L'amore è un'arma che ci separa.

di Sherlock_Watson
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mi fa sembrare così sciocca. ***
Capitolo 2: *** Ci mancava solo questo. ***
Capitolo 3: *** Lo sai che sono testarda! ***
Capitolo 4: *** Fratelli ritrovati. ***
Capitolo 5: *** Come concludere una serata. ***
Capitolo 6: *** Incidenti. ***
Capitolo 7: *** Non ci posso credere. ***
Capitolo 8: *** Sono proprio una bambina cattiva. ***
Capitolo 9: *** Senza speranza. ***
Capitolo 10: *** Cioccolata. ***
Capitolo 11: *** Ma sei proprio tu? ***
Capitolo 12: *** Finalmente buone notizie! ***
Capitolo 13: *** Mi dispiace. ***
Capitolo 14: *** Una settimana. ***



Capitolo 1
*** Mi fa sembrare così sciocca. ***


"Mi sento vuota. Oggi, anzi, in questo preciso momento, non sento niente di niente. Le finestre sono spalancate, fuori vedo le foglie che si muovono, ma io non sento il venticello sulla pelle. Non so cosa fare... o meglio, ho troppe cose da fare e una scarsissima voglia di farle... voglio stare qui. Sul letto a pensare a... niente, e magari chissà, potrei provare ad addormentarmi...".
 
Dissi prima che mi squillasse il telefono. Era Alex, il mio (tremendamente sexy) capo. Sì, è sexy: è moro, ha i capelli di media lunghezza (di solito, perché cambia spesso!), occhi grigi scuri, un fisico atletico e un sorriso per cui faresti di tutto! Mi disse di correre alla stazione: era avvenuto un omicidio.
Riattaccai e posai il cellulare, facendo una smorfia ad occhi chiusi. Alzai prima la testa, poi con le braccia cercai di tirarmi su a mo' di flessione, ma ricaddi ancora sul morbido cuscino ancora tiepido. Ci fu un altro squillo. Pensai che fosse ancora Alex, così mi schiarii la voce e risposi:
"... Alex, sto arrivando non devi preoc..."
"Amy... non sono Alex... sono Luke... (chi è Alex?!)"
 
Non era Alex, ma mio fratello. Era da cinque anni che non ci sentivamo, da quando abitiamo in case differenti.
"Luke?! Ehi! Che ti è successo?! E' da tanto che..."
"Amy! Non ho tempo... senti... io... sono nei guai."
"Cosa?! Che diavolo hai combinato?!"
"Sono... dannazione! Non posso parlare... ti richiamo dopo."
 
Riattaccò bruscamente.
Mi alzai senza esitare, corsi in salotto e afferrai la macchina fotografica (sì, beh non ero effettivamente un membro della scientifica, scattavo foto, prendevo impronte e altre sciocchezze semplici… facevo un periodo di ambientamento). Inizialmente mi preoccupai, ma poi pensai che fosse soltanto una tragedia personale, come ai vecchi tempi.
Salii in macchina e mi diressi al fiume, vicino alla stazione. Parcheggiai davanti al negozio "Caccia & Pesca", dato che sapevo non ci sarebbero stati posti più vicini.
Cominciai a percorrere il ponte. Mentre camminavo, osservavo il fiume che scorreva sotto i miei piedi (la strada, s'intende..). La luna faceva brillare la superficie dell'acqua... che bello. Poi mi voltai verso la stazione. Luci blu. Ambulanze, carabinieri, polizia (chi più ne ha, più ne metta) erano già sul posto. Preparai il cartellino della Omicidi e mi accinsi ad oltrepassare la linea gialla, quando vidi Alex venirmi in contro.
"Amy! Pensavo ti fossi addormentata di nuovo!"
 
Dio, che occhi!!! Non capivo più nulla quando subivo una miscela composta da Occhi + Voce di Alex!!
"Uh?! No, no! Mi ha chiamato mio fratello all'improvviso..."
"Oh... non sapevo avessi un fratello!"
"Beh ne ho due, a dirla tutta, ma quello che mi ha chiamato era da cinque anni che non lo sentivo..."
"Ah sì?! Tutto bene?"
"Sì, sì... non preoccuparti... piuttosto, cos'abbiamo?"
"Sì, allora, abbiamo trovato questo ragazzo di origine asiatica deceduto qui..."
"Chi ha chiamato la polizia?"
"Abbiamo ricevuto una soffiata anonima... dobbiamo esaminare la chiamata, Jesse se ne sta già occupando al dipartimento."
"Oh, bene. Nel frattempo scatto qualche foto."
 
Quel ragazzino steso a terra sembrava decapitato, la gola gli era stata tagliata: il taglio riusciva quasi a fare la circonferenza del collo. Tutto quel sangue. Non mi faceva impressione, averlo davanti. Ne risentivo maggiormente quando ne sento parlare. Valle a capire queste cose! Scattai foto ovunque, quando un agente mi chiamò dicendomi di avvicinarmi.
"Lei è della scientifica?"
"Beh, tecnicamente facc..."
"Mi prenda le impronte che ci sono qua sopra, al più presto possibile, poi le consegni a quel tipo laggiù."
“Ehm, ehm! D'accordo, come vuole lei..."
 
Il buonsenso a volte lascia a desiderare in queste persone, ma più che altro, in questi casi. Si trattava di una cabina telefonica. Sopra c’erano anche tracce di sangue. Pensai *Qua sopra ci saranno un milione di impronte!*, ma feci comunque il mio lavoro, dato che quel’agente mi stressava.
Presi campioni a raffica e mentre li imbustavo, sentivo i passi dell’altro agente, quello a cui avrei dovuto darli. Mi voltai e lo vidi: capelli corti, biondo scuro, occhi chiari… devo ammetterlo, era molto carino. Ma io restavo sempre sul mio capo!
“Bene… ha finito?”
“Quasi… ecco. Questa era l’ultima.”
 
Gli consegnai quel grosso pacco di buste, e poi mi chiese:
“Lei è nuova?”
“Oh, mi dia pure del tu… comunque sì, sono abbastanza recente! Mi chiamo Amelia… Amy è più facile.”
“Oh, piacere Amy! Io sono David…”
 
Ebbe un po’ di difficoltà a stringermi la mano a causa delle buste… ma alla fine ci riuscimmo.
Gli porsi il problema delle tante impronte e lui fu subito pronto a rispondermi:
“Ah, ah! Sembra un problemone, in effetti! Ma devi sapere che le impronte più recenti, sono quelle che si vedono più chiaramente.”
“Ah, quindi quelle vecchie sono… ehm, ‘sbiadite’?”
“Ah, ah, sì in un certo senso!”
“Oh, OK… ho capito! Bene, le lascio a te! Buon lavoro! E’ stato un piacere conoscerti!”
“Anche per me! Se fai un salto al laboratorio, vieni a salutarmi!”
“Contaci!”
 
E lo guardai andarsene. Mentre David si allontanava, Alex si avvicinò. Feci finta di non averlo visto, come le ragazzine a scuola, e lui mi chiamò per nome (e come se no?!).
“Amy?”
“Uh?! Sì, capo?!”
“Ho notato che hai conosciuto David, un tipo brillante, carino…”
“Già… è un ragazzo molto simpatico!”
“… e soprattutto playboy.”
“Cosa?! A me non sembrava… cioè, almeno non…”
“Fa sempre così all’inizio! Ma non preoccuparti, riuscirai a tenerlo a bada…”
“Magari con il tuo aiuto?!”
*Oh santo cielo! Fa che non abbia sentito! Fa che non abbia sentito!*
 
E invece sentì tutto. Non fu contrariato però, anzi, sorrise! E il suo sorriso causò il mio! Sembravamo due deficienti! Tutto s’interruppe, però, quando tornò a parlare di nuovo del lavoro.
“Allora… hai scattato tutte le foto?”
“Beh, se non sbaglio non c’è un limite! Comunque ne ho scattate parecchie, se è questo che intendi!”
“Beh, sì volevo dire quello…”
“Immaginavo! Ho fotografato tutto quello che mi sembrava sospetto!”
“Quindi… per oggi basta?!”
“Eh già… ho delle capacità molto limitate, per adesso!”
“Ah, ah! Beh, basta essere pazienti…”
“Sì… bene, ora posso andare…”
“V-vuoi… vuoi che ti accompagni alla macchina??”
*Woh! Pensavo non me l’avessi mai chiesto!*
“Certo! Se vuoi…” dissi sorridendo come un’idiota.
 
Ci allontanammo dalla scena del crimine e da tutti quei poliziotti, insieme. E insieme passammo sul ponte, lo stesso di prima, ma in quel momento era tutto più magico. Quando poi arrivammo alla macchina, mi avvicinai alla portiera del conducente e quando mi girai per salutare Alex… lui mi mise le mani sulla nuca e mi baciò.

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Capitolo 2
*** Ci mancava solo questo. ***


Dov’ero rimasta?! Ah, già: il bacio. Breve, ma intenso; timido, ma pieno di passione, insomma, bellissimo. Restai immobilizzata, le sue labbra avevano preso il controllo del mio corpo. Poi aprii gli occhi: ci guardammo tutt’e due sorpresi. Era imbarazzante, cominciai a ridere.
“Cosa c’è?”
“Oh, non preoccuparti! Non è per te che rido…”
“Ah, no?!”
 
Sembrava deluso. Avevo offeso la sua autostima forse?! Continuavo a ridere, più piano questa volta, mi sedetti sul cofano dell’auto e continuai a guardarlo. Lui sorrise guardandosi intorno, poi mise le mani sui fianchi, mi guardò e disse:
“Ci metterò un po’ a capirti, Amy…”
“…” smisi di ridere, ora sorridevo guardandolo. Era così tenero con quegli occhioni!
“Vedrai, ora non ti farò ridere!” disse prendendomi lentamente i polsi.
“Cosa?” chiesi mentre si avvicinava.
 
Ma lui non rispose nulla: mi diede un piccolo bacio sulle labbra mentre stringeva le mie mani. Sembrava la scena di due bambini che giocavano ai fidanzati. Ma questo era dolce da parte sua. *Cavolo! E’ bellissimo… ma è il tuo capo, testa di rapa!*. Quel pensiero rovinò tutto. Allontanai la testa e automaticamente lui mi lasciò le mani.
“Alex…”
“Amy?!”
“Ehm… io… aspetta… tu… sei il mio capo…”
“Tecnicamente sono solo il tuo superiore… anch’io ho un capo, quindi siamo nella stessa posizione…”
“Alex. Non direi proprio… il tuo capo, che poi equivale al mio, avrà 5O anni in più di te! Ed è un uomo…”
“Amy… è solo un bacio!” disse sereno.
“Oh! In fondo hai ragione, sto impazzendo! E’ colpa dello stress…”
“Concordo. Su dai sali in macchina, io torno laggiù.”
“Bene, buona notte, capo!!”
 
Alex mi salutò con una smorfietta. Lo stavo già facendo impazzire… non sarebbe durata molto. Arrivai a casa, mi cambiai e tornai a letto, sperando di prendere sonno. Guardando il soffitto, chiusi gli occhi toccandomi le labbra: mi sarebbe piaciuto rifarlo. *Alex was here!* pensai ridendo. Mi assopii subito.
La mattina dopo mi svegliai improvvisamente a causa del cellulare: stava squillando da parecchio, siccome la canzoncina era iniziata da un bel po’. Mi affrettai a rispondere.
“Sì, pronto chi è?” dissi con la voce assonnata.
“Amy… sono Luke…” rispose lui.
“Luke! Dimmi che cosa ti è successo!”
“Io… sono nei guai…” aveva la voce indebolita.
“Questo me l’hai già detto!” dissi impaziente e preoccupata.
“Mi hanno preso… non c’entro niente! Io ho solo…” non riuscì a finire.
 
Sentii un rumore forte, come se avessero distrutto il suo telefono. *Oh mio Dio! Ma cosa ti è successo?*. Avevo dannatamente paura. Scesi le scale in fretta e furia, mi vestii e corsi sulla macchina. Stavo per mettere in moto quando squillò ancora una volta il telefono.
“Pronto?”
“Amy… sono io…” era Alex.
“Alex, adesso non posso proprio…”
“Amy, ascolta. C’è una brutta notizia al laboratorio. Devi venire immediatamente.”
“Cosa? Cos’è successo?” mi preoccupai più di prima.
“Non posso spiegartelo per telefono, devi venire…”
“D’accordo. Arrivo.”
 
Riattaccai. *A quanto pare, Luke dovrà aspettare.*. Accesi la macchina e mi diressi immediatamente al laboratorio. Entrai, vidi la squadra tutta riunita che si voltò appena sentì la porta aprirsi.
“A-allora ragazzi… cos’è successo?” chiesi ansiosa.
“Abbiamo identificato un sospettato.” mi rispose Jesse, il ragazzo seduto al computer.
“Sì?! E chi sarebbe?”
 
Continuai rimanendo in piedi. Poi Alex cominciò ad avvicinarsi, nessuno mi rispondeva. Voleva farlo lui. In fondo, la questione di Luke non dovette aspettare poi così tanto.
“Amy… è tuo fratello.”
“Cosa?!” ero sconcertata.
“Abbiamo trovato le sue impronte, quelle che hai raccolto tu, su quel telefono, inoltre, abbiamo trovato alcuni suoi capelli in mezzo al sangue perso dalla vittima.”
“Ragazzi! Non… non può essere stato Luke! Che motivo aveva?”
“Lo dobbiamo ancora scoprire…”
“E allora?”
“Dobbiamo prelevarlo dall’abitazione e portarlo qui, per interrogarlo e tenerlo sott’osservazione…”
“Mio Dio! Non lo troverete a casa sua…” non riuscii a trattenermi.
“Amy! Cosa stai dicendo?”
“Lui…”
“E’ scappato?”
“No… io… non so dove sia… ma…”
“Aspetta un secondo…” mi interruppe “… andiamo nel mio ufficio. Ragazzi, a dopo.”
 
Mi accompagnò mettendomi le mani sulle spalle. *Luke… cos’hai combinato?!*. Entrammo nel suo ufficio, mi fece sedere mentre lui restava accucciato di fronte a me.
“Amy… cos’è successo?! Mi avevi detto che prima di venire sulla scena del crimine vi eravate sentiti…” cominciò.
“Sì, esatto. Mi ha detto soltanto che era nei guai, non ho fatto in tempo a chiedergli altro che ha subito riattaccato. Come se fosse stato costretto…”
“Oh, capisco.” disse fissando il pavimento.
“Prima di venire qui, sai che ti avevo detto che non potevo…”
“Sì, me lo ricordo…”
“Ecco. Luke mi aveva appena telefonato.”
“Sul serio? E cosa ti ha detto?”
“Aveva una voce debole, ha detto di nuovo che era nei guai…”
“Nient’altro?”
“ha anche aggiunto che l’avevano preso… non so a cosa si stesse riferendo… ripeteva che non c’entrava niente… Alex, ho paura.” cominciai a piangere.
“Amy, non preoccuparti, andrà tutto bene, vedrai…” disse abbracciandomi “… credo di avere un’idea di cosa sia successo veramente.”
“Davvero?” riaccesi la speranza.
“Già. Andiamo dai ragazzi.”

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Capitolo 3
*** Lo sai che sono testarda! ***


Ripresi fiato, mi asciugai le lacrime e insieme tornammo nella sala grande. Oltre a Jesse e David c’erano anche Astrid, la ragazza del DNA, e Beth.
“Allora, cos’è successo?” iniziò Jesse.
“Luke non è un sospettato.” Alex si fece avanti.
“Cosa?!” rimasero tutti sorpresi.
 
Alex si mise a spiegare tutto ciò che gli avevo detto, e poi, per concludere:
“Luke si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ha trovato la vittima sdraiata ed ha provato ad aiutarla, il che spiegherebbe le sbavature di sangue, poi si è avvicinato alla cabina telefonica per chiamare l’ambulanza, come si nota dalle sue impronte e dal sangue della vittima lasciato dalle sue mani…”
“Wow! E’ incredibile!”
“A dire il vero no. Comunque dobbiamo ritrovare Luke. Qui abbiamo qualcosa di più grosso che un semplice omicidio.”
 
Adoravo il modo in cui parlava. Sarei potuta starlo a sentire per ore. Poi tutt’a un tratto, si voltò e mi fece un cenno con la testa di uscire. Feci come diceva. Aspettai fuori al sole, quando poco dopo lo vidi arrivare.
“Scusa se ti ho fatto aspettare…” cominciò mettendosi gli occhiali da sole.
“Ma figurati! E’ il tuo lavoro… non capisco perché…” mi bloccai.
“Cosa? Cos’è che non capisci?”
“Ah! No, lascia perdere.” *Perché anziché stare là dentro, sei qui con me?! Beh, non che mi lamenti, anzi! Però è strano…*.
“Ti va di prendere qualcosa? Un caffè?”
“Ti ringrazio, Alex. Ma non mi sento in vena oggi… sono in pensiero per Luke. Io… voglio aiutarvi a ritrovarlo…”
“Non devi preoccuparti. Io lo ritroverò. E troverò anche quei bastardi che l’hanno preso…”
“Grazie, capo.” lo abbracciai.
 
Lui fece la sua solita faccia sorpresa, che mi piaceva tanto, poi contraccambiò anche lui.
“Dai, ti accompagno alla macchina…”
“…” sorrisi.
“Ricominciamo?!”
“Sto solo pensando all’ultima volta che mi hai accompagnato alla macchina…”
“Beh, non è colpa mia se… adoro la tua macchina!!!” era pessimo. Ma lo adoravo!
“Ah, ah! Certo… dai, Kojak, accompagnami!” afferrai il suo braccio.
“Amy…” si bloccò improvvisamente.
“Sì?” mi voltai.
“Io… volevo dirti…”
“Cosa?”
“Io…” non riusciva a parlare.
“Dimmi, Alex…”
“…” sospirò. “Io troverò tuo fratello… per renderti felice.”
“Ed io te ne sarò molto grata.”
 
Sapevo che non era ciò che avrebbe voluto dirmi, ma non volli insistere perché mi sentivo davvero stanca. Aprii la portiera della macchina e mi voltai per salutarlo, come la notte scorsa. Lui era girato di profilo, ma si voltò appena mi vide. *Oggi niente bacino?! Beh, sarà per un’altra volta…*. Mi rivoltai facendo per sedermi.
“Amy…” mi chiamò.
“Alex?”
“Hai dimenticato una cosa…”
“Ah, sì? Che cosa?”
“Questo.”
 
Mi venne in contro dandomi un piccolo bacio. Era rischioso davanti al laboratorio, avrebbero potuto vederci. Ma lui lo fece lo stesso e questo mi piaceva. Tornai a casa e mi sdraiai sul divano, feci una dormitina fino al tardo pomeriggio. Mi svegliai quando sentii due uomini che sbraitavano nella mia via. Sbirciai dalle finestre: erano due ragazzi, sempre asiatici, sembrava avessero anche la stessa età del ragazzo deceduto, ma non volevo azzardare nulla. Si Stavano minacciando. Continuai a guardare, quando improvvisamente uno dei due sparò all’altro. Non era un proiettile, poiché non uscì nulla dal suo corpo, era un sonnifero. *Oh mio Dio! Sono… magari sono gli stessi… Luke…*. Cominciai a preoccuparmi seriamente. Chiamai immediatamente Alex.
“Amy?”
“Alex! Sì… ehm… a casa mia… ci sono due…” ero troppo agitata per parlare.
“Amy! Stai calma… che succede?”
“Devi venire immediatamente! Uno ha addormentato l’altro e ora… oh, mio Dio!”
“Amy! Mi fai paura! Arrivo subito…”
“Alex… io… voglio seguirlo! Magari troverò Luke!”
“No! Amy… non muoverti di lì!”
“E’ su un furgoncino! Devo inseguirlo…”
“AMY! Non costringermi…”
“…”
“AMYYYY!!!” riattaccai.
 
*Mi dispiace. Ho deciso. Voglio ritrovare Luke… se penso che lo hanno trattato così…*. Mi cambiai, chiusi a chiave la porta e salii in macchina. Era un peccato che non avessi un arma. Al poligono usavo la mia P128, ma non potevo ancora tenere le armi al di fuori dell’edificio. Anche se in quell’occasione avrebbero davvero fatto comodo. Mentre mettevo in moto, sentivo il telefono suonare, sapevo che era Alex… ma non volevo tornare indietro. Non risposi. Partii e mi avvicinai a quel sospetto furgone bianco.

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Capitolo 4
*** Fratelli ritrovati. ***


Lo seguivo attentamente, senza mai perderlo di vista. Il telefono squillò ancora: Alex. Per mettermi il cuore in pace, decisi di rispondere.
“Alex, che c’è?!”
“Amy! Perché non rispondi?! Sto cercando di raggiungerti, santo Dio!”
“Alex… ci sono quasi… il furgone sta rallentando e…”
“Aspetta… lui… ti ha visto mentre lo seguivi?”
“Ehm… questo non lo so!”
“Oh, merda!”
“Alex! Che cosa? Ho paura… non tenermi sulle spine!”
“Allontanati. Immediatamente. Dimmi dove sei…”
“C-cosa?! Perché dovrei allontanarmi? Sono nella via per il comune…”
“VATTENE DA LI’!” disse forte e lentamente.
“Alex… ma che succede?”
“Ha scoperto che lo pedini…”
“Oh, Dio!”
“Già… non temere. Sono qui…”
 
Guardai lo specchietto retrovisore e vidi un grande BMW nero. Era il suo. Feci un po’ di retro e parcheggiai. Scesi facendo finta di nulla e mi diressi alla sua macchina. Il furgone si era fermato. Appena arrivai alla sua portiera, aprì il finestrino oscurato e mi disse:
“Sali. Fai finta di niente.”
 
Io obbedii senza discutere e passando davanti alla macchina, mi accomodai nel sedile in parte al suo. Il furgone era sempre lì.
“Probabilmente aspetta che procediamo noi…” cominciai.
“Già… meglio andare davanti e riprenderlo dopo…”
“Prendi la targa…”
“L’ho già fatto.” affermai fiera di me.
“E allora cosa stiamo aspettando?”
“Andiamo.”
 
Sorpassammo il camioncino bianco, e guardammo dentro: non c’era nessuno ai posti davanti. *Ma cosa… non può essere!*.
“Amy… non è sceso nessuno da lì?”
“No. L’ho osservato per tutto il tempo…”
“Ho capito: ci dev’essere un passaggio che conduce al retro…”
“Pensi che stia…”
“Sì.”
“Oh cielo! Ho paura…”
“Sai usare una pistola?”
“Beh, andavo al poligono ad esercitarmi, ma non ho ancora il permesso di tenere un’arma.”
“Adesso ce l’hai. Prendi questa.”
 
Mi diede una P229 argentata, pesante, ma bellissima. *La mia prima pistola fuori dal poligono!*. Alex si mise gli occhiali da sole, scendemmo e ci avvicinammo alle porte posteriori del furgone. Io tenevo puntata la pistola mentre lui cercava di aprire il retro del furgone.
“Vado avanti io.” disse Alex.
“S-sì.”
“Stai calma… non c’è niente di cui…”
 
Mentre era distratto a parlarmi, Alex venne spinto per terra dall’improvvisa apertura delle porte. Cadendo, perse la pistola, io mi voltai verso di lui:
“AMY! DIETRO!”
 
Ma era troppo tardi: tutto cominciava a sfuocarsi e mentre mi giravo dietro, mi addormentai. Aveva preso anche me.
“AMYYYYYY!!!” gridò lui.
 
Fu l’ultima cosa che sentii. I sonniferi sono odiosi, se somministrati involontariamente, ovvio. Mi risvegliai legata in una specie di cantina umida e vuota. Non c’era nessun ragazzo asiatico, ma quando guardai in parte a me vidi Luke. Era pieno di lividi ed era bendato.
“Luke! Stai bene?”
“Uh?! A-Amy?!” la sua voce sembrò speranzosa.
“Sì… cosa ti hanno fatto?”
“Oh… lascia stare… è solo che…”
“Ti prego, dimmi che non sei coinvolto in quell’omicidio alla stazione… io ho… trovato le tue impronte…”
“Cosa?! No! Io… sono un testimone.”
“E’ per questo che ti hanno rapito?”
“Sì… mi hanno visto…”
“Al laboratorio… nessuno voleva credermi, quando dicevo che non eri stato tu… solo Alex era dalla mia parte…”
“A proposito, chi è questo Alex?”
“Oh! Lui è il mio capo…”
“Ah! Per un attimo ho creduto che fosse il tuo ragazzo!”
“Ehm, ehm…”
*OK, meglio non commentare!*.
 
E continuammo a parlare, come tanti anni fa. Sfortunatamente, però, fummo interrotti da una serie di rumori provenienti dal soffitto, tra cui degli spari. *Sarà quel ragazzo della via?!*. I miei occhi rimanevano fissi sulla porta, ma avevo anche paura di vedere qualcuno entrare, specialmente se quel qualcuno avesse cattive intenzioni.
“Amy… che succede?” mi chiese Luke.
“Non ne ho idea…”
“Non voglio che mi facciano del male di nuovo…”
“Luke… io non lo permetterò. Vedrai che Alex verrà a salvarci…”
“Lo spero.”
*So che sta arrivando. Lo sento…*.
Mentre pensavo, dei passi si avvicinavano alla porta. La maniglia stava girando.

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Capitolo 5
*** Come concludere una serata. ***


Chiusi gli occhi ma non riuscii a resistere alla tentazione, così li riaprii. Con mia grande sorpresa (ma si sapeva!) e gioia, chi aprì la porta fu un uomo vestito con una giacca di pelle nera, pantaloni neri e occhiali da sole: Alex.
“Alex!” dissi contenta.
“Amy! Sono riuscito a trovarvi…”
“Ehi! Io non vedo nulla! Toglimi questa benda… per favore!” intervenne Luke.
“Sì arrivo, non preoccuparti!” disse sfilandogliela e cominciando a slegarlo.
“T-tu sei Alex?”
“Sì… piacere!”
“Bene, io sono Luke…”
“Vi dispiace liberare anche me?!” interruppi i due.
“Arrivo, cara…” rispose subito Alex.
*Oh! Che tenero!*
 
Quando mi slegò, mi alzai dalla sedia e restai lì in piedi insieme a loro. Mio fratello cominciò a guardarmi. Si diresse verso di me e mi abbracciò.
“Mi dispiace di non essermi fatto sentire…”
“Luke! Non ti preoccupare, l’importante è che ti abbiamo ritrovato…”
“Forza, cominciamo a salire le scale, io vi farò da guida…” intervenne Alex.
“Alex… la tua pistola… non la trovo più… dev’essermi caduta quando mi hanno rapita…” dissi.
“Oh, non ti preoccupare, ho recuperato la mia!”
 
Cominciammo a salire, Alex stava davanti, io in mezzo e infine Luke. Salivamo quatti come dei predatori in agguato, eravamo quasi in cima. Poi, di colpo, Alex si fermò e arretrò di un passo. Andai addosso alla sua schiena.
“Ops! Cavolo! Scusa capo…”
“Ssh! Non fa niente… credo che ci sia qualcuno…”
“Alex… ma tu stai…”
“Cosa?”
“Stai sanguinando… dalla schiena…”
“Oh, non è nulla… è solo un…”
“Eri tu prima che sparavi?” lo interruppi.
“Sì. Io e un altro ragazzo…”
“Come ti senti?”
“Sto bene, Amy! Sono resistito a peggio, sai?!”
“Se lo dici tu…” naturalmente non mi fidavo.
 
Poi Alex ci diede il via libera così riuscimmo ad uscire e lui chiamò una squadra di polizia. Tirai un sospiro di sollievo. Si era concluso tutto, o almeno sperai che fosse così.
“Luke… ora che farai?”
“Andrò a casa… verrò a trovarti, non ti preoccupare! Certo che anche tu potresti farlo un salto da noi!” rigirò la frittata.
“Certo! Ciao fratellone… stai lontano dai guai!”
“Che stiano loro lontani da me!” ci salutammo e se ne andò.
“Alex… passiamo a te. Sicuro di non voler andare in os…”
“Tranquilla. A casa ho tutto l’occorrente.”
“D’accordo, mi fido. Ma sei capace di curarti sulla schiena?” chiesi ironicamente.
“Ma che domande! Vuoi che lo faccia fare a te?!” mi chiese avvicinandosi al mio viso.
“Sarebbe un piacere!” risposi contenta.
 
Così salimmo in macchina. Ci mettemmo a cantare a squarciagola le canzoni alla radio, spensierati, fuggiti da quell’incubo, quando arrivammo a casa sua. Appena scesi dall’auto, il suo cane ci arrivò incontro al cancello.
“Buono Ludwig, stai giù” disse.
“Com’è bello!” lo accarezzai.
“Ti piace?”
“E’ adorabile… è un husky, vero?”
“Già… adoro gli husky… soprattutto i loro occhi…” incredibilmente somiglianti a quelli del suo padrone.
“E’ un bravissimo cane… mi fa da guardia alla casa quando ho i turni di notte…”
“Che bravo, Ludwig!” dissi accarezzandolo.
 
Era un bellissimo esemplare, avrà avuto sì e no sei o sette mesi. Attraversammo il cortile ed entrammo in casa. Alex prese il kit medico e si tolse la giacca e la maglia.
“Oh mio Dio, come sanguina!” dissi impressionata.
“Sembra che faccia più male a te che a me! Dai, comincia…” sorrise.
“D’accordo… spero di non passare a lavorare all’obitorio!”
“Non dire certe cose mentre mi tocchi!” rise dandomi un colpetto sulla testa.
 
Feci tutto il possibile e fasciai con tantissima garza il tutto: non volevo sanguinasse di nuovo. Si guardò allo specchio e disse che avevo fatto un buon lavoro, ma forse era per non offendermi.
“Ti va di mangiare qualcosa?”
“Grazie, Alex… ma non ho molto appetito, dopo quello che ho passato oggi…”
“Capisco. Vuoi… vuoi restare qui? Se hai paura che ti succeda qualcosa…”
“Alex, non voglio disturbarti!” dissi imbarazzata interrompendolo.
“Ma quale disturbo! Avanti! Ci vediamo un film…” insistette.
 
Ero imbarazzata, ma volevo che lui insistesse, per averlo vicino. Così accettai. Ci mettemmo sul suo letto a guardare un film. Film, che parolone. Non credo che si potesse giudicare come film, la storia di un albero da quando nasce, cresce e viene tagliato.
“Alex… possiamo cambiare? Questo film è noioso!” esclamai seccata appongiandomi al suo petto.
“Ah, ah! E cosa vuoi vedere?” mi baciò la testa.
“Qualcosa di non noioso!” sorrisi mentre il mio braccio circondava il suo addome.
“D’accordo. Ho trovato!” disse sorseggiando la sua birra.
“Cioè?” lo guardai in viso.
“Cioè questo.” disse baciandomi.
“Alex…” divenni tutta rossa.
“Non ti va?”
“E’ che… mi sento a disagio…” la cosa andava sempre più avanti.
“E perché?” chiese salendo su di me.
“Perché io… ecco sì… sai…” mi mangiavo le parole guardando i suoi occhi.
“Non preoccuparti…” cominciammo a baciarci.
 
Un bacio tirava l’altro: non riuscivo a resistergli. Ebbe la meglio su di me, e la passione ci trascinò fino in fondo, poi, prima di addormentarci, si fermò sopra di me e guardandomi mi disse:
“Amy…” stava fremendo.
“Alex?” allungai le mie braccia al suo collo umido.
“Ti amo.” rimasi a bocca aperta.
“Alex… quante birre hai bevuto?!” risposi ridendo.
 
Si mise a ridere anche lui. Restammo così. Ci addormentammo.

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Capitolo 6
*** Incidenti. ***


“Alex…” aprii pian piano gli occhi, ma non vidi nessuno.
*Dev’essersi già alzato…*.
“Alex! Sei in cucina?”
 
Uscii dal letto, mi vestii e scesi in cucina, dove si sentiva il televisore acceso. Mi guardai attorno, ma non vidi nessuno. Presi la borsa e uscii, la sua macchina non c’era. *Dannazione! Sono bloccata qui senza la mia macchina! Non mi resta che aspettarlo…*. Tornai in casa e telefonai al laboratorio. Rispose Beth.
“Beth? Sì, sono Amy…”
“Amy?! Ah, sì certo! Dimmi pure…”
“Volevo chiederti se per caso Alex si trova lì…”
“Alex? Chi è Alex?”
“Andiamo, Beth! Alex Ritter… il sorvegliante che…”
“Aspetta… hai detto Ritter?”
“S-sì l’ho detto…” mi faceva paura.
“Ma… quell’Alex Ritter è morto più di tre anni fa…”
 
Un brivido mi percorse la spina dorsale e urlai. Mi alzai di scatto, ma notai che ero ancora nel letto di Alex e che era mattina. *Era solo un incubo…*.
“AMY!” Alex mi calmò.
“Alex…” lo guardai.
“Stai bene?” mi chiese mettendomi le mani sulle spalle.
“Certo, certo… era solo un brutto sogno, tutto qui!” ci sdraiammo di nuovo “Alex…” cominciai.
“Amy?” mi guardò.
“Avevo paura…”
“Di cosa, piccola?”
“Temevo che, svegliandomi, fossi sparito dal letto…” confessai stringendomi a lui.
“E dove sarei dovuto andare?” sorrise baciandomi la fronte. “Questa è casa mia! E oggi è il mio giorno libero…”
“Già… ma non il mio!” mugugnai coprendomi completamente con il lenzuolo.
“Beh, cominci al pomeriggio oggi, no?” mi chiese alzando un pezzo di coperta.
“Sì…” risposi assonnata.
“Abbiamo tutta la mattina ancora! Poi credo che il tuo capo approverebbe qualche minuto di ritardo, giusto?”
“Beh, credo di sì! Sai, è un tipo molto dolce…” cominciai.
“Ah, davvero?!”
“Sì. E’ un dispiacere che sia il mio capo, altrimenti…”
“Altrimenti?! Guarda che se mi ingelosisco lo prendo a pugni, eh!” scherzò.
“Allora glielo dirò appena lo vedo!” dissi con aria da soldato.
 
Cominciammo a ridere e a rotolarci fra le lenzuola. Adoravo stare lì con lui. Lo facemmo un’altra volta. Alex si alzò e mi disse che andava a preparare la colazione. Io sgattaiolai dalla sua parte del letto e mi accoccolai nel suo cuscino. Stavo quasi per riaddormentarmi quando, improvvisamente, un rumore come un tonfo me lo impedì. Restai seduta sul letto ad ascoltare: non sentivo nulla. Ero spaventata. Presi la vestaglia e mi avviai alle scale per arrivare in cucina. *Dannazione! Sembra quello stramaledettissimo sogno!*. Mancavano solo cinque o sei gradini quando urlai:
“ALEX!” il suo corpo era disteso a terra, con una chiazza di sangue vicino alla ferita.
 
Avevo così fretta che stavo per cadere anch’io. Raggiunsi il suo corpo, lo girai a pancia in su tenendo la testa fra le mie braccia. Sentii il battito: era debole, ma c’era. *Forse si è riaperta la ferita e ha perso troppo sangue senza accorgersene…*. Non persi un attimo di più e chiamai un’ambulanza. In pochi minuti arrivò e salimmo dietro. Guardavo Alex steso sulla brandina, il paramedico gli aveva messo la mascherina dell’ossigeno. Arrivammo in ospedale, mi fecero aspettare fuori per circa due ore, quando, improvvisamente vidi il dottore venirmi in contro. Mi alzai di scatto.
“Dottore…” cominciai.
“Non si preoccupi, sta bene. Probabilmente dev’essersi fasciato male la ferita e non si è reso conto dell’emorragia. Ora può vederlo, se vuole.”
“G-grazie, dottore…”
 
Avviandomi alla sua stanza, pensai *E’… è tutta colpa mia… non avrei dovuto…*. Poi arrivai. Si girò immediatamente verso di me appena entrai.
“Amy…”
“Alex… mi dispiace…” mi accasciai al suo letto.
“Ma di cosa parli?”
“E’ colpa mia… il dottore ha detto… la ferita… non l’ho fasciata bene…” non riuscivo a trattenere le lacrime.
“Tesoro, non ti preoccupare! Dopo tutto, avevo solo bisogno di una trasfusione!” mi consolò abbracciandomi.
“Ma avresti potuto farne a meno!”
“Ah, dai! Chiudiamola qui.” mi diede un bacio.
 
Mi addormentai accanto a lui, e il giorno dopo lo dimisero. Quando uscimmo dall’edificio, ci accorgemmo che non avevamo macchine.
“Alex… ma non hai chiamato al laboratorio?”
“Lo farò, Amy… prima o poi…”
“Ma quale prima o poi! Non posso farti fare tutta quella strada!”
“Dai, piccola, calmati! E’ solo un proiettile… ne avrò presi così tanti in dieci anni!”
“Sì ma quando ci sono io, non puoi fare il supereroe… dammi quel telefono!”
“Amy!” rise.
 
Mi bloccò le mani, ma io continuai a cercare e lo presi. Feci il primo numero che c’era del laboratorio.
“Pronto?”
“Sì, qui, David…”
“David!”
“Oh, perfetto!” s’intromise Alex, ma lo zittii.
“Amy? Sei tu?”
“Sì, senti…” cominciai mentre cercavo di zittire Alex con dei gesti.
“Perché hai il telefono di Alex?”
“Ehm… ho dimenticato il mio a casa… ascolta, David… potresti farmi un favore?”
“Qualsiasi cosa per te, bellezza!”
 
In quel momento arrossii e sorrisi, naturalmente Alex se ne accorse e si avvicinò al cellulare. Io cercavo di allontanarlo con una mano. I due deficienti 2: alla riscossa!
“Puoi venire all’ospedale a prenderci?”
“Che ti è successo?”
“Alex… è stato colpito da un proiettile e sono salita in ambulanza con lui, così non ho la macchina e siamo a piedi tutt’e due… non voglio che faccia tutta la strada a piedi adesso che si è appena dimesso!”
“Capisco… arrivo subito, tesoro!” riattaccai e consegnai il telefono ad Alex.
“Cosa ti ha detto quel pervertito?” chiese in modo ironico.
“Alex! Sta arrivando in macchina…”
“Tsk! Dovevi chiamare proprio lui?!”
“Era il primo numero che ho trovato! Ma cos’hai contro quel ragazzo?” chiesi curiosa.
“Ah, lascia stare… cose da uomini…”
“Sarà…”
 
In men che non si dica, arrivò David. Accostò vicino a noi e abbassando i finestrini ci disse di salire. Prima di fare un passo, Alex mi sussurrò:
“Ricorda: fa come se noi due non avessimo fatto nulla.” sembrava un pazzo!
“D’accordo capo!” portai la mano destra alla testa come i soldatini.
 
Io salii davanti. Appena entrai, quei suoi occhioni azzurri mi si puntarono contro mentre mi sedevo.
“Dove vi porto, gente?” chiese sorridendo.
“A casa mia…” Alex non mi fece parlare.
“Bene, capo! Allora, Amy… quand’è che usciamo a bere qualcosa?”
“Ah! Andiamo! Vuoi provarci con tutte le nuove agenti che arrivano?” Alex s’intromise ancora. *Senti chi parla!*. Faceva ridere ciò che disse.
“Se non lo fa lei, capo, a me l’onore!” sorrise e la sua risata provocò anche un accenno della mia.
“David, ne riparleremo!” risposi a voce bassa.
“Puoi giurarci!” mi disse lui.
 
Con la coda dell’occhio guardai dietro. Alex aveva uno sguardo deciso rivolto al di là del finestrino. La bocca faceva una strana smorfia. Sapevo cosa gli prendeva. *Capo, non sarà per caso geloso?!*. Beh, almeno lo speravo.

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Capitolo 7
*** Non ci posso credere. ***


Dopo pochi minuti di strada la macchina di David si fermò davanti a casa Ritter. Alex fu il primo a scendere, e prima che scendessi io, David mi prese un braccio e mi disse:
“Ehi! Ma scendi pure tu?” sembrava un po’ deluso.
“Sì, ho la macchina qui…” mentii per non far ingelosire oltre Alex.
“Come mai?”
“Ehm… riguardava il caso della stazione…”
“Oh, d’accordo… allora… a quando quel ‘qualcosa’ da bere?”
“David… ehm… facciamo così…”
“Dimmi, cara…” mi fissava ad occhi spalancati.
“Posso… posso chiamarti io?!” dissi sorridendo come una stupida.
“Come vuoi…” cacciò un sorriso a bocca chiusa e puntò gli occhi sul volante.
 
Lo guardai, sperando che i miei occhi gli facessero intendere di averlo già salutato. Lui chiuse gli occhi lentamente: lo aveva capito. Osservai l’auto allontanarsi e Alex restò immobile ad osservarmi.
“Allora?” mi chiese.
“Allora cosa?” risposi io normalmente.
“Quando andrete a ubriacarvi insieme?” fece un sorriso sarcastico. Non mi piaceva.
“Adesso, non esagerare!”
“Io non esagero… è così che inizia quel tipo…”
“ALEX! Non penserai davvero che…”
“Amy… si vede… te lo leggo negli occhi…” sembrava triste in qualche modo.
“Cosa leggi nei miei occhi?” chiesi seria.
“Io…” esitò.
“Alex… c’è scritto che mi piaci…”
“Quindi tu… non pensi a David…”
“Mi hai detto tu di fare come se non…”
“D’accordo, mi dispiace… questa è una cosa che odio di me stesso…”
“Cosa? Ma di che parli?”
“Della mia gelosia…” girò lo sguardo.
“Alex… io… la adoro…” mi aggrappai al suo colletto, lo tirai verso di me e lo baciai.
 
Arrivammo al portone di casa sua e ci fermammo.
“Non vuoi fermarti qui ancora un po’?” mi chiese accarezzandomi la guancia.
“Alex, lo sai quanto mi piacerebbe…”
“Ma?”
“Ma voglio controllare che a casa sia tutto a posto…” non sapevo che altra scusa usare.
“Cosa dovrebbe essere successo?”
“Era così per dire! Non posso vivere in casa tua!”
“E’ il tuo capo che te lo ha detto?!” disse sghignazzando.
“Ah, ah! Dai accompagnami…”
“Tanto vale andare in macchina…”
“Già…”
 
Ci ritrovammo di nuovo sul suo BMW nero. Ma la strada non era molta, avevo lasciato la macchina non molto lontana, infatti arrivammo subito. La vidi e feci per scendere.
“Allora buonanotte, Amy…”
“Notte, Alex!”
 
Un bacio veloce e fui subito nella mia auto. Misi in moto e mi avviai verso casa. Notai qualcosa di strano: le luci di sopra erano accese. *Oh santo cielo! Chi diavolo è?! Ho… ho i ladri in casa!*. Lo so, ci eravamo appena salutati, ma non sapevo cos’altro fare, così decisi di chiamarlo.
“Alex!”
“Amy! Visto che non riesci a sbarazzarti di me?!” cominciò a scherzare.
“Alex, questa è una cosa seria! Ho… ho i ladri in casa!”
“Cosa?”
“Hai capito benissimo…”
“Oh, merda! Chiama subito la polizia… arrivo.”
“Ma io…” aveva già riattaccato.
 
Chiamai gli agenti… ma arrivarono tardi. Un uomo incappucciato se la diede a gambe… non aveva nulla con sé… o almeno non cose come televisori eccetera. *Magari ha preso gli oggetti di valore…*. Arrivò la polizia. Scesi dalla macchina e uno degli agenti mi parlò.
“Lei ha chiamato?”
“Sì… ma il ladro è fuggito…”
“Non lo ha fermato?”
“Avevo paura… ho pensato che potesse essere armato, così…”
 
Mentre parlavo, arrivò Alex. Scese dalla macchina e mi venne in contro di corsa.
“Stai bene?”
“Sì, sì… io sto bene… ho paura che torni…”
“Stia tranquilla, signorina, non succederà.” mi rassicurò l’agente “Per ora, deve venire in centrale per l’identikit… è la procedura…”
“Oh, d’accordo…” risposi mentre se ne stava andando.
“Amy, ti accompagno anch’io, poi mi aspetterai nel mio ufficio, va bene?”
“Sì, capo…”
“Bene… sali in macchina.”
“Subito.”
 
Salimmo sull’auto dell’agente, che ci scortò fino alla centrale. Mi fecero domande su domande, quando poi mi diedero il permesso di andare. *Ora devo aspettare nell’ufficio di Alex…*. Così uscii e chiesi a qualcuno dove fosse.
“Intende Ritter?”
“Sì…”
“Oh, è proprio lì, a destra.”
“Grazie mille!” sorrisi e svoltai.
 
Mi sedetti sulla sedia davanti alla scrivania e cominciai a guardarmi intorno. La sua postazione era molto ordinata, ma quello che mi colpì di più, fu una foto. Nel vederla rimasi scioccata: nella foto c’erano Alex, una donna e due bambini, un maschio e una femmina. Alex guardava la donna molto dolcemente, quasi come guardava me, poi guardai il retro della foto, per cercarne la data. Era di un mese fa.

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Capitolo 8
*** Sono proprio una bambina cattiva. ***


Non sapevo cosa pensare. Penso che i miei occhi cominciarono a lacrimare, quando entrò Alex. Mi alzai di scatto e feci per uscire, ma mi fermò le spalle con le sue braccia.
“Ehi, piccola, dove vai?”
“Non chiamarmi piccola!”
“Cos’è successo? Ti hanno detto qualc…”
“Lasciami!” cercai di scansarmi.
“Calmati! Dimmi qual è il problema…”
“Sei TU il problema, va bene?” non ero in me.
“Amy! Non capisco di cosa…”
“Di quella cosa mi dici?” lo interruppi e gli indicai la foto.
“Amy…” disse con voce quasi dispiaciuta.
“Zitto! Non voglio sentire nulla… io me ne vado…”
“E dove senza macchina?” avanzò.
“Tsk!” uscii sbattendo la porta.
 
Lo lasciai nel suo ufficio solo come un cane. Un po’ mi dispiaceva, ma la mia rabbia prevaleva su tutto. *Ha una famiglia, cazzo! Non possono essere già divorziati… lui… lui stava mentendo?!*. Non sapevo più cosa pensare. Uscita dalla centrale presi il cellulare e chiamai David, anche perché ero rimasta a piedi.
“Pronto? Amy?”
“Sì, sono io… David, ti disturbo?”
“E’ tardi, ma non mi disturbi affatto!” la sua voce era ancora arzilla come al pomeriggio.
“Ti va di andare a prendere quel ‘qualcosa’ da bere?”
“Ma certamente, cara! Ti passo a prendere tra cinque minuti…”
“No, David! Ehm… ci vediamo al pub vicino al piazzale… ci vado a piedi…”
“Cosa? Ma è lontano da casa tua… ma dove sei?” chiese stranito.
“Sono alla centrale di polizia…”
“Oh, santo cielo! Che hai combinato?!”
“Ti spiego dopo…”
“D’accordo… arrivo subito!”
 
Riattaccai e mi sedetti su un gradino davanti al portone. Non feci in tempo a guardare l’orologio che arrivò David con la sua macchina. Mi alzai e andai lentamente alla portiera.
“Sali, bellezza!” sfoderò il suo sorriso.
“Grazie per essere venuto… anche a quest’ora…” dissi imbarazzata.
“Per te questo e altro, Amy…” mi guardò dritto negli occhi e dopo un momento di serietà, sorrise di nuovo.
 
Entrammo nel pub che, stranamente, era pieno di gente. Ordinammo da bere e cominciammo a parlare.
“Perché eri in centrale?” cominciò.
“Un ladro in casa mia…”
“Oh, Dio! Davvero? Ti ha fatto del male?” cominciò ad agitarsi.
“No, no! Tranquillo! Io l’ho visto da fuori…”
“Wow! Chissà che shock!”
“Eh già!” in realtà pensai ad altro.
“Dai, prendine un altro…” mi porse uno shortino.
 
Un bicchiere tirava l’altro e quando il locale chiuse, non riuscivamo a stare in piedi. Crollai sulla sua macchina ancora prima che l’aprisse. Mi aprì la portiera e mi sedetti restando a guardarlo in faccia. *E’ bellissimo…*. Notò che lo stavo fissando, si avvicinò pian piano al mio viso e cominciò a baciarmi. La sua lingua sapeva di alcol… era fortissimo, ma mi piaceva. Non riuscii a fermarmi, anzi, lo incoraggiai mettendogli le mani sulla nuca. In un attimo ci trovammo sdraiati sui sedili, ormai abbassati, della macchina. Sapevo che lui fosse pronto a tutto, ma io non potevo ancora voltare pagina. D'altronde, non avevo dato modo ad Alex di spiegarsi meglio. Pensavo a tutto quello che sarebbe accaduto, mentre mi baciava. Pian piano le sue mani cominciarono a sfiorarmi le cosce. Io bloccai la sua mano.
“David…” dissi staccandomi dalle sue labbra.
“Cosa c’è?” mi chiese sorpreso.
“Non sono ancora pronta per…”
 
*…per dimenticare Alex…*. Era ciò che volevo dire, ma lui non poteva sapere nulla… e non doveva sapere. Fortunatamente, lo intese come un’altra cosa.
“Oh, capisco… mi dispiace, non volevo che…”
“Scusa, David, ma davvero, non ci riesco ancora…”
“No, no, scusami tu! Sento che per te posso aspettare…”
 
Non dissi nulla. Soltanto perché non sapevo cosa dire. Mi misi seduta, lui si alzò e scese dalla macchina. Restò lì in piedi ad osservarmi.
“David… puoi portarmi a casa?”
“A casa tua?”
“Sì, certo…”
“Non hai paura che quel ladro torni?”
“Dio! L’avevo già dimenticato… come faccio?”
“Vieni da me…” si buttò subito.
“David!” lo guardai seria.
“Scusa… se vuoi… vengo io da te…”
“Ehm, ehm!”
“E tu dormi nel tuo letto mentre io guardo la TV o farò dell’altro… Amy, è della tua sicurezza che m’importa. Se c’è dell’altro verrà fuori… ma al momento opportuno. Ti va bene?” era così dolce.
“D’accordo… grazie.”
“Non ringraziarmi, andiamo. Domani ho anche il giorno libero.”
“Oh… avresti potuto riposare se…”
“Amy! Stare con te è meglio che starsene a letto a dormire! Tu, piuttosto… quando finisci il periodo di ambientamento?”
“Dovrei essere promossa la settimana prossima…”
“Dovresti?”
“Ehm… sì… sai, Alex ha avuto quell’incidente e non so se continuo senza capo…”
“Beh, Alex non è proprio il tuo capo…”
“Sì, ma non ho voglia di parlare di lui… allora? Andiamo?” chiusi il discorso.
“Subito!” mi chiuse la portiera e andò al volante.

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Capitolo 9
*** Senza speranza. ***


Nella macchina regnò il silenzio. Poi arrivammo, io scesi per prima e lo aspettai. Salimmo il marciapiede e prima ancora di entrare in cortile, si sentì un fruscio provenire dalle siepi che lo circondavano.
“AMY, TOGLITI!” improvvisamente mi saltò addosso buttandomi per terra.
 
*Cos’è successo? Che c’è ancora?*. David prese la pistola e sparò un colpo. Stava mirando al ragazzo orientale spuntato dalla siepe: e lo centrò. In un attimo cadde a terra. *Finalmente… è finita.*. David era ancora mezzo sdraiato nella stessa posizione in cui aveva sparato.
“Tutto bene, piccola?” mi chiese senza muoversi.
“Io...” cominciai a tirarmi su, appongiandomi sulle sue gambe.
“Ho detto, stai bene?” ripeté.
 
Stavo per rispondere di sì quando mi guardai le mani: erano insanguinate. *Merda!*. Mi misi a gridare, mostrandole a David.
“Amy! Che ti è successo?”
“Non ne ho idea, io non mi sento male…” ero agitatissima e mi alzai in piedi.
“Aspetta… ah!”
 
Provò ad alzarsi anche lui, ma una specie di fitta glielo impedì. Così guardai con attenzione la sua gamba destra: i suoi pantaloni avevano uno squarcio.
“David! La tua gamba…”
“Eh? Cos… cazzo! Amy!”
“Oh, mio Dio! Dobbiamo andare in ospedale…”
“No… chiama la polizia… bisogna farlo arrestare…”
“Stai perdendo troppo sangue… potresti morire dissanguato!”
“Ah, ora mi sento meglio, grazie!” scherzò toccandosi la gamba.
“Chiamo prima l’ambulanza…”
“Sbrigati…”
 
Chiamai, chiusi la chiamata e feci il numero della polizia. Immediatamente arrivarono le volanti, spiegammo la situazione, ma in ambulanza ci salimmo tutti, dato che anche il sospettato era ferito. *Che situazione imbarazzante!*. Mi trovavo in mezzo a David e al rapitore di mio fratello, più un agente di polizia.
Finalmente arrivammo al pronto soccorso. Tutto andò bene. Mi ritrovai in sala d’attesa. I miei occhi cominciavano a chiudersi, a tal punto che mi accorsi dopo alcuni minuti che il mio telefono stava squillando. Non feci in tempo a rispondere, così guardai chi mi stava chiamando: notai che era la terza volta che mi chiamava. *Alex… se è così importante, richiamerà…*. Lo ignorai. Richiusi ancora gli occhi, ma suonò di nuovo. Decisi di rispondere.
“Amy! Perché non rispondi? E’ la quarta volta che…”
“Cosa vuoi?” interruppi bruscamente.
“Dove diavolo sei? Sono davanti a casa tua… ma credo che tu abbia il campanello rotto perché…”
“Non sono a casa…”
“Cosa?!”
“Non sono a casa!” ripetei con ovvio.
“Quello l’avevo capito… dove… dove sei?”
“Alex… non è una cosa per cui devi preoccuparti…”
“Amy… ti prego dimmi che…”
“Alex! Lasciami in pace!” decisi di chiudere.
“Sei con David?” chiese schietto.
“…” esitai “… sì.”
“Quindi… tu… io… ti ho svegliata?”
“Cosa? No…”
“Wow… siete ancora svegli… oh, meglio che ti saluto o comincerà a sospettare…”
“Sospettare cosa?” non capivo di cosa parlasse.
“Dai, Amy… saranno quasi le quattro del mattino e stiamo parlando al telefono…”
“Aspetta… tu pensi che io…”
“Sì… insomma… perché dovresti essere lì, altrimenti?”
“Alex! Se ti dico che sono CON David, non significa che ti sto parlando in diretta da casa sua…”
“O dal suo letto…”
“… o dal suo letto. Alex! Pensi veramente che io…”
“Perché tu non… ? No?”
“No! Non mi comporto come certa gente! Siamo all’ospedale… cioè, io sono in sala d’attesa…”
“Cavolo… cos’è accaduto?”
“Ma tu non hai saputo nulla?”
“No… arrivo lì, aspettami…”
“No, non venire!” ma non mi sentì: aveva già riattaccato.
 
*Ma bene! Perché ho risposto?!*. Mi alzai, per non riaddormentarmi, così decisi di andare a prendere qualcosa alla macchinetta del caffè. Mentre cercavo di decifrare i nomi dei prodotti, intravidi una persona. Era un’infermiera bionda, piuttosto alta: era la donna della foto. *E’… è lei.*. Volevo convincermi che non fosse così, ma guardai la sua mano sinistra: aveva la fede nuziale. Ci rimasi malissimo. 

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Capitolo 10
*** Cioccolata. ***


La osservavo camminare e mi immaginavo tutti i suoi momenti con Alex. I loro figli. Come potevo? Era meglio stare in silenzio. *D’altronde, l’intrusa sono io.*. Chiusi gli occhi in cerca di distrazione, così mi rigirai verso il distributore. Sembrava semplice, fino a quando la donna bionda mi si avvicinò.

“Ti serve aiuto?” chiese cortesemente.

“Cosa? No, no, è solo la scelta che..”

“Oh, capisco. Se ti serve qualcosa, non esitare!” finì con un sorriso.

 

Era gentile, lo ammetto. Risposi con un “grazie” ma credo che si fosse già allontanata per sentirlo. Alla fine mi decisi e premetti il tasto della cioccolata. Mentre aspettavo arrivò Alex.

“Amy, ti ho trovato!” arrivò tutto frettoloso.

“Ciao…” il mio sguardo valeva molto più del tono della voce.

“Allora? Cos’è successo a David?”

“I dottori sono là..” indicai la fine del corridoio “..vai a chiederglielo..”

 

A quel punto si irritò. Mi prese le spalle e alzò di più la voce.

“Amy! Basta! Ti ho fatto una domanda! Come capo, nient’altro…”

“Mi fai paura..”

 

Quel “nient’altro” mi rimbombò in testa a tal punto da non riuscire più a pensare a nulla.

“Scusa, non dovevo alzare la voce.. sono preoccupato per David!”

“E’ stato ferito alla gamba davanti a casa mia, ma per fortuna l’arteria femorale non è stata recisa..” parlavo come un robot.

“Bene.. adesso passiamo a noi.”

“Eh?” mi risvegliai.

“Non mi hai dato tempo di spiegarti nulla..”

“C’è da spiegare?” chiesi senza speranza.

“Ovviamente.. credi davvero che sia quel genere di persona?”

“Dimmelo tu.”

“Andiamo Amy! Non puoi non fidarti di me..”

“Se devi spiegare qualcosa fallo, altrimenti tornò in sala d’attesa..” chiarii incamminandomi.

“Amy, aspetta..”

“Che cosa?”

“La tua cioccolata.”

“Oh, dimenticavo.” Dissi tornando indietro.

“Resta qui un secondo. Ho detto che devo spiegarti quella foto, e intendo farlo.”

“D’accordo, sono tutta orecchie, capo.”

“La donna della foto non è mia moglie, né tantomeno la mia ex-moglie..”

“E allora..”

“E’ mia sorella.”

“Tu.. hai una sorella?”

“Sorellastra, a dire il vero..”

“Oh mio Dio! Sono un’idiota!”

“Stavolta devo darti ragione!”

“Maledizione!”

“Amy, come faccio a fidarmi di te se tu non fai lo stesso?”

“Alex.. mi dispiace!”

“No, Amy.. è a me che dispiace.”

 

Detto questo, si voltò e se ne andò, senza neanche passare in sala d’attesa.

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Capitolo 11
*** Ma sei proprio tu? ***


*Che diavolo ho combinato?*. Ero così agitata che non riuscivo nemmeno a bere la cioccolata che tanto mi ero impegnata a scegliere. La tenevo semplicemente in mano, dirigendomi verso la sala d’attesa. Era vuota. Mi sedetti e aspettai, guardando le bollicine che si facevano nel bicchiere.
Poco dopo, alzai la testa e i miei occhi piombarono su una figura famigliare. Era un ragazzo asiatico tagliato a caschetto. Esattamente come quello che c’era sull’ambulanza poche ore fa. Quando si accorse che lo stavo osservando, si alzò in piedi e venne verso di me.
“Zao è là dentro?”
“Chi? Scusa, chi sei tu?”
“Sono il fratello di Zao, mi chiamo Ling.. so che un’ambulanza li ha portati qui entrambi..”
“Oh, sì. E’ dentro.”
“Cosa gli è successo?”
“Ehm.. ferita d’arma da fuoco.” Risposi come un medico.
“Cosa?!” s’irritò.
“Senti, è meglio che ti calmi, la polizia è qui fuori.. loro ti sapranno dire tutto.”
“Polizia?! Ma che cazzo..?!” si agitò ancora di più.
“Ehi! Ti ho detto di..”
 
Non mi ascoltava. Cominciò a fare piccoli passi in fretta, era molto nervoso. Si mise le mani sulla testa per un attimo, borbottando qualcosa in cinese, quando si abbassò alzandosi un pantalone, scoprendosi un coltello tenuto nella custodia sulla caviglia.
“Ehi! Che diavolo vuoi fare con quello?! Siamo in un ospedale!”
“Zitta! Portami mio fratello e facci uscire da qui, senza polizia!” disse puntandomi il coltello praticamente alla gola.
“Tu sei matto!” indietreggiai gridando “Infermiera!”
 
Tutto ad un tratto, la sorella di Alex si precipitò da noi, chiamando la sicurezza. Non appena il ragazzo la vide, mi sentii una fitta al collo. Reagii istintivamente scansandolo via con le braccia, lui si sbilanciò e cadde a terra. Gli uomini della sicurezza accorsero subito e lo immobilizzarono. L’infermiera mi guardò terrorizzata. *Che diavolo sta succedendo?! Non capisco più nulla…*. Mi sembrava di vivere tutto a rallentatore: vidi la donna che mi veniva in contro con le braccia tese, io mi toccai il collo per massaggiarlo, quando notai che la mia mano era umida. La guardai. *Merda… sto sanguinando…*. Il solo pensiero mi fece stare male, e improvvisamente mi sentii debole. Caddi a terra mentre tutti intorno a me cercavano di afferrarmi.
 
“La pressione sanguigna è bassa… il polso è debole…”
 
Pensavo che frasi di quel genere le avrei sentite pronunciare solo in televisione, ma in quel momento era tutto vero. Le udivo debolmente, ma erano reali. Ero spaventata: mi sentivo senza forze. Avrei fatto compagnia a David per un po’, o almeno ci speravo. Non volevo che finisse tutto così, avevo ancora delle cose da fare. Troppe cose.
 
Camminavo. Non riuscivo a vedere oltre, vedevo solo il punto in cui appoggiavo i piedi. Ogni passo in avanti sembrava identico al precedente. Percorrevo una strada asfaltata, la linea di mezzeria tratteggiata faceva un po’ di luce in quel buio. Così, seguendo le linee, vidi uno sbocco di luce. *Luce! Finalmente!!* pensai.  Quel finale sembrava così vicino, quando mi sentii improvvisamente strattonare il braccio. Sentii un “Bip!” fuori luogo. Qualcuno mi impediva di proseguire. Decisi di voltarmi.
“Alex!”
 
Il suo viso era così calmo. Mi rassicurava vederlo.
“Cosa stai facendo?” gli chiesi.
“Ti sto salvando la vita!” mi disse come se fosse ovvio.
“Ma sei proprio tu?”
“E chi dovrebbe essere? Dai, prendi la mia mano.” mi incitò.
 
Quando lo feci, sentii un altro “Bip!” ma più distinto di quello precedente. Fu allora che mi svegliai.

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Capitolo 12
*** Finalmente buone notizie! ***


Era un sogno? Forse un incubo. Poteva essere qualunque cosa, ma dal punto di vista medico, dissero che si trattava di coma. Mi svegliai tre giorni dopo, più stanca che mai. Aprii gli occhi: la luce del sole filtrava dai vetri delle finestre, impediva ai miei occhi di aprirsi del tutto. Stavo per parlare, ma fui interrotta da una voce proveniente dalla mia destra (il mio viso era rivolto verso sinistra, cioè alle finestre).
“Amy.. devi svegliarti. Non puoi andartene così. Abbiamo ancora troppe cose da chiarire.. non è una mossa leale la tua..”
 
Come avreste potuto immaginare, si trattava di Alex. Lui era lì, come lo era quando mi trovavo in quella buia galleria. Alle mie spalle.. pronto a tirarmi fuori dai guai.
“Non avrei dovuto essere così duro con te, ma non ti immagini come mi sono arrabbiato per quella storia della foto..” *A chi lo dici..* “.. non mi hai dato il tempo di spiegare.. ah! Odio queste cose.. e adesso sei qui.. se volevi farmi compassione, ci sei riuscita alla grande. Ma, ti prego.. non.. tu non.. non morire per adesso, OK? Non prima di aver fatto pace con me.. ci tengo davvero molto.”
 
Era piuttosto imbarazzante, lo ammetto. Ma svegliarsi da un coma con un monologo così.. mi faceva sentire davvero viva, era così dolce. Mi commossi, decisi anche di interromperlo per fargli sapere che fossi sveglia, ma lui continuò.
“Andiamo, Amy! Svegliati.. mi sembra di essere in un film! Non vorrei che questa scena si ripeta in un cimitero.. quindi fai meglio a riprenderti! Mi sento un idiota.. sono qui seduto a parlare con un corpo in stato vegetativo.. però, credo che parlare alle persone in coma le aiuti..”
“E hai ragione..” intervenni finalmente con la voce un po’ roca voltandomi dalla sua parte.
 
Alex balzò in piedi, come spaventato. Mi schiarii la voce.
“Amy!”
“Capo..”
“Oh grazie al cielo! Temevo il peggio..”
“Alex, mi dispiace tantissimo per..”
“Sh! Zitta, non voglio più parlarne.”
“Grazie. Non hai idea di quanto mi senta stupida..”
“Dai, non pensiamoci più. Finalmente sei qui.”
 
Mi abbracciò. Dio, quanto avevo bisogno di un abbraccio! E quello delle sue braccia era il mio preferito.
“Alex.. posso dirti una cosa?”
“Sì, piccola..”
“Mi sei mancato..” lui sorrise “.. non te l’ho mai detto prima, ma.. ti amo.”
 
In quel momento Alex chiuse gli occhi, sorrise e mi baciò.
“Questo mi mancava!” disse.
“Anche a me..”
“Ah, visto che sei coinvolta devo aggiornarti sui fatti..”
“Dimenticavo! Il ragazzo che mi ha aggredito..”
“L’hanno preso in custodia per interrogarlo.. mentre suo fratello.. è morto.”
“Cosa?!”
“Sì.. non è resistito all’operazione..”
“E David?”
“L’hanno ricoverato, gli hanno drenato il sangue. Oggi lo tengono in osservazione e domani verrà dimesso.”
“Bene..”
“Già. Ti lascio riposare, vado a fare un salto al dipartimento per l’interrogatorio. Ti farò sapere.”
“D’accordo. Ehi..” lo chiamai.
“Uh?”
“Mi fa piacere che tutto sia tornato come prima fra noi..”
“Ben detto!” mi diede un baciò e poi sparì oltre la porta.
 
*Ora non resta che parlare a David.*. Con fatica afferrai il telefono sul comodino in parte al letto. Mandai un sms a David:

 

Devo parlarti, quando hai tempo.
Sono nel reparto di rianimazione.
Amy

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Capitolo 13
*** Mi dispiace. ***


Il giorno seguente, mi svegliai con la visione degli occhi azzurri di David davanti.
“Buongiorno!” dissi stiracchiandomi.
“Buongiorno anche a te, piccola..”
“Stai bene?”
“Chiedi a me se sto bene?! Tu, piuttosto! Che diavolo mi combini? Sono al pronto soccorso da due ore e questa va in coma! Cos’è successo?”
“Cos.. Alex non te l’ha detto?”
“Alex? Che c’entra Alex? E’ qui? Ah, già.. il ragazzo che mi ha accoltellato è lo stesso del caso..”
 
Quello era il momento più adatto. Eravamo proprio in tema. *Non posso lasciarmelo sfuggire ora! Devo dirgli tutto! E poi toccherà anche ad Alex sapere tutto..*.
“Ehm.. David..”
“Sì?!”
“Ti devo parlare..”
“Ah, giusto.. il messaggio! Certo, dimmi pure.”
“Io.. santo cielo.. è difficile ammetterlo!”
“Cosa..” disse con un tono più pacato e stringendomi la mano.
“Vedi..” cominciai facendo sgattaiolare la mano dalla sua presa “.. io sto insieme ad Alex!”
 
Lo dissi tutto d’un fiato. Il suo viso cambiò immediatamente espressione, i suoi occhi fissavano il vuoto. Rimase a bocca aperta.
“E.. da quanto.. questo?”
“Beh.. quasi una settimana..”
“Quasi una set.. aspetta.. io..”
“Lo so! E’ che.. quella sera.. abbiamo litigato e..”
“Ehi, un momento! Mi hai usato per sfogarti?”
“Sembra orribile detto così!”
“Ma lo è! Eccome se lo è! Pensi che giocare con il cuore della gente sia divertente?”
“Io non sapevo di..”
“Beh ora lo sai! Ma è troppo tardi.. ora capisco perché non.. oh, che ingenuo!”
“Dai.. non fare così! Io.. ti voglio bene, David! Non voglio perdere un amico come te..”
“Ah, se tutti gli amici li tratti così, non devi averne molti!”
“Smettila! Forse è perché Alex lo conosco di più e..”
“Ed è il nostro capo!” puntualizzò.
“Questo lo so..”
“Ti prego, non parlare più di lui in mia presenza..”
“Ma che.. perché c’è questa rivalità fra voi due?”
“Non.. non mi va di parlarne.. anzi! Non so neanche perché continuo a parlare con te!”
“David! Sul serio? Vuoi che tutto finisca così?”
“No, Amy! Non voglio affatto che finisca così! Sei tu che lo vuoi! Il mio finale ideale sarebbe una casa, animali domestici e dei figli.. figli la cui madre si chiami Amy.”
“David..”
 
Non feci in tempo a fermarlo, scattò velocemente verso la porta e non tornò. Non riuscivo a trattenere le lacrime. Non potevo trattenerle. *Un’intera vita passata da single.. e adesso ne ho uno di troppo! Perché capitano tutte a me?*. Proprio mentre pensavo, entrò Alex.
“Amy! Abbiamo finito l’interrogatorio, quel Ling ha detto che non c’è nessun altro coinvolto nel caso e.. Amy! Che c’è? Hai una faccia da funerale..”
“Alex.. sono una stupida..”
“OK, inizio a preoccuparmi!”
“Stupida e bastarda! A quanto pare, sembra che mi piaccia giocare con il cuore delle persone..”
“Amy, cosa stai dicendo?”
“David..”
“Cosa?!” m’interruppe “Cosa c’entra David?”
“Ecco.. è meglio se ti siedi..” lo avvertii “.. la sera in cui abbiamo litigato..” cominciai.
“Oh cazzo.. credo di intuire..” la sua faccia cambio espressione.
“Alex.. ti prego! E’ difficile! Non avevo idea..”
“Oh mio Dio! E’ esattamente come pensavo!”
“No! Aspetta..” ci interrompevamo a vicenda.
“Ci sei andata a letto!”
“Sì.. aspetta cosa?”
“Oh merda! Amy!”
“No, no, no! Non siamo andati a letto!”
“Davvero?” il suo era sorpreso.
“Non siamo andati a letto!” ripetei.
“Oh grazie al cielo!” tirò un sospiro di sollievo appoggiandosi allo schienale della sedia. Poi si ritirò su “E allora? Cos’è tutto questo casino?”
“Ci siamo ubriacati..”
“Oh.. così siete andati a prendere quel ‘qualcosa’ da bere..”
“Sì.. e ci siamo baciati. Più volte.”
“Ah..”
“Lui ha tentato di..”
“Di..?”
“Lo sai..” dissi imbarazzata “.. ma non avevo il coraggio.. non ero pronta a voltare pagina..”
“Oh, Amy!”
 
Con mia grande sorpresa mi afferrò la testa e mi baciò. L’aveva presa bene. *Adesso ti amo ancora di più, Alex!*.

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Capitolo 14
*** Una settimana. ***


L’aveva presa troppo bene. Pensavo che mi avrebbe rimproverato per l’ennesima volta, io l’avrei fatto. Mi sarei rimproverata eccome! Quell’azione mi sorprese molto, mi fece provare una stima ancora più grande per lui. Mentre pensavo, entrò l’infermiera.
“Buongiorno, signorina Rogan! Come si sente oggi?”
“Ho ancora un po’ di difficoltà a deglutire, ma tutto sommato mi sento meglio...”
“Allora è meglio se cambiamo la flebo...”
“D’accordo... ehm, posso sapere una cosa?”
“Dica pure!”
“Quanto dovrò restare in ospedale?”
“Non posso dirglielo con certezza, ma considerando che è appena uscita dal coma...”
“Sì…?” attesi impaziente.
“Una settimana più o meno... bisognerebbe consultare il medico… ma il periodo credo sia quello.”
“Oh, grazie mille.”
“Sì figuri!”
 
*Maledetto Ling! Dovrò passare ancora una settimana qui dentro!*. Pensavo a come avrei passato il tempo, dato che Alex e David dovevano lavorare, non potevo contare molto sulla loro compagnia. Proprio quando la mia mente vagava in questi pensieri colmi di solitudine, entrò una persona: un ragazzo moro, con un po’ di barba, capelli mori e occhi chiari. Aveva in mano un mazzo di fiori. Lentamente mi alzai per sedermi sul letto.
“Luke!” esclamai, con la gola che mi bruciava.
“Amy! L’ho saputo ieri... mi sono preso un po’ di giorni per farti compagnia!”
“Oh, che tenero! Non dovevi portarmi i fiori!”
“E’ per il ritardo...”
“Ma smettila! Vieni qui, fatti abbracciare, fratellone!”
 
Appoggiò i fiori sul comodino e mi strinse forte come mai l’avevo sentito fare. *Come ho fatto a dimenticarmi completamente di mio fratello?!*.
“Allora... ti va di parlarne?” iniziò.
“Ci sarebbero molte cose di cui dovrei parlarti!”
“Io ho tutto il tempo!” sorrise.
 
Decisi di partire dall’inizio. Quello che anche lui conosceva: dall’omicidio alla stazione, dagli inseguimenti, dai rapimenti e dai salvataggi. Poi cominciai ad addentrarmi nel racconto, svelandogli alcune cose.
“Q-quell’Alex? Il tuo capo?”
“Sì... perché?”
“Mmh… ha qualcosa che non mi convince... non so, mi sembra un tipo molto protettivo.”
“Ma è lui che mi ha sempre soccorso quando chiamavo aiuto, o mi tira fuori dai guai quando mi ci caccio!”
“Beh, non posso essere di certo io a dirti con chi stare.” concluse sorridendo.
“Grazie, Luke.”
“Quand’è che ti dimettono?”
“Tra una settimana…” risposi con fare triste.
“Accidenti! E’ un bel po’ di tempo!”
“Infatti. So già che mi annoierò a morte!”
“E dai! Troverai qualche passatempo! Io verrò a trovarti ogni tanto!”
“Vuoi dire che te ne stai andando?” chiesi sorpresa.
“Sì, ho delle faccende da sbrigare…”
“Nulla che porti guai, vero?”
“Questa volta puoi rilassarti, Amy! Ci vediamo.” mi diede un bacio sulla fronte e se ne andò.
 
Lo vidi uscire. In quel momento, ero sola. Non feci nulla. Non avevo voglia di fare nulla. Quindi decisi di appisolarmi e dormire per il resto della settimana.

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