Shattered.

di uchihagirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo. ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo. ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Desclaimer: nulla di quello che state per leggere è avvenuto nella realtà, e io non ci guadagno una beata cippalippa, in ogni caso. Le canzoni citate appartengono tutte ai rispettivi proprietari - l'ascolto di ognuna di esse è fortemente consigliato.



Attenzione: questa è una Larry Stylinson, ma non è canonica, in quanto sono presenti anche scene Louis/Eleanor - quella che segue, per esempio. Avvisate, eh? :D Ah, c'è anche un po' di Angst e tantissima introspezione. Io ve l'ho detto.




Shattered
Prologo




I wanna be drunk when I wake up on the right side of the wrong bed.
Ed Sheeran - Drunk










La stanza è immersa nella penombra – le tapparelle abbassate fanno filtrare comunque un filo di luce -, la porta è socchiusa e le lenzuola sono aggrovigliate sul fondo del letto, quando Louis apre gli occhi, quella mattina. Non sono neanche le nove, e un simpatico mal di testa gli martella già le tempie. Buongiorno.
Si sfrega gli occhi, cercando di mettere più a fuoco l’ambiente intorno a sé. La prima impressione di spaesamento non era sbagliata: quella non è camera sua – quello non è il suo letto. E la mano calda che sente sulla sua pancia nuda non è assolutamente quella grande e ruvida di Harry. Anzi: ha delle dita affusolate e femminili, e anche un accenno di french manicure, ormai piuttosto rovinata.
Nonostante il mal di testa – e quella sottile sensazione di disagio che gli serpeggia nelle ossa -, Louis sorride: Eleanor. Con i polpastrelli le raggiunge il polso e comincia a carezzarlo con tocchi circolari, per poi salire lungo il braccio nudo, la spalla, la clavicola e raggiungere il suo viso. È bellissima e chissenefrega dei capelli arruffati e di quella bocca mezza aperta: è meravigliosa nella sua pazzia, nella sua risata e nella sua occasionale goffaggine, e Louis ama stare con lei.
Così, mentre Eleanor socchiude le palpebre e gli sorride, la bacia a fior di labbra. “Ben svegliata.”
“No, Lou, non ti avvicinare! Devo avere un alito terribile - tu e il tuo kebab alle tre di notte!” Lei sposta il viso dal suo e parla con le mani davanti alla bocca, mentre Louis scoppia nella prima risatina della giornata, scuotendo la testa.
Eleanor. Imprevedibile, buffa, adorabile, spigliata: gli piace proprio.
Ridacchia, mentre la osserva stiracchiarsi e balzare energica giù dal letto, infilandosi la prima maglietta che le capita a tiro, ma quel fastidio - brividi di disagio lungo la colonna vertebrale - non si placa. E il ricordo del risveglio del giorno prima – mugugni, una massa informe di ricci, quella mano più virile che scende lungo la sua pancia, per rimediare a un problema mattutino piuttosto fastidioso, e quelle labbra… - si fa strada prepotentemente nel suo cervello.
Harry. Merda.
Louis si mette seduto sul letto, mentre cerca sotto il cuscino il Blackberry – nulla da fare, non è neanche sul comodino.
“El, hai visto per caso il mio telefono?” Eleanor compare subito dopo con indosso una maglietta della Guinness e lo spazzolino in bocca – un amore. “Eccolo.” Biascica, porgendoglielo; Louis la ringrazia con un sorriso.
Merda di nuovo – un nuovo messaggio da Harry, risalente alla notte precedente: “Non tornare fino alle 11 di domani: casa occupata. Divertiti. Io lo farò.” Le tempie gli pulsano più furiosamente e lui deglutisce, passandosi una mano a sistemare la frangia, del tutto spettinata.
“Tutto bene, Lou?” gli chiede Eleanor, dopo essere riemersa senza più tracce di dentifricio attorno alla bocca - tutto bene un cazzo, è la risposta che gli sale dal cuore.
Assolutamente un cazzo di nulla. Perché in quel messaggio così scarno, schietto e anonimo, Harry ci ha incanalato tutta l’amarezza possibile – il risentimento è così palpabile, in quelle poche parole, che gli toglie il respiro -; perché riesce a leggere tra le righe la gelosia, acutissima; perché l’infantile ripicca di Hazza, che si è portato a letto la prima ragazza di turno, in realtà gli da più fastidio di quanto sia disposto ad ammettere. Perché Harry che gli scrive di non volerlo a casa non è mai successo – e fa male, e ci deve essere qualcosa sotto. Tutto bene un cazzo. Deve andare da lui, adesso.
Queste constatazioni, brillantemente dedotte da sì e no dieci parole, non le può però raccontare a Eleanor – sono già in due, a barcamenarsi in quel casino, è inutile aggiungere un’altra incognita all’equazione, e per di più Louis è sicuro che lei non capirebbe -, quindi le lascia lì dove si sono fermate, nel groppo che gli blocca la gola, e le risponde con uno dei suoi sorrisi: “Oh sì! Harry mi ha solo impedito il ritorno a casa per un altro paio d’ore… Evidentemente ha qualcosa di speciale in cantiere…”
Eleanor allora fa quella cosa che gli piace da morire – lo sguardo diretto e la ciocca di capelli dietro le orecchie, sfacciata -, mentre si avvicina e si mette a cavalcioni sopra di lui: “Allora tanto vale passare queste due ore in modo più… proficuo.”
Si china e il viso di Louis affoga tra i suoi capelli – ma lui non riesce a smettere di pensare a Harry, e il suo cuore è pesante, mentre fa l’amore con Eleanor.











Nel prossimo capitolo: [...]Giocherella un attimo con le chiavi, indeciso se entrare o meno; è probabile che la fiamma di Harry non se ne sia ancora andata, e non è che lui smani proprio dalla voglia di assistere allo scambio di… liquidi corporei tra i due. Ma, in fin dei conti, il suo nome è Louis Tomlinson e, da che mondo è mondo, Louis Tomlinson non esita: quindi al diavolo i liquidi corporei e quel cazzo di messaggio, quella è anche casa sua e lui ha tutto il diritto di entrarci a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Così, con un movimento deciso, gira la chiave nella serratura e spalanca la porta [...]













Buon pomeriggio!
Premettendo che io in teoria sono quasi sotto maturità e che l'ultima cosa che mi converrebbe fare nella mia vita è scrivere, eccomi qui a pubblicare la mia prima "long" fic. Le virgolette stanno a indicare il fatto che probabilmente si tratterà di una micro Long, formata al massimo da altri tre capitoli, oltre a questo prologo. In sintesi: una lunga oneshot. Il primo capitolo è già interamente scritto, gli altri due sono in fase di lavorazione, anche se non so con che frequenza riuscirò ad aggiornare, visto che, appunto, io in teoria dovrei studiare/scrivere la tesina/fare un tot di altre cose^^ - comunque spererei di concludere  nel giro di un mese o poco più.
Passando adesso alla fanfiction vera e propria: come avete potuto notare dal prologo, Eleanor in questa storia non è considerata come una copertura dell'intrinseca gayezza dei due pasticcini (?), anzi. Le dinamiche tra lei e Louis, ma soprattutto tra Louis e Harry - che, mettiamo le cose in chiaro, secondo questa ff hanno una storia -, verranno definite maggiormente nel corso dei capitoli. La fanfiction non è leggera e sprizza Angst da tutti i pori: se non vi piace il genere, la cosa non fa per voi.
Detto questo, io mi rimetto al vostro giudizio, sperando che vi piaccia^^
Fatemi sapere che cosa ne pensate
Elena


Ah, solita menzione d'onore a shirayuki, Ludo, grande amica e paziente critica: se non lo avete ancora fatto, andate a dare un'occhiata alle sue Ziam, sono Amazayn!

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Capitolo 2
*** Capitolo Primo. ***



Desclaimer: nulla di quello che state per leggere è avvenuto nella realtà, e io non ci guadagno una beata cippalippa, in ogni caso. Le canzoni citate appartengono tutte ai rispettivi proprietari - l'ascolto di ognuna di esse è fortemente consigliato.




Attenzione: questa è una Larry Stylinson, ma non è canonica, in quanto sono presenti anche scene Louis/Eleanor - sebbene in questa parte non direttamente. Avvisate, eh? :D In questo capitolo è altissima la dose di Angst e l'introspezione si spreca. Io ve l'ho detto.






Shattered
Capitolo Primo







You caused my heart to bleed/you still owe me a reason/I can’t figure out why
So Cold - Ben Cocks feat. Nikisha Reyes-Pile






Il tragitto da casa di Eleanor all’appartamento suo e di Harry non gli è mai sembrato così lungo – il groppo che ha in gola da quando ha letto quel messaggio non accenna a voler scemare, nonostante la distrazione del corpo meraviglioso di El premuto sul suo. Alle undici meno cinque Louis arriva trafelato davanti alla porta di casa – lui non è mai in orario, quindi quando è in anticipo vuol dire che la situazione è davvero grave. Giocherella un attimo con le chiavi, indeciso se entrare o meno; è probabile che la fiamma di Harry non se ne sia ancora andata, e non è che lui smani proprio dalla voglia di assistere allo scambio di… liquidi corporei tra i due. Ma, in fin dei conti, il suo nome è Louis Tomlinson e, da che mondo è mondo, Louis Tomlinson non esita: quindi al diavolo i liquidi corporei e quel cazzo di messaggio, quella è anche casa sua e lui ha tutto il diritto di entrarci a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Così, con un movimento deciso, gira la chiave nella serratura e spalanca la porta; quella che gli appare davanti è una versione peggiorata dello scenario che si era immaginato: Harry seduto sul divano, petto nudo e una testa di capelli biondi tra le sue gambe. Perfetto. Non poteva limitarsi a scoparsela tutta la notte, no: doveva anche farsi fare un bel pompino mattutino – il suo pompino mattutino, per la miseria – esattamente di fronte alla porta di casa. Quando sapeva che Louis stava per tornare a casa proprio in quel momento. Stupido, infantile Styles. Ha inscenato proprio un bello spettacolino.
E adesso lui si ritrova sulla soglia, le chiavi ancora in mano e il peso sul petto che si intensifica, mentre quell’infido ragazzino lo guarda; fissa lo sguardo nel suo, per un momento lunghissimo, e ghigna soddisfatto, leggendo negli occhi di Louis il fastidio, la gelosia che cerca invano di trattenere.
La ragazza, intanto, non si è accorta di nulla; quindi sobbalza leggermente e si stacca da Harry, nel sentirlo dire: “Sei in anticipo, Boo. Ti dispiace andare di là, che sono occupato?”
E l’espressione sul suo viso non è quella tipica di malizia – ormai quasi un marchio di fabbrica: Cheeky, lo chiama Louis -, è gongolante: ci gode, lo stronzetto, a vederlo star male.
Perché loro due non hanno bisogno di gesti, per comunicare, né tantomeno di parole – quelle sono sempre state un inutile accessorio -; Harry sa cosa prova Louis con una sola occhiata, e riconosce lo sgomento sul suo volto congelato. Louis sente sulla sua pelle le emozioni di Harry, se lo guarda, e ritrova il suo stesso dolore; la gelosia lo rode fin nelle ossa. Ma la sofferenza non lo trattiene dall’essere il solito porco – vendicativo e infantile, questa volta.
Quindi Louis distende le labbra nel sorrisetto più falso del suo repertorio – quello che sfoggia durante le interviste su Caroline Flack, per l’esattezza - e chiude la porta, appoggiando la sacca dei vestiti accanto alla poltrona. “Nessun problema, vado in cucina: voi due divertitevi.” Non te la do vinta.
L’indifferenza così ostentata non riesce però a frenare  il suo cuore, che ormai gli affonda in caduta libera nel petto, mentre dalla cucina sente i grugniti soddisfatti di Harry.







Harry ha una buona resistenza e quella ragazza aveva iniziato a darsi da fare da poco, quando Louis li aveva interrotti; quindi la faccenda della bocca della bionda tra le sue gambe si trascina un po’ per le lunghe - anche perché è accettabile, ma non particolarmente brava, questa… Mandy? Maddy? Mary? Ieri sera era così ubriaco di gelosia che si è dimenticato persino di chiederle il nome: è stata lei a presentarsi mentre ormai erano quasi nudi – un particolare del tutto inutile, a quel punto, e gli è sfuggito di mente. Fatto sta che Mandy/Mary/inqualsiasimodotichiami ci mette un sacco di tempo a soddisfarlo e lui è costretto per un bel po’ a enfatizzare il piacere – soltanto discreto – che sta provando: oltre al gran corpo della bionda, l’altro fattore che lo aiuta a gemere così forte è sapere che Louis è nella stanza accanto; ogni verso che emette è per lui – mi senti, Lou?
È con quel pensiero che riesce a concludere la faccenda Mary/Maddy/chiunquetusia e a cacciarla fuori di casa, accompagnandola con un sorriso falso quasi quanto quello di Louis prima e una delle più grandi bugie che abbia mai detto – “Certo, ci sentiamo!”
Harry le chiude la porta alle spalle, senza neppure aspettare che l’ascensore arrivi al loro pianerottolo, e con lentezza studiata si avvia verso la cucina, i boxer sistemati un po’ storti e i segni dei succhiotti che si è fatto fare da quella tizia figa ma insignificante bene evidenti sulla pelle chiara del petto e del collo. Striscia i piedi e si stiracchia, aprendo il frigorifero; Louis non alza neppure lo sguardo, quando lo sente arrivare. È evidente che finga soltanto di trovare così interessante la schermata del computer sul tavolo di fronte a lui: di norma non riesce a togliergli mani di dosso, soprattutto se Harry è mezzo nudo, figurarsi gli occhi!
Ma far finta di nulla è una delle cose che a Hazza riesce meglio – dopo cantare e scopare, ovviamente -, e ignorarlo non gli viene poi tanto difficile. Così, senza colpo ferire, allunga un braccio a prendere il bricco del latte, si sporge per afferrare una tazza su uno scaffale un po’ più alto e poi si siede di fronte a Louis – e la guerra di logoramento comincia.
Crunchcrunch - la bocca di Harry macina i cereali, lentamente, mentre il suo proprietario fissa il ragazzo di fronte a sé.
Bip – di tanto in tanto, il Mac di Louis dà segni di vita.
Click – chiudi la pagina di Twitter, apri Tumblr – e cerca di non alzare lo sguardo, Louis, non alzare lo sguardo.
Clang - il cucchiaio sbatte sulla ceramica – cerca di attirare la sua attenzione – non gliela dare per vinta, Louis, non guardarlo.
Tick tock – il tempo passa; non abbastanza velocemente, secondo Louis, che comincia a spazientirsi.
Tap tap tap – un piede si muove, innervosito. Harry sorride: il logoramento sta dando i suoi primi frutti, cederà a momenti.
Un sospiro, lievissimo; il Mac viene chiuso di scatto; una mano a sistemarsi la frangia e Tommo alza finalmente gli occhi. Non ricambia però l’espressione – di nuovo – gongolante di Harry: è duro, deciso e serio – come in poche occasioni l’ha visto.
La verità è che Louis odia dagli l’impressione di aver vinto – ma non si tratta di orgoglio. È più che altro una questione di principio, come accade quando Harry si comporta da moccioso viziato; non succede spesso, ma quelle rare volte gli ricorda, con i suoi atteggiamenti infantili, che, nonostante Tommo abbia la più grossa sindrome di Peter Pan dell’intero universo, rimane pur sempre maggiore di due anni.
Questa mattina Harry ha fatto l’impossibile per apparire più bambino di quello che in realtà è; e non si tratta della scenata di gelosia - palese. Se si fosse fermato al fatidico messaggio e alla scopata di ripicca, Louis lo avrebbe compreso – e giustificato. Infatti, non appena si è accorto che qualcosa non andava, si è precipitato a casa, per cercare di capire quale fosse il problema. Per parlarne, risolvere insieme la questione.
Ora non gli interessa più; o meglio, certo che gli interessa – tutto ciò che concerne Styles gli sta a cuore -, ma non vuole essere il primo a tirar fuori l’argomento: Harry ha passato davvero il limite, cercando di proposito di ferirlo – e ottenendo pure il risultato sperato. A questo punto, Louis si farebbe una maratona di Toy Story con Liam per tre giorni di fila, piuttosto che dargliela vinta e mostrargli quanto sia riuscito nel suo intento – e lui non sopporta Toy Story, né tantomeno Liam mentre guarda Toy Story, tutto trepidante – neanche fosse la mattina di Natale. Ma Tommo sa che aspettare non è il suo forte e che, per di più, farebbe prima a trovare Niall a dieta che beccare Harry che inizia un discorso serio – soprattutto se è lui, quello in torto. Il momento di impasse va superato e tanto vale che…
“Quindi?”
Sono due sillabe pronunciate con distacco e impazienza – Tommo è seccato e vuole far subito fuori la questione: lo chiama in causa, chiedendogli giustificazioni per lo spettacolo che ha appena messo in scena – che cos’hai da dire a tua discolpa?
Harry fatica a reggere la freddezza di quell’unica parola e ancor più quello sguardo colmo di rimprovero: non si aspettava una reazione del genere. Cioè, sapeva che Louis si sarebbe incazzato – quello era lo scopo, in prima battuta – ma non si sarebbe mai aspettato quell’impassibilità.
Secondo le sue previsioni, Louis sarebbe dovuto arrivare nel momento clou (e questo era successo), e poi, non appena la ragazza se ne fosse andata, piantare una scenata di gelosia. E a lui sarebbe bastato rinfacciargli la serata appena trascorsa, per farlo passare dalla parte del torto. Un’unica frase – “Rispetto a quello che mi hai sbattuto in faccia ieri, non c’è assolutamente paragone.” – e tutto si sarebbe risolto: un bacio a fior di labbra, di scusa, poi Louis che gli chiedeva di perdonarlo, e, perché no?, un po’ di sesso pacificatore. Questo era ciò che si sarebbe aspettato, non quella rigidità e quella… delusione, quasi, che in quel momento vede traboccare dai suoi occhi chiari.
La percezione di déjà-vu gli stringe la bocca dello stomaco: gli sembra di essere tornato a scuola, quella volta che le insegnanti avevano convocato sua mamma perché aveva fatto uno scherzo di cattivo gusto a un compagno di classe. Lei che lo guardava, il suo piccolino, per la prima volta non solo arrabbiata, ma proprio delusa, aspettando che si decidesse a confessare quello che aveva fatto – perché doveva raccontarglielo lui, in modo da “renderlo consapevole delle sue azioni”, secondo la professoressa di matematica. Il ricordo di Anne che lo fissa senza aprir bocca, è uno dei più spiacevoli della sua vita. E adesso gli sembra di riviverlo. Non è una bella sensazione – innesca subito nelle sue viscere un senso di colpa che in realtà non prova. Non è colpa sua.
Harry è colto di sorpresa da quell’unica parola che gli getta addosso la responsabilità di una situazione di stallo che non è stato lui a creare. Ok, magari ha fatto traboccare il vaso con quella gocciolina dal nome non ben identificato - Maddy/ecc -, ma non è di sicuro a causa sua se il vaso era già pieno da un pezzo.
Non sa cosa dire. Non è colpa sua. Così abbassa il viso e si arruffa i capelli, risistemandosi il ciuffo – prende tempo. Non è giusto che sia lui a dover parlare per primo, a doversi giustificare. È colpa di Louis, sua e delle immagini che affollano la testa di Harry da una notte intera: lui e Eleanor che si strusciano sulla pista da ballo, le sue labbra che lasciano baci affettuosi dietro le orecchie della ragazza, la sua risata contro il lobo di lei, le dita tra quei lunghi capelli scuri e, soprattutto, quell’occhiata. Quell’occhiata è stata il particolare più doloroso dell’intera scena; è stata la sua gocciolina, quella che ha fatto traboccare il vaso della sua sopportazione. È stato il motivo per cui ha scelto la bionda più figa del locale e se l’è portata a letto. Quello sguardo verso Eleanor – colmo d’amore, uno di quelli che Harry ha sempre visto rivolti verso di sé, e verso di sé soltanto –  gli ha attanagliato le budella e pietrificato il cuore. Quindi è Louis che dovrebbe parlare, non lui; Louis dovrebbe profondersi in discorsi interminabili, a lui così congeniali, per discolparsi. Non è colpa sua.
Non. È. Colpa. Sua.
“Allora? Sto aspettando. E sai che non mi piace aspettare.”
“Uhm, cosa?” Nonostante il tumulto che ha dentro, Harry fa come se nulla fosse, abbandonando la soddisfazione e rifugiandosi dietro la sua espressione più concentrata/perplessa. Questo non è sufficiente a ingannare Louis, che riconosce la finta dietro la maschera – lo vede sempre, non importa quanto sia bravo a simulare.
“Davvero? Davvero stai cercando di fregare me?” Ha inarcato le sopracciglia, aggiungendo una nota di scetticismo a quella delusione che brucia sulla pelle di Harry come ferro incandescente.
La risposta si limita a un altro “Uhm…”, il tipico grugnito che Louis con il tempo ha imparato a interpretare come: “Cosa dovrei dichiarare o confessare? Non c’è bisogno che io faccia lo sforzo di parlare, dato che comunque non c’è nulla da dire e sai perfettamente che non mi sbilancerò su questo argomento.” Louis ci potrebbe scrivere dei saggi, sui quei mugugni, e anche un bel dizionario: “dallo Styles all’inglese”, con tanto di fonetica – svelando così al mondo i segreti di quei silenzi che lui solo sa decifrare.
È evidente che dalla quella bocca non uscirà mezza parola, facendo il muso duro – Harry, al contrario suo, è abbastanza orgoglioso, e a durezza risponde con una chiusura a riccio –, quindi tanto vale provare con le buone.  Lo sbuffo gli sfugge dalle labbra non scappa all’altro – e Louis può riconoscere il fastidio sul suo volto: come ogni adolescente del mondo (e Tommo si include nel gruppo, nonostante l’anagrafe si ostini a negarlo), pur comportandosi da bambino, non gli piace sentirsi trattato come tale. Ma adesso non importa quanto sia infastidito: questa non comunicazione tra di loro – una situazione del tutto nuova – è frustrante e qualcosa si deve sbloccare. Ovviamente, tocca a Louis fare il primo passo. Stupido Styles.
“Senti, ho capito che ce l’hai con me e che vuoi farmela pagare: i tuoi messaggi subliminali sono arrivati forte e chiaro. Sì,  è vero, mi ha dato fastidio vederti con quella ragazza; e sì, è ovvio che io sia geloso. Quindi? So che sai che sono incazzato: anche qui, non ci vuole certo una scienza per capirlo. Però, prima che incazzato, sono preoccupato; per cui, per la miseria, mi faresti il piacere di aprire quella bellissima boccuccia che ti ritrovi e utilizzarla per articolare parole, invece che limitarti a occhiate allusive e gruppi di consonanti sconnesse? Ti dispiacerebbe spiegarmi cosa è successo, che cosa ho fatto per meritarmi il porno in salotto?”
A Harry viene da sorridere, nonostante faccia ancora male quella traccia di disillusione negli occhi di Louis e ancora più male il fatto che lui non abbia ancora chiesto scusa: una volta che Tomlinson comincia un discorso, non smetterebbe più di parlare. Logorroico che non è altro. Ma non basta questo accenno di tenerezza a smuoverlo dal suo mutismo: il problema è – e l’epifania lo coglie all’improvviso, in un attimo di consapevolezza che gli pugnala il petto un’ennesima volta, quella fatale – che Louis non ha capito. Louis, che si vanta di conoscerlo bene quanto le sue tasche – ed è, senza ombra di dubbio, la persona che lo capisce meglio nell’universo intero, inclusa sua madre. Louis non sa che lui sa.







Too much love will kill you/as sure as none at all […]/ the pain will make you crazy/you’re the victim of your crime/ too much love will kill you – every time.
Queen – Too Much Love Will Kill You







Louis non sa che lui sa. Ancora sconvolto dalla rivelazione, Harry non riesce a reagire: vede il ragazzo di fronte a sé che parla, di nuovo, ma non recepisce ciò che sta dicendo; lo sente sbuffare, ancora, e fissarlo con quella delusione: nulla. Non è capace di vincere la gravità che lo tiene ancorato a quel tavolo fino a che non vede Louis sbuffare – l’ennesima volta -, alzarsi e fare per andarsene; solo allora l’orgoglio è vinto dall’istinto, che lo spinge a scostare la sedia, levarsi in piedi e afferrargli la mano – non te ne andare. Louis si gira e – infine – lo vede: gli occhi verdi sgranati, a svelare la sua insicurezza; la linea della bocca arcuata verso il basso, indice della sofferenza che prova; la stretta possessiva sul suo polso – gelosia, che si è mischiata talmente tanto con la paura di non bastargli, da risultarne inscindibile. Eccolo, il suo Harry – niente a che vedere con lo stronzetto di prima -; Louis lo riconosce e, semplicemente, lo abbraccia.
È un abbraccio di quello dei loro, infinito, soffocante, vitale: aggrappandosi a lui, con il viso nascosto nell’incavo della sua spalla, Harry lo stringe così forte… E Louis, che, oltre al dizionario dei mugugni, potrebbe pubblicare anche quello dei gesti di Styles, decritta quella stretta come una dichiarazione: Harry gli sta comunicando, in un modo che non potrebbe essere più lapalissiano, che ha bisogno di lui, che non vuole che se ne vada, che non gli piace litigare, che lo ama. Non è un abbraccio tra amici – è troppo intenso, e sottintende quell’impossibile sentimento che riempie il cuore di entrambi -, ma neppure tra fidanzati: è violento, disperato e sofferente. È il modo migliore – l’unico, forse – per dirsi tutto ciò che non riescono a dirsi – non perché non vogliano, piuttosto perché è qualcosa impossibile da rendere a parole. Quell’abbraccio è la sintesi del loro rapporto: se potesse, Louis non lo lascerebbe mai andare, intossicato dal suo odore, per tenerselo tutta la vita stretto a sé. E Harry, beh, il suo cuore batte al ritmo che gli pulsa nelle orecchie: il sangue che pompa nelle vene di Louis – e lui, lontano da quelle braccia, non esiste davvero.
Una sera, Zayn - ancora più ispirato del solito e anche più loquace grazie a un po’ troppo alcol in corpo e a un dormiente Payne spalmato sulle sue ginocchia – gli aveva rivelato una grande verità. Louis se lo ricorda benissimo, il luccichio di comprensione che gli era balenato dietro le lenti degli occhiali, mentre, con voce vellutata e le dita tra i capelli castani di Liam, aveva detto: “Tu e Styles siete stati creati per stare insieme – e questo è abbastanza lampante; persino questo qui” accennando al ragazzo sulle sue gambe “se ne è accorto. Quello che però nessuno ha notato – neanche te, Tommo – è che Harry è dipendente da te di più di quanto tu dipenda da lui. Tu sei tutto il suo mondo, lui è la maggior parte del tuo.” Louis, piuttosto brillo, era scoppiato a ridere - “Sissignore, sono una droga più potente dell’eroina!” –, non capendo, e subito dopo si era buttato sul tappeto nella zuffa tra Harry e Niall – ancora più sbronzi - per la conquista delle ultime caramelle. Soltanto qualche ora dopo, con Horan e Zayn con la testa nel water e Liam che recitava la parte della “crocerossina” come suo solito, Louis, sdraiato sul divano, aveva capito che cosa intendeva Malik. Harry, dapprima accoccolato contro la sua spalla, si era girato e gli aveva baciato la pelle sotto il mento, la consueta malizia cancellata dalle troppe birre e dalla sonnolenza che ne conseguiva. Poi aveva canticchiato: “Heaven is a place on earth with you.” e lo aveva guardato, con un sorriso ubriaco che rasentava l’adorazione. Louis lo aveva stretto di più, esattamente come lo stringe adesso, e gli aveva baciato i ricci, prima di affondarci il naso – nello stesso modo in cui lo fa ora – sono qui, Harry. Ti amo anche io.
Il più piccolo non accenna ad allentare la morsa spasmodica delle sue braccia – è sempre stato così bravo ad abbracciare – e, proprio mentre Louis comincia ad accarezzargli la schiena – per  rassicurarlo, quasi -, sussurra, la voce ancora più roca del normale e il tono insicuro: “Dimmelo, Boo. Dimmelo, che sei solo mio.”
Il respiro gli si congela in gola – finalmente, Tommo ricongiunge tutti i pezzi del puzzle e capisce. Merda. Si irrigidisce, provando nel petto il lancinante dolore che sa che Harry ha sentito ieri sera. Lo riconosce – ed è così intenso… quasi lui e Hazza fossero una cosa sola.
Gli viene da piangere, tanto fa male – come una voragine all’altezza dello stomaco: Harry ha capito che Eleanor significa qualcosa per Louis, e gli sta chiedendo – è una supplica, più che una richiesta – di smentirlo. Lo sta pregando di dirgli che non è vero, che lei è solo un’amica che si scopa con regolarità, che non vale né più né meno di quanto valgano quelle che Harry si porta a letto, che non sarà mai nulla paragonata a lui. Che non ci sarà mai nessun altro nel suo cuore, se non Harry. Che lui è tutto il suo mondo.
E quello che ferisce di più Louis, e che allarga il senso di vuoto che ha nel petto, è percepire la sofferenza di Harry, atroce, nel sentirlo freddo tra le sue braccia: se il rantolo di angoscia che sfugge dalle labbra di Tommo è esplicativo, lo è ancora di più il suo silenzio. A Harry non rimane che sciogliere l’abbraccio, inorridito e boccheggiante, guardandolo con gli occhi spalancati. Terrorizzato, si volta – con un gemito soffocato si aggrappa allo stipite della porta, cercando di non cadere. Louis non può far altro che rimanere immobile, lo sguardo basso verso il pavimento, sopraffatto, mentre lo sente vestirsi di fretta e uscire di casa. Si accascia sulla sedia, affondando le dita tra i capelli: non credeva di essere capace di provare un dolore tale.






It's you, it's you, it's all for you / Everything I do/I tell you all the time/Heaven is a place on earth with you
Lana del Rey - Videogames
















Nel prossimo capitolo: [...] Sulla soglia di casa sua, però, non c’è né Niall, né la vicina del piano di sotto. La persona che Liam si ritrova davanti, con suo enorme sconcerto – doveva passare la giornata con Louis, oggi, e in una situazione normale non si sarebbe mai presentato da lui nella “settimana senza Danielle” -, è Harry. [...]










Saaaaalve^^ Ecco a voi il primo capitolo, in cui le carte sono messe in tavola; vi avevo avvisate della presenza di troooooppa introspezione e sentimenti incasinati, vero? XD Spero che vi sia piaciuto, e di aver tenuto entrambi i personaggi IC - oltre che di essere stata chiara. Fatemi sapere cosa ne pensate: tengo molto a questa FF, perché è quasi tutto ciò che penso avvenga in realtà. (sì, sono probabilmente l'unica Shipper Larry a cui stia simpatica Eleanor - no, ovvio che non sono normale :D)
Detto questo (leggasi: dopo essermi guadagnata innumerevoli pomodori in faccia xD), mi rimetto al vostro parere.
Alla prossima,
Elena

Ps: sempre grazie alla Ludovica, che sbircia in anticipo ogni volta; love you, Lou!

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Capitolo 3
*** Capitolo Secondo. ***


Desclaimer: nulla di quello che state per leggere è avvenuto nella realtà, e io non ci guadagno una beata cippalippa, in ogni caso. Le canzoni citate appartengono tutte ai rispettivi proprietari - l'ascolto di ognuna di esse è fortemente consigliato.


Attenzione: questa è una Larry Stylinson, ma non è canonica, in quanto sono presenti anche scene Louis/Eleanor, o comunque Eleanor è citata senza feroci insulti. In più, in questo capitolo, oltre a troppo Angst e alla solita introspezione a catinelle, c'è pure un bel po' di Ziam - tutto per Ludovica <3 - e un'abbondante dose di Niall/ChelseaFC xD Sempre avvisate^^








Shattered
Capitolo Secondo












Liam.

And the tears come streaming down your face/When you lose something you can't replace/When you love someone, but it goes to waste/Could it be worse?

Coldplay – Fix You



Driiin. Driiin. Driiin. Il campanello.
“Ma chi cazzo è proprio adesso?”
Zayn, tra le sue tante qualità, può annoverare di sicuro il dono della sintesi – e Liam, sdraiato sotto di lui, mezzo nudo e con i boxer un po’ troppo stretti, non è mai stato così d’accordo. Chi è il disgraziato che sta violando il loro angolo di paradiso – Danielle è via per lavoro, questa settimana -, presentandosi a mezzogiorno spaccato sulla soglia del suo appartamento? Se fosse per Zayn – Liam glielo legge nello sguardo implorante: “Lascia perdere e torna qui sul letto con me” -  il tizio alla porta sarebbe già stato mandato a quel paese e ignorato – e le loro mutande lanciate da qualche parte nella stanza, probabilmente sull’armadio. Ma, per fortuna dello scocciatore, tanto quanto Malik è sintetico e impulsivo, Liam è dotato di pazienza; controvoglia, si mette un paio di pantaloncini e va ad aprire la porta.
Una pazienza di ferro, in realtà, in parte dovuta alla sua indole, naturalmente pacifica e serena, in parte – o meglio, quasi tutta - frutto di anni di esercizio obbligato, giorno dopo giorno, nella quasi convivenza con gli altri membri della sua band, notoriamente o chiassosi – vedi: Niall, Louis -, o dal probabile disturbo bipolare – vedi: Zayn, con la sua istintività; Harry, e i suoi cambi d’umore repentini; Tommo, in tutta la sua essenza. Quella calma serafica che lo contraddistingue gli è stata utile in più di un’occasione, con quei quattro – per esempio, la volta che Zayn lo ha chiamato nel mezzo della notte perché “Mi mancava il suono della tua voce.” Una cosa dolcissima, che gli aveva fatto sciogliere il cuore e al tempo stesso venire un mezzo infarto, con la testa riccia di Danielle appoggiata sul cuscino accanto a lui – e Malik lo sapeva benissimo. Era stato difficile vincere l’impulso di correre da lui, non sapendo bene se tentare un omicidio o saltargli addosso.
Senza contare gli innumerevoli scherzi telefonici della premiata ditta Stylinson, o i patetici tentativi di Louis di farlo ubriacare; il più delle volte soltanto la sua monumentale condiscendenza l'ha trattenuto dallo scontro fisico. Ma va bene così.
Liam potrebbe enumerare tutte le serate in cui si è ritrovato a consolare Niall – quando sente la mancanza di casa - o quelle – peggiori – in cui ha dovuto reggergli la testa: quando beve un po’ troppo, c’è sempre Payne accanto a lui mentre vomita l’anima. E Hazza, con i suoi occasionali momenti di tristezza – coincidenti spesso con le gite a Manchester(1) di Tommo –: ogni tanto, passa da lui i weekend, a guardare film sul divano o giocare a ping pong, mentre Niall lancia pop corn verso Zayn e le tipiche fossette si ostinano a non comparire, sulle guance bianche di Harry. Allora Liam lo vizia: lo abbraccia, gli fa scegliere cosa guardare alla televisione – soffocando le proteste di Niall con uno sguardo truce -, lo accompagna ovunque e gli fa il solletico. Piano piano, Harry torna quello di sempre, pronto a far finta di non essersi nemmeno accorto di quella pesante assenza non appena Louis varca la soglia del loro appartamento. Dal suo sguardo, Liam capisce che Harry non sa come farebbe senza di lui, nonostante non lo abbia mai ringraziato a parole – ed è giusto così.
Non lo fa per avere un riconoscimento, né tanto meno perché qualcuno glielo abbia chiesto. È stato lui ad assumersi il ruolo di “papà” del gruppo, se lo è accollato da solo, senza neppure accorgersene, mentre l’amicizia si sviluppava: gli è sembrata la maniera più adatta per prendersi cura di loro – quella che conosceva e che gli era più affine, per lo meno. Liam li adora, tutti e quattro: tre come fratelli, uno come… beh, di sicuro non come consanguinei. In un modo o nell’altro, sono parte della sua famiglia – e a lui fa solo piacere aiutarli. In famiglia, però, è necessaria un’enorme dose di pazienza, per riuscire a convivere pacificamente.
In quello specifico momento, a mezzogiorno spaccato e con Zayn quasi del tutto svestito nel suo letto, Liam non si sente tanto pacifico – anche perché è praticamente certo che si tratterà di Niall, sorriso a trentadue denti e qualche idea strana per passare la giornata, mentre il suo unico desiderio sarebbe starsene sepolto sotto le coperte con Malik. L’altra possibilità è che si tratti della vetusta vicina, una ricchissima vecchietta con la passione per le crostate, che sembra aver preso gusto nel chiedergli uova in prestito almeno ogni cinque giorni. Così, aprendo la porta, Liam fa una serie di respiri profondi per annullare la voglia che ha di far girare i tacchi a Horan o di invitare l’anziana signora a mandare la badante a fare la spesa, per una buona volta.
Sulla soglia di casa sua, però, non c’è né Niall, né la vicina del piano di sotto. La persona che Liam si ritrova davanti, con suo enorme sconcerto – doveva passare la giornata con Louis, oggi, e in una situazione normale non si sarebbe mai presentato da lui nella “settimana senza Danielle” -, è Harry. Un Harry del tutto irriconoscibile, per di più – neppure durante i Manchesterweekend lo ha mai visto così distrutto. Tiene le spalle curve e il ciuffo sulla faccia – nascondendosi -, mentre si tormenta le maniche della felpa Jack Willis, allungandole, usandole per far scomparire le dita, inquieto. Alza lo sguardo, a guardarlo negli occhi - permettendogli chiaramente vedere tracce di pianto sul suo viso – e gli chiede, con voce roca. “Scusa, Liam, lo so che… “ esita, tirando su con il naso e passandosi una mano sugli zigomi. “… ma non è che… “ Gli mancano le parole, combatte contro le lacrime.
Ma non è necessario che aggiunga altro: Liam lo afferra e se lo stringe al petto – “Non ti preoccupare, lo sai che sei sempre benvenuto. Resta pure quanto vuoi.” gli sussurra all’orecchio. Harry ricambia l’abbraccio, e lui sa che questo è il suo modo per dirgli quanto sia grato.
Scostandosi e lasciandolo entrare, Liam sente che la sua straordinaria pazienza comincia a venire meno – stupido, idiota… Ancora una volta, prima che riesca ad articolare in improperi ad alta voce quello che pensa di Louis, uno Zayn in boxer e con i capelli spettinati, appena comparso dalla camera, lo precede, con la sua sintesi perfetta: “Che cazzo ha combinato quel cretino di Tomlinson?”









Zayn.

Oh you're in my veins/And I cannot get you out/Oh you're all I taste/At night inside of my mouth
Andrew Belle – In My Veins



Sono passate appena tre ore da quando Styles, più cadaverico che mai, si è svaccato sulla poltrona e ha aperto il primo dei molti pacchetti di Haribo – una delle tante premure di Liam -, ma a Zayn ne sembrano passate ottanta. Il silenzio regna nella stanza, rotto soltanto dal chiacchiericcio proveniente dalla televisione, dove danno un noiosissimo programma culinario. E l’unica cosa che è cambiata, in quel lasso di tempo, è stata il viso di Harry: si è congelato nel dolore, mentre gli occhi gli si sono asciugati e le sopracciglia aggrottate. Ha smesso persino di tormentarsi le mani, e Zayn lo scambierebbe per una statua, se solo non continuasse a mordersi il labbro inferiore con gli incisivi – e non ingurgitasse caramelle a ripetizione.
Non vola una mosca. Zayn sospira, piano: lui di solito è uno che nel silenzio ci sguazza come Niall a un pranzo di qualsiasi tipo – e questa sua caratteristica ha reso possibile una grande affinità con Harry – ma è anche convinto che sia inutile rimanere zitti quando ci sarebbero così tante cose da dire. Che cosa è successo? Perché Hazza ha quella faccia? E soprattutto, perché la cosa è stata talmente grave da costringerlo a rifugiarsi da loro, durante la fantomatica “settimana senza Danielle”? Zayn ama Harry come il gemello che non ha – condividono la poca loquacità, un pizzico di malizia e un destino simile, innamorati di due ragazzi fidanzati -, e non lo caccerebbe mai di casa in un momento simile perché: “Io e Liam dobbiamo scopare”. Ma, porca miseria, questa è la prima volta dopo un mese che possono stare soli per più di mezza giornata, e a Zayn piacerebbe per lo meno ricevere una spiegazione del perché non è possibile che ciò accada. Non che non abbia provato a ottenerla – anzi, si è schiarito la voce un paio di volte, esordendo con un: “Ehi, Harry, ma…?”, però le occhiatacce di Liam, protettivo al massimo, lo hanno fatto desistere. Dopo l’ennesimo tentativo, lo stesso padrone di casa lo ha preso da parte – “Scusaci un attimo, Harry, devo spiegare un paio di cose a questo zuccone.” -  e lo ha strigliato per bene, sostenendo che: “Ce ne parlerà quando si sentirà pronto: non vedi che è distrutto? Non riesce a pronunciare mezza sillaba senza che gli torni il magone e tu vuoi forzarlo a spiegarci di Louis? Complimenti, Mister Tatto.” Ovviamente, è riuscito nell’intento di farlo sentire uno stronzo egoista per dieci minuti buoni – anche perché Zayn è il primo a non voler parlare, quando sta male. Adesso, però, la frustrazione sta prendendo il sopravvento: Liam ha cambiato canale e stanno guardando un osceno film per preadolescenti interpretato da preadolescenti osceni. Terribile.
E non solo non riesce a essere arrabbiato né con Harry – che, poveraccio, non ha altra colpa che quella di soffrire come un cane -, né tantomeno con Liam, che, al solito, si dimostra la persona migliore che conosca, del tutto altruista; la parte peggiore è che si sente totalmente inutile.
Liam sì che è fondamentale; non appena Harry è entrato in casa, lo ha scortato verso la cucina, gli ha mollato in mano un bicchierone d’acqua e gli ha fatto lavare la faccia. Pochi, semplici, gesti e Harry – Zayn lo ha visto nel modo arrendevole in cui si è lasciato guidare per l’appartamento, come rassicurato da tutte quelle attenzioni -, si è calmato. Niente più lacrime, solo imperterrito dolore. Quando Liam gli ha tirato fuori tutti i suoi DVD, per fargli scegliere una di quelle commedie struggenti che gli piacciono tanto, non ha ottenuto altra reazione che un: “Boh, fai te.” Un gran passo avanti, dato che le sole parole che ha pronunciato prima di quelle sono state il balbettio sconnesso sulla soglia di casa. Liam sa sempre come muoversi e cosa fare. Zayn invece è bloccato sul quel divano da troppo tempo, senza riuscire a concludere assolutamente nulla, combattuto tra il desiderio di alzarsi e scuotere Harry per la felpa e quello di alzarsi e andare a cercare Louis, per fargli un bell’occhio nero.
Il tempo sembra non passare mai, e Zayn giurerebbe che così fosse, se non vedesse le immagini di quello stupido film, che si ostinano a scorrere sullo schermo. Poi Liam si alza, borbottando qualcosa come: “Vado a prendere delle patatine.” e li lascia soli per la prima volta durante tutto il pomeriggio, lanciandogli un’occhiata ammonitrice: “non osare…”
Ma non appena scompare dietro la porta, il silenzio si rompe, frantumando quell’atmosfera sospesa in mille, piccolissimi pezzi: “Lo ami tantissimo, vero?” Non è Zayn a parlare, bensì Harry, lo sguardo ancora fisso davanti a sé, il labbro che quasi sanguina, tanto lo ha morso. Malik è colto di sorpresa da quella domanda retorica, inaspettata e ambigua, pronunciata con un tono a metà tra il sarcastico e il nostalgico – ed è come se Harry piangesse di nuovo, perché riesce a imprimere in quelle parole un dolore che supera ogni descrizione. “Più di ogni altra cosa al mondo.” La risposta di Zayn è monolitica e la sua voce è decisa – l’amore per Liam è l’unica certezza che ha nella vita, le fondamenta che reggono tutto il resto: lo fa stare in piedi.
“E allora come fai?” Un sussurro spezzato, che sottintende Danielle e tutto ciò che la riguarda – glielo sta chiedendo davvero, cerca una risposta che valga anche per lui. Hazza si gira e lo guarda negli occhi, mentre le immagini di Liam che bacia la sua fidanzata appaiono a flash nella mente di Zayn. Sta per rispondere, ma in quel momento Liam torna dalla cucina con una zuppiera e si svacca di nuovo al suo fianco, e lui è costretto ad accennare soltanto un mezzo sorriso e ad alzare le spalle.
“Faccio e basta, per lui.” È la frase che cerca di dire a Harry con gli occhi, mentre il meraviglioso ragazzo al suo fianco gli sorride, offrendogli delle patatine un po’ stantie e mettendogli un braccio attorno alle spalle.
Per lui, qualsiasi cosa.








Niall.

Breathe in, breathe out/Move on and break down/If everyone goes away/I will stay
Mat Kearney – Breath In Breath Out




È ora di cena e Niall è arrivato da poco – allertato da Liam – con cinque pizze d’asporto, immaginando che in un tale clima funereo nessuno avrebbe avuto voglia di cucinare. Sia Liam sia Zayn si sono profusi in ringraziamenti – soprattutto perché la sua presenza porta sempre un po’ di allegria in più -, ma quando Payne ha notato il numero dispari di cartoni, lo ha fulminato con un’occhiata, precedendo di pochissimo il commento spento di Harry: “Non credo aspettiamo nessuno: hai preso una pizza in più.” Contro gli insulti a mezza voce di Payne non sono valse a nulla le sue spiegazioni imbarazzate: “Ho pensato che magari volevate fare il bis…”
Così a Niall, come punizione per una mancanza di tatto che in realtà era soltanto peccato di gola, tocca mangiare seduto sul pavimento, davanti al grandissimo televisore, mentre seguono la partita del Chelsea contro il Tottenham. La fregatura è che né a Zayn né a Liam in quel momento interessa il calcio: sono troppo impegnati a sforzarsi nel trattenersi dalle loro tipiche sdolcinatezze - come stringersi la mano a vicenda e poi guardarsi sottecchi, peggio di due colombelle innamorate – per evitare di intristire Hazza con effusioni troppo esplicite. Insomma, sono così concentrati nel fissare lo schermo e nel fare finta di niente – mentre la corrente tra di loro è così palpabile che sta elettrizzando persino gli statuari capelli di Malik –, che neanche la guardano, quella partita. A lui interesserebbe eccome; invece è costretto a stare sul pavimento freddo, rigirandosi ogni due per tre per cercare – invano - una posizione comoda sul quel cuscino. Un’ingiustizia. Senza contare che, per la miseria, dato che “Harry è ospite” – e Niall cos’è, il figlio della serva? - secondo papà Payne, a lui sarebbe dovuto toccare in sorte l’ultimo trancio. Peccato che Hazza, se è triste, riesce a mangiare praticamente solo caramelle, e ha quindi rifiutato scuotendo piano i ricci: “Non ho più fame; Nialler, è tutto tuo.” L’indifferenza e la tristezza nella sua voce lo hanno fatto sentire così in colpa, mentre si spazzolava via la pizza rimasta, che gli è andato tutto di traverso.
La partita è piuttosto movimentata - Frank ha appena tirato una punizione che mannaggia ci mancava tanto così che sfiorava la traversa - e lui, di risposta, ha appena tirato giù una serie di accidenti in gaelico misto inglese verso un soggetto non meglio identificato, quando Liam e Zayn si decidono finalmente di smettere di ammorbare l’aria della stanza di tensione sessuale e di andare a risolverla in camera del padrone di casa. Non appena escono dal salotto, Niall, con un sorrisetto soddisfatto, si getta sul divano, dove, alleluia, il suo sedere trova un po’ di sollievo – lo stesso sorrisetto, però, sparisce, nel vedere l’espressione scolpita di Harry. Senza pensarci due volte, si solleva dalla posizione svaccata appena conquistata e lo chiama: “Ehi Haz, vieni qua.” Allarga le braccia e poi gli fa segno con le mani di sedersi accanto a lui: Harry si morde il labbro ancora una volta, poi si alza dalla poltrona e lo raggiunge tra i cuscini, appoggiandogli la testa su una spalla. Niall non riesce a vederlo, ma sa che ha chiuso gli occhi, quando gli chiede, lentamente come suo solito, calibrando le parole: “Nialler… Secondo te… Come fa?”
Il tiro di Adebayor è finito alto oltre la porta di Cech, ma il brivido Niall lo ha sentito comunque; ci mette perciò un secondo in più a connettere che cosa gli abbia chiesto Harry. “Eh?” Styles è costretto a ripetere, titubante, come se avesse paura di parlare: “Per te… Zayn… come fa?”
È dal tono insicuro, oltre che dalla domanda insidiosamente sintetica, che Niall capisce che deve concentrarsi e lasciar perdere almeno per il momento il Chelsea. Con un enorme sforzo di volontà, afferra il telecomando e abbassa il volume, per poi girarsi verso il suo amico: Harry tiene davvero le palpebre abbassate, le ciglia da ragazza a sfiorargli le guance, come se fosse stanco, e continua a tormentarsi la bocca con i denti.
Ignorando la fitta all’altezza dello stomaco – quel cavolo di gallese, Bale, ha appena segnato, maledetto -, deglutisce e cerca di racimolare i neuroni, per capire di che diavolo stia parlando. Lo guarda di nuovo, provando a decifrare il suo silenzio – compito che in una situazione normale, spetterebbe a Louis. È grazie al pensiero di Tomlinson che la materia grigia nel suo cervello si attiva, in un lampo di comprensione – s'innesca automaticamente la percezione della sofferenza di Harry, e nel petto gli cresce un’immensa tristezza.
“Stai parlando di Danielle?” gli chiede, delicato, afferrandogli una mano, a rassicurarlo - un microscopico cenno d’assenso è l’unica risposta che ottiene, sufficiente però per fargli capire che cosa deve dire; lui non è mai stato uno molto bravo con i discorsi – tanto è vero che di solito sono Harry, o Liam, che parlano durante le interviste -, ma ha sempre avuto una discreta capacità empatica, e sa quali sono le parole giuste in questo momento.
“Beh, sai, io credo che Zayn sia davvero innamorato di Liam. Cioè, lo sai che, in genere, Liam è considerato quello più maturo. Beh secondo me non è così, quando si parla dei sentimenti tra loro due: per me Zayn lo ama in modo più… “ esita un attimo, cercando l’aggettivo che esprima al meglio quello che pensa di Malik “adulto. Cioè, è capace di qualsiasi cosa per lui, anche di ingoiare l’orgoglio e di accettare di condividerlo con Danielle.” Niall si gratta la guancia - la barba del giorno prima comincia già a pizzicare – pensoso. “Non credo farebbe neppure la metà di uno sforzo simile per nessun altro.”
Harry rimane immobile, gli occhi sempre chiusi. “Ma se Liam sta con Danielle, vuol dire che non lo ama.”
“Sbagli. Come ho detto, Zayn lo ama in modo più, beh…” che palle, fa fatica a esprimere correttamente quello che nella sua testa – ma soprattutto nel suo cuore – vede con chiarezza. “assoluto. Liam è solo un po’ più confuso, ma questo non vuol dire che non lo ami.” Niall sbuffa e si passa una mano nei capelli, mentre al suo fianco Harry trattiene il respiro, in attesa. “Cioè, immagino che i pensieri di Liam siano i più incasinati del mondo: da una parte ha Danielle, che è una ragazza dolcissima, con cui sta dalla notte dei tempi e a cui è davvero affezionato; dall’altra c’è Zayn, di cui non può più fare a meno.”
Hazza sospira piano – e a Niall sembra di leggergli nella mente, con i ricordi di Louis che si accavallano alle sue parole. “È un bordello, ecco. Una volta ci ha provato, a spiegarmelo, ma è riuscito solo a ingarbugliarsi nel discorso. Il punto è che li ama entrambi, probabilmente, oppure che non è ancora pronto a ‘rischiare’ per Zayn, mollando Danielle. Secondo me più la prima, in ogni caso: Liam non è un codardo. Oppure deve solo fare un po’ di ordine nel cervello – a pensarci bene forse è così…”
“Quindi si possono amare due persone allo stesso momento?” la voce di Harry è sempre più bassa, sempre più triste. “Evidentemente, sì.” Il silenzio che segue questa affermazione sembra durare per sempre, scandito dal respiro dell’altro sul collo di Niall – mentre il Chelsea incassa il secondo goal, porca di quella grandissima…
“Non si può vivere dovendo… dividere la persona che si ama con qualcun altro. Non si può. Fa troppo… male. Sapere che non sei l’unico. È impossibile da sopportare.” Gli stringe la mano, Hazza, mentre pronuncia queste parole, alla ricerca di un appiglio, per non affondare.
“Non lo so: io non ho mai avuto la fortuna di innamorarmi… Ma può essere che tu abbia ragione: non è giusto. Zayn ha deciso di non forzare Liam a scegliere tra lui e Danielle perché ha troppa paura di perderlo – e perché non vuole metterlo in difficoltà. Probabilmente un altro lo avrebbe mandato a fanculo da un pezzo – rinunciando a lui.”
“E io cosa devo fare, Ni?” gli chiede, pianissimo, mentre i loro amici, un po’ più spettinati di prima e con le camicie spiegazzate, rientrando nella stanza - “Allora, Nialler, che combina Frank?” è la voce di Liam, gioiosa. “Secondo te?” ringhia Horan – quello 0 – 2, a favore del Tottenham che vede sullo schermo, lo infastidisce non poco.
Zayn afferra il telecomando e alza il volume, dando la possibilità a Niall di sussurrare nell’orecchio di Styles: “Dipende da quanto pensi di essere forte.”
E Hazza, stringendogli di più la mano, sa che cosa fare.













(1) Eleanor studia a Manchester e vive parte dell'anno lì - a quanto ho capito.








Nel prossimo capitolo: [...]Il problema, però – e ammetterlo lo fa stare ancora peggio, perché non è colpa sua, ma allo stesso tempo è tutta, soltanto colpa sua - è che lei a Louis non basta – e il bisogno fisico che ha di Harry si fa minuto dopo minuto sempre più incalzante. [...]






Orbene, eccomi di nuovo qui, un po' in ritardo sulla tabella di marcia per colpa di forze di causa maggiore (leggasi: scuola). Questo capitolo mi ha divertito un sacco, nonostante i toni criptici, perché mi ha dato la possibilità di provare ad analizzare i POV anche degli altri ragazzi: il più spassoso da scrivere è stato Niall, perché mi fa proprio maschio DOC, che davanti al calcio perde ogni tipo di remora - e non so cosa darei per sentirlo imprecare davanti alla tele <3. La partita mi ha anche dato la possibilità di una rivincita contro il Chelsea: ancora non mi va giù che abbiano battuto il Bayern in finale di Champions (e Ludwig sa di che parlo xD). Sproloqui a parte, ringrazio tutti per le bellissime recensioni, addirittura 10 *-*: spero che questo capitolo vi piaccia ugualmente e che tutti i boys siano IC. Let me know, mi raccomando!
See you soon,
Elena

Ps: se avereste, per qualsiasi motivo, voglia di contattarmi, mi trovate su twitter: @stormofthoughts

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Capitolo 4
*** Capitolo Terzo ***


Desclaimer: nulla di quello che state per leggere è avvenuto nella realtà, e io non ci guadagno neppure una fava sputata, in ogni caso e blablabla. Le canzoni citate appartengono tutte ai rispettivi proprietari - l'ascolto di ognuna di esse è fortemente consigliato


Attenzione: questa è una Larry Stylinson, ma non è canonica, in quanto sono presenti anche scene Louis/Eleanor - quella che segue, per esempio. Per di più qua Eleanor è tutto tranne che bistrattata. Avvisate, eh? :D Ah, c'è anche un po' di Angst e tantissima introspezione, oltre che multipli flashback. Io ve l'ho detto.





Shattered
Capitolo Terzo





Eleanor.



It was not your fault but mine/and it was your heart on the line/i really fucked it up this time/didn't I, my dear?
Little Lion Man – Mumford and Sons



È di nuovo mattina, e a Louis sembra di rivivere il giorno precedente: si sveglia nella stessa stanza, con la stessa, adorabile ragazza – la sua - nuda accanto, e quel mal di testa incessante. Un déjà-vus tradito da un solo particolare: la sensazione che gli permea le ossa non è più di disagio, ma di dolore acuto – come se lo avessero riempito di botte, si sente indolenzito, fatica a muoversi e ad alzarsi dal letto. Una morsa ferrea gli stringe le tempie, una ancora più serrata lo stomaco: gli viene da vomitare e ha probabilmente la faccia di uno che ha passato la nottata a non fare altro.
Sono quasi le dieci e, in cucina, Eleanor sta preparando la colazione; Louis la osserva, appoggiato allo stipite della porta, mentre, capelli tirati su alla bell’e meglio con un mollettone e la solita maglietta della Guinness addosso, fruga nella dispensa, alla ricerca dei cereali che gli piacciono tanto. Per quanto si senta uno straccio – e l’espressione tradita di Harry abbia tormentato i suoi sogni, così come non abbandona i suoi pensieri -, Louis non riesce a trattenersi dal sorridere: è un amore. Da ieri, dall’esatto momento in cui si è presentato a casa sua più sconvolto che mai, Eleanor non ha fatto altro che prendersi cura di lui, senza chiedere spiegazioni, accogliendolo tra le sue braccia in un rispettoso silenzio. Hanno passato il pomeriggio guardandosi le repliche de “The Inbetweeners”, abbracciati sul divano, fino al the delle cinque – lo Yorkshire Tea, il preferito di Louis, che El è andata appositamente a prendere al supermercato sotto casa, mentre lui, stravolto, dormiva. Poi si sono fatti portare cinese take away dal negozio all’angolo e, con immensa delicatezza, hanno fatto l’amore – Eleanor gli ha asciugato le lacrime con mille baci, senza una parola, e se lo è stretto a sé per tutta la notte, da perfetta fidanzata qual è.
Il problema, però – e ammetterlo lo fa stare ancora peggio, perché non è colpa sua, ma allo stesso tempo è tutta, soltanto colpa sua - è che lei a Louis non basta – e il bisogno fisico che ha di Harry si fa minuto dopo minuto sempre più incalzante. Si sta comportando da egoista bastardo, lo sa bene: da una parte ha Eleanor, che è probabilmente la ragazza più meravigliosa che abbia avuto la fortuna di incontrare, con la sua schiettezza e la sua risata e le sue attenzioni – e stare con lei lo fa essere una persona migliore. Dall’altra ha Harry, che è, in sintesi, tutta la parte di mondo che lui stesso non è: quando è con lui, Louis è se stesso all’ennesima potenza, completo e libero e felice – collimano alla perfezione e anche quelli che sono i piccoli screzi quotidiani, li vivono come parte di un disegno più grande.
Nonostante non sia sua intenzione farlo – anzi, non riesce proprio a trattenersi dal provare quel casino nel cuore -, Louis sta tenendo il piede in due scarpe. Non solo questo non è un atteggiamento corretto, né nei confronti di Harry - che (se ci pensa, gli vengono i brividi), conscio di quello che succede, sarà distrutto -, né tantomeno nei confronti di Eleanor, che, ignara, lo ama per quello che è; il punto è che sta prendendo in giro due delle migliori persone che lui conosca – e nessuno dei due se lo merita. Louis si fa schifo, perché ieri sera, baciando Eleanor, ha iniziato a piangere come un bambino, pensando a Harry. Louis si fa schifo, perché tre giorni fa, accarezzando i ricci indomabili di Styles, li ha confusi con i capelli setosi, per quanto ondulati, della sua ragazza. Louis si fa ancora più schifo perché non riesce a fingere, in quel momento, davanti al cipiglio preoccupato di Eleanor, che vada tutto bene – e perché non riesce neppure ad essere sincero.
Il sorriso che gli rivolge, passandogli la tazza di cereali e il cartone del latte, è troppo bello per essere vero – confortante, affettuoso -, e a Louis l’incipit di quello che sarà probabilmente il discorso più difficile della sua vita sorge spontaneo dal cuore: “El, scusami, ti prego; ti ho rovinato tutta la giornata, ieri, e non ti ho neppure spiegato che cosa sia successo…” Eleanor rinnova il sorriso, mentre alza la mano per interromperlo. “Non dire stupidaggini, Lou, lo sai che non mi hai rovinato nulla. Sapendo che stai così male, non vorrei essere da nessuna parte se non vicino a te.”
Lo sguardo di Louis s'illumina di gratitudine, nel mezzo del grigiore del suo viso; poi però lui si schiarisce la voce e, raccogliendo quel coraggio che, di solito, non gli manca, sillaba, piano: “Ho litigato con Harry.”
Lo dice tenendo il viso verso il basso – colpevole -, e non riesce a esalare che un sussurro: ammetterlo ad alta voce, anche se attraverso un mero eufemismo – non è che abbia “litigato con Harry”: ha spezzato il cuore alla persona più importante della sua vita –, lo rende più consapevole di ciò che è accaduto; se possibile, si fa ancora più schifo di prima. È necessario che intervenga Eleanor, una mano delicata che si posa sulla sua, per fargli alzare lo sguardo: gli occhi scuri di lei, così caldi e rassicuranti, si fissano nei suoi, mentre gli incisivi vanno a tormentare il labbro inferiore – e nella mente di Louis alla sua bocca si sovrappone per un attimo di troppo quella più rossa di Hazza -, in attesa.
“Dimmi qualcosa che non avevo già capito.” È il commento a mezza voce della ragazza; al che può darsi che sopra la testa di Louis compaia un gigantesco punto interrogativo, perché la sua espressione non potrebbe esprimere una perplessità maggiore. “Come?”
Eleanor sorride di nuovo, dolce: “Credo che lui sia l’unica persona per cui ti permetteresti di distruggerti così.” Gli accarezza la mano, per poi continuare: “Sai, voi due siete un mistero; credo che nessuno vi capirà mai fino in fondo – io di sicuro non ci riesco neppure superficialmente. Quello che è certo è che tu e Harry avete bisogno l’uno dell’altro: mi è stato chiaro sin dalla prima volta che vi ho visto insieme, la sera che ci siamo conosciuti.”
Louis si ricorda quella serata campale come fosse ieri; erano settimane che Harry lo prendeva in giro, dicendogli che ormai era da talmente tanto tempo che scopava soltanto con lui, che si era dimenticato come si faceva con una ragazza. Poi, dopo un pomeriggio piuttosto interessante trascorso sul divano di casa loro – durante il quale avevano fatto di tutto, tranne guardare la televisione -, erano andati a ballare con un gruppo di amici di Harry – e Louis aveva incontrato Eleanor. Le prime due ore di conoscenza l’avevano trascorse ridendo, ballando come due idioti a un lato della pista – El aveva imparato subito il mitico “Stop the traffic, let them through” e si erano divertiti a impressionare il resto del locale con un passo a due improvvisato. Poi avevano scoperto una comune passione per “The Inbetweeners” e, sui divanetti, avevano cominciato a parlare. “Scommetto che anche oggi vai in bianco, Boo.” Aveva riso Harry, lo sguardo annebbiato dall’alcool e una ragazza carina al braccio. Louis se li ricorda ancora, i lineamenti induriti di Styles, quando gli aveva risposto. “E chissenefrega.” Effettivamente, al contrario di Harry, Louis aveva concluso la serata con un nulla di fatto, ma il numero di Eleanor nella rubrica del cellulare era stato per lui una conquista sufficiente – arrivato a casa, le aveva mandato un messaggio, sorridendo come un ebete e ignorando i gemiti provenienti dalla stanza accanto. Quando la “botta-e-via” di Hazza se ne era andata, lui si era infilato nel letto di Louis, i suoi piedi gelidi incollati ai polpacci dell’altro, le loro gambe intrecciate. “Fammi spazio, Lou, che non riesco a dormire da solo, ho freddo.” Gli aveva sussurrato all’orecchio, appoggiando la testa al suo braccio; avevano dormito così, Hazza su un fianco, aggrappato al suo pigiama, Tommo con una mano tra i quei capelli ricci e il sorriso di Eleanor ancora impresso nella testa.
Una serata davvero indimenticabile - l’inizio di qualcosa e la frattura di qualcos’altro: il primissimo segnale della sua ormai palese dicotomia –, per Louis, il quale, alle parole di Eleanor, annuisce, senza però perdere quell’espressione perplessa: “Ma di cosa…?”
“Non vi perdete mai di vista, l’uno sa sempre dov’è l’altro e cosa sta facendo. Voi non parlate, vi capite e basta.” Louis fa per interromperla, cercando quasi di giustificarsi, ma lei glielo impedisce.
“All’inizio pensavo fosse solo una forte amicizia, una simbiosi totale come quella che ho io con Sana. Poi però io e te abbiamo iniziato a frequentarci e, beh, ho conosciuto anche gli altri tuoi amici.” Sospira, sfiorandosi una tempia scoperta con i polpastrelli; è bellissima, con quell’espressione malinconica, e Louis non riesce a staccarle gli occhi di dosso. “Vedere il tipo di rapporto che hai con Liam, o con Stan, mi ha fatto aprire gli occhi: non provi quel tipo di…” si inumidisce le labbra, cercando la parola adatta “devozione per nessun altro. Tantomeno per me.” Sorride, con una punta di amarezza, e Louis trattiene il respiro: esattamente come Harry, Eleanor sa – e questo accresce soltanto il disgusto che prova verso se stesso. L’espressione che ha sul viso deve tradire il suo stato d’animo, perché lei sorride di nuovo, mentre scuote piano la testa. “Non fare così: non è colpa tua. Sai, subito dopo che l’ho capito, ci sono stata male, e anche tanto. Hai presente quel weekend a marzo, quando sono tornata a Manchester di sabato mattina, di tutta fretta?” Eccome, se Louis ha presente. Venerdì sera lui e Hazza avevano invitato un po’ di gente a casa loro, giusto per fare un po’ di casino: c’erano i ragazzi – Liam era diventato improvvisamente di cattivo umore, sul divano accanto a Danielle, nel vedere lo schianto di ragazza che era riuscito a rimorchiare Zayn. In realtà Malik aveva bevuto tantissimo, quindi risultava quasi impossibile da avvicinare - ruttava come un animale e puzzava di vomito – eppure era riuscito nella straordinaria impresa di trovarsene una. E dire che era ubriachissimo, persino più di Ed Sheeran, che, dopo un doppio turno a Birra Pong contro Niall, era immobile nella stessa posizione da circa mezz’ora, seduto al tavolo della cucina, con la testa tra le mani: piuttosto inquietante, tanto che ogni dieci minuti Louis si sentiva in dovere di controllare che non fosse morto – non muoveva un muscolo. C’erano un bel po’ di amici di Harry, con appresso uno stormo di “amiche” di Harry, che facevano a gara a chi ci provava di più con il padrone di casa: Louis si ricorda gli sguardi maliziosi che Hazza gli lanciava, insieme a un sorriso un po’ brillo, un po’ di sfida, con il braccio destro intorno alla vita di una bionda. Louis si ricorda anche le fitte di gelosia nel vederlo sistemare una ciocca di capelli dietro l’orecchio di una ragazza, per poi avvicinarsi e sussurrarle qualcosa: dopo questa scena, Tommo aveva tracannato a goccia quello che rimaneva del suo drink.
Ovviamente, c’era anche El; se Louis chiude gli occhi, riesce ancora a visualizzarla, stupenda nel suo vestitino verde, con i capelli raccolti, mentre scambia due parole con un Harry più meraviglioso che mai, con la camicia blu scuro semiaperta e i ricci scompigliati – Louis crede di non aver mai visto niente di più bello di loro due insieme. Certo che ha presente: guardarli chiacchierare, le sue due persone, anche se per poco, lo ha reso più felice che mai – forse allora è possibile. Poi però Eleanor se ne era andata, dicendo che aveva ricevuto una telefonata dalla sua coinquilina e che era urgentissimo e che non poteva aspettare fino a lunedì. Aveva persino rifiutato un passaggio a casa da Louis, dicendogli di aver già chiamato un taxi e di non preoccuparsi che andava tutto bene. Il giorno dopo si erano sentiti per messaggio – e la preoccupazione di Louis cresceva, mentre, seduto sul letto, smanettava con il suo Blackberry – e Harry, da dietro, gli baciava languido il collo. Quella domenica lei lo aveva chiamato e lo aveva rassicurato, parlando di Tanya e di idraulici e tubi e di cose a cui Louis non aveva prestato troppa attenzione, perché Hazza gli sorrideva invitante dalla vasca da bagno: tutto si era sistemato, e andava bene così, senza porre troppe domande, per evitare di intuire la verità. Ovvio che se lo ricorda, Louis: uno dei weekend di sesso migliori della sua vita. Così annuisce, inorridendo al pensiero di quello che deve aver pianto El in quelle 48 ore che lui ha passato tra le lenzuola con Hazza – il paradiso.
“Sai, non è facile capire che il ragazzo che ami in realtà ama un’altra persona.” La malinconia negli occhi di Eleanor trabocca, e Louis non riesce più a stare zitto. “El, ma io ti amo.” Questa dichiarazione gli esce dalla bocca come un gemito, carico di sofferenza.
El distende le labbra in un sorriso sempre più triste, quando gli dice: “No, Louis: sarai magari forse  innamorato di me, ma la verità è che ami Harry.” Lo guarda seria negli occhi, e Louis sa che cosa intende: il fatto che dipenda da Hazza nella quotidianità, che sia insopportabile la sua assenza, che non varrebbe la pena alzarsi dal letto ogni mattina, se poi non potesse tornare a casa la sera e raccontargli la sua giornata. Eleanor è riuscita a cogliere molto più di quanto Louis stesso abbia mai razionalizzato: lui non esisterebbe, senza Harry, né tantomeno vorrebbe farlo. Non solo ha capito, ma lo ha anche accettato, in quanto parte integrante di cioè che Louis è. “Non te ne ho parlato prima perché andava tutto bene: a me basta che tu sia felice e finché io sono parte della tua felicità, mi sta bene anche se non mi ami. Evidentemente, però, io posso solo renderti meno triste; quindi basta storie e vai da lui, adesso.”
Louis fissa quegli occhi scuri che lo trapassano da parte a parte – e lui non ha mai avuto così tanta voglia di baciarla come adesso. Lo fa, in uno scatto che fa scontrare le loro bocche – un bacio pieno di dolore. Quando si staccano – e Louis deve riprendersi dalle farfalle che vorticano furiose nel suo stomaco -, la sua fidanzata ripete: “Vai da lui, adesso. Vi siete fatti del male abbastanza, è ora di risolvere le cose.” Louis protesta piano: “Non è così semplice…” “Cazzate.” El è secca – lo sta ancora fissando negli occhi, risoluta come non mai – e gli stringe la mano. “Louis, dovete parlare, chiarirvi, perché non potete permettervi di perdervi a vicenda: vi distruggereste inutilmente, e poi a me toccherebbe raccoglierti con il cucchiaino. Inoltre, se alla fine devo rinunciare a te, tu devi promettermi di fare di tutto per essere felice con Harry.”
Me lo devi – sottintende la sua espressione, più determinata e dura di quanto Louis l’abbia mai vista. Per quanto sappia di non meritarsela, bacia di nuovo la sua ragazza, il petto gonfio di affetto, con più delicatezza, indugiando sulle labbra – per imprimere quell’addio con dolcezza tra le pieghe della sua pelle.
“Muoviti, va’.” El ridacchia, guardandolo negli occhi – e Louis sente quanto lei lo ami e non potrebbe esserle più grato -, poi gli dà una spintarella: “Dai, che poi va a finire che arrivi tardi come tuo solito e non lo trovi.” Tommo non se lo fa ripetere due volte, e, una doccia e un abbraccio lunghissimo dopo, esce da quella casa, diretto, con il cuore in gola, verso Harry.





I'm on the road/To who knows where?/Look ahead, not behind/I keep saying/There's no place to go/Where you're not there
One Republic - Prodigal



“Dai, cretino, rispondi al telefono, che lo so che mi stai ignorando apposta.” Borbotta tra sé e sé Louis - incapace di stare zitto anche quando è da solo -, mentre schiaccia a caso tasti del Blackberry, cercando di chiamare Harry per l’ennesima volta e, allo stesso tempo, di non schiantarsi con la Porsche contro qualche bus di Londra. Di nuovo, sono solo le parole gracchianti della segreteria telefonica a rispondergli: “Ehm, sono Harry. Se avete qualcosa di importante da dirmi… beh… fatelo dopo il beep. Ciao!”
Frustrato, Louis lancia il cellulare sul sedile accanto al suo, in un gesto di rabbia; non è soltanto l’impossibilità di parlare con Harry a renderlo nervoso, contribuiscono anche i semafori rossi – troppi, a separarlo da lui. E per di più quella schifosa voce metallica, un’imitazione fin troppo pallida dell’originale, non fa altro che accrescere la sua voglia di parlargli, anche soltanto per sentire il suo accento e quel tono profondo e il modo in cui scandisce le parole e vaffanculo non riesce a non pensarci neppure per mezzo secondo. Si passa una mano sulla fronte, togliendosi il cappello che gli ha messo in testa El prima di lasciarlo uscire - “È di Harry, vero? Ho sempre pensato stesse meglio a lui: devi restituirglielo.” – e scagliandolo accanto al Blackberry. Quello stupido orgoglioso di uno Styles, perché non la pianta di far finta di nulla? Alla decima telefonata senza risposta, uno potrebbe anche pensare, magari, che chi sta chiamando sia una minima preoccupato, no? Evidentemente, o Harry non lo capisce, o se ne sbatte del tutto. Più probabile la seconda. Come direbbe Liam, Harry in questo momento è “uno spreco totale di neuroni”. Louis ridacchia: quante volte si è sentito appellare in quel modo! Quando è arrivato un’ora e mezza in ritardo in studio registrazione, o quel pomeriggio in cui ha dormito fino alle tre e mezza, dimenticandosi dell’intervista che avrebbero dovuto tenere alle quattro. La situazione era così grave – la suoneria del cellulare non lo scalfiva neppure un millimetro - che era dovuto intervenire Paul, scortato da uno sconsolato Liam, che sorrideva scuotendo la testa: “Sei sempre il solito spreco di neuroni, Tommo.” Un’ottima definizione, in effetti, anche se ora i ruoli sembrano essersi invertiti – o almeno, lui si sente un po’ Payne  in quel momento, così in fibrillazione: il proprio cipiglio che ha intravisto per un attimo nello specchietto laterale era uguale a quello di Daddy Direction nel suo massimo splendore di mamma preoccupata/incazzata nera. È quel pensiero che gli fa scattare la molla nel cervello, a dimostrare che, in realtà, le sue cellule cerebrali non sempre vanno sprecate –  perlomeno non del tutto: Liam.
Louis agguanta il telefono e cerca il suo nome nella rubrica – un paio di tuuu tuuu a vuoto, e poi eccolo lì, il suo monorene preferito.
“Louis.” Ed eccolo lì, il tono di rimprovero che si aspettava – e, altrettanto previsto, il commento di Zayn in sottofondo, con la sua sempre efficace sintesi. “È Tommo? Mandalo a cagare da parte mia, che si è comportato da schifo.”
Louis non fa neppure in tempo a dire: “Ehi, Liam.” che questo ha già attaccato a parlare, sciorinandogli una serie di insulti in stile Payne – ovvero, tutti i modi per darti del bastardo stronzo orribile senza cadere nel volgare e riuscendo quindi ancora di più a farti sentire una pessima persona.
“Alla buon ora, Louis, quanto ancora pensavi di aspettare prima di chiamare? Sono passate più di ventiquattro ore da quando si è presentato a casa mia, così sconvolto che sembrava…  sembrava…” si ingarbuglia nelle parole, cercando un termine di paragone che renda giustizia all’espressione tormentata e affranta di Harry. Louis, nonostante le fitte al petto al pensare quanto dolore sia riuscito a causare in appena una giornata – e la tristezza di Eleanor questa mattina si aggiunge alla lista -, per poco non scoppia a ridere, quando Liam completa la frase: “Sembrava un cucciolo abbandonato!” – e l’immagine flash di Harry in stile Gatto con gli Stivali di Shrek lo distrae per un attimo dal discorso del suo amico. “ …mai visto in questo stato, non ha detto praticamente mezza parola fino a stamattina, non ha mangiato – se escludi un quintale di Haribo davanti alla televisione – e ha voluto persino dormire con Niall!” Louis aggrotta le sopracciglia nel sentire l’ultima informazione: questo sì che è grave. Nessuno vuole mai dormire con Niall, dato che è un disastro: russa, scalcia e, soprattutto, sbava sul cuscino peggio di un bulldog.
Liam prende fiato e Louis ne approfitta per fermare la sua arringa: “Liam, lo so, sono stato un codardo: non mi sono fatto sentire perché avevo paura, ok?” Fatica a pronunciare queste parole, che gli grattano la gola come carta vetrata, facendogli istantaneamente inumidire gli occhi.
Nel sentirlo così, Liam si addolcisce – Tommo lo capisce dal modo in cui ha trattenuto il respiro, e può quasi vedere le sue folte sopracciglia allungarsi verso il basso dal dispiacere. Il rimprovero è sostituito dalla delicatezza, nella sua voce, mentre gli chiede piano: “Paura di cosa?”
Louis fa un bel respiro, mentre la coda di macchine in cui si è imbottigliato procede a passo d’uomo: “Gli ho fatto male, Liam. Non sono stato del tutto sincero con lui, perché ero confuso e perché c’erano troppe cose in ballo e perché non capivo niente. Sentirlo ieri sera, o stamattina, avrebbe significato soltanto sentire quanto sta soffrendo, perché non sarei stato in grado di dargli spiegazioni o di confortarlo. E non sarei riuscito a reggerlo. Avevo paura di toccare con mano quanto sta di merda, perché è solo colpa mia se sta di merda. Non volevo sentirmi più in colpa di quanto già non mi sentissi.” Espira profondamente, quasi si sia liberato di un peso, mentre qualche lacrima gli sfugge dalle ciglia.
La voce di Liam è ancora più calda e più rassicurante di prima, mentre dice: “E allora perché lo stai chiamando adesso? Cosa è cambiato, Tommo?”
A Louis scappa un sorriso triste: “Eleanor mi ha fatto capire un paio di cose.” Ora sono sicuro di quello che provo, omette, perché sa che Payne non ha bisogno che lui lo confessi ad alta voce.
A Liam, invece, scappa un piccolo sospiro di sollievo, cogliendo l’implicazione: “Meno male. Ora è a casa vostra – visto che avevi chiamato per saperlo. Muoviti, se vuoi riuscire a beccarlo prima che finisca di imballare la sua roba.”
“Imballare…?” Gli si congela l’aria nei polmoni: cosa?
Improvvisamente, Zayn si intromette nella conversazione: “Scemo, se ne sta andando. Vuole stare fuori di casa per un po’, capisci? Quindi muovi il culo e cerca di raggiungerlo, prima che si trasferisca da Niall.”
“Io non…” Louis è shockato, non riesce a collegare le parole di Zayn e dar loro un senso compiuto. Quando lo fa, smette del tutto di respirare: non può essere. Hazza non può non voler più vivere con lui, non condividere con lui la colazione, il frigo, i vestiti, il letto, i baci, il sesso, l’odore. Non può succedere.
“Louis? Lou, sei ancora lì?” Liam, apprensivo, lo richiama alla realtà.
“In ogni caso, se ne è andato da appena un’oretta, per cui dovresti fare in tempo. Dove sei?”
Louis deglutisce, poi gracchia: “Sto parcheggiando.” “Bene.”
Ed è con l’abbraccio telefonico di Liam e il commento motivazionale di Zayn che tira giù la serranda del garage e corre verso l’ascensore del suo palazzo, pregando tutti i santi di tutte le religioni che Harry non sia già uscito.












Chiedo scusa per il terribile, tremendo, terrificante (ecc.) ritardo, ma mi è successa, purtroppo, la maturità e sono riuscita a riprendere la storia solo dopo giugno. Questo non giustifica il fatto che siamo ad Agosto, quindi mi scuso immensamente :D In ogni caso, beh, il capitolo è più lungo degli altri ed è anche stato il più difficile da scrivere: la parte di Eleanor, soprattutto, mi ha fatto sudare sangue, in quanto ho cercato di farla sembrare plausibile. In parte è evidente che io non ci sia riuscita - come direbbe la mia amica Ludovica, la maggior parte della gente NON reagirebbe in quel modo -, ma io credo che se si ama davvero qualcuno, si spera nella sua felicità, non nella propria, e la mia Eleanor ama sinceramente Louis. Spero di essere stata chiara all'interno del capitolo, e che le ragioni sia di Eleanor che di Louis siano espresse bene.
Ah, Harry Styles tipo Gatto di Shrek mi è venuto in mente guardando il mio gatto (che ha gli occhi verdi) mentre piangeva disperato perché voleva mangiare... e Niall sbava veramente nel sonno, lo ha ammesso lui stesso su Twitter tempo fa (ah quanto lo amo! <3)
Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, ed è già in fase di elaborazione, anche se non sono sicura quando riuscirò a postarlo: tra poco parto per le vacanze :)
Detto ciò - e ringraziata come al solito il mio angelo personale, il mio Castiel in miniatura, Ludovica - , aspetto i vostri pareri^^ Let me know!
Elena

Ps: per qualsiasi cosa, contattatemi se volete su Twitter: @stormofthoughts

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