Helgrind

di LenahSalvatore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 44 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 45 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Camminavo tranquillamente per il lungo corridoio di casa mia, i miei famigliari, i miei antenati mi guardavano da quadri immensi appesi al muro e mi incutevano molto timore, i loro sguardi severi, la loro aria provocatoria e inquietante, i loro vestiti scuri e lo sfondo sempre scuro, dall’altra parte avevo le enormi finestre, mio unico legame con la vita al di fuori di quel castello, ebbene si, io ero una specie di principessa vera e propria, la mia famiglia erano gli Windsor e il mio nome era Elizabeth Anne Windsor Seconda, un nome lungo e complicato che neanche mi piaceva. La mia famiglia abitava da sempre in quel castello costruito in epoca romana, io era l’ultima generazione e purtroppo l’unica figlia di mia madre Clara e di mio padre Jebhediam, camminavo in quella casa senza mai uscire dall’Agosto 1659, dal giorno della mia nascita, ero una normale ragazza di buona famiglia di quegli anni e ormai ero in età da matrimonio, la mia unica sfortuna era di essere troppo cagionevole e per questo motivo non avevo mai visto il mondo al di fuori delle stanze enormi di casa mia. Mia madre mi aveva sempre detto che si vedeva che ero molto cagionevole, diceva sempre che il mio aspetto dimostrava la mia fragilità, i lunghi capelli boccolosi e biondi, di un biondo così chiaro da sembrare bianco, una volta un pittore lo aveva definito platino, gli occhi di un azzurro stranamente scuro e violaceo, la pelle candida quasi fosse marmo, le guance del solito colore candido della pelle, la struttura esile e la statura leggermente bassa per i miei diciassette anni, le labbra di un pallido rosa smunto, sembravo una bambola di porcellana che rischiava di rompersi al solo tocco. Mio padre cercava di recuperare le bellezze del mondo in quadri che faceva dipingere e poi mettere nella mia stanza e poi arrivava sempre a casa con un abito nuovo e di un tessuto pregiato, l’abito che indossavo in quel momento era un regalo molto recente, un vestito lungo e largo dalla gonna bianca-azzurra e il corpetto stretto e azzurro, i guanti corti azzurri e le scarpette azzurre, mio padre diceva che l’azzurro mi donava, quel giorno mentre camminavo lungo il corridoio e guardando fuori dalla finestra vidi dei ragazzi della mia età camminare vicini e parlare amabilmente. La tristezza mi assalì come un’ondata implacabile e volli solo correre fuori da quei ragazzi ben vestiti e dall’aria simpatica per conversare, farmi conoscere, una volta una serva aveva detto che in paese ero diventata una specie di leggenda, nessuno mi aveva mai visto e nessuno mai mi avrebbe visto, quadri dove ero il soggetto che nessuno vedeva perché erano chiusi in una stanza particolare e i visitatori non mi vedevano perché mia madre aveva paura di un contagio, la cosa ancora più triste era che tutta quella leggenda era la pura e semplice verità. Corsi velocemente nella mia camera e mi sedetti sul divanetto in fondo al mio letto, volevo immaginarmi come facevo sempre la mia vita al di fuori di quel tetro castello, ogni volta che la tristezza si impadroniva di me, cosa molto frequente, mi rinchiudevo in camera e immaginavo la mia vita attraverso i quadri, ne assaporavo la libertà che la mia illusione creava, assaporavo il piacere di ogni profumo e di ogni cosa sotto le mani e i piedi cercando un senso al perché io fossi esclusa da un mondo che era tanto bello. Quella volta mi stancai in fretta delle mie illusioni e andai nella stanza della musica, una stanza fatta da mio padre dove c’era un enorme pianoforte e divanetti per le persone che ascoltavano, io ero molto brava al pianoforte perché mia madre diceva che era una cosa che si addiceva alle signorine, avevo imparato perfettamente a suonare e sul leggio c’era già una delle mie canzoni preferite, la suonai osservando come le mie dita bianche correvano veloci sui tasti d’avorio e io mi lasciavo cullare dal dolce suono delle note che era così malinconico, esprimeva la mia pura essenza, solo e semplice malinconia. Mi ero sempre sentita male ma non per i malanni che a volte prendevo ma per la mia voglia di uscire, una voglia travolgente che mi penetrava nel cuore e mi faceva desiderare di poter uscire di nascosto o di convincere mia madre che io non ero poi così tanto cagionevole e che potevo benissimo uscire senza che mi ammalassi ma ogni mio tentativo era andato a vuoto, mentre pensavo ai miei tentativi sentii la porta aprirsi, immaginai mia madre che mi vedeva seduta al piano mentre suonavo trascinata dalle note, immaginai la sua espressione rasserenata e la mia sognante di un mondo incantato al di là delle porte della mia casa. Sentii la dolce melodia entrare nel profondo del mio cuore mentre le mio orecchie sentirono un suono nuovo, un suono che non avevo mai sentito, una voce che non avevo mai sentito nemmeno nei miei incubi peggiori, era la voce di mia madre che urlava adirata, mi girai bloccando le dita e guardai la porta alle mie spalle, non era mia madre ad essere entrata o meglio lei era dentro adesso ma la prima persona che era entrata era un ragazzo giovane di uno o due anni in più di me che mi osservava radioso: Mamma- Cosa ci fate voi qui giovane? Ragazzo- Mi scuso per la mia insolenza ma Sir Windsor mi ha fato entrare per un te e ho sentito questa splendida musica, non potevo non conoscerne la provenienza! Mamma- Il vostro nome? Ragazzo- Lorn Mansen! Mamma- Un Mansen bene, conosco vostra madre e statene certo che farò presente questa cosa! Mi sentii improvvisamente umiliata e imbarazzata, volevo esplodere e per una volta far uscire la mia rabbia, mi alzai di scatto sbattendo le dita sui tasti e provocando un suono orribile ma che attirò l’attenzione, il mio rossore era evidente, camminai leggermente in avanti fino a metà strada: Io- Mi scusi madre ma posso chiedervi cosa abbia fatto di male questo ragazzo? Mamma- Elizabeth come ti permetti figlia mia? Cosa ha fatto di male? Cosa? Io- Si madre, dopo tutto stava solo ascoltando la musica che suonavo, non è un crimine! Dal corridoio in lontananza sentii arrivare la voce di mio padre, sentii i passi veloci e poi vidi il suo volto osservare la stanza dalla porta, una faccia leggermente stranita ma anche felice: Mamma- Jebhediam questo tuo ospite è entrato in questa stanza mentre Elizabeth suonava! Papà- Cara non c’è niente di male, dopotutto ascoltare della buona musica non è un delitto! Mamma- Jebhediam ti prego di appoggiarmi! Il ragazzo camminò verso di me senza mai distogliere lo sguardo dai miei occhi, accorciò paurosamente i pochi metri a separarci, mi prese la mano sorridendo e inginocchiandosi la baciò, appena la sua mano prese la mia mi sentii stranamente, era un contatto che non avevo mai provato e poi quando le sue labbra toccarono la mia pelle arrossii ancora di più: Ragazzo- Mi scuso per l’irruenza, il mio nome è Lorn Mansen, è un piacere fare la vostra conoscenza! Io- Il piacere è mio Lorn, il mio nome è…….. Lorn- Elizabeth… Io-…….Anne Windsor Seconda!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Si alzò e mi ritrovai a osservare dentro un lago nero di puri sentimenti, quando riuscii a distogliere e ad abbassare lo sguardo come si addiceva ad una ragazza di corte della mia età capii che quel lago che avevo osservato erano i suoi occhi, mi ritrovai curiosa di sbirciare il suo viso, mia madre mi vide allungare l’occhio su Lorn e mi guardò in cagnesco, ciò non fece altro che farmi assalire dalla rabbia e alzai gli occhi fronteggiando lo sguardo di Lorn, vidi il suo viso colorarsi leggermente di rosso alla mia sfida, ma non distolse lo sguardo. Aveva i capelli lunghi secondo la moda del momento, mossi e neri come gli occhi, la pelle candida come ogni persona in quel paese d’Inghilterra, le labbra erano più rosee delle mie e la carnagione malgrado pallida era comunque più scura della mia che sembrava il candore della morte più che un pallido bianco, i vestiti erano quelli di un nobile elegante e ben fatti, la cosa che mi colpì più del suo volto erano gli zigomi pronunciati, la fossetta del mento e la spigolosità del viso, era chiaro che era più grande di me forse anche di tre o quattro anni: Lorn- E di grazia come s’intitolava la canzone che stavate così amabilmente suonando al piano? Io- Si deus pro nobis, è una delle mie preferite! Lorn- Oh anche una delle mie! I miei genitori non ci lasciarono conversare ancora a lungo e non ci lasciarono mai perché non era proprio di una del mio rango, anzi di nessuna damigella, restare sola con un uomo prima che questi fossero sposati o comunque non potevano restare soli, anzi non ci lasciarono proprio conversare, mia madre mi si avvicinò e dopo una pacca come a sfogare la sua frustrazione su di me invitò gentilmente Lorn a uscire dalla sala. Appena fui sicura che Lorn era fuori corsi alla finestra che dava sul vialetto principale dove c’era la carrozza di Lorn che aspettava, vidi la sua splendida figura avvolta dal mantello scuro e poi lo vidi girarsi verso le finestre come a cercarmi e infatti mi trovò, mi sorrise e io rimasi accecata da quel sorriso, sorrisi anche io e poi arrossii, abbassai lo sguardo subito perché mai una signorina avrebbe alzato lo sguardo e affrontato quello di un ragazzo, mi misi l’indice davanti alla bocca per fargli capire di tacere e di mantenere il mio segreto, lui annuii. Vidi che si girò e salì sulla carrozza maestosa e trainata da cavalli bianchi, vidi la carrozza allontanarsi sul vialetto di casa mia e mi sentii triste, era il primo contatto umano che avevo al di fuori dei servi e della mia famiglia da quando ne avevo ricordo, era la prima persona con cui parlavo, la prima con cui combattevo se così si poteva chiamare la discussione di poco prima con mia madre. Camminai lentamente verso la sala della musica, volevo sentire ancora il suo profumo invadermi e ridestare i miei piaceri sopiti, quel dolce profumo che mi inebriava e mi faceva venire in mente il suo viso, mi faceva sognare e per la prima volta le mie illusioni cambiarono, il mio oblio divenne lui perché era il mio unico contatto con la realtà, il mio sogno a occhi aperti, quando arrivai alla sala della musica non c’era più il profumo ma mi sembrava di vedere l’aura immaginaria di lui vicino al piano. Mi avvicinai alla sua aura e cercai di prenderla, era un momento totalmente assurdo, se qualcuno fosse entrato avrebbe visto me prendere una mano immaginaria e ballare su note inesistenti, perché fu quello che feci, presi la mano immaginaria e ballai come se lui fosse veramente lì, non mi stancai subito ma dopo due danze mi venne in mente che volevo una prova di lui, un ricordo vivido che potevo vedere senza scrutare nella mia mente, corsi velocemente al piano di sotto dalla mia serva personale, era una ragazza minuta e della mia età, il mio opposto, completamente scura e vestita di stracci: Io- Ehm Isadora mi faresti un piacere? Isadora- Certo padrona! Io- Chiamami un pittore e digli di correre qui, non deve saperlo nessuno e tu resterai in camera così da non sembrare una affare malvagio, portalo nella sala degli ospiti e assicurati che sia chiusa a chiave, io aspetterò lì! Isadora- Naturalmente mia padrona! La vidi correre fuori verso il portone che io non avevo mai varcato, era un affare che volevo svolgere di persona ma non potevo, la cosa più strana era che io avevo un enorme voglia di uscire, varcare quel portone e sentire l’aria cullarmi ma avevo anche paura di quello che avrei trovato, andai nella stanza degli ospiti, un amabile salottino posto vicino all’ingresso, un salotto con poltrone morbide e di un color nero che sembrava le piume dei corvi sugli alberi, un’ampia libreria e un tavolino centrale con i fiori messi in modo che l’enorme finestra facesse filtrare i raggi del sole proprio su di essa. Aspettai in quella sala per una buona mezz’oretta ma appena sentii i passi affrettati della mia serva e di un’altra persona mi tranquillizzai, la porta si aprì e subito un uomo dall’aspetto stravagante e dai capelli d’argento si sedette sul divano e mi guardò: Uomo- Mi presento, sono Aloiso Seroldonus pittore del paese! Io- Salve io sono Elizabeth Anne Windsor Seconda principessa del paese e bisognosa dei vostri servigi! Aloiso- Sono al vostro servizio Miss! Io- Bene, se non è troppo disturbo Sir la pregherei di andare a casa Mansen e la pregherei di fare un dipinto a Sir Lorn e poi dovete portarmelo qui, questa notte due ore dopo il tramonto la mia serva vi aspetterà sul retro della casa e voi le darete il quadro che io vi pagherò solo alla consegna effettuata è tutto chiaro? Isadora- Miss scusi se mi intrometto ma se il quadro lo metterete da qualche parte lo vedranno! Io- Per questo motivo lo metterò in camera mia e voi sarete l’unica oltre a me ad entrarci! Aloiso- Se posso permettermi Miss, ma perché volete quel quadro? Io- Non potete permettervi e ora andate avete un lavoro da fare! Aloiso- Certamente Miss, con il vostro permesso! Isadora- Miss con il vostro permesso andrei anche io! Io- Certamente Isadora andate pure tra poco andate in camera mia e troverete un sacchetto d’oro sotto il letto, è per il quadro! Isadora- Certo Miss! Uscirono tutti dalla stanza, ero di nuovo sola ma ormai era una mia condizione talmente frequente che non ci facevo nemmeno caso, era la cosa più normale per me, la mia segretezza era stata celata, nessuno avrebbe mai saputo niente di me fino a tempo debito e ciò la mia uscita di nascosto da quella casa, avevo progettato tutto ma volevo anche avere una prova di lui, di Lorn Mansen. Mi alzai e andai in camera mia, dovevo preparare il denaro per il quadro, naturalmente avevo una piccola scorta nascosta per ogni evenienza, per transizioni che richiedevano denaro ma non potevo chiederlo ai miei, entrai nella mia enorme stanza e misi una mano nella tasca interna di uno dei vestiti di quando ero più piccola, li volevo ancora tenere non solo come nascondiglio ma anche per ricordo, presi fuori l’occorrente per un quadro più una mancia abbastanza adeguata per il pittore. Presi anche un piccolo sacchetto per neutralizzare almeno in parte il debole rumore delle monete d’argento che tintinnavano, misi il sacchetto sotto il letto e poi rimasi a fissare la parete con i quadri di mio padre, dovevo scegliere il quadro da togliere per mettere quello di Lorn, non sapevo la grandezza del quadro ma non volevo farmi trovare impreparata, ci avremmo pensato io e Isadora. Guardai sconsolata quella parete piena di quadri che solo qualche ora prima mi davano tanta felicità, mi davano tante illusioni e tanta allegria, ora erano solo quadri di ornamento su un muro di una stanza, erano dipinti di posti esotici e favolosi si ma a me ormai non davano alcun effetto, la mia mente ora volava verso Lorn, era assurdo come quel ragazzo mi avesse fatto assaporare la libertà e il proibito così rapidamente e così intensamente, mi aveva fatto alzare lo sguardo, mi aveva fatto controbattere contro mia madre, mi aveva fatto desiderare di vederlo ancora. Mi aveva fatto fare un’azione disdicevole per sentire la sua presenza sempre, mi aveva fatto vivere il fuori con un solo sguardo come nessun quadro mi aveva mai fatto vedere, il suo profumo mi aveva fatto pensare a tutte quelle persone là fuori che vivevano le loro vite e andavano ai balli, andavano a prendere i vestiti, litigavano, si sposavano all’aperto, vedevano giocare i bambini, toccavano la mano del loro marito e quando erano soli toccavano le labbra del loro marito. La mia solitudine mi aveva fatto desiderare la fuga ma questa era praticamente impossibile perché in tutto il castello c’erano serve e domestici che mi controllavano, il mio piano per la mia uscita prevedeva non una uscita vera e propria ma una uscita allo scoperto, volevo che il mondo mi vedesse e volevo vedere il mondo, avevo deciso di chiedere ai miei genitori una festa per il mio diciassettesimo compleanno che ormai era di lì a tre giorni, camminai finalmente con una missione e con una metà.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Attraversai il lungo corridoio e andai fino al salotto dove sapevo che mia madre e mio padre stavano conversando, non degnai di uno sguardo quei quadri inquietanti, non degnai uno sguardo al mondo al di fuori delle finestre perché sapevo che in un modo o nell’altro mi avrebbe visto, camminai fino alla porta e arrivata lì bussai, la voce tenera di mia madre mi fece entrare, chiusi la porta alle mie spalle e poi mi sedetti sulla poltrona libera: Mamma- Dimmi Elizabeth cosa vuoi? Io- Madre, padre tra tre giorni è il mio diciassettesimo compleanno e come regalo non vi chiederò una cosa molto semplice ma la voglio ad ogni costo! Papà- Dimmi mia cara, qualsiasi cosa! Io- Non credo che questo entri in quella categoria ma…… Mamma- Oh insomma Elizabeth dicci il tuo desiderio! Io- Voglio che per il mio diciassettesimo compleanno organizziate un ballo qui a palazzo! Mamma- No! Io- Vi prego madre, ormai sono in età da marito e desidero incontrare persone nuove! Mamma- Ma non pensi alla tua salute? Io- La mia salute sta benissimo e non mi ammalerò per un ballo per il mio compleanno! Papà- Si può fare! Mamma- Cosa? Papà- Ha ragione mia cara Clara, è in età da marito e poi non è così cagionevole! Mamma- Ma siete tutti contro di me? Io- Si madre perché per una volta voglio vedere il mondo anche se lo vedrò tra le mura di questo castello! Mamma- Ma perché vedere il mondo tra le mura di questo castello in modo così pericoloso? Puoi osservarlo dai tuoi quadri che non sono pericolosi? Io- Madre quei quadri li conosco a memoria, voglio nuove esperienze, nuove persone, è così difficile per voi capire che non sono una bambola? Papà- Tra due giorni avrai il tuo ballo e per questo chiamerò domani una tessitrice per il tuo abito e un messaggero per diffondere la notizia e gli inviti che farò fare questa notte a una serva e poi un’altra serva incomincerà a porre le base per un banchetto degno di mia figlia! Io- Grazie padre! Papà- Prego mia piccola grande Elizabeth! Mi inchinai e uscii dalla stanza, finalmente avrei avuto quello che mi spettava, camminai più tranquillamente lungo il corridoio, mi sentivo fremere perché finalmente sarei stata svelata al mondo, tutti mi avrebbero visto e non sarei più stata una leggenda ma una vera ragazza dell’alta società, forse avrei potuto andare a balli, a incontri per il te con nuove amiche, avrei potuto vedere Lorn, avrei potuto fare molte più cose. Finalmente la stanchezza mi raggiunse e volli andare a dormire, tornai in camera e in piedi accanto al letto c’era Isadora con un pacco abbastanza grande al fianco, le corsi incontro e lei tolse il drappo rosso che copriva il quadro, rimasi sconcertata dalla bellezza di quel quadro, era Lorn in una posa perfetta, da vero gentiluomo su uno sfondo rosso sfavillante che metteva in risalto la figura, avevo giusto una cornice adatta a quel quadro e un nuovo posto, avrei tolto uno dei miei paesaggi preferiti ma non faceva niente. Indicai silenziosamente il quadro da togliere a Isadora e lei lo tirò giù salendo su un tavolino, togliemmo il quadro dalla cornice e lo sostituimmo con il ritratto di Lorn, Isadora lo appese e poi mi lasciò sola portandosi via il dipinto tolto, mi sedetti sul letto e contemplai il ritratto, Lorn era vestito di nero e aveva una giacca bellissima, una camicia nera sotto e le mani in posizione, una teneva un bastone con la testa di un corvo al posto del pomo e l’altra teneva la giacca come se volesse sia chiuderla e aprirla. Era la cosa più bella che poteva esistere, mi alzai e andai a prendere la mia camicia da notte, semplice seta e lungo fino ai piedi dove finiva con dei merletti, senza maniche e che si allacciava con bottoni, era una camicia da notte molto audace perché lasciava scoperte le braccia e il collo, faceva anche intravedere il mio decolté fiorente, non grandissimo ma fiorente, forse due o tre misure, mi misi sotto le coperte e mi abbandonai al sonno. Quella notte i miei sogni furono totalmente diversi, forse fu il fatto che andai a letto senza cena o forse furono tutti quei cambiamenti improvvisi, non sognai prati e città che non avevo mai visto ma sognai l’unico posto che non sognavo mai perché ne avevo la nausea, sognai l’unico posto in cui potevo stare, sognai il mio castello tutto adorno di soffici nastri colorati di un pallido azzurro come era il vestito che portavo, lo stesso vestito che avevo indossato il giorno prima. Sognai che stavo camminando e che quando raggiunsi la sala della musica appositamente adorna di nastri e fiocchi una folla di persone stavano ascoltando un musicista al piano, sognai molta gente che mi guardava per la prima volta, sognai che al centro della sala vicino al pianista c’erano i miei genitori che mi guardarono fieri e al tempo stesso preoccupati, sognai che Lorn si fece largo tra la folla di gente e mi dirigeva al piano tenendomi una mano ben in vista per mostrare la dolcezza del movimento. Arrivati al piano il pianista si alzò per farmi spazio e io mi sedetti, sognai che guardavo i tasti imbambolata perché non sapevo quello che si suonava alle feste, sognai che Lorn si allungava verso di me e mi sussurrava un nome, il nome della canzone che mi aveva sentito suonare, Kiss the rain, sognai che le mie dita partirono incontrollate sui tasti e la sala della musica si riempiva della dolce melodia della canzone. I bisbigli dei presenti si attutivano mentre mi facevo prendere dalla musica facendo anche qualche piccola variazione al normale testo, due o tre abbellimenti che la resero speciale, sentii che tutti erano rimasti estasiati dalla mia musica ed Lorn aveva sentito le variazioni e le aveva apprezzate. Poi mi alzai dalla sedia scomoda del piano e una marea di applausi riempirono la sala della musica, una marea di facce sorridenti e sbalordite per la mia entrata straordinaria, poi Lorn venne verso di me e mi prese la mano facendo un inchino prima di me e poi lo seguii, capii che Lorn mi stava guidando verso la giusta presentazione ai miei nuovi amici. Mi svegliai nel mio letto felice e fresca come una rosa, Isadora aveva già messo una specie di copri camicia da notte sul divano, serviva per presentarmi alla sarta che mi avrebbe fatto il vestito, era una morbida giacchetta di seta azzurra lunga fino ai piedi e mi copriva sia braccia che petto, solo una piccola parte del collo era libera, come doveva essere. Mi misi delle piccole ciabattine azzurre e uscii dalla stanza, appena chiusi la porta alle mie spalle Isadora mi si materializzò davanti agli occhi e con un dolce sorriso mi condusse verso un’altra sala, quella degli specchi, era una piccola sala dove incontravamo i sarti che ci facevano i vestiti, appena entravi c’erano una scrivania sulla destra dove venivano appoggiate le stoffe, al centro c’era un piedistallo dove bisognava stare per farsi prendere le misure e quel piedistallo era attorniato da tre lati da specchi alti e larghi. Una signora abbastanza anziana con occhiali sottili e spessi mi fece strada fino al centro e mi fece salire sul piedistallo, era una donna dall’aria sveglia e attenta, non ci feci caso, avevo occhi solo per la mia figura allo specchio, non mi guardavo spesso allo specchio perché odiavo il mio aspetto fragile, i capelli sempre troppo ordinati e sempre troppo chiari adesso erano lasciati leggermente più liberi perché mi ero dimenticata di slegarli prima di andare a dormire, i boccoli scendevano in disordinate pieghe sulle spalle. I miei occhi avevano un aspetto strano, non li avevo mai visti così lucenti, erano sempre dello stesso color azzurro-viola ma adesso dentro di loro brillava una strana luce di determinatezza, quasi selvaggia, avevo uno scopo e i miei occhi riflettevano la mia lucidità e la mia determinazione nel portarlo al termine, la pelle era pallida e dall’aspetto soffice, per una volta non sembrava la ceramica di certe bambole, non aveva l’aspetto bianco quasi traslucido di quelle maledette bambole ma era quasi bianco rosato, sembrava un misto ma sempre troppo chiaro per essere una normale carnagione. Le mani cadeva tranquille lungo le spalle e la donna faceva della stoffa sul tavolo quello che voleva mentre Isadora ci lasciò soli per andare a mettere a posto la mia stanza, dopo ore di lavoro finalmente il vestito fu pronto, ormai non sentivo più le gambe dallo stare troppo in piedi, alla fine mi girai e mi rigirai per vedermi da ogni angolazione nello specchio, era un vestito bellissimo e particolarissimo. Aveva una sottoveste bianca molto morbida e piacevole al tatto, sopra aveva delle decorazioni in blu notte che ornavano tutta la parte sotto della gonna fino a risalire in vita sul davanti lasciando tra le due scie un piccolo spiazzo bianco, il corpetto era bianco candido e riprendeva le decorazioni della gonna fino alle maniche larghe e al collo alto che lasciava però scoperto la parte davanti della gola, le maniche larghe a sbuffo erano completamente bianche e terminavano in un tenue e appena accennato pizzo blu.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Era la cosa più bella del mondo ed era tutta per me, la sarta mi guardò soddisfatta del suo lavoro stupendo, la ringrazia e poi mi rimisi la vestaglia per non sgualcire il bel vestito, Isadora tornò e lo prese delicatamente per portarlo dentro il mio armadio, dopo aver ringraziato la sarta me ne andai, camminai frettolosamente per il lungo corridoio fino ad arrivare alla mia stanza, Isadora era già uscita.
Quel giorno e il giorno seguente il castello fu riempito da mille trambusti, gente che correva da tutte le parte, persone che si scontravano e che si arrampicavano così la presi come scusa e mi chiusi in camera mia ad osservare il ritratto più bello del mondo, quello di Lorn, non mi vestii nemmeno, restai in vestaglia davanti a quella meraviglia di dipinto, lo osservai, giocai con gli occhi e la luce.
Lo guardai da ogni sfaccettatura, giocai con la luce che entrava dalla finestra e osservai come i colori cambiassero leggermente ogni volta che lo guardavo da una diversa angolatura, guardai i meravigliosi tratti somatici così ben definiti e così pronunciati, osservai il sopracciglio leggermente alzato come se fosse molto sicuro di se come appariva, osservai la leggera piega delle labbra che formava un sorriso beffardo e molto schernente.
Osservai la poesia dei suoi capelli mossi leggermente come se mentre il pittore l’avesse immortalato la finestra era aperta e il vento muoveva leggermente i dolci capelli neri, osservai la sua splendida pelle pallida come si addiceva a un signorotto d’Inghilterra, non come il mio pallore traslucido, in due giorni osservai come ogni sfaccettature cambiasse e come si mostrasse sempre nuovo ai miei occhi stupefatti da cotanta bellezza, non uscii mai dalla mia camera neanche per mangiare, me lo feci portare da Isadora.
Il terzo giorno mi svegliai tardi e frastornata, mi sentivo le farfalle nello stomaco perché sapevo che era il mio compleanno e lo avrei festeggiato non più solo con i miei genitori ma con il mondo, il mio mondo delle meraviglie, molte ragazze si sarebbero stupite falsamente davanti a un ballo in loro onore per il loro compleanno perché per loro era una cosa ovvia e sicura, erano abituate a essere circondate da ragazze e ragazzi che le ammiravano, io no, a me tutto ciò era stato privato per la mia salute.
Mentre mi svegliavo e mi rendevo conto che quella sera qualcosa nella mia vita sarebbe cambiato pensai a come doveva essere Lorn in abito da cerimonia mentre danzava leggiadro e sicuro tra le altre coppie con una dama sconosciuta tra le braccia forti e il sorriso sulle labbra, cercai di scacciar il pensiero e andai al mio armadio, appena lo aprii nella mia camera entrò Isadora con un ciuffo di capelli disordinato come se stesse correndo:
Io- Si usa bussare in questa casa!
Isadora- Mi scusi Miss ma ero venuta a svegliarla, forse non sa che è ora di pranzo e tra meno di sei ore il castello si riempirà di ospiti per il suo compleanno e dobbiamo lavarla, vestirla, truccarla e pettinarla!
Io- Molto bene vai a prepararmi un bagno caldo!
Isadora- Se ne sta già occupando un’altra serva io sono solo venuta a prenderla!
Io- Molto bene! Mentre mi lavo preparami il vestito sul letto e chiama la mia acconciatrice e la mia truccatrice!
Isadora- Certo Miss!
Isadora mi accompagnò fino al bagno dove era già stato preparato tutto, dopo il bagno mi diressi in vestaglia fino alla mia camera dove Isadora mi aiutò ad entrare nel vestito, ci volle un’ora circa per fare tutto ciò, poi Isadora mi portò in un’altra stanza dove la mia acconciatrice mi stava già aspettando:
Io- Buon pomeriggio Claire!
Claire- Buon pomeriggio Miss, per la sua acconciatura ci vorranno un paio d’ora mi dispiace molto!
Io- Oh Claire non importa!
Mi sedetti e per due ore di fila rimasi sotto le attente mani di Claire, l’unica cosa che mi dava la forza di non strillare quando Claire tirava troppo era il pensiero del ballo che Lorn mi avrebbe concesso al mio compleanno, ora la visione del risveglio si trasformò e ci fui io al posto della sconosciuta, lui sorrideva a me, regalava il suo profumo a me, ero io che stringeva tra la sue forti braccia.
Quando Claire finì mi guardai nello specchio che Isadora mi aveva dato, i miei capelli platino e boccolosi erano  stati lisciati sulla nuca e raccolti dietro in una crocchia ordinata, la parte finale delle ciocche era lasciata cadere sulle spalle morbidamente, completamente boccolosi e splendidamente acconciati anche se liberi avevano un’armonia particolare nella semplice caduta.
I ciuffi che di solito mi cadevano sulla fronte e sul viso perché più corti era fermati sulla nuca con dei leggeri fermagli diamantati e in oro bianco, guardai stupefatta sia Isadora che  Claire per il capolavoro che avevano fatto con la mia massa indomabile di capelli boccolosi:
Io- Signorina Claire è stupefacente!
Claire- Solo dovere Miss!
Isadora- Miss dobbiamo andare al trucco che ci vorrà molto perché prima dovete mangiare e ciò richiede molto tempo!
Isadora mi fece alzare e mi portò nella sala da pranzo completamente vuota, subito mi portò il cibo, come mi aveva suggerito il mio medico dovevo mangiare con molta calma e questo mi portò via un’ora e mezza, quando finii andai nella sala trucco:
Io- Salve Jenewiev!
Jenewiev-  Scusi la fretta Miss!
Subito incominciò ad armeggiare con molta roba di cui non conoscevo il nome, alla fine passò un’ora e mancava pochissimo alla mia entrata nella sala da ballo, quando mi guardai non sembravo nemmeno io, la mia pelle non era pallidissima perché era leggermente ravvivata da una cipria rosea, gli occhi azzurro-viola erano ravvivati da un qualcosa per me sconosciuto, non mi importava il resto, dovevo prepararmi mentalmente al mio debutto in società.
Camminai nervosamente verso la sala, sentivo le voci degli invitati più vicini alla porta mentre parlavano, sentii la musica calma e lussureggiante riempirmi le orecchie di note armoniose che mi diedero coraggio, sentii le gambe tremare mentre facevo un passo dopo l’altro verso la porta, tutti gli invitati erano dentro e le due camerieri poste all’ingresso della sala mi guardarono e aprirono la porta facendo il mio nome:
Cameriera- Signori e signore Miss Elizabeth Anne Windsor Seconda!
A quel nome ogni volto di ogni persona maschio o femmina, grande o piccolo, puntò gli occhi su di me, alla mia vista tutti si raggelarono, la splendida musica si fermò e i musicisti si alzarono in piedi per vedermi, da ogni parte vedovo solo persone, volti sconosciuti, volti belli, brutti, strani, volti di ogni tipo ma in tutti gli occhi leggevo la stessa espressione, che mutava e diventava qualcos’altro fino ad arrivare alla sorpresa finale.
In quel momento sentii che era giusto che io camminassi e così feci il primo passo incerto verso l’interno, questo riecheggiò come non mai in tutta la sala e tutti ebbero un piccolo sussulto, feci un altro passo e gli occhi di tutti non si allontanarono da me neanche un secondo, camminai lentamente sopraffatta da un oceano di emozioni, ero euforica per aver finalmente dato inizio al mio sogno, alla mia vita, ero imbarazzata perché ogni volto guardava me, ero stranamente a disagio perché una minuscola e insignificante parte di me mi stava urlando di andarmene, di correre via.
Vinsi la mia paura e con andatura lenta ma non troppo per non mostrare il mio piccolo desiderio di essere vista andai verso mia madre e mio padre che stavano amabilmente parlando con un’altra coppia, quando mi avvicinai a loro mi inchinai e loro fecero lo stesso, visto che nessuno si decideva a parlare lo feci io per prima:
Io- Salve, piacere di conoscervi io sono Elizabeth!
Ci fu un piccolo sussulto alla suono della mia voce ma poi la musica riecheggiò nella sala, le persone si girarono a parlare, la tensione infine si sciolse, io guardavo sorridendo la coppia davanti a me che mi guardavano entrambi stupiti:
Uomo- Mi scuso Miss Elizabeth ma ci ha sorpresi molto!
Io- Dispiace anche a me di aver fermato una così buona musica!
Uomo- Vi intendete di musica?
Io- Abbastanza per dire che quello che stavano suonando era un pezzo di un compositore molto famoso del secolo scorso soprannominato Mani D’avorio!
Uomo- Conoscete molto bene la musica e ditemi avete un pezzo preferito?
Io- Adoro suonare al piano l’opera di un compositore poco famoso!
Uomo- E di che opera si tratta?
Io- Kiss the rain!
Uomo- Ma non mi dite, la conosco molto bene ed è assolutamente favolosa, avete anche buon gusto!
Io- La ringrazio Sir…….
Uomo- Oh che sciocco, non mi sono debitamente presentato, io sono Jonathan Mansen e questa è la mia compagna Caroline Mansen!
Io- Mansen?
Jonathan- Si certo, mio figlio ha detto di avervi già conosciuta!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Io- Si infatti, mi scusi ma non avevo assolutamente capito che voi eravate i genitori di Lorn!
Caroline- Non è un problema, anzi!
Jonathan- Mi piacerebbe parlare un po’ con voi Miss, sembrate una giovane dall’aria intelligente!
Io- La ringrazio Sir Jonathan!
Jonathan- Si figuri Miss, ditemi avete altre passioni oltre alla musica?
Io- La pittura comunque mi dispiace essere così scortese con voi Sir ma avrei assolutamente bisogno di bere!
Jonathan- Certo avremo molto tempo per parlare Miss andate pure nessuna scortesia!
Io- Grazie Sir Jonathan!
Mi allontanai velocemente dai genitori di Lorn, così era con loro che mio padre e mia madre stavano parlando, andai al tavolo del banchetto passando tutt’altro che inosservata, arrivata a l’enorme tavolo imbandito di pietanze prelibate e bevande gustose una cameriera dietro di esso mi porse un bicchiere con dentro una qualche bevanda, lo presi senza fare troppe domande e ne bevvi un sorso, era un succo d’arancia leggermente dolce.
Osservai come la luce mostrasse vari bagliori e arcobaleni nel bicchiere di cristallo, vedevo le persone ballare attraverso di esso e ne fui felice, osservai il miracolo che mio padre aveva fatto in tre giorni, era come nel mio sogno, lunghi nastri azzurri appesi alle pareti, la stanza completamente ristrutturata, i mobili erano stati spostati tranne il piano che dominava dal centro della sala, le persone ci ballavano attorno mentre un musicista non molto bravo suonava il pezzo scelto.
Mi lasciai cullare dalle note così belle che, secondo il mio parere, esprimevano molto bene la vita, le persone, le emozioni mentre le parole erano così claustrofobiche riguardo al mondo vasto di tutto ciò che circondava una persona, erano troppo essenziali, troppo poche e troppo crude, si potevano esprimere qualcosa ma era troppo essenziale il concetto che esprimevano, la musica donava loro quell’aria mistica che avevano e la esprimevano bene.
Mi sentii trascinata da quella danza mistica di emozioni espresse in note e armonia, una danza celestiale che in pochi riuscivano a comprendere e questo mi trasmetteva un senso di tristezza, il linguaggio musicale era una cosa favolosa e il fatto che fosse così difficile per alcuni comprenderlo era a dir poco triste, una mano attirò la mia attenzione colpendomi dolcemente la spalla, mi girai e fui presa da una nuova emozione fortissima, era un ragazzo dall’aria gioviale e molto carino ma troppo normale per quel paese.
Aveva capelli corti e biondo scuro, gli occhi erano azzurro chiaro, il solito ragazzo di quel paese così grigio che non prendeva colore per il sole, mi porse la mano e io gli posai la mia per farmi dare il bacio consueto sulla mano:
Ragazzo- Mi chiamo John, mi concedete questo ballo Miss?
Annuii timidamente e lui mi portò al centro della pista di fianco al piano, mi prese vicino a se e mi strinse tra le sue braccia e così incominciò la nostra danza, una danza sconnessa, forse a lui piaceva perché nessuno dei due sbagliava i passi ma io sentivo che era la persona sbagliata con cui ballare, sentivo che per quanto fossero perfetti i passi e la musica fosse abbastanza dolce lui non era la persona giusta.
Ogni singola persona che ballava ci stava osservando mentre ballavamo, quando la musica finì mi inchinai a lui e lui si inchinò a me, mi girai e fui improvvisamente fermata da un ragazzo favoloso dai lunghi capelli neri e mossi legati dietro, dagli occhi neri, Lorn mi porse la mano e io la presi, la canzone successiva la ballammo tutta e anche quella dopo, mi sentivo euforica perché sentivo che lui era perfetto per me, era come se le nostre mani avessero uno stampo e si incastrassero perfettamente insieme, come se i nostri piedi volassero sulla pista da ballo mentre ogni singola persona guardava euforica la nostra danza.
Mi persi nel lago nero dei suoi occhi e sembrava che lui si stesse perdendo nei miei, eravamo la coppia perfetta, alla fine della seconda canzone mi fece strada verso il piano e fermò il pianista, quando la musica si fermò tutti gli occhi guardarono me e lui:
Lorn- Mi dispiace per l’interruzione ma oggi è un giorno particolare, oggi festeggiamo non solo il compleanno di Elizabeth ma anche la sua entrata in società e quale modo migliore di festeggiare se non sentendo la sua vera voce?
Lo guardai stranita, la mia vera voce? In un sussurro chiesi:
Io- Cosa dovrei fare?
Lorn- Devi solo suonare e metterci l’anima come solo tu sai fare!
Io- E cosa dovrei suonare?
Lorn- Si deus pro nobis no?
Lo guardai, nessuno aveva sentito il nostro piccolo scambio, mi apprestai a sedermi sul paino, ebbi un piccolo vuoto di memoria, non ricordavo l’inizio, guardai disperata Lorn che mi fece coraggio, vedere la sua fiducia in me e la sua voglia di ascoltarmi mi diedero forza e incominciai a suonare, la musica riempì il salone, le mie dita si modellarono sui tasti d’avorio e li sfioravano dolcemente sotto il mio bieco comando, bieco perché non dovevo essere io a comandare loro ma loro me.
In quel momento ero però molto nervosa e non riuscivo ad abbandonarmi alla dolcezza delle note, alzai lo sguardo dai tasti, tanto la conoscevo a memoria e non importava che io vedessi dove le mie dita andassero, alzato lo sguardo incontrai un lago nero che mi fissava estasiato e ammaliato, Lorn era appoggiato comodamente al tavolo con una mano e mi fissava cercando di trasmettermi la sua forza, mi sentii felice e importante, non perché un mondo nuovo mi stava osservando ma perché l’unica persona di cui veramente mi importava era lì ed era estasiato da me.
Tornai a guardare i tasti e finalmente come se Lorn avesse spinto un tasto nel mio cuore questo si aprì e fece uscire tutto, dolore, solitudine, tristezza, amore ed entusiasmo, il mio mondo si era aperto agli occhi degli sconosciuti per farmi conoscere ma a me non importava più di tanto, volevo solo regalare il mio mondo a Lorn che sembrò accettarlo di buon grado, il suo sorriso si allargò appena comprese il mio cambiamento impercettibile ma sostanziale, il mio bieco comando divenne irrilevante per le note e le mie dita, ormai erano una cosa sola e cooperavano magicamente per creare la favolosa musica che stava incantando tutti.
Finalmente non dovetti più sentire nulla tranne che il fluido movimento delle mie dita sui tasti, un movimento semplice e non meccanico, un movimento che proveniva dal cuore, un movimento che non aveva nulla a che fare con un comando, un movimento spontaneo e semplice, talmente spontaneo che senza accorgermene mi permise di variare molti pezzi della composizione abbellendolo di arricchimenti e accordi vari.
Alzai di nuovo lo sguardo e vidi che l’intera sala si era radunata intorno a me per ascoltare e sentirmi meglio, tutti sembravano divenuti curiosi di quel nuovo linguaggio con cui mi stavo aprendo a loro, finalmente capii che in fondo tutti erano strettamente legati alla musica, loro non ne capivano il linguaggio ma lo sentivano vibrare nell’aria per poi dissolversi nella serratura dei loro cuori aprendoli magicamente al mondo della fantasia, il mio mondo.
Capii cosa significava la musica per loro e capii la differenza che c’era tra la mia percezione e la loro, non ero migliore di loro, non avrei mai osato pensare una cosa simile, ma semplicemente in quel campo, in quel linguaggio io vedevo cose che loro non potevano vedere se non dopo attente e accuratissime incursioni, io ero abituata a far si che la musica penetrasse nel mio cuore e ne tirasse fuori il contenuto, loro no.
Mi sentii in quel momento speciale perché ero riuscita a far comprendere un linguaggio per loro sconosciuto a persone che non l’avrebbero capito altrimenti, quando la canzone finì e le mie mani si fermarono la sala si riempì di applausi scroscianti e che si diffondevano a vista d’occhio, applausi calorosi e rumorosi, applausi che non seguivano un ritmo costante e preciso ma solo le sensazioni delle persone che lo producevano e sorrisi a quella confusione così sentita, mi inchinai e Lorn venne da me, mi prese la mano e mi fece fare un giro su me stessa come fossi un suo trofeo, dalla folla uscirono i nostri genitori che si unirono al nostro quadretto:
Jonathan- Oh my God!
Caroline- Sublime, davvero sublime!
Mamma- Oh mia cara!
Papà- Oh mia piccola grande Elizabeth!
Ogni singola persona venne a congratularsi con me, mani che stringevano le mie, voci calde e respiri veloci, emozioni scoppiettanti e tutto in pochi minuti, tutto per una composizione, tutto perché ero riuscita ad aprire il mio cuore al nuovo mondo, dopo i vari complimenti fui lasciata libera per il mio unico e breve istante di libertà da quella baraonda, andai in fondo alla sala passando attraverso alle coppie di ballerini, spostando la tenera stoffa dei vestiti delle dame riuscii a raggiungere l’angolo più lontano della sala.
Arrivata mi appiatti contro il muro per cercare di risultare invisibile, naturalmente ci riuscii perché proprio in quell’angolo c’erano ammassati tutti i mobili, io ero subito nascosta dietro a un armadio pieno di libri che copriva il resto dei mobili, nessuno poteva vedermi e io rimasi lì ferma contro il muro, avevo bisogno di prendere aria, era la prima volta che in tanti anni sentivo l’esigenza di prendere aria, cioè avevo sempre sentito l’esigenza di respirare, ma in quel momento particolarmente.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Ero in piena tempesta emozionale, ogni evento di quell’ultima ora e mezzo mi aveva scombussolato, mi sentivo diversa, mi sentivo bene e male allo stesso tempo, mi sentivo strana e mi piaceva sentirmi così, non ero più sicura della mia vita e stranamente ne fui felice perché la mia sempre totale sicurezza era dovuta alla solitudine e alle mura sicure del castello, ora era piena di nuovi amici e amiche, non ero solo e le insicurezze erano aumentate regalandomi una strana sensazione di benessere.
Fissai il muro per un po’, volevo sentire solo la musica ma era impossibile con lo schiamazzo delle altre persone, all’improvviso una mano prese la mia, mi girai verso l’apertura e lì nascosto insieme a me dietro all’armadio c’era Lorn, lo guardai estasiata e non potei evitare il rossore che questo causò, lui mi sorrise e si posizionò davanti a me, lo guardai estasiata, poi abbassai lo sguardo conscia che guardare a lungo qualcuno non era una cosa ben vista in società:
Lorn- Salve Miss!
Io- Ehm salve Lorn!
Lorn- Mi chiedevo se magari vi andava di fare una passeggiata?
Io- Sarebbe fantastico ma noterebbero la mia assenza Sir!
Lorn- Non se foste con me!
Io- Questo è un invito esplicito Sir!
Lorn- Non se voi non accettate!
Io- Mi farebbe molto piacere!
Lorn mi prese la mano e mi aiutò ad uscire da quell’angolo, insieme attraversammo la sala con le mani unite e ben alzate per mostrare che non c’era malizia nel stringerle, la gente ci guardava e mormorava, in quel momento capii che la cosa non era comunque vista di buon occhio, feci un cenno del capo a Isadora per dirle di seguirmi e improvvisamente le voci diminuirono come rassicurate da quel piccolo fatto.
Insieme uscimmo dalla sala e andammo camminando tranquillamente verso il portone mai varcato del castello, mi ricordavo che da piccola passavo ore davanti a quella porta aspettando che qualcuno la aprisse per vedere l’esterno ma quando mi sedevo io davanti a quella porta non usciva o entrava nessuno così mia madre mi veniva a prendere e mi portava in sala della musica per farmi allenare, quando ci ritrovammo davanti a quella porta non ebbi il coraggio di avvicinarmi.
Mi fermai di botto mentre Isadora fece un passo incerto verso il portone ed Lorn anche, non volevo aprirla ma al tempo stesso volevo aprirla, volevo vedere il mondo al di fuori di quel portone e assaporare l’aria della sera sulla pelle, vedere come la notte scuriva tutti i colori, Lorn mi sorrise e andò alla porta, io mi sentii improvvisamente debole e insicura, molto più di prima e questa volta non mi dava benessere.
Lorn aprì la porta e l’aria mi sfiorò la faccia delicatamente, senza accorgermene mi ero incamminata verso l’esterno con passo leggermente incerto e sicuro al tempo stesso, camminai fino ad essere al centro del vialetto davanti alla rotonda del giardino, mi girai intorno guardando quel mondo strano e nuovo, vedevo i grilli e finalmente potei sentirne il suono spaventato, guardai l’erba e gli alberi e finalmente potei sentirne il fruscio, osservai la luna e finalmente la potei vedere senza il vetro.
Era la luna più bella del mondo, candida e splendente, donava a ogni cosa un bagliore cupo e grigiastro ma era romantica anche, era luminosa e bella così come le stelle, guardai verso la porta e vidi Isadora ferma sulla soglia come intimorita, vidi Lorn venire verso di me a grandi passi e a prendermi la mano, io lo guardai in viso e non potei evitare una lacrima che sfuggì al mio controllo:
Io- Grazie!
Lorn- E di cosa mi scusi?
Io- Di tutto, mi avete fatto ballare, suonare e vivere al di fuori di questo castello!
Lorn- Era mio dovere Miss!
Io- No non era vostro dovere ma lo avete fatto comunque, come potrò mai ripagarvi?
Lorn- Un modo ci sarebbe!
Lo guardai in attesa pronta a qualsiasi cosa, lui mi guardò e mi prese tra le sue braccia come se volesse ballare intorno alla rotonda, io lo lasciai fare e lo guardai perplessa:
Lorn- Mi concedete questo ballo Miss?
Io- Con piacere!
Incominciammo a roteare seguendo il ritmo della natura e dei nostri cuori, era una danza perfetta, lunga e selvaggia perché non c’era musica se non la natura, Isadora era rimasta alla porta ma ormai non  mi importava più di lei, stavo volteggiando con Lorn sul mio vialetto finalmente libera dalle mura del castello, era un volteggio semplice e favoloso, libero direi quasi, guardai il cielo, di un colore così scuro ma non nero, blu notte, un colore lucente e cupo allo stesso tempo.
Ogni mio movimento era condizionato da ogni movimento di Lorn, i suoi occhi mi guidavano verso mondi incantati che non riuscivo nemmeno ad immaginarmi talmente erano belli e sopraffini, i suoi capelli volteggiavano selvaggi attorno al suo viso dato che il nastro che li teneva uniti dietro la nuca era a terra brutalmente calpestato dai nostri piedi, le sua mani forti stringevano il mio fragile corpo sempre più vicino al suo fino a che non ci furono che due pollici a separarci.
Sentivo il suo corpo scolpito contro il mio e il mio che si adattava al suo, sentii i fermagli che tenevano ferma la mia acconciatura cadere per terra e i miei folti capelli boccolosi caddero sulle spalle come molle e iniziarono a volteggiare attorno al mio viso, un rumore, un debole suono rauco mi interruppe e mi fece girare verso la porta, lì fermi mentre ci guardavano c’erano i nostri genitori, le nostra madri erano stranite i padri contrariati:
Jonathan- Lorn cosa state facendo qui fuori?
Lorn- Mi scuso padre ma volevo far vedere le meraviglie della notte a Miss Elizabeth!
Mamma- Elizabeth cara ma tu non sei pronta per uscire dal castello!
La guardai con tutto il mio disprezzo, non abbassai lo sguardo come avrei dovuto fare, non distolsi lo sguardo su qualcos’altro, la fissai con astio e con disprezzo:
Io- Madre sono stufa di sentirmi dire che non sono pronta e che sono fragile, voi mi avete reso fragile costringendomi a una vita all’interno del castello, io sono forte e come vedete posso stare fuori, in giardino senza che niente mi scalfisca, smettetela per l’amore del cielo di preoccuparvi e lasciatemi vivere!
Papà- Come ti permetti di parlare così a tua madre Elizabeth tu non sai che dol…….
Io- Non mi interessa niente padre, io voglio vivere e non mi bastano le quattro mura del castello, voglio vedere il mondo che voi avete fatto dipingere per me, voglio conoscere nuove persone, voglio sbagliare da sola e voi non mi aiutate in questo modo!
Mamma- Dopo una tale disobbedienza non vi aspetterete Elizabeth che tutto ciò passi inosservato!
Io- Ovvio che no ma non starò più rinchiusa in quelle mura ammuffendo solo per vostro volere!
Papà- Basta  così Elizabeth mi avete stufato rientrate subito!
Io- No!
Papà- Osate contraddirmi Miss, bene rientrate subito nel castello o ve ne pentirete!
Io- No voi vi pentirete padre di ciò che penso che state per fare!
Papà- Bene ora ho entrate Miss immediatamente o le punizioni saranno molto serie, ammuffirete veramente dopo Miss!
Io- Mai!
Mi sentii improvvisamente libera, mi sentii un piccolo uccellino che volava nel cielo, non volevo rientrare e se lo avessi fatto mi avrebbero rinchiusa di nuovo in quelle mura, mi girai verso i cancelli del mio castello e guardai i miei genitori, quelli che mi avevano cresciuti con tanto amore, quelli che ora mi odiavano e mi volevano uccidere dentro quelle mura, quelli che non mi avrebbero mai più permesso di vedere Lorn, questo era troppo, potevano togliermi tutto ma non Lorn e sapevo che l’avrebbero fatto:
Io- Padre, madre mi avete costretto a questa scelta, spero che ve ne compiacerete in futuro!
Tornai a guardare i cancelli del castello lasciati aperti per far uscire le ultime carrozze, mi tirai su il vestito lasciando vergognosamente in vista le mia caviglie e parte delle mie gambe, non troppo per fortuna ma dovevo correre, corsi velocemente verso l’uscita di quella prigione, corsi a perdi fiato, corsi per salvarmi il futuro, sentii gli urli di tutti che chiedevano aiuto ai domestici per fermarmi ma loro non sapevano che ero agile, anche se non ero mai uscita avevo studiato ogni minimo aspetto della mia fuga allenandomi fin da piccola alla fuga.
Arrivata a metà strada vidi che l’ultima carrozza stava lasciando il vialetto molto lentamente e i cancelli stavano per chiudersi, corsi ancora più velocemente sentendo ogni mia speranza riposta nelle mie gambe, nella mia resistenza e nella mia forza, il cancello continuava a chiudersi ma io dovevo farcela perché se non ce l’avessi fatta e i cancelli si fossero chiusi sapevo che la mia unica condanna sarebbe stata una morte torturata e sofferta dentro il castello. 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Mi scuso con quelli che seguono questa storia per il ritardo di questo capitolo, ma sono in vacanza in questo periodo e non ho internet, in questi giorni cercherò di mettere più capitoli così da compensare i miei futuri ritardi, so che la mia narrazione è un pò lenta e che bisogna aspettare molto perché succeda qualcosa, ma mi sta uscendo così e spero che vi piaccia tanto quanto piace a me.

Corsi il più velocemente possibile, i cancelli si stavano per chiudere, ormai mancava poco, il mio vestito nuovo non sarebbe passato, riuscii a sgusciare fuori dai cancelli sentendomi libera ma ancora troppo scoperta, dovevo fuggire da lì, il mio vestito era stato orrendamente strappato e c’era ammalappena la larga sottoveste, ormai le mie nudità erano allo scoperto, le mie caviglie erano allo scoperto, mi girai e vidi i domestici, i miei genitori, Lorn e i suoi genitori corrermi incontro.
Guardai negli occhi Lorn e sorrisi, gli volevo bene e lui capiva che quello che facevo era in buona parte per noi, lui mi sorrise e senza farsi vedere mi fece segno di proseguire, mi girai verso la lenta carrozza e corsi il più velocemente possibile verso i cavalli, li raggiunsi e dato che andavano camminando riuscii con un balzo a salire in sella, il cocchiere mi guardava stralunato e inebetito, con due calci ben serrati sganciai il cavallo dalla carrozza che si fermò, presi le redini come mi aveva illustrato il mio insegnante di equitazione sul divano e incominciai ad andare al galoppo.
Era tutt’altra cosa rispetto al divano, il cavallo pulsava di vita sotto di me e non badava alla mia posizione scorretta e pericolosa, mi rimisi subito in sella dopo un attimo di smarrimento e tornai a correre velocemente sul sentiero sterrato che portava in paese, ormai il castello era diventato un lontano ricordo, mi girai indietro e vidi che ogni passo, ogni respiro, ogni battito di ciglio diventava sempre più piccolo e ora non faceva più paura, era un bieco ricordo di una vita che avrei intrapreso difficilmente.
Mi sentii una fuggiasca quale che ero, mi sentii strana, non sapevo se era benessere o malessere ma sapevo che non ero più come prima, in un solo giorno ero passata dalla dolce Elizabeth Anne Windsor Seconda alla cattiva Elizabeth Anne Windsor Seconda e adesso ero solo Elizabeth, non mi sentivo più appartenente a quel castello perché lo avevo abbandonato per la mia libertà.
Cavalcai per molto tempo, forse una mezz’ora buona, alla fine vidi le luci del paese davanti a me, non volevo farmi vedere, se mi avessero visto così come ero sarei apparsa come una poco di buono, una scostumata che mette in mostra le sue caviglie, le sue nudità, per non parlare della sottoveste, il mio bellissimo vestito era andato in frantumi su quel cancello e non lo avrei più riavuto, slittai verso l’esterno del sentiero e mi inoltrai nel bosco che lo costeggiava.
Corsi ancora per molto, volevo essere fuori da qualsiasi raggio, dopo svariati minuti mi fermai e legai il cavallo ad un ramo, ero sola, senza vestiti decenti, senza soldi, senza dimora, l’unica mia fortuna era che ci trovavamo ad Agosto e faceva caldo,  mi sedetti contro l’albero a cui avevo legato il cavallo, era molto bella, completamente marrone con il crine nero, una sella nera e appariva molto forte.
Mi sentii improvvisamente stanca, avevo bisogno di dormire sonni profondi perché era dalla mattina che correvo e non ero abituata a degli sbalzi del genere, mi accasciai contro l’albero e ben presto mi addormentai cullata dalle radici dell’enorme quercia.
Il mattino seguente mi svegliai con i raggi del sole che mi trafiggevano dalle tende della mia camera, non volevo aprire gli occhi ma il mio cuscino di piume sembrava sassoso e la coperta doveva essere finita in fondo al letto, il morbido materasso doveva essere piuttosto umido dall’umidità perché era quasi spugnoso e duro, decisi di aprire gli occhi e in un batter d’occhio capii che non ero nella mia stanza, che le tende erano i fitti rami degli alberi attorno a me.
Capii che il mio cuscino non era di piume ma era il tronco di una quercia, che il mio materasso era fatto d’erba e radici, capii che la coperta non era in fondo ai piedi perché non c’era, ancor incredula ogni singolo fatto del giorno precedente mi tornò in mente, la mia preparazione, il ballo, la danza selvaggia in giardino con Lorn, la mia fuga, il mio vestito strappato e la sottoveste sporca, il cavallo ancora legato all’albero che aspettava paziente il mio risveglio.
Mi alzai completamente rattrappita, avevo la schiena che era un dolore unico, non potevo tornare indietro perché la mia vita sarebbe finita, non potevo andare a casa di Lorn perché non sapevo dove era e se mi avessero visto mi avrebbero ricondotta alla morte, potevo solo andare avanti e sperare nella bontà della gente, diedi un buffetto al cavallo, era un buon cavallo ma si vedeva che aveva sete, lo slegai e presi le briglie, camminai sempre verso l’interno della foresta cercando un piccolo ruscello.
Dopo alcuni minuti di cammino trovai una pozza dove feci abbeverare il cavallo, sentivo la lingua che lappava avida l’acqua:
Io- Eh mio piccolo amico siamo rimasti soli, potrei darti un nome!
Il cavallo alzò e abbassò la testa leggermente come se annuisse, ne fui felice e incominciai a pensare a dei nomi per cavalli, volevo un nome bello e possente ma non troppo usato, me ne venne in mente solo uno:
Io- Che ne dici di Furia? Eh ti piace?
Il cavallo nitrì, lo presi come se avesse annuito, quando ebbe finito di bere mi issai sulla sua sella, all’inizio lo feci solo camminare in mezzo agli alberi nella direzione da cui eravamo venuti, lentamente  vedevo che gli alberi diventavano sempre di meno fino a essere pochi e potei vedere il sentiero sul quale avevo corso quella notte, la luce del sole mi abbagliò leggermente e mi fermai per far abituare gli occhi, appena riuscii di nuovo a vedere bene vidi che sulla strada c’erano altri due cavalli che guardavano verso di me.
Sopra due uomini che conoscevo molto bene, erano le guardie personali di mio padre, Frederyk e Jebhediam, mi videro subito e incitarono al galoppo i due cavalli, io feci lo stesso con Furia e partimmo verso il paese al galoppo, mi guardai indietro e vidi che stavano per raggiungermi e così incitai sempre di più Furia che allungò il passo e lo velocizzò, riuscii a distaccarli, sentivo le loro imprecazioni provenire dietro di me e io cercai di spronare il cavallo, non avrei permesso a nessuno di catturarmi.
Finalmente vidi i cancelli della città aperti e mi fiondai dentro girando immediatamente in tutti i viottoli possibili, ben presto Frederyk e Jebhediam mi persero di vista e io mi fermai in un angolo, loro erano rimasti sulla strada principale e si guardavano in giro straniti dalla mia sparizione così veloce, si girarono e tornarono verso la via del castello, io scesi da cavallo, mi sentivo la schiena come se fosse stata pugnalata da cento coltelli affilati, una voce dietro di me mi immobilizzò:
Donna- Oh mio Dio e voi chi siete?
Io- Mi scuso per la mia brutale apparizione Madame, mi chiamo Elizabeth!
Donna- Come la principessa che ieri si è vista per la prima volta al castello!
Io- Ehm si, purtroppo io non ci sono potuta andare!
Donna- Oh ma guardatevi Miledi avete l’abito logoro e stracciato, venite dentro, posso regalarvi qualche mio vestito smesso!
Io- Oh ma sarebbe brutale da parte mia non ripagarvi della vostra cortesia!
Donna- Non fate storie Miledi, di gente cortese ne troverete poca in questo paese, meglio approfittare e poi non mi pare che possediate denaro!
Io- No mi dispiace Madame ma non ho niente!
Donna- Venite e legate il vostro cavallo al palo lì dietro di voi!
Feci come aveva detto, legai il cavallo al palo e dopo un tenero buffetto mi avvicinai alla porta, la donna mi aprì la porta e mi fece entrare in un soggiorno/ sala/ cucina, mi fece segno di sedermi su una sedia e lo feci, era scortesia disubbidire al padrone di casa:
Donna- Mi scuso ma non mi sono presentata, mi chiamo Anya!
Io- Non so come ringraziarla Anya!
Anya- Ma si figuri Miledi e ditemi da dove venite?
Io- Bhe non ha importanza ora, il mio unico obbiettivo è la mia meta!
Anya- E quale sarebbe con esattezza questa metà Miledi?
Io- Non lo so ancora ma dovunque sia non è là dove sono venuta!
Anya- Siete una fuggiasca quindi!
Io- Più o meno, vi ringrazio per la vostra ospitalità e sono conscia che non posso onorare il mio debito ma un giorno lo salderò!
Anya- Non promettete cose che molto probabilmente non potete mantenere, quindi vi ho preparato un vestito pulito nella camera che è la porta più chiara e potete cambiarvi le scarpe rubate e buttatele da qualche parte in uno dei giardini dei vicini così saranno fatti loro!
Io- Grazie!
Essendo così mal ridotta era chiaro che dovevo essere una paesana e le mie scarpe sporche dicevano il contrario, mi alzai e andai nella stanza cn la porta chiara, dentro c’era un letto con sopra un semplice vestito marrone chiaro e un paio di scarpe semplici marroni, guardai la stanza e vidi un’altra porta, la aprii e vidi il bagno rudimentale, decisi di approfittate di tutto, mi lanciai dentro una vasca d’acqua fredda e mi lavai, uscii mi asciugai e mi vestii.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Uscii dalla camera e vidi che Anya stava armeggiando con la cucina preparando qualcosa:
Io- Lei ha figli?
Anya- Tre, Clotilde, John e Guy!
Io- Che bei nomi!
Anya- E tu?
Io- Troppo giovane, sono appena entrata in età da marito e poi sono scappata, non credo che mi accaserò mai!
Anya- Oh si che ti accaserai è nel vostro futuro, io lo vedo!
Io- Voi leggete il futuro?
Anya- Si e il vostro è complicato!
Io- Svelatemi i suoi segreti per favore!
Anya- Ne siete sicura Miledi perché alcuni sono impazziti per aver saputo ciò che gli sarebbe accaduto!
Io- Sopporterò di buon grado la mia scelta!
Anya- Bene!
Fermò la sua zuppa che stava preparando, una zuppa dall’odore gustoso e leggermente acre, aprì un cassetto di un mobile in un angolo e prese fuori un sacchetto dall’apparenza pieno di oggetti tintinnanti:
Anya- Questo sacchetto contiene ossa di un mago, un indovino potente che non sbaglia mai, ogni sua predizione si avvera anche le più temibili, siete ancora sicura di voler sapere il vostro destino Miledi?
Io- Non chiedo altro!
Anya lanciò le ossa sul pavimento e queste si sparsero, la cosa strana era che su ogni osso c’era inciso un disegno rudimentale, semplici ed erano talmente tanti, ogni genere di cosa:
Anya- Wow, un destino traviato e complicato, indica che hai abbandonato tutto per uno scopo ma che lo scoprirai tra qualche giorno, c’è un uomo, ricco sicuramente ma non riuscirai a sposarlo prima di qualche anno, verrai messa di fronte a grandi pericoli e dovrai saperti difendere non solo con armi ma anche con le parole, i tuoi nemici saranno potenti e ogni decisione che prenderai ti porterà sempre ad altri scontri!
Durante la predizione i suoi occhi avevano perso colore e si era ripiegata sulle ossa, ora si stava rialzando e gli occhi erano di nuovo del loro colore, la guardai esterrefatta, era un futuro imprevedibile e pieno di sofferenze, era un futuro orribile, la guardai negli occhi, mi sentivo male e il mio umore diminuiva sempre di più, avevo bisogno di aria, di sicurezza:
Anya- Visto, non dovevate sapere il vostro futuro!
Io- No, no almeno adesso so che sarà complicato!
Anya- Molto, non ho mai visto un futuro così intricato!
Io- La ringrazio infinitamente Miss Anya ma ora è giunto il momento per me di andare!
Anya- Quando avrete tempo tornate da me Miledi!
Io- Certo!
Anya- Il vostro segreto è al sicuro con me Miss Elizabeth Anne Windsor Seconda!
Io- Cosa?
Anya- Non vi preoccupate nessuno saprà che siete stata qua Miss!
Mi girai verso la porta, era un’indovina, leggeva il futuro era ovvio che sapeva la mia vera identità, mi chiusi la porta alle spalle e salii su Furia dopo averlo slegato, ripercorsi la strada che avevo fatto prima e tornai sulla strada principale, cavalcavo in vista e ogni singola persona mi guardava, uomini, donne e bambini, tutti curiosi della sconosciuta, con mia grande fortuna nessuno mi aveva mai visto prima di quella sera e quindi il mio aspetto non destava sospetti.
Cavalcai per  qualche metro e poi fui assalita dal morso della fame, non mangiavo da moltissimo tempo e avevo bisogno di nutrirmi, mi fermai davanti a una casa e legai il cavallo, una signora passò lì in quel momento:
Io- Mi scusi Madame!
Donna- Si Miledi?
Io- Mi sapreste indicare il castello dei Mansen?
Donna- Certo ma perché lo volete sapere?
Io- Sono una nuova cameriera scelta da un loro parente, mi ha mandato qua ma non so dove si trovi il loro castello!
Donna- Dovete prendere il sentiero che porta al castello dei Windsor e girare a destra dopo trecento metri!
Io- La ringrazio Madame!
Donna- Si figuri Miledi!
Ero nei guai, dovevo passare per una strada che sarebbe stata di certo controllata dalle guardie personali di mio padre, dovevo stare attenta e camuffarmi, ripresi Furia e camminai con lui tenuto per le briglie verso una specie di sartoria, avevo bisogno di un mantello lungo e che mi avrebbe celato anche il viso.
Aprii la porta e venni invasa da un mare di stoffa, mi addentrai ma la stoffa mi fermò nel mezzo della stanza, sentii una voce lontana che assomigliava troppo alla voce della mia sarta,  non ricordavo il suo nome perché non l’avevo mai saputo ma sapevo che era lei, stessa voce gentile e garbata, stessa tonalità bassa e gutturale:
Io- Ehm salve avrei bisogno di una stoffa lunga nera che non usa!
Donna- Non avete soldi per pagarla è?
Io- Già!
Donna- Bhe ho una stoffa del genere da parte, è una stoffa sia per inverno che per estate, ve la vado a prendere!
Con mia grande fortuna il mare di stoffa mi aveva nascosto alla vista della sarta, pochi minuti dopo ricomparse e cercò di darmi la stoffa, sapevo che dovevo pagarla ma forse la mia onestà l’avrebbe convinta, la presi e aspettai che parlasse, sapevo che non sarebbe mai andata come pensavo e che mi avrebbe chiesto qualcosa in cambio per quella stoffa che sarebbe diventata un mantello:
Donna- Cosa fate ancora qui Miledi?
Io- Aspetto che mi dite quanto costa questa stoffa!
Donna- Ma non avete soldi!
Io- Si ma ho le braccia posso ripagarvi con il mio lavoro!
Donna- Siete una donna dal cuore buono so che l’avreste fatto ma non importa Miledi andate pure!
Io- Grazie Madame!
Donna- Si figuri Miledi!  
Uscii velocemente da quel negozio e presi la stoffa, per mia fortuna avevo ancora una forcina tra i capelli e così creai il mio mantello, lo misi su subito e sembrava fatto apposta per me, mi arrivava fino ai piedi e il cappuccio improvvisato era favoloso, lo misi subito e diventai un’ombra che camminava sulla strada principale, salii su Furia e galoppai verso la strada di casa mia, arrivata al sentiero non vidi nessuno, molto probabilmente le due guardie erano ancora da mio padre che li stava rimproverando per avermi lasciato scappare.
Camminai lentamente per farmi sentire il meno possibile dalla natura attorno, il sentiero era leggermente incrinato ma non mi dava fastidio, era anche molto ghiaioso e gli zoccoli di Furia calpestavano rumorosamente il terreno, percorsi ammalappena duecento metri quando le due guardie del corpo di mio padre comparvero sul sentiero galoppando, Frederyk e Jebhediam, mi videro subito e si fermarono di fianco a me, non riuscii a spronare il cavallo per farlo galoppare via.
Frederyk, un uomo corpulento dai capelli chiari e gli occhi verdi, molto muscoloso e dai vestiti curati, lo conoscevo abbastanza bene perché era fedele a mio padre da parecchi anni, Jebhediam era meno corpulento e muscoloso di Frederyk ma faceva anche lui la sua figura, i capelli erano di un giallo paglierino sbiadito e gli occhi azzurro spento, mi fermarono coprendomi la strada, erano visibilmente straniti da me e si aspettavano una mossa del genere, in quel momento capii che dovevo essere indifferente alla situazione e controllare la voce anche se un solo errore significava la solitudine:
Frederyk- Mi scusi Miledi?
Io- Si Miledi!
Frederyk- Mi scusi Miledi ma stiamo cercando una persona, potreste dirci voi chi siete?
Non dovevo esitare tanto e infatti risposi subito riciclando qualche informazione:
Io-Mi chiamo Anya e vengo dal paese, sono stata chiamata da un parente dei Mansen per fare da cameriera al loro castello dove mi sto dirigendo!
Frederyk- Eh perché portate un mantello così lungo ad Agosto?
Io- Bhe un dottore mi ha riscontrato una strana allergia al sole, posso espormi ma a me fa più male!
Frederyk- Bene potete solo farmi vedere i vostri vestiti così da verificare?
Io- Certo!
Scostai il mantello per mostrare gli abiti contadini che Anya mi aveva dato, loro annuirono e mi lasciarono passare, io continuai a passo calmo per la mia strada, loro per la loro, appena vidi il sentiero costeggiato da alberi incominciai a velocizzare il passo, volevo arrivare in fretta per tre motivi, primo e più importante volevo vedere Lorn, secondo volevo scappare dalle due guardie del corpo di mio padre e terzo avevo fame, avevo un disperato bisogno di vedere Lorn e di mangiare.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


L’odore della zuppa che avevo sentito a casa di Anya, quell’odore maleodorante e acido, non sembrava più così schifoso, volevo cibo e mi sarei accontentata anche solo di quella, il sentiero scosceso faceva rumore sotto gli zoccoli di Furia e il ticchettio degli zoccoli mi dava fastidio, era da molto che ero a digiuno e sentivo la fame farmi impazzire, non ero abituata a tutto ciò, ero sempre  stata cullata e riverita da sfilze di domestici.
Adesso ero nella natura senza casa, senza soldi, senza un vestito e senza una dignità, avevo mostrato le mie caviglie, avevo mostrato la sottoveste di un vestito stracciato durante una fuga, ero un vera principessa che galoppava su un cavallo rubato con vestiti servili e con un mantello praticamente rubato da una sarta.
Continuavo a pensare mentre il cavallo correva libero sul sentiero fino a vedere un cancello enorme, lo fermai e mi nascosi tra gli alberi, non volevo farmi vedere dalle guardie appostate ai lati del cancello, aspettai un momento, un qualsiasi cambiamento, uno spostamento delle guardie, del cancello, di qualsiasi cosa, dopo molti minuti, interminabili minuti, il cancello si aprì e le guardie entrarono per il cambio, durante quel cambio il cancello rimaneva aperto per circa cinque minuti senza protezione, se avessi sgarrato sarei stata vista e presa.
Spronai il cavallo al massimo, Furia incominciò a galoppare veloce verso il cancello vuoto, per mia fortuna ero abbastanza vicina al cancello e riuscii ad entrare senza essere vista, appena entrata fui sbalzata di nuovo nel mio mondo, ero nell’enorme vialetto di un castello imponente e soprattutto era il vialetto di castello Mansen, mi guardai intorno, avevo si o no due minuti striminziti per nascondermi.
Come ogni castello c’era l’entrata della servitù su uno dei due lati, per la maggior parte dei castelli la porta era sull’ala destra, quella destinata alle donne e alla cucina, mi diressi verso il lato destro e cercai di fare il più velocemente possibile, mentre correvo rimasi molto attenta a non calpestare il vialetto ma l’erba che attutiva gli zoccoli di Furia, in men che non si dica mi ritrovai nascosta in una stalla, scesi dal cavallo e lo legai all’apposita ringhiera.
Ora dovevo solo fingere, con mia grande fortuna non ero stata vista da nessuna tranne che dai membri della famiglia da cui dovevo restare lontana, mi tolsi il cappuccio del mantello e mi diressi alla porta in legno che c’era davanti a me, appena mi avvicinai una ragazza abbastanza giovane aprì la porta dall’interno, ci ritrovammo davanti e lei mi guardò leggermente stranita poi parlò con voce esile e sottile:
Ragazza- Ehm salve e voi chi siete?
Io- Ehm mi chiamo Anya e sono una nuova cameriera!
Ragazza- Ah bene io mi chiamo Lare, non sapevo che i padroni avessero bisogno di una nuova cameriera!
Io- Bhe ecco sono stata contattata da un parente giù in paese ed eccomi qua!
Lare- Ah che bello il paese, io non ci posso andare, ci vanno solo le due serve fidate dei padroni per fare la spesa!
Io- Bhe ho visto di meglio!
Lare- Voi siete state in altri posti?
Io- Bhe si ho servito in altri corti, purtroppo per poco tempo però ho visto altri mercati si!
Lare- Dai venite dentro, dovrete conoscere i padroni e la casa!
Io- Non è un problema perché li ho già conosciuti, devo solo vedere la casa ma basta che per oggi una serva mi dia una mano così sarò a posto e posso essere efficiente da subito!
Lare- Bene vi darò un mano io, forza andiamo!
Entrammo nel piccolo ingresso per le serve dove su un lato c’erano degli strani oggetti che servivano per appoggiare i mantelli, appoggiai il mio e seguii Lare nelle cucine, lì fui invasa dall’odore squisito di cibo ben cotto, Lare prese un vassoio e a me ne diede un altro, lei portava i bicchieri e le posate, io il pane da mettere al centro tavola, presi una pagnotta e la nascosi in una tasca del vestito, nessuno se ne accorse, camminammo lungo un corridoio bellissimo.
Per certi versi sembrava un po’ casa mia, il corridoio tappezzato dagli antenati della famiglia e da tende spesse e di un unico colore verde sbiadito, le pareti erano in pietra come un ogni altro castello e il pavimento in legno rivestito da arazzi colorati che attutivano i passi, girammo verso una porta in legno massiccio e scura, Lare la aprì e mi fece entrare, era la sala da pranzo, era bellissima, un tavolo in legno dipinto di oro lungo con sedie di legno e con cuscinetti comodi di un beige chiaro.
Le finestre enormi non avevano le tende che le coprivano perché erano state spostate e legate sui lati come una cornice, le pareti piene di dipinti di paesaggi e persone che non riconoscevo, sul tavolo lungo c’erano tre candelabri con bellissime e lunghe candele spente, rimasi impietrita sulla soglia della sala da pranzo, vidi che Lare mi faceva uno strano segnale ma non le prestai attenzione, da dietro arrivò una voce improvvisamente vicina:
Voce- Mi scusi mi potrebbe far passare?
mi girai e restai impietrita, il cesto del pane mi cadde a terra sul pavimento di legno e si sparse sotto di me, lui rimase impietrito come me, Lare corse verso di me e incominciò a raccogliere il pane guardandomi biecamente:
Io- Lorn……ehm volevo dire Sir Mansen mi scuso per la mia totale mancanza di disciplina!
Lorn- No si figuri Miss Eliza…….Miledi!
Lare si alzò e portò il pane al suo posto, mentre lei era lontana e girata mi concessi di guardarlo negli occhi bisbigliandogli:
Io- Mi scusi Lorn ma era l’unico modo per vederla!
Lorn- Come state? Dove avete dormito questa notte? Avete mangiato?
Io- Sto bene e non importa il resto piuttosto voi come state?
Lorn- Adesso non mi sono mai sentito meglio in tutta la mia vita!
Io- Bene, si è saputo qualcosa di me?
Lorn- Solo che siete scappata e che questa mattina vi hanno vista e inseguita ma non vi hanno preso, la vostra famiglia sta cercando di mantenere segreta la notizia della vostra scomparsa ma hanno drasticamente limitato le visite, gli unici che fanno entrare siamo noi perché li stiamo aiutando a trovarvi!
Io- Lorn voi non mi consegnerete vero?
Lorn- No certo che no ma voi state vivendo all’aperto come presumo e non voglio che soffriate per me!
Io- Non è un problema ma è meglio non dare nell’occhio!
Mi spostai da lui e tornai da Lare che stava finendo di mettere le posate, presi i bicchieri e li misi al loro posto, Lorn mi fissava con occhi strani, lo ammonii con un’occhiata veloce, lui spostò lo sguardo e lo fissò lontano da me con evidente malavoglia, appena finito io e Lare uscimmo dalla stanza, arrivate nel corridoio deserto lei mi fermò contro il muro e mi guardò con evidente astio:
Lare- Chi siete voi?
Io- Ve l’ho già detto mi chiamo Anya!
Lare- E perché Sir Mansen vi ha chiamato Eliza?
Io- Avrò quella faccia!
Lare- Non me la raccontante giusta voi Miledi, il titolo Miss che è quello che vi stava per dare Sir Mansen è dato solo alle persone di alto rango cosa che voi non dovreste essere!
Io- Non mi piacciono le vostre insinuazioni Miledi!
Lare- Sono dati di fatto!
Io- Vi prego di smetterla perché non è una cosa carina insinuare di falsità Miledi!
Mi scostai da lei e camminai verso il lato del corridoio da cui eravamo venute e rientrai nella cucina, lì molte serve stavano lavorando e non prestavano attenzione a me, andai verso il piccolo ingresso e presi il mio mantello, me lo misi e uscii, non potevo parlare ancora con Lorn ma sembrò che lui voleva parlare con me, venne in giardino passando per la porta principale e mi vide con il mantello nero mentre mi dirigevo verso Furia.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Mi fermai e lui si fermò davanti a me, aveva in viso una chiara espressione di dolore eco della mia, non potevamo vederci per molto tempo se fossi andata via e non potevo rimanere a fare da serva perché sarei stata riconosciuta dai suoi genitori e rischiavamo di farci scoprire:
Io- Lorn devo andare!
Lorn- Vi vedranno se uscite dal cancello!
Io- Come sono entrata posso uscire!
Lorn- C’è un posto in cui potete stare? Una casa? Dove avete dormito questa notte?
Io- Nel bosco!
Lorn- Che cosa? Non potete tornare lì, vi troverò un posto dove stare ve lo prometto!
Io- Forse posso approfittare della calorosa accoglienza di una paesana che conosco!
Lorn- Bene ditemi dove si trova che verrò a trovarvi!
Io- Dovete entrare dal cancello principale e girare a destra ci sono dei vicoli basta che andiate verso il sud e troverete un palo con un cavallo o al massimo vi lascerò un altro segno, bussate alla porta li vicino e io sarò lì ad aspettarvi!
Mi prese il viso con una mano e mi accarezzò la guancia con le sue dita morbide, mi sentii fremere dall’interno perché finalmente lui mi aveva toccato, non con i vestiti di mezzo ma la nostra carne era entrata in contatto, sentii che i brividi salivano anche dentro di lui, ne fui felice perché ciò significava che lui provava le stesse cose per me, mi indicò di malavoglia un piccolo cancello dietro alla scuderia dove eravamo, salii in fretta su Furia e mi misi il cappuccio, lui mi aprì il cancello e io uscii galoppando.
Non volevo andare via da lui ma dovevo, corsi in mezzo agli alberi felice di essere così libera, era una bella sensazione, ero totalmente libera, come un piccolo uccellino che vola negli sconfinati cieli sereni felice e libero, galoppai sempre tra gli alberi per non farmi vedere dalle due guardie del corpo, dopo un po’ mi fermai nei pressi di un albero molto alto, scesi dal cavallo e lo lasciai libero di pascolare e bere da una pozza, io mi sedetti ai piedi dell’albero e presi fuori il pane dalla tasca.
Non era la cosa migliore che potesse esistere ma era una immensa soddisfazione per il mio stomaco vuoto, mentre mangiavo immaginai la scena della famiglia Mansen a tavola mentre improvvisamente Sir Jonathan Mansen, il padre di Lorn, si accorgeva che mancava una pagnotta dal cesto ed Lorn sorrideva consapevole che ero stata io, Jonathan avrebbe chiamato le serve che quel giorno avevano apparecchiato e avrebbe chiesto che aveva portato il pane.
Lare avrebbe risposto che ero stata io ma Jonathan non mi conosceva e non mi aveva mai visto, nessuno apparte lei ed Lorn mi avevano visto ma Lorn non mi avrebbe mai condannato e lei sarebbe stata una serva incompetente agli occhi del padrone, se anche qualcuno mi avesse vista nessuno avrebbe aiutato Lare a difendersi e sarebbe stata cacciata nelle migliori delle ipotesi, le peggiori non volevo immaginarle.
Mi rattristai per la sfortunata sorte di Lare, mi era sembrata una ragazza socievole e servizievole, anche fedele ma le mie impressioni non l’avrebbero aiutata, non ce la feci, anche se con quello che stavo per fare avrei rischiato moltissimo dovevo farlo, non potevo permettere che per colpa mia un’innocente avesse sofferto, richiamai Furia e cavalcai alla volta del castello Mansen.
Fu una cavalcata a perdifiato, sentivo che il cavallo era molto affaticato ma lo continuai a spronare fino alla fine, non mi tolsi il mantello, volevo un’entrata trionfale, un aspetto molto egoistico da parte mia, entrai dal piccolo cancelletto dietro la scuderia e lasciai il cavallo a guardia del cancello, scesi velocemente ed entrai nell’ingresso e nella cucina, come mi aspettavo questa era totalmente vuota, tutti i servi erano stati chiamati nella sala da pranzo, corsi lungo il corridoio fino alla sala da pranzo, dentro la voce di Sir Jonathan era molto alta.
Spinsi la porta e senza togliermi il cappuccio del mantello guardia la sala, le serve erano tutte contro la parete opposta, quelle con le pareti, Lare era un passo avanti agli altri con sguardo austero e fiero, appena entrai ogni occhio era su di me, alcuni sospettosi, altri sbalorditi, altri doloranti, riconobbi subito quel lago nero che doleva per me dalle sue più pure profondità, nessuna delle guardie che erano ai lati delle serve venne verso di me.
Mi avvicinai di qualche passo al tavolo e Sir Jonathan mi perforò i timpani con la sua voce possente:
Jonathan- E voi chi siete?
Io- Anya signore!
Mi tolsi il cappuccio e rimasero tutti basiti, le serve, la famiglia, le due guardie, Lorn e persino io, rimasi basita del mio coraggio spontaneo perché non sapevo da dove veniva fuori:
Lare- Si è lei! È Anya Sir!
Jonathan- Impossibile lei non è Anya, voi siete Miss Elizabeth Anne Windsor Seconda!
Io- Avete una buona memoria Sir, comunque sono qui per scagionare la vostra serva, sono stata io a rubare la vostra pagnotta Sir!
Tirai fuori dalla tasca l’ultimo rimasuglio di pane e glielo porsi, lui lo guardò con astio e sorpresa, le prove a mio sfavore erano troppe e non si potevano contestare, Caroline che era rimasta in totale silenzio fino a quel momento finalmente parlò con voce esile quasi inesistente per la sorpresa e per l’orrore:
Caroline- Quindi voi Miss avete rubato in casa nostra?
Io- Si è mi duole dirvelo ma avevo fame!
Caroline- Potevi tornare a casa!
Io- No, mai!
Caroline- Questo vuol dire che vi servirete delle nostre cucine ogni volta che il vostro stomaco si farà sentire?
Jonathan- TRADIMENTO!
Lorn- Cosa?
Jonathan- TRADIMENTO, ALTO TRADIMENTO, ARRESTATELA!
Capii che era il momento di scappare, corsi verso le cucine sentendo il sonoro tintinnio delle armature delle due guardie che stavano cercando di prendermi, arrivata alle cucine andai fuori e presi Furia con la forza, le due guardie non erano riuscite a vedermi perché ero corsa subito da dietro le scuderie, cancello che loro non conoscevano perché era in disuso.
Mi sentii improvvisamente piena di adrenalina, mi faceva sentire bene la sensazione di puro terrore e coraggio, sentire i muscoli piegarsi sotto il mio comando e fremere nella corsa, mi piaceva il vento tra i capelli boccolosi e biondo platino che li spostava e li faceva ballare come molle, mi rimisi il cappuccio e salii sul cavallo, incominciai subito a galoppare, dovevo scappare via, percorsi molta strada tra gli alberi sentendo le voci delle guardie che mi cercavano.
Era bello vedere come il verde e il marrone della foresta di univano e si mescolavano quando correvo velocemente tra di loro sotto la mia attenda guida e del cavallo, sentire il fruscio delle foglie e il debole calpestio degli zoccoli sull’erba fresca, ogni secondo, ogni minuto, ogni ora che passavo immersa in quella tremenda e formidabile situazione mi sentivo sempre più diversa, selvaggia in un certo senso, sempre più libera e sempre più me stessa, l’Elizabeth Anne Windsor Seconda che ero stata non era la stessa persona che adesso cavalcava veloce e fremente di adrenalina tra gli alberi scappando da guardie per mantenere salda la sua libertà.
Quando capii di essere nei pressi del paese uscii dagli alberi, mio malgrado il cappuccio era caduto e la mia sarta stava camminando sul suo cavallo verso uno dei due castelli, la schivai e lei mi guardò sbalordita, la notizia della mia fuga si sarebbe presto saputa in tutto il villaggio e la mia famiglia non avrebbe più potuto tenerlo nascosto, ogni singola persona mi avrebbe riconosciuta.
Appena entrata corsi verso casa di Anya, avevo bisogno di un riparo e poi Lorn mi sarebbe venuta a cercare lì, non mi ci volle molto a trovarla, appena arrivata legai al palo Furia ed entrai bussando, subito i tre bambini mi vennero incontro ed Anya mi salutò calorosamente:
Anya- Cosa fate qui Miledi?
Io- Vi chiedo alloggio sempre se volete!
Anya- Certo Miledi e poi vi devo far conoscere una persona!
Io- Chi di vostra grazia?
Anya- Un vecchio generale desideroso di insegnare l’arte della guerra alle giovani promesse militari!
Io- E perché dovrei conoscerlo?
Anya- Bhe le vostre imprese fino ad adesso io le ho viste e voi avete la stoffa per il soldato!
Io- Se non ve ne siete accorta io sono una donna!
Anya- Bhe motivo in più per farlo!
Io- Non credo che sarò all’altezza!
Anya- Pensateci Miss, se voi tornate indietro i vostri genitori vi rinchiuderanno nel castello, se volete mantenere la vostra libertà dovete combattere, quello che è successo oggi ne è la prova, fino adesso avete vinto, siete sopravissuta perché avete dei buoni muscoli e un buon cervello ma senza la tecnica contro una di quelle guardie o contro tutte loro non avrete la minima speranza, non basterà fingersi una cameriera allergica al sole o fingersi me!
Io- Come lo sapete?
Anya- Sono un’indovina ricordate? Comunque non è questo il punto, per sopravvivere dovrete lottare e per farlo dovete imparare quindi non vedo una soluzione migliore!
Considerai l’ipotesi, dopo tutto Anya aveva ragione, non avevo la minima intenzione di tornare indietro, avrei sopportato il freddo, la scomodità piuttosto che rimanere rinchiusa tra morbidi cuscini di seta, non sarei mai tornata a casa mia ma per rimanere libera dovevo imparare a difendermi, non sarebbe mai bastato il cavallo e la mia velocità, dovevo trovare di meglio, la lotta corpo a corpo era difficile per me perché non ero forte e non avevo armi ma se questo maestro mi avrebbe insegnato sarei stata forte e libera:
Io- Quando lo vedrò?
Anya- Anche subito se volete ma non potrete incominciare l’allenamento vestita così, vi servono vestiti comodi!
Io- Voi ne avete?
Anya- Certo ma tenete il mantello per non far vedere i vostri indumenti, ve li vado a tirare fuori nella solita stanza!
Io- Non saprei come fare senza di voi!
Anya- Sono felice di esservi utile!
Scomparì dietro una porta chiudendosela alle spalle, io mi tolsi il mantello e lo appoggiai ad una sedia, i bambini erano andati nel giardino di dietro a giocare, appena Anya uscì dalla stanza io entrai, sul letto c’erano dei pantaloni beige molto stretti anche se mi arrivavano alla caviglia, me li misi in fretta, poi c’era una maglia di un bianco sporco con le mezze maniche che arrivavano al gomito e che si legava davanti, la misi anche quella e poi notai che non mi aveva portato delle scarpe, uscii dalla stanza e mi ritrovai davanti ad Lorn sulla soglia della porta, mi corse incontro subito e mi prese tra le sue braccia, mi strinse forte e io strinsi forte lui, poi mi guardò in viso:
Lorn- Come state?
Io- Smettetela di chiedermelo per favore, sto bene ma piuttosto voi state bene?
Lorn- Certo Miss, come vi siete vestita?
Io- Sto per andare ad imparare a lottare!
Lorn- Cosa? Che significa?
Io- Che se voglio rimanere libera e non essere catturata devo lottare sia corpo a corpo sia con le armi!
Lorn- Si ma lottare non si addice a una ragazza del vostro rango!
Io- Lo so ma vedete devo imparare!
Lorn- Bene, posso assistere almeno?
Io- Certo ma come avete giustificato la vostra visita in paese?
Lorn- C’è un tale caos a palazzo che nessuno si è accorto della mia sparizione!
Io- Mi stanno cercando vero?
Lorn- Si è non solo le due guardie di vostro padre ma tutte le guardie delle nostre due famiglie!
Io- In quanti sono più o meno?
Lorn- Circa venti!
Mi accasciai sulla sedia dove c’era il mantello, erano troppe, non ce l’avrei mai fatta, anche con un allenamento continuo ed estenuante, sempre se il mio corpo e la mia mente avessero retto, non sarei mai stata capace di combattere e vincere contro venti persone, Lorn vide il mio turbamento e si inginocchiò davanti a me, mi prese la mano con la sua e la strinse forte:
Lorn- Ti aiuterò io mia adorata ora andiamo che prima imparerete prima mi sentirò meno preoccupato nei vostri confronti!
Io- Certo!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Rimasi spiazzata da come mi aveva chiamata, ma mi alzai comunque, Anya aveva già aperto la porta e aspettava solo noi, presi il mantello e lo misi subito, le scarpe non mi sarebbero servite a quanto pareva, Lorn mi mise il cappuccio e uscimmo, la strada sotto i piedi era ruvida e secca, la sabbia mi si attaccava ai piedi, passai poco inosservata anche se ero ben coperta dal lungo mantello nero.
Mi sentivo strana, stavo andando verso quella che era la mia nuova vita, il mio nuovo inizio, avrei imparato a combattere, a usare un’arma tagliente e a uccidere con il mio corpo e la mia arma, sarei diventata un’altra persona, diversa dalla Elizabeth Anne Windsor Seconda che camminava tranquilla e triste nei corridoi del suo palazzo, diversa dalla Elizabeth che era arrivata spaurita in paese e che scappava dalle guardie, sarei diventata una Elizabeth guerriera.
Stavo camminando verso la mia nuova vita, ogni secondo che passava sentivo sempre più importate il lavoro dei muscoli, il lavoro che avrei fatto su di loro e l’agilità, l’arma che avrei usato, quella era la mia nuova condizione, quelle sarebbero diventate le mie uniche preoccupazioni, dopo aver imparato però quale sarebbe stata la mia strada? Cosa avrei fatto dopo aver saputo come usare una spada?
Solo il nome mi dava i brividi ma dovevo trovarmi un obbiettivo da seguire e da difendere, la mia libertà era una condizione superflua ora perché se mi fossi applicata l’avrei mantenuta senza problemi ma dopo cosa avrei fatto? In ogni libro che avevo letto l’eroe aveva deciso di liberare i deboli, i giusti e distruggere i falsi, gli ingiusti, sarebbe diventato anche per me il mio nuovo titolo? Sarei stata un’eroina? Sarei diventata lo scudo dei giusti? Il faro che illuminava il mondo conosciuto di giustizia e potere? Sarei mai stata capace di prendermi quella responsabilità?
No ma da qualche parte dovevo incominciare, arrivammo presso una casetta isolata a sud del paese, una piccola casetta in legno con un giardino protetto dalle siepi dietro, Anya andò verso la porta scura a causa del terreno che con l’aria si era depositato lì sopra, Lorn rimase lì di fianco a me, prima che il vecchio aprisse Anya mi guardò e sussurrò:
Anya- Fino a che non ve lo dico tenete il mantello e coprite la vostra identità!
Annuii impercettibilmente e lei bussò più forte sulla porta, mi sentii agitata, avevo bisogno di quella persona e il sussurro di Anya mi aveva suggerito che non era vero quello che mi aveva detto, non aveva parlato con quel vecchio o almeno se lo aveva fatto non aveva specificato che io ero una donna, anzi una principessa in fuga disperatamente bisognosa di un’arma e di un’istruzione sull’uso di questa.
La mia ansia si faceva sempre più intensa ogni secondo che passava, il signore doveva essere molto anziano per non aver ancora raggiunto la porta, avrà avuto si e no quarant’anni sui cinquanta, alla fine finalmente la porta si aprì lentamente e cigolando, come se fosse anche lei troppo vecchia per fare lo sforzo di aprirsi, sulla soglia c’era un uomo sull’età che avevo pensato, aveva lunghi capelli bianchi che gli coprivano stancamente il contorno del viso rugoso ma con un’espressione gioviale.
Gli occhi erano di un azzurro spento, come se mancasse poco che si spegnesse davvero, era poco più alto di me, circa dell’altezza di Lorn e vestiva strano, i suoi indumenti sembravano più che altro dei vecchi indumenti di guerra in pelle di un qualche animale che probabilmente si era già estinto, gli stivaletti erano ancora in ferro battuto come se non se li volesse togliere quei vecchi indumenti gli davano un’aria pericolosa.
Salutò Anya come se fosse un’amica in visita senza mai staccare gli occhi da me, anche se non mi potevano vedere quel grigio spento sembrava perforare il mantello e vedermi, salutò con una fredda cordialità anche Lorn e poi guardò me, non sapevo cosa fare, se avessi risposto alla stretta di mano che lui mi offriva avrebbe visto le mie mani e lui avrebbe capito che ero una donna, un uomo con la sua età di mani ne aveva viste molte e avrebbe riconosciuto quelle di una donna.
Decisi che in un qualche modo dovevo accettare il suo saluto, mi inchinai e annuii come se fosse un buongiorno Sir:
Uomo- Mi presento sono Sir James Peterson e voi di grazia chi siete?
Era fatta, dovevo mostrarmi perché anche con la migliore distrazione per non mostrargli chi ero non sarebbe stato mai abbastanza, mi tolsi il cappuccio e lui mi sorrise, gli porsi la mia mano e lui la strinse e la baciò delicatamente con labbra talmente leggere da sembrare aria che accarezzava la mia pallida pelle:
Io- Mi presento sono Elizabeth Anne Windsor Seconda ma preferirei essere chiamata solo Elizabeth di grazia!
James- Oh ma certo Miledi!
Io- La ringrazio!
James- E mi dica cosa porta qui una principessa in fuga?
Io- L’ha detto lei Sir, sono in fuga e per rimanere libera devo sapermi difendere, ci sono venti uomini che mi cercano e devo saper affrontare ognuno di loro sia a mani nude che con una spada!
James- Strana richiesta per essere una principessa e posso chiedervi perché avete portato con voi un Mansen?
Io- Sir Lorn Mansen è il motivo della mia visita e della mia fuga Sir!
James- Una fuga d’amore, molto romantico e pericoloso, bene entrate!
Si spostò di lato e con la mano ci fece segno di entrare, io abbassai la testa come per accettare l’invito ed entrai seguita da Anya, Lorn e infine James che chiuse la porta alle sue spalle, la casa era spartana, un tavolo in legno levigato dal tempo sui lati, delle sedie di legno con i cuscini consumati e scoloriti, sembrava un tenue color bordeaux quindi un tempo dovevano essere stati rossi, il pavimento era liscio e levigato dai passi di altre genti, la finestre erano sporche, erano tutte ricoperte da uno strato di polvere sottile ma evidente.
Il resto era uguale al tavolo, alle sedie e alle finestre, levigato, dall’aspetto non funzionante e fragile, Anya e James si sedettero al tavolo ed Lorn invece si appoggiò a una sedia interessato a una conversazione che non riuscivo a sentire perché tutta la mia attenzione era rivolta a una porta dalla parte opposta della stanza, al contrario di tutta la casa quella porta era splendidamente intagliata e raffinata, era sia chiara che scura perché era formata da tanti tipi di legno per creare le sfumature splendide e che risplendevano alla tenue luce della lampada a olio sul tavolo e a quella che proveniva dalle finestre.
Raffigurato c’erano delle imprese di guerra, uomini che combattevano vestiti di nobili armature d’oro, animali feroci messi a tacere dalla spada sagace di quegli uomini, cavalli imperiosi che dominavano sulle volpi nelle cacce, era uno spettacolo bellissimo ma la domanda mi venne spontanea, perché tutta la casa era così malridotta e invece quella porta sembrava laccata d’oro?
La tentazione era troppa e la aprii, il pomello leggero e argentato girò sotto la mia mano e la porta si spalancò, lo spettacolo che vidi dopo fu un balsamo per i miei occhi, mi ritrovai in un giardino bellissimo con un sentiero di pietre levigate che portava al centro dove c’era una fontana con dell’acqua fresca che scendeva dalla brocca di un bambino alato, grazie alla mia istruzione capii che era un amorino.
Il bambino sembrava intento a versare l’acqua nella fontana e si appoggiava su un solo piede molto probabilmente sostenuto dalle ali piccole e aggraziate, era una bellissima fontana in pietra, sul resto del giardino c’era una bellissima e lussureggiante erbetta tagliata con cura che riempiva di verde peridoto ogni cosa, mandava bellissima bagliori da ogni parte e la rugiada la faceva luccicare sfavillante, i fiori sui lati erano favolosi e colorati, c’erano margherite, gerani, vicino al gazebo c’era la lavanda che si era arrampicata intorno a tutte le colonne e lo colorava di violetto.
Il gazebo era molto bello, in legno chiaro, al centro c’era un piccolo tappetino dai mille colori dove potevi sederti probabilmente a meditare, poi il resto del giardino era cosparso di occhi di Maria, piccoli e azzurrissimi occhi di Maria, di gigli candidi e infine di rose, rose di ogni colore, rose bianche, rose rosse, rose blu, il giardino era una vera e propria esplosione di colori, di luce, di bellezza.
Vidi che dall’altra parte c’era una piccola casetta sgangherata come l’interno della casa, probabilmente un piccolo magazzino, percorsi il sentiero di pietre levigate e raggiunsi la porta di legno scuro, molto lentamente la spinsi perchè il pomello non c’era, appena la luce debole e grigiastra del sole coperto dalle nubi entrò nel magazzino vidi i luccichii di tante spade di ogni forma e colore, scudi, elmi e armature luccicanti, venni per la prima volta spaventata e tremai di fronte a quelle armi, tremai di fronte al timore che incutevano, tremai di fronte alle mie paure affrontate e all’eventualità che le guardie avessero potuto usare quelle armi su di me.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Sentii una mano che mi tirava via da lì e chiudeva la porta, mi girai sollevata e pronta a ringraziare chiunque avesse chiuso la porta, mi ritrovai di fronte a James che mi guardava con i suoi occhi color azzurro scolorito, rimasi di sasso, dietro di lui Anya ed Lorn:
James- Vedo che hai trovato le spade!
Io- Si ehm……a tal proposito mi scuso per la mia sfacciataggine e la mia brutale intrusione!
James- Non importa Miss Elizabeth ma piuttosto ditemi perché tremavate!
Io- Perché mi immaginavo quelle armi che mi ferivano e ai due giorni che ho passato all’aria aperta e al fatto che sono riuscita ad evitare uno scontro solo grazie alla fortuna!
James- No vi sbagliate Miss!
Io- Perché?
James- Anya mi ha raccontato cosa avete fatto e cosa ha visto, le sue visioni sono molto precise e aveva chiaramente visto un futuro brusco e selvaggio per voi ma non la visita al castello Mansen, aveva visto la vostra morte in quella impresa e solo grazie al vostro cervello siete riuscita a liberarvi dalle trappole, certo tornare per salvare la serva è stato azzardato ma questo dimostra il vostro buon cuore!
Io- La ringrazio Sir, visti da questa luce i fatti assumono una luce diversa!
James- Tutti i fatti assumono diversa luce se li guardi da diverse prospettive!
Lorn- Miss state bene?
Lorn venne verso di me e mi prese una mano, mi sentii avvampare per la dimostrazione di affetto in pubblico che stava mostrando annuii solamente, arrossii violentemente e Anya trattenne una piccola risata compiaciuta, Lorn si riprese come se si fosse appena svegliato e si allontanò da me di poco, gli sorrisi tenendo la testa alta cosa che fece sorridere ancora Anya, la guardai perplessa:
Io- Perché sorridete Miledi?
Anya- Perché siete innovativa per essere una principessa!
James- Sottoscrivo, tenere la testa alta è segno di grande forza d’animo e di rivoluzione, le più grandi regine non hanno mai abbassato la testa di fronte a uno sguardo esplicito!
Io- Vi prego smettetela di lusingarmi se no arrossisco!
Lorn- E poi dobbiamo incominciare l’addestramento!
James- Giusto, quanti uomini volete combattere da sola?
Io- Non è presunzione la mia ma avrei bisogno di sconfiggere venti uomini da sola!
James- Venti? Voi mi prendete in giro, nessuno può battere venti uomini da solo!
Anya- Dimenticate Lord Black!
Io- Chi è Lord Black? Voglio assolutamente conoscerlo?
Anya- Lord Black è soltanto l’uomo più affascinante e più forte del mondo!
Io- Perché io non lo conosco?
Anya- Non si fa vedere da nessuno a meno che non ci sia una grave calamità come una fanciulla in pericolo o insomma calamità!
Io- Devo conoscerlo, dove va più spesso?
James- Da me! Sono il suo insegnante!
Io- Chiamatelo vi prego!
James- Non posso però posso insegnarvi le stesse cose!
Io- Vi prego iniziamo subito!
James- Certo, ora lasciateci lo spazio per agire, Miledi e Sir Lorn spostatevi sotto il portico!
Si spostarono tutti sotto il portico davanti alla porta intagliata, James andò nello sgabuzzino e prese fuori un manichino e un bastone, non sapevo cosa intendeva che facesse, poi mi lanciò il bastone che presi il meglio che potei, era troppo scheggiato e dovetti prenderlo solo con due dita, James lo notò ma non fece niente, mi mise davanti il manichino e mi fece un segno contro di esso:
James- Ora colpiscilo con tutta la tua forza!
Passammo tutto il giorno così, io lottavo con un bastone contro un manichino e lui mi osservava e giudicava, alla sera ero stanchissima, ero talmente stanca che non mi ero nemmeno accorta che Lorn se ne era andato da molto e che Anya era rientrata a casa sua, James mi osservò ancora per qualche secondo e poi rimise il bastone e il manichino dentro il magazzino, per tutto il giorno non avevo fatto altro che concentrarmi e alzare la guardia contro un busto di legno, ero stanca e non avevo nemmeno mangiato:
James- Direi che a te serva una spada da una mano e mezzo in modo che la puoi tenere anche con due mani nel caso perdessi lo scudo, ti serve una lama abbastanza lunga ma non troppo, direi che quasi come il tuo braccio possa bastare, non troppo pesante e con una lama sottile e affilata, la punta molto lunga e stretta per perforare la maglia di un’armatura!
Io- Ma…..ma come facciamo…..ad avere quella……spada, devo…..come minimo….farmela fare!
James- Ovvio, mando un telegramma al mio fabbro di fiducia e vediamo cosa può fare!
Io- Grazie!
Si alzò dal sasso su cui era seduto e rientrò in casa sua, io mi sedetti sull’erba di un verde color peridoto, era molto fresco stare lì, con l’aria tiepida della sera che mi spostava i miei lunghi ricci biondo-platino, i vestiti da ragazzo stretti che lasciavano intravedere molto le mie forme e la mia esile figura, chiusi gli occhi in modo che il tramonto rendesse le mie palpebre perlacee di un color arancione, mi piaceva quel tenero colore caldo, appoggiai le mani sull’erba e lasciai cadere la testa all’indietro.
Stavo molto bene tra quei fiori e quell’erba così bella e fresca, il sole caldo sulla pelle, all’improvviso sentii dei passi dietro di me, non mi voltai, sapevo che era James, James si sedette di fianco a me poi parlò:
Voce- Molto bello il tramonto vero?
Aprii subito gli occhi e guardai l’uomo di fianco a me, era indubbiamente bello, lunghi capelli neri e ricci mossi dal vento, bellissimi occhi del verde del prato, un verde peridoto magico e splendente, la pelle perlacea come la mia, vestito di nero con un lungo mantello anch’esso nero, lo guardai strabiliata:
Io- Voi non siete James!
Voce- No mi chiamo Roy ma tutti mi conoscono come Lord Black!
Io- Voi siete Lord Black?
Lord Black- Certo e voi chi siete?
Io- Mi chiamo Elizabeth Anne Windsor Seconda!
Lord Black- Un principessa in abiti da ragazzo seduta su un prato e dagli splendidi occhi color viola!
Io- La ringrazio Sir!
Lord Black- Non avete l’aspetto di una principessa così chiaccherata!
Io- Perché chiaccherata?
Lord Black- Non sono sordo e i vostri racconti sono arrivati anche a me, voi siete uscita allo scoperto circa quattro giorni fa e siete fuggita da casa vostra!
Io- Bene così siamo chiacchierati entrambi, sappiamo già tutto allora, comunque cosa vi porta qui?
James- Voi Miss!
Io- Io?
James- Si voi, Sir James mi ha parlato di voi e così sono venuto in veste del vostro insegnante!
Non ci credevo, non poteva essere vero:
Io- Come avete fatto a raggiungermi così in fretta?
Lord Black- Ero nelle vicinanze e Miss Anya mi ha trovato e mi ha raccontato di voi e delle sue visioni!
Io- E che visioni vi ha raccontato?
Lord Black- Bhe…il vostro impetuoso futuro e soprattutto il vostro matrimonio con Sir Lorn Mansen cosa che voglio assolutamente impedire!
Io- Cosa?
Lord Black- Intanto se volete per voi e solo per voi potrei essere Sir Roy!
Io- Voi siete solo un presuntuoso, io amo Lorn e non lo abbandonerò perché voi avete deciso così!
Roy- Dite Miss, non ci giurerei dopotutto voi avete vissuto sotto gli ordini per anni perché smettere adesso!
Io- Perché voglio essere libera e stare sotto gli ordini di qualcuno non corrisponde alle mie volontà!
Roy- Vi conquisterò Miss e voi non potete farci niente, è matematico tutte le donne cadono ai miei piedi!
Io- Mi piacerebbe rappresentare l’eccezione!
Si alzò e mi offrì una mano per alzarmi ma la rifiutai e mi misi in piedi con un abile salto e lui rimase evidentemente sorpreso e compiaciuto, lo guardai in viso e lui mi offrì di nuovo la mano per accompagnarmi dentro, non la presi ma continuai a guardarlo, ero perplessa, quest’uomo neanche mi conosceva e già insinuava troppo:
Io- Perché io?
Roy- Perché si capisce tutto di te soltanto guardandoti e mi piace quello che vedo!
Io- E se a me non piacesse quello che vedo io?
Roy- Impossibile!
Io- Voi siete troppo sicuro del vostro ascendente sulle donne!
Roy- Perché l’ho testato!
Lo guardai e mi girai verso la casa, mi incamminai sulle pietre lisce del sentiero che portavano alla favolosa porta in legno sfumato e intagliato quando la sua mano mi fermò, mi girai e lo guardai stupita, lui sorrise e mostrò i suoi denti perfettamente bianchi:
Roy- Aspettate Miss, vi ho portato un regalo!
Io- Cosa vi fa pensare che lo accetterò?
Roy- Non vi preoccupate è un vestito per il ballo di domani al castello dei Windsor!
Rimasi impietrita, quel ragazzo era forse sordo? Non aveva sentito che io ero una Windsor? Non aveva capito che io volevo essere libera?
Io- Non posso mi dispiace!
Roy- So che volete essere libera ma i vostri genitori vi credono dispersa e comunque farebbe bene anche a voi rientrare a casa vostra!
Io- Che sia!
Roy- Quindi verrete con me al ballo?
Io- Certo, sarà una splendida occasione per mostrarmi ai miei genitori e a Lorn!
Roy- Non volete proprio dimenticarvelo quel ragazzo!
Io- Mai!

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Mi girai e camminai verso la porta, questa volta non mi sarei fermata, la aprii e venni investita dallo squisito profumo di pane fresco e caldo, di zuppa di verdure e di vino fresco e stagionato, James era intento a cucinare nella sua primitiva cucina e non sembrò accorgersi di me, lo guardai assorta nei suoi movimenti fluidi, semplici e precisi, veloci quasi ma al tempo stesso lenti, era splendido sentire e vedere quei profumi sfiziosi, mi appoggiai a una sedia con una mano e continuai ad osservarlo.
In quel momento una mano mi strinse la vita e mi avvicinò ad un corpo caldo e soffice coperto di pura seta e di una veste da mettere sotto alle armature, mi sentii presa in contro piede, non mi era mai successo, il ragazzo mise il viso sulla mia spalla e sussurrò al mio orecchio:
Roy- Piccola principessina sperduta vieni con me che ti insegno la via del cammino!
Mi staccai violentemente da lui  anche se ero ancora accecata dall’effetto ipnotico della sua voce così suadente e così calda e passionale, così speciale e favolosamente cristallina e poi c’era la leggera carezza dei suoi capelli neri, lisci e così morbidi sulla mia pelle, quel sorriso così inebriante, quelle labbra dall’aspetto così morbido e quel viso perlaceo praticamente perfetto.
Era una sofferenza guardarlo non perché lo desiderassi ma perché l’uomo che desideravo sembrava l’esatta copia di lui ma solo più dolce, erano la stessa persona solo che uno rappresentava la serietà, la luce, la dolcezza e la felicità, l’altro era l’oscurità, la sfrenatezza, la praticità, l’insicurezza, l’amore selvaggio ed entrambi erano così maledettamente belli e ambiziosi anche se in cosa diverse.
Mi lanciò uno sguardo malizioso e fiero di se, lo guardai stupefatta e andai di nuovo verso il giardino, per quanto fosse bello non mi piaceva essere trattata in quel modo, essere presa dietro ed essere chiamata “ piccola” era una scortesia perché mi faceva sentire veramente piccola, lui mi seguì di nuovo e si fermò dietro di me mentre mettevo una mano nella fontana come ad assaporarne la freschezza, poi la sua voce vellutata mi soffocò le orecchie con le parole piene di tintinnii:
Roy- Piccola principessina sperduta spero che non vi siate arrabbiata, la mia era una piccola provocazione!
Io- Lo so!
Roy- Mi perdonerete?
Io- Certo non era nulla dopotutto!
Roy- Come siete buona ma che ne dite di un piccolo duello tra di noi?
Io- Mi piacerebbe ma non ho una spada e non la so usare bene!
Roy- Voi vi date poco credito Piccola principessina, fidatemi se vi dico che vi stupirete da sola di voi stessa!
Andò al magazzino e prese fuori due spade a casaccio, una aveva l’aspetto molto pesante, l’altra era una normale spada da combattimento dall’aspetto esile ma forte, lui mi porse quella più sottile e mi disse con voce totalmente diversa e rude:
Roy- In guardia piccola principessina!
Io- L’avete detto voi che mi stupirò quindi in guardia voi Roy!
 E accompagnai la mia affermazione con un piccolo sorriso beffardo e compiaciuto come a sottolineare la mia sfacciataggine e il mio coraggio, lui fece la prima mossa e con un passo agile e svelto fece cozzare le nostre spade, io ero inesperta e la spada mi cadde a terra per la troppa pressione, lui rise e io lo guardai con sguardo truce, come fulminato smise di ridere e mi osservò pensieroso, raccolsi la mia spada, era molto scomoda perché non riuscivo a maneggiarla bene, la impugnai il più saldamente possibile e sferrai il mio colpo.
Non era preciso come il suo e non era neanche lontanamente forte come il suo ma fece la sua figura perché involontariamente gli procurai un graffio sul polpaccio, lui non ebbe più il suo sguardo pensieroso ma adesso era esterrefatto, gli sorrisi cercando di fargli capire che potevo fare di meglio, poi sferrai ancora un colpo ma questa volta lui piegò la spada e lo parò, per la restante ora ci colpimmo a colpi di spada, lui in battaglia era crudele anche se si vedeva che cercava di non farmi troppo male, io dopo il primo graffio gliene feci un altro in faccia e basta.
Dopo un’ora James ci venne a chiamare per la cena, guardai Roy che mi fissava estasiato e con un dolce sorriso da sbruffone, gli sorrisi e poi andai al magazzino dove misi la mia spada, lui mi arrivò da dietro e la posò di fianco a me sfiorando con l’altra mano i miei fianchi e poi il mio collo, sentii improvvisamente un brivido e un bruciore all’altezza delle dita di Roy, lo fissai e lui si guardò la mano, la osservai anche io e vidi una piccola striscia di sangue sulle dita che aveva usato per accarezzarmi il collo.
Mi prese il panico e portai una mano sul mio collo esattamente dove lui lo aveva sfiorato, sentii anche io uno strano liquido e di nuovo quel bruciore incessante, tolsi la mano e vidi la stessa striscia di sangue sulle mie dita, mi guardai e notai che avevo un’altra ferita sulla coscia e sul fianco destro, quello che Roy non aveva toccato, lui con la mano già sporca di sangue toccò il mio fianco e sentii di nuovo i brividi seguiti dal bruciore questa volta più forte, poi impudentemente toccò la mia coscia sinistra, doleva ma al tempo stesso mi donava uno strano piacere ineguagliabile, neanche la mano di Lorn sulla mia era eguagliabile.
Capii in quell’istante che dopotutto non mi dispiaceva Roy, lui non sorrise, mi prese la mano e mi portò di corsa in casa, si vedeva che era palesemente preoccupato, aveva ferito una donna con una spada e non una donna qualunque ma la sua piccola principessa sperduta che non valeva ancora niente ma sentivo la paura che un giorno sarebbe valsa molto di più che dello sperabile, entrati in casa dalla porta Roy quasi urlò:
Roy- L’ho ferita, ha bisogno di un qualche unguento per cicatrizzare le ferite!
James- Calmati vado e torno!
Io- Roy non dovete preoccuparvi di avermi ferito il vostro onore non sarà intaccato perché ero consenziente, avete ferito un guerriero che vi ha ferito in un piccolo duello, non è successo niente per cui valga la pena preoccuparvi così tanto!
Roy- Vero ma non è comunque bello vedere una così bella donna con ferite fresche e sapere che sono io la causa di quelle!
Io- Vero anche questo ma non dovete preoccuparvi di nulla, è tutto a posto!
Roy- Vi bruciano tanto le ferite?
Io- Non posso fare un paragone non mi ero mai tagliata prima d’ora, comunque posso dirvi che non sono ferite profonde e che non fanno così tanto male, il bruciore è sopportabile e presto lo allevierò con un unguento!
James tornò, nei cinque minuti seguenti mi fece sedere e mi spalmò sulle ferite con mano gentile e non provocatoria l’unguento, al contatto bruciava leggermente ma decisi che per non far preoccupare ulteriormente Roy dovevo sopportare, alla fine sentii il sollievo dell’unguento che rinfrescava le ferite e senza dire una parola andammo tutti a tavola, non avevo mai cenato con un numero così alto di persone al mio stesso tavolo, neanche nel mio castello i miei genitori rimanevano a cenare con me, o dopo o prima ma mai insieme.
Non provai a parlare avevo troppa fame, il cibo che aveva preparato era così buono che lo mangiai quasi tutto di un fiato, la zuppa di verdure era letteralmente da leccarsi i baffi, una prova di alta cucina inglese, il pane caldo era morbido all’interno e croccante all’esterno e il suo dolce profumo di buono riempiva le mie narici con una piccola nebbia vellutata, il vino stagionato era favolosamente morbido e corposo, dopo aver mangiato e gustato tutto Roy riprese l’unguento e lo sparse sopra le sue due ferite mentre io parlavo con James:
Io- Complimenti Sir James, siete un ottimo cuoco!
James- Oh grazie Miss!
Io- Non avevo mai gustato niente di simile nemmeno a palazzo!
James- Oh basta Miss così mi lusingate troppo!
Roy- Già!
Sentii improvvisamente la sua presenza molto vicina, i suoi capelli infatti mi sfioravano la nuca e le sue vesti da guerriero mi sfioravano la schiena e le gambe, mi girai verso di lui e Roy sorrise:
Roy- Molto bene, è ora di mostrarvi il vostro vestito Miss!
Si allontanò velocemente da me come se fosse impaziente di mostrarmi il mio unico vestito, guardai James che mi sorrise serafico, aspettai mentre sentivo Roy che armeggiava con una borsa per tirare fuori un pacchetto molto grande, quando uscì dalla stanza con una favolosa scatola di un marrone chiaro in mano sbarrai gli occhi, la scatola era una di quelle che veniva usata solo per i vestiti delle regine, ne avevo viste a bizzeffe.
Un lontano ricordo nella mente mi fece capire il perché l’avesse trovata lui, ce ne era una anche nella sartoria di questo paese, me lo ricordavo perché quando la mia sarta era venuta a portarmi il vestito prima aveva fatto scegliere la scatola con cui portarmela a mia madre e io avevo sbirciato, erano due scatole indubbiamente belle ma quella che adesso teneva tra le sue forti mano Roy era indubbiamente quella di una regina.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Con fiocchi sui lati come se si dovesse aprire da ogni parte e indubbiamente di un color marrone esotico e dall’aspetto caloroso, lui me la porse e io presi la scatola, volevo sapere quale favoloso vestito ci potesse essere dentro perché solo un vestito meraviglioso poteva celarsi all’interno di quella scatola, infatti così fu, aprii la scatola con un movimento lento e attento per non romperla o segnarla e quando vidi il vestito al suo interno rimasi basita.
Era un favoloso vestito color porpora lungo e pieno di nastri dello stesso colore, fiocchi e la cosa più strana era che aveva un solo corpetto e niente spalline o scialli o maniche, niente di niente, neanche un colletto, lo tirai fuori e me lo appoggiai addosso, era favoloso, largo e bello, di un colore sublime e di un tessuto altrettanto morbido, girai in tondo sorridendo immaginandomi di ballare con quel vestito addosso, un ragazzo che mi teneva tra le sue forti braccia e mi faceva girare intorno.
Era una visione bellissima, una bellissima sala da ballo piena di dame e cavalieri che ballavano e ridevano, parlavano e bevevano favolose bevande rinfrescanti, tanti fiocchi colorati appesi alle pareti, brindisi con bicchieri di cristallo che tintinnavano quando si toccavano, le deboli risatine maliziose delle donne che stavano ormai uscendo dall’età da marito e che dovevano trovarlo in fretta per non rimanere zitelle, la musica così bella che riempiva la sala, improvvisamente mi ricordai che non suonavo un pezzo al clavicembalo da molti giorni e ne sentivo la mancanza, mi girai verso James e Roy che mi osservavano pensierosi e chiesi:
Io- Sir James non avete per caso un clavicembalo?
James- Si perché?
Io- Mi piacerebbe suonarlo!
Roy- Nessuno di noi due sa suonare un clavicembalo, non potremmo insegnarvi!
Io- Dove si trova?
James- L’ho spostato durante i vostri allentamenti sotto il gazebo!
Posai delicatamente il vestito su una sedia pulita e corsi fuori nel giardino, corsi sopra le bianche pietre levigate che facevano da sentiero e in mezzo ai fiori colorati del giardino, arrivai al bellissimo gazebo coperto di lavanda e andai al clavicembalo, mi sedetti e guardai indietro, James e Roy stavano camminando lentamente e perplessi sul sentiero parecchio dietro di me.
Mi girai verso il piano e feci quello che sapevo fare meglio, lasciai che le mie dita si abbandonassero al volere delle note melodiose e lasciai che percorressero una loro strada sui tasti bianchi d’avorio, immediatamente la mia melodia riempì il giardino facendolo diventare ancora più incantato, dandogli quel tocco di mistero e magia che solo la musica dava, James e Roy si fermarono estasiati e sorpresi.
Io continuai la mia melodia, Kiss the rain, continuai a seguire i suoi comandi abbellendola come sempre con i soliti arricchimenti che secondo il mio punto di vista donavano molto di più alla composizione, loro corsero da me e si misero al mio fianco osservando le mie dita, quando quello stupendo momento finì mi alzai e loro mi guardarono inebetiti:
James- Voi siete una maestra al piano!
Roy- Che musica sublime!
Io- Vi ringrazio!
Mi inchinai e poi mi rialzai, ero felice perché ora mi sentivo completa, mi sentivo come se ogni tassello del puzzle fosse al suo posto, poi tornammo in casa e finalmente mi concessi un bagno caldo per pulirmi dalle ultime fatiche, l’acqua era dolcemente calda e sentirla sulla mia pelle mi faceva sentire bene, quando uscii dalla vasca mi asciugai e lasciai che l’aria asciugasse i miei capelli che erano diventati lisci a causa dell’acqua ma sapevo che appena asciugati sarebbero tornati boccolosi.
James e Roy, o Lord Black, non erano ancora sicura su come chiamarlo, stavano parlando seduti al tavolo, uscii dalla porta splendidamente intagliata e andai nel piccolo gazebo, mi sedetti sullo sgabello del clavicembalo e ricominciai a suonare, finalmente mi risentii di nuovo completa, tutti i pezzi erano al posto giusto e la musica li stava chiudendo in un morbido abbraccio caloroso, intanto che suonavo cercavo di adeguare le note al paesaggio, un paesaggio oscuro con poca luce, era una luce tenue, non riusciva a dare colore alle cose, una luce così fioca ma che ancora tingeva il cielo di mille colori come un arcobaleno, dal blu notte al rosa scuro, una luce favolosa che donava mistero agli alberi e a quel giardino così meraviglioso e magico, il colore più bello era quel verde chiaro e brillante al centro dell’orizzonte, quel colore così simile a quello della dolce erbetta che ricopriva l’intero giardino del suo verde peridoto e quelle nubi così scure a causa della poca luce che minacciavano di coprire i bellissimi colori e il cielo.
Non avevo mai visto un paesaggio simile ma così come non avevo mai visto un giardino simile, smisi di suonare e mi girai verso il giardino che ormai era coperto dall’oscurità della notte, la luce della luna aveva vinto ormai ogni cosa e faceva brillare di argento tutto, mi incamminai e quando arrivai alla fontana notai che c’era una persona che mi aveva ascoltato mentre avevo suonato, non riuscivo a capire chi fosse perché la luce argentea della luna non era abbastanza così con voce ferma nascondendo la paura che mi aleggiava dentro:
Io- Chi siete voi?
Voce- Non mi avete riconosciuta Miss?
Io- No e per questo vi pregherei di presentarvi a me!
Voce- Come volete voi Miss!
Dal timbro della voce potevo chiaramente capire che era un uomo e non una donna ma per quanto mi sforzassi non riuscivo a riconoscere di chi fosse la voce, cercai nella memoria ma non lo capivo, la persona che si nascondeva da me si fece vedere, era quel simpaticone di Roy che provava a farmi paura, mi sorrise io mi girai dall’altra parte:
Io- Vi divertite a fare questi scherzetti?
Roy- Molto Miss!
Si avvicinò a me pericolosamente e mi prese i fianchi con le mani, rabbrividii questa volta sia per il contatto inopportuno che per il freddo, lui capì e si slacciò il lungo mantello mettendomelo sulle spalle, mi girai verso di lui e lo fissai sconcertata:
Io- Ma adesso voi non avete freddo?
Roy- Resisterò per voi!
Io- Perché siete così buono con me, dopotutto mi conoscete solo da un giorno!
Roy- Bhe siete di un altro uomo e io adoro rubare le donne agli altri uomini, poi siete veramente bella e sapete come si usa una spada anche se grossolanamente, avete due splendidi occhi violacei che sono unici nel loro genere!
Io- Vi ringrazio Lord Black!
Roy- Vi prego chiamatemi Roy, lo preferisco!
Io- Ma perché Lord Black?
Roy- Perché mi piaceva la musicalità del nome e la sensazione di paura che sembrava dare ai miei nemici!
Io- Wow, siete un uomo alquanto strano!
Alzò le spalle e poi rientrò in casa, io lo seguii pochi minuti dopo, quando entrammo James stava già dormendo sul divano sgangherato, Roy era andato nella sua stanza così mi diressi verso quella che James mi aveva dato, appena entrata mi girai per chiudere la porta e poi mi girai verso il letto, davanti ad esso c’era Roy con solo i pantaloni, aveva degli addominali e dei pettorali così scolpiti da farmi tremare le gambe, i suoi capelli così belli e ondulati che gli sfioravano le spalle e la schiena, gli occhi verdi che mi osservavano.
Arrossii violentemente e lui rise, mi tolsi il mantello e mi avvicinai a lui, lui lo prese sfiorandomi la mano, cosa che mi fece arrossire ancora di più, senza dire una parola mi girai e corsi fuori dalla stanza, mi chiusi la porta alle spalle con lo spettro delle sue risate, avevo sbagliato stanza, andai nella mia e mi spogliai per mettermi la camicia da notte di Anya, una vecchia camicia che aveva e che mi aveva donato insieme ai vestiti che appoggiai a una sedia infondo al mio letto di paglia.
Non avevo mai dormito su un letto di paglia, il mio era stato creato con le piume di una cicogna ed era molto morbido, niente in confronto a quel letto, il mio cuscino era di altre piume, in fondo al mio letto non c’era una sedia di legno tarlata ma un divanetto rosso e comodo, mi misi nel letto e finalmente mi lasciai al sonno.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Alla mattina mi svegliai solo che ero sul bordo del letto e caddi a terra, mi sedetti e guardai alla porta, sullo stipite c’erano James e Roy che mi guardavano sorpresi e rammaricati, Roy corse da me e mi aiutò ad alzarmi:
Roy- State bene?
Io- Si certo, sono solo caduta!
Roy mi guardò e poi come pentito si avvicinò a James, lui sorrise e poi se ne andò seguito da Roy, chiusi la porta e mi tolsi velocemente la camicia da notte, non era abituata a questa poca intimità, mi vestii con gli stessi vestiti del giorno prima e mi pettinai rapidamente, poi uscii e andai a sedermi al tavolo della colazione dove si erano già seduti Roy e James, altra differenza, la mia solita tavola della colazione era imbandita di mille cose quella aveva poco ma tutto buonissimo.
C’erano calde fette di pane con sopra uno strato di burro caldo e una strana roba appiccicosa alla frutta, poi c’era latte caldo e appena munto, era tutto così fresco, genuino e buono che ne mangiai più del dovuto:
James- Miss ditemi sta sera volete farvi riconoscere?
Io- No ma sarà inevitabile!
Roy- Perché?
Io- Bhe perché nessuno può imbrogliare i miei genitori e poi quante ragazze conoscete con i miei occhi, i miei capelli, la mia carnagione e la mia forma?
Roy- Bhe nessuna, quindi devo trovare due maschere, se mi concedete Miss!
Io- Certo potete andare!
Roy si alzò dalla sedia e uscì dalla casa, rimanemmo io e James che per il resto della mattina ci allenammo con i bastoni di quercia, era molto, troppo complicato, tutti i passi giusti, la ordinazione mano-occhio, la difesa e la forza da mettere nei colpi, alla fine della mattinata ero già esausta, entrammo in casa e James si mise a preparare una zuppa di broccoli, io mi andai a fare un bagno e guardai quella specie di segna-tempo che James aveva costruito, secondo quell’aggeggio mancava un’ora e il ballo sarebbe incominciato.
Corsi dentro la vasca e mi feci un caldo e corto bagno, mi asciugai completamente e incominciai a pettinarmi, fu difficile perché non l’avevo mai fatto da sola ma dopo una buona mezz’ora ce la feci, lasciai alcune ciocche boccolose sui lati del viso e della testa, quelli dietro li fermai con un fermaglio in modo che non toccassero nemmeno la fine del coppino, poi presi quei due trucchi che Anya mi aveva portato quella mattina, una matita per gli occhi e la cipria, la matita non sapevo nemmeno cos’era ma l’avevo vista usare quindi con cautela la misi, alla fine andai in camera e mi infilai giarrettiera, vestito e scarpe.
Uscii dalla camera e Roy entrò nello stesso momento dalla porta principale vedendomi per la prima volta in veste di vera principessa, di vera dama di una corte più che rispettabile che si accingeva ad andare accompagnata al ballo più atteso, mi vide con il bellissimo vestito color porpora e con la pelle candida e immacolata aggiustata solo dal tenue rossore per l’imbarazzo che si era formato sulle guancie, lui dal suo canto aveva il più bel vestito elegante che un uomo potesse avere, sempre nero ma questo era ovvio e la sua pelle era immacolata alla debole luce del tramonto ormai giunto al termine.
I suoi capelli neri e mossi erano legati dietro con un fiocco nero fumo e gli occhi verdi brillavano di uno strano sentimento che non capii, dopo qualche istante mi venne di fronte e mi diede una maschera in ceramica finemente decorata di oro e argento con le labbra disegnate, c’erano solo due aperture per gli occhi e un elastico per legarla dietro la testa, me la misi e guardai James dato che a quanto pareva il giudizio di Roy sarebbe stato imparziale:
Io- Non sembro io vero?
James- Oh no Miss, ma prendete questo e mettetelo nella vostra giarrettiera, è per proteggervi!
Mi porse un coltellino lungo quanto una mia mano, circa venti centimetri quindi, feci come aveva detto, mi girai e alzai imbarazzata la gonna per mettermi il coltello, mi rigirai dopo averlo assicurato in modo che non cadesse ma che fosse facile da tirare fuori velocemente e presi la mano di Roy che intanto si era messo una maschera uguale alla mia e mi aveva porso un paio di guanti color porpora che misi velocemente e dopo un saluto veloce a James andammo a una carrozza che Roy aveva fatto preparare per la serata.
Mi fece salire e dopo si sedette davanti a me, era nervoso, glielo leggevo nei suoi occhi color del prato e dalla posizione delle mani, serrate come in preghiera ma anche a pugno e continuamente in movimento, decisi che era meglio tranquillizzarlo:
Io- Non siete mai stato ad un ballo?
A  causa della maschera la mia voce suonava come frenata e più grossa, ottimo così non sarei stata riconoscibile, lui mi guardò per un istante e poi distolse lo sguardo concentrandosi su un punto del paesaggio indefinito:
Roy- Si ma non con una dea!
Anche la sua voce suonava più grossa e frenata del normale ma era comunque suadente come sempre, lo guardai e poi cercai di individuare il punto che guardava invano così lo osservai ancora:
Io- Siete molto gentile ma ora dobbiamo avere un piano, entrata ad effetto o nascosta?
Roy- Effetto e ho già dato due nomi per noi due comprando da due conti gli inviti necessari saremo il conte e la contessa Maison!
Io- Bene ma cosa vi aspettate da questa serata?
Roy- Che voi parliate con vostro padre e gli fate capire il vostro punto di vista, se non funzionerà almeno abbiamo due coltelli ben nascosti, le armi non sono accettate!
Io- Bene, mi dovrò quindi mostrare a loro!
Roy- Certo, così vedremo se potete vivere in pace o dovete continuare a scappare!
Io- Sarà molto complicato!
Roy- Miss niente è facile nella vita, bisogna lottare per le proprie scelte ma mille battaglie che infuriano  intorno a voi sono niente in confronto al giudizio dei vostri cari, conquistate quello e non dovrete temere nient’altro, nemmeno la morte perché sarete in pace con voi stessa!
Rimasi senza parole, il suo piccolo discorso era molto saggio e mostrava quanto il suo animo fosse puro e combatti ero ma sentivo che lui non era in pace con se stesso, sentivo che lui aveva affrontato mille battaglie ma non la più importate o forse non sapeva che doveva affrontarla e non sapeva con chi, quello che avevo sentito dire sul suo conto da James era che aveva perso tutti quindi non doveva temere l giudizio dei suoi cari ma forse era possibile che una nuova persona fosse entrata nella sua vita ma chi?
Non potei chiederglielo perché appena cominciai ad aprire le labbra la carrozza si fermò davanti al portone di casa mia e lui mi fece segno di procedere, il cocchiere mi aprì la portiera e io scesi, sul portone c’era una fila di nobili e conti tutti i bellissimi abiti, Roy mi venne di fianco e mi sussurrò all’orecchio:
Roy- Noi saremo gli ultimi ad entrare!
Da quel momento tutti ci osservarono, eravamo gli sconosciuti, i nuovi, eravamo una cosa esotica e misteriosa, una miccia pronta per un pettegolezzo, all’entrata un maggiordomo ci chiese gli inviti e le armi, Roy consegnò gli inviti e fece vedere che non aveva portato la spada, dopo di che ci fecero passare e un paggio prese fiato, in quel momento sentii la musica fermarsi per far si che tutti sentissero i nomi dei nuovi arrivati e gli occhi di tutti ci puntarono soprattutto quelli di mio padre e di mia madre:
Paggio- Il conte e la contessa Maison di Oxford!
Scendemmo le scale che portavano alla sala da ballo più grande della mia casa, mentre entravo non avevo osservato niente per paura della nostalgia ma adesso avevo un bisogno disperato di controllare mia madre, mio padre e Lorn, lui era appoggiato contro un muro a sorseggiare un bicchiere di punch con altri due uomini e mi guardava, mio padre era di fianco a mia madre, tutte e due mantenevano un contegno impeccabile davanti agli   ospiti ma io vedevo il dolore negli occhi di mia madre e l’orgoglio ferito di mio padre, vedevo chiaramente la macchia, il fardello che mio padre si sentiva di portare, un fardello che rappresentava la vergogna per la propria famiglia e l’orgoglio consumato e chiaramente ferito per i pettegolezzi, le dicerie e gli sguardi degli altri uomini della società.
Era come una coltellata nel profondo del cuore, avevo deluso mio padre e mia madre non sembrava da meno, sul suo volte c’era l’eco dell’autorità minacciata di mio padre, c’era il dolore visibile e anche un profondo e insanabile senso di orgoglio ferito, era una settimana che non li vedevo e loro si erano fatti sfuggire la figlia, la loro unica figlia dalle mani, Roy mi portò al centro della pista da ballo e mi offrì la mano, io la accettai e insieme ballammo.
Era favoloso, lui era un abile ballerino e io pure, insieme danzavamo come la musa e il suo poeta ispirato in una radura incantata mentre il mondo attorno a noi danzava e gioiva per quella felicità, era strano come ballare con lui mi facesse sentire donna, diversamente da come mi faceva sentire Lorn quando ballavo con lui ma il principio era lo stesso, ballammo per due composizioni sotto gli occhi degli ospiti e sotto le luci splendenti della sala.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Alla fine della seconda composizione andammo al tavolo del banchetto, lui prese due bicchieri e me ne porse uno, era del delizioso punch dal sapore della mora e dal colore del viola che a volte tingeva le nuvole quando erano particolarmente minacciose, lui mi guardava radioso e io pure:
Io- Cosa vi fa stare così in pensiero?
Roy- Che abbiamo alzato le maschere per bere!
Appena realizzai appoggiai il bicchiere e mi riposai la maschera sul viso, per fortuna non me l’ero tolta del tutto così come lui, anche se ero in estasi per i balli il mio senso di autoconservazione mi aveva protetto così come lui:
Io- Bene adesso ditemi perché in carrozza eravate così sovrappensiero!
Roy- Bhe vedete nel mio lavoro, nella mia vita non c’è spazio per le occasioni perse, se voglio una cosa devo prenderla prima di perderla e così mi sentivo prima!
Io- Come se steste perdendo una cosa che non riavrete più? Temete per la vostra libertà?
Roy- No ma è  sconsigliabile parlare così con tante persone all’ascolto!
Io- Giusto!
In quel momento lui si riposò la maschera sul viso e poi ci si avvicinò mio padre accompagnato da Lorn e mia madre, era il momento per agire, in un impeto di pura follia osservai le vie d’uscita, c’era solo l’entrata, quella che avevamo usato per entrare nella sala da ballo ma era dalla parte opposta della sala, Roy vedendo il mio sguardo mi sussurrò all’orecchio:
Roy- Il cocchiere è fuori che ci aspetta, non temete!
Padre- Salve mie cari ospiti!
Roy- Buonasera Sir!
Io- Buonasera!
Padre- Posso chiedervi chi voi siate se non sono impertinente?
Io- Ovvio siamo la contessa e il conte Maison di Oxford Sir!
Padre- Scusate la mia maleducazione ma sto andando leggermente fuori di testa!
Io- Posso chiedervi il motivo Sir se non sono inopportuna?
Padre- No non lo siete ma mi aspettavo che lo  sapeste!
Vedendo il mio silenzio e la mia attesa parlò:
Padre- Si tratta della mia unica figlia, è scappata di casa e non tornerà!
Io- Come mai?
Padre- Perché è una stupida temeraria incurante delle regole e sprezzante della nostra reputazione ormai intaccata!
Non ce la feci, quelle parole erano un pugnale infuocato nel mio animo, dovevo rispondere per difendermi:
Io- Come vi permettete, sono scappata per salvare la mia libertà cosa che voi non capite cieco come siete e dopo che vi ho dato questo chiaro segnale l’unica cosa che vi interessa è la vostra reputazione o meglio quella del vostro cognome perché senza non avreste speranza!
Padre- Cosa?
Mi tolsi la maschera e mi mostrai a loro, nello stesso momento mi piegai e tolsi il coltello dalla giarrettiera, lo puntai sul viso paonazzo di mio padre e notai il silenzio che era calato nella sala, niente musica, niente chiacchiere, tutti guardavano me:
Padre- Elizabeth come ti permetti di…….
Io- No come vi permettete voi, se avete cara la vostra vita è meglio che richiamate le guardie che avete messo sul mio cammino perché non sarò clemente con loro, difenderò con le unghie e con i denti la mia libertà, costi quel che costi!
Madre- Elizabeth!
Lorn- Elizabeth dove è finita la vostra bontà?
Io- Sotto i miei tacchi ma non disturbatevi a cercarla perché sarebbe inutile Lorn, io sono scappata per voi, sto correndo i rischi solo per il mio sentimento ma ormai non ne vale la pena, se resto ancora qui rischio di essere catturata e non voglio perdere ciò che mi è più caro!
Roy- Miss forse è il caso di andare!
Io- Certo Lord Black!
A quel nome tutti  corsero verso la porta e gli uomini presero le spade lasciate ai paggi e le donne si rifugiarono dietro le porte, l’intera sala ci stava venendo contro:
Roy- Dobbiamo scappare!
Io- Solo un secondo Lord Black, padre come ho sentito dire da un grande saggio puoi anche vincere mille battaglie che ti infuriano attorno ma la più importante è il giudizio dei tuoi cari, all’inizio pensavo che si riferisse al fatto che dovesse avere la loro approvazione ma adesso ho capito che semplicemente è il saper guardare oltre positivo o negativo che sia, non mi importa se metterete l’intero paese, l’intera regione o l’intero mondo sulle mie tracce perché io scapperò finché potrò e quando non ci riuscirò smetterò di lottare, mi farò catturare e vi guarderò uccidere la vostra unica figlia con il sorriso sulle labbra, osserverò le vostre lacrime e il vostro rammarico distruggervi, ma fino a che avrò la forza di combattere lotterò per difendere ciò in cui credo e adesso guardatemi iniziare la mia lotta infinita, guardate scorrere il fiume di sangue dei vostri sicari mandati per me e pentitevi di ciò che siete!

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Mi girai verso i venti uomini con le spade pronti all’attacco, Roy aveva già tirato fuori il coltello dalla giacca, lo guardai e lui mi sorrise radioso e pronto allo scontro, mi fece segno di correre verso i venti uomini e lo feci pronta alla battaglia, in due giorni non avevo imparato molto ma ero fresca di combattimento mentre quei nobili oziosi no, lanciai qualche fendente da una parte e altri dall’altra, Roy mi diede una grossa mano e io gli restituii il favore dando una grossa mano a lui, tutti i venti uomini erano abili ma non abbastanza per Roy e non abbastanza freschi per me.
Da lontano sentivo le voci di mia madre e di Lorn:
Madre- No fermi, non fatele del male!
Lorn- Miss scappate e tenete salva la pelle!
Non ascoltai nessuno di loro, dopo parecchi colpi in piedi rimanevano solo tre uomini, gli altri erano tutti feriti, indietreggiai mentre due dei tre uomini avanzavano, toccai la schiena di Roy e sorrisi:
Io- Pronto?
Roy- Sono nato pronto!
Girammo su noi stessi e lui mi prese e mi tirò su come una bandiera, con i tacchi incominciai a tirare calci in faccia ai tre uomini che cadettero sul pavimento in marmo come pere cotte, Roy mi mise giù e lo guardai soddisfatta, poi mi girai verso i visi increduli di mia madre, mio padre ed Lorn:
Io- Addio padre, addio madre e Sir Lorn voi siete l’uomo più affascinante e buono del mondo ma il mio posto devo ancora trovarlo quindi mi duole dirvi queste parole e spero solo che siano un arrivederci ma per adesso addio Lorn!
Mi girai verso la porta, presi con le mani la mia gonna e alzandola mostrando le mie caviglie, le mie nudità andai correndo verso il portone e verso la carrozza, Roy era sempre dietro di me, nella nostra folle corsa era splendido sentire come il vento, il dolore ai muscoli fosse piacevole, era una sensazione fatta di adrenalina, follia e fatica, una cosa bellissima che non ero mai riuscita a sentire prima di allora tranne che negli allenamenti, ma questo era diverso perché scappavo da una cosa reale, Roy aprì la portiera della carrozza e salimmo, fino a che non fummo fuori dai cancelli ridemmo sonoramente poi:
Roy- Voi siete pazza!
Io- Grazie!
Roy- Dico sul serio e mi piace!
Io- Voi mi dovete ancora dire di cosa avete paura Roy!
Roy- Cosa?
Io- Venendo verso il castello ho notato che nei vostri occhi c’era una luce cupa, vi ho chiesto cosa fosse e voi mi avete risposto che dovevo temere il giudizio dei miei cari,ma secondo le mie fonti voi non avete cari, scusate la mia indelicatezza, quindi cosa dovete temere?
Roy- Vero, io non ho cari ma ora ho voi quindi devo temere solo e soltanto voi!
Io- Non vi seguo!
Roy- Vedete l’avete detto voi stessa che state cercando il vostro posto e che non è qui quindi suppongo che verrete via con me!
Io- Era la mia idea!  
Roy- Bene ma riuscirete a sopportare un pazzo per così tanto tempo?
Io- Non credo che avrò problemi, dopo anni di solitudine la vostra compagnia è una benedizione!
Per il resto del viaggio restammo in silenzio, poi arrivammo a casa di James e scendemmo per entrare, una volta dentro vidi James e Anya seduti attorno al tavolo mentre ascoltavano un’altra persona che se ne stava nell’ombra, Lorn:
Io- Come avete fatto?
Lorn- Voi eravate in carrozza io a cavallo!
Io- Scusate la mia scortesia ma cosa volete da me?
Lorn- Che torniate da me Miss, voi non siete la persona che ho visto sta sera, non siete un guerriero!
Io- Chi ve lo dice Sir?
Lorn- Perché vi ho visto la prima volta, la timida ragazza che ha lottato per avermi!
Io- Mia madre mi diceva sempre che devo essere me stessa perché la vita è troppo breve per essere qualcun altro bè io non sono una principessa o almeno non mi  ci sento, devo trovare la mia strada e se ciò significa abbandonare tutto lo farò!
 Lorn- Voi non siete più nelle vostre piene facoltà mentali!
Io- Sbagliato, io vado solo alla ricerca di me stessa!
Lorn- Voi stessa? VOI STESSA? Voi stessa eravate la dolce ragazza timida e introversa che suonava al piano nella sala della musica, la ragazza che ha commissionato un mio dipinto di nascosto, la ragazza che adorava la musica, la ragazza che al ballo danzava radiosa sulla pista da ballo e che concedeva balli a tutti per non offendere nessuno, la ragazza che incantava con le sue parole mio padre e tutti in quella sala!
Io- Avete dimenticato che io sono anche la ragazza che ha ballato all’aperto con i capelli sciolti al chiaro di luna e che aveva come sinfonia gli ululati dei lupi e le lamentele dei grilli, la ragazza che è scappata stracciandosi il vestito e che è saltata sul cavallo di una carrozza e che lo ha staccato con due rapidi calci alle giunture di legno, avete anche dimenticato che io sono la ragazza che ha vissuto nei boschi e che è venuta al vostro castello per vedervi affrontando il bosco per non farsi prendere, la ragazza che ha messo nei guai una serva e che poi è tornata e ha affrontato vostro padre e le guardie, la ragazza che non teme le venti guardie che la inseguono perché non ha paura di lottare!
Roy- Voi avete fatto tutto ciò?
Lorn- Si ma lo avevate fatto per me e non per voi!
Io- L’ho fatto per voi e per me stessa, per avere libertà, la libertà che non ho mai avuto, voi non sapete cosa significhi vivere dietro il vetro di una finestra per tutta la vita, non sapete cosa sia il non avere amici, il dover vedere sempre le stessa facce e non poter mai parlare con nessuno, voi non sapete cosa sia la prigionia e non lo proverete mai perché siete un principe e i principi non vengono reclusi!
Roy- Non sapevo che voi prima di questa settimana non avete mai avuto la possibilità nemmeno di uscire fuori di casa!
Io- Un giorno ve la racconterò tutto ma adesso se non vi dispiace James vi prego di congedare quest’uomo!
James- Mi dispiace Sir Mansen ma dovete andarvene da casa mia!
Lorn- Eh così sia ma ascoltatemi mia amata voi non siete più la ragazza che credevo!
Io- Nemmeno io riconosco più l’uomo affascinante che ballava selvaggiamente con me sotto la luna perché è di quell’uomo che mi sono innamorata e voi adesso siete solo un altro ragazzo in balia dell’onore e della visibilità!
A quelle parole lui uscì dalla casa piuttosto contrariato, io andai in camera mia senza dire niente, senza parlare, senza voler sentire niente, mi distesi sul letto e piansi, piansi come non avevo mai fatto, piansi tutte le lacrime trattenute, piansi per aver perso tutto, piansi per le scelte che avevo fatto e che ora mi sembravano tutte sbagliate, piansi per aver minacciato mio padre con un coltello, piansi per le azioni che avevo compiuto e che sapevo di dover compiere per mantenere la mia libertà.
Le lacrime erano  più dolorose di mille parole e il silenzio urlava attorno a me, urli che mi facevano venir voglia di strapparmi le orecchie, urli orribili che non avevo mai sentito, urli che solo il silenzio sapeva creare, il caos nella mia mente, le lacrime pungenti sul viso che sembravano di ghiaccio, era un dolore immenso, un dolore paragonabile al freddo ferro che di perfora lentamente il cuore lasciandoti morire lentamente.
Sentii dei passi e una porta che si apriva ma non ci badai, avevo solo bisogno di piangere quelle lacrime che mi avevano ottenebrato la mente, che scolpivano i meri ricordi della mia vita, ricordi a volte dolorosi a volte piacevoli, semplici ricordi di sensazioni perdute, la persona che aveva aperto la mia porta si sedette di fianco a me e mi prese tra le sue braccia, braccia forti e possenti, io mi adagiai sopra alla spalla coperta di morbida flanella.
Chiusi gli occhi e continuai a piangere per molto altro tempo e le braccia non mi abbandonarono mai, una cosa era cambiata, il suo cuore mise fine alle urla del silenzio, mi infuse pace e benessere anche se non smisi di piangere, rimase sempre lì per sorreggermi e non si lamentava per il bagnato sulla spalla, piansi fino a che le lacrime non finirono e gli occhi divennero secchi e poi mi addormentai cullata da quelle braccia.


Note: arrivata a questo punto della storia vorrei chiedere cortesemente cosa ne pensate? Io non sono una scrittrice e ho paura che la storia risulti noiosa.....

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Alla mattina mi svegliai sdraiata sulle gambe di qualcuno che mi era addormentato di fianco e mi aveva offerto le sue gambe come cuscino e le sue braccia come punto di riferimento e il suo calore come coperta, mi alzai per vedere chi era la persona che mi aveva tenuto compagnia e mi aveva sostenuto, era Roy ed era favoloso, aveva i capelli ondulati e neri sparsi su letto e sul viso, gli occhi dolcemente chiusi e la bocca dischiusa in un sorriso benevolo, era la faccia più simile al benessere che gli avessi mai visto in viso.
Lui appena non mi sentii tra le sue braccia sbatté le palpebre due volte e poi mi mise a fuoco e si alzò lentamente stiracchiandosi:
Roy- Dormito bene?
Io- Si grazie ma voi non eravate scomodo?
Roy- Mai stato così comodo in vita mia piuttosto come state?
Io- Meglio e scusate il modo in cui mi avete vista, non era certo consono a voi!
Roy- Oh smettetela con tutti questi formalismi, non è stato un problema anche perché non ho fatto niente!
Io- Avete fatto più di quanto pensate!
Roy- Ah e cosa avrei fatto?
Io- Avete messo fine alle urla del silenzio!
Roy- E come? Sono rimasto in silenzio!
Io- Il vostro cuore!
Lui mi guardò sorpreso, di certo non si aspettava questa sveglia, mi avvicinai a lui e mi sedetti di fianco a lui, quale momento migliore per dimostrare la mia gratitudine, finalmente ero libera anche dall’ultima mia catena, l’amore che provavo per Lorn era piacevolmente svanito come tutte le mia lacrime, non esisteva più se non nei miei ricordi, guardai in viso Roy, la sua vicinanza di quella sera aveva reso il passaggio molto più facile, la sua sola presenza mi aveva dato sollievo in modi che non comprendevamo nessuno dei due.
Lo guardai in viso e lui guardò me, per la prima volta mi accorsi che lui non mi guardava gli occhi ma il suo sguardo ballava dalle mie labbra ai miei occhi in continuazione soffermandosi a volte sulle labbra a volte sugli occhi come se desiderasse toccarle, avvicinai il mio viso a lui come se fosse una cosa normale, come se sapessi farlo da sempre e lui avvicinò il suo viso al mio fino a che le nostre labbra non si sfiorarono per pochi secondi e poi la porta della mia stanza si aprì dividendoci bruscamente.
Era stato un contatto talmente breve da non poter nemmeno essere visto ma questo non impediva alle mie labbra di bruciare per il leggero contatto proprio nei punti in cui lui le aveva toccate, era James quello sulla soglia della porta:
James- Scusate se vi ho svegliato ma la colazione è pronta e Miss avete bisogno di un bel bagno!
Io- Grazie James!
James uscì dalla stanza e Roy con grande sfacciataggine avvicinò al mio viso il suo ma io lo respinsi delicatamente con una mano e mi alzai dal letto, andai nel bagno lasciando la porta aperta, non perché volessi che lui entrasse ma perché dovevo solo guardarmi allo specchio, era un disastro, tutta la mia faccia era un disastro, i capelli erano in parte sciolti e in parte ancora legati malamente, molte ciocche vagabonde scendevano in enormi boccoli inutili e non ci stavano a dire niente se non disordine, gli occhi erano gonfi e arrossati senza contare che il viola-azzurro adesso era viola-rosso, mi girai e Roy era dietro di me:
Io- Come fate a guardarmi con questi occhi?
Roy- Credetemi quando vi dico che guardare voi non è uno sforzo!
Sorrisi e presi il pettine per domare i miei capelli, sentii la mano di Roy sui miei capelli che li slegava dalla cocchia fatta male e mi porse il fermaglio che avevo messo, con il pettine incominciai a pettinarli, fu una vera tragedia perché erano pieni di nodi e facevano male, alla fine, dopo venti minuti buoni i miei capelli non somigliavano più a un groviglio di paglia ma a una dolce chioma di boccoli ordinati, mi girai e Roy era appoggiato allo stipite della porta:
Roy- Ricordatemi di slegarvi i capelli la prossima volta!
Io- Ovviamente!
Lo superai e andai in sala da pranzo dove ormai mi aspettava una colazione fredda, Roy mangiò con me e poi si andò ad allenare da solo mentre io mi facevo un bagno e mi asciugavo, poi mi misi i vestiti che avevo portato fino al giorno prima poi andai in giardino dove Roy lottava contro James e lì capii che mi aveva fatta vincere e che non ero per niente brava, la loro lotta era sfrenata e piena di colpi quasi invisibili, parate velocissime e passi veloci per evitare la lama, era una danza demoniaca e fatale da cui non ne uscivi vivo.
Mi sedetti e li guardai sferrarsi molti colpi e poi James si sbilanciò all’indietro mentre cadeva Roy gli prese la spada e con un calcio gli spinse indietro la testa e poi gliela fermò con le due lame, io mi alzai ma entrambi sorridevano anche se James aveva il sangue al naso:
Roy- E così l’allievo supera il maestro!
Roy tolse le spade dal collo di James e lo aiutò ad alzarsi, solo in quel momento si accorsero di me, avanzai fino a loro e li guardai dritto negli occhi:
Io- Insegnatemi come si fa!
James- Ci vuole tempo per saper duellare così!
Io- Il tempo mi è tiranno Sir James!
James- Bene ma io sono troppo vecchio e stanco per insegnarvi!
Roy- Posso farlo io!
Mi passò la spada di James e mi fece segno di procedere, James si spostò ed entrò in casa, fu un duello senza esclusione di colpi, lui fu molto più duro con me e gli effetti si videro sul mio corpo, quando vedeva che non l’avrei parato cercava di frenarsi ma anche con la miglior prontezza mi toccava comunque e qualche livido ce l’avevo sempre però, se però fosse stato un vero duello sarei morta dopo due minuti.
Fu molto istruttivo perché anche se era doloroso e molto impegnativo imparai anche molto su come difendermi, sui contro-attacchi e sulla velocità, su come mettere a terra il mio avversario senza ucciderlo tanto che una volta, solo una riuscii  a metterlo al tappeto, lui mi sorrise compiaciuto del fatto che l’allievo stesse imparando dal maestro, a fine giornata avevo imparato qualcosa, poco in confronto a quello che lui sapeva ma comunque qualcosa.
Mettemmo giù le spade o meglio le mise giù lui perché io non muovevo più un muscolo, poi mi aiutò ad alzarmi e mi tenne su molto vicino a lui tanto che il mio naso era a soli due centimetri dal suo, lui sorrise e mi sussurrò:
Roy- Potete concedermi un piccolo regalo!
Io- Che regalo vorreste?
Avvicinò ancora di poco le sue labbra tanto che i nostri nasi si strofinarono e le sue labbra sfiorarono le mie, sentii i brividi salirmi sulla schiena e le mie labbra divennero roventi per il leggero contatto ma non ero ancora pronta, così sorrisi e sussurrai:
Io- Vi approfittate di me quando non posso muovere un muscolo!
Roy- No se volete vi lascio andare mia piccola selvaggia!
Io- Non sono più la vostra piccola principessina?
Roy- No, l’avete detto voi stessa che non vi ci sentite!
Io- Allora prestate attenzione alle mie parole!
Roy- Certo, io pendo dalle vostre labbra, allora vi devo lasciare andare?
Io- Dovremmo rientrare quindi che ne dite di andare?
Mi lasciò andare e incominciai a camminare lentamente verso la porta intagliata in mezzo a quell’erbetta dal colore verde peridoto tanto sgargiante, rientrammo e mi sedetti a tavola con gli altri due uomini e mangiammo come al solito una buonissima zuppa, subito dopo mi sentii sazia e stanca morta, mi alzai pesantemente ma subito caddi sulla sedia, Roy mi prese in braccio e mi portò sul mio letto, mi adagiò sopra e io mi accasciai stanca e mi addormentai di botto.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Non sognai come parecchie volte, quando mi svegliai era giorno inoltrato e c’era molto silenzio nella casa, alzai la testa per vedere la mia stanza ed era vuota come sempre tranne la scorsa notte, lentamente mi alzai dal letto e andai a pettinarmi in bagno, avevo bisogno di uno scoppio di adrenalina, tutto quel dormire di quella notte aveva accumulato energie ma al tempo stesso volevo solo suonare il mio piano.
Uscii nel meraviglioso giardino e notai che sia la casa che il giardino erano vuoti, non mi preoccupai molto, andai al meraviglioso gazebo incorniciato da lavanda di quel lilla favolosamente cristallino, mi sedetti sul sedile del piano e suonai come non avevo mai fatto, ogni volta che suonavo percepivo la timidezza e la solitudine delle note, adesso le note risuonavano selvagge e misteriose in una favolosa sinfonia come quando avevo ballato sotto la luna, un ballo selvaggio così come le note, come gli ululati dei lupi, come le lamentele dei grilli.
La musica, la composizione che suonavo così meccanicamente non era niente in confronto a quello che stavo suonando adesso, questa era una nuova composizione che iniziava alla libertà, le piccole e soavi variazioni che facevo solitamente la modificavano si ma mai come in questo momento, mai come le variazioni enormi che stavo facendo rendendola più cruda, più selvaggia e misteriosa, le note basse che si univano a quelle troppo alte come uno scoppio di scintille in mezzo al buio assoluto delle foreste.
Una favolosa composizione nuova e inebriante, quasi coinvolgente come una di quelle nuove opere di strani artisti stranieri così strane e molto più veloci come ritmo, molte più variazioni che iniziavano al mistero, alla fine della composizione mi alzai e guardai il giardino non più deserto, al centro del piccolo viale di pietre levigate c’erano Anya e James che mi osservavano stupiti, mi avvicinai a loro e li guardai:
Io- Lord Black dove si trova?
James- Sta svolgendo una mia commissione tornerà questa sera tardi con un regalo per voi!
Io- Che bello!
Anya- Intanto io vi ho portato un nuovo capo di abbigliamento, quello ormai è completamente tagliato e logoro per gli stiramenti!
Mi porse il piccolo fagotto che aveva in mano, lo presi e mi diressi subito alla mia camera e lo indossai, era una camicia molto comoda e di cotone bianco, poi un gilet in una strana pelle molto dura che secondo il mio punto di vista era come una piccola corazza contro alcuni tipi di lama, era anche pesante ma non tanto, sopportabile, poi un paio di pantaloni lunghi e stretti, molto aderenti al corpo per agevolare i movimenti e un paio di stivali in pelle marrone scura che si ripiegavano su loro stessi.
Uscii dalla stanza con i miei nuovi vestiti e subito vidi gli occhi di Anya guardarmi, lei come ogni donna di tutto il mondo indossava abiti consoni, lunghe gonne pesanti e mutande lunghe come pantaloni, io mi ero tagliata quelle strane mutande ed erano diventati dei pantaloncini cortissimi, poi lei aveva una maglia consona alle donne di quegli anni, io portavo una camicia maschile e un gilet maschile:
Anya- Bene direi che se volete oggi potete riposarvi sempre se il vostro insegnante vuole!
James- Ci mancherebbe, andate e se cercate Lord Black è alla porta più a nord del paese!
Io- Grazie!
Presi il mantello che era in fondo al mio letto, quel mantello nero che non toccavo da troppo, lo misi e uscii, mi coprii anche il volto con il cappuccio e mi diressi a nord fino a trovare un cancello, mentre camminavo vedevo le persone girarsi al mio passaggio, non ero ancora pronta a rivelarmi ai paesani, arrivata al cancello c’era Roy sul cavallo che aspettava, mi avvicinai di soppiatto e gli sussurrai all’orecchio:
Io- Cosa fate voi qua?
Roy- Aspetto il vostro regalo!
Si girò e mi osservò solo che non poteva vedermi perché io ero coperta dal mio mantello, mi sedetti sotto una delle colonne a lato della porta e lui legò il cavallo a un ramo e poi si sedette di fianco a me:
Roy- Perché nascondete quel meraviglioso viso con questo mantello?
Io- Perché la gente mi cerca e ho bisogno di tempo per abituarmi a essere una ricercata!
Roy- Quindi non sapete?
Io- Sapere cosa?
Roy- Vostro padre ha tolto le guardie che vi davano la caccia perché pensa che sia una semplice ribellione giovanile!
Io- Ovvero la sua è solo una convenzione per non dire che è un codardo e che la sua unica figlia gli è scappata dalle mani, vuole mantenere intatto il suo onore e la sua credibilità nella società!
Roy- Si ma non pensate solo che sia un ultimo disperato tentativo per riportarvi a casa?
Io- Ovvero perché lui richiama le guardie io dovrei tornare? Così sembrerebbe il buono mio padre, sembrerebbe che io ho accolto disperata il suo umile aiuto e la sua offerta di pace invece che una minaccia velata!
Roy- I casi sono due o stare con me vi ha fatto diventare cinica o queste cosa le pensavate anche prima di conoscermi!
Io- Ma io non sto con voi, non sono la vostra ragazza ma solo la vostra compagna di viaggio!
Sorrisi a sottolineare la falsità di quella affermazione, era vero io non ero la sua ragazza ma desideravo esserlo più di ogni altra cosa perché era rimasto il mio unico punto di riferimento, lui sorrise ma un sorriso amaro come fosse scontento delle mie parole perché sapeva che erano vere o almeno rappresentavano la realtà dei fatti ma non è mai detto che le parole dette siano la realtà perché oltre a dirle bisogna provarle e in quel momento ero solo una tremenda bugiarda.
Avvicinai il mio viso al suo e lo guardai negli occhi, appoggiai la mia fronte alla sua e abbassai il mio cappuccio, lui mi osservò e sorrise, questa volta non tentò di baciarmi, restò fermo e mi osservò radioso, fui io ad avvicinare le mie labbra alle sue e lo baciai come se fosse la cosa più semplice del mondo, come se lo sapessi fare da anni, lui rimase sorpreso in un primo momento ma poi rispose.
Fu il bacio più bello di tutta la mia vita anche se era l’unico, lui era sorprendentemente capace e mi guidò come un insegnante, intanto io sentivo che il mio cuore andava sempre più veloce e alcune volte perdeva i battiti, i brividi salivano e scendevano a velocità pazzesca e lo stomaco girava in preda alla più totale e assurda forma di estasi, le sue labbra si modellarono sulle mie, erano impetuose, a ogni minimo movimento la lava infuocata mi bruciava l’anima di passione, le mie mani si mossero automaticamente e si posarono sulle sue spalle, una si intrecciò ai suoi capelli e l’altra gli si posò sul viso, le sue mi strinsero la vita avvicinandomi sempre di più a lui.
Era favoloso, la disperazione più assoluta unita alla felicità più irrazionale, ora ogni suo tocco era rovente, mi sembrava che il vestito stesse bruciando, ma era solo un’apparenza, ora il cuore stava partendo, tutto in me urlava felicità e amore, poi mio malgrado dovetti staccarmi da lui e lo osservai con un gran sorriso sulle labbra, lui riprese lentamente a respirare ma i nostri cuor continuavano la loro folle corsa e si udivano i loro sonori tonfi come dei tamburi, lui poi sussurrò in mezzo al tumulto dei cuori:
Roy- Perché?
Io- Cosa?
Roy- Perché adesso?
Io- Voi ve lo aspettavate?
Roy- Assolutamente no!
Io- Allora era il momento perfetto per il primo bacio!
Roy- Voi siete pazza!
Io- E a voi a quanto pare vi piace che io sia pazza!
Roy- Si ma allora perché mi avete impedito di baciarvi in precedenza?
Io- Perché non era il momento giusto, volevo che fosse speciale e…….
Roy- Comunque sia spero che non smettiate di sorprendermi!
Gli sorrisi e poi passammo la giornata lì insieme a parlare di ogni cosa, gli raccontai della mia vita, della mia reclusione e della mia voglia di scappare e mollare tutto, c’era ben poco da dire perché avevo compiuto più imprese durante quella settimana che nella mia intera vita, da canto suo era completamente il contrario, aveva compiuto moltissime imprese, mi raccontò della sua famiglia, di suo padre che era un fabbro e di sua madre che era stata un’attrice in uno squallido teatro nel suo paese d’origine.
Mi raccontò di sua sorella uccisa da una guardia alla ricerca di informazioni per un signorotto, mi raccontò della malattia della madre e del padre, della loro morte e del suo assurdo bisogno di rivendicare le loro vite, di trovare l’assassino di sua sorella e di ucciderlo come lui aveva ucciso lei, mi narrò alcune delle sue imprese ma non si soffermò più di tanto, la cosa che mi piacque di più fu il racconto della sua casa che lo aspettava ancora.
Era una casa non troppo grande in un paese lontano, non il paese dove era nato, cresciuto e dove aveva sofferto ma uno poco distante che dava sul mare e sulle colline contemporaneamente, un paesino piccolo dove abitava una sua parente che si era trasferita nella sua casa e che gliela aveva lasciata libera per una nuova vita, alla fine dei racconti si era fatto tardi, ormai i dolci colori caldi del crepuscolo riempivano il cielo di fiamme rosse e gialle con punte rosate e nere per l’oscurità che stava arrivando:
Io- Sarà meglio tornare da Sir James!
Roy- Voi andate io aspetto il vostro regalo e vi raggiungo!
Mi alzai e lo guardai, mi piaceva stare con lui, mi piaceva la sua compagnia e mi piaceva lui, i suoi occhi color verde peridoto sondarono la mia anima in un solo sguardo, i suoi capelli nero corvino si arricciavano sempre di più al vento come se danzassero, le sue labbra così finemente perfette e dolci nella loro curva precisa e morbida rimasero semichiuse come in attesa di un bacio, la sua pelle perlacea e compatta come un lenzuolo di seta splendeva della spaventosa e maestosa luce del tramonto rendendola quasi rossa come i dolci petali di una rosa.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Come ogni volta il mio cuore sussultava e perdeva un battito, era sempre stata una sofferenza guardare quel suo viso perfetto, quel suo corpo così finemente lavorato dalle imprese passate, mi girai conscia del mio sguardo e del mio rossore, mentre mi incamminavo verso la casa di James sentii lo spettro di una risata soffocata dietro di me, camminai a testa alta coperta dal cappuccio tra la gente dirigendomi verso la casa, ogni singola persona mi osservava stupita e curiosa, tutti volevano sapere chi io fossi ma non mi sentivo pronta per mostrarmi al mondo.
Arrivata a casa di James entrai e lui era concentrato su una strana zuppa dall’odore molto penetrante e irriconoscibile, decisi di non disturbarlo e andai nel giardino ormai immerso nell’argentea luce della luna, mi tolsi il mantello e lo lasciai cadere di fianco alla porta finemente lavorata e quasi sfumata e poi mi diressi verso il centro, verso la meravigliosa fontanella con l’amorino in pietra che versava dolcemente l’acqua nella fontana da una brocca, mi sedetti sul bordo della fontana e appoggiai una mano sull’acqua ma senza quasi toccarla e incominciai a creare piccole increspature.
Pensai, pensai tanto, dovevo trovarmi una priorità, non potevo tornare a casa, non adesso che ero fuggita così bruscamente e non volevo nemmeno pensare a tornarci, potevo stare nella casa di James ma sarei stato un peso e inoltre un giorno Roy se ne sarebbe andato e io non potevo lasciarmelo scappare, era diventato importante per me quindi in qualsiasi piano che avrei fatto dovevo includere anche lui sempre se voleva farvene parte.
Dovevo parlare con lui, dovevo chiarirmi con lui, dovevo sapere se il gioco valeva la candela, quindi le mie priorità erano: non tornare a casa per nessuna ragione, parlare urgentemente con Roy e in seguito creare piani a seconda dei risultati della chiaccherata, imparare a combattere e……
Il filo dei miei pensieri venne rotto da una mano sulla mia spalla, mi girai chiedendomi chi fosse e venni inondata dalla più totale e assoluta sensazione di dolore perché davanti a me c’era un angelo incarnato, Roy mi osservava con i suoi occhi che specchiavano la luna, mi alzai senza distogliere lo sguardo perché mai avrei smesso di soffrire per stare lontana da lui a meno che lui non me lo avesse chiesto, trovai il coraggio di parlare:
Io- Roy avrei bisogno di parlarvi!
Roy- Ditemi Miss!
Io- Sentite è una cosa strana da dire ma vedete voi siete diventato importante per me e non intendo lasciarvi andare a meno che non siate voi a cacciarmi, quindi ditemi cosa sentite voi perché ne ho assoluto bisogno!
Roy- Non vedo perché dirvelo quando ve lo ho dimostrato oggi e sempre, l’avevo detto che sareste caduta ai miei piedi, ora io vi darò una mano ad alzarvi e a scappare via con me!
Sorrisi felice per la sua strana proposta, a lui piacevo almeno tanto quanto lui piaceva a me quindi non poteva fare a meno di me per nessuna ragione al mondo, lui sorrise e mi porse un pacchetto lungo e abbastanza pesante, lo guardai perplessa e poi lo aprii.
Era la spada migliore che avessi mai visto, perfetta in ogni minima parte dalla lama lucente e argentea, così affilata da poter tranciare qualsiasi cosa, non si può descrivere una tale meraviglia se non con la perfezione, la lama era liscia e affilata, verso l’impugnatura diventava più larga e con qualche seghettatura che diventava un piccolo ricciolo, al centro c’era incisa una parola in una strana lingua “  Helgrind “ .
L’impugnatura era molto strana perché dove dovevo mettere la mano era più lungo in modo che ci potesse stare anche l’altra nel caso dovessi usare maggior forza, il pomo alla fine dell’impugnatura erano due code di drago che si univano e al centro una gemma, una bellissima gemma viola di cui non sapevo il nome, il manico era come se fosse coperto da un durissimo fazzoletto di ferro che si attorcigliava come un serpente lì attorno e poi c’erano due protuberanze dal manico che servivano per parare i colpi senza toccare i ricci della lama e per proteggere anche la parte con il nome, insomma una spada perfetta.
La presi in mano e incominciai a farla frusciare lentamente contro il vento giocando con la luce della luna che mandava riflessi favolosi su di essa, Roy mi prese l’altra mano e vi posò una custodia favolosamente lavorata e in ferro battuto con lo stesso nome della spada e con lo stesso colore della gemma nel pomo, lo allacciai con una cintura alla vita sotto il gilet che avevo ricevuto da Anya.
Poi inserii la spada al suo interno notando che il fodero dove c’era la lama più larga e le protuberanze dell’impugnatura si allargava anch’esso, era fatto apposta per me, guardai negli occhi Roy che sorrideva felice, prima che potessi aprire bocca per ringraziarlo sentii un fruscio dietro di lui, lo spinsi di lato e sfoderai la spada, tutto nel giro di qualche secondo, dietro di lui c’era Lorn con la spada in mano:
Io- Cosa fate qui Sir Mansen?
Lorn- Non sono più nemmeno Lorn per voi vero?
Io- Mi dispiace darvi questa sofferenza ma no, voi per me siete Sir Mansen!
Lorn- Bene, quindi non conto più nulla per voi Miss?
Io- Contate certo ma non quanto prima, siete un buon amico e un potente alleato ma non di più!
Lorn- Come posso impedirvi di andare con questo ciarlatano?
Io- Non potete farlo perché io lo seguirò fino in capo al mondo se fosse necessario!
Lorn- Ma io non posso permettervelo, non posso lasciarvi rovinare la vita da un finto Lord!
Io- E io vi impedirò di intralciare la mia strada!
Lui non sorrise, in volto aveva un’espressione di puro dolore, di pura agonia ma restava vigile e concentrato su di me, si avvicinò e alzò la spada mentre io alzavo la mia e così cozzarono e si udì il loro tintinnio, lui cercò di colpirmi svariate volte ma non ci riuscì, nei pochi giorni di addestramento avevo imparato qualcosa anche se poco e ciò indicava che potevo difendermi mentre lui non aveva mai combattuto contro nessuno.
Cercò di prendermi una gamba ma io saltai e la schivai, fu una lotta senza esclusione di colpi, al contrario di quando mi ero allenata con Roy mi sentivo alla pari perché Lorn come combattente era piuttosto scadente, fu facile parare i suoi colpi così come per lui fu facile schivare i miei, andammo avanti così, lui attaccava io paravo, io attaccavo lui parava fino a che le nostre spade non cozzarono al centro della contesa come una croce.
Lo guardai mettendo tutta la mia forza nel colpo e intanto sentivo Roy che urlava di smetterla e chiamava James per farsi dare una mano ma io non volevo la mano di nessuno perché era una mia lotta, una mia battaglia che dovevo vincere io, lui mi guardò adesso sorridendo ma era uno strano sorriso quasi folle, io sorrisi a mia volta mettendo tutto il mio veleno nelle mie labbra per fargli capire che non scherzavo.
Mentre eravamo fermi in quella posizione non potei notare la bellezza storpiata dalla follia di Lorn, i suoi capelli erano più lisci rispetto a quelli di Roy anche se comunque mossi, i suoi occhi erano un lago nero profondo in cui una volta riuscivo a vedere la sua bellezza ma adesso c’era un muro tra me e quella strana bellezza interiore che vedevo, quella straordinaria qualità che leggevo nel nero delle acque ma adesso era solo nero, un nero illeggibile e infinito.
Decisi che era meglio farla finita e provai la mia ultima mossa disperata, feci roteare la spada contro la sua virando a destra in modo che lui non riuscisse più ad usarla, la roteai fino a che non incastrai la lama tra i riccioli della mia e il prolungamento dell’impugnatura, ora capivo a cosa serviva o almeno un suo vario utilizzo.
Una volta incastrata la sua lama alzai la mia sopra la testa fino a che lui non dovette mollare la spada e io la presi dall’impugnatura, gli tirai un calcio alle ginocchia e lui cedette a terra, gli avevo involontariamente preso un nervo, incrociai le spade e le posizionai a x sotto la sua gola in modo che se si fosse mosse si sarebbe tagliato, lui mi guardò stupito e sconvolto, sorrisi della mia strana mossa inventata al momento e dissi:
Io- Lasciatemi in pace Sir Mansen perché la prossima volta sarò più forte e più crudele!
Tolsi le spade e gli ridiedi la sua, mi allontanai sempre guardandolo, lui si alzò tremante da terra, raccolse la sua spada e se ne andò correndo, intanto sospirai di sollievo, avevo combattuto per la mia libertà e mi ero scoperta anche brava a difenderla, sapevo che era una scaramuccia quella ma l’adrenalina che avevo provato era impareggiabile, una bellissima sensazione fatta di muscoli e potenza.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Dietro di me sentii una mano ma sapevo che era la mano di Roy e davanti a me vedevo correre James, mi girai verso Roy riponendo la mia spada nel suo fodero e lo guardai sorridendo:
Roy- Siete stata magnifica!
Io- Vi ringrazio!
James- Complimenti per la vostra ultima mossa, l’avete atterrato e spaventato a morte, chissà che disonore proverà quel Lorn per essere stato battuto da una fanciulla in un incontro con le spade!
Io- Già comunque Sir Mansen mi ha interrotto dal chiedervi una cosa Roy!
Roy- Ditemi!
Io- Vedete ho notato che sulla mia spada c’è una strana parola che non conosco e volevo chiedervi che cosa fosse!
James- A questo posso rispondervi io, Lord Black non sa perché c’è quella parola comunque è di un’altra lingua, una lingua inventata e usata da una speciale setta di guerrieri!
Io- Che cosa?  E perché mai l’avreste messa sulla mia spada?
James- Perché nel vostro percorso dovrete usarla contro di loro ma io vorrei che foste accettata da questa setta, ognuno di loro sulla sua spada ha una parola in quella lingua, non fraintendetemi non è una lingua parlata nemmeno da loro, se la sono inventata solo per dare nome alle spade e per riconoscersi a vicenda!
Io- E voi come la conoscete?
James- Ho sentito una volta uno di loro pronunciare quella parola scritta sulla vostra spada e così ho pensato che fosse un buon diversivo, probabilmente esiste un altro cavaliere con quel nome!
Io- Bene così dovrò anche lottare contro questo altro Helgrind!
Roy- Non vi preoccupate ci sarò io al vostro fianco comunque anche io ho sentito parlare di questa setta, è molto segreta e si riuniscono in un posto chiamato “ La notte del giorno”!
Io- Che razza di posto è quello e come ci si arriva?
Roy- Siete ansiosa di conoscerli?
Io- No, ok per oggi basta sono stanca e ho fame!
James- Giusto la zuppa è pronta!
Rientrammo in casa e mangiammo tutti insieme, alla fine dell’ottima cena di James mi venne molto sonno e così andai in camera mia, appena entrata mi tolsi il fodero con la spada dentro e lo appesi alla sedia, poi mi tolsi tutti i vestiti e li lasciai lì sopra, avevo sempre più sonno così andai in bagno e mi misi la mia camicia da notte, mi sdraiai sul letto e osservai il muro di fronte, ero infinitamente stanca e le palpebre erano molto pesanti quindi le chiusi e poi sentii una mano accarezzarmi la guancia.
Non li riaprii, ero troppo stanca, lentamente scivolai nello stato dormiveglia e le ultime parole che sentii furono:
Roy-  Buona notte mia dolce principessina sperduta, dormi bene e fai sogni belli!
Quella notte sognai, mi ritrovai in un prato favoloso, l’erba era talmente fine e soffice da non sentirla nemmeno sotto i piedi nudi, aveva un piacevolissimo color verde non troppo scuro ma anche brillante al punto giusto da non abbagliare gli occhi, tutto intorno a me c’erano margherite di ogni colore, bianche, rosa, gialle, blu che facevano diventare il prato come una coperta ricamata, un bellissimo prato dai colori sgargianti e festosi.
Gli alberi al limitare della radura erano peschi e mostravano i bellissimi fiori rosa pallido alla luce del sole che li faceva brillare come gemme preziose, un piccolo soffio di vento e i petali dei peschi presero il volo e si posarono tutt’attorno in una danza celestiale e aggraziata piena di giri voluttuosi tanto che molti di quei petali si posarono su di me, il cielo era azzurro chiaro ma di quel strano azzurro quasi bianco che è raro da vedere senza una nuvola in cielo, nemmeno un accenno di qualche soffice nuvoletta bianca che sembrasse un cuscino.
Ogni cosa in quella specie di radura era ricoperta e avvolta dalla splendida luce del sole e della luna che per la prima e ultima volta vidi brillare l’una di fianco all’altra come se fossero fratelli e si stringessero in un abbraccio di luce pura, la luna mandava su tutto i suoi bagliori argentei dando un’aura misteriosa a ogni cosa mentre il sole colpiva le cose e le avvolgeva in una tenera coperta calda e vellutata, quasi intoccabile.
In quel momento sentii il bacio della luna sulla mia pelle e mi toccai la guancia alla ricerca di quel tocco evanescente e vellutato, quel bacio fresco di quelle labbra vellutate e fredde, alzando la mano notai che era coperta da un guanto color panna così come il vestito che portavo, non un vestito maschile come facevo da sveglia ma un vero vestito da donna e da dama quale ero, un bellissimo vestito bianco panna lungo fino ai piedi e largo quasi da farmi sembrare un callo rovesciato.
Le maniche non c’erano perché al loro posto c’erano i guanti lunghi fino a più di metà braccio e il corpetto reggeva tutto, guardai anche l’altra mano conscia che stavo tenendo qualcosa con essa e vidi un mazzo di fiori, più precisamente di margherite, margherite che provenivano da quel giardino incantato e rimasi sconcertata anche da fiocco bianco che teneva fermi i gambi dei fiori, al centro di questi troneggiava una bellissima quanto inquietante rosa nera.
Una rosa che non avevo mai visto, inquietante certo ma così misteriosa e piena di fascino esotico da incantare solo lo sguardo, lo alzai e vidi per la prima volta davanti a me la scena che dovevo vedere fin dall’inizio, Roy e Lorn che lottavano al centro della radura incantata con le spade e entrambi in abiti da cerimonia, anzi in abiti da matrimonio per essere precisi, solo allora mi resi veramente conto di ciò che accadeva, io ero la sposa e i due contendenti stavano combattendo per essere scelti.
Li vedevo ballare in quella danza mortale da cui solo uno sapevo che sarebbe uscito vivo, era una danza infernale e mi straziava il cuore vedere l’uomo che avevo amato e quello che amavo lottare così incominciai a correre verso di loro ma più mi avvicinavo più loro si allontanavano da me e dalla mia folle corsa, alla fine vidi la lama di Lorn che stava per colpire il cuore di Roy così corsi ancora più disperatamente verso di loro in un oblio di dolore non solo fisico, un dolore straziante e lacerante che mi buttava a terra ma che mi diede la forza di andare avanti.
Li raggiunsi appena in tempo per frappormi tra Roy e la lama, questa colpì il mio petto e si incastrò nel mio cuore rendendo il mio dolore lacerante un sollievo perché avevo protetto Roy, avevo protetto colui che amavo, sentii le loro voci e l’urlo di Roy lacerarmi il petto insieme a quello di Lorn, mi accasciai sulle ginocchia e mi sdraiai sulla schiena conscia che se mi fossi sdraiata sul petto la spada mi avrebbe ucciso più in fretta e non avrei potuto dire addio a Roy.
Lui mi si mise davanti e mi prese le mani, per la prima volta vidi la sofferenza sul suo volto espressa dalla curva delle meravigliose labbra rosee, dagli occhi verdi contornati di rosso e dalle lacrime che scendevano e bagnavano la sua perlacea pelle della guancia, quel viso così bello e così famigliare, un viso che mai avrei scordato, che mai avrei frapposto a altri ricordi, quel viso sarebbe sempre rimasto nei miei ricordi perché mai avrei potuto dimenticarmi di un pezzo di me stessa ma che adesso era sfigurato dal dolore, liberai una mano e gli asciugai una guancia con alcune carezze:
Io- Roy, oh mio Roy non piangere!
Roy- Mia dolce Elizabeth come posso smettere di piangere quando voi, la mia unica ragione di vita, la mia unica forza per lottare state soffrendo per il mio egoismo, come posso stare tranquillo quando l’unica cosa che mi interessa veramente sta fremendo per un dolore che non doveva provare!
Io- Oh no Roy, non prendetevela con voi stesso, sono stata io a frappormi tra voi e la lama, ora ascoltatemi perché non avrò una seconda possibilità, io volevo sposare voi, io amo voi Roy e non dimenticatevelo, io voglio voi!
Roy- Mia dolce Elizabeth anche io amo voi!
Io- Bene non volevo sentirmi dire nient’altro, ora posso andare!
Roy- No restate con me, provate ancora, troverò una soluzione!
Io- Roy, oh Roy non posso resistere ancora mi dispiace ma cuor mio devo andare!
E così i miei occhi si chiusero sul suo viso in una pioggia di lacrime di due amanti che non hanno avuto la possibilità di amarsi a pieno.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Mi sveglia in preda agli urli e alle lacrime, era stato un incubo invivibile, il dolore che avevo provato faceva ancora eco nel mio cuore, subito si precipitarono alla mia porta Roy e James che mi guardavano impauriti, Roy corse sul mio letto e si sedette di fianco a me:
Roy- Cosa è successo?
Io- Oh Roy voi siete vivo, io sono viva!
Roy- Di cosa parlate?
Io- Il mio sogno, il mio incubo!
Roy- Avete sognato la vostra morte?
Io- Peggio!
Roy- Cosa può esserci di peggio?
Io- Voi stavate piangendo, eravate disperato e io non riuscivo a sopportarlo era peggio della lama che mi trafiggeva!
Roy- Che cosa?
Io- Voi e Sir Lorn stavate lottando per sposarmi e io in abito da sposa sono corsa verso di voi ma voi vi allontanavate e Lorn vi stava per trafiggere con la spada e io soffrivo perché non volevo che vi facesse del male così mi sono frapposta tra voi e la lama e voi eravate chini su di me e piangevate, volevo consolarvi ma mi sono spenta tra le vostre lacrime, oh Roy non dovete piangere!
Lui mi prese tra le sue braccia mentre io singhiozzavo e disperatamente cercavo il suo petto per accertarmi che lui fosse vivo e che quello era stato veramente un incubo, sentivo le sue braccia sorreggermi come già avevano fatto, sentivo il suo petto senza maglia trasmettermi colore, mi accorsi che aveva indosso solo i pantaloni del pigiama ma non mi importava, sentivo i suoi pettorali fingere da cuscino e i muscoli delle sue braccia da salvagente.
Lui mi accarezzava la schiena e i capelli mormorando parole dolci al mio orecchio per tranquillizzarmi, non sentii nemmeno James uscire dalla stanza, lui continuava a sussurrare parole dolci mentre i miei singhiozzi scemavano e i miei occhi si richiudevano stanchi, tornai a veleggiare nelle profonde acque dei miei sogni ma questa volta non mi concessi di sognare forse perché la mia volontà si intrufolava anche in essi o forse perché mi svegliai pochi minuti dopo ancora tra le sue braccia.
Aprii gli occhi lentamente e alzai il viso verso di lui, Roy sorrise e io sorrisi tra le lacrime ormai asciutte sul mio viso, con un sussurro mi disse:
Roy- Era solo un incubo non c’è bisogno che vi premuriate tanto!
Io- Si avete ragione!
Lui tolse l’abbraccio e mi aiutò ad alzarmi dal letto, poi uscì dalla stanza e io mi vestii in fretta e furia, presi la spada dentro il fodero e la legai alla cinta, poi uscii mentre James serviva la colazione, mangiai lentamente e poco perché ero ancora sconvolta dal sogno, mi alzai e per la prima volta dopo tanto andai al piano e suonai tranquilla, avevo bisogno di scacciare i miei pensieri dalla mente e la musica selvaggia e pura mi faceva bene.
Le mie dita incominciarono a correre sui tasti d’avorio fameliche di quel meraviglioso suono che producevano le corde all’interno della coda maestosamente fatta e coperta da lucido legno dipinto di nero, mentre suonavo sentii un fruscio che mi sfiorava le orecchie, immediatamente smisi di suonare e guardai verso la direzione da cui proveniva il fruscio ma non vidi altro che il meraviglioso giardino, guardai davanti a me e in una colonna del meraviglioso gazebo coperto di lavanda c’era un coltello con un foglio attorcigliato attorno a mo di pergamena.
Mi alzai tremante dalla panca del piano e sfoderai la spada nel caso qualcuno avesse cercato di attaccarmi, mi avvicinai lentamente e guardandomi intorno al coltello e lo tirai via con la mano libera, lo appoggiai sulla coda del clavicembalo e molto lentamente tolsi la pergamena scritta a mano, era una calligrafia limpida e scritta a mano su un foglio senza macchie, dedussi che era una persona di grande importanza perché solitamente solo i ricchi sapevano leggere e scrivere e pochi di essi non sporcavano il foglio.
Pensai a una lettera dei miei genitori o di Lorn, non conoscevo nessun altro nobile che sapesse che io mi trovavo in quella casa perché sicuramente la mia famiglia e i Mansen non l’avevano svelato a nessuno, così incominciai a leggere la lettera:
“ Miss Elizabeth Anne Windsor Seconda, lei è stata convocata ad un raduno segreto indetto dal Concilio dei Guerrieri nel luogo chiamato da noi La notte del giorno, vi aspettiamo e vi porgiamo i nostri più caldi saluti e un incitazione nel farci mostra di voi il prima possibile.”
Mi appoggiai al clavicembalo, quella strana setta di guerrieri era venuta a sapere della mia spada, del mio nome, del mio luogo di villeggiatura e aveva mandato una lettera con una velata minaccia di presentarmi da loro, dovevo correre immediatamente nel luogo denominato “ La notte del giorno” ma dove si trovava?
Presi il coltello e corsi dentro casa, seduti al tavolo c’erano Roy e James che stavano giocando con dei strani foglietti rigidi, lanciai il coltello al centro del tavolo e loro sussultarono:
Io- Sir James dove si trova “ La notte del giorno”?
James- Ve l’ho già detto non ne ho la minima idea!
Io- Questa volta non sono disposta a credervi!

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Incominciai a camminare verso la sua camera da letto a passo svelto tra le sue urla di fermarmi, entrai e individuai la spada di James accostata alla parete dentro un meraviglioso fodero intagliato, mi avvicinai al fodero e con una mano tirai fuori la spada, come presupponevo su una parte della lama c’era incisa una parola in una lingua a me sconosciuta, mi girai verso la porta dove James si era fermato e dove Roy mi osservava stupito:
Io- Bene allora non potrete di certo spiegarmi questa parola sulla vostra lama!
Roy- Che cosa?
Io- Mi sembrava strano che voi sapeste questa lingua dato che quando mi è arrivato il coltello a poca distanza dal mio viso non ho visto nessuno, quella setta è molto brava a nascondersi e mi sembrava impossibile che anche se siete un abile combattente e un uomo molto intelligente aveste potuto sentire parlare di questa parola, quindi o voi siete uno di loro o avete rubato questa spada a uno di loro con l’inganno, a uno di loro molto stolto e gli avete estorto questa parola!
Roy- Miss voi state scherzando!
Io- Ditemi Sir James chi siete?
James- E va bene Miss, mi avete scoperto, anche io faccio parte di quella setta ma mi sono escluso perché sono diventati tutti avidi e corrotti, vi ho nascosto la mia identità perché speravo che nessuno di loro venisse a conoscenza della mia posizione, non volevo che mandassero qualcuno per chiedermi di tornare ma evidentemente la mia richiesta sull’incisione della vostra spada deve aver attirato l’attenzione di qualcuno di loro che si trovava lì vicino!
Io- Bene quindi sapreste spiegarmi il perché lo avete fatto e magari anche il significato?
James- La parola vuol dire “ I cancelli della morte”, l’ho fatto perché nella setta non ci sono molte leggende, anzi solo una che parla di una donna estremamente forte vissuta tempi orsono che sbaragliò il nemico giurato della nostra setta e voi ne siete la riproduzione più fedele anzi potreste essere voi quella donna, oh se voi aveste letto quella ballata, recitava più o meno così:
“ Dolce è la donzella che nel tempo che fu distrusse il male,
biondi capelli reca sul capo che danzano al vento arricciandosi,
con occhio svelto lei vede la preda e il nemico,
con scaltre danze lei impara a lottare e distrugge il mondo,
con rapida mossa pone fine alle torture,
il suo nome è leggenda,
la sua ombra è la paura,
Helgrind vi dico,
quello è il suo nome,
quello è l’incubo degli uomini,
quello è l’incubo del diavolo,
imparatene il suono perché sarà la più grande arma che il mondo conosca”
Io- Non è tanto bella!
James- Mi scuso per la mia orribile facoltà di recitare ma vi assicuro che l’intero poema è favoloso comunque voi siete la sua più abile incarnazione e quel nome vi stava a pennello!
Io- Non mi interessa, adesso devo trovare un modo per arrivare in quel maledetto luogo e mostrarmi a loro, ditemi dove si trova!
James- Si trova sulla sponda più a est dell’Inghilterra, è chiamata così perché è una grotta sotto a una collina che scende in profondità ed è completamente nera al suo interno, è il luogo più scuro lì dove nasce il giorno, l’inquietante punto nero lì dove la cosa più luminosa espande la sua luce!
Io- Bene ditemi l’ubicazione esatta di quella grotta e ditemi come fare ad entrare!
James- Si trova nella foce del Tamigi, nella sponda destra rispetto Londra e per entrare basta che vi mostriate, no anzi mantenete il mantello e fatevi vedere solo quando sarete al cospetto della grande tavolata e dite che vi manda Kveykva, vi faranno entrare e appena dentro mostrate la lettera con il sigillo!
Io- Bene, devo fare una sacca con le provviste, naturalmente solo pane e acqua per due giorni, non conto di metterci di più e anche un cavallo, poi mi serve una mappa e prenderò il mio mantello!
Roy- Perché un cavallo?
Io- Perché come farò ad andare fino là, non ci vado certo a piedi!
Roy- Si ma perché uno?
Io- Poi se non vi dispiace avrei bisogno di un po’ di soldi ma quelli li posso rubare oggi stesso da casa mia che poi non sarebbe un furto!
Roy- Fermatevi un attimo volete andare da sola?
Io- Certo non immischierò nessun’altro in questa faccenda!
Roy- No io verrò con voi e poi vi servirà un alleato nel caso si arrivi ad uno scontro armato!
Io- No risolverò ogni cosa civilmente, niente armi!
Roy- Come pensate di reagire se vi minacceranno con la spada allora?
Io- Reagirò con la forza solo se istigata ora Roy devo prepararmi e fareste bene a prepararvi anche voi se volete venire con me!
Uscii dalla stanza, per l’ora seguente la casa fu un trambusto enorme, James cercava di racimolare abbastanza borracce per due giorni di viaggio mentre io e Roy preparavamo pane e formaggio dando fondo a un quarto delle scorte di James, alla fine James si sedette sfinito dopo aver preparato tutto e Roy andò a sellare il suo cavallo che riposava nel retro, presi l’occasione al volo dato che Roy sarebbe voluto venire con me al mio castello ma sapevo che non l’avrebbero fatto entrare, andai da James e gli dissi:
Io- Voi non sapete dove sono, chiaro? E dite a Roy di aspettarmi qui, di non muoversi chiaro?
James- Chiaro Miss!
Uscii alla svelta dalla casa e corsi verso la stalla dove c’era Furia, il cavallo che avevo rubato alla festa del mio diciassettesimo compleanno, lo sellai velocemente e salii in groppa mandandolo subito al galoppo, era ben fresco dopo una settimana di riposo e seguì i miei ordini senza nessuna fatica, la gente finalmente mi vide, vide la principessa vestita da uomo con una spada al fianco galoppare svelta tra la folla e farsi strada.
Arrivai fino all’arco che apriva la strada per il castello dove abitavo fino a poche settimane prima, galoppai fieramente fino al cancello sussultando alcune volte credendo di essere seguita ma come mio padre aveva detto non c’erano guardie a cercarmi, arrivata al cancello Frederyk, una delle due guardie personali di mio padre mi fermò e sbarrò gli occhi:
Io- Dite a Sir Windsor che sua figlia lo vuole vedere!
Frederyk- Si Miss!
Entrò nel cancello lasciandomi passare come se niente fosse e io galoppai superandolo verso il portone di casa mia, aspettai che lui mi raggiungesse e gli diedi le redini del cavallo:
Io- Frederyk aspettatemi qui con il cavallo, sarà una questione di pochi minuti!
Frederyk- Ehm certo Miss!
Arrivata alla porta la spalancai spaventando  Isadora che stava passando di lì con uno straccio in mano, appena mi vide rimase pietrificata, mi avvicinai a lei chiudendomi la porta alle spalle, una volta di fronte a lei notai che il suo sguardo era posato sulla mia spada, attirai la sua attenzione con un colpo di tosse e lei:
Isadora- Ehm si mi scusi Miss!
Io- Isadora andate a chiamare mio padre, ditegli che sua figlia lo sta aspettando nella sala dei ricevimenti!
Isadora- Certo Miss!
La vidi correre verso l’ala opposta e io andai a destra dove sapevo che c’era una specie di piccola sala da ballo che però era diventata una sala di ricevimenti, aprii la porta e mi misi di fronte al camino dall’altra parte della stanza, lo guardai, da piccola mi era sempre piaciuto per al centro aveva un leone bellissimo che mi divertivo a guardare e immaginavo come doveva essere felice quel leone mentre correva libero, sentii la porta dietro di me e mi girai.

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Mio padre era appena entrato e mi guardava con occhi sbarrati, come Isadora focalizzò la sua attenzione sulla mia spada:
Io- Sir Windsor sono qui per chiedervi un prestito in denaro che vi risarcirò da qui entrò pochi giorni, al massimo due settimane!
Padre- Chi siete voi?
Io- Sono vostra figlia!
Padre- No, mia figlia non avrebbe mai indossato abiti maschili, mia figlia non avrebbe mai usato una spada, mia figlia non mi avrebbe chiamato Sir  Windsor!
Io- Sono vostra figlia e vi sto chiedendo un prestito in denaro, se non accetterete dovrò trovare un altro modo per avere quella somma e non posso assicurarvi che sia piacevole!
Padre- Mi state minacciando?
Io- Si!
Padre- Bene, immaginavo una richiesta del genere e ho già fatto preparare a Isadora una somma abbastanza consistente, potete ridarmela totalmente entro un mese dopo scatteranno le guardie e verranno a estorcerveli con la forza!
Io- Oh su via Sir Windsor non sareste mai capace di mandare due guardie a prendermi con la forza dei soldi!
Padre- Chi ve lo assicura?
Io- Ma certamente io, so benissimo che non avete il coraggio delle cose che dite al contrario mio!
Padre- Non posso permettervi di minacciarmi, siete venuta in casa mia creando scompiglio, mi avete minacciato e ora mi insultate pure, non sopporterò altro, il sacchetto di monete è già al vostro cavallo potete andare!
Io- Bene quindi alla prossima!
Uscii dalla sala sotto gli occhi severi di mio padre, fuori dalla porta c’era Isadora con al fianco mia madre che mi guardò sconsolata, fu la prima in quella casa che mi guardò in faccia e non la spada, mi dispiacque non poterla salutare perché sembrava l’unica a capirmi, uscita dalla casa andai al cavallo ci salii e presi il sacchetto di monete da Frederyk, senza dire niente mi allontanai galoppando.
Da lì per due giorni interi fu solo una lunga galoppata, non ci fermavamo mai tranne che per mangiare alla sera e per dormire, ogni volta sempre prima di andare a letto ci allenavamo con la spada, i miei miglioramenti erano molto evidenti e non si potevano mettere in dubbio, stavo diventando una buona combattente, ogni secondo che ci avvicinavamo alla foce del Tamigi mi sembrava di avvicinarmi verso a qualcosa di strano, a una strana sensazione.
Forse ero veramente una discendente di quella donna, forse ero davvero destinata a fare qualcosa di grande o forse ero solo una principessina montata che si credeva chissà chi ma che in realtà era capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato che aveva fatto scelte sbagliate e che si stava complicando la vita inutilmente perché alla fine sarebbe tornata al suo castello imprecando il perdono dei genitori.
Non sapevo quello che avrei fatto, cosa mi riserbava il futuro ma per adesso sapevo che dovevo andare a conoscere quei signori, il pomeriggio del secondo giorno vedemmo il mare e la foce, corremmo come all’impazzata verso di esso, arrivati a metà strada vidi una collina, fermai il cavallo e Roy si fermò di fianco a me:
Io- Roy è quella la collina?
Roy- Non lo so però possiamo andare a vedere!
Io- Tu pensi che ti permetteranno di venire con me dentro?
Roy- No ma tu intanto copriti e cerca la lettera!
Mi coprii immediatamente con il mantello e presi la lettera che tenni nella mano, guardai nuovamente la collina e vidi una persona saltare fuori all’improvviso e poi nascondersi di nuovo, era il loro modo per dirmi di andare, lo sapevo che nessuno di loro era così incosciente da saltare fuori in quel modo, spronai il cavallo al galoppo e arrivai davanti alla collina, non vedevo niente tranne che verde e verde.
Sentii gli zoccoli dietro di me e capii che Roy mi stava seguendo, scesi da cavallo e andai ai piedi della collina, il cavallo mi seguii e io gli presi le redini, arrivata ai piedi della collina notai una strana calma, il vento che sapevo essere solito soffiare vicino al mare era completamente assente e lì il sole non riusciva ad arrivare, sentii una mano prendermi la spalla e mi girai velocemente.
Dietro di me c’era un uomo sui trent’anni che mi osservava con il sorriso sulle labbra, non mi tolsi il cappuccio e restai in attesa mentre Roy dietro di me si fermava:
Uomo- Oh voi dovete essere Lord Black e voi la ragazza!
Roy- Si ma voi chi siete?
Uomo- Colui che ha portato il messaggio, l’unico che ha visto in faccia la nostra unica eroina, uno dei membri della setta!
Io- Potete svelarmi il vostro nome Sir?
Uomo- Chiamatemi Yak ten!
Io- Cioè?
Yak ten- Tempesta!

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Gli ridiedi la lettera e lui mi accompagnò a metà collina, lì diede un calcio forte al terreno e una botola con delle scale si aprì, ne capii il vantaggio immediatamente, se uno fosse passato lì sopra non avrebbe mai intuito la botola ma loro da sotto potevano sentire i passi, scesi le scale e mi bastò sentire il silenzio per capire che Yak ten e Roy erano rimasti fuori, scesi sempre di più le scale fino a che non finirono e a tentoni trovai un corridoio, lo percorsi stando attenta a non scivolare perché il terreno sotto gli stivali da capitano era molto bagnato e scivoloso.
Dopo molti passi vidi una luce alla fine del lungo corridoio, arrivata al varco sapevo che dovevo oltrepassarlo senza indugi, fu quello che feci e mi ritrovai in una stanza ampia con delle candele appese alle pareti di legno che rivestivano il terreno, sotto i piedi non c’era più il terreno scivoloso ma solide assi di legno, guardai davanti a me sempre nell’ombra del mio cappuccio, al centro della stanza c’era una tavola rotonda con attorno dieci sedie e un trono vuoto.
Sia le sedie che il tavolo erano in legno, l’unico oggetto veramente vistoso era il trono, completamente lavorato in oro con i cuscini rosso porpora e ben puliti, un trono degno di un re, mi avvicinai al tavolo sotto lo sguardo dei presenti che cercavano di vedermi, subito uno di loro, un uomo sue ventisei anni parlò:
Uomo- Quindi tu saresti Helgrind?
Io- Così mi è stato fatto credere!
Uomo- Che voce graziosa Miss, da chi vi è stato fatto credere se posso saperlo!
Io- Da Kveykva!
Uomo- Quindi voi lo conoscete!
Io- Si è un mio caro amico!
Uomo- Bene mostratevi a noi dunque!
Mi tolsi il mantello con una rapida mossa della mano e lo feci scivolare su una sedia libera li vicino a me, tutti posarono i loro occhi su di me come se fossi di un altro mondo, come se non dovessi essere reale, come se fossi solo una leggenda perduta che raccontava di tempi andati, come se fossi Helgrind ma quella originale:
Io- Dunque?
Uomo- Voi siete così simile alla vera Helgrind che stimo chiunque a contraddire il fatto che James non sia caduto nel tranello!
Voce- Ma non saprà certo lottare, James non avrebbe mai insegnato a una donna a combattere, quei vestiti saranno decorativi!
Io- Duellate con me allora!
Voce- Voi siete una donna e anche di una nobile casata a quanto mi diceva Yak ten, non si combatte contro una principessa!
Io- Quindi rifiutate?
Voce- No!
L’uomo si alzò dalla sedia e sfoderò la sua spada mentre gli altri spostavano il tavolo e le sedie per darci maggior spazio, mio tirai fuori la mia spada e attaccai per prima, lui fu preso alla sprovvista e indietreggiò sbattendo la schiena contro il tavolo, subito sul volto si dipinse una smorfia di scherno e di cattiveria, lui fece molto sul serio, cercò di farmi male, di colpirmi ma io ero diventata brava a parare.
Gli parai molte mosse anche dietro la schiena piegando la spada, dopo molti colpi, molti attacchi e molte parate decisi di farla finita, lui era stanco dai troppi attacchi, io ero ancora fresca perché non avevo fatto che parare, decisi di usare la stessa mossa che avevo usato con Lorn, incrociammo le spade in un suo tentativo di attaccò e io feci roteare la mia fino a che non incastrai la lama poi la tirai indietro e presi la sua spada con una mano, gli diedi un calcio ai polpacci e lui cadde in ginocchio.
Incrociai le spade attorno al suo collo e lui rimase atterrito e pieno di vergogna per lo smacco, nella sala tutti si misero a ridere, gli lasciai la sua spada, quella mossa già una volta mi aveva salvata e adesso ancora, dovevo ricordarmela perché in futuro mi sarebbe servita:
Uomo- Assolutamente incredibile, James vi ha allenato anche con la spada e siete molto abile complimenti, siete perfetta, avete lo stesso aspetto, lo stesso portamento, la stessa fierezza, la stessa tecnica di combattimento e la stessa bravura, no, non è un tranello quello in cui si è imbattuto James ma è la vera Helgrind!
Io- Spero che almeno ora abbiate la decenza di spiegarmi il  motivo della vostra convocazione  e fareste entrare il mio amico?
Uomo- Certo, sono già qua!
Mi girai verso l’apertura e subito entrarono Roy e Yak ten, Roy mi si affiancò appena mi vide e l’altro si mise nella sedia vuota gettando a terra il mio mantello, venne immediatamente ammonito da uno degli altri e lo riprese appoggiandolo sul tavolo:
Yak ten- Quindi questa ragazzina è la vera Helgrind?
Uomo- Si ed è venuto il momento delle spiegazioni, vedete siamo venuti a sapere che James aveva mandato l’ordine di fabbricare una spada con sopra scritto il vostro nome, noi non eravamo minimamente al corrente di voi così abbiamo mandato Yak ten a perlustrare, quando è tornato ci ha riferito di aver avuto una visione, la visione di una bellissima ragazza dai biondi capelli boccolosi in abito da uomo e con lo stesso sguardo glaciale e determinato di Helgrind, ci disse dei vostri occhi sorprendentemente viola e della vostra bravura crescente nelle armi, delle vostre piccole lotte apprese dalla gente e noi rimanemmo sopraffatti da questo racconto ma non ci credevamo, dovevamo controllare con i nostri occhi e così gli dicemmo cosa fare!
Io- Ma perché assomiglio a lei?
Uomo- Per pura casualità io temo ma questa casualità credo sia molto azzeccata, siete la sua degna erede, la degna erede dei suoi successi!
Io- Cosa volete da me adesso? Non vi aspetterete certo che io combatta i vostri mali?
Uomo- No di certo, noi vi istruiremo nella nobile arte della guerra, nella difesa, nella medicina delle piante, in tutto ciò che vi sarà utile, lasciateci un anno del vostro tempo e noi vi trasformeremo in una combattente!
Io- Voi pensate sul serio che io rimarrei qui? Sono appena arrivata e ho già battuto uno di voi, l’arte della guerra può insegnarmela il qui presente Lord Black e la medicina può insegnarmela Sir James, cosa ne guadagno a stare qui?
Uomo- Assolutamente niente tranne il fatto che potrete confrontarvi con diversi avversari e che abiterete in una reggia!
Io- Della reggia posso benissimo farne a meno e anche dello scontro con altri avversari!
Uomo- Si vede che siete giovane, nuovi avversari nuove tecniche, pensateci almeno!
In effetti la proposta era sensata a me non ne sarebbe venuto niente perché tanto la mia vita cambiava di poco ma sicuramente era un’offerta da non poter rifiutare, nuovi avversari significava sempre nuove sfide e magari con loro sarei stata capace di compiere imprese su commissione di quanto potessi far da sola.
D’altro canto però c’era il fatto che avrei abbandonato tutto senza salutare nessuno ma in fondo io ero già scappata, non ero più nel mio paesino e anche se non avevo salutato nessuno sapevo che James avrebbe capito la mia scelta perché un tempo anche lui era stato forviato dalla medesima, sapevo anche se se fossi tornata per salutarlo i miei genitori mi avrebbero impedito di allontanarmi di nuovo in ogni modo, mi avrebbero scatenato contro tutti.
Però c’era Roy che di certo non voleva stare alle dipendenze di nessuno, se fossi rimasta lui se ne sarebbe andato e io non volevo perché senza lui mi sentivo senza una parte di me, lo guardai e lui sul volto aveva una maschera di severità e freddezza eco della mia, stando così a contatto con il mondo avevo imparato a tenere le mie preoccupazioni dentro di me e a non mostrarle agli altri perché erano una possibile arma contro di me:
Io- Lord Black potrà essere il mio insegnante sempre che Lord Black lo voglia!
Roy- Sarà un vero piacere!
Uomo- Bene allora che ne dite di andare alla mia reggia? Vorrei avvertirvi che nella mia reggia io sono chiamato Sir West quindi vi pregherei di chiamarmi così!
Io- Ovviamente e io pregherei voi di chiamarmi Miss Elizabeth e mai con il mio nome completo!
West- Per quale motivo se posso chiedervelo Miss?
Io- Perché le mie posizioni devono rimanere ignote a coloro che mi conoscono come la principessa Elizabeth Anne Windsor Seconda!

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Insieme uscimmo da quella caverna e molto lentamente ci ritrovammo sulla collina verde, qualcuno dietro di noi chiuse la grotta e nascose il lucchetto con un mucchio ben posizionato di erba verde, senza mai allontanarsi da me, Roy mi camminava dietro, io mi ero messa il mantello ma non mi ero coperta il viso, era in bella mostra in quello strano punto isolato dove il vento non soffiava.
Andai al mio cavallo e salii, tutti presero i loro cavalli e salirono pronti a partire per le loro regge, molto probabilmente si riunivano solo in caso necessità così tutti si salutarono premurandosi di un nuovo incontro, io seguii Sir West e Roy che cavalcavano davanti a me, fu un giorno di cavalcata verso un paesino non molto lontano, durante il tragitto Roy si era accostato a me e mi aveva sussurrato:
Roy- Presta molta attenzione alle tue scelte!
Io- Perché?
Roy- Fidati che questi sono uomini corrotti!
Io- Li conosci?
Roy- Si, ho aiutato un paio di loro una volta e gli altri li avevo già visti per riscuotere il denaro da quel paio!
Da quel momento non riuscimmo più a parlare perché Sir West aveva velocizzato il passo, fu una folle corsa verso una meta ignota, intanto il paesaggio cambiava attorno a noi, diventava sempre più verde e sempre più pieno di strani alberi e di fiori campagnoli, stava diventando un paesaggio selvaggio, i fini abeti erano stati declassati e al loro posto c’erano strani alberi che potevano assomigliare agli abeti come foglie ma non come forma, erano contorti e non alti ma più schiacciati.
Il verde squallido del prato della collina, quel verde così macchiato dai detriti aerei che portava il vento dal mare era diventato un verde smeraldo, uno di quei verdi chiari ma poco brillanti e l’erba si stava facendo alta tanto che gli zoccoli del cavallo non si vedevano più, capii che Sir West stava prendendo una sorta di scorciatoia, forse anche gli altri facevano così, quel pensiero che avevo fatto sembrava più che altro una tattica, molto probabilmente tutti i membri della setta abitavano abbastanza vicino ma non troppo così avevano creato delle scorciatoie in modo che la distanza dalla grotta a ognuna delle case era di poco più o meno di un giorno.
Un ottimo piano che permetteva di sapere l’arrivo di tutti loro con estrema precisione e che garantiva un intervento abbastanza tempestivo nel caso che la grotta fosse stata scoperta e quindi ci fosse stato il bisogno di un attacco per eliminare l’intruso, era strano ma molti dei meccanismi della setta mi stavano diventando facili da indovinare, forse era proprio così che doveva essere perché una volta entrata nella grotta e una volta parlato con loro diventava abbastanza semplice indovinare il resto.
Ci inoltrammo con i cavalli in una specie di foresta, era molto difficile da cavalcare lì in mezzo ma non impossibile, alcuni rami troppo ingombranti erano stati tolti già la prima volta, alcune radici fuoriuscenti erano state lasciate per sfavorire il passaggio a piedi e su un asino, era un percorso fatto ad arte,  non mi stupiva il fatto che se ce ne erano alcune trappole fossero nascoste sotto l’erba alta o tra gli alberi.
Finalmente dopo ore estenuanti di cavalcata tra quella foresta vedemmo un villaggio, tutti aumentarono il passo velocemente e ben presto ci ritrovammo alle porte, era un villaggio molto diverso da quello che mi aspettavo, le case di legno erano molto ben lavorate e intagliate in molti punti, le strade non erano state diserbate ma l’erba cresceva ancora anche se ben tagliata in modo che non desse fastidio ai carri e alle signore con le gonne alte, in quel momento trovai opportuno mettermi il cappuccio del mantello per coprire la mia identità.
Camminammo in mezzo a quella specie d vialone principale del villaggio non troppo grande, forse come il mio anche se era molto diverso, le donne lì vestivano come le nostre così come gli uomini, le taverne e le locande c’erano anch’esse ma questo villaggio aveva un aria così esotica, così diversa, forse era l’erba o forse le case intagliate ma mi dava l’idea di un villaggio molto esotico e inebriante.
Quella sensazione fu immediatamente spazzata via alla vista dell’enorme cancello che si trovava alla fine della via, un bellissimo cancello pieno di ghirigori e con uno stemma in oro in alto, nello stemma era rappresentato un fiore strano ricoperto da una corona di spine, uno stemma inquietante se non fosse stato per l’oro, a un segnale di Sir West e i cancelli si aprirono per farci passare.
Dentro era ancora più bello, c’era un enorme vialone  affiancato da un prato enorme che faceva l’intero giro della casa e poi andava a toccare l’altra sponda del vialone, sulle mura interne c’erano arrampicanti che ne coprivano ogni minima mattonella o qualsiasi cosa fosse, marmo, non si sapeva perché le piante lo coprivano, sparsi qua e là c’erano bellissimi abeti alti e verdi, su tutto il prato c’erano margherite e altri fiori bellissimi che non riconoscevo perché erano troppo lontane da me, sembrava il giardino di James ma forse mi sbagliavo.
Percorremmo tutto quanto il vialone tranquillamente mentre i giardinieri cercavano disperatamente di vedere il mio volto coperto dal mantello nero, una volta arrivati al portone scendemmo dai cavalli e Sir West li diede a uno stalliere che si era appostato lì in nostra attesa. Sir West ci fece segno di procedere e noi salimmo le scale dietro di lui, io sempre senza togliermi il cappuccio, una volta dentro e una volta chiuso il portone mi tolsi il cappuccio ed esaminai la casa.
Era completamente rivestita dal marmo bianco, le pareti erano anch’esse in marmo e piene di dipinti di donne e uomini di ogni età, bambine che tenevano la mano della madre, bambini in piedi di fianco ad anziani, ero tutti magnifici, talmente dipinti bene da sembrare reali, una serva venne a distogliermi lo sguardo dai dipinti e reclamò il mio mantello, appena lo tolsi questa rimase senza parole, mi osservò in tutta la mia statura e si soffermò come molti sulla mia spada, dovette intervenire Sir West:
West- Bene Miledi potete portare il mantello nella stanza all’ultimo piano, prendete anche il mantello di Lord Black e mettetelo nella stanza di fianco alla mia!
Serva- Ehm si sarà fatto!
Prese anche il mantello di Roy e fece quello che le era stato ordinato, non capivo il perché Roy fosse stato così spostato rispetto a me ma poco mi importava, potevamo vederci in altri modi, Sir West ci fece fare il giro di tutta la sua reggia e ne rimasi impressionata, era piena di stanza, biblioteche molto rifornite, sala della musica con più strumenti tra i quali un favoloso clavicembalo bianco a coda intagliato e con i bordi orlati di argento.
Notai che ogni stanza era strutturalmente costruita alla perfezione come ogni cosa, una volta finito il giro andammo nel giardino sul retro, fu uno shock perché al contrario della casa il giardino era un campo di battaglia, c’erano fantocci in legno sparsi qua e là completamente o solo in parte distrutti dai ripetuti colpi di lame, l’erba non aveva lo stesso colore del giardino davanti ma aveva un macabro color marrone scuro come di sangue rappreso segno che il quel luogo si erano svolte molte battaglie.
Mi fermai davanti a quello scempio, come si poteva trasformare la natura in una cosa così orribile? Lì gli arrampicanti erano stati stracciati e buttati a terra lasciandoli morire e diventare secchi, i fiori o erano appassiti o coperti di una strana sostanza fangosa dello stesso colore dell’erba, sangue rappreso, era uno scempio ma a quanto pareva Sir West andava molto fiero del suo giardino massacrato:
West- Vi piace?
Io- No!
West- Si lo so, devo far preparare nuovi  fantocci per i vostri allenamenti ma vedete il vostro….
Io- Non intendevo affatto questo!
West- E allora cosa?
Mi avvicinai a uno dei fiori e tolsi un po’ di quella sostanza appiccicosa dai petali mostrando quanto fosse bello quel suo colore bianco, solo dopo mi accorsi che quella era una rosa bianca:
Io- Intendevo questo, come fate a coprire la bellezza della natura con il sangue e poi vantarvene?
West- Mi dispiace ma questo è un campo di addestramento non c’è tempo per pulirlo!
Io- Bhe allora io non combatterò contro nessuno su questo terreno, non voglio comprometterlo ancora di più!
West- Siete proprio Helgrind, si racconta che anche lei amava la natura e voi ne siete l’esempio, bene vorrà dire che farò passare il mio giardiniere e il mio armaiolo per i fantocci!
Mi girai e tornai dentro quella casa, come poteva quell’uomo permettere che una così più bella cosa fosse coperta da un liquido così vile come il sangue? Come poteva permettere che quei colori sfavillanti rimanessero celati agli occhi di chi ammirava la sua reggia?
Tornata dentro venni avvolta dallo sguardo stupito di una serva, la guardai di sottecchi e poi le dissi:
Io- Sapete indicarmi le mie stanze?
Serva- Naturalmente seguitemi!
La serva mi portò su per una scala in marmo bianco finemente levigato, mi portò fino al terzo piano e ultimo e poi mi portò davanti a una porta in legno massiccio, la aprì e io entrai chiudendomi la porta alle spalle, volevo cinque minuti da femmina, volevo cinque minuti da Elizabeth, mi tolsi la spada dalla cintura e la appoggiai nel divanetto color porpora in fondo al letto a baldacchino bianco con un mondo di cuscini di pizzo rosato.

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Mi tolsi anche il gilet protettivo e lo lasciai lì vicino alla spada, avevo bisogno di stare da sola, mi sedetti sul letto bianco e mi sdraiai per il largo, pensai, pensai tanto e a molte cose, avevo abbandonato Lorn senza salutarlo così come i miei genitori, sapevo che nessuno di loro si meritava una mia maleducazione così grande, sapevo che ero stata scortese nei loro confronti e dovevo rimediare, in fondo alla stanza, sotto uno specchio enorme e incorniciato da mille ghirigori oro c’era una scrivania con lettere e calamaio, mi sedetti immediatamente e scrissi tre lettere, la prima era per James:
“ Caro Sir James o Kveykva,
mi dispiace di essere andata via così ma penso che voi capirete, sono al sicuro a casa di un certo Sir West in un meraviglioso paese completamente selvaggio ed esotico, mi piace qui anche se ci sono da un giorno, vi ringrazio per avermi istruita, per la vostra pazienza e per i vostri consigli, non dimentico anche la vostra splendida accoglienza, un giorno vi ripagherò di ogni cosa ma so già adesso che non sarà mai abbastanza, a presto Elizabeth “
Erano lettere corte e questa era solo la prima, la seconda la mandai a Lorn:
“ Mio caro Lorn,
vorrei scusarmi per i miei comportamenti con voi, vorrei implorare il vostro perdono ma so che non l’avrò mai, non posso dirvi dove sono adesso e non posso nemmeno salutarvi se non con fredde parole scritte su un pezzo di carta ma volevo comunque che voi aveste i miei saluti e le mie scuse personali, un giorno tornerò, non presto ma tornerò e spero di trovarmi maritato e con figli maschi ma per adesso questo è tutto ciò che posso, arrivederci Elizabeth”
L’ultima ma non per importanza era indirizzata a mio padre:
“ Caro padre,
so che non mi sono comportata bene con voi, so di avervi deluso e so che a voi interessa del vostro onore ferito e della vostra credibilità intaccata ma vorrei farvi sapere che sto bene e che non tornerò a casa presto, non cercatemi al villaggio perché non ci sono, sono partita per la mia avventura e so che voi non la comprendete, so che voi siete legato alle tradizioni e alle comodità della vostra reggia ma tutto ciò non fa per me, non è di sicuro il futuro che voi avete progettato per me ma se mi è possibile voglio scegliere da sola ciò che sarà per me, il dolore che ho procurato alla madre è impareggiabile e so di averla delusa ma ditele che non deve preoccuparsi perché sua figlia sta bene e voi riacquisterete la vostra credibilità non temete, farò tutto ciò che è in mio potere per divenire qualcuno da appendere alla parete di casa, per essere una persona con credibilità a prescindere da dove venga, per essere una figlia migliore nelle mie scelte e per donare credibilità alla casata dei Windsor da sola, questo è tutto ciò che posso, arrivederci Elizabeth Anne Windsor Seconda”
Questa volta firmai con il mio intero nome solo per dare enfasi alle parole, sapevo che mio padre avrebbe stracciato la lettera e sapevo anche che tutti ne sarebbero rimasti feriti in modi diversi ma feriti, mi alzai e chiusi le tre lettere in tre buste differenti, su tutte e tre misi i nomi dei destinatari e poi le appoggiai lì sopra, sentii delle mani prendermi le spalle e mi girai per trovarmi immersa in un prato vedere, Roy era dietro di me:
Roy- Cosa sono?
Io- Lettere per Sir James, Lorn e i miei genitori!
Roy- Mi dispiace per i vostri guai, se ci fosse un modo per alleviare anche di un poco la vostra sofferenza lo adotterei!
Io- Un modo ci sarebbe!
Avvicinai il mio volto al suo e lo baciai come non avevo mai fatto, sentii la sorpresa e il sorriso plasmarsi velocemente sul suo viso e poi rispose al mio bacio così intensamente che non sentii nemmeno più la terra sotto i piedi, mi lasciai andare alle sue braccia che improvvisamente erano dappertutto e sentii le lenzuola morbide del letto sulla mia schiena, non capii perché erano lì ma poco me ne importava, sentii la mano di Roy toccarmi la camicia e slacciare il primo bottone sotto il mio collo.
Non riuscivo a fermarlo perché ero completamente sorpresa dalle sue mosse, slacciò lentamente un altro bottone della camicia e io rabbrividii per il piacere, era una sensazione totalmente nuova e meravigliosa, una sensazione strana comunque perché non l’avevo mai provata, Roy slacciò il resto dei bottoni velocemente e ben presto mi ritrovai senza maglia con solo il corpetto che copriva la mia intimità.
Senza accorgermene lui mi aveva tolto anche il corpetto e lui si era tolto la maglia, eravamo tutti e due a petto nudo, era una cosa strana, nuova e sensazionale perché sentivo i suoi pettorali premuti contro di me e mi donava una sensazione di assoluto piacere, la mia fortuna fu che ormai era sera e che avevamo tutta la notte.
La mattina seguente mi svegliai con un braccio attorno alla mia vita e come cuscino dei pettorali scolpiti, aprii gli occhi e osservai il miracolo sotto di me:
Roy- Buongiorno Miss!
Io- Bu….buongiorno!
Roy- Spero che perdonerete la mia sfacciataggine di ieri sera, non ve l’ho nemmeno chiesto!
Io- Direi che ormai è troppo tardi per chiedere e comunque ero consenziente, non c’è niente da scusare!
Improvvisamente tutti i ricordi della notte precedente mi vennero alla mente, la sua passione, la mia voglia di stringerlo sempre più forte, quei sospiri affannosi che si mischiavano come se fosse uno solo, la sua calda pelle sulla mia e le sue labbra impetuose sulle mie e sul mio corpo mentre ne baciavano ogni centimetro:
Roy- Perché siete arrossita?
Io- Bhe sapete sono stata deflorata questa notte e ricordare quei momenti è strano per me!
Roy- Spero che non siano ricordi dolorosi!
Io- Per niente, sono pieni di piacere  e novità, stupore e bellezza!
Lo guardai in viso felice che ci fosse lui al mio fianco, che fosse lui la persona con cui avrei passato le migliori avventure, non sapevo il perché di quei pensieri ma mi piacevano e volevo continuare a sognare che un giorno forse io e Roy ci saremmo veramente uniti ufficialmente e non nei nostri sogni, arrossi violentemente al pensiero di me in un vero abito bianco con lui al mio fianco con un vero abito da cerimonia ma era la visione migliore del mondo.

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Mi alzai dal letto di malavoglia, andai in bagno e per la prima volta dopo tre giorni estenuanti feci un gran bel bagno con schiuma e oli profumanti, mi lavai e lasciai che l’acqua facesse scivolare via le mie preoccupazioni e le mie paure che in quel momento erano ben poche in confronto alle gioie, quando uscii mi asciugai completamente e pettinai i capelli che divennero boccolosi come poche volte.
Uscii ancora in asciugamano e notai che Roy era già vestito e pulito, probabilmente lui ci aveva messo meno ed era andato nel bagno della sua stanza per poi risalire, mi vestii velocemente con i miei soliti abiti, sapevo che quel giorno mi sarei dovuta allenare e sapevo che dovevo essere comoda e pronta, una volta vestita scendemmo insieme e andammo nell’enorme sala da pranzo, mentre entravo venni investita dal buonissimo odore di marmellata, scoprii che era quello il nome della cosa appiccicosa al sapore di frutta e pane caldo  condito dal dolce aroma del latte appena munto, ancora con quel sapore fresco e puro.
Una volta seduta mangiammo molto lentamente e Sir West che era già seduto capotavola indisse una conversazione mattutina piuttosto strana:
West- Buongiorno miei cari ospiti, questa notte non vi ho visto nelle vostre stanze Lord Black!
Roy- Oh bè vedete avevo voglia di una passeggiata al chiaro di luna e non ho guardato l’orario!
West- Per me avevate voglia di altro e posso capirvi ma non dovete distrarre così la mia allieva, comunque mia cara Helgrind da oggi incomincia il vostro allenamento, prima di cominciare c’è qualcosa di cui vorreste farmi presente?
Io- Si Sir vorrei che voi mi chiamaste una serva, ho un compito da farle svolgere!
West-Arriva proprio adesso!
Con uno schiocco molto sonoro delle dita una serva entrò da una porta laterale a quella meravigliosa sala da pranzo dalle finestre enormi incorniciate in soffici tende color porpora e dal pavimento in marmo bianco come il resto della casa, le pareti erano piene di arazzi colorati e sgargianti che donavano alla stanza uno strano odore di polvere:
West- Prego potete dire a lei!
Io- Bene Miledi nelle mie stanze ci sono tre lettere che vorrei far recapitare al mio paese sareste così gentile da farle recapitare?
Serva- Ovvio Miss!
La serva uscì e io ricominciai a mangiare, sentii però molti occhi guardarmi così alzai lo sguardo dal mio piatto e osservai i visi di Roy e Sir West:
Io- Scusate la mia impudenza ma cosa avete da guardare?
West- Come mai siete stata così gentile con quella serva?
Io- Perché so cosa vuol dire essere una serva e sentirsi umiliate!
Roy- Voi eravate una serva?
Io- Miei cari ingenui quando sono scappata dal mio palazzo dovevo pur vedere Sir Mansen in una qualche maniera e quella era l’unica possibile per mia sfortuna sono dovuta scappare perché sono stata riconosciuta e poi tornare perché avevo messo nei guai una serva ma alla fine è andato tutto a posto!
West- Questa mi è nuova, sareste così premurosa da raccontarmi questo strano aneddoto?
Io- Non c’è molto da raccontare ma sarò felice di farlo, ero scappata da un giorno da casa e avevo fame così presi due piccioni con una fava e andai verso il castello dei Mansen, sulla strada incontrai due guardie di mio padre che mi cercavano ma comunque le imbrogliai fingendomi una serva e dicendo loro che non potevo scoprire il mio volto per una violenta allergia alla luce solare, loro ci cedettero e mi lasciarono passare, io come garanzia che ero una serva gli feci vedere un lembo del mio vestito, era ovvio che essendo io una principessa non mi sarei mai piegata a vestire abiti servili, arrivata al castello Mansen entrai da un cancello sul retro della tenuta per non essere vista e mi ritrovai nell’entrata delle serve, lì una serva di nome Lare mi accolse calorosamente e mi insegnò come fare, mi affiancò per quei pochi minuti che rimasi e mi portò nella sala da pranzo mentre tenevo il cestino del pane, io essendo affamata presi una pagnotta solo che incontrai Sir Lorn, il figlio e mia vecchia fiamma, lui mi riconobbe ma si lasciò sfuggire un Miss di troppo, Lare mi scoprì e così dovetti scappare, all’ora di pranzo mentre mangiavo la mia pagnotta incominciai a pensare a Lare che probabilmente era stata accusata di aver rubato il pane così presi il cavallo e tornai al castello, entrai di nuovo dall’entrata delle serve e passando dalla cucina la vidi vuota, cosa comprensibile dato che probabilmente tutte le serve erano state chiamate per sapere la loro versione dei fatti, così era stato ma quelle erano troppo stupide per dire che c’era stata un’intrusa e Lare venne incolpata, per sua fortuna arrivai nel momento giusto e mostrai il resto della pagnotta ormai divorata, Sir Mansen mi riconobbe e io scappai, non so cosa è successo alla serva ma di sicuro non è stata incolpata per aver rubato del pane!
Sir West e Roy rimasero in silenzio meditando sulle mie parole, in volto avevano la stessa maschera di stupore, di reverenza nei miei confronti ma non ne capivo il perché, alla fine decisi che dovevo capire cosa pensavano:
Io- Se non sono indiscrete mi direste cosa state pensando?
West- Che voi siete una strana principessa ma non nel male, dovrei farvi i complimenti ma sono senza parole!
Roy- Non credevo minimamente che voi aveste amato Sir Lorn a tal punto da rischiare la vostra incolumità scappando e poi rischiando la vostra libertà per vederlo, siete una persona stupenda, siete magnifica, penso che ho fatto bene a portavi via da lui in un certo senso!
Io- Perché dite questo?
Roy- Perché sono orgoglioso di voi, siete una principessa onesta e generosa, non fate incolpare dei vostri crimini se così si possono chiamare una umile serva senza futuro, siete strana al tempo stesso perché nessuna principessa rinuncerebbe mai al suo posto nella società per i suoi ideali o per amore, si sentirebbe minacciata ed essendo egoista non avrebbe mai fatto un gesto del genere, da un lato però mi rammarico di avervi sottratto a Sir Lorn perché voi vi amavate e poi siete scappata per lui non per me!
Io- Sono scappata per lui perché era l’unico uomo oltre mio padre che avessi mai visto, non potevo ancora conoscere gli altri e lui rappresentava il mio faro di speranza, la mia salvezza, non c’è altro motivo, quando ho conosciuto voi mi sono veramente interessata a qualcuno perché voi siete uno sbruffone, uno che sa cosa vuole e non il primo ragazzo che vedevo, ho scelto di scomparire dalla vita di Sir Lorn perché non volevo farne parte, ho scelto di continuare la mia avventura con voi perché vedo in voi il mio futuro, non in Lorn e per adesso in nessun altro uomo!
Roy- Per adesso?
Io- Sir non penserete mica che io resti legata a voi per sempre, dovrò prima o poi fare esperienze!
Roy- Che cosa? Voi siete mia e di nessun altro, mai vi farò conoscere un altro uomo che non sia stato approvato da me come improbabile avversario!
Io- Lord Black io stavo scherzando, non desidero nessun altro uomo che voi!
West- Scusate la mia intrusione ma Lord Black qual è il vostro vero nome?
Io- Roy!
West- Non mi sembra un brutto nome ma perché non lo usate?
Roy- Perché volevo un nome da temere, oscuro, che potesse intimare il terrore negli occhi di chi lo sentiva, Roy è il mio vero nome ma devo tenere celata la mia identità!
Io- Approposito Roy ora dobbiamo allenarci!
Da quel momento per parecchio tempo fu solo allenamento, non uscivo mai, non andavo mai ai balli, non tornai mai più al mio paese, circa un mese dopo che ebbi inviato le lettere ne ricevetti un’altra da Lorn che diceva:
“ Cara Elizabeth,
non so dove voi siate, tramite Sir James sono riuscito ad inviarvi questa lettera quindi non so quando questa vi arriverà ma voglio che sappiate che voi siete già stata perdonata, è Lord Black che ha tutte le colpe, voi siete solo sotto l’effetto dei suoi strani poteri da uomo, voi sarete sempre nel mio cuore come la dolce e bellissima Elizabeth in abito da sera alla sua corte che balla e incanta con le sue parole ogni presente maschio o femmina  che sia, voi sarete sempre la bellissima principessa per me, non voglio ricordarvi come la ragazza che imparò ad usare la spada e che aggredì al ballo suo padre, combatté venti uomini con un coltellino e che si vestì da uomo perché so che voi non siete quella donna, so che voi un giorno tornerete da me e quel giorno so che sarà presto, ci si stufa in fretta della vita selvaggia e delle battaglie, so che voi vi stuferete di tutto ciò e tornerete da me lasciando quel vile mercenario e quando tornerete mi troverete pronto al matrimonio con voi e ad avere figli con voi perché so che lo desiderata anche voi, in attesa del vostro ritorno vi porgo i miei saluti e il mio più illustre amore Lorn Mansen”
Io andai in escandescenza, non potevo capire il perché delle parole, forse erano parole di un uomo ferito e umiliato da una donna, forse di un amante tradito, forse di un principe senza orgoglio ma quelle parole non mi piacquero e risposi duramente:
“ Caro Lorn,
vorrei farvi presente che io amo Lord Black e non voi, voi siete stato la mia prima fiamma ma non sarete mai la mia vita, non rappresentate per me il futuro, voi rappresentate la prigionia di un trono vacante, di una famiglia regale decaduta, non sarete mai il mio amante perché non avete la passione, so che un tempo il nostro amore era forte, che per il nostro amore ho abbandonato tutto e vi ringrazio di essere apparso nella mia vita perché grazie alla mia fuga ho trovato persone meravigliose come Sir James, Lord Black e Miledi Anya che saranno sempre i miei veri amici come voi siete stato la mia prima fiamma, la mia vita, il mio futuro è Lord Black, non voi e ne nessun altro potrà mai rappresentare ciò che lui è per me e che io sono per lui, se mai avrò una famiglia sarà con lui, se mai tornerò a casa non verrò da voi, se mai desidererò qualcuno sarà sempre e solo Lord Black perché lui sa accettare ogni parte di me mentre voi siete cocciuto e non capite che io non sono più quella ragazza fragile e indecisa, sarà sempre parte di me ma ormai il mio carattere è definito, la mia vera me è venuta alla luce e non se ne andrà mai, finché non capirete questo non capirete il perché delle mie scelte, non capirete mai il mio sentimento per Lord Black e non capirete mai il mio sentimento per voi, non è una risposta soddisfacente per voi ma non voglio illudervi, io non sarò mai più vostra e voi non sarete mai più mio, la fiamma del nostro amore è stata spenta da un leggero soffio di vento mandato dalla bocca di Lord Black, so che molto probabilmente è colpa sua, lui è la colpa del mio amore ma sono felice di portare questo peso con lui, sono felice di essere al suo fianco e lo sarò sempre, ora devo salutarvi, portate i miei saluti a Sir James a Miledi Anya e ai miei genitori, arrivederci Lorn.”
La spedii e non ricevetti mai una risposta, sapevo che Lorn era rimasto ferito, che non avrebbe mai capito il coinvolgimento amoroso tra me e Roy, che lui sarebbe sempre stato arrabbiato con Roy e deluso da me ma questi erano fatti irrilevanti perché ormai Roy era diventato parte del mio passato, il mio presente e il mio futuro, con lui avevo scoperto orizzonti del piacere che mai avevo pensato che potessero esistere, con lui avevo scoperto il vero significato della parola amore.

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Sir James mi scrisse ancora per sapere l’andamento dei miei allentamenti e io lo tenevo sempre aggiornato.
Mi piaceva far sapere a lui i miei andamenti perché sapeva darmi anche molti consigli, non era la stessa cosa di averlo davanti che ti allenava personalmente, che ti spronava e che ti aiutava con i suoi innumerevoli consigli, era diverso ma comunque ogni cosa che mi diceva la prendevo e la facevo mia per migliorarmi sempre, Lorn non mi scrisse mai così come i miei genitori, molto probabilmente preso dall’ira Lorn non aveva detto che per spedirmi una lettera potevano andare da James.
Mi dispiaceva molto averlo ferito perché comunque anche se adesso lo rinnegavo come amante era stato una fetta importante della mia esistenza, anzi quasi la più importante perché mi aveva donato la mia libertà, i miei ideali anche se non li approvava e il carattere ribelle che tanto odiava, personalmente mi riconoscevo più nella ragazza che ero in quel momento, la ragazza al fianco di Roy che la ragazza timida e riservata rinchiusa nella stanza della musica del suo palazzo.
Mi sembravo più me stessa e mi piaceva essere me stessa perché mi sentivo libera e non rinchiusa in una fredda prigione di ipocrisia e falso onore, una prigione devastante coperta da strati di dignità nascosti dall’ipocrisia più totale, la falsità più pura che incatena l’animo delle persone dentro di esse e le costringe a nascondersi, ma la cosa peggiore è che la mia società le costringeva a vergognarsi di avere la propria vera essenza incatenata dentro di noi stessi.
Li costringe a provare rimorso per essere diversi, per non avere quegli standard  tipici del modello medio della società, per essere una persona, questo insano terrore di noi stessi viene inculcato fin da piccolo quando sei inconscio dell’attacco della società, quando sei troppo ingenuo per capire che facendo parte di quella avvierai un processo lento in cui questa inconsciamente ti incatena l’anima intorno ai rovi e ti fa provare rimorso per tutto ciò che sei, per tutto ciò che provi e per tutto ciò che fai.
Tutto ciò è paragonabile solo a una lenta discesa negli inferi mentre tutti coloro che sono già stati condannati ti maltrattano e ti incutono terrore e tu provi a comportarti meglio in modo che quando toccherai la terribile mano e scottante di delitti del diavolo spererai in una molla speciale che ti faccia saltare tra le splendide e soffici nuvole e per farti atterrare tra le braccia di un angelo purificatore che ti eliminerà ogni paura, ogni dolore, ogni rassegnazione e ogni catena creata da te stesso come scudo contro alla società.
Erano questi i principali motivi del mio precoce annullamento dell’amore che provavo per Lorn, era perché io rifiutavo tutto ciò mentre lui lo accettava e continuava la sua discesa verso gli inferi e io non lo accompagnavo, era questa la grande differenza tra me e lui ma questa differenza era insormontabile perché mai mi sarei piegata alla società e lui mai se ne sarebbe liberato.
Finalmente arrivò il periodo di due giorni di vacanza, ormai erano passati sei mesi e dato che Sir West mi reputava un avversario imbattibile aveva deciso che potevo partire per andare a trovare i miei cari, era vero ormai era brava tanto quanto Roy in ogni cosa, difesa, attacco, spada, combattimento corpo a corpo, tecniche curative, ero secondo il modesto parere di Sir West una macchina da assalto che nessuno avrebbe potuto battere.
Era una mattina di febbraio, fredda e colma di soffice neve bianca che ricopriva ogni cosa, mi svegliai da sola nella mia stanza per la prima volta dopo parecchio, di solito dormivo con Roy ma sapevo che lui era partito il giorno prima all’alba per andare da Sir James e per annunciare il mio arrivo ad Anya che aspettava con ansia di rivedermi, dopo aver fatto le solite cose mi vestii con i miei consueti abiti, camicia, gilet protettivo, pantaloni, cintura con fodero e spada e i miei stivaletti da capitano.
Uscii dalla mia stanza e scesi tre piani di scale fino ad arrivare alla sala da pranzo dove Sir West mi stava già aspettando seduto capotavola, appena entrata venni investita dai soliti odori favolosi della colazione e mi sedetti pronta a mangiare:
West- Allora volete proprio partire da sola?
Io- Si, vi ringrazio ma non voglio nessuno affianco, riesco a spronare il mio cavallo meglio se non devo stare attenta ad essere troppo veloce o troppo lenta!
West- Capisco ma la conoscete la strada?
Io- Si, sono due giorni che consulto la mappa che mi avete dato e ho trovato delle buone scorciatoie per arrivare al mio paese!
West- Bene  allora io devo andare, le provviste che avete chiesto sono già sul cavallo e quando esigerò il vostro ritorno vi manderò un mio messaggero del cielo!
Io- Cosa sarebbe?
West- Un pennuto addestrato per portare messaggi!
Io- Allora vi saluto Sir West!
West- Naturalmente ma non vi lascerò scappare Helgrind!
Io-Ovvio!
Detto questo uscì dalla stanza e io andai alle scuderie dove Furia, il mio cavallo, mi stava aspettando, ci salii in groppa e partii verso casa mia, appena uscita andai per la scorciatoia che avevo segnato sulla mappa e tutto fu più semplice.
Si notava molto bene la differenza tra il mio paese e quello di Sir West, nel mio la vegetazione era più rada e meno verde, di un colore strano quasi verde-marrone, il terreno era umido ma non così tanto, i sempreverdi erano più alti e tutto molto più scuro, la scorciatoia mi portò via due giorni abbondanti e al pomeriggio del terzo giorno mi misi il mantello ed entrai nella città, era come me la ricordavo, le case in legno a schiera e nell’angolo più lontano c’era la casa di James.
Galoppai fino a quella casa e appena scesi sentii molte persone muoversi dentro la casa e uscire frettolose, scesi da cavallo e mi girai verso il volto sorridente di James e di Anya, mi tolsi il cappuccio e tutti emanarono un sospiro di sorpresa:
Anya- Come siete cambiata Miss, i vostri lineamenti non sono più quelli di una bambina, sono spigolosi e massicci come quelli di una donna guerriero, i vostri occhi un tempo così dolci adesso sono freddi e distaccati!
James- Tutto segno di un ottimo allenamento, sarete ormai un portento a quanto dice Roy!
Io- Non esageriamo, sono brava!
Lorn- Oppure solo stupida!
Vidi dietro di me una figura a cavallo avvicinarsi dalla strada e scendere a terra coperta da un lungo mantello nero, si tolse il cappuccio e rivelò la faccia sfregiata di un uomo sofferente, rimasi pietrificata nel vedere quegli occhi neri così colmi di agonia, quelle labbra rosee diventare sottili e inerti, quei capelli luminosi spegnarsi mano a mano che si avvicinava, era completamente stressato e si vedeva dalla camminata stanca e lente come se si trascinasse a fatica perché doveva farlo:
Io- Sir Mansen!
Lorn- Finalmente vedo questo prodigio del combattimento!
Io- Non scherzerei comunque cosa vi è successo? Sembrate stanco e stressato!
Lorn- Ovvio, mi avete abbandonato pensavate di trovarmi fresco come una rosa?
Io- No ma non in questo stato comunque!
Lorn- Bene, cosa siete venuta a fare?
Io- Cose di cui non dovete preoccuparvi!
Lorn- Oh si invece, tra poco questa sarà la mia cittadina e voi non ne fate parte quindi ditemi cosa siete venuta a fare?
Io- La vostra cittadina?
Lorn- Si vede che siete stata via parecchio, la vostra famiglia ha perso sempre più dignità da quando siete scomparsa e vostro padre si è ritrovato con una moglie malata e una figlia ribelle, vostra madre aimè non ce l’ha fatta e vostro padre è distrutto da un dolore progressivo, ormai è sull’orlo del crollo e la cittadina ha votato per eleggere me come sindaco e capo!
James- Vi hanno votato solo i più ricchi consci che avreste tenuto fuori Miss Elizabeth se no non avreste uno straccio di voto!
Io- Che cosa?
James- Da quando ve ne siete andata sono successe molte cose!
Io- Non vi si può lasciare da soli nemmeno un attimo!
Lorn- Senza di voi si sta anche meglio!
Io- Bene allora cosa vi trattiene dall’andarvene?
Lorn- Il fatto che non so cosa abbiate in mente di fare!
Io- Resterò per qualche giorno per salutare e appena riceverò comunicazioni me ne andrò!
Lorn- Comunicazioni?
Io- Non è affar vostro la mia vita privata!
Lorn- No ma è affar mio la salute della gente di questo paese!
Io- Non è niente di dannoso non vi preoccupate, potete anche andare!
Lorn- Bene, arrivederci Miss!
Mi girai ed entrai senza chiedere nella casa di James, ero così arrabbiata e frustrata che mi veniva voglia di tornare indietro e tagliare la testa di quel  demente con la spada e poi tagliarla e mangiarmela per cena, sapevo che non lo potevo fare così ero scappata dentro, una volta dentro accatastai il mio mantello su una sedia e mi sedetti sul divano sgangherato, subito entrarono Anya. James e Roy.
Anya si sedette al tavolo insieme a James mentre Roy si appoggiò al muro di fianco a me, ero arrabbiata, infuriata e volevo vendicarmi su quell’essere, volevo fargliela pagare, appena furono tutti in silenzio e mi osservavano decisi che era il momento dei chiarimenti:
Io- Ora ditemi cosa è successo qui!

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


James- Bhe come hai visto tutti vi odiano per aver abbandonato il paese e vostra madre non ce l’ha fatta a superare il colpo, se ne è andata due mesi fa e vostro padre non è più stato in grado di comandare, ha perso credibilità e dignità, così i signori Mansen hanno chiesto a vostro padre se volesse abbandonare il comando e lui ha farfugliato qualcosa del tipo “ ora non ha più senso fate ciò che volete”, da quel momento Lorn si è auto proclamato capo ma serve comunque un permesso scritto e firmato da vostro padre per ufficializzare la cosa, ciò si presume avverrà a breve!
Io- Devo impedire a mio padre di fare ciò che sta per fare!
Roy- Elizabeth come pensate di fare?
Io- Andrò da lui e gli parlerò, cercherò di farlo ragionare e se non vorrà cercherò una soluzione alternativa!
Roy- Questa volta verrò con voi!
Fu così che uscimmo di nuovo io e Roy e prendemmo i cavalli per andare a casa mia, nel mio castello, nella casa che un tempo credevo speciale, fu una corsa a perdi fiato perché volevamo fermare tutto ciò subito, arrivati al cancello Frederyk faceva la guardia e si sorprese di vedermi arrivare:
Frederyk- Miss cosa fate voi qui?
Io- Chiedo udienza a mio padre, è urgente!
Frederyk- Certo, entrate!
Entrammo e corremmo con i cavalli verso la porta mentre Frederyk andava da mio padre, scendemmo da cavallo ed entrammo nell’ingresso enorme:
Roy- Sapete è la prima volta che vedo casa vostra!
Io- Non è vero, siamo venuti in occasione della festa ricordate?
Roy- Si ma l’ho vista così fugacemente da non averla vista veramente!
Lo condussi alla sala dei ricevimenti dove ci sedemmo su un vero divano, sentimmo dei passi affrettati, veloci quasi come una corsa calpestare il freddo pavimento in marmo nero dell’ingresso e aprire la porta con estrema velocità e forza, lì c’era mio padre a braccia aperte, mi osservava stupito e felice, non come mi aveva vista la prima volta, ferito e disonorato, era felice di vedermi, mi sciolsi mentre osservavo il suo sorriso stanco e provato:
Io- Padre, come state?
Padre- Oh bimba mia ora molto meglio!
Io- Padre mi dispiace di avervi abbandonato, mi dispiace di avervi ferito così tanto e anche di essere così ma sono qui per aiutarvi!
Padre- Prenderete voi le redini?
Io- Non credo ma posso far prevalere un’altra scelta!
Padre- Quale se non voi?
Io- Conoscete Sir James?
Padre- Chi?
Io- Abita a poca distanza dalla strada principale, è un ottimo uomo e anche una persona in gamba, sarebbe perfetto, se voi stilaste un documento in cui affermate che lui sarebbe ottimo per guidare tutti sarebbe magnifico!
Padre- Ormai non so più che fare, potete anche presentarmi questo Sir James, anzi sceglierò lui perché non sono sicuro che Lorn sia adeguato come capo, è troppo scosso dalla rabbia e dal rancore per sapere ciò che è giusto, anche se fossimo in guerra e voi, figlia mia, sareste necessaria per sopravvivere non vi chiamerebbe mai per orgoglio!
Io- Lo so ed è per questo che vi presento una seconda scelta!
Padre- Bene, sceglierò questo Sir James!
Io- Padre rendete tutto ufficiale subito, scrivete adesso la lettera!
Padre- Avete ragione, vado, mi ci vorrà giusto qualche minuto e poi ve la porto così potrete farla firmare a Sri James!
Mio padre uscì dalla stanza, non credevo che potesse essere così facile, mi sedetti stanca sul divano e Roy si sedette di fianco a me, era stranito e lo vedevo molto chiaramente:
Io- Cosa vi turba?
Roy- Oh assolutamente niente, è solo che….
Io- Che?
Roy- Che immaginavo vostro padre diversamente, dopo il ballo ho perso ogni ricordo di lui ma è comunque diverso, prima sembrava diabolico e ferito, adesso sembra un cucciolo smarrito che ha solo paura!
Io- Di cosa dovrebbe aver paura?
Roy- Immagino di perdere l’unica cosa che gli sia rimasta, voi!
Io- Me?
Roy- Bhe ha appena perso la moglie e questo deve averlo cambiato, senza contare il fatto che voi siete scappata, lo avete insultato, lo avete distrutto moralmente, è per forza stressato e provato!
Io- Non l’avevo mai vista sotto questo punto di vista ma comunque è terribile, non sarei dovuta scappare!
Roy- Per me avete fatto bene, dopotutto se non foste scappata sareste ancora qui e non avreste me!
Io- Si ma il nostro amore può valere tante vite rovinate?
Roy- Vite rovinate?
Io- Pensateci un attimo, da quando sono scappata Lorn è cambiato, è diventato stressato e addolorato, mio padre è provato e non è nemmeno in grado di portare avanti il paese, mia madre è morta, come pensate che si sentano i genitori di Lorn nel vedere il figlio così devastato per una ribelle?
Roy- Perché vi dovete sentire in colpa?
Io- Perché ho la colpa!
Roy- No, non avete nessuna colpa, sentite un attimo il mio ragionamento, voi siete scappata per il vostro amore per Lorn, vostro padre vi ha minacciato e vostra madre lo ha appoggiato, i genitori di Lorn vi hanno mandato due guardie per prendervi e catturarvi, vostro padre ha sguainato venti uomini per riportarvi da lui, cosa c’è di male nel vivere secondo i propri ideali, se il vostro amore per Lorn è finito non è colpa vostra ma sua, non createvi paranoie perché io credo che adesso siate veramente felice!
Io- Vero ma tutto ciò è comunque accaduto per colpa mia, se quella notte non avessi provocato mio padre e non fossi scappata ora sarei una normale principessa sicuramente maritata con Lorn, mia madre non sarebbe morta e voi sareste comunque la stessa persona di prima, l’amore val veramente le pene che provoca?
Roy- Si perché senza sareste infelice!
Io- Ma nel mio caso io l’amore l’avevo già perché rovinare tutto per ritrovarne un altro?
Roy- Perché io sono la vostra anima gemella e non Lorn!
Rimasi in silenzio perché in fondo sapevo che era la verità, in fondo sapevo che lui era la mia anima gemella anche se per me era un concetto assolutamente strano, finalmente mio padre entrò nella sala con una busta chiusa dal sigillo della mia famiglia, me la porse e poi mi guardò dritto negli occhi come se mi stesse implorando di restare ma sapeva che dovevo andare, aveva quel classico sguardo che diceva mille parole, quello sguardo implorante con gli occhi da sognatore che incanta chiunque, gli rivolsi un sorriso innocente e uscii con Roy alle spalle.
Sapevo di essere stata fredda ma era la mia nuova vita, una vita condizionata dalla freddezza delle decisioni per un bene comune e non per un bene personale, sapevo che poteva essere una cosa meschina ma ormai la pensavo così, una volta usciti andammo ai cavalli e galoppammo verso il cancello, fu un piccolo particolare a farmi fermare, vedevo una carrozza avvicinarsi a passo veloce con un fantino paffuto che spronava i cavalli, una volta arrivata sulla soglia mi fermai per vedere chi fosse.
Era una carrozza signorile quindi solo una persona di alto rango poteva sedere al suo interno, i cavalli erano in forma altro segno delle disponibilità economiche del signore, un lungo mantello nero uscì dalla porta laterale e poi fu un susseguirsi di emozioni strampalate, sorpresa, sospetto, rabbia, delusione, era Lorn che usciva dalla sua carrozza:
Io- Cosa fate voi qui?
Lorn- Cosa fate voi qui?
Io- Vi ricordo che fino a prova contraria è casa mia!
Lorn- E io ricordo a voi che fino a prova contraria voi l’avete abbandonata!
Io- Bene ma ben presto tornerò se ne avrò le possibilità!
Lorn- Non credo proprio dato che sarò io il nuovo capo e vi bandirò immediatamente da qui!
Io- Non ne sarei così sicuro!
Lorn- Cosa intendete?
Ma ormai era troppo tardi, io e Roy stavamo già cavalcando verso il villaggio, una volta arrivati a casa di James, scendemmo ed entrammo in tutta fretta per mostrare la lettera a lui, appena la vide non riuscì nemmeno ad aprirla e me la diede dicendo:
James- Leggetela voi per me Miss!
Io- Bene “ Dal capo in persona del paese di ************ , in qualità di capo supremo e di estremo giudice dei giusti in pieno possesso delle mie facoltà mentali vi porgo le mie congratulazioni per essere stato scelto, voi Sir James, come erede del mio potere, del mio trono, a partire dal momento in cui firmerete voi sarete il capo di ogni cosa e avrete i poteri supremi di questa piccola landa. Firmato  Jebhediam Windsor”.
James- Non può essere!
Io- So che è una cosa strana per voi ma volevo che foste voi il capo di ******** perché so che sareste giusto e buono, so che sarete un buon capo e ho bisogno che Lorn non salga al potere, vi prego accettate questo mio dono come pagamento dei miei debiti verso di voi!
James- Non so che dire!
Io- Non dovete dire niente, dovete solo mettere la vostra firma su questo futile foglio di carta!

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Lo vidi alzarsi dalla sedia su cui si era appoggiato e venirmi in contro con una piuma appena intinta nel calamaio, prese il foglio tra le mani e scrisse la sua firma, ora era lui il capo di ogni cosa, chiusi la lettera nella busta nuovamente e corsi fuori, presi il cavallo senza dire niente e galoppai verso il castello.
Mi sentivo felice perché avevo risolto un enorme problema, avevo finalmente ridotto alla schiavitù Lorn perché sapevo che dopo questo smacco non avrebbe sopportato altro e si sarebbe arreso, avrebbe smesso di lottare così come doveva fare da tempo, arrivai al cancello del castello e vidi che non c’era nessuno, il cancello era socchiuso, chiunque poteva entrare, galoppai ancora più velocemente verso il portone che trovai aperto.
Nessuna carrozza, nessuna persona che sorvegliava niente, Lorn se ne era già andato, scesi velocemente da cavallo e entrai nella casa, nell’ingresso c’era Frederyk con le lacrime agli occhi, gli andai incontro velocemente temendo il peggio:
Io- Frederyk cosa è successo qui?
Frederyk- Vostro padre è stato pugnalato da Sir Mansen ed è morto!
Io- COSA?
Uscii velocemente da quella casa, vendette, vendetta, vendetta, era l’unica cosa che sentivo ronzare nella testa, era vero, mia madre era morta a causa mia, Lorn soffriva a causa mia ma uccidere mio padre era troppo, presi il cavallo e galoppai velocemente verso il castello Mansen, ero furiosa, volevo la vendetta, volevo che Lorn soffrisse abbastanza da capire ciò a cui avevo rinunciato, volevo che capisse ciò che provavo.
Continuai a galoppare senza sosta fino a che non vidi il cancello aprirsi per far entrare la carrozza di Lorn, galoppai e mi parai davanti mentre questa continuava verso il vialetto, si fermò vedendo me davanti quel cocchiere imbalsamato inconsapevole del fatto che il suo padrone era un assassino:
Io- Lorn abbiate il coraggio di sfidare la mia ira!
Lorn scese lentamente dalla carrozza, lo guardai con disprezzo, sentivo il sapore della rabbia ardermi come una fiamma viva dentro di me e bruciarmi il cuore così maldisposto, sentii il sapore della furia sulla lingua mentre questa scorreva veloce al posto del sangue e mi corrodeva dentro tutto il buon senso che avevo accumulato, sentivo le catene che trattenevano la mia benevolenza distruggersi sotto il peso della consapevolezza.
Ogni cosa in lui gridava “ colpevole” dal mantello macchiato di sangue alla spada sguainata, sguainai la mia spada e come un serpente fa con la preda mi accovacciai e attaccai per prima essendo la mia unica difesa, vedevo i suoi occhi ardere come mai avevo visto di una luce assurdamente malvagia, corrotta e ostinata, vedevo il mio riflesso dentro di essi e capivo come apparivo alla gente, bella e spietata, due binomi che non convivono mai assieme perché uno distrugge l’altro.
Lui parò il mio colpo ma la mia furia lo fece indietreggiare, continuai imperterrita nella mia fredda lotta fino a che non cadde oppresso dalla mia forza, presi la sua spada e la incrociai con la mia intorno al suo collo, lo guardai osservandolo con disprezzo e con malignità:
Io- Come avete potuto?
Lorn- L’ho fatto per proteggere i miei interessi!
Io- Come fate ad essere così egoista? Non capite che avete distrutto tutto ciò che rimaneva della mia famiglia? Siete solo un egoista presuntuoso e non avete ancora capito che è per questo che non posso stare con voi, siete solo un pezzente in grado di distruggere le vite altrui per i vostri scopi!
Lorn- Voi avete fatto lo stesso!
Io-  No perché io porto il peso delle mie scelte, so benissimo che mia madre è morta per colpa mia, che voi state male per la mia indole, so bene tutto ciò che ho fatto ma sto cercando di rimediare in tutti i modi, sono tornata per questo motivo e voi non fate altro che aggravare tutto ciò, voi siete la causa di tutto ciò ma non riuscite a vedere quello che avete creato perché siete uno stolto mediocre!
Lorn- Come osate parlare così al capo?
Io- Qui vi sbagliate perché ancora una volta il vostro egoismo vi ha fatto perdere, Sir James è il capo e questo documento lo asserisce, avete perso di nuovo, non vi resta che arrendervi!
Lorn- Mai, voi uno di questi giorni sarete solo polvere nelle mie scarpe, sarete solo un vago ricordo di una famiglia distrutta, un mero ricordo di una paladina insorta e morta per futili ideali perché è questo che siete!
Io- Sarò ciò che deciderò di essere e voi siete solo un ostacolo sul mio cammino!
Lorn- Allora perché non eliminate il vostro ostacolo?
Io- Perché non sono come voi o almeno non come siete diventato!
Lorn- Allora lasciatemi andare e diventare chi io voglio che io sia!
Io- Mai ed è una minaccia!
Tolsi le spade e lanciai la sua verso il verde, salii nuovamente sul mio cavallo e corsi verso il mio castello, vedevo la gente accorrere, vedevo le persone che avevano saputo la notizia sfilare come in cordoglio davanti ai miei occhi e alzare i loro mentre passavo come in segno di scuse, di pentimento, io continuavo a galoppare verso il mio castello, vedevo le nubi aleggiare sopra come se fossero venute a prendere mio padre, era una scena tetra e questa scena mi avrebbe perseguitato per molto tempo.
Una volta arrivata ai cancelli sentii il lago di agonia aprirsi dentro di me, sentii quella strana e straziante di abbracciare la mia famiglia, di sentirmi amata e di rivederli correre verso di me, sentivo dentro di me un’insana voglia di loro, non ero riuscita a dire addio a nessuno di loro, mia madre era morta mentre mi allenavo ignara di tutto, molto probabilmente se non fossi stata così misteriosa mio padre mi avrebbe inviato una lettera ma probabilmente non ce l’aveva fatta.
Mio padre era morto senza che gli dicessi che gli volevo bene, senza che sapesse quanto tenevo a loro, senza che le mie lacrime fossero perdonate e la mia fuga dimenticata, l’ultima sua immagine era di un viso straziato e voglioso di una figlia i cui ricordi venivano cancellati dalla vecchiaia mentre io gli avevo solo sorriso nella mia freddezza e gli avevo voltato le spalle, quanto sofferenza avevo causato alle uniche due persone che sapevo non mi avrebbero mai rinnegato nemmeno se fossi diventata una ribelle quale che ero.
Arrivai al portone e la folla, il cordoglio si fermò per lasciarmi passare, io camminavo lentamente con il vento che spostava il mio mantello nero all’indietro, sentivo che ogni passo che facevo rimbombava in quel castello privo di vita, ogni suono entrava nelle mie orecchie e rimaneva marchiato a fuoco nella mia testa come se dovessi ricordare tutto ciò come esempio della mia arroganza, della mia libertà.
Arrivai fino alla sala dei ricevimenti dove la folla più grande si affollava, vidi la gente lasciarmi passare creando un passaggio in mezzo a loro, vidi la fredda figura di mio padre sdraiata malsanamente a terra con un pugnale d’argento nel cuore, gli occhi ancora aperti e colmi di lacrime amare, la bocca distorta da una smorfia di dolore puro, le braccia aperte come ad accogliere il suo secondo figlio che lo aveva ucciso.
Mi sentii svenire per le atrocità che riportava in viso quell’uomo, mi sedetti di fianco a lui senza badare minimamente al resto della gente, sapevo che da qualche parte qualcuno piangeva perché sentivo i singhiozzi riecheggiare tra le fredde mura, alzai la mano e molto lentamente chiusi le palpebre di mio padre, lo lasciai riposare tranquillamente in eterno, con un estremo sforzo di volontà gli tolsi il pugnale d’argento dal cuore e lo lanciai su un tavolo sapendo che non c’era nessun altro dietro di me.
Sentii il tonfo del cristallo sul pavimento e con un gesto calmo gli misi le braccia al petto come facevano i servi con i faraoni, gliele incrociai e poi mi alzai con la folla davanti a me, per la prima volta mi accorsi di Roy e James davanti a tutti, Anya era di fianco a loro con i figli, li guardai e dissi:
Io- Date a mio padre una sepoltura degna di un re!
James- Sarà fatto in qualità di capo del paese quest’uomo riceverà una tomba onorifica nella chiesa del paese!
Voce- Chi vi ha dato i poteri?
Io- Mio padre!
Tirai fuori il foglio rimato sia da mio padre che da Sir James, tutti ammutolirono e lasciarono che  James facesse il suo lavoro, io mi spostai da lì e raggiunsi un angolo, solo dopo mi accorsi che lì era caduto il pugnale insanguinato, lo raccolsi e lo pulii sul tappeto sotto ai miei piedi, in un primo momento non capii il perché ma dopo seppi che con quel coltello avrei stroncato la vita a colui che l’aveva stroncata e mio padre.
Nessuno avrebbe rimpianto la sua morte se non i suoi genitori, nessuno ne avrebbe  sofferto perché Sir Lorn non era buono, era malvagio e distorto dal dolore, seguii il corteo funebre fino alla chiesa dove assistetti alla celebrazione di mio padre per un’ora, poi uscii e vidi Lorn in piedi di fianco al suo cavallo, gli corsi incontro conscia del pugnale nella mia tasca, sul viso aveva una maschera di puro divertimento, il sorriso malvagio e distorto quasi diabolico, gli occhi spenti dalla furia ossessiva che lo mangiava da dentro, le mani congiunte davanti con la spada sguainata:
Io- Cosa fate voi qui?
Lorn- Sono venuto a rendere omaggio a un grande uomo!
Io- Andatevene la vostra presenza non è gradita!
Lorn- La mia presenza è necessaria!
Io- Non sono i ben venuti gli assassini!
Lorn- Quali parole forti escono da una così leggiadra bocca!
Io- Non adulatemi perché non serve a niente!
Lorn- Bene allora addio!
Rinfoderò la spada e salendo a cavallo se ne andò, sentii una mano dietro di me toccarmi la spalla con fare affettuoso, la nostra piccola discussine era durata si e noi qualche minuto, purtroppo sufficiente perché il corpo di mio padre fosse interrato, mi girai verso la mano e vidi Roy con una maschera di tristezza in volto, lo guardai negli occhi cercando di infondergli un po’ di sollievo:
Io- Avrò la mia vendetta!

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Mi girai e senza dire niente andai a casa di James a cavallo, sapevo che il castello era stato chiuso, che a guardia del cancello c’erano cinque guardie armate, sapevo che almeno la mia casa era al sicuro, una volta arrivata a casa di James corsi in giardino e mi lasciai andare alle note del clavicembalo sotto il gazebo, una composizione inventata, distorta dal dolore e non armoniosa ma era l’unica cosa che mi faceva sentire bene, lo sfogare i miei pensieri sui freddi tasti d’avorio.
Come in ogni dramma che si rispetti venne a piovere e tutto intorno divenne grigio come il mio instabile umore, le mie lacrime finalmente scesero, ma lente, copiose e ardenti di rabbia, ogni cosa in me urlava vendetta, urlava dolore, volevo solo che quel vile la pagasse, qualcuno venne in giardino, seppi che qualcuno c’era, che mi aveva osservato dolorante e poi era rientrato in casa, non volli sapere chi fosse perché non mi interessava.
Quando venne la notte e seppi che tutti dormivano nelle loro case uscii da quella di James facendo silenzio, mi misi il cappuccio e galoppai verso la casa di Lorn. La mia vendetta si sarebbe compiuta quella notte stessa, galoppai veloce fino alla strada secondaria che portava all’entrata della servitù, una volta arrivato al cancello sgangherato scesi da cavallo e lo lasciai libero conscia che mi avrebbe aspettato, tutto il mio piano stava per mettersi in atto.
Entrai nel piccolo cancello sgangherato e mi nascosi dietro la scuderia mentre una guardia armata passava lì di fianco, appena questa fu fuori dal mio raggio corsi fino alla porta in legno della servitù, entrai velocemente e la chiusi alle mie spalle, mi rigirai e vidi la cucina completamente vuota fatta eccezione per una serva che conoscevo bene:
Io- Lare sono io!
Lare- Voi siete la ragazza? Quella che mi ha salvato dall’accusa di ruberia?
Io- Quella che vi ha causato non pochi grattacapi direi!
Lare- Fa niente, voi avete avuto il coraggio delle vostre azioni e mi avete salvata, ditemi cosa vi porta qui a quest’ora della notte?
Io- Devo compiere un delitto!
Lare- Cosa?
Io- So che può sembrare strano ma Lorn ha ucciso mio padre e ora avrà la mia ira su di lui!
Lare- Non posso lasciarvelo fare!
Io- Bene allora non posso fare altro che cancellarvi la memoria!
Lare- Che cosa?
Ma era troppo tardi, dietro come me mi ero portata un particolare infuso di erbe che cancellava i ricordi anche se di poco ma non si sarebbe mai ricordata della mia visita, sapevo che questo infuso l’avrebbe fatta addormentare per un’ora e il tempo mi bastava, glielo feci bere con forza, lei cadde inerte tra le mie braccia e io la appoggiai per terra contro un mobile lontano, nessuno l’avrebbe notata e quando sarei uscita lei si sarebbe svegliata senza ricordi dell’ultima ora e mezza.
Uscii dalla cucina velocemente e dato che per mia fortuna non c’erano guardie all’interno del castello arrivai fino al piano delle camere da letto, sapevo che quella di Lorn era l’ultima, mi avvicinai alla penultima porta facendo molto silenzio, non volevo svegliare nessuno se non il mio piano sarebbe andato in fumo, tirai fuori il biglietto che avevo preparato da far mettere sul cadavere ed entrai nella camera.
Sentii il sospiro lento della mia preda, mi avvicinai al letto e con forza piantai nel cuore il coltello d’argento, nessuno di accorse di niente, nemmeno la mia vittima perché era morta senza provare niente, nel sonno, appoggiai il foglio sulla sua pancia e uscii dalla penultima camera, quella dei genitori di Lorn, quella dove adesso il padre di Lorn giaceva immobile privato della sua stessa vita, la mia vendetta si era compiuta, un padre per un padre.
Ora dovevo uscire da quella prigione, scesi velocemente in cucina dove Lare era rimasta sdraiata dietro al mobile dove l’avevo appoggiata, la presi in braccio e la feci sedere su una sedia, sapevo che se qualcuno l’avesse vista avrebbe interpretato il suo sonno come un gesto di stanchezza, dopo averla seduta incrociai le braccia sul tavolo e le appoggiai lì la sua testa in modo che sembrasse che fosse crollata.
Mi misi il cappuccio in testa e uscii nella notte, per mia grande fortuna la guardia aveva appena girato l’angolo, uscii dal cancelletto e presi il cavallo che mi aspettava, salii e galoppai verso casa, la strada era sempre quella, ormai la conoscevo bene anche se l’avevo percorsa poche volte perché ero stata via molto, il cancello era sorvegliato da Frederyk che era rimasto per controllare che nessun ladro venisse e portasse via gli ornamenti di famiglia:
Io- Frederyk posso entrare?
Frederyk- Ovviamente!
Mi aprì una parte del cancello e galoppai fino al portone principale, era chiuso come tutto il resto ma io non volevo entrare, volevo solo guardare quella porta, entrare avrebbe significato rivedere ogni mio ricordo, ogni mio dolore, ogni viso dolce che mi aveva guardato, ogni goccia di sangue caduta dal corpo di mio padre, per mia grande fortuna fuori non avevo ricordi se non di un ballo quasi dimenticato e di un corteo che non avevo osservato.
Osservai quella porta come se portasse per me ad un altro mondo, in fondo era così perché dietro a quella porta c’era la mia vita, c’era ogni mio ricordo e c’erano i muri che trasudavano racconti di quei sei mesi e tre settimane che avevo passato allo sbaraglio, c’era il ricordo della morte di mia madre, quello che non volevo sapere, volevo solo dimenticare tutto ciò che riguardava il mio dolore, tutto ciò che mi dimostrava di aver sbagliato perché io non avevo sbagliato, avevo preso la mia strada e prendevo ciò che seminavo.
La poca luce lunare che c’era mi aiutò a distinguere meno i dettagli, mi sentivo stranamente vuota, così vicina alla mia realtà eppure come se fosse irraggiungibile  questa mi sfuggiva dalle mani, si nascondeva, mi evitava e aspettava che il sole sorgesse per riversarsi addosso a me con tutta la sua potenza, con tutta la sua fame di dolore altrui, quella sensazione di vuoto non riuscivo a togliermela dalla testa perché mi divorava dentro come affamata della mia sofferenza.
L’alba arrivò stranamente presto, forse era solo la mia visione del tempo a farmi sembrare l’alba così veloce, fatto stava che il sole dipinse di ogni colore ogni cosa, tutti riprese vita e come avevo immaginato la realtà si stava abbattendo su di me con la sua ceca collera, sentii la voragine di solitudine aprirsi nel mio petto e poi venir riempita dal dolore che provavo per la sofferenza che avevo causato a ogni singola persona, non mi sembrava vero di aver ucciso una persona, di aver privato qualcuno di una parte della sua famiglia ma il dado era tratto, il padre di Lorn era morto.
Mi rimisi in piedi a fatica e salii sul cavallo pronta a tornare a casa di James, galoppai senza sosta fino all’angolo più lontano del paese e arrivai alla porta della casa, scesi da cavallo in modo febbrile ma sapevo che dovevo sembrare forte, sapevo che dovevo apparire semplicemente determinata, aprii la porta lentamente e fu un susseguirsi di cose, Roy mi venne incontro e mi abbracciò come se non mi vedesse da tanto, troppo tempo, qualcuno urlò che ero tornata e i passi veloci arrivarono fino al mio orecchio.
Finalmente Roy mi lasciò andare dopo che l’avevo rassicurato e che gli avevo dato un bacio casto sulle labbra per fargli capire che stavo bene,  lui si sedette sul divano e mi ordinò con un gesto di sedermi lì vicino, non volli disubbidire perché avevo bisogno del suo sostegno:
Roy- Dove siete stata?
Io- A casa!
Roy- Mi dispiace tanto per la vostra perdita!
Io- Roy non c’è da dispiacersi, la mia vendetta si compirà presto, Lorn pagherà per ciò che ha fatto!
Come se le mie parole lo avessero chiamato Lorn entrò dalla porta furibondo, gli occhi erano non più distorti dal dolore ma dalla rabbia, una rabbia ceca e diabolica, una rabbia che avrebbe distrutto internamente qualsiasi uomo, le labbra aperta per farlo respirare in modo affannoso come un toro pronto all’attacco, le mani aperte e spalancate, una di queste reggeva un foglietto scritto a mano:
Lorn- Pensi di essere divertente?
Io- No!
Lorn- Come hai osato?
Io- Vi avevo avvertito che la mia vendetta si sarebbe compiuta e presto!
Lorn- Uccidere mio padre è crudeltà non vendetta!
Roy- Cosa?
Io- Avete avuto ciò che vi meritavate!
Lorn- Non avevo bisogno di sentire altro!
Io- Bene perché adesso James prenderà il posto di mio padre a casa mia, lì abiterà dove governerà con onore e rispetto, avete perso!
Lorn- Si ho perso la battaglia ma non la guerra, così avete appena confessato un omicidio davanti a un capo che deve far rispettare le leggi vero Sir James?
James- Io……io….
Io- Sir James fate ciò che dovete fare ma vi ricordo che Lorn ha commesso lo stesso omicidio quindi è reo quanto me!
 Lorn- Cosa?
James- Logica impeccabile, secondo la legislazione di questo paese voi avete commesso per primo l’omicidio quindi avrete la pena capitale per omicidio di pubblico ufficiale, voi Miss posso salvarvi solo in parte, come avete detto prima siete rea dello stesso crimine almeno quanto Sir Lorn quindi verrete portata in prigione e lì rimarrete per dieci anni, di più non posso fare!
Lorn- No!
Io- Che sia!
James- Lord Black sareste così gentile da scortare Sir Lorn in piazza e poi  portare Lady Elizabeth nelle segrete del mio palazzo?
Roy- Come potete fare….
Io- Roy fate come vi dice!
Roy- Elizabeth!
Io- Vi prego Roy non contestate la sua condanna, sarò felice di accoglierla!
James- Bene Miledi Anya legate le mani di Lady Elizabeth e Sir Lorn, in fretta per favore, la corda e dentro il cassetto!

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


Anya aprì il cassetto e prima legò le mani dietro la schiena a Lorn che si dimenava e Roy dovette aiutarla, poi le legò a me che non battei ciglio, Roy prese la corda dietro la  mia schiena e dietro quella di Lorn per trattenerci e ci portò in piazza, al nostro passaggio tutti si girarono e ci seguirono come un vero e proprio corteo, come quel corteo che avevano fatto per mio padre solo che adesso non era per la morte di uno ma per la condanna di due.
Una volta in piazza tutti si misero attorno al centro dove c’eravamo tutti noi, James diede l’ordine di andare a chiamare la madre di Lorn per assistere a un ragazzo che era lì nelle vicinanze e di portare con lui qualche altro ragazzo per trasportare il cadavere di Sir Mansen per dare a padre e figlio una degna sepoltura, che cosa orribile avevo fatto, avevo messo fine alla vita di un uomo per pura vendetta.
Avevo distrutto una famiglia solo per la mia sete di vendetta, era una cosa talmente orribile che non la riuscivo a visualizzare nella mia testa, dovevo in qualche modo riscattare il debito che avevo creato con la famiglia Mansen, una volta arrivata la madre con il cadavere del copro del padre James parlò così:
James- Oggi siamo qui riuniti per assistere a un evento drammatico, alla distruzione di due famiglie molto importanti per la società del paese, a due famiglie che hanno segnato la nostra storia e con mio grande rammarico devo annunciarvi che il qui presente Sir Lorn è stato condannato alla pena capitale per l’omicidio di Sir Jebhediam Windsor, lo stesso fatto è stato commesso questa notte dalla qui presente Miss Elizabeth Anne Windsor Seconda la quale da oggi verrà chiamata Lady in quanto ha macchiato di disonore il nome della sua famiglia, per lei il qui presente capo Sir James, io, ha deciso che la pena capitale non sarà concessa in quanto la sua reazione può essere giustificata come atto di parità dei conti, comunque è rea di un omicidio e la sua pena sarà di dieci anni nelle prigioni del castello Windsor ora mia attuale residenza!
Miss Mansen- No, chiedo che anche lei sia condannata alla pena capitale e mio figlio risparmiato, se la mettiamo sotto il punto della provocazione anche mio figlio ha risposto a una provocazione creata da Lady Elizabeth indi per cui non merita la morte ma lei si!
James- Il capo sono io e io decido, Roy procedete all’esecuzione!
Era uno spettacolo orribile, io ero esattamente di fianco a Lorn mentre Roy titubava e non sapeva cosa fare, sapevo che era arrivato il momento di agire, per mia grande fortuna la mia spada era ancora nel fodero e Roy stava sfoderando la sua, mollò la presa sulle corde e io ne approfittai per usare la lama della spada di Roy per tagliare le mie corde, così facendo mi tagliai la mano ma non mi importava.
Sentii i sospiri di sorpresa levarsi dalla folla, gli occhi di Lorn rotearono come presi dalla flebile speranza di salvezza se io fossi stata buona, sfoderai la mia spada e Roy indietreggiò velocemente spaventato dalla mia reazione, il silenzio cadde in piazza e tutti seguivano ogni mio movimento:
Io- Miss Mansen considerate ciò come un riscatto!
Detto questo con la spada tranciai le corde che tenevano legato Lorn, lui si spaventò ma rimase immobile, sapevo che se fosse rimasto lì sarebbe di nuovo stato messo al patibolo così presi la sua mano con la mia libera e con la spada mi feci largo tra la folla correndo, non toccai nessuno ma facendola roteare la gente si spaventava e si spostava per lasciarmi passare, incrociai la mia lama solo con un paio di persone che misi al tappeto con un solo colpo.
Sentii gli urli della folla dietro di me mentre esortavo Lorn a correre e lui correva per salvarsi la pelle, sentii i singhiozzi della madre, singhiozzi di felicità perché se anche il figlio non l’avrebbe rivisto presto sapeva che era vivo, sapeva che stava bene e in salute, corsi a perdi fiato fino alla casa di James, Lorn era dietro di me e respirava affannosamente:
Io- Lorn non abbiamo molte possibilità, se restiamo qui ci uccideranno entrambi, dobbiamo andarcene!
Lorn- Si ma dove? E Roy?
Io- Mi troverà fidati e ho un posto adatto!
L’unico posto così sicuro da essere introvabile tranne che per i membri, la collina, non avevamo il tempo di prendere acqua e cibo ma l’Inghilterra era umida e il cibo potevo prenderlo in altri modi, slegai Furia velocemente e i salii, Lorn titubava di fianco a me, sentivo intanto l’orda di gente avvicinarsi e questa volta erano tutti armati, con la mano ferita non sarei riuscita a resistere contro tutti:
Io- Lorn muovetevi non c’è tempo!
Lorn- Dov’è il mio cavallo?
Io- Salite sul mio, uno può bastare!
Mi guardò stranito, in un impeto di follia vidi che il suo viso aveva ripreso quel colore ormai antico di bellezza, quando ero tornata il suo viso aveva perso lucentezza ora questa era ritornata, velocemente salii sul cavallo mentre una lama ci sfiorava, io esortai velocemente il cavallo e ben presto questo galoppava a fatica per la strada dirigendosi verso la foce del fiume.
Il cavallo non riuscì a portarci molto lontano ma abbastanza perché non fossimo più visibile, girai verso gli alberi e cercai di inoltrarmi sempre di più all’interno per nascondere la nostra posizione ancora per un po’, arrivai ben in là scendemmo entrambi e lasciai che il cavallo mangiasse un po’ di erba e si abbeverasse in un piccolo ruscello lì vicino, mi sedetti di fianco a un albero e mi lasciai andare la testa all’indietro, avevo bisogno di riposo e di cure per la mano, improvvisamente sentii la mano di Lorn sulla mia ferita e aprii spontaneamente gli occhi:
Io- Che fate?
Lorn- Vi siete ferita per salvarmi, perché state rischiando così tanto?
Io- Perché mi sentivo in colpa!
Lorn- Si ma se mi lasciavate morire adesso voi sareste nelle segrete che di sicuro conoscerete meglio del palmo della vostra mano e saprete di sicuro come uscire, magari con un passaggio segreto, sarebbe più facile così, non mi avreste più tra i piedi!
Io- Mi sentivo in colpa fine della storia e adesso andatemi a cercare delle bacche nere e piccole!
Lorn- Perché?
Io- Voi fatelo e basta!
Si alzò e con passo incerto si allontanò di due passi da me, mi continuava a guardare in modo strano, non capiva, la mia ribellione lo aveva sconvolto e adesso on capiva il perché del mio salvataggio, con i sei mesi era diventato corrotto e prepotente, non conosceva la benevolenza e i sensi di colpa perché aveva represso tutto ciò, si girò quando vide che lo stavo osservando scocciata pentito di avermi guardato:
Io- Un ultima cosa, non uscite dal bosco per nessun motivo, state nelle vicinanze e se non trovate quei semi basta una foglia rugosa e frastagliata, non troppo grande!
Annuì lentamente poi si girò verso gli alberi e sparì, mi sentii un po’ meglio, avevo salvato parte di una famiglia dalla distruzione, questa non sarebbe più stata la stessa e lo sapevo ma almeno non era stata cancellata, già mi immaginavo il corpo bianco di Lorn inerme al centro della piazza sofferente che spingeva una mano verso il padre e la madre di fianco, il padre ormai morto e la madre in lacrime e sofferente.
Vedevo già i lineamenti dolci solo un po’ alterati dalla furia e dalla paura di Lorn diventare troppo spigolosi e le labbra aprirsi cercando avide l’aria che non trovavano, sentivo il cuore di Lorn nelle orecchie cercare di battere, cercare quelle poche gocce di sangue che non erano uscite con il colpo inferto dalla spada di Roy per battere e per dare vita al corpo morente, lo vedevo avere l’ultimo spasmo di vita percorrere il suo ormai freddo corpo per poi lasciarlo morire definitivamente.
Una scena troppo nitida contornata dalle lacrime, dai singhiozzi, dalle urla di Miss Mansen che cercava invano un risposta dal figlio morto stringendo la mano del marito inerme, era una scena straziante, l’unica possibile ciliegina sulla torta era uno svenimento perenne della madre, il dolce cuore infranto della madre che si spengeva nell’attimo in cui si spegneva quello del figlio, una scena straziante di una famiglia distrutta.
Per mia grande fortuna avevo reagito e ora il figlio morente stava cercando erbe per la mia ferita e la madre stroncata dal sonno perenne stava festeggiando la scappata del figlio con una mano ancora legata a quella del marito, da sola nella piazza mentre tutti ci cercavano, era questa la mia visione, due visioni contrapposte in egual maniere tristi ma almeno in una un briciolo di speranza c’era.
Mentre facevo le mie febbrili visioni sentii le forze venirmi meno, sentii le palpebre diventare pesanti ma per la mia esperienza sapevo che dovevo restare sveglia così mi diedi un pizzicotto con la mano sana e tornai ad osservare la radura, il sangue stava incominciando a diminuire e Lorn doveva fare in fretta, ne stavo perdendo troppo e non sapevo quanto avrei resistito ancora, sentii dei passi avvicinarsi, sapevo che erano in più di uno ma non seppi chi erano perché cedetti alla sonnolenza.

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


Mi scuso per il ritardo con chiunque segua la mia storia, ho avuto molto da fare in questo periodo :)

Al mio risveglio sentii ancora l’umido della foresta sotto di me, sapevo che era passato del tempo e che qualcuno era venuto a prendermi, aprii di scatto gli occhi e vidi Roy e James chini su di me con di fianco Lorn seduto vicino ad un albero poco lontano da noi:
Roy- Il vostro guaio è che quando fate i vostri piani di salvataggio non avvertite mai nessuno e restiamo sempre tutti sconvolti dalla vostra repentinità!
Io- Scusatemi ma non avevo il tempo di avvertirvi!
Lorn- Mia madre?
James- Felice come una pasqua al vostro castello, abbiamo sospeso il funerale di vostro padre per cercarvi, nessuno sa dove siete perché vi stiamo ancora cercando e nessuno vi troverà!
Io- Bene!
Guardai Roy, sul viso aveva una maschera  d‘orgoglio, sapevo che era orgoglioso di me e che mi amava quanto io amavo lui, mi sorrise e non resistetti, dovetti sorridere mentre James mi medicava la mano con il suo magico unguento, Roy mi guardò con i suoi occhi verdi così penetranti e così belli, i capelli che ballavano al vento, non resistetti dal sorridergli e lui mi posò una mano sulla guancia in segno di affetto non potendo fare altro, dall’albero si udì una voce contraria:
Lorn- Ma per piacere la fate finita con le smancerie, mi fate quasi vomitare!    
Io- Ha ragione Roy, dobbiamo scappare ma voi rimanete fino al segnale di Sir West, manderà un volatile viaggiatore alla dimora di Sir James, non il castello ma la casa, appena lo riceverete andate alla corte e mostratelo a tutti in modo che nessuno possa dubitare di voi, naturalmente quando dico mostrare non intendo farlo leggere se non al qui presente Sir James, poi potrete venire, noi vi aspetteremo là, tutto chiaro?
Roy- Ovviamente, non capisco ancora come facciate ad avere piani così ingegnosi, comunque voi come arriverete alla dimora di Sir West?
Io- A cavallo, in barca, a piedi non mi importa ma ci arriveremo, ho studiato abbastanza le carte per conoscere ogni punto di questa terra ora andate o noteranno la vostra assenza!
Roy- A presto mia piccola Helgrind!
James- A presto Helgrind!
Io- A presto e grazie per la mano!
Si allontanarono da noi velocemente, io li vedevo correre verso il sentiero al limitare degli alberi con estrema foga, sapevano quello che dovevano fare e come farlo così come lo sapevo io, mi alzai e mi strappai un lembo della camicia sotto lo sguardo sorpreso di Lorn e lo legai attorno alla ferita e alla melmosa medicina che James ci aveva applicato sopra, dovevo proteggerla e quale miglior modo, alzai lo sguardo e mi legai alla cinta la spada mentre Lorn:
Lorn- Perché vi hanno chiamata Helgrind?
Io- Perché quello è il mio nome!
Lorn- No il vostro nome è Elizabeth!
Io- Si ma ho scoperto che ho radici più antiche della casata Windsor e ho scoperto di discendere da Helgrind quindi Helgrind è il mio nome!
Lorn- Cosa significa?
Io- Cancelli della morte!
Lorn- Inquietante, vostro padre quindi si chiamava così?
Io- No ma una mia antenata a quanto pare si!
Lorn- Una donna con un simile nome?
Io- Non stupitevi, dove stiamo andando ce ne sono a frotte di questi nomi!
Detto questo mi girai e salii sul cavallo, feci segno a Lorn si salire dietro sulla sella, con un agile balzo lui saltò su e partimmo verso l’interno del bosco verso la strada che ci avrebbe portato al paesino di Sir West, non sapevo quando avrebbe mandato il messaggio ma appena arrivata glielo avrei fatto mandare perché senza Roy non potevo resistere, a causa di Lorn non avevo potuto salutarlo come si addice ma in fondo era poco corretto nei suoi confronti baciare un altro ragazzo davanti ai suoi occhi.
La strada era lunga e tortuosa, a causa della mia impulsività non eravamo riusciti a prendere acqua e cibo indi per cui ci eravamo fermati qua e là sui ruscelletti per bere e per far abbeverare il cavallo, con il cibo fu più difficile, anche se Sir West e il suo medico mi avevano insegnato parecchio sulle piante ne conoscevo gli usi solo in ambito curativo e non nutritivo, per questa mia grave mancanza fummo costretti a nutrirci di alcune bacche che sapevo essere buone per i malanni della bocca e della gola.
Erano le uniche erbe che sapevo commestibili, le cucinai il meglio che potevo per farle sembrare più gustose, Lorn era evidentemente schifato ma aveva fame e aveva bisogno di zuccheri, alla fine continuammo a cavalcare fino a notte fonda quando vedemmo le luci del paesino di Sir West, fu come vedere la luce alla fine della nebbia, come vedere l’unico appiglio tra l’oscurità, una benedizione che mai avevo sperato perché non riuscivo più a sopportare le mani di Lorn sui miei fianchi che mi accarezzavano dolcemente cercando una qualche tipo di risposta.
Arrivammo fino ai cancelli dove una guardia sostava appoggiata alla sua lancia cercando disperatamente di rimanere sveglia, mentre ci avvicinammo i suoi occhi improvvisamente come risvegliati da un sonno profondo si aprirono di scatto sull’attenti ci fermarono con la mano, mi fermai davanti a lui e lo guardai negli occhi:
Guardia- Identificatevi!
Io- Il mio nome è Helgrind e sono ospite da Sir West, lui è un mio amico, Sir Mansen!
Guardia- Come faccio a sapere che questa è la verità?
Io- Non avete una lista di quelli che dovete aspettare?
Guardia- No!
Io- Sir West non ha lasciato detto di aspettare una persona?
Guardia- Si ma si chiama Elizabeth!
Io- Sono io Elizabeth ma preferisco farmi chiamare Helgrind!
Guardia- Troppo comoda dire così, mi dispiace ma dovrete aspettare fino a domani prima di entrare nel paese!
Lorn- Come vi permettete posso garantire io per la signorina qui presente, lei è sia Helgrind che Elizabeth Anne Windsor Seconda!
Guardia- Come sapete il nome completo?
Io- Perché sono io e nessun altro sa dove sono, l’ho fatto tenere segreto, l’unico consapevole di tutto ciò è un uomo capo del paese più a ovest, non siete comunque aggiornato ma il mio nome intero dovrebbe bastare!
Guardia- Scusate tanto Miss…
Io- Lady, ho ucciso un uomo innocente quindi sono stata degradata a Lady!
Guardia- Scusate Lady Elizabeth potete passare volete lasciar detto alle guardie qualcosa?
Io- Si che se mi presento come Helgrind sarò sempre io!
Guardia- Bene allora buona notte Lady!
Ci aprì il cancello con le chiavi che teneva legate tutte assieme con un cerchio di metallo e ne tirò fuori una piuttosto lunga, entrammo e galoppammo, il paese era completamente appisolato, per questo motivo dovemmo andare a piedi trascinando il cavallo dietro di noi, entrambi eravamo avvolti dai mantelli e nessuno riusciva a vederci, passammo davanti all’unica casa aperta, era poco illuminata e sopra alla sua porta c’era scritto “ Sol nascente- Taverna”.
Non potevamo andare al castello e svegliare tutti in quel modo così decidemmo di entrare dentro a quella taverna dall’aspetto malandato, legammo il cavallo in un palo al lato della casa ed entrammo, fu una cosa orribile, dentro c’erano quattro persone, di cui tre ubriache e una ragazza impaurita in un angolo che stava cercando di sfuggire alle loro mani, la ragazza era molto giovane, probabilmente non aveva più di quattordici anni, come tutte aveva gli occhi azzurri e la pelle pallida ma i capelli erano di un castano ramato quasi rosso.
Il vestito era semplice ma la gonna era leggermente strappata nei punti in cui gli uomini tiravano, Lorn si avvicinò all’uomo dietro al bancone per chiedergli perché non li fermasse, lui non rispose, rimase apatico a guardare la scena borbottando qualche parola incomprensibile, mi avvicinai ai tre signori e alla ragazza, presi a picchiettare con la mano destra la sua spalla per attirare la sua attenzione, lui si girò verso di me e mi guardò con i suoi occhi porcini di uno strano colore giallastro e i capelli diradati dall’età:
Io- Mi scusi ma potreste lasciare in pace questa ragazza?
Uomo- Che…uh…te ne frega!
Detto questo lo tirai indietro con forza fino a scaraventarlo contro un tavolo e a tramortirlo per il colpo, la ragazza alzò lo sguardo verso di me speranzosa, stava piangendo e sorridendo allo stesso tempo, presi la mano che stava alzando verso di me e la strattonai a quelle degli altri due uomini, la presi in braccio cercando di farla sentire al sicuro e tirai un calcio in faccia a uno dei due uomini, il più vicino a me, facendolo cadere a terra, guardai Lorn e insieme uscimmo da quella taverna malfamata mentre tenevo la ragazza ancora in braccio.

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


Quella poveretta si era totalmente aggrappata a me e stava piangendo lacrime amare sul mio gilet, non mi importava tanto, il più era cercare di farla parlare per scoprire dove lei abitasse per portarla a casa, la portammo dal nostro cavallo e la sedemmo sulla sella stabilmente, lei finalmente si calmò e ci guardò:
Ragazza- Grazie mille chiunque voi siate!
Io- Il mio nome è Helgrind e lui è Lorn!
Ragazza- Il mio è Laurie, avete uno strano nome!
Io- Lo so, Laurie dove abitate che vi riportiamo a casa?
Laurie- Qui vicino ma posso andare da sola, non è un problema!
Io- Sicura che nessun uomo cercherà di prendervi?
Laurie- No, quelli mi avevano presa perché ero andata a fare una commissione in quella taverna!
Io- Bene allora andate pure ma fate attenzione!
Laurie- Certo e grazie!
La aiutai a scendere e lei si incamminò verso la sua casa, ripresi il cavallo e Lorn mi venne di fianco mentre camminavamo verso il castello, avremmo svegliato solo la guardia e avremmo dormito per una notte all’aperto, camminammo fino al castello dove il cancello era sorvegliato da una guardia vigile, una volta vicini questa ci vide in faccia e capì immediatamente chi io fossi, ci lasciò passare come se niente fosse e noi andammo nella scuderia a portare il cavallo.
Una volta tolta la sella e messo a riposo uscimmo e ci sedemmo sul prato a guardare la luna e le stelle o almeno io guardavo in cielo sperando che Roy stesse guardando la stessa stella e la stessa luna, la stessa luna era ovvio perché ce ne era una sola, Lorn era sdraiato di fianco a me e mentre guardavo il cielo notturno lui mi parlò:
Lorn- Allora voi e Lord Black state definitivamente insieme?
Io- Si, come mai vi interessa?
Lorn- Perché voi siete stata la mia donna e mi interessa la vostra vita!
Io- Bene, bè a dire la verità il nostro rapporto e arrivato a un punto piuttosto serio!
Lorn- In che senso?
Io- Non sono sicura che voi vogliate una risposta indi per cui non fate domande di cui non siete certi di voler sapere la risposta!
Lorn- Non mi sembra soddisfacente tutto ciò, mi fa restare nel dubbio più atroce e mi fa pensare male!
Io- Per me lo è!
Lorn- Questo perché voi siete crudele!
Io- No, questo perché mi piace tenere segreta la mia intimità!
Lorn- Vi prego, un solo indizio piccolo!
Io- Bè vi basti sapere che sono piuttosto soddisfatta di tutto!
Lorn- Voi?
Io- Cosa?
Lorn- Voi siete stata deflorata?
Io- Intendetela come volete!
Lorn- No, non può essere, io sono il vostro promesso non quel Lord fasullo!
Io- Lord o meno io lo amo e ciò non può cambiare!
Lorn- Ma voi amate anche me, non potete aver perso ogni sentimento nei miei confronti!
Io- Invece si, mi avete trattata male, mi avete fatta soffrire e Lord Black era lì per me, mi ha consolata e rinfrancata, voi mi avete solo fatto stare male!
Lorn- Volete una prova?
Io- Non ci sono prove di un residuo sentimento chiuso in me per voi!
Lorn- Va bene ma non rimanetene delusa quando vi dimostrerò il contrario!
Vidi il suo viso farsi serio e lui alzarsi da sdraiato a seduto, mi mise una mano sulla mia accarezzandomi dolcemente, non riuscii nemmeno a fermarlo perché rimasi letteralmente impietrita davanti alle sue movenze così libere e improvvise, dopo alcune carezze continuò mentre con l’altra mano mi accarezzava il volto, non sapevo quello che provavo, un totale dubbio, insicurezza, mi sentivo male in un certo senso perché sentivo le farfalle nello stomaco e faceva male ma allo stesso tempo sentivo bene perché era come se rievocassi un vecchio sogno dimenticato da tempo, un sogno che adoravo e che rievocavo volontariamente per dimenticare il resto.
Un bellissimo sogno che in quel momento stavo vivendo per la prima volta, un tempo sapevo che per quel sogno avrei dato qualsiasi cosa e l’avevo fatto, avevo dato la mia vita nel castello, quella di mia madre, quella di mio padre, quella di suo padre, avevo pagato tanto sia io che lui ma questo non aveva migliorato le cose, ci eravamo allontanate per la sua incapacità di vedere il mondo come lo vedevo io, questo però non aveva cancellato del tutto il nostro piccolo sogno infranto, era sempre lì in un piccolo cassetto della memoria che bruciava e scalciava per uscire, per essere realizzato a tutti i costi.
La sua mano che accarezzava la mia si spostò e incominciò ad accarezzare tutto il braccio molto lentamente, anche se c’era la camicia tra le nostre braccia sentivo talmente bene il suo tocco da far creare una piccola linea di brividi e fuoco sul braccio, fu una cosa stranissima perché non provavo assolutamente la stessa cosa, il sentimento era una cosa diversa, per me Roy rappresentava la trasgressione, l’amore che trasgrediva ogni possibile regola normale e viaggiava su altre gamme di sentimento, gamme altissime che non potevano essere raggiunte da un normale sentimento.
Per Lorn provavo un sentimento diverso, lui era per me la luce, quella luce che aveva acceso la mia miccia, la mia unica ragione per sfuggire a tutti quei cliché convenzionali che avevano comportato gran parte della mia vita, la fiamma che brillava sulla mia candela mentre Roy era quella che continuava ad alimentarla e a proteggerla dal vento che minacciava di spegnerla.
Questa volta fece una cosa stranissima, mi prese la mano e si alzò facendomi alzare, poi lentamente mi portò verso le scuderie ed entrammo nel piccolo gabbiotto che di solito era utilizzato per il custode per i riposini pomeridiani e per la vigilanza notturna, quella notte rimase vuoto, dentro c’era un letto di paglia abbastanza grande solo per uno, lui si sedette sul divano mentre io rimasi in piedi chiaramente stordita dai fatti che stavano succedendo dentro di me in quel momento.
Sentivo come un fuoco che nasceva piano, il senso di trasgressione che aumentava e uno strano dubbio che mi si insinuava dentro, lui mi tirò piano verso di lui e mi fece sedere di fianco a lui, poi lentamente avvicinò il suo viso al mio e quello fu uno scoppio, qualcosa dentro di me fece brillare la mia candela e la fiamma si alzò talmente tanto da far impallidire le stelle per la loro poca luce, sentivo la sua bocca sulla mia e fu una vera sorpresa perché quello era praticamente il nostro vero primo bacio, un vero bacio fatto e finito.
Mi persi nei miei sogni perduti mentre questi tornavano a galla velocemente e bruciando come il sole dentro la mia memoria, lui mi sdraiò e quella notte scoprii di non essere una vera fidanzata, non ero rimasta fedele al mio uomo ma sapevo già che se solo glielo avessi detto lui non mi avrebbe mai perdonato e io non potevo perderlo.

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***


Alla mattina mi svegliai di soprassalto, in realtà non era ancora mattina, la notte regnava ancora sovrana ma all’orizzonte potevo scorgere una linea quasi argentea che mostrava l’imminente alba, mi alzai e mi vestii in fretta, ogni cosa era leggermente umida per la rugiada che aveva colpito durante la notte, dopo essermi vestita uscii e mi misi il mantello in modo che mi lasciasse libera di camminare e di correre, era veramente uno spettacolo favoloso, il cielo era completamente coperto dalla solita coltre di nubi ma la notte le dava un semplice colore nero che diminuiva di intensità dove le nubi erano meno dense.
Là dove c’era l’orizzonte le nubi erano di un colore argenteo puro, di una lucentezza estrema che quasi abbagliava gli occhi, più in sotto solo un occhio molto buono poteva vedere la piccola striscia oro che stava a significare che il sole stava facendo la sua corsa imperterrito, senza preoccuparsi di quello che accadeva, senza preoccuparsi degli ostacoli, lui faceva la sua corsa senza lamentarsi e senza creare problemi.
Quanto era forte il mio desiderio di diventare una semplice stella, una piccola palla luminosa affissa nel cielo che brillava di notte e di giorno si nascondeva, nessuno mi avrebbe mai disturbato se non qualche viandante che mi avrebbe chiesto risposte e io nella mia innata sonnolenza e noncuranza non gli avrei risposto, la vita perfetta sarebbe stata quella, invece ero diventata prima una ribelle, successivamente una guerriera, poi un’assassina e adesso una traditrice.
Una persona ignobile che nella sua cattiveria perseguiva i più puri ideali, bene e male che dentro di me sempre lottavano per prevalere l’uno sull’altro e io non avevo ancora capito chi dei due vinceva, se le mie azioni erano buone o cattive ma soprattutto quante volte aveva vinto il male e quante volte aveva vinto il bene.
Decisi che non era il momento di auto infliggermi simili torture, me ne andai sul retro dove c’erano i manichini per l’allentamento e tirando fuori la spada incominciai ad allenarmi, fu inebriante sentire i muscoli tendersi sotto lo sforzo e il sudore imperlarmi la fronte, non era la stessa cosa di un vero e proprio combattimento, lottai contro tutti manichini fino a distruggerli, ero arrabbiata, sconvolta e frustrata, avevo solo bisogno di dimenticare quella notte e i manichini subirono la mia collera. 
Intanto il sole nasceva imperterrito nella sua corsa e dipingeva di rosso e arancione tutte quelle nubi altrimenti argentee ma questo bellissimo effetto durava poco perché per quanto il sole ci provasse solo le nubi che lo nascondevano restavano arancioni, quando questo fu veramente alto in cielo le nubi che lo celavano a ogni cosa erano di un color bianco accecante, una di quelle luci tremendamente candide ed eburnee  che ti offuscavano gli occhi e te li facevano bruciare per la loro purezza.
Il resto era sempre dello stesso tremendo e tetro color grigio che infestava ogni cosa, se c’era una cosa che desideravo vedere più di ogni altra cosa al mondo era il color del cielo senza nuvole, mai nella mia vita lo avevo visto, ogni volta che lo guardavo o era semi-nuvoloso o totalmente coperto da esse, riuscivo solo a vedere quell’azzurro cupo che sembrava splendere a confronto di quello dipinto nei miei quadri al castello.
Finalmente vidi una figura avvicinarsi dal prato, più che vederla la sentii perché ero girata di spalle, era un passo calmo e sicuro, probabilmente era Sir West che mi aveva sentito mentre distruggevo i suoi manichini per la mia rabbia, quando mi girai invece vidi Lorn che camminava tranquillo e vestito mentre mi osservava allenarmi, mi fermai immediatamente e rinfoderai la spada, aveva gli occhi neri colmi di piacere e il sorriso non più scarno e stanco, le labbra non più così sottili da non vedersi, erano piene come lo erano state un tempo e il sorriso che regnava su di essere era puramente gioioso e compiaciuto.
La pelle sembrava stranamente rinfrancata da una gioia di un bambino così pura e semplice da contagiare chiunque tranne me, non sarei mai più ricaduta nella sua tremenda rete, la notte scorsa non avevo nemmeno cercato di fermarlo perché ero talmente presa dalle emozioni  da non riuscire a pensare con coerenza, lui mi venne davanti non troppo distante ma nemmeno troppo vicino:
Io- Ebbene?
Lorn- Quindi adesso?
Io- Adesso cosa?
Lorn- Bè vedete questa notte avete tradito il vostro uomo con me!
Io- A proposito dei fatti di questa notte, vorrei dirvi che è meglio non parlane con nessuno perché onestamente era troppo presa dall’incoscienza per pensare!
Lorn- A me sembra  invece che vi siate divertita!
Io- Non dico questo ma non lo affermo, il mio uomo è Lord Black e non voi, il mio cuore, la mia anima sono legate a lui non a voi!
Lorn- A me questo non importa, voi sarete mia e di nessun altro, vi rapirò il cuore e lo terrò talmente stretto da farmi male, io vi ho amata da subito e continuo ad amarvi anche se siete cambiata, accetto il cambiamento e ho messo in gioco molto per voi e….
Io- Voi non avete messo in gioco niente, voi mi avete cacciato e accusato!
Lorn- Si ma sono qui e continuerò ad essere qui!
Io- Non è abbastanza convincente, non mi basta!
Lorn- Come posso riconquistare la vostra fiducia?
Io- Molto probabilmente non ci riuscirete!
Lorn- Datemi una possibilità!
Io- Incominciate con il chiudere la vostra adorabile boccuccia e tener segreto i fatti di questa notte!
Lorn- Fatto ma voi tornerete da me un giorno?
Io- Molto improbabile!
Mi girai e andai verso la porta anteriore ma una mano mi fermò e mi girai di scatto sguainando la spada, ormai un riflesso di scatto, appena vidi che era Lorn la rinfoderai:
Lorn- Bei riflessi ma almeno ditemi dove sono!
Io- Siamo nella mia residenza degli ultimi mesi, questo è il palazzo di Sir West dove sarete ospite per un po’!

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 ***


Mi rigirai verso il portone e lo aprii, Lorn mi seguì mentre io camminavo sul marmo bianco senza fare rumore grazie ai miei splendidi stivali, una volta dentro vidi Sir West che stava andando nella sala da pranzo, lo salutai e lui salutò me:
West- E costui chi è?
Io- Il suo nome è Sir Lorn Mansen un ragazzo che ho messo nei guai e che ho deciso di portare qui per salvare quel che resta della sua vita!
West- Wow, ditemi Helgrind  dove si trova Lord Black?
Io- A questo proposito volevo chiedervi se avete comunque inviato quel messaggio dove vi ho detto!
West- Certamente l’ho mandato ieri pomeriggio ormai sarà arrivato!
Io- Bene allora sarà qui tra due giorni, tre al massimo!
West- Raccontatemi cosa è successo!
Io- Bhe vedete quando sono arrivata Sir Mansen qui presente doveva diventare il capo del villaggio deponendo mio padre ma ho chiesto a mio padre se poteva diventare Kveykva il capo entrambi hanno accettato ma Sir Mansen qui presente lo ha ucciso così io ho ucciso suo padre entrambi siamo finiti in un processo e volevano ucciderlo però io mi sono sentita in colpa così come al solito ho fatto un piano in pochi secondi e l’ho salvato ma dato che non ho informato nessuno  abbiamo fatto tutto un po’ così, alla mia maniera!
Vidi il suo sguardo che si posava sulla mia mano fasciata, così la slegai e vidi il sangue rappreso sul taglio:
Io- Piccolo incidente di percorso!
West- Lo vedo, comunque Kveykva vi ha fatto mettere qualcosa?
Io- Si ovvio!
Lorn- Sentite non ci sto capendo niente, chi è Kveykva e chi è lei?
West- Immagino che voi lo conosciate come Sir James e io sono Sir West padrone di questo paese e residente in questo castello!
Lorn- Questo l’avevo capito ma chi siete voi? Perché cambiate i nomi della gente?
West- Questa è una storia lunga che non ho il tempo di raccontarvi ma sono sicuro che Helgrind ne ha!
Io- Certo Sir!
Sir West ci salutò con un cenno del capo e si apprestò ad andare a mangiare, molto probabilmente si era appena svegliato, così mi girai verso Lorn e uscii all’aria aperta, lui mi seguì e si sedette sui gradini, io mi sedetti di fianco a lui così incominciai a raccontare l’intera storia guardando il cielo come se cercassi un altro tempo, come se lo osservassi affascinata perché era così che facevo, mi immaginavo le storie e le proiettavo su in cielo:
Io- A quanto so ci fu un tempo in cui c’era bisogno in Inghilterra di validi cavalieri e così un dignitario di corte fu incaricato di viaggiare per tutta l’Inghilterra alla ricerca di cavalieri forti e valorosi, i migliori di tutto il paese, ne trovarono dieci ma non erano abbastanza perché mancava un cavaliere che non voleva essere chiamato, una donna di nome Helgrind che distrusse ogni nemico che le si trovò davanti e non chiese mai aiuto agli altri dieci cavalieri che però si infilavano sempre nelle sue imprese perché volevano essere presi in considerazione, non fraintendere erano ottimi cavalieri ma erano tutti avidi di fama che Helgrind gli copriva, così i dieci cavalieri si riunirono in consiglio e decisero che Helgrind dovrebbe essere andata distrutta, nessuno la trovò mai più perché si dice che uno dei cavalieri si era innamorato di lei e lei rimase stranamente incinta, così lei scappò con la figlia e non si fece mai più trovare, nessuno sa che cosa successe dopo fatto sta che tutti i cavalieri si diedero diversi nomi per nascondere le loro identità, nessuno restava vivo dopo un loro attacco, nessuno aveva avuto mai il coraggio di dichiarare la loro vera identità, così si venne a formare un nuovo e potente consiglio di guerrieri formidabili che da soli erano capaci di distruggere qualsiasi esercito, adesso gli eredi di ogni famiglia si sono riuniti per ricreare quel consiglio ma mancava una discendente, precisamente la discendente di Helgrind, loro pensano che sia io ma non ne sono sicura!
Lorn- Wow, comunque non c’è da preoccuparsi voi siete la degna figlia, voi siete un’abile spadaccina e sapete come curare le persone, siete valorosa e oltremodo meravigliosa in tutto e per tutto, se Helgrind era solo la metà di voi vorrà dire che era una donna favolosa, voi siete perfetta!
Io- Non dite così perché nessuno è perfetto, anche io ho i miei lati oscuri di cui non vado fiera!
Lorn- Sfogatevi così potrete tornare ad essere pura!
Io- Non posso perché la mia impulsività mi seguirà ovunque!
Lorn- Mi dispiace per questo ma vi siete fatta riscattare se ritenete la morte di mio padre un mero gesto di impulsività!
Io- Sentite non ho bisogno del vostro perdono, ho solo bisogno di diventare migliore e ciò significa che devo cambiare, dovrò imparare a collaborare con ognuno dei cavalieri e dovrò imparare a combattere meglio di come so farlo ora!
Lorn- Questo è impossibile, perché non capite, voi siete già la miglior spadaccina che esista sulla terra, siete un abile stratega, un’ottima persona, fidatevi quando vi dico tutto ciò perché io so come eravate prima di tutto questo e adesso vi vedo!
Io- Cosa intendete?
Lorn- Quando vi ho conosciuto…..bè  eravate semplicemente la ragazza più bella che avessi mai visto, eravate una ragazza dolce, tranquilla, sareste stata un ottima moglie ed eravate abile nel parlare, nel convincere le persone e nel fronteggiare lo sguardo cosa che nessuna donzella avrebbe mai fatto, eravate una bellissima e unica damigella che sarebbe diventata un’ottima moglie e un’ottima sovrana, adesso, in questo momento mentre siete seduta di fianco a me posso vedere la splendida persona che siete, la ragazza libera e buona che mi ha salvato la vita, la splendida spadaccina che ha rischiato solo per mettermi al sicuro, la splendida donna che un giorno so che diventerà madre di un’altrettanto bella fanciulla che ruberà i cuori di ogni ragazzo, voi siete una gran testa calda, sapete il fatto vostro e non fraintendetemi quando vi dico questo ma perdervi è stato per me come perdere il sole perché è questo che voi siete, un splendido sole primaverile che riscalda e vizia ogni uomo, se voi foste anche solo lontanamente a conoscenza di tutto ciò la sapreste usare come arma contro tutti!
Io- Sono colpita Sir Lorn, non pensavo che voi aveste queste considerazioni di me!
Lorn- Voi sottovalutate la vostra persona, avrete sicuramente notato il mio cambiamento quando siete tornata!
Io- Certo e a proposito cosa vi era successo?
Lorn- Semplicemente il vino non aveva più sapore, il cibo non aveva più alcun effetto, l’aria non mi cullava più e il sole non sapeva ormai più illuminare niente, avevo perso tutto ciò che mi aveva dato la percezione di tutto quello che esiste!
Io- Mi dispiace di avervi abbandonato a quel modo ma non è stata solo colpa mia!
Lorn- Vero, ero troppo arrabbiato per il fatto che voi stavate cambiando, non mi ero reso conto che eravate ancora quell’anima fragile che conoscevo, vi ho fatto soffrire e mi dispiace, è stata tutta colpa della mia insulsa voglia che tutto tornasse come prima e la cosa strana è che sono stato io ad incoraggiarvi a tutto questo, se non l’avessi fatto voi sareste ancora al castello e probabilmente adesso saremmo sposati!
Io- Già ma niente va mai come dovrebbe andare indi per cui non dobbiamo crogiolarci nei nostri dolori ma porgere l’altra guancia alla felicità per ricevere il prossimo schiaffo da essa!
Lorn- Siete diventata saggia!
Io- Capita, ormai devo aver la capacità di combattere e la saggezza di saper distinguere tra il giusto e lo sbagliato!
Lorn- Vi invidio sapete?
Io- E per quale insano motivo voi invidiereste una fuggitiva assassina?
Lorn- Perché la fuggitiva assassina ha il coraggio delle sue azione e la  saggezza per agire!

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Capitolo 38
*** Capitolo 38 ***


Lo guardai per la prima volta negli occhi, fu come guardarlo la prima volta, non avevo mai notato la splendida sfumatura adamantina della sua pelle, la sua consistenza marmorea e la sua compattezza eburnea, non avevo mai notato quegli splendidi occhi neri profondi come il mare ma con le stelle all’interno, le vedevo splendere e illuminare il cieco buio di quello splendido colore.
Non avevo mai minimamente notato la sottigliezza delle sue labbra e la piccola fossetta sotto il naso che aveva, una specie di prolungamento di quella normale, la roseicità cristallina che splendeva su di esse, lo splendido mento affilato e composto, i capelli lunghi e mossi, neri come la notte ma con strane striature bianche luccicante dovute alla luce solare, mentre lo osservavo quelle labbra perfette si mossero:
Lorn- Perché mi guardate così?
Io- Perché ho appena notato che siete incredibilmente splendido!
Lorn- Buono a sapersi!
Io- Non voglio privare nessuna donna di quelle labbra e di quelle ciglia folte che su di voi sono uno spreco!
Lorn- Perché?
Io- Perché sono troppo belle per essere vere, sono le ciglia della donna ideale!
Lorn- Come voi!
Io- Sono ben lontana dallo stereotipo della donna modello ma voi dovete smetterla di correre dietro a me solo per il fatto che privereste le altre donne di una tale bellezza!
Lorn- Voi mi sopravvalutate, non capite che per me le altre donne non esistono?
Io- Dovrebbero invece, io non sarò mai perfetta, non sarò mai una vera donna da amare, io resterò semplicemente un guerriero che vagherà per il mondo!
Lorn- Spiegatemi allora perché Lord Black sarebbe all’altezza di tutto ciò!
Io- Non è adatto nemmeno lui però a vostra differenza lui è come me!
Lorn- Cosa vuol dire?
Io- Che non ha una fissa dimora, non pretende normalità da me come io non la pretendo da lui!
Lorn- Mi dispiace distruggere i vostri sogni ma anche lui un giorno pretenderà da voi cose che adesso non pretende o forse voi le pretenderete da lui quando per un incidente porterete in grembo un bambino!
Detto questo si alzò e io rimasi totalmente paralizzata, ora capivo ciò che volesse dire, cosa intendesse, era vero, prima o poi le nostre avventure private avrebbero portato delle conseguenze e io non potevo permettermi un figlio o almeno non in quel momento, se avessi mai voluto una famiglia non avrei mai preso una strada del genere, piena di pericoli e insidie, non avrei mai messo a repentaglio la vita del mio bambino maschio o femmina che fosse.
In quel momento mi prese una assurda voglia di sapere se le nostre avventure avevano portato a qualcosa, se la mia vita intima avesse prodotto un frutto che stava maturando, il punto era che non sapevo come fare, in quelle occasioni una donna aspettava e basta ma io avevo bisogno di saperlo, dovevo saperlo perché se fosse stato vero avrei dovuto cercare una soluzione, una casa per quel bambino ma sapevo che non potevo donargli una famiglia o almeno sapevo che io  non sarei stata una buona madre e ciò comportava assolutamente il mio rimpiazzo.
Se c’era una cosa che potevo fare per un eventuale bambino era cercare una vera famiglia per lui, una vera madre, un vero padre e una vera casa, continuai a fissare la lucentezza eburnea del cielo cercando una soluzione a tutto questo, di chi mi potevo fidare? Sicuramente di James ma non sapevo se era adatto ad allevare un bambino, forse Lorn ma era un’incombenza che non avrebbe mai accettato, per il resto non mi rimaneva nessuno.
Mi alzai quasi febbrilmente da quegli scalini e mi misi a camminare verso il muro che recintava tutta la proprietà, volevo stare da sola, per la prima volta mi sentii veramente una donna, mi sentii come doveva sentirsi una vera ragazza, insicura, spaventata ma determinata, era così che avrei dovuto sentirmi.
Ero insicura perché non sapevo se le considerazioni di Lorn avevano un fondo e nemmeno se le mie considerazioni rispecchiavano il vero, ero spaventata perché se si fossero dimostrate vere avrei dovuto trovare una soluzione e ciò probabilmente comportava l’abbandono del piccolo se fossi sopravvissuta al parto, ero determinata perché sapevo che qualsiasi cosa fosse successa avrei comunque fatto il possibile per andare avanti nel modo migliore e nella linea che mi ero tracciata con i suoi ideali.
Camminavo febbrilmente sull’erba di quello strano colore così diverso da quello che copriva il giardino di James, così umido come ogni altra cosa, arrivata al muro si sentì quasi male, sentivo come una specie di fitta alla testa e alla pancia, dovevo tornare indietro e così corsi fino alle scale sulle quali ero stata seduta ma appena arrivata tutto questo era sparito, avevo sentito i pugnali colpirmi la pancia e devastarmela ma ora non era rimasta traccia se non un debole eco del dolore provato.
Tutto ciò era anche avvenuto nella testa, entrai immediatamente credendo che fosse stata la luce adamantina del sole attraverso le nuvole a farle tutto questo, una volta dentro vidi che Sir West usciva dalla sala da pranzo con al fianco Lorn e parlavano amabilmente, mi fiondai immediatamente verso di loro e li fermai:
Io- Mi scusi l’interruzione Sir West ma avrei bisogno di un medico!
Lorn- Guardate che le considerazioni che avevo fatto prima erano supposizioni, non è detto che voi portiate in grembo un bambino!
Io- Non mi riferivo a quello ma al fatto che prima sono andata al sole e mi è venuto un tremendo mal di testa e di pancia ma appena sono tornata all’ombra sono stata subito meglio, credo che si tratti di un qualche malanno dovuto al sole!
West- Ma certo mia cara, mando subito un servo a chiamarlo!
Io- Grazie!
Detto questo Sir West corse verso il servo più vicino e passai un’ora da incubo, mi ero sempre preoccupata per la mia precaria salute, forse i miei genitori avevano ragione, forse non avrei mai dovuto uscire da quel castello, la mia salute era sempre stata precaria e forse aveva ragione, forse erano riusciti a capire molte cose prima che me, forse avrei dovuto dare ascolto a loro piuttosto che al mio cuore.
Andai nella sala della musica e suonai il piano, avevo assoluto bisogno di concentrazione ma non osavo uscire per paura che potessero tornarmi i dolori, avevo molta paura e purtroppo Roy non era lì, ero sola in quel posto, completamente lasciata alle mie forze ma poi sentii la porta aprirsi e vidi Lorn sedersi di fianco a me e suonare il piano con me, vidi le nostre mani giocare con i tasti d’avorio, giocare con questi e ribellarsi alle convenzioni, lui suonava la sua pacata e borghese melodia, io la mia selvaggia ma la cosa strana era che insieme erano molto belle.
Come la calda luce del sole che bacia la selvaggia tranquillità della foresta, il bellissimo candore del cielo che si mischiava alle nubi minacciose, il sole che cercava un flebile e debole buco tra il grigiore cupo e violaceo delle nubi, la maestosità della foresta che inglobava la fragilità dell’essere umano, una bellissima unione che creava una favolosa armonia tra tutto ciò che creava perché era questo che si era venuto a formare con quelle note, l’unione melodiosa tra la distruzione e la creazione.
Solo un servo riuscì a interrompere la magia portando dentro un medico che appena mi vide rimase a bocca aperta, cercò di esprimere qualche parola e poi mi elogiò come ben pochi:
Dottore- Mio dio salve, voi siete alquanto bizzarra ma i vostri magnifici capelli biondi che danzano come molle, i vostri splendidi e freddi, indifferenti occhi viola, i vostri lineamenti freddi e distaccati, così fini e marcati che mai una donna è riuscita a portare sul suo volto, la vostra snella e fortissima figura, cosa mai vorrà una tale bellezza così forte e giovane da un piccolo medico di paese come me?
Io- La ringrazio dei vostri elogi ma non è assolutamente necessario, ho solo bisogno di un suo parere, prima sono uscita e ho avuto un forte mal di testa e mal di pancia, non so cosa sia ma so solo che appena sono entrata all’ombra è completamente passato tutto!
Dottore- Bè posso dirle che il mal di testa è causato probabilmente dallo stress e dal sole ma il mal di pancia è assolutamente anomalo!
Lorn- Cosa intende dottore?
Io- Sia chiaro con me!
Dottore- Ho solo una spiegazione per un malanno così passeggero, lei è incinta!

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Capitolo 39
*** Capitolo 39 ***


Io- No, non può essere, non doveva accadere!
Dottore- Non credo che sia una notizia così scandalosa!
Io- Per me si, forse lei non se ne rende conto ma la mia vita non è facile, non ho una casa, la mia famiglia è totalmente morta, il mio paese mi ha cacciato e se dovessi tornare mi metterebbero in carcere, non ho un marito, sono un guerriero e non posso donare una vita al bambino!
Dottore- Mi dispiace molto ma non esiste alcun modo per perdere spontaneamente il bambino!
Io- Mai ucciderei una vita in quel modo, lo terrò e poi lo donerò a un mio amico o comunque a qualcuno a cui va la mia fiducia!
Dottore- Ne è sicura?
Io- Ovviamente, non posso garantire la sicurezza di mio figlio o figlia quindi questa è la mia decisione!
Mi alzai e mentre camminavo verso l’uscita sentii il mantello oscillare dietro di me, i sospiri di tutti i presenti che colmavano la loro malinconia e il loro dispiacere, sentii le lacrime bagnarmi il volto e rigarmi il viso in uno scoppio di singhiozzi, mi ritirai nella mia vecchia stanza e lì rimasi tutto il giorno.
Mi sentivo letteralmente male, non ero assolutamente pronta per avere un figlio, un piccolo bambino che cresceva dentro di me, si nutriva da me, tutto ciò che facevo si rifletteva su di lui e io dovevo combattere, dovevo cavalcare, dovevo cibarmi non sempre di alimenti giusti, avrei sofferto gli stenti nella mia vita e non volevo compromettere quel bambino, avrei dovuto continuare gli allenamenti ma tutto ciò comportava qualcosa per il bambino.
Dovevo fare i conti con un imminente abbandono, un altro membro della mia famiglia che se ne andava, altro dolore che avrei dovuto sopportare senza poi contare che non avrei mai rivisto il mio bambino e non avrei mai potuto dirgli chi ero perché lo avrei sconvolto, gli avrei cambiato la vita, se mai gli avessi detto che ero sua madre lui ne avrebbe risentito parecchio e non avrebbe mai avuto il coraggio di chiamarmi madre.
A  chiunque lo avessi affidato avrei fatto giurare di mantenere il mio segreto, chiunque avesse accettato questa grave incombenza non avrebbe mai dovuto rivelare la mia identità e io non avrei mai potuto andare a trovare costui, non potevo cadere in tentazione, non potevo permettermi neanche una visita, mi venne in mente solo un nome che ero sicura che avesse rispettato tutto questo, andai immediatamente nella scrivania e scrissi velocemente tutto ciò che serviva:
“ Caro Sir James non che nuovo governatore,
avrei un’incombenza che non posso permettermi di trattare alla leggera, con mia grande sorpresa oggi ho scoperto di avere una gioia inaspettata ma come molte gioie non la posso accettare, a quanto dice il medico che mi ha visitato sono in attesa di un bambino, come avrete già capito non posso permettermi di tenerlo ma non esiste alcun modo per perderlo e non lo vorrei nemmeno fare, non posso permettermi nemmeno di rivelargli il mio nome, la mia identità di madre e per questo chiedo a voi umilmente di accoglierlo come vostro figlio, di inventarvi qualsiasi cosa ma non rivelate mai a questo bambino la mia identità perché non sarebbe giusto nei suoi confronti, ditegli che vostra moglie è morta di parto, che non ha potuto conoscerla per questo motivo ma mantenete il mio segreto, lo chiedo a voi perché io non posso entrare nel vostro paese perché sono ricercata, farò in modo di portarvelo ma quella sarà l’unica volta che lo vedrò e che vedrò voi, vi chiedo tutto ciò perché io ho fiducia in voi, so che lo crescerete come va cresciuto, so che manterrete la mia richiesta e che lo terrete allo scuro di tutto, comprendo che questa sia una grande incombenza da parte mia ma ve lo chiedo in qualità di donna, di madre e di amica, non come Helgrind, non come guerriera, se accetterete fatemelo sapere, io sarò sempre qui dove voi sapete che sono, in attesa di una vostra risposta vi porgo i miei più cari saluti e i migliori auguri
Helgrind”
Non mi accorsi delle lacrime che mi rigavano il volto, non mi accorsi del dolore enorme che provavo fino a che non chiusi la busta e la diedi a un servo per farla recapitare, appena sentii che i fatti erano compiuti mi lasciai andare sul letto e piansi come non facevo da tempo, come non avevo mai fatto, ogni minimo dolore insorse dentro di me e divenne sempre più forte e potente, sempre più immenso e malvagio, ogni cosa che avevo represso stava salendo come mai ma giurai a me stessa che non sarei tornata sui miei passi e che mai avrei mostrato le mie vere emozioni a nessuno.
Non potevo permettermi scoppi di umore di nessun genere, non potevo permettermi alcun vacillamento, avevo deciso di essere fredda, indifferente e distaccata, non avrei potuto vacillare nemmeno una volta, se mai James avesse trovato una soluzione e io avessi potuto tornare a quel castello sarei tornata ma non avrei mostrato niente a nessuno, avrei tenuto tutto per me come era giusto, mentre mi crogiolavo nelle noti dissonanti del dolore passarono tre giorni nei quali non mostrai niente a nessuno, nemmeno quando Roy tornò da me mostrai altro se non una felicità repressa a malo modo.
Non dissi assolutamente niente riguardo al bambino e pregai Sir West di non dire niente, non sapevo da quanto ero incinta ma sapevo che dovevo almeno aspettare l’arrivo della lettera di Sir James che per mia grande fortuna arrivò il giorno dopo l’arrivo di Roy, stavo tranquillamente mangiando nella sala da pranzo quando un servo entrò e corse verso di me con una lettere sigillata e firmata da James, guardai tutti nei volti e chiesi:
Io- Posso ritirarmi?
West- Naturalmente!
Roy- Aspettate che vi raggiungo!
Io- No, non è necessario!
Mi alzai e andai nella mia stanza correndo, avevo bisogno di una conferma, avevo bisogno della mia solitudine per compiangere colui che sarebbe stato l’unico erede della casata Windsor e sarebbe cresciuto all’oscuro di tutto, una volta dentro chiusi la porta a chiave e mi sedetti sul letto stracciando il sigillo dalla busto e leggendo freneticamente il contenuto:
“ Cara Helgrind,
mi rammarica molto sapere tutto questo, mi rammarica sapere che voi tenete una vita dentro di voi e abbiate deciso di lasciarla andare per una strada più sicura, mi rammarica sapere che sarò io l’artefice di tutto questo, accolgo piangendo la vostra richiesta perché mai mi sarei aspettato una cosa simile e vi prometto il mio silenzio così come la crescita di vostro figlio, vi giuro che farò in modo che un giorno possiate tornare pacificamente per vedere il viso di vostro figlio e rivelargli voi stessa la vostra identità ma fino ad allora manterrò il vostro segreto se è questo che voi desiderate, giuro sulla mia vita che il bambino avrà una vita degna di lui, degna della madre e lo affiderò alle migliori cure, sia mie che di un’attenta balia, voi non dovete preoccuparvi di nulla, quando sarete pronta portatemelo e avvisatemi di tutto così sarò pronto ad accogliere un Windsor nella mia umile casa e umile famiglia, vi porgo i miei migliori auguri e saluti.
Kveykva”

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Capitolo 40
*** Capitolo 40 ***


Ero felice perché adesso sapevo che mio figlio sarebbe cresciuto bene, sapevo che lui non avrebbe mai sofferto, non avrebbe mai capito nulla di tutto quello che ero, non mi avrebbe mai conosciuto, non avrebbe mai saputo chiamarmi madre e mai ne avrebbe avuto il coraggio, tutto avrebbe filato alla perfezione tranne il mio dolore, quello era il mio freno, la mia più grande paura che avrei saputo come affrontare.
Qualcuno bussò alla porta interrompendo i miei pensieri, era Roy e Lorn che erano saliti per vedere come stavo, li feci entrare e tutti e due mi guardarono perplessi:
Roy- Perché piangete?
Io- Mi dispiace avervelo tenuto nascosto ma Roy io porto un figlio in grembo!
Roy- Bellissimo, allora sono lacrime di gioia, quanto mi rende felice questa notizia!
Io- Non dovrebbe!
Roy- Cosa intendete?
Lorn- Questa mi è nuova, ditemi cosa intendete?
Io- Che ho chiesto a Sir James di crescerlo al posto mio, appena sarà nato lo porterò al suo palazzo di nascosto e glielo lascerò, ho scelto lui perché è un ottima persona e perché non posso entrare nel suo paese!
Lorn- Ma perché farvi  del male a questo modo?
Io- Perché non posso permettermi di tenerlo, non posso crescerlo come dovrebbe crescere, non posso neanche dirgli che sono sua madre perché non mi accetterebbe, devo fare così, non ho altra scelta!
Guardai Roy negli occhi, non sembravano nemmeno i suoi, quel verde così puro era diventato un cupo verde spento, non ne capivo il motivo inizialmente ma compresi che il suo dolore era un eco del mio, lui era il padre e provava il mio stesso dolore, Lorn non ne capiva il motivo ma noi si, la nostra vita sarebbe cambiata ma sapevo che prima o poi sarebbe tornata la stessa:
Roy- Come puoi fare tutto ciò, non ti capisco, io ti amo e abbiamo avuto una speranza insperata e tu la butti come se niente fosse, come puoi guardati in faccia?
Io- Come voi fate a non capire che questo è stato un dolore immenso per me che ho affrontato tutta da sola, non capite che per me è un grande dolore ma voi sentite solo il vostro egoismo, siete solo un piccolo insignificante, io sto soffrendo ogni secondo che passa sempre di più e voi pensate solo a voi stesso, bene io farò come è meglio per me e se a voi non piacerà non è colpa mia!
Lorn- Non è necessario creare una discussione per questo!
Io- No, Lorn avete ragione, non è necessario creare una discussione per questo anzi per nient’altro, mi dispiace ma vi ho rivisto, io starò da sola come è giusto che sia, lasciatemi in pace entrambi e createvi una vostra vita!
Lorn- Cosa state dicendo?
Io- Sono stufa di voi due, non fate altro che mettermi pressioni e preoccupazioni, sempre a cercar di prendere la mia mano, ad accasarmi, a mettermi delle catene ai polsi, voi Roy pensate solo a voi stesso e non vedete più in là del vostro naso mentre voi Lorn avete ucciso mio padre, mi avete fatto bandire dal mio paese e adesso pretendete il mio amore, no non ci sto, andatevene e cercatevi qualcuno che vi sopporti perché io ne ho le tasche piene!
Lorn- Ma….
Roy- No basta, sono stufo pure io, sempre dei vostri pianti, delle vostre decisioni prese di fretta e senza consultare nessuno, se siete così brava da cavarvela sempre da sola allora sapete che vi dico avete vissuto una vita da sola continuate pure sulla vostra falsa riga!
Detto questo uscì di fretta dalla stanza con l’aria arrabbiata, non volevo parlargli, avevo già abbastanza guai per conto mio e non mi serviva l’egoismo di Roy, Lorn mi osservò sconvolto e uscì dalla stanza, da quel momento in poi la mia vita cambiò progressivamente, all’inizio, nei primi tre mesi, riuscivo ancora a combattere molto bene e non avevo problemi di equilibrio, solo un po’ di mal’umore e qualche giramento di testa, Roy continuava a restare lì perché cercava ancora di convincermi a tenerlo ma non ci riuscì.
Lorn non mi guardò, non mi parlò, non mi cercò nemmeno perché non sapeva che fare, quando passarono gli altri quattro mesi finalmente riuscii a partorire, nacque un bellissimo bambino che chiamai Gabriel, un bellissimo bambino dagli occhi verde-acqua, i capelli neri corvini e mossi, lo tenni con me tre giorni e poi arrivò il giorno fatidico, il giorno in cui smisi di essere una mamma ma semplicemente Helgrind, litigai come al solito con Roy:
Io- Roy smettetela io porterò Gabriel a Sir James e mi dispiace per voi ma non dovrete dirgli che è vostro figlio, non potrete nemmeno avvicinarvi a lui o giuro su me stessa che ve ne pentirete!
Roy- Ma perché non posso avvicinarmi?
Io- Ho chiesto a Sir James di inventarsi una storia e quella rimarrà, se voi entrerete in scena tutto cadrà e lui vorrà sapere chi è sua madre e io non voglio perché lo deluderò quindi basta!
Roy- Voi siete crudele, non capite cosa significhi per me tutto questo!
Io- Si che lo capisco e mi dispiace procurarvi un tale dolore ma non posso fare altro se non donare una vita a Gabriel e ora scusatemi ma devo intraprendere un viaggio molto lungo e dovrò usare una carrozza per farlo ciò significa che sarò molto appariscente e dovrò nascondermi bene!
Roy- Fate pure ma non mi troverete qui al vostro ritorno!
Io- Nulla mi farebbe più felice se non ritrovarvi qui ma se è ciò che volete andate pure!
Mi girai e questa volta fu per sempre, andai verso il portone principale con il fagotto di Gabriel tra le mani con cui lo tenevo caldo e al sicuro, un uomo, probabilmente la guardia, mi aiutò a salire e richiuse la porta dietro di se, poi senza un ordine la carrozza partì, io osservai il bellissimo visino di mio figlio, quegli occhi così belli di quel colore tutto suo, quel verde-acqua così puro e intenso che mi guardava, quelle piccole fossette sulle guancie quando emetteva quei teneri versetti e sorrideva per il solletico che gli facevo.
Quei bellissimi capelli neri corvini mossi che erano ancora pochi e corti ma che sapevo sarebbero diventati folti e forti, quella pelle così candida e morbida che sembrava quasi brillare di una lucentezza opaca, quelle mani eburnee che si allungavano in avanti per giocare con i miei boccoli biondi, ancora non sapevo come avrei fatto senza di lui, solo in quei tre giorni avevo stretto con lui una tale sintonia che mai avrei sperato e adesso mi rimaneva un giorno e mezzo per fargli dimenticare che io esistevo, le lacrime furono involontarie ma coronavano il momento come nient’altro avrebbe mai potuto fare, mi venne istintivo parlargli, provare a dargli una qualche spiegazione di tutto ciò che stavo per fare, del fatto che sua madre lo stava abbandonando:
Io- Piccolo mio, oh mio piccolo Gabriel se tu solo un giorno ti ricordassi del mio volto in lacrime, se un giorno riguardassi i tuoi primi ricordi e il mio volto ti apparisse capiresti molte cose, mi dispiace averti abbandonato ma so che è l’unica strada che posso intraprendere, se tu solo ti ricordassi delle mie parole, non è bello quello che ti sto per dire ma tu ti devi dimenticare di me, diventerai un amabile e rispettato giovanotto, avrei un ottimo padre acquisito e delle balie sempre pronte per te che soddisferanno ogni tua esigenza, avrai un mondo di giocattoli e tante cose da imparare, la vita è una cosa meravigliosa mio piccolo Gabriel e tu la vivrai a pieno come è giusto che sia, scoprirai le cose per gradi e imparerai ad amare, soffrirai molto ma non ti preoccupare perché io non ti dimenticherò, ogni volta che soffrirai io sarò di fianco a te impercettibilmente, ti penserò e cercherò di alleviarti il dolore così, so che non è molto ma è tutto quello che posso darti, so che non capirai mai il perché delle mie gesta ma se tutto andrà come deve andare tu non saprai mai chi sono e vivrai una vita felice come doveva essere per me, non fare mai le mie scelte o sarai costretto a molte, troppe rinunce, io l’ho scelto perché non mi rendevo conto quando ho iniziato di tutto ciò, ora so cosa vuol dire e non fraintendermi non me ne pento ma se potessi cambierei alcune cose, poche ma alcune si, non pensare che sia facile scappare perché non lo è, se scappi lo devi fare con convinzione e devi tener testa alle tue decisioni buone o brutte che siano, ricorda che un uomo sbaglia ma un grande uomo chiede perdono e il perdono è fondamentale, non cercare di cambiare mai nessuno perché cambieresti te stesso e accetta tutto quello che dico come consigli se mai un giorno ti ricorderai in un sogno della mia voce, accetta le persone per quello che sono e se non ti piacciono non combatterle a meno che non siano una minaccia, cammina sempre a testa alta se di ogni decisione che hai preso ne vai fiero e dai sempre retta a chi credi possa essere veramente saggio!
Detto tutto questo piansi veramente tanto, Gabriel mi guardava stranito e cercava di prendere quelle piccole gocce luminose che scendevano dalle mie guancie senza capire cosa fossero, fu un viaggio straziante, ogni volta che lo guardavo vedevo il ragazzo che sarebbe stato e piangevo perché non avrei mai fatto parte della sua vita, non avrei mai potuto chiamarlo figlio perché mai lui avrebbe potuto accettarmi come madre, mai lui mi avrebbe chiamato madre perché mai avrebbe avuto il coraggio della verità perché a volte la verità era troppo dura.
Scoprire mio malgrado di poter avere un figlio e poi doverlo abbandonare ad un amico perché non si ha una soluzione sicura per lui era una cosa terribile, non poterlo crescere e non poterlo nemmeno osservarlo da lontano era ancora più tremendo perché non si sarebbe mai ricordato di me e io volevo solo quello, che alcune delle mie parole gli restassero impresse nella memoria e che un giorno in un sogno se le fosse ricordate e avrebbe capito quello che avevo fatto.
Quando finalmente ci trovammo nei pressi del mio paese mi misi il mantello con il cappuccio e scesi dalla carrozza annunciando al cocchiere che di lì in poi avrei proseguito a piedi, la camminata fu ancora più difficile perché vedevo la gente girarsi al mio passaggio e osservare il fagotto tra le mie braccia, nessuno aveva il coraggio di avvicinarmi perché avevano paura di sbagliare e incolpare lo sconosciuto che camminava per strada ed etichettarlo come me.
Camminai fino al palazzo dove avevo abitato, guardalo mi faceva male ma dovevo farlo, lo aggirai ed entrai dal cancello per le serve fino al portone principale che aprii, così mi ritrovai dentro al mio palazzo, fu come tornare alla mia vita prima di tutto, prima di Helgrind, prima di Lorn, mi sentii spaesata e incredibilmente sola.
Andai nella stanza dei ricevimenti con Gabriel in braccio, la stanza era come me la ricordavo, incredibilmente spaziosa e piena di mobili, sentii subito dei passi proveniente dal corridoio e la porta si spalancò, entrò dentro la stanza James, le lacrime continuarono a scendere perché ora la cosa stava diventando reale, troppo reale e non volevo più farla, non volevo più abbandonare mio figlio, volevo ancora sentire le sue manine nei miei capelli ma non potevo, se lo amavo veramente non potevo tenerlo con me, dovevo dargli un’istruzione e una vita dignitosa.
Vidi James avvicinarsi e chiudere la porta dietro di lui, lo vidi avvicinarsi a me e guardare negli occhi il bambino tra le mie braccia che giocava con i boccoli biondi della mamma, alzò gli occhi che stavano incominciando a lacrimare per la commozione:
Io- Sir James vi parlo come amica, come donna e come madre, prendete mio figlio Gabriel e crescetelo come vostro!
James- Naturalmente Helgrind, farò il possibile per dargli una vita dignitosa!
Io- Bene e ora prendetelo in braccio!
Lui allungò le mani impacciatamente, lo prese tra le sue braccia ma il bambino voleva la mamma non lo sconosciuto, subito James cercò di cullarlo con le braccia ma Gabriel continuava a piangere, non ce la feci, sentii il mio cuore spezzarsi in mille pezzi e perdersi in posti troppo reconditi e oscuri per essere recuperati, mi girai e aprii la porta, fuori c’era Isadora che stava accorrendo portando con se una coperta, la osservai e lei guardò me.
Il pianto del bambino continuava e mi lacerava dentro facendomi scendere sempre più lacrime, dovevo chiudere quel capitolo, lasciai che Isadora entrasse e poi chiusi la porta spegnendo il pianto, spegnendo la mia vita anche se un eco di essa mi logorava la mente con le urla e il pianto di Gabriel.
Corsi fuori e me ne andai con la carrozza lasciando lì  la mia vita.

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Capitolo 41
*** Capitolo 41 ***


Passarono vent’anni, io divenni una specie di eroina, le mie imprese erano conosciute in ogni dove, re e governanti mi chiamavano da ogni parte e io accorrevo, ero diventata il guerriero  numero uno perché ero spietata, avevo perso Roy, avevo perso mio figlio e Lorn, avevo perso la mia famiglia, non avevo niente da perdere e quale peggiore nemico di quello che non puoi ferire?
Avevo compiuto imprese degne di un dio, avevo sterminato da sola eserciti molto potenti e ucciso uomini troppo malvagi, ero diventata un pezzo di carne fredda, imperturbabile e indifferente a tutto quello che accadeva intorno a me, facevo tutto quello che mi veniva ordinato e non sbagliavo mai, James mi mandava lettere di Gabriel raccontandomi ogni cosa.
Mi descrisse la prima volta che si alzò in piedi e cammino all’età di nove mesi, mi disse che si era alzato gattonando e che si era aggrappato al muro per camminare, la sua prima parola che fu “ mamma”, non seppe dirmi perché la disse perché effettivamente la sua mamma non la conosceva ma la disse a un anno, mi descrisse la prima volta che incominciò a suonare il piano e che il suo insegnante lo aveva definito un piccolo prodigio di dieci anni, la sua prima volta a cavallo all’età di undici anni.
Tutte le sue piccole avventure, la sua cicatrice sulla mano che si era fatto perché per la sua testardaggine aveva cavalcato troppo a lungo e le redini gli avevano tagliato la mano, ogni cosa e io fui sempre felice di sapere tutto, naturalmente non potevo rispondergli mai perché se Gabriel avesse chiesto di chi erano lui non avrebbe potuto rispondere, mi disse anche che voleva sapere di più di sua madre e che lui le aveva detto che lei era morta dandolo alla luce.
Dopo vent’anni mi scrisse una lettera che mi sconvolse:
“ Cara Helgrind,
mi dispiace averti scritto solo adesso ma Lord Black è entrato nella guardia privata del nostro palazzo da un anno, lui non ha rivelato niente a Gabriel ma sono sicuro che vi farà piacere saperlo. James”
Finito di leggere presi il primo cavallo e cavalcai per tutto il giorno fino a notte fonda e non mi fermai, la rabbia mi teneva sveglia, la frustrazione e la mia insana voglia di staccare la testa a Roy, alla mattina del giorno seguente il cavallo era esausto ma per mia fortuna arrivammo al paese e subito la gente mi guardò impaurita, mi conoscevano e non avevano dimenticato ma la mia fama non aveva contribuito molto bene.
Arrivai fino ai cancelli dove Roy mi fermò, lo guardai esterrefatta, era bellissimo anche se aveva circa trentanove anni come me, i capelli neri erano sempre luminosi e forti, gli occhi verdi erano solo leggermente velati dall’età ma come i miei d’altronde:
Roy- Helgrind in questo paese siete in arresto!
Io- Dopo anni che non mi vedete sono queste le prime parole che mi dite Roy?
Roy- Mi dispiace essere così poco cortese con voi ma qui rappresento la mano della legge e quindi voi dovete seguirmi!
Scesi da cavallo e lui mi legò le mani dietro la schiena con una corda non molto robusta, uno strattone e facilmente l’avrei allentata, mi portò all’interno del palazzo e appena oltre la soglie mi fece inginocchiare a terra, io caddi e guardai il freddo marmo sotto di me:
Roy- Sir James vi porto una fuggitiva!
James- Chi è?
Alzai il viso e vidi il volto di James farsi paonazzo, diventare rosso per la sorpresa e dietro di lui un magnifico ragazzo sui vent’anni con dei morbidi capelli neri mossi dal vento e due occhi verde-acqua splendidi guardarmi con sorpresa, le sue labbra diventare una linea retta carnosa e favolosamente definita, la pelle diafana colorarsi di rosso nelle guancie, era il più bel ragazzo che avessi mai visto ma non mostrai niente quando i nostri sguardi si incontrarono, ero diventata brava a nascondere tutto:
James- Lasciatela andare!
Roy- In questo paese è una fuggiasca non posso!
James- Ha pagato con vent’anni di esilio credo che possono bastare, ora lasciatela!
Feci da sola, diedi uno strattone alle corde e queste si allentarono abbastanza da lasciarmi libere le mani, tutti mi guardarono straniti, io mi alzai e guardai negli occhi James, mi rifiutavo di guardare Gabriel per il semplice motivo che avevo paura di guardare negli occhi la mia vita:
Io- Mi scusi l’intrusione così repentina Sir James!
James- Voi siete sempre la benvenuta!
Io- Vi ringrazio comunque sono venuta per conferire con Lord Black!
Roy- Qui vengo chiamato Sir Roy!
Gabriel- Voi siete il famoso Lord Black scomparso da anni dalla circolazione? Il secondo guerriero più abile al mondo?
Sentire quella voce così melodiosa mi fece tornare in mente l’eco di un pianto antico e devastante, l’eco della distruzione della mia vita, l’eco di quella che l’aveva rapita, non  potei fare a meno di tornare a osservarlo negli occhi e lui lo notò, non abbassò lo sguardo ma mi fronteggiò, io non cedetti:
James- Si ma ditemi perché con lui?
Io- Ho una questione privata da discutere con lui!
Gabriel- Chi siete voi e perché mi guardate?
Io- Il mio nome non lo conosco, sono stata chiamata  con un altro nome per troppo tempo per potermi ricordare il mio vero nome comunque io non vi guardo ma vi osservo!
Gabriel- Quale strana e insulsa persona siete voi?
James- Portate rispetto Gabriel!
Io- No, si figuri Sir James, il ragazzo ha ragione, posso presentarmi così oppure potete chiamarmi Helgrind!
Gabriel- No, voi non potete essere lei, in effetti potete essere solo lei, i vostri capelli, i vostri occhi e i vostri vestiti, non c’è dubbio voi siete lei!
Io- Bene allora Lord Black o Sir Roy come preferite potremmo conferire?
Roy- No!
Io- Bene allora la mia visita è inutile, comunque fate che nulla di quello che è stato programmato vada storto perché se succede qualcosa io vi staccherò la testa dal collo, fosse l’ultima cosa che faccio!
James- Helgrind come fate a parlare così a lui? Il vostro…….
Io- Posso farlo benissimo!
James- Ma come potete farlo qui?
Io- Questo è il mio errore, me ne vado e mi dispiace essermi presentata così male a voi Gabriel!
Mi girai e aprii il portone ma un nome venne pronunciato, un nome che non sentivo da troppo e che feci fatica a riconoscere:
James- Elizabeth Anne Windsor Seconda chiudete quella porta e tornate qui!

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Capitolo 42
*** Capitolo 42 ***


Mi girai quasi presa da una strana forma di alienazione, mi sentivo strana, fuori dal mio corpo perché quel nome non rappresentava nulla per me, non rappresentava più me perché quel nome era il nome di una nobile dama non di una guerriera quale che ero, chiusi la porta e tornai davanti a lui:
Io- Ditemi Sir James!
James- Come potete entrare qui e parlare così con Lord Black, presentarvi in un tal modo e poi pretendere di andarvene?
Io- Mi scuso della mia maleducazione ma devo andare, non ho più niente da fare!
James- E invece si, io devo conferire con voi e immediatamente!
Io- Gabriel non sarà presente e nemmeno Roy spero!
James- No solo io e voi!
Io- Bene!
James- Sir Roy si assicuri che Gabriel non si avvicini, terrò la porta aperta per controllare!
Roy- Sarà fatto, Gabriel mi dispiace ma dobbiamo andare!
Gabriel- Ma perché?
Roy lo prese per un braccio e si allontanarono e noi andammo nella sala dei ricevimenti, quella sala così piena di ricordi, di lacrime e di dolore, lui si mise davanti alla finestra guardando fuori e sospirava pensieroso, io rimasi in piedi al centro della stanza, per tutta la nostra conversazione lui non si mosse da quella posizione come inchiodato lì da un peso opprimente e lo capivo:
James- Allora?
Io- Che cosa allora?
James- Siete venuta solo per impedire che Sir Roy facesse quel passo avventato?
Io- Certamente!
James- Quindi non avete desiderio di vedere Gabriel?
Io- Molto ma come ho fatto in passato per lasciarlo vivere ho dovuto abbandonarlo!
James- Non credete che forse lui è pronto per sapere?
Io- Non sarà mai pronto per sapere!
James- Mettetelo alla prova, provate a lanciare una piccola scaramuccia e poi guardatene gli effetti!
Io- Sir James non posso farlo, rivelargli tutto ciò lo sconvolgerebbe, fidatevi Roy è più che felice di vivere così a contatto con il figlio, penso che come me si sia rassegnato a vederlo ma non toccarlo per la sua sicurezza!
James- Cosa dite?
Io- Quando sono stata costretta ad abbandonarlo era perché non potevo dargli una vita, adesso potrei ma ho nemici mortali che non posso permettermi che si avvicinino a lui, deve rimanere qui al sicuro e così è anche per Lord Black, entrambi siamo esponenti troppo pericolosi, siamo dei genitori inadatti perché i nostri nemici potrebbero rapirlo e fargli del male, non posso permettere che a mio figlio venga torto neanche un capello che sia chiaro!
James- Vi capisco ma lui fa domande su sua madre e io non so come rispondergli, ho inventato bugie assurde per accontentarvi!
Io- Cosa gli avete raccontato?
James- Che sua madre era una dama fantastica, molto bella e premurosa, che era buona e altruista e che vestiva sempre con i migliori abiti e i migliori gioielli, gli ho raccontato che purtroppo è morta di parto per darlo alla luce!
Io- Lui cosa vi ha risposto?
James- Che era afflitto perché si sente responsabile della sua morte e che avrebbe voluto conoscerla!
Gabriel- Forse il mio desiderio verrà ripagato proprio oggi!
Mi girai verso la porta lasciata aperta e vidi che c’era Gabriel con le lacrime agli occhi e dietro Roy che lo stava raggiungendo, mi si spezzò il cuore vederlo così e una lacrima non poté che scendere dai miei occhi, solo una soltanto quella:
Gabriel- Spiegatemi!
Io- Mi dispiace Gabriel, mi dispiace immensamente averti fatto vivere nella bugia ma è il solo modo per proteggerti!
Gabriel- Questo l’ avevo capito!
Io- Se tu sapessi quanto mi dispiace averti abbandonato a James!
Gabriel- Non mi interessa spiegatemi le vostre ragioni!
Io- Ho passato la vita a salvare quella della gente senza pensare alle persone che per me erano veramente importanti, mia madre ad esempio è morta a causa mia, mio padre pure, ho abbandonato te, figlio mio, il mio promesso e l’uomo che ho amato più di tutti cioè tuo padre, non sono una brava persona e so di non esserlo ma non posso fare a meno di pensare che tutto ciò che ho fatto l’ho fatto per fare del bene a quelli che avevo più a cuore, persino te ma l’effetto è stato l’opposto!
Gabriel- Quindi non è vero che non mi volevate!
Io- Non pensare mai una tale bestemmia figlio mio, se tu sapessi il mio enorme piacere nel poterti chiamare così e poterti finalmente considerare mio figlio non immagini neanche la mia felicità!
Gabriel- Ma perché mi avete lasciato a mio padr…a James?
Io- Chiamalo padre perché lui per te lo è stato, ti ho dovuto lasciare a lui perché all’epoca ero giovane e dovevo imparare a combattere, a creare un mondo migliore per te, ho avuto molte, troppe missioni da compiere per poter badare a te come conviene, sapevo che se tu fossi rimasto con me sarebbe stato lo sfacelo della tua educazione e ho preferito darti a Sir James!
Gabriel- Quindi voi siete mia madre ma mio padre chi è?
Io- Lord Black!
Gabriel- Voi scherzate spero! Io sono figlio dei due più grandi paladini della giustizia, due guerrieri formidabili, sono figlio di Lord Black ed Helgrind, quale fortuna, quale piacere può essere più gradito di ciò!
Io- Sapere che ti abbiamo sempre voluto un bene dell’anima, tanto che abbiamo avuto il coraggio di lasciarti andare anche quando non riuscivamo ad immaginare una vita senza di te!
Roy- Ci dispiace figlio mio!
Gabriel- Eh ditemi voi dove vivete? Perché vivrete insieme in una qualche reggia!
Io- Ehm….
Roy- Bhe ecco….
Gabriel- Che succede?
Io- Vedi mio piccolo Gabriel noi non viviamo più insieme da molto tempo e non abbiamo nemmeno una dimora fissa o almeno questo vale per me!
Roy- No, la mia prima vera dimora fissa è qui però se vuoi possiamo andare a vivere io e te in una casa poco distante da qua di proprietà dei miei genitori!
Gabriel- E voi madre?
Io- Non credo che Sir Roy avrebbe piacere nel vivere in casa con me e poi non potrei godere di una tale ospitalità!
Gabriel- Padre voi volete Helgrind a casa con noi vero?
Roy- Bhe ecco si può fare!
Io- Non so se questo tipo di convivenza forzata sia un bene per noi!
Gabriel- Convivenza forzata? Cosa intendete? Voi siete sposati non c’è nessuna convivenza forzata!
Roy- Diglielo!
Gabriel- Dirmi cosa?
Io- Io e tuo padre non siamo sposati, ci siamo amati alla follia tanto tempo fa e ti giuro che tu sei nato da una coppia felice e innamorata ma adesso ci siamo separati circa vent’anni fa, non ci vediamo più, non ci parliamo nemmeno, mi addolora dirtelo ma è la verità!
Gabriel- Sono un figlio fuori dal matrimonio? Come è successo?
Io- Quando ho scoperto di essere incita sono entrata nel panico, non sapevo cosa fare e tuo padre era qui per mantenere una copertura, ero sola e non sapevo cosa fare così ho deciso da sola come ho sempre fatto del resto, ti avrei tenuto ma non con me, avevo deciso di darti a Sir James perché sapevo che con me non saresti mai stato al sicuro, quando arrivò da me Sir Roy non la prese bene, io litigai con lui e successe quel che successe, io diventai Helgrind e lui si ritirò da tutto e poi venne qui!
Gabriel- Oh mio dio!
Io- Mi dispiace tanto figlio mio!
Roy- So che è una cosa piuttosto sconvolgente ma non prenderla più seriamente di quanto sia!
Gabriel- Roy…padre voi scherzate, sono un figlio illegittimo, nato fuori dal matrimonio, un abominio!
Io- No figlio mio, se vuoi che tu sia legittimo possiamo sempre riparare!
Roy- Mi state proponendo di sposarvi?
Io- Può essere una possibilità!
Roy- Non credo sia la più adatta perché come sapete noi non ci amiamo!
Io- Esistono i matrimoni di interesse e dato che vostro figlio vi chiede di essere legittimo non credo sia una cosa complicata, ci amavamo e adesso potremmo anche solo riprovare a fingere tutto quello che abbiamo sentito, fatelo almeno per nostro figlio!
Roy- Come potete chiedermi di fingere di amarvi? Se avessi un’altra dama che mi ama e mi rispetta, che non è un guerriero ma una semplice dama mediocre che rispetta il suo posto in società?
Io- Voi mi ritenete una disertrice?
Roy- Vi ritengo una donna senza un vero posto!
Io- Perché questo non me lo avete mai detto?
Roy- Perché avrei dovuto dirvelo?
Io- In nome della sua dolce piccola principessina sperduta?
A quel nome il viso di Roy sbiancò, perse ogni colore e tutti nella stanza si girarono verso di lui, gli occhi divennero vitrei, non vedevano nessuno se non quei lontani ricordi dove io ero ancora abbastanza innocente da essere protetta, quando eravamo io e lui, quando cercava di conquistarmi, quando mi consolava, tempi andati e perduti, tempi che non sarebbero più tornati perché mai io sarei stata la stessa di prima.
Vidi le lacrime bagnargli il volto, le labbra diventare una leggera linea sottile e poi tornò tra noi, scosse la testa come preso dalle convulsioni che i ricordi gli avevano creato e disse:
Roy- Quella ragazza non esiste più!
Io- Vero ma vi manca molto!
Roy- No, non mi mancherà mai!
Io- Invece si se no non avreste pianto al suo ricordo, la rivolete è così e se io ve la riportassi?
Roy- Non potreste mai, è morta e i morti non resuscitano!
James- Chi è?
Gabriel- Era per caso una mia sorella?
Io- Oh no, non immaginate nemmeno chi sia, Lord Black voi credete che lei sia morta invece il suo cuore batte ancora ed è forte, probabilmente anche lei vi rivuole!
Gabriel- Non avrete un’amante vero padre?
Roy- No, la ragazza in questione è lei, Helgrind quando era ancora una dama, una docile dama da proteggere, una donna che si poteva amare!
Io- Se la rivolete la posso cercare, vi prometto che la cercherò con tutte le mie forze ma sarete voi a decidere, non avete mai deciso di perderla e ora voglio darvi la possibilità di riaverla!
Cadde sotto il peso di tutto quello che gli avevo detto, sapevo che anche lui avrebbe fatto il possibile per riaverla, per stringerla ancora tra le braccia, sapevo che la voleva, non voleva me in quanto Helgrind ma voleva Elizabeth, la donna di cui avevo dimenticato il nome e l’esistenza, essendo stata troppo spesso soffocata da Helgrind, mi avvicinai a James vedendo che Roy non si decideva e gli chiesi all’orecchio:
Io- Sir James, sarò disposta a far di tutto per Gabriel, la mia roba è ancora nella mia stanza?
James- Certamente!

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Capitolo 43
*** Capitolo 43 ***


Vidi tutti guardarmi correre via, salii le scale velocemente senza guardare niente e nessuno tranne la porta della mia stanza, la aprii velocemente e mi ritrovai nella stessa stanza in cui avevo vissuto, i quadri appesi alle pareti che ritraevano l’esterno, un mondo che prima non conoscevo ma che adesso sapevo che esisteva e l’avevo visto tutto e al centro il quadro più grande e bello, Lorn all’età di diciannove anni, a pensarci bene non avevo sue notizie da troppo tempo, avrei chiesto.
Mi portai verso l’armadio enorme e presi fuori un mio vestito, per una grande fortuna non ero cresciuta fisicamente se non assottigliata per via della scarsità di cibo tra una missione e l’altra ma per il resto non ero cambiata, presi quello rosso che mi aveva regalato lui, quello con cui avevo lottato la prima volta e velocemente mi svestii e me lo misi, una volta dentro mi pettinai i capelli lunghi e ricci, li legai come facevo un tempo, presi le due ciocche più vicine al volto e le portai dietro come una corona, il resto sarebbe rimasto libero, presi la cipria per nascondere i segni evidenti delle lotte sul mio viso e anche le pochissime righe che avevo.
Poi presi le scarpe rosse, le uniche scarpe rosse e me le misi, uscii dalla stanza, la mia unica vera stanza in tutta la mia vita, scesi le scale lentamente non ero più abituata ai tacchi ma ero comunque abbastanza brava, una volta di sotto andai alla stanza dei ricevimenti e lì tutti gli occhi mi guardarono, vidi Gabriel sorridere e voltarsi verso di me con un misto di orgoglio, James aprire la bocca come in vista di un angelo, vidi Roy alzarsi dalla poltrona su cui si era lasciato cadere e poi sgranare gli occhi alla mia vista.
Mi avvicinai lentamente mentre le guancie di Roy stavano diventando rosse al ricordo di quel vestito:
Io- Vi ricordare Roy la volta che me lo regalaste?
Roy- Come dimenticare!
Gabriel- Quando fu?
Io- Bhe ero appena scappata di casa e lui mi stava gentilmente aiutando a imparare a combattere, c’era un ballo al mio palazzo e noi ci andammo, avevo questo vestito e lui me lo aveva regalato!
Roy- Al tempo portava un coltellino nella giarrettiera!
Io- E vi ricordate il nostro primo incontro?
Roy- Ovviamente, voi stavate guardando il tramonto e quando vi vidi avvolta da quella splendida luce calda il cuore mi si fermò, eravate la donna più bella del mondo, non che adesso non lo siate, vi venni vicino e voi vi spaventaste e mi chiedeste il nome!
Gabriel- Che cosa romantica, vi siete conosciuti avvolti dalla calda luce rossa del tramonto! 
Vidi Roy che si avvicinava ma non aveva gli occhi coscienti, erano vitrei come se vedesse qualcun’altra al mio posto, vedeva la sua dolce piccola principessina sperduta, quella che aveva protetto tante volte e con cui aveva avuto una bellissima storia passionale, una volta che mi fu attaccato si inchinò prendendomi la mano e la baciò come avrebbe fatto un tempo, io rimasi immobile e lo guardai in volto quando si tirò su:
Roy- Complimenti Miss Elizabeth!
Io- Non sono più Miss ma Lady!
James- Penso che tu possa chiamarti ancora Miss!
Roy continuava a guardare lontano da me, a guardare una persona che non sapevo se esistesse, forse erano le sue fantasie,forse i suoi sogni, poi scosse la testa e mi vide, mi sorrise come se le sue visioni fossero divenute realtà, come se non fossi la pericolosa guerriera, non volevo costringerlo alla mia presenza ma mai avrei rinunciato alla felicità di mio figlio, Gabriel si avvicinò a me e mi prese la mano, si inchinò e poi con voce rotta dall’emozione disse:
Gabriel- Madre siete splendida, sfido mio padre a resistervi!
Roy finalmente scosse la testa come risvegliandosi da un sogno, mi guardò ancora e poi si girò dall’altra parte, Gabriel lo guardò sconsolato, cercando con ogni suo sguardo di pregare suo padre, dopo alcuni minuti Roy parlò:
Roy- Elizabeth non posso negare che un tempo vi amavo e….
Io- Se mi amavate che cosa vi ha fatto cambiare idea e soprattutto perché?
Roy- Voi avete abbandonato nostro figlio senza neanche consultarmi, mi avete tenuto nascosto tutto questo e non avete nemmeno avuto la decenza di avvertirmi!
Io- Perché non capite, lasciare mio figlio è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto, ascoltatemi vi prego perché se è solo questo ciò che vi impedisce di amarmi voi vi state attaccando a un motivo futile!
Gabriel- Padre se un tempo l’avete amata ci sarà stato un motivo o era tutto finto?
Roy- Oh figlio mio c’erano molti motivi, all’inizio vostra madre era solo il mio oggetto del desiderio, era così tremendamente affascinante e fragile, una dama che cercava di combattere, sinceramente all’inizio mi faceva ridere ma poi è arrivato quel Lorn e giuro che la gelosia mi ha mangiato dentro, la volevo perché era di un altro e lei non voleva essere mia, Lorn però non la voleva più e lei pianse tanto, troppo e così la consolai, lei cadde letteralmente tra le mie braccia, dovevate vederla, era distrutta, così tremendamente fragile e così tremendamente donna, da quel momento si accese qualcosa in me, dovevo proteggerla da tutto e a lei sembrava piacere questa cosa, mi assecondò e non mi ostacolò, lei era bella, buona, gentile, vendicativa, diversa ed esotica, giuro che quando mi baciò per la prima volta vidi le stelle offuscarsi e il sole spegnersi talmente lei stava splendendo dentro di me!
Gabriel- Come è possibile che tutto questo sia scomparso?
Roy- Mi ha tradito, ferito in un modo che tu non puoi comprendere!
Io- Roy io mi scuso profondamente di quello che vi ho fatto ma vi prego trovate la forza di perdonarmi, cercate quei sentimenti e guardatemi!
Roy- Se vi guardo non vedrò mai più la dolce dama fragile che cercava di combattere ma una guerriera travestita da dama, si vede dalla luce dei vostri occhi che il vostro posto è accanto a una spada!
Io- Datemi la possibilità di cambiare!
Roy- No, non priverei mai il mondo di un guerriero come voi, siete immensamente brava e agile, onesta e buona, non posso privare l’umanità di voi per mio egoismo!
Vidi le lacrime pervadere il volto di Roy, stava piangendo e non riuscivo a capire come consolarlo, fu automatico, un movimento improvviso, camminai fino a lui e con una  mano gli accarezzai la guancia, gli asciugai le lacrime e lui mi sorrise, forse ora non mi vedeva più come un guerriero travestito, avvicinai il mio volto al suo ma non a baciarlo, solo a parlargli:
Io- Non dovete mai più dire una cosa simile perché voi siete più importante di qualsiasi umanità, voi e Gabriel siete la mia unica famiglia e per niente al mondo io la manderei in rovina!
Roy- Vi credo ma per salvarla siete disposta a troppo!
Io- Perdonatemi di ciò, andate avanti, l’importante è che ora siamo qui tutti e tre insieme!
Gabriel- Mia madre ha ragione, ora siamo qui perché sprecare una tale occasione?
Roy ci guardò tutti e due negli occhi e poi senza nemmeno pensarci appoggiò le sue labbra sulle mie, rimasi ferma all’inizio ma poi mi lasciai andare travolta da mille emozioni contrastanti, fu come tornare indietro nel tempo, sentire di nuovo quel dolce sapore sulle labbra guastato solo dall’amaro delle nostre lacrime, quelle sensazioni così potenti che mi trafiggevano l’anima, come la prima volta che lo avevo baciato, un’esplosione di pura gioia e felicità ma adesso era solo un’esplosione di bruciante consapevolezza che se anche erano passati vent’anni io appartenevo a lui come lui apparteneva a me, un ritrovarsi dopo anni e sapere di non aver dimenticato chi eravamo.
Sentii come di sottofondo dei leggeri mormorii dei presenti, alcuni di eccitazione altri di gioia, come un fragoroso applauso quei mormorii ci guidavano nel nostro bacio puro e casto, non importava esagerare perché la nostra sola preoccupazione eravamo io e lui, mi staccai da lui amaramente e lo guardai negli occhi:
Roy- Mi dispiace ma voi non tornerete ad essere una dama, prometto di cercar di vivere con voi, di considerare prima la nostra famiglia ma privare il mondo di voi e di me sarebbe una devastante blasfemia, resteremo due guerrieri quali siamo ma vivremo qui, nella vostra casa e Gabriel avrà un padre e una madre di cui andare fiero, ora andatevi a mettere i vostri abiti perché per quanto siate bella vestita così non vi si addice più!
Corsi velocemente nella mia stanza, era vero, portare una gonna mi faceva sentire strana, era come tornare indietro, tutto ciò che era in quella casa mi riportava indietro così mi misi i miei vestiti, la mia camicia da uomo, il gilet protettivo in pelle, i pantaloni e gli stivali ripiegati, presi il mantello e lo legai tenendolo però dietro la schiena, presi la spada e la legai alla cinta.
Scesi velocemente le scale e arrivai fino alla sala dei ricevimenti dove tutti mi stavano aspettando, vidi Gabriel guardarmi soddisfatto e Roy guardarmi orgoglioso, ormai tutti avevano accettato la mia vita, non ero più la dolce ragazza cagionevole e timida, ero la guerriera spietata e temuta, ero una forza della natura con mille segreti, con mille battaglie, con il fuoco nelle vene che divampava attraverso la mia spada e con il ghiaccio negli occhi che congelavano chiunque fosse così stolto da provare a guardarci dentro.
La mia figura era diventata leggendaria, mitologica e quasi irreale, ero diversa, ero esotica, ero contro ogni legge che la natura avesse progettato per il mio sesso, la mia storia era partita da una semplice vita, da una ragazza innocua e vacua quanto la sua triste bellezza, poi era passata dalla ragazza docile a una ribelle e traditrice, una ricercata in fuga e in cerca del suo vero posto, poi ero diventata una guerriera di una setta segreta fino a un certo punto perché tutti ne conoscevano l’esistenza ma ne ignoravano i nominativi dei membri, il luogo designato per le riunioni e soprattutto lo scopo.
Era da poco che lo avevo compreso, un messaggio all’inizio troppo difficile ma adesso chiaro, non era ripulire il mondo dai malvagi, non era nemmeno un alto scopo, un accumulo di azioni veritiere  da portarti in un posto che molti chiamavano paradiso, era solo e semplice egoismo, puro egoismo per i propri scopi, io ci ero entrata dentro ormai troppo e non potevo più uscirne perché tutto ciò portava alla clandestinità come Sir James.
Io  non potevo e non volevo vivere nascosta nell’ombra per tutta la mia vita, non avrei sopportato quella solitudine, quella sensazione di inutilità, quella costante sensazione di essere spiati, sarebbe stato decisamente troppo.

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Capitolo 44
*** Capitolo 44 ***


Ormai siamo arrivati alla fine, è il penultimo capitolo della storia, spero che vi sia piaciuta e vi ringrazio per averla seguita. :)


La mia vita riprese il normale corso, tornai a vivere al mio castello, parlavo con mio figlio e con Roy che aveva definitivamente deciso che andare via non sarebbe giovato a nessuno, molte volte ricevevo lettere dal consiglio dei cavalieri e dovevo correre per adempiere ai miei doveri ma tornavo sempre con un bel regalo per mio figlio, facemmo anche una cerimonia ufficiale per riconoscere mio figlio sia io che Roy e un’altra cerimonia ufficiale che ci sposava, entrambi vestiti da combattimento.
Non cambiavamo mai divisa perché ormai eravamo abituati in quel modo e il cambiamento porta sempre a conseguenze non del tutto piacevoli, Gabriel era felice di noi, sorrideva sempre ed era sempre contento di rispondere alle nostre domane e io ero sempre contenta di rispondere alle sue, ci fu una volta che la conversazione divenne pesante, eravamo in camera mia tutte e tre  e Gabriel chiese:
Gabriel- Madre voi come avete passato gli ultimi anni?
Io- Male figlio mio, ho ucciso senza mai capire che ero morta io, ho peccato senza mai davvero farlo, sono diventata uno cadavere vivente, io ero il guerriero più spietato perché non avevo niente da perdere, la mia vita non mi importava molto, ero senza una vera ragione di vita!
Gabriel- E voi padre?
Roy- Direi di poter affermare lo stesso con una aggiunta, tua madre ha avuto la forza di restare lontana per il vostro bene io no, ho ceduto perché non riuscivo a vivere senza sapere come stavate, senza vedervi ogni giorno e sono tornato!
Gabriel- Ma anche lei è tornata!
Io- Si ma io sono tornata per impedire a vostro padre di dirvi chi era, non volevo che lo sapeste perché sarebbe stato un punto debole per i nostri nemici e se vi avessero preso sarei morta dentro, la vostra vera identità doveva rimanere nascosta per la vostra salvezza ma ora eccoci qua!
Gabriel- Voi rimpiangete il fatto di avermelo detto?
Io- No figlio mio, niente è più bello di potervi chiamare ancora così ma non posso fare a meno di non ignorare l’altra parte di me che preferirebbe aver taciuto!
Gabriel- Quanto sono rimasto con voi?
Io- Poco, vostro padre vi ha visto ancora meno di me, siete stato con me qualche giorno!
Iniziò una nuova vita, un nuovo capitolo non più triste, non più oscuro e in ombra ma pieno di luce, di splendore e di Gabriel, era come ricominciare a vivere, come poter finalmente uscire dall’acqua e prendere fiato, una sensazione magnifica di puro splendore e gioia, amavo la mia vita e tutte le mie scelte erano state dettate dal cuore, ogni cosa, non rimpiangevo assolutamente nulla perché ogni mia azione mi aveva portato a Gabriel, a Roy e alla mia vera vita.
Avevo rinunciato a talmente tante cose per colpa delle mie decisioni che ormai avevo perso il conto ma ciò non aveva più senso perché ora avevo la mia famiglia anche se incompleta, poi; come lentamente per tutti arriva il giorno della propria morte doveva arrivare anche per me, passò un anno tranquillo ma poi un solo uomo riuscì a scombussolare ogni cosa, una sola presenza distrusse tutto.
La guardia appostata ai cancelli arrivò di corsa verso la sala della musica dove io e Gabriel stavamo suonando, io il piano e lui il mandolino, era preoccupata e sofferente, sudata e con un pugnale conficcato sulla spalla sinistra abbastanza in alto da non ucciderlo ma abbastanza profondo da non poterlo togliere senza uccidere la guardia:
Guardia- Signore Lord Mansen è ai cancelli!
Tutto crollò, tutto divenne buio, non sapevo cosa fare, dovevo andare da lui e dirgli “ciao, come stai?” oppure semplicemente aspettare che qualcuno lo portasse dentro? Ma aveva ferito a morte una guardia che ora si stava accasciando contro lo stipite della porta esalando l’ultimo respiro quindi non aveva intenzioni benigne, mi alzai e sguainai la spada davanti a tutti mostrando la lama lucida e il mio nome inciso sulla base della spada:
Io- Vado io!
Superai il corpo inerme del soldato senza nemmeno degnarlo di uno sguardo e corsi verso il cancello sempre mostrando la spada, arrivata vidi una figura scura, completamente vestita di nero, su un cavallo nero come la pece, appena mi vide scese dal cavallo e si tolse il mantello, come potei non notare la bellezza che si era degradata, la cattiveria che era mutata in qualcos’altro di più orribile sul suo viso un tempo perfetto.
Lorn aveva ormai gli occhi neri talmente cupi e spenti da sembrare vuoti e persi in qualcosa che solo loro riuscivano a guardare, la bocca così tremendamente tirata in piccoli sorrisi diabolici e speranzosi, la pelle chiara colma di rughe intorno agli occhi e la pazzia che accendeva i suoi occhi vuoti a scatti irregolari:
Io- Lorn cosa fate voi qui?
Rise, non era una risata felice, ma solo pazzia e puro odio, un riso stridulo portato allo spasmo e ridicolizzato da quel suono impossibile:
Lorn- Voglio la mia vendetta!
Io- La vostra vendetta?
Rise di nuovo con la sua risata senza gioia così tremendamente orribile e diabolica:
Lorn- Avete avuto tutto, un figlio, un marito, una bella casa mentre io non ho avuto niente perché mi avete segnato nei miei anni migliori!
Io- Volete vendicarvi per una cosa così stupida?
Lorn- Non è stupida e rivendico la vostra vita, voi eravate mia e tornerete mia, solo che per farlo dovrete morire!
Rise di nuovo, ma questa volta era peggio delle altre due, era lunga, lugubre e colma di orribili presagi, tornò serio come se niente fosse e mi guardò sorridendo o meglio guardò sorridendo qualcosa dietro di me, in quel momento avvertii i passi e le urla degli altri che mi raggiungevano di corsa:
Lorn- Come sempre ecco la cavalleria!
Rise di nuovo, ma questa volta lo fermai:
Io- Non è la cavalleria, sono gli spettatori!
Lorn mi guardò stranamente, ma poi sorrise, si vedeva che era felice che il corpo a corpo sarebbe stato tra me e lui, niente interferenze e questa volta Roy non sarebbe intervenuto, finalmente coloro che stavano correndo arrivarono, vidi Gabriel, Roy e James venirmi davanti per proteggermi da Lorn che con voce lugubre e piena di una gioia finta disse:
Lorn- Lord Black, mio unico rivale in amore come va tuo figlio? È stato contento di sapere che eri vivo?
Roy- Non sono affari tuoi!
Rise, quella risata senza gioia di un folle che riecheggiava nelle mie orecchie come  un suono distorto e lugubre:
Lorn- E così tu sei Gabriel, la piccola creatura!
Io- Levatevi da davanti!
Lo dissi a denti stretti in modo che non ci fossero obbiezioni, ma Gabriel si girò insieme agli altri e mi guardarono con la paura negli occhi:
Io- Lui è mio!
Gabriel- Madre…..
Roy- Lizth non è una missione puoi anche….
Io- E invece si e ora fuori dai piedi!
Roy- Lizth!
La sua voce era rotta, sapeva che potevo farcela, ma non voleva che lo facessi da sola, voleva darmi una mano come una volta quando combattevamo insieme anche se ero sempre io a fare i piani, ero sempre io la testa e metà del braccio, ma questo non ci aveva impedito di lavorare insieme, adesso sentivo i suoi respiri disconnessi e irregolari come quelli di Gabriel, avevano paura:
Io- Roy so che è difficile da accettare, ma questa è una mia battaglia e devo essere io a concludere la guerra, non voi, non Sir James, solo io!
Roy- Mi è concesso di avere paura?
Io- Ovvio, ma non interferite!
James- Siete sicura?
Io- Ovvio se devo morire lui verrà con me all’inferno così potrò vantarmi con gli inferi di aver visto il paradiso al centro esatto del cuore del diavolo!
Roy- La sua morte è il vostro paradiso?
Io- No, ma solo la mia liberazione!
Gabriel- Madre vi prego, la vostra liberazione può trovare altri rimedi come la prigione e non per forza la morte!
Io- No figlio mio, è una questione che è andata avanti per troppo tempo e adesso deve finire!

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Capitolo 45
*** Capitolo 45 ***


Ultimo capitolo della storia, grazie per averla letta, spero che vi sia piaciuta. :)

Detto questo sentii i brividi della lotta scorrermi nel sangue e scuotermi tutto il corpo regalandomi una piacevole sensazione e l’adrenalina necessaria, alzai la spada e guardai negli occhi Lorn che sorrise ancora e alzò la sua, così incominciò il duello, fu senza esclusioni di colpi.
Lui mi tagliò la mano, la guancia e il ginocchio ma non mi piegò, rimasi in piedi e lo costrinsi a fare del suo peggio su di me perché io non demordevo, dal canto mio lo trafissi nel fianco e in un braccio, certo erano meno le ferite ma in punti più significativi e infinitamente più profonde, lui cercò di colpirmi alle spalle con la spada ma io piegai le braccia e parai il suo colpo con la mia lama.
La riportai davanti e diedi un calcio al suo stinco facendolo cadere su se stesso ma non si piegò, si rialzò subito anche lui e provò un affondo all’altezza del mio cuore ma lo parai e incominciai una scarica di colpi sulla sua lama fino a farlo cadere all’indietro, lui cadde sulla strada e perse la spada, era così indifeso e terrorizzato ma nel suo terrore c’era euforia, pazzia e quasi una sorta di felicità.
Preparai la spada per farla affondare, ma da dietro una voce si intromise:
Gabriel- Non c’è onore nella guerra e nella morte e voi lo sapete meglio di chiunque altro, quante battaglie vi hanno infuriato contro e voi le avete vinte guadagnando il rispetto dei più deboli? Secondo voi i vostri ammiratori sarebbero felici di sapere che la paladina più coraggiosa e più onesta del mondo ha ucciso un debole a scapito della sua integrità?
Rimasi a bocca aperta, cosa stavo facendo? Gabriel aveva assolutamente ragione, lasciai che la spada ricadesse su un fianco e guardai l’uomo a terra con pietà comprendendo il mio errore, mi girai verso di loro ma fu una cattiva mossa, Lorn si alzò senza che me ne accorgessi e mi piantò la spada nel cuore, sentii i rivoli di sangue salirmi alla gola e poi uscire dalla bocca come un fiume in piena.
Mi girai in un ultimo impeto e gli piantai la spada nel cuore anche a lui costringendolo a cadere a terra, lui morì subito, io mi accasciai a terra senza quasi più riuscire a respirare, mi sentivo vuota e sconvolta, stavo morendo finalmente, ma stavo anche lasciando tutto ciò a cui tenevo veramente, mentre mi accasciavo a terra sentii delle braccia prendermi e la spada che veniva sfilata via dal mio cuore da mani esperte.
Una voce in lontananza mi stava chiamando da una luce soffusa che diventava sempre più accecante mano a mano che la mia morte si avvicinava, ma un’altra voce chiamava il mio nome e volli prima andare da lei perché era l’unica che mi aveva mai ascoltato veramente, i miei occhi tornarono a vedere e Roy piangeva lacrime troppo amare così come Gabriel, volevo consolarli, ma ogni loro lacrima era un pugno nello stomaco:
Roy- No Lizth tornate da me vi prego!
Io- Shhhh, Roy non piangete, vi rivedrò un giorno lo prometto!
Roy- Io ci conto!
Fu una cosa strana perché per un momento il viso di Roy tornò serio e giovane come lo avevo conosciuto, nessuna ruga, occhi giovanili e pelle candida, una visione che amavo di lui, ma probabilmente fu solo un’allucinazione, lo guardai meglio, ma ormai la calda luce mi aveva avvolto e la voce diventava sempre più nitida e calorosa, anche conosciuta.
La fine sembrava l’inizio, era orribile perché sentivo la voce di mio padre che mi chiamava da lontano, mi scuoteva e mi richiamava, era orribile, volevo solo spegnere ogni mio senso e invece tutto si ampliava fino a che non sentii di nuovo il mio corpo integro e trovai le palpebre, le mossi fino a farle aprire e fu una visione assurda.
Ero nella mia stanza al castello e davanti a me c’era mio padre ancora giovane come lo ricordavo, di fianco mia madre pallida in viso, ma lentamente riacquistava colore come rigenerata, mi alzai dal letto spaventata e mi guardai intorno alla ricerca di un cadavere che non vidi, di una spada che non trovai, di un figlio che era sparito o forse mai esistito:
Io- Roy, Lorn, James, Gabriel!
Padre- Elizabeth come state?
Io- Padre, che giorno è oggi?
Padre- Bhe è il vostro diciassettesimo compleanno!
Io- COSA?
Mi alzai dal letto leggermente spossata, ma completamente rigenerata, avevo dormito parecchio, ma mi sentivo comunque leggermente stanca, mio padre cercò di alzarsi per trattenermi, ma ormai io stavo correndo fuori dal castello, corsi a perdifiato fino a raggiungere il portone, lì mi fermai e lo guardai da dentro, chiuso e maestoso, non faceva così paura adesso che avevo sognato la mia vita o almeno la mia ipotetica vita.
Sentii i passi dei miei genitori che correvano con Isadora per fermarmi, ma non ce la fecero a raggiungermi e io aprii il portone sentendo la fresca aria del mattino sbattermi contro e schiarirmi le idee e vidi nuovamente il giardino che avevo abbandonato solo cinque minuti prima, in lontananza vidi un cavallo correre con sopra un uomo dal mantello nero, il mio cuore galoppò così come il cavallo e aspettai che si avvicinasse prima di scoprire il cavaliere.
Capelli mossi, lunghi e morbidi, neri come la notte senza stelle e senza luna, gli occhi verde peridoto brillanti e giovanili, il viso con la pelle chiara e luccicante, la statura possente e il corpo di un guerriero, scese da cavallo e io corsi tra le sue braccia così familiari se pur mai sentite veramente, fu come rinascere, lo guardai negli occhi mentre le nostre lacrime si mescolavano sulle nostra guancie:
Roy- Siete viva mia Lizth!
Io- Ve lo avevo promesso!
Lo baciai davanti ai miei genitori incurante del loro giudizio, la vita mi aveva dato una seconda chance e non l’avrei abbandonata, tutto sarebbe andato nel migliore dei modi, io avrei sposato Roy, avrei riavuto Gabriel e non lo avrei abbandonato, Lorn non avrebbe sofferto perché lo avevo incontrato solo una volta e non era stato amore, James sarebbe diventato il mio insegnate nelle armi e avrebbe risvegliato in me lo spirito battagliero, avrei avuto il castello in eredità, i miei genitori non sarebbero morti per mano mia e cosa più importante: sarei stata felice senza dover scappare o combattere.

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