Shattered. di uchihagirl (/viewuser.php?uid=33240)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo. ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo. ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 1 *** Prologo. ***
Desclaimer:
nulla di quello che state per leggere è avvenuto nella
realtà, e io non ci guadagno una beata cippalippa, in ogni
caso. Le canzoni citate appartengono tutte ai rispettivi proprietari
- l'ascolto di ognuna di esse è fortemente
consigliato.
- Attenzione:
questa è una Larry Stylinson,
ma non è canonica, in quanto sono presenti anche scene
Louis/Eleanor - quella che
segue, per esempio. Avvisate, eh? :D Ah, c'è anche un po' di
Angst e tantissima introspezione. Io ve l'ho detto.
Shattered
Prologo
I
wanna be drunk when I wake up on the right side of the wrong bed.
Ed Sheeran - Drunk
La
stanza è immersa nella penombra – le tapparelle
abbassate fanno filtrare comunque un filo di luce -, la porta
è socchiusa e le lenzuola sono aggrovigliate sul fondo del
letto, quando Louis apre gli occhi, quella mattina. Non sono neanche le
nove, e un simpatico mal di testa gli martella già le
tempie. Buongiorno.
Si
sfrega gli occhi, cercando di mettere più a fuoco
l’ambiente intorno a sé. La prima impressione di
spaesamento non era sbagliata: quella non è camera sua
– quello non è il suo letto. E la mano calda che
sente sulla sua pancia nuda non è assolutamente quella
grande e ruvida di Harry. Anzi: ha delle dita affusolate e femminili, e
anche un accenno di french manicure, ormai piuttosto rovinata.
Nonostante
il mal di testa – e quella sottile sensazione di disagio che
gli serpeggia nelle ossa -, Louis sorride: Eleanor. Con i polpastrelli
le raggiunge il polso e comincia a carezzarlo con tocchi circolari, per
poi salire lungo il braccio nudo, la spalla, la clavicola e raggiungere
il suo viso. È bellissima e chissenefrega dei capelli
arruffati e di quella bocca mezza aperta: è meravigliosa
nella sua pazzia, nella sua risata e nella sua occasionale goffaggine,
e Louis ama stare con lei.
Così,
mentre Eleanor socchiude le palpebre e gli sorride, la bacia a fior di
labbra. “Ben svegliata.”
“No,
Lou, non ti avvicinare! Devo avere un alito terribile - tu e il tuo
kebab alle tre di notte!” Lei sposta il viso dal suo e parla
con le mani davanti alla bocca, mentre Louis scoppia nella prima
risatina della giornata, scuotendo la testa.
Eleanor.
Imprevedibile, buffa, adorabile, spigliata: gli piace proprio.
Ridacchia,
mentre la osserva stiracchiarsi e balzare energica giù dal
letto, infilandosi la prima maglietta che le capita a tiro, ma quel
fastidio - brividi di disagio lungo la colonna vertebrale - non si
placa. E il ricordo del risveglio del giorno prima – mugugni,
una massa informe di ricci, quella mano più virile che
scende lungo la sua pancia, per rimediare a un problema mattutino
piuttosto fastidioso, e quelle labbra… - si fa strada
prepotentemente nel suo cervello.
Harry.
Merda.
Louis
si mette seduto sul letto, mentre cerca sotto il cuscino il Blackberry
– nulla da fare, non è neanche sul comodino.
“El,
hai visto per caso il mio telefono?” Eleanor compare subito
dopo con indosso una maglietta della Guinness e lo spazzolino in bocca
– un amore. “Eccolo.” Biascica,
porgendoglielo; Louis la ringrazia con un sorriso.
Merda
di nuovo – un nuovo messaggio da Harry, risalente alla notte
precedente: “Non tornare fino alle 11 di domani: casa
occupata. Divertiti. Io lo farò.” Le tempie gli
pulsano più furiosamente e lui deglutisce, passandosi una
mano a sistemare la frangia, del tutto spettinata.
“Tutto
bene, Lou?” gli chiede Eleanor, dopo essere riemersa senza
più tracce di dentifricio attorno alla bocca - tutto bene un
cazzo, è la risposta che gli sale dal cuore.
Assolutamente
un cazzo di nulla. Perché in quel messaggio così
scarno, schietto e anonimo, Harry ci ha incanalato tutta
l’amarezza possibile – il risentimento è
così palpabile, in quelle poche parole, che gli toglie il
respiro -; perché riesce a leggere tra le righe la gelosia,
acutissima; perché l’infantile ripicca di Hazza,
che si è portato a letto la prima ragazza di turno, in
realtà gli da più fastidio di quanto sia disposto
ad ammettere. Perché Harry che gli scrive di non volerlo a
casa non è mai successo – e fa male, e ci deve
essere qualcosa sotto. Tutto bene un cazzo. Deve andare da lui, adesso.
Queste
constatazioni, brillantemente dedotte da sì e no dieci
parole, non le può però raccontare a Eleanor
– sono già in due, a barcamenarsi in quel casino,
è inutile aggiungere un’altra incognita
all’equazione, e per di più Louis è
sicuro che lei non capirebbe -, quindi le lascia lì dove si
sono fermate, nel groppo che gli blocca la gola, e le risponde con uno
dei suoi sorrisi: “Oh sì! Harry mi ha solo
impedito il ritorno a casa per un altro paio
d’ore… Evidentemente ha qualcosa di speciale in
cantiere…”
Eleanor
allora fa quella cosa che gli piace da morire – lo sguardo
diretto e la ciocca di capelli dietro le orecchie, sfacciata -, mentre
si avvicina e si mette a cavalcioni sopra di lui: “Allora
tanto vale passare queste due ore in modo più…
proficuo.”
Si
china e il viso di Louis affoga tra i suoi capelli – ma lui
non riesce a smettere di pensare a Harry, e il suo cuore è
pesante, mentre fa l’amore con Eleanor.
Nel prossimo capitolo: [...]Giocherella un
attimo con le chiavi, indeciso se entrare o meno; è
probabile che la fiamma di Harry non se ne sia ancora andata, e non
è che lui smani proprio dalla voglia di assistere allo
scambio di… liquidi corporei tra i due. Ma, in fin dei
conti, il suo nome è Louis Tomlinson e, da che mondo
è mondo, Louis Tomlinson non esita: quindi al diavolo i
liquidi corporei e quel cazzo di messaggio, quella è anche
casa sua e lui ha tutto il diritto di entrarci a qualsiasi ora del
giorno e della notte.
Così,
con un movimento deciso, gira la chiave nella serratura e spalanca la
porta [...]
Buon
pomeriggio!
Premettendo
che io in teoria sono quasi sotto maturità e che l'ultima
cosa che mi converrebbe fare nella mia vita è scrivere,
eccomi qui a pubblicare la mia prima "long" fic. Le virgolette stanno a
indicare il fatto che probabilmente si tratterà di una micro
Long, formata al massimo da altri tre capitoli, oltre a questo prologo.
In sintesi: una lunga oneshot. Il primo capitolo è
già interamente scritto, gli altri due sono in fase di
lavorazione, anche se non so con che frequenza riuscirò ad
aggiornare, visto che, appunto, io in teoria dovrei studiare/scrivere
la tesina/fare un tot di altre cose^^ - comunque spererei di
concludere nel giro di un mese o poco più.
Passando
adesso alla fanfiction vera e propria: come avete potuto notare dal
prologo, Eleanor in questa storia non è considerata come una
copertura dell'intrinseca gayezza dei due pasticcini (?),
anzi. Le dinamiche tra lei e Louis, ma soprattutto tra Louis e Harry -
che, mettiamo le cose in chiaro, secondo questa ff hanno una storia -, verranno
definite maggiormente nel corso dei capitoli. La fanfiction non
è leggera e sprizza Angst da tutti i pori: se non vi piace
il genere, la cosa non fa per voi.
Detto
questo, io mi rimetto al vostro giudizio, sperando che vi piaccia^^
Fatemi
sapere che cosa ne pensate
Elena
Ah,
solita menzione d'onore a shirayuki, Ludo, grande amica e
paziente critica: se non lo avete ancora fatto, andate a dare
un'occhiata alle sue Ziam, sono Amazayn!
|
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Capitolo 2 *** Capitolo Primo. ***
Desclaimer: nulla di quello che
state per leggere è avvenuto nella realtà, e io
non ci guadagno una beata cippalippa, in ogni caso. Le canzoni citate
appartengono tutte ai rispettivi proprietari - l'ascolto di ognuna di
esse è fortemente consigliato.
Attenzione: questa è
una Larry
Stylinson, ma non è
canonica, in quanto sono presenti anche scene Louis/Eleanor -
sebbene in questa parte non direttamente. Avvisate, eh? :D In
questo capitolo è altissima la dose di Angst e l'introspezione si spreca. Io ve l'ho
detto.
Shattered
Capitolo Primo
You
caused my heart to bleed/you still owe me a reason/I can’t
figure out why
So
Cold - Ben Cocks feat. Nikisha Reyes-Pile
Il
tragitto da casa di Eleanor all’appartamento suo e di Harry
non gli è mai sembrato così lungo – il
groppo che ha in gola da quando ha letto quel messaggio non accenna a
voler scemare, nonostante la distrazione del corpo meraviglioso di El
premuto sul suo. Alle undici meno cinque Louis arriva trafelato davanti
alla porta di casa – lui non è mai in orario,
quindi quando è in anticipo vuol dire che la situazione
è davvero grave. Giocherella un attimo con le chiavi,
indeciso se entrare o meno; è probabile che la fiamma di
Harry non se ne sia ancora andata, e non è che lui smani
proprio dalla voglia di assistere allo scambio di… liquidi
corporei tra i due. Ma, in fin dei conti, il suo nome è
Louis Tomlinson e, da che mondo è mondo, Louis Tomlinson non
esita: quindi al diavolo i liquidi corporei e quel cazzo di messaggio,
quella è anche casa sua e lui ha tutto il diritto di
entrarci a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Così,
con un movimento deciso, gira la chiave nella serratura e spalanca la
porta; quella che gli appare davanti è una versione
peggiorata dello scenario che si era immaginato: Harry seduto sul
divano, petto nudo e una testa di capelli biondi tra le sue gambe.
Perfetto. Non poteva limitarsi a scoparsela tutta la notte, no: doveva
anche farsi fare un bel pompino mattutino – il suo pompino
mattutino, per la miseria – esattamente di fronte alla porta
di casa. Quando sapeva che Louis stava per tornare a casa proprio in
quel momento. Stupido, infantile Styles. Ha inscenato proprio un bello
spettacolino.
E
adesso lui si ritrova sulla soglia, le chiavi ancora in mano e il peso
sul petto che si intensifica, mentre quell’infido ragazzino
lo guarda; fissa lo sguardo nel suo, per un momento lunghissimo, e
ghigna soddisfatto, leggendo negli occhi di Louis il fastidio, la
gelosia che cerca invano di trattenere.
La
ragazza, intanto, non si è accorta di nulla; quindi sobbalza
leggermente e si stacca da Harry, nel sentirlo dire: “Sei in
anticipo, Boo. Ti dispiace andare di là, che sono
occupato?”
E
l’espressione sul suo viso non è quella tipica di
malizia – ormai quasi un marchio di fabbrica: Cheeky, lo
chiama Louis -, è gongolante: ci gode, lo stronzetto, a
vederlo star male.
Perché
loro due non hanno bisogno di gesti, per comunicare, né
tantomeno di parole – quelle sono sempre state un inutile
accessorio -; Harry sa cosa prova Louis con una sola occhiata, e
riconosce lo sgomento sul suo volto congelato. Louis sente sulla sua
pelle le emozioni di Harry, se lo guarda, e ritrova il suo stesso
dolore; la gelosia lo rode fin nelle ossa. Ma la sofferenza non lo
trattiene dall’essere il solito porco – vendicativo
e infantile, questa volta.
Quindi
Louis distende le labbra nel sorrisetto più falso del suo
repertorio – quello che sfoggia durante le interviste su
Caroline Flack, per l’esattezza - e chiude la porta,
appoggiando la sacca dei vestiti accanto alla poltrona.
“Nessun problema, vado in cucina: voi due
divertitevi.” Non te la do vinta.
L’indifferenza
così ostentata non riesce però a
frenare il suo cuore, che ormai gli affonda in caduta libera
nel petto, mentre dalla cucina sente i grugniti soddisfatti di Harry.
Harry
ha una buona resistenza e quella ragazza aveva iniziato a darsi da fare
da poco, quando Louis li aveva interrotti; quindi la faccenda della
bocca della bionda tra le sue gambe si trascina un po’ per le
lunghe - anche perché è accettabile, ma non
particolarmente brava, questa… Mandy? Maddy? Mary? Ieri sera
era così ubriaco di gelosia che si è dimenticato
persino di chiederle il nome: è stata lei a presentarsi
mentre ormai erano quasi nudi – un particolare del tutto
inutile, a quel punto, e gli è sfuggito di mente. Fatto sta
che Mandy/Mary/inqualsiasimodotichiami ci mette un sacco di tempo a
soddisfarlo e lui è costretto per un bel po’ a
enfatizzare il piacere – soltanto discreto – che
sta provando: oltre al gran corpo della bionda, l’altro
fattore che lo aiuta a gemere così forte è sapere
che Louis è nella stanza accanto; ogni verso che emette
è per lui – mi senti, Lou?
È
con quel pensiero che riesce a concludere la faccenda
Mary/Maddy/chiunquetusia e a cacciarla fuori di casa, accompagnandola
con un sorriso falso quasi quanto quello di Louis prima e una delle
più grandi bugie che abbia mai detto –
“Certo, ci sentiamo!”
Harry
le chiude la porta alle spalle, senza neppure aspettare che
l’ascensore arrivi al loro pianerottolo, e con lentezza
studiata si avvia verso la cucina, i boxer sistemati un po’
storti e i segni dei succhiotti che si è fatto fare da
quella tizia figa ma insignificante bene evidenti sulla pelle chiara
del petto e del collo. Striscia i piedi e si stiracchia, aprendo il
frigorifero; Louis non alza neppure lo sguardo, quando lo sente
arrivare. È evidente che finga soltanto di trovare
così interessante la schermata del computer sul tavolo di
fronte a lui: di norma non riesce a togliergli mani di dosso,
soprattutto se Harry è mezzo nudo, figurarsi gli occhi!
Ma
far finta di nulla è una delle cose che a Hazza riesce
meglio – dopo cantare e scopare, ovviamente -, e ignorarlo
non gli viene poi tanto difficile. Così, senza colpo ferire,
allunga un braccio a prendere il bricco del latte, si sporge per
afferrare una tazza su uno scaffale un po’ più
alto e poi si siede di fronte a Louis – e la guerra di
logoramento comincia.
Crunchcrunch
- la bocca di Harry macina i cereali, lentamente, mentre il suo
proprietario fissa il ragazzo di fronte a sé.
Bip
– di tanto in tanto, il Mac di Louis dà segni di
vita.
Click
– chiudi la pagina di Twitter, apri Tumblr – e
cerca di non alzare lo sguardo, Louis, non alzare lo sguardo.
Clang
- il cucchiaio sbatte sulla ceramica – cerca di attirare la
sua attenzione – non gliela dare per vinta, Louis, non
guardarlo.
Tick
tock – il tempo passa; non abbastanza velocemente, secondo
Louis, che comincia a spazientirsi.
Tap
tap tap – un piede si muove, innervosito. Harry sorride: il
logoramento sta dando i suoi primi frutti, cederà a momenti.
Un
sospiro, lievissimo; il Mac viene chiuso di scatto; una mano a
sistemarsi la frangia e Tommo alza finalmente gli occhi. Non ricambia
però l’espressione – di nuovo
– gongolante di Harry: è duro, deciso e serio
– come in poche occasioni l’ha visto.
La
verità è che Louis odia dagli
l’impressione di aver vinto – ma non si tratta di
orgoglio. È più che altro una questione di
principio, come accade quando Harry si comporta da moccioso viziato;
non succede spesso, ma quelle rare volte gli ricorda, con i suoi
atteggiamenti infantili, che, nonostante Tommo abbia la più
grossa sindrome di Peter Pan dell’intero universo, rimane pur
sempre maggiore di due anni.
Questa
mattina Harry ha fatto l’impossibile per apparire
più bambino di quello che in realtà è;
e non si tratta della scenata di gelosia - palese. Se si fosse fermato
al fatidico messaggio e alla scopata di ripicca, Louis lo avrebbe
compreso – e giustificato. Infatti, non appena si
è accorto che qualcosa non andava, si è
precipitato a casa, per cercare di capire quale fosse il problema. Per
parlarne, risolvere insieme la questione.
Ora
non gli interessa più; o meglio, certo che gli interessa
– tutto ciò che concerne Styles gli sta a cuore -,
ma non vuole essere il primo a tirar fuori l’argomento: Harry
ha passato davvero il limite, cercando di proposito di ferirlo
– e ottenendo pure il risultato sperato. A questo punto,
Louis si farebbe una maratona di Toy Story con Liam per tre giorni di
fila, piuttosto che dargliela vinta e mostrargli quanto sia riuscito
nel suo intento – e lui non sopporta Toy Story, né
tantomeno Liam mentre guarda Toy Story, tutto trepidante –
neanche fosse la mattina di Natale. Ma Tommo sa che aspettare non
è il suo forte e che, per di più, farebbe prima a
trovare Niall a dieta che beccare Harry che inizia un discorso serio
– soprattutto se è lui, quello in torto. Il
momento di impasse va superato e tanto vale che…
“Quindi?”
Sono
due sillabe pronunciate con distacco e impazienza – Tommo
è seccato e vuole far subito fuori la questione: lo chiama
in causa, chiedendogli giustificazioni per lo spettacolo che ha appena
messo in scena – che cos’hai da dire a tua discolpa?
Harry
fatica a reggere la freddezza di quell’unica parola e ancor
più quello sguardo colmo di rimprovero: non si aspettava una
reazione del genere. Cioè, sapeva che Louis si sarebbe
incazzato – quello era lo scopo, in prima battuta –
ma non si sarebbe mai aspettato
quell’impassibilità.
Secondo
le sue previsioni, Louis sarebbe dovuto arrivare nel momento clou (e
questo era successo), e poi, non appena la ragazza se ne fosse andata,
piantare una scenata di gelosia. E a lui sarebbe bastato rinfacciargli
la serata appena trascorsa, per farlo passare dalla parte del torto.
Un’unica frase – “Rispetto a quello che
mi hai sbattuto in faccia ieri, non c’è
assolutamente paragone.” – e tutto si sarebbe
risolto: un bacio a fior di labbra, di scusa, poi Louis che gli
chiedeva di perdonarlo, e, perché no?, un po’ di
sesso pacificatore. Questo era ciò che si sarebbe aspettato,
non quella rigidità e quella… delusione, quasi,
che in quel momento vede traboccare dai suoi occhi chiari.
La
percezione di déjà-vu gli stringe la bocca dello
stomaco: gli sembra di essere tornato a scuola, quella volta che le
insegnanti avevano convocato sua mamma perché aveva fatto
uno scherzo di cattivo gusto a un compagno di classe. Lei che lo
guardava, il suo piccolino, per la prima volta non solo arrabbiata, ma
proprio delusa, aspettando che si decidesse a confessare quello che
aveva fatto – perché doveva raccontarglielo lui,
in modo da “renderlo consapevole delle sue azioni”,
secondo la professoressa di matematica. Il ricordo di Anne che lo fissa
senza aprir bocca, è uno dei più spiacevoli della
sua vita. E adesso gli sembra di riviverlo. Non è una bella
sensazione – innesca subito nelle sue viscere un senso di
colpa che in realtà non prova. Non è colpa sua.
Harry
è colto di sorpresa da quell’unica parola che gli
getta addosso la responsabilità di una situazione di stallo
che non è stato lui a creare. Ok, magari ha fatto traboccare
il vaso con quella gocciolina dal nome non ben identificato - Maddy/ecc
-, ma non è di sicuro a causa sua se il vaso era
già pieno da un pezzo.
Non
sa cosa dire. Non è colpa sua. Così abbassa il
viso e si arruffa i capelli, risistemandosi il ciuffo –
prende tempo. Non è giusto che sia lui a dover parlare per
primo, a doversi giustificare. È colpa di Louis, sua e delle
immagini che affollano la testa di Harry da una notte intera: lui e
Eleanor che si strusciano sulla pista da ballo, le sue labbra che
lasciano baci affettuosi dietro le orecchie della ragazza, la sua
risata contro il lobo di lei, le dita tra quei lunghi capelli scuri e,
soprattutto, quell’occhiata. Quell’occhiata
è stata il particolare più doloroso
dell’intera scena; è stata la sua
gocciolina, quella che ha fatto traboccare il vaso della sua
sopportazione. È stato il motivo per cui ha scelto la bionda
più figa del locale e se l’è portata a
letto. Quello sguardo verso Eleanor – colmo
d’amore, uno di quelli che Harry ha sempre visto rivolti
verso di sé, e verso di sé soltanto
– gli ha attanagliato le budella e pietrificato il
cuore. Quindi è Louis che dovrebbe parlare, non lui; Louis
dovrebbe profondersi in discorsi interminabili, a lui così
congeniali, per discolparsi. Non è colpa sua.
Non.
È. Colpa. Sua.
“Allora?
Sto aspettando. E sai che non mi piace aspettare.”
“Uhm,
cosa?” Nonostante il tumulto che ha dentro, Harry fa come se
nulla fosse, abbandonando la soddisfazione e rifugiandosi dietro la sua
espressione più concentrata/perplessa. Questo non
è sufficiente a ingannare Louis, che riconosce la finta
dietro la maschera – lo vede sempre, non importa quanto sia
bravo a simulare.
“Davvero?
Davvero stai cercando di fregare me?” Ha inarcato le
sopracciglia, aggiungendo una nota di scetticismo a quella delusione
che brucia sulla pelle di Harry come ferro incandescente.
La
risposta si limita a un altro “Uhm…”, il
tipico grugnito che Louis con il tempo ha imparato a interpretare come:
“Cosa dovrei dichiarare o confessare? Non
c’è bisogno che io faccia lo sforzo di parlare,
dato che comunque non c’è nulla da dire e sai
perfettamente che non mi sbilancerò su questo
argomento.” Louis ci potrebbe scrivere dei saggi, sui quei
mugugni, e anche un bel dizionario: “dallo Styles
all’inglese”, con tanto di fonetica –
svelando così al mondo i segreti di quei silenzi che lui
solo sa decifrare.
È
evidente che dalla quella bocca non uscirà mezza parola,
facendo il muso duro – Harry, al contrario suo, è
abbastanza orgoglioso, e a durezza risponde con una chiusura a riccio
–, quindi tanto vale provare con le buone. Lo
sbuffo gli sfugge dalle labbra non scappa all’altro
– e Louis può riconoscere il fastidio sul suo
volto: come ogni adolescente del mondo (e Tommo si include nel gruppo,
nonostante l’anagrafe si ostini a negarlo), pur comportandosi
da bambino, non gli piace sentirsi trattato come tale. Ma adesso non
importa quanto sia infastidito: questa non comunicazione tra di loro
– una situazione del tutto nuova – è
frustrante e qualcosa si deve sbloccare. Ovviamente, tocca a Louis fare
il primo passo. Stupido Styles.
“Senti,
ho capito che ce l’hai con me e che vuoi farmela pagare: i
tuoi messaggi subliminali sono arrivati forte e chiaro.
Sì, è vero, mi ha dato fastidio vederti
con quella ragazza; e sì, è ovvio che io sia
geloso. Quindi? So che sai che sono incazzato: anche qui, non ci vuole
certo una scienza per capirlo. Però, prima che incazzato,
sono preoccupato; per cui, per la miseria, mi faresti il piacere di
aprire quella bellissima boccuccia che ti ritrovi e utilizzarla per
articolare parole, invece che limitarti a occhiate allusive e gruppi di
consonanti sconnesse? Ti dispiacerebbe spiegarmi cosa è
successo, che cosa ho fatto per meritarmi il porno in
salotto?”
A
Harry viene da sorridere, nonostante faccia ancora male quella traccia
di disillusione negli occhi di Louis e ancora più male il
fatto che lui non abbia ancora chiesto scusa: una volta che Tomlinson
comincia un discorso, non smetterebbe più di parlare.
Logorroico che non è altro. Ma non basta questo accenno di
tenerezza a smuoverlo dal suo mutismo: il problema è
– e l’epifania lo coglie all’improvviso,
in un attimo di consapevolezza che gli pugnala il petto
un’ennesima volta, quella fatale – che Louis non ha
capito. Louis, che si vanta di conoscerlo bene quanto le sue tasche
– ed è, senza ombra di dubbio, la persona che lo
capisce meglio nell’universo intero, inclusa sua madre. Louis
non sa che lui sa.
Too much love will kill
you/as sure as none at all […]/ the pain will make you
crazy/you’re the victim of your crime/ too much love will
kill you – every time.
Queen – Too
Much Love Will Kill You
Louis
non sa che lui sa. Ancora sconvolto dalla rivelazione, Harry non riesce
a reagire: vede il ragazzo di fronte a sé che parla, di
nuovo, ma non recepisce ciò che sta dicendo; lo sente
sbuffare, ancora, e fissarlo con quella delusione: nulla. Non
è capace di vincere la gravità che lo tiene
ancorato a quel tavolo fino a che non vede Louis sbuffare –
l’ennesima volta -, alzarsi e fare per andarsene; solo allora
l’orgoglio è vinto dall’istinto, che lo
spinge a scostare la sedia, levarsi in piedi e afferrargli la mano
– non te ne andare. Louis si gira e – infine
– lo vede: gli occhi verdi sgranati, a svelare la sua
insicurezza; la linea della bocca arcuata verso il basso, indice della
sofferenza che prova; la stretta possessiva sul suo polso –
gelosia, che si è mischiata talmente tanto con la paura di
non bastargli, da risultarne inscindibile. Eccolo, il suo Harry
– niente a che vedere con lo stronzetto di prima -; Louis lo
riconosce e, semplicemente, lo abbraccia.
È
un abbraccio di quello dei loro, infinito, soffocante, vitale:
aggrappandosi a lui, con il viso nascosto nell’incavo della
sua spalla, Harry lo stringe così forte… E Louis,
che, oltre al dizionario dei mugugni, potrebbe pubblicare anche quello
dei gesti di Styles, decritta quella stretta come una dichiarazione:
Harry gli sta comunicando, in un modo che non potrebbe essere
più lapalissiano, che ha bisogno di lui, che non vuole che
se ne vada, che non gli piace litigare, che lo ama. Non è un
abbraccio tra amici – è troppo intenso, e
sottintende quell’impossibile sentimento che riempie il cuore
di entrambi -, ma neppure tra fidanzati: è violento,
disperato e sofferente. È il modo migliore –
l’unico, forse – per dirsi tutto ciò che
non riescono a dirsi – non perché non vogliano,
piuttosto perché è qualcosa impossibile da
rendere a parole. Quell’abbraccio è la sintesi del
loro rapporto: se potesse, Louis non lo lascerebbe mai andare,
intossicato dal suo odore, per tenerselo tutta la vita stretto a
sé. E Harry, beh, il suo cuore batte al ritmo che gli pulsa
nelle orecchie: il sangue che pompa nelle vene di Louis – e
lui, lontano da quelle braccia, non esiste davvero.
Una
sera, Zayn - ancora più ispirato del solito e anche
più loquace grazie a un po’ troppo alcol in corpo
e a un dormiente Payne spalmato sulle sue ginocchia – gli
aveva rivelato una grande verità. Louis se lo ricorda
benissimo, il luccichio di comprensione che gli era balenato dietro le
lenti degli occhiali, mentre, con voce vellutata e le dita tra i
capelli castani di Liam, aveva detto: “Tu e Styles siete
stati creati per stare insieme – e questo è
abbastanza lampante; persino questo qui” accennando al
ragazzo sulle sue gambe “se ne è accorto. Quello
che però nessuno ha notato – neanche te, Tommo
– è che Harry è dipendente da te di
più di quanto tu dipenda da lui. Tu sei tutto il suo mondo,
lui è la maggior parte del tuo.” Louis, piuttosto
brillo, era scoppiato a ridere - “Sissignore, sono una droga
più potente dell’eroina!” –,
non capendo, e subito dopo si era buttato sul tappeto nella zuffa tra
Harry e Niall – ancora più sbronzi - per la
conquista delle ultime caramelle. Soltanto qualche ora dopo, con Horan
e Zayn con la testa nel water e Liam che recitava la parte della
“crocerossina” come suo solito, Louis, sdraiato sul
divano, aveva capito che cosa intendeva Malik. Harry, dapprima
accoccolato contro la sua spalla, si era girato e gli aveva baciato la
pelle sotto il mento, la consueta malizia cancellata dalle troppe birre
e dalla sonnolenza che ne conseguiva. Poi aveva canticchiato:
“Heaven is a place on earth with you.” e lo aveva
guardato, con un sorriso ubriaco che rasentava l’adorazione.
Louis lo aveva stretto di più, esattamente come lo stringe
adesso, e gli aveva baciato i ricci, prima di affondarci il naso
– nello stesso modo in cui lo fa ora – sono qui,
Harry. Ti amo anche io.
Il
più piccolo non accenna ad allentare la morsa spasmodica
delle sue braccia – è sempre stato così
bravo ad abbracciare – e, proprio mentre Louis comincia ad
accarezzargli la schiena – per rassicurarlo, quasi
-, sussurra, la voce ancora più roca del normale e il tono
insicuro: “Dimmelo, Boo. Dimmelo, che sei solo mio.”
Il
respiro gli si congela in gola – finalmente, Tommo
ricongiunge tutti i pezzi del puzzle e capisce. Merda. Si irrigidisce,
provando nel petto il lancinante dolore che sa che Harry ha sentito
ieri sera. Lo riconosce – ed è così
intenso… quasi lui e Hazza fossero una cosa sola.
Gli
viene da piangere, tanto fa male – come una voragine
all’altezza dello stomaco: Harry ha capito che Eleanor
significa qualcosa per Louis, e gli sta chiedendo –
è una supplica, più che una richiesta –
di smentirlo. Lo sta pregando di dirgli che non è vero, che
lei è solo un’amica che si scopa con
regolarità, che non vale né più
né meno di quanto valgano quelle che Harry si porta a letto,
che non sarà mai nulla paragonata a lui. Che non ci
sarà mai nessun altro nel suo cuore, se non Harry. Che lui
è tutto il suo mondo.
E
quello che ferisce di più Louis, e che allarga il senso di
vuoto che ha nel petto, è percepire la sofferenza di Harry,
atroce, nel sentirlo freddo tra le sue braccia: se il rantolo di
angoscia che sfugge dalle labbra di Tommo è esplicativo, lo
è ancora di più il suo silenzio. A Harry non
rimane che sciogliere l’abbraccio, inorridito e
boccheggiante, guardandolo con gli occhi spalancati. Terrorizzato, si
volta – con un gemito soffocato si aggrappa allo stipite
della porta, cercando di non cadere. Louis non può far altro
che rimanere immobile, lo sguardo basso verso il pavimento,
sopraffatto, mentre lo sente vestirsi di fretta e uscire di casa. Si
accascia sulla sedia, affondando le dita tra i capelli: non credeva di
essere capace di provare un dolore tale.
It's
you, it's you, it's all for you / Everything I do/I tell you all the
time/Heaven is a place on earth with you
Lana
del Rey - Videogames
Nel
prossimo capitolo: [...] Sulla soglia di
casa sua, però, non c’è né
Niall, né la vicina del piano di sotto. La persona che Liam
si ritrova davanti, con suo enorme sconcerto – doveva passare
la giornata con Louis, oggi, e in una situazione normale non si sarebbe
mai presentato da lui nella “settimana senza
Danielle” -, è Harry. [...]
Saaaaalve^^
Ecco a voi il primo capitolo, in cui le carte sono messe in tavola; vi
avevo avvisate della presenza di troooooppa introspezione e sentimenti
incasinati, vero? XD Spero che vi sia piaciuto, e di aver tenuto
entrambi i personaggi IC - oltre che di essere stata chiara. Fatemi
sapere cosa ne pensate: tengo molto a questa FF, perché
è quasi tutto ciò che penso avvenga in
realtà. (sì, sono probabilmente l'unica Shipper
Larry a cui stia simpatica Eleanor - no, ovvio che non sono normale :D)
Detto questo (leggasi: dopo essermi guadagnata innumerevoli pomodori in
faccia xD), mi rimetto al vostro parere.
Alla prossima,
Elena
Ps: sempre grazie alla Ludovica, che sbircia in anticipo ogni volta;
love you, Lou!
|
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Capitolo 3 *** Capitolo Secondo. ***
Desclaimer:
nulla di quello che state per leggere è avvenuto nella
realtà, e io non ci guadagno una beata cippalippa, in ogni
caso. Le canzoni citate appartengono tutte ai rispettivi proprietari -
l'ascolto di ognuna di esse è fortemente consigliato.
Attenzione:
questa è una Larry Stylinson,
ma non è canonica, in quanto sono presenti anche scene
Louis/Eleanor, o comunque Eleanor è citata senza feroci
insulti. In più, in questo capitolo, oltre a troppo Angst e
alla solita introspezione a catinelle, c'è pure un bel po'
di Ziam - tutto per Ludovica <3 - e un'abbondante dose
di Niall/ChelseaFC xD Sempre avvisate^^
Shattered
Capitolo Secondo
Liam.
And
the tears come streaming down your face/When you lose something you
can't replace/When you love someone, but it goes to waste/Could it be
worse?
Coldplay – Fix You
Driiin.
Driiin. Driiin. Il campanello.
“Ma
chi cazzo è proprio adesso?”
Zayn,
tra le sue tante qualità, può annoverare di
sicuro il dono della sintesi – e Liam, sdraiato sotto di lui,
mezzo nudo e con i boxer un po’ troppo stretti, non
è mai stato così d’accordo. Chi
è il disgraziato che sta violando il loro angolo di paradiso
– Danielle è via per lavoro, questa settimana -,
presentandosi a mezzogiorno spaccato sulla soglia del suo appartamento?
Se fosse per Zayn – Liam glielo legge nello sguardo
implorante: “Lascia perdere e torna qui sul letto con
me” - il tizio alla porta sarebbe già
stato mandato a quel paese e ignorato – e le loro mutande
lanciate da qualche parte nella stanza, probabilmente
sull’armadio. Ma, per fortuna dello scocciatore, tanto quanto
Malik è sintetico e impulsivo, Liam è dotato di
pazienza; controvoglia, si mette un paio di pantaloncini e va ad aprire
la porta.
Una
pazienza di ferro, in realtà, in parte dovuta alla sua
indole, naturalmente pacifica e serena, in parte – o meglio,
quasi tutta - frutto di anni di esercizio obbligato, giorno dopo
giorno, nella quasi convivenza con gli altri membri della sua band,
notoriamente o chiassosi – vedi: Niall, Louis -, o dal
probabile disturbo bipolare – vedi: Zayn, con la sua
istintività; Harry, e i suoi cambi d’umore
repentini; Tommo, in tutta la sua essenza. Quella calma serafica che lo
contraddistingue gli è stata utile in più di
un’occasione, con quei quattro – per esempio, la
volta che Zayn lo ha chiamato nel mezzo della notte perché
“Mi mancava il suono della tua voce.” Una cosa
dolcissima, che gli aveva fatto sciogliere il cuore e al tempo stesso
venire un mezzo infarto, con la testa riccia di Danielle appoggiata sul
cuscino accanto a lui – e Malik lo sapeva benissimo. Era
stato difficile vincere l’impulso di correre da lui, non
sapendo bene se tentare un omicidio o saltargli addosso.
Senza
contare gli innumerevoli scherzi telefonici della premiata ditta
Stylinson, o i patetici tentativi di Louis di farlo ubriacare; il
più delle volte soltanto la sua monumentale condiscendenza
l'ha trattenuto dallo scontro fisico. Ma va bene così.
Liam
potrebbe enumerare tutte le serate in cui si è ritrovato a
consolare Niall – quando sente la mancanza di casa - o quelle
– peggiori – in cui ha dovuto reggergli la testa:
quando beve un po’ troppo, c’è sempre
Payne accanto a lui mentre vomita l’anima. E Hazza, con i
suoi occasionali momenti di tristezza – coincidenti spesso
con le gite a Manchester(1) di Tommo –: ogni tanto, passa da
lui i weekend, a guardare film sul divano o giocare a ping pong, mentre
Niall lancia pop corn verso Zayn e le tipiche fossette si ostinano a
non comparire, sulle guance bianche di Harry. Allora Liam lo vizia: lo
abbraccia, gli fa scegliere cosa guardare alla televisione –
soffocando le proteste di Niall con uno sguardo truce -, lo accompagna
ovunque e gli fa il solletico. Piano piano, Harry torna quello di
sempre, pronto a far finta di non essersi nemmeno accorto di quella
pesante assenza non appena Louis varca la soglia del loro appartamento.
Dal suo sguardo, Liam capisce che Harry non sa come farebbe senza di
lui, nonostante non lo abbia mai ringraziato a parole – ed
è giusto così.
Non
lo fa per avere un riconoscimento, né tanto meno
perché qualcuno glielo abbia chiesto. È stato lui
ad assumersi il ruolo di “papà” del
gruppo, se lo è accollato da solo, senza neppure
accorgersene, mentre l’amicizia si sviluppava: gli
è sembrata la maniera più adatta per prendersi
cura di loro – quella che conosceva e che gli era
più affine, per lo meno. Liam li adora, tutti e quattro: tre
come fratelli, uno come… beh, di sicuro non come
consanguinei. In un modo o nell’altro, sono parte della sua
famiglia – e a lui fa solo piacere aiutarli. In famiglia,
però, è necessaria un’enorme dose di
pazienza, per riuscire a convivere pacificamente.
In
quello specifico momento, a mezzogiorno spaccato e con Zayn quasi del
tutto svestito nel suo letto, Liam non si sente tanto pacifico
– anche perché è praticamente certo che
si tratterà di Niall, sorriso a trentadue denti e qualche
idea strana per passare la giornata, mentre il suo unico desiderio
sarebbe starsene sepolto sotto le coperte con Malik. L’altra
possibilità è che si tratti della vetusta vicina,
una ricchissima vecchietta con la passione per le crostate, che sembra
aver preso gusto nel chiedergli uova in prestito almeno ogni cinque
giorni. Così, aprendo la porta, Liam fa una serie di respiri
profondi per annullare la voglia che ha di far girare i tacchi a Horan
o di invitare l’anziana signora a mandare la badante a fare
la spesa, per una buona volta.
Sulla
soglia di casa sua, però, non c’è
né Niall, né la vicina del piano di sotto. La
persona che Liam si ritrova davanti, con suo enorme sconcerto
– doveva passare la giornata con Louis, oggi, e in una
situazione normale non si sarebbe mai presentato da lui nella
“settimana senza Danielle” -, è Harry.
Un Harry del tutto irriconoscibile, per di più –
neppure durante i Manchesterweekend lo ha mai visto così
distrutto. Tiene le spalle curve e il ciuffo sulla faccia –
nascondendosi -, mentre si tormenta le maniche della felpa Jack Willis,
allungandole, usandole per far scomparire le dita, inquieto. Alza lo
sguardo, a guardarlo negli occhi - permettendogli chiaramente vedere
tracce di pianto sul suo viso – e gli chiede, con voce roca.
“Scusa, Liam, lo so che… “ esita,
tirando su con il naso e passandosi una mano sugli zigomi.
“… ma non è che… “
Gli mancano le parole, combatte contro le lacrime.
Ma
non è necessario che aggiunga altro: Liam lo afferra e se lo
stringe al petto – “Non ti preoccupare, lo sai che
sei sempre benvenuto. Resta pure quanto vuoi.” gli sussurra
all’orecchio. Harry ricambia l’abbraccio, e lui sa
che questo è il suo modo per dirgli quanto sia grato.
Scostandosi
e lasciandolo entrare, Liam sente che la sua straordinaria pazienza
comincia a venire meno – stupido, idiota… Ancora
una volta, prima che riesca ad articolare in improperi ad alta voce
quello che pensa di Louis, uno Zayn in boxer e con i capelli
spettinati, appena comparso dalla camera, lo precede, con la sua
sintesi perfetta: “Che cazzo ha combinato quel cretino di
Tomlinson?”
Zayn.
Oh
you're in my veins/And I cannot get you out/Oh you're all I taste/At
night inside of my mouth
Andrew
Belle – In My Veins
Sono
passate appena tre ore da quando Styles, più cadaverico che
mai, si è svaccato sulla poltrona e ha aperto il primo dei
molti pacchetti di Haribo – una delle tante premure di Liam
-, ma a Zayn ne sembrano passate ottanta. Il silenzio regna nella
stanza, rotto soltanto dal chiacchiericcio proveniente dalla
televisione, dove danno un noiosissimo programma culinario. E
l’unica cosa che è cambiata, in quel lasso di
tempo, è stata il viso di Harry: si è congelato
nel dolore, mentre gli occhi gli si sono asciugati e le sopracciglia
aggrottate. Ha smesso persino di tormentarsi le mani, e Zayn lo
scambierebbe per una statua, se solo non continuasse a mordersi il
labbro inferiore con gli incisivi – e non ingurgitasse
caramelle a ripetizione.
Non
vola una mosca. Zayn sospira, piano: lui di solito è uno che
nel silenzio ci sguazza come Niall a un pranzo di qualsiasi tipo
– e questa sua caratteristica ha reso possibile una grande
affinità con Harry – ma è anche
convinto che sia inutile rimanere zitti quando ci sarebbero
così tante cose da dire. Che cosa è successo?
Perché Hazza ha quella faccia? E soprattutto,
perché la cosa è stata talmente grave da
costringerlo a rifugiarsi da loro, durante la fantomatica
“settimana senza Danielle”? Zayn ama Harry come il
gemello che non ha – condividono la poca
loquacità, un pizzico di malizia e un destino simile,
innamorati di due ragazzi fidanzati -, e non lo caccerebbe mai di casa
in un momento simile perché: “Io e Liam dobbiamo
scopare”. Ma, porca miseria, questa è la prima
volta dopo un mese che possono stare soli per più di mezza
giornata, e a Zayn piacerebbe per lo meno ricevere una spiegazione del
perché non è possibile che ciò accada.
Non che non abbia provato a ottenerla – anzi, si è
schiarito la voce un paio di volte, esordendo con un: “Ehi,
Harry, ma…?”, però le occhiatacce di
Liam, protettivo al massimo, lo hanno fatto desistere. Dopo
l’ennesimo tentativo, lo stesso padrone di casa lo ha preso
da parte – “Scusaci un attimo, Harry, devo spiegare
un paio di cose a questo zuccone.” - e lo ha
strigliato per bene, sostenendo che: “Ce ne
parlerà quando si sentirà pronto: non vedi che
è distrutto? Non riesce a pronunciare mezza sillaba senza
che gli torni il magone e tu vuoi forzarlo a spiegarci di Louis?
Complimenti, Mister Tatto.” Ovviamente, è riuscito
nell’intento di farlo sentire uno stronzo egoista per dieci
minuti buoni – anche perché Zayn è il
primo a non voler parlare, quando sta male. Adesso, però, la
frustrazione sta prendendo il sopravvento: Liam ha cambiato canale e
stanno guardando un osceno film per preadolescenti interpretato da
preadolescenti osceni. Terribile.
E
non solo non riesce a essere arrabbiato né con Harry
– che, poveraccio, non ha altra colpa che quella di soffrire
come un cane -, né tantomeno con Liam, che, al solito, si
dimostra la persona migliore che conosca, del tutto altruista; la parte
peggiore è che si sente totalmente inutile.
Liam
sì che è fondamentale; non appena Harry
è entrato in casa, lo ha scortato verso la cucina, gli ha
mollato in mano un bicchierone d’acqua e gli ha fatto lavare
la faccia. Pochi, semplici, gesti e Harry – Zayn lo ha visto
nel modo arrendevole in cui si è lasciato guidare per
l’appartamento, come rassicurato da tutte quelle attenzioni
-, si è calmato. Niente più lacrime, solo
imperterrito dolore. Quando Liam gli ha tirato fuori tutti i suoi DVD,
per fargli scegliere una di quelle commedie struggenti che gli
piacciono tanto, non ha ottenuto altra reazione che un: “Boh,
fai te.” Un gran passo avanti, dato che le sole parole che ha
pronunciato prima di quelle sono state il balbettio sconnesso sulla
soglia di casa. Liam sa sempre come muoversi e cosa fare. Zayn invece
è bloccato sul quel divano da troppo tempo, senza riuscire a
concludere assolutamente nulla, combattuto tra il desiderio di alzarsi
e scuotere Harry per la felpa e quello di alzarsi e andare a cercare
Louis, per fargli un bell’occhio nero.
Il
tempo sembra non passare mai, e Zayn giurerebbe che così
fosse, se non vedesse le immagini di quello stupido film, che si
ostinano a scorrere sullo schermo. Poi Liam si alza, borbottando
qualcosa come: “Vado a prendere delle patatine.” e
li lascia soli per la prima volta durante tutto il pomeriggio,
lanciandogli un’occhiata ammonitrice: “non
osare…”
Ma
non appena scompare dietro la porta, il silenzio si rompe, frantumando
quell’atmosfera sospesa in mille, piccolissimi pezzi:
“Lo ami tantissimo, vero?” Non è Zayn a
parlare, bensì Harry, lo sguardo ancora fisso davanti a
sé, il labbro che quasi sanguina, tanto lo ha morso. Malik
è colto di sorpresa da quella domanda retorica, inaspettata
e ambigua, pronunciata con un tono a metà tra il sarcastico
e il nostalgico – ed è come se Harry piangesse di
nuovo, perché riesce a imprimere in quelle parole un dolore
che supera ogni descrizione. “Più di ogni altra
cosa al mondo.” La risposta di Zayn è monolitica e
la sua voce è decisa – l’amore per Liam
è l’unica certezza che ha nella vita, le
fondamenta che reggono tutto il resto: lo fa stare in piedi.
“E
allora come fai?” Un sussurro spezzato, che sottintende
Danielle e tutto ciò che la riguarda – glielo sta
chiedendo davvero, cerca una risposta che valga anche per lui. Hazza si
gira e lo guarda negli occhi, mentre le immagini di Liam che bacia la
sua fidanzata appaiono a flash nella mente di Zayn. Sta per rispondere,
ma in quel momento Liam torna dalla cucina con una zuppiera e si svacca
di nuovo al suo fianco, e lui è costretto ad accennare
soltanto un mezzo sorriso e ad alzare le spalle.
“Faccio
e basta, per lui.” È la frase che cerca di dire a
Harry con gli occhi, mentre il meraviglioso ragazzo al suo fianco gli
sorride, offrendogli delle patatine un po’ stantie e
mettendogli un braccio attorno alle spalle.
Per
lui, qualsiasi cosa.
Niall.
Breathe
in, breathe out/Move on and break down/If everyone goes away/I will stay
Mat
Kearney – Breath In Breath Out
È
ora di cena e Niall è arrivato da poco – allertato
da Liam – con cinque pizze d’asporto, immaginando
che in un tale clima funereo nessuno avrebbe avuto voglia di cucinare.
Sia Liam sia Zayn si sono profusi in ringraziamenti –
soprattutto perché la sua presenza porta sempre un
po’ di allegria in più -, ma quando Payne ha
notato il numero dispari di cartoni, lo ha fulminato con
un’occhiata, precedendo di pochissimo il commento spento di
Harry: “Non credo aspettiamo nessuno: hai preso una pizza in
più.” Contro gli insulti a mezza voce di Payne non
sono valse a nulla le sue spiegazioni imbarazzate: “Ho
pensato che magari volevate fare il bis…”
Così
a Niall, come punizione per una mancanza di tatto che in
realtà era soltanto peccato di gola, tocca mangiare seduto
sul pavimento, davanti al grandissimo televisore, mentre seguono la
partita del Chelsea contro il Tottenham. La fregatura è che
né a Zayn né a Liam in quel momento interessa il
calcio: sono troppo impegnati a sforzarsi nel trattenersi dalle loro
tipiche sdolcinatezze - come stringersi la mano a vicenda e poi
guardarsi sottecchi, peggio di due colombelle innamorate –
per evitare di intristire Hazza con effusioni troppo esplicite.
Insomma, sono così concentrati nel fissare lo schermo e nel
fare finta di niente – mentre la corrente tra di loro
è così palpabile che sta elettrizzando persino
gli statuari capelli di Malik –, che neanche la guardano,
quella partita. A lui interesserebbe eccome; invece è
costretto a stare sul pavimento freddo, rigirandosi ogni due per tre
per cercare – invano - una posizione comoda sul quel cuscino.
Un’ingiustizia. Senza contare che, per la miseria, dato che
“Harry è ospite” – e Niall
cos’è, il figlio della serva? - secondo
papà Payne, a lui sarebbe dovuto toccare in sorte
l’ultimo trancio. Peccato che Hazza, se è triste,
riesce a mangiare praticamente solo caramelle, e ha quindi rifiutato
scuotendo piano i ricci: “Non ho più fame;
Nialler, è tutto tuo.” L’indifferenza e
la tristezza nella sua voce lo hanno fatto sentire così in
colpa, mentre si spazzolava via la pizza rimasta, che gli è
andato tutto di traverso.
La
partita è piuttosto movimentata - Frank ha appena tirato una
punizione che mannaggia ci mancava tanto così che sfiorava
la traversa - e lui, di risposta, ha appena tirato giù una
serie di accidenti in gaelico misto inglese verso un soggetto non
meglio identificato, quando Liam e Zayn si decidono finalmente di
smettere di ammorbare l’aria della stanza di tensione
sessuale e di andare a risolverla in camera del padrone di casa. Non
appena escono dal salotto, Niall, con un sorrisetto soddisfatto, si
getta sul divano, dove, alleluia, il suo sedere trova un po’
di sollievo – lo stesso sorrisetto, però,
sparisce, nel vedere l’espressione scolpita di Harry. Senza
pensarci due volte, si solleva dalla posizione svaccata appena
conquistata e lo chiama: “Ehi Haz, vieni qua.”
Allarga le braccia e poi gli fa segno con le mani di sedersi accanto a
lui: Harry si morde il labbro ancora una volta, poi si alza dalla
poltrona e lo raggiunge tra i cuscini, appoggiandogli la testa su una
spalla. Niall non riesce a vederlo, ma sa che ha chiuso gli occhi,
quando gli chiede, lentamente come suo solito, calibrando le parole:
“Nialler… Secondo te… Come
fa?”
Il
tiro di Adebayor è finito alto oltre la porta di Cech, ma il
brivido Niall lo ha sentito comunque; ci mette perciò un
secondo in più a connettere che cosa gli abbia chiesto
Harry. “Eh?” Styles è costretto a
ripetere, titubante, come se avesse paura di parlare: “Per
te… Zayn… come fa?”
È
dal tono insicuro, oltre che dalla domanda insidiosamente sintetica,
che Niall capisce che deve concentrarsi e lasciar perdere almeno per il
momento il Chelsea. Con un enorme sforzo di volontà, afferra
il telecomando e abbassa il volume, per poi girarsi verso il suo amico:
Harry tiene davvero le palpebre abbassate, le ciglia da ragazza a
sfiorargli le guance, come se fosse stanco, e continua a tormentarsi la
bocca con i denti.
Ignorando
la fitta all’altezza dello stomaco – quel cavolo di
gallese, Bale, ha appena segnato, maledetto -, deglutisce e cerca di
racimolare i neuroni, per capire di che diavolo stia parlando. Lo
guarda di nuovo, provando a decifrare il suo silenzio –
compito che in una situazione normale, spetterebbe a Louis.
È grazie al pensiero di Tomlinson che la materia grigia nel
suo cervello si attiva, in un lampo di comprensione –
s'innesca automaticamente la percezione della sofferenza di Harry, e
nel petto gli cresce un’immensa tristezza.
“Stai
parlando di Danielle?” gli chiede, delicato, afferrandogli
una mano, a rassicurarlo - un microscopico cenno d’assenso
è l’unica risposta che ottiene, sufficiente
però per fargli capire che cosa deve dire; lui non
è mai stato uno molto bravo con i discorsi – tanto
è vero che di solito sono Harry, o Liam, che parlano durante
le interviste -, ma ha sempre avuto una discreta capacità
empatica, e sa quali sono le parole giuste in questo momento.
“Beh,
sai, io credo che Zayn sia davvero innamorato di Liam. Cioè,
lo sai che, in genere, Liam è considerato quello
più maturo. Beh secondo me non è così,
quando si parla dei sentimenti tra loro due: per me Zayn lo ama in modo
più… “ esita un attimo, cercando
l’aggettivo che esprima al meglio quello che pensa di Malik
“adulto. Cioè, è capace di qualsiasi
cosa per lui, anche di ingoiare l’orgoglio e di accettare di
condividerlo con Danielle.” Niall si gratta la guancia - la
barba del giorno prima comincia già a pizzicare –
pensoso. “Non credo farebbe neppure la metà di uno
sforzo simile per nessun altro.”
Harry
rimane immobile, gli occhi sempre chiusi. “Ma se Liam sta con
Danielle, vuol dire che non lo ama.”
“Sbagli.
Come ho detto, Zayn lo ama in modo più,
beh…” che palle, fa fatica a esprimere
correttamente quello che nella sua testa – ma soprattutto nel
suo cuore – vede con chiarezza. “assoluto. Liam
è solo un po’ più confuso, ma questo
non vuol dire che non lo ami.” Niall sbuffa e si passa una
mano nei capelli, mentre al suo fianco Harry trattiene il respiro, in
attesa. “Cioè, immagino che i pensieri di Liam
siano i più incasinati del mondo: da una parte ha Danielle,
che è una ragazza dolcissima, con cui sta dalla notte dei
tempi e a cui è davvero affezionato; dall’altra
c’è Zayn, di cui non può più
fare a meno.”
Hazza
sospira piano – e a Niall sembra di leggergli nella mente,
con i ricordi di Louis che si accavallano alle sue parole.
“È un bordello, ecco. Una volta ci ha provato, a
spiegarmelo, ma è riuscito solo a ingarbugliarsi nel
discorso. Il punto è che li ama entrambi, probabilmente,
oppure che non è ancora pronto a
‘rischiare’ per Zayn, mollando Danielle. Secondo me
più la prima, in ogni caso: Liam non è un
codardo. Oppure deve solo fare un po’ di ordine nel cervello
– a pensarci bene forse è
così…”
“Quindi
si possono amare due persone allo stesso momento?” la voce di
Harry è sempre più bassa, sempre più
triste. “Evidentemente, sì.” Il silenzio
che segue questa affermazione sembra durare per sempre, scandito dal
respiro dell’altro sul collo di Niall – mentre il
Chelsea incassa il secondo goal, porca di quella grandissima…
“Non
si può vivere dovendo… dividere la persona che si
ama con qualcun altro. Non si può. Fa troppo…
male. Sapere che non sei l’unico. È impossibile da
sopportare.” Gli stringe la mano, Hazza, mentre pronuncia
queste parole, alla ricerca di un appiglio, per non affondare.
“Non
lo so: io non ho mai avuto la fortuna di innamorarmi… Ma
può essere che tu abbia ragione: non è giusto.
Zayn ha deciso di non forzare Liam a scegliere tra lui e Danielle
perché ha troppa paura di perderlo – e
perché non vuole metterlo in difficoltà.
Probabilmente un altro lo avrebbe mandato a fanculo da un pezzo
– rinunciando a lui.”
“E
io cosa devo fare, Ni?” gli chiede, pianissimo, mentre i loro
amici, un po’ più spettinati di prima e con le
camicie spiegazzate, rientrando nella stanza - “Allora,
Nialler, che combina Frank?” è la voce di Liam,
gioiosa. “Secondo te?” ringhia Horan –
quello 0 – 2, a favore del Tottenham che vede sullo schermo,
lo infastidisce non poco.
Zayn
afferra il telecomando e alza il volume, dando la
possibilità a Niall di sussurrare nell’orecchio di
Styles: “Dipende da quanto pensi di essere forte.”
E
Hazza, stringendogli di più la mano, sa che cosa fare.
(1)
Eleanor studia a Manchester e vive parte dell'anno lì - a
quanto ho capito.
Nel prossimo capitolo: [...]Il problema,
però – e ammetterlo lo fa stare ancora peggio,
perché non è colpa sua, ma allo stesso tempo
è tutta, soltanto colpa sua - è
che lei a Louis non basta – e il bisogno fisico che ha di
Harry si fa minuto dopo minuto sempre più incalzante.
[...]
Orbene, eccomi di nuovo qui, un po' in ritardo sulla tabella di marcia
per colpa di forze di causa maggiore (leggasi: scuola). Questo capitolo
mi ha divertito un sacco, nonostante i toni criptici, perché
mi ha dato la possibilità di provare ad analizzare i POV
anche degli altri ragazzi: il più spassoso da scrivere
è stato Niall, perché mi fa proprio maschio DOC,
che davanti al calcio perde ogni tipo di remora - e non so cosa darei
per sentirlo imprecare davanti alla tele <3. La partita mi ha
anche dato la possibilità di una rivincita contro il
Chelsea: ancora non mi va giù che abbiano battuto il Bayern
in finale di Champions (e Ludwig sa di che parlo xD). Sproloqui a
parte, ringrazio tutti per le bellissime recensioni, addirittura 10
*-*: spero che questo capitolo vi piaccia ugualmente e che tutti i boys
siano IC. Let me know, mi raccomando!
See you soon,
Elena
Ps: se avereste, per qualsiasi motivo, voglia di contattarmi, mi
trovate su twitter: @stormofthoughts
|
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Capitolo 4 *** Capitolo Terzo ***
Desclaimer:
nulla di quello che state per leggere è avvenuto nella
realtà, e io non ci guadagno neppure una fava sputata, in
ogni caso e blablabla. Le canzoni citate appartengono tutte ai
rispettivi proprietari - l'ascolto di ognuna di esse è
fortemente consigliato
Attenzione:
questa è una Larry Stylinson, ma non è canonica,
in quanto sono presenti anche scene Louis/Eleanor - quella che segue,
per esempio. Per di più qua Eleanor è tutto
tranne che bistrattata. Avvisate, eh? :D Ah, c'è anche un
po' di Angst e tantissima introspezione, oltre che multipli flashback.
Io ve l'ho detto.
Shattered
Capitolo Terzo
Eleanor.
It was not your fault
but mine/and it was your heart on the line/i really fucked it up this
time/didn't I, my dear?
Little Lion Man
– Mumford and Sons
È
di nuovo mattina, e a Louis sembra di rivivere il giorno precedente: si
sveglia nella stessa stanza, con la stessa, adorabile ragazza
– la sua - nuda accanto, e quel mal di testa incessante. Un
déjà-vus tradito da un solo particolare: la
sensazione che gli permea le ossa non è più di
disagio, ma di dolore acuto – come se lo avessero riempito di
botte, si sente indolenzito, fatica a muoversi e ad alzarsi dal letto.
Una morsa ferrea gli stringe le tempie, una ancora più
serrata lo stomaco: gli viene da vomitare e ha probabilmente la faccia
di uno che ha passato la nottata a non fare altro.
Sono
quasi le dieci e, in cucina, Eleanor sta preparando la colazione; Louis
la osserva, appoggiato allo stipite della porta, mentre, capelli tirati
su alla bell’e meglio con un mollettone e la solita maglietta
della Guinness addosso, fruga nella dispensa, alla ricerca dei cereali
che gli piacciono tanto. Per quanto si senta uno straccio – e
l’espressione tradita di Harry abbia tormentato i suoi sogni,
così come non abbandona i suoi pensieri -, Louis non riesce
a trattenersi dal sorridere: è un amore. Da ieri,
dall’esatto momento in cui si è presentato a casa
sua più sconvolto che mai, Eleanor non ha fatto altro che
prendersi cura di lui, senza chiedere spiegazioni, accogliendolo tra le
sue braccia in un rispettoso silenzio. Hanno passato il pomeriggio
guardandosi le repliche de “The Inbetweeners”,
abbracciati sul divano, fino al the delle cinque – lo
Yorkshire Tea, il preferito di Louis, che El è andata
appositamente a prendere al supermercato sotto casa, mentre lui,
stravolto, dormiva. Poi si sono fatti portare cinese take away dal
negozio all’angolo e, con immensa delicatezza, hanno fatto
l’amore – Eleanor gli ha asciugato le lacrime con
mille baci, senza una parola, e se lo è stretto a
sé per tutta la notte, da perfetta fidanzata qual
è.
Il
problema, però – e ammetterlo lo fa stare ancora
peggio, perché non è colpa sua, ma allo stesso
tempo è tutta, soltanto colpa sua - è che lei a
Louis non basta – e il bisogno fisico che ha di Harry si fa
minuto dopo minuto sempre più incalzante. Si sta comportando
da egoista bastardo, lo sa bene: da una parte ha Eleanor, che
è probabilmente la ragazza più meravigliosa che
abbia avuto la fortuna di incontrare, con la sua schiettezza e la sua
risata e le sue attenzioni – e stare con lei lo fa essere una
persona migliore. Dall’altra ha Harry, che è, in
sintesi, tutta la parte di mondo che lui stesso non è:
quando è con lui, Louis è se stesso
all’ennesima potenza, completo e libero e felice –
collimano alla perfezione e anche quelli che sono i piccoli screzi
quotidiani, li vivono come parte di un disegno più grande.
Nonostante
non sia sua intenzione farlo – anzi, non riesce proprio a
trattenersi dal provare quel casino nel cuore -, Louis sta tenendo il
piede in due scarpe. Non solo questo non è un atteggiamento
corretto, né nei confronti di Harry - che (se ci pensa, gli
vengono i brividi), conscio di quello che succede, sarà
distrutto -, né tantomeno nei confronti di Eleanor, che,
ignara, lo ama per quello che è; il punto è che
sta prendendo in giro due delle migliori persone che lui conosca
– e nessuno dei due se lo merita. Louis si fa schifo,
perché ieri sera, baciando Eleanor, ha iniziato a piangere
come un bambino, pensando a Harry. Louis si fa schifo,
perché tre giorni fa, accarezzando i ricci indomabili di
Styles, li ha confusi con i capelli setosi, per quanto ondulati, della
sua ragazza. Louis si fa ancora più schifo perché
non riesce a fingere, in quel momento, davanti al cipiglio preoccupato
di Eleanor, che vada tutto bene – e perché non
riesce neppure ad essere sincero.
Il
sorriso che gli rivolge, passandogli la tazza di cereali e il cartone
del latte, è troppo bello per essere vero –
confortante, affettuoso -, e a Louis l’incipit di quello che
sarà probabilmente il discorso più difficile
della sua vita sorge spontaneo dal cuore: “El, scusami, ti
prego; ti ho rovinato tutta la giornata, ieri, e non ti ho neppure
spiegato che cosa sia successo…” Eleanor rinnova
il sorriso, mentre alza la mano per interromperlo. “Non dire
stupidaggini, Lou, lo sai che non mi hai rovinato nulla. Sapendo che
stai così male, non vorrei essere da nessuna parte se non
vicino a te.”
Lo
sguardo di Louis s'illumina di gratitudine, nel mezzo del grigiore del
suo viso; poi però lui si schiarisce la voce e, raccogliendo
quel coraggio che, di solito, non gli manca, sillaba, piano:
“Ho litigato con Harry.”
Lo
dice tenendo il viso verso il basso – colpevole -, e non
riesce a esalare che un sussurro: ammetterlo ad alta voce, anche se
attraverso un mero eufemismo – non è che abbia
“litigato con Harry”: ha spezzato il cuore alla
persona più importante della sua vita –, lo rende
più consapevole di ciò che è accaduto;
se possibile, si fa ancora più schifo di prima. È
necessario che intervenga Eleanor, una mano delicata che si posa sulla
sua, per fargli alzare lo sguardo: gli occhi scuri di lei,
così caldi e rassicuranti, si fissano nei suoi, mentre gli
incisivi vanno a tormentare il labbro inferiore – e nella
mente di Louis alla sua bocca si sovrappone per un attimo di troppo
quella più rossa di Hazza -, in attesa.
“Dimmi
qualcosa che non avevo già capito.” È
il commento a mezza voce della ragazza; al che può darsi che
sopra la testa di Louis compaia un gigantesco punto interrogativo,
perché la sua espressione non potrebbe esprimere una
perplessità maggiore. “Come?”
Eleanor
sorride di nuovo, dolce: “Credo che lui sia l’unica
persona per cui ti permetteresti di distruggerti
così.” Gli accarezza la mano, per poi continuare:
“Sai, voi due siete un mistero; credo che nessuno vi
capirà mai fino in fondo – io di sicuro non ci
riesco neppure superficialmente. Quello che è certo
è che tu e Harry avete bisogno l’uno
dell’altro: mi è stato chiaro sin dalla prima
volta che vi ho visto insieme, la sera che ci siamo
conosciuti.”
Louis
si ricorda quella serata campale come fosse ieri; erano settimane che
Harry lo prendeva in giro, dicendogli che ormai era da talmente tanto
tempo che scopava soltanto con lui, che si era dimenticato come si
faceva con una ragazza. Poi, dopo un pomeriggio piuttosto interessante
trascorso sul divano di casa loro – durante il quale avevano
fatto di tutto, tranne guardare la televisione -, erano andati a
ballare con un gruppo di amici di Harry – e Louis aveva
incontrato Eleanor. Le prime due ore di conoscenza l’avevano
trascorse ridendo, ballando come due idioti a un lato della pista
– El aveva imparato subito il mitico “Stop the
traffic, let them through” e si erano divertiti a
impressionare il resto del locale con un passo a due improvvisato. Poi
avevano scoperto una comune passione per “The
Inbetweeners” e, sui divanetti, avevano cominciato a parlare.
“Scommetto che anche oggi vai in bianco, Boo.”
Aveva riso Harry, lo sguardo annebbiato dall’alcool e una
ragazza carina al braccio. Louis se li ricorda ancora, i lineamenti
induriti di Styles, quando gli aveva risposto. “E
chissenefrega.” Effettivamente, al contrario di Harry, Louis
aveva concluso la serata con un nulla di fatto, ma il numero di Eleanor
nella rubrica del cellulare era stato per lui una conquista sufficiente
– arrivato a casa, le aveva mandato un messaggio, sorridendo
come un ebete e ignorando i gemiti provenienti dalla stanza accanto.
Quando la “botta-e-via” di Hazza se ne era andata,
lui si era infilato nel letto di Louis, i suoi piedi gelidi incollati
ai polpacci dell’altro, le loro gambe intrecciate.
“Fammi spazio, Lou, che non riesco a dormire da solo, ho
freddo.” Gli aveva sussurrato all’orecchio,
appoggiando la testa al suo braccio; avevano dormito così,
Hazza su un fianco, aggrappato al suo pigiama, Tommo con una mano tra i
quei capelli ricci e il sorriso di Eleanor ancora impresso nella testa.
Una
serata davvero indimenticabile - l’inizio di qualcosa e la
frattura di qualcos’altro: il primissimo segnale della sua
ormai palese dicotomia –, per Louis, il quale, alle parole di
Eleanor, annuisce, senza però perdere
quell’espressione perplessa: “Ma di
cosa…?”
“Non
vi perdete mai di vista, l’uno sa sempre
dov’è l’altro e cosa sta facendo. Voi
non parlate, vi capite e basta.” Louis fa per interromperla,
cercando quasi di giustificarsi, ma lei glielo impedisce.
“All’inizio
pensavo fosse solo una forte amicizia, una simbiosi totale come quella
che ho io con Sana. Poi però io e te abbiamo iniziato a
frequentarci e, beh, ho conosciuto anche gli altri tuoi
amici.” Sospira, sfiorandosi una tempia scoperta con i
polpastrelli; è bellissima, con quell’espressione
malinconica, e Louis non riesce a staccarle gli occhi di dosso.
“Vedere il tipo di rapporto che hai con Liam, o con Stan, mi
ha fatto aprire gli occhi: non provi quel tipo
di…” si inumidisce le labbra, cercando la parola
adatta “devozione
per nessun altro. Tantomeno per me.” Sorride, con una punta
di amarezza, e Louis trattiene il respiro: esattamente come Harry,
Eleanor sa – e questo accresce soltanto il disgusto che prova
verso se stesso. L’espressione che ha sul viso deve tradire
il suo stato d’animo, perché lei sorride di nuovo,
mentre scuote piano la testa. “Non fare così: non
è colpa tua. Sai, subito dopo che l’ho capito, ci
sono stata male, e anche tanto. Hai presente quel weekend a marzo,
quando sono tornata a Manchester di sabato mattina, di tutta
fretta?” Eccome, se Louis ha presente. Venerdì
sera lui e Hazza avevano invitato un po’ di gente a casa
loro, giusto per fare un po’ di casino: c’erano i
ragazzi – Liam era diventato improvvisamente di cattivo
umore, sul divano accanto a Danielle, nel vedere lo schianto di ragazza
che era riuscito a rimorchiare Zayn. In realtà Malik aveva
bevuto tantissimo, quindi risultava quasi impossibile da avvicinare -
ruttava come un animale e puzzava di vomito – eppure era
riuscito nella straordinaria impresa di trovarsene una. E dire che era
ubriachissimo, persino più di Ed Sheeran, che, dopo un
doppio turno a Birra Pong contro Niall, era immobile nella stessa
posizione da circa mezz’ora, seduto al tavolo della cucina,
con la testa tra le mani: piuttosto inquietante, tanto che ogni dieci
minuti Louis si sentiva in dovere di controllare che non fosse morto
– non muoveva un muscolo. C’erano un bel
po’ di amici di Harry, con appresso uno stormo di
“amiche” di Harry, che facevano a gara a chi ci
provava di più con il padrone di casa: Louis si ricorda gli
sguardi maliziosi che Hazza gli lanciava, insieme a un sorriso un
po’ brillo, un po’ di sfida, con il braccio destro
intorno alla vita di una bionda. Louis si ricorda anche le fitte di
gelosia nel vederlo sistemare una ciocca di capelli dietro
l’orecchio di una ragazza, per poi avvicinarsi e sussurrarle
qualcosa: dopo questa scena, Tommo aveva tracannato a goccia quello che
rimaneva del suo drink.
Ovviamente,
c’era anche El; se Louis chiude gli occhi, riesce ancora a
visualizzarla, stupenda nel suo vestitino verde, con i capelli
raccolti, mentre scambia due parole con un Harry più
meraviglioso che mai, con la camicia blu scuro semiaperta e i ricci
scompigliati – Louis crede di non aver mai visto niente di
più bello di loro due insieme. Certo che ha presente:
guardarli chiacchierare, le sue due persone, anche se per poco, lo ha
reso più felice che mai – forse allora
è possibile. Poi però Eleanor se ne era andata,
dicendo che aveva ricevuto una telefonata dalla sua coinquilina e che
era urgentissimo e che non poteva aspettare fino a lunedì.
Aveva persino rifiutato un passaggio a casa da Louis, dicendogli di
aver già chiamato un taxi e di non preoccuparsi che andava
tutto bene. Il giorno dopo si erano sentiti per messaggio – e
la preoccupazione di Louis cresceva, mentre, seduto sul letto,
smanettava con il suo Blackberry – e Harry, da dietro, gli
baciava languido il collo. Quella domenica lei lo aveva chiamato e lo
aveva rassicurato, parlando di Tanya e di idraulici e tubi e di cose a
cui Louis non aveva prestato troppa attenzione, perché Hazza
gli sorrideva invitante dalla vasca da bagno: tutto si era sistemato, e
andava bene così, senza porre troppe domande, per evitare di
intuire la verità. Ovvio che se lo ricorda, Louis: uno dei
weekend di sesso migliori della sua vita. Così annuisce,
inorridendo al pensiero di quello che deve aver pianto El in quelle 48
ore che lui ha passato tra le lenzuola con Hazza – il
paradiso.
“Sai,
non è facile capire che il ragazzo che ami in
realtà ama un’altra persona.” La
malinconia negli occhi di Eleanor trabocca, e Louis non riesce
più a stare zitto. “El, ma io ti amo.”
Questa dichiarazione gli esce dalla bocca come un gemito, carico di
sofferenza.
El
distende le labbra in un sorriso sempre più triste, quando
gli dice: “No, Louis: sarai magari forse innamorato
di me, ma la verità è che ami Harry.”
Lo guarda seria negli occhi, e Louis sa che cosa intende: il fatto che
dipenda da Hazza nella quotidianità, che sia insopportabile
la sua assenza, che non varrebbe la pena alzarsi dal letto ogni
mattina, se poi non potesse tornare a casa la sera e raccontargli la
sua giornata. Eleanor è riuscita a cogliere molto
più di quanto Louis stesso abbia mai razionalizzato: lui non
esisterebbe, senza Harry, né tantomeno vorrebbe farlo. Non
solo ha capito, ma lo ha anche accettato, in quanto parte integrante di
cioè che Louis è. “Non te ne ho parlato
prima perché andava tutto bene: a me basta che tu sia felice
e finché io sono parte della tua felicità, mi sta
bene anche se non mi ami. Evidentemente, però, io posso solo
renderti meno triste; quindi basta storie e vai da lui,
adesso.”
Louis
fissa quegli occhi scuri che lo trapassano da parte a parte –
e lui non ha mai avuto così tanta voglia di baciarla come
adesso. Lo fa, in uno scatto che fa scontrare le loro bocche
– un bacio pieno di dolore. Quando si staccano – e
Louis deve riprendersi dalle farfalle che vorticano furiose nel suo
stomaco -, la sua fidanzata ripete: “Vai da lui, adesso. Vi
siete fatti del male abbastanza, è ora di risolvere le
cose.” Louis protesta piano: “Non è
così semplice…”
“Cazzate.” El è secca – lo sta
ancora fissando negli occhi, risoluta come non mai – e gli
stringe la mano. “Louis, dovete parlare, chiarirvi,
perché non potete permettervi di perdervi a vicenda: vi
distruggereste inutilmente, e poi a me toccherebbe raccoglierti con il
cucchiaino. Inoltre, se alla fine devo rinunciare a te, tu devi
promettermi di fare di tutto per essere felice con Harry.”
Me
lo devi – sottintende la sua espressione, più
determinata e dura di quanto Louis l’abbia mai vista. Per
quanto sappia di non meritarsela, bacia di nuovo la sua ragazza, il
petto gonfio di affetto, con più delicatezza, indugiando
sulle labbra – per imprimere quell’addio con
dolcezza tra le pieghe della sua pelle.
“Muoviti,
va’.” El ridacchia, guardandolo negli occhi
– e Louis sente quanto lei lo ami e non potrebbe esserle
più grato -, poi gli dà una spintarella:
“Dai, che poi va a finire che arrivi tardi come tuo solito e
non lo trovi.” Tommo non se lo fa ripetere due volte, e, una
doccia e un abbraccio lunghissimo dopo, esce da quella casa, diretto,
con il cuore in gola, verso Harry.
I'm
on the road/To who knows where?/Look ahead, not behind/I keep
saying/There's no place to go/Where you're not there
One Republic - Prodigal
“Dai,
cretino, rispondi al telefono, che lo so che mi stai ignorando
apposta.” Borbotta tra sé e sé Louis -
incapace di stare zitto anche quando è da solo -, mentre
schiaccia a caso tasti del Blackberry, cercando di chiamare Harry per
l’ennesima volta e, allo stesso tempo, di non schiantarsi con
la Porsche contro qualche bus di Londra. Di nuovo, sono solo le parole
gracchianti della segreteria telefonica a rispondergli: “Ehm,
sono Harry. Se avete qualcosa di importante da dirmi…
beh… fatelo dopo il beep. Ciao!”
Frustrato,
Louis lancia il cellulare sul sedile accanto al suo, in un gesto di
rabbia; non è soltanto l’impossibilità
di parlare con Harry a renderlo nervoso, contribuiscono anche i
semafori rossi – troppi, a separarlo da lui. E per di
più quella schifosa voce metallica, un’imitazione
fin troppo pallida dell’originale, non fa altro che
accrescere la sua voglia di parlargli, anche soltanto per sentire il
suo accento e quel tono profondo e il modo in cui scandisce le parole e
vaffanculo non riesce a non pensarci neppure per mezzo secondo. Si
passa una mano sulla fronte, togliendosi il cappello che gli ha messo
in testa El prima di lasciarlo uscire - “È di
Harry, vero? Ho sempre pensato stesse meglio a lui: devi
restituirglielo.” – e scagliandolo accanto al
Blackberry. Quello stupido orgoglioso di uno Styles, perché
non la pianta di far finta di nulla? Alla decima telefonata senza
risposta, uno potrebbe anche pensare, magari, che chi sta chiamando sia
una minima preoccupato, no? Evidentemente, o Harry non lo capisce, o se
ne sbatte del tutto. Più probabile la seconda. Come direbbe
Liam, Harry in questo momento è “uno spreco totale
di neuroni”. Louis ridacchia: quante volte si è
sentito appellare in quel modo! Quando è arrivato
un’ora e mezza in ritardo in studio registrazione, o quel
pomeriggio in cui ha dormito fino alle tre e mezza, dimenticandosi
dell’intervista che avrebbero dovuto tenere alle quattro. La
situazione era così grave – la suoneria del
cellulare non lo scalfiva neppure un millimetro - che era dovuto
intervenire Paul, scortato da uno sconsolato Liam, che sorrideva
scuotendo la testa: “Sei sempre il solito spreco di neuroni,
Tommo.” Un’ottima definizione, in effetti, anche se
ora i ruoli sembrano essersi invertiti – o almeno, lui si
sente un po’ Payne in quel momento, così
in fibrillazione: il proprio cipiglio che ha intravisto per un attimo
nello specchietto laterale era uguale a quello di Daddy Direction nel
suo massimo splendore di mamma preoccupata/incazzata nera. È
quel pensiero che gli fa scattare la molla nel cervello, a dimostrare
che, in realtà, le sue cellule cerebrali non sempre vanno
sprecate – perlomeno non del tutto: Liam.
Louis
agguanta il telefono e cerca il suo nome nella rubrica – un
paio di tuuu tuuu a vuoto, e poi eccolo lì, il suo monorene
preferito.
“Louis.”
Ed eccolo lì, il tono di rimprovero che si aspettava
– e, altrettanto previsto, il commento di Zayn in sottofondo,
con la sua sempre efficace sintesi. “È Tommo?
Mandalo a cagare da parte mia, che si è comportato da
schifo.”
Louis
non fa neppure in tempo a dire: “Ehi, Liam.” che
questo ha già attaccato a parlare, sciorinandogli una serie
di insulti in stile Payne – ovvero, tutti i modi per darti
del bastardo stronzo orribile senza cadere nel volgare e riuscendo
quindi ancora di più a farti sentire una pessima persona.
“Alla
buon ora, Louis, quanto ancora pensavi di aspettare prima di chiamare?
Sono passate più di ventiquattro ore da quando si
è presentato a casa mia, così sconvolto che
sembrava… sembrava…” si
ingarbuglia nelle parole, cercando un termine di paragone che renda
giustizia all’espressione tormentata e affranta di Harry.
Louis, nonostante le fitte al petto al pensare quanto dolore sia
riuscito a causare in appena una giornata – e la tristezza di
Eleanor questa mattina si aggiunge alla lista -, per poco non scoppia a
ridere, quando Liam completa la frase: “Sembrava un cucciolo
abbandonato!” – e l’immagine flash di
Harry in stile Gatto con gli Stivali di Shrek lo distrae per un attimo
dal discorso del suo amico. “ …mai visto in questo
stato, non ha detto praticamente mezza parola fino a stamattina, non ha
mangiato – se escludi un quintale di Haribo davanti alla
televisione – e ha voluto persino dormire con
Niall!” Louis aggrotta le sopracciglia nel sentire
l’ultima informazione: questo sì che è
grave. Nessuno vuole mai dormire con Niall, dato che è un
disastro: russa, scalcia e, soprattutto, sbava sul cuscino peggio di un
bulldog.
Liam
prende fiato e Louis ne approfitta per fermare la sua arringa:
“Liam, lo so, sono stato un codardo: non mi sono fatto
sentire perché avevo paura, ok?” Fatica a
pronunciare queste parole, che gli grattano la gola come carta vetrata,
facendogli istantaneamente inumidire gli occhi.
Nel
sentirlo così, Liam si addolcisce – Tommo lo
capisce dal modo in cui ha trattenuto il respiro, e può
quasi vedere le sue folte sopracciglia allungarsi verso il basso dal
dispiacere. Il rimprovero è sostituito dalla delicatezza,
nella sua voce, mentre gli chiede piano: “Paura di
cosa?”
Louis
fa un bel respiro, mentre la coda di macchine in cui si è
imbottigliato procede a passo d’uomo: “Gli ho fatto
male, Liam. Non sono stato del tutto sincero con lui, perché
ero confuso e perché c’erano troppe cose in ballo
e perché non capivo niente. Sentirlo ieri sera, o
stamattina, avrebbe significato soltanto sentire quanto sta soffrendo,
perché non sarei stato in grado di dargli spiegazioni o di
confortarlo. E non sarei riuscito a reggerlo. Avevo paura di toccare
con mano quanto sta di merda, perché è solo colpa
mia se sta di merda. Non volevo sentirmi più in colpa di
quanto già non mi sentissi.” Espira profondamente,
quasi si sia liberato di un peso, mentre qualche lacrima gli sfugge
dalle ciglia.
La
voce di Liam è ancora più calda e più
rassicurante di prima, mentre dice: “E allora
perché lo stai chiamando adesso? Cosa è cambiato,
Tommo?”
A
Louis scappa un sorriso triste: “Eleanor mi ha fatto capire
un paio di cose.” Ora sono sicuro di quello
che provo, omette,
perché sa che Payne non ha bisogno che lui lo confessi ad
alta voce.
A
Liam, invece, scappa un piccolo sospiro di sollievo, cogliendo
l’implicazione: “Meno male. Ora è a casa
vostra – visto che avevi chiamato per saperlo. Muoviti, se
vuoi riuscire a beccarlo prima che finisca di imballare la sua
roba.”
“Imballare…?”
Gli si congela l’aria nei polmoni: cosa?
Improvvisamente,
Zayn si intromette nella conversazione: “Scemo, se ne sta
andando. Vuole stare fuori di casa per un po’, capisci?
Quindi muovi il culo e cerca di raggiungerlo, prima che si trasferisca
da Niall.”
“Io
non…” Louis è shockato, non riesce a
collegare le parole di Zayn e dar loro un senso compiuto. Quando lo fa,
smette del tutto di respirare: non può essere. Hazza non
può non voler più vivere con lui, non condividere
con lui la colazione, il frigo, i vestiti, il letto, i baci, il sesso,
l’odore. Non può succedere.
“Louis?
Lou, sei ancora lì?” Liam, apprensivo, lo richiama
alla realtà.
“In
ogni caso, se ne è andato da appena un’oretta, per
cui dovresti fare in tempo. Dove sei?”
Louis
deglutisce, poi gracchia: “Sto
parcheggiando.” “Bene.”
Ed
è con l’abbraccio telefonico di Liam e il commento
motivazionale di Zayn che tira giù la serranda del garage e
corre verso l’ascensore del suo palazzo, pregando tutti i
santi di tutte le religioni che Harry non sia già uscito.
Chiedo
scusa per il terribile, tremendo, terrificante (ecc.) ritardo, ma mi
è successa, purtroppo, la maturità e sono
riuscita a riprendere la storia solo dopo giugno. Questo non giustifica
il fatto che siamo ad Agosto, quindi mi scuso immensamente :D In ogni
caso, beh, il capitolo è più lungo degli altri ed
è anche stato il più difficile da scrivere: la
parte di Eleanor, soprattutto, mi ha fatto sudare sangue, in quanto ho
cercato di farla sembrare plausibile. In parte è evidente
che io non ci sia riuscita - come direbbe la mia amica Ludovica, la
maggior parte della gente NON reagirebbe in quel modo -, ma io credo
che se si ama davvero qualcuno, si spera nella sua felicità,
non nella propria, e la mia Eleanor ama sinceramente Louis. Spero di
essere stata chiara all'interno del capitolo, e che le ragioni sia di
Eleanor che di Louis siano espresse bene.
Ah, Harry Styles tipo Gatto di Shrek mi è venuto in mente
guardando il mio gatto (che ha gli occhi verdi) mentre piangeva
disperato perché voleva mangiare... e Niall sbava veramente
nel sonno, lo ha ammesso lui stesso su Twitter tempo fa (ah quanto lo
amo! <3)
Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, ed è
già in fase di elaborazione, anche se non sono sicura quando
riuscirò a postarlo: tra poco parto per le vacanze :)
Detto ciò - e ringraziata come al solito il mio angelo
personale, il mio Castiel in miniatura, Ludovica - , aspetto i vostri
pareri^^ Let me know!
Elena
Ps: per qualsiasi cosa, contattatemi se volete su Twitter: @stormofthoughts
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