Lacrime di sangue

di kaizu307
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A pugni con il passato ***
Capitolo 2: *** Lettere dall'Inferno ***
Capitolo 3: *** Incontro con il diavolo ***



Capitolo 1
*** A pugni con il passato ***


 
Ciao a tutti, ci presentiamo siamo REBY e ILA e questa è la nostra prima fanfic!!
Abbiamo cercato di esprimere attraverso le parole la nostra passione per Kai, Yuriy, Boris … e tutti gli altri bladers che ci hanno fatto innamorare con le loro storie.
Ma soprattutto speriamo di coinvolgere voi, col nostro racconto …
… ci si rivede qui sotto … voi leggete leggete …

                  PROLOGO
 
Nel momento stesso in cui ci si rende conto di essere i vincitori comincia il lento declino verso la sconfitta.
La vittoria non è mai assoluta.
La felicità è un attimo.
Un istante meraviglioso che si consuma velocemente per cedere il posto a dolore e sofferenza.
Mi ero illuso di poter finalmente dire addio al passato per ricominciare.
Com’ero ingenuo … un bambino in balia degli eventi.
Per me non ci sarebbe stato un lieto fine … non era nella natura di quelli come me raggiungere la felicità, era qualcosa che non ci apparteneva.
Avevo sempre vissuto nell’oscurità, nel buio della mia follia … assuefatto dalla sofferenza che era diventata la mia quotidianità.
Avevo osservato da lontano gli altri vivere alla luce del sole, felici di esistere, entusiasti della vita … mi era stato concesso di godere, anche se per pochi attimi, della luce … attimi che si erano prosciugati velocemente, lasciandomi inerme.
Le tenebre mi richiamavano a sé, e il filo che mi legava al passato mi trascinava in una corsa a ritroso nel tempo.

  A PUGNI CON IL PASSATO
Il primo colpo si abbattè sul sacco, costringendo lo sventurato attrezzo a dondolare avanti e indietro, mentre veniva sottoposto a una scarica non indifferente di pugni.
“una cella buia … macchie di sangue rappresso sulle pareti … davanti a lui l’imponente figura di un uomo …”
Kai Hiwatari caricò il pugno destro per poi abbatterlo con forza sul sacco.
Una scarica di dolore si propagò dalla mano fino alla spalla; ma lui non se ne curò.
In fondo era per questo che aveva deciso di non indossare i guantoni, limitandosi a fasciare le mani con delle bende.
Il dolore era un’ottima distrazione.
Quella mattina si era svegliato urlando, reduce di uno dei suoi soliti incubi.
Aveva finito con l’agire d’istinto, optando per la palestra, ottimo luogo dove scaricare la tensione.
In particolare il sacco da boxe aveva un effetto benefico su di lui.
Aveva bisogno di distrarsi, occupare la mente, e semplicemente non pensare.
Perché sapeva cosa sarebbe successo se si fosse lasciato trascinare dalla valanga di pensieri e sensazioni che il sogno aveva portato con sé.
Avrebbe finito con lo smarrirsi nella sua mente, perdendo quel flebile legame che aveva con la realtà, annegando nei ricordi di un passato che aveva cercato di dimenticare.
“l’uomo lo afferrò per il mento … sollevandogli il viso … stringeva troppo forte e faceva male.
Con l’altra mano cominciò ad accarezzargli i capelli passando le dita fra le ciocche argentate … il ragazzo provò un moto di disgusto.
Alla fine l’uomo ritrasse la mano … e l’altro notò che le sue dita erano sporche di un liquido scuro, che riconobbe come sangue … il suo sangue.”
Kai chiuse gli occhi di scatto cercando di riprendere il controllo dei suoi pensieri.
Non doveva ricordare … non doveva restare.
Si concentrò esclusivamente sui movimenti del suo corpo ascoltando i battiti del proprio cuore, seguendo i movimenti di braccia e gambe che andavano a ritmo con i suoi respiri.
Le nocche delle mani bruciavano, doveva averle scorticate a forza di pugni.
Si soffermò sulla sensazione di bruciore che provava, convogliando i suoi pensieri in quell’unica direzione.
Ciocche di capelli sudati gli cadevano sul volto, nascondendo in parte quelle pozze color ametista che erano i suoi occhi.
“-questa volta ci sono andati giù pesante … eh Hiwatari? Ma in fondo te lo meritavi piccolo bastardo.-
L’uomo gli rivolse un sorriso orribile che gli fece accapponare la pelle.
Istintivamente cercò di allontanare la mano che ancora gli stringeva il volto; ma inorridì nel rendersi conto che aveva i polsi intrappolati da due pesanti catene.
L’uomo scoppiò a ridere di fronte alla sua espressione spaventata.
-Forse non ti è ancora chiaro che la tua vita è nelle mie mani, e basterebbe un semplice gesto per sottrartela …-
Detto questo strinse con decisione una mano attorno al collo del giovane …-
Kai si accanì sull’attrezzo, accelerando i movimenti, consapevole che avrebbe finito con lo sfinirsi.
Ignorò il dolore alle braccia e alle gambe e continuò imperterrito a colpire il sacco.
Il suo cuore galoppava frenetico, mentre il respiro accelerava, fino a sovrapporsi ai tonfi del sacco, che emetteva un suono sordo a ogni colpo.
Perché non riusciva a controllare i propri pensieri?
Perché non era in grado di ignorare quei ricordi?
Era così debole da non riuscire a sopportare il passato?
Così fragile da rimanere sconvolto da qualche incubo?
Non poteva accettarlo.
Non riusciva a sopportare l’idea di non essere in grado di difendersi dai propri ricordi, tanto da esserne sopraffatto.
“strabuzzò gli occhi annaspando alla ricerca di aria.
L’uomo lo guardava ghignando, divertito dalla sua sofferenza.
Lasciò la presa di colpo, sbattendolo contro il muro di pietra.
Il ragazzo sentì un forte dolore alla testa, nel punto in cui aveva picchiato contro la parete … riuscì a reprimere un senso di nausea, ma gli ci volle qualche istante prima che gli si snebbiasse la vista.
-Ma in fondo non avrebbe senso ucciderti ora … abbiamo ancora bisogno di te … ma capisci anche che dopo quello che è successo sono costretto a punirti … questo per farti passare la voglia di fare qualcosa del genere in futuro …-
L’uomo sorrise mentre estrasse, con studiata lentezza, un pugnale dalla giacca.
Kai spalancò gli occhi terrorizzato, mentre osservava lo scintillio della lama.
-N-No..- balbettò incapace di controllarsi.
Vorcov sorrise gelido, gustando il terrore della sua vittima, respirando la sua paura.
Quindi con un movimento fluido affondò il pugnale nella schiena del ragazzo, scorrendolo dalla spalla destra fino al fianco sinistro … lasciandosi dietro una scia di sangue.
E Kai urlò … disperato urlò con tutte le sue forze, cercando di porre fine a quella tortura…”
Kai cadde in ginocchio tenendosi la testa tra le mani.
Aveva gli occhi spalancati e il respiro spezzato … le mani tremavano, tanto che il ragazzo le strinse a pugno per controllarsi.
Si accasciò in avanti appoggiandosi  coi gomiti al pavimento.
Con gli occhi cercava di mettere a fuoco le assi in legno.
… ma davanti a lui scorrevano imperterrite le immagini di un passato che continuava a perseguitarlo anche dopo tanti anni.
Per quanto chiudesse gli occhi o sbattesse le palpebre i ricordi lo aggredivano senza sosta … investendolo con onde gelide …
Vivida nella sua mente l’immagine del pugnale intriso di sangue … gli pareva di sentire il sangue scorrergli lungo la schiena.
Cerco di trattenere l'urlo, che inevitabile, gli salì alla gola,
quella voce lo tormentava, tutt’ora, quel volto lo perseguitava ancora adesso, l’ombra di quell’uomo lo avrebbe seguito per tutta la vita.
Il buio calò su di lui, e Kai perse conoscenza.

 

Triste vero?
Probabilmente vi abbiamo fatto venire la depressione … ma se c’è una qualche speranza che vi sia piaciuto commentate … commentate anche se non vi è piaciuto, in fondo i consigli fanno solo bene …

 

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Lettere dall'Inferno ***


LETTERE DALL’INFERNO

RIECCOCI CON IL NUOVO CAPITOLO.
LO SAPPIAMO CI ABBIAMO MESSO UN SACCO A SCRIVERLO, FACCIAMO MIA COLPA E CHINIAMO IL CAPO :) SPERIAMO VI PIACCIA...



Takao sfiorò con le dita il bordo del suo bey.
Dragoon era in grado di infondergli una grande calma, anche nei momenti più difficili; donandogli quella sicurezza che ora il ragazzo sembrava aver perso.
Si sentiva completamente inutile, impotente di fronte a una situazione a cui lui non poteva porre alcun rimedio.
Durante il campionato mondiale aveva più volte dovuto affrontare situazioni difficili, ma ne era sempre uscito, anche se con qualche difficoltà, grazie alla sua forza, al sostegno dei suoi amici ma soprattutto grazie alla sua ormai nota testardaggine.
Ma ora era tutto diverso, non poteva fare nulla, nulla se non aspettare nella speranza che le cose migliorassero; aspettando qualche miracolo divino che risolvesse il problema che lo stava logorando sempre più nel profondo.
Più il tempo passava più il ragazzo sentiva la tristezza farsi strada in lui, insieme alla consapevolezza che le cose non potevano continuare così.
Se poi pensava che la causa di tutti i suoi problemi era quell’idiota, asociale, lunatico di Kai sentiva il sangue salirgli alla testa.
Solo pochi mesi prima aveva proposto ai suoi ex-compagni di squadra di stabilirsi momentaneamente in Giappone, avevano tutti accettato con entusiasmo; solo Kai si era mostrato titubante all’idea di dover convivere con qualcuno. La sua scarsa dimestichezza con le relazioni interpersonali non era un segreto; per questo avevano deciso di non fargli pressioni, lasciandolo libero di scegliere.
Tuttavia, alla fine, anche il Russo aveva optato per quella nuova vita, stupendo un po’ tutti e dimostrando che in fondo qualcosa in lui era cambiato, che non era più il ragazzo cinico e freddo di qualche anno prima.
La loro convivenza era cominciata con le migliori premesse, facendo intravedere nuove opportunità in un futuro poi non troppo lontano.
Ovviamente ne Max ne Rei avevano tagliato i ponti con i loro compagni; entrambi mantenevano i contatti con i loro paesi di origine, di cui, Takao lo sapeva bene, non potevano fare a meno di sentirne la mancanza.
Lo stesso non si poteva certo dire di Kai.
Malgrado le proteste indignate di Takao e degli altri, il russo non aveva mai chiamato nessuno dei suoi ex-compagni di squadra, ne aveva più avuto alcun genere di contatti con loro.
Inoltre il ragazzo si era dimostrato molto sensibile sulla questione, faticava a parlare di quei ragazzi che un tempo considerava suoi amici; anzi era chiaro che cercava in tutti i modi di evitare l’argomento.
Alle continue sollecitazioni di Takao e degli altri a farsi avanti e far loro una telefonata, dava in risposta scuse improbabili e banali che non convincevano nessuno.
Dal canto loro neanche Yuriy, Boris e Sergey si erano più fatti vivi dalla fine del torneo.
Ma non era certo quello il problema; in fondo erano affari loro se quegli idioti dei Russi, Kai compreso, erano troppo orgogliosi per ammettere di sentire l’uno la mancanza dell’altro.
Il problema era l’atteggiamento dello stesso Kai.
Non era mai stato un tipo particolarmente estroverso, tutt’altro, fin dall’inizio aveva mostrato il suo lato più ombroso e sfuggente, che in un primo tempo aveva contribuito a mantenere distaccati i loro rapporti.
Takao ricordava bene il giorno in cui si erano conosciuti, ora però sorrideva al ricordo dei loro continui litigi, contornati da una vasta gamma di insulti; che all’epoca erano il motivo del suo malumore sempre più frequente.
Ma con il tempo, e con tanta tanta pazienza, erano riusciti a far emergere il lato sensibile di Kai sommerso sotto strati di rabbia e rancore.
La loro non era un amicizia semplice, come del resto non era semplice il carattere del russo; abituato fin dall’infanzia a nascondere i suoi sentimenti, aveva faticato non poco a dare la sua fiducia agli altri bladebreakers .
Ma alla fine avevano trovato un equilibrio, che seppur instabile e precario, era pur sempre un equilibrio.
Ma con il ritorno a casa Kinomya e l’inizio di una convivenza sempre più complessa, quei punti fissi che Takao aveva dato per scontati si erano frantumati in migliaia di pezzi, cogliendolo impreparato.
Kai era cambiato.
Non era stato un cambiamento istantaneo, ci erano volute settimane prima che si accorgessero che qualcosa non andava nel loro amico; e alla fine era stato troppo tardi.
Si erano trovati di fronte ad un Kai vuoto e spento, privo di quel fuoco che faceva brillare i suoi occhi ametista come due fiamme nella notte, apparentemente privo di sentimenti e di emozioni, disinteressato a tutto ciò che lo circondava. Un pallido ricordo di quello che il ragazzo era stato. Un’ombra di quel campione in grado di scatenare una forza e una determinazione apparentemente infiniti.
Il viso spento, lo sguardo vuoto, la voce atona e l’incredibile stanchezza che il ragazzo pareva portarsi dietro; sembravano i sintomi di qualche terribile malattia di cui Takao non conosceva la cura.
Ma la cosa peggiore era che nessuno di loro aveva idea di cosa avesse potuto scatenare tutto questo.
Sapevano che a grandi linee tutto era cominciato con qualcosa accaduto all’inizio del nuovo anno e della coabitazione a casa Kinomya, ma non riuscivano a collegare questi eventi con l’improvviso cambiamento di Kai.
Del resto il ragazzo non li aiutava affatto, limitandosi a rispondere alle loro domande preoccupate con lunghi silenzi e occhiate spente.
Avevano rinunciato a tentare un approccio diretto con Kai, consapevoli che non avrebbero ottenuto nulla.
Questo non voleva dire che si erano arresi, semplicemente si limitavano ad osservare i movimenti dell’amico cercando di tirare le loro conclusioni, anche se con scarsi risultati.

Kai osservava assorto fuori dalle grandi vetrate, scrutando le nuvole lattiginose che solcavano il cielo con grande lentezza; come se non avessero alcun problema al mondo, come se nulla potesse toccarle o sconvolgerle.
Kai avrebbe tanto voluto essere una nuvola.
Almeno loro erano libere, libere di vagare nel cielo senza una meta e senza un obiettivo, semplicemente per il gusto di farlo.
Senza rendersene conto cominciò a sfregarsi le mani, in un gesto nervoso.
Subito sentì gli occhi di Takao puntare in direzione delle sue dita.
Smise immediatamente di agitarsi, lanciando un’occhiata scocciata verso la cattedra.
Odiava essere osservato, ma da un po’ di tempo a quella parte non poteva fare nulla senza sentirsi gli occhi di un dei suoi tre coinquilini puntati addosso, pronti ad analizzare ogni suo movimento.
Lo innervosiva essere trattato come una bomba a mano pronta ad esplodere; ma del resto cosa poteva aspettarsi, era già fortunato che non l’avessero sbattuto in manicomio.
Forse sarebbe stato un bene per tutti se lui fosse sparito dalla circolazione per un po’.
Sicuramente avrebbe risparmiato a Takao e gli altri un bel po’ di problemi.
DRIIIIIIIIIINDRIIIIIIIIIIINDRIIIIIIIIIIIIIIIIN
A interrompere il filo dei suoi pensieri arrivò la campanella di fine lezione, squarciando il silenzio che regnava nell’aula con un trillo acuto.
Con uno scatto Kai si alzò in piedi, dirigendosi a grandi falcate fuori dall’aula, seguito a ruota dal resto degli studenti.

Rei osservò l’amico sparire oltre la porta dell’aula.
Faticava a reprimere il desiderio di seguirlo e assillarlo con le domande che gli frullavano in testa.br /> Forse Kai sperava di essere passato inosservato, ma Rei aveva notato immediatamente le bende che fasciavano le mani dell’amico che però non erano riuscite ad arginare completamente il flusso di sangue che aveva impregnato anche la stoffa; tingendola in alcuni punti di rosso.
Per non parlare dell’aspetto stravolto del russo all’arrivo in classe: a partire dalle occhiaie, così profonde da segnare i suoi occhi di nero, che insieme al pallore mortale del volto conferivano al ragazzo un aspetto decisamente inquietante.
Senza salutare nessuno Kai si era trascinato al suo banco, ignorando gli sguardi curiosi dei suoi compagni.
Solo l’occhio attento di Rei aveva notato le sopracciglia appena aggrottate e le labbra contratte del Russo, segno del suo evidente nervosismo.
Se si fosse trattato di chiunque altro non si sarebbe fatto alcun problema a chiedere il perché di quell’aria corrucciata; ma trattandosi di Kai sapeva che avrebbe finito solo con l’infierire ulteriormente, senza peraltro ottenere nulla.
Con un sospiro stanco il cinese uscì dall’aula.

RUSSIA
La neve aveva ricoperto completamente la città sotto un sottile strato bianco.
Da giorni il cielo era ricoperto da pesanti nuvole, mentre un vento gelido spazzava le strade.
Gli indumenti più estivi erano stati sostituiti da caldi cappotti, mentre un vago odore di legna bruciata aleggiava nelle case.
Verso la periferia, in mezzo alle campagne pareva che la temperatura si fosse abbassata ulteriormente; mentre alle ville signorili si sostituivano vecchie magioni dismesse abbandonate all’incuria del tempo.
Seguendo una delle strade secondarie che tagliava per i campi si raggiungeva una macchia di alberi che nascondeva le mura di un imponente edificio in pietra.
Nessuna insegna dava nome a quel luogo abbandonato da Dio.
Delle alte mura grigie delimitavano i confini di un luogo che era nientemeno che la rappresentazione dell’Inferno in Terra.

Tre ragazzi osservavano in silenzio, a pochi metri di distanza, il grande cancello in ferro battuto.
Il più alto doveva avere circa 19 anni, la statura esagerata e la corporatura massiccia gli conferivano un aspetto minaccioso, ma i capelli biondi e il viso angelico addolcivano i suoi tratti.
Al suo fianco il secondo giovane scrutava accigliato il cielo, spalancando le iridi smeraldo, in netto contrasto con i capelli viola.
L’ultimo dei tre, teneva lo sguardo fisso a terra, nascondendo in parte il viso dietro a ciocche di capelli rossi; tra le mani stringeva una lettera.
Per lunghi istanti sulla scena regnò un silenzio che nessuno sembrava intenzionato a rompere.
Nell’aria era percepibile una strana tensione, una sensazione malsana che impregnava quel luogo.
-Cosa ci facciamo qui?- disse Boris abbassando lo sguardo, fino a incrociare con gli occhi le imponenti vetrate, che si aprivano come dei baratri verso l’oscurità.
Sergey sospirò e quando parlò la sua voce sembrava infinitamente stanca.
-Penso che le spiegazioni tocchino a Yuriy…-
Si volse verso il rosso, rivolgendoli un’occhiata eloquente.
-Non sapevo cosa fare… - la voce di Yuriy era poco più che un sussurro.
Gli occhi del ragazzo si abbassarono, inevitabilmente attratti, dalla busta che ancora stringeva tra le mani.
-Qui non troverai nulla…lo sai questo vero?- disse Boris distorcendo il viso in una smorfia di disprezzo, verso l’edificio di fronte a lui.
-Lo so, non c’è bisogno che tu me lo ripeta…- Yuriy rivolse all’amico un’occhiata ironica.
-Ehi non ti scaldare il mio era solo un commento innocente!- Il russo volse gli occhi smeraldini verso l’altro in un espressione incerta; non voleva litigare con lui proprio ora.
-Ragazzi…- Sergey richiamò l’attenzione dei compagni -non penso che dovremmo fare qualcosa, anche venire qui è stato uno sbaglio; abbiamo cercato di dimenticare tutto questo e sono certo che le cose non cambieranno, nemmeno dopo…dopo quello che è successo; ormai è qualcosa che non ci riguarda più…-
Il discorso del russo fu interrotto dalla risata di Boris.
-Ci ha riguardato per tutta una vita, non puoi pensare che basti fingere che nulla sia avvenuto perché tutti i ricordi scompaiano realmente…e se lo pensi sei un illuso.- Il sorriso del ragazzo aveva qualcosa di terribilmente inquietante; nei suoi occhi si intravedeva solo una profonda amarezza.
-Allora cosa proponi di fare, stare qui a crogiolarsi nella disperazione, o peggio ancora lasciare che i ricordi ci impediscano di rifarci una vita…-
-Non si tratta di questo e lo sai- la voce di Yuriy tremava leggermente, mentre i suoi occhi incontravano quelli di Sergey, che si spalancarono per la sorpresa, nel trovare quelle iridi azzurre piene di ostilità -Non si tratta di ricordi ne di paranoie mentali, qui si tratta della realtà, della nostra realtà…una realtà che è cambiata davanti a noi, senza preavviso. Ora non ho più nulla non ho più certezze...-
-Yuriy…- sussurrò Boris, cercando di fermare quel flusso di parole.
-No anzi…- continuò il rosso -una certezza c’è l’ho, malgrado darei qualunque cosa perché fosse frutto della mia fantasia.-
Con lo sguardo seguì il profilo dei fogli che teneva in mano, mentre i suo occhi seguivano quelle poche, ma significative, parole che avevano sconvolto il suo mondo.
Il Sig. Hito Hiwatari ed il Sig. Vladmir Vorcov sono stati rilasciati in seguito al pagamento della cauzione, somma che ammonta a…
-Sono liberi- sussurrò Yuriy con voce atona -sono di nuovo liberi…-

-Mi faccia capire bene, se io le consegno questa busta lei mi darà ben 20000 yen…?- nel dire questo il ragazzo non potè non lasciarsi sfuggire un sorriso ironico, da quando faceva il postino non gli era mai capitata una cosa del genere- busta che naturalmente non è indirizzata a lei… giusto?-
-Giusto.- disse l’uomo, sorridendo cordialmente al ragazzo che lo guardava a bocca aperta.
-Si può sapere perché?- chiese il giovane, sempre più incuriosito da quello strano individuo.
-Il perché sono affari miei a te basta darmi quella lettera … certo se non sei d’accordo peggio per te in fondo si tratta solo 20000 yen …-
-No no accetto, accetto- esclamò il ragazzo.
L’uomo sorrise ironico, era stato più facile del previsto, era bastato toccare l’argomento “denaro” perché l’altro cedesse.
-La busta dovrebbe essere qui…- disse il ragzzo mentre frugava nella borsa che portava a tracolla -Infatti, eccola!- tra le mani stringeva l'oggetto della questione.
-L’indirizzo è questo giusto?…Kinomya, casa Kinomya esatto?- Il ragazzo lanciò un’occhiata al suo interlocutore.
-Kinomya…- disse l’uomo -Perfetto…


SEMPRE PIU' DEPRESSI.
CHE CI VOLETE FARE...INTANTO VOI SCRIVETICI LE VOSTRE IMPRESSIONI.
UN MEGA GRAZIE A COLORO CHE HANNO RECENSITO IL PRIMO CAPITOLO :) MA ANCHE SOLO A TUTTI QUELLI CHE LO HANNO LETTO. GRAZIE!




 

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Capitolo 3
*** Incontro con il diavolo ***


INCONTRO CON IL DIAVOLO

Eccoci tornate!! Vi siamo mancate, vero?? Lo sappiamo, ci abbiamo messo un sacco a scriverlo, ma dovete prendervela con Ila che è sempre in vacanza (mi dispiace!!). In questo capitolo succedono un sacco di cose, tutte brutte ovviamente! In fondo vi avevamo avvisati che eravamo un po’ sadiche! Speriamo vi piaccia (fatevelo piacere!)
 

La tempesta scuoteva l’imbarcazione, sballottandola tra le onde.
Nuvole scure si ammassavano sopra le loro teste, mentre un vento gelido si insinuava tra i pesanti mantelli che indossavano, ormai zuppi d’acqua.
Sergey strinse con forza le mani intorno al timone, cercando di mantenere il controllo della barca, accanto a lui Boris scrutava preoccupato il cielo in tempesta.
-Ci resta poco tempo prima che cominci il finimondo … non credo che saremo in grado di governare la barca ancora per molto!!- eclamò il ragazzo passandosi una mano tra i capelli viola.
-Dobbiamo resistere ancora per qualche ora. La costa Giapponese non è poi così lontana.-
Mentre parlava Sergey cercava disperatamente di convincersi delle sue stesse parole, ma una nota di incertezza nella voce tradiva le sue reali preoccupazioni.
-Stai scherzando!! E’ da giorni che siamo in mare … forse questa non è neppure la giusta rotta!-
A quel punto la nave si inclinò pericolosamente e Boris si aggrappò al braccio dell’altro cercando di mantenere l’equilibrio. Sergey lo scostò in malo modo.
-Certo tu non mi aiuti!- disse ironico –Cerca almeno di stare in piedi! O se proprio non hai di meglio da fare vai a vedere cosa sta combinando Ivanov …-
Con uno sbuffo scocciato Boris si rialzò a fatica. –Per tua informazione sto cercando di aiutarti a capire dove cavolo stiamo andando!-
-Oh ti ringrazio di cuore! Non saprei proprio cosa fare sena la tua preziosa presenza.- esclamò ironico il biondo alzando gli occhi al cielo.
-Ma statte zitto! Senza di me non sapresti neanche leggere una di queste … questa … questa cacchio di cosa!!-
-Bussola? Hai proprio ragione, chissà cosa farei!-
-Il nome non è importante … ma questo cavolo di ago perché continua a muoversi?- Boris afferrò il “misterioso” oggetto e iniziò a scuoterlo con eccessiva violenza.
-Se non fossimo in una situazione così tragica mi verrebbe quasi da ridere!- Detto questo, Sergey afferrò la bussola mentre un sorriso soddisfatto gli affiorò sulle labbra. –Comunque stiamo andando nella direzione giusta … prendi  il cannocchiale e vai a prua, con questa nebbia non riesco a vedere nulla!-
-Vado, vado …- esclamò Boris allontanandosi con aria scocciata per poi fermarsi e lanciare a Sergey un’occhiata perplessa –Ehm … ma dove sarebbe questa pua … prua …?-
 
 Yuriy si scostò con rabbia i ciuffi rossi dal viso, mentre spruzzi d’acqua gelida lo investivano.
Il sua sguardo cadde sui due compagni alle prese con il timone. Forse non avrebbe dovuto trascinarli con lui in quel viaggio; era stato egoistico da parte sua. Ma da quando aveva ricevuto quella dannatissima lettera il pensiero di raggiungere Kai in Giappone gli aveva fatto perdere ogni riserva, trascinandolo tra quelle acque.
L’aereo sarebbe stata la scelta migliore, anche un treno sarebbe andato bene, ma il costo del biglietto gli aveva fatti desistere in entrambi i casi. Stavano già rinunciando all’impresa quando Boris aveva scovato quella vecchia nave in uno dei depositi del monastero. Renderla utilizzabile non era stata un’impresa facile. C’erano voluti mesi prima che quella bagnarola potesse anche solo galleggiare.
Poi erano partiti con la consapevolezza di avere un ritardo di ben due mesi, che le probabilità che Kai fosse all’oscuro della libertà dei loro ex carcerieri era pura utopia.
Ma in fondo la loro era anche una fuga, rimanere a Mosca gli avrebbe resi facili prede ora che il leone era stato liberato. Il Giappone era la loro ancora di salvataggio, unica speranza di sfuggire a un passato che stava facendo ritorno.
Ma il futuro era incerto e le poche certezze che in quegli anni di libertà si erano lentamente create erano state distrutte con quelle poche semplici parole.
Il fiume dei suoi pensieri fu bruscamente interrotto dal grido di Boris.
-Nave a poppa, no prua … insomma lì!!-
Ivanov corse lungo la fiancata della nave raggiungendo il compagno che indicava una macchia scura in mezzo a quella nebbia.
-A prima vista sembrerebbe un mercantile … aggiriamolo mantenendolo sulla destra.- suggerì Sergey.
Yuriy annuì, mentre un brivido gelido lo percorse da capo a piedi.
Le due navi si avvicinavano lentamente, studiandosi. I russi scrutavano il profilo dell’altra imbarcazione che lentamente emergeva dalla nebbia. Con loro grande stupore notarono che l’altra imbarcazione cercava di accostarsi alla loro.
I tre ragazzi si lanciarono uno sguardo inquieto mentre una sensazione di gelo calava sui loro cuori.
Una voce si levò dalla nebbia, spezzando il silenzio.
-Guarda, guarda chi è capitato nella mia rete. E pensare che credevo di dover aspettare più a lungo prima di trovarvi.-
 
Il telefono squillò.
Soichiro Hiwatari afferrò la cornetta con uno sbuffo infastidito. Odiava essere disturbato mentre “lavorava”. –Pronto?- disse mentre con un gesto scocciato allontanò la giovane segretaria.
-Sono io.-
-Ah.- l’uomo inarcò un sopracciglio, non si aspettava quella telefonata così presto. –Li hai trovati?-
-Ho fatto di meglio. Ora la loro barca giace in fondo al mare.-
-Bene. Direi che ora è tempo di passare alla seconda parte del piano.- detto questo un sorriso privo di allegria increspò le sue labbra.
-Non vedo l’ora.-
 
Kai Hiwatari non stava prestando la minima attenzione alla lezione di storia. La sua mente vagava lontano tra quelle gelide distese innevate che erano state la sua prigione e la sua casa. Riusciva a vedere i neri tetti di Mosca ricoperti dalla soffice coltre bianca, i colori della sua città, così intensi e vividi nella sua memoria, erano in contrasto con le nere guglie del monastero.
Nei suoi ricordi riuscì a vedere i volti di quei ragazzi che continuava a considerare suoi fratelli, gli unici che potessero comprenderlo fino in fondo. Malgrado a separarli ci fossero chilometri, in quel momento li sentì vicini come non mai.
La porta si spalancò all’improvviso e la preside irruppe nella classe, scrutando i volti dei ragazzi, fermandosi negli occhi ametista di Kai.
-Hiwatari dobbiamo parlare.-
Genuina perplessità comparve sul viso del giovane. –Perché?- l’educazione non era mai stata il suo forte.
-Ci sono delle persone che vogliono vederti.-
-Che persone?- la sua voce tradì una nota di tensione. Con la coda dell’occhio notò l’espressione tesa di Rei che li fissava.
-Non farmi perdere tempo. Vieni subito.- era evidente che la donna stava perdendo la calma.
-Non prima di aver visto chi vuole parlarmi.- ribatté gelido.
Prima che l’altra potesse replicare una risata risuonò nell’aula.
-Certo che non cambi mai Kai. E’ sempre un piacere parlare con te.-
Il russo spalancò gli occhi, boccheggiando.
Sulla porta si stagliavano le imponenti figure di Soichiro Hiwatari e Vladimir Vorcov.
 
 
Vai Vorky!! Siamo tutti con te!! Fai vedere chi è il migliore!! ;) Per chi non l’avesse notato siamo fan di Vorky!
Dobbiamo dire che Yuriy, Sergey e Boris erano molto felici di replicare il Titanic!
A grande richiesta (di chi? Boh!) apriamo qui sotto una nuova rubrica:


“RISATE DIETRO LE QUINTE!”
Oggi abbiamo con noi e per voi: Boris in “Lezioni di nautica con zio Bo!”


Reby: Dunque Boris … qual è la cosa più importante da sapere su una nave?
Zio Bo: Ovvio! Sapere dove sono i sacchetti per il vomito!
Reby: Cose tipo saper guidare non sono molto importanti!
Zio Bo: Cosa vuoi che ci voglia a girare il ti … ti …
Ila: TIMONE!!
Zio Bo: Eh! Cosa ho detto io!!
Ila: Domanda da 15000mila€ al Milionario. Cos’è la polena? (faccina crudele!)
Zio Bo: Ma si! Quella gialla che si mangia con il formaggio … però non sapevo che si usasse anche sulle navi …
Ila: (non sta più in piedi dal ridere)
Reby: Scommetto che tu fai il mozzo di solito!
Zio Bo: A chi hai dato del tozzo!?!
Reby: (fingendo di non aver sentito) Ci vediamo la prossima volta sperando in ospiti un po’ più, ehm … avete capito. (Trascina Ila che non si è ancora ripresa…)

UN ABBRACCIO A TUTTI!!

P.s.: ringraziamo tutti coloro che hanno avuto il coraggio di leggere la nostra fanfic e in particolare:
Refyia
Cinanzon
DarkHiwatari
DemonLady
Ikarikun
Aky ivanov
Che hanno recensito o che hanno inserito la nostra storia tra le seguite
UN BACIO A TUTTI E AL PROSSIMO CAPITOLO
 

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