You're the one I chose to love.

di Hop_LBS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One. ***
Capitolo 2: *** Two. ***



Capitolo 1
*** One. ***


 

You're the one I chose to love

 

Prologo, mi presento.

Salve, mi chiamo Emanuela ed ho 14 anni, per adesso.
Ho i capelli rossi (tinti) e gli occhi castani.
Vesto in maniera da degno figlio di satana, come amano etichettarmi le vecchiette sul bus che mi guardano male sussurrando “ah, i giovani di oggi!”.
Che poi, pensandoci, non vesto poi così stranamente, perché me li passo tutti gli stili, prima o poi. Ma non è questa la cosa importante.
Vivo in una città del sud che reputo praticamente come una prigione, ho avuto la fortuna di stare economicamente bene, ho una bella casa, due genitori, due fratelli e una cognata che vive in casa.
Dicono di me: ho un’indole abbastanza irascibile, liberatoria. Sono cinica e testarda, ma ho un gran cuore, sono allegra e intelligente ma sono terribilmente timida.
Le mie passioni: io vivo di esse, amo la musica, difatti suono chitarra acustica ed elettrica, basso e pianoforte e, inoltre, canto ed è il sogno della mia vita. Insomma, non vi è mai capitato di mettere la musica a tutto volume senza prestar attenzione alla gente del condominio che viene a suonarti al campanello, attaccare la tua chitarra elettrica all’amplificatore, salire sul letto e cominciare a cantare e suonare all’impazzata facendo finta di essere su uno dei più grandi palchi di New York e sentirsi chiamati dal pubblico in estasi? No? Beh, provateci.
La mia forte passione per la musica è nata circa in quinta elementare quando, dopo essermi ripresa dalla mia fissa per Hilary Duff, ho cominciato a seguire quella che, adesso, è diventata la ragione del mio sorriso: Avril Ramona Lavigne, una nana canadese con due occhi color del mare, un nasino a punta e una voce stupenda. Ovviamente, in quattordici anni, i miei orizzonti si son ampliati e non ascolto solo lei (seppur io continui ad amarla più di ogni altra cosa), difatti seguo anche i miei tre, pazzi, marziani, niente poco di meno che i Thirty Seconds To Mars! E, dati la mia cantante e la mia band preferita viene il turno di tutti gli altri: Paramore, Sum 41, Green Day, The Pretty Reckless e, stranamente, One Direction e un ragazzo uscito da Amici, ovvero Pierdavide Carone. 
Mettendo un attimo da parte la mia pallosa presentazione tengo a motivare il perché dei due ultimi nomi, no, perché potrebbe sembrarvi strano letti tutti i precedenti, beh: gli One Direction mi piacciono perché hanno, tutti e cinque, delle voci veramente spettacolari e particolari, me ne sono subito innamorata, Pierdavide, invece, è un cantautore che stimo in una maniera assurda, ha una voce particolare e i suoi testi hanno un significato, nulla a che vedere con ciò che si sente adesso e, inoltre, è uno dei pochi che parla d’amore, sì, ma non in maniera sdolcinata, ma reale. Pierdavide è la ragione per cui non ho un brutto pregiudizio verso i giovani che cominciano dai talent, perché il talento non è morto.
Oh, sì. Devo continuare con le mie passioni (?). Mi piace scrivere, leggere, guardare anime e leggere manga, recitare, ballare, collezionare e pattinare sul ghiaccio.
Finito di chiarire questo punto, posso dirvi di avere due migliori amici, un maschio e una femmina, entrambi con la A come iniziale ed entrambi con gli occhi azzurri come il cielo: Alessandro e Alice.
Il primo è un amico d’infanzia, lo conosco da sempre e con lui ho un rapporto meraviglioso, senza non potrei seriamente vivere, ormai è come se facesse parte di me. Alice, invece, la conobbi ad una scuola di danza moderna, siamo praticamente come sorelle, condividiamo tutto come, ad esempio, gli abiti Abbey Dawn (linea d’abbigliamento firmata da Avril Lavigne) che compriamo dividendoceli, così da avere sempre l’intera collezione.
Per finire, giusto per non farvi chiedere “chi cazzo è?”, vi scrivo alcuni nomi di amici che sentirete spesso: Marco (che vive nel mio stesso condominio, la porta di fronte alla mia), Luca e Diego (fratelli, vicini di casa che sì, sono quei due chiamati Sonohra alla quale varie ragazzine vanno dietro e sì, sono nati a Verona ma non viviamo lì e quindi non ho sbagliato a dire di stare al sud), Martina ed Eliana (compagne delle medie con cui ho mantenuto i rapporti), Tania (compagna delle elementari con cui passo ancora tantissimo tempo), ed infine Giulia e Carlo, altri due compagni delle medie che mi accompagneranno durante il percorso scolastico delle superiori che comincerò esattamente domani.
Oh sì, dimenticavo di dirvi la cosa più importante: manca poco al compimento del mio più grande sogno, già, mancano solo due giorni al 10 settembre, difatti mi trovo a Roma con la mia famiglia e la mia migliore amica, vi starete chiedendo perché. Eh beh, il 10 settembre Avril Lavigne fa tappa a Roma, la seconda delle tre tappe italiane del Black Star Tour, nulla da dire: sarà il giorno migliore della mia vita.

 
The Black Star Tour.

Oggi è il 10 settembre e io e Alice portiamo leggeri abiti della linea d’abbigliamento di Avril, zaino in spalla pieno zeppo di acqua fredda e snack. Ci troviamo davanti ai cancelli del Pala Lottomatica e siamo in fila sotto il sole sciogliendo letteralmente.
Ci sono urla e pianti ancor prima di entrare, bancarelle provviste di ogni qualsivoglia tipo di gadget.
Scrutiamo un po’ tra la folla e decidiamo di chiamare al cellulare una’altra delle nostre amiche fan di Avril, Miriam e dopo Assunta. Riusciamo a rintracciarle e ci raggruppiamo.
La prima l’abbiamo conosciuta durante un’occasione che vi racconterò in seguito, anche lei è della nostra stessa città. La seconda, invece, l’ho conosciuta su una chat online ed è di Bari, Alice la incontrerà per la prima volta oggi. Ridiamo e scattiamo foto mentre il tempo passa e presto si comincia ad avvertire un’aria più nervosa, si comincia con il conto alla rovescia. Cominciamo ad ammassarci e le guardie ci incitano a calmarci, arrivato il nostro turno mostriamo il biglietto e cominciamo a correre per le scale che porteranno all’entrata del luogo che avrebbe per sempre segnato la mia mente.
Correvo incredula cosciente di star per accedere come ad un paradiso abitato da un solo angelo terrestre.
Lei è il mio idolo e io non posso reprimere queste emozioni.
Entriamo e l’attesa è straziante, avanziamo per il parterre a forza di spintoni e riusciamo a raggiungere un posto abbastanza vicino al palco.
Miriam continuava a scattare foto che certamente, in seguito, mi sarebbero state utili, ma non in quel momento, non riuscivo nemmeno a ragionare pensa a scattare foto.
Le urla erano schiaccianti e per un attimo pensai di essere lasciata indietro, tuttavia partirono le prime note di Black Star e lei entrò, era magnifica dal vivo ed era certamente più bassa di quanto pensassi.
Però era favolosamente reale, nulla in confronto a come la si vede nelle foto, era lì, sul serio.
Cominciai a piangere, non riuscì a trattenerlo.
Lo ammetto, avevo già incontrato Avril Lavigne ma non ero mai stata ad un suo concerto, esso è arrivato quando ne avevo più bisogno, quando l’ansia per l’arrivo di una nuova vita mi stava schiacciando, lei è sempre stata puntuale.
La sua voce echeggiava nella grande sala, le urla erano terribilmente fastidiose ma riuscì a sentire solo lei, camminare per il palco con il suo meraviglioso sorriso, mentre cantava una dolce canzone accompagnata da svariate luci e fumi colorati.

 
19 Settembre.

Oggi ricomincia la dannatissima scuola.
Preparo la cartella, chiamo mia madre e mi faccio accompagnare a scuola.
Prima facciamo una sosta a casa di Ale che sale in macchina, sì, frequentiamo la stessa scuola ma siamo in due indirizzi diversi, indi per cui è impossibile star nella stessa classe.
Arriviamo a scuola e ci dividiamo, trovo Carlo e Giulia e ci sediamo sulle sedie nell’aula magna per subirci, oltre al soffocante caldo, la noiosa storia del preside: non si arriva in ritardo, non si usano i cellulari, studiate! Ed ecco che comincia la terribile marcia verso l’inferno: lo smistamento in classi ed ecco che inizio a pensare in modo idiota “non serpe verde, non serpe verde”, aspettandomi un cappello parlante che mi risponda (?). Insomma, vi ricordate il primo giorno di scuola alle superiori? Quando stavi praticamente morendo dentro a causa dell’ansia? Perché eri piccolo, e andava bene?
Oh, ecco che mi viene in mente Fifteen di Taylor Swift.
Si giunge alla sezione D molto velocemente ed io, avendo il cognome cominciante per C, vengo chiamata praticamente all’inizio. Okay, calma, devo solo non cadere, posso farcela.
Andiamo, lo sappiamo tutti che il primo giorno di scuola si fa sempre una figura di merda.
Però ce la faccio, riesco ad arrivare al traguardo senza cadere, aspetto Carlo e Giulia e comincio a guardarmi intorno. Alla prima occhiata, tra i miei compagni, non vedo nulla di particolare e, di conseguenza, non mi interesso a nessuno di loro.
Conclusosi l’appello arriva la signora che sarebbe stata la nostra professoressa di lettere per i prossimi cinque anni. Cerchiamo una classe perché sì, la mia scuola è immensa e non riusciamo a trovarla, alla fine ci accomodiamo in una di esse (che non è la nostra) e ci presentiamo, la professoressa è la solita buona/pezzo di pane ma bestia se si arrabbia, che comincia a farci gli altrettanto soliti discorsi da mamma tanto quanto impicciona e poi ci chiede di presentarci. La mia presentazione è stata:

“Mi chiamo Emanuela, nome che odio perché è decisamente troppo lungo.

E, riassumendo, ho molte passioni”.

Eccola la mia presentazione, corta e recitata con l’entusiasmo di un bue.
Ovviamente, la prof della comprensione non può accettarlo, difatti mi chiese che genere di passioni, okay, quella parte dovevo evitarla:

Tante e varie, ma quella che coltivo da più tempo e che

amo di più è decisamente cantare, in inglese, per puntualizzare”.

Dal mio posticino all’ultimo banco cominciai a scrutare la classe che, purtroppo, si presentava ai miei occhi sempre uguale: l’eterno ripetente, la trasgressiva, la fumatrice accanita, la grassona che si crede bellissima, la capoclasse, quella che tra un paio di giorni comincerà a farsi conoscere, l’asociale, l’alternativa, il metallaro, il fighettino, la tamarra, la chiacchierona, il finto secchione e l’idiota.
Ci sono tutti.
La professoressa, dopo, ci fece fare per iscritto la nostra presentazione personale, nel più dettagliato possibile, queste presentazione sarebbero poi girate fra i banchi, insomma, in modo da far ‘conoscere’ la classe, tuttavia non mi privai di scrivere nulla di ciò che ritenni importante.
Al momento della circolazione stetti ben attenta ad osservare il mio foglio, tanto per capire in quali mani sarebbe andato, tuttavia lo persi di vista, a me invece a capitato quello della trasgressiva, nulla di interessante in quanto ha praticamente detto soltanto che la sua unica passione è dormire.
Suonò, finalmente, la campanella che segnò l’inizio della ricreazione, anche se, a dire il vero, la campanella sembrava più un allarme che una campanella vera e propria.
Mi recai fuori, alla ricerca di un bar che si sa per certo di trovare nei pressi di una scuola superiore, per poi tornare a scuola alla ricerca di Ale, quando aspettavo le mie patatine fritte –rigorosamente con salsa rosa- notai un tizio che mi osservava, avete presente il fighettino di cui ho parlato prima? Ecco, lui.
Incontrai Ale e ci scambiammo i racconti delle prime due ore scolastiche da liceali, una più sputtanata dell’altra, ma andammo avanti.
Finì la ricreazione e tornai in classe, anche se, a dire la verità, tornarci fu un’impresa.
La mia scuola è decisamente troppo dispersiva, infatti arrivai tardi al ritorno dalla ricreazione già il primo giorno, maledizione.
Durante le ultime due ore abbiamo avuto ‘l’onore’ di fare la conoscenza della nostra professoressa di scienze della terra e del professore di matematica, so che io e lui non saremmo andati molto d’accordo.
La giornata scolastica finì e tornai a casa.
Il mio primo giorno da liceale è stato come un altro qualsiasi primo giorno di scuola, anzi, forse è stato il più noioso, ah, quanto amavo le medie.
Il fatto è che alla scuola media la mia classe era sul serio unita, andavamo tutti d’amore e d’accordo, ed è per questo che, per la prima volta, ho potuto passare serenamente le mie giornate a scuola, senza nessun tipo di imbarazzo dovuto alla timidezza, adesso però è diverso, ho praticamente perso ogni qualsivoglia tipo di interesse nel socializzare con i miei compagni di classe, constatato che sono sicuramente persone con la quale non avrei nulla di cui parlare, io ho i miei amici e mi vanno bene quelli.
Tuttavia i miei compagni non capiranno questo e continueranno a discutere sul fatto che la classe è divisa in due gruppi e che è colpa nostra, quando noi ce ne fottiamo altamente.
Dico io, ma che vi frega? Voi vivete, noi pure, pace e amore, no?

 Arrivai a casa, corsi di fretta la mia meravigliosa camera, entrai e la prima cosa che vidi ad attendermi era il bel faccione che un sorriso stampato, un bel poster di Avril appeso di fronte al mio letto magnificamente da una piazza e mezza.
Oh sì, io amo la mia camera, un giorno di questi ve la descrivo.
Prendo la luce dei miei occhi (?), il mio fottuto amato computer portatile, metto su “Let Go” di Avril e chiamo la vera luce dei miei occhi, la mia migliore amica.
Ci scambiamo i racconti dei rispettivi primi giorni da liceali e stabiliamo un giorno in cui fare una bella serata tutto film, musica e cibo a casa mia.

 
Una (o forse due) settimana dopo.

Dato che, a causa della corta memoria che mi ritrovo, non ho idea di quante settimane siano passate dal giorno dell’inizio della scuola, mi limito a dire che sono passati parecchi giorni.
Durante questa settimana ho socializzato solo con due persone che mosso ritenere amici e non compagni di classe, ovvero Martina detta Mars, l’unica stranamente normale, che condivide pressappoco i miei stessi interessi (manga e anime, lettura, amore per One Direction) e Rosario, l’eterno ripetente che, nonostante rimanga un bimbo minchia, è piuttosto simpatico, per lui è come se ci conoscessimo ormai da anni.
Oggi è un tanto normale quanto noioso giorno di scuola e le mie –pettegole- compagne di classe hanno vuotato il sacco: è impossibile non notare che sia all’arrivo a scuola, alla ricreazione che all’uscita io stia con Ale e, ovviamente, a loro rode, perché Ale è meraviglioso (oh, sì che lo è) ed è a dir poco impossibile che si caghi una cacchetta timida come me, ragion per cui non hanno resistito e mi hanno chiesto qualcosa al riguardo, ottenendo da me solo un “non sono affari vostri”, con aria apparentemente gentile.
Più tardi, durante la ricreazione, notai ancora il fighettino (Salvatore, detto Salvo) fissarmi, lo fa molto spesso ultimamente e, inutile dire, a me non fa affatto piacere.
Andiamo, cosa pensi quando un tuo quasi coetaneo ti fissa in continuazione? O è uno stalker o ti vuole.
In entrambi i casi, la cosa non è per me.
Comunque sia, Rosario, il mio caro, fottutissimo, amico ha capito questo mio disagio, io ho capito che l’ha capito e Salvo ha sicuramente capito che tutti abbiamo capito (?).
Ma, adesso vi starete chiedendo, perché quell’aggettivo poco carino affiancato a caro?
Beh, presto lo scoprirete.
La ricreazione finì e feci per tornare in classe, ma Rosario mi tirò via con lui chiedendomi (o meglio, obbligandomi) ad accompagnarlo un attimo al bar della scuola per comprare un fottuto gelato che certamente non gli avrebbero lasciato mangiare, ottenendo così solo spreco di soldi e di gelato.

 L’indomani mattina mi recai, come al solito, a scuola ma in classe trovai solo due o tre persone, mi sedetti sicura che sarebbero arrivati gli altri.
All’improvviso entrarono Rosario e Salvo a braccetto con fare tanto gay (sul serio), Rosario mi guardò e mettendosi a ridere mi disse:
“ Ah, hai presente ieri? Quando ti ho fatta rientrare tardi dalla ricreazione? Ecco, deve essere stato durante quel lasso di tempo che hanno deciso di non entrare! ”.

Stronzo, bastardo, coglione, fottuto figlio di tua madre.
La prima ora prevedeva religione, tuttavia mancava, indi per cui avevamo ora di buca.
Rosario e Salvo si sedettero al banco davanti al mio e, dopo, girarono le sedie sulla quale tenevano le chiappe verso di me e cominciarono a ridere in modo sghembo.
Bene, non solo sono costretta ai giochetti di questi due coglioni ma, dato che eravamo quattro gatti in padella findus, si progettavano sei ore di totale NULLA.
Rosario, da degno ereditario al titolo di bastardo, se ne andò in bagno lasciando che Salvo cominciasse la sua banale quanto stupida sottospecie di dichiarazione bastarda:

-          << Andiamo, mettiti con me >>

-          << Questa è la prima frase che mi rivolgi, te ne rendi conto? >>

-          <>

-          << Non immagini quanto, che vuoi? >>

-          << La risposta la trovi nella prima frase >>

-          << Ti odio già >>

-          << Si dice che dall’odio nasce l’amore >>

-          << L’unico caso in cui questo proverbio mi è sembrato veritiero è stato per Rossana ed Heric >>

-          << Rossana ed Heric? >>

-          << Cazzo, non hai avuto un’infanzia! >>

-          << La tua risposta? >>

-          << E me lo chiedi pure? Mi stai simpatico quanto la mozzarella, e io odio la mozzarella >>

-          << Ahah, okay. Non ci rimango mica male, non mi piaci sul serio, solo che mi interessavi >>

Okay, lo ammetto: è stato peggio dei dialoghi provocatori fra Joey e Pacey.
La giornata è passata tra nomi-cose-città, impiccato, salamino e zero per, e siamo alle superiori.
Esco da quell’inferno, torno a casa e di pomeriggio Diego mi porta in un negozio nella quale devo farmi fare una maglietta con su scritto: “Prova a dire che Dragon Ball è per bambini che ti prendo a sprangate”, è stupenda, lo so.

 Parecchi giorni dopo (ho ancora dimenticato le settimane) passò una circolare che comunicò agli alunni di un concorso canoro gestito da diversi insegnati esperti, l’elezioni si sarebbero tenute il giorno dopo al teatro della mia città, tutti erano invitati a partecipare o anche solo a guardare.
Pensate che io abbia scelto di partecipare? Pensate bene.
Ho alzato la mia mano affermando “partecipo!” sconvolgendo praticamente tutta la classe (eccetto i miei amici e Salvo), andiamo, una timida come me che canta in pubblico?
Lo so, è vero, sono timida ma se si tratta di cantare è tutto un altro discorso, per quello sono un’altra persona, cantando sono me stessa, è liberatorio.
L’indomani pomeriggio andai ai provini indossando la maglietta fattomi fare giorni prima (quella su Dragon Ball), facendomi accompagnare dai miei migliori amici.
Notai che tra quelli che sarebbero dovuti essere il pubblico c’erano anche i miei compagni di classe e, ovviamente, Salvo, che incrociò il mio sguardo e, ancora una volta, mi sorrise sghembo.
Arrivò il mio turno, salì sul palco e fui ben felice di notare che tra gli insegnati a giudicarmi c’era anche la mia professoressa d’inglese che mi credeva una cacchetta solo per una dimenticanza in grammatica, avrei potuto dimostrarle che l’inglese invece lo sapevo, e anche abbastanza bene.
La canzone che portai fu “Complicated”, il primo singolo di Avril Lavigne:

Smetti di guardarti le spalle e fingere di essere qualcun altro. Non siamo nati per recitare il ruolo di un’altra persona, così facendo finiremmo solo per sembrare goffi. Cadrò, mi spezzerò, mi ferirò ma non fingerò: non è fingendo che imparerò a vivere nella mia pelle e poi, se non riesco ad amarmi come posso pretendere d’insegnarlo ad altri?

Questo è ciò di che, in breve, parla Complicated.
Gli insegnanti mi fecero davvero tanti complimenti e mi ammisero immediatamente, fui felicissima di essere apprezzata. Corsi via dietro le quindi e di certo no, non trovai chi mi aspettavo di trovare.
Al posto degli occhioni azzurri della mia Alice mi ritrovai Salvo che mi trascinò per un braccio lontano dagli altri e cominciò a parlarmi, dicendomi:

-          << Ci ho ripensato, mi interessi ancora >>

-          << Solo perché so cantare? >>

-          << Anche. Voglio dire, per tutto ciò che sei >>

-          << Che diavolo significa? Prima ti divertivi a prendermi in giro e adesso vuoi venirmi a dire di esserti magicamente innamorato di me? >>

-          << In breve… tipo colpo di fulmine! >>

-          << Tu hai problemi, seri >>

-          << Pensa quel che vuoi, ma io ormai ho deciso! >>

-          << Non puoi perseguitarmi! >>

-          << Si che posso! Ahah! >>

Aspettai di lasciare Ale a casa per poi entrare in camera mia con Alice per raccontarle tutto.
Lei mi rispose che uno del genere era da sposare, ma che ci vede di bello?

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Capitolo 2
*** Two. ***


 

You're the one I chose to love

 

Ti farò innamorare di me.

L’indomani, a scuola, la mia classe (che avrebbe anticipato di un’ora l’uscita) si trovò costretta ad ospitare dei ‘divisi’ di un’altra classe.
Quale classe? Niente poco di meno che quella di Ale.
Qual è il problema? C’è un problema? No, ma in realtà si.
Il fatto è che non voglio che Ale sappia che Salvo mi sta dietro, e non so perché.
Oggi Mars è assente, indi per cui il posto accanto al mio è vuoto e, ovviamente, Ale si sarebbe seduto lì.
Un compagno del mio amico, che lo era anche alle medie (che io e Ale, anche se in classi diverse, abbiamo frequentato insieme) vide la sedia accanto alla mia vuota e disse, con qualcosa che stento a chiamare italiano “Ah, Ale ce l’ha il posto”.
Difatti Ale si venne a sedere accanto a me e, mi dispiace per lui (e anche per me), la mia professoressa (quella di lettere, quella caritatevole e generosa quanto impicciona, ricordate?) gli chiese perché lui aveva tipo il posto assegnato.
Giulia, che conosceva entrambi da comunque molto tempo, non riuscì a star zitta e rispose per Ale dicendo: “Loro si conoscono da un sacco di tempo”.
Allora, ovviamente, la prof ha cominciato la sua indagine:

-          << Da quanto vi conoscete? >> e che cazzo, stiamo studiando epica, non la mia vita!

-          << Ah boh, Manu, da quanto ci conosciamo? >> Lo so che lo sai, bastardo, se ci tieni rispondi tu!

-          << La bellezza di undici anni, Ale >>

-          << Ma allora siete amici d’infanzia! Che cosa rara! >> è così rara?

Poteva anche passare, no?
Non per il mio fottutissimo, bastardo, amico che, non potendo starsene zitto, disse: “Aah! Salvo è geloso!”. Ti odio, ti odio, ti odio, ti odio, ti odio, ti odio, ti odio, ti odio fottutamente.
La classe cominciò a sghignazzare, io a morire dall’imbarazzo e Salvo ed Ale si scambiarono tipo uno sguardo fulminante, cazzo. È tipo stata l’ora più pesante della mia vita.
È inutile dire che all’uscita distrussi Rosario tanto quanto è palese che quest’ultimo pareggi per Salvo.
Salvo aspettò che tutti i nostri compagni di classe andassero via per fermarmi e cominciare la sua terza sottospecie di dichiarazione:

-          << Quel tizio è solo un tuo amico, no? >>

-          << Si, lo è. Perché? >>

-          << Allora non c’è problema, posso provarci, no? >>

-          << Andiamo, smettila. Cercati un’ochetta a cui andar dietro >>

-          << Ma a me piaci tu! E non farmi dire perché, sono un ragazzo, andiamo! >>

-          << Oh, almeno mi risparmi la roba sdolcinata! >>

-          << Ho scoperto chi è la Rossana di cui parlavi… >>

-          << Non cambiare discorso, essere che non ha avuto un’infanzia >>

-          << Facciamo una scommessa? >>

-          << Mi piacciono le scommesse, che tipo? >>

-          << Ti farò innamorare di me, perché tu sei stupenda in tutto ed io ti voglio con me>>

Ammetto di non essere riuscita a nascondere il mio imbarazzo e la mia area sorpresa in quel momento, le sue parole mi fecero battere il cuore in maniera strana, infarto?

-          << Io non sono nessuno per fermare qualcuno che vuole fare qualcosa a cui tiene, provai pure se vuoi ma, ti avverto, non sarà facile >>.

Dopo le mie parole, che segnarono l’inizio di una sottospecie di dannatissima sfida, lui mi sorrise caldamente e andò a casa, lasciandomi nella confusione più totale, ma: “ammettiamolo, io non potrei mai interessarmi ad un tipo del genere!”.
“ Si, okay, e allora perché ne parli ancora? ”. Dannata Alice, luce dei miei occhi, riflesso della mia anima.

 
Che il gioco abbia inizio, bastardi!

Di mattina, a scuola, arrivai in classe più presto del solito e, a seguirmi, ci fu Salvo.
Mi aspettavo da lui, dopo l’accaduto del giorno precedente, non so, un atteggiamento diverso, e invece nulla, tu vedi lui che, con nonchalance, mi si avvicina appiccicandosi a me mi da un dolce bacio sulla guancia godendosi il mio dannatissimo imbarazzo davanti alle risate dei miei compagni.
Dolce e stronzo, crepa.
Che poi, cazzo, aveva già cominciato? Perché ho accettato?! WHY?!
E beh, mentre il caro moretto continuava a spassarsela io sprofondavo in una voragine di insulsa disperazione provocata da egli stesso e dal mio migliore amico, il quale, dopo aver saputo di Salvo, ha cominciato a non rivolgermi la parola e, credetemi, quando fa così significa che qualcosa di terribile (?) è alle porte.
Oltre questo c’è la fatidica domanda: perché cazzo ce l’ha con me?
Voglio dire, a lui che cacchio importa se c’è un coglione che mi sta dietro, anzi dovrebbe essere abbastanza felice nel constatare che sto lasciando il nido (?).
Okay, basta.
Ho bisogno di risposte e, quando ne sono in cerca, è solo una la persona che può darmele: Alice.
La mia migliore amica c’è sempre e mi conosce meglio di chiunque altro, anche più di me, a volte, ed ecco, questa è una di quelle volte.
Abbiamo parlato tanto, mangiato come porci e riso fino alle lacrime, giungendo alla conclusione che Ale è tipo geloso, ma non una di quelle gelosie tra innamorati, una di quelle che ha un fratello maggiore per la sorellina, o almeno così io penso, se lo chiediamo ad Alice, invece, è il primo tipo di gelosia, ma io non ci conterei molto, insomma, è Ale!
Sfinite a causa del troppo pensare, io e la mia unica vera anima gemella dagli occhi azzurri ci stendiamo nel mio bellissimo e morbidissimo letto piazzandoci il mio amato computer davanti, digitando ebay e cercando oggetti vari per completare al meglio i nostri cosplay di tutti i personaggi femminili dei giochi di Pokemon, porteremo due di loro al Lucca Comics, anche se, a dire la verità, sono un po’ indecisa tra Touko (White) e Haruka (Sapphire) ma, lo so, a voi non importa un fico secco.
Ad un certo punto Alice accede a face book con il mio account e, pregandomi, mi chiede di farle vedere il ragazzo che sarebbe stata costretta ad uccidere con le sue mani per preservare il mio primo bacio (wtf?!).
No, non gliel’avrei fatto vedere e no, non so il perché.
Come se avessi una sottospecie di paura del suo giudizio, magari non le sarebbe piaciuto, boh.

 Di sera, verso le undici meno venti, andai a coricarmi, come mio solito fare, tuttavia l’ansia riguardante la situazione tra me ed Ale mi tormentava, così decisi di mettermi al calduccio sotto le coperte e stare un po’ al PC, accessi a face book e, dopo non molto, Salvo mi contattò:

-          << Hey, ancora sveglia? >>

-          << Oh sì, e la colpa è in parte tua >>

-          << Ne sono onorato allora! Sai, ho guardato i tuoi album fotografici >>

-          << E allora? Ti sei divertito, stalker? >>

-          << Insomma, se li hai messi vuol dire che possono essere guardati! >>

-          << Qual è il punto? >>

-          << Hai parecchie foto con quel tizio dagli occhi azzurri! Dannazione, mi da fastidio >>

-          << Oh, non sai quanto mi dispiace… >>

 
Merda.

La scuola continuava come al solito, il mio rapporto con Salvo anche e quello con Ale sempre quello da post Salvo, l’unica cosa che mi è sembrata progredire in queste settimane è il mi cosplay di Haruka.
Siamo già a novembre e anche se non è del tutto normale, a casa mia già comincia a sentirsi l’aria natalizia dato che cominciano già da un mese prima a organizzare il grande cenone di famiglia, che palle.
Il punto è che questa cena è davvero una palla al piede, è di una noiosità assurda, posso sinceramente dire che l’unico momento degno di essere vissuto e ricordato è quello in cui io, i miei fratelli, i miei svariati cugini e i miei migliori amici ci piazziamo davanti la televisione a giocare alla wii.
Tornando all’origine del problema voglio dire che esso è Ale, se continuiamo a star così dubito che anche quest’anno accetterà di passare il Natale da me e, data l’irregolarità, cominceranno miriadi di domande inopportune da parte di parenti invadenti, merda.
Nonostante questo Alice finge di non sapere quello che penso e continua a dedicarsi ai preparativi natalizi, i motivi per cui fa ciò sono due: il primo è il fatto che fa parte della mia famiglia e in quanto tale è più presa dalle nostre tradizioni di quanto lo sia io, il secondo è che mi sta sempre dietro e mi sopporta, ma quando siamo a Natale non vuole problemi, per lei è l’unico periodo in cui si deve dimenticare tutto, sorridere e basta, anche davanti ad un problema apocalittico, solo perché ce lo meritiamo, anche solo per un corto fottutissimo periodo dell’anno e, devo ammettere, la cosa mi influenza.
Per il resto devo dire che l’aria natalizia scolastica è pressoché nulla: nessun disegno di natale, nessuna festa, nessun regalo, nessuna giocata a carte, nessun tema di natale.
Perché sì, tutto questo lo facevo anche alle medie e, devo ammetterlo, mi piaceva da matti.
Ricordo che il mio Natale scolastico di terza media, l’ultimo, l’ho vissuto giocando a tombola, vincendo penne in palio e preparando dolci con la mia amica Maria al laboratorio di cucina alla quale avevo preso parte, giuro che è stata una delle cose più divertenti che feci.
Invece adesso nulla, mi chiedo perché poi dicano che il liceo è il sogno dei ragazzi, io non ci trovo nulla di bello, solo un ammasso di bambini che vogliono essere grandi privi di ogni qualsivoglia sostanza della vera giovinezza, ragazzi ingenui e incoscienti del fatto che la nostra giovinezza non durerà per sempre e, anzi, volerà via prima di essere in grado di percepirlo e mai ritornerà, e allora, in futuro, ci troveremo seduti su una poltrona dinnanzi ad una televisione che trasmette programmi corrotti e rimpiangeremo la giovinezza che abbiamo sprecato.
E adesso mi chiedo perché io, in un periodo così felice, stia pensando a tutto ciò, ed ecco il perché del mio titolo: merda.
E dico merda perché mi rendo conto di essere entrata in quella stramaledettissima fase adolescenziale in cui ci facciamo problemi enormi, seghe mentali assurde e continuiamo ad essere tristi, ed è così che si diventa noiosi e i tuoi genitori cominciano a prenotarti una visita dallo psicologo, e allora tu torneai in te stesso dimenticando tutto e cominciando a vivere da coglione.
Ma no, io no!
Non voglio passare da questa fase, voglio sostituirla con un “Forever Young” intriso di nostalgia e ricordi, ingozzate di nutella e film di Pokemon a palla con la mia migliore amica.
Da questo passo direttamente al mio lato pigro e affermo con assoluta sicurezza che non vedo ufficialmente l’ora che comincino le vacanze!

 
Che poi io lo sapevo, ma non volevo ammetterlo e adesso ne paghiamo le conseguenze: I’m sorry.

Siamo quasi agli sgoccioli di novembre e ciò significa che dicembre è vicino, così come lo sono le vacanze, così come lo è il cenone familiare e così come lo sono le strazianti domande dei parenti all’assenza del mio migliore amico.
Ero stesa sul mio letto arrotolata nella coperta calda, ascoltavo in riproduzione casuale il quarto album di Avril, avevo appena finito di ascoltare Remember When e cominciò I Love You, per poi passare ad Everybody Hurts, una trilogia che, in un certo qual modo, rappresentava al meglio la mia situazione attuale. Mi alzai all’improvviso, mi vestì e uscì dalla mia camera con l’intento di recarmi direttamente a casa di Ale (la quale non era troppo distante dalla mia) e chiarire tutto dato che non sopportavo più la situazione. Uscendo dalla camera sentii delle voci provenienti dalla cucina, mi avvicinai senza farmi vedere troppo e udì la voce di Ivan, il fratello maggiore di Ale. C’era lui, mio fratello e mia madre che parlavano, non afferrai il discorso ma udì chiaramente un’unica frase, che bastò per distruggere tutto quello che per anni avevo coltivato.
La verità mi venne spiattellata in faccia nel giro di pochissimi istanti con una severità e una freddezza così inaspettata che feci fatica ad apprenderla appieno, per un istante il mio tempo si è fermato, non scherzo, non ho udito ne’ visto più nulla per alcuni secondi.
Tornai nella mia camera e mi distesi sul letto prendendo il mio libro di scienze della terra in attesa della lettura e cominciai a pensare, a collegare l’accaduto di appena due minuti fa e allora capì: Ale non era mio, oh no che non lo era. Lui era il mio migliore amico, solo il mio migliore amico, lui era di qualcun’altra, io non potevo amarlo.
Già, è vero che le cose importanti si capiscono sempre troppo tardi e allora è impossibile ripararle.
Non piansi, non feci nulla. Non provai ne’ tristezza ne’ rancore, solitudine o qualsiasi altro sentimento del genere, provai solo un terribile senso di vuoto e una grande pena per me.

Tutto ciò che avevo creato insieme a lui per tutto questo tempo è andato perduto, è tutto andato in mille pezzi per una cosa dalla quale continuavo a fuggire.
Sapete, Alice mi diceva spesso che il mio rapporto con lui sarebbe cambiato, e me lo diceva perché saremmo cresciuti e allora ne avremmo viste delle belle, perché crescere significa separarsi e no, io non volevo crederci, continuavo a fuggire dandogli poco conto, continuavo a ripetere tra me che fosse impossibile e che tutto quello che gli altri dicevano era superficiale e tragico, nella realtà non era così difficile, e invece sì che lo è, cazzo!
Mi sento così arrabbiata come me stessa! Per la prima volta giuro di odiarmi!
All’improvviso mi viene una voglia matta di gridare disperatamente, con tutta la voce che ho in gola!
Cazzo! Me l’hanno sempre detto in tutte le salse, io non ho mai voluto ascoltare, non ho mai voluto prevenire e adesso ne pago le conseguenze!
Quando sono stata idiota.
L’indomani mattina andai a scuola, benché la mia voglia di farlo era pari a zero.
Arrivai in classe ben cosciente del fatto che ad attendermi ci sarebbero state due ore di palloso francese, non è che io odi il francese (non mi va giù, ma non lo odio), piuttosto non sopporto la professoressa che me lo insegna e la cosa è reciproca. Ha un modo di fare irritante, si sente superiore e cerca di imporsi a noi con la paura, non è così che si ci dovrebbe comportare con degli adolescenti.
Cerca sempre di provocarci per farci sbagliare, così da punirci, ma con me non ci riesce perché io so cosa vuole e beh, la cosa non le va giù indi per cui continua a torturarmi.
E so bene che oggi non sarà un’eccezione, come si dice spesso nei manga quando si perde qualcosa di caro: “anche se io ho perso tutto il mondo continua ad andare avanti, come se nulla fosse accaduto”.
La professoressa arrivò in ritardo il che mi mise un’ansia assurda dato che cominciai a sperare che fosse assente, tuttavia varcò la soglia della classe scusandosi e preparando la lezione di tutta fretta.
Mi vide distratta, pensierosa, non aveva mai avuto occasione di trovarmi in quello stato quindi la colse al volo, facendomi una domanda alla quale di certo non potevo rispondere, visto che non avevo seguito nulla. Glielo dissi chiaro e tondo, ogni volta stavo al gioco seppur in modo educato ma oggi no, oggi non ero abbastanza per farmi valere e prender parte ad un ridicolo scambio di provocazioni velate.
Appuntò qualcosa sul suo registro personale ma non le diedi peso, era la mia prima nota e neanche era sul registro di classe, non mi avrebbe certo rovinato la media.
Cominciammo a leggere un testo e, lievemente, cercai di seguire: le parole erano aspre, amare e crudeli, erano forti e agghiaccianti, trovavo in essere tutto il mio stato d’animo, come se ogni fibra in quell’aula volesse ricordarmi di quando codarda ero stata, di quanto avevo perso.
Mi stancai e sentii il mio cuore andare in pezzi, cominciare a battere forte e lo sentii, sentii le lacrime che si preparavano ad uscire, erano state forzate a star dentro, tuttavia cedetti.
Persi di corsa il mio mp4 con l’intento di intanarmi in bagno prima di scoppiare a piangere e ascoltare qualsiasi canzone di Avril all’infuori di Everybody Hurts per calmarmi, perché quest’ultima diceva tutto ciò che provavo e non me l’avrebbe certo fatto dimenticare.
Tuttavia non sarebbe stato per nulla facile ottenere il permesso di andare in bagno a seconda ora dalla professoressa che mi ha sul naso, ma stavo per scoppiare e corsi via.
Il dolore si faceva più forte, così tanto che neanche la mia amata musica sarebbe riuscita ad alleviarlo, era un dolore strano: dolore per la perdita della cosa più importante che avessi mai avuto, e dolore per il fatto di sapere di essere artefice di esso, era l’odio verso me stessa che mi terrorizzava ed era l’immensa tristezza procurata dal mio migliore amico.
Grazie alla vicinanza del bagno femminile alla mia classe e al silenzio tombale dei corridoi in ore di lezione fui in grado di udire abbastanza chiaramente le voci delle mie pettegole compagne fingersi preoccupate per venir a curiosare nella mia vita per poi sghignazzare superficialmente con le amiche ochette, tuttavia sentii anche la voce di Salvo che disse “vado io” che, senza aspettar consenso, andò fuori e si chiuse la porta alle spalle, mentre io mi accasciavo per terra distrutta da un dolore che certamente non avrei dovuto provare.
Salvo entrò con nonchalance dentro il bagno femminile cercandomi con lo sguardo, mi avvistò e si precipitò verso di me avvolgendomi fra le sue calde braccia.
In bagno c’era davvero una temperatura fredda, più di quanto lo fosse in aula e, in quel momento, Salvo era la cosa più calda che in tutta la mia vita mi avesse mai sfiorata.
Per un momento, nonostante tutto il mio odio verso di me, mi sono sentita voluta, ho capito che dovevo smetterla di essere egoista, e promisi che quella sarebbe stata l’ultima volta.
In quel momento avevo disperatamente bisogno di qualcuno come Salvo, mi feci abbracciare calorosamente da lui e strinsi con forza le mani alla sua schiena, stropicciando la sua felpa grigia di topolino che tanto elogiavo, perdendomi in un mare di lacrime che presto avrei smesso di versare.
Perché era raro vedermi piangere, perché ero, a detta di tanti, una ragazza forte, ma si sa che ogni tanto tutti posso esplodere, no? Ed io di certo non faccio eccezione.
Salvo aspettò qualche minuto, non disse una parola, come se sapesse esattamente il motivo per la quale piangevo, come se sapesse che nessuna parola mi sarebbe stata d’aiuto, e dio se lo sapeva, lui sapeva tutto. Salvo è uno di quelli che me l’ha sempre fatto capire ma che, nonostante tutto, ha continuato a starmi dietro, sapendo che di certo non poteva ottenere da me quello che realmente voleva.
Ed è così che cominciai sinceramente a fidarmi di lui.
Spezzai il silenzio cominciando una bizzarra discussione:

-          << Questo è il bagno delle ragazze, sai? >>

-          << L’importante è come si ci sente dentro! >>

Suonò la campanella della fine della lezione:

-          << Torniamo in classe? >>

-          << Oddio, Salvo! Io non voglio entrarci, sarei troppo in imbarazzo! >>

-          << Ma che diavolo? … Vuoi stare tutto il giorno qui? >>

-          << Voglio andare a casa! >>

-          << No, entri in classe con me, andiamo >>

-          << Ma cominceranno a farmi sgradevoli domande alla quale non ho ne’ la voglia ne’ la forza di rispondere >>

-          << Ah, non preoccuparti, ci penso io a quello >>

-          << Vuoi fare il figo? >>

-          << Mi hai raccontato che il primo giorno di scuola mi ha etichettato come ‘fighettino’, allora lasciamelo fare >>

-          << Era solo per l’abbigliamento! >>

Dopo ciò tornammo in classe e basta, non dico altro perché non voglio nemmeno ricordare il resto che è caratterizzato specialmente da mortale imbarazzo.

 

 

 

Angolo autrice:
A partire da questo secondo capitolo ho deciso di inserire un piccolo “angolo autrice” per eventuali punti da chiarire o che altro. Ringrazio chi ha letto questi due capitoli della mia storia, recensori o meno.
Spero di poter comunicare, con questa bizzarra storia, ciò che la mia protagonista sente: le sue emozioni in primis, ma anche ciò che la lega alle persone a lei più vicine. Inutile dire che vorrei davvero tanto riuscire a favi comprendere che rapporto ha lei con i suoi due migliori amici: Alice e Alessandro.
Detto questo mi dispiace per eventuali dimenticanze, errori di battitura o di dimenticanza, alla prossima.

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