Redenzione di __Sayuri__ (/viewuser.php?uid=157112)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La fine ***
Capitolo 2: *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 3: *** Il portale ***
Capitolo 4: *** Uno sgradito ritorno ***
Capitolo 5: *** Sarah ***
Capitolo 6: *** La fuga ***
Capitolo 7: *** Un rifugio sicuro ***
Capitolo 8: *** Febbre e incubi ***
Capitolo 9: *** Il risveglio ***
Capitolo 10: *** Sguardi e parole ***
Capitolo 11: *** Sensazioni ***
Capitolo 12: *** Debolezze ***
Capitolo 13: *** Il legame ***
Capitolo 14: *** Abbandono ***
Capitolo 15: *** La svolta ***
Capitolo 16: *** Addio ***
Capitolo 17: *** La partenza ***
Capitolo 18: *** Incontri ***
Capitolo 19: *** Ragnarok ***
Capitolo 20: *** Speranza ***
Capitolo 21: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 1 *** La fine ***
Capitolo 1 - La fine
Capitolo
1 - La fine
ASGARD
Sembrava andare tutto bene. La guerra sulla Terra si era conclusa da
ormai vari mesi e, grazie al potere congiunto del Tesseract e del suo
martello Mjolnir, Thor aveva ricostruito il Bifröst, rendendo
di nuovo
possibile agli asgardiani viaggiare tra i mondi. Loki aveva
subito
in silenzio un regolare processo durato un mese intero.
Nessuna parola o sussurro aveva increspato le sue labbra mentre veniva
condannato alla reclusione e all'isolamento a tempo indeterminato. Le
uniche parole, che per un attimo avevano riacceso una fioca luce nei
suoi occhi verdi, le aveva rivolte al fratello, prima che questo
chiudesse e sigillasse la sua cella buia, sepolta sotto la luminosa
Asgard.
"Thor" aveva sibilato "credi davvero che questa sia una punizione per
me? L'isolamento, la solitudine, il buio...credi davvero che io li
tema? Eppure ormai dovresti saperlo, che sono i miei compagni, l'unica
cosa che mi tiene in vita."
"Fratello..." aveva mormorato il possente dio biondo del Tuono, senza
avere il coraggio di aggiungere altro.
"Fratello..." ripeté Loki, con sarcasmo, prima di scoppiare
in
una risata nervosa. "Ti illudi ancora che il tuo sciocco
sentimentalismo mi possa smuovere." Si avvicinò di un passo
al
biondo guerriero, ormai solo un palmo divideva il loro visi.
Loki sogghignò "Se non hai altro fiato da sprecare, chiudi
questa maledetta cella, e vattene per sempre. Questa sarà la
mia
casa, da ora in poi. Dimenticami, come io ho già dimenticato
te,
e il mio passato. Tuo fratello non esiste più. Anzi, non
è mai esistito."
Scandì l'ultima frase con freddezza ed infinita lentezza,
fissando il suo riflesso spento negli occhi azzurri del dio del tuono,
dopodiché fece un passo all'indietro, aspettando con
impazienza
di essere avvolto dalle tenebre. Non voleva più pensare,
né provare, né vedere nulla. Sentì che
lo sguardo
gli si stava appannando, e scongiurò mentalmente
quell'idiota di
Thor di sbrigarsi a chiudere quella porta.
Thor fissava inebetito il fratello. Come poteva aver davvero
dimenticato...tutto? Eppure nei suoi occhi, un tempo percorsi da
sguardi vibranti, non leggeva più nulla. Non c'era rabbia,
né pentimento, né rammarico, sul viso pallido di
Loki.
Possibile che lo odiasse a tal punto? Lo vide indietreggiare ancora,
come a nascondere il disgusto verso di lui, verso loro Padre,
verso la sua sorte maledetta e immutabile, di divinità
oscura.
Deglutì a fatica, e mormorò "Dunque questo
è un
addio..." e si voltò di scatto, lasciando per un attimo
fluttuare nella penombra il suo mantello rosso, e con un cenno diede
ordine di sigillare la cella.
Loki fissò il mantello del fratello, che gli
appariva color del
sangue e sfocato, e pensò con amarezza che quello sarebbe
stato
il suo ultimo ricordo prima di scivolare nell'Oblio. Un'ultima beffa
per il dio dell'Inganno. Come era arrivato a quel punto di non ritorno?
Non lo sapeva nemmeno lui. Un tragico scherzo del Destino, forse, che
si divertiva a torturarlo con le sue stesse perverse macchinazioni.
Inspirò profondamente mentre sigillavano la sua angusta
cella
nera, ingoiata dalla terra, presto dimenticata da tutti. Chiuse gli
occhi, per abituarli all'oscurità perpetua che di
lì a
poco lo avrebbe accompagnato per sempre e poggiò la schiena
alle
mura umide. Sentì le forze abbandonarlo, le ginocchia
cedettero
e si lasciò scivolare sul pavimento freddo e polveroso.
Affondò il suo bel viso tra le braccia tremanti, come un
bambino
ferito. E pianse.
Pianse le sue ultime lacrime, che pensava di aver ormai finito da
tempo. Quando riaprì gli occhi non vide nulla, solo buio, e
non
sentì niente, tranne un silenzio irreale. Solo il suono del
suo
cuore che batteva solitario gli dava la certezza di essere, in qualche
modo, ancora vivo.
Sorrise nell'oscurità. "Dunque ci siamo"
mormorò con disprezzo.
"Dunque questa è la mia
fine."
***
07/11/2012
Ho finito di revisionare e correggere tutti i capitoli, evviva! XD Per
festeggiare, ho creato questa immagine (niente di che, a dir la
verità, è una specie di 'copertina' con tutti i
personaggi principali che appiaiono nella storia, spero vi piaccia!
^__^)
Auguro a tutti
buona lettura!
A presto!
Sayuri
=============
Questo primo capitolo ha partecipato al Contest "Da lì dove tutto
nasce: il prologo di una storia", indetto da KATE KITTY,
classificandosi al 7°
posto, con un punteggio di 44,5/50.
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Capitolo 2 *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 2 - La quiete prima della tempesta
Capitolo
2
– La quiete prima della tempesta
NEW
YORK
Nella
città in ricostruzione si respirava ancora un'atmosfera di
ansia e
di angosciosa attesa. Cumuli di macerie giacevano polverosi lungo
molti marciapiedi, calpestati di continuo dalla gente che si stava
lentamente
riprendendo dal massacro avvenuto da pochi mesi. Era davvero tutto
finito? La speranza iniziava a farsi strada in molti cuori,
riscaldati da un tiepido ottimismo. Tranne in uno.
Nick Fury
camminava nervosamente nel suo ufficio. Anche se tutto sembrava ormai
risolto, la spia era tesa, temendo la quiete prima della tempesta.
Nonostante Thor fosse riuscito a tornare sulla Terra e lo avesse
rassicurato sulla prigionia a vita di Loki, anche se i Vendicatori
erano ormai formati, anche se non c'erano state altre minacce...lui
non riusciva più a dormire tranquillo. Il suo istinto gli
diceva che
non era ancora finita.
Uscì dalla porta con passo svelto e
cadenzato, salutando distrattamente gli altri agenti che incontrava
nel corridoio.
Entrò nell'ascensore pieno di pensieri, sperando di essere
in errore.
Ma
lui non aveva mai sbagliato, il suo sesto senso non
l'aveva mai tradito.
Premette
meccanicamente il tasto sulla parete
metallica, sentì le porte chiudersi con uno sbuffo alle sue
spalle e
l'ascensore iniziò a scendere. Dopo pochi secondi giunse nel
laboratorio più segreto dello S.H.I.E.L.D., dislocato a
varie decine
di metri dalla superficie. Cercò nervosamente con lo sguardo
il
dottor Banner e, come sempre, lo trovò intento ad esaminare
lo
scettro di Loki, rimasto sulla terra.
"Buongiorno,
professore" disse arrivandogli alle spalle.
Bruce
sobbalzò per la sorpresa, si aggiustò gli
occhiali e, voltando lievemente la testa, ricambiò il
saluto.
"Buongiorno,
Fury".
"Novità?" Chiese
secco l'agente, avvicinando l'unico occhio buono agli schermi sulla
parete. Sembravano registrare le radiazioni gamma irradiate dallo
scettro, e notò con sollievo che tutti i livelli erano di
colore
verde, segno che non c'erano attività anormali.
"No,
tutto come al solito. Lo scettro sembra totalmente inattivo" rispose
Banner scrutando Fury di sottecchi. Perché era
così
preoccupato?
"Sembra?"
chiese la spia, senza voltarsi. "Vorrei che potessimo esserne
sicuri". Pronunciò queste parole a bassa voce, quasi fossero
di
cattivo auspicio. Poi si girò lentamente e fece per
andarsene.
Ma
non appena attraversò la porta di vetro un rumore sinistro
attirò
la sua attenzione. Dagli schermi iniziò a propagarsi un
suono
intermittente, dapprima debole, poi sempre più forte e
veloce.
Nick
Fury si girò di scatto. Lo scettro si stava illuminando e
spandeva
la sua luce blu nella stanza, creando un'aura sovrannaturale.
"Non
è possibile!!" urlò Bruce Banner, precipitandosi
ad un
computer. "I livelli di radiazioni gamma stanno aumentando
rapidamente...non so se riuscirò a stabilizzarlo..."
Fury
fece appena in tempo ad attivare l'allarme generale, poi una luce
innaturale invase il laboratorio.
ASGARD
Thor
si avviava solitario verso il Bifröst.
Il
viso senza espressione del
fratello, la sua voce vuota, turbavano le sue notti da quando ne
aveva fatto sigillare la cella.
Come
stava Loki? Questa domanda lo assillava, risvegliando giorno dopo
giorno un senso di colpa bruciante. Avrebbe dovuto chiederselo molto
tempo prima. Prima che il fratello si perdesse nella notte del suo
sconforto. Forse avrebbe potuto salvarlo, se solo fosse stato meno
egoista.
Ma
ormai non si poteva più tornare indietro.
L'unica
persona che lo aiutava a sopportare la sua angoscia era lei. La sua
Jane. La dolce e spontanea Jane. Era incredibile che quella semplice
ma allo stesso tempo unica ragazza midgardiana riuscisse a salvarlo
ogni
volta. Per fortuna, ora che il Bifröst era di nuovo integro,
la
poteva vedere spesso. Il solo pensarla gli dava sollievo, e ogni
volta che la stringeva tra le braccia e sfiorava le sue labbra
sentiva il cuore più leggero.
Sorrise.
Il
dio del Tuono, il figlio
di Odino, si doveva aggrappare a quell'amore mortale, eppure
indissolubile, per non impazzire.
Finalmente si trovò davanti ad
Heimdall, il fiero guardiano di Asgard, e si fermò.
"Salve
Heimdall, vorrei recarmi su Midgard" disse sorridendo.
"Come
sempre" rispose placido il guardiano, voltandosi.
Il
sorriso di Thor si spense. Negli occhi del guardiano, arancioni e
intensi, lesse un'espressione indecifrabile. Ansia? Paura?
"Che
succede Heimdall?" chiese preoccupato "Jane..?"
"Jane
sta bene" lo rassicurò. "Ma avverto una strana energia
diffondersi dal pianeta dei mortali. E non solo..." disse
Heimdall con la sua voce profonda.
"Che
vuoi dire?" chiese la divinità bionda, impugnando
immediatamente il suo martello.
"Sento
la stessa energia
anche qui...fuoriesce dal Tesseract. Non so che significa, ma sembra
che qualcuno stia cercando di aprire il portale, sia qui che a
Midgard. Qualcuno che non riesco né a vedere né a
sentire".
Non
appena finì di parlare, il cielo di Asgard si
illuminò di una luce
innaturale e la terra tremò violentemente per secondi
interminabili.
Si udì un boato sordo e potente. Poi regnò il
silenzio.
Thor si
rialzò a fatica, impugnando ancora Mjolnir.
Guardò
verso il suo palazzo, notando una preoccupante nube di fumo alzarsi
dalla torre
est.
La
torre dove era custodito il Tesseract.
Si
girò verso
Heimdall e, non appena vide che stava bene, fece roteare il suo
martello e volò in direzione di quel fumo nero con il cuore
che
batteva all'impazzata.
Cosa
diamine stava succedendo?
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Capitolo 3 *** Il portale ***
Capitolo 3 - Il portale
Capitolo 3 - Il portale
ASGARD
Thor piombò sul terrazzo più alto della torre
est,
incrinando il pavimento dorato, e sollevò lo sguardo con
preoccupazione. La struttura esterna dell'edificio appariva intatta,
ma dal soffitto si alzava ancora del fumo nero, disegnando forme
sinistre nell'aria cristallina.
Si diresse verso la porta che lo
separava della stanza dove era custodito il Tesseract, e per la foga
praticamente la sfondò. Una volta entrato nella grande sala
sentì
un forte bruciore agli occhi, e iniziò a tossire. L'aria era
quasi
irrespirabile a causa di quella spessa coltre di fumo nero, che per
fortuna iniziava pian piano a diradarsi. Il possente dio del
tuono
sbatté le palpebre varie volte, e finalmente
riuscì a intravedere
qualcosa nella nebbia oscura che lo circondava.
Il
Tesseract era
ancora lì, al centro della sala, sorretto ai due lati da
vari strati
di metallo, simili a rami argentati. Il tremendo potere racchiuso
all'interno sembrava essersi placato, e disegnava sulla superficie del
cubo sinuose linee azzurre e blu.
Thor
si guardò attorno e deglutì, incredulo. Il
pavimento e il
soffitto in corrispondenza del cubo sembravano sfondati dall'interno,
segno che l'energia del Terreract sprigionatasi in perpendicolare
aveva fuso il resistente metallo asgardiano, creando una voragine
profondissima.
Il
dio fece un altro passo avanti, sempre più costernato. Una
folata di
vento caldo entrò dalla porta, spazzando via gli ultimi
residui di
fumo. Fu allora che Thor si rese conto di non essere solo.
Qualcuno
era arrivato prima di lui, e ora giaceva a terra ansimante, avvolto
nelle sue vesti dorate, insolitamente impolverate. Odino, suo Padre!
"Padre!!"
ruggì il biondo guerriero, raggiungendo Odino,
inginocchiandosi al
suo fianco, stringendogli una mano.
Rimase
impietrito. Quella mano, che da bambino tante volte aveva stretto e
che ricordava calda e rassicurante, ora era gelida. "Cosa è
successo, Padre..." chiese con voce implorante, ricercando
nell'occhio di Odino una risposta che potesse spazzare via dal suo
cuore il timore.
"Figlio
mio, sono riuscito ad evitare l'irreparabile, ma non so per quanto
tempo e a quale prezzo..." Thor si irrigidì, aspettando che
il
padre continuasse.
"Qualcuno
ha attivato il potere del Tesseract dall'altra parte del portale, e
ha creato un ponte verso il nostro mondo. Se non fossi intervenuto in
tempo, usando il potere della mia lancia Gungnir, avrebbe portato via
anche il Tesseract...."
Thor
spalanco gli occhi "Anche?
Perché? Ci è stato sottratto qualcosa? Che..."
chiese tutto
d'un fiato.
Odino lo interrompe bruscamente "Ascoltami Thor. Ho
usato tutta la mia energia per bloccare il Tesseract e chiudere il
portale, temo che presto sarò raggiunto dal mio sonno
eterno, e non
so quando e se mi sveglierò. Presta attenzione alle mie
parole. L'unica
cosa che so per certo è che il portale portava su Midgard,
sulla
Terra dei mortali."
Sentendo
quelle parole Thor scattò in piedi
"Allora andrò là immediatamente, avranno bisogno
del mio
aiuto!"
"NO!!"
gridò il Padre degli dei, immobilizzando il figlio, prima
che
potesse correre via, trascinato dal suo animo
impulsivo. "No...se
apri il Bifröst ora, la sua energia riattiverà il
Tesseract, e
stavolta non potrò sperare di fermarlo, e nemmeno tu.
No...non c'è
niente che possiamo fare...qui. Prega che i mortali sappiano come
fermare l'energia racchiusa nello scettro di Thanos. Prega per
tuo..."
La
voce di Odino si ruppe, il sonno dell'immortalità lo
aveva raggiunto troppo presto, impedendogli di finire la frase. Thor
cadde in ginocchio e ,per la prima volta dopo tanto tempo, si
sentì
totalmente impotente. Come quella volta su Midgard, quando privo di
poteri e sotto una pioggia gelida, gli era stato negato Mjolnir, ed
era caduto prigioniero dei mortali. Per la rabbia di non poter fare
niente, urlò la sua disperazione al cielo.
Si
rialzò dopo qualche istante, cercando di dare un senso alle
parole
del Padre. Thanos? Chi era? Un nemico? Era stato lui
ad attivare il
Tesseract?
Fissò il volto di Odino, stanco e pallido nel sonno.
Aveva detto che qualcosa era stato portato via da Asgard...ma
cosa?
Si avvicinò alla voragine sul pavimento, e all'improvviso un
pensiero gli attraversò la mente. I sotterranei della torre
est
erano le prigioni di Asgard. Possibile che quel buco arrivasse fin
là
sotto?
Possibile che arrivasse fino a quella
cella?
Afferrato
il martello volò giù dalla finestra, diretto alla
base della torre.
Diede ordine alle guardie di andare a soccorrere il Padre degli dei e
si inoltrò, solo, nella prigione sotterranea. Quando giunse
davanti
a quella
cella aveva il cuore in gola. Impugnò il martello con forza
e sfondò
la parete sigillata. Quando vide il fioco raggio di luce provenire
dall'alto capì di non essersi sbagliato.
Il
soffitto era sfondato. Era proprio lì che portava la
voragine generata dal Tesseract.
Crollò
in ginocchio per la seconda volta, sempre più confuso. La
cella era
vuota. Loki era scomparso. Mentre la testa gli girava
realizzò con sgomento cosa
stava per dirgli suo padre, e finì mentalmente la sua frase.
"Prega
per tuo ....fratello".
(pochi
istanti prima)
Nonostante
avesse perso quasi completamente le forze, non appena sentì
la sua
cella tremare, Loki balzò in piedi
nell'oscurità.
"Ma che
diavolo...?"
Non riuscì nemmeno a finire la frase che un boato
sordo gli trapassò i timpani, ponendo fine bruscamente ad
interminabili ore di silenzio. Ringhiò per il dolore,
coprendosi
inutilmente le orecchie con le mani, e sentì chiaramente la
consistenza vischiosa del suo sangue tra le dita.
All'improvviso
fu investito da una luce intensa ed accecante e quella cella,
dapprima umida e fredda, diventò incandescente, tanto che
credette
che le sue vesti stessero prendendo fuoco. Chiuse immediatamente gli
occhi che, ormai abituati ad un'oscurità perenne, iniziarono
a
bruciare intensamente e a lacrimare.
E
a quel punto, mentre ogni
centimetro del suo corpo dolorante veniva scosso, si sentì
come
scomporre in tanti piccoli frammenti. Avrebbe voluto urlare per il
dolore, ma non aveva più voce, né corpo. Per
interminabili istanti
di lui rimase solo la crudele consapevolezza di essere ancora, in
qualche modo, vivo. Poi, finalmente, il dio dell'Inganno
avvertì il
suo corpo ricomporsi gradualmente e percepì, nel buio dei
suoi occhi
ancora serrati, un cambiamento.
Aveva
viaggiato, o meglio, qualcuno o qualcosa lo aveva trasportato lontano
da Asgard, ed ora era in piedi in un luogo sconosciuto.
Sì,
ma dove?
Sapeva
benissimo di non essere in grado di sostenere alcuno scontro,
tanto meno dopo quello sfibrante viaggio cosmico, che aveva esaurito
ogni sua restante scintilla di energia, rimpiazzandola con fitte e
dolori atroci. Per un attimo rimpianse la solitudine della sua cella,
ma poi si decise ad aprire gli occhi, ostentando uno sguardo carico
di fierezza. Sebbene le sue iridi verdi fossero incerte e i suoi
occhi rossi e lucidi, quello era lo sguardo di un dio.
In
un primo momento non vide nulla, l'aria era satura di una coltre di
fumo nero.
Aguzzò
la vista, stringendo le palpebre, e dopo qualche istante
riuscì a scorgere i contorni dell'ambiente che lo
circondava, sempre più chiaramente.
E
non appena si rese conto di
dove era finito, le sue labbra pallide si incresparono, e sul suo
viso prese forma la smorfia di un perverso sorriso.
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Capitolo 4 *** Uno sgradito ritorno ***
Capitolo 4 - Uno sgradito ritorno
Capitolo 4 - Uno
sgradito ritorno
NEW
YORK
Nick
Fury non capiva.
Non
capiva come faceva ad essere ancora vivo.
L'energia
che si era sprigionata dallo scettro, e il tremendo boato
che ne era seguito, erano stati talmente forti da fargli credere che
l'intera città sarebbe stata disintegrata.
Invece
no.
Il
laboratorio
era ancora intero, eccezion fatta per le vetrate, andate distrutte
nell'onda d'urto, e per la maggior parte dei monitor, ridotti a
macerie fumanti sul pavimento. Ad invadere l'aria intorno a lui, al
posto della luce accecante di poco prima, ora c'era solo un
soffocante fumo nero.
Nick
Fury proprio non capiva.
Tutto
il suo
corpo era indolenzito e sentiva gravare sulla testa un pesante senso
di stordimento. Odiava quella sensazione, quella di sentirsi esposti
ed impreparati, e non riusciva quasi nemmeno a pensare.
C'era
una cosa di cui era assolutamente certo, però.
Aveva
la pistola in
mano, afferrata grazie a un riflesso istintivo, in lui ormai quasi
automatico. E la stava puntando verso l'unica persona al mondo che si
era augurato di non dover mai più rivedere.
Loki
smise di sorridere.
Quando
aveva realizzato di essere finito su
Midgard, il misero mondo dei mortali, aveva quasi dimenticato il
dolore che gli scuoteva le membra. L'idea di potersi finalmente
vendicare gli aveva persino procurato un brivido di gioia.
Ma
quell'idea si era infranta non appena il dio aveva posato gli occhi
sulla canna della pistola che quell'umano gli stava scioccamente
puntando contro.
Possibile
che la sua sfortuna fosse così grande? Era finito proprio
nel covo
dei suoi nemici, i buffoni in costume. Questa era più che
mera
sfortuna, si disse, era un preciso disegno del fato, atto a prendersi
gioco di lui ancora e ancora.
Serrò
la mascella, spostando il suo
sguardo sul viso contratto del mortale. Notò con piacere che
non
sembrava in gran forma, il braccio con cui reggeva l'arma tremava,
anche se impercettibilmente.
Loki
si prese un altro istante per riflettere, attingendo alle uniche
energie che gli erano rimaste: quelle della sua mente. Un fragile
umano contro un dio, per quando indebolito, non poteva certo vincere.
Incrociò
le braccia dietro la schiena e, con il suo miglior sorriso
sprezzante, disse:
"Lo
sai, vero, che le vostre armi non possono neppure scalfirmi, misero
mortale?"
Fury
fece un mezzo sorriso, poi ripose l'arma nel fodero e
replicò "A
cosa dobbiamo il...piacere? Le prigioni di Asgard ti stavano troppo
strette?"
I
magnetici occhi di Loki si fecero più intensi "Mi mancava il
vostro insulso pianeta, le vostre celle sono di gran lunga
più...confortevoli" disse sogghignando.
"Che
ci fai qui, Loki?" sbraitò Fury, fissandolo con astio.
Tremava dalla
rabbia, il debole umano. O magari aveva paura. Il dio dell'inganno
stava iniziando a divertirsi.
Prima
di rispondere fece qualche passo
verso destra, fissando distrattamente una parete "Non ne ho
idea" mormorò con tono vago e, anche se in fondo era la
verità,
sapeva che non era di certo la risposta che Fury voleva
sentire.
"Smettila
di darti tante arie. Non mi sembri proprio nella
posizione adatta per farmi perdere tempo" sibilò infatti
l'uomo.
Loki
non riuscì a soffocare una risata "Che stai blaterando? Hai
battuto la testa? Forse dimentichi che sono un dio..."
Una
voce cavernosa alle sue spalle lo bloccò "Un dio
gracile..."
Si
voltò di scatto, solo per trovarsi di fronte l'orrido
gigante
verde.
"Ti
ricordi di Hulk, non è vero, dio?" lo
canzonò Fury,
scoccandogli uno sguardo sarcastico.
Loki
deglutì al pensiero del
suo ultimo 'incontro' con quella bestia dissennata.
Appoggiò le spalle al muro, alzando le mani. Ancora una
volta,
doveva fingere la resa.
"Vedo con piacere che
inizi a ragionare. E ora dicci, per l'ultima volta, che diavolo sei
venuto a fare qui. Come hai fatto a riattivare lo scettro?"
Udendo
quell'ultima parola Loki si irrigidì, e non poté
fare a meno di
spalancare gli occhi, costernato.
Guardò verso il
mostro verde, e lo
vide. Appena dietro quell'ammasso di muscoli e rabbia, appoggiato ad
una superficie metallica, giaceva lo scettro di Thanos, la
potentissima arma di cui lui stesso si era servito per cercare la sua
vendetta, pur sapendo che un fallimento avrebbe significato vendersi
ad un oscuro e spietato padrone. Che evidentemente non si era
dimenticato di lui, e della tetra promessa che gli aveva rivolto,
tramite il suo emissario:
'Avrai
la tua guerra, asgardiano. Se fallirai... Se il Tesseract non ci
verrà consegnato... Non esisteranno regni, o lune deserte...
né
crepacci dove lui non verrà a trovarti. Pensi di conoscere
il
dolore? Lui ti farà capire... quanto quel dolore sia...
niente!'
Il
volto del dio delle malefatte, già estremamente
pallido, diventò
cinereo. Il disegno oscuro del suo fato si era finalmente svelato, e
la sofferenza subita nelle ultime ore gli sembrò un semplice
preludio a torture ben maggiori, dalle quali, ne era certo, non
poteva né scappare né sperare di sopravvivere. Si
chiuse totalmente
in se stesso, maledicendo nuovamente la sua sorte e, forse, anche la
sua stupidità; dimenticando completamente che Fury attendeva
ancora
da lui una risposta.
"Beh, gli si è seccata la lingua?" chiese una nuova
voce.
Tutti
si
voltarono verso il nuovo arrivato, che stava in piedi davanti
all'ascensore. Evidentemente li stava ascoltando già da un
po'.
"Stark!"
esclamò sorpreso Banner, che nel
frattempo aveva riacquistato dimensioni e colorito normali. "Che
ci fai qui?"
"Come
sarebbe a dire?" esclamò l'uomo fingendosi offeso, e
avanzò
nella sua armatura metallica, che era aperta solo sul viso. "Ho
sentito che qui c'era una festa. Potevo perdermi una tua
trasformazione, dottore? Ma devo dire che sono piuttosto
deluso...noto con dispiacere che ti sei già strappato tutti
i
vestiti e...oh cielo, ti prego copriti, sto cercando di digerire il
mio pranzo!" esclamò inorridendo e lanciando a Banner un
lenzuolo sbrindellato che aveva raccolto da terra.
"Stark..."
lo rimproverò Fury.
"Sì,
sì, capo, hai ragione, non è il caso di divagare.
Comunque stavo
dicendo che sono piuttosto deluso anche dall'ospite principale della
festa..." e detto questo si voltò verso Loki "Piccolo
cervo, qual buon vento ti porta? Ti vedo ridotto maluccio...che
c'è,
hai perso le corna?"
Il
dio lo incenerì con lo sguardo, ci
mancava pure quell'imbecille dell'uomo di latta.
"Mi
sembri anche
di pessimo umore..." proseguì Iron Man, incrociando le
braccia
e inclinando la testa.
"Stark!"
lo richiamò di nuovo
Fury, spazientito. "Come vedi, la situazione è molto seria.
Il
nostro 'amico' qui presente è riapparso dal nulla, a quanto
sembra
grazie al suo scettro, dal quale è fuoriuscita una
quantità enorme
di raggi gamma..."
"Oltre
ad innumerevoli altri tipi di radiazioni..." gli fece eco Bruce
Banner che, utilizzando uno dei pochi computer rimasti funzionanti,
sembrava analizzare le particelle d'aria racchiuse nella stanza e
intorno allo scettro. "Ma che significa?" mormorò
accigliato.
"Semplicissimo"
ironizzò Stark, come suo solito "Che entro due anni avremo
tutti il cancro" si girò di nuovo verso Loki "A parte te,
forse".
L'asgardiano
aggrottò la fronte e alzò gli occhi al
cielo, irritato. Potendo, lo avrebbe polverizzato all'istante, quel
pallone gonfiato.
"Dobbiamo
capire che sta succedendo,
elaborare una strategia e richiamare gli altri Vendicatori, subito"
sentenziò Fury, ponendosi alle spalle del professor Banner e
fissando preoccupato i numeri sullo schermo a cui stava lavorando.
Stark
prese nuovamente la parola "Sì, indubbiamente, ma non mi
sembra
il caso di farlo davanti al dio delle marachelle" disse
avvicinandosi a Loki e afferrandolo per una spalla. Grazie alla sua
armatura praticamente lo sollevò da terra, e lo
spintonò verso
l'ascensore. "Perché non vai a farti un giro al piano di
sopra,
piccolo principe? Magari ti fai pure una bella dormita, ok? Tanto non
puoi scappare, l'intero edificio è isolato e controllato. Ti
veniamo
a chiamare noi quando abbiamo finito, tranquillo."
Loki
non ebbe nemmeno la possibilità di ribattere, che si
ritrovò
scaraventato nell'ascensore. Fece appena in tempo a vedere di nuovo
il fastidioso sorriso dell'uomo di latta prima che le porte si
chiudessero, e iniziò a salire.
Quando le porte si
riaprirono, uscì barcollando e si ritrovò in un
piano evidentemente
adibito a dormitorio.
Si
guardò intorno, furente.
Sembrava
deserto.
|
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Capitolo 5 *** Sarah ***
Capitolo 5 - Sarah
Capitolo 5 - Sarah
Loki
si incamminò incerto attraverso il lungo corridoio di fronte
a lui.
Le pareti color crema riflettevano la fioca luce delle piccole lampade
fissate al soffitto, creando un piacevole effetto di penombra che
donò immediato sollievo agli occhi del dio, non ancora
abituati
alla luce.
Notò che su entrambi i lati del corridoio c'erano delle
porte
bianche, contrassegnate da diverse scritte in midgardiano;
evidentemente erano i nomi degli umani che utilizzavano le stanze.
Continuò
a
camminare, provando disperatamente a pensare; doveva trovare una
soluzione, una qualsiasi scappatoia, per sfuggire a quella situazione
infausta. Ma nella sua mente presero forma solo confusione, stordimento
e angoscia. Era talmente stanco ed indolenzito da non riuscire nemmeno
a provare rabbia verso quei miserabili mortali, che avevano osato
trattarlo con tanta insolenza.
Ma, in fondo, esisteva qualcuno nello sconfinato universo che lo avesse
mai trattato con rispetto? Qualcuno lo aveva mai considerato degno?
No, nessuno.
Deglutì,
avvertendo un sapore amaro in bocca. Pensò a Thor, a Odino,
a
Frigga; e sentì di nuovo su di sé i loro sguardi
taglienti giudicarlo con superiorità. Come se loro non
avessero
colpe. Come se non fossero state le loro menzogne, la loro sfiducia e
il loro egoismo a spingerlo verso la strada della vendetta.
Certo,
alla fine lui quella via l'aveva imboccata volontariamente, convinto
che avrebbe finalmente trovato se stesso.
Ma ora si rendeva conto di aver smarrito l'orientamento.
Sentì
le sue
gambe vacillare e sbandò verso destra, sbattendo contro una
delle porte. Riuscì a malapena a reggersi in piedi.
Appoggiò la testa su quella superficie liscia, pensando che
purtroppo il buffone di metallo aveva ragione, sentiva un disperato
bisogno di riposare. Con una mano afferrò la maniglia, con
forza, pronto a scardinare la serratura con un colpo secco, ma non fu
necessario. Stranamente
la porta non era chiusa, e gli fu sufficiente una lieve torsione per
ottenerne l'apertura, che produsse un cigolio metallico.
Non appena varcò la soglia, fu investito da un misto di
odori dolciastri, tipicamente umano, e fece una smorfia, disgustato,
chiedendosi di chi potesse essere quella stanza.
Istintivamente, prima di fare un altro passo, alzò lo
sguardo e lesse il nome sulla porta, traducendo mentalmente
i caratteri midgardiani, e per poco non cadde a terra per la
sorpresa:
"Dottoressa Jane
Foster"
La stanza
apparteneva
nientemeno che alla mortale che aveva rammollito Thor. Un gran peccato
che l'edificio a quanto pare fosse stato evacuato. Si sarebbe potuto
divertire parecchio.
Loki soffocò una risata, mentre si richiudeva
la porta alle spalle, e si ritrovò in una camera abbastanza
ampia, ma
decisamente disordinata. Si lasciò cadere pesantemente sul
morbido materasso accostato ad una parete, sentendo che il suo corpo
era
ormai giunto al limite. Si appoggiò un braccio sugli occhi,
e
sulle sue labbra si disegnò un perverso sorriso, al pensiero
che
avrebbe dormito nello stesso letto dell'umana amata dal suo odiato
fratello. Che ironia. Per un attimo sperò che lui lo stesse
guardando.
Poi si
lasciò andare, stremato, lasciandosi vincere dal sonno.
Si
ridestò di
colpo, dopo un tempo imprecisato, e si mise a sedere di scatto. Uno
strano scricchiolio, proveniente dall'altro lato della stanza lo aveva
svegliato. Girò il viso con aria circospetta e
sentì
chiaramente quello strano rumore ripetersi. Strinse le labbra e
aggrottò le sopracciglia. I suoi occhi verdi erano ridotti a
una
fessura. C'era qualcuno, o qualcosa, nell'armadio.
Si era
cacciata nei
guai, come al solito, pensò Sarah rabbrividendo. Accidenti a
lei
e al suo brutto vizio di non ubbidire mai. Chiuse un attimo gli occhi,
certa che stavolta sua sorella le avrebbe fatto una bella lavata di
capo. Ma, in fondo, lei aveva agito in buona fede.
Quella
mattina, quando
si era accorta di essersi messa in borsa per errore il pass dello
S.H.I.E.L.D. di Jane, l'aveva chiamata subito e si era offerta di
riportarglielo al lavoro. Ma sua sorella glielo aveva vietato
categoricamente. Non erano ammessi visitatori allo S.H.I.E.L.D., e poi
lei stessa non sarebbe rientrata nel laboratorio prima delle 20.
Quindi, non c'erano problemi, non doveva preoccuparsi, sarebbe passata
lei dal suo appartamento quella sera, le aveva detto dolcemente prima
di riattaccare. Eppure, come sempre, Sarah si era sentita in colpa;
ancora una volta creava problemi a sua sorella. E quindi aveva deciso
di fare di testa sua. In fondo che male c'era ad usare il pass per
intrufolarsi nello S.H.I.E.LD., per poi aspettarla buona buona nella
sua stanza? Non avrebbe gironzolato in giro, né fatto danni,
si
disse. Voleva solo fare una sorpresa a Jane.
Ma aveva
decisamente
scelto il giorno sbagliato. Prima c'era stato quel boato potentissimo,
seguito da una specie di terremoto. Sembrava fosse esplosa una bomba al
piano di sotto. E cosa aveva fatto lei, molto intelligentemente? Invece
di scappare fuori, ubbidendo al comando di evacuazione diffuso dagli
altoparlanti, si era nascosta sotto il letto. Davvero una bella mossa.
Poi, quando stava per decidersi finalmente ad uscire, aveva sentito un
rumore di passi nel corridoio e un tonfo sordo. Sembrava che qualcuno
fosse franato addosso alla porta. Quindi, sempre più
terrorizzata, si era chiusa nell'armadio, spiando freneticamente dalle
piccole fessure sulle ante di legno. Mentre la porta si apriva aveva
trattenuto il respiro, riuscendo a sentire il battito del suo cuore
rimbombarle nelle orecchie.
Sull'uscio
era apparsa
una strana figura. Un uomo, avvolto in abiti logori e bizzarri, era
entrato barcollando. Sembrava esausto. Sarah aveva aguzzato la vista,
cercando di cogliere il suo viso, nascosto da folti e lunghi capelli
neri. Per un attimo l'uomo si era girato nella sua direzione,
soffocando una risata, e lei si era sentita gelare il sangue nelle
vene. Aveva già visto quell'individuo, da qualche parte, ma
non
era riuscita a ricordare dove. Sapeva solo che il suo sguardo
penetrante le aveva messo addosso una strana inquietudine.
Perché aveva tanta paura di lui?
Lo aveva visto
buttarsi di peso sul letto di sua sorella e coprirsi gli occhi con un
braccio, prima di cadere in un sonno profondo.
Ora, dopo
interminabili minuti di attesa, si era decisa ad uscire. Chiunque
fosse, quel tipo non aveva un'aria molto raccomandabile, anzi, emanava
un'aura sinistra. Doveva fuggire subito, finché era
inoffensivo.
In fondo, bastava aprire pian piano la porta dell'armadio e
sgattaiolare fuori....
CRACK.
Sarah si
sentì
mancare. Nel silenzio, quello scricchiolio si era sentito
distintamente. Non osava guardare verso il letto, per paura che
l'avesse sentita. Pregò con le lacrime agli occhi che non
avesse
il sonno leggero. Ma quando alzò lo sguardo vide che l'uomo
era
già seduto, in evidente stato di allerta, e si guardava
intorno.
Se si fosse voltato verso di lei avrebbe di certo notato l'anta
semiaperta, quindi la ragazza la richiuse prontamente.
CRACK!
Maledizione!
Ora lui
stava guardando nella sua direzione, con un terrificante sorriso
stampato in faccia. Non appena lo vide alzarsi e camminare lentamente
verso di lei, Sarah indietreggiò istintivamente, facendo
ondeggiare rumorosamente tutti gli attaccapanni metallici intorno a
lei, fino ad appoggiare la schiena al fondo dell'armadio. Una sorda
disperazione si impossessò di lei.
Era in trappola.
***
ANGOLO
CURIOSITÀ: la nascita di Sarah
Devo ammettere che all'inizio non avevo chiaro in mente
chi sarebbe stata la protagonista femminile della storia, e avevo
ancora meno idea di come farla apparire... :S Sapevo solo che volevo
che fosse una comune umana, e avevo buttato giù una bozza di
alcune scene tra lei e Loki, che però si sarebbero dovute
verificare mooooolto più in là nei capitoli. XD
In sostanza, non so bene come sia venuta fuori Sarah! (Misteri
dell'ispirazione! XDD)
In origine, quando ancora "non sapevo" che sarebbe diventata la sorella
minore di Jane, la volevo chiamare Layla.. O_o Probabilmente
perché in quel periodo ascoltavo spesso l'omonima canzone di
Eric Clapton! XDD
Poi, scrivendo questo capitolo e il precedente, nella mia
testa si è delineata la scena dell'armadio e
dell'incontro tra lei e Loki, e ho deciso che la mia protagonista
sarebbe stata la sorella minore di Jane (che ovviamente non esiste nel
film, tantomeno nei fumetti, anche se ho cercato di darle una storia
verosimile, che potesse combaciare in qualche modo con i fatti e le
tempistiche del film, e che le permettesse di condividere la scena con
Loki senza eccessive forzature.)
Ovviamente Layla Foster era un nome improponibile, quindi ne ho cercato
uno più semplice e "realistico" (Dubito che un'ipotetica
sorella di Jane si potesse chiamare Crystal, Sharon o Chantal... XDD)
Scartato il banalissimo Mary (^^), ho scelto Sarah,
perché trovo suoni molto bene, inoltre è
piuttosto semplice/comune e ha un bel significato. Infatti, se non
erro, significa 'principessa', un nome più che adatto per la
spalla del nostro principe asgardiano preferito! ;)
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Capitolo 6 *** La fuga ***
Capitolo 6 - La fuga
Capitolo 6 –
La fuga
Loki avanzava lentamente verso l'armadio, sorridendo.
Ma non era certo un sorriso amichevole, il suo. Chiunque ci
fosse,
nascosto in quel mobile, aveva osato disturbare il sonno del dio
dell'Inganno, impedendogli di riacquistare le sue piene energie, e ne
avrebbe pagato il prezzo.
Appoggiò un mano su ciascuna maniglia, in silenzio, e rimase
immobile per qualche secondo, in ascolto. Riusciva a sentire
distintamente il
respiro affannoso
della sua vittima.
Quindi aprì di scatto le ante di legno
chiaro, quasi scardinandole. Per lo spavento la figura umana che
intravide all'interno fece un balzo, ed iniziò a tremare
convulsamente, con lo sguardo basso. La fissò incuriosito.
Una
ragazza. Una fragile ed inutile mortale. Che fosse la 'cara' Jane?
Allungò una mano verso di lei, afferrandole il mento tra le
dita, e la costrinse ad alzare il viso. L'interno dell'armadio era
talmente buio da impedirgli di scorgere chiaramente i suoi lineamenti,
perciò la attirò verso di
sé per vederla meglio.
Non era Jane, ma in qualche modo le
somigliava. In fondo, però, a lui gli umani sembravano tutti
uguali. Percepì sotto le dita un brivido percorrere
la
pelle della mortale e la guardò dritta negli occhi, che
erano
grandi e umidi
di pianto. In quelle iridi scurissime, quasi nere, lesse angoscia,
disperazione, terrore e confusione.
E assaporò quella sensazione
di potere assoluto, nutrendosi della sua paura.
Sarah fissava impietrita gli occhi dell'uomo, che erano verdi come un
campo di tenera erba bagnata di pioggia. Trattenne il fiato e,
finalmente, lo riconobbe.
Il suo volto era stato per mesi in prima pagina su tutti i giornali. Il
web era sommerso di video amatoriali, provenienti dalla Germania e da
New York, che lo ritraevano mentre cercava di
conquistare il mondo, recando morte e distruzione. Schiuse le labbra,
che tremavano violentemente, e sussurrò:
"Loki..."
Lo vide inclinare leggermente il volto, con un sorriso divertito e
agghiacciante. Una lacrima solitaria solcò il suo viso
roseo,
interrompendo la sua discesa tra le dita del dio, che le strinse il
mento con più forza, attirandola ulteriormente verso di
sé. Vedendolo così
da vicino, la ragazza si chiese come potesse un mostro simile avere un
viso tanto bello. Ma, in fondo, in molti dicevano che la morte, quando
ti appare, ha le sembianze di una creatura bellissima. Ti sfiora il
volto in modo rassicurante e poi ti trascina con sé
nell'oscurità.
Sarah si sentì invadere da uno strano torpore, che le
annebbiò la vista e paralizzò il corpo, mentre la
paura
lasciava il posto ad una mesta rassegnazione. Avvertì la
mano
del dio scivolare verso il basso e le sue dita fredde
chiudersi
lentamente sul suo collo con una leggera pressione.
Ormai totalmente indifesa, chiuse gli occhi, convinta che fosse giunta
la sua fine.
Inaspettatamente, il pavimento cominciò a vibrare. Dapprima
lievemente, poi con sempre maggiore intensità. Qualche
istante
più tardi il silenzio venne squarciato da un tremendo boato,
come quello di poco prima. Sarah
riaprì gli occhi di scatto. 'Un'altra esplosione?' si
domandò atterrita. Notò che il sorriso era
sparito dal
viso di Loki, rimpiazzato da una smorfia di spaventosa angoscia.
Possibile che quell'essere insensibile potesse provare paura?
Scrutò i suoi occhi, che ora erano attraversati da un'ombra
sinistra, e le sembrò di leggervi dentro un infinito dolore.
Era
confusa, e dentro di lei presero forma sentimenti contrastanti.
Sollievo. Ansia. Preoccupazione. E persino una folle compassione.
Loki sentì il sangue gelarsi nelle vene. Lo scettro era
stato
riattivato, e qualcun altro era arrivato su Midgard. Qualcuno che di
certo stava cercando proprio lui, per infliggergli la punizione
promessa. Lasciò di colpo la presa, liberando la mortale,
che
tossicchiò lievemente e si portò una mano sul
collo; e si
precipitò fuori. Non era un codardo. Se doveva morire, lo
avrebbe fatto combattendo. Si diresse a passo deciso verso l'ascensore
e, inspirando
profondamente, vi entrò con aria solenne. Si
voltò verso
il corridoio e premette il pulsante per il piano inferiore con un gesto
secco, rabbiosamente, raccogliendo le poche forze che gli erano rimaste.
Non appena riprese il controllo del suo respiro, Sarah alzò
lo
sguardo e vide Loki spalancare la porta con violenza e uscire dalla
stanza, quasi correndo. Al pensiero di restare di nuovo sola, si
sentì pervadere da un terrore irrazionale e, senza rendersi
conto di quel che faceva, andò dietro al dio
asgardiano.
Lei non capiva cosa stava accadendo, ma lui...lui sembrava sapere.
Quando si
ritrovò fuori dalla camera, con gli occhi sbarrati ed il
fiatone, si bloccò. Alla sua sinistra, in fondo al
corridoio,
Loki stava per entrare nell'ascensore. Alla sua destra, solo a pochi
passi, c'erano le scale che conducevano al garage
sotterraneo, dove aveva parcheggiato il suo pick-up rosso. Era salva.
Poteva scappare.
Persino un bambino avrebbe compreso qual era la direzione
più
saggia da seguire e anche lei, in fondo alla mente, sapeva benissimo
che la scelta più sensata era la fuga.
E invece, contro ogni logica, corse verso l'ascensore.
Le porte metalliche stavano per chiudersi, ma all'ultimo momento una
figura balzò nell'ascensore, finendogli addosso al petto. Il
dio
dell'Inganno guardò sorpreso e infastidito la ragazza che
aveva
appena risparmiato. Che accidenti voleva fare? Di certo non era molto
sveglia, se aveva deciso di seguirlo invece di fuggire,
pensò
con disappunto. La scostò da sé, afferrandola per
i
fianchi, e la scaraventò sulla parete opposta
dell'ascensore.
Forse troppo violentemente, a giudicare dal tonfo sordo che produsse
l'urto del suo corpo col metallo dell'ascensore. Vide il suo viso
contorcersi in una smorfia di dolore, ma non ebbe modo di gioirne, dato
che le porte si riaprirono, obbligandolo a voltarsi e ad affrontare una
nuova minaccia.
Si addentrò nervosamente nel laboratorio e vide l'uomo di
latta, il professore irascibile e il pirata vestito di
nero che fissavano allibiti un nuovo arrivato. Una specie di mostro
umanoide, alto e possente, con la pelle grigia e ruvida, che sembrava
pietra. Aveva negli occhi una spiazzante furia omicida e quando vide
Loki in piedi sull'uscio dell'ascensore gli sorrise beffardo.
"E' giunta l'ora di capire cos'è il vero dolore, asgardiano.
Thanos ti attende impaziente al di là del portale."
Loki lo fissò intensamente, simulando una spavalderia che
non aveva.
"Temo
che il tuo padrone attenderà invano. Sarai tu a provare il
vero
dolore, mostro immondo, e non potrai vivere abbastanza per
raccontarlo", gli disse con voce gelida.
Provò a smaterializzarsi, così da poter prendere
alle
spalle quell'essere, ma si rese conto con sgomento di non avere
abbastanza energia. In quelle condizioni, non poteva avere la meglio in
uno scontro diretto, ma l'alieno si avvicinava minacciosamente, senza
dargli il tempo di pensare ad una strategia alternativa, quindi dovette
affidarsi ad una mossa disperata. Raccolse tutte le sue forze e le
condensò in un'unica sfera di luce infuocata, che
scagliò
contro il suo nemico, con tutta la rabbia che aveva. Il colpo
sembrò andare a segno, ma non appena le scintille generatesi
nell'impatto si dispersero, realizzò con orrore che non
aveva minimamente
scalfito le pelle coriacea dell'oscuro emissario di Thanos.
"Sembri aver perso molto potere, asgardiano...", lo canzonò
il
mostro con tono di scherno, e sollevò la corta lancia
acuminata
che teneva stretta nella mano. Loki non fece nemmeno in tempo a pensare
di spostarsi, che la lama si conficcò violentemente nel suo
addome, ricacciandolo dentro l'ascensore.
Sarah si era appena ripresa dalla stordimento per la botta ricevuta
quando vide il dio dai capelli corvini indietreggiare velocemente e
impattare sul fondo della parete metallica. Un rivolo di sangue gli
scendeva dall'addome, dove era piantata in profondità una
lancia. La ragazza cacciò un grido acuto, senza capire che
cosa
stesse accadendo. Guardò fuori dall'ascensore, e vide un
orribile essere camminare nella loro direzione. Era stato lui ad
attaccare Loki?
La ragazza strinse i pugni, graffiandosi i palmi, e si sentì
tremendamente impotente e
confusa. Cosa doveva fare? Chi era il suo nemico? Si voltò e
guardò l'uomo sofferente dietro di lei, notando che aveva
negli
occhi una rabbiosa rassegnazione, come una
belva intrappolata e ferita. I passi alle sue spalle si facevano sempre
più vicini, il mostro li aveva ormai quasi raggiunti, e lei
istintivamente si frappose fra lui e Loki, anche se sapeva
benissimo di non poter fare nulla. Stavolta sarebbe morta per davvero,
si disse, deglutendo nervosamente.
Improvvisamente un raggio rossastro colpì l'orribile
creatura
alle spalle, mentre un altro mostro verde gli si gettava addosso
urlando. Dopo un primo momento di sconcerto, la ragazza riconobbe le
fattezze del più popolare tra i Vendicatori, Iron Man, e i
contorni del più famigerato, Hulk, ingaggiare una lotta
contro
quel misterioso nemico.
Guardandoli con riconoscenza, la ragazza approfittò del loro
provvidenziale aiuto e
schiacciò velocemente il pulsante di risalita
dell'ascensore.
Questa volta sarebbe scappata, e di corsa. Si girò
nuovamente
verso Loki, che faticava a tenere gli occhi aperti e sembrava in
procinto di perdere conoscenza. Il fondo
dell'ascensore era ormai completamente imbrattato del suo
sangue.
Cosa
doveva fare con lui?
Lui la fissò in modo strano,
doloroso, serrando strettamente le labbra. Per un momento le parve
quasi che stesse per chiederle aiuto, ma poi il suo sguardo si
adombrò nuovamente, accecato da un orgoglio che non voleva
ammettere la propria debolezza. Quando l'ascensore si fermò
con
uno scatto secco, però, gli sfuggì un mugolio
dalle
labbra, e a Sarah non servì altro
per decidere.
Afferrò con entrambe le mani la lancia conficcata
nella sua carne e con uno sforzo sovrumano riuscì ad
estrarla.
Il viso del dio impallidì e si tese per il tremendo dolore,
che
lo costrinse ad appoggiarsi alla parete metallica con entrambe le mani.
Notando che si reggeva in piedi a fatica,
Sarah mise un braccio sotto le sue spalle e uscì
dall'ascensore con slancio, sperando di essere
abbastanza forte da sorreggerlo, dato che era più alto di
lei di
almeno quindici centimetri. Per fortuna l'adrenalina, unita al suo
istinto di sopravvivenza la fecero sentire più resistente di
quel che
era.
Corse lungo il corridoio trascinandosi dietro Loki, che perdeva
visibilmente energia ad ogni passo, facendo barcollare anche
lei.
Quando raggiunse la porta del garage si sentiva già
stremata,
tanto che non riuscì ad aprire il maniglione antipanico al
primo
tentativo e dovette scagliarsi con impeto contro la porta un paio
di volte per far scattare il meccanismo. Quando finalmente la porta si
aprì, per poco non rotolò giù dalle
scale,
trascinata dalla foga della rincorsa, ma Loki la afferrò
provvidenzialmente per un braccio, reggendosi al
corrimano. Sarah
espirò rumorosamente e gli rivolse un cenno di gratitudine,
al
quale lui rispose con un'occhiata irritata, e ricominciò a
scendere le scale poggiandosi a lei, ormai sempre più debole.
Attraversato velocemente il parcheggio, Sarah mise una mano in tasca, e
ne estrasse le chiavi
del suo pick-up. Una volta aperta la portiera,
aiutò con un
ultimo sforzo Loki a posizionarsi sul sedile
del passeggero, allacciandogli la cintura. Poi si salì sul
sedile del guidatore, mise in moto, e partì a razzo. La
sbarra
di controllo era abbassata, ma lei non la vide nemmeno, e si rese conto
di averla sfondata solo quando dei detriti di plastica e metallo
finirono sul parabrezza. Presa dal panico, attivò i
tergicristalli e in un attimo si ritrovò in strada,
accelerando
come
una furia.
L'edificio dello S.H.I.E.L.D. era ormai alle loro spalle da un po'
quando si decise a voltarsi verso Loki, che emetteva dei gemiti
sofferenti di fianco a
lei e si premeva una mano sulla ferita. Lui la fissò
infastidito, riparandosi dietro un finto sorriso colmo di sarcasmo e
amarezza, e mormorò a mezza voce:
"Perché...mi stai...aiutando...? Io ti
avrei...uccisa...stupida mortale..."
Confusa, Sarah voltò il viso di scatto, tornando a fissare
la
strada. A quella domanda non sapeva rispondere nemmeno lei, ma non ebbe
bisogno di dire nulla, dato che lui perse i sensi immediatamente dopo.
La ragazza guardò con apprensione il traffico e il viavai di
persone al di là del parabrezza, tentando di mantenere
un'andatura controllata. Era ancora
giorno, e quindi era pieno di gente. Se qualcuno si fosse accorto
dell'identità del suo passeggero, avrebbe di certo
creato
il caos. Dove
sarebbe potuta andare?
***
ANGOLO
CURIOSITÀ - Il valore delle recensioni
Questo è stato decisamente il capitolo più
difficile da
scrivere e quello a cui ho apportato maggiori modifiche. All'inizio non
era prevista tanta azione, e rileggendolo mi sono resa conto che la
descrizione degli eventi era un pò confusa,
soprattutto
nella parte finale. (Anche perché io ho il vizio di cambiare
continuamente punto di vista...ehm... ^^'') Ora l'ho corretto, e sono
decisamente più soddisfatta, anche se in certi momenti mi
sembra
che la fuga acquisti delle sfumature quasi comiche!! XD Spero che
piaccia anche così... :)))
Colgo l'occasione per ringraziare chiunque mi abbia recensito,
è
stato uno stimolo fondamentale per continuare e finire la storia, e in
particolar modo vorrei ringraziare NymLoveLoki, la mia 'recensionista'
di fiducia, e una delle primissime inseguitrici della storia; che
già alla prima stesura mi fece notare alcune incongruenze in
questo capitolo, cosa che mi ha aiutato moltissimo a modificare
ulteriormente la trama. Posso davvero dire che l'inizio del prossimo
capitolo e alcune dinamiche che ne sono seguite sono nati grazie ad una
apprezzatissima critica costruttiva! ^__^
Un bacio! :*
Sayuri
|
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Capitolo 7 *** Un rifugio sicuro ***
Capitolo 7 - Un rifugio sicuro
Capitolo 7
– Un rifugio sicuro
LABORATORIO S.H.I.E.L.D.
L'emissario di Thanos era furente.
Com'era possibile che quei due miseri mortali gli potessero tener
testa? Per di più l'asgardiano era sparito. Ma questo, in
realtà, non era affatto un problema. In fondo la sua
sentenza era già stata emessa, non era più
necessario portarlo al di là del portale. Sarebbe morto
entro alcuni giorni, dilaniato dal dolore, proprio come gli era stato
preannunciato.
Il piano di vendetta di Thanos era perfetto.
Prima lo aveva trasportato su Midgard attraverso il suo portale,
risucchiandogli ogni energia e riducendo così tutto il suo
potere, in modo che non potesse sperare di difendersi. Poi aveva
intriso la lama di una lancia con il veleno più potente
dell'universo, il suo stesso sangue, comandandogli di usarla per
colpire e trafiggere Loki in profondità, anche se non
mortalmente. La ferita del dio asgardiano si sarebbe di certo
rimarginata velocemente, ma il veleno sarebbe rimasto nella sua carne,
e lo avrebbe consumato dall'interno. Lentamente. Lo aspettava una
lunghissima agonia.
La sua unica possibilità di salvezza sarebbe stata, forse,
quella di estrarre subito la lancia, ma era di certo troppo debole per
farlo, e il sangue di Thanos entrava in circolo molto rapidamente,
causando uno stato di incoscienza entro pochi minuti.
Ora gli restava solo una cosa da fare, pensò l'emissario di
Thanos. Facendo appello a tutta la sua forza scaraventò
l'uomo con l'armatura metallica addosso al mostro verde, che si
schiantarono rumorosamente contro una parete. Poi afferrò lo
scettro del suo padrone, che giaceva incustodito su un tavolo, e lo
usò per riaprire il portale, sparendo al di là di
esso nel giro di pochi secondi.
Nick Fury raggiunse zoppicando Stark e Banner, che si stavano rialzando
a fatica.
"Bè, capo, a quanto pare abbiamo un problema" disse Stark,
scuotendo via la polvere e i detriti dalla sua armatura.
"Solo uno?" ironizzò Banner. "Quell'essere si è
portato via lo scettro, che, come ben sappiamo, ha un potere enorme. E
non sembrava di certo avere intenzioni pacifiche, a giudicare dal fatto
che ha attaccato pure Loki..."
"Già, l'ha infilzato come uno spiedino! A quanto pare il
piccolo principe ombroso non riesce proprio a farsi degli amici..."
constatò Stark, non riuscendo a trattenere un sorriso.
"Non mi importa niente delle controversie di Loki, tranne quando queste
coinvolgono la Terra. Dobbiamo recuperare la nostra cara
'divinità' e farci dire chi è questo nuovo nemico
e cosa vuole. Evidentemente lui è l'unico a conoscerlo"
affermò Fury, con tono teso.
"E se non volesse collaborare?" chiese divertito Stark.
"Collaborerà" rispose Fury, fissando Banner, che
abbozzò un mezzo sorriso.
In quel momento le porte dell'ascensore si aprirono, e ne
uscì Captain America, trafelato. Aveva un'aria estremamente
preoccupata, ma quando vide che i tre stavano bene tirò un
sospiro di sollievo.
"Il mio Vendicatore preferito!" urlò Stark, dandogli una
manata sulle spalle "Sei venuto a salvarci, nonnetto? Troppo tardi,
come vedi, ce la siamo cavata egregiamente anche senza di te".
Rogers gli rifilò un'occhiataccia, e poi disse: "Che
è successo? Nell'ascensore c'è parecchio sangue,
ho temuto che uno di voi..."
Fury lo interruppe bruscamente "Ti aggiorneremo tra poco, ho convocato
una riunione dei Vendicatori nel mio ufficio. Comunque il sangue non
è nostro. E' di Loki."
"Loki?!" chiese allibito Capitan America "Era qui?!"
Fury si bloccò, irrigidendo la mascella "Come sarebbe a dire
era? Non
l'avete trovato? A giudicare da come era ridotto, non può
certo essere andato lontano."
Rogers lo fissò con un'espressione smarrita. "No, abbiamo
perlustrato ogni piano, ma non c'è nessuno...Sembra
però che qualcuno sia fuggito in auto dal garage al piano di
sopra, la sbarra di controllo era sfondata..."
I quattro si guardarono in silenzio per qualche secondo, percorsi dalla stessa ansia
e dalla stessa sensazione di impotenza.
Poi Stark parve avere un'illuminazione: "La ragazza!"
esclamò battendosi un pugno sulla mano.
"Quale ragazza? Di che stai parlando?" domandò Banner.
"In ascensore, insieme al bellimbusto, c'era pure una ragazza. Altezza
media, fisico niente male, capelli castani lunghi e ondulati...magari
l'ha costretta ad aiutarlo."
Fury si massaggiò le tempie con una mano, irritato, e disse,
con un fil di voce: "Perfetto. Rintracciarlo ora sarà quasi
impossibile. Abbiamo bisogno di Thor, subito. E' già
arrivato?" chiese fissando Steve Rogers.
Il capitano scosse la testa, desolato. "No, non riusciamo in nessun
modo a comunicare con lui, né a rintracciarlo. Ma, forse,
dato che Loki è apparso qui all'improvviso, mentre avrebbe
dovuto essere in prigione, è successo qualcosa pure ad
Asgard....".
Nel laboratorio cadde un silenzio carico di tensione e di dubbi.
Nemmeno Stark riuscì a rendere l'atmosfera meno pesante, non
gli veniva in mente nessuna battuta, nessuna frase tagliente.
Mentre si incamminava mestamente verso l'ascensore, Nick Fury
sentì nascere dentro di sé una rabbia bruciante.
Ancora una volta erano totalmente impreparati.
Era proprio una stupida, si disse Sarah. Ma che accidenti le diceva il
cervello? Perché, almeno per una volta, non aveva fatto
semplicemente la cosa più logica e sensata, invece di
seguire il suo folle istinto? Quanto avrebbe voluto essere come sua
sorella Jane, assennata e scaltra.
Ma lei era sempre stata la ribelle di casa, la bambina impulsiva e
testarda che finiva sempre per cacciarsi nei guai. E, da quando sua
madre era morta, la situazione era diventata ogni anno sempre
più insostenibile, tanto che, cinque anni prima, non appena
aveva compiuto diciotto anni, era fuggita.
Aveva abbandonato tutto e tutti, senza dare più notizie,
sentendosi finalmente libera dal peso di un paragone che le stava da
molti anni troppo stretto.
Che ingenua, si disse. E' impossibile fuggire da se stessi, lo aveva
capito troppo tardi.
E ora, quando stava finalmente iniziando a ricucire i rapporti con sua
sorella, ecco che rovinava tutto un'altra volta.
Per cosa, poi?
Per salvare una divinità aliena pazza e contorta, che pochi
mesi addietro aveva cercato di schiavizzare l'umanità, e che
qualche minuto prima la stava per uccidere con il sorriso sulle labbra?
Sarebbe dovuta tornare indietro, riconsegnare Loki nelle mani dei
Vendicatori.
O magari andare alla polizia, e spiegare cos'era accaduto.
Avrebbe potuto perfino scaricarlo davanti al primo ospedale, per poi
fuggire via, ritornare alla sua vita, dimenticare.
Invece se ne stava ferma sul ciglio della strada da ormai dieci minuti,
con la testa e le braccia appoggiate al volante, singhiozzando come una
bambina.
Sollevò la testa, provando a calmarsi, e si
asciugò gli occhi con la manica della sua maglia viola.
L'uomo di fianco a lei emise un sussurro strozzato, e lei volse i suoi
occhi bagnati verso di lui. Aveva lo sguardo offuscato dalle troppe
lacrime, ma capì che stava soffrendo intensamente.
Guardò la sua ferita, e notò stupita che si stava
rimarginando velocemente e che ormai non sanguinava più.
Forse stava guarendo.
Incerta e tremante, allungò un braccio verso di lui,
poggiandogli una mano sulla spalla. Provò a scuoterlo
dolcemente, ma non ottenne nessuna reazione. Fece un profondo sospiro e
riprovò. Niente. Osservò il suo viso,
così pallido e sofferente, e provò un assurdo
moto di tenerezza. Sembrava un bambino triste, che si era addormentato
controvoglia.
Sarah sospese la sua mano vicino al volto del dio, che
emetteva dei respiri affannosi e irregolari, e gli scostò i
capelli dal viso. Non appena la sua pelle toccò quella di
Loki, si sentì mancare. Era bollente, come se avesse la
febbre altissima. Non stava affatto guarendo, anzi.
Senza pensarci due volte rimise in moto l'auto e imboccò
l'autostrada. Aveva bisogno di andare in un luogo tranquillo, in cui
potersi rifugiare. Poi avrebbe pensato a cosa fare.
Sorrise a malincuore, accelerando.
C'era solo un posto in cui si era sentita al sicuro, un solo posto che
potesse chiamare casa.
Ed era lo stesso da cui era fuggita cinque anni prima.
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Capitolo 8 *** Febbre e incubi ***
Capitolo 8 - Febbre e incubi
Capitolo
8 –
Febbre e incubi
Sarah
guidava da ormai più di un'ora, e aveva gli occhi stanchi e
indolenziti quando cominciò a riconoscere i contorni del
quartiere
periferico in cui era cresciuta. Era un piccolo agglomerato di case
in legno, circondato da campi coltivati e da qualche piccola
fabbrica. Sembrava che lì il tempo si fosse fermato. La
ragazza
iniziò a rallentare, intravedendo in lontananza il profilo
di un
edificio dolorosamente familiare. Girò a sinistra,
percorrendo un
vialetto non asfaltato, delimitato su entrambi i lati da campi di
grano e alberi in fiore.
Quando
frenò e spense il motore, era davanti a una graziosa casa in
legno a
due piani, tinta di bianco, ma dall'aspetto leggermente trascurato.
Scese dall'auto con il cuore in gola e percorse a fatica i gradini
che la separavano dalla porta d'entrata. Tutte le finestre erano
chiuse, coperte da persiane color lavanda, e dall'interno non
proveniva nessun rumore. Sarah si alzò sulle punte, tastando
il lato
superiore dell'infisso della porta, finché non
trovò quel che
cercava. Sorrise malinconica; dopo tutti quegli anni la chiave di
riserva che lei stessa aveva nascosto era ancora nello stesso posto.
Aprì la serratura con lo sguardo basso ed attese qualche
istante,
immobile, come ipnotizzata dall'incessante canto dei grilli portato
dalla tiepida brezza serale. Poi si riscosse, scacciando i pensieri
cupi che si stavano facendo strada nella sua mente, ricordando il
motivo per cui si stava addentrando in quella casa silenziosa,
infestata da ricordi.
Scoprì
con disappunto di avere le mani che tremavano e fu con non poca
difficoltà che riuscì ad aprire alcune finestre,
dalle quali iniziò
a penetrare pigramente la luce rossastra del tramonto. Affannata, si
guardò attorno con più attenzione e si sorprese
di vedere molta
meno polvere di quante se ne potesse aspettare dopo quattro anni di
abbandono. Sul tavolo c'era persino un vaso di vetro con dei fiori,
ormai quasi completamente secchi, che sembravano non avere
più di un
paio di mesi.
La
ragazza fece un mezzo sorriso. Jane. Evidentemente sua sorella
tornava spesso nella loro vecchia casa, cercando di tenerla il
più
possibile in ordine, come si fa con un tesoro prezioso che non si
può
più riavere indietro, ma che non si vuole abbandonare.
Si
diresse con decisione verso una stanza in fondo ad un corto
corridoio, adiacente alle scale. Aprì di fretta le due
grandi
portefinestre al centro di una parete, che davano su un ampio balcone
in pietra, completamente spoglio. In mezzo alla camera c'era un letto
matrimoniale, dal quale Sarah tolse il pesante copriletto, che
appoggiò al muretto esterno del balcone. Era già
metà giugno, e
faceva decisamente troppo caldo per quello, bastava il lenzuolo.
Poi
corse trafelata verso il suo pick-up, aprì la portiera del
passeggero e slacciò la cintura a Loki. Nel passargli
così vicino
avvertì più chiaramente il calore che emanava il
suo corpo, e il
suo respiro ansante. Facendo appello alle sue ultime energie, lo
afferrò da dietro, passandogli le braccia sotto le ascelle e
incrociandole sul petto dolorante del dio. Lo trascinò a
fatica in
casa, indietreggiando lentamente, attenta a non provocare ulteriori
scossoni a quel corpo già duramente provato.
Quando
finalmente riuscì a sdraiarlo sul letto, sistemandogli la
testa sul
morbido cuscino, si sedette accanto a lui sul ciglio del materasso.
Lo guardò preoccupata, notando che l'uomo emetteva dei
gemiti
sommessi e che sembrava indebolirsi sempre più. Gli
poggiò il dorso
della mano sulla fronte, constatando che era ancora bollente.
Deglutì
a fatica.
Che
poteva fare?
Decise
che era il caso di controllare la sua ferita, per vedere se si era
veramente rimarginata. Imbarazzata, iniziò a slacciare le
cinghie
che tenevano chiusa la parte superiore di quel suo strano abito e,
con le mani che tremavano, gli sfilò il più
delicatamente possibile
quella stoffa rigida e logora dalla pelle, gettandola a terra.
Rimase
senza fiato. Sul corpo definito e perfetto del dio, intorno alla
ferita ormai quasi cicatrizzata, si estendeva una preoccupante
macchia nero-bluastra. Sarah sfiorò quella porzione di pelle
bollente con la punta della dita, e Loki si irrigidì
nell'incoscienza, emettendo un lamento strozzato.
Una
specie di infezione, pensò la ragazza, lo stava divorando
dall'interno, causandogli una febbre altissima ed evidentemente anche
dei dolori lancinanti. Ancora una volta si scoprì a provare
per lui
quella strana compassione, che nasceva nel suo petto e le riempiva il
torace, quasi soffocandola. Voleva aiutarlo. Ma era da sola, e non
c'era molto che potesse fare, a parte forse tentare di abbassare la
sua temperatura corporea.
Si
precipitò nel grande bagno adiacente alla camera, e
riempì una
bacinella di acqua gelida. Poi aprì la cassapanca ai piedi
del
letto, estraendone un vecchio lenzuolo bianco e lo strappò
in tante
strisce, che poi immerse nell'acqua fredda. Usando quelle bende
improvvisate avvolse l'addome del dio, cercando di donargli un po' di
refrigerio. Inumidì anche un altro pezzo di stoffa
più piccolo, e
lo usò per detergere il sudore leggero che imperlava la
fronte e le
tempie di Loki, il quale sembrò distendersi e provare un
certo
sollievo.
Dopo
circa mezz'ora gli cambiò la fasciatura, notando con
soddisfazione
che la sua pelle sembrava un po' meno calda di prima, e poi si
sdraiò
accanto a lui, stremata. Ormai era notte e lei aveva vissuto
probabilmente la giornata più stressante e distruttiva della
sua
intera esistenza. A poco a poco il suo cuore iniziò a
rallentare i
battiti e si sentì scivolare nel sonno pesantemente, come un
sasso
lanciato in uno stagno, e chiuse gli occhi.
La
svegliò di soprassalto un grido disumano, che
squarciò il buio e il
silenzio delle ore solitamente più calme della notte.
Aprì gli
occhi di scatto, spaventata, e si mise seduta cercando freneticamente
l'interruttore della piccola lampada sul comodino. Nella stanza si
diffuse una luce tenue e Sarah capì che era stato Loki ad
urlare. Lo
vide contorcersi nelle lenzuola, i capelli arruffati gli coprivano
metà del volto, che sembrava una maschera di dolore.
Urlò di nuovo,
in modo tremendo, angosciante, in preda ad una sofferenza dilaniante
che ne sconvolgeva i lineamenti e la voce. Sarah era terrorizzata, e
sentì quel grido disperato rimbombarle nelle orecchie,
ancora e
ancora. Senza rendersene conto accolse tra le sue fragili braccia
quel corpo straziato, caldo, tremante; sussurrandogli parole piene di
dolcezza e speranza. Lo strinse con delicatezza, gli
accarezzò i
capelli, e sentì dentro di sé tutto il suo
dolore. Lui rispose al
suo gesto con un abbraccio infantile, privo di ogni malizia,
avvolgendole i fianchi e appoggiandole il capo sul petto. Poteva
sentire il suo respiro irregolare, scandito da un sonno agitato
ricolmo di incubi e di dolore inenarrabile.
Parlava
nel sonno, il dio dell'Inganno, e anche se Sarah non comprendeva le
sue parole, gridate in qualche lingua sconosciuta, ne avvertiva il
senso, perché nel suo cuore erano racchiusi gli stessi
sentimenti.
Solitudine. Angoscia. Disperata rassegnazione.
Riuscì
a capire una sola parola, che Loki sussurrò al suo orecchio
prima di
scivolare, finalmente, in un sonno più tranquillo, dopo ore
di
agonia. La strinse più forte, togliendole il fiato, e
mormorò con
un fil di voce:
"Madre..."
Una
strana sensazione di calore si diffuse nel basso ventre della
ragazza, causandole un fortissimo capogiro e un'improvvisa
spossatezza. Perse i sensi poco dopo, con gli occhi pieni di lacrime.
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Capitolo 9 *** Il risveglio ***
Capitolo 9 - Il risveglio
Capitolo 9 –
Il risveglio
Quando
Sarah finalmente si risvegliò, con un forte mal di testa,
era
ancora tra le braccia di Loki e il sole era già alto
all'orizzonte.
Si alzò controvoglia, liberandosi a fatica da
quell'abbraccio
così strano, così sbagliato e così
inspiegabilmente confortevole. Notò con sollievo che la
macchia
scura sull'addome del dio sembrava essersi leggermente rimpicciolita,
ma il suo corpo era ancora caldissimo, divorato dalla febbre.
Si
stropicciò gli occhi e poggiò i piedi nudi a
terra,
rabbrividendo per il contatto con il pavimento gelido, e si diresse
verso il bagno, dove riempì di nuovo la bacinella di acqua
fredda. Mentre l'acqua scorreva, osservò il suo riflesso
nello
specchio. Era ridotta ad uno straccio. Occhiaie nere, viso
pallidissimo, capelli in disordine e vestiti sgualciti, ancora sporchi
del sangue di Loki. Aveva decisamente bisogno di una doccia, e anche di
mangiare qualcosa. Sospirò sconsolata, alzando le spalle. In
che
guaio si era cacciata!
Tornò
in
camera, fasciò di nuovo il corpo caldo del dio, bagnandogli
la
fronte. Lo osservò qualche istante, ricordando la rabbia e
la
disperazione nella sua voce. Per quanto ancora sarebbe rimasto in
quello stato di incoscienza? Come il giorno precedente, aveva il
respiro affannoso e irregolare e quell'espressione sofferente sul viso.
Provò a stringergli una mano, ma non ottenne nessuna
reazione.
Deglutì lentamente, alzandosi dal bordo del materasso,
lasciandogli la mano. Si sentiva stranamente stordita, e
indietreggiò incerta, con la testa che girava.
Si
rese conto
che non aveva nemmeno un cambio di vestiti, quindi aprì la
cassapanca ai piedi del letto, scavando sotto lenzuola e vecchie
tovaglie. Le capitarono in mano un paio di pantaloni di pelle scuri e
una camicia bianca appartenuti al padre. Li tenne da una parte, forse
sarebbero potuti andare bene per il suo ospite, pensò. Sul
fondo
trovò alcuni vestiti di sua madre e, non appena li strinse
tra
le dita, le scese una lacrima. Quanto le mancava. Trovò quel
vestito leggero che metteva così spesso, del suo colore
preferito, il viola; una gonna nera di cotone e una camicetta rossa a
pois bianchi a maniche corte.
Scelse
la gonna
e la camicetta e si diresse verso il bagno. Accostò la
porta,
aprì l'acqua della doccia e iniziò a spogliarsi.
Nel
mobile sotto al lavandino trovò una saponetta uguale a
quelle
che usava da bambina, al profumo di fragola e ciliegia. Sorrise. Si
lavò con calma, assaporando la dolce pressione dell'acqua
tiepida sulla pelle, e si lasciò scorrere a lungo l'acqua
sul
viso e sui capelli. Mentre i suoi muscoli tesi ed indolenziti pian
piano si rilassavano, chiuse gli occhi e cercò di non
pensare a
niente per qualche minuto.
A fatica,
Loki
riuscì a riaprire leggermente le palpebre. Non capiva dove
fosse, e tutto gli appariva sfocato e distorto. Provò a
muoversi, ma tutto il suo corpo era come paralizzato, percorso da fitte
simili a scariche elettriche. Nel torpore che gli annebbiava la mente,
si chiese se era davvero possibile che fosse ancora vivo.
Tentò
di riallineare i suoi ricordi, ma nella sua mente presero forma solo
immagini confuse. Lo scettro. La prigione. Thanos. I Vendicatori. Thor.
Non riusciva a mettere insieme i pezzi. Vide un'altra figura, dai
contorni indefiniti, emergere tra i frammenti della sua memoria.
Sembrava una donna, la stessa che gli era apparsa quella notte, mentre
era preda di quegli incubi angoscianti che lo stavano trascinando
inesorabilmente verso il buio, verso la morte. Lo osservava,
tendendogli una mano. All'inizio credeva che fosse sua madre, ma la sua
voce era diversa. Gli aveva parlato dolcemente, allontanandolo poco a
poco dal quel dolore che lo stava uccidendo. Chi era?
All'improvviso
sentì alla sua sinistra il rumore di una porta che si
apriva, e
dei passi. Volse lo sguardo in quella direzione e vide qualcuno
camminare verso di lui e fermarsi a pochi passi, dandogli la schiena.
Socchiuse ancora di più i suoi occhi verdi, tentando di
mettere
a fuoco quella persona. Riconobbe la ragazza del suo sogno, e
istantaneamente cominciò a ricordare. La prigionia su
Asgard,
l'arrivo inaspettato su Midgard. La fuga dal laboratorio, la sua ferita
mortale. Quella era la stupida umana che l'aveva soccorso. La vista gli
si appannò di nuovo e fu costretto a richiudere gli occhi.
Le
sue pene non erano ancora finite. Prima ancora di poter pronunciare una
sola parola, ripiombò nell'incoscienza.
Sarah
ebbe l'inquietante sensazione di essere osservata e si voltò
di scatto, impaurita.
Era
solo
un'impressione, si disse. Loki aveva ancora gli occhi chiusi e non si
era mosso di un millimetro, perso nel suo sonno crudele. Non sapeva
bene cosa fare, quindi cambiò nuovamente le sue bende,
sperando
che servisse davvero a qualcosa.
Una
volta
finito, sentì un forte brontolio allo stomaco. Aveva
assolutamente bisogno di mangiare, dato che non toccava cibo da ormai
un giorno intero. Frugò in tutta la cucina ma non
trovò
niente, la dispensa ovviamente era vuota e il frigorifero non
funzionava nemmeno. Sospirò, passandosi nervosamente una
mano
tra i capelli: non aveva soldi, solo qualche dollaro che aveva infilato
in tasca distrattamente insieme alle chiavi della sua auto. La sua
borsa invece era rimasta allo S.H.I.E.L.D., con dentro documenti e
portafoglio. Impallidendo, si chiese se la stessero cercando, se Jane
fosse in pensiero per lei. Ovviamente era così, ma di certo
non
l'avrebbe mai cercata in quel posto, che lei aveva sempre finto di
odiare.
Si
massaggiò le tempie, cercando una soluzione.
Ricordò che
a qualche minuto di cammino abitava la signora Collins, un'anziana
donna che con lei era sempre stata molto gentile. Era la sua unica
possibilità. Lanciò un'occhiata a Loki,
chiedendosi se
fosse il caso di lasciarlo solo. Il suo respiro era sempre irregolare,
il viso segnato dal dolore. Si disse che avrebbe fatto presto.
Corse
fuori,
incespicando sui gradini di legno, e percorse a passo svelto il
vialetto ricoperto di sassolini bianchi, che schizzavano via al suo
passaggio.
Dopo
pochi
minuti si ritrovò davanti a una casa simile alla sua, ma
tinta
di giallo chiaro. Si precipitò alla porta e bussò
freneticamente sul vetro. Venne ad aprire una signora sui sessant'anni,
vestita con una vestaglia azzurra e senza maniche. La signora Collins.
Sul volto aveva un'espressione gentile e sorpresa. Probabilmente
l'aveva riconosciuta, ma non disse niente.
"B-buongiorno"
balbettò Sarah "scusi se la disturbo, ma avrei bisogno di
aiuto.
Sono affamata e ho perso borsa e portafoglio, quindi non posso comprare
nulla. Ho solo questi spiccioli, ma se per lei va bene potrei
scambiarli con un pezzo di pane, anche vecchio, non c'è
problema, mi va bene qualsiasi cosa." Parlò tutto d'un
fiato,
con la testa bassa, allungando verso la donna la mano contenente i
pochi dollari che aveva con sé.
La
signora Collins sorrise intenerita.
"Aspetta
un attimo" disse con tono materno, e rientrò in casa, senza
toccare i soldi che Sarah le offriva.
La ragazza rimase interdetta. Aspettò vari minuti, che le
sembrarono interminabili. Stava quasi pensando di andarsene quando la
donna finalmente uscì, e le porse un cestino in vimini con
della
frutta, alcune verdure fresche, del pane e una decina di uova. Sarah
rimase a bocca aperta, e la signora Collins approfittò della
sua
incredulità per infilare nel cesto anche alcune banconote.
"Fra
poco i
miei figli verranno a prendermi e starò fuori
città per
due settimane" spiegò l'anziana signora "non posso
abbandonarti
a te stessa, non proprio ora che sei tornata".
La
ragazza
annuì debolmente, mormorando un 'grazie', sempre
più
sorpresa. Poi abbracciò con riconoscenza quella donna
così buona e altruista, e tornò velocemente verso
casa
sgranocchiando una mela. Forse la fortuna stava iniziando a girare
dalla sua parte. Forse, per una volta, stava facendo la cosa giusta.
Rientrata
in
casa cambiò nuovamente le fasciature a Loki, che sembrava
stare
un po' meglio, e provò a rilassarsi. Dato che
miracolosamente i
fornelli funzionavano ancora, si preparò una bella cenetta:
un
paio di uova strapazzate, con zucchine alla griglia e un del pane fatto
in casa. Dopo aver mangiato con gusto, appoggiò le braccia e
la
testa sul tavolo di legno della cucina, scivolando in un sonno leggero,
sazia e rinfrancata. Non si rese conto del tempo che passava e in un
attimo era già buio.
Come
la notte
precedente, fu svegliata di soprassalto dalle grida disperate di Loki.
Corse da lui, tentando di strapparlo via da quella tremenda
disperazione che gli scuoteva le membra, combattendo insieme a lui un
oscuro nemico.
Andò
avanti
così per alcuni giorni. Durante le ore di luce Sarah si
riposava, mentre notte dopo notte assisteva a quell'insopportabile
tortura, chiedendosi come facesse quell'uomo, che in realtà
non
era che un ragazzo, a sopravvivere a tanta sofferenza. Com'era
possibile che si meritasse davvero una così severa
punizione? Se
lo chiedeva ogni sera, sdraiandosi accanto a lui, pronta ad accoglierlo
tra le braccia durante i suoi deliri strazianti, sussurrandogli con
voce tremante parole di conforto.
E,
giorno dopo giorno, la macchia scura sul corpo del dio continuava a
regredire.
Forse
quel calvario
sarebbe presto finito, pensò Sarah una mattina, dopo la
quinta o
sesta notte che non chiudeva occhio. Come sempre si fece una doccia,
provando a lavare via quel dolore che ormai sentiva anche suo.
Indossò il vestito viola della madre, che le calzava a
pennello,
mettendo in risalto le sue forme armoniose. Si guardò allo
specchio, infilando dietro le orecchie i capelli umidi, e vide riflessa
sul suo volto una domanda a cui temeva di dare una risposta.
Se
e quando Loki si fosse svegliato, cosa
ne sarebbe stato di lei?
Provò
una strana ansia. Mentre lui dormiva lo poteva gestire, aveva imparato
a controllare la situazione, ma come poteva relazionarsi con lui da
sveglio? Cosa le avrebbe fatto?
Le
venne la
pelle d'oca, e si sentì sopraffare dalla preoccupazione,
avvertendo dentro di sé una sgradevole sensazione di
pericolo.
Uscì dal bagno con il cuore che batteva all'impazzata e
alzò istintivamente gli occhi.
Fece
solo un
passo e si bloccò, irrigidendo tutto il corpo. Avrebbe avuto
presto la risposta alle sue domande. Loki era seduto sul letto,
appoggiato allo schienale, completamente sveglio.
E
la stava fissando, con un'espressione indecifrabile e sinistra dipinta
sul volto.
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Capitolo 10 *** Sguardi e parole ***
Capitolo 10 - Sguardi e parole
Capitolo 10
– Sguardi e parole
Sarah trattenne il fiato, paralizzata da quello sguardo
magnetico.
Lui incrociò le braccia sul petto, aggrottando la fronte
indispettito, e continuò a fissarla con quel mezzo sorriso,
senza dire una parola.
Nonostante
facesse
fatica a respirare, la ragazza decise di rompere quel silenzio
imbarazzante, strinse i pugni e mormorò con voce tremante:
"Ben...ben
svegliato..."
Le parole
le morirono
in gola e si bloccò, senza sapere che altro dire. Non
riuscì più a sostenere lo sguardo del dio e
abbassò gli occhi, confusa. Capì di essere
arrossita
visibilmente quando sentì Loki sogghignare; doveva
sembrargli
davvero patetica.
Le cadde
lo sguardo
sui vestiti del padre che aveva tenuto da parte per lui, e
trovò
il coraggio di fissare di nuovo quegli occhi verdi. Cercò di
formulare nella sua mente una frase di senso compiuto, ma era difficile
concentrarsi su qualcos'altro che non fosse quello sguardo, che la
inghiottiva poco a poco.
Decise
allora di
muoversi, e afferrò i vestiti, avvicinandosi velocemente al
letto. Li porse a Loki con un gesto secco. Lui la squadrò in
modo interrogativo e
finalmente
parlò:
"Che cosa
vuoi, mortale?"
Era
abituata a sentire
quella voce piena di dolore e disperazione, mentre ora avvertiva una
nota bassa e tagliente nelle sue parole, che pronunciava in modo gelido
e diffidente. Fu percorsa da un brivido e non riuscì a
rispondergli. Lui sospirò spazientito, alzandosi in piedi,
sovrastandola. Sarah si irrigidì e fu costretta ad alzare i
suoi
occhi neri, che fissavano spalancati le labbra di Loki mentre
scandivano nuovamente la stessa domanda:
"Che cosa
vuoi,
mortale? Che sono quelli?" le chiese indicando con un cenno del capo i
pantaloni e la camicia che gli stava porgendo. La ragazza si
schiarì la voce, doveva decidersi a parlare, subito,
altrimenti
quello non ci avrebbe pensato due volte a toglierla di mezzo.
"S-sono
vestiti
per...per te. Quelli che avevi sono praticamente immettibili, e poi hai
avuto la febbre per giorni, così ho pensato..."
Forse
stava parlando
troppo. Lui si avvicinò di un altro passo, sfiorando la
stoffa
della camicia con una mano, continuando a fissarla.
"...sì,
ho
pensato che questi ti potessero andare bene. S-se vuoi fare una doccia,
il bagno è laggiù.", disse voltandosi leggermente
verso
la porta semiaperta alla sua destra.
Loki la
squadrò
un'altra volta e prese i vestiti dalle sue mani, sfiorandole le dita.
Le passò accanto, urtandole leggermente una spalla e si
diresse
verso il bagno. Quando udì la porta chiudersi con un tonfo
secco, Sarah crollò in ginocchio. La testa le girava ed era
praticamente senza fiato. Quell'uomo le faceva uno strano effetto, era
in grado di disorientarla completamente. Inspirò
profondamente,
rialzandosi a fatica. Doveva stare molto attenta, e cercare di tenerlo
il più possibile a distanza.
Loki si
richiuse la
porta alla spalle con violenza, lanciando i vestiti sopra una sedia
appoggiata ad una parete. Si guardò intorno con
circospezione,
mentre apriva l'acqua della doccia. Il bagno era abbastanza grande, ma
spoglio, come se non venisse usato da tempo. Iniziò a
togliersi
quelle specie di bende che gli avvolgevano l'addome e parte del torace.
Era stata
quell'umana a medicarlo?
Strinse
le labbra, la
ferita gli faceva ancora male. Si infilò nella doccia ad
occhi
chiusi, lasciando scorrere l'acqua sui suoi capelli neri, sul suo viso
segnato da quei giorni di dolore, sul suo corpo ancora indolenzito.
Effettivamente una doccia gli ci voleva proprio, lentamente
cominciò a sentirsi più rinvigorito.
Appoggiò la
mani sulle piastrelle bianche, abbassando le testa, e aprì
gli
occhi. Pensò a cosa avrebbe dovuto fare ora. Se non fosse
stato
per la mortale, si disse leggermente disgustato, era certo che sarebbe
morto. Evidentemente Thanos ormai lo considerava tale. Come poteva
sfruttare la situazione?
Rifletté
per
vari minuti, ma non trovò una soluzione a lui conveniente.
Conosceva molto bene il potere e le mire di Thanos, e non poteva
sperare di contrastarlo e di avere salva la vita, non più.
Probabilmente era riuscito a rientrare in possesso del suo scettro,
quindi era solo questione di tempo prima che riuscisse a mettere le
mani anche sul Tesseract. Odino aveva bloccato il suo primo attacco, ma
le difese di Asgard non avrebbero retto a lungo. Persino Thor sarebbe
stato sconfitto, e il suo mondo ridotto in frantumi.
Loki
sorrise
amaramente. Di certo non sarebbe tornato ad Asgard, che senso avrebbe
avuto avvertire gli stessi idioti che l'avevano condannato e condotto
ad un passo dall'oblio? In ogni caso non avrebbero avuto speranza di
sopravvivere. Thanos non avrebbe risparmiato niente e nessuno, nel suo
folle piano di distruzione totale; nemmeno Midgard e suoi inutili
abitanti che avevano osato umiliare i suoi chitauri.
Uscì
dalla
doccia avvolgendosi in un morbido asciugamano. Non aveva senso pensare
di combattere Thanos, non ne aveva i mezzi, nessuno li aveva.
Sbuffò irritato. Invece di marcire nella buia prigione
asgardiana, sarebbe morto su quell'insulso pianeta, in quella casa
ammuffita. Insieme a quella stupida mortale.
Si
massaggiò le
tempie nervosamente, ogni volta che chiudeva gli occhi sentiva l'odore
della sua pelle, che emanava un dolce profumo di frutta, e gli veniva
il voltastomaco. Come aveva osato toccarlo, come aveva osato salvarlo?
Non riusciva ad accettarlo eppure, per qualche misterioso motivo, non
provava il desiderio di ucciderla. Comunque gliel'avrebbe fatta pagare.
Avrebbe trovato il suo punto debole, per poi farla soffrire lentamente.
Sorrise
soddisfatto.
Almeno sapeva come passare il tempo, mentre aspettava la fine. Il fato
concedeva al dio dell'Inganno un'ultima occasione per divertirsi, e lui
non l'avrebbe di certo sprecata.
Indossò
gli
abiti midgardiani e, presa la sedia, si sedette di fronte allo
specchio. Osservò sconfortato il suo riflesso, stentando a
riconoscersi. I capelli, ormai troppo lunghi, gli coprivano il volto,
nonostante continuasse a scostarli. Il suo viso era più
pallido
e magro di quanto ricordasse, conferendogli un'aria fastidiosamente
debole. Nei suoi stessi occhi lesse sfiducia, dolore e delusione. Non
era così che si aspettava il suo futuro, avrebbe dovuto
essere
un re. Ne era degno. Avrebbe dovuto essere rispettato, temuto, servito.
Invece era stato dimenticato, odiato, condannato alla solitudine e al
rimpianto.
Rimase
immobile per vari minuti, avvolto in quella cappa di sofferenza e di
impotenza.
Sarah
spiava
nervosamente verso la porta del bagno. Aveva cambiato le lenzuola del
letto e si era seduta sulla cassapanca, in attesa. Erano passati
parecchi minuti da quando Loki aveva richiuso l'acqua, eppure non era
ancora uscito, e da dietro la porta non proveniva nessun rumore. Che
stesse di nuovo male? Aspettò ancora una decina di minuti,
poi
si decise ad alzarsi. Bussò piano alla porta, tendendo le
orecchie. Nessuna risposta. Bussò di nuovo, più
forte.
Silenzio. Senza riflettere, spalancò la porta con il cuore
in
gola.
Lo vide
seduto di
fronte allo specchio, immobile, con un'espressione nervosa sul volto.
Riprese a respirare normalmente, appoggiandosi allo stipite. Sembrava
che lui non l'avesse nemmeno sentita, perso in chissà quali
oscuri pensieri. Si diresse verso di lui e, quando ormai a dividerli
c'erano solo un paio di passi, chiese:
"Stai
bene?"
Lui si
riscosse improvvisamente, mettendola a fuoco attraverso il suo riflesso
nello specchio.
Che
domanda stupida,
pensò Loki. Certo che stava bene. Stava solo riflettendo.
Gli
umani proprio non riuscivano ad evitare di essere così
fastidiosamente ansiosi ed intromettenti?
Fissò
la
ragazza con più attenzione, i suoi occhi scuri erano
spalancati,
sembrava davvero preoccupata per lui. Ridicolo. Le rivolse un sorriso
beffardo, mentre i capelli continuavano a ricadergli sugli occhi. Li
ricacciò indietro irritato, senza risultati, più
volte,
nervosamente. Sentì che lei aveva fatto un altro passo verso
di lui,
e
quando
alzò gli occhi gli era di fronte, appoggiata allo specchio.
Aveva un sorriso fastidiosamente divertito sul viso, che lo
mandò in bestia.
"Se vuoi,
te li posso tagliare" gli disse trattenendo una risata, sfiorandosi le
labbra con le dita.
Se
vuoi, ti posso far fuori con uno schiocco di dita,
pensò il dio, furente.
Poi si
rilassò,
sfoderando il suo sorriso più amichevole. Fingere
accondiscendenza l'avrebbe spinta ad abbassare la guardia, poteva
studiarla e scoprire le sue debolezze, per poi colpire senza
pietà. Alzò le spalle e rispose:
"Fa come
ti pare."
Quella
sciocca sorrise
felice, senza motivo. Aveva ragione a sentirsi superiore agli umani,
erano creature senza intelletto. La osservò aprire un
cassetto,
dal quale estrasse un paio di forbici in metallo.
Sarah si
posizionò dietro al dio, scrutando il suo riflesso nello
specchio. Era impazzita? Evidentemente sì, proprio non
riusciva
a non cacciarsi nei guai da sola. Nella sua vita aveva dovuto imparare
a cavarsela da sola in fretta, e ad arrangiarsi a fare un po' di tutto;
ma di certo la voce 'hair stylist di divinità aliene' non
rientrava nel suo curriculum. Non volle pensare a cosa le avrebbe
potuto fare se non fosse stato soddisfatto.
Afferrò
una
ciocca di capelli neri, soppesandola tra le dita e dopo pochi istanti
la tagliò di netto a pochi centimetri dalla cute di Loki,
che
non fece una piega, anzi, sembrava di nuovo perso nei suoi pensieri. La
ragazza inspirò profondamente, prese coraggio e riprese il
suo
'lavoro'. Era decisamente una situazione surreale. Lei, in quel bagno
leggermente appannato dal vapore, in cui non entrava da anni, e una
divinità aliena dallo sguardo indecifrabile; insieme. Man
mano
che i capelli neri cadevano a terra fu in grado di vedere
più
chiaramente il viso di Loki, e ne ammirò nuovamente i
lineamenti
perfetti. Aveva gli occhi più belli che avesse mai visto,
anche
se erano perennemente oscurati da un'ombra sinistra.
Stargli
così
vicino la rendeva nervosa. Ripose le forbici e gli pettinò i
capelli con le dita, lentamente, quasi assaporando quel contatto che
sentiva stranamente intimo. Lo sentì emettere un respiro
più profondo e le si appannò la vista per un
istante.
Così non andava. Aveva deciso di tenerlo a distanza. Si
allontanò velocemente da lui, mormorando un "fatto" a mezza
voce.
Loki
fissò il suo riflesso, impassibile. L'idea di essere stato toccato
da quella creatura così inferiore non lo entusiasmava
affatto,
ma per lo meno ora aveva un'aria decisamente più
presentabile e
fiera. Si passò velocemente una mano tra i capelli, dove
poco
prima lo stava accarezzando lei, quasi a cercare di cancellare il
contatto delle sue dita. Notò che si era allontanata di
alcuni
passi, volgendogli le spalle.
Si
alzò,
sorpreso di avere il respiro leggermente accelerato. La ragazza si
voltò di scatto, come se all'improvviso le fosse venuta in
mente
una cosa di vitale importanza.
"A
proposito" disse, tendendogli una mano, "io mi chiamo Sarah."
Lui
fissò
quella mano bianca sospesa a mezz'aria, interdetto. Sapeva che era un
saluto degli umani, e che avrebbe dovuto stringerla per ricambiare. Lo
fece controvoglia, ma con forza, avvertendo la pelle calda della
mortale contro la sua. La fissò negli occhi intensamente e
la
vide arrossire e schiudere le labbra, confusa. Lei ritirò di
colpo la mano e uscì dal bagno, praticamente correndo.
Non
sarebbe stato poi così difficile trovare il suo punto
debole, si disse divertito.
***
Angolo
curiosità: questione di... capelli
La scena finale
è un po' assurda, lo so. XD Eppure, una delle primissime
scene che ho immaginato di questa storia è stata proprio
quella del taglio di capelli del dio dell'Inganno. ^__^
Va bene,
confesso: non sono un'amante del capello lungo, per niente, quindi
considerate questa scena come un semplice capriccio dell'autrice, ok?
Se non vi piace, non disperate, i capelli ricrescono; altrimenti eccovi
una bella foto che potrebbe farvi cambiare idea! ;D Al momento, Loki me
lo immagino così:
Immagine
A
presto!
Sayuri
|
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Capitolo 11 *** Sensazioni ***
Capitolo 11 - Sensazioni
Capitolo 11 -
Sensazioni
Per il resto della giornata Sarah cercò di stare il
più
lontano possibile da Loki, che intanto esplorava la casa apparentemente
incuriosito, sfogliando libri o osservando vecchie foto. Spesso
però avvertiva il suo sguardo su di lei e lo scopriva
intento a
fissarla o a seguirne i movimenti. E ogni volta il suo cuore mancava un
battito.
Non si
rese nemmeno
conto del passare del tempo, finché non realizzò
che il
sole stava già tramontando. Cercò Loki, che era
sparito
da ormai mezz'ora, e lo trovò sul balcone, con i gomiti
poggiati
al muretto esterno, intento a fissare il cielo, tinto dei colori del
crepuscolo.
Alzò
lo
sguardo, seguendo quello del dio, notando il fioco luccichio delle
stelle che iniziavano a riempire la volta celeste. Si
schiarì la
voce, ma lui non si voltò neppure. Decise di parlare
comunque,
sapeva che era pienamente consapevole della sua presenza.
"Se hai
fame, ora preparo qualcosa per cena..."
Loki
volse lentamente
il viso verso di lei, che si sentì nuovamente assorbire da
quello sguardo impenetrabile. Si morse un labbro, tesa, aspettando una
risposta, e lo vide annuire rapidamente, per poi tornare a contemplare
il cielo.
La
ragazza si
avviò verso la cucina mestamente, sentendosi una sciocca.
Quel
dio, proveniente da una stella lontana, era uno spietato assassino e
con tutta probabilità la considerava una nullità.
Lui era
il nemico. Eppure, nella follia dei giorni appena trascorsi, si era
illusa di poter creare un qualche legame con lui. Credeva di aver
compreso almeno un po' il suo dolore.
Radunò
sospirando le ultime provviste rimaste e, preso un grosso coltello,
iniziò meccanicamente a tagliare le verdure.
Per poco
non si
affettò un dito quando alle sue spalle sentì il
rumore di
una sedia trascinata sul pavimento, e un tonfo leggero. Si
voltò
di scatto e vide il suo ombroso ospite già seduto a tavola,
con
la testa appoggiata ad una mano, che la guardava assorto, in attesa.
Per lo spavento le sfuggì il coltello di mano, che cadde a
terra
producendo un suono metallico, rotolando vicino ai piedi del dio. Lui
lo raccolse scocciato, e si alzò percorrendo velocemente i
pochi
passi che lo separavano da lei.
"Scusa..."
mormorò Sarah a mezza voce.
Non fece
in tempo ad
aggiungere altro che lo aveva addosso, il suo viso talmente vicino da
sentirne il respiro sulla pelle. Le poggiò con forza il
coltello
sulla gola, sorridendo. Sentì la lama gelida premerle sulla
pelle, paralizzandosi completamente. Quindi spalancò gli
occhi,
terrorizzata, pregandolo con lo sguardo di risparmiarla, cercando in
quegli occhi verdi un po' di compassione. Ma vide soltanto un sorriso
perverso e divertito.
"Stai
attenta mortale,
non credere che avrò pietà di te solo
perché credi
di avermi salvato" le sussurrò sadicamente "Tu non hai fatto
niente. Sono io che te l'ho permesso; mi è bastato fingere
uno
sguardo implorante e tu, piccola prevedibile creatura, mi hai aiutato
senza nemmeno pensare. Tu sei inferiore a me, lo sarai sempre."
Loki
minacciava
quell'umana tremante, senza però riuscire ad affondare il
coltello nel suo collo roseo e accaldato, dove pulsava freneticamente
una vena. Vide i suoi grandi occhi scuri riempirsi di lacrime e
allentò la presa sulla lama, incerto.
Perché
non riusciva a farle del male?
Le
appoggiò una
mano sulla guancia, bollente e umida di pianto, e con il pollice le
cancellò una lacrima. Era così debole,
così
indifesa, così vicina. Ne avvertiva il calore attraverso la
stoffa dei vestiti, in contrasto con il suo corpo freddo e rigido.
Scostò la mano e conficcò con un colpo secco il
coltello
dietro di lei, nel legno del tagliere. La ragazza fece
involontariamente un salto verso l'alto, impaurita, avvicinando
ulteriormente il suo viso al suo. Avvertì le labbra rosse
della
mortale sfiorare le sue, e si allontanò di scatto. In preda
ad
un'inspiegabile confusione si sedette nuovamente, cercando di respirare
normalmente, senza capire.
Sarah era
sconvolta.
Tremava come una foglia e si sentiva svenire. Nella sua mente
vorticavano mille pensieri, mille sentimenti diversi. Non provava solo
paura, c'era qualcos'altro che le scorreva sotto la pelle, che pulsava
sul suo viso, proprio dove Loki l'aveva toccata con quella strana
carezza, proprio dove le loro bocche si erano quasi incontrate. Ma non
voleva dare un nome a quella sensazione, non poteva.
Si
voltò a fatica, terminando con il cuore in gola di preparare
la cena.
Mangiarono
in assoluto
silenzio, persi negli stessi pensieri, divorati dallo stesso dubbio,
senza mai guardarsi. Quando lei iniziò a lavare i piatti, lo
avvertì passare dietro di lei e trattenne il fiato. Non
riuscì a bloccare un singhiozzo, poi si pose una mano sulle
labbra chiudendo gli occhi. Inspirò profondamente, cercando
di
riprendere il controllo, di rallentare il folle ritmo del suo cuore,
che correva senza freni, come un cavallo selvaggio. Finì di
pulire in qualche modo, poi si diresse verso la camera a passo incerto.
Si bloccò sulla porta e dovette appoggiarsi allo stipite per
non
cadere. Lui era sdraiato sul materasso, con un braccio sugli occhi,
proprio come la prima volta che l'aveva visto. Dalle portefinestre
semiaperte entrava una brezza leggera, che finalmente
scacciò
via l'afa di quella giornata insolitamente calda. Sarah si
avvicinò al letto e si sedette, inginocchiandosi, sul lato
libero. Osservò il petto del dio alzarsi ed abbassarsi
ritmicamente, ascoltando il suo respiro.
Si rese
conto dopo qualche minuto che lui aveva scostato il braccio e la stava
guardando.
"Che cosa
vuoi?" sibilò.
Sembrava
stanco, forse
addirittura vulnerabile, ma nella sua voce e nei suoi occhi
avvertì distintamente una profonda rabbia. La ragazza
deglutì a fatica, poi rispose con un fil di voce:
"Voglio
sapere..."
L'asgardiano
aggrottò la fronte, sorpreso, aspettando che completasse la
frase.
"Voglio
sapere che sta succedendo. Ti prego, spiegami cosa ci fai qui e dimmi
cosa sta accadendo."
Loki
sapeva che la
mortale non meritava alcuna spiegazione. Era convinto che non avrebbe
mai e poi mai potuto capire, perché lei era una creatura
inferiore, inetta, sciocca. Eppure, iniziò a parlare, senza
riuscire a fermarsi. Le disse della sua prigionia su Asgard, del
Tesseract, di Thanos; senza risparmiare i particolari più
dolorosi e inquietanti. Da quanto tempo non parlava con qualcuno? Non
lo ricordava neanche.
Credeva
che lei lo
avrebbe fermato, sconvolta o peggio, stizzita, invece lo
ascoltò
con attenzione, partecipando con lo sguardo alle sue sventure.
Finito di
parlare,
Loki tacque, pensieroso, chiedendosi per quale misteriosa ragione si
sentisse più leggero. Forse era semplicemente ancora troppo
debole, in fondo era plausibile che dopo le torture degli ultimi giorni
non si fosse ancora ripreso completamente. La voce della mortale lo
riscosse e la guardò negli occhi, prestando insolitamente
attenzione alle sue parole.
"E cosa
hai intenzione di fare ora?" parlava con un tono basso, fissandolo con
apprensione.
Il dio
guardò
il soffitto, sentendosi oppresso da quella domanda che aveva deciso di
non porsi più. Sorrise amaramente.
"Niente"
le rispose con voce secca.
"Cosa?"
replicò
lei, sconvolta, quasi gridando. "Ma come? Hai detto che anche tu
conosci bene il funzionamento del Tesseract, forse potresti..."
La
bloccò,
infastidito. "Non c'è niente che io possa fare. E, se anche
potessi, non agirei comunque. Non mi importa se Thanos vuole
distruggere l'universo, che faccia pure. Non esiste più
nulla
per cui valga la pena combattere."
L'umana
attese qualche istante, pensierosa. Poi parlò di nuovo, con
voce dolce e leggera.
"Non ti
importa nemmeno di Asgard? Non ti importa nemmeno di Thor? In fondo
lui...è tuo fratello."
Loki la
fulminò con lo sguardo, furente: "Come sai di me e di Thor?"
La voce
gli tremava, percorsa da un antico rancore.
Sarah si
sdraiò
accanto a lui, poggiando la testa sul cuscino. Serrò le
labbra e
chiuse un attimo gli occhi prima di replicare.
"Me ne ha
parlato mia
sorella...Vedi lei si chiama Jane...Foster. Lei e Thor
stanno...insieme?" disse con voce incerta. "Non ho capito bene, a dir
la verità, a che livello sia il loro rapporto..." aggiunse
abbozzando un sorriso, notando l'espressione incredula dell'uomo.
Il dio la
fissò
intensamente: ecco spiegata la strana somiglianza tra le due. Ancora
una volta si sentì preso in giro dal fato, il suo era
davvero un
destino assurdo. Avvertì montargli dentro una cieca
frustrazione, mista ad un dolore rabbioso.
"Non
credere di potermi capire, stupida mortale. Tu non sai niente di me. Niente. Dimentica tutto
ciò che ti ho detto. Anzi, fammi il piacere di lasciarmi in
pace."
Sibilò
quelle
frasi tutte d'un fiato, poi si voltò di scatto, dandole le
spalle. Non lo avrebbe mai ammesso, ma si pentì di quelle
parole
e del modo in cui le aveva dette. Quindi chiuse gli occhi, obbligandosi
a dormire.
Sarah
fissò la
schiena di Loki, interdetta. Non riusciva proprio a capire cosa gli
passasse per la mente, ma era certa che stesse soffrendo.
Però
non lo avrebbe mai dato a vedere apertamente, e di certo non con lei.
Dovette
reprimere
l'impulso di prenderlo tra le braccia, come aveva fatto nelle ultime
notti, e strinse invece con forza il lenzuolo, piangendo lacrime
silenziose mentre scivolava esausta in un sonno profondo.
Quando la
luce del
sole colpì il suo viso, la mattina seguente, il dio
avvertì che c'era qualcosa di diverso nell'aria. Si
girò,
notando sorpreso di essere solo nel letto. Si alzò in preda
ad
una strana ansia. La porta del bagno era aperta e non c'era nessuno
all'interno.
Percorse
a grandi
passi il corridoio, ritrovandosi in una cucina stranamente silenziosa.
Tese gli orecchi, ma non udì nessun suono familiare.
Guardò fuori dalla finestra, verso il vialetto d'entrata,
sempre
più irritato. Sentiva l'irrazionale bisogno di vedere
l'umana,
di udire la sua voce. Ma lei non c'era più, in quella casa.
Anche la sua auto era sparita.
Era di
nuovo solo.
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Capitolo 12 *** Debolezze ***
Capitolo 12 - Debolezza
Capitolo 12
– Debolezze
Loki
camminava nervosamente
lungo il corridoio in penombra. Non voleva restare solo, non voleva
essere obbligato a pensare. Ma le parole della mortale continuavano a
rimbalzargli nella mente, nonostante cercasse in tutti i modi di
scacciarle.
Lui, il dio dell'Inganno, cresciuto all'ombra di Odino, Padre degli
dei, sarebbe davvero rimasto a guardare, inerme, mentre Thanos metteva
in atto il suo piano? Avrebbe lasciato che distruggesse tutto, Asgard
compresa, senza muovere un dito?
Forse avrebbe potuto dimostrare una volta per tutte che era degno del
potere che bramava.
Appoggiò le spalle al muro, sospirando, e si
lasciò
scivolare a terra, sedendosi sul pavimento freddo, riflettendo.
C'erano comunque due ragioni incontestabilmente valide per evitare lo
scontro con quel mostro assetato di morte.
La prima: il suo orgoglio. Asgard non meritava il suo aiuto. Non
avrebbe mai dimenticato gli anni di menzogne e tutto il disprezzo che
aveva subito. Gli sguardi sospettosi, le parole bisbigliate alle sue
spalle, gli scherni... tutto aveva contribuito a far crescere in lui un
doloroso senso d'inferiorità, dal quale si sentiva
costantemente
schiacciato. Si passò una mano sul viso, lentamente.
Qualunque
cosa avesse fatto, ne era certo, non sarebbe bastata per riconquistare
l'affetto e il rispetto che, in fondo, tanto desiderava.
La seconda: la sua impotenza. Di fronte alla furia di Thanos e al
potere del Tesseract c'era ben poco da fare. Lo aveva chiaramente
sperimentato di persona negli ultimi giorni. Eppure, si disse, era
sopravvissuto. Che ci fosse un disegno dietro a ciò, una
possibilità? Ma sapeva che Thanos avrebbe sprigionato
l'illimitato potere del cubo, trascinando con sé l'intero
universo verso la sua unica ed agognata meta: la morte. Non poteva
fermarlo, era un processo inarrestabile.
Nella mente del dio balenò per un attimo un'idea, assurda e
malsana. Lui non poteva contenere la forza del Tesserect, una volta
attivato, ma forse era in grado di controllarla, di modificarne
l'esito. Questo, però, implicava conseguenze con le quali
non
aveva intenzione di confrontarsi. Avrebbe significato smettere la
maschera dell'odio e indossare quella del cambiamento, della
redenzione, del sacrificio, e lui non poteva accettarlo. Assolutamente
no.
Perso nelle sue sinistre elucubrazioni, Loki non si accorse nemmeno del
rumore di un auto che parcheggiava nel vialetto e della porta
d'ingresso che si apriva, né dei passi leggeri che
risuonarono
tra le mura, ponendo fine al silenzio.
Sarah poggiò sul tavolo la pesante borsa della spesa,
emettendo
un forte respiro. Ringraziò ancora mentalmente la signora
Collins, passandosi una mano tra i capelli, e si guardò
intorno.
Perché era tornata in quella casa? Perché, ancora
una volta, non era fuggita?
Pensò a Jane: sarebbe dovuta andare da lei, avrebbe dovuto
avvertirla del pericolo che incombeva su tutti loro. Ma non poteva. O,
meglio, non voleva. L'unica persona a cui desiderava stare accanto,
paradossalmente, era Loki. Un bugiardo. Un assassino. Un pazzo. Ma non
era solo questo, la ragazza ormai l'aveva capito.
Era anche una persona sola e ferita, esattamente come lei.
Forse avrebbe potuto fargli cambiare idea, forse poteva convincerlo ad
agire. Lo cercò con lo sguardo, camminando a passo svelto, e
lo
trovò seduto a terra, nel corridoio buio. Aveva lo sguardo
fisso
e immobile di chi è oppresso da pensieri infausti. Non si
era
nemmeno accorto del suo ritorno.
La ragazza si abbassò sulle ginocchia, di fianco a lui, e
osservò il suo viso. Era teso, preoccupato, quasi smarrito.
Si
sentì stringere il cuore e provò a ridestarlo. Lo
chiamò a voce bassa, poggiandogli leggermente una mano sul
ginocchio.
Gli occhi del dio si posarono su di lei, percorsi da una strana luce,
togliendole il fiato.
Incredibile, pensò Loki. Perché la mortale era
tornata da
lui? La fissò interdetto, aggrottando la fronte, e non
riuscì a reprimere l'assurdo sollievo che provava.
"Ciao..." gli disse sorridendo lievemente "sono andata a comprare del
cibo, visto che avevamo finito tutte le provviste..."
Lui annuì, spostando la sguardo dal suo viso alla sua mano,
ancora appoggiata sul suo ginocchio. Lei si schiarì
leggermente
la voce, imbarazzata, e si alzò di colpo, dirigendosi verso
la
camera da letto. Loki la seguì, incuriosito dal rossore
sulle
sue guance. Non riuscì a resistere, la sua
fragilità lo
attirava; metterla in difficoltà era così
divertente, e
così facile. Gli faceva dimenticare i suoi ben
più cupi
problemi.
L'umana era immobile al centro della stanza, con un'aria piacevolmente
confusa. La guardò negli occhi, sfoggiando uno dei suoi
perversi
sorrisi, e le chiese:
"Perché sei ancora qui, mortale? Se non sbaglio ti avevo
chiesto di lasciarmi in pace."
Sarah lo fissò infastidita. Il suo tono le dava sui nervi,
il
suo sorriso beffardo la faceva sentire debole e sciocca. Eppure, non
riusciva a staccargli gli occhi di dosso, percorsa da strani brividi.
Strinse le spalle e gli rispose cercando di assumere un tono distaccato
e indifferente, senza riuscirci. Decise allora di dire la
verità.
"Non potevo...abbandonarti."
Lui alzò un sopracciglio, divertito da quell'inaspettata
confessione, e le si avvicinò ulteriormente.
"Voglio dire...non posso andarmene senza avere almeno provato a farti
cambiare idea. Tu sei l'unico che può aiutarci."
Ormai era di fronte a lei, distanziato di pochi passi.
"Non mi interessa aiutarvi" le rispose, gelido. "Ho già
provato
a farvi comprendere il vostro stato di inferiorità, a
liberarvi,
ma vi siete ribellati come dei bambini ottusi. É anche colpa
vostra se siete in questa situazione."
La ragazza lo fissò sconfortata. "So che non ami noi
terrestri,
lo posso anche capire. Ma non puoi giudicarci tutti con lo stesso
metro, a priori. Noi possiamo..."
Loki scoppiò in una fragorosa risata.
"Potete cosa? Cambiare? Migliorare? Sei proprio un'illusa, mortale!"
Sarah sentì montarle dentro una strana rabbia, e
coprì
con un passo la distanza che la separava da quel dio presuntuoso,
fissandolo con astio, e gridò:
"Tu non conosci noi esseri umani! Tu non hai capito niente di noi!!"
Loki la allontanò con una leggera spinta, scuotendo la
testa.
"Vi ho osservato a lungo, prima di venire sul vostro inutile pianeta, e
ho studiato il vostro primitivo comportamento. So che i vostri 'buoni
sentimenti' sono solo una facciata. Li indossate controvoglia, solo
quando vi conviene. In realtà bramate il potere, il dominio,
la
violenza. Siete così prevedibili..."
Pronunciò quell'ultima frase a voce bassa, sussurrandola.
La ragazza arretrò istintivamente, spaventata
dall'espressione
sul viso di Loki. Sembrava quella di un gatto che gioca col topo,
divertendosi a torturarlo. E lei era la sua vittima, la sua facile
preda. Ammaliata da quelle iridi così verdi, si
sentì
improvvisamente arrendevole, realizzando con orrore che le avrebbe
potuto fare qualsiasi cosa.
Il dio riprese a parlare, con un tono pericolosamente caldo e
tranquillo, sempre fissandola negli occhi.
"Sai cos'ho imparato su di voi, piccola mortale? Che sono sufficienti
tre cose per annientare le vostre difese, tre cose alle quali nessuno
di voi si può opporre. La prima è la paura."
Detto questo Loki usò la sua capacità di
moltiplicarsi,
apparendole all'improvviso intorno da ogni angolazione, ridendo. Sarah
cacciò un grido acuto, tentando di scacciarlo, di scappare,
ma
era nel panico, paralizzata dal terrore. Poi, di colpo, l'uomo
sparì dalla sua vista, ponendo fine a quel tremendo scherzo.
Non appena Sarah riuscì a riprendere il controllo del suo
respiro, si rese conto che lui era alle sue spalle, vicinissimo.
Sentì che le stava afferrando un polso, poi udì
il suo
fiato sul collo e si sentì perduta.
"La seconda cosa a cui non sapete resistere...è il dolore."
Mentre parlava le torse il braccio con forza, bloccandoglielo dietro la
schiena, innaturalmente curvato. Per il male atroce lei non
riuscì nemmeno ad urlare, e le si annebbiò la
vista.
Sapeva solo che con un'ulteriore torsione le avrebbe facilmente
spezzato le ossa. Sentì alcune lacrime rigarle il viso,
inarrestabili.
Poi, finalmente, Loki allentò la presa, riposizionandole il
braccio lungo il fianco, sostenendola sul suo petto, dato che ormai
faticava a mantenere l'equilibrio.
Terrorizzata, si chiese quale sarebbe stata la terza cosa. La morte?
Suo malgrado stava per scoprirlo. Lo sentì sospirare,
pericolosamente vicino al suo orecchio. Sebbene intontita dal dolore e
dalla paura, avvertì il braccio del dio intorno alla vita,
la
stava bloccando tenendola stretta a sé, mentre con l'altra
mano
le accarezzava leggermente i capelli.
"Sai qual è la vostra terza più grande
debolezza?" le
chiese a voce bassissima "E' stata decisamente la più
divertente
da analizzare. Se c'è una cosa a cui non potete resistere,
anche
a scapito della ragione e dell'assennatezza, è il piacere."
Sarah, già completamente sconvolta, per poco non svenne
quando
sentì le labbra fredde del dio sul collo, percorrerle la
pelle
fino alla spalla, per poi tornare indietro, con estrema lentezza.
Quell'uomo era capace di crudeltà e tenerezza in egual
misura, e
stava dando vita ad un gioco perverso, di cui conosceva ogni regola. La
cosa più assurda era che alla ragazza quel contatto,
così
intimo e proibito, piaceva. Loki, con una semplice carezza era in grado
di risvegliare i suoi sensi più profondi, mandandola in
totale
confusione. Doveva reagire subito, altrimenti non sarebbe
più
stata in grado di resistergli, ma non riusciva nemmeno a pensare. Le
sfuggì un gemito dalle labbra, mentre lui continuava ad
assaggiare lievemente la sua pelle ormai bollente. Lo sentì
sogghignare nel suo orecchio, deridendola con voce leggermente roca:
"Come vedi, ho ragione."
Con un ultimo moto di orgoglio la ragazza riuscì a
divincolarsi
e si voltò verso di lui. Non poteva essere così
debole,
non si sarebbe arresa così facilmente. Loki la guardava con
un'aria beffarda e superba, che la fece infuriare. Non si rese nemmeno
conto che anche il respiro del dio si era fatto più pesante
e,
senza riflettere, gli mollò un ceffone in pieno viso.
Poi fuggì fuori dalla stanza, imboccando quelle scale che
non
percorreva da cinque anni, diretta alla sua vecchia camera. Proprio
come quando era ragazzina, dopo un'ennesima ed umiliante litigata col
padre, cercava asilo nel suo rifugio al piano di sopra. Aprì
la
porta con una spallata, protendendosi in avanti, pronta ad affondare le
braccia sul suo letto che, come sempre, avrebbe accolto le sue lacrime
e i suoi singhiozzi. Ma, inaspettatamente, franò sul
pavimento.
Alzò lo sguardo, sorpresa. Era finita lunga distesa sul
parquet
di legno di quella che un tempo era stata la sua camera.
E che ora era solo una stanza completamente vuota.
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Capitolo 13 *** Il legame ***
Capitolo 13 - Il legame
Capitolo 13
– Il legame
Loki si
sfiorò la guancia con la mano, sorpreso. Sentiva un leggero
formicolio sulla pelle, proprio dove la mortale l'aveva colpito col suo
debolissimo schiaffo. Non credeva che sarebbe riuscita a reagire,
indifesa com'era.
Ma
dov'era andata?
Tese le
orecchie.
L'aveva sentita percorrere pesantemente le scale, poi aveva udito un
forte tonfo, al quale era seguito il silenzio. Provò ad
attendere ancora qualche minuto, poi sbuffò spazientito e
uscì dalla camera, iniziando a salire lentamente i gradini
che
conducevano al piano superiore. Forse era venuto il momento di porre
fine a quella strana convivenza e di eliminare l'umana, magari con
un'ultima crudele tortura.
Stranamente
quell'idea, seppur divertente, non lo allettava come avrebbe dovuto.
Per qualche assurda ragione preferiva la compagnia di quella fragile
creatura alla solitudine. Ormai si era creata una strana connessione
tra loro, che trascendeva la logica e la ragione; un legame inconscio,
istintivo, irrazionale. Lei era il suo ultimo collegamento col mondo e
sentiva il bisogno di mantenerla in vita, seppur con riluttanza.
L'asgardiano
si
bloccò. Era entrato in una stanza vuota, quasi completamente
buia. L'unica finestra era sbarrata da spesse assi di legno,
ormai marcite, e lasciava filtrare solo qualche debole raggio di sole,
che ormai stava iniziando a tramontare.
La
mortale era
inginocchiata al centro del pavimento, immobile. Loki si
portò
di fronte a lei e si abbassò piegandosi sulle gambe,
fissandola.
Il suo viso sconvolto era ancora rigato di lacrime, le labbra
leggermente dischiuse. Sembrava paralizzata, senza vita, completamente
inerme. Respirava in modo appena percettibile e i suoi occhi, che di
solito erano luminosi e profondi, sembravano di vetro, come quelli di
una bambola. Il dio avvertì una strana apprensione,
osservano i
suoi lineamenti delicati diventare sempre più pallidi.
D'improvviso
il suo
sguardo si animò, spostandosi incerto su di lui. Non c'era
paura
in quelle iridi scure, ma sofferenza ed angoscia. Loki comprese che lo
strano atteggiamento dell'umana non era da attribuire soltanto a lui e
a quel che le aveva appena fatto. Qualcos'altro l'aveva turbata
profondamente. Istintivamente le scostò una ciocca di
capelli
dal viso, aspettando una sua reazione. Lei socchiuse gli occhi,
mordendosi un labbro nervosamente. Aveva un'espressione estremamente
triste ed indifesa, e il dio si specchiò in quello sguardo,
avvertendo un riflesso dei suoi stessi sentimenti.
Lei
provò a
parlare, ma sembrava non riuscire a trovare la voce. Inspirò
profondamente, attese qualche istante e finalmente riuscì a
pronunciare una frase, con tono basso e tremante.
"Lui...mi
ha dimenticata.”
Sarah
aveva sentito il
peso dei suoi errori crollarle impietosamente sulle spalle, non appena
aveva realizzato perché la sua camera era vuota. Per la
prima
volta si era scontrata con la realtà, capendo che il dolore
che
aveva causato al padre era molto più profondo di quanto
avesse
immaginato. Lui, che non aveva mai veramente superato il lutto per la
morte di sua madre, non era mai riuscito a perdonare la sua fuga.
E aveva
scelto di
dimenticarla, cancellando ogni traccia di lei da quella casa. Al suo
posto aveva lasciato una camera vuota, simbolo del suo abbandono.
Quanto
era stata
stupida, quanto era stata ingrata. Invece di farsi consumare
dall'invidia per la sorella, così maledettamente forte e
decisa,
e dalla rabbia per le troppe ingiustizie che credeva di aver subito,
avrebbe dovuto stringere i denti, reagire, e tenere vivi quei legami
che aveva egoisticamente stracciato. Si rese improvvisamente conto di
quanto il padre le avesse voluto bene. Era stata lei, probabilmente con
le sue continue ingerenze e ribellioni, a renderlo tanto severo ed
intransigente nei suoi confronti.
Avrebbe
dato qualsiasi
cosa per poter tornare indietro e ricucire tutte quelle ferite, ma
ormai era troppo tardi. Suo padre era morto, all'incirca un anno dopo
che lei era fuggita. Infarto. Si sentì tremendamente
colpevole,
affondando in cupi rimorsi. Magari era stata tutta colpa sua. Magari
era morto di crepacuore.
Iniziò
a
singhiozzare sommessamente, realizzando di colpo che stava parlando a
voce alta da diversi minuti. Senza rendersene conto aveva raccontato i
suoi pensieri più intimi e dolorosi a quel dio all'apparenza
così lontano, ma che lei sentiva assurdamente vicino. Gli
rivolse uno sguardo carico di angoscia, aspettandosi di trovare sul suo
volto una smorfia meschina e disgustata.
Invece in
quelle iridi
così verdi e stranamente limpide lesse il suo stesso dolore.
Ripensò a quando era stato lui a confidarle i suoi pensieri
più bui e capì che, forse, lui la poteva
comprendere.
Erano connessi da una sofferenza simile, uniti dalla stessa solitudine.
Magari anche lui, proprio come lei, cercava solo un po' di calore.
Loki si
alzò
lentamente, tenendo lo sguardo basso, continuando a fissarla senza dire
una parola. Sarah lo guardò incerta, intimorita da
quell'improvvisa distanza, temendo che l'avrebbe lasciata lì
da
sola.
Poi vide
che le stava tendendo una mano.
Il dio
aiutò la
mortale a rialzarsi, pensieroso. Non aveva mai preso in considerazione
la possibilità che esistesse qualcun altro, nell'universo,
capace di provare un dolore così simile al suo. Ancor meno
credeva possibile che una fragile mortale potesse sopravvivere a
sentimenti così intensi e strazianti. Strinse con decisione
la
mano morbida dell'umana, che tremava leggermente tra le sue dita.
Resistette alla tentazione di tenerla per mano, mentre scendevano le
scale in silenzio e allungò il passo, superandola. Si
sentiva
fastidiosamente confuso e stranamente scosso, quindi decise di uscire a
prendere una boccata d'aria.
Sul retro
della casa
c'era un ampio giardino, ormai lasciato crescere incolto, recintato da
un campo di grano. Tra le spighe alte e dorate, scosse dal vento,
facevano capolino dei papaveri rossi. Loki sospirò
lievemente e
alzò lo sguardo al cielo, ormai tinto dei colori accesi del
tramonto ma coperto per metà da nuvoloni neri, che
minacciavano
tempesta. La temperatura si era abbassata bruscamente, ma il vento era
stranamente caldo.
Il dio
chiuse gli
occhi, lasciando che i minuti scorressero veloci sulla sua pelle,
tentando di ricostruire la sua corazza di insensibilità.
Quando
avvertì alle sue spalle la presenza della mortale, si
girò di scatto, facendola trasalire.
Vide che
si sforzava
di sorridere, con scarsi risultati, e quando gli fu di fronte
notò il livido nero sul suo polso. Doveva averglielo
provocato
lui, quando le aveva storto il braccio. La fissò negli
occhi, ma
lei distolse subito lo sguardo, allontanandosi di qualche passo.
Sembrava avere l'intenzione di dirgli qualcosa, senza riuscire a
trovare la parole. Avvertendo una punta di rabbia, si rese conto che
nemmeno lui sapeva cosa dire, quindi incrociò le braccia sul
petto e riprese ad osservare il cielo. Suo malgrado, pensò
ad
Asgard.
Dopo
parecchi minuti
di silenzio la mortale soffocò una risata. Loki la
guardò
interdetto, aggrottando la fronte e lasciando ricadere le braccia lungo
i fianchi.
"Perché
ridi?"
disse fingendosi infastidito. In realtà era sollevato che
l'atmosfera tesa che si era creata tra di loro iniziasse a distendersi,
sebbene quella fosse decisamente una sensazione inappropriata.
"Ogni
volta che ti
guardo, sei sempre lì a fissare il cielo con aria
malinconica..." gli rispose lei, mentre camminava dandogli le spalle.
Si fermò dove iniziava il campo di grano e si
voltò
regalandogli l'accenno di un sorriso, inspiegabilmente sincero.
Non
c'è
nient'altro di interessante da guardare sul tuo pianeta, mortale" le
disse avvicinandosi, avvertendo il battito del suo cuore accelerare
impercettibilmente.
"Forse
semplicemente
non sai dove posare gli occhi. Io, per esempio, trovo che questo campo
di grano sia bellissimo. Sembra un letto di fiori rossi e dorati, mi
viene voglia di sdraiarmici sopra..." mormorò la ragazza,
arrossendo lievemente.
Loki
sogghignò, affiancandosi a lei.
"E allora
perché non lo fai?" le chiese dandole una spinta abbastanza
forte da sbilanciarla.
La
mortale
provò a mantenere l'equilibrio, ma alla fine cadde di faccia
tra
le spighe, accompagnata da una risata divertita del dio. Si
voltò, restando sdraiata e guardandolo di traverso, con le
guance in fiamme.
Sarah
avrebbe voluto
rispondere allo scherzo del dio con una battuta tagliente, ma purtroppo
non era mai stata brava con le parole. Quindi sbuffò e
provò ad alzarsi, ma lui la bloccò con un gesto,
guardandola dall'alto. Sul quel volto divinamente bello vide per la
prima volta un sorriso che le parve quasi sincero, anche se non proprio
rassicurante. Lo squadrò interdetta, mentre si abbassava
pericolosamente e prima di avere il tempo di reagire, lui le stava
bloccando i polsi a terra, distendendosi sopra di lei.
Loki
inspirò
profondamente il profumo della pelle della mortale, così
vicina,
che si mescolava a quello del grano e dei fiori intorno a loro. Il
cuore gli martellava nel petto, facendogli quasi male. Le strinse di
più i polsi, temendo che tentasse di sfuggirgli e vide sul
suo
viso roseo una leggera smorfia di dolore. Aveva dimenticato il livido
che le aveva provocato, ma non mollò la presa, avvicinandosi
sempre di più al suo volto, lentamente. La vide schiudere le
labbra, rosse come i papaveri che le incorniciavano il viso, sempre
più confusa. I loro respiri caldi si incontrarono per
qualche
istante, prima che le coprisse la bocca con la sua.
Sarah
sentiva il suo
cuore battere ad ritmo velocissimo, come quello di un uccellino in
gabbia. Il polso le faceva un male tremendo, dato che Loki la teneva a
saldamente a terra, come se avesse paura che scappasse. Ma lei non
sarebbe mai riuscita a muoversi, era ormai persa in quel bacio che la
faceva sentire stranamente viva. Assaporò quel contatto che
chissà da quanto tempo il suo corpo stava desiderando, anche
se
la sua mente continuava a condannarla. Quando lui si staccò
da
lei, con il respiro ansante come il suo, si sentì vuota,
avvertendo il bisogno di averlo di nuovo così vicino. Stava
per
riavvicinare il viso a quello del dio, quando all'improvviso quel poco
che rimaneva della sua coscienza le ricordò quanto fosse
sbagliata tutta quella situazione, e si irrigidì
involontariamente. Loki spostò lo sguardo dalla sua bocca ai
suoi occhi, bloccato dalla stessa sensazione. Erano due anime in
conflitto tra ragione e desiderio, che però si cercavano
disperatamente.
La
pioggia fredda che
iniziò a cadere li risvegliò di colpo da quel
piacevole
torpore fisico, imponendogli di alzarsi e cercare rifugio in casa.
Corsero dentro prima che si scatenasse un vero diluvio e cercarono di
ricostruire la giusta distanza tra di loro, evitando anche di sfiorarsi
con lo sguardo.
Ma
entrambi in fondo sapevano che niente sarebbe più stato come
prima.
***
Angolo
autrice
Mi è piaciuto davvero molto scrivere questo capitolo, e fare
finalmente avvicinare questi due. Ho creato Sarah con l'intento di dare
vita ad un personaggio che fosse in qualche modo 'speculare' a Loki,
avendo vissuto situazioni molti simili alle sue, anche se in ambito
molto più ristretto. Non so se si è notato, ma
dalla
prima scena che hanno dovuto condividere, molto capitoli fa, ho cercato
di creare un crescendo di contatti tra loro, che dapprima
sono fisici e non molto amichevoli (XD) e poi diventano sempre
più intimi e profondi. Comunque non ho mai voluto renderli
forzatamente consapevoli di quello che provano l'uno per l'altra, non
si può certo parlare di amore, anche perché
sarebbe poco
realistico dato il minimo tempo da cui si conoscono e la
complessità di carattere del dio asgardiano. Quello che
intendo
dire è che lui non può certo diventare
improvvisamente un
romanticone o un sentimentale, anzi credo che non potrà mai
esserlo. (Loki is the bad guy! XD) Dunque ho pensato che per rendere un
pochino credibile questo pairing, un aspetto fondamentale del loro
'rapporto' doveva essere l'istinto. Spero che come idea soddisfi anche
voi lettori! ^^''
A presto!!
Sayuri
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Capitolo 14 *** Abbandono ***
Capitolo 14 - Abbandono
Capitolo 14
– Abbandono
Sarah
ringraziò mentalmente quella pioggia benedetta che l'aveva
risvegliata in tempo, appena prima che si perdesse in un labirinto
oscuro in balia dei suoi sensi e di Loki; e che ora copriva col suo
rumore il silenzio assordante che si era creato tra di loro.
Lei era
appoggiata al
tavolo della cucina, e stava tentando disperatamente di riprendere il
controllo del suo respiro e del suo corpo, che sentiva pesantemente
intorpidito.
Lui era
di fronte a
lei, con le spalle al muro, e fissava il pavimento. Il suo viso era
teso, attraversato da un'espressione indecifrabile. Disprezzo? La
ragazza strinse i pugni: probabilmente il dio stava cercando di
cancellare dalle sua mente ciò che era appena successo,
accecato
dal suo orgoglio.
Deglutendo
a fatica,
Sarah avvertì una fastidiosa amarezza. Anche lei avrebbe
dovuto
provare disgusto, odio e avversione per quel che era appena accaduto,
invece...
Le si
strinse un
soffocante nodo alla gola, e si sfiorò le labbra con le dita
che
tremavano, sentendo che erano ancora calde e pulsanti. E
odiò
con tutta sé stessa quella sua fragilità, quel
maledetto
desiderio che non riusciva a scacciare.
Perché,
perché era così debole!?
Doveva
allontanare con
decisione quelle sensazioni, lavare via il sapore che Loki le aveva
impresso sulle labbra e l'odore che che le aveva lasciato sulla pelle.
Si mosse
con
determinazione verso la porta, con la testa bassa, anche se sentiva le
gambe vacillare ad ogni passo. Avvertì uno spostamento
d'aria e
se lo ritrovò di colpo davanti. Le stava sbarrando la
strada,
bloccandole il passaggio.
Alzò
lo
sguardo, sconvolta e confusa, incontrando i suoi occhi chiari, nei
quali vide brillare una luce sinistra. Lui la afferrò per la
nuca, costringendola con la forza ad avvicinarsi, mantenendo
un'espressione gelida e distaccata.
Non
poteva
permettergli di usarla a quel modo. Non poteva lasciarsi controllare
fino a quel punto. Ma, più di ogni altra cosa, la ragazza
sentiva crescere dentro di sé la paura. Una folle paura. Che
cos'era lei, per Loki, il dio dell'Inganno e delle Malefatte? Un
passatempo? Una pedina sacrificabile nel suo sadico gioco?
Iniziò a piangere senza nemmeno rendersene conto. Come
poteva
anche solo sperare di valere davvero qualcosa per lui?
"Lasciami!!"
gridò con tono insolitamente alto.
Si
liberò con
uno strattone da quella stretta, troppo facilmente. Lui non la stava
forzando, non più, ma Sarah era accecata dalla rabbia e
dall'insicurezza, e non se ne accorse nemmeno. Corse fuori dalla
stanza, dopo aver impattato violentemente contro di lui, senza vedere
la strana espressione che prendeva forma sul volto del dio.
Dolore.
Loki conosceva
fin troppo bene quella sensazione. Ormai avrebbe dovuto esserci
abituato. Tutti, prima o poi, lo abbandonavano. Persino quell'inutile
mortale, che non riusciva ad uccidere, lo aveva respinto. Avrebbe
dovuto esserne contento, lei era un essere inferiore. Anche solo
pensare a lei, volerla vicina, cercarne il calore, era degradante. E
allora perché continuava a desiderarla? Non aveva alcun
senso.
Qualsiasi legame potesse esserci tra di loro doveva essere sepolto,
cancellato, estirpato completamente. Non aveva tempo da perdere. Thanos
avrebbe agito molto presto, e alla fine lui aveva deciso che non poteva
stare a guardare, dando ragione a chi lo definiva debole e senza
convinzione. Era una scelta folle e quasi sicuramente si sarebbe
rivelata controproducente, ma lui voleva il potere, la gloria, e
l'onore che spettavano a un principe di Asgard.
Appoggiò
una
mano sul tavolo, tremando lievemente. Ma lui non lo era. Non era un
principe, non era un re, non era un dio. Nelle sue vene scorreva il
sangue di un gigante di ghiaccio, ma non era mai stato nemmeno questo.
Sentì
l'improvviso impulso di distruggere ogni cosa, di frantumare tutti quei
mobili ammuffiti con le sue stesse mani. Era un desiderio quasi
irrefrenabile, ma si costrinse ad ignorarlo. Lui non era irruento come
Thor, che esternava la rabbia e ogni suo sentimento senza filtro.
Lui era
diverso.
Respirò
profondamente, chiudendo gli occhi con forza. Avrebbe lasciato che la
sua sofferenza mettesse radici nel suo cuore, come al solito, nutrendo
rancore e vendetta.
Si
diresse lentamente
verso la camera da letto e si lasciò cadere sulle lenzuola
profumate, incrociando le braccia dietro la testa e provando ad
elaborare un piano vincente. Ma il rumore dell'acqua che scorreva, che
proveniva da dietro la porta chiusa del bagno, continuava a distrarlo.
Sarah
piangeva senza
freno, confondendo le sue lacrime tra le gocce d'acqua che le
tamburellavano senza sosta sul viso. Non ci riusciva. Non poteva
ignorare ciò che provava per Loki, qualunque cosa fosse.
Solo
pensare di allontanarsi da lui le faceva mancare il fiato, sentiva il
petto oppresso da un dolore mai provato prima. Riconobbe con fatica che
quel dio imprevedibile le era ormai entrato sottopelle, e non sarebbe
mai più riuscita a scacciarlo. In fondo, non le importava
nemmeno cosa pensasse di lei in realtà. Puro masochismo.
Lasciò
che
quella doccia fredda le intorpidisse il corpo, ma non riuscì
a
svuotare la mente. Cosa doveva fare? Non sapeva nemmeno se lui fosse
ancora di là, dopo la stupida scenata che aveva fatto.
Si decise
a chiudere
l'acqua, avvolgendosi velocemente nell'asciugamano. Si
cambiò in
fretta, indossando la gonna nera e la maglietta rossa che aveva
già preparato sulla sedia la sera prima. Si
guardò per un
attimo allo specchio, sorridendo lievemente. Sebbene il suo riflesso
fosse sempre lo stesso, nei suoi occhi brillava uno sguardo diverso.
Sembrava più... viva. Era come se Loki fosse riuscito a
sbloccare qualcosa dentro di lei, un peso
che prima la opprimeva e che ora la rendeva più forte.
Uscì
dal bagno
silenziosamente, tesa e in apprensione, ricercando nella
semioscurità la figura del dio. Chiuse gli occhi sollevata,
sospirando, quando lo vide sdraiato sul letto.
Non se
n'era andato.
Si
avvicinò
ulteriormente, con passo leggero, scrutando il suo viso. Sembrava
addormentato, ma il sonno non era riuscito cancellargli dal volto
un'espressione sofferente.
Sarah
sentì una
fitta al cuore. Lei sapeva che da qualche parte, dentro di lui, sepolto
sotto la rabbia e l'odio, esisteva un lato nascosto e fragile. Lei
l'aveva visto, lo aveva stretto tra le braccia, ne aveva accolto il
dolore. Ed era disposta a farlo ancora.
Si
sdraiò
accanto a lui, vicina, appoggiando la testa sul suo stesso cuscino.
Sincronizzò il respiro con il suo, che era profondo e
regolare e
sussurrò il suo nome. Lo sentì mormorare
nell'incoscienza, mentre le si avvicinava impercettibilmente.
Appoggiò
una
mano su quella del dio e chiuse gli occhi sentendosi stranamente
serena, scivolando in un sonno tiepido e confortevole.
Questa
volta, quando
Loki riaprì gli occhi, aspettandosi di essere solo, rimase
senza
fiato per la sorpresa. Il viso della mortale era così vicino
che
ne vedeva ogni minimo particolare, e avvertiva il calore del suo corpo
adagiato di fianco al suo. Capì che gli stava stringendo una
mano e si sentì sempre più confuso.
Perché non lo
lasciava in pace, a marcire nel mare infinito del suo odio? Credeva di
averla ormai allontanata definitivamente.
Per quale
ragione allora si ostinava a restargli accanto?
La
osservò con
calma, seguendo il profilo del suo volto, percorrendo con lo sguardo
l'invitante incavo del suo collo bianco, perdendosi a contemplare la
simmetria del suo corpo. Combattuto, sentì
nuovamente quel
bruciante e insensato desiderio nascere nella sua mente, e stavolta non
riuscì a contrastarlo. La voleva più vicina,
sentiva
l'assurdo bisogno di assaporare ancora la sua pelle calda.
Ma si
trattenne, con fatica, aspettando che anche lei si ridestasse.
Sarah
dischiuse appena gli occhi, sbadigliando lievemente, ancora intontita.
Sbarrò
gli
occhi quando si rese conto che Loki era ancora di fianco a lei e che la
stava fissando, a pochi centimetri dal suo viso. Avvertì
chiaramente il suo cuore perdere parecchi battiti e il respiro
accelerare bruscamente, mentre si perdeva in quelle iridi
così
verdi e così intense. Quello sguardo magnetico, quel sorriso
appena accennato, la stavano attirando sempre di più.
Confusa,
realizzò che non era certo disgusto, né
disprezzo, quello
che gli vedeva riflesso in volto. Era desiderio. La stessa bruciante
necessità che sentiva lei. Eppure lui non si muoveva,
limitandosi a guardarla dritta negli occhi.
Si
sentì
avvampare le guance, tradita dall'imbarazzo e balzò in
piedi,
totalmente sconvolta. Non capiva più niente e, senza sapere
che
stava facendo, aprì le portefinestre e si
precipitò
fuori.
Stava
ancora piovendo.
Rimase un
attimo
imbambolata sotto l'acqua fredda, sorpresa. Avrebbe voluto correre
via, scappare a chilometri di distanza, me le sue gambe non
collaboravano e la tenevano inchiodata lì, sotto il diluvio.
Quando ormai era bagnata fradicia si voltò, confusa, con
l'intenzione di rientrare in casa. Mosse pochi passi con impeto, poi si
bloccò di soprassalto.
Loki era
già di
fronte a lei, sotto la stessa pioggia che cadeva incessante. Sorrideva
divertito, con quell'irresistibile espressione beffarda dipinta sul
volto. Lo fissò con gli occhi sbarrati, avvertendo il
pericolo e
la paura percorrerle la pelle come scariche elettriche.
Lui si
avvicinò
ulteriormente, tornando stranamente serio. Sollevò una mano
verso il suo viso, ma quando la stava per toccare un fulmine
squarciò il cielo, seguito da un tuono insolitamente forte.
Sarah
rabbrividì e guardò il viso del dio, che stava
fissando
il cielo preoccupato, con un'espressione persa e smarrita.
Guardò le gocce di pioggia percorrere quei lineamenti
perfetti e
sentì le sue difese crollare a frantumarsi in mille pezzi,
come
una sottile lastra di vetro.
Afferrò
quella
mano che lui aveva lasciato a mezz'aria vicino al suo viso e se la
poggiò sulla guancia. Gli occhi di Loki tornarono a posarsi
su
di lei, facendole quasi male.
Non aveva
più
scampo, ma non le interessava. Gli gettò le braccia al
collo,
infilandogli le dita tra i capelli, accarezzandogli la pelle, sentendo
finalmente di nuovo il sapore delle sue labbra sulle sue. Lui rimase
paralizzato solo un istante, poi la strinse con forza, rispondendo al
suo bacio con uno più profondo, togliendole il fiato.
Assaporò il suo palato così fresco, che sapeva di
menta e
di ghiaccio, intrecciando la lingua alla sua, accarezzandogli il collo
e le spalle, sentendo chiaramente il profilo dei suoi muscoli tesi
sotto le dita.
Quando
sentì le
sue mani sotto la camicia, accarezzarle la pelle nuda e umida di
pioggia, temette che le ginocchia non l'avrebbero più
sostenuta
e lo abbracciò con più forza, sospirando. Il
desiderio
diventò rapidamente cieca frenesia, e Loki la spinse contro
il
muretto che recintava il balcone, continuando a baciarla senza quasi
prendere fiato. La ragazza sentiva le sue dita sulla pelle, tra i
capelli, mentre le percorreva il collo con le labbra, affamate della
sua pelle, del suo calore.
Iniziò
a
sbottonargli la camicia con le mani che tremavano, posandole finalmente
su quel petto che per tante notti aveva accarezzato, ma che non aveva
mai bramato così tanto. Per la prima volta sentiva la sua
forza
senza averne paura, per la prima volta si abbandonò
completamente a lui, senza difese, senza freni, senza rimorsi. Chiuse
gli occhi mormorando il suo nome, mentre i loro respiri si spezzavano,
percorsi da pesanti sospiri, e lui riprendeva possesso delle sue
labbra, senza lasciarle tregua.
I
contorni del mondo
stavano ormai svanendo completamente ai loro occhi, persi in un momento
di totale abbandono, cullati dai loro stessi sensi che lentamente
rimarginavano le loro ferite, quando un nuovo lampo percorse il cielo,
illuminandolo innaturalmente di rosso. Il rombo del tuono fu talmente
forte da far tremare persino la terra, riportandoli bruscamente alla
realtà.
Loki si
staccò
controvoglia dalla mortale, tenendola comunque tra le braccia,
ansimando. Le nuvole erano sparite, non pioveva più e il
cielo
aveva assunto un cupo colore rossastro. Capì che non avevano
più molto tempo.
Guardò
la
ragazza, reprimendo la tentazione di baciarla di nuovo, ignorando il
pericolo che incombeva su di loro. Nei suoi occhi giaceva una sfumatura
languida, che ben presto si mutò in preoccupazione. Si
guardò intorno sorpresa, mentre l'ansia le offuscava lo
sguardo e capì che qualcosa non andava.
"Loki
..." sussurrò impaurita, senza capire cosa stesse succedendo.
"Riportami
indietro" le disse a bassa voce, infilandole lentamente una ciocca di
capelli dietro l'orecchio.
"Riportami
dai Vendicatori."
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Capitolo 15 *** La svolta ***
Capitolo 15 -La svolta
Capitolo 15
– La svolta
Sarah
sentì un brivido attraversarle la pelle, congelandola fin
dentro
le ossa. Loki si era scostato di appena qualche centimetro, ma a lei
quell'esigua distanza sembrava già dolorosamente
insopportabile.
Lo
fissò
con apprensione, realizzando che le stava parlando. Riuscì
con
fatica a dare un senso alle sue parole, chiedendosi il
perché di
quell'inaspettata richiesta. Che si fosse finalmente deciso ad
aiutarli, e a combattere Thanos?
Gli poggiò lievemente una mano sul petto, ascoltando il
battito
del suo cuore, che correva forte e veloce proprio come il suo e, con
gli occhi semichiusi, sussurrò:
"D'accordo."
Poi la ragazza guardò il cielo, tinto di quel colore
innaturale,
con gli occhi percorsi da mille domande, pieni di paura. Loki aveva
detto che non poteva contrastare il suo nemico, che non ne aveva il
potere...ma era vero? Davvero non c'era speranza? E allora
perché voleva tornare allo S.H.I.E.L.D.?
Iniziò a mancarle il fiato, non riusciva più a
respirare
normalmente, e si sentì invadere la mente dal panico. Non
voleva
morire. Non voleva perdere la possibilità di scrivere il suo
futuro. Non proprio ora che stava iniziando a vivere.
Il dio la risvegliò da quei pensieri colmi d'angoscia,
stringendole la mano che gli aveva appoggiato sul cuore.
Osservò
il suo viso: i suoi occhi, così verdi e sfrontati, erano
illuminati da una nuova determinazione e le trasmisero un po' di
coraggio. Notò che le sue labbra erano di nuovo piegate in
quel
mezzo sorriso, che ormai avrebbe riconosciuto ovunque. Le
parlò
di nuovo, con uno tono ironico e vagamente scocciato:
"Intendevo dire, portami dai Vendicatori...adesso."
Sarah sgranò gli occhi, imbarazzata, balbettando sillabe
senza
senso. Provò a muoversi, ma era come paralizzata dalle
troppe
emozioni che le avevano intorpidito ogni muscolo del corpo. Lui
aggrottò la fronte, divertito, e se la trascinò
dietro
con un leggero strattone. Attraversò l'interno della casa
velocemente, quasi correndo, sempre tenendola per mano. Una volta in
cucina, la ragazza allungò rapidamente la mano libera verso
il
tavolo, afferrando al volo le chiavi del suo pick-up, quasi rassicurata
dalla fretta del dio. Evidentemente aveva un piano.
Loki
fissava
distrattamente le immagini che scorrevano al di là del
finestrino, intento a mettere a punto una strategia vincente. Il suo
piano era folle e completamente assurdo, ma proprio per questo forse
avrebbe funzionato. Forse. Valeva comunque la pena tentare.
Portare dalla sua parte i Vendicatori non sarebbe stato poi
così
difficile; in fondo i mortali, nei momenti di disperazione, diventavano
ancora più prevedibili. L'idea di dover avere a che fare di
nuovo con quei buffoni non lo entusiasmava, ma in fondo potevano
essergli utili. Sorrise: il fine giustifica i mezzi.
Spostò gli occhi sull'umana di fianco a lui. Aveva lo
sguardo
concentrato sulla strada e stringeva il volante con le braccia rigide;
poteva avvertire la tensione nel suo respiro. Nonostante tutto, aveva
scelto di restargli accanto. E questo, incredibilmente, non gli
dispiaceva; non più. Era una creatura inferiore, fragile e
smarrita, ma averla vicina gli aveva fatto provare un po' di quel
sollievo e di quel conforto che da tanto rincorreva. Ma che
probabilmente non meritava.
Negli occhi gli passò un'ombra, offuscandogli lo sguardo.
Forse,
in un altro momento, in un'altra vita...la sua compagnia avrebbe potuto
fare la differenza, col tempo. Ma il suo destino era crudele, come
sempre. Sarebbe bastato il fatto che lei era una semplice mortale, la
sua stessa esistenza era effimera e passeggera come un fiocco di neve,
destinato a dissolversi al primo raggio di sole. Ma a remare contro di
loro c'era anche il tempo. Non ne avevano quasi più.
Chissà, forse quella era l'ultima occasione che aveva per
starle
accanto. Ringraziò sarcasticamente quel fato oscuro che lo
tormentava senza sosta, da quando era stato 'salvato' da Odino. Sarebbe
dovuto morire nel gelido tempio di Jotun, abbandonato dalle stesse mani
che lo avevano dato alla luce, solo e innocente. Ma il destino
evidentemente non aveva mai perdonato il fatto che fosse sopravvissuto,
e gli aveva sistematicamente rubato la felicità, subito dopo
avergliene fatto assaporare l'illusione.
Chiuse gli occhi, cullato dal rumore del motore, assaporando quel
silenzio ovattato, pieno di pensieri ma privo di voci, di cui sentiva
un disperato bisogno.
Quando li riaprì, parecchi minuti dopo, si accorse che erano
quasi arrivati.
Sarah
rallentò
dolcemente, accostando l'auto al marciapiede gremito di persone
disperate e impaurite, ferme ad osservare quel sinistro cielo
rossastro. L'edificio dello S.H.I.E.L.D. era proprio di fronte a loro,
le porte d'ingresso si aprivano e chiudevano freneticamente nel viavai
degli agenti intenti a calmare la folla, a trovare una spiegazione a
quel fenomeno surreale, a provare a tener viva la speranza. Riconobbe
l'agente Romanoff, la cosiddetta 'Vedova Nera', intenta a parlare con
alcuni civili, cercando di placarne la paura prima che si trasformasse
in panico.
Si voltò verso Loki, attendendo istruzioni. Lui la
fissò
intensamente, e per un attimo le parve di leggere del rimpianto sul suo
volto. Deglutì lentamente, avvolta da una strana tristezza.
"Prima tu" le disse, tornando a fissare il palazzo di fronte a loro.
"Ma..." provò a replicare, impaurita.
"Entra per prima" proseguì il dio, bloccandola. "Quando
farò il mio ingresso avrò bisogno della
tua...collaborazione."
Pronunciò quell'ultima parola guardandola negli occhi,
sorridendo in modo ben poco rassicurante.
La
ragazza
sospirò, confusa, ma non poteva fare altro che fidarsi di
lui.
Scese dall'auto e iniziò a camminare, rigida e incerta.
Nessuno
sembrava fare caso a lei, in mezzo a quella folla urlante.
Entrò nel grande salone d'ingresso dello S.H.I.E.L.D., e si
fermò dopo pochi passi, tesa. Captain America la
superò
correndo, senza neanche guardarla, seguito da altri agenti ai quali
dettava ordini con invidiabile sicurezza.
Fece qualche altro passo, in attesa. Improvvisamente ebbe la sensazione
di essere osservata, e si voltò verso destra. Da uno degli
ascensori erano appena usciti vari uomini, ma lei ne riconobbe solo
uno. Stark. Ovvero: Iron Man.
Anche lui la stava guardando, allibito. Possibile che l'avesse
riconosciuta? Sarah si sentì perduta quando lo vide
dirigersi
proprio verso di lei, e strinse spasmodicamente i pugni.
Di colpo lui si fermò, a metà strada, fissando
ancor
più sorpreso la porta d'ingresso alle sue spalle. Sarah
seguì il suo sguardo girando la testa all'indietro, e
capì cosa aveva attirato la sua attenzione. O, meglio, chi aveva
attirato la sua attenzione.
Loki aveva fatto la sua entrata, scintillante nella sua armatura
dorata, indossando quell'elmo dalla foggia bizzarra e inquietante.
Creò il panico attorno a sé, e lo vide sorridere
mentre
avanzava nel vuoto che si era formato intorno alla sua figura, facendo
fluttuare il suo mantello verde.
Ormai era a due passi da lei, quando sentì Stark gridare:
"Adesso, Legolas!"
Guardò verso l'alto, sorpresa, e in cima all'immensa
scalinata
vide un uomo tendere rapidamente un arco. In un attimo Occhio di Falco
scoccò la sua freccia, diretta verso il petto di Loki. Ma il
dio
afferrò la ragazza con uno scatto fulmineo, stringendola a
sé e frapponendola fra il suo corpo e la freccia, che
bloccò con facilità con l'altra mano libera,
appena prima
che colpisse l'occhio spalancato di Sarah.
Era questo che intendeva con "collaborazione"? Usarla come ostaggio?,
pensò allibita. Di certo avevano attirato l'attenzione dei
Vendicatori, che li stavano velocemente circondando. Notò
che
mancava all'appello soltanto Hulk.
Sentì aumentare la stretta di Loki, che le poggiò
una
mano sul collo, e dovette fare uno sforzo per dissimulare i suoi veri
sentimenti, sforzandosi di apparire impaurita. In realtà
sapeva
che lui non l'avrebbe mai uccisa, e si sforzò di rilassare i
muscoli, comunicandogli col corpo che era dalla sua parte, qualunque
essa fosse.
Avvertì il suo respiro farsi più vicino al suo
orecchio,
e spostò impercettibilmente la testa all'indietro,
poggiandogli
leggermente la fronte sulla guancia. Le vennero le lacrime agli occhi,
pensando che forse quella era l'ultima occasione che aveva di sentirlo
così vicino.
Steve
Rogers interpretò ovviamente in modo errato le sue lacrime,
e si fece avanti:
"Lascia andare la ragazza!" ordinò fissando Loki con uno
sguardo carico di disprezzo.
"Lo farò, se acconsentirete alla mia richiesta" rispose
Loki, flemmatico.
"Non hai alcun diritto di fare richieste, bastardo" sibilò
Occhio di Falco.
Il dio sogghignò, notando con soddisfazione che l'umano non
si
era dimenticato dei giorni trascorsi sotto il suo controllo, privo di
volontà. Strinse con più forza la mortale,
strappandole
un gemito.
"Se non mi ascolterete, ne pagherete il prezzo" replicò
subdolamente. "Lei sarà la prima a morire, ma voi la
seguirete
tra poco, e non per mano mia. Non sapete quali forze si stanno muovendo
nell'universo. Io sì."
Natasha
fece un passo avanti, dubbiosa "E tu vorresti aiutarci? Non ci credo."
Loki spostò gli occhi su di lei, infastidito dall'arroganza
nella sua voce.
"E fai bene. Non mi importa niente del vostro misero pianeta. Ho ben
altri piani, che non devono interessarvi. Però, se io riesco
nei
miei intenti, anche la vostra Terra sarà salva. Mi sembra un
compromesso accettabile."
Concluse la frase guardando quelle misere creature con
superiorità, certo che avrebbero ceduto alle sue lusinghe,
senza
sospettare che le sue parole non erano propriamente sincere. Occhio di
Falco parlò nuovamente, digrignando i denti furioso:
"Preferirei morire, piuttosto."
Il dio alzò le spalle, fingendosi deluso.
Stark, dopo essere rimasto in disparte qualche istante, pensieroso, si
schiarì la voce:
"A me, invece, interessa sentire la tua proposta, principino".
Barton lo
fulminò con lo sguardo. Come poteva dire una cosa del
genere,
contraddicendo ogni logica? Stava per urlargli contro quanto fosse
idiota il suo modo di pensare, ma fu bloccato da una nuova voce alle
sua spalle.
"Interessa molto anche a me" affermò con tono deciso Nick
Fury, apparso da chissà dove.
Natasha, Clint e Steve si voltarono di scatto verso di lui, pronti a
lamentare le loro ragioni, ma lui li zittì con uno sguardo
severo.
"Allora abbiamo un accordo?" chiese soddisfatto Loki.
Fury annuì lentamente, lasciando trapelare comunque una
malcelata diffidenza.
Alle sue spalle si aprirono nuovamente le porte dell'ascensore, dal
quale si precipitò fuori una donna, che si guardò
intorno
freneticamente. Poi, fissando Loki, gridò con voce
sconvolta:
"Sarah!!!"
La
ragazza
sobbalzò lievemente vedendo il volto teso Jane, che urlava
il
suo nome colma di preoccupazione. Avvertì che Loki la stava
lasciando andare, mollando la presa. La sua mente le diceva di correre
dalla sorella, ma il suo cuore aveva tutt'altre intenzioni.
Deglutì a fatica; quello non era di certo il momento di
ascoltare il cuore. Si staccò di colpo dal petto del dio,
iniziando a correre, rifugiandosi tra le braccia della sorella.
Inspirò il suo profumo dolce e le sorrise tra le lacrime.
Non
era arrabbiata con lei, sembrava anzi enormemente sollevata di
rivederla sana e salva.
"Credevo che fossi morta..." le confessò sottovoce, mentre
qualche lacrima solcava il suo bellissimo viso.
"Sto bene..." la rassicurò, anche se non era proprio la
verità.
La abbracciò di nuovo, avvertendo una piacevole sensazione
di
calore, godendosi quell'unico conforto familiare che le era rimasto.
Udì dei passi alle sue spalle, mentre i Vendicatori le
superavano entrando nell'ascensore, seguiti da Fury e da Loki.
Quest'ultimo, per un istante le rivolse uno sguardo indecifrabile e
intenso, passandole accanto, poi entrò anche lui
nell'ascensore.
Sarah, a fatica, dovette reprimere l'impulso di corrergli dietro,
limitandosi a fissare le sue spalle che sparivano dietro le porte
metalliche, col cuore colmo di dolore.
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Capitolo 16 *** Addio ***
Capitolo 16 - Addio
Capitolo 16
– Addio
Sarah si lasciò cadere pesantemente sul letto della sorella,
sedendosi sul bordo del materasso, rigida e spaurita. Cosa doveva fare
ora? Si voltò verso Jane, che era in piedi vicino alla porta
e
gesticolava confusa, parlando al cellulare a voce alta.
“Erik, tu sai cosa sta succedendo?” la
sentì chiedere, alzando ulteriormente la voce.
Evidentemente stava domandando spiegazioni al dottor Selvig, ma
sembrava piuttosto contrariata.
“No, Erik, non posso calmarmi. No!! Ti rendi conto di quanto
sia
seria la situazione? Sai chi è apparso qui? Loki, il
fratello
pazzo di Thor!!”
Al suono di quelle parole, Sarah si irrigidì ulteriormente,
avvertendo una dolorosa fitta al petto. Probabilmente, anche se avesse
provato a spiegarle cos'era successo, Jane non avrebbe capito.
“Le vostre ricerche hanno dato qualche risultato?”
la
udì chiedere a voce più bassa, temendo una
risposta
negativa.
“Capisco, quindi il dottor Banner sta tornando qui...ovvio,
dovrà incontrarsi con i Vendicatori e con...con
quell'essere.
Non ho un buon presentimento, Erik...” disse con la voce
improvvisamente rotta dalla paura, asciugandosi gli occhi.
Sarah scattò in piedi, ma Jane la fermò con un
gesto, tentando di sorridere.
“Certo, Erik, non c'è problema... No, davvero,
arrivo subito.”
Jane chiuse la chiamata sospirando e fissò con apprensione
la
sorella minore, che era in piedi in mezzo alla stanza, immobile.
Avrebbe voluto restare con lei almeno un po', farsi raccontare tutto,
ma sfortunatamente c'erano questioni più importanti di cui
occuparsi.
Abbracciò Sarah con forza, sussurrando:
“Scusami, sorellina, devo raggiungere il dottor Selvig per
aiutarlo nelle ricerche. Mi dispiace davvero. Spero che tu
capisca...”
Sarah annuì lievemente, sentendosi stranamente
più
sollevata, e si sciolse da quel tenero abbraccio, fingendo un sorriso.
“Certo, non preoccuparti. Anzi, forse è meglio,
sono
davvero stanchissima... Penso che mi farò una doccia e poi
andrò dritta a letto.”
Jane la guardò con affetto, sorridendo.
“Tornerò domani mattina, promesso, e allora mi
racconterai
tutto. Aspetta, forse ho qualche vestito di ricambio per
te...”
La donna si voltò, aprendo l'armadio e frugando all'interno
di
un cassetto totalmente in disordine, senza vedere l'espressione
smarrita sul viso di Sarah, che deglutì leggermente.
Le porse un paio di jeans scoloriti e una camicetta bianca.
“Scusami, sai che l'ordine non è mai stato il mio
forte” si schermì Jane, abbozzando una smorfia
buffissima.
“Temo che siano gli ultimi vestiti decenti che mi sono
rimasti,
ti prego trattali bene.”
Le fece l'occhiolino, schioccandole un rapido bacio sulla guancia, e
corse fuori, lanciandole un'ultima occhiata rassicurante prima di
chiudere la porta.
Sarah rimase sola in quella stanza, nel silenzio, avvolta dai ricordi.
Richiuse lentamente le ante dell'armadio rimaste semiaperte, ripensando
al suo primo incontro con Loki, quando lei era chiusa lì
dentro,
terrorizzata, e lui era ancora un nemico. Le lacrime iniziarono a
rigarle le guance; forse tutto quello che era successo tra di loro,
quell'insperata vicinanza che avevano conquistato con tanta fatica e
dolore, non sarebbe servita a nulla.
Non l'avrebbe mai più rivisto. Chissà, forse non
sarebbe nemmeno sopravvissuta a quella catastrofe incombente.
Ricacciò indietro le lacrime, scuotendo con forza la testa.
Non
era quello il momento di cedere allo sconforto. Afferrò
velocemente i vestiti di Jane, dirigendosi a passo incerto verso il
bagno. Era meglio pensare ad altro, concentrarsi sull'immediato e su
ciò che poteva controllare. Doveva inventarsi qualcosa di
verosimile da raccontare a sua sorella l'indomani, e doveva farlo
subito.
Nick Fury scrutava con diffidenza l'espressione indecifrabile sul volto
di Loki. La sua storia sembrava credibile, la sua voce pareva sincera.
Ma era senza dubbio il miglior bugiardo presente in quella stanza,
praticamente al pari di Natasha. Non per niente era definito il dio
dell'Inganno.
Il capo dello S.H.I.E.L.D. si schiarì la voce, ponendo fine
ad
un silenzio glaciale che durava da parecchi minuti, da quando Loki
aveva smesso di parlare.
“E così questo 'Thanos' sarebbe il nemico. Ha
ripreso il
suo scettro per poter mettere le mani sul Tesseract...”
“Non vorrà credergli, Fury” lo
interruppe brusco Occhio di Falco.
“Clint, non abbiamo molta altra scelta...”
mormorò
Natasha, poggiandogli una mano sul braccio, tentando di calmarlo.
“Nat, è ovvio che mente! E' un bugiardo, un pazzo,
un
assassino! Non possiamo affidargli le nostre vite e quelle dell'intero
pianeta!” gridò l'agente Barton, rosso in viso.
Loki, che era in piedi davanti alla grande vetrata dell'ufficio di
Fury, si voltò verso di lui, con un ghigno sarcastico
stampato
in faccia.
“Dovresti lasciar fuori da questa stanza i tuoi risentimenti
personali e pensare al bene della tua gente, agente Barton.”
Lo stava palesemente prendendo in giro, divertito.
Prima che Clint potesse scagliarsi addosso all'asgardiano, Steve Rogers
scattò in piedi, frapponendosi tra i due.
“Non ho ancora capito perché hai bisogno di noi
per tornare ad Asgard, Loki” gli chiese con voce dubbiosa.
Il dio lo fissò come se avesse detto un'eresia.
“Non ho affatto bisogno del vostro aiuto, stupidi mortali. Ci
sono miriadi di vie e di passaggi che conosco solo io, e che posso
usare per tornare ad Asgard, anche senza di voi. Ciò che vi
sto
proponendo è una semplice ed indolore collaborazione. Voi vi
occuperete dell'esercito di Thanos, ed io penserò a
lui.”
Captain America lo fissò con attenzione, tentando di
cogliere l'inganno nelle sue parole.
“Ancora non capisco... Che vantaggio ne avremmo
noi?” gli chiese pensieroso.
Loki alzò gli occhi al cielo esasperato.
“Avrete salva la vita, oltre a proteggere il vostro insulso
pianeta. La sindrome dell'eroe non è una caratteristica
peculiare della tua razza, soldato? Siete pronti a dimenticare tutto,
persino il vostro istinto di sopravvivenza, per difendere un qualsiasi
'bene superiore'...”
Il dio si bloccò, cercando di celare il disprezzo nella sua
voce, ma era chiaramente disgustato da ciò che stava per
dire.
“Inoltre, ero certo che non ci avreste pensato un secondo a
correre in aiuto di Thor...”
Pronunciò quel nome con rabbia, quasi sputandolo fuori dalle
sue labbra contratte dal dolore.
Stark, rimasto stranamente in silenzio per tutto quel tempo si
avvicinò a Loki e, dandogli le spalle, si rivolse ai suoi
compagni:
“Bene, direi di mettere il tutto ai voti. Chi crede al nostro
nemico-amico?” chiese alzando il braccio con la sua solita
aria
da sbruffone.
"Stark!” gridò Fury “non mi sembra il
caso di scherzare.”
“Non sto affatto scherzando. Io credo al
principino” replicò con finta
ingenuità.
Poi, notando che nessun apprezzava le sue battute, aggrottò
la fronte scocciato, sbuffando.
“Ok, d'accordo, forse non ci possiamo fidare di lui. Ma quale
altra scelta abbiamo? Stare qui con le mani in mano non avrebbe senso
comunque.”
Sui volti dei Vendicatori si dipinse un'espressione di amara
rassegnazione, mentre Loki sorrise impercettibilmente, trionfante.
“Allora, rimettiamo di nuovo la decisione ai voti? Chi vuole
fare
un bel viaggetto interstellare in compagnia del bellimbusto, con
destinazione Asgard e probabile non ritorno, alzi la mano.”
Stark fissò soddisfatto Steve Rogers, che sollevò
il
braccio per primo, tenendo lo sguardo basso. Su di lui si poteva sempre
contare, l'eroe per definizione. In fondo, che aveva da perdere? Subito
dopo, anche Natasha alzò la mano, col viso serio e
corrucciato.
Clint la incenerì con lo sguardo, ma poi, con riluttanza, la
imitò.
“Perfetto” affermò Tony Stark
“non ci resta
che attendere l'arrivo di Banner, sentire la sua opinione e
partire.”
Fury lo bloccò, sorpreso.
“E tu, perché non alzi la mano, Stark?”
L'uomo aprì le braccia, dispiaciuto.
“Bé, perché io non posso venire, vero
piccolo cervo?” chiese girando la testa verso Loki.
“Già” gli rispose il dio, sorridendo
sornione e incrociando le braccia dietro la schiena.
“Perché?” domandò costernato
Rogers.
“Oh, andiamo Capitano, non fingerti dispiaciuto”
gli
rispose Stark, facendogli l'occhiolino. “Come abbiamo notato
nell'ultima battaglia, i viaggi cosmici non fanno per me”
disse
indicando il cerchio di luce blu che gli pulsava sul petto.
I Vendicatori rimasero senza parole, e Loki ne approfittò
per defilarsi.
“Bene, la partenza è fissata per domani mattina.
Consultate anche il vostro professore instabile e, se sarete ancora
dell'idea di venire, ci rincontreremo qui.”
Detto questo si incamminò velocemente verso l'ascensore,
stranamente agitato. La voce fastidiosa di Stark lo raggiunse quando le
porte metalliche si stavano chiudendo, canzonandolo:
“Perché tanta fretta, piccolo principe? Devi dire
addio a qualcuno?”
L'asgardiano appoggiò la schiena a quella superficie gelida,
sospirando. Chiuse gli occhi, mentre l'ascensore continuava a scendere
e si concentrò, come se stesse cercando con la forza della
mente
di trovare qualcosa. O qualcuno. Riaprì gli occhi di scatto
e
una leggera luce dorata lo circondò. Un attimo dopo era
scomparso.
Sarah fissò soddisfatta il suo riflesso nello specchio.
Finalmente aveva di nuovo un aspetto più che decente, i
capelli
in ordine e un trucco leggero. I vestiti di Jane le stavano alla
perfezione, per fortuna, anche se i jeans le andavano leggermente corti.
Sospirò sconsolata, non le era venuto in mente niente di
realistico da dirle, era davvero nei guai.
Mentre guardava preoccupata il suo riflesso, udì uno strano
rumore provenire dall'altra parte della porta. Una specie di tonfo, e
un rumore attutito di passi. Sbarrò gli occhi, sperando che
il
battito accelerato del suo cuore non la stesse ingannando.
Aprì di scatto la porta del bagno, precipitandosi nell'altra
stanza. Al centro, immobile, si stagliava una figura che riconobbe
subito. Le dava le spalle, ma quei suoi strani abiti, quei capelli
neri, erano inconfondibili. Non riuscì trattenere la
sorpresa e
dalle labbra le uscì una sola parola:
"Loki..."
Il dio si voltò verso di lei, puntandole addosso quegli
occhi
assurdamente belli. Stava per dirle qualcosa, invece serrò
le
labbra, aggrottando la fronte, fissandola con uno sguardo leggermente
stupito. La ragazza si diresse velocemente verso di lui, chiedendosi
perché sembrasse così teso. Non appena gli fu di
fronte
notò che il suo corpo era estremamente rigido, e lui
distolse
rapidamente lo sguardo, corrucciato.
"Cos'è successo?" domandò con un sussurro,
paralizzata da tanta freddezza.
Loki posò nuovamente gli occhi su di lei, sembrava oppresso
da
un'angoscia che non voleva dar a vedere. Serrò la mascella,
e
rispose:
"Domani mattina tornerò ad Asgard, forse insieme ai
Vendicatori."
Sarah si sporse verso di lui, in ansia.
"E poi?"
"Poi combatterò, mortale, fino alla fine. Molto
probabilmente assisteremo ad un nuovo Ragnarok."
La ragazza rabbrividì. Conosceva quella parola, derivata
dalla
mitologia nordica, che indicava un evento catastrofico, la fine di ogni
cosa.
Allungò una mano verso di lui, cercando un po' di conforto,
un
po' di speranza, ma lui la scacciò, voltandosi di scatto,
spezzandole il cuore. Lo vide incamminarsi verso la porta a passo
incerto e riuscì ad avvertire tutto il dolore che stava
provando. Era convinto che quella fosse la sua ultima notte. Era
praticamente certo che non sarebbero sopravvissuti. La sua pelle fu
percorsa da un brivido caldo. Quella era quasi certamente l'ultima
notte che passava sulla Terra.
Ed era andato da lei.
"Aspetta" gli chiese, implorante.
Lui si bloccò solo per un istante, resistendo a fatica alla
tentazione di voltarsi, e riprese a camminare verso la porta, ma
più lentamente, passandosi una mano sul viso. Sarah si
sentì invadere dall'ansia e gli corse dietro, fermandosi di
fronte a lui e bloccandogli il passaggio. Lo guardò piena
d'angoscia, ferita dal suo sguardo colmo di rabbia.
"Lasciami passare" le intimò a bassa voce.
"No" rispose lei, scuotendo la testa con forza e trattenendo a stento
le lacrime.
"Sarah..." la voce di Loki si ruppe, quando si rese conto di averla
appena chiamata per nome.
Che gli era preso? Fissò quella ragazza testarda e sciocca
che
gli stava di fronte e che gli sorrideva tra le lacrime; e
sentì
montargli dentro una strana furia. Perché si ostinava a
volergli
restare vicino? E perché lui non riusciva più a
respingerla, anzi la desiderava?
La afferrò per i fianchi, spingendola con violenza contro la
porta. Si rese conto del suo errore troppo tardi, quando ormai il viso
dell'umana era così vicino al suo da avvertirne il respiro
caldo
sulla pelle. Lasciò la presa, senza però
spostarsi di un
millimetro, realizzando per la prima volta quanto fossero belli e
profondi gli occhi della mortale.
Provò, con un ultimo sforzo, a raggiungere con la mano la
maniglia della porta, ma lei lo bloccò, intrecciando
lentamente
le dita alle sue.
"Ti prego" la sentì sussurrare "Non andartene...resta qui."
Avvicinò ancora il suo viso a quello della mortale,
sfiorandole
la fronte con la sua, bramando il calore che le sue labbra
promettevano, sentendo la sua imperturbabile corazza, forgiata
dall'orgoglio e dalla sofferenza, incrinarsi improvvisamente
dall'interno.
Sarah, sconvolta dalla vicinanza di Loki, deglutì tremando.
Schiuse le labbra, alzò lo sguardo e si perse nei suoi occhi
così limpidi, rivolgendogli un'ultima supplica: "Resta con
m..."
Lui non le permise nemmeno di finire, prendendo finalmente possesso
della sua bocca, stringendola a sé e afferrandole il viso.
La
ragazza gli allacciò le braccia al collo, partecipando
completamente a quel bacio così lento, così
profondo,
così terribilmente necessario. Sentì la mano del
dio
sfiorarle i capelli e poggiarsi sul chiavistello della porta,
serrandolo con un movimento secco.
Come la prima volta che si erano visti, in quella stessa stanza, si
sentì in trappola. Ma, stavolta, non aveva alcuna paura di
abbandonarsi al volere di Loki, anzi lo desiderava con tutta
sé
stessa. Gli prese il viso tra le mani, infilandogli le dita tra i
capelli, interrompendo quel bacio che le stava mozzando il fiato,
inspirando con forza, mentre la testa iniziò a girarle
vorticosamente. Lui prese a baciarle il collo, senza lasciarle un
attimo di tregua, afferrandole i lembi inferiori della camicetta con le
dita.
Sarah, chiuse gli occhi, annaspando nel suo stesso respiro, senza
riuscire a fermare le mani del dio, che, uno alla volta, fecero saltare
i bottoni con dei colpi secchi, liberandole la pelle da quella stoffa
bianca e fastidiosa. Sorrise divertita, pensando alla faccia che
avrebbe fatto la povera Jane quando le avrebbe reso i vestiti, che
aveva promesso di trattare con cura.
Le cedettero di colpo le ginocchia e iniziò a scivolare
verso il
basso, afferrandogli la nuca e trascinando Loki sul pavimento, sopra di
sé.
Per la prima volta nella sua vita comprese cosa significasse annullarsi
per un altra persona, e sentì ogni ragione e ogni logica
svanire
sotto la pressione delle sue dita, che le percorrevano il corpo senza
sosta, privandola di ogni pensiero.
Loki non aveva mai provato niente di simile, nemmeno il piacere della
vendetta si avvicinava lontanamente a quello che stava trovando sul
corpo caldo e imperlato di sudore della mortale. Sentiva il battito
impazzito del suo cuore rimbombargli violentemente nelle orecchie e
respirava a fatica, incapace di ragionare. Ma non poteva interrompere
quell'assurdo stordimento, non voleva staccarsi da quell'abbraccio
incandescente, unica cura alla sua cieca disperazione.
Affondò
la bocca nelle sue labbra morbide, così rosse ad invitanti,
conducendola ben oltre il limite delle sue fragili energie umane. Le
osservò il viso, temendo che da un momento all'altro lo
potesse
respingere e allontanare, ma lei gli sorrise. La vide sbattere
freneticamente le palpebre, completamente in balia della sua
volontà, mentre gli allacciava le braccia intorno al collo,
con
il viso distorto dall'emozione.
Sarah si sentì morire e riportare in vita
un'infinità di
volte, quella notte. Da quanto tempo era tra le braccia di Loki,
inchiodata a terra senza alcuna via di scampo? Minuti, giorni, ore?
Realizzò che, tra le sue braccia, cullata dai suoi respiri,
dolore e piacere potevano diventare la stessa cosa, e che ogni sua
ferita poteva essere rimarginata da una carezza.
Ad un certo punto sentì le forze abbandonarla e la vista le
si
offuscò improvvisamente. Prima di perdere i sensi,
abbandonata
dalle sue membra stremate, avvertì che Loki la stava
sollevando,
poggiandola sul letto e gli cinse la schiena con le braccia,
attirandolo con sé tra le lenzuola, sperando con tutta
sé
stessa di potersi risvegliare ancora al suo fianco.
***
Angolo
autrice
Mi dispiace
davvero tanto che
Stark non possa unirsi alla spedizione... No, non è vero. XD
In
realtà sono sollevata che il film mi abbia dato un motivo
realistico per lasciarlo a casa. ^^ Per quanto mi piaccia scrivere le
sue battute, sono sicura che se fosse andato anche lui avrebbe finito
per far naufragare i piani di Loki! XD Sono due personaggi piuttosto
ingestibili, quando ci si mettono. (Due dive a tutti gli effetti, per
citare il buon Tony!) Comunque lo ritroveremo anche nel
prossimo
capitolo, pronto a dispensare un altro po' di battutine! ^_^
A presto!
Sayuri
|
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Capitolo 17 *** La partenza ***
Capitolo 17 - La partenza
Capitolo 17
– La partenza
Quella notte, avvolto dai suoi pensieri e dal calore del
corpo della mortale, Loki non riuscì a chiudere occhio.
In quel
letto
decisamente troppo stretto, non c'era più posto per
ripensamenti
e rimpianti, né spazio per l'insicurezza. Infatti la mente
del
dio era vigile, e i suoi sensi concentrati; ma il suo animo, di solito
così irrequieto, era stranamente calmo.
Quell'oscurità
accogliente, quel piacevole silenzio, scandito solo dai respiri lenti e
profondi dell'umana che dormiva tra le sue braccia, riuscivano in
qualche modo a placare l'ansia e l'angoscia che tentavano di insinuarsi
nel suo cuore.
Chiuse
gli occhi,
sprofondando nel buio, e chiamò a raccolta tutte le sue
energie
e tutto il suo ingegno; ne avrebbe avuto bisogno per portare a termine
il suo progetto e fronteggiare Thanos. Si chiese preoccupato come
avrebbe reagito quest'ultimo nel rivederlo ancora vivo, ma sapeva bene
che quell'essere, esattamente come lui, non era assolutamente
prevedibile. L'unica cosa che conosceva con certezza era il suo fine
ultimo, il suo assurdo desiderio suicida, che avrebbe sfruttato per
completare la sua rinascita.
Le
riflessioni
dell'asgardiano vennero interrotte bruscamente, non appena le luci
automatiche della stanza iniziarono ad accendersi una dopo l'altra,
segno evidente che era ormai mattina.
Sarah si
risvegliò a fatica, stordita, sentendosi come una bolla
d'aria
che riaffiora in superficie dal fondo dell'oceano. Inspirò
profondamente, stropicciandosi gli occhi, infastidita da
quell'improvvisa luce. Notò che l'orologio sulla parete
bianca
segnava già le sette, e sentì il cuore mancare un
battito.
Spostò
lo
sguardo atterrita e mise a fuoco il viso di Loki, adagiato di fianco al
suo, perdendosi nei suoi occhi così vicini e rimpiangendo il
sonno senza sogni da cui si era appena destata. Accettare la cruda
realtà era troppo doloroso. Stavolta il loro tempo era
davvero
finito.
Deglutì,
cercando la voce, colta dall'improvvisa necessità di
parlargli.
Loki
fissò gli
occhi della mortale, così profondi e privi
d'impurità,
avvertendo un lieve dolore al petto. Aggrottò la fronte,
intuendo che voleva dirgli qualcosa, e le posò una mano sul
fianco, aspettando di udire le sue parole.
"Avevi
ragione" sussurrò la ragazza, con la voce ancora leggermente
impastata dal sonno.
"In
merito a cosa?" le mormorò di rimando, incuriosito.
"Quando
hai detto che io sarò sempre inferiore a te... Avevi
ragione."
Il dio
era confuso,
perché gli stava dicendo una cosa del genere?
Scrutò i
suoi lineamenti, che si contrassero improvvisamente, percorsi da
un'infinita tristezza.
"Ma lo
accetto." La
mortale continuò a parlare, con un tono sommesso e vibrante.
"Non voglio più fingermi diversa da quel che sono,
finalmente
l'ho capito. Grazie a te."
Loki
socchiuse gli
occhi, colpito nel profondo da quelle parole. Forse era giunto anche
per lui il momento di seppellire quella bruciante sensazione
d'inferiorità e di smarrimento che lo aveva condotto sul
baratro
della follia. Era venuto il tempo di dimostrare quanto valeva, quanto
poteva essere degno. Ma questo significava non poter mai più
tornare indietro.
Si
irrigidì
controvoglia, assumendo uno sguardo duro, pronto a replicare alle
parole dell'umana, a demolire la sua speranza, conscio che non
l'avrebbe potuta realizzare. Stava per parlare, ma lei lo
bloccò, poggiandogli l'indice sulle labbra.
"Non dire
niente" gli sussurrò. "Tanto so che mentiresti."
Sorrise
malinconica,
prima di poggiare delicatamente le labbra sulle sue. Un ultimo bacio,
un addio, poi la vide voltarsi, avvolgendosi strettamente tra le
lenzuola, e affondare il viso nel cuscino.
Rimase
impietrito per
alcuni secondi, dopodiché si alzò lentamente,
sentendosi
la testa pesante e vuota al tempo stesso. Guardò un'ultima
volta
il profilo della mortale, realizzando sgomento con quanta forza avesse
ormai marchiato a fuoco i suoi ricordi.
Si
voltò di
scatto, relegando quei pensieri e quelle sensazioni in
profondità, sigillandoli in fondo alla sua anima, e si
diresse
con decisione verso la porta, avvolto nella sua scintillante armatura
dorata. Quando aprì la porta si fermò sull'uscio,
titubante, raggiunto dai singhiozzi sommessi di Sarah.
Deglutì
con
fatica e uscì a passo svelto, con la vista annebbiata,
rendendosi appena conto di aver urtato qualcuno, ed entrò
nell'ascensore senza più voltarsi indietro.
Jane
rimase impietrita
davanti alla sua stanza per almeno un minuto, senza capacitarsi del
fatto che l'uomo che ne era appena uscito, finendole addosso, fosse
proprio Loki. Cosa ci faceva lì dentro? Aveva paura di
scoprirlo, ed esitò per qualche altro istante.
Poi si
riscosse di colpo, ricordandosi di Sarah, e si precipitò
dentro la camera, in preda all'ansia.
Vide la
sorella scossa
dai singhiozzi, abbandonata tra le lenzuola, e le mancò la
terra
da sotto i piedi. Corse verso di lei, inginocchiandosi alla base del
letto, sconvolta dalla rabbia. La afferrò con delicatezza,
temendo quasi di farle male, e la voltò verso di
sé,
tremando.
"Cosa ti
ha fatto..." chiese con tono malfermo, temendo il peggio; prima di
rendersi conto, attonita, che lei stava bene.
Nonostante
le lacrime
le solcassero il viso senza sosta e fosse scossa dal pianto,
notò che si sforzò di sorriderle, aumentando
ulteriormente la sua confusione. Cos'era successo tra sua sorella e
Loki?
Sarah le
prese una
mano e se la poggiò sulla guancia, che era bollente ed
arrossata, e mormorò con la voce rotta dal dolore:
"Mi ha
salvata. Come forse io ho salvato lui."
Jane
sgranò gli occhi, incredula.
"Cosa
vuoi dire?" le domandò con un fil di voce.
Ma,
dentro di lei,
aveva già compreso perfettamente ogni cosa, vedendo riflesso
negli occhi della sorella un sentimento che conosceva fin troppo bene.
In fondo, chi meglio di lei poteva capirla?
La
aiutò a
mettersi seduta ed ascoltò in silenzio il suo racconto,
accarezzandole di tanto in tanto i capelli, provando lo stesso
rimpianto e la stessa sofferenza, pensando a Thor.
Il dio
dell'Inganno
uscì dall'ascensore camminando pesantemente, misurando ogni
passo. Alzò gli occhi e si ritrovò davanti
Captain
America, evidentemente teso, che gli lanciò uno sguardo
diffidente.
Negli
occhi del
soldato, così limpidi e azzurri, passò un'ombra
incerta,
che lui scacciò immediatamente, obbligandosi a una forzata
sicurezza. Doveva dimostrarsi pronto a guidare i compagni in un mondo
lontano e colmo di pericoli sconosciuti, e condurli con fiducia verso
quella missione di cui in realtà non sapeva nulla.
Si
voltò verso
Clint, che si sistemò l'arco sulle spalle, e
lanciò una
rapida occhiata a Natasha, che gli rivolse un lieve sorriso, alzandosi
in piedi.
Erano
pronti.
Tornò
a fissare
Loki, che si era fermato di fronte a lui, provando ad intuire i
pensieri nascosti dietro quello sguardo glaciale. Notò che
appariva molto meno spavaldo del solito e, ingenuamente,
sperò
di potersi fidare. Si voltò, udendo dei passi dietro di lui,
e
si ritrovò faccia a faccia con Tony Stark.
"Nervoso,
capitano?"
lo canzonò il miliardario, dandogli qualche pacca
d'incoraggiamento sulle spalle, per poi rivolgersi all'asgardiano,
ammiccando.
"Ho come
l'impressione
che il nostro principe arrendevole non sia riuscito a dormire molto
stanotte, a giudicare dalle sue divine occhiaie. Nottata impegnativa?"
gli domandò, sorridendo sornione. "Il pensiero di rivedere
il
tuo caro fratellone non ti entusiasma, vero? O magari, hai avuto altro
da fare..."
Loki lo
fulminò con lo sguardo.
"Taci,
Stark" gli intimò, infastidito, superandolo a passo svelto e
schiarendosi la voce.
Steve
Rogers
guardò con aria interrogativa Stark, che fece un gesto vago
con
la mano, ridacchiando. "Non credo che tu possa capire..."
In quel
momento le porte metalliche dell'ascensore si riaprirono, e Fury e
Banner fecero la loro entrata.
"Viene
anche lei, professore?" chiese sollevata l'agente Romanoff.
Bruce la
fissò timidamente, abbozzando un sorriso.
"Sì.
La mia
presenza è considerata essenziale per la vostra
sicurezza..."
disse guardando Loki attraverso le lenti degli occhiali.
Il dio si
finse
scocciato, reprimendo un ghigno soddisfatto. Avere il bestione verde
dalla sua parte era un vantaggio notevole, ne avrebbe approfittato con
gioia. Lanciò uno sguardo ai Vendicatori, che attendevano la
sua
mossa.
"Pronti a partire?" chiese sollevando la testa e allargando le braccia,
formando una sfera di luce intensissima, percorsa da scariche
elettriche bluastre.
Banner,
Rogers, Natasha e Clint fecero un passo avanti, annuendo all'unisono.
"Spero
per te che il tuo piano non sia un inganno Loki..." gli disse Fury con
voce tagliente "Se ci tradirai..."
"Oh, non
temere,
agente Fury" lo interruppe il dio, mentre la luce diventava sempre
più intensa e il pavimento vibrava intensamente.
"Ai tuoi
preziosi eroi
non accadrà nulla di male. Torneranno indietro. Sani...e
salvi."
sussurrò con voce bassissima l'asgardiano, mentre sul suo
volto
prendeva forma un sorriso trionfante. La spia scattò in
avanti,
inquieta, rendendosi conto con orrore che stava mentendo.
Ma
era troppo tardi. I
Vendicatori e Loki vennero circondati da strisce di luce argentata e
svanirono all'improvviso, accecando Fury e Stark. Dopo qualche minuto i
due riuscirono a riaprire gli occhi e si fissarono in apprensione,
immobili, sperando di non aver appena commesso l'errore più
grande della loro vita.
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Capitolo 18 *** Incontri ***
Capitolo 18 - Incontri
Capitolo 18
– Incontri
Non
appena avvertì che il viaggio tra i due mondi si era
concluso
con successo, Loki si costrinse ad aprire gli occhi, riluttante.
Asgard era proprio di fronte a lui, bella e fiera come la ricordava,
avvolta da una luce inaccessibile, che gli feriva gli occhi. Si
incamminò a passo svelto verso il palazzo che svettava
imponente
al centro della città, impreziosito da enormi torri bronzee,
seguito a distanza dai Vendicatori. Avvertiva chiaramente il disagio
degli umani, non abituati a quella vista mozzafiato e a quell'aria pura
e cristallina, che respiravano a fatica.
Nella mente di Natasha Romanoff non c'era mai stato molto spazio per lo
stupore, ma era quella la sensazione che più si avvicinava a
quel che stava provando camminando per le vie di Asgard, inondate da
un'irreale luce dorata. Tutto, in quel mondo, pareva appartenere ad un
ordine di cose superiore e perfetto, persino le pietre levigate
dell'acciottolato, che rilucevano come specchi, componendo un intricato
disegno. La donna alzò lo sguardo rapita, perdendosi in quel
cielo in parte azzurrissimo ed in parte tinto dei colori del tramonto,
puntellato di stelle e nebulose in continuo movimento, sentendosi
incredibilmente insignificante.
La voce tesa di Clint la obbligò a ritornare concentrata.
"Che succede?" chiese il compagno in direzione di Loki, che si era
fermato all'improvviso, sempre dando loro le spalle.
"C'è troppo silenzio" sentenziò l'asgardiano,
guardandosi intorno con circospezione.
La vie erano deserte e dalle case non proveniva nessun suono. Natasha
trattenne il fiato, vigile, tentando di scorgere un qualsiasi movimento
o rumore proveniente dall'ambiente circostante. Qualcosa non andava.
Sgranò gli occhi non appena sentì la terra
tremare sotto
i piedi, accompagnata da un rombo profondo e sinistro, e si
aggrappò al braccio di Steve, che era accanto a lei, per
evitare
di cadere. Il cielo si affollò di nubi violacee e,
gradualmente,
si oscurò, dando vita ad un'atmosfera sospesa e sinistra.
Vide
Banner stringere i pugni, nervoso, mentre appoggiava la schiena ad una
parete, subito imitato da Occhio di Falco. Il terreno vibrava sempre
più intensamente e nell'aria si diffuse un sibilo acuto, che
sembrò colpire in profondità Loki, che si
poggiò
con forza le mani sulle orecchie, sollevando la testa con uno scatto
rabbioso.
D'improvviso un fulmine squarciò il cielo, seguito da
un'intensa
onda luminosa che scacciò con forza l'oscurità
opprimente
che si stava posando su ogni cosa, riportando la quiete e il silenzio.
Loki inspirò profondamente, serrando le labbra. Aveva visto
chiaramente quella potente scarica elettrica sollevarsi dalla torre
più alta del castello, e sapeva con esattezza chi l'aveva
generata. Senza nemmeno voltarsi verso i Vendicatori riprese a
camminare, colto da una furia irrefrenabile, ma venne bloccato dopo
pochi passi dalla lama affilata di una spada, che qualcuno gli stava
imprudentemente puntando alla gola.
"E così il traditore ha fatto ritorno..." disse con
disprezzo
Fandral, arretrando e riponendo la spada, subito raggiunto da Hogun,
Volstagg e Lady Sif.
"Ci sei tu dietro a tutto questo, Loki?" domandò la donna
con
tono accusatorio, già convinta della sua colpevolezza.
Loki sogghignò, irritandola ulteriormente, e si
voltò
verso i Vendicatori, che avevano assistito alla scena attoniti, facendo
un lieve cenno col capo.
Banner fece un passo avanti, parlando a voce bassa "No, lui ci sta
aiutando, ha un piano per sconfigger..."
Sif lo interruppe, brusca: "Non vi fiderete davvero di lui! Come potete
credere anche ad una sola delle sue parole? Che prove avete?"
Bruce la fissò interdetto, sentendosi un pesce fuor d'acqua,
e
abbassò lo sguardo dandosi dell'ingenuo. La donna aveva
ragione,
non avevano alcuna prova.
Volstagg calmò con un gesto la guerriera e poi rivolse il
suo
sorriso bonario agli umani, tentando di allentare la tensione.
"Scusate le nostre cattive maniere, midgardiani, ma siete nostri ospiti
in un momento difficile. Prima le presentazioni" disse allargando le
braccia, orgoglioso "Lady Sif e i tre guerrieri, compagni d'armi di
Thor."
Captain America parve rinfrancato e si fece avanti con fierezza,
sorridendo cordiale e allungando un braccio verso il corpulento
guerriero.
"Steve Rogers" disse con voce ferma, stringendogli la mano con forza,
per poi indicare i suoi compagni.
"La signorina Romanoff, il professor Banner e l'agente Barton. Siamo i
Vendicatori, anche noi amici di Thor.”
Il viso di Volstagg si illuminò "Ma certo! Lui ci ha parlato
molto di voi, è un onore avervi qui e poter disporre del
vostro
aiuto."
Hogun annuì, serio, e Sif fece un lieve inchino, lasciandosi
finalmente andare ad un timido sorriso.
Fandral strinse la mano a tutti i Vendicatori e, quando si
trovò
davanti a Natasha, le sorrise con una punta di malizia, afferrandole il
polso e baciandole lievemente il palmo della mano.
"Benvenuta su Asgard" le disse fissandola intensamente, mentre Sif
alzava gli occhi esasperata e Clint gli rifilava un'occhiataccia.
"Avete finito?" protestò scocciato Loki, incrociando le
braccia
e alzando un sopracciglio, disgustato da tutti quei convenevoli senza
senso. Evidentemente era l'unico a comprendere la gravità
della
situazione e a rendersi conto del poco tempo rimasto a loro
disposizione.
"Non siamo venuti qui per perderci in chiacchiere, io credo"
sibilò con un tono palesemente denigratorio, fissando i suoi
ex-amici con superiorità.
Fandral rispose al suo sguardo con irritazione, posando la mano
sull'elsa della spada che gli pendeva sul fianco.
"No, infatti. Siamo qui per scortarti da Thor."
Il mezzo sorriso di Loki si spense, come il suo sguardo, al pensiero di
dover rivedere il fratello.
"Bene, allora che stiamo aspettando?" chiese con voce vuota, tentando
di recuperare il sangue freddo.
Non poteva perdere il controllo, non ancora. Si rimise in marcia a
testa bassa, seguendo i guerrieri asgardiani, senza più
pronunciare una sola parola, perso nei suoi inquietanti pensieri.
"Sapete cosa sta succedendo?" chiese titubante Bruce rivolgendosi a
Volstagg, continuando a camminare "Cos'è stato quella specie
di
terremoto di poco fa?"
"Da ormai un giorno intero un nemico sta tentando di infiltrarsi ad
Asgard, aprendo un portale tra il suo mondo ed il nostro, sfruttando il
potere del Tesseract."
"Come è successo sulla Terra..." commentò fra
sé e sé Natasha.
"Esatto. Thor continua a richiudere il passaggio usando Mjolnir, ma
questo continua a riformarsi, sempre più velocemente."
spiegò Sif, preoccupata. "Per questo abbiamo ordinato alla
popolazione di nascondersi o evacuare. Sappiamo che, presto, la forza
di Thor non sarà più sufficiente. Il nemico
piomberà qui da un momento all'altro e, probabilmente, non
sarà da solo."
"L'esercito di cui ci ha parlato Loki..." mormorò Steve.
"L'esercito di Thanos..."
Il dio dell'Inganno si irrigidì impercettibilmente, sentendo
quel nome, e Clint se ne accorse, fissandolo dubbioso. Se persino lui
lo temeva, doveva essere estremamente pericoloso. Poggiò
istintivamente una mano sulla faretra, accarezzando le sue frecce.
Erano ormai giunti alla base del palazzo, e i quattro guerrieri
asgardiani si accomiatarono.
"Noi dobbiamo restare qui. Pattuglieremo le vie di Asgard e saremo la
prima difesa contro questa nuova minaccia." spiegò Fandral
con
una lieve punta di rammarico.
Sguainò la sua spada e si voltò di scatto.
"Buona fortuna!" gridò mentre si allontanava a grandi passi,
facendo un cenno con la mano.
Sif fissò intensamente i Vendicatori, sentendosi stranamente
affranta; poi annuì gravemente e seguì il
compagno.
"Buona fortuna anche a voi..." disse Steve, con la voce improvvisamente
piena d'angoscia.
"Addio" rispose serio Hogun, con il suo solito tono imperturbabile,
ritornando sui suoi passi.
Volstagg aprì la bocca, cercando le parole più
adatte ad
infondere in tutti un po' di incoraggiamento, ma non riuscì
a
dire niente; quindi sorrise, anche se i suoi occhi erano velati di
tristezza, e andò incontro al suo destino con passo fiero.
I Vendicatori, avvolti da un grave silenzio, seguirono Loki e si
posizionarono su una piattaforma dorata che, attivata da un misterioso
meccanismo, li trasportò rapidamente in cima alla torre
più alta del palazzo.
Il dio del Tuono era in piedi al centro di un'enorme terrazza, con
Mjolnir stretto in mano e lo sguardo rivolto verso l'alto, in
aspettazione.
"Thor!!!" gridarono in coro i Vendicatori correndo verso di lui,
sollevati.
"Amici miei..." mormorò allibito l'asgardiano, poggiando la
mano
sull'avambraccio di Captain America e Banner, sorridendo incredulo
verso Natasha e Barton. Nonostante quell'inaspettata gioia, era esausto
data l'enorme quantità di energia che aveva speso nelle
ultime
ore, e parlava a fatica.
"Cosa ci fate qui?" riuscì finalmente a chiedere, con la
voce rotta dal fiatone.
"Siamo venuti a sostenerti e a ricambiare il tuo aiuto" rispose Steve
"Loki ha..."
Non appena udì quel nome Thor si sentì vacillare
e, per un istante, gli si annebbiò la vista.
"Loki?!" ripeté con un fil di voce, voltandosi di scatto,
incontrando gli occhi del fratello, che si era tenuto a distanza.
Il dio dell'Inganno lo fissava, corrucciato; sentendosi come sempre
ferito dall'assurdo sentimentalismo di Thor, che si ostinava a crederlo
diverso, a volerlo migliore. Istintivamente arretrò di un
passo
quando lo vide dirigersi verso di lui e impallidì
visibilmente.
"Fratello..." sussurrò Thor con tono implorante, quando
ormai erano divisi da pochi metri.
Il dio del Tuono tentò di decifrare lo sguardo di Loki,
senza
successo, cercando in quelle iridi fredde i ricordi di un tempo ormai
perduto. Avrebbe voluto parlargli, ascoltare le sue spiegazioni, ma si
ritrovò nuovamente davanti ad un muro di doloroso silenzio.
Serrò la mascella, deglutendo, e si sentì
stranamente
impotente. Non voleva arrendersi, non poteva. Si avvicinò
ulteriormente e gli tese una mano, con lo sguardo colmo di affetto, di
rimpianto, di speranza.
Per un istante sul viso di Loki si disegnò un'espressione
smarrita e sembrò riflettere sul quell'inaspettata supplica
di
riconciliazione, inclinando lievemente la testa.
Thor non riuscì a trattenere lo stupore e sorrise, quando lo
vide staccare con fatica il braccio dal fianco a aprire lentamente le
dita, che fino a quel momento teneva serrate a pugno, rigidamente.
Forse era sincero, e magari gli avrebbe davvero stretto la mano se non
fosse stato per il fato avverso che incombeva impietoso su di loro.
Ancora una volta, la terra di Asgard fu scossa da una forza violenta e
implacabile, mentre il cielo si oscurò improvvisamente. Thor
si
voltò di scatto, spalancando gli occhi, e alzò il
suo
martello con disperazione; ma, questa volta, nemmeno i suoi potenti
fulmini riuscirono a contrastare la furia di Thanos.
In quel cielo nero si aprì una voragine di luce rossastra,
vomitando fuori una massa indistinta di creature mostruose, mentre
l'aria si riempiva di grida spaventevoli e urla selvagge. La struttura
del palazzo si incrinò, creando una profonda spaccatura che
divise i due fratelli, facendo precipitare Loki nel vuoto, circondato
da macerie e detriti dorati.
Quando riuscì a riaprire gli occhi, il dio dell'Inganno si
ritrovò parecchi piani più in basso, avvolto
dalla
polvere e tossì con forza. Si alzò a fatica,
togliendosi
di dosso alcuni pezzi di metallo e di muro che gli erano franati sul
corpo e tese le orecchie, udendo in lontananza il suono della battaglia
che infuriava all'esterno.
Inspirò profondamente, bloccando sul nascere la paura che
stava
germogliando nel suo cuore. Avrebbe potuto usare i suoi poteri per
nascondersi e fuggire, ma non lo fece.
Lui voleva essere trovato.
Pochi minuti dopo udì un'altra presenza materializzarsi
nella
stanza, una presenza terribilmente pericolosa e rabbiosa, e fu percorso
da un brivido. Un'istante dopo venne scagliato con estrema violenza
contro un muro, che si incrinò nell'urto con il suo corpo,
mentre un'enorme mano violacea gli bloccava il petto. Alzò
lo
sguardo, incontrando gli occhi iniettati di sangue di Thanos, che gli
sorrise perversamente.
"Questa è una vera sorpresa, asgardiano...perché
sei
ancora vivo? E perché sei stato tanto imprudente da farti
trovare da me?"
Loki sobbalzò, sentendo chiaramente le sue costole
scricchiolare
e incrinarsi sotto la morsa di quella mano gigantesca e dura come la
pietra.
"Devo rimediare al mio fallimento" rispose con un sussurro.
Tentò con tutte le sue forze di domare il tremito delle sue
labbra, ma il suo spietato nemico riuscì comunque a scorgere
un
leggero tremolio nelle sue parole.
"Implori dunque pietà?" chiese il mostro, allentando di poco
la
presa, permettendogli di respirare più liberamente.
"Non solo, vengo a te con un dono" gli rispose abbozzando un mezzo
sorriso.
"Quale dono?" domandò Thanos con voce sinistra, incuriosito.
"Sono certo che lo apprezzerai. Ti offro la vita dei mortali che hanno
osato umiliare la tua forza. Li ho convinti con l'inganno a seguirmi."
Thanos mollò di colpo la stretta, liberando il dio che
atterrò in piedi sul pavimento, gemendo e poggiandosi una
mano
sul petto.
"Un tributo più che gradito, asgardiano, ma che non ti
farà aver salva la vita. Quando avrò terminato
con loro,
sarà il tuo turno. E poi, di tutto l'universo, non
resterà che polvere."
Loki deglutì lentamente, annuendo e nascondendo sotto un
falsa smorfia d'angoscia il suo sorriso di soddisfazione.
"È giusto" convenne a voce bassissima, accennando un
inchino, sentendosi più sicuro.
"Comunque, non si dica che io non sono misericordioso e che non
ricompenso chi mi serve" proseguì con tono di
superiorità
Thanos, afferrandogli una spalla. "Ti concedo un ultimo desiderio,
asgardiano, un'ultima richiesta."
Loki lo fissò intensamente negli occhi e sul suo volto
contratto prese forma una smorfia malvagia.
"Thor..." sibilò "Lascialo a me. Permetti che sia io ad
ucciderlo."
Gli occhi del mostro diventarono due fessure mentre sorrideva
trionfante, mostrando i denti.
"E sia."
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Capitolo 19 *** Ragnarok ***
Capitolo 19 - Ragnarok
Capitolo 19 - Ragnarok
L'emissario
di Thanos entrò nella stanza con passo pesante, reggendo in
una
mano lo scettro del suo padrone e nell'altra la lancia di Odino.
"Abbiamo
trovato
il Tesseract, mio signore. È nella torre est" disse
prostrandosi
e lanciando uno sguardo sorpreso verso Loki.
"Molto
bene" replicò Thanos, avvicinandosi a lui soddisfatto.
Afferrò
con decisione la lancia dorata del Padre degli dei, ammirandola per
qualche istante, e poi si rivolse nuovamente al suo emissario:
"Porta
con te il
mio scettro e comincia ad attivare il cubo. Ti raggiungerò
non
appena avrò sistemato il conto rimasto in sospeso con i
midgardiani."
L'enorme
essere
umanoide fece un cenno con la testa e si rialzò di scatto.
Urtò violentemente Loki passandogli accanto, rivolgendogli
un
grugnito beffardo. Il volto del dio si contrasse per un secondo per la
rabbia, ma poi si rilassò. Avrebbe avuto la sua vendetta.
Le
pareti
risuonarono della cupa risata di Thanos, che si avviò
lentamente
verso l'esterno, già pronto a gustarsi il suo certo trionfo.
"Non
vieni, asgardiano?" chiese fissando dubbioso Loki. "Tuo fratello
sarà per certo insieme ai mortali."
Il
dio lo
squadrò senza tradire la benché minima emozione,
costringendosi a reprimere il disgusto che provava nel vederlo
stringere le sue dita immonde intorno alla lancia di Odino.
"In
queste
condizioni non posso batterlo, necessito di maggior potere" rispose con
tono asciutto. "Lo attenderò nella camera delle armi."
"Molto
bene,
allora lo manderò da te" affermò Thanos
sogghignando,
prima di sparire oltre la porta, con gli occhi accecati da una gelida
furia omicida.
Loki
smise di
trattenere il fiato, espirando con forza, poi strinse i pugni e chiuse
gli occhi, svanendo in un lampo di luce. Quando li riaprì
era in
piedi nella camera della armi, proprio di fronte allo Scrigno degli
Antichi Inverni, la cui superficie era percorsa da tremiti di luce
azzurra. Aggrottò la fronte, deglutendo, e
allungò una
mano verso quell'odiosa reliquia, simbolo della sua appartenenza ad una
razza di mostri che aveva inutilmente cercato di cancellare.
Fermò le sue dita appena prima che la toccassero,
ritirandole di
scatto, mentre il suo viso era segnato dal disprezzo e dal dolore.
Poi si
girò, lentamente, con lo sguardo basso, in attesa di Thor.
Natasha
realizzò di colpo che era rimasta a corto di munizioni,
mentre
ricacciava indietro un'altra di quelle orrende creature con una scarica
di colpi. Si voltò, cercando con lo sguardo i suoi compagni,
e
vide Clint scoccare rapidamente le sue frecce, senza mancare mai un
bersaglio, a pochi passi da lei. Distanziato di qualche metro, Hulk
abbatteva orde di nemici con apparente semplicità,
inarrestabile, con la collaborazione di Captain America, che lanciava
con forza e precisione il suo scudo. Dalla parte opposta, su un
corridoio sospeso nel vuoto, Thor evocava le sue saette respingendo i
mostri più grandi che si riversavano senza sosta nell'enorme
salone del trono di Asgard, ormai quasi privo di soffitto e pareti.
Nonostante
la
schiacciante inferiorità numerica erano riusciti a tener
testa a
quell'esercito rabbioso, ma fino a quando avrebbero resistito?
La
donna
infilò l'ultimo caricatore nella sua pistola, irrigidendo le
braccia e prendendo la mira, anche se ormai aveva lo sguardo offuscato.
Sentì che le forze la stavano abbandonando, ma non le
importava.
Lei non avrebbe ceduto. Mai.
All'improvviso
udì dei passi alle sue spalle e le si gelò il
sangue
nelle vene, avvertendo una presenza oscura avanzare verso di lei. Si
girò di scatto, trovandosi davanti un enorme essere dalla
forma
umanoide, ma con la pelle violacea, che aveva l'aspetto duro ed
impenetrabile della pietra, e il corpo protetto da un'armatura blu e
dorata che sembrava pesare tonnellate. L'alieno aveva in mano una lunga
lancia, e la guardava sorridendo in modo inquietante.
"La
Vedova Nera..." sussurrò con una voce cupa e profonda,
simile al rombo di un tuono.
La
donna sgranò gli occhi, colta da un improvviso panico,
capendo di essere al cospetto di Thanos.
"Ho
deciso che
comincerò da te. L'anello più debole va eliminato
per
primo" affermò il mostro puntandole contro la lancia di
Odino,
che si illuminò.
Natasha
lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, ma non si mosse,
fissando negli occhi il suo nemico, pronta a ricevere il suo colpo,
conscia che non poteva scappare. Quando vide partire il raggio di luce
nella sua direzione, serrò di scatto gli occhi, ritrovandosi
di
colpo a terra. Sentiva nelle orecchie un fastidioso ronzio, ma
stranamente non avvertiva dolore, anzi era avvolta da un inaspettato e
confortevole tepore. Provò a muovere il corpo, constatando
sorpresa che non sembrava avere nulla di rotto.
"Nat..."
La
voce rotta e
dolorante di Clint la obbligò a riaprire gli occhi, e
realizzò che si trovava fra le braccia dell'arciere.
Sconvolta,
poggiò una mano sul petto insanguinato di Barton, devastato
da
un'orribile ferita. L'aveva protetta, accusando il colpo al posto suo.
"Sei
pazzo,
Clint..." mormorò con voce tremante, accarezzandogli il viso
con
una mano, mentre Thanos avanzava verso di loro, impietosamente.
"Andrà
tutto bene, Nat..." sussurrò l'uomo, sforzandosi di
sorriderle,
ma riuscendo solo a mitigare la sua smorfia di sofferenza.
La
donna gli cinse il collo con le braccia, stringendogli i capelli tra le
dita, con il viso rigato da lacrime sottili.
Piangeva,
la
Vedova Nera, dopo chissà quanti anni di imperturbabile
freddezza; aggrappata alle spalle ampie di Clint, il suo ultimo rifugio.
Vennero
investiti
dall'onda di luce sprigionatasi dallo scettro di Odino, che li
colpì senza pietà, senza riuscire però
a
sciogliere il loro abbraccio, finché i loro corpi non si
dissolsero.
Sul volto di
Thanos apparve un ghigno soddisfatto. Sarebbe stato molto
più facile del previsto.
Sorrideva
ancora
quando un'enorme mano verdastra gli strappò la lancia di
mano,
scaraventandolo a terra con violenza. Hulk gli atterrò sul
petto
con impeto, urlando di dolore, tempestandolo di colpi, che
però
non riuscirono nemmeno a scalfire la sua indistruttibile corazza.
Thanos
lo
lasciò fare per qualche istante, divertito, e poi si
rialzò in piedi, afferrandolo con forza per una spalla,
sollevandolo da terra e assorbendo a poco a poco tutte le radiazioni
emesse dal suo corpo.
"CHE Mi stai
facendo?" domandò atterrito Banner, rendendosi conto che
stava
riacquistando il suo aspetto e colorito normale.
"Ti
sto guarendo,
mortale" rispose il mostro, sadicamente. "In fondo, non è
questo
che hai sempre voluto? Tornare ad essere un comune umano? Ebbene, io
posso realizzare il tuo desiderio."
"No..."
mormorò Bruce, ormai totalmente indifeso, sbarrando gli
occhi,
sconvolto dall'espressione trionfante che vide sul volto di
quell'essere insensibile, che di colpo lo scaraventò con
forza
nella profonda voragine formatasi nel pavimento.
Mentre
cadeva nel
vuoto, inesorabilmente, senza più alcuna speranza, Banner fu
percorso da un desiderio amaro e assurdo. Per un lunghissimo istante
sperò con tutto sé stesso che l'Altro si
manifestasse di
nuovo dentro di lui, e che lo salvasse, per la prima ed ultima volta
nella sua vita.
Thanos
sogghignò nuovamente, con gli occhi pieni di furiosa follia,
guardando la figura umana che si stava dirigendo a passo incerto e
vacillante verso di lui.
La
sua ultima vittima.
Barcollava,
incredulo, Captain America, con gli occhi pieni di lacrime. Portava sul
corpo i segni di una battaglia già persa in partenza, ma non
erano le sue ferite a fargli male. Era il suo cuore, stravolto da un
battito impazzito. Erano i suoi occhi, arrossati e spenti, che avevano
assistito impotenti al massacro fulmineo dei suoi unici amici.
"Perché?"
sussurrò attonito Steve, quasi singhiozzando, con le labbra
che
tremavano per il dolore e il viso sempre più pallido. Non
poteva
finire così. Con un ultimo moto di orgoglio,
scagliò lo
scudo verso il torace di Thanos, che lo prese al volo senza
difficoltà, sorridendo.
"E'
finita, soldato, arrenditi" lo schernì il mostro, avanzando
tra le macerie.
"NO!!"
urlò Captain America, con la voce rotta dalla disperazione,
lanciandosi verso di lui, incosciente e folle di dolore.
Thanos
respinse
la sua carica con il suo stesso scudo, facendolo rotolare sul
pavimento. Steve provò a rialzarsi, ma il suo spietato
nemico lo
colpì di nuovo, sbattendolo a terra, ancora e ancora,
fiaccando
le sue ultime difese, infierendo sul suo corpo ormai spezzato con la
sua stessa arma, finché la luce che illuminava i suoi occhi,
così azzurri e così puri, si spense.
Soddisfatto,
Thanos si sedette sul trono di Odino, osservando compiaciuto il caos
che aveva creato, mentre Asgard, il faro di speranza dell'intero
universo, crollava a pezzi.
Thor
sentì
il suo cuore mancare un battito e, dopo aver eliminato un altro sciame
di nemici, si voltò in apprensione verso il trono di suo
Padre,
sorpreso di vederlo occupato da un misterioso essere. Fece roteare
Mjolnir, volando verso di lui, cercando con lo sguardo i suoi amici
midgardiani, senza però vederli. Atterrò con il
cuore in
gola, realizzando che sembrava non esserci nessun altro oltre a quel
mostro dall'aspetto inquietante, che lo fissava con
superiorità.
Camminò
rapidamente verso di lui, mentre nella sua mente prendeva forma una
consapevolezza atroce, che non riuscì ad accettare.
Dov'erano i
suoi compagni?
Si
bloccò
di colpo quando calpestò un oggetto di metallo, che produsse
una
vibrazione intensa e familiare. Abbassò lo sguardo e
inorridì, paralizzato dalla vista dello scudo di Captain
America, rigato di sangue.
E
capì.
Rialzò
con
fatica gli occhi, che erano arrossati e spalancati, puntandoli con
ferocia verso quel nemico che aveva ormai riconosciuto essere Thanos, e
gridò con quanto fiato aveva in gola.
"Risparmia
le tue
energie, dio del Tuono" gli rispose Thanos "Purtroppo non sono io il
tuo nemico, non oggi. Il piacere di vederti sconfitto spetta a qualcun
altro, qualcuno che ti è molto più vicino."
"Di
che parli?" chiese con tono furente.
Il
mostro sorrise
lievemente. "Il tuo amato fratello ti ha tradito, di nuovo. Ti aspetta
nella camera delle armi e ti conviene raggiungerlo in fretta, prima che
sia io a porre fine alla vostra misera esistenza."
Thor
balbettò, sconvolto "Tu...Loki..." e comprese le parole di
Thanos, sentendosi ferito come mai prima.
Incapace di
accettare la verità, afferrò Mjolnir, volando
verso suo
fratello, sperando che fosse tutta una menzogna.
Loki
sobbalzò quando Thor aprì con violenza la porta,
precipitandosi verso di lui e raggiungendolo a grandi passi. Sembrava
sconvolto, arrabbiato, abbattuto, incredulo. Si fermò a
pochi
metri da lui, fissandolo intensamente, col fiatone, cercando risposte.
"Che
cosa...che cos'hai fatto?" Gli chiese con voce tremante, riversandogli
addosso tutto il suo dolore.
Loki,
indietreggiò, stringendo le labbra, consapevole di essere
colpevole quanto Thanos della sua sofferenza. Abbassò lo
sguardo, senza rispondere.
Thor
allora lo afferrò per le spalle, scuotendolo con forza. "CHE
COS'HAI FATTO?!"
Il
dio
dell'Inganno lo fissò negli occhi, impaurito dalla furia
nella
sua voce "Io...posso sconfiggere Thanos..." rispose con un fil di voce.
"Che
stai
dicendo? Non eri d'accordo con lui? Vuoi smetterla di mentire?"
replicò a denti stretti Thor, lasciando la presa, sempre
più confuso.
"Il
mio inganno
è stato necessario, come il sacrificio dei mortali, per
poter
guadagnare tempo. Thanos ha attivato il Tesseract e vuole usarlo per
distruggere l'intero universo..."
"E
tu puoi fermarlo?"
"No."
Thor
sgranò gli occhi, sconvolto, incapace di comprendere le sue
intenzioni.
"E
allora? Non c'è speranza, sono morti, sono tutti morti
inutilmente..."
Loki
fece un
passo verso il fratello, con impeto. "Ti sbagli! Il potere contenuto
nel Tesseract non serve solo a distruggere, ma può essere
utilizzato anche per creare. Io posso assorbirne l'energia, posso
usarla per ricreare tutto ciò che andrà distrutto
nel suo
rilascio. Posso farlo."
Il
dio del Tuono lo guardò, senza capire, senza fiducia, e
mormorò:
"Tu...tu
sei pazzo. Tu non sei...non sei più mio fratello."
Loki
fu
stranamente ferito da quella frase, come se avesse ricevuto un pugno in
pieno stomaco. Si voltò di scatto, rabbiosamente, afferrando
lo
Scrigno di Jotunheim.
"No,
non lo sono, finalmente te ne sei reso conto."
Sibilò
quelle parole con disprezzo, svelandosi a Thor per quel che era
realmente, mostrandosi per la prima volta a lui nel suo aspetto di
gigante di ghiaccio.
Il
biondo
guerriero crollò in ginocchio, con lo sguardo dolorante,
senza
riuscire a pronunciare una sola parola, scontrandosi con quell'amara
realtà che aveva sempre rifiutato di affrontare.
Loki lo
guardò dall'alto in basso, per la prima volta, rendendosi
conto
di quanto fosse vulnerabile in quel momento. Avrebbe davvero potuto
ucciderlo, facendogli penetrare nelle ossa lo stesso ghiaccio che
attanagliava il suo cuore; ma non lo fece. Deglutendo, fece svanire lo
Scrigno tra le sue dita, riacquistando il suo aspetto usuale, e lo
superò a passo svelto.
Per
un momento si
era illuso e aveva sperato che, almeno in quell'occasione, non sarebbe
andato incontro al suo destino da solo, ma si era sbagliato di nuovo.
Entrò
con
decisione nella stanza più alta della torre est, trovandosi
a
faccia a faccia con l'emissario di Thanos. Lo scettro che questi
stringeva in mano riluceva di un'intensa luce bluastra, come il
Tesseract che, ormai attivato, cominciava a sprigionare l'illimitato
potere al suo interno, facendo vibrare il pavimento.
"Che
cosa fai qui, asgardiano?" domandò con astio il mostro,
girandosi verso di lui.
Loki
sorrise. "Sono qui per rovinare i piani del tuo signore, bestia
immonda."
L'emissario
gli
si scagliò contro, brandendo lo scettro con furia, ma
colpì solo l'aria. Si rese conto troppo tardi
dell'illusione,
ringhiando, e venne istantaneamente congelato da Loki, che riapparve
alle sue spalle puntando verso di lui lo Scrigno. Il dio si concesse
una smorfia di soddisfazione. Una volta era riuscito a prenderlo alla
sprovvista, ma non sarebbe accaduto di nuovo. Gli strappò lo
scettro dalle mani, usandolo per frantumarne il corpo ormai diventato
un'inerme statua di ghiaccio, e si posizionò di fronte al
Tesseract.
Inspirò
profondamente, inserendo con cautela la punta acuminata dello scettro
nel cubo, che diventò sempre più incandescente.
Chiuse
gli occhi, sentendosi invadere dal quel potere senza confini che si
espandeva inesorabile, e concentrò al massimo ogni pensiero,
pronto a guidarne il percorso nella direzione da lui scelta.
Iniziò a ruotare l'arma che stringeva con forza nelle dita,
rilasciando sempre più liberamente l'energia del Tesseract
che,
emanando una luce accecante, si cristallizzò nella sala
dando
forma ai contorni di Yggdrasill, l'albero che regge e collega tutti i
mondi.
All'improvviso
sentì un forte bruciore al petto, gli si appannò
la vista
e fu costretto a lasciare la presa sullo scettro, crollando a terra
ansimante. Vide con orrore il suo stesso sangue gocciolare sul
pavimento e alzò gli occhi, attonito.
Thanos
era di fronte a lui, e gli sorrideva perversamente, con la lancia di
Odino ancora rivolta verso di lui.
"Mi
deludi,
asgardiano" gli disse con disprezzo, prima di colpirlo nuovamente con
fascio di luce dorata. "Non è stato molto furbo, da parte
tua,
tentare di ingannare anche me."
Loki
si
poggiò la mano sul petto, tossendo con forza, cercando di
mantenere il sangue freddo. C'era quasi, bastava solo un'altra leggera
torsione, pensò mentre strisciava sul pavimento, cercando
freneticamente il modo di raggiungere di nuovo lo scettro; ma venne di
nuovo fermato da Thanos, che lo bloccò a terra poggiandogli
con
forza un piede sul petto.
Il
viso del dio si contorse per il dolore, ma continuò a
fissare negli occhi quell'essere spaventevole, senza paura.
"Avevi
un buon
piano, te lo concedo. Peccato davvero" lo schernì
sadicamente,
aumentando la pressione. "Ma, di nuovo, hai fallito."
Thanos
sollevò la lancia, pronto a dargli il colpo di grazia, ma,
inaspettatamente, venne investito da un intenso fascio di fulmini, che
lo scaraventò contro una parete. Loki girò il
viso,
gemendo e, pieno di stupore, mise a fuoco i contorni di Thor che si
chinava su di lui preoccupato.
"Perdonami,
fratello..." sussurrò il dio del Tuono, senza fiato.
"Perdonami,
se non ti ho mai capito, se non ti ho mai sostenuto, se non mi sono mai
fidato di te. Avevo torto..."
Loki
aggrottò la fronte e sentì gli occhi bruciare,
sconvolto
da quelle parole che per tutta la vita aveva atteso, e che finalmente
udiva per davvero.
Poggiò
una mano sul braccio di Thor, facendo appello alle sue ultime energie.
"Aiutami ad
alzarmi, fratello..." mormorò a mezza voce, sentendosi
stranamente più sollevato.
"Che
scena commovente..." affermò sarcasticamente Thanos, prima
di gettarsi di nuovo contro di loro.
Thor
lo
bloccò prontamente e respinse, anche se a fatica, i suoi
temibili assalti grazie al suo potente martello. Loki raggiunse di
nuovo il Tesseract e ricominciò a ruotare lo scettro, ma si
bloccò, raggiunto dalle derisioni di Thanos, la cui forza
cominciò ben presto a prevalere su quella di Thor.
"Non
sopravviverai, asgardiano! Puoi anche ricreare l'universo senza di me,
ma non puoi cambiare il tuo fato, lo sai! La tua ferita non
guarirà, nessuno ricorderà nulla, nessuno
verrà a
salvarti!"
Il mostro
scoppiò in una risata agghiacciante, che
immobilizzò il
dio dell'Inganno, improvvisamente conscio del rischio che correva. Era
davvero disposto a fare quell'estremo sacrificio, pur sapendo che non
sarebbe stato riconosciuto? Valeva davvero la pena portare a termine il
suo piano, se nessuno avrebbe ricordato il suo gesto, se nessuno lo
avrebbe ritenuto degno dell'onore che si stava guadagnando salvando
l'intero universo? Di fronte a quell'ingiusta prospettiva,
esitò.
L'urlo
di Thor lo riscosse:
"Non
ascoltarlo, fratello! Fallo!!"
La
voce del dio
del Tuono si incrinò di colpo a causa del forte colpo che
gli
inflisse con rabbia Thanos, facendogli quasi perdere i sensi.
Loki
afferrò con entrambe la mani lo scettro e sorrise a denti
stretti in direzione di Thanos. Sarebbe andato fino in fondo, a
qualsiasi costo. Chiuse gli occhi, mentre una lacrima solcava
lentamente il suo viso, e ruotò di scatto le braccia,
rilasciando tutta l'energia contenuta nel Tesseract. E l'ultima
immagine che prese forma nella sua mente, prima che quell'accecante
luce bianca invadesse l'aria, pronta ad espandersi in tutti i mondi, fu
l'ombra sfocata di un viso, dall'espressione rassicurante, impreziosito
da due occhi neri, che lo fissavano dolcemente.
Sarah
scattò in piedi, sentendo improvvisamente una voce nella sua
testa che, piena di dolore, pronunciava il suo nome. Jane la
fissò impaurita, notando lo sguardo folle nei suoi occhi,
tentando di fermarla mentre attraversava di corsa l'ufficio di Fury,
per poi appoggiare con forza le mani sul vetro gelido dell'enorme
vetrata, fissando il cielo piena d'ansia.
Si
voltò,
terrorizzata, con il viso rigato di lacrime, fissando intensamente la
sorella, Stark e Nick Fury, prima che tutto l'ambiente fosse invaso da
un'innaturale luce bianca, che avvolse come un pesante mantello il loro
mondo, cancellando di colpo ogni cosa.
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Capitolo 20 *** Speranza ***
Capitolo 20 - Speranza
Capitolo 20
– Speranza
Quando
Sarah provò ad aprire gli occhi, la luce le ferì
le
pupille come una lama affilata, e fu costretta a richiuderli di scatto.
Inquieta, si massaggiò lentamente le palpebre, respirando a
fatica, mentre la mente le si affollava di domande.
Cos'era successo? Dove si trovava?
Cautamente, ricominciò ad aprire gli occhi, un po' alla
volta,
ma questi ripresero subito a lacrimare, appannandole la vista. Si
asciugò velocemente le lacrime, spaventata, chiedendosi il
perché di quel dolore lancinante che le colpiva i sensi,
come se
li stesse usando per la prima volta.
"Jane?" chiese con un fil di voce.
Persino parlare le faceva male, la gola le bruciava e le mancava il
fiato. Non ottenne risposta e cominciò a preoccuparsi
seriamente. Allungò le braccia in avanti, cercando a tastoni
una
qualche superficie familiare, senza successo.
Finalmente, dopo parecchi minuti, riuscì a mettere a fuoco i
contorni dell'ambiente che la circondava e, sorpresa, si rese conto di
trovarsi nella stanza di Jane. Si massaggiò le tempie,
confusa.
Era ancora allo S.H.I.E.L.D., ma non ricordava assolutamente come fosse
arrivata nel piano adibito a dormitorio nelle fondamenta dell'edificio.
Stando al suo ultimo frammento di memoria, avrebbe dovuto trovarsi
nell'ufficio di Fury, insieme alla sorella, a Stark e al capo dello
S.H.I.E.L.D. C'era stata quella strana luce, e poi....poi non ricordava
più nulla. Provò a sforzarsi, ma
cominciò a
girarle vorticosamente la testa, e dovette appoggiare una mano al muro
per non cadere. Che fosse svenuta? E Jane come stava? E i Vendicatori?
E Loki?
Più la sua mente si affollava di domande, più
sentiva
crescere dentro di sé uno strano malessere, una specie di
nausea, che le mozzava il respiro. Si decise ad uscire, doveva
assolutamente cambiare aria e andare in cerca di Jane.
Ricordò
che al piano inferiore era dislocato una specie di laboratorio, forse
lì avrebbe trovato qualcuno che poteva darle qualche
risposta.
Poggiò la mano sulla maniglia della porta, sentendola
stranamente fredda, mentre veniva nuovamente avvolta da una soffocante
cappa d'ansia, che sentiva non sua, come se appartenesse a qualcun
altro. Si mise una mano sul petto, inspirando con forza, e si
lanciò fuori dalla stanza, praticamente correndo.
Il rumore di decine di passi, di voci, di risate, le aggredì
le
orecchie, amplificato e distorto, facendola barcollare. Si
guardò intorno, sconvolta, mentre vari agenti e scienziati
le
passavano accanto, urtandola, mossi da una routine inspiegabilmente
ordinaria. Rimase immobile per qualche istante, con gli occhi
spalancati e la bocca dischiusa, senza capire. Che accidenti stava
succedendo? Perché sembrava tutto così
assurdamente
normale?
Si diresse a passo svelto verso l'ascensore, infilandosi tra le porte
metalliche non appena si aprirono abbastanza da permetterle di entrare,
e premette freneticamente il pulsante per il piano inferiore.
Fissò il fondo dell'ascensore, aspettandosi di vedere il
segno
del sangue versato da Loki il primo giorno che si erano incontrati, ma
non riuscì a scorgerne nemmeno l'ombra. Sollevò
le
spalle, contrariata. Forse avevano pulito, in fondo era passata una
decina di giorni.
Dopo pochi secondi arrivò a destinazione e, quando le porte
si
aprirono, uscì di slancio, ritrovandosi nel laboratorio.
Evidentemente avevano già riparato anche quello, non c'erano
più i segni dell'esplosione che ne aveva frantumato le
vetrate e
i monitor.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo quando scorse i
contorni
una figura familiare. Nick Fury le dava le spalle, e parlava
nervosamente con un altro uomo, che non riconobbe. La loro attenzione
sembrava catturata da uno strano oggetto posato sopra un tavolo
metallico, una specie di arma, forse uno scettro; e dallo schermo di un
computer, dove la riproduzione di un grafico sembrava essersi
interrotta, arrivando al livello zero.
"Che succede, professore?" chiese Fury, stupito.
Il suo interlocutore si sistemò meglio gli occhiali,
avvicinandosi al monitor, sempre più costernato.
"Non saprei...fino a pochi istanti fa lo scettro era apparentemente
inattivo, ma emetteva comunque delle deboli radiazioni. Mentre ora
sembra completamente....spento."
I due si guardarono sorpresi. "Ne è sicuro, dottor Banner?"
domandò Fury, con il respiro leggermente ansante.
"Sì...è...è finita!"
esclamò il professore, lasciandosi andare ad un sorriso
attonito.
Sarah trasalì. Banner? Quello era Bruce Banner,
ovvero Hulk?!
Quindi erano tornati sani e salvi, ed apparentemente la missione era
riuscita. Ma allora perché aveva l'impressione che ci fosse
qualcosa che non andava? Si fece avanti, con il cuore che batteva
all'impazzata.
"Fury?" chiese con voce tremante. "Cos'è successo? Dove sono
gli altri Vendicatori? Dov'è mia sorella?"
L'uomo si voltò di scatto verso di lei, fissandola con aria
interrogativa, e Sarah avvertì montarle dentro una strana
rabbia. Perché non le rispondeva?
"Che ne è stato di Loki? Mi risponda, la prego!!"
Banner sgranò gli occhi, guardandola come se fosse
completamente pazza, mentre Fury contrasse la mascella, contrariato.
"Che è lei?" le domandò a bruciapelo, con tono
infastidito.
La ragazza lo fissò a bocca aperta, mentre abbandonava le
braccia lungo i fianchi, confusa. Che razza di domanda era?
"Che cosa ci fa qui? Solo il personale autorizzato può
entrare
nel laboratorio, e io non l'ho mai vista prima. Dov'è il suo
pass?"
Il capo dello S.H.I.E.L.D. si avvicinò pericolosamente,
fissandola con sospetto, mentre la ragazza indietreggiò,
rientrando nell'ascensore, presa dal panico. Com'era possibile che non
la riconoscesse?
Senza nemmeno rendersene conto premette il pulsante di risalita, e si
ritrovò nuovamente nel corridoio del dormitorio.
Camminò
a testa bassa, barcollando, sentendosi di nuovo avvolta da quella
strana nausea, e ritornò nella stanza di Jane. Era tutto uno
scherzo. Doveva essere uno scherzo.
Si precipitò in bagno, ma le gambe non la ressero e cadde
sulle
piastrelle gelide, sbattendo violentemente la testa sul lavandino. Si
tirò su a fatica, aggrappandosi con le mani al bordo di
ceramica
e si sciacquò il viso con abbondante acqua fredda, che
ricadde
nello scarico mista al suo sangue. Si fissò allo specchio,
aveva
un sopracciglio rotto e lo sguardo smarrito. Si poggiò una
mano
sul viso, che era mortalmente pallido, e nella sua mente si fece strada
un'idea insensata e delirante.
Si era immaginata tutto?
Deglutì, senza più riuscire a trattenere le
lacrime,
faticando a respirare e annaspando alla disperata ricerca d'aria.
Impossibile, lei ricordava perfettamente ogni cosa. Si ricordava di
Loki, del viso, del suo ammaliante sorriso, della sua voce profonda,
dei suoi occhi magnetici. Si passò un dito sulle labbra.
Ricordava anche il suo sapore.
Perché, allora, sembrava l'unica ad avere memoria dei giorni
appena trascorsi? Guardò di nuovo il suo riflesso nello
specchio, inorridendo. Perché portava gli stessi vestiti del
giorno in cui l'aveva incontrato, quando nei suoi ricordi li aveva
buttati non appena era tornata nella sua vecchia casa?
Mentre cercava una spiegazione, udì un allarme risuonare
attraverso l'altoparlante e rabbrividì. Cercavano lei.
Balzò nell'altra stanza, afferrò la sua borsa e
il pass
dello S.H.I.E.L.D. di Jane e si precipitò fuori, correndo a
perdifiato. Sentì che qualcuno la stava inseguendo e le
intimava
di fermarsi, ma si lanciò giù dalle scale,
cercando
disperatamente di arrivare al garage e di raggiungere il suo pick-up
rosso.
Quando finalmente lo vide davanti e lei, mentre le scale alle sue
spalle rimbombavano di passi, estrasse le chiavi dalla tasca dei jeans.
Mancò per due volte la serratura, poi finalmente
riuscì
ad aprire la portiera e mise in moto, ansimando. Guardò
nello
specchietto, e vide parecchi agenti puntare le armi contro di lei e
fare fuoco. Sentì il rumore del vetro posteriore che andava
in
frantumi e il sibilo dei proiettili, e si abbassò, gridando
terrorizzata. Accelerò bruscamente, sfondando nuovamente la
sbarra di controllo e raggiungendo finalmente la strada.
Riuscì
per un soffio ad evitare un frontale con un autobus e per poco non
investì un gruppo di pedoni, ma non smise di accelerare
neanche
per un istante. Solo quando fu abbastanza certa che nessuno la stesse
seguendo inchiodò di colpo, parcheggiando l'auto sul ciglio
della strada, ricevendo parecchie suonate di clacson.
Aveva il battito talmente veloce ed il respiro così
affannoso
che pensò le sarebbe venuto un infarto, e si
poggiò con
forza le mani sul viso, tentando di calmarsi. Spense l'auto e rimase
lì, a pensare, mentre gradualmente il suo respiro rallentava
e
si faceva più regolare.
Qualsiasi cosa fosse successa, evidentemente nessun altro a parte lei
ricordava i fatti degli ultimi giorni, anzi sembrava che il tempo fosse
tornato indietro. Che fosse stato quello il misterioso piano di Loki?
Forse, per bloccare Thanos, aveva dovuto cancellare anche una porzione
di tempo. Si ricordò di ciò che le aveva detto
sul
Tesseract, che era una fonte di potere illimitato, e che lui sapeva
controllarlo. Annuì da sola, tentando di autoconvincersi.
Sì, doveva per forza essere andata così.
Scese dall'auto e cominciò a camminare senza meta, senza
curarsi
degli sguardi della gente, che la fissavano con aria preoccupata e
perplessa. Cosa poteva fare? Gli unici che potevano avere delle
risposte erano ad Asgard, e probabilmente anche Loki si trovava
là. Ma lei era solo un'umana, come poteva sperare di
mettersi in
contatto con loro?
All'improvviso le venne un'idea. Thor. Doveva assolutamente incontrarlo.
Ficcò la mano nella borsa e ne estrasse il suo cellulare.
Compose il numero di Jane e smise di camminare, fermandosi davanti ad
un semaforo di attraversamento pedonale, sperando che le rispondesse.
Dopo sei squilli a vuoto finalmente udì la sua voce.
"Sì?"
"JANE!" strillò, decisamente troppo forte.
"Che c'è Sarah? E' successo qualcosa?" Chiese la sorella con
tono preoccupato.
"No...niente..." prese un respiro. "Volevo chiederti, stasera, quando
vieni a riprenderti il tuo pass, vuoi fermarti a cena? Dovrei chiederti
un favore."
Jane rimase un attimo in silenzio "Veramente...non posso...."
Sarah non riuscì a mascherare la delusione. "Ah...capisco.
Effettivamente mi avevi detto che devi andare al laboratorio..."
"Sì...cioè no, non è per quello. A
quanto pare
è successo un incidente allo S.H.I.E.L.D., pare che qualcuno
si
sia infiltrato nell'edificio, quindi hanno sospeso tutte le
attività, per oggi non ci devo più andare."
Sarah si sentì morire. Perfetto, ora era ricercata dalla
più potente organizzazione spionistica della Terra.
"Poi, sai, in realtà è appena arrivato Thor..."
proseguì Jane, con tono imbarazzato.
Sarah dovette reprimere il troppo entusiasmo che provava nel sentire
quella frase, quindi si schiarì la voce e la interruppe.
"Ma non c'è problema, può venire anche lui! Anzi,
non sei
stata tu a dirmi che volevi farmelo conoscere al più presto?
Credo che sia giunto il momento!"
Le parve quasi di sentire la sorella sorridere attraverso l'auricolare,
poi udì la sua voce squillante.
"Perfetto, allora verremo da te alle otto, ti va bene?"
"Benissimo, a dopo!" rispose la ragazza, sentendosi immensamente
sollevata.
"Sarah, aspetta!!"
"Sì...dimmi?"
"...Grazie."
Jane riattaccò senza che riuscisse a risponderle, e si
sentì un po' ipocrita. In fondo, se voleva conoscere Thor,
non
era per far piacere alla sorella. Voleva solo avere notizie di Loki.
Ogni volta che lo pensava, avvertiva una strana fitta al cuore, come se
inconsciamente sapesse che era in pericolo. Forse non aveva molto
tempo, e quello era il suo unico tentativo. Sorrise amaramente,
sorprendendosi del suo sangue freddo. Da quando era diventata
così calcolatrice? Domanda inutile, sapeva benissimo chi era
stato a cambiarla a tal punto.
Sospirò sconsolata, e rimase a fissare l'asfalto, esitando.
Un
dubbio atroce la colpì come una secchiata d'acqua gelida. E
se
invece si fosse davvero
immaginata tutto?
Le sembrò di avere la testa completamente vuota, e stava
quasi
per cedere allo sconforto quando si sentì tirare per la
manica
della maglia. Abbassò lo sguardo, incuriosita, e
incontrò
gli occhi verdi di un bambino, che le sorrise innocentemente. Aveva un
bel viso, dai lineamenti delicati e gentili, e dei folti capelli neri.
"Signora..." le disse indicando il semaforo pedonale, ormai diventato
verde da un po' "...ora deve andare!"
Sarah sussultò, ridestandosi dai suoi pensieri cupi e
sorrise
intenerita. Il volto di quel bambino le ricordava qualcuno...forse lo
conosceva? Cominciò ad attraversare la strada, infilandosi
una
mano tra i capelli, e si voltò verso di lui, sorridendo.
"Grazie, piccolo..." il sorriso le morì in volto, quando
vide che al posto del bambino c'era Loki.
Avevo lo sguardo sofferente, il petto squarciato da un'orribile ferita,
e sembrava che lei fosse l'unica a vederlo. Stava per gridare il suo
nome e corrergli incontro, ma quando sbatté le palpebre la
sua
immagine era scomparsa.
Rimase qualche istante imbambolata in mezzo alla strada, poi strinse i
pugni con forza e cominciò a correre come una pazza. Anche
se il
suo appartamento distava parecchi isolati lo raggiunse in pochi minuti
e, una volta dentro, si buttò sul divano, tremando
convulsamente. Non si era immaginata nulla. Era tutto vero.
Loki...Loki...la stava chiamando? Era in pericolo?
Si rialzò di scatto, corse in bagno e si tamponò
la
ferita al sopracciglio, che aveva ripreso a sanguinare.
Riuscì a
mascherarla con un po' di correttore, pettinò i capelli in
modo
che le coprissero quel lato del viso, e cominciò a preparare
la
cena. Mancavano solo poche ore all'arrivo di Jane e Thor, e doveva
scegliere attentamente cosa dire e quando dirlo. Probabilmente aveva
una sola occasione, e non poteva sprecarla.
Quando, alle otto precise, suonò il campanello, fece un
salto.
Non andava bene, era troppo tesa. Inspirò profondamente,
andando
ad aprire la porta, e si ritrovò davanti il sorriso
abbagliante
di Jane, che le gettò le braccia al collo, stampandole un
bacio
sulla guancia.
"Ciao sorellina!" squittì, per poi indicare un uomo
imponente
alla sua destra, con i capelli biondi lunghi fino alle spalle, due
enormi occhi chiari ed un sorriso disarmante. "Ti presento Thor."
Lui le prese delicatamente la mano, che praticamente sparì
tra
le sue, baciandone lievemente il dorso, con una cavalleria decisamente
dell'altro mondo.
"Sarah Foster" disse con tono amichevole. "È davvero un
piacere."
La ragazza rimase un attimo spiazzata, guardò furtivamente
Jane
e poi riportò i suoi occhi neri in quelli azzurri del dio.
"P-piacere mio. Prego entrate."
Mentre li faceva accomodare e iniziava a servire la cena, Sarah fissava
di sottecchi Thor. Non stentava a credere che lui e Loki non fossero
fratelli di sangue, erano decisamente come il giorno e la notte. Il dio
del Tuono indossava con disinvoltura un semplice paio di jeans, una
canotta bianca e un'improbabile camicia a quadri, e sembrava sentirsi
incredibilmente a suo agio. Era affabile, gentile e premuroso quasi in
modo stucchevole.
Soprattutto, non sembrava affatto preoccupato.
Sconfortata, intuì che quindi neanche gli asgardiani avevano
memoria di ciò che era appena successo, non sapevano nemmeno
che
grazie a Loki avevano vinto una battaglia altrimenti impossibile.
Sarah deglutì, tentando di tener viva un'inutile
conversazione
sul 'cibo midgardiano', e cercò con cautela di spostare
l'attenzione sull'unico argomento che le interessava, con scarsi
risultati.
Ad un certo punto decise di rischiare, e azzardò una
domanda:
"Come vanno le cose ad Asgard?" chiese con aria innocente, prima di
sorseggiare un po' di vino rosso.
Thor le sorrise, dopo aver trangugiato un enorme boccone.
"Molto bene, grazie. Continuiamo a preservare la pace in tutti i nove
regni."
Non era questo che voleva sapere.
"Sì...ehm...e quel...quel 'criminale' che ha tentato di
conquistare il nostro pianeta? Che gli è successo?"
La luce negli occhi azzurri del dio si spense di colpo.
"Mio fr....lui...lui è stato rinchiuso nelle prigioni
sotterranee di Asgard, a vita, condannato a non rivedere mai
più
la luce."
Sarah si animò, preoccupata: dunque nessuno sapeva che molto
probabilmente era ferito, nessuno l'aveva visto. Stava per travolgere
Thor con un'altra raffica di domande, ma Jane le afferrò una
mano, bloccandola.
"Scusa, Sarah, ma questo non è un argomento di cui Thor
parla volentieri, come puoi immaginare..."
La ragazza annuì, piena di sconforto. Come poteva
raccontargli
di ciò che aveva fatto Loki, e sperare di essere creduta? Si
alzò meccanicamente, raggiungendo il frigorifero per
prendere
un'altra bottiglia di vino, sentendosi impotente. Fissò per
qualche istante l'interno del frigo, lasciando che un po' di quel
freddo si diffondesse, e poi richiuse l'anta sospirando. Con la coda
dell'occhio intravide un'ombra alla sua destra, e riconobbe di nuovo
l'immagine di Loki. Rivide il dolore nel suo sguardo e, per un
rapidissimo istante ne percepì la presenza e ne
udì la
voce.
Le sfuggì la bottiglia di mano, che si frantumò
in mille
pezzi sul pavimento, riversando il suo liquido rosso scuro a terra.
Jane e Thor, preoccupati, si voltarono di scatto verso di lei, che
cominciò a piangere senza riuscire fermarsi. Corse di fronte
a
Thor e, senza riflettere, spinta da un impulso irrefrenabile, gli
raccontò ogni cosa, travolgendolo con le sue parole, che le
uscivano dalle labbra senza freno.
Vide lo sguardo del dio passare dalla sorpresa alla costernazione,
dall'incredulità alla rabbia. All'improvviso lui si
alzò
di scatto, lasciando che la sedia sbattesse con forza sul pavimento, e
la guardò come se fosse completamente pazza.
"Tu menti, midgardiana. Sei folle. Come puoi anche solo pretendere che
io creda ad una sola delle tue parole?"
Sarah ammutolì, spaventava dalla furia nella sua voce.
"E, sopratutto, come fai a sapere del Tesseract?"
Thor si voltò di scatto verso Jane, fissandola in modo
accusatorio.
"Io non le ho detto nulla..." rispose lei, confusa. Poi
impallidì, fissando la sorella minore incredula "Tu...sei
stata
tu ad entrare allo S.H.I.E.L.D. oggi? Avevi il mio pass...hai rubato
delle informazioni?"
Sarah, appoggiò le spalle al muro, scuotendo la testa.
Decisamente la conversazione non aveva preso la piega sperata, anzi.
Aveva deluso e ferito per l'ennesima volta sua sorella e fatto
arrabbiare l'unica che persona che l'avrebbe potuta aiutare, e che ora
la fissava con diffidenza, immobile.
Dopo interminabili secondi di silenzio, finalmente Thor si mosse, e
afferrò Jane per una mano, trascinandola via.
"Non abbiamo nient'altro da dirti, midgardiana." disse con voce
tagliente, allontanandosi a grandi passi, prima di sbattere la porta
con violenza.
Sarah crollò in ginocchio sul pavimento. Aveva sprecato la
sua
unica occasione. Non riusciva nemmeno più a piangere. Era
finita. Cos'altro poteva fare? Chiuse gli occhi, ma rivide di nuovo il
viso sofferente di Loki, e le mancò il respiro. No. Non
poteva
arrendersi. C'era ancora una persona che la poteva ascoltare, che
poteva crederle, che poteva vedere che il suo cuore era sincero.
Odino.
Peccato che fosse decisamente irraggiungibile, per una povera umana
come lei. Come poteva contattare il Padre degli dei?
Sorrise lievemente, mentre nella sua mente prendeva forma un'altra idea
bizzarra. C'era un solo mezzo di comunicazione tra uomini e dei, da
quel che le risultava. In fondo, in ginocchio c'era già.
Inspirò profondamente, poi giunse le mani, stringendole con
forza, e iniziò a parlare sottovoce.
Pregò con tutta la forza, con tutta la convinzione, con
tutto il
cuore che aveva, per tutta la notte. E, mentre l'alba si avvicinava,
ormai stremata e senza forze, sperò che Odino la stesse
davvero
ascoltando.
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Capitolo 21 *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 21 - Un nuovo inizio
Capitolo 21
– Un nuovo inizio
Sarah si sforzò con tutta se stessa di restare sveglia, ma
una
stanchezza inarrestabile iniziò a gravare su di lei come un
macigno. Alla fine cedette, arrendendosi ad un sonno implacabile che
sentiva indotto da qualcun altro, e scivolò nell'incoscienza.
La sua mente venne avvolta da uno strano sogno. Si trovava in una sala
dai contorni evanescenti e sfocati, invasa da una calda luce dorata. Di
fronte a lei, seduto su un trono imponente, un uomo la fissava con
intensità. Aveva le sembianze di un vecchio, con barba e
capelli
bianchi, ma indossava degli abiti regali e risplendenti, ed emanava una
forza e un'autorità incontrastabili. La ragazza lo
guardò
con più attenzione: aveva un viso fiero, segnato da
chissà quante battaglie, e un occhio coperto da una piccola
placca metallica, segno probabile di un'antica ferita. Notò
per
ultima la lancia dorata che teneva saldamente in una mano e,
impallidendo, si rese conto di essere al cospetto di Odino.
"Ho udito la tua preghiera, mia figlia mortale" la voce del Padre degli
dei era ferma, decisa e penetrante. "Una preghiera decisamente
insolita...ed indubbiamente insistente."
Il tono di Odino si addolcì lievemente, e per un istante a
Sarah
parve quasi che le stesse sorridendo, cosa che però non
riuscì comunque a tranquillizzare il animo sconvolto.
"Se le tue parole fossero vere..." proseguì il Odino, a
bassa voce.
"Lo sono!" gridò istintivamente Sarah, senza riuscire a
trattenersi, sebbene non fosse di certo consigliabile interrompere il
Padre degli dei.
Lui la fissò, serio e pensieroso, prima di emettere la sua
decisione.
"Ebbene, starà a te provarlo. La tua vita, e quella di Loki,
dipendono ora da ciò che deciderai di fare. Sei disposta a
rinunciare a tutto, inclusa la possibilità di tornare nel
tuo
mondo, pur di provare la sincerità del tuo racconto?"
Sarah sapeva che avrebbe dovuto riflettere prima di rispondere, e
pensare alle conseguenze della sua scelta. La sua vita, il suo futuro,
il suo rapporto con Jane...tutto ormai dipendeva da una singola parola.
E anche la vita di Loki.
Questa semplice consapevolezza era sufficiente a spazzare via ogni
logica e a mettere a tacere il suo istinto di autoconservazione.
Quindi, stranamente, Sarah non sentì alcun bisogno di
pensare,
né di prendere tempo. In fondo al suo animo, lei conosceva
già perfettamente la risposta che voleva dare ad Odino.
Senza più alcuna paura, fissò il volto del Padre
degli dei, serena, e disse semplicemente:
"Sì."
L'eco della sua voce, così pura e cristallina, si
propagò
nella sala, facendo svanire il sogno e riportandola lentamente alla
realtà. Mentre cominciava ad avvertire nuovamente il peso
del
suo corpo e a riprendere coscienza, si chiese se fosse davvero un
sorriso di soddisfazione l'ultima espressione che aveva visto sul volto
di Odino, e riaprì gli occhi, titubante. Proprio di fronte a
lei, il sole stava sorgendo all'orizzonte, e una leggera brezza le
muoveva i capelli.
Si guardò intorno, sorpresa. Era ancora in ginocchio, le
mani
giunte, ma non poggiava più sul pavimento freddo del suo
appartamento. Era piuttosto sicura di trovarsi ancora sulla Terra, ma
intorno a lei si estendeva uno sconfinato deserto.
Spostò lo sguardo verso il basso, notando che era
inginocchiata
su di uno strano simbolo circolare, formato da scritte e disegni a lei
incomprensibili. Percorse con le dita quelle linee arcane, confusa, e
si rese conto che il vento stava aumentando e che la luce si era fatta
meno intensa. Rialzò gli occhi, smarrita, mentre una coltre
di
nubi si posizionava proprio sopra di lei. Dal mezzo di quel turbine
vorticante si generò un fascio di luce, che la
investì in
pieno, accecandola. Si coprì inutilmente gli occhi,
avvertendo
un doloroso stordimento mentre il suo corpo veniva scomposto e
trasportato altrove.
ASGARD
Thor attendeva davanti al Bifröst, turbato da mille pensieri.
Non
voleva dar peso alle parole della sorella di Jane, non poteva crederle.
Eppure, per quanto provasse a scacciare quell'assurda speranza che
cercava di far breccia nel suo cuore, la sua ferita più
dolorosa
si era ormai riaperta. Troppe volte era stato deluso, troppo spesso
Loki l'aveva tradito, e ora aveva paura. Paura di fidarsi di quelle
parole, confortanti come il più dolce dei balsami, che
narravano
della redenzione del fratello.
Il dio del Tuono serrò gli occhi, inspirando con forza,
stordito
dall'illusione che riportava a galla il suo unico punto debole. Non
capiva come mai suo Padre avesse deciso di dar credito alle parole di
Sarah, ma in fondo anche lui voleva delle risposte, doveva sapere.
Riaprì gli occhi lentamente quando sentì Heimdall
estrarre la sua spada dal meccanismo che controllava il funzionamento
del Bifröst, e piegò leggermente la testa,
osservando la
figura della mortale. Era inginocchiata a terra, spaesata, con il volto
incredibilmente pallido, e respirava a fatica.
Sorrise lievemente, realizzando ancora una volta quanto gli umani
fossero fisicamente fragili, a dispetto della forza del loro animo. Si
diresse velocemente verso di lei, che puntò i suoi occhi
scuri e
impauriti nei suoi, e la aiutò a rialzarsi, sostenendola per
un
braccio, sorprendendosi di quanto gli ricordasse la sua Jane. La
ragazza sussurrò il suo nome, guardandolo con apprensione, e
lui
sentì una strana stretta al cuore, vedendo nei suoi occhi
una
sincera preoccupazione. E, finalmente, decise. Decise che voleva
provare a crederle, poco importava se si fosse illuso un'altra volta.
"Andiamo..." mormorò a mezza voce, issandola sul suo
cavallo.
Avrebbe voluto usare Mjolnir e volare verso le prigioni, per fare
più in fretta, ma si rendeva conto che il corpo della
mortale
era fin troppo provato. Spronò l'animale al galoppo, con il
cuore in gola, correndo verso la verità, correndo contro il
tempo.
Sarah strinse tra le dita la criniera morbida del cavallo di Thor, che
correva veloce come il vento, sperando che non fosse troppo tardi. La
perfetta bellezza di Asgard era abbagliante, i suoi edifici imponenti,
il colore del suo cielo indescrivibile. In condizioni normali, sarebbe
rimasta affascinata da tanta maestosità, ma nella sua mente
trovava posto un unico pensiero, un unico timore, un'unica speranza.
Arrivarono rapidamente alla base di un'immensa torre bronzea, e la
ragazza alzò lo sguardo intimorita, per poi cercare quello
di
Thor. Il dio le afferrò il polso ed iniziò a
correre,
inoltrandosi nei sotterranei bui del castello di Asgard, lasciandosi
alle spalle la luce accecante del giorno. Alla fine di un lungo
labirinto nero, illuminato solo da piccole torce, si fermarono.
Delle guardie asgardiane stavano tentando di sfondare un muro, con
scarsi risultati. Thor li fece allontanare con un gesto e, afferrato
Mjolnir, colpì con foga la parete sigillata, che cedette
sbriciolandosi. Non appena la fioca luce delle torce gli permise di
vedere l'interno della cella, cercò con lo sguardo il
fratello,
e rimase impietrito. Loki era a terra, con la schiena appoggiata alla
parete e la testa bassa, immobile. I suoi abiti, i suoi capelli, tutto
nella sua figura era diverso da come lo ricordava. Pieno di sgomento,
il dio del Tuono comprese che la mortale aveva detto la
verità,
e anche se avrebbe voluto sincerarsi delle condizioni di Loki, non
riuscì a muoversi, bloccato dall'inaspettata realizzazione
di
una speranza impossibile. Gli parve che il tempo scorresse al
rallentatore, quando avvertì uno spostamento d'aria di
fianco a
lui, e vide Sarah passargli accanto e correre verso il fratello,
trafelata.
Loki pensò che la sua mente gli stesse giocando un ultimo
brutto
scherzo. La poca lucidità che gli era rimasta gli
suggerì
che era impossibile che qualcuno stesse davvero cercando di aprire la
sua cella, dopo tutto quelle ore di dolore e di inutile attesa. La sua
ferita non si era mai rimarginata completamente, anzi continuava a
riaprirsi e sanguinare, privandolo di ogni briciolo di energia. Solo
due pensieri erano riusciti a tenerlo in vita per tutto quel tempo: il
primo era la consapevolezza di avercela fatta. Il suo piano era
riuscito, aveva avuto la forza di contrastare Thanos e di vincerlo,
anche se non aveva previsto di uscirne così malridotto.
Sorrise
amaramente. Questo era il prezzo da pagare per i suoi errori, per una
redenzione tardiva che sarebbe rimasta sepolta nell'oblio insieme a
lui. Il secondo era un pensiero sfuggente, illogico e che nemmeno lui
riusciva a giustificare. Un assurdo sollievo, che gli donava un tiepido
conforto: sapeva che anche lei
era salva.
All'improvviso tutta la sua cella tremò e gli parve di udire
la
parete di fronte a lui sgretolarsi. Impossibile, si disse; ma sebbene
avesse gli occhi chiusi avvertì chiaramente un raggio di
fioca
luce penetrare nel buio della sua prigione. Impossibile, si
ripeté, anche se stavolta era tormentato dal dubbio.
Per qualche istante tutto venne avvolto dal silenzio, poi
sentì
un pesante rumore di passi. Qualcuno correva verso di lui, qualcuno gli
si era gettato addosso, lo scuoteva dolcemente, gli accarezzava il viso
e ripeteva il suo nome piangendo. Il suo cuore si rianimò e
aprì di scatto gli occhi, non appena riconobbe quella voce.
"LOKI!!"
Sarah piangeva a dirotto a continuava chiamarlo, sempre più
forte, sempre più angosciata. Gli poggiò una mano
sul
petto, su quella ferita spaventosa, che ormai aveva ripreso a
sanguinare e che le aveva imbrattato ancora una volta i vestiti,
tremando.
Sussultò e le si mozzò il respiro quando lui le
strinse
di colpo la mano e aprì gli occhi, dolorosamente cosciente,
e la
fissò incredulo. Era pallido, agonizzante, debole, ma
riuscì comunque a sussurrare qualche parola, aggrappandosi
tenacemente alla vita.
"Io...io...ho provato...ho provato a chiamarti...a mandarti dei
segnali..." la sua voce era solo un soffio e si spense inesorabilmente,
ma lo sguardo del dio era stranamente lucido e vivo.
Sarah deglutì, ingoiando le lacrime, avvicinandosi di
più al suo viso.
"Ti ho sentito..." mormorò a voce bassissima al suo
orecchio.
Per un attimo Loki sorrise poi il suo viso si contorse nel dolore, e
perse i sensi, stremato, ormai al limite estremo delle sue forze. La
ragazza si voltò di scatto, chiamando a gran voce Thor,
temendo
il peggio.
Il dio del Tuono si riscosse e corse verso il fratello con il cuore che
martellava nel petto.
No. Non gli avrebbe permesso di lasciarlo, mai più. Con
estrema
facilità lo sollevò da terra, cercando di non
gravare
sulla sua ferita, ma lo udì emettere un gemito strozzato. Il
corpo di Loki era freddo, rigido, ma Thor sapeva, sentiva, che sarebbe
sopravvissuto. Doveva sopravvivere. Uscì dalla cella e lo
affidò ai soldati asgardiani, che lo fissavano immobili e
allibiti.
"Nella camera della guarigione, presto!!!"
Le guardie obbedirono prontamente, colpite dal dolore e dall'ansia
nell'urlo del figlio di Odino. Non appena si furono allontanate
correndo e portando con sé il fratello, Thor si
appoggiò alla parete con una mano. La testa gli girava
vorticosamente, e si sentiva svuotato di ogni energia. Scosse la testa,
perentoriamente, scacciando i pensieri negativi che tentavano di
insinuarsi nella sua mente e ritornò dentro la cella,
soccorrendo la mortale che era ancora accasciata sul pavimento,
tremante.
Sarah si sentì sollevare da terra e trascinare via, avvolta
dal
calore rassicurante delle braccia di Thor. La portò fuori da
quel luogo oscuro e sinistro, che odorava di morte, senza dire niente.
Erano entrambi troppo scossi per parlare, e lei sentiva che il suo
corpo non avrebbe retto ancora a lungo. Si sforzò di restare
sveglia, ma fece appena in tempo a realizzare che la stava portando
all'interno di una stanza luminosa e finemente decorata, e si
sentì appoggiare su qualcosa di morbido e profumato. Poi,
stremata, perse i sensi.
Quando riaprì gli occhi, si sentiva decisamente meglio.
Osservò incuriosita il soffitto alto e intarsiato sopra di
lei,
rendendosi conto di essere adagiata sopra un letto. Si mise e sedere
lentamente, reggendosi la testa con una mano. Evidentemente qualcuno si
era preso cura di lei, la sua pelle emanava un profumo d'incenso e i
suoi vestiti 'terrestri' erano stati rimpiazzati da una lunga veste
monospalla, bianca candida e stretta in vita da una larga cintura
argentata. Si alzò in piedi e mosse qualche passo, insicura,
sentendo la stoffa leggera e finissima del suo abito fluttuarle tra le
caviglie.
"Ben svegliata."
Una voce femminile la fece trasalire, e si voltò di scatto.
Di
fronte a lei, sulla porta, c'era una donna. Dimostrava più
di
quarant'anni, ma il suo viso emanava una bellezza fiera e abbagliante.
Aveva dei lunghi capelli castano chiaro, intrecciati in una
meravigliosa acconciatura e un lungo vestito dorato, impreziosito da
varie gemme. Il suo sorriso sicuro e il suo sguardo sincero misero
addosso a Sarah una strana sensazione di riverenza, ed attese che
completasse la sua frase, intimorita.
"Asgard ti è grata per tutto ciò che hai fatto.
Anche se
forse l'hai fatto inconsciamente, hai salvato molte vite."
Il tono della donna si addolcì, e a Sarah parve quasi di
sentire
dell'affetto nella sua voce mentre si avvicinava e le prendeva le mani
tra le sue.
"Ora sei libera di fare ciò che preferisci. Se vorrai
tornare
nel tuo mondo, dai tuoi cari, nessuno te lo impedirà."
La ragazza spalancò gli occhi, stupita, e
mormorò:
"Ma...ma Odino aveva detto..."
"Mio marito, ti ha messo alla prova, bambina. Hai fatto anche troppo
per mio figlio, non possiamo chiederti di più."
Sarah impallidì, realizzando che quella donna
così bella
e regale era in realtà Frigga, la moglie di Odino, la madre
di
Thor.
La madre di Loki.
"Qualunque sia la tua decisione" sussurrò la regina, con gli
occhi umidi "Io ti ringrazio." La ragazza si morse un labbro, commossa,
e d'impulso la abbracciò, rabbrividendo. Frigga le
sfiorò
i capelli e il viso con fare materno, poi si scostò e la
guardò intenerita.
"Ora devo raggiungere il padre degli Dei al capezzale di nostro figlio.
Presto si sveglierà. Thor ti aspetta fuori dalla stanza;
rifletti e comunica a lui la tua decisione."
La regina uscì rapidamente dalla stanza, e Sarah si
sfiorò la guancia, bollente e rigata di lacrime. Ancora una
volta, piangeva. Ma finalmente non era per il dolore.
Si ricompose un attimo e varcò la porta, ritrovandosi in un
ampio e luminoso salone, al centro del quale ardeva scoppiettando un
braciere. Thor era in piedi e le volgeva le spalle, ma non appena
sentì i suoi passi risuonare tra le mura si girò.
La
squadrò velocemente, tentando di nascondere una certa
sorpresa,
e si schiarì la voce.
"Dunque, hai deciso? Dove vuoi essere condotta?"
Sarah lo fissò, accennando un sorriso. Non aveva alcun
bisogno di pensare per sapere quel che voleva.
"Portami da lui." Rispose semplicemente, certa che anche Thor, in
fondo, conoscesse già la sua risposta.
Thor non riuscì a trattenere un sorriso, e fece segno a
Sarah di
seguirlo. Attraversarono rapidamente un lungo corridoio, sospinti dalla
stessa volontà, senza fermarsi, e raggiunsero l'esterno del
castello.
Quasi sospeso nel vuoto, c'era un edificio di forma circolare,
sormontato da una cupola argentata che sembrava in perpetuo movimento.
Il dio del Tuono si incamminò verso la porta d'entrata,
incastonata di cristalli trasparenti, ma prima di entrare si
bloccò, e tornò a guardare la mortale. Lei gli
rivolse
uno sguardo vagamente incerto, ma nello stesso tempo speranzoso e
rassicurante, che lo fece sentire più leggero. Era
incredibile
quanto assomigliasse a Jane nelle sue espressioni più
spontanee.
Thor le si avvicinò, con lo sguardo basso, evidentemente
imbarazzato.
"Perdonami. Avrei dovuto credere alle tue parole fin da subito...sono
stato uno sciocco a reagire in quel modo."
Sarah inclinò il viso, sorpresa, fissando i suoi occhi
azzurri e limpidi.
"Ma, ora, ti ringrazio. Ho recuperato una fiducia che credevo ormai
persa per sempre."
La ragazza sentì un nodo alla gola, turbata, comprendendo
perfettamente il sentimento racchiuso nelle parole di Thor, senza
riuscire a replicare. Impulsivamente, il dio l'abbracciò,
cullandola per qualche istante in una stretta forte e fraterna, e poi
si mise a ridere sottovoce.
Sarah gli rivolse un'occhiata stupita.
"Che c'è?"
"Stavo pensando... È piuttosto bizzarro il fatto
che io e mio
fratello, tra tutte le donne dell'universo, amiamo proprio voi due..."
La ragazza sorrise imbarazzata, poggiandogli lievemente una mano sul
cuore, cercando di non dare troppo peso all'ultimo verbo usato da Thor,
senza però riuscirci, e mormorò:
"In fondo, anche se è davvero una situazione...strana,
dovrebbe
farti piacere. Dimostra al di là di ogni dubbio che, a
dispetto
dei legami di sangue, tu e Loki siete davvero fratelli."
Thor le strinse la mano, fissandola incuriosito.
"Insomma...avete gli stessi gusti" proseguì la ragazza
facendogli l'occhiolino.
Scoppiarono a ridere come due bambini, sciogliendo finalmente un po'
della tensione che gravava su di loro.
Una guardia asgardiana uscì dalla porta, avvisando Thor che
Loki
era in procinto di svegliarsi. Il dio del Tuono si scostò da
Sarah, lanciandole uno sguardo speranzoso, ed entrò
rapidamente
nell'edificio, diretto alla camera della guarigione.
Sarah rimase fuori qualche istante, sopraffatta da un sentimento
incontenibile che non riusciva ad identificare. Gioia? Sollievo? Forse
entrambe le cose. Tutti i dolori e le atroci sofferenze subite negli
ultimi giorni, finalmente, le parvero solo un ricordo sbiadito e
fastidioso, che avrebbe presto dimenticato. Si fece coraggio ed
entrò anche lei, a passo sicuro. Ora voleva solo vedere Loki.
Per un istante, Odino desiderò con tutto se stesso di non
essere
il re di Asgard. Osservando gli occhi sbarrati di Loki e la sua
espressione smarrita, si sentì vacillare. Avrebbe preferito
essere un padre qualunque, per poter perdonare il figlio senza remore,
senza dover pensare alle conseguenze che la sua decisione avrebbe
recato sui Nove Regni. Ma non poteva. Nonostante gli piangesse il
cuore, non poteva dire al figlio che era pronto a dimenticare tutti i
suoi inganni e le sue malefatte. Non poteva dirgli che era finalmente
fiero di lui. Inspirò profondamente, ricercando le parole
più giuste, misurate e fredde, che in quanto re si vedeva
costretto a pronunciare, cercando nel contempo un modo per mitigare la
punizione che, suo malgrado, si sentiva in obbligo di infliggere a quel
figlio rubato, ribelle e imprevedibile che, al pari di Thor, amava
più della sua stessa vita.
Il dio dell'Inganno fissava il Padre, senza sapere cosa dire. Si era da
poco risvegliato e, anche se avvertiva ancora delle fitte dolorose nel
petto, si rese immediatamente conto di dove si trovava. Era stato
salvato. L'occhio vigile e indagatore di Odino lo scrutava, attendendo
una spiegazione, una confessione, che lui non riusciva a pronunciare.
Si sentì schiacciare dalla consapevolezza dei suoi troppi
errori, realizzando che probabilmente il Padre, nonostante tutto,
dubitava ancora di lui. Tutti dubitavano di lui. Come poteva sperare di
riottenere la fiducia che lui stesso aveva tradito? Cercò
con lo
sguardo gli occhi della madre, bisognoso di un po' di conforto. Frigga
fece un passo verso di lui, senza riuscire a nascondere la sua
commozione di madre, ma Odino la bloccò con un braccio. Loki
sentì la parole del padre rimbombargli nella testa, parole
dolorose, che auspicavano un'ulteriore punizione, e si alzò
di
scatto dal letto, ferito nell'animo. Poi udì la voce di
Thor,
sentimentale come sempre, che cercava di placare Odino, suggerendo il
perdono, l'assoluzione, date le circostanze.
Il dio dell'Inganno si allontanò di qualche passo, con la
testa
pesante, e si passò una mano sul viso. In fondo il Padre
degli
dei aveva ragione a non fidarsi di lui. Lui era un mostro, e come tale
andava trattato. Come aveva potuto illudersi del contrario?
Stava per perdersi di nuovo nei suoi cupi pensieri, quando la sua
attenzione venne catturata da un movimento in lontananza, dalla parte
opposta della camera. Alzò lo sguardo, incontrando gli occhi
di
Sarah, e abbandonò le braccia lungo i fianchi, sorpreso.
Ancora
una volta tornava da lui, ancora una volta lo salvava dal buio del suo
animo tormentato. Fece qualche passo verso di lei, incerto, quasi
ipnotizzato, ma poi si fermò, abbassando lo sguardo. A
dividerli
non c'erano solo metri e metri di pavimento asgardiano, c'era un intero
universo di differenze e di ostacoli insormontabili, eppure non gliene
importava nulla. Voleva sentire la sua voce, il suo respiro, desiderava
il suo calore, tanto da star male e da gettare al vento ogni logica e,
per una volta, anche il suo stupido orgoglio. Rialzò il
viso,
aggrottando la fronte, lanciandole uno sguardo disperato, implorando il
suo aiuto. La vide sobbalzare, sconvolta e rischiare quasi di perdere
l'equilibrio, ma poi strinse i pugni e cominciò a correre
verso
di lui.
Sarah correva, senza fiato, senza pensare, cercando di colmare il prima
possibile la distanza che la separava da Loki. Sentì delle
voci
alle sue spalle, forse qualcuno le intimava di fermarsi, ma non ci
prestò alcuna attenzione. L'unica cosa che riusciva a vedere
era
il viso pallido do Loki, la sua espressione smarrita, il suo corpo
ancora in parte avvolto dalle bende.
E correva.
Sempre più veloce, sempre più vicina. Quando
giunse
davanti a lui, non rallentò, gettandogli le braccia al
collo,
praticamente schiantandosi contro di lui, avvolgendolo in un caldo
abbraccio e stringendogli i capelli tra le dita. Lo sentì
sospirare, mentre la stringeva più forte, quasi ad
accertarsi
che fosse davvero lì, tra le sua braccia, che fosse davvero
tutto finito. Il peso che le gravava sul petto si dissolse, mentre i
loro corpi finalmente vicini si rilassavano, e si sentì
stranamente serena, in pace. Avvertì che Loki le stava
stringendo con forza i capelli con una mano, mentre con l'altra le
afferrò il mento, facendole alzare il viso. Si perse nei
suoi
occhi verdi e magnetici, come se li vedesse per la prima volta, e
sentì il suo sguardo penetrarle l'anima, e le sue labbra,
finalmente, cercare le sue. Chiuse gli occhi, abbandonandosi
completamente a lui che le strinse il viso tra le mani, e rispose al
suo bacio con disperata felicità, tremando tra le sue dita.
Loki interruppe lentamente quel contatto, ispirando profondamente, come
se respirasse per la prima volta, ed alzò un attimo lo
sguardo.
Incontrò gli occhi di Thor, vedendoli sereni per la prima
volta
dopo tanto tempo, e non riuscì a fare a meno di sorridergli
come
ai vecchi tempi, quando semplicemente lo ammirava ed era orgoglioso di
essere suo fratello. Il dio del Tuono ricambiò il suo
sorriso,
raggiante, e poi rivolse alcune parole al padre. Odino si
voltò
verso di lui, lasciandosi andare ad un'espressione quasi rassegnata, ma
piena di speranza, mentre Frigga gli stringeva un braccio commossa.
Loki tornò a fissare le iridi scure di Sarah e le
accarezzò una guancia, sollevato e stranamente tranquillo.
Forse
c'era davvero spazio per un nuovo inizio. Ci avrebbe provato. Le sue
labbra si incresparono, e sul suo volto prese forma un'espressione
serena, trionfante.
Sarah socchiuse gli occhi e si rese conto che il suo futuro era ancora
incerto. Chissà quanti altre difficoltà avrebbe
dovuto
affrontare, ma queste non la spaventavano, se questo significava poter
restare al fianco di Loki. Avrebbero trovato una soluzione a qualsiasi
problema, insieme. Si sentì avvolgere da un'insperata
sicurezza.
Dentro di sé sapeva che lui l'avrebbe protetta, sempre, e le
veniva ormai spontaneo fidarsi di lui, delle sue parole enigmatiche,
della sua mente geniale e perversa, del suo sguardo penetrante e del
suo sorriso indecifrabile; lo stesso che le stava rivolgendo anche in
quel momento.
E che lei aveva ormai imparato ad amare.
***
Angolo
autrice
Bene, eccoci giunti alla fine di questa storia... *sigh*
Spero che leggerla sia stato divertente ed emozionante
come è stato per me scriverla, e che abbiate
trovato
soddisfacente anche il finale.
Per prima cosa, passiamo ai doverosissimi ringraziamenti!
Un grazie a tutti coloro
che hanno
letto questa storia e hanno deciso di passare qualche minuto del loro
tempo insieme a me e ai 'miei' personaggi.
Grazie davvero a
chi ha inserito la storia tra le seguite: 4006725,
anto27, Blackdoll16, BradDourif89, Butterfly_Dream, charlie h,
chiasmo85, CrystalDrop, Darktos, Death Scissor, devilcancry, doctor
tenth, Efy, eleanorsmile1990, eli the_dreamer, elisax88,
FelpataMalandrina94, Flame Drago del Fuoco, Frosba, gia00_sevir,
Gienah, Halfblood_princess, illyria93, JoyBrand, Kashmir, Lady Aquaria,
Lady of the sea, Lucy94, lullaby3, Luna_Bella,
MaRmOtTeLlA,
Maugrim, Mayaserana, Morrigan Aensland, NemesiS_, nenni96, Panchan,
Rainwhite, serysaku, Shykyzaky, sitael85, snoopevious, stommy,
strega_del_lago, Vampire_heart, Yuu_chan, Lenalee_ e _Loki_.
Grazie mille a
chi ha inserito la storia tra le ricordate: AoiCChan,
Artemis Black, Callie_Stephanides, Chihiro, CrystalDrop, Fantasy girl_,
Frosba, martamatta,
maura 77, MrsPhelps, Naty McQueen, nikykaKillJoy_, Orion_, Rinly,
snoopevious, steam8zaya, vampireXDyumi, Vehuel, Yuchimiki e _Atropo_.
Grazie infinite
a che ha inserito la storia tra le preferite: alicetta96,
anto27, asia87, BlindRainbow, Blue_moon, BradDourif89, CamigovE,
chiarablack, Chocola Meilleur, Commy, Darktos, denise26, doppiaE221,
eleanorsmile1990, Ellah_Gore, Frosba, gia00_sevir, HelleonorGinger,
ismile, Jo_The Ripper, kappa93, lady anna 98, Lady Aquaria, Lady_G93,
LittleBulma, lullaby3, LunaPulchra, Luna_Bella, Makua,
missripley, MrsPhelps, Nou,
Nym_love_Loki, Puliksweet, Ragazza_di_Ghiaccio, rose princess, Sabriel,
Shfinfi, stommy,
Straw X Kisshu, The_Vampire_Faith, Zakurio, _Lenalee_ e _Lucrezia97_.
Un enorme grazie
anche a chi ha speso qualche minuto del suo tempo a lasciarmi una
recensione ^3^
Infine, rivolgo un ringraziamente particolare a Blue_moon, mia Beta
e amica, Tvb!! <3 <3
Se vi va, dato che la storia si è conclusa, mi
farebbe
davvero piacere se mi lasciaste una piccola recensione finale, per
sapere cosa vi è piaciuto, cosa no, cosa non avete capito,
se
avete domande, richieste, ecc.....
In secondo luogo, vorrei confermare che sì, la storia
finisce
con un happy ending, ma in un certo senso è un finale
aperto.
Cosa accadrà da ora in poi dipenderà dai nostri
eroi, e
lascio alla vostra immaginazione il piacere di sbizzarrirsi. :D
Comunque, io nutro grandi speranze per Loki e Sarah :) Credo che Sarah,
a differenza di Jane (che nei fumetti fallisce la prova di fiducia di
Odino e viene rimandata sulla Terra tornando ad essere una mortale),
avrà la possiblità di diventare un'asgardiana. :)
E,
diventando anche lei una dea, magari riceverà pure un nuovo
nome...uno a caso...magari Sigyn (XD sapete tutti/e chi è
Sigyn,
vero?!?!). Sì, ce la vedo proprio nei panni di dea della
Fedeltà, sempre pronta a sostenere e difendere Loki, e a
cercare
di risolvere tutte le sue malefatte (lui resta pur sempre il dio
dell'Inganno, eh?? XD XD).
Come ultima cosa, ecco un piccolo (piccolissimoo...) regalino per voi,
non potevo pubblicare l'ultimo capito prima di averlo finito! :3
Disegno per
voi!! <3 <3
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