Le aride terre di Zira

di CiccioBaslardo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vita ***
Capitolo 2: *** Spronare ***
Capitolo 3: *** La caccia ***
Capitolo 4: *** Le due regine ***
Capitolo 5: *** Sorreggimi ***
Capitolo 6: *** Azione sconsiderata ***
Capitolo 7: *** Incontro nella nebbia ***
Capitolo 8: *** Racconto inutile ***
Capitolo 9: *** Occhio per occhio... fanno due occhi in meno ***
Capitolo 10: *** Le promesse vanno mantenute ***
Capitolo 11: *** Nel vento, qualcosa d'inaspettato ***
Capitolo 12: *** Il nascondiglio della tomba dell'angelo ***
Capitolo 13: *** Alla fine... il regno di Scar ***
Capitolo 14: *** Epitaffio ***



Capitolo 1
*** Vita ***


Caldo… fame… stanchezza.

 

   La sterile terra dove le zampe delle leonesse muovevano i loro passi, sembrava essere stata plasmata dal suono malinconico della loro marcia.

Anche i termitai che violentavano il già devastato paesaggio, sembravano gridare vendetta contro il celo. Volevano arrivare a trafiggerne il rosso manto e sentire la pioggia sanguinare su di loro. Quel tiranno che rideva e dettava legge su di loro, decidendo a chi donare vita e chi prosciugare.

Quelle terre trasudavano odio. Un odio profondo, proprio come il suono dei passi della leonessa in testa al triste corteo.

   Mentre Zira camminava tra la desolazione delle terre di nessuno, i sensi di colpa avanzavano insidiosi nel suo corpo, e guardando le leonesse che l'avevano seguita, si chiedeva il perché di tutto questo.

Il re non la degnava mai di uno sguardo. Era Sarabi la regina, non lei. Eppure nutriva per il suo sovrano una sentimento ben più profondo della semplice devozione.

Avrebbe voluto condividere con lui il resto della vita. Era il suo re e nel bene o nel male non lo avrebbe mai abbandonato.

 

"Scar, perché ci hai lasciati?"

 

   Il suo cuore gridava di rabbia e disperazione. Avrebbe voluto piangere la scomparsa di Taka, ma non poteva. Voleva abbandonarsi all'abbraccio della fredda terra, picchiarla con forza, trasmettendo la sua rabbia fino ad arrivare alle sue logorate fondamenta. Voleva spaccare quel mondo così sudicio e vuoto. Quel mondo che per lei era morto insieme al suo re.

Ma i suoi figli e le altre leonesse contavano su di lei. Non poteva lasciarli soli.

 

-Che faremo adesso Zira? Cosa ne sarà di noi?-

 

   Tutto cominciò con quella domanda: glielo aveva chiesto una leonessa poco dopo aver varcato i confini delle terre del branco .

Zira ci stava già riflettendo da quando i suoi occhi si posarono sul corpo esanime del re.

Lei era la cacciatrice migliore, quella che scattando in avanti dava il via all'inseguimento della preda. Lei sapeva esattamente cosa fare in ogni situazione. Anche quando le altre leonesse si rifiutavano di andare a caccia, era sempre lei ad uscire ed incitare le cacciatrici ormai rassegnate.

Era lei a far stare al loro posto le iene mentre il re si occupava dei gravi problemi del regno.

Era sempre stata forte e decisa. Una leonessa dura come la roccia e travolgente come il vento. Le sue parole erano sempre quelle che facevano trovar la forza alle altre per reagire, anche nelle giornate più buie.

Aveva un carattere degno di una leader, ma in quel momento nemmeno lei sapeva cosa fare.

Era sola ed indifesa. Ma tutti contavano su di lei, non poteva cedere.

 

"Scar, che devo fare?"

 

   I suoi tre figli seguivano la sua ombra. I loro occhi erano vuoti e stanchi. Come avrebbe potuto crescerli? Come avrebbe fatto a farli sopravvivere?

Era sola in una arida terra. La morte avrebbe preso anche loro, e la colpa era solo sua: era stata lei a provocare tutto questo.

Lei aveva insultato Simba; lei aveva urlato il suo odio a tutto il regno; lei se ne era andata ignorando la pietà dell'usurpatore. Non poteva mostrarsi debole. Se l'avesse fatto tutto sarebbe crollato e per loro non ci sarebbe stata più alcuna speranza.

 

"E' dunque finita?"

   Si chiese Zira, mentre intorno a lei, una alla volta, le leonesse che erano state cacciate dalle terre del branco, crollavano a terra sotto il peso della stanchezza.

Tutto stava svanendo nel crepuscolo della giornata, che sarebbe stata la loro ultima. Ma in lontananza i raggi del sole si stavano riflettendo su qualcosa. Una piccola fonte di vita.

Zira sgranò gli occhi a quella stupenda visione.

-Alzatevi!- Gridò furiosa -Alzatevi ho detto!- Ribadì con foga.

-Quella è una pozza d'acqua! Potremmo bere! Potremmo sopravvivere! Alzatevi e venite a dissetarvi razza di debosciate!-

A quelle parole molte delle leonesse che si erano abbandonate all'oblio, si rialzarono in preda alle forze dell'ultima speranza, rantolando verso quella piccolo specchio di vita.

Le leonesse ed i cuccioli bevvero da quella che era solo una pozzanghera d'acqua melmosa, ma quello spiraglio di luce, aveva fatto sì che il branco potesse dissetarsi.

Per Zira, quello era il segno inequivocabile che il re vagliava ancora su di loro. Quello era il segno della loro ragione.

Questo ridiede fuoco agli occhi della leonessa, che alzandosi dal bordo della pozza ormai consumata guardò il suo branco.

Ispirata dal vento tagliente di quelle terre che le graffiava il volto, volò con lo sguardo su ogni leonessa.

 

-Non voglio deboli nel mio branco. Perciò alzatevi e dimostratemi che le cacciatrici di Scar sono le migliori! Fate vedere al vostro re che noi abbiamo la ragione! Gridate alla vita che noi ci riprenderemo tutto! Gridate al futuro che tutto ciò che il passato ci ha rubato, tornerà a lui come un grido di morte! Dite al vento che i nostri ruggiti torneranno alle terre del branco per rivendicare ciò che ci appartiene… ciò che appartiene ai nostri figli!

Urlate forte il nostro nome in modo che tutti sappiano che non siamo morte in queste terre desolate! Urlate più forte che potete… ORA! FATE SENTIRE CHE SIAMO ANCORA VIVI!-

 

   Un potente ruggito si innalzò dalle terre di nessuno, dove nessuno era mai sopravvissuto fino ad ora. Una alla volta le leonesse si alzarono da terra, piantando le unghie nel fango e facendo esplodere tutta la loro rabbia in quelle terre.

 

"Noi siamo i rinnegati. Siamo coloro che sono statI cacciati insieme a quelli che amavano. Siamo stati condannati a morte. Ma noi non ci arrenderemo ad essa. Giuro davanti al rosso celo del crepuscolo, alla nostra scarna terra, all'impetuoso vento che soffia verso la nostra meta… giuro che restituirò il regno al mio branco! GIURO CHE NON MORIRANNO QUI!"

   I pensieri di Zira vennero sollevati dai ruggiti fino a giungere dove lei sperava, Taka la potesse sentire.

"Mi senti mio re? Senti le urla dei tuoi sudditi. Siamo ancora qui. Ti vendicherò… amore mio"

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Capitolo 2
*** Spronare ***


Le lune scomparvero per molte notti dietro la prepotenza del sole.
Nelle aride terre, dove le leonesse esiliate erano state condannate a morte, un'inaspettata pioggia cadde su di loro. L'odio di Zira era quell'acqua che nutriva la speranza di ognuna di esse.
Non c'erano scusanti: loro erano le più forti, nessuno poteva in alcun modo piegarle. E se qualcuna di loro si fletteva dinanzi alla fame od alla sete, Zira, le costringeva a rialzarsi con la violenza dei suoi artigli.
-Vuoi morire qui?! VUOI MORIRE QUI?!-
Le urla della capo branco scuotevano anche gli animi delle altre leonesse. Nessuna voleva lasciare che il proprio corpo venisse assalito dalle termiti di quel luogo. I loro cadaveri dovevano essere lasciati nelle terre dove erano cresciute. Dove i loro corpi sarebbero diventati rigogliosi cespugli, alberi ed erba fresca.
Nessuna voleva diventare polvere e cibo per quegli insetti che devastavano quelle terre.

Il corpo dell'ultima che fu colta dal cacciatore di vita, giaceva in un luogo inavvicinabile: il tanfo e le termiti accorse per trivellare le ossa della salma, tenevano lontane tutte le altre compagne di sventura. Nessuna di loro era mai andata a rendere omaggio a quella che una volta era la migliore di loro. Una cacciatrice migliore persino di Zira.
Sempre in prima linea, quando la leader dava il segnale. Il suo scatto era fulmineo e la preda, dopo solo pochi secondi, cadeva a terra con il fiato smorzato.
Nessuno le aveva mai fatto un complimento. Tutti sapevano come era suscettibile e competitiva Zira su certe cose. Non le sarebbe piaciuto essere la seconda in qualcosa. Tutte avevano paura della reazione che avrebbe scatenato.
Per questo motivo, nessuno faceva mai complimenti a nessun'altra al di fuori della capo cacciatrice.
Però, anche se non glie lo dicevano, Ameneth vedeva l'ammirazione negli occhi delle sue compagne, e ciò le bastava.

Ameneth, ecco qual era il suo nome.
Dopo l'esilio fu colpita dallo sconforto e si abbandonò alla tristezza. I ricordi la colpivano come sassi che uno ad uno riscoprivano vecchi lividi.
Non sarebbe più stata accarezzata dall'erba alta e rigogliosa delle sue terre d'origine; non avrebbe più corso con la fresca brezza che proveniva da nord; non sarebbe mai più stata coccolata dall'ombra dell'albero sotto cui era nata.
Gli piaceva quel posto: ogni volta che guardava quei vecchi rami, immaginava sua madre mentre le donava la vita.
"Quanti anni hai vecchio albero? Devi aver visto molte cose. Anche il volto di mia made… ti invidio sai?"
Ameneth non aveva mai conosciuto sua madre. Il giorno steso che lei venne al mondo, il suo corpo troppo gracile si spense per sempre.

Tutti quei ricordi l'afferravano come zampe appiccicose di babbuini fastidiosi che la trattenevano a terra.
Non si muoveva da molto; non mangiava e non beveva. Ogni giorno ed ogni notte sempre fissa nello stesso punto, finché anche la vita si stufò di lei ed abbandonò le sue carni.
Zira sapeva che sarebbe successo prima o poi, in realtà lo voleva. Sapeva bene che molte l'ammiravano quella leonessa… persino più di quanto ammirassero lei. Sarebbe stato un'ottimo monito per le altre.

-Eccola lì la vostra adorata cacciatrice! La migliore! Ora giace inerme in quello schifo di sngue raggrumato! Nemeno la terra lo vuole, è rimasto li a putrefare! Nessuna di voi ha il coraggio di avvicinarsi per paura di quello che potrebbe succedere! Malattie, contagi, termiti della carne. Lei era la migliore di tutte noi… ed ora guardala, guarda il suo corpo! GUARDALO TI DICO!!!-
Zira era solita portare li davanti le leonesse che si facevano prendere dallo sconforto. Lei non lo sopportava. Non sopportava che per colpa di quel maledetto usurpatore, loro dovessero morire in quello schifo. Non lo avrebbe permesso, anche a costo di farsi odiare da tutte loro. Sarebbe diventata insopportabile e violenta, ma non avrebbe permesso che le altre morissero. Ameneth sarebbe servita da esempio, e solo lei varrebbe fatto quell'orrenda fine.

La scena che proponeva loro era di una crudezza rivoltante: il corpo di Ameneth ricoperto di insetti accorsi per nutrirsi della sua carne, delle pozze di strane sostanze che si erano formate dove il sangue si era raggrumato, odori nauseanti che sapevano di morte e putridume.
Nessuna di loro sopportava quella vista, e molto spesso lo stomaco non reggeva e restituiva in direzione da cui era venuto, il misero pasto consumato poco prima.
-Vuoi che anche il tuo corpo faccia quella fine?! Violentato da questa lurida terra?! Vuoi che anche tu "finire"?! Il tuo corpo nutrirà solo vermi e termiti, si trasformerà in polvere e sporcizia che rimarranno incollate a queste terre sterili terre. Finirai e basta… non ci saranno continuazioni. Non nutrirai l'erba, non ti perderai nel vento della savana. Rimarrai qui per sempre. E' questo che vuoi?!-
Quel riproverò e quell'orribile visione, facevano riacquistare alle leonesse la voglia di andare avanti e di fare tutto il possibile affinché i loro corpi non venissero catturati da quella terra. Nessuna di loro voleva essere abbandonata li come era successo alla loro compagna.

"Simba… non siamo morte. Non moriremo qui. Ti ucciderò e riprenderò il mio posto con il mio branco nelle terre dove siamo nate!"
Giorno dopo giorno, notte dopo notte, mentre si infilavano nelle terre del branco per cacciare, Zira poteva vedere perfettamente la rupe, dove molto probabilmente, il suo nemico si nascondeva dietro una fitta cortina di finta giustizia.
"La pagherai… pagherai per tutto ciò che ci stai facendo. Leccherò il tuo sangue dai miei artigli. E' una promessa!"

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Capitolo 3
*** La caccia ***


Quanto caldo.
Non era facile cacciare con tutto quel caldo: la pressione era quasi insopportabile. L'afa concedeva solo pochi tentativi d'attacco ed il fatto di essere in un territorio a loro proibito non alleviava la tensione.
Tutte le cacciatrici erano sdraiate a terra, trascinando silenziosamente i loro corpi verso la preda: un giovane gnu poco distante da loro.
Si era allontanato molto dalla mandria e questo rendeva più facili le cose. Nessuno degli altri si sarebbe avvicinato per salvarlo.
Era giovane; una gracile preda ed un pasto non troppo sostanzioso, ma la fortuna di quella giornata non avrebbe offerto oltre. Si sarebbero dovute accontentare.
Zira notò che l'erbivoro, infastidito da un rumore, si scrollò l'orecchio, e che il suo occhio fece uno scatto verso il nascondiglio delle cacciatrici, muovendosi freneticamente trovare la conferma delle sue paure: si era allertato, e con il terrore negli occhi le stava cercando tra l'erba alta. Probabilmente, una di quelle incompetenti aveva fatto un movimento sbagliato e si era fatta sentire.
L'istinto le diceva che non potevano attendere oltre: il giovane si era già allertato e sarebbe sicuramente scappato verso la mandria, cercando la protezione dei maschi più grandi.
Se fosse accaduta una cosa del genere, quel giorno non avrebbero potuto mangiare.
Era già la quarta volta che tentavano di portare a segno un assalto, e la giornata stava quasi per finire. Quella era l'ultima occasione: le leonesse erano troppo stanche per proseguire la caccia. Se non avessero mangiato quella sera, l'indomani sarebbe stato sempre più difficile. Non potevano permettersi di indebolirsi troppo.

"Adesso o mai più!"
La capo cacciatrice scattò in avanti balzando verso la preda, ma il giovane gnu si spostò appena in tempo per evitarla e cercare di scappare verso il resto del branco.
Lo gnu, preso dal panico, per evitare alcuni assalti di Zira, si portò troppo vicino al nascondiglio delle altre leonesse, che però rimasero immobili.
Pur avendo una così facile preda, quelle cacciatrici non diederò alcun cenno di partecipazione.
-Che diavolo fate?! Prendetelo!- La gola di Zira imprecava contro il suo gruppo di cacciatrici che era rimasto immobile a terra. Smise di correre, si bloccò puntando le quattro zampe e cercando gli sguardi delle altre leonesse nascoste nell'erba.
Non si muovevano, erano rimaste tutte ferme a fissare qualcosa che lei non aveva notato.
"Ma che diavolo vi prede?!"
-Muovetevi maledette…-
Zirà non riuscì a finire la frase: un'altro corpo le si buttò contro atterrandola.
Un ruggito le scaraventò in faccia un ondata maleodorante d'odio. Riconosceva quel fetore. Una voce che fin da troppo tempo aveva odiato.
-SARABI!!!- Da terra, Zira lanciò un ruggito altrettanto carico di rancore verso chi la stava tenendo inchiodata a terra.
-Maledetta! Lasciami andare subito, altrimenti…-
-Altrimenti cosa?!- La interruppe quella che una volta era anche la sua regina.
Zira si ammutolì, ma non poteva tenere a freno la rabbia. Essa eruttava dalle sue iridi schizzando odio sul pelo di Sarabi. Era un odio quasi tangibile per quant'era vero.
L'odiava, la odiava anche più di Simba: lei ha tradito, lei non ha aiutato Scar quando ne aveva più bisogno. Non aveva aiutato il loro re.
"TRADITRICE!"

-Tu e quelle leonesse siete state cacciate dal regno! Cosa ci fate ancora qui?-
Chiese la madre del "re". Il suo tono superbo non fece altro che far imbestialire Zira più di quanto non lo fosse già.
-Lasciami andare traditrice! Hai abbandonato tutte noi! Ora cosa vuoi? Ci vuoi far morire tutti? Ci servono queste prede! Nelle terre dove ci avete esiliati non c'è né cibo né acqua! Quell'assassino di tuo figlio ci vuole morte, ma non sopporta il nostro sangue sulle sue luride zampe. Allora ci ha mandate in quell'inferno, in modo che la nostra morte non infastidisca le sue delicate iridi da femminuccia! Con che coraggio ci fermi…?!-
-Silenzio Zira!- Ruggì ancora Sarabi.
-Avete scelto voi la via dell'esilio! Avete scelto voi di non accettare Simba come re. Non è più un nostro compito badare a voi. Non sareste dovute tornare!- il tono della regina era severo ed autoritario, voleva far capire anche alle altre esiliate che li non erano più benvenute.
Loro ascoltavano la leonessa dal manto scuro in silenzio, nascoste nell'erba alta. Non mostravano i loro volti per paura dello sguardo di quella che una volta è stata la loro regina.
Zira si sentiva impazzire di rabbia: quelle codarde erano rimaste nascoste mentre una sola misera leonessa la teneva immobile a terra. Per loro non sarebbe stato un problema assalirla e permettendo a lei di scappare, ma non lo avrebbero fatto. La leader degli esiliati sapeva anche il perché. Forse fu quello che la fece adirare fino a farle versare lacrime incandescenti.
"Volete solo tornare non è così?! Razza di voltafaccia! Ipocrite maledette! Pregate che mi uccida adesso! Ditegli di farlo!!! Altrimenti, giunte a casa... pagherete per avermi fatto subire quest'umiliazione senza aver alzato un dito per aiutarmi. La pagherete molto cara…"
Mentre questi pensieri scorrevano come lava bollente nella mente di Zira, Sarabi chiuse gli occhi cambiando espressione.
Sembrava dispiaciuta di quello che stava succedendo. Quando li riaprì, i suoi occhi la guardarono come quelli di una vecchia amica. Un'amica che vorrebbe chiedere scusa per quello che è successo.
Le lacrime di quella leonessa che teneva ferma al suolo, gli ricordavano quanto, quella creatura così carica d'odio, avesse silenziosamente sofferto il suo amore segreto.
Quanto avrebbe voluto scambiarsi di posto con lei. Quanto non avrebbe voluto essere la regina di quel farabutto che aveva ucciso il fratello per uno stupido gioco di potere.

-Zira…- disse Sarabi con rammarico -… ti prego, torna alla rupe. Lo so quanto hai sofferto la morte di Scar, e so anche quanto tu lo amassi. Mi hai sempre condannato il fatto di essere la regina; di non averti permesso di vivere il tuo affetto per lui. Credimi, se lo avessi potuto fare, non avrei esitato a lasciarti il mio posto. Ma non potevo abbandonare il mio branco in un momento buio come quello. Perdonami per aver rubato il tuo amore-
Le parole della leonessa erano sincere e tiepide come un abbraccio, ma Zira non poteva dimenticare. Sarabi, oltre che impedirgli di vivere il suo amore, aveva rinnegato Scar come suo re. Lo aveva tradito; tutte lo avevano tradito. Solo lei le era rimasta fedele... solo lei.
-Riconosci mio figlio come re. Questa storia è durata anche troppo. Non voglio che continui in questo modo… ti prego. Pensa ai tuoi cuccioli Zira. Non meritano il meglio?-
Zira continuava a piangere mentre l'odio schizzava fuori dai suoi occhi. Sarabi lo sentiva sulla sua pelle; come una macchia di fango incrostato. Non poteva ignorarlo. Lei sapeva come ci si sentiva a perdere l'amore della propria vita.
Ricordava cosa aveva provato per Scar il giorno che si scoprì la verità: anche lei avrebbe voluto uccidere con le proprie zampe quel farabutto, ma non aveva potuto.
Solo ora che anche Scar se ne era andato aveva scoperto che quella tristezza che provava da quando Mufasa l'aveva lasciata, non sarebbe mai scomparsa del tutto.
Uccidere un assassino non riporta in vita nessuno… e non riporta nemmeno la serenità nel cuore; uccidere qualcuno... produce solo altro odio.
Zira però non poteva capirlo. Era sempre stato così: lei capiva solo quello che gli diceva il cuore, era una passionale. Questa era la sua più grande dote. Dote che purtroppo si era trasformata in qualcosa di pericoloso.

-Mia regina…- una voce si levò dall'erba alta. Anche una leonessa si alzò pronunciando quelle parole. Poi continuò: -mia regina… la prego di perdonare anche noi. Abbiamo imparato la lezione. Non vogliamo più continuare questa inutile catena d'odio. Volgiamo solo tornare a vivere-
Sarabi fissò stupefatta quella leonessa. Sapeva bene che non era il dispiacere che spingeva le sue parole. L'aspetto di quel gruppo di cacciatrici parlava da solo.
La loro esile costituzione ed i visi sciupati dalla fame erano abbastanza eloquenti. Avrebbero fatto di tutto per tornare a… vivere.

Dopo aver volto uno sguardo verso quella leonessa, Sarabi tornò a fissare Zira.
-Ti prego Zira, dimentica quello che è successo-
Ma ormai non poteva più sentire niente, non poteva più vedere inette. La pressione le faceva fischiare le orecchie e le lacrime le offuscavano la vista. Era da sola. Nessuno ricordava più il re. Nessuno era più disposto a seguirlo. Nessuno lo avrebbe più vendicato.

"Io vi odio! Vi odio tutte! IO VI ODIO!!!"

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Capitolo 4
*** Le due regine ***


Un passo… un'altro. Fame.
"Traditrici"

Ancora sola. Non era vero. Raccontavano solo bugie. Di Scar non gliene importava niente. Se ne erano andate via con quella schifosa. L'avevano lasciata a morire da sola. Avevano ucciso in un solo giorno tutti gli sforzi che aveva fatto per mantenerle in vita. Avevano abbandonato il loro orgoglio all'abisso.
"Maledette traditrici. Vi ucciderò. Vi ucciderò tutte!"

Ancora un passo… una carcassa in lontananza.
La salvezza.

-Mio amato Scar, sei così bono con me. Non mi hai mai abbandonato-
La leonessa si avventò sulla carogna a cui solo le mosche prestavano attenzione.
Un morso, poi un'atro. Il deglutire finalmente qualcosa. Che grande gioia. Quasi aveva dimenticato quello che era successo poco prima.
I suoi denti affondavano nella carne ormai frollata della zebra morta.

Quando per la decima volta i suoi denti stapparono la carne del suo pasto Zira alzò la testa.
"Strano che una preda venga lasciata così in mezzo alla savana. E' ancora in buone condizioni. Troppo giovane per essere morto di qualche malore. Strano"
Mentre quelle supposizioni e domande percorrevano le preoccupazioni della leonessa i suoi occhi scattavano da una direzione all'altra e le sue orecchie erano ben tese.
Troppo strano. Che ci faceva lì un così generoso pasto?
Sul corpo della zebra c'erano molti segni di lotta. Era stata colpita da graffi e morsi su tutto il corpo. Un gruppo molto numeroso.
Zira sapeva che in quelle terre non c'erano mandrie e quindi doveva essere per forza stata trascinata. Solo dopo quell'osservazione si accorse che effettivamente sull'arido terreno c'erano segni di trascinamento. Ma la cosa più strana era la direzione da cui era stata portata.
"Le terre del branco"

-SARABI!!!- Rugì la leonessa con tutto il suo odio. -Non provarci mai più! Non accetto di essere trattata così! Io sono più forte di quelle luride traditrici. Non ho bisogno della vostra inutile pietà! Riprenditi questo tuo patetico tentativo di pace. Io ucciderò tuo figlio! Non riuscirai a calmare la mia ira. HA UCCISO SCAR. MI HA TOLTO TUTTO!!! Finché avrà vita io non mi lascerò morire. Lo ucciderò!!! Lo vedrai morire. Mi senti maledetta! Tuo figlio morirà!!!-
Mentre Zira gridava il suo odio con tutte le sue forze non riuscì a trattenere un tremolio nelle parole. Piangeva.
Il ricordo del suo amore mai assaporato la faceva disperare.

In mezzo all'erba alta, poco distante da li, proprio sui confini delle terre del branco, un'altra leonessa versava delle lacrime di dispiacere.
Sapeva quanto soffrisse Zira. Sapeva quello che provava.
Anche lei avrebbe voluto uccidere Scar con le sue stesse mani. Anche lei aveva perso il suo amore per mano di un'altro leone. Non passava giorno che non lo maledisse.
Anche Sarabi provava una gran pena per quella leonessa. Lei era stata regina ed aveva vissuto le notti più belle della sua vita accanto a Mufasa. Lei aveva potuto sentire ogni alba il calore della pelliccia del suo amore. Zira invece poteva solo abbracciare la fredda invidia mentre dormiva distante da colui che amava.
Se avesse potuto sarebbe tornata indietro e si sarebbe tolta la vita per non dover stare vicino a quel maledetto assassino. Almeno anche quella povera leonessa avrebbe potuto passare un po' di tempo con lui prima che morisse.
Ma il tempo non ascoltava i suoi capricci. Nulla poteva farlo tornare indietro.

Appena la quiete calò su quel luogo, Sarabi alzò la testa per controllare cosa fosse successo: il corpo della zebra era ancora li. Zira lo aveva abbandonato.
Troppo orgogliosa per accettare un'offerta.
Come un'intervento dei grandi re del passato, cominciò a piovere. I saggi che non vivevano più tra loro piangevano per quello che sarebbe successo. Loro lo sapevano.

Zira si stava dirigendo verso il termitaio dove aveva lasciato i suoi figli. Doveva tornare da loro. Ormai erano l'unica cosa che gli rimaneva.
"Scar non piangere. Io sono forte. Mi vedi? Sono qui. Non mollo. Sono forte… sono forte. Sei orgoglioso di me? Presto sarai vendicato amore mio. Presto staremo insieme. Insieme"

Sarabi si avvicinò al corpo della preda abbandonato e lo fissò. Non sapeva più cosa fare. Non lo sapeva… ma doveva agire in fretta. Zira avrebbe fatto di tutto per portare a termine la sua vendetta. Lei la conosceva bene. Non si sarebbe fermata per nessun motivo. Doveva fare qualcosa.
"Zira… proprio non riesci a perdonare vero? Non ti darai pace fino a quando mio figlio sarà vivo. Mi dispiace ma non posso permettere che tu continui a covare altro rancore. Mi dispiace… mi dispiace molto, ma non ho altra scelta."

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Capitolo 5
*** Sorreggimi ***


Zira tornò nella tana e si sdraiò al suo solito giaciglio. Non degnò nemmeno di uno sguardo i cuccioli affamati.
-Mamma, io ho fame…-
Nuka l'aveva seguita. Si sedette con aria triste vicino a lei e cercò un po' di coccole per mettere a tacere la fame che in tutto il giorno si era fatta più intensa.
Zira si girò dalla parte opposta.
-Mamma… dove sono tutte le altre leonesse?-
La madre si adirò a quella domanda, ma era troppo stanca anche per arrabbiarsi e si limitò a rispondere in tono gelido.
-Nuka, vattene via. Non voglio avere vicino nessuno questa notte. Sparisci-

Il leoncino si alzò trattenendo le lacrime. Aveva capito che era successo qualcosa di brutto durante la caccia.
Si appartò in un angolino e cercò di dormire mettendo a tacere i suoi pensieri.
Gli dispiaceva vedere sua madre in quello stato.
Si addormentò subito dopo. Era stanco ed affamato.
I suoi fratelli si erano già addormentati in un'altro angolo della grotta.

-Zira… Zira? Perché non sei a caccia?-
La leonessa stava sognando. Era immersa in una fitta nebbia. La voce di Scar la stava chiamando.
-Mio re! Dove sei?- Gli occhi di lei si illuminarono di gioia per qualche istante prima di udire la risposta del leone.
-Come non ricordi? Io sono morto. Simba mi ha ucciso e cacciato te coni tuoi figli in un luogo arido. Senza cibo ne acqua-
Nemmeno nei suoi sogni c'era riposo. La realtà la perseguitava persino nel luogo dove la mente è libera di rilassarsi.
-Senti il tuo stomaco Zira" continuò lui "lo senti che ha fame? Perché non cacci?-
Zira era eretta sulle 4 zampe e… poteva sentire la fame corrodere il suo corpo.
-Scar, mi hanno abbandonato. Tutte quante. Se ne sono andate via con la tua regina-
Le ultime parole furono pronunciate con amarezza e disprezzo. Cercava qualcuno su cui volgere lo sguardo ma non poteva. Anche li era sola. Sola e senza amici. Era sempre stato così, fin da quando era una cucciola. Solo Scar si prese cura di lei.
La fece diventare la prima cacciatrice e riponeva in lei molta fiducia. Ma persino nei sogni lui non sapeva che in realtà quella che aveva Zira nei suoi confronti non era semplice ammirazione.
-Mio re… cosa posso fare? Moriremo di fame senza le altre cacciatrici-
-Non hai bisogno di loro Zira. Tu sei forte- ribatté lui.
-Potrete vivere anche di carogne. Ogni giorno muoiono molti animali. Anche se non è un pasto dignitoso, potrete sopravvivere grazie ad esse-
Zira cominciò a cercare il volto di Scar nella nebbia. Non lo vide.
La leonessa cominciò a correre in mezzo al nulla per cercarlo mentre chiamava il suo nome.
-Scar! Scar!!! Ti prego. Permettimi di vederti. Scar!-
Nessuna risposta giunse alle orecchie di lei. I suoi occhi si fecero lucidi e dovette trattenere tutta l'emozione e la disperazione per non piangere.
-Scar!!! Sca…-
Le sue zampe non toccavano più terra ed il suo corpo cominciò a precipitare nel vuoto.
Per la nebbia, non aveva notato un burrone. Gridava e piangeva mentre la gravità la trascinava sempre più in giù, sempre più vicina ad una fine che non riusciva a vedere.
-Sono qui Zira…-
Quelle dolci parole. Il loro suono copriva ogni dispiacere e la cullava come un dolce abbraccio.
Non stava più cadendo. Era dentro la grotta del branco e lei era sdraiata accanto a lui.
I suoi bellissimi occhi verdi la fissavano con un'espressione dolce.
-Scar…- Lo chiamò con un filo di voce. Non poteva crederci. Era la prima volta che lo sognava così.
Il leone le sorrise.
-Coraggio mia regina. Devi svegliarti. Devi continuare a vivere e badare ai tuoi cuccioli. Non hanno mangiato per tutto il giorno. Avranno fame, non credi?-
Lei affondò la testa nella sua nera criniera.
-No… no, ti prego. Lasciami ancora qui con te. Voglio stare ancora qui con te. Non lasciarmi-

Il leone si alzo e la fissò con uno sguardo diverso. Era tornato ad essere il suo re.
"Zira, devi stare attenta. I tuoi cuccioli ti stanno lasciando. Svegliati e proteggili. Svegliati Zira! Proteggili"
La grotta si dissolse in nebbia e il corpo di Scar scomparve in quella nube malinconica.
"No, no! Scar! Non lasciarmi! SCAR TORNA DA ME!

Scar, mio re… amore mio…"
Quelle ultime parole fecero cadere una lacrima sul muso della leonessa.
Si rialzò e cominciò a correre per cercarlo.
Il sogno però ormai era finito. Si era alzata ed era la centro della cavità del grande termitaio.

I suoi cuccioli non c'erano più.

"Kovu! Vitani! Dove siete?!"
Dei strani rumori provenivano dall'esterno della grotta. C'era qualcuno fuori di li.

"NO… !

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Capitolo 6
*** Azione sconsiderata ***


-Nuka, che fai? Coraggio, se aspettiamo ancora la mamma si sveglierà. Non potremmo farle lo scherzo-
Disse sotto voce la leonessa accennando ad un sorriso.
Il piccolo continuava a fermarsi per guardare indietro.
-A mamma non piacciono questi scherzi- disse Nuka con aria un po' turbata -si arrabbierà di certo-
La leonessa non sorrideva più. Un'espressione malinconica segnava il suo volto.
-Coraggio Nuka, fidati di me. Ci divertiremo. Ti prometto che la tua mamma non si arrabbierà… con te-
Sarabi sapeva che allontanare dalla madre i suoi figli era molto doloroso e crudele, ma non aveva scelta. Doveva farlo per avere almeno una possibilità di riportare Zira indietro con lei e fargli capire gli errori che aveva commesso il leone che amava.
Non sarebbe stato facile, ma doveva provarci. Non era giusto abbandonarla così al suo destino. L'amore che la tormentava era ancora forte e quasi tangibile, ma con il tempo era sicura che le sarebbe passata.

-Coraggio piccolo, dobbiamo sbrigarci altrimenti…-
-SARABI!!!- Un ruggito furibondo squarciò l'aria della notte.
"Oh no…"
-Lascia stare i miei figli! Ridammeli!- Zira si era svegliata ed uscì dalla tana correndogli incontro. I suoi occhi iniettati di sangue facevano presagire le sue intenzioni.
-Zira. Ti prego, ascoltami…-
Sarabi non ebbe il tempo di finire la frase. Una violenta artigliata la scaraventò a terra.
-Tu!- ringhiò Zira -mi hai portato via tutto! Le mie cacciatrici, il mio orgoglio… IL MIO AMORE!!! Adesso hai il coraggio di venire qui e cercare di rapire i miei figli? Che razza di madre sei tu?! Pagherai per tutto quello che mi hai fatto! PAGHERAI!!!-
Ad ogni parola pronunciata da Zira, un colpo si schiantava sul corpo di Sarabi.
Le iridi della madre dei cuccioli erano carichi di un odio cieco.
Al loro interno Sarabi riusciva a vedere i suoi tormenti scorrere come il sangue. Come il sangue che usciva dalle ferite che gli stava infliggendo.
-Mamma… ti prego fermati!- Nuka corse contro la madre per cercare… in qualche modo di fermare quella vampata di rabbia funesta.
Zira non ascoltava, non vedeva niente. Ad ogni colpo riusciva a vedere il volto di Scar mentre le iene lo stavano divorando ancora vivo.
"Maledetti. MALEDETTI!!! Io vi ucciderò vi ucciderò tutti!!!"
Senza accorgersene la leonessa colpì anche il figlio, giunto a poca distanza da lei.
Si era girata percependo qualcuno che si avvicinava e lo aveva colpito molto forte. Il suo corpo venne scaraventato poco distante. Il piccolo svenne.
-Nuka!- Kovu e Vitani accorsero dal loro fratello per cercare di svegliarlo. Ma niente.
Non si girarono a vedere la scena. Quel poco che avevano visto non sarebbe più scomparso dai loro ricordi: il corpo martoriato di Sarabi inchiodato a terra. Pieno di graffi. L'avevano vista piangere e cercare di proteggersi senza però reagire ai colpi della madre.

I piccoli trascinarono il fratello dentro la tana del termitaio e si misero con le teste sotto il suo ventre per cercare di coprire le orecchie. I suoni delle ringhia della madre ed i lamenti di Sarabi riempivano l'aria.
Anche se il suono non era chiaro sotto la pelliccia di Nuka, la mente li riusciva a sentire. In un perverso gioco di terrore, quei suoni si infilavano prepotentemente nei loro timpani e ferivano le loro menti.
Piangevano… piangevano senza sosta nel sentirsi impotenti. Codardi che non provavano nemmeno a porre fine a quello scatto d'ira.
Codardi, ecco come si sentivano. Orribili esseri che preferivano conservare loro stessi invece che aiutare una leonessa che li aveva sempre aiutati.
Però… come potevano fermare la furia della madre.

Passarono attimi infiniti prima che un triste silenzio si riversasse nell'aria. Un silenzio che venne spezzato solo dal suono della voce della madre.
Zira rientrò nella grotta. Stava canticchiando qualcosa. Sembrava una ninnananna. Una ninna nanna piena di tristezza e malinconia.

-Una zebra attraversò il rosso fiume. Piccola zebra dove vai? Li è pericoloso.
Una leoncina attraversò il rosso fiume. Piccola leoncina dove vai? Li è pericoloso.
Nessuno ascoltava le sue parole e tutti attraversarono il rosso fiume.
Dormi, dormi piccolo leone. Tutti sono andati al di là del fiume e tu devi dormire.
Sei stanco e solo.
Dormi, dormi piccolo leone. Tutti sono andati al di là del fiume e tu devi dormire.
Sei stanco e… solo-

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Capitolo 7
*** Incontro nella nebbia ***


Il mattino arrivò cupo quel giorno. Una fitta nebbia copriva le terre della rinnegata, come per mascherare il corpo martoriato della leonessa distesa a terra.
Era un mattino umido ed i deboli raggi del sole non riuscivano a penetrare nella fitta cortina.
Non avrebbe assaporato nemmeno quel piacere prima di andarsene. Sarabi era ancora viva. Sapeva che quel dolore non sarebbe durato ancora molto, ma era ancora viva.
Poteva sentire la gelida brezza del mattino accarezzarle la pelliccia e le goccioline d'umidità poggiarsi su d'esso per poi scivolare velocemente sul terreno, quasi avessero bisogno l'uno dell'altro. Un'amore strano e non corrisposto.
La piccola gocciolina che si affretta per raggiungere la terra, mentre essa rimane immobile, non sentendo il bisogno di accogliere il suo amore.
Sembra triste… è triste.
Questo gli fece pesare a Zira. Faceva di tutto per spiccare nelle cacciatrici, ma non riusciva mai ad essere abbastanza per Scar. Troppo impegnato a compiacere se stesso per il potere che aveva meschinamente sottratto al suo stesso fratello.
"Scar… hai portato solo odio in queste terre. Ed ora il tuo fantasma continua a ferire i nostri cuori. Nella vita e nella morte riesci solo a rovinare le cose. Quasi vorrei che fossi ancora vivo per assaporare l'amara cenere del tuo retaggio. Vorrei che anche Zira si rendesse conto di che orribile creatura tu sia. Non provo pena per te. Sei ancora un orribile mostro"
Occhi fissi su un albero rinsecchito che Vitani era solita graffiare. Non voleva mai giocare, voleva solo lottare. Una cucciola piena di vita… e di dolore. La lotta forse era il suo unico modo di non pensare a ciò che le stava succedendo.
Era una cucciola, doveva giocare con altri piccoli, doveva incontrare un vero amico. Si sarebbe dovuta innamorare come lei si innamorò di Mufasa.
Invece per non pensarci, Vitani sfogava tutta la sua rabbia su quell'albero che non poteva difendersi ne gridarle "smettila!". Quanto avrebbe voluto che almeno una volta quel freddo legno si fosse ribellato alle sue cattiverie. Avrebbe potuto scusarsi e forse parlare con qualcuno, ma non succedeva, non sarebbe mai successo. Sarebbe rimasta da sola per tutta la sua vita.
Sarabi era solita andarli a visitare, spiando di nascosto quelle piccole vittime di una colpa non loro.
Ogni volta si dispiaceva. Aveva sempre voluto portarli via con se. Avrebbe voluto vederli giocare come giocavano Simba e gli altri cuccioli invece di guardarli mentre soffocavano nel silenzio la loro solitudine.
"Quei poveri cuccioli… Zira. Come fai a non capire? Il suo ricordo è davvero così vivo dentro di te? Perché odi?"

Una fitta alla schiena. Non poteva nemmeno gemere per il dolore per quanto era debole.
"Simba, si forte figlio mio. Perdonami per aver commesso questa sciocchezza, ma dovevo provarci. Lo so che in fondo al cuore persino tu sei dispiaciuto per come siano andate a finire le cose. So che non volevi cacciare Zira ed i suoi cuccioli. Spero che un giorno tu riesca dove io ho fallito…"
Ormai era pronta. Sapeva che da li a poco sarebbe finito tutto.
Non aveva ripianti, se non quello di aver fallito nel salvare Zira ed i suoi cuccioli.

-Sarabi…- Una voce stava chiamando la leonessa -Mia regina, sono così fiero di te. Sei sempre stata forte e determinata in ogni tua azione. Sapevo che non mi avesti dato dispiacere-
Un leone si fece strada nella fitta nebbia avvicinandosi a le.
Conosceva quella voce. La conosceva benissimo. Solo un lieve bagliore di incredulità scaturì dagli occhi oramai opachi della leonessa
"Mufasa"
Il leone che amava era li, così vicino e reale da poterlo quasi toccare.
-Coraggio…- disse dolcemente -ritorniamo a casa. Questo posto non fa per te-
Dopo aver parlato la sagoma le si avvicinò caricandola sulle spalle dopo averla dolcemente presa per la collottola.
-Torniamo a casa mia regina. Ci aspettano…-

Camminarono a lungo nella nebbia. Non sapeva dove fossero diretti, ma sentire il calore del corpo di Mufasa vicino al suo, le dava una sensazione che le piaceva.
Non poteva parlare, non ne aveva la forza, ma era felice di stare ancora accanto al leone che amava.
"Mufasa, ti ho sognato… ogni notte"
-Lo so, io c'ero… ogni notte- il leone commentò il pensiero della compagna come se lo avesse potuto sentire. Il che le fece venire un dubbio.
"Siamo già tra le stelle Mufasa? Siamo già arrivati?" Sentendo la voce del leone che gli accarezzava i timpani, capì che forse era già morta. Eppure poteva sentire ancora il dolore nel corpo, ogni suo senso era offuscato dalla cacciatrice di vita. Com poteva già essere morta?
-Non ancora mia regina. Prima voglio che osservi la meraviglia a cui abbiamo dato vita. Alla meraviglia che nostro figlio ha fatto rinascere-

La nebbia scomparve dietro il loro cammino e quando la vista non fu più offuscata da quello strano fenomeno, davanti agli occhi della leonessa si scoprì il più bel spettacolo che avesse mai visto: le terre del branco come non le aveva mai osservate finora.
L'erba rigogliosa che copriva un terreno fresco e fertile; alberi sparsi ovunque; mandrie di creature di vario genere che correvano e giocavano tra loro in libertà e spensieratezza; il fiume illuminato dai raggi mattutini che sembrava un taglio argenteo ricolmo di passione, una pozza in lontananza che rifletteva la luce e la restituiva pura come l'aveva ricevuta. In lontananza la rupe dei re, cui la cima riusciva a toccare le nuvole.
"E' bellissimo"
-Lo so, ed è tutto nostro mia regina. Abbiamo fatto un ottimo lavoro. Adesso… vieni con me. Vieni a vegliare su coloro che amiamo. Forse riusciremo ad aiutare anche chi è stato rapito dall'odio. Forse, tutto si sistemerà. Tutto ritornerà bello come un tempo. Nessuno dovrà più soffrire-
Dicendo quelle parole, il leone distese il debole corpo di Sarabi su un morbido ciuffo d'erba.
La leonessa ormai non riusciva nemmeno più a sentire il dolore che la tormentava. Era giunta la fine. Un sorriso sul suo volto… poi il buio.
-Sarabi… dobbiamo andare…-
La leonessa si sentì come portar via dal vento. Un'affettuosa brezza tiepida che la sollevava dal terreno.
I suoi occhi si riaprirono. Stava volando, riusciva a vedere il suo corpo steso a terra. Ma dov'era Mufasa? Non cera pio accanto a lei.
-Sono qui amore mio- il vento che l'aveva portata in celo formò una figura. Era lui, era Mufasa.
-Mufasa- i suoi occhi non si riempirono di gioia e cominciarono entrambe a vorticare in quella brezza piena di calore che era il loro amore.
Sarabi… non aveva ripianti.

Una leonessa lasciava i confini delle terre del branco. Quella notte non aveva chiuso occhio. Non ci riusciva.
La odiava anche più di Simba, ma non poteva lasciarla in quel luogo. Non se lo meritava.
"E' pur sempre la mia regina, e pur sempre stata vicina a Scar. Non si merita di morire li. Non potevo permetterlo"
Pietà?

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Capitolo 8
*** Racconto inutile ***


Le mattine si susseguivano una dopo l'altra nelle terre della rinnegata.
Zira riusciva a sopravvivere grazie alle carcasse di animali che trovavano la loro fine in quelle lande desolate. Forse per non farsi vedere dal branco che aveva vissuto finora con loro.
In alcune notti di luna calante, la leonessa riusciva ad infiltrarsi nelle terre del branco per reperire una preda fresca.
Anche se da sola, nel sonno delle grandi mandrie, riusciva a mietere piccole vittime isolate dal resto del gruppo. La caccia durava sempre poco: la morbida terra sotto le sue zampe, il respiro impercettibile, lo scatto fulmineo e le sue zanne strette sul collo della preda. Spesso malata, troppo giovane od incinta.
La fuga dai maschi era sempre la parte più facile. Le bastava uno sguardo per incutere la paura nei loro animi.
Solo una volta è stata costretta a battersi con uno gnu in preda alla disperazione.

Era una notte senza luna e con stelle che avevano timore di mostrarsi nella cupa volta notturna.
La sua preda era una giovane gnu incinta. Il suo sonno era tranquillo e allietato dalla gioia che si preparava a ricevere dalla passione del suo amore.
Ancora non sapeva che niente di quello che si aspettava sarebbe arrivato.
Una stretta sulla sua gola ed il freddo rumore delle sue ossa che si spezzavano. Era finita.
Solo un attimo di paura nei suoi occhi. Solo un'istante di consapevolezza per il futuro che non sarebbe mai arrivato. Poi il buio…
Il suo compagno si sveglio quasi colto da un'orribile presentimento. Poi vide la leonessa che stava scomparendo nella notte con la sua amata tra le grinfie.
-NOOOOOOOO!!!-
Un urlo squarciò la tranquillità della notte e l'erbivoro partì in carica verso la cacciatrice. Lei era già sparita dietro ad un fitto cespuglio.
Lo gnu non si addentrò, cominciò a dare calci su di esso per cercare di colpire quell'assassina. Era in preda alla rabbia, che lo rendeva ceco.
Ad un tratto una voce dietro di lui lo fece raggelare.
-Mi spiace, anche io ho dei cuccioli da mantenere. Sei solo stato sfortunato… e stupido ad allontanarti da lei-
Zira lo aveva raggirato e si era nascosta alle sue spalle. Pochi attimi di terrore. Lui non poteva vederla, ma lei si.
Si scagliò contro il collo dello gnu e con un sol colpo gli ruppe il collo, spezzando così la felicità di un'intera famiglia.

Era un mondo difficile pesino nelle terre del branco… ma a nessuno sembra interessare. Perciò continuerò a narrare delle vicende di Zira e del suo "regno".

Non trascorsero molti giorni dalla morte di Sarabi. Il ruggito disperato di Simba poteva allietare il cuore di Zira. Era felice di sentire la sua sofferenza.
Ogni notte cercava di avvicinarsi il più possibile per sentire il suo pianto dare la buona notte all'intero regno.
Non sapeva cosa sarebbe successo poco dopo...

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Capitolo 9
*** Occhio per occhio... fanno due occhi in meno ***


Tra una caccia ed un ritrovamento di una carogna, Zira si era ormai ripresa. Nel corpo e nello spirito.
I suoi cuccioli non pativano più la fame. Anche loro sembravano aver dimenticato quello che era successo qualche giorno fa.

-Nuka smettila di darmi fastidio!-
Il piccolo fratellino ed il giovane leone continuavano a stuzzicassi. Era sempre Nuka ad incominciare.
-Cosa vuoi pulce! Io sono il fratello maggiore, perciò decido io dove si deve andare-
Non sopportava l'idea che quella piccola palla di pelo ricevesse tutte le attenzioni della madre. Non lo sopportava affatto.
-Smettila Nuka! Sei solo un cucciolo troppo cresciuto! Sfido io che mamma preferisca noi a te!- Vitani interveniva sempre nei litigi dei due. Difendeva sempre il fratello quando poteva.
-Cosa hai detto?! … ed anche se fosse non me ne importa niente. Me la so cavare benissimo anche da solo. Non mi serve qualcuno che mi porta il cibo facile. Posso benissimo farlo anche da me. Stupidi cuccioli-
Non era vera nessuna delle due cose. Non sapeva cacciare e non sapeva come trovare le carogne degli altri animali, ma soprattutto: era invidioso di quei due cuccioli.
Avrebbe voluto anche lui che la madre si preoccupasse per il suo figlio maggiore. Ma non era mai stato così… non lo sarebbe mai stato.
-Vi lascio ai vostri stupidi giochini da piccoletti. Vado a cercarmi qualcosa da mettere sotto i denti-
Mentiva. Non aveva fame. Voleva solo andarsene lontano da quei due.
-Si-si, vai pure! Mi divertirò guardandoti tornare con la coda tra le zampe. Non potresti resistere nemmeno un giorno senza di noi!- Vitani però diceva il vero: suo fratello era gracile e debole. Non poteva sopravvivere nemmeno per un giorno lontano dalla famiglia che odiava.

I passi di Nuka si susseguivano lenti in quelle aride terre ed il sole poco indulgente, batteva sul suo accenno di criniera scomposto, unto di sudore e sporcizia.
"Stupidi cuccioli… maledetto Kovu! Se solo non fosse mai nato io potrei starmene tranquillo e far felice mamma. Renderla orgogliosa di me. Si! Non mi farò scoraggiare. Ci riuscirò lo stesso… questa sera mangeremo il doppio. Prenderò anche io qualcosa!"
Il giovane leone voleva far colpo sulla sua famiglia… e soprattutto su sua madre, dimostrandogli di poter badare a se stesso e persino aiutare Zira a racimolare del cibo.

Cominciò a correre verso il confine per le terre del branco. Sapeva che spesso gli animali troppo vecchi andavano a morire li. Se avesse trovato qualcosa avrebbe potuto attirare l'attenzione della madre.
"Mamma, vedrai, sarai fiera di me!"
-Ma guarda un po' cos'abbiamo qui… il piccolo mostriciattolo di Zira-
Una voce gli fece inchiodare le quattro zampe a terra. Si girò e vide quello che non si sarebbe mai aspettato di vedere: cinque leonesse accovacciate dietro a delle rocce.
-Ciao Nuka. Come sta tua madre? E' ancora viva quell'assassina?-
Una di loro si alzò e si avvicinò a lui. La riconobbe solo dopo che quella cacciatrice avanzò di qualche passo.
Era una delle rinnegate che avevano tradito sua madre.
Non l'aveva riconosciuta subito. Il suo corpo non era più scheletrico, non tremava più quando camminava… il suo viso non era più scarno.
L'essere ritornata nelle terre del branco molto probabilmente l'aveva salvata da morte certa.

-Tu! C-che c-ci fai cui? Non eri tornata nelle terre del branco?- balbettò il giovane leone. Poi, facendosi coraggio, si protese in avanti e le disse nel tono più deciso che poteva: -Vattene via! Non sei la benvenuta qui!-
La leonessa rise al suono di quelle parole.
-Piccolino, non vorrai fare il prepotente con me vero? Queste sono le terre di "nessuno". "Nessuno" può bandire "nessuno" da qui, quindi, "nessuno" può cacciarci via. Gli unici a cui non è permesso andare da qualche parte… siete solo voi. Traditori!-
Nuka si sentiva esplodere dalla rabbia, ma non poteva reagire. Sapeva che se avesse tentato di attaccarla, lei lo avrebbe messo fuori gioco in pochi colpi… se non addirittura una sola artigliata. Non voleva che venisse umiliato in quel modo. Ma non si stava forse facendo umiliare accettando quelle parole restandosene zitto ed immobile?
Si, non voleva subire quegli insulti restandosene semplicemente ad ascoltare.
-Ho detto che dovete andarvene via!-
Il giovane si scagliò contro la cacciatrice ringhiando il più forte che poteva.
Una delle leonesse sdraiate sotto la roccia scattò in piedi e gridò alla sua compagna di stare attenta.
La cacciatrice sorrise a quell'avvertimento. Era solo un cucciolo… un cucciolo che se sarebbe morto avrebbe recato molto dispiacere alla sua adorata mammina. Proprio quello che voleva.
Si mise in posizione d'attacco e si preparò a colpirlo alla gola, che il giovane inesperto aveva lasciato scoperta.
"Troppo facile. Zira, soffrirai. Proprio come Simba ha sofferto la scomparsa della madre. Nessuno ti ha vista, ma so che sei stata te. Pagherai caro per il tuo affronto! …" -AAAAAAAHHHHHHHH-

Gli occhi della leonessa non potevano più vedere. Qualcosa l'aveva colpita. Quando ancora il cucciolo era distante da lei, degli artigli le strapparono via la vista.
"No! Zira!"
Quella cacciatrice aveva riconosciuto l'odore di colei che aveva tradito. Troppo assorta nei suoi pensieri e nel prepararsi all'infliggere la morte a quel giovane leone per accorgersi dell'arrivo della madre.
-ZIRA!-
-Ciao amiche mie. Cosa vi porta nelle mie terre? Avete deciso di incontrare prima del tempo la cacciatrice di vita? Coraggio, fatevi sotto razza di smidollate!-
La leonessa ferita si accasciò a terra affondando gli artigli nel fango per il dolore.
-UCCIDETELA!!!- Gridò alle sue compagne.
Tutte le leonesse che erano ancora sdraiate, si alzarono e scacciarono l'incredulità per poi lanciarsi tutte quante all'attacco della rinnegata.

"Vi ho fatto una promessa amiche mie… è ora di mantenerla!"

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Capitolo 10
*** Le promesse vanno mantenute ***


Le cacciatrici correvano veloci verso di lei. I suoi occhi le studiavano una ad una.
I loro corpi erano tornati tonici e muscolosi come prima di essere cacciate dalla rupe dei re.
"Anche delle deboli come voi possono sopravvivere in quel logo. E' proprio vero. Non c'è giustizia in quelle terre"
La prima spiccò un salto contro Zira, scagliandosi con le due zampe anteriori tese e gli artigli sfoderati diretti al viso della leonessa.
"Troppo lenta…"
Zira si scansò un attimo prima che la cacciatrice gli fosse addosso. Un leggero movimento alla destra della traiettoria ed un'artigliata al ventre che percorse la carne della malcapitata fino alla coscia. Aiutata dalla spinta nella direzione opposta, il contrattacco era stato più efficace del previsto: la leonessa non riuscì ad atterrare bene sulle sole tre zampe e finì faccia a terra.
Zira non si girò nemmeno per controllare, era sicura che quella debole non si sarebbe potuta rialzare con quella ferita.
Avrebbe pensato dopo a finirla. Adesso aveva altre e quattro traditrici a cui pensare.
"Fatevi sotto!"
Le leonesse si schierarono davanti a lei e si misero in posizione d'attacco.
"Anche se riuscirete ad uccidermi, non crediate di tornare tutte intere dal vostro adorato "re". Vi regalerò qualcosa prima di andarmene. Diventerete inutili… come siete sempre state. Quando avremo finito sarà stata l'ultima volta che vi sarete rette sulle vostre gracili zampette"

Le quattro partirono simultaneamente all'attacco. Una alla gola, mentre le altre erano pronte a supportare la prima della fila.
Zira colpì agli occhi la cacciatrice, che si allontanò per mettersi al sicuro. Subito dopo vide una zampa arrivare a gran velocità verso il suo volto: era una delle leonesse dietro, partita all'attacco.
Zira spalancò le fauci e l'azzannò. Il suono delle ossa che si rompevano inquietò le altre due leonesse, mentre anche la seconda indietreggiò per riprendersi dall'urto.
Le due cacciatrici partirono simultaneamente all'attacco: una diresse le sue zanne verso la gola della rinnegata, mentre l'altra voleva immobilizzarle la zampa destra.
Forse in due sarebbero riuscite a mettere in difficoltà quella leonessa che di femminile a quanto pare non aveva niente.
Alle due sembrava di star combattendo contro un leone, tanta era la forza di Zira.
"Deboli! Anche in quattro contro una non riuscite a battermi! Coraggio voglio divertirmi un po' con voi prima di uccidervi. CORAGGIO RAZZA DI RAMMOLLITE!!!"
Mentre lottava, nella mente della leonessa scorrevano le immagini di quelle cacciatrici mentre l'abbandonavano e ritornavano dall'assassino del re.
"Maledette!!!" -Questo è per il vostro orgoglio!-
Gli artigli della zampa anteriore libera andarono a lacerare il collo della leonessa che le si era avventata alla gola, dopo di ché con la zampa posteriore si liberò della cacciatrice che gli teneva bloccata l'anteriore destra.
-Sei solo una debole!-
Con la forza di entrambe gli arti riuscì a togliersi di dosso la leonessa, che anche se dolorante, non aveva lasciai la presa sulla gola. La ferì alle spalle e la lasciò a terra per poi lanciarsi contro alla leonessa che prima gli teneva bloccata la zampa.
La sua furia era incontrollabile. Il ricordo del loro tradimento non svaniva.
La sua promessa doveva essere mantenuta.
La cacciatrice provò a difendersi per qualche istante, dopo di ché perse i sensi e smise di muoversi. Il suo corpo era pieno di ferite ed ognuna di esse perdeva molto sangue, non c'era da sorprendessi che fosse svenuta.
La leonessa con la zampa rotta e quella ferita alle spalle l'attaccarono insieme. Le saltarono addosso, ma le ferite le facevano affaticare più del dovuto.
"Siete mie!"
Zira con tutta la furia che provava le colpì ripetutamente fino a farle accasciare a terra prive di forze.
"Inutili" Pensava mente con un morso rompeva il collo di una.
"Deboli" Pensava mentre con gli artigli lacerava il collo dell'altra.
"Stupide" Pensava mentre inseguiva le altre due che tentavano invano di sfuggire al loro destino.
"TRADITRICI" Pesava mentre poneva fine alle sofferenze della leonessa svenuta.

Solo una rimaneva ancora in vita. Senza poter vedere l'imminente fine che si avvicinava con un ghigno in viso.
Zira era affaticata ma in estasi per la prima promessa che avrebbe mantenuto.
-Zira. Zira ti prego. Cerca di capire. Non potevamo restare… saremmo morte tutte se fossimo restate qui-
Le parole della cacciatrice tremavano nell'aria. Aveva paura. Non voleva morire.
-Taci lurida traditrice. Hai fatto una scelta… hai tradito Scar. Adesso affronta con il poco orgoglio che ti rimane il suo prezzo-
Le parole di Zira erano calde come il fuoco mentre si avvicinava lentamente alla sua vittima. Nell'aria poteva già assaporare l'odore del suo sangue.
La cacciatrice si muoveva in maniera confusa. Cercava una via d'uscita, ma le se zampe erano bloccate dal terrore di poter intraprendere la strada sbagliata e finire dritta nella furia di Zira.
C'era troppo odore di morte nell'arie e non riusciva a capire da che parte dovesse provenire il colpo. Avrebbe almeno voluto vedere la sua fine, invece era immersa nel buio; il dolore che provava gli faceva percepire in maniera confusa quello che accadeva intorno a lei.
I passi della sua carnefice sembravano risuonare in tutte le direzioni. Voleva che quel tormento finisse.
-Zira! ZIRA DOVE SEI?! Smettila di giocare e finiscimi! DOVE SEI?!-
Una voce lugubre dietro le sue spalle la sorprese bisbigliando il suono della morte.

-Sono qui…-

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Capitolo 11
*** Nel vento, qualcosa d'inaspettato ***


I due camminavano silenziosi l'uno accanto all'altra senza essersi parlati da quando il combattimento finì.
Zira zoppicava. La zampa ferita gli faceva ancora male, ma non voleva dare ascolto al dolore. Lei era forte, voleva esserlo.
Adesso che erano soli non potevano piegarsi alle difficoltà.
Nuka aveva lo sguardo perso nel voto. Un passo dopo l'latro con la testa china seguiva sua madre. Non riusciva a credere a quello che aveva visto. Sei leonesse contro di lei. Nessuna era rimasta in vita.
Una dopo l'altra erano state uccise.
Quella non era sua madre. Come poteva esserlo?
Mentre spegneva la fiamma delle altre cacciatrici i suoi occhi rilucevano di una perversa soddisfazione. Aveva provato gioia nel mettere fine alle loro esistenze.
"Mamma… cosa sei diventata?"
Nuka non l'aveva mai vista così. Non avrebbe mai voluto vederla. Purtroppo però quel giorno dovette assistere impotente alla sua furia.
Quelle immagini continuavano a tormentarlo: gli artigli con ancora intrappolati i peli delle sue vittime; la sua bocca grondante del porpora delle cacciatrici; Quella luce oscura nei suoi occhi.
Non avrebbe mai dimenticato. Eppure le voleva ancora bene.

-Nuka…- Il suono gelido della voce di sua madre arrivò nelle orecchie del giovane leone come il vento dell'inverno.
Nuka si bloccò e curvò la schiena per paura della punizione che sapeva sarebbe arrivata.
-…non provare mai più ad allontanarti da solo. La prossima volta non ci sarò io a salvarti. Lascerò che la tua stupidità ti punisca al posto mio-
Il colpo che si aspettava non arrivò come credeva glielo avrebbe inferto. Si sentì raggelare il sangue.
Come poteva una madre parlare in modo così freddo al figlio? Come poteva instaurare in lui la paura che un giorno non sarebbe più stato aiutato?
In quel momento provò il desiderio di aver ricevuto il colpo dalla sua zampa invece di aver udito quelle parole.
-Mamma…- provò a scusarsi il giovane leone.
-Silenzio. Non abbiamo più nulla da dirci. Non voglio sentire la tua voce fino a domani-
La madre però con lo stesso gelo con cui aveva iniziato quella conversazione, respinse le parole del figlio.
"Scusa mamma…"

I due arrivarono finalmente alla tana… ma qualcosa allertò la leonessa.
-Cos'è?-
Nuka non capiva. Non aveva notato niente, ma rimase in silenzio.
"Non voglio voglio sentire più la tua voce fino a domani"
Ecco cosa risuonava nella sua testa.
Zira si accucciò a terra e si guardò intorno con circospezione. Anche se non sapeva il perché, il figlio fece lo stesso.
Nell'aria si poteva avvertire la presenza di leoni estranei.
"Vagabondi è?"
Un piccolo gruppo di leonesse ed un leone maschio alla testa del gruppo.
"Non possono sentirci. Il vento viene dalla loro direzione. Non posso combattere contro un leone adesso. Non posso farcela. Speriamo che non ci notino"
Zira era preoccupata e sperava che anche i suoi cuccioli fossero al sicuro nella tana.

Un fruscio dietro di loro.
"Maledizione!"

-Mamma…- un bisbiglio tranquillizzò la leonessa.
Era Vitani, e con lei c'era anche Kovu.
-Brava piccola, adesso resta in silenzio. Vediamo chi sono i nostri ospiti- disse la madre compiaciuta e tranquillizzata.
-Nuka… dove sei stato. Eravamo preoccupati-
La piccola non ricevette risposta dal fratello maggiore. Continuava a fissare il terreno sotto di lui con aria persa.
"Che gli prende?"

Dopo poco tempo, in lontananza comparvero le sagome di un gruppo di leoni.
La criniera chiara del maschio era scomposta e folta. Non era difficile riconoscerlo in mezzo alle più piccole leonesse.
"Eccoli"
Zira li cominciò a studiare: sembravano stanchi. I loro passi erano lenti ed incerti. Probabilmente era da molto che viaggiavano in quelle terre. Anche a loro non avevano regalato niente, solo solitudine e tristezza.
Ad un tratto una delle leonesse crollò al suolo. Subito dopo un'altra. Lui si girò e provò a risollevarle, ma non ne aveva la forza.
Tutto il gruppo si fermò ed i loro corpi si accasciarono a terra. Pronti ad addormentarsi per l'ultima volta.
-Che spreco!- Sbuffò Zira.
-Un branco così grande solo ed in difficoltà. Non possiamo lasciarli morire, vero ragazzi?-
La madre pose quella domanda ai suoi figli girandosi verso di loro. Sul suo volto un ghigno che non lasciava presagire niente di buono.
-Andiamo. Portiamo loro qualcosa con cui sfamarsi. Da oggi abbiamo compagnia piccoli miei-
La leonessa si alzò ed etrò nella grotta. Ne uscì poco dopo trascinando una grossa zampa d'elefante.
Aveva trovato quei grossi resti la mattina stessa. Quello doveva esse il loro pasto, ma non avrebbero avuto problemi a trovarne dell'altro.

"Non siamo più soli… non sarò più sola"

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Capitolo 12
*** Il nascondiglio della tomba dell'angelo ***


La leonessa osservava quel branco di girovaghi mentre si gettava sul pasto che gli aveva offerto.
"Sono solo corpi-sono solo corpi… mi servono solo per arrivare al mio scopo. Sono solo corpi… solo corpi"
Ecco cosa pensava Zira mentre li fissava. Non voleva più affezionarsi a nessun altro.
Era già stata tradita una volta dalle sue compagne a cui aveva donato tutta se stessa.
Per loro si era trasformata in un qualcosa che non avrebbe mai voluto diventare. Non voleva alzare la voce con loro per farle ragionare; non voleva colpirle per farle riprendere.
Avrebbe solo voluto passare le sue giornate come faceva nelle terre del branco.
Durante la caccia: essere delle compagne serrate che si potevano quasi leggere nel pensiero per quant'erano in sintonia;
Quando la caccia terminava: delle amiche che ridevano e si raccontavano le loro storie… delle sorelle.
Ma se non si fosse comportata in quel modo, sarebbero morte tutte, e lei non lo voleva. Non lo avrebbe voluto veramente. Non per colpa di Simba.
Erano le sue "sorelle"...

"Sono solo..."
Non voleva amici; non voleva sorelle; non voleva sorridere con qualcuno. Voleva solo la sua vendetta.
L'odio era tutto ciò che le rimaneva.
Non aveva più nient'altro ormai.

"...corpi"
Nemmeno i suoi cuccioli la tiravano su di morale. Erano solo dei leoncini che avrebbero dovuto crescere al più presto per vivere in un posto migliore. Già, dovevano andarsene di li. Dovevano allontanarsi da lei… dal suo odio.

"Sono solo corpi…"
Ormai anche la speranza di riprendersi le terre del branco la stava abbandonando. Tornarci non sarebbe servito comunque a niente.
Sarebbe solamente rimasta in quelle terre senza nessuno con cui poterle condividere.
Dovunque si sarebbe voltata, avrebbe solo visto dei ricordi che l'assalivano per poi ucciderla lentamente.
No, non voleva tornare. Voleva solo la sua vendetta.
Voleva solo vendicare Scar. Non le serviva nient'altro.
Niente più tradimenti; niente più amori; nessun'altra terra; niente più vita.
Lei ormai era solo odio.

"mi servono solo per arrivare al mio scopo…"
Zira era morta quando le sue "sorelle" se ne andarono via con Sarabi.
Quando le leonesse per cui avrebbe dato la vita… per cui aveva bruciato la sua anima... la tradirono come una qualunque leader che ormai aveva fatto il suo tempo. Quando una ad una le aveva dovute uccidere per sopprimere le grida del suo pianto segreto.
Non lo aveva fatto vedere, ma quel giorno pianse… il suo cuore pianse tutto il sangue che poteva versare.
Ad ogni colpo che infliggeva alle sue amiche, il suo cuore urlava di dolore. Ad ogni vita strappata, la sua anima si dissolveva come le dune del deserto… fino a scomparire del tutto.

"Sono solo corpi…"
Adesso, dentro di lei, scorreva una sostanza nera come la notte. Il suo corpo non possedeva più nemmeno un'anima. Il cibo non la sfamava più.
Solo l'odio scorreva nelle sue vene. Solo un vuoto incolmabile la riempiva sotto la pelle.
L'unico pasto che avrebbe potuto saziarla era la sua vendetta… le serviva solo la sua vendetta.

"Solo corpi…"

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Capitolo 13
*** Alla fine... il regno di Scar ***


Un tramonto dietro l'altro, le notti si susseguivano a gran velocità.
I sogni di Zira ormai erano fatti solo di sangue e morte. Ad ogni risveglio i suoi artigli affondavano nel terreno per la rabbia provata.
"Eppure era così reale..."
Si diceva ogni mattino.
"… il sapore del suo sangue era così dolce"
Sognava sempre di uccidere Simba… e sempre si rimproverava di non averlo ancora fatto veramente.

Ormai le leonesse accolte qualche tempo fa le erano completamente assoggettate. Avrebbero fatto di tutto per la loro salvatrice.
Uccidere il capo branco non fu difficile: la stessa sera che si addormentò dopo essere stato "salvato" da Zira... chiuse gli occhi per l'ultima volta.
Il suo corpo giaceva ancora in un termitaio isolato, ai confini più lontani di quelle terre.
Un taglio sulla gola deturpava il suo corpo.
Zira non amava perdere tempo.
Dopo la morte di quel leone, tutte le leonesse la seguirono e affidarono a lei tutte le loro speranze di trovare un posto migliore. Speranza che Zira sfruttò rapidamente.
"Sono tutte uguali: per una vita migliore mangerebbero i propri figli. Schifose…"
Ecco cosa pensava di tutte loro.

Quella mattina si allontanò dal resto del branco.
Come al solito varcò i confini delle terre a lei proibite, nella speranza di riuscire ad intravedere il leone da lei tanto odiato e di cogliere l'occasione per compiere la sua vendetta.
Ogni momento poteva essere quello giusto, e lei non voleva perdere nemmeno la più piccola occasione.
Desiderava solo che il suo unico sogno… la sua unica ragione di vita, si avverasse finalmente.

Si muoveva strisciando nell'erba e stando attenta a che il vento soffiasse verso la direzione delle terre di nessuno.
Non voleva essere scoperta per una piccolezza come quella. Non se lo sarebbe mai perdonato.
Ad un tratto una voce stridula irritò i le sue orecchie.

-Ce l'ho fatta… ce l'ho fatta!!!-
Non la riconosceva. Non l'aveva mai udita fino ad ora.
-Accipicchia, hai visto che denti che avevano? Facevano wargh-wargh-wargh-wargh-
Una risata che irritò ulteriormente Zira si espanse nell'aria.
"Di chi è quest'orribile voce?"
Silenziosamente e contro vento, la rinnegata si avvicinò alla fonte di quel chiasso.
Doveva essere una cucciola troppo di stante da casa.
"Kovu!!!"

La leonessa rimase immobile trattenendosi a stento: avanzando, aveva scorto due cuccioli che sembravano divertirsi.
Uno di loro era Kovu.
"Che ci fai qui? NUKA!!! Quel rammollito! Gli avevo detto di tenerlo d'occhio! Quando tornerò gli darò una lezione che non si dimenticherà tanto facilmente"
Le due palle di pelo continuarono a giocare spensierati.
Ma ad un tratto alle orecchie della leonessa arrivò un suono… un nome per la precisione.
-…io sono Kiara-
Un'eruzione d'odio scaturì dal cuore di Zira. Un ringhio soffocato scaturì dalla sua gola; i suoi occhi si riempirono di rabbia; i suoi muscoli si contorsero in un'espressione furibonda.
Il suo cucciolo che stava giocando… con la figlia dell'assassino di Scar!
Il sangue ribolliva nelle vene della leonessa e tutti i fantasmi del passato assalirono i suoi pensieri.
Per diverso tempo non riuscì quasi più a vedere in mezzo a quella cortina di furia che gli riempiva la vista.

Intanto la leoncina aveva cominciato a saltare da una parte all'altra, incitando Kovu a giocare.
il cucciolo non sembrava a suo agio però. Non aveva mai giocato con qualcuno e quella situazione gli era nuova. Non sapeva cosa fare.
Kiara era sorpresa. Non aveva mia conosciuto nessuno che non sapesse giocare.
Kovu la guardava storto; proprio non riusciva a capire.
La cucciola invece capì.
"E' ovvio! I maschi fanno giochi da maschi. Secondo me vuole giocare alla lotta"
Aveva ragione. Quello era l'unico gioco che Kovu conosceva.
Infatti, dopo aver cominciato a saltargli intorno, in posizione di guardia, il cucciolo sembrò reagire. Come se sapesse esattamente cosa fare.
Un'istante prima che i i cuccioli cominciassero ad azzuffarsi, gli occhi di Kovu si riempirono di terrore per una presenza inaspettata: un colossale leone dalla criniera rossa, si piazzò sopra Kiara per proteggerla, ruggendo ferocemente.
Zira si svegliò da quel fuoco che l'aveva rapita e scattò in avanti mettendosi tra Simba ed il figlio, ruggendo con tutto il fiato che aveva.
Il suo ruggito non aveva niente da invidiare a quello del maschio.

-Zira!- disse ringhiando lui.
-Simba…- rispose la leonessa con uno strano sorriso in volto.
Era li… davanti a lei. Era solo! Poteva farcela!
Sentiva l'eccitazione pervadere il suo corpo. Era suo! Nessuno poteva trattenerla.
Si caricò all'indietro, pronta a saltargli a dosso.
"Finalmente… finalmente! VOGLIO IL TO SANGUE SIMBA!!! FAMMI BERE IL TUO SANGUE!!!"

Si sbagliava.

La sua estasi fu interrotta dall'arrivo di altre leonesse.
Il suo allertato corse in ogni direzione per individuare tutti gli avversari… erano troppi.
Simba, tre leonesse ed un… facocero con una suricata sulla testa(?)
Quel codardo non si sarebbe allontanato senza la dovuta compagnia.
"Maledetto! E tu saresti un re? Sei solo un debole, senza un briciolo d'onore!"

Tra le leonesse Zira ne riconobbe una in particolare: la traditrice che aveva riportato quell'assassino alla rupe. La genesi di tutti i suoi dolori.
-Nala…- disse lei disgustata, pronunciando con disprezzo il nome della leonessa.
-Zira…- rispose la regina, superba come al solito.
-Timon e Pumba…-
"Ed ora che vogliono questi due?"
-…ed ora: ANDATEVENE DAL NOSTRO TERITORIO!-
Una suricata che si rivolge ad una cacciatrice in quel modo? Zira era furiosa.
-IL VOSTRO TERITORIO?!-
Con un ruggito intimidatorio mise a tacere quell'esserino. Per il suo odio non c'era spazio per lui. Non era degno nemmeno d'essere ucciso.
-Queste terre appartengono solo a Scar!- disse la rinnegata rivolgendosi con disprezzo a Simba.
Per lei sarebbe per sempre stato così.
Il "re" però era infastidito. Voleva solo che se ne tornassero da dove erano venuti.
-Voi siete stati esiliati dalle terre del branco. Adesso tu ed il tuo cucciolo… andate via!- gli intimò il leone.

Ringhiava altezzoso contro una rinnegata da sola, mentre alle sue spalle c'era un manipolo di leonesse pronte a saltargli al collo.
Gli faceva quasi pena…
Prima di andarsene però, una soddisfazione se la voleva togliere.
-Oh- sorrise la leonessa, quasi ignorando le parole pronunciate poco prima da Simba.
-Non vi ho presentato mio figlio Kovu. Fu scelto personalmente da Scar, perché seguisse le sue orme e diventasse… IL RE!-
Pronunciò quella frase in tono di scherno. Quasi volesse intendere che persino un cucciolo sarebbe potuto essere alla sua altezza come re... come leone.
Con enorme soddisfazione di Zira, il leone ringhiò offeso.
Kovu era spaventato a morte, ma sembrava che a nessuno importasse.
Poi la rinnegata continuò. Voleva che Simba conoscesse le conseguenze delle sue decisioni.
Voleva sapesse che era l'artefice della loro ingiusta sofferenza. Voleva che anche le altre leonesse sapessero che razza di re avessero accettato.
Quale sovrano condannerebbe dei cuccioli a morte, voltando le spalle per non vedere?.
"Ipocrita!"
-Kovu, come ben sai, è nato poco prima che tu ci rilegassi al di fuori del regno: dove il cibo è molto scarso e c'è pochissima acqua-
Zira stava recitando svogliatamente.
Sapeva che anche se gli avesse spiegato in che modo fossero riusciti a sopravvivere, loro non avrebbero di certo capito.
Non gli importava niente. Come avrebbe potuto importargli?
Quello che Simba disse dopo ne fu la prova. Sembrava non aver ascoltato.
-Tu la conici la pena per chi entra nelle terre del branco- questa fu la sua risposta.
Anche se la leonessa aveva previsto che il leone avrebbe cambiato discorso, gli fece comunque rabbia sentirlo.
-Ma il cucciolo non la conosce!- sbottò lei.
Poi Zira si calmò e continuò la la sua scenegiata.
-…comunque, se hai proprio deciso di dargli una lezione… fa pure-
La rinnegata si mise alle spalle del cucciolo e lo spinse verso Simba.
Voleva che tutte le cacciatrici vedessero chi era in realtà colui che chiamavano re.
Un ghigno compari sul volto di lei ed i suoi occhi sfidarono il leone.
Lui non resse lo sguardo e si girò dicendogli di riprendersi il cucciolo ed andarsene.
-Non abbiamo altro da dirci- concluse il "re"
Anche lui in fondo, sapeva di aver commesso un'ingiustizia, ma non voleva affrontare il peso delle sue decisioni.
Ci avrebbe pensato Zira a farglielo fare.

"Simba… ti farò pagare io per tutto quello che ci hai fatto. Vattene pure adesso. Un giorno assaporerai il dolore che meriti. Ti servirò io questo pasto..."

Quando il leone prese Kiara per la collottola e fece per andarsene, Zira pronunciò le ultime parole che si sarebbero scambiati da li a molto tempo: -Oh no Simba. Abbiamo ancora tante cose da dirci-

Adesso poteva vendicarsi. Sapeva dove colpire: la piccola principessa.
Un nuovo dolore che avrebbe portato il leone alla disperazione.

Il piano che stava architettando sarebbe poi stato sostituito da uno che gli si sarebbe rivoltato contro.
L'amore che l'aveva tormentata, avrebbe rapito suo figlio e portato a termine il suo progetto in maniera diversa.
Purtroppo, lei non era contemplata nel grande disegno. Sembrava che anche il fato non la considerasse. Era veramente stata abbandonata da tutti.
Le sue "sorelle", i suoi figli... e persino il fato avevano giocato con lei.
Sarebbe affogata nel suo stesso odio molte primavere dopo, portando con se tutto il suo dolore.

Finalmente la pace. Finalmente il tanto desiderato oblio.
Alla fine Kovu sarebbe diventato re. Il suo piano, anche se non come lo aveva progettato, diede i suoi inaspettati e bellissimi frutti.

"Scar… il tuo regno non cadrà mai. Adesso… portami via con te"

FINE

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Capitolo 14
*** Epitaffio ***


Mentre cado verso la fine, il vento mi scompiglia l'anima che ho riscoperto d'avere.

La riscoprii quando mi ritrovai nuovamente sola, la riscoprii quando ancora una volta tutti mi voltarono le spalle.

Uno strano calore mi sciolse il cuore.

Non è più l'odio a farmi reagire. E' qualcos'altro.

Qualcosa di caldo che accarezza il mio corpo come avrei voluto che lui facesse.

E' ancora nella mia testa, è ancora nel mio cuore, è ancora nella mia… anima.

Allora non l'ho persa! C'è ancora sotto tutto quest'odio!

Nelle mie orecchie c'è anche il respiro affannato dell'unico leone che mi avesse mai amato.

Mio figlio Nuka.

Le sue ultime parole risuonano ancora nella mia testa, dolci come me le aveva pronunciate.

"Scusa mamma… ci ho provato…"

No, scusami tu piccolo mio. Sono sempre stata dura con te.

Sono stata solo la causa della mia rovina… e della tua.

Perdonami se puoi… anche se so che lo hai già fatto.

Forse sono io che dovrei perdonarmi per tutto questo.

Ma come posso?

Ho sempre rimproverato tutti per essere deboli e non affrontare la vita con gli artigli… forse la debole sono sempre stata io.

Ma ormai è troppo tardi.

La sento.

Sento il suono delle acque inquiete dove morirò. Le sento urlare e piangere di disperazione per tutto quello che ho fatto.

Le sento… adesso le sento sulla pelle.

L'aria mi ha abbandonato. Non entrerà mai più nei miei polmoni.

La vita non mi tormenterà più in fine.

Al crepuscolo, tutto è così diverso…

Il dolore mi porta via anche i pensieri.

Un tronco mi ha rotto una zampa… poi un'altro colpisce forte sulle costole… ed in fine la mai testa si poggia violentemente su un terzo.

Il quarto sta arrivando per schiacciare i miei tormenti tra una corteccia e l'altra.

L'ultimo pensiero che ancora, persino dopo tutto quel dolore, è rimasto a tenermi compagnia e proteggermi... è lui.

Piango, e lui è qui con me. Mi avvolge forte con le sue zampe come per proteggermi.

Siamo rimasti solo io e te.

Taka… ti prego… perdonami.

Gli ultimi pensieri prima che le due superfici si scontrino, mettendo a tacere tutto il mondo.

 

Finalmente… morirò davvero.

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