Redenzione

di __Sayuri__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La fine ***
Capitolo 2: *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 3: *** Il portale ***
Capitolo 4: *** Uno sgradito ritorno ***
Capitolo 5: *** Sarah ***
Capitolo 6: *** La fuga ***
Capitolo 7: *** Un rifugio sicuro ***
Capitolo 8: *** Febbre e incubi ***
Capitolo 9: *** Il risveglio ***
Capitolo 10: *** Sguardi e parole ***
Capitolo 11: *** Sensazioni ***
Capitolo 12: *** Debolezze ***
Capitolo 13: *** Il legame ***
Capitolo 14: *** Abbandono ***
Capitolo 15: *** La svolta ***
Capitolo 16: *** Addio ***
Capitolo 17: *** La partenza ***
Capitolo 18: *** Incontri ***
Capitolo 19: *** Ragnarok ***
Capitolo 20: *** Speranza ***
Capitolo 21: *** Un nuovo inizio ***



Capitolo 1
*** La fine ***


Capitolo 1 - La fine

Capitolo 1 - La fine




ASGARD


Sembrava andare tutto bene. La guerra sulla Terra si era conclusa da ormai vari mesi e, grazie al potere congiunto del Tesseract e del suo martello Mjolnir, Thor aveva ricostruito il Bifröst, rendendo di nuovo possibile agli asgardiani viaggiare tra i mondi. Loki aveva subito in silenzio un regolare processo durato un mese intero.

Nessuna parola o sussurro aveva increspato le sue labbra mentre veniva condannato alla reclusione e all'isolamento a tempo indeterminato. Le uniche parole, che per un attimo avevano riacceso una fioca luce nei suoi occhi verdi, le aveva rivolte al fratello, prima che questo chiudesse e sigillasse la sua cella buia, sepolta sotto la luminosa Asgard.

"Thor" aveva sibilato "credi davvero che questa sia una punizione per me? L'isolamento, la solitudine, il buio...credi davvero che io li tema? Eppure ormai dovresti saperlo, che sono i miei compagni, l'unica cosa che mi tiene in vita."

"Fratello..." aveva mormorato il possente dio biondo del Tuono, senza avere il coraggio di aggiungere altro.

"Fratello..." ripeté Loki, con sarcasmo, prima di scoppiare in una risata nervosa. "Ti illudi ancora che il tuo sciocco sentimentalismo mi possa smuovere." Si avvicinò di un passo al biondo guerriero, ormai solo un palmo divideva il loro visi.

Loki sogghignò "Se non hai altro fiato da sprecare, chiudi questa maledetta cella, e vattene per sempre. Questa sarà la mia casa, da ora in poi. Dimenticami, come io ho già dimenticato te, e il mio passato. Tuo fratello non esiste più. Anzi, non è mai esistito."
Scandì l'ultima frase con freddezza ed infinita lentezza, fissando il suo riflesso spento negli occhi azzurri del dio del tuono, dopodiché fece un passo all'indietro, aspettando con impazienza di essere avvolto dalle tenebre. Non voleva più pensare, né provare, né vedere nulla. Sentì che lo sguardo gli si stava appannando, e scongiurò mentalmente quell'idiota di Thor di sbrigarsi a chiudere quella porta.
 


 Thor fissava inebetito il fratello. Come poteva aver davvero dimenticato...tutto? Eppure nei suoi occhi, un tempo percorsi da sguardi vibranti, non leggeva più nulla. Non c'era rabbia, né pentimento, né rammarico, sul viso pallido di Loki. Possibile che lo odiasse a tal punto? Lo vide indietreggiare ancora, come a nascondere il disgusto verso di lui, verso loro Padre, verso la sua sorte maledetta e immutabile, di divinità oscura. Deglutì a fatica, e mormorò "Dunque questo è un addio..." e si voltò di scatto, lasciando per un attimo fluttuare nella penombra il suo mantello rosso, e con un cenno diede ordine di sigillare la cella.
 


 Loki fissò il mantello del fratello, che gli appariva color del sangue e sfocato, e pensò con amarezza che quello sarebbe stato il suo ultimo ricordo prima di scivolare nell'Oblio. Un'ultima beffa per il dio dell'Inganno. Come era arrivato a quel punto di non ritorno? Non lo sapeva nemmeno lui. Un tragico scherzo del Destino, forse, che si divertiva a torturarlo con le sue stesse perverse macchinazioni. Inspirò profondamente mentre sigillavano la sua angusta cella nera, ingoiata dalla terra, presto dimenticata da tutti. Chiuse gli occhi, per abituarli all'oscurità perpetua che di lì a poco lo avrebbe accompagnato per sempre e poggiò la schiena alle mura umide. Sentì le forze abbandonarlo, le ginocchia cedettero e si lasciò scivolare sul pavimento freddo e polveroso. Affondò il suo bel viso tra le braccia tremanti, come un bambino ferito. E pianse.

Pianse le sue ultime lacrime, che pensava di aver ormai finito da tempo. Quando riaprì gli occhi non vide nulla, solo buio, e non sentì niente, tranne un silenzio irreale. Solo il suono del suo cuore che batteva solitario gli dava la certezza di essere, in qualche modo, ancora vivo.
Sorrise nell'oscurità. "Dunque ci siamo" mormorò con disprezzo.

"Dunque questa è la mia fine."




 ***





07/11/2012

Ho finito di revisionare e correggere tutti i capitoli, evviva! XD Per festeggiare, ho creato
questa immagine (niente di che, a dir la verità, è una specie di 'copertina' con tutti i personaggi principali che appiaiono nella storia, spero vi piaccia! ^__^)

Auguro a tutti buona lettura!

A presto!

Sayuri

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Questo primo capitolo ha partecipato al Contest "Da lì dove tutto nasce: il prologo di una storia", indetto da KATE KITTY, classificandosi al 7° posto, con un punteggio di 44,5/50.






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Capitolo 2
*** La quiete prima della tempesta ***


Capitolo 2 - La quiete prima della tempesta

Capitolo 2 – La quiete prima della tempesta




NEW YORK


Nella città in ricostruzione si respirava ancora un'atmosfera di ansia e di angosciosa attesa. Cumuli di macerie giacevano polverosi lungo molti marciapiedi, calpestati di continuo dalla gente che si stava lentamente riprendendo dal massacro avvenuto da pochi mesi. Era davvero tutto finito? La speranza iniziava a farsi strada in molti cuori, riscaldati da un tiepido ottimismo. Tranne in uno.

Nick Fury camminava nervosamente nel suo ufficio. Anche se tutto sembrava ormai risolto, la spia era tesa, temendo la quiete prima della tempesta. Nonostante Thor fosse riuscito a tornare sulla Terra e lo avesse rassicurato sulla prigionia a vita di Loki, anche se i Vendicatori erano ormai formati, anche se non c'erano state altre minacce...lui non riusciva più a dormire tranquillo. Il suo istinto gli diceva che non era ancora finita. 
Uscì dalla porta con passo svelto e cadenzato, salutando distrattamente gli altri agenti che incontrava nel corridoio. 
Entrò nell'ascensore pieno di pensieri, sperando di essere in errore. 

Ma lui non aveva mai sbagliato, il suo sesto senso non l'aveva mai tradito. 

Premette meccanicamente il tasto sulla parete metallica, sentì le porte chiudersi con uno sbuffo alle sue spalle e l'ascensore iniziò a scendere. Dopo pochi secondi giunse nel laboratorio più segreto dello S.H.I.E.L.D., dislocato a varie decine di metri dalla superficie. Cercò nervosamente con lo sguardo il dottor Banner e, come sempre, lo trovò intento ad esaminare lo scettro di Loki, rimasto sulla terra.

"Buongiorno, professore" disse arrivandogli alle spalle.

Bruce sobbalzò per la sorpresa, si aggiustò gli occhiali e, voltando lievemente la testa, ricambiò il saluto.

"Buongiorno, Fury".

"Novità?" Chiese secco l'agente, avvicinando l'unico occhio buono agli schermi sulla parete. Sembravano registrare le radiazioni gamma irradiate dallo scettro, e notò con sollievo che tutti i livelli erano di colore verde, segno che non c'erano attività anormali.

"No, tutto come al solito. Lo scettro sembra totalmente inattivo" rispose Banner scrutando Fury di sottecchi. Perché era così preoccupato?

"Sembra?" chiese la spia, senza voltarsi. "Vorrei che potessimo esserne sicuri". Pronunciò queste parole a bassa voce, quasi fossero di cattivo auspicio. Poi si girò lentamente e fece per andarsene.

Ma non appena attraversò la porta di vetro un rumore sinistro attirò la sua attenzione. Dagli schermi iniziò a propagarsi un suono intermittente, dapprima debole, poi sempre più forte e veloce.
Nick Fury si girò di scatto. Lo scettro si stava illuminando e spandeva la sua luce blu nella stanza, creando un'aura sovrannaturale.

"Non è possibile!!" urlò Bruce Banner, precipitandosi ad un computer. "I livelli di radiazioni gamma stanno aumentando rapidamente...non so se riuscirò a stabilizzarlo..."

Fury fece appena in tempo ad attivare l'allarme generale, poi una luce innaturale invase il laboratorio.




ASGARD

Thor si avviava solitario verso il Bifröst. 

Il viso senza espressione del fratello, la sua voce vuota, turbavano le sue notti da quando ne aveva fatto sigillare la cella.

Come stava Loki? Questa domanda lo assillava, risvegliando giorno dopo giorno un senso di colpa bruciante. Avrebbe dovuto chiederselo molto tempo prima. Prima che il fratello si perdesse nella notte del suo sconforto. Forse avrebbe potuto salvarlo, se solo fosse stato meno egoista. 

Ma ormai non si poteva più tornare indietro.

L'unica persona che lo aiutava a sopportare la sua angoscia era lei. La sua Jane. La dolce e spontanea Jane. Era incredibile che quella semplice ma allo stesso tempo unica ragazza midgardiana riuscisse a salvarlo ogni volta. Per fortuna, ora che il Bifröst era di nuovo integro, la poteva vedere spesso. Il solo pensarla gli dava sollievo, e ogni volta che la stringeva tra le braccia e sfiorava le sue labbra sentiva il cuore più leggero. 

Sorrise. 

Il dio del Tuono, il figlio di Odino, si doveva aggrappare a quell'amore mortale, eppure indissolubile, per non impazzire. 

Finalmente si trovò davanti ad Heimdall, il fiero guardiano di Asgard, e si fermò.

"Salve Heimdall, vorrei recarmi su Midgard" disse sorridendo.

"Come sempre" rispose placido il guardiano, voltandosi.

Il sorriso di Thor si spense. Negli occhi del guardiano, arancioni e intensi, lesse un'espressione indecifrabile. Ansia? Paura?

"Che succede Heimdall?" chiese preoccupato "Jane..?"

"Jane sta bene" lo rassicurò. "Ma avverto una strana energia diffondersi dal pianeta dei mortali. E non solo..." disse Heimdall con la sua voce profonda.

"Che vuoi dire?" chiese la divinità bionda, impugnando immediatamente il suo martello.

"Sento la stessa energia anche qui...fuoriesce dal Tesseract. Non so che significa, ma sembra che qualcuno stia cercando di aprire il portale, sia qui che a Midgard. Qualcuno che non riesco né a vedere né a sentire".

Non appena finì di parlare, il cielo di Asgard si illuminò di una luce innaturale e la terra tremò violentemente per secondi interminabili. Si udì un boato sordo e potente. Poi regnò il silenzio.

Thor si rialzò a fatica, impugnando ancora Mjolnir. Guardò verso il suo palazzo, notando una preoccupante nube di fumo alzarsi dalla torre est. 

La torre dove era custodito il Tesseract. 

Si girò verso Heimdall e, non appena vide che stava bene, fece roteare il suo martello e volò in direzione di quel fumo nero con il cuore che batteva all'impazzata. 

Cosa diamine stava succedendo?


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Capitolo 3
*** Il portale ***


Capitolo 3 - Il portale

Capitolo 3 - Il portale

ASGARD


Thor piombò sul terrazzo più alto della torre est, incrinando il pavimento dorato, e sollevò lo sguardo con preoccupazione. La struttura esterna dell'edificio appariva intatta, ma dal soffitto si alzava ancora del fumo nero, disegnando forme sinistre nell'aria cristallina. 
Si diresse verso la porta che lo separava della stanza dove era custodito il Tesseract, e per la foga praticamente la sfondò. Una volta entrato nella grande sala sentì un forte bruciore agli occhi, e iniziò a tossire. L'aria era quasi irrespirabile a causa di quella spessa coltre di fumo nero, che per fortuna iniziava pian piano a diradarsi. Il possente dio del tuono sbatté le palpebre varie volte, e finalmente riuscì a intravedere qualcosa nella nebbia oscura che lo circondava. 

Il Tesseract era ancora lì, al centro della sala, sorretto ai due lati da vari strati di metallo, simili a rami argentati. Il tremendo potere racchiuso all'interno sembrava essersi placato, e disegnava sulla superficie del cubo sinuose linee azzurre e blu. 

Thor si guardò attorno e deglutì, incredulo. Il pavimento e il soffitto in corrispondenza del cubo sembravano sfondati dall'interno, segno che l'energia del Terreract sprigionatasi in perpendicolare aveva fuso il resistente metallo asgardiano, creando una voragine profondissima.

Il dio fece un altro passo avanti, sempre più costernato. Una folata di vento caldo entrò dalla porta, spazzando via gli ultimi residui di fumo. Fu allora che Thor si rese conto di non essere solo. 

Qualcuno era arrivato prima di lui, e ora giaceva a terra ansimante, avvolto nelle sue vesti dorate, insolitamente impolverate. Odino, suo Padre!

"Padre!!" ruggì il biondo guerriero, raggiungendo Odino, inginocchiandosi al suo fianco, stringendogli una mano.

Rimase impietrito. Quella mano, che da bambino tante volte aveva stretto e che ricordava calda e rassicurante, ora era gelida. "Cosa è successo, Padre..." chiese con voce implorante, ricercando nell'occhio di Odino una risposta che potesse spazzare via dal suo cuore il timore.

"Figlio mio, sono riuscito ad evitare l'irreparabile, ma non so per quanto tempo e a quale prezzo..." Thor si irrigidì, aspettando che il padre continuasse.

"Qualcuno ha attivato il potere del Tesseract dall'altra parte del portale, e ha creato un ponte verso il nostro mondo. Se non fossi intervenuto in tempo, usando il potere della mia lancia Gungnir, avrebbe portato via anche il Tesseract...." 

Thor spalanco gli occhi "Anche? Perché? Ci è stato sottratto qualcosa? Che..." chiese tutto d'un fiato.

Odino lo interrompe bruscamente "Ascoltami Thor. Ho usato tutta la mia energia per bloccare il Tesseract e chiudere il portale, temo che presto sarò raggiunto dal mio sonno eterno, e non so quando e se mi sveglierò. Presta attenzione alle mie parole. L'unica cosa che so per certo è che il portale portava su Midgard, sulla Terra dei mortali." 

Sentendo quelle parole Thor scattò in piedi "Allora andrò là immediatamente, avranno bisogno del mio aiuto!"

"NO!!" gridò il Padre degli dei, immobilizzando il figlio, prima che potesse correre via, trascinato dal suo animo impulsivo. "No...se apri il Bifröst ora, la sua energia riattiverà il Tesseract, e stavolta non potrò sperare di fermarlo, e nemmeno tu. No...non c'è niente che possiamo fare...qui. Prega che i mortali sappiano come fermare l'energia racchiusa nello scettro di Thanos. Prega per tuo..." 

La voce di Odino si ruppe, il sonno dell'immortalità lo aveva raggiunto troppo presto, impedendogli di finire la frase. Thor cadde in ginocchio e ,per la prima volta dopo tanto tempo, si sentì totalmente impotente. Come quella volta su Midgard, quando privo di poteri e sotto una pioggia gelida, gli era stato negato Mjolnir, ed era caduto prigioniero dei mortali. Per la rabbia di non poter fare niente, urlò la sua disperazione al cielo.

Si rialzò dopo qualche istante, cercando di dare un senso alle parole del Padre. Thanos? Chi era? Un nemico? Era stato lui ad attivare il Tesseract? 
Fissò il volto di Odino, stanco e pallido nel sonno. Aveva detto che qualcosa era stato portato via da Asgard...ma cosa? 
Si avvicinò alla voragine sul pavimento, e all'improvviso un pensiero gli attraversò la mente. I sotterranei della torre est erano le prigioni di Asgard. Possibile che quel buco arrivasse fin là sotto?

Possibile che arrivasse fino a quella cella?

Afferrato il martello volò giù dalla finestra, diretto alla base della torre. Diede ordine alle guardie di andare a soccorrere il Padre degli dei e si inoltrò, solo, nella prigione sotterranea. Quando giunse davanti a quella cella aveva il cuore in gola. Impugnò il martello con forza e sfondò la parete sigillata. Quando vide il fioco raggio di luce provenire dall'alto capì di non essersi sbagliato. 

Il soffitto era sfondato. Era proprio lì che portava la voragine generata dal Tesseract.

Crollò in ginocchio per la seconda volta, sempre più confuso. La cella era vuota. Loki era scomparso. Mentre la testa gli girava realizzò con sgomento cosa stava per dirgli suo padre, e finì mentalmente la sua frase.

"Prega per tuo ....fratello".



(pochi istanti prima)



Nonostante avesse perso quasi completamente le forze, non appena sentì la sua cella tremare, Loki balzò in piedi nell'oscurità. 
"Ma che diavolo...?" 
Non riuscì nemmeno a finire la frase che un boato sordo gli trapassò i timpani, ponendo fine bruscamente ad interminabili ore di silenzio. Ringhiò per il dolore, coprendosi inutilmente le orecchie con le mani, e sentì chiaramente la consistenza vischiosa del suo sangue tra le dita.

All'improvviso fu investito da una luce intensa ed accecante e quella cella, dapprima umida e fredda, diventò incandescente, tanto che credette che le sue vesti stessero prendendo fuoco. Chiuse immediatamente gli occhi che, ormai abituati ad un'oscurità perenne, iniziarono a bruciare intensamente e a lacrimare. 

E a quel punto, mentre ogni centimetro del suo corpo dolorante veniva scosso, si sentì come scomporre in tanti piccoli frammenti. Avrebbe voluto urlare per il dolore, ma non aveva più voce, né corpo. Per interminabili istanti di lui rimase solo la crudele consapevolezza di essere ancora, in qualche modo, vivo. Poi, finalmente, il dio dell'Inganno avvertì il suo corpo ricomporsi gradualmente e percepì, nel buio dei suoi occhi ancora serrati, un cambiamento.

Aveva viaggiato, o meglio, qualcuno o qualcosa lo aveva trasportato lontano da Asgard, ed ora era in piedi in un luogo sconosciuto. 

Sì, ma dove? 

Sapeva benissimo di non essere in grado di sostenere alcuno scontro, tanto meno dopo quello sfibrante viaggio cosmico, che aveva esaurito ogni sua restante scintilla di energia, rimpiazzandola con fitte e dolori atroci. Per un attimo rimpianse la solitudine della sua cella, ma poi si decise ad aprire gli occhi, ostentando uno sguardo carico di fierezza. Sebbene le sue iridi verdi fossero incerte e i suoi occhi rossi e lucidi, quello era lo sguardo di un dio.

In un primo momento non vide nulla, l'aria era satura di una coltre di fumo nero. 

Aguzzò la vista, stringendo le palpebre, e dopo qualche istante riuscì a scorgere i contorni dell'ambiente che lo circondava, sempre più chiaramente. 

E non appena si rese conto di dove era finito, le sue labbra pallide si incresparono, e sul suo viso prese forma la smorfia di un perverso sorriso.


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Capitolo 4
*** Uno sgradito ritorno ***


Capitolo 4 - Uno sgradito ritorno
Capitolo 4 - Uno sgradito ritorno




NEW YORK


Nick Fury non capiva. 

Non capiva come faceva ad essere ancora vivo. 

L'energia che si era sprigionata dallo scettro, e il tremendo boato che ne era seguito, erano stati talmente forti da fargli credere che l'intera città sarebbe stata disintegrata. 

Invece no. 

Il laboratorio era ancora intero, eccezion fatta per le vetrate, andate distrutte nell'onda d'urto, e per la maggior parte dei monitor, ridotti a macerie fumanti sul pavimento. Ad invadere l'aria intorno a lui, al posto della luce accecante di poco prima, ora c'era solo un soffocante fumo nero.

Nick Fury proprio non capiva. 

Tutto il suo corpo era indolenzito e sentiva gravare sulla testa un pesante senso di stordimento. Odiava quella sensazione, quella di sentirsi esposti ed impreparati, e non riusciva quasi nemmeno a pensare.

C'era una cosa di cui era assolutamente certo, però. 

Aveva la pistola in mano, afferrata grazie a un riflesso istintivo, in lui ormai quasi automatico. E la stava puntando verso l'unica persona al mondo che si era augurato di non dover mai più rivedere.





Loki smise di sorridere. 

Quando aveva realizzato di essere finito su Midgard, il misero mondo dei mortali, aveva quasi dimenticato il dolore che gli scuoteva le membra. L'idea di potersi finalmente vendicare gli aveva persino procurato un brivido di gioia.

Ma quell'idea si era infranta non appena il dio aveva posato gli occhi sulla canna della pistola che quell'umano gli stava scioccamente puntando contro.

Possibile che la sua sfortuna fosse così grande? Era finito proprio nel covo dei suoi nemici, i buffoni in costume. Questa era più che mera sfortuna, si disse, era un preciso disegno del fato, atto a prendersi gioco di lui ancora e ancora. 

Serrò la mascella, spostando il suo sguardo sul viso contratto del mortale. Notò con piacere che non sembrava in gran forma, il braccio con cui reggeva l'arma tremava, anche se impercettibilmente.

Loki si prese un altro istante per riflettere, attingendo alle uniche energie che gli erano rimaste: quelle della sua mente. Un fragile umano contro un dio, per quando indebolito, non poteva certo vincere.

Incrociò le braccia dietro la schiena e, con il suo miglior sorriso sprezzante, disse:

"Lo sai, vero, che le vostre armi non possono neppure scalfirmi, misero mortale?"

Fury fece un mezzo sorriso, poi ripose l'arma nel fodero e replicò "A cosa dobbiamo il...piacere? Le prigioni di Asgard ti stavano troppo strette?"

I magnetici occhi di Loki si fecero più intensi "Mi mancava il vostro insulso pianeta, le vostre celle sono di gran lunga più...confortevoli" disse sogghignando.

"Che ci fai qui, Loki?" sbraitò Fury, fissandolo con astio. Tremava dalla rabbia, il debole umano. O magari aveva paura. Il dio dell'inganno stava iniziando a divertirsi. 

Prima di rispondere fece qualche passo verso destra, fissando distrattamente una parete "Non ne ho idea" mormorò con tono vago e, anche se in fondo era la verità, sapeva che non era di certo la risposta che Fury voleva sentire. 

"Smettila di darti tante arie. Non mi sembri proprio nella posizione adatta per farmi perdere tempo" sibilò infatti l'uomo.

Loki non riuscì a soffocare una risata "Che stai blaterando? Hai battuto la testa? Forse dimentichi che sono un dio..."

Una voce cavernosa alle sue spalle lo bloccò "Un dio gracile..." 

Si voltò di scatto, solo per trovarsi di fronte l'orrido gigante verde.

"Ti ricordi di Hulk, non è vero, dio?" lo canzonò Fury, scoccandogli uno sguardo sarcastico.

Loki deglutì al pensiero del suo ultimo 'incontro' con quella bestia dissennata. Appoggiò le spalle al muro, alzando le mani. Ancora una volta, doveva fingere la resa.

"Vedo con piacere che inizi a ragionare. E ora dicci, per l'ultima volta, che diavolo sei venuto a fare qui. Come hai fatto a riattivare lo scettro?"

Udendo quell'ultima parola Loki si irrigidì, e non poté fare a meno di spalancare gli occhi, costernato.

Guardò verso il mostro verde, e lo vide. Appena dietro quell'ammasso di muscoli e rabbia, appoggiato ad una superficie metallica, giaceva lo scettro di Thanos, la potentissima arma di cui lui stesso si era servito per cercare la sua vendetta, pur sapendo che un fallimento avrebbe significato vendersi ad un oscuro e spietato padrone. Che evidentemente non si era dimenticato di lui, e della tetra promessa che gli aveva rivolto, tramite il suo emissario:


'Avrai la tua guerra, asgardiano. Se fallirai... Se il Tesseract non ci verrà consegnato... Non esisteranno regni, o lune deserte... né crepacci dove lui non verrà a trovarti. Pensi di conoscere il dolore? Lui ti farà capire... quanto quel dolore sia... niente!'


Il volto del dio delle malefatte, già estremamente pallido, diventò cinereo. Il disegno oscuro del suo fato si era finalmente svelato, e la sofferenza subita nelle ultime ore gli sembrò un semplice preludio a torture ben maggiori, dalle quali, ne era certo, non poteva né scappare né sperare di sopravvivere. Si chiuse totalmente in se stesso, maledicendo nuovamente la sua sorte e, forse, anche la sua stupidità; dimenticando completamente che Fury attendeva ancora da lui una risposta.





"Beh, gli si è seccata la lingua?" chiese una nuova voce. 

Tutti si voltarono verso il nuovo arrivato, che stava in piedi davanti all'ascensore. Evidentemente li stava ascoltando già da un po'.

"Stark!" esclamò sorpreso Banner, che nel frattempo aveva riacquistato dimensioni e colorito normali. "Che ci fai qui?"

"Come sarebbe a dire?" esclamò l'uomo fingendosi offeso, e avanzò nella sua armatura metallica, che era aperta solo sul viso. "Ho sentito che qui c'era una festa. Potevo perdermi una tua trasformazione, dottore? Ma devo dire che sono piuttosto deluso...noto con dispiacere che ti sei già strappato tutti i vestiti e...oh cielo, ti prego copriti, sto cercando di digerire il mio pranzo!" esclamò inorridendo e lanciando a Banner un lenzuolo sbrindellato che aveva raccolto da terra.

"Stark..." lo rimproverò Fury.

"Sì, sì, capo, hai ragione, non è il caso di divagare. Comunque stavo dicendo che sono piuttosto deluso anche dall'ospite principale della festa..." e detto questo si voltò verso Loki "Piccolo cervo, qual buon vento ti porta? Ti vedo ridotto maluccio...che c'è, hai perso le corna?" 

Il dio lo incenerì con lo sguardo, ci mancava pure quell'imbecille dell'uomo di latta.

"Mi sembri anche di pessimo umore..." proseguì Iron Man, incrociando le braccia e inclinando la testa.

"Stark!" lo richiamò di nuovo Fury, spazientito. "Come vedi, la situazione è molto seria. Il nostro 'amico' qui presente è riapparso dal nulla, a quanto sembra grazie al suo scettro, dal quale è fuoriuscita una quantità enorme di raggi gamma..."

"Oltre ad innumerevoli altri tipi di radiazioni..." gli fece eco Bruce Banner che, utilizzando uno dei pochi computer rimasti funzionanti, sembrava analizzare le particelle d'aria racchiuse nella stanza e intorno allo scettro. "Ma che significa?" mormorò accigliato.

"Semplicissimo" ironizzò Stark, come suo solito "Che entro due anni avremo tutti il cancro" si girò di nuovo verso Loki "A parte te, forse". 

L'asgardiano aggrottò la fronte e alzò gli occhi al cielo, irritato. Potendo, lo avrebbe polverizzato all'istante, quel pallone gonfiato. 

"Dobbiamo capire che sta succedendo, elaborare una strategia e richiamare gli altri Vendicatori, subito" sentenziò Fury, ponendosi alle spalle del professor Banner e fissando preoccupato i numeri sullo schermo a cui stava lavorando.

Stark prese nuovamente la parola "Sì, indubbiamente, ma non mi sembra il caso di farlo davanti al dio delle marachelle" disse avvicinandosi a Loki e afferrandolo per una spalla. Grazie alla sua armatura praticamente lo sollevò da terra, e lo spintonò verso l'ascensore. "Perché non vai a farti un giro al piano di sopra, piccolo principe? Magari ti fai pure una bella dormita, ok? Tanto non puoi scappare, l'intero edificio è isolato e controllato. Ti veniamo a chiamare noi quando abbiamo finito, tranquillo."

Loki non ebbe nemmeno la possibilità di ribattere, che si ritrovò scaraventato nell'ascensore. Fece appena in tempo a vedere di nuovo il fastidioso sorriso dell'uomo di latta prima che le porte si chiudessero, e iniziò a salire.

Quando le porte si riaprirono, uscì barcollando e si ritrovò in un piano evidentemente adibito a dormitorio. 

Si guardò intorno, furente. 

Sembrava deserto.




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Capitolo 5
*** Sarah ***


Capitolo 5 - Sarah
Capitolo 5 - Sarah



Loki si incamminò incerto attraverso il lungo corridoio di fronte a lui.

Le pareti color crema riflettevano la fioca luce delle piccole lampade fissate al soffitto, creando un piacevole effetto di penombra che donò immediato sollievo agli occhi del dio, non ancora abituati alla luce.

Notò che su entrambi i lati del corridoio c'erano delle porte bianche, contrassegnate da diverse scritte in midgardiano; evidentemente erano i nomi degli umani che utilizzavano le stanze.


Continuò a camminare, provando disperatamente a pensare; doveva trovare una soluzione, una qualsiasi scappatoia, per sfuggire a quella situazione infausta. Ma nella sua mente presero forma solo confusione, stordimento e angoscia. Era talmente stanco ed indolenzito da non riuscire nemmeno a provare rabbia verso quei miserabili mortali, che avevano osato trattarlo con tanta insolenza.

Ma, in fondo, esisteva qualcuno nello sconfinato universo che lo avesse mai trattato con rispetto? Qualcuno lo aveva mai considerato degno?

No, nessuno.  
       

Deglutì, avvertendo un sapore amaro in bocca. Pensò a Thor, a Odino, a Frigga; e sentì di nuovo su di sé i loro sguardi taglienti giudicarlo con superiorità. Come se loro non avessero colpe. Come se non fossero state le loro menzogne, la loro sfiducia e il loro egoismo a spingerlo verso la strada della vendetta.
Certo, alla fine lui quella via l'aveva imboccata volontariamente, convinto che avrebbe finalmente trovato se stesso.

Ma ora si rendeva conto di aver smarrito l'orientamento.


Sentì le sue gambe vacillare e sbandò verso destra, sbattendo contro una delle porte. Riuscì a malapena a reggersi in piedi.
Appoggiò la testa su quella superficie liscia, pensando che purtroppo il buffone di metallo aveva ragione, sentiva un disperato bisogno di riposare. Con una mano afferrò la maniglia, con forza, pronto a scardinare la serratura con un colpo secco, ma non fu necessario. Stranamente la porta non era chiusa, e gli fu sufficiente una lieve torsione per ottenerne l'apertura, che produsse un cigolio metallico.
Non appena varcò la soglia, fu investito da un misto di odori dolciastri, tipicamente umano, e fece una smorfia, disgustato, chiedendosi di chi potesse essere quella stanza.
Istintivamente, prima di fare un altro passo, alzò lo sguardo e lesse il nome sulla porta, traducendo mentalmente i caratteri midgardiani, e per poco non cadde a terra per la sorpresa:


"Dottoressa Jane Foster"

La stanza apparteneva nientemeno che alla mortale che aveva rammollito Thor. Un gran peccato che l'edificio a quanto pare fosse stato evacuato. Si sarebbe potuto divertire parecchio.
Loki soffocò una risata, mentre si richiudeva la porta alle spalle, e si ritrovò in una camera abbastanza ampia, ma decisamente disordinata. Si lasciò cadere pesantemente sul morbido materasso accostato ad una parete, sentendo che il suo corpo era ormai giunto al limite. Si appoggiò un braccio sugli occhi, e sulle sue labbra si disegnò un perverso sorriso, al pensiero che avrebbe dormito nello stesso letto dell'umana amata dal suo odiato fratello. Che ironia. Per un attimo sperò che lui lo stesse guardando.

Poi si lasciò andare, stremato, lasciandosi vincere dal sonno.

Si ridestò di colpo, dopo un tempo imprecisato, e si mise a sedere di scatto. Uno strano scricchiolio, proveniente dall'altro lato della stanza lo aveva svegliato. Girò il viso con aria circospetta e sentì chiaramente quello strano rumore ripetersi. Strinse le labbra e aggrottò le sopracciglia. I suoi occhi verdi erano ridotti a una fessura. C'era qualcuno, o qualcosa, nell'armadio.




Si era cacciata nei guai, come al solito, pensò Sarah rabbrividendo. Accidenti a lei e al suo brutto vizio di non ubbidire mai. Chiuse un attimo gli occhi, certa che stavolta sua sorella le avrebbe fatto una bella lavata di capo. Ma, in fondo, lei aveva agito in buona fede.
Quella mattina, quando si era accorta di essersi messa in borsa per errore il pass dello S.H.I.E.L.D. di Jane, l'aveva chiamata subito e si era offerta di riportarglielo al lavoro. Ma sua sorella glielo aveva vietato categoricamente. Non erano ammessi visitatori allo S.H.I.E.L.D., e poi lei stessa non sarebbe rientrata nel laboratorio prima delle 20. Quindi, non c'erano problemi, non doveva preoccuparsi, sarebbe passata lei dal suo appartamento quella sera, le aveva detto dolcemente prima di riattaccare. Eppure, come sempre, Sarah si era sentita in colpa; ancora una volta creava problemi a sua sorella. E quindi aveva deciso di fare di testa sua. In fondo che male c'era ad usare il pass per intrufolarsi nello S.H.I.E.LD., per poi aspettarla buona buona nella sua stanza? Non avrebbe gironzolato in giro, né fatto danni, si disse. Voleva solo fare una sorpresa a Jane.

Ma aveva decisamente scelto il giorno sbagliato. Prima c'era stato quel boato potentissimo, seguito da una specie di terremoto. Sembrava fosse esplosa una bomba al piano di sotto. E cosa aveva fatto lei, molto intelligentemente? Invece di scappare fuori, ubbidendo al comando di evacuazione diffuso dagli altoparlanti, si era nascosta sotto il letto. Davvero una bella mossa. Poi, quando stava per decidersi finalmente ad uscire, aveva sentito un rumore di passi nel corridoio e un tonfo sordo. Sembrava che qualcuno fosse franato addosso alla porta. Quindi, sempre più terrorizzata, si era chiusa nell'armadio, spiando freneticamente dalle piccole fessure sulle ante di legno. Mentre la porta si apriva aveva trattenuto il respiro, riuscendo a sentire il battito del suo cuore rimbombarle nelle orecchie.
 
Sull'uscio era apparsa una strana figura. Un uomo, avvolto in abiti logori e bizzarri, era entrato barcollando. Sembrava esausto. Sarah aveva aguzzato la vista, cercando di cogliere il suo viso, nascosto da folti e lunghi capelli neri. Per un attimo l'uomo si era girato nella sua direzione, soffocando una risata, e lei si era sentita gelare il sangue nelle vene. Aveva già visto quell'individuo, da qualche parte, ma non era riuscita a ricordare dove. Sapeva solo che il suo sguardo penetrante le aveva messo addosso una strana inquietudine.

Perché aveva tanta paura di lui?


Lo aveva visto buttarsi di peso sul letto di sua sorella e coprirsi gli occhi con un braccio, prima di cadere in un sonno profondo.


Ora, dopo interminabili minuti di attesa, si era decisa ad uscire. Chiunque fosse, quel tipo non aveva un'aria molto raccomandabile, anzi, emanava un'aura sinistra. Doveva fuggire subito, finché era inoffensivo. In fondo, bastava aprire pian piano la porta dell'armadio e sgattaiolare fuori....

CRACK.

Sarah si sentì mancare. Nel silenzio, quello scricchiolio si era sentito distintamente. Non osava guardare verso il letto, per paura che l'avesse sentita. Pregò con le lacrime agli occhi che non avesse il sonno leggero. Ma quando alzò lo sguardo vide che l'uomo era già seduto, in evidente stato di allerta, e si guardava intorno. Se si fosse voltato verso di lei avrebbe di certo notato l'anta semiaperta, quindi la ragazza la richiuse prontamente.

CRACK!

Maledizione! Ora lui stava guardando nella sua direzione, con un terrificante sorriso stampato in faccia. Non appena lo vide alzarsi e camminare lentamente verso di lei, Sarah indietreggiò istintivamente, facendo ondeggiare rumorosamente tutti gli attaccapanni metallici intorno a lei, fino ad appoggiare la schiena al fondo dell'armadio. Una sorda disperazione si impossessò di lei.

Era in trappola.






 ***




ANGOLO CURIOSITÀ: la nascita di Sarah

Devo ammettere che all'inizio non avevo chiaro in mente chi sarebbe stata la protagonista femminile della storia, e avevo ancora meno idea di come farla apparire... :S Sapevo solo che volevo che fosse una comune umana, e avevo buttato giù una bozza di alcune scene tra lei e Loki, che però si sarebbero dovute verificare mooooolto più in là nei capitoli. XD In sostanza, non so bene come sia venuta fuori Sarah! (Misteri dell'ispirazione! XDD)
In origine, quando ancora "non sapevo" che sarebbe diventata la sorella minore di Jane, la volevo chiamare Layla.. O_o Probabilmente perché in quel periodo ascoltavo spesso l'omonima canzone di Eric Clapton! XDD
Poi, scrivendo questo capitolo e il precedente, nella mia testa si è delineata la scena dell'armadio e dell'incontro tra lei e Loki, e ho deciso che la mia protagonista sarebbe stata la sorella minore di Jane (che ovviamente non esiste nel film, tantomeno nei fumetti, anche se ho cercato di darle una storia verosimile, che potesse combaciare in qualche modo con i fatti e le tempistiche del film, e che le permettesse di condividere la scena con Loki senza eccessive forzature.)
Ovviamente Layla Foster era un nome improponibile, quindi ne ho cercato uno più semplice e "realistico" (Dubito che un'ipotetica sorella di Jane si potesse chiamare Crystal, Sharon o Chantal... XDD) Scartato il banalissimo Mary (^^), ho scelto Sarah, perché trovo suoni molto bene, inoltre è piuttosto semplice/comune e ha un bel significato. Infatti, se non erro, significa 'principessa', un nome più che adatto per la spalla del nostro principe asgardiano preferito! ;)

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Capitolo 6
*** La fuga ***


Capitolo 6 - La fuga
Capitolo 6 – La fuga




Loki avanzava lentamente verso l'armadio, sorridendo.

Ma non era certo un sorriso amichevole, il suo. Chiunque ci fosse, nascosto in quel mobile, aveva osato disturbare il sonno del dio dell'Inganno, impedendogli di riacquistare le sue piene energie, e ne avrebbe pagato il prezzo.
Appoggiò un mano su ciascuna maniglia, in silenzio, e rimase immobile per qualche secondo, in ascolto. Riusciva a sentire distintamente il respiro affannoso della sua vittima.

Quindi aprì di scatto le ante di legno chiaro, quasi scardinandole. Per lo spavento la figura umana che intravide all'interno fece un balzo, ed iniziò a tremare convulsamente, con lo sguardo basso. La fissò incuriosito. Una ragazza. Una fragile ed inutile mortale. Che fosse la 'cara' Jane? Allungò una mano verso di lei, afferrandole il mento tra le dita, e la costrinse ad alzare il viso. L'interno dell'armadio era talmente buio da impedirgli di scorgere chiaramente i suoi lineamenti, perciò la attirò verso di sé per vederla meglio.
Non era Jane, ma in qualche modo le somigliava. In fondo, però, a lui gli umani sembravano tutti uguali. Percepì sotto le dita un brivido percorrere la pelle della mortale e la guardò dritta negli occhi, che erano grandi e umidi di pianto. In quelle iridi scurissime, quasi nere, lesse angoscia, disperazione, terrore e confusione.

E assaporò quella sensazione di potere assoluto, nutrendosi della sua paura.
 



Sarah fissava impietrita gli occhi dell'uomo, che erano verdi come un campo di tenera erba bagnata di pioggia. Trattenne il fiato e, finalmente, lo riconobbe. Il suo volto era stato per mesi in prima pagina su tutti i giornali. Il web era sommerso di video amatoriali, provenienti dalla Germania e da New York, che lo ritraevano mentre cercava di conquistare il mondo, recando morte e distruzione. Schiuse le labbra, che tremavano violentemente, e sussurrò:

"Loki..."

Lo vide inclinare leggermente il volto, con un sorriso divertito e agghiacciante. Una lacrima solitaria solcò il suo viso roseo, interrompendo la sua discesa tra le dita del dio, che le strinse il mento con più forza, attirandola ulteriormente verso di sé. Vedendolo così da vicino, la ragazza si chiese come potesse un mostro simile avere un viso tanto bello. Ma, in fondo, in molti dicevano che la morte, quando ti appare, ha le sembianze di una creatura bellissima. Ti sfiora il volto in modo rassicurante e poi ti trascina con sé nell'oscurità.
Sarah si sentì invadere da uno strano torpore, che le annebbiò la vista e paralizzò il corpo, mentre la paura lasciava il posto ad una mesta rassegnazione. Avvertì la mano del dio scivolare verso il basso e le sue dita fredde chiudersi lentamente sul suo collo con una leggera pressione.
Ormai totalmente indifesa, chiuse gli occhi, convinta che fosse giunta la sua fine.

Inaspettatamente, il pavimento cominciò a vibrare. Dapprima lievemente, poi con sempre maggiore intensità. Qualche istante più tardi il silenzio venne squarciato da un tremendo boato, come quello di poco prima. Sarah riaprì gli occhi di scatto. 'Un'altra esplosione?' si domandò atterrita. Notò che il sorriso era sparito dal viso di Loki, rimpiazzato da una smorfia di spaventosa angoscia. Possibile che quell'essere insensibile potesse provare paura? Scrutò i suoi occhi, che ora erano attraversati da un'ombra sinistra, e le sembrò di leggervi dentro un infinito dolore. Era confusa, e dentro di lei presero forma sentimenti contrastanti. Sollievo. Ansia. Preoccupazione. E persino una folle compassione.
 



Loki sentì il sangue gelarsi nelle vene. Lo scettro era stato riattivato, e qualcun altro era arrivato su Midgard. Qualcuno che di certo stava cercando proprio lui, per infliggergli la punizione promessa. Lasciò di colpo la presa, liberando la mortale, che tossicchiò lievemente e si portò una mano sul collo; e si precipitò fuori. Non era un codardo. Se doveva morire, lo avrebbe fatto combattendo. Si diresse a passo deciso verso l'ascensore e, inspirando profondamente, vi entrò con aria solenne. Si voltò verso il corridoio e premette il pulsante per il piano inferiore con un gesto secco, rabbiosamente, raccogliendo le poche forze che gli erano rimaste.




Non appena riprese il controllo del suo respiro, Sarah alzò lo sguardo e vide Loki spalancare la porta con violenza e uscire dalla stanza, quasi correndo. Al pensiero di restare di nuovo sola, si sentì pervadere da un terrore irrazionale e, senza rendersi conto di quel che faceva, andò dietro al dio asgardiano. Lei non capiva cosa stava accadendo, ma lui...lui sembrava sapere.
Quando si ritrovò fuori dalla camera, con gli occhi sbarrati ed il fiatone, si bloccò. Alla sua sinistra, in fondo al corridoio, Loki stava per entrare nell'ascensore. Alla sua destra, solo a pochi passi, c'erano le scale che conducevano al garage sotterraneo, dove aveva parcheggiato il suo pick-up rosso. Era salva. Poteva scappare.
Persino un bambino avrebbe compreso qual era la direzione più saggia da seguire e anche lei, in fondo alla mente, sapeva benissimo che la scelta più sensata era la fuga.
E invece, contro ogni logica, corse verso l'ascensore.




Le porte metalliche stavano per chiudersi, ma all'ultimo momento una figura balzò nell'ascensore, finendogli addosso al petto. Il dio dell'Inganno guardò sorpreso e infastidito la ragazza che aveva appena risparmiato. Che accidenti voleva fare? Di certo non era molto sveglia, se aveva deciso di seguirlo invece di fuggire, pensò con disappunto. La scostò da sé, afferrandola per i fianchi, e la scaraventò sulla parete opposta dell'ascensore. Forse troppo violentemente, a giudicare dal tonfo sordo che produsse l'urto del suo corpo col metallo dell'ascensore. Vide il suo viso contorcersi in una smorfia di dolore, ma non ebbe modo di gioirne, dato che le porte si riaprirono, obbligandolo a voltarsi e ad affrontare una nuova minaccia. 
Si addentrò nervosamente nel laboratorio e vide l'uomo di latta, il professore irascibile e il pirata vestito di nero che fissavano allibiti un nuovo arrivato. Una specie di mostro umanoide, alto e possente, con la pelle grigia e ruvida, che sembrava pietra. Aveva negli occhi una spiazzante furia omicida e quando vide Loki in piedi sull'uscio dell'ascensore gli sorrise beffardo.

"E' giunta l'ora di capire cos'è il vero dolore, asgardiano. Thanos ti attende impaziente al di là del portale."

Loki lo fissò intensamente, simulando una spavalderia che non aveva.

"Temo che il tuo padrone attenderà invano. Sarai tu a provare il vero dolore, mostro immondo, e non potrai vivere abbastanza per raccontarlo", gli disse con voce gelida.

Provò a smaterializzarsi, così da poter prendere alle spalle quell'essere, ma si rese conto con sgomento di non avere abbastanza energia. In quelle condizioni, non poteva avere la meglio in uno scontro diretto, ma l'alieno si avvicinava minacciosamente, senza dargli il tempo di pensare ad una strategia alternativa, quindi dovette affidarsi ad una mossa disperata. Raccolse tutte le sue forze e le condensò in un'unica sfera di luce infuocata, che scagliò contro il suo nemico, con tutta la rabbia che aveva. Il colpo sembrò andare a segno, ma non appena le scintille generatesi nell'impatto si dispersero, realizzò con orrore che non aveva minimamente scalfito le pelle coriacea dell'oscuro emissario di Thanos.
"Sembri aver perso molto potere, asgardiano...", lo canzonò il mostro con tono di scherno, e sollevò la corta lancia acuminata che teneva stretta nella mano. Loki non fece nemmeno in tempo a pensare di spostarsi, che la lama si conficcò violentemente nel suo addome, ricacciandolo dentro l'ascensore.
 



Sarah si era appena ripresa dalla stordimento per la botta ricevuta quando vide il dio dai capelli corvini indietreggiare velocemente e impattare sul fondo della parete metallica. Un rivolo di sangue gli scendeva dall'addome, dove era piantata in profondità una lancia. La ragazza cacciò un grido acuto, senza capire che cosa stesse accadendo. Guardò fuori dall'ascensore, e vide un orribile essere camminare nella loro direzione. Era stato lui ad attaccare Loki?
La ragazza strinse i pugni, graffiandosi i palmi, e si sentì tremendamente impotente e confusa. Cosa doveva fare? Chi era il suo nemico? Si voltò e guardò l'uomo sofferente dietro di lei, notando che aveva negli occhi una rabbiosa rassegnazione, come una belva intrappolata e ferita. I passi alle sue spalle si facevano sempre più vicini, il mostro li aveva ormai quasi raggiunti, e lei istintivamente si frappose fra lui e Loki, anche se sapeva benissimo di non poter fare nulla. Stavolta sarebbe morta per davvero, si disse, deglutendo nervosamente.

Improvvisamente un raggio rossastro colpì l'orribile creatura alle spalle, mentre un altro mostro verde gli si gettava addosso urlando. Dopo un primo momento di sconcerto, la ragazza riconobbe le fattezze del più popolare tra i Vendicatori, Iron Man, e i contorni del più famigerato, Hulk, ingaggiare una lotta contro quel misterioso nemico.
Guardandoli con riconoscenza, la ragazza approfittò del loro provvidenziale aiuto e schiacciò velocemente il pulsante di risalita dell'ascensore. Questa volta sarebbe scappata, e di corsa. Si girò nuovamente verso Loki, che faticava a tenere gli occhi aperti e sembrava in procinto di perdere conoscenza. Il fondo dell'ascensore era ormai completamente imbrattato del suo sangue.

Cosa doveva fare con lui?

Lui la fissò in modo strano, doloroso, serrando strettamente le labbra. Per un momento le parve quasi che stesse per chiederle aiuto, ma poi il suo sguardo si adombrò nuovamente, accecato da un orgoglio che non voleva ammettere la propria debolezza. Quando l'ascensore si fermò con uno scatto secco, però, gli sfuggì un mugolio dalle labbra, e a Sarah non servì altro per decidere.
Afferrò con entrambe le mani la lancia conficcata nella sua carne e con uno sforzo sovrumano riuscì ad estrarla. Il viso del dio impallidì e si tese per il tremendo dolore, che lo costrinse ad appoggiarsi alla parete metallica con entrambe le mani.
Notando che si reggeva in piedi a fatica, Sarah mise un braccio sotto le sue spalle e uscì dall'ascensore con slancio, sperando di essere abbastanza forte da sorreggerlo, dato che era più alto di lei di almeno quindici centimetri. Per fortuna l'adrenalina, unita al suo istinto di sopravvivenza la fecero sentire più resistente di quel che era.

Corse lungo il corridoio trascinandosi dietro Loki, che perdeva visibilmente energia ad ogni passo, facendo barcollare anche lei. Quando raggiunse la porta del garage si sentiva già stremata, tanto che non riuscì ad aprire il maniglione antipanico al primo tentativo e dovette scagliarsi con impeto contro la porta un paio di volte per far scattare il meccanismo. Quando finalmente la porta si aprì, per poco non rotolò giù dalle scale, trascinata dalla foga della rincorsa, ma Loki la afferrò provvidenzialmente per un braccio, reggendosi al corrimano. Sarah espirò rumorosamente e gli rivolse un cenno di gratitudine, al quale lui rispose con un'occhiata irritata, e ricominciò a scendere le scale poggiandosi a lei, ormai sempre più debole.

Attraversato velocemente il parcheggio, Sarah mise una mano in tasca, e ne estrasse le chiavi del suo pick-up. Una volta aperta la portiera, aiutò con un ultimo sforzo Loki a posizionarsi sul sedile del passeggero, allacciandogli la cintura. Poi si salì sul sedile del guidatore, mise in moto, e partì a razzo. La sbarra di controllo era abbassata, ma lei non la vide nemmeno, e si rese conto di averla sfondata solo quando dei detriti di plastica e metallo finirono sul parabrezza. Presa dal panico, attivò i tergicristalli e in un attimo si ritrovò in strada, accelerando come una furia.
L'edificio dello S.H.I.E.L.D. era ormai alle loro spalle da un po' quando si decise a voltarsi verso Loki, che emetteva dei gemiti sofferenti di fianco a lei e si premeva una mano sulla ferita. Lui la fissò infastidito, riparandosi dietro un finto sorriso colmo di sarcasmo e amarezza, e mormorò a mezza voce:

"Perché...mi stai...aiutando...? Io ti avrei...uccisa...stupida mortale..."

Confusa, Sarah voltò il viso di scatto, tornando a fissare la strada. A quella domanda non sapeva rispondere nemmeno lei, ma non ebbe bisogno di dire nulla, dato che lui perse i sensi immediatamente dopo.

La ragazza guardò con apprensione il traffico e il viavai di persone al di là del parabrezza, tentando di mantenere un'andatura controllata. Era ancora giorno, e quindi era pieno di gente. Se qualcuno si fosse accorto dell'identità del suo passeggero, avrebbe di certo creato il caos. Dove sarebbe potuta andare?




 ***



ANGOLO CURIOSITÀ - Il valore delle recensioni

Questo è stato decisamente il capitolo più difficile da scrivere e quello a cui ho apportato maggiori modifiche. All'inizio non era prevista tanta azione, e rileggendolo mi sono resa conto che la descrizione degli eventi era un pò confusa, soprattutto nella parte finale. (Anche perché io ho il vizio di cambiare continuamente punto di vista...ehm... ^^'') Ora l'ho corretto, e sono decisamente più soddisfatta, anche se in certi momenti mi sembra che la fuga acquisti delle sfumature quasi comiche!! XD Spero che piaccia anche così... :)))
Colgo l'occasione per ringraziare chiunque mi abbia recensito, è stato uno stimolo fondamentale per continuare e finire la storia, e in particolar modo vorrei ringraziare NymLoveLoki, la mia 'recensionista' di fiducia, e una delle primissime inseguitrici della storia; che già alla prima stesura mi fece notare alcune incongruenze in questo capitolo, cosa che mi ha aiutato moltissimo a modificare ulteriormente la trama. Posso davvero dire che l'inizio del prossimo capitolo e alcune dinamiche che ne sono seguite sono nati grazie ad una apprezzatissima critica costruttiva! ^__^

Un bacio! :*

Sayuri




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Capitolo 7
*** Un rifugio sicuro ***


Capitolo 7 - Un rifugio sicuro
Capitolo 7 – Un rifugio sicuro




LABORATORIO S.H.I.E.L.D.


L'emissario di Thanos era furente.
Com'era possibile che quei due miseri mortali gli potessero tener testa? Per di più l'asgardiano era sparito. Ma questo, in realtà, non era affatto un problema. In fondo la sua sentenza era già stata emessa, non era più necessario portarlo al di là del portale. Sarebbe morto entro alcuni giorni, dilaniato dal dolore, proprio come gli era stato preannunciato.
Il piano di vendetta di Thanos era perfetto.
Prima lo aveva trasportato su Midgard attraverso il suo portale, risucchiandogli ogni energia e riducendo così tutto il suo potere, in modo che non potesse sperare di difendersi. Poi aveva intriso la lama di una lancia con il veleno più potente dell'universo, il suo stesso sangue, comandandogli di usarla per colpire e trafiggere Loki in profondità, anche se non mortalmente. La ferita del dio asgardiano si sarebbe di certo rimarginata velocemente, ma il veleno sarebbe rimasto nella sua carne, e lo avrebbe consumato dall'interno. Lentamente. Lo aspettava una lunghissima agonia.
La sua unica possibilità di salvezza sarebbe stata, forse, quella di estrarre subito la lancia, ma era di certo troppo debole per farlo, e il sangue di Thanos entrava in circolo molto rapidamente, causando uno stato di incoscienza entro pochi minuti.

Ora gli restava solo una cosa da fare, pensò l'emissario di Thanos. Facendo appello a tutta la sua forza scaraventò l'uomo con l'armatura metallica addosso al mostro verde, che si schiantarono rumorosamente contro una parete. Poi afferrò lo scettro del suo padrone, che giaceva incustodito su un tavolo, e lo usò per riaprire il portale, sparendo al di là di esso nel giro di pochi secondi.




Nick Fury raggiunse zoppicando Stark e Banner, che si stavano rialzando a fatica.

"Bè, capo, a quanto pare abbiamo un problema" disse Stark, scuotendo via la polvere e i detriti dalla sua armatura.

"Solo uno?" ironizzò Banner. "Quell'essere si è portato via lo scettro, che, come ben sappiamo, ha un potere enorme. E non sembrava di certo avere intenzioni pacifiche, a giudicare dal fatto che ha attaccato pure Loki..."

"Già, l'ha infilzato come uno spiedino! A quanto pare il piccolo principe ombroso non riesce proprio a farsi degli amici..." constatò Stark, non riuscendo a trattenere un sorriso.

"Non mi importa niente delle controversie di Loki, tranne quando queste coinvolgono la Terra. Dobbiamo recuperare la nostra cara 'divinità' e farci dire chi è questo nuovo nemico e cosa vuole. Evidentemente lui è l'unico a conoscerlo" affermò Fury, con tono teso.

"E se non volesse collaborare?" chiese divertito Stark.

"Collaborerà" rispose Fury, fissando Banner, che abbozzò un mezzo sorriso.

In quel momento le porte dell'ascensore si aprirono, e ne uscì Captain America, trafelato. Aveva un'aria estremamente preoccupata, ma quando vide che i tre stavano bene tirò un sospiro di sollievo.

"Il mio Vendicatore preferito!" urlò Stark, dandogli una manata sulle spalle "Sei venuto a salvarci, nonnetto? Troppo tardi, come vedi, ce la siamo cavata egregiamente anche senza di te".

Rogers gli rifilò un'occhiataccia, e poi disse: "Che è successo? Nell'ascensore c'è parecchio sangue, ho temuto che uno di voi..."

Fury lo interruppe bruscamente "Ti aggiorneremo tra poco, ho convocato una riunione dei Vendicatori nel mio ufficio. Comunque il sangue non è nostro. E' di Loki."

"Loki?!" chiese allibito Capitan America "Era qui?!"

Fury si bloccò, irrigidendo la mascella "Come sarebbe a dire era? Non l'avete trovato? A giudicare da come era ridotto, non può certo essere andato lontano."

Rogers lo fissò con un'espressione smarrita. "No, abbiamo perlustrato ogni piano, ma non c'è nessuno...Sembra però che qualcuno sia fuggito in auto dal garage al piano di sopra, la sbarra di controllo era sfondata..."

I quattro si guardarono in silenzio per qualche secondo, percorsi dalla stessa ansia e dalla stessa sensazione di impotenza.
Poi Stark parve avere un'illuminazione: "La ragazza!" esclamò battendosi un pugno sulla mano.

"Quale ragazza? Di che stai parlando?" domandò Banner.

"In ascensore, insieme al bellimbusto, c'era pure una ragazza. Altezza media, fisico niente male, capelli castani lunghi e ondulati...magari l'ha costretta ad aiutarlo."

Fury si massaggiò le tempie con una mano, irritato, e disse, con un fil di voce: "Perfetto. Rintracciarlo ora sarà quasi impossibile. Abbiamo bisogno di Thor, subito. E' già arrivato?" chiese fissando Steve Rogers.

Il capitano scosse la testa, desolato. "No, non riusciamo in nessun modo a comunicare con lui, né a rintracciarlo. Ma, forse, dato che Loki è apparso qui all'improvviso, mentre avrebbe dovuto essere in prigione, è successo qualcosa pure ad Asgard....".

Nel laboratorio cadde un silenzio carico di tensione e di dubbi. Nemmeno Stark riuscì a rendere l'atmosfera meno pesante, non gli veniva in mente nessuna battuta, nessuna frase tagliente.

Mentre si incamminava mestamente verso l'ascensore, Nick Fury sentì nascere dentro di sé una rabbia bruciante. Ancora una volta erano totalmente impreparati.




Era proprio una stupida, si disse Sarah. Ma che accidenti le diceva il cervello? Perché, almeno per una volta, non aveva fatto semplicemente la cosa più logica e sensata, invece di seguire il suo folle istinto? Quanto avrebbe voluto essere come sua sorella Jane, assennata e scaltra.
Ma lei era sempre stata la ribelle di casa, la bambina impulsiva e testarda che finiva sempre per cacciarsi nei guai. E, da quando sua madre era morta, la situazione era diventata ogni anno sempre più insostenibile, tanto che, cinque anni prima, non appena aveva compiuto diciotto anni, era fuggita.

Aveva abbandonato tutto e tutti, senza dare più notizie, sentendosi finalmente libera dal peso di un paragone che le stava da molti anni troppo stretto.

Che ingenua, si disse. E' impossibile fuggire da se stessi, lo aveva capito troppo tardi.
E ora, quando stava finalmente iniziando a ricucire i rapporti con sua sorella, ecco che rovinava tutto un'altra volta.
Per cosa, poi?
Per salvare una divinità aliena pazza e contorta, che pochi mesi addietro aveva cercato di schiavizzare l'umanità, e che qualche minuto prima la stava per uccidere con il sorriso sulle labbra?
Sarebbe dovuta tornare indietro, riconsegnare Loki nelle mani dei Vendicatori.
O magari andare alla polizia, e spiegare cos'era accaduto.
Avrebbe potuto perfino scaricarlo davanti al primo ospedale, per poi fuggire via, ritornare alla sua vita, dimenticare.

Invece se ne stava ferma sul ciglio della strada da ormai dieci minuti, con la testa e le braccia appoggiate al volante, singhiozzando come una bambina.

Sollevò la testa, provando a calmarsi, e si asciugò gli occhi con la manica della sua maglia viola. L'uomo di fianco a lei emise un sussurro strozzato, e lei volse i suoi occhi bagnati verso di lui. Aveva lo sguardo offuscato dalle troppe lacrime, ma capì che stava soffrendo intensamente. Guardò la sua ferita, e notò stupita che si stava rimarginando velocemente e che ormai non sanguinava più.
Forse stava guarendo.
Incerta e tremante, allungò un braccio verso di lui, poggiandogli una mano sulla spalla. Provò a scuoterlo dolcemente, ma non ottenne nessuna reazione. Fece un profondo sospiro e riprovò. Niente. Osservò il suo viso, così pallido e sofferente, e provò un assurdo moto di tenerezza. Sembrava un bambino triste, che si era addormentato controvoglia.

Sarah sospese la sua mano vicino al volto del dio, che emetteva dei respiri affannosi e irregolari, e gli scostò i capelli dal viso. Non appena la sua pelle toccò quella di Loki, si sentì mancare. Era bollente, come se avesse la febbre altissima. Non stava affatto guarendo, anzi.

Senza pensarci due volte rimise in moto l'auto e imboccò l'autostrada. Aveva bisogno di andare in un luogo tranquillo, in cui potersi rifugiare. Poi avrebbe pensato a cosa fare.
Sorrise a malincuore, accelerando.

C'era solo un posto in cui si era sentita al sicuro, un solo posto che potesse chiamare casa.

Ed era lo stesso da cui era fuggita cinque anni prima. 

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Capitolo 8
*** Febbre e incubi ***


Capitolo 8 - Febbre e incubi

Capitolo 8 – Febbre e incubi


Sarah guidava da ormai più di un'ora, e aveva gli occhi stanchi e indolenziti quando cominciò a riconoscere i contorni del quartiere periferico in cui era cresciuta. Era un piccolo agglomerato di case in legno, circondato da campi coltivati e da qualche piccola fabbrica. Sembrava che lì il tempo si fosse fermato. La ragazza iniziò a rallentare, intravedendo in lontananza il profilo di un edificio dolorosamente familiare. Girò a sinistra, percorrendo un vialetto non asfaltato, delimitato su entrambi i lati da campi di grano e alberi in fiore.

Quando frenò e spense il motore, era davanti a una graziosa casa in legno a due piani, tinta di bianco, ma dall'aspetto leggermente trascurato. Scese dall'auto con il cuore in gola e percorse a fatica i gradini che la separavano dalla porta d'entrata. Tutte le finestre erano chiuse, coperte da persiane color lavanda, e dall'interno non proveniva nessun rumore. Sarah si alzò sulle punte, tastando il lato superiore dell'infisso della porta, finché non trovò quel che cercava. Sorrise malinconica; dopo tutti quegli anni la chiave di riserva che lei stessa aveva nascosto era ancora nello stesso posto. Aprì la serratura con lo sguardo basso ed attese qualche istante, immobile, come ipnotizzata dall'incessante canto dei grilli portato dalla tiepida brezza serale. Poi si riscosse, scacciando i pensieri cupi che si stavano facendo strada nella sua mente, ricordando il motivo per cui si stava addentrando in quella casa silenziosa, infestata da ricordi.

Scoprì con disappunto di avere le mani che tremavano e fu con non poca difficoltà che riuscì ad aprire alcune finestre, dalle quali iniziò a penetrare pigramente la luce rossastra del tramonto. Affannata, si guardò attorno con più attenzione e si sorprese di vedere molta meno polvere di quante se ne potesse aspettare dopo quattro anni di abbandono. Sul tavolo c'era persino un vaso di vetro con dei fiori, ormai quasi completamente secchi, che sembravano non avere più di un paio di mesi.

La ragazza fece un mezzo sorriso. Jane. Evidentemente sua sorella tornava spesso nella loro vecchia casa, cercando di tenerla il più possibile in ordine, come si fa con un tesoro prezioso che non si può più riavere indietro, ma che non si vuole abbandonare.

Si diresse con decisione verso una stanza in fondo ad un corto corridoio, adiacente alle scale. Aprì di fretta le due grandi portefinestre al centro di una parete, che davano su un ampio balcone in pietra, completamente spoglio. In mezzo alla camera c'era un letto matrimoniale, dal quale Sarah tolse il pesante copriletto, che appoggiò al muretto esterno del balcone. Era già metà giugno, e faceva decisamente troppo caldo per quello, bastava il lenzuolo.

Poi corse trafelata verso il suo pick-up, aprì la portiera del passeggero e slacciò la cintura a Loki. Nel passargli così vicino avvertì più chiaramente il calore che emanava il suo corpo, e il suo respiro ansante. Facendo appello alle sue ultime energie, lo afferrò da dietro, passandogli le braccia sotto le ascelle e incrociandole sul petto dolorante del dio. Lo trascinò a fatica in casa, indietreggiando lentamente, attenta a non provocare ulteriori scossoni a quel corpo già duramente provato.

Quando finalmente riuscì a sdraiarlo sul letto, sistemandogli la testa sul morbido cuscino, si sedette accanto a lui sul ciglio del materasso. Lo guardò preoccupata, notando che l'uomo emetteva dei gemiti sommessi e che sembrava indebolirsi sempre più. Gli poggiò il dorso della mano sulla fronte, constatando che era ancora bollente. Deglutì a fatica.

Che poteva fare?

Decise che era il caso di controllare la sua ferita, per vedere se si era veramente rimarginata. Imbarazzata, iniziò a slacciare le cinghie che tenevano chiusa la parte superiore di quel suo strano abito e, con le mani che tremavano, gli sfilò il più delicatamente possibile quella stoffa rigida e logora dalla pelle, gettandola a terra.

Rimase senza fiato. Sul corpo definito e perfetto del dio, intorno alla ferita ormai quasi cicatrizzata, si estendeva una preoccupante macchia nero-bluastra. Sarah sfiorò quella porzione di pelle bollente con la punta della dita, e Loki si irrigidì nell'incoscienza, emettendo un lamento strozzato.

Una specie di infezione, pensò la ragazza, lo stava divorando dall'interno, causandogli una febbre altissima ed evidentemente anche dei dolori lancinanti. Ancora una volta si scoprì a provare per lui quella strana compassione, che nasceva nel suo petto e le riempiva il torace, quasi soffocandola. Voleva aiutarlo. Ma era da sola, e non c'era molto che potesse fare, a parte forse tentare di abbassare la sua temperatura corporea.

Si precipitò nel grande bagno adiacente alla camera, e riempì una bacinella di acqua gelida. Poi aprì la cassapanca ai piedi del letto, estraendone un vecchio lenzuolo bianco e lo strappò in tante strisce, che poi immerse nell'acqua fredda. Usando quelle bende improvvisate avvolse l'addome del dio, cercando di donargli un po' di refrigerio. Inumidì anche un altro pezzo di stoffa più piccolo, e lo usò per detergere il sudore leggero che imperlava la fronte e le tempie di Loki, il quale sembrò distendersi e provare un certo sollievo.

Dopo circa mezz'ora gli cambiò la fasciatura, notando con soddisfazione che la sua pelle sembrava un po' meno calda di prima, e poi si sdraiò accanto a lui, stremata. Ormai era notte e lei aveva vissuto probabilmente la giornata più stressante e distruttiva della sua intera esistenza. A poco a poco il suo cuore iniziò a rallentare i battiti e si sentì scivolare nel sonno pesantemente, come un sasso lanciato in uno stagno, e chiuse gli occhi.



La svegliò di soprassalto un grido disumano, che squarciò il buio e il silenzio delle ore solitamente più calme della notte. Aprì gli occhi di scatto, spaventata, e si mise seduta cercando freneticamente l'interruttore della piccola lampada sul comodino. Nella stanza si diffuse una luce tenue e Sarah capì che era stato Loki ad urlare. Lo vide contorcersi nelle lenzuola, i capelli arruffati gli coprivano metà del volto, che sembrava una maschera di dolore. Urlò di nuovo, in modo tremendo, angosciante, in preda ad una sofferenza dilaniante che ne sconvolgeva i lineamenti e la voce. Sarah era terrorizzata, e sentì quel grido disperato rimbombarle nelle orecchie, ancora e ancora. Senza rendersene conto accolse tra le sue fragili braccia quel corpo straziato, caldo, tremante; sussurrandogli parole piene di dolcezza e speranza. Lo strinse con delicatezza, gli accarezzò i capelli, e sentì dentro di sé tutto il suo dolore. Lui rispose al suo gesto con un abbraccio infantile, privo di ogni malizia, avvolgendole i fianchi e appoggiandole il capo sul petto. Poteva sentire il suo respiro irregolare, scandito da un sonno agitato ricolmo di incubi e di dolore inenarrabile.

Parlava nel sonno, il dio dell'Inganno, e anche se Sarah non comprendeva le sue parole, gridate in qualche lingua sconosciuta, ne avvertiva il senso, perché nel suo cuore erano racchiusi gli stessi sentimenti. Solitudine. Angoscia. Disperata rassegnazione.

Riuscì a capire una sola parola, che Loki sussurrò al suo orecchio prima di scivolare, finalmente, in un sonno più tranquillo, dopo ore di agonia. La strinse più forte, togliendole il fiato, e mormorò con un fil di voce:


"Madre..."

Una strana sensazione di calore si diffuse nel basso ventre della ragazza, causandole un fortissimo capogiro e un'improvvisa spossatezza. Perse i sensi poco dopo, con gli occhi pieni di lacrime.









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Capitolo 9
*** Il risveglio ***


Capitolo 9 - Il risveglio
Capitolo 9 – Il risveglio



Quando Sarah finalmente si risvegliò, con un forte mal di testa, era ancora tra le braccia di Loki e il sole era già alto all'orizzonte.

Si alzò controvoglia, liberandosi a fatica da quell'abbraccio così strano, così sbagliato e così inspiegabilmente confortevole. Notò con sollievo che la macchia scura sull'addome del dio sembrava essersi leggermente rimpicciolita, ma il suo corpo era ancora caldissimo, divorato dalla febbre.

Si stropicciò gli occhi e poggiò i piedi nudi a terra, rabbrividendo per il contatto con il pavimento gelido, e si diresse verso il bagno, dove riempì di nuovo la bacinella di acqua fredda. Mentre l'acqua scorreva, osservò il suo riflesso nello specchio. Era ridotta ad uno straccio. Occhiaie nere, viso pallidissimo, capelli in disordine e vestiti sgualciti, ancora sporchi del sangue di Loki. Aveva decisamente bisogno di una doccia, e anche di mangiare qualcosa. Sospirò sconsolata, alzando le spalle. In che guaio si era cacciata!

Tornò in camera, fasciò di nuovo il corpo caldo del dio, bagnandogli la fronte. Lo osservò qualche istante, ricordando la rabbia e la disperazione nella sua voce. Per quanto ancora sarebbe rimasto in quello stato di incoscienza? Come il giorno precedente, aveva il respiro affannoso e irregolare e quell'espressione sofferente sul viso. Provò a stringergli una mano, ma non ottenne nessuna reazione. Deglutì lentamente, alzandosi dal bordo del materasso, lasciandogli la mano. Si sentiva stranamente stordita, e indietreggiò incerta, con la testa che girava.

Si rese conto che non aveva nemmeno un cambio di vestiti, quindi aprì la cassapanca ai piedi del letto, scavando sotto lenzuola e vecchie tovaglie. Le capitarono in mano un paio di pantaloni di pelle scuri e una camicia bianca appartenuti al padre. Li tenne da una parte, forse sarebbero potuti andare bene per il suo ospite, pensò. Sul fondo trovò alcuni vestiti di sua madre e, non appena li strinse tra le dita, le scese una lacrima. Quanto le mancava. Trovò quel vestito leggero che metteva così spesso, del suo colore preferito, il viola; una gonna nera di cotone e una camicetta rossa a pois bianchi a maniche corte.

Scelse la gonna e la camicetta e si diresse verso il bagno. Accostò la porta, aprì l'acqua della doccia e iniziò a spogliarsi. Nel mobile sotto al lavandino trovò una saponetta uguale a quelle che usava da bambina, al profumo di fragola e ciliegia. Sorrise. Si lavò con calma, assaporando la dolce pressione dell'acqua tiepida sulla pelle, e si lasciò scorrere a lungo l'acqua sul viso e sui capelli. Mentre i suoi muscoli tesi ed indolenziti pian piano si rilassavano, chiuse gli occhi e cercò di non pensare a niente per qualche minuto.





A fatica, Loki riuscì a riaprire leggermente le palpebre. Non capiva dove fosse, e tutto gli appariva sfocato e distorto. Provò a muoversi, ma tutto il suo corpo era come paralizzato, percorso da fitte simili a scariche elettriche. Nel torpore che gli annebbiava la mente, si chiese se era davvero possibile che fosse ancora vivo. Tentò di riallineare i suoi ricordi, ma nella sua mente presero forma solo immagini confuse. Lo scettro. La prigione. Thanos. I Vendicatori. Thor. Non riusciva a mettere insieme i pezzi. Vide un'altra figura, dai contorni indefiniti, emergere tra i frammenti della sua memoria. Sembrava una donna, la stessa che gli era apparsa quella notte, mentre era preda di quegli incubi angoscianti che lo stavano trascinando inesorabilmente verso il buio, verso la morte. Lo osservava, tendendogli una mano. All'inizio credeva che fosse sua madre, ma la sua voce era diversa. Gli aveva parlato dolcemente, allontanandolo poco a poco dal quel dolore che lo stava uccidendo. Chi era?

All'improvviso sentì alla sua sinistra il rumore di una porta che si apriva, e dei passi. Volse lo sguardo in quella direzione e vide qualcuno camminare verso di lui e fermarsi a pochi passi, dandogli la schiena. Socchiuse ancora di più i suoi occhi verdi, tentando di mettere a fuoco quella persona. Riconobbe la ragazza del suo sogno, e istantaneamente cominciò a ricordare. La prigionia su Asgard, l'arrivo inaspettato su Midgard. La fuga dal laboratorio, la sua ferita mortale. Quella era la stupida umana che l'aveva soccorso. La vista gli si appannò di nuovo e fu costretto a richiudere gli occhi. Le sue pene non erano ancora finite. Prima ancora di poter pronunciare una sola parola, ripiombò nell'incoscienza.





Sarah ebbe l'inquietante sensazione di essere osservata e si voltò di scatto, impaurita.

Era solo un'impressione, si disse. Loki aveva ancora gli occhi chiusi e non si era mosso di un millimetro, perso nel suo sonno crudele. Non sapeva bene cosa fare, quindi cambiò nuovamente le sue bende, sperando che servisse davvero a qualcosa.

Una volta finito, sentì un forte brontolio allo stomaco. Aveva assolutamente bisogno di mangiare, dato che non toccava cibo da ormai un giorno intero. Frugò in tutta la cucina ma non trovò niente, la dispensa ovviamente era vuota e il frigorifero non funzionava nemmeno. Sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli: non aveva soldi, solo qualche dollaro che aveva infilato in tasca distrattamente insieme alle chiavi della sua auto. La sua borsa invece era rimasta allo S.H.I.E.L.D., con dentro documenti e portafoglio. Impallidendo, si chiese se la stessero cercando, se Jane fosse in pensiero per lei. Ovviamente era così, ma di certo non l'avrebbe mai cercata in quel posto, che lei aveva sempre finto di odiare.

Si massaggiò le tempie, cercando una soluzione. Ricordò che a qualche minuto di cammino abitava la signora Collins, un'anziana donna che con lei era sempre stata molto gentile. Era la sua unica possibilità. Lanciò un'occhiata a Loki, chiedendosi se fosse il caso di lasciarlo solo. Il suo respiro era sempre irregolare, il viso segnato dal dolore. Si disse che avrebbe fatto presto.

Corse fuori, incespicando sui gradini di legno, e percorse a passo svelto il vialetto ricoperto di sassolini bianchi, che schizzavano via al suo passaggio.

Dopo pochi minuti si ritrovò davanti a una casa simile alla sua, ma tinta di giallo chiaro. Si precipitò alla porta e bussò freneticamente sul vetro. Venne ad aprire una signora sui sessant'anni, vestita con una vestaglia azzurra e senza maniche. La signora Collins. Sul volto aveva un'espressione gentile e sorpresa. Probabilmente l'aveva riconosciuta, ma non disse niente.

"B-buongiorno" balbettò Sarah "scusi se la disturbo, ma avrei bisogno di aiuto. Sono affamata e ho perso borsa e portafoglio, quindi non posso comprare nulla. Ho solo questi spiccioli, ma se per lei va bene potrei scambiarli con un pezzo di pane, anche vecchio, non c'è problema, mi va bene qualsiasi cosa." Parlò tutto d'un fiato, con la testa bassa, allungando verso la donna la mano contenente i pochi dollari che aveva con sé.

La signora Collins sorrise intenerita.

"Aspetta un attimo" disse con tono materno, e rientrò in casa, senza toccare i soldi che Sarah le offriva.

La ragazza rimase interdetta. Aspettò vari minuti, che le sembrarono interminabili. Stava quasi pensando di andarsene quando la donna finalmente uscì, e le porse un cestino in vimini con della frutta, alcune verdure fresche, del pane e una decina di uova. Sarah rimase a bocca aperta, e la signora Collins approfittò della sua incredulità per infilare nel cesto anche alcune banconote.

"Fra poco i miei figli verranno a prendermi e starò fuori città per due settimane" spiegò l'anziana signora "non posso abbandonarti a te stessa, non proprio ora che sei tornata".

La ragazza annuì debolmente, mormorando un 'grazie', sempre più sorpresa. Poi abbracciò con riconoscenza quella donna così buona e altruista, e tornò velocemente verso casa sgranocchiando una mela. Forse la fortuna stava iniziando a girare dalla sua parte. Forse, per una volta, stava facendo la cosa giusta.

Rientrata in casa cambiò nuovamente le fasciature a Loki, che sembrava stare un po' meglio, e provò a rilassarsi. Dato che miracolosamente i fornelli funzionavano ancora, si preparò una bella cenetta: un paio di uova strapazzate, con zucchine alla griglia e un del pane fatto in casa. Dopo aver mangiato con gusto, appoggiò le braccia e la testa sul tavolo di legno della cucina, scivolando in un sonno leggero, sazia e rinfrancata. Non si rese conto del tempo che passava e in un attimo era già buio.

Come la notte precedente, fu svegliata di soprassalto dalle grida disperate di Loki. Corse da lui, tentando di strapparlo via da quella tremenda disperazione che gli scuoteva le membra, combattendo insieme a lui un oscuro nemico.



Andò avanti così per alcuni giorni. Durante le ore di luce Sarah si riposava, mentre notte dopo notte assisteva a quell'insopportabile tortura, chiedendosi come facesse quell'uomo, che in realtà non era che un ragazzo, a sopravvivere a tanta sofferenza. Com'era possibile che si meritasse davvero una così severa punizione? Se lo chiedeva ogni sera, sdraiandosi accanto a lui, pronta ad accoglierlo tra le braccia durante i suoi deliri strazianti, sussurrandogli con voce tremante parole di conforto.

E, giorno dopo giorno, la macchia scura sul corpo del dio continuava a regredire.



Forse quel calvario sarebbe presto finito, pensò Sarah una mattina, dopo la quinta o sesta notte che non chiudeva occhio. Come sempre si fece una doccia, provando a lavare via quel dolore che ormai sentiva anche suo. Indossò il vestito viola della madre, che le calzava a pennello, mettendo in risalto le sue forme armoniose. Si guardò allo specchio, infilando dietro le orecchie i capelli umidi, e vide riflessa sul suo volto una domanda a cui temeva di dare una risposta.

Se e quando Loki si fosse svegliato, cosa ne sarebbe stato di lei?

Provò una strana ansia. Mentre lui dormiva lo poteva gestire, aveva imparato a controllare la situazione, ma come poteva relazionarsi con lui da sveglio? Cosa le avrebbe fatto?

Le venne la pelle d'oca, e si sentì sopraffare dalla preoccupazione, avvertendo dentro di sé una sgradevole sensazione di pericolo. Uscì dal bagno con il cuore che batteva all'impazzata e alzò istintivamente gli occhi.

Fece solo un passo e si bloccò, irrigidendo tutto il corpo. Avrebbe avuto presto la risposta alle sue domande. Loki era seduto sul letto, appoggiato allo schienale, completamente sveglio.

E la stava fissando, con un'espressione indecifrabile e sinistra dipinta sul volto.



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Capitolo 10
*** Sguardi e parole ***


Capitolo 10 - Sguardi e parole
Capitolo 10 – Sguardi e parole





Sarah trattenne il fiato, paralizzata da quello sguardo magnetico. Lui incrociò le braccia sul petto, aggrottando la fronte indispettito, e continuò a fissarla con quel mezzo sorriso, senza dire una parola.


Nonostante facesse fatica a respirare, la ragazza decise di rompere quel silenzio imbarazzante, strinse i pugni e mormorò con voce tremante:

"Ben...ben svegliato..."

Le parole le morirono in gola e si bloccò, senza sapere che altro dire. Non riuscì più a sostenere lo sguardo del dio e abbassò gli occhi, confusa. Capì di essere arrossita visibilmente quando sentì Loki sogghignare; doveva sembrargli davvero patetica.

Le cadde lo sguardo sui vestiti del padre che aveva tenuto da parte per lui, e trovò il coraggio di fissare di nuovo quegli occhi verdi. Cercò di formulare nella sua mente una frase di senso compiuto, ma era difficile concentrarsi su qualcos'altro che non fosse quello sguardo, che la inghiottiva poco a poco.
Decise allora di muoversi, e afferrò i vestiti, avvicinandosi velocemente al letto. Li porse a Loki con un gesto secco. Lui la squadrò in modo interrogativo e
finalmente parlò:

"Che cosa vuoi, mortale?"

Era abituata a sentire quella voce piena di dolore e disperazione, mentre ora avvertiva una nota bassa e tagliente nelle sue parole, che pronunciava in modo gelido e diffidente. Fu percorsa da un brivido e non riuscì a rispondergli. Lui sospirò spazientito, alzandosi in piedi, sovrastandola. Sarah si irrigidì e fu costretta ad alzare i suoi occhi neri, che fissavano spalancati le labbra di Loki mentre scandivano nuovamente la stessa domanda:

"Che cosa vuoi, mortale? Che sono quelli?" le chiese indicando con un cenno del capo i pantaloni e la camicia che gli stava porgendo. La ragazza si schiarì la voce, doveva decidersi a parlare, subito, altrimenti quello non ci avrebbe pensato due volte a toglierla di mezzo.

"S-sono vestiti per...per te. Quelli che avevi sono praticamente immettibili, e poi hai avuto la febbre per giorni, così ho pensato..."

Forse stava parlando troppo. Lui si avvicinò di un altro passo, sfiorando la stoffa della camicia con una mano, continuando a fissarla.

"...sì, ho pensato che questi ti potessero andare bene. S-se vuoi fare una doccia, il bagno è laggiù.", disse voltandosi leggermente verso la porta semiaperta alla sua destra.

Loki la squadrò un'altra volta e prese i vestiti dalle sue mani, sfiorandole le dita. Le passò accanto, urtandole leggermente una spalla e si diresse verso il bagno. Quando udì la porta chiudersi con un tonfo secco, Sarah crollò in ginocchio. La testa le girava ed era praticamente senza fiato. Quell'uomo le faceva uno strano effetto, era in grado di disorientarla completamente. Inspirò profondamente, rialzandosi a fatica. Doveva stare molto attenta, e cercare di tenerlo il più possibile a distanza.
 



Loki si richiuse la porta alla spalle con violenza, lanciando i vestiti sopra una sedia appoggiata ad una parete. Si guardò intorno con circospezione, mentre apriva l'acqua della doccia. Il bagno era abbastanza grande, ma spoglio, come se non venisse usato da tempo. Iniziò a togliersi quelle specie di bende che gli avvolgevano l'addome e parte del torace.

Era stata quell'umana a medicarlo?

Strinse le labbra, la ferita gli faceva ancora male. Si infilò nella doccia ad occhi chiusi, lasciando scorrere l'acqua sui suoi capelli neri, sul suo viso segnato da quei giorni di dolore, sul suo corpo ancora indolenzito. Effettivamente una doccia gli ci voleva proprio, lentamente cominciò a sentirsi più rinvigorito. Appoggiò la mani sulle piastrelle bianche, abbassando le testa, e aprì gli occhi. Pensò a cosa avrebbe dovuto fare ora. Se non fosse stato per la mortale, si disse leggermente disgustato, era certo che sarebbe morto. Evidentemente Thanos ormai lo considerava tale. Come poteva sfruttare la situazione?

Rifletté per vari minuti, ma non trovò una soluzione a lui conveniente. Conosceva molto bene il potere e le mire di Thanos, e non poteva sperare di contrastarlo e di avere salva la vita, non più. Probabilmente era riuscito a rientrare in possesso del suo scettro, quindi era solo questione di tempo prima che riuscisse a mettere le mani anche sul Tesseract. Odino aveva bloccato il suo primo attacco, ma le difese di Asgard non avrebbero retto a lungo. Persino Thor sarebbe stato sconfitto, e il suo mondo ridotto in frantumi.

Loki sorrise amaramente. Di certo non sarebbe tornato ad Asgard, che senso avrebbe avuto avvertire gli stessi idioti che l'avevano condannato e condotto ad un passo dall'oblio? In ogni caso non avrebbero avuto speranza di sopravvivere. Thanos non avrebbe risparmiato niente e nessuno, nel suo folle piano di distruzione totale; nemmeno Midgard e suoi inutili abitanti che avevano osato umiliare i suoi chitauri.

Uscì dalla doccia avvolgendosi in un morbido asciugamano. Non aveva senso pensare di combattere Thanos, non ne aveva i mezzi, nessuno li aveva. Sbuffò irritato. Invece di marcire nella buia prigione asgardiana, sarebbe morto su quell'insulso pianeta, in quella casa ammuffita. Insieme a quella stupida mortale.

Si massaggiò le tempie nervosamente, ogni volta che chiudeva gli occhi sentiva l'odore della sua pelle, che emanava un dolce profumo di frutta, e gli veniva il voltastomaco. Come aveva osato toccarlo, come aveva osato salvarlo? Non riusciva ad accettarlo eppure, per qualche misterioso motivo, non provava il desiderio di ucciderla. Comunque gliel'avrebbe fatta pagare. Avrebbe trovato il suo punto debole, per poi farla soffrire lentamente.

Sorrise soddisfatto. Almeno sapeva come passare il tempo, mentre aspettava la fine. Il fato concedeva al dio dell'Inganno un'ultima occasione per divertirsi, e lui non l'avrebbe di certo sprecata.

Indossò gli abiti midgardiani e, presa la sedia, si sedette di fronte allo specchio. Osservò sconfortato il suo riflesso, stentando a riconoscersi. I capelli, ormai troppo lunghi, gli coprivano il volto, nonostante continuasse a scostarli. Il suo viso era più pallido e magro di quanto ricordasse, conferendogli un'aria fastidiosamente debole. Nei suoi stessi occhi lesse sfiducia, dolore e delusione. Non era così che si aspettava il suo futuro, avrebbe dovuto essere un re. Ne era degno. Avrebbe dovuto essere rispettato, temuto, servito. Invece era stato dimenticato, odiato, condannato alla solitudine e al rimpianto.

Rimase immobile per vari minuti, avvolto in quella cappa di sofferenza e di impotenza.




Sarah spiava nervosamente verso la porta del bagno. Aveva cambiato le lenzuola del letto e si era seduta sulla cassapanca, in attesa. Erano passati parecchi minuti da quando Loki aveva richiuso l'acqua, eppure non era ancora uscito, e da dietro la porta non proveniva nessun rumore. Che stesse di nuovo male? Aspettò ancora una decina di minuti, poi si decise ad alzarsi. Bussò piano alla porta, tendendo le orecchie. Nessuna risposta. Bussò di nuovo, più forte. Silenzio. Senza riflettere, spalancò la porta con il cuore in gola.

Lo vide seduto di fronte allo specchio, immobile, con un'espressione nervosa sul volto. Riprese a respirare normalmente, appoggiandosi allo stipite. Sembrava che lui non l'avesse nemmeno sentita, perso in chissà quali oscuri pensieri. Si diresse verso di lui e, quando ormai a dividerli c'erano solo un paio di passi, chiese:

"Stai bene?"

Lui si riscosse improvvisamente, mettendola a fuoco attraverso il suo riflesso nello specchio.
 



Che domanda stupida, pensò Loki. Certo che stava bene. Stava solo riflettendo. Gli umani proprio non riuscivano ad evitare di essere così fastidiosamente ansiosi ed intromettenti?

Fissò la ragazza con più attenzione, i suoi occhi scuri erano spalancati, sembrava davvero preoccupata per lui. Ridicolo. Le rivolse un sorriso beffardo, mentre i capelli continuavano a ricadergli sugli occhi. Li ricacciò indietro irritato, senza risultati, più volte, nervosamente. Sentì che lei aveva fatto un altro passo verso di lui, e quando alzò gli occhi gli era di fronte, appoggiata allo specchio. Aveva un sorriso fastidiosamente divertito sul viso, che lo mandò in bestia.

"Se vuoi, te li posso tagliare" gli disse trattenendo una risata, sfiorandosi le labbra con le dita.

Se vuoi, ti posso far fuori con uno schiocco di dita, pensò il dio, furente.

Poi si rilassò, sfoderando il suo sorriso più amichevole. Fingere accondiscendenza l'avrebbe spinta ad abbassare la guardia, poteva studiarla e scoprire le sue debolezze, per poi colpire senza pietà. Alzò le spalle e rispose:

"Fa come ti pare."

Quella sciocca sorrise felice, senza motivo. Aveva ragione a sentirsi superiore agli umani, erano creature senza intelletto. La osservò aprire un cassetto, dal quale estrasse un paio di forbici in metallo.




Sarah si posizionò dietro al dio, scrutando il suo riflesso nello specchio. Era impazzita? Evidentemente sì, proprio non riusciva a non cacciarsi nei guai da sola. Nella sua vita aveva dovuto imparare a cavarsela da sola in fretta, e ad arrangiarsi a fare un po' di tutto; ma di certo la voce 'hair stylist di divinità aliene' non rientrava nel suo curriculum. Non volle pensare a cosa le avrebbe potuto fare se non fosse stato soddisfatto.

Afferrò una ciocca di capelli neri, soppesandola tra le dita e dopo pochi istanti la tagliò di netto a pochi centimetri dalla cute di Loki, che non fece una piega, anzi, sembrava di nuovo perso nei suoi pensieri. La ragazza inspirò profondamente, prese coraggio e riprese il suo 'lavoro'. Era decisamente una situazione surreale. Lei, in quel bagno leggermente appannato dal vapore, in cui non entrava da anni, e una divinità aliena dallo sguardo indecifrabile; insieme. Man mano che i capelli neri cadevano a terra fu in grado di vedere più chiaramente il viso di Loki, e ne ammirò nuovamente i lineamenti perfetti. Aveva gli occhi più belli che avesse mai visto, anche se erano perennemente oscurati da un'ombra sinistra.

Stargli così vicino la rendeva nervosa. Ripose le forbici e gli pettinò i capelli con le dita, lentamente, quasi assaporando quel contatto che sentiva stranamente intimo. Lo sentì emettere un respiro più profondo e le si appannò la vista per un istante. Così non andava. Aveva deciso di tenerlo a distanza. Si allontanò velocemente da lui, mormorando un "fatto" a mezza voce.




Loki fissò il suo riflesso, impassibile. L'idea di essere stato toccato da quella creatura così inferiore non lo entusiasmava affatto, ma per lo meno ora aveva un'aria decisamente più presentabile e fiera. Si passò velocemente una mano tra i capelli, dove poco prima lo stava accarezzando lei, quasi a cercare di cancellare il contatto delle sue dita. Notò che si era allontanata di alcuni passi, volgendogli le spalle.

Si alzò, sorpreso di avere il respiro leggermente accelerato. La ragazza si voltò di scatto, come se all'improvviso le fosse venuta in mente una cosa di vitale importanza.

"A proposito" disse, tendendogli una mano, "io mi chiamo Sarah."

Lui fissò quella mano bianca sospesa a mezz'aria, interdetto. Sapeva che era un saluto degli umani, e che avrebbe dovuto stringerla per ricambiare. Lo fece controvoglia, ma con forza, avvertendo la pelle calda della mortale contro la sua. La fissò negli occhi intensamente e la vide arrossire e schiudere le labbra, confusa. Lei ritirò di colpo la mano e uscì dal bagno, praticamente correndo.

Non sarebbe stato poi così difficile trovare il suo punto debole, si disse divertito.






  ***



Angolo curiosità: questione di... capelli

La scena finale è un po' assurda, lo so. XD Eppure, una delle primissime scene che ho immaginato di questa storia è stata proprio quella del taglio di capelli del dio dell'Inganno. ^__^
Va bene, confesso: non sono un'amante del capello lungo, per niente, quindi considerate questa scena come un semplice capriccio dell'autrice, ok? Se non vi piace, non disperate, i capelli ricrescono; altrimenti eccovi una bella foto che potrebbe farvi cambiare idea! ;D Al momento, Loki me lo immagino così:

Immagine

A presto!

Sayuri









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Capitolo 11
*** Sensazioni ***


Capitolo 11 - Sensazioni
Capitolo 11 - Sensazioni





Per il resto della giornata Sarah cercò di stare il più lontano possibile da Loki, che intanto esplorava la casa apparentemente incuriosito, sfogliando libri o osservando vecchie foto. Spesso però avvertiva il suo sguardo su di lei e lo scopriva intento a fissarla o a seguirne i movimenti. E ogni volta il suo cuore mancava un battito.


Non si rese nemmeno conto del passare del tempo, finché non realizzò che il sole stava già tramontando. Cercò Loki, che era sparito da ormai mezz'ora, e lo trovò sul balcone, con i gomiti poggiati al muretto esterno, intento a fissare il cielo, tinto dei colori del crepuscolo.

Alzò lo sguardo, seguendo quello del dio, notando il fioco luccichio delle stelle che iniziavano a riempire la volta celeste. Si schiarì la voce, ma lui non si voltò neppure. Decise di parlare comunque, sapeva che era pienamente consapevole della sua presenza.

"Se hai fame, ora preparo qualcosa per cena..."

Loki volse lentamente il viso verso di lei, che si sentì nuovamente assorbire da quello sguardo impenetrabile. Si morse un labbro, tesa, aspettando una risposta, e lo vide annuire rapidamente, per poi tornare a contemplare il cielo.

La ragazza si avviò verso la cucina mestamente, sentendosi una sciocca. Quel dio, proveniente da una stella lontana, era uno spietato assassino e con tutta probabilità la considerava una nullità. Lui era il nemico. Eppure, nella follia dei giorni appena trascorsi, si era illusa di poter creare un qualche legame con lui. Credeva di aver compreso almeno un po' il suo dolore.

Radunò sospirando le ultime provviste rimaste e, preso un grosso coltello, iniziò meccanicamente a tagliare le verdure.

Per poco non si affettò un dito quando alle sue spalle sentì il rumore di una sedia trascinata sul pavimento, e un tonfo leggero. Si voltò di scatto e vide il suo ombroso ospite già seduto a tavola, con la testa appoggiata ad una mano, che la guardava assorto, in attesa. Per lo spavento le sfuggì il coltello di mano, che cadde a terra producendo un suono metallico, rotolando vicino ai piedi del dio. Lui lo raccolse scocciato, e si alzò percorrendo velocemente i pochi passi che lo separavano da lei.

"Scusa..." mormorò Sarah a mezza voce.

Non fece in tempo ad aggiungere altro che lo aveva addosso, il suo viso talmente vicino da sentirne il respiro sulla pelle. Le poggiò con forza il coltello sulla gola, sorridendo. Sentì la lama gelida premerle sulla pelle, paralizzandosi completamente. Quindi spalancò gli occhi, terrorizzata, pregandolo con lo sguardo di risparmiarla, cercando in quegli occhi verdi un po' di compassione. Ma vide soltanto un sorriso perverso e divertito.

"Stai attenta mortale, non credere che avrò pietà di te solo perché credi di avermi salvato" le sussurrò sadicamente "Tu non hai fatto niente. Sono io che te l'ho permesso; mi è bastato fingere uno sguardo implorante e tu, piccola prevedibile creatura, mi hai aiutato senza nemmeno pensare. Tu sei inferiore a me, lo sarai sempre."




Loki minacciava quell'umana tremante, senza però riuscire ad affondare il coltello nel suo collo roseo e accaldato, dove pulsava freneticamente una vena. Vide i suoi grandi occhi scuri riempirsi di lacrime e allentò la presa sulla lama, incerto.

Perché non riusciva a farle del male?

Le appoggiò una mano sulla guancia, bollente e umida di pianto, e con il pollice le cancellò una lacrima. Era così debole, così indifesa, così vicina. Ne avvertiva il calore attraverso la stoffa dei vestiti, in contrasto con il suo corpo freddo e rigido. Scostò la mano e conficcò con un colpo secco il coltello dietro di lei, nel legno del tagliere. La ragazza fece involontariamente un salto verso l'alto, impaurita, avvicinando ulteriormente il suo viso al suo. Avvertì le labbra rosse della mortale sfiorare le sue, e si allontanò di scatto. In preda ad un'inspiegabile confusione si sedette nuovamente, cercando di respirare normalmente, senza capire.




Sarah era sconvolta. Tremava come una foglia e si sentiva svenire. Nella sua mente vorticavano mille pensieri, mille sentimenti diversi. Non provava solo paura, c'era qualcos'altro che le scorreva sotto la pelle, che pulsava sul suo viso, proprio dove Loki l'aveva toccata con quella strana carezza, proprio dove le loro bocche si erano quasi incontrate. Ma non voleva dare un nome a quella sensazione, non poteva.

Si voltò a fatica, terminando con il cuore in gola di preparare la cena.

Mangiarono in assoluto silenzio, persi negli stessi pensieri, divorati dallo stesso dubbio, senza mai guardarsi. Quando lei iniziò a lavare i piatti, lo avvertì passare dietro di lei e trattenne il fiato. Non riuscì a bloccare un singhiozzo, poi si pose una mano sulle labbra chiudendo gli occhi. Inspirò profondamente, cercando di riprendere il controllo, di rallentare il folle ritmo del suo cuore, che correva senza freni, come un cavallo selvaggio. Finì di pulire in qualche modo, poi si diresse verso la camera a passo incerto. Si bloccò sulla porta e dovette appoggiarsi allo stipite per non cadere. Lui era sdraiato sul materasso, con un braccio sugli occhi, proprio come la prima volta che l'aveva visto. Dalle portefinestre semiaperte entrava una brezza leggera, che finalmente scacciò via l'afa di quella giornata insolitamente calda. Sarah si avvicinò al letto e si sedette, inginocchiandosi, sul lato libero. Osservò il petto del dio alzarsi ed abbassarsi ritmicamente, ascoltando il suo respiro.

Si rese conto dopo qualche minuto che lui aveva scostato il braccio e la stava guardando.

"Che cosa vuoi?" sibilò.

Sembrava stanco, forse addirittura vulnerabile, ma nella sua voce e nei suoi occhi avvertì distintamente una profonda rabbia. La ragazza deglutì a fatica, poi rispose con un fil di voce:

"Voglio sapere..."

L'asgardiano aggrottò la fronte, sorpreso, aspettando che completasse la frase.

"Voglio sapere che sta succedendo. Ti prego, spiegami cosa ci fai qui e dimmi cosa sta accadendo."




Loki sapeva che la mortale non meritava alcuna spiegazione. Era convinto che non avrebbe mai e poi mai potuto capire, perché lei era una creatura inferiore, inetta, sciocca. Eppure, iniziò a parlare, senza riuscire a fermarsi. Le disse della sua prigionia su Asgard, del Tesseract, di Thanos; senza risparmiare i particolari più dolorosi e inquietanti. Da quanto tempo non parlava con qualcuno? Non lo ricordava neanche.

Credeva che lei lo avrebbe fermato, sconvolta o peggio, stizzita, invece lo ascoltò con attenzione, partecipando con lo sguardo alle sue sventure.

Finito di parlare, Loki tacque, pensieroso, chiedendosi per quale misteriosa ragione si sentisse più leggero. Forse era semplicemente ancora troppo debole, in fondo era plausibile che dopo le torture degli ultimi giorni non si fosse ancora ripreso completamente. La voce della mortale lo riscosse e la guardò negli occhi, prestando insolitamente attenzione alle sue parole.

"E cosa hai intenzione di fare ora?" parlava con un tono basso, fissandolo con apprensione.

Il dio guardò il soffitto, sentendosi oppresso da quella domanda che aveva deciso di non porsi più. Sorrise amaramente.

"Niente" le rispose con voce secca.

"Cosa?" replicò lei, sconvolta, quasi gridando. "Ma come? Hai detto che anche tu conosci bene il funzionamento del Tesseract, forse potresti..."

La bloccò, infastidito. "Non c'è niente che io possa fare. E, se anche potessi, non agirei comunque. Non mi importa se Thanos vuole distruggere l'universo, che faccia pure. Non esiste più nulla per cui valga la pena combattere."

L'umana attese qualche istante, pensierosa. Poi parlò di nuovo, con voce dolce e leggera.

"Non ti importa nemmeno di Asgard? Non ti importa nemmeno di Thor? In fondo lui...è tuo fratello."

Loki la fulminò con lo sguardo, furente: "Come sai di me e di Thor?"

La voce gli tremava, percorsa da un antico rancore.

Sarah si sdraiò accanto a lui, poggiando la testa sul cuscino. Serrò le labbra e chiuse un attimo gli occhi prima di replicare.

"Me ne ha parlato mia sorella...Vedi lei si chiama Jane...Foster. Lei e Thor stanno...insieme?" disse con voce incerta. "Non ho capito bene, a dir la verità, a che livello sia il loro rapporto..." aggiunse abbozzando un sorriso, notando l'espressione incredula dell'uomo.

Il dio la fissò intensamente: ecco spiegata la strana somiglianza tra le due. Ancora una volta si sentì preso in giro dal fato, il suo era davvero un destino assurdo. Avvertì montargli dentro una cieca frustrazione, mista ad un dolore rabbioso.

"Non credere di potermi capire, stupida mortale. Tu non sai niente di me. Niente. Dimentica tutto ciò che ti ho detto. Anzi, fammi il piacere di lasciarmi in pace."

Sibilò quelle frasi tutte d'un fiato, poi si voltò di scatto, dandole le spalle. Non lo avrebbe mai ammesso, ma si pentì di quelle parole e del modo in cui le aveva dette. Quindi chiuse gli occhi, obbligandosi a dormire.


Sarah fissò la schiena di Loki, interdetta. Non riusciva proprio a capire cosa gli passasse per la mente, ma era certa che stesse soffrendo. Però non lo avrebbe mai dato a vedere apertamente, e di certo non con lei.

Dovette reprimere l'impulso di prenderlo tra le braccia, come aveva fatto nelle ultime notti, e strinse invece con forza il lenzuolo, piangendo lacrime silenziose mentre scivolava esausta in un sonno profondo.
 


Quando la luce del sole colpì il suo viso, la mattina seguente, il dio avvertì che c'era qualcosa di diverso nell'aria. Si girò, notando sorpreso di essere solo nel letto. Si alzò in preda ad una strana ansia. La porta del bagno era aperta e non c'era nessuno all'interno.

Percorse a grandi passi il corridoio, ritrovandosi in una cucina stranamente silenziosa. Tese gli orecchi, ma non udì nessun suono familiare. Guardò fuori dalla finestra, verso il vialetto d'entrata, sempre più irritato. Sentiva l'irrazionale bisogno di vedere l'umana, di udire la sua voce. Ma lei non c'era più, in quella casa. Anche la sua auto era sparita.

Era di nuovo solo.





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Capitolo 12
*** Debolezze ***


Capitolo 12 - Debolezza
Capitolo 12 – Debolezze




Loki camminava nervosamente lungo il corridoio in penombra. Non voleva restare solo, non voleva essere obbligato a pensare. Ma le parole della mortale continuavano a rimbalzargli nella mente, nonostante cercasse in tutti i modi di scacciarle.

Lui, il dio dell'Inganno, cresciuto all'ombra di Odino, Padre degli dei, sarebbe davvero rimasto a guardare, inerme, mentre Thanos metteva in atto il suo piano? Avrebbe lasciato che distruggesse tutto, Asgard compresa, senza muovere un dito?

Forse avrebbe potuto dimostrare una volta per tutte che era degno del potere che bramava.

Appoggiò le spalle al muro, sospirando, e si lasciò scivolare a terra, sedendosi sul pavimento freddo, riflettendo.

C'erano comunque due ragioni incontestabilmente valide per evitare lo scontro con quel mostro assetato di morte.

La prima: il suo orgoglio. Asgard non meritava il suo aiuto. Non avrebbe mai dimenticato gli anni di menzogne e tutto il disprezzo che aveva subito. Gli sguardi sospettosi, le parole bisbigliate alle sue spalle, gli scherni... tutto aveva contribuito a far crescere in lui un doloroso senso d'inferiorità, dal quale si sentiva costantemente schiacciato. Si passò una mano sul viso, lentamente. Qualunque cosa avesse fatto, ne era certo, non sarebbe bastata per riconquistare l'affetto e il rispetto che, in fondo, tanto desiderava.

La seconda: la sua impotenza. Di fronte alla furia di Thanos e al potere del Tesseract c'era ben poco da fare. Lo aveva chiaramente sperimentato di persona negli ultimi giorni. Eppure, si disse, era sopravvissuto. Che ci fosse un disegno dietro a ciò, una possibilità? Ma sapeva che Thanos avrebbe sprigionato l'illimitato potere del cubo, trascinando con sé l'intero universo verso la sua unica ed agognata meta: la morte. Non poteva fermarlo, era un processo inarrestabile.

Nella mente del dio balenò per un attimo un'idea, assurda e malsana. Lui non poteva contenere la forza del Tesserect, una volta attivato, ma forse era in grado di controllarla, di modificarne l'esito. Questo, però, implicava conseguenze con le quali non aveva intenzione di confrontarsi. Avrebbe significato smettere la maschera dell'odio e indossare quella del cambiamento, della redenzione, del sacrificio, e lui non poteva accettarlo. Assolutamente no.

Perso nelle sue sinistre elucubrazioni, Loki non si accorse nemmeno del rumore di un auto che parcheggiava nel vialetto e della porta d'ingresso che si apriva, né dei passi leggeri che risuonarono tra le mura, ponendo fine al silenzio.




Sarah poggiò sul tavolo la pesante borsa della spesa, emettendo un forte respiro. Ringraziò ancora mentalmente la signora Collins, passandosi una mano tra i capelli, e si guardò intorno.

Perché era tornata in quella casa? Perché, ancora una volta, non era fuggita?

Pensò a Jane: sarebbe dovuta andare da lei, avrebbe dovuto avvertirla del pericolo che incombeva su tutti loro. Ma non poteva. O, meglio, non voleva. L'unica persona a cui desiderava stare accanto, paradossalmente, era Loki. Un bugiardo. Un assassino. Un pazzo. Ma non era solo questo, la ragazza ormai l'aveva capito.

Era anche una persona sola e ferita, esattamente come lei.

Forse avrebbe potuto fargli cambiare idea, forse poteva convincerlo ad agire. Lo cercò con lo sguardo, camminando a passo svelto, e lo trovò seduto a terra, nel corridoio buio. Aveva lo sguardo fisso e immobile di chi è oppresso da pensieri infausti. Non si era nemmeno accorto del suo ritorno.

La ragazza si abbassò sulle ginocchia, di fianco a lui, e osservò il suo viso. Era teso, preoccupato, quasi smarrito. Si sentì stringere il cuore e provò a ridestarlo. Lo chiamò a voce bassa, poggiandogli leggermente una mano sul ginocchio.

Gli occhi del dio si posarono su di lei, percorsi da una strana luce, togliendole il fiato.




Incredibile, pensò Loki. Perché la mortale era tornata da lui? La fissò interdetto, aggrottando la fronte, e non riuscì a reprimere l'assurdo sollievo che provava.

"Ciao..." gli disse sorridendo lievemente "sono andata a comprare del cibo, visto che avevamo finito tutte le provviste..."

Lui annuì, spostando la sguardo dal suo viso alla sua mano, ancora appoggiata sul suo ginocchio. Lei si schiarì leggermente la voce, imbarazzata, e si alzò di colpo, dirigendosi verso la camera da letto. Loki la seguì, incuriosito dal rossore sulle sue guance. Non riuscì a resistere, la sua fragilità lo attirava; metterla in difficoltà era così divertente, e così facile. Gli faceva dimenticare i suoi ben più cupi problemi.

L'umana era immobile al centro della stanza, con un'aria piacevolmente confusa. La guardò negli occhi, sfoggiando uno dei suoi perversi sorrisi, e le chiese:

"Perché sei ancora qui, mortale? Se non sbaglio ti avevo chiesto di lasciarmi in pace."




Sarah lo fissò infastidita. Il suo tono le dava sui nervi, il suo sorriso beffardo la faceva sentire debole e sciocca. Eppure, non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, percorsa da strani brividi. Strinse le spalle e gli rispose cercando di assumere un tono distaccato e indifferente, senza riuscirci. Decise allora di dire la verità.

"Non potevo...abbandonarti."

Lui alzò un sopracciglio, divertito da quell'inaspettata confessione, e le si avvicinò ulteriormente.

"Voglio dire...non posso andarmene senza avere almeno provato a farti cambiare idea. Tu sei l'unico che può aiutarci."

Ormai era di fronte a lei, distanziato di pochi passi.

"Non mi interessa aiutarvi" le rispose, gelido. "Ho già provato a farvi comprendere il vostro stato di inferiorità, a liberarvi, ma vi siete ribellati come dei bambini ottusi. É anche colpa vostra se siete in questa situazione."

La ragazza lo fissò sconfortata. "So che non ami noi terrestri, lo posso anche capire. Ma non puoi giudicarci tutti con lo stesso metro, a priori. Noi possiamo..."

Loki scoppiò in una fragorosa risata.

"Potete cosa? Cambiare? Migliorare? Sei proprio un'illusa, mortale!"

Sarah sentì montarle dentro una strana rabbia, e coprì con un passo la distanza che la separava da quel dio presuntuoso, fissandolo con astio, e gridò:

"Tu non conosci noi esseri umani! Tu non hai capito niente di noi!!"

Loki la allontanò con una leggera spinta, scuotendo la testa.

"Vi ho osservato a lungo, prima di venire sul vostro inutile pianeta, e ho studiato il vostro primitivo comportamento. So che i vostri 'buoni sentimenti' sono solo una facciata. Li indossate controvoglia, solo quando vi conviene. In realtà bramate il potere, il dominio, la violenza. Siete così prevedibili..."

Pronunciò quell'ultima frase a voce bassa, sussurrandola.

La ragazza arretrò istintivamente, spaventata dall'espressione sul viso di Loki. Sembrava quella di un gatto che gioca col topo, divertendosi a torturarlo. E lei era la sua vittima, la sua facile preda. Ammaliata da quelle iridi così verdi, si sentì improvvisamente arrendevole, realizzando con orrore che le avrebbe potuto fare qualsiasi cosa.

Il dio riprese a parlare, con un tono pericolosamente caldo e tranquillo, sempre fissandola negli occhi.

"Sai cos'ho imparato su di voi, piccola mortale? Che sono sufficienti tre cose per annientare le vostre difese, tre cose alle quali nessuno di voi si può opporre. La prima è la paura."

Detto questo Loki usò la sua capacità di moltiplicarsi, apparendole all'improvviso intorno da ogni angolazione, ridendo. Sarah cacciò un grido acuto, tentando di scacciarlo, di scappare, ma era nel panico, paralizzata dal terrore. Poi, di colpo, l'uomo sparì dalla sua vista, ponendo fine a quel tremendo scherzo.

Non appena Sarah riuscì a riprendere il controllo del suo respiro, si rese conto che lui era alle sue spalle, vicinissimo. Sentì che le stava afferrando un polso, poi udì il suo fiato sul collo e si sentì perduta.

"La seconda cosa a cui non sapete resistere...è il dolore."

Mentre parlava le torse il braccio con forza, bloccandoglielo dietro la schiena, innaturalmente curvato. Per il male atroce lei non riuscì nemmeno ad urlare, e le si annebbiò la vista. Sapeva solo che con un'ulteriore torsione le avrebbe facilmente spezzato le ossa. Sentì alcune lacrime rigarle il viso, inarrestabili.

Poi, finalmente, Loki allentò la presa, riposizionandole il braccio lungo il fianco, sostenendola sul suo petto, dato che ormai faticava a mantenere l'equilibrio.

Terrorizzata, si chiese quale sarebbe stata la terza cosa. La morte? Suo malgrado stava per scoprirlo. Lo sentì sospirare, pericolosamente vicino al suo orecchio. Sebbene intontita dal dolore e dalla paura, avvertì il braccio del dio intorno alla vita, la stava bloccando tenendola stretta a sé, mentre con l'altra mano le accarezzava leggermente i capelli.

"Sai qual è la vostra terza più grande debolezza?" le chiese a voce bassissima "E' stata decisamente la più divertente da analizzare. Se c'è una cosa a cui non potete resistere, anche a scapito della ragione e dell'assennatezza, è il piacere."

Sarah, già completamente sconvolta, per poco non svenne quando sentì le labbra fredde del dio sul collo, percorrerle la pelle fino alla spalla, per poi tornare indietro, con estrema lentezza. Quell'uomo era capace di crudeltà e tenerezza in egual misura, e stava dando vita ad un gioco perverso, di cui conosceva ogni regola. La cosa più assurda era che alla ragazza quel contatto, così intimo e proibito, piaceva. Loki, con una semplice carezza era in grado di risvegliare i suoi sensi più profondi, mandandola in totale confusione. Doveva reagire subito, altrimenti non sarebbe più stata in grado di resistergli, ma non riusciva nemmeno a pensare. Le sfuggì un gemito dalle labbra, mentre lui continuava ad assaggiare lievemente la sua pelle ormai bollente. Lo sentì sogghignare nel suo orecchio, deridendola con voce leggermente roca:

"Come vedi, ho ragione."

Con un ultimo moto di orgoglio la ragazza riuscì a divincolarsi e si voltò verso di lui. Non poteva essere così debole, non si sarebbe arresa così facilmente. Loki la guardava con un'aria beffarda e superba, che la fece infuriare. Non si rese nemmeno conto che anche il respiro del dio si era fatto più pesante e, senza riflettere, gli mollò un ceffone in pieno viso.

Poi fuggì fuori dalla stanza, imboccando quelle scale che non percorreva da cinque anni, diretta alla sua vecchia camera. Proprio come quando era ragazzina, dopo un'ennesima ed umiliante litigata col padre, cercava asilo nel suo rifugio al piano di sopra. Aprì la porta con una spallata, protendendosi in avanti, pronta ad affondare le braccia sul suo letto che, come sempre, avrebbe accolto le sue lacrime e i suoi singhiozzi. Ma, inaspettatamente, franò sul pavimento. Alzò lo sguardo, sorpresa. Era finita lunga distesa sul parquet di legno di quella che un tempo era stata la sua camera.

E che ora era solo una stanza completamente vuota.

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Capitolo 13
*** Il legame ***


Capitolo 13 - Il legame
Capitolo 13 – Il legame






Loki si sfiorò la guancia con la mano, sorpreso. Sentiva un leggero formicolio sulla pelle, proprio dove la mortale l'aveva colpito col suo debolissimo schiaffo. Non credeva che sarebbe riuscita a reagire, indifesa com'era.

Ma dov'era andata?

Tese le orecchie. L'aveva sentita percorrere pesantemente le scale, poi aveva udito un forte tonfo, al quale era seguito il silenzio. Provò ad attendere ancora qualche minuto, poi sbuffò spazientito e uscì dalla camera, iniziando a salire lentamente i gradini che conducevano al piano superiore. Forse era venuto il momento di porre fine a quella strana convivenza e di eliminare l'umana, magari con un'ultima crudele tortura.

Stranamente quell'idea, seppur divertente, non lo allettava come avrebbe dovuto. Per qualche assurda ragione preferiva la compagnia di quella fragile creatura alla solitudine. Ormai si era creata una strana connessione tra loro, che trascendeva la logica e la ragione; un legame inconscio, istintivo, irrazionale. Lei era il suo ultimo collegamento col mondo e sentiva il bisogno di mantenerla in vita, seppur con riluttanza.

L'asgardiano si bloccò. Era entrato in una stanza vuota, quasi completamente buia. L'unica finestra era sbarrata da  spesse assi di legno, ormai marcite, e lasciava filtrare solo qualche debole raggio di sole, che ormai stava iniziando a tramontare.
 
La mortale era inginocchiata al centro del pavimento, immobile. Loki si portò di fronte a lei e si abbassò piegandosi sulle gambe, fissandola. Il suo viso sconvolto era ancora rigato di lacrime, le labbra leggermente dischiuse. Sembrava paralizzata, senza vita, completamente inerme. Respirava in modo appena percettibile e i suoi occhi, che di solito erano luminosi e profondi, sembravano di vetro, come quelli di una bambola. Il dio avvertì una strana apprensione, osservano i suoi lineamenti delicati diventare sempre più pallidi.

D'improvviso il suo sguardo si animò, spostandosi incerto su di lui. Non c'era paura in quelle iridi scure, ma sofferenza ed angoscia. Loki comprese che lo strano atteggiamento dell'umana non era da attribuire soltanto a lui e a quel che le aveva appena fatto. Qualcos'altro l'aveva turbata profondamente. Istintivamente le scostò una ciocca di capelli dal viso, aspettando una sua reazione. Lei socchiuse gli occhi, mordendosi un labbro nervosamente. Aveva un'espressione estremamente triste ed indifesa, e il dio si specchiò in quello sguardo, avvertendo un riflesso dei suoi stessi sentimenti.

Lei provò a parlare, ma sembrava non riuscire a trovare la voce. Inspirò profondamente, attese qualche istante e finalmente riuscì a pronunciare una frase, con tono basso e tremante.

"Lui...mi ha dimenticata.”




Sarah aveva sentito il peso dei suoi errori crollarle impietosamente sulle spalle, non appena aveva realizzato perché la sua camera era vuota. Per la prima volta si era scontrata con la realtà, capendo che il dolore che aveva causato al padre era molto più profondo di quanto avesse immaginato. Lui, che non aveva mai veramente superato il lutto per la morte di sua madre, non era mai riuscito a perdonare la sua fuga.

E aveva scelto di dimenticarla, cancellando ogni traccia di lei da quella casa. Al suo posto aveva lasciato una camera vuota, simbolo del suo abbandono.

Quanto era stata stupida, quanto era stata ingrata. Invece di farsi consumare dall'invidia per la sorella, così maledettamente forte e decisa, e dalla rabbia per le troppe ingiustizie che credeva di aver subito, avrebbe dovuto stringere i denti, reagire, e tenere vivi quei legami che aveva egoisticamente stracciato. Si rese improvvisamente conto di quanto il padre le avesse voluto bene. Era stata lei, probabilmente con le sue continue ingerenze e ribellioni, a renderlo tanto severo ed intransigente nei suoi confronti.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter tornare indietro e ricucire tutte quelle ferite, ma ormai era troppo tardi. Suo padre era morto, all'incirca un anno dopo che lei era fuggita. Infarto. Si sentì tremendamente colpevole, affondando in cupi rimorsi. Magari era stata tutta colpa sua. Magari era morto di crepacuore.

Iniziò a singhiozzare sommessamente, realizzando di colpo che stava parlando a voce alta da diversi minuti. Senza rendersene conto aveva raccontato i suoi pensieri più intimi e dolorosi a quel dio all'apparenza così lontano, ma che lei sentiva assurdamente vicino. Gli rivolse uno sguardo carico di angoscia, aspettandosi di trovare sul suo volto una smorfia meschina e disgustata.

Invece in quelle iridi così verdi e stranamente limpide lesse il suo stesso dolore. Ripensò a quando era stato lui a confidarle i suoi pensieri più bui e capì che, forse, lui la poteva comprendere. Erano connessi da una sofferenza simile, uniti dalla stessa solitudine. Magari anche lui, proprio come lei, cercava solo un po' di calore.

Loki si alzò lentamente, tenendo lo sguardo basso, continuando a fissarla senza dire una parola. Sarah lo guardò incerta, intimorita da quell'improvvisa distanza, temendo che l'avrebbe lasciata lì da sola.

Poi vide che le stava tendendo una mano.




Il dio aiutò la mortale a rialzarsi, pensieroso. Non aveva mai preso in considerazione la possibilità che esistesse qualcun altro, nell'universo, capace di provare un dolore così simile al suo. Ancor meno credeva possibile che una fragile mortale potesse sopravvivere a sentimenti così intensi e strazianti. Strinse con decisione la mano morbida dell'umana, che tremava leggermente tra le sue dita. Resistette alla tentazione di tenerla per mano, mentre scendevano le scale in silenzio e allungò il passo, superandola. Si sentiva fastidiosamente confuso e stranamente scosso, quindi decise di uscire a prendere una boccata d'aria.

Sul retro della casa c'era un ampio giardino, ormai lasciato crescere incolto, recintato da un campo di grano. Tra le spighe alte e dorate, scosse dal vento, facevano capolino dei papaveri rossi. Loki sospirò lievemente e alzò lo sguardo al cielo, ormai tinto dei colori accesi del tramonto ma coperto per metà da nuvoloni neri, che minacciavano tempesta. La temperatura si era abbassata bruscamente, ma il vento era stranamente caldo.
 
Il dio chiuse gli occhi, lasciando che i minuti scorressero veloci sulla sua pelle, tentando di ricostruire la sua corazza di insensibilità. Quando avvertì alle sue spalle la presenza della mortale, si girò di scatto, facendola trasalire.
Vide che si sforzava di sorridere, con scarsi risultati, e quando gli fu di fronte notò il livido nero sul suo polso. Doveva averglielo provocato lui, quando le aveva storto il braccio. La fissò negli occhi, ma lei distolse subito lo sguardo, allontanandosi di qualche passo. Sembrava avere l'intenzione di dirgli qualcosa, senza riuscire a trovare la parole. Avvertendo una punta di rabbia, si rese conto che nemmeno lui sapeva cosa dire, quindi incrociò le braccia sul petto e riprese ad osservare il cielo. Suo malgrado, pensò ad Asgard.

Dopo parecchi minuti di silenzio la mortale soffocò una risata. Loki la guardò interdetto, aggrottando la fronte e lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi.
 
"Perché ridi?" disse fingendosi infastidito. In realtà era sollevato che l'atmosfera tesa che si era creata tra di loro iniziasse a distendersi, sebbene quella fosse decisamente una sensazione inappropriata.

"Ogni volta che ti guardo, sei sempre lì a fissare il cielo con aria malinconica..." gli rispose lei, mentre camminava dandogli le spalle. Si fermò dove iniziava il campo di grano e si voltò regalandogli l'accenno di un sorriso, inspiegabilmente sincero.
 
Non c'è nient'altro di interessante da guardare sul tuo pianeta, mortale" le disse avvicinandosi, avvertendo il battito del suo cuore accelerare impercettibilmente.

"Forse semplicemente non sai dove posare gli occhi. Io, per esempio, trovo che questo campo di grano sia bellissimo. Sembra un letto di fiori rossi e dorati, mi viene voglia di sdraiarmici sopra..." mormorò la ragazza, arrossendo lievemente.

Loki sogghignò, affiancandosi a lei.

"E allora perché non lo fai?" le chiese dandole una spinta abbastanza forte da sbilanciarla.

La mortale provò a mantenere l'equilibrio, ma alla fine cadde di faccia tra le spighe, accompagnata da una risata divertita del dio. Si voltò, restando sdraiata e guardandolo di traverso, con le guance in fiamme.




Sarah avrebbe voluto rispondere allo scherzo del dio con una battuta tagliente, ma purtroppo non era mai stata brava con le parole. Quindi sbuffò e provò ad alzarsi, ma lui la bloccò con un gesto, guardandola dall'alto. Sul quel volto divinamente bello vide per la prima volta un sorriso che le parve quasi sincero, anche se non proprio rassicurante. Lo squadrò interdetta, mentre si abbassava pericolosamente e prima di avere il tempo di reagire, lui le stava bloccando i polsi a terra, distendendosi sopra di lei.
 



Loki inspirò profondamente il profumo della pelle della mortale, così vicina, che si mescolava a quello del grano e dei fiori intorno a loro. Il cuore gli martellava nel petto, facendogli quasi male. Le strinse di più i polsi, temendo che tentasse di sfuggirgli e vide sul suo viso roseo una leggera smorfia di dolore. Aveva dimenticato il livido che le aveva provocato, ma non mollò la presa, avvicinandosi sempre di più al suo volto, lentamente. La vide schiudere le labbra, rosse come i papaveri che le incorniciavano il viso, sempre più confusa. I loro respiri caldi si incontrarono per qualche istante, prima che le coprisse la bocca con la sua.




Sarah sentiva il suo cuore battere ad ritmo velocissimo, come quello di un uccellino in gabbia. Il polso le faceva un male tremendo, dato che Loki la teneva a saldamente a terra, come se avesse paura che scappasse. Ma lei non sarebbe mai riuscita a muoversi, era ormai persa in quel bacio che la faceva sentire stranamente viva. Assaporò quel contatto che chissà da quanto tempo il suo corpo stava desiderando, anche se la sua mente continuava a condannarla. Quando lui si staccò da lei, con il respiro ansante come il suo, si sentì vuota, avvertendo il bisogno di averlo di nuovo così vicino. Stava per riavvicinare il viso a quello del dio, quando all'improvviso quel poco che rimaneva della sua coscienza le ricordò quanto fosse sbagliata tutta quella situazione, e si irrigidì involontariamente. Loki spostò lo sguardo dalla sua bocca ai suoi occhi, bloccato dalla stessa sensazione. Erano due anime in conflitto tra ragione e desiderio, che però si cercavano disperatamente.

La pioggia fredda che iniziò a cadere li risvegliò di colpo da quel piacevole torpore fisico, imponendogli di alzarsi e cercare rifugio in casa. Corsero dentro prima che si scatenasse un vero diluvio e cercarono di ricostruire la giusta distanza tra di loro, evitando anche di sfiorarsi con lo sguardo.
 
Ma entrambi in fondo sapevano che niente sarebbe più stato come prima.






  ***




Angolo autrice

Mi è piaciuto davvero molto scrivere questo capitolo, e fare finalmente avvicinare questi due. Ho creato Sarah con l'intento di dare vita ad un personaggio che fosse in qualche modo 'speculare' a Loki, avendo vissuto situazioni molti simili alle sue, anche se in ambito molto più ristretto. Non so se si è notato, ma dalla prima scena che hanno dovuto condividere, molto capitoli fa, ho cercato di creare un crescendo di contatti tra loro, che dapprima sono fisici e non molto amichevoli (XD) e poi diventano sempre più intimi e profondi. Comunque non ho mai voluto renderli forzatamente consapevoli di quello che provano l'uno per l'altra, non si può certo parlare di amore, anche perché sarebbe poco realistico dato il minimo tempo da cui si conoscono e la complessità di carattere del dio asgardiano. Quello che intendo dire è che lui non può certo diventare improvvisamente un romanticone o un sentimentale, anzi credo che non potrà mai esserlo. (Loki is the bad guy! XD) Dunque ho pensato che per rendere un pochino credibile questo pairing, un aspetto fondamentale del loro 'rapporto' doveva essere l'istinto. Spero che come idea soddisfi anche voi lettori! ^^''

A presto!!

Sayuri

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Capitolo 14
*** Abbandono ***


Capitolo 14 - Abbandono
Capitolo 14 – Abbandono




Sarah ringraziò mentalmente quella pioggia benedetta che l'aveva risvegliata in tempo, appena prima che si perdesse in un labirinto oscuro in balia dei suoi sensi e di Loki; e che ora copriva col suo rumore il silenzio assordante che si era creato tra di loro.

Lei era appoggiata al tavolo della cucina, e stava tentando disperatamente di riprendere il controllo del suo respiro e del suo corpo, che sentiva pesantemente intorpidito.

Lui era di fronte a lei, con le spalle al muro, e fissava il pavimento. Il suo viso era teso, attraversato da un'espressione indecifrabile. Disprezzo? La ragazza strinse i pugni: probabilmente il dio stava cercando di cancellare dalle sua mente ciò che era appena successo, accecato dal suo orgoglio.

Deglutendo a fatica, Sarah avvertì una fastidiosa amarezza. Anche lei avrebbe dovuto provare disgusto, odio e avversione per quel che era appena accaduto, invece...

Le si strinse un soffocante nodo alla gola, e si sfiorò le labbra con le dita che tremavano, sentendo che erano ancora calde e pulsanti. E odiò con tutta sé stessa quella sua fragilità, quel maledetto desiderio che non riusciva a scacciare.

Perché, perché era così debole!?

Doveva allontanare con decisione quelle sensazioni, lavare via il sapore che Loki le aveva impresso sulle labbra e l'odore che che le aveva lasciato sulla pelle.

Si mosse con determinazione verso la porta, con la testa bassa, anche se sentiva le gambe vacillare ad ogni passo. Avvertì uno spostamento d'aria e se lo ritrovò di colpo davanti. Le stava sbarrando la strada, bloccandole il passaggio.

Alzò lo sguardo, sconvolta e confusa, incontrando i suoi occhi chiari, nei quali vide brillare una luce sinistra. Lui la afferrò per la nuca, costringendola con la forza ad avvicinarsi, mantenendo un'espressione gelida e distaccata.

Non poteva permettergli di usarla a quel modo. Non poteva lasciarsi controllare fino a quel punto. Ma, più di ogni altra cosa, la ragazza sentiva crescere dentro di sé la paura. Una folle paura. Che cos'era lei, per Loki, il dio dell'Inganno e delle Malefatte? Un passatempo? Una pedina sacrificabile nel suo sadico gioco? Iniziò a piangere senza nemmeno rendersene conto. Come poteva anche solo sperare di valere davvero qualcosa per lui?

"Lasciami!!" gridò con tono insolitamente alto.

Si liberò con uno strattone da quella stretta, troppo facilmente. Lui non la stava forzando, non più, ma Sarah era accecata dalla rabbia e dall'insicurezza, e non se ne accorse nemmeno. Corse fuori dalla stanza, dopo aver impattato violentemente contro di lui, senza vedere la strana espressione che prendeva forma sul volto del dio.
 



Dolore. Loki conosceva fin troppo bene quella sensazione. Ormai avrebbe dovuto esserci abituato. Tutti, prima o poi, lo abbandonavano. Persino quell'inutile mortale, che non riusciva ad uccidere, lo aveva respinto. Avrebbe dovuto esserne contento, lei era un essere inferiore. Anche solo pensare a lei, volerla vicina, cercarne il calore, era degradante. E allora perché continuava a desiderarla? Non aveva alcun senso. Qualsiasi legame potesse esserci tra di loro doveva essere sepolto, cancellato, estirpato completamente. Non aveva tempo da perdere. Thanos avrebbe agito molto presto, e alla fine lui aveva deciso che non poteva stare a guardare, dando ragione a chi lo definiva debole e senza convinzione. Era una scelta folle e quasi sicuramente si sarebbe rivelata controproducente, ma lui voleva il potere, la gloria, e l'onore che spettavano a un principe di Asgard.

Appoggiò una mano sul tavolo, tremando lievemente. Ma lui non lo era. Non era un principe, non era un re, non era un dio. Nelle sue vene scorreva il sangue di un gigante di ghiaccio, ma non era mai stato nemmeno questo.

Sentì l'improvviso impulso di distruggere ogni cosa, di frantumare tutti quei mobili ammuffiti con le sue stesse mani. Era un desiderio quasi irrefrenabile, ma si costrinse ad ignorarlo. Lui non era irruento come Thor, che esternava la rabbia e ogni suo sentimento senza filtro.

Lui era diverso.

Respirò profondamente, chiudendo gli occhi con forza. Avrebbe lasciato che la sua sofferenza mettesse radici nel suo cuore, come al solito, nutrendo rancore e vendetta.

Si diresse lentamente verso la camera da letto e si lasciò cadere sulle lenzuola profumate, incrociando le braccia dietro la testa e provando ad elaborare un piano vincente. Ma il rumore dell'acqua che scorreva, che proveniva da dietro la porta chiusa del bagno, continuava a distrarlo.




Sarah piangeva senza freno, confondendo le sue lacrime tra le gocce d'acqua che le tamburellavano senza sosta sul viso. Non ci riusciva. Non poteva ignorare ciò che provava per Loki, qualunque cosa fosse. Solo pensare di allontanarsi da lui le faceva mancare il fiato, sentiva il petto oppresso da un dolore mai provato prima. Riconobbe con fatica che quel dio imprevedibile le era ormai entrato sottopelle, e non sarebbe mai più riuscita a scacciarlo. In fondo, non le importava nemmeno cosa pensasse di lei in realtà. Puro masochismo.

Lasciò che quella doccia fredda le intorpidisse il corpo, ma non riuscì a svuotare la mente. Cosa doveva fare? Non sapeva nemmeno se lui fosse ancora di là, dopo la stupida scenata che aveva fatto.

Si decise a chiudere l'acqua, avvolgendosi velocemente nell'asciugamano. Si cambiò in fretta, indossando la gonna nera e la maglietta rossa che aveva già preparato sulla sedia la sera prima. Si guardò per un attimo allo specchio, sorridendo lievemente. Sebbene il suo riflesso fosse sempre lo stesso, nei suoi occhi brillava uno sguardo diverso. Sembrava più... viva. Era come se Loki fosse riuscito a sbloccare qualcosa dentro di lei, un peso che prima la opprimeva e che ora la rendeva più forte.

Uscì dal bagno silenziosamente, tesa e in apprensione, ricercando nella semioscurità la figura del dio. Chiuse gli occhi sollevata, sospirando, quando lo vide sdraiato sul letto.

Non se n'era andato.
 
Si avvicinò ulteriormente, con passo leggero, scrutando il suo viso. Sembrava addormentato, ma il sonno non era riuscito cancellargli dal volto un'espressione sofferente.

Sarah sentì una fitta al cuore. Lei sapeva che da qualche parte, dentro di lui, sepolto sotto la rabbia e l'odio, esisteva un lato nascosto e fragile. Lei l'aveva visto, lo aveva stretto tra le braccia, ne aveva accolto il dolore. Ed era disposta a farlo ancora.

Si sdraiò accanto a lui, vicina, appoggiando la testa sul suo stesso cuscino. Sincronizzò il respiro con il suo, che era profondo e regolare e sussurrò il suo nome. Lo sentì mormorare nell'incoscienza, mentre le si avvicinava impercettibilmente.
Appoggiò una mano su quella del dio e chiuse gli occhi sentendosi stranamente serena, scivolando in un sonno tiepido e confortevole.
 



Questa volta, quando Loki riaprì gli occhi, aspettandosi di essere solo, rimase senza fiato per la sorpresa. Il viso della mortale era così vicino che ne vedeva ogni minimo particolare, e avvertiva il calore del suo corpo adagiato di fianco al suo. Capì che gli stava stringendo una mano e si sentì sempre più confuso. Perché non lo lasciava in pace, a marcire nel mare infinito del suo odio? Credeva di averla ormai allontanata definitivamente.

Per quale ragione allora si ostinava a restargli accanto?

La osservò con calma, seguendo il profilo del suo volto, percorrendo con lo sguardo l'invitante incavo del suo collo bianco, perdendosi a contemplare la simmetria del suo corpo. Combattuto,  sentì nuovamente quel bruciante e insensato desiderio nascere nella sua mente, e stavolta non riuscì a contrastarlo. La voleva più vicina, sentiva l'assurdo bisogno di assaporare ancora la sua pelle calda.
Ma si trattenne, con fatica, aspettando che anche lei si ridestasse.




Sarah dischiuse appena gli occhi, sbadigliando lievemente, ancora intontita.

Sbarrò gli occhi quando si rese conto che Loki era ancora di fianco a lei e che la stava fissando, a pochi centimetri dal suo viso. Avvertì chiaramente il suo cuore perdere parecchi battiti e il respiro accelerare bruscamente, mentre si perdeva in quelle iridi così verdi e così intense. Quello sguardo magnetico, quel sorriso appena accennato, la stavano attirando sempre di più. Confusa, realizzò che non era certo disgusto, né disprezzo, quello che gli vedeva riflesso in volto. Era desiderio. La stessa bruciante necessità che sentiva lei. Eppure lui non si muoveva, limitandosi a guardarla dritta negli occhi.

Si sentì avvampare le guance, tradita dall'imbarazzo e balzò in piedi, totalmente sconvolta. Non capiva più niente e, senza sapere che stava facendo, aprì le portefinestre e si precipitò fuori.

Stava ancora piovendo.

Rimase un attimo imbambolata sotto l'acqua fredda, sorpresa. Avrebbe voluto correre via,  scappare a chilometri di distanza, me le sue gambe non collaboravano e la tenevano inchiodata lì, sotto il diluvio. Quando ormai era bagnata fradicia si voltò, confusa, con l'intenzione di rientrare in casa. Mosse pochi passi con impeto, poi si bloccò di soprassalto.

Loki era già di fronte a lei, sotto la stessa pioggia che cadeva incessante. Sorrideva divertito, con quell'irresistibile espressione beffarda dipinta sul volto. Lo fissò con gli occhi sbarrati, avvertendo il pericolo e la paura percorrerle la pelle come scariche elettriche.

Lui si avvicinò ulteriormente, tornando stranamente serio. Sollevò una mano verso il suo viso, ma quando la stava per toccare un fulmine squarciò il cielo, seguito da un tuono insolitamente forte.

Sarah rabbrividì e guardò il viso del dio, che stava fissando il cielo preoccupato, con un'espressione persa e smarrita. Guardò le gocce di pioggia percorrere quei lineamenti perfetti e sentì le sue difese crollare a frantumarsi in mille pezzi, come una sottile lastra di vetro.

Afferrò quella mano che lui aveva lasciato a mezz'aria vicino al suo viso e se la poggiò sulla guancia. Gli occhi di Loki tornarono a posarsi su di lei, facendole quasi male.

Non aveva più scampo, ma non le interessava. Gli gettò le braccia al collo, infilandogli le dita tra i capelli, accarezzandogli la pelle, sentendo finalmente di nuovo il sapore delle sue labbra sulle sue. Lui rimase paralizzato solo un istante, poi la strinse con forza, rispondendo al suo bacio con uno più profondo, togliendole il fiato. Assaporò il suo palato così fresco, che sapeva di menta e di ghiaccio, intrecciando la lingua alla sua, accarezzandogli il collo e le spalle, sentendo chiaramente il profilo dei suoi muscoli tesi sotto le dita.

Quando sentì le sue mani sotto la camicia, accarezzarle la pelle nuda e umida di pioggia, temette che le ginocchia non l'avrebbero più sostenuta e lo abbracciò con più forza, sospirando. Il desiderio diventò rapidamente cieca frenesia, e Loki la spinse contro il muretto che recintava il balcone, continuando a baciarla senza quasi prendere fiato. La ragazza sentiva le sue dita sulla pelle, tra i capelli, mentre le percorreva il collo con le labbra, affamate della sua pelle, del suo calore.

Iniziò a sbottonargli la camicia con le mani che tremavano, posandole finalmente su quel petto che per tante notti aveva accarezzato, ma che non aveva mai bramato così tanto. Per la prima volta sentiva la sua forza senza averne paura, per la prima volta si abbandonò completamente a lui, senza difese, senza freni, senza rimorsi. Chiuse gli occhi mormorando il suo nome, mentre i loro respiri si spezzavano, percorsi da pesanti sospiri, e lui riprendeva possesso delle sue labbra, senza lasciarle tregua.

I contorni del mondo stavano ormai svanendo completamente ai loro occhi, persi in un momento di totale abbandono, cullati dai loro stessi sensi che lentamente rimarginavano le loro ferite, quando un nuovo lampo percorse il cielo, illuminandolo innaturalmente di rosso. Il rombo del tuono fu talmente forte da far tremare persino la terra, riportandoli bruscamente alla realtà.




Loki si staccò controvoglia dalla mortale, tenendola comunque tra le braccia, ansimando. Le nuvole erano sparite, non pioveva più e il cielo aveva assunto un cupo colore rossastro. Capì che non avevano più molto tempo.

Guardò la ragazza, reprimendo la tentazione di baciarla di nuovo, ignorando il pericolo che incombeva su di loro. Nei suoi occhi giaceva una sfumatura languida, che ben presto si mutò in preoccupazione. Si guardò intorno sorpresa, mentre l'ansia le offuscava lo sguardo  e capì che qualcosa non andava.
 
"Loki ..." sussurrò impaurita, senza capire cosa stesse succedendo.

"Riportami indietro" le disse a bassa voce, infilandole lentamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"Riportami dai Vendicatori."

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Capitolo 15
*** La svolta ***


Capitolo 15 -La svolta
Capitolo 15 – La svolta




Sarah sentì un brivido attraversarle la pelle, congelandola fin dentro le ossa. Loki si era scostato di appena qualche centimetro, ma a lei quell'esigua distanza sembrava già dolorosamente insopportabile.

Lo fissò con apprensione, realizzando che le stava parlando. Riuscì con fatica a dare un senso alle sue parole, chiedendosi il perché di quell'inaspettata richiesta. Che si fosse finalmente deciso ad aiutarli, e a combattere Thanos?

Gli poggiò lievemente una mano sul petto, ascoltando il battito del suo cuore, che correva forte e veloce proprio come il suo e, con gli occhi semichiusi, sussurrò:


"D'accordo."


Poi la ragazza guardò il cielo, tinto di quel colore innaturale, con gli occhi percorsi da mille domande, pieni di paura. Loki aveva detto che non poteva contrastare il suo nemico, che non ne aveva il potere...ma era vero? Davvero non c'era speranza? E allora perché voleva tornare allo S.H.I.E.L.D.?


Iniziò a mancarle il fiato, non riusciva più a respirare normalmente, e si sentì invadere la mente dal panico. Non voleva morire. Non voleva perdere la possibilità di scrivere il suo futuro. Non proprio ora che stava iniziando a vivere.


Il dio la risvegliò da quei pensieri colmi d'angoscia, stringendole la mano che gli aveva appoggiato sul cuore. Osservò il suo viso: i suoi occhi, così verdi e sfrontati, erano illuminati da una nuova determinazione e le trasmisero un po' di coraggio. Notò che le sue labbra erano di nuovo piegate in quel mezzo sorriso, che ormai avrebbe riconosciuto ovunque. Le parlò di nuovo, con uno tono ironico e vagamente scocciato:


"Intendevo dire, portami dai Vendicatori...adesso."


Sarah sgranò gli occhi, imbarazzata, balbettando sillabe senza senso. Provò a muoversi, ma era come paralizzata dalle troppe emozioni che le avevano intorpidito ogni muscolo del corpo. Lui aggrottò la fronte, divertito, e se la trascinò dietro con un leggero strattone. Attraversò l'interno della casa velocemente, quasi correndo, sempre tenendola per mano. Una volta in cucina, la ragazza allungò rapidamente la mano libera verso il tavolo, afferrando al volo le chiavi del suo pick-up, quasi rassicurata dalla fretta del dio. Evidentemente aveva un piano.





Loki fissava distrattamente le immagini che scorrevano al di là del finestrino, intento a mettere a punto una strategia vincente. Il suo piano era folle e completamente assurdo, ma proprio per questo forse avrebbe funzionato. Forse. Valeva comunque la pena tentare.

Portare dalla sua parte i Vendicatori non sarebbe stato poi così difficile; in fondo i mortali, nei momenti di disperazione, diventavano ancora più prevedibili. L'idea di dover avere a che fare di nuovo con quei buffoni non lo entusiasmava, ma in fondo potevano essergli utili. Sorrise: il fine giustifica i mezzi.


Spostò gli occhi sull'umana di fianco a lui. Aveva lo sguardo concentrato sulla strada e stringeva il volante con le braccia rigide; poteva avvertire la tensione nel suo respiro. Nonostante tutto, aveva scelto di restargli accanto. E questo, incredibilmente, non gli dispiaceva; non più. Era una creatura inferiore, fragile e smarrita, ma averla vicina gli aveva fatto provare un po' di quel sollievo e di quel conforto che da tanto rincorreva. Ma che probabilmente non meritava.


Negli occhi gli passò un'ombra, offuscandogli lo sguardo. Forse, in un altro momento, in un'altra vita...la sua compagnia avrebbe potuto fare la differenza, col tempo. Ma il suo destino era crudele, come sempre. Sarebbe bastato il fatto che lei era una semplice mortale, la sua stessa esistenza era effimera e passeggera come un fiocco di neve, destinato a dissolversi al primo raggio di sole. Ma a remare contro di loro c'era anche il tempo. Non ne avevano quasi più. Chissà, forse quella era l'ultima occasione che aveva per starle accanto. Ringraziò sarcasticamente quel fato oscuro che lo tormentava senza sosta, da quando era stato 'salvato' da Odino. Sarebbe dovuto morire nel gelido tempio di Jotun, abbandonato dalle stesse mani che lo avevano dato alla luce, solo e innocente. Ma il destino evidentemente non aveva mai perdonato il fatto che fosse sopravvissuto, e gli aveva sistematicamente rubato la felicità, subito dopo avergliene fatto assaporare l'illusione.


Chiuse gli occhi, cullato dal rumore del motore, assaporando quel silenzio ovattato, pieno di pensieri ma privo di voci, di cui sentiva un disperato bisogno.


Quando li riaprì, parecchi minuti dopo, si accorse che erano quasi arrivati.





Sarah rallentò dolcemente, accostando l'auto al marciapiede gremito di persone disperate e impaurite, ferme ad osservare quel sinistro cielo rossastro. L'edificio dello S.H.I.E.L.D. era proprio di fronte a loro, le porte d'ingresso si aprivano e chiudevano freneticamente nel viavai degli agenti intenti a calmare la folla, a trovare una spiegazione a quel fenomeno surreale, a provare a tener viva la speranza. Riconobbe l'agente Romanoff, la cosiddetta 'Vedova Nera', intenta a parlare con alcuni civili, cercando di placarne la paura prima che si trasformasse in panico.

Si voltò verso Loki, attendendo istruzioni. Lui la fissò intensamente, e per un attimo le parve di leggere del rimpianto sul suo volto. Deglutì lentamente, avvolta da una strana tristezza.


"Prima tu" le disse, tornando a fissare il palazzo di fronte a loro.


"Ma..." provò a replicare, impaurita.


"Entra per prima" proseguì il dio, bloccandola. "Quando farò il mio ingresso avrò bisogno della tua...collaborazione."


Pronunciò quell'ultima parola guardandola negli occhi, sorridendo in modo ben poco rassicurante.

La ragazza sospirò, confusa, ma non poteva fare altro che fidarsi di lui. Scese dall'auto e iniziò a camminare, rigida e incerta. Nessuno sembrava fare caso a lei, in mezzo a quella folla urlante.

Entrò nel grande salone d'ingresso dello S.H.I.E.L.D., e si fermò dopo pochi passi, tesa. Captain America la superò correndo, senza neanche guardarla, seguito da altri agenti ai quali dettava ordini con invidiabile sicurezza.


Fece qualche altro passo, in attesa. Improvvisamente ebbe la sensazione di essere osservata, e si voltò verso destra. Da uno degli ascensori erano appena usciti vari uomini, ma lei ne riconobbe solo uno. Stark. Ovvero: Iron Man.


Anche lui la stava guardando, allibito. Possibile che l'avesse riconosciuta? Sarah si sentì perduta quando lo vide dirigersi proprio verso di lei, e strinse spasmodicamente i pugni.


Di colpo lui si fermò, a metà strada, fissando ancor più sorpreso la porta d'ingresso alle sue spalle. Sarah seguì il suo sguardo girando la testa all'indietro, e capì cosa aveva attirato la sua attenzione. O, meglio, chi aveva attirato la sua attenzione.


Loki aveva fatto la sua entrata, scintillante nella sua armatura dorata, indossando quell'elmo dalla foggia bizzarra e inquietante. Creò il panico attorno a sé, e lo vide sorridere mentre avanzava nel vuoto che si era formato intorno alla sua figura, facendo fluttuare il suo mantello verde.


Ormai era a due passi da lei, quando sentì Stark gridare:


"Adesso, Legolas!"


Guardò verso l'alto, sorpresa, e in cima all'immensa scalinata vide un uomo tendere rapidamente un arco. In un attimo Occhio di Falco scoccò la sua freccia, diretta verso il petto di Loki. Ma il dio afferrò la ragazza con uno scatto fulmineo, stringendola a sé e frapponendola fra il suo corpo e la freccia, che bloccò con facilità con l'altra mano libera, appena prima che colpisse l'occhio spalancato di Sarah.


Era questo che intendeva con "collaborazione"? Usarla come ostaggio?, pensò allibita. Di certo avevano attirato l'attenzione dei Vendicatori, che li stavano velocemente circondando. Notò che mancava all'appello soltanto Hulk.


Sentì aumentare la stretta di Loki, che le poggiò una mano sul collo, e dovette fare uno sforzo per dissimulare i suoi veri sentimenti, sforzandosi di apparire impaurita. In realtà sapeva che lui non l'avrebbe mai uccisa, e si sforzò di rilassare i muscoli, comunicandogli col corpo che era dalla sua parte, qualunque essa fosse.


Avvertì il suo respiro farsi più vicino al suo orecchio, e spostò impercettibilmente la testa all'indietro, poggiandogli leggermente la fronte sulla guancia. Le vennero le lacrime agli occhi, pensando che forse quella era l'ultima occasione che aveva di sentirlo così vicino.

 



Steve Rogers interpretò ovviamente in modo errato le sue lacrime, e si fece avanti:

"Lascia andare la ragazza!" ordinò fissando Loki con uno sguardo carico di disprezzo.


"Lo farò, se acconsentirete alla mia richiesta" rispose Loki, flemmatico.


"Non hai alcun diritto di fare richieste, bastardo" sibilò Occhio di Falco.


Il dio sogghignò, notando con soddisfazione che l'umano non si era dimenticato dei giorni trascorsi sotto il suo controllo, privo di volontà. Strinse con più forza la mortale, strappandole un gemito.


"Se non mi ascolterete, ne pagherete il prezzo" replicò subdolamente. "Lei sarà la prima a morire, ma voi la seguirete tra poco, e non per mano mia. Non sapete quali forze si stanno muovendo nell'universo. Io sì."

Natasha fece un passo avanti, dubbiosa "E tu vorresti aiutarci? Non ci credo."

Loki spostò gli occhi su di lei, infastidito dall'arroganza nella sua voce.


"E fai bene. Non mi importa niente del vostro misero pianeta. Ho ben altri piani, che non devono interessarvi. Però, se io riesco nei miei intenti, anche la vostra Terra sarà salva. Mi sembra un compromesso accettabile."


Concluse la frase guardando quelle misere creature con superiorità, certo che avrebbero ceduto alle sue lusinghe, senza sospettare che le sue parole non erano propriamente sincere. Occhio di Falco parlò nuovamente, digrignando i denti furioso:


"Preferirei morire, piuttosto."


Il dio alzò le spalle, fingendosi deluso.


Stark, dopo essere rimasto in disparte qualche istante, pensieroso, si schiarì la voce:


"A me, invece, interessa sentire la tua proposta, principino".





Barton lo fulminò con lo sguardo. Come poteva dire una cosa del genere, contraddicendo ogni logica? Stava per urlargli contro quanto fosse idiota il suo modo di pensare, ma fu bloccato da una nuova voce alle sua spalle.

"Interessa molto anche a me" affermò con tono deciso Nick Fury, apparso da chissà dove.


Natasha, Clint e Steve si voltarono di scatto verso di lui, pronti a lamentare le loro ragioni, ma lui li zittì con uno sguardo severo.


"Allora abbiamo un accordo?" chiese soddisfatto Loki.


Fury annuì lentamente, lasciando trapelare comunque una malcelata diffidenza.


Alle sue spalle si aprirono nuovamente le porte dell'ascensore, dal quale si precipitò fuori una donna, che si guardò intorno freneticamente. Poi, fissando Loki, gridò con voce sconvolta:


"Sarah!!!"





La ragazza sobbalzò lievemente vedendo il volto teso Jane, che urlava il suo nome colma di preoccupazione. Avvertì che Loki la stava lasciando andare, mollando la presa. La sua mente le diceva di correre dalla sorella, ma il suo cuore aveva tutt'altre intenzioni. Deglutì a fatica; quello non era di certo il momento di ascoltare il cuore. Si staccò di colpo dal petto del dio, iniziando a correre, rifugiandosi tra le braccia della sorella. Inspirò il suo profumo dolce e le sorrise tra le lacrime. Non era arrabbiata con lei, sembrava anzi enormemente sollevata di rivederla sana e salva.

"Credevo che fossi morta..." le confessò sottovoce, mentre qualche lacrima solcava il suo bellissimo viso.


"Sto bene..." la rassicurò, anche se non era proprio la verità.


La abbracciò di nuovo, avvertendo una piacevole sensazione di calore, godendosi quell'unico conforto familiare che le era rimasto.


Udì dei passi alle sue spalle, mentre i Vendicatori le superavano entrando nell'ascensore, seguiti da Fury e da Loki. Quest'ultimo, per un istante le rivolse uno sguardo indecifrabile e intenso, passandole accanto, poi entrò anche lui nell'ascensore.


Sarah, a fatica, dovette reprimere l'impulso di corrergli dietro, limitandosi a fissare le sue spalle che sparivano dietro le porte metalliche, col cuore colmo di dolore.














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Capitolo 16
*** Addio ***


Capitolo 16 - Addio
Capitolo 16 – Addio




Sarah si lasciò cadere pesantemente sul letto della sorella, sedendosi sul bordo del materasso, rigida e spaurita. Cosa doveva fare ora? Si voltò verso Jane, che era in piedi vicino alla porta e gesticolava confusa, parlando al cellulare a voce alta.

“Erik, tu sai cosa sta succedendo?” la sentì chiedere, alzando ulteriormente la voce.

Evidentemente stava domandando spiegazioni al dottor Selvig, ma sembrava piuttosto contrariata.

“No, Erik, non posso calmarmi. No!! Ti rendi conto di quanto sia seria la situazione? Sai chi è apparso qui? Loki, il fratello pazzo di Thor!!”

Al suono di quelle parole, Sarah si irrigidì ulteriormente, avvertendo una dolorosa fitta al petto. Probabilmente, anche se avesse provato a spiegarle cos'era successo, Jane non avrebbe capito.

“Le vostre ricerche hanno dato qualche risultato?” la udì chiedere a voce più bassa, temendo una risposta negativa.

“Capisco, quindi il dottor Banner sta tornando qui...ovvio, dovrà incontrarsi con i Vendicatori e con...con quell'essere. Non ho un buon presentimento, Erik...” disse con la voce improvvisamente rotta dalla paura, asciugandosi gli occhi.

Sarah scattò in piedi, ma Jane la fermò con un gesto, tentando di sorridere.

“Certo, Erik, non c'è problema... No, davvero, arrivo subito.”




Jane chiuse la chiamata sospirando e fissò con apprensione la sorella minore, che era in piedi in mezzo alla stanza, immobile. Avrebbe voluto restare con lei almeno un po', farsi raccontare tutto, ma sfortunatamente c'erano questioni più importanti di cui occuparsi.

Abbracciò Sarah con forza, sussurrando:

“Scusami, sorellina, devo raggiungere il dottor Selvig per aiutarlo nelle ricerche. Mi dispiace davvero. Spero che tu capisca...”

Sarah annuì lievemente, sentendosi stranamente più sollevata, e si sciolse da quel tenero abbraccio, fingendo un sorriso.

“Certo, non preoccuparti. Anzi, forse è meglio, sono davvero stanchissima... Penso che mi farò una doccia e poi andrò dritta a letto.”

Jane la guardò con affetto, sorridendo.

“Tornerò domani mattina, promesso, e allora mi racconterai tutto. Aspetta, forse ho qualche vestito di ricambio per te...”

La donna si voltò, aprendo l'armadio e frugando all'interno di un cassetto totalmente in disordine, senza vedere l'espressione smarrita sul viso di Sarah, che deglutì leggermente.

Le porse un paio di jeans scoloriti e una camicetta bianca.

“Scusami, sai che l'ordine non è mai stato il mio forte” si schermì Jane, abbozzando una smorfia buffissima. “Temo che siano gli ultimi vestiti decenti che mi sono rimasti, ti prego trattali bene.”

Le fece l'occhiolino, schioccandole un rapido bacio sulla guancia, e corse fuori, lanciandole un'ultima occhiata rassicurante prima di chiudere la porta.




Sarah rimase sola in quella stanza, nel silenzio, avvolta dai ricordi. Richiuse lentamente le ante dell'armadio rimaste semiaperte, ripensando al suo primo incontro con Loki, quando lei era chiusa lì dentro, terrorizzata, e lui era ancora un nemico. Le lacrime iniziarono a rigarle le guance; forse tutto quello che era successo tra di loro, quell'insperata vicinanza che avevano conquistato con tanta fatica e dolore, non sarebbe servita a nulla.

Non l'avrebbe mai più rivisto. Chissà, forse non sarebbe nemmeno sopravvissuta a quella catastrofe incombente.

Ricacciò indietro le lacrime, scuotendo con forza la testa. Non era quello il momento di cedere allo sconforto. Afferrò velocemente i vestiti di Jane, dirigendosi a passo incerto verso il bagno. Era meglio pensare ad altro, concentrarsi sull'immediato e su ciò che poteva controllare. Doveva inventarsi qualcosa di verosimile da raccontare a sua sorella l'indomani, e doveva farlo subito.




Nick Fury scrutava con diffidenza l'espressione indecifrabile sul volto di Loki. La sua storia sembrava credibile, la sua voce pareva sincera. Ma era senza dubbio il miglior bugiardo presente in quella stanza, praticamente al pari di Natasha. Non per niente era definito il dio dell'Inganno.

Il capo dello S.H.I.E.L.D. si schiarì la voce, ponendo fine ad un silenzio glaciale che durava da parecchi minuti, da quando Loki aveva smesso di parlare.

“E così questo 'Thanos' sarebbe il nemico. Ha ripreso il suo scettro per poter mettere le mani sul Tesseract...”

“Non vorrà credergli, Fury” lo interruppe brusco Occhio di Falco.

“Clint, non abbiamo molta altra scelta...” mormorò Natasha, poggiandogli una mano sul braccio, tentando di calmarlo.

“Nat, è ovvio che mente! E' un bugiardo, un pazzo, un assassino! Non possiamo affidargli le nostre vite e quelle dell'intero pianeta!” gridò l'agente Barton, rosso in viso.




Loki, che era in piedi davanti alla grande vetrata dell'ufficio di Fury, si voltò verso di lui, con un ghigno sarcastico stampato in faccia.

“Dovresti lasciar fuori da questa stanza i tuoi risentimenti personali e pensare al bene della tua gente, agente Barton.”

Lo stava palesemente prendendo in giro, divertito.

Prima che Clint potesse scagliarsi addosso all'asgardiano, Steve Rogers scattò in piedi, frapponendosi tra i due.

“Non ho ancora capito perché hai bisogno di noi per tornare ad Asgard, Loki” gli chiese con voce dubbiosa.

Il dio lo fissò come se avesse detto un'eresia.

“Non ho affatto bisogno del vostro aiuto, stupidi mortali. Ci sono miriadi di vie e di passaggi che conosco solo io, e che posso usare per tornare ad Asgard, anche senza di voi. Ciò che vi sto proponendo è una semplice ed indolore collaborazione. Voi vi occuperete dell'esercito di Thanos, ed io penserò a lui.”

Captain America lo fissò con attenzione, tentando di cogliere l'inganno nelle sue parole.

“Ancora non capisco... Che vantaggio ne avremmo noi?” gli chiese pensieroso.

Loki alzò gli occhi al cielo esasperato.

“Avrete salva la vita, oltre a proteggere il vostro insulso pianeta. La sindrome dell'eroe non è una caratteristica peculiare della tua razza, soldato? Siete pronti a dimenticare tutto, persino il vostro istinto di sopravvivenza, per difendere un qualsiasi 'bene superiore'...”

Il dio si bloccò, cercando di celare il disprezzo nella sua voce, ma era chiaramente disgustato da ciò che stava per dire.

“Inoltre, ero certo che non ci avreste pensato un secondo a correre in aiuto di Thor...”

Pronunciò quel nome con rabbia, quasi sputandolo fuori dalle sue labbra contratte dal dolore.

Stark, rimasto stranamente in silenzio per tutto quel tempo si avvicinò a Loki e, dandogli le spalle, si rivolse ai suoi compagni:

“Bene, direi di mettere il tutto ai voti. Chi crede al nostro nemico-amico?” chiese alzando il braccio con la sua solita aria da sbruffone.

"Stark!” gridò Fury “non mi sembra il caso di scherzare.”

“Non sto affatto scherzando. Io credo al principino” replicò con finta ingenuità.

Poi, notando che nessun apprezzava le sue battute, aggrottò la fronte scocciato, sbuffando.

“Ok, d'accordo, forse non ci possiamo fidare di lui. Ma quale altra scelta abbiamo? Stare qui con le mani in mano non avrebbe senso comunque.”

Sui volti dei Vendicatori si dipinse un'espressione di amara rassegnazione, mentre Loki sorrise impercettibilmente, trionfante.

“Allora, rimettiamo di nuovo la decisione ai voti? Chi vuole fare un bel viaggetto interstellare in compagnia del bellimbusto, con destinazione Asgard e probabile non ritorno, alzi la mano.”

Stark fissò soddisfatto Steve Rogers, che sollevò il braccio per primo, tenendo lo sguardo basso. Su di lui si poteva sempre contare, l'eroe per definizione. In fondo, che aveva da perdere? Subito dopo, anche Natasha alzò la mano, col viso serio e corrucciato. Clint la incenerì con lo sguardo, ma poi, con riluttanza, la imitò.

“Perfetto” affermò Tony Stark “non ci resta che attendere l'arrivo di Banner, sentire la sua opinione e partire.”

Fury lo bloccò, sorpreso.

“E tu, perché non alzi la mano, Stark?”

L'uomo aprì le braccia, dispiaciuto.

“Bé, perché io non posso venire, vero piccolo cervo?” chiese girando la testa verso Loki.

“Già” gli rispose il dio, sorridendo sornione e incrociando le braccia dietro la schiena.

“Perché?” domandò costernato Rogers.

“Oh, andiamo Capitano, non fingerti dispiaciuto” gli rispose Stark, facendogli l'occhiolino. “Come abbiamo notato nell'ultima battaglia, i viaggi cosmici non fanno per me” disse indicando il cerchio di luce blu che gli pulsava sul petto.

I Vendicatori rimasero senza parole, e Loki ne approfittò per defilarsi.

“Bene, la partenza è fissata per domani mattina. Consultate anche il vostro professore instabile e, se sarete ancora dell'idea di venire, ci rincontreremo qui.”

Detto questo si incamminò velocemente verso l'ascensore, stranamente agitato. La voce fastidiosa di Stark lo raggiunse quando le porte metalliche si stavano chiudendo, canzonandolo:

“Perché tanta fretta, piccolo principe? Devi dire addio a qualcuno?”

L'asgardiano appoggiò la schiena a quella superficie gelida, sospirando. Chiuse gli occhi, mentre l'ascensore continuava a scendere e si concentrò, come se stesse cercando con la forza della mente di trovare qualcosa. O qualcuno. Riaprì gli occhi di scatto e una leggera luce dorata lo circondò. Un attimo dopo era scomparso.




Sarah fissò soddisfatta il suo riflesso nello specchio. Finalmente aveva di nuovo un aspetto più che decente, i capelli in ordine e un trucco leggero. I vestiti di Jane le stavano alla perfezione, per fortuna, anche se i jeans le andavano leggermente corti.

Sospirò sconsolata, non le era venuto in mente niente di realistico da dirle, era davvero nei guai.
Mentre guardava preoccupata il suo riflesso, udì uno strano rumore provenire dall'altra parte della porta. Una specie di tonfo, e un rumore attutito di passi. Sbarrò gli occhi, sperando che il battito accelerato del suo cuore non la stesse ingannando.

Aprì di scatto la porta del bagno, precipitandosi nell'altra stanza. Al centro, immobile, si stagliava una figura che riconobbe subito. Le dava le spalle, ma quei suoi strani abiti, quei capelli neri, erano inconfondibili. Non riuscì trattenere la sorpresa e dalle labbra le uscì una sola parola:

"Loki..."

Il dio si voltò verso di lei, puntandole addosso quegli occhi assurdamente belli. Stava per dirle qualcosa, invece serrò le labbra, aggrottando la fronte, fissandola con uno sguardo leggermente stupito. La ragazza si diresse velocemente verso di lui, chiedendosi perché sembrasse così teso. Non appena gli fu di fronte notò che il suo corpo era estremamente rigido, e lui distolse rapidamente lo sguardo, corrucciato.

"Cos'è successo?" domandò con un sussurro, paralizzata da tanta freddezza.

Loki posò nuovamente gli occhi su di lei, sembrava oppresso da un'angoscia che non voleva dar a vedere. Serrò la mascella, e rispose:

"Domani mattina tornerò ad Asgard, forse insieme ai Vendicatori."

Sarah si sporse verso di lui, in ansia.

"E poi?"

"Poi combatterò, mortale, fino alla fine. Molto probabilmente assisteremo ad un nuovo Ragnarok."

La ragazza rabbrividì. Conosceva quella parola, derivata dalla mitologia nordica, che indicava un evento catastrofico, la fine di ogni cosa.

Allungò una mano verso di lui, cercando un po' di conforto, un po' di speranza, ma lui la scacciò, voltandosi di scatto, spezzandole il cuore. Lo vide incamminarsi verso la porta a passo incerto e riuscì ad avvertire tutto il dolore che stava provando. Era convinto che quella fosse la sua ultima notte. Era praticamente certo che non sarebbero sopravvissuti. La sua pelle fu percorsa da un brivido caldo. Quella era quasi certamente l'ultima notte che passava sulla Terra.

Ed era andato da lei.

"Aspetta" gli chiese, implorante.

Lui si bloccò solo per un istante, resistendo a fatica alla tentazione di voltarsi, e riprese a camminare verso la porta, ma più lentamente, passandosi una mano sul viso. Sarah si sentì invadere dall'ansia e gli corse dietro, fermandosi di fronte a lui e bloccandogli il passaggio. Lo guardò piena d'angoscia, ferita dal suo sguardo colmo di rabbia.

"Lasciami passare" le intimò a bassa voce.

"No" rispose lei, scuotendo la testa con forza e trattenendo a stento le lacrime.




"Sarah..." la voce di Loki si ruppe, quando si rese conto di averla appena chiamata per nome.

Che gli era preso? Fissò quella ragazza testarda e sciocca che gli stava di fronte e che gli sorrideva tra le lacrime; e sentì montargli dentro una strana furia. Perché si ostinava a volergli restare vicino? E perché lui non riusciva più a respingerla, anzi la desiderava?

La afferrò per i fianchi, spingendola con violenza contro la porta. Si rese conto del suo errore troppo tardi, quando ormai il viso dell'umana era così vicino al suo da avvertirne il respiro caldo sulla pelle. Lasciò la presa, senza però spostarsi di un millimetro, realizzando per la prima volta quanto fossero belli e profondi gli occhi della mortale.

Provò, con un ultimo sforzo, a raggiungere con la mano la maniglia della porta, ma lei lo bloccò, intrecciando lentamente le dita alle sue.

"Ti prego" la sentì sussurrare "Non andartene...resta qui."

Avvicinò ancora il suo viso a quello della mortale, sfiorandole la fronte con la sua, bramando il calore che le sue labbra promettevano, sentendo la sua imperturbabile corazza, forgiata dall'orgoglio e dalla sofferenza, incrinarsi improvvisamente dall'interno.




Sarah, sconvolta dalla vicinanza di Loki, deglutì tremando. Schiuse le labbra, alzò lo sguardo e si perse nei suoi occhi così limpidi, rivolgendogli un'ultima supplica: "Resta con m..."

Lui non le permise nemmeno di finire, prendendo finalmente possesso della sua bocca, stringendola a sé e afferrandole il viso. La ragazza gli allacciò le braccia al collo, partecipando completamente a quel bacio così lento, così profondo, così terribilmente necessario. Sentì la mano del dio sfiorarle i capelli e poggiarsi sul chiavistello della porta, serrandolo con un movimento secco.

Come la prima volta che si erano visti, in quella stessa stanza, si sentì in trappola. Ma, stavolta, non aveva alcuna paura di abbandonarsi al volere di Loki, anzi lo desiderava con tutta sé stessa. Gli prese il viso tra le mani, infilandogli le dita tra i capelli, interrompendo quel bacio che le stava mozzando il fiato, inspirando con forza, mentre la testa iniziò a girarle vorticosamente. Lui prese a baciarle il collo, senza lasciarle un attimo di tregua, afferrandole i lembi inferiori della camicetta con le dita.

Sarah, chiuse gli occhi, annaspando nel suo stesso respiro, senza riuscire a fermare le mani del dio, che, uno alla volta, fecero saltare i bottoni con dei colpi secchi, liberandole la pelle da quella stoffa bianca e fastidiosa. Sorrise divertita, pensando alla faccia che avrebbe fatto la povera Jane quando le avrebbe reso i vestiti, che aveva promesso di trattare con cura.

Le cedettero di colpo le ginocchia e iniziò a scivolare verso il basso, afferrandogli la nuca e trascinando Loki sul pavimento, sopra di sé.

Per la prima volta nella sua vita comprese cosa significasse annullarsi per un altra persona, e sentì ogni ragione e ogni logica svanire sotto la pressione delle sue dita, che le percorrevano il corpo senza sosta, privandola di ogni pensiero.




Loki non aveva mai provato niente di simile, nemmeno il piacere della vendetta si avvicinava lontanamente a quello che stava trovando sul corpo caldo e imperlato di sudore della mortale. Sentiva il battito impazzito del suo cuore rimbombargli violentemente nelle orecchie e respirava a fatica, incapace di ragionare. Ma non poteva interrompere quell'assurdo stordimento, non voleva staccarsi da quell'abbraccio incandescente, unica cura alla sua cieca disperazione. Affondò la bocca nelle sue labbra morbide, così rosse ad invitanti, conducendola ben oltre il limite delle sue fragili energie umane. Le osservò il viso, temendo che da un momento all'altro lo potesse respingere e allontanare, ma lei gli sorrise. La vide sbattere freneticamente le palpebre, completamente in balia della sua volontà, mentre gli allacciava le braccia intorno al collo, con il viso distorto dall'emozione.




Sarah si sentì morire e riportare in vita un'infinità di volte, quella notte. Da quanto tempo era tra le braccia di Loki, inchiodata a terra senza alcuna via di scampo? Minuti, giorni, ore? Realizzò che, tra le sue braccia, cullata dai suoi respiri, dolore e piacere potevano diventare la stessa cosa, e che ogni sua ferita poteva essere rimarginata da una carezza.

Ad un certo punto sentì le forze abbandonarla e la vista le si offuscò improvvisamente. Prima di perdere i sensi, abbandonata dalle sue membra stremate, avvertì che Loki la stava sollevando, poggiandola sul letto e gli cinse la schiena con le braccia, attirandolo con sé tra le lenzuola, sperando con tutta sé stessa di potersi risvegliare ancora al suo fianco.






***




Angolo autrice


Mi dispiace davvero tanto che Stark non possa unirsi alla spedizione... No, non è vero. XD In realtà sono sollevata che il film mi abbia dato un motivo realistico per lasciarlo a casa. ^^ Per quanto mi piaccia scrivere le sue battute, sono sicura che se fosse andato anche lui avrebbe finito per far naufragare i piani di Loki! XD Sono due personaggi piuttosto ingestibili, quando ci si mettono. (Due dive a tutti gli effetti, per citare il  buon Tony!) Comunque lo ritroveremo anche nel prossimo capitolo, pronto a dispensare un altro po' di battutine! ^_^

A presto!

Sayuri

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Capitolo 17
*** La partenza ***


Capitolo 17 - La partenza
Capitolo 17 – La partenza




Quella notte, avvolto dai suoi pensieri e dal calore del corpo della mortale, Loki non riuscì a chiudere occhio.


In quel letto decisamente troppo stretto, non c'era più posto per ripensamenti e rimpianti, né spazio per l'insicurezza. Infatti la mente del dio era vigile, e i suoi sensi concentrati; ma il suo animo, di solito così irrequieto, era stranamente calmo. Quell'oscurità accogliente, quel piacevole silenzio, scandito solo dai respiri lenti e profondi dell'umana che dormiva tra le sue braccia, riuscivano in qualche modo a placare l'ansia e l'angoscia che tentavano di insinuarsi nel suo cuore.

Chiuse gli occhi, sprofondando nel buio, e chiamò a raccolta tutte le sue energie e tutto il suo ingegno; ne avrebbe avuto bisogno per portare a termine il suo progetto e fronteggiare Thanos. Si chiese preoccupato come avrebbe reagito quest'ultimo nel rivederlo ancora vivo, ma sapeva bene che quell'essere, esattamente come lui, non era assolutamente prevedibile. L'unica cosa che conosceva con certezza era il suo fine ultimo, il suo assurdo desiderio suicida, che avrebbe sfruttato per completare la sua rinascita.
 
Le riflessioni dell'asgardiano vennero interrotte bruscamente, non appena le luci automatiche della stanza iniziarono ad accendersi una dopo l'altra, segno evidente che era ormai mattina.




Sarah si risvegliò a fatica, stordita, sentendosi come una bolla d'aria che riaffiora in superficie dal fondo dell'oceano. Inspirò profondamente, stropicciandosi gli occhi, infastidita da quell'improvvisa luce. Notò che l'orologio sulla parete bianca segnava già le sette, e sentì il cuore mancare un battito.

Spostò lo sguardo atterrita e mise a fuoco il viso di Loki, adagiato di fianco al suo, perdendosi nei suoi occhi così vicini e rimpiangendo il sonno senza sogni da cui si era appena destata. Accettare la cruda realtà era troppo doloroso. Stavolta il loro tempo era davvero finito.

Deglutì, cercando la voce, colta dall'improvvisa necessità di parlargli.




Loki fissò gli occhi della mortale, così profondi e privi d'impurità, avvertendo un lieve dolore al petto. Aggrottò la fronte, intuendo che voleva dirgli qualcosa, e le posò una mano sul fianco, aspettando di udire le sue parole.

"Avevi ragione" sussurrò la ragazza, con la voce ancora leggermente impastata dal sonno.

"In merito a cosa?" le mormorò di rimando, incuriosito.

"Quando hai detto che io sarò sempre inferiore a te... Avevi ragione."

Il dio era confuso, perché gli stava dicendo una cosa del genere? Scrutò i suoi lineamenti, che si contrassero improvvisamente, percorsi da un'infinita tristezza.

"Ma lo accetto." La mortale continuò a parlare, con un tono sommesso e vibrante. "Non voglio più fingermi diversa da quel che sono, finalmente l'ho capito. Grazie a te."

Loki socchiuse gli occhi, colpito nel profondo da quelle parole. Forse era giunto anche per lui il momento di seppellire quella bruciante sensazione d'inferiorità e di smarrimento che lo aveva condotto sul baratro della follia. Era venuto il tempo di dimostrare quanto valeva, quanto poteva essere degno. Ma questo significava non poter mai più tornare indietro.
Si irrigidì controvoglia, assumendo uno sguardo duro, pronto a replicare alle parole dell'umana, a demolire la sua speranza, conscio che non l'avrebbe potuta realizzare. Stava per parlare, ma lei lo bloccò, poggiandogli l'indice sulle labbra.

"Non dire niente" gli sussurrò. "Tanto so che mentiresti."

Sorrise malinconica, prima di poggiare delicatamente le labbra sulle sue. Un ultimo bacio, un addio, poi la vide voltarsi, avvolgendosi strettamente tra le lenzuola, e affondare il viso nel cuscino.

Rimase impietrito per alcuni secondi, dopodiché si alzò lentamente, sentendosi la testa pesante e vuota al tempo stesso. Guardò un'ultima volta il profilo della mortale, realizzando sgomento con quanta forza avesse ormai marchiato a fuoco i suoi ricordi.

Si voltò di scatto, relegando quei pensieri e quelle sensazioni in profondità, sigillandoli in fondo alla sua anima, e si diresse con decisione verso la porta, avvolto nella sua scintillante armatura dorata. Quando aprì la porta si fermò sull'uscio, titubante, raggiunto dai singhiozzi sommessi di Sarah.
Deglutì con fatica e uscì a passo svelto, con la vista annebbiata, rendendosi appena conto di aver urtato qualcuno, ed entrò nell'ascensore senza più voltarsi indietro.




Jane rimase impietrita davanti alla sua stanza per almeno un minuto, senza capacitarsi del fatto che l'uomo che ne era appena uscito, finendole addosso, fosse proprio Loki. Cosa ci faceva lì dentro? Aveva paura di scoprirlo, ed esitò per qualche altro istante.

Poi si riscosse di colpo, ricordandosi di Sarah, e si precipitò dentro la camera, in preda all'ansia.

Vide la sorella scossa dai singhiozzi, abbandonata tra le lenzuola, e le mancò la terra da sotto i piedi. Corse verso di lei, inginocchiandosi alla base del letto, sconvolta dalla rabbia. La afferrò con delicatezza, temendo quasi di farle male, e la voltò verso di sé, tremando.

"Cosa ti ha fatto..." chiese con tono malfermo, temendo il peggio; prima di rendersi conto, attonita, che lei stava bene.

Nonostante le lacrime le solcassero il viso senza sosta e fosse scossa dal pianto, notò che si sforzò di sorriderle, aumentando ulteriormente la sua confusione. Cos'era successo tra sua sorella e Loki?
Sarah le prese una mano e se la poggiò sulla guancia, che era bollente ed arrossata, e mormorò con la voce rotta dal dolore:

"Mi ha salvata. Come forse io ho salvato lui."

Jane sgranò gli occhi, incredula.

"Cosa vuoi dire?" le domandò con un fil di voce.

Ma, dentro di lei, aveva già compreso perfettamente ogni cosa, vedendo riflesso negli occhi della sorella un sentimento che conosceva fin troppo bene. In fondo, chi meglio di lei poteva capirla?

La aiutò a mettersi seduta ed ascoltò in silenzio il suo racconto, accarezzandole di tanto in tanto i capelli, provando lo stesso rimpianto e la stessa sofferenza, pensando a Thor.




Il dio dell'Inganno uscì dall'ascensore camminando pesantemente, misurando ogni passo. Alzò gli occhi e si ritrovò davanti Captain America, evidentemente teso, che gli lanciò uno sguardo diffidente.

Negli occhi del soldato, così limpidi e azzurri, passò un'ombra incerta, che lui scacciò immediatamente, obbligandosi a una forzata sicurezza. Doveva dimostrarsi pronto a guidare i compagni in un mondo lontano e colmo di pericoli sconosciuti, e condurli con fiducia verso quella missione di cui in realtà non sapeva nulla.
Si voltò verso Clint, che si sistemò l'arco sulle spalle, e lanciò una rapida occhiata a Natasha, che gli rivolse un lieve sorriso, alzandosi in piedi.
Erano pronti.

Tornò a fissare Loki, che si era fermato di fronte a lui, provando ad intuire i pensieri nascosti dietro quello sguardo glaciale. Notò che appariva molto meno spavaldo del solito e, ingenuamente, sperò di potersi fidare. Si voltò, udendo dei passi dietro di lui, e si ritrovò faccia a faccia con Tony Stark.

"Nervoso, capitano?" lo canzonò il miliardario, dandogli qualche pacca d'incoraggiamento sulle spalle, per poi rivolgersi all'asgardiano, ammiccando.

"Ho come l'impressione che il nostro principe arrendevole non sia riuscito a dormire molto stanotte, a giudicare dalle sue divine occhiaie. Nottata impegnativa?" gli domandò, sorridendo sornione. "Il pensiero di rivedere il tuo caro fratellone non ti entusiasma, vero? O magari, hai avuto altro da fare..."

Loki lo fulminò con lo sguardo.

"Taci, Stark" gli intimò, infastidito, superandolo a passo svelto e schiarendosi la voce.

Steve Rogers guardò con aria interrogativa Stark, che fece un gesto vago con la mano, ridacchiando. "Non credo che tu possa capire..."

In quel momento le porte metalliche dell'ascensore si riaprirono, e Fury e Banner fecero la loro entrata.

"Viene anche lei, professore?" chiese sollevata l'agente Romanoff.

Bruce la fissò timidamente, abbozzando un sorriso.

"Sì. La mia presenza è considerata essenziale per la vostra sicurezza..." disse guardando Loki attraverso le lenti degli occhiali.




Il dio si finse scocciato, reprimendo un ghigno soddisfatto. Avere il bestione verde dalla sua parte era un vantaggio notevole, ne avrebbe approfittato con gioia. Lanciò uno sguardo ai Vendicatori, che attendevano la sua mossa.

"Pronti a partire?" chiese sollevando la testa e allargando le braccia, formando una sfera di luce intensissima, percorsa da scariche elettriche bluastre.

Banner, Rogers, Natasha e Clint fecero un passo avanti, annuendo all'unisono.

"Spero per te che il tuo piano non sia un inganno Loki..." gli disse Fury con voce tagliente "Se ci tradirai..."

"Oh, non temere, agente Fury" lo interruppe il dio, mentre la luce diventava sempre più intensa e il pavimento vibrava intensamente.

"Ai tuoi preziosi eroi non accadrà nulla di male. Torneranno indietro. Sani...e salvi." sussurrò con voce bassissima l'asgardiano, mentre sul suo volto prendeva forma un sorriso trionfante. La spia scattò in avanti, inquieta, rendendosi conto con orrore che stava mentendo.

Ma era troppo tardi. I Vendicatori e Loki vennero circondati da strisce di luce argentata e svanirono all'improvviso, accecando Fury e Stark. Dopo qualche minuto i due riuscirono a riaprire gli occhi e si fissarono in apprensione, immobili, sperando di non aver appena commesso l'errore più grande della loro vita.





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Capitolo 18
*** Incontri ***


Capitolo 18 - Incontri
Capitolo 18 – Incontri



Non appena avvertì che il viaggio tra i due mondi si era concluso con successo, Loki si costrinse ad aprire gli occhi, riluttante.

Asgard era proprio di fronte a lui, bella e fiera come la ricordava, avvolta da una luce inaccessibile, che gli feriva gli occhi. Si incamminò a passo svelto verso il palazzo che svettava imponente al centro della città, impreziosito da enormi torri bronzee, seguito a distanza dai Vendicatori. Avvertiva chiaramente il disagio degli umani, non abituati a quella vista mozzafiato e a quell'aria pura e cristallina, che respiravano a fatica.




Nella mente di Natasha Romanoff non c'era mai stato molto spazio per lo stupore, ma era quella la sensazione che più si avvicinava a quel che stava provando camminando per le vie di Asgard, inondate da un'irreale luce dorata. Tutto, in quel mondo, pareva appartenere ad un ordine di cose superiore e perfetto, persino le pietre levigate dell'acciottolato, che rilucevano come specchi, componendo un intricato disegno. La donna alzò lo sguardo rapita, perdendosi in quel cielo in parte azzurrissimo ed in parte tinto dei colori del tramonto, puntellato di stelle e nebulose in continuo movimento, sentendosi incredibilmente insignificante.

La voce tesa di Clint la obbligò a ritornare concentrata.

"Che succede?" chiese il compagno in direzione di Loki, che si era fermato all'improvviso, sempre dando loro le spalle.

"C'è troppo silenzio" sentenziò l'asgardiano, guardandosi intorno con circospezione.

La vie erano deserte e dalle case non proveniva nessun suono. Natasha trattenne il fiato, vigile, tentando di scorgere un qualsiasi movimento o rumore proveniente dall'ambiente circostante. Qualcosa non andava.

Sgranò gli occhi non appena sentì la terra tremare sotto i piedi, accompagnata da un rombo profondo e sinistro, e si aggrappò al braccio di Steve, che era accanto a lei, per evitare di cadere. Il cielo si affollò di nubi violacee e, gradualmente, si oscurò, dando vita ad un'atmosfera sospesa e sinistra. Vide Banner stringere i pugni, nervoso, mentre appoggiava la schiena ad una parete, subito imitato da Occhio di Falco. Il terreno vibrava sempre più intensamente e nell'aria si diffuse un sibilo acuto, che sembrò colpire in profondità Loki, che si poggiò con forza le mani sulle orecchie, sollevando la testa con uno scatto rabbioso.

D'improvviso un fulmine squarciò il cielo, seguito da un'intensa onda luminosa che scacciò con forza l'oscurità opprimente che si stava posando su ogni cosa, riportando la quiete e il silenzio.




Loki inspirò profondamente, serrando le labbra. Aveva visto chiaramente quella potente scarica elettrica sollevarsi dalla torre più alta del castello, e sapeva con esattezza chi l'aveva generata. Senza nemmeno voltarsi verso i Vendicatori riprese a camminare, colto da una furia irrefrenabile, ma venne bloccato dopo pochi passi dalla lama affilata di una spada, che qualcuno gli stava imprudentemente puntando alla gola.

"E così il traditore ha fatto ritorno..." disse con disprezzo Fandral, arretrando e riponendo la spada, subito raggiunto da Hogun, Volstagg e Lady Sif.

"Ci sei tu dietro a tutto questo, Loki?" domandò la donna con tono accusatorio, già convinta della sua colpevolezza.

Loki sogghignò, irritandola ulteriormente, e si voltò verso i Vendicatori, che avevano assistito alla scena attoniti, facendo un lieve cenno col capo.

Banner fece un passo avanti, parlando a voce bassa "No, lui ci sta aiutando, ha un piano per sconfigger..."

Sif lo interruppe, brusca: "Non vi fiderete davvero di lui! Come potete credere anche ad una sola delle sue parole? Che prove avete?"

Bruce la fissò interdetto, sentendosi un pesce fuor d'acqua, e abbassò lo sguardo dandosi dell'ingenuo. La donna aveva ragione, non avevano alcuna prova.

Volstagg calmò con un gesto la guerriera e poi rivolse il suo sorriso bonario agli umani, tentando di allentare la tensione.

"Scusate le nostre cattive maniere, midgardiani, ma siete nostri ospiti in un momento difficile. Prima le presentazioni" disse allargando le braccia, orgoglioso "Lady Sif e i tre guerrieri, compagni d'armi di Thor."

Captain America parve rinfrancato e si fece avanti con fierezza, sorridendo cordiale e allungando un braccio verso il corpulento guerriero.

"Steve Rogers" disse con voce ferma, stringendogli la mano con forza, per poi indicare i suoi compagni.

"La signorina Romanoff, il professor Banner e l'agente Barton. Siamo i Vendicatori, anche noi amici di Thor.”

Il viso di Volstagg si illuminò "Ma certo! Lui ci ha parlato molto di voi, è un onore avervi qui e poter disporre del vostro aiuto."

Hogun annuì, serio, e Sif fece un lieve inchino, lasciandosi finalmente andare ad un timido sorriso.
Fandral strinse la mano a tutti i Vendicatori e, quando si trovò davanti a Natasha, le sorrise con una punta di malizia, afferrandole il polso e baciandole lievemente il palmo della mano.

"Benvenuta su Asgard" le disse fissandola intensamente, mentre Sif alzava gli occhi esasperata e Clint gli rifilava un'occhiataccia.




"Avete finito?" protestò scocciato Loki, incrociando le braccia e alzando un sopracciglio, disgustato da tutti quei convenevoli senza senso. Evidentemente era l'unico a comprendere la gravità della situazione e a rendersi conto del poco tempo rimasto a loro disposizione.

"Non siamo venuti qui per perderci in chiacchiere, io credo" sibilò con un tono palesemente denigratorio, fissando i suoi ex-amici con superiorità.

Fandral rispose al suo sguardo con irritazione, posando la mano sull'elsa della spada che gli pendeva sul fianco.

"No, infatti. Siamo qui per scortarti da Thor."

Il mezzo sorriso di Loki si spense, come il suo sguardo, al pensiero di dover rivedere il fratello.

"Bene, allora che stiamo aspettando?" chiese con voce vuota, tentando di recuperare il sangue freddo.

Non poteva perdere il controllo, non ancora. Si rimise in marcia a testa bassa, seguendo i guerrieri asgardiani, senza più pronunciare una sola parola, perso nei suoi inquietanti pensieri.




"Sapete cosa sta succedendo?" chiese titubante Bruce rivolgendosi a Volstagg, continuando a camminare "Cos'è stato quella specie di terremoto di poco fa?"

"Da ormai un giorno intero un nemico sta tentando di infiltrarsi ad Asgard, aprendo un portale tra il suo mondo ed il nostro, sfruttando il potere del Tesseract."

"Come è successo sulla Terra..." commentò fra sé e sé Natasha.
"Esatto. Thor continua a richiudere il passaggio usando Mjolnir, ma questo continua a riformarsi, sempre più velocemente." spiegò Sif, preoccupata. "Per questo abbiamo ordinato alla popolazione di nascondersi o evacuare. Sappiamo che, presto, la forza di Thor non sarà più sufficiente. Il nemico piomberà qui da un momento all'altro e, probabilmente, non sarà da solo."

"L'esercito di cui ci ha parlato Loki..." mormorò Steve. "L'esercito di Thanos..."

Il dio dell'Inganno si irrigidì impercettibilmente, sentendo quel nome, e Clint se ne accorse, fissandolo dubbioso. Se persino lui lo temeva, doveva essere estremamente pericoloso. Poggiò istintivamente una mano sulla faretra, accarezzando le sue frecce.

Erano ormai giunti alla base del palazzo, e i quattro guerrieri asgardiani si accomiatarono.

"Noi dobbiamo restare qui. Pattuglieremo le vie di Asgard e saremo la prima difesa contro questa nuova minaccia." spiegò Fandral con una lieve punta di rammarico.

Sguainò la sua spada e si voltò di scatto.

"Buona fortuna!" gridò mentre si allontanava a grandi passi, facendo un cenno con la mano.

Sif fissò intensamente i Vendicatori, sentendosi stranamente affranta; poi annuì gravemente e seguì il compagno.

"Buona fortuna anche a voi..." disse Steve, con la voce improvvisamente piena d'angoscia.

"Addio" rispose serio Hogun, con il suo solito tono imperturbabile, ritornando sui suoi passi.

Volstagg aprì la bocca, cercando le parole più adatte ad infondere in tutti un po' di incoraggiamento, ma non riuscì a dire niente; quindi sorrise, anche se i suoi occhi erano velati di tristezza, e andò incontro al suo destino con passo fiero.




I Vendicatori, avvolti da un grave silenzio, seguirono Loki e si posizionarono su una piattaforma dorata che, attivata da un misterioso meccanismo, li trasportò rapidamente in cima alla torre più alta del palazzo.

Il dio del Tuono era in piedi al centro di un'enorme terrazza, con Mjolnir stretto in mano e lo sguardo rivolto verso l'alto, in aspettazione.

"Thor!!!" gridarono in coro i Vendicatori correndo verso di lui, sollevati.

"Amici miei..." mormorò allibito l'asgardiano, poggiando la mano sull'avambraccio di Captain America e Banner, sorridendo incredulo verso Natasha e Barton. Nonostante quell'inaspettata gioia, era esausto data l'enorme quantità di energia che aveva speso nelle ultime ore, e parlava a fatica.

"Cosa ci fate qui?" riuscì finalmente a chiedere, con la voce rotta dal fiatone.

"Siamo venuti a sostenerti e a ricambiare il tuo aiuto" rispose Steve "Loki ha..."

Non appena udì quel nome Thor si sentì vacillare e, per un istante, gli si annebbiò la vista.

"Loki?!" ripeté con un fil di voce, voltandosi di scatto, incontrando gli occhi del fratello, che si era tenuto a distanza.




Il dio dell'Inganno lo fissava, corrucciato; sentendosi come sempre ferito dall'assurdo sentimentalismo di Thor, che si ostinava a crederlo diverso, a volerlo migliore. Istintivamente arretrò di un passo quando lo vide dirigersi verso di lui e impallidì visibilmente.

"Fratello..." sussurrò Thor con tono implorante, quando ormai erano divisi da pochi metri.




Il dio del Tuono tentò di decifrare lo sguardo di Loki, senza successo, cercando in quelle iridi fredde i ricordi di un tempo ormai perduto. Avrebbe voluto parlargli, ascoltare le sue spiegazioni, ma si ritrovò nuovamente davanti ad un muro di doloroso silenzio. Serrò la mascella, deglutendo, e si sentì stranamente impotente. Non voleva arrendersi, non poteva. Si avvicinò ulteriormente e gli tese una mano, con lo sguardo colmo di affetto, di rimpianto, di speranza.

Per un istante sul viso di Loki si disegnò un'espressione smarrita e sembrò riflettere sul quell'inaspettata supplica di riconciliazione, inclinando lievemente la testa.

Thor non riuscì a trattenere lo stupore e sorrise, quando lo vide staccare con fatica il braccio dal fianco a aprire lentamente le dita, che fino a quel momento teneva serrate a pugno, rigidamente.

Forse era sincero, e magari gli avrebbe davvero stretto la mano se non fosse stato per il fato avverso che incombeva impietoso su di loro. Ancora una volta, la terra di Asgard fu scossa da una forza violenta e implacabile, mentre il cielo si oscurò improvvisamente. Thor si voltò di scatto, spalancando gli occhi, e alzò il suo martello con disperazione; ma, questa volta, nemmeno i suoi potenti fulmini riuscirono a contrastare la furia di Thanos.

In quel cielo nero si aprì una voragine di luce rossastra, vomitando fuori una massa indistinta di creature mostruose, mentre l'aria si riempiva di grida spaventevoli e urla selvagge. La struttura del palazzo si incrinò, creando una profonda spaccatura che divise i due fratelli, facendo precipitare Loki nel vuoto, circondato da macerie e detriti dorati.




Quando riuscì a riaprire gli occhi, il dio dell'Inganno si ritrovò parecchi piani più in basso, avvolto dalla polvere e tossì con forza. Si alzò a fatica, togliendosi di dosso alcuni pezzi di metallo e di muro che gli erano franati sul corpo e tese le orecchie, udendo in lontananza il suono della battaglia che infuriava all'esterno.

Inspirò profondamente, bloccando sul nascere la paura che stava germogliando nel suo cuore. Avrebbe potuto usare i suoi poteri per nascondersi e fuggire, ma non lo fece.

Lui voleva essere trovato.

Pochi minuti dopo udì un'altra presenza materializzarsi nella stanza, una presenza terribilmente pericolosa e rabbiosa, e fu percorso da un brivido. Un'istante dopo venne scagliato con estrema violenza contro un muro, che si incrinò nell'urto con il suo corpo, mentre un'enorme mano violacea gli bloccava il petto. Alzò lo sguardo, incontrando gli occhi iniettati di sangue di Thanos, che gli sorrise perversamente.

"Questa è una vera sorpresa, asgardiano...perché sei ancora vivo? E perché sei stato tanto imprudente da farti trovare da me?"

Loki sobbalzò, sentendo chiaramente le sue costole scricchiolare e incrinarsi sotto la morsa di quella mano gigantesca e dura come la pietra.

"Devo rimediare al mio fallimento" rispose con un sussurro.

Tentò con tutte le sue forze di domare il tremito delle sue labbra, ma il suo spietato nemico riuscì comunque a scorgere un leggero tremolio nelle sue parole.

"Implori dunque pietà?" chiese il mostro, allentando di poco la presa, permettendogli di respirare più liberamente.

"Non solo, vengo a te con un dono" gli rispose abbozzando un mezzo sorriso.

"Quale dono?" domandò Thanos con voce sinistra, incuriosito.

"Sono certo che lo apprezzerai. Ti offro la vita dei mortali che hanno osato umiliare la tua forza. Li ho convinti con l'inganno a seguirmi."

Thanos mollò di colpo la stretta, liberando il dio che atterrò in piedi sul pavimento, gemendo e poggiandosi una mano sul petto.

"Un tributo più che gradito, asgardiano, ma che non ti farà aver salva la vita. Quando avrò terminato con loro, sarà il tuo turno. E poi, di tutto l'universo, non resterà che polvere."

Loki deglutì lentamente, annuendo e nascondendo sotto un falsa smorfia d'angoscia il suo sorriso di soddisfazione.

"È giusto" convenne a voce bassissima, accennando un inchino, sentendosi più sicuro.

"Comunque, non si dica che io non sono misericordioso e che non ricompenso chi mi serve" proseguì con tono di superiorità Thanos, afferrandogli una spalla. "Ti concedo un ultimo desiderio, asgardiano, un'ultima richiesta."

Loki lo fissò intensamente negli occhi e sul suo volto contratto prese forma una smorfia malvagia.

"Thor..." sibilò "Lascialo a me. Permetti che sia io ad ucciderlo."

Gli occhi del mostro diventarono due fessure mentre sorrideva trionfante, mostrando i denti.

"E sia."

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Capitolo 19
*** Ragnarok ***


Capitolo 19 - Ragnarok
Capitolo 19 - Ragnarok



L'emissario di Thanos entrò nella stanza con passo pesante, reggendo in una mano lo scettro del suo padrone e nell'altra la lancia di Odino.

"Abbiamo trovato il Tesseract, mio signore. È nella torre est" disse prostrandosi e lanciando uno sguardo sorpreso verso Loki.

"Molto bene" replicò Thanos, avvicinandosi a lui soddisfatto.

Afferrò con decisione la lancia dorata del Padre degli dei, ammirandola per qualche istante, e poi si rivolse nuovamente al suo emissario:

"Porta con te il mio scettro e comincia ad attivare il cubo. Ti raggiungerò non appena avrò sistemato il conto rimasto in sospeso con i midgardiani."

L'enorme essere umanoide fece un cenno con la testa e si rialzò di scatto. Urtò violentemente Loki passandogli accanto, rivolgendogli un grugnito beffardo. Il volto del dio si contrasse per un secondo per la rabbia, ma poi si rilassò. Avrebbe avuto la sua vendetta.

Le pareti risuonarono della cupa risata di Thanos, che si avviò lentamente verso l'esterno, già pronto a gustarsi il suo certo trionfo.

"Non vieni, asgardiano?" chiese fissando dubbioso Loki. "Tuo fratello sarà per certo insieme ai mortali."

Il dio lo squadrò senza tradire la benché minima emozione, costringendosi a reprimere il disgusto che provava nel vederlo stringere le sue dita immonde intorno alla lancia di Odino.

"In queste condizioni non posso batterlo, necessito di maggior potere" rispose con tono asciutto. "Lo attenderò nella camera delle armi."

"Molto bene, allora lo manderò da te" affermò Thanos sogghignando, prima di sparire oltre la porta, con gli occhi accecati da una gelida furia omicida.

Loki smise di trattenere il fiato, espirando con forza, poi strinse i pugni e chiuse gli occhi, svanendo in un lampo di luce. Quando li riaprì era in piedi nella camera della armi, proprio di fronte allo Scrigno degli Antichi Inverni, la cui superficie era percorsa da tremiti di luce azzurra. Aggrottò la fronte, deglutendo, e allungò una mano verso quell'odiosa reliquia, simbolo della sua appartenenza ad una razza di mostri che aveva inutilmente cercato di cancellare. Fermò le sue dita appena prima che la toccassero, ritirandole di scatto, mentre il suo viso era segnato dal disprezzo e dal dolore.
Poi si girò, lentamente, con lo sguardo basso, in attesa di Thor.




Natasha realizzò di colpo che era rimasta a corto di munizioni, mentre ricacciava indietro un'altra di quelle orrende creature con una scarica di colpi. Si voltò, cercando con lo sguardo i suoi compagni, e vide Clint scoccare rapidamente le sue frecce, senza mancare mai un bersaglio, a pochi passi da lei. Distanziato di qualche metro, Hulk abbatteva orde di nemici con apparente semplicità, inarrestabile, con la collaborazione di Captain America, che lanciava con forza e precisione il suo scudo. Dalla parte opposta, su un corridoio sospeso nel vuoto, Thor evocava le sue saette respingendo i mostri più grandi che si riversavano senza sosta nell'enorme salone del trono di Asgard, ormai quasi privo di soffitto e pareti.

Nonostante la schiacciante inferiorità numerica erano riusciti a tener testa a quell'esercito rabbioso, ma fino a quando avrebbero resistito?

La donna infilò l'ultimo caricatore nella sua pistola, irrigidendo le braccia e prendendo la mira, anche se ormai aveva lo sguardo offuscato. Sentì che le forze la stavano abbandonando, ma non le importava. Lei non avrebbe ceduto. Mai.

All'improvviso udì dei passi alle sue spalle e le si gelò il sangue nelle vene, avvertendo una presenza oscura avanzare verso di lei. Si girò di scatto, trovandosi davanti un enorme essere dalla forma umanoide, ma con la pelle violacea, che aveva l'aspetto duro ed impenetrabile della pietra, e il corpo protetto da un'armatura blu e dorata che sembrava pesare tonnellate. L'alieno aveva in mano una lunga lancia, e la guardava sorridendo in modo inquietante.

"La Vedova Nera..." sussurrò con una voce cupa e profonda, simile al rombo di un tuono.

La donna sgranò gli occhi, colta da un improvviso panico, capendo di essere al cospetto di Thanos.

"Ho deciso che comincerò da te. L'anello più debole va eliminato per primo" affermò il mostro puntandole contro la lancia di Odino, che si illuminò.

Natasha lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, ma non si mosse, fissando negli occhi il suo nemico, pronta a ricevere il suo colpo, conscia che non poteva scappare. Quando vide partire il raggio di luce nella sua direzione, serrò di scatto gli occhi, ritrovandosi di colpo a terra. Sentiva nelle orecchie un fastidioso ronzio, ma stranamente non avvertiva dolore, anzi era avvolta da un inaspettato e confortevole tepore. Provò a muovere il corpo, constatando sorpresa che non sembrava avere nulla di rotto.
 
"Nat..."

La voce rotta e dolorante di Clint la obbligò a riaprire gli occhi, e realizzò che si trovava fra le braccia dell'arciere. Sconvolta, poggiò una mano sul petto insanguinato di Barton, devastato da un'orribile ferita. L'aveva protetta, accusando il colpo al posto suo.

"Sei pazzo, Clint..." mormorò con voce tremante, accarezzandogli il viso con una mano, mentre Thanos avanzava verso di loro, impietosamente.

"Andrà tutto bene, Nat..." sussurrò l'uomo, sforzandosi di sorriderle, ma riuscendo solo a mitigare la sua smorfia di sofferenza.

La donna gli cinse il collo con le braccia, stringendogli i capelli tra le dita, con il viso rigato da lacrime sottili.

Piangeva, la Vedova Nera, dopo chissà quanti anni di imperturbabile freddezza; aggrappata alle spalle ampie di Clint, il suo ultimo rifugio.

Vennero investiti dall'onda di luce sprigionatasi dallo scettro di Odino, che li colpì senza pietà, senza riuscire però a sciogliere il loro abbraccio, finché i loro corpi non si dissolsero.
 
Sul volto di Thanos apparve un ghigno soddisfatto. Sarebbe stato molto più facile del previsto.

Sorrideva ancora quando un'enorme mano verdastra gli strappò la lancia di mano, scaraventandolo a terra con violenza. Hulk gli atterrò sul petto con impeto, urlando di dolore, tempestandolo di colpi, che però non riuscirono nemmeno a scalfire la sua indistruttibile corazza.

Thanos lo lasciò fare per qualche istante, divertito, e poi si rialzò in piedi, afferrandolo con forza per una spalla, sollevandolo da terra e assorbendo a poco a poco tutte le radiazioni emesse dal suo corpo.
 
"CHE Mi stai facendo?" domandò atterrito Banner, rendendosi conto che stava riacquistando il suo aspetto e colorito normale.

"Ti sto guarendo, mortale" rispose il mostro, sadicamente. "In fondo, non è questo che hai sempre voluto? Tornare ad essere un comune umano? Ebbene, io posso realizzare il tuo desiderio."

"No..." mormorò Bruce, ormai totalmente indifeso, sbarrando gli occhi, sconvolto dall'espressione trionfante che vide sul volto di quell'essere insensibile, che di colpo lo scaraventò con forza nella profonda voragine formatasi nel pavimento.

Mentre cadeva nel vuoto, inesorabilmente, senza più alcuna speranza, Banner fu percorso da un desiderio amaro e assurdo. Per un lunghissimo istante sperò con tutto sé stesso che l'Altro si manifestasse di nuovo dentro di lui, e che lo salvasse, per la prima ed ultima volta nella sua vita.
 
Thanos sogghignò nuovamente, con gli occhi pieni di furiosa follia, guardando la figura umana che si stava dirigendo a passo incerto e vacillante verso di lui.

La sua ultima vittima.
 
Barcollava, incredulo, Captain America, con gli occhi pieni di lacrime. Portava sul corpo i segni di una battaglia già persa in partenza, ma non erano le sue ferite a fargli male. Era il suo cuore, stravolto da un battito impazzito. Erano i suoi occhi, arrossati e spenti, che avevano assistito impotenti al massacro fulmineo dei suoi unici amici.

"Perché?" sussurrò attonito Steve, quasi singhiozzando, con le labbra che tremavano per il dolore e il viso sempre più pallido. Non poteva finire così. Con un ultimo moto di orgoglio, scagliò lo scudo verso il torace di Thanos, che lo prese al volo senza difficoltà, sorridendo.

"E' finita, soldato, arrenditi" lo schernì il mostro, avanzando tra le macerie.

"NO!!" urlò Captain America, con la voce rotta dalla disperazione, lanciandosi verso di lui, incosciente e folle di dolore.

Thanos respinse la sua carica con il suo stesso scudo, facendolo rotolare sul pavimento. Steve provò a rialzarsi, ma il suo spietato nemico lo colpì di nuovo, sbattendolo a terra, ancora e ancora, fiaccando le sue ultime difese, infierendo sul suo corpo ormai spezzato con la sua stessa arma, finché la luce che illuminava i suoi occhi, così azzurri e così puri, si spense.
 
Soddisfatto, Thanos si sedette sul trono di Odino, osservando compiaciuto il caos che aveva creato, mentre Asgard, il faro di speranza dell'intero universo, crollava a pezzi.

 


Thor sentì il suo cuore mancare un battito e, dopo aver eliminato un altro sciame di nemici, si voltò in apprensione verso il trono di suo Padre, sorpreso di vederlo occupato da un misterioso essere. Fece roteare Mjolnir, volando verso di lui, cercando con lo sguardo i suoi amici midgardiani, senza però vederli. Atterrò con il cuore in gola, realizzando che sembrava non esserci nessun altro oltre a quel mostro dall'aspetto inquietante, che lo fissava con superiorità.

Camminò rapidamente verso di lui, mentre nella sua mente prendeva forma una consapevolezza atroce, che non riuscì ad accettare. Dov'erano i suoi compagni?

Si bloccò di colpo quando calpestò un oggetto di metallo, che produsse una vibrazione intensa e familiare. Abbassò lo sguardo e inorridì, paralizzato dalla vista dello scudo di Captain America, rigato di sangue.

E capì.

Rialzò con fatica gli occhi, che erano arrossati e spalancati, puntandoli con ferocia verso quel nemico che aveva ormai riconosciuto essere Thanos, e gridò con quanto fiato aveva in gola.

"Risparmia le tue energie, dio del Tuono" gli rispose Thanos "Purtroppo non sono io il tuo nemico, non oggi. Il piacere di vederti sconfitto spetta a qualcun altro, qualcuno che ti è molto più vicino."

"Di che parli?" chiese con tono furente.

Il mostro sorrise lievemente. "Il tuo amato fratello ti ha tradito, di nuovo. Ti aspetta nella camera delle armi e ti conviene raggiungerlo in fretta, prima che sia io a porre fine alla vostra misera esistenza."

Thor balbettò, sconvolto "Tu...Loki..." e comprese le parole di Thanos, sentendosi ferito come mai prima.
 
Incapace di accettare la verità, afferrò Mjolnir, volando verso suo fratello, sperando che fosse tutta una menzogna.




Loki sobbalzò quando Thor aprì con violenza la porta, precipitandosi verso di lui e raggiungendolo a grandi passi. Sembrava sconvolto, arrabbiato, abbattuto, incredulo. Si fermò a pochi metri da lui, fissandolo intensamente, col fiatone, cercando risposte.

"Che cosa...che cos'hai fatto?" Gli chiese con voce tremante, riversandogli addosso tutto il suo dolore.

Loki, indietreggiò, stringendo le labbra, consapevole di essere colpevole quanto Thanos della sua sofferenza. Abbassò lo sguardo, senza rispondere.

Thor allora lo afferrò per le spalle, scuotendolo con forza. "CHE COS'HAI FATTO?!"

Il dio dell'Inganno lo fissò negli occhi, impaurito dalla furia nella sua voce "Io...posso sconfiggere Thanos..." rispose con un fil di voce.

"Che stai dicendo? Non eri d'accordo con lui? Vuoi smetterla di mentire?" replicò a denti stretti Thor, lasciando la presa, sempre più confuso.

"Il mio inganno è stato necessario, come il sacrificio dei mortali, per poter guadagnare tempo. Thanos ha attivato il Tesseract e vuole usarlo per distruggere l'intero universo..."

"E tu puoi fermarlo?"

"No."

Thor sgranò gli occhi, sconvolto, incapace di comprendere le sue intenzioni.

"E allora? Non c'è speranza, sono morti, sono tutti morti inutilmente..."

Loki fece un passo verso il fratello, con impeto. "Ti sbagli! Il potere contenuto nel Tesseract non serve solo a distruggere, ma può essere utilizzato anche per creare. Io posso assorbirne l'energia, posso usarla per ricreare tutto ciò che andrà distrutto nel suo rilascio. Posso farlo."

Il dio del Tuono lo guardò, senza capire, senza fiducia, e mormorò:

"Tu...tu sei pazzo. Tu non sei...non sei più mio fratello."

Loki fu stranamente ferito da quella frase, come se avesse ricevuto un pugno in pieno stomaco. Si voltò di scatto, rabbiosamente, afferrando lo Scrigno di Jotunheim.

"No, non lo sono, finalmente te ne sei reso conto."

Sibilò quelle parole con disprezzo, svelandosi a Thor per quel che era realmente, mostrandosi per la prima volta a lui nel suo aspetto di gigante di ghiaccio.

Il biondo guerriero crollò in ginocchio, con lo sguardo dolorante, senza riuscire a pronunciare una sola parola, scontrandosi con quell'amara realtà che aveva sempre rifiutato di affrontare.
 
Loki lo guardò dall'alto in basso, per la prima volta, rendendosi conto di quanto fosse vulnerabile in quel momento. Avrebbe davvero potuto ucciderlo, facendogli penetrare nelle ossa lo stesso ghiaccio che attanagliava il suo cuore; ma non lo fece. Deglutendo, fece svanire lo Scrigno tra le sue dita, riacquistando il suo aspetto usuale, e lo superò a passo svelto.

Per un momento si era illuso e aveva sperato che, almeno in quell'occasione, non sarebbe andato incontro al suo destino da solo, ma si era sbagliato di nuovo.

Entrò con decisione nella stanza più alta della torre est, trovandosi a faccia a faccia con l'emissario di Thanos. Lo scettro che questi stringeva in mano riluceva di un'intensa luce bluastra, come il Tesseract che, ormai attivato, cominciava a sprigionare l'illimitato potere al suo interno, facendo vibrare il pavimento.

"Che cosa fai qui, asgardiano?" domandò con astio il mostro, girandosi verso di lui.

Loki sorrise. "Sono qui per rovinare i piani del tuo signore, bestia immonda."

L'emissario gli si scagliò contro, brandendo lo scettro con furia, ma colpì solo l'aria. Si rese conto troppo tardi dell'illusione, ringhiando, e venne istantaneamente congelato da Loki, che riapparve alle sue spalle puntando verso di lui lo Scrigno. Il dio si concesse una smorfia di soddisfazione. Una volta era riuscito a prenderlo alla sprovvista, ma non sarebbe accaduto di nuovo. Gli strappò lo scettro dalle mani, usandolo per frantumarne il corpo ormai diventato un'inerme statua di ghiaccio, e si posizionò di fronte al Tesseract.

Inspirò profondamente, inserendo con cautela la punta acuminata dello scettro nel cubo, che diventò sempre più incandescente. Chiuse gli occhi, sentendosi invadere dal quel potere senza confini che si espandeva inesorabile, e concentrò al massimo ogni pensiero, pronto a guidarne il percorso nella direzione da lui scelta. Iniziò a ruotare l'arma che stringeva con forza nelle dita, rilasciando sempre più liberamente l'energia del Tesseract che, emanando una luce accecante, si cristallizzò nella sala dando forma ai contorni di Yggdrasill, l'albero che regge e collega tutti i mondi.

All'improvviso sentì un forte bruciore al petto, gli si appannò la vista e fu costretto a lasciare la presa sullo scettro, crollando a terra ansimante. Vide con orrore il suo stesso sangue gocciolare sul pavimento e alzò gli occhi, attonito.

Thanos era di fronte a lui, e gli sorrideva perversamente, con la lancia di Odino ancora rivolta verso di lui.

"Mi deludi, asgardiano" gli disse con disprezzo, prima di colpirlo nuovamente con fascio di luce dorata. "Non è stato molto furbo, da parte tua, tentare di ingannare anche me."

Loki si poggiò la mano sul petto, tossendo con forza, cercando di mantenere il sangue freddo. C'era quasi, bastava solo un'altra leggera torsione, pensò mentre strisciava sul pavimento, cercando freneticamente il modo di raggiungere di nuovo lo scettro; ma venne di nuovo fermato da Thanos, che lo bloccò a terra poggiandogli con forza un piede sul petto.

Il viso del dio si contorse per il dolore, ma continuò a fissare negli occhi quell'essere spaventevole, senza paura.

"Avevi un buon piano, te lo concedo. Peccato davvero" lo schernì sadicamente, aumentando la pressione. "Ma, di nuovo, hai fallito."

Thanos sollevò la lancia, pronto a dargli il colpo di grazia, ma, inaspettatamente, venne investito da un intenso fascio di fulmini, che lo scaraventò contro una parete. Loki girò il viso, gemendo e, pieno di stupore, mise a fuoco i contorni di Thor che si chinava su di lui preoccupato.
 
"Perdonami, fratello..." sussurrò il dio del Tuono, senza fiato. "Perdonami, se non ti ho mai capito, se non ti ho mai sostenuto, se non mi sono mai fidato di te. Avevo torto..."

Loki aggrottò la fronte e sentì gli occhi bruciare, sconvolto da quelle parole che per tutta la vita aveva atteso, e che finalmente udiva per davvero.

Poggiò una mano sul braccio di Thor, facendo appello alle sue ultime energie.
"Aiutami ad alzarmi, fratello..." mormorò a mezza voce, sentendosi stranamente più sollevato.

"Che scena commovente..." affermò sarcasticamente Thanos, prima di gettarsi di nuovo contro di loro.

Thor lo bloccò prontamente e respinse, anche se a fatica, i suoi temibili assalti grazie al suo potente martello. Loki raggiunse di nuovo il Tesseract e ricominciò a ruotare lo scettro, ma si bloccò, raggiunto dalle derisioni di Thanos, la cui forza cominciò ben presto a prevalere su quella di Thor.

"Non sopravviverai, asgardiano! Puoi anche ricreare l'universo senza di me, ma non puoi cambiare il tuo fato, lo sai! La tua ferita non guarirà, nessuno ricorderà nulla, nessuno verrà a salvarti!"
 
Il mostro scoppiò in una risata agghiacciante, che immobilizzò il dio dell'Inganno, improvvisamente conscio del rischio che correva. Era davvero disposto a fare quell'estremo sacrificio, pur sapendo che non sarebbe stato riconosciuto? Valeva davvero la pena portare a termine il suo piano, se nessuno avrebbe ricordato il suo gesto, se nessuno lo avrebbe ritenuto degno dell'onore che si stava guadagnando salvando l'intero universo? Di fronte a quell'ingiusta prospettiva, esitò.

L'urlo di Thor lo riscosse:

"Non ascoltarlo, fratello! Fallo!!"

La voce del dio del Tuono si incrinò di colpo a causa del forte colpo che gli inflisse con rabbia Thanos, facendogli quasi perdere i sensi.

Loki afferrò con entrambe la mani lo scettro e sorrise a denti stretti in direzione di Thanos. Sarebbe andato fino in fondo, a qualsiasi costo. Chiuse gli occhi, mentre una lacrima solcava lentamente il suo viso, e ruotò di scatto le braccia, rilasciando tutta l'energia contenuta nel Tesseract. E l'ultima immagine che prese forma nella sua mente, prima che quell'accecante luce bianca invadesse l'aria, pronta ad espandersi in tutti i mondi, fu l'ombra sfocata di un viso, dall'espressione rassicurante, impreziosito da due occhi neri, che lo fissavano dolcemente.




Sarah scattò in piedi, sentendo improvvisamente una voce nella sua testa che, piena di dolore, pronunciava il suo nome. Jane la fissò impaurita, notando lo sguardo folle nei suoi occhi, tentando di fermarla mentre attraversava di corsa l'ufficio di Fury, per poi appoggiare con forza le mani sul vetro gelido dell'enorme vetrata, fissando il cielo piena d'ansia.

Si voltò, terrorizzata, con il viso rigato di lacrime, fissando intensamente la sorella, Stark e Nick Fury, prima che tutto l'ambiente fosse invaso da un'innaturale luce bianca, che avvolse come un pesante mantello il loro mondo, cancellando di colpo ogni cosa.

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Capitolo 20
*** Speranza ***


Capitolo 20 - Speranza
Capitolo 20 – Speranza



Quando Sarah provò ad aprire gli occhi, la luce le ferì le pupille come una lama affilata, e fu costretta a richiuderli di scatto. Inquieta, si massaggiò lentamente le palpebre, respirando a fatica, mentre la mente le si affollava di domande.

Cos'era successo? Dove si trovava?

Cautamente, ricominciò ad aprire gli occhi, un po' alla volta, ma questi ripresero subito a lacrimare, appannandole la vista. Si asciugò velocemente le lacrime, spaventata, chiedendosi il perché di quel dolore lancinante che le colpiva i sensi, come se li stesse usando per la prima volta.

"Jane?" chiese con un fil di voce.
 
Persino parlare le faceva male, la gola le bruciava e le mancava il fiato. Non ottenne risposta e cominciò a preoccuparsi seriamente. Allungò le braccia in avanti, cercando a tastoni una qualche superficie familiare, senza successo.

Finalmente, dopo parecchi minuti, riuscì a mettere a fuoco i contorni dell'ambiente che la circondava e, sorpresa, si rese conto di trovarsi nella stanza di Jane. Si massaggiò le tempie, confusa. Era ancora allo S.H.I.E.L.D., ma non ricordava assolutamente come fosse arrivata nel piano adibito a dormitorio nelle fondamenta dell'edificio. Stando al suo ultimo frammento di memoria, avrebbe dovuto trovarsi nell'ufficio di Fury, insieme alla sorella, a Stark e al capo dello S.H.I.E.L.D. C'era stata quella strana luce, e poi....poi non ricordava più nulla. Provò a sforzarsi, ma cominciò a girarle vorticosamente la testa, e dovette appoggiare una mano al muro per non cadere. Che fosse svenuta? E Jane come stava? E i Vendicatori? E Loki?

Più la sua mente si affollava di domande, più sentiva crescere dentro di sé uno strano malessere, una specie di nausea, che le mozzava il respiro. Si decise ad uscire, doveva assolutamente cambiare aria e andare in cerca di Jane. Ricordò che al piano inferiore era dislocato una specie di laboratorio, forse lì avrebbe trovato qualcuno che poteva darle qualche risposta.

Poggiò la mano sulla maniglia della porta, sentendola stranamente fredda, mentre veniva nuovamente avvolta da una soffocante cappa d'ansia, che sentiva non sua, come se appartenesse a qualcun altro. Si mise una mano sul petto, inspirando con forza, e si lanciò fuori dalla stanza, praticamente correndo.

Il rumore di decine di passi, di voci, di risate, le aggredì le orecchie, amplificato e distorto, facendola barcollare. Si guardò intorno, sconvolta, mentre vari agenti e scienziati le passavano accanto, urtandola, mossi da una routine inspiegabilmente ordinaria. Rimase immobile per qualche istante, con gli occhi spalancati e la bocca dischiusa, senza capire. Che accidenti stava succedendo? Perché sembrava tutto così assurdamente normale?

Si diresse a passo svelto verso l'ascensore, infilandosi tra le porte metalliche non appena si aprirono abbastanza da permetterle di entrare, e premette freneticamente il pulsante per il piano inferiore. Fissò il fondo dell'ascensore, aspettandosi di vedere il segno del sangue versato da Loki il primo giorno che si erano incontrati, ma non riuscì a scorgerne nemmeno l'ombra. Sollevò le spalle, contrariata. Forse avevano pulito, in fondo era passata una decina di giorni.

Dopo pochi secondi arrivò a destinazione e, quando le porte si aprirono, uscì di slancio, ritrovandosi nel laboratorio. Evidentemente avevano già riparato anche quello, non c'erano più i segni dell'esplosione che ne aveva frantumato le vetrate e i monitor.

La ragazza tirò un sospiro di sollievo quando scorse i contorni una figura familiare. Nick Fury le dava le spalle, e parlava nervosamente con un altro uomo, che non riconobbe. La loro attenzione sembrava catturata da uno strano oggetto posato sopra un tavolo metallico, una specie di arma, forse uno scettro; e dallo schermo di un computer, dove la riproduzione di un grafico sembrava essersi interrotta, arrivando al livello zero.

"Che succede, professore?" chiese Fury, stupito.
Il suo interlocutore si sistemò meglio gli occhiali, avvicinandosi al monitor, sempre più costernato.

"Non saprei...fino a pochi istanti fa lo scettro era apparentemente inattivo, ma emetteva comunque delle deboli radiazioni. Mentre ora sembra completamente....spento."

I due si guardarono sorpresi. "Ne è sicuro, dottor Banner?" domandò Fury, con il respiro leggermente ansante.

"Sì...è...è finita!" esclamò il professore, lasciandosi andare ad un sorriso attonito.

Sarah trasalì. Banner? Quello era Bruce Banner, ovvero Hulk?! Quindi erano tornati sani e salvi, ed apparentemente la missione era riuscita. Ma allora perché aveva l'impressione che ci fosse qualcosa che non andava? Si fece avanti, con il cuore che batteva all'impazzata.

"Fury?" chiese con voce tremante. "Cos'è successo? Dove sono gli altri Vendicatori? Dov'è mia sorella?"

L'uomo si voltò di scatto verso di lei, fissandola con aria interrogativa, e Sarah avvertì montarle dentro una strana rabbia.  Perché non le rispondeva?

"Che ne è stato di Loki? Mi risponda, la prego!!"

Banner sgranò gli occhi, guardandola come se fosse completamente pazza, mentre Fury contrasse la mascella, contrariato.

"Che è lei?" le domandò a bruciapelo, con tono infastidito.

La ragazza lo fissò a bocca aperta, mentre abbandonava le braccia lungo i fianchi, confusa. Che razza di domanda era?

"Che cosa ci fa qui? Solo il personale autorizzato può entrare nel laboratorio, e io non l'ho mai vista prima. Dov'è il suo pass?"

Il capo dello S.H.I.E.L.D. si avvicinò pericolosamente, fissandola con sospetto, mentre la ragazza indietreggiò, rientrando nell'ascensore, presa dal panico. Com'era possibile che non la riconoscesse?
Senza nemmeno rendersene conto premette il pulsante di risalita, e si ritrovò nuovamente nel corridoio del dormitorio. Camminò a testa bassa, barcollando, sentendosi di nuovo avvolta da quella strana nausea, e ritornò nella stanza di Jane. Era tutto uno scherzo. Doveva essere uno scherzo.

Si precipitò in bagno, ma le gambe non la ressero e cadde sulle piastrelle gelide, sbattendo violentemente la testa sul lavandino. Si tirò su a fatica, aggrappandosi con le mani al bordo di ceramica e si sciacquò il viso con abbondante acqua fredda, che ricadde nello scarico mista al suo sangue. Si fissò allo specchio, aveva un sopracciglio rotto e lo sguardo smarrito. Si poggiò una mano sul viso, che era mortalmente pallido, e nella sua mente si fece strada un'idea insensata e delirante.

Si era immaginata tutto?

Deglutì, senza più riuscire a trattenere le lacrime, faticando a respirare e annaspando alla disperata ricerca d'aria.

Impossibile, lei ricordava perfettamente ogni cosa. Si ricordava di Loki, del viso, del suo ammaliante sorriso, della sua voce profonda, dei suoi occhi magnetici. Si passò un dito sulle labbra. Ricordava anche il suo sapore.

Perché, allora, sembrava l'unica ad avere memoria dei giorni appena trascorsi? Guardò di nuovo il suo riflesso nello specchio, inorridendo. Perché portava gli stessi vestiti del giorno in cui l'aveva incontrato, quando nei suoi ricordi li aveva buttati non appena era tornata nella sua vecchia casa?
 
Mentre cercava una spiegazione, udì un allarme risuonare attraverso l'altoparlante e rabbrividì. Cercavano lei.
 
Balzò nell'altra stanza, afferrò la sua borsa e il pass dello S.H.I.E.L.D. di Jane e si precipitò fuori, correndo a perdifiato. Sentì che qualcuno la stava inseguendo e le intimava di fermarsi, ma si lanciò giù dalle scale, cercando disperatamente di arrivare al garage e di raggiungere il suo pick-up rosso.

Quando finalmente lo vide davanti e lei, mentre le scale alle sue spalle rimbombavano di passi, estrasse le chiavi dalla tasca dei jeans. Mancò per due volte la serratura, poi finalmente riuscì ad aprire la portiera e mise in moto, ansimando. Guardò nello specchietto, e vide parecchi agenti puntare le armi contro di lei e fare fuoco. Sentì il rumore del vetro posteriore che andava in frantumi e il sibilo dei proiettili, e si abbassò, gridando terrorizzata. Accelerò bruscamente, sfondando nuovamente la sbarra di controllo e raggiungendo finalmente la strada. Riuscì per un soffio ad evitare un frontale con un autobus e per poco non investì un gruppo di pedoni, ma non smise di accelerare neanche per un istante. Solo quando fu abbastanza certa che nessuno la stesse seguendo inchiodò di colpo, parcheggiando l'auto sul ciglio della strada, ricevendo parecchie suonate di clacson.

Aveva il battito talmente veloce ed il respiro così affannoso che pensò le sarebbe venuto un infarto, e si poggiò con forza le mani sul viso, tentando di calmarsi. Spense l'auto e rimase lì, a pensare, mentre gradualmente il suo respiro rallentava e si faceva più regolare.

Qualsiasi cosa fosse successa, evidentemente nessun altro a parte lei ricordava i fatti degli ultimi giorni, anzi sembrava che il tempo fosse tornato indietro. Che fosse stato quello il misterioso piano di Loki? Forse, per bloccare Thanos, aveva dovuto cancellare anche una porzione di tempo. Si ricordò di ciò che le aveva detto sul Tesseract, che era una fonte di potere illimitato, e che lui sapeva controllarlo. Annuì da sola, tentando di autoconvincersi. Sì, doveva per forza essere andata così.

Scese dall'auto e cominciò a camminare senza meta, senza curarsi degli sguardi della gente, che la fissavano con aria preoccupata e perplessa. Cosa poteva fare? Gli unici che potevano avere delle risposte erano ad Asgard, e probabilmente anche Loki si trovava là. Ma lei era solo un'umana, come poteva sperare di mettersi in contatto con loro?
All'improvviso le venne un'idea. Thor. Doveva assolutamente incontrarlo.
Ficcò la mano nella borsa e ne estrasse il suo cellulare. Compose il numero di Jane e smise di camminare, fermandosi davanti ad un semaforo di attraversamento pedonale, sperando che le rispondesse.
Dopo sei squilli a vuoto finalmente udì la sua voce.

"Sì?"

"JANE!" strillò, decisamente troppo forte.

"Che c'è Sarah? E' successo qualcosa?" Chiese la sorella con tono preoccupato.

"No...niente..." prese un respiro. "Volevo chiederti, stasera, quando vieni a riprenderti il tuo pass, vuoi fermarti a cena? Dovrei chiederti un favore."

Jane rimase un attimo in silenzio "Veramente...non posso...."

Sarah non riuscì a mascherare la delusione. "Ah...capisco. Effettivamente mi avevi detto che devi andare al laboratorio..."

"Sì...cioè no, non è per quello. A quanto pare è successo un incidente allo S.H.I.E.L.D., pare che qualcuno si sia infiltrato nell'edificio, quindi hanno sospeso tutte le attività, per oggi non ci devo più andare."

Sarah si sentì morire. Perfetto, ora era ricercata dalla più potente organizzazione spionistica della Terra.

"Poi, sai, in realtà è appena arrivato Thor..." proseguì Jane, con tono imbarazzato.

Sarah dovette reprimere il troppo entusiasmo che provava nel sentire quella frase, quindi si schiarì la voce e la interruppe.

"Ma non c'è problema, può venire anche lui! Anzi, non sei stata tu a dirmi che volevi farmelo conoscere al più presto? Credo che sia giunto il momento!"

Le parve quasi di sentire la sorella sorridere attraverso l'auricolare, poi udì la sua voce squillante.
"Perfetto, allora verremo da te alle otto, ti va bene?"

"Benissimo, a dopo!" rispose la ragazza, sentendosi immensamente sollevata.

"Sarah, aspetta!!"

"Sì...dimmi?"

"...Grazie."

Jane riattaccò senza che riuscisse a risponderle, e si sentì un po' ipocrita. In fondo, se voleva conoscere Thor, non era per far piacere alla sorella. Voleva solo avere notizie di Loki. Ogni volta che lo pensava, avvertiva una strana fitta al cuore, come se inconsciamente sapesse che era in pericolo. Forse non aveva molto tempo, e quello era il suo unico tentativo. Sorrise amaramente, sorprendendosi del suo sangue freddo. Da quando era diventata così calcolatrice? Domanda inutile, sapeva benissimo chi era stato a cambiarla a tal punto.

Sospirò sconsolata, e rimase a fissare l'asfalto, esitando. Un dubbio atroce la colpì come una secchiata d'acqua gelida. E se invece si fosse davvero immaginata tutto?

Le sembrò di avere la testa completamente vuota, e stava quasi per cedere allo sconforto quando si sentì tirare per la manica della maglia. Abbassò lo sguardo, incuriosita, e incontrò gli occhi verdi di un bambino, che le sorrise innocentemente. Aveva un bel viso, dai lineamenti delicati e gentili, e dei folti capelli neri.

"Signora..." le disse indicando il semaforo pedonale, ormai diventato verde da un po' "...ora deve andare!"

Sarah sussultò, ridestandosi dai suoi pensieri cupi e sorrise intenerita. Il volto di quel bambino le ricordava qualcuno...forse lo conosceva? Cominciò ad attraversare la strada, infilandosi una mano tra i capelli, e si voltò verso di lui, sorridendo.

"Grazie, piccolo..." il sorriso le morì in volto, quando vide che al posto del bambino c'era Loki.

Avevo lo sguardo sofferente, il petto squarciato da un'orribile ferita, e sembrava che lei fosse l'unica a vederlo. Stava per gridare il suo nome e corrergli incontro, ma quando sbatté le palpebre la sua immagine era scomparsa.

Rimase qualche istante imbambolata in mezzo alla strada, poi strinse i pugni con forza e cominciò a correre come una pazza. Anche se il suo appartamento distava parecchi isolati lo raggiunse in pochi minuti e, una volta dentro, si buttò sul divano, tremando convulsamente. Non si era immaginata nulla. Era tutto vero. Loki...Loki...la stava chiamando? Era in pericolo?

Si rialzò di scatto, corse in bagno e si tamponò la ferita al sopracciglio, che aveva ripreso a sanguinare. Riuscì a mascherarla con un po' di correttore, pettinò i capelli in modo che le coprissero quel lato del viso, e cominciò a preparare la cena. Mancavano solo poche ore all'arrivo di Jane e Thor, e doveva scegliere attentamente cosa dire e quando dirlo. Probabilmente aveva una sola occasione, e non poteva sprecarla.

Quando, alle otto precise, suonò il campanello, fece un salto. Non andava bene, era troppo tesa. Inspirò profondamente, andando ad aprire la porta, e si ritrovò davanti il sorriso abbagliante di Jane, che le gettò le braccia al collo, stampandole un bacio sulla guancia.

"Ciao sorellina!" squittì, per poi indicare un uomo imponente alla sua destra, con i capelli biondi lunghi fino alle spalle, due enormi occhi chiari ed un sorriso disarmante. "Ti presento Thor."

Lui le prese delicatamente la mano, che praticamente sparì tra le sue, baciandone lievemente il dorso, con una cavalleria decisamente dell'altro mondo.

"Sarah Foster" disse con tono amichevole. "È davvero un piacere."

La ragazza rimase un attimo spiazzata, guardò furtivamente Jane e poi riportò i suoi occhi neri in quelli azzurri del dio.
"P-piacere mio. Prego entrate."

Mentre li faceva accomodare e iniziava a servire la cena, Sarah fissava di sottecchi Thor. Non stentava a credere che lui e Loki non fossero fratelli di sangue, erano decisamente come il giorno e la notte. Il dio del Tuono indossava con disinvoltura un semplice paio di jeans, una canotta bianca e un'improbabile camicia a quadri, e sembrava sentirsi incredibilmente a suo agio. Era affabile, gentile e premuroso quasi in modo stucchevole.

Soprattutto, non sembrava affatto preoccupato.
 
Sconfortata, intuì che quindi neanche gli asgardiani avevano memoria di ciò che era appena successo, non sapevano nemmeno che grazie a Loki avevano vinto una battaglia altrimenti impossibile.

Sarah deglutì, tentando di tener viva un'inutile conversazione sul 'cibo midgardiano', e cercò con cautela di spostare l'attenzione sull'unico argomento che le interessava, con scarsi risultati.

Ad un certo punto decise di rischiare, e azzardò una domanda:
"Come vanno le cose ad Asgard?" chiese con aria innocente, prima di sorseggiare un po' di vino rosso.

Thor le sorrise, dopo aver trangugiato un enorme boccone.

"Molto bene, grazie. Continuiamo a preservare la pace in tutti i nove regni."

Non era questo che voleva sapere.

"Sì...ehm...e quel...quel 'criminale' che ha tentato di conquistare il nostro pianeta? Che gli è successo?"

La luce negli occhi azzurri del dio si spense di colpo.

"Mio fr....lui...lui è stato rinchiuso nelle prigioni sotterranee di Asgard, a vita, condannato a non rivedere mai più la luce."

Sarah si animò, preoccupata: dunque nessuno sapeva che molto probabilmente era ferito, nessuno l'aveva visto. Stava per travolgere Thor con un'altra raffica di domande, ma Jane le afferrò una mano, bloccandola.

"Scusa, Sarah, ma questo non è un argomento di cui Thor parla volentieri, come puoi immaginare..."

La ragazza annuì, piena di sconforto. Come poteva raccontargli di ciò che aveva fatto Loki, e sperare di essere creduta? Si alzò meccanicamente, raggiungendo il frigorifero per prendere un'altra bottiglia di vino, sentendosi impotente. Fissò per qualche istante l'interno del frigo, lasciando che un po' di quel freddo si diffondesse, e poi richiuse l'anta sospirando. Con la coda dell'occhio intravide un'ombra alla sua destra, e riconobbe di nuovo l'immagine di Loki. Rivide il dolore nel suo sguardo e, per un rapidissimo istante ne percepì la presenza e ne udì la voce.

Le sfuggì la bottiglia di mano, che si frantumò in mille pezzi sul pavimento, riversando il suo liquido rosso scuro a terra. Jane e Thor, preoccupati, si voltarono di scatto verso di lei, che cominciò a piangere senza riuscire fermarsi. Corse di fronte a Thor e, senza riflettere, spinta da un impulso irrefrenabile, gli raccontò ogni cosa, travolgendolo con le sue parole, che le uscivano dalle labbra senza freno.

Vide lo sguardo del dio passare dalla sorpresa alla costernazione, dall'incredulità alla rabbia. All'improvviso lui si alzò di scatto, lasciando che la sedia sbattesse con forza sul pavimento, e la guardò come se fosse completamente pazza.

"Tu menti, midgardiana. Sei folle. Come puoi anche solo pretendere che io creda ad una sola delle tue parole?"

Sarah ammutolì, spaventava dalla furia nella sua voce.

"E, sopratutto, come fai a sapere del Tesseract?"

Thor si voltò di scatto verso Jane, fissandola in modo accusatorio.

"Io non le ho detto nulla..." rispose lei, confusa. Poi impallidì, fissando la sorella minore incredula "Tu...sei stata tu ad entrare allo S.H.I.E.L.D. oggi? Avevi il mio pass...hai rubato delle informazioni?"

Sarah, appoggiò le spalle al muro, scuotendo la testa. Decisamente la conversazione non aveva preso la piega sperata, anzi. Aveva deluso e ferito per l'ennesima volta sua sorella e fatto arrabbiare l'unica che persona che l'avrebbe potuta aiutare, e che ora la fissava con diffidenza, immobile.

Dopo interminabili secondi di silenzio, finalmente Thor si mosse, e afferrò Jane per una mano, trascinandola via.

"Non abbiamo nient'altro da dirti, midgardiana." disse con voce tagliente, allontanandosi a grandi passi, prima di sbattere la porta con violenza.

Sarah crollò in ginocchio sul pavimento. Aveva sprecato la sua unica occasione. Non riusciva nemmeno più a piangere. Era finita. Cos'altro poteva fare? Chiuse gli occhi, ma rivide di nuovo il viso sofferente di Loki, e le mancò il respiro. No. Non poteva arrendersi. C'era ancora una persona che la poteva ascoltare, che poteva crederle, che poteva vedere che il suo cuore era sincero.

Odino.

Peccato che fosse decisamente irraggiungibile, per una povera umana come lei. Come poteva contattare il Padre degli dei?

Sorrise lievemente, mentre nella sua mente prendeva forma un'altra idea bizzarra. C'era un solo mezzo di comunicazione tra uomini e dei, da quel che le risultava. In fondo, in ginocchio c'era già.

Inspirò profondamente, poi giunse le mani, stringendole con forza, e iniziò a parlare sottovoce.

Pregò con tutta la forza, con tutta la convinzione, con tutto il cuore che aveva, per tutta la notte. E, mentre l'alba si avvicinava, ormai stremata e senza forze, sperò che Odino la stesse davvero ascoltando. 

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Capitolo 21
*** Un nuovo inizio ***


Capitolo 21 - Un nuovo inizio
Capitolo 21 – Un nuovo inizio



Sarah si sforzò con tutta se stessa di restare sveglia, ma una stanchezza inarrestabile iniziò a gravare su di lei come un macigno. Alla fine cedette, arrendendosi ad un sonno implacabile che sentiva indotto da qualcun altro, e scivolò nell'incoscienza.

La sua mente venne avvolta da uno strano sogno. Si trovava in una sala dai contorni evanescenti e sfocati, invasa da una calda luce dorata. Di fronte a lei, seduto su un trono imponente, un uomo la fissava con intensità. Aveva le sembianze di un vecchio, con barba e capelli bianchi, ma indossava degli abiti regali e risplendenti, ed emanava una forza e un'autorità incontrastabili. La ragazza lo guardò con più attenzione: aveva un viso fiero, segnato da chissà quante battaglie, e un occhio coperto da una piccola placca metallica, segno probabile di un'antica ferita. Notò per ultima la lancia dorata che teneva saldamente in una mano e, impallidendo, si rese conto di essere al cospetto di Odino.

"Ho udito la tua preghiera, mia figlia mortale" la voce del Padre degli dei era ferma, decisa e penetrante. "Una preghiera decisamente insolita...ed indubbiamente insistente."

Il tono di Odino si addolcì lievemente, e per un istante a Sarah parve quasi che le stesse sorridendo, cosa che però non riuscì comunque a tranquillizzare il animo sconvolto.

"Se le tue parole fossero vere..." proseguì il Odino, a bassa voce.

"Lo sono!" gridò istintivamente Sarah, senza riuscire a trattenersi, sebbene non fosse di certo consigliabile interrompere il Padre degli dei.

Lui la fissò, serio e pensieroso, prima di emettere la sua decisione.

"Ebbene, starà a te provarlo. La tua vita, e quella di Loki, dipendono ora da ciò che deciderai di fare. Sei disposta a rinunciare a tutto, inclusa la possibilità di tornare nel tuo mondo, pur di provare la sincerità del tuo racconto?"

Sarah sapeva che avrebbe dovuto riflettere prima di rispondere, e pensare alle conseguenze della sua scelta. La sua vita, il suo futuro, il suo rapporto con Jane...tutto ormai dipendeva da una singola parola.

E anche la vita di Loki.

Questa semplice consapevolezza era sufficiente a spazzare via ogni logica e a mettere a tacere il suo istinto di autoconservazione. Quindi, stranamente, Sarah non sentì alcun bisogno di pensare, né di prendere tempo. In fondo al suo animo, lei conosceva già perfettamente la risposta che voleva dare ad Odino.

Senza più alcuna paura, fissò il volto del Padre degli dei, serena, e disse semplicemente:

"Sì."

L'eco della sua voce, così pura e cristallina, si propagò nella sala, facendo svanire il sogno e riportandola lentamente alla realtà. Mentre cominciava ad avvertire nuovamente il peso del suo corpo e a riprendere coscienza, si chiese se fosse davvero un sorriso di soddisfazione l'ultima espressione che aveva visto sul volto di Odino, e riaprì gli occhi, titubante. Proprio di fronte a lei, il sole stava sorgendo all'orizzonte, e una leggera brezza le muoveva i capelli.

Si guardò intorno, sorpresa. Era ancora in ginocchio, le mani giunte, ma non poggiava più sul pavimento freddo del suo appartamento. Era piuttosto sicura di trovarsi ancora sulla Terra, ma intorno a lei si estendeva uno sconfinato deserto.

Spostò lo sguardo verso il basso, notando che era inginocchiata su di uno strano simbolo circolare, formato da scritte e disegni a lei incomprensibili. Percorse con le dita quelle linee arcane, confusa, e si rese conto che il vento stava aumentando e che la luce si era fatta meno intensa. Rialzò gli occhi, smarrita, mentre una coltre di nubi si posizionava proprio sopra di lei. Dal mezzo di quel turbine vorticante si generò un fascio di luce, che la investì in pieno, accecandola. Si coprì inutilmente gli occhi, avvertendo un doloroso stordimento mentre il suo corpo veniva scomposto e trasportato altrove.




ASGARD


Thor attendeva davanti al Bifröst, turbato da mille pensieri. Non voleva dar peso alle parole della sorella di Jane, non poteva crederle. Eppure, per quanto provasse a scacciare quell'assurda speranza che cercava di far breccia nel suo cuore, la sua ferita più dolorosa si era ormai riaperta. Troppe volte era stato deluso, troppo spesso Loki l'aveva tradito, e ora aveva paura. Paura di fidarsi di quelle parole, confortanti come il più dolce dei balsami, che narravano della redenzione del fratello.

Il dio del Tuono serrò gli occhi, inspirando con forza, stordito dall'illusione che riportava a galla il suo unico punto debole. Non capiva come mai suo Padre avesse deciso di dar credito alle parole di Sarah, ma in fondo anche lui voleva delle risposte, doveva sapere.

Riaprì gli occhi lentamente quando sentì Heimdall estrarre la sua spada dal meccanismo che controllava il funzionamento del Bifröst, e piegò leggermente la testa, osservando la figura della mortale. Era inginocchiata a terra, spaesata, con il volto incredibilmente pallido, e respirava a fatica.
 
Sorrise lievemente, realizzando ancora una volta quanto gli umani fossero fisicamente fragili, a dispetto della forza del loro animo. Si diresse velocemente verso di lei, che puntò i suoi occhi scuri e impauriti nei suoi, e la aiutò a rialzarsi, sostenendola per un braccio, sorprendendosi di quanto gli ricordasse la sua Jane. La ragazza sussurrò il suo nome, guardandolo con apprensione, e lui sentì una strana stretta al cuore, vedendo nei suoi occhi una sincera preoccupazione. E, finalmente, decise. Decise che voleva provare a crederle, poco importava se si fosse illuso un'altra volta.

"Andiamo..." mormorò a mezza voce, issandola sul suo cavallo.

Avrebbe voluto usare Mjolnir e volare verso le prigioni, per fare più in fretta, ma si rendeva conto che il corpo della mortale era fin troppo provato. Spronò l'animale al galoppo, con il cuore in gola, correndo verso la verità, correndo contro il tempo.
 



Sarah strinse tra le dita la criniera morbida del cavallo di Thor, che correva veloce come il vento, sperando che non fosse troppo tardi. La perfetta bellezza di Asgard era abbagliante, i suoi edifici imponenti, il colore del suo cielo indescrivibile. In condizioni normali, sarebbe rimasta affascinata da tanta maestosità, ma nella sua mente trovava posto un unico pensiero, un unico timore, un'unica speranza.

Arrivarono rapidamente alla base di un'immensa torre bronzea, e la ragazza alzò lo sguardo intimorita, per poi cercare quello di Thor. Il dio le afferrò il polso ed iniziò a correre, inoltrandosi nei sotterranei bui del castello di Asgard, lasciandosi alle spalle la luce accecante del giorno. Alla fine di un lungo labirinto nero, illuminato solo da piccole torce, si fermarono.

Delle guardie asgardiane stavano tentando di sfondare un muro, con scarsi risultati. Thor li fece allontanare con un gesto e, afferrato Mjolnir, colpì con foga la parete sigillata, che cedette sbriciolandosi. Non appena la fioca luce delle torce gli permise di vedere l'interno della cella, cercò con lo sguardo il fratello, e rimase impietrito. Loki era a terra, con la schiena appoggiata alla parete e la testa bassa, immobile. I suoi abiti, i suoi capelli, tutto nella sua figura era diverso da come lo ricordava. Pieno di sgomento, il dio del Tuono comprese che la mortale aveva detto la verità, e anche se avrebbe voluto sincerarsi delle condizioni di Loki, non riuscì a muoversi, bloccato dall'inaspettata realizzazione di una speranza impossibile. Gli parve che il tempo scorresse al rallentatore, quando avvertì uno spostamento d'aria di fianco a lui, e vide Sarah passargli accanto e correre verso il fratello, trafelata.




Loki pensò che la sua mente gli stesse giocando un ultimo brutto scherzo. La poca lucidità che gli era rimasta gli suggerì che era impossibile che qualcuno stesse davvero cercando di aprire la sua cella, dopo tutto quelle ore di dolore e di inutile attesa. La sua ferita non si era mai rimarginata completamente, anzi continuava a riaprirsi e sanguinare, privandolo di ogni briciolo di energia. Solo due pensieri erano riusciti a tenerlo in vita per tutto quel tempo: il primo era la consapevolezza di avercela fatta. Il suo piano era riuscito, aveva avuto la forza di contrastare Thanos e di vincerlo, anche se non aveva previsto di uscirne così malridotto. Sorrise amaramente. Questo era il prezzo da pagare per i suoi errori, per una redenzione tardiva che sarebbe rimasta sepolta nell'oblio insieme a lui. Il secondo era un pensiero sfuggente, illogico e che nemmeno lui riusciva a giustificare. Un assurdo sollievo, che gli donava un tiepido conforto: sapeva che anche lei era salva.

All'improvviso tutta la sua cella tremò e gli parve di udire la parete di fronte a lui sgretolarsi. Impossibile, si disse; ma sebbene avesse gli occhi chiusi avvertì chiaramente un raggio di fioca luce penetrare nel buio della sua prigione. Impossibile, si ripeté, anche se stavolta era tormentato dal dubbio.

Per qualche istante tutto venne avvolto dal silenzio, poi sentì un pesante rumore di passi. Qualcuno correva verso di lui, qualcuno gli si era gettato addosso, lo scuoteva dolcemente, gli accarezzava il viso e ripeteva il suo nome piangendo. Il suo cuore si rianimò e aprì di scatto gli occhi, non appena riconobbe quella voce.




"LOKI!!"

Sarah piangeva a dirotto a continuava chiamarlo, sempre più forte, sempre più angosciata. Gli poggiò una mano sul petto, su quella ferita spaventosa, che ormai aveva ripreso a sanguinare e che le aveva imbrattato ancora una volta i vestiti, tremando.

Sussultò e le si mozzò il respiro quando lui le strinse di colpo la mano e aprì gli occhi, dolorosamente cosciente, e la fissò incredulo. Era pallido, agonizzante, debole, ma riuscì comunque a sussurrare qualche parola, aggrappandosi tenacemente alla vita.

"Io...io...ho provato...ho provato a chiamarti...a mandarti dei segnali..." la sua voce era solo un soffio e si spense inesorabilmente, ma lo sguardo del dio era stranamente lucido e vivo.

Sarah deglutì, ingoiando le lacrime, avvicinandosi di più al suo viso.

"Ti ho sentito..." mormorò a voce bassissima al suo orecchio.

Per un attimo Loki sorrise poi il suo viso si contorse nel dolore, e perse i sensi, stremato, ormai al limite estremo delle sue forze. La ragazza si voltò di scatto, chiamando a gran voce Thor, temendo il peggio.




Il dio del Tuono si riscosse e corse verso il fratello con il cuore che martellava nel petto.

No. Non gli avrebbe permesso di lasciarlo, mai più. Con estrema facilità lo sollevò da terra, cercando di non gravare sulla sua ferita, ma lo udì emettere un gemito strozzato. Il corpo di Loki era freddo, rigido, ma Thor sapeva, sentiva, che sarebbe sopravvissuto. Doveva sopravvivere. Uscì dalla cella e lo affidò ai soldati asgardiani, che lo fissavano immobili e allibiti.
"Nella camera della guarigione, presto!!!"

Le guardie obbedirono prontamente, colpite dal dolore e dall'ansia nell'urlo del figlio di Odino. Non appena si furono allontanate correndo e portando con sé il fratello, Thor si appoggiò alla parete con una mano. La testa gli girava vorticosamente, e si sentiva svuotato di ogni energia. Scosse la testa, perentoriamente, scacciando i pensieri negativi che tentavano di insinuarsi nella sua mente e ritornò dentro la cella, soccorrendo la mortale che era ancora accasciata sul pavimento, tremante.




Sarah si sentì sollevare da terra e trascinare via, avvolta dal calore rassicurante delle braccia di Thor. La portò fuori da quel luogo oscuro e sinistro, che odorava di morte, senza dire niente. Erano entrambi troppo scossi per parlare, e lei sentiva che il suo corpo non avrebbe retto ancora a lungo. Si sforzò di restare sveglia, ma fece appena in tempo a realizzare che la stava portando all'interno di una stanza luminosa e finemente decorata, e si sentì appoggiare su qualcosa di morbido e profumato. Poi, stremata, perse i sensi.




Quando riaprì gli occhi, si sentiva decisamente meglio. Osservò incuriosita il soffitto alto e intarsiato sopra di lei, rendendosi conto di essere adagiata sopra un letto. Si mise e sedere lentamente, reggendosi la testa con una mano. Evidentemente qualcuno si era preso cura di lei, la sua pelle emanava un profumo d'incenso e i suoi vestiti 'terrestri' erano stati rimpiazzati da una lunga veste monospalla, bianca candida e stretta in vita da una larga cintura argentata. Si alzò in piedi e mosse qualche passo, insicura, sentendo la stoffa leggera e finissima del suo abito fluttuarle tra le caviglie.

"Ben svegliata."

Una voce femminile la fece trasalire, e si voltò di scatto. Di fronte a lei, sulla porta, c'era una donna. Dimostrava più di quarant'anni, ma il suo viso emanava una bellezza fiera e abbagliante. Aveva dei lunghi capelli castano chiaro, intrecciati in una meravigliosa acconciatura e un lungo vestito dorato, impreziosito da varie gemme. Il suo sorriso sicuro e il suo sguardo sincero misero addosso a Sarah una strana sensazione di riverenza, ed attese che completasse la sua frase, intimorita.

"Asgard ti è grata per tutto ciò che hai fatto. Anche se forse l'hai fatto inconsciamente, hai salvato molte vite."

Il tono della donna si addolcì, e a Sarah parve quasi di sentire dell'affetto nella sua voce mentre si avvicinava e le prendeva le mani tra le sue.

"Ora sei libera di fare ciò che preferisci. Se vorrai tornare nel tuo mondo, dai tuoi cari, nessuno te lo impedirà."

La ragazza spalancò gli occhi, stupita, e mormorò:

"Ma...ma Odino aveva detto..."

"Mio marito, ti ha messo alla prova, bambina. Hai fatto anche troppo per mio figlio, non possiamo chiederti di più."

Sarah impallidì, realizzando che quella donna così bella e regale era in realtà Frigga, la moglie di Odino, la madre di Thor.

La madre di Loki.

"Qualunque sia la tua decisione" sussurrò la regina, con gli occhi umidi "Io ti ringrazio." La ragazza si morse un labbro, commossa, e d'impulso la abbracciò, rabbrividendo. Frigga le sfiorò i capelli e il viso con fare materno, poi si scostò e la guardò intenerita.
"Ora devo raggiungere il padre degli Dei al capezzale di nostro figlio. Presto si sveglierà. Thor ti aspetta fuori dalla stanza; rifletti e comunica a lui la tua decisione."

La regina uscì rapidamente dalla stanza, e Sarah si sfiorò la guancia, bollente e rigata di lacrime. Ancora una volta, piangeva. Ma finalmente non era per il dolore.

Si ricompose un attimo e varcò la porta, ritrovandosi in un ampio e luminoso salone, al centro del quale ardeva scoppiettando un braciere. Thor era in piedi e le volgeva le spalle, ma non appena sentì i suoi passi risuonare tra le mura si girò. La squadrò velocemente, tentando di nascondere una certa sorpresa, e si schiarì la voce.

"Dunque, hai deciso? Dove vuoi essere condotta?"

Sarah lo fissò, accennando un sorriso. Non aveva alcun bisogno di pensare per sapere quel che voleva.

"Portami da lui." Rispose semplicemente, certa che anche Thor, in fondo, conoscesse già la sua risposta.
 



Thor non riuscì a trattenere un sorriso, e fece segno a Sarah di seguirlo. Attraversarono rapidamente un lungo corridoio, sospinti dalla stessa volontà, senza fermarsi, e raggiunsero l'esterno del castello.
Quasi sospeso nel vuoto, c'era un edificio di forma circolare, sormontato da una cupola argentata che sembrava in perpetuo movimento. Il dio del Tuono si incamminò verso la porta d'entrata, incastonata di cristalli trasparenti, ma prima di entrare si bloccò, e tornò a guardare la mortale. Lei gli rivolse uno sguardo vagamente incerto, ma nello stesso tempo speranzoso e rassicurante, che lo fece sentire più leggero. Era incredibile quanto assomigliasse a Jane nelle sue espressioni più spontanee.

 


Thor le si avvicinò, con lo sguardo basso, evidentemente imbarazzato.

"Perdonami. Avrei dovuto credere alle tue parole fin da subito...sono stato uno sciocco a reagire in quel modo."

Sarah inclinò il viso, sorpresa, fissando i suoi occhi azzurri e limpidi.

"Ma, ora, ti ringrazio. Ho recuperato una fiducia che credevo ormai persa per sempre."
 
La ragazza sentì un nodo alla gola, turbata, comprendendo perfettamente il sentimento racchiuso nelle parole di Thor, senza riuscire a replicare. Impulsivamente, il dio l'abbracciò, cullandola per qualche istante in una stretta forte e fraterna, e poi si mise a ridere sottovoce.

Sarah gli rivolse un'occhiata stupita.

"Che c'è?"

"Stavo pensando... È piuttosto bizzarro il fatto che io e mio fratello, tra tutte le donne dell'universo, amiamo proprio voi due..."

La ragazza sorrise imbarazzata, poggiandogli lievemente una mano sul cuore, cercando di non dare troppo peso all'ultimo verbo usato da Thor, senza però riuscirci, e mormorò:

"In fondo, anche se è davvero una situazione...strana, dovrebbe farti piacere. Dimostra al di là di ogni dubbio che, a dispetto dei legami di sangue, tu e Loki siete davvero fratelli."

Thor le strinse la mano, fissandola incuriosito.

"Insomma...avete gli stessi gusti" proseguì la ragazza facendogli l'occhiolino.

Scoppiarono a ridere come due bambini, sciogliendo finalmente un po' della tensione che gravava su di loro.

Una guardia asgardiana uscì dalla porta, avvisando Thor che Loki era in procinto di svegliarsi. Il dio del Tuono si scostò da Sarah, lanciandole uno sguardo speranzoso, ed entrò rapidamente nell'edificio, diretto alla camera della guarigione.

Sarah rimase fuori qualche istante, sopraffatta da un sentimento incontenibile che non riusciva ad identificare. Gioia? Sollievo? Forse entrambe le cose. Tutti i dolori e le atroci sofferenze subite negli ultimi giorni, finalmente, le parvero solo un ricordo sbiadito e fastidioso, che avrebbe presto dimenticato. Si fece coraggio ed entrò anche lei, a passo sicuro. Ora voleva solo vedere Loki.




Per un istante, Odino desiderò con tutto se stesso di non essere il re di Asgard. Osservando gli occhi sbarrati di Loki e la sua espressione smarrita, si sentì vacillare. Avrebbe preferito essere un padre qualunque, per poter perdonare il figlio senza remore, senza dover pensare alle conseguenze che la sua decisione avrebbe recato sui Nove Regni. Ma non poteva. Nonostante gli piangesse il cuore, non poteva dire al figlio che era pronto a dimenticare tutti i suoi inganni e le sue malefatte. Non poteva dirgli che era finalmente fiero di lui. Inspirò profondamente, ricercando le parole più giuste, misurate e fredde, che in quanto re si vedeva costretto a pronunciare, cercando nel contempo un modo per mitigare la punizione che, suo malgrado, si sentiva in obbligo di infliggere a quel figlio rubato, ribelle e imprevedibile che, al pari di Thor, amava più della sua stessa vita.




Il dio dell'Inganno fissava il Padre, senza sapere cosa dire. Si era da poco risvegliato e, anche se avvertiva ancora delle fitte dolorose nel petto, si rese immediatamente conto di dove si trovava. Era stato salvato. L'occhio vigile e indagatore di Odino lo scrutava, attendendo una spiegazione, una confessione, che lui non riusciva a pronunciare. Si sentì schiacciare dalla consapevolezza dei suoi troppi errori, realizzando che probabilmente il Padre, nonostante tutto, dubitava ancora di lui. Tutti dubitavano di lui. Come poteva sperare di riottenere la fiducia che lui stesso aveva tradito? Cercò con lo sguardo gli occhi della madre, bisognoso di un po' di conforto. Frigga fece un passo verso di lui, senza riuscire a nascondere la sua commozione di madre, ma Odino la bloccò con un braccio. Loki sentì la parole del padre rimbombargli nella testa, parole dolorose, che auspicavano un'ulteriore punizione, e si alzò di scatto dal letto, ferito nell'animo. Poi udì la voce di Thor, sentimentale come sempre, che cercava di placare Odino, suggerendo il perdono, l'assoluzione, date le circostanze.

Il dio dell'Inganno si allontanò di qualche passo, con la testa pesante, e si passò una mano sul viso. In fondo il Padre degli dei aveva ragione a non fidarsi di lui. Lui era un mostro, e come tale andava trattato. Come aveva potuto illudersi del contrario?

Stava per perdersi di nuovo nei suoi cupi pensieri, quando la sua attenzione venne catturata da un movimento in lontananza, dalla parte opposta della camera. Alzò lo sguardo, incontrando gli occhi di Sarah, e abbandonò le braccia lungo i fianchi, sorpreso. Ancora una volta tornava da lui, ancora una volta lo salvava dal buio del suo animo tormentato. Fece qualche passo verso di lei, incerto, quasi ipnotizzato, ma poi si fermò, abbassando lo sguardo. A dividerli non c'erano solo metri e metri di pavimento asgardiano, c'era un intero universo di differenze e di ostacoli insormontabili, eppure non gliene importava nulla. Voleva sentire la sua voce, il suo respiro, desiderava il suo calore, tanto da star male e da gettare al vento ogni logica e, per una volta, anche il suo stupido orgoglio. Rialzò il viso, aggrottando la fronte, lanciandole uno sguardo disperato, implorando il suo aiuto. La vide sobbalzare, sconvolta e rischiare quasi di perdere l'equilibrio, ma poi strinse i pugni e cominciò a correre verso di lui.




Sarah correva, senza fiato, senza pensare, cercando di colmare il prima possibile la distanza che la separava da Loki. Sentì delle voci alle sue spalle, forse qualcuno le intimava di fermarsi, ma non ci prestò alcuna attenzione. L'unica cosa che riusciva a vedere era il viso pallido do Loki, la sua espressione smarrita, il suo corpo ancora in parte avvolto dalle bende.

E correva.

Sempre più veloce, sempre più vicina. Quando giunse davanti a lui, non rallentò, gettandogli le braccia al collo, praticamente schiantandosi contro di lui, avvolgendolo in un caldo abbraccio e stringendogli i capelli tra le dita. Lo sentì sospirare, mentre la stringeva più forte, quasi ad accertarsi che fosse davvero lì, tra le sua braccia, che fosse davvero tutto finito. Il peso che le gravava sul petto si dissolse, mentre i loro corpi finalmente vicini si rilassavano, e si sentì stranamente serena, in pace. Avvertì che Loki le stava stringendo con forza i capelli con una mano, mentre con l'altra le afferrò il mento, facendole alzare il viso. Si perse nei suoi occhi verdi e magnetici, come se li vedesse per la prima volta, e sentì il suo sguardo penetrarle l'anima, e le sue labbra, finalmente, cercare le sue. Chiuse gli occhi, abbandonandosi completamente a lui che le strinse il viso tra le mani, e rispose al suo bacio con disperata felicità, tremando tra le sue dita.




Loki interruppe lentamente quel contatto, ispirando profondamente, come se respirasse per la prima volta, ed alzò un attimo lo sguardo. Incontrò gli occhi di Thor, vedendoli sereni per la prima volta dopo tanto tempo, e non riuscì a fare a meno di sorridergli come ai vecchi tempi, quando semplicemente lo ammirava ed era orgoglioso di essere suo fratello. Il dio del Tuono ricambiò il suo sorriso, raggiante, e poi rivolse alcune parole al padre. Odino si voltò verso di lui, lasciandosi andare ad un'espressione quasi rassegnata, ma piena di speranza, mentre Frigga gli stringeva un braccio commossa.

Loki tornò a fissare le iridi scure di Sarah e le accarezzò una guancia, sollevato e stranamente tranquillo. Forse c'era davvero spazio per un nuovo inizio. Ci avrebbe provato. Le sue labbra si incresparono, e sul suo volto prese forma un'espressione serena, trionfante.


 

Sarah socchiuse gli occhi e si rese conto che il suo futuro era ancora incerto. Chissà quanti altre difficoltà avrebbe dovuto affrontare, ma queste non la spaventavano, se questo significava poter restare al fianco di Loki. Avrebbero trovato una soluzione a qualsiasi problema, insieme. Si sentì avvolgere da un'insperata sicurezza. Dentro di sé sapeva che lui l'avrebbe protetta, sempre, e le veniva ormai spontaneo fidarsi di lui, delle sue parole enigmatiche, della sua mente geniale e perversa, del suo sguardo penetrante e del suo sorriso indecifrabile; lo stesso che le stava rivolgendo anche in quel momento.

E che lei aveva ormai imparato ad amare.





  ***




Angolo autrice

Bene, eccoci giunti alla fine di questa storia... *sigh*
Spero che leggerla sia stato divertente ed emozionante come è stato per me scriverla, e che abbiate trovato soddisfacente anche il finale.

Per prima cosa, passiamo ai doverosissimi ringraziamenti!

Un grazie a tutti coloro che hanno letto questa storia e hanno deciso di passare qualche minuto del loro tempo insieme a me e ai 'miei' personaggi. 

Grazie davvero a chi ha inserito la storia tra le seguite: 4006725, anto27, Blackdoll16, BradDourif89, Butterfly_Dream, charlie h, chiasmo85, CrystalDrop, Darktos, Death Scissor, devilcancry, doctor tenth, Efy, eleanorsmile1990, eli the_dreamer, elisax88, FelpataMalandrina94, Flame Drago del Fuoco, Frosba, gia00_sevir, Gienah, Halfblood_princess, illyria93, JoyBrand, Kashmir, Lady Aquaria, Lady of the sea, Lucy94,  lullaby3,  Luna_Bella, MaRmOtTeLlA, Maugrim, Mayaserana, Morrigan Aensland, NemesiS_, nenni96, Panchan, Rainwhite, serysaku, Shykyzaky, sitael85, snoopevious, stommy, strega_del_lago, Vampire_heart, Yuu_chan, Lenalee_ e _Loki_.

Grazie mille a chi ha inserito la storia tra le ricordate: AoiCChan, Artemis Black, Callie_Stephanides, Chihiro, CrystalDrop, Fantasy girl_, Frosba, martamatta, maura 77, MrsPhelps, Naty McQueen, nikykaKillJoy_, Orion_, Rinly, snoopevious, steam8zaya, vampireXDyumi, Vehuel, Yuchimiki e _Atropo_.

Grazie infinite a che ha inserito la storia tra le preferite: alicetta96, anto27, asia87, BlindRainbow, Blue_moon, BradDourif89, CamigovE, chiarablack, Chocola Meilleur, Commy, Darktos, denise26, doppiaE221, eleanorsmile1990, Ellah_Gore, Frosba, gia00_sevir, HelleonorGinger, ismile, Jo_The Ripper, kappa93, lady anna 98, Lady Aquaria, Lady_G93, LittleBulma, lullaby3,  LunaPulchra, Luna_Bella, Makua, missripley, MrsPhelps, Nou, Nym_love_Loki, Puliksweet, Ragazza_di_Ghiaccio, rose princess, Sabriel, Shfinfi, stommy, Straw X Kisshu, The_Vampire_Faith, Zakurio, _Lenalee_ e _Lucrezia97_.

Un enorme grazie anche a chi ha speso qualche minuto del suo tempo a lasciarmi una recensione ^3^

Infine, rivolgo un ringraziamente particolare a Blue_moon, mia Beta e amica, Tvb!! <3 <3

Se vi va, dato che la storia si è conclusa, mi  farebbe davvero piacere se mi lasciaste una piccola recensione finale, per sapere cosa vi è piaciuto, cosa no, cosa non avete capito, se avete domande, richieste, ecc.....

In secondo luogo, vorrei confermare che sì, la storia finisce con un happy ending, ma in un certo senso è un finale aperto. Cosa accadrà da ora in poi dipenderà dai nostri eroi, e lascio alla vostra immaginazione il piacere di sbizzarrirsi. :D Comunque, io nutro grandi speranze per Loki e Sarah :) Credo che Sarah, a differenza di Jane (che nei fumetti fallisce la prova di fiducia di Odino e viene rimandata sulla Terra tornando ad essere una mortale), avrà la possiblità di diventare un'asgardiana. :) E, diventando anche lei una dea, magari riceverà pure un nuovo nome...uno a caso...magari Sigyn (XD sapete tutti/e chi è Sigyn, vero?!?!). Sì, ce la vedo proprio nei panni di dea della Fedeltà, sempre pronta a sostenere e difendere Loki, e a cercare di risolvere tutte le sue malefatte (lui resta pur sempre il dio dell'Inganno, eh?? XD XD).

Come ultima cosa, ecco un piccolo (piccolissimoo...) regalino per voi, non potevo pubblicare l'ultimo capito prima di averlo finito! :3

Disegno per voi!! <3 <3

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