La storia di Yangin

di Cimmino
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1. L’INFANZIA AGIATA DI UN FUTURA CRIMINALE ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2. VICINI A SKYRIM. ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3. FINALMENTE A PONTE DI DRAGO ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4. NELLA TENDA, DUE CONIGLI. ***
Capitolo 6: *** CAPITOLI 5, 6 e 7 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 8. CONTATTO CON LA “GILDA DEI LADRI” ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 9. LA CARAFFA D’ORO ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 10. ENTRARE IN ACCADEMIA ***
Capitolo 10: *** CAPITOLI 11 e 12. L'ACCORDO e INIZIO DI UNA NUOVA AVVENTURA. ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 13. UN BUON INIZIO ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


In una notte buia, senza luna e senza stelle solo il tenue limpido di una candela posta fuori dalla cancellata illuminava i volti della due prigioniere.
Erano due donne, poco più che ragazze, una Bretone e un Elfo Alto. La prima armeggiava cautamente con un grimaldello. Erano entrambe molto belle, la Bretone aveva un viso affilato e si suoi occhi verdi erano seri e concentrati, illuminati dalla fioca luce dalla candela, i suoi capelli, una lunga chioma rossa come il fuoco cadevano morbidi sulle sue spalle mentre una ciocca scendeva sul viso descrivendo dei dolci boccoli. L’Elfo invece era totalmente nascosta nell’ombra ma la sua voce era delicata anche se un po’ tremante, il silenzio era inquietante ed un suo sussurro lo ruppe:
«Ma sei impazzita?!? Se ti scoprono finiremo ancora pegg..»
«Shhhh… La interruppe l’altra ragazza» della quale si intravedeva solo il disegno sulla sinistra del suo viso.  «Abbiamo solo questa possibilità per poter fuggire, non oso immaginare cosa potrebbero farci, legate come siamo, quei miserabili.»
«Hai ragione… Ma se tu non mi avessi convinta ad accompagnarti a recuperare un carico di Skooma ora non ci troveremmo ad evadere da una fortezza imperiale. E come se non bastasse dovrò utilizzare la mia magia per scopi tutt'altro che benefici. Questo avrà sicuramente delle ripercussioni sulla mia carriera da maestra.»La bretone la interruppe nuovamente schiaffandole rozzamente la mano sulla bocca e cercando di mantenere più calma possibile le ripeté di fare silenzio. Le dava molto fastidio quell’atteggiamento pavido che ogni tanto assumeva la sua compagna, che in realtà era una delle persone più coraggiose che avesse mai conosciuto.
L’elfo si zittì e lasciò lavorare la sua compagnia. I soldati imperiali che facevano la guardia alle prigioni del Forte di Blackbrokesword erano ormai addormentati da parecchi minuti, le due ragazze non rappresentavano una particolare minaccia e allora i due si erano assopiti con calma. La Bretone non voleva perdere la loro unica occasione però la poca e vibrante luce non aiutava il lavoro di scasso e le pareti, grata compresa, erano umide e scivolose in più l’odore di muffa e morto di quelle segrete era insopportabile e distraeva la ragazza. Dannazione! Questo grimaldello non funziona bene e rischio di fare troppo rumore allo scatto della serratura.
L’Elfo osservava dalla penombra della cella con fare attento sapendo che era un momento molto delicato, la sua amica era visibilmente sotto sforzo e la tensione aumentava ogni secondo.
Dopo minuti sembrati interminabili la serratura scattò e ancor prima che le guardie riuscissero a svegliarsi, erano già prive di vita. Il corpo di Yangin scattò come una molla fuori dalla cella e con freddezza lanciò degli incantesimi sui due Nord appostati ai lati dell’ingresso. I due vennero pervasi dalle fiamme ma non un solo urlo si levò in quel freddo corridoio.
Sephiae, l’Elfo donna, non face una piega, ormai abituata alle “performance” di violenza della sua amica criminale.
«Andiamo…» Sussurò la bretone, «Prima che scoprano i cadaveri recuperiamo le casse e spariamo, intesi?»
«An-an!» Annui Sephiae e le due donne sparirono nelle ombre delle prigioni del forte.
Strisciarono a lungo nell’ombra del forte cercando di evitare più possibile il contatto con le guardie ribelli. Le viscere del castello erano totalmente sguarnite ma infestate delle peggiori creature possibili come skeever, grandi ratti vettori di qualsiasi tipo di malattia, e ragni del ghiaccio. Non mi sorprende che non ci sia un solo soldato a pattugliare questi cunicoli. Ci pensano già questi mostri.Dopo parecchi minuti le due ragazze arrivarono ai piedi di una grande porta un legno massiccio costellata da pesanti borchie in ferro battuto.
«E ora?» Chiese Sephiae, «Entrare in grande stile oppure azione furtiva?»
Yangin, la bretone, sorrise e guadò allegramente la sua compagna senza dire una parola. L’Elfo sospirò, conosceva fin tropo bene quegli occhi divertiti per non capire a cosa stesse pensando. «Uff… E allora entrata in grande stile sia!»
Neanche finì la frase che la porta esplose in una nuvola di legno, ferro e schegge, Prima o poi mi ammazza quella lì! Penso Sephiae seguendo a bretone che aveva già varcato la soglia carbonizzata.
Il conflitto fu  impari, le forze schierate nel castello non poterono nulla contro gli incantesimi di due potenti maghe e dopo pochi minuti di scontro le due, guidate da Yangin si ritrovarono nei pressi del deposito.
Aperta la porta una vampata nauseante avvolse le due che portarono subito le mani al viso per schermarsi. L’aria viziata faceva lacrimare gli occhi e molti skeever zampettavano inquietanti appena fuori l‘arco di luce descritto dall’incantesimo di Sephiae. Yangin si avvicinò decisa ad una cassa e senza neanche controllarne il contenuto le la caricò sulle spalle facendo segno all’amica che era ora di andare.
Uscirono velocemente dal Forte e l’aria gelida di Skyrim le accolse, la luna splendeva alta nel cielo con molte nuvole a tenerle compagnia, i lupi ululavano forti e gli alberi scaricavano la neve sui loro rami per terra.
«Abbiamo bisogno di cavalli.» Esordì Yangin.
«Non preoccuparti, ne troveremo alla locanda qua vicino, ora muoviamoci, non mi piace stare allo scoperto con della Skooma sulle spalle.»
La bretone annuì e senza dire nulla iniziò a camminare verso le luci di una locanda in lontananza.
 

 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 1. L’INFANZIA AGIATA DI UN FUTURA CRIMINALE ***


«NO! NO e poi NO! Non ho intenzione di venderti la statua di Meridia a soli 20 septim!»
Urlò furente il padre di Yangin, Edmuhund,  un abile commerciante bretone di cianfrusaglie. Stranamente alto per le sue origini aveva il volto rigato da cicatrici verticali dovute ad un incontro da bambino con un lupo. Portava i capelli rasati ma aveva una folta barba rossiccia acconciata con i più disparati ornamenti sacri ed i suoi stanchi ma attenti occhi verdi riuscivano ad individuare un affare a leghe di distanza, questa naturale capacità gli permise nel corso degli anni di arricchirsi e di farsi un nome come piccolo mercante.
Vendeva e comprava di tutto, più per gusto che per guadagno, per i  prezzi che praticava era quasi un truffatore, ma in tutta Highrock non c’era un singolo uomo così ben fornito.
Da quando era tornato dalla Grande Guerra però era ossessionato da un prodotto conosciuto sotto le armi e che desiderava commerciare: la Skooma, la droga più potente e più pericolosa di tutto l’impero, prodotta dallo zucchero lunare  khajiti si presentava come un liquido di un blu molto intenso e dall’odore fruttato che provocava allucinazioni ed euforia.
In passato fu la causa di un’intera rivolta di minatori che in preda agli effetti della bevanda attaccarono un accampamento militare causando ingenti perdite. Da quel momento la Skooma divenne illegale e tutti i commercianti e produttori vennero o imprigionati o giustiziati.
Fu Yangin, poco più che una bambina, a convincere il padre ad aprire e gestire un retrobottega mentre lei lavorava nell’attività di facciata ingannando sempre meglio clienti su clienti con i suoi magnifici occhi verdi.
In pochi mesi Edmuhund riuscì a guadagnare abbastanza septim da aprire dei retrobotteghe per tutta la provincia imperiale di Highrock e poco dopo possedeva una casa-forte tutta per lui e la sua tenera figlioletta.
Massiccia e fredda fuori, le sue mura in massiccia pietra squadrata erano ciò che rimaneva di un antico castello avvolto nella leggenda. Si sussurava che, decenni prima, il forte fosse abitato da individui dotati di incredibili poteri magici e che durante un loro esperimento rimasero intrappolati nelle fredde e nude rocce delle mura. Il castello era tuttavia caldo e accogliente al suo interno, il legno grezzo che formava pavimenti e soppalchi rendeva la pietra meno opprimente e gelida mentre molti camini riscaldavano l’ambiente.
Quella rocca fu per la ragazza il luogo più accogliente in cui visse, vicino ai rigogliosi boschi da caccia dell’Imperatore, Yangin crebbe sana e forte allenandosi in varie arti criminali, combattimento col pugnale, furto e inganno, tutto quello che si prefissava lo otteneva o con la forza o con l’inganno facendo solo ciò che riteneva proficuo ma soprattutto divertente. Gestire la bottega del padre e vivere agiatamente mentre lui metteva da parte ricchezze sempre maggiori la entusiasmava e quando scoprì di avere un talento per le arti Arcane la sua vita divenne da bella ad eccezionale. Da quel momento le sue giornate divennero enormemente piene, Yangin infatti si destreggiava tra l’allenamento fisico, lo studio della magia e la bottega senza però trascurare i suoi amici che vivano nel piccolo villaggio ai piedi del castello. La ragazza si divertiva molto a mettersi in mostra con in suoi coetanei evocando deboli fiammelle e piccole figure eteree e con il tempo la sua abilita crebbe sempre più grazie anche ai vari scambi fatti da Edmuhund che avevano permesso di creare una fornita biblioteca formata prevalentemente da tomi magici. Col passare dei mesi Yangin iniziò a dedicarsi a tempo pieno allo studio fino a quando riuscì a controllare il livello base di tutte le tipologie di incantesimo mostrando però particolare affinità per gli incantesimi di fuoco rispettando appieno il nome donatole dal padre che, nella lingua degli antichi, significava Fuoco.
Il tempo scorse felice tra i passatempi di Yangin e l’abilita del padre negli affari fece in modo che la piccola attività di famiglia diventasse famosa e temuta in tutta Tamriel.
Vani furono gli svariati tentativi della legione imperiale di smascherare Edmuhund e la figlia. Un giorno di Primo Seme una pattuglia venne inviata perfino sino al loro castello dove Yangin stava leggendo al caldo del camino con le gambe incrociate sui braccioli della poltrona in velluto rosso fuoco. Il comandante bussò forte sulla porta borchiata con un inquietante battente rappresentante il principe daedrico Namira che di avvolgeva sul ferro battuto. «Per Tamriel aprite questa porta o saremo costretti ad usare la forza!» Yangin non si scompose e continuò tranquillamente a leggere il suo libro sulle leggende dei licantropi.
Il rumore dei pugni sul legno massiccio si fece sempre più insistente fino a quando la ragazza, spazientita per essere disturbata per tale un’inezia, spalancò con forza la porta. L’ultima cosa che il capitano vide fu il ghigno truce di Namira per poi ritrovarsi riverso nel fango.
All’ingresso Yangin si gustava la scena con il sorriso stampato sulle labbra mentre i soldati stupiti portavano lentamente la mano alla spada. La reazione di Yangin fu al contrario rapida e decisa, con un sorriso maligno coinvogliò le fiamme del camino verso gli imperiali uccidendoli provocando loro attimi di pura agonia. Ecco. Mi faccio sempre prendere dalla foga del momento. E questi dove li metto adesso? Forse è il caso di aspettare Papà, saprà cosa fare. Si disse Yangin che lasciando il portone aperto rientrò in casa e riprese la lettura.
Grazie ad accordi e tangenti nessuno seppe mai di questo e di altri avvenimenti e così il piccolo impero del male si espanse in tutto l’impero. Le botteghe spuntavano come funghi e risalire al loro fornitore sarebbe stato impossibile, troppe persone e scambi si incrociavano in modo da rendere le indagini inutili e senza sbocchi.
A Skyrim però Edmuhund incontrò non poche difficoltà, in quel luogo la gente viveva in modo semplice e la vita era troppo dura per far baldoria così i Nord, i suoi abitanti, vedevano di malo modo questo famoso ricavato bluastro che prendeva il nome di Skooma. L’unico metodo per  espandersi in quella regione sarebbe stato un matrimonio combinato tra sua figlia, neanche quindicenne, ed un ricco mercante viscido e ingannevole nell’aspetto come nel nome Sheivash.
Yangin non ne volle sapere e si impuntò come non mai.
«Non esiste che quel “coso” mi tocchi. Poi tu! Tu che sei sempre stato geloso di me e non mi hai mai quasi lasciata entrare in contatto con dei ragazzi ora mi useresti per i tuoi traffici? Non esiste al mondo una cosa simile.»
«Io sono il Capo, io ho creato tutto questo ed io comando!» La zittì con forza. «Poi mi è sempre sembrato che fossi disposta a qualsiasi cosa pur di espanderci in Skyrim.»
«Non intendevo mica darmi come merce al primo uomo che passa. In più prima affermi che sia tutto merito tuo poi appena ti servo mi includi nei tuoi calcoli, non è così che funziona. Ti propongo di darmi carta bianca e stare a vedere e se in un mese il mio lavoro non darà progressi sarai libero di farmi fare tutto quello che vuoi.» Concluse Yangin e senza lasciare tempo al padre di replicare si voltò e si diresse in biblioteca.
Le abilità della ragazza nell’ingannare, grazie alla sua intelligenza e bellezza, furono tali da dare i frutti sperati nel mese di tempo e in nel giro di un anno tali da rimpiazzare il padre e consentirle di organizzare poco a poco “l’invasione”di Skyrim.
Il suo piano era semplice ma congeniale: entrare in contatto e stringere accordi con la famosa Gilda dei Ladri di Riften che era l’associazione più legata ai khajiti di Skyrim, commercianti girovaghi che non temevano l’Impero. Umanoidi dall’aspetto felino maestri nei furti e abilissimi mercanti nomadi provenienti dalla calda regione di Elswyr.
Passarono due anni e finalmente i tempi erano maturi. Yangin aveva organizzato tutto nei minimi particolari e la partenza era prossima.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 2. VICINI A SKYRIM. ***


L’aria era fredda, e la temperatura calava ad ogni passo.
Yangin, ormai diciottenne, era nata e vissuta fino ad allora nella zona più fredda di Highrock, ma tutto quello che aveva sopportato fino a quel momento sembrava una passeggiata nei boschi imperiali dove conobbe amici fidati e imparò i suoi primi incantesimi. Sollevò lo sguardo verso l’alto alla ricerca di un po’ di luce ma i suoi occhi incontrarono solamente nubi e rami rinsecchiti dal freddo torrido.
Dopo una lunga attesa il sole riuscì a farsi strada attraverso la spessa coltre di nuvole e nebbia. La luce fu un tocca sana per tutti quanti e il calore irradiato dal sole riportò Yangin al passato.
 
Il sole è particolarmente caldo, oggi non trovi?” disse una voce dolce alle  sue spalle. Yangin rabbrividì, non aveva sentito arrivare nessuno e quella frase cortese la colse di sorpresa. Si voltò cercando di sembrare più calma e rilassata possibile ma rimase esterrefatta nel vedere un candido bimbo vestito di stracci di fronte a lei. “Non ti ho sentito arrivare” sussurrò delicata Yangin “Cosa ci fai qua? Ti sei perso?” Senza accorgersene Yangin ripose i suoi libri e si ritrovò accoccolata al fianco del bambino. “Io vivo qua da quando ho memoria e vedere qualcuno mi spaventa ma tu mi ispiri fiducia. Il mio nome è Casild e tu come tu chiami?” rispose l’infante con semplicità tale da aprire il cuore a Yangin.
-Cosa diavolo mi significa che vive qui? E’ un bambino ed è appena finita la Gelata- Pensò la bretone. “Mi tieni compagnia?” disse come un sussurro Casild. Perplessa la ragazza sorrise accettando l’invito del bambino. Nacque così la prima vera amicizia di Yangin.
 
Antram fece tre fischi riportandola alla realtà. Yangin nonostante la distrazione riconobbe il segnale che  significava pericolo, seguiti dal verso di un gufo, che stava per imperiali.
Tutta la carovana, si nascose appena fuori dal ciglio della strada tracciata ed aspettò che la pattuglia li superasse. Yangin valutò rapidamente la situazione: erano solo in tre con un robusto Redguard prigioniero, lei ed i suoi uomini invece erano ben armati, irriconoscibili e soprattutto potevano contare oltre che su loro stessi anche su quattro orchi alle loro dipenzenze che una volta giunti a Skyrim si sarebbero trasferiti in una delle famose fortezze dedite a Malacarth, l’unico Dio di quella razza tanto forte fisicamente quanto abile nella forgiatura.
Dopo qualche istante Yangin guardò Antram, suo cugino ed amico, e diede l’ordine di attaccare. In pochi secondi i tre soldati caddero a terra privi di vita colpiti dalle frecce acuminate scoccate dagli orchi.
L’uomo prigioniero era bendato e l’improvviso arresto della marcia lo confuse. Uno degli orchi gli fu sopra in men che non si dica e lo schiacciò a terra con una lama dalle sfumature verdastre, dovute all’oricalco, puntata alla gola.
Antram lo fermò intervenendo tempestivamente. «Può esserci utile.»
Disse solamente e aiutò il Redguard a sollevarsi, lo liberò dalle catene e gli tolse la tela che gli copriva il viso. Sotto di essa si presentò un uomo dalla pelle del colore del cioccolato e dai lineamenti decisi. Portava un vistoso taglio moicano ornato da perline e fronzoli colorati. «Grazie!» disse deciso e strinse il braccio del suo salvatore in segno di amicizia.
Alcuni istanti dopo la carovana era di nuovo in viaggio con un membro in più e con parecchio oro imperiale nelle sue sacche mentre i cadaveri vennero gettati nel fiume adiacente e ricoperti di sassi.
Il panorama scorreva invariato sotto i loro occhi, neve su montagne e neve su qualsiasi cosa. Una spessa coltre di nubi di colore plumbeo impediva al sole, già fioco, di scaldare e rinfrancare un po’ il morale degli uomini della carovana. Le ore di marcia pesavano sulle gambe ma Yangin avanzava spinta da un’energia inesauribile.
Ore dopo si accamparono, il Redguard era visibilmente spossato dall’arresto e dalla marcia serrata appena avvenuta. Ma conosceva il posto e sapeva come passare il confine senza farsi trovare, l’orco che lo aveva quasi sgozzato lo interruppe ridendo rumorosamente:
«Tu che eri fino a poco fa prigioniero degli imperiali ci stai consigliando in pratica come fare il nostro lavoro?»
 Tutti risero insieme a quell’uno e quando il vociare tacque l’uomo dalla pelle d’ebano ricominciò a parlare con tono calmo ma deciso:
«Sono stato preso mentre cercavo di difendere mia moglie e la mia bambina da quei cani imperiali, almeno ne mandati un po’ sottoterra per questo mi stavano portando al cospetto del Boia di Ponte del Drago per impormi la loro punizione. Non c’entra nulla con l’attraversare il confine, quello lo faccio anche più volte al giorno da ben 20 anni, potete fidarvi oppure farvi catturare quasi sicuramente dalle truppe imperiali mentre introducete a Skyrim 20 casse di Skooma, a voi la scelta.»
Rimase in attesa di risposta ad occhi chiusi con il capo chino, tendeva a fare in quel modo quando esponeva le sue considerazioni. Una lacrima tuttavia gli rigò il volto, il ricordo ancora vivo della sua famiglia distrutta lo uccideva giorno dopo giorno.
Contemporaneamente alle ultime parole dell’uomo tutti si girarono verso la giovane Yangin che senza pensarci due volte disse in modo secco:
«Essia! Vi voglio tutti pronti in dieci minuti e da quel momento fino al primo villaggio sicuro di Skyrim dovrete fare capo a quest’uomo!»

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 3. FINALMENTE A PONTE DI DRAGO ***


Il freddo si fece talmente intenso che perfino i lupi, seppur intenti ad ululare alla luna piena, ritornarono nelle loro tane. Il vento soffiava forte portando con sé taglienti fiocchi di giaccio e producendo un sibilio, quasi fosse un antico spirito che cercava di comunicare ancora con la rigida Natura.
Così Yangin, non abituata a rimanere esposta a così basse temperature, si lamentava ancora e ancora:
«Odio già Skyrim, di giorno fa freddo, di notte fa ancora più freddo, nevica sempre e come se non bastasse il posto pullula di imperiali come il  lato rivolto a settentrione di un tronco è coperto di muschio»
Gli replicò il cugino Antram, sempre calmo e pacato mentre sorseggiava del tè caldo da un calice di fattura pregiata mentre i suoi occhi, verdi come quelli della cugina scintillavano alla luce del focolare:
«Ti do ragione Yangin, però sappiamo entrambi che espandere il commercio in questa landa ghiacciata sarebbe il massimo per l’attività di famiglia. Poi ti vorrei ricordare di chi è stata l’idea di andare a Skyrim»
«Lo so, lo so è solo che non mi sono ancora abituata a questo clima, non si riesce neanche ad addormentarsi per quanto freddo fa! Ogni tanto mi chiedo perché non sono una ragazza normale maritata e che bada alla casa...»
«Perché saresti sprecata cugina!» Scherzò su  il ragazzo tirandole una cuscinata.
Poco dopo i due caddero nelle braccia di Azura e dormirono fino all’ora prefissata: le 4 del mattino.
Il gruppo di contrabbandieri si incamminò lentamente con le ginocchia intorpidite dal freddo, avevano passato il confine la notte prima sotto la sapiente guida di Alik, l’imponente redguard, e dopo la pausa notturna si erano decisi a fare tappa nella prima città: Ponte del Drago, scelta piuttosto azzardata e potenzialmente pericolosa. Quel agglomerato urbano infatti era il primo villaggio che si incontrava a Skyrim, era molto controllato da soldati e le sue imponenti mura proteggevano i coriacei abitanti. Posizionata in una zona in cui il contrabbando era molto fiorente Ponte del Drago era diventata famosa per la legione lì stanziata e per la cupa fama del Boia, si diceva infatti che sin da bambino il boia si divertisse a uccidere e lo faceva più che bene con vari metodi dai più cruenti a più fantasiosi. Fu così che allora l’Impero lo assunse e divenne IL Boia, terrore dei contrabbandieri e dei criminali di vario stampo.
Neanche passarono il cancello che tutti gli uomini del convoglio erano già nella locanda a fare baldoria lasciando tutto il prezioso carico nelle stalle fuori dalle mura insieme a Yangin che, dopo averlo sistemato con cura facendolo abilmente passare per una derrata di alimenti esotici, entrò cauta ad Ponte del Drago attraversando la grande porta borchiata. Passando per le vie del paese la bretone poté ascoltare diverse conversazioni dei villici a riguardo degli odiati contrabbandieri e a proposito di quanto fosse divertente vedere il Boia in azione. Tutto ciò preoccupò Yangin ma non appena giunse alla locanda lo rimosse dalla testa e pensò a divertirsi.
Il giorno dopo nessuno dei membri della carovana fu in grado di mettersi per strada, perfino Yangin, una donna che raramente cedeva all’inganno dell’alcol, riversava in condizioni deplorevoli, così il gruppo stazionò più del dovuto nella città imperiale. Fu una scelta pessima, le voci circolarono in fretta per il piccolo villaggio e presto giunsero alle orecchie degli imperiali che con facilità catturarono i membri della carovana. Solo grazie all’aiuto di Alik si limitarono i danni: egli riuscì a scappare dalla città col carro portando con sé Yangin, ancora intontita dall’idromele. La fuga attraverso gli stretti sentieri di Skyrim fu difficoltosa ma il Redguard conosceva bene quei luoghi e si mise in salvo con la ragazza.
La reazione del comandante di stanza nel villaggio fu improrogabile: fece rinchiudere i quattro orchi nelle prigioni della fortezza, vennero posti sotto tortura e dopo giorni di sofferenze liberati, mentre ad Antram, riconosciuto come capo della spedizione, venne proposto un accordo: o avrebbe trovato il vero colpevole e recuperato il carico oppure sarebbe stato decapitato seduta stante dal Boia. Il giovane bretone guardando verso il giustiziere notò la sua voglia di uccidere e non impiegò molto a fare una decisione, mise da parte tutto l’amore e l’affetto che provava per Yangin e confessò che il carico era diretto a Solitude e che era guidato da un Redguard sconosciuto. Riuscì a non farsi scappare il nome di famiglia e quello della cugina ma ciò bastò ai soldati imperiali che partirono subito all’inseguimento, invano però.
Antram venne liberato con l’ordine di essere d’aiuto al recupero del carico ma non mantenne il patto e si recò a Riften, la città dei ladri, dove si sarebbe dovuto incontrare con Yangin nel caso le cose si fossero complicate, per la strada ringraziò più volte i Nove per aver discusso in anticipo con la ragazza  un piano di riserva.

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 4. NELLA TENDA, DUE CONIGLI. ***


Quando Yangin si svegliò era distesa su una morbida pelliccia d’orso, al caldo dentro una tenda di pelle. La testa le faceva male e provava un forte senso di nausea sia nei suoi stessi confronti sia per tutto l’alcol ingerito.
Analizzò la tenda con le poche forze che aveva in corpo, riconobbe l’attrezzatura da campo come sua ma non ricordava di aver abbandonato la città. Un soffio di vento gelido entrò debole nella tenda facendo tremolare il pallido fuoco di un tripode nell’angolo e spalancando le pelli che componevano l’ingresso della tenda. Yangin venne sorpresa da quell’aria gelida e osservando la luce che entrava dallo spiraglio aperto dal vento poté dedurre che fosse mattina inoltrata. Maledizione che mal di testa… Ma che diavolo è successo ieri notte? Dove sono tutti?
Chiamò ad alta voce più e più volte il nome di Antram ma ottenne solo il flebile eco della sua voce trasportato dal vento. Allora uscì dalla tenda e venne punta dall’aria gelida di Skyrim, si guardò intorno e vide solo cime di montagne, evidentemente doveva trovarsi in un avvallamento. Rimase all’aperto per parecchi minuti, l’aria fresca la stava svegliando ed il contatto delle piante dei piedi con l’erba umida di rugiada la rilassava. Queste montagne sono il paradiso. Vi è una pace ai loro piedi in grado di calmare il più irrequieto tra gli uomini. Pensò Yangin che si era seduta a gambe incrociate su di una pietra scaldata dal sole. Ma senti che persona profonda sto diventando! Mi faccio quasi paura. Disse la ragazza tra sé e sé sorridendo e sollevando lo sguardo verso le cime delle montagne, dove dalle aquile descrivevano larghi cerchi.
Quando però pensò che era sola e non ricordava nulla della notte appena passata Yangin si levò da terra legandosi i capelli rosso fuoco in una lunga treccia. Si diresse a grandi passi verso la tenda ed entrandoci provò un gran sollievo dovuto alla temperatura più confortevole, finì di vestirsi, infilò gli stivali in camoscio scuro e uscì nuovamente dalla tenda. S’incamminò verso una macchia di alberi poco più in basso dove trovò il carro: il carico era intatto ma lo stesso non si poteva dire del mezzo, le ruote erano tutte e quattro rotte, si vede che il tragitto era stato difficile e veloce. Sembra che almeno non si sia perso tutto, ma dove sono gli altri? Per i Nove, che diavolo è successo l’altra notte, ammesso che abbia dormito solo un giorno. Antram dove sei? Pensò Yangin che però, visto che il carico era integro, si sentì almeno in parte sollevata e tornò alla tenda con calma, cercando di ricordare qualcosa del soggiorno a Ponte di Drago. Trovò Alik che, visibilmente preoccupato, cucinava due conigli.
La ragazza si gettò verso il pasto senza neanche salutare colui che, a sua insaputa, le aveva salvato la vita e, mossa da una fame animalesca, strappò un pezzo di carne dal gustoso roditore. L’uomo dalla pelle scura fu sollevato nel vederla sana e sveglia, scherzò con la ragazza e le raccontò di come era scivolato in una pozza di fango pur di prendere quei conigli, ma improvvisamente si fece serio e raccontò di tutti gli avvenimenti della scorsa notte: Alik avendo notato che la situazione stava scappando di mano provò calmare i suoi nuovi compagni ma vedendo che non ci riusciva prese di forza Yangin, la quale lo graffiò e lo morse ripetutamente, e si allontanò da Ponte di Drago prima che potesse essere riconosciuto come uno del gruppo arrivato la mattina prima.
Yangin ascoltò con molta attenzione sunto dell’uomo sentendo sempre più che poteva fidasi di lui ed alla sua domanda “cosa si fa ora?” rispose a pieni polmoni: «Si va a Riften!»

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Capitolo 6
*** CAPITOLI 5, 6 e 7 ***


Capitolo 5. Partenza per Riften.
 
Alik apprezzò l’entusiasmo di Yangin però gli toccò il triste compito di smorzarlo ricordandole che in carro era inutilizzabile.
La ragazza divenne improvvisamente rossa in faccia, incominciò a sbraitare e a bestemmiare i Nove. Sembrava un’altra persona ed Alik spaventato tacque, Yangin si alzò di scatto e si mise a camminare inferocita verso il carro inerme, i cavalli che erano ancora legati alle redini nitrirono spaventati e cercarono di fuggire invano.
La ragazza si calmò con la stessa velocità colla quale si era inferocita e analizzò la situazione: due ruote erano rotte a causa dei molti sassi del sul percorso mentre le altre due avevano alcuni raggi infranti. Yangin non riusciva a vedere una soluzione per raggiungere Riften che non sapeva nemmeno dove fosse allora estrasse la cartina dalla sua borsa. La studiò per parecchi minuti pensando a moltissime soluzioni pur di non abbandonare il carro. L’unica idea accettabile fu quella di fidarsi di Alik: gli diede dei soldi e un cavallo e gli disse di recarsi a Witherun o a Markart dove comprare delle ruote e pagare degli uomini affinché lo aiutassero con il carico.
Alik non fece domande, prese i soldi, salì in groppa al cavallo e partì dicendo:
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Yangin riuscì stranamente a divertirsi in quei due giorni: si allenò con degli incantesimi che aveva appreso da bambina per difendersi dai clienti male intenzionati, e poco dopo riuscì a procurarsi cibo già cotto grazie all’incantesimo delle fiamme. La bretone si abituò velocemente al rigido clima di Skyrim, le piaceva uscire dalla tenda alle prime luci dell’alba e sentire il vento gelido svegliarla velocemente così da poter pensare in fretta ad da farsi e permetterle di osservare la natura in tutta la sua cruda bellezza.
Alla fine del terzo giorno di attesa arrivò Ailk visibilmente provato, si era dovuto recare fino nel feudo dello jarl Neouluk per trovare un carrista disposto a vendergli per poche monete quattro ruote di un carro, ma almeno era riuscito nell’intento. Gli uomini che lo accompagnarono montarono velocemente i pezzi di ricambio e sparirono altrettanto rapidamente con la bottiglia di Skooma promessa da Alik per il lavoro.
Yangin fu molto contenta della velocità del lavoro e decise di partire all’instante per l’infelicità del povero uomo.


Capitolo 6. Il viaggio verso la città dei Ladri
 
La traversata notturna fu rapida e silenziosa, nessuno dei due contrabbandieri  proferì parola durante il viaggio. All’alba erano nei pressi del feudo del Rift, avevano cavalcato veloce e senza intoppi ma ora i cavalli meritavano una pausa e così Alik che stremato crollò nel sacco a pelo non appena il carro smise di muoversi.
Yangin rimase vigile facendo la guardia al prezioso carico illegale, sentendo le raccomandazioni quella zona era piena di banditi senza scrupoli che pur di avere un qualsivoglia guadagno non esitavano ad uccidere. La ragazza però non si intimorì e rimase attenta fino a quando decise che era tempo di mettersi nuovamente in marcia: per prima cosa legò le cavalcature al carro, smontò il campo e per ultimo svegliò Alik nel pieno dei suoi sogni con molta gentilezza:
<>
Il ragazzo scattò in piedi e prima che potesse accorgersene fu lavato da un secchio d’acqua gelida, istintivamente urlò mentre Yangin rideva beatamente di lui. Ma si rivelò un urlo fatale.
Una freccia sfiorò il viso della ragazza che si gettò prontamente sull’amico schiacciandolo a terra. Il sibilo delle frecce si interruppe e degli alberi adiacenti uscirono come animali uomini vestiti di stracci che sbraitando si gettarono sulla coppia. La ragazza rimase lucida, mentre Alik cercava ancora di riprendersi dalla secchiata, analizzò velocemente la situazione:
tre uomini correvano verso di lei da destra mentre altri due si dirigevano verso il carro da sinistra.
La sua reazione fu fulminea, scattò sulle sue gambe ed eliminò con estrema rapidità i banditi alla sinistra lanciando loro dei coltelli in gola.
I due caddero esanimi senza neanche accorgersene e la ragazza prontamente si volto verso gli altri uomini che la urlavano a lama sguainata. Yangin rispettando il suo nome, che significa Figlia del Fuoco in Bretone antico, lanciò un poderoso incantesimo di livello esperto contro i malcapitati: Palla di fuoco. Dopo questo gesto cadde a terra priva di forze e svenne. Toccò per l’ennesima volta ad Alik soccorerla e dirigere il carro a Riften dove incapparono in un altro problema.
 

Capitolo 7. Piccoli intoppi superabili.
 
Arrivando a Riften  il clima si face lievemente più mite nonostante si trovassero su di un altopiano naturale. Ai due toccò attraversare molte torri d’osservazione che pullulavano di banditi e guardie corrotte ma questo non intimorì affatto la giovane bretone che dirigeva il carro sul lastricato incurante dei segnali di stop o di resa.
Passata l’ultima serie di torri di guardia le mura di Riften apparvero nella loro tetra interezza. Già fuori dalla porta la povertà della città era tangibile: i cavalli nelle stalle erano pochi e malati, i poveri, ai quali era vietato l’ingresso in città, infestavano i lati della strada, pieni di fango, chiedendo elemosina a chiunque transitasse di lì. Alik impietosito lanciò qualche septim e davanti ai suoi occhi si scatenò una furibonda lotta per quel poco denaro, ma che a loro pareva così prezioso e raro.
Dopo questo gesto Yangin rimproverò e poco dopo fermò il carro in una macchia di vegetazione ben nascosta, lasciò l’uomo a fare da guardia e si recò da sola verso la porta principale delle mura con ben salda a sé una borsa di zucchero lunare ed una bottiglia di Skooma.
Arrivata nei pressi dell’ingresso una guardia dall’aspetto logoro l’apostrofò:
<>
Subito dopo l’uomo le si gettò addosso con uno sguardo famelico.
Yangin non si scompose, era abituata si da piccola a reagire a simili soggetti. Fece un passo indietro e con abilità schiantò la guardia nel fango, le prese il braccio e tirò fino a fare urlare il malcapitato dal dolore, a quel punto usò il tacco del suo stivale per far svenire l’uomo, lo derubò e si fece largo verso la città spalancandone le porte con un’aria molto orgogliosa.

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 8. CONTATTO CON LA “GILDA DEI LADRI” ***


Entrata in città Yangin rimase stupida dalla tristezza che permeava l’aria. La povertà era palpabile nonostante ai vagabondi fosse impedito l’ingresso. 
Il suo piano prevedeva già i contatti con la fantomatica Gilda dei Ladri, ma ora non aveva idea di come fare per trovarli.  
Poco male… pensò la ragazza. Innanzitutto andrò a trovare Antram per dargli una lezione, poi penserò al da farsi.
Non appena iniziò ad avvicinarsi alla piazza centrale, sentì voci e grida provenire dal sito e vi si diresse. Era il giorno del mercato e commercianti di tutte le razze esponevano i loro prodotti sui banchi. Alla vista di una bancarella esponente del cibo, lo stomaco di Yangin brontolò rumorosamente. Erano tre giorni che non mangiava altro che coniglio mal cotto, così decise di prendersi un dolce e si avvicinò al banco di un Khajiti poco in forma e dalla circonferenza visibilmente generosa.
«Quanto costa quella torta di mele?»  Chiese con gentilezza al felino.
«12 septim»  rispose in maniera secca il venditore.
12 septim?!? E’una pazzia, per una torta sola! Pensò allibita. Essia, muoio di fame e non posso fare altrimenti che pagare questo gattaccio.
Quando Yangin introdusse la mano nella borsa in cui riponeva il denaro però, la attese una bella sorpresa:  era completamente vuota, nemmeno mezzo septim. Impietrita da tale scoperta, la ragazza preparò la sua faccia più dolce.
«M-mi scusi… Ho dimenticato i soldi a casa, non è che magari...»
«Non se ne parla neanche!» La interruppe brusco il Khajiti che la allontanò dalla bancarella urlando e gesticolando.
Yangin imprecò. Se voglio combinare qualcosa devo prima trovare del denaro.
Yangin notò tra la folla un giovane ragazzo bello e forte, ma con l’aria ingenua, che contrattava animosamente con un mercante sventolandogli il suo oro sotto il naso. 
Pessima tattica! non riuscirà mai a scendere a compromessi con il mercante mostrandogli il suo oro, però forse riesco a sfruttare la sua ingenuità a mio vantaggio. Osservò la ragazza tra sé e sé, dopodichè si sistemò i capelli rossi e fluenti e si diresse a grandi passi  verso la fontana per sciacquarsi il viso. Fatto ciò si avvicinò al ragazzo, lo cinse con un braccio alla vita e iniziò a corteggiarlo. Come previsto l’uomo cadde nella trappola, era completamente in balia della giovane fanciulla dai capelli rossi.
Yangin lo fece entrare nella locanda e lo convinse ad affittare una stanza, ma non si accorse di essere osservata da occhi attenti. 
Giunti al piano superiore, la bretone aspettò che il compagno chiudesse la porta, dopodichè  iniziò a svestirlo e al momento giusto lo paralizzo con un incantesimo. 
Sapendo che la paralisi non sarebbe durata molto Yangin lo avvolse nelle coperte, lo imbavagliò e lo legò sotto il letto. Soddisfatta prese la borsa e i gioielli dell’uomo ed uscì dalla finestra.
Per i nove! Non me ne va bene una oggi, pensavo avesse molto più che 50 Septim, mi toccherà borseggiare qualcun altro.
Il filo dei suoi pensieri venne interrotto dal rumore leggero di passi alle sue spalle, si voltò di scatto appena in tempo per bloccare il pugnale che un uomo ammantato di nero le stava puntando addosso, dopodichè estrasse il suo e ferì il suo avversario alla spalla. 
L’uomo indietreggio di qualche passo con una mano sulla spalla ferita, dopodichè inizio a ridere.
«Sappiamo che sei qui da poco e che hai già derubato un nostro bersaglio, abbiamo anche notato la presenza di un certo ragazzo bretone che si fa chiamare Antram, ti dice nulla?» disse la figura nera mentre il sangue gli disegnava una lunga linea rossa sulla manica che gocciolava a terra raccogliendosi in una pozza che aumentava vistosamente. 
L’uomo non sembrò curarsene. Si avvicinò pericolosamente a Yangin e la schiacciò contro il muro con forza premendole una lama alla gola.
«Sono rimasto impressionato dalla tua abilità ad ingannare, si vede che ci sei abituata. Inoltre la tua prontezza di riflessi sarebbe da encomiare.» 
«Presumo tu sia della gilda.»  ribattè Yangin seccata.
«Ohhh sei anche perspicace.» Ironizzò l’uomo.
«Il tuo amico Antram non è molto affidabile: neanche ci conosceva e dopo un giro di idromele sapevamo già tutta la sua vita ed anche il motivo per cui Tu sei qui. Ora vorrei che tu mi seguissi.»
Detto ciò l’uomo si girò ed iniziò a correre lasciandosi dietro una scia vermiglia.
Fantastico! Così non devo neanche impegnarmi per cercarla questa Gilda dei Ladri! Pensò la ragazza che, raccolta la borsa di monete, si mise a correre dietro quell’ombra misteriosa.
 

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 9. LA CARAFFA D’ORO ***


Quando l’uomo si fermò Yangin respirava affannosamente, i fluenti capelli rossi le rimanevano attaccati al viso sudato. La figura la guardò con sufficienza da sotto il cappuccio e disse:
<< Sei bravina se mi sei rimasta dietro. >> Questo complimento pieno di sarcasmo fece innervosire Yangin che però abituata a venire derisa mantenne la calma.
Il Ladro allora le fece attraversare la piazza del mercato e scendere delle scale che portavano al livello inferiore della città, al livello dell'acqua.
Dopo qualche minuto di corsa tra la muffa e le pozzanghere generate dall'altra marea e si fermò davanti ad un cancello mal messo.
Non appena furono dentro la figura nera si tolse il cappuccio e Yangin rimase senza fiato, davanti a lei si parò un uomo dallo sguardo fiero e virile con profondi occhi nocciola, il suo volto ostentava sicurezza, la barbetta incolta ed i capelli corvini arruffati gli incorniciavano il viso dandogli un aspetto misterioso. La bretone cercò di staccare gli occhi da quell’uomo che trovava così avvenente che disse:
<< Questo è il passaggio secondario per arrivare alla base della nostra Gilda, io sono Malo, incaricato soprattutto di furti, andando avanti è possibile che incontrerai persone armate con l’intento di farti del male. Bene, noi ci vediamo più tardi, ti presenterò agli altri e vedremmo che farne di te. >>
Malo si voltò e sparì velocemente lasciando Yangin imbambolata e confusa in quel cunicolo umido e ammuffito, delle voci losche la fecero tornare in sé e quando tre figure, più bestie che uomini, le si pararono davanti minacciandola ed imprecando. Quando questi misero mano ai pugnali Yangin non esitò e li incenerì con un incantesimo.
Sono in ballo! Pensò e si diresse a passo deciso nella profondità di quei cunicoli ammuffiti. Dopo quel che le sembrò un’infinità di tempo e di tunnel male illuminati arrivò davanti ad una porta, l’ennesima, che donava solo sul muro. Esasperata usò un potente incantesimo di distruzione contro la parete che per sua tristezza non sembrò risentirne. Stufa di tutti quei giri si fermò a riflettere: Per I Nove! Non è possibile, attaccata da uno sconosciuto, trascinata qua tra gli skeever ed i ragni solo per che cosa? Per uno stupidissimo affare di  mio padre! Sapeva benissimo che era stata lei a proporre quell’azzardo a Skyrim però in quel momento aveva semplicemente bisogno di sfogarsi. Esausta si addormentò. Passarono velocemente le ore senza che lei potesse saperlo assopita e nel profondo di un condotto fognario e quando finalmente si svegliò a Yangin parve di aver dormito per qualche minuto. Riposata si mise a camminare nuovamente in quel labirinto sotterraneo e con la mente libera pensò di tracciare col pugnale un solco sul muro affinché potesse trovare la strada.
In breve tempo raggiunse una nuova porte, questa a differenza delle precedenti era molto grande, di ferrò e ricca di borchie e di decori.
La ragazza con rinnovata determinazione la spalancò fregandosene della furtività che sarebbe consona ad un ladro. Quello che le si aprì dinnanzi fu sensazionale: un corso d’acqua scorreva limpido sotto i suoi piedi e al centro di questo una struttura luminosa sorreggeva una maestosa statua d’oro raffigurante una caraffa con sopra incise delle rune antiche. Tutto questo le appariva all’interno di una cupola sotto Riften illuminata a giorno con fiaccole e incantesimi. Attraversato un ponticello di pietra Yangin poté sfiorare l’ornamento in oro e arrivata su una piazzola si sentì improvvisamente osservata, dieci persone, tra le quali Malo la osservavano divertiti senza proferire parola. Dopo un silenzio che le parve lunghissimo una donna Nord dai tratti affilati iniziò a parlare: << E così saresti tu la famosa Yangin di cui ci ha tanto parlato il nostro amico Antram sù alla locanda, io sono Eluice e ti do il benvenuto alla Caraffa d’Oro,  la nostra base e la nostra casa, la casa della Gilda dei Ladri! >>

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 10. ENTRARE IN ACCADEMIA ***


Yangin fu contenta dell’accoglienza alla Gilda dei Ladri di Riften, in quel luogo era apprezzata per tutte le sua caratteristiche, dalle più futili alle più pratiche, come l’inganno e la capacità tattica. Strinse subito buoni rapporti con tutti i ladri in particolare con Eluice della quale le piaceva ogni aspetto. Dopo aver recuperato il Redguard ed il carico di Skooma la stima nei suoi confronti crebbe a dismisura. Antram e Alik tornarono velocemente insieme ad HighRock da Edmuhund dove organizzarono con calma la vera “invasione” di Skyrim. Durante questo periodo Yangin mise a disposizione tutta sé stessa consacrandosi alla causa, per nulla nobile, dei ladri: arricchirsi a danni di terzi, ma a questo la ragazza aveva fatto il callo.
Passò velocemente un anno nel freddo altopiano del Rift tra missioni per conto della Gilda e per conto di Edmuhund. Il soggiorno di Yangin alla Caraffa d’Oro fu piacevole e ricco di bei momenti passati con la congrega o in missione con Malo. L’affetto tra i due si sprigionò come un lampo a ciel sereno, Yangin adorava tutto di quell’uomo, l’aspetto ed il carattere cupo e lui dal canto suo la amava dal più profondo dello spirito.
Col passare del tempo i due divennero sempre più inseparabili svolsero sempre più missioni per conto della Gilda, la loro sintonia fece in modo che i loro incarichi venissero portati a termine con rapidità e semplicità e ciò portò molti vantaggi all’associazione criminosa del sottosuolo di Riften. << Ti vedo distratta ultimamente, che ti succede? >> Le chiese di ritorno da un mansione nei pressi della fredda Wintherhold, città sede dall’Accademia dei Maghi, << E non venirmi a dire che va tutto bene. Lo conosco perfettamente quello sguardo, stai pensando a qualcosa e vuoi ottenerla. Sù sputa il rospo Yangin >> Continuò insistentemente Malo.
<< Il viaggio è lungo ed io ho tutta la pazienza del mondo, fino a quando non ti decidi a parlare io non smetterò di infastidirti. Poi ti vorrei ricordare che  sei in debito con me dall’ultima volta che ti ho salvato la vita nel forte di Ivrelak. >> Concluse ridendo e spronando il cavallo per affiancare Yangin. Lei di tutta risposta allungo il braccio e con facilità spinse giù da destriero l’uomo, arrestò il suo cavallo, scese e gli si avvicinò con calma mentre lui si puliva dal fango. Certo che è veramente buffo. Pensò sorridendo poi gli si inginocchiò di fianco e disse: << Non è niente di importante, è solo che è da un po’ che penso… >> Si interruppe. << Che pensi a…? >> La sollecitò Malo che allungò un braccio per abbraciarla.
<< Che penso che vorrei entrare all’Accademia dei Maghi. Ho quasi 19 anni, l’età necessaria per entrare, me la cavo già un po’ con gli incantesimi e non puoi negare che ci abbiano salvato la pelle già in un paio di occasioni. Solo che dovrei smettere di lavorare alla Gilda ed aiutare mio padre... >> Disse abbassando lo sguardo e lasciandosi cullare dal possente braccio di Malo. << Certo che sei problematica tu eh? Se non ti fossi tenuta tutto per te ci saremmo potuti fermare già a Wintherhold e già domani andare all’Accademia. Ma visto che sei una orgogliosa che non fa trasparire nulla, ora siamo qua a due giorni di viaggio da Wintherhold e a due da Riften. Ora gira quel cavallo che andiamo all’Accademia. >> Terminò deciso l’uomo, si diresse verso il suo cavallo che brucava allegramente e lo indirizzò verso Wintherhold. Non lasciò neanche il tempo di ribattere a Yangin che disse: << Come sei stata in silenzio fino ad ora continua, non ammetto repliche. Tu vuoi fare la maga e così farai. ed ora in marcia. >>
Due Giorni dopo la coppia rientrò nella città, nevicava abbondantemente a causa di una tempesta, cosa normale a Wintherhold.  I due si ritirarono velocemente nella locanda. Il fuoco era acceso e dentro la gente era felice e ballava. Malo si fece contagiare velocemente dallo spirito allegro che aleggiava nell’aria e dopo aver pagato per una camera si gettò, con Yangin al seguito, a ballare. La mattina dopo la ragazza si svegliò sola nel letto, non ricordava niente della sera prima e le doleva la testa. Uscì dalla stanza barcollando e trovo Malo sdraiato sotto un tavolo fradicio di birra, tutta la locanda puzzava pesantemente di alcol e due locandieri si stavano lentamente dando da fare per sistemare il disastro provocato dai festeggiamenti della notte appena passata. Yangin si accovacciò vicino a Malo e gli gridò nell’orecchio per farlo svegliare, l’uomo aveva il sonno davvero pesante, soprattutto dopo una sbronza. Questi sobbalzò e si mise a sedere guardandosi attorno intontito. << Cosa diavolo abbiamo fatto ieri notte? >> Chiese Yangin non appena Malo fu in grado di parlare. << Beh io direi che ci siamo decisamente divertiti >> disse divertito, si mise in piedi e si incamminò verso il bancone della locanda.
Dopo una ricca colazione i due uscirono dalla locanda, la città pareva disabitata, la neve fresca raggiungeva più di un piede e mezzo ma il cielo era terso senza neanche una bava di vento. Yangin si diresse verso l’accademia annaspando nella neve e dopo aver oltrepassato il famoso ponte sospeso si ritrovò davanti ad un cancello chiuso. Dietro di lei apparirono altre quattro persone con indosso la veste da novizi, questi aprirono il cancello ed entrarono nell’Accademia. Yangin rimase a bocca aperta, già dall’esterno era una struttura imponente ma il suo interno era magico: la luce fluttuava lungo i marciapiedi e al centro del cortile un pozzo di luce illuminava una statua di un fiero mago. Un’allieva le si presentò col nome di Faralda, un Elfo Alto e dopo averle chiesto il motivo della sua presenza disse: << Fa sempre piacere conoscere nuovi aspiranti maghi, soprattutto se come te provengono da Highrock, sono cresciuta in quella terra. Per entrare a far parte dell’Accademia parla con l’arcimago Despos, a quest’ora dovrebbe essere nella… Ah! E’ lì su quella panchina. >> Sollecitata degli altri allievi si allontanò augurando a Yangin buona fortuna. La ragazza allora si avvicinò al mago, era un uomo molto anziano dai tratti bretoni e con una foltissima barba bianca che contrastava con il suo vivace sguardo giovanile. Prima che Yangin potesse dire qualcosa Despos parlò: << Avverto una grande affinità per la magia in te ragazza, ma sento anche che il tuo spirito è oscuro. So che vorresti diventare maga ed io ti invito all’Accademia dove spero di poter far luce sul tuo animo cupo. Ci vediamo  tra un mese, quando avrai 19 anni. Il maestro Tolfrid ti accoglierà come novizio e ti illustrerà come comportarti. E’ tutto Yangin >> Stupita si voltò e tornò a grandi falcate da Malo con il quale festeggiò l’ammissione.

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Capitolo 10
*** CAPITOLI 11 e 12. L'ACCORDO e INIZIO DI UNA NUOVA AVVENTURA. ***


Capitolo 11. L’Accordo
 
Non appena i due rientrarono a Riften  il padre di Yangin decise che era ormai tempo di aprire le botteghe di copertura a Skyrim.
La ragazza non prestava più attenzione al progetto che era stato la sua vita fino ad allora. Si disinteressò di tutto, eccetto far coppia con Malo e pensare all’Accademia.
Arrivati alla Caraffa d’Oro trovò ad attenderla in camera furente come non lo era mai stato il suo stesso padre, Edmuhund. Questi allontanò Malo dalla figlia con la forza di un solo braccio, poi chiuse la porta della stanza con foga inaudita ed iniziò a sbraitare contro la ragazza:
<< Tu! Mia figlia, sangue del mio sangue, colei che metteva anima e corpo nel mio progetto e che lo sentiva suo, ridotta a fare la sgualdrinella per conto di un uomo di cui non so niente! E come se non bastasse… >>
<< Basta. >> Lo interruppe calma Yangin, sapeva che sarebbe stato inutile alzare la voce con lui e sapeva anche che aveva sbagliato.
<< Basta farmi la predica padre. Sì, hai ragione, ho sbagliato a farmi prendere troppo dalle mansioni della Gilda dei Ladri. Ma visto che sei qui vuol dire che le cose stanno andando bene e che stai verificando l’apertura ed il guadagno a partire dalla Skooma. In ogni caso volevo avvertirti di un accordo, che sto portando avanti con il referente di tutti i Khajiti di Skyrim. Il suo nome è Ma’jaaz e tutti i khajiti di Skyrim si riforniscono da lui e come se non bastasse gli pagano volontariamente un lauto dazio. Se ti mi avessi dato il tempo di parlare senza urlarmi addosso te lo avrei detto subito. Arriverà domani e si aspetta un carico di Skooma da smerciare. Sono stata brava o no? >> Chiese in fine la ragazza con uno sguardo teneramente malizioso. Edmuhund, fiero di lei, dimenticò il motivo della sua ira, in fondo Yangin era grande abbastanza per frequentare chi le pareva.
<< C’è un’altra cosa… >> Disse lei con un filo di voce. << Sono riuscita ad entrare in Accademia! Ti rendi conto? Potrò studiare magia all’Accademia di Wintherhold! >> Aggiunse piena di felicità.
Il padre sapeva quanto  lei ci tenesse alle arti Arcane e quanto avesse faticato da piccola ad iniziarsi leggendo libri su libri tra un cliente e l’altro, allora l’abbracciò con amore e le sussurrò
<< Sono fiero di te tesoro. >>
 
 
 
 
Capitolo 12. Inizio di una nuova avventura
 
Il viaggio verso Wintherhold fu lungo, ma Yangin ci era abituata, ormai aveva fatto l’abitudine a viaggiare da un luogo all’altro della fredda provincia di Skyrim ma ogni volta il trasferimento verso la città dell’Accademia la spossava ed il freddo le sembrava che la uccidesse.
Wintherhold era la città più a settentrione di quella terra e dal suo porto sul Mare dei Fantasmi si poteva raggiungere l’isola di Solstheim, isola avvolta da mistero e popolata da sconosciute e pericolose creature.
Quando finalmente Malo e Yangin arrivarono alla città i cavalli erano stanchi e, se possibile, più infreddoliti dei due.
La coppia si fermò per la notte in una locanda prospera ed accogliente poiché solo il giorno successivo Yangin sarebbe potuta entrare nell’Accademia ed iniziare a studiare. Malo era felice per la sua compagnia ma d’altra parte soffriva a doversene separare e per tutto il viaggio fu taciturno ed imbronciato. Yangin, che se n’era accorta lo consolò:
<< Su! Fatti forza omone! >> Disse sorridendo.
<< Questo non è mica un addio, avrò molte occasioni per viaggiare e anche qualche permesso per venirti a trovare. Quindi sorridi, augurami buona fortuna e vieni a letto a riposare che domani dovrai riaffrontare un lungo viaggio. >>
La ragazza faticò come non mai a prendere sonno, d’altronde era normale essere tesi, ma lei non lo era, era turbata ed irrequieta, sentiva che qualcosa non sarebbe andata per il verso giusto. Cercò di non pensarci più su, abbracciò il suo amato e si assopì.
Il sole si levò lento e pallido quella mattina, quasi non avesse voglia di sorgere. Yangin al contrario era sveglia e mangiava con calma seduta su di una panca di legno grezzo. Malo sopragiunse rumoroso mugugnando qualcosa sul fatto che non era possibile svegliarsi tutti i giorni così presto. La ragazza sorrise e fece posto all’uomo che non appena toccò la panca si assopì sul tavolo borbottando qualcosa. Yangin accarezzò i capelli corvini e si diresse verso l’uscita. Nonostante la neve si sta davvero bene sotto questo pallido sole. Mi ci potrei quasi abituare. La bretone si diresse a grandi falcate verso un ruscello gelido. Provò un nuovo incantesimo: evocò una debole fiamma e ne controllò la forma, la fece adattare al suo corpo e quando fu pervasa dal fuoco si svestì ed entrò nell’acqua prossima a ghiacciare. La sensazione fu bellissima, era scaldata dal suo fuoco e al contempo bagnata dall’acqua. Quando si sentì appacificata dal contrasto di caldo e freddo riempì un secchio d’acqua fredda e tornò con tutta calma alla locanda dove trovò Mala ancora assopito sul tavolo di legno. Gli si avvicinò furtiva, tese le braccia e svuotò il contenuto del secchio sull’uomo ignaro di tutto.
Subito scattò in piedi con un urlo di sorpresa portò la mano alla cintura, dove era solito collocare il suo pugnale ma non appena si accorse di Yangin la sua espressione divenne da stupita e spaventata, allegra e sorridente. I due iniziarono e ridere e quando Malo fu pronto si diressero con calma verso l’Accademia.
Oltrepassato l’imponente ponte sospeso Malo si fermò, abbracciò Yangin e la tenne stretta a se con un presa forte ma dolce, la guardò negli occhi e le diede un bacio sulla fronte e stringendole le mani le diede qualcosa
<< Io non posso varcare questo cancello e lo sai bene. Partirò domani mattina e lascerò il tuo cavallo alle cure dell’oste. Appena puoi vienici a trovare o almeno trova un modo per farci avere notizie. Intesi? >>
L’uomo si voltò mostrando a Yangin la sue imponenti spalle e si allontanò lentamente salutandola con un gesto della mano.
La ragazza rimase qualche istante ferma a vedere la schiena di Malo allontanarsi, poi guardò fra le sua mani e una lacrima di felicità mista a rammarico scese dai suoi occhi. L’uomo le aveva donato un ciondolo che raffigurava una Y ed una M che si abbracciavano morbidamente, era un gioiello splendido e la pietra azzurra di cui era composto scintillava allegramente.
L’espressione di Yangin cambiò velocemente, il suo tenero sorriso sparì dal viso e le labbra si tirarono in un espressione seria. I suoi occhi cambiarono luce, abbandonarono quello scintillio commosso e si illuminarono di una fiamma decisa pronta ad divamampare.
Entrò nel cortile dell’Accademia e lo trovò insolitamente calmo. Si aspettava una cerimonia sfarzosa con tanti aspiranti maghi e maghe e una serie di discorsi sulla Magia e sulla storia dell’Accademia. Invece solo silenzio e calma alcuni maghi più anziani erano seduti a chiacchierare allegramente su una panchina di pietra soleggiata.
La statua del mago al centro del cortile si ergeva fiera come sempre ed alla sua base una ragazza sedeva tranquilla con le gambe incrociate, era un giovane Elfo Alto, portava chiari capelli corti e leggeva con calma un tomo di magia. Essa sollevò lo sguardo mostrando chiarissime iridi color ambra, aveva due occhi sorridenti e pieni di vita. La ragazza sorrise a Yangin e la invitò ad avvicinarsi, la bretone accettò sorridendo e in un attimo le fu di fronte.
<< Il mio nome è Sephiae, Elfo Alto di Solitude. Sono una nuova apprendista dell’Accademia e dalle tue vesti direi lo stesso di te. Qual è il tuo nome? >> Disse la sconosciuta riponendo il libro in una borsa di cuoio scuro.
<< Mi chiamo Yangin e provengo da High… >>
<< E’ il mio primo giorno. >> La interruppe lei << come lo è per altri allievi e presumo anche per te. Mi fa piacere conoscerti Yangin. Il maestro Tolfrid dovrebbe arrivare a momenti con gli altri nuovi allievi. >>
Come anticipato da Sephiae, Tolfrid arrivò qualche istante dopo con altri cinque novizi al suo seguito, tra questi Yangin riconobbe Faralda, l’Elfo Alto che aveva incontrato nella sua prima visita all’Accademia.
Il maestro esordì con un lungo e noioso discorso di benvenuto e poi continuò ad annoiare gli allievi con una lezione prettamente teorica sulla storia della Magia e sui suoi usi sicuri.
Nonostante la tediosità delle sue parole Tolfrid era un forte uomo Nord con lunghi capelli bruni ed una folta barba che iniziava a striarsi di bianco, il suo fisico non si sarebbe detto da mago: atletico, slanciato e muscoloso. I suoi occhi erano pieni di vita e di curiosità e spaziavano continuamente da un volto all’altro, da un dettaglio all’altro captando ogni piccolezza. Yangin era affascinata dal suo maestro e, come gli altri novizi, venne incantata dalle sue parole quando iniziò la vera lezione.
Dopo qualche giorno di lezioni teoriche e poca pratica Tolfrid portò i suoi allievi in un viaggio a Witherun dove si esercitarono con la Magia della scuola dell’Evocazione. Yangin capì di essere un disastro nell’Evocazione e negli incantesimi che richiedevano lunghe ore di studio e molta concentrazione ma era abile come pochi negli incantesimi di Distruzione e di Difesa. Sephiae al contrario mostrava una certa capacità naturale per la scuola di Illusione, mentre sembrava già un maestro nell’arte dell’Evocare.
Di ritorno all’Accademia Yangin si sentì fortemente intimorita dalla capacità di apprendimento della giovane Elfo Alto, Sephiae era l’allieva più giovane e più dotata  di tutta l’Accademia, aveva solo diciassette anni e padroneggiava egregiamente una moltitudine di incantesimi. Ma non era solo l’invidia a preoccupare la bretone, sentiva un certo pericolo provenire da Sephiae, una sorta di segreto pericoloso ma cercò di non darci peso e velocemente le due divennero grandi amiche.
Si spalleggiavano a vicenda in qualsiasi prova e in caso di necessità non esitavano a chiedere consiglio ai Maestri o ai loro compagni novizi. Despos, l’Arcimago, notò il loro affiatamento quasi tre mesi dopo il loro primo incontro e ne fu felice. Assegnò alle due giovani apprendiste una missione particolare: recuperare un anello incantato da un’antica rovina.
Yangin fu molto felice di questa decisione, aveva bisogno di scendere sul campo e mettersi alla prova, Sephiae al contrario avrebbe preferito continuare a studiare ma venne velocemente convinta da Tolfrid a partire.

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Capitolo 11
*** CAPITOLO 13. UN BUON INIZIO ***


La missione era semplice. Era giunta voce di un’antica rovina Nord al di fuori dei territori di Skyrim, un evento molto raro e quasi sempre falso. 
«Voi due siete giovani e promettenti, due qualità essenziali per questa tipologia di mansione. Girano dicerie fondate sulla presenza di un sepolcro Nord molto antico, questi siti sono sempre molto utili alla ricerca magica e per di più questo in particolare e situato oltre i confini di Skyrim.» Despos fece un pausa, aveva convocato Yangin e Sephiae a per comunicare loro i dettagli dell’incarico e le due ragazza ascoltavano attentamente quello che l’arcimago avesse da dire.
«Il fatto che si trovi oltre confine è molto interessante, ma è anche molto lontano. Per questo motivo mi sento di mandare voi, per un maestro sarebbe un viaggio troppo lungo probabilmente a vuoto. Quindi cogliete l’occasione di allenarvi all’esterno dell’Accademia. Ora potete andare.»
Yangin si levò silenziosamente e uscì facendo un segno stizzito al vecchio uomo di fronte a lei. Lo disprezzava nonostante fosse un ottimo mago, per qualche motivo sentiva di non volersi fidarsi di Despos. Sephiae seguì la sua compagnia in silenzio, sapeva del suo astio nei confronti dell’arcimago e non disse nulla a riguardo. 
Il giorno seguente sarebbero partite allora si recarono ognuna nella propria stanza. Uscite dall’alloggio dell’arcimago Sephiae esordì timida:
«Evviva… finalmente si esce da qua… » Yangin non sembrò abboccare allora l’Elfo si fece più insistente. «È una bella missione non trovi? Abbiamo molto tempo a disposizione e faremo un bel viaggio. No?»
«Dobbiamo passare da Riften.» disse fredda Yangin e senza aggiungere altro si chiuse in camera sbattendo la porta con forza. 
Crollò spalle alla porta piangendo silenziosa lacrime di rabbia, dopo un lasso di tempo indefinito si calmò, stringeva forte tra le mani il ciondolo donatole da Malo. Era splendente tra le sue dita.
Dannazione! Devo tornare a Riften… il messaggio di mio padre è stato improrogabile, devo riprendere la mia vecchia attività, incontrare nuovamente Malo, l’unica nota positiva. Mi manca la mia vecchia vita ma anche questa, in compagnia di Sephiae, è fantastica. Ma essere obbligata a decidere da mio padre no… No, non andrà così. Svolgerò la mia mansione e nel ritorno devieremo verso Riften.
Con questa nuova decisione e rinnovata determinazione Yangin si levò dal freddo pavimento di pietra e iniziò a preparare il suo bagaglio. Pergamene e tomi magici, pozioni ed elisir, provviste e soldi e dei cambi di vestiti. Cercando la sua cappa da apprendista in un baule Yangin toccò qualcosa di freddo, lo estrasse dal contenitore: il suo pugnale, quello con cui aveva fatto carriera nella Gilda dei Ladri quando ancora agiva per loro insieme a Malo.
Se lo era fatto forgiare da un abile fabbro a Witherun, che si vantava di essere il più capace di Skyrim, secondo il suo stato d’animo e la sua fantasia: una lama particolare, corta e tozza con 2 spuntoni per lato, l’elsa era grezza e sobria ma appuntita, come a richiamare le spine sulla lama.
Yangin lo prese in mano e lo sfilò con cura dal suo fodero squadrato, la lama brillava come fosse viva e il filo era ancora perfetto. Istintivamente lo scagliò verso il muro nel quale si conficcò, Almeno mi ricordo ancora come si lancia un pugnale. Si disse sorridendo. La ragazza si avvicinò al muro ed estrasse la sua arma dal legno. Uscì silenziosa dalla sua stanza e si recò velocemente ad un Incantatore Arcano. Un tavolo magico che consentiva, con l’uso di una gemma dell’anima, una pietra contenente la forza magica di un essere vivente trapassato, di apporre degli incantesimi di vario genere ai più svariati oggetti. 
Yangin appoggiò delicatamente il suo pugnale sul tavolo e iniziò a recitare una formula incomprensibile. Un’ora dopo il suo pugnale era incantato. L’incantesimo consisteva nello sprigionare una fiamma dalla lama per ogni attacco. Era un incantamento molto basilare ma per lei era stato impegnativo e stancante. Rientrò rumorosamente in camera e con ancora in mano il proprio pugnale si addormentò.
Sephiae dal canto suo aveva già preparato tutto il suo equipaggiamento e dopo essere stata freddamente liquidata da Yangin si era recata in camera a leggere fino a tardi. Il giorno seguente si svegliò nonostante tutto molto riposata e dopo avere fatto una lauta colazione si diresse alle stalle di Wintherhold dove aveva appuntamento con l’amica per la partenza.
Yangin aspettava ormai da parecchi minuti davanti alla locanda “Focolare ghiacciato”, il cielo era stranamente terso e il sole riscaldava più del solito. Come se fosse difficile… Pensò a questo proposito Yangin vedendo arrivare con calma Sephiae.
«Ben svegliata» l’apostrofò Yangin «Vedo che voi Elfi di città siete abituati a prendervela con calma» Sephiae rimase perplessa e prima che potesse ribattere in qualsiasi modo vide sul viso della sua compagna di viaggio disegnarsi uno splendido sorriso. «Sai che scherzo spesso! E tu sempre a prendertela, sorridi! In ogni caso monta in sella, il tuo cavallo è quello grigio legato dietro la locanda, io ti aspetto qua.» Sephiae restò ferma qualche istante prima di realizzare quello che le aveva detto Yangin. Lei non aveva mai cavalcato prima e non aveva intenzione di iniziare in quel momento ma non trovava le parole per dirlo all’amica quando questa disse. «Prima scherzavo, ma adesso datti una mossa e anche velocemente non abbiamo tutta la vita per raggiungere Helgen quindi: Sveglia ragazza!» 
«È solo che…» Disse Sephiae con un filo di voce «È che io non so cavalcare.» concluse l’Elfo con un soffio. «Solo avevo paura di dirtelo. Sai ogni tanto sei minacciosa.» Detto questo la ragazza si coprì il viso con le mani per la vergogna che provava per sé stessa ma Yangin le posò delicatamente una mano sulla spalla e le sorrise nuovamente. «Non c’era bisogno di fare tutta questa scenata, bastava dirmelo subito. Sì, mi scoccia un po’ e dovremmo marciare più lentamente ma non è poi un grosso problema: a cavallo in due si va tranquillamente.» Poi ridendo aggiunse «E lo so benissimo di essere minacciosa, mi diverto un mondo!»
Dopo le prime ore passate a cercare l’equilibrio Sephiae si abituò al ritmo di marcia del grande cavallo da tiro color cioccolato di Yangin aiutata anche dalle chiacchierate con la compagna dell’accademia.
Il viaggio prosegui senza alcun intoppo, mantenendo un ritmo lento e asfissiante. Durante il tragitto il clima non cambiò minimamente, così come l'ambiente e quando le ragazze giunsero in vista di una cittadina fortificata chiamata Helgen, un raggio di sole illuminò la monotonia di quella giornata. Yangin spronò il cavallo per l'ultimo tratto di strada e lasciò che il vento le scompigliasse i capelli, senza ricordarsi della sua passeggera che tentava in tutti i modi di sottrarsi all'abbraccio di quella marea rossa. La locanda era ricca di vita, viaggiatori e mercanti entravano e uscivano in continuazione rendendo la zona satura di voci, colori e odori, una sensazione che Yangin adorava. Uomini ai tavoli ridevano rumorosamente bevendo la birra che le ragazze del luogo portavano loro. Yangin pensò che ci dovesse essere una celebrazione a lei sconosciuta e incuriosita era pronta a gettarsi nella marea di gente quando Sephiae la afferrò per un braccio «Non abbiamo tempo per questo e o sai bene, quindi ora andiamo a chiedere una camera sperando ce ne siano ancora altrimenti dovrai pensare a qualcosa.» Senza aggiungere altro si incamminò verso il bancone spintonato indelicatamente uomini e donne e trascinandosi dietro Yangin.
Sephiae lanciò un’occhiataccia a Yangin che voleva dire chiaramente “Parla tu con l’oste, non voglio averci nulla a che fare con questa gentaglia”. Sospirando allora la bretone si appoggiò al bancone, umido di birra e vino, e prima ancora che potesse parlare un uomo nerboruto disse: «Mi spiace ragazza ma la locanda è stracolma, se vuoi qualcosa da bere però sei nel posto giusto.» Ringraziando Yangin si voltò e spiegò la situazione alla sua compagna di viaggio e mentre pensavano al dà farsi due ragazzi le cinsero per i fianchi sbiascicando qualche complimento che sapeva troppo di idromele. «Se le dame consentono, abbiamo la soluzione per voi» disse il più alto che allungava le mani sull’Elfa «Potreste approfittare della nostra gentilezza e seguirci su in camera, sapete era l’ultima libera.» Concluse l’altro con un sorriso beffardo stampato in volto. Sephiae stava esplodendo, non era una situazione che le andasse a genio: stanca per il viaggio, senza un luogo dove dormire e importunata da due Nord che puzzavano d’alcol. Era sul punto di urlare in faccia a quello che la cingeva in vita e continuava a parlarle quando Yangin con un dito le fece segno di tacere, le fece capire di avere un idea e che avrebbe dovuto fidarsi quindi si rigirò abbracciando per il collo l’altro uomo e lo convinse a offrirle da bere. È sempre fin troppo facile con gli uomini. Pensò la bretone mentre si dirigeva verso un tavolo guidata dall’uomo, i due si sedettero insieme ad altre persone che sembravano essere mercenari di poco conto che festeggiavano come tutti. Accanto a Yangin si mise a sedere anche l’uomo più alto dicendo di chiamarsi Jorgen. Sephiae rimase indi sparte rendendosi felicemente conto di non essere stata notata. Passò velocemente un’ora in compagnia dei due uomini e dei loro scagnozzi che continuavano a bere e a far bere anche Yangin che accettava senza problemi e con il sorriso stampato in facci cercando di distogliere il più possibile le attenzioni dalla sua compagna.
Quando Jorgen però la chiamò a sedere Sephiae non si mosse mantenendo un’aria distaccata, Yangin allora abbracciò l’uomo distraendolo nuovamente e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. «La mia amica è molto stanca, posso accompagnarla in camera?» Per tutta risposta l’uomo si sollevò tirando su anche il suo più minuto socio e fece strada alle due ragazze. Le fece entrare con gentilezza e accomodare sui letti di paglia ricoperti di morbida pelliccia, poi lui e il suo compagno si sedettero di fronte a loro. I due si avvicinarono con calma a Yangin con la quale avevano più confidenza, Jorgen gli mise una mano sulla coscia coperta dal pantalone di pelle e la guardò con degli occhi che Yangin conosceva molto bene, allora lei lo intimò di lasciarla stare sperando che bastasse. Subito l’uomo ritrasse la mano poi sorrise e le si gettò di forza addosso mentre il compagno al teneva ferma schiacciandole le spalle sul letto. Sephiae intanto era rimasta attonita e impotente di reagire alla violenza che le si stava perpetrando davanti agli occhi. Yangin provò ad urlare ma Jorgen le tappò subito la bocca con una mano mentre con l’altra si slacciava i pantaloni di lana grezza, Dannazione Seph! Fa qualcosa! Pensò terrorizzata la bretone guardando con occhi pieni di lacrime l’amica inerme. Jorgen apri la cintura dei pantaloni di Yangin con la mano libera e poi li tirò via lentamente mugugnando qualche apprezzamento. Vedendo questo Sephiae si scosse, afferrò una bottiglia vuota di idromele ai piedi del letto e la frantumò in testa all’uomo e, prima che l’atro potesse accorgersi di qualsiasi cosa, lo paralizzò con un potente incantesimo.
Yangin scostò violentemente il corpo di Jorgen chiedendosi se fosse ancora vivo, si rimise in piedi e si infilò i pantaloni. Lacrime silenziose scendevano sulle sue guance e senza dire nulla sistemò i due uomini nell’armadio legandoli ben stretti. Guardò intensamente Sephiae e le disse solamente “grazie” prima di coricarsi stancamente.

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