Parte 2 - Deo contr’ ‘e su tempus, su tempus contr’ a
mie
L’aria è gelida, un
vento forte spazza ogni cosa, persino quegli ultimi raggi di umanità che
ancora colorano la
terra. Questa notte, dove un manto candido stona in
un’oscurità sempre più opprimente, li hai visti morire uno
dopo l’altro, cadere ai tuoi piedi senza poter far nulla, sangue che
attimo dopo attimo si addensava nei tuoi occhi neri come il male.
Da quanto aspettavi di cadere
inerme sul freddo terreno che ti avrebbe abbracciato fino a quando il tuo corpo
non fosse diventato gelido e vuoto? Da quanto, Severus?
Probabilmente non te lo ricordi
nemmeno, hai smesso di contare i giorni che ti separano dalla fine da tempo
ormai.
Ti ritrovi a camminare tra la
neve, passi pesanti che non riescono a sorreggere il tuo corpo distrutto dal
dolore per ogni tortura, da un animo che non sopporta più questa vita.
Un raggio di tenebra che avanza
in questo candido prato dove gocce scarlatte non fanno crescere fiori, una scia
di sangue tra la neve che colora una vita di dolore dove non c’è
mai stato tutto questo bianco, mai una luce nei tuoi occhi di buio.
Cammini lento tra il rosso e il
morbido manto bianco, che non si confondono, si sfiorano lievi senza mai
toccarsi. Chi sei, tu, il sangue o la neve? Sei il sangue di ogni persona che
hai visto morire, come quello che vorresti smettesse di scorrere nelle tue
vene. La tua pelle bianca non basta per essere candida come la neve, pura e
fresca, come la tua anima non è più da tempo.
Barcolli cercando di non cadere,
di sostenere il peso di ciò che è impresso nei tuoi occhi da
un’intera vita, cercando di allontanarti da lì per non sporcare
con il tuo sangue quella bianca infinità.
Non sai dove andare?
Chi accoglierebbe il traditore,
la spia, l’assassino?
I tuoi simili non ti aiuterebbero
mai, trasgredirebbero ad un preciso ordine dell’Oscuro Signore che temono
più di ogni altra cosa e che seguono più per timore che per ideali:
vigliacchi!
Tu non lo sei, vero, Severus?
Non temi la morte che aspetti da
un tempo ormai diventato infinito.
Il cielo è completamente
bianco e la neve inizia di nuovo a scendere lenta, la senti fredda sul tuo
viso, come gelido si fa il sangue che senti colare lungo il corpo, scendere
fino a macchiare il niveo tappeto: una strada rossa delinea i passi che hai
fatto, ne senti l’acre aroma, un veleno che riesce a sciogliere ogni
candore.
Ormai non riesci più a
camminare e ti accasci al suolo come un burattino cui hanno tagliato i fili, il
freddo ti assale, il sangue ti nausea.
Senti la vita che ti sta
abbandonando tra il gelido vento d’inverno e l’abbraccio del
bianco. Una sagoma nella neve che presto svanirà.
Chissà se dalle ceneri del
tuo corpo nascerà mai un fiore? Nero e forte come te.
Sdraiato sulla neve, la vita se
ne va mentre guardi un cielo candido che piange gelidi fiocchi: forse le uniche
lacrime che qualcuno verserà per te.
Gli occhi si chiudono e il mondo
finisce.
***
Una sensazione di calore avvolge
il tuo corpo: è questo che si prova quando si è morti?
Un tepore che in vita non ricordi
di aver mai provato, è una bella sensazione, non trovi?
Giaci sulla neve, un fiore nero i
cui petali si staccano pian piano, il tuo corpo è freddo, immobile, sei
morto e finalmente qual caldo insperato circonda il tuo essere.
Uno strano presentimento ti
assale, come se qualcuno ti stesse toccando, dei brividi lungo la pelle, ma sei
morto e non puoi provare brividi.
Senti una voce, ma non riesci a
distinguere le parole.
Un dubbio s’insinua nella
tua mente, cerchi di aprire gli occhi nella speranza di trovarti immerso in una
luce che non ti appartiene, tra un profumo che non è mai esistito, ma
riesci a scorgere soltanto un sorriso tra le ombre sfocate.
- Li-Lily… - ma il sorriso
scompare e cadi nuovamente nell’oscurità.
- Che va farfugliando questo
mostro? – una voce maschile che non puoi ascoltare.
- Anthony, non vedi che è
ferito! – forse è questa la voce che ti ha sorriso, una voce
familiare ma che non ricordi.
- Cosa vuoi che ci importi,
può anche morire qui. – un’altra voce di uomo.
- Ha ragione Mark, anzi, dovremmo
ucciderlo e liberare il mondo da tale assassino.
- Andiamo, Aisha, ha ucciso Albus
Silente, l’uomo a cui volevi bene più d’ogni altro e non
sappiamo quante altre persone, è uno spietato Mangiamorte, non merita un
briciolo di pietà.
“Lo so, ma…”.
La neve continua a cadere
dipingendo ogni cosa di bianco, persino il tuo corpo si fa sempre più
candido, sempre più freddo. Tre voci che ti osservano come se fossi un
qualunque pezzo di terra: sei ancora vivo. Purtroppo, diresti se solo riuscissi
a parlare.
Una di quelle voci la senti
incrinata, come se le sue parole non coincidessero con i suoi pensieri, ma te
ne curi solo per qualche istante, i fiocchi di neve si posano sul tuo viso, una
fredda carezza che riesce a infonderti un po’ di energia, cerchi di
aprire nuovamente gli occhi, ma sono così pesanti che dopo pochi secondi
ripiombano nell’oscurità, non prima di aver visto un flebile
riflesso verde.
- Li-Lily… - ogni altra
parola si perde nell’aria, sai che non è ancora il momento, la
strada da fare è ancora tanta e non è ancora tempo per te
lasciare questa terra, hai ancora un compito che ti attende.
- Chi è Lily? –
chiede la voce di donna.
- Che importanza vuoi che abbia.
Andiamo, non abbiamo tempo da perdere con un assassino traditore. – come
biasimarli, in fondo è quello che sei realmente.
Non puoi morire adesso, in questo
modo, cerchi di rialzarti, ma non hai più forze e il corpo ti abbandona
nuovamente. E di nuovo ti ritrovi abbracciato dalla soffice neve che ancora
cade lenta.
***
Morte. Sangue. Urla.
Lampi verdi desiderati come un
inspiegato sollievo, come la fine di ogni dolore. L’impulso ti porterebbe
a brandire la bacchetta per esaudire le loro suppliche, ma sai di non poter
fare nulla, non puoi far altro che osservare lo strazio di quegli innocenti,
bambini torturati per soddisfare la sete di sangue di alcuni mostri.
Sangue tra le lacrime.
Ti senti un mostro anche tu,
vero?
Il legno tra le mani, un
incantesimo e sangue caldo che scorre lento fino alla polvere che ti sporca la
veste. Ridi. Gelida risata che risuona sulle pareti che osservano mute la tua
voglia di sentirti forte, brami del sangue tra le mani, caldo fluido rosso di
vittime che si dibattono, urlano, piangono. E più resistono più
ti senti appagato. Il dolce piacere di porre fine ad una vita, vedere il
respiro che si perde tra le lacrime che scorrono in un corpo sempre più
freddo.
Ti fa sentire potente essere il
solo artefice del destino di un uomo.
Ti piace, vero?
- No! – certo che no, tu
non sei come loro.
Ormai dovresti essere abituato a
vedere persone morire, ma ogni volta è come se fosse la prima, ogni
immagine di quel macabro spettacolo si presenta davanti agli occhi quando
cerchi di dormire, per te la notte è popolata soltanto da incubi.
Ti svegli di soprassalto e alcuni
rumori che ti sono quasi familiari ti distraggono, fortunatamente, ma la tua
mente è troppo debole per focalizzare qualsiasi cosa, persino quegli
strani odori che senti, sai di conoscerli, ma non sei in grado di dire con
precisione cosa siano.
- Va tutto bene, professore, era
soltanto un incubo. – una voce che riesce a scacciare ogni tuo pensiero.
Ti metti seduto sul letto e inizi
a guardarti intorno per capire in che posto ti trovi, le ultime immagini che
ricordi sono quelle di te tra la neve e tre sguardi fissi sul tuo corpo in fin
di vita che lento era ricoperto da candidi fiocchi. Intorno a te delle pareti
ruvide sulle quali danzano i riverberi del fuoco proveniente da un ampio
camino, vicino al quale puoi scorgere i tuoi vestiti.
D’istinto ti guardi
portandoti le mani al petto: sono fredde e un brivido ti fa trasalire.
Osservare le bende del tutto
zuppe di sangue ti riporta di colpo in quella stanza, ai piedi di Voldemort
che, mai sazio di crudeltà, continuava a lanciare tremendi incantesimi
fino a quando, stanco, non ti ha ordinato di andartene, tra le risa degli altri
Mangiamorte. E ti sei ritrovato in quel prato, solitario come un fiore tra la
neve.
Provi ad alzarti, ma una forte
nausea ti fa desistere all’istante e una smorfia di dolore
t’increspa le labbra pallide.
Si avvicina a te porgendoti
un’ampolla con un liquido dall’odore disgustoso che rifiuteresti
all’istante se solo avessi un briciolo di forza, così non puoi far
altro che bere e vederla sparire in un attimo e rimani ad osservare della
polvere nel punto dove poco prima c’era quella ragazza che ti è
così familiare, ma non riesci a ricordare nulla, troppo stanco, troppo
vinto, troppo dolorante.
Non riesci a capire
dov’è la tua bacchetta, dove ti trovi e come ti ha portato
lì. Però la domanda che con più vigore si fa strada tra i
tuoi pensieri è: perché? Perché ti ha salvato e sta
cercando di aiutarti?
Ti rendi conto che non
riusciresti a trovare una risposta nella tua mente nemmeno se avessi tutte le
forze di questo mondo.
La nausea ti assale ancora, ma,
cullato dal calore del fuoco, cadi nuovamente in un sonno dal quale speri di
non svegliarti mai più.
Passa un tempo che ti sembra
infinito, lunghissimi minuti che il tuo corpo percepisce quasi come giorni, ma
continui a sentirti stanco e dolorante.
- Cosa le è successo?
– chiede all’improvviso mentre ti porge una tazza fumante di
caffè, non vorresti risponderle perché sarebbe come tornare a
quelle immagini e non vuoi, ma qualcosa in quel calore ti spinge a parlare, e
non è solo il tepore del camino.
Osservi per un istante i suoi
occhi velati di tristezza e le parole ti escono da sole: - Quando commettiamo
degli errori, bisogna anche sapersi assumere le proprie responsabilità,
e io ho pagato in questo modo, troppo poco sinceramente. – ti guardi il
corpo martoriato da numerose ferite, le uniche che mostreresti agli altri,
perché quelle che hai nell’anima sono soltanto tue, compagne con
cui dividere la tua esistenza e per questo sei felice che nessuno potrà
mai vederle e che nessuna pozione o incantesimo potranno mai rimarginarle,
perché sai che è giusto che tu le porti sempre con te.
- E quale colpa avrebbe commesso?
Una delle… - si ferma di colpo, quasi in imbarazzo.
- Una delle tante, volevi dire,
vero? – sorridi mentre la guardi abbassare il viso. Sai che ha ragione,
la tua vita è piena di colpe e non hai modo di porvi rimedio. O almeno
questo è quello che pensi tu, ma non vuoi porvi rimedio, perché
non lo meriteresti, vero?
- Già. – inizi a
ricordare quel viso, quella stessa tristezza che avevi letto sul suo volto, ma
non ricordi altro, anche se cerchi di sforzarti con tutto te stesso, quelle
sono le uniche immagini che riesci a visualizzare. Un triste velo che ancora
persiste. Solo quello.
- Cosa stai facendo? – le
chiedi vedendola armeggiare con alcuni ingredienti, cercando palesemente di
cambiare argomento di conversazione.
- Se non mi dice cosa le è
successo non posso fare molto. – per adesso sei riuscito a distrarla
dalla mancata risposta, ma sai che non si arrenderà perché inizi
a ricordare che la sua indole era prettamente Grifondoro… e il suo
cervello fortunatamente Corvonero, anche se hai sempre pensato che potesse
essere una perfetta Serpeverde.
Adesso ricordi, su quella
maledetta Torre, dove ti eri scoperto come con nessuno, e c’era riuscita
in un modo del tutto subdolo. Avevi sempre sospettato che fosse tutta una messa
in scena per farti cedere di qualche passo, anche se non sapevi il
perché avrebbe dovuto farlo, ma adesso vedendo quell’espressione
triste immutata negli anni, ti rendi conto che il suo gesto non aveva nulla di
fasullo.
Forse avrebbe preferito che tu
l’avessi lasciata andare, morire com’era suo desiderio,
com’era tuo desiderio rimanere tra la neve, un solitario fiore velenoso
dal quale si staccano lentamente i fiori oscuri di una vita.
Su quella Torre non potevi di
certo definirla Grifondoro, pensi.
Ti accorgi della sua espressione
rassegnata e del suo viso carezzato dai vapori del fuoco, stanco e pallido,
segnato da numerose ferite che riesci a scorgere nonostante siano impresse nel
profondo, riconosci quegli enormi squarci nella sua anima, percepisci il dolore
come se fosse il tuo e ti chiedi se anche lei riesce a vedere quello che ti
ostini a nascondere così bene al mondo.
Cosa vedono in realtà i
suoi occhi quando ti guardano?
Vorresti chiederglielo, ma temi
ogni sua risposta, più di ogni altra cosa, hai paura che qualcuno possa
conoscerti veramente, sfiorarti l’animo così in profondità
da riuscire a dire ti conosco, Severus Piton.
E tremi all’idea di essere
conosciuto.
- Sono qui con un Mangiamorte,
non riesco a far chiudere quelle ferite, perché le ha provocate un
incantesimo che non conosco e, se non lo conosco, non posso distillare nulla
che contrasti i suoi effetti, non so come aiutare gli altri, non so come
affrontare tutto questo, non ne ho la forza, non riesco nemmeno a trattenere le
lacrime. – vedi le lacrime che iniziano a solcarle il viso, e d’un
tratto torni indietro, ai piedi di quella Torre dove piangente ti ha
abbracciato, noncurante di quello che eri, si è sfogata con te
riversando tutte le sue lacrime sul tuo corpo, come se fossi un amico, ma eri
soltanto un mostro.
Vorresti dirle che ci vogliono
anni e anni di esperienza per riuscire a tenersi tutto dentro senza crollare, a
reprimere ogni sentimento, ma ti limiti a guardarla singhiozzante con le
braccia tese sul tavolo.
- Ti ho vista mentre volevi
ucciderti e rialzarti più forte e determinata di prima, lo dimostra che
sei qui, a lottare in questa sporca guerra, perciò non dire di non
averne la forza, mentiresti soprattutto a te stessa.
Sorride, - Si ricorda di me?
– annuisci. Come potresti dimenticarla, non capita spesso di volare
giù da una torre per salvare la vita di una stupida ragazzina che voleva
suicidarsi.
- Vorrei svegliarmi e accorgermi
che tutto questo in realtà è un lungo sogno costellato da incubi.
– cerca di calmarsi e di riacquistare quel controllo perso un attimo
prima.
Un sorriso amaro ti piega le
labbra, vorresti anche tu svegliarti e correre tra la neve, cogliere quel fiore
solitario e donarlo a Lily, alla tua Lily ormai morta, che ti tiene la mano
sotto soffici fiocchi bianchi.
Da quando sogni ad occhi aperti,
Severus?
- Sarebbe molto più
semplice vivere nei sogni dove tutto è luce e felicità, purtroppo
questa non è una favola, ma anche nelle favole per giungere alla fine
bisogna oltrepassare l’oscurità. – t’immagini Silente
mentre dice queste parole che sono più da lui che da te, sorridi alla
sua immagine bonaria e allegra che per un attimo ti passa davanti agli occhi.
- Però c’è il
lieto fine.
- Però c’è il
lieto fine. – ripeti. – Speriamo ci sia anche per tutti voi.
- Per lei no? Ha già
scritto la sua sentenza?
- Io sto dalla parte sbagliata
della barricata, per me non può e non deve esserci nessun lieto fine, la
mia sentenza sarà semplicemente ciò che merito.
Nella grotta c’è una
fessura dalla quale puoi vedere quello che c’è fuori: un paesaggio
completamente imbiancato e un cielo candido dal quale scendono soffici fiocchi
di neve. Un paesaggio ormai immutato da tempo di cui non ricordi assolutamente
nulla, soltanto rumori e odori che ti sono familiari, soltanto una scia di
sangue tra la neve.
Neve scendi e sciogli al sol
il mio peccato nel tuo candor
Ne senti ancora l’aroma di
metallo che ti da la nausea, nonostante anno dopo anno è fluito nelle
tue mani, riesce ancora a farti star male, ma sai che non è per
l’odore. È per ciò che rappresenta, vero?
Vite spezzate accatastate come
legna da ardere, bagnate dalla pioggia che goccia dopo goccia riesce a lavare
via ogni traccia di sangue, a pulire la terra pregna di vita che non
c’è più. Non te.
Nemmeno l’abbraccio della
neve è riuscito a togliere le ombre nella tua anima ormai dispersa tra
il dolore e la colpa.
Neve scendi e sciogli al sol
il mio peccato nel tuo candor
- Perché perdi tempo con
un peccatore? – si volta di scatto con un coltello tra le mani, ti guarda
stupita, ma lo sa anche lei che sei un peccatore, non ha bisogno di dirlo
perché riesci benissimo a leggerlo nei suoi occhi. – Perché
io ho salvato te?
- Credo che ci sia un motivo che
spinge una persona a commettere tale peccato. Lei è diventato un
Mangiamorte, ha ucciso Silente, non so perché, ma sicuramente ci sono
delle ragioni per le quali l’ha fatto.
- Non cercare motivi dove non ci
sono. – le dici semplicemente cercando di scacciare le immagini di due
occhi azzurri che ti imploravano e di due iridi verdi immobili senza alcun
anelito di vita.
- Non li cerco, non avrei nemmeno
il tempo di cercare qualcosa nella sua testa, quando non sono in grado di
capire nemmeno i miei di pensieri, ma so che Silente si fidava di lei, e a me
questo basta.
Anche Silente mi ha salvato la
vita, quand’ero piccola, ero sola, è stato come un padre per me,
mi sono sempre fidata di lui perché conosceva le persone nel loro animo,
se per lui una persona era degna di stima, allora doveva esserlo per tutti. Lui
si fidava di lei ciecamente. E anch’io.
Pensi che è la prima volta
che qualcuno ti dice simili cose e non sai se esserne felice o meno, vorresti
urlarle di farsi gli affari suoi, ma qualcosa ti spinge a rimanere in silenzio
ad osservarla, quasi in imbarazzo, per le sue parole, ma hai ancora una recita
da portare avanti e non puoi permetterti che nessuno sospetti nulla.
È la seconda volta che
riesce a metterti così a nudo, e sai che non puoi permetterti che lo
faccia una terza volta.
Come riesce ad entrarmi
così dentro?, ti chiedi.
- La fiducia è un vetro
che può ingannare la vista.
- Nessuno poteva ingannare
Silente.
- Io sì.
- Senza offesa, professore, lei
è indubbiamente un mago molto abile, ma non così abile come
Silente.
Delle risate echeggiano sulle
pareti di pietra, stai davvero ridendo, Severus? Peccato che il tuo piano sul
non farti mettere a nudo stia andando con Merlino.
- Eppure ho ingannato tutti,
ucciso Silente e sono un Mangiamorte tra i più fidati dell’Oscuro
Signore che ha fatto la spia per lui anno dopo anno.
- Come vuole. – si limita a
dire, forse troppo stanca per continuare quel discorso e forse è meglio
così perché quella dannata ragazzina potrebbe scoprire ogni cosa,
ogni verità, e non puoi permettertelo assolutamente. Devi stare molto
attento, Severus. – Se solo mi dicesse che cosa le hanno fatto
esattamente potrei aiutarla, non voglio sapere la storia della sua vita, solo
sapere gli incantesimi che hanno usato, così potrà tornare ad
essere il Mangiamorte più fidato di Voldemort e quindi mio nemico.
- Quando esattamente abbiamo
smesso di esserlo? Non crederà che adesso io e lei siamo amici e per
Natale le manderò gli auguri?
Ride di nuovo, - Sa, mi sarebbe
più utile con la bocca bloccata e il corpo funzionante, così se
la farebbe da solo questa dannata pozione. – ti rendi conto che forse hai
un po’ esagerato, in fondo ti sta salvando la vita, non merita di essere
trattata così. – anzi, se ne sarebbe andato da solo da quella
radura e nessuno avrebbe ascoltato le sue idiozie per un po’ di giorni.
Non posso mettere sangue all’infinito nel suo corpo se è del tutto
inutile visto che continua a perderlo da queste dannate ferite! –
risponde stizzita mentre lancia con rabbia alcuni oggetti sul tavolino, la vedi
prendere le sue cose per andarsene, - Adesso può anche morire per i miei
gusti! – e sparisce in un attimo lasciando un vuoto nella stanza.
Ti senti un idiota, uno stupido
che non riesce nemmeno ad alzarsi dal letto, ma riesce benissimo a parlare,
sempre le parole sbagliate, vero, Severus? Ricordi quanto ti sono costate quelle
parole quel giorno?
“Tutto”.
Un piccolo fiore solitario,
appassito tra le mani e perso per sempre tra la neve che cancella i tuoi passi
e il vento che ruba ogni singolo petalo per portarlo via, lontano da quel cuore
di ghiaccio che non ha saputo alimentare la sua vita, lasciandolo morire dove
le tue lacrime non sarebbero state nient’altro che veleno per quella
terra ormai arida e ferita.
- Dannata ragazzina, non le ho
chiesto io di salvarmi, poteva benissimo lasciarmi nella neve, me la sarei
cavata da solo, come sempre, al massimo sarei morto. Devo assolutamente fare
qualcosa, altrimenti rimarrò qui per sempre e cosa ben peggiore,
dovrò sopportare ancora quella petulante ragazzina.
Cerchi nuovamente di alzarti,
devi riuscirci a costo di dare fondo anche all’ultima goccia di forza che
hai. Aggrappandoti a qualsiasi cosa che trovi, ti trascini al tavolo, ma ogni
dolore ti colpisce di nuovo come tante lame che ti trapassano la carne, il
sangue riprende a fuoriuscire dalle ferite, ne senti il calore invaderti la
pelle, e una forte nausea ti fa barcollare.
- Le starebbe bene se la
lasciassi in queste condizioni sul pavimento. – ti sussurra reggendo a
fatica il tuo corpo prima di rovinare a terra.
- Perché sei tornata?
– biascichi aprendo a fatica gli occhi.
- Perché sono una stupida
che vuole aiutare un testardo antipatico cinico e bastardo peccatore.
- Che epiteti deliziosi, sono
lusingato da tanto affetto. – stranamente le sorridi, in un’altra
occasione l’avresti spedita a pulire calderoni su calderoni, nel caso
migliore, probabilmente uccisa, nel caso peggiore. – Cr-Cruore…
Ma-Manat… - riesci a dire prima di cadere nuovamente privo di sensi.
- Incanto Cruore Manat, bene,
adesso so cosa fare, grazie, ti salverò, Severus, come tu hai salvato
me. – un sussurro che non riesci a sentire, un nome così maledetto
che nessuno pronuncia con tanta gentilezza.
***
Ti svegli e la stanza è
stranamente in silenzio, il fuoco potente riscalda tutto, senti il calore sulla
pelle, e illumina le pareti di pietra che adesso non sembrano più
così oscure e tristi, ti senti bene, in forze, e non riesci a capire,
ricordi solo di essere svenuto per l’ennesima volta tra le braccia
di… non ricordi ancora il suo nome, vero?
“Aisha”.
Ti guardi intorno per cercare di
scorgere i suoi occhi grigi, ma c’è un vuoto che non ti spieghi,
un silenzio che speri solo di immaginare. Ti alzi di scatto dal letto, non
t’importa se poi cadrai di nuovo sul pavimento, ma hai solo bisogno di
vedere ancora i suoi occhi, di sentire la sua voce.
Perché adesso questa brama
ti sta seccando la gola? Perché adesso desideri così tanto che il
ghiaccio dei suoi occhi ti disseti?
Non sai rispondere, queste
emozioni non ti sono mai appartenute, forse è solo la riconoscenza che
hai verso di lei che ti fa provare simili sensazioni.
Trovi i tuoi vestiti puliti
piegati sopra al tavolo dove non c’è alcuna traccia di pozioni o
ingredienti.
Non c’è più
alcuna traccia di lei.
Ti vesti, vuoi andartene il
più lontano possibile da lì, dimenticare quelle ore che ti sono
sembrate infinite e tornare ai tuoi maledetti doveri che contano più di
ogni altra cosa, perché tu sei Severus Piton e la tua vita è solo
espiazione di colpe che ancora ti macchiano l’anima, come il sangue di
ogni persona che hai ucciso che ti stringe le vene.
Ti manca quel fiore solitario
sulla neve.
Bellissimo e lucente come non sei
tu, fiore nero di oscurità che sporca il manto candido dove giace.
Corri lontano, corri senza
voltarti, sulla neve che si apre ai tuoi passi nervosi e stanchi, guardando
solo l’orizzonte bianco davanti a te, vuoi solo dimenticare quella
grotta, dimenticare quella donna per sempre, nessuno può penetrare la
tua corazza, e questo ti spaventa perché se c’è riuscita
lei chiunque potrebbe farlo.
Ne sei sicuro, Severus? Eppure
Voldemort in tutti questi anni non c’è mai riuscito, invece
lei…
“Chi è questa donna
da turbare i miei pensieri e togliere ogni certezza al mio cammino sulla neve?
Chi è questa donna che con un solo sguardo di ghiaccio è
penetrata nella mia anima?”.
Continui a correre mentre i
fiocchi riprendono a scendere, a toccare il tuo viso stanco gelandoti il cuore
con le loro fredde carezze che in un istante si trasformano in rossi petali che
cadono lenti sulle tue mani, li raccogli stringendoli, ma si trasformano in
caldo sangue che ti scivola tra le dita macchiando la neve.
Di nuovo quell’aroma e la
nausea ti getta di colpo a terra tra il freddo di quel manto, un solitario
fiore nero dal quale sgorga copioso il sangue.
Cerchi di pulire le mani sul
vestito, ma è del tutto inutile, il sangue continua a scorrere, ma ti
accorgi di qualcosa nella tasca: la tua bacchetta e una pergamena con un fiore
attaccato.
“Non lasciare che
l’ombra inghiotta il tuo cuore.
Te le ricordi queste parole,
Severus?
Mi piacerebbe che anche tu non
lasciassi che un’ombra inghiotta il tuo cuore. Io ci ho provato, ci provo
ancora oggi perché la mia guerra contro quell’ombra non credo
finirà tanto presto, ma non so per quale motivo e come ci sei riuscito,
ma in queste ore i tuoi occhi neri hanno donato un po’ di luce al mio
cuore, come già avevano fatto su quella Torre. E quell’ombra
sembra sempre meno grande.
So che dentro di te
c’è molta luce, Silente lo sapeva e si fidava, e voglio continuare
a farlo anch’io, ma se dovessi imbattermi in te in qualsiasi scontro, non
esiterei un momento ad ucciderti, e lo stesso faresti tu, anche se in cuor mio
spero che ci sia un lieto fine anche per te.
Perché anche se non lo
credi tutti meritiamo una seconda occasione e credo che tu non l’abbia
ancora mai avuta.
Ti ho salvato la vita
perché credo che a questo mondo serva ancora un peccatore come te, in
fondo siamo tutti peccatori, tutti abbiamo ombre nel nostro cuore, il vero
coraggio è conviverci e trarne forza per continuare a lottare sempre.
Siamo un mondo fatto di opposti,
la luce non può esistere senza il buio, non c’è bene senza
male, in me ci sono entrambi, in te più di chiunque altro, ma senza uno
di essi non saresti tu. Non avresti mai visto l’oscurità che
alberga in me, donandomi un po’ di lucentezza.
Mentre mi allontanavo da quella
grotta, da te, ho visto questo piccolo fiore nero e rosso tra la neve, mi ha
ricordato quando ti ho trovato tra la neve. Mi ha ricordato te e non ho avuto
il coraggio di tenerlo, mi avrebbe sempre riportato in quella grotta ogni volta
che lo avrei guardato e, nonostante i tuoi occhi riescano a donarmi
felicità, non riesco ad incontrarli con i miei, mi feriscono, non so il
perché e questo mi spaventa. Qualsiasi sentimento che non riesco a
spiegare e a controllare mi fa paura.
So che a te di tutto questo non
importa nulla, forse avrai già bruciato la lettera col fiore appena
l’hai aperta, ma io continuo ad avere fiducia in te.
Se dovessi sbagliarmi,
convivrò col mio errore, non è di certo la prima volta che
ripongo la mia fiducia nella persona sbagliata, ma io mi fido di te. Silente lo
faceva e lui non si è mai preso gioco di me, quindi crederò in
lui. Crederò in te.
Un addio perché so che non
rivedrò mai più i tuoi bellissimi occhi neri, e ne sono felice e
triste al contempo, ma siamo troppo distanti, ai lati opposti della barricata,
come diresti tu.
Addio, Severus.”.
Raccogli quel fiore tra le mani
insanguinate e all’improvviso ogni traccia di fluido scarlatto scompare,
risucchiata dal suo stelo che ne assume le sue intense sfumature, la mano ora
candida si confonde tra la neve.
Affondi il viso in quel manto
mentre le lacrime scendono veloci e fredde lungo il viso mischiandosi ai
fiocchi, non sai il perché di quel pianto, ma vorresti morire lì,
con quel fiore tra le mani e quelle gocce amare a bagnare la neve. E il ricordo
dei suoi occhi di ghiaccio.
Un dolore lancinante
all’avambraccio ti riporta alla realtà spezzando ogni tuo
desiderio e facendo scomparire quei ricordi che non possono esistere nella tua
mente. Un dolore che fa parte della tua vita e che ti fa bruciare quella
pergamena, ma il fiore non hai il coraggio di distruggerlo, lo getti a terra,
sperando che qualcuno lo raccolga e lo custodisca per te.
Fai un passo, ma vedi una goccia
di sangue sgorgare dai petali di quel fiore solitario nella neve, una lacrima
rossa che brilla nei tuoi occhi, lo raccogli e scompari, lasciando impronte tra
la neve, lasciando per sempre quelle ore imprigionate in essa.