi che nel frattempo si erano seduti sull’erba dandogli così le spalle, lasciandogli libera la visuale di quel professore che al principio gli era sembrato un disastro simile ad Allock.
La lezione era appena cominciata.
Per loro.
E per lui.


***********
Nota finale: se siete arrivati fino in fondo senza annoiarvi, vi dimostrerete molto gentili se mi lascerete una recensione, per la quale ve ne sarò enormemente grata.
 




 




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