La voce del cuore

di Val Nas
(/viewuser.php?uid=193918)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I can't keep my eyes out off of you ***
Capitolo 2: *** When you say nothing at all ***



Capitolo 1
*** I can't keep my eyes out off of you ***


I can't keep my eyes out off of you

 


Resa stringeva tra le dita un pezzo di  corteccia di betulla, sottile come un foglio di carta e  chiaro come latte. Carta e penna, erano proibiti al villaggio di Capricorno, come lo erano i libri.
Le parole che Resa cercava di decifrare, erano scritte alla rinfusa e in ordine sparso. Il suo misterioso mittente aveva di certo  fatto passi da gigante, ma aveva ancora molto da imparare.
Con un sospiro per nulla spazientito, Resa si avvicinò alla finestra per rubare un po’ di luce dal  cielo che si stava via via oscurando. La stanza che stava rassettando odorava di polvere e di vecchio, di legno marcio e divorato dalle tarme.
-Mare al cpuscol. Dita d Povere.-
Non era poi un messaggio così difficile da decifrare. Ma era sorprendentemente folle per Resa, pensare di sfuggire dal villaggio di Capricorno e soprattutto dalla Gazza, per arrivare sulla costa.
Il fuoco non obbediva a Dita di Polvere come nel mondo da cui egli proveniva, ma era ancora il suo fedele amico. Aveva scritto con la cenere, macchiando qua e là le lettere sfocate.
Deglutendo, Resa si rannicchiò contro il muro. Prese un sospiro afono e soffocato, come un uccellino a cui avevano rubato la voce. Sì, Resa era muta da quando era tornata dal Mondo d’Inchiostro, dopo che il marito leggendo ad alta voce il romanzo, l’aveva catapultata dentro.
Non serviva parlare adesso, solo ragionare sul da farsi. Perché Dita di Polvere la voleva incontrare con tanta premura?
-Non lo immagini Resa? Non sai cosa gli fai ogni volta che lo chiami per tenerti compagnia con la scusa di insegnargli a leggere e scrivere?-
Poteva fare la finta ingenua con lui, ma non con se stessa. Si sfregò le braccia seduta per terra contro il muro, vestita di quell' abito fatto di stracci logori. Il ciuffo biondo dei suoi capelli ,che una volta erano chiari e lucenti, le passò davanti agli occhi solleticandole il naso. Con un gesto istintivo, Resa respirò l’odore di bruciato di cui era intrisa la corteccia. Come una ragazzina, con lo sfarfallio nello stomaco.
Eppure Resa non era più un adolescente così sensibile al fascino di qualcuno, e non doveva essere sensibile nemmeno al suo di fascino. Per cominciare, da qualche parte aveva ancora una famiglia. Una figlia, un marito.
-Che saranno andati avanti senza di te, come è giusto che sia.-
Fondamentalmente, Resa non pensava di poter essere ancora felice o di meritare di esserlo. Si sentiva in colpa, come se stesse tradendo suo marito anche solo quando si soffermava alla finestra a descrivere gesti in aria da cui Dita di Polvere doveva indovinare le parole.
Repentinamente, si alzò da terra. Accese una candela e bruciò la corteccia sopra la fiamma, scottandosi le dita fino a quando il foglio improvvisato non si ridusse ad un cumulo di cenere che con un soffio spazzò via sul pavimento.
Dopotutto, non avrebbe peggiorato l’aspetto di quella squallida e fetida stanza, un buco in una casa in rovina, in una città di macerie.
Avrebbe voluto soffiar via anche i suoi sentimenti, proprio come quella cenere.
La giovane donna si pulì sulla veste le dita annerite, iniziando a trovare un milione di scuse diverse. La costa era lontana, a più  di un’ora di cammino tra le sterpaglie della macchia di vegetazione che ricopriva il colle. La Gazza avrebbe notato la sua assenza, Resa era una delle favorite da Capricorno. E la scusa migliore:non voleva offendere la memoria del marito.
Mo... il suo volto era così confuso e lontano da sembrargli solo un lontano sogno che non tornava più a farle visita nelle sue notti insonni. Ma non era lui che la faceva ridere, che la incantava con i suoi racconti sugli elfi del fuoco e di come quello stesso fuoco poteva disegnare sopra la spuma del mare ghirlande di fiamme e disegni di brace.
Era qualcun altro a zuccherare le sue giornate, aveva tre cicatrici sul volto. Quegli sfregi non gli deturpavano il volto. Secondo Resa rafforzavano solo il suo aspetto da briccone.
Quindi cosa avrebbe dovuto fare? Essere infelice per sempre, ma con la coscienza pulita; o zittire quella voce nella sua testa che le diceva fosse sbagliato, e raggiungere Dita di Polvere?
Provò a dirsi che magari voleva solo parlare un po’ e mostrarle qualche nuovo trucco con il fuoco..ma l’ansia che l’aveva colta non appena aveva letto quelle parole scarabocchiate con la cenere l’avevano messa in allarme istintivamente.
Resa sapeva che quel momento sarebbe arrivato, ed era impreparata.
Si morse il labbro inferiore con forza soffermandosi davanti alla porta. D’un tratto strinse la maniglia e varcò la soglia della stanza e dei suoi dubbi.

***

Dita di Polvere la stava aspettando da più di un’ora. Era quasi sicuro che non sarebbe venuta.
Resa si era sempre tirata indietro, aveva sempre messo un limite fisico tra di loro, anche quando lui aveva provato ad abbatterlo. Ma due notti fa, aveva colto una sfumatura diversa nei suoi occhi azzurri, un minuscola fiammella dopo la lunga chiacchierata dalla finestra. E Dita di Polvere era un vero esperto di fiamme.
Era successo quando Gwin si era arrampicata fino alla finestra della stanza di Resa, in realtà una squallida camera che doveva condividere con le altre serve di Capricorno. Gwin le aveva portato portando un sasso che Dita di Polvere aveva trovato sulla battigia. Resa adorava i sassi, specialmente quelli lisci.
Era liscio e blu, unico e bellissimo. Proprio  come lei.
In quel preciso momento, Dita di Polvere era stato quasi sicuro che Resa lo ricambiasse, prima di sparire dietro la finestra di sbarre dello stanzone umido in cui era costretta a dormire. Non se lo meritava, Resa era troppo per quella vita di stenti ,e portarla via era l’unica cosa che contava ormai. In quel mondo estraneo, lei era stata l’unica stella a guidarlo e a farlo sentire accettato...soprattutto,vivo.
-Roxane...-
Il pensiero di sua moglie lo colpì a tradimento, come una spina nell’anima. Pensava spesso alla sua bellissima moglie dai capelli corvini, ai suoi figli,  ormai così lontani nel tempo e nello spazio da non poter più sperare di rivederli.
Dita di Polvere si era rassegnato al vivere al di qua della storia, ormai. E solo Resa, gli rendeva quel pensiero sopportabile.
Come richiamata dai pensieri del padrone, Gwin gli si arrampicò sulle gambe fino alla spalla, mordicchiandogli l’orecchio. Dita di Polvere sedeva sulla sabbia, fissando il mare blu e placido come una tavola.
“Dici che non verrà? Anche secondo me. Sciocco Dita di Polvere.”
Osservando le onde infrangersi monotone sulla spiaggia, Dita di Polvere perse la cognizione del tempo. Cosa avrebbe fatto se lei lo avesse respinto? Gli avrebbe detto di essere sulle tracce di Mo e della figlioletta?
Gelosia, la gelosia piantò gli artigli nel suo cuore.
Non glielo avrebbe detto, Dita di Polvere non era l’eroe della storia e nemmeno un uomo sincero.
Gwin balzò via dalla sua spalla, attirata dall’odore predatorio che la notte infondeva attorno a loro, avvolgendo quella terra selvaggia così simile a casa sua. Seguendo con lo sguardo la martora con le corna attraversare la spiaggia, e scomparire tra gli alberi, Dita di Polvere la vide.
Resa era poggiata ad un masso, i piedi scalzi saggiavano deliziati la riva del mare, rinfrescandole le caviglie. Lo stava osservando con attenzione, con quello sguardo severo come quando sbagliava qualche parola.
-Come di sicuro hai fatto anche questa volta, zotico ignorante!-
Poi il suo sguardo si addolcì e un mesto sorriso le increspò le labbra piene e rosee. Dita di Polvere sospirò e si alzò dalla sabbia spolverandosi i calzoni, andandole incontro.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** When you say nothing at all ***


Sulla spiaggia c’erano un uomo e una donna.
Lei non poteva parlare, ma insegnava a lui a leggere, per poter raccontare il mondo ad alta voce. Lui aveva la voce invece, ma gli mancava il coraggio di pescare dall’alfabeto le lettere giuste per dirle ogni cosa.
Resa e Dita di Polvere, restarono a lungo senza dire niente, né a gesti né a parole.
I loro sguardi erano più significativi di qualsiasi parola borbottata al vento.
Il cielo al crepuscolo, regalava giochi di colori vivaci, tingendo il mare di oro liquido e blu violetto. Sembrava una tavolozza di colori cangianti a disposizione della fantasia degli artisti.
La brezza che soffiava dal mare era tiepida, li solleticava come una carezza che li invitava a restare, come un canto discreto ed impercettibile.
I capelli di Resa erano smossi dal vento che, pettegolo, portava alle narici di Dita di Polvere l’odore dei suoi capelli. Sapevano di menta e timo, le piante di cui doveva prendersi cura per conto della Gazza.
Per Dita di Polvere era una sensazione strana, conosciuta, ma al tempo stesso così nuova. L’imbarazzo, il battito più accelerato del suo cuore, l’incanto di guardarla in riva al mare.
Nella sua testa non ci fu più spazio per Roxane e per i rimorsi, perché adesso si sentiva parte di qualcosa di importante anche in quello strano mondo che detestava.
“Sei venuta…” Le disse Dita di Polvere con aria di circostanza.
Certo che è venuta, non la vedi? Quanto sei scemo bello mio! Pensò, resistendo all’irrefrenabile impulso di darsela a gambe. Era sempre stato un gran vigliacco, soprattutto con le donne.
Resa si accucciò sull’arena sottile, farinosa e sempre più fresca, lasciando le scarpe da tennis logore da una parte.
- Ho poco tempo. Tracciò sulla sabbia poco prima che un’onda cancellasse quelle parole con estrema semplicità. Anche Resa voleva poter cancellare Dita di Polvere come una scritta sulla sabbia. Semplice e indolore.
Dita di Polvere si chinò, leggendo con estrema lentezza le lettere. Confondeva ancora ho con o e la p con la b.
Resa fece in modo di non doverlo mai guardare, mantenne il suo sguardo basso e distante, consapevole che se l’avesse messo a fuoco, il suo cuore avrebbe traboccato e non sarebbe stata risoluta come invece voleva essere.
Voleva farla finita, chiarire che non c’era spazio per altro che non fosse amicizia e complicità. Era questo che Resa si era ripromessa di fargli capire, mentre procedeva per il pendio che conduceva alla spiaggia, inciampando in sterpi e rovi.
“Vieni con me.” Le ordinò Dita di Polvere con tono deciso.
Resa tracciò un punto interrogativo sulla sabbia, anch’esso venne trascinato via dalla risacca e la sua domanda muta non ebbe risposta.
Dita di Polvere le prese la mano di slancio, sollevandola da terra e lasciandola troppa stupita per reagire. Riuscì solo a prendere le sue scarpe, prima di essere trascinata via da lui.
 Resa stacco la  mano da quella calda e secca di lui, solo dopo che Dita di Polvere si fermò.
L’aveva condotta verso la scogliera, in un anfratto invisibile tra le rocce grigie e lucidate dal sale. La scogliera era torturata dalle onde, che non avevano altra scelta se non quella di infrangersi contro i massi che interrompevano il loro cammino. Resa era un’onda, non poteva scegliere ormai, non poteva frenarsi. Doveva fare ciò che era più naturale per lei: infrangersi. Il rumore della risacca le piaceva, avrebbe voluto imbottigliarlo.
Gwin curioso e con il muso sporco di sangue, zampettò dietro al suo padrone. La martora non aveva simpatia per Resa, sapeva che il suo padrone preferiva di gran lunga la compagnia della donna alla sua.
In un punto riparato, Dita di polvere aveva sistemato un cumulo di rametti  secchi al centro di una serie di massi disposti in circolo.
Resta si sentì d’un tratto mancare, un strano morso le prese lo stomaco proprio mentre lo guardava gesticolare e far divampare la fiamma sul legno asciutto. Aveva guardato le sue mani e poi il suo profilo indecifrabile…pessima idea.
Dita di Polvere aspettò che Resa decidesse il da farsi: sedersi o scappare.
Furono i dieci secondi più lunghi della sua vita, sembrarono un eternità.
 Le beffe del tempo, erano impietose.
Infine, Resa si mise seduta guardando le fiamme danzare solo per loro, nel buio che ormai era sceso a rimpiazzare il giorno. Ispirò l’odore di legna bruciata e di brace; a Resa erano sempre piaciuti i falò, dove Mo le raccontava le storie prese dai suoi amati libri.
Il profumo di cenere e di pelle bruciata dal sole e dal fuoco, la fecero distogliere lo guardo dal falò.
Lo sguardo grigio di Dita di Polvere, era fisso sul suo volto. Le contava le lentiggini sul naso, una spruzzata timida e fugace dei primi raggi del sole; contemplava quelle labbra piene e lucide, così facili per lui da poter baciare se solo avesse osato farlo.
Resa scosse il capo, come se avesse letto nella sua mente di quei pensieri proibiti e che mai Dita di Polvere avrebbe pronunciato a voce alta.
 “Non te ne andare.” Rispose lui ai pensieri muti di Resa, indirizzati proprio su quell’istinto di fuga che l’aveva colta nel momento esatto in cui si era trovata colpita da quello sguardo carico di aspettative e speranze.
Si capivano, senza dire niente.
“Forse il fatto che tu non possa più parlare, è molto meglio dopotutto!” Scherzò d’un tratto Dita di Polvere, per alleggerire quell’aria tesa che entro poco si sarebbe spezzata.
Resa gli tirò della sabbia sul calzoni, prorompendo in una risata muta ma che Dita di Polvere immaginò essere argentina e delicata.
E poi Resa si alzò. Raccolse le scarpe e gli fece un cenno atto a fargli intendere che se ne sarebbe andata.
Gli voltò le spalle, incamminandosi di nuovo verso la spiaggia rischiarata da un candido bagliore lunare.
Ma Resa, aveva commesso un errore semplice: nell’atto di prendere le scarpe, le sue mani erano tremate come foglie.
Dita di Polvere non ci pensò due volte.
Non era quello il momento di essere vigliacchi.
Doveva almeno provarci, sperare di poter essere ricambiato, di sentire una carezza data con amore toccargli il viso sfregiato. Perché ne fu certo, non riuscì nemmeno lui a spiegarselo, ma sentiva di avere quella possibilità.
Il tremore della mani non era un indizio significativo, non lo era nemmeno la sua presenza a dirla tutta; lei era sempre così controllata e composta, che nulla avrebbe tradito i suoi sentimenti, ammesso che ce ne fossero.
 No, non erano quelle ragioni che lo spinsero a seguirla. Erano le parole che non poteva dirgli, ma che le illuminavano gli occhi e le coloravano le guance. Era il silenzio, che parlava più di qualsiasi altra cosa lei facesse.
“Fermati, Teresa!”
Resa non si fermò. Fermarsi ora, avrebbe significato una cosa sola.
Scosse la testa con vigore, sicura che lui l’avesse vista.
“ Se non lo fai, ti butto in mare!”
La minaccia la fece sorridere, ma non fermare.
Figurati se mi getta in mare!
Non portò a termine questo pensiero rassicurante, perché d’un tratto Dita di Polvere la strattonò di peso.
Si diresse verso la riva, camminando con tutte le scarpe sin dentro l’acqua e poi la lasciò cadere, nonostante le mute proteste e i pugni che lei gli stava tirando alla schiena.
Resa, indignata, cercò di colpirlo al petto, ma Dita di Polvere era lesto come la sua martora, e con uno sguardo acceso di sfida indietreggiò sorridendo sardonico.
Resa barcollò sui ciottoli viscidi sotto di lei e appesantita dall’acqua ricadde di nuovo in ginocchio nell’acqua gelata e salata.
Non poteva crederci di essere finita in mare tutta vestita per colpa di quel mangiafuoco da strapazzo. Era un tiro mancino.
“ Hai finito di scappare, adesso. Ti è bastata la lezione?” Dita di Polvere non rideva più, era serio e le stava porgendo la mano per aiutarla a tirarsi in piedi.
Resa gli schiaffeggiò la mano con una manata, allontanando il suo aiuto e cercando di mettersi in piedi da sola. Ma di nuovo scivolò sulle mucillaggini del fondo e ricadde a quattro zampe nell’acqua così fredda, che le faceva battere i denti come un coniglio.
Dita di Polvere le porse nuovamente la mano e per altre quattro volte la scenetta si ripeté, fino a quanto esausta, non gli afferrò la mano digrignando i denti.
Lui la tirò su con uno strattone impetuoso, più forte di quanto avrebbe dovuto e non le diede tempo di pensare, né di scansarlo. Istinto, voleva solo che lei reagisse d’istinto a ciò che stava per fare.
Strinsi i suoi fianchi per la prima volta, piegandosi verso quella bocca che aveva sempre guardato, senza mai osare toccare.
La fece aderire contro la propria, schiudendole le labbra con brama e quasi un pizzico di vendetta, facendo finalmente incontrare lingua, saliva e rochi sospiri.
Le spostò i capelli fradici dal collo, inclinandole il viso quanto serviva, quanto voleva, per sentirla finalmente ricambiare esitante e sorpresa quel bacio rubato e rude.
Tutte le risposte che Resa cercava, le trovò nel preciso momento in cui lo assaporò per la prima volta. Non era Mo, il grande amore della sua vita, e probabilmente non era nemmeno giusto baciarlo. Ma ogni piccolo angolo del suo corpo le sussurrava sottovoce di non smettere,  e di prendere ciò che quella notte avrebbe portato.
Una notte e forse mai più, Resa si arrese ai suoi tormenti e ai sensi di colpa, che furono soppiantati da un bacio sconosciuto ma già quasi essenziale e…facile, incredibilmente facile.
Spensierato, libero, in un mondo in cui nessuna delle due cose era più in suo possesso.
Quando Resa si sentì vorticare la testa, gli poggiò una mano sul petto e si scostò incassando il viso tra le spalle per nascondergli il turbamento.
“Vorrei che potessi parlare.” Sussurrò Dita di Polvere al suo orecchio. “Mentivo poco fa. Vorrei sentire la tua voce.”
La sua voce resa graffiante e roca dall’emozione, le fece correre un brivido lungo la schiena. Rialzò lo sguardo, per vedere il viso del suo rude mangiafuoco. Vide solo dolcezza, bisogno e desiderio.
Resa gli prese le dita, facendo adagiare il palmo contro il suo cuore.
Non c’era bisogno che parlasse ad alta voce. La voce del suo cuore, era sufficiente.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1070625