Non smettere mai di lottare per la tua felicità. di ExoticS_Dream (/viewuser.php?uid=112136)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo - Exo
Sudavo freddo.
La mano con cui trainavo il trolley
sudava così tanto che la maniglia della valigia mi continuava a
scivolare. Mentre l’altra mano non smetteva di giocherellare con il
laccio della felpa che mi pendeva dal collo.
Le gambe, sembrava che le stessi
supplicando per compiere quei pochi passi.
Il cuore batteva così forte come se
volesse rompere la mia gabbia toracica, la sua prigione, per poi
continuare a battere fuori. Libero.
Il mio sguardo andava ovunque, non
riuscivo a tenere gli occhi fissi su qualcosa per più di un minuto.
E si capiva perfettamente che non ero tranquilla.
Sentì una mano appoggiarsi sulla mia
spalla destra.
Automaticamente la mia testa si girò
in modo un po’ brusco, tanto da stordirmi leggermente. E i mie occhi si scontrarono con due
grandi occhi marroni, valorizzati da lunghe ciglia nere e un velo di
matita nera.
- Forza andiamo – mi sussurrò una
voce femminile sicura e dolce affianco a me.
Sentivo lentamente il mio cuore
rallentare i battiti, e le gambe più forti, sicure di poter
camminare ancora, e ancora.
Annuì in modo tranquillo.
Per lo
meno è quello che volevo far vedere a quei normali flussi di persone
che animavano il posto. Volevo essere, davvero, vista come una
tranquilla persona che è appena arrivata per visitare una città. Ma
sapevo bene che quella non era una qualunque città. E sapevo
altrettanto bene, che dentro di me ero tutto, tranne che calma.
Peccato che le persone con cui stavo, e
con le quali avrei iniziato una nuova vita, erano tutt’altro che
persone normali in quanto mi conoscevano meglio di quanto mi
conoscessi io. Così tanto da sapere il mio vero stato d’animo.
- Stai tranquilla, ci siamo noi – mi
disse con la stessa dolcezza la voce di prima
- Esatto – aggiunse una voce più
fine alla mia sinistra
Mi girai per vedere quel dolce viso,
leggermente pallido ornato da lunghi capelli neri appena appena
mossi.
- Ci siamo promesse che un giorno
avremo raggiunto quel posto, e ora quel giorno è arrivato e noi
siamo qui, insieme – disse la prima ragazza che mi aveva parlato,
accentuando di più l’ultima parola
Poco dopo, senti due calde mani
prendere le mie, più piccole rispetto le loro, e stringerle in una
presa sicura.
Come se effettivamente mi volevano
trasmettere forza, la quale sembrava proprio che quel giorno non
l’avrei per niente vista.
Neanche per tirare il mio trolley, il
quale ora lo tiravo con l’aiuto della seconda ragazza con i capelli
neri.
Feci un profondo respiro.
Se la
forza non ne vuole sapere di uscire, la creerò io stessa. Mi dissi
decisa tra me e me.
Guardai quei visi famigliari, che ero
certa mi avrebbero sempre ricordato la vecchia me, le vecchie noi,
offrendogli ad ognuno un sorriso di ringraziamento.
A loro volta, anche loro mi
ricambiarono il gesto e insieme percorremmo quei pochi passi che da
sola non sarei riuscita a percorrere quel giorno.
Quei pochi passi che mi avrebbero
portato in una nuova prospettiva di vita.
Percorsi quei tanto attesi metri per
poi oltrepassare una porta a scorrimento e uscimmo fuori, lì fuori.
Tutte e tre ci pietrificammo, come se
fossimo vampiri, nel momento in cui l’ombra dell’edificio non
riusciva più a coprirci, e fummo accolte da dei caldi raggi solari.
Sentivo subito l’aria intorno a me
diversa dal solito, anche se sapevo perfettamente che era la stessa
aria che avrei respirato nel mio piccolo paese.
Chissà, forse per il fatto che le mie
orecchie cominciavano a udire una lingua differente dalla mia, ma
tanto amata.
Oppure, sarà per il fatto che il mio corpo faceva
così tanti respiri per l’emozione, che emettevo più anidride
carbonica del solito.
Comunque, malgrado questo mi fosse
insolito, la situazione mi dava fastidio. Anzi mi piaceva.
Cominciai a guardarmi intorno sempre
più entusiasta, come quando una bambina entra nel reparto Barbie del
Toys Center.
Colsi le stesse espressioni sui visi
delle mie “sorelle”, entrambe con i volti alzati per ammirare
quei immensi grattaceli.
Il mio corpo cominciò ad adagiarsi,
lentamente, come se si fosse già ambientato in quel nuovo luogo.
Ora, mi sentivo meglio, ora, ero la
stessa persona di quando eravamo decollati.
La stessa persona che aveva deciso di
venire qui.
- Ce l’abbiamo fatta. Siamo veramente
qui – riuscì a dire con un filo di voce ma con un tono deciso
Le mie amiche si voltarono verso di me
e mi sfoggiarono un immenso sorriso per poi stringersi in un caloroso
abbraccio.
Eravamo davvero in quel posto tanto
atteso, che fino a poco tempo fa lo potevamo solo immaginare, ci trovavamo
a Seoul. Ed eravamo insieme.
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
capitolo 1 exo
Capitolo 1
Ero in ritardo, come al solito.
Era una delle mie vecchie abitutidi che mi portavo ancora dietro.
Guardai l’orologio sul polso sinistro, le 18.45.
Ero estremamente in ritardo, e dovevo ancora percorrere molta strada.
A contribuire a questa mio “leggero” fuori orario, era il traffico che vi era in quei giorni.
Infatti, le strade erano stracolme di macchine e spesso si vedevano
code lunghe qualche metro. Lo stesso era sui marciapiedi per quanto
riguardava i pedoni. Bastava che qualche persona si fermava a parlare o
solo per cercare qualcosa nella borsa che dietro di lei vi era il caos.
Gente che si scontrava, persone che scendevano da marciapiedi
continuando il loro cammino senza interruzioni.
Bene, ora immaginate una “astuta” ragazza sempre in ritardo, correre in mezzo a tutto questo.
Uno spasso, no?
- Perché sono sempre in ritardo? – dissi lamentandomi -
Avranno, uno scopo ben preciso, questi fottuti orologi! – dissi,
dando un'altra occhiata ai numeri neri sul display che portavo al polso.
Le 18.50.
Merda. Come scorre il tempo!
Pensai, maledicendo per l’ennesima volta la mia pigrizia.
Cercai di accelerare il passo della corsa, ma risultava molto difficile con tutta quella folla.
Mi sentivo come un salmone che tentava di salire una cascata controcorrente.
Da quando ero qui, non avevo mai visto la capitale così affollata. Tra cui molti turisti.
Che sia il periondo del turismo, questo?
Ipotizzai, superando un altro gruppo di turisti fermi a fotografare i maestosi edifici della città.
Un po’, mi sembrava di vedere me stessa, tempo fa…
Quando ero all’inizio, ero anche io ero come loro, macchina
fotografica in mano e in giro per la città fino la sera.
Pensai con un leggero sorrido sul volto.
Automanticamente, ricordi mi passarono per la mente, ma ero talmente
concentrata a non schiantarmi contro le altre persone, che non gli
diedi molta attenzione.
Fortunamente quel giorno non era molto afoso, ma vi era un fresco vento che serpeggiava tra le strade della città.
Sentivo il soffice tessuto dei pantaloni della tuta, accerezzarmi le gambe mentre correvo.
Meno male, che mi sono vestita con un abbigliamento comodo.
Pensai, mentre con uno sprint improvviso riuscì ad attraversare
la strada prima che il semaforo avrebbe cambiato colore, facendomi
perdere tempo per l’attesa del verde.
Tempo troppo prezioso, per me.
Ma ero certa, che la sgridata l’avrei presa in qualunque caso.
Mantenni la velocità dello sprint, volevo arrivare il prima possibile.
- Magari oggi, mi avrebbe risparmiato – sussultai come se fosse veramente una preghiera
Sentivo la borsa di stoffa a tracolla sbattere a un ritmo costante
contro la mia coscia destra ad ogni “passo” che facevo,
accompagnato dal rumore delle chiavi al suo interno.
Fortunatemente vi erano dei vestiti all’interno della tracolla e
riuscivano ad ammortizzare i colpi metallici delle chiavi. Altrimenti
stasera avrei trovato delle simpatiche macchie nere sulla pelle.
Il mio respiro si fece più intenso e vedevo i miei lunghi
capelli marroni e lisci alzarsi in aria per poi molleggiare sul mio
petto.
Continuavo a correre senza fermarmi, e fin’ora sembrava procedere
tutto bene; secondo i miei calcoli sarei arrivata a destina tra una
ventina di minuti. E forse oggi non avrei assorbito la quotidiana
ramanzina. Ma proprio nel momento in cui lo pensai sollevata, mi
fermarmi di colpo cercando faticosamente di non cadere in avanti per
l’improvvisa frenata e per la velocità con cui correvo.
Avevo appena superato un grande gruppo di giovani, fermo al bordo del
marciapiede, quando vidi davanti a me una piccola bambina cadere per
terra.
Senza pensarci due volte, mi fermai in modo brusco e barcollando mi avvicinai a lei.
- Ei piccolina, tutto a posto? – chiesi preoccupata una volta raggiunta
Mi inginocchiai e la scocchi leggermente per la spalla destra, poi
finalmente, alzò il suo paffuto faccino verso di me con due
occhioni neri lucidi.
- Tranquilla, va tutto bene – cercai di rassicurarla per evitare che sarebbe scoppiata a piangere.
Si mise seduta lentamente e insieme al mio aiuto, ma non solo, si alzò con altrettanta calma.
- Ei, è tutto okei, piccola? - disse una voce maschile con un timbro di voce dolce, aiutandomi ad alzarla
Spostai lo sguardo verso la direzione della voce e i miei occhi si
scontrarono con due lenti scure, nelle quali potevo chiaramente vedere
i miei occhi di un marrone dorato.
Davanti a me, vi era un giovane ragazzo, con capelli di un marrone
scuro, scalati e accuratamente piastrati e sistemati sulla fronte, con una piccola frangetta obliqua a destra, che arrivava a pelo della montatura degli occhiali da sole.
Quali mi impedivano di vedere gli occhi.
Il viso era magro e leggermente allungato con due sottili labbra e piccole orecchie attaccate alla cute.
Tenere, direi.
Trovai in lui dei tratti famigliari, ma non riuscivo ad associargli un nome.
- E’ lei la madre? –
La sua voce mi fece riprendere dai miei pensieri, e notai che ora mi stava fissando.
Tolsi lo sguardo, leggermente imbarazzata, e ritornai a guardare la bambina, la quale stava fissando ammaliata il ragazzo.
- No, non sono io. Stavo passando di qua e ho visto questa bambina
cadere per terra, non molto lontano da me – spiegai mentre
continuavo a tenere lo sguardo fisso sulla piccola
- Ah, okei. – mi disse - Allora, che dici, andiamo a trovare la
mamma? – continuò chiedendo alla bambina, la quale
annuì intimidita.
Prima di alzarmi per poi muoverci alla ricerca della madre le sfregai
via la polvere dell’asfalto che avevo precedentemente notato, sul
suo delicato vestitino rosa.
- Ecco – dissi una volta finito – Sarebbe stato davvero un
peccato che questo grazioso vestitino, si sarebbe sporcato –
continuai porgendole un caloroso sorriso.
La bambina sorrise timidamente e guardò verso il basso, giocherellando con le sue manine.
Mi alzai e guardai il ragazzo, il quale scrutava la folla.
Che abbia un appuntamento?
La domanda mi uscì spontanea, e con un velo di amarezza. Come se
fossi dispiaciuta dell’ipotetio caso che potesse avere una
ragazza.
Ma cosa vado a pensare!
Urlai nella testa, cercando di riprendermi.
Stavo per iniziare a parlare quando, mi accorsi solo in quel istante,
della sua magra statura e della sua notevole altezza. Notevole per me,
visto che ero a malapena un metro e sessanta.
Dopo essermi autodemolarizzata sulla mia “modesta” statura, mi decisi a parlargli.
- Se deve andare, vada pure, mi assicurerò io che la bambina
trovi la sua mamma – gli dissi – ti va bene se
resterò con te fino a quando non troviamo la mamma? –
domandai alla piccola
Non sapevo quale linguaggio usare per rivolgermi a lui.
Dall’apparenza sembrava avere la mia stessa età, ma
lì tutti sembravano più giovani rispetto alla loro vera
età. Quindi andai sul sicuro, utilizzando un linguaggio formale.
Nel frattempo, la bambina mi porse un sorriso pieno di tenezza, tanto da far invidia ad un orsacchiotto di peluche.
Mi sciolsi, lettermantente, davanti alla dolcezza di quella creatura.
- No tranquilla, non ho nessun impegno. – disse il ragazzo
facendomi ricomporre - Aspetterò con voi, che arrivi la mamma,
okei? – chiese più alla bambina che a me
Anche in questo caso la piccola fece un dolce sorriso.
Sembrava che non le dispiaceva il fatto di stare con noi mentre avrebbe aspettato sua madre.
- Ora, dove potremo iniziare a cercare la madre? – chiese il ragazzo tra se e se guardandosi intorno
E come se avessimo chiamato esplicitamente l’aiuto della fortuna, quest’ultima ci rispose con un chiaro segno.
Quello che ci serviva, insomma.
Una voce femminile, alquanto preoccupata sovrastava i suoni della città e della folla, ripetendo costantemente un nome.
Mi alzai in punta di piedi e cercai di scorgere la figura femminile che chiamava ad alta voce. Ma non vidi nulla.
- La sentite anche voi? – chiese il ragazzo
- Si, ma non riesco a capire dove sia – dissi rassegnata mentre ritornavo con entrambi i piedi piatti a terra
Poco dopo sentì la bambina prendermi per mano e mi
trascinò via con lei, insieme al ragazzo, anche lui afferrato
per la mano.
- Ei, ma..- dissi spaesata per l’improvvisa azione della bambina la quale ci portò qualche metro più avanti.
Poi lasciò le nostre mani e andò incontro ad una giovane donna,
probabilmente sua madre, visto che quest’ultima abbracciò
la bambina con energia continuandole ad accarezzarle i capelli.
Mi bloccai e non potei fare a meno che tirare un bel sospiro di sollievo.
Era davvero bello, il fatto di esser riusciti a trovare la madre di quella amabile bambina.
Poco dopo la madre ci raggiunse seguita dalla piccola figlia.
Quando giunse davanti a me, mi inchinai e la salutai a dovere, notando il ragazzo fare lo stesso, affianco a me.
Mi rialzai a potei vedere meglio la madre della bambina.
Ora sapevo da chi aveva preso, la bambina, quella innaturale bellezza.
Era una donna molto bella altra poco più di me. Aveva il viso
dai lineamenti dolci, ornato da lunghi capelli neri e leggermente mossi
che le cadevano davanti.
Gli occhi erano neri come la pece, dove riuscivo a distinguere chiaramente il riflesso dei miei occhi dorati.
Rimasi ammaliata.
- Grazie, ragazzi, grazie infinite, per aver riportato la mia bambina-
disse la madre facendo una serie di piccoli inchini mentre io ritonavo
in me stessa
- Di niente, si figuri - disse il ragazzo
- In realtà, noi non abbiamo fatto molto. E’ stata la
bambina a trovarla e a portarci da lei – aggiunsi timidamente
Non mi sembrava di poter ricere tutti quei ringraziamenti. Alla fine, avevo fatto veramente poco.
- Vi ringrazio ancora, lo stesso, per esservi presi cura di lei per
questo breve tempo. Sapete poco più avanti, ho un mio piccolo bar, e ogni tanto lei va fuori a giocare per non
annoiarsi a stare sempre chiusa dentro – disse guardando la
bambina - Ma oggi quando ho guardato fuori e non c’era, sono
corsa fuori a cercarla, lasciando il negozio alle mie assistenti
– aggiunse la giovane donna sentendo nella sua voce ancora della
preoccupazione
- Bene ora è meglio che ritorni al lavoro, grazie infinite – concluse inchinandosi insime alla bambina
- Di niente – rispondemmo in coro io e il ragazzo inchinandoci a nostra volta
- Saluta, forza – disse la madre incoraggiando sua figlia
- Ciao – disse con un filo di voce nascondendosi leggermente dietro le lunghe e magre gambe della madre.
- Ciao – dissi salutadola a mia volta e muovendo dolcemente la mano
Non sentì nessuna risposta da parte del ragazzo, ma mi era
sembrato di vedere con la coda dell’occhio che muovesse la mano
per salutarla.
Poco dopo, la madre riprese per mano la figlia e si allontanarono tra
la folla. Le seguì con lo sguardo fino a quando persi il
contatto visivo.
Poco dopo, mi girai dietro soddisfatta, e solo in quel momento
realizzai che ero da sola con il ragazzo, ancora silenziosamente
accanto a me. Anche lui con lo sguardo fisso sulla folla.
E ora che faccio?
Mi chiesi imbarazzata.
Ancora una volta mi venne in aiuto la fortuna. O la sfortuna in questo caso?
Cominciai a sentire una serie di urli provenire da lontano. Mi guardai
intorno e vidi gruppi di ragazze avvicinarsi velocemente nella mia
direzione. Troppo velocemente.
- Emm… - disse il ragazzo
Mi rigirai verso di lui, e lo vidi alquanto agitato…o era una mia impressione?
- Allora…io me ne vado per primo…Ciao – disse il ragazzo diventato improvvisamente di fretta
- Ah, okei, certo. Ehm ciao – dissi inchinandomi poco prima di
essere travolta da una mandria di ragazze che urlavano cose
indistinguibili. Tanto che, sembrava che parlassero una lingua antica.
Mi alzai scossa dalle urtate con le ragazze e vidi il ragazzo allontanarsi, seguito dalle ragazze.
- Che strano ragazzo…deve essere davvero famoso nella sua scuola
per essere seguito così, da tutte queste studentesse - dissi tra
me e me guardado la ragazze in divisa scolastica allontanarsi.
Una suoneria di un cellulare di un passante, mi fece ritornare la testa a posto, ricordandomi della mia corsa e del mio impegno.
Guardai spaventata l’ora sull’orologio.
Chiari numeri si fissarono nella mia mente. Le 18.20.
- Aigoo, ora sono in super ritardo. Sono certa che mi ammazzerà
appena arrivo – dissi tristemente – e io che speravo di
potermi risparmiare la sgridata, almeno per stavolta… Ma se mi
presento con questo ritardo colossale, sono sicura che mi sputeranno
simpaticamente in un occhio. O peggio, conoscendole…- non
colcusi la frase e mi portai una mano alla bocca spaventata dalle
conseguenze a cui andavo incontro.
Dovevo assolutamente muovermi!
Mi imposi nella mia mente.
Così, senza divagare, mi girai di scatto e ripresi la mia corsa contro il tempo.
*****
Ciao a tutte/i **
O meglio, Annyoung!
Bene, ecco qui il primo capitolo.
Chiedo anticipatamente scusa se ci sono errori di qualsiasi tipo nella ff.
Emh, okei...non voglio stressarvi quindi la finisco qui e lascio a voi :)
Un grazie speciale a Denji Lee per aver recensito nel prologo **
E un grazie anche a chi ha solo letto la storia :)
Spero di sentirci presto!
Bye bye ^^
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
capitolo 2 giusto
Capitolo 2
Fortunatamente
la palestra, si trovava poco fuori dal centro della città e
l'avrei raggiunta in poco tempo, contando che avevo già percorso
più della metà della strada. Inoltre una volta uscita
dalla città il traffico di pedoni che vi era, diminuiva man mano
mi allontanassi e questo mi permise, notevolmente, di proseguire
più velocemente.
Dopo una serie di stradine, giunsi all’edificio bianco, dalla struttura molto semplice e pulita in per sé.
Non era altissimo come palazzo, vi erano all'incirca due o tre piani oltre il pianoterra.
Salì due
a due, i pochi gradini in marmo che c’erano prima di arrivare
davanti alla porta di vetro dell’edificio, ed entrai spingendola
con forza.
Appena dentro
c’era una grande sala illuminata da pendenti lampade bianche, con
al centro dei divanetti di un beige chiaro con dei bassi tavolini in
legno, su cui vi erano dei giornali per far passare il tempo ai clienti
in coda. Subito dopo la porta c'era un bancone di legno scuro dietro al
quale vi era una giovane donna con capelli sciolti neri, che batteva
con forza i tasti della tastiera facendo rimbombare il suono nella sala.
Precipitai nella sala con un lampo.
Superato il
bancone mi fermai bruscamente e per poco non scivolai sul lucido
pavimento bianco. Feci un goffo e frettoloso inchino verso la signorina
dietro il bancone, mentre il mio saluto a voce si disperdeva per
l'immenso spazio della sala.
La giovane
donna, anche se era impegnata, spostò lo sguardo dal grande
monitor e mi fece un cenno con la testa, sorridendo.
“Oramai quella donna non si stupisce più dei miei orari..” pensai
mentre mi alzai e continuai a correre.
Percorsi la restante metà della sala e scesi le scale che vi erano alla mia sinistra.
Attraversai un piccolo corridoio bianco e una dolce musica rimbombava tra le stesse pareti.
“Merda, hanno già cominciato” pensai.
Imprecai.
Accelerai l’andatura e girai alla terza porta bianca a destra.
Spalancai quest'ultima e mi trovai in una stanza di medie dimensioni, con dei neon bianchi che facevano una forte luce.
Al centro vi
erano predisposte verticalmente delle panche di legno, con sopra
vestiti e borse, e ai lati, degli armadietti di metallo grigio.
Chiusi svelta la porta dello spogliatoio, e comincia a spogliarmi dirigendomi verso il mio armadietto.
Aprì quest’ultimo e infilai dentro la borsa di stoffa, dopo aver preso i vestiti di ricambio.
Tolsi
l'orologio dal polso e lo deposi delicatamente nella borsa, poi mi
cambiai velocemente, e buttai con noncuranza i vestiti dentro
l’armadietto e sbattei lo sportello nel chiuderlo.
Raccolsi i capelli in un’alta coda mentre precipitai nella sala prove.
Percorsi gli ultimi tratti di corridoio, che mi parevano interminabili, e finalmente raggiunsi a destinazione,
Vidi le mie compagne fare stretching con la mia maestra.
Guardai l’ora sul grande orologio nero che vi era attaccato alla parete della sala. Le 19.40.
“Devono
aver prolungato il riscaldamento per non aver ancora iniziato con le
prove dei balli.” Pensai. “Oppure lo avevano fatto per
aspettarmi….”
Agitai la testa con forza, scacciando quel pensiero.
Approfittai
dell’esercizio di allungamento dei polpacci, così che la
maestra era girata di schiena, e indaffarata nell'eseguire l'esercizio
non mi avrebbe visto. E io potevo tranquilla prendere la mia postazione.
Camminai velocemente tra le mie compagne e mi misi vicino alla mia amica cominciando subito con il riscaldamento.
- Si può sapere dove eri finita?! – mi chiese la mia amica con voce bassa ma tagliente
- Eh, Scusami ma c'è stato un piccolo contrattempo – dissi dispiaciuta
- Strano.
Stiamo facendo il riscaldamento da quasi trenta minuti e non abbiamo
ancora fatto uno straccio di prova per colpa tua – disse alzando
un po’ la voce
- Shh, non penso che sia per me…- cercai di dirle, ma venni interrotta
- Bene, ora che
la nostra Laura, ci ha finalmente raggiunti, cominciamo con la lezione
– disse la maestra terminando l’esercizio e voltandosi
verso di me
- Emm, ciao – dissi imbarazzata con un impacciato inchino
- Certo, non era per te – disse in modo ironico la mia amica
- Anche io ti voglio bene, Maria – dissi con tutta la tenerezza che avevo in me in quel momento
Mi fulminò con gli occhi per poi alzarsi e andarsene.
- Aishhh, Mary, non fare così..- dissi raggiungendola ma fui bloccata dalla voce della mia insegnante
- Ovviamente tu, Laura, farai ancora del riscaldamento – mi disse, anzi mi impose in modo del tutto simpatico e carino
- Certo, subito – dissi per poi cominciare subito con gli esercizi di stretching
La lezione passò velocemente, tanto che l’ora e mezza passò velocemente senza pesare.
Anche se,
sinceramente, queste due ore non erano mai pesanti per me, anche se
arrivavo a casa tardi, stanca per le ore di lavoro e con tutti i
mestieri da fare... Non avevo mai preso in considerazione l'idea di
lasciare questo corso di ballo.
Infondo, facevo quello che mi piaceva, ed ero disposta a far di tutto pur di continuare a frequentarlo.
Fortunatamente
la maestra non mi fece fare riscaldamento per tutta la lezione, come
alcune volte, ma riusci anche a provare qualche pezzo della coreografia
per il saggio.
- Bene ragazze, ci vediamo alla prossima lezione, allora. – disse la maestra di ballo al termine della lezione
- Okei, Grazie – dicemmo in corso tutte le ragazze del corso di ballo con un inchino
Finita la lezione, mi unì al flusso di ragazze che usciva dalla sala prove.
Distrutta
percorsi, strascinando i piedi, il bianco corridoio diretta verso lo
spogliatoio, quando sentì chiamare il mio nome.
- Laura! –
Mi voltai e vidi una magra ragazza con capelli lunghi neri, tendenti al rosso, venire verso di me.
- Sabry! – dissi andandole incontro
- Non mi hai ancora salutato, cattiva – disse mettendo un adorabile broncio
- Oh, perdonami tanto, ma sono arrivata in ritardo e non ho avuto occasione di salutarti – dissi abbracciandola
Sentì una soffice risata sulla mia spalla per poi sciogliere l'abbraccio per il troppo caldo.
- Fa niente. Tutto bene? – mi chiese proseguendo per gli spogliatoi
- Si dai, sono ancora un po’ stanca per la corsa – risposi
Sabrina non
ebbe il tempo di rispondere che venne interrotta, da una voce
più forte, che sovrastò la voce delle altre ragazza,
immerse in una conversazione.
- Forza
ragazze, che la giornata non è ancora finita – ci disse
con tono superiore Maria e con una simpatica palpatina al culo, per poi
superarci e proseguire davanti a noi, agintando i suoi capelli marrone
scuro.
Io e Sabrina ci
scambiammo uno sguardo divertito per poi raggiungere la mora e insieme
giungere, finalmente, gli spogliatoi, dove vi erano già le altre
ragazze che si stavano cambiando.
Ci accomodammo davanti ai nostri armadietti, l’uno affianco all’altro, e cominciammo anche noi a cambiarci.
O meglio le intenzioni c'erano, ma la voglia no.
- Ah, non ho la minima voglia di cambiarmi – sbuffai lasciandomi andare sulla panca di legno.
- Neanch'io – aggiunge Sabrina sedendosi affianco a me e appoggiando la sua testa sulla mia spalla
Appoggiai la mia pesante testa su quella della rossa e guardai Maria cambiarsi energicamente.
Per lo meno più di noi.
- Come fai a
trovare tutte quelle energie?! - le dissi scioccata – io se
potrei, dormirei qui – aggiunsi chiudendo gli occhi
- Anche io... Sono stanchissima. Stanotte ho dormito poco.. – continuò Sabrina
Poco dopo
sentì sbattere l'anta dell'armadietto di ferro, che fece
sobbalzare sia me che Sabrina, appoggiata ancora alla mia spalla.
Aprì gli occhi di malavoglia, e trovai Maria davanti a noi, con le braccia incrociate all'altezza del petto.
- Forza. Muovete quei culi – disse con tono severo
- Mhmm... - dissi stiracchiandomi
- Uno. Se tu,
Sabrina, la smettessi di guardare drama fino a notte fonda, consapevole
che il giorno dopo devi affrontare una giornata impegnativa..credimi
che ora non saresti così stanca – disse con rimprovero
– Due. Se tu, Laura, avessi la decenza di presentarti puntuale
ogni tanto, senza fare queste super maratone e non staresti sveglia con
Sabrina..credimi ora non saresti così distrutta –
continuò rimproverandoci
Io e Sabrina abbassammo il capo, sapendo che Maria aveva ragione.
Ma che cosa potevamo fare?
Lavoravamo come
della dannate, dalla mattina fino tardo pomeriggio, per poi andarci ad
allenarci. Arrivavamo a casa, e invece di andare come le normali
persone dopo una giornata impegnativa, facevamo i mestieri.
Eh sì, perchè anche la casa ha bisogno di essere pulita, se non volevamo vivere nell'immondizia.
Quindi il tempo che potevamo dedicare ai nostri interessi, eras la tarda sera/notte.
- Credete che
stando sedute, riuscirete a realizzare il vostro sogno? Pensate
davvero, che poltrendo, vi allenerete comunque? - disse sempre
più severa
Lo sapevamo, tutte e tre, fin dall'inizio che ci saremo dovute rimboccare le maniche, seriamente.
Però, tutto questo, era risultato più pensante del previsto.
E io e Sabrina lo percepivamo di più, rispetto Maria.
- Si lo sappiamo, Maria. Ma non possiamo negare che siamo stanche e che è dura – sbottò Sabrina
Annuì, concordando con la rossa.
- Lo so che
è dura. Sapete anche io sono stanca e non sapete quanto desidero
poter andare a dormire in questo momento o mettermi davanti al pc e
vedermi qualche drama. Ma poi penso, che tutta questa fatica un giorno
mi sarà utile a realizzare il mio, e il vostro, sogno –
disse con tono più dolce - Su ragazze, ora ci cambiamo e andiamo
a casa. Abbiamo ancora molto da fare – disse porgendoci le sue
mani aperte
Io e Sabrina fissammo per qualche minuto quelle mani, certe che ci avrebbero sempre sorretto.
Alzai lo sguardo e vidi Maria con uno dei suoi migliori sorrisi, capaci di tirarti su quando ormai sei al limite.
Scambiai uno
sguardo con la rossa, ancora seduta accanto a me, e con dei dolci
sorrisi afferrammo decise le mani di Maria, la quale ci tirò su
con forza alzandoci dalla panchina.
Barcollammo un po' sul posto, poi aprimmo svogliatamente gli armadietti e cominciammo a svestirsi.
Ci mettemmo un po', in quanto la voglia di togliere i vestiti era molto limitata quella sera.
Maria, intanto, girava per la stanza e fermandosi ogni tanto a provare i passi della coreografia imparata oggi.
- Ecco, e con questo sono apposto – dissi mettendo l'ultimo indumento nella borsa di stoffa e chiudendo l'amadietto
- Bene, lo sono
anch'io – aggiunse Sabrina facendo il mio stesso gesto –
Mary siamo pronte, possiamo andare – continuò
avvicinandoci alla mora ancora indaffarata a provare.
- Ah? Ce l'avete fatta a cambiarvi? - chiese ironicamente Maria
- Si – rispondemmo in coro io e la mia migliore amica
- Bene allora
possiamo andare – aggiunge la mora prendendo la sua borsa,
appoggiata precedentemente su una sedia vicino alla porta
Annuimmo e ci indirizzammo verso la porta.
Maria stava per girare la maniglia quando d'un tratto, si bloccò, e ci scrutò attentamente con occhi a fessura.
- Aspettate un
momento – disse facendoci attirare la nostra attenzione –
Non che qualcuna di voi ha lasciato qualcosa qui e dopo a metà
strada, oppure quando siamo arrivate a casa, dobbiamo tornare indietro,
vero? - disse in tono severo mettendosi le mani ai fianchi
Solitamente eravamo io e Sabrina che dimenticavamo sempre qualcosa. Anzi eravamo esclusivamente noi.
Qualche volta
era capitato anche a Maria, ma con un numero assai inferiore al nostro
e soprattutto lei si accorgeva sempre prima di aver varcato la porta
dello spogliatoio. Invece, io e Sabrina era successo, varie volte, di
accorgerci di aver dimenticato qualcosa durante il tragitto
oppure, peggio ancora, quando arrivavamo a casa. Un po' distante dalla
palestra.
Preoccupata
cominciai a frugare nella borsa, facendo un elenco in mente e
“puntando” gli oggetti man mano gli vedevo.
Sollevata alzai lo sguardo e sorrisi a Maria.
- Io ho tutto – dissi fiera di me
Mi girai verso
Sabrina, al quale stava ancora frugando ancora nella borsa, dopo di
che, la chiuse e ci guardò entrambe con occhi dolci.
Indietreggiò di alcuni passi, senza smettere di guardarci.
Arrivata
davanti al suo armadietto, lo aprì, e sempre tenendo lo sguardo
fisso su me e Maria, tirò fuori qualcosa. Penso il cellulare,
dal colore rosa.
Chiuse l'armadietto e ritornò vicino a noi, con piccoli passi.
- Ho tutto anche io – disse timidamente – ora – precisò a bassa voce
Io scoppiai in
una tenera risata, mentre Maria si mise una mano sulla fronte e
aprì la porta sbottando un “non è possibile”
in modo disperato.
Salutammo alcune nostre compagne, ancora nei camerini intente a spogliarsi.
Uscimmo,
finalmente, dalla stanza e percorremmo il restante corridoio bianco,
ora silenzioso. Salimmo una rampa di scale e ci ritrovammo nuovamente
in quella grande sala con i lampadari che pendevano.
Attraversammo
quest'ultima, salutando delle nostre compagnie di corso che erano
sedute ai divanetti immerse in una animata conversazione.
Ci chiesero se
volevamo restare un po' con loro, ma a casa avevamo davvero troppo da
fare. Quindi rifiutammo gentilmente e proseguimmo.
Passammo davanti al bancone, oramai vuoto, per l'orario di chiusa, e oltrepassammo la porta di vetro.
Un fresco vento ci accolse appena fuori dall'edificio e accarezzò la pelle ancora impregnata di sudore.
- Oh questa si, che è una bella sensazione – dissi sollevata
- Mmh, è vero – sentì dire da Sabrina poco dietro di me
- Ah, ci vuole
proprio – finì Maria – però ora muoviamoci se
no qui si fa notte e arriveremo a casa troppo tardi – aggiunse
scendendo gli scalini di marmo
Io e Sabrina
annuimmo e proseguimmo il tragitto, illuminato da alcuni lampioni ai
margini delle stradine, fatte scure per il buoi della sera.
- A proposito..
come mai hai fatto tardi, Laura? Anche stavolta – chiese d'un
tratto Maria, precisando la parte finale della frase
“Merda si è ricordata”, pensai.
- Emm, il capo mi ha trattenuto al lavoro – mi giustificai
- Tutto qui? Non che ti sei comodamente fatta una passeggiata per il centro della città? - mi chiese sospettosa
- Magari
comodamente! - sbottai – Però in effetti, ho avuto un
piccolo imprevisto..che se non fosse stato per quello sono certa che
sarei arrivata giusta alla lezione di oggi..- ipotizzai pensando alla
bambina di oggi e allo strano ragazzo.
Ero così
preoccupata per aver fatto ritardo a lezione che mi ero completamente
dimenticata di raccontarlo alle mie amiche.
- Ne dubito, fortemente – disse sicura la mora
- Che imprevisto hai avuto? - mi chiese Sabrina
Così le raccontai della caduta della bambina e del ragazzo che mi aiutò a trovare la mamma della piccola.
Maria e Sabrina
ascoltavano molto colpite quello che mi era successo nel pomeriggio.
Una cosa molto strana, visto che sarebbero capaci di interromperti ogni
due minuti, facendo diventare un breve discorso in una novella con la
morale finale.
Così, tranquillamente, finì il mio racconto sotto lo sguardo attento delle due amiche.
- Ma lui com'era? - mi chiese la rossa per prima
- Era coreano – dissi
- Bhè è ovvio, sai com'è, siamo in Corea! Idiota! Vogliamo sapere d'aspetto fisico – disse Maria
- Ahahah è vero! Bhè d'aspetto fisico era..alto..- dissi
- Su questi non ci sono dubbi visto la tua misera statura – mi interrompé con occhi dolci la mora
In effetti
Maria, era quella più altra tra di noi mente io e Sabrina
eravamo alte all'incirca uguali. Cioè uno e ho tanta voglia di
crescere.
- Simpatica
– risposi – poi..aveva i capelli marroni con dei riflessi
sul ramato se non sbaglio...portava gli occhiali da sole...e... non mi
ricordo più nulla – conclusi sorridendo
- Come fai a non ricordarti?! - chiese scioccata
- Ero di fretta – mi giustificai
- La prossima volta che lo vedi, ci chiami. Oppure fagli una foto – propose Sabrina
- Ma ce ne saranno qui di bonazzi, fidati – disse Maria convinta
E come se il
destino stesse ascoltando la nostra conversazione, ci
dimostrò chiaramente la conferma di quello che aveva appena
detto Maria.
- We ragazze, guardate là – disse, improvvisamente, a bassa voce Sabrina, indicando con lo sguardo davanti a noi
Io e Maria ci girammo verso la direzione indicata dalla rossa.
Davanrti a noi,
stava avanzando nella nostra direzioe, un ragazzo con capelli neri,
jeans e maglia bianca attillata, mostrando un bel fisico palestrato.
Tutte e tre ci fermammo a osservarlo, mentre lui avanzava verso di noi.
Fu Maria, ha trascinarci per le braccia e ha costringerci a proseguire a camminare.
- Ragazze,
cerchiamo di passare inosservate questa volta...infondo siamo qui da un
po' di tempo... Dovremo essere abituate a questo genere di incon... -
parlò Maria
Ma la sua frase non si concluse mai.
Quando il
ragazzo ci passò accanto, tutte e tre avevamo perso il senso
della parola e del respiro. Almeno io, in quel momento ero in apnea
totale.
Una volta che
il ragazzo figo ci ha superate, insieme ci girammo e lo continuandolo
ad “osservare” la sua camminata sexy e solitaria. Questa
volta c'era il lato B.
- Minchia,
quanto è bono quello – disse Maria stringendo leggermente
la presa sulle nostre braccia, ma io e Sabrina eravamo troppo
concentrate a cogliere i minimi particolare di quel ragazzo, ai nostri
occhi perfetto, per accorgercene di quella piccola pressione sulla
nostra pelle
- Zio pera, si ! - aggiunse Sabrina
Io ero ancora intenta a fissarlo, non riuscivo davvero proferire alcun suono dalla bocca. Volevo gustarmi quel momento.
Poi una parola, comparve nella mia mente come un flah, seguita da un ricordo che mi fece svegliare da quello stato di trans.
- Claudia – dissi a bassa voce
L'estate era passata da poco, e l'autunno non aveva tardato ad arrivare.
Quel
giorno, il tempo non era uno dei migliori. Mi ricordavo il cielo color
bianco-grigio pronto a scatenare una ticipa pioggia autunnale.
Una cosa molto normale dalle mie parti, troppo normale. Tanto che il sole per tutto inverno non si vede proprio.
Io,
Sabrina e Maria, eravamo nella città accanto al nostro paese.
Quest’ultimo molto più piccolo. Arrivammo li in treno,
oramai, nostro abituale mezzo di trasporto, e stavamo aspettando le
nostre amiche davanti alla stazione dei treni.
Per
quanto riguarda me in quel periodo, avevo appena “scoperto2 il
K-pop. Da poco avevo fatto la mia prima esperienza di aver partecipato
a un flashmob e stavo iniziando ad apprezzare anche le ragazze, ma in
particolar modo i ragazzi, occidentali.
E
proprio mentre mi stavo guardando intorno per la noiosa attesa, vidi un
gruppo di ragazzi asiatici passare accanto a me Onestamente non
ricordai se erano coreani, o cinesi o giapponesi, ma erano occidentali
e questo era già di per se un buon motivo per fissarli.
Intanto Maria e Sabrina erano impegnate in una conversazione, che sinceramente non ricordai. Ammesso che le stavo ascoltando.
In
un primo momento li guardai affascinata mente i ragazzi asiatici erano
intenti a parlare, scherzare e a buttarsi in tenere risate tra di loro.
Poco dopo non ci capì più niente.
- Mary, Sabry..Guardate li – dissi, quasi urlando, strattonandole per le braccia
Le mie amiche si girarono e osservarono anche loro il gruppo che si allontanava.
- Merda..quanto sono belli – esclamò Maria
Ad un certo punto, all' inizio inconsciamente, avanzai di piccoli passi verso i ragazzi
- Laura dove vai? - mi chiese Sabrina vedendomi avanzare
- Io d-de-devo an-n-da-re – dissi con fatica
Mi mossi velocemente, troppo velocemente, verso di loro. Tanto che cominciarono a guardarsi incontro.
Mi voltai, convinta che in parte a me vi fossero le mie amiche. Ma non fu così.
Le vidi ferme dove eravamo prima, che mi guardavano con stupore.
- Forza venite! - dissi mimando con la bocca e con le mani
Ma loro scossero la testa e restarono li.
Mi voltai verso il gruppo di ragazzi asiatici, sempre più lontano.
“Stanno andando via, e non posso pedinarli così, mi scoprono subito.” Pensai disperata.
Ed ecco il colpo di genio.
Feci finta di aver visto una mia conoscente e cominciai a sventolare la mano e ad urlare il suo nome. Inventato al momento.
- Claudia! Ei, ciao Claudia! Sono qui! – cominciai a urlare dall'altra parte della strada
Sinceramente, non sapevo tuttora, perchè scelsi Claudia. Inoltre, io, non conoscevo nessuna Claudia.
Continuai con il mio bel teatrino. “Sembro convincente”, pensai soddisfatta di me.
Mi girai verso Maria e Sabrina, le quali mi guardavano confuse.
-
Forza venite! E' arrivata Claudia! - urlai verso di loro, le quali non
si mossero ancora - E' di là che ci sta aspettando –
continuando facendo cenno con la testa verso il gruppo di asiatici,
sempre più lontano.
Vidi le mia amiche indecise sul da farsi.
Si
scambiarono uno sguardo confuso, poi vidi Maria avanzare verso di me
con passo deciso, con la mano che buttava indietro le sue spalle a mo
di “ Chissene frega”. Seguita da Sabrina ancora titubante.
Sorrisi.
Poco dopo mi raggiunsero.
- Su, dove stà Claudia? - chiese la mora
- Dove stanno, LE CLAUDIE – corressi indicando gli asiatici seguita poco dopo da un “aaaaahhh” di Sabrina
-
Ahhhh ora ho capito! Claudia, quindi non è una persona che
conosci, ma sono gli asiatici – disse ridendo, consapevole di
aver capito il trucco solo ora
- Esattamente – risposi fiera di me per la trovata
Ci
scambiammo un ultima occhiata comprensiva e insieme cominciammo a
seguire per un pezzo, il gruppo di ragazzi orientali, con adorabili
cori delle nostre voci che chiamavano una strana Claudia, mai raggiunta.
Inutile
dire, che nei giorni successivi, tutti gli asiatici che incontravamo li
chiamavamo Claudia e fu così che divenne il nostro motto.
- Cosa hai detto? - mi chiese Sabrina facendomi ritornare al presente dopo quel flashback
- Claudia! - dissi con un po' più voce di prima e con un malizioso sorriso dipinto sul volto
- Come? Claudia? Ma che centra, è un maschio quello! - sbottò Maria, ma presto si irrigidì di colpo
Si girò verso di me, lentamente, con gli occhi sbarrati e pieni di preoccupazione.
Ma io, non mi girai, continuai a fissare il ragazzo che poco a poco si allontanava sempre di più.
- Cla-cla -claudia? - chiese timorosa
Sentivo lo sguardo preoccupato di Maria, sempre più pensante.
Troppo tardi.
Cominciai a muovermi con piccoli passi, per poi aumentare il ritmo ed agitando le braccia in aria.
- Claudia! Ei aspetta! Claudia! Claudia! - urlai in mezzo alla strada avanzando verso l'obbiettivo
- Ahahah ci risiamo – sentì dire da Sabrina, mentre mi allontanavo, buttandosi poi in una fragorosa risata
- Oh no. Laura!
Cristo. Qualcuno fermi quella donna! - urlò disperatamente
Maria, una volta capite le mie intenzioni, trascinando Sabrina con se
ancora immersa nella sua risata
- Che qualcuno
avverta quella povera anima di non voltarsi e di correre, per il suo
bene! - continuò la mora velocizzando il passo, cercando di
raggiungermi
Ma ormai ero già partita all'inseguimento.
Eravamo
così prese, nell'allenarci e di accumulare soldi per vivere
lì, che ci eravamo completamente scordate dei nostri pazzi
momenti e inseguimenti miseramente falliti.
“Un po'
di divertimento non guasta”, pensai divertita, continuando la mia
marcia verso il ragazzo moro, con dietro le mie amiche che
disperatamente cercavano di fermarmi.
Senza successo.
Salve bella Gente!
Vi chiedo scusa, per aver trascurato per un po' questa storia ** Sorry ç.ç
Comunque, ecco qui il secondo capitolo. E' un po' lunghetto e spero di non annoiarvi.
Ah, vi chiedo anticipatamente scusa, per eventuali errori nel testo. (:
Bene, allora ci vediamo alla prossima.
Un Grazie a tutti quelli che hanno recensito, seguito e semplicemente letto la mai storia.
Grazie mille <2+1
Ci vediamo presto. (spero D:)
Quindi WE ARE THE ONE! **
Bye bye
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Capitolo 3
Capitolo 3
Seguimmo quel ragazzo, non so quanto di preciso, per le stradine della periferia di Seoul. Le quali
diventavano sempre più buie.
Una volta che mi avevano raggiunto,
le mie amiche, invece di fermarmi con la forza e trascinarmi dalla
parte opposta, si misero accanto a me e seguimmo il ragazzo
insieme.
Non so se il ragazzo si accorse della nostra continua
presenza, alle sue spalle. Non si voltava mai indietro. Si limitava a
guardarsi intorno ogni tanto, per vedere dove si trovava presumo. Del
resto aveva sempre il viso illuminato dal bagliore bianco dello
schermo del suo cellulare, che nel buoi delle strade, era come un
faro.
Seguimmo quella luce bianca, in lontananza si cominciava a
sentire della musica. Ci stavamo avvicinando a qualche locale.
La
musica si fece sempre più intensa, quando da lontano si cominciavano
a vedere delle luci colorate che si affacciavano sulla strada quasi
deserta, tranne per quelle due o tre macchine che giravano
ancora.
Vedemmo il ragazzo aumentare il passo e voltare a
sinistra, scomparendo dal nostro campo visivo.
Automaticamente io
e le mie amiche aumentammo anche noi il passo, per riprendere la
vista sul ragazzo. Svoltammo anche noi a sinistra, e ci trovammo in
un piccolo parcheggio davanti a un locale.
Cercammo con lo sguardo
il ragazzo, al di là dei cespugli della siepe, che separavano il
parcheggio dall'entrata del locale.
Ed è proprio li che vedemmo
il ragazzo abbracciato ad una ragazza, dai capelli lunghi neri.
Era
magra, indossava una gonnellina bianca a palloncino, con sopra una
canottiera nera, credo, dato che era coperta da una specie di camicia
di jeans, corta, che si allacciava con un nodo poco sotto il petto.
Il viso non riuscì a vederlo, in
quanto era coperto dalla spalla del ragazzo.
- Aishh, è già
fidanzato! - sbottò Maria
- Era davvero bello – aggiunse
Sabrina dispiaciuta
- Laura, la prossima volta assicurati che non
sia fidanzato – disse la mora
- E come pensi che lo dovrei
sapere io, scusa? - chiesi immersa in una risata
- Dai, infondo,
non è la prima volta che ci capita – esclamò Sabrina divertita
In
effetti, si può dire, che ne avevamo una bella collezione alle
spalle, di seguire ragazzi carini per Seoul e poi scoprire che erano
impegnati.
- Yha! Siamo qui, da quasi un anno e tutti qui sono
fidanzati! - puntualizzò Maria, incrociando le braccia al petto e
mettendo un dolce broncio
Io e Sabrina le sorridemmo e ci
avvicinammo a lei.
- Ma cosa dici!? Ci saranno anche quelli
single...da qualche parte.. - disse Sabrina
- Magari stanno chiusi
in casa! - aggiunsi ridendo divertita
Maria e Sabrina mi
guardarono fissarono con un sopracciglio alzato.
Credo
che non era il caso di dirlo. Pensai.
- Ehehe,
scherzavo! - aggiunsi poco dopo
- Forza, ora pensiamo a tornare
a casa – disse Sabrina incoraggiandoci ad avanzare verso la strada
del ritorno.
- Ecco, un altro problema! - sbottò Maria
bloccandosi – Vi siete rese conto di dove siamo? - chiese alla
fine
Io e la rossa ci guardammo attorno, cercando di cogliere un
qualsiasi oggetto, particolare, che ci avrebbe fatto capire dove ci
trovavamo.
Maria ci precedette.
- Siamo dall'altra parte della
città – disse – dall'altra parte da casa nostra. Ora dobbiamo
fare un giro lunghissimo per tornare – disse con nella voce un tono
malinconico
- Però era per una causa giusta – aggiunsi
Maria,
si girò lentamente verso di me e mi fulminò con lo sguardo.
-
Ehehe, come non detto – esclamai – Vogliamo andare – conclusi
con un sorriso a trentadue denti ed avanzando davanti a
loro
Cominciammo a percorrere la strada del ritorno, che come
previsto, era diventata assai più lunga del solito, in quanto nel
seguire il ragazzo ci siamo allontanate parecchio da casa nostra. Già
di per sé, lontana. Ci mancava solo allungarla di più.
Le
strette stradine della periferia, stavano diventando abbastanza
inquietanti. Buie. Deserte. E fottutamente silenziose, accompagnate
ogni tanto da qualche verso di gatti o cani che litigavano.
Per
fortuna ci stavamo avvicinando sempre di più al centro della città,
dove la vita di certo non mancava.
Le strade divennero man mano
più grandi, lasciando spazio a enormi marciapiedi a entrambi i lati
della strada, i quali non smettevano di essere popolati dal “via e
vai” di persone.
E la luce.
Grazie a dio, al centro c'era
ogni tipo di illuminazione e quindi non vi era nessuno posto
all'oscurità.
Per fortuna casa nostra, era poco distante dal
centro. Di qualche stradina, per la precisione.
Il quartiere dove
ci trovavamo era tranquillo. L'appartamento era molto carino, e anche
gli inquilini del condominio erano tutti gentili e socievoli.
Una
volta lasciato il centro alle spalle ed attraversato qualche
stradina, finalmente, eravamo giunte davanti al nostro palazzo.
Il
quale era costituito da cinque piani, e su ogni piano vi erano tre
appartamenti.
Guardai il condominio marroncino, difronte a me, con
gli occhi lucidi e feci un bel sospiro. Non vedevo l'ora di togliere
le scarpe e camminare scalza per casa. E perché no, mangiare anche
un boccone. In fondo, né io né le mie amiche avevamo ancora toccato
cibo.
Come conferma, sentì la mia pancia brontolare.
Tempismo
perfetto. Pensai divertita, portando la mano alla
pancia.
Raggiunsi le mie amiche, le quali stavano già percorrendo
il vialetto verso l'ingresso dell'edificio.
Vidi Sabrina che mi
teneva aperta la porta di metallo. Accelerai il passo e varcai la
soglia del palazzo. Sentì chiudersi la porta alle mia spalle, mentre
mi stavo dirigendo verso le scale di granito.
- No. Le scale, no –
dissi stremata guardando Maria che saliva i gradini a fatica
-
Dai, ancora un piccolo sforzo – mi disse la rossa posandomi una
mano sulla spalla
Mi girai verso di lei e le sorrisi, poi
insieme salimmo quei faticosi gradini. Diventati improvvisamente più
alti è più numerosi del solito. Certo non eravamo all'ultimo piano,
ma un bel pezzo di scale c'era da fare lo stesso.
Salì, senza
fermarmi neanche una volta, le tre rampe di scale fino a giungere al
mio piano.
Vidi Maria, davanti la porta del nostro appartamento,
reggersi sulla ponente maniglia fredda.
Avanzai, strisciando i
piedi e giunsi accanto alla mora. Seguita da Sabrina.
- Mamma mia,
quella scale sono micidiali di sera! - esclamò chinandosi in avanti
e appoggiando le mani sulle sue cosce.
Io e Maria ci limitammo ad
annuire.
- Forza apri, questa porta, Laura. Ho necessità di fare
una doccia – disse la mora
Presi in mano la mia borsa di stoffa
e ci buttai dentro la mano, cercando le chiavi, fino a quando non
toccai con i polpastrelli qualcosa di freddo e liscio. Afferrai il
mazzo di chiavi e cercai la chiave dell'appartamento.
La infilai
nella toppa della porta, e cominciai a girarla.
Il rumore della
chiave di disperse nel palazzo, poi sentì un “clack”.
Sfilai
la chiave e diedi a Maria l'onore di aprire la porta di casa.
Al
primo impatto ci fu solo buio. Ma poco dopo, con una mossa veloce, la
mora schiacciò l'interruttore che vi era appena dentro, vicino lo
stipite della porta, e la casa si illuminò.
Feci passare prima
Sabrina e poi, per ultima entrai anche io.
Chiusi la porta di
nuovo a chiave e le diedi le spalle.
Vidi Maria attraversare il
salotto e sparire nel corridoio, mentre Sabrina si è lasciata andare
a mo' di sacco di patate sul divano.
L'appartamento non era
grande, ma a noi era sufficiente.
Appena dentro, vi era un piccolo
salotto. Con un divano disposto verticalmente con sopra un
copri-divano con tema fantasia, davanti c'era un tavolino basso di
legno scuro con sopra qualche rivista e bicchieri vuoti, e davanti al
tavolino vi era una piccola tv posizionata su un mobile nero.
Se
dall'entrata avanzavi avanti verso il salotto, infondo a sinistra, vi
era la cucina color giallo canarino e con un tavolo nero, e quattro
sedie dello stesso medesimo colore. Non c'erano porte che dividevano
le due stanze.
Sempre in fondo al salotto ma a destra, c'era un
piccolo corridoio, che portava alle camere, due a destra e una a
sinistra, e il bagno in fondo al corridoio.
Eravamo fortunate di
aver trovato un appartamento con tre stanze. Non erano grandi, certo.
Però c'era tutto l'occorrente; letto, comodino, armadio, e un mobile
con i cassetti.
Sfilai le scarpe dai piedi e le depositai nella
scarpiera a destra della porta d'ingresso.
Tolsi la borsa a tracolla, diventata
improvvisamente pesante, e la feci trascinare a terra mentre mi
dirigevo verso il divano.
L'appoggia ai piedi di quest'ultimo e mi
lasciai andare sui morbidi cuscini, emettendo un sospiro.
Sabrina,
era ancora in parte a me, immobile con gli occhi chiusi.
La imitai
e mi lascia coccolare dallo scorrere dell'acqua proveniente dalla
doccia del bagno.
- Onni – sentì pronunciare vicino al mio
orecchio sinistro
- Mhm? - risposi
- Puoi preparare
qualcosa da mangiare? - mi chiese dolcemente
Rimasi immobile per
qualche secondo, poi mi girai verso Sabrina e le sorrisi.
- Certo,
ora vado a preparare la cena – annunciai
- Cena? - disse Maria
spuntando dal corridoio con l'accappatoio sopra
- Esatto. Avete
preferenze o.. -
- Tranquilla, prepara quello che vuoi tu. Ho così
tanta fame che mangerei di tutto – disse Sabrina
- Se mai, fai
qualcosa di leggero. Visto che sono le 10.30 passate – aggiunse la
mora marcando di più la parte finale della frase
- Okei – dissi mentre mi alzavo dal
divano
- E tu Sabrina, forza, dobbiamo mettere ordine in casa –
disse seria Maria, alla rossa
Sentì dei lamenti, provenire dal
soggiorno mentre aprivo lo sportello per prendere la pentola.
- Ma
per forza? Non possiamo farlo domani? - sentì proporre Sabrina, come
tutti i giorni d'altronde, chiaramente non attratta dall'idea di
Maria,
- Alza.Quel.Culo – disse la mora scandendo bene ogni
parola
Così Sabrina si alzò di malavoglia e si diresse verso le
stanze da notte, seguita da Maria.
Sorrisi, mentre feci scendere l'acqua
nella pentola.
All'inizio, avere una casa sembrava così bello, ma
soprattutto così semplice.
Invece, dopo qualche settimana che
eravamo arrivate qui a Seoul e appena trasferite in questo
appartamento; abbiamo potuto sperimentare sulle nostre pelle, ché è
tutto tranne che semplice. Infatti le prime settimane era
inguardabile. La casa era tutta sottosopra, oggetti ovunque, mangiare
ovunque.
Insomma, ci siamo rese conto, che dobbiamo dedicare un
po' di tempo anche alla casa.
Così ci siamo divise i compiti,
dato che la mattina usciamo tutte e tre presto per andare al lavoro,
e la sera tornavamo tardi per il ballo o straordinari vari.
Io ero
quella che si occupava del mangiare, e di cucinare. In quanto le mie
amiche, non si sono rilevate molto brave ai fornelli.
Tranne
scongelare le cose o preparare i piatti semi-pronti.
Comunque davo
lo stesso una mano anche alle altre faccende di casa.
Sabrina
aveva il compito di riordinare le stanze, come fare i letti, piegare
i vestiti etc.
Maria, invece si occupava del bagno e del
soggiorno.
Presi un sacchetto di insalata e lo aprì. Dopo di che,
la versai nella pentola immergendola nell'acqua. La lavai per bene,
fino a quando non sentì Sabrina urlare.
- Ah, ma qui c'è un
ragno! - urlò
Mi girai di scatto, presi un asciugamano attaccato
alla sedia e andai dalla rossa.
Era all'inizio del corridoio,
quando Maria mi fermò con una mano.
- Tranquilla, Laura, era un
pezzo di lana nero – disse Maria uscendo dalla sua stanza e
mostrando il batuffolo nero e portandosi una mano sulla faccia
- E
cosa ci fa un pezzo di lana nera, in camera tua?! Era pelosa e nera
e mi era sembrato un ragno peloso! - sbottò Sabrina uscendo anche
lei dalla stessa stanza
-Yha! Muoviti o non finiamo più qui! –
disse Maria spingendo la rossa per le spalle dentro la stanza, mentre
quest'ultima continuava a borbottare
Sorrisi e ritornai alla mia
insalata.
La tirai fuori dalla pentola e la misi su un panno
asciutto e pulito, successivamente la coprì per bene e cominciai a
tamponarla per farla asciugare.
La misi in un grande bacinella
bianca di plastica e la condì
Mi diressi al frigorifero e
appoggiai sul piano di lavoro della cucina, i pomodori.
Diedi una
lavata ai pomodori e li tagliai accuratamente su un piccolo
tagliere.
Dopo di che li misi in un piatto e li zuccherai.
Questo
è un tipico piatto coreano, dato che lavoravo in una piccolo
ristorante tipico in città, ho imparato qualche loro piatto.
Ecco
una cena leggera.
Dopo di che comincia ad apparecchiare la tavola
e posizionare le pietanze.
- Qui è pronta! - annunciai una volta
esser pronto tutto
Poco dopo vidi spuntare la rossa, seguita dalla
mora, dal corridoio e prendere posto a tavola.
Prendemmo la nostra
porzione di insalata e i pomodori e cominciammo a mangiare.
Il
tutto in silenzio.
Eravamo al quanto affamate, dato che nessuno
parlava e divoravamo quello che avevamo nel piatto.
La cena si
concluse velocemente.
Restammo stravaccate sulle sedie, con un
mano sulla pancia, segno di essere sazie, per qualche minuto.
Fu
Maria, a rompere quell’atmosfera di relax.
- Forza, sistemiamo
qui. Abbiamo ancora da fare –
Io e Sabrina ci guardammo esauste, e
con malavoglia ci alzammo ed aiutammo la mora.
Io mi posizionai al lavandino, con una
spugna in mano e il detersivo a portata di mano. Mentre le altre mi
portavano, sul ripiano vicino al lavandino, le cose sporche.
Impiegai poco a lavare le cose quindi
dopo passai a sistemare gli oggetti già asciugati dalla mora e dalla
rossa.
In meno di mezzora avevamo finito e la cucina era in
ordine.
Sabrina si diresse al divano, io la seguì a ruota. Mentre
Maria era andata verso il corridoio.
Io e la rossa, ci lasciammo
andare sul divano, facendoci avvolgere dai morbidi cuscini.
Avevamo
appena chiuso gli occhi, quando Maria ci svegliò.
- Dai, ragazze.
Lo sapete che ora c’è la nostra lezione. Non potete fare così. –
ci rimproverò
- Perché spunti sempre al momento
sbagliato?! - Mugolai tristemente ancora con gli occhi chiusi
- Mhm – acconsentì Sabrina vicino a
me
Poco dopo mi sentì afferrare per il polso e una forza maggiore
mi tirò su.
Non opposi resistenza e mi lasciai trasportare. Ero
troppo stanca.
Fui presto in piedi e dovetti aprire gli occhi.
Mi trovai al centro del salotto.
Spostai lo sguardo e vidi la mora tirare su con la forza Sabrina dal
divano.
Dopo di ché, ci spinse entrambe per le spalle e ci
indirizzò verso il tavolo della cucina.
Ci sedemmo strattonate
sulle sedie, barcollando. Quando Maria ci posizionò davanti dei
quaderni, dei libri e un paio di penne.
Confusa assottigliai gli
occhi, per mettere a fuoco la scritta sulla copertina del libro, al
centro del tavolo.
Lessi a mente, mimando con le labbra le
parole.
Corso di lingua
coreana. Volume 4.
Cosa?!
-
Yha! Mari, ma dobbiamo proprio! – sbottai
- Oggi siamo stanche! – continuò
Sabrina
Evidentemente anche lei aveva letto il titolo del libro.
Maria mise le braccia incrociate,
all’altezza del petto, e ci guardò con uno sguardo di sfida.
-
Lo sapete che me lo dite tutte le sere, questo? – disse – E
volete anche sapere come va a finire? – ci chiese
Peccato che
sembrava più un’affermazione che una domanda.
Io e Sabrina
abbassammo il capo, sui nostri quaderni.
- Esattamente - concluse
Maria fiera – E ora cominciamo con la lezione -
E’ da qualche
mese prima di partire che Maria, ci ha imposto di seguire delle
lezioni di coreano.
“ Come pensate di andare a vivere in Corea,
se non sapete spiaccicare una parola in coreano! Morirete di fame!
”
Era questa la frase che ci diceva sempre, quando ci
rimproverava.
E adesso che ci penso, non aveva tutti i torti.
Se
non ci fosse stata Mari ad assumere il posto di insegnante, non so
cosa avremmo fatto, io e Sabrina. A differenza sua, che aveva già
iniziato a studiarlo, tempo prima.
Inoltre un insegnante privato
non ce lo potevamo permettere, quindi ci riducevamo a studiarlo la
sera con Maria da insegnante.
Un insegnante abbastanza severa e a
tutti gli effetti, direi.
Ci dava gli esercizi da fare e persino i
compiti!
Eppure è solamente merito suo, se ora potevamo
conversare con le altre persone, per esser in grado di andare a fare
shopping o la spesa e di esser riuscite a trovare tutte e quante un
lavoro. Con il quale pagavamo l’affitto.
Iniziammo la lezione di
coreano, prima di partire Maria si era procurata dei libri in
italiano che spiegavano in diverse unità e passo per passo il
coreano. Diversamente sarebbe stato difficile, nessuna era a quel
livello.
Cominciò a spiegarci la lezione di oggi a me e Sabrina,
era un approfondimento per quanto riguardava l'approcciarsi nel mondo
del lavoro.
Ci diede degli esercizi da fare dopo di che passò
alla sua lezione, di qualche unità più avanti rispetto a
noi.
Quella sera, però, non concludemmo molto.
Poco dopo tutte
e tre ci addormentammo sui libri aperti.
Quel giorno era stato
davvero impegnativo.
Il lavoro, la corsa, la scuola di ballo, la
“passeggiata” notturna, le faccende domestiche. Ero stravolta.
E
di certo lo erano anche le mie amiche. Anche loro avranno avuto di
sicuro, una giornata impegnativa.
Ero li con gli occhi semichiusi,
per via della scomoda posizione assunta, a contemplare il silenzio e
i miei dolenti muscoli.
Spostai lo sguardo verso le mie amiche,
senza alzarlo dalle pagine lisce del libro sotto la mia faccia.
Erano
piegate sui rispettivi libri con la penna ancora stretta in mano. Gli
occhi chiusi e il volto riposato.
Certo, potevo svegliarle e continuare
con la lezione, ma ero troppo stanca. E loro sembravano così
rilassate.
Ero indecisa ma il buio prese il
sopravvento.
Sentì le palpebre diventate pesanti,
scendere e chiudermi la visuale.
Sapevo che il giorno seguente,
Maria, mi avrebbe urlato dietro per averle lasciate dormire.
Ma
non doveva saperlo per forza, no?
Annyeong! ^_^
Eccomi
qui ad aggiornare questa ff.
E' passato già un mese? O.O
Eheh
guardiamo il lato positivo, ho aggiornato prima, rispetto l'ultima
volta. LOL
Dunque ecco, qui il terzo capitolo. Come avete potuto
notare è abbastanza tranquillo.
Ah, ho deciso una cosa.
*rullo
di tamburi*
Ho
deciso di aggiornare la storia una volta a settimana. *_*
O anche
prima, dipende. Comunque non oltre una settimana.
(lettori: era
ora! -.-)
Lovelovelovelovelove
Ringrazio tutti quelli che hanno
messo la storia nelle preferite/ seguite e ricordate. E ha chi la
segue soltanto. Grazie.
Ora vi lascio. Alla prossima!
Bye
Bye <3
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