Another life.

di ek_directioner
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'ultimo viaggio. ***
Capitolo 2: *** Davvero volevo tutto questo? ***
Capitolo 3: *** Forse potevo davvero farcela. ***
Capitolo 4: *** Quello che comunemente noi chiamiamo amore. ***
Capitolo 5: *** E' lei?! ***
Capitolo 6: *** A mai più. ***
Capitolo 7: *** La storia più incredibile, che conosco. ***
Capitolo 8: *** Davvero hai vissuto tutto questo? ***
Capitolo 9: *** Sai che ti voglio bene già da ora? ***



Capitolo 1
*** L'ultimo viaggio. ***


L’ultimo viaggio.
 
 
-Si prega di allacciare le cinture di sicurezza, stiamo per atterrare al London City Airport-stridulò la voce dell'hostess.
Un altro viaggio era finito.
L'ultimo, ennesimo viaggio; me l'ero  promesso.
Mi ero promessa di non partire più, ma non ero riuscita a non farlo.
Questa doveva essere l'ultima volta che lasciavo tutto per andare a vivere un'altra vita, lontana da tutto e da tutti.
Avevo cambiato decine di città che mi avevano portato ad essere fredda e scontrosa, ma in fondo timida e fragile.
-scusa, potresti alzare il braccio?!-si alterò il paffuto tizio accanto a me.
-certo, scusi- risposi lasciando libero il suo pezzo di camicia, rimasto fino ad all'ora, incastrato sotto il mio gomito.
'Ti prometto che non appena finirà questa situazione, ti verrò a riprendere'
Una frase che mio padre aveva ripetuto infinitamente, fino a pochi minuti prima che quel dannato aereo decollasse.
'Non hai mai mantenuto le promesse. Perchè dovresti mantenere questa?' gli avevo domandato io l'ultima volta.
'Perchè tutto questo l'ho fatto per te'mi aveva risposto, provocandomi soltanto dolore nel cuore.
Esatto; stranamente i miei genitori erano le persone che più mi avevano fatto soffrire al mondo.
Chi l'avrebbe mai detto, che delle persone così oneste e serie, nei piccoli momenti familiari, avrebbero fatto soffrire così tanto la propria figlia?
La loro unica figlia; almeno così dicevano.
Non credevo più nemmeno a questo.
Mi avevano sempre promesso tutto e non mi avevano regalato più niente. Niente.
Nè un bacio o un abbraccio, nulla.
Davanti alle altre persone, mi sorridevano, facevano i dolci e i premurosi, ma 'dietro le quinte' era tutto il contrario.
Non si interessavano minimamente a come stessi e cosa provassi; non glien'è mai interessato nulla.
Da poco tempo a questa parte avevo iniziato a rinfacciargli tutto quello che avevo passato e che provavo dentro di me, ma sembrava che la cosa non li toccasse affatto.
'non trattarci così'si ostinava a rispondere mia mamma limandosi quelle unghie che non so per quale miracolo, facevano ancora parte del suo corpo.
'SIETE VOI CHE MI TRATTATE COSI', SEMPRE'rispondevo urlando.
Loro continuavano a guardare altrove, occupandosi delle loro faccende, lasciando costantemente chiudere la discussione con un 'VI ODIO' da parte mia.
Bello, no?
Chi vorrebbe avere dei genitori così?
Nessuno; tantomeno io.
Era ormai l'inizio di settembre.
Avevo passato tutta l'estate a fargli temere la mia fuga, ma come al solito nemmeno questa idea li aveva fatti ragionare.
Non avevo mai avuto il coraggio di allontanarmi da casa, ma dall'ultima litigata risalente a due giorni fa, ho preso coraggio e ho fatto la mia decisione.
Belle Watson, una ragazza diciassettenne proveniente da Chicago, che vuole farsi una nuova vita.
Qualcosa suona strano? A me no.
E se pure qualcosa ci fosse, mi scivolerebbe addosso come l'olio, come d'altronde è stato con tutta la mia vita.
Negli ultimi mesi avevo imparato a fregarmene di tutto e di tutti, a fare quello che volevo e a non ascoltare due persone inutili, che vivono sotto il mo stesso tetto.
E' brutto, bruttissimo dirlo, ma era la verità.
In pochi mesi mi ero costruita una corazza fortissima, con la quale avevo combattuto contro le persone che dovevano essere le più importanti della mia vita; e guarda caso, avevo vinto.
 
-14 Oston Street, per favore-
 
 
 
 
 
*********************************************
Hooooooooola :3
Eccomi di nuovo qui a rompervi le scatole con un’altra ff ^^
Devo dire che in questo periodo ho molta ispirazione u.u

Questa storia parlerà di una ragazza (il nome è un misteeeero (?)) la quale si troverà costretta per l’ennesima volta a cambiare vita, a causa dei vari litigi con i suoi genitori.
Ma, un attimino; dove sono quei cinque caroti degli One Direction.
Hmmmmm, BOOOOH (?)
Ahahahahah .-.
Anyway: fatemi sapere se vi piace ^^
Ciao tesori <3

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Capitolo 2
*** Davvero volevo tutto questo? ***


Davvero volevo tutto questo?
 
-14 Oston Street, per favore-annunciai buttandomi in un taxi.
Perfetto, prima giornata a Londra, prima giornata di pioggia.
-subito-rispose il ragazzo, mettendo in moto la macchina.
Tolsi la sciarpa ormai zuppa dal mio collo, per poi piegarla e poggiarla sul jeans altrettanto bagnato.
Sbuffai.
Davvero volevo tutto questo?
Davvero volevo vivere in una città dove pioveva 300 giorni su 365?
Davvero volevo vivere da sola in una città sconosciuta?
-Tutto bene signorina?-domandò l'autista lasciandomi uno sguardo dallo specchietto retrovisore.
Aveva degli occhi marroni, profondissimi.
-si, grazie-risposi poggiando la testa al vetro.
-a me non sembrerebbe. Primo giorno di vita?-curiosò.
Perfetto, atterrata da dieci minuti a Londra e già avevo trovato un maniaco che mi perseguitava.
-le sembro una neonata?-domandai acidamente.
Avevo paura di legare con uno sconosciuto di cui conoscevo solo gli occhi.
-intendevo 'primo giorno di vita a Londra?'. Ma vabbè, credo lo sia-ribattè sorridendo, non curante della mia freddezza.
-perspicace il signore-borbottai voltandomi verso fuori.
-RAGAZZO. Ho diciannove anni, non me li porto poi così male-puntualizzò.
-senti tizio, ho visto a malapena i tuoi occhi, una parte della tua testa e ascolto da un minuto la tua insopportabile voce. Protesti evitare certe battutine?-chiesi esasperata.
-come vuole. Deve soltanto sapere che qui in Inghilterra, si cerca sempre di essere il più gentile possibile-ironizzò.
-e quindi?-domandai stufa.
-e quindi quando gira per le strade, cerchi di lasciare la sua acidità in casa, glielo consiglio-rispose sghignazzando.
Perfetto, prima mezz'ora a Londra, prima litigata.
 
Mentre cercavo di slegare i nodi della cuffietta guardai fuori dal finestrino.
Una scena da film.
Oltre quel vetro, le nuvole stavano lasciando spazio all'alba; l'amavo.
Era strano, addirittura brutto da dire, ma era l'unica cosa che mi era veramente sempre stata vicina.
Molti, praticamente tutti, dicono che il tramonto è la parte più bella della giornata, ma per me non è così.
L'alba è l'inizio di un nuovo giorno, l'inizio di una nuova avventura.
Con l'alba ti lasci alle spalle il passato volgendo gli occhi al futuro, pensando di vivere ancora nel presente.
Per questo mi rispecchiavo in lei.
L'alba: l'inizio di una nuova vita.
Fino a quel momento, quell'esasperante RAGAZZO, aveva canticchiato strofe di canzoni che mandavano alla radio, non curante di avere una sua cliente a bordo.
Sentii la macchina fermarsi sotto il mio corpo.
-ragazza simpatica-sghignazzò poggiando il braccio fuori dal finestrino.
-dimmi-sbuffai togliendomi una cuffietta che intonava ancora 'The A Team' di  Ed Sheeran.
-siamo arrivati-annunciò consigliandomi con un dito di guardare fuori dal finestrino.
Una scena stupenda mi si presentò davanti agli occhi.
Una via, nominata 'Oston Street' da un cartello, si dilungava per un altro centinaio di metri avanti a me, lasciando spazio a gruppetti di persone fermi a parlare sui marciapiedi, e a bambini di ricorrersi in bicicletta in tutto lo spazio che avevano.
-qual'è la numero quattordici?-chiesi riferendomi alle villette davanti ai nostri occhi.
-quella rossiccia che vede laggiù in fondo-rispose indicando una casetta quasi alla fine della strada.
-perfetto, allora andiamo lì-dissi riprendendo a guardare avanti.
Lui ruotò il suo corpo verso di me e mi fissò.
Perchè mi guardava in quel modo?
'Perfetto, ora cos'altro deve dirmi?!'borbottai nella mia mente.
-beh, cosa vuoi?-sbottai alla fine di quell'esasperante silenzio.
-è strada privata, non vede?-notò quasi ovviando la cosa.
-e quindi?-domandai ancora più acidamente.
-e quindi MISSIS ACIDUME, si da il caso che io non possa entrare lì dentro- rispose.
Sembrava che quella situazione lo divertisse, ma a me dava alquanto fastidio.
Sbuffai.
Uscii dalla macchina, presi le valigie e mi affacciai dal finestrino.
-venti sterline-disse porgendo la mano.
Frugai nella borsa, fino a dargli quanto richiesto.
Ritirò dentro la mano, per poi guardarmi di nuovo.
-Biondina, lo sai che ci rincontreremo?-domandò con un'aria da ganzo.
-non ci tengo, grazie-risposi non degnandolo nemmeno di uno sguardo.
-ricordati che Londra SEMBRA grande-
-speriamo lo sia abbastanza da non darmi modo di rincontrarla-risposi.
Girai i tacchi e mi avviai verso la mia casa, lasciando il taxi fermo lì dov'era.
Perfetto, odiavo già quella città.
Non solo non conoscevo nulla di quei luoghi; in più l'inizio di quella vita, era stato alquanto esasperante.
 
 
 
 
 
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Hooooola :3
Hmmm, chi è quel ragazzaccio che si diverte a stuzzicare Belle?
MISTEEEEEEEEERO u.u

Anyway: voglio sapere se vi piace questa nuova ff :D
Ciaaaao tesori <3

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Capitolo 3
*** Forse potevo davvero farcela. ***


Forse potevo davvero farcela.
 
 
‘Alcune volte le parole non sono abbastanza per far sentire a qualcuno che t'importa di loro. A volte c'è bisogno anche di un piccolo sforzo.’
 
 
Lottai con la serratura della porta d'ingresso, prima di riuscire ad aprirla definitivamente.
Davanti a me, si aprì un salone enorme con due divani,  posti davanti ad una televisione altrettanto grande.
Oltre quella sala, c'era la porta della cucina, con un bancone all'americana e una finestra che percorreva tutto il piano cottura fino al lavandino.
Dio, la casa che avevo sempre desiderato!
Buttai le valige nel bel mezzo del salotto e salii al piano di sopra, irrompendo nella camera e nel bagno.
Quella villetta, era la MIA dimora?! (?)
Non appena mi sdraiai sul divano, sentii il telefono squillare.
Era Hellen, la ragazza che fino a quel momento, era stata la mia migliore amica.
Dico così perchè lei era rimasta a Chicago, senza di me.
Era rimasta alla vita di sempre; a quella che era ancora la mia vita.
-prooooonto!-urlai dalla felicità, anche se poi tanto contenta non potevo essere.
-bellezza, sei arrivata?-
-siii e la casa è stupenda!-
-beh sembri felice-disse cercando di auto-convincere entrambe.
-hai detto bene, SEMBRO felice- risposi rimarcando quella parola.
Infatti, sembravo felice.
Come facevo a sorridere se in realtà stavo odiando quella vita?
Non potevo.
-Non ci credo, tu riuscirai ad essere felice!-
-No Hellen, questa volta non ci riuscirò-
-Hei-cercò d’interrompermi.
-Fidati Hel, non ce la farò-
-ascoltami-riuscì a farsi sentire.
-tu supererai anche questa situazione, perché dentro di te c’è un fottuta tigre che ha il coraggio di andare avanti di fronte a qualsiasi difficoltà-disse capendo la mia situazione.
Sentii un nodo salirmi in gola.
 
Non.
Dovevo.
Piangere.
 
Non potevo.
Avrei soltanto peggiorato le cose; avrei soltanto aumentato la mia malinconia.
-verrai almeno a trovarmi?- chiesi cercando di consolarmi.
-certo! verrò tutte le volte che potrò-rispose con un tono dolce.
Pazzesco: riusciva sempre a capirmi senza nemmeno guardarmi in faccia.
-odio questa città Hellen, la odio- dissi coprendomi il viso con la mano libera che avevo.
-avanti Belle, sei lì da nemmeno un giorno-
-appunto Hellen, sono qui da nemmeno due ore e già voglio scappare-
-No Bel, devi tenere duro. Tu sai lottare quando ce n'è bisogno- m'incoraggiò.
-si ma questa volta è diverso. Sono ISOLATA in un posto ISOLATO-ribattei.
-so che supererai anche questo ostacolo-ripetè.
Le lacrime avevano iniziato ad uscire dai miei occhi già da un pezzo, e lei lo sapeva benissimo.
-non voglio rimanere qui Hellen, ti prego-la scongiurai, come se lei potesse fare qualcosa per me.
In quel momento, poteva soltanto rimanersene dall'altra parte del mondo a cercare di tirarmi su il morale tramite un fottuto telefono.
-Bel, sai che io non posso fare niente-
-si che puoi! Parti, vieni da me. Oppure convinci i miei genitori a divorziare così io posso tornare lì in America-
Esatto, i miei genitori stavano per divorziare.
Era per quello che mi avevano mandato via da quella città.
Litigavano in continuazione, ma non si decidevano a lasciarsi; io ero oppressa dalle loro urla quotidiane, e non appena mio padre se ne rese conto, mi spedì in questa città sola.
Chiamò un suo vecchio zio, che mi trovò casa e lavoro.
Per questo mi ritrovo qui: a piangere ricordi e a respirare tristezza.
Perfetto.
-Andiamo, lo sai anche tu che è impossibile-rispose.
-Se una cosa la vuoi davvero non sarà mai impossibile-
-Forza Bel, sai benissimo quanto non vorrei lasciarti sola, ma conosci benissimo i miei genitori, non mi lascerebbero mai venire lì-
Sbuffai con il respiro tremante.
Perchè ero tutto così difficile?
Non potevo essere nata in una di quelle famiglie felici, dove non si litiga mai e sono tutti uniti?
Non potevo proprio, eh?!
Chiudemmo la telefonata, con una lacrima che rigava entrambi i visi, convinte che non pensare a certe cose, avrebbe aiutato a non allontanare di più i nostri cuori.
'ce la farai, ne sono certa'era stata la sua ultima frase.
Per l'ennesima volta, mi aveva dato una forza inimmaginabile.
Lanciai il cellulare sul divano, asciugandomi il viso.
Potevo davvero farcela.
Forse, se mi fossi messa in testa che passare un anno in quella città non era una cosa poi così tragica, sarei riuscita a risolvere la maggior parte delle mie preoccupazioni.
Forse era questo l’unico modo per andare avanti.
Sì, era così.
 
 
***************************************
HOOOOOOLA :3
Hmm, povera Belle, si ritrova da sola in una città sconosciuta e non sa cosa fare çç
Mi fa pena, anche se decido io il futuro della sua vita (?) ahahaha

Anyway, vi sta piacendo questa ff? :3
Spero di si :’)
Che ne dite: prossimo capitolo a quattro recensioni? :D
Sciaaao meraviglie <3

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Capitolo 4
*** Quello che comunemente noi chiamiamo amore. ***


Quello che comunemente noi chiamiamo amore.
 

'E se invece fosse il solo senso di essere qui, l'unica ragione per cui valga la pena di fare tutto il viaggio e comprendere, quello che comunemente noi chiamiamo amore'

 
Mi svegliai con 'Quello che comunemente noi chiamiamo amore' di Max Pezzali.
Amavo quel cantante e amavo quella canzone.
Era profonda, fin troppo.
Avevo origini italiane, quindi capivo il significato del testo, ed era a dir poco stupendo.
Praticamente, mi ero svegliata con un consiglio della vita: 'L'amore è l'unica ragione per la quale vale la pena fare tutto un viaggio'.
Sembrava fatto apposta per me.
Soltanto che in quel momento, l'unica ragione per la quale valeva rimanere in quella città, era il mio bene.
Grazie a quella chiacchierata con la mia migliore amica, avevo capito che forse mi conveniva rimanere un po' lì ed essere autonoma, così avrei finalmente potuto dimenticare tutti i problemi che avevo.
 
Mi alzai dal divano sul quale mi ero addormentata la sera prima, dirigendomi in camera per prendere i vestiti.
Aprendo la porta, la luce che trapelava dalle finestre mi accecò, così fui costretta ad arrivare all'armadio con gli occhi di un eschimese (?)
Aprii le ante, trovandomi davanti, soltanto un'infinità di mensole vuote.
'Porca carota, ho ancora tutto il valigia' borbottai nella mia mente.
Trascinai il mio corpo fino al salone, dove presi tutto l'occorrente, per poi chiudermi in bagno e cambiarmi.
 
'forza Bel, è il tuo primo lavoro e devi farti valere'm'incoraggiai davanti alla porta di vetro che mi divideva dal mondo che avevo davanti.
‘lavorerai da Starbucks, prima di riuscirti da trovare un lavoro migliore’
Varcai la soglia, con le campanelline d'entrata che iniziarono a risuonare per tutta la sala.
Mi ritrovai davanti a decine e decine di tavoli, con i deplian (?) del menù disposti ordinatamente sopra ognuno.
Dall'altra parte dell'immenso bancone, un ragazzo stava posizionando i bicchieroni di carta, al loro posto.
-Ti sei dimenticata che oggi attacchi a lavorare più tardi?-urlò lui, per poi voltarsi verso di me.
-beh, in realtà non so ancora il mio orario di lavoro-ironizzai avvicinandomi al bancone.
Lo vidi arrossire e abbassare subito il capo.
-mi scusi, pensavo fosse la collega. Desidera?-domandò cercando di recuperare la 'figuraccia' appena fatta.
-non ha del tutto sbagliato. Sono la nuova ragazza che deve lavorare qui-annunciai, accomodandomi su uno sgabello di quelli al bancone.
-ah, perfetto. Benvenuta!-disse avvicinandosi a me.
-piacere, Louis-disse sorridendo.
-Belle-risposi stringendogli la mano.
Spostò il contenitore delle bustine di zucchero, per poi posare i gomiti sul gelido marmo.
-allora sei la nuova arrivata!-disse entusiasta.
-eh già- risposi osservandomi intorno.
Sembrava tutto così perfetto.
La filodiffusione, trasmetteva musica dolce e tranquilla, adatta alle prime ore di quella mattinata.
I tavoli erano perfettamente ordinati, messi in delle file, dove i divanetti che fungevano da sedie, si davano le spalle l'uno con l'altro (?)
Accanto a questi, un'enorme vetrata, mostrava il mondo esterno, ancora privo di qualunque tipo di vita.
-vedo che sei qui già alle prime ore della mattinata-dissi rigirandomi verso di lui.
-esatto, ogni mattina-rispose come la cosa non gli pesasse affatto.
-ti piace lavorare qui?-domandai sorridendo.
-sinceramente si. Sei sempre a contatto con la gente e sono tutti gentili-rispose giocherellando con un menù che aveva davanti.
'Sono tutti gentili'
Se erano tutti come il tassista, allora erano GENTILISSIMI!
-speriamo- dissi quasi cercando di evitare il discorso 'gentilezza'.
-non la pensi come me?-cercò di chiarirsi le idee.
-sinceramente no-dissi voltando lo sgabello dall'altra parte.
-la prima persona che ho conosciuto è stato un tassista che cercava di farsi i fatti miei, e quando gliel'ho fatto notare, ha iniziato a dire che ero acida-continuai dirigendomi verso uno dei tanti tavoli vuoti.
Scoppiò in una fragorosa risata.
-sarà stato uno di quei tanti maniaci-spiccicò cercando di trattenersi.
Risi di rimando.
-è quello che penso anche io-risposi facendo l'occhiolino.
Ok, quel ragazzo mi stava già simpatico.
 
Dopo qualche minuto di chiacchierata, decisi di ordinare un cappuccino al cioccolato, per poi continuare a capire come fosse davvero la vita lì a Londra.
Continuava a ripetermi che erano tutti cordiali, ed io rispondevo costantemente con smorfiacce che non apprezzavano la sua citazione.
D'un tratto il trillo della lavastoviglie pronta, ci risvegliò da quel lungo chiacchiericcio.
Mi portò nel 'retrobottega' (?), dal quale prese un grembiule da mettere intorno alla vita, verde scuro, con il simbolo di Starbucks.
-tieni, tra poco arriveranno decine di persone che vorranno fare colazione, quindi tieniti pronta all'inferno-disse cercando mi mettermi paura, e devo dire che ci era riuscito.
Lo fissai con uno sguardo alquanto confuso, per poi scoppiare a ridere.
-stai scherzando vero?!-dissi cercando di ritornare seria.
-no-rispose ovviando la cosa.
Mi porse infine il blocchetto con anch'esso il simbolo della catena di ‘bar’, per poi ritornare alla sala principale.
Mi guardai intorno.
Ero circondata da centinaia di scatole di cartone, con il logo dello Starbucks.
Dopo essere riuscita ad annodare il grembiule, iniziai a sentire il suono della campanellina che avvisava l'apertura della porta, iniziare a risuonare incessantemente per tutta la sala, mentre decine di voci, riempivano l'ambiente.
 
'Un cookie. Io vado al solito tavolo'urlava una voce.
'un frappuccino, grazie'chiedeva un'altra.
'caffè lungo e waffle'un'altra ancora.
 
Capii che dovevo prendere coraggio ed entrare in quel caos, così tirai un respiro e mi buttai nella mischia di gente che riempiva il negozio.
-ooh, finalmente. Un caffè americano e un quotidiano del giorno-  richiese un signore paffuto, primo nella fila della cassa vuota.
Mi voltai verso Louis.
-è la m-mia cassa?-balbettai indicandola con un timido dito.
-yes babe-rispose sorridendo, per poi farmi l'occhiolino.
'Perfeeeeetto'pensai sospirando.
Era arrivato il mio momento.
 

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Hoooooooola genteee :3
Ecco FINALMENTE (ammento che sono una mollacciona a pubblicare i capitoli LOL) il continuo :D
Se anche voi avete letto questo capitolo, vuol dire che mi state aiutando nella conquista del mondo.
YEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEP (?)
Ok basta sfattonare. :3

ESIGO sapere se vi sta iniziando ad interessare questa storia u.u
Ciao tesori e grazie a tutti quelli che ancora mi seguono <3
p.s. scusatemi per il titolo, ma non avevo idee :O xx 

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Capitolo 5
*** E' lei?! ***


E’ lei?!
 
 
Iniziai a servire i clienti e a spargere sorrisi da tutte le parti, fino a quando non arrivò 'l'ora calma' come l'aveva chiamata Louis poco prima, durante la quale arrivarono soltanto pochi clienti.
L'ultima ragazza, uscì dal locale con un muffin al cioccolato e un cappuccino, facendo ciondolare le campanelline appese sulla porta.
Passai per l'ultima volta il panno sul bancone, per poi sedermi su un ripiano.
Il ragazzo mi guardò con un sorriso che poi scoppiò in una fragorosa risata.
-beh, che ridi?-domandai inarcando un sopracciglio.
-a parte tutti i capelli dritti, hai u-un.. un- balbettò prima di scoppiare di nuovo in una grassa risata.
Spalancai gli occhi.
In un attimo le mie mani avevano portato tutti i capelli dietro le orecchie, arrendendosi al solito ciuffo che ricadeva davanti agli occhi.
-beh, si ora stai meglio, ma-
-MA?!-lo incitai ridendo.
-ma hai un po' di cioccolata sulla guancia-rispose indicando il mio viso.
-nooo-mugugnai cercando di pulirmi.
-no, più a destra-spiccicò tra una risata e l'altra.
-a siniiistra-continuò contagiato anche dalle mie risate.
D'un tratto vidi i suoi occhioni celesti avvicinarsi a me.
Rimasi ferma, immobile; come se quel gesto mi avesse bloccato tutti i circuiti nervosi che avevo.
Allontanai leggermente la mano dal mio viso, per lasciare spazio alle sue.
-qui-sussurrò accarezzandomi la guancia per pulirla.
Lo continuavo a fissare negli occhi, fino a quando non mi decisi a capire che erano decisamente troppi secondi che lo stavo osservando in modo imbambolato.
Abbassai gli occhi, mentre le sue dita sfregavano ancora il mio viso.
Per la prima volta, ero riuscita a sentire il suo respiro così vicino, mischiarsi al mio, così impaurito.
-Ecco-borbottò.
Sorrisi.
-Fatto-continuò, allontanandosi dal mio corpo.
-Cerca di non intingere le dita nella cioccolata quando la servi-ironizzò con aria da saputello.
-Hei mister-cultura, questo è stata la prima volta che ho servito ad un bancone!-ribattei con una smorfiaccia sul viso.
-quindi dovrei essere soddisfatto?-
-più che soddisfatto!-risposi facendo una faccia da intellettuale.
-beh, allora vorrà dire che dovremmo lavorare mooooolto sulla manualità- sarcasticò dandomi uno schiaffetto sulla spalla.
Posò un ordinazione che aveva in mano e si voltò verso un contenitore di waffles.
Mi voltai verso un'enorme specchio che ricopriva la parete in fondo al locale, nel quale vidi la mia immagine riflessa.
-Mio Dio, sembro dragonball-urlai posandomi le mani sui capelli.
-te l'avevo detto che avevi i capelli dritti-lo sentii borbottare mentre mi rigiravo verso di lui.
-ma non pensavo fino a questo punto-dissi istericamente.
Il ragazzo scoppiò, di nuovo, in una fragorosa risata.
Possibile che dovevo riuscire a fare figuracce anche con una persona che avevo conosciuto da appena due ore?
-Hei ragazza sono le dodici, il tuo turno è finito!- mi annunciò allargando le braccia, quasi come fosse lui felice al mio posto.
-yeee!-ironizzai facendo degli isterici movimenti delle mani nell'aria.
Sinceramente, l'idea di lasciare l'unico posto che fino a quel momento era riuscito a mettermi a mio agio in quella città, mi impauriva un po'.
Una volta aver lasciato quel luogo, avrei dovuto vedermela con una nuova città.
Da sola.
Di nuovo, da sola.
-Beh, non sei contenta?-domandò inarcando un sopracciglio.
-Se cercare di nuovo di orientarsi in una città sconosciuta dovrebbe rendermi contenta..-dissi sciogliendomi il grembiule.
-I primi giorni sono difficili per tutti, vedrai che tra una settimana conoscerai tutte le strade a memoria-
Certo, sembrava facile per lui.
Non lo capiva, ma l'unico problema che mi circolava per la mente non era quello del senso dell'orientamento, ma il rapporto con le persone.
Insomma, sapevo benissimo tornare a casa, oppure raggiungere un supermercato che avevo intravisto quella mattina, ma cercare di sentirmi a mio agio in una società già formata, doveva essere un gran bel problema da superare.
Annuii cercando di non sopprimerlo con i miei problemi e andai a nascondermi nel camerino.
 
LOUIS
Sorrise al mio sorriso e lasciò chiudere la porta del retro, per andare a sistemarsi.
Devo ammetterlo: l'avevo appena conosciuta e già mi stava simpatica.
Aveva un non so chè si premuroso e timido, mentre allo stesso tempo era sfacciata e amichevole.
-E anche oggi non c'è nemmeno una persooooooona!-urlò una voce, lasciando risuonare le campanelline dell'entrata.
-Niall, buongiorno anche a te!-ironizzai.
-Oggi Liam deve offrirmi un cookie!-disse accomodandosi su una poltrona, come se quella fosse casa sua.
-Ciao Louis. Hei Niall. Come stai? Bene grazie, tu? Ah, bene grazie!-sarcasticai facendo una faccia scocciata.
-Se non ti saluta lui, ti saluto io. CIAAAAAO LOUIS!-mi schioccò un bacio sulla guancia Danielle.
-Lascialo, è mio!-s'intromise Harry arrampicandosi al mio collo.
-Perfetto, ditemi che siete finiti!-urlai stremato, mentre mi poggiavo su un mobile.
Beh, in realtà non erano affatto finiti.
-Siamo arrivaaaaaaaati-annunciò Zayn facendo risuonare per l'ennesima volta quelle beate campanelle.
-Penso se ne fosse già accorto-fece notare Liam chiudendo delicatamente la porta.
-BENE, ORA SIETE FINITI!-dissi ricomponendomi.
 

Liam, il più serio e dolce del gruppo.
Zayn, il più misterioso e 'provolone'.
Harry, il più piccolo e cucciolo.
Niall, il più timido e mangione.
Danielle, l'unica donna, quindi direi la più premurosa e paziente che io conosca!
Ed infine c'ero io, Louis, il 'bambinone' della situazione.

 
-Allora, è arrivata la nuova collega?-domandò Danielle addentando un muffin al cioccolato.
Esatto; anche lei, lavorava da Starbucks.
-Si, è al bagno  cambiarsi. Ha finito il turno-risposi sorridendo.
-Perfetto, allora vado a cambiarmi quando esce lei-commentò sedendosi accanto agli altri.
Erano stupendi: sembravano bambini travestiti da ragazzi.
Si stuzzicavano, si lanciavano pallette di cibo, si facevano il solletico, ridevano fino a sputare tutto quello che avevano in bocca.
Tanti piccoli Peter Pan.
-Com'è andata la giornata?-domandai osservando Harry.
-Beh, non ho fatto altro che giocare alla Play con Liam e Niall. Poi siamo venuti qui-disse sorseggiando il frappuccino che gli avevo appena porso.
-tu?-domandò continuando.
-io ho fatto amicizia con la nuova collega-
-SOLO AMICIIIIZIA?!-erotizzò Harry, il solito provolone.
-si-risposi aggrottando la fronte.
-com'è fatta?-domandò Zayn.
-Non so descrivertela, però è carina!-risposi.
-come definisce 'carina' Louis una ragazza, vuol dire che questa è davvero figa!-commentò Niall indicandomi.
-Avanti ragazzi non esagerate, l'ho appena conosciuta!-
-Quand'è che ci esci?-ironizzò il riccio.
Un 'avaaaaaaanti'si distorse per tutta la sala.
Sentii le guance diventarmi dei peperoni.
Stavano esagerando; mi stavo vergognando troppo.
Ok lo ammetto, Belle era davvero carina, ma non potevo farci neanche un minimo 'pensierino'; la conoscevo solo da poche ore!
-Ragazzi vi prego, CAMBIAMO DISCORSO!-implorai scandendo bene l'ultima frase.
Li vidi arrendersi e sorridere.
-Io sono uscita a fare shopping-
-Io invece la solita giornata- commentarono Danielle e Zayn.
-Se con 'solita giornata' intendi l'ennesima litigata con un cliente troppo tirchio, beh, non è una novità!-ironizzò Niall.
-No. Questa volta ho discusso con una cliente troppo acida-
-Avanti Zayn, sappiamo che fare il tassista non è quello che desideri, però mettici un po' di voglia!-lo sgridò Liam, sempre pronto a far rigare dritto le persone a lui care.
Il moro si buttò indietro con la schiena, facendo rumoreggiare il divanetto alle sue spalle.
-Cavolo voi non l'avete vista! Sembrava stesse andando in una casa di cura, per quanto era schizzata!-rispose allargando le braccia.
Sapevamo tutti che lui aveva sempre puntato ad un obiettivo più alto, ma i soldi che guadagnava nel portare la gente a destinazione, gli servivano per comprarsi una nuova auto e pagarsi la casa, dato che non viveva con i genitori.
-Forse aveva LE SUE COSE!-borbottò Harry guardando Danielle.
-COME QUALCUN'ALTRO-continuò.
-Tu prova a tirarmi un'altra di queste occhiatacce e me le faccio tornare LE MIE COSE, ok?!- si irritò la ragazza.
-No Harry. Quella era peggio di Danielle. Era una vera GALLINA!-puntualizzò Zayn spiccicando bene l'ultima parola.
-Allora tu la prossima volta lascia stare la 'GALLINA' e pensa a guidare!-lo sgridò nuovamente Liam, riprendendo il suo aggettivo.
 
BELLE
La campanellina della porta aveva risuonato già da un po' di minuti, ed io non mi ero ancora decisa ad uscire da quel bagno che usavamo come camerino.
Era così: non volevo uscire da quel luogo.
Non volevo lasciar spazio alla vita che c'era oltre quella vetrata.
Non volevo assolutamente vivere la vita al di fuori di quel locale.
Sistemai i capelli, la maglia, il grembiule e il viso, decidendomi che era davvero arrivato il momento di farmi coraggio.
Auto-incoraggiarmi per l'ennesima volta.
Spensi la luce e aprii la porta, venendo inondata dalle urla che si diffondevano in tutto il locale deserto.
-Hei Loù, il grembiule te l'ho messo..-
-TU-SEI-LA-GALLINA-DEL-TAXI?!-m’interruppe uno sgorbio seduto al tavolo.
Silenzio.
-Lei è la gallina del taxi?!-disse Louis puntandomi l'indice contro, e squadrandomi da capo a piede quasi come non mi avesse mai visto.
-Lei è la nuova collega?!-domandò una ragazza riccia seduta al tavolo insieme agli altri.
-Lei è una figa!-borbottò un riccio, ostacolato dai pezzi di cibo in bocca, mentre anche lui mi puntava l'indice contro.
-HARRY!- urlarono tutti, voltandosi verso di lui.
Tutti tranne Louis, il quale rimase fermo nei miei occhi che chiedevano immediate spiegazioni.
Mentre il cosiddetto 'Harry' cercava di calmare gli animi degli altri, il mio collega mi riguardò nuovamente da testa a piedi, quasi per accettarsi che quella fossi veramente io.
Gli altri si calmarono, lasciando spazio alle fragorose risate del ragazzo.
-LEI?!-spiccicò mentre rideva quasi a crepapelle.
-LEI SAREBBE LA GALLINA DEL TAXI?!-disse di nuovo, tenendosi la pancia con le mani.
La gallina del taxi?
LA GALLINA DEL TAXI?               
 

 
*******************************************
AAHAHAHHAHAHHHAHHAHAHAAH.
Ok non so perché ma questa scena mi fa troppo ridere D:
Bene, basta.
Scusatemi se ho pubblicato solo ora, ma questi giorni non ci sono per niente stata, quiiiiiindi:
CHE NE DITE DI QUESTA STORIA? :3

Fatemi sapere :D

p.s. LA GALLINA DEL TAXI?! Ora avete capito chi era il tassista? u.u 

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Capitolo 6
*** A mai più. ***


A mai più.
 
-La gallina del taxi?-chiesi spalancando gli occhi.
-Lei è la gallina del taxi?-domandò la ragazza riccia che aveva preso parola poco prima.
-Lei è la gallina del taxi!-urlò lo sgorbio puntandomi una faccia schifata.
-Lei non può essere la gallina del taxi!-ripropose il riccio che prima mi aveva dato della 'figa', continuando a puntarmi l'indice contro.
Un attimo.
Quel grandissimo, FIGLIO DI BUONA MAMMA, mi aveva dato della 'GALLINA' ?!

A me?
Gallina?
Gallina a me?

-Zayn, lei è Belle-cercò di ristabilire la pace Louis.
Il silenzio calò nel locale.
Io e quella sottospecie di camaleonte invecchiato, continuavamo a fissarci negli occhi, cercando un primo approccio di amicizia da parte dell'altro.
Sentivo gli occhi di tutti continuare a fissare la scena, incuriositi dal seguito.
Vidi Louis sott'occhio, poggiarsi con la mano su un fianco, stufo di quanto stesse accadendo.
-Sapete, le persone normali si stringono una mano-disse indicandoci con le due mani.
Nessuno rispose.
-Di solito si usa la destra-continuò socchiudendo gli occhi, pauroso delle nostre reazioni.
Feci un passo avanti, sfiorando il tavolo con la gamba.
Allungai velocemente la mano, lasciandola fermare proprio accanto alla sua.
-Belle-dissi cercando di far durare quel momento il meno possibile.
Gli occhi erano fissi sulle nostre due mani, che si stavano per sfiorare per la prima volta.
-Zayn-
Strinse superficialmente la presa, per poi allontanarsi.
Tornai alla mia postazione precedente, guardando Louis con una faccia che faceva capire tutto: 'Contento ora?', insinuavo.
-Perfetto, ora potete vivere la vostra vita in modo normale-ironizzò con un movimento di mano, tornandosene dietro il bancone.
-Louis; ragazzi; ZAYN. Buona giornata!-augurai con la mano, scandendo QUELLA parola.
I ragazzi mi salutarono con un 'ciao' generale, mentre Louis si allungò attraverso il bancone per lasciarmi un leggero bacio sulla guancia.
Sorrisi e uscii da quel luogo, abbandonandomi ai pensieri che vagavano in mente.
 
LOUIS
Le campanelline risuonarono alla chiusura della porta, poco prima che io mi girassi verso i ragazzi.
-Potresti anche cercare di essere un po' più cordiale!-Danielle sgridò Zayn.
-Io cordiale?! ma insomma l'avete vista quanto si sente importante?-ribattè.
-Non si sente importante. Sta solo cercando di avere un po' di rispetto da parte tua- appoggiai Danielle.
-E lei non dovrebbe rivolgermi un po' di rispetto?-rispose fissandomi.
Ci fu un attimo di silenzio.
Era mai possibile che un ragazzo come lui non capisse l'inutilità dei ragionamenti che stava facendo?
Belle era una ragazza, e sappiamo benissimo che quando non è la giornata giusta non bisogna assillarle; lui lo sapeva meglio di me.
-Ragazzi vi rendete conto che vi state mettendo contro, per una ragazza che nemmeno conoscete?-fece notare Liam.
Facevamo proprio bene a chiamarlo 'saggio'.
-Non ci stavamo mettendo contro-risposi molto tranquillamente.
Presi fiato.
-Stavo solo cercando di fargli capire che è inutile che se la prende tanto con una ragazza di cui a malapena conosce il nome-continuai.
Sentimmo le campanelle suonare un'altra volta.
-Salve, posso ordinare?-domandò una signora paffuta sulla settantina.
-certo-risposi raggiungendo la cassa.
-è davvero figa-commentò Harry riferendosi a Belle.
Io e la signora spalancammo gli occhi.
Niall sputò tutto quello che aveva in bocca e gli altri scoppiarono a ridere.
Vidi la paffutella davanti a me, voltarsi delicatamente verso il riccio.
-da giovane ero davvero una 'FIGA'-sorrise la signora, riprendendo l'aggettivo usato dal ragazzo.
-si, ma, io..-balbettò Harry, consapevole dell'intenzione della vecchietta.
-so cosa volevi dire bel giovanotto-lo rassicurò con un movimento di mano.
Vidi Harry riprendere fiato per lo spavento.
Pensava ce l’avesse con lei!
-anche ora non sono mica male!-continuò.
Di lì, partirono i colpi di tosse e le risate generali.
Harry si alzò dal tavolo e andò dalla vecchietta per abbracciarla.
'Aveva una faccia dolce' si spiegò dopo che la paffuta uscì.
Soltanto lui riusciva a piacere anche alle settantenni
 
La signora se n'era andata già da un po' di tempo, e anche gli altri si erano decisi a lasciare il locale.
Liam andava a casa.
Niall andava a trovare la nonna.
Harry andava a giocare alla play.
Zayn usciva con gli amici.

-Allora, com'è Belle?-domandò Danielle, l’unica rimasta con me e sempre curiosa di sapere il mio rapporto con le ragazze.
-beh è carina ed è molto simpatica-risposi ordinando degli oggetti sul bancone.
-soltanto?-mi incitò.
-Si Danie, soltanto carina e simpatica-
 
 
 
 
BELLE
-quanto le devo?-
-sedici sterline e quaranta-
-ecco a lei, buona giornata-
Uscii dall'alimentari carica di buste piene di cose indispensabili per quella sera e il giorno dopo.
Voltai la testa a sinistra.
A destra.
Perfetto; dove ero?
Non solo mi ero sentita a disagio nel sentirmi gli occhi puntati addosso nel supermercato perchè non avevo fatto altro che comprare frutta e verdura, ma ora dovevo anche ritornare dentro a chiedere da quale parte fosse 'Avenue street'.
Era possibile che nessuno riuscisse mai a guardarmi con degli occhi amichevoli, piuttosto che con i soliti pettegolezzi?
Ogni santa volta che arrivavo in una città mi dovevo sentire come una persona in più sulla terra.
Inutile.
Insignificante.
Feci un passo avanti, cercando di scorgere in lontananza un palazzo già visto.
Nulla; il vuoto.
Feci poi un passo indietro, continuando a fissare l'enorme strada che si apriva ai miei lati, quando mi scontrai con qualcuno.
-Oddio mi scusi tanto, io non..-
Era impossibile.
Era davvero impossibile.
-Ancora tu?-disse sbuffando.
-Forse dovrei essere io a sbuffare-risposi posando le buste per terra.
-Le galline sbuffano?- ironizzò facendo un'aria da saputello.
-E gli stronzi ragionano?-
Silenzio.
Beh, non avrei dovuto trattare così uno sconosciuto, ma quando mi si stuzzica, davvero non so resistere.
Alzai gli occhi al cielo e mi voltai dall'altra parte, sgranando lo sguardo per cercare di avvistare qualcosa di familiare.
-Mele. Banane. Cetrioli. Kiwi. Carote..-
-Qualcosa in contrario?-lo interruppi senza degnarlo di uno sguardo.
Mi stava praticamente facendo il reso della spesa.
Lo vidi guardarmi con la coda dell'occhio e poi concentrarsi sulla busta di poco prima.
-Zucchine. Mandarini. Melanz...-
-Hai finito?-lo sgridai.
-Scusami se sono curioso di sapere di cosa ti nutri!-ribattè ironico.
-Non delle schifezze di cui ti nutri tu-risposi riprendendo in mano le buste.
Fece appena in tempo a prendere fiato che subito lo interruppi.
-E non provare a ribattere-continuai bloccandolo con lo sguardo.
Alzò leggermente la testa, per rispondere alla 'battaglia'.
-Non ti sei persa?- sorrise perfidamente.
-Non ancora- risposi fiera.
Beh, almeno stavo riuscendo a reagire alle sue battutine da 'macho'.
-Allora sai dirmi da quale parte devi andare- ovviò indicando la strada avanti a noi.
Perfetto, mi ero buttata la zappa su i piedi.
Mi ero dimenticata che lui fosse un tassista e i tassisti la città la conoscono come le loro tasche.
Posai le buste e misi le mani ai fianchi.
-Sai che sei veramente irritante?-sbuffai alzando gli occhi al cielo.
-Destra o sinistra?-insinuò.
Mi guardai intorno, pregando in tutti i modi che la risposta che mi uscisse dalla bocca, fosse quella giusta.
-Sinistra-dissi sicura di me.
-Peccato, risposta sbagliata!-rispose facendo spallucce.
-Io devo andare al centro, non a casa-ribattei seccata.
-Forse non sai che la tua via è la parallela della via principale della città-rispose con il suo solito tono da saputello.
Mi zittì.
Fu la prima volta che qualcuno nella mia vita mi fece veramente rimanere in silenzio in quel modo.
Abbassai lo sguardo per riprendere le buste.
-Arrivederci-mi salutò con un gesto fiero di mano.
-A mai più-
 
 
**********************************************
HOOOOOOOLA :3
Uououou (?) che rapporto irritante che sta nascendo tra qualcuuuuno u.u
Mi fanno ridere, non so perché. Si stuzzicano a vicenda e non capiscono che farebbero prima a metterci una pietra sopra AHAHAHAHAHAHAHAHAHA.
Ok basta (?)
Tra Niall che sputa tutto quello che ha in bocca, Belle che ha i capelli alla Drangonball, Harry che rimorchia una vecchietta e Zayn che stuzzica una ragazza che nemmeno conosce, questa FF sembra una gabbia di matti LOL
anyway: RECENSITE :3

Sciao beleee <3

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Capitolo 7
*** La storia più incredibile, che conosco. ***


La storia più incredibile, che conosco.
 
'La storia più incredibile, che conosco'
 
Era ormai da un pezzo che non facevo altro che ascoltare canzoni su canzoni.
Eccoti, di Max Pezzali era stata l'unica che mi aveva convinto ad alzarmi dai gradini che rialzavano la mia villetta, per andare a fare qualcosa di sensato.
Una volta arrivata a casa avevo riposto tutte le cose comprate al loro ordine, avevo preso l'ipod e mi ero chiusa in me stessa come spesso facevo, dedicandomi solo all'unica cosa che riusciva a tirarmi su di morale: la musica.
E' strano descrivere una passione così forte vero un qualcosa di così astratto; perchè infondo la musica non è niente di concreto, se non lacrime e sorrisi.
Queste ultime cose, sono le uniche due testimonianze che la musica influisce davvero sull'animo di una persona, anche se non è nulla di realmente esistente.
Non possiamo descrivere la musica come qualcosa di concreto, perchè non esiste alcun oggetto che riesce a farti ridere e piangere, ma allo stesso tempo non è nulla di astratto, perchè riesce a cambiare lo stato dei tuoi sentimenti in un modo
impensabile.
'La musica è uno strumento che esprime emozioni nella vita di ognuno di noi, avvolte tante emozioni da farci piangere, avvolte tante da farci scatenare!'mi ripeteva sempre il mio professore.
Esatto, suonavo il violoncello e il pianoforte, imparavo da sola la chitarra e strimpellavo con la batteria; tutto questo prima che la mia famiglia si sfasciasse in pezzi incontabili.
Con i problemi che avevo iniziato ad avere a causa degli infiniti litigi che inondavano la casa, avevo abbandonato ogni tipo di strumento musicale, perchè avevo capito che l'unico tipo di musica nel quale ero capace di rifugiarmi veramente, era quello degli altri.
Suonando non riuscivo più a distrarmi da quello che prima era il mio mondo, e non riuscivo più a concentrarmi su una semplice melodia.
Volevo scrivere, suonare, esprimermi, ma l'unica cosa che riusciva ad uscire fuori dalle mie mani erano soltanto note pensanti che raffiguravano il mio animo: perso.
Iniziai a pensare che l'unico modo con il quale la musica poteva aiutarmi, era quello di farmi rispecchiare nel testo di canzoni altrui, nella quale molte volte sembra riflessa tutta la vita delle persone.
Questo era quello che stavo continuando a fare.
Non facevo altro che ascoltare le parole di una canzone e perdermi in quelli che, alla fine, potevano essere gli stessi problemi del cantante.
 
'Ricordati che mi manchi da morire e che anche se non fisicamente, io sono sempre accanto a te' mi aveva ricordato la mia migliore amica.
Erano ormai quasi due giorni che ero arrivata in quella città, e non avevo sentito nessuno, apparte Hel.
Mia madre non si era degnata di una chiamata, tantomeno mio padre, che faceva tanto il dispiaciuto ma infondo non desiderava altro che la mia assenza.
Ritorniamo sempre allo stesso discorso: la musica ancora una volta era riuscita a tenermi compagnia come nessun altro aveva saputo fare.
Notai che si erano ormai fatte le cinque del pomeriggio.
Mi alzai dal gradino, arrotolando le cuffiette attorno all'ipod, consapevole che poco dopo, le avrei trovate con il nodo da marinaio.
Aprii la porta che avevo socchiuso, presi le chiavi e la richiusi, decidendomi ad andare a fare un giro per la città.
-Scusami, hei-sentii una voce chiamarmi.
Mi sembrava già sentita.
Mi voltai per vedere chi fosse e mi ritrovai davanti alla ragazza che la mattina stessa era venuta allo Starbucks insieme al camaleonte.
-Ciao-
Ok, ammetto di essere stata un po' troppo fredda.
-Belle, giusto?-
-Esatto-risposi.
Era riccia e mora, con dei riflessi ancora più scuri del suo colore naturale.
Gli occhi di un colore intenso ed un sorriso travolgente.
-Piacere, Danielle-
-Piacere mio-dissi stringendo la mano che mi aveva porso.
-Beh, vedo che stavi uscendo quindi non voglio trattenerti per molto-disse grattandosi la nuca, giustamente intimidita.
-Tieni, ti ho portato questi muffin. Sai, qui si usa che quando arriva un nuovo vicino di casa, gli si porta un regalo, per farlo sentire subito a suo agio-continuò porgendomi un vassoio coperto.
Rimasi senza parole.
-Davvero sono per me?-domandai con gli occhi che mi luccicavano.
Potevo benissimo immaginare la mia faccia; amavo i dolci.
-E di chi sennò?-
Gli sorrisi, ringraziandola con un bacio su entrambe le guancie.
Alzai leggermente la carta che ricopriva il cibo, riempiendo le narici dell'odore di cioccolato.
-Ma sono tantissimi!-dissi richiudendo.
-Beh sai, sei l'ultima villetta della via e io sono la tua unica vicina, sei una ragazza come me, qui non hai amici e tantomeno parenti. Penso che un po' di dolci in più ti servano-spiegò facendo l'occhiolino.
Risi; quella ragazza mi conosceva senza che io lo sapessi.
-Ah, ed in più, sono anche la terza commessa di Starbucks-continuò.
-Quindi io e te ci vedremo ogni giorno?- chiesi ridendo.
-Ebbene sì-
-Perfetto, quindi dovrai aiutarmi con le strade perchè sono un vero disastro-confessai posandomi una mano sulla fronte.
-Se vuoi domani mattina posso portarti a fare un giro per la città, così inizi un po' ad ambientarti-propose.
-Oh no, non voglio ostacolare i tuoi impegni. Tranquilla, prima o poi imparerò-
Sorrisi in modo molto falso.
-Non preoccuparti, non ho nessun impegno-
-Ma sei sicura? Cioè io.. non..-
-Ti passo a prendere a mezzogiorno cara!- m'interruppe.
Non feci in tempo a risponderle che subito la vidi scendere le scalette saltellando ed entrare nella casa affianco; quella che doveva essere la sua casa.
Rimasi ferma a guardare il vuoto per un tempo indeterminato.
Finalmente ero riuscita a trovare una persona normale con la quale potevo fare amicizia, dato che lì mi sembravano un po' tutti irritati dai nuovi arrivati.
Entrai in casa, con il vassoio pieno di muffin ancora in mano, quando mi si ripropose in mente la frase di Danielle.
'Ti passo a prendere a mezzogiorno cara!'
Mezzogiorno?
Questo voleva dire che domani non avrei dovuto fare il turno di mattina?
Mi diedi uno scappellotto sulla fronte prendendomela con la mia sbadataggine.
Come avevo potuto lasciare quel locale senza nemmeno chiedere cosa avrei dovuto fare il giorno dopo?
Misi le scarpe che avevo tolto da poco, presi le chiavi di casa e uscii, per andare a chiedere a Danielle se fosse a conoscenza dei miei orari.
Arrivai davanti alla porta ricordandomi di aver dimenticato il cellulare in casa.
Mi diedi un ennesimo scappellotto.
Possibile che riuscivo ad essere così sbadata anche quando ero in momenti di contorsione mentale (?) come questi?
Suonai il campanello, cercando di avere un'espressione più amichevole possibile.
Aspettai qualche minuto, ma nessun rumore sembrava provenire da quella casa.
Ripetei le mosse, aspettando ancora un po'.
Niente, la casa era vuota.
 
 
********************************************************
Gfdfgtrefgtref entra in scena Danielle :3
Ma, (c’è sempre un ‘ma’ (?)) Danielle, si rivelerà dolce e simpatica come TUTTE NOI crediamo, oppure diventerà una gallinella irritata dalla nuova arrivata, come tutti gli altri? :)

Anyway: VOGLIO TAAAAAANTE RECENSIONI :D
Ciao care <3
 
 
 

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Capitolo 8
*** Davvero hai vissuto tutto questo? ***


 
 
Davvero hai vissuto tutto questo?
 
'Drop everything now, meet me in the pouring rain, kiss me on a sidewalk, take away the pain, cause i see sparks fly, whenever you smile'
 
Spenta la sveglia.
Sparks Fly di Taylor Swift sapeva darmi una carica che nessuno al mondo era capace di avere a prima mattina.
Una carica che mi serviva in quel momento come nient'altro al mondo.
Il secondo vero giorno di quella nuova vita era iniziato e anche se Sparks Fly con la mia vita non centrava nulla, ero riuscita comunque a rispecchiarmi, per l'ennesima volta,  nel suo testo, prendendo un coraggio che fino a quel momento non ero riuscita ad avere.
'Ti passo a prendere a mezzogiorno cara!'
Ancora quella frase nella mente; ancora quella ragazza.
Senza nemmeno volerlo, ero riuscita a conoscere una futura amica; una futura persona di cui potersi fidare.
Le sera prima non avevo fatto altro che imparare a socializzare con i canali televisivi, totalmente diversi da quelli americani.
Rimasi a fissare il soffitto cercando di trovare un buon motivo per il quale io non potessi rimanere a dormire per un'altra bell'oretta.
'Sono le undici, ecco il bel motivo'mi dissi alzandomi dal letto.
Trascinai i piedi lungo i metri necessari per arrivare alla finestra dall'altra parte della camera.
Scostai leggermente le tende, lasciando che il sole mi infastidisse anche la radice dell'ultimo capello dietro la nuca.
Le richiusi subito.
-a quanto pare è una bella giornata-ironizzai come se non fossi sola in quella camera.
Presi i vestiti che finalmente mi ero decisa a sistemare nell'armadio e in pochi minuti fui lavata e vestita.
Pantaloncini di jeans, canottiera con la bandiera americana, superga e treccia da un lato; perfetta per il mio secondo giorno a Londra, no?!
Feci colazione talmente lentamente, che sembrò che Danielle, mi fosse venuta a prendere prima del solito.
-Buongiorno turista-
Sfoggiò un sorriso a 32 denti, dopo aver lasciato che si aprisse la porta di fronte a lei.
-Buongiorno vicina!-risposi altrettanto felicemente.
-Vuoi un muffin?-ironizzai senza darle il tempo di dire quello che stava pensando.
Scoppiò a ridere.
-No grazie cara, ho già fatto colazione!-
-ne sei sicura?- dissi facendo una faccia da golosona.
-sicura-rispose.
-sicura sicura?-insistetti mettendo il dolce sotto il suo naso.
Alzò leggermente la testa.
-E' caaaaaldo, cioccolatooooso, mooooorbido, buooooono-tentai muovendolo vicino al suo viso.
-ok hai vinto tu. Dammi questo muffin!-
Rise e strappò il cibo dalle mie mani, mordendolo con gusto.
 
 
Era già da un po' che camminavamo per le vie di Londra; avevo visto il Big Bang, la London Eye e tantissime altre cose di cui non ricordavo nemmeno il nome.
-ti va di entrare in quella via?-domandò indicando una strada che si apriva di fronte a noi.
-certo, oggi decidi tu!- dissi facendo spallucce.
-perfetto-sorrise.
-Allora dimmi un po'; com'era la vita lì a Chicago?- domandò mettendosi sottobraccio.
-A Chicago non era una vita-commentai cercando di evitare i suoi occhi.
-Cosa intendi?-chiese giustamente confusa.
-Intendo che la vita di una ragazza dovrebbe essere fatta di famiglia e amici-
-certo-
-Beh, a me lì mancava una delle due-dissi abbassando lo sguardo.
-amici-rispose come se la cosa fosse ormai ovvia per lei.
-famiglia-puntualizzai senza distogliere gli occhi da un punto in lontananza.
Si fermò.
-ho toccato un tasto debole?-chiese mortificata.
-un po'-risposi più impotente di lei.
-se vuoi possiamo parlare di altro-
-no-risposi.
-mi fa bene parlare con qualcuno-continuai riprendendo il passo.
Andammo avanti di qualche metro, senza accennare parola.
-Allora se ti va di parlarne, posso farti una domanda?-azzardò di colpo intimidita.
-certo-
-la tua famiglia vive a Londra?-
-no-
La sentii di nuovo bloccarsi accanto al mio corpo.
-vive a Chicago?-
-si-
Lo sapevo; sapevo avrebbe avuto questa reazione.
-scusami, allora perchè dici che lì a Chicago ti mancava una famiglia se qui ci sei ancora più lontana?-chiese cercando di dosare le parole.
-sai cosa penso io del valore della famiglia?- domandai irrompendo in un altro ragionamento.
Mi fermai e la fissai negli occhi.
-Famiglia è qualcosa che ti è accanto, che sai che ci sarà sempre per te. Un qualcosa di cui puoi fidarti ciecamente-
-certo, su questo sono d'accordo-
-qualcosa che anche se è lontano centinaia di chilometri, sai che è sempre accanto a te-la interruppi.
-lì vivevo sotto lo stesso tetto con la mia ''famiglia'' e sai cosa ricevevo? Insulti, insulti. Nient'altro che insulti-continuai.
Ora che ero lontana migliaia di chilometri da loro non sentivo nemmeno il minimo bisogno di averli accanto.
Non riuscivo nemmeno a sentire la loro mano sulla mia spalla, che avrebbe dovuto darmi la forza di andare avanti.
-davvero hai vissuto tutto questo?-chiese immedesimandosi nella mia vita.
-davvero Danielle. A questo punto non mi cambia nulla vivere a un metro o a miglia da loro. Io non ho una famiglia e tanto meno sento la sua mancanza-
Ero riuscita a dire tutto quello?
Veramente ero riuscita a farlo?
Con una sconosciuta?
Perchè la nuova vita mi stava dando tutta quella forza?
Perchè il mio nuovo io voleva a tutti i costi trovare l'autoconvinzione sufficiente per rendermi autonoma senza tanti ricordi?
-come fai ad essere così forte?-chiese come se avesse qualcosa da invidiarmi.
-oh avanti Danielle; io sono tutto, tranne che forte-
-no Belle credimi; non ho mai visto una ragazza più forte di te- disse.
-tu te ne sei andata dalla città nella quale vivevi, lontana da tutto e da tutti a diciassette anni. Quale altra ragazza l'avrebbe fatto?-continuò.
-quando ti rendi conto di star sprecando la tua esistenza dietro a persone che non ti regalano nemmeno l'ultimo goccio di acqua rimasto, la forza viene fuori dalla mente-risposi.
-no Belle la forza non viene fuori dalla mente. La forza viene fuori dal cuore!-puntualizzò.
-Io non ho un cuore per loro Danielle, è questo che non capisci-
-tu ce l'hai; eccome se ce l'hai. Ce l'hai perchè hai avuto la forza di andare avanti e non buttarti giù-rispose.
-Belle qui sotto batte un leone. Un leone pronto ad uccidere anche il più grande dei mali-continuò posando il dito sul pezzo di carne che batteva incessantemente nel mio torace.
-sai che molte volte anche i leoni smettono di attaccare?-domandai cercando di arrivare ad un altro scopo.
-ma questo leone no. Questo leone ha avuto la forza di allontanarsi da quella che dovrebbe essere la cosa che ama più al mondo. Questo leone ha vissuto per diciassette anni senza affetto e supporto. Questo è un leone. -rispose.
Dio, quella ragazza; in un'ora mi aveva capito più di quanto non avesse fatto la mia famiglia in diciassette anni di vita.
 
 
**********************************************
HOOOOOOOOOLA :3
Ok è arrivato il momento:
scusate, scusate, scusate, scusate, scusate e scusate se ho pubblicato questo capitolo così tardi ma non ho più nemmeno il tempo di stare al computer çç
Spero non mi stiate abbandonando :/

anyway: vdsldjnbtrliednfsbrgkel ma questa amicizia Bellelle (?) AAAHAAHAHAH
che dolci :3

 
Taaaaaaaaaaaaao <3

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Capitolo 9
*** Sai che ti voglio bene già da ora? ***


 
 
 
Sai che ti voglio bene già da ora?
 
-ma questo leone no. Questo leone ha avuto la forza di allontanarsi da quella che dovrebbe essere la cosa che ama più al mondo. Questo leone ha vissuto per diciassette anni senza affetto e supporto. Questo è un leone. - rispose.
Dio, quella ragazza in un'ora mi aveva capito più di quanto non avesse fatto la mia famiglia in diciassette anni di vita.
 
Abbassai la testa.
Perchè la gente era capace di cambiarmi l'umore della giornata nel giro di pochi minuti?
Prima di uscire da quella casa non avevo il minimo pensiero che in un momento avrei potuto ripensare a tutto quello accaduto nella mia vita.
Certamente non era colpa di Danielle se ora stavo ripensando a tutto quello; anzi, lei mi aveva incoraggiato molto.
Ma sapete una cosa?
Quando una persona prova quelle paure, le parole della gente non valgono più a nulla.
Potranno esserci milioni, miliardi di persone che ti diranno che sei forte, che ce la farai; ma nulla, assolutamente nulla ti darà veramente la forza di credere in te stessa.
 

E quand'è che veramente riesci a capire che devi soltanto riuscire a rialzarti ed andare avanti come hai fatto fino a quel momento?

 
Facile; quando vedi che tutta la tua vita sta andando dietro ad un giro di avvenimenti che non fanno altro che rovinarti l’esistenza.
Quando senti il bisogno di distaccarti bruscamente dalla vita quotidiana e di cambiarla radicalmente, anche a costo di mettere a rischio tutto quello che hai.
Quando capisci che le uniche cose che ti rimangono sono quello che hai intorno; e te stessa.
Lì, proprio in quel momento capisci che vale la pena rialzarsi e continuare a camminare a testa alta.
 

Vento?
Pietre?
Gelo?

Ostacoli inutili.

 
Hai il coraggio con te, e nulla potrà permetterti di fermarti.
-Hai capito?-azzardò cercando di farmi tornare alla realtà.
-Eh? si, scusa-dissi scuotendo la testa.
Avevo capito, certo che avevo capito; ma lei non sapeva che quelle cose me le diceva chiunque io incontrassi.
-Bene-disse sorridendomi.
Beh, almeno ero riuscita a convincere lei.
-Invece ora parlami un po' di te!-dissi posandole una mano sulla spalla.
-di me?-chiese di colpo intimidita.
-di me no!-continuò voltandosi dall'altra parte.
-ma guaaaardati, sei tutta rossa! Forza parla!-dissi ridendo.
-Non sono rossa! E poi non sono abituata a parlare della mia vita privata-rispose.
-Beh, ma io non voglio sapere della tua vita privata!-ironizzai.
Ci pensò su.
Perchè era così fredda davanti alla sua vita?
-Non sono abituata a parlare della mia vita in generale. Ok?- disse.
Forse avevo sbagliato ad insistere.
-Va bene tranquilla-commentai abbassando la testa.
-scusa-continuai.
Silenzio.
Dio Santo, ero riuscita a rovinare un'amicizia nemmeno iniziata.
-No no Belle non devi scusarti-disse posandomi le mani sulle mie spalle.
-Sono consapevole di essere troppo rigida nel confidarmi, ma vedi, non mi riesce proprio-continuò.
-Te l'ho detto Danielle, devi stare tranquilla. Non volevo assolutamente immischiarmi nella tua vita privata, tantomeno volevo che tu ti confidassi con me. Non ci conosciamo nemmeno!-dissi cercando di tranquillizzarla.
-ok-rispose mortificata.
Ancora silenzio.
-Sai, io i genitori non ce li ho mai avuti-confessò d’un tratto abbassando lo sguardo.
Mi sentii ferita al posto suo.
Come poteva essere che una ragazza così determinata e forte non avesse una famiglia, come me?
-Esatto Belle, io non ho mai avuto una famiglia- disse leggendo lo stupore sul mio viso.
-Tantomeno delle amiche-continuò.
No.
Che non aveva degli amici non ci credevo.
-Gli amici? E allora dei ragazzi dello Starbucks cosa mi dici?-domandai.
-Ti dico che loro sono AMICI, maschi. A me mancano delle amiche-puntualizzò.
-Oh Danielle fidati, molte volte i maschi sono più fedeli delle femmine-
-Si Belle, ma a me manca un punto di riferimento femminile. Mi manca una ragazza a cui chiedere come mi sta un vestito senza sentirmi rispondere che sono una figa da scopare. Mi manca una ragazza a cui poter fare una coda di cavallo o una semplice piastra. Mi manca una ragazza da abbracciare senza poter pensare che io gli possa piacere-disse tutto d'un fiato.
Rimasi immobilizzata.
 

BELLE:
Senza una famiglia.
Senza punti di riferimento.
Niente coraggio.

DANIELLE:
Senza una famiglia.
Senza punti di riferimento.
Coraggio al massimo.

 
Trovata la differenza?
-Sai che siamo sulla stessa barca?- sdrammatizzai cercando di non piangere al suo posto.
-Sai che ti voglio bene già da ora?-
 
 
*************************************************
AWWWWWW non è una scena troppo dolciosa questa?
Cioè: akjgnbrlagnhla (?)
Capito, no?
Ok, dopo questa svagheggiata inutile io mi ritiro nella mia ignoranza u.u
p.s. Nei prossimi capitoli inizieranno ad esserci un po’ di avvenimenti, hmmm, INTERESSANTI :3
sciao bele <3

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