Ninetynine Nights di Moriar tea (/viewuser.php?uid=114562)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Arrivo. ***
Capitolo 2: *** Nome. ***
Capitolo 3: *** Coniglio. ***
Capitolo 4: *** Natale. ***
Capitolo 5: *** Bookman. ***
Capitolo 6: *** Martello. ***
Capitolo 7: *** Abbraccio. ***
Capitolo 8: *** Passi. ***
Capitolo 9: *** Porta. ***
Capitolo 10: *** Caduta. ***
Capitolo 11: *** Doccia. ***
Capitolo 12: *** Lacrime. ***
Capitolo 13: *** Lapidi. ***
Capitolo 14: *** Amore. ***
Capitolo 15: *** Alcool. ***
Capitolo 16: *** Mare. ***
Capitolo 17: *** Giustizia. ***
Capitolo 1 *** Arrivo. ***
arrivo. [ settembre, 16 anni. ]
Ricordava
molto bene la sera piovosa in cui due forestieri -uno molto vecchio,
l'altro molto giovane- avevano bussato all'imponente portone
dell'Ordine Oscuro. Tutti imbacuccati nei loro mantelli, che
cercavano disperatamente di ripararsi dalle intemperie, e quello
strano sguardo serio e coscienzioso negli occhi: non molto felice, è
vero, ma assolutamente determinato. Ricordava bene quella sera perché
l'incontro con quel tipo dai capelli rossi non è cosa che si
può dimenticare facilmente; e sì che ci aveva provato
eccome, a dimenticare. Non che avesse avuto una vera e propria
presentazione col nuovo arrivato, sia chiaro. In realtà per la
prima settimana del suo soggiorno alla Sede, ogni volta che vedeva
quello strano ragazzo avvicinarsi con un sorriso speranzoso a lui
aveva fatto dietro-front ed evitato bruscamente un qualsiasi scambio
verbale. Ma l'aveva spesso sentito parlare con gli altri membri
dell'Ordine, questo sì, e sfoggiare il suo sorriso migliore e
il suo tono di voce più squillante, mentre ripeteva in modo
discretamente abile un copione sempre uguale. Si chiamava Lavi, o
almeno così diceva. Il tono della sua voce mentre pronunciava
quel nome, in realtà, non sembrava poi così convinto:
come quello di un bambino che recita un'imbarazzata poesia imparata a
memoria. Ma si chiamava Lavi, ed era un Bookman. Aveva avuto
bisogno di Komui e delle sue conoscenze al riguardo per capire cosa
esattamente fosse un 'bookman'. Ma anche dopo un'ora intera di
spiegazione dettagliata, l'idea che si era fatto di loro rimaneva
piuttosto confusa e imprecisa. Osservavano, i bookman. Osservavano e
scrivevano, e annotavano ogni particolare che potesse servire al
grande libro della storia; non erano certo gli abili combattenti di
cui necessitavano gli Esorcisti per vincere la Guerra, erano solo dei
visitatori di passaggio che la Guerra, invece di combatterla, la
trascrivevano in ogni suo più insignificante aspetto, su
grossi tomi dalle pagine ingiallite. I due forestieri erano quindi,
come i finders, persone del tutto inutili al loro scopo. Il
vecchio non aveva nome, per questo si faceva chiamare semplicemente
Bookman. Era basso e dall'aria severa, stoica, ma per nulla fragile.
Con tutti gli anni che si portava appresso, dietro a quella manciata
di rughe e occhiaie, avrebbe potuto tranquillamente testimoniare
sull'esistenza dei dinosauri; eppure, anche se dimostrava almeno
duecento anni, era ancora abbastanza in forze da picchiare senza
alcuna pietà il suo giovane e impertinente apprendista. Lavi,
per l'appunto. Lavi, così gli aveva spiegato il
supervisore, faceva parte del clan dei bookman ma non era ancora un
Bookman effettivo. Sarebbe rimasto sotto la guida del suo vecchio
maestro ( il Panda,
come l'aveva stupidamente ribattezzato il ragazzo ), almeno fino alla
morte di questo; e solo a quel punto avrebbe preso il suo
posto. Poteva essere una conclusione del tutto errata la sua -e
decisamente inopportuna, visto che non l'aveva degnato ancora di uno
straccio di benvenuto-, ma l'apprendista in questione non sembrava
poi così entusiasta del suo ruolo. Svolgeva le sue mansioni
con efficienza, e si era adattato alla nuova casa in modo
sorprendentemente veloce: ma in ogni cosa che diceva o faceva,
sembrava trapelare una nota di stonata amarezza. Del tutto fuori
luogo, in quel viso solare e perennemente sorridente.
E poi,
la serata fatidica. Quando, non appena concluso l'ultimo allenamento
della giornata -alle undici di sera, come da rituale-, stava tornando
nella propria stanza per dormire le sue solite sei ore scarse. Colpa
forse della stanchezza, o del buio, o della insospettata furbizia del
criminale in questione: ma era stato preso in contropiede,
nell'esatto momento in cui aveva svoltato l'angolo del corridoio per
prendere le scale. Il viso così disgustosamente allegro del
nuovo arrivato lo aveva accolto con un bel sorrisone gioviale,
sbucando fuori dal nulla, mentre per poco non gli finiva addosso: e
decisamente, a quel punto, era troppo tardi per lui cambiare strada e
deviare la destinazione per non dovergli parlare. Stupido
idiota. - Ciao! Tu devi essere Kanda. - E il sorriso
dell'interlocutore scemò appena, dopo aver sostenuto il suo
sguardo per più di qualche secondo. - Levati.
dai. piedi.
- -
Me l'avevano detto che avevi un caratteraccio! - rise lui,
spensierato, con un tono di voce talmente cristallino e infantile che
fu un miracolo per l'Esorcista stringere i pugni e tenerli saldamente
in tasca. - Kanda... Kanda. E di nome?- - Fatti gli affari tuoi. -
L'aveva superato, senza tante cerimonie, ad occhi chiusi e un
grosso nervo pulsante sulla fronte che testimoniava tutta la sua
insofferenza. Aveva sperato, oh sì, che quel cretino
demordesse e lo lasciasse in pace come facevano tutti i sopravvissuti
alla sua furia; ma non potè dirsi molto fortunato, perchè
non importa quanto veloce camminasse in direzione di camera sua, né
quanto si dimostrasse palesemente disinteressato alla sua conoscenza,
che subito aveva sentito i suoi passi seguirlo agilmente. Chiedersi a quel punto cosa aveva fatto di male per meritarsi tutto ciò, sarebbe stato straordinariamente fuori luogo perfino per uno come Kanda. - Beh, io mi chiamo Lavi. - continuò
il giovane Bookman, senza perdere la speranza, nonostante tutto. -
Non mi interessa. - - Eddai, odio chiamare le persone per cognome!
Dimmi come ti chiami! - - Per te non mi chiamo in nessun modo,
smettila di infastidirmi e non rivolgermi più la parola. - -
Ma uffa! - Mai la strada verso la propria stanza gli era parsa più
lunga. Portarsi dietro quell'idiota che blaterava in continuazione,
in giro per la Sede, gli stava facendo venire davvero un gran mal di
testa. - Beeeh, Kanduccio...
Come mai ti alleni a quest'ora? - Passo falso. Solo a
quel punto, l'Esorcista si era girato in sua direzione e l'aveva
guardato dritto in faccia. Per la prima volta aveva osservato il suo
viso, la sua bocca, i suoi occhi; o meglio, il suo occhio,
visto che l'altro era curiosamente nascosto da una benda nera. Strano
che non l'avesse notato prima. E poi, ah, quei capelli. Rossi,
troppo rossi, esageratamente rossi. Tenuti su in maniera bizzarra da
un pezzo di stoffa verde e bianco dalla fantasia imbarazzante.
Sembrava davvero uscito da un circo; eppure,
eppure,
c'era qualcosa di rassicurante in quel volto. Non che ora Kanda si
sentisse rassicurato. Piuttosto, era decisamente, incredibilmente
arrabbiato. - IO...
TI AMMAZZO.... - Probabilmente Lavi non aveva notato prima l'elsa
della katana che era sempre rimasta agganciata alla cintura dei suoi
pantaloni, perchè quando lui l'aveva sfoderata e gli aveva
puntato minacciosamente la lama affilata al collo, il ragazzo aveva
esibito una faccia davvero sorpresa. - H-Hey, ma che ho fatto..!
- - NON MI CHIAMARE MAI
PIU'
IN QUEL MODO, SE NON VUOI ESSER FATTO A FETTE. - - Cos'ha
'Kanduccio' che non va! - Non ci fu bisogno di risposta,
naturalmente. - E-E va bene, va bene! Ma scusa, se tu non mi dici
il tuo nome... - - NON MI DEVI CHIAMARE IN NESSUN MODO! - -
..Neanche 'Kandino'? -
E niente aveva potuto risparmiare a
quell'incosciente un vigoroso pugno in pancia, che l'aveva fatto
volare ad almeno un metro di distanza da lui. Accidenti... Aveva
davvero un caratteraccio, quel Kanda.
Ecco il primo di una lunga serie di capitoli della raccolta dei momenti perduti LaviYu. Brevi, semplici, concisi e spero discretamente buoni, che hanno come unico scopo quello di raccontare tutto ciò che c'è di non detto -almeno dal mio punto di vista- sulla loro storia. Non so assolutamente come ho fatto a convincermi ad intraprendere un'impresa tanto impegnativa... ma vedrò di portare a termine ciò che ho cominciato, giuro. Ah, per il rating: ho messo rosso prevedendo alcuni capitoli futuri, quando le cose non saranno più così deliziosamente innocenti, ma può anche darsi che lo cambi. E' ancora tutto da vedere. See ya! ♥ macch |
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Capitolo 2 *** Nome. ***
nome. [ ottobre, 16 anni. ]
Senza
alcun dubbio il giovane bookman sapeva essere seccante. Kanda l'aveva
compreso da subito, nel momento stesso in cui aveva percepito quel
sorriso un po' ipocrita addosso, come una coperta calda, davvero
molto calda e soffocante. Non amava i sorrisi, e non amava le
chiacchere, l'Esorcista. Per questo esatto motivo aveva evitato il
ragazzo dai capelli rossi -si rifiutava in modo esplicito di
ricordarne il nome anche nella propria testa, sebbene sì,
sapesse che si chiamava Lavi-; cambiava strada ogni volta che lo
incrociava nei corridoi e mollava là il suo piatto di soba non
appena lo vedeva entrare in mensa. Ma Lavi sapeva essere davvero
molto seccante.
Sembrava seguirlo in continuazione, intento più che mai a
infastidirlo, a non dargli un attimo di tregua. E no, decisamente
Kanda non poteva esser stato frainteso da lui: con tutte le volte che
gliele aveva suonate di santa ragione, non c'era proprio spazio per
alcun dubbio in merito. Aveva raggiunto la limpida convinzione che
Lavi fosse semplicemente stupido. E Lavi, dal canto suo, le aveva
provate davvero tutte per ricevere la sua attenzione ed avere in
premio il contentino. I bronci, i piagnistei, le urla, i nomignoli:
gli sembrava di aver a che fare con un bambino particolarmente
irritante che non vuole in alcuna maniera sentirsi dire di no. Ma
a Kanda non erano mai piaciuti i bambini, e non era mai stata una
persona abbastanza tollerante da chiudere gli occhi, prendere un bel
respiro e contare fino a dieci per mantenere la calma. Per questo
dopo una discreta dose di insulti in madrelingua passava direttamente
alle mani. La cosa fastidiosa è che ciò, al
contrario di com'era sempre stato, non sortiva alcun risultato. I
pugni e i calci non parevano ragioni sufficientemente valide al
rossino per mollare la presa, a quanto pareva, perchè non
importava quante volte venisse malmenato senza alcuna pietà da
un'intollerante giapponese inferocito; ecco che dopo qualche moina e
lacrimuccia l'idiota si rialzava e tornava a inseguirlo. La
richiesta, naturalmente, era sempre la stessa. - Avaaaaanti,
perchè non vuoi dirmi il tuo nome?!? - Davvero
seccante.
Erano passate due settimane. Quattordici giorni di
incessanti pedinamenti, di agguati, di 'Kandino' e 'Kanduccio' e
molteplici altre imbarazzanti varianti che avevano contribuito a
rendere il diretto interessato perfino più terribile e
inferocito del solito. Nonostante gli atteggiamenti gioviali e
amichevoli, Lavi non si era attirato le simpatie dei finders del
Quartier Generale; perchè tutte queste sue insistenze con uno
dei più temuti esorcisti dell'Ordine Oscuro avevan fatto
guadagnare loro una buona dose di legnate in più, dal
sopracitato. Non è perciò difficile immaginare che quel
tardo pomeriggio, quando il giovane giapponese si rintanò in
una delle terrazze isolate dei piani più alti della Sede e
incontrò il famigerato Bookman Junior, non sprizzasse gioia da
tutti i pori. Al contrario. Lavi, in quell'istante, potè
vedere con precisione gli occhi a mandorla dell'Esorcista sgranarsi e
riempirsi di una rabbia cieca difficilmente controllabile: e dovette
ringraziare i propri riflessi pronti per esser riuscito a schivare di
pochi centimetri la punta della lama della sua Mugen, pericolosamente
puntata alla propria gola. Quando si dice fortuna sfacciata. -
Bastardo... Vuoi veramente che ti faccia a fette allora!! - -
E-Ehi, aspetta... Non ti stavo seguendo adesso, giuro! E' stata solo
una coincidenza! - L'assalitore sembrò seriamente
combattuto sul da farsi. Fortunatamente la sua supplica riuscì
perlomeno a fargli abbassare l'arma affilata, non senza qualche
attimo di esitazione; ma non cancellò la collera che brillava
nello sguardo infervorato del ragazzo, né fu capace di
risparmiargli un calcio ben assestato alla bocca dello stomaco.
Kanda lo guardò crollare in ginocchio a tenersi la pancia
con le mani senza un briciolo di pietà. Aver riposto Mugen nel
suo fodero, per lui, era una più che sufficiente dimostrazione
di magnanimità nei confronti dell'idiota. - Ti consiglio di
sparire nel giro di cinque secondi, se non vuoi farti un volo giù
dalla rupe. - ringhiò. Lavi esibì la miglior
espressione addolorata del suo repertorio. - Ma.. Che ti ho fatto
di male per farmi odiare così tanto da te? Eh!? - Sei un
grandissimo idiota, tanto basta. - - Solo perchè voglio
sapere il tuo nome? - - Perchè mi dai il tormento, baka!
- Ah, eccolo lì, un altro dei suoi bronci. I ciuffi di
capelli rossi che sparavano disordinati in tutte le direzioni,
l'occhio color smeraldo puntato a terra e le guance gonfie e
lievemente arrossate come quelle di un bimbo capriccioso; il giovane
bookman aveva un'aria davvero buffa alle volte. Buffa e un po'
tenera. Ma solo un po', sia chiaro. Kanda incrociò le
braccia, in uno di quelli che secondo lui dovevano essere dei gesti
autoritari e lievemente intimidatori, giusto per scacciare quel
pensiero imbarazzante. - Voglio solo sapere come ti chiami. Che
c'è di male! - - Tsk. Lo sai già come mi chiamo. -
Lavi gonfiò le guance ancora di più. - Baaa, che me
ne faccio di un cognome? I cognomi sono così impersonali! Non
capisco proprio questa tua fissa nel farti chiamare solo 'Kanda'. - -
E io non capisco questa tua fissa nel sapere il mio nome. Non hai
nessun altro da assillare, stupido idiota?! - - In effetti no,
nessuno. Nessuno di così divertente, almeno. - L'Esorcista
digrignò i denti con fare rabbioso. Quel cretino lo mandava
davvero ai pazzi: possibile che dovesse sempre avere l'ultima parola
su tutto? Gli lanciò un'occhiataccia, prima di appoggiarsi
al parapetto con le braccia e rivolgere lo sguardo al paesaggio,
bagnato dai primi raggi cremisi del tramonto. Non gli piaceva
chiacchierare, questo no; ma in fondo la sua presenza, in quel
momento preciso, non era poi così fastidiosa. Finchè
non disturbava il suo sacro attimo di tranquillità, poteva
perfino accettare l'idiota -a condizione che stesse zitto e fermo-
all'interno del suo rigoroso spazio vitale. Lavi, dal canto suo,
detestava i silenzi. Con un discorso sai sempre dove si va a parare,
ma un silenzio può essere fuorviante; non si sa mai bene che
piega può prendere, che significato può nascondere. E
la maggior parte delle volte, poi, sono così
imbarazzanti. D'altronde non è con il silenzio che un buon
attore recita la sua parte, e questo il rossino lo sapeva bene. Con
le parole è facile crearsi una facciata; ma stando zitto
l'attore deve imparare a mentire con gli occhi, più che con le
labbra. E questa non è proprio cosa da tutti. La prima cosa
che Lavi comprese di Kanda, però, è che ci si voleva
avvicinare a lui, bisognava farlo lentamente. Un passo alla volta,
con prudenza, assecondando le sue regole; e se tra queste regole
c'era quell'insensato amore per un qualcosa di ambiguo come il
silenzio, allora lui avrebbe imparato a rispettarlo. Di tanto in
tanto, magari. - Di la verità. Non ti piace il tuo nome,
vero? - Lo sguardo del giapponese non si era mosso dall'orizzonte,
ma in qualche modo, così illuminato dai bagliori vermigli,
sembrava meno feroce del solito. Come una bestia assopita. - Non mi
dice niente. - - Mhh. - Lavi sorrise. - Mettimi alla prova, no?
Magari a me dice qualcosa. - Non fu sicuro che l'avesse sentito.
Sembrava così assorto in quel tramonto, Kanda, così
meravigliosamente perso nel suo mondo, che il ragazzo per un momento
si sentì di troppo, in un attimo esageratamente intimo e
personale, che di certo non gli apparteneva. Ma era piacevole star
lì a guardare. Per chi dell'osservare vi ha fatto un mestiere,
trovare per una volta qualcosa che non era necessario annotare, ma a
cui era semplicemente bello assistere... Beh, era gradevole.
Gradevole ed inaspettatamente dolce.
-
Yu. -
Quel momento di silenzio. Oh, quello non era stato
affatto imbarazzante. La genuina sorpresa dipinta sull'occhio
verdissimo del giovane bookman riempiva l'aria più di quanto
sarebbe mai riuscito a fare il suo inutile blatelare. - Eh? -
Dalle labbra di Kanda, ridotte ad una fessura sottile colma di
sincera insofferenza, fuoriscì un secco 'tsk'. - Non ho
nessuna intenzione di ripetertelo, idiota. - Ah, Kanda. Sembrava a
disagio. Non un disagio palese, di quelli senza decoro, ma al
contrario: contenuto, dignitoso, come si confà ad un
giapponese mai troppo sbottonato. Era nei piccoli particolari che
Lavi notava il disagio, quella nota stonata eppure deliziosa, perchè
ben diversa dal comune fastidio; come le guance pallide che
prendevano un tono o due di colore, ad esempio, o gli occhi che
guizzavano da un punto all'altro del cielo, indecisi su dove fissare
la propria preziosa attenzione. Cose così. Lavi sorrise.
-
Lo sapevo, sai? - Ecco, ed ora lo sconcerto. E anche un po' di
rabbia -un bel po', in effetti-, quell'indignazione scontata per la
consapevolezza di esser stato preso in giro in modo così
spudorato. Ma Lavi sorrideva comunque. - Cosa..! - - Il tuo
nome. Lo sapevo. - Lo disse in modo pigro, come se fosse la cosa più
scontata del mondo. - Me l'hanno detto il primo giorno, in effetti.
Volevo solo sentirmelo dire da te. -
E poi ecco che si era
alzato e girato di spalle, pronto per uscire di scena. Lavi, il
Bookman Junior. A guardare il suo maestro, uno avrebbe potuto
chiedersi dove accidenti aveva sviluppato quell'insensato gusto per i
giochini, l'idiota. Ma Kanda era decisamente troppo occupato a
rizzare il pelo e frustare la coda per pensarci. Stringeva i
pugni e cercava le parole ma, si sa, Kanda non era davvero un buon
conversatore.
- TU... - - ..Ci si vede in giro, Yu-chan!
-
Bene, eccomi al secondo capitolo. Sono soddisfatta? Non particolarmente, no. In effetti uno dei punti di forza della coppia è proprio il fatto che Lavi sia l'unico -apparte Tiedol, s'intende- che osa chiamare Kanda per nome; ma in effetti è la prima volta che ho ragionato su come sia iniziato tutto. Non sono tanto sicura di questa scelta, ma in fondo mi piaceva un Lavi che cercava in tutti i modi di estorcere il nome di Yu al proprietario pur conoscendolo già, solo per gioco. ♥ macch |
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Capitolo 3 *** Coniglio. ***
coniglio. [ dicembre, 16 anni. ]
Yu-chan.
Che il nuovo arrivato fosse particolarmente stupido l'aveva capito:
ma Kanda credeva che una volta toccato il fondo del barile si potesse
solo risalire. Quella di scavare era una possibilità che
proprio non aveva considerato. - PROVA A RIPETERLO! - ruggì
l'Esorcista dai capelli neri, brandendo la propria arma più
come Jack Torrance poteva brandire un'accetta, che come un samurai
impugnare una katana. La sala ritrovo era molto affollata quella
mattina, ma che cento e più occhi curiosi fissassero la loro
attenzione sulla sua ridicola caccia al topo non gli importava più
di tanto. Lavi, da parte sua, era bravo a scappare quanto era bravo a
dire stronzate, e il fatto che fosse ancora vivo dopo più di due mesi
di permanenza e tormenti ai suoi danni ne era una evidente
dimostrazione; ma l'idiota non poteva fuggire per sempre, e il
giapponese era un cacciatore nato. Mugen sferzò l'aria con
violenza, aprendo una voragine nella folla di curiosi e mancando per
pochissimo il giovane ragazzo dai capelli rossi. Il poveretto si
ritrovò a terra con la punta della lunga lama affilata a mezzo
centimetro dal naso, tremante come una foglia. - A-Avanti, non
scaldarti tanto! Non ho fatto niente di male... - - Dovrei
infilzarti sul posto e appenderti in ingresso, come monito per gli
idioti come te! - ringhiò il giapponese, per nulla impietosito
dal patetico balbettare della sua vittima. - Ma ragiona, Yu...!
- - E' KANDA! - La
sensazione della lama gelida che gli sfiorava il collo in modo tutto
meno che gentile, diede a Lavi il buonsenso di indietreggiare un po'
e supplicare il carnefice, con lo sguardo e con le mani, di
risparmiarlo. Non che puntare sul buon cuore dell'altro fosse
sufficiente per assicurarsi la salvezza, ma forse -forse- era
il caso di fare mano gli sbruffoni. Deglutì sonoramente,
guardando con una certa preoccupazione la spada dall'aspetto
minaccioso che attentava alla propria gola. - V-Va bene, va bene!
Non serve arrivare a tanto! - La rabbia cieca dipinta sul viso di
Yu lo faceva somigliare più che mai ad un demonio. E dire che
i suoi tratti delicati, allontanati da quel caratteraccio violento e
dispotico, avrebbero ricordato a chiunque la più docile
creatura al mondo; come un petalo deliziosamente appoggiato alla
superfice dell'acqua. Lavi ci riusciva, a scorgere la dolcezza di
quel volto anche dietro a quella maschera di rancore e disprezzo: ma
lo preferiva nei suoi momenti più calmi, con i nervi meno tesi
e i muscoli rilassati, concentrato magari -in quel modo assolutamente
affascinante- a guardare il cielo. Per un attimo il ragazzo fu
sicuro di non avere speranze nel convincerlo. Chiuse gli occhi,
strizzando addirittura le palpebre e aspettando il colpo: ma quando,
dopo più di un mezzo minuto, la vendetta dell'altro non
sopraggiunse, il rossino si azzardò a riaprire il suo unico
occhio -sbatacchiando un po' la palpebra con fare perplesso. Kanda
lo guardava con un certo sarcasmo dall'alto della sua posizione, e
quel sorrisetto sardonico appena appena accennato agli angoli delle
labbra; Mugen diligentemente abbassata lungo il fianco. - Tsk.
Sei un coniglio di nome e di fatto, non c'è che dire.
-
Yu-chan. Solo un pazzo poteva pensare di osare a tal
punto e uscirne illeso; un pazzo o un perfetto idiota. E Kanda,
dal canto suo, non aveva dubbi su che categoria inserire l'insolente
giovane Bookman.
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Capitolo 4 *** Natale. ***
natale. [
25
dicembre, 18 anni ]
Yu
Kanda odiava il Natale. Non è che questa fosse una
sorpresa. Insomma, le luci, i canti, le feste, i regali, tutte quei
stramaledetti buoni propositi e le tiritere sull'amore e l'amicizia e
lo spirito di fratellanza... Se già normalmente evitava ogni
genere di contatto umano con le altre persone, ogni festa che
inneggiasse a sciocchezze come l'unità della famiglia e la
solidarietà fra compagni poteva solamente procurargli
l'orticaria. Per questo esatto motivo, Kanda aveva deciso di
trascorrere il 25 dicembre chiuso in camera propria, al riparo da
ogni pericolo. Lavi il Bookman Junior, invece, amava il
Natale. Non che anche questo sorprendesse chiunque. Urla,
abbracci, cibo, doni e compagnia era vero e proprio ossigeno per
quell'Esorcista da strapazzo che passava le giornate a contagiare
tutti con la propria euforia -o, molto più spesso, a
sfiancarli-. Il Natale era probabilmente la sua festa preferita, e
non è difficile immaginarne il motivo: tutta la magia di quel
giorno tirava fuori più di ogni altra cosa il bambinone che
era, quel bambino incredulo e meravigliato che cerca di sorprendere
Santa Claus a scendere giù dal camino, e che alle cinque del
mattino è già sotto l'albero pronto per scartare i
pacchetti. L'infantilismo snervante di Lavi, dopotutto, era cosa
nota: ma durante il giorno di Natale faceva tenerezza un po' a
tutti.
Lavi aveva preparato tutto. Si era prodigato
personalmente, sotto autorizzazione di Komui, ad addobbare la Sede e
ad occuparsi degli intrattenimenti della giornata. I Finders avevano
trovato un grandissimo abete nella foresta che faceva al caso loro, e
che, una volta posizionato al centro della Sala di Ritrovo, era stato
decorato nella maniera più incredibile possibile da lui in
persona; ed ogni angolo dell'intero castello vantava luci colorate,
calze appese o vischio sul soffitto. Bene o male tutti erano stati
contagiati da questo fervore. Jerry aveva più che volentieri
accettato la sfida del tradizionale cenone natalizio, modificando il
menù per assecondare le preferenze di ognuno, e Linalee si era
offerta di cucire cappellini da Babbo Natale per ogni partecipante
alla festa, anche se la sua abilità sartoriale non era delle
migliori. Nonostante l'Ordine Oscuro fosse sotto diretto
controllo del Vaticano, e perciò della Chiesa Cattolica, lì
dentro erano pochi i fedeli religiosi che tenessero alla festività
per la ragione effettiva della natività. Gli Esorcisti
venivano da ogni parte del mondo e osservavano usanze e costumi
totalmente differenti; ma se c'era una cosa che li accomunava, era il
bisogno di una giornata di festa che allontanasse i loro pensieri
dalla guerra. Per questo motivo, tutti appoggiarono l'iniziativa
di Lavi. Tutti, chiaramente, tranne Kanda. La mattina di Natale,
quando il giapponese si svegliò, si ripromise di non uscire
dalla porta della propria stanza nemmeno se la Sede fosse caduta
sotto assedio di venti Level 4 messi insieme. Non voleva
partecipare a pranzi gargantueschi e auguri di gruppo; ma, soprattutto,
desiderava evitare ad ogni costo lo stupido idiota che aveva fatto
degenerare le cose fino a quel punto. Sapeva bene che se avesse messo
un piede fuori dalla camera si sarebbe ritrovato preda di quel suo
abbraccio confortante e di un caloroso quanto snervante 'Buon Natale,
Yu!'; e non aveva voglia di picchiare nessuno quel giorno. Purtroppo tutti i
suoi buoni propositi andarono in fumo con l'arrivo della fame. Sulla
tarda mattinata, l'Esorcista dovette arrendersi. Ci provò, ci
provò davvero, a non dare nell'occhio e filarsela in dispensa
a rubare qualche schifezza confezionata che gli riempisse lo stomaco
fino al giorno seguente; ma non riuscì nemmeno a scendere
l'ultimo gradino della scalinata centrale che una voce squillante e
fin troppo familiare lo raggiunse. - Yu! Sei sceso, finalmente!
- Lavi era seduto per terra vicino all'enorme albero di Natale,
accanto ad Allen, Linalee, Miranda, Crowley, Johnny e Tap. Erano
tutti in cerchio, con in testa un ridicolo quanto sformato cappellino
rosso e bianco, intenti a giocare a poker; inutile dire che quel baro
del moyashi stava stracciando gli altri senza alcuna
difficoltà. Sotto l'abete c'era ancora qualche pacchetto non
scartato, ma la maggior parte erano stati già aperti prima del
suo arrivo, a giudicare dalla carta strappata che riempiva l'intero
pavimento del salone. Tutti sembravano molto allegri; ma Lavi,
beh, Lavi si era illuminato al suo arrivo. Il giovane bookman si
era alzato da terra velocemente, e gli era piombato addosso alla
solita maniera, abbracciandolo in modo perfino più tenero del
quotidiano. Yu ci mise qualche secondo in più del solito per
allontanarlo con una gomitata, ma la sua espressione rimase
sufficientemente fredda da non lasciar trapelare emozioni scomode,
per fortuna. - Togliti di mezzo, baka usagi. - - Buon
Natale, Yu! - chiocciò dolcemente il suddetto coniglio,
facendo finta di non sentire la sua rispostaccia. Il ragazzo da un
po' di tempo aveva preso la pessima abitudine di ignorare
spudoratamente i suoi improperi. - TSK. Non nominare questa
ridicola festa in mia presenza, idiota. E lasciami passare, sto
morendo di fame! - Lavi ridacchiò. Aveva un sorriso perfino
più luminoso del solito sulle labbra, e quell'occhio verde
incredibilmente brillante, e i capelli rossi spettinatissimi che
fuggivano in tutte le direzioni da sotto quel cappellino bruttissimo;
ed era bello, era proprio bello. Ma questo, Yu, non l'avrebbe mai
ammesso. - Dovrai aspettare, il pranzo è ancora in
preparazione! Jerry ha detto che ci vorrà un'altra oretta
prima che sia tutto pronto. E in ogni caso, ho un regalo per te!
- Kanda non potè fare nulla per sottrarsi a quel supplizio.
Prima che potesse aprire bocca o sfoderare Mugen, un cappello da
Babbo Natale improbabile e ugualmente ridicolo a quello di Rabi gli
finì in testa, cadendo floscio un po' a lato. Lo sguardo
che aveva negli occhi, era qualcosa di inenarrabile. - ..Non ti
piace? -
Il
Bookman dovette capire che no, non gli piaceva, guardandolo
ringhiare a pugni stretti, con gli occhietti ridotti a fessure dietro
alla frangia di capelli scuri: perchè gli scoppiò a
ridere in faccia -si si, proprio in faccia!-, indicandogli il capo
con aria divertita. - Che carino, sembri il Grinch! - Yu Kanda,
dopo un lungo secondo di riflessione, decise di limitarsi a lanciare
il cappello a terra e tirare un vigoroso pugno in testa allo
sfrontato rossino che aveva di fronte, per fare dietrofront e
ritornarsene in camera sua senza aprire più bocca, e ignorando
i morsi della fame. Lavi, da parte sua, crollò a terra con
fare drammatico e prese a lamentarsi e piagnucolare in maniera
esagerata come al suo solito, massaggiandosi il bernoccolo che di lì
a poco gli sarebbe spuntato tra i ciuffi cremisi.
Il
giovane Bookman lo aspettò lì, tutta la sera, seduto
per terra di fronte alla sua stanza. Non aveva bussato alla porta di
Yu, non sarebbe servito a nulla comunque: aspettò
semplicemente che lui, prima o dopo, aprisse. E così avvenne,
quando questi non potè resistere oltre alla fame che gli
attanagliava le viscere dopo più di 24 ore di digiuno. Kanda
esitò un attimo quando lo vide, prima di chiudersi la porta
alle spalle e superarlo, con quello sguardo un po' stupito e un po'
lusingato per aver compreso che Lavi era rimasto chissà quanto
tempo lì fuori, e solo per lui. - Che vuoi? - Aveva
cercato di adottare un tono sufficientemente infastidito, ma con
scarso successo. Il giovane bookman, dal canto suo, non potè
che sorridere di quell'uscita così prevedibile. - Son
venuto a darti il tuo regalo. - - Tsk. Me l'hai già fatto,
quel tuo ridicolo cappello! - Il rossino si alzò in piedi
e lo seguì a passo tranquillo. Aveva un'espressione serena,
quell'accenno di sorriso calmo e inconfondibilmente sincero che di
rado poteva permettersi; ma adesso, adesso che era solo con Yu in
quei corridoi deserti e silenziosi, non correva alcun pericolo ad
essere semplicemente sé stesso. Si concesse perfino il
lusso di ridacchiare debolmente, a discapito delle brutte occhiatacce
dell'altro. - Quello era solo per scherzo. E poi non è
niente di speciale... Puoi non considerarlo un regalo di Natale, se
ti da tanto fastidio. Puoi considerarlo solo un pensiero. - Fu
impercettibile, ma Lavi notò che Kanda aveva rallentato il
passo. Oh, non si abbassava certo a ricambiare lo sguardo -quello
sarebbe stato davvero troppo!-, ma aveva le orecchie ben tese e tutti
i sensi vigili, chiaro sintomo di curiosità. Non che non ci
provasse a mostrarsi scocciato, ma un buon attore come Lavi le
riconosceva immediatamente le recite scadenti; e Yu era sempre stato
un pessimo bugiardo. Lo vide rimanere qualche secondo in attesa, e
il ragazzo lo interpretò come un segnale che lo incitava a
proseguire. Con un bel sorriso e una buona dose di coraggio, il
Bookman Junior gli prese la mano. Si domandò quali pensieri
potessero passare per la mente dell'amico in quell'istante, ma decise
che non valeva la pena rovinare un simile momento per gioco, e si
limitò a voltargli il braccio e aprirgli il palmo, per posarci
sopra un libricino piccolo e dall'aria consunta. Era vecchio,
rovinato e con le pagine ingiallite, ma questo naturalmente non aveva
importanza. - So che non ami leggere, ma ho pensato che questo
potesse piacerti. - mormorò a bassa voce, dolcemente. - E' un
ricordo che ho da un viaggio in Giappone di tanti anni fa; si tratta
di una raccolta di vecchie leggende e fiabe per bambini. E' scritto
in lingua originale, e, beh.. Io non conosco il giapponese, anche se
ho le traduzioni. Per cui pensavo che, insomma, magari sarebbe stato
più utile a te che a me. - Kanda rimase in perfetto
silenzio, a guardare il regalo posato sulla sua mano. La diffidenza
nel suo sguardo si era sciolta subito, per lasciare il posto a
qualcos'altro; lo vide socchiudere le labbra con l'intento di
parlare, ma dovette fare qualche tentativo prima di riuscirci. -
..Cosa me ne faccio di un libro per bambini? - Lo disse con una
voce troppo intrisa di emozione per dargliela a bere, però. -
E' molto poetico, Yu. - - CHE. - Capire quali sentimenti
riempissero gli occhi di Yu, oh, sarebbe stata un'impresa troppo
ardua perfino per un grande conoscitore dell'animo umano come Lavi.
Ma leggervi lo stupore, l'imbarazzo e perfino una punta di
gratitudine, per il ragazzo fu più che abbastanza. Sapeva che
non avrebbe ricevuto un grazie, non verbale almeno, ma a lui un
grazie non serviva; finchè poteva guardare le guance
dell'altro accendersi di colore e sapere che era stato merito suo,
andava tutto bene. Rimase un periodo di tempo sufficientemente
lungo a guardarlo, perchè Yu era incredibilmente bello da
guardare; e poi sospirò, sempre con quel sorriso calmo sulla
bocca e nello sguardo, gli voltò le spalle e se ne andò
via a passo lento. La voce dell'amico lo raggiunse al cuore, prima
che al cervello. - ...Dove vai? - Lavi agitò una mano in
segno di saluto, senza voltarsi. E, con voce divertita e davvero
molto dolce, mormorò ancora quel suo - Buon Natale,
Yu-chan. -
Il capitolo di Natale era d'obbligo, e mi scuso di averlo pubblicato con qualche giorno di ritardo, ma sono stata via. ♥
In ogni caso, la decisione di non inserire i capitoli in ordine cronologico è presa (grazie a Rebychan). Questo 'momento' è ambientato infatti durante i primi periodi del manga, durante i 18 anni di Lavi e Yu; credo fosse degno di esser notato. Penso di averlo scritto veramente malissimo, ma per pura pigrizia mi accontenterò.
Ah, sì: non ho potuto rinunciare a mettere Tap-chan. Buone feste a tutti! macch |
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Capitolo 5 *** Bookman. ***
bookman. [
marzo, 17 anni ]
Non è che avesse avuto
intenzione di origliare, sia chiaro. Si era trovato di fronte alla
Biblioteca per caso; forse assecondando l'inconscia speranza di
incontrarlo, questo sì, ma senza il minimo interesse ad
entrare lì dentro, in quell'anfiteatro di oppressione e
ipocrisia. Non era tipo da mettersi a spiare le faccende degli
altri, Yu Kanda, e principalmente perchè a lui le faccende
degli altri non erano mai interessate. Era una persona che non amava
parlare e, ancora meno, amava ascoltare. Ma d'altronde si sa, la
curiosità è tentatrice. L'aveva sentita con
chiarezza la voce del vecchio: era calma e sicura, dal tono più
che mai detestabile.
- Che cosa ti avevo detto? Questo
incarico ti avrebbe messo a dura prova. Lo sapevi ciò che
avrei preteso da te una volta entrati qui, junior. - Intravedeva
la sua figura di spalle. In piedi, la testa rossa di capelli
arruffati un po' china, le mani appoggiate sulla scrivania di legno
grezzo dove quotidianamente il suo maestro lo sorprendeva a
sonnecchiare, in mezzo alle scartoffie. Tremava un poco ma,
incredibilmente, non emetteva alcun suono. Forse era la prima
volta in cui Lavi se ne stava zitto, completamente zitto e
intenzionato a restarci. Yu si sorprese a pensare che avrebbe
preferito se l'altro, in quell'istante, si fosse comportato come
l'idiota di sempre; e che magari da un momento all'altro si fosse
messo ad urlare qualcuna delle sue insopportabili sciocchezze, tanto
per riempire un po' quel silenzio soffocante. Ma lui se ne stava solo
lì, fermo, a labbra cucite. - Non ho intenzione di portarti
via per ora. La tua presenza qui è fondamentale, la perdita di
un Esorcista per la tua squadra metterebbe in seria difficoltà
Komui. Ma non mi ripeterò, Lavi. Il rischio è alto. - -
Lo so, vecchio. Scusa. - La sua voce, dio, la sua voce.
Niente a che vedere con la voce del solito Rabi: nessun tono
squillante ed incredibilmente fastidioso, nessuna risatina sommessa
di sottofondo. La sua voce, in quell'istante, era così seria,
così profonda, così poco sua. Suonava bassa e
lievemente roca; lenta, ponderata, matura. Era bella, sì, ma
gli si addiceva davvero poco. - Oh, falla finita. Se menti a me
come menti ai tuoi compagni, la tua recita convincerà ben
pochi. Sei un attore mediocre, Lavi: non hai mai imparato ad
allontanare i tuoi sentimenti dalla nostra missione. - Bookman era
perentorio, aveva un tono duro che non ammetteva repliche. Riusciva a
scorgerlo a malapena, Kanda, da dietro lo stipite massiccio
dell'entrata che lo nascondeva: l'anziano guardava il suo allievo con
occhi severi, e forse un po' delusi. Ma era determinato, lo era
davvero, e nutriva fiducia nel ragazzo; quella fiducia che, molto
probabilmente, spingeva Lavi ad andare avanti. - Un Bookman non...
- - Sì, lo so, lo so. Un Bookman non ha bisogno di
un cuore. - Le guance cadenti del vecchio tremolarono, facendo
trapelare quella che sembrava l'ombra di un sorriso soddisfatto. -
Vedi di ricordarlo. -
E poi l'aveva guardato uscire di scena,
con quel passo calmo, silenzioso e saggio che lo faceva somigliare
più ad una tartaruga che ad un panda. Solo quando Bookman fu
scomparso dalla sua vista, Yu si concesse un sospiro. Chiuse gli
occhi e posò la nuca alla parete, mentre, dall'altra parte del
muro, i singhiozzi quasi impercettibili di un pianto silenzioso e
umiliato riecheggiavano debolmente tra gli scaffali alti ricolmi di
vecchi libri.
Yee, sono velocissima ad aggiornare! No, in realtà avevo questo brevissimo capitolo già pronto nel computer, e lo metto stasera solo perchè starò via per tutti i prossimi giorni -non interessa a nessuno-. Buon primo dell'anno, divertitevi che in teoria è l'ultimo. 8D macch |
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Capitolo 6 *** Martello. ***
martello. [
febbraio, 16 anni
]
- Tu mi
prendi in giro. -
Era stata dura, quella mattina, per
il povero Kanda. Di solito i richiami di Komui ad un orario
improbabile (all'alba, o appena prima di andare a dormire) non
promettevano niente di buono, perchè significava che quel
fifone aveva una notizia non tanto piacevole da dargli, o una brutta
missione da assegnargli, e sperava che lui fosse troppo stanco per
reagire in maniera violenta. Inutile dire che erano precauzioni del
tutto improduttive; l'indole aggressiva di Yu non dormiva mai. Quando
il giapponese sentì un finder bussare alla sua porta con
titubanza alle cinque del mattino, balbettando che Komui Lee lo stava
aspettando nel suo ufficio, già immaginò di dover
sguainare Mugen prima del previsto. Ben presto però capì che
qualsiasi cosa, qualsiasi, sarebbe stata meglio di ciò
che aveva da proporgli il capo della sezione scientifica. - MI
RIFIUTO. - ringhiò minacciosamente, conficcando la katana
nella scrivania in noce e facendo volare per aria un mucchio di
scartoffie -che caddero scompostamente a terra, sopra ai mucchi di
documenti che rivestivano il pavimento. - Sii ragionevole, Kanda!
- dovette insistere Komui, cercando di mantenere un tono distaccato e
professionale, ma senza riuscire a staccare lo sguardo preoccupato
dall'arma che gli aveva appena disarcionato il suo bel scrittoio. -
Siete compagni, devi imparare a collaborare con gli altri Esorcisti.
Non puoi fare tutto da solo! - - Quello lì NON E' un
Esorcista! - ruggì, indicando rabbiosamente la causa dei suoi
guai. In fondo all'ufficio, un divertito quanto mansueto Lavi si
godeva lo spettacolo, appoggiato comodamente di schiena alla parete.
Al suo fianco, immancabilmente, se ne stava il piccolo vecchio
dall'aria severa e irreprensibile che si faceva chiamare Bookman. -
Tecnicamente – si intromise il vecchio, senza sentire il
bisogno di alzare la voce per farsi ascoltare - ..lo è. Lavi è
compatibile all'Innocence, per questo motivo siamo entrati a far
parte dell'Ordine, almeno fino a che la guerra non sarà
terminata. Ha un'arma di tipo equipaggiamento, sincronizzata a lui
all'82%. - Kanda guardò Bookman con rabbia, non riuscendo a
trovare una risposta sufficientemente arguta, ed emettendo infine un
risentito CHE. - Per l'appunto. Perciò forza, preparatevi. Il vostro
treno partirà fra due ore. - concluse soddisfatto il capo. -La
missione non è delle più faticose, visto che è
la prima dei nostri nuovi arrivati, ma dovete essere pronti ad ogni
evenienza. Vi aspetta la Polonia! - E così erano partiti.
Kanda aveva cercato di convincere -con le buone e con le cattive-
Komui a cambiare idea, a sostituirlo con qualcun'altro: ma i
risultati non erano stati dei più incoraggianti. Avrebbe
preferito partire con Tiedoll ed assecondare gli istinti paterni del
suo Generale per un'intera settimana, piuttosto che rimanere un
singolo giorno in compagnia di quel fenomeno da baraccone che aveva
il coraggio di definirsi un 'esorcista'. In più, oltre a
lui, doveva anche aggregarsi il suo maestro. Yu non aveva ancora
deciso se odiare o no il Bookman senior: se non altro, questo era da
ammettere, il vecchio non era snervante come l'apprendista. Se ne
stava sempre zitto e per conto suo, senza infastidirlo inutilmente
con sciocche domande o raccomandazioni; c'era però qualcosa
nel suo sguardo indagatore, e nella sua presenza silenziosa ma
costante, che non gli piaceva per nulla. Per tutto il tragitto in
treno, il giapponese finse di dormire. Quando però, dopo molte
ore di viaggio, raggiunsero la destinazione, accadde l'inevitabile:
Lavi prese a perseguitarlo, blaterando all'infinito e, per di più,
schivando con una certa insolenza tutti i colpi che gli venivano
lanciati per farlo tacere.
- Tu mi prendi in giro. -
ripetè Kanda, fissando con occhi sconcertati il coetaneo,
scuotendo lievemente la testa e facendo ondeggiare la lunga coda di
capelli neri. No, non era possibile. Stava per tramontare, e il
gruppo di spedizione aveva già raggiunto la pensioncina dove
avrebbero ristorato quella notte; un posto discreto e in definitiva
abbastanza gradevole, che non spillasse troppi soldi all'Ordine. Era
troppo tardi per rintracciare l'Innocence, ci avrebbero pensato la
mattina dopo. Per ora, il giapponese aveva solo deciso di fare un
giro di perlustrazione per il piccolo villaggio polacco, giusto per
ambientarsi e non farsi cogliere troppo impreparati il giorno
seguente: e, naturalmente, quel cretino del coniglio aveva avuto la
brillante idea di seguirlo. Lavi adesso lo guardava dritto negli
occhi, in maniera fin troppo imprudente. - Che c'è! Linalee
ha un paio di stivali come arma. Stivali. - sottolineò
il ragazzo, come se questo sistemasse ogni cosa. L'altro non
sembrò neanche ascoltarlo, troppo concentrato com'era a
mantenere i nervi saldi e assumere un atteggiamento zen che gli
impedisse di esplodere. - QUELLA sarebbe la tua Innocence. -
Indicò l'oggetto che Lavi teneva fra le mani, con occhi
increduli, perfino indignati. - ..QUELLA COSA sarebbe la tua fottuta
Innocence! - Lavi mise su il broncio, incrociando le braccia al
petto. - Bhé? E quindi?! - Evitare di esplodere? Più
facile a dirsi che a farsi. - ...UN MARTELLO!! - - Sì!
Un martello! - - UN FOTTUTO MARTELLO DOVREBBE AMMAZZARE GLI AKUMA!
- - Non essere volgare! - Kanda chiuse gli occhi, ignorando il
nervo che gli pulsava pericolosamente sulla tempia, e sospirando
rumorosamente. - ..Tu mi prendi in giro. - Il giovane bookman
aprì la bocca per ribattere qualcosa, ma la richiuse senza
dire nulla non appena vide che l'altro si era girato di spalle e
aveva ripreso a camminare a passo spedito per la via principale del
paese. Corse per raggiungere il compagno, riattaccando alla cintura
la sua arma, il piccolo martellino a strisce bianche e nere che
adesso aveva assunto la sua forma tascabile. - Uffa, che problema
c'è? Non è solo un martello, può fare un sacco
di cose! - protestò animatamente, ma Kanda continuò a
camminare velocemente e ad ignorarlo. - E poi non me lo sono mica
scelto io, sai? E' l'Innocence che decide la forma da assumere, a
seconda del suo compatibile! - Yu si girò a guardarlo solo
dopo qualche secondo. Aveva negli occhi uno sguardo sprezzante, un
po' divertito e un po' sarcastico, e un sorrisetto insopportabile che
gli arricciava gli angoli della bocca e che, accidenti a lui, gli
donava davvero un sacco. - Vedi, avevo ragione io. - mormorò
questi con voce affabile, lanciando prima uno sguardo alla sua arma,
e poi tornando a puntare il suo occhio. - Tu non sei affatto un
Esorcista. Sei un pagliaccio. -
E detto ciò, il
giovane giapponese riprese a camminare nella sua direzione; con
quella sua andatura rigida e militare, accompagnata da un'espressione
davvero troppo seria per un ragazzo di soli sedici anni.
L'espressione seria, però, dovette affievolirsi un pochino
quando sentì la voce squillante del compagno lamentarsi
debolmente, a qualche metro di distanza, che Linalee ha un paio di
stivali come arma. Stivali, cavolo!
Il capitolo sul martello dovevo farlo, mi spiace. E mi spiace anche di aver interrotto l'idillio di dolcezza e tristezza e blablabla dopo il momento di Lavi che piange, ma insomma... E' IL MARTELLO!
Tra parentesi, credo che riserverò anche un altro spazietto al martellino martellone di Rabi, magari più avanti. Perchè Lavi è l'idiota che è, e posso scommettere quello che volete che è il Re dei doppisensi, e... insomma, un mix di Lavi, Yu, doppisensi e martellone è irrinunciabile. 8D
(A proposito di questo, vi lascio questa vecchia perla nata dal geniale msn della sottoscritta moltissimo tempo fa. TADAAAAAAN.) macch |
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Capitolo 7 *** Abbraccio. ***
abbraccio. [
maggio, 18 anni ]
- Non ti capisco proprio. -
sospirò Allen, tirando su da terra il povero ragazzo dai
capelli rossi e la benda all'occhio, che si massaggiava un dolorante
bernoccolo appena nato tra i ciuffi cremisi. Il tonfo sordo del
portone, pochi secondi più tardi, suggerì a tutti i
presenti che Yu Kanda era uscito dalla Sala Mensa più
arrabbiato che mai. Lavi si sollevò dal pavimento a fatica
e si accasciò sulla sedia più vicina,
inconfondibilmente stanco ma con aria vagamente divertita. - Di che
parli? - - Di questo! - protestò l'albino, indicandolo
inorridito. - Perché continui a farti picchiare da lui?!
- L'altro ridacchiò. - Oh, non posso farci molto, Yu-chan è
molto più forte di me! - Allen sbuffò, scuotendo la
testa rassegnato. Lanciò a Linalee, dall'altra parte del
tavolo, uno sguardo significativo: e subito lei annuì
comprensiva e corse via, alla frenetica ricerca della cassetta dei medicinali. - Non parlo di questo. Non capisco perchè
ti ostini a perseguitarlo, quando sai benissimo che tipo è!
Che senso ha farsi malmenare in questo modo, solo per il semplice
gusto di dargli il tormento? - La mensa era probabilmente il luogo
più caotico e chiassoso di tutta la Sede, forse perchè
era anche il punto di ritrovo preferito degli Esorcisti e dei Finders
che alloggiavano lì. Non è che le lunghe tavolate
fossero molto comode, o la sala particolarmente accogliente: ma la
buona cucina di Jerry e la numerosa dose di spettacolini dal vivo che
si inscenavano ogni giorno lì dentro, facevano sentire la
gente insolitamente a casa. Inutile precisare che la maggior parte
dei sopracitati spettacoli venivano gentilmente offerti da Lavi, che
investiva egregiamente il ruolo di 'buffone di corte'. Il ragazzo,
adesso, se ne stava tutto mogio, con la faccia affondata tra le
braccia incrociate. Ogni persona che passava per il suo tavolo, gli
dava una comprensiva pacca sulla spalla e sospirava un 'Dai, alla
prossima andrà meglio!':
ma francamente non è che fossero di grande aiuto. Glielo
dicevano tutte le volte che lui provava a mostrare un po' di affetto
a Yu e questo lo picchiava senza pietà, ma la loro previsione
non si era mai rivelata esatta. Linalee tornò dai due amici
col fiatone e una grossa cassetta di pronto soccorso in mano; prima
che il giovane Bookman potesse dire 'a', lei si era già
immedesimata nel ruolo dell'infermiera, e aveva estratto garze e
disinfettante per aggiustargli le ferite di guerra. - Io non
voglio dare il tormento a Yu. E' solo il nostro gioco. - mormorò
Lavi con un sorrisetto, prima che questo venisse sostituito da una
smorfia di dolore per il bruciore dell'alcool puro sulla carne viva.
Allen, che nel frattempo aveva racimolato qualche polpetta da uno
Chef fin troppo accondiscendente, lo guardò con disappunto;
l'espressione severa che aveva negli occhi, però, venne minata
dalle guance gonfie di cibo in continua masticazione. - Ah,
complimenti, ti fai ammazzare per gioco! Dovresti lasciare perdere
Kanda, lui non vuole amici, non lo vedi? Stai solo sprecando energie.
- Lavi non si sorprese affatto di quella risposta. Conosceva
abbastanza Allen Walker da sapere qual era il suo punto di vista su
Yu, e col tempo aveva perso la voglia di fargli cambiare opinione; ma
niente di ciò che pensava avrebbe potuto mutare i suoi
sentimenti. In fondo, Allen era all'oscuro di molte, moltissime
cose. Per esempio era all'oscuro del fatto che, quella mattina,
Rabi non si era comportato esattamente come al solito. Non sapeva che
l'abbraccio che aveva rivolto a Kanda non era come quello di tutte le
mattinate, amichevole e un po' infantile; ma al contrario, che era
stato dolce, fin troppo, e caldo, e stretto. Allen non sapeva quanto
aveva battuto forte il cuore di Yu, a quel contatto, né come
erano arrossite le sue guance; e non sapeva che Lavi aveva osato, in
un momento di distrazione generale, accostare le labbra al suo
orecchio e sussurrare un 'Buongiorno, Yu-chan' del
tutto differente dai suoi quotidiani saluti. Non lo sapeva anche
perchè nessuno, oltre a Yu stesso, aveva mai sentito una
simile voce -così profonda, così vibrante- uscire dalla
sua bocca. Il giovane bookman sorrise, mentre Linalee finiva di
fasciargli il polso. - Tu credi? - mormorò
divertito, rubandogli dal piatto una polpetta e cacciandosela in bocca. Allen Walker non sapeva molte cose, e in fondo era
meglio così. Era meglio che pensasse che Yu l'aveva picchiato
anche quella mattina perchè l'aveva chiamato per nome,
piuttosto che perchè si era permesso di abbracciarlo in quel
modo davanti ad altre persone, fuori da una camera da letto
rigorosamente chiusa a chiave.
Veloce e indolore, suvvia. So che è molto allusivo, ma è la prima parentesi della storia che accenna a loro come coppia o quasi, perciò bisogna accontentarsi; anche perchè prima di scrivere cose più esplicite voglio raccontare per bene gli inizi del loro sentimento. Non è che mi faccia impazzire, ma ho un giudizio pessimo sul mio modo di scrivere percui è meglio che taccia. See ya! macch |
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Capitolo 8 *** Passi. ***
passi. [
maggio,
17 anni ]
Il
suono delle suole che calpestavano il fango e l'erba bruciata,
marciando a quel loro ritmo lento e costante, era quanto di più
detestabile ci fosse al mondo. Se durante tutto il viaggio di una
spedizione -breve o lungo che fosse- i compagni d'armi tendevano a
distrarsi a vicenda con una minima dose di cibo e chiacchiere, nel
tratto che precedeva l'imminente scontro nessuno aveva più
voglia di ridere e parlare; si limitavano ad avanzare per la loro
strada a capo chino e labbra cucite, il battito accelerato che
pulsava nelle orecchie e l'incessante cadenza dei loro stivali che
affondava nel terreno. Lavi odiava quel rumore, ma almeno lo
distraeva dal pensare. Poteva sempre seguire la musica di quella
marcia disperata e consapevole per controllare il ritmo cardiaco, e
far battere il cuore alla stessa velocità dei loro passi; e se
proprio la cosa non funzionava, c'era sempre il metodo dei bei
respiri profondi. Yu, da parte sua, quel rumore lo trovava
stranamente rassicurante. D'altra parte nessuno avrebbe mai detto che
dietro a quella maschera di freddezza vi si potesse insidiare il seme
del dubbio; ma lui non era un pazzo, era soltanto un guerriero. E
come tutti i guerrieri, Kanda aveva paura. Più la morte
gli si avvicinava, però, più riusciva a guardare al
mondo in maniera concreta: ed ecco che la lucida calma di soldato
veniva a placare le scariche di adrenalina, come se ogni passo verso
la battaglia rintoccasse i secondi di un minaccioso ma inevitabile
conto alla rovescia. E lui smetteva di essere un semplice uomo, e
tornava ad essere Esorcista. - Tenetevi pronti. - sussurrò
il vecchio, pronunciando l'ovvio per il solo bisogno di parlare.
Tutti gliene furono grati in qualche modo: perchè udire una
voce calda e umana, una voce amica, prima dell'osceno graffiare delle
grida di akuma, era il più bel regalo che Bookman potesse far
loro. Il giapponese sospirò, socchiudendo le palpebre. E
dopo aver lanciato uno sguardo lungo e significativo al giovane
ragazzo dai capelli rossi che camminava al suo fianco, annuì
impercettibilmente e si buttò nello scontro.
Mi scuso per l'assenza, ma ahimè questo è un periodo infausto e sono sommersa dai libri 7 giorni su 7. Avevo promesso un capitolo strappalacrime perchè avevo già ideato qualcosa; ma stava venendo fuori una vera schifezza, un po' perchè non avevo ispirazione e un po' perchè era troppo impegnativo, e il tempo scarseggiava. Per cui perdonatemi per essermene uscita con queste due righe; ma se vi può essere di consolazione, fra pochi giorni aggiornerò con il capitolo che darà il via a cose assai interessanti. Chiedo venia. ♥ macch |
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Capitolo 9 *** Porta. ***
porta. [
gennaio,
18 anni
]
Aveva
passato tutta la giornata lì davanti, Yu Kanda. Di fronte alla
porta dell'Infermeria, che si apriva e si chiudeva sfrontatamente
sotto ai suoi occhi, mentre le gente andava e veniva in quello
snervante via vai che succedeva sempre una missione andata male. Lui,
lì dentro, ci aveva passato il minor tempo possibile: giusto
quel minuto necessario, la notte prima, per abbandonare su un letto
vuoto il corpo del suo compagno ferito, e uscire di tutta fretta. Gli
era battuto forte il cuore quando era scappato fuori dalla corsia
d'ospedale e si era chiuso il portone alle spalle, per poi
appoggiarvisi di schiena e riprendere lentamente il controllo di sé.
E ci aveva messo più di qualche minuto per convincersi a
lavarsi via il sangue di Lavi, che gli imbrattava ancora le mani e i
vestiti. Rivedeva tutte le scene della battaglia in successione,
mentre attendeva davanti all'entrata dell'Infermeria: come proiettate
su quella porta di noce che si ostinava a non superare. Si
riproponevano prepotentemente di fronte ai suoi occhi, le maledette,
forse per fornirgli una ragione valida per afferrare quella dannata
maniglia di ottone e andare a trovare il proprio amico in fin di
vita. Aveva sentito parlare tante persone, nel corso della
giornata: prima le infermiere, la mattina presto, che bisbigliavano
di come la vita del giovane bookman fosse appesa ad un filo. Poi
aveva sentito Komui sospirare di sollievo, poche ore dopo, alla
notizia che il ragazzo aveva reagito bene alle cure e che si sarebbe
stabilizzato velocemente. Infine, aveva visto Linalee correre dentro
come una furia, urlandogli che finalmente si era svegliato, si era
svegliato e stava bene, sarebbe andato tutto per il meglio. E Yu
aveva passato più di dodici ore in piedi davanti a quella
porta, senza riuscire ad entrare, e senza riuscire ad andarsene. Una
porta chiusa non è più una porta, è un muro. Ma
basta abbatterlo -si diceva-, basta solo abbatterlo. Aveva superato
più muri che porte nella sua vita, in fondo; forse perchè
buttare giù il cemento con la forza bruta era più
semplice che usare l'ingegno per aprire una serratura difficile, di
cui peraltro non aveva la chiave. Verso sera la gente si era fatta
meno frenetica, col passare delle ore le cose erano andate via via
tranquillizzandosi. All'ora di cena quasi tutti erano usciti per
concedersi un momento di riposo, sicuri che ormai il pericolo era
stato fugato; e il Moyashi gli aveva rivolto un insopportabile
sorrisetto sarcastico, superandolo con sufficienza e scuotendo la
testa, divertito dalla sua debolezza. Ma nemmeno la prospettiva di
tagliargliela una volta per tutte, quella testa, era riuscita ad
allontanare Kanda da quella porta. Era notte fonda e la luna era
alta, quando Yu aveva abbattuto il suo muro.
- Finalmente.
- sussurrò Lavi, con un sorriso stanco e bellissimo, e un
pochino doloroso. - Finalmente ti sei deciso ad entrare, Yu. - Era
incredibilmente pallido, illuminato fiocamente dalla luce della
candela, e sembrava perfino più magro del solito. Le lenzuola
coprivano il suo corpo fino al torace, ma non servivano certo a
nascondere a Kanda la lunga cicatrice avvolta nei bendaggi color
panna che gli tranciava il petto. Il giapponese rimase qualche
secondo ad osservare in silenzio le minuzie di quel letto d'ospedale
stupidamente anonimo, con le coperte giallo pastello e le federe
bianche profumate di muschio bianco, prima di riuscire ad alzare lo
sguardo; ma ne valse la pena aspettare, ne valse la pena davvero. Lo
guardò dritto in quell'occhio verde pesto di sonno e malattia:
ma che, dio, era così luminoso, così vivo. - Non
chiamarmi per nome. - mormorò soltanto, e la sua voce fu
calma, quasi dolce. Il rossino rispose con un mezzo sorriso
compiaciuto, abbassando le palpebre. Non serviva essere la persona
più arguta del mondo, né avere lo spirito
d'osservazione di un Bookman, per notare quanto poco quel tono
addicesse a Kanda, e allo stesso tempo quanto potesse donare a Yu. -
Oh, avanti. Non vorrai minacciarmi di morte? - ridacchiò
stancamente, tossendo un poco. - Sarebbe davvero crudele
approfittarsi della mia salute cagionevole, Yu-chan. Non potrei
scappare neanche volendo. - L'Esorcista, a quelle parole,
fremette. Fu impercettibile, ma il giovane Bookman notò gli
occhi dell'altro appannarsi di uno sguardo nuovo, uno sguardo
colpevole. Fu strano, davvero molto strano, vedere
quell'ombra oscurare il viso del grande Yu Kanda: non era tipo da
sentirsi in colpa per qualcosa, lui. Al contrario, era quel tipo di
persona convinta sempre di fare la cosa giusta, nel bene o nel male.
Ma d'altra parte la cosa non lo stupiva poi molto: il ragazzo era
vissuto senza che nessuno gli dimostrasse mai nulla, non una
gentilezza o una riconoscenza. Si sentiva a disagio, il suo Yu; si
sentiva orribilmente responsabile. Lo guardò prendere una
delle vecchie sedie pieghevoli appoggiate al muro e sedersi al suo
capezzale; non troppo vicino -mai troppo
vicino-, ma abbastanza da fargli capire che lui c'era, finalmente, e
che non se ne sarebbe andato tanto presto. Aprì la bocca
per parlare, lo sguardo basso, ma ci mise almeno un minuto prima di
azzardarsi a dire qualcosa. - Come... - - Sto bene. - rispose
subito Lavi, con un sorriso. I segni sul suo corpo volevano affermare
il contrario, ma quel suo occhio verde era così brillante e
così vivo che non avrebbe potuto contestarlo neanche volendo.
Così Kanda annuì debolmente, con lentezza, chiudendosi
prudentemente nel suo guscio di silenzio. L'amico lo scrutò
per qualche secondo, prima di piegare la testa di lato e allargare
ancora un po' il proprio sorriso spavaldo. - Ehi.. sto bene. -
ripeté divertito. - L'infermiera mi ha dato un secondo cuscino
eccezionalmente morbido, e Linalee e Mammoletta mi hanno portato un
sacco di dolci.. anche se Allen se ne è mangiati la metà
mentre dormivo. - rise, indicando le scatole di caramelle e
cioccolatini mezze aperte che affollavano il proprio comodino. - E...
guarda! - aggiunse euforico, alzandosi a fatica per mettersi seduto e
iniziando a saltellare sul materasso: le molle del letto iniziarono a
cigolare in modo chiassoso e, a parer del coniglio, assolutamente
affascinante. - Posso disturbare in un colpo solo più di
cinque persone insieme! - Yu si astenne dal commentare, ma gli fu
impossibile trattenere un CHE insofferente.
Fu abbastanza bravo, però, da nascondere con una certa
discrezione l'accenno di sorriso divertito che gli stava per nascere
sulle labbra, e che fortunatamente l'altro non notò. E poi
rimasero un'eternità e anche più, a guardarsi in
silenzio. Lavi non era portato per gli sguardi -era un tipo da
chiacchiere, lui-, ma per una volta sembrò che la cosa non lo
disturbasse: al contrario, ricambiava le iridi scure di Yu
profondamente, dolcemente, con un'intensità quasi fastidiosa
-e sì che non giocavano neppure ad armi pari, disponendo lui
di un occhio solo. Kanda per un momento si sentì perduto; ma
quando capì che quell'occhio verde non voleva smarrirlo, ma
solo rassicurarlo, allora acconsentì a lasciarsi guidare da
lui, intento forse per la prima volta a capire davvero quali
sentimenti si celassero sotto il finto sguardo di Bookman. Tentennò,
ricordando come in quell'occhio avesse visto la luce spegnersi, solo
poche ore prima. Aveva guardato il corpo dell'amico mettersi in mezzo
tra lui e un Level3; proteggerlo, subirne il colpo, sacrificarsi in
una di quelle gesta sciocche ed eroiche tipiche di persone come
Allen. Kanda aveva sentito qualcosa spezzarsi, dentro di sé:
allora aveva trafitto l'akuma dimenticando di essere un Esorcista,
dimenticando per la prima volta che il suo compito era salvare, non
distruggere. Aveva ucciso il nemico desiderando vendetta, e
poi aveva raccolto Lavi dalle macerie, e lo aveva tenuto fra le
braccia, e gli aveva asciugato il sangue dalla bocca. - Sei uno
stupido. - Yu gli rivolse quell'insulto con la stessa voce di come
gli avrebbe rivolto un 'grazie'.
E Lavi sorrise, un sorriso
sincero, di quelli che neanche i migliori attori sanno simulare: un
sorriso sollevato, come se per tutto quel tempo, per tutto il giorno,
forse per tutta la vita, avesse aspettato solo quel preciso momento.
E che spettacolo fu, per Yu, vedere i gli angoli della sua bocca
distendersi, e quelle labbra piene fremere appena, abbandonarsi
dischiuse ad un impercettibile quanto appagato sospiro. - Lo so.
- - Sei stato davvero uno stupido. - Yu Kanda si alzò, e
lui non fece nulla per fermarlo. Il giapponese rimase con lo sguardo
incollato a quel corpo fragile e pallido e meravigliosamente vivo per
un po' di tempo ancora; chiedendosi le cose sciocche che si domandano
sempre i sopravvissuti, tutti quegli stupidi se e ma che, lo sapeva
bene, non contavano nulla ai fini di una guerra. Poi chiuse gli
occhi, dicendosi che Lavi si era salvato, e che, per la prima volta,
la fortuna era stata dalla parte dei buoni. - Ci alleneremo
insieme, d'ora in poi. - sussurrò l'Esorcista, voltandogli le
spalle. - Sei debole, troppo debole. - Lavi, dopo un attimo di
sorpresa, esibì il miglior sorriso furbo del suo
repertorio. - Ohh. Sei preoccupato per me, Yu-chan? -
Yu
Kanda non rispose. Si limitò a ripercorrere i suoi passi
all'indietro, e a varcare di nuovo la porta dell'Infermieria; adesso,
quella porta, era semplicemente una porta.
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Capitolo 10 *** Caduta. ***
caduta. [
febbraio, 18 anni ]
- Taci e ascolta. -
Lavi
ascoltava, non è che non lo facesse. Poteva apparire ridicolo,
o quanto meno buffo, con quella strana espressione concentrata sulla
faccia, e le orecchie ben tese ai rumori del mondo: ma nessuno poteva
mettere in dubbio tutta la sua buona volontà. Yu Kanda,
d'altra parte, si era dimostrato un maestro severo tanto quanto era
stato un severo compagno. Non si sprecava in consigli, lui, né
in elogi o in raccomandazioni; ma di tanto in tanto nei suoi occhi
brillava quel qualcosa, che faceva capire a Lavi quanto in fondo gli
piacesse stare lì. Da quando avevano cominciato gli
allenamenti, più di due settimane prima, l'altro non gli aveva
dato un attimo di tregua. Ogni giorno lo trascinava nella sua piccola
radura, quello spiazzo sacro e meravigliosamente silenzioso nel cuore
del bosco: e nonostante quell'intimità nuova e assolutamente
innocente lo mettesse visibilmente a disagio, il giapponese
continuava con ostinata caparbietà a fargli da guida. Lui, da
parte sua, acconsentiva ad ogni decisione dell'altro con un
sorriso. Quando cadde per l'ennesima volta, il giovane Bookman si
risparmiò perfino i soliti lamenti, rialzandosi quasi in
automatico dal terreno bagnato. L'erba umida attutiva ogni violento
impatto col terreno, e se alle prime volte aveva trovato la cosa
sconfortante -oltre che dolorosa-, adesso cominciava quasi a farci
l'abitudine. Chi era sopravvissuto al vecchio panda, dopotutto,
poteva dire di averci fatto il callo. - Non c'è niente da
ascoltare! Non mi dai nemmeno il tempo di prepararmi! - - Questo
gli Akuma di solito non lo fanno. - Quando parlava, Yu, era solo
per chiudere in maniera perentoria e funerea una battaglia già
persa in partenza. Di solito poteva anche sperare di averla vinta, il
coniglio, se si trattava di scherzetti di dubbio gusto o battutine
irriverenti; ma quello, quello era il suo tempio, la sua religione, e
sull'arte del combattimento il giovane Bookman non aveva nessuna voce
in capitolo. Non importava davvero quante volte cadesse. Si rimise
in posizione, la bandana nera calata sugli occhi e stretta bene con
un nodo alla nuca. E dopo un sospiro, tornò in ascolto. Il
mondo a luci spente era uno spettacolo che non amava in maniera
eccessiva; con un solo occhio, si tende a considerare il senso della
vista come una benedizione, e i colori appaiono improvvisamente più
cangianti. I buio, poi, è il rifugio dei bugiardi; e i buoni
attori odiano tirar giù la maschera, perfino di fronte a sé
stessi. Ciò che amava di quella realtà ad occhi
chiusi, però, era sentire sulla pelle tutto ciò che
normalmente avrebbe potuto guardare. Ogni cosa prendeva una
consistenza diversa, senza filtri: il vento sulla faccia e l'erba
sotto i piedi, improvvisamente, avevano un nuovo volto, una nuova
bellezza. Prendevano la forma che decideva lui, con il solo aiuto
della sua percezione: come i personaggi più disparati e
meravigliosi dei suoi tanti libri. - Concentrati, Rabi. Ascolta.
- E poi, naturalmente, c'era Yu. Yu era un mondo nuovo, da
scoprire a palpebre serrate. Se ad occhi aperti la sua recita
poteva tenere, in quel buio disarmante anche la sua maschera
crollava. L'espressione del viso, lo sguardo, la postura impettita,
erano tutte cose che alla vista il rigido Yu Kanda poteva
controllare: ma il battito ritmico del suo petto, mai troppo
misurato, e il fiato discreto e caldissimo che gli scivolava dalle
labbra ad ogni respiro, bastavano a metterlo a nudo più di
qualsiasi sguardo indagatore. Avrebbe passato ore intere, Lavi, a
sentirlo così, semplicemente accanto a sé: perchè
la sua voce era melodia, certo, ma la sua intera essenza era arte. -
Ascolta. - Serrò più forte le palpebre, rilassò
i muscoli. Per qualche attimo non capì cosa stava succedendo,
ma poi comprese chiaramente i passi dell'altro, silenziosi e sinuosi
come quelli di un gatto, che gli giravano attorno con innaturale
calma. Poteva sentire gli occhi profondi di Yu fissi su di sé,
finalmente liberi di mostrarsi per com'erano: due pozzi neri
imperscrutabili che non temevano più di venir giudicati da
lui, e forse, per una volta, meravigliosamente sinceri . Le suole
dei suoi stivali quasi non producevano rumore, calandosi sul terreno.
Nel buio della sua mente poteva vederlo, Yu, preso nella sua
splendida danza; e sentirlo, sentirlo vicino, palpabile, più
lontano di un niente. - Ascoltami. - Non sentì neppure
da dove proveniva la sua voce: gli bastò il leggero frusciare
dei capelli e l'impercettibile spostamento d'aria del suo movimento
perfetto, per intercettare senza possibilità d'errore da dove
proveniva il colpo. Si limitò a torcere la schiena, il giovane
Bookman, bloccando con gli avambracci il lungo bastone d'ebano che
era calato con prepotenza su di lui; e con un sorriso favolosamente
impertinente, spostò di un nulla la gamba. Quanto bastava,
almeno, per fare lo sgambetto a Yu e farlo ruzzolare per terra. Un
appena sibilato 'baka usagi' gli giunse alle orecchie subito
dopo. Il rossino si tolse la bandana dagli occhi, per posare uno
sguardo estremamente divertito su uno Yu tutto rosso e un tantino
umiliato che sospirava, scuotendo la testa. Riusciva a nascondere a
stento quella luce orgogliosa appena accennata nelle sue iridi
scure. Lavi ridacchiò, porgendogli la mano per aiutarlo ad
alzarsi; ma naturalmente questi la evitò con cura,
sollevandosi da terra con la solita compostezza. E gli rivolse quello
che su qualsiasi altra persona sarebbe parsa una smorfia, ma che sul
suo viso era un chiaro e splendido accenno di sorriso.
Più
che nelle parole, la presenza di Yu si avvertiva nei silenzi, com'era
sempre stato: e Lavi, che aveva sempre odiato i silenzi, trovò
d'un tratto preoccupante la consapevolezza di apprezzare in maniera
irragionevole tutti quei loro dialoghi non-verbali.
Mi scuuuuso ancora per l'assenza, ma è stato un periodo di studio ininterrotto, che fortunatamente dovrebbe essersi concluso -almeno per adesso-. Quindi ecco l'ultimo momento, e dai che ci avviciniamo al lieto giorno in cui 'sti due cretini limoneranno come se non ci fosse domani! 3 |
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Capitolo 11 *** Doccia. ***
doccia. [
febbraio, 18 anni ]
Lavi ruotò la maniglia di ottone della
doccia, ascoltando ad occhi chiusi il rassicurante brontolio della
stufa che, dopo qualche attimo di indecisione, acconsentì a
concedergli un po' di acqua calda. A lui, la doccia, piaceva
bollente. Il fiotto gli scrosciò addosso con singolare
tempismo, bagnandogli il petto scolpito, la schiena allenata, i
capelli cremisi d'un tratto lisci e pesanti, appiccicati alla fronte:
e il ragazzo, dopo un istintivo sospiro di sollievo, si passò
una mano sul viso, come a controllare quel solito particolare banale
che, ora più che mai, somigliava ad una nota stonata. L'unico
momento della giornata in cui il giovane Bookman si toglieva la
onnipresente benda nera dall'occhio destro, era durante la doccia. Il
suo era un atto puramente pratico, ma che gli comportava ogni volta
una certa dose di fastidio; levarsi dal volto quel pezzo di stoffa lo
faceva sentire nudo, scioccamente esposto ed orribilmente a disagio.
Disagio che tendeva quasi sempre a
dissiparsi con il primo fiotto d'acqua bollente. Dondolò la
testa di lato, lasciando che i ciuffi umidi di capelli gocciolassero in tutte
le direzioni, e infine aprendo il solo occhio sinistro. Quello destro
rimase chiuso, coperto unicamente dalla pallida palpebra calata. Per
un istante, ma solo per un istante, Lavi poté giurare di
avvertire lo sguardo di Yu su di sé: fu sicuro dei suoi occhi
scuri sulla pelle, perchè conosceva quella sensazione di dolce
tepore, come un abbraccio, una carezza calda,
un velo di seta. Ma quando si voltò nella sua direzione, poche
docce più in là, lo vide soltanto girarsi bruscamente
di spalle. Riuscendo, a sua insaputa, nell'intento di nascondere
l'improvviso rossore che gli aveva acceso le guance. Gli
allenamenti serali erano i più faticosi, ma, senza ombra di
dubbio, anche quelli più gratificanti. Non da un punto di
vista prettamente fisico, al contrario: Lavi a fine giornata tendeva
a risentire del proprio incessante consumo di energie quotidiano, e a
crollare come una pera cotta. Ma proprio per convincerlo a resistere
alla stanchezza ed evitare che questi si addormentasse nel bel mezzo
di uno corpo a corpo, Yu acconsentiva a passare un po' di tempo in
più con lui, finiti gli estenuanti esercizi; giusto per
motivarlo quel tanto che bastava. Suddetto tempo, quasi sempre, lo
trascorrevano insieme nei bagni comuni. In perfetto silenzio, e solo
ed unicamente per farsi una calda doccia ristoratrice.
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Capitolo 12 *** Lacrime. ***
lacrime. [
marzo, 18 anni ]
- Yu, ti prego.. - La voce di
Lavi era un rantolo strozzato dal pianto; e se un suono avesse avuto
corpo e carne, probabilmente quello avrebbe sanguinato. Avrebbe
dovuto odiarla, Yu, quella voce: così patetica, così
penosa. Avrebbe dovuto detestare tanta debolezza. Si sentì
in colpa ad ammettere a sé stesso che invece amava quel
dolore, più di quanto amava la vita a cui si stava
aggrappando. Avrebbe voluto perdersi dentro a quella disperazione,
scendere fino in fondo, scavare con le unghie. - Yu.. Svegliati,
Yu... - Sapeva di dover aprire gli occhi, ma non lo fece ancora.
Si disse che era troppo stanco per farcela, il suo corpo era
diventata un'unica massa di dolore bruciante: ma la verità si
nascondeva dietro a quel suo meschino egoismo da bambino, che gli
faceva desiderare la loro sofferenza, il loro amore. Voleva che tutti
loro soffrissero per lui, voleva che lo volessero, voleva sentirli
supplicare la Morte di risparmiarlo. E poi si odiò, per quel
desiderio così osceno. - Svegliati.. Fallo per me. - Per
lui, per lui. Era il suo amore che voleva, il suo dolore, la certezza
di avere un posto in quel cuore; anche se non era poi tanto sicuro
che un cuore lui l'avesse davvero. Sentì gocce calde sulla
faccia, stillargli sulle guance, sugli occhi e sulla bocca, scie
salate che morivano superando la linea della mandibola. Un respiro
bollente che gli bruciava la pelle, lo mandava a fuoco, lo faceva
sentire vivo: più vivo adesso, in punto di morte, che in tutti
gli anni di quella sua esistenza vuota e vissuta a metà. Era
faticoso trovare la forza. Di resistere alla tentazione meravigliosa
di quella vicinanza disperata, più ancora del combattere un
altro po', per strapparsi altro tempo nel mondo. - Apri gli occhi,
Yu. -
Yu aprì gli occhi lentamente, e sbatté le
palpebre più volte, accecato da una luce innaturalmente
luminosa che filtrava dalle foglie degli alberi e dai rami
fittissimi. Inspirò una boccata di aria buona, frizzante al
punto da pizzicargli il naso, che sapeva di verde e di natura: e
quando mosse con cautela le dita delle mani, sentì i palmi
appoggiati su un tappeto soffice di erba bagnata, e qualche
margherita che gli solleticava le braccia nude. Quel respiro
bollente che gli bruciava la pelle c'era ancora: un fiato caldissimo,
dal sapore dolce, una tepore morbido che gli accarezzava il viso. Il
volto di Lavi era sopra il suo, lontano una manciata di centimetri
appena: e sorrideva, uno di quei sorrisi spensierati che trasudavano
sincerità, e perchè no, anche un briciolo di
commozione. - Finalmente ti sei svegliato, Yu. - Prima ancora
che lui potesse aprire bocca ed inveire su quella vicinanza spudorata
e disdicevole, il giovane Bookman si alzò, porgendogli la
mano. - Era da ore che ti cercavo. Dovevi addormentarti proprio qui
sul prato? - Yu si concesse a malapena un istante per accigliarsi,
riscuotersi, mettersi seduto, guardarsi attorno. Non bastavano i
raggi di quel sole tiepido di inizio primavera a tranquillizzarlo, né
a rallentare quel cuore scosso e turbato che gli martellava nel petto
come un tamburo: ma la serenità dello sguardo di Lavi fu
sufficiente a distendere i muscoli del proprio viso, in una
espressione di sfacciato sollievo. - Hai fatto un incubo? -
sussurrò il rossino, dolcemente, esitando con discrezione. Yu
scosse la testa, alzandosi in piedi. Solo quando vide Lavi annuire
e voltarsi di spalle, osò passarsi il dorso della mano sulle
guance; e non si stupì poi tanto di trovarle ancora umide,
bagnate di lacrime calde.
Ultimamente esagero con le scene disperate, ne? Ma che ci posso fare, sono in vena di tante lacrime e dolcezza. 3
E scrivo capitoli insignificanti invece che finire il quadro per scuola. Cativi Lavi e Yu, cativi! |
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Capitolo 13 *** Lapidi. ***
lapidi. [
ottobre, 16 anni ]
Lo sguardo gelido di Yu Kanda
scorreva sopra a quella valle di lacrime con una compostezza
innaturale, perfino crudele. Il suo viso era una maschera di
ghiaccio, troppo spesso perchè potesse insinuarsi il seme
dell'incertezza, o quel dolore così tremendamente debole e
umano che non gli si addiceva proprio per nulla. L'ultima battaglia
era andata male, oh si; era stata un vero bagno di sangue. Appoggiava
le braccia al cornicione in legno, il ragazzo, la schiena leggermente
curvata, i capelli raccolti nella solita coda alta e perfetta. Sotto
di lui una distesa di bare bianche, semplici e sobrie, che
affollavano il salone della Sede; accompagnate solo dalle cascate di
lacrime discrete e silenziose di tutti coloro che avevano amato, così
sofferte, così colpevoli. Lo sguardo gelido di Yu Kanda
salutava la morte come un'amica di vecchia data, la stessa vecchia
amica che ancora una volta l'aveva risparmiato. Ma non era stata
altrettanto clemente con gli ottantasette compagni perduti la notte
prima. Il lutto, tra gli Esorcisti, era vissuto come un'altra
battaglia da affrontare a testa alta, con sentimento e dignità.
Ogni scontro si portava dietro qualche perdita, tutti loro ne erano
consapevoli: ma nessuno avrebbe mai potuto prevedere, né
accettare, una simile carneficina. Di tutti gli uomini spediti a
combattere quella notte, non ne era sopravvissuto neanche uno. A
nessun Esorcista, Finders o scienziato che respirasse, all'interno
dell'Ordine Oscuro, interessava che l'Innocence fosse andata perduta
ancora una volta. Per un giorno, magari solo per poche ore, nessuno
di loro era più impegnato a combattere una guerra: da soldati
si erano tramutati in semplici civili che piangevano la morte dei
loro cari, vittime silenziose di una contesa impetosa che durava da
davvero troppo tempo. Accanto alle bare lattee, tutti coloro che Yu
Kanda avrebbe dovuto considerare la sua famiglia piangevano, e
pregavano, e segretamente desideravano che tutto avesse fine il prima
possibile, nel bene o nel male. Ma lui era diverso; Yu Kanda era
molto lontano da tutto ciò, e non si sarebbe chinato su quelle
lapidi, e non vi avrebbe posato sopra un fiore.
- Tu non
piangi mai, vero? - La voce calma e caldissima del giovane Bookman
lo sorprese, preannunciando il suo arrivo giusto qualche attimo prima
che quella zazzera di capelli rossi facesse capolino alla sua
sinistra. Per una volta non c'era niente di allegro in lui, niente
che ricordasse l'irritante quanto smodata giovialità di
sempre; Lavi era serio, composto, rispettoso, e tutto ciò dava
fastidio a Kanda più ancora dei suoi soliti modi. Lo vide
avvicinarsi, mettersi al suo fianco, appoggiare i gomiti al corrimano
di legno scuro, guardando con aria grave l'ennesima strage a cui era
costretto ad assistere; una di troppo, per avere soli sedici anni. Yu
Kanda si sentiva scrutato in maniera odiosa, da quel suo occhio verde
pieno di dolore. Studiato, letto come uno dei suoi tanti libri, e
silenziosamente giudicato; e questa, questa era una cosa
insopportabile per una persona orgogliosa come lui. - Erano i tuoi
compagni, e tu non piangi per loro. - - Sei l'ultima persona al
mondo che può darmi lezioni di umanità, Bookman. -
sputò velenosamente Kanda, ma senza girarsi nella sua
direzione, timoroso di incrociare di nuovo quel suo sguardo. - Non
hai nessun diritto di giudicare ciò che faccio. - Lavi non
si scompose. Il suo occhio racchiudeva tutta la tristezza del mondo,
leggeva in quelle morti l'ennesima ingiustizia subita dai buoni,
l'ennesima ferita che non si può rimarginare. Yu non era
abbastanza lungimirante per capire quanta forza gli volesse, per
ostentare la sua stessa freddezza: e quanto gli sarebbe piaciuto,
invece, poter scendere quelle scale e sedersi al fianco di quelle
lapidi bianche, a pregare un qualche dio che salvasse le anime degli
innocenti. - Ti sbagli. Non si tratta di me o di te. - Il
silenzio si interpose fra i loro corpi vicini, ma non fu un vero
silenzio: fu un silenzio fittizio, interrotto da singhiozzi, abbracci
pieni di conforto, e dolore, tanto dolore. - Non lo capisci? Loro
si meritano le tue lacrime. - Si guardarono negli occhi per la
frazione di un istante, non di più. E in quell'istante, Yu
Kanda odiò sé stesso, e per la prima volta desiderò
di poter piangere.
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Capitolo 14 *** Amore. ***
amore. [
maggio, 18 anni ]
La prima volta che avevano fatto
l'amore, Lavi aveva dormito nel letto di Yu per tutta la notte,
abbracciato a lui, con il naso affondato nei suoi capelli; e non
aveva voluto sentire ragioni. Doveva essere al suo fianco la mattina
dopo, quando si sarebbe svegliato e per un istante avrebbe pensato
che era stato tutto un grandissimo errore. Il suo ruolo era quello di
proteggerlo dagli incubi, di assicurargli un sonno sereno: e più
di ogni altra cosa, di esser pronto a sorridergli e a dirgli che
sarebbe andato tutto bene, che non era stato un errore, e a dargli un
bacio sulla labbra che fugasse ogni altro dubbio. Lavi e Yu quella
notte avevano fatto l'amore come per tutta la vita avevano fatto la
guerra. Era stato un'altro dei loro picchi di tensione,
quell'elettricità che correva sempre fra i loro corpi, che li
portava a continui battibecchi ed estenuanti rincorse per tutta la
Sede, finendo quasi sempre con qualche insulto sputato tra i denti o
un amorevole 'Yu-chan!' chiocciato a voce troppo alta. Il loro, si
sapeva, non era mai stato un rapporto calmo. Ogni volta che
aprivano bocca, finivano per produrre fuochi artificiali di gesti e
parole; non c'era quiete, tra loro. Erano troppo diversi perchè
si instaurasse un sereno equilibrio, ogni incontro era
un'esplosione. Quella notte Lavi e Yu avevano fatto l'amore
accendendo una miccia, una bomba inesplosa. Era pericoloso, certo, si
erano scottati: ma entrambi sapevano che sarebbe stato più
pericoloso lasciarla sotterrata, quella bomba, e aspettare che
scoppiasse nel momento più sbagliato. Si erano guardati negli
occhi, e improvvisamente si erano visti stanchi di essere i ragazzi
del 'prima o poi'. Baciarsi era stato naturale, quanto passarsi le
dita addosso e scoprire che i vestiti erano di troppo. C'era stato un
imbarazzo incredibile nei i loro gesti, un pudore che Lavi non sapeva
nemmeno di possere; si sentì tornato un quindicenne inesperto,
che consuma la prima volta con una ragazza di cui a malapena conosce
il nome, e di cui per sempre ricorderà solo l'odore dei
capelli. Ma Yu non era quella ragazza, era ben altro che un nome e
profumo di pan di zenzero; era la sua seconda prima volta, lo sciocco
sentimento di ineguatezza, tutto quel mal di pancia, e tanto calore
alla bocca allo stomaco. Si erano spogliati con la paura di
guardarsi, anche se nudi si erano visti mille volte e forse più. Gli
occhi di Yu nudo erano tutta un'altra cosa rispetto a quando era
vestito. La differenza era cruciale: iridi liquide e blu come il mare
che rispondevano solo a meccanismi semplici, bisogni elementari,
fame, sete, sesso, amore. Niente a che vedere coi soliti pozzi senza
fondo pieni di domande senza risposta, impegnati di continuo in
elucubrazioni mentali straordinariamente inopportune. Erano questi
occhi, gli occhi senza veli, che gli avevano chiesto implicitamente
di non esitare; l'avevano guardato dritto in faccia, con
quell'imbarazzo meraviglioso e sfacciato, e gli avevano detto che non
poteva più tirarsi indietro. Lavi era certo che non l'avrebbe
fatto comunque. E poi era stata una discesa. Era subentrata la
fiducia, a sciogliere le paure, unita ai primi timidi preliminari,
suoni dolcissimi e mai volgari a luce spenta. Si erano guardati nella
penombra per ore intere, troppo scossi per tenere la lampada accesa,
ma abbastanza coraggiosi da chiamarsi per nome quante più
volte potevano. Lavi aveva sorriso nel buio, l'aveva baciato, e tre
dita umide di saliva gli avevano aperto la strada per il
paradiso. Lavi e Yu avevano fatto l'amore senza il bisogno di
domandarsi perchè. Sarebbe venuto il momento in cui si
sarebbero chiesti una spiegazione, e allora, pazientemente, avrebbero
sciorinato la lista dei se e dei ma che non li avrebbero mai condotti
nudi sotto quelle lenzuola. Ma quella notte Lavi e Yu avevano fatto
l'amore felici di farlo e di chiamarlo con quel nome, felici delle
carezze impacciate, dei gesti rozzi e dei baci a fiori di labbra più
ancora di quant'erano stati felici di gemiti e orgasmi.
Il
mattino dopo Yu aprì gli occhi, e per un istante pensò
che era stato tutto un grandissimo errore. Ma poi Lavi gli accarezzò
una spalla, lo guardò negli occhi e gli sorrise, un sorriso
stanco e un po' assonnato che faceva comunella con una zazzera di
capelli arruffati. Gli sussurrò che non era stato un errore, e
gli diede un bacio dolce sulla bocca. Sarebbe andato tutto bene.
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Capitolo 15 *** Alcool. ***
alcool. [
marzo, 18 anni ]
La prima volta Yu Kanda era stato
scettico. Aveva guardato il boccale di birra con sguardo critico,
incrociando le braccia al petto, mentre tutti i compagni lo
attorniavano in un gran cerchio e gli regalavano occhiate speranzose.
D'un tratto si era ricordato come mai odiava tanto le feste, e perchè
era sempre un errore assecondare le idee di Komui Lee. - Avanti,
Yu. Non vorrai fare la parte della femminuccia? - lo aveva
apostrofato Lavi con occhio criminale. Ed era bastata quell'odiosa
insinuazione per fargli digrignare i denti e afferrare saldamente la
pinta di bevanda chiara, prima di tracannarla tutta in un gran sorso,
sotto le risa e gli applausi di almeno venti uomini ubriachi che, per
la prima volta in diciott'anni, erano riusciti a fargli bere
dell'alcool. Ormai era diventata tradizione organizzare una festa
ad ogni battaglia vinta, visto che le battaglie vinte erano sempre
meno. Si beveva e si ballava per tutta la notte, in Sala Grande se
pioveva, e in mezzo al bosco se il cielo era sereno. Quelle erano le
serate migliori, perchè finivano sempre per accendere un falò
proprio al centro della radura; e quasi tutti si addormentavano
sull'erba, con un sorriso sulle labbra e gli occhi rivolti alle
stelle. Guardare le stelle, da lì distesi, era un modo
bellissimo per dimenticarsi che c'era ancora una guerra da
combattere. Kanda il sapore della birra non lo sentì
nemmeno, troppo impegnato a osservare Lavi che rideva, con l'occhio
verde lucidissimo e le guance colorate di un bel rosso acceso. Non
gli era mai sembrato più bello di così, e per la prima
volta non si era vergognato di un simile pensiero. Aveva rinunciato
in fretta a fare smorfie e capricci, accettando di mandar giù
tutti i bicchieri che gli passavano, senza sapere neppure cosa
contenessero; e decise che in fondo, non è che gli importasse
poi molto. Quando poi qualcuno cominciò a suonare e
cantare, lo sguardo del Bookman divenne fuoco vivo. Lo aveva preso
per un braccio e portato in mezzo allo spiazzo, ignorando ogni sua
protesta; e aveva ballato con lui, un ballo allegro da osteria, e
tutti li avevano seguiti, donne o uomini che fossero. Tutti avevano
ballato, tutti fratelli di tutti. In quel momento lasciarsi andare
non gli era parsa affatto una cattiva idea; e se era rimasto un po'
rigido all'inizio, vino e birra fecero in modo che si rilassasse
velocemente. Addirittura che sorridesse. Linalee aveva preso il
posto di Lavi, poi Tiedoll, poi perfino Marie. Qualcuno ad un certo
punto gli buttò tra le braccia anche Allen; ma nessuno dei due
era abbastanza ubriaco ad acconsentire ad un simile orrore, e la
danza divenne un buffo duello, con tanti spettatori chiassosi e
ridanciani che assistevano a curiose cadute e tanti insulti senza
senso. Forse erano le tre del mattino, quando il falò
divenne una fiammella incerta che ben presto fu spazzata via dal
vento notturno. Ben pochi si erano avventurati verso l'uscita del
bosco, per tornare al castello e ai loro letti caldi; quasi tutti
invece si erano accontentati di uno scomodo giaciglio in mezzo al
prato, raggomitolati nelle proprie giacche e nei propri cappotti, il
corpo ancora scaldato dal potere degli alcolici. Lavi si era disteso
accanto a Kanda, e avevano guardato il cielo insieme, con le palpebre
socchiuse e i muscoli del viso rilassati. Fu quella la notte in
cui si diedero il primo bacio; quasi per errore, solo un istante di
labbra contro labbra. Le loro iridi erano liquide, e nessuno pensava
che ci fosse niente di sbagliato. L'ultimo
pensiero che Lavi fece prima di addormentarsi, fu che Yu-chan avrebbe dovuto bere più spesso.
Qualcuno fermi la mia fluffaggine -si uccide- sto diventando noiosa. Anyway, ho fatto di tutto per scrivere questo capitolo entro la settimana, visto che la prossima la passerò a Parigi. Chissà che nella città dell'amore mi venga qualche idea più originale di questa per Lavi e Yu. 3
See ya!
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Capitolo 16 *** Mare. ***
mare. [
settembre, 8 anni. ]
Era un ragazzino. Anche se aveva
addosso una giacca da uomo, era un ragazzino. Stava seduto a terra,
con gli occhi che guardavano il mare, senza vederlo, peraltro, perchè
erano occhi chiusi. Si tappava le orecchie con le mani. -
Ragazzo. - Il ragazzino aprì gli occhi. Vide il mare e vide
il vecchio, un vecchio piccolo e stanco, dall'aria severa, con pochi
capelli e occhiaie profonde. - Cosa ti è successo? - Il
vecchio si riferiva all'occhio, il ragazzino lo sapeva. L'occhio
destro che sanguinava e pulsava, gli sporcava il viso del colore dei
suoi capelli; ma aveva quasi smesso di fargli male. Non era l'occhio
il problema. Il vecchio non aveva pietà nello sguardo.
Tristezza forse, di quella ce n'era tanta, e anche misericordia: ma
non provava pena, era distante da tutto il suo dolore, lo guardava
con imparzialità studiando ogni sfaccettatura delle sue
ferite. - Dove sono i tuoi genitori? - Il ragazzino si era
tolto le mani dalle orecchie, e il muto boccheggiare di labbra
raggrinzite aveva preso suono. Non era un suono gradevole, una voce
rauca e anziana che stonava del tutto col calmo brontolio del mare
irlandese; ma era voce viva, reale, voce umana, niente a che vedere
con strilli di gabbiani e fischi di bombe lanciate dal cielo. -
Dove sono? - Aveva una giacca da uomo, il ragazzino. Nera. Non gli
erano rimasti più bottoni, ma tanto era così grande che
il ragazzino ci si avvolgeva dentro come una coperta. - Quanti
anni hai? - Se ne stava seduto sugli scogli, a fissare un mare
grigio, riflesso di un cielo ancor più grigio. L'Irlanda
vedeva si e no una settimana di sole nell'arco di un intero anno: e
sarebbe stato proprio ingiusto se il sole fosse arrivato proprio in
giornate così tristi, insieme agli aerei stranieri e alle
esplosioni. - Come ti chiami? - Il mare dell'Irlanda non era
mai stato più malinconico. Perfino il vento pareva stanco di
soffiare, e gli albatros non lottavano contro la sua furia,
gironzolavano pigramente attorno al faro, come indecisi se compiere
il proprio dovere o no in un giorno di lutto. - Puoi venire con
me, se lo desideri. - Il vecchio aveva smesso di fare domande. Non
perchè il ragazzino era rimasto in silenzio, ma perchè
in fondo non gli interessavano le sue risposte. Conosceva abbastanza
le guerre da sapere che i reduci non sono portati alle chiacchere; e
non aveva bisogno di parole, quando quel bambino aveva la storia
scritta in faccia. Quella che una volta doveva essere una graziosa
casetta di legno affacciata all'oceano, adesso appariva un cumulo di
rottami bruciacchiati che prima o poi sarebbero diventati
combustibile per i camini dei sopravvissuti. Forse i resti della
famiglia del pescatore giacevano ancora lì; forse le bombe
nemiche non avevano garantito loro neppure il diritto della
decomposizione. Ma nella cenere qualcosa era rimasto, era rimasto un
ragazzino, un ragazzino vivo che della vita non sapeva più che
farsene; un ragazzino che aveva raccolto il mezzo alle macerie la
giacca del padre, e non aveva pianto. - Non avere paura, ragazzo.
Il mio nome è Bookman, e mi prenderò cura di te. - Il
ragazzino si era alzato e gli aveva preso la mano. Aveva una manina
piccola e soffice, che si perdeva nella sua mano grande e vecchia: ed
era così forte, così calda e viva, che per un attimo
l'anziano non ebbe più dubbi. Si incamminarono insieme,
lontano dal mare, e fu l'unica volta in cui Bookman non si pentì
di aver avuto un po' di cuore.
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Capitolo 17 *** Giustizia. ***
giustizia. [
novembre, 17 anni ]
Aveva le nocche delle dita
rosse, tutte spellate, a forza di scontrarsi contro il legno
massiccio. I pugni battevano contro la porta della sua stanza
intenzionate a non dargli un attimo di tregua, e sempre più
forte, e chissenefrega che si stava facendo sangue alle mani, e
chissene frega se svegliava tutti. Quello era l'ultimo dei suoi
problemi. - Apri la porta, Yu. - intimò Lavi per l'ennesima
volta, con voce stanca ma seria, autorevole, la voce di chi non è
per nulla intenzionato ad andarsene da lì. C'era rimasto per
più di quaranta minuti filati, poteva anche continuare. - Apri
questa cazzo di porta! Yu non avrebbe aperto, Lavi lo sapeva bene.
Il giapponese sapeva essere odiosamente testardo alle volte -quasi
sempre, in realtà-; specie se si trattava di cose importanti,
per le quali lui non avrebbe mai lasciato correre. Non che barricarsi
dentro la propria camera servisse a qualcosa, visto che il giovane
Bookman forse era anche più testardo di Kanda. - Non me ne
vado da qui, a costo di passare la notte in corridoio.
Aprimi. Passarono i minuti, forse le ore. E alla fine Yu Kanda
aprì. Aveva i capelli sciolti sulle spalle, le bende che gli
fasciavano cicatrici ancora fresche e dolorose, e uno sguardo
arrabbiato e incredibilmente colpevole negli occhi.
Mentre gli
ripuliva le ferite una a una con devozione, seduto sul bordo del suo
austero letto singolo, Lavi pensava a tutti i misteri celati dietro
l'esistenza dell'amico. Il vecchio Bookman sapeva perchè le
ferite di Yu si rimarginavano tanto in fretta, ma non gliel'aveva mai
voluto spiegare; ogni volta che provava a farne parola, il Panda
rispondeva con silenzi eloquenti o laconiche divagazioni (volte a far
cadere i dubbi nell'incertezza per un altro po' di tempo ancora).
Quella volta però le ferite non si erano rimarginate. Non
velocemente come al solito, almeno, non abbastanza da lasciare la
pelle chiara senza cicatrici. Erano profonde, e facevano male, anche
dopo un'intera settimana di riabilitazione. Yu era fuggito
dall'Infermeria ancora prima di venir dimesso, stanco di aspettare, e
ora c'era lui, lì, a cambiargli le garze. - Perchè
diamine l'hai fatto, si può sapere? - sussurrò, posando
un batuffolo di cotone sulla spalla a ripulire il sangue. - Di
che parli? - - Lo sai perfettamente. - Yu Kanda lo sapeva,
eccome. Dopo una battaglia lunga e cruenta, durata giorni, sapeva
bene a cos'era andato incontro, il modo assolutamente oltraggioso in
cui aveva sfidato la morte. Buttarsi solo, debole e ferito tra le
braccia di un Noah nel pieno delle forze era un gesto che andava ben
oltre l'avventatezza, e superava la linea della mera stupidità;
non era proprio una cosa facile da dimenticare. - Era la cosa
giusta da fare. - rispose freddamente, distogliendo lo sguardo e
allontanando, con un gesto scattoso, il braccio dalla portata delle
sue cure. Lavi aveva iniziato a prendersi delle confidenze, forse
troppe, e la cosa peggiore era stata accorgersi di essere il primo ad
averglielo permesso. Tutta quella preoccupazione nei suoi occhi, il
modo vergognoso in cui passava al suo fianco ogni minuto libero, e
quella sfacciata, sbagliata sincerità che sembrava divertirsi
a palesargli di fronte, erano tutte cose che un tempo non avrebbe mai
accettato. Ma adesso Lavi era tutto ciò che aveva di più
somigliante ad un amico; e poteva preoccuparsi, poteva stargli
vicino, poteva essere sé stesso, e poteva entrare nella sua
stanza e pretendere spiegazioni, dopo che si era quasi fatto
ammazzare dal nemico di fronte ai suoi occhi. Tutto questo era
importante, e accidenti a lui se faceva paura. - ...Giusto? - Lavi
era arrabbiato, il suo occhio verde diceva tutto. Strinse i pugni e
lo attaccò, guardandolo dritto in faccia, per niente timoroso
di alzare la voce. - Tu chiami giustizia questo? E' giusto che un
diciassettenne venga buttato in una battaglia come carne da macello?!
- Gli sputò addosso tutta la sua rabbia, tutta la sua
frustrazione, tutto l'affetto che provava per lui, e l'odio che
sentiva quando lo guardava buttar via la sua vita per una causa
insensata. Kanda aveva la pessima abitudine di non ascoltare né
vedere niente di ciò che andasse al di fuori delle proprie
idee, e questo era un dato di fatto: ma il Bookman non era disposto a
perderlo per quel suo stupido, ottuso orgoglio, e alle volte Lavi
sapeva essere davvero molto ostinato. - E' giusto che muoiano tutte
queste persone? E' giusto che madri, padri, figli, nipoti, vengano
trasformati in mostri senza cuore? Cosa c'è di giusto, Yu!
Cosa cazzo c'è di giusto nella guerra! - Yu lo guardò
negli occhi come si guardano i bambini, un po' come lo guardava
Bookman alle volte: con quello sguardo che sembra sapere tante cose,
ma nessuna intenzione di spiegarle. Yu Kanda però, al
contrario di Bookman, non sapeva tante cose; lui viveva in
un'illusione, e Lavi teneva troppo a lui per lasciargli la
convinzione di una realtà irreale. Non l'avrebbe lasciato
all'interno della Caverna a guardar le ombre, l'avrebbe tirato fuori
di lì e gli avrebbe mostrato cos'è il sole, e la
pietra, e il mare, a costo di venir deriso, picchiato e ucciso, e di
venir odiato da lui, che fra tutte era la peggiore delle cose. -
Se la pensi così cosa ci fai ancora qui? Perchè sei un
Bookman? - Kanda lo domandò con una nota di orgoglio gelido. E
il Bookman non si scompose. Gli rivolse solo uno sguardo triste,
molto, e un po' ferito, un po' rabbioso, come chiedendosi perchè
diamine Yu dovesse essere sempre così dannatamente Yu. -
Sono un Bookman perchè l'uomo è cattivo, ed è
meschino, e non impara mai dai propri sbagli. Noi siamo qui per
annotare ogni morte, ogni ingiustizia.. Nella speranza che un giorno
l'uomo smetta di essere stupido e si guardi indietro, e.. non lo so,
impari dai propri errori. - sospirò. - E' a questo che serve
la storia. - Si guardarono per un poco, e poi fu Yu a parlare. Con
la voce roca di chi si è dimenticato come si usa la bocca. -
Io non ce l'ho una storia da cui imparare. Questo mi rende.. una
persona cattiva? - E bastò questo per dissipare tutta la
rabbia nello sguardo del Bookman; si ricordò improvvisamente
che adorava Yu proprio perchè era Yu, e che in qualche
strano modo aveva bisogno di lui, anche adesso. Ci avevano messo del
tempo a capirsi, tanto, ma alla fine erano lì, vivi,
insieme. Gli prese piano la mano e la strinse fra le sue, sperando
che quel contatto durasse almeno per un po'. - No, Yu. Tu non sei
una persona cattiva. Sei la persona che preferisco. - Lavi
sorrise, appoggiando piano la testa sulla sua spalla. - ..Peccato
che alle volte tu sappia essere davvero stupido. - Kanda aveva le
labbra secche e i capelli davanti agli occhi, ciuffi spettinati tutti
scomposti sulle spalle nude, e ferite, e bende, e sangue. Era
un'immagine di distruzione, era bellissimo e perduto, e Lavi
guardandolo capì che non avrebbe mai più potuto
rinunciare a lui, da quel momento in avanti. Tra tutti gli stupidi
uomini della terra, ce n'era uno che amava, e che andava protetto da
sé stesso.
Questo capitolo è veramente brutto come il male, ma non ho saputo far di meglio e chiedo venia. Giuro che inizialmente l'idea non era malvagia, ma tra lo studio che sta risucchiando tutte le mie energie, problemi di salute non indifferenti e un'ispirazione vacillante, è venuta fuori questa schifezza che pubblico solo perchè, altrimenti, non avrei più aggiornato la storia per chissà quanto. Siate clementi, alla prossima andrà meglio.
(!) citazione del "Mito della Caverna" di Platone.
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