Il futuro esiste anche per noi di Soly_D (/viewuser.php?uid=164211)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un incontro speciale ***
Capitolo 2: *** Nuove conoscenze ***
Capitolo 3: *** Primi approcci ***
Capitolo 4: *** Giornata tipica a casa Son... o quasi! ***
Capitolo 5: *** Promessa ***
Capitolo 6: *** Allenamenti... più o meno! ***
Capitolo 7: *** Festa alla Capsule Corporation ***
Capitolo 8: *** 24 ore ***
Capitolo 9: *** In pericolo ***
Capitolo 10: *** Passi avanti ***
Capitolo 11: *** Un'altra dimensione? ***
Capitolo 12: *** A Natale, da parte l'imbarazzo ***
Capitolo 13: *** Complicazioni ***
Capitolo 14: *** Decisioni difficili ***
Capitolo 15: *** L'arcobaleno dopo la tempesta ***
Capitolo 16: *** Normalità rubata ***
Capitolo 17: *** Tutto troppo in fretta ***
Capitolo 18: *** Tutto può cambiare ***
Capitolo 1 *** Un incontro speciale ***
IL FUTURO
ESISTE ANCHE PER NOI
Un incontro speciale
Volava.
Volava a velocità inaudita.
Volava da più di un’ora alla ricerca dei cyborg.
Si bloccò improvvisamente a mezz’aria quando
scorse in lontananza una nube di fumo che si ergeva da un palazzo mezzo
distrutto. Di certo, quella era opera di c-17 e c-18.
Riprese a volare, vivamente intenzionato a salvare i superstiti di
quell’esplosione e forse a battersi con i due androidi per
tastare i progressi dei suoi rigorosi allenamenti.
Tutto ciò era ormai diventato una routine.
Il giorno in cui morì suo padre, Gohan si era ripromesso che
avrebbe lavorato sodo per diventare forte come lui e prendere il suo
posto nella difesa della Terra. Dopo l’arrivo dei cyborg, i
suoi obiettivi erano cambiati radicalmente: giurò a
se stesso che avrebbe vendicato la morte dei suoi amici
causata dai due androidi e che un giorno avrebbe messo fine a quella
realtà di guerra e morte che quei mostri dal viso angelico e
dal cuore di ghiaccio erano riusciti a costruire in pochissimo tempo.
Aumentò nuovamente la sua velocità, sfrecciando
in quel cielo limpido e azzurro così diverso dalla dura
realtà alla quale la Terra si era ormai rassegnata da anni.
Man mano che si avvicinava, tra gli edifici distrutti e la folla in
delirio, Gohan cominciava a intravedere i due cyborg
incenerire tutto ciò che incontravano sul loro cammino
attraverso semplici sfere d’energia e togliere di mezzo, con
solo l’aumento della propria aura,
ogni umano tentasse di sfuggire alla loro attenzione.
Quelle scene era così maledettamente familiari che il
ragazzo le rivedeva nella propria mente in ogni momento della giornata
e credeva di impazzire quando ricordava le urla disparate di quelle
madri che avevano perso i loro piccoli, il pianto esasperato di quei
bambini innocenti che capitavano per caso sulla strada dei cyborg, la
paura e lo sgomento negli occhi di chiunque cercasse di contrastarli
invano, la crudeltà e la malvagità impressa nello
sguardo di quei due pazzi omicidi senza controllo. Non avevano
pietà per nessuno, si divertivano a provocare morte e
distruzione, godevano di ciò che avevano fatto fin dal
momento della loro attivazione.
Con la mente pervasa da questi pensieri, Gohan atterrò
silenziosamente e lentamente sull’asfalto sbriciolato e
solcato dalle crepe che continuava a tremare sotto le potenti scosse
provocate dai due androidi. Davanti a lui, regnava il caos
più totale: il palazzo appena colpito crollava velocemente a
pezzi, l’incendio cominciava a propagarsi in tutte le
direzioni, la gente correva di qua e di là senza sapere
esattamente dove andare o cosa fare, le urla
disumane e i rumori dei veicoli contribuivano a rendere ancora
più maligna e funesta quell’assurda situazione, i
due cyborg facevano strage di persone senza alcuna distinzione. Uno
spettacolo orribile.
Gohan si fece largo tra i corpi privi di vita stesi per terra, i
superstiti della strage in subbuglio, le automobili e gli edifici
distrutti, raggiungendo con coraggio e determinazione gli spietati c-17
e c-18. Lei era in piedi sul furgoncino e guardava incantata alcuni dei
meravigliosi vestiti appena comprati in una delle poche boutique della
città rimaste ancora intatte, spedendo di tanto in tanto
qualche raggio di luce o sfera d’energia in diverse
direzioni. Lui invece era al centro della strada e teneva per la gola
una ragazza dall’aria tremendamente spaventata, ma al tempo
stesso arrabbiata, che continuava a divincolarsi dalla presa ferrea
dell’androide con le lacrime che le rigavano le guance e il
corpo sfregiato da lividi e bruciature.
In un attimo, Gohan raggiunse c-17 e gli strappò la ragazza
dalle mani con un movimento svelto e audace che fece sorprendere e
contemporaneamente infuriare l’androide dai capelli neri.
Gohan, intanto, si era già allontanato dai cyborg e volava
alla velocità della luce con la ragazza stretta a
sé. Arrivato sui monti Paoz, la poggiò
delicatamente sull’erba fresca del prato e poi si
voltò. “Torno subito, non muoverti.” le
disse prima di scomparire nuovamente tra le nuvole e tornare in
città.
Videl aprì gli occhi per la prima volta da quando era stata
trascinata via dai cyborg.
Era da sola. Ma, cosa più importante, era lontana dai cyborg
quindi poteva considerarsi salva!
Si scrutò dalla testa ai piedi, constatando di essere ancora
viva. Fortunatamente.
Sbuffò percependo un terribile mal di testa e un estenuante
bruciore alle ferite.
Ma il dolore fisico non era niente confrontato a ciò che la
logorava dentro.
Si guardò intorno, estremamente perplessa e confusa.
Dinnanzi a lei, si estendeva un’immensità
verdeggiante e rigogliosa che sembrava essere isolata dalla distruzione
e dal panico seminato dai cyborg.
Erano di certo i monti Paoz, una delle poche aree rimaste fuori dalla
modernizzazione della città.
Si stiracchiò per bene e si lasciò cadere a peso
morto sul prato.
Inspirò profondamente l’aria fresca e pulita,
lasciando che la sua mente fosse invasa dai pensieri più
recenti. Allora vide due bellissimi occhi color antracite, incastonati
in un volto dal colorito chiaro e dai lineamenti
decisi e una massa di capelli corvini piuttosto corti con un paio di
ciuffi lasciati liberi sulla parte destra.
Riaprì improvvisamente gli occhi e si mise a sedere.
Era stato lui a portarla in quel luogo, ne era sicura!
Ma perché l’aveva fatto? E, soprattutto, come era
riuscito a contrastare i cyborg?
Ora ricordava anche ciò che le aveva detto prima di andare
via.
“Torno subito, non muoverti.”
Più che un consiglio, appariva come un ordine.
Videl non aveva altra scelta. Lo avrebbe aspettato lì, ferma
e in silenzio, per ottenere le risposte che cercava.
I minuti passavano, ma del misterioso ragazzo nemmeno l’ombra.
Intanto la sua mente volava verso i cyborg e ciò che
causavano da anni alla povera gente indifesa.
Pochi anni prima, aveva perso suo padre: il grande Mr Satan,
l’ex campione del mondo di wrestling, l’unica
persona cara alla ragazza, il suo solo punto di riferimento e
l’unico in grado di poter contrastare i cyborg. E invece era
passato subito a miglior vita: la stessa Videl aveva constatato quanto
i due androidi fossero forti e veloci. Nessuno aveva speranze contro di
loro, eppure il ragazzo che l’aveva salvata dimostrava una
certa esperienza e un certo coraggio.
“Ehi”
Videl alzò lo sguardo e rivide il suo salvatore. Era ferito.
Si alzò in piedi con un po’ di fatica e si
avvicinò al ragazzo.
“Tutto bene?” le chiese Gohan, con un sorriso.
“S-si...” rispose Videl, un po’
intimorita e incerta.
Quel ragazzo era piuttosto alto e muscoloso. Le sue intenzioni erano di
sicuro buone: Videl lo capì subito scrutando quel suo
sguardo che appariva “innocente” e quel sorriso
dolce e affettuoso.
“Come ti chiami?”
“Oh, scusami, non mi sono nemmeno presentato. Mi chiamo
Gohan, piacere.” la informò lui, porgendole la
mano.
La ragazza ricambiò subito il saluto. “Sono
Videl”
A quel punto cadde un silenzio imbarazzante. I due si scrutavano a
vicenda, senza sapere cosa dire o cosa fare.
Ma Videl interruppe quell’atmosfera di quiete e
tranquillità.
“Perché mi hai salvata?”
Gohan si grattò la testa, un po’ imbarazzato.
“Avresti preferito rimanere lì?”
Videl cambiò espressione. Da intimidita e spaventata, a
indispettita e confusa.
“Ma non hai risposto alla mia domanda!”
esclamò con i pugni lungo i fianchi, sollevandosi sulle
punte dei piedi per arrivare al viso di Gohan.
Il saiyan indietreggiò di qualche passo.
“Non potevo mica lasciarti tra le mani di quegli assassini!
Eh eh...” spiegò agitando nervosamente le mani.
Videl allora cominciò a girargli intorno con le mani dietro
la schiena e uno sguardo particolarmente inquisitorio. Gohan si sentiva
tremendamente in imbarazzo.
“Mmm... e dimmi... hai combattuto contro i cyborg
prima?” gli chiese, senza smettere di
ronzargli intorno.
Gohan annuì con la testa.
“Ma stai scherzando?! Hai idea di quanto siano forti quei due
mostri?! Nemmeno mio padre, l’ex campione di wrestling,
riuscì a contrastarli!”
Ed ora cosa le avrebbe detto Gohan? Non poteva di certo spiegarle che
lui apparteneva ad un razza aliena dotata di poteri sovrannaturali.
“Infatti io non li ho fermati! Volevo solo salvare la gente
che fuggiva... E’ così, credimi.”
Videl si fermò davanti a lui e incrociò le
braccia al petto.
“Un’altra cosa: com’è che sai
volare?” chiese curiosa.
Gohan ne aveva abbastanza di quello stupido interrogatorio.
“Mi ha insegnato mio padre”
Ma Videl appariva sempre più confusa e
insospettita.
“Se mi dici dove abiti, posso riportarti a casa!”
concluse Gohan.
Videl abbassò lo sguardo e sospirò sconsolata.
Lei non aveva più una casa.
“I cyborg me l’hanno distrutta. Io... io non so
dove andare, ora”
Quello era un problema serio e Gohan non sapeva proprio cosa dirle o
come consolarla.
Ma poi ebbe un’idea.
“Se ti va, puoi stare da me finché non trovi una
sistemazione!”
Videl sgranò gli occhi e inarcò le sopracciglia,
incredula.
Un perfetto sconosciuto la invitata a casa sua.
“Io... io non vorrei dare fastidio alla tua
famiglia...”
Gohan le sorrise.
“Non preoccuparti, siamo solo io e mia madre...”
In fondo, non vi erano altre alternative.
“Ok, ci sto, ma non ti conviene provarci con me!”
ammiccò la ragazza con un sorriso malizioso.
Gohan scosse la testa completamente rosso in volto.
Non sarebbe stato affatto facile convivere con quella strana ragazza.
Note dell'autrice:
A scuola mi hanno selezionato come giudice per un concorso
di poesie, alcune delle quali scritte in inglese. Spero di essere
abbastanza giusta e imparziale, quindi fatemi gli auguri ^.^
Lo so che questa cosa non c'entra niente con la storia, ma ci tenevo
tanto a dirlo XD
Spero che come primo capitolo vi sia piaciuto. Ho dato il meglio di me
e gradirei una recensione, come sempre!
A presto
|
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Capitolo 2 *** Nuove conoscenze ***
IL FUTURO ESISTE ANCHE PER NOI
Nuove
conoscenze
“Dov’è casa tua?”
Gohan indicò una collinetta in lontananza sulla quale si
alternavano alberi, campi coltivati e casupole.
“Andiamo” disse avvicinandosi alla ragazza, pronto
per prenderla in braccio.
Videl indietreggiò di qualche passo, confusa e impaurita.
“C-cosa vuoi fare?”
“Ti porto a casa mia... volando!”
La mora non ricordava molto di quando Gohan l’aveva portata
in salvo, lontano dai cyborg. Tutto ciò che aveva sentito
era stata una strana sensazione di leggerezza, ma al tempo stesso di
timore per il fatto che non avesse la terra sotto i propri piedi e
potesse quindi cadere da un momento all’altro.
Non voleva assolutamente rifare quell’esperienza.
“Ma non ci penso nemmeno!” esclamò
incrociando le braccia al petto.
Gohan fece spallucce, sorpassò la ragazza di qualche metro e
poi spiccò il volo verso casa.
Videl non riusciva proprio a credere che il ragazzo l’avesse
realmente lasciata lì, da sola, fregandosene altamente dei
suoi dubbi e delle sue preoccupazioni. Forse si era sbagliata sul suo
conto, forse non era il ragazzo gentile e premuroso che gli era
sembrato a prima vista. Ma lei aveva bisogno di un posto dove stare e
non poteva assolutamente perdersi quell’occasione.
“Gooooohan!” urlò muovendo le braccia in
aria, cosicché da attirare l’attenzione del
ragazzo “Ed io ora come ci arrivo a casa tua?!”
Gohan si bloccò a mezz’aria, fissò la
ragazza che si sbracciava nervosamente dal basso del prato e sorrise di
cuore. Era certo che quel suo atteggiamento severo e indifferente
avrebbe subito fatto cambiare idea alla sua futura ospite.
“Sei stata tu a dirmi che non volevi essere portata in volo!
Ora ti toccherà seguirmi a piedi!”
Un urlo disumano riecheggiò per tutta la distesa dei monti
Paoz.
”Aaaaaaaaaah! Ma sei impazzito?! Non ce la farò
mai a piedi! E’ troppo lontano!”
Gohan sorrise ancora.
“Quindi vuoi che ti porti io?”
Videl fece cenno di no con la testa.
“Bene, ci vediamo più tardi allora!”
affermò il ragazzo voltandosi e riprendendo a volare.
Videl strabuzzò gli occhi, completamente incredula.
Possibile che quel Gohan fosse tanto crudele da lasciare che un
donzella tenera e innocente percorresse tutta quella strada a piedi?!
Intanto il suo salvatore continuava a volare, mantenendo tuttavia una
velocità piuttosto moderata. Sapeva infatti che, di
lì a poco, Videl avrebbe nettamente cambiato idea.
La ragazza si inginocchiò sul prato, esausta. Le ferite, il
mal di testa e la stanchezza continuavano a indebolirla sempre di
più, sia fisicamente che psicologicamente. Aveva
urgentemente bisogno di medicazioni, un pasto e un letto caldo, ma
soprattutto qualcuno del quale fidarsi e su cui poter contare. Quel
ragazzo, nonostante si stesse dimostrando poco gentile, le ispirava
tanta fiducia e sicurezza: forse era per quella sua espressione
ingenua, forse per quel sorriso appena accennato o per il suo
abbigliamento piuttosto inusuale, forse per quelle braccia muscolose
che l’avevano portata via da morte certa, forse per il fatto
che l’avesse accolta in casa sua senza pensarci due volte.
Ne andava del suo orgoglio, ma doveva ammettere che quel ragazzo aveva
perfettamente ragione sul da farsi. Invece di ringraziarlo, stava solo
perdendo tempo a farsi viaggi mentali senza né capo
né coda. Videl non era più una bambina, ormai
aveva 20 anni e come tale doveva comportarsi.
Si rialzò lentamente da terra e cominciò a
correre nella stessa direzione presa dal suo eroe.
“Ehi Gohan!” urlò tra un passo e
l’altro “Gohan, fermati! Ho cambiato
idea!”
Il saiyan si bloccò nuovamente e scese sul prato, mentre
Videl gli correva incontro con aria dispiaciuta.
“Mi dispiace... avevi ragione...” si
scusò lei, grattandosi timidamente la testa.
“Allora ti porto io?” chiese Gohan con un sorriso.
Videl annuì con la testa, sforzandosi di sorridere a sua
volta. Così Gohan si chinò leggermente su di lei
e la avvolse a sé, cingendole le gambe con un braccio e la
schiena con l’altro.
Pochi secondi dopo, la ragazza si ritrovò nel cielo limpido
e azzurro sovrastante i monti Paoz, tra le braccia di Gohan che volava
verso casa a velocità supersonica. Le sensazioni della prima
volta riaffioravano velocemente nel corpo e nell’animo della
ragazza. Si sentiva strana, leggera, protetta, capace di poter fare
qualsiasi cosa perché tra le braccia di quello strano
ragazzo si sentiva completamente al sicuro.
Cominciò ad aprire lentamente gli occhi e a guardarsi
intorno: non fu affatto una buona idea perché intravide solo
una serie di immagini frammentarie e sfuocate che le facevano girare la
testa e le davano il voltastomaco. No, non era stata una buona idea.
Chiuse subito gli occhi, afferrò un lembo della maglia di
Gohan, si aggrappò saldamente alle spalle del ragazzo e
poggiò la testa contro il suo petto caldo e muscoloso che la
fece subito rassicurare.
Quando Gohan avvertì che la presa della ragazza si faceva
sempre più forte, le rivolse un’occhiata di
sfuggita e fu in quel momento che la vide sorridere con
un’espressione beata in volto.
Il saiyan arrossì lievemente. Per colpa dei cyborg e della
guerra, Gohan non aveva avuto molto tempo per farsi delle amicizie e di
conseguenza non era mai stato così vicino ad una ragazza.
Quella nuova esperienza lo metteva un po’ in imbarazzo, ma al
tempo stesso lo rasserenava e gli faceva credere che non era ancora
tutto perduto.
Pochi minuti dopo, atterrò nei pressi di casa sua e
lasciò a Videl il tempo per riprendersi.
Quando la ragazza avvertì la terra sotto i propri piedi,
aprì istantaneamente gli occhi e gettò un urlo di
gioia, con le braccia in aria.
“Credevi di non arrivare sana e salva?” chiese
Gohan ironicamente.
Videl fece una smorfia. “Non si sa mai...”
Casa Son era un semplice cupoletta bianca circondata da qualche
alberello e isolata dal resto del mondo. Doveva essere bello vivere
lì, pensò Videl che era abituata al traffico
cittadino.
“Resta qui finché non te lo dico io!”
sussurrò Gohan all’orecchio della ragazza,
lasciandola da sola nell’ingresso ed entrando finalmente in
casa.
“Mamma, sono a casa!”
Una signora dall’aria triste e stanca fece il suo ingresso
nella sala da pranzo. Il volto trasfigurato e invecchiato contrastava
con il fisico ancora forte e invidiabile, segno di una vita piena di
drastiche perdite e dolorose sofferenze.
Chichi abbracciò Gohan, notando subito in che condizioni si
era ridotto.
“Tesoro mio... cosa ti è successo?! Sono stati i
cyborg, vero?!”
Il ragazzo abbassò lo sguardo.
“Non è niente... prenderò un fagiolo di
Balzar...”
Nello stesso momento, un’altra figura familiare fece capolino
dalla stanza accanto.
Il piccolo Trunks corse incontro al suo maestro.
“Ciao Gohan!” lo salutò affettuosamente
con un abbraccio. “Ero venuto per chiederti quando dobbiamo
allenarci!”
Gohan se n’era completamente dimenticato.
“Domani pomeriggio, ok?”
Trunks annuì entusiasta
“Ehm... mamma... devo dirti una cosa....”
cominciò Gohan grattandosi la testa, un po’
nervoso “C’è una persona che vorrei
farti conoscere...”
Chichi e Trunks fissavano il saiyan con sguardo interrogativo.
“Videl, entra!”
La donna e il bambino rivolsero lo sguardo verso la porta
d’ingresso e videro farsi avanti una ragazza dai capelli neri
e gli occhi azzurri, con i vestiti un po’ sgualciti e
l’aria imbarazzata.
Gohan la raggiunse e la portò in sala da pranzo.
“S-salve... io sono Videl...” salutò
cortesemente la ragazza.
“I cyborg hanno distrutto la sua casa, così ho
pensato che... beh... che potevamo ospitarla qui, da noi!”
spiegò Gohan, attendendo un’imminente ramanzina da
parte della madre.
Contrariamente a quanto si aspettasse, la donna sospirò
profondamente e sorrise.
Gohan aveva dimenticato quanto sua madre fosse cambiata dal giorno in
cui morì Goku... Aveva lasciato da parte il suo essere
severa e impulsiva per far spazio alla comprensività e alla
speranza che un giorno tutto tornasse come prima.
“Cara, ma guarda come sei ridotta! Quei maledetti androidi la
pagheranno prima o poi... Ci penserà il mio Gohan, vero
tesoro?”
Gohan annuì, sempre più imbarazzato.
“Vieni con me e vedrai che dopo ti sentirai molto
meglio!” aggiunse Chichi uscendo dalla sala da pranzo con
un’entusiasta e soddisfatta Videl.
Gohan tirò un sospirò di sollievo.
“Quella è la tua ragazza?!”
Il saiyan si voltò verso Trunks, che era rimasto per tutto
il tempo in disparte.
“No! E’ solo un’amica...”
rispose, rosso in volto.
“Certo certo... dicono tutti
così...” disse il bambino dai capelli viola
raggiungendo l’ingresso “Non dimenticarti che
domani abbiamo l’allenamento!” e spiccò
il volo verso casa.
Gohan tirò un altro sospiro di sollievo e raggiunse la sua
camera, poi aprì il cassetto e prese un fagiolo di Balzar.
Appena si sentì meglio, si stese sul letto e chiuse gli
occhi: non gli ci volle molto per addormentarsi, dato che non chiudeva
occhio da un paio di giorni.
“Gohan! Gohan!”
Il ragazzo sbuffò e si voltò dall’altro
lato del letto.
“Gooooohan!”
Ma perché non lo lasciavano dormire in santa pace?
“SON GOHAN, SVEGLIATI SUBITO!”
Il saiyan cadde giù dal letto, ritrovandosi ai piedi della
madre che lo fissava con sguardo severo.
“E’ pronta la cena” lo avvertì
lei.
Gohan guardò l’orologio: aveva dormito per tutto
il pomeriggio.
Si alzò subito da terra e scese con Chichi in sala da
pranzo.
Videl era già seduta a tavola. Indossava un vestito bianco
con un paio di pantaloncini neri e i suoi vecchi stivaletti gialli.
Inoltre aveva legato i capelli corvini con due elastici dorati e aveva
sistemato la frangetta dietro le orecchie, facendo risaltare
maggiormente i suoi magnifici occhi azzurri.
“Ho modificato un paio dei miei vestiti su misura per Videl!
Non è bellissima, così?” disse Chichi
soddisfatta del lavoro che aveva fatto.
Gohan annuì con un sorriso, facendo arrossire la ragazza in
questione.
La cena si svolse nel migliore dei modi. Videl e Gohan si conobbero
meglio, scoprendo che avevano la stessa età. Poi venne
l’ora di andare a letto.
“Videl dormirà nella tua camera e tu sul
divano!” annunciò solennemente Chichi al figlio.
Videl le disse che non era necessario e che non voleva recare disturbo
a nessuno, ma Chichi si dimostrò irremovibile.
Gohan portò Videl in camera sua. Non appena furono dentro,
la ragazza appoggiò sul comodino le poche cose che le erano
rimaste e si sedette sul letto.
“Beh... io vado allora... Buonanotte” disse Gohan
uscendo dalla stanza.
“Gohan, aspetta!”
Il ragazzo tornò indietro.
“Tua madre è una donna fantastica!”
“Lo so”
Videl sorrise.
“Non vorrei sembrare invadente... ma... tuo padre non
c’è più, vero?”
Gohan fece cenno di no con la testa.
“Invidio molto la vostra famiglia. Nonostante tutto, siete
rimasti sempre molto uniti... Io invece... io non ho più
nessuno accanto a me...”
Gli occhi di Videl cominciavano ad inumidirsi. Gohan si sedette sul
letto, accanto a lei.
“Ma ora ci siamo noi, qui con te. Potrai restare tutto il
tempo che lo desideri!”
Videl si asciugò le lacrime e accennò un sorriso.
“Oh, quasi dimenticavo... volevo solo dirti grazie per
ciò che stai facendo per me!”
Il saiyan si grattò la testa, un po’ imbarazzato.
“Se hai bisogno, chiama! Buonanotte” disse uscendo
dalla stanza.
“Notte”
E quella notte, dopo tantissimo tempo, Videl si addormentò
senza pensieri per la testa.
Gohan raggiunse la stanza di sua madre.
Si avvicinò al letto matrimoniale, dalla parte in cui
dormiva prima Goku.
“Dormi?”
“No”
Attimi di silenzio.
“Ti piace Videl, vero?” chiese Gohan alla madre.
Chichi si voltò verso il figlio, intravedendo a fatica i
suoi lineamenti e la luce dei suoi occhi.
“E’ una ragazza davvero dolce. Sareste una
bellissima coppia!”
“MAMMA! Ci conosciamo appena...”
“E allora? Tra me e tuo padre è stato amore a
prima vista, lo sai!”
Risero entrambi.
“Davvero, Videl è la figlia che non ho mai avuto.
Non mi dispiacerebbe tenerla per sempre con noi.”
“Nemmeno a me”
“ALLORA TI PIACE!”
Gohan accennò un sorriso, poi si alzò dal letto e
raggiunse la porta.
“Buonanotte mamma, ti voglio bene.”
“Anche io, a domani”
Gohan uscì dalla stanza e scese in soggiorno, dove lo
aspettava una bella dormita sul morbido e confortevole divano di pelle.
Però, considerando che aveva dormito per tutto il
pomeriggio, forse lo aspettava piuttosto una nottata insonne...
Note
dell'autrice:
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio tutti
quelli che già mi seguono ^.^ Se lasciaste una piccola
recensione, sarei ancora più felice!
A presto
|
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Capitolo 3 *** Primi approcci ***
IL FUTURO ESISTE ANCHE PER NOI
Primi approcci
Essere ospiti a casa della famiglia Son non era affatto male.
Era un posto tranquillo, dove si mangiava e si dormiva benissimo, dove
vigevano solo alcune importanti regole come l’equa
distribuzione delle faccende domestiche ai vari componenti della
famiglia oppure il rispetto degli orari legati ad entrate e uscite di
tutti i generi. Ma il momento più bello arrivava la sera,
quando i componenti della famiglia Son si raccontavano a vicenda cosa
avessero fatto durante la giornata e cosa avessero imparato di positivo
e negativo, rievocavano vecchi ricordi - belli o brutti che fossero -
impressi sia nella mente che nel cuore, condividevano la speranza che
un giorno i cyborg sarebbero stati sconfitti e, con loro, sarebbe
scomparsa anche quella dura realtà di morte e distruzione
che durava ormai da anni. E a Videl, quest’atmosfera di pace
e di affetto reciproco non dispiaceva affatto: aveva imparato a
cucinare e a prendersi cura della casa contribuendo al benessere
dell’intera famiglia, aveva compreso cosa fossero realmente
il sacrificio e la collaborazione, aveva imparato ad accontentarsi e ad
amare le piccole cose come la soddisfazione derivata dal duro lavoro
oppure dal ricevere e/o fare un semplice gesto carino per dimostrare il
proprio affetto e la propria gratitudine nei confronti dei Son o della
gente in generale. Erano tutte cose che la ragazza, vivendo nel lusso e
approfittando inconsciamente del lavoro altrui, non aveva mai compreso
fino in fondo... Ora, invece, si rendeva conto di quanto si fosse persa
durante gli anni vissuti allo sfarzoso palazzo di suo padre, il
campione del mondo, uno dei personaggi più ricchi della
società, e di quanto quella nuova esperienza a contatto con
la gente “normale” la stesse facendo crescere e
maturare.
Era passato circa un mese dal giorno in cui Videl e Gohan si erano
incontrati per la prima volta, ma da allora erano cambiate molte cose.
Videl non era più la ragazzina viziata e vivace di un tempo:
era diventata una bella donna, una donna forte e capace di cavarsela da
sola. Ma c’erano alcune cose che la facevano sentire ancora
una bambina, la mettevano in imbarazzo, la facevano agitare, le
mettevano paura ma allo stesso tempo curiosità. Tutte queste
cose era collegate ad un normalissimo
ragazzo dai capelli neri e gli
occhi grandi ed espressivi, il carattere pacifico, l’aspetto
invidiabile e la capacità di fare amicizia con chiunque:
Gohan.
In effetti, dopo la morte di Mr Satan, Videl aveva trascorso un gran
brutto periodo e si era completamente rintanata in se stessa, credendo
che la colpa di tutto fosse esclusivamente sua e che non ci fosse
più niente per cui valesse la pena vivere. Ma poi aveva
incontrato lui, Gohan, il ragazzo dolce e gentile che l’aveva
riportata con i piedi per terra, che l’aveva accolta in casa
sua senza alcuna esitazione, che la trattava come una sorella, che si
preoccupava ogni momento per lei e le donava tutto l’affetto
di cui aveva sempre avuto bisogno.
Eppure, ogni volta che il ragazzo le faceva un complimento o la aiutava
con quel suo sorriso tenero e innocente stampato sul volto, Videl non
poteva far altro che arrossire e sentirsi terribilmente in imbarazzo.
Queste nuove sensazioni la intimorivano, la mettevano a disagio, le
toglievano il fiato, ma contemporaneamente la incoraggiavano a fare
chiarezza tra i propri sentimenti, ad avvicinarsi sempre di
più a Gohan, a scoprire cosa la facesse emozionare solamente
sfiorando una mano del ragazzo o scrutando i suoi occhi perennemente
puntati su di lei. Sicuramente, tutte queste nuove emozioni erano
legate al fatto che non era mai stata così a stretto
contatto con un ragazzo, nonostante avesse già 20 anni. E
questo aspetto della sua vita la infastidiva non poco: provava quasi un
senso di vergogna e di insoddisfazione per il fatto che non avesse mai
provato le stesse esperienze dei suoi coetanei, un po’ a
causa della guerra e un po’ anche per la gelosia del padre.
Cavolo, aveva 20 anni e non aveva mai dato il suo primo bacio!
Non voleva che Gohan scoprisse tutti i suoi dubbi e le sue
preoccupazioni, non voleva che pensasse male di lei o che la ritenesse
“ingenua” sul piano affettivo e sentimentale.
Gohan, d’altronde, era il primo ragazzo del quale si era
fidata ciecamente già dal primo incontro, era
l’unico con cui avesse condiviso lo stesso tetto, ma
soprattutto l’unico che le trasmettesse tutte quelle
sensazioni nuove e misteriose, ma piacevoli e indimenticabili.
La ragazza sussultò appena a contatto con il getto caldo
della doccia, mentre l’acqua e il sapone lavavano via dalla
sua pelle tutta la stanchezza accumulata durante la giornata, ma anche
i dubbi e le preoccupazioni che attanagliavano la sua mente in ogni
momento.
Quando si sentì completamente rigenerata, uscì
dalla doccia e si coprì con un asciugamano che lasciava
scoperte le spalle e arrivava a malapena alle ginocchia, infine
intrecciò i capelli in un asciugamano più
piccolo. Stette ferma davanti allo specchio per qualche minuto, poi
spostò lo sguardo sul mobile bianco vicino alla doccia e
ricordò improvvisamente di non aver preso i vestiti da
indossare dopo. Quello sì, che era un vero problema!
Sospirò, si diede un’occhiata allo specchio, si
avvicinò alla porta e tirò fuori solo la testa.
Nessuno in giro per il corridoio. Nessun rumore. sembrava tutto
tranquillo.
Lentamente, uscì dal bagno e percorse i corridoi in punta di
piedi, sperando con tutto il cuore che nessuno si accorgesse di niente.
Finalmente arrivò di fronte alla propria stanza,
tirò un sospiro di sollievo e mise la mano sulla maniglia.
“Videl?!”
Se avesse avuto il dono dell’invisibilità o
l’abilità del teletrasporto, non ci avrebbe messo
molto a scomparire nel
nulla. Ma purtroppo non era né
un’aliena proveniente da un pianeta sconosciuto,
né una bellissima e fortissima supereroina e nemmeno una
famosa prestigiatrice. Fu costretta a voltarsi lentamente e ad
incontrare l’espressione sconvolta sul viso di Gohan.
“Ehm...” sussurrò appena, arrossendo
visibilmente e cercando di tirare il più possibile
l’asciugamano in modo che le coprisse maggiormente le gambe.
Anche le guance di Gohan si velarono di un leggero strato di imbarazzo.
Non era cosa da tutti i giorni imbattersi in una ragazza mezza nuda, in
giro per la propria casa oltretutto!
“C-cosa ci fai... qui... così?” chiese
grattandosi la testa, estremamente imbarazzato.
“Ho dimenticato di prendermi i vestiti...” ammise
lei mordendosi il labbro inferiore per l’agitazione del
momento “Io vado, eh?” concluse sbattendo la porta
e chiudendosi a chiave nella stanza. Una volta seduta sul letto,
tirò l’ennesimo sospiro di sollievo e chiuse gli
occhi, mentre le sue guance tornavano a imporporarsi involontariamente.
Come dimenticare lo sguardo di Gohan puntato sulle curve del suo corpo
e sui lineamenti del suo volto che aveva scatenato in lei una strana
sensazione di smarrimento e agitazione?
Gohan fissava ancora la porta della stanza, confuso e perplesso.
Non capiva cosa gli stesse succedendo. In 20 anni di vita, non gli era
mai capitato di soffermarsi sui lineamenti di una ragazza e arrossire
come un ragazzino in piena crisi ormonale.
Doveva ammetterlo: Videl era davvero carina. E in
verità,
aveva provato attrazione verso di lei fin dal primo momento in cui
l’aveva incontrata. Gli piaceva tutto di lei: gli occhi
grandi e azzurri, la pelle nivea e delicata, i capelli neri e lucidi,
le curve appena accennate, la postura fiera, il carattere orgoglioso e
testardo, la sua perspicacia e la sua determinazione, la forza di non
arrendersi mai e la volontà di andare avanti, facendo sempre
di più e meglio.
Ma aveva reputato fin da subito quella attrazione come un semplice
sentimento d’affetto e di stima verso di lei. Niente di
più...
Ma ora le cose sembravano complicarsi.
Note dell'autrice:
Il capitolo è più corto del solito... boh, spero
che vi piaccia lo stesso! Sono piacevolmente sorpresa che ben 19
persone abbiano messo la mia storia tra le seguite, 2 nelle preferite e
2 nelle ricordate! Ma sarei ancora più felice se mi
lasciaste una piccola recensione! Grazie ^.^
A presto
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Capitolo 4 *** Giornata tipica a casa Son... o quasi! ***
IL FUTURO ESISTE ANCHE PER NOI
Giornata
tipica a casa Son... o quasi!
La luce del sole filtrò attraverso le tende a
motivi floreali, illuminando l’intera stanza e svegliando
un’ancora assonnata Videl. La ragazza scese di malavoglia dal
letto, indossò un paio di jeans e una t-shirt e scese al
piano di sotto per far colazione.
“Buongiorno, cara! Dormito bene?” la accolse la
signora Son continuando ad apparecchiare la tavola. Videl, dopo intere
settimane vissute in quella casa, si stupiva ancora di quanto mangiasse
Gohan a colazione - ma anche a pranzo e a cena – e si era
spesso chiesta se il ragazzo svolgesse qualche attività
fisica intensiva, dal momento che non ingrassava mai. Anzi, il suo
fisico era così perfetto da sembrare un’imponente
statua marmorea dagli addominali scolpiti e dalla postura fiera, di
quelle esposte nei musei e che non ti è concesso toccare o
fotografare.
Mentre Gohan si ingozzava di biscotti e dolcetti, anche Videl si
sedette a tavola e cominciò a sgranocchiare una fetta di
pane biscottato.
Da qualche giorno cominciava a chiedersi se stesse facendo la cosa
giusta ad approfittare ancora dell’ospitalità dei
Son. Erano passate ormai settimane dal suo arrivo, ma nessuno si era
mai lamentato della sua presenza. In fondo, non dava fastidio a nessuno
dal momento che aiutava Chichi nelle faccende domestiche e si offriva
volontaria per commissioni o altre piccole cose che lei riteneva ormai
indispensabili per una buona convivenza. Ma ogni tanto si chiedeva se
fosse il caso di mettere fine a quella nuova esperienza e provvedere a
trovarsi una nuova sistemazione... Ciò che ancora la
tratteneva era il legame affettivo che aveva instaurato con i membri
della famiglia: mentre Chichi era diventata come una madre per lei,
Gohan era il suo punto di riferimento e il suo migliore amico. Si era
affezionata ad entrambi e l’idea di doverli improvvisamente
lasciare non gli andava particolarmente a genio. Certo, avrebbe potuto
andarli a trovare ogni volta che voleva, ma continuare a conviverci
sarebbe stato ancora meglio. I Son erano diventati la sua famiglia.
E poi c’era la bella e intelligente Bulma, scienziata di fama
internazionale, un’amica di Chichi che veniva spesso a farle
visita e a chiacchierare con lei per evocare vecchi ricordi e portarle
un sorriso. Invece Trunks, il figlio di Bulma, faceva visita a casa Son
per trascinare via Gohan e portarlo chissà dove. Era un
aspetto della vita del ragazzo che Videl non era ancora riuscita a
comprendere... Perché Gohan non aveva un lavoro come tutti i
comuni mortali? Dove andava ogni giorno con Trunks? Perchè
stavano via tanto tempo? Ma la ragazza era certa che prima o poi
avrebbe scoperto la verità.
Più tardi Chichi annunciò ai due ragazzi che
sarebbe uscita per fare compere.
“Ci vado io!” si offrì cortesemente
Videl.
“Non è necessario...” rispose Chichi
“Non sono ancora così vecchia da non poter andare
a fare la spesa!” aggiunse con un sorriso.
“Voi avete fatto tanto per me, questo è il minimo
che io possa fare per voi!” era la risposta che Videl dava
sempre in quel genere di situazione. Chichi e Gohan ormai la
conoscevano benissimo e apprezzavano la sua determinazione e il suo
altruismo.
“Ti accompagno io. Non posso permetterti di andare in giro da
sola con tutto ciò che sta succedendo...” si
intromise Gohan, deciso. Sia Chichi che Videl furono
d’accordo.
I due ragazzi terminarono di fare colazione, si fecero dare la lista
della spesa e uscirono di casa diretti verso il supermercato.
Camminavano per le vie della città, fianco a fianco,
chiacchierando e ridendo di tanto in tanto. Lo scenario che si
prospettava davanti ai loro occhi non era certamente dei migliori:
edifici mezzi distrutti, velivoli ammassati l’uno
sull’altro, gente che si affrettava a tornare a casa.
Confrontato a ciò che i cyborg avevano combinato nelle altre
città, questo non era niente.
“Com’è che non avete un
velivolo?” chiese ad un certo punto Videl.
“Hai dimenticato che so volare?” rispose Gohan, con
un sorriso.
No, Videl non lo aveva dimenticato. E ricordava ancora la terrificante
esperienza che le aveva fatto passare il ragazzo portandola in volo a
casa sua. Da allora, non era più successo niente del genere.
“E tua madre?”
“Non ama viaggiare”
Videl face spallucce. In effetti, non aveva mai visto Chichi uscire di
casa.
Spostò lo sguardo sulle vetrine dei negozi. La ragazza non
aveva mai dato molto peso al suo abbigliamento: le andava bene
qualunque cosa, purché fosse comoda ed elastica.
Però, da qualche giorno, Videl si era ritrovata
più volte a frugare nel suo armadio e a rimpiangere tutti i
vestiti che aveva perso a causa dell’esplosione del suo
palazzo per mano dei cyborg. Le erano rimaste pochissime cose e avrebbe
volentieri voluto rinnovare il suo guardaroba. Ma il fatto era che non
disponeva di soldi e soprattutto si vergognava a doverne chiedere ai
Son, dato che provvedevano già ad ospitarla.
Lo sguardo della ragazza si posò su una vetrina –
una dei pochi negozi rimasti ancora intatti – sulla quale era
esposto un bellissimo vestito di colore blu con giacca e cintura
entrambi bianchi. Ai piedi della vetrina vi era anche un paio di scarpe
intonate con tacco a spillo e cinturino. Videl poggiò le
mani sulla vetrina, per esaminare meglio quel bellissimo capo
d’abbigliamento e si lasciò sfuggire un
“Oh” di stupore. Immaginò se stessa con
indosso quegli abiti, pronta per passare una serata con
l’uomo dei suoi sogni, il principe azzurro che aveva sempre
sognato. Senza saperne bene il motivo, rivolse una veloce occhiata a
Gohan e sorrise appena.
Gohan guardò prima lei e poi il vestito.
“Ti piace, vero? Ti starebbe a pennello”
Videl arrossì lievemente e sorrise a sua volta.
“Perché non lo compri?”
continuò lui.
La ragazza abbassò lo sguardo, con aria dispiaciuta.
“No... non ne ho bisogno... meglio di no...
andiamo!” concluse riprendendo a camminare.
Gohan corrugò la fronte e sospirò. Le donne erano
davvero complicate...
Un quarto d’ora dopo, Gohan e Videl erano già al
supermercato.
Non appena terminarono di fare compere, i due ragazzi tornarono a casa
con le buste della spesa. Chichi li ringraziò e poi li
invitò a sedersi a tavola per il pranzo.
La giornata passò in fretta.
“Io esco!” disse Gohan verso sera prima di varcare
la soglia della porta.
Videl sbuffò. Ma dove andava Gohan a quell’ora?
Con chi usciva? Con una ragazza?
C’era un solo modo per saperlo.
Uscì di casa e prese la direzione del giovane Son, che
fortunatamente quella sera aveva deciso di non volare. Videl lo
seguì per un lungo percorso, senza mai farsi vedere, e
arrivò in una radura dei monti Paoz di cui non conosceva
nemmeno l’esistenza.
Si bloccò di colpo, costretta a nascondersi dietro un
cespuglio, quando vide sbucare dal nulla il bambino dai capelli viola
che spesso faceva visita a casa Son.
“Gohan!” lo salutò con un sorriso
affettuoso “Pronto?”
Il più grande incrociò le braccia al petto e
guardò Trunks fingendo aria di sufficienza.
“Io sono sempre pronto. Tu piuttosto?”
In tutta risposta, il bambino si lanciò a capofitto su Gohan
e cominciò a colpirlo con pugni e calci di
velocità e intensità sempre maggiore.
Videl, ben nascosta tra le foglie, sgranò gli occhi
incredula e cadde in ginocchio per terra.
Come poteva un bambino di soli 10 anni combattere in quel modo, ma
soprattutto tener testa ad un ragazzo di età e mole
doppiamente maggiore rispetto alla sua?
Dopo una prima fase di riscaldamento, i due cominciarono il
combattimento vero e proprio, alternando il corpo a corpo sul suolo con
lo scontro per aria a base di strane
sfere luccicanti create con le mani. Il loro modo di
combattere era molto simile a quello dei cyborg, notò Videl
sempre più curiosa ed entusiasta per la nuova scoperta.
Più volte, durante la prima frase del combattimento, Trunks
si era ritrovato a terra con qualche livido in più rispetto
alla volta precedente, qualche rivolo di sangue lungo la parti scoperte
del corpo e anche un paio di strappi alla tuta azzurra. La cosa
più sensazionale era il fatto che ritrovava sempre la forza
e il coraggio per rialzarsi, mostrandosi ancora più
determinato e soddisfatto di prima.
Videl strizzava gli occhi ad ogni caduta del bambino, temendo che
potesse seriamente farsi male, ma riaprendoli si accorgeva di quanto
quel bambino fosse forte e astuto. Infatti, non era raro che anche
Gohan ricevesse qualche colpo ben assestato e fosse costretto ad
indietreggiare, per riprendere fiato e fare i complimenti al suo
giovane allievo.
All’improvviso si bloccarono entrambi e Videl ebbe come la
sensazione di essere stata scoperta. Con il cuore
all’impazzata, fece qualche passo indietro e cercò
di nascondersi meglio tra i cespugli.
“Bravissimo Trunks! Di questo passo, dovrò
trasformarmi in super saiyan!” ammise Gohan, facendo
sorridere il bambino.
Videl tirò un sospiro di sollievo: non era stata scoperta.
Ma ora nuovi dubbi attanagliavano la sua mente.
Cos’era un saiyan?
E in che modo era collegato a Gohan?
Tutta presa dal combattimento e con questi pensieri per la mente, Videl
non si accorse che si stava facendo buio e cedette involontariamente
alla stanchezza accumulata durante tutta la giornata.
Gohan e Trunks continuarono ad allenarsi per qualche ora, fino a notte
fonda.
“Per oggi credo che possa bastare”
annunciò Gohan.
“Ma io non sono stanco! Devo diventare abbastanza forte per
aiutarti a sconfiggere i cyborg!” si lamentò il
bambino, facendo una smorfia.
“No, per oggi va bene così. Ci rivediamo domani o
dopodomani, ok?” ribadì Gohan, accarezzando i
capelli violacei del suo allievo. “Vuoi che ti accompagni io
a casa?”
“Sono abbastanza grande da poterci tornare da solo”
rispose Trunks spiccando il volo “Buonanotte! E grazie di
tutto!” concluse sparendo tra i monti Paoz.
Gohan rilassò i muscoli tesi e si stropicciò gli
occhi. Era stata una giornata davvero impegnativa.
Nello stesso momento, si accorse di una debole aura poco distante dal
punto in cui lui e Trunks avevano combattuto. Incuriosito, si fece
largo tra i cespugli e strabuzzò gli occhi quando
trovò Videl raggomitolata per terra che dormiva
profondamente.
In un primo momento, si chiese quando fosse arrivata lì e se
avesse spiato il suo combattimento con Trunks. Poi convenne che la cosa
migliore da fare fosse riportarla a casa e chiederle tutto il giorno
successivo. Così la prese in braccio e si diresse in volo
verso casa.
“Videl!”
La ragazza si svegliò di soprassalto, rischiando di cadere
dal letto.
“E’ pronta la colazione” la
informò amorevolmente Chichi, prima di uscire dalla stanza.
La ragazza nascose nuovamente la testa nel cuscino e chiuse gli occhi.
Il suo primo pensiero andò a Gohan e Trunks, il loro
combattimento sui monti Paoz e quella strana parole pronunciata da
Gohan. Saiyan?
Ciò che non ricordava era il modo in cui fosse ritornata a
casa.
Già, casa, la sua casa. La famiglia di Gohan era diventata
la sua casa.
Di sicuro si era addormentata assistendo al combattimento... Ma chi
l’aveva riportata a casa?
Fu allora che sentì un brivido, la sensazione di una carezza
sulla propria pelle e il fiato caldo del suo misterioso – che
poi tanto misterioso non era – salvatore, sulla pelle del
proprio collo scoperto.
Arrossì lievemente. Era sicura che fosse stato Gohan: per
l’ennesima volta l’aveva salvata.
Ciò che le premeva di più, tuttavia, era fare
chiarezza su ciò che aveva visto e sentito la sera
precedente. Avrebbe subito chiesto spiegazioni al ragazzo.
Si alzò dal letto e aprì l’armadio.
Ciò che riuscì a dire trovandovi il vestito e le
scarpe di cui si era innamorata il giorno precedente fu un semplice e
silenzioso “Oh”. Subito, afferrò il
vestito e lo strinse forte a sé.
Decisamente, Gohan sapeva come stupirla.
E le spiegazioni di cui aveva bisogno riguardo all’argomento
“saiyan” avrebbero anche potuto aspettare.
Note dell'autrice:
Beh, che dire di questo capitolo? Spero che vi sia piaciuto
e che abbiate apprezzato quel piccolo scorcio di vita tra Gohan e il
suo fedele allievo ^.^ Ringrazio come sempre tutti coloro che seguono
la storia e recensiscono, siete la mia più grande
soddisfazione! E naturalmente apprezzerei che lasciaste un commentino
anche per questo capitolo!
Colgo l'occasione per dirvi anche che questa storia non sarà
molto lunga, credo una decina di capitoli... Farò comunque
del mio meglio fino alla fine!
A presto!
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Capitolo 5 *** Promessa ***
IL
FUTURO ESISTE ANCHE PER NOI
Promessa
“Grazie, Gohan. Per il vestito e le
scarpe” disse Videl, dando il buongiorno a Gohan con un bacio
sulla guancia. Il giovane saiyan arrossì lievemente,
già consapevole che la sorpresa le avrebbe fatto piacere e
contento di aver portato un sorriso sul volto della ragazza.
“Che ci facevi ieri sera sui Monti Paoz?”
esordì addentando un bignè alla crema.
Videl si irrigidì improvvisamente.
“Ehm... io...” non poteva mentire “Ero
solamente curiosa di sapere dove stavi andando, tutto qui”
Gohan inarcò un sopracciglio e sorrise appena.
“Quindi... non hai notato nulla di strano?”
“Beh...” rispose lei, fissandolo negli occhi
“Ti ho visto combattere con Trunks... E non credevo che fossi
così esperto... ”
Gohan tirò un sospirò di sollievo e si
concentrò sulla colazione, ora più tranquillo.
“Gohan, cos’è un saiyan?”
La domanda arrivò schietta e senza fronzoli, solo poche
parole per permettere a Gohan di soffocare con il bignè
incastrato nella gola. Lentamente, cercò di riprendersi
attraverso qualche sorso d’acqua e qualche colpo al petto.
“Un... saiyan?
Dove l’hai sentito?” ripetè con una
risatina alquanto isterica.
“Durante il combattimento tra te e Trunks”
Gohan si grattò la testa. Nessuna via d’uscita da
quella brutta situazione.
“Beh, un saiyan è... una persona”
Non avrebbe potuto dare risposta più stupida.
“Che genere di persona?” chiese la ragazza, sempre
più curiosa.
“Una persona che...” cominciò Gohan,
roteando gli occhi per tutta la stanza, alla ricerca di qualche
suggerimento. “Una persona....che... che...
è...”
“GOHAN!” la voce di Chichi rimbombò per
tutta la stanza, salvando il giovane saiyan da un brutto guaio e
deludendo la speranzosa e curiosa Videl.
La ragazza fece una smorfia e continuò a far colazione,
mentre Gohan saltellava tutto allegro verso la madre. Ma prima o poi
avrebbe scoperto tutto sui saiyan, Videl ne era certa.
La tv non faceva altro che informare la gente sui danni provocati dai
cyborg distruttori e avvisarla di rimanere in casa, per non correre il
rischio di imbattersi in quelle due spietate macchine da guerra. Ma una
volta che c-17 e c-18 arrivavano in città, nascondersi era
del tutto inutile.
Videl osservava sconvolta le immagini e i filmati trasmessi tv: uno
spettacolo orribile che aveva come protagonisti i due androidi senza
cuore e la loro mania di distruzione, intere città rase al
suolo e vite di persone innocenti crudelmente stroncate.
Si riteneva fortunata a vivere sui monti Paoz, lontana dalla
caoticità e dalla confusione delle città in
subbuglio per la costante presenza dei cyborg. C-17 e c-18
l’avrebbero potuta raggiungere in qualsiasi momento, ma si
sentiva stranamente sicura e protetta a casa Son: un po’
perché l’abitazione era situata in un posto quasi
“sperduto” rispetto alla città, un
po’ perché viveva sotto lo stesso tetto di un
esperto di arti marziali, Videl non si era mai sentita preoccupata o
angosciata pensando ad una probabile visita da parte degli androidi.
Era stata davvero fortunata ad aver incontrato Gohan, quel fatidico
giorno. Ricordava bene il terrore provato alla vista dei due androidi,
lo sgomento nell’attimo in cui si era accorta di essere in
trappola, la rassegnazione di andare incontro a morte certa ed infine
quella sensazione di gioia e liberazione nel momento in cui Gohan
l’aveva tolta dalle grinfie dei due cyborg.
In realtà, ancora non riusciva a capacitarsi del fatto che
Gohan provasse di tanto in tanto a battersi con i nemici. Ogni giorno
usciva di casa per allenarsi e diventare sempre più forte,
in modo che un giorno sarebbe stato in grado di sconfiggere gli
androidi e riportare la pace sulla Terra. Sembrava un sogno stupido, un
sogno irrealizzabile e insensato, ma Gohan ci credeva fermamente e
Videl lo stimava molto per questa sua audacia e determinazione.
D’altronde, aveva tutte le capacità per
contrastare c-17 e c-18 e Videl era quasi sicura che queste sue
potenzialità fossero collegate alla parola saiyan, di cui
non aveva ancora scoperto il significato a causa delle continue assenze
di Gohan. Sembrava che la facesse apposta, che volesse sfuggire dalla fatidica discussione.
“Chichi, cos’è un saiyan?”
Videl aveva spento la tv ed ora fissava insistentemente la figura della
donna che gironzolava per la cucina con l’intenzione i
cucinare una sana cena per la sua famiglia.
Nel momento in cui Chichi captò la parola saiyan le venne in
mente Goku e tutto ciò che avevano passato insieme,
avventure e disavventure che erano sempre terminate nel migliore dei
modi. Tutte tranne una: l’ultima. E la cosa peggiore era
ricordare che suo marito non era stato ucciso da nessun orribile nemico
con manie di grandezza o capacità innate, ma dal nemico
peggiore degli essere umani, il più temibile e oscuro: la
malattia.
Il piatto che Chichi stava accuratamente asciugando tra le sua mani,
venne improvvisamente lasciato cadere e infrangersi contro il pavimento
freddo e immacolato della stanza, provocando un fastidioso rumore
cristallizzato e un assordante silenzio rotto solo dal ticchettio delle
lancette sull’orologio appeso al muro.
La donna si voltò verso Videl, l’espressione
sconvolta e lo sguardo perso.
“Un saiyan?” ripetè, ingoiando a vuoto.
Videl annuì, nonostante lo stupore provocato dalla reazione
della madre di Gohan alla sua domanda.
“Io...” sussurrò impercettibilmente
Chichi “Io non lo so. Dovresti chiedere a Gohan”
Videl, rimasta fin ad allora con il fiato sospeso, annuì
rassegnata e decise di uscire di casa. Il tempo di schiarirsi le idee e
poi sarebbe tornata immediatamente a casa per l’ora di cena.
Camminava a testa bassa, lentamente, con le mani unite dietro la
schiena.
Non aveva mai visto Chichi reagire in quel modo. Anzi, solo una volta
le era parsa così triste e pensierosa: il giorno in cui le
aveva raccontato chi e dove fosse suo marito.
Videl aveva capito all’istante che Chichi sapeva cosa fosse
un saiyan, altrimenti non avrebbe reagito in quel modo. Forse suo
marito e i saiyan erano collegati in qualche modo?
La ragazza alzò lo sguardo, guardandosi intorno. Aveva
percorso un bel po’ di strada senza nemmeno rendersene conto,
infatti cominciava a sentirsi stanca ed assonnata. L’unica
sua consolazione era il tramonto che tingeva il cielo di sfumature
rosa-arancio, preannunciando l’arrivo di una calda notte
estiva. Rimase a contemplare il cielo per qualche minuto,
finché si rese conto che era ora di tornare a casa e
cominciò a percorrere a ritroso la direzione che aveva preso
per arrivare fin lì. Ma, stranamente, man mano che
proseguiva il percorso, la debolezza e la stanchezza diventavano sempre
meno sopportabili.
Pochi attimi dopo, le si annebbiò la vista, le gambe
cedettero, la fronte bagnata venne a contatto con il morbido prato sul
quale stava camminando e infine il buio più assoluto.
“Che ce ne facciamo di lei?”
“Giochiamoci un po’, potrebbe essere
divertente”
Due ragazzi dall’aspetto angelico, ma dallo sguardo freddo e
impenetrabile se ne stavano fermi al centro della strada con le braccia
conserte e l’aria di chi la sa lunga.
“Ehi ragazzina!” urlò la bionda, tirando
un calcio alla ragazza stesa ai suoi piedi.
Videl si portò una mano al fianco, lì dove era
stata colpita, e strizzò gli occhi per il dolore. Infine li
aprì e cercò di focalizzare le immagini che aveva
davanti.
Non appena si accorse della presenza dei due cyborg, una terribile
sensazione di panico e smarrimento si impossessò di tutto il
suo corpo e la ragazza urlò con tutto il fiato che aveva in
gola, nel vano tentativo che qualcuno la aiutasse. Ma nel momento in
cui provò a indietreggiare, il cyborg dai capelli neri la
prese per il colletto della maglia e la sollevò da terra,
lasciandola sospesa a mezz’aria.
“Urla di nuovo così e ti finirò
all’istante” la avvertì c-17, con
sguardo apparentemente amichevole. Era un dato di fatto che i due
androidi avessero un aspetto maledettamente attraente e angelico, in
contrasto con il loro cuore privo di pietà e la loro indole
feroce e crudele.
“Mi chiedo cosa ci faccia una ragazzina come te, qui tutta
soletta...” esordì c-18 cominciando a gironzolare
intorno al fratello e a Videl.
La ragazza inghiottì a vuoto, i muscoli del viso tesi e la
fronte imperlata di sudore.
Fu in quel momento che tutte le sue certezze crollarono.
Era davvero sola. Nessun ragazzo dai capelli neri nei dintorni.
“Non è quella che ci è sfuggita
l’ultima volta che abbiamo combattuto con Gohan?”
chiese c-17 alla sorella, osservando meglio la ragazza in questione.
Videl sussultò non appena sentì il nome del suo
salvatore.
Ma lui ora non c’era. Non era lì, pronto a
salvarla.
Era sola. Dannatamente sola e impotente.
Debole.
Ecco come si sentiva. Se fosse stata forte, se la sarebbe cavata da
sola e avrebbe potuto fuggire da quella terribile situazione. Se fosse
stata forte, ce l’avrebbe fatta senza l’aiuto di
nessuno. E Gohan sarebbe stato fiero di lei.
Invece no, lei era sempre stata la donzella in pericolo a partire
dall’arrivo dei cyborg. Credeva che ciò che avesse
imparato da suo padre riguardo al combattimento, sarebbe stato
sufficiente a sconfiggere i cyborg. Ma loro non erano comuni esseri
umani e lei, in confronto, non era nessuno. Debole, continuava
a ripeterselo mentalmente Sei
debole.
“Non ci sfuggirai questa volta, bambolina”
ribatté il cyborg moro, con uno strano bagliore negli occhi
ardenti.
“Dai, fratellino, falla finita. Abbiamo da fare, noi”
aggiunse la bionda, sorridendo.
Il cyborg ricambiò il sorriso e ritornò a fissare
Videl, pallida e smorta.
Era davvero giunto il suo momento?
Chissà cosa stavano facendo Gohan, Chichi, Trunks e Bulma.
Chissà se stavano pensando a lei, se erano preoccupati...
“Addio” pronunciò c-17, solenne.
Un colpo secco, un dolore stranamente impercettibile e poi il nulla
davanti agli occhi della ragazza.
Videl gettò un urlo disumano che riecheggiò per
le pareti della stanza, prima ancora di aprire gli occhi e capire
realmente cosa stesse succedendo. Gohan si affrettò a
tamponarle la fronte accaldata con un panno bagnato e a stringerle
forte la mano.
“Videl, svegliati!”
La ragazza continuò a dimenarsi e a strillare per qualche
secondo, poi si svegliò di soprassalto mettendosi
immediatamente a sedere. Aveva mal di testa, caldo, gli occhi prossimi
alle lacrime e una tale debolezza
da costringerla a rimettersi distesa.
Gohan era seduto accanto a lei e le sorrideva.
“Era solo un incubo, tranquilla”
Videl si sentì rincuorata dalle parole di Gohan e chiuse gli
occhi.
Un incubo?
Aveva solamente sognato
la sua morte?
Era stato tutto frutto della sua immaginazione?
Fece una smorfia di disappunto e aprì nuovamente gli occhi.
“Cosa è successo? Ricordo di essere uscita prima
di cena e poi...”
“Poi sei svenuta perché avevi la febbre”
continuò Gohan, serio.
Videl annuì debolmente.
Eppure, nel suo sogno, le immagini erano così vivide!
Così reali!
“Gohan...” cominciò lei, la voce rotta
dal pianto “Tu devi
insegnarmi a combattere. Non quelle quattro mosse che ho imparato da
mio padre, intendo il combattimento quello vero.”
Gohan rimase spiazzato. Non si aspettava una richiesta del genere al
suo risveglio.
“Hai la febbre alta. Stai delirando”
affermò il giovane saiyan, toccandole la fronte.
“NO!” si impuntò lei, sbattendo i pugni
sulle gambe “Ti prego, Gohan, devo diventare forte. Non ci sarai
sempre tu a proteggermi.”
“E’ per via del sogno che hai fatto,
vero?”
Videl abbassò lo sguardo.
“Non posso fare sempre affidamento su di te. Voglio imparare
a cavarmela da sola.”
Gohan sorrise lievemente. Poi la abbracciò e la ragazza si
lasciò cullare dalle braccia forti del saiyan, che le
donavano pace e sicurezza, cancellando ogni lacrima dalle sue guance.
“Io ci sarò sempre per te, Videl. Non devi
preoccuparti di nulla”
Videl sorrise, rincuorata. Ma i suoi dubbi persistevano.
“Allora voglio diventare forte per aiutarti. Così
potremo sconfiggere i cyborg insieme.”
I suoi occhi brillavano. Sembrava molto sicura di sé.
“E’ pericoloso”
Videl inarcò un sopracciglio e strinse i pugni.
“TU MI ALLENERAI” urlò mettendosi in
piedi sul materasso e slegando i capelli “OK?!”
Gohan annuì, sorpreso. Quella ragazza era imprevedibile.
“Me lo prometti, Gohan?”
“Le lo prometto”
Raggiunto il suo obiettivo, Videl si lasciò andare e perse
l’equilibrio cadendo da un lato del letto. Velocemente, Gohan
la afferrò e la posò delicatamente sul letto.
Infine le baciò la fronte e uscì dalla stanza.
Aveva bisogno di riposare prima di iniziare il suo allenamento, no?
Note dell'autrice:
Eccomi, sono tornata! Scusate il lieve ritardo ^.^ Spero che il
capitolo vi sia piaciuto, mi sono rifatta alla storia di Videl e Gohan
nell'universo di Dragon Ball che conosciamo tutti...
Ringrazio chi segue la storia e chi recensirà questo
capitolo!
A presto
Soly Dea
|
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Capitolo 6 *** Allenamenti... più o meno! ***
IL
FUTURO ESISTE ANCHE PER NOI
Allenamenti... più o meno!
“Gohan...”
Qualcuno lo stava chiamando.
“Gohan...”
Un suono ovattato, come se provenisse da lontano o fosse solo un
vecchio ricordo riaffiorato alla mente. Ma chi lo chiamava? Cosa voleva
da lui?
“Gohan...”
Ancora quella voce.
“Se non ti svegli subito, ti mando giù dal letto a
calci nel didietro!”
Gohan si stropicciò gli occhi e si stiracchiò a
dovere, per poi mettersi a sedere e guardarsi intorno con aria
stralunata.
“Buongiorno dormiglione!” disse Videl sfoderando un
bellissimo sorriso.
Era seduta a cavalcioni su di lui, i capelli sciolti e gli occhi
luccicanti.
Troppo vicina,
pensò Gohan arrossendo.
“Ma che ore sono...?” si lamentò il
saiyan sbadigliando. Afferrò distrattamente la sveglia sul
comodino e se la portò all’altezza del viso.
“Le 5.00” sussurrò rimettendo a posto la
sveglia. Rimase fermo e in silenzio per qualche secondo, poi
spalancò gli occhi e la bocca.
“SONO SOLO LE 5.00 ?!” urlò fissando
Videl con sguardo incredulo. “Perché mi hai
svegliato così presto?!”
La ragazza indietreggiò istintivamente, scendendo dal letto.
“Dobbiamo allenarci. Te ne sei forse dimenticato?”
Gohan sorrise lievemente. “No, ma non ti sembra un
po’ troppo presto? Il sole non è nemmeno
sorto!”
“Prima inizieremo, prima finiremo!” concluse Videl
uscendo dalla stanza, senza ammettere repliche. “Sbrigati, o
faremo tardi!”
Gohan si diede una manata in faccia e sospirò.
Mezz’ora dopo, i due erano nell’ingresso e stavano
per andarsene.
Gohan scrisse velocemente un biglietto e lo lasciò sul
tavolo. Poi uscì di casa, seguito da un’impaziente
ed entusiasta Videl che non fece altro che parlare e farsi film mentali
riguardo gli allenamenti per tutta la durata del tragitto. Finalmente
arrivarono in una radura dei monti Paoz, una simile a quella in cui si
era svolto il combattimento tra Gohan e Trunks.
“Da dove cominciamo?” chiese la ragazza, legandosi
i capelli in una coda alta.
Gohan si grattò la testa, un po’ imbarazzato. Non
sapeva proprio cosa inventarsi! Videl era un’umana e non
poteva di certo sopportare lo sforzo di un allenamento per saiyan.
“Iniziamo con un po’ di stretching!”
esordì Gohan.
Videl sorrise e imitò gli esercizi fisici che faceva il
ragazzo.
Mezz’ora dopo, lei era già stanca mentre Gohan era
fresco come una rosa.
“Se vuoi che io ti insegni a combattere, devi arrampicarti su
quell’albero! Fino alla cima”
Videl squadrò la quercia che si ergeva poco distante dalla
loro radura e ingoiò a vuoto. Lentamente si
avvicinò all’albero, posizionò il piede
in un’incavatura del tronco e si diede la spinta necessaria
per proseguire. All’inizio non sembrava difficile, ma quando
arrivò ai rami cambiò improvvisamente opinione.
Tuttavia, non si diede per vinta e non lasciò che il timore
di cadere o le ferite provocate dai rami potessero distrarla dal suo
obiettivo.
Dopo qualche caduta, finalmente era in cima.
Gohan credeva che non ci sarebbe mai riuscita, invece dovette
ricrederci. Nonostante fosse una semplice umana, Videl non era poi
così male sotto quell’aspetto!
“O-ora come scendo, G-Gohan?” urlò la
ragazza dall’alto, sbracciandosi per attirare
l’attenzione del suo maestro. Gohan la raggiunse fino in cima
all’albero, la prese in braccio e la riportò per
terra.
“Sposta quella roccia!” disse il saiyan, indicando
un enorme masso poco distante dall’albero.
“Ma è enorme! Non ce la farò
mai!” esclamò lei, la bocca contratta in una
smorfia e gli occhi lucidi.
“Quindi non ti insegnerò un bel niente!”
No, questo non doveva dirlo. Con passo deciso, Videl raggiunse
l’enorme masso e vi posò le mani sopra, spingendo
con tutta la forza che aveva. Ma il masso non si mosse di un centimetro.
Sbuffò irritata e incrociò le braccia al petto,
riducendo gli occhi a due fessure come se si stesse concentrando
attentamente. Infine, spalancò gli occhi ed urlò
un “Si, ho trovato!”
Sotto lo sguardo attonito di Gohan, Videl si addentrò nel
bosco e poi tornò stringendo tra le braccia un grosso pezzo
di legno. Lo incastrò tra il masso e il suolo, in modo
obliquo e poi posizionò alcune pietre
sull’estremità del legno che era rimasta scoperta.
A quel contatto, il masso che Videl avrebbe dovuto spostare si
alzò di poco da terra e rotolò giù per
il travicello, atterrando ai piedi di un esterrefatto Gohan.
Quella ragazza non era forte, ma senza dubbio era determinata,
coraggiosa e intelligente.
“Mmm... ora fai cinque giri intorno alla radura! Correndo”
ordinò il saiyan, con un ghigno dipinto sul volto che
proprio non era da lui. Sperava che, in qualche modo, avrebbe convinto
la ragazza a lasciar perdere gli allenamenti.
A malincuore, Videl cominciò a correre con tutta la forza
che aveva nelle gambe e in breve percorse il primo giro. Al terzo giro,
aveva notevolmente ridotto la velocità: le facevano male le
gambe e aveva un fiatone da paura.
“Se ti sei stancata, puoi anche fermarti!” la
esortò Gohan con un sorriso.
“MAI!” urlò lei, respirando
più profondamente e cercando di aumentare la
velocità. Ormai aveva preso la sua decisione: avrebbe fatto
qualsiasi cosa per imparare a combattere sul serio.
Alla fine del quinto giro, si gettò esausta per terra
lasciando che i raggi del sole e i fili d’erba le
solleticassero piacevolmente il viso. Gohan le si avvicinò e
si sedette accanto a lei. Era fradicia di sudore e non aveva nemmeno la
forza di respirare. Si sentì quasi in colpa nel vederla in
quello stato... Forse aveva esagerato.
“Come ti senti?” le chiese, preoccupato.
“Mai... stata... meglio...” balbettò
lei, chiudendo gli occhi e inspirando una boccata d’aria
fresca. Si mise a sedere e si portò una mano alla testa.
“Quand’è che iniziamo ad allenarci
davvero?”
Gohan si irrigidì improvvisamente.
“Perché ti ostini con questa storia?! E’
pericoloso combattere. Tu non sai a cosa vai incontro!” le
urlò, battendo un pugno per terra. Videl giurò di
aver intravisto un velo di preoccupazione in quei grandi occhi neri.
“Ma non ci sarai sempre tu a proteggermi! Devo imparare a
cavarmela da sola, Gohan. Ho bisogno che tu mi insegni tutto
ciò che sai. Voglio aiutarti con i cyborg, anche io voglio
contribuire a salvare quante più possibili vite e magari un
giorno a sconfiggere quei due mostri!”
Gohan la fissava con aria confusa, interdetta.
“Tu non hai la più pallida idea di ciò
che siano davvero quei due androidi. Hanno un potenziale immenso
perché non sono essere umani, Videl! Non conoscono il
significato della parole pietà e si divertono a giocare con
la vita delle persone. Se non sono riuscito a batterli io, di certo tu
non potrai fare meglio”
Videl incrociò le braccia al petto e sbuffò.
“Mi stai dando forse dell’incapace, Son
Gohan?!”
“No no no!” rispose lui, agitando freneticamente le
mani in segno di scuse “Intendevo solo dire che voi comuni esseri umani
non potete fare niente contr...” si bloccò
improvvisamente, realizzando cosa avesse appena detto.
Videl si sporse in avanti, poggiando le mani sull’erba e
fissando Gohan con aria perplessa.
“Mi stai dicendo che non fai parte del genere
umano?!” chiese lei, le labbra curvate in un sorriso.
Gohan scoppiò a ridere, cercando di alleviare la tensione.
“Ehm-ehm...” si schiarì la voce
“Stavo scherzando! Ma questo non cambia le cose. Ti prego,
dimentica questa storia degli allenamenti. Ti faresti solo del male! E
non sopporterei l’idea di doverti perdere, nel caso in cui ti
dovessi scontrare con i cyborg...”
La ragazza arrossì vistosamente e abbassò lo
sguardo. Ora si sentiva in imbarazzo per le parole che le aveva rivolto
l’amico. Allora era davvero importante per lui!
“A-anche io” disse, visibilmente imbarazzata.
“Anche tu cosa?!” ripetè lui, perplesso.
“Non sopporterei di perderti! Ed è proprio per
questo che voglio imparare a combattere! Per starti sempre vicina e
poterti dare una mano con i cyborg, in futuro magari...”
Lo sguardo di Gohan si addolcì.
“Come vuoi” concluse, mettendosi in piedi
“Ma non sarà facile, fidati!”
Videl scattò in piedi e gettò le braccia al collo
di lui, abbracciandolo. Gohan non rispose subito a quel contatto, poi
si sciolse non appena incontrò lo sguardo speranzoso della
ragazza e così la strinse forte a sé, passandole
un braccio intorno alla vita. Videl si sentiva protetta tra quella
braccia forti e muscolose, si sentiva al sicuro da ogni pericolo o
semplice turbamento. Era una bella sensazione, mai provata prima.
Alzò di poco la testa dal petto di Gohan e
incatenò il proprio sguardo a quello di lui, che
inarcò le sopracciglia e arrossì lievemente.
Videl si sollevò sulle punte dei piedi, con il tentativo di
arrivare all’altezza del viso di Gohan. Per fortuna, il
ragazzo le rese l’impresa meno difficile e si
abbassò per arrivare al viso di lei.
“Grazie” sussurrò la ragazza
all’orecchio del saiyan, per poi sfiorare delicatamente le
sue labbra e regalargli il suo primo vero bacio. Breve, semplice, privo
di qualunque malizia. Un bacio dolce e delicato, un segno tangibile che
tra loro c’era più di una semplice amicizia.
Pochi secondi dopo, si staccarono l’uno dall’altro
e si fissarono a vicenda senza proferire parola. Cavolo, era il primo
bacio per entrambi!
“Vogliamo allenarci?!” fu Gohan a rompere il
ghiaccio, decidendo di cambiare discorso.
“S-si” rispose semplicemente lei, nascondendo lo
sguardo imbarazzato dietro la frangetta corvina. Forse Gohan non era
ancora pronto per oltrepassare il limite della semplice amicizia,
pensò Videl un po’ delusa.
Gohan propose di intraprendere un piccolo combattimento corpo a corpo,
per vedere a che punto fosse la ragazza con le arti marziali. In
effetti, si rivelò più forte di quanto si
aspettasse. E nonostante le cadute, le ferite e la stanchezza, aveva
sempre la forza per rialzarsi e la determinazione per fare sempre
meglio. Videl era speciale,
pensò Gohan incassando un poderoso calcio da parte della
mora.
Durante il combattimento, non mancarono di certo occhiate furtive e
messi sorrisi. L’immagine del bacio che si erano dati prima
di iniziare ad allenarsi rimaneva ancora vivida nelle loro menti, non
li lasciava in pace e provocava imbarazzo in entrambi i due combattenti
ogni volta che si ritrovavano particolarmente vicini.
“Stanca?” chiese Gohan, fermandosi.
“... N-no” rispose asciugandosi un rivolo di sangue
con il palmo della mano. Non gliel’avrebbe data vinta
così facilmente. Però era davvero strano che
Gohan stesse benissimo e non si fosse procurato nemmeno un livido.
“Bene, voglio insegnarti come fare un ki blast!”
Videl lo fissò scettica.
“Un ki-cosa?!” esclamò corrugando la
fronte.
“Un ki blast. Una sfera d’energia creata con le
mani!” spiegò il saiyan come se fosse la cosa
più naturale del mondo “E’ molto utile
nel combattimento a distanza”
Videl era sempre più confusa. Non capiva in che modo due
persone potessero combattere lontane l’una
dall’altra. Il tipo di combattimento utilizzato da Gohan e
dai cyborg rimaneva ancora un mistero
per lei. E non aveva nemmeno dimenticato l’argomento saiyan.
Si sedettero per terra, l’uno di fronte all’altro.
Gohan avvicinò i palmi delle mani e si concentrò
fino a generare una piccola sfera luminosa.
Videl fissava stralunata le mani del ragazzo.
“Dev’essere per forza un trucco! Non può
essere vero...”
Gohan sorrise e lentamente spense il ki blast.
“No, è reale. Lo puoi fare anche tu!”
Videl sorrise, con gli occhi colmi di speranza. “Davvero? E
come?”
“Devi semplicemente
accumulare tutta la tua forza nelle mani”
La ragazza imitò i movimenti di Gohan e cercò di
seguire ciò che le aveva spiegato.
Ma al terzo tentativo, fallito, si era già persa
d’animo.
“Ancora una volta, riprovaci!” la incitava Gohan,
convinto.
E Videl non poteva far altro che lasciarsi guidare da quel sorriso
tanto dolce e quegli occhi così profondi che riuscivano
sempre ad inebriarla e a farla sentire protetta.
Finalmente, dopo svariati tentativi, riuscì a creare un
piccolo ki blast e a lanciarlo contro una roccia, frantumandone la
parte superficiale. Era ancora scettica a riguardo, ma comunque
soddisfatta dei risultati ottenuti. Gohan era fiero di lei.
“Per oggi abbiamo finito!” concluse, sgranchendosi
le gambe.
“Di già?! Ma io voglio imparare a
volare!” esclamò Videl, delusa.
Gohan scoppiò a ridere.
“Ma non avevi detto di aver paura?!”
Videl fece una smorfia. “Mmm... si, è
così. Ma ho capito che è fondamentale saper
volare in combattimento!”
Gohan annuì con la testa. “Oggi imparerai le basi,
migliorerai in seguito. Volare non è facile come creare un
ki blast...”
Quest’ultimo era stato già più
difficile del previsto, quindi imparare a volteggiare per aria sarebbe
stata una vera e propria impresa.
“Fammi indovinare: devo far scorrere tutta la mia forza verso
i piedi!” esclamò la ragazza, saltellando sul
posto.
Gohan sorrise. Videl era più perspicace di quanto
immaginasse.
“Come l’ha capito?!”
La mora si spostò un ciuffo dietro l’orecchio.
“Mah... semplice intuito!”
Sotto lo sguardo attento del suo maestro, Videl strinse i pugni lungo i
fianchi e chiuse gli occhi, nel tentativo di far affiorare tutta la sua
potenza verso le piante dei piedi. Fu più difficile del
previsto, ma alla fine la ragazza riuscì a sollevarsi di
pochi centimetri da terra e a rimanere sospesa in aria per qualche
minuto. Alla fine, perse la concentrazione e chiuse gli occhi,
lasciandosi andare per terra.
Ma Gohan fu più veloce e la afferrò subito al
volo.
“H-hai visto? C-ci sono riuscita alla fine!”
sussurrò Videl, accorgendosi di essere nuovamente tra le
braccia di Gohan.
“Si, sei stata fantastica! Ora hai bisogno di
riposare...” e così dicendo spiccò il
volo e tornò a casa.
Quando Chichi sentì che il figlio era tornato, raggiunse
subito l’ingresso per chiedere spiegazioni riguardo al
biglietto che aveva trovato sul tavolo quella mattina.
Io e Videl siamo andati ad
allenarci.
Ti spiego tutto questa
sera.
Ciao, ti voglio bene
Gohan
Ma quando vide che il figlio teneva in braccio Videl, esausta e piena
di ferite, capì che sicuramente la ragazza lo aveva
costretto a dargli qualche lezione di combattimento. Sorrise pensando
che tra lei e Gohan ci fosse qualcosa di più della semplice
amicizia. Ed era un bene, considerato ciò che stava
succedendo lì fuori. Gohan meritava proprio di trovare una
persona in grado di amarlo e di farsi amare. Forse Videl avrebbe
alleviato il dolore che il ragazzo aveva dovuto sopportare durante la
sua infanzia. Forse gli avrebbe restituito la felicità di un
tempo.
Note dell'autrice:
Salve gente! Piaciuto il capitolo? A me si <3 ahahaha
Ringrazio infintamente coloro che seguono e soprattutto coloro che
recensiscono questa storia. Sapete che le
recensioni non possono far altro che piacere all'autore ^.^ E lasciate
un commento anche qui, eh? XD
Grazie ancora. A presto!
|
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Capitolo 7 *** Festa alla Capsule Corporation ***
IL FUTURO ESISTE ANCHE PER NOI
Festa alla Capsule Corporation
Erano passate alcune settimane da quando Gohan e Videl si erano
allenati per la prima volta insieme, ma nessuno dei due aveva
dimenticato quel bacio che si erano inaspettatamente scambiati prima di
cominciare il vero e proprio addestramento. Entrambi avevano capito di
essere legati da un sentimento che andava oltre la semplice amicizia,
ma non riuscivano a dichiararsi a causa della loro inesperienza nel
campo sentimentale.
Quella mattina, come sempre, si stavano allenando sui monti Paoz.
“Mi dici... come fai... a non... stancarti?” chiese
Videl, ansimante a causa degli estenuanti esercizi a cui veniva
sottoposta da Gohan.
“Perché mi alleno da quando ero piccolo, eh
eh!” inventò il ragazzo, preoccupato per la sua
vera identità. Cosa sarebbe successo se Videl avesse
scoperto che non era un comune umano? Si sarebbe impaurita o avrebbe
accettato di buon grado la situazione dopo lo stupore iniziale? Gohan
ci pensava spesso, immaginando una possibile reazione da parte della
ragazza con le varie conseguenze, ed era più che convinto a
voler tenere ancora celato il suo segreto.
“Sai, dovresti tagliarti i capelli” le disse
prendendo in mano una ciocca dei suoi capelli corvini e sistemandola
dietro l’orecchio di lei. Videl sussultò
lievemente quando Gohan le sfiorò la guancia, attento e
delicato, e fece di tutto pur di non arrossire, ovviamente invano.
“Perché?” chiese timidamente,
cominciando a giocherellare con un altro ciuffo “Mi
preferisci con i capelli corti?”
Gohan ridacchiò tra sé e sé.
“In realtà penso che staresti solo più
comoda durante gli allenamenti.”
Videl, fino ad allora rimasta con il fiato sospeso, inarcò
le sopracciglia e sospirò delusa.
Gohan notò il lieve cambiamento e le si avvicinò
un po’.
“Ho detto qualcosa che non va?” le chiese,
dolcemente.
Videl si sforzò di sorridere. “No no, va tutto
bene! Ora torniamo a casa, dai... Ormai è ora di pranzo,
Chichi sarà in pensiero...”
Gohan annuì e i due spiccarono il volo diretti verso casa.
Videl aveva infatti imparato a volare prima del previsto e questo la
faceva apparire ancora più speciale agli occhi
di Gohan, che non riusciva a credere che una semplice umana potesse
spingersi così oltre. Videl era Videl.
“Oh finalmente! Dove vi eravate cacciati?!”
esclamò Chichi accogliendo i due ragazzi e facendoli
accomodare a tavola.
“Dai mamma, non mettere in imbarazzo Videl... Siamo andati ad
allenarci!” spiegò Gohan, cominciando a
sgranocchiare una fetta di pane.
Chichi ridusse gli occhi a due fessure e incrociò le braccia
al petto. “Certo certo... ad allenarvi, eh?”
sussurrò in maniera così impercettibile che i due
ragazzi non riuscirono a sentirla.
Il pranzo si svolse, come sempre, in maniera molto tranquilla. Chichi
non potè fare a meno di notare l’entusiasmo e
l’eccitazione negli occhi di Videl quando parlava degli
allenamenti e del fatto che avesse imparato a volare, ma soprattutto si
accorse del bagliore nel suo sguardo quando si rivolgeva a Gohan.
Capì che suo figlio e quella ragazza era legati da un legame
unico e speciale, proprio come quello che c’era stato tra lei
e il suo Goku. Ripensando al marito e ai loro primi tempi insieme, la
donna versò silenziosamente una piccola lacrima e
sperò con tutto il cuore che Videl e Gohan avrebbero avuto
un
futuro migliore rispetto a quello che invece era stato negato a lei e
Goku.
“Bulma sta organizzando una festa per il compleanno di
Trunks” annunciò Gohan, senza distogliere
l’attenzione dalle ultime pietanze rimaste.
“Si, mi aveva accennato qualcosa...
Quand’è?” chiese Chichi, ricomponendosi
e cominciando a sparecchiare.
“Domani sera, alla Capsule Corporation ovviamente. Ormai non
ci sono più molti ristoranti o locali intatti per queste
occasioni” sospirò Gohan, indurendo lo sguardo
“Maledetti cyborg... prima o poi la pagheranno!” e
sbatté un pugno sul tavolo, rischiando di fare cadere i
piatti.
Chichi e Videl annuirono, afflitte anche loro per ciò che
succedeva al di fuori di quelle quattro mura. Ma un giorno quei due
androidi avrebbe avuto la lezione che si meritavano e sulla Terra
sarebbe finalmente tornata la pace, ne erano tutti i convinti.
Il giorno dopo, verso sera, Chichi e Gohan attendevano Videl
nell’ingresso, pronti per andare alla festa di compleanno di
Trunks. La donna era intenta a sistemare il colletto della maglia del
figlio, quando dei passi provenienti dalla stanza accanto li fecero
voltare entrambi.
Videl fece il suo ingresso un po’ imbarazzata, avvolta nello
splendido abito blu che Gohan le aveva comprato tempo prima, con gli
occhi azzurri che brillavano sul viso abbellito da un po’ di
trucco e un sorriso dolcissimo che Gohan non avrebbe mai dimenticato.
Ma la cosa che risaltava di più erano i suoi capelli: corti
e lisci, con un paio di ciuffi che le ricadevano ai lati del viso. Era
bellissima e sembrava anche più matura.
Gohan rimase imbambolato fino a quando Videl gli arrivò
vicino e gli chiese cosa avesse.
“Il fatto è che.... sei... sei
bellissima!” rispose il ragazzo con gli occhi spalancati per
lo stupore.
“Beh, grazie, anche tu!” aggiunse lei, stampandogli
un bacio sulla guancia e facendolo arrossire.
Gohan prese in braccio sua madre e così i tre si avviarono
alla Capsule Corporation volando.
Bulma li accolse subito con un caloroso benvenuto, portandoli nella
sala in cui si sarebbe svolta la festa. Videl, che non aveva mai
visitato interamente la Capsule Corporation, rimase sbalordita di
fronte al numero e la vastità di stanze di cui disponeva,
nonché l’arredamento e lo stile con cui era stata
costruita. Era senza dubbio una della case più belle che
avesse mai visto.
Arrivarono nella sala della festa, che era stata addobbata di
palloncini e luci. Al centro c’era una lunga tavola imbandita
con una torta a tre piani che attirò subito
l’attenzione di Gohan.
Pochi minuti dopo, giunse nella sala anche il festeggiato. Gohan, Videl
e Chichi fecero gli auguri a Trunks e gli consegnarono i loro regali,
rispettivamente una nuova tuta da combattimento, un gioco per la
playstation e un maglione fatto a mano.
“Grazie!” esclamò il ragazzino
abbracciando tutti quanti.
Sembrava strano essere lì a festeggiare quando in
città i due cyborg stavano seminando morte e distruzione. Ma
in fondo, perché non godersi a pieno quei pochi momenti di
tranquillità?
Su esortazione di Gohan e Trunks, Bulma diede inizio alla cena. Come
previsto, i due saiyan divorarono tutto in pochi minuti e venne il
momento della torta.
Tutti si sistemarono intorno al festeggiato che, al momento dello
scatto della foto, spense le candeline ed espresse il suo
più grande desiderio.
“Cos’hai chiesto Trunks?” disse Gohan,
curioso.
“No!” esclamò Videl con aria di chi la
sa lunga “Non lo dire Trunks, altrimenti non si
avvera!”
I tre scoppiarono a ridere ma poi Trunks tornò serio.
“Ho desiderato che C-17 e C-18 vengano sconfitti e che sulla
Terra ritorni la pace. Il mio desiderio si avvererà, ne sono
più che certo.”
Videl e Gohan rimasero sorpresi di fronte alla rivelazione del
ragazzino. Al contrario dei suoi coetanei, lui non desiderava un
giocattolo nuovo e non sognava nemmeno di diventare ricco e famoso:
tutto ciò che voleva era un futuro di pace e giustizia. I
due ragazzi abbracciarono Trunks e gli sorrisero come fossero stati
suoi fratelli.
“Vedrai Trunks, il tuo desiderio verrà presto
esaudito” gli sussurrò Gohan in un orecchio. E il
ragazzino sorrise, rincuorato.
Dopo la cena, gli invitati giocarono e scherzarono per tutta la notte
rievocando anche vecchi ricordi. Era bello ritrovarsi ogni tanto e
godersi tutti insieme quei momenti di pace e tranquillità
che, a distanza di anni, non capitavano ormai molto spesso.
Alla fine della festa, Gohan, Chichi e Videl ringraziarono Bulma e
Trunks, per poi tornare a casa.
Chichi, stanca di quella lunga giornata, si mise subito a letto.
Videl e Gohan, invece, si sedettero sul divano in soggiorno.
“Cosa facciamo?” chiese lei, appoggiando la testa
sulla spalla del saiyan.
Gohan le passò un braccio intorno alla vita e la strinse
forte a sé. Non capì dove avesse trovato il
coraggio di compiere quel gesto né il motivo per il quale
non si sentisse in imbarazzo.
“Potremmo uscire...” propose lui, sentendosi
avvolgere dal delicato profumo della ragazza.
“E andare dove?” chiese lei, sorridendo con gli
occhi sognanti.
“In giro” rispose semplicemente Gohan, alzandosi
dal divano e porgendo la mano alla ragazza.
Videl accettò subito l’invito e insieme uscirono
nuovamente di casa, spiccando il volo verso chissà quale
meta.
Volavano liberi e spensierati, in quel magnifico cielo puntinato di
stelle e illuminato dalla tenue luce della luna. Volavano senza
pensieri per la testa, solo lui e lei
nell’immensità della notte.
Era una bella sensazione volteggiare in cielo senza bisogno di nessun
mezzo o strumento, constatò Videl chiudendo gli occhi e
godendo pienamente dell’aria fresca che le scompigliava i
capelli.
Gohan, a pochi metri da lei, sfrecciava sopra gli alberi dei monti Paoz
con una leggerezza e una grazia che Videl invidiava tanto, incerta se
un giorno anche lei avrebbe saputo volare in quel modo.
D’altronde, in qualunque cosa si cimentasse, Gohan appariva
sempre perfetto
ai suoi occhi.
“Scendiamo lì!” esclamò lui,
distogliendola dai suoi pensieri.
Atterrarono su un’altura dalla quale era possibile avere
un’intera panoramica della città illuminata.
“Ci siamo allontanati di parecchio, eh?” disse
Videl stupita.
“Si, abbiamo anche superato i Paoz” rispose lui,
guardandosi alle spalle.
Gohan si stese per terra, mettendo le braccia dietro la nuca a
mo’ di cuscino, e invitò la ragazza a mettersi
accanto a lui. Videl non se lo fece ripetere due volte e si stese
accanto al ragazzo.
“E’ bello qui” constatò lei
contemplando il cielo.
Gohan annuì, respirando a pieni polmoni.
Quante cose erano successe in quei mesi... Un bel giorno si era
ritrovato a convivere con una perfetta sconosciuta e adesso se ne stava
con lei a godere del panorama notturno in angolo sperduto fuori dalla
città. Videl era stata di sicuro la cosa più
bella che gli fosse mai capitata: lo aveva cambiato, lo aveva fatto
maturare e... innamorare? Non sapeva ancora se ciò che
provava per lei fosse amore, ma sicuramente non era semplice amicizia.
Sentiva sempre e ovunque il bisogno di proteggerla, di farla sentire al
sicuro. E quando era con lei sentiva emozioni mai provate prima.
“Uh guarda, una stella cadente!” disse lei a bassa
voce, riportandolo alla realtà.
“Esprimiamo un desiderio” aggiunse lui,
ridacchiando.
Ed entrambi desiderarono che l’altro ricambiasse i propri
sentimenti senza sapere che erano corrisposti.
“Cos’hai espresso?” chiese Gohan,
sistemandosi su un lato.
Videl dondolò la testa, sospirando.
“Te l’ho già detto che non si possono
rivelare i desideri, altrimenti...”
“... non si avverano. Si, lo so” concluse Gohan,
sbuffando.
Videl scoppiò a ridere di fronte all’espressione
corrucciata di Gohan.
“Perché ridi?” chiese lui, sorpreso.
“Sei buffo quando... ti arrabbi!”
Gohan fece una smorfia e corrugò la fronte.
“Io non mi sto arrabbiando!”
Videl continuò a ridere, sotto lo sguardo sbalordito del
compagno.
“No, certo che no... Son Gohan non si arrabbia mai!
E’ il ragazzo serio e responsabile che ogni madre e ragazza
desidererebbe tutto per sé.” lo canzonò
riempiendo il silenzio con quella risata cristallina che il giovane
saiyan amava tanto.
Gohan si mise a sedere e incrociò le braccia al petto,
lievemente stizzito.
“Non è vero, anche io so... ehm... so divertirmi!”
disse annuendo convinto.
Anche Videl si mise a sedere e puntò gli occhi azzurrissimi
in quelli neri e profondi di Gohan. Entrambi si sentirono attraversati
da una potente scossa che li spinse ad avvicinarsi sempre di
più.
“Cosa intendi per divertirti?”
chiese lei, con uno sguardo curioso e malizioso al tempo stesso.
Gohan inghiottì a vuoto, rabbrividendo. Ed ora cosa si
inventava? Beh, una cosa c’era... ma non era sicuro che fosse
quella giusta, non era certo che Videl gradisse e volesse. Tanto
valeva provarci.
Si sporse lievemente verso di lei e le accarezzò il lato del
viso che andava dall’attaccatura dei capelli fino alla
guancia e poi al mento. La ragazza arrossì a quel contatto
caldo e delicato, strofinando la guancia contro la mano di Gohan che le
sorrise dolcemente.
“In effetti sei molto più carina con i capelli
corti... Non che non lo fossi anche prima, eh!”
esclamò il ragazzo tutto d’un fiato. Videl gli
sorrise arrossendo.
Il saiyan le si avvicinò ancora di più, senza
smettere di fissarla negli occhi. La ragazza prese un respiro profondo
e si morse il labbro inferiore, un po’ per
l’imbarazzo del momento e un po’ per la speranza
che il suo desiderio si stesse per avverare.
Assecondò i movimenti di Gohan, prendogli il viso tra le
mani e avvicinandolo maggiormente a sé. Poi accadde tutti in
un attimo: i loro sguardi si incontrarono nuovamente, trasmettendosi
tutto ciò che le parole non erano in grado di esprimere, e
le loro labbra si unirono in un dolce bacio a fior di labbra. Si
staccarono pochi secondi dopo, guardandosi negli occhi con un velo di
imbarazzo ma anche di felicità. Quel bacio era stato una
sorta di dichiarazione per entrambi.
Videl gli mise le braccia intorno al collo e lo avvicinò di
nuovo a sé, baciandolo in modo più passionale e
travolgente. Gohan, per un attimo disorientato da quel nuovo contatto
così profondo, si sciolse pochi secondi dopo e
ricambiò con piacere il nuovo bacio.
“Ora mi dici che desiderio hai espresso prima?”
chiese lui, sorridendo.
Videl alzò gli occhi verso il cielo.
“Il mio desiderio si è già
avverato” rispose, abbassando lo sguardo.
Gohan le sollevò la testa prendendole il mento e
costringendola a guardarlo negli occhi.
“Mi sa tanto che abbiamo espresso lo stesso
desiderio” sussurrò prima di premere le proprie
labbra su quelle della ragazza e rendere quella giornata
indimenticabile per entrambi.
Note dell'autrice:
Si sono innamoratiii <3 Spero che il capitolo vi sia piaciuto e
che mi lascerete una piccola recensione per sapere cosa ne pensate! E
grazie a tutti coloro che seguono e recensiscono sempre ^.^ Grazie di
cuore, mi fate davvero contenta
A presto
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Capitolo 8 *** 24 ore ***
IL FUTURO ESISTE ANCHE PER NOI
24 ore
Quella mattina, a colazione, Gohan e Videl non si parlarono affatto,
limitandosi a rivolgersi occhiate furtive e mezzi sorrisi. Entrambi
erano talmente imbarazzati da non avere il coraggio di riprendere
l’argomento della sera prima e avere la prova che erano
realmente innamorati l’uno dell’altra.
“Beh, cosa avete questa mattina?!” chiese Chichi ai
due ragazzi “Perché tutto questo
silenzio?”
Gohan e Videl si guardarono negli occhi per un istante, poi spostarono
subito lo sguardo altrove e arrossirono contemporaneamente.
Chichi comprese immediatamente la situazione e sorrise contenta.
“Vi allenerete anche oggi... insieme?”
Gli sguardi dei due ragazzi si incontrarono nuovamente.
“Beh si... credo di si... tu che dici, Videl?”
“Ehm... si, concordo... con i cyborg in giro, bisogna stare
attenti... eh eh!” rispose la ragazza, con una risatina
isterica tentata per nascondere l’imbarazzo.
“Bene, perché Bulma mi ha invitata a casa sua per
mostrarmi alcune sue ricerche...”
Gohan e Videl sgranarono gli occhi.
“Ricerche?! E da quando ti intendi di tecnologia,
mamma?” chiese Gohan, sarcastico.
Chichi si ravvivò i capelli con un movimento della mano e
sospirò.
“Non sono delle ricerche... ehm... mi ha invitata ad
uscire... però non so... forse non dovrei... non dovrei
lasciarvi soli...”
“Vai pure, Chichi!” la interruppe Videl
“Fai sempre tanto per noi e non esci mai di casa,
è giusto che anche tu ti diverta!”
Chichi sorrise a quelle parole e abbracciò la ragazza, che
ormai considerava come una seconda figlia. “Grazie,
cara” disse poi ricomponendosi “Devo sbrigarmi a
prepararvi il pranzo prima di andarmene... credo che
mancherò tutta la giornata.”
“Ma no, mamma!” questa volta fu Gohan a
intromettersi “Non è necessario, cucineremo io e
Videl, vero?” si rivolse alla ragazza, che annuì
subito.
“E va bene... come volete... ma state attenti a non combinare
pasticci!” raccomandò la donna, uscendo dalla
stanza per andare a prepararsi.
Quando Chichi uscì di casa, vestita di tutto punto e con un
sorriso raggiante dipinto sul volto, i due ragazzi rimasero per qualche
minuto a fissare la porta dell’ingresso, senza sapere bene
cosa dire o fare. Poi i loro sguardi si incontrarono e, come se si
fossero letti nel pensiero, esclamarono contemporaneamente un forte e
chiaro “Non dovevamo allenarci?”
Si sorrisero e poi andarono a prepararsi.
Mezz’ora dopo, si trovavano in una radura che avevano
scoperto solo da poco tempo: era uno spazio immerso nei monti Paoz e
costellato da qualche albero o cespuglio, nelle vicinanze di un
fiumiciattolo che scorreva indisturbato per dissetare gli animali del
bosco che era situato dall’altra sponda.
I due ragazzi fecero qualche esercizio di riscaldamento, in silenzio e
senza mai guardarsi negli occhi. Era piuttosto imbarazzante quella
nuova situazione: nessuno dei due aveva il coraggio di fare il minimo
passo avanti, entrambi speravano che fosse l’altro a iniziare
la conversazione.
“Combattiamo?” chiese ad un certo punto Videl,
sorridendo appena.
Gohan, sorpreso, accettò subito l’invito e i due
cominciarono a scontrarsi. La ragazza utilizzava tutta la forza che
possedeva, ogni tecnica a sua disposizione, ogni mossa che potesse in
qualche modo indebolire Gohan. Ma sapeva benissimo che ci sarebbe
voluto molto di più per scalfire il suo maestro e che in
qualche modo c’entrasse l’argomento
“saiyan”.
“Gohan, cos’è... un saiyan?”
chiese senza smettere di colpirlo.
Gohan, il quale si limitava come sempre a parare i colpi della ragazza
e a colpirla di tanto in tanto senza farle realmente male, dovette
constatare che la sua allieva era davvero migliorata rispetto al loro
primo giorno di allenamento e si sentì davvero orgoglioso di
lei. Ma alla domanda di Videl, tutte le sue certezze crollarono
immediatamente e il ragazzo si fermò di colpo, non riuscendo
ad evitare il pugno che gli arrivò dritto in faccia.
Il saiyan, perdendo l’equilibrio, cadde inesorabilmente per
terra e Videl lo soccorse subito.
“Ti sei fatto male?! Io non volevo...” gli disse,
aiutandolo a rialzarsi.
Gohan sorrise: non si era fatto assolutamente nulla perché
era caduto solo per colpa della distrazione provocata dalla domanda
schietta di Videl.
“Sto bene, non preoccuparti” rispose alzandosi da
terra e sorridendo lievemente.
“Allora mi dici cos’è un
saiyan?” ribadì lei, gli occhi colmi di speranza.
Gohan, di fronte a quello sguardo così languido e
speranzoso, avrebbe rivelato immediatamente la sua identità.
Ma cosa avrebbe pensato di lui la ragazza? E se si fosse impaurita a
tal punto da allontanarsi da lui? Questo non se lo sarebbe mai
perdonato perché lui teneva davvero a Videl e avrebbe fatto
di tutto pur di tenerla vicina.
“Perché ti interessa tanto sapere
cos’è un saiyan?” le chiese, scettico.
“Mmm, semplice curiosità... Allora?”
“Io... non lo so”
“Non è vero!” esclamò lei,
mettendo le mani sui fianchi “Tu lo sai e non vuoi
dirmelo!”
Gohan si grattò la testa con fare imbarazzato.
“Davvero, non lo so cosa sia un saiyan!”
Videl incrociò le braccia al petto. “Ma cosa
dici?! Sei stato proprio tu a pronunciare questa parola mentre ti
allenavi con Trunks!”
Gohan si sentiva messo alle strette. Cosa le avrebbe raccontato ora? La
verità, forse?
“Ti stai sbagliando. Ricordi che ti sei addormentata mentre
ci stavi spiando? Probabilmente hai solo sognato che dicevo saiyan”
disse enfatizzando l’ultima parola con un sorriso sarcastico.
Videl sbuffò. Non era convinta della constatazione di Gohan.
“Tu. Non. Vuoi. Dirmelo” ripetè con
sguardo visibilmente adirato, scandendo ogni singola parola.
Gohan sospirò e alzò lo sguardo verso il cielo.
Quella ragazza era impossibile!
“Ti dico che hai solo sognato!”
“No!”
“Sì!”
“No!”
“Sì!”
“No!”
“Ho detto di sì” concluse Gohan,
incrociando le braccia con espressione autoritaria “Io non so
cosa sia un saiyan, mi dispiace...”
Videl ammutolì di colpo e abbassò lo sguardo.
Eppure le sembrava tutto così reale quando aveva sentito
quella parola... Possibile che fosse stato solo un sogno?
“E va bene... ma non credere che finisca qui”
Gohan rise. “Non ho mai conosciuto una ragazza più
testarda di te!”
Videl mugugnò qualcosa di incomprensibile, indignata.
“Senti chi parla!”
Il ragazzo sorrise teneramente di fronte all’espressione
corrucciata della ragazza.
“Non è ora di tornare a casa?” le
chiese, esasperato.
“Non cambiare argomento!” esclamò lei,
fissandolo negli occhi.
“Non sto cambiando argomento! E’ ora di pranzo e io
ho fame!”
Videl arricciò le labbra in una smorfia. Il ragazzo non
aveva poi così torto: anche lei, in effetti, sentiva un
certo languorino...
“Hai ragione, andiamo.” disse spiccando il volo
verso casa. Gohan la seguì a ruota, ma anche questa volta la
ragazza non gli rivolse la parola e lui si sentì un
po’ in colpa.
I due arrivarono a casa e, dopo essersi entrambi fatti una doccia
rigenerante, decisero che avrebbero cominciato a cucinare.
“Ehm... cosa prepariamo?” chiese lui, fissando con
sguardo stralunato prima il frigorifero e poi i fornelli. Non aveva mai
cucinato in vita sua.
Videl gli rivolse un’occhiata assassina e Gohan
sgranò gli occhi, confuso. Ora aveva la prova che la ragazza
era seriamente arrabbiata con lui.
“Riso e carne?” chiese per ottenere una conferma.
“Riso e carne” ripetè Gohan, mentre il
suo stomaco reclamava un pranzo soddisfacente.
Presero gli ingredienti dal frigorifero e cucinarono quello che avevano
stabilito, o meglio: Videl si destreggiava tra i fornelli, mentre Gohan
le passava strumenti e ingredienti per cucinare, mangiucchiando ogni
tanto qualunque cosa ritenesse commestibile.
Quando ebbero finito di preparare il tutto, apparecchiarono la tavola e
si sedettero a mangiare.
Pranzarono stranamente in silenzio, quell’imbarazzante
silenzio che persisteva da quella mattina e che non voleva smettere di
aleggiare in quella stanza, tra di loro. Gohan voleva scusarsi per
essere stato brusco durante gli allenamenti, mentre Videl si chiedeva
ancora se avesse sognato la parola saiyan oppure no. E le dispiaceva
vedere che Gohan mangiava lentamente e con sguardo triste, avrebbe
fatto qualsiasi cosa pur di vederlo sorridere ma il desiderio di
scoprire cosa fossero i saiyan la stava davvero opprimendo.
Quando finirono di mangiare, i due si alzarono da tavola. Gohan lavava
i piatti, quando vide che Videl stava tirando fuori dal frigorifero
dell’altro cibo.
“Che stai facendo?” le chiese, curioso.
“Voglio fare una ciambella, come quella che fa
Chichi.”
Gohan sorrise. “Voglio aiutarti”
Videl bofonchiò qualcosa che non arrivò alle
orecchie di Gohan, continuando a lavorare sugli ingredienti per il suo
dolce. Il ragazzo considerò quel sussurro come un
“Sì” e cominciò ad
industriarsi per contribuire alla preparazione della tanto agognata
ciambella.
Preparando quel dolce, Videl sentì che la rabbia stava
svanendo. In fondo, perché tanta curiosità nei
confronti di quella strana parola? Magari non era niente di speciale.
Gohan la stava aiutando, seguendo ogni suo ordine e digerendo in
silenzio ogni suo rimprovero rivolto verso la preparazione del dolce.
Vedendolo così attento e disponibile, le venne quasi in
mente di chiedergli scusa per la scenata di quella mattina.
“Senti Gohan, mi dispiace tanto per...”
Non riuscì a terminare la frase perché le
arrivò in faccia un getto di farina che la fece bloccare
improvvisamente, con gli occhi e la bocca spalancati.
“Ops... scusa” disse Gohan, grattandosi la testa.
Videl non fiatò, incredula.
“Ecco, adesso cerco di ripulirti...” disse
avvicinandosi alla ragazza e passandole una mano sul viso, nel
tentativo di allontanare la farina. Videl arrossì lievemente
sotto il tocco delicato e impacciato di Gohan, il quale si
scostò lentamente da lei a lavoro finito.
Videl continuava a fissarlo senza parlare. Non sapeva davvero come
reagire.
Stava per parlagli, quando Gohan si voltò verso di lei con
la probabile intenzione di chiederle qualcosa ma le versò
addosso un secchio d’acqua fredda.
Videl si irrigidì di colpo, l’espressione
indecifrabile e i muscoli tesi.
Il saiyan la guardava con aria sconvolta.
“GOOOOHAAAAN!” urlò lei, stringendo i
pugni lungo i fianchi.
“Scusa scusa scusa scusa scusa...” il ragazzo
avrebbe continuato all’infinito, se non fosse stato per il
dito di Videl che gli veniva puntato contro.
“Questa me la paghi!” sibilò lei,
furiosa, lanciandogli un uovo che lui evitò subito.
Sfortunatamente, l’uovo andò a schiantarsi contro
la porta della cucina e i due ragazzi trattennero il fiato, pensando a
come avrebbe reagito Chichi.
Videl, tuttavia, approfittando del momento di distrazione, prese un
altro uovo e lo lanciò verso Gohan che questa volta venne
preso in pieno.
“Ehi!” urlò lui, indignato. Svelto,
prese dell’altra farina e la gettò sulla ragazza
che si arrabbiò ancora di più, dal momento che
era già bagnata ed ora la farina si sarebbe appiccicata su
tutto il viso e i vestiti.
E così i due ragazzi iniziarono una lunga battaglia di
ingredienti per dolci, sporcandosi a vicenda e sommergendo anche
l’intera cucina di farina e roba varia. Si rincorrevano e
ridevano come due bambini, presi dalla foga del divertimento e
dell’aver fatto pace senza nemmeno essersene accorti.
Alla fine, si gettarono entrambi sul divano – sporcando anche
questo – e ritrovandosi l’uno sopra
l’altro, zuppi e/o sporchi di tutto ciò che si
erano lanciati a vicenda.
Ridevano ancora: lei stesa sul divano, stringendone la stoffa per non
cadere a causa delle troppe risate; lui, sovrastando il corpo della
ragazza, si era fatto contagiare dalla sua risata cristallina ed ora la
fissava con una strana luce negli occhi.
Smisero gradualmente di ridere, specchiandosi ognuno nello sguardo
dell’altro. Si fecero ad un tratto seri e il silenzio
calò nuovamente nella stanza.
Gohan le sfiorò il labbro inferiore con un dito.
“Eri un po’ sporca lì...”
spiegò arrossendo lievemente.
Videl sorrise, divertita. “Gohan, sono tutta
sporca.” gli fece notare, con gli occhi che brillavano.
La ragazza lo prese per il colletto della maglia e lo attirò
a sé, baciandolo con trasporto.
Gohan sgranò gli occhi non appena percepì le
labbra di lei a contatto con le proprie, poi si rilassò e
ricambiò il bacio con la stessa foga della ragazza,
accarezzandole un braccio con fare dolce e protettivo. Fu un bacio
molto più lungo e passionale delle prime due volte, entrambi
i due ragazzi riempirono quel contatto di tutte le emozioni che avevano
represso fino ad allora: imbarazzo, agitazione, paura, amore. Si
staccarono poco dopo, prendendo a fissarsi negli occhi.
“Dovremmo mettere a posto la cucina prima che torni mia
madre...” fece notare Gohan, con fare imbarazzato. Videl
sorrise lievemente.
“La cucina potrà aspettare.” rispose con
tono risoluto, attirando nuovamente a sé il ragazzo per la
nuca. E così tra baci, carezze e sguardi complici,
l’ora di pranzo volò via velocemente...
Dopo essersi ripuliti per bene, Gohan e Videl misero a posto anche la
cucina come proposto dal ragazzo e poi passarono l’intero
pomeriggio insieme. L’imbarazzo non era del tutto scomparso,
ma nei cuori dei due ragazzi si era fatta strada una piacevole
sensazione di sicurezza e di appagamento per essere riusciti a fare
nuovamente un passo avanti nel loro rapporto.
Verso sera, erano seduti entrambi sul divano. Gohan la teneva stretta a
sé, cingendole le spalle con una mano. Si sentivano bene
insieme, completi.
“Gohan?” sussurrò lei
all’orecchio del ragazzo.
Il saiyan staccò lo sguardo dallo schermo della tv e rivolse
un dolcissimo sorriso alla ragazza.
“Noi... noi cosa siamo?” chiese lei, incerta. Era
una domanda che gli era sorta spontanea dopo aver passato
l’intera giornata insieme al ragazzo e aver constatato che
non si erano esattamente comportati come due normali amici.
“Esseri umani” rispose lui, ridacchiando. In
realtà non era proprio vero, dato che Gohan era un mezzo
saiyan. Videl gli diede un buffetto dietro la nuca e sorrise divertita.
“E dai, non scherzare! Intendo cosa siamo sotto quell’aspetto...”
puntualizzò arrossendo.
Gohan si lasciò sfuggire un “Oh” di
stupore.
“Beh... noi... ehm... siamo... cioè, non lo so
bene.” concluse, imbarazzato.
Videl abbassò lo sguardo e lo ripuntò subito dopo
sul ragazzo.
“Mi ami, Gohan?”
Il saiyan sgranò gli occhi e arrossì fino alla
punta dei capelli, faticando a sostenere lo sguardo speranzoso di lei.
Quella domanda lo aveva letteralmente spiazzato. Non sapeva se quello
che provava per Videl potesse definirsi amore, però una cosa
era certa: ci teneva a lei, e non come una semplice amica.
“Ehm... amore
è una parola grossa... però ti voglio
bene!” rispose tutto d’un fiato.
Videl sorrise. “Anche io”
Poi si diedero un lieve bacio sulle labbra.
Anche quella giornata giunse al termine e, senza che se ne
accorgessero, i due ragazzi si addormentarono sul divano stretti
l’uno nelle braccia dell’altro.
Chichi tornò a casa verso notte fonda e fu felice di vedere
che suo figlio e Videl avevano finalmente abbattuto le barriere
dell’orgoglio. Inoltre la cucina splendeva più di
prima, chissà cosa era successo durante quelle 24 ore!
Prese una coperta e la adagiò sui due ragazzi, poi
andò anche lei a dormire.
Ma nel cuore della notte, Videl si svegliò di soprassalto
con un pensiero fisso nella mente: i saiyan. Aveva fatto un incubo in
cui Gohan era in pericolo, lei non poteva fare niente per salvarlo e in
qualche modo c’entrava proprio quell’argomento
così misterioso.
“Gohan... svegliati” richiamò il ragazzo
che la teneva ancora stretta a sé, nonostante stesse
dormendo. Lui si svegliò, stropicciandosi gli occhi, e si
guardò intorno con aria stralunata.
“Eh? Che ore sono...?” chiese confuso.
Videl lo fissò quasi con insistenza, gli occhi lucidi e lo
sguardo indecifrabile.
“Gohan, dimmi cos’è un saiyan. Io devo saperlo, ti
prego”
Gohan sciolse l’abbraccio con cui teneva salda la ragazza e
sospirò.
“Ancora con questa storia?” chiese, spazientito.
“Ho bisogno di saperlo, Gohan. Ho sognato che eri in pericolo
per colpa di questi dannati saiyan!”
Gohan corrugò la fronte. Era il momento di dirglielo.
“Io sono un saiyan” disse semplicemente, con
decisione.
Videl non reagì minimamente.
“E cosa significa questo?”
“In realtà sono un mezzo saiyan: mia madre
è umana e mio padre era un saiyan, cioè un alieno
proveniente dal pianeta Vegeta che è andato esploso molto
tempo fa. I saiyan erano la razza di guerrieri più forti e
temibili dell’Universo. Anche Trunks è un mezzo
saiyan.”
Videl restò con il fiato sospeso per tutto il tempo. Alla
fine della spiegazione, respirò a pieni polmoni e trattenne
a stento le lacrime che pizzicavano i suoi occhi.
“E’ la verità?” chiese,
sbalordita.
“Si” rispose lui, convinto.
“E perché non me l’hai detto
prima?”
Gohan sospirò.
“Perché credevo che non mi avresti accettato, che
avresti avuto paura di me... Ma sono sempre io, Gohan! Lo sai che puoi
fidarti, vero?”
Videl annuì e lo abbracciò.
“Come potrei avere paura di te, Gohan? Tu mi hai salvata e mi
hai accolta in casa tua! Io sono letteralmente rinata grazie a te! Non
fa la differenza se sei umano o alieno.”
Gohan sorrise contento. Ma un altro dubbio assalì la ragazza.
“Quindi se sei un... un saiyan... hai tutte le
possibilità di sconfiggere i cyborg!”
Gohan annuì.
“Dovrò allenarmi duramente”
“Anche io!” rispose decisa, lei.
Gohan sorrise e le sfiorò le labbra in un bacio dolce e
leggero.
Poi di addormentarono nuovamente,
l’uno stretto all’altro, senza più
segreti.
Note dell'autrice:
Eccomiii, scusate il ritardo! Ringrazio con tutto il cuore
chi continua a seguire questa fanfiction, chi recensisce ma anche chi
legge in silenzio apprezzando quello che scrivo. Grazie davvero
<3
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Finalmente Videl ha
scoperto tutto ^.^
Alla prossima. E non dimenticate di recensire XD sapete che
per me è davvero gratificante!
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Capitolo 9 *** In pericolo ***
IL FUTURO ESISTE ANCHE PER NOI
In pericolo
“C-come sarebbe che cambi aspetto quando diventi un super
saiyan?!”
Gohan e Videl volavano fianco a fianco verso la radura in
cui erano soliti allenarsi.
Era passato solo un giorno da quando il giovane saiyan aveva
rivelato la sua vera identità alla ragazza ed ora lei voleva
saperne sempre di
più, comprendere meglio chi fossero i saiyan e di cosa
fossero capace. Quella
notte aveva preso la notizia con calma e naturalezza, dato che si
trovava in
uno stato di dormiveglia. Ma la mattina successiva si era resa conto di
cosa fosse realmente Gohan e ne era
rimasta davvero turbata: la persona di cui era innamorata era un alieno!
“Allora? Cosa significa che cambi aspetto? Riprendi la tua
vera forma da alieno, come nei film?”
Gohan si diede una manata in faccia e ridacchiò tra
sé e sé.
“No! I saiyan sono fisicamente uguali agli essere umani:
l’unica differenza sta nel livello di combattimento e quindi
nella massa
corporea.”
Videl, a quelle parole, si sentì rincuorata. Aveva
immaginato che Gohan, trasformato in super saiyan, sarebbe diventato un
essere
verde e deforme con tanto di antenne e cranio allungato: il classico
alieno dei
film di fantascienza.
“E quindi? Come diventi?” ribadì Videl,
sempre più curiosa.
“Non credo sarebbe un bello spettacolo. I super saiyan sono
piuttosto... ehm... come dire...”
Videl inarcò le sopracciglia e sgranò gli occhi,
mentre
nella sua mente riaffiorava di nuovo l’immagine
dell’extraterrestre deforme.
“...spaventoso?”
Gohan sorrise lievemente. “No ma... Appena arriviamo alla
radura ti faccio vedere! Però poi non dirmi che non te
l’avevo detto!”
Videl ingoiò a vuoto, lievemente intimorita. Gohan
aumentò la
velocità per arrivare subito al loro campo di allenamento e
lo stesse fece
Videl, seppur con un po’ di fatica. Non era lei quella
appartenente ad una
razza di guerrieri invincibili!
I due ragazzi arrivarono nella radura e Videl si sedette
subito per terra, avvicinando le gambe al petto e attendendo che Gohan
si
trasformasse nel celebre super
saiyan.
Il ragazzo si guardò intorno, poi soddisfatto
tornò a
fissare Videl.
“Pronta?”
“Sì, credo...”
Gohan allargò le gambe, piantò saldamente i piedi
per terra
e strinse i pugni all’altezza delle spalle. La sua
espressione era seria e
concentrata, il suo sguardo profondo e impenetrabile.
Videl seguiva attentamente ogni singolo movimento del
saiyan, come ipnotizzata.
Lentamente il corpo del ragazzo venne avvolto da una luce
dorata, i suoi capelli cominciavano a drizzarsi verso l’alto
e a schiarirsi gradualmente
mentre i suoi occhi color ebano assumevano le tonalità
dell’acqua marina.
Gohan rivolse lo sguardo verso il cielo e urlò con tutto se
stesso, mentre la trasformazione giungeva al termine. Videl
sgranò gli occhi
quando ritrovò davanti a sé un ragazzo ancora
più possente e muscoloso del suo
Gohan, un fiero e temibile combattente dai capelli biondi come il grano
e gli
occhi azzurri come il mare.
“Te l’aveva detto io...” disse Gohan,
sollevando le mani in
segno di evidenza.
Videl si alzò lentamente in piedi, senza distogliere lo
sguardo dal saiyan, e lo raggiunse con cautela, quasi lo temesse.
Quando gli fu
abbastanza vicino, allungò un braccio verso di lui e gli
sfiorò una guancia. Scottava.
“Sei bellissimo” sussurrò puntando i
suoi occhi antracite in
quelli cerulei di lui.
Gohan corrugò la fronte e sorrise, un po’
imbarazzato.
“Davvero? Credevo che tu...”
“Posso baciarti?”
Quella domanda arrivò schietta e coincisa come solo Videl
era capace di formularla.
Gohan arrossì lievemente e abbassò lo sguardo.
“Beh... ehm...”
Nemmeno il tempo di rispondere, che Videl cercò
immediatamente le labbra di lui e gli regalò un dolce bacio
a fior di labbra. Il
saiyan perse subito la concentrazione, rilassando sia la mente che i
muscoli e
quindi tornò allo stadio normale.
Videl percepì immediatamente il cambiamento e si
staccò
dolcemente da lui, per poi guardarlo negli occhi. “Sei
tornato normale,
peccato... Non credevo che il super saiyan fosse così...
così... non riesco a
trovare le parole giuste!”
Gohan si grattò la testa, un po’ imbarazzato.
“Mi preferisci trasformato? Non ti piaccio
così...?”
Videl ridacchiò. “Tu mi piaci sempre,
Gohan.”
Il ragazzo sorrise e si chinò per baciarla di nuovo. Era
certo che per Videl provasse molto di più di una semplice
amicizia e lo stesso
valeva per la ragazza, me nessuno dei due riusciva ad ammetterlo.
Nonostante
questo, entrambi sapevano che i loro sentimenti erano corrisposti: lo
capivano
dagli sguardi, dai piccoli gesti, dai baci e dalla carezze che si
scambiavano
inconsapevoli del legame indissolubile che lentamente li stava unendo.
Dopo la consueta sessione di allenamenti, i due ragazzi
ripartirono per tornare a casa quando avvertirono entrambi una potente
scossa
che fece tremare tutta la zona e subito dopo si accorsero di
un’esplosione in
lontananza, lì dove sorgevano alcuni isolotti vicino alla
città che si
affacciava sul mare.
“E’ opera dei cyborg, vero Gohan?” chiese
Videl, ingoiando
un grumo di saliva come per scacciare via il presentimento che stesse
per
accadere qualcosa di irreparabile.
Gohan annuì con la testa, lo sguardo puntato
sull’alone di
fumo e fiamme che si ergeva vicino alla costa. La sua espressione non
era
afflitta e nemmeno preoccupata, era determinata.
“Non dirmi che vuoi andare a controllare...?”
chiese lei,
preoccupata.
“Si, Videl. Ho promesso che avrei salvato quante
più vite
possibili e di certo non me ne starò con le mani in mano! E
poi avrò l’occasione
di verificare i miei miglioramenti... sono passati mesi da quando mi
sono
scontrato l’ultima volta con quei due mostri.”
Videl capì che si riferiva al giorno in cui
l’aveva salvata,
quel giorno che era impresso in maniera indelebile sia nelle loro menti
che nei
loro cuori. Non l’avrebbero mai dimenticato.
“Ok, ma io vengo con te”
“COSA?!”
Videl, presa alla sprovvista, rischiò di perdere la
concentrazione e cadere giù.
“N-non vuoi?”
Gohan spalancò gli occhi e boccheggiò per qualche
secondo.
“Ma sei impazzita?! Tu contro i cyborg?! Non se ne parla
proprio!”
Videl strinse i pugni lungo i fianchi, furiosa.
“E a cosa sarebbero serviti tutti questi mesi di
allenamenti?!”
Gohan abbozzò un sorriso simile ad una smorfia.
“Sei sempre e solo un essere umano, non puoi farcela contro
degli androidi... Tu non immagini nemmeno quanto siano...”
“...forti, veloci, abili, furbi, crudeli?” lo
interruppe la
ragazza, sarcastica “Lo so benissimo, Gohan. Ma io voglio
venire con te... ti
prego...”
Gohan scosse la testa, indignato. “Ho detto di no,
è troppo
pericoloso!”
Videl strinse ancora più forte i pugni, fino a farsi quasi
male.
Abbassò lo sguardo, gli occhi che cominciavano ad
inumidirsi.
“Gohan, te lo chiedo per favore... fammi venire con te, non
ti sarò d’intralcio... Prometto di non partecipare
allo scontro, ti guarderò semplicemente
le spalle e ti aiuterò con qualunque tecnica o strategia a
mia disposizione! Ti
prego, portami con te!”
Gohan le si avvicinò e le indicò la loro
cupoletta sui monti
Paoz.
“Torna a casa” ordinò, secco.
“Ma io..”
“HO DETTO TORNA A CASA!”
Videl, intimorita dallo sguardo furibondo di Gohan e dal
tono di voce più alto del normale, spiccò
lentamente il volo verso casa. Man
mano che si allontanava, rivolgeva di tanto in tanto delle occhiate
verso il
saiyan e lo vedeva sempre più lontano, segno che era partito
immediatamente per
scontrarsi con i cyborg. Ma una volta che si ritenne abbastanza
lontana, azzerò
la sua aura come le aveva insegnato Gohan e si voltò
prendendo la stessa
direzione del saiyan senza farsi scoprire.
Lo avrebbe seguito dovunque.
Gohan arrivò sugli isolotti che aveva visto ardere da
lontano e diede uno sguardo generale per localizzare i due androidi,
quando una
nuova e potente esplosione attirò la sua attenzione e
capì che i nemici si
trovavano su un’isola più avanti. Con la massima
velocità, atterrò lì dove i
due cyborg si stavano divertendo ad incendiare tutto ciò che
incombeva sul loro
cammino.
C-17 e c-18 si accorsero immediatamente della presenza di
Gohan e decisero di sospendere per qualche momento la loro opera.
“Guarda guarda chi si rivede!” disse il cyborg dai
capelli
corvini, incrociando le braccia al petto.
“Non ti è bastata la lezione dell’altra
volta? O ne vuoi
ancora?” lo schernì la bionda, scrutandolo con
quel suo sguardo apparentemente dolce
e innocuo.
Gohan strinse i pugni lungo i fianchi.
“Perché lo fate? Perché state
distruggendo queste isole?”
I due cyborg si guardarono a vicenda e risero.
“Per divertimento, mi pare ovvio!”
spiegò c-18, dando uno
sguardo a ciò che lei e suo fratello avevano combinato
lì intorno. Se ne
compiacque.
Gohan rimase perplesso.
“Ma qui è tutto deserto!”
“Appunto!” ribadì c-17
“E’ proprio per questo che è
divertente! Eliminiamo tutto ciò che ci capita a tiro:
persone, animali,
edifici o isole. Non fa la differenza.”
Gli occhi di Gohan ardevano, il suo corpo fremeva dalla
voglia di lanciarsi nello scontro.
“Mi fate schifo!” sputò in faccia ai due
cyborg.
“Ehi, attento a come parli!” esclamò
l’androide moro.
La bionda sbuffò e raggiunse il fratello, poco distante.
“E dai fratellino, non essere così
scorbutico!” finse di
rimproverarlo “Anzi, che ne dici di vedere se il nostro Gohan
è migliorato dall’ultima
volta?”
C-17 annuì, sorridendo sadico.
Gohan, non appena udì quelle parole, indietreggiò
di qualche
passo. Tutte le sue certezze crollarono nel momento in cui
incontrò lo sguardo
assassino dei due cyborg. Sapeva di non essere ancora abbastanza forte
da
poterli sconfiggere e si pentì di averli raggiunti. Ma Gohan
non era un codardo,
non lo era mai stato e mai lo sarebbe stato: avrebbe combattuto fino
all’ultimo.
Ma nemmeno il tempo di attuare la sua prima mossa, che la
cyborg bionda dagli occhi di ghiaccio l’aveva scaraventato
contro un masso poco
distante. Gohan si staccò un secondo prima che c-18 potesse
fare la seconda
mossa, probabilmente schiacciandolo contro la superficie di pietra
colma di ammaccature,
e così la colpì da dietro facendole sbattere la
testa contro quello stesso
masso: l’allenamento dava i suoi risultati.
Da quel momento ebbe inizio lo scontro corpo a corpo contro
la cyborg. Gohan parava i colpi e contemporaneamente cercava di
contrattaccare,
ma la bionda continuava a dimostrarsi superiore al giovane saiyan. C-17
osservava il combattimento con espressione soddisfatta, ma ad un certo
punto
Gohan riuscì a colpire c-18 e l’androide dai
capelli corvini si intromise tra
di loro.
“Non ho bisogno del tuo aiuto, c-17!”
ringhiò la bionda, asciugandosi
la fronte con il dorso della mano.
“Non è giusto che ti diverta solo tu,
sorellina!” disse il
moro, sempre con tono dannatamente pacato. Visti così,
sembravano due normali
fratelli in lite tra di loro.
I due cyborg si rivolsero un’occhiata complice e,
contemporaneamente, colpirono Gohan rispettivamente davanti e dietro.
Il
ragazzo, non riuscendo a seguire i movimenti troppo veloci dei due
nemici,
ricadde per terra sbattendo la testa e provocandosi qualche ferita sul
corpo.
“N-non vale... due contro uno...” disse rialzandosi
a
fatica.
C-17 sorrise, spostando lo sguardo verso un punto che Gohan
non riuscì ad identificare. Sembrava aver trovato qualcosa,
da come lo fissava
con interesse.
“Se la tua amica si fa avanti, possiamo combattere alla
pari”
Il cuore di Gohan perse un battito. Immediatamente capì il
significato di quelle parole, si alzò da terra e
sfrecciò velocemente verso il
punto che c-17 stava fissando.
“VIDEEEEL!” urlò lanciandosi a capofitto
dietro l’albero che
la ragazza stava usando per nascondersi.
Ma c-18 fu più veloce e, in un attimo, afferrò la
ragazza
portandola sul campo di battaglia.
“Dannazione, Videl! Ti avevo detto di restartene a
casa!”
La mora rivolse al saiyan uno sguardo di scuse e cercò di
divincolarsi
dalla presa ferrea di c-18.
“Ora sì che ci divertiamo”
annunciò c-17, raggiungendo Gohan
alla velocità della luce e cominciando a colpirlo
ripetutamente. Intanto la
bionda se la vedeva con Videl che, impaurita e pentita di
ciò che aveva fatto, incassava
colpi su colpi senza riuscire a contrattaccare.
Solo una stupida
debole umana...
Quelle parole cominciarono a rimbombarle nella mente, mentre
c-18 la colpiva e ricolpiva senza pietà sotto lo sguardo
furioso di Gohan.
Il saiyan, dall’altra parte del campo di combattimento,
cercava
di tener testa a c-17 ma era troppo difficile combattere sapendo che
l’altra
cyborg avrebbe potuto far fuori Videl da un momento
all’altro. Questo non se lo
sarebbe mai perdonato.
La ragazza veniva crudelmente sbattuta per terra e contro i
massi senza che c-18 facesse il minimo sforzo: la verità era
che non voleva
ucciderla, voleva solo scatenare l’ira di Gohan in modo che
combattesse in modo
serio.
Il saiyan, intanto, cercava di allontanarsi da c-17 ma ogni
tentativo si rivelò inutile: era ancora troppo debole per
poter contrastare
quei due androidi. Come avrebbe fatto a salvare Videl?
La ragazza, sballottolata da una parte all’altra, aveva
perso il controllo di se stessa e non reagiva più. Fu
proprio quando la vide in
una pozza di sangue che Gohan sembrò riacquistare tutte le
forze e trasformarsi
in super saiyan senza nemmeno accorgersene: con una micidiale gomitata
atterrì
c-17 e accorse in aiuto di Videl, prendendola immediatamente in braccio
con l’intenzione
di allontanarsi dall’isola.
“Ehi, dove credi di andare?!” urlò la
bionda, alzandosi in
volo.
Gohan esitò qualche attimo.
“Vi propongo un accordo”
I due cyborg annuirono, incuriositi.
“Tornerò quando sarò abbastanza forte
da sconfiggervi e
allora potremmo combattere senza impedimenti.”
I due androidi si guardarono e sorrisero.
“Va bene, ci stiamo. Ma non farci aspettare troppo,
intesi?”
disse c-17
in
modo sarcastico.
Gohan annuì e volò via diretto verso casa.
Sfrecciava per il cielo dei monti Paoz alla velocità della
luce. Era ancora trasformato in super saiyan e sentiva una strana forza
crescere dentro di sé.
Videl era tra le sue braccia, in fin di vita. Doveva
salvarla a tutti i costi.
Finalmente arrivò a casa e, senza perdere tempo
portò la
ragazza nella sua stanza.
“Gohan, cos’è succ... O MIO
DIO!”
Chichi si coprì il viso con le mani, in procinto di
piangere.
“La salverò, mamma, fosse l’ultima cosa
che faccio” concluse
Gohan sparendo in camera sua. Poggiò Videl sul suo letto,
aprì il comodino e ne
estrasse un sacchetto pieno di senzu. Ne prese uno e lo mise in bocca
alla
ragazza, dandole dei colpetti sul viso in modo da destarla.
“Videl, ti prego... mangia”
Ma la ragazza non dava segni di vita.
“Videl!” urlò, prendendole la testa tra
le mani “Videl...
sono io, Gohan! Ti prego, mangia! E’ un fagiolo di
Balzar!”
Ma la ragazza continuava a non reagire.
“Videl, fallo per me.”
Silenzio.
Gohan si fece prendere dal panico.
Non poteva essere.
Era tutta colpa sua.
Si sentiva un mostro.
La stava perdendo.
“VIDEEEEL!”
Note dell'autrice:
Lo so che ora mi odiate per il finale, ma in compenso la prossima volta
cercherò di aggiornare prima :D
Chiudo qui perchè vado molto di fretta. Fatemi sapere cosa
ne pensate del capitolo ^.^
Alla prossima
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Capitolo 10 *** Passi avanti ***
IL FUTURO
ESISTE ANCHE PER NOI
Passi avanti
Si sentiva strana.
Davanti a lei il vuoto più totale.
Non percepiva alcun odore o rumore.
Provò a muovere una mano ma, inaspettatamente, non
riuscì a
trovarla.
Avrebbe dovuto sentirsi impaurita o disorientata, invece
quello strano posto in cui si era svegliata le ispirava
serenità e
tranquillità.
Forse stava sognando? Ma cosa, di preciso?
Tutto ciò che riusciva a vedere era il nulla: nessuna forma,
nessun colore.
Cercò di ricordare cosa stava facendo prima di
addormentarsi.
La sensazione di essere sospesa nel vuoto, l’immagine di
un’isola
rasa al suolo, un imponente albero che offuscava la sua visuale, un
ragazzo
vestito d’arancione che combatteva contro due altre persone,
poi un improvviso
dolore al collo e infine il vuoto più assoluto.
Avrebbe dovuto sentirsi dolorante e spossata, ma quello
strano posto era così tranquillo e rilassante che le
sensazioni fisiche e mentali
non contavano più niente.
Cercò allora di riordinare gli avvenimenti, giungendo ad una
sola conclusione.
Gohan.
Era l’unico che vedeva chiaramente nei suoi pensieri, tutto
il
resto le appariva vago e insignificante. Chissà
dov’era ora... Chissà se
pensava a lei... Chissà se la stava cercando...
Rimase per qualche secondo a riflettere sull’ultimo incontro
che aveva avuto con lui, ma non ricordava bene cosa fosse successo. Un
combattimento? Ma con chi?
“Videl!”
Si destò improvvisamente da quello stato di profonda
meditazione, sentendosi chiamare.
Chi era? Cosa voleva da lei?
“Videl...”
Questa volta avvertì uno strano senso di inquietudine
dettato
dal fatto che, chi aveva pronunciato il suo nome per la seconda volta,
l’aveva
fatto in modo triste e quasi disperato. Sembrava un lamento, una
richiesta d’aiuto,
forse qualcuno stava piangendo. Aveva bisogno del suo aiuto? Oppure era
proprio
per lei che stava piangendo? Cosa stava succedendo?
“Videl...”
Giurò di aver riconosciuto Gohan in quella voce.
Sì, era
proprio lui! Perché piangeva?
Spinta dalla preoccupazione, cercò di muoversi in tutti i
modi e di trovare una via d’uscita da quello strano posto che
ora cominciava ad
opprimerla. Ma il suo corpo non reagiva, sembrava fosse lontano dalla
sua
mente.
“Videl...”
Cominciava ad allarmarsi seriamente. Aveva un brutto
presentimento.
Sospirò, o almeno era quella l’intenzione.
Inaspettatamente
si ritrovò qualcosa di duro in bocca, era piccolo quanto una
noce e aveva un
sapore amarognolo. Un fagiolo?
Un senzu! Ma allora... non stava bene! Doveva essere
qualcosa di grave se gli era stato somministrato un fagiolo di Balzar!
Immediatamente capì il perché Gohan stava
piangendo.
Masticò lentamente il fagiolo e lo ingoiò, poi
sbatté un
paio di volte le palpebre fino a ritrovarsi stesa a letto in una stanza
dalle
pareti immacolate e un fresco profumo di pulito.
Lo vide, vide Gohan con la testa poggiata sul suo addome. Piangeva.
“Videl...” continua a ripetere sommessamente
“Non doveva
andare così, dannazione! E’ tutta colpa mia...
dovrei esserci io in questo stupido
letto!”
La ragazza rimase a fissarlo per una manciata di secondi,
poi tirò fuori una mano dal lenzuolo e la allungò
verso il saiyan. La reazione
di quest’ultimo, però, le fece cambiare idea.
Gohan si era asciugato le lacrime e si era alzato in piedi,
lo sguardo determinato e i pugni serrati lungo i fianchi.
“Ti vendicherò!” disse il ragazzo
puntando lo sguardo verso
la finestra “Ti vendicherò Videl,
perché è solo colpa mia. Ti vendicherò
perché
troppe persone hanno pagato ingiustamente. Ti vendicherò
perché è ora che quei
due mostri la smettano di rovinare il mondo. Ti vendicherò
perché... perché...
ti amo.” concluse accennando un lieve sorriso.
Ma prima che potesse spiccare il volo verso i due androidi,
Videl trovò la forza per fermarlo.
“Davvero mi ami?”
Gohan si voltò immediatamente, credendo di aver sognato.
No, Videl era lì viva e vegeta. Aveva gli occhi sbarrati, la
guance lievemente arrossate, il corpo non più costellato di
lividi e ferite.
“V-Videl?!” balbettò in preda
all’euforia.
“In carne ed ossa.” rispose lei, mettendosi a
sedere con un
po’ di fatica.
Le girava la testa e aveva un po’ di nausea, ma tutto
sommato si sentiva abbastanza bene.
Gohan si avvicinò immediatamente al letto della ragazza e la
abbracciò, baciandole la fronte e ripetendo ad occhi chiusi
“Sei viva, sei
viva, sei viva” per una decina di volte.
Videl ridacchiò divertita e si lasciò cullare
dalle
attenzioni di Gohan.
Una volta che si staccarono, la ragazza prese a fissarlo con
curiosità mentre lui cercava di riprendersi dallo shock
appena avuto. Era stato
un vero miracolo che si fosse risvegliata!
“Avrò un aspetto orribile”
sussurrò Videl, scostando qualche
ciocca di capelli dal viso.
“Ma che, sei sempre magnifica!” rispose lui,
sorridendo
calorosamente.
Videl abbassò lo sguardo, un po’ imbarazzata.
“Allora è vero?”
Gohan comprese immediatamente il senso di quella domanda e
non potè non arrossire.
“Allora è vero cosa?” fece finta di non
capire.
“Che mi ami” spiegò lei, con
naturalezza.
Gohan avvampò all’istante, grattandosi la testa
con fare
impacciato.
“Beh... io... credo...”
Non riuscì a terminare la frase perché le labbra
della
ragazza si era poggiate sulle sue in un bacio carico di dolcezza.
“Anche io, Gohan.” sussurrò lei
all’orecchio del saiyan che
sorrise contento.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, a rivolgersi
sguardi complici.
Poi Gohan si ricordò immediatamente di ciò che
gli stava maggiormente
a cuore.
“Videl, so che non è il momento...
però... Perché sei venuta
allo scontro? Perché non hai fatto come ti avevo ordinato?
Sei stata molto
fortunata a salvarti, questo lo sai vero?”
Videl abbassò tristemente lo sguardo. Gohan aveva
perfettamente ragione.
“Io... avevo paura per te...”
Gohan scosse la testa.
“Ma che diavolo stai dicendo?! Paura per me?!”
esclamò
stralunato “Tu, Videl, hai rischiato
seriamente
di morire!”
La ragazza sentì gli occhi inumidirsi.
“M-mi dispiace averti f-fatto spaventare...”
rispose con la
voce rotta dal pianto “I-io volevo solo v-verificare che non
f-fossi in
pericolo...”
Gohan le si avvicinò e asciugò la prima lacrima
che scendeva
lungo la sua guancia.
“Non devi preoccuparti per me” le disse con tono
calmo “Quella
a dover stare attenta sei tu! Non sopporterei di vederti nuovamente a
letto in
fin di vita!”
Videl pianse silenziosamente e Gohan la riabbracciò,
facendole poggiare la testa sul suo petto. Percepì la maglia
inumidirsi con le
lacrime della ragazza e si sentì quasi in colpa per averla
fatta piangere. “Su,
è tutto passato...” cercò di consolarla
accarezzandole i morbidi capelli
corvini.
Videl, allora, sembrò calmarsi. Tirò su col naso
e mostrò un
piccolo sorriso.
“Promettimi che non ti batterai con i cyborg
finché non ti
sentirai davvero pronto” disse la ragazza con gli occhi
velati di speranza.
“Solo se tu mi prometti di non cacciarti più nei
guai come
hai fatto oggi.” rispose Gohan con lo stesso tono. Videl
annuì e insieme si
ripromisero di mantenere le loro promesse.
“COSA DIAVOLO E’ SUCCESSO?!”
Gohan e Videl sapevano che Chichi avrebbe reagito in quel
modo.
“Il fatto è che io e Gohan ci stavamo allenando
sui monti
Paoz... poi abbiamo visto una nuvola di fumo e siamo andati a
controllare... e
c’erano i cyborg... e...”
All’ennesimo “e”, Chichi
sbottò furibonda.
“Avete la minima idea di cosa abbia provato quando vi ho
visti arrivare qui in fin di vita?!”
I due ragazzi abbassarono la testa, mortificati.
“E’ tutta colpa mia... Non avrei dovuto portare
Videl dai
cyborg.”
La ragazza alzò immediatamente lo sguardo verso il saiyan e
sgranò gli occhi, incredula.
“Ma non è vero! Sono stata io a decidere
di...”
“E’ STATA COLPA MIA!” esclamò
Gohan cercando di sopraffare
la voce della ragazza “Non succederà mai
più, te lo prometto mamma!”
Videl sorrise lievemente a quelle parole. Gohan si era preso
colpe che non gli appartenevano per evitare che Chichi reagisse ancora
più male.
D’altronde, la ragazza aveva capito fin da subito che quel
ragazzo era dolce e
gentile proprio come appariva!
“Io non sopporterei di perdervi...” rispose Chichi,
afflitta.
I due ragazzi la abbracciarono prima che potesse scoppiare a
piangere.
“Sta tranquilla, mamma, faremo più
attenzione” la rassicurò
Gohan con quel sorriso così sincero che alla donna ricordava
tanto quello di
Goku.
“Io vado ad allenarmi con Trunks!”
annunciò Gohan uscendo di
casa, dopo pranzo.
“Sta attento!” gli consigliò Chichi
dalla cucina, mentre
Videl si precipitò in giardino per salutarlo.
Gohan se la vide arrivare da un momento all’altro, le
braccia tese verso di lui e il sorriso stampato sulle labbra. Non
potè fare a
meno di accoglierla in un abbraccio quando se la ritrovò a
due passi da sé. La
ragazza gli saltò letteralmente al collo e gli diede un
dolce bacio a fior di
labbra.
“Come mai tutte queste attenzioni?” chiese lui,
sarcastico.
“Sai, rischiare di morire ti cambia la vita!”
rispose Videl con
lo stesso tono allegro.
Gohan sorrise a quelle parole e la baciò a sua volta, ma
questa volta fu un bacio molto più passionale e coinvolgente
di quello che si
erano scambiati pochi secondi prima.
Videl, sulle punte dei piedi, aveva circondato con le
braccia il collo di Gohan e ora gli accarezzava i capelli e la base del
collo. Il
ragazzo, invece, la teneva stretta a sé per i fianchi e la
baciava con trasporto.
Le loro bocche si cercavano e si modellavano a vicenda, le lingue
danzavano
insieme, i loro cuori battevano all’unisono e le loro anime
sembravano
diventare una cosa sola.
In quei momenti, il resto del mondo (tra cui Chichi che li
spiava ben nascosta dietro la porta dell’ingresso) non
contava più, c’erano
solo Gohan e Videl, uniti da quel profondo legame che diventava ogni
giorno più
profondo e resistente.
“Devo andare” disse lui, allontanandosi e facendo
un cenno
con la mano per salutarla.
“Non affaticarti troppo! E vedi di tornare per
l’ora di
cena!” esclamò lei salutandolo di rimando con le
guance ancora arrossate e il
respiro accelerato.
Gohan sorrise a quelle parole e sparì nel cielo.
Pugni, calci e sfere d’energia facevano vibrare
l’aria
fresca e pulita dei monti Paoz.
Sarebbe stato impossibile seguire le mosse di quelle due
furie che si stavano scontrando, data la velocità e
l’intensità dei loro colpi.
Eppure nessuno dei due era abbastanza forte da battersi con i cyborg,
ma proprio
per questo motivo ogni momento era buono per allenarsi e potenziare le
proprie tecniche.
Prima o poi avrebbero raggiunto il livello dei due androidi e allora
per loro
non ci sarebbe stato scampo. O almeno così speravano.
“Non credi che possa bastare così?”
chiese ad un certo punto
Gohan bloccandosi.
Trunks lo imitò, stendendosi per terra con
l’intento di
riposarsi qualche secondo e riprendere fiato.
“Non sono stanco, continuiamo!” esclamò
il ragazzino
rimettendosi in piedi dopo una breve pausa.
Il saiyan più grande sorrise a quelle parole. Rivedeva se
stesso in quel giovanissimo saiyan dai capelli lilla, rivedeva la sua
stessa
tenacia e prudenza, la sua stessa determinazione e il suo stesso
orgoglio. D’altronde,
loro erano figli dei due ex saiyan più potenti
dell’Universo... C’era da aspettarselo
che raggiungessero e superassero i loro genitori!
A quel pensiero, Gohan spostò lo sguardo verso il cielo e
gli sembrò di intravedere tra le nuvole il viso solare e
giocondo di suo padre
che lo salutava. Sorrise con un po’ di malinconia, ripensando
alla sua promessa
di riportare la pace sulla Terra e rendere orgoglioso il padre.
Trunks approfittò della situazione per tirare un pugno
all’altezza
del suo stomaco e così Gohan mise da parte i ricordi,
riportando immediatamente
l’attenzione al combattimento.
“Mai abbassare la guardia.” recitò il
ragazzino con tono di
chi la sa lunga.
“Mai dare le spalle al nemico.” disse invece Gohan
tirando
un calcio a Trunks da dietro.
E così i due saiyan ripresero il combattimento, continuando
fino a sera.
“Ci vediamo domani, vero Gohan?” chiese Trunks
inspirando a
pieni polmoni per reprimere l’affanno.
“Domani? Mmm... non saprei...” rispose il ragazzo,
grattandosi la nuca.
Trunks sorrise in modo malizioso.
“Devi vederti con la tua fidanzata, non è
così?” ammiccò a
braccia conserte.
Gohan diventò paonazzo e balbettò incomprensibili
monosillabi.
“Allora non vieni?” chiese il ragazzino, un
po’ deluso.
Il saiyan più grande non seppe resistere a quegli occhioni
azzurri colmi di speranza. Si avvicinò al ragazzino e gli
spettinò i capelli in
un gesto che faceva spesso.
“E va bene...” acconsentì con un
sorriso.
Trunks urlò dalla gioia e abbracciò il suo
maestro, poi i
due si separarono e ognuno tornò alla propria casa.
Gohan entrò silenziosamente in casa e si stupì
nel trovare
già Videl addormentata sul divano. Controllò per
sicurezza l’orario e si
accorse di aver fatto piuttosto tardi: era notte fonda. Probabilmente
lei e
Chichi aveva cenato presto, poi la ragazza aveva insistito per
aspettare Gohan
e così si era addormentata lì sopra senza nemmeno
rendersene conto.
Si avvicinò e le sfiorò una guancia calda con la
mano,
vedendola muoversi lievemente a quel tocco. Non aveva una coperta e,
per
esperienza personale, Gohan sapeva che dormire sul divano non era molto
comodo:
prese la ragazza in braccio e la portò al piano di sopra,
nella sua stanza,
adagiandola sul letto e coprendola con la coperta.
Sorrise nel vederla così tranquilla e le diede un bacio
sulla fronte per poi andarsene e lasciarla dormire.
Una volta in cucina, mangiò la cena che sua madre gli aveva
messo da parte e infine andò a farsi una doccia, prima di
mettersi a letto e
abbandonarsi a qualche ora di sano riposo.
“Gohan”
Il saiyan aprì lentamente gli occhi, trovando Videl seduta
in un angolo del suo letto.
“E’ già ora di alzarsi?”
sussurrò lui coprendosi la testa
con il cuscino.
“No” rispose lei abbassando lo sguardo e
torturandosi le
dita “Io... io... posso dormire qui con te per questa
notte?” concluse tutto d’un
fiato.
Gohan inarcò le sopracciglia e sorrise lievemente.
“Certo, non riesci a dormire?” disse sollevando la
coperta.
Gli occhi di Videl si illuminarono a quell’invito e subito
la ragazza si infilò nel letto, mentre Gohan le porgeva un
pezzo della coperta
e la teneva stretta a sé in un caldo abbraccio. Arrossirono
entrambi, dato che
non avevano mai dormito insieme e quella situazione era del tutto nuova
per
entrambi. Videl percepiva il fiato caldo del ragazzo sul suo collo e le
sue
braccia che le cingevano la vita, Gohan invece era stato inebriato dal
profumo
della ragazza e dal piacevole calore che emanava.
“Ho fatto un incubo” spiegò lei
chiudendo gli occhi e
abbandonandosi alle braccia del ragazzo.
“I cyborg?” chiese lui, sicuro di ottenere una
conferma.
“Già”
Gohan sospirò. “Tranquilla, ci sarò
sempre io a proteggerti.”
Videl sorrise a quelle parole. “Di questo non ne dubito,
Gohan. Grazie”
“Ti amo”
Quelle parole gli erano venute fuori così, di getto.
“Anche io” rispose lei, accoccolandosi meglio tra
le braccia
del ragazzo.
Lui le baciò i capelli.
“Buonanotte”
Lei riuscì a strappargli un bacio dalle labbra.
“Notte, Gohan”.
E infine caddero entrambi tra le braccia di Morfeo.
Note dell'autrice:
Avevo promesso di aggiornare prima e invece...
ç_ç chiedo perdono!
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento. Un GRAZIE
speciale a tutti coloro che recensiscono e seguono, siete davvero in
tanti ed io non potrei esserne più soddisfatta <3
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo
A presto!
|
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Capitolo 11 *** Un'altra dimensione? ***
IL
FUTURO ESISTE ANCHE PER NOI
Un’altra dimensione?
Erano passati tre mesi dal giorno in cui Videl aveva
rischiato di morire per mano dei cyborg, tre mesi da quando aveva
promesso a
Gohan che non si sarebbe più cacciata nei guai, tre mesi da
quando il saiyan aveva
intrapreso allenamenti ancora più rigidi per raggiungere il
suo obiettivo, tre
mesi da quando Gohan e Videl si erano dichiarati amore, ma soprattutto
tre mesi
da quando i due ragazzi stavano ufficialmente insieme.
Dopo aver acconsentito alla proposta di battersi con Gohan
quando sarebbe diventato più forte, c-17 e
c-18 avevano lasciato la zona ed erano
partiti per chissà quale parte del mondo. Erano giorni che i
due spietati
androidi non si facevano vedere in città e la gente stava
vivendo un periodo di
“pace e ricostruzione” nella speranza che il nemico
non si facesse più vivo.
Videl era seduta sul divano a guardare il notiziario in tv.
“Credi che torneranno?” chiese a Gohan, il quale
era appena
arrivato vicino a lei con due tazze fumanti di cioccolata calda. Erano
ormai in
inverno e il freddo si faceva sentire.
“Sì, purtroppo” rispose il ragazzo
bevendo un sorso dalla
sua cioccolata “Forse domani, forse tra qualche giorno, tra
qualche mese o
magari tra qualche anno... Ma so per certo che torneranno,
perché l’ultima
volta ho promesso ad entrambi che sarei diventato più forte
e un giorno ci
saremmo scontrati sul serio”.
Videl annuì, sospirando.
“Se solo io potessi...”
“No!” la interruppe Gohan poggiando la tazza sul
tavolino
“Ne abbiamo già parlato, non serve che tu riprenda
ad allenarti perché
rischieresti solo di perdere nuovamente la vita!”
La ragazza sbuffò, tornando a fissare lo schermo della tv.
“Facevo tanto per dire... E poi, in fondo, so di essere solo
una sciocca debole
umana” rispose come se stesse recitando le
parole di qualcun altro.
Gohan scosse la testa. “In realtà sono i cyborg ad
essere spietate e invincibili macchine da
guerra, tu
sei nella norma Videl”
La ragazza sorrise appena e riportò lo sguardo su Gohan che
si accingeva a bere un altro sorso della sua cioccolata. Quando
staccò la tazza
dalle labbra, a Videl venne spontaneo ridere.
“Mi trovi divertente?” chiese Gohan, sarcastico.
In tutta risposta, la ragazza scoppiò a ridere di gusto.
“E’ solo che...”
Accennò un sorriso malizioso e gattonò verso
Gohan che era
seduto dall’altro lato del divano. Poggiò le mani
sul morbido cuscino di pelle
e avvicinò il viso a quello del saiyan, facendo aderire le
loro labbra calde e
dal sapore di cioccolato. Si staccarono pochi secondi dopo, sorridendo
un po’
imbarazzati nonostante ormai stessero insieme da mesi.
“Eri un po’ sporco lì” si
giustificò Videl indicando un
angolo della bocca del ragazzo.
Gohan ridacchiò tra sé e sé.
“Che scusa pessima” rispose stringendo la ragazza a
sé e
baciandola con passione, le dita che già si intrecciavano
tra i suoi capelli e
il cuore che batteva a mille.
“Che tempismo perfetto” concluse lei con gli occhi
che
brillavano e il sorriso stampato sulle labbra.
Per loro, ogni bacio sembrava il primo: stesso imbarazzo,
stesse sensazioni, stessa gioia, stessa voglia che quel momento durasse
in
eterno. L’unica cosa che mutava era l’amore che
provavano l’uno per l’altro e
che diventava sempre più forte e più sicuro di
giorno in giorno.
Bulma era intenta a completare nel suo laboratorio un
progetto molto delicato ed importante che - secondo lei - avrebbe
cambiato le
sorti del mondo, quando qualcuno suonò alla porta e la donna
dovette andare a
vedere chi era. Percorsa l’intera Capsule Corporation,
trovò Trunks che aveva
già accolto l’ospite e sorrise contenta.
“Ciao Gohan!” disse quando vide il saiyan discutere
già con
Trunks che lo fissava completamente rapito. Era risaputo che suo figlio
stimasse profondamente il suo maestro e lo ritenesse il suo punto di
riferimento, il suo esempio da raggiungere e magari persino da superare.
Rivedeva Goku e Vegeta in quei due giovani saiyan, forti e
determinati proprio come i loro rispettivi padri. Sorrise tra
sé e sé ma non si
fece sfuggire neppure una lacrima, speranzosa anche lei che tutto si
sarebbe concluso
per il meglio.
“Ciao Bulma!” rispose subito Gohan, mentre anche
Videl
usciva allo scoperto.
“Vedo che hai portato anche la tua ragazza...”
aggiunse la
scienziata sorridendo maliziosa “E’ un piacere
rivederti, tesoro!” disse poi
rivolgendosi a Videl.
“Anche per me, signora Brief” rispose
quest’ultima molto
educatamente.
La donna le poggiò una mano sulla spalla.
“Dai, chiamami Bulma! Ormai fai parte della famiglia,
no?”
Videl arrossì lievemente, rivolgendo un’occhiata
furtiva a
Gohan che annuiva convinto.
“Vi offro qualcosa?” chiese poi Bulma con voce
squillante.
Videl e Gohan si rivolsero uno sguardo d’intesa.
“In realtà noi eravamo solo venuti a fare una
piccola
visita... Andiamo di fretta eh eh!” rispose il ragazzo
grattandosi la testa su
imitazione del padre.
“Va bene, va bene... sarà per un’altra
volta allora!”
“Mamma!” li interruppe Trunks insistente
“Perché non dici a
Gohan e Videl della macchina del tempo?”
I due ragazzi fissarono Bulma e Trunks ad occhi sgranati,
perplessi per le parole del ragazzino.
Il viso della scienziata si illuminò.
“Torno subito!” esclamò sparendo tra i
corridoi dell’immenso
edificio.
E in effetti, pochi minuti dopo, Bulma era di nuovo
nell’ingresso con alcuni fogli tra le mani.
“E’ il progetto di un mio prototipo di macchina del tempo!”
I due ragazzi osservavano il disegno che recava scritte e
codici per loro incomprensibili, mentre Bulma spiegava che si trattava
di un
mezzo capace di viaggiare nel tempo e creare un universo parallelo a
quello in
cui vivevano.
“Ma è fantastico!” esclamò
Videl con gli occhi che
brillavano “In questo modo potremmo cambiare il corso degli
eventi e magari
evitare l’attivazione dei cyborg, così da salvare
tantissimi innocenti!”
Bulma scosse la testa.
“Magari fosse possibile! Purtroppo questa macchina
sarà solo
in grado di creare una dimensione parallela alla nostra e cambiare il
corso
degli eventi di quella stessa linea temporale! Le modifiche non
arriverebbero
nella nostra dimensione. Resterebbe tutto uguale.”
Il viso di Videl si spense immediatamente. Aveva seriamente
creduto che quel congegno così sofisticato e innovativo
avrebbe riportato in
vita suo padre e tutte le vittime dei cyborg.
“Ok, le modifiche non comporteranno cambiamenti nella nostra
dimensione... però... però se ne creiamo
un’altra, potremmo far sì che il suo
corso degli eventi sia differente rispetto al nostro! Almeno sapremo
che i
nostri corrispondenti avranno una vita migliore... Papà
potrebbe essere
avvertito della sua malattia cardiaca, i cyborg potrebbero essere
distrutti
prima della loro attivazione, tante persone potrebbero essere salvate e
poi...
poi...”
Bulma interruppe i sogni del ragazzo.
“Ehi Gohan, vacci piano! Per ora è solo un
disegno, ci
vorranno mesi per farlo diventare concreto... o forse
anni...” rispose la
scienziata con un sorriso amaro.
Ma Gohan non si perse d’animo. Come Videl, anche lui aveva
pensato a quanti benefici potesse portare quella macchina. E
l’idea di un altro
se stesso, un altro Gohan circondato da tutta la sua famiglia e da
tutti i suoi
amici aveva acceso in lui nuove speranze.
Terminata la conversazione, Gohan e Videl salutarono Bulma e
Trunks per poi uscire dalla Capsule Corporation e addentrarsi nel cuore
della
città dove negozi, bar e ristoranti si stavano lentamente
riprendendo.
Tra pochi giorni sarebbe stato Natale e le strade principali
erano illuminate da luci colorate e addobbi natalizi di tutti i tipi.
La gente
sperava che la magia del Natale avrebbe influenzato anche le intenzioni
dei due
cyborg e riportato, in questo modo, la pace sulla Terra. Speranza
ovviamente
infondata: per sconfiggere quei due esseri senza cuore non servivano
regali,
sguardi supplicanti o luci colorate; era necessario un guerriero forte
e
determinato che fosse in grado di fronteggiarli e sconfiggerli una
volta per
tutte. E Gohan credeva di essere proprio quel guerriero.
I due ragazzi camminavano mano nella mano, senza parlare. A
Videl era sempre piaciuta l’atmosfera natalizia, ma da
qualche anno non le
sembrava poi così magica
come una
volta. Guardarsi intorno e trovare edifici in fase di ristrutturazione,
gente
alla ricerca di un nuovo lavoro o di una nuova casa e negozi che
vendevano
materiale gratis per i meno fortunati non era proprio ciò
che avrebbe voluto
vedere girando per la città nel periodo di Natale. Ma il
proprio il fatto che
si stesse avvicinando la festa della bontà e della giustizia
per eccellenza le
dava un senso di conforto e le infondeva ancora più speranza.
“Hai freddo?” le chiese Gohan con un sorriso.
Videl si riscosse dai suoi pensieri, accorgendosi solo in
quel momento di stare tremando.
“Solo un po’...” rispose sfregandosi le
mani.
Gohan si tolse il cappotto e con molta delicatezza lo posò
sulle spalle della ragazza che si strinse forte all’interno
dell’indumento e si
sentì subito meglio.
“Grazie” sussurrò impercettibilmente. E
la sua mente tornò
subito alle parole di Bulma...
Questa macchina sarà
solo in grado di creare una dimensione parallela alla nostra e cambiare
il
corso degli eventi di quella stessa linea temporale!
Il voltò di Videl si oscurò subito. Quelle parole
continuavano a ronzarle nella mente, provocandole uno strano sentimento
di
inquietudine.
I due ragazzi camminarono per qualche altro minuto in
religioso silenzio, poi decisero di fermarsi in un bar per prendere
qualcosa di
caldo. Era un locale piccolo e poco frequentato, ma era accogliente ed
era
completamente invaso dall’atmosfera natalizia a giudicare
dagli addobbi che lo
decoravano interamente. Gohan e Videl presero entrambi un cappuccino e
si
sedettero in un angolo del locale, vicino alla finestra.
Il saiyan si accorse subito del cambiamento d’umore della
ragazza che girava distrattamente il cucchiaino nella tazzina.
“Cos’hai?” le chiese stringendole forte
una mano.
La ragazza sussultò a quelle parole e alzò lo
sguardo.
“Io... no, niente...” rispose sospirando.
“Sei triste” affermò Gohan
accarezzandole una guancia.
Videl sorrise appena. A quel ragazzo non si poteva
nascondere davvero niente!
“No, è solo che...”
Gohan la fissava con sguardo curioso.
“Stavo pensando che... se con la macchina del tempo si
dovesse creare un’altra dimensione con una catena di eventi
diversa dalla
nostra... beh... la me stessa di
quella dimensione potrebbe non incontrarti mai! Cioè non
incontrare il tuo... te stesso...”
Videl sperò che Gohan avesse capito il concetto, nonostante
sapesse di non essere stata chiarissima con le parole. Vide il saiyan
grattarsi
la testa con fare imbarazzato e poi fermarsi a pensare con lo sguardo
rivolto
verso il cappuccino.
“Se avessi avuto la possibilità di frequentare il
liceo, a
quale ti saresti iscritta?”
Videl sgranò gli occhi a quella domanda. Cosa centrava
questo?
“Alla
Orange High School...
credo...”
Il volto di Gohan si illuminò di colpo.
“Anche io! Ciò vuol dire che nell’altra
dimensione ci
saremmo incontrati lì!”
Videl, dapprima esitante, si rese conto che il ragazzo aveva
pienamente ragione.
“Sì, sicuramente sarà
così!”
Si sorrisero a vicenda per poi scambiarsi un dolce bacio a
fior di labbra e terminare i loro cappuccini con animo più
tranquillo.
“Siamo a casa!”
Non appena varcarono la soglia dell’ingresso, Gohan e Videl
restarono sbalorditi di fronte a ciò che Chichi aveva fatto
in loro assenza:
luci colorate, ghirlande e soprammobili ornavano l’ingresso e
il soggiorno
rendendo l’atmosfera ancora più calda e
accogliente di quanto fosse già.
Inoltre la tavola della sala da pranzo era stata apparecchiata con una
tovaglia
rossa dalle decorazioni dorate e dalla cappa del camino pendeva un
piccolo
pupazzetto di Babbo Natale con tanto di scala a pioli e sacco per i
regali.
Chichi stava portando la cena in tavola quando sentì
arrivare i ragazzi.
“Mamma... è bellissimo! Non festeggiavamo il
Natale da
quando papà è...” si bloccò
improvvisamente, rendendosi conto di ciò che stava
per dire.
Chichi sorrise appena. “Il fatto è che...
io...ehm... mi
sembra giusto che Videl possa festeggiare il Natale come gli anni
scorsi!”
La verità era che quella ragazza aveva portato
un’ondata di
cambiamento nel suo cuore e
Chichi si
era finalmente resa conto di quanti anni della sua vita avesse
sprecato. Dopo
la morte di Goku, la vita le era completamente sfuggita di mano: non le
importava più niente, se non di Gohan e suo padre Juma.
Finalmente aveva capito
che piangere sul latte versato non serviva a niente e che Goku non
avrebbe mai
voluto vederla così afflitta e sofferente. Videl, con il suo
carattere così
simile al suo e il suo amore per Gohan, le aveva completamente
stravolto la
vita!
“E’ stupendo Chichi, grazie...” rispose
la ragazza con gli
occhi prossimi alle lacrime.
Ma Gohan si guardava intorno con aria confusa.
“Qualcosa di non va, tesoro?” chiese Chichi
perplessa.
Gohan continuava a fissare un punto indefinito della stanza
quando...
“Ecco cosa manca: l’albero!”
esclamò indicando il punto del
soggiorno in cui erano soliti fare l’albero fino a pochi anni
prima.
Chichi annuì. “E’ che non ce
l’abbiamo più... quello...”
rispose tristemente.
“Potrei andarne a recuperare uno vero!”
esclamò Gohan
raggiante.
“Dopo cena! Ora mangiamo, o si fredderà
tutto!”
Erano circa le 10 quando, finita la cena, il saiyan di casa
partì diretto verso i monti Paoz per recuperare un abete
grande e resistente da
poter sistemare in soggiorno. Faceva piuttosto freddo ed era buio,
così Gohan
si trasformò in super saiyan e risolse entrambi i due
problemi.
Mezz’ora dopo, aveva già trovato
l’albero adatto. Lo sradicò
con molta facilità dal terreno e se lo mise in spalla,
tornando a casa.
Videl lo aspettava sull’uscio della porta.
“Ehi Videl, guarda che bell’esemplare!”
esclamò atterrando
in giardino.
La ragazza corse verso di lui. Faceva un certo effetto
vedere una persona con un albero di 2 m
x 1
m
in spalla. “E’ perfetto, non vedo l’ora
di decorarlo!” esclamò mentre Gohan si
accingeva a portarlo dentro casa. Fu un’impresa abbastanza
difficile,
considerando che la larghezza delle porte era appena sufficiente per
far
passare l’albero e che Chichi urlava continuamente di non
urtare contro i
mobili.
Alla fine, l’abete raggiunse sano e salvo il soggiorno.
Chichi mise fuori gli scatoloni degli addobbi e delle luci, e da quel
momento
ebbe inizio l’opera.
Tra palline colorate che cadevano continuamente, luci che si
incastravano tra le foglie e ghirlande che lasciavano brillantini
ovunque,
l’albero di Natale venne riccamente decorato e accompagnato
da un piccolo
presepe che si ergeva ai suoi piedi.
“E’ semplicemente perfetto!”
esclamò Videl osservandolo in
ogni minimo punto.
“Però manca una cosa!” aggiunse Gohan
tirando fuori la
stella dallo scatolone e posizionandola in cima all’albero.
Ora fissavano estasiati l’albero, quando Videl ebbe da
ridire.
“Manca un’ultimissima cosa!”
constatò correndo in camera sua
e tornando con una foto in mano.
La appese al ramo più vicino alla stella: ritraeva lei,
Gohan e Chichi insieme.
“Ora è davvero unico” concluse Chichi
sorridendo contenta.
Quel Natale non lo avrebbero mai dimenticato.
Dopodiché l’intera famiglia Son andò a
letto.
Nel cuore della notte, Gohan non riusciva a dormire: troppi
pensieri per la testa.
Si alzò da letto e raggiunse la sala da pranzo per prendere
un bicchiere d’acqua.
Trovò al luce già accesa e sua madre che stava
appendendo
qualcosa in cima all’albero con l’aiuto di una
scala. “Che stai facendo, mamma?”
Chichi si voltò di scatto, sussultando. Era stata beccata in
flagrante.
“Io... ehm... volevo solo...”
Gohan si avvicinò alla madre e le sfilò dalle
mani l’oggetto
che voleva appendere all’albero.
Era un’altra foto, proprio quella che Chichi teneva sul
mobile accanto al tavolo: c’erano lei, Goku e Gohan da
bambino. Erano uniti, felici.
Gohan sorrise e la appese accanto all’altra foto che
ritraeva lui, Chichi e Videl.
“Grazie” concluse la donna guardando la cima
dell’albero con
gli occhi lucidi “Ora io torno a dormire... Buonanotte
tesoro”
Gohan annuì, poi si ricordò improvvisamente di
una cosa
importante.
“A proposito, mamma!”
Chichi si voltò di nuovo.
“In un’altra vita, in questo stesso momento,
papà potrebbe
essere ancora vivo”
Chichi sgranò gli occhi. La voce di Gohan le era parsa
estremamente
pacata e rassicurante!
Le parole gli si
fermarono in gola, il cuore che batteva forte e le mani che tremavano.
“...Come hai detto?” chiese stralunata, ingoiando a
vuoto.
Gohan sorrise appena.
“Bulma sta progettando una macchina del tempo in grado di
creare un universo dimensionale parallelo al nostro in cui cambiare il
corso
degli eventi. Papà potrebbe rimanere in vita, i cyborg
venire distrutti prima
ancora di essere attivati e... la Terra non sarebbe
più in pericolo.”
Chichi si portò una mano sul cuore e fece un respiro
profondo.
“Significa che...”
“No purtroppo” la interruppe Gohan
“Questo sistema non
porterà modifiche qui.”
Chichi abbassò lo sguardo, un po’ delusa.
Lo rialzò poco dopo, gli occhi prossimi alle lacrime. Ma non
erano lacrime di malinconia.
“Va bene ugualmente. Mi basta sapere che sono con Goku e con
te in una qualunque dimensione della vita.”
Gohan sorrise e la abbracciò forte.
“Papà è sempre
con
noi”
“Certo, tesoro”
Si diedero la buonanotte e poi andarono a dormire.
Non sapevano che quella macchina del tempo avrebbe, in
qualche modo, cambiato anche il destino della Terra nella loro
dimensione.
Note dell'autrice:
Questa volta non sono in ritardo, però mi scuso con la
carissima NeDe per averle detto che aggiornavo il 30 luglio mentre oggi
è già il 1° agosto. Il tempo è
poco e gli impegni sono tanti >.<
Spero che il capitolo vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate. E
grazie a chi mi segue e recensisce sempre <3
A presto
PS. Nel prossimo capitolo il rating si alzerà XD
|
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Capitolo 12 *** A Natale, da parte l'imbarazzo ***
IL FUTURO
ESISTE ANCHE PER NOI
A Natale, da parte
l’imbarazzo
Poderosi calci, rapidi pugni e luminose sfere d’energia
facevano vibrare l’aria appesantita della Gravity Room che
– nonostante la
scomparsa del primo guerriero che ne aveva fatto uso e le numerose
ricostruzioni che ne conseguirono – si ergeva ancora nel
giardino della Capsule
Corporation in tutta la sua imponenza e il suo splendore.
La gravità era 150 volte superiore a quella terrestre: ogni
occasione era utile per allenarsi e migliorare, anche il giorno della
vigilia
di Natale.
“Siamo migliorati, vero Gohan?” chiese il piccolo
erede
della Gravity Room costruita anni prima da Bulma per
quell’orgoglioso e cinico
saiyan che le avrebbe cambiato la vita.
“Si” rispose Gohan accennando un sorriso, senza
smettere di
parare i colpi di Trunks e colpirlo di tanto in tanto moderando la
propria
forza. “Ma la strada è ancora lunga: tuo padre si
allenava a gravità 350.”
Trunks annuì, scendendo con i piedi per terra.
“Vorrà dire che io arriverò a
sopportare la gravità 400!” esclamò
con determinazione, le mani sui fianchi e gli occhi che brillavano. In
quel
momento, era tale e quale a suo padre.
“E allora non perdiamo tempo, riprendiamo a
combattere.” lo
incitò il saiyan più grande facendogli segno di
avvicinarsi.
Trunks non se lo fece ripetere due volte e, un attimo dopo,
i due guerrieri erano di nuovo a combattere tra di loro.
“Allora quand’è che vi
sposate?!”
Videl arrossì lievemente, spostando lo sguardo altrove per
nascondere l’imbarazzo.
“S-sposarci? Siamo troppo giovani... e poi con la storia dei
cyborg e tutto il resto, non sarebbe possibile... la chiesa, il
ristorante... troppe
spese... eh eh!”
Bulma mostrò un sorriso malizioso e posò la mano
sulla
spalla di Videl, come per incoraggiarla.
“Vorrà dire che aspetteremo...”
La mora rispose con una risatina isterica che contagiò sia
la scienziata sia Chichi.
“Non è ora di pranzo? Gohan e Trunks saranno
affamatissimi!”
disse poi la moglie di Goku, gettando lo sguardo in direzione della
finestra. Videl
la imitò con fare incuriosito.
“Vado a chiamarli io!” disse al volo, uscendo di
casa.
Attraversò la parte di giardino sulla quale si affacciava
l’immenso
edificio della Capsule Corporation e arrivò davanti
all’ingresso della Gravity
Room, intravedendo Gohan e Trunks che se le davano di santa ragione.
Era
impossibile seguire il combattimento: entrambi troppo forti, entrambi
troppo
veloci, entrambi saiyan. Quella
storia rimaneva ancora un mistero per lei, qualcosa di incomprensibile
ma
sublime, spaventoso e al tempo stesso affascinante.
Riportò la gravità al livello normale ed
entrò nella stanza
adibita agli allenamenti dove Gohan e Trunks la fissavano con aria
perplessa.
“Ehi Videl, perché hai spento tutto?!”
esclamò Trunks
guardandola in cagnesco.
“E’ ora di pranzo” rispose lei con
tranquillità “Non avete
fame?”
A quelle parole, sul volto dei due saiyan si dipinse un
sorriso a dir poco sadico che fece
sobbalzare la povera ragazza e allontanarsi dall’ingresso nel
momento in cui li
vide sfrecciare in giardino.
Ridacchiò divertita alla vista dei due che facevano a gara a
chi arrivasse prima.
“Mi sono dimenticato di ringraziarti”
Il cuore di Videl perse un battito. Si voltò di scatto,
specchiandosi immediatamente nello sguardo languido di Gohan che le
sorrideva
dolcemente. I capelli intrisi di sudore incorniciavano il suo viso
bellissimo e
rilassato nonostante la pesante seduta di allenamenti appena terminata,
le
braccia e i muscoli del petto sembravano crescere e diventare sempre
più
marcati ogni giorno che passava, il fisico scolpito era ricoperto dalla
solita
tuta blu e arancione piena di strappi e bruciature.
Ma nonostante questo, Gohan era sempre perfetto.
“C-come hai fatto a...? Oh, è vero: sei un
saiyan.” disse la
ragazza dandosi mentalmente della stupida. Gohan era imprevedibile.
Il ragazzo sorrise e le sfiorò una guancia con la mano.
Allora
Videl si sollevò sulle punte dei piedi e gli
regalò un dolce bacio a fior di
labbra, mentre lui già insinuava le dita tra i capelli della
ragazza in modo da
approfondire il bacio. Ma Videl si ritrasse immediatamente.
“E’ ora di pranzo e tu puzzi da morire, quindi vedi
di farti
una tripla doccia fredda se non vuoi che ci mangiamo tutto.”
Gohan ridacchiò divertito. “Non credo che tre
piccole
terrestri e un saiyan di appena 11 anni possano far fuori il pranzo di
un
saiyan adulto.”
Videl lo fissò accigliata. “E chi sarebbe il
saiyan adulto?”
chiese sarcastica.
“Io, naturalmente!” rispose il ragazzo chinandosi
per catturare
di nuovo le sue labbra.
Ma Videl indietreggiò subito, muovendo l’indice
della mano
destra in segno di rifiuto.
“Vatti a lavare, saiyan
adulto! Altrimenti non ti bacerò più
per il resto della mia vita!”
Gohan rivolse alla mora un’ultima occhiata e sorrise, poi
mise le mani dietro la testa e trotterellò verso la Capsule
Corporation
farfugliando qualcosa del tipo “Un saiyan che si fa mettere i
piedi in testa da
una terrestre: papà sarebbe fiero di me!”
Una volta che i due saiyan arrivarono a tavola puliti e
soprattutto profumati, il pranzo della vigilia di Natale ebbe inizio.
L’atmosfera
non era la stessa degli ultimi anni appena trascorsi, era molto
più accogliente
e magica: i cyborg si erano concessi un periodo di tregua e poi
c’era la
presenza di Videl a rallegrare tutti i presenti, soprattutto Gohan che
aveva
scoperto cosa fosse l’amore. Ma anche Bulma e Chichi erano
contente che la
ragazza fosse entrata nella loro vita: speravano semplicemente che
Gohan
avrebbe vissuto per sempre a fianco della persona che amava, cosa che a
loro
non era stata concessa nonostante lo avessero desiderato ardentemente.
E
Trunks, anche lui era felice di avere sempre Videl “tra le
scatole” perché il
viso di Gohan si illuminava ogni volta che era con lei e ciò
non poteva che
renderlo felice, nonostante qualche volta fosse geloso del tempo che il
suo
maestro passava con la mora.
Dopo pranzo, Bulma e Chichi si misero a lavare i piatti
mentre Gohan, Videl e Trunks uscirono di casa per fare una passeggiata.
Non ci
si stancava mai di osservare i negozi addobbati, le strade illuminate e
l’enorme
albero allestito nel centro della città.
“Allora quando vi sposate?” chiese Trunks
sfoderando un
enorme sorriso.
Videl e Gohan, che in quel momento si tenevano per mano, si
allontanarono subito l’uno dall’altro e si
fissarono a vicenda con aria
perplessa.
“M-ma che stai dicendo, Trunks?! Chi te le dice queste
cose?!”
insistette Gohan con le guance rosse un po’ per
l’imbarazzo e un po’ per il
freddo.
“La mamma e Chichi” rispose tranquillamente il
ragazzino.
Videl si diede una manata in faccia, ricordando le parole di
Bulma prima di pranzo. Perché quelle due erano fissate con
il matrimonio?
Certo, un giorno le sarebbe piaciuto sposare Gohan... ma ora erano
ancora
troppo giovani e inesperti per compiere il grande passo!
“Beh... è ancora presto per parlare di matrimonio.
Io e
Videl siamo fidanzati solo da qualche mese!”
esclamò Gohan grattandosi la
testa.
“Tre e mezzo” precisò la ragazza
fissando accigliata il
saiyan.
Lui annuì con un sorriso. In quel momento avrebbe voluto
godersi da vicino il suo sguardo dolce e profondo, avrebbe voluto
baciarla e
stringerla forte a sé. Ma Trunks era con loro e sarebbe
stato parecchio
imbarazzante baciarla davanti a lui: l’unica cosa che poteva
fare era
sorriderle e trasmetterle con lo sguardo ciò che provava.
Pochi minuti dopo, i tre giunsero di fronte all’imponente
albero che da qualche giorno si ergeva nel centro della
città. Era l’albero più
bello e più grande che avessero mai visto, inoltre ai suoi
piedi era stato
costruito un presepe con luoghi, oggetti e personaggi di dimensioni
reali.
La piazza era invasa di gente.
“E’ bellissimo” sussurrò Videl
con gli occhi che brillavano.
Gohan le sorrise e strinse forte sua mano, stando ben attento a non
farsi
vedere da Trunks. Ma il ragazzino era troppo preso
dall’atmosfera natalizia per
accorgersi dei loro gesti.
Dopo aver camminato intorno alla piazza per un po’ di tempo,
chiacchierando e ridendo spensierati, i tre decisero di fare una sosta
in un
bar perché Trunks diceva di avere già fame.
“Cosa vi porto?” chiese la cameriera del locale,
gentile.
“Per noi niente, grazie” rispose Gohan con un
sorriso.
La donna inarcò un sopracciglio, perplessa.
“E per vostro figlio?”
A quelle parole, Gohan e Videl sgranarono gli occhi e diventarono
improvvisamente paonazzi in viso. La ragazza nascose il viso tra le
mani e il
saiyan affondò la testa nel cartoncino del menù.
“Loro non sono i miei genitori!” rispose subito
Trunks
divertito “Comunque voglio uno di quei dolci esposti nella
vetrina. Sembrano
davvero deliziosi!”
La cameriera annuì e se ne andò.
“Non è possibile! E’ già la
terza volta, in un giorno, che
si parla del... nostro matrimonio!”
esclamò
Videl, indecisa se mettersi a piangere per l’imbarazzo o
ridere per la coincidenza.
“Allora vi sposate!” rispose Trunks, allegro.
Gohan si diede una manata in faccia. “Chi ha mai parlato di
matrimonio?!”
Il ragazzino fissò accigliato prima il suo maestro e poi la
sua fidanzata.
“Voi, un momento fa!”
“Ma no Trunks, io e Videl non vogliamo sposarci...”
si
affrettò a rispondere il saiyan più grande.
“...per ora” fu
lei a terminare la frase.
Gohan la guardò, vedendola arrossire subito dopo. E anche in
quel momento combatté contro la voglia di baciarla, di
stringerla forte a sé e
farle capire che con lei sarebbe andato anche in capo al mondo. Ma
avrebbe
riparato quella stessa sera, quando sarebbero rimasti soli.
Videl e i due saiyan stavano tornando a casa, quando...
“Guardate, nevica!” esclamò Trunks
alzando gli occhi verso
il cielo.
Videl e Gohan imitarono il ragazzino e subito intravidero i
piccoli fiocchi di neve che cadevano dal cielo nuvoloso, posandosi
delicatamente sulle superfici di strade e macchine e cominciando a
creare un
manto bianco che probabilmente sarebbe durato per alcuni giorni.
“Dobbiamo sbrigarci a tornare a casa, prima che si ricopra
tutto di neve!” disse Gohan guardandosi intorno. Trunks
annuì e spiccò il volo.
“Riesci a volare?” chiese Gohan rivolgendosi alla
ragazza.
Videl si strinse nel suo cappotto, affondando il viso nella
sciarpa.
“Io... io non credo. Ho un po’ di freddo... Sai
com’è, non
sono mica una saiyan!”
Gohan sorrise appena. Si chinò su di lei e la prese tra le
sue braccia, poi volarono insieme verso casa.
Il petto di Gohan era caldo e confortevole.
Videl afferrò un lembo del suo maglione e si strinse forte
al ragazzo, ricordando immediatamente la prima volta in cui lei e Gohan
si
erano incontrati. Allora non sapeva che la sua vita, grazie a quel
bellissimo e
misterioso ragazzo, sarebbe stata completamente stravolta.
Respirò piano il profumo del ragazzo, godendo del calore che
emanava il suo corpo e del senso di protezione che le donava. Poi
chiuse gli
occhi e rilassò i muscoli irrigiditi dal freddo.
Solo pochi secondi e avrebbe ceduto.
Solo pochi secondi e il sonno avrebbe preso possesso del suo
fragile corpo.
Solo pochi secondi e sarebbe atterrata nel mondo dei sogni.
Solo pochi secondi e...
“DOVE DIAVOLO VI ERAVATE CACCIATI?!”
Videl sobbalzò immediatamente, mentre Gohan la aiutava a
scendere per terra, nel giardino di casa Brief.
“Sbaglio o eravate usciti solo per una
passeggiata?!” continuò
Chichi furibonda.
Anche Bulma raggiunse i tre ragazzi.
“E dai Chichi, non scaldarti tanto! Sono sani e salvi,
vedi?”
disse la scienziata con una vena di sarcasmo. La mora sembrò
calmarsi.
“Con questa neve, è meglio restare a
casa.” concluse in modo
più pacato.
“Certo mamma” rispose Gohan entrando
nell’edificio, seguito
da una stralunata Videl e da un allegro Trunks. “Mmm, che
buon profumino!” aggiunse
arrivando nella sala da pranzo.
“Forse non ve ne siete accorti, ma è quasi ora di
cena. Anzi,
del cenone di Natale!” avvertì Bulma pimpante.
E infatti, un’ora dopo, tutti i presenti erano già
a tavola.
A cena, Bulma propose a Chichi di rimanere a dormire lì alla
Capsule Corporation. La moglie di Goku si dimostrò dapprima
esitante, poi
convenne che sarebbe stato bello il mattino dopo ritrovarsi tutti
insieme per
scartare i regali. E così accettarono: i Son avrebbe passato
la notte di Natale
dai Brief.
Bulma mostrò le camere agli ospiti: ne scelse una tutta per
Chichi e una per Gohan e Videl.
“Non fate troppo rumore, Trunks si sveglia
facilmente!” aveva
detto ai due ragazzi con un sorriso malizioso. Videl era arrossita
subito,
mentre Gohan non aveva dato molto peso a quelle parole.
Non appena furono nella loro stanza, i due ragazzi si misero
nei loro rispettivi letti.
“Ti sei divertita oggi?” chiese Gohan voltandosi da
un lato
per poter osservare la ragazza. Quest’ultima fece
altrettanto, rivolgendogli un
magnifico sorriso.
“Certo, e tu?”
Gohan annuì. “C’eri tu con me”
spiegò un po’ imbarazzato.
Videl sorrise appena e, con un po’ di coraggio, scese dal
letto e raggiunse Gohan in punta di piedi.
Si sedette accanto a lui e si chinò sul suo viso, sfiorando
appena le sue labbra in un delicato contatto di pochi secondi.
L’effetto fu
devastante, come sempre.
Gohan, un po’ rosso in volto, scostò le coperte e
fece segno
di entrare nel letto.
Videl non se lo fece ripetere due volte e si lasciò
immediatamente avvolgere dal calore delle coperte e dalla protezione
della
braccia di Gohan.
Il ragazzo la abbracciò forte e le lasciò un
bacio sul collo.
Non appena sentì la pelle a contatto con le labbra del
ragazzo, Videl sussultò
imbarazzata e voltò la testa verso di lui.
“Perché mi guardi così?”
chiese Gohan allarmato “N-non
volevi?”
Videl accennò un sorriso. “Stupido, certo che
volevo!” rispose
baciandolo sulle labbra.
Fu un bacio dolce e passionale allo stesso tempo: i loro
corpi già fremevano, mentre le coperte diventavano
ingombranti e le loro mani
tremavano di curiosità.
Videl gettò le braccia intorno al collo del ragazzo che
già
la sovrastava e la teneva stretta a sé per la vita. Le loro
bocche si cercavano
e si modellavano, mentre le mani del ragazzo accarezzavano i capelli
morbidi e
setosi di lei. La mora rispondeva al bacio con il suo stesso ardore,
sfiorandogli il viso con le mani e indugiando sulla sua nuca.
Era arrivato il momento di mettere da parte l’imbarazzo e
mostrare il lato maturo che nascondevano a causa della poca esperienza
e della
situazione tragica che viveva il loro mondo. Ma nonostante
ciò, il destino li
avevi fatti incontrare e innamorare: niente avrebbe potuto separarli.
“Ti amo” sussurrò Gohan in un orecchio
di lei.
Videl lo baciò ancora, ancora e ancora. “Ti amo
anche io.”
Le mani di Gohan, grandi e inesperte, scorrevano
delicatamente e forse anche un po’ goffamente lungo le curve
morbide e
aggraziate della ragazza che rabbrividiva sotto il suo tocco impacciato
ma passionale.
Era una situazione del tutto nuova, forse imbarazzante, ma talmente
magica ed
emozionante che i due avrebbero voluto che potesse durare in eterno.
Gohan prese la ragazza per i fianchi e la sollevò, in modo
da poter sfiorare con le labbra il suo collo niveo e delicato. Videl lo
attirò
maggiormente a sé per la nuca, aggrappandosi poi alle sue
spalle possenti e
alla sua larga schiena. Si lasciò sfuggire involontariamente
un gemito nel
momento in cui le loro intimità vennero per sbaglio a
contatto e Videl percepì
l’eccitazione del ragazzo premere contro il suo bacino.
“S-scusa” disse lui allontanandosi immediatamente
rosso in
volto. “I-io non volevo”
Videl sorrise e lo afferrò per il colletto del pigiama,
avvicinandolo a sé e baciandolo con passione. Gohan si
stupì della sua
reazione. “Non devi scusarti, è normale
no?” spiegò lei un po’ imbarazzata.
Gohan si grattò la testa, facendo un respiro profondo, e poi
riprese da dove aveva lasciato.
Continuarono a baciarsi, toccarsi e accarezzarsi finché
anche i vestiti furono di troppo e allora si ritrovarono entrambi nudi,
eccitati e anche un po’ impacciati in quel letto che sapeva
d’amore, di
proibito. In quel letto che...
“Gohan, siamo alla Capsule Corporation!”
esclamò la ragazza
ad un tratto.
Il saiyan era così preso dai suoi baci e dalle sue carezze,
che non capì il senso di quelle parole.
“E allora?”
“Stiamo per... farlo...
sul letto di altre persone!”
Gohan sorrise. “E’ un problema? Non ricordi le
parole di
Bulma?”
Videl ci pensò un attimo.
“Non fate troppo
rumore, Trunks si sveglia facilmente!”
“Ora ricordo” disse arrossendo.
Gohan le accarezzò una guancia accaldata.
“Allora tu vuoi?”
Videl abbassò lo sguardo. “Sì,
altrimenti perché starei qui?”
Gohan ridacchiò divertito e la baciò, facendo
combaciare
perfettamente i loro corpi frementi.
Erano sensazioni del tutto nuove quelle che stavano
provando.
“Farò piano, sta tranquilla” disse lui
dandole un bacio
sulla fronte.
Videl annuì. “Mi fido di te”
E così tra baci, carezze, sorrisi e sguardi imbarazzati,
Gohan penetrò delicatamente in lei rendendola una vera
donna, la sua donna.
La ragazza sentì che, con il tempo e l’abitudine,
il dolore
sbiadiva lentamente e lasciava il posto ad una sensazione di totale
piacere e
appagamento. Le spinte aumentavano, i baci si facevano più
roventi e la carezze
più audaci.
L’imbarazzo aveva ceduto il posto alla sicurezza di un amore
puro e reale.
Quando raggiunsero insieme l’apice del piacere, Gohan si
stese accanto a lei e le diede un soffice bacio sulle labbra. Gli occhi
di
Videl brillavano.
“E’ successo davvero?” chiese lei,
ingenuamente.
Gohan sorrise.
“Ti è sembrato irreale?”
“Mi è sembrato fantastico, Gohan.”
Il ragazzo la strinse forte a sé, tempestandola di baci
ovunque.
“Non mi lasciare.”
Gohan la fissò accigliato. “Mai”
rispose semplicemente.
Videl abbassò lo sguardo. “Intendo non mi lasciare
in ogni
modo umanamente possibile. Gohan, non so cosa farei se ti dovessi
perdere
durante uno scontro con i cyborg...”
“Questo non avverrà, sta tranquilla. Non
permetterò a
nessuno di dividerci.”
Videl sorrise.
Quella frase valeva più di mille “Ti
amo”.
“Buon Natale, Gohan.”
“Buon Natale, Videl.”
La notte di Natale
più bella della loro vita.
Note dell'autrice:
Che tristezza... sappiamo tutti come andranno a finire le
cose... ç.ç
Ho
dovuto necessariamente alzare il rating da giallo ad arancione, spero
che abbiate gradito ugualmente XD
Ringrazio chi segue/preferisce/ricorda/recensisce/legge in silenzio
questa storia <3 è davvero importante per me.
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo ;)
A presto
|
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Capitolo 13 *** Complicazioni ***
IL
FUTURO ESISTE ANCHE PER NOI
Complicazioni
Erano passati ben quattro anni da quando i cyborg avevano
abbandonato Orange City e dintorni.
Ormai Videl e Gohan avevano entrambi 25 anni: il saiyan
continuava ad allenarsi nel caso in cui gli androidi si fossero
ripresentati da
quelle parti; la ragazza aveva trovato un lavoretto part-time in un
piccolo bar
del centro, perché non se la sentiva più di
essere mantenuta in tutto e per
tutto dalla famiglia Son. La gente li scambiava per una coppia sposata,
tant’erano dolci e affiatati ma al tempo stesso pronti a
litigare per ogni
piccolo dettaglio.
Era una piovosa giornata di primavera e Videl doveva recarsi
a lavoro.
“Posso andarci benissimo da sola!”
esclamò la ragazza
afferrando l’ombrello.
“Ho detto che ti accompagno io, per questa mattina”
replicò
Gohan bloccandola per un braccio, prima che potesse varcare la soglia
della
porta.
La popolazione di Orange City e delle zone circostanti viveva
in pace da quattro anni, ma era già da un paio di giorni che
Gohan percepiva un
brutto presentimento: si respirava un’aria diversa, quasi
tetra e pericolosa.
Il saiyan temeva che stessero per tornare i cyborg, il che sarebbe
stato un
grosso problema dato che le città di quella zona si stavano
appena riprendendo
dal disastro di pochi anni prima. Se da un lato era preoccupato per una
loro
ipotetica ricomparsa, dall’altro era entusiasta di testare i
progressi dei suoi
nuovi allenamenti e verificare se fosse finalmente in grado di
fronteggiare i
due spietati androidi.
“Ma perché, Gohan?! E’ solo un
po’ di pioggia!” disse Videl
perplessa.
Lo sguardo del ragazzo si intenerì. “Non
c’entra la pioggia.
Voglio solo accompagnarti, solo per questa mattina.” rispose
accennando un
sorriso.
La verità era che si sentiva stranamente inquieto in quegli
ultimi giorni e, se fosse successo qualcosa alla sua ragazza, non se lo
sarebbe
mai perdonato.
Poi, il sorriso del saiyan convinse la ragazza e così si
avviarono insieme al bar.
Gohan e Videl volavano velocemente sotto lo stesso ombrello,
stretti l’uno all’altro per non bagnarsi.
“Dovrebbe piovere più spesso”
commentò Videl con un sorriso.
Gohan, in quegli anni, aveva imparato a decifrare ogni
minimo cambiamento di espressione della ragazza. E quella volta non fu
da meno,
cogliendo al volo il significato delle parole che gli aveva appena
rivolto. In
tutta risposta, la strinse più forte a sé e
accelerò fino a raggiungere il bar.
“Puoi andare ora, Gohan” disse Videl mantenendo la
calma.
Non riusciva proprio a spiegarsi perché il saiyan, negli
ultimi giorni, si mostrasse così protettivo, più
del solito. E ciò cominciava a
preoccuparla.
“Non vuoi che resti qui?” chiese lui, fermo sulla
soglia del
locale. Osservava con insistenza la mora intenta a dare una spolverata
al
bancone e dire qualcosa all’orecchio della proprietaria del
locale, Jane. Poi
la vide dirigersi verso di lui: era bellissima nel suo completo da
lavoro, con
i capelli di nuovo lunghi legati in un’unica treccia e il
ciondolo al collo che
le aveva regalato a Natale quattro anni prima.
Sul volto del saiyan, si dipinse un enorme sorriso.
“Ti ricordo che devi allenarti, Son Gohan!”
L’espressione raggiante del moro si trasformò in
una
smorfia.
Sospirò pesantemente e poggiò una mano sul viso
della
ragazza.
“Sicura di farcela da sola?”
Videl inarcò le sopracciglia, perplessa.
“Ma che domande fai?!” rispose stizzita, premendo
la propria
mano su quella di Gohan che non smetteva di sfiorarle il viso in una
carezza protettiva. “E’ da
tanto tempo, ormai,
che lavoro qui! Credo di riuscire a cavarmela da sola anche
oggi.”
Gohan sbuffò, togliendo la mano dal viso di Videl.
“E va bene... Ma se succede qualcosa, non esitare a
chiamarmi.”
Videl accennò un sorriso. “Cosa potrebbe succedere
di tanto
brutto?”.
Che magari i cyborg
tornino e prendano di mira proprio te, pensò Gohan
sospirando.
“Allora io vado... stai attenta, eh?” concluse
stampandole
un bacio sulle labbra.
Videl ricambiò e mosse la mano in segno di saluto, mentre
Gohan usciva dal locale.
Il saiyan rivolse un’ultima occhiata alla finestra del bar,
dalla quale riusciva a intravedere la sua ragazza tutta presa dal
lavoro. Quel
brutto presentimento non voleva proprio lasciarlo in pace.
Ma fece un bel respiro profondo e si auto-convinse che
sarebbe andato tutto bene, poi si avviò alla Capsule
Corporation.
“Gohan!”
Un quattordicenne dai capelli lilla, lo sguardo azzurrissimo
e il sorriso stampato sul volto, corse incontro a Gohan che era appena
arrivato
alla Capsule Corporation.
“Trunks, tu cresci troppo in fretta!” disse Gohan
sorridendo.
Il buffo bambinetto di tre anni prima si era trasformato in
un giovane uomo pronto a tutto per difendere le persone che amava e
vendicare
la morte dei suoi familiari defunti, specialmente lo stimato padre che
non
aveva mai conosciuto.
Dopo aver scambiato quattro chiacchiere con Bulma, Trunks e
Gohan uscirono per la loro consueta sessione di allenamenti. Ormai non
si
allenavano più sui monti Paoz, bensì su una
scogliera che si affacciava sul
mare. Inoltre Gohan era diventato molto più rigido ed
esigente con il suo
allievo e quest’ultimo non poteva esserne più
felice, data la voglia di
raggiungere il suo maestro.
Arrivati sulla ormai familiare scogliera, cominciarono con i
riscaldamenti e poi con un combattimento in aria. Gohan non moderava
più la sua
forza, colpendo Trunks con sicurezza e senza preoccupazione: sentiva
che quel
ragazzino sarebbe diventato un ottimo guerriero, d’altronde
era il figlio del
principe dei saiyan!
Dopo il combattimento, si sedettero su alcune rocce per
riprendere fiato.
“La senti anche tu, Gohan?” chiese il ragazzino
rivolgendo
lo sguardo verso l’orizzonte.
Gohan inarcò le sopracciglia, perplesso.
“A cosa ti riferisci?”
“Non hai notato niente in questi giorni?”
Gohan sgranò gli occhi, intuendo le preoccupazioni del suo
giovane allievo.
“Sì, la sento. Ed è sempre
più vicina.”
Trunks sospirò, sollevato che non fosse l’unico ad
avere
quel brutto presentimento da giorni.
“E credi che siano i cyborg?”
Il saiyan più grande sollevò le spalle.
“Non lo so, ma
sarebbe una tragedia se così fosse.”
Trunks annuì.
“Pensi di essere pronto a scontrarti di nuovo con
loro?”
“Credo di sì” rispose Gohan, ma Trunks
intravide insicurezza
dei suoi occhi.
“Sono certo che li sconfiggerai e diventerai tu il numero
uno!” esclamò il ragazzino, dando una pacca sulla
spalla del suo maestro per
sollevargli l’umore.
“Lo spero proprio, Trunks. Lo spero proprio.”
Dopo un’altra seduta di allenamenti, Gohan
riaccompagnò
Trunks a casa.
“Resti a pranzo, Gohan?” chiese Bulma, manovrando
pentole e
piatti tra i fornelli della cucina.
Sentendo quel profumino invitante, il saiyan sarebbe
volentieri rimasto a mangiare, ma c’era una cosa importante
che aveva ancora da
fare.
“No, mi dispiace. Sarà per un’altra
volta.” rispose
semplicemente.
Bulma si sorprese molto, ma evidentemente Gohan aveva da
fare.
Non riusciva a credere che quel bambino dolce e studioso di
un tempo, fosse diventato un uomo così forte e in gamba.
Fisicamente era
identico a Goku, ma il suo sguardo era più duro e i suoi
modi di fare molto più
sicuri e meno infantili. Certamente, era per via dei cyborg e della
perdita dei
suoi familiari e amici più stretti. Era duro ammetterlo, ma
era stato proprio
il dolore a far crescere Gohan.
Il saiyan volava a velocità massima verso il bar in cui
lavorava Videl.
Si sentiva continuamente inquieto e preoccupato. Avrebbe
voluto averla sempre vicina, in modo che non le succedesse niente di
ciò che
temeva.
Arrivato nel locale, prese un tavolo e cercò con lo sguardo
la mora.
La trovò intenta a prendere le ordinazioni di due ragazzi
che non smettevano di toglierle gli occhi di dosso, sorridendole e
rivolgendole
occhiate maliziose. La cosa infastidì non poco Gohan.
Poi la vide allontanarsi e dirigersi verso la cucina,
probabilmente per riferire le ordinazioni dei clienti. Infine
tornò e gettò uno
sguardo generale al locale, per verificare che non ci fosse
più nessuno in
attesa di ordinare.
Fu proprio in quel momento che il suo sguardo incontrò
quello di Gohan.
Il ragazzo sorrise e alzò la mano in segno di saluto. Lei,
al contrario di quanto si aspettasse il saiyan, mise le mani sui
fianchi e lo
fulminò con lo sguardo.
Il sorriso di Gohan diventò una smorfia di puro terrore.
“Gohan, che diavolo ci fai di nuovo qui?!”
urlò lei, quando
raggiunse il suo tavolo.
“Ehm... vorrei pranzare... eh eh!”
esclamò il saiyan,
grattandosi la testa in un gesto automatico.
L’espressione di Videl si indurì ancora di
più.
“Tu non rinunceresti mai alla cucina di Chichi”
affermò
sicura di sé. “Ciò significa che
c’è qualcosa che non va! E’ da questa
mattina
che mi segui, devi spiegarmi cosa ti prende!”
Gohan sbuffò, incrociando le braccia al petto.
“Non c’è proprio niente che non vada.
Voglio solo passare un
po’ di tempo con te!” rispose accennando un sorriso
e avvicinandosi a lei per
darle un bacio.
Ma Videl si ritrasse immediatamente.
“Non vorrei rischiare di perdere il lavoro... Quindi, se non
ti dispiace, facciamo finta di non conoscerci per evitare che Jane mi
sgridi.”
Gohan annuì, ridacchiando.
“Bene signor Son, cosa le porto?”
cominciò la ragazza,
alzando la voce per farsi sentire.
Il ragazzo si accarezzò il mento, facendo finta di
riflettere.
“Tutto quello che c’è in dispensa, la
ringrazio” rispose
tranquillamente.
Videl gli rivolse un’occhiata di rimprovero, poi se ne
andò.
Un quarto d’ora dopo, la mora era di ritorno con il pranzo
per Gohan.
Gli aveva portato tre hamburger, un’insalata e una fetta di
torta.
“E crede che questo basti?” disse Gohan,
sarcastico.
“Mi dispiace, signor Son, ma non posso svuotare
l’intera
dispensa solo per saziare lei.”
Gohan rise. “Allora potrei ricevere lo stesso trattamento
che ha fornito ai due ragazzi seduti laggiù”
rispose indicando un tavolo poco
più avanti.
Videl ricordò immediatamente le occhiate maliziose che quei
due clienti le avevano rivolto e arrossì subito dopo,
capendo che Gohan ne era
stato testimone.
“I-io non so d-di cosa stia p-parlando” rispose con
un filo
di voce, abbassando lo sguardo.
Gohan sfiorò con le dita il viso della ragazza.
“Va bene, vorrà dire che questo trattamento
speciale me lo
riserverà quando torneremo a casa.” rispose il
ragazzo facendole l’occhiolino.
Videl arrossì ancora di più, annuendo e
fantasticando su
cosa sarebbe successo quella sera a casa.
Poi tornò a lavoro, mentre Gohan consumava tutto allegro il
suo pranzo.
Videl aveva la straordinaria capacità di fargli dimenticare
tutte le preoccupazioni e mettergli il buon umore. Era anche per questo
che si
era innamorato di lei.
Finito il pranzo, Gohan salutò velocemente la sua ragazza e
poi si avviò verso casa.
Ma, mentre volava, avvertì nuovamente quel misterioso
presentimento che lo tormentava da giorni.
Non poteva essere solo una sua impressione, dal momento che
anche Trunks si era accorto di quel cambiamento. Cosa stava per
succedere?
L’equilibrio che si era instaurato a Orange City e dintorni
stava per essere
nuovamente compromesso?
Si affrettò a raggiungere i monti Paoz quando
un’esplosione
nelle campagne attirò la sua attenzione.
Scese a verificare cosa fosse successo: un’intera fattoria
era stata rasa al suolo.
“Aiutooo!” urlò un contadino dimenandosi
da una parte
all’altra della campagna, incespicando nell’erba
bruciata e non sapendo dove
andare a causa delle fiamme che gli bloccavano il passaggio.
Gohan volò verso l’uomo e lo portò in
salvo.
“Sono tornati! I cyborg sono tornati!”
Gohan fece scendere per terra il contadino, poi bloccò
l’esplosione
con una sfera d’energia. Purtroppo non rimaneva
più niente della fattoria.
“E’ sicuro che si tratti dei cyborg? Li ha visti
con i suoi
stessi occhi?” chiese Gohan scrollando l’uomo per
le spalle, che sembrava
caduto in uno stato di trance.
“Sì, sono loro! Li ho visti... sono tornati...
vogliono
distruggere tutto...”
Gohan abbassò lo sguardo, furioso. Il suo presentimento si
era rivelato corretto.
Prese l’uomo e lo portò in volo verso
l’ospedale. Da un paio
d’anni, era nata un’associazione che accoglieva i
superstiti della strage
compiuta dai cyborg. Gohan rassicurò l’uomo che
sarebbe andato tutto bene e poi
sparì, tornando verso le campagne.
Al suo arrivo, il saiyan trovò altre campagne completamente
distrutte. Inoltre, in lontananza si intravedevano incendi di vaste
dimensioni.
Si affrettò a raggiungere l’ultimo e, come
immaginava, vi trovò due figure
familiari intente a seminare panico e distruzione.
La pace sarebbe stata ancora una volta compromessa da quelle
due creduli macchine da guerra.
Con l’animo lacerato e il cuore nuovamente a pezzi, Gohan si
avvicinò maggiormente ai due cyborg nascondendosi dietro
alcuni alberi.
“Dici che può bastare, sorellina?”
chiese il moro,
ghignando.
C-18 diede uno sguardo generale alla distesa di verde che li
circondava.
“Direi di sì. Comunque il nostro obiettivo
è Orange
City,
meglio sbrigarci”
C-17 rise, soddisfatto. “L’altra volta ci siamo
solamente
divertiti... ma ora la raderemo al suolo”
La bionda annuì, sorridendo. “Chissà se
incontreremo quel
ragazzo... come si chiamava? Ah, Gohan!”
“Spero che sia diventato più forte, ho proprio
voglia di
sgranchirmi le ossa” rispose il moro stiracchiandosi.
Emisero insieme una risata maligna e poi spiccarono il volo
diretti verso la città.
Gohan strinse i pugni lungo i fianchi, furioso.
Non riusciva a credere che quei due fossero tornati, proprio
ora che Orange City si stava riprendendo dal disastro di quattro anni
prima.
Urlò con tutta la forza che aveva in corpo, per sfogare la
propria rabbia e la
propria delusione, diventando un super saiyan.
Poi, con gli occhi che ardevano e il cuore svuotato di
qualsiasi emozione, volò verso il centro della
città con un solo pensiero a
riempirgli la mente.
Videl era intenta a servire i tavoli quando avvertì la terra
tremare sotto i propri piedi, probabilmente a causa di un terremoto. Si
dovette
ricredere quando, dall’esterno del locale, sentì
un enorme boato.
Tutti i clienti si precipitarono fuori dal bar, impauriti.
“Sono tornati!” esclamò una donna
indicando due persone
immerse nell’esplosione.
Videl si tappò la bocca con una mano per non urlare. Ora
cominciava comprendere l’assurdo comportamento di Gohan: i
cyborg avevano fatto
la loro comparsa, per la prima volta dopo tanto tempo.
I clienti cominciarono ad allontanarsi, credendo di potersi
salvare.
Videl si rannicchiò in un angolo del locale, seduta per
terra con le gambe strette al petto. Ormai non era rimasto
più nessuno nel bar,
ad accezione di lei e della proprietaria.
“Videl, andiamocene anche noi!” esclamò
Jane offrendo una mano
alla ragazza.
La mora scosse la testa. “Questo sarà il primo
posto in cui
Gohan guarderà per venire a salvarmi” rispose
mentre le lacrime cominciavano a
solcare il suo volto.
“Sei sicura?” chiese Jane, preoccupata. Videl
annuì, poi la
donna la salutò – forse non si sarebbero viste per
molto tempo – e si allontanò
anche lei dal locale.
Gohan atterrò nel centro della città, trovandolo
già in
subbuglio, segno che i cyborg non avevano perso tempo a mostrarsi in
pubblico.
“Bene bene bene”
Il saiyan si voltò, sconvolto. Erano loro.
“Che piacere rivederti, Gohan!” disse c-18,
muovendo la
chioma dorata.
Il ragazzo digrignò i denti, aumentando l’aura.
“Sei cresciuto e sei anche diventato più forte,
complimenti!” aggiunse c-17, ghignando sadico.
L’espressione di Gohan non fece una piega.
“Mi sono allenato molto in questi anni” rispose
sicuro di
sé.
“Credi di poterci battere?” chiese c-18
avvicinandosi
pericolosamente al ragazzo, che istintivamente indietreggiò.
“Sai, è da tanto
che io e mio fratello non facciamo un combattimento serio.”
Gohan finse un sorriso.
“Allora è l’occasione giusta”
Nemmeno il tempo di elaborare la prima mossa, che la bionda
si era già avventata su di lui per colpirlo. Gohan fece
appena in tempo a
spostarsi, poi diede inizio al combattimento con la cyborg.
Sulle prime, sembrava lui ad avere la meglio. Proprio per
questo, c-18 si arrabbiò e scatenò tutta la sua
forza, mettendo in difficoltà
il saiyan.
In effetti, ora Gohan faceva meno fatica a combattere con la
cyborg rispetto a quattro anni prima, però non era ancora
alla sua altezza.
“Paura, Gohan?” chiese la bionda, assestandogli un
pugno
nello stomaco.
Il saiyan spalancò gli occhi per il dolore, sputando sangue
sull’asfalto.
“A proposito” sibilò c-17 che fino ad
allora era rimasto in
disparte. “Dov’è la tua
amica?”
Gohan sembrò riprendersi, a quelle parole. Si
pulì la bocca
con il dorso della mano e si rimise in piedi, fulminando con lo sguardo
l’androide dai capelli neri.
“Non sono affari che ti riguardano.” rispose
freddo.
La bionda sorrise. “Da come ti stai innervosendo, deduco che
sia diventata qualcosa di più che una semplice
amica.”
Colpito e affondato. Gohan sentì una stretta al cuore.
“Anche se fosse, non vi permetterei mai di
sfiorarla.”
“Tu dici?” rispose c-17, con un sorriso falso
dipinto sul
volto. Poi si voltò e spiccò il volo, diretto
verso chissà quale meta. La
sorella lo seguì a ruota.
Gohan tirò un sospiro di sollievo: i due androidi non
sapevano che Videl era più vicina di quanto pensassero.
Verificato che si
fossero allontanati abbastanza, entrò nel bar per portare
via la ragazza.
Rimase basito non appena si accorse che il locale era
completamente vuoto.
“V-Videl?”
La ragazza, ancora nascosta in un angolo del locale, alzò lo
sguardo e vide la figura di Gohan sulla soglia della porta. I suoi
occhi si
riempirono di lacrime, mentre si alzava da terra e correva verso il
moro. Gohan
sorrise vedendola corrergli incontro, così
allargò le braccia e la strinse
forte a sé.
“Sei vivo, sei vivo, sei vivo!” continuava a
ripetere Videl
bagnando con le lacrime la maglia di Gohan. Il ragazzo le accarezzava
dolcemente la testa, cercando di rassicurarla.
Rimasero in silenzio, stretti l’uno all’altro per
alcuni
minuti.
“Allora sono proprio loro?” chiese la ragazza
asciugandosi
le lacrime.
Gohan annuì. “Tu non devi preoccuparti di niente,
andrà
tutto bene.”
Videl accennò un sorriso, sfiorando lievemente le labbra del
saiyan.
“Ora dobbiamo tornare a casa. Devo risolvere una
cosa.”
concluse Gohan, sospirando.
E così raggiunsero insieme i monti Paoz.
Note dell'autrice:
Sappiate che ho fatto una fatica tremenda per scrivere questo capitolo!
Innanzitutto, tre giorni fa, non sapevo come continuare per
riallacciarmi al film "La storia di Trunks". Ieri ho capito come dovevo
fare e ho scritto il capitolo, poi magicamente mi è
scomparsa la connessione Internet e non potevo aggiornare
ç___ç
Finalmente oggi ce l'ho fatta :D spero che il capitolo vi sia piaciuto,
commentate ;)
E grazie per tutte le vostre recensioni ^^
A presto
|
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Capitolo 14 *** Decisioni difficili ***
IL FUTURO ESISTE ANCHE PER NOI
Decisioni difficili
Non appena Chichi sentì che Gohan e Videl erano rientrati,
si precipitò da loro con la furia di un uragano e lo sguardo
sconvolto. Li
abbracciò entrambi, trattenendo a stento le lacrime.
“State bene” confermò tirando un sospiro
di sollievo.
“Allora sai tutto?” chiese Gohan sorpreso.
Chichi annuì, abbassando lo sguardo.
“L’hanno detto in tv: sono tornati, proprio ora che
Orange
City cominciava a riprendersi...” rispose la donna con aria
afflitta “Che
disgrazia... Ma d’altronde, era prevedibile”.
Gohan fece un respiro profondo prima di poter parlare e,
istintivamente, cinse la vita di Videl con un braccio per avvicinarla a
sé. Ciò
che stava per dire avrebbe sicuramente sconvolto sia sua madre che la
sua
ragazza, ma ormai aveva deciso. Doveva portare a termine il suo
obiettivo.
“A proposito di questo, io... ho preso una
decisione” disse
guardando prima Chichi e poi Videl.
Le due inarcarono le sopracciglia, incuriosite.
“Mi trasferirò in città”.
Nella stanza calò un opprimente silenzio.
Chichi cercava di capire il significato di quelle assurde
parole, Videl si chiedeva per quale motivo Gohan volesse spostarsi a
Orange
City e il saiyan sperava in una reazione da parte delle due.
“COSA?!” esclamarono all’unisono fissando
il ragazzo ad
occhi sgranati.
“I cyborg vogliono radere al suolo la città e le
campagne
circostanti: se mi trasferisco a vivere ad Orange City, sarà
più facile tenerli
sotto controllo”.
Chichi scosse la testa, gettando le braccia al collo del
figlio e aggrappandosi a lui con tutta la forza che aveva in corpo.
“No, ti
prego, non andare Gohan! Resta qui, con la tua mamma!”
La donna cominciò a piangere, bagnando con le lacrime il
petto del figlio. I suoi singhiozzi rimbombavano tra le pareti della
stanza,
provocando una stretta al cuore del saiyan che cercava di consolarla.
“Mamma,
ti prego... non fare così... andrà tutto
bene”.
Videl, rimasta fino ad allora in disparte, poggiò una mano
sulla spalla di Chichi e accennò un lieve sorriso.
“Chichi, Gohan ha ragione.
Se ci trasferiamo in città, sarà più
semplice controllare gli spostamenti degli
androidi e di conseguenza avremo qualche possibilità in
più di vittoria. Stai
tranquilla, non ci succederà niente! Ti telefoneremo e
verremo a trovarti
sempre!”
Chichi si asciugò le lacrime, fissando con sguardo
supplicante la ragazza.
Fu allora che Gohan allontanò entrambe le due donne da
sé e
fece qualche passo indietro.
“Forse non avete capito” cominciò con
fare stranamente duro
“IO mi trasferirò in città, VOI
rimarrete qui al sicuro”.
Videl sgranò gli occhi, già umidi, e
abbandonò le braccia
lungo i fianchi.
“S-stai scherzando, vero?”
“No” rispose Gohan secco “Non posso
portarti con me, è
troppo pericoloso.”
La ragazza abbassò lo sguardo, stringendo i pugni lungo i
fianchi.
“G-Gohan... perché? N-non puoi f-farmi
questo!”
Il saiyan le rivolse un occhiata di scuse.
Poi, in silenzio, Videl uscì dalla stanza e salì
in camera
sua.
Nella stanza piombò di nuovo quel fastidioso silenzio di
poco prima.
“Allora è così, te ne
andrai?” riprese Chichi, con gli occhi
colmi di speranza.
“E’ l’unico modo che ho di sconfiggere
quei due. Mi dispiace
dovervi lasciare sole, ma ho promesso che avrei vendicato la morte dei
miei
amici. Questo lo sai, vero mamma?”
Chichi annuì, accennando un sorriso.
“Quando partirai?”
“Appena troverò un appartamento
disponibile”
“E i soldi? Lo sai che abbiamo quasi terminato
l’eredità di
famiglia...”
Gohan sospirò, portando le mani tra i capelli.
“Chiederò a Bulma di farmi un prestito.”
Chichi si sforzava con tutta se stessa di non scoppiare
nuovamente a piangere. Il solo pensiero di avere suo figlio lontano da
casa le
logorava l’anima.
“E come pensi di fare con lei?”
Gohan sospirò, abbassando lo sguardo. “Se ne
farà una
ragione”.
Chichi accarezzò il viso del figlio. “Ma le ti
ama. E anche
tu ami lei”.
Gohan annuì. “E’ proprio per questo che
voglio che rimanga
al sicuro, che rimaniate al
sicuro”.
La donna, a quelle parole, abbracciò forte il ragazzo e
sperò con tutto il cuore che la sua decisione avrebbe
portato risvolti
positivi.
“Ehi...”
Gohan era appena entrato nella camera di Videl.
La trovò distesa sul letto, a pancia in giù e con
la testa
sotto il cuscino.
“Videl?” insistette lui, avvicinandosi lentamente.
“Vai via” rispose lei, con voce tremante.
Il saiyan deglutì a vuoto. La situazione era peggio di quel
che pensasse.
“So che ora sei arrabbiat-”
“ARRABBIATA?!”
Videl aveva tirato fuori la testa da sotto il cuscino ed ora
fissava Gohan con sguardo sconvolto. I suoi occhi erano gonfi di
lacrime, le
sue labbra contratte in una smorfia di pura sofferenza.
Il ragazzo allungò incerto il proprio braccio verso il viso
della mora, ma lei si scostò immediatamente abbassando lo
sguardo.
“Non sono arrabbiata, Gohan. Sono semplicemente stanca di
questa tua paura nei confronti della mia incolumità! Ne ho
abbastanza di
sentirti dire No, qui è pericoloso
oppure
Rimango io con te, non si sa mai. La
devi smettere di preoccuparti per me, anzi faresti meglio a pensare un
po’ più
a te stesso e ai tuoi desideri! Io voglio venire con te e anche tu lo
vuoi!
Prometto che non ti sarò d’intralcio e che non mi
caccerò mai nei guai! Mi
occuperò della casa e di te quando tornerai dagli
allenamenti, cercherò di
imitare Chichi e...”
“Videl” la interruppe il saiyan con un sorriso
intenerito
“Ho detto che tu e mia madre rimarrete qui perché
è il posto più sicuro per
voi”.
La ragazza scosse la testa, stringendo i pugni sulle
ginocchia.
“Ti prego, Gohan. Non sopporterei di starti così
lontano...”
Il moro le baciò la fronte, cercando le sue mani per
stringerle nelle proprie.
“Ed io non sopporterei di perderti, quindi tu resti qui. Non
insistere, per favore”.
Videl tirò su col naso. “Sappi che non mi
arrendo”.
Gohan sorrise appena. “Sei la ragazza più testarda
che abbia
mai conosciuto”.
Videl si concesse una risatina. “Senti chi parla”.
Il saiyan dondolò la testa in segno di approvazione, poi la
baciò dolcemente convinto che alla fine sarebbe riuscito a
persuaderla dal
seguirlo fino in città.
Più tardi, Gohan si recò alla Capsule Corporation
per
comunicare la sua decisione.
“...E quindi mi servirebbe un...”
“...prestito?” disse Bulma con voce squillante
“Ma certo,
Gohan! Questo ed altro per i Son!”
Il saiyan sorrise. “Grazie Bulma, prometto di restituirti
tutto con il tempo”.
La scienziata scosse la testa. “Non preoccuparti di questo,
l’importante è che porti a termine il tuo
obiettivo”.
Gohan annuì con un sorriso. “Ah, quasi
dimenticavo... La
macchina del tempo?”
Bulma si portò una mano sulla fronte, sospirando.
“Sono a
buon punto”.
La speranza di poter riservare un futuro migliore al se
stesso di un’altra dimensione e a tutti i suoi amici e
familiari vigeva ancora
nel cuore di Gohan, così come la certezza che anche nel suo
mondo – prima o poi
– sarebbe tornata la pace.
Il saiyan girò l’intera città per due
giorni consecutivi
alla ricerca dell’appartamento in cui avrebbe vissuto fino a
quando la minaccia
dei cyborg sarebbe giunta al termine. Finalmente ne trovò
uno in un quartiere
non troppo in vista, un appartamento piccolo e accogliente per due
persone.
Istintivamente, si chiese come sarebbe stato viverci insieme
a Videl.
Loro due da soli.
Sorrise a quel pensiero, poi stabilì gli ultimi accordi con
la padrona del
condominio e infine tornò a casa per dare la buona
notizia.
“Stai attento, tesoro” disse Chichi con le lacrime
agli
occhi.
Gohan terminò di sistemare la valigia e abbracciò
la madre.
“Certo, mamma. Tranquilla, andrà tutto bene. E poi
ti verrò
a trovare sempre!”
Chichi annuì, accarezzando il volto del suo bambino.
Dio, quanto le sarebbe mancato!
“Mi raccomando, fai del tuo meglio. Voglio sentire in tv che
Son Gohan ha sconfitto i cyborg e sulla Terra è finalmente
tornata la pace!”
Gohan sorrise e abbracciò ancora più forte sua
madre, poi
uscì di casa pronto per raggiungere il suo nuovo
appartamento.
Inaspettatamente, in giardino, venne bloccato da una figura familiare
che se ne
stava in piedi con tanto di valigia e cappellino da viaggio.
“Videl?!”
“In carne ed ossa” rispose la ragazza
avvicinandosi. “Come
vedi, sono pronta anche io. Possiamo partire!”
Gohan si diede una manata in faccia. “Ma che diavolo ti sei
messa in testa?!”
“Ti avevo avvertito che non mi sarei arresa
facilmente”
disse la mora poggiando la valigia strapiena per terra e mettendo le
mani sui
fianchi. “Che tu lo voglia o no, io verrò con
te!”
Gohan sorrise in modo malizioso. “Vedremo!”
esclamò
spiccando il volo in un attimo e allontanandosi dai monti Paoz alla
velocità
della luce.
Sul volto della ragazza si dipinse un’espressione allarmata.
“GOOOHAAAAN!”
Afferrò la valigia e si sollevò in aria,
prendendo la stessa
direzione del ragazzo.
Non se lo sarebbe fatto sfuggire per nessuna ragione al
mondo: Videl si sentiva al sicuro solo dove c’era Gohan.
Il saiyan volava velocissimo verso la città, convinto che la
ragazza non l’avrebbe mai raggiunto: avrebbe fatto di tutto
pur di non mettere
a repentaglio la vita di Videl.
Era quasi arrivato ad Orange City, quando sentì un grande
boato: un bosco dei monti Paoz stava andando a fuoco. Pensò
che, di sicuro,
Videl aveva già perso le sue tracce e così scese
nel bosco per vedere
di cosa si trattasse. Come immaginava,
vi trovò entrambi i cyborg.
Nascosto tra i rami di un albero, Gohan si mise ad ascoltare
la conversazione dei due fratelli.
“La prossima volta non ci sfuggirà”
disse c-18 spezzando un
ramo caduto da un albero.
“Perché ti ostini così tanto? Non ti
diverti a vederlo
scappare via ogni volta che ci scontriamo con lui?”. La
bionda incrociò le
braccia al petto, sbuffando.
“Sono stufa di vederlo girare in città nei panni
dell’eroe”.
“Non sai mica gelosa del legame che c’è
tra lui e la ragazza
con i capelli neri...?”
“Ma che diavolo stai dicendo?! Noi siamo immuni ai
sentimenti!”
C-17 annuì. “E comunque non vedo l’ora
di farli fuori
entrambi e poter continuare in santa pace ciò che abbiamo
iniziato quindici
anni fa” continuò c-18 sprezzante.
“Wow, è passato così tanto
tempo?”
La cyborg sospirò. “E già, stiamo
invecchiando...” rispose
sarcastica.
Poi risero entrambi.
Gohan, nascosto tra le fronde degli alberi, serrò la
mascella e strinse i pugni trattenendo un moto di rabbia. Al solo
pensiero di
vedere nuovamente Videl tra le mani degli androidi, il suo stomaco si
stringeva
in una morsa dolorosa.
Non sapeva se scendere a combattere contro i cyborg, oppure
dirigersi in città e aspettare di diventare abbastanza forte
per poterli
sconfiggere. E se mentre cercava di andarsene, i cyborg lo avessero
scoperto? E
se lo avessero seguito fino in città? E se...
“GOOOHAAAAN!”
A quella voce, il saiyan scattò tra i rami
dell’albero
provocando un leggero scricchiolio che arrivò immediatamente
alle orecchie dei
due cyborg.
C-18 si voltò immediatamente, fissando con
curiosità
l’ambiente circostante. “Abbiamo visite”.
Il moro, invece, si alzò in volo per cercare di capire cosa
fosse stato.
Non appena Gohan udì il richiamo di Videl, volò
via dall’albero
stando attento a non farsi scoprire e così raggiunse la
ragazza. Era ancora
sospesa a mezz’aria con la valigia in mano e si guardava
intorno allarmata e
disorientata.
“Videl” azzardò a bassa voce.
“GOHAN!” tuonò lei saltandogli con le
braccia al collo “Finalmente
ti ho trovato!”
“Non... non gridare così forte...”
La mora si staccò da lui, perplessa.
“Perché?”
Gohan deglutì a vuoto, sgranando di poco gli occhi.
Ed ora cosa avrebbe dovuto risponderle? Non poteva di certo dire
che avevano i cyborg a pochi metri di distanza: in quel caso, la
ragazza si
sarebbe spaventata a morte ma al tempo stesso avrebbe voluto rimanere
lì con
lui per paura che gli succedesse qualcosa.
“Videl” cominciò con fare incerto
“Torna a casa, ti prego”.
La mora scosse la testa, sorridendo. “Io verrò con
te,
dovunque andrai”
Gohan, allora, le si avvicinò e la prese per le spalle.
“Ti
supplico, è per il tuo bene”
“Starti lontana non mi farà bene, quindi... Io
verrò con te!”
ribadì lei, con determinazione.
“Questo non è un gioco, si fa sul serio”
affermò il saiyan con
sguardo duro “La tua vita sarebbe in pericolo se mi
seguissi!”
Videl strinse i pugni lungo i fianchi. “Non mi importa. Io
voglio venirci lo stesso!”
Gohan incrociò le braccia al petto e abbassò per
un attimo
lo sguardo.
Con le buone non stava funzionando, quindi avrebbe usato le
cattive.
“Tu mi saresti d’intralcio”
Videl lo fissò, scettica, poi scoppiò a ridere.
“Questa è la
scusa peggiore che abbia mai sentito! Avanti, andiamo!” disse
sorpassando Gohan
di qualche metro.
Il moro la bloccò subito per un braccio e la
riportò davanti
a sé.
Nessuna ombra di incertezza negli occhi del saiyan: avrebbe
fatto qualsiasi cosa pur di mettere al sicuro Videl, perfino mentirle.
“Mi distrarresti dal mio obiettivo”
continuò stringendo i
pugni e affondando le unghie nella pelle, fino a farsi male. Non
immaginava che
sarebbe stato così difficile dirle una bugia.
“Io, una distrazione?” disse lei inarcando le
sopracciglia,
sorpresa.
Gohan annuì. “Con te tra i piedi, non riuscirei a
sconfiggere i cyborg”
La ragazza spalancò gli occhi e aprì la bocca,
lasciandosi
sfuggire la valigia. L’oggetto cadde per terra, provocando un
rumore che
avrebbe sicuramente attirato l’attenzione dei cyborg.
Pochi secondi dopo, infatti, il saiyan udì alcuni rumori
provenienti dal bosco in cui aveva incontrato gli androidi.
Probabilmente si
erano insospettiti ed ora stavano cercando la fonte del rumore.
Avrebbe dovuto fare in fretta, altrimenti Videl sarebbe
stata coinvolta nello scontro.
“Con te tra i piedi?”
ripetè atona la ragazza, non badando alla valigia che era
caduta. “Mi stai
dicendo che sono un peso per te?”
Il saiyan abbassò lo sguardo. Chi
tace acconsente, pensò lei.
“Questo cambia le cose...” rispose subito dopo,
sentendo le
lacrime che stuzzicavano i suoi occhi chiari. “Io...
cioè... tu... cosa...
Gohan, che sta succedendo?”
Il saiyan era consapevole di stare per spezzare il suo
cuore, ma era l’unico modo per proteggerla.
“Io non voglio che tu venga con me, questo è
tutto”.
La ragazza tirò su col naso per evitare di piangere.
“Non mi
vuoi più?”
Il saiyan non rispose, ancora un volta.
“Gohan, guardami” disse la ragazza avvicinandosi a
lui. Prese
il suo viso tra le mani e lo costrinse a guardarla negli occhi. Azzurro
e nero,
terrestre e saiyan.
“Mi ami? Mi ami ancora?” chiese con gli occhi
velati di
lacrime e speranza.
Il tempo stava per scadere e Gohan non era ancora sicuro di
stare facendo la cosa giusta.
“Io...” disse tremante, abbassando nuovamente lo
sguardo.
In quel momento, si udì un rumore poco distante simile allo
scricchiolio di alcuni rami.
Il saiyan si destò: doveva sbrigarsi.
“Io... non... non ti amo”
La ragazza lo fissò per pochi, lunghi, interminabili ed
estenuanti secondi.
Non riusciva davvero a crederci! Che senso avevano, ora,
quei cinque anni passati insieme?
“Non è vero... non puoi dire una cosa del
genere” disse
cominciando a singhiozzare.
“Mi dispiace, ma è la verità”
rispose lui, consapevole di
averle appena spezzato il cuore. “Ora torna a casa, per
favore. Non c’è più
bisogno che tu rimanga qui”.
Videl scoppiò a piangere, stringendosi tra le sue stesse
braccia.
Ogni sua lacrima era una pugnalata al cuore di Gohan.
“Vai” le disse stampandole un bacio sulla fronte
“E non
tornare, ti supplico”.
La ragazza si coprì il viso con le mani e si
voltò, volando
verso casa.
Scusami, ma ti amo
troppo, pensò Gohan tornando nel bosco.
“Allora eri tu” disse c-17 fissando Gohan con
sguardo
incuriosito.
“Levati di mezzo, fratellino. Voglio farlo fuori
immediatamente!” aggiunse la bionda, furiosa.
Il moro sorrise. “No, questa volta tocca a me. Non
è giusto
che ti diverta sempre e solo tu!”
C-18 sbuffò, sedendosi su di una roccia.
C-17 e Gohan si avvicinarono cautamente l’uno
all’altro, ma
fu il saiyan a fare la prima mossa.
E così ebbe inizio il combattimento.
Calci, pugni e sfere luminose facevano tramare il campo di
combattimento di quei due ragazzi pronti a tutto per vincere. Da una
parte il
Male, l’odio e il desiderio di distruzione;
dall’altra il Bene, l’amore e la voglia
di giustizia. Erano gli animi di due guerrieri che si completavano a
vicenda.
“Hai battuto la fiacca, Gohan?”
Il saiyan, disorientato dalle parole del cyborg, perse la
concentrazione e fu colpito allo stomaco.
“Non stai combattendo con tutte le tue forze” disse
c-17, alquanto
irritato. “Vedi di fare sul serio!”
Gohan, confuso, si rialzò da terra e cercò di
fare del
proprio meglio. Ma lui stesso sentiva di non avere abbastanza grinta
per
rispondere alle mosse dell’avversario.
Si sentiva debole, ma non fisicamente.
“Ma che diavolo stai combinando?!”
ringhiò il cyborg
sbattendo il saiyan contro l’albero.
In quel momento si intromise c-18.
“La ragazza ti ha lasciato, per caso?”
Quelle parole colpirono il saiyan dritto al cuore. Ora
capiva il motivo del proprio avvilimento.
“Non sono affari tuoi”
“Quindi è così, ti ha proprio
lasciato” concluse la bionda, sghignazzando
malefica.
“Sai che ti dico?” continuò c-17,
incrociando le braccia al
petto “Torna quando sarai davvero pronto e quando avrai
risolto i tuoi
problemi. In queste condizioni, non sei in grado di combattere e noi,
di
conseguenza, non ci divertiamo. Cercaci quando avrai davvero voglia di
combattere”
Detto questo, i due cyborg se ne andarono.
Gohan, solo e privo di forze, si stese per terra
abbandonandosi ad uno stato di completo oblio.
Videl volava verso casa, con il vento che le graffiava il
volto rigato di lacrime.
Quella vocina nella sua testa la torturava dall’inizio del
viaggio.
Io non ti amo.
Sembrava impossibile, ma era la pura verità.
D’altronde, che bisogno aveva Gohan di mentirle?
Note dell'autrice:
Avevo scritto 3/4 del capitolo l'altro ieri, poi ieri sono stata ad un
matrimonio e finalmente oggi sono riuscita ad aggiornare. EVVAI, NON
SONO IN RITARDO ^^ Mi compiaccio di me stessa, ahahaha :D
Un
grazie immenso a tutti i miei lettori, vi adoro <3
commentate per farmi sapere se anche questo capitolo vi sia piaciuto.
Vi ringrazio ancora!
A presto
|
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Capitolo 15 *** L'arcobaleno dopo la tempesta ***
IL FUTURO ESISTE ANCHE PER NOI
L’arcobaleno dopo la
tempesta
Videl era arrivata a casa, il volto ancora rigato di lacrime
e lo sguardo sconvolto.
Mai si sarebbe aspettata un finale del genere, dopo quattro
anni in cui Gohan aveva rappresentato il suo unico punto di riferimento
e la
sua unica ragione di essere felice in quel mondo così
sfortunato. Si sentiva la
protagonista di quelle storie sovrannaturali e sdolcinate che si
trovavano nei
libri e in tv, che avevano sempre un lieto fine. Ma quella era la
realtà e, seppur
dolorosa e deludente, bisognava affrontarla con tutte le proprie forze.
“Oh cara, cosa ti è successo?!” le
chiese subito Chichi,
notando in che stato era ridotta la ragazza.
Videl si buttò tra le braccia della donna e
scoppiò
inesorabilmente a piangere. Chichi rimase per un attimo sorpresa, poi
capì e la
strinse forte a sé, accarezzandole la testa con fare
protettivo. “Mamma...”
sussurrò inconsciamente Videl, aggrappandosi con forza alle
spalle della donna.
Quest’ultima, sentendosi chiamare in quel modo da qualcuno
che non fosse Gohan,
restò senza fiato e sgranò gli occhi dallo
stupore, per poi lasciarsi sfuggire
una lacrima che si aggiunse a quelle della ragazza.
D’altronde, anche Chichi
aveva sempre considerato Videl come una figlia.
“Allora tesoro... raccontami” propose Chichi
accennando un
sorriso.
“Lui... io... l’avevo raggiunto... e poi... poi si
è
arrabbiato... e ha detto che non potevo seguirlo... e mi ha... mi ha
lasciata”
rispose Videl asciugandosi le lacrime.
Chichi inarcò le sopracciglia, perplessa. Era consapevole di
quanto quei due si amassero, di quanto suo figlio tenesse a quella
ragazza. Che
motivo aveva avuto di lasciarla?
“Sei sicura di quello che stai dicendo? Forse era solo un
po’
confuso... con tutto ciò che sta succedendo lì
fuori... o magari sei stata tu a
fraintendere le sue parole!”
Videl scosse la testa, tirando su col naso.
“Mi ha esplicitamente detto che non mi ama... lui non mi ama
più...”
Amarezza, delusione e sconforto si annidavano negli occhi
chiari della ragazza.
Chichi non riusciva a capacitarsi che Gohan avesse realmente
pronunciato quelle parole.
“Mia cara, vedi... a volte, la realtà non
è come sembra!”
Videl le rivolse un’occhiata perplessa.
“Forse non pensava realmente ciò che ti ha detto,
forse l’ha
fatto per un motivo ben preciso...”
La ragazza sembrò riprendere un po’ della sua
vitalità.
“Se è così, allora cosa dovrei fare
adesso?”
Chichi sorrise lievemente e abbracciò la mora.
“Ciò che ti
dice il cuore”
“Anche se è una cosa stupida e
insensata?”
“Sì, purché possa risolvere la
situazione”
Videl sorrise, sorrise come non avrebbe mai creduto di poter
fare dal momento in cui Gohan l’aveva lasciata. Una nuova
speranza si riaccese
nei suoi occhi e, con il cuore un po’ più leggero,
uscì di casa diretta verso
la città.
Stava volando verso i monti Paoz, quando intravide i due
cyborg che si muovevano anch’essi verso la città
attraversando le campagne sul
confine. Si fermò e si nascose prudentemente tra gli alberi,
udendo le voci dei
due androidi.
“Avremmo potuto approfittarne e farlo fuori in quello stesso
momento!” disse la bionda con tono irritato. C-17
sbuffò, tirando un calcio ad
una pietra.
“Sei sempre la solita guastafeste... Che divertimento ci
sarebbe stato ad annientarlo subito?! Sono sicuro che, dopo
l’umiliante
sconfitta che gli abbiamo inflitto, si allenerà duramente.
Vedrai come ci
divertiremo quando diventerà più forte.”
C-18 annuì, un piccolo sorriso malizioso a decorarle il
volto. “Non più forte di noi, ovviamente”
Il moro rise, poi continuarono insieme il tragitto.
Videl capì subito che i cyborg si riferivano a Gohan e fu
immediatamente invasa da un brutto presentimento. Ripartì
nella direzione
opposta, intuendo che lo scontro fosse avvenuto nei boschi e sperando
che al
saiyan non fosse successo nulla di grave.
Dopo aver girovagato per i monti Paoz senza sosta, la
ragazza atterrò nell’ultimo bosco che non aveva
perlustrato. Osservandolo da
vicino, si rese conto che era lo stesso in cui Gohan le aveva detto di
non
amarla. Una fitta al petto la fece sobbalzare, mentre le lacrime
minacciavano
di rigarle il volto. Ma si trattenne, troppo preoccupata per lui e
quindi
determinata a trovarlo.
Incespicando tra i cespugli e un po’ intimorita da buio
appena calato tra i monti Paoz, Videl arrivò in una piccola
radura con alberi
abbattuti e rocce frantumate: sicuramente, lo scontro tra Gohan e i
cyborg era
avvenuto proprio lì. Si fece coraggio e si
addentrò maggiormente in quello
spazio isolato, quando una macchia arancione attirò la sua
attenzione.
Si affrettò a raggiungerla e, man mano che si avvicinava,
questa prendeva la forma di una figura umana. Nel momento in cui si
rese conto
di aver trovato colui che cercava, gli corse incontro con il cuore in
gola e
trattenne un urlo vedendolo inerme, per terra.
“Gohan...” sussurrò accovacciandosi su
di lui e prendendo il
suo viso tra le mani. Lo accarezzò dolcemente, promettendosi
di non scoppiare
nuovamente a piangere. Non era da lei!
“Gohan!” ripetè più forte,
cingendogli le spalle nel
tentativo di metterlo a sedere.
“Ti prego, svegliati! Sono io, Videl!”
continuò dandogli dei
piccoli colpetti in viso per farlo destare. Sembrava svenuto,
ciò significava
che – durante lo scontro – era stato danneggiato
parecchio.
Allora la ragazza mise una mano in tasca ed estrasse un
sacchetto contente alcuni senzu. Da quando aveva avuto quell’incontro ravvicinato con gli androidi,
ne aveva sempre una piccola scorta con sé ogni volta che
usciva di casa. Ed
ora, quella sua decisione si era rivelata estremamente utile.
Prese un fagiolo dal sacchetto e lo offrì al saiyan, sicura
che lo avrebbe mangiato non appena ne avesse sentito il sapore
amarognolo in
bocca. Poi, più tranquilla, recuperò sia la sua
valigia sia quella di Gohan e
si allontanò dai monti Paoz, nuovamente diretta verso Orange
City.
Una stupida e
insensata idea – come l’aveva reputata
lei stessa – le era balenata in
mente nel momento in cui aveva rivisto il volto del saiyan.
Quando avvertì il sapore familiare dei senzu, Gohan
tornò
alla realtà e si riprese immediatamente masticando il
fagiolo. Si guardò
intorno con aria confusa, focalizzando lentamente il paesaggio che si
stagliava
davanti ai suoi occhi e ricordando subito dopo lo scontro avuto con i
cyborg.
Ringraziò il cielo di essere ancora vivo e poi si
concentrò nuovamente sul suo
unico obiettivo, ovvero raggiungere la città.
Ma mentre volava, Gohan si chiese chi gli avesse offerto il
senzu e perchè. La spiegazione più plausibile si
ricollegava alle parole di c-17.
“Torna quando sarai
davvero pronto e quando avrai risolto i tuoi problemi. In queste
condizioni,
non sei in grado di combattere e noi, di conseguenza, non ci
divertiamo.
Cercaci quando avrai davvero voglia di combattere”
Erano stati i cyborg a dargli quel senzu, in modo che
potesse ancora allenarsi per poi combattere nuovamente contro di loro?
Eppure
non ricordava che quei due fossero a conoscenza
dell’esistenza dei fagioli di
Balzar! Scossa la testa, constatando tra sé e sé
che non era quello il vero
problema, e poi tornò a concentrarsi sul suo obiettivo.
Arrivato in città, raggiunse l’appartamento che
aveva
affittato. Fu solo in quel momento che ricordò di non avere
con sé la valigia e
di conseguenza le chiavi. Ma, con sua sorpresa, trovò la
porta
dell’appartamento già aperta: qualcuno era entrato
prima di lui.
La scostò piano, vi entrò e la richiuse alle sue
spalle
senza fare rumore.
“C’è... nessuno?” disse un
po’ stupidamente, a bassa voce.
Non aveva paura ovviamente, ero solo curioso di sapere chi
ci fosse.
Dopo aver constatato che nell’ingresso fosse tutto a posto,
si spostò nel corridoio e controllò in tutte le
stanze. Arrivato nell’ultima
camera da letto, ormai era sicuro che l’intruso si trovasse
proprio lì.
Aprì piano la porta, che cigolò fastidiosamente
man mano che
mostrava l’interno della stanza.
Gli sembrava di trovarsi in un film horror, tant’era la
tensione e la curiosità.
La porta si aprì lentamente.
“Videl?!”
La ragazza era seduta sul letto matrimoniale, sul quale
erano appoggiate le loro rispettive valigie.
Si alzò lentamente, avvicinandosi al saiyan. Gohan
abbassò
lo sguardo, non riuscendo a sostenere quello limpido e visibilmente
afflitto
della mora.
“Io... devo dirti una cosa... poi me ne andrò,
promesso”
Gohan alzò gli occhi verso di lei. Gli si strinse il cuore,
quando si accorse che era in procinto di piangere e faticava a
trattenersi.
“Mi dispiace” cominciò la ragazza,
tirando su col naso “Mi
dispiace se non sono stata alla tua altezza... se non ti ho fatto
sentire
abbastanza importante... mi
dispiace
se ti ho fatto troppa pressione, se non sono riuscita a farti sentire a
tuo agio
quando eravamo insieme... o se, dopo cinque anni, mi imbarazzo ancora
al solo
guardarti... Mi dispiace davvero!”
Gohan sgranò gli occhi, allibito. Davvero credeva che fosse
colpa sua?
“Però una cosa è certa: ti amavo, ti
amo e continuerò a
farlo. Non importa se non ricambi più i miei sentimenti, in
fondo non è colpa
tua... Si cresce, si cambia... questo lo capisco”
Gohan respirò a pieni polmoni, prima di prendere la parola.
“Videl, aspetta. Tu non...”
“Fammi continuare” lo interruppe lei
“Desidero che tu sia
felice e, se non lo sei con me, va bene ugualmente. Ti chiedo solo di
non
esagerare con i cyborg e di non metterti nei guai, perché
questo non potrei
sopportarlo”.
Ci furono pochi attimi di silenzio.
“Addio, Gohan” concluse lei sorpassandolo e
dirigendosi
verso l’uscita della camera.
Il saiyan, nel momento in cui la ragazza gli sfiorò un
braccio, sentì lo stomaco contorcersi in una morsa dolorosa.
Abbassò lo
sguardo, per evitare di notare le lacrime che sgorgavano dagli occhi
della
mora. Strinse i pugni lungo i fianchi fino a farsi volontariamente male.
E’ giusto così,
diceva la sua parte razionale.
Dannazione, fa
qualcosa!, lo implorava invece il suo cuore.
Si sentiva combattuto tra ciò che doveva fare e
ciò che
avrebbe voluto fare.
Non sapeva se seguire la mente o il cuore.
“Ah, un’altra cosa: se e quando cambierai idea, sai
dove
trovarmi” aggiunse Videl, chiudendosi la porta alle spalle
“Ti aspetterò
sempre, Gohan. Sempre!”
A quelle parole, il cuore del saiyan cominciò a battere
sempre più forte.
I suoi occhi brillarono, mentre sul suo volto si delineava
un dolce sorriso.
E poi accadde tutto in un attimo: buttò giù la
porta con un
calcio, corse per il corridoio e raggiunse Videl sulla soglia
dell’ingresso. La
bloccò per un braccio, prima che potesse uscire.
Ormai sapeva cosa fare e non ci fu bisogno di parole.
Le labbra del saiyan catturarono immediatamente quelle della
mora in un bacio passionale e travolgente. Videl sgranò gli
occhi,
aggrappandosi alla maglia di Gohan per non cadere a terra dalla
sorpresa e
dall’emozione. Si sentì quasi rinata, mentre
affondava ancora una volta le mani
tra quei capelli corvini e si specchiava nuovamente nel suo sguardo
luminoso.
“Ti amo” le sussurrò lui ad un orecchio,
stringerla forte a
sé.
La ragazza sbatté le palpebre un paio di volte, prima di
cogliere il senso di quelle due parole così magiche e ricche
di significato. Sembrava
tutto così assurdo e irreale!
“Ti prego, non mentirmi” lo implorò con
gli occhi lucidi “Non
riuscirei a sopportarlo...”
Subito dopo abbassò lo sguardo, non riuscendo a guardare
Gohan negli occhi per paura di venire nuovamente delusa. Ma il saiyan
le alzò
il mento e avvicinò il viso a quello di lei.
“E’ la verità, Videl. Io ti amo,
credimi”.
“Davvero?” chiese, speranzosa.
“Non ho smesso mai di farlo”
Allora la ragazza poggiò la testa sul petto di lui,
chiudendo gli occhi e sperando con tutta se stessa che non fosse solo
un
bellissimo sogno. “Ma tu mi hai detto che...”
“Volevo solo allontanarti dai cyborg... Erano nelle
vicinanze... L’unico modo di convincerti ad andartene era
mentirti... Mi
dispiace, non volevo!”
Videl cominciava a capire, mentre tutti i tasselli tornavano
al loro posto.
Pianse silenziosamente, avvolta tra le braccia del ragazzo.
“Hai la minima idea di cosa io abbia passato in queste
ultime ore?” disse con un filo di voce.
Non vi era rabbia in quelle parole, nemmeno delusione o
sofferenza. Si sentiva semplicemente sollevata che il saiyan
l’amasse ancora ed
ora voleva semplicemente godersi a pieno quel momento.
“Lo so, scusa. Perdonami. L’ho fatto per
proteggerti, amore mio”.
Non le aveva mai mentito ed ora si sentiva uno stupido.
Videl sorrise, sentendosi chiamare in quel modo dal ragazzo.
Lo faceva raramente, ciò significava che era davvero
pentito. “Non fa niente,
spero solo che non ricapiti più”.
“Mai più, promesso. Ti amo troppo per lasciarti
andare”.
Videl sorrise ancora, stampandogli un leggero bacio a fior
di labbra.
“Significa che potrò vivere qui con te?”
Gohan sospirò. “Se è questo
ciò che desideri”
“Ma certo!” esclamò la ragazza
abbracciandolo forte.
“Però devi promettermi che non uscirai mai di casa
da sola e
che, quando sarò ad allenarmi, tu mi contatterai senza
esitazione per qualsiasi
problema!”
Videl annuì con un sorriso e il saiyan le
accarezzò i
capelli, seminando qua e là teneri baci.
“Perdonato?” chiese poi, speranzoso.
“Mmm... non so... mi hai fatto prendere un bello spavento,
sai?”
Gohan inarcò un sopracciglio, scettico.
“E allora sentiamo, cosa dovrei fare perché tu
possa perdonarmi?”
Sul volto di Videl si dipinse un insolito sorriso malizioso.
Non si era mai sentita tanto sicura in vita sua. Si sollevò
sulle punte dei
piedi e baciò dolcemente il moro.
Il ragazzo le cinse la vita, approfondendo il bacio. Poi la prese
in braccio e la condusse fino alla camera da letto. La fece adagiare
sul
materasso e le si stese accanto.
“Sai, non è stato poi così difficile
convincerti che non ti
amavo più” le disse giocherellando con una ciocca
dei suoi capelli. “Mi hai
creduto così facilmente!”
Videl abbassò lo sguardo. “Anche in quel momento,
io mi
fidavo di te. Ero sicura che stessi dicendo la verità, anche
se sembrava tutto
così assurdo e insensato”
Gohan le accarezzò il viso con una mano. “In
questi cinque
anni, non ho mai smesso di amarti”.
La ragazza sorrise con gli occhi lucidi. “Lo so”
rispose
entusiasta “E non smettere mai”
Il saiyan la strinse forte a sé e la baciò
dolcemente,
mentre lei poggiava le mani sul suo petto muscoloso e si stendeva su di
lui.
Gohan adorava la sensazione dei capelli della ragazza che gli
solleticavano
delicatamente il viso, mentre le sue mani vagavano lentamente lungo il
corpo di
lei.
Si baciarono a lungo, nel silenzio e nel buio di quella
piccola ma accogliente stanza.
Con un movimento veloce, Gohan ribaltò le posizioni e Videl
si ritrovò sotto di lui.
Sorrideva felice e il saiyan si sentiva finalmente con il
cuore in pace.
E mentre la sua pelle scottava a contatto con i baci e le
carezze di Gohan, Videl era sicura che lui non le avrebbe mai
più fatto del
male. D’altronde, sapeva che le aveva mentito solo per
proteggerla dai cyborg!
Gohan era sempre stato il suo unico eroe, il suo punto di riferimento.
Tra le
sue braccia, Videl si sentiva al sicuro da qualsiasi pericolo.
Intanto, i vestiti erano diventati di troppo e le carezze
avevano ceduto il posto a baci più roventi.
Il saiyan sfiorava con le mani le forme dolci e sinuose
della mora, mentre lei accarezzava i suoi muscoli scolpiti e lo baciava
con
passione.
In quel momento vi erano solo loro due, tutto il resto non
contava.
Gohan osservò un’ultima volta il viso accaldato di
Videl. Il
suo sorriso gli infondeva pace e tranquillità, i suoi occhi
amore. Scostò la
frangetta dalla fronte sudata e le lasciò un lieve bacio a
fior di pelle,
mentre Videl gli cinse il collo con le braccia e lo avvicinò
a sé per la nuca.
Un ultimo bacio, un altro e poi un altro ancora. Infine la
ragazza si aggrappò alle spalle possenti del saiyan e chiuse
gli occhi, pronta
per sentirsi una cosa sola con lui. Ancora
una volta.
Gohan sorrise lievemente, ricordando la loro prima volta,
poi entrò delicatamente in lei e cominciò a
muoversi con spinte regolari e
sempre più intense. Videl affondò le unghie nella
pelle di Gohan, trattenendo un
gemito. Il saiyan la baciò con foga, quasi per farla
rilassare. E quel bacio
ebbe l’effetto voluto, perché Videl cominciava ad
abituarsi e a sentirsi a suo
agio.
Infine raggiunsero insieme l’apice del piacere e Gohan si
stese su di lei, poggiando la testa sul suo addome. Videl
respirò a pieni
polmoni, accarezzando i capelli del saiyan.
“Perdonato?” chiese lui, soddisfatto.
Videl gli diede un leggero colpo alla nuca.
Gohan alzò lo sguardo e la vide mettere il broncio, quasi
offesa.
“Non saranno mica qualche bacio e qualche carezza a farmi
decidere di perdonarti!”
Gohan spalancò gli occhi e boccheggiò per qualche
secondo.
“E allora cosa devo fare?!”
Videl lo fissò per qualche secondo, poi scoppiò a
ridere
sotto lo sguardo stralunato del moro.
“Avresti dovuto vedere la tua faccia!” disse tra
una risata
e l’altra. “Eri così buffo!”
Gohan inarcò un sopracciglio, scettico. Poi si fece
contagiare anche lui dalla risata cristallina della ragazza. E in quel
momento,
ero certo di aver fatto la scelta giusta: Videl era la sua vita e non
avrebbe
permesso a nessuno di portargliela via.
Note
dell'autrice:
Il titolo di questo capitolo è una metafora, ovviamente.
Spero di averla resa bene ^^ Fatemi sapere cosa ne pensate, soprattutto
se le scene intime sono descritte bene e non troppo dettagliatamente
(il rating deve mantenersi arancione).
E grazie a tutti coloro che seguono e recensiscono questa mia long. Mi
fate troppo felice <3
A presto
PS. L'immagine non è stupendosa? *______*
|
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Capitolo 16 *** Normalità rubata ***
IL FUTURO ESISTE ANCHE PER NOI
Normalità rubata
“Sì, stiamo bene entrambi... No, Videl non esce
mai da
sola... Mamma, ma che domande fai?! Certo che sto mangiando! Cosa credi
che
abbia imparato Videl, aiutandoti sempre in cucina?... Cosa...? Mi sono
dimenticato lo spazzolino da denti?! E dai mamma, non sono
più un bambino!
Ormai sono passati tre mesi da quando io e lei conviviamo... C-cosa?!
Non
mettermi in imbarazzo... certo che andiamo d’accordo...
Matrimonio?! No no,
preferiamo convivere... Sì, tranquilla... Ci sentiamo, ciao
mamma! Ti voglio
bene!”
Gohan riattaccò, tirando un sospiro di sollievo. Gli faceva
piacere che sua madre telefonasse sempre per sapere come stava e cosa
faceva,
ma a volte si dimostrava davvero assillante: insomma, lui e Videl aveva
ormai
25 anni!
Quando si voltò verso la ragazza, la trovò
piegata in due
dalle risate.
“Perché ridi?”
Videl si asciugò una lacrima, senza smettere di sorridere.
“Avresti... avresti dovuto vedere tutte le facce buffe che
hai fatto mentre parlavi a telefono!”
Gohan inarcò un sopracciglio, scettico.
“Buffe?” ripetè atono.
Videl annuì, sorridente.
“Ora ti faccio vedere io!” esclamò il
saiyan sollevando la
mora da terra e stendendola sul divano. “Ti farò
ridere così tanto che alla
fine implorerai pietà e mi chiederai anche scusa!”
Videl si fece improvvisamente seria, deglutendo a vuoto.
“G-Gohan... non starai pensando di...”
Non riuscì a terminare la frase, perché Gohan si
era già
catapultato su di lei ed ora le mani di lui scorrevano lungo il suo
corpo esile.
Videl urlò come una bambina, mentre il moro se la rideva di
gusto attuando la
sua lunga ed estenuante vendetta.
“N-no... Gohan... ti prego... il solletico no!”
gridava la
ragazza, dimenandosi tra le braccia del saiyan. La sua risata
cristallina si
propagò in tutto l’appartamento, rendendo ancora
più soddisfatto Gohan che
sorrideva malizioso. “Ti prego... basta... non ce la faccio
più... chiedo
pietà!” continuava la mora, sotto di lui,
piangendo e ridendo allo stesso
tempo.
“Qual è la parola d’ordine?”
la stuzzicò Gohan, senza
smettere di farle il solletico in tutto il corpo.
Videl strinse i denti e chiuse gli occhi, nel tentativo di
trattenere le risate.
“Non sarai tu a vincere, mio caro!”
Gohan sorrise in modo stranamente sadico, il tempo di farle
riprendere fiato e poi di nuovo giù a farle il solletico.
Questa volta aumentò
intensità e velocità, mandando Videl
letteralmente in tilt.
“Noooo! Basta! Non ce la faccio più... lasciami...
ti
prego... ti ho detto di lasciarmi!”
La mora si dimenava da una parte all’altra del divano, in
lotta contro le mani di Gohan che si muovevano esperte lungo il suo
corpo. Non
aveva mai riso così tanto! Ma non voleva perdere la
scommessa e, tra una risata
e l’altra, si chiese in che modo avrebbe potuto vincere.
Alla fine, trovò la soluzione adatta: si rilassò
completamente in modo che Gohan avesse campo libero e, quando lui si
fermò a
guardarla in modo stranito, approfittò di quel suo momento
di confusione e lo
baciò istantaneamente. La ragazza era perfettamente
consapevole dell’effetto
che i suoi baci facessero a Gohan: come previsto, il saiyan perse
totalmente il
controllo e rilassò tutti i muscoli, cercando di
approfondire il bacio. Ma
Videl, veloce come un fulmine, scivolò via dalla sua presa e
uscì dalla stanza,
urlando e dimenandosi in segno di vittoria.
Gohan restò a fissarla per qualche secondo a bocca aperta,
poi abbandonò le braccia lungo i fianchi e si
buttò a peso morto sul divano.
Quella ragazza era imprevedibile, ma l’amava anche per questo!
Ormai erano tre mesi che Videl e Gohan vivevano insieme
nell’appartamento trovato giù in città:
la ragazza aveva ripreso a lavorare nel
bar di poco tempo prima, invece il saiyan si allenava tutti i giorni
con
Trunks. Ultimamente, poi, le esplosioni causate dai cyborg si erano
raddoppiate: i notiziari dicevano che metà della popolazione
mondiale era già
stata rasa al suolo. La cosa strana era che i due androidi non avevano
ancora
distrutto Orange City e dintorni, preferendo divertirsi a modo loro con
la
popolazione e le attrazioni principali della città.
Un giorno decisero di andare al Luna Park e, casualmente,
Gohan e Trunks stavano girando proprio da quelle parti. Non sapevano
ancora che
quello scontro avrebbe recato gravi danni ad uno dei due saiyan,
segnando la
sua vita per sempre.
Videl serviva i clienti del locale, sorridendo e gettando
occhiate in direzione della porta. Quella mattina, Gohan le aveva
promesso che
l’avrebbe portata a cena fuori e la ragazza non vedeva
l’ora che arrivasse il
momento tanto atteso. Ormai mancava poco alla fine della sua giornata
di
lavoro, quindi Gohan sarebbe arrivato da un momento all’altro
per prenderla e
portarla a casa.
Quei cinque anni l’avevano cambiata, l’avevano
fatta
crescere e le avevano donato una possibilità per il futuro.
Con Gohan al suo
fianco, niente le sembrava impossibile.
Dopo una mezz’oretta, la ragazza staccò da lavoro
pronta per
tornare a casa e passare la sua serata con Gohan. Ormai non stava
più nella
pelle!
Il locale cominciava a svuotarsi, la proprietaria a fare le
pulizie di fine giornata.
Ferma sulla soglia della porta, Videl aspettava
pazientemente l’arrivo del saiyan.
Ormai si era fatto buio e le strade cominciavano a
svuotarsi. Il bar stava per chiudere, ma Gohan non era ancora arrivato.
Era già
un quarto d’ora che Videl stava aspettando.
Preoccupata, prese il cellulare dalla tasca e digitò il
numero del ragazzo.
“Fantastico, ce l’ha spento...”
mugugnò delusa, stringendosi
nella sua giacca. Cominciava a fare freddo e lei non aveva proprio
voglia di
stare un secondo di più lì fuori.
Allora decise di fare una telefonata a Bulma.
“V-Videl? Ciao, cara! Dimmi pure!” rispose la
scienziata
dall’altro cavo del telefono.
“Gohan e Trunks sono tornati a casa?” chiese la
mora,
preoccupata.
Seguirono attimi di profondo silenzio.
“Bulma?” continuò Videl, scettica.
La scienziata balbettò qualcosa di incomprensibile, mentre
alcuni strani rumori facevano da sottofondo. “Sì,
sono già tornati” rispose
infine, deglutendo a vuoto. “Gohan rimane a dormire qui, per
questa notte. Mi
ha detto di dirti di tornare a casa... eh eh!”
A quelle parole, Videl sgranò gli occhi. Non si sarebbe mai
aspettata un simile comportamento da parte di Gohan: non era il tipo
che
infrangeva le promesse. E poi sapeva perfettamente quanto lei tenesse
all’appuntamento di quella sera! In più, lui non
avrebbe mai voluto che Videl
tornasse a casa da sola: il giorno in cui aveva accettato di convivere
insieme
a lei, le aveva anche fatto promettere di non andarsene mai in giro per
la
città senza di lui, per paura che le potesse succedere
qualcosa.
L’entusiasmo di quella mattina sparì in un attimo,
lasciando
il posto ad un alone di tristezza nell’animo della ragazza.
“Sei proprio sicura
di ciò che stai dicendo?” insistette al telefono.
Sentì Bulma abbandonarsi ad una risatina isterica.
“Ma certo,
tesoro! Non c’è assolutamente nulla di cui
preoccuparsi... Ora vai a casa, si è
fatto tardi!”
Videl salutò la donna, poi chiuse la chiamata e
spiccò il
volo, diretta verso casa. Per fortuna, non abitava più sui
monti Paoz: in quel
caso, avrebbe dovuto percorrere molta più strada
completamente da sola. La
vicinanza dell’appartamento la rincuorava.
Pochi minuti dopo, la ragazza arrivò a casa e si fece una
doccia, per poi fiondarsi subito in camera da letto senza nemmeno
cenare. Ripensò
all’appuntamento mancato... Era rimasta davvero delusa
dall’atteggiamento di
Gohan: la sua prima promessa non mantenuta. Chichi le aveva spesso
parlato di
Goku, ritraendolo come un uomo giusto e generoso, ma incapace di
mantenere le
promesse: Videl constatò, a malincuore, che Gohan gli
somigliava parecchio, sia
fisicamente che caratterialmente.
La mora non chiuse occhio per tutta la notte e, al mattino,
si svegliò di malumore.
La prima cosa che fece fu catapultarsi in cucina, sperando
di trovare Gohan intento a rovistare nel frigorifero. E invece no,
nell’appartamento c’era solo lei.
Sentiva una strano presentimento, come se ci fosse qualcosa
di cui non era stata ancora messa al corrente ma che, prima o poi,
avrebbe
scoperto.
Dato che era domenica e non doveva andare a lavoro, Videl si
mise a fare le pulizie in attesa che Gohan tornasse a casa. Ma, con il
passare
delle ore, la tristezza si trasformò in rabbia:
all’ora di pranzo, il saiyan
non era ancora arrivato.
Perché non tornava? Perché non le aveva nemmeno
fatto una chiamata?
Con il cuore in gola e ancora quello strano presentimento
che le divorava l’anima, la ragazza uscì
dall’appartamento diretta verso la Capsule
Corporation.
“Ehm... ciao Videl! Cosa ci fai qui?!”
La ragazza sbuffò irritata.
“Bell’accoglienza! Fammi
entrare, per favore...” rispose la mora, sorpassando la
scienziata sulla soglia
della porta e intrufolandosi nell’ingresso di casa Brief.
Ma Bulma le si parò davanti ancora una volta.
“Dove stai andando?”
Videl si trattenne dall’urlare. “Dove vuoi che
vada?! Da
Gohan, no? Sono ore che non lo vedo!”
Bulma si portò le mani ai capelli con fare incerto.
“Non puoi” concluse, atona.
“E perché mai?!”
La donna deglutì a vuoto. “Perché
è nella doccia!”
Videl scoppiò a ridere. “E allora? Siamo fidanzati
da cinque
anni!” rispose sicura di se stessa, poi oltrepassò
Bulma e si diresse con passo
deciso verso l’interno della Capsule Corporation.
La scienziata la seguiva, bloccandola e urlando scuse
insensate. Ma Videl non ne voleva proprio sapere di lasciar perdere e,
finalmente,
trovò la stanza giusta.
Aprì la porta senza nemmeno bussare e vide Gohan disteso nel
letto, con Trunks al capezzale.
“Gohan!” esclamò correndogli incontro.
Il saiyan, vedendola, accennò un sorriso e si
lasciò
abbracciare e tempestare di baci.
Era coperto fino al collo da un lenzuolo, ma la mora capì
subito che si era ferito in battaglia.
“Ero così in pensiero per te... Avresti potuto
dirmi la
verità, io non avrei avuto nulla da obiettare riguardo la
tua permanenza qui,
anzi!”
A Gohan si strinse il cuore nel vedere la ragazza così
afflitta e preoccupata. Tirò fuori dal letto un braccio e
accarezzò il viso
della mora con fare premuroso.
“Scusami per ieri sera... Te l’avevo
promesso...”
Videl scosse energicamente la testa, sentendosi una stupida
ad aver dubitato di lui.
“Non fa niente, non è stata colpa tua”
In quel momento si intromise Trunks, con lo sguardo
vagamente confuso.
“Ehm... Gohan, non dovresti dirglielo?” chiese al
suo
maestro.
Il saiyan più grande annuì, la sua espressione
non fece una
piega. Era strano vederlo così freddo e distaccato,
pensò Videl scrutandolo
attentamente.
“Dirmi cosa?” chiese, perplessa.
I due saiyan si guardarono a vicenda, rivolgendosi
un’occhiata complice.
“Mi dispiace, Videl...” disse Gohan, sospirando e
chiudendo
gli occhi.
“E di cosa?” chiese lei, scettica, incrociando le
braccia al
petto.
Trunks si alzò dalla sedia, allungando una mano per
sollevare il lenzuolo. Ma proprio in quel momento, arrivò
Bulma con la sua voce
squillante.
“Videeel! Non urlare, resta calma! In fondo, non è
niente di
grave... Si tratta solo di un bra-” si interruppe, notando
che Gohan era ancora
coperto per metà dal lenzuolo.
Si fece improvvisamente cupa, sotto lo sguardo perplesso
della mora.
“Qualcuno vuole spiegarmi cosa sta succedendo?!”
urlò lei,
in preda alla rabbia.
Nella stanza calò nuovamente il silenzio.
“Avanti, Trunks. Ora o mai più” lo
incitò Gohan con aria
quasi distaccata.
Il giovane Brief sollevò lentamente il lenzuolo, lasciando
scoperto il corpo di Gohan.
Era ferito in ogni parte del corpo, pieno di lividi e
bruciature.
Ma ciò che attirò l’attenzione di Videl
fu il vuoto vicino
alla parte sinistra del busto.
L’urlo che la ragazza, in preda allo sgomento, si
lasciò
sfuggire senza troppi sforzi colpì Gohan dritto al cuore.
“I-il tuo b-braccio...” sussurrò la
mora, sentendo le forze
venire meno.
La loro vita non sarebbe stata più la stessa.
Note dell'autrice:
Sono consapevole che il capitolo è venuto fuori
più corto del solito, in effetti è solo un
capitolo di passaggio perchè ci avviciniamo alla fine della
storia. Lo ribadisco: GOHAN MUORE, MA LA STORIA AVRA' UN LIETO FINE!
Vi assicuro che piangerete in positivo XD Fatemi sapere cosa ne pensate
del capitolo e ringrazio chi mi segue sempre <3
A presto
|
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Capitolo 17 *** Tutto troppo in fretta ***
IL FUTURO ESISTE ANCHE PER NOI
Tutto troppo in
fretta
Videl non ebbe nemmeno il tempo di toccare il pavimento, che
due braccia forti l’avevano afferrata al volo e avvolta in un
abbraccio.
“Videl, ti senti male?!”
Sperò con tutta se stessa che fossero le braccia di Gohan,
ma l’immagine del saiyan con la manica sinistra lasciata
penzoloni sul letto le
suggeriva il contrario.
“Sto sognando, vero?” biascicò la mora,
mentre il misterioso
ragazzo l’aiutava a sedersi su una sedia.
“E’ tutto un incubo, solo uno stupido
incubo... Voglio svegliarmi...”
Aprì e chiuse più volte gli occhi, nel tentativo
di
riemergere dal presunto mondo dei sogni. Ma ogni volta che li riapriva,
ad
accoglierla c’erano solo le pareti bianche di quella stanza e
le immagini
sfocate dei presenti. “Svegliatemi... vi prego...”
sussurrava inconsciamente,
stretta al petto del ragazzo. “Non può essere
vero... sto sognando...”
Era consapevole della dura e triste realtà, quella
realtà
che troppo spesso l’aveva delusa e le aveva lasciato
cicatrici profonde. Ed
ora, proprio ora che credeva di aver trovato la felicità con
il ragazzo della
sua vita, tutte le sue speranze cadevano in frantumi. Certo, Gohan non
era
morto... Ma una parte di lui era irrimediabilmente andata via! La sua
vita
sarebbe cambiata radicalmente.
Ed era per questo che Videl si auto-convinceva che fosse
tutto un semplice incubo.
“Videl, ascoltami”
La ragazza si voltò istintivamente, al suono di quella voce
così familiare, e in quel momento sembrò
ritornare alla realtà. Gohan, ancora
disteso nel letto, la stava fissando con aria preoccupata.
Si voltò verso il ragazzo che l’aveva sorretta ed
ora la
teneva ferma, in modo che non si lasciasse andare come aveva fatto poco
prima.
Era Trunks, anche lui la fissava con occhi allarmati.
Deglutì a vuoto, poi rivolse lo sguardo verso Gohan.
“Videl, stai tranquilla... Non preoccuparti per me: sto
ben-”
“Sto bene un
corno!” urlò la ragazza, abbassando lo sguardo.
Serrò i pugni sulle ginocchia e
strizzò gli occhi, per evitare di piangere. “Tu
non stai bene, dannazione! Hai
perso un... un...”
Non riusciva nemmeno a pronunciare quella
parola.
“Un braccio, è solo un braccio. Ma sono vivo ed
è questo che
conta!”
La ragazza alzò di scatto lo sguardo, rivolgendolo
nuovamente verso il saiyan. Gli occhi della mora erano gonfi di
lacrime, le sue
labbra tremavano di sofferenza: avrebbe voluto mostrarsi forte e
prendere la
notizia con leggerezza – come faceva Gohan – ma non
era affatto facile. Si alzò
dalla sedia e raggiunse lentamente il ragazzo, sfiorando con le dita il
braccio
integro.
Bulma e Trunks, anche loro commossi, uscirono
silenziosamente dalla stanza.
Videl sobbalzò udendo il rumore della porta che si chiudeva.
Si voltò un attimo, verificando che nella stanza ci fossero
solo lei e Gohan,
poi tornò a concentrarsi sul ragazzo.
“Sei uno stupido se pensi che ti lascerò”
A quelle parole, Gohan strabuzzò gli occhi e
fissò Videl con
aria incredula. Assistendo alla prima reazione della mora, il saiyan
aveva
proprio pensato che non sarebbe riuscita a sopportare un fardello
simile.
Insomma, si trattava pur sempre di un braccio! Stare insieme, in ogni
modo
umanamente possibile, non sarebbe stato più lo stesso.
“E allora perché hai reagito
così?” le chiese, confuso.
Videl sorrise. Un sorriso amaro e carico di tristezza.
“Per me non cambia niente: un braccio in meno non fa certo
la differenza! Non mi sono innamorata di te per ciò che sei
fuori... per i tuoi
muscoli... o per il suo viso angelico... o il tuo sorriso
innocente...”.
Arrossì lievemente, abbassando lo sguardo. “Io ti
amo per ciò che sei dentro,
per ciò che hai fatto per me e per quello che faresti pur di
proteggermi!”
Gohan sorrise, sentendosi sollevato. Allungò il braccio
verso
la ragazza e le accarezzò dolcemente una guancia. Videl
chiuse gli occhi,
assaporando quel delicato contatto, e premette la propria mano su
quella di
Gohan. “Come farai?” chiese quasi in un sussurro.
Gohan sollevò le spalle, sospirando. “Allora
è per questo
che hai reagito in quel modo? Per me, vero? Hai paura che io non riesca
più a
vivere in modo normale?”
Videl annuì, con gli occhi lucidi.
“Ma io non sono normale, sono un saiyan! Farò come
ho sempre
fatto. Vedrai, non cambierà nulla”.
La ragazza si sforzò di crederci e di sorridere.
Eppure, aveva l’impressione che i guai non fossero ancora
del tutto finiti.
Gohan rimase ancora un giorno alla Capsule Corporation, in
modo da guarire completamente, poi tornò a casa con Videl. I
due decisero,
inoltre, di non informare Chichi dell’accaduto: avrebbe
reagito malissimo e li
avrebbe raggiunti in meno di un secondo, rendendosi poi conto che non
c’era
nulla da fare per cambiare le cose.
Ora, il saiyan e la ragazza si trovavano nel loro
appartamento e guardavano la tv: immagini e video di intere
città rase al
suolo, campagne devastate e famiglie stroncate dalla
crudeltà dei cyborg
occupavano tutti i canali televisivi. Videl reprimeva a stento le
lacrime,
cullata dall’abbraccio di Gohan e dalla sua voce rassicurante
che le diceva che
sarebbe andato tutto bene.
L’incidente del saiyan, confrontato a ciò che
succedeva lì
fuori, non era niente. E Videl se ne rendeva conto solo ora, ora che i
cyborg
erano tornati più agguerriti che mai.
Settimana dopo settimana, la vita dei due ragazzi sembrava
tornare alla normalità, quella normalità che
l’incidente di Gohan sembrava aver
stroncato per sempre. E invece, la mora si era ormai abituata a quella
“nuova
vita”: non le sembrava più tanto strano svegliarsi
la mattina con un solo
braccio di Gohan avvolto intorno alla vita oppure osservare il saiyan
che, per
mangiare, impiegava lo stesso tempo di prima (o forse anche di meno),
nonostante avesse a disposizione una sola mano.
E, ormai, Videl era certa che niente li avrebbe separati.
Quel giorno, era il compleanno di Gohan. La ragazza si
svegliò all’alba per preparargli
un’abbondante colazione e poi gliela portò a
letto, allegra e sorridente.
Lo osservò muoversi nel sonno e poi assumere
un’espressione
beata nel momento in cui sentì l’odore dei
biscotti appena sfornati. Il saiyan aprì
gli occhi e sorrise, notando che la ragazza non aveva dimenticato il
suo
compleanno. D’altronde, in quei cinque anni, se ne era sempre
ricordata e Gohan
non poteva esserne più felice, dal momento che non aveva
più festeggiato il suo
compleanno dalla morte di suo padre.
“Buon compleanno, Gohan!” esclamò lei,
mettendogli sotto il
naso il vassoio con latte, biscotti, fette biscottate, marmellata e
succo di
frutta.
“Grazie!” rispose lui, sorridendo e baciandola
dolcemente.
Poi si sfregò le mani con fare soddisfatto e si
fiondò sulla sua abbondante
colazione, ringraziando mentalmente sua madre per aver insegnato a
Videl l’arte
della buona cucina. Adorava i biscotti fatti in casa!
Ma non ebbe nemmeno il tempo di toccare tutto quel
bendiddio, che la mora gli aveva colpito la mano. “Ahiii!
Perché lo hai
fatto?!” esclamò fingendosi offeso, come un
bambino.
“Oggi non dovrai muovere un dito, farò tutto io
per te!”
Gohan inarcò un sopracciglio, sorpreso, osservando Videl che
afferrava un biscotto e gli ordinava di fare “Aaah”
come per imboccare un
neonato. E, tutto sommato, la cosa non gli dispiaceva affatto.
Quando Gohan terminò di mangiare la colazione, Videl
uscì
dalla stanza dicendo che le sorprese non erano finite e
tornò subito dopo con
una piccola torta tra le mani. Era ripiena di panna montata e decorata
da ben
ventisei candeline. Gohan le contò tutte con la vana
speranza che il numero non
fosse preciso, in modo da poter prendere in giro la ragazza, ma dovette
ammettere
che erano proprio ventisei: né una in più,
né una in meno.
“Avanti, soffia ed esprimi un desiderio!” lo
incitò Videl
come se stesse parlando a suo figlio.
Gohan la guardò perplesso. “Non sono un
bambino”
“E allora? Non si è mai troppo grandi per
continuare a
sognare!” rispose lei, sorridente.
Gohan sollevò le spalle e soffiò sulle candeline
della
torta, rischiando di trascinare via anche quest’ultima. Il
suo desiderio? La
pace in quel mondo disastrato dai cyborg, ovviamente. Era sempre lo
stesso desiderio
ogni anno e, anche se gli eventi facevano pensare il contrario, Gohan
era
fermamente convinto che prima o poi ci sarebbe stata una svolta.
Il saiyan mangiò tre quarti della torta, Videl tutto il
resto.
“Rimane un’ultima sorpresa” lo
avvertì lei, quando
terminarono. Uscì nuovamente dalla stanza e tornò
con un pacchetto colorato.
“Su, aprilo!”
Gohan sorrise e lo scartò velocemente.
“Ma... è bellissimo, grazie!” rispose
osservando il
ciondolo. All’esterno c’erano le loro iniziali e
all’interno l’ultima foto che
si erano fatti insieme: lui cercava di baciarla e lei rideva contenta.
“Lo porterò sempre con me!” disse
appoggiandolo sul
comodino. Poi cinse le spalle della ragazza con una mano e la
avvicinò a sé,
poggiando delicatamente le proprie labbra su quelle di lei. Fu un bacio
lento e
dolce, un susseguirsi di emozioni e sensazioni già
conosciute ma piacevoli da
riscoprire. Si staccarono poco dopo e si sorrisero a vicenda.
“Ti amo” sussurrò lui, intrecciando tra
le dita qualche
ciocca dei suoi capelli.
“Anche io mi amo”
rispose lei, osservando il mutamento d’espressione del
ragazzo e scoppiando a
ridere. “Sono unica, io!
La fidanzata
perfetta, sì sì!”
Gohan la fissò stralunato. “Da quanto sei
diventata così
spiritosa?!”
La mora sollevò le spalle e lo baciò ancora,
gettandogli le
braccia al collo.
“Vorrei tanto rimanere qui con te, ma il dovere mi
chiama...” spiegò lui, cercando di allontanarla da
sé. Videl, incurante delle
sue parole, continuava a lasciargli piccoli baci a stampo sulle labbra
e sul
resto del viso. “Rimani ancora un po’, solo qualche
minuto...” lo pregò,
accarezzando la profonda cicatrice che gli aveva lasciato
l’ultimo scontro con
i cyborg. Quella piccola striscia scura che andava dalla fronte fino
alla
guancia sinistra gli dava un’aria più matura.
“Devo allenarmi, lo sai” disse tra un bacio
all’altro. Videl
annuì e lo baciò un’ultima volta, poi
scese dal letto e lasciò che il ragazzo
si preparasse per la giornata di allenamenti.
“Non fare tardi, mi raccomando!”
Gohan sorrise, osservando la ragazza che muoveva la mano in
segno di saluto, poi volò velocemente verso la Capsule
Corporation
per prendere Trunks ed andare ad allenarsi.
Non sapeva che quella giornata avrebbe segnato per sempre il
suo futuro e quello della sua famiglia, la famiglia a cui apparteneva e
quella
che si stava lentamente costruendo con le sue uniche forze.
Quella giornata sarebbe stata il primo grande passo per
riportare la pace nel mondo: un guerriero avrebbe pianto e urlato al
mondo che
la vita era ingiusta e che, da solo, non sarebbe mai riuscito a portare
a
termine i propri obiettivi. E invece avrebbe scatenato tutta la sua
potenza,
fino a superare i propri limiti e far fuoriuscire la sua forza
nascosta. Si
sarebbe posto l’obiettivo di sconfiggere i nemici anche a
costo della vita e di
riportare la pace sulla Terra, una volta per tutte.
Poco importava se quel guerriero non sarebbe stato Gohan, ma
il suo allievo: quell’allievo in cui aveva sempre creduto e
che, in seguito,
avrebbe salvato dalla crudeltà dei cyborg non una, ma ben
due dimensioni
temporali.
La giornata passò talmente in fretta che Videl nemmeno se ne
accorse. Aspettando pazientemente che Gohan tornasse, pensava alle
parole da
utilizzare per comunicargli la lieta
notizia.
E sì, Videl era incinta: lo aveva scoperto solo il giorno
prima, facendo il test di gravidanza per verificare che i suoi
cambiamenti
d’umore e le sua nausee mattutine non fossero dovute a
semplice stress. Da una
parte, pensava che avere un figlio in tempo di guerra non era di certo
tra le alternative
migliori; dall’altra, si sentiva emozionata
all’idea di diventare mamma ed era
sicura che anche Gohan sarebbe stato contento di diventare padre.
D’altronde,
erano entrambi maturi e responsabili, due ragazzi con la testa sulle
spalle,
con ideali e obiettivi da raggiungere: un figlio li avrebbe uniti
ancora di
più.
Mancava ormai poco all’arrivo di Gohan e Videl stava
terminando
di cucinare la cena, quando sentì squillare il telefono.
Mise da parte pentole
e piatti e rispose alla chiamata.
“Ciao Bulma, dimmi tutto” rispose allegra.
“Ehm... Videl... ho bisogno che tu venga da me” le
rispose
Bulma a telefono.
Videl si stupì del tono di voce della donna, insolitamente
pacato.
“E’ successo qualcosa? Gohan arriverà a
momenti e non so
se...” le chiese, incuriosendosi.
“Devo solo dirti una cosa”.
Seguirono attimi di silenzio. “Ok, allora ci vediamo tra
poco” concluse Videl, chiudendo la chiamata. Mise in tavola
le ultime cose e
uscì di casa con un ombrello.
Pioveva a dirotto e l’intera città era coperta da
una spessa
coltre di nebbia. Videl volava velocemente verso la Capsule
Corporation,
stringendosi nella giacca e tenendo fermo l’ombrello sulla
propria testa.
Ripensando alla chiamata di Bulma, avvertì un nodo in gola
che la fece
preoccupare. L’ultima volta che era stata dai Brief, Gohan ci
aveva rimesso un
braccio. E se anche questa volta fosse successo qualcosa di grave?
Bulma le
aveva detto che si trattava di una sciocchezza, che voleva solo
parlarle e che
non c’era niente di cui preoccuparsi, ma Videl aveva un
brutto presentimento.
Finalmente arrivò davanti all’enorme edificio
della Capsule
Corporation e Bulma la accolse con un mezzo sorriso, un sorriso che a
Videl
parve piuttosto tirato. Tuttavia, le sembrò che fosse tutto
a posto e che la
donna non le stesse nascondendo nulla.
“Vieni” le disse Bulma, conducendola in una delle
numerose e
lussuose stanze dell’edificio. Era una camera piccola e quasi
del tutto
spoglia, ma ben illuminata. In fondo, c’era una tenda bianca
che isolava
l’ultimo tratto di stanza e, probabilmente, nascondeva
qualcosa.
Bulma le fece segno di avvicinarsi. Videl, perplessa,
deglutì a vuoto e scostò la tenda: vi
trovò Chichi, inginocchiata per terra,
con la testa poggiata su un letto. C’era anche Trunks, seduto
su una sedia con
la testa sulle ginocchia.
“Che...?”
Chichi e Trunks si voltarono immediatamente. Videl fissò
prima l’uno e poi l’altro, senza riuscire a
stabilire chi stesse peggio.
“C-cosa è successo?” chiese, sentendo
già le lacrime agli occhi.
Chichi abbassò un attimo lo sguardo, poi scattò
in piedi e
gettò le braccia al collo della ragazza, stringendola forte.
“Non è giusto...”
ripeteva tra le lacrime.
Videl la allontanò da sé. “Cosa non
è giusto? Perché sono
sempre io l’ultima a sapere le cose?”
La mora sentì lo sguardo di Trunks fisso su di lei. Anche
lui piangeva in silenzio e il cuore della ragazza si strinse in una
morsa
dolorosa.
Il ragazzino boccheggiò per qualche secondo.
“Gohan è...”
Chichi lo fulminò con lo sguardo, lasciandosi sfuggire un
gemito di dolore.
Videl guardò prima l’uno e poi l’altro,
avvertendo gli occhi
inumidirsi e le mani tremare.
“Dov’è Gohan? Gli è successo
qualcosa, vero?”
A quelle parole, Chichi scoppiò inesorabilmente a piangere e
i suoi singhiozzi si propagarono tra le pareti della stanza. Il cuore
di Videl
prese a battere più velocemente, le gambe erano diventate
molli e il respiro
affannato. Aveva capito tutto, ma si rifiutava di crederci.
“Gohan...” sussurrò tra le lacrime
“Dov’è? Lo voglio
vedere... portatemi da lui...”
Chichi pianse ancora più forte, Trunks uscì dalla
stanza e
raggiunse sua madre che era rimasta sulla soglia della porta. Si
allontanarono
insieme e nella stanza rimasero solo Chichi e Videl.
“Lui... lui... non se lo meritava”
singhiozzò Chichi,
stretta tra le braccia della ragazza. Videl aveva lo sguardo fisso
sulla
finestra, verso l’orizzonte. Immagini, ricordi, frammenti
della sua vita con lui cominciarono
a scorrerle davanti
agli occhi.
“Dov’è?” chiese la ragazza,
tremante.
“Era qui, fino a un momento fa, su questo letto! Poi... poi
il suo corpo è scomparso nel nulla... come successe a
Goku...”
Videl si sforzò di non scoppiare nuovamente a piangere. Non
l’aveva nemmeno salutato per l’ultima volta! Era
accaduto tutto dannatamente in
fretta, troppo in fretta: un attimo prima, aspettava l’amore
della sua vita per
dirgli che era incinta e, l’attimo dopo, si ritrovava a
piangere per la sua
scomparsa.
Le sembrava assurdo, irreale, ingiusto.
L’aveva lasciata nuovamente sola, come aveva fatto Goku con
Chichi.
Era andato via il giorno del suo compleanno, prima di
scoprire che sarebbe diventato padre, e non sarebbe più
tornato. E ora che
Videl aveva perso una parte importante di sé, ora che si
rendeva conto che quel
bambino non avrebbe avuto un padre, ora che non aveva più
motivo per andare avanti,
ora che quei cinque anni erano stati cancellati in un soffio... Ora, a
cosa
serviva vivere?
Videl e Chichi piansero a lungo e insieme, l’una stretta tra
le braccia dell’altra. Condividevano la stessa perdita:
l’una piangeva il suo
unico figlio, l’altra l’unica sua ragione di
esistere.
Dopo un po’, Videl scostò la donna da
sé e uscì dalla
stanza, diretta verso chissà quale meta.
“Dove stai andando?” chiese Bulma, vedendo che la
ragazza stava
attraversando i lunghi corridoi dell’edificio. Non ottenne
risposta e così la
seguì, fino a ritrovarsi nella stanza occupata dalla
macchina del tempo. Capì subito
cosa volesse fare.
Videl si precipitò davanti all’imponente congegno
disegnato
da Bulma.
“Devo tornare indietro nel tempo” disse, mentre
cercava di
entrare nella macchina.
Bulma la raggiunse, bloccandola prima che fosse troppo
tardi. Si parò tra la ragazza e la macchina, con sguardo
severo e accigliato.
“Non puoi farlo”
Videl strinse i pugni lungo i fianchi e trattenne le
lacrime.
“Tu non sei nessuno per darmi ordini. Io devo
farlo!” ribatté, scostando Bulma
con una semplice spinta che la fece quasi cadere per terra.
“Non servirebbe a niente! Cambieresti solo il corso di quella dimensione, non della
nostra!”
Videl tirò un pugno alla macchina, incurante del dolore che
le provocò l’impatto. “Dannazione, non
è giusto! Perché a lui e non ai cyborg?!
Perché?! Gohan voleva solo...”
Si bloccò, sentendosi avvolgere dalle braccia di Bulma. Ora,
erano in due a piangere.
“Ti capisco” le disse tra un singhiozzo e
l’altro “Anche io
ho perso l’uomo che amavo e sono stata malissimo per questo.
Ma sai cosa mi ha
fatta andare avanti?”
Videl tirò su col naso. “Trunks”
concluse.
“Esatto” rispose Bulma, con un lieve sorriso.
“Lo stesso
vale per Chichi. Quando Goku è morto, Gohan era solo un
bambino... Ma anche lei
è riuscita a farsene una ragione! Ed è quello che
farai anche tu, nonostante
non abbia bambini a cui badare”.
Videl sorrise ancora una volta, tra le lacrime. “Ce li
avrò”.
Bulma la fissò per un lungo interminabile istante.
“Sei...”.
“Sì, sono incinta”.
Note dell'autrice:
Pubblico in anticipo perchè non ho niente da fare e mi
annoio XD domani ricomincia la scuola e ovviamente non sarò
più presente sul sito nella stessa OSSESSIONANTE maniera in
cui lo faccio ora, ma ci sarò... promesso ^^
Coooomunque... spero che il capitolo vi sia piaciuto. Se state
piangendo, è una cosa buona XD
Fatemi sapere cosa ne pensate, grazie ;) probabilmente il prossimo
capitolo sarà anche l'ultimo.
A presto!
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Capitolo 18 *** Tutto può cambiare ***
IL
FUTURO ESISTE ANCHE PER NOI
Tutto può cambiare
Videl aprì lentamente gli occhi, scostando i capelli dalla
fronte sudata e sbadigliando sonoramente. Rivolse lo sguardo verso la
sveglia e
infine scese dal letto, cominciando a prepararsi per un’altra
lunga e
stressante giornata di lavoro. Svegliarsi all’alba e andare a
letto tardi non
era di certo piacevole, ma si era ripromessa che avrebbe fatto di tutto
purché
alla sua famiglia non fosse mancato mai niente.
Scese al piano di sotto, avvertendo subito il profumino
della colazione che ogni mattina Chichi si apprestava a preparare:
quello era
uno dei tanti vantaggi di cui la ragazza disponeva da quando era
tornata a
vivere sui monti Paoz.
“Buongiorno” disse sedendosi a tavola.
“Come mai sei già
sveglia, tu?” chiese subito dopo alla bambina dai capelli e
gli occhi corvini,
che divorava avidamente la sua colazione.
“Oggi Trunks parte con la macchina del tempo e Pan vorrebbe
andare a vederlo” spiegò Chichi, portando in
tavola un vassoio con biscotti
appena sfornati. Un lieve sorriso increspò le labbra della
donna, osservando la
nipotina annuire e battere le manine tutta contenta. Non avrebbe mai
immaginato
che un giorno sarebbe diventata nonna, eppure il destino aveva deciso
diversamente per lei.
“Mammina, posso andarci?” chiese la piccola facendo
gli
occhioni dolci alla madre.
Videl ci pensò un attimo. L’idea di assistere alla
partenza
di Trunks non la allettava particolarmente, perché le
ricordava Gohan e la sua
continua speranza di portare la pace almeno in una dimensione parallela
alla
loro. A volte, si chiedeva se il loro sogno si sarebbe mai realizzato:
ormai
erano passati tre anni dalla morte di Gohan ma i cyborg continuavano a
seminare
panico e distruzione in giro per il pianeta. Trunks non era ancora
abbastanza
forte per sconfiggerli e, per il momento, si stava limitando a cambiare
il
corso degli eventi di un’altra dimensione. Ma se Gohan fosse
stato ancora vivo,
Videl era sicura che ormai sarebbe stato in grado di sconfiggere i
terribili
androidi che giravano ancora indisturbati per il mondo.
Per tutti questi motivi, pensava che sarebbe stato meglio
non assistere alla partenza di Trunks.
“Ti prego, mammina...” continuò Pan con
gli occhi lucidi.
Bastò solo qualche sguardo di implorazione a convincere la
ragazza.
“E va bene...” rispose con un sorriso
“Chiederò a Jane di
concedermi una mezz’ora libera per tornare a casa, prenderti
e poi andare
insieme da Bulma”
Pan si gettò tra le braccia della propria mamma e le
stampò
un bacio sulla guancia in segno di ringraziamento. “Vuoi
venire anche tu,
Chichi?” chiese la ragazza a colei che, ormai, considerava
sua madre sotto
tutti i punti di vista.
“Io? Ehm... no no... andate voi, non preoccupatevi. Non
fanno per me tutti quei congegni tecnologici... E poi sono sicura che
scoppierei a piangere vedendo Trunks partire... Andate voi”
ribadì con un mezzo
sorriso.
Videl lesse le sue stesse preoccupazioni negli occhi della
donna e annuì, comprendendola. Poi terminò di
fare colazione e si avviò a
lavoro.
Seduta sulla soglia della porta, Pan aspettava pazientemente
che la sua mamma tornasse da lavoro e la accompagnasse ad assistere
alla
partenza di Trunks. La verità era che quel ragazzo,
così dolce e al tempo
stesso sicuro di sé, era sempre stato il suo punto di
riferimento: durante quei
pochi anni di vita, Pan aveva constatato con i propri occhi quanto
impegno ci
mettesse Trunks negli allenamenti e quanta speranza ci fosse nei suoi
occhi
ogni volta che parlava di una futura sconfitta dei cyborg.
Videl le aveva detto che il saiyan era stato allievo di suo
padre Gohan, quel padre che non aveva e non avrebbe mai conosciuto. La
bambina
era fiera anche di lui, per tutte le gesta che aveva compiuto e per il
semplice
fatto che alla sua mamma brillavano gli occhi ogni volta che si parlava
di lui.
Ma Trunks era un modello più concreto, un punto di
riferimento reale: la
piccola sognava di poter diventare forte come lui e, perché
no, di sconfiggere
anche i cyborg in futuro. Non li aveva mai incontrati di persona ma
tutti le
avevano spiegato cosa fossero e cosa facessero. Avevano ucciso suo
padre e
questo era un motivo in più per fargliela pagare.
“Mammina!”
Non appena Videl varcò la soglia della porta, Pan si
precipitò tra le sue braccia.
“Trunks parte tra pochissimo, dobbiamo sbrigarci!”
“Sì, vado a cambiarmi e ci andiamo
subito” rispose la
ragazza, salendo in camera sua.
Pan si risedette sotto la porta, i gomiti sulle ginocchia e
la mano a sostenere la testa. Alcuni minuti dopo, stanca di aspettare,
uscì in
giardino senza avvertire nessuno e spiccò il volo diretta
verso la Capsule Corporation.
Non era mai stata una bambina troppo obbediente, preferiva seguire il
suo
istinto e la sua indole curiosa e combattiva che aveva ereditato dalla
razza
saiyan. In realtà, non sapeva bene cosa fossero i saiyan ma
nonna Chichi le
diceva che doveva esserne fiera.
Non appena terminò di prepararsi, Videl si
precipitò
nell’ingresso e poi in giardino, ma di Pan nemmeno
l’ombra. “Paaaaan?!” urlò in
preda all’angoscia, spostando lo sguardo da un angolo
all’altro della distesa
di verde che si stagliava davanti ai suoi occhi. Irritata e anche un
po’
preoccupata, salutò velocemente Chichi e partì
anche lei diretta verso casa
Brief, sicura che Pan si fosse stancata di aspettare e avesse deciso di
arrivarci da sola.
Quando Videl arrivò a destinazione, Bulma e Trunks si
trovavano in giardino, di fronte ad un velivolo di colore giallo
targato
Capsule Corporation e firmato con la parola
“Hope!!”, la più adatta per la
missione del ragazzo.
“Trunks partirà tra pochi minuti!” disse
la scienziata,
allegra e solare come sempre “Ma... non sarebbe dovuta venire
anche Pan?”.
A quelle parole, il cuore di Videl saltò un battito.
“Io pensavo che fosse qui con voi!”
Bulma si tappò la bocca con una mano e Videl, con gli occhi
umidi e il cuore in gola, fece per voltarsi con la vaga intenzione di
cercare
quella peste di sua figlia. Ma la voce di Trunks, appena entrato nella
navicella, richiamò l’attenzione di entrambe le
due donne.
“Pan si era nascosta qui dentro!” spiegò
il ragazzo dai
capelli lilla, mentre una massa di capelli corvini e due occhietti
vispi
facevano capolino dalla macchina del tempo.
Pan, rossa in volto e con lo sguardo basso, scese dalla
macchina del tempo e raggiunse sua madre.
“Ma che diavolo ti è saltato in mente?!”
la rimproverò
Videl, inginocchiandosi di fronte a lei e prendendola per le spalle. La
abbracciò
subito dopo, ringraziando il cielo che Trunks si fosse accorto appena
in tempo
del passeggero di troppo.
“Io... volevo solo... ero curiosa di vedere papà!
Trunks mi
aveva detto che sarebbe andato in un posto dove
c’è il mio papà da
piccolo...”
Il cuore di Videl si sciolse nell’udire quelle parole. I
suoi occhi si inumidirono e i battiti del suo cuore accelerarono
notevolmente.
“Vorrei tanto rivederlo anche io... ma non possiamo, Pan!
Sarebbe troppo
pericoloso... E’ una cosa che non puoi capire, sei ancora
piccola”.
La bimba mise il broncio, posizionando le mani sui fianchi.
“Non è vero, io sono grande!”
Videl sorrise intenerita e le stampò un bacio sulla fronte.
“Mi dispiace” disse con voce flebile “Ora
vieni, andiamo a
salutare Trunks”.
La piccola annuì, poco convinta.
“Questa è una medicina speciale per le malattie di
cuore. Mi
raccomando: come arrivi, consegnala a Goku. E non commettere
imprudenze!”
avvertì Bulma, consegnando a Trunks una boccetta di colore
celeste. Trunks la
afferrò e la strinse forte nella mano, mentre Videl
osservava la scena con le
lacrime agli occhi e Pan sorrideva curiosa.
“Sì, d’accordo mamma, farò
come hai detto” rispose Trunks
con determinazione.
Anche Bulma aveva gli occhi lucidi. “Vai e non
deludermi!”
Il ragazzo si infilò nella macchina del tempo, alzando la
mano in segno di saluto e mormorando un “Tornerò
presto” che si confuse con il
rumore del motore appena acceso.
Sotto lo sguardo estasiato e speranzoso di Pan, la macchina
del tempo si alzò in cielo e venne investita da una luce
abbagliante, per poi
scomparire nel nulla e lasciare nell’aria piccole scosse
elettriche.
Una volta che fu tutto finito, la bambina avanzò di qualche
passo e si guardò intorno con aria perplessa.
“Ma... ma è scomparsa!”
esclamò
incredula.
Bulma e Videl si sorrisero a vicenda.
Tre
anni dopo...
“Recenti indagini
dimostrano che un misterioso guerriero dai capelli biondi ha fatto
fuori – in
poco tempo – sia i cyborg 17 e 18 sia la lucertola gigante
che ultimamente si
divertiva a prosciugare la popolazione delle nostre città.
E’ finalmente
tornata la pace sul nostro pianeta e i lavori di ricostruzione avranno
inizio a
breve. Dopo lunghi anni, la Terra è
tornata un posto sicuro”
Non appena Pan, Videl e Chichi udirono le parole del
giornalista in tv, si sorrisero a vicenda.
Tre anni prima, Trunks era andato per la prima volta nel
passato ed era tornato lo stesso giorno, confermando di aver avvertito
Goku
sull’imminente arrivo dei cyborg nella sua dimensione.
Erano passati tre anni dalla sua prima partenza ed ora
Trunks era tornato nuovamente nel passato per allenarsi e combattere
insieme a
Goku e i suoi amici. Ma, secondo quanto dicevano i notiziari in tv, il
ragazzo
aveva già fatto ritorno e aveva persino sconfitto i cyborg
di quel tempo.
Così, Pan, Videl e Chichi si precipitarono alla Capsule
Corporation.
“T-Trunks?” sussurrò Videl, non appena
arrivarono a casa
Brief, lasciandosi sfuggire una lacrima.
Stentava a credere che fosse davvero lui e per un attimo lo
confuse con Gohan: era più alto e più muscoloso,
lo sguardo più sicuro e
l’espressione più serena, decisamente
più simile a quello che era un tempo il
suo maestro.
Il ragazzo sorrise caloroso, mentre Pan correva tra le sue
braccia per dargli il bentornato.
“Stai bene? Che cosa hai fatto? C’era anche il mio
papà,
vero? Mi racconti tutto? Eh?” chiese la bambina, cresciuta
rispetto a tre anni
prima, con gli occhi che brillavano.
Trunks si mise la piccola sulle gambe e cominciò a
raccontare la sua storia: dall’arrivo nel passato al nuovo
incontro con Goku e
i suoi amici, dalla scoperta dell’esistenza di c-19 e c-20
allo scontro con
c-17 e c-18, dall’allenamento nella Stanza dello Spirito e
del Tempo allo
scontro finale con Cell, dalla morte di Goku alla rivincita di Gohan.
Infine
confermò di aver sconfitto anche i cyborg del loro tempo.
Videl e Chichi ascoltarono la storia di Trunks in silenzio e
un sorriso soddisfatto si insinuò tra le loro labbra: la
pace era finalmente
tornata anche nel loro mondo e Gohan era stato vendicato.
“Ma non è tutto” spiegò
Trunks, visibilmente allegro “Bulma
del passato mi ha raccontato dei namecciani che, dopo lo scontro tra
Freezer e
Goku, sono andati a vivere su un pianeta simile a Namecc,
ribattezzandolo
Neo-Namecc”.
Chichi, ricordando tutto, inarcò un sopracciglio.
“E quindi?”
“Mia madre costruirà a breve una navicella con la
quale
raggiungerò Neo-Namecc per trovare un nuovo Supremo e
riattivare le sfere del
drago, in modo da riportare in vita tutte le vittime dei
cyborg!”
Videl e Chichi restarono basite di fronte a quella
rivelazione che mai si sarebbero aspettate: forse c’era
ancora la possibilità
di essere felici in quel mondo disastrato dalla furia di due macchine
da guerra
e appena salvato dall’ultimo saiyan rimasto in vita.
“Ciò... ciò significa che
Gohan...”
Trunks annuì, gli occhi che brillavano e il sorriso di chi
ha le idee chiare.
Videl e Chichi si abbracciarono tra le lacrime, mentre
Trunks rivolgeva uno sguardo complice alla madre e Pan capiva che
presto
avrebbe incontrato il suo papà.
Forse, non tutto era perduto.
Bulma non ci mise molto a costruire la navicella con cui
Trunks avrebbe raggiunto Neo-Namecc, avendo già a
disposizione il progetto
della vecchia navicella di Vegeta: bastò semplicemente
apportare alcune
modifiche per aumentarne velocità e resistenza.
Il giorno della partenza, erano tutti riuniti nel giardino
di casa Brief.
“Mi raccomando, tesoro, sii prudente. Questo viaggio non
sarà semplice come quello che hai compiuto nel futuro. Ci
vorranno più tempo e
più manovre”.
Trunks sorrise e abbracciò sua madre, poi salutò
tutti gli
altri e si infilò nella navicella senza perdere tempo,
azionandola e partendo
per la volta celeste.
Tutte le speranze erano riposte in lui e nel popolo dei
namecciani.
Il saiyan impiegò qualche giorno per arrivare sul pianeta di
destinazione, guidato dal navigatore che Bulma aveva incorporato nella
navicella. Neo-Namecc non era poi così diverso rispetto alla
Terra, ad
eccezione dei colori invertiti: il cielo e l’acqua erano di
un verde smeraldo,
mentre la terra era di una tonalità azzurra.
Vagò in lungo e in largo alla ricerca del villaggio di
sopravvissuti e, quando lo trovò, fu lieto di scoprire che i
namecciani erano
esseri gentili e accoglienti. D’altronde, lui ne aveva solo
sentito parlare.
“Salve, sono Trunks e vengo dalla Terra”.
Il Vecchio Saggio si fece avanti con un sorriso. “Ti stavamo
aspettando”.
Il ragazzo sgranò gli occhi, incredulo, e così il
namecciano
spiegò che era in grado di “vedere” cosa
succedesse sulla Terra, che sapeva
della sconfitta dei cyborg e dell’esigenza di un nuovo
Supremo. “Vieni avanti,
Dende!” esclamò, poi, voltandosi verso i compagni.
Dal gruppo, venne fuori un giovane namecciano dallo sguardo
puro e gentile.
“Per me... per me, sarebbe un onore diventare il Supremo
della Terra. Inoltre sono ansioso di rivedere Gohan e i suoi
amici!” spiegò
Dende con un sorriso.
Trunks fu lieto di aver risolto la faccenda in così poco
tempo e i due salutarono per l’ultima volta i namecciani,
ripartendo per la Terra.
Erano passati ormai mesi e di Trunks nemmeno l’ombra.
“E se gli fosse successo qualcosa?!” si lamentava
Bulma in
preda all’angoscia.
“Ma no, vedrai che tornerà entro pochi
giorni” la
rassicuravano Videl e Chichi, cercando di auto-convincere anche loro
stesse.
Sarebbe stato un groppo problema se Trunks non fosse tornato
più.
“Maaaaaamma!” la voce di Pan rimbombò
tra le pareti della
Capsule Corporation.
La bambina si precipitò dalle tre donne con un sorriso
stampato sul volto.
“E’ tornato, Trunks è tornato!”
A quelle parole Videl, Chichi e Bulma uscirono in giardino e
fissarono il cielo per una manciata di secondi. “Forse ti sei
sbagliata,
Pan...” mormorò Bulma, delusa.
“Ma no, riesco a sentire la sua aura! E’ lui e non
è solo!”
Ancora poco convinte, le tre continuarono a fissare il cielo
con aria perplessa, quando intravidero un puntino che si faceva man
mano più
ampio.
Pochi minuti dopo, un’imponente navicella atterrò
in
giardino e ne uscì Trunks, seguito da un alieno verde
profondamente
imbarazzato.
Tutti corsero ad abbracciarlo e il ragazzo spiegò di aver
trovato il nuovo Supremo, colui che avrebbe riportato in vita i grandi
eroi che
avevano dato la vita per contrastare i cyborg.
La sua missione era stata portata a termine.
Era arrivato il giorno tanto atteso: le sfere del drago,
appena attivate da Dende e radunate da Trunks, si illuminarono di quel
bagliore
così familiare e, mentre il cielo si oscurava e
l’aria si impregnava di una
strana elettricità, il drago Shenron fece la sua comparsa.
Dende aveva
accresciuto e migliorato i suoi poteri, in modo da rendere
effettivamente
esaudibili tre desideri di ogni tipo.
“Qual è il vostro primo desiderio?”
chiese il drago
dall’alto, guardando i suoi invocatori.
“Per prima cosa, vogliamo che la Terra
torni ad essere quella
di una volta, ciò che era prima dell’arrivo dei
cyborg”.
Gli occhi del drago divennero rossi e il primo desiderio
venne esaurito.
“Il vostro secondo desiderio?”
“Riportare in vita tutte le vittime dei cyborg”.
Il drago esaudì anche questo desiderio e la Terra
si ripopolò
nuovamente.
“E il terzo desiderio?”
A questo punto calò il silenzio: nessuno sapeva
cos’altro
chiedere.
Fu Chichi a prendere la parola.
“Shenron, puoi resuscitare Goku?”
Tutti i presenti si voltarono verso la donna che sorrideva
speranzosa: avevano dimenticato che l’ex eroe della Terra non
era morto per
mano dei cyborg, ma a causa della malattia cardiaca.
“Mmm... Non credo che sia nelle mie facoltà
resuscitare coloro
che hanno perso la vita a causa dell’età o della
malattia” spiegò Shenron
distaccato “Ma per Goku farò un eccezione:
lassù sono tutti d’accordo sul suo
ritorno”
I presenti esultarono commossi, il drago esaudì anche il
terzo desiderio e poi si congedò, mentre le sfere si
disperdevano nuovamente in
sette diverse zone della Terra.
In quel momento, numerose potenti aure fecero la loro
comparsa da un angolo del palazzo: erano Goku, Vegeta, Junior, Crilin,
Yamcha, Tensinhan
e Jiaozi e infine Muten.
“Ehilà ragazzi, vi sono mancato?”
esclamò Goku muovendo la
mano in segno di saluto.
Chichi non riuscì a trattenere le lacrime e si
gettò tra le
braccia del marito, mentre Vegeta si avvicinava alla sua famiglia e
tutti gli
altri sorridevano, contenti di essere tornati a casa.
“Ma... Gohan dov’è?” chiese
Videl, guardandosi intorno con
il cuore che batteva all’impazzata.
E se qualcosa fosse andato storto?
E se, per qualche assurdo motivo, Gohan non fosse stato
riportato in vita?
Tutte le sue incertezze si annullarono nel momento in cui un
saiyan di nostra conoscenza fece la sua entrata in scena, attirando
l’attenzione di tutti.
“G-Gohan?” sussurrò Videl, avvertendo
gli occhi inumidirsi.
Il tempo sembrò fermarsi: dopo ben cinque anni, il suo unico
vero amore tornava
a vivere.
Corse verso di lui, abbracciandolo e prendendolo a pugni,
tempestandolo di baci e bagnandolo di lacrime. “Sono qui, non
me ne andrò più”
disse Gohan, stringendo la ragazza ancora più forte.
Una vocina curiosa interruppe quel momento così toccante.
“T-tu sei il mio papà?”
Gohan sorrise intenerito e si abbassò all’altezza
della
bambina.
“Sì, sono io. E tu dovresti essere Pan, la mia piccola”.
Non ci fu bisogno di altre parole: la bambina gettò le
braccia al collo di Gohan e recuperò quei cinque anni
passati senza conoscerlo.
Allora, il futuro
esiste anche per noi!, pensarono Gohan e Videl sorridendo al
cielo.
Ma, in fondo, lo avevano sempre saputo.
The
end :')
Spero che, come finale, vi sia piaciuto. Fatemi sapere ;)
Vorrei ringraziare tutti coloro che mi hanno seguita fin dall'inizio ma
anche chi si è aggiunto alla fine, coloro che hanno letto e
commentato la mia storia, chi mi hanno incoraggiata ad andare avanti.
Senza di voi, non sarei di certo arrivata qui! Grazie di cuore ♥
Alla prossima storia!
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