Onyrica

di Klowl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Bibliotecaria ***
Capitolo 2: *** La Biblioteca ***
Capitolo 3: *** Che mi sarò mai persa? ***
Capitolo 4: *** Msn Chat...la maledizione della scatola nera. ***
Capitolo 5: *** Pornodiva ***
Capitolo 6: *** Ex ***
Capitolo 7: *** Sei un Comodino. ***
Capitolo 8: *** I nuovi sinonimi di ***
Capitolo 9: *** Lesbo Sex, I love it! ***
Capitolo 10: *** Cap 10: Un Grande Ritorno. ***



Capitolo 1
*** La Bibliotecaria ***


E vissero per sempre felici e contenti

Non so neanche io perché stasera ho deciso di rileggermi questo vecchissimo libro di favole. Però devo dire che è stato un bene,perché adesso mi rendo conto di quale sia la causa delle delusioni amorose di noi ragazze.

La risposta è semplice,è proprio tra le mie mani. Le favole e le altre cazzate che ci raccontavano quando eravamo ingenue bambine.

In queste storielle è tutto così semplice,dio mio. Le cose o sono bianche o sono nere. La prima persona che ti fa bagnare le mutande è quella che sposerai. I tuoi capelli saranno sempre in ordine,e quando avrai 20 anni di esploderanno fuori due tette da Lara Croft e un culo da Jennifer Lopez che non permetteranno a nessuno di essere più ambita di te.

Favole,appunto.

Il premio per la miglior buffonata,però,và sicuramente alla costruzione del Principe Azzurro. Quest’ uomo ha tutto: potere,bellezza,fascino,bel carattere. Detta così,a me questo Azzurro sembra un paradosso colossale. Il fascino è dato dall’essere stronzi,le donne questo lo sanno fin  troppo bene.

E poi non è detto che una donna voglia al suo fianco un uomo.

E neanche ho finito di formulare questo pensiero che l’amarezza mi è già piombata addosso.

Spengo la luce del comodino e sprimaccio il mio cuscino. Oggi mia madre ha uscito fuori di nuovo quel discorso . E nemmeno stavolta io ho avuto il coraggio di dirle la verità.

Quale madre mai vorrebbe sentirsi dire che sua figlia è diversa,malata,difettosa?

Non stiamo qui a raccontarcela,le cose per noi non sono mai cambiate.Siamo sempre la peste della popolazione,i pervertiti da evitare.

Se ami qualcuno del tuo stesso sesso,lo devi tenere per te. Se qualcuno ti ha aggredito perché baciavi la tua donna,non devi denunciare,perché così si verrebbe a sapere della tua perversione e macchieresti la tua dignità. Questi sono i discorsi che noi ci sentiamo dire,quando ci viene fatto un torto.

Chi vorrebbe essere noi?

Non molti,credo.

Mi sto davvero chiedendo per quanto tempo ancora riuscirò a fingere. Per quanto tempo ancora dovrò tenere quell’orrendo poster di quell’orrendo calciatore a petto nudo? Cazzo,non mi piace neanche la sua squadra! Io odio il calcio! Non riesco neanche a seguire una partita,che già mi scende il latte alle ginocchia.

Do un ultimo sguardo al display del mio cellulare,sono le 23 e 30.Basta con le riflessioni esistenziali,è ora di dormire.

 

 

 

                          

     ********************************************************************************************

 

Un luogo bellissimo,soleggiato,pieno di vita. Un tempo estivo. E per qualche ragione,so che questa è la Sicilia.Sto salendo una scala in pietra,e alla mia destra il mio sguardo si immerge nel blu del mare. Posto più bello non l’ho mai visto.

Arrivo in cima,e vedo subito una porticina in legno sgangherata. Sopra quell’obbrobrio,un’insegna sbiadita: “BIBLIOTECA COMUNALE”

Mi avvicino per entrarci,perché io AMO i libri,cazzo. Ma ancora prima che io riesca ad entrare,una donna esce dalla porta e mi viene incontro,sorridendo.

E’ bella come una maledizione,una sirena bruna che può trascinarti nell’inferno.

“Sei arrivata,finalmente.” Mi arriva vicinissimo,così tanto vicino che posso specchiarmi nei suoi occhi nerissimi,che hanno qualcosa di orientale,così tanto vicino che posso sentire il calore della sua pelle bruna,così vicino che posso sentire l’odore dei suoi capelli,una cascata di seta nera e ribelle.

I miei occhi ,grandissimi bastardi,cadono sulla scollatura vertiginosa di lei,che porta una camicia bianca legata in vita…quel poco tessuto che dovrebbe coprirla è anche trasparente. Un suicidio.

La sua lunga gonna verde ha uno spacco laterale che la rende una dea della lussuria.

“Vieni con me” mi dice,afferrandomi il polso e lanciandomi uno sguardo ambiguo,mentre mi trascina dentro la Biblioteca….

 

 

Continua…

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Capitolo 2
*** La Biblioteca ***


Vieni con me” mi dice,afferrandomi il polso e lanciandomi uno sguardo ambiguo,mentre mi trascina dentro la Biblioteca….

Appena entriamo,la donna mi sbatte contro il muro,provocandomi un gran dolore alla spalla.

“Ahia,checazzo!” esclamo io.

“Non cominciare a lamentarti,mi hai fatto soffrire un sacco” mi soffia nell’orecchio. Ha sollevato il ginocchio,il suo seno morbido è schiacciato contro il mio petto,i nostri bacini sembrano quasi una cosa sola.

Comincia a leccarmi il lobo,lentamente,giocosa e bastarda. La sua lingua passa a sfiorarmi anche l’interno dell’orecchio,ed io,CAZZO,sto proprio impazzendo. Sono diventata tutto un battito,in linea con il mio cuore,e nelle mie mutande comincio a sentire quella conosciutissima sensazione di caldo e umido.

Lei si stacca un po’,per guardarmi in faccia. Deve aver indovinato che cosa stavo pensando ,perché mi fa un sorriso malizioso e mi solleva la gonna. Le sue dita giocherellano con l’elastico del mio slip,mentre lei mi bacia dolcemente.Mi lecca le labbra,e io apro la bocca per permetterle di toccare la mia lingua. Il bacio è lento,ma in un qualche modo violento e aggressivo. Passa a baciarmi il collo,le sua mano lascia stare l’elastico e sale sul mio seno,stringendolo un po’.

Non ce la faccio proprio più ad aspettare,la allontano da me quel poco che basta per mettere le mani sulla sua camicetta e strappargliela. Sì,la strappo.

Il suo seno dorato è una visione paradisiaca,sembra quasi esplodere in tutta la sua morbidezza nel momento in cui le tolgo la camicia.

Lei sorride,compiaciuta,mentre io praticamente mi tuffo tra i suoi seni,e comincio a baciarli dolcemente. Piano piano con la bocca mi avvicino ai suoi capezzoli,mentre la sento respirare sempre più profondamente.

 

Poi finalmente apro le labbra,e la mia lingua accarezza dolcemente i suoi capezzoli,che diventano sempre più duri,e a lei piace,me lo dice,e cerca anche di farmelo capire prendendo una delle mie mani e infilandole sotto la sua gonna.. Non ha le mutande,e io lo sento bene ,lo sento benissimo il suo frutto proibito bagnato.Lascio  perdere il seno,voglio baciarla lì,proprio lì,voglio sentire il suo sapore..

 

DRIIIIIIN.

E questo che è?

Driiin.

No,dai. Cazzo.

E’ svanito tutto: la biblioteca,la donna,il suo seno,il sesso.Tutto.

E la mia fottuta sveglia sta suonando. Sono le 07 del mattino di un fottuto lunedì e io non riesco neanche in sogno a farmi una bella scopata perché devo andare a scuola.

Spengo la sveglia e mi butto giù dal letto (non avrebbe nessun senso rimanerci,tanto non riesco a recuperare quello che mi stava succedendo) ,metto la vestaglia e vado in cucina.

Mia madre mi sta preparando la colazione,che dolce.

“Dormito bene?” mi chiede,sorridendomi

“Non sai quanto” vorrei risponderle,ma non lo faccio. Semplicemente annuisco.

Lei mi porge il mio bel tazzone di latte.

“Il caffè è finito “ mi dice “ e non c’è nemmeno il Nesquick” aggiunge quando vede che mi sto alzando per avvicinarmi alla credenza dove AVREBBE DOVUTO ESSERCI il prodotto più amato della Nestlè.

Mi risiedo,leggermente in disappunto. Insomma,il latte senza caffè ,orzo o cioccolata fa schifo.

Però ci sono i biscotti,e mi consolo con quelli.

“Amore sto uscendo” mi dice mia madre,ferma sulla porta,già tutta in ghingheri per andare al lavoro. Solo un attimo fa era in pigiama,come diavolo ha fatto ad essere già pronta? E’ UNA DONNA..dovrebbe essere NATURALMENTE in ritardo.

“Perfavore lava i piatti prima di andare via”

“Ok”

Sbam . E’ uscita.

Accendo la tv,perché ho intenzione di abbuffarmi ancora di biscotti e voglio gustarmeli guardando qualcosa di poco impegnativo.

Sulla Rai stanno facendo “Unomattina”. L’allegria di  un programma che vuole essere “serio” ma che è gestito da fattoni. Proprio ora stanno intervistando l’ultima soubrette trentenne che,tanto per cambiare,dice che vorrebbe tanto un figlio.

 

 

Ok,adesso basta ,devo andare a prepararmi. Però prima faccio i piatti.

Non so se ammirare mia madre o maledirla per la fantastica scultura di arte contemporanea che è riuscita a creare usando quella tonnellata di piatti nel lavandino che adesso io dovrei lavare.

Maledirla è meglio.

Insapona,insapona,insapona. Sciacqua,sciacqua,sciacqua. Insapona,insapona,insapona. Sciacqua,sciacqua,sciacqua.

Che ore saranno?

Le 8.

Ah ok. COSA?? MERDA MERDA MERDA!

 

 

 

 

TOC TOC.

“Avanti!”

“Buongiorno Prof.Scusatemi per il ritardo. Posso entrare?”

“E perché non dovrei farti entrare,Locanci,è solo la settantunesima volta che entri alla seconda ora in questa settimana”

La classe ride,e rido anche io.

“Professore è impossibile che sia la settantunesima volta,in una settimana abbiamo lezione con lei solo cinque volte”

“Siediti,và,basta che non disturbi più”

Attraverso l’aula e mi abbandono sulla mia sedia. Noi della quinta G siamo veramente fortunati ad avere degli insegnanti così simpatici.

“Oh amò ti dobbiamo raccontare una cosa assurda”

Questa qui è Lidia,la mia compagna di banco.

“E’ vero !Non sai che è successo alla prima ora!” aggiunge Andrea,altro mio amico seduto dietro di noi.

“Che è successo?” chiedo io,incuriosita.

“Dopo dopo…” dice Francesca,altra mia amica,compagna di banco di Andrea.

“No dai,adesso!”

“Locanci  puoi almeno degnarci della tua attenzione ???”

 

“…Ok,me lo dici dopo” sussurro a Francesca,per poi voltarmi rossa in faccia e con un’aria colpevole verso il prof.

 

 

 

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Capitolo 3
*** Che mi sarò mai persa? ***


“Allora? Che è successo?”

La campanella è suonata, il prof è andato via e io non sto più nella pelle e voglio sapere che mi sono persa,cazzaccio!

“E’ entrato il tuo amore”  mi risponde Lidia

“Cosa???” sono già rossa in faccia

“ E’ entrato il tuo amore,qui,in classe,poco prima che tu arrivassi” mi spiega candidamente lei.

Ma che...E’ uno scherzo. Che palle è uno scherzo.

“Davvero.” S’intromette Andrea,come se avesse letto nei miei pensieri.

“E’ entrata per chiedere al prof delle informazioni sul suo corso di recupero.”

Lei è entrata qui. E io me la sono persa.

“Non sapevo che avessimo il prof di Francese in comune. Cioè,perché è venuta a chiederlo a…”

“Perché il suo professore quest’anno non farà il corso di recupero. Lo farà il nostro amatissimo Biagini, in compenso”

Uh-Uh. Sto seriamente pensando di prendermi un ‘ insufficienza grave in francese.

“Non starai pensando di andare male in francese solo per vederla,spero” e questa è di nuovo Lidia.

Che cazzo,come fanno a saperlo? Mi conoscono davvero così bene?

“E’ che…io vorrei solo conoscerla meglio,ecco”.

Francesca,che era uscita per prendere qualcosa alle macchinette,ci raggiunge e si piazza dietro di me,abbracciandomi e scompigliandomi i capelli.

“ Ti hanno già detto tutto,vero?”

“Sì” rispondo,arrossendo. Uno stupido vizio infantile di cui non mi libererò mai.

Lei mi guarda e scoppia a ridere.

“Dovresti cominciare a parlarle un po’ di più,sai … “

Ha ragione. Quando la vedo nei corridoi non riesco mai a fare molto,a parte salutarla. Riesco a scriverle qualcosa in chat,ma quello è il corteggiamento da sfigati e sebbene io non sia una Vip non mi ritengo nemmeno così in basso da parlare solo dietro ad uno schermo.

E’ solo che lei è una ragazza carina,simpatica e estroversa. Quando la incontro è sempre circondata da mille dei suoi trentamila amici,e mi sento un pesce fuor d’acqua quando sono vicina a lei. E non ci tengo a fare la figura della fessa imbranata.

Non sono innamorata di lei,no,e non mi piace nemmeno così tanto. Ma quando sei lesbica e incontri un’altra lesbica che sia un minimo appetibile,beh,ti ci fiondi,perché sei leggermente stanca di sentirti sola e di non avere l’affetto (fisico,capitemi)  che un etero ha statisticamente maggiore possibilità di ricevere. Detto così è bruttissimo,ma è la verità,almeno per me.

“Facciamo una partita a scala quaranta?” Andrea interrompe le mie riflessioni,fortunatamente.

Siamo tutti d’accordo,basta impegnarsi a non farsi scoprire dalla prof di turno.

Non ho una fidanzata,ok,ma non starò qui a piangere ,perché io ho degli amici e averli non è una fortuna per tutti.

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice:

E il terzo pessimo capitolo è andato. Ho avuto però modo di notare che la mia storia è seguita da tre persone… tre lettori da cui non ho ricevuto nessuna recensione. La cosa mi dispiace un po’,perché io considero le recensioni come un valido supporto per la mia crescita di “scrittrice” : attraverso i commenti positivi e negativi mi perfeziono ,cercando di soddisfare le richieste dei lettori. Una cosa che potrebbe giovare sia a me che a voi, insomma.

Per questo vi pregherei di esprimere un misero parere.

 

 

 

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Capitolo 4
*** Msn Chat...la maledizione della scatola nera. ***


Tiro fuori il mazzo di chiavi dalla tasca posteriore del mio vecchio zaino. Trovo la chiave e la infilo nella serratura. Clank clank clank. Toh , eccomi a casa.

“Sono a casaaa!” urlo . Nessuno mi risponde. Mia madre non è tornata.

Pazienza non ho nulla da raccontarle. O almeno nulla di quello che vorrebbe sentirsi dire, purtroppo per me e per lei.

Butto lo zaino sul divano e scalcio via le mie scarpe. Io ho il brutto vizio di girovagare in casa solo con i calzini  e tutto questo per una malsana imitazione della vita dei personaggi degli anime. Seriamente,dovrei farmi una vita vera.

Vediamo vediamo, che cosa metto nella mia pancia oggi? Carne o pasta? Necessito di una sbirciata ai condimenti: pesto e salsa.

La giuria mi suggerisce un bel piattone di 200 grammi di pasta con il pesto. Tanto mia madre non c’è e non puo’ dirmi che esagero nelle porzioni.

Così sia.

Metto l’acqua a bollire e accendo la tv. I Simpson, Dio quanto li amo. Sono diventati i miei genitori da quando ho cominciato le superiori. La mia unica compagnia a pranzo. Almeno a loro non devo dare troppo spiegazioni. Alla famiglia Simpson non interessa sapere come mai nella cronologia del mio browser ci sono dei video lesbo. Tutto questo non interessa né a Homer,che preferirebbe guardare la tv piuttosto che chiedermi  se mi piacciono le vagine; né a Marge,che non vedrebbe l’ora di farmi mangiare qualcosa preparato da lei;   a Lisa che parlerebbe per tutto il tempo di quanto sia importante essere vegetariani e nemmeno a Bart che mi  ignorerebbe per giocare con Milhouse.

Avere come famigliari delle icone è un vantaggio? Non ne ho idea.

L’acqua bolle , ci butto dentro i 200 grammi di fusilli.

9 minuti di cottura.

Prendo il mio portatile e lo porto sul tavolo della cucina.

Lo accendo e finalmente appare il wallpaper de “L’uccello ferito e il gatto” di Picasso. Quasi subito appare anche la finestrella dell’account Msn. Scrivo il mio indirizzo e la mia password ed entro. Eccomi qui : il mio nick è Hop-Frog,una citazione di Edgar Allan Poe (che io amo) mentre la frase personale è “essere stronzi è roba da pochi, farlo apposta è roba da idioti”. Il mio avatar è il quadro “Incubo” di Fussli. Un enigma macabro, questa è l’immagine che do di me.

Online non c’è nessuno a parte Francesca e qualche altro mio amico ,ma a nessuno di questi avrei qualcosa da raccontare.

Dridondin!

Un altro contatto in linea.

Oh.

Un altro contatto in linea? Ma che cazzo dico. E’ Ivana ,che ha come avatar una foto di lei con la tempia poggiata su una mano . I suoi bei capelli ondulati e lunghi,castano chiari,sono una perfetta cornice per quel volto dai lineamenti delicati e per i suoi occhi grandi (un po’ sporgenti,a dirla tutta) e nocciola.

I pochi dreads tra le sue ciocche,poi … mi piacciono.

Davvero non si è ancora capito? Lei è “il mio amore” secondo Lidia. La ragazza per cui attualmente sbavo. Tenetemi ferma sto saltellando sulla sedia.

Contattarla? Ma che. Non voglio sembrarle troppo attaccata al suo culo.

Turu-tù.

Ommioddio. Ommioddio. Mi ha scritto lei.

Ivana: “Così va molto male,sai?”

Che … ? Avrà sbagliato contatto.

Hop-Frog : “ Che cosa va male, cara? J

Vedo che scrive.

Ivana: “ Perché devo contattarti sempre io e tu non mi contatti mai?”

Svegliatemi. Cazzo è un sogno.

Ivana: “Beh? Che hai da dire in tua difesa?”

Dai cervello,su. Dì qualcosa di creativo. Tu SEI creativa Marta … lo sai che è così.

Hop-Frog : “ Che mi sono persa nella sua aurea positiva,e mi sono dimenticata di avere le mani”

Ma che cazzo di risposta è? Mah.

Ivana: “Per questa volta ti perdono,ma solo perché hai detto qualcosa di bello su di me”

Hop-Frog “ Come potrei non farlo J

Ivana “Oh-oh! Così mi fai arrossire”

Hop-Frog “Eheheeh”

Sapessi quanto sono arrossita io.

Hop-Frog “ Oh ma è vero che oggi sei venuta nella mia aula?”

Ivana “ Sì . Perché me lo chiedi? Ho visto che oggi non c’eri”

Ha visto che oggi non c’ero. Mi ha cercata con lo sguardo. Sicuro che io non stia dormendo?

Hop-Frog “ Sono entrata a seconda,ma ero in aula già a prima. Sono onnipresente,lo sai …  E ti ho visto. Dovresti temermi”

Ivana “ Magari dimostrassi questa onnipotenza anche quando ci sei J

… Colpita e affondata. Sono tutto fumo e niente arrosto,io.

Hop-Frog  “Ogni cosa a suo tempo,milady”

Ivana “ J

Hop-Frog “ Bella foto, mi piace l’angolazione dell’inquadratura”

Ivana “ Sono bella io o la fotografia?”

Le piace essere corteggiata. Bella civetta.

Hop-Frog “ … tutte e due. Ma lo dico solo per farti contenta”

Ivana “ J

Hop-Frog “ J

Ivana “ Domani ci sei? Se ti mando un sms esci dalla classe e ti fai un giro con me?Devo scappare da una probabile interrogazione”

Oddio.

Hop-Frog “ Certo J

Ivana “ Ok. Ora scappo,ciao ciao!”

Si è disconnessa.

Wowowowowowowow. Che sta succedendo? Fermatemi.

Mi alzo,ancora in quel piacevole trance dovuto a quella conversazione surreale.

Mi avvicino alla pentola on lo sguardo perso nel vuoto. Poi mi decido ad abbassare lo sguardo. La schiuma sul bordo della pentola è troppa.

I fusilli sono davvero così indefiniti? Non me n’ero accorta.

Saranno passati 9 minuti?

Cazzo,ne sono passati 30! La pasta è scotta!!!

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Pornodiva ***


Sono  in una stanza piena di divani e poltroncine. C’è solo un letto matrimoniale al centro della stanza.

Su questo letto bianco, neanche a dirlo, è stesa una donna , che in piedi dovrebbe essere alta almeno due metri.

Ha gli occhi azzurri, il viso cavallino e due labbra a canotto involgarite ulteriormente da un orrendo rossetto rosa.

Indossa un reggiseno leopardato viola sulle sue tette enormi … un particolare cordinato con le sue culottes.

“ Ciao tesoro!” mi dice, leccandosi le labbra con uno sguardo osceno.

“Finalmente sei arrivata” aggiunge.

Dalla posizione in cui mi trovo, in piedi di fronte al letto, io la guardo a bocca aperta, imbarazzatissima.

“ … dici a me?” le chiedo , la mia voce è un sussurro.

“Sì, a chi se no? Troiona!” risponde lei, ridendo. In questo modo mi da la possibilità di focalizzarmi sui suoi denti enormi.

Aspetta … mi ha chiamato Troiona?

“Eccola qui, la nostra stella !” esclama una voce dietro di me.

Un uomo basso e grassoccio, con i capelli lunghi e unti si è avvicinato a me.

“Sei pronta per la scopata?” mi dice, battendomi una mano sulla schiena.

Che?!

“ Dai dai, che oggi facciamo le tre scene finali” aggiunge l’uomo, tutto soddisfatto.

Poi l’individuo fissa il mio corpo.

“Hai fatto bene a mettere questo costume, è adattissimo alla scena.” Dice, dopo avermi fissato il petto a lungo.

Allora io do un’occhiata al mio corpo.

Oh Cazzo.

Sono nuda. Le mie piccole tettine di una seconda scarsa, bianche come mozzarelle, sono nude , libere e dure come pietre. L’unica cosa che indosso è un gonnellino orribile, fatto di piume di struzzo di un osceno fucsia. Ai piedi ho delle scarpe viola con un tacco vertiginoso.

Proprio adesso mi accorgo che quella stanza è piena di telecamere e di riflettori puntati su di me.

“Allora, ti spiego la scena”.

L’uomo untuoso si è avvicinato e mi parla all’orecchio.

“Tu ti metti in ginocchio sul bordo del letto … gli strappi via le culottes e glielo succhi.”

“ Ma è una donna…”

Neanche finisco di dirlo che la Cavalla sul letto si abbassa le mutande. E quello che ne esce fuori è semplicemente … oh, Dio. Ha un cazzo enorme.

La Cavalla avvolge il membro nel suo palmo , e con la mano comincia a fare su e giù, su e giù.

“Ok, adesso che gli diventa duro siamo pronti a girare.” Dice l’uomo alla Troupe. Prima di andare dietro le telecamere mi da una sonora pacca sul sedere.

“Ahi!”

Oh cazzo. Mi guardo intorno, spaventata  e inorridita. Il mio sguardo si posa sull’enorme pene di quella donna.

Che cosa penserà mia madre di tutto questo?

 

No no no. Non voglio farlo, no no no.

“FERMI TUTTI!” urlo, rivolta alla troupe.

Tutti gli uomini presenti in sala mi guardano confusi. La Cavalla, dal canto suo, continua a menarsi l’uccello.

L’ Untuoso viene verso di me, leggermente preoccupato.

“Che succede?” mi chiede.

“Non voglio farlo” rispondo io, a bassa voce.

“Come?”

“Non voglio farlo.” Ripeto, alzando la voce. “Scusami. Io … ehm… mi ritiro. Ho chiuso.”

 

I cameraman mi guardano a bocca aperta e persino la Cavalla ha smesso di masturbarsi … L’uomo, il Regista, è furioso.

“ E lo dici adesso?!” mi urla, rosso in volto.

Non posso fare a meno di sentirmi un po’ in colpa.

“ Sì. Non ce la faccio” rispondo, con un filo di voce.

Lui mi fissa, incazzato nero. Sembra che gli occhi stiano per uscire fuori dalle sue orbite.

“Ah  benissimo, signorina. Dopo tutti i soldi che hai fatto con i precedenti film? Brava, Brava.”

Precedenti film? Un brivido mi corre lungo la schiena.

“ Torna da noi quando non sarai una ragazzina ingenua e avrai di nuovo bisogno di soldi, Puttana!” mi urla.

Io annuisco debolmente, a disagio.

CIAF!

L’uomo mi ha appena tirato un ceffone.

 

 

 

“Marta! Dai svegliati!”

“Mmmh …”

“Ogni mattina la stessa storia! Dai che c’è scuola!”

“ Non voglio, non voglio farlo. Mi vergogno.” Biascico.

“ Ti vergogni di che???” esclama mia madre.

Apro gli occhi. Mia madre è china su di me.

“Che ore sono?” le chiedo, la voce ancora troppo bassa.

“ Le sette e mezza! Alzati, è tardissimo!”

Le sette e mezza?

Balzo letteralmente fuori dal mio letto … Oggi proprio non voglio fare tardi.

Non oggi, non oggi Cazzo!

 

In meno di sette minuti ho trangugiato una tazza di latte e due biscotti ( proprio due , contati sulle dita della mia mano) e adesso sono in bagno. Non potendo tuffarmi nel lavabo per fare prima, mi butto delle  porzioni d’acqua in faccia che sono simili a delle autentiche secchiate.

L’acqua finisce sulla parete dietro di me, sul pavimento, sullo specchio. Mia madre mi ucciderà, ma poco importa. OGGI non posso fare tardi.

Mi asciugo la faccia, poi do una rapida occhiata al mio riflesso nello specchio.

Le occhiaie grigie sulla mia pelle bianchissima sono più pronunciate del solito, oggi. I miei occhi castano scuri sono finalmente “vivi”, non spenti come tutte le mattine appena mi sveglio; e i miei capelli, corti e neri, sono un nido di merlo scompigliato.

E quello sul mio mento cos’è?

Oh no.

Sfiga.

Un brufolo. Proprio stamattina , un brufolo sul mento.

E io , mentre metto un po’ di matita e un velo di fondotinta per coprire quel Vulcano, sto sperando con tutta me stessa che il buongiorno non si veda dal mattino.

Esco  di casa correndo. L’autobus sta proprio adesso svoltando l’autobus.

Con uno scatto felino che non ho mai avuto in vita mia ( magari mi vedesse l’insegnante di educazione fisica, adesso) riesco ad arrivare alla fermata un secondo prima che il gigante mostro blu vada via.

Salita sull’autobus mi sento molto meglio. Sono tranquilla e soddisfatta  … ma una parte della mia anima si contorce per l’eccitazione. Che cosa succederà, dopo?

Ed eccolo … il solito mal di pancia da nervosismo.

Mi accarezzo la pancia, mentre cerco un posto a sedere.

“Marta?”

Mi volto a vedere chi mi ha chiamato. E rimango a bocca aperta.

“Che cosa ci fai tu, qui?” non riesco a fare a meno di chiederle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’ Autrice:Ta-daaan. Lo so, lo so. Vi aspettavate l’incontro con Ivana, vero?

E invece no! J Per quella dovete aspettare il prossimo capitolo.

Però ho un’altra richiesta per voi … Recensite, che cavolo! Tra un po’ arrivo a trenta lettori che seguono la storia ma non commenta neanche mezza persona.

Rispetto per gli autori. Preferisco mille recensioni critiche invece del silenzio.

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Capitolo 6
*** Ex ***


“Che cosa ci fai tu qui?” non riesco a fare a meno di chiederle.

I miei occhi fanno su e giù, su e giù su quella figura  seduta vicino al finestrino.

Poi incontrano i suoi, di occhi, neri e con quel taglio che la fanno somigliare ad un’egiziana.

Puff. Il mio cuore è sparito per un attimo.

“ Ho dormito da mia nonna, ieri. Quindi ho preso l’autobus dalla fermata davanti casa sua”.

Ah, ecco.

Il silenzio scende su di noi. Mi impongo di guardare fuori dal finestrino .

“Vedo che sei contenta di vedermi” mi dice ironica Silvia.

Silvia, del liceo classico, diciottenne come me. Silvia, di Taranto, occhi neri, pelle olivastra, naso piccolo , labbra carnose, bassina, con una seconda abbondante di seno.

Silvia Cielo, che mi ha strappato via il cuore dal petto e poi l’ha calpestato che ancora batteva.

Silvia Cielo, una maledizione.

Silvia Cielo, la mia ex.

 

I miei occhi si riducono a due fessure.

“Ma no, certo che no. Solo che non connetto bene la mattina” ribatto, secca.

Mi sembra di scorgere un’espressione triste sul suo bel volto.

“ Beh, com’è la mattinata che ti aspetta?”

 

Le mie dita stringono lo schienale del sedile su cui mi sto aggrappando per rimanere in piedi, prima di risponderle.

“ Non sono cazzi tuoi,brutta stronza!” ho voglia di urlarle, per poi mettermi a piangere due secondi dopo.

Ma perché, perché dico io?

Perché a soffrire sono soltanto io? Perché lei non mi odia, come io odio lei? Perchè per lei è facile, così facile andare avanti?

 

“Beh …” rispondo, con un sorriso imbarazzato. “Stamattina è una di quelle mattine in cui mi andrebbe benissimo una bella marinata di Scuola” .

Lei sorride.

“ Eh, per me è lo stesso. Oggi ho il compito in classe di Latino.”

“ Mh. E ti senti preparata?”

“No … come al solito” dice, ridendo.

 

Io non mi unisco alla sua risata. Sto sperando con tutta me stessa di arrivare presto a scuola. E’ la prima volta che mi succede in diciotto anni.

 

“ Vedo che hai tolto  il piercing che ti avevo regalato” .

La sua voce è bassissima, quasi come se stesse parlando con se stessa … ma io l’ho sentita, eccome. Le sue parole mi schiaffeggiano come urla.

Mi volto a guardarla, la mia espressione è indecifrabile.

No, questo non doveva dirlo. Questo tasto non doveva toccarlo, no.

Lei sostiene il mio sguardo per qualche secondo, poi lo riabbassa.

E qui finisce la nostra allegra chiacchierata sull’autobus.

 

 

 

 

Cammino verso il mio Liceo, e sto ancora pensando a quel maledetto incontro.

Che faccia tosta.

Ha sempre avuto una bella faccia tosta, Silvia.

 

Il piercing che mi ha regalato. Come potrei indossarlo ancora? Che il mio orecchio cada per terra sanguinando se oso un'altra volta indossare quell’orecchino!

Un passo dopo l’altro, i ricordi mi feriscono come pugnalate in pieno petto.

 

NO!

Non di nuovo, non adesso. Non voglio pensare all’odore di salsedine, e al mare davanti a noi due che brilla sotto il sole delle tre del pomeriggio di un giorno di maggio.

 

Entro  nell’atrio. Vicino alla porta c’è il solito bidello rompi palle.

“ Sei in ritardo.” Mi apostrofa “ Alzati prima, la mattina”

“ Fatti i cazzi tuoi, una volta tanto” mi verrebbe da dirgli, e invece gli passo di fianco senza dire nulla.

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Capitolo 7
*** Sei un Comodino. ***


CAP 7 : Sei un comodino.

Quando entro nell’aula mi dirigo subito al mio banco, senza spiccicare parola.

Sono incazzata nera.

I miei amici stanno parlando vicino alla finestra … hanno capito che mi è successo qualcosa, e si stanno già avvicinando.

Dio , quanto li adoro.

“ Che è successo, amore?” mi chiede Lidia, i suoi occhioni verdi spalancati.

“ Quella stronza della mia ex stamattina era sul mio autobus” taglio corto io. Come se la presenza di un essere inutile sullo stesso mezzo di trasporto che ho usato stamattina giustificasse questa mia rabbia esplosiva. Solo adesso che dico ad alta voce quello che mi ha fatto girare le palle mi rendo conto di che sciocchezza sia.

 

“ Ma buongiorno!”

E’ Daria. Non la vedo da un sacco di giorni.

Mi alzo in piedi e abbraccio il suo corpicino basso e delicato.

Daria è un essere speciale. E’ forse l’unica persona che sa veramente TUTTO di me.

Dolce e sensibile, è la spalla di cui ho sempre avuto bisogno.

Anche i suoi occhioni nocciola sono preoccupati  … loro mi leggono come un libro aperto.

Le scompiglio i lunghi capelli castano chiaro .

“ Una sciocchezza, lo so”  dico, rivolta anche ad Andrea, Lidia e Francesca.

“ Ma mi sono incazzata comunque. Oggi è una bella giornata e me la trovo sul pullman, con il suo sorriso tutto dolce come se nulla fosse …”

“ Può capitare” dice Daria. “ Ma non per questo devi darla vinta al suo ricordo.”

“ Nel senso che … ?” chiedo.

“Nel senso che non devi permettere che il suo ricordo ti rovini la giornata”.

 

Saggia, Daria. Il soprannome di “Confucia” se l’è guadagnato.

“ Hai ragione.”

“Vabeh ma che ti ha detto?” mi chiede Andrea. Il solito curiosone.

 

 

Dopo dieci minuti ho finito di raccontare tutte le possibili emozioni  e sensazioni di una chiacchierata di due minuti.

Loro rimangono un po’ in silenzio prima di dire qualcosa.

“Vabeh, non è successo nulla” dice Lidia alla fine.

Beh, lo dicevo io che mi sono infuriata per nulla.

“ Lo so … ma rivederla mi fa stare male. Molto male” rispondo io.

I miei amici si accorgono subito della nota di tristezza nella mia voce.

Andrea mi dà delle leggere pacche sulla spalla.

“Dai, dai. Forza e coraggio, passerà”.

 

Siamo tutti e cinque davanti la finestra del corridoio che è di fronte alla nostra aula.

Il mio sguardo si perde a guardare il cielo attraverso il vetro.

In particolare una nuvola bianca, un grande e galleggiante batuffolo di ovatta, cattura la mia attenzione.

Dev’essere divertente essere una nuvola. Così leggera, senza problemi. Senza preoccupazioni .

“ Altre news?” sento dire da Andrea.

Senza lezioni.

“ Sì  … ieri Marcella mi ha telefonato e mi ha raccontato che … “ comincia a raccontare Francesca.

Senza ex, senza relazioni.

 

OH, CAZZACCIO!

“ Ragazzi, oggi mi vedo con Ivana!” urlo.

Francesca smette subito di parlare … tutti e quattro mi fissano a bocca aperta.

“ Racconta. Subito.” Dice Andrea, a nome di tutti.

 

 

 

Quando finisco di raccontare tutta la conversazione tra me e Ivana poso lo sguardo sulle loro facce.

Sono felici … e eccitati.

“ Troppo figo!” esplode Lidia dopo una pausa.

“Eh … lo so” rispondo io , le guancie in fiamme.

“ Buongiorno ragazzi!”

Questa è la voce di Fioretti, il nostro insegnante di Scienze della Terra.

E’ un uomo alto e magro, con i capelli bianchi e gli occhiali spessi. Sembra un personaggio dei cartoni animati, e questo perché è eccessivamente pacato e decisamente troppo ingenuo.

Sul serio, prenderlo in giro è diventato lo sport preferito degli alunni della 5 G.

Una cosa che facciamo spesso durante le sue spiegazioni, per esempio, è fargli domande stupide e insensate. E la cosa incredibile è che lui risponde SERIAMENTE a tutte le domande che gli facciamo!

Io mi volto per continuare a parlare con i miei amici, ma una frase detta dal professore mi fa gelare il sangue:

“Oggi si interroga”.

La mia espressione muta all’istante. Il mezzo sorriso che avevo si trasforma in una “O” da fare invidia all’urlo di Munch, mentre i miei occhi si sbarrano.

Lidia nota la mia espressione.

“Non hai studiato?” mi chiede, con il solito tono tranquillo.

“ No! No che non ho studiato!” dico io, la voce strozzata.

“Cazzo Marta, hai già preso un 2! E’ sicuro come la morte che oggi chiamerà te!”

Quello che Lidia ha appena detto è la pura verità.

E io sono nella merda. Nella merda più scura, liquida e puzzolente che io riesca a immaginare.

Come lo dico a mia madre?!

Come?! Ditemi come!

Comincio ad agitarmi. Tamburello le dita sul banco e mi mordo il labbro.

Mi guardo intorno. Nessuno, e quando dico nessuno intendo NESSUNO, è preoccupato quanto lo sono io.

“ Ah, è strano che voi non opponiate obiezione.” Dice il prof, sorridendo.

Ma perché non scoppia un incendio, quando serve???

Maledetta Scuola troppo sicura!!!

“Bene, allora cominciamo a chiamare …” continua, aprendo il registro.

Sto morendo.

“ Aloffi!”

Teresa Aloffi si alza in piedi e raggiunge la cattedra.

Merda.

“ Bernabi!”

E anche Bernabi si alza.

Merda Merda Merda Merda Merda Merda.

Ok, Marta. E’ il momento di usare quella che tu hai felicemente battezzato come “Tecnica del Comodino”.

 

Premo le mani sulle mie orecchie e poggio la fronte sul tavolo.

Nella mia testa comincio a ripetere, senza sosta:

“ Sei un Comodino. Sei un Comodino e un mobile non puo’ essere interrogato. Sei un comodino,e quindi niente puo’ ferirti e soprattutto nulla puo’ interrogarti”.

Ci sto riuscendo, mi sto isolando.

No, non sono autistica. Non mi sto veramente isolando dal mondo.

Con questa tecnica riesco a non provare interesse per quello che mi succede. Così, se mi sta per succedere qualcosa di … fastidioso, semplicemente vivo meglio la situazione perché per me è come se stessi guardando un film. Come se quella sfigata che sta per prendere un altro 2 non fossi io, detta in parole semplici.

Le voci sono lontane, quasi un brusio.

“ Sei un Comodino. Sei un Comodino e un mobile non puo’ essere interrogato. Sei un comodino,e quindi niente puo’ ferirti e soprattutto nulla puo’ interrogarti”.

Sento Lidia muoversi vicino a me.

“ Sei un Comodino. Sei un Comodino e un mobile non puo’ essere interrogato. Sei un comodino,e quindi niente puo’ ferirti e soprattutto nulla puo’ interrogarti”

Qualcuno mi tocca la spalla.

Merda. Mi ha chiamato all’interrogazione.

“Locanci?”  mi chiama il Prof.

Lentamente, sollevo la fronte dal banco. Sto preparando la migliore espressione da cucciolo bastonato che posso avere.

Ma quando alzo gli occhi sul prof, c’è qualcosa di … strano.

Fioretti infatti sta guardando verso la porta. Tutti stanno guardando in quella direzione.

Dal mio banco non riesco a vedere molto … ma chissene, devo pensare ad un modo per saltarmi questa interrogazione!

Proprio adesso, quasi mi avesse letto nel pensiero, l’insegnante torna a guardarmi, un po’ seccato.

“Locanci?”

Silenzio.

“ … Sì?” riesco a dire, con la voce flebile e un sorriso imbarazzato sulle labbra.

“ Ti cercano.” Mi dice, indicando la porta.

Ma che …?

Mi sporgo per vedere chi c’è sull’uscio. E per poco non mi prende un colpo.

 

Sulla porta c’è Ivana.

Ivana, la ragazza per cui ho preso a sbavare.

Ivana, la civetta con cui ho parlato ieri.

Ivana, che è venuta a cercarmi in classe senza mandarmi un sms.

Ivana, la ragazza che mi piace.

Ivana, la ragazza che mi ha appena visto inciampare nello zaino che avevo posato ai piedi del mio banco.

 

 

 

 

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Ehhh sì. L'incontro con Ivana sarà ampiamente trattato nel prossimo capitolo. Per il momento ho voluto tenervi ancora sulle spine :) E poi ... come avrei potuto non parlare della Tecninca del Comodino? :)

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Capitolo 8
*** I nuovi sinonimi di ***


Quando esco fuori dalla porta sono rossa come un peperone.

Alzo gli occhi sul viso di Ivana, che mi sta guardando con un mezzo ghigno stampato in faccia.

“… Buongiorno” mi dice, continuando a fissarmi con quel suo ghigno TERRIBILMENTE SEXY.

“ Buongiorno” le rispondo io, con un filo di voce e abbassando subito lo sguardo.

Prima che piombi nel mutismo imbarazzante, trovo qualcosa da dirle.

“Sai, mi hai appena salvato da una morte certa”

Cominciamo a camminare nel corridoio , verso una meta sconosciuta.

“Cioè?” mi chiede lei, incuriosita. Indossa un Kaftano viola , dei jeans chiari e al collo ha un foulard nero. I capelli sono sciolti, e i suoi dread le ricadono sulle spalle.

“Cioè Fioretti oggi mi avrebbe sicuramente interrogato” le dico, guardandola con quella che vorrei che sembrasse gratitudine.

“Meno male che mi hai chiamato fuori”

“Ehh lo so di essere una Salvatrice” risponde lei, con il suo sorrisetto.

“E poi, se aspettassi te, sarei già vecchia!” continua, buttandomi un’occhiata.

Sbam!

Di nuovo con la storia che non ho iniziativa e bla bla bla.

Che poi è tutto vero.

Ma io adesso che le rispondo?

“Ehm…” comincio, guardandola negli occhi.

Oddio oddio oddio.

Vado in fiamme.

“E’ vero, probabilmente è così.” Dico, senza distogliere lo sguardo.

COSA?!

Ma che risposta le ho dato???

“Ah sì, eh?” mi dice lei, senza togliersi il sorrisetto.

Si ferma di botto,e con lei mi fermo io.

“Che… che c’è?” le chiedo, quasi con un sussurro.

Lei mi fissa, seria.

“E’ questo il tuo modo di volermi bene?”

COME?!

“Oh… io… Veramente, dai, lo sai che stavo scherzando” dico, con una risatina.

Mi gratto il gomido, leggermente a disagio.

“Ah beh” mi risponde, fingendosi offesa.

Ricominciamo a camminare.

“Perché per un attimo ho creduto che non ti importasse nulla”

“Ma no, ma che, mi importa”

“Allora esci con me, domani pomeriggio”

EH?

“S.. sì, certo” le dico, con la prontezza d’animo di chi ha ricevuto una bella tegola in testa.

Oh Merda.

Domani uscirò con Ivana.

Oh Cazzo, Ivana mi ha chiesto di uscire.

SI!!!

Vai così, Marta. Adesso devi solo concludere questo incontro senza fare la figura dell’idiota.

“Ma… dove stiamo andando?”

“In bagno.”

“Ah.”

“Sì, vorrei fumarmi una sigaretta. La cosa ti disturba?”

“Disturbarmi?” le dico.

“Ma no, ma che. Figuriamoci.”

“Tu non fumi, vero?”

“No, non mi piace. E poi fa male.”

Lei aggrotta la fronte.

Forse non avrei dovuto dirlo.

“ … Sì. Non così tanto. Insomma, se non dovessimo fare tutto quello che ci fa male…”

“Lo so” la precedo.

“Ma io lo faccio perché non sopporto il sapore.”

“Per lo stesso motivo, infatti, non bevo alcolici”

“TU NON BEVI?!”

Nulla di strano, è la solita reazione che segue questa mia affermazione.

Da quando bere è diventato sinonimo di respirare? Perché nessuno mi ha avvisato?

“Sì, non sopporto il sapore dell’alchool.”le dico, stringendomi nelle spalle.

Lei aggrotta la fronte.

“Certo che sei una tipa strana, tu”

“E’ vero” le dico, sorridendo e con le guance rosse “ me lo dicono tutti.”

Adoro quando mi dicono di essere strana.

Sul serio.

E questo non perché io voglia essere un’alternativa da strapazzo che invade il web con le sue riflessioni inutili quanto banali (ma che lei considera comunque originalissime).

No.

Per me è diverso.

Il fatto è che io non amo la prevedibilità.

Siamo arrivati in bagno.

Neanche metto piede sulle pastrelle in ceramica che già la puzza di fumo si impossessa della mia pelle, dei miei capelli e dei miei indumenti.

Maledizione!

In ogni angolo ci sono gruppetti di ragazza che fumano.

Ivana sembra contenta, e tira fuori il suo accendino e la sua sigaretta.

Per oggi dovrò trattenermi dal fare smorfie di disgusto.

Però sono una vera ipocrita.

Perché non mi piace fumare e non fumo, ma credo che i fumatori siano veramente sexy.

Guardate Ivana adesso.

La sigaretta appesa tra le labbra sottili , si è appoggiata con la schiena al muro. Tiene le mani in tasca, e fissa il vuoto. I capelli le incorniciano il viso e ogni tanto, con la delicata mano destra, allontana la sigaretta dalla bocca per gettare fuori il fumo.

E neanche finisco questa riflessione che dentro la mia testa parte “Fumo Blu”, una canzone di Mina che dice proprio così:

 

“Con me tu puoi
Fumare la tua pipa quando vuoi
Perché mi piaci molto di più
E sei così romantico

Fumo blu, fumo blu
Una nuvola e dentro tu
E poi, e poi se un uomo sa di fumo
Ma sì, ma sì è veramente un uomo
E ti amerò finché vorrai
proprio perché sei così”

 

Però ovviamente nel mio caso è per una donna.

In realtà non ho ancora detto tutta la verità sulla mia passione malsana per i fumatori.

E’ una cosa che ha a che fare con mio Padre.

Quando ero piccola vedevo mio Padre fumare. Affacciato alla finestra, pensieroso e con la sigaretta in bocca, mi sembrava bellissimo.

A me sembrava un eroe che rifletteva sulle sorti dell’intera umanità.

Quando hai 8 anni queste cavolate le pensi spesso.

Ancora adesso, Papà è per me l’eroe affacciato alla finestra.

Anche se quando torno a casa non c’è proprio nessuno che riflette con una sigaretta in mano.

Ma questa è un’altra storia.

“Perché mi guardi così?”

Oh.

Mi ero imbambolata a fissarla.

Ennesima figuraccia per Locanci.

“Nulla” mi affretto a dire.

“Conosci per caso la canzone ‘Fumo Blu’ di Mina?”

“Sì, perché?”

“Niente, la stavo pensando proprio adesso”

E lei si mette a ridere.

“Pensi che io sia bellissima quando fumo?” mi chiede.

La voce delle altre ragazze che parlottano è un sottile brusio. Io ho occhi e orecchie solo per la ragazza che mi sta davanti.

“Sì. Ma anche senza sigaretta”

Sto diventando di un colorito scarlatto, lo sento.

Lei sorride.

“Grazie, cara.” Risponde, con un sorriso divertito.

“Di nulla” le dico, tossicchiando.

Lei butta via quello che rimane della sua sigaretta.

“Ho finito, possiamo andare.”

Ma mentre stiamo uscendo da quella cappa di fumo, nel bagno entra una ragazza robusta e con i capelli corti e rossi.

“Ciao, Ivana!” saluta

“Ehi, ciao tesoro! Come va?”

“Bene bene.Tu?”

“Bene anche io. Allora è tutto confermato per domani?”

“Sìsì, certo. Domani a casa mia.”

“Ok. Porto anche Marta”

Marta sarei io?

“Oh, ehm. Piacere, Marta” le dico, porgendole la mano.

“Piacere, Sara” risponde lei, con un sorriso educato.

“Ma sì, più siamo, meglio è”

Che cosa vorrebbe dire?

Quante persone saranno , domani, con me ed Ivana?

Comincio a provare un leggero nervosismo.

“Ok, noi andiamo.”

Fuori dal bagno, non posso fare a meno di chiedere ad Ivana delucidazioni riguardo quell’incontro.

“ Che cosa faremo domani, esattamente?”

“Oh, nulla di che” mi risponde lei, riavviandosi i capelli.

“ Un pomeriggio tra amiche” dice.

Ma quando pronuncia la parola “amiche” noto uno strano guizzo nei suoi occhi e una particolare inclinazione nella voce.

Che diavolo mi aspetta, domani?

“Carissima adesso devo proprio andare. A prossima ora ho un compito importante e devo sistemare i biglietti sul banco.”

Mi da’ un veloce bacio sulla guancia, poi mi fa un occhiolino e dice:

“Ci sentiamo tramite sms, per domani”

Dieci minuti dopo lei non c’è, mentre io sono rimasta imbambolata a fissare il vuoto e toccarmi la guancia.

 

 

 

 

Note dell’autrice:

“Fumo Blu, fumo Blu, una nuvola e dentro tuuuu!”

E sì, questa canzone mi piace proprio. E poi anche a me, come Marta, piacciono i fumatori.

Cooomunque.

Alla fine sono riuscita ad aggiornare.

Gli esami universitari mi stanno scuoiando viva, e oggi, dal momento che mi sono svegliata con la voglia di non fare nulla, ho deciso di andare avanti con le mie storie.

Vi informo adesso: le cose diventeranno sempre più movimentate, per Marta.

Spero che mi facciate sapere cosa pensate di questo capitolo.

Alla prossima, carissimi!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Lesbo Sex, I love it! ***


La biondina si abbassa gli short, passandosi la lingua sul labbro superiore, con un’occhiata inequivocabile.

La mora, che ha una farfalla tatuata sulla chiappa destra, non ha nessuna intenzione di togliersi il perizoma.

Preferisce il lavoro di lingua, lei.

Si mette in ginocchio davanti all’altra. Le pareti bianche della toilette fanno risaltare la sua malsana abbronzatura da lampada.

La bionda, occhioni verdi e  rossetto fucsia, le sorride maliziosa e le accarezza la chioma.

Io stringo le gambe; Andrea  poggia il suo libro di francese sul suo grembo.

La moretta è contenta, altro che.

Il tanga rosa dell’altra scivola giù. Le labbra carnose della Farfalla sul Culo si avvicinano a quella valle rosa, depilata e morbida.

Un bacio tenero, quasi una presa in giro.

La bionda ride.

Un altro bacio tenero, ma la lingua slitta fuori a sfiorare le Labbra.

La lingua fa su e giù, su e giù. Lentamente sulla vagina dell’altra.

“MA CHE CAVOLO STATE FACENDO?!”

Io e Andrea saltiamo sulle nostre sedie.

Le comode sedie su rotelle del Laboratorio di Francese.

Biagini è ancora al suo pc, tutto intento a guardare un documentario sulla Parigi del 1789. In lingua originale, ovviamente.

Quella dietro di noi, a bocca aperta e occhi fissi sullo schermo, è Lidia.

“Shhhh cazzo urli” le sibila Andrea, rosso in volto.

Il guaderno ancora stretto sul cavallo dei jeans, deciso a non dare spettacolo col suo Cavaliere Sveglio.

“Come vedi, guardavamo un Porno.  Questo prima che tu decidessi di farci scoprire” le dico io, ironica.

“Che succede, lì?”

Biagini si è sporto dalla sua postazione. Ci sta fissando, seccato.

“Locanci, stai facendo attenzione al documentario?”

Cazzo.

“Ehm … io …”

“Devo forse venire a controllare il vostro pc?”

CAZZO!

Andrea si affretta a chiudere la finestra del Browser, senza togliere gli occhi dal prof.

In situazioni come queste io e lui abbiamo il dono della telepatia. Comincio a crederci sul serio.

“Locanci, vieni a sederti vicino a me.”

Dio mio che frantuma coglioni.

Mi alzo lentamente dal mio posto, con un’espressione indecifrabile sul volto.

Lentamente, la coda tra le gambe,  mi avvicino a Biagini.

“Siediti a quella sedia. E GUAI se cambi posto” mi dice, indicandomi con la testa una sedia dietro di lui.

Io mi abbandono sulla sedia.

Che è rotta.

Lo schiena della sedia cede sotto il mio peso, e dalla mia bocca esce un “OHHH!” mentre evito di finire con il culo per terra.

La classe ride.

Biagini, che si era voltato a guardare lo schermo, torna a fissarmi, ancora più incazzato di prima.

Io lo fisso, con un mezzo sorisetto imbarazzato.

“Allora” dice alla fine lui “ continuamo a guardare il documentario. Locanci, perché non ci dici che cosa hai capito fino ad ora?”

Su, Marta. Che cosa hai capito?

Cosa hai capito, a parte il fatto che ad Andrea bastano dieci minuti per raggiungere un’erezione soddisfacente?

“Ehm … sì.” Comincio io. Tossicchio.

“Beh, la Rivoluzione Francese …”

“Vabeh, lasciamo stare” risponde lui seccato, tornando a guardare il monitor.

Io arrossisco. Ho fatto l’ennesima figura di merda.

Beh, almeno non mi ha lasciato continuare la scena muta.

Nella mia tasca destra il cellulare comincia a vibrare.

Deve essermi arrivato un sms.

Non posso permettermi di leggerlo ora, con Biagini a due centimetri di distanza.

Fingo di interessarmi al documentario, ma in realtà sto ancora pensando a quelle scene lesbo.

E a due occhioni nocciola con dei dread.

Una pallina di carta mi arriva in testa.

Mi volto nella direzione del lancio. Francesca si sta sbracciando.

Sta cercando di farmi capire che devo leggere il messaggio.

Con un  movimento di testa le indico il prof. Non posso farmi scoprire, di nuovo.

Torno a fissare lo schermo.

E quella sigaretta tra le labbra, poi …

Altra vibrazione nelle mie tasche.

Cavolo, proprio non capiscono.

 

Ma io , dal canto mio, sono proprio curiosa di sapere che cosa stanno cercando di dirmi.

Lentamente, attenta a non fare un minimo rumore, la mia mano scivola nelle mie tasche.

Tiro fuori il mio Lg Tribe e apro il messaggio.

“Oggi non sei sembrata molto contenta di vedermi”

Uh?

Che diavolo vorrà dire?

Solo leggendo il nome del mittente ricollego tutto. E il sangue mi si gela nelle vene.

Silvia.

Il messaggio è di Silvia Cielo.

Rimetto il cellulare in tasca. Non ho proprio nessuna intenzione di risponderle.

Ma dico io, come cazzo si permette?

Dopo tutto quello che c’è stato, dovrei anche fare i salti di gioia quando la vedo?

Che altro vuole? Che le chieda di camminarmi sulla schiena?

No, no.

Neanche le rispondo.

Non si merita neanche un  nano secondo del mio tempo.

No, no, no. Non le risponderò.

E’ un capitolo chiuso, e basta.

Non è degna di un mio sms.

 

 

Due secondi dopo ho finito di scriverle la mia risposta:

“Beh, che ti aspettavi? Non so, dopo quello che è successo, mi sembra un’atteggiamento normale.”

Cos’altro potrei scriverle?

Nella mia  mente si forma subito la parola “Troia”.

Ma no, non posso scriverglielo. Non ancora.

Invio il messaggio.

Biagini si volta a spiegare qualcosa sulla Rivoluzione.

“La fase del Terrore, ragazzi …”

Vibrazione.

Voglio proprio vedere che cosa mi ha risposto.

“ Capisco che sei arrabbiata con me. E’ normale, hai ragione. Ma sai, ci sono un sacco di cose che vorrei dirti. Cose che dovresti capire. Ti prego, vediamoci , uno di questi pomeriggi. Ho veramente bisogno di parlarti.”

Le scrivo subito la mia risposta.

“ Ah, bene. Meno male che lo capisci anche da te che è legittimo portarti sul culo.”

Sciaff!

Non ho più il cellulare in mano.

Una mano me l’ha tolto con un movimento improvviso.

Alzo la testa, incazzatissima.

I miei occhi, dal punto in  cui prima era il mio cellulare, vanno a cercare chi me l’ha preso.

Merda.

Biagini è ancora più incazzato di prima.Il mio cellulare nella mano destra, mi dice:

“Questo te lo ridò alla fine delle lezioni.”

 

 

Note dell’autrice:

Capitolo di transizione, che cerca di farvi capire cosa sta per succedere.

L’esame è andato male.

L’assistente era una stronza che mi ha preso a calci in culo e io, da brava depressa, oggi ho passato la giornata a dormire.

 

Yawn.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Cap 10: Un Grande Ritorno. ***


CAP 10: Un Grande Ritorno.

 

Cammino con la coda tra le gambe, come un cane che è stato appena sculacciato.

 

Andrea e Lidia mi raggiungono,disponendosi ai miei lati.

 

“ahò, ma che ti ha detto il prof?” mi chiede Andrea, sinceramente preoccupato.

 

E che mi ha detto Biagini?

 

Non rispondo, seccata.

 

Ancora mi rode il culo per le 300 recenti figure di merda.

 

Davvero.

 

In questa settimana è come se stessi facendo una gara con me stessa.

Vedo già il titolo sui giornali:

“Marta Locanci batte il record di scene imbarazzanti in breve tempo”.

 

“Oh?” Lidia cerca di riportarmi alla realtà.

 

Mi volto per controllare che Biagini non sia nelle nostre vicinanze,poi attacco a parlare.

 

“Ma niente…che sono sempre distratta… che i professori credono io non stia dando il meglio di me…” dico, la voce bassissima.

 

Loro due non rispondono, e non dicono nulla per il resto del tragitto verso la classe.

 

Ed è meglio.

 

E’ meglio perché io non voglio ascoltare la mia voce triste e incazzata.

Perché sì, non mi ha fatto piacere fare quella figuraccia con il prof, ma non è questo che ha cambiato la mia giornata.

Non voglio proprio accettare che il mio cellulare sia colpevole di tutto questo.

Non voglio pensare che la tecnologia sia stata la mia rovina.

Non voglio ricordare che una chat privata mi abbia fatto conoscere Silvia.

 

Perché sì, cellulare e pc e anche il mio autobus ora sono infestati dal suo morbo, dal suo fastidioso fantasma.

 

Una macchia sul pavimento che l’ammoniaca non lava via.

 

La mia mano corre nella mia tasca, prendendo il cellulare.

 

Ancora non le ho risposto.

 

“ Capisco che sei arrabbiata con me. E’ normale, hai ragione. Ma sai, ci sono un sacco di cose che vorrei dirti. Cose che dovresti capire. Ti prego, vediamoci , uno di questi pomeriggi. Ho veramente bisogno di parlarti.”

 

Biagini mi ha tolto l’LG di mano proprio mentre stavo scrivendo la risposta, quindi non l’ho inviata.

 

Mi fermo sulla porta dell’aula, prima di entrare.

 

La risposta che avevo pensato non mi convince.

Io la odio come poche cose nella mia vita, e su questo non c’è dubbio.

 

“ Cosa vorresti dirmi?” le scrivo.

 

Ma anche lei ha diritto di parola. No?

 

Neanche finisco di pensare che già sento la vibrazione.

 

“Vediamoci. Ti prego. Voglio abbracciarti”.

 

Tremo.

Tremo e non so cosa pensare.

Come cazzo è possibile che mi faccia questo effetto?

Non ci siamo lasciate da molto… Non MI HA LASCIATA da molto.

Però lo trovo umiliante.

Vorrei essere forte e sprezzante, tutta protesa in avanti, pronta , piena di progetti e di voglia di nuove conoscenze.

SOTTO A CHI TOCCA!

E invece no.

Il mio pollice è veloce sulla tastiera:

“Ok. Oggi stesso, oggi pomeriggio. Il solito posto. Anche doposcuola.”

 

Avrei mille cose da fare al posto di vederla.

Una doccia, un film, leggere, disegnare, scrivere. Studiare.

 

“Ok. All’una e mezza”.

Ma no.Le do ancora lo spazio che non si merita.

 

“E così sia” le scrivo, sperando che il gelo delle mie parole la raggiunga.

 

“In classe, Locanci” mi ordina la Butoli, insegnante di Matematica.

 

Mi siedo al mio posto, disinteressata e disgustata da tutto.

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice:

 

Evvai.

 

Pare che io sia di nuovo in pista, mie care.

Ho pensato che Marta è stata lasciata in sospeso, così, a bocca aperta mentre cercava affannosamente il suo cellulare sparito chissà dove.

E non era giusto.

Non è giusto perché ho una buffa teoria: i nostri personaggi vivono.

Vengono al mondo il primo giorno che scriviamo di loro, che imprimiamo lettere sulla pagina bianca.

E hanno bisogno di noi.

Sempre.

E quando una storia finisce?

Eh… quando una storia finisce, i personaggi smettono di vivere. E ritornano a vivere ogniqualvolta qualcuno legge la storia.

Sono fermamente convinta che non siano consapevoli di rivivere per due, tre, quattro volte le stesse situazioni. Per loro è sempre roba nuova.

Ma non c’è niente di più crudele che lasciare un protagonista in sospeso.

Soprattutto se questa protagonista è Marta Locanci.

 

Non ricordo se ve l’ho mai detto, ma sono molto affezionata a lei. Perché si da il caso che Marta sia io.

Marta non è altro che una piccola Me, che ha visto meno cose di quelle che ho visto io.

Con meno o forse più cicatrici sul corpo.

Con più mancanze, ma più pulita.

 

E il titolo del capitolo, infatti, non è dedicato tanto agli sms di Silvia, quanto a me.

Al mio ritorno.

A me che sono una persona diversa dalla Klowl che cominciò a scrivere questa storia.

 

A me che sono mille volte più incasinata e bisognosa di energia positiva.

Cosa che le vostre recensioni riescono a darmi.

 

Sono curiosa di sapere cosa avete fatto, in questo tempo.

Scrivetemi…un abbraccio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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