Soppravvivendo a Weasley!

di Mia_hp
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Colloquio ***
Capitolo 2: *** Lavoro, lavoro, lavoro! ***
Capitolo 3: *** Indovina chi viene a cena? ***



Capitolo 1
*** Colloquio ***


Sopravvivendo a Weasley!
[o a Pansy, dipende dai punti di vista]


Esistono persone che entrano nella nostra vita e non c’è bisogno di tante spiegazioni per capire che ci rimarranno; non è importante se i fili del destino fino a quell’istante erano distanti, lontani anni luce. Ciò che importa è che adesso questi fili abbiano trovato il giusto intreccio e che siano pronti a formare il tessuto della vita.

Pansy sbuffò rassegnata: ormai ne era certa, non avrebbe mai trovato il lavoro adatto a lei.
Girovagava tra le vie di Diagon Alley da ben due ore alla ricerca dell’impiego perfetto.
Dopo essere stata licenziata dal barista sdentato e rugoso dal locale ‘Il Paiolo Magico’, a causa di qualche inconveniente con dei clienti (tutti possono sbagliare, no? Come faceva a sapere lei, che quel tipo pelato era allergico alle fragole? E che di conseguenza bere un frullato con quei frutti gli avrebbe causato la comparsa di macchie rosse su tutto il corpo e il consequenziale svenimento? D'altronde le fragole sono molto simili ai frutti di bosco, vero?).
Per non parlare poi del suo ultimo lavoro alla libreria ‘Il Ghirigoro’. L’isterico proprietario l’aveva mandata via dal suo negozio a causa di alcune sue dimenticanze.
Perché Pansy non riusciva a mantenere un lavoro a tempo determinato?, vi starate chiedendo. E’ facile: la ragazza era abituata a essere servita e riverita, mentre adesso toccava a lei ricoprire quel ruolo e a dipendere da altri che non erano alla sua altezza.
Se qualche anno fa le avessero chiesto quale fosse il suo futuro, lei, sicura, avrebbe risposto soltanto con tre parole molto semplici “Con Draco, ovviamente”, ma ora, a distanza di anni, aveva capito che quello era solo un sogno adolescenziale che piano piano era andato perduto.
Diede un’occhiata in giro: Diagon Alley era tornata quella di un tempo; le colorate vetrine dei vari negozietti erano piene di libri di magia, calderoni, ingredienti per pozioni e grandi manifesti che annunciavano l’uscita del nuovo libro di Rita Skeeter, pieno di scoop e scandali sui personaggi più influenti del Mondo Magico.
Qualcosa attirò la sua attenzione, si bloccò stupita sul marciapiede, come paralizzata. Sulla vetrina sinistra dei ‘Tiri Vispi Weasley’, era appeso un cartello bianco ma stampato a lettere verde acido:

CERCASI AIUTANTE!
(Femmina, maschio o troll! Qui non si fanno discriminazioni!)

 
L’altra vetrina era piena di strani oggetti che si muovevano sbattendo contro il vetro, o esplodevano in tanti pezzi per poi ricomporsi qualche secondo dopo o ,ancora, lampeggiavano, saltavano e lanciavano urla agghiaccianti.
Pansy rimase a osservali, riflettendo.
Lavorare per i Weasley: la famiglia più babbanofila che il mondo avesse avuto la sfortuna di ospitare; esisteva un lavoro più denigrante per una Purosangue come lei?
Devo farcela, si disse.
Dopo che la sua famiglia si era trasferita in un posto lontano anni luce dall’Inghilterra, lei contando soltanto sulle sue forze era riuscita a mantenere un tenore di vita abbastanza soddisfacente.
Fece un profondo respiro ed entrò, pregando di essere l’unica interessata a quell’impiego. Non le andava di usare un Confundus per mandare via gli altri maghi, come l'lultima volta.
Si guardò intorno. Non era mai entrata lì: i suoi interessi certamente non erano così demenziali.
Sugli alti scaffali erano ammucchiati centinaia di quelli che a lei sembravano innocenti dolci, ma sapeva che se li avesse assaggiati, si sarebbe ricoperta di piume colorate o di grossi e dolorosissimi brufoli pieni di pus.
Ordinate sulle mensole c’erano varie confezioni di Merendine Marinare, Torrone Sanguinolento, Mou Mollelingua e ogni genere di schifezze per decerebrati mentali. Stava per allungare una mano e afferrare una scatola coloratissima con l’immagine di due bei ragazzi in estasi su una nave, quando una mano si posò sulla sua spalla.
Ehi, signorina!- la apostrofò –Che stai facendo?-
Un ragazzo con una capigliatura rossa fiammeggiante e un completo prugna che faceva a pugni con i suoi capelli lunghi fino alla spalla, la stava osservando.
Il Weasley capo, pensò.
-Sono qui per il posto di commessa- rispose, sostituendo l'espressione disgustata con un sorriso falso.
-Oh, certo- le indicò una piccola porta che conduceva sul retro –Vai da quella parte e aspetta con gli altri-
Avrebbe voluto rispondergli diversamente, magari con un insulto, ma se avesse voluto ottenere quel lavoro, doveva moderare leggermente i toni.
Annuì per poi dirigersi nella direzione indicatole dal ragazzo. Quando entrò nel retro del negozio, si stupì nel trovare tutte quelle persone che impazienti aspettavano l’inizio del colloquio: alcuni parlottavano tra di loro, altri ancora avevano lo sguardo perso su dei fogli.
Non sarebbe mai stata scelta, appena Weasley avrebbe scoperto la sua identità (Pansy Parkinson, ex Serpeverde stronza, ex fidanzata di Draco Malfoy e a Hogwarts era la causa principale dei mille pettegolezzi che giravano sui suoi amici pezzenti) sarebbe stata cacciata dal negozio in un batter d’occhio.
Un’idea prese vita nella sua mente: se lei fosse stata l’unica a proporsi per quell’impiego, Weasley –doveva sapere al più presto il suo nome- l’avrebbe dovuta assumere per forza. Si passò la lingua sulle labbra, inumidendole, poi si tolse una ciocca corvina che le ricadeva fastidiosamente sulla fronte e tossicchiò leggermente per attirare l’attenzione dei presenti.
-Buongiorno-
Qualcuno, educato,  rispose al suo saluto.
-Grazie per esservi presentati così numerosi, ma abbiamo già assunto un’aiutante. Una persona molto qualificata…-
-Ma non è giusto!- si lamentò una ragazza dagli occhi verdi, interrompendola.
–Noi stiamo aspettando da più di un’ora!- fece un altro.
-Tu non sei la proprietaria!- esclamò un ragazzino dal naso pronunciato. –Io conosco George!-

George! Ecco come si chiamava. Certo che i Weasley avevano una fantasia...
Pansy lo scrutò attentamente, valutando se rispondergli o no.
-Ah, si? E conosci anche la sua fidanzata? Nonché sua segreteria? Sai… - qual era il suo nome? Ah, si… –George è un uomo molto impegnato, non può certo perdere tempo con voi- disse, soddisfatta. –Bene, la vostra presenza non è più richiesta qui: potete andare- concluse, facendo un gesto esplicito con la mano.
Il ragazzo, nervoso, borbottò qualche maledizione al suo indirizzo, dicendole chiaramente dove sarebbe potuta andare lei,  per poi smaterializzarsi, seguito subito dopo da altrettanti individui irritati.
Stava per complimentarsi con se stessa per la sua trovata, quando una voce allegra e curiosa, le perforò i timpani –o almeno lei ebbe questa sensazione.
-Allora chi sarebbe la mia fidanzata?- domandò George Weasley entrando nella stanza, le mani affondate in tasca e un sorriso stampato sul volto lentigginoso.
-Fortunatamente non io- rispose lei.
-Correggimi se sbaglio, ma non lo hai appena dichiarato davanti a quei ragazzi?-
Lei sbuffò, andando subito al sodo –Allora, sono assunta?-.
-Assunta?- ripeté lui sorpreso - Prima devi convincermi!-
George prese la bacchetta dalla tasca anteriore del completo viola ed evocò una soffice poltrona di chintz per se stesso, mentre per lei una scomoda e rigida sedia in legno.
-Accomodati- la invitò con un gesto della mano. –E mi raccomando, stupiscimi con le tue mille doti!-.
-Cosa vuoi sapere?-
-Beh, prima di tutto il tuo nome-
-Pansy Parkinson-
-Pansy Parkinson…- si grattò il mento con la bacchetta.-Pansy Parkinson…-
-Si, l’ho appena detto-
-Il tuo nome non mi è nuovo- le disse squadrandola. –E neanche il tuo viso. Io non dimentico mai un faccino così carino-.
-Mi avrai visto al Paiolo Magico, è stato il mio penultimo lavoro. Sicuramente non al Ghirigoro: l’ultima volta che sei entrato in una libreria avevi diciassette anni, il viso pieno di brufoli e gli ormoni a mille-.
-Ci conosciamo soltanto da cinque minuti e già mi conosci così bene? Mi piaci-.
-Tu per niente-
Lui sorrise, -E fra parentesi, gli ho ancora-
-Che cosa? I brufoli?-
-No, gli ormoni a mille-
Lei biascicò qualcosa che assomigliava tanto a un “che schifo”
-Perché vuoi lavorare qui, se il tuo futuro capo ti fa schifo?-.
- Il negozio, al contrario del padrone, è fantastico, così come le magie che applichi…-
-Stop, stop- George alzò una mano per farla tacere –Grazie per i complimenti, ma adesso dimmi il vero motivo che ti ha spinto a cacciare via ogni aspirante commesso e a proporti come aiutante-.
Pansy inarcò le sopracciglia sottili –Cosa?-.
-Si vede lontano un miglio che fingi e che consideri le mie creazioni “giochi da prestigiatore”, perciò perché non dici la verità?-
-Mi serve questo lavoro e come vedi, sono disposta a tutto per averlo... perfino lavorare con uno come te!-
-Hai portato il tuo curriculum?-
-Per lavorare qui ho bisogno di un curriculum? Neanche avessi fatto un colloquio alla Gringott-.
-Lo sai parlare il francese?- buttò lì George per metterla in difficoltà. In fin dei conti si stava divertendo.
-No, ma conosco il finlandese- mentì.
Non avrebbe mai incontrato un cliente finlandese! Quante possibilità esistevano? Una su un milione, se non di più.
Lui annuì – Sei discretamente carina... -
Discretamente carina? Idiota di un Weasley!
-E…- fece una piccola pausa -Sei l’unica commessa disponibile al momento. Quindi sei assunta-
-Sono assunta?- ripeté, sorpresa.
-Si, e non fare quella faccia! Lo sapevi benissimo che alla fine ce l'avresti fatta-. Si passò una mano tra i capelli rossi per poi fissarla intensamente. –Apriamo alle nove e mezzo, ma naturalmente tu sarai qui almeno mezzora prima per sistemare la merce e pulire il negozio. Ah, quasi dimenticavo! Sul lavoro hai l’obbligo di chiamarmi Signor Weasley, nell'intimità mi piace essere chiamato...beh, lo scoprirai da te-. la provocò, provando sempre più gusto.
Un’espressione di disgusto le comparve in volto. –Sempre meglio di  George-
-E’ un nome bellissimo-
-Ma comunissimo-
-Meglio un nome comune che il tuo!-
-Il mio nome vuol dire “Violetta del Pensiero”-
George continuò imperterrito. -I tuoi genitori l’ hanno preso da una fiaba di Beda il Bardo? O l’hanno fatto apposta? Pansy Parkinson! P.P.- dopo averlo pronunciato cominciò a ridere. –P.P.- ripeté –Proprio un bel suono!-
Pansy strinse i pugni, conficcandosi le unghie nei palmi; dovette richiamare a sé tutta la pazienza che possedeva per non lanciargli uno Schiantesimo ed essere lincenziata in tronco.
-A domani, Weasley-
-Signor Weasley- la corresse
Oddio, come aveva fatto ad abbassarsi a quel livelllo?
-A domani, Signor Weasley- ringhiò.
Afferrò la borsetta in vernice nera violentemente, per poi smaterializzarsi, mentre la risata allegra di George le risuonava ancora e fastidiosa nelle orecchie.

Ciao!
Ho trovato questa fan fiction in una vecchia cartella del computer, l'avevo scritto due estati fa, non ricordo di preciso perchè... a giudicare dalla coppia ( prima volta in assoluto e anche ultima che la uso xD), credo fosse per un concorso. In principio era una one-shot, veramente troppo lunga, perciò ho deciso di dividerla in 2-3 capitoli. Chiedo scusa per l'orribile titolo, ma faccio proprio schifo nello scieglierli xD
Spero vi possa piacere :) lasciatemi una recensionina per dirmelo, no? xD
Greta
P.S.: Ma quanto è bello Titanic? :D

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Capitolo 2
*** Lavoro, lavoro, lavoro! ***


Sopravvivendo a Weasley!

[o a Pansy, dipende dai punti di vista]

 

 

Essere in ritardo il primo giorno di lavoro era un classico. E Pansy era in un ritardo fottuto a causa della tristezza che la assaliva nei momenti sbagliati e dei vestiti che non sapeva scegliere.
La sua relazione con Draco era finita da un anno o poco più e lui si era consolato abbastanza presto con Astoria Greengras: girava voce che i due si sarebbero sposati entro la fine dell’anno.
Durante il tempo passato al suo fianco, aveva davvero creduto che lui fosse quello giusto, che ne fosse valsa la pena sopportare tutto per un futuro con lui. Ma alla fine ogni cosa era finita, si era sfilacciato come un maglione ormai vecchio e passato di moda i cui fili pendevano in disordine, non riuscendo a rimanere intrecciati.
Qualche volta –come quella mattina- si sentiva incompleta, sbagliata e aveva nostalgia di qualcuno che si prendesse cura di lei e che la riempisse di attenzioni, ma questo qualcuno proprio non voleva saperne di arrivare. 
O forse, era lei a non vederlo.


-Era ora, Pansy!- esclamò George una volta che la ragazza fu entrata nel negozio sbattendo la porta. –Sei in rit..-
-Lo so!- esclamò lei, togliendosi il giubbotto. –Non succederà più!-
-Lo spero o prenderò provvedimenti- commentò George. –Tieni- disse tirandole qualcosa di indefinito, che assomigliava tanto al brutto gatto della Granger.
Pansy prese al volo “la cosa”, disgustata. –Cos’è?-
-La tua divisa. Sbrigati a indossarla: fra dieci minuti apriamo-
-Questa tu la chiami divisa? Starai scherzando, spero! E’ orribile e per di più è arancione!-
-Che cos’hai contro l’arancione?-
-E’ l’unico colore che non mi dona, affatto-
George alzò gli occhi al cielo –Devi lavorare, mica fare una sfilata!-
Pansy lo ignorò, continuando a parlare –Posso cambiarle colore? Mi piacerebbe farla diventare nera…il nero è un colore bellissimo! Dona a tutti gli incarnati… soprattutto al mio-.
-No che non puoi! L’ha fatta mia madre, ci tengo-
-Fa schifo, così come il maglione che indossi-
-Anche questa è opera di mia mamma-
-Dovrebbe cambiare hobby, la signora-
-Vai a indossarla- disse George, deciso.
-Perché non la metti anche tu?-
-Scherzi? Prima di tutto io qui dentro sono il capo; secondo, quella divisa fa davvero schifo-
Pansy sospirò rassegnata: aveva perso. E dire che, quella mattina, per decidere cosa indossare ci aveva impiegato un’eternità.
La giornata che trascorse fu piatta e banale. I clienti oramai sapevano come muoversi all’interno del negozio e lei non doveva far altro che riempire gli scaffali ogni volta che un qualcosa terminava.
Il negozio di Weasley, anche se le doleva ammetterlo, era davvero fantastico. Se non si fosse chiamata Pansy Parkinson –ah, l’importanza di un cognome- avrebbe comprato subito una di quelle Puffole Pigmee che squittivano nella grande gabbia in un angolo. La sua preferita era senza dubbio la più piccola dell’allevamento, una palla viola e pelosa che pur essendo minuscola riusciva a emettere strilli acutissimi –proprio quello che serviva a casa sua, lì il silenzio regnava sovrano.
Stava dando una pulita al negozio a colpi di bacchetta, prima della chiusura –finalmente si era potuta togliere quella cosa che Weasley si ostinava a chiamare divisa- quando George, che durante la giornata non aveva fatto altro che lanciarle occhiate, la invitò a cenare con lui.
–Per farmi perdonare- aggiunse.
Si era “dimenticato” di dirle che il negozio faceva orario continuato e di conseguenza lei non aveva potuto pranzare.
-No, grazie- rispose Pansy, fintamente educata.
-Mi cambio il maglione, giuro- promise George.
-Rinnova il guardaroba prima, poi ne riparleremo-
-Non mi arrendo così facilmente; ti inviterò ogni sera-
-Riceverai sempre un rifiuto-. Pansy appellò la borsa e il giubbotto. –Ho finito, adesso se non ti dispiace, me ne torno a casa mia. Non ti sopporto più- disse.
-A domani! E mi raccomando, questa volta puntuale-.

 

Se appena ventiquattro ore prima credeva che il lavoro da Weasley fosse “facile” e le giornate fossero “piatte” e “banali”, adesso aveva senz’altro cambiato idea.
Il secondo giorno fu terribile. Un schifo nel vero senso della parola.
Pansy non riusciva a credere ai suoi occhi: non avrebbe mai pensato che nel locale potesse entrare tanta gente, le pareti sembravano quasi esplodere.
Quel giorno George –naturalmente lei non era a conoscenza di niente- doveva presentare una serie di nuovi prodotti.; ogni volta che una cavia assaggiava un’innocente caramella gommosa rossa, la febbre si alzava, il viso si riempiva di puntini rossi e un gran conato di vomito investiva il malcapitato.
Il suo compito? Correre da una parte all’altra del negozio a distribuire secchi, fazzoletti e un’altra caramella, questa volta celeste, che faceva passare tutto. Più volte schizzi di vomito le avevano sporcato la divisa arancione, e tra le mille maledizioni sussurrate contro quei deficienti, ringraziò mentalmente Weasley che l’aveva costretta a cambiarsi: se a sporcarsi fossero stati i suoi abiti…beh, non avrebbe risposto delle sue azioni.
A fine giornata il suo desiderio più grande era tornare a casa e immergersi nella vasca piena d’acqua bollente, ma, ovviamente, Weasley non era della sua stessa idea.
-Ti va di cenare insieme?- domandò  George, sorridendole.
-Scommetto che conosci già la risposta, Weasley-

-Sì?-
-No!-
-Prima o poi mi dirai acceterai-
-Non trattenere il respiro nel frattempo-.

 
Il terzo giorno trascorso in quel negozio infernale fu peggiore. Da tutti i punti di vista.
George faceva di tutto per non facilitarle il lavoro; sembrava quasi che sfidasse il suo autocontrollo, già molto precario. Sempre sorridendo –quel ragazzo la metteva a disagio, possibile che sorridesse sempre? Cosa c’era poi di tanto divertente!- George le annunciò che aveva una sorpresa per lei.
-Non voglio regali, Wea...Signor Weasley- si corresse; una strana smorfia comparve sul suo viso.
-Prima di tutto non è un regalo, voglio soltanto farti conoscere una persona. Secondo, ma lo sai che sei molto più carina senza quell’aria altezzosa?-
-E tu saresti molto più carino se soltanto ti tagliassi i capelli…come in quella foto!- esclamò, acida, lanciando un’occhiata dietro al bancone.
Pansy indicò l’unica fotografia presente in tutto il negozio: in una semplice cornice d’argento, un ragazzo identico a George –perfino le lentiggini erano negli stessi punti- ammiccava e salutava con la mano destra la ragazza.
-Lui è Fred…-

“I Weasley hanno perso un figlio…uno dei gemelli”
La voce di Theodore Nott le rimbombò nella mente            : era stato lui a farglielo sapere insieme agli altri nomi qualche anno fa.
Come aveva fatto a non ricordarlo prima?
-Scusa…-biascicò Pansy, in difficoltà –Non…mi spiace-
Le dispiaceva davvero. Era riuscita a togliergli dalla faccia quel sorriso soddisfatto e strafottente, ma non provava nessun sadico piacere come a Hogwarts; soltanto un’improvvisa tristezza.
-Anche io ho perso delle persone a me care…- non  sapeva cos’altro aggiungere, aveva perso le parole e non le venne in mente niente di più intelligente da dire.
George ignorò quelle parole e, in tutta risposta, alzò alcune ciocche di capelli che gli ricadevano lisci sul lato destro.
-Ti manca un or…-
-E per questo che porto i capelli così lunghi- le spiegò, interrompendola.
-Scusami, io non volevo… davvero-
Merlino, era la seconda volta che si scusava con George. Che cosa le stava succedendo?
-Di nuovo ‘scusa’, Pansy? Non è da te-
Ecco, perfino Weasley l’aveva notato.
-Può sembrare strano, ma ho un cuore anche io-
-Davvero?-. George le si avvicinò. –Non l’avrei mai detto-
La ragazza abbassò lo sguardo, in difficoltà.
–Posso presentarti il mio amico, allora?-
Pansy sbuffò, e sentendosi colpevole si arrese. –Mmm…Va bene-
-E’ qui, al bar di fronte. Sai, è finlandese. Hai detto di parlarlo, no? Sarà un piacere sentirvi chiacchierare insieme-. E in un attimo George fu fuori dl negozio.
Era fregata! Lei del finlandese sapeva dire soltanto “buongiorno” e non era neanche sicura di come si pronunciasse, l’aveva sentita molto tempo fa da un suo lontano parente.
Un uomo basso e ingobbito, dai capelli radi e con un pesante giubbotto verde bottiglia entrò preceduto da George; l’individuo si cacciò una vecchia pipa incrostata in tasca e salutò Pansy con un gesto della mano.
-Pansy, lui è Dugus Pitka-
La ragazza mormorò qualcosa di incomprensibile, mentre lo straniero le porgeva la mano destra.
Pansy la strinse e sorrise tesa.
Dannati sensi di colpa! Stava facendo tutto questo per Weasley: le era dispiaciuto davvero tirare fuori la storia di Fred.
Senza farsi notare strofinò la mano sulla divisa. La mano dello straniero era sudaticcia: che schifo!
George la guardò e ridacchio leggermente.
-Se on ilo tutustua,neiti, Pansy- disse l’uomo.
-Hyvää huomenta - pronunciò cautamente lei.
Dugus continuò a parlare ponendole qualche domanda –o almeno le parve così-, alle quali non rispose. Le sue guance cominciarono ad arrossarsi per l’imbarazzo e non aveva il coraggio di incrociare lo sguardo di Weasley.
-Ok, ok. Mundugus, credo che possiamo finirla qui- disse George mentre scoppiava in una fragorosa risata, trattenuta a stento fino a quel momento. –Questi sono tuoi- prese una manciata di galeoni dalla tasca e glieli ficcò in mano.
Pansy guardò il ragazzo, confusa. –Che diavolo sta succedendo?-
George salutò Mundugus, prima di risponderle. -Lo sapevo!- esclamò.
-Spiegati- disse, glaciale.
-Tu il finlandese non lo conosci- dichiarò, il sorriso di nuovo sul viso.
-Tu…tu mi hai preso in giro?-
-Era soltanto uno scherzo innocente per…-
-Per ridere alle mie spalle!- completò lei.
-No, l’ho fatto solo per smascherare una Serpe imbrogliona-
-Merlino, sei così irritante!- esclamò Pansy, cominciando a riordinare il negozio- E insopportabile. E fastidioso-
-Siamo uguali-
-Uguali? Io e te?-
-Certo! Anche tu, come me, sei irritante, insopportabile e fastidiosa, ma nel frattempo siamo anche affascinanti, furbi, intelligenti…-.
-Mi stai facendo dei complimenti, Weasley?-
-Così sembra-
-Ok, sputa il rospo. Cosa ti serve?-
 -Serve?- ripeté George, senza capire –Niente, perché?-
Lei alzò le spalle. –Non vuoi un favore? O qualunque altra cosa?-
-Potrà sembrarti strano, ma ci sono persone che non sono fredde calcolatrici come te. Ed è molto triste che tu non possa ricevere dei complimenti, senza pensare che ci sia un secondo fine, sai?-
-Sarà- borbottò, lasciando cadere il discorso per servire un cliente appena entrato, ma continuando a pensare alle sue parole.

 - Weasley!- la voce di Pansy più alta e acuta del solito tuonò nel negozio, ormai in chiusura. –Dov’è finita Candy?-
George, confuso, alzò lo sguardo da alcuni documenti. –Candy? E chi sarebbe?-
Pansy mise le mani sui fianchi, leggermente imbarazzata. -La Puffola Pigmea viola. Se l’hai venduta, io…- lasciò la frase in sospeso non sapendo bene cosa dire.
- Che razza di nome è Candy? Nella vostra famiglia avete una dote speciale nel dare nome orrendi alle cose. Hai per caso un gufo che si chiama Rupert? O magari…-
Pansy lo interruppe minacciosa –Finiscila, Weasley-
 -E’ qui, comunque. Devo regalarla a una persona troppo orgogliosa che non avrebbe mai avuto il coraggio di comprarla.- le disse, indicando un piccolo pacchetto.
-Come mai hai amici così idioti, Weasley? Sono l’unica che conosci con del cervello?- chiese, acida
-Non direi, altrimenti avresti già capito che la persona a cui voglio regalare la Puffola Pigmea sei tu: una ragazza troppo orgogliosa che non ammetterebbe mai che il mio negozio le piace. Spero soltanto che quando ti renderai conto che ti piaccio anche io, prenderai coraggio e me lo dirai prima della pensione-
-Tu piacermi? Non sei assolutamente il mio tipo-
-Perché? Preferisci i ragazzi biondi, spocchiosi e figli di papà?-
Pansy chiuse gli occhi per un istante e prese un profondo respiro. –Stai parlando di…di Draco?-
Lui annuì. –Pansy Parkinson, ex fidanzata di Malfoy, ex Serpeverde, eccetera, eccetera. Mi ci è voluto del tempo, ma alla fine ti ho riconosciuta. In fin dei conti, non ci siamo mai calcolati troppo ad Hogwarts-
-Avrei voluto continuare a farlo…-
-Ma il destino ci ha fatto incontrare-
-Destino? Io la chiamerei sfiga.
 -E adesso tu lavori per me e sei costretta a vedermi ogni giorno- continuò George, come se lei non avesse parlato.
-Anche tu sei costretto a vedermi ogni giorno-
-Sì, ma a me piace vederti ogni giorno! Certo, non me lo sarei mai immaginato, ma è così-  
Pansy gli scoccò un’occhiata, incredula –Weasley, ma di cosa stai parlando? Noi non ci sopportiamo, è un dato di fatto-
-Beh, hai fatto tutto da sola, io non ho mai detto niente. Sulla base di cosa pensi questo? Soltanto perché eravamo in due Case nemiche a scuola? Andiamo, Pansy, ti credevo più intelligente!-
-Io sono intelligente!- esclamò, cercando di fermare quel fiume di parole che la confondevano e basta. Come se già non lo fosse da sola.
Ci siamo mai frequentati? Abbiamo mai chiacchierato per più di mezzora, senza che tu te ne uscissi con qualche battutina velenosa? No e ancora no. In conclusione…-
-Ah, perché queste cavolate hanno anche una conclusione?-
George inarcò un sopracciglio, come a dire “vedi che avevo ragione?”.
-Oh, cielo, ascolta Weasley…-
-George- la corresse lui.
-Ok, sei proprio fuori di testa- fece lei. –Io qui ho finito, me ne torno a casa, prima che diventi scema come te-
-Ehi, stai dimenticando Cansy-
-Candy, Weasley, Candy!- esclamò, prendendo la Puffola fra le mani. Sapeva che se ne sarebbe pentita e che quell’attimo di debolezza lui glielo avrebbe rinfacciato per molto tempo, soprattutto dopo quel discorso, ma sentiva di doverlo dire. –Comunque… ehm, grazie, George-.
George non fece in tempo a risponderle, che lei si era già smaterializzata.

 

 

 

 

 

Ragazze :D ecco qua il secondo e penultimo capitolo, spero che vi possa piacere e di non aver rovinato nessuno dei due personaggi: sto cercando di fare il massimo per non farlo e sto anche modificando qualche pezzo qua e là della vecchia storia.  
Quelle due frasette in corsivo le ho tradotte in "finlandese" con il traduttore di Google, perciò non so quanto possano essere esatte xD
Un GRAZIE enorme alle ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, mi fa tantissimo piacere sapere cosa ne pensiate :) Ringrazio ovviamente anche chi l’ha inserita nelle preferite, seguite o ricordate.
Ditemi il vostro parere xD
Greta.

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Capitolo 3
*** Indovina chi viene a cena? ***


Sopravvivendo a Weasley!

[o a Pansy, dipende dai punti di vista]

 

Dicono che col tempo arriverò
A far convivere io e te e l’amore.
Dicono che per stare insieme a te
Bisognerebbe darti e mai privarti.

Io ci voglio credere…e tu?
Io ci voglio credere, convivendo
Io ti voglio vivere...e tu?
Io ti voglio vivere, convivendo

[B. Antonacci, Convivendo]

 

Quando il campanello cominciò a suonare, Pansy era stesa sul divano, coperta fino al naso da un pesante plaid, i capelli legati in una coda disordinata e fra le mani un enorme confezione di fazzoletti, che da qualche giorno era diventata la sua migliore amica insieme a termometro e medicine.
Si soffiò il naso e prima di domandarsi chi mai potesse essere (Daphne e Millicent erano già andate a trovarla quella mattina per vedere se fosse guarita e darle gli auguri), il campanello squillò di nuovo e questa volta non aveva nessuna intenzione di smetterla.
Sbuffando si alzò, mentre uno strano presentimento la prese: conosceva soltanto una persona che poteva essere tanto stupido da suonare alla sua porta in quel modo e soprattutto alla vigilia di Natale…
-Chi è?- domandò per confermare i suoi dubbi.
-Indovina chi viene a cena?- le chiese quella voce che ormai da un mese aveva imparato a riconoscere bene.
-Weasley?- alzando leggermente il tono di voce per quanto glielo permettesse il fastidioso mal di gola che da giorni la tormentava.
-Sì! Forza, Parkinson, aprimi! Qui fuori si gela, sta anche nevicando-
Pansy guardò per un attimo la sua immagine riflessa nello specchio dell’ingresso: tutto era tranne che presentabile! Non poteva certo farsi vedere così da Weasley, o avrebbe perso la faccia. Sciolse la coda e passandosi le dita fra i capelli corvini, cercò di dare loro una forma, poi la rifece e si sistemò meglio la vestaglia per coprire il pigiama.
Abbassò la maniglia e aprì di un poco la porta. –Cosa ci fai qui, Weasley?-
-Oh, avanti!- esclamò. –Fammi entrare, queste buste pesano-
-Buste?- spinta dalla curiosità, aprì di più la porta per osservarlo meglio.
Il vento gelido le colpì in pieno il viso e non seppe dire se il brivido che le attraversò la schiena fosse dovuto al freddo invernale o allo splendido sorriso che si aprì sul viso di George mentre la guardava. Nessuno la guardava più così da tantissimo tempo, ormai. Forse, nessuno l’aveva mai guardata così.
Piccoli fiocchi di neve gli si erano poggiati sul cappello e sul lungo impermeabile nero, al collo aveva una lunga sciarpa rossa avvolta più volte, mentre le mani, coperte dai guanti di lana, reggevano delle buste piene di solo Dio sapeva cosa.
-Come hai fatto a sapere dove abito?- gli domandò, ma non gli diede il tempo di rispondere che aggiunse. –Beh, fa niente, non mi interessa, tanto in casa mia tu non ci metti piede!-
-Sì, certo, faccio da solo. Permesso!- e prima che lei potesse fare qualsiasi cosa per impedirglielo, lui mise un piede nella porta e con una leggere spinta che Pansy non riuscì a bloccare, la spalancò ancora di più ed entrò. -Finalmente! Dai Pansy, chiudi la porta, non vorrai prendere altro freddo; non vieni a lavoro già a tre giorni e cominci a mancarmi-
-Weasley, questa è violazione di domicilio!- esclamò lei, poggiando le mani sui fianchi e assumendo un cipiglio severo.
-Oh, cavolo, sembri quasi mia mamma… avete la stessa espressione-
-Paragonarmi a tua madre non è certo il modo migliore per convincermi a non cacciarti a calci nel sedere da casa mia, Weasley!-
-Lo sanno tutti che un uomo cerca una ragazza simile alla proprio madre, perciò credo che tu sia la ragazza perfetta per me-
-Perché non te ne torni dalla tua cara mammina, allora?-
-Beh,  sono venuto a controllarti- disse, guardandosi attorno per individuare la cucina.
-Controllarmi?- ripeté lei, inarcando un sopracciglio.
-Già. Da una Serpe come te posso aspettarmi di tutto, perfino che si finga malata per non venire a lavoro ed essere pagata lo stesso-
-Bene mi hai visto, ho davvero la febbre; perciò puoi anche andartene adesso- lo prese per un polso e cercò di spintonarlo per cacciarlo.
-No che non posso andarmene! Non posso lasciarti da sola alla vigilia di Natale, va contro tutti i miei principi, non è da me e io sono un gentiluomo-
Pansy cercò di reprimere un sorriso, ma non ci riuscì: era carino che Weasley si preoccupasse per lei. –Quindi che intenzioni hai?-
-Prima di tutto, dimmi dove posso poggiare queste- e sollevò leggermente le braccia per far vedere le buste.
-Di là… ma cosa diavolo vuoi fare? Non vorrai mica…-
Non ci fu bisogno di continuare la frase, perché George seguì le sue indicazioni dirigendosi verso la cucina e Pansy capì perfettamente il suo piano.
-Hai fame?- le domandò, mentre cominciava a tirare fuori dai sacchetti ciò che aveva portato.
-Un po’- ammise suo malgrado. Era da giorni che mangiava zuppe bollenti e insipide e l’avrebbe fatto anche quella sera, se non fosse arrivato lui.
-Meglio, perché ho preso un bel po’ di roba-
-Hai cucinato tu?- chiese, stupita.
-No, magari… ha fatto tutto mia madre, i miei hanno organizzato alla Tana il solito cenone con tutta la famiglia e io ne ho approfittato per sgraffignare qualcosa-
Pansy immaginò una mandria di persone dai capelli rossi strette in una minuscola cucina e lei seduta affianco a George, mentre Potter le passava una bottiglia di Burrobirra e la grassa Molly Weasley le serviva del pudding .
Certo, l’idea di lei e Potter che mangiavano ad uno stesso tavolo le fece un po’ schifo, ma era certa che l’atmosfera di unione e affetto che era presente in quella famiglia le sarebbe piaciuta.
Scosse il capo, non era da lei rimuginare su quelle cose! Era colpa della febbre, in condizioni normali non avrebbe mai pensato ad una cosa del genere; diamine, lei era Pansy Parkinson… non poteva avere quei pensieri, perché…
-Devo solo riscaldarle e poi potremo mangiare- l’avvisò George.
Lei annuì leggermente e l’osservò togliersi l’impermeabile e il cappello. Indossava un orribile maglione: verde smeraldo e con una G più scura al centro; doveva essere nuovo, non gliel’aveva mai visto indossare, probabilmente il regalo natalizio della madre.
-Perché sei qui?-
Doveva sapere: non poteva davvero aver rinunciato ad un Natale in famiglia per trascorrere la serata con lei.
-Volevo stare con te- ripose semplicemente, abbandonando per un attimo piatti e posate per fissarla negli occhi. E a quelle parole, le difese di Pansy cominciarono a crollare, perché si rese conto quanto esse fossero vere.
 –E poi- aggiunse. –Non sei mai voluta venire a cena fuori con me, perciò adesso eccomi qui… te l’ho portata direttamente a casa-.
-Mi stai costringendo a cenare con te- concluse lei, velenosa.
-Pansy, dì la verità, dai! Se tu non avesse voluto la mia compagnia, adesso sarei ancora fuori dalla tua porta a bussare; invece mi hai fatto entrare in meno di due minuti. Sai cosa vuol dire questo?-
Forse lo sapeva, ma non aveva il coraggio di ammetterlo nemmeno a sé stessa.
-Ok, ti ascolto, cosa vuol dire?-
-Che ho iniziato ad abbattere quel tuo muro di indifferenza nei miei confronti-.       
Pansy si sforzò di ridere. –Questa è bella! Stai per caso recuperando le cavolate che non hai potuto dirmi in questi giorni?-
-Vieni a cenare, dai-. Cambiò discorso lui.
Ok, avrebbe fatto in questo modo: entro mezzora avrebbe dovuto trovare almeno due motivi validi, anzi validissimi, per cacciare George e tornare a raggomitolarsi sul divano in santa pace; se non le sarebbe venuto in mente niente…beh, ci avrebbe pensato su più tardi.
George portò il cibo nel salotto e apparecchiò con impegno il basso tavolino vicino al divano.
-Et voilà, miss Parkinson- scherzò lui, facendo un pomposo gesto con la mano e un piccolo inchino.
-Non è che mi avveleni?-
-Oh, no, Pansy…non sono mica una serpe io-
 -Come ben sai, io invece lo sono e tu, mio caro, non sai quanto stai rischiando- lo avvertì, prendendo da un piattino una patatina e mangiandola. –Mmm, buona-.
-Sono pronto a rischiare… ogni cosa, se mi farà ottenere quello che voglio- rispose, serio.
-Cos’è che vuoi?- gli chiese, giocherellando con la forchetta per poi prendere un pezzo di pollo, tanto per fare qualcosa e non fare incrociare i loro sguardi.

Primo motivo: si veste malissimo.
Ma quella motivazione non reggeva e mentalmente la eliminò.
-Sarebbe più corretto dire “chi” voglio! E la riposta la conosci già da te-.

Non riesce a rimare serio per più di due secondi.
Niente da fare, le faceva schifo anche quel motivo.
Pansy continuò a mangiare in silenzio, nonostante la fame fosse sparita e lo stomaco si fosse fatto pesante, nemmeno avesse ingoiato a forza delle pietre.

Riesce a mettermi sempre in difficoltà. E’ una sfida continua, un incessante botta e risposta senza vincitori.
-Perché proprio me?- riuscì finalmente a mormorare.
-Amo complicarmi la vita…e poi, boh, non lo so neanche io! Non credo esista una spiegazione giusta e razionale per queste cose: volontà divina? Forse. Fato? Probabile. Una stranissima congiunzione astrale? Potrebbe essere. Fatto sta che è successo e credo sia mia compito farti capire che non è una cosa sbagliata-.
-Non pensi che sarebbe difficile far funzionare le cose fra noi? Parkinson e Weasley, Serpeverde e Grifondoro e così via! Potrei continuare a lungo, George-
Lui notò che l’aveva chiamato per nome e sorrise. Un sorriso che, quasi per magia, ebbe la forza di riscaldare Pansy dall’interno. Era una magia che lei non aveva mai provato, fino ad  adesso. Se avesse chiuso gli occhi, ne era sicura, sarebbe riuscita a visualizzare quel volto in tutti i suoi particolari. E sicuramente le avrebbe fatto lo stesso effetto.
-Forse non te ne sei accorta, ma Hogwarts è finita da un bel pezzo ormai. E anche la guerra! Il mondo è andato avanti e dovresti farlo anche tu: smettila di vivere nel passato-
George le si avvicinò e, piano, le prese il viso fra le mani, fissando i propri occhi nei suoi. –Ascolta, so perfettamente chi siamo e cosa abbiamo fatto, conosco la mia famiglia e posso immaginare la reazione della tua se mi presentassi loro; ma sinceramente in questo momento, in ogni momento che trascorro in tua compagnia, i giudizi degli altri non sono un problema per me-.
Pansy si allontanò di scatto, come se quel contatto l’avesse scottata; ma George non si arrese -uno come lui non conosceva quel vocabolo- e di nuovo le sfiorò il viso.
-Non funzionerà, tu non mi conosci realmente…-
-Credi forse che io non lo sappia? Sei una delle persone più complicate che conosca; e lo so che per stare insieme a te, dovrò darti e mai privarti. Ma io ci voglio credere, anzi io già ci credo! E tu?-
Senza darle il tempo di rispondere, appellò un pacchetto e glielo porse.
-Cos’è?- si ritrovo a chiedergli, ancora spiazzata da quelle parole.
-Il tuo regalo di Natale, facile-
-Io mio regalo di Natale? Scherzi?-
George scosse il capo. –Avanti, aprilo-
Pansy cominciò a scartalo e quando capì cosa conteneva, non riuscì a non scoppiare a ridere. –Un maglione made in Weasley?-
-Già. Ti piace?-
-E’ arancione!-
-Sì, ma la P è nera- si difese George, unendosi alla sua risata. –Beh, non lo indossi?-
-Ma sono in pigiama!-
-Devi soltanto provarlo, voglio vedere come questo bellissimo colore doni al tuo incarnato- controbatté, ripetendo le parole che tempo prima gli aveva detto lei.
Pansy lo indossò di sopra alla maglia del pigiama e sapeva di essere ridicola, ma per una volta non se ne curava.
-Avevi ragione, Pansy… l’arancione non ti dona-
 –Molto simpatico, eh! Ma io non ho pensato a farti un reg…-
Non riuscì a finire le frase, perché improvvisamente sentì le labbra calde di George sulle sue e pensò che, ormai, aveva infranto tutte le regole che da sempre si era imposta e che quindi poteva tranquillamente ricambiare il bacio.
In quel momento, ammise a sé stessa, aveva trovato almeno dieci motivi per cui poter crederci pure lei e nemmeno uno che la convincesse che il suo comportamento fosse sbagliato.
Si staccò leggermente, toccando la fronte di George con la sua e parlandogli a pochissimi centimetri dal viso. –Forse, posso cominciare a credere in noi anch’io- sussurrò.
-E’ questo il tuo regalo- rispose, per poi continuare a baciarla.

 

 

 

Qualche tempo dopo…

 

-Amore, mi hai chiamato?-
La testa rossa di George fece capolino nel retro del negozio
e lei velocemente spense la radio,
facendo finta di nulla.
-No, perché?- domandò, innocentemente.
-Mi pareva di averti sentito parlare…-
Pansy scosse il capo, alzando le spalle e George le si avvicinò
 per darle un bacio e poi tonare nel negozio.
La ragazza accese di nuovo la radio, abbassando ancora di più il volume
e cominciò ripetere  quello che diceva una voce maschile in una lingua sconosciuta:
Gliel’avrebbe fatto vedere lei a George come avrebbe imparato finalmente il finlandese!

 

 

 

 

Ragazzeee, eccomi qua :D e anche l’ultimo capitolo è arrivato! E io non posso non sperare che anche questo vi sia piaciuto. Vi ringrazio tantissimo per le recensioni e per aver seguito questa piccola storia, che dopo due anni ha finalmente visto la luce del sole xD
Che ne pensate? Fa schifo o è stata una fine quanto meno accettabile? Ero insicura se inserire la parte finale, l’ho scritta, modificata, cancellata e riscritta e allafine l’ho lasciata xD
Lettori silenziosi me lo dite il vostro parere almeno all’ultimo capitolo? Mi farebbe un enorme piacere :D
Alla prossima,

Greta.

 

 

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