Dark Paradise

di EclipseOfHeart
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


 

Dark Paradise

 

Capitolo I

 

 

«Mi raccomando Bulma, partorisci un bel bambino!»

 

Bulma si scosse leggermente dalla sua posizione apatica al ricordo di quelle parole; si era chiesta spesso, in quegli ultimi 6 mesi cosa potessero significare quelle parole di Goku, pronunciate in maniera così strana e in un momento così poco adatto.

Ricordava ancora bene il rossore sulle guance di Yamcha e la sua sorpresa nell’udire quella frase, anche se doveva ammettere che quelle semplici parole avevano svegliato in lei delle domande, dei dubbi.

Avere dei figli, mettere su famiglia.

Con Yamcha.

Ecco, di nuovo quella stonatura. L’aveva percepita allora e continuava a sentirla ogni volta che il groviglio dei suoi pensieri la spingeva verso quella direzione.

Sentiva come se fosse qualcosa di sbagliato, non era l’idea di formarsi una famiglia che non le andava a genio ma l’idea di formarla con il suo attuale fidanzato.

Scosse la testa, dandosi della sciocca. Lei amava Yamcha e diventare sua moglie non doveva forse essere il coronamento del suo sogno d’amore?

Sognava l’amore e il principe azzurro fin da quando era piccola e aveva realmente creduto di averlo trovato in lui, specialmente la prima volta che avevano fatto l’amore. Ricordava che aveva sentito le scintille dentro e aveva davvero pensato che l’amore era quello, che l’aveva finalmente trovato.

Però da quando era tornata da Namecc le cose erano del tutto cambiate, non solo le fantomatiche scintille che il suo cuore di sedicenne ricordava di averle fatto sentire si erano completamente estinte ma iniziava pian piano a vedere quanto fosse maturata rispetto all’uomo che le stava accanto.

Desiderava davvero crearsi una famiglia con una persona per cui aveva smesso di provare passione, trasporto? Voleva un bene immenso a Yamcha e sempre gliene avrebbe voluto ma l’amore dov’era?

Seduta nel suo ufficio, dopo mesi in cui s’interrogava e trovava sempre scuse per evitare di rispondersi, finalmente trovò il coraggio di dire quello che sentiva dentro.

«Non c’è più.» sussurrò al vuoto della sua stanza, sentendosi liberata da un peso enorme e al contempo colpevole di qualcosa che neanche lei spiegarsi.

Sospirando decise che quel giorno non era sicuramente il più adatto per lavorare e quindi tanto valeva tornare a casa, alla Capsule Corporation.

Prese velocemente il giubbotto ed uscì veloce dalla stanza, tentando di scappare dai suoi stessi pensieri.

 

 

In procinto di arrivare a casa a bordo della sua macchina volante la prima cosa che le saltò all’occhio fu ovviamente la Gravity Room dove si allenava quel folle, quello scimmione.

Già una volta, appena qualche settimana fa, a causa dei suoi continui e troppo faticosi allenamenti aveva rischiato di rimetterci la vita, facendola preoccupare moltissimo.

Perché esagerava in quel modo sovrumano? Si domandava costantemente, vedendolo sempre allenarsi con sforzi inauditi, tentando di aumentare la sua forza oltre ogni limite.

Non era alimentato dallo stesso desiderio di Goku, lui non voleva salvare la Terra, anzi provava tutt’altro che sentimenti amichevoli verso di essa e verso i suoi abitanti, come spesso le ricordava.

Vegeta voleva soltanto essere il più forte.

Crescere e migliorare la propria potenza sempre di più, battere Goku e non avere rivali sembravano gli unici scopi della sua vita.

Possibile che non sentisse altro? Possibile che la sua natura lo portasse ad avere solo pensieri di questo genere?

Atterrando sul giardino della sua casa si domandò perché continuavano a venirle in mente quelle questioni. Cosa importava a lei di quel Saiyan troglodita? Delle sue motivazioni, dei suoi pensieri?

Alzò la mano muovendola come per togliere degli insetti invisibili e troncò le sue elucubrazioni incolpandole semplicemente alla sua curiosità femminile che da sempre l’aveva contraddistinta.

Stava per entrare verso casa, con i pensieri finalmente rivolti a tutt’altra parte, quando sentì il rumore della porta della GR, guardò l’orologio e vide che effettivamente era ora di cena per il Saiyan.

Se cena si poteva chiamare la quantità immensa di cibo che era capace di ingoiare quel pozzo senza fondo.

Si voltò a guardarlo ed infatti lo vide uscire a passo veloce dalla sua camera di allenamento.

Non poté evitare di sentire un brivido caldo lungo la schiena quando lo vide avanzare verso la porta, quel fisico, quello sguardo erano qualcosa di assolutamente meraviglioso.

Sapeva quanto male aveva fatto Vegeta e quanta paura le avesse messo lui stesso su Namecc ma non poteva evitare di pensare che fosse sì un assassino, ma sicuramente il più bello e sensuale che avesse mai visto.

Quale donna poteva rimanere immune a tanto fascino?

Vegeta le era arrivata quasi vicino, aprì la bocca per salutarlo ma lui le passò davanti senza degnarla di uno sguardo, di un saluto.

«Ma dico io, ti sembrano forse modi educati questi?!» iniziò infatti a strillare Bulma furiosa «Mi passi davanti e non ti degni neanche di accennare un saluto? Mi ignori semplicemente?! La tua mancanza di educazione è proprio ai livelli delle scimmie.» finì di gridare, ricordandogli come lei non si facesse mettere i piedi in testa da nessuno.

«Hai finito di starnazzare, inutile donna? Non sono minimamente interessato ad usare la mia educazione con te, non vedo proprio alcun motivo per salutarti se e quando sfortunatamente ti vedo!» controbatté Vegeta per poi aprire la porta e sparire dentro la casa, inseguito però da una Bulma sempre più furiosa.

«Ah sì? Non sei interessato? E allora cosa vivi a fare nella mia casa! Vattene! Se il solo vedermi è per te una sfortuna non vedo perché il principe dei Saiyan dovrebbe infliggersi questa penitenza ogni santo giorno! Ah però certo, c’è l’inconveniente che qui sei servito e riverito, con tanto di vitto, alloggio e allenamento! Che io ti ho gentilmente offerto! Perciò se vuoi continuare a restare in questa casa impara ad utilizzare anche un minimo di educazione, se non è chiedere troppo per il tuo cervello da scimmione!» concluse Bulma con le guance rosse dalla rabbia e dalle urla.

Vegeta si era fermato al centro del salone, poco distante la cucina e quando aveva sentito scendere il silenzio si era voltato a guardarla minacciosamente.

«Se non la smetti di gridare e tentare in qualche patetico modo di convincermi a fare ciò che vuoi, la mia educazione si limiterà ad ucciderti.» disse sibilando parola per parola, per poi andare verso la cucina.

Il suo sguardo era gelido e Bulma lo riconobbe come lo sguardo che Vegeta usava durante le battaglie, mentre le sue minacce si trasformavano in realtà.

Eppure non riuscì ad avere paura.

Lei sapeva che non era in pericolo, anche se non sapeva spiegarsi perché.

«Non mi fai paura!» disse con voce ferma, in attesa di una risposta che però non arrivò a causa delle parole della mamma di Bulma che iniziarono a riempire la casa.

«Ma perché voi due state sempre a litigare? Vegeta caro, vuoi che ti cucini qualcosa? Bulma dai vieni a cenare anche tu.»

Il Saiyan si limitò a rispondere con un cenno mentre Bulma declinò l’invito dirigendosi verso la sua stanza masticando un insulto dietro l’altro.

 

 

L’arrabbiata scienziata, appena entrata nella sua stanza, si buttò sul letto sentendo rilassare i suoi muscoli insieme a residui della sua rabbia.

Quel Vegeta poteva anche essere stupendo ma il suo carattere era tra i più brutti e sgarbati che avesse mai conosciuto.

A nulla servivano le sue buone maniere, le sue premure, le sue gentilezze per renderlo di animo più sereno e gradevole.

Si disse che doveva smettersi di comportarsi da persona educata, che la sua parte da donna altruista l’aveva fatta quando l’aveva invitato a casa sua e continuava a farla.

Non era compito suo tentare di rendergli la sua vita sulla Terra più gradevole, specie se tutti i suoi sforzi sfociavano nelle minacce.

Stanca, alzò il telefono e decise di chiamare Yamcha.

Doveva ancora mentalmente valutare ciò che aveva detto al vuoto del suo studio.

«Pronto, Yamcha?» disse appena sentì un rumore all’altro capo.

«Ehi, piccola, tutto bene?» le rispose premuroso.

«Sì, tutto apposto. Senti ti andrebbe di vederci? Per stare un po’ insieme.» propose tentando di manifestare entusiasmo.

«Sì, certo! Finisco l’allenamento e tra un’oretta ti raggiungo a casa d’accordo?» replicò caldamente lui.

Bulma sorrise per poi chiudere quindi la conversazione.

Pensò che forse ritrovare un po’ di sintonia con Yamcha le avrebbe fatto passare quelle sensazioni e decise di mangiare qualcosa in sua attesa.

A quell’ora lo scimmione probabilmente era tornato nella GR quindi poteva scendere senza problemi.

Arrivata alla cucina le sue previsioni si ritrovarono esatte, infatti vi trovò solo silenzio ad attenderla. E nessun Saiyan pensò stizzita.

Mentre consumava la sua cena improvvisamente, però sentì la porta della casa che veniva aperte e sbattuta in malo modo e sospirò al sentire Vegeta che si avvicinava verso di lei, chissà cosa altro aveva rotto.

«Ehi tu, donna! Questi aggeggi hanno smesso di funzionare! Me ne servono di nuovi e subito quindi vedi di metterti a lavoro.» disse Vegeta entrando nella cucina e sbattendo sul tavolo quattro macchinari che aveva completamente distrutto.

Senza neanche attendere una risposta da parte di lei, il Saiyan si limitò a ridirle di muoversi per poi riuscire nel giardino verso la GR.

Bulma dovette racimolare tutta la sua pazienza per non esplodere dalla rabbia e andare a rigettare dentro quell’odiosa macchina tutti e quattro le sue creazioni, si calmò decidendo che Vegeta non meritava la sua ira e che gliel’avrebbe fatta pagare facendolo aspettare.

Il lavoro poteva farlo tranquillamente la mattina dopo. O il pomeriggio dopo.

Tentò di finire la cena e poi andò a sdraiarsi nel divano in attesa di Yamcha, cercando di guardare un po’ di televisione.

Cosa che risultò difficile quando aveva solo in mente il pensiero di andare a strozzare Vegeta una volta e per sempre.

Per quale diavolo di motivo l’aveva invitato nella sua casa? Cosa c’era di sbagliato nel suo cervello da farle fare sempre azioni stupide?

E benché la risposta fosse seppellita da qualche parte dentro di lei non era assolutamente dell’umore per farla venire fuori.

 

 

A salvarla, dopo venti minuti, fu il campanello. Yamcha.

Radiosa di potersi distrarre Bulma corse veloce alla porta dove il fidanzato le sorrideva dolcemente.

Lo fece entrare ed iniziarono a guardare un po’ di televisione insieme mentre lei si accovaccia al petto di lui che le carezzava lentamente la testa.

Parlando del più e del meno Bulma figurò davanti a sé quella che sarebbe stata la sua vita con Yamcha, con suo marito.

Ebbe la certezza che era quello ad attenderla, quelle serate davanti al divano, quel calore sopra la testa, quella sensazione di familiarità, con Yamcha che ogni due tre minuti diceva qualche battuta sciocca e un po’ inutile.

E si spaventò.

Quella visione la fece sobbalzare e le procurò una paura fortissima.

Non voleva quella vita.

Quella monotonia, quel calore così tiepido, quelle frasi così vuote. Se da sedicenne pensava che l’amore fosse quello aveva preso proprio un abbaglio terribile.

L’Amore doveva bruciarle ogni singola parte del suo corpo, l’amore avrebbe dovuto impedire loro di stare semplicemente seduti a guardare la tv, l’amore avrebbe dovuto incollare le loro labbra facendo ardere i loro cuori.

Pensò che era decisamente il caso di mettere al corrente Yamcha di quei pensieri, magari avevano solo bisogno di vivacizzarsi un po’.

«Yamcha… Non credi che da qualche tempo manchiamo un po’ di passione?» gli disse infatti.

Lui sorrise maliziosamente a quelle parole e per tutta risposta iniziò a baciarla intensamente.

Bulma ovviamente ricambiò però il suo primo pensiero fu che non intendeva esattamente quello, la verità è che neanche lei sapeva cosa stava cercando in Yamcha.

«Mi fermo qui stasera, direi…» dichiarò lui boccheggiando tra un bacio e un altro.

Lei annuì anche se continuava a trovare quella situazione inadatta. E non capiva perché.

Ormai sdraiati sul divano però furono interrotti dal rumore della porta che sbatteva violentemente.

Bulma si alzò di colpo sapendo cosa era venuto a chiedere Vegeta entrato così poco delicatamente in casa. Lui non parve notare minimamente la situazione che aveva interrotto e si diresse subito verso la cucina per poi tornare furioso davanti a Bulma.

«Donna dove sono i miei strumenti riparati? Ti avevo detto che dovevi metterti subito ad aggiustarli!» disse furioso nella sua direzione.

Bulma s’impose di mantenere un atteggiamento distaccato. «Possono aspettare domani, ora non ho nessuna voglia di lavorare, è sera e sono stanca.» rispose infatti alzandosi in piedi per fronteggiarlo, mentre Yamcha si limitava a fissare in cagnesco il Saiyan.

«Era un ordine! Non mi sembra di averti chiesto se ti andava di farlo o per favore! Dovevi farlo!»

La calma di Bulma ovviamente non resistette a lungo e dopo quell’ultima risposta esplose nella stanza.

«So benissimo che non mi hai chiesto ‘per favore’ ed è esattamente il motivo per cui non l’ho fatto! Non sono la tua serva, non accetto i tuoi ordini, non ammetto che tu mi comandi! Non puoi obbligarmi a fare niente! Se usassi un briciolo di gentilezza potresti ottenere molti più risultati!» gridò infatti mentre le orecchie dei due ragazzi furono distrutte dalla sua voce.

«Io sono il principe dei Saiyan, non mi abbasserò mai a chiedere per favore, soprattutto ad una stupida terrestre che sa solo gridare!» urlò lui di rimando per poi uscire di nuovo in giardino per evitare di sorbirsi ulteriori grida a volume altissimo.

«E allora dovrai aspettare! Aggiusterò le cose che tu rompi solo e quando ne avrò voglia!» concluse lei con l’adrenalina che le circolava nel corpo e il fiato corto.

Yamcha si alzò per poggiarle una mano sulla spalla, tentando di calmarla.

«Per quale motivo continui ad ospitare quell’assassino in casa? Un giorno ti farai uccidere Bulma!» disse tentando di farla ragionare.

«Quello che ho detto a Vegeta vale anche per te Yamcha, nessuno può dirmi cosa devo fare! E poi lui non mi ucciderà.» rispose mentre ancora la rabbia le ribolliva nel corpo.

«Quanto sei testarda! Non puoi sempre ragionare in questa maniera, devi finirla di cacciarti nei pericoli!»

Bulma si trattene poiché pensò che in fondo Yamcha diceva quelle cose solo per proteggerla, non per comandarla.

Ammorbidendosi si girò e riprese a baciarlo dicendogli di salire nella sua stanza, cosa che lo fece subito calmare.

 

 

Dopo qualche ora di passione Yamcha dormiva placidamente al fianco di Bulma che, nonostante tutto, non era riuscita a mettere un freno ai suoi pensieri.

Anche fare l’amore con Yamcha non aveva fatto altro che aumentarle i dubbi e la certezza che lui non fosse l’uomo adatto a lei si faceva sempre più strada dentro di lei.

Stanca e affranta dalla piega che la situazione stava prendendo si alzò per andare a bere in cucina e per prendere un po’ di aria visto che le sembrava di soffocare in quel momento.

Chiudendosi nella sua vestaglia azzurra iniziò a scendere le scale nel silenzio della sua casa, dalla porta dei genitori sentì il russare di suo padre che copriva il calmo respiro della madre e dal giardino non proveniva nessun rumore, segno che il Saiyan per quella sera avesse concluso gli allenamenti.

Entrò in cucina, aprendo la luce che l’abbagliò e il suo sguardo cadde subito sui marchingegni rotti da Vegeta.

Sbuffò di nuovo stizzita al ricordo e prese un bicchiere d’acqua tentando di ignorare la rabbia.

Poi si sedette al tavolo e iniziò ad osservarli con occhio critico per vedere quanti danni avesse procurato lo scimmione.

Ne prese uno in mano e cominciò a sistemarlo, per quanto poteva in quel momento visto che non aveva strumenti, tentando di distrarsi e di svagarsi la mente.

Dopo qualche secondo avvertì il respiro di qualcuno e girando l’occhio verso la porta notò che c’era Yamcha sull’uscio che la fissava pensoso.

«Tesoro… Non riuscivo a dormire.» iniziò con un sorriso per spiegare la sua presenza in cucina.

«Bulma da qualche tempo io davvero non ti riconosco più.» disse invece lui con voce gelida e facendole sbarrare gli occhi dalla sorpresa.

Che avesse capito i dubbi che le tormentavano l’animo?

«Che cosa vuoi dire?»

«Sei strana, distante, non avevi mai lasciato il letto dopo essere stata con me. E l’hai fatto per venire a riparare questi cosi per quell’assassino che fai vivere in casa tua!» continuò freddo e afferrando uno degli aggeggi per poi guardala con disprezzo.

«Ma che cosa dici? Non mi sono alzata per fare un favore a Vegeta! Come ti possono venire in mente queste assurdità?» iniziò a gridare lei tentando di mantenere basso il tono della voce per via dell’ora.

«Certo, continua a raccontarmi bugie! Da quando sei tornata da Namecc io non riesco più a riconoscerti…»

«Sono semplicemente cresciuta Yamcha! Cosa che dovresti deciderti a fare anche tu!»

«Non te ne uscire con la solita storia che io sono immatura perché quella che fa atti completamente sconsiderati qui sei tu!»

«Io? E quali sarebbero? Sentiamo!»

«Tenere in casa quel verme è l’azione più folle che un uomo sano di mente farebbe Bulma e tu ti ostini a non spiegarmi il vero motivo per cui lo fai restare qui!»

«Perché non ha una casa! Perché fra tre anni avremo bisogno anche del suo aiuto per battere quei cyborg, perché che ti piaccia o no è l’unico a raggiungere i livelli di Goku! Non puoi essere geloso di lui!» gridò iniziando ad urlare, sopraffatta dalla rabbia.

«Non sono geloso… Mi preoccupi però!»

«Non devi esserlo d’accordo?» disse lei prendendogli una mano. «Io sono qui, con te.»

Bulma pronunciò con convinzione quelle parole ma si accorse subito che non stava tentando di convincere lui ma se stessa e che continuava a non crederci.

Lui invece parve rassicurato e baciandola le chiese di tornare sopra con lei.

Bulma lo seguì ma decise in quel momento che presto avrebbe dovuto lasciarlo.

Avrebbe voluto sempre bene a Yamcha ma non lo amava.

Non più.

 

 

 

Fine del primo capitolo.

 

Salve ** avevo quest’idea di scrivere la mia versione di come sia nato l’amore tra Vegeta e Bulma e finalmente ho deciso di scriverla.
Sarà di pochi capitoli e non temete, li ho già scritti, quindi aggiornerò in pochissimo tempo :)

Nei prossimi capitoli spiegherò anche il significato del titolo.

Ho voluto iniziare proprio dal principio, ovvero dalla rottura del rapporto tra Yamcha e Bulma, secondo me lei non lo ha lasciato preferendolo a Vegeta xD

C’è, come vedrete, ovviamente già qualcosa dentro di lei ma si limita a un fascino misto ad odio verso il nostro Saiyan, prova in ogni caso emozioni molti più forti verso di lui che verso Yamcha, anche se negative.

Ma come detto spero per Yamcha e così è nella mia storia che non sia stato Vegeta il fattore determinante.

Un bacio e commentate in tanti *_*
Questa fanfiction ha partecipato al contest La notte degli Oscar indetto su Writers Arena Rewind

 

 

EclipseOfHeart

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Dark Paradise

 

 

 

Capitolo II

 

 

[Everytime I close my eyes
It’s like a dark paradise]

 

 

 

Qualche giorno dopo alla sera in cui Bulma aveva realizzato i suoi veri sentimenti, la scienziata aveva finalmente deciso che era arrivato il motivo di confessare tutto a Yamcha.

Indecisa su come affrontare la questione dato che non c’era modo che lui non ne uscisse ferito non sapeva quando e come agire.

Seduta sul letto a rimuginare, alla fine decise che lo avrebbe invitato a cena e gli avrebbe spiegato tutto con calma a fine serata.

Si armò di coraggio e prese il telefono, componendo il numero del fidanzato che rispose dopo qualche squillo.

«Ehi Yamcha!»

«Bulma! Ma che coincidenza, stavo per chiamarti io!»

«Ah sì? Come mai?»

«Volevo proporti un invito a cena.» disse lui con entusiasmo lasciandola per qualche secondo senza parole.

«Assurdo! Volevo dirti la stessa cosa!»

«Wow, fantastico! Allora non ho dubbi sul fatto che accetterai.»

«Infatti accetto molto volentieri.»

«Anche perché dobbiamo parlare di un argomento molto importante.» replicò Yamcha serio.

«E di cosa? Mi hai incuriosita.» rispose lei iniziando a sentire una sensazione di preoccupazione.

«Vedrai stasera! Ho prenotato già un tavolo in quel ristorante che ti piace tanto.»

«Quindi me l’hai chiesto ma sapevi già che avrei detto di sì!»

«Ovvio! Ora vado ad allenarmi, alle 8 vengo a prenderti a casa.» rise lui per poi chiudere la conversazione lasciando Bulma basita per qualche secondo con il telefono aperto nelle mani.

Che doveva dirle Yamcha di così importante da invitarla in un ristorante per comunicargliela?

Che anche lui avesse gli stessi dubbi di lei? Che volesse lasciarla anche lui?

Sperò che fosse quello il problema così Yamcha non sarebbe rimasto troppo ferito dalla sua decisione, per quanto non lo amasse più gli voleva un gran bene ed era stato una parte molto importante della sua vita e vederlo soffrire l’avrebbe fatta stare molto male.

Rinfrancata dall’idea che anche lui avesse capito la loro situazione andò diretta verso la cucina, era quasi ora di pranzo e sua mamma era fuori casa, se non avesse preparato qualcosa lei per quell’idiota le avrebbe distrutto tutta l’abitazione.

Immersa nei suoi pensieri passò mezz’ora a cucinare, se c’era una cosa in cui almeno Vegeta l’aveva aiutata era che, grazie a lui, aveva di molto affinato e migliorato le sue abilità di cuoca.

La quiete però fu interrotta, come sempre, dalla porta di casa che si apriva e si chiudeva nella maniera più violenta possibile.

Qualche giorno l’avrebbe rotta pensò affranta Bulma mentre si preparava alla loro consueta litigata.

«Non è ancora pronto, torna ad allenarti per almeno un’altra mezz’ora.» iniziò asciutta appena lo vide varcare l’ingresso della cucina.

«E vatti a dare una lavata prima di mangiare.» aggiunse vedendolo sanguinante e sudato.

«Non sono qui per mangiare! Non ancora, almeno. Devi riparare il tetto della GR, c’è un buco e non riesco più ad attivare la gravità.» replicò invece lui seccato.

«Un buco? Come hai fatto a fare un buco? Sei impossibile Vegeta! Tutto quello che tocchi lo distruggi! Comunque ora non posso lasciare la cucina che sto cucinando, dopo pranzo, se mi va, aggiusterò i tuoi danni.» disse Bulma stanca di dover ogni giorno riparare quella maledetta stanza.

«No, vieni subito. Non posso perdere tempo!»

«Non posso venirci ora perché devo cucinare per te! Quindi decidi, o il pranzo o i tuoi allenamenti.»

Vegeta si bloccò e sbuffando pensò effettivamente che non gli conveniva perdere tutto il pranzo per poco più di mezz’ora d’allenamento.

«Dopo pranzo devi andare subito ad aggiustarlo.» concluse quindi perentorio per poi andare verso la sua stanza mentre Bulma scuoteva la testa, vicina all’esasperazione.

 

 

Come promesso dal Saiyan, appena finito il pranzo, Bulma dovette seguirlo nella GR per aggiustare il tetto della stanza.

«Ho bisogno di una scala, vai a prenderla dentro il garage.» ordinò a Vegeta iniziando a prendere gli strumenti di lavoro.

«Non puoi prendertela da sola?»

«Dimentichi che io sono solo una debole terrestre? E’ troppo pesante.» rispose lei scimmiottando il Saiyan che continuamente le ripeteva quella frase e che dovette andare a prenderle la scala.

Di ritorno la pose sotto il buco del tetto e Bulma vi salì iniziando a riparare il danno, quando notò che Vegeta stava per uscire dalla stanza.

«Dove credi di andare? Devi tenermi la scala! Pensa se cadessi da quest’altezza!» urlò per richiamarlo.

«Cosa vuoi che me ne importi se ti fai male?» replicò lui sgarbatamente.

«Ti importerà quando cadrò rompendomi un braccio e la tua GR resterà rotta per mesi!» gridò furiosa, possibile che nessun atto di gentilezza o cortesia potesse uscire da quel troglodita?

Vegeta si ritrovò per la seconda volta in quella giornata a dover ammettere che quella terrestre non aveva tutti i torti e che doveva rimanere in buona salute, quindi si mise sotto la scala controllando che non cadesse.

La mezz’ora seguente passò nel silenzio più totale, interrotto solo dai rumori degli strumenti di Bulma e dai borbottii di lei verso le attrezzature.

«Okay, ho quasi finito, mi manca l’ultimo ritocco e poi…» non riuscì a finire la frase perché improvvisamente si sentì mancare l’equilibrio, si era sporta troppo e gridò mentre cadeva dalla scala.

Chiuse gli occhi aspettando l’impatto che però non arrivò a causa delle braccia di Vegeta che la presero al volo.

Bulma aprì gli occhi e si ritrovò due pozze nere che la fissavano, l’espressione di lui era arcigna e severa come al solito.

Non credeva che veramente lui l’avrebbe salvata, era convinta che l’avrebbe lasciata cadere a terra.

Stava per ringraziarlo quando lui la posò immediatamente a terra, interrompendo il contatto tra di loro, Bulma si accorse, al distacco, di quanto la pelle di lui fosse più calda rispetto alla sua.

«Mi aspettavo che un’imbranata come te sarebbe caduta da un momento all’altro. Ora pure i terrestri devo salvare!» disse lui disgustato dal suo stesso gesto.

«Grazie.» borbottò Bulma senza particolare enfasi visto che Vegeta l’aveva presa quasi per riflesso e non perché realmente gli importasse.

Risalì sulla scala, scuotendo la testa e domandosi perché era stata così sciocca da pensare che il suo fosse stato un gesto gentile.

Arrivata vicino al tetto respirò e notò per la prima volta che il suo cuore batteva più forte del normale e, finendo il lavoro, si domandò se fosse stato effettivamente solo per la paura.

 

 

Finita la riparazione, Vegeta l’aveva subito fatta uscire dalla GR per poter continuare i suoi allenamenti.

Bulma ormai era persino stanca di doversi arrabbiare per quegli atteggiamenti e quindi decise di passarci sopra, lasciando perdere la questione e tornando in casa.

Passò il resto pomeriggio nel suo laboratorio, intenta a finire un progetto per la Capsule Corporation e fu solo per fortuna che alzò lo sguardo verso l’orologio notando che era decisamente ora di iniziare a prepararsi per la cena.

Mentre si cambiava e decideva come vestirsi Bulma pensava a come avrebbe dovuto approcciarsi per la discussione con Yamcha, ancora non si sapeva se lui avesse gli stessi pensieri di lei e quindi il dubbio le rendeva la situazione molto difficile.

Alle 8 precise il campanello di casa Brief iniziò a suonare e Bulma, ormai pronta, si guardò allo specchio ripetendo mentalmente il suo discorso e il fatto che ci sarebbe potuta riuscire e poi andò ad aprire a Yamcha.

Che sicuramente era vestito nella maniera più elegante possibile, fu la prima cosa che pensò lei appena lo vide.

Vestiva giacca e cravatta, non aveva memoria di avergliela mai vista, e tra le mani teneva una rosa rossa che le porse immediatamente salutandola e offrendole il braccio.

Bulma sorrise, sentendosi in imbarazzo per il suo abbigliamento non molto elegante e sempre più inquieta riguardo a quello che Yamcha le dovesse dire.

Non sembrava che avesse l’umore di una persona che dovesse dirle una cosa negativa, tutt’altro.

Arrivati al ristorante scoprì che Yamcha si era assicurato nella prenotazione di aver il miglior tavolo possibile e che, sopra di esso, era già posizionato lo champagne, pronto per essere bevuto.

Che le doveva dire Yamcha di così bello da doverlo festeggiare in quel modo?

Oltretutto lui non faceva che sorriderle da quando si erano visti.

Bulma, agitata e nervosa, non riuscì neanche a godersi la cena di quello splendido ristorante che lei adorava alla follia ma che quella sera pareva soffocarla.

Yamcha però non parve notare nulla di tutto ciò, infatti proseguì la serata sempre con il sorriso sulle labbra e senza il minimo segno di disagio.

Arrivati al dessert Bulma pensava veramente di stare per scoppiare dall’ansia finché le sue preghiere non furono esaudite mentre Yamcha tirò fuori una scatolina.

E allora l’ansia di Bulma diventò puro terrore.

“Yamcha non stava per proporsi, vero?” Pensò la sua mente che iniziava a lanciare messaggi d’allarme uno dopo l’altro.

Diventò pallida mentre Yamcha iniziò il suo discorso.

«Bulma, so qual è il nostro problema. Abbiamo bisogno che la nostra relazione faccia un salto in avanti altrimenti rischiamo di restare fermi e di perderci.

Io ti amo. E sento che anche tu provi la stessa cosa no…? Tu ami?» iniziò lui per poi grattarsi la testa imbarazzato, rosso e certo della risposta della sua fidanzata.

«Tu ami. Sì, lo so. E quindi ti chiedo, Bulma Briefs vuoi diventare mia moglie e rendermi il marito più felice che ogni universo abbia conosciuto?» infine concluse aprendo la scatolina che rivelò al suo interno un solitario con un diamante al centro.

Bulma si sentì mancare il fiato e vide che tutti gli altri clienti del locale osservavano la scena, aspettando la sua risposta.

Osservò Yamcha ed ebbe la certezza assoluta che non poteva dirgli di sì. Non voleva sposarlo, né continuare a stare con lui e con delicatezza chiuse lo scatolino che lui teneva in mano.

Vide la delusione nei suoi occhi e si sentì male al pensiero di averlo ferito, ma prenderlo in giro sarebbe stata cosa ben più grave.

«Yamcha, stasera sei stato perfetto. L’anello è bellissimo, la serata è organizzata così bene e io mi sento così male a doverti dire di no. Non posso sposarti.

Hai ragione tu, abbiamo bisogno che la nostra relazione cambi ma in senso negativo, purtroppo io non ti amo più e quindi non posso sposarti, spero tu possa perdonarmi e capire le mie ragioni.» rispose Bulma con voce più ferma possibile.

Yamcha la fissava ancora incredulo e ritirò il suo anello nella tasca mentre i suoi occhi dimostravano quanto non comprendesse quello appena accaduto.

«Ma perché? Cosa ho sbagliato?» sussurrò ancora sconvolto.

«Nulla Yamcha, assolutamente nulla! L’amore a volte si spegne senza nessun motivo particolare, siamo troppo diversi e vogliamo condurre stili di vita differenti.» tentò di spiegargli Bulma per non cercare di ferirlo in nessun modo.

«E’ per quel Saiyan vero? Ti sei innamorata di lui?» sibilò lui a denti stretti nel tentativo di comprendere.

Bulma pensò immediatamente alla caduta dalla scala del pomeriggio ma scacciò subito quel ricordo per chiarire la sua posizione.

«Non dire assurdità, non ti sto lasciando per un altro. Questa cosa riguarda solo me e te, senza esterni, meno che mai per Vegeta.»

Yamcha non volle aggiungere altro e in silenzio andò a pagare il conto.

Nella macchina al ritorno l’atmosfera era soffocante e silenziosa e arrivati a casa di Bulma, lei si sporse verso Yamcha regalandogli un bacio sulla guancia.

«Grazie. Di tutto.» disse sorridendo.

«Sei sicura Bulma?» replicò lui trattenendola leggermente, per l’ultima volta.

Bulma annuì e scese dalla macchina mentre sentì che un capitolo della sua vita era giunto alla sua fine, con Yamcha se ne andava anche la sua adolescenza e il suo primo amore.

Si preparò velocemente per dormire e con animo abbastanza sereno si coricò nel buio della sua stanza.

Prima di dormire continuò a pensare alle parole di Yamcha, a quella domanda a cui aveva risposto tanto fermamente.

“Tu mi ami?”

E poco prima di addormentarsi pensò a Vegeta, a quegli occhi neri come la notte più profonda e al fatto che si mescolassero perfettamente con quella domanda che le risuonava nella mente.

 

 

Settimane dopo la rottura definitiva con Yamcha, Bulma ancora faticava a concepire l’idea di essere ormai single. Era fidanzata con lui da quando era appena un’adolescente e non era facile riabituarsi al fatto che ora fosse libera.

Impegnata come sempre tra il lavoro in laboratorio e quello extra che Vegeta non mancava mai di procurarle le sue giornate passavano una dietro l’altra finché i mesi che la distanziavano da quella sera al ristorante diventarono cinque.

Bulma aveva sentito, giorno dopo giorno, nascere nuove emozioni dentro di lei. Si era scoperta più volte a fissare quell’idiota che le girava per casa e aveva notato che la sua compagnia, per quanto sgarbata e sgradevole, iniziava leggermente ad ammorbidirsi e, cosa più preoccupante, spesso era lei che la desiderava.

Vegeta odiava quando qualcuno si fermava a fissarlo e più di una volta si era fatta rimproverare per questo motivo, tentava di osservarlo, di capirlo meglio che poteva e ogni sguardo che gli posava era uno sguardo rubato.

Non sapeva neanche lei perché avesse quella voglia sempre più forte di comprendere cosa si celasse oltre i muri che Vegeta contrapponeva tra sé e il mondo e non capiva perché quegli occhi neri la affascinassero così tanto. Avrebbe passato ore a guardarli tanto erano profondi e tanto l’attraevano.

All’inizio non erano così. Erano freddi, limitati e non esercitavano alcun potere su di lei, ma da qualche tempo, in rare occasioni, sembravano riflettere un’immagine diversa di quella che Vegeta sempre manifestava.

Poteva giurare di averlo visto una sera uscire dalla GR con gli occhi velati di tristezza che però una volta rilevata la sua presenza scomparve per lasciare il posto al solito sguardo superiore e denigratorio.

Non riusciva a diventare un Super Saiyan ma Bulma credeva che, più profondamente, ci fossero altri motivi che lo spingessero sempre a dover essere il migliore.

Una vita passata tra il dolore, il sangue e la guerra non può che insegnare che solo il più forte ottiene rispetto e può sopravvivere, oltretutto era convinta che gli fosse stato detto fin da piccolo che in quanto principe della stirpe Saiyan era suo dovere essere al di sopra di tutti, altrimenti sarebbe stato vergognoso, per lui e per la sua famiglia.

Non conosceva gli orrori di Vegeta ma voleva aiutarlo in qualche modo a trovare un po’ di serenità, solo che non riusciva a vedere nessuno spiraglio in cui far breccia.

Ogni tentativo di iniziare un discorso cadeva inesorabilmente nel silenzio, ogni sguardo di troppo redarguito all’istante, non riusciva a raggiungerlo né con gli sguardi né con le parole.

Chiusa nel suo laboratorio la sua testa passava sempre più tempo a pensare a lui che le stava inquinando la mente come mai niente aveva fatto.

Continuava a chiedersi perché le importasse tanto di farlo stare meglio.

Vegeta era un assassino che non si faceva problemi a dirle ogni giorno che poteva tranquillamente ucciderla. Lei e tutti i terrestri erano sempre in pericolo, in qualsiasi momento avrebbe potuto decidere che quel pianeta non gli servisse più, iniziando la sua opera di distruzione.

Eppure voleva aiutarlo, in qualsiasi maniera.

Mettendo un freno a tutte quelle elucubrazioni Bulma alzò lo sguardo verso l’orologio del suo studio per scoprire che erano le tre di notte.

Sconvolta da quanto il tempo sembrasse essere scivolato via decise che, per quella sera, era decisamente ora di andare a dormire.

Prima però avrebbe fatto una doccia veloce per lavare via tutta la stanchezza accumulata.

La casa era immersa nel silenzio più totale finché, uscita dalla doccia, non sentì un rumore di vetri che proveniva dalla cucina.

Agitata e con solo l’asciugamano addosso prese un tubo vicino al suo studio e andò in direzione del rumore.

Poteva essere qualche ladro o peggio qualche maniaco. Certo, l’avere in casa uno degli uomini più forti dell’universo avrebbe dovuto rassicurarla ma dubitava che avrebbe interrotto il suo sonno per la sua misera vita.

Ma pure in quel momento critico doveva pensare a quello scimmione?!

La luce nella cucina era aperta e sentiva i passi di qualcuno dentro, si avvicinò con il cuore in gola e il tubo in mano.

Tubo che fece scivolare immediatamente a terra non appena vide che tutto quel chiasso era proprio Vegeta a procurarlo!

«Ma che cosa stai facendo? Mi hai fatto morire di paura! Pensavo fosse qualche ladro!» esclamò agitata mentre l’adrenalina ancora le circolava in corpo. Vide a terra i cocci di un bicchiere in frantumi e la bottiglia d’acqua che il Saiyan stava bevendo per capire cosa stesse facendo.

Ma non poteva essere silenzioso?

«Stavo bevendo. Se questi bicchieri si rompono con una tale fragilità non è colpa mia. E poi…» replicò Vegeta guardandola attentamente e poi osservando il tubo «Volevi veramente colpire un ladro con un tubo? E vestita con un asciugamano? Volevi stordirlo o sedurlo?» continuò con tono beffardo e leggermente malizioso.

Bulma a quella provocazione arrossì violentemente. Non si era proprio resa conto di essere in quelle vesti e per di più davanti alla persona che da qualche tempo non faceva altro che infestarle la mente.

Tentò di coprirsi e sarebbe volata via, balbettando qualche ultimo insulto, se la mano di Vegeta non le avesse afferrato il braccio, spingendola contro la parete e bloccandola ad essa.

Le mani di Vegeta le tenevano fermi i polsi al muro e lei sentì il suo respiro caldo che le vibrava sul collo, deglutì sentendo che la sua gola si sarebbe seccata molto velocemente e guardò Vegeta leggendo per la prima volta un’emozione diversa nei suoi occhi che però non le piacque per nulla.

Desiderio, lussuria.

«Vegeta spostati immediatamente. Che cosa vuoi fare?» chiese con la voce che un po’ le tremava dalla paura che sentiva salire.

Lui sogghignò: «Andiamo donna non essere ridicola, sai cosa sto per fare. Voglio divertirmi un po’ e vestita così tu stuzzichi decisamente la mia mente. E’ inutile che tenti di urlare o di fare la santarellina, tanto ormai ho deciso che stasera mi divertirò con te. E poi non fingere che una cosa del genere non ti piaccia, cedete tutte alla fine dei conti.» concluse con voce greve e iniziando ad infilare una mano sotto l’asciugamano di Bulma che lo fissava con occhi pieni di disgusto.

Avrebbe potuto urlare e a nulla sarebbe servito. Sapeva riconoscere ormai quando Vegeta usava un tono che non ammetteva repliche.

Le salirono le lacrime non vedendo nessuna via d’uscita, che lei provasse attrazione per lui non poteva negarlo ma non voleva assolutamente che accadesse qualcosa del genere tra di loro in quel modo. Lui stava per abusare di lei contro la sua volontà.

Gridò e tentò di scostarlo ma ovviamente i suoi furono solo vani tentativi. Non voleva che lui facesse sesso con lei considerandola una delle tante donne insignificanti e inutili che aveva nella sua vita, atte solo a soddisfare i suoi istinti.

Rigettò indietro le lacrime e capendo di non poter far nulla decise che lui non l’avrebbe fatta piangere e avrebbe affrontato la situazione con fermezza.

«Va bene, fai quello che vuoi, soddisfa pure i tuoi istinti più bassi. Sei più forte e vile di me, prenditi quello che desideri ma sappi che no, non sentirò alcun tipo di piacere a stare con un tipo schifoso come sei tu.» esclamò con voce dura irrigidendosi e smettendo di lottare.

Vegeta le aveva slacciato l’asciugamano che era scivolato a terra ma al sentire quelle parole aveva alzato gli occhi per fissarla intensamente, vedendo qualcosa che lo colpì profondamente.

Quella terrestre non aveva paura, aveva uno sguardo fiero e dignitoso come poche volte lo aveva visto nella sua intera vita. Vi riconobbe un frammento dell’espressione di un guerriero Saiyan che affronta l’inevitabile a testa alta.

Lei gli aveva sempre tenuto testa da quando era lì ma era stato sempre in occasioni in cui non le aveva mai fatto concretamente del male.

Invece in quel momento voleva fare qualcosa che capì lei non voleva assolutamente che avvenisse, non era come tutte le altre donne con cui era stato che, per paura o per compiacerlo, alla fine avevano ceduto perfino dimostrandosi felici che avesse scelto loro.

Lei no, lei si opponeva.

Vegeta non avrebbe mai pensato che avrebbe rivisto quello sguardo in una terrestre, loro sempre così deboli e sciocchi.

Per questo motivo si chinò e prese l’asciugamano per poi porgerglielo e staccare la sua presa dal muro, lasciandola libera.

Bulma lo fissò non capendo come mai di colpo avesse cambiato idea mentre si coprì immediatamente.

Vegeta la guardò e lei poté vedere per un solo secondo una sincera scintilla di dispiacere, si scostò da lei e, uscendo, le sussurrò: «Scusa Bulma.» lasciandola sconvolta.

Vegeta non l’aveva mai chiamata per nome. Di epiteti ne aveva usati tanti ma mai aveva pronunciato il suo nome, quasi come se lei non meritasse di avere e di essere chiamata per nome.

Si lasciò cadere sul pavimento mentre mille emozioni si mescolavano dentro di lei: rabbia, agitazione, ansia, stupore.

In quel momento avrebbe volentieri preso a pugni Vegeta per averle fatto prendere quella paura ma al contempo ebbe la certezza che quel Saiyan le era entrato dentro la pelle, in una maniera così profonda e inaspettata che in quel momento si sentiva completamente incatenata a lui.

 

 

 

Fine del II capitolo.

Eccoci xD Ancora sono indecisa se ci sarà un altro o altri due capitoli perché non ho ben deciso come dividere la storia comunque sarà online il seguito in poco tempo : )

La citazione iniziale viene dalla canzone “Dark Paradise” di Lana Del Rey, trovo che il testo per alcuni versi si modelli perfettamente all’amore di Vegeta e Bulma, soprattutto di lei.

Alla fine Bulma (nella mia storia u.u) vive un amore travagliato come pochi, che nasce su delle basi fragilissime e trovo che l’espressione Dark Paradise si adatti perfettamente a descriverlo. Nero come il suo principe e come la sofferenza che le provoca mal contempo paradisiaco come solo l’amore può essere.

Spero vi sia piaciuto e ci vediamo alla prossima!

 

Ringraziamenti:

 

-      Federika21: grazie mille della recensione, spero che questa continuazione continui a soddisfarti. Sì, sto tentando di mantenerli il più IC possibile e spero vivamente di esserci ancora riuscita xD Spero di leggere un’altra tua recensione :D

-      Vegeta_Sutcliffe: eh sì, hai proprio ragione xD essendo una tipa abbastanza distratta quegli errori mi sfuggono come niente D: spero stavolta di essere riuscita a stare più attenta e spero la storia ti continui a piacere, aspetto la tua recensione ^^

 

 

Grazie a chi commenta, legge, inserisci nei preferiti e via dicendo.

 

 

 

EclipseOfHeart

 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Dark Paradise

 

 

 

Capitolo III

 

 

 

 

[Loving you forever can’t be wrong

Even thought you’re not here, won’t move on]

 

 

 

 

«Scusa Bulma.»

Prima di riuscire ad addormentarsi quella frase turbò le menti del Saiyan e di Bulma.

Vegeta non riusciva a capacitarsi di aver fatto delle scuse a qualcuno e in particolar modo a quella terrestre.

Stringendo i pugni si vergognò ma al tempo stesso cercò di comprendere cosa l’avesse spinto a dire quelle parole.

Pensò che l’avesse fatto perché, in effetti, non si stava comportando nel più gentile dei modi con lei ma, in fondo, nella sua vita aveva sempre fatto così e nessuno gli era mai venuto a dire che fosse qualcosa di così tanto sbagliato.

Come uomo aveva degli istinti e le donne servivano essenzialmente per soddisfare quelle esigenze, non c’era rispetto in una forma di sesso del genere, c’erano solo una necessità e un modo di appagarla.

Però sentiva che quella terrestre fosse diversa, nessuna donna aveva mai osato ribellarsi in quel modo, così forte e autoritario, lei non si faceva trattare da oggetto e non voleva essere il suo.

Forse era per quel motivo che si era scusato, si era sentito in qualche modo in dovere di reintegrare il suo onore dopo averla trattata male?

No, a lui cosa diamine importava dell’opinione di quella, meno di niente, si rispose nella confusione di quel momento.

E poi si ricordò di averla perfino chiamata per nome.

Credeva di non conoscerlo nemmeno nonostante lei continuasse perennemente ad urlarglielo ogni giorno. Di solito la sua mente eliminava le informazioni inutili, invece il suo nome gli era rimasto impresso, in qualche modo.

S’infuriò pensando che quella questione, tutto sommato inutile, gli stesse togliendo riposo prezioso che gli serviva per i suoi allenamenti.

Non l’aveva detto per nessun motivo particolare e per quanto vergognoso – un principe dei Saiyan che si abbassava a chiedere scusa a una terrestre! – decise che avrebbe ignorato il problema iniziandola a trattare più freddamente. Non voleva assolutamente che quella pazza pensasse in qualche modo che lui si era ammorbidito nei suoi confronti o che potesse pensare di prendersi certe libertà con lui.

Sorridendo beffardo, finalmente mise a tacere i suoi pensieri e si addormentò.

Bulma, al contrario, non aveva nessuna voglia di dormire.

Era ancora accasciata al muro della sua cucina, con l’asciugamano appoggiato al corpo e l’espressione scioccata da quello che le era appena successo.

Vegeta la stava per violentare e dopo due minuti le chiedeva scusa, chiamandola per nome?

Cosa mai gli aveva fatto cambiare idea e atteggiamento in modo così repentino?

Dubitava seriamente fossero state le sue parole e se gli fosse passata la voglia, sicuramente non si sarebbe scusato.

Che avesse capito che il suo gesto fosse stato sbagliato?

Poteva quello scimmione pensare una cosa così buona?

Più ci pensava e più tutto le sembrava totalmente assurdo, essere violentata aveva un qualche senso e rientrava nella mente di quell’uomo, poteva spiegarselo razionalmente ma le scuse non riusciva proprio a capirle.

Un timido sorriso si affacciò nel viso di Bulma, in fondo qualunque fosse stato il motivo, era la prima volta che il Saiyan dimostrava un gesto così umano nei suoi confronti benché anticipato da quell’intenzione così meschina e senza ritegno.

Si alzò in piedi, con spirito rinnovato, decidendo che gliel’avrebbe fatta pagare in qualche modo. Per la mente Saiyan quell’atto poteva forse essere considerato ai livelli della normalità ma nel mondo umano era una cosa inammissibile e in qualche modo gliel’avrebbe fatto capire.

“Va bene che si era scusato ma Bulma Brief otteneva sempre la sua piccola vendetta personale, anche da un Saiyan.” Pensò infine gongolando verso il suo letto, ansiosa di trovare qualche buona idea per averla vinta.

 

 

Quello che Bulma sicuramente non si aspettava fu la freddezza con cui Vegeta iniziò a trattarla nei giorni seguenti. Non che il loro rapporto fosse mai stato caloroso ma la ragazza sentiva nei suoi confronti un muro ancora più alto e solido di quello che aveva percepito al suo arrivo sulla Terra.

Adesso non litigavano neanche più perché lui evitava proprio di parlarle, le poggiava sempre in laboratorio le attrezzature che rompeva e se la GR si guastava andava a dirlo a suo padre, invece di rivolgersi a lei.

Solamente durante i pasti lei tentava di varcare quella soglia così impenetrabile ma ad attenderla c’era sempre un muro di silenzio, non le borbottava più neanche contro.

Stanca e un po’ dispiaciuta di come il loro rapporto fosse regredito in maniera così brusca, non riusciva proprio a comprendere cosa fosse passato nella mente del Saiyan da spingerlo a comportarsi in quel modo.

In teoria doveva essere lei quella arrabbiata, non lui.

L’egocentrismo di quell’uomo la lasciava sconvolta e sempre più furiosa, nessuno poteva ignorarla in quel modo, lei non poteva permetterlo!

Anche la vendetta che aveva pensato per lui aveva pian piano perso interesse nella sua mente poiché le sue battute e le sue frecciatine cadevano sempre nel vuoto.

Il motivo che la spingesse così tanto ad interessarsi ormai evitava proprio di domandarselo, era inutile che negasse che stava sviluppando qualcosa di sempre più intenso per quegli occhi così profondi e scorbutici.

Un sentimento ancora fragile e che si sarebbe spezzato se Vegeta quella sera avesse approfittato di lei, privandola del rispetto e compiendo un gesto tanto cattivo.

Ma lui si era frenato e invece di fermarsi il suo cuore aveva iniziato a correre sempre più forte, alimentato dalla speranza che non tutto in Vegeta era male, che se lui era capace di fare delle scuse allora qualcosa di buono c’era dentro di lui.

Il problema era tirarlo fuori.

Facendo zapping, seduta sul divano, guardando in modo assente la TV che continuava a cambiare canale, Bulma non riusciva a trovare una soluzione e sentiva che la lontananza tra loro sarebbe aumentata sempre più se lei non avesse fatto qualcosa.

All’improvviso sentì la porta bussare e, meccanicamente, si alzò per aprire, non interrogandosi particolarmente su chi fosse, certa che fosse una visita per la madre o per il padre.

Restò perciò molto stupita quando fuori dalla porta trovò Yamcha ad attenderla.

«Yamcha, ciao. Finalmente mi dai un segno della tua esistenza, ti ho lasciato decine di messaggi!» gridò irata non appena ripresasi dallo stupore. Dopo la sera che l’aveva lasciato Yamcha era sparito nel nulla e dopo qualche mese aveva iniziato ad essere preoccupata, pensando che gli fosse accaduto qualcosa.

«Scusa se non avevo voglia di sentire la donna che mi ha scaricato.» disse gelido calmando subito l’ira di Bulma che s’imbarazzò.

«Ehm…» borbottò, infatti, non sapendo cosa dire.

«Vuoi entrare?» chiese mentre il silenzio del ragazzo la metteva sempre più a disagio.

Poi, di colpo, Yamcha la fissò intensamente e le prese le mani congiungendole nelle sue.

«Bulma, ti prego, spiegami perché! Io ti amo, io volevo sposarti, perché hai preso quella decisione? Noi due ci apparteniamo, io non riesco a dimenticarti!» gridò sperando che grazie al tempo che erano stati separati, la donna avesse capito di aver fatto uno sbaglio.

Bulma ritirò le mani e fermamente, come allora, gli spiegò i suoi sentimenti: «Mi dispiace Yamcha ma io non ti appartengo, io non ti amo più, devi riuscire ad andare avanti. Vuoi veramente stare con una persona che non ti ama? Tu meriti di meglio, qualcuna che tenga a te come un tempo ci tenevo io.»

«Io non voglio arrendermi, pensavo ti servisse tempo, ma invece forse occorre solo che io ti faccia di nuovo innamorare di me!» disse esultante.

«No, Yamcha. Io ti voglio bene e voglio che tu continui a fare parte della mia vita, ma solo come amico, come il caro amico di cui sempre avrò bisogno, ma tra noi non potrà mai esserci nient’altro! Non insistere, per favore.» concluse lei invitandolo a prendere una decisione sulle sue intenzioni.

«Bulma… Non ho davvero nessuna speranza?»

«No.» confermò lei per non dargli nessun tipo di aspettativa futura.

«Allora forse è meglio che vada… Ci rivedremo, sei troppo importante per me, però avrò bisogno di tempo per assorbire il tutto.» replicò Yamcha salutandola e volando via dalla Capsule Corporation.

Bulma si sentì un po’ triste per quell’ultimo disperato tentativo, Yamcha alla fine teneva veramente molto a lei, non aveva mai considerato pienamente il suo affetto, anche se questo non cambiava minimamente i suoi sentimenti verso di lui.

Sarebbe rientrata subito in casa se un’esplosione non avesse fatto tremare tutto il terreno e l’abitazione.

Bulma sbarrò gli occhi che corsero immediatamente in direzione della GR in giardino che, infatti, fumava sempre di più.

Andò velocemente verso quel punto, consapevole che Vegeta aveva combinato un disastro simile a quello che aveva fatto nei primi mesi.

Come allora lo trovò svenuto sopra le macerie della GR che era completamente distrutta. Sangue ed escoriazioni gli coprivano tutto il corpo e, esattamente come allora, Bulma lo soccorse subito accogliendo con dolcezza e preoccupazione le sue contestazioni che gli intimavano di lasciarlo andare.

Dove trovasse la forza di dire quelle cose mentre era in stato quasi d’incoscienza lei non riusciva davvero a comprenderlo, ma sicuramente non mollò la presa per quelle parole.

«Stupido, perché devi farti sempre del male…» sussurrò mentre vide il padre avanzare nella loro direzione, pronto a portare soccorso a Vegeta.

Lo sollevarono in una barella e insieme lo portarono nella sua stanza, dove suo padre iniziò a medicarlo e lei insieme a lui.

«Esattamente come l’altra volta questo testone si è spinto oltre i propri limiti! Addirittura questa esplosione è stata molto più forte! Però, figlia mia, non preoccuparti, sai di che tempra sono i Saiyan e vedrai che presto si rimetterà.» disse suo padre vedendola con il viso angosciato e preoccupato.

Lei annuì e insieme finirono le medicazioni. Nel frattempo era arrivata anche la mamma di Bulma che, con tono agitato, chiedeva cosa mai fosse successo all’affascinante principe.

«Povero caro! Si fa sempre male, dovrebbe rilassarsi! Bulma cara te l’ho detto che dovresti aiutarlo tu! Tu che ancora puoi tesoro.» cinguettò amabilmente mentre Bulma sospirava rumorosamente, sua madre non sapeva proprio contenersi.

«Ora lasciamolo riposare, ha bisogno di una lunga dormita. Io inizio a ricostruire la GR, appena si sarà ripreso vorrà di nuovo allenarsi!» disse il padre uscendo dalla stanza e portandosi dietro sua moglie che fece un piccolo occhiolino a Bulma.

Lei, del resto, non aveva la minima intenzione di lasciare quella stanza. La sua preoccupazione era molto più forte dell’ultima volta e non poteva assolutamente pensare di andarsene.

Seduta vicino a lui, azzardò un gesto e strinse delicatamente la sua mano nella sua.

Lui ovviamente non rispose alla sua carezza e lei quindi continuò a mantenere quel contatto. Era la prima volta che tentava qualcosa di così intimo e il cuore le batteva un po’ più forte, mentre la sua mente le ricordava che Vegeta non si scostava solo perché incosciente.

«Perché devi farmi sempre preoccupare…» chiese mentre lo guardava con gli occhi colmi di nuovi e intensi sentimenti.

Senza accorgersene i minuti diventarono ore e il sonno s’impossessò di lei, secondo dopo secondo. Si appoggiò al materasso, mantenendo quella sensazione così benevola e continuando a tenere la mano di Vegeta chiusa dentro la sua finchè lentamente si assopì.

Era notte quando Vegeta di colpo aprì gli occhi, accorgendosi subito come tutto il suo corpo dolesse senza eccezioni. Si rilassò ed in quel momento notò un calore insolito provenire dalla sua mano, alzò lo sguardo vedendo la terrestre addormentata con la sua mano sopra di lui.

Non riusciva proprio a capirla.

Perché aveva tutti quei riguardi verso di lui, cosa la spingeva?

La prima volta che l’aveva vista vegliarlo si era semplicemente spiegato che quella terrestre fosse eccessivamente premurosa e stupida, in fondo si conoscevano da pochissimo tempo e tanta attenzione era solo segno d’ingenuità.

Ma ora?

Perché prestava le sue cure a qualcuno che lei stessa aveva definito “tipo schifoso”? Oltretutto i loro rapporti erano sempre stati burrascosi e litigiosi, perché quella terrestre era così gentile e buona?

Lui non se ne capacitava in alcun modo, nel mondo in cui lui era cresciuto quando si feriva c’erano solo altre botte ad attenderlo, ad un gesto cattivo si rispondeva con un gesto più cattivo e non in altro modo.

Per questo l’aveva evitata, perché aveva comportamenti che non capiva e poi perché la sua presenza aveva fatto sì che anche lui dicesse cose fuori dal normale, come quelle scuse.

E poi quella sensazione era così piacevole, pensò rimproverandosi e dandosi del debole, un contatto fisico così piccolo non avrebbe dovuto significare proprio niente, anzi doveva ritrarre la mano ed interromperlo subito.

Le ferite si fecero sentire nuovamente e pensò che forse, per qualche altra ora, poteva lasciare che le sue barriere restassero abbassate.

Nessuno quella notte gli avrebbe fatto del male.

 

 

Vegeta si riprese in pochi giorni e tornò a rivolgersi alla terrestre, per quanto continuasse a considerarla un mistero senza soluzione.

Lei aveva subito notato che il Saiyan le “parlava” di nuovo, ovviamente a suon di ordini e sberleffi.

La ragazza intravedeva forse la speranza che non tutto fosse perduto e ricominciò nei suoi tentativi di avvicinarsi a lui.

Tuttavia gli sforzi della ragazza sfociavano – o almeno così lei credeva – sempre nel nulla e non vedeva nessuna occasione per poter dire qualcosa in più al Saiyan.

L’opportunità le si presentò una sera in cui, per caso o per destino, i genitori di Bulma avrebbero passato la notte in un’altra città da dei parenti.

La giovane scienziata percorreva il giardino stanca dall’aver lavorato fuori fino a quell’ora e intercettò il Saiyan che stava uscendo, notando la sua espressione scoraggiata.

Non ce l’aveva fatta neanche quel giorno.

Non volendo farsi notare entrò velocemente in casa, precedendolo ed iniziando a preparare la cena.

Lui arrivò poco dopo e si andò a lavare nella sua stanza.

Ammirava la forza di volontà con lui tentasse ogni giorno di battere Goku, era animato da un qualcosa molto forte.

Dopo un quarto d’ora Vegeta tornò nella cucina e si mise seduto, iniziando a ticchettare sul tavolo per comunicare implicitamente alla ragazza la sua impazienza.

Lei si limitò ad ignorarlo e, con calma, cucinò tutto nel tempo necessario. Poi lo servì e si mise di fronte a lui, mangiando un quinto di tutto quello che aveva preparato per lui.

Vegeta divorò tutto alla velocità trovando di una bontà sempre migliore tutta la cucina di quel pianeta.

Bulma raccolse i piatti uno per uno e, alla fine, armandosi di coraggio iniziò a parlare.

«Un giorno ce la farai.»

Vegeta alzò di scatto lo sguardo dal piatto per fissarla stupito.

«Di che cosa parli?»

«Del Super Saiyan. Sono convinta che anche tu lo diventerai presto.» spiegò lei sentendosi il cuore galoppare nel petto.

Vegeta poteva infuriarsi oppure? Che reazione doveva aspettarsi?

Vedendolo con quel viso scoraggiato non aveva resistito a fargli sapere che lei credeva in lui, che sapesse che tanti sforzi sarebbero stati ripagati.

«Ovvio che lo diventerò. Sarò fortissimo e batterò quegli androidi e anche Kakaroth e poi distruggerò questo inutile pianeta.» rispose sicuro di sé e non capendo il motivo delle parole della terrestre.

«Spero tanto che tu non ci distrugga, anche perché non sono così sicura che riuscirai a battere Goku però sono certa che diventerai Super Saiyan. Lo so bene che sei convinto di riuscire nei tuoi obiettivi, solo che certe sere mi sembra che tu lo dimentichi.» gli disse sorridendo leggermente e sentendosi arrossire di fronte al suo sguardo inquisitorio.

«Non dire sciocchezze, non lo dimentico mai.» replicò lui sentendosi agitato, quella ragazza era imprevedibile, non riusciva ad anticipare nessuno dei suoi comportamenti e non sapeva mai cosa aspettarsi.

Non aveva nessuna paura di lui, esprimeva il suo pensiero sempre e comunque, non riusciva a domare il suo carattere irascibile in nessun modo. Durante i loro battibecchi i suoi occhi saettavano e brillavano di determinazione, lei non si faceva mettere i piedi in testa in nessuna maniera, a nulla valevano le sue minacce di morte.

L’unica volta che l’aveva vista realmente spaventata era stata quella sera ma anche allora aveva affrontato il tutto con una fierezza incredibile.

E poi era sempre così maledettamente gentile e premurosa, attenta ad essergli di aiuto, non per accondiscendenza ma per un reale e genuino desiderio di aiutarlo.

E questo lo confondeva, anche in quel momento stava dicendo cose senza senso. Era un tentativo di incoraggiamento?

Da quando lei credeva in lui?

Il filo dei suoi pensieri s’interruppe quando vide la figura di Bulma pronta ad uscire dalla cucina e le parole gli fluirono dalle labbra proprio come quella sera.

«Perché mi dici queste cose? A te cosa importa?» chiese gelido, tentando di suonare minaccioso.

«Te l’ho detto, avevo notato che stasera sembravi meno grintoso del solito e ho voluto farti sapere che anch’io credo in te.» rispose Bulma sentendosi felice che per una volta le sue parole avessero prodotto un effetto diverso dalla rabbia.

Vegeta si alzò in piedi e si avvicinò alla figura di lei che lo fissava non capendo cosa avesse in mente di fare.

«Tu non hai un motivo. Pensi forse che dicendomi queste cose o comportandoti in questa maniera io potrei pensare di salvarti la vita quando sarà diventato imbattibile?» replicò tentando di dare una logica a quelle parole.

Credere in lui.

Mai nessuno aveva creduto in lui, non in quel modo, non senza un tornaconto personale.

«Ma che stupidaggini vai dicendo! Principe, ma non hai mai avuto qualcuno nella tua vita che credesse e si fidasse di te?» domandò azzardando a battere un colpo beffardo sul suo petto.

«No. E non concepisco perché tu dovresti farlo visto quello che è successo alcune sere fa, pensavo che i tuoi modi gentili sarebbero finiti dopo quello che ho fatto.» sibilò Vegeta attaccandola.

«Mi hai fatto delle scuse e io ti ho perdonato. E’ semplice, no?» rispose lei candidamente come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Vegeta non seppe cosa replicare.

Il perdono?

Da piccolo nessuno gli aveva mai insegnato una parola del genere ed era passato molto tempo prima che ne capisse il significato. Ma non l’aveva mai messo in pratica.

I Saiyan non perdonavano. E non venivano perdonati, un suo sbaglio era stato sempre severamente punito.

Bulma vedendo che non sapeva come reagire tentò il tutto per tutto e poggiò una mano delicatamente sulla guancia del Saiyan che, a quel gesto, si scostò come se si fosse bruciato.

«Che diamine fai?» disse alzando la voce.

La scienziata però non si perse d’animo e la distanza che lui aveva creato la annullò avvicinandosi di nuovo.

Riappoggiò la mano sulla guancia dolcemente e stavolta Vegeta non la cacciò ascoltando le sue parole.

«Si chiama carezza. Non c’è da aver paura.» sussurrò Bulma muovendo leggermente la mano.

«Non ho paura, chi mai avrebbe paura di una creatura tanto debole ed indifesa? E poi so cos’è una carezza!»

«E allora perché ti ritrai come se ci fosse qualcosa da temere?»

Vegeta arretrò nuovamente non potendole spiegare che quel genere di cose lo indebolissero, rendendolo un bersaglio facile.

E poi nessuna donna aveva mai osato tanto con lui, nessuno nell’intero universo gli aveva messo una mano sul viso ed era ancora vivo a raccontarlo.

Però… le carezze di quella terrestre sembravano sincere in qualche modo ed erano piacevoli. La guardò di nuovo e, come quella sera, sentì il desiderio di farla sua.

Ma si trattenne e decise che sarebbe stato meglio uscire da quella stanza.

«Non ti devo nessuna spiegazione e ora lasciami passare!»

Bulma si sentì persa e pensò che mai il Saiyan si sarebbe nuovamente esposto in quel modo se l’avesse lasciato scappare, anzi si sarebbe chiuso a riccio e avrebbe fatto il doppio della fatica.

Lo afferrò quindi per un braccio, mettendoci tutta la sua forza possibile per fargli capire che voleva trattenerlo e quando vide che lui si girava per gridarle addosso, prese delicatamente il viso nelle sue mani e lo baciò a fior di labbra.

Vegeta sbarrò gli occhi completamente sconvolto dalla follia di quella terrestre che continuava a fare un gesto più assurdo dell’altro.

«Questo si chiama bacio. Quando è stata l’ultima volta che ne hai ricevuto uno?» chiese lei soffiandogli sulle labbra.

Lui pensò che non lo ricordasse minimamente, nessuna donna aveva mai osato baciarlo o guardarlo in faccia durante un rapporto né lui aveva interesse a guardare loro.

«Stai osando veramente troppo terrestre, allontanati.»

«Non mi era sembrato che quella sera la mia vicinanza non ti fosse gradita.» rispose con voce leggermente maliziosa.

«E a me era sembrato che non fosse gradita a te.» replicò lui scorgendo la malizia in quegli occhi così azzurri e desiderando sempre più di averla.

«Non volevo che succedesse in quel modo, con quelle tue parole, io non sono una delle tue donne da usare quando devi sfogarti.» disse fermamente.

Vegeta rivide in lei la stessa fierezza che aveva visto quella sera e tentò di non pensare a quanto quella situazione fosse inconcepibile per il principe dei Saiyan.

«E in cosa saresti tanto diversa?»

«A quante altre donne hai permesso un bacio, prima di me?» chiese infine sapendo di avere la vittoria in pugno e sentendo l’adrenalina nelle vene.

Quando Vegeta non si era tirato indietro dalle sue carezze, aveva capito di desiderarlo immensamente ma non avrebbe mai accettato di essere considerata da lui come una delle tante, non lei, non Bulma Brief.

Vegeta, infatti, non seppe come replicare non volendole effettivamente dire che la risposta era nessuna, ma lei lo intuì lo stesso guardandolo e baciandolo nuovamente.

Stavolta lui ricambiò, in fondo, quella terrestre si stava offrendo sola e lui aveva tutta l’intenzione di accettarla.

Aveva proprio bisogno di un po’ di svago.

Anche se, da qualche parte dentro di sé, pensò che lei aveva avuto ragione. Non era come tutte le altre donne.

Non aveva mai saputo il nome della donna con cui stava, cosa gliene sarebbe dovuto importare?

Mentre ora lo conosceva e se lo ricordava. Ancora non capiva perché permettesse che Bulma continuasse a prendersi tutte quelle libertà, il suo onore e orgoglio gli imponevano di rifiutarla, doveva essere a lui a decidere.

Però la sua pelle era invitante, i suoi baci forse di più e per quella sera decise di godersela.

Si stupì quando notò che l’aveva chiamata per nome, quella sera, perfino nei suoi pensieri.

 

 

 

Fine del terzo capitolo!

Salve ** Le strofe iniziali sono prese sempre dalla stessa canzone di Lana Del Rey.

Allora vi piace questo capitolo? u.u

Voglio tanti commentini!

Vegeta inizia piano piano a sbloccarsi e iniziava forse un poco a fidarsi di Bulma, mi piace pensarlo come un uomo che non aveva proprio idea di cosa fosse un gesto gentile e di Bulma che glielo mostra, ovviamente è ironica insegnandogli i nomi xD però mi sembrano tanto teneri :3 con Vegeta che non capisce che vuole Bulma xDDD Almeno spero che sia questa l’idea che vi ho trasmesso perché era esattamente quella che volevo dare.

 

Ringraziamenti:

 

-      MariannaV: Grazie mille delle due recensioni *________* sono felicissima che la mia storia ti piaccia e spero che questo capitolo ti abbia soddisfatta! Sì, infatti, anche a me quella componente nelle storie ha sempre dato un po’ fastidio, Bulma Brief sa farsi rispettare!

-      Lienne: Grazie mille *-* spero continui a piacerti!

-      Federika21: quanto mi fanno piacere le tue recensioni non puoi capire ** oltretutto mi hai fatto due appunti giustissimi che spero di averti spiegato con questo capitolo. Yamcha voleva lasciarle un po’ di tempo e ci ha riprovato ma per ora lo rivedremo solo come amico xD Vegeta OOC, sì forse un po’ hai ragione :S però alla fine della storia forse ti si chiarirà meglio. Sono contenta che trovi i personaggi IC *_*, sto puntando molto a quello e all’aspetto introspettivo, in questo capitolo per esempio non so se Vegeta sia proprio IC, anche perché è davvero un’impresa con i pochissimi indizi che abbiamo xD Un bacio e spero continuerai a recensire :D

 

 

Ringrazio inoltre tutti quelli che hanno inserito la storia nei preferiti, ricordate e seguite (siete tanti o_o, grazie **)

 

 

EclipseOfHeart

 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Dark Paradise

 

 

Capitolo IV

 

 

[Even if i try to push you out

Will you return?

Will you love me

Even with my dark side?]

 

 

 

Vegeta seguì Bulma nella sua stanza e continuarono quello cui la giovane aveva dato inizio in cucina.

Le mani di lui non erano gentili, i suoi movimenti così forti che più di una volta Bulma aveva trattenuto dei lamenti per il dolore, non perché vi fosse in lui l’intenzione di ferirla, ma perché era difficile, in certi istanti, ricordarsi che al corpo sotto di lui sarebbe bastato un minimo della sua forza per disintegrarlo.

Fin dal primo attimo Bulma aveva capito che, come sempre, voleva avere lui il controllo della situazione, non voleva sentirsi sottomesso nemmeno in un’occasione del genere e lei capì che era troppo presto per avanzare una richiesta simile.

Non l’aveva mai baciata se non in risposta ai baci suoi e non le aveva detto neanche una parola durante tutto il rapporto, ma non per questo Bulma non l’aveva trovata l’esperienza più passionale della sua vita.

D’altronde il suo unico parametro di confronto era Yamcha e non aveva sentito dubbio, fin dal primo momento, che anche in quel campo vi fosse tra i due un abisso di disparità.

Se, infatti, con il primo avesse da sempre ritenuto il sesso piacevole e divertente non aveva mai realmente pensato che potesse essere così passionale, com’era ogni gesto del Saiyan.

Vegeta l’aveva sempre fatto per soddisfare il suo istinto naturale e non si era mai minimamente curato di procurare piacere alla sua partner, l’importante era che i suoi bisogni fossero appagati. Eppure, per la prima volta che ricordasse, provò un senso di soddisfazione nel sentire la terrestre gemere sotto di sé e dovette contenere quell’insolita euforia altrimenti avrebbe potuto anche ucciderla.

Il Saiyan dovette riconoscere che era sicuramente una delle donne più belle che avesse mai visto e gli sarebbe davvero dispiaciuto disintegrarla.

Con un’ultima spinta sancirono la loro prima notte, mentre l’estasi s’impadroniva di Bulma portandola a chiedersi come da un essere che era così malvagio potesse nascere un ardore simile, che l’aveva bruciata fin dentro l’anima.

Ebbe la certezza che si stava innamorando di Vegeta, di quegli occhi scuri come la notte che mai l’avevano guardata quella sera, interessati solo al suo corpo.

Ma, un giorno, lui avrebbe alzato lo sguardo e l’avrebbe guardata. E questo avrebbe significato molto di più di quanto, apparentemente, un gesto simile possa far intendere.

Bulma Brief affrontava tutte le sfide e ne usciva vincitrice, in un modo o nell’altro.

Dopo pochi minuti e dopo che il respiro di entrambi era tornato a un ritmo normale, Bulma sentì il Saiyan alzarsi dal letto, per prendere i pantaloncini abbandonati a terra e tornare nella sua stanza.

Non si stupì, né rimase delusa o affranta. Rimanere dopo una notte di sesso a dormire con lei sarebbe stato quasi un gesto d’amore e Vegeta non conosceva cosa fosse l’amore.

Non si sentiva usata perché era stata lei a decidere che quell’atto avesse luogo e, quindi, non lo pregò di restare con lei o altre frasi inutili che lo avrebbero solo disgustato. Non disse nulla ma le speranze si accrebbero ancora di più. Un giorno sarebbe rimasto con lei, un giorno lei gliel’avrebbe chiesto e lui, senza risponderle, avrebbe acconsentito.

Ma non era quella notte, sapeva che sarebbero dovute passare molte sere, ma non dubitava del suo successo.

Non occupava che un misero posto, per ora, nella vita di Vegeta ma sarebbe riuscita a cambiare tutto, tentando di insegnare a quel testone che esistevano cose migliori dell’uccidere.

Vegeta, dal canto suo, tornò nella sua stanza pensando che non gli sarebbe affatto dispiaciuto ripetere il divertimento di quella notte ed era convinto che anche la terrestre fosse della sua stessa opinione. Soddisfatto, incrociò le braccia sotto la testa e si addormentò, riflettendo su che tipo di allenamento avrebbe adottato il giorno seguente.

La situazione, da quel giorno, non si modificò radicalmente. I due continuavano a battibeccare come sempre, se possibile con una Bulma ancora più furiosa.

La differenza sostanziale per loro arrivava la notte, i cui incontri diventano sempre più frequenti e abitudinari.

Solitamente lui si limitava a raggiungerla nella sua stanza, non si dicevano nulla ma bastava uno sguardo per intendersi a vicenda, non andavano mai nella camera di Vegeta e lui, alla fine, si rivestiva e si alzava senza sbattere ciglio o rivolgerle una parola.

Tuttavia Bulma pian piano iniziò nei suoi tentativi di scalfire quel muro che Vegeta aveva attorno a sé e, dopo alcuni mesi, cominciò a vedere i primi piccoli risultati che avvenivano tutti in quella stanza che ospitava le loro passioni.

Il primo segnale che ebbe fu quando, per la prima volta, s’impose riuscendo ad avere il controllo con Vegeta sotto di sé e con lei che guidava il loro appassionato gioco, con le sue regole.

Nonostante i borbottii e la sorpresa di trovarsi sottomesso, Vegeta dovette ammettere che era piacevole potersi rilassare sotto un tocco fidato e che quella terrestre stava diventando sempre più sfacciata e passionale. La timida reticenza iniziale era durata ben poco e, come sempre faceva nella vita, anche in quell’occasione tentava di tenergli testa come poteva.

Era sempre a lei sospirare parole e il suo nome nella stanza che si perdeva poi nei gemiti che s’intrecciavano ai suoi. Lui non le parlava, per quale motivo il principe dei Saiyan avrebbe dovuto dirle qualcosa?

Si limitava a farle sorrisi di sfida nel vederla cambiare le regole che lui aveva silenziosamente imposto sin dall’inizio.

Nessuna donna aveva mai osato qualcosa del genere, lei invece era talvolta capace di renderlo inerme alle sue mani e ai suoi baci.

E Bulma lo sapeva, sentiva questo cambiamento. Aveva notato che stava iniziando a cercarla perché gli faceva piacere e non per soddisfare solo un istinto fisico.

Come sentiva che ormai era così innamorata che non c’era speranza che, un giorno, il suo sentimento svanisse o si affievolisse.

Avrebbe amato quel Saiyan come mai aveva amato qualcosa, benché non arrivasse a credere che lui l’avrebbe mai contraccambiata.

Poteva fargli sperimentare l’amore e glielo donava ogni sera, in ogni bacio, in ogni sussurro malizioso, in ogni carezza che lui ormai accoglieva, ma non ricambiava.

 

 

Una sera però non era riuscita a trattenersi e, nell’attimo più inebriante, gli aveva sussurrato nell’orecchio un flebile «Resta qui.» per poi sperare che lui non avesse capito il reale significato di quella richiesta.

Ovviamente Vegeta aveva capito subito cosa intendesse la terrestre e non si stupì affatto che iniziasse ad avanzare una pretesa di quel genere, che lui non aveva alcun motivo di soddisfare.

Che senso aveva restare lì dopo essere stato con lei? Nessuno, lei glielo chiedeva per una qualche forma sciocca di sentimentalismo terrestre che gli sembrava totalmente ridicola.

Quindi, alla fine, si rialzò e si vestì come al suo solito, pronto per andarsene.

Però, prima di uscire dalla stanza, si girò e la guardò piccola come non mai, coricata sul fianco sinistro a bordo del letto e con lo sguardo rivolto al muro.

E, non riuscendo davvero a comprendere quale forza lo stesse spingendo, tornò verso il letto e si sdraiò sul lato destro, chiudendo gli occhi e sperando che quella donna non aprisse la bocca per dire qualche fastidiosa stupidaggine.

Bulma, nel sentire i passi del Saiyan e il suo peso nel letto, si riempì di gioia. Avrebbe voluto girarsi e gridargli il suo sentimento ma sapeva che, in quel momento, non doveva dire nessuna parola.

Vegeta non avrebbe tollerato niente poiché stava facendo una cosa che, sicuramente, la sua mente stessa disapprovava.

Sorrise raggiante e, pur sapendo, che non sarebbe diventata un’abitudine e che dal giorno seguente lui avrebbe ripreso ad andarsene via si addormentò felice, per quella sera aveva vinto lei, su tutta la linea.

Difatti i giorni seguenti se ne andò nuovamente, anche se Bulma trovava più spesso il momento per chiedergli di restare e a volte lui l’accontentava, a volte la lasciava lì, come a sottolineare che lui non sottostava alle richieste di nessuno se non quando voleva.

Passarono i mesi così, tra gli insulti che si lanciavano durante il giorno e i sospiri che si scambiavano la notte.

Una sera come tante, lui non aveva voglia di passare da lei e, dopo la cena, si era limitato a chiudersi in stanza, stanco che anche quel giorno il suo obiettivo non fosse stato raggiunto.

Bulma decisa allora che quella sera sarebbe andata lei nella sua stanza, sapeva che andava incontro a un rifiuto quasi certo e che lui l’avrebbe cacciata in malo modo dalla camera, ma intanto era necessario che capisse che con lei non poteva pensare di comandare solo lui.

Scese silenziosamente le scale ed aprì la porta, vedendo la sua figura sdraiata sul letto, sapeva che non dormisse.

Lui non alzò neanche lo sguardo e disse semplicemente: «Te ne puoi andare, stasera non ho nessuna voglia.»

Bulma non si scompose, aspettandosi nulla di meno e replicò con un sottile ma deciso: «No.»

«Che significa?» replicò alzandosi per fronteggiarla «Non crederai mica che siccome mi diverto con te la notte io abbia sviluppato qualche affetto nei tuoi confronti, vero? Non sei un’umana stupida.» concluse, sicuro che se ne sarebbe andata, ferita da quelle sprezzanti parole.

Lei, invece, scosse la testa e lo fronteggiò: «Certo che lo so, però resterò qui comunque.»

«Vattene.»

Bulma si avvicinò e gli sussurrò lieve: «Cacciami. Io non me ne vado.» sentendosi un po’ indifesa sotto gli occhi di neri che la fissavano arroganti.

«Se uso la forza con te potrei anche ucciderti, te lo ricordi? Ora tornatene nella tua stanza, altrimenti potrei ripensarci e disintegrarti.»

Bulma, per tutta risposta, lo ignorò e si coricò sul letto.

«Ma sei sorda? Vattene, non ho nessuna voglia di stare con te stanotte!» gridò lui non sapendo più cosa dirle, se gli avesse fatto perdere un altro po’ di pazienza l’avrebbe veramente cacciata di forza.

«Non voglio fare sesso, non volevo dormire da sola. Perché, invece di borbottare tanto, non ti corichi e dormi? Mica è la prima volta che dormi con me.» disse lei semplicemente, girandosi su un fianco e dandogli le spalle.

Vegeta restò interdetto e indeciso su cosa avrebbe dovuto fare, era da tempo che quella terrestre continuava a mettergli davanti scelte in cui lui decideva alla fine sempre per quella che riteneva più assurda.

Ora la decisione giusta da prendere era cacciarla via, non aveva senso dividere un letto con una donna senza fare sesso, i Saiyan si accoppiavano per procreare o per soddisfarsi, non creavano legami.

Eppure non lo fece e si sdraiò sul bordo del letto, mentre Bulma sorrideva consapevole sempre più che, nonostante Vegeta tentasse in tutti i modi di reprimerlo, stava davvero creando qualcosa tra di loro.

 

Nessuno dall’esterno si era accorto di questo cambiamento tra di loro, i suoi amici talvolta la venivano a trovare e nessuno poteva immaginare quello che stesse accadendo né lei voleva informarli, per il momento.

Davanti a loro si limitava a rimproverarlo, come sempre faceva, e tutto ciò di cui gli amici si stupivano erano come facesse lei, una debolissima terrestre, a non avere paura e a tenergli testa in quel modo.

Non voleva neanche immaginare cosa avrebbero detto se avessero saputo che era diventata la sua compagna di letto notturna, non che se ne vergognasse perché, fin dall’inizio, aveva messo ben in chiaro le cose tra di loro. Ma potevano sorgere domande, battute che avrebbero rovinato tutto.

La fragilità di quello che c’era tra di loro era così delicata che anche un niente avrebbe potuto spezzarla. Ma lei non l’avrebbe permesso.

Era estate inoltrata quando Bulma realizzò con certezza che Vegeta aveva un cuore buono, ma sepolto sotto un orgoglio smisurato e un passato colmo di odio che gli impedivano di mostrarlo.

Se gli avesse detto una cosa del genere, lui l’avrebbe rigettata con orrore, non era ammissibile che il Principe dei Saiyan fosse buono, questo avrebbe oltretutto significato che era debole e lui non poteva permetterlo.

Ma Bulma lo sapeva, lo sentiva, lei aveva compreso di conoscerlo meglio di quanto lui stesso volesse ammettere.

Quel giorno estivo Vegeta aveva percepito di essere vicino al suo obiettivo, ma ancora questo gli sfuggiva dalle mani, quasi deridendolo.

Frustato, dopo cena, si rifugiò nella stanza di Bulma, bisognoso di uno sfogo.

E lei capì subito che qualcosa nel suo sguardo era diverso quella sera.

«Stai bene?» chiese infatti.

Lui, in risposta, si limitò ad iniziare a spogliarla dell’unico indumento che indossava. Bulma però gli prese le mani e lui fu costretto ad alzare lo sguardo.

«Non sono affari tuoi. Continui a dimenticarti che vengo qui non perché tengo a te, ma solo per divertirmi.» replicò gelidamente.

E faceva male sentirlo, questo Bulma non poteva negarlo. Perché se la sua indifferenza non cambiava, il suo amore non andava che crescendo.

«Lo so. Ma io ci tengo a te e voglio sapere se stai bene, non m’interessa altro.» rispose candidamente per fargli intendere che non voleva davvero nient’altro da lui.

«No, non sto bene.» ribatté di getto, lasciando la presa sulle sue braccia.

Bulma lo baciò, tentando nell’unico modo che conoscesse di farlo sentire meglio quelle poche sere in cui la sua determinazione non ce la faceva.

Vegeta la sollevò da terra e la depositò sul letto, togliendole la camicia da notte mentre lei rimuoveva i suoi pantaloncini.

Aveva spiazzato il Saiyan, come sempre, con quell’affetto che non faceva che dargli nonostante lui continuasse a rifiutarla nei modi più sgarbati.

Perché? Quella domanda lo tormentava, in quei momenti.

Arrivarono al culmine insieme, guidati da Vegeta, che solo in quel momento alzò lo sguardo e lo puntò negli occhi azzurri di Bulma che brillavano come non mai.

Solitamente gli occhi vagavano sul suo corpo o, in alcuni brevi momenti, quando lei si sporgeva a dirgli qualcosa, ma mai lui aveva incatenato il suo sguardo a quello di Bulma.

Le prese entrambe le mani, tirandole insieme a lui e continuando a mantenere intrecciato lo sguardo, incapace, in quei pochi secondi, di staccarlo dal suo.

Quando vennero, nella sua ultima spinta, pensò che lui al Paradiso non ci sarebbe mai andato perché aveva fatto troppe azioni cattive e di cui non si pentiva, ma sicuramente esso doveva somigliare alla sensazione che provava in quell’istante, immerso in quell’azzurro e al culmine del piacere.

Vide e percepì con chiarezza tutto l’Amore che quella terrestre sprigionava, semplicemente guardandola.

Lo aveva sentito nominare spesso tra i terrestri questo sentimento e, per quanto avesse viaggiato nell’universo, erano l’unico popolo in cui questo si sviluppasse così assiduamente e intensamente.

Non aveva mai visto uno sguardo così colmo d’affetto diretto verso di lui e ne restò sorpreso, più di quanto avrebbe mai creduto.

L’amore non nasceva forse verso una persona gentile e buona? Lui aveva dimostrato sentimenti completamente opposti verso di lei, cosa vedevano gli occhi di Bulma di diverso dai suoi?

Dopo essersi calmati, Bulma si rannicchiò aspettando i suoi passi che si muovevano verso la porta, ma Vegeta non si alzò, limitandosi a girarsi.

Stavolta non era stata lei a chiederglielo, aveva deciso lui di restare con lei, per quella notte.

Vegeta non si chiese il motivo della sua decisione ma notò come quella Bulma occupasse sempre più posto nei suoi pensieri, lui voleva soltanto un divertimento notturno ma tutto stava sfociando in qualcosa di più.

Stava diventando più debole restando a contatto con quell’umana, le sensazioni che sentiva con lei erano diventante davvero piacevoli, più di quanto si aspettasse.

Non avrebbe raggiunto il suo obiettivo continuando in quella direzione, i suoi modi si stavano ammorbidendo, lui era Vegeta, lo spietato principe dei Saiyan, quelle abitudini dolci – gli disgustava perfino pensarle certe cose – dovevano essere abolite al più presto.

Non poteva continuare a stare in quel luogo e, prima di addormentarsi, Vegeta meditò, per la prima volta, il pensiero di andarsene da quel luogo, di andarsene da lei.

 

 

 

Fine del IV capitolo.

Perdonatemi tantissimo se vi ho fatto attendere un po’ più del solito per questo capitolo, ma purtroppo avevo un esame da preparare e sono stata lontana dal pc xD

Penso che il prossimo sarà l’ultimo capitolo, a meno che non lo divida diversamente, ma non credo.

In questo capitolo Vegeta e Bulma parlano veramente pochissimo ed è una scelta mia perché è così il loro rapporto, si dimostrano l’amore a gesti, non a parole.

E poi c’è Vegeta che sta iniziando a sentire qualcosa, sicuramente non l’amore che prova Bulma, ma qualcosa che tenta di ostacolare come può e che, invece, si fa sempre più strada.

E poi ho scelto di far evolvere la loro situazione, mostrandovi gli sviluppi, intorno a un ambito quasi sempre rivolto al sesso perché, in fondo, non credo proprio sia possibile un’evoluzione più romantica o diversa (per quanto io li trovi romanticissimi *_*)

I versi iniziali vengono dalla canzone “Dark Side” di Kelly Clarkson.

 

Ringraziamenti:

 

-      Hermione82: *-* grazie mille della recensione e del complimento, spero che anche qui l’effetto a salita ti abbia soddisfatta u.u

-      Sary19: spero che anche qui Bulma ti sia piaciuta u.u che tenta di farlo innamorare xD

-      MariannaV: sì anche a me Bulma mi piace come personaggio *_* nella serie Dragonball la ritenevo un po’ superficiale e vanitosa, invece con Vegeta dimostra di essere proprio una grandissima donna ** ma Yamcha non ha ancora finito di giocare le sue carte, sai u_u (piccolo spoiler :P)

-      Federika21: arrossisci pure perché è esattamente ciò che penso *_* sono contenta che la storia ti stia prendendo e spero che anche questo capitolo riceva una tua recensione ** un bacio :*

-      Aly99: grazie per averla messa nelle seguite *_* spero ti continui a piacere!

 

 

Ringrazio anche tutti coloro che hanno inserito la storia nelle seguite/ricordate/preferiti (grazie davvero **)

Un bacio.

 

 

EclipseOfHeart

 

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Dark Paradise

 

 

Capitolo V

 

 

[All my friends ask me why I stay strong
tell 'em when you find true love it lives on
that's why I stay here

Everytime I close my eyes it's like a dark paradise
no one compares to you
but that there's no you, except in my dreams tonight
]

 

 

 

 

Giorni dopo lo strano gesto di Vegeta nulla era cambiato alla Capsule Corporation, niente era mutato nei rapporti tra il Saiyan e la terrestre.

Lui non si era più fermato da Bulma, alla conclusione del loro amplesso, né lei aveva insistito più su quel punto. Sperava che Vegeta avesse volontariamente accettato che, alcune sere, poteva concedersi il privilegio di non dormire solo, che questo non era segno di debolezza.

Lei si ritrovò sempre più spesso a pensare che avrebbe fatto qualsiasi cosa per riuscire a farlo stare meglio e non per paura o per le circostanze della loro relazione; lei lo voleva perché sentiva sempre più quel cuore soffocare sotto sentimenti come l’orgoglio, la presunzione, l’egocentrismo.

Bulma si fermava anche a pensare a che futuro avrebbe portato tutta la loro situazione, anzi il suo coinvolgimento, usare già il pronome “loro” avrebbe implicato un interessamento da parte di Vegeta che era così labile che non poteva neanche quasi considerarsi.

Non credeva che il vero amore sarebbe stato in quel modo, così tortuoso e complicato, ma d’altra parte lei era Bulma Brief, cosa c’era nella sua vita di semplice?

Poteva l’amore essere un’eccezione, una variabile diversa nella sua esistenza piena d’incognite folli?

La risposta si allenava nella GR, inconsapevole di essere la causa di tante interlocuzioni mentali.

Non che Vegeta fosse così cieco da non aver notato che il cuore della terrestre aumentava il ritmo quando lui si avvicinava, oppure il colorito vermiglio che assumevano le sue guance quando la sorprendeva ad osservarlo. Inizialmente non si era mai soffermato sul suo sguardo, convinto di trovarvi solo accenni di lussuria, invece ultimamente prima di redarguirla si fermava ad osservare quegli occhi celesti, attorniati dal rossore del viso.

Si stupì di notare come non ci fosse alcun desiderio sessuale, ma solo quella stessa emozione che aveva visto così chiaramente quella notte, quel sentimento sciocco, quell’Amore inutile.

Disgustato, pensava che a breve sarebbe partito via e non avrebbe più dovuto alimentare i sentimenti di quella sciocca, cosa pensava di ottenere? Che scopo aveva innamorarsi di lui?

Lui non l’avrebbe mai corrisposta, questo era certo e non poteva davvero credere che quella s’illudesse.

L’unico rammarico era di dover lasciare il suo divertimento notturno, ma l’integrità del suo essere Saiyan doveva rimanere intatta e quella terrestre stava decisamente inquinando tutto, con quelle mani e quella bocca. Stava iniziando ad essere una distrazione rilevante, senza contare i comportamenti inspiegabili che, per ben due volte, si erano verificati a causa sua.

No, doveva decisamente andarsene.

 

 

Bulma, ignara delle decisioni di Vegeta, rimuginava come al solito coricata sopra il letto, ospite di tante notti di bruciante passione.

Stava pensando a come aggiustare l’ennesimo marchingegno passato sotto il delicato tocco di quello scimmione, quando un dolore improvviso la costrinse a correre verso il bagno.

Vomitò tutto il suo pranzo nel water, inginocchiandosi davanti ad esso mentre la fronte s’imperlava di sudore.

Tirò l’acqua e poi s’inginocchiò nuovamente tenendo le mani strette attorno alla porcellana bianca, mentre le sue ginocchia tremavano leggermente.

Poteva essere una semplice indigestione oppure aveva mangiato qualcosa andato a male. Per quanto quelle fossero spiegazioni plausibili, Bulma si sentì sempre più inquieta.

Il suo sguardo vagò al mobiletto dove teneva i suoi assorbenti e conteggiò velocemente che il suo ciclo era in ritardo di quindici giorni. Non se ne era eccessivamente preoccupata perché aveva da sempre un ciclo molto irregolare, ma ora non poteva evitare di pensare ad una connessione dei due eventi.

Del resto erano notti e notti che si rotolava con quel Saiyan senza la minima protezione e un concepimento non sarebbe stato anomalo, anzi.

Sobbalzò a causa dei suoi stessi pensieri, mentre sentiva il senso di nausea che si faceva di nuovo strada verso di lei.

Riaprì la tavoletta, lasciando che la nausea si sfogasse e avvertendo sempre più il peso di quella situazione.

Probabilmente era incinta.

Di Vegeta.

Del principe dei Saiyan.

Si sentì mancare nuovamente il fiato e sperò che fosse un falso allarme, non che avere un figlio non fosse una cosa meravigliosa, ma il rapporto tra i due genitori era tra i più instabili possibili.

Tornò nella sua camera, coricandosi ed iniziando, inavvertitamente, ad accarezzarsi la pancia dopo pochi minuti.

A Vegeta non sarebbe importato nulla di quel figlio, non gli importava di lei, figurarsi di una sua progenie. Bulma sapeva che qualcosa tra loro stava iniziando a muoversi, ma era ancora troppo presto perché lui iniziasse a considerare la possibilità che lei passasse da “donna per divertirsi” a “compagna stabile”. Forse, interiormente, questo cambio Vegeta stava iniziando ad elaborarlo senza neanche accorgersene ma mai l’avrebbe ammesso.

“I Saiyan non hanno legami affettivi, li indeboliscono” le aveva detto una volta mentre discuteva della famiglia di Goku.

La sua reazione sarebbe stata solo l’indifferenza, non si aspettava neanche una protesta perché avrebbe significato che qualcosa gli importava. Ma, d’altronde, Vegeta era stato chiaro fin dal principio, era stata lei a rovesciare il gioco innamorandosi perdutamente.

 

 

Alcuni giorni dopo un test di gravidanza offrì a Bulma la certezza che già sentiva. Le nausee la venivano a trovare tutte le mattine e aveva fatto quel test solo per mero scrupolo.

La lineetta blu le gridava a chiare lettere la sua attuale situazione.

Tentò di sorridere, pensando al lato positivo che avrebbe avuto un figlio e che, inoltre, i suoi genitori sarebbero stati contentissimi.

Si rammaricò pensando che, però, quel bambino non avrebbe mai avuto un padre.

Certo lei gliene avrebbe parlato, l’avrebbe fatto con orgoglio e mai con vergogna.

Lei aveva osservato Vegeta e sapeva molte più cose di chiunque, gli altri si limitavano solo a vederlo.

Sapeva che le sue parole non avrebbero comunque colmato il vuoto di un padre, però il suo bambino avrebbe imparato ad ammirarlo come lei aveva imparato ad amarlo.

Quel giorno, uscita di casa, decise che era ora di modificare il suo taglio di capelli in un caschetto sbarazzino.

Lo faceva sempre quando sentiva aria di novità e, in quel caso, il cambiamento era quanto mai grande ed importante.

Tornata dopo il taglio, notò come la sera, Vegeta si soffermò un attimo in più ad osservarla.

«Ti piacciono? Mi stanno proprio bene!» disse lei pavoneggiandosi per stuzzicare il Saiyan.

Vegeta non replicò se con un mugugno incomprensibile e lei sorrise leggermente. Non aveva detto nulla, quindi nel suo strano modo Bulma aveva compreso che gli piacesse.

Quando uscì dalla stanza si toccò il ventre, scemando quella piccola gioia mentre altri pensieri varcavano la sua mente.

I suoi genitori, come previsto, accolsero la notizia con grande felicità, contenti di poter avere presto un dolce nipotino da poter viziare in tutti i modi. Nessuno dei due si stupì quando Bulma dichiarò di chi fosse figlio e, anzi, le urla di gioia della madre aumentarono ancora di più.

Restava quindi il problema di Vegeta.

Benché fosse sicura della sua reazione, avrebbe dovuto comunque dirglielo. In fondo, era anche curiosa, come sempre lo era stata.

In attesa del momento più opportuno passò qualche altro giorno, finché non fu proprio Vegeta ad offrirle l’occasione proficua.

Era pomeriggio presto quando l’aveva visto entrare nel suo laboratorio, aveva subito pensato che avesse voglia di lei ma gli occhi di lui la smentirono subito.

«Domani parto, hai navicelle vero?» chiese gelido.

Bulma restò sconcertata per qualche secondo, annuendo meccanicamente e tentando di elaborare l’informazione.

Si aspettava di non contare nulla per Vegeta, ma non poteva credere che lui se ne stesse andando. Non sarebbe tornato presto, non aveva bisogno di chiederglielo per saperlo.

Per la prima volta Bulma avvertì il bisogno di chiedergli di restare e, a fatica, lo represse. Lo sentì come scivolargli dalle mani ed ebbe paura a causa del vuoto che provò.

«Dove vai?» chiese con tono flebile, incapace di contenersi oltre.

«Non sono affari tuoi.» replicò lui, avviandosi verso l’uscita della stanza.

«Sono incinta.» proruppe lei, di colpo. C’era probabilmente qualche minuscola parte del suo cuore che sperava che, al sentire di quella notizia, lui potesse cambiare idea.

Ma le sue speranze furono infrante alla risposta indifferente che lei si aspettava: «A me cosa dovrebbe importare?»

«È tuo figlio.» rispose tentando di mantenere un tono fermo.

«Quindi? Non sono problemi che mi riguardano.»

Problemi.

Cosa potevano essere dei figli per il grande principe dei Saiyan se non problemi?

«Andiamo,» riprese sghignazzando leggermente «non avrai seriamente pensato che me ne sarebbe importato qualcosa? Era una cosa che avevo messo in conto, ma non mi interessa assolutamente niente.»

«Tu sei veramente assurdo ed egoista oltre ogni limite. Come fai ad essere così indifferente a tutto! Sei un bastardo!» gridò, sentendo le lacrime premerle sugli occhi. Razionalmente sapeva che non avrebbe dovuto aspettarsi niente da quell’energumeno, ma, accidenti, come si fa a ragionare quando si è innamorati e feriti in quel modo?

Stavolta il Saiyan esplose in una vera e propria risata che però di divertente non aveva proprio nulla, era una delle sue solite risate malevole e senza alcun calore.

«Sei veramente senza speranze, tu avevi davvero creduto che tra noi due si fosse creato qualcosa, al di là di quello che porti in grembo? Come ti ho detto per mesi, tu sei stata solo il mio divertimento.» concluse infine prima di uscire, sottolineando le ultime parole con crudeltà.

Bulma sospirò di tristezza e lasciò che qualche lacrima cadesse dai suoi occhi, finendo sui progetti sopra al tavolo.

Era andato esattamente tutto come si era aspettata.

Ma l’avere avuto ragione non l’aveva mai resa così triste e fatta sentire così impotente.

Dopo pochi minuti però si riscosse. Nessuno doveva avere il potere di farla sentire in quel modo, lei non l’avrebbe permesso.
Si toccò la pancia sorridendo, avrebbe avuto un bambino meraviglioso e l’avrebbe allevato con tantissimo amore e se Vegeta non la voleva, beh, che se ne andasse al diavolo!

L’avrebbe rimpianto perché nessun’altra donna nell’intero universo l’avrebbe amato come lei, nessuna era Bulma Brief.

Tornò a lavorare ai suoi progetti, cacciando con una mano tutto quello che riguardasse il Saiyan e, rinfrancata, proseguì la sua giornata con un perenne sorriso sulle labbra.

Vegeta, tornato al suo solito allenamento, non era riuscito ad evitare di pensare alle parole della terrestre.

Si aspettava un figlio, ma non l’aveva mai realmente considerato finché lei non gliel’aveva detto.

Ma, come era giusto che fosse, a lui non importava niente. Anzi, semmai era un’ulteriore motivazione per andarsene via dalla Terra, per poi ritornarci solo per i Cyborg e Kakaroth.

Iniziava a sentire come se stesse pian piano formando una famiglia, come quegli sciocchi terrestri, e questo per un principe Saiyan era assolutamente inconcepibile.

Tuttavia un’ultima visita a quella terrestre, per dimostrarle il suo distacco e il suo interessamento prettamente fisico, gliel’avrebbe volentieri fatta; pensò prima che la sua mente si concentrasse completamente sull’allenamento da seguire.

 

 

Era notte inoltrata quando Bulma sentì i rumori provenienti dalla GR avere fine, non credeva che Vegeta sarebbe passato da lei e comunque non aveva nessuna intenzione di concedersi.

Si massaggiò il ventre, combattendo la malinconia con la determinazione che da sempre la contraddistingueva e tentando di non pensare, che quei rumori non li avrebbe sentiti mai più.

Tentò di addormentarsi invano finché, contro la sua previsione, la porta della sua stanza si aprì facendo entrare il Saiyan.

Bulma chiuse gli occhi, sperando di non dover iniziare una discussione, ma ovviamente Vegeta non era tipo da cascare in simili trucchi.

«So che sei sveglia. Ti ricordo che io sento il battito del tuo cuore.» disse infatti, avvicinandosi al letto con aria sicura.

Bulma imprecò mentalmente contro quello stupido cuore che partiva senza controllo ogni qual volta aveva a che fare con Vegeta.

«Che vuoi?» chiese quindi con tono duro.

«C’è bisogno di spiegartelo?» replicò maliziosamente, abbassando il tono di voce e poggiandosi sul letto.

«Puoi andartene, non ho nessuna voglia.» disse Bulma, coprendosi ancora di più con le coperte.

Vegeta restò interdetto per qualche secondo, non avendo mai sperimentato la particolare ed amare sensazione del rifiuto.

«Cosa? Io ne ho, invece.»

«Dato che non comandi tu, quella è la porta, caro scimmione.» rispose lei alzando un dito in direzione dell’uscita.

Vegeta si alzò in piedi e, mentre Bulma gioiva interiormente per la sua vittoria, le tirò via il lenzuolo buttandolo a terra con un solo gesto.

Lei non ebbe modo di dire niente, poiché lui salì sopra di lei, tirandola leggermente per i polsi.

«Non puoi comandare nemmeno tu, terrestre.» sussurrò iniziando a baciare il collo, nel tentativo di farla cedere.

«No, vattene! Levati che mi stai facendo male! Vegeta vattene!» gridò lei invece tentando di liberarsi dalla sua stretta.

Lui continuò scendendo nell’incavo dei seni finché non sentì che Bulma aveva finito di protestare. Alzò gli occhi e rivide lo stesso sguardo della prima sera in cui aveva tentato di farla sua.

Come allora, in quel momento la lasciò andare comprendendo che non avrebbe potuto convincerla.

Tuttavia le sue parole non si sarebbero sicuramente fermate.

«Sarebbe la tua sciocca e ridicola vendetta per la mia partenza?» chiese, infatti, dopo essere sceso dal letto.

Bulma restò perplessa, dato che lui l’aveva liberata e che non aveva idea di cosa rispondere.

Certo, la sua reazione era avvenuta a causa di quella notizia ma la sua origine aveva radici più profonde.

Lei era stanca di essere considerata meno di niente, quando sentiva che così non era.

«Mi sono solo stancata di essere il tuo divertimento. È un bene che tu vada via, ne potrai trovare a milioni pronte a soddisfarti, basterà che le spaventi un po’.» replicò sistemandosi la camicia da notte e tentando di ferirlo verbalmente.

Sapeva che Vegeta avrebbe compreso le sue parole.

Lei non era stata con lui per paura, ma perché lo voleva.

Il Saiyan incassò il colpo sentendo cedere le sue certezze. Quell’umana era assurda, ma sincera. Non avrebbe trovato nessun’altra persona nell’universo come lei.

Ma tanto lui non ne aveva bisogno.

Era Vegeta, a cosa gli serviva l’amore di una donna?

«Perché tu non sei mai stata spaventata?» domandò di getto, pentendosene due secondi dopo.

«Perché ti conosco, vedo oltre i muri che hai innalzato.»

«Che sciocchezza. Ti devo forse ricordare a quante persone ho tolto la vita nella mia esistenza?»

«No, ma da quando sei qui non hai più ammazzato nessuno. Non hai ucciso me, benché, per i tuoi assurdi parametri, io te ne abbia dato ampio motivo.» replicò Bulma alzandosi dal letto e sentendo, per la prima volta, che forse finalmente i suoi discorsi avrebbero portato dei frutti.

Lui era girato di schiena ma la percepì chiaramente avvicinarsi e si ritrovò decisamente confuso.

Aveva ragione lei, cosa gli impediva di farla fuori in quell’esatto momento? Se, come lui stesso sosteneva, lei era solo un divertimento perché non poteva sbarazzarsene?

Bulma lo abbracciò da dietro, assaporando il contatto con il suo Saiyan.

«Non mi spaventi perché so che non mi ucciderai, perché non vuoi.» sussurrò stringendo più forte la presa.

Mantennero quella posizione per qualche secondo, mentre Vegeta cercava qualcosa da dire, tentando di chiarirsi.

«E cosa te lo fa credere? Sei così presuntuosa. Tu non sai niente di me e del mio passato, anzi sai che sono un pericolo assassino e nonostante questo dici che non ti faccio paura?»

«Esatto. Te l’ho detto, io ho visto più in profondità di chiunque altro.»

«Perché?» sospirò Vegeta, pensando che quella situazione stava sfiorando il ridicolo. Meglio andarsene da quel pianeta, da quella donna.

«Perché ti amo.» rispose dolcemente Bulma, sentendo le guance rosse e calde.

Lui restò interdetto, colpito profondamente da quelle parole e da quell’affetto.

Sì, lei nutriva dei forti sentimenti e lui lo sapeva. Ma sentirglielo dire, con quel tono così pieno di amore, lo lasciò spiazzato.

In quel secondo comprese chiaramente che Bulma non era più un semplice divertimento, stava diventando una persona cui lui teneva in modo particolare.

Era fiera, indomita, insopportabile la maggior parte del tempo, passionale e con una curiosità senza confini.

Anche la sua idea di andare con altre donne, in quell’istante, gli parve sbagliata.

Non voleva soddisfare i suoi istinti, voleva lei.

Si girò verso di lei, sciogliendo l’abbraccio e, incapace di dire qualcosa, la baciò sulle labbra.

Bulma sentì il cuore schizzarle a mille, lui non l’aveva mai baciata al di fuori del letto e in quel bacio non c’era passione ma qualcosa che lui non sapeva come altro esprimere.

Lei ricambiò poggiando le mani sul suo viso e approfondendo il bacio, iniziandolo a condurlo verso il letto.

Ora la situazione era diversa e Bulma voleva la sua ultima notte.

Tra un sospiro e l’altro Vegeta la guardò negli occhi intensamente.

«Domani me ne andrò lo stesso.»

«Lo so.» rispose lei, conscia fin dall’inizio che non avrebbe cambiato idea e che la stava lasciando.

Ma era riuscita ad ottenere la sua vittoria, gli aveva fatto comprendere che tra loro c’era qualcosa e sapeva che quella insieme ora sarebbe stata la più bella delle notti, anche se l’ultima.

 

Vegeta non se ne andò quella sera, decise per la seconda volta di sua spontanea volontà di fermarsi per dormire con Bulma. Tentando mentalmente di spiegarsi questi comportamenti, si giustificò pensando che, in fondo, era l’ultima volta che la vedeva e poteva anche concedersi di spendere qualche ora in più con lei.

Lei si addormentò felice, riuscendo a non pensare che dal giorno dopo non ci sarebbe stato più accanto a lei.

Alle prime luci dell’alba il Saiyan scese velocemente dal letto, raccogliendo i suoi vestiti e dirigendosi verso la porta. Voleva assolutamente evitare scenate o qualsiasi altra cosa venisse dalla terrestre, meglio andarsene il prima possibile.

Tuttavia, preso dai suoi pensieri, non si accorse dell’alterazione del battito di Bulma che ruppe l’atmosfera soffusa e silenziosa della stanza.

«Lo chiamerò Trunks.»

Vegeta rimase nuovamente spiazzato, non riusciva mai a prevedere nessuna delle reazioni di quella donna, che senso aveva ora quell’affermazione?

«Potevi scegliere un nome migliore per mio figlio.» replicò uscendo dalla stanza, mentre il sapore di quei “mio” e “figlio” ancora riecheggiava nella sua bocca.

E dovette constatare che non era brutto.

Scosse la testa e si preparò a partire, la Terra gli faceva un effetto davvero strano.

Bulma si alzò dal letto e, dalla finestra, lo vide entrare nella navicella per andarsene. Il suo animo ora era più sereno, sapeva che lui sarebbe riapparso sulla Terra per i cyborg e Goku, anche se non sarebbe tornato da lei.

Ora aveva un bambino cui pensare, era riuscita perfino a far dire a Vegeta che quello era suo figlio, non ci dovevano essere ragioni per essere tristi.

Eppure non poté impedirsi di esserlo quando vide la navicella scomparire nel cielo, gli addii non le erano mai piaciuti, ora poteva sicuramente dire che li detestava.

Tuttavia si fece forza, si disse che doveva andare avanti e non arrendersi. Lei non demordeva mai, non avrebbe certamente iniziato ora.

 

 

Passati sette mesi la gravidanza di Bulma era ormai nel suo pieno e la pancia era gonfia come non mai. Era riuscita a mantenersi in forma, ma sicuramente il ventre era vistoso in maniera impressionante per lei che aveva sempre avuto una pancia piatta.

Si divertiva durante il giorno a intrattenere lunghe conversazioni con il suo bambino, – non aveva bisogno di nessuna ecografia per sapere che era un maschio – qualche volta gli parlava di suo padre, chiedendosi in quale lontana stella si trovasse.

Tentava di lavorare come poteva, ma era troppo ingombrante per fare lavori di precisione che lasciava a suo padre.

Aveva deciso di non dire nulla ai suoi amici della sua gravidanza e della paternità del bambino, l’avrebbe fatto una volta che Trunks sarebbe nato, voleva far loro una sorpresa.

Non temeva assolutamente i loro giudizi, era un figlio nato dall’amore e aveva soltanto da esserne fiera. Non importava che quel testone l’avesse lasciata.

Aveva notato che il suo stomaco sembrava essere diventato il triplo dato che aveva sempre fame, quasi ai livelli di Vegeta e che, inoltre, la sua forza era notevolmente aumentata.

Man mano che il piccolo cresceva la sua natura Saiyan si trasmetteva nella madre, Bulma sapeva che l’effetto dopo il parto sarebbe finito, ma non sgradì affatto quei temporanei cambiamenti.

Un nebbioso lunedì pomeriggio ricevette anche la più inaspettata delle visite.

Stesa sul divano, a causa di quell’enorme pancione, aveva chiesto alla madre di aprire e si era stupita non poco sentendo la voce giuliva di lei gridare “Yamcha” a chiare lettere.

Sospirò, domandosi cosa mai potesse volere e decise di non alzarsi comunque dal divano. Yamcha entrò nel salotto ma Bulma gli dava le spalle, per cui non si accorse subito del suo stato.

«Ciao Bulma.»

«Ciao Yamcha, come va? Scusa se non mi alzo, ma ho un terribile mal di schiena.» rispose lei, iniziando a massaggiarsi leggermente la spalla.

«Tranquilla… Come mai non sento rumori in casa? Dov’è quello scimmione?» chiese subito con voce sprezzante.

Bulma sbuffò nuovamente: «Non c’è, è partito da sette mesi ormai.»

«Fantastico! Finalmente ti sei levata quell’assassino da casa! Spero tanto che non ritorni mai più e che non raggiunga mai il livello del Super Saiyan. Del resto se serve un cuore sereno, non potrà mai farcela.» esultò Yamcha, mentre nuove speranze sorgevano in lui.

«Mi spiace deluderti, ma tornerà. E riuscirà a diventare un Super Saiyan.» replicò Bulma con fermezza.

«Ma che dici?! Come puoi sperare una cosa del genere?»

«Non ho detto che lo spero, ma succederà comunque. So che ce la farà.»

La sicurezza del tono di Bulma lo disorientò e si avvicinò a lei, per poterla guardare in viso.

Inciampò quasi quando, avvicinandosi, scoprì le reali condizioni della ragazza.

«Ma Bulma! Tu sei incinta…»

«L’ho sempre detto che sei un bravo osservatore!» replicò lei ironicamente, invitandolo a sedersi prima che le svenisse sul pavimento. «Ah, ti pregherei di non dire niente a nessuno, voglio fare a tutti una sorpresa!»

«Non ci posso credere. Come hai potuto? Dopotutto quello che c’è stato tra noi?!»

«Noi? Ti ricordo che ci siamo lasciati da un anno!» disse la ragazza iniziando ad alzare la voce.

«Ma di chi è? Lo conosco quest’uomo misterioso che ti ha addirittura convinto ad avere un figlio?» chiese Yamcha con tono minaccioso.

«Certo che lo conosci, anche se non è proprio un uomo normale.» rispose lei sperando che comprendesse subito.

Lui si stupì e poi la sua espressione mutò in puro disgusto.

«No. Non sei andata a letto con… quello? Con quell’assassino?» gridò alzandosi in piedi.

«Sì, è figlio mio e di Vegeta.» disse lei tentando di non buttarlo fuori a calci dalla casa. Come si permetteva di giudicarla? Nessuno sapeva quello che c’era tra lei e Vegeta, nessuno conosceva cosa realmente ci fosse nel cuore del Saiyan.

«Sei uscita pazza, Bulma. Ma come hai potuto? Ha forse… abusato di te?» urlò afferrandola per un braccio e scuotendola.

«Ma che dici! È stato tutto sempre consenziente da parte mia. E lasciami!»

«E allora sei la donna più stupida di tutto l’universo! Guarda come ti ha lasciato, sola e con un figlio. Non sei stata niente per lui, sei stata solo una scopata! Dovresti vergognarti per aver ceduto, dopo tutte le vite che ha crudelmente spezzato.»

«Tu non sai niente Yamcha!» gridò, di colpo, Bulma stanca di tutte quelle offese. «Come puoi venire qua e giudicarmi? La vita è mia e tu non hai nessun diritto di insultarmi gratuitamente! E poi cosa sei venuto a fare qui, oggi?»

Yamcha lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi mentre l’amarezza s’impossessava di lui.

«Volevo vederti… Tentare di riavvicinarmi a te… Ma, a quanto pare, sei più lontana di quanto avessi mai creduto.»

«Mi dispiace Yamcha ma, ormai, è così.»

«Perché Bulma?» le domandò con lo stesso tono di quella lontanissima sera in cui l’aveva lasciato, anche se credeva di conoscere già la risposta.

«Se davvero me lo chiedi, vuol dire che non mi hai mai davvero amato.»

«Come puoi amare quell’individuo?»

«Per quello che mi ha detto, che mi ha dimostrato e che so di lui mi dovresti chiedere come posso non amarlo.» replicò Bulma con dolcezza, accarezzandosi il ventre. È fiera di ciò che prova, anche se questo farà soffrire di nuovo il suo caro amico.

Yamcha incassò il colpo finale e, dopo un breve saluto, uscì dalla Capsule Corporation.

Bulma era ormai così distante da lui, per colpa di quel maledetto Saiyan non sarebbe mai più tornata indietro. E non può evitare di domandarsi cosa le abbia dato per farla innamorare in quel modo, così viscerale. Lo sguardo che aveva a lui non l’aveva mai rivolto.

Come era potuto succedere?

 

Era notte fonda quando Bulma, improvvisamente assetata, si era svegliata e si era alzata per bere.

Aveva preso uno dei bicchieri dalla credenza e vi aveva versato l’acqua, iniziando a sorseggiarla.

Di colpo, però, il bicchiere le era scivolato dalle mani andando a cozzare contro il pavimento. Bulma era trasalita, quasi come se la sua mente si fosse risvegliata solo per il rumore dell’oggetto.

Era andata a prendere scopa e paletta per pulire quel disastro e, non sapendo spiegarsi perché, il pensiero di Vegeta l’aveva improvvisamente colpita.

Nessuno dei due sarà mai a conoscenza che, in quello stesso istante, Vegeta, urlando di rabbia, era riuscito a trasformare i suoi capelli e i suoi occhi, diventando il leggendario Super Saiyan.

 

 

Rivedendolo, mesi dopo, attorniato da un’aura dorata e tenendo il suo amato Trunks nelle braccia, Bulma si sentì orgogliosa. Non si stupì quando lui non la salvò, aveva già capito dal suo sguardo ceruleo che credeva di aver dimenticato tutti i legami che lo univano alla Terra.

Anche se lei sapeva che così non fosse.

Lo aveva trattato con il suo solito piglio, non l’aveva mai intimidita e il fatto che ci fossero i suoi amici non aveva creato nessuna differenza.

Li aveva indirizzati dal dottor Gelo, scoprendo per giunta che quel ragazzo venuto dal futuro era il dolce bambino che teneva tra le mani.

E si era sentita felice, perché il suo Trunks sarebbe diventato bellissimo e coraggioso.

Però i suoi discorsi sui Cyborg gli avevano ricordato quanto fossero forti e pericolosi e aveva iniziato a temere un po’ per quel testone e suo figlio.

Era in quel momento che aveva compreso Chi-chi appieno, sapeva che fossero incredibilmente forti ma aveva paura di perderli lo stesso.

 

 

Si stupì non poco Bulma vedendo Vegeta tornare alla Capsule Corporation, qualche ora dopo dalla sconfitta definitiva di Cell.

Avevano combattuto, Goku si era sacrificato, ma alla fine il piccolo Gohan era riuscito a vincere quel mostro terribile.

Lo sguardo di Vegeta la preoccupò immediatamente, non gliel’aveva mai visto. Sembrava solo e fragile come non mai, non il solito duro e testardo Saiyan.

Era entrato in casa senza pronunciare parola e si era rinchiuso nella GR, senza attivarla.

Erano passate quasi cinque ore senza che ne uscisse e, quando stava iniziando a farsi sera, Bulma decise che era il momento per verificare cosa stesse succedendo.

Aprì la porta della GR trovando Vegeta seduto contro un muro, con lo sguardo abbassato e perso nel vuoto del pavimento.

Era quasi certa che era in quella posizione da quando era arrivato.

Si era avvicinata piano, tastando le parole da utilizzare: «Cosa fai qui dentro, se non ti alleni?»

Lui non le rispose, come se neanche fosse nella stanza.

«Allora? Dovresti essere contento, Cell non c’è più.»

«Certo, l’ha sconfitto quel moccioso figlio di Kakaroth.» replicò Vegeta, incapace di contenere la sua frustrazione al sentire il nome di Cell.

Bulma comprese subito le ragioni del suo turbamento, anche se si era trasformato non era stato lui a sconfiggere il nemico.

«È stato bravo, lo siete stati tutti.»

«Vattene. Volevo restare solo, non ascoltare le tue chiacchiere.» disse sprezzante per farla tacere.

«Sgarbato come sempre! Ora dovrò tornare nuovamente a rompere tutte le cose che distruggerai.» replicò lei, sentendosi in cuor suo felice sapendo che, forse, era tornato in quella casa per rimanerci.

«Non credo. Domani me ne vado, io non combatterò mai più, quindi smetterò anche di allenarmi.» disse Vegeta con voce atona.

Bulma si voltò a guardarlo stupita, ma che sciocchezze andava dicendo?

«Non puoi farlo.»

«Me lo vorresti impedire tu?»

«No, te lo impedirai da solo. Non puoi decidere di non fare quello per cui sei nato, sarebbe una condanna terribile.» iniziò Bulma sedendosi vicino a lui e toccandogli una mano. «Tu sei il principe dei Saiyan, non fai altro che ripeterlo a tutti, rompendoci sempre le scatole. Il combattimento ti scorre letteralmente nelle vene, non puoi decidere di lasciarlo, questa scelta ti ucciderà interiormente.»

Vegeta scostò la mano di lei, notando come le sue parole riuscissero sempre a colpirlo nella sua parte più profonda.

Che avesse ragione?

«E poi tu non sei mai stato un codardo. Non vorrai iniziare ora? Ti arrendi di fronte a questa difficoltà? Devi lottare Vegeta, non cedere perché pensi di aver fallito.»

Vegeta alzò lo sguardo fissandola negli occhi azzurri.

Nessuno al mondo lo comprendeva così bene.

Ricordò il momento in cui aveva visto ucciso suo figlio, il panico che aveva provato e la voglia di vendicarsi. Aveva scoperto quelle nuove sensazioni solo grazie a lei.

Non credeva sarebbe stata una terrestre a trovare le parole esatte da dire, ma diamine, aveva ragione.

Non doveva arrendersi. Un giorno avrebbe raggiunto il suo obiettivo, non doveva demordere, sarebbe stato da vigliacchi.

«Allora vedi di riparare questa stanza, non mi sembra in buone condizioni.»

Bulma sorrise radiosa, contenta come non mai di dover eseguire delle riparazioni.

«Ho fame, non hai ancora cucinato?» disse poi Vegeta alzandosi e avviandosi verso l’uscita.

«No, ora preparo la cena per noi e il latte per Trunks.»

Lui annuì e si preparò ad uscire dalla porta quando la voce di lei lo richiamò.

«Vegeta… Te ne andrai?»

Lui si girò e fissandola intensamente tentò di dirle tutto quello che mai, a parole, le avrebbe detto.

Bulma vi lesse dei ringraziamenti per quello che aveva detto e ancora un sentimento nuovo che per la prima volta si manifestava chiaramente.

«No, sono tornato e resterò, Bulma.» disse uscendo dalla GR.

Bulma sentì il cuore galopparle nel petto come non mai.

Le tremavano sempre un po’ le ginocchia quando lui la chiamava per nome e poi quella frase voleva dire moltissime cose.

Sarebbe rimasto con lei e con il loro figlio.

Vegeta credeva di aver dimenticato i sentimenti sviluppati in quella casa, emozioni che neanche voleva che esistessero.

Ma quella donna si era insediata piano dentro di lui, così come quel figlio.

Per quanto fosse strano, ora capiva che il suo posto era con loro.

Del resto, finita la battaglia, il primo posto in cui aveva pensato di tornare era quell’abitazione, che stava iniziando vagamente ad avere sapore di “casa”.

Tentò di reprimere quegli sciocchi pensieri, ma ormai non poteva più combatterli.

 

 

Vegeta aveva chiamato Bulma due volte fino a quell’istante.

La prima volta era stata quando aveva iniziato a rispettarla, la seconda quando aveva iniziato ad amarla.

 

 

 

Fine.

 

Finita *___*

Ecco la fine della mia fic u.u Avevo un sacco di cose da dire e ora non me ne viene in mente nessuna o_o

Allora intanto, sì lo so nell’anime la chiama Bulma in presenza degli altri, ma ovviamente io intendevo una cosa privata fra di loro.

Poi alcune cose le ho gestite in base a come vengono mostrate nell’anime, mi spiego: ho fatto dire a Bulma il nome che intende dare al bambino perché, nell’anime, quando Vegeta ritorna lo conosce già. E non è andato da Bulma perché lei stessa dice di non sapere dove sia e non credo proprio che l’abbia “spiata” quando è nato Trunks, dal momento che nel suo viaggio tenta di dimenticare entrambi xD

Il momento con Yamcha, uhm, quello l’ho inserito per chiarire ancora di più la fiducia e l’amore di Bulma, non per denigrare quel poveretto x°D però ho immaginato che sarebbe avvenuta proprio in quel modo una scena tra i due.

Il parallelismo tra il bicchiere che cade e Vegeta che si trasforma, sbarazzandosi definitivamente dell’immagina di Bulma, l’ho inserito perché ci viene più volte mostrato come tra i due ci sia un “collegamento” (come quando lui muore e Bulma lo avverte subito) e poi mi piaceva u.u

 

La canzone è sempre “Dark Paradise” di Lana Del Rey, vi consiglio davvero di ascoltarla insieme all’altra perché si adattano benissimo a questa coppia.

Questa la traduzione dei versi: “Tutti i miei amici mi chiedono perché resisto, gli dico che quando trovi il vero amore esso ti fa vivere, ecco perché resto./ Tutte le volte che chiudo i miei occhi è come un nero paradiso, nessuno può essere comparato a te, ma tu non ci sei eccetto che nei miei sogni stanotte.”

Boh, ditemi se non è perfetta <3

 

Ringraziamenti:

 

-      MariannaV: ecco che Vegeta è tornato! xD Sì, concordo, Bulma è molto protettiva, del resto quel testone ne ha proprio bisogno ._. Ma continuerà sempre a pensarlo che si è rammollito, la saga di Majiin Bu ne è la prova (stupido Vegeta <_<) Grazie per avermi seguito e aver sempre commentato :D spero che il finale ti sia piaciuto.

-      Federika21: Carissima ** contenta di averti soddisfatto! È vero, loro sono molto per i gesti e non le parole <3 spero ti averti soddisfatto e dico grazie tante anche a te per avermi seguito dall’inizio <3 grazie tantissime *___*

 

 

Ringrazio anche tutte le persone che hanno inserito la storia in preferiti/ricordate/seguite e le persone che, semplicemente, hanno letto questa storia.

Sto pensando di scrivere anche una storia su Goku e Chi-chi perché anche loro sono personaggi che mi affascinano (anche se di meno di Bulma e Vegeta) e che vorrei approfondire. Vedremo :D

Un bacio grande :*

 

 

 

EclipseOfheart

 

 

 

 

 

 

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