Shh, it's okay, it's okay. It's me. It's okay. You're safe.

di Liz Earnshaw
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Darkness. ***
Capitolo 3: *** The big moon. ***
Capitolo 4: *** Tension. ***
Capitolo 5: *** Journey. ***
Capitolo 6: *** Door number fifty-eight. ***
Capitolo 7: *** Choose. ***
Capitolo 8: *** Why? ***
Capitolo 9: *** Why? seconda parte. ***
Capitolo 10: *** Promises. ***
Capitolo 11: *** White blank page. ***
Capitolo 12: *** Escape. ***
Capitolo 13: *** Werewolves. ***
Capitolo 14: *** Oh, you are my drug! ***
Capitolo 15: *** Loyalty or Falsity? ***
Capitolo 16: *** I have to. ***
Capitolo 17: *** Be you, just for tonight. ***
Capitolo 18: *** Shh, it's okay, it's okay. It's me. It's okay. You're safe. ***
Capitolo 19: *** The host. ***
Capitolo 20: *** Please, come back to me. ***
Capitolo 21: *** Humanity. ***
Capitolo 22: *** L'anima gemella: epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***


La casa era così grande e immensa che niente avrebbe potuto renderla tenebrosa e glaciale. Nessuno. Nessuno tranne me, Klaus Michaelson. Il camino ardeva grazie alle fiamme alte e calorose. Eppure anche quelle mi sembravano oscure. Quella stupida di Elena era diventata una vampira. Sorrisi.
-Una... una vampira! -E scoppiai in una fragorosa ed isterica risata. 
Nel liquido rosso che sostenevo nel bicchiere si rifaceva il mio riflesso. Ingoiai l'ultimo sorso che scese dritto nella gola assetando la mia sete implacabile. Solo una goccia rimase lì, sul lato destro delle rosee ed eleganti labbra. Sembrava intimorita anch'essa dalla mia ombra perciò placai la sua paura e la ingoiai sentendomi sazio. Sul tavolo giaceva, quasi inerme, un disegno. Lo osservai con disprezzo nonostante l'avessi fatto io stesso e, perdonatemi, ero il migliore. Solo che quel foglio avrei voluto prenderlo a morsi. Sopra c'era raffigurata una giovane ragazza dai capelli biondi e lucidi come il sole; il suo sorriso era splendente e coinvolgente. Afferrai la carta e la gettai dall'altra parte del salone. Si fermò, improvvisamente, sotto le luccicanti scarpe di una sinuosa ragazza: Rebekah.
-Non farlo Bekah! Non... -Ormai era fra le sue mani. Mi girai dall'altro lato, estasiato.
-Oh, Klaus! Elena non è più la doppleganger, è un vampiro e non può generare il suo sangue... al massimo inizierà a berlo. -Sogghignò, felice per quello che aveva fatto. Perchè sei ancora a Mystic Falls?
Non le diedi il momento per continuare perchè mi aveva stufato. La afferrai dal collo scaraventandola sul muro. Con un ringhio feroce le mostrai i denti aguzzi e sembrò terrorizzata da quella scena quasi quanto le mie docili prede.
-Tu perchè sei ancora qui, eh? -Le chiesi infastidito.-Siamo una famiglia! -Tossì.
-Esci. 
Distesa per terra ignorò il mio ordine.
-LEAVE! 
In un attimo fu via dal salone. 
Ero solo eppure non mi sentivo tale, quel dipinto continuava a farmi compagnia
Afferrai la giacca ed abbandonai la casa calpestando quel viso, quel maledettissimo viso. 

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Capitolo 2
*** Darkness. ***


Finalmente giunsi davanti alle ampie e prorompenti colonne bianche di casa Mikaelson. Era bellissimo l’esterno incorniciato da alti e verdi pini e dalla bellissima e sgorgante fontana. La casa dei sogni, insomma. Peccato che dentro ci abitavano i cattivi. Suonai ripetutamente senza ottenere risposta così entrai argutamente dalla finestra della living room.
-Klaus! –Urlai.
 Era tutto spento e il camino ardeva debolmente. Mi girai attorno e vidi dei mobili lussuosissimi presi chissà quando e chissà dove. Luccicavano seppur nulla, se non il legno stesso, potesse farli splendere. Fantastici.
Per terra c’era il parquet, degli eleganti tappeti e un… foglio?
Lo afferrai e notai immediatamente la sua firma. Il disegno mi raffigurava nel prato del giardino mentre annusavo una rosa rossa, appena sbocciata. C’era scritto “To Caroline, Klaus” a destra.
-Che ci fai qui? –La sua voce echeggiò nel buio pesto. Mi voltai ma non c’era. Poteva trasformarsi in lupo e uccidermi o semplicemente spezzarmi il collo da un momento all’altro. Dovevo scappare.
-Caroline, non sai che non si entra nelle case degli altri senza invito? Non te l’hanno insegnato? –Era alle mie spalle, sentivo il suo fiato sul collo e tremavo dalla paura così tanto che il foglio cadde per terra, esanime. La sua voce era così inquietante da far paura anche ad un potentissimo cacciatore di vampiri.
Improvvisamente lo trovai davanti a me, a due centimetri dal mio viso. Sembrava che il male incorniciasse i suoi sinuosi e famelici lineamenti, nel buio vagava perfettamente, senza paura e senza sosta. Si orientava e si destreggiava perfettamente fra le ombre che non lo risucchiavano, ma lo accarezzavano. Era il Sire del male. Delle vibrazioni percorsero inaspettatamente il mio corpo che, seppur pronto all’azione, non mosse un dito.
-Cosa vuoi? –Mi chiese, stufato.
-Tyler! Dov’è? Cosa gli hai fatto? –Ero decisa a sapere che fine avesse fatto fare al mio uomo e l’avrei saputo, a costo della mia stessa vita.
-Sai, non capirò mai tutto questo interesse nei suoi confronti! E’ una nullità, Caroline! E’ una causa persa!
Quasi come se non comandassi il mio corpo, gli sferrai uno schiaffo.
Il suo sguardo penetrò il mio e, in quel momento, capii che era necessario scappare. Ma ancora una volta non lo feci perché fu lui, come sempre, a precedermi. Era sparito.
-Klaus! Dimmi dov’è! –Ormai la ferrea voce aveva lasciato spazio ad un tono passivo. –Ti prego.
Prese il cellulare e me lo passò.
-Caroline! –La voce di Tyler, era la sua!
-Oh mio Dio! Tyler! Tyler oh… oddio! Come stai? Perché non torni? Perché non rispondi alle mie chiamate!
-Cosa ci fai lì, Caroline? Non devi andarci! E’ un mostro, mi ha asservito… un’altra volta! Non posso tornare a Mystic Falls e neanche tu! Il consiglio ti prend…
Klaus riprese il cellulare e chiuse la linea mentre lui parlava.
Scoppiai a piangere, senza che in realtà volessi farlo. Era un pianto di sfogo, di felicità e commozione. L’avevo sentito e stava bene.
-Contenta, adesso?
Non mi importava di quell’idiota e dovevo andarmene, come Tyler aveva detto ma….

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Capitolo 3
*** The big moon. ***


Ma ciao! Bene, questo è un nuovo capitolo della storia. Spero vi piaccia e spero di ricevere recensioni per capire cosa devo fare, se continuare o meno. Un bacio :)

POV CAROLINE


-Sì, grazie. Addio! –Con quel telegramma cercai di salutarlo ma, in un attimo, fu di nuovo davanti a me. Sbuffai, estenuata.
-Cosa c’è, adesso? –Chiesi, impaziente di ricevere il “permesso” di lasciare quella maledettissima casa.
-Nulla, rispondi al cellulare Caroline. –Mi ordinò, affondando i suoi occhi neri nei miei. 
-Che stupida! Non l’ho proprio sentita! –Affermai cercando il cellulare.
-Già. –Si allontanò a passi lenti, raggiungendo la finestra dalla quale iniziò a scrutare il cielo stellato di quella limpidissima e silenziosa notte.
-Elena? –Domandai, osservando con curiosità lo strano atteggiamento di Klaus. Cosa aspettava?
-Caroline, ascolta! Non devi uscire da quella casa, siamo intese?
-Elena, tu stai delirando! Io devo –incisi quel verbo come più potevo!- andarmene di qui! Adesso!
-No! Il consiglio potrebbe prenderti! Sta cercando te e Tyler! Su Klaus nessuno dubita, per ora. Io, cioè, Katherine adesso sta andando al consiglio dove soggiogherà tutti.
-Scusa? Hai per caso nominato quella stupida ed egocentrica vampira? –Elena era impazzita, pensai camminando avanti e indietro per il soggiorno.
-Io sono troppo inesperta mentre lei è potente e sembrerà me, Elena Gilbert, la ragazza a cui sono morti i genitori e sulla quale nessuno dubita. Hai capito adesso?
Sbuffai, avrei voluto essere da qualche altra parte e con qualcun altro. Tipo Tyler.
-Sì, è tutto chiaro. Avvisami quando hai… ha finito. Okay?
-Sarai la prima a saperlo! –Riattaccò.
Mi sedetti sul divano, spazientita.
-Si può sapere cosa osservi? –Chiesi, a denti stretti. Ero troppo orgogliosa per rivolgergli la parola ma odiavo troppo i silenzi imbarazzanti.
-La luna. E’  bellissima questa sera. Sembra una regina circondata da tantissimi sudditi, le stelle. Una dea, una dea greca. Non è mai sola la luna. E splende, sempre.
Lo raggiunsi scrutando fuori dalla finestra, imitando la sua stessa posizione come se, in quel modo, anche io avessi potuto vedere le stesse cose.
-Vieni con me. –Afferrò la mia mano incrociandola alla sua e mi trascinò su.
Aprì una finestrina e mi fece passare, indicandomi il posto in cui avrei dovuto sedermi. In un attimo si avvicinò e, un’altra volta, indicò col dito qualcosa: il cielo.
I nostri visi erano illuminati e, spesso e volentieri, mi rigiravo ad osservare il suo cercando di non farmi vedere. Sorrideva anche se non capii il perché, in quel momento.
-E’ fantastica la natura. Eppure mia madre ha osato plagiarla creando noi. Con noi intendo anche te Caroline. Tu, io e gli altri non potremo mai fonderci col sole, con  le stelle, con l’aria, con il fuoco… credo che saremo per sempre soli, sai? L’unico modo di farci compagnia è semplicemente… farci compagnia.
Scrutava tutto ciò che lo circondava come se da un momento all’altro qualcosa avrebbe potuto risucchiare qualunque presenza che fosse, anche se di poco, vicina a lui.
-Non siamo soli. Abbiamo persone che ci amano, Klaus! Nonostante ci sia sempre qualcuno  che vuole portarti via ciò che hai e sai che l’unico modo non è cercare compagnia, bensì lottare. Lottare. Lottare e basta. E’ questo ciò a cui siamo destinati fino a che non smetteranno di toglierci ciò che più amiamo. Questo, -indicai il cielo- non ti ama, non sa della tua esistenza e probabilmente ti odia perché sei un abominio!  
Mi osservò, con aria assorta. Sembrava un bambino che avevo appena finito di sgridare.
Incurante alzai il sedere da quello stupido tetto, lontano da quello stupido vampiro e da quello stupido cielo.
D’improvviso, però, un dolore mi colpì alle spalle. 

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Capitolo 4
*** Tension. ***


Bene bene, come va? Questo nuovo capitolo è un po' corto ma moooolto intenso. Spero di ricevere più commenti e positiviii! Un bacio!

POV KLAUS

Non avrei potuto fare diversamente: dovevo colpirla con la verbena prima che scappasse chissà dove. Raccolsi il suo corpo in stato di catalessi e lo portai sul letto della mia stanza. Se Caroline fosse scappata tutto sarebbe andato in mille pezzi e avrei dovuto impedirlo per evitare che la uccidessero.
Non avevo idea di quanto avesse potuto sostenere il suo corpo, sapevo che era stata torturata dal padre e che era molto forte. Nonostante tutto la lasciai lì, sotto le coperte, e mi andai a fare una doccia.
 
POV CAROLINE
Mi svegliai improvvisamente, come ci si sveglia da un incubo. Ero in un letto ampio e morbido, le coperte odoravano di rosa ed io amavo profondamente quel fiore. Accarezzai il tessuto setoso e rosso sangue. Quel colore mi fece ricordare che avevo una fame tremenda ma scacciai via quel pensiero, come Stefan mi aveva insegnato. Mi alzai e la testa era pesantissima, più di un macigno. La schiena bruciava e, toccando proprio sotto il fianco destro, lì dove proveniva l’ardore, sentii un buco che aveva perforato la mia pallida pelle.  
-Auch! –Esclamai.
Ero così disorientata da non rendermi conto, sulle prime, dove fossi. Poi una luce catturò il mio sguardo: ancora la luna. Ricordai, in un attimo, il discorso di Klaus, la mia amara risposta e la decisione di volermene andare.
Cautamente mi alzai dal letto e raggiunsi, senza farmi sentire, l’unica stanza accesa: lì doveva esserci Nick.
Con un movimento felino entrai nella stanza e gli saltai addosso.
-Come hai osato! –ringhiai tenendolo con le spalle al muro. –Verbena! Per cosa? – Tenni stretto fra le mani il suo collo che non prestava opposizione.
-Sono nudo, Caroline. Non credo sia all’indice del galateo il tuo comportamento e non credo che Tyler sarebbe felice di saperti in bagno con un seducente originale, non credi?
Accecata dalla rabbia non mi ero resa conto di quanto le sue parole fossero vere: Klaus era proprio nudo e io lo tenevo di spalle al muro senza mantenere troppe distanze. Arrossii, infastidita e vergognata. In meno di un secondo, alla velocità della luce, rantolai fuori da quelle mura dove il clima si era fatto troppo focoso. Se avessi avuto un cuore allora, probabilmente sarebbe scoppiato. Mi mancava il fiato, così decisi di sedermi e controllarlo, in qualche modo.
-E’ questo l’effetto che faccio a Caroline Forbes? Non mi servirà neanche il soggiogamento, allora! –Sorrise tirando su la cerniera e attaccando il bottone dei suoi pantaloni vellutati.
-Non viaggiare con la mente Klaus! –Ero in piedi, pronta  a mantenere il mio controllo e quella tensione ormai giunta alle stelle. La camicia blu che indossava era sbottonata, completamente. Per evitare che incrociassi ancora quegli occhi e quel corpo, mi voltai verso la finestra.
-Quanto ancora devo restare qui? –Domandai, con tono rude. Klaus mi stava mettendo in una posizione inopportuna. I miei sensi, il mio comportamento, i miei interessi sono completamente cambiati da quando sono un vampiro. La mia brama di desiderio sarà diventata mille volte più alta e queste situazioni non portavano a nulla di buono per me e Tyler. Come avrei dovuto giustificare il mio comportamento? “Sai com’è, noi vampiri non resistiamo!”. Ma poi era inutile pure parlarne, a me Klaus non piaceva.

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Capitolo 5
*** Journey. ***


Buon salve! Ecco un nuovo capitolo! Spero vi piaccia e spero di ricevere più recensioniii!!
POV CAROLINE


Le stelle luccicavano nel cielo. Splendevano, gloriose. Pensai che le parole di Klaus un senso, in realtà, ce l’avessero. Sarebbe proprio bello girare il mondo in compagnia di quel quadro perfetto che era stato disegnato chissà quanto tempo: il firmamento. Mi voltai con più sicurezza e decisa a non farmi inibire da quel corpo marmoreo.
Klaus era disteso supinamente sul grande letto posto al centro della stanza.
Mi avvicinai, serenamente, per  mettermi accanto.
Lo osservai: le labbra erano soffici e carnose. Gli zigomi erano alti e la sua pelle sembrava più liscia e pura della seta.
Passarono interminabili minuti di silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.
-Caroline, ti va di andare a fare un giro? –Chiese, scrutando il soffitto. La domanda era secca e diretta e come tutte le decisioni di Klaus, inaspettata. Mi chiedevo perché non mi guardasse. D’improvviso io ero diventata la sfacciata stesa accanto ad un elegante millenario e lui, così sfrontato, ostentava inibizione.
-Dove? –Chiesi, meravigliata. La mente di Klaus viaggiava tanto. Il suo “andiamo a fare un giro?” non era inteso al Grill o nei pressi di Mystic Falls, bensì ovunque. Avrebbe potuto portarmi anche al polo nord se avessi detto di sì. Ma infondo, che male sarebbe stato andare fare un  giro dall’altra parte del mondo?
-Dappertutto e da nessuna parte. Prendiamo la macchina e andiamo dove ci pare! –Scattò in piedi, tendendomi la mano.
La afferrai, incerta. Cinse i miei fianchi e li portò vicino ai suoi. I nostri occhi si incrociarono, ancora.
-Potremmo ballare qualcosa! –Esclamò, iniziando a danzare e a canticchiare una musica molto vicina al Jazz degli anni venti. Era proprio segnato da quel periodo.
Continuai a farmi trascinare dai suoi movimenti decisi, guidata da un eccellente cavaliere.
-Oppure potremmo gustare qualcosa che comprende la nostra dieta! –Chinò il mio corpo sul suo ginocchio, portandomi verso il pavimento. Si soffermò, allora, ad odorare il mio collo. –Possiamo fare ciò che vogliamo.
In men che non si dica mi ritrovai nell’abitacolo.
-Come? –Sbalordita, capii che non eravamo nella confortevole e oramai famigliare stanza di quella grande casa, ma nell’abitacolo di una gip.
-Impressionata? –Sorrise, soddisfatto. –Eri troppo persa per accorgertene. Nei tuoi occhi ho visto il desiderio di andar via e ti ho portato qui prima che il tuo maledetto orgoglio te lo impedisse.
-Orgoglio? Desiderio? –Sorrisi anch’io, letteralmente spiazzata. Come aveva fatto a scattare con quella velocità, come aveva fatto a capire quello che realmente volevo e che ancora non avevo, io stessa, compreso di desiderare così ardentemente. Avrei tanto voluto andar via da quel paese, dalla gente, dalla mia migliore amica appena diventata come me.
La macchina sfrecciava sicura sulla strada. In quel momento mi sentii umana, come se con quell’ auto non sarebbe potuto succedere nulla, come se con Klaus alla guida avremmo potuto raggiungere davvero il polo nord senza inconvenienti. Eppure io ero qualcosa contro natura, qualcosa che sarebbe uscita indenne da qualsiasi incidente. Un vampiro.
-Grazie. –Sussurrai, consapevole che avrebbe udito qualsiasi cosa avessi potuto dire. E a quanto pare anche ciò che tentavo di chiudere nella mia mente.
Sorrise, stringendo il manubrio.
Non sapevo dove saremmo andati a finire, probabilmente questo era un modo per vendicarsi di Elena, catturandomi avrebbe potuto minacciarla, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa di me. Anche uccidermi. Ero nelle mani del cattivo, del nemico e non mi opponevo a ciò. Per la prima volta con Klaus ero me stessa, sicura di stare nel momento giusto e con la persona giusta. Un conoscente, uno sbruffone, un’ostenta ricchezze, un nemico, Klaus per me era tutto questo. Era il pericolo e la tensione contrapposta al relax, al benessere, alla sicurezza.
Il cellulare squillò. Un messaggio:
Elena: Caroline, Katerina ha svolto il suo compito. Stefan si è assicurato che lo facesse. Puoi uscire da quella maledetta casa. Vuoi che venga a prenderti?

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Capitolo 6
*** Door number fifty-eight. ***


SSSSSSSaaaalve -mi sento Bruno Vespa!!! ahah- come vaa? Questa scuola mi sta distruggendo! Ciò non mi porta lontano da voi e dalla ff! Spero vi piaccia questo capitolo al quale non seguirà un altro se non ci saranno almeno tre recensioni! Okayy? Un bacione!

Ah, mentre leggete ascoltate questa canzone che ha prodotto il capitolo: http://www.youtube.com/watch?v=Z0kGAz6HYM8
Ditemi che ne pensate! 

POV CAROLINE

Cosa avrei dovuto dire alla mia migliore amica?
-Ehi, sono con Klaus. Torno presto.
Non avrei mai potuto farlo. Come non avrei mai dovuto tradirla. Poi pensai che, con quel viaggio, avrei potuto scoprire le debolezze di quell’uomo che mi avrebbe portata in qualche casa fantastica situata in un’isola dell’Italia, tanto per mantenerci vicini al raggio di Mystic Falls.
Alla fine decisi per una sottospecie di telegramma:
“No, tranquilla. Torno da sola. Grazie, ti chiamo appena arrivata a casa.”
Inviai quel messaggio ad Elena e cancellai tutti i brutti pensieri che mi ero fatta su Klaus. Non avevo paura di dove avrebbe potuto portarmi, ero piuttosto curiosa. Inoltre la sua autorevolezza quasi mi impediva di cancellare i piani stabiliti; non volevo andarmene via perché ormai ero lì e sarebbe stato inutile cambiare idea all’ultimo minuto. Sicuramente avrei fatto la figura della sciocca Vampire Barbie! Però avrei voluto dirlo ad Elena. Chissà come l’avrebbe presa. Probabilmente me la sarei ritrovata accanto in men che non si dica.
-Allora, mi dici dove andiamo? –Entusiasmata, sperai in una risposta magica e fantastica! Oltre le righe, come era Klaus. Mi sentivo una persona a cui erano state fatte tante promesse che non potevano essere trasgredite. L’originale mi aveva sempre parlato di bellissimi castelli, di bar, di alcol, di felicità, di dipinti al tramonto, di cavalli.
-E’ una sorpresa, Caroline. Tu, però, non smettere di sorridere. –Ordinò, quasi come fossi un suo servo. –E’ splendido. –Sospirò e aggiunse -Nulla togliere al resto! –Osservando le mie gambe nude.
Imbarazzata, cercai di non guardarlo. Un sorriso impadronì la mia espressione senza che me ne accorgessi. Non lo camuffai con un colpo di tosse, sorrisi e basta.
Finalmente Klaus si fermò. Eravamo davanti ad un motel.
-Klaus? Questo è il posto originale dove volevi portarmi? –Chiesi, allibita e ancora incuriosita. Magari voleva mostrarmi qualche dipinto, portarmi in un mondo nuovo.
D’un tratto lo ritrovai alle mie spalle, che cinse in una mossa decisa e ferrea.
Percepii la tensione e voletti liberarmene.
-Klaus! Lasciami! –Mi trascinò su per le scale. –Klaus! –Cercai in ogni modo di vincolarmi da quella posizione senza successo.
Camminammo per tutto il corridoio esterno del Motel. Da ogni stanza si sentivano ansimi di goduria. Lui non parlava e abbassava lo sguardo davanti a quelle urla di piacere.
-Ti prego! Lasciami! Non avrei dovuto fidarmi di te! –Mi sentii una sciocca. Non avevo ascoltato la mia amica e mi ero fatta ingannare da quell’idiota!
Finalmente si fermò davanti ad una porta: numero 58.
-Klaus! No! Klaus! –Mi gettò dentro, come un sacco di patate andate a male.
Chiuse la porta e sentii il vento portarselo via.
-Klaus noo! –La porta era blindata, non c’erano finestre. Nulla mi permetteva di scappare via. Continuai a bussare sul muro, urlando il suo nome. Poi mi arresi e scoppiai a piangere, disperata.
Non sapevo cosa fare. Tremante, cercai il mio cellulare e chiamai Elena. La linea non c’era in quel maledettissimo motel. Klaus era sadico, cattivo e desideravo la sua morte più di ogni altra cosa. Anche la mia morte avrei desiderato! Come avevo fatto ad essere così sciocca e ingenua?
Andai in bagno e osservai il mio viso allo specchio.
-Sorridi Caroline, sorridi! –Ripetei, davanti a quegli occhi grondanti di lacrime.
Tirai un pugno al vetro, provando un po’ di dolore.
D’un tratto sentii la porta aprirsi, tornai in quella camera e…

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Capitolo 7
*** Choose. ***


Ehilà, rieccomi come promesso con un nuooooovo capitolo! Ditemi che ne pensate eeee niente! Ascoltate questa conosciutissima e amatissima canzone mentre leggete! 
http://www.youtube.com/watch?v=XF2AlO8cKbE
Kiiiss!

POV CAROLINE
 
Una figura che conoscevo benissimo si ergeva davanti alla porta, disegnando con il riflesso del lampione la sua ombra sul sudicio pavimento.
-Tyler! –Ansimante, mi gettai fra le sue braccia. Non ci credevo! Tyler era lì, davanti a me!
-Caroline! –Strinse il viso fra le sue mani e mi baciò, con quella passione, la nostra passione.
-Come sapevi che ero qui? –I miei occhi, grondanti di lacrime, esprimevano tutta la gioia di quel momento.
-Calmati adesso. Siamo insieme e nessuno ci dividerà. –Asciugò la costernazione che trapelava nel mio volto. - Questa è la stanza dove Klaus mi ha costretto a restare. Poi è venuto, ha sciolto l’asservimento e mi ha detto di venire qui, dove avrei trovato una sorpresa.
Terminò, e mi baciò ancora. Klaus aveva fatto questo per me? Allora perché chiudermi qui, violentemente, senza darmi spiegazioni? Ricambiai l’affetto di Tyler, sorridendo seppur pensierosamente.
Passammo la notte lì, dove facemmo l’amore. Mi mancava sentirlo sulla pelle, mi mancava tutto di lui! Ed ero felicissima: la mia vita era tornata al suo posto.
 
POV KLAUS
 
Ormai avevo deciso. Non potevo tornare indietro. Scegliere tra due opzioni opposte è sempre stato difficile. Stare tempo con Caroline per mostrarmi per quello che realmente ero, o portarla da Tyler annullando la possibilità di rivederla?
Alla fine avevo optato per la seconda. Io non avevo proprio un bel niente da perdere, ma lei sì. Se avessi continuato ad asservirlo avrei perso quel sorriso. Sarebbe stato straziante ricordarla per sempre così e il mio per sempre, lo sapete, è definitivo. Non potevo nulla davanti al tempo. Avrei concluso così la mia vita a Mystic Falls. Elena era ormai una vampira, l’esercito era andato. Non mi rimaneva niente. Neanche la conquista di una giovane donna con cui trascorrere quel noiosissimo e persistente per sempre, trasformandolo in un vivere esclusivamente dionisiaco.
Sentii i loro gemiti unirsi all’unisono, maledicendo quel perfetto udito che mi ritrovavo.
Diedi un ultimo sguardo alla porta illuminata dal lume, speranzoso di vederla aperta.
Nel cielo iniziarono a sprigionarsi lampi e tuoni, ma non era ancora tempo di pioggia. Mi allontanai da quel motel, cercando di non pensare a nulla.
Ero inorridito dal mio stesso comportamento. Gettare la spugna prima di provare, non era proprio da me!
Addio a tutto ciò avremmo potuto costruire insieme, addio ai viaggi e alle nuove scoperte. Avevo mandato tutto a rotoli con le mie stesse mani.
Lasciai l’auto nel giardino di casa.
Scesi e alzai lo sguardo: il manto di nuvole non copriva ancora la splendida luna piena. Ero un ibrido. Mezzo vampiro e mezzo lupo.
A quel ricordo sepolto, le vene iniziarono a pulsare ardentemente. Le ossa mutarono forma, gli arti si allungarono, componendo quattro prorompenti zampe. Un manto di peli rossicci ricopriva il mio, ormai, mutato corpo.
Ululai, in preda alla disperazione e, accompagnato dalla pioggia e dal vento, mi persi nei fitti boschi di Mystic Falls.
 
POV CAROLINE
 

Il giorno dopo mi svegliai, convinta di aver fatto un bellissimo sogno.
L’orologio segnava le sei del mattino. Da quando ero diventata vampira per me non era più necessario o vitale dormire. Nonostante ciò, cercavo di non distruggere completamente la vecchia routine.
Mi voltai e, al mio fianco, c’era lui, il mio Tyler.
-Buon giorno! –Esclamò, sbadigliando.
-Buon giorno! –Ricambiai a denti stretti, incrociando le mie labbra alle sue.
-Torniamo a casa? –Chiese, sicuro della risposta.
A quel termine, ricordai la stanza di Klaus, le sue parole e l’ambiente stranamente confortevole.
-Caroline? –Tyler mi riportò alla realtà.
Sorrisi appena, annuendo. –Sì, torniamo a casa.
 
Dopo poche ore arrivammo a Mystic Falls.
-Ci sentiamo dopo, okay?
Lo baciai, ancora.
-Sì, a dopo! –Assicurai, facendo cenno col cellulare.
Entrai nella mia piccola abitazione e mi sentii al sicuro, inspirando quell’odore tanto famigliare.
-Mamma? –Domanda stupida, era a lavoro!
Qualcosa, però, si mosse rapidamente alle mie spalle…

 
 
Dunque dunque! Ditemi presto cosa ne pensate! Voglio puntualizzare che la richiesta di avere più recensioni, non è dovuta ad un eccessivo egocentrismo o voglia d’attenzione. Semplicemente vorrei sapere più pareri, sentire diverse opinioni sui personaggi, sulla storia… su tutto! Spero di leggere, quindi, ancora più commenti! Un bacione enormeee!

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Capitolo 8
*** Why? ***


POV CAROLINE

-Elena! –Espirai toccandomi il petto e rilassando la postura irrigidita, felice di aver trovato la mia amica.


-Aspettavi qualcun altro? –Chiese, insospettita.

-Non lo so, sai… con tutti questi casini a Mystic Falls anche un grande orso balù dentro casa non farebbe chissà quale scoop! –Sdrammatizzai, cercando di distrare l’abile –seppur nuova- vampira.

Mugugnò qualcosa fra sé, scrutandomi attentamente.

-Sei sicura di stare bene, Elena? –Non volevo avvicinarmi, temevo che avrebbe sentito un odore strano e conosciuto.

-E tu sei sicura di esser sincera con me? –Domandò, di botto.

-Uhm… sì! Che domande fai? –Urlai, andando in cucina e cercando di vincolarmi dalle grinfie della mia migliore amica. Ero troppo abituata all’Elena umana, tanto da dimenticarmi, assai spesso, che non era necessario urlare per farmi sentire.

-Che fine hai fatto ieri? Mi è sembrato troppo strano che non avessi voluto vedermi, parlarmi, sapere… non è da te, insomma! –Esclamò, sedendosi a tavola.

-Elena, ‘sta tranquilla! Non volevo disturbarti, sai anche questo di me. Hai già tutti quei casini per la testa, figurati se adesso vengo a parlarti di quanto è noioso ed impertinente Klaus Mikaelson! –Sbuffai, sbattendo la tazza sul tavolo e riempiendola avidamente di caffè.

Ancora più stranita, bevve l’espresso. –Pensavo volessi darmi notizie su Tyler, parlarmi di lui, chiedermi del consiglio…

-Ciò che volevo dirti è: –cercai di distrarre la sua attenzione, focalizzata sul mio atteggiamento troppo ambiguo. –Tyler è tornato! Mi ha accompagnata a casa e con lui ho trascorso una notte di fuoco! –Sorrisi, eccitata al ricordo di ieri notte.

-Davvero? –Era entusiasta anche lei, gli voleva molto bene. –Sono contentissima Care! –Affermò, alzandosi di scatto e abbracciandomi amorevolmente.

Rimasi un attimo perplessa alla vista di quell’abile movimento, poi ricambiai l’affetto stringendola forte, come avrei voluto.

-Mi manchi Elena! –Sinceramente, espressi il desiderio di averla più vicina, come una volta.

-Anche tu!

Restammo per un po’ in quella posizione, l’una incatenata all’altra.

Poi squillò il cellulare: Damon. Doveva andare.

L’accompagnai all’entrata e mi fece cenno col telefono per invitarmi a rispondere ai messaggi. Sorrisi e le mandai un bacio volante, mentre si allontanava con la grossa gip.

Chiusi la porta alle mie spalle e pensai che dovevo correre da Klaus per ringraziarlo.

Presi le chiavi della macchina di mia madre e mi infilai nell’abitacolo. Dopo poco arrivai a casa degli originali.

Non mi smarrii dinanzi all’entrata che mi sembrava inquietantemente famigliare.

Bussai alla porta, ma niente. Così abbassai la maniglia e quella si aprì, accompagnata da un fastidioso cigolio.

-Klaus? –quel nome echeggio nell’aria, quasi a ricordarne l’autorevolezza.

Nessuna risposta, ancora.

Dopo poco, però, qualcuno fuoriuscì dall’oscurità, mostrandosi nella sua eleganza: Elijah.

-Ciao, Caroline. –Con passo fluido e, al contempo, imponente si avvicinò.

-Ciao! –Esclamai, guardandomi attorno. –Sai dov’è tuo fratello? –Non serviva sottolineare il nome, quell’aggettivo bastava a ricordargli di chi stessi parlando.

-E’ di sopra. –Fece una pausa e sorseggiò ancora il liquido rosso contenuto nell'antico calice appena sfiorato dalle sue esili mani. –Non so se è gradita la tua presenza, però. –Concluse freddamente pur mantenendo la solita grazia. Elijah non aveva bisogno di incatenare i suoi occhi a quelli degli altri, riusciva ad abbindolarli con quel tono di voce così rassicurante ed amabile. Sai che di lui devi avere paura, sei consapevole che sarebbe meglio fuggire e basta, ma non puoi fare a meno di incantarti alla sua vista.

-Oh, proverò ugualmente! –Risposi, decisa.

Sorrise. Quell’espressione mi ricordava tanto qualcuno…

-Fa pure! –Indicò le scale e si allontanò, verso il salone.

In un attimo raggiunsi il secondo piano e quella stanza, la cui posizione era impressa nella mia mente.

Bussai, ignorando il fatto che Klaus fosse già a conoscenza della mia presenza.

-Klaus! –Esclamai, in preda al nervosismo.

Neanche un filo di vento mi assicurò una risposta. Tutti educati in quella famiglia, non pensate? Mi voltai, in attesa che qualcun altro facesse la sua entrata teatrale. Per fortuna nessuno sbucò dal nulla. Per fortuna nessuna chioma bionda si impose con impertinenza ed arroganza, differentemente dall’altro originale.

Aprii  la porta, incurante della sua reazione. Con uno scatto la chiusi alle mie spalle, assicurandomi che niente e nessuno avrebbe potuto ostacolare la mia presenza lì dentro. A me no che non mi gettassero via a calci in culo dalla finestra. La camera era buia ma, grazie agli affinatissimi sensi da vampira, mi ci addentrai con tranquillità.

-Se è uno scherzo mi hai scocciata! –Tentai, in quel modo, di suscitare una sua reazione che non tardò ad arrivare.

-Caroline, quando capirai che nessuno deve invadere i miei spazi? –Quel tono di voce lo riconobbi, proveniente da dietro le mie spalle, dove si faceva sempre più affannato il suo respiro. Era infuriato.

Mi voltai, cercando di ostentare sicurezza.

-Io ho bussato, ti ho chiamato e non ho ricevuto risposta! –Non trovavo i suoi occhi, immersi nella tanto amata oscurità. Quando ne uscirà fuori?

-Allora vai via! –Urlò, afferrandomi per il braccio e trascinandomi verso la porta.

Con tutta la forza che possedevo, lo scaraventai sul muro.

Ovviamente non ci andò a sbattere. Udii dei movimenti, abili e soffici, quasi impossibili da localizzare.

Poi smisi di respirare: Klaus stava stringendo il mio collo trascinandomi sulla parete adiacente la finestra. Mollò presto la presa, concentrando la forza sulle mie spalle.

-Caroline, io non voglio vederti in casa mia! Devi sparire, oppure dovrò farlo a modo mio! –Le zanne stavano spuntando ai lati delle soffici labbra, lo sguardo era cattivo, austero e, al contempo, apatico. Nonostante l’ostilità mostrata ad un ospite, Klaus si teneva molto vicino al mio corpo. Le nostre gambe si confondevano, intrecciate in quello che sembrava un soffocante e doloroso abbraccio. I bacini si stringevano, in una mossa audace. Non mi intimorii, sentivo che non era pronto a lanciarmi via dalla finestra.

-Perché? –A quella domanda, sembrò irrigidirsi. Così continuai, prima che passasse ai fatti. –Perché l’hai fatto così? Mi hai trattata come una pezza per lavare per terra, ignorando il mio imploro, ignorando la sofferenza. Hai voltato le spalle e sei andato via dalle mie urla con inquietante indifferenza! –Rilassò la posizione ormai arresa, guardando verso il basso per evitare il mio sguardo intenso e pieno di rancore. –Perché non mi hai detto: ti porto da Tyler, voglio farti una sorpresa. Era troppo difficile ammettere la tua dannata umanità?! Il mondo non è solo qualcosa di oscuro e crudele nel quale nascondersi, c’è molto altro. Tanto altro. Sei sempre stato tu a dirlo, o sbaglio?–Allora incrociò finalmente i miei occhi. Non c’era più apatia, ma sofferenza.

Si allontanò, verso il centro della stanza. Mi tranquillizzai, cercando di controllare il respiro affannato e le gambe tremanti di paura. Quella volta, invece del silenzio, esigevo una dannatissima risposta.

Note dell'autrice:
Saaalve a tutte! Dunque, spero vi sia piaciuto il capitolo e se vi è piaciuto ditemelooo! Non fa niente anche un: BELLO o un BRUTTO! Mi vanno benissimo, okayyy? Un baciooo

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Capitolo 9
*** Why? seconda parte. ***


LEGGETE QUESTO CAPITOLO ASCOLTANDO, SE VOLETE, LA SUDDETTA SOOOOONG: http://www.youtube.com/watch?v=LVsrP9OJ6PA&feature=related

POV KLAUS

Caroline era aggrappata al muro, pronta a fuggire definitivamente se l’avessi attaccata. Sentivo le vibrazioni percorrerle il copro, tremante e pronto all’azione. Nonostante tutto cercava in ogni modo di tener ferme le gambe, che esprimevano spudoratamente tutto il terrore da me procuratole.

Le parole, però, si dice siano peggiori di uno schiaffo. Quello morale fa male, quello fisico in qualche modo passa. Metti un po’ di ghiaccio, una pomata e per gli umani è andata. Per noi vampiri il dolore fisico è qualcosa di davvero molto relativo.

Mi voltai, per non vederla in quelle condizioni. Io l’avevo afferrata per il collo, buttata sul muro dove le avevo pure mostrato le zanne affilate. Le immagini si ripresentavano violentemente nella mia mente, dove i particolari, gli sguardi, tutto si faceva più inquietantemente chiaro. Mi sentivo terribilmente in colpa; non avevo mai provato quel sentimento. Neanche quando succhiavo bramosamente l’anima delle mie vittime provavo tutto quel rancore. Era nella mia dannata natura e dovevo farci l’abitudine e oramai quella era diventata l’essenza stessa della mia vita. Ma Caroline? Cosa c’entrava lei con l’ira che avevo dentro? Cosa ci faceva in quell’oscurità dove solo io regnavo e dove la luce non c’era? Nulla. Doveva andarsene. La luce doveva andarsene.

-Caroline, ti supplico. Va’ via! –Cercai di mantenere un tono più calmo, voltandomi e stringendo i pugni raccolti nel maglione che indossavo. La rabbia contenuta dentro stava per esplodere: come mi si poteva accusare di umanità? Chi le aveva concesso il permesso di salire qui e spiattellarmi in faccia la verità?

Si avvicinò, lentamente. Percepii la sua presenza dietro la mia schiena. Lì posò la fronte, accarezzando le mie mani irrigidite.

-Grazie, Klaus. –Affermò, con tono calmo e dolce.

Poi la vidi allontanarsi, prima ancora di incrociare i miei occhi.

Allora capii che dovevo fare qualcosa, mettere da parte l’orgoglio, il rancore, la rabbia e tutto il resto. Dovevo darle delle spiegazioni.

Così, quando aprì la porta la raggiunsi con uno scatto fulmineo, chiudendola ed impedendole in tal modo di andare via. Il tonfo fece eco nelle scale.

Lei si voltò, con aria incerta.

-Klaus? Cosa ti è preso adesso? Tu mi hai detto che dovevo andarmene e lo sto facendo. Ero venuta per ringraziarti e posso tornare a casa tranquilla, adesso.

-L’ho fatto perché… -Prima di continuare, scrutai ancora i suoi occhi, immersi nei miei. Erano celesti, limpidi come l’acqua e bellissimi come il cielo primaverile. Sorridevano sempre. Volevo, desideravo, speravo di vederli un giorno sorridere per me, nei cui confronti pareva riserbassero solo rancore. –Perché credo di provare qualcosa per te, Caroline. L’ho fatto perché volevo vederti felice. L’ho fatto in quel modo perché –sorrisi nervosamente, alzando lo sguardo prima di rincrociarlo al suo, spaesato-, perché io sono Klaus. –Mi fermai, ripensando improvvisamente alla mia stramba vita le cui immagini si ripresentavano, come sempre, nella mia folle testa.  -Non ho conosciuto nessuno che mi abbia. –Ancora un’altra pausa, tesa a riprendere il tono della mia voce ormai troppo smozzato. Pensai a mia madre, se così potevo definirla. Accarezzai le labbra e il mento e ripresi, con calma - insegnato ad amare, ad offrirmi, a sorprendere. Non sapevo come dirti dove stessimo andando perché vedevo nei tuoi occhi l’ebrezza e l’eccitazione. Ma non avrei mai potuto colmarla, volevo vederti sorridere col cuore. Volevo vedere i tuoi occhi… brillare come le stelle, quelle che ti ho mostrato l’altra sera. Tutto ciò nonostante non lo facessero con me. Nonostante non lo facciano con me. Non mi importava, seppure non ti ignoro che me ne doleva e duole tutt’ora. Me ne sono convinto sempre più andando lì, ho capito che non avrei mai potuto organizzare qualcosa che rimpiazzasse il tuo bisogno di avere accanto qualcuno che ti ami, qualcuno che tu inspiegabilmente ami. L’ho fatto con rabbia perché… non volevo. Io non volevo farti andare lì, sapendo cosa poi sarebbe successo. –Digrignai i denti e scossi il capo, tentando di non pensarla fra le sue mani. - A cosa sarebbe servito mostrarti Los Angeles? A cosa sarebbe servito parlarti di come l’ho vissuta io, di cosa ho vissuto in tutto questo tempo. Tu pensavi continuamente a lui e questo mi ha fatto render conto della completa inutilità che rappresentavo, in quel momento.  –Mollai la presa sulla porta, sedendomi sul letto. –Non potevo farlo con dolcezza, Caroline. Non potevo correre da te e dirti che mi dispiaceva vederti piangere in quel modo. Tyler stava arrivando, avrei rovinato tutto. L’ho fatto per te! –Battei  i pugni sul letto. –Lo capisci? –Mi avvicinai, accarezzandole il viso troppo pallido. –Per te. –Terminai, aprendo la porta e fuggendo via da quella dannatissima stanza, evitando così la sua risposta.

POV CAROLINE

Scivolai per terra, buttando il capo indietro e sperando che tutto ciò che avevo udito uscisse per osmosi dalla mia testa. Ovviamente niente sparì, anzi, le sue parole, i suoi, sguardi, la sua voce, le sue mani, continuavano ad assillare il mio cervello. Mi alzai, sentendomene perseguitata. Una parte della mia mente produceva Klaus dietro di me, che continuava a proferire quel maledetto discorso. Per me? E la rabbia era dovuta  alla difficoltà nel portarmi lì. Ecco perché non parlava, ecco perché era rigido. Ora tutto era chiaro. Scesi le scale, sperando di non incrociare quegli occhi colmi di tristezza, di rancore, di imbarazzo, di paura. Sembravano gli occhi di un bambino. Un bambino col corpo e il cervello di un uomo, un adulto, un vampiro. I nostri sentimenti erano sempre ed inaspettatamente grandi, pullulavano di emozioni contrastanti ed evidenti: per noi era difficile nasconderle. Non sapevo cosa avrei dovuto fare, entrai in macchina e cercai di intraprendere, per la prima volta, la sua stessa strada: dovevo trovarlo.

Note dell'autricee:
Bene bene! Devo ammettere che vedere cinque commenti per il capitolo è stata una vera conquista! Per me sarebbe un po' deludente vederne di meno per questo, che è molto toccante e profondo, almeno secondo me. A dire il vero ho riletto più volte la parte di Klaus: l'ho immaginato, ho sentito la sua voce -quella inglese, più che altro-, ho visto i suoi occhi, il suo corpo muoversi e delinearsi in atteggiamenti diversi. Non è per egocentrismo, ma questa parte mi ha stranamente commossa. Vorrei vederla nella serie. Che dite, gliela passiamo? Ahaha Bene, spero di sentire critiche costruttive, come sempre. Un bacione bellee!!

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Capitolo 10
*** Promises. ***



POV CAROLINE

Ero ormai sulla strada, pronta a fare qualcosa di concreto. D’un tratto, però, squillò il cellulare: Tyler. Ormai si era fatta sera, d’inverno la luna prendeva il posto del sole prima e questo non mi dispiaceva. Era bella l’alternanza delle stagioni. Inconsciamente avevo dimenticato Tyler e ancora, mentre squillava il cellulare, mi ero letteralmente persa in altri e assurdi pensieri assai lontani da lui.
-Ehi! Dove sei? E’ tutto il giorno che ti chiamo! –Esclamò, in preda alla preoccupazione.
-Respira, Tyler. Dove sei? –Cercai di calmarlo, con un tono pacato.
-Al grill. Ti aspetto qui. –Chiuse, senza darmi modo di rispondere.
Non avevo scelta. Klaus era chissà dove, e non avrei mai potuto raggiungerlo. Forse non volevo. Forse proprio non ce la facevo.
Così preparai l’auto ad un’improvvisa inversione di marcia e mi diressi al Mystic Grill.
-Amore! –Tyler mi raggiunse appena varcai la soglia e mi baciò, con la solita passione. Solo che quella volta lo sentii diverso e, non appena seguii il suo sguardo puntato verso una precisa direzione, notai la presenza di qualcuno: Klaus era seduto al bancone. Sorseggiava tranquillamente un cocktail, scrutandoci con disprezzo. Finsi di ignorai l’atteggiamento sfrontato e raggiunsi Matt e Jeremy.
-Ehilà Care! –Matt era dietro il lungo tavolo di legno, pronto a farsi in quattro per il pub.  Puliva tutto, continuamente e con eccessiva precisione. Valeva tanto e lo pagavano due soldi. Mi faceva tanta pena.
-Ehi, fammi un paio di cicchetti. Vodka, liscia ovviamente. –Avevo bisogno di bere. Ne necessitavo sempre in casi assurdi, come quello.
-Oh, piccola! Vacci piano! –Esclamò Tyler, falsamente inorridito. Mi fece un occhiolino, eccitato all’idea di quello che avremmo potuto fare tutta la notte, ancora. Così mi afferrò dalla vita baciandomi, con intenso ardore.
Mi staccai per prima e sorrisi, nervosamente. Alle sue spalle una presenza si faceva sempre più insistente e opprimente:  Klaus continuava ad osservarci, in maniera piuttosto inquietante. Stingeva il bicchiere e manteneva una posizione rigida, poggiando appena il sedere sullo sgabello e tenendo le gambe pronte all’azione. La domanda era, quale tipo di azione? Temevo che da un momento all’altro si avvicinasse o facesse qualcosa di strano: era tremendamente imprevedibile. La cosa mi infastidiva e incuriosiva al contempo. Soprattutto dopo tutte quelle parole. I suoi occhi non trapelavano più sentimenti di imbarazzo, paura, insicurezza. Erano come esaltati. Forse si era fatto, pensai.
Il rumore dei bicchierini sul tavolo accecò il mio interesse. Li afferrai con assurda bramosità, quasi come se contenessero sangue, e li buttai giù, di un colpo. I nostri sguardi si incrociarono. Sorrise, facendo esattamente ciò che avevo fatto io, con la differenza che mandò dritto nello stomaco un intero drink. Fatto ciò, lo posò delicatamente sul bancone, guardandomi con aria di sfida.
-Un altro, Matt. Voglio un bicchiere di Bourbon. –Urlai per farmi sentire e ricambiai lo sguardo, facendo cenno al bicchiere pieno di liquido ambrato che Matt mi aveva appena passato, con aria divertita.
In un attimo lo ingurgitai tutto, guardandomi attorno, soddisfatta.
-Ehi, Care. Basta. –Lo sguardo di Tyler, invece, era serio. Fastidiosamente serio.
Sorrisi. –Quanto sei ingenuo. Siamo vampiri, –sussurrai, leccandomi le labbra consapevole che l’unico interlocutore non fosse il mio ragazzo. –noi non moriamo per coma etilico. –Sogghignai.
-Okay, allora io preferisco non stare qui a vederti ubriaca. Andiamocene! –Afferrò il mio braccio e mi trascinò via dal pub. Lì non feci scena, ma appena varcammo la soglia del Grill, diventai una belva.
-Tyler! Lasciami! –Cercai di divincolarmi da quella forza sovraumana. Ancor più della mia.
-Andiamo a divertirci diversamente! Non c’è bisogno che tu… ti mostra!
-C… come? Ti mostra? Che cavolo stai dicendo? –Finalmente mollò la presa.
Fuori aveva appena smesso di piovere e l’aria era davvero torbida.
-Niente, lascia perdere. Scusami, sono stressato. Non… non ci sto capendo nulla! Tornare qui, dopo tutto questo tempo! E’ difficile. Tanto. –Abbassò lo sguardo, mostrando rassegnazione. Così sorrise e mi tese la mano. –Andiamo?
-Succede qualcosa? –Una voce, alle mie spalle, echeggiò nella stradina adiacente il pub. Si sentivano solo dei passi, decisi seppure pareva sfiorassero a mala pena l’asfalto sudicio.
-Non immischiarti in faccende che non ti riguardano, Klaus. –Tyler iniziò a lustrare i suoi denti, infuriato come non mai.
-Oh, Tyler Tyler Tyler. Se vedo una giovane e pimpante fanciulla che viene trascinata fuori da… te, mi pare davvero crudele non venire a controllare. –Sorrise, aggiustandosi la giacca.
Il primo ibrido creato sbuffò, infastidito.
-Ripeto, non sono cose che ti riguardano. Andiamo Care! –Utilizzò ancora l’imperativo, pur sapendo che mi infastidiva. Non ero una cosa, un oggetto da portare ovunque. Afferrò ancora il mio braccio, imperterrito.
-Ma andiamo! La tratti come un giocattolo! Senti, prova a battere le mani! Voglio vedere se viene da te! –Scoppiò in una fragorosa risata, godendo del suo sarcasmo. E il sarcasmo, si sa, non fa poco male. Lo guardai, scioccata. Poche ore prima avevo davanti un uomo, adesso si presentava diversamente: sembrava un animale, pronto ad ammazzare chiunque invadesse il suo territorio.
Fu allora che il mio ragazzo lo afferrò per il collo, scaraventandolo sul muro.
-Tyler no! –Urlai, in preda al panico.
La sua risata, smorzata così dalla rabbia. Non stavo dicendo che non si meritasse una lezione, ero io la prima a volergliela dare. Ma non così, non in quel momento. Sembrava ancora un bambino indifeso. Forse ero influenzata dalle sue parole, dai suoi maledetti occhi che mi impedivano di vedere chi si celava dietro quella proiezione troppo soggettiva, troppo relativa, troppo distante da quella che era l’effettiva realtà.
-Perché no? –Chiese, distraendosi.
Così Klaus passò all’attacco, invertendo le loro posizioni.
-E’ ovvio, moriresti! –Affermò, quasi come se si trattasse, quella volta, di un dato oggettivo e per niente irreale.
-Smettetela! Smettetela immediatamente! –Cercai di mantenere un tono deciso, ferreo e davvero infierito. Dovevo mostrare di avere il coraggio e la determinazione, altrimenti quell’inutile scontro sarebbe durato anni. Così staccai un pezzo di legno dalle casse che gettava Matt prima di chiudere. Presi la parte più appuntita e la indirizzai sul torace. –Lo faccio. –Sperai che uno dei due si fermasse. Sono una che mantiene le promesse, io. 

NOTE DELL'AUTRICE:
Bene, bene... cosa farà la nostra Caroline? Sapete com'è, imprevedibile come qualcuno di sua conoscenza. 
Ora vi saluto eeee nulla, ringrazio col cuore tutte le persone che seguono la ff, ce l'hanno fra i preferiti, la ricordano, ma soprattutto ringrazio di CUORE chi la recensisce. Ringrazio pure chi non dorme la notte e disturba i genitori perchè DEVE leggere il capitolo (Chiara, non sto parlando di te <3) ahahahha un bacio e buona anotteee :)

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Capitolo 11
*** White blank page. ***


Ehilà, come sempre vi incito a leggere ascoltando questa canzone (da cui è tratto il primo pezzo qui sotto): http://www.youtube.com/watch?v=dYQ_lse44gQ buona letturaaa

 

Puoi giacere affianco a lei e darle il tuo cuore, il tuo cuore. Così come il tuo corpo? E puoi giacere affianco a lei e confessare il tuo amore, il tuo amore. Così come la tua follia? E puoi inginocchiarti davanti al re.

Ma ditemi ora, dov’è la mia colpa nell’amarti con tutto il mio cuore? Una pagina bianca e una rabbia crescente. Non pensavi quando mi hai mandato all’orlo, all’orlo. Desideravi la mia attenzione ma hai negato il mio affetto, il mio affetto

POV CAROLINE

In un attimo Klaus fu alle mie spalle, pronto a bloccarmi.

-Prendilo! –Ordinò a Tyler, il quale afferrò il pezzo di legno e lo portò sotto il bidone.

In quel preciso istante, Klaus affondò il suo naso fra i miei capelli, quasi ansimando. E poi sparì, come il vento.

I brividi percorsero il mio corpo, stretto fra le braccia di un disperato Tyler.

-Vado a casa. –Aggiunsi, smorzando il suo sentimento.

-Ti accompagno? –Chiese, cercando di non assumere un tono fastidioso.

Sulle prime ci pensai, poi decisi di farmi una camminata.

-No, vado a piedi. Ci metto un attimo.

Non gli diedi il tempo di rispondere, che il mio corpo era già sparito dalla scena, lasciando l’ibrido avvolto dalla nebbia.

Mi infiltrai fra gli alberi del bosco, con velocità assurda e con estrema perfezione: era troppo divertente. Correre così mi faceva sentire viva e libera dai pensieri.

Arrivata a casa, raggiunsi subito il bagno e mi feci una doccia. Ero un vampiro, ma la stanchezza era così tanta che sprofondai nel letto senza neanche asciugarmi i capelli. Dopo pochi minuti mi ero già addormentata.

POV KLAUS

Ero posizionato come un giaguaro sull’albero. La luce della sua stanza era spenta, stava già dormendo. Ne fui felice. Mi aggrappai alla finestra e l’aprii, inserendomi nella camera di Caroline come fosse la cosa più naturale del mondo. Effettivamente lo facevo spesso: quelle volte che si addormentava lo faceva così profondamente da permettermi di entrare nel suo spazio senza ostacoli.

Dopo aver chiuso la finestra alle mie spalle mi stesi accanto a lei, sfiorandole le braccia stese supinamente.

-Quanto sei bella, Caroline. –Sussurrai in quell’orecchio insensibile alle mie affermazioni.

I capelli odoravano di lavanda, il corpo di ciliegia.

Odorai entrambi i due tipi di sostanze, sentendomene riempito fino al midollo. Sentivo che Caroline era dentro di me, sulla mia pelle. Anche se non come avrei tanto desiderato.

Non l’avevo mai sfiorata, semmai le accarezzavo il viso o la osservavo tenendomi a debita distanza e ritenendo la notte troppo corta per contemplare a pieno tutta quella bellezza.

Anche quella notte passò velocemente. Così mi alzai e andai verso la finestra. Mi voltai un’ultima volta a guardarla, compiacendomi di aver vissuto quello spettacolo e sentendomi quasi stremato dal suo aspetto angelico. Presi la rosa che avevo lasciato nel taschino, dimenticandomene, e la misi sotto il suo letto. Amava tanto le rose, ed io l’avevo capito.

-Klaus, no! Ti prego, aspetta. Aspetta ancora. –Ero a metà fra la finestra e la stanza, quando la giovane vampira proferì quelle parole. Spaventato e al contempo sorpreso, mi voltai. Fortunatamente non era sveglia.

Sorrisi, felice di essere presente nei suoi sogni, e me ne andai, prima che si svegliasse davvero.

POV CAROLINE

La mattina successiva mi alzai, leggermente rintronata. La testa mi scoppiava e avevo delle tremende occhiaie. Nello specchio, oltre a quelle enormi macchie violacee sotto i miei occhi, notai anche che la finestra era semi aperta.

La cosa mi sembrò piuttosto strana perché ero fissata su questa cosa. Come vi ho spesso detto, tendo a mantenere salde le abitudini passate. Infatti, pur non soffrendo né il caldo, né il freddo, sentivo in me il bisogno di chiudere sempre gli infissi di inverno. Ignorai comunque la cosa. Prima di alzarmi, inoltre, notai di aver assunto una posizione davvero strana. Ero così esporta che avrei rischiato di cadere. Sembrava come se due persone avessero tentato di stendersi su un letto singolo. Pensai subito che dovevo seriamente smetterla con quelle riflessioni assurde e che dovevo muovermi.

Mi vestii in un attimo e andai a fare colazione. Quel giorno ci sarebbe stato un ballo a Mystic Falls. Un ballo di mattina, al chiuso. Ero felicissima e volevo sbrigarmi, per raggiungere gli altri. Soprattutto Elena.

Indossai uno dei miei vestiti preferiti: bianco, totalmente ornamentato da pizzo. Smanicato e aderente. Sotto il seno ci inserivo sempre una cinturina beige con un fiocco. Indossai i miei decoltè dello stesso colore dell’accessorio. Aggiustai in un attimo i miei capelli spettinati, trasformandoli in soffici boccoli. Mi truccai, indossai una collana di perle e partii, prima di dare un ultimo sguardo alla camera che era impregnata di uno strano e piacevole odore, probabilmente rose. Sì, rose rosse e profumate. Prima di andar via definitivamente, mi inebriai ancora di quel famigliare e confortevole aroma.

Note dell’autrice:

Ordunque, che ne pensate?? Fatemi sapere. Come sempre ringrazio tutte voi che mi seguite, che avete la storia fra le preferite, e che mi riempite di complimenti. Un bacione enormissimooo!

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Capitolo 12
*** Escape. ***


Presi la macchina di mia madre e raggiunsi il ristorante dove si sarebbe tenuto il pranzo.

Tutto era ampio, la giornata era bellissima e poco fredda, diversamente dal solito. Fui felice di poter stare un po’ fuori a godere di quel tempo.

-Care! –Una voce a me conosciuta, esclamò il mio nome.

-Elena! –La raggiunsi, felice di rivederla sorridente.

Ci abbracciammo e le chiesi con chi fosse, pur sapendo la risposta.

-Damon! –Sorrise ancora, facendo un occhiolino. Si erano messi insieme da poco tempo. Io  non ne ero molto entusiasta, ma non potevo non appoggiarla. Con lei era diverso e dovevo mettere da parte il passato per la mia amica.

-Oh, eccolo. Ciao Damon! –Mi avvicinai e gli diedi un bacio sulla guancia, proponendo una tregua.

Rimase sorpreso, pur ricambiando il saluto. Elena mi guardò complice, dicendomi, senza farsi sentire:

-Grazie.

La abbracciai, prima che si allontanassero per le solite cerimonie.

-Caroline! –Mi voltai e la madre di Tyler era alle mie spalle, evidentemente preoccupata.

-Signora Lockwood! –Le carezzai il braccio, sorpresa della sua strana reazione.

-Tyler è andato via. Voleva che te lo dicessi. Mi ha detto che si sentiva strano e che sarebbe tornato, come ha promesso.

Non ebbi il tempo di risponderle che qualcuno la chiamò, per lustrare i propri investimenti in città.

Non capii subito il perché, ma l’unico nome che mi venne in mente fu quello di Klaus.

Così iniziai a cercarlo ovunque, fermandomi a salutare le persone per mantenere salda la posizione di Miss Mystic Falls.

Poi, finalmente, lo vidi vicino al banco dei cocktail, come sempre.

-Oh, eccoti! –Esclamai, incuriosita e stanca. –Ti ho cercato dappertutto!

-Buongiorno anche a te, Caroline. –Rispose, indispettito dalla mia non curanza.

-Sì, mettiamo da parte i soliti convenevoli. Vieni. –Afferrai la sua mano, trascinandolo dietro il locale.

-Mi piace questo atteggiamento deciso. Saresti stata un buon generale di battaglia, peccato che hanno sempre ritenuto inutili le donne. –Sorrise, sghembo.

-Sai dov’è Tyler?

Alla domanda si fece serio.

-No! –Negò, spudoratamente.

-Tu lo sai. E non vuoi dirmelo! –Affermai, sicura.

-Caroline, ti ho detto che non lo so. –Cercò di mantenere un tono serio, seppur garbato.

Poi fissai quegli occhi: mentiva ancora.

-Dimmelo. –Mi avvicinai, infuriata.

Sbuffò, annoiato.

-Quando tu stavi cercando di conficcarti un paletto nel collo, mia cara, il tuo fidanzatino mi guardava con occhi supplicanti, chiedendomi perché non riuscisse a controllare il lupo tenero e non poco affamato che risiede in lui. Così l’ho soggiogato. Gli ho detto che sarebbe dovuto andare via, tornare nel bosco e cercare di ricontrollarsi.

Rimasi allibita. Pensavo sapesse solo dove fosse finito, e non che lui fosse la causa di tale sparizione.

-Come… come hai potuto? –Voltandomi, portai le mani ai capelli, incredula.

-Dovevo. Saresti stata in pericolo, ed io non sono sempre dietro le tue spalle.

-So badare a me stessa. –Affermai, fissandolo.

-Non è vero. Non contro un lupo enorme che non sa controllarsi. Tyler non sa regolare la rabbia, lo capisci?

-Dov’è? Dove… dove gli hai consigliato di andare?

-Da nessuna parte. –Disse, contraccambiando lo sguardo.

Alzai le mani al cielo, stufata. Scossi la testa, mordendomi le labbra.

-Non posso dirtelo. –Ammise, dopo.

Spalancai la bocca, ancora più esterrefatta di prima.

-Tu sei pazzo! –Non credevo alle mie orecchie. Non potevo saperlo?

Fu lui, allora, a scuotere la testa.

-Non sei l’unico a saperlo! –Affermai, voltandomi per andare via.

Afferrò il mio braccio, portandomi verso di sé.

-No! Non andare. –Implorò, affinchè  rimanessi.

Allentò la presa, scrutandomi.

-Io devo parlargli, devo cercarlo. –Dissi, decisa a mantenere salde le mie intenzioni.

In quell’istante mi prese e, in pochi secondi, ci ritrovammo nell’abitacolo della sua auto.

-Devi… piantarla con queste cose! Non puoi prendermi e portarmi qui, come se te l’avessi chiesto.

-Io ho un compito, e devo svolgerlo. Non posso fare altrimenti, mi dispiace.

-Un compito? –Sorrisi, nervosamente. –Ora chiamo Elena e torno alla festa.

Non rispose. Continuò a correre fino a quando giungemmo davanti ad una villa, immersa nella boscaglia.

 Appena scesa, sarei fuggita via. Ovviamente capì le mie intensioni, tenendomi stretta a sé. L’ultima via di fuga era Elena.

-Adesso chiamo la mia amica, e vado via di qui. –Decisi di fargli sapere le mie intensioni, prima ancora che entrassimo.

Una volta superata la soglia, notai la bellezza di quella casa. All’interno c’era solo legno. Era… rustica? Tutta antica e accogliente. Con un camino acceso, pronto a riscaldarti.

Klaus aprì il frigo e stappò una birra.

-Elena sa tutto. –Rispose, con tono sicuro.

-Elena sa di noi? –Quel ragazzo non smetteva di sorprendermi.

Sorrise, e inizialmente non capii il perché.

-Noi? –Si avvicinò, compiaciuto, offrendomi una bottiglia di birra già stappata, facendola toccare con la sua.

-C.. io… oh, dammi questa birra! –La afferrai, con la speranza che riuscisse a coprire le mie guance in ebollizione.

Si voltò, sorridendo ancora.

-Hai una sigaretta? –Ero nervosa. Dovevo fumare.

-Tu fumi? –Domandò, prendendosi ancora beffa di me. –E’ in quel cassetto. –Indicò un mobile alle mie spalle. Lo aprii e trovai ciò che cercavo.

-Posso uscire fuori o troverò i miei amici a fare la guardia?

-No, esci pure. Tanto non puoi andartene, c’è un incantesimo. –Continuò a ridere, cercando con lo sguardo la complicità. Questa non arrivò, in compenso gli dedicai un’occhiataccia.

Fuori c’erano due sedie a dondolo, bellissime. Mi ci sedetti sopra , cullandomi.

Il tempo era bellissimo, una goduria vedere di lì il sole tramontare e le rondini svolazzare nel cielo limpido, emettendo rilassanti suoni. Non era niente male, infondo.

Finita la sigaretta tornai dentro. Lui non c’era.

-Klaus? –Mi affacciai verso quella che sembrava essere la cucina.

Poi andai verso il corridoio, aprendo le porte di ogni stanza.

Aprii l’ultima, pensando che fosse uscito fuori. Con mia sorpresa era lì, sotto la doccia. Ancora.

-Dovresti smetterla di importunarmi così, sai? –Domandò, sotto il fluire dell’acqua.

Chiusi, senza dire niente.

-Controlla il respiro, controlla il respiro Caroline! –Imposi a me stessa, sotto voce.

Quella porta si aprì e Klaus uscì gocciolante.

-Vuoi farti una doccia anche tu? –Chiese, asciugandosi i capelli con un panno. –Anche se io ho già fatto! –Aggiunse, sogghignando. Era a petto nudo, la vita era abbracciata da un asciugamano.

Sorrisi, sarcastica. Dovevo allontanarmi.

-Sì, grazie. –Corsi verso il bagno, prima che l’istinto prevalesse sulla ragione.

La doccia era perfetta, ci voleva proprio.

Terminato un ultimo risciacquo, mi voltai in cerca dell’accappatoio. Non c’era. O per lo meno non sapevo dove fosse, a differenza di Klaus.

-Klaus! –Urlai. –Ti odio! –Mugugnai, lamentandomi di quell’ibrido.

Dalla porta appena aperta, un muscoloso braccio teneva impugnato un canovaccio. Lo lanciò in aria e riuscii ad afferrarlo. La porta non si chiudeva. Coprendomi, la raggiunsi e la chiusi.

-Maleducata! –Esclamò, ridacchiando.

“Pure?” pensai, sorridendo.

Cercai di avvolgermi addosso quel coso, ma niente. Non riuscivo a coprirmi, così uscii dal bagno con quasi tutto il sedere fuori, che cercavo di coprire con una mano.

-Non ce n’era un altro più grande? –Klaus era steso su un letto a due piazze, con ancora l’asciugamano avvitato. Fu sorpreso nel vedermi e sorrise, soddisfatto.

-Forse sì, ma ho preferito quello. Ti sta bene!

Afferrai un cuscino e glielo lanciai addosso, soddisfatta.

-Per me puoi anche rimanere così, Care. –Mi chiamò Care, per la prima volta. Sorrisi.

-Per me no! Dammi qualcosa da indossare.

Si alzò, aggiustando il panno che, a mala pena, gli copriva l’organo genitale.

Risi, sotto i baffi.

Mi passò una maglia larghissima e delle mutande nuove. Il perché fossero lì non me lo spiegai. Comunque sia, indossai ciò che mi aveva dato, sentendomi una profuga.

Tornai in stanza, mostrandomi con una giravolta.

-Sono orrenda. –Affermai alzando le mani al cielo.

-Mmm. Da oggi mi piacciono le cose orrende! –Esclamò, steso a pancia in giù sul letto.

-Allora ti amerai tanto! –Risposi, ridendo.

-Sì, tantissimo! –Disse, accarezzandosi il viso.

Mi stesi accanto a lui.

-Come fai ad essere sicuro della reazione di Tyler? –Chiesi, incuriosita dalla fermezza di questa mattina.

Ci fu un lungo momento colmo di silenzi, rotti dalla sua affermazione:

-Perché l’ho vissuto. –Ammise, con aria affranta.


Note dell'autrice: allora, questo, molto probabilmente, è l'ultimo capitolo che leggerete. Per un po' di tempo non posterò poichè ho gli esami. Forse, siccome ho troppe idee, qualcosina qualcosina uscirà. Cercherò, comunque, di evitarlo perchè ho tantissime cose da fare e scrivere la storia mi distrae parecchio. Quindi spero di ricevere recensioni perchè è davvero bello, dopo che hai passato quel tempo a scrivere con tua sorella che ti rompe per avere il pc, leggere che quel tempo non è perso, che hai stimolato le idee di qualcuno, che hai alleggerito la giornata di qualcuno. Grazie mille a chi legge, a chi inserisce la storia fra le preferite e a chi commenta, in particolar modo. UN BACIONE, Lisa.

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Capitolo 13
*** Werewolves. ***


Lo guardai, con aria stranita. Cos’era quell’espressione assorta sul volto?

-Come? –Mi decisi a chiedere.

-Una volta chiesi ad una strega di trasformarmi in un ibrido. Non sapevo ancora della necessità del sangue di una Petrova. Quella neanche, almeno così credetti. –Fissò ancor a il vuoto, infastidito. Klaus si era fatto fregare, il che aveva dell’incredibile. –Comunque, -sospirò- fece quell’incantesimo. Tutto fu inutile. Non successe nulla. Tornai a casa, dai miei parenti. Era il medioevo e si viveva benissimo, nella prosperità assoluta. La caccia era alle streghe, più che ai vampiri. Di noi si aveva paura, e tanta. Però c’era molta gente che ci voleva ammazzare. Gli originari, si sa, erano e sono difficili da uccidere. Nulla poteva, se non l’albero di quercia bianca. Tornando a prima, mi sentii un po’ stordito e non capii il perché. Pensai di aver solamente bisogno di nutrirmi. Andai via e, appena svoltato l’angolo, trovai la mia vittima. Era una giovanissima fanciulla, vestita per bene. Il suo sangue odorava tantissimo, così non le diedi il tempo di pronunciare il proprio nome che affondai i miei denti nella giugulare. –Si fermò, rendendosi conto della mia espressione inorridita. Rilassai i muscoli facciali, permettendogli di continuare. –Mi sentii sazio, dopo averla prosciugata del tutto: era morta. Poi una luce attirò i miei occhi: la luna. Era perfettamente tonda, un cerchio finito. Improvvisamente iniziai a correre verso il bosco, come se non fossi io a guidare il mio stesso corpo. Le vene pulsavano, pareva stessero per esplodere. Gli arti si allungarono, le mani diventarono zampe avvolte dal vento e il mio viso prese la forma del muso di un lupo. Pensai di esser diventato un ibrido. Scoppiavo di gioia. Tutte le mie sensazioni erano amplificate, anche quelle negative. Dentro nascondevo l’odio, il rancore e la gelosia nei confronti di mio fratello Elijah e, soprattutto, in quelli di Tatia. –A quel nome sussultai, incredula. Lui, Tatia ed Elijah erano coinvolti in una relazione, simile a quella tra Elena e i fratelli Salvatore.

-Tu e… -Non terminai la domanda. Lui stava già annuendo, fissandomi negli occhi.

Portai la mano sulle mie labbra, pensando al peggio.

-No, non la uccisi. –Si affrettò a rispondere, per alleviare il sentimento di orrore apparso nei miei occhi. -Però cercai di farlo. –Ammise- Quando la vidi, nascosta fra i boschi con mio fratello non capii più nulla. Sentii il suo odore kilometri prima, poi attaccai entrambi. Stavano parlando animatamente. Non dimenticherò mai il suo sguardo spaventato. Elijah capì subito che non ero un lincantropo qualsiasi, è sempre stato intelligente… aveva già capito chi si celava dietro quel manto di peli, dietro quell’enorme figura, sapeva che io volevo rompere la maledizione. Fortunatamente riuscì a fermarmi, mentre lei scappava. In quel momento mi… -D’un tratto si fermò. Posò il suo dito sulle mie labbra, facendomi cenno di non fiatare. Si alzò di scatto e sparì dalla stanza portando con sé il suo profumo. Un silenzio inquietante si scatenò sulla tranquillissima villa situata al centro del bosco. Poi udii anche io dei passi, pesanti, decisi. Di chi erano? Mi chiesi, spazientita. Klaus mi aveva soggiogata? Non riuscivo a muovermi. Forse era solo il suo effetto, i suoi occhi così profondi e sinceri, seppur indecifrabili. Me ne convinsi e riuscii ad alzarmi. Non lo chiamai, muovendomi silenziosamente. La porta era spalancata e, affacciandomi, non vidi nulla. Un ruggito, rauco e tremendo echeggiò nella notte. E, voltandomi, vidi due lupi che si muovevano in cerchio, pronti a lottare. Uno era nero, l’altro marroncino ramato. Il primo era grande, mostruoso e gli occhi sembravano essere rossi. Non ero molto lontana da loro e non fui sicura, inizialmente, di chi si trattasse. Poteva essere davvero chiunque seppure Klaus non era nella veranda. Capii, comunque, che finchè le cose non fossero peggiorate, dovevo tenermi nascosta dietro l’anta della porta. Regolai il respiro, tentando di non farmi scovare.

I due continuarono a guardarsi in cagnesco. Poi, uno, quello nero, attaccò. Si lanciò con le zanne su quello rossiccio, un po’ più alto. Questo contraccambiò, passando definitivamente all’attacco. Le sue zampe affilate si scagliarono furtivamente sulla tronco dell’altro che miagolò, dolorante. Nonostante ciò riuscì ad alzarsi, correndo sull’altro lupo, che era già pronto a difendersi. Entrambi rotolarono, ringhiando e mostrando i denti affilati. La polvere si alzò, impedendomi di osservare la scena da quella distanza. Comunque, quando la nuvola di terra si affievolì, notai che quello rosso cercava di portare l’altro nella foresta, nonostante spingesse verso la villa. Il lupo nero ebbe la meglio e, quando arrivarono nello spiazzale, uscii fuori.

-Basta! –Mi avventurai, incosciente. Camminai decisa e, in un attimo, mi ritrovai tremolante a pochi passi da loro. In quell’istante che sembrò durare l’eternità, il lupo rossiccio incrociò i miei occhi: era Klaus, ne fui certa. Le iridi mi scrutarono, profonde come l’oceano e perfette, seppur taglienti e arrabbiate come poche. Fu quello uno dei più grandi errori, l’altro se ne accorse e, non vedendo più dalla rabbia, spinse l’ibrido e si scagliò contro di me. In un attimo mi ritrovai per terra, con un lupo enorme che premeva le sue zampe sul mio torace: era Tyler.

Klaus, steso per terra, riuscì ad alzarsi, seppur barcollando. La zampa di Tyler era in alto, pronta a sfregiarmi il viso. Ringhiò, infuriato.

-Tyler no! –Implorai, pentita di essere uscita allo scoperto.

Chiusi gli occhi, pur percependo quella zampa avvicinarsi sempre più.

Aprendoli, però, notai che non era più lì. Sentii il sangue gocciolarmi dal mento, dove c’era un taglietto che appena avevo avvertito. Mi alzai, in preda al panico. Non c’era più nessuno. Cercai di sforzarmi per udire meglio i loro passi.

-Concentrati Caroline, concentrarti!- Imposi a me stessa, cercando di convincermi a farlo.

-Verso destra! –Esclamai, soddisfatta. Si allontanavano per addentrarsi nella fitta foresta.

Li raggiunsi, evitando di farmi sentire. Seguii quei lupi fino a quando si fermarono, nel cuore del bosco.

Aggrappandomi sull’albero, decisi di dover intervenire ancora, e non con le parole. Klaus mi aveva salvato la vita e dovevo fare qualcosa, prima che Tyler… Evitai di pensarci, scrollando il capo.

Fu proprio lui ad attaccare, ancora, il lupo rossiccio che arrancava. Dopo continue lotte, attacchi, e ringhi, qualcosa cambiò: Tyler stava avendo decisamente la meglio ma tutto si concluse diversamente. Klaus si decise a mordere il lupo nero che, gravemente ferito, si divincolò risolutivamente.

Non fui felice di vedere il mio, oramai, ex ragazzo ridotto in quelle condizioni ma sapevo che se la sarebbe cavata, sapevo che sarei stata peggio se qualcun altro si fosse fatto male.

Scesi dall’albero e lo raggiunsi, correndo.

-Klaus! -Sospirai, abbracciando quell’enorme lupo che, prima che me ne accorgessi, si tramutò in un uomo debole e stanco, steso supinamente fra le mie braccia.

 ***

 Note dell'autriceEccomiiii, come state? Mi è mancato molto scrivere! Gli esami, ahimè, non sono finiti. C’è da fare ancora la terza –ed ultima!!!- prova scritta e poi gli orali. Oggi ho avuto un po’ di tempo e ho pensato: perché non scrivere questo capitolo che ha preso forma nei miei sogniiii? Perciò eccomi qui, ECCOLI QUI! Spero vi piaccia e, per questo inaspettato-penso!- ritorno, voglio ricevere più recensioniii… anche da chi non lo fa mai e segue la storia! Un bacio!!!

 

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Capitolo 14
*** Oh, you are my drug! ***


Note dell'autrice leggeteee: 
Saaalvee! Allora, questo è l'ultimo capitolo prima degli esami. Dopo di che, potrò sbizzarrirmi ma non potevo lasciarvi così.
Spero vi piaccia eee fatemi un favore: ascoltate prima questa: 

http://www.youtube.com/watch?v=bfqEisOIMJc&feature=share
E poooi questa: http://www.youtube.com/watch?v=cVylu3t03v8&feature=related
Un bacio!!


Mi guardai intorno, cercando un’ispirazione che mi potesse aiutare a capire che cosa dovevo fare, nella notte, al centro della foresta. Afferrai Klaus, posandolo sulle mie spalle.

-Andiamo! - Iniziai a correre verso la villa, che raggiunsi in cinque minuti circa. Lì, lo distesi sul letto e lo coprii, osservandolo preoccupata.

Andai in bagno e bagnai un panno bianco, che successivamente posai sul suo capo. La temperatura del suo corpo era altissima… ci avrei potuto cuocere qualcosa sopra. A proposito, mi imbambolai a scrutarlo nella sua bellezza. Per la verità, me lo mangiai con gli occhi.

-Smettila, Caroline! –Mi imposi, tornando in cucina a prendere del ghiaccio.

Lo avvolsi in un altro panno e andai nella stanza, dove Klaus dormiva. Così passai il drappo ghiacciato sul viso, sul collo, sulle spalle e poi su tutto il petto. Non mi permisi a scendere più giù, dove la sua carne era coperta dalle lenzuola.

Pensai a Tyler… che  cosa gli era preso? Probabilmente era impazzito. E Klaus, perché non era andato via? Ed io perché non provavo più rancore nei suoi confronti? Com’è che tremavo all’idea di vederlo ferito?

Accarezzai quel viso così rilassato, poi tornai a cambiare il ghiaccio ormai sciolto.

Quando mi ripresentai in camera, Klaus era sveglio.

-Ehi! –Esclamai, imbarazzata. Da un lato speravo che non si fosse accorto di tutte quelle attenzioni, così nascosi il ghiaccio alle mie spalle.

-Cosa tieni stretto lì dietro? –Domandò, frastornato.

-Oh… nulla, pensavo che un po’ di ghiaccio non ti avrebbe fatto male! –Dissi, con aria indifferente.

Sorrise. –Caroline, dovrei chiamare ogni notte un branco di lupi per ricevere tutte queste premure?

Arrossi e rabbrividii al pensiero di tutti quei licantropi contro lui.

-Vieni qui. –Fece cenno, indicandomi il  letto.

-Sei nudo, Klaus! E puzzi, dovresti farti una doccia, non credi? –Sorrisi anch’io, felice di stuzzicarlo.

-Ma dai! Mi hai portato fin qua, non indossavo i vestiti se non ricordo male! A meno che tu non mi abbai spogliato! –Rise, sghembo.

Lo raggiunsi. –Non sono una maniaca! –Affermai, con una linguaccia. –E poi era una questione diversa… dovevo ricambiarti il favore. Mi hai salvato la vita.

Improvvisamente si fece serio e quell’espressione serena sparì dal suo volto.

-Caroline, la prossima volta non fare di testa tua e segui i miei stramaledetti consigli! –Lo sguardo mi pietrificò. Presi le distanze, alzandomi.

-Klaus, tu non mi conosci! Ma quest’esperienza ti avrà certamente aiutato! Io non farò mai quello che mi viene imposto, se sento dei ruggiti non posso non affacciarmi a vedere… insomma, che ti aspettavi! Che restassi immobile a vederti così? –Chiesi, stupita dalla sua reazione.

-Io mi sono trattenuto, Care! Tu mi hai… distratto! Non dovevi venire. Cosa credevi di fare, imponendo a due lupi, uno più incosciente dell’altro, di smetterla! –Si alzò e andò in bagno. In un attimo tornò da me, con dei pantaloni di tutta indosso. –Non siamo dei cani! –Concluse, camminando verso la cucina.

Lo seguii. –Nessuno ha detto questo! Però…

-Cosa? Però cosa? Volevi morire? –Riempì un bicchiere d’acqua, estasiato.

-No! Ovviamente!

Sbuffò, sorridendo tra sé. –Beh, non hai rischiato poco oggi!

-La smetti di farmi la ramanzina? Okay, ho sbagliato ma…

-Lo rifaresti! –Aggiunse, prima che io potessi farlo.

-Sì! –Affermai, decisa.

Ingoiò l’ultimo goccio d’acqua e tornò a stendersi sul letto. Ancora una volta gli andai dietro, curiosa di capire cos’altro volesse aggiungere.

-Perché? Insomma, perché rischiare così la vita?

-Cos’è questo, un questionario? –Mi tolsi la giacca, andando in bagno. Indossai un’altra di quelle enormi maglie e tornai in camera.

-Cosa ti ha fatto venire in mente quella genialata? –Continuò, imperterrito.

-Mi piace il rischio! –Risposi, legandomi i capelli.

Scoppiò a ridere. Presi un cuscino e glielo buttai addosso.

Improvvisamente si voltò, avvicinandosi.

-Ti piaccio, Caroline. Avevi paura per me, ammettilo. –Affermò, con sicurezza, scrutando il mio viso sorpreso.

-Non mi piacciono i lupi. –Negai, sorridendo.

-Le tue vicende passate non confermano quanto stai dicendo. –Aveva sempre la risposta pronta.

Posò entrambe le mani sul cuscino dov’era la mia testa, barricata da due braccia possenti. Poi spostò anche la vita, stendendosi sul mio corpo.

-Klaus? –Domandai, esterrefatta da quel comportamento così improvviso e inaspettato.

Con la mano spense la luce del lumino situato al lato del letto.

-Shh! –Ordinò.

Non riuscii a muovermi, niente del mio corpo rispondeva a ciò che volevo fare.

Con un dito sfiorò le mie labbra e poi le accarezzò con le sue. Quel tocco causò dei brividi inattesi che percorrevano silenziosamente il mio corpo corpo. Seguii quelle labbra fino all’ultimo, prima che si staccassero dalle mie. Poi strinsi la sua schiena, facendo combaciare i nostri bacini e sperando che ciò potesse riavvicinare a me quella bocca così soffice e desiderata.

Lo sentii sorridere, come lui sapeva fare. Non colmò l’ardente richiesta implicitamente fatta.

Passò la sua mano fra i miei capelli, odorandoli. Non riuscivo neanche a respirare, sopraffatta dalla bramosa voglia. Ci sapeva fare. Non mi dava ancora soddisfazione, i suoi atteggiamenti lenti rendevano il momento ancora più desiderabile. Baciò la fronte, poi l’occhio destro, la guancia, il mento e poi le labbra.

Questa volta affondai le mia dita nei capelli rossicci, morbidi e lucidi, per trattenere quel bacio ancora un po’, ancora un attimo. Si staccò, sorridendo ancora. Ansimai, impaziente.

Così decisi di prendere iniziativa e cambiai le nostre posizioni mettendomi a cavalcioni su di lui.

-Mmmh! –Disse, accarezzandomi la schiena.

Non mi bastava, non ora.

Le mie mani, ansimanti e smaniose, si avventurarono nei posti più bassi, dove mai avevano osato arrivare.

Gli slacciai i pantaloni e quel boxer ormai troppo piccolo. Sorrisi, soddisfatta.

L’originario si trasformò, cambiando ancora la nostra posa.

Mi afferrò, portandomi sul muro destro della stanza.

-Klaus! –Boccheggiai.

Travolgendomi in un uragano di emozioni, rese la mia mente completamente incosciente, amplificando ogni minima sensazione. Con una mossa decisa strappò via le mutande e la maglia.

Nudi, ci unimmo in una danza prelibata, mai esplorata e irripetibile. I nostri corpi si muovevano all’unisono, perfettamente incastrati l’uno all’altro, bramosi e tremanti.

Klaus era dentro di me, pronto a farmi provare emozioni indescrivibili.

Strinse la mia nuca iniziando a muoversi lentamente. Leccò il mio collo, a ritmo deciso.

Non riuscivo a respirare.

Tutto diventò più veloce, e questo non faceva altro che alimentare la voglia di far mio quel fisico marmoreo. Inarcai la schiena, sentendo il sudore scivolarci sopra.

-Caroline! –Esclamò, accarezzando l’interno coscia, procurandomi dei brividi.

Presi il comando della situazione, capovolgendo ancora le posizioni ad una velocità sbalorditiva. Era bellissimo essere così potenti, rapidi e capaci. Con gli umani era impossibile mantenere quei ritmi, esprimere così la propria passione.

Sorrise.

Lo baciai, ancora più impaziente. Lui trasferì i corpi uniti sul letto, dove continuarono a muoversi incessantemente.

Quando venimmo, insieme, posò il capo sul mio petto, respirando.

Mi sentii soddisfatta e ricordai la frase di un film:

 

Prendete l'orgasmo più bello che avete provato. Moltiplicatelo per mille. Neanche allora ci sarete vicino.

Solo che non mi ero fatta di cocaina.

 

-Tu sei la mia droga, Caroline. –Affermò profetizzante, prima di addormentarsi serenamente sul mio seno.

Note dell'autrice: dunque, ritengo sia difficile descrivere queste scene... davvero! Spero vi sia piaciuto, che abbiate immaginato i ragazzi! Ditemi che ne pensate, è importante. Voglio capire se ci sono riuscita o se ho fatto davvero schifo! Spero di non aver deluso le aspettative ahahh un baciooo

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Capitolo 15
*** Loyalty or Falsity? ***


Al mattino mi svegliai, un po’ intorpidita. La stanza era illuminata, anche se pochissimo, dalla luce solare, così naturale e fresca. Stiracchiai le braccia e notai di essere coperta fino al collo e, soprattutto, di essere tutta sola in un letto enorme.

Sfiorai la parte destra del materasso, che nascondeva una forma umana a me conosciuta. La sua perfezione, ieri sperimentata, era impregnata  fra le coperte. Le odorai, sentendomi felice e per niente imbarazzata all’idea di ieri. Okay, un po’ di vergogna c’era e non sapevo come reagire alla sua presenza perciò a una parte fui felice di non averlo lì, dall’altra temevo che fosse successo qualcosa: con Klaus bisogna sempre stare attenti.

Avvitando la coperta sul mio corpo, scappai in bagno dove mi feci una doccia. Quella volta scelsi accuratamente l’asciugamano, ampio abbastanza per coprire il mio corpo.

Indossai la solita maglietta fin troppo grande e mi diressi in cucina, dove non c’era nessuno.

Così decisi di affacciarmi fuori, dove trovai un tavolo apparecchiato per due: era già ora di pranzo?

Sorrisi e mi sedetti, attenta ad osservare ogni minimo particolare: al centro c’era un boccale pieno d’acqua e contenente tre rose rosse. I piatti erano tre, uno largo e piano, l’altro più piccolo e più alto e, infine, quello per il dolce.  

Un rumore catturò la mia attenzione, mi voltai e Klaus uscì da dietro la casa, pieno di sporcizia sui capelli e con la legna sulle braccia.

Lo guardai e scoppiai a ridere, così lui mi seguì, fuggendo imbarazzato in casa.

Ci mise molto più tempo a sistemare quella legna, perciò decisi di fare il primo passo e raggiungerlo, accarezzandogli le spalle irrigidite al mio tocco.

-Da quanto sei sveglio? –Domandai, cercando di sciogliere il ghiaccio.

-Oh, da un bel po’. Tu hai dormito abbastanza, invece. Che hai fatto ieri notte di così stancante?

Lo spinsi, facendolo cadere per terra. Lui, però, si attaccò a me, trascinandomi giù.

I nostri corpi erano talmente vicini, che dovetti moderare ancora il respiro troppo affannoso. Avvicinai la mia fronte alla sua, per condividere la stessa aria, inspirata ad occhi chiusi. Poi le nostre labbra si unirono, ancora. Quella passione non si era affievolita, pensai non sarebbe mai potuto succedere. Il desiderio era tanto e sembrava incolmabile.

-Mangiamo? –Interruppe quell’esagerata voglia che spiccava da tutti i pori della nostra pelle.

Mugugnai qualcosa, intenta a mantenere salda la mia posizione sul suo corpo marmoreo sul quale premevo col bacino. Così mi prese in braccio, portandomi fuori.

-Faceva troppo caldo vicino al fuoco! –Si giustificò, sorridendo sotto i baffi.

-Sì, certo! –Sbuffai, ingoiando avidamente una fetta di pane.

-Spero tu abbia preparato qualcosa di buono! –Sorrisi, maliziosamente.

-Oh, no… non credo proprio. –Si allontanò e, l’attimo dopo, fu ancora seduto davanti a me, con due sacche di sangue strette fra le mani. Era tutta una messa in scena, il cibo vero e quello di cui avevo più bisogno l’aveva nascosto. Non chiedevo niente di meglio.

Tutte quelle distrazioni mi avevano fatto dimenticare quale, oramai, fosse la mia natura. Alla vista di quel liquido rosso, desiderato, la gola iniziò a bruciarmi. Portai una mano al collo, desiderosa di servirmene. Capii, allora, perché avevo dormito così tanto e perché mi sentivo piuttosto debole. Non mangiavo almeno da tre giorni e non me ne ero neppure accorta.

-Ne vuoi? –Chiese, stuzzicandomi.

Sentii le vene pulsare e gli occhi ardere.

-Sì! –Affermai, decisa.

Così me lo passò e, bramosamente,  staccai coi denti quel tappo e finii di deglutire quella sostanza color amarena, dolce come nessuna.

Mi leccai le labbra, estasiata.

-Grazie! –Sussurrai, sentendomi improvvisamente forte e rinata.

-Non c’è di che! –Rispose, finendo con calma ciò che era rimasto.

-Bene, puoi vestirti. Ce ne andiamo. –Asserì.

-Come? –Chiesi, piuttosto confusa.

La mia reazione sorprese la vecchia Caroline, quella che avrebbe voluto fuggire da lì. Adesso i miei sentimenti colmi di rancore, lasciavano spazio al dispiacere. Quella casa era diventata così famigliare in poco più di un giorno. Avrei voluto passare altro tempo lì, chiusa nei pensieri trasportati dal vento, l’unico con cui li avrei condivisi.

-Sì, possiamo andarcene. Tyler è stato allontanato dalla zona, è riuscito a liberarsi nuovamente dal mio asservimento. E per la cronaca, non c’era nessun incantesimo. –Ammise, accarezzandomi la guancia.

-L’avevo capito! –Ribattetti, facendo una linguaccia.

Andai in camera e indossai il mio vestito, le mie scarpe in cui mi sentivo un po’ persa. Non era la comodità di una maglia vecchia e troppo larga, mi sentivo chiusa in un barattolo. Diversa.

-Pronta? –Chiese, mentre si avvicinava in camera.

Mi diedi un’ultima occhiata allo specchio.

-Sì! –Entrò in camera, sorpreso.

-Sei…

-Strana? –Domandai, leggendo il suo pensiero.

-Esatto! –Sorrise, tendendo la mano.

Inizialmente fui incerta: afferrarla o non afferrarla? Poi l’istinto prevalse sulla ragione e unii le sue dita alle mie, ancora.

Una volta in macchina, non passò molto tempo che arrivammo a  Mystic Falls, specificamente davanti a casa dello sceriffo Forbes, nonché mia madre.

-Grazie per il passaggio e…

-Ci sentiamo. –Ribattè, prima che potessi farlo.

-Sì, ci sentiamo. –Aprii la portiera, insicura di ciò che avrei dovuto fare.

Klaus afferrò la mia mano e la baciò, con una delicatezza ineffabile.

-‘Sta attenta, anche se non ce ne sarà bisogno. –Rassicurò, garantendo la sua protezione.

Sorrisi e andai via. Entrai, spaesata, chiudendo la porta alle mie spalle.

Assaporai l’odore di quel bacio, portando la mano alla bocca.

-Care! –Una voce a me conosciuta, echeggiò nell’ingresso.

Dietro l’arcata c’erano Bonnie e Elena, sorprese.

-E… ehi! –Cercai di mostrarmi entusiasta, strofinandomi la mano per camuffare ciò che, in realtà, stavo facendo. Mi sentii una psicopatica.

-Che stavi facendo? –Domandò la strega, insospettita.

-Già! –Esclamò l’altra, incrociando le braccia.

-Niente! P…penso che un uccello mi abbia fatto la cacca sulla mano! Sì, mentre entravo. Così stavo strofinando le nocche! –Sorrisi, nervosamente. Che cavolo di scusa è questa, Caroline Forbes? Pensai, in preda al panico.

Elena mi riserbò un’occhiataccia, seguita da Bonnie.

-Certo! –Strepitarono, all’unisono.

Come avrei potuto comunicar loro quello che stavo iniziando a sentire? Sarebbero diventate mie nemiche, niente di più. E poi io stessa non sapevo cosa volevo, passare la notte con un ibrido non implica certamente sposarlo! E diamine! Eppure continuavo a farmi film mentali nella testa, pensando a quanto fosse difficile anche pensarlo. “Ehi, Elena! Me la sono fatta con Klaus, sai, quel ragazzo che ti voleva uccidere! Quel meschino ibrido. Bonnie, ti ricordi? Quello che ti ha minacciata per fare l’incantesimo? Ma, sapete, con me non è stato così sciagurato perciò non ci ho pensato due volte e…!”

-Care? –Domandò la ragazza di colore, mostrandosi piuttosto preoccupata.

Pensai che lei avrebbe potuto reggere l’idea, nonostante ne uscisse sempre ferita… da qualsiasi situazione. Forse proprio questa cosa l’aveva resa così forte e decisa. L’altra, invece, mi avrebbe ammazzata. Sì, Elena non mi avrebbe più rivolto la parola. Non potevo dire nulla.

-Ho lasciato Tyler! –Affermai, per sviare il discorso.

Mi avvicinai, salendo le scale con le mie amiche alle spalle.

Ci sedemmo sul letto dove raccontai loro dell’accaduto, senza specificare l’eroismo di Klaus che continuai a descrivere meschinamente.

-Quell’idiota non ha fatto niente? –Domandò Elena, ancora più arrabbiata di prima.

-Già, ha ignorato la cosa facendo sì che Tyler mi venisse addosso. Fortunatamente sono riuscita a difendermi e a farlo andare via. Poi ho obbligato quell’insulso ibrido a portarmi a casa ed eccomi qui! –Sorrisi e le abbracciai, sentendo una lacrima scivolarmi sul viso. Mi sentii una feccia umana, una nullità.

POV KLAUS

Arrivai a casa, felice come una Pasqua. Entrai ballando e muovendomi come un razzo.

Afferrai il bourbon e lo ingoiai avidamente, sentendomi sulle stelle. Accesi la radio, impostandola sul canale Jazz.

Davanti a Caroline ho cercato di contenere tutta quella carica di adrenalina, ma fra le mura di casa mia ero libero di fare ciò che volevo.

-Cos’è tutta questa felicità, Niklaus? Quella biondina te l’ha data, finalmente? –Esordì Rebekah, che aveva visto tutto nascosta dietro le colonne del soggiorno.

La afferrai per il collo, infastidito da quella situazione.

-Come osi infliggere la mia serenità? E non permetterti più a parlare di Caroline in quel modo! –Proferii, sicuro di aver trasmesso il messaggio.

Lei riuscì a liberarsi, tossendo.

-Tu non sai cosa ti riserberà quella sciocca, Nik! Non ti merita! –Disse, prima di uscire di scena definitivamente. 

Note dell'autrice: Allooora, come state? Io ho ripetuto la tesina, quindi ho avuto tempo di scrivere questo capitolo che è la premessa di ciò che potrà presto succedere. Ditemi che ne pensate, eee *vi imploro!* recensiteeee! Me lo merito un po', o no? *_*Ahaha baciii

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Capitolo 16
*** I have to. ***


Note dell'autrice: 
Dunque, questo capitolo è un po' strano. E' una bella premessa, quindi leggetelo con attenzione.
Io l'ho scritto sentendo questa canzone 
http://www.youtube.com/watch?v=iW0uYfq3VLU&feature=share

Se volete, ascoltatela.
Un bacio eeee leggete le N.D.A anche sotto!! 
Buona lettura!



POV CAROLINE

Mi voltai velocemente e riuscii ad asciugarmi le lacrime, prima che se ne accorgessero.

Certamente fu di aiuto la chiamata di Stefan, che ci invitò ad andare nella vecchia casa dove Bonnie riusciva a contattare le streghe.

-Adesso? –Chiesi, sbalordita.

-Sì, ha detto che è parecchio urgente. Dobbiamo andare. –Rispose Elena, riportando le parole del più giovane dei fratelli Salvatore.

-Okay, andiamo! –Aggiunse, poi, Bonnie.

Presi l’auto e raggiungemmo la casa, scendemmo le scale e arrivammo in quella sottospecie di cantina, dov’erano state nascoste le bare della famiglia Michaelson.

Entrai per ultima, stufata da quella riunione priva di senso apparente.

Chiusi la porta e, voltandomi, notai la presenza di Klaus. Incrociai il suo sguardo, felice. Lo ignorai, raggiungendo le mie amiche.

-Dunque, stamane ho visto Tyler. Mi ha confessato di vivere in uno stato brado, non è quasi mai umano perché preferisce perdere il controllo ed essere lupo. A tal proposito, è riuscito a liberarsi dall’asservimento imposto da Klaus, il quale mi ha raccontato che ieri notte ha dovuto combatterci per salvare la vita di Caroline.

Sperai che Elena e Bonnie non dicessero niente, ma non fu così. La prima, infatti, esordì appena Stefan terminò la frase.

-Come? –Si rivolse ad entrambi, estasiata. –Klaus avrebbe salvato la vita di Caroline? –Domandò, ancora più stupita, alzando le mani al cielo ed enfatizzando il mio ed il suo nome.

La fermai, prima che si scaraventasse sull’ibrido.

-Elena, non preoccuparti… -La presi per il braccio, cercando di attrarre la sua attenzione e scrutando Klaus con complicità, sperando che capisse quali fossero le mie intenzioni.

-No, Caroline. Ti ha trattata come una pezza per lavare a terra! Ti ha umiliata, lasciandoti affrontare quel pazzo di Tyler senza preoccuparsi di nulla! E non accetto che passi per il re, per il salvatore, per il grande Niklaus perché non è così. Qui stiamo parlando di una feccia! –Concluse, rivolgendo uno sguardo di disprezzo all’originario.

Non osai incrociare ancora quello sguardo che continuavo a sentire addosso. Non respiravo.

Poi, però, mi decisi e lo guardai, implorandolo di non fare nulla e di stare al gioco.

-Sì, è vero. Prendo tutte le mie colpe. Stefan, io ho lasciato che Caroline venisse assalita perché volevo che Elena soffrisse, dato che è diventata una vampira. Sapete come sono fatto, che vi aspettavate? –Sorrise e andò via, prima che Damon gli saltasse addosso.

Il fratello maggiore dei Salvatore, infatti, appena udita la parola dolore, affiancata al nome della sua compagna, non vide più dalla rabbia. Fortunatamente la sua neo ragazza impedì il peggio, tenendo strette le sue mani e promettendogli di difendersi, a qualunque costo. Ed era brava in questo, riusciva a proteggere sé stessa ma soprattutto gli altri, incurante del nemico.

-Non preoccuparti Caroline, ci sarò per sempre io qui con te. Io e Bonnie, tutti noi. –Affermò Elena, stringendomi a sé.

-Io voglio solo tornare a casa. –Confessai.

-Andiamo, allora. –Aggiunse la strega prendendo la mia mano.

Tornammo nella mia umile dimora. Bonnie andò via prima poiché doveva parlare con sua madre, Elena restò a casa a dormire.

Arrivò presto la notte e lei scese a prendere qualcosa da mangiare, giusto per mantenere vive le abitudini.

Io andai un attimo in bagno a sciacquarmi il viso, il cui riflesso evitai di incrociare allo specchio.

Sentii un rumore in camera, dove tornai con molta calma, convinta che fosse Elena.

In realtà c’era Klaus.

Indossava un cappotto nero, come il suo umore.

Chiusi la porta e mi avvicinai, lentamente.

-E allora? Cos’è questa novità? –Fu lui a raggiungermi, accorciando ogni distanza.

-Sei ubriaco! Vattene! –Ordinai, disgustata dalle sue condizioni. La puzza di alcol impregnava il suo corpo, apparentemente puro come quello di un Dio.

-No! Cosa vuoi da me, Caroline? Vuoi solo questo? –Iniziò a togliersi il cappotto, a staccare avidamente i bottoni della mia camicia. –Eh? Rispondi!

-Klaus, no! Smettila! –Cercai respingerlo, riagganciando l’indumento che indossavo.

Fu allora che la strappò, buttandomi sul letto e mettendosi a cavalcioni su di me.

-Vuoi solo questo? –Domandò, ancora, sganciandosi la cinta.

Unì le sue labbra alle mie, con violenza e, al contempo, con angoscia e malinconia. Le morsi, spingendolo.

Tolse via il sangue con la mano, guardandomi con disprezzo.

-Va’ via! –Esclamai, in preda al nervoso.

-Dammi delle spiegazioni!  -Rispose, spingendomi verso il muro.

Allora entrò Elena, sconvolta alla vista di noi due così vicini.

Squadrò entrambi: i pantaloni slacciati di Klaus, il mio petto quasi nudo, le sue labbra rosse di sangue.

-Cosa sta succedendo?

In un lampo lasciò il vassoio di latte e biscotti per terra e si scagliò su di lui, spingendolo dall’altra parte della stanza, vicino la finestra.

-Che ci fai tu qui? –Domandò, scandendo ogni singola parola.

Era una vampira, agile, bella, forte, umile e voleva vendicarsi, voleva proteggere tutte le persone a cui Klaus aveva fatto del male, compresa me.

Lui la scaraventò sulla parete adiacente la porta.

-Non giocare con me, piccola Petrova! –Esclamò, prima di guardarmi per un ultima volta e sparire nell’ombra.

-Elena! –La raggiunsi, sentendomi in colpa per tutto quello che stava succedendo.

-Ehi, sto bene! Voglio ammazzarlo, ma sto bene! Tu? –Imperterrita si alzò, accompagnandomi sul letto oramai disfatto. Da quando si era trasformata, il suo lato forte era ormai esploso.

-Io s… sto… -Non terminai la frase e scoppiai a piangere, sulle spalle della mia migliore amica.

-Care! –Cinse la mia testa, canalizzando la mia attenzione su di lei. –Cos’è successo? Vuoi che chiami qualcuno?

Scossi la testa, incapace di pronunciare una sillaba.

-Klaus… Io…

-Sì, è un mostro! Ma lo cacceremo via, vedrai… Tyler tornerà e tutta la vita sarà quella di un tempo! –Esclamò, commuovendosi al ricordo del nostro spensierato passato. –Torneremo ad essere anche delle stupide Cheerleader se vorrai, okay? –Scoppiammo a ridere, in un misto fra gioia e dolore.

-No… Io devo parlarti. Devo raccontarti tutto…

 

POV KLAUS

Tornai a casa, infastidito da tutto. Caroline si era rivelata una delusione ed io… io un’idiota. L’avevo presa come una sfida, convinto di vincere. Ma cos’è successo? L’ho invitata a conoscermi, l’ho accettata, accolta, siamo diventati una cosa sola e ho perso. Ho maledettamente perso e ne volevo vendetta.

Chiusi la porta, sbattendola alle mie spalle. Tolsi il cappotto e lo buttai sul parquet, urlando sopraffatto dalla frustrazione.

-Calma Nik, abbiamo ospiti. –Udii la voce di Beckah e cercai di non pensare alla verità che risiedeva nelle parole da lei questo pomeriggio pronunciate.

Ignorai ancora ciò che mi disse, salendo le scale.

Un odore, però, catturò la mia attenzione.

Mi voltai e una figura, seduta alla destra di mia sorella, procurò in me un brivido di fermento.

Note dell'autrice la vendetta: ahah arieccomi! Allora, non so cosa voi pensiate maaa questo capitolo nasconde qualcosa, o meglio, qualcuno! 
Chi sarà maii? A voi i commenti!Domani saprò quanto ho preso a queste prove e, in base al risultato, dovrò impegnarmi. Speriamooo!
Kiss

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Capitolo 17
*** Be you, just for tonight. ***


Note dell’autrice: ascoltate questa canzone BELLISSIMA http://www.youtube.com/watch?v=ANWRhyp-RcM&feature=share

POV KLAUS

Ignorai comunque la cosa e ripresi a salire le scale.

-Dove vai, Klaus? –Domandò, con quella voce così strana seppur famigliare. Con quella voce oramai rimossa dalla mia mente, dove non era più accettata.

-Lasciami in pace. –Raggiunsi la camera e chiusi la porta in faccia a quella figura che, noncurante del mio atteggiamento, continuò a seguirmi.

Il rombo della gip mi fece intuire che eravamo soli in casa e che Rebekah se ne era appena andata. Quell’arpia aveva progettato tutto.

Sbuffai, estasiato dalla situazione. Era troppo difficile da capire? Volevo. Stare. Solo.

-Se non vai via con quelle gambe, te le spezzo io! –Esclamai, evitando di incrociare quegli occhi.

Probabilmente, allora, non assimilai la sua presenza, non assimilai il fatto che quello fosse un momento più delicato del normale. Ero preso da altri pensieri.

Andai in bagno e, dopo essermi sciacquato il viso, mi spogliai restando in pantaloncini.

Feci per stendermi nel letto, già occupato per metà.

-Io mi addormenterò e al mio risveglio tu non ci sarai. Sarà stato un incubo e niente di più. –Enunciai, a tono freddo.

-Oppure un sogno. I sogni appagano i desideri, lo sai! –Affermò, ancor prima che io finissi il mio discorso, sfiorando le spalle nude.

Scrollai di dosso quelle mani, cercando di non viverle come un tempo. Cercando di ricordare quanto fosse difficile perdonare.

-Vattene. Va’ via seriamente, Tatia! –Ordinai, spingendola e alzandomi.

-Cosa c’è che non va con te? –Domandò, imperterrita.

-Niente! Niente! Io sono…

-Perfetto! –Continuò, sarcastica.

Alzai le mani al cielo, tentando di occuparle e impedir loro di fare qualcosa –ma cosa?- di sbagliato.

-Sono cambiate molte cose. –Affermai, tenendo stretti i denti e preservando un’occhiataccia di ghiaccio.

-Sentiamo! –Incrociò le gambe e le braccia, in una posizione comoda e disposta a sorbire ore e ore di discorsi. Anche futili, purchè uscissero dalle mie labbra.

-Senti, se sei venuta qui per fare l’amica, per fare le tue stramaledette scuse, beh, puoi andartene così come sei arrivata. Le accetterò, ma svapora! –Incrociai quegli occhi da cerbiatta intimorita. Ricordai, in un lampo, quanto fossero fondamentali per me. Quanto fossero puro ossigeno, aria per le mie vene, fonte di energia. Mi bastava un momento solo per colmare le fatiche di un’intera giornata. Anche quando non erano rivolti a me, quegli occhi da cerbiatta. Si trattava di puro sangue.

La somiglianza con Elena e Katherine era stupefacente. Avevano gli stessi lineamenti, le stesse labbra morbide, soffici, la stessa pelle olivastra. Qualcosa, però, le distingueva: la personalità.

Conoscevo benissimo quella della Pierce e di Tatia. Elena era una smorfiosetta che, appena diventata vampira, voleva dimostrare al mondo la sua grande determinazione nel proteggere le persone amate. Una scocciatura, insomma.

Di scatto fu in piedi, a pochi centimetri da me, sorprendendomi.

-Klaus! –Bisbigliò, accarezzando i capelli rossicci che contornavano il mio volto esterrefatto. –Non sono qui per le scuse. –Asserì, poggiando la sua fronte sulla mia. Quasi ci credetti.

Avvicinò quelle labbra, inchiodandole alle mie che, dopo un attimo di esitazione, si ritrassero in un’espressione contorta.

-Non… -Mi pulii le labbra, enfatizzando quella manifestazione di disprezzo.

Scocciata, si affacciò alla finestra.

-Dunque è qui che vivi, adesso? Scommetto che hai deciso tu il posto. Ti è sempre piaciuto fonderti con la natura. –Si toccava i capelli, perdendosi nei più lontani ricordi.

-Non parlare di me come se mi conoscessi.

-Ma io ti conosco. E meglio di chiunque altro, Nik. Lo sai. –Utilizzò ancora quel tono caldo, rassicurante e protettivo. Un surrogato del grembo materno era il suo timbro vocale. Così coinvolgente. Così amorevole. Così ingannevole.

-Oh, certo! Avevo dimenticato le tue grandi capacità. Eri così brava ad ammaliare gli uomini, a conoscerli. Tu pensi di comprendere tutti, ma in realtà non è così. La tua è mera illusione.

Ingannai me stesso, consapevole del fatto che, probabilmente, Tatia mi conoscesse davvero più di chiunque altro.

-Menti a te stesso. E’ sciocco, non credi? –Allontanò via la tenda, ricoprendo la finestra.

Si avvicinò, con fare lento e mansueto. Sembrava un gatto, elegante e affamato.

-Io ti voglio, come un tempo. Non pretendo nulla. Una notte, sii te stesso e guardami come allora. Ne ho bisogno. Ho bisogno di sentire la tua voce, il tuo corpo sul mio, il tuo odore, i tuoi denti affondare nella mia carne, il tuo sangue consumarsi, confondersi, mescolarsi al mio. Essere una cosa sola, ricordi? –Accarezzò il mio viso, stesa accanto a me, come fosse la cosa più naturale e saltuaria del mondo. Come se lo facesse ogni sera, prima di addormentarsi serenamente tra le mie braccia.

Poi scese più giù, sul petto scoperto, e ancora più giù, sempre più a fondo.

Riconobbi il calore di quella persona che mi aveva trasmesso un nuovo senso della pioggia, del sole, della luna, del mare, della vita.

-Tatia… -Cercai di fermarla, stringendo quella mano.

-Shh! E' okay. E' okay. Sono io. Va tutto bene. –Continuò, ignorando la mia debole opposizione.

L’istinto prevalse sulla ragione e le forze sembrarono svanire.

Succhiò la mia anima, quella sera. Un’anima stranamente delicata, intorpidita e fin troppo delusa.

Avevo bisogno di energia vitale.

Forse avevo proprio bisogno di lei.

POV REBEKAH

Salii le scale, per capire ciò che stava succedendo.

Aprendo la porta, senza farmi sentire,  fui felice di notare che due corpi si muovevano all’unisono sotto le coperte del letto di mio fratello.

Ero soddisfatta ma pensai che mancasse un’ultima cosa da fare per completare l’opera: avvisare qualcuno.

Note dell’autrice:

Saaaalve! Qualcuno aveva già capito e aveva sperato di non vedere questa persona… ma cosa ci riserberà? Quanto starà e quanto sarà influente? Non pensate in maniera scontata, sapete che in questa storia ciò che è più ovvio, in realtà, è molto lontano dalla verità.

Vedremo!

Un bacio!

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Capitolo 18
*** Shh, it's okay, it's okay. It's me. It's okay. You're safe. ***


http://www.youtube.com/watch?v=iW0uYfq3VLU&feature=share ascoltaaaaaaatelaaa :)


POV CAROLINE

-E… io credo di…- lasciai trapelare il significato di quella frase incompiuta alla mia amica, fin troppo sconcertata.

-Oh, no… no… no, no, no! Non può essere! –Esclamò, in preda al panico. Pensavo la prendesse un po’ meglio di così, ma la sua espressione mi era indecifrabile. E il mio “meglio” era davvero relativo.

-Elena, io non so come sia potuto succedere… Davvero io… -Scoppiai ancora a piangere sulla spalla della neo vampira che, seppur spaesata e sorpresa, non si ritrasse, accarezzandomi il capo.

-Non ti ho mai vista così, Caroline Forbes. Che ti succede? –Chiese, prendendo il mio viso fra le sue mani e asciugando le lacrime di cui era impregnato.

-Non lo so. E’ stato tutto così veloce e mi sono letteralmente…

-Innamorata. –Concluse, fissando il vuoto.

-Sì, credo proprio sia così. –Aggiunsi, cercando di non far emergere quel lieve guizzo di gioia celato dietro l’espressione sorpresa e quasi scusante.

-Io ci sarò comunque, okay? Il fatto che tu sia… insomma, ciò non vuol dire che voi stiate insieme, giusto?

La guardai. Bastò quello per farle capire che c’era stato altro.

-Tu e… -Si alzò, di scatto, con la bocca aperta. –Caroline! –Esclamò, tra il disgustato e il divertito. –Non ti facevo così colma di iniziativa! E poi con quello… insomma io…

-Sì, ma oramai è finito tutto Elena. Una notte, un momento, è chiuso tutto lì. Mi ha difesa, mi ha curata e io ho fatto lo stesso con lui. E poi quello che è successo, è successo.

Mi accarezzò il viso, sorridendo.

-Non temere, si sistemerà tutto. Ed io, come sai, cercherò di fare il possibile per tirar su questo pessimo morale. Non sarà affatto facile accettare la cosa, però ci proverò. Okay? Ci proverò… -continuò, rassicurante e incerta al contempo.

Annuii e la abbracciai, ricevendo l’affetto di cui necessitavo. Mi ritenni fortunata ad averla lì, ad avere un’amica come lei al mio fianco, qualcuno che riuscisse ad intendermi con lo sguardo, qualcuno su cui avrei potuto contare… per sempre.

D’un tratto, però, suonò il citofono.

-E chi sarà mai a quest’ora? –Domandai ad Elena che fece spallucce.

Scendemmo giù e, aperta la porta, trovammo una visita inaspettata.

Rebekah piangeva, disperata.

-Ehi, cos’è successo? –Le chiesi, sbalordita. Il pensiero fu rivolto al fratello maggiore e allora mi sentii rabbrividire.

-K…Klaus, sta malissimo! –Singhiozzò, quasi agonizzante. –Vuole che tu vada da lui!

Mi sentii lusingata da quella richiesta, ma non potevo accettare di vederlo soffrire inutilmente: dovevo andare e chiarire tutto. Guardai Elena, che annuì.

-Torno subito! –Ero decisa, come non mai.

Sorpassata la soglia mi ricordai di dover fare una cosa.

-Ah, grazie Rebekah! –Aggiunsi, voltandomi verso le due.

La bruna sorrise, conscia di quanto sforzo ci fosse dietro quel ringraziamento.

Afferrai le chiavi dalla borsa e partii in quinta verso casa Mikaelson.

 

POV KLAUS

Sfiorai le cosce della bellissima donna dominata sotto il mio corpo, cadendo sul suo petto dopo quell’attimo necessario e ricercato.

Sospirammo entrambi, all’unisono, dopo aver consumato tutte le energie che possedevamo. E ne avevamo davvero tanta.

Iniziò a carezzarmi il capo, con fare materno.

-Mi sei mancato. –Sussurrò, prima di iniziare a canticchiare una melodia.

Sulle prime non ci feci caso, poi ricordai di quando quel suono fuoriusciva dalla sua dolce voce nel vecchio Medio Evo.

Seguii quel cantico, cercando di ricordarne le note rimosse.

-Oh, Klaus! Non è così! Non sei mai riuscito a farla quella parte! –Esclamò sorridendo e dandomi un buffetto sulla testa. –Ma cosa c’è qui dentro? –Domandò a se stessa, incurante della mia presenza.

Cercai di divincolarmi, allora. Si stava creando un’atmosfera troppo quotidiana, troppo tranquilla per qualcuno che non aveva ancora perdonato.

-Vado a farmi la doccia. –Dissi, divincolandomi da quelle gambe sottili e morbide, perfettamente incrociate alla mia vita.

Lei annuì, riserbando uno sguardo dolce e soddisfatto.

Non lo ricambiai.

Stavo per entrare in bagno quando udii il suono di una macchina.

Notai la sua espressione attenta a capire di chi si trattasse. Io già lo sapevo.

-Oh, sarà Kol! Mi sono ricordato che devo dirgli una cosa! –Esclamai, cercando di sembrare il più convinto possibile.

-Va bene, resto qui. Ho sonno, tanto sonno. –Rispose sbadigliando.

Sorrisi, per persuaderla ancora di più.

Corsi giù, prima che Caroline si infiltrasse da qualche parte ed iniziasse ad urlare il mio nome, com’era solita fare.

Aprii la porta, respirando affannosamente e poggiandomi sullo stipite.

-Ehi! –Strinse fra le sue esili dita il mio viso, impregnato dal sudore.

-Ehi! –La presi per le spalle e la portai nel retro della casa, in modo tale che, se fosse successo qualcosa, sarebbe riuscita a fuggire fra i campi adiacenti.

-Rebekah era molto preoccupata! Piangeva. Cos’è successo? –Domandò, in un tono evidentemente angosciato.

Quella sciocca, stupida, sgualdrinella! Quando tornerà me la pagherà! Pensai, in preda all’ira.

Poi alzai lo sguardo e Caroline era ancora lì. Ricordai di averla strattonata, di averla denudata, di averla gettata sul letto per farla ancora mia. Un angelo. Si presentava così, nella sua luce radiosa, nella sua bontà d’animo, nella sua voce dolce e delicata, nella sua bellezza disarmante.

Le sfiorai il volto. A quel tocco percepii il mio e il suo corpo rabbrividire, insieme.

Emanavano elettricità quelle figure statuarie, l’una davanti all’altra in uno stato di apparente catalessi.

Le lambii la bocca col mio pollice, assaporando quel momento.

Lei chiuse gli occhi, ansimante.

-Klaus. –Enunciò il mio nome, adattando la sua guancia alla mia enorme mano.

Quella mano che, pochi minuti prima, aveva carezzato una pelle diversa, più esplorata, più adulta.

La ritrassi, suscitando nella bionda un atteggiamento di sorpresa. Sembrava essersi svegliata da un sogno.

-Dimmi cosa c’è che non va! –Implorò, spingendomi sul muro e accorciando ogni distanza. –Ti prego! –Supplicò, incrociando il mio sguardo smarrito.

-Caroline. Io… -Afferrai quel viso con veemenza, incollando le mie labbra sulle sue. Entrambe divennero schiuse, per poi danzare sublimanti. Speravo che ciò sarebbe bastato a non dover continuare, a concludere così, a fornire un muto “ The End”.

Le sfiorai il collo e le spalle, gustando ogni minimo centimetro di quella candida pelle.

Posai la fronte corrucciata e pensierosa su quella altrettanto intimorita seppur più rilassata.

Un addio, sentivo il mio corpo prepararsi a sfiorare la sua anima gemella per un’ultima ed intensa volta.

-Devo. Mi dispiace, mi dispiace tanto! –Dissi, in preda allo spasmo.

Iniziai a singhiozzare, cercando di non farmi sentire.

-Ehi! No, no! Ci sono io! Ricordi? Sono la tua luce! Puoi fuggire dall’oscurità. E’ tutto okay, è tutto okay. Sono io. E’ tutto okay. Sei salvo. –Ansimò, staccando le nostre fronti per incrociare meglio il mio sguardo.

-No, è qui. Non posso. –Cercai di ingoiare il dolore, buttandolo giù nel profondo. Sembravo un pazzo, un delirante.

Poi capii. Tornai in me e intuii tutto.

Ero io che dovevo salvarla da quell’immensa oscurità che avvolgeva la mia vita.

La luce non doveva esserci.

Non poteva.

Sarebbe stata risucchiata.

-Basta adesso! –Esclamò, seriamente infastidita.

Presi ancora fra le mani quel viso, allora più combattivo. Voleva capire, ma non poteva.

-Caroline, io ti amo. Vorrei tanto continuare a viverti, vorrei con tutto il cuore glaciale che tu hai risvegliato continuare a vederti sorridere per me, come tanto desideravo. Avrei… avrei voluto addirittura avere dei figli! Vagheggiavo, nella speranza di un futuro tutto per noi. Vorrei così tanto –enfatizzai quelle parole, tenendo stretti i denti e serrando i pugni, evitando di distogliere lo sguardo da quegli occhi cerulei. – che darei la mia stessa vita pur di viverti. Vorrei tu non dimenticassi, ma devo farlo. –Una lacrima sgorgò dall’occhio destro, passando per il naso e cadendo flebile sulle labbra. Fu allora che la baciai, per l’ultima volta, rendendola partecipe del mio muto dolore. Incatenai i nostri sguardi, afferrai le sue spalle e  con immenso dolore esercitai la solita formula:

-Caroline Forbes, tu non hai mai trascorso del tempo con me, provi… rancore nei miei confronti –tentai di farmi forza, mantenendo un tono freddo e distaccato. -, mi odi tantissimo e non vuoi neppure sentirmi nominare. Non conosci la casa nel bosco, ma sai che devi stare attenta a Tyler. Ora va’ e fa’ una vita felice. Te lo ordino. –Conclusi osservandola e sperando che non avesse funzionato.

Sembrò stordita e spaesata sulle prime. Non diede nessun cenno, così ne approfittare per asciugare le lacrime dal volto copioso.

Poi il dolore pervase la mia anima, speranzosa di non vedere quella reazione.

-Tu! Maledetto! –Mi spinse, violentemente. In seguito indietreggiò, quasi spaventata dalla mia reazione.

Sorrisi, ricordando la prima volta nel salone di casa mia, quando voleva parlare a tutti i costi con quell’idiota. Tutto era tornato al proprio posto.

-Che cosa ridi? Che cosa ci faccio io qui! –Le tappai la bocca, prima che la scoprisse.

-Sparisci! –Usai l’imperativo, tentando di convincerla.

Caroline continuò a dimenarsi, incurante della forza con cui cercavo di immobilizzarla, per proteggerla.

Un istante dopo una figura si presentò davanti a noi. All’inizio mi spaventai e cercai di nasconderla, poi riconobbi Elena.

-Dalla a me. –Disse, guardandomi con aria comprensiva.

Annuii. Aveva assistito a tutto. Mi sentii un insetto davanti alla forza di quella ragazza che, nonostante tutto, continuava a battersi. L’avevo minacciata, quasi uccisa, intimorita, e adesso ero nudo davanti ai suoi occhi. Asciugai ancora le lacrime mentre vedevo Caroline allontanarsi con fare minaccioso…

 

NOTE DELL’AUTRICE: Okay, è tristissima la cosa. Okay, mi odiate tanto! Ma non uccidetemi, vi prego! L

Questo è un altro capitolo che mi ha coinvolta molto, come la seconda parte dell’ottavo.

E’ tristissimo e non posso farci nulla, doveva andare così.

Aspettiamo il seguito, nell’attesa vi informo che non potrò più postare. Mercoledì ho l’esame orale e questa volta si fa sul serio.

Un bacio eee non linciatemi E COMMENTATE PER FAVOREEE ANCHE VOI CHE NON L’AVETE MAI FATTOO! MI RENDERESTE FELICE <3 

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Capitolo 19
*** The host. ***


Angolo autrice: ragazzeee, come va? Gli esami sono andati e anche bene! E’ finiiiiiitaaa!

Okay, basta! Ho sclerato già troppo, ma volevo condividere con voi questa cosa!

Passiamo alla storia, diciamo che c’è una sottospecie di spoiler.

Non so se tutte voi lo sapete, ma sono stati inseriti ben tre nuovi personaggi nella serie televisiva TVD. Di questi non si sa nulla, né che ruolo avranno, né come saranno. Io so solo i loro nomi, non mi sono informata oltre. Ho deciso, comunque, di inserire nella scena uno di loro, Connor. Mi piace il nome ed è descritto come una macchina da combattimento che avrà parecchi screzi con Klaus. Questo, però, non implica niente. Nel senso che il mio Connor sarà diverso.

Spero di non aver rovinato la sorpresa a qualcuno, anche se comunque, ripeto, su di loro non si sa niente. Sto usando solo il nome di Connor, insomma.

Un bacio e buona letturaa!!


POV ELENA

Dopo aver portato Caroline a casa sua, costringendola a bere una tisana, tornai da Damon.

Dinanzi alla pensione dei Salvatore, mi resi conto di quanto tutto ciò mi risuonasse inquietantemente familiare. Ricordai di quando arrivai qui per la prima volta, impaurita e spaesata, di quando ricevetti “l’accoglienza” da Damon. Quanto lo odiavo.

A proposito, aperta la porta, trovai proprio il mio amato davanti al camino.

Lo raggiunsi, stampandogli un bacio sulle labbra.

-Ehi! –Fece finta di non avermi sentito, tirandomi a sé.

-Ehilà! –Risposi, con non troppo entusiasmo.

Ero sconvolta. Klaus si era rivelata una persona per certi versi diversa. Amava Caroline, quelle lacrime erano segno di un dolore profondo. Mi sentii così simile a lui e, il sol pensiero, pervase il mio corpo di brividi.

Damon se ne accorse.

-Che hai? –Chiese, incuriosito, accarezzandomi il braccio.

-Ho… ho visto Klaus piangere! –Sputai il rospo, il più velocemente possibile, aggiungendo. –Per Caroline! –Scandii bene quel nome, affinché lo capisse.

-Come? –Si alzò, con uno scatto fulmineo.

-Già. Ho deciso di seguire Care, non mi fidavo. Temevo le succedesse qualcosa, lei è stata sempre così apprensiva e attenta con me quand’ero umana e adesso… i miei sentimenti sono del tutto amplificati. Voglio, devo restituirle il favore. E poi è la mia migliore amica.

Si avvicinò, accarezzandomi il viso. –Ehi, non sentirti in colpa per niente. Tu sei una bella persona e il fatto che vi preoccupate a vicenda l’una dell’altra è… grandioso! Più che altro mi domando cosa c’entrino quei due insieme… -Si portò una mano sul mento, facendo il finto tonto. Ricordai quando utilizzammo Caroline come esca, portando Klaus fuori dal Grill.

Decisi di non rispondere, sviando l’argomento. La mia amica non mi aveva dato il permesso di spiattellarlo al mondo, e il mio mondo era Damon.

-Cosa c’è per cena? –Chiesi, tentando di mantenere salde le mie abitudini da umana.

Lui sorrise, oramai incanalato nella parte del vampiro succhia sangue. Non aveva bisogno di mantener saldo nulla il vecchio Damon Salvatore. Lo spinsi, capendo il suo atteggiamento irrisorio in risposta alla mia poco convincente richiesta. Lo portai sul divano e mi stesi addosso a lui, premendo con la vita.

D’un tratto la porta si spalancò e, nascosta dalla pioggia, una figura nera si fece spazio nella casa.

Damon si parò davanti a me, facendo da scudo.

-Ma che quadretto romantico! –Esclamò, con voce suadente.

Subito dopo fu a pochi passi da noi.

-Damon, Elena! –Ignorò il primo, scrutandomi attentamente. Come diavolo faceva a sapere i nostri nomi?

-E tu chi sei? –Chiesi, infastidita dalla sua irruzione.

-Elena, ‘sta al tuo posto! –Ordinò il ragazzo bruno dagli occhi cerulei.

-Connor, piacere mio. –Rispose, sorridendo per quella situazione.

Inviai un’occhiataccia a Damon, pur rispettando la sua richiesta. Decisi, comunque, di mantenermi accanto a lui.

-Cosa vuoi da qui? –Esordì così il più grande dei fratelli, con tono piuttosto irritato.

-Oh, nulla. Da voi non voglio assolutamente niente. –Continuò a tenerci sulle spine, con quell’atteggiamento inquietante. Aveva i capelli neri e gli occhi grigi, come le nubi invernali. Lo sguardo era gliaciale, ti trafiggeva il corpo lasciandoti senz’aria. Le labbra sottili e la pelle bianca, caricavano ancora di più questo senso di trepidazione. Così come il suo fisico: era alto, le spalle erano larghe abbastanza da impedirti di sorpassarlo e gli arti abbastanza possenti da buttarti giù con un dito. Ma, nonostante apparisse così minaccioso, il tuo comportamento trapelava un’eleganza assai simile a quella di Elijah.

-Oh, andiamo! Tu sei un vampiro, e questo l’abbiamo capito tutti.  Smettiamola con questa farsa, non inquieti nessuno e so farli meglio io questi trucchetti! Adesso dicci di cosa hai bisogno, e ci consulteremo per farti sapere! –Tirai un pizzico a Damon. Io ero una donna, avrebbe potuto farmi saltare in aria con uno spintone, ma Damon… sarebbe stato ucciso e basta.

Come se mi avesse letta nei pensieri, quell’essere, afferrò il mio ragazzo per la gola, affiggendolo al muro.

-Ragazzino, mi hanno raccontato della tua esuberanza… non sai che non sono questi i modi giusti per accogliere un ospite? –Lo lasciò andare, finalmente.

Scrutai Damon, cercando di fargli capire che avrei fatto meglio io a parlare, sfoggiando la discrezionalità che mi caratterizzava.

Si strofinò le mani, osservandomi attentamente.

-Piuttosto! Sapete dove posso trovare Klaus Mikaelson?

Fui felice di ricevere quella domanda, sperando che lo facesse fuori una volta per tutte. Poi ricordai di Caroline, di lui, del suo sguardo incatenato al suo e del dolore che trapelava da ogni parte del corpo.

-No. –Risposi, decisa.

Lui mi guardò un’ultima volta, facendo un sorriso sghembo.

Nessuno capì quali fossero le sue intenzioni.

POV KLAUS

-Ehi, cosa sta succedendo? –Alzai lo sguardo: Tatia era affacciata al balcone, con indosso le lenzuola del letto.

-Oh, nulla. Entra pure in casa tesoro. –Risposi, rassicurando e alleviando quell’eccessiva curiosità.

Improvvisamente un Flashback mi riportò indietro nel tempo.

Era un’estate torrida quella di inizio ‘400.

Era notte e, sentite le urla, mi affacciai alla finestra.

-Ehi, cosa sta succedendo? –Domandai, cercando Lexie nell’ombra.

Lexie era una ragazza bellissima: aveva i capelli biondo oro, quel colore così intenso che ti fa venir voglia di mangiarli, assaporarli, accarezzarli, quei capelli. Il viso era dolcissimo e sereno, il suo sguardo pure. Sulle guance si creava sempre un rossore particolare, appena la sfioravo. Mi ricordava tanto Caroline.

-Oh, niente! Il party continua pure senza la piccola, vero? –Domandò, scoppiando in una fragorosa risata, Tatia che ci aveva sorpresi a fare l’amore la notte precedente. Riconobbi quella voce immediatamente. Ancora non l’amavo.

Fu certo, però, che scesi subito da quel balcone e l’afferrai per la gola.

-Dov’è Lexie? –Scandii le lettere di quel nome.

-Mor… morta! –Cercava in ogni modo di respirare, dimenandosi.

Strinsi ancora di più quel collo, procurandole la completa impossibilità di muoversi.

-Lexieee! –La chiamai, voltandomi.

Sentii delle mani premermi sulle spalle, ma non erano le sue così delicate, così umane.

-Tu sarai solo mio. -Sentenziò Tatia, sparendo nell’oscurità.

-Lexieeee! –Urlai, disperato, quel nome nella speranza di vederla arrivare, col suo abito azzurro, quello che le avevo comprato.

 

-Ci andiamo a fare un giro, che ne dici? –Domandai a quella donna, mentre il mio odio nei suoi confronti aumentava gradualmente. Lexie era un amore puro, quello con Caroline era un rapporto diverso. E lei me l’aveva tolto, un’altra volta. Il suo modo di dimostrarmi amore, era pervadere la mia vita, succhiarne le novità, trasportandomi nel passato. In quel passato che non trova più spazio nel presente.

-Va bene! –Guizzò, felicissima.

Io stavo proprio pensando di ucciderla, ammesso che ce l’avessi fatta.

Tornai su e mi lavai. Entrambi fummo pronti.

Lei afferrò la mia mano, contenta. Io, invece, pensai a Caroline. Ricordai che lei non mi avrebbe più sopportato e, probabilmente, avrei preferito vederla morta piuttosto che vivere da solo, sprofondato nei ricordi.

POV CAROLINE

La notte non riuscii a chiuder occhio. Sentivo una presenza tormentarmi.

Sensazioni negative affollavano la mia mente, eccessivamente confusa.

Forse la tisana non andava bene per noi vampiri.

Accesi il lumino e andai in bagno, a sciacquarmi il viso chiedendomi cosa ci facessi in casa Mikaelson di sera, davanti ad un Klaus immobile e sconvolto.

Tornai in camera, ancora più scettica.

-Salve! –Una voce echeggiò nella stanza, la luce si spense e poi il buio totale.

 

 

Angolo autrice: non uccidetemi. Questo è un altro  “capitolo premessa”. Commentateee, ogni scrittore vuole vedere tante recensioni dopo aver scritto un capitolo!

Bacionii 

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Capitolo 20
*** Please, come back to me. ***


Note della pazza autrice: ma ciaaaoo belle!! Vedete quanto sono gentile e brava senza esami! Ahaha No, dai… scherzi a parte eccomi con un’altra premessa che, poi, sfocerà in un tumultuoso capitolo (il 21esimo… oddio, già 21 capitoli ho scritto??? Incredibleee!). Beh, non vi stanco più di tanto. Se volete, ascoltate questa canzone (Placebo, the bitter end) http://www.youtube.com/watch?v=2KkarMNlTzY


E ora ti posso vedere 
correre da me 
a braccia spalancate.

 

POV KLAUS

-Dove andiamo? –Domandò, sempre più elettrizzata.

Pensava che stessimo insieme. Ne era convinta, e probabilmente sapeva pure di Caroline, della sua esistenza, sentendosi pervasa da uno spirito vendicativo.

-Ovunque  e da nessuna parte, che ne dici? –Continuò, quando non ricevette nessuna risposta.

Annuii, stringendo forte il manubrio. Ricordai, ossessionato, il viaggio con Caroline e la mia decisione.

Oh, se solo potessi tornare indietro! Avrei gioito di quei momenti, senza pensare ai troppi perché.

 

POV ELENA

-Oh no! –Esclamai, poco dopo che quell’inquietante vampiro se ne era andato.

-Cosa? –Domandò Damon, insoddisfatto per non averlo ucciso.

-Se sa i nostri nomi, sa chi siamo e quindi se cerca Klaus…

-CAROLINE! –All’unisono, quel nome fuoriuscì dalle nostre labbra.

Uno sguardo bastò ad intenderci: dovevamo raggiungere la casa della nostra amica, dell’ibrido poco ci importava. L’unione fa la forza, e quella a noi non bastava. Damon doveva solo accettare che il suo compito non era più difendere una debole umana, ma coprire le spalle del forte e deciso vampiro in cui mi ero trasformata e alla cui natura mi ero oramai arresa, più di lui.

Salii direttamente dalla finestra, attenta a non farmi vedere da nessuno, abile come un segugio.

-Care? –La stanza era vuota, al buio.

Palpai il letto, dove non trovai la bionda.

Iniziai seriamente a preoccuparmi quando sentii un odore particolare e già conosciuto: Connor era passato di lì e Caroline non c’era.

-Non è qui! –Esclamai, disperata, a Damon.

Mi abbracciò, cercando di rincuorarmi.

-La troveremo presto, non preoccuparti. –Proseguì, accarezzandomi i capelli.

 

POV CAROLINE

Mi svegliai in una stanza buia, fredda e antica. Sembrava una villa abbandonata, per intenderci.

Non capii come mai mi trovassi lì. Pensavo di stare in un sogno, infatti.

Poi, però, aperti gli occhi, riconobbi una figura.

-Caroline, pensavo di non averti fatto così male! –Il tono inquietante della sua voce, mi ricordò qualcuno o qualcosa. Nella mia mente, per assurdo, si presentavano scatti fulminei di momenti lontani, quasi come se non li avessi vissuto io, pur essendone stata partecipe.

-Chi sei? –Cercai di divincolarmi dalle catene a cui ero attaccata.

-Perdona la mia maleducazione, Connor, piacere.

Sbuffai, ridendo di quella assurda condizione. Prima mi fa svenire, poi mi lega alle catene e si preoccupa di non essersi presentato: quello sì che era un tipo strambo!

-Okay, adesso tu mi liberi e la mia vita torna come prima. –Non sapevo bene perché, ma sentivo una pressante necessità di vivere la vita, così come avrei voluto, così come avrei dovuto.

-Piccola, dolce, tenera, sciocchina di una Caroline! –Lo guardai allibita, sconvolta dagli aggettivi che aveva utilizzato per descrivermi. E poi, come conosceva il mio nome? Proseguì, carezzandomi il viso. –Qui non detti le regole, non siamo certamente a casa Mikaelson. –Scoppiò in una fragorosa risata, mentre camminava avanti e indietro illuminato dalla luce della luna. Indossava un abito elegante color nero che si aderiva perfettamente al fisico scolpito.

-Cosa c’entra adesso la famiglia degli originari?

Sorrise, sghembo e al contempo maligno. Era seriamente infastidito.

-Tu devi dirmi dove sta Klaus Mikaelson. –Scandì ogni lettera,  a cinque centimetri dal mio volto.

-E cosa vuoi che ne sappia io di quell’idiota? –Dissi, scrollandomi quelle catene e segnalando la mia inutilità lì, se si stava parlando dell’ibrido. Non avrei potuto dare altre informazioni che fuoriuscissero dalla definizione di: stronzo, merda, cinico, odioso, presuntuoso, incapace di ascoltare gli altri e di relazionare.

In quel momento, sentii una pressione sui capelli.

-Adesso lo chiamiamo e gli implori di venire qui. E’ chiaro? –Stringeva forte il mio capo fra le mani, tanto che pensai stesse per scoppiarmi letteralmente il cranio. La sua voce faceva eco nella stanza umida, alimentando quella pressante inquietudine.

-Non so… non so cosa devo dirgli! Io lo odio, te lo giuro! –Esclamai, in preda al panico.

Con mio stupore, mollò la presa.

Si voltò e, con uno scatto fulmineo, mi diede uno schiaffo all’apparenza impercettibile.

Sentii il sangue colarmi dallo zigomo.

-Tu non mi prendi in giro! Dammi il suo numero! –Continuò, indicandomi con l’indice.

-Non ce l’ho, ti prego, lasciami andare! –Cercai in ogni modo di implorarlo, di smuovere quella stramaledetta umanità.

Così si piegò, toccandomi.

Iniziai a muovere le gambe, cercando di divincolarmi dalla presa ferrea.

-Stai calma, voglio solo il tuo cellulare! Posso possederti in altri modi, non c’è bisogno che ti tenga legata! –Asserì, leccandosi le labbra.

Nonostante avessi cercato di oppormi, riuscì a prendere il mio cellulare e a scorrere la rubrica.

-Uh, Klaus! Sarà mica lui? D’altronde chi può avere un nome così orripilante, se non quell’ ibrido! –Premette il tasto verde, mantenendo il cellulare sul mio orecchio.

-Sii convincente, potrebbe essere la tua unica via di salvezza! –Sussurrò all’altro organo uditivo non occupato.

Lo scrutai, con aria minacciosa.

Come avrei potuto implorare al mio nemico, a colui che ha quasi ucciso la mia migliore amica, che ha perseguitato Tyler, di venirmi a salvare?

D’altra parte, forse, Klaus rappresentava seriamente la mia unica via di salvezza e dovevo sfruttare l’occasione.

-Caroline? –La sua voce era sorpresa e sottile, quasi impercettibile, come se non si volesse far sentire.

-Klaus! Klaus, ti prego! Vieni qui, c’è un uom… un vampiro che ti cerca! Non so perché sia venuto proprio da me, ma è convinto che tu possa venire qui solo sotto mia richiesta. Io, ti giuro… non so perché questo sia accaduto, ma ti imploro… -iniziai a piangere, soprastata da emozioni incontrollabili ed inaspettate: sentivo una voce che mi indicava quello che dovevo dire, quasi come se io non ne fossi capace. –vieni a prendermi. Rassicurami, torna da me. Senza inganni, sotterfugi o bugie. Torna.

 

Note dell’autrice: Ma cosa sta succedendo alla nostra Caroline? Sarà lo spirito di sopravvivenza a farle formulare quelle parole, oppure il soggiogamento non ha perfettamente funzionato? O altro? A voi i giudizi e, come sempre, mi aspetto almeno sei belle recensionii! Ringrazio tutte coloro che seguono, ricordano, preferiscono la storia e la recensiscono. Saluto le veterane della recensione ahhah e quelle nove! Un bacioneee eee thank you guys! 

 

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Capitolo 21
*** Humanity. ***


POV ELIJAH

Arrivato a casa di mio fratello, capii subito che la tensione era alle stelle. Non c’erano le sue macchine parcheggiate fuori e incombeva il silenzio nell’aria pesante.

-Rebekah! Perché mi hai chiamato? –Appena entrato, notai che mia sorella era seduta sul divano, con le mani affondate fra i capelli.

La raggiunsi, prendendo il suo delicato e bellissimo viso fra le mani.

-Ehi, perché piangi? –Le asciugai le lacrime copiose che trasfiguravano quelle sanissime gote.

-Io… ho combinato un casino! Non volevo Elijah! –Mi abbracciò, come mai aveva osato fare. Ricambiai il gesto d’affetto, stringendola.

-Raccontami! Dov’è Klaus?

Singhiozzò, a sentir quel nome. –Io ho chiamato… -Ancora, si asciugò autonomamente le lacrime che sgorgavano, senza sosta. –Tatia! –Sospirò, esclamando quel nome.

Se avessi avuto un cuore, allora, sarebbe sicuramente scoppiato, andato, lasciandomi morto sul pavimento. Fortunatamente non era così.

-T… Tatia? –Capii, dopo aver assimilato, quanto fosse seria la questione. Rebekah rischiava, e non poco!

-L’ho fatto per scherzo! Non le ho parlato neanche di Caroline!

-Caroline? E tu mi hai chiamato qui, per farmi rivivere quella tortura? –Mi allontanai, disgustato. Lei sapeva perfettamente quanto io e Klaus soffrimmo, per colpa di quella donna.

-Scusami, davvero! –Si avvicinò, invadendo il mio spazio.

La spinsi: dovevo andarmene.

Feci per farlo, ma me la ritrovai nuovamente fra i piedi, davanti alla soglia della porta d’ingresso.

-Cosa vuoi Bekah? Lasciami in pace, mi hai già distrutto nominandola e rendendomi noto che è con Klaus, adesso. O sbaglio? –Domandai, fremendo dalla rabbia.

-Sì, ma non è questo il punto Elijah! Sai quanto sia vendicativa, mi ha detto che vuole uccidere Caroline, che aspettava il mio invito e che sapeva tutto di loro! Sarebbe venuta comunque! –Implorava ancora, gesticolando, e cercando di farmi capire quanto poco c’entrasse nella storia.

-Non mi interessa! –Scandii bene le parole, affinchè le capisse.

-Sì, invece! Potrebbe uccidere Caroline, Elena potrebbe andarci di mezzo, Klaus –fu lei a sottolineare una parola, un nome, -lui… rischia! Potrebbe… -singhiozzò, disperata per le sorti del fratello maggiore che lei stessa aveva coronato. –non tornare più! –Mi abbracciò, piangendo sulla spalla.

Non potei fare a meno di accarezzarle il capo: dovevo darle il buon esempio.

-Cosa vuoi che faccia?

-Uccidila. –Ansimò, con gli occhi accesi di vendetta. - Io non posso, intuirebbe i miei scopi. Ma i tuoi non li capirebbe mai…

-E’ intelligente, è una Petrova! –Esclamai, cercando di fuggire da quel fato che incombeva sulla mia strada: sarebbe stato davvero difficile.

 

POV KLAUS

-Chi era? –Domandò, incuriosita.

-Nessuno. E comunque non ti deve interessare. –Iniziai a stancarmi di quell’atteggiamento. L’unico pensiero che mi affliggeva era Caroline. L’avevo soggiogata, eppure mi era sembrato di sentire proprio lei al telefono. La mia Care.

-Oh, Klaus! Non odiarmi. Non odiare il mio costringerti continuo, il mio obbligarti ad essere solo mio. E non fingere, non sono una stupida. So di Caroline e se non smetti  di frequentarla, la farò a pezzetti. Anche se è una vampira, questa volta. –Sogghignò, al ricordo di Lexie.

Fremetti all’idea di farla fuori, così arrestai l’auto nel bel mezzo della strada, abbracciata dalla fitta nebbia.

La raggiunsi in un attimo, prima che scappasse.

-Avanti, fallo! –Incitò, stretta fra le mie mani che cercavano di immobilizzarla.

-Tu non torcerai un capello a Caroline, siamo intesi maledetta? –Le tirai i capelli, facendola volare per aria. Mi ero stancato e dovevo sbarazzarmi di quella sciocca, prima che fosse troppo tardi.

Fu lei, poi, a precedermi.

-Muoviti, strappa il cuore da petto e falla finita! –Mi incitò, spingendomi sulla macchina e accorciando ogni distanza.

-Lasciamelo fare! –Mostrai i denti aguzzi.

Lei sorrise.

-Tu non ne sei in grado! –Si leccò le labbra, mostrando poi i suoi canini.

 

POV ELIJAH

-Io sì! –Le strappai il cuore dal torace, facendola cadere per terra, come un manichino.

L’eleganza che possedevo, mi permetteva di muovermi agilmente senza farmi sentire.

Klaus restò scioccato alla vista, poi mi abbracciò.

Cos’era tutto questo affetto in famiglia, oggi? Mi chiesi, sentendomene però beato.

Nessuna nucleo era più unito di noi fratelli Mikaelson. Nulla mi avrebbe impedito di aiutare il sire del male, come lui stesso si definiva. Neanche lei.

-Per sempre uniti. –Sentenziò l’unica sorella, stringendoci le mani davanti alla tomba di mia madre.

Rabbrividii a quel ricordo e, prima di mostrarmi fragile davanti al duro fratellone, gli diedi una pacca sulla spalla.

-Vai, ci penso io al suo corpo! –Indicai col capo l’esanime vampira.

-Okay, grazie! –In un attimo sfrecciò via, lasciandomi solo davanti all’unica donna da me amata e da me stesso uccisa.

 

POV CAROLINE

-Allora, parlami un po’ di questa avvincente storia d’amore.

Continuai a strattonare i miei stessi arti, in preda alla disperazione.

Lo fulminai con un’occhiataccia, mentre era intento a camminare avanti e dietro per la stanza.

-Puoi illuminarmi tu, visto che sai così tante cose! –Esclamai di tutta risposta.

-Tu mi piaci, lo sai? –Si avvicinò, seduto sulle ginocchia, a pochi centimetri da me.

Accarezzò il mio viso, lentamente e sospirando di piacere.

-Sei intelligente, brillante e bella. Molto bella. –Continuò, lambendo le labbra.

Morsi il suo dito, spudoratamente.

-Auch! –Si divincolò dalla stretta, allontanandosi. -E sei anche selvaggia! –Cercò di sorridere, intrappolato nel dolore da me inflittogli. –Però non farlo più, ci siamo intesi? –Mi diede un buffetto sulle gote, ridacchiando fra sé. Sapevo che, se l’avessi rifatto, probabilmente ci avrei lasciato la pelle.

-Va’ all’inferno! –Sussurrai, imprecando la sua morte.

-Perdonami? –Si avvicinò ancora: ogni scusa era valida ad accorciare le distanze da lui imposte, dato che io non potevo fare altrimenti.

Lo fissai gelidamente, sperando di ammazzarlo in quel modo.

-No, davvero. Non ho capito. –Continuò, con quella voce flebile e fine.

-E cosa ti interessa? Perché vuoi sapere cosa provo, cosa dico, perché lo dico, come, quando lo dico, cosa penso di Klaus e della nostra… -sbuffai, sentendomi ridicola solo per pensarlo. –storia? –Chiesi, scettica.

-Oh, ci sono molte domande. Da quale dovrei partire? –Si toccò il mento, pensandoci su. –Oh, ma certo! Voglio sapere come hai fatto a risvegliare l’umanità di quell’imbecille!

-Tu sei tutto matto! –Esclamai, ancora più infastidita. Perché continuava a parlare di un noi che non esisteva? A me Klaus non piaceva, e non mi sarebbe mai piaciuto.

-Può darsi, ma i matti sono i migliori. Non lo sapevi?

Sbuffai ancora, inorridita da quella presenza.

Si muoveva con raffinatezza, parlava con disinvoltura e anche quando manifestava aggressività, lo faceva con gran classe.

Improvvisamente udii una voce strana, assai simile alla mia.

-Care! Sono io, la tua parte umana.

Fu un dialogo mentale, dettato da continue domande, risposte e fervide immagini. Non la vidi, sentii però quella voce evanescente, come fosse morta, echeggiare da un tempo trascorso, facendomi provare dei brividi: non mi riconoscevo.

-Come fai a parlarmi?

-Questo non è importante, adesso. Chiudi gli occhi. –Era dolce, rassicurante e sicura la vecchia me.

-Okay. –Feci come mi venne indicato.

-Chiudili davvero, cerca di rilassarti e ignora quell’essere. Rilassati, rilassati. –Mi incitò ancora a farlo, ma era troppo difficile! Sentivo la presenza di quel vampiro tartassarmi l’anima, entrarmi dentro.

Poi, però, immagini affollarono la mia mente.

-E’ fantastica la natura. Eppure mia madre ha osato plagiarla creando noi. Con noi intendo anche te Caroline. Tu, io e gli altri non potremo mai fonderci col sole, con  le stelle, con l’aria, con il fuoco… credo che saremo per sempre soli, sai? L’unico modo di farci compagnia è semplicemente… farci compagnia.
Scrutava tutto ciò che lo circondava come se da un momento all’altro qualcosa avrebbe potuto risucchiare qualunque presenza che fosse, anche se di poco, vicina a lui.

Klaus stava parlando, mentre tu l’ascoltavi. Eravate sul tetto e indicava il satellite. Tu, poi, rispondesti male a quel discorso, inorridita e sorpresa. Spaventata, soprattutto. Iniziavi a sentire qualcosa per lui, ricordi? Poco tempo era trascorso in quella casa. Ma tu devi ricordare, Forbes. Insieme dobbiamo farlo.

Poi ancora nuove immagini, sepolte nell’oblio…

-L’ho fatto perché… -Prima di continuare, scrutò ancora i tuoi occhi, immersi nei suoi. Erano celesti, limpidi come l’acqua e bellissimi come il cielo primaverile.–Perché credo di provare qualcosa per te, Caroline. L’ho fatto perché volevo vederti felice. L’ho fatto in quel modo, perché io sono Klaus. Non ho conosciuto nessuno che mi abbia insegnato ad amare, ad offrirmi, a sorprendere. Non sapevo come dirti dove stessimo andando perché vedevo nei tuoi occhi l’ebrezza e l’eccitazione. Ma non avrei mai potuto colmarla, volevo vederti sorridere col cuore. Volevo vedere i tuoi occhi… brillare come le stelle, quelle che ti ho mostrato l’altra sera. Tutto ciò nonostante non lo facessero con me. Nonostante non lo facciano con me. Non mi importava, seppure non ti ignoro che me ne doleva e duole tutt’ora. Me ne sono convinto sempre più andando lì, ho capito che non avrei mai potuto organizzare qualcosa che rimpiazzasse il tuo bisogno di avere accanto qualcuno che ti ami, qualcuno che tu inspiegabilmente ami. L’ho fatto con rabbia perché… non volevo. Io non volevo farti andare lì, sapendo cosa poi sarebbe successo. A cosa sarebbe servito mostrarti Los Angeles? A cosa sarebbe servito parlarti di come l’ho vissuta io, di cosa ho vissuto in tutto questo tempo. Tu pensavi continuamente a lui e questo mi ha fatto render conto della completa inutilità che rappresentavo, in quel momento. Non potevo farlo con dolcezza, Caroline. Non potevo correre da te e dirti che mi dispiaceva vederti piangere in quel modo. Tyler stava arrivando, avrei rovinato tutto. L’ho fatto per te! –Batté  i pugni sul letto. –Lo capisci? –Poi si avvicinò, accarezzandoti  il viso troppo pallido. –Per te. –Terminò, aprendo la porta e fuggendo via da quella dannatissima stanza, evitando così la tua risposta.

Ricordi, quando in quella casa siete stati insieme? Siamo stati insieme, c’ero anche io. E c’era pure il Klaus umano, che continuava a battersi per far uscire fuori quei sentimenti che celava nel cuore.

E poi, il buio. Ti sento tormentata, Care. Ti chiedi perché il viso di Klaus era così sconvolto ieri notte…

Prima di trovarti lì, confessasti ad Elena di amarlo… di esserti innamorata di Klaus Mikaelson. Così decidesti di andare da lui, di parlargli e…

-Caroline, io ti amo. Vorrei tanto continuare a viverti, vorrei con tutto il cuore glaciale che tu hai risvegliato continuare a vederti sorridere per me, come tanto desideravo. Avrei… avrei voluto addirittura avere dei figli! Vagheggiavo, nella speranza di un futuro tutto per noi. Vorrei così tanto –enfatizzò quelle parole, tenendo stretti i denti e serrando i pugni, evitando di distogliere lo sguardo dai tuoi occhi cerulei. – che darei la mia stessa vita pur di viverti. Vorrei tu non dimenticassi, ma devo farlo. –Una lacrima sgorgò dall’occhio destro, passando per il naso e cadendo flebile sulle labbra. Fu allora che ti baciò, per l’ultima volta, rendendoti partecipe del suo muto dolore. Incatenò i nostri sguardi, afferrò le tu spalle e  con immenso dolore esercitò la solita formula:

-Caroline Forbes, tu non hai mai trascorso del tempo con me, provi… rancore nei miei confronti –tentai di farmi forza, mantenendo un tono freddo e distaccato. -, mi odi tantissimo e non vuoi neppure sentirmi nominare. Non conosci la casa nel bosco, ma sai che devi stare attenta a Tyler. Ora va’ e fa’ una vita felice. Te lo ordino. –Conclusi osservandola e sperando che non avesse funzionato.

 

Improvvisamente mi svegliai. Ero entrata in un mondo a parte, dove tutto era completamente diverso.

-Bella dormita, eh? –Ignorai Connor che, come sempre, camminava ansimante da una all’altra parte della stanza.

Avevo fatto una specie di tuffo nel passato con la mia parte umana, riscontrando aspetti della mia vita che avevo totalmente dimenticato.

Io, Caroline Forbes, amavo Klaus? Com’era possibile?

Abbandonai quell’atteggiamento critico, ritornando ad essere me stessa.

-Quando arriva il tuo amato, allora? Potrei iniziare a prendermela con te… -Con uno scatto fulmineo mi raggiunse, tenendo stretto fra le sue mani il mio collo.

Klaus, ti prego… torna.

 

NOTE DELL’AUTRICE CHE STA PER ESSERE GENTILMENTE UCCISA: ahahahha eccomi! Non ho voluto scrivere nulla all’inizio, decidendo di spiazzarvi con un INASPETTATO POV ELIJAH. Beh, che ne pensate? Io amo quel personaggio. Personalmente mi è sembrato di scrivere una tipica puntata targata TVD, senza presunzione. Non c’è la magia di Bonnie che salva tutto, però! Ahahhah

Okay, questo è probabilmente uno dei capitoli più lunghi che io abbia mai potuto scrivere! E mi ha coinvolta molto, come pochi! Sono assai autocritica, come sapete, eppure devo ammettere che far incontrare le due anime: quella della vampira e quella dell’umana è stato toccante, davvero. Poi narrare i sentimenti di Klaus da una terza persona che ha vissuto tutto, quasi come un fantasma, è stato proprio assurdo.  Beh, non so più che dirvi. Spero sia stato di vostro gradimento, aspetto tante recensioni SPECIE DA CHI NON L’HA MAI FATTOOOO :P

Kiss

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Capitolo 22
*** L'anima gemella: epilogo. ***


POV CAROLINE

Il vampiro si avvicinava a passo felpato, con un ghigno malefico che dipingeva il suo volto.

-No, ti prego! –Esclamai, in preda alla disperazione più totale, cercando di divincolarmi con le gambe che mi conducevano sempre più vicino al sudicio muro.

-Ho un’idea! –Affermò, prima di sparire dalla stanza.

Respirai, cercando di calmarmi. Se ne era andato, non mi interessava perché, come.

Era sfumato via, col vento.

Purtroppo non passò molto prima che tornasse, procurando in me ancora più paura.

-Penso proprio che ci divertiremo, mia cara Caroline. –Teneva stretto fra le mani un arnese rosso, come le fiamme.

-C… cosa vuoi fare? –Mi sentii la protagonista di quei stupidi film horror che vedevo sempre a casa di Elena con Bonnie, Matt e Tyler prima dell’arrivo di tutti quei vampiri. Prima di tutto quell’immenso ed interminabile casino.

-Magari conficcarlo nella tua pelle, che ne dici? –Con scatto fulmineo si avvicinò.

Prese il cellulare. –Adesso lo richiamiamo. Non c’è bisogno che ti dica cosa fare! –Partì la chiamata, udii la sua voce e non potei ricambiare in nessun modo, se non con le urla.

-Klaus, sarà meglio che tu ti muova! –Incitò al vampiro, mentre quel ferro infiammato perforava la mia candida pelle.

-Ti scongiuro, basta! –Urlai ancora, quando mi sentii lo stomaco scoppiare all’interno. Finalmente lo ritrasse, guardandomi compiaciuto.

-A presto, originario! –Chiuse la chiamata, sorridendo maleficamente.

-Tutto bene? –Carezzò le mie gote che grondavano di sudore.

Non avevo le forze per rispondere. Non potevo fare nulla, se non sperare che Klaus arrivasse.

Si avventò ancora su di me, lasciando cadere ai nostri piedi l’arnese.

Mi alzai, cercando di fuggire alle grinfie di quell’essere, fino a quando la catena risultò tirata del tutto.

Scossi il capo, implorante.

-Mi ecciti molto, sai dolce Care? Specie quando mi implori di smettere! –Si sbottonò i pantaloni, leccandosi i baffi.

Accorciò ogni distanza e bloccò le mie gambe in fermento. Voltai lo sguardo dall’altra parte, evitando di incrociare quegli occhi famelici. Lui non me lo permise. Non potevo neanche decidere di volgere l’attenzione altrove, ai ricordi, a Klaus.

Afferrò il mio mento, per baciarmi avidamente. Passò le sue esili mani sulle mie gambe nude, ricoperte appena dal vestito che indossavo.

-Mh! –Sfiorò, prima delicatamente, le mie parti intime, convincendomi che oltre non sarebbe andato. Poi, però, tutti quei castelli e quelle speranze scoppiarono come una bolla di sapone: tirò via le mutande, per poi aprire le mie gambe che non opponevano più resistenza, entrando dentro. In una maniera brutale, animalesca e invadente: avrei preferito morire.

 

POV KLAUS

Le indicazioni che Caroline mi aveva dato non erano chiarissime, ma bastarono a farmi capire dove si trovasse. Nel bosco fitto, lontano da quello di Mystic Falls, c’era una villa in cui streghe e stregoni complottavano contro i vampiri, al fine di distruggerli. Io e i miei fratelli, uccidemmo tutti quelli che trovammo in una gelida notte di inverno, mille anni prima. Mi chiedevo se sarei riuscito ad entrare, e speravo fosse così. Mia madre mi perseguitava anche dall’altro lato, dovevo ammetterlo.

Giunto davanti all’enorme dimora, non trovai opposizioni e varcai la soglia, senza limiti o confini.

Feci attenzione a non farmi udire in quel silenzio tombale.

Poi sentii delle urla e ansimi spasmodici, accompagnati da rumori violenti.

-Ti prego, smettila! –Riconobbi quella voce e la seguii.

Mi affacciai ad una stanza piccola e buia, privata della porta.

Quell’essere stava letteralmente abusando di Caroline, legata alle catene.

Con uno scatto fulmineo, lo scaraventai dall’altra parte della camera.

-Klaus! –Sospirò con voce agonizzante e tremante.

-Ehi, sono qui amore! –Le staccai quelle enormi catene di ferro, liberandola da quell’atroce posizione.

Mi voltai presto, attento a non abbassare la guardia.

Non avevo notato di chi si trattasse, sulle prime. Poi, scrutai quel volto ghignante mentre si allacciava la cintura dei jeans, soddisfatto. Serrai la mascella e strinsi i pugni, pronto a fare scudo a Care, nascosta alle mie spalle. Nessuno mi avrebbe potuto battere, neanche quell’idiota.

-Connor! –Sospirai quel nome, sorpreso di vederlo lì.

-Fratello! Da quanto tempo! Deliziosa la tua ragazza! –Esclamò, indicando con un cenno la figura dietro il mio corpo. Lei si nascoste, stringendomi le spalle. Era traumatizzata.

-Non chiamarmi in quel modo, e inizia a pentirti per quello che hai osato fare, feccia! –Sputai per terra, disgustato da quella visione. Comunque mi concentrai, spazzando via il ricordo e ingoiando giù il veleno amaro: dovevo fargliela pagare.

-Stai calmo! Non ricordi quando ci dividevamo il pranzo, in passato?

Improvvisamente delle immagini presero forma nella mia mente: io, Connor e Elijah stavamo sempre insieme.

Lui era un originario.

Lui era mio fratello, quello vero.

Rabbrividii ricordando tutto, il periodo agonizzante che seguì la trasformazione, il suo cibarsi delle persone. Io ero l’unico a saperlo, io ero l’unico a conoscere le sorti della mia famiglia.

Connor era stato il primo ad essere trasformato, il mio patrigno lo odiava e decise di usarlo come test. Ma io e lui eravamo così legati che non ci pensò due volte a raccontarmi tutto, a svelarmi ogni segreto, a svelarmi ogni aspetto delle nostre maledizioni.

Non esisteva solo quella del sole e della luna, c’era anche quella dello stregone.

Lui ne era letteralmente ossessionato. Mi convinse ad uccidere mia madre, il cui sangue un giorno si sarebbe rivelato indispensabile per diventare i padroni del mondo.

-Ce la faremo Nik. Io e tu. Per sempre!

-Io non posso tradire i miei fratelli, Connor. –Cerai di divincolarmi da quella presa, allontanandomi dalla casa del villaggio.

Lui mi seguì sotto l’albero di quercia bianca, nella strada appena illuminata dalle candele.

-Io. Sono. Tuo. Fratello! –Scandì quelle parole, scrollandomi le spalle.

-Lo so, lo so Connor! –Lo abbracciai, decidendo di essere apparentemente dalla sua parte.

Scrollai il capo, ricordando di cosa avesse bisogno. Poi, una voce, mi portò alla realtà.

-Elijah! Questa è una vera e propria riunione di famiglia, allora? –Continuò sorpreso quanto me nel vedere il più elegante dei fratelli prender forma sulla soglia.

-Esattamente! –Aggiunse, poi, Bekah, seguita da Kol.

-Benissimo! –Esclamò il primo ad esser diventato vampiro, sfregandosi le mani.

Era eccitato, riconoscevo quello sguardo.

Non ci pensai un attimo e mi scaraventai su di lui, costringendolo sul muro.

-Cosa vuoi? –Digrignai i denti, incrociando il suo sguardo.

Alle mie spalle la mia vera famiglia, si teneva pronta all’attacco.

-Rientrare nelle vostre… g… grazie! –Cercò di respirare, strozzato dal mio gomito.

L’unica sorella scoppiò in una fragorosa risata.

-Tu? –Rise ancora, toccandosi la fronte. Poi si fece improvvisamente seria. –Tu sei una bestia! –Concluse, sprezzante come solo lei sapeva essere.

Afferrai il collo di quel mostro, scaraventandolo nuovamente per terra. Posizionai il mio piede sul torace, facendolo sussultare.

-Permettiti a sfiorare Caroline un’altra volta e…

-E tu cosa? –Domandò, curioso, prima di sputare sangue. –Dammi la pietra e io non le torcerò più un capello.

Spostai il piede premendo sul collo.

-Con me non fai nessun tipo di contratto, ci siamo intesi? Eh? Siamo i.n.t.e.s.i? –Scandii perfettamente ogni lettera, prima di dargli un calcio nello stomaco, facendolo sobbalzare da terra.

-Elijah, Kol, Bekah, ci pensate voi? –Mi voltai, consapevole di aver vinto la battaglia. Almeno per allora.

Afferrai Care per il braccio.

Entrammo in macchina, nella quale si creò una tensione assurda.

Non capii se lei avesse ricordato, se fosse spaventata o sotto shock.

-Stai bene? –La domanda più stupida del mondo. Complimenti Klaus, complimenti.

Strinsi il manubrio, pensando a quello che avevo visto. Pensando a tutto. Non potevo sopportare quel ricordo che continuava ad invadere la mia mente. Il problema era che risultava inutile qualsiasi tipo di distrazione. Anche Caroline risultava tale, poiché il suo viso, la sua espressione che prendeva forma sul volto sfigurato, mi ricordava quanto fossi stato scioccor ingrato di averla accanto.

Annuì, impercettibilmente.

-Tu… tu ricordi tutto? –Ancora una nuova domanda, uscita fuori come un sospiro accarezzato dall’aria pesante che si respirava.

Annuì ancora, osservando il vuoto e abbracciando le ginocchia strette al petto, quasi fossero un’ancora di salvezza.

-Care io…

-Non preoccuparti. –Si asciugò una lacrima che scendeva copiosamente sul viso.

Allentai la mano verso il suo braccio, quasi lo sfiorai, prima di ritrarre tutto.

Non l’accompagnai a casa sua, ma a villa Mikaelson.

-Vuoi restare qui?

-Sì. Non posso tornare così a casa. Mia madre mi ucciderebbe. –Tirò su col naso, quasi stesse dicendo la cosa più normale di questo mondo.

-V… vuoi che chiami un medico? –Aprii la portiera, attendendo una sua risposta.

Scosse il capo, chiudendomi lo sportello in faccia.

La raggiunsi, spalancando la porta di ingresso. Il silenzio ci stava letteralmente ingoiando, in una mossa lenta e dolorosa.

Cercai di osservare il suo comportamento, attento a qualsiasi cosa.

Posava le mani su un tavolo di legno, poi diede un’occhiata al camino e alle scale, che salì fino all’ultimo gradino, fino al terrazzo. Le lasciai il suo spazio, in balia dei ricordi.

Andai in bagno e presi il kit medicinale. Non che servisse, in quella casa.

La raggiunsi sul tetto, lì, dove tutto era iniziato.

Mi sedetti accanto a quella figura persa nel buio del cielo, illuminato da tante stelle, una più bella e vicina dell’altra. Sembrava volessero accarezzarci per benedire e coronare quell’apparente riunificazione.

Osservai quel medicinale, capendo quanto poco fosse inutile.

Volse il suo sguardo nei miei occhi.

Incrociai due iridi bellissime, erano azzurre come il mare e piene, piene come il cielo. Brillavano ancora, di quella luce che tanto amavo.

Morsi il mio polso e le concedetti di bere il mio sangue per riprendersi. Lei non rifiutò e si inebriò di quel momento, sentendosi meglio, almeno fisicamente.

-Grazie. –Sussurrò, quasi come se non volesse farsi sentire.

Presi della garza e dell’acqua ossigenata e iniziai a premere lievemente sulle gote trasfigurate. Lei mi lasciò fare, passivamente.

Le carezzai il capo, baciandole la fronte.

Quando presi fra le mie mani il suo viso per incrociare nuovamente quello sguardo, notai che le lacrime iniziarono a stravolgerle il volto.

-Ehi! Shh, no, non piangere tesoro! –Le carezzai ancora le guance e poi le labbra tremanti.

-Io… -Singhiozzò, portandosi le mani sul viso, per coprirlo. Poi si strofinò animatamente il braccio, quasi come volesse pulirsi. –Io mi sento così sporca! –Boccheggiò, producendo un suono strano con le labbra e guardando nel buio della notte, attenta a difendersi da qualsiasi tipo di insidia. Cercava di impedire che quelle lacrime continuassero a sgorgare, indiscrete. Lottava, la mia Care. E io l’amavo per questo, per questo e per tante altre cose. Dopo, però, sentii la rabbia pervadermi, distruggere tutta la tranquillità e le certezze che volevo trasmetterle. Avrei aspettato che si fosse calmata o addormentata per concludere ciò che dovevo fare. I miei fratelli avevano il compito di picchiarlo, ma non di ridurlo in fin di vita. Quello sarebbe spettato solo ed unicamente a me, che fremevo dalla voglia di farlo.

Duellava anche contro l’impossibilità di parlare.

-Tu sei perfetta, è chiaro? –Avvicinai il suo capo sotto il mio mento, lei odorò il mio collo. Poi cinsi la sua schiena, per farla sentire meglio e al sicuro.

-Mi dispiace io…

Le presi ancora il viso fra le mani, tremanti anch’esse.

-Tu cosa? Non hai fatto niente, hai capito? E’ solo colpa mia, sono stato io a farti dimenticare, ad allontanarti, ad ignorare la tua esistenza per proteggerti. –Sorrisi, nervosamente. –E guarda qual è il risultato? –Alzai la mano al cielo, incolpandomi per tutto.

Lei scosse nuovamente il capo, contrariata.

-No, no, non dirlo! Tu l’hai fatto per tutelarmi, lo so meglio di chiunque altro. Io ho ricordato tutto! –Disse per la prima volta quelle parole, sorpresa pure lei di sentirle. Era una cosa impossibile ricordare dopo il soggiogamento, soprattutto se questo era stato fatto da un originario, in tal caso io.

La leggenda, infatti, narra che l’unica possibilità di scampare al soggiogamento era quella di aver vissuto un amore impossibile seppur imparagonabile. L’unico modo, insomma, era aver trovato la così chiamata anima gemella. E io avevo soggiogato l’altra parte di me. Il riferimento è al noto mito dell’Androgino. Noi nasciamo come un’unica persona: vi era un tempo in cui esistevano tre generi: maschio, femmina e Androgino, che possedeva entrambe le fisionomie. Aveva una forma rotonda, perfetta, quattro gambe e quattro braccia e due teste. La spiegazione per questi tre generi era che il maschio discendeva dal sole, la femmina dalla terra e l’androgino dalla luna, che partecipa sia all’Idea del sole che della luna. L’androgino era felice, poiché completo. Un ibrido, insomma.

Ma Zeus e gli Dei erano gelosi della loro felicità, e si riunirono a  discussione: non potendo annientarli, Zeus decise di spaccarli in due. Avrebbero camminato eretti, su due gambe.

Io e Caroline ci eravamo separati, per poi ritrovarci.

 -Lo so, ed è… fantastico! –La attirai ancora  a me, baciandole il capo.

-Solo promettimi di non lasciarmi più. Promettimi che la prossima volta non mi soggiogherai, promettimi di esserci… per sempre.

Restai sorpreso da quella supplica, da me condivisa.

-No, io non ti lascerò mai più. Lo prometto.

-Abbiamo stipulato un accordo, allora? Dovrei ritenermi soddisfatta, non è facile giungere a conclusioni con Klaus Mikaelson. –Cercò di sdrammatizzare, ridendo appena.

Le diedi un buffetto sul capo, quasi impercettibile.

Passarono pochi minuti prima che si addormentasse sulle mie ginocchia.

Mi tolsi la maglia, restando a petto nudo, per coprire quel corpo gracile e così apparentemente debole e indifeso.

Stretta fra le mie braccia, la posai sul letto della mia camera.

-Mai più. –Unii le sue labbra alle mie, sentendomi completamente ed inesorabilmente riempito dalla perfezione.

Osservai per tutta la notte quel viso, pensando a quanto fossi fortunato e felice di averla accanto: sarebbe durato per sempre, che nel nostro gergo vampireso viene preso di parola.

 

NOTE DELL’AUTRICE: Beneeeeeeee! E’ finitaaaaa! La pace regna fra i due protagonisti e l’autrice di questa stramba storia, vi assicura che ci sarà molto presto un sequel!

Ringrazio di cuore tutte voi. Mi avete accompagnata in questo percorso, avete sostenuto la storia, amato ed odiato alcuni personaggi, avete espresso sempre le vostre opinioni riempiendomi di complimenti e io avrò detto seicentomiliardidivolte GRAZIE! GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE! Siete state… stupende! Lo so, mi odierete per questo “finale” che in realtà così finale non è………….

Non dico altro! Spero solo di poter continuare presto e di essere nuovamente apprezzata da tutte voi.

Ora concludo questa straziante –sì, MAI QUANTO CONNOR CHE ATTACCA CARE!-

Confessione, con tantissimi baci a tutteeeee! Ci sentiamo presto,

Lisa <3

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