Ace in Wonderland

di Miyuki chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Bianconiglio ***
Capitolo 2: *** Principi Azzurri & altre strane creature ***
Capitolo 3: *** Il Brucaliffo ***
Capitolo 4: *** Lo zoo nel Paese delle Meraviglie ***
Capitolo 5: *** La Stretigre ***
Capitolo 6: *** Il Cappellaio Matto, il Leprotto Marzolino e il Topino della Marmellata ***
Capitolo 7: *** L'ora del rhum ***
Capitolo 8: *** Diventerò il Re dei Cappelli! ***
Capitolo 9: *** Il Jolly e le altre carte da scala ***
Capitolo 10: *** La Regina di Cuori ***



Capitolo 1
*** Il Bianconiglio ***


Il Bianconiglio


Era un’afosa mattinata e, sulla Moby Dick, regnava la stessa quiete che pervadeva anche il mare, calmo e piatto come l’olio.
Il temuto pirata Portgas D. Ace, detto Pugno di Fuoco, stava pigramente sonnecchiando, sdraiato sul muso della Grande Balena, riparandosi gli occhi dagli intensi raggi del sole con la falda del cappello.
Quando, tutto d’un tratto, il cappello gli fu strappato via.
Pugno di Fuco balzò in piedi, sorpreso ed irritato: altro che nakama, era il cappello a fare il pirata, e lui certo non avrebbe mai permesso a nessuno di portargli via quel prezioso accessorio!
Ace rimase parecchio stupito nel trovarsi di fronte Marco, la testa ovale simile ad un ananas maturo sotto i caldi raggi del sole, che teneva stretto in pugno il suo amato cappello.
 “Ridammelo!”
Gli intimò.
Porca vacca, ci aveva messo anni interi a trovarne uno bello come quello di Rufy!
Certo ora non avrebbe permesso a nessuno di portarglielo via, nemmeno a Marco.
“Solo se mi prendi!”
Esclamò per nulla intimorito il Capitano Ananas, mostrando con irriverenza la lingua al moro ed iniziando a correre su e giù per la nave.
“Vedrai che ti prendo!”
Tuonò Ace inviperito, lanciandosi al seguito di Marco con una determinazione che avrebbe fatto invidia a Sanji quando correva dietro ad una bella donna.
L’inseguimento andò avanti per diversi minuti sotto lo sguardo amorevole di Barbabianca, che si stava giusto chiedendo se i suoi amati figlioli non fossero sufficientemente cresciuti per poter concludere l’asilo ed incominciare la scuola materna.
Il sogno nel cassetto del Vecchio, infatti, era sempre stato quello di vedere i suoi figli riuscire a laurearsi in qualche prestigiosa università.
Sogno che, a quel punto era evidente, non avrebbe mai visto realizzarsi: ormai si sarebbe accontentato di vedergli finire la scuola elementare, piuttosto che ricevere ogni santo benedettissimo anno la lettera di rifiuto dalla scuola materna…
Ma lasciamo da parte Oiaji.
Ad un certo punto, Marco si fermò improvvisamente ed Ace, accortosi soltanto all’ultimo del brusco arresto del compagno, gli finì addosso con la solita grazia ed eleganza proprie della D. family: entrambi caddero rovinosamente fuori bordo e nell’oceano, con un sonoro “SPLASH!”.
I due capitani, esempi di serietà e responsabilità per l’intera ciurma, iniziarono all’istante a colare a picco come sassi, annaspando ed affannandosi inutilmente per riguadagnare la superficie.
Barbabianca si alzò dal suo maestoso trono con un sospiro: forse, dopotutto, qualche anno di asilo in più non avrebbe fatto poi così male ai suoi amati pargoli…
  

*

 
Ace si svegliò bruscamente, tossicchiando e sputando acqua salata.
Stordito, si mise a sedere e si guardò attorno: ma dove era finito?
Era immerso in una fitta, fittissima vegetazione.
Ma non era vegetazione normale: i fiori avevano volti, occhi, bocche e persino nasi e barbe e capelli dalle più strane acconciature, e per di più cantavano!
Ballavano addirittura, facendo oscillare a tempo le corolle, lisciandosi di tanto in tanto con fare vanitoso i petali con le lucide foglie.
Lo degnarono appena di uno sguardo, troppo presi dalle proprie faccende.
Ace, tra quel guazzabuglio di suoni, note, voci, ragli e muggiti, scorse Marco.
La Fenice zampettava tranquilla nei dintorni, becchettando il terreno un po’ di qua e un po’ di là: aveva in testa il suo prezioso, amato, immancabile cappello da cowboy (sebbene Pugno di Fuoco fosse un pirata, e non sapesse nemmeno dove stessero di casa, i cowboy…).
“Marco, ridammi subito ciò che mi appartiene!”
L’uccello mitologico smise di raspare il terreno con la zampetta, inarcò il lungo collo e si voltò verso di lui con aria arcigna:
“Non sono Marco! Sono il Bianconiglio.”
Starnazzò sdegnato,  aprendo e chiudendo a scatti il becco affusolato e sbatacchiando le ali fiammanti.
La bocca di Ace si spalancò tanto, che quasi non si slogò la mascella:
“Ma tu sei una fenice! E sei blu, per giunta!”
“Orsù Marianna*, che frivolezze vai blaterando? Portami i miei guanti, che sono in ritardo!”
“Ma sei cretino?!? Ti sembro forse una donna?!? E poi tu non hai nemmeno le mani, che te ne vuoi fare di un paio di guanti!”
Urlò il moro profondamente alterato e gravemente ferito nell’orgoglio: andiamo, aveva migliaia di migliaia di fan girl che gli sbavavano dietro per la sua abitudine di girare mezzo nudo con la tartaruga in bella mostra, e il Capitano dal Cervello di Gallina lo scambiava anche per una donna?!?!
No, non esisteva.
“Non sei Marianna? Scusa, è che oggi ho dimenticato gli occhiali a casa, e la mia miopia peggiora a vista d’occhio. Infatti ormai sono così cieco che non la vedo nemmeno peggiorare!”
Lasciando perdere la battuta da terzo mondo, Ace notò che, effettivamente, alla Fenice mancavano proprio i soliti occhiali blu violetto, che andavano ad adornare abitualmente la bella testa piumata.
Certo non aveva mai fatto chissà che ragionamenti filosofici sul perché di quel curioso paio d’occhiali, ma il fatto che Marco fosse miope avrebbe potuto spiegare molte cose.
Prima tra tutte, spiegava la strana capigliatura, generosamente descritta da alcune fan tra cui l’autrice come spettinata mentre invece era proprio ad ananas: del resto, già non ci si poteva aspettare chissà che gran risultato da uno che si tagliava i capelli da solo con le spade di Vista in assenza di un paio di forbici, se poi il poveretto in questione era anche mezzo cieco, le cose si complicavano ulteriormente...
Ma tornando nuovamente a noi.
“Marc- volevo dire, Blufenice, dove siamo?”
“Ma nel Paese delle Meraviglie, no?”
Rispose sdegnata la Fenice.
“…E io sono anche terribilmente in ritardo!”
Cinguettò preoccupata e, con un colpo delle ali fiammanti, si alzò in volo e scomparve, confondendosi in pochi secondi con la linea dell’orizzonte.
“Hey aspetta!”
Provò a gridargli dietro Ace, ma fu tutto inutile: ormai era solo in mezzo a quei fiori canterini che nel frattempo avevano intonato una vecchia canzoni di pirati e bucanieri:

“♫~ Capitano tutti all’arrembaggio!
Questo grido è come un tatuaggio!
Che si incide dentro i nostri cuori, di caparbi e furbi predatori!
Oh-oh-oh!~ ♫”

Proprio mentre si stava chiedendo cosa potesse mai fare, se consigliare a quell’allegro coro di iscriversi a X Factor o se invece cercare di capire come tornarsene a casa, per il troppo pensare cadde vittima di uno dei suoi tristemente noti attacchi di narcolessia.
Ma cadde anche nel senso più letterale del termine, crollando a terra come una pera cotta.
Caso volle che finisse proprio con il viso tra le fauci di una adorabile e seducente Venere pigliamosche**, che non si fece certo sfuggire l’occasione di stampare un bel bacio sulle labbra del povero pirata.
Ma la signorina si rivelò essere un tantino… vorace, e dopo un primo bacetto innocente, si accorse che Ace aveva proprio un buon sapore: approfittando del totale stato di incoscienza del malcapitato, si mise a mordicchiargli naso e guance…
 
 
Come farà ora Ace a svegliarsi, non essendo presente nessun personaggio in grado di recitare la solita vignetta in cui tutti lo credono morto quando invece sta solo dormendo?
Arriverà un bel Principe Azzurro a svegliare il Bello Addormentato?
…o Ace sceglierà di rimanere ancora un po’ in compagnia della focosa Venere?
Tutto questo e molto altro ancora nella prossima puntata capitolo!






Spazio autrice:
*Marianna: non so perchè, ma nella versione della DIsney il Bianconiglio chiama Alice così: ho voluto essere fedele ^^
**Venere pigliamosche:...è un'adorabile pianta carnivora XD

Ed eccomi tornata!
Che faticaccia, questa scuola mi uccide ç_ç
Come avrete capito in questa breve storia darò sfogo a tutta la demenza di cui sono capace, quindi lasciate ogni speranza di conservare un briciolo di sanità mentale, oh voi che entrate!
Bene , in realtà non ho molto da dire... Oh, sì, due cose:
1.:purtroppo non posso promettere aggiornamenti regolari, causa scuola sarò su efp una specie di presenza mistica ed evanescente XD Ma non mollerò mai una storia a metà, quel che inizio prima o poi finisco ù_ù
2.: Se qualcuno sta aspettando il seguito di Don't play with fire, voglio solo dire che non ho abbandonato la mia idea di scriverlo. Solo che ora come ora sarebbe risulta essere una storia troppo impegnativa da portare avanti sempre causa scuola, motivo per cui mi sono lanciata su qualcosa di leggero e demenziale, ma conto di rimetterci mano questa estate.

Ah, un ultima cosa! Alcuni dei personaggi che intendo far comparire nella storia li avrete sicuramente già intuiti ma, se volete, potete tranquillamente scrivermi che personaggi vorreste vedere in azione e io cercherò di inserirli, perchè so quanto è bello leggere storie sui nostri beniamini (fosse per me non solo la sezione di One Piece, ma l'intero EFP ruoterebbe attorno ad Ace e ai ragazzi di Barbabianca XD).
Ok ora, sperando di avervi strappato un sorriso, vi saluto davvero!
Un bacio ^^

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Capitolo 2
*** Principi Azzurri & altre strane creature ***


Principi Azzurri & altre strane creature

Ace era perso nel mondo dei sogni e sorrideva beato, incurante delle fauci della Venere: stava sognando di riuscire a realizzare il sogno della sua vita!
Sognava di camminare su un interminabile red carpet, salire un imponente scalinata e sedersi con eleganza su un enorme trono, ancora più grande di quello del Vecchio, mentre una folla di pirati della peggior specie lo acclamava e urlava entusiasta il suo nome.
Stava sognando di diventare il Re dei Pirati?
Cielo, no, troppo scontato.
Stava sognando di vincere il festival dei cappelli.
Il festival dei cappelli, quell’ incredibile manifestazione a cui ogni pirata degno di questo nome aveva l’assoluto obbligo morale di partecipare, quella manifestazione che ogni anno eleggeva il pirata con il più bel cappello di tutti e quattro i mari e lo onorava col titolo di “Re dei cappelli”.
Erano anni e anni consecutivi che il Re dei Cappelli era lo spadaccino Mihawk, con il suo cappello da moschettiere e il suo look gotico.
Ma, Ace se lo sentiva, ormai il tempo del figlio di Dracula e Dartagnan (come due uomini potessero fare un figlio non era un problema che lo riguardasse, essendo soltanto all’asilo e lontano anni luce dallo studiare anatomia) era giunto al termine: sarebbe stato lui il Re dei Cappelli 2012!
E proprio mentre stava per essere insignito di tale titolo, mentre Mihawk nell’angolo fumava di rabbia e per la disperazione si strappava i baffetti indubbiamente ereditati da Dartagnan, Ace fu ricatapultato nella realtà.
Si svegliò di soprassalto, mentre qualcosa di non meglio identificato gli tappava la bocca, quasi lo soffocava.
Non riuscendo a parlare, si agitò e mugolò in segno di protesta: quel misterioso qualcosa si allontanò da lui e dalle sue labbra.
Ace sbiancò e il suo cuore smise di battere, mentre quella sconosciuta creatura schiudeva graziosamente le labbra purpuree, gli faceva sensualmente l’occhiolino mettendo in mostra lunghe ciglia incurvate e gli carezzava il viso con le dita affusolate intrappolate da eleganti guanti di velluto.
Ace osservò senza fiato quell’incredibile creatura: dai ricci viola dell’enorme e sproporzionata testa, al petto villoso, al body aderente che metteva in risalto il pacco, alle calze a re-
Hey.
Un momento.
P-pacco? PACCO?!?
Ace lanciò un urlò lacerante, mentre si rendeva conto che la misteriosa e mistica creatura (o per meglio dire cosa) che l’aveva svegliato a suon di baci, altri non era che Emporio Ivankov.
Infatti il bel (?) Principe Azzurro, udendo il soave russare di Ace (altro che urla di donzelle in pericolo!), era accorso in suo aiuto e, sbaragliata la povera Venere con qualche spruzzo di diserbante, aveva premurosamente provveduto a svegliare il pirata in pericolo con una serie di amorevoli baci.
Ace era fuori di sé dalla rabbia e le sue fiamme divamparono in un enorme, ruggente, furibonda esplosione: Ivankov fu scaraventato in aria e poi lontano lontano da quella violenta esplosione, sparendo con un urletto in un puntino luccicante, in perfetto stile Team Rocket.
Pugno di Fuoco non aveva mai provato un tale ribrezzo ed una tale vergogna in tutta la sua vita sgangherata da pirata: adesso era davvero troppo.
Ancora fumante di rabbia, decise che doveva tornare a casa il più presto possibile.
 L’unico problema, ora, era che proprio non aveva idea di dove andare.
Certo, avrebbe pur sempre potuto far affidamento su un senso dell’orientamento infallibile almeno quanto quello di Zoro, ma i suoi sensi di pirata gli suggerirono che, almeno per quella volta, avrebbe fatto meglio a chiedere informazioni piuttosto che seguire il suo impareggiabile istinto.
Il pirata si guardò intorno, a destra e sinistra, ma niente: ora che i fiori erano stati stroncati dal potente diserbante, sembrava non esserci proprio nessuno.
Così Ace si mise a camminare nella stessa direzione in cui aveva visto sparire –ormai un bel po’ di tempo prima –la Blufenice.
Dopo pochi passi, Ace si trovò di fronte ad un bivio.
Un vecchio paletto di legno era stato conficcato nel terreno, e quattro insegne erano infisse nel legno marcescente ad indicare altrettante direzioni.
Quindi forse, anziché un bivio, era un quadrivio.
O un tetravio?
Ma orsù, non perdiamoci in piccolezze.
Ace osservò il primo cartello (ebbene sì, almeno a leggere alla fine aveva imparato): puntava a destra, e recava la scritta “DISNEYLAND”.
Un brivido gelido gli fece drizzare i peli sul collo e lo pietrificò: col cavolo che avrebbe seguito quella direzione, mai e poi mai sarebbe andato in una terra popolata da principi azzurri come quello che lo aveva appena “salvato”!
Il moro passò rapidamente a leggere la seconda indicazione.
Puntava verso un curioso buco nel terreno, e diceva “NARNIA”.
Certo non sarebbe andato nemmeno lì: soffriva di claustrofobia, e proprio di chiudersi in un armadio non ne aveva voglia.
La sua attenzione fu quindi catturata dall’insegna che, misteriosamente, puntava in alto: “PIANETA NAMECC”.
Ace dimenticò tutta la sua rabbia per Ivankov, mentre gli occhi gli si illuminavano si speranza: Namecc!
Chissà se Goku o Gohan erano ancora là in vacanza? Sperava proprio di sì.
Se così fosse stato avrebbe finalmente potuto realizzare il sogno della sua vita (già, l’ennesimo): diventare un Super Sayan!
Con gli occhi azzurri e i capelli biondi, nessuno avrebbe mai scoperto che era figlio di Roger: il suo segreto sarebbe stato al sicuro.
Nonostante avesse già deciso di recarsi su Namecc, Ace lesse anche l’ultima indicazione, quella di sinistra, giusto per scrupolo.
Questa recava la scritta “REGINA DI CUORI”, su cui però era stata tracciata una grossa X rossa: al suo posto era stato scritto, a grandi lettere sbilenche e traballanti, “BARBABIANCA”.
Oh, questo si che era proprio un bel dilemma.
Ace fece quindi una cosa curiosa, una cosa che raramente gli capitava di fare: si mise a pensare.
Il cervello del pirata infatti era solitamente vuoto quanto la dispensa della Thousand Sunny dopo un incursione di Rufy, fatta eccezione per il piccolo cricetino solitario che correva sulla sua ruota per mantenere attive almeno le funzioni vitali più essenziali, e tutto quell’improvviso pensare, quasi lo mandò in corto ciruito.
Ace rischiò quindi l’ennesimo attacco di narcolessia, da cui venne salvato soltanto dal vivido ricordo delle labbra del principe disgustosamente incollate alle sue.
Porco cane che schifo!
Pugno di Fuco scongiurò così l’imminente disgrazia, ma decise saggiamente di smettere di pensare e non sobbarcare di lavoro quel povero criceto.
Perciò, scelse di andare a sinistra, verso “REGINA DI CUORI BARBABIANCA” (il realtà la scelta fu semplicemente dettata dal fatto che si era appena reso conto di non avere nessuna navicella con cui arrivare su Namecc…).
Voltò le spalle al bivio, al quadrivio e anche al tetravio, e si mise a camminare alla ricerca del Vecchio fischiettando allegramente il motivetto dei fiori, sparendo ben presto dietro la prima curva del sentiero.
Non appena scomparve dalla vista, un paio di grandi occhi grigio-azzurri, animati da una pupilla stretta e verticale, apparvero al fianco delle quattro indicazioni.
Uno sproporzionato sorriso a mezzaluna accompagnò ben presto quegli occhi felini, in cui faceva bella mostra di sé una sfilza di lunghissime e affilate zanne bianche.
“Stupido pirata…”
Sogghignò compiaciuto quell’inquietante sorriso, mentre le strette pupille ovali si spostavano divertite su un barattolo di vernice rossa proprio ai piedi dell’indicazione che puntava verso Barbabianca…
 
Riuscirà Ace a ritrovare Barbabianca?
O cambierà idea e sceglierà di fare un bel giro turistico su Namecc?
Ma soprattutto, riuscirà il nostro eroe a diventare il prossimo Re dei Cappelli?
Tutto questo e molto altro ancora nella prossima puntata capitolo!


Spazio autrice:
Ma... ma è incredibile!
Sono già riuscita a postare il secondo capitolo! ò_ò
Oh, che bellezza ^^
E' anche merito vostro care lettrici, rispondere alle vostre splendide recensioni di dà un sacco di carica: grazie! ^^
In realtà credevo di fare pochi capitoli, uno per persoanggio, ma mi sono resa conto che non seguendo alla perfezione la storia ciò non è possibile..
Ad ogni modo, il Brucaliffo sarà il prossimo!XD
Adesso però devo prorpio andare a studiarmi filosofia, che palle -.-
Sempre sperando di riuscire nell'intento di farvi ridere, a presto! :*

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Capitolo 3
*** Il Brucaliffo ***


Il Brucaliffo


Fu così che Ace imboccò il sentiero di sinistra, saltellando allegramente tra il verde tenero dell’erba con sottobraccio il cestino colmo di dolcetti appena sfornati da portare alla sua cara nonnina.
Era così carino!
Con quell’aria spensierata, le guanciotte rosse spruzzate di lentiggini, quel cappuccetto rosso che gli incorniciava il visino e la mantellina che ondeggiava lieve alla dolce br-
Oh.
…Qualcosa mi dice che ho sbagliato storia.
Effettivamente, rileggendo la storia fino ad ora, eravamo nel Paese delle Meraviglie appena lo scorso capitolo.
Ah, niente allora: Lucci, Garp!
Tornatevene a casa, non ho più bisogno di ripiegare su un ghepardo come lupo cattivo e di un vecchio burbero travestito da donna per fare la nonna.
Sciò, pussate via.
E anche tu Ace, ridammi il cestino, non ti serve più.
Hey ma… razza di nipote degenere! Ti sei appena fatto fuori la merenda per la tua cara nonnina!
Ma santo cielo sei proprio un bambino, non ti posso lasciare solo un secondo!

Non importa, torniamo a noi, che ho perso già anche troppo tempo e qui non mi pagano gli straordinari.
Dunque Alice, Marianna, Cappuccetto Rosso o Ace, che dir si voglia, proseguì lungo la strada che aveva scelto, minacciando di dar fuoco all’autrice che gli aveva appena sottratto da sotto il naso il cestino della merenda.
Camminò e camminò, trullallò, e camminò ancora, finchè giunse in prossimità di un grande fungo.
Il fungo in questione aveva il tipico aspetto del funghetto allucinogeno in versione XXL: rosso a pois bianchi.
Ace ne fu molto felice: che fosse infine giunto all’umile dimora di Grande Puffo?
Magari avrebbe potuto chiedergli informazioni o, cosa più importante, sarebbe riuscito a risolvere il suo dilemma amletico: Gargamella era un uomo o una donna?!
No perché dal nome poteva sembrare una donna, ma poi dalla voce e dall’aspetto… magari era soltanto una donna molto brutta, poverella.
Ad ogni modo, Ace si mise alacremente in cerca di una porta a cui bussare.
Una voce brusca e scorbutica lo fece sobbalzare:
“Moccioso! Che diavolo stai facendo al mio fungo?!?!”
Pugno di Fuoco alzò subito lo sguardo verso la sommità del fungo: acciambellato là in cima, lo stava guardando, e anche piuttosto male a dirla tutta, un grosso bruco.
Era tutto grigio, e sporgeva minaccioso il torace e il volto umano verso di lui: aveva corti capelli e una profonda ruga che increspava la fronte, proprio tra le sopracciglia corrugate, ed oscurava gli occhi scuri conferendogli un aria estremamente torva.
Stringeva non uno, non due, non tre ma ben quattro sigari tr-  no, scusate, ho esagerato: stringeva soltanto due sigari tra i denti.
Ace spalancò quei pozzi neri che erano i suoi occhi, profondamente sorpreso:
“Smoker! Anche tu qui?”
“Smoker? E chi diavolo sarebbe Smoker? E che razza di nome sarebbe Smoker! Non è che solo perché fumo come un battello a vapore mi devo chiamare Fumatore, eh.
Cosa credi? Mica quando sono nato i miei genitori potevano immaginare che avrei amato i sigari più della mia stessa vita, e quindi mica potevano chiamarmi Fumatore!
Moccioso, tu hai dei problemi.”
Ace si schiaffò una manata in fronte, abbattuto e depresso: a quanto pareva Marco non era l’unico a soffrire di gravi crisi di identità.
Decise che la cosa migliore da fare fosse assecondarlo e compatirlo: infondo, se gli dava indicazioni per riuscire a tornare a casa, per quel che lo riguardava poteva anche credersi una ballerina di lap dance.
“E chi saresti? Il Grigiobruco forse?”
“Ma che Grigiobruco e Grigiobruco!”
Ringhiò spazientita la stramba creatura.
“Io sono il Brucaliffo.”
Concluse indignato, squadrandolo con occhi carichi di astio.
“Il Bru che cosa?!?”
Domandò allibito Ace.
“Il Brucaliffo, razza di idiota! Io sono colui che vincerà il Festival dei Fumatori 2012, stracciando come gazzette vecchie tutti i miei rivali: con quel maledetto Coccodrillo ci farò un paio di stivali, e affogherò nella sua teiera il Topino della Marmellata!”
Il pirata decise che il povero Smoker, a forza di fumare sigari, aveva finito con il fumarsi per sbaglio anche il cervello.
Ma non si lasciò scoraggiare: annuisci e compatisci, ecco la sua filosofia.
Così, annuendo e compatendo, pose al Brucaliffo la domanda che gli stava a cuore:
“Va bene allora, ti chiamerò Brucaliffo: come desideri, Vecchio. Piuttosto, hai visto passare di qui Barbabianca o Marco?”
“No.”
Rispose il bruco, burbero e lapidario.
“Eddai, pensaci bene! Non hai visto proprio nessuno?”
“Quei due non li ho visti, non so nemmeno chi siano, ti ho detto! Al massimo posso aver visto il Bianconiglio.
E’ passato in volo sopra la mia testa, e sembrava anche parecchio in ritardo.”
“Oh, peccato. Grazie lo stesso, cia-“
Ace stava già per andarsene, quando fu folgorato da un atroce consapevolezza: i conigli non volano!
Fu allora, che un dubbio strisciò subdolamente nella sua mente.
“Vecchio, mi descriveresti questo Bianconiglio?”
Domandò quindi guardingo.
Il suo interlocutore sbuffò una spirale di fumo azzurrino, notevolmente infastidito e parecchio scocciato:
“Ma lo sai che sei proprio un moccioso inopportuno? Come TUTTI sanno, il Bianconiglio ha due belle ali blu fiammanti, un affusolato becco giallo, porta gli occhiali ed è sempre di fretta.”
Ace si illuminò:
“Ma allora era la Blufenice! Era Marco!”
“Ma sei scemo o cosa? Se avessi voluto dire Blufenice avrei detto Blufenice, no? Se avessi voluto dire Marco avrei detto Marco, no? E invece ho detto Bianconiglio.
Fatti due domande e datti due risposte.”
“Sé, va bè.”
Mugugnò Ace, rasseganto: era proprio un mondo di folli e di idioti, quello in cui era stato catapultato.
Doveva assolutamente tornare il prima possibile sulla Moby Dick.
Non che li fossero meno matti o meno scemi, chiariamoci, ma almeno erano dei fenomeni da baraccone che conosceva già.
“Ok, Vecchio, di nuovo come dici tu, il Bianconiglio. E dove è andato?”
“Lassù”
Brontolò il Brucaliffo, indicando un alta e scoscesa parete rocciosa alle sue spalle, sulla sommità della quale si intravedeva l’inizio di un sentiero.
“Che cosa?!?! E io come cavolo ci arrivo?!?”
Sbottò allucinato (ormai iniziava a risentire degli effetti del fumo passivo del Brucaliffo) Pugno di Fuoco.
“Che diavolo ne so? Vattene e basta!”
Ringhiò il bruco minaccioso.
“Ma non posso andarmene se non arrivò lassù! Dai, piantala di farti le canne, che non hai più l’età, e dammi una mano!”
Il Brucaliffo si sollevò in tutta la sua altezza, sovrastando di diversi piedi Ace.
E di piedi, in effetti, il bruco ne aveva davvero parecchi…
 “E va bene. Se ti aiuto prometti che te ne andrai e mi lascerai in pace?”
“Certo!”
Accettò subito il pirata.
“E va bene allora. Sigaro di destra: cresci; sigaro di sinistra: rimpicciolisci.”
“Che figata! Ma di cosa sono fatti quegli affari? Non sapevo esistesse un erba con degli effetti simili!”
L’occhiataccia del bruco fece improvvisamente ammutolire il pirata.
“Ok, ok, ho capito: sigaro di destra!”
Il Brucaliffo si separò da esso di malavoglia, molto, ma molto di malavoglia, e ancor più di malavoglia lo tese ad Ace.
Pugno di Fuco lo afferrò, e fece un tiro.
Fu subito scosso da una violenta tosse (perché lui non era abituato alle droghe pesanti: la sua prodigiosa intelligenza era congenita, e certo non frutto di qualche erbetta o funghetto) e, altrettanto celermente, il suo corpo iniziò a crescere.
Crebbe, crebbe, crebbe e crebbe ancora, fino a che l’insormontabile parete rocciosa non fu nulla di più che un misero gradino.
Ace, riuscendo finalmente a riprendere a respirare, si voltò un ultima volta verso il Brucaliffo  prima di proseguire per il proprio cammino:
“Grazie Vecchio, lo so che infondo mi vuoi bene!
…Ma davvero: basta canne, ti fanno male! Fumare fa male! Non sei mica più un giovanotto ormai, dovresti riguardarti…
Ad ogni modo grazie di nuovo, ciao!”
E fu così che la versione XXL di Ace si lasciò alle spalle il piccolo Brucaliffo, che per tutta risposta gli stava urlando dietro una serie paurosa di insulti.
Pugno di Fuoco riprese quindi il suo viaggio in quella landa popolata da folli creature che era il Paese delle Meraviglie...
 
Riuscirà Ace nel suo eroico viaggio a conservare la sua sanità mentale (o ciò che di essa gli resta)?
Riuscirà ad incontrare Grande Puffo e diventare un Super Sayan?
E Gargamella, si rivelerà essere una donna o dovrà subire le avances di Ivankov?
E per la serie”Festival 2012”: riuscirà il Brucaliffo a diventare il Re dei Fumatori?
Tutto questo e molto altro ancora nella prossima puntata capitolo!

 
Spazio autrice:
Io non dovrei essere qui, dovrei essere a studiare matematica e chimica ò_ò
Ma cosa ci volete fare, quando la scuola chiama... io fuggo! XD
No scherzo, me ne vado subito ç_ç
Preve parentesi che non centra assolutamente nulla, ma visto che siamo in tema di uscite demenziali, una in più o una in meno non fanno tanta differenza... Avete visto i film "Thor" e "The Avengers"?
Ma quanto è figo Loki? **
Mi sono perdutamente innamorata di quel personaggio <3
Prima o poi dovrò assolutamente scrivere qualcosa in proposito, non c'è via di scampo ù_ù
Ok, attimo di demenza concluso ^^
A presttttooooooo (si spera)!  :*

P.S.:Annuncio ufficialmente che Sabo ha trovato il suo ruolo nella storia, e comparirà più avanti assieme ai Mugiwara.
Riguardo Bibi, ci sto ancora pensando!

P.P.S.: Volete provare ad indovinare chi saranno i rivali di Smoker, il Coccodrillo e il Topino? Non è così difficile, almeno per il primo ;)

 

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Capitolo 4
*** Lo zoo nel Paese delle Meraviglie ***


Lo zoo nel Paese delle Meraviglie

Nel mezzo del cammin di nostra vita, si ritrovò per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita: il nostro Ace riuscì, infatti, a perdersi.
Sì, ci riuscì anche se il Brucaliffo gli aveva chiaramente indicato la strada da seguire.
Sì, ci riuscì anche se il sentiero procedeva perfettamente dritto.
E sì, ci riuscì anche se la strada da seguire era una sola: Zoro sarebbe stato orgoglioso di lui.
E quindi, come dicevo, si ritrovò in una buia, fitta, scura e ombrosa foresta.
No, no, non sto parlando del Fantabosco: era proprio una foresta di quelle toste e lugubri, in perfetto stile film horror.
Ma Ace, come risaputo, era un pirata stupido coraggioso e impavido, e non si lasciò spaventare da così poco: proseguì, allegro e felice, anche se l’effetto dei sigari del Brucaliffo si era ormai esaurito e lui era tornato alla sua altezza originaria.
Camminò, fino a che non si trovo nuovamente faccia a faccia un bizzarro cartello.
Recitava semplicemente “ZOO”.
I fulgidi occhi del pirata presero immediatamente a brillare e scintillare: incredibile! Lo Zoo!
Aveva sempre desiderato visitarne uno!
…E invece quel bastardo di Roger non ce lo aveva mai portato, dicendo di essere allergico al pelo di leocorno.
Leocorno!
Aveva ingannato Ace con quella scusa per svariati anni finchè il giovane aveva scoperto, andando a consultare l’infallibile dizionario della Zanichelli (mi pagano per fare pubblicità occulta!), che i leocorni nemmeno esistevano!
Da allora il suo odio per il padre era cresciuto in maniera esponenziale: mentirgli su una cosa del genere, per così tanti anni…
Gli aveva rovinato l’infanzia e no, non lo avrebbe mai perdonato per questo.
Ma adesso aveva invece la possibilità di riscattare la sua fanciullezza perduta: senza pensarci due volte, si precipitò nella direzione che indicava il cartello, esultando ed esibendosi in graziose piroette di gioia mentre urlava a squarciagola quanto fosse bello il mondo.
E fu così, che giunse finalmente allo strambo Zoo dell’ancora più strambo Paese delle Meraviglie.
Non stando più nella pelle, il pirata si precipitò a sbirciare attraverso le sbarre della prima gabbia e vide… nulla.
La gabbia recava la scritta “Stretigre”, ma sembrava completamente vuota.
Pugno di Fuco allora, deluso, si diresse verso le gabbie successive, nelle quali vide invece un gran numero di strambe creature.
Prima tra tutte, fece conoscenza con il Fenicottero.
Questi non era però la tenera palla di piume rosa che poteva sembrare ad una prima occhiata, ma si rivelò essere un uomo con una discutibilissima pelliccia di piume color confetto che avvolgeva tutta la parte superiore del suo corpo, un paio di altrettanto discutibili occhiali da sole poggiati sul naso, e un invece indiscutibilmente folle espressione da psicopatico in viso, accentuata dal modo indiscutibilmente perverso con cui si passava la lingua sulle labbra e dal suo indiscutibilmente inquietante modo di muovere le lunghe dita: Ace, terrorizzato da quell’apparizione, fuggì a gambe levate.
Incontrò poi la Scimmia.
In realtà, nella Scimmia Ace riconobbe Garp: il nonno sembrava però vittima di una crisi d’identità addirittura doppia, poiché non solo negava di essere Monkey D. Garp, ma negava anche d’essere una scimmia.
Sosteneva invece fermamente di essere un cane, e la testa del suddetto animale, che portava come fosse stato un cappello, era secondo lui la prova che confermava la sua presunta natura.
Ace fuggì di nuovo, sempre più spaventato.
S’imbatté così nel Coccodrillo.
L’uomo, imponente e massiccio, dai lucidi capelli neri tirati all’indietro e una cicatrice che gli attraversava tutto il viso in orizzontale e che avrebbe fatto invidia a Frankestein, era accucciato tra la sabbia e, avvolto da una nuvola di fumo grigio che si diffondeva dal suo sigaro, era completamente preso dal costruire un grazioso castello di sabbia, aiutandosi con paletta e uncino.
 Ace…Lo trovò quasi carino.
Con calma, passò quindi alla gabbia successiva, incontrando un adorabile Procione.
Il piccolo animaletto, color caffèlatte e con due piccole corna brune, era intento a giocare all’Allegro Chirurgo, concentratissimo.
“…Chopper?”
Provò a chiamare Pugno di Fuoco.
L’animaletto, colto alla sprovvista, sussultò violentemente, e il gioco al quale era impegnato mandò un sonoro “BEEEEEEEEEP!”
“Oh no! Lo sto perdendo! Ma forse con la medicina giusta…”
Squittì preoccupato il Procione, e si precipitò davanti ad un piccolo tavolo su cui era disposto il kit del Piccolo Chimico, iniziando subito a trafficare con becher, beute, pipette e fornellino.
Ace lo osservò in silenzio per qualche secondo finchè, piuttosto inquietato e preferendo non aver alcun morto sulla coscienza, decise di levare le tende e non disturbare oltre.
Incontrò così il Drago e il Cobra.
Ora, la faccenda era decisamente curiosa: entrambi gli uomini sostenevano di non essere affatto né draghi né cobra, nonostante i loro nomi fossero, appunto, Dragon e Cobra.
Ace non perse nemmeno tempo a discutere con loro: era evidente che anche quei poveretti avessero dei seri problemi di identità.
Così, il nostro eroe si mise a bighellonare pigramente un po’ di qua e un po’ di là, iniziando a pensare che, dopotutto, leocorni o non leocorni, lo Zoo non era poi così divertente.
All’improvviso, una voce irritata ed incredula lo riscosse:
“Ma davvero? Sei davvero riuscito a perderti?! Anche dopo che io ti ho fatto trovare il cartello con le indicazioni? Anche dopo che ho convinto il Brucaliffo ad aiutarti? Io non ho parole.”
Ace si voltò all’improvviso, mentre i suoi occhi incontravano due lunghe pupille verticale accompagnate da una scintillante fila di zanne…
 
Riuscirà il nostro eroe a ritrovare la strada di casa?
O si perderà nuovamente e finirà davvero nel Fantabosco a distribuire Blumele con Tonio Cartonio?
E soprattutto: perché Oda è fermamente convinto che la povera renna Chopper sembri un procione?
Tutto questo e molto altro ancora nella prossima puntata capitolo!


Spazio autrice:
Sono in ritardo, lo so!
Vi chiedo perdono ma in quest'ultima settimana di scuola, in cui non devo più essere interrogata nè ho da fare verifiche, sono caduta un po' in depressione: devo essere totalmente ed irrimediabilmente matta, se ora che i prof mi lasciano un attimo di pausa io mi deprimo perchè mi annoio!
Ero talmente abituata a dover studiare come un mulo, che in questa settimana che non ho dovuto farlo non ho trovato alcun modo per impiegare il mio tempo, ed anzi ero così insofferente verso tutto e tutti che, sebbene ne avessi voglia, non mi riusciva nemmeno di scrivere...
Sono da ricovero, è l'unica spiegazione!

Sà, che andrò a fare quel bellissimo tema di fisica sul campo elettrico che mi aspetta di là in camera, prima che mi venga voglia di deprimermi di nuovo!
A presto! :*

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Capitolo 5
*** La Stretigre ***


La Stretigre


Ace si trovò improvvisamente davanti ad un inquietantissima visione: due occhi di un grigio azzurro cristallino, spaccati a metà da una lunga e sottile pupilla verticale, lo fissavano adirati, galleggiando nell’aria, accompagnati da una scintillante fila di zanne scoperte in una smorfia minacciosa.
“Porca vacca… UN FANTASMAAAAAAAAAAA!!”
Il coraggioso Pugno di Fuoco lanciò un urlo straziante.
Un urlo così acuto che fu udito a chilometri e chilometri di distanza, e così virile che il Principe Ivankov, spedito precedentemente dall’esplosine causata dal suddetto pirata a Parco della Vittoria senza nemmeno passare dal Via, si mise subito in marcia per accorrere a salvare la donzella pirata che già una volta l’aveva rifiutato.
Ma questo non diciamolo ad Ace, al momento è già abbastanza spaventato senza dover pensare anche all’ennesimo tentativo di stupro da parte del bel (ma dove?!?) principe, credetemi.
Come dicevo, quindi, Pugno di Fuoco fuggì terrorizzato.
Corse e corse, e corse a perdifiato.
E, quando fu lontano lontano da quel mostro spaventoso, si fermò finalmente a riprendere fiato.
“Fiuh, l’ho scampata bella…”
Mormorò tra sé e sé.
Altro che leocorni, ora sì che aveva un buon motivo per non andare allo Zoo!
“Stupido pirata, non ti sei nemmeno accorto che è mezz’ora che corri in tondo. Neanche fossi un piccione tarantolato… “
Commentò scocciato in un ringhio quell’essere inquietante, che mentre Ace cercava di fuggire non si era mosso di un singolo millimetro.
Il pirata, bianco come un lenzuolo, sollevò lentamente lo sguardo:
“T-tu… sei il fantasma della seduta spiritica dell’altra sera? Ti chiedo perdono! Satch scherzava, non intendeva davvero dire che ti avrebbe spalmato in un panino se non fossi subito comparso davanti ai nostri occhi…”
Si giustificò Ace con i lacrimoni agli occhi, troppo stanco per tentare la fuga una seconda volta.
“Ma che diavolo...”
Il fantasma, lo spirito, l’essere, l’ente, o qualunque cosa quella bestia tutta occhi e denti fosse, imprecò sotto voce.
“Io sono la Stretigre.”
Affermò orgogliosa, mentre una folta pelliccia candida come la neve, striata di nero, iniziava a comparire incorniciando gli occhi chiari e l’inquietante sorriso a mezzaluna.
In pochi attimi, una tigre comparve davanti ad Ace.
Ed era… era piccolissima!
Sì e no arrivava ad eguagliare le dimensioni di un gattino domestico.
Il pirata, passata la paura, credette finalmente di capire con chi aveva a che fare:
“Mikami! Ma… ti ricordavo un po’ più grossa…”
Commentò titubante e perplesso.
“Grossa? Più grossa? Stai forse dicendo che sono GRASSA?!”
A Pugno di Fuoco sfuggiva completamente il motivo di tale irata esclamazione: prima di tutto aveva detto grOssa e non grAssa, e in ogni caso aveva detto che gli sembra più piccola del solito, quindi al massimo avrebbe dovuto capire che la trovava dimagrita no?!?
Ma il repentino mutare della sua espressione, da un ampio sorriso inquietante ad un minaccioso digrignare di denti, gli fece intuire che era meglio lasciare da parte certe piccolezze linguistiche.
“No no, scusa, devo essermi espresso male, sei in forma smagliante, Mikami.”
“Mi-cosa? Io sono la Stretigre, l’unica ed inimitabile.”
Rispose il felino calmandosi all’istante, agitando placidamente la coda a mezz’aria.
“E tu sei ufficialmente un idiota, Asso.”
“Io? Parla quella che è stata contagiata dalla follia generale, vittima di una crisi d’identità di proporzioni galattiche!”
La Stretigre tornò a ringhiare minacciosa:
“Cos’è che sarei io? Ripetilo, se ne hai il coraggio!”
Ace stava già per rimangiarsi tutto quando, d’un tratto, si rese conto che in effetti quella non era la solita Mikami.
C’era una differenza sostanziale: era minuscola.
Il pirata ne approfittò senza pensarci due volte, afferrando con un movimento fulmineo la piccola Stretigre per la collottola.
Le pupille del felino si dilatarono improvvisamente, per la sorpresa e per la rabbia:
“Che diavolo stai facendo?!? Come ti permettimi! Mettimi giù, mettimi giù ti dico!”
“Non credo proprio!”
Sogghignò Ace, ben felice di potersi prendere una rivincita sulla tigre in versione XXS, prestando tuttavia attenzione a tenere il braccio con cui la stringeva per la collottola ben lontano da sé, assicurandosi che ci fosse distanza sufficiente tra il suo bel visino d’angelo e gli artigli affilati che la Stretigre stava agitando nella sua direzione.
 “Va bene allora, Stretigre. Qual è il problema, perché sarei un idiota?”
Domandò Ace compiaciuto: ormai c’aveva quasi fatto l’abitudine, non si era stupito poi molto che anche Mikami negasse la sua identità.
“Stai sbagliando strada! Non è qui che dovresti essere!”
Miagolò il felino con tono lamentoso, senza smettere di cercare di piantare gli artigli in faccia al moro.
Pugno di Fuoco si rianimò all’improvviso, speranzoso:
“No infatti, non dovrei essere qui! Quindi tu sai come arrivare dal Babbo?”
“Babbo?”
La Stretigre si fermò per un istante, quasi come se fosse perplessa o confusa.
“Oh, sì! Il Babbo!”
Il suo sorriso tornò infine ad allargarsi, beffardo, quasi minaccioso.
“Certo che lo so. Ti accompagno anche per un pezzo di strada, così non ti perdi. Sempre se non ti dispiace lasciarmi andare, ovvio.”
Disse la Stretigre improvvisamente calma e a sua volta compiaciuta, tornando a sorridere.
“Perfetto!”
Approvò Ace entusiasta: sarà anche stata tutta matta, ma se poteva portarlo dal Vecchio… perché non darle retta?
Così mollò la presa sulla collottola del micio.
La Stretigre si allontanò con un balzo, lasciando sospese a mezz’aria le evanescenti impronte delle proprie zampe, gli angoli delle labbra nere che si stiravano fin quasi a toccare la punta delle orecchie:
“Molto bene allora, andiamo.”
Così i due si misero in cammino, fianco a fianco, abbandonando lo Zoo per tornare ad inoltrarsi nella fitta foresta buia…
 
Riuscirà il nostro eroe a non perdersi, almeno stavolta?
O mi toccherà comprargli il Tom Tom?
Riuscirà a rintracciare Marco   la Blufenice   il Bianconiglio?
Ma soprattutto: riuscirà Satch ad evocare davvero un fantasma prima o poi?
Lo scoprirete questo giovedì, a Mistero!
No, scherzo:Tutto questo e molto altro ancora nella prossima puntata capitolo!
Ah.
Cavolo, mi dicono dalla regia che il capitolo non è ancora finito, nella fretta di porre le domande di finali per creare un po’ di suspense ho fatto del casino.
Come non detto, pardon, torno nel mio angolino buio per un altro po’ allora.
 
Mentre erano in cammino, la Stretigre si volatilizzò all’improvviso, sparendo nel nulla.
Ace non riusciva a credere ai proprio occhi, ma che diavolo di mondo era quello, dove non veniva rispettato nemmeno il sacrosanto principio di conservazione della materia?
(Se vi state chiedendo come possa, uno zuccone come lui, essere a conoscenza di tale principio, la risposta è semplice: è ciò che gli rinfaccia sempre il cuoco di bordo quando si trova la dispensa vuota ed Ace, in sua discolpa, sostiene fermamente che il cibo sia sparito da solo).
Pugno di Fuoco si grattò la nuca, perplesso ed indeciso sul da farsi e, proprio quando era sul punto di mettersi a pensare, la Stretigre ricomparve al suo fianco come niente fosse, volteggiando pigramente a mezz’aria.
“Ma come è possibile che tu riesca a farlo? E la conservazione della materia?”
Domandò Ace allibito al felino.
La tigre fece spallucce e rispose con tono saccente:
“Non ho mai studiato fisica e non ho la più pallida idea di cosa tu stia parlando, come faccio a rispettare una legge che nemmeno conosco?”
A Pugno di Fuoco quella risposta apparve terribilmente sensata: perché non era venuta in mente anche a lui una risposta del genere da sbattere in faccia al cuoco?
Poco importa: prese subito appunti, per fare in modo di non scordarsela e di poterla usare a sua volta alla prima occasione.
Camminarono ancora per diversi minuti e, per ingannare il tempo, Ace intonò un’altra famosa canzone sui pirati:
 

“♫~Ciurma! (“Ciurma!” gli fece eco la Stretigre)
Andiamo tutti all’arrembaggio
Forza! (Forza!)
Vediamo adesso chi ha coraggio
Niente potrà fermarci adesso siamo qua
Avanti che si va
Un solo grido-

 

Oaaaaaahaaaahaaahaaaahaaaaa!

 
La loro performance canora fu bruscamente interrotta da un grido selvaggio e belluino.
Ace e la Stretigre si guardarono intorno perplessi ma soprattutto irati: stavano giusto pensando di andare ad iscriversi ad X-Factor, e qualcuno osava interromperli così?!
Un uomo comparve improvvisamente dalla fitta vegetazione, continuando ad urlare come un ossesso: era praticamente nudo, fatta eccezione per una ridicolissima sottospecie di tanga, e portava i capelli lunghi, bruni ed arruffati.
Sotto gli sguardi allibiti del pirata e della tigre, lasciò la liana a cui si teneva appeso, ed atterrò a qualche metro da loro.
Si avvicinò ad Ace muovendosi a quattro zampe, con un andatura che la Stretigre non esitò a definire “rivoltante”, e quando gli fu davanti prese la parola:
“Io Tarzan. Tu: Jane.”
Affermò il selvaggio sicuro, puntando un dito contro il pirata.
Ace proprio non ci vide più dalla rabbia: il suo corpo prese fuoco all’istante e, con l’ennesima esplosione, scaraventò Tarzan lontano lontano.
Pugno di Fuco era così infuriato, ma così infuriato!
Ma cosa stava succedendo?
Prima scambiato per Marianna, poi per una donzella in pericolo, e ora per Jane!
Gli venne allora un idea brillante: forse, bastava semplicemente togliere anche le braghe ed andare in giro a mostrare a tutti gli attributi per non essere più scambiato per una donna, no?
Mentre era perso in questi… sì, ecco, bizzarri pensieri, la Stretigre lo richiamò alla realtà piantandogli una zampata in faccia:
“Ho capito che hai fatto conquiste, ma ti vuoi muovere? Dai, siamo quasi arrivati…”
Così Ace mise da parte la sua idea geniale e i due si rimisero in cammino, riprendendo ad intonare il proprio impavido canto.
Giunsero così, qualche momento dopo, in vista di una grande e ricca tavola imbandita, a cui erano seduti numerosi invitati.
La Stretigre decise di aver fatto abbastanza, e si congedò:
“Bene, Asso, credo che tu da qui in poi ce la possa fare anche da solo.
No, anzi, no, cancella tutto: non puoi farcela da solo in nessun caso, chiedi aiuto al Cappellaio Matto o ad uno dei suoi amici, sono certa che ti aiuteranno volentieri.
Me ne vado, ma ho il presentimento che ci rivedremo molto presto.
Ciao ciaooo!”
Miagolò il felino con uno spropositato e acuminato sorriso, dissolvendosi all’istante.
“Ciao!”
Rispose Ace, tornato di buon umore grazie al potere della musica, mentre allegramente si dirigeva verso la vivace tavolata…
 
Okay, stavolta non è una finta: riuscirà il nostro eroe a ritrovare Barbabianca?
Riuscirà ad uscire da questa storia illeso, o sarà vittima di altri tentati e forse riusciti stupri?
Sceglierà invece di dimostrare all’universo che non è una donna?
Ma soprattutto: lo aiuteranno il Cappellaio Matto e la sua allegra combriccola?
Tutto questo e molto altro ancora nella prossima puntata capitolo!

Spazio autrice:
Perdono e di nuovo perdono, sono nuovamente in ritardo: a mia giustificazione posso dire che ormai l'esame di maturità è alle porte, quindi la mia presenza in queste 2/3 settimane o quelle che saranno sarà moooolto limitata!
Ma come vedete non vi abbandono XD
Ed ecco allora che entra in scena la Stretigre!
Credo ormai che lo sappiate tutte che Mikami sia il personaggio originale che ho creato in Don't play with fire e che non ho resistito a non mettere anche qui... Ad ogni modo anche se non avete letto l'altra storia no problem, non è che siano legate, vi basta sapere che la signorina era in possesso di un frutto zoo-zoo che le conferiva appunto la capacità di mutarsi in una tigre bianca, e in un paio di occasioni ha sfruttato le sue dimensioni (una tigre è bella grossa, eh ù_ù) per rompere le scatole ad Ace, ecco spiegato il perchè qui compare in dimensioni ridotte ^^
Che altro dire!
Ovviamente mi fa sempre stra piacere leggere le vostre recensioni, e spero vivamente di riuscire a farvi ridere ^^
A presto, esame permettendo! >_<

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Capitolo 6
*** Il Cappellaio Matto, il Leprotto Marzolino e il Topino della Marmellata ***


Il Cappellaio Matto, il Leprotto Marzolino e il Topino della Marmellata


Dopo che la Stretigre si fu congedata, Ace si incamminò verso la tavolata imbandita che il felino gli aveva indicato.
Era una tavola lunga, lunghissima, quasi chilometrica, coperta da una tovaglia rosa a cuoricini rossi su cui erano disposte due interminabili file di tazze da tè rosse a fiorellini, che facevano pendant alla perfezione.
Ma non era certo il modo in cui era apparecchiata la tavola la cosa più strana, quanto piuttosto i decisamente bizzarri individui che ad essa sedevano.
A capotavola, per esempio, c’era un ragazzo con un enorme cappello di paglia intento a sbranare un altrettanto grande cosciotto di agnello.
“R-Rufy?!”
Esclamò Ace allibito correndogli incontro.
“Ahh?”
Mugolò questo, con la bocca stracolma di carne, voltandosi verso di lui.
“Rufy! Da quanto tempo non ci vediamo! Come stai?”
Ma il ragazzo non si scompose nemmeno per un secondo davanti all’entusiasmo di Ace, continuando ad affondare i denti della carne, finchè, fissandolo con due occhioni neri colmi di curiosità, non biascicò un:
“Chi scei?”
Ace rimase paralizzato.
C-come chi era? Lui era Ace! Erano fratelli! Come poteva essere così insensibile?
Il cuore di Pugno di Fuoco si spezzò ed andò in frantumi, finendo a terra in mille pezzi con un tintinnio come di vetro rotto.
“Su, su, non fare così! Non è poi così grave, ci sono già passato anche io tante volte.”
Sussurrò una vocina flebile nelle orecchie di Ace.
Ace sussultò e lanciò un urlo disperato:
“Che schifo, un Grillo Parlante! Toglietemelo di dosso, presto!”
A quell’urlò, anche la vocina gridò terrorizzata:
“Un INSETTO? Dove?! Che schifoooooooooooooo!”
Fu in quel momento che Ace vide un piccolo topino sgusciare dalla sua spalla alla tovaglia, tremante di paura, mentre si guardava disperatamente intorno alla ricerca del suddetto insetto.
Solo allora Pugno di Fuoco capì cos’era appena successo, e si sentì in dovere di scusarsi col topino.
“Oh, scusa: ho sentito una vocina nelle orecchie e ho pensato fosse il Grillo Parlante.
Ma per fortuna eri solo tu, un topino, e pare che non ci sia nessun insetto in giro.
Scusa, falso allarme.”
Il topino lasciò andare un sospiro di sollievo, accasciandosi sulla tovaglia, stremato.
Il pirata si chinò, osservandolo meglio.
Era un piccolo roditore dal pelo bruno, quasi biondo, che gli copriva uno dei due occhietti lucidi e lasciava invece in bella mostra un lungo sopracciglio incurvato in un ricciolo curioso; era vestito con giacca e cravatta e, come se non bastasse, teneva addirittura una sigaretta stretta tra i due grandi incisivi.
“Hey piccoletto, stai bene?”
Chiese preoccupato Ace, toccandolo con un dito.
Il roditore si rizzò subito sulle zampe posteriori, sistemandosi la cravatta e sbuffando una sottile spirale di fumo, e si schiarì la voce imbarazzato:
“Certo che sto bene! Sempre se non c’è nessun insetto in giro…”
Aggiunse lanciando un’occhiata furtiva intorno a sé.
“Comunque, non devi preoccuparti. Anche a me hanno spezzato il cuore tante volte: dopo un po’ ci si fa l’abitudine. Non devi preoccuparti se lui ti ha rifiutato, il mare è pieno di pesci! Troverai certamente qualcuno che ti apprezzerà e ti amerà per quello che sei, non ti devi preoccupare, perc-
“Stop!”
Sbottò Ace, mentre il suo colorito virava bruscamente al rosso.
Cioè… Quel topo pensava davvero che lui fosse INNAMORATO di Rufy?
DI RUFY?
LUI?
Stava già per far saltare in aria lo sventurato roditore, quando qualcuno lo precedette: una tazzina da tè calo prontamente sul topino, intrappolandolo, accompagnata da un ringhio che suonava un po’ come “Chiudi quella fogna, topastro.”.
Ace alzò lo sguardo, stupito, e si trovò davanti un ragazzo stravaccato poco elegantemente sulla propria sedia davanti ad una tazza di tè e dall’espressione parecchio scocciata, coi capelli verde alga da cui spuntavano un paio di lunghe orecchie.
“Hey! Testa d’alga lasciami andare!”
Squittì minacciosamente il topino da sotto la porcellana rossa.
Il ragazzo sogghignò, buttando giù tutto d’un fiato il contenuto della propria tazza:
“Scordatelo, ratto!”
“Ratto? Io sono un topo, brutto imbecille dalle orecchie lunghe!”
“Come mi hai chiamato?! Ripetilo se ne hai il coraggio, sopracciglia a ricciolo!”
“Lo ripeto eccome, imbecille dalle orecchie lunghe! Aspetta solo che io esca da qua sotto…!”
 Ace rimase ad ascoltare il litigio dei due, più perplesso che mai.
Ed anche molto triste: non c’erano dubbi, quelli erano Sanji e Zoro, e quello seduto a capotavola non poteva che essere Rufy.
E allora perché non lo riconosceva?! Perché lo trattava così?!
“Ohi. Shon mi shai ancosca scetto sci scei”
Biascicò proprio in quell’istante il ragazzo col cappello di paglia, masticando a bocca aperta e guardandolo curioso.
“Rufy, io sono Ace.”
Gli rispose mogio Pugno di Fuoco.
 “Io sono il Cappellaio Matto. E questi sono i miei amici: il Topino della Marmellata e il Leprotto Marzolino.”
Rispose il ragazzino, che nel frattempo aveva divorato tutto il cosciotto, esibendosi in un sorriso a trentadue denti.
Ace si schiaffò una manata in fronte.
Come aveva fatto a non pensarci? Era ovvio che anche Rufy fosse vittima di una crisi di identità, ed era soltanto per questo che non lo aveva riconosciuto.
Così Pugno di Fuoco si munì di paletta e scopina, raccolse i cocci del suo cuore infranto e li cacciò nel rudo, profondamente sollevato.
“Piacere, Cappellaio.”
Esordì Ace, sorridendo a sua volta:
“Sai indicarmi la strada per Barbabianca?”
“Barbabianca? Non te ne vorrai già andare! Sei appena arrivato! Fermati a festeggiare un po’ con noi!”
Protestò il Cappellaio.
Pugno di Fuoco valutò la sua proposta.
…In fondo, perché no?
“E va bene Ruf- cioè, Cappellaio, rimarrò a festeggiare!”
Il Cappellaio scattò in piedi esultando, con un espressione da perfetto ebete e terribilmente felice:
“Ya-ahhhhh! Asso si unisce alla festa!”
Ace sorrise a sua volta, e si sedette al fianco del Cappellaio pregustando un’abbuffata coi fiocchi.
Divorò in un batter d’occhio tre cosciotti, uno dietro l’altro, mandando giù anche l’osso, e quando gli venne sete allungò le mani verso la teiera.
Mani che, per poco, non ebbero un violento scontro con la tazzina che proprio in quel momento gli lanciò contro il leprotto.
“Hey!”
Protestò Ace perplesso voltandosi verso la Lepre Testa d’Alga.
“Giù le mani dal mio rhum!”
Ringhiò minaccioso il Leprotto.
“Rhum? Credevo fosse tè! Non è la merenda per l’ora del tè questa?”
Domandò il pirata con gli occhi spalancati.
Il Leprotto si appropriò subito della teiera – ribattezzata rhumiera –, dopodiché, versandosene una generosa porzione nella tazza, rispose con un sogghigno:
“Ora del tè? Ci hai preso per delle mammolette? Topo escluso, noi siamo veri uomini (anche se io sono una lepre). E questo è un rave party!"

It's party time!
Riuscirà il nostro Ace a fregare la rhumiera al Leprotto e prendere una sbornia di proporzioni galattiche?
Riuscirà il Topino a trovare una bella Topina che guarisca il suo povero cuore?
Si apre ufficialmente il giro di scommesse: chi mangerà di più? Ace o il Cappellaio?

Tutto questo e molto altro ancora nella prossima puntata capitolo!

Chiedo perdonoooooooooooooo!
E' da... quanto? Quasi un mese che sono sparita nel nulla senza dire niente?
Scusatemi ancora, ma prima c'è stato quel dannato esame ( fuck yeah! Maledetto liceo, non mi vedrai mai più! @#&%$£/! ) e poi mi sono presa due settimane di MERITATE vacanze al mare ù_ù
Ma ora sono tornataaaaaaaa!
E purtroppo non vado più da nessuna parte per il resto dell'estate, quindi sarò sempre qui a tenervi compagnia e rompervi le scatole ù_ù
Tento di farmi perdonare: entro pochi giorni ho tutte le intenzioni di iniziare a pubblicare il seguito di don't play with fire, e spero inoltre di riuscire ad aggiornare una volta alla settimana Ace in Wonderland.
No, anzi, togliamo quello "spero": aggiornerò una volta a settimana ù_ù
Grazie a tutte voi che continuate a leggere la storia nonostante gli aggiornamenti irregolari (ma da oggi si cambia storia!), a presto! :*

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Capitolo 7
*** L'ora del rhum ***


L'ora del rhum


“Ora del tè? Ci hai preso per delle mammolette? Topo escluso, noi siamo veri uomini (anche se io sono una lepre). E questo è un rave party!"
Con questa esclamazione, il Leprotto Marzolino si scolò, rigorosamente tutto d’un fiato, l’intera tazza di rhum, riuscendo ovviamente a sbrodolarsi e a versarsene metà addosso.
Il Topino, ora libero dalla sua prigione di porcellana, si riparò la testolina pelosa con il dorso di un cucchiaino, cercando di evitare che il suo completo gessato venisse macchiato da tutto l’alcol che il  Leprotto gli stava facendo piovere addosso.
“E puoi stare un po’ più attento a quello che fai? Selvaggio!”
Squittì infuriato contro l’altro roditore, agitando nella sua direzione la zampetta rosa stretta a pugno.
Stavolta, però, il Leprotto Testa d’Alga aveva cose ben più importanti e ben più piacevoli da fare che mettersi a bisticciare con quell’affarino dalle sopracciglia a ricciolo: aveva dozzine e dozzine di casse di rhum da scolare!
“Sciopino, peschè scei coscì elegansce?”
Biascicò Ace che, senza perdere un solo altro, prezioso, secondo, si era fiondato sui cosciotti ed aveva iniziato a divorarne uno dopo l’altro, giusto perché non si dicesse che suo fratello minore era in grado di ingurgitare più cibo di quanto non potesse fare lui.
Non fatemi domande: sono cose da fratelli maggiori, e solo pochi sfigati eletti possono comprenderle.
“Perché io, a differenza di voi tre esseri rozzi, sono un galantuomo!”
Squittì il Topino in risposta, mentre si barricava dietro un piattino per evitare i pezzi di carne che Pugno di Fuoco sputacchiava nella sua direzione.
“Ma sce scei un topo…”
Ribattè il pirata senza smettere di masticare.
“E allora sarò un galantopo, che ti frega a te?!?”
Rispose indignato e schifato il Topino mentre, usando un cucchiaio come catapulta, per ripicca tirava un pasticcino –indovinate un po’? Ovviamente allo zabaione, che non fosse mai che i pasticcini non contenessero alcol! – dritto in faccia a Pugno di Fuoco.
Splat!
Il dolcetto finì dritto dritto a spiaccicarsi sulla fronte di Ace.
Ma Ace, dal canto suo, non ne fece certo un dramma: tirata fuori la lingua si sbarleccò tutta la faccia con un sonoro “Slurp!” che fece rabbrividire di ribrezzo il Topino, facendo sparire in un secondo in quel pozzo senza fondo comunemente noto come “bocca” panna, crema e pasta.
“Ma è un rave party, smettila di essere così serio!”
Esclamò ridendo Pugno di Fuoco mentre, fregata la rhumiera approfittando di un attimo di distrazione del Leprotto, si versava una bella tazza di rhum in quel magnifico servizio da tè rosso a fiorellini.
“A proposito, cos’è che stiamo festeggiando?”
Domandò Ace curioso.
“Il tuo –hic!- noncompleanno!”
Esclamò il Leprotto inserendosi improvvisamente nella conversazione, sbattendo entusiasta la tazzina sul tavolo.
Forse si era scordato che era soltanto una povera tazza in ceramica e non un boccale, fatto sta che mandò il povero suppellettile in mille pezzi.
“Vandalo! Questo era il mio servizio migliore!”
Squittì infuriato il Topino, ma il Leprotto non sembrò nemmeno sentirlo.
“Il mio cosa?”
Domandò Ace perplesso.
Il Leprotto ripeté ciò che aveva appena detto, ma non prima di essersi riappropriato della rhumiera:
“Il tuo noncompleanno! Quando –hic!- compì gli anni, Asso?”
“Il primo gennaio…”
“Vedi? Oggi è il ventinovecinquesimo di aprilobre: nessuno –hic!- compie gli anni oggi!
Oggi è il nostro –hic!- noncompleanno!
Un brindisi –hic!- al nostro noncompleanno!”
Con quest’ultima frase, alzò la tazza sopra la sua testa per brindare.
Peccato soltanto che ormai fosse così pieno, che cadde svenuto per terra, rovesciandosi addosso tutto il rhum nella tazzina.
“O MIO DIO! E’ morto! E’ appena morto un uomo -cioè una lepre, o quello che è…- davanti ai miei occhi! No, no! Leprotto, caro Leprotto, non abbandonarci così presto! Povero Leprotto, era così giovane, e la sua vita è stata stroncata così all’improvviso…!”
“Idiota, sta solo dormendo.”
Sibilò, compatendolo più che mai, il Topino.
Che c’è, non sapevate che i topi sapessero sibilare? Nemmeno io, ma a quanto pare il Topino della Marmellata aveva anche qualche rettile in famiglia.
Quando si dice parenti serpenti…
“Non devi dare ascolto al Leprotto, è ubriaco.”
Prese la parola il Cappellaio Matto, che ormai era così pieno di carne che sembrava un grosso palloncino rosa.
“Te lo dico io il vero motivo per cui stiamo festeggiando: sono appena diventato il Re dei Cappelli 2012!”
Concluse il Cappellaio con un sorriso a trentadue denti, indicando con il dito l’enorme e spropositato cappello di paglia che capeggiava su quella che lui si ostinava a chiamare “testa”, anche se test clinici e ricerche scientifiche avevano ormai confermato che non fosse nulla più di una zucca vuota.
Sì, una zucca, di quelle che crescono negli orti.
E questa doveva anche essere bella bacata, per essere addirittura definita vuota da un team di scienziati di quel calibro…
Ad ogni modo, non appena il Cappellaio finì di pronunciare quella frase, accadde una cosa improvvisa: un urlo selvaggio e belluino –ma stavolta non è Tarzan, giuro- riempì l’aria; un grido così sofferente e acuto che diverse tazzine andarono in frantumi e centinaia di uccelli fuggirono via, spaventati a morte.
Quando l’urlo si interruppe, calò il silenzio.
Il Leprotto si risvegliò dal coma etilico in cui era precipitato, e si mise seduto sulla sedia, muto e composto; il Topino si nascose sul fondo di una rhumiera –ovviamente vuota-, osando sì e no sporgere fuori il nasino rosa; persino quel mattacchione del Cappellaio smise di ridere, e puntò gli occhi neri e colmi di stupore infantile verso la fonte di quel suono: Portgas D. Ace.
“T-tu… Il Re dei Cappelli… Quello era il mio sogno!”
Balbettò Pugno di Fuoco, allo stesso tempo furioso e terribilmente sconfortato.
“…Ma è il mio il cappello più bello.”
Rispose con semplicità il Cappellaio, ancora perplesso a causa di quella reazione improvvisa e violenta.
Forse, dopotutto, più che Cappellaio Matto avrebbero dovuto chiamarlo “Cappellaio Ritardato”, dal momento che, a giudicare da quella risposta, nonostante l’aspetto la sua mente doveva essere rimasta quella di un bambino di tre anni.
Ah, e va bene, va bene, ve lo concedo: cinque anni.
Come siete pignoli, ho detto tre soltanto per rendere l’idea, per dare più enfasi alle mie parole…!
Okay, ho capito, la pianto e proseguo con la storia.
“Tu! Come hai potuto!”
Continuò Ace, in preda al dispiacere, col cuore nuovamente spezzato.
“Psss! Hey!”
Una vocina flebile sussurrò per richiamare la sua attenzione.
Il pirata abbassò lo sguardo stupito:una manina, spuntata all’improvviso da sotto il tavolo, gli stava strattonando l’orlo delle braghe.
Pugno di Fuoco sbiancò e quasi svenne, mentre nella sua mente (in realtà non molto diversa da quella del Cappellaio) si andava formando il sospetto che quella mano appartenesse ad Ivanokov, e che quel tirargli le braghe in realtà non fosse altro che un tentativo di spogliarlo con annesso un tentativo di stupro.
Ma, notando che quell’adorabile manina non era avvolta da nessun purpureo guanto, tirò un sospiro di sollievo e tornò a rilassarsi.
“Psss! Chinati!”
Disse ancora la vocina.
Ace ubbidì.
Si inginocchio e scostò la tovaglia rosa a cuoricini, scoprendo che il proprietario della manina, nascosto sotto il tavolo, altri non era che… Sabo.
Il suo cuore mancò un battito.
Non ci poteva credere… Sabo?!
Stava per lanciarsi al collo del ragazzo, abbracciarlo, dirgli quanto gli volesse bene, quanto gli era mancato… quando all’improvviso un particolare fuori luogo attirò la sua attenzione.
Voltò appena la testa e…
Per Dio!
Perché diavolo quel bisonte di Vista era accucciato sotto il tavolo e lo guardava sorridendo da sotto i baffi in quel modo inquietante?!?
 
Poveracci: il nostro Topino è ancora single, e di donne (o topine) nemmeno l’ombra; il povero Leprotto non è nemmeno riuscito a prendere una bella sbornia in santa pace ed ora anche il sogno di Ace è andato in frantumi.
Riuscirà il nostro eroe a riprendersi dopo questa batosta?
Ma soprattutto: cosa diavolo ci fa Vista rannicchiato sotto il tavolo?
Tutto questo e molto altro ancora nella prossimapuntata capitolo!
 
Spazio autrice:
Stavolta mi sa proprio che la mia demenza ha sfiorato picchi che credevo inarrivabili XD
Attribuisco la causa di ciò al fatto che durante queste vacanze ho letto un numero spropositato di Deadpool (io ho un’autentica avversione per i fumetti americani, ma credetemi… con Deadpool la Marvel ha davvero superato se stessa! Ve lo consiglio, nel caso non lo conosceste già), il che ha causato danni irrimediabili alla mia povera mente già non molto sana ò_ò
Bè… meglio! **
Dopotutto ho scritto la storia proprio per sfogarmi un po’ :P
Ma passando a cose serie… Non credo rimangano ormai molti altri capitoli da scrivere per questa storia… due, forse tre, magari quattro… difficile dire, ho ben chiari in testa gli eventi che accadranno ma ogni volta che faccio per scriverli mi vengono in mente un sacco di cose stupide da aggiungere XP
 Bè non importa, non c’è fretta ^^
Dopotutto, siamo in vacanza **
A preeeestoooo :*
 
P.S.:Per chi fosse interessato: ho iniziato a pubblicare il seguito di don’t play with fire.
Il titolo è “When the Moon rises” :)

P.P.S.:Pubblico con qualche giorno di anticipo perchè non sono sicura di riuscire ad aggiornare questa settimana :)

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Capitolo 8
*** Diventerò il Re dei Cappelli! ***


Diventerò il Re dei Cappelli!


“VISTA?”
Esclamò Ace incredulo ed inquieto, dimentico di Sabo.
Del resto, un uomo della stazza dello spadaccino baffuto che riusciva ad infilarsi sotto un tavolo basso come quello era una visione molto più rara ed incredibile, rispetto a quella del fratello risorto.
Cosa?
Dite di no?
Peggio per voi se non siete d’accordo, perché tanto la storia qui la narro io, fatevene una ragione.
E, comunque, questa cosa del tornare in vita, è un po’ troppo sopravvalutata; ormai è talmente comune!
Ad ogni modo, tornando a noi, Vista non rispose, ma continuò a sogghignare lisciandosi i baffi.
“Shhh! Parla piano!”
Lo rimproverò Sabo, sferrando un poderoso Maka-chop che lo colpì dritto in piena fronte.
“Ahio!”
Protestò il pirata di fuoco massaggiandosi la parte lesa, e ricordandosi improvvisamente della presenza del ragazzo biondo.
“Sabo! Cosa ci fai qui?”
Esclamò stupito, beccandosi un’altra librata in testa dal ragazzo, che sibilò l’ennesimò “Shh!”, portandosi l’indice alle labbra.
“Scusa!”
Sussurrò allora Ace, grattandosi la nuca con un sorriso innocente ed un espressione da bambino destinata a sciogliere il cuore di migliaia di fangirls.
“Dicevo, cosa ci fai qui?”
Ripetè allora il bel moro con un filo di voce.
“Se te lo dicessi, poi dovrei ucciderti.”
Ace rimase interdetto, e lo guardò stranito.
“E va bene, non importa, fa lo stesso. Però sei Sabo! E sei vivo!”
“Posso confermare che sono vivo con una certe che rasenta il 90%, ma non posso dirti nulla sulla mia identità.”
“Coooosa?! Ma perché?!”
Strillò Pugno di Fuoco, terribilmente deluso.
“Perché poi dovrei ucciderti, idiota!”
Urlò Sabo a sua volta, mollandogli l’ennesimo Maka-chop perché si decidesse a regolare il volume della sua voce.
Ace si rassegnò all’evidenza che anche Sabo dovesse essere vittima di una qualche crisi mistica, e decise di non indagare oltre sulla sua identità.
“Ah. Vaaa bene.”
Lo assecondò, allora, Pugno di Fuoco, osservandolo come si osserva un matto appena fuggito dal manicomio.
“Ma cosa vuoi da me?”
Sussurrò.
“Non posso dirtelo. Altrimenti poi dovrei-
“Sì, sì, dovresti uccidermi, l’abbiamo capito. Allora perché mi hai chiamato?”
“Devi aiutarci.”
Si intromise Vista.
“Aiutarvi a fare cosa?”
“Eheheheh”
Ridacchiò lo spadaccino, tornando a lisciarsi gli oblunghi baffi neri, che il caro Mihawk gli invidiava tanto.
“Ci è giunta voce che volevi essere il Re dei Cappelli 2012.”
“Mi sarei preoccupato se non l’aveste sentita, la voce, considerando che ho urlato al mondo il mio desiderio circa due minuti e venti secondi fa.”
Commentò Ace, acido: di tutte le cose che potevano dire, quei due erano proprio andati a mettere il dito nella piaga.
“Possiamo aiutarti!”
Tornò a dire Sabo.
“….Davvero?”
Chiese Ace, cauto e diffidente.
“Certo! Possiamo aiutarti, e lo faremo!”
Esclamò subito Vista.
“Perché noi siamo… Il secondo ed il terzo classificato al Festival dei Cappelli!”
Non appena Vista pronunciò quelle parole, accaddero in rapida successione due fatti improvvisi.
Primo: il Leprotto Marzolino ricadde nelle profondità del coma etilico, precipitando giù dalla sua seggiola ed atterrando malamente di testa, mentre il Topino lo insultava in aramaico antico, avendo esaurito gli insulti in italiano, giapponese, e topese.
Ma questo non è importante ai fini della storia, in realtà.
Ciò che importa a noi è il secondo fatto che accadde: Ace aprì la bocca per ringhiare a quei due matti un poco amichevole “Che caz*o state insinuando?!?!”, andando su tutte le furie perché, a quanto pareva, lui ed il suo cappello non erano nemmeno riusciti a salire sul podio; ma, prima ancora che potesse dire una sola parola, Sabo tirò fuori dal proprio copricapo una spranga di metallo, e la sbattè violentemente sulla zucca del moro.
La testa del pirata emise un sonoro “Dooonngggg”, che vibrò a lungo nell’aria, proprio come quando si colpisce una campana con un martello (e questa è solo l’ennesima prova che nella D. family, oltre ad avere delle crape belle dure, le hanno pure belle vuote).
Per il male e la sorpresa, Ace fece un balzo, andando ad inzuccarsi contro il tavolo sotto cui era accovacciato ed iniziando ad urlare di dolore con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre lacrimoni come fiumi sgorgavano dai suoi occhi nero pece.
“MA CHE DIAVOLO FAI?! VOLEVI UCCIDERMI!?!?”
Strillò inviperito a Sabo il povero pirata.
“In effetti, sì; ti avevo avvertito che se ti avessi detto chi ero poi avrei dovuto ucciderti, no?”  
“Ma… Ma… Ma tu sei da manicomio! Sei da ricovero! Sei da internare! Sei più matto di… ma che cavolo ne so! Sei più matto di un matto, ma di quelli proprio matti da legare, va bene?!?”
A quelle parole, Sabo si ritirò a piangere in un angolino dalla parte opposta del tavolo, terribilmente offeso e demoralizzato.
“Ma guarda te…”
Borbottò Ace, massaggiandosi la sua povera, nonché bellissima, testolina vuota come una zucca.
In questo, tra l’altro, fu anche fortunato: se non avesse avuto la testa così dura, nello scontro con la spranga, avrebbe senz’altro riportato danni ingenti.
“Questo è il piano – Esordì Vista, come se nulla fosse accaduto – Uccidiamo il Cappellaio Matto e gli rubiamo la coppa che gli è stata consegnata come attestato per essersi guadagnato il titolo di Re dei Cappelli.”
“Uccidere Rufy?”
Chiese allibito Ace.
“No, no. Non Rufy, il Cappellaio Matto!”
Pugno di Fuoco sospirò rumorosamente:
“Rufy, il Cappellaio, stessa cosa. Comunque non se ne parla, razza di delinquente!”
Mise subito in chiaro con aria minacciosa.
Vista lo osservò incuriosito:
“No? Perché no? Se lui muore, saranno costretti ad eleggere un nuovo Re dei Cappelli. Non vuoi essere il Re dei Cappelli di quest’anno?”
“Sì ma non voglio uccidere Rufy! Nemmeno se mi ha fregato il titolo, e nemmeno se crede di essere il Cappellaio Matto. Non lo ucciderò io ma non lo ucciderai nemmeno tu, chiaro?”
“Mh…”
Mugolò Vista, poco convinto.
“Ho detto: “Chiaro?””
“Sì, sì, va bene.”
Si arrese alla fine lo spadaccino, mestamente.
“…Però non è giusto.”
Aggiunse, offeso.
Ace sospirò, ed uscì da sotto il tavolo.
Si guardò intorno: sia il Leprotto che il Cappellaio erano persi nel mondo dei sogni, il primo a causa del fatto che, nelle vene, aveva ormai più alcol che sangue, mentre il secondo si era semplicemente abbuffato troppo.
Solo il Topino era rimasto sveglio, seduto sul bordo di una tazzina da tè, mentre imprecava ancora dietro al Leprotto che gli aveva macchiato il completo gessato.
“Senti, Topino, com’è che posso fare per andarmene di qui?”
Chiese allora Ace, che ne aveva davvero avuto abbastanza e non voleva far altro che ritrovare Marco e il Babbo ed insieme cercare un modo per andarsene dal Paese delle Meraviglie.
“Di là.”
Rispose il Topino, indicando con la zampina rosa un sentierino sterrato.
“Molto bene. Vorrei dire che è stato un piacere conoscervi ma… Bè, no, non lo è stato. Non lo è stato affatto…”
Borbottò imbronciato, tornando a massaggiarsi il bernoccolo che ormai gli era spuntato tra il nero dei suoi capelli, opera di Sabo.
Si voltò per andarsene quando, all’improvviso…
Un uomo alto e magro, interamente vestito di nero, con un passamontagna che gli coprtiva il volto lasciando scoperti soltanto gli occhi, fece il suo ingresso dal nulla.
Atterrò con una mossa felina sulla tavola e, lanciato al Cappellaio uno sguardo decisamente sinistro, si fiondò nella sua direzione, brandendo un pugnale.
Ace schioccò le dita (in realtà era una vecchio trucco, che gli aveva insegnato il suo amico Roy Mustang l'Alchimista di Fuoco), e una vampata di fuoco colpì in pieno l'uomo, spedendolo direttamente sulla luna che, nonostante fosse pieno giorno, stava assistendo alla scena con malsano interesse, ghignando grottescamente.
  "Chi di voi cani ha assoldato questo losco figuro?!"
Domandò Ace, minacccioso.
"Io!"
Fece allegramente Vista, sbucando da sotto il tavolo.
"COSA!? Ma credevo di essere stato abbastanza chiaro con te!"
"E in fatti lo sei stato: hai detto che nè io nè te potevamo uccidere il Cappellaio, ma non hai mai parlato di un ninja mascherato!"
Ace si schiaffò la milleduecentesima manata in faccia, ululando dalla disperazione.
Poi si calmò.
"E va bene, va bene, allora facciamo così: NESSUNO può uccidere il Cappellaio, va bene?"
"Uffa, e va bene, antipatico!"
Acconsentì a malincuore Vista.
Credendo di essere riuscito a sistemare la faccenda, Ace si voltò di nuovo per andarsene.
Quando, all'improvviso...

Cosa accadrà ora al nostro eroe?
Riuscirà finalmente ad arrivare dal Babbo, o si fermerà ancora un po’ con questa allegra combriccola, almeno il tempo di un altro rhum?
Tra l’altro, siete fortunate, vi ho risparmiato l’entrata in scena di Black*Star, temendo che nessuno lo conoscesse (ve ne siete accorte? Oggi è la giornata Soul Eater).
Tutto questo e molto altro ancora nella prossima puntata capitolo!

Spazio autrice:
Perdonate il ritardo!
Ho scoperto che scrivere due storie contemporaneamente non fa per me, prometto che da adesso in poi (cioè, prima ovviamente finisco la storia ù_ù) farò soltanto una cosa per volta, così da riuscire ad aggiornare più regolarmente. ù_ù
Ad ogni modo, ormai mancano uno, forse due capitoli alla fine: resisterò :D
E poi, il finale in realtà l'ho già scritto ;)
Signore, a prestoooo! :*

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Capitolo 9
*** Il Jolly e le altre carte da scala ***


Il Jolly e le altre carte da scala

Si voltò per andarsene quando, all’improvviso…
Bwahahahahah!
Ci siete cascate!
In realtà, almeno stavolta, non successe proprio nulla.
Lo ammetto: la mia era soltanto una trovata pubblicitari per costringervi con le maniere forti a non cambiare canale a non smettere di leggere.
Bwahaha! Che narratore cattivo e malvagio che sono.
Ad ogni modo, ora che ho fatto la mia cattiva azione quotidiana e ho anche esaurito la mia dose di risate malefiche, possiamo anche procedere con la storia.
Ace si voltò per andarsene e…prese a correre a tutta birra, desideroso soltanto di fuggire il più lontano possibile da lì.
“Tutta birra? Birra? Dove birra!”
Il Leprotto Marzolino si risvegliò improvvisamente dal coma etilico in cui era precipitato, udendo quella magica parolina di quattro lettere che altro non era che birra.
Ah? Le lettere sono cinque?
Dettagli, fate silenzio e lasciatemi raccontare.
Quindi, come dicevo, Ace prese a correre IL PIU’ VELOCEMENTE POSSIBILE (visto? Tornatene a nanna Leprotto, nessuna birra), impaziente di lasciarsi alle spalle quella tavolata di alcolisti, assassini, galantopi, zucche vuote ed aspiranti Re dei Cappelli.
Corse e corse, finchè, davanti ai suoi fulgidi occhi di pirata, non si presentò una scena davvero curiosa, che lo costrinse a fermarsi per poterla osservare meglio.
Una carta da gioco, una di quelle da scala quaranta, dotata di mani, piedi, e addirittura testa, in versione XXL, era tutta intenta a dipingere con della vernice rossa una siepe di rose bianche.
Ace strabuzzò gli occhi:
“Ma che diavolo stai facendo?”
La carta in questione, che altri non era che il sei di cuori, interruppe il suo lavoro certosino e si voltò verso di lui.
“TU!”
Esclamò spalancando gli occhi, lanciando in aria il pennello che stava utilizzando e il secchio di vernice, tanto fu grande la sorpresa.
“IO!”
Esclamò Ace, per non  essere da meno, spalancando a sua volta gli occhi.
“No, non hai afferrato il problema: tu sei TU!”
Continuò a urlare la carta.
“Bè, sì, credo di sì…”
Confermò il pirata, grattandosi la testa, estremamente perplesso.
“… Che qualcuno mi salviiiiii!”
Strillò il sei di cuori, tutto d’un tratto, iniziando a correre a più non posso.
“Questo non è decisamente normale.”
Commentò Ace, sempre più demoralizzato dalla follia dilagante.
Così, il nostro povero eroe, riprese a camminare, ancora perplesso ma ormai rassegnato, augurandosi soltanto di riuscire a tornare a casa prima di perdere completamente la testa.
Finchè, ad un tratto…
“Asso, ti dichiaro in arresto!”
Una voce squillante, un po’ stridula, attrasse la sua attenzione.
Il pirata si voltò: un uomo con un enorme naso rosso (ma, vi prego! Non ditegli che l’ho descritto in questo modo) e un colorato cappello da giullare con tanto di sonagli, sotto il quale si intravedevano ciocche di capelli azzurro cielo, fece la sua comparsa all’improvviso, con un enorme sorriso spavaldo sulle labbra e le braccia puntate sui fianchi.
“Cosa c’è ora?”
Sbottò irritato Ace.
Il sorriso dell’individuo si allargò:
“Cerchi di opporre resistenza? Non funzionerà! Perché io sono… il grande Jolly!”
…Jolly?
Ace si grattò la testa pensieroso: eppure era certo di aver già visto quel tizio da qualche parte…
“Ma certo! Tu sei Bagy il Clown! Ecco perché mi sembrava di conoscerti!”
“Non conosco nessun Bagy, come ti permetti di confondere me, il grande Jolly, con qualche essere inutile e sconosciuto?!?”
Sbottò il curioso individuo mentre, alle sue spalle, un intero esercito di carte da gioco, che andavano dall’asso al dieci di cuori, si inginocchiava ai suoi piedi, adorandolo come un dio e ripetendo tutti in coro qualcosa come “Tu sei il grande Jolly!”.
“Comunque…”
Riprese il Jolly:
“Asso di picche, ti dichiaro in arresto! Sei accusato di alto tradimento nei confronti della regina di cuori. La tua pena sarà… LA GHIGLIOTTINA!”
Ace sbiancò:
“Ma che diavolo dici?! Io nemmeno la conosco questa tizia!”
“Tu menti! Asso, arrenditi!”
“M- ma io non-
“Non provare a fuggire!”
All’improvviso Ace ricordò che era l’idolo di tutte le ragazze e che, comportandosi in quel modo codardo, avrebbe perso buona parte delle sue fan.
Così si schiarì la voce e recuperò il proprio contegno da ragazzo cool:
“E va bene, allora: combattiamo!”
Il Jolly si lasciò andare ad una lunga e gracchiante risata, a cui si unirono presto tutte le altre carte da gioco:
“E’ tutto inutile, arrenditi! Non puoi sconfiggermi. E sai perché? Perché tu sei solo un asso di picche ed io sono… il jolly!”
“Oh porca vacca!”
Soltanto in quel momento, il nostro eroe si rese conto che il Jolly aveva ragione.
Non poteva competere con lui: era risaputo che il jolly è la carta più forte di tutto il mazzo.
Eppure, il pensiero di poter perdere tutte le fan, con una rovinosa ritirata, era forte, davvero troppo forte.
Così, il nostro Figo di Fuoco (questo programma soprannome è stato gentilmente offerto da martychanfantasy!), si rese conto che l’unica cosa da fare era lottare, nonostante le nulle possibilità di vittoria.
“Mi batterò lo stesso!”
Esclamò quindi il nostro Eroe (ve lo metto con la lettera maiuscola, per sottolineare l’EPICITA’ di questo momento. Anche se la parola “epicità” fa schifo, e anzi non so nemmeno se sia una vera parola).
Il Jolly sghignazzò di nuovo:
“Temevo avresti opposto resistenza. Ed è per questo, che ho chiamato i rinforzi! Kappa di cuori, fatti sotto!”
A quelle parole, si udì un nitrito lontano.
Un terribile sospetto invase la mente del povero Asso di Picche, che sentì un brivido violento scendergli per la schiena.
Al nitrito, seguì lo scalpicciare degli zoccoli.
Ace impallidì, e smise di respirare.
E poi, finalmente comparve: uno splendido stallone bianco (in realtà grigio, per chi si intende di cavalli) dalla criniera platinata, apparve all’orizzonte, impennandosi sulle zampe posteriori.
A cavallo di quel magnifico animale c’era… niente meno che il Principe Ivankov!
L’urlo di terrore di Ace fu straziante.
Così, mentre il Jolly e le sue carte ridevano sommessamente, Ace urlava, e Ivankov mandava baci, una piccola creatura prese la parola:
“Asso!”
Ma, ovviamente, il frastuono era tanto, e nessuno riuscì ad udirla.
“ASSO!”
Ringhiò di nuovo, più forte: ma ancora non era sufficiente.
Così, la piccola e tenera creatura si spazientì.
Si tolse di bocca uno degli amati, piccoli, sigari, e lo spense sulla mano di Ace.
“Ahia!!”
Esclamò il pirata, riprendendosi grazie al dolore dallo shock che gli aveva causato la sola vista di Invankov, smettendo finalmente di urlare.
“Finalmente chiudi quella dannata bocca! Seguimi se vuoi salvarti!”
Soltanto allora, Ace si accorse finalmente della piccola creatura e poté udire la sua voce e… Scoppiò in una fragorosa risata!
“Che cavolo hai da ridere?!?”
Ringhiò questa, in risposta, sbuffando fumo dalle orecchie come fa quel cucciolone di Majin Bu quando si arrabbia.
“Ahahahah! Ahhaha! Ahhah! Ahhahahah tu sei- Ahhahaha! Ahahah! Una farfalla!”
Il Brucaliffo, che era appena uscito dalla sua crisalide con le sue nuove ali rosso fiammanti, si offese terribilmente.
“Ahaha! Ma dai, non ci credo! Quel tuo brutto muso burbero abbinato a quelle graziose aluccie! Dì, non sarai mica anche diventato donna nel frattempo?”
Il Brucaliffo si arrabbiò oltre ogni dire:
“Fottiti, stupido Asso di Picche!”
E così dicendo, arrabbiato, offeso ed imbarazzato, se ne volò via, progettando di fumarsi tutti i funghetti allucinogeni che aveva accumulato nel corso della sua lunga vita da bruco, nella speranza di poter dimenticare le terribili parole di Ace.
Così, Pugno di Fuco fu lasciato al suo destino.
Ma, soprattutto, fu lasciato nelle mani del Principe di Cuori…
 
Riuscirà il nostro eroe a sfuggire all'ennesimo tentativo di stupro?
O invece verrà arrestato dal Jolly malvagio?
La Regina di Cuori gli farà tagliare la testa?
Che ne sarà del povero, offeso Brucaliffo mutatosi in farfallina?

Tutto questo e molto altro ancora nella prossima puntata capitolo!

Spazio autrice:
Ahahah, ecco l'aggiornamento!
Amo Bagy, temevo di non riuscire ad includerlo nella storia e invece...illuminazione divina!
Sono un po' di fretta, ci sentiamo via recensione e al prossimo capitolo che, se le cose non cambiano, sarà anche l'ultimo (sigh, in realtà mi dispiace un bel po'!)
A presto ragazze ^^

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Capitolo 10
*** La Regina di Cuori ***


La Regina di Cuori

“Ahahah!”
La risata gracchiante del Jolly, accompagnata dallo schioccare dei baci del Kappa di Cuori, fece drizzare i capelli al povero Ace.
“Allora, Asso di Picche, ti arrendi?”
E fu così, che il nostro Eroe si trovò davanti ad una molto difficile decisione.
Difendere fino alla fine il proprio orgoglio maschile  e rischiare lo stupro, o dichiararsi miserabilmente sconfitto senza nemmeno aver lottato?
La scelta era ardua e dolorosa.
Poi però, avendo letto nelle recensioni dello scorso capitolo che le sue fan non lo avrebbero mai abbandonato in ogni caso, prese la sua decisione: decise che era meglio salvarsi il culo anziché l’orgoglio, in senso sia figurato che letterario.
“Mi arrendo!”
Esclamò, allora.
“Ahahah! Lo sapevo! Sono imbattibile! Il Grande Jolly ha vinto di nuovo! Kappa, puoi ritirarti!”
Il Jolly scoppiò nuovamente nella sua caratteristica risata, rovesciando la testa all’indietro, mentre l’esercito di carte alle sue spalle riprendeva ad intonare in coro “Evviva il Grande Jolly!”.
Solo il povero Ivankov non si unì a quelle urla gioiose.
Smise di avanzare verso Ace, ed i cuoricini che gli stava mandando con tanto amore si sgonfiarono e finirono per terra, andando in mille pezzi: amava veramente quel pirata!
E invece, lui… lui faceva di tutto per sottrarsi alle sue attenzioni.
E pensare che era stato Ivankov a fondare il suo fan club ufficiale, e lui stesso soleva definirsi “la sua fan numero uno”!
E’ proprio vero, il mondo è pieno di ingrati.
“Sapevo ti saresti arreso! Il Jolly prende tutto!”
Continuò imperterrito il tizio col naso da clown.
“No, no! Aspetta: è l’Asso che prende tutto! Non il Jolly! E io… io sono un Asso!”
Fece Ace all’improvviso, mentre nella sua bellissima testolina vuota e dura come una roccia si andava piano piano formando un piano di battaglia che non contemplasse la resa.
“Idioti, avete sbagliato gioco.”
S’intromise con un ringhio il Brucaliffo, apparso dal nulla, mentre, posato su una rosa rossa, assisteva alla scena.
“Brucaliffo! Sei tornato per salvarmi!”
Fece Ace vedendolo, speranzoso.
“No, ti sbagli. Sono qui perché ho tanta strada da fare per tornare a casa, e mi è venuta fame. E queste rose hanno proprio un aspetto appetitoso… Comunque, siete due imbecilli e due ignoranti.
L’asso piglia tutto soltanto a scopa d’assi, e si dà il caso che quello sia un gioco che si fa con le carte da briscola. Voi siete carte da scala. Ma non vi hanno insegnato proprio niente i vostri nonni?
Non c’è più la gioventù d’una volta, che passava i pomeriggi a giocare a carte”.
E così dicendo, il permaloso Brucaliffo succhiò un po’ di polline dalla rosa e, quando fu sazio, si rimise in volo.
“No, aspetta! Aiutami, salvami!”
Tentò di fermarlo Ace, che di nuovo si era reso conto di non avere alcuna possibilità di vittoria.
Il Brucaliffo (ma forse ormai sarebbe il caso di iniziare a chiamarlo Farfalliffo), se ne volò via ronzando qualcosa, che alle orecchie di Ace suonò molto come “muori”.
Il Jolly allora prese la parola:
“Ahahahaha! Ancora una volta, non puoi fare nulla contro di me! Allora, ti arrendi? Stavolta per davvero, però: tra poco inizia Clio Makeup, non posso perdermelo, soprattutto ora che arriva l’estate, e devo assolutamente trovare un trucco più… sai, fresco, di quello che porto ora”.
Ace rabbrividì nuovamente, rendendosi conto che anche il livello di gaiezza del Jolly pareva piuttosto elevato.
“Sì sì, mi arrendo, altrochè se mi arrendo.”
Affermò subito, allora, profondamente terrorizzato all’idea che gli stupratori potessero addirittura diventare due.
“Molto bene!”
Esclamò vittorioso il Jolly, con un enorme sorriso.
“Kappa di Cuori, va’ immediatamente ad avvertire la Regina di Cuori del nostro arrivo. Ah, quasi dimenticavo: dille di preparare la ghigliottina! Ahahahha!”
Così, a malincuore, Ivankov rinunciò alla sua bella, alias Ace, e, salito nuovamente in groppa al suo fedele destriero, si diresse di gran carriera al palazzo della regina.
“E riguardo a te… Asso di Picche, ti dichiaro in arresto! Hai il diritto di rimanere in silenzio, qualunque cosa dirai potrà essere usata contro di te. Hai diritto ad un avvocato, se non puoi permettertene uno te ne verrà affidato uno d’ufficio.”
Così dicendo, il Jolly ammanettò il povero pirata con un bel paio di manette di pelo rosa, suo ultimo acquisto, e, in catene, lo costrinse ad una serrata marcia verso il palazzo…
 
Due secondi dopo…
“Siamo arrivati?”
“No.”
“Come no? Ma io sono stanco!”
“Stupido Asso, ma se ci siamo appena messi in marcia!” 
Ace, a quelle parole, chinò il capo, rassegnato a camminare con quegli scomodi accessori di pelo rosa confetto ancora per un bel po’ di tempo…
 
Un minuto dopo…
“Siamo arrivati?”
“No!”
“Sicuro?”
“Certo che sono sicuro, me l’hai appena finito di chiedere un attimo fa!”
“Ma che un attimo! E’ passato addirittura un minuto e io sono stanco!”
“Smettila. Ora. O chiamo il Kappa di Cuori.”
Ace sbiancò, e non osò controbattere.
 
Cinque minuti dopo…
“Siamo arrivati?”
“NO!”
“Ah, Okay…E ora?”
“NOOOO! E se non taci io-
“Ho capito, sarò muto come un pesce”
Si arrese Ace, chinando il capo.
 
Dieci minuti dopo…
“Siamo arrivati?”
“NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO- Ah. Sì, guarda un po’, siamo proprio arrivati!”
Rispose finalmente il Jolly, sollevato dal non dover più stare a sentire le lamentele del pirata.
Davanti a loro, si ergeva un enorme castello di carte a cinque piani.
Ad Ace si mozzò il fiato: quell’architetto doveva aver avuto davvero un sacco di pazienza per creare una simile costruzione, lui non riusciva nemmeno a mettere insieme tre carte!
Il Jolly diede a Pugno di Fuoco uno strattone perché si muovesse.
Così, quella strana copia, seguita dall’esercito di carte, passò sotto l’arco d’ingresso giungendo nel giardino.
Era enorme e lussureggiante, quasi selvaggio, anzi: l’erba arrivava fino alle ginocchia del nostro eroe, ed enorme piante tropicali schermavano la luce del sole, mentre fiori esotici fiorivano tra le radici nodose.
Oh già, e c’erano anche un gran numero di funghetti allucinogeni: mai dimenticare il potere dei funghetti allucinogeni!
Una strana creatura, sbucò fuori da un ciuffo di erbacce e si diresse verso Ace.
Era… beh, sì, era una palla rosa.
Ace pensò si trattasse di un Jigglipuff selvatico e stava già per mettere mano alla sfera pokè che portava alla cintura per chiedere l’intervento del suo fidato Charizard quando, invece, la palla rosa si mise a parlare.
In effetti, era un po’ strana anche per essere un Jigglipuff, con quelle lunghe orecchie sottili, gli occhioni color nocciola e la larga bocca munita di piccoli denti appuntiti.
Così, la strana palla parlò:
“Benvenuto a Digiword! Io sono Koromon! Vuoi giocare con me?”
Ace non fece in tempo a rispondere alla tenera pallina rosa: il Jolly le piantò un calcio dritto sul naso (sebbene in realtà Koromon non avesse il naso) e la spedì a sbattere contro il tronco di un albero e questa, con un gemito, si disintegrò in una cascata di pixel.
“M-ma perchè l’hai fatto!”
Chiese disperato Ace, incredulo di fronte a tanta cattiveria rivolta ad una cosa così carina.
“Che t’importa? Tanto tra poco verrai giustiziato!”
E con queste parole, condusse Ace al patibolo, una larga lastra di pietra su cui era stata portata, per l’occasione, una ghigliottina.
Il patibolo era proprio davanti all’ingresso del castello e ad una delle terrazze, ad assistere alla scena su un enorme trono foderato di velluto rosso, stava seduta una creatura di incredibile bellezza.
No, no, stavolta non sto parlando di Ivankov, davvero, lui era seduto al fianco della creatura in questione.
No: questa era una donna (una di quelle vere!) dalla bellezza sublime.
Aveva lunghi capelli lisci, neri come l’ebano e morbidi come il velluto, profondi e lucenti occhi di lapislazzuli, pelle bianca come l’avorio, labbra rossa come rubini, e portava una corona d’oro nella quale erano incastonati smeraldi, diamanti, topazi… hey, avete fatto un furto?
Basta pietre preziose.
E non lo sapete che è contro la legge uccidere gli elefanti per prendersi l’avorio?
Siete delle brutte persone, ecco, l’ho detto.
Ma vi risparmio il predicozzo e proseguo la storia: dunque, questa bellissima creatura, altri non era che la Regina di Cuori, anche se sicuramente l’avevate già capito tutte.
“B-Boa Hancok?!”
Esclamò allibito Pugno di Fuoco, scorgendola.
Gli occhi della donna presero a mandare lampi di rabbia, mentre ella si alzava in piedi e puntava un indice accusatore contro il nostro amato pirata.
Poi rovesciò la testa all’indietro, come fosse un invasata: forse voleva guardare il cielo per assicurarsi che non venisse a piovere (la pioggia le avrebbe rovinato l’esecuzione e fatto diventare i capelli crespi), ma l’unica cosa che potè di fatto vedere furono i ragni che avevano fatto la tela tra le fessure del suo palazzo.
Ad ogni modo, mantenendo quella stramba posizione, la Regina di Cuori cominciò a parlare:
“Tu, misero Asso di Picche! Come osi rivolgerti a me con questo tono? Io sono la Regina di Cuori, e la mia parola è legge!”
Dunque sollevò la testa, fissando il Jolly.
“TAGLIATELE LA TESTA!”
Urlò, all’improvviso.
“Tagliatele? TagliateLE? Io sono un uomo! Un UOMO!”
Ace era così accecato dalla tristezza di essere scambiato per una donna ancora una volta, che nemmeno si accorse che il Jolly lo aveva fatto inginocchiare e lo aveva costretto ad appoggiare la testa sulla semilunetta inferiore della ghigliottina.
Quando finalmente Pugno di Fuoco si rese conto di cosa stava succedendo, sbiancò per la paura:
“H-hey! Aspetta! Avevi detto che avrei avuto un avvocato!”
Il Jolly smise di sogghignare e lo guardò, corrugando le sopracciglia, perplesso:
“Davvero? L’ho detto?”
“Si.”
Rispose il pirata, lapidario.
La Regina, che dal suo trono aveva assistito alla scena, si schiaffò una manata in fronte, demoralizzata: ma perché c’erano soltanto idioti alle sue dipendenze?
La povera donna, quindi, si arrese all’evidenza: ora, grazie al Jolly, gli sarebbe toccato sottoporre quel criminale ad un processo regolare.
“In questo caso, dichiaro aperto il processo. Caso 101, la carta da gioco Asso di Picche contro la Regina di Cuori.”
Dichiarò, allora, la Regina, ignorando bellamente Ace che protestava dicendo che lui non era una carta, ma un pirata, ed il suo nome era Portgas D. Ace.
“L’accusa è…?”
Domandò ella con fare altezzoso.
“Alto tradimento!”
Risposero in coro il Jolly ed il suo esercito di carte.
“Molto bene. Dichiaro l’imputato colpevole, e lo condanno alla pena capitale. Il caso è chiuso. TagliateLE la testa!”
Urlò la regina, puntando nuovamente il dito contro il pirata.
“Cosa? Ma… Il mio avvocato? Questo non è un processo regolare! Il giudice è venduto!”
Protestò Ace, indignato.
La Regina lo fulminò nuovamente:
“Come osi… TagliateLE la testa!”
A quelle parole il Jolly, che per l’occasione aveva indossato la sua divisa da boia con tanto di cappuccio che lo faceva tanto sembrare un membro del Ku Klux Klan, si avvicinò alla ghigliottina con chiari intenti omicidi.
“Non posso guaVdaVe!”
Esclamò il Kappa di Cuori, fuggendo a rintanarsi nelle sue stanze, in lacrime.
Allora, Ace capì che era infine giunta la sua ora.
Il Jolly sogghignò, facendo scattare il meccanismo della ghigliottina.
Con un sibilo acuto la lama iniziò a precipitare fendendo l’aria e…
 
“Svegliati!”
Mi svegliai con un fremito e un mugugno di protesta.
“E’pronto in tavola…”
Aprii lentamente gli occhi: il viso di mia madre apparve davanti a me, ancora un po’ confuso tra le nebbie del sonno.
“Ho fatto un sogno strano.”
Mugugnai, con la voce ancora impastata dal sonno.
“Riguardava quell’anim- hem… cartone – mi sforzai di dire, non senza una buona dose di disgusto, certa altrimenti che mia madre non avrebbe capito- One Piece.”
Lei mi lanciò uno sguardo interrogativo, che stava chiaramente a significare “Non ho idea di cosa tu stia parlando”.
Sbuffai.
“Quello”
Dissi, indicandole uno dei tanti disegni appeso alle pareti della mia stanza, nel quale era ritratto un ragazzo con un sorriso sicuro, capelli neri e spettinati, petto nudo e cappello da cowboy abbandonato sulla schiena.
“Ah! Eis, giusto?”
“Sì!”
Esclamai incredula, felice che, finalmente, dopo tutto questo tempo avesse finalmente imparato almeno il nome del mio pirata preferito.
“Ho sognato che finiva nel Paese delle Meraviglie, e i personaggi del suo anim- cioè, cartone, si mescolavano con quelli della Disney… Un bel casino.”
Commentai, grattandomi la testa confusa.
“E visto che hai fatto la tesina sui sogni, cosa starebbe a significare?”
“Cosa ne so? Non sono mica Freud.”
Sbuffai.
Lei rise:
“Vieni di là, è pronta la cena”
Si alzò dal letto, dirigendosi in cucina.
Mi alzai a mia volta, ancora un po’ stordita dal sonno.
Certo, il mio era stato proprio un sogno… interessante.
Ma c’era una cosa che mi lasciava perplessa.
O meglio, più di una in realtà, ma alle stramberie oniriche c’ero più o meno abituata, e l’abbuffata di torta che avevo fatto a merenda doveva senz’altro aver fatto la sua parte.
Soltanto un particolare proprio non tornava: se era stato tutto soltanto un mio sogno, come mai alla fine Ace non aveva scelto di andarsene in giro nudo per dimostrare a tutti di essere uomo?
Mondo crudele, mai un sogno che vada come dico io!
 
Riuscirà il nostro eroe a tornare dal Babb- Ehhhhhh?!?!? La storia è finita?!?!?!?
Perché non sono stata informata prima?!

Quindi, mi state dicendo che Ace non torna da Barbabianca? Che ho fatto per la bellezza di dieci capitoli questa cavolo di domanda senza nessun motivo?
Mondo crudele ç_ç
Ad ogni modo, anche se il mondo è crudele, io sono un narratore professionista e professionale.
Perciò, anche se il mondo non meriterebbe di saperlo, vi svelerò i vincitori dei Festival comparsi nella storia, visto che tanto lo so che ci avete aperto sopra un giro di scommesse clandestine e non vedete l’ora di scoprire chi ha vinto.
Il primo classificato al Festival dei Cappelli è… Il Cappellaio Matto!
…Cosa? L’avevo già detto? Ma porco cane, oggi non ne azzecco una.
Riproviamo.
Il primo classificato al Festival dei Fumatori è… Il Coccodrillo!
Che? Solo due Festival? Giuro, ero convinta di averne indetti di più.
Ad ogni modo, i vincitori delle scommesse possono andare a ritirare il loro premio alla cassa.
Vediamo, c’è altro che ho lasciato in sospeso?
Non credo, ma ci sono un ultimo paio di cose su cui mi sembra sia carino da parte mia informarvi.
Ah, prima che mi dimentichi: il Jolly vi informa che è lusingato dai complimenti che ha ricevuto nelle recensioni (ho dovuto! Non potevo dirgli che non avevate occhi che per Ace! Gli ho mentito, è vero, ma sono stata costretta! ç_ç), e vi informa che ha appena accettato la parte di Joker in “Batman, the Dark Knight”, e si aspetta che tutte facciate il tifo per lui.
Ah, stavo per dimenticare anche questo: mi informano dalla regia che Gargamella sia un uomo, anche se per la sottoscritta continua ad essere una donna, molto brutta ma pur sempre donna (capitolo tre, ricordate?).
Okay, ora passiamo alle cose davvero importanti che dovete sapere.
In un universo parallelo, non molto lontano da qui, Ace ha incontrato Goku, e dopo un lungo allenamento è riuscito a diventare un Super Sayan: ora vive felicemente alla Kame House con il Genio e tutti gli altri.
In un altro universo parallelo, molto molto lontano da qui, Ace e Ivankov sono felicemente sposati; hanno anche avuto un figlio, un pargoletto bellissimo, ma non chiedetemi come.
Bene e ora… Siete pronte per il gran finale?
Tenetevi forte: in un altro (già, un altro ancora) universo parallelo, dislocato nessuno sa dove, Portgas D. Ace ha finalmente deciso di andarsene in giro nudo.
E… beh… Sì… Ecco… Io… Non so bene come dirlo…
E va bene allora, senza giri di parole: la sottoscritta si licenzia!
E non è finita qui: mi licenzio, perché devo andare alla ricerca di quel dannato universo parallelo!
Vorrete scusarmi se rassegno le dimissioni come narratrice in questo modo ma… beh, sono sicura che voi mi capite: stiamo parlando di Ace! Nudo! NUDO! NUDOOOOO!
Avete afferrato il concetto o lo devo scrivere un'altra volta?
Ormai vi conosco, siete tutte ragazze sveglie, avrete sicuramente compreso la situazione.
Quindi… beh, questo è tutto.
Forse, un giorno ci rivedremo (o forse no, dipende dall’esito del mio viaggio: giuro, se trovo quell’universo non torno mai più a casa!).
Basta chiacchiere, da qualche parte c’è un Ace nudo che aspetta solo di essere stuprato amato.
Ciao a tutte! <3  
 
Spazio autrice:
Ahhhhh, che bella cosa la follia <3
Come vi avevo già annunciato, questo è il capitolo conclusivo della storia (bel numero il dieci, neh?), spero solo non abbia deluso le vostre aspettative :)
In realtà, sebbene sia l’ultimo spazio autrice della storia, non ho poi molto da dire, ho praticamente già detto tutto…
Avevo detto che forse avrei fatto una seconda storia sempre su questo genere e… beh, perché no?
Ma non vi nascondo che non ho ancora in mente nulla di preciso, solo molte idee confuse…
Credo ad ogni caso che aspetterò almeno un mesetto prima di iniziare, anche perché devo ammettere che scrivere When the moon rises si sta rivelando più impegnativo del previsto >_<
Comunque, è stato un piacere scrivere questa storia e ridere con le vostre recensioni (sigh, ne sento già la mancanza!  ç_ç) <3
Se volete, quando inizierò una nuova storia, vi manderò una mail di avvertimento ^^
A presto, spero, ciao a tutte! :*

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