Relazione Clandestina

di FuoriTarget
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - prefazione ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** 1 - prefazione ***


a
-Relazione Clandestina-






Prefazione




Il vento le accarezzava i capelli e li scompigliava un po' sugli occhi. Ma non le importava nulla.
Correva Alice sulla bici, pedalava in fretta per le vie tortuose della città.
Era primavera ormai, mancavano pochi mesi agli esami, e il caldo cominciava a farsi sentire.
Correva Alice, veloce nel traffico superava la auto in coda con destrezza, attraversò il parco per evitare i semafori che avrebbero potuto rallentarla.
Correva ridendo tra se per il motivo stupido della sua fretta.
Se avesse seguito il suo raziocinio non si sarebbe trovata a correre tra le auto come una matta.
Solo dieci minuti prima un sms l'aveva fatta scattare in piedi dal divano, attraversare in giardino vestita così com'era e inforcare la sua bicicletta nera vecchia e scassata.
"Sarò solo fino a sabato. Fai in fretta."
Si lanciò sul lungadige ad una velocità folle per poi piegare svicolando il semaforo rosso e infilarsi in via Trezza col fiatone.
Arrivò davanti al grande palazzo in centro in dieci minuti il suo record personale, fermò la bici davanti ai campanelli nel cortile interno, poi suonò due volte.
-Chi è?- 
-Sono io- rispose guardandosi intorno con discrezione.
-Metti dentro la bici.- continuò la voce di un ragazzo storpiata dal citofono dopo lo scatto sordo della serratura del portone.
Passò oltre con la bicicletta, l'appoggiò in un angolo contro il muro dell'atrio e si avviò all'ascensore. Adorava quel palazzo era sempre pulito profumato e il pavimento di marmo degli spazi comuni era sempre perfettamente lucido e pieno di piante ben curate.

Settimo e ultimo piano.
Si sistemò velocemente i capelli specchiandosi nella pulsantiera dorata. Aggiustò i vestiti e trasse un sospiro: maglietta, minigonna rossa e Converse così com'era vestita in casa, non si era nemmeno preoccupata di cambiarsi, aveva infilato il primo paio di scarpe che le era capitato sotto mano ed era uscita.
Le porte si aprirono con uno scampanellio delicato e lei scattò attraversando il pianerottolo a passo sicuro.
Il portone era stato lasciato socchiuso per lei, lo chiuse dietro di se attenta a non far troppo rumore e si addentrò nella casa. Conosceva la strada: percorse tutto il corridoio centrale fino al salotto dove raggiunse la scala bianca a chiocciola nell'angolo. Salì alla svelta i gradini stretti che ormai le erano familiari.
Quando alzò lo sguardo lui era lì, solo per i suoi occhi.
Indossava i soliti pantaloncini da basket e una maglietta grigia attillata che metteva in bella mostra i pettorali scolpiti.
Se ne stava seduto a gambe incrociate sulla poltrona di pelle vicino al letto, leggeva un blocco di appunti distrattamente nel chiaro tentativo di dar poca importanza al suo arrivo. Lo conosceva come le sue tasche quel bastardo.
Alzò lo sguardo su di lei solo quando raggiunse l'ultimo gradino, subito le guardò le gambe scoperte. Adorava le sue gambe da modella.

-Ciao. Ci hai messo davvero poco- le chiese posando a terra i fogli.
Alice arrivò all'ultimo gradino con il fiato ancora spezzato dalla corsa e si guardò intorno inspirando dal naso.
Era chiaramente passata la cameriera perchè la stanza aveva un'ordine innaturale per lui. Non c'erano magliette lasciate a terra in un angolo, ne fogli sparsi a caso sulla scrivania, il letto era rifatto e sul comodino erano spariti i posacenere sporchi di mozziconi.

Senza che Alice se ne accorgesse, troppo impegnata a regolarizzare il respiro, il ragazzo si avvicinò e le agguantò con due dita uno dei passanti della gonna tirandola a se. Le poggiò una mano dietro al collo e la travolse con un bacio mozzafiato senza chiedere il suo permesso ne aspettare che lei prendesse fiato o si potesse ribellare.
Come solo a lui era concesso.

Alice senza esitazione si abbandonò al suo tocco, ma il bacio finì. Fin troppo presto.
-Siamo soli davvero?- gli chiese sorridendo a pochi centimetri dalla sua bocca e ancora chiusa nel suo abbraccio.
-Già...- inarcò le labbra in quell'accenno di sorriso malizioso che le fermava il cuore, e lei sorrise contenta della ritrovata privacy.
Quel sorriso la illuminò, gli piaceva vederla sorridere, era così radiosa e pulita che rischiarava quella stanza vuota e intrisa di ricordi.
Alice gli afferrò il bordo della maglietta, come aveva fatto con lei, e trascinò entrambi sul letto senza smettere di baciarlo.
Passarono un paio d'ore prima che nella camera ritornasse il silenzio e che i respiri dei due ragazzi raggiungessero la regolarità del sonno. Fu il suono fastidioso di un cellulare ad interrompere il riposo post-amplesso di Alice.
Scivolò fuori dal piumone all'istante per paura di svegliarlo e cominciò a scuotere la borsa per rovesciarne a terra il contenuto.
-Dove diavolo l'ho messo?- mormorò piegata sui vestiti sparsi ai piedi del letto.
Improvvisamente l'i-phone cadde a terra sgusciando fuori da una tasca. Lo raccolse imprecando e si affrettò a rispondere: sapeva senza dover leggere il display chi fosse, così non diede tempo all'interlocutore di parlare.
-Si Cici lo so che sono in ritardo. Arrivo subito, ciao!- poi con un gesto rabbioso chiuse la conversazione sbuffando e coprendosi il seno con un braccio prima di riprendere il suo posto nel letto.
-Devo andare...- mormorò languida verso la schiena del ragazzo sdraiato accanto a lei.
Non le rispose come era prevedibile.

Scivolò fuori dal piumone e si rivestì velocemente senza prendersela troppo per le poche attenzioni ricevute, poi raggiunse l'altro lato del letto chinandosi sul suo orecchio.
-Stasera che fai?- sussurrò pianissimo per non indispettirlo, pronta a ricevere solo un grugnito.
-Non ci sono.- le rispose nascosto sotto al piumone.
Alice abbassò lo sguardo abbattuta:
-Ok, allora ci sentiamo la prossima settimana- concluse trattenendo per se una nota di amarezza.
La mano nodosa del suo strano compagno di letto a pochi centimetri dalla bocca era davvero una tentazione, avrebbe voluto baciargli il palmo e accarezzarlo tutto fino alla spalla, ma probabilmente lui non avrebbe gradito.

-Stanotte però sono libero.-
Con quelle parole brontolate contro la stoffa del cuscino, la bloccò inginocchiata accanto al letto.

-Allora mandami un messaggio quando ti liberi, se riesco ti raggiungo!-
Quelle parole le portano nuove speranze per la serata e senza dire altro prese le scarpe in mano per andarsene.

Scese velocemente dal sottotetto e uscì dall'appartamento cercando di fare meno rumore possibile. Era talmente intimorita da quella casa e dai suoi silenzi che non si fermava a metterle nemmeno nell'ingresso, ma aspettava sempre di essere in ascensore.
Ritrovò la sua bicicletta nell'atrio esattamente dove l'aveva lasciata senza catena e scattò di nuovo in sella verso il parco, controllando sempre che nessuno la vedesse uscire da quel palazzo.

Pochi minuti dopo raggiunse il luogo dove l'aspettavano da quasi mezzora..
-Dove. Cavolo. Eri?- la voce la spaventò mentre legava la bici ad una rastrelliera.
Non era così strano che lei fosse in ritardo ma aveva il terrore che le sue amiche cominciassero a farsi domande sulle ragioni dei suoi ritardi.

-Scusa Cici mi ero addormentata sul divano.- rispose congiungendo le mani in preghiera con un sorriso a trentadue denti.
Sperava davvero di essere convincente, ma
Chiara sbuffò rimproverandola come sempre, mentre la guidava al tavolo.
Frequentavano sempre lo stesso baretto vicino all'Università per l'aperitivo del venerdì, e Alice prese posto alla solita poltrona sprofondando esausta.

-Cosa vuoi da bere?- le chiesero mentre prendeva fiato.
-Spritz.-
Chiara si allontanò verso il bancone per aggiungere al loro conto l'ordinazione, intanto la terza componente del gruppo le rivolse un'occhiata indagatrice.
-Ci sei stasera?- le domandò squadrandola da capo a piedi.

Alice perplessa e ancora un po' tachicardica alzò le spalle grattandosi un orecchio: -Direi di si. Che si fa?- 
-Pensavamo al BlueMoon.- la informò Laura annoiata giocando con il ghiaccio nel suo bicchiere: -..come sempre!- una nota di sarcasmo ne tradì l'apparente disinvoltura.
Laura era una che si annoiava facilmente, mentre Cici era rassicurata dalle sue abitudini.

-Forse c'è un concerto!- annunciò Chiara ritornando al tavolo con il bicchiere di Alice.
Alice pensò alle parole del ragazzo che aveva lasciato nudo nel letto pochi minuti prima, e realizzò che probabilmente anche i suoi impegni erano legati a quel concerto.
-Perfetto! A me va bene il BM.-
Si finse indifferente sorseggiando l'aperitivo: il BlueMoon aveva nulla di pericoloso, o almeno questo doveva far credere a quelle due. Continuò a meditare preoccupata, sperando che andasse tutto bene, doveva far in modo che quei due stessero lontani, sopportare loro due nella stessa stanza insieme ai suoi sensi di colpa sarebbe stato troppo per la sua povera coscienza.

Rimandò le preoccupazioni ad un altro momento, si immerse nella luce del tramonto chiacchierando del più e del meno con le altre due, mentre senza farsi notare fissava un palazzo bianco in lontananza.



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Capitolo 2
*** 2 ***


a





-2-






Le dieci passate e ancora non aveva deciso cosa mettersi per uscire.
Una malattia incurabile la sua: troppi soldi in mano ad un'adolescente possono fare molti danni, sopratutto se l'adolescente in questione è una ragazza con un disturbo ossessivo compulsivo per gli abiti nuovi! La scelta era troppa e ogni volta che doveva uscire si trovava a combattere con una cabina armadio che non ne voleva sapere di collaborare. Seduta sul copriletto a gambe incrociate
rifletteva fissando la moltitudine di vestiti stipati in quello spazio angusto, col portatile accanto che trillava nuove notifiche ogni due o tre secondi.
Quella serata sarebbe stata un disastro lo sentiva, in più il senso di colpa per il pasticcio in cui si era cacciata le stava facendo odiare lo spezzatino di pollo che sua madre aveva servito amorevolmente per cena.
Si sentiva un'idiota; aveva una vita perfetta perchè andare ad incasinarsela per uno come lui.
Guardò attorno a sé e nel caos che regnava nella stanza ritrovò il motivo di tutto ciò che era successo: la sua tendenza a ridurre qualsiasi cosa ad un caos totale.
Il copriletto azzurro a pois bianchi era tutto arrotolato e cadeva a terra per metà, sembrava che si fosse svolta una battaglia corpo a corpo tra de lottatori di sumo, la scrivania letteralmente invasa da libri, trucchi, cd, elastici per capelli e le buste degli ultimi acquisti di quel pomeriggio di fine marzo. L'armadio nemmeno lo voleva vedere, un'esplosione aveva invaso quell'ambiente, borse scarpe e magliette dappertutto. Finiva sempre per perdere qualcosa tra quelle mensole, l'anno prima aveva ricomprato due volte la stessa maglietta da H&M convinta di averla persa, invece aveva ritrovato il primo esemplare mesi dopo dietro alla scrivania con ancora il cartellino attaccato.
Doveva fare ordine, immediatamente e in tutti gli ambiti della sua vita. Altrimenti sarebbe stato troppo tardi.
Accantonò quei pensieri come faceva ormai fin troppo spesso, per dedicarsi alla sua attività preferita: prepararsi per uscire!
Scelse delle calze nere velate da una pila di biancheria stirata che una misteriosa anima pia aveva lasciato ai piedi del letto, e sopra un vestitino grigio corto e aderente come una seconda pelle a cui strappò il cartellino con i denti. Scarpe altissime, come sempre, di camoscio rosso come la pochette di Marc Jacobs che le avevano regalato per Natale alcune amiche della mamma. Capelli stirati e trucco scuro.
Si guardò allo specchio un secondo prima di uscire: perfetta.

Perfetta era davvero l'aggettivo più indicato per descrivere la vita di Alice Aroldi.
Studentessa eccelsa dell'istituto privato più costoso della città, curriculum scolastico immacolato, famiglia facoltosa e tenore di vita che non aveva nulla da invidiare ai personaggi di un telefilm, ma non solo; proprio come in un telefilm, chi è fortunato alla nascita lo è fino in fondo!! Alice era invidiata da tutta la scuola, non c'era ragazza che non volesse essere lei, ne ragazzo che non volesse stare con lei: bella era decisamente riduttivo, un metro e settanta di perfezione tonica e longilinea. Avrebbe potuto concorrere tranquillamente con una modella da sfilata: partendo dalle gambe lunghe e secche, per finire sul viso dai lineamenti da bambola di porcellana, solo il colorito pallido e i capelli rossi la turbavano. Quelli erano la sua croce personale, li aveva ereditati dalla nonna materna -che odiava per questo- insieme alle lentiggini e alla pelle diafana; d'inverno adorava quel colore ramato e lucente che la rendeva unica, ma d'estate la pelle eccessivamente candida le creava non pochi problemi, per abbronzarsi ci metteva sempre il doppio delle altre e molte compresse di carotene.
Non paga di questo, un fidanzato più simile a un "Ken versione carne ed ossa" e il guardaroba più straripante del liceo, la rendevano oggetto di odio da parte di tutto il corpo femminile del suo liceo.
Ma l'apparenza inganna e in questo caso non è solo un modo per sminuire la perfezione esteriore ma una realtà pura e lampante.
Ognuno ha i suoi difetti e chi aveva la fortuna di conoscere Alice Aroldi lo sapeva bene, a dispetto delle apparenze lei ne aveva davvero tanti.
Uno tra tutti l'assoluta mancanza di puntualità e infatti come ogni sacrosanto venerdì sera, era in ritardo!

Imprecò per una decina di minuti contro tutti quei maledetti sensi unici che infestavano via Marconi e l'isolato in cui viveva Laura, poi finalmente adocchiò le due amiche.
-Sì Cici, lo so che sono in ritardo. E' inutile che fai quella faccia, sali e basta!- abbaiò affacciandosi dal finestrino dopo aver fermato l'auto con una manovra assurda.
Alice non era una semplice ritardataria aveva proprio grossi problemi a gestire il tempo a sua disposizione, ma Chiara non si decideva a rassegnarsi.

Le ragazze presero posto sulla Micra scura e Alice, senza troppi scrupoli accelerò scivolando nel traffico della sera.
Stava mentendo anche a loro, le sue migliori amiche da anni. Si sentiva una traditrice, una falsa doppiogiochista, ma sapeva cosa le avrebbero detto: che lui non era affidabile, che la stava solo prendendo in giro e che non avrebbe dovuto illudersi. Tutte cose che sapeva già da sé.
Guidava in silenzio verso la loro meta e si mordeva l'interno della guancia, non aveva il coraggio di guardarle in faccia mentre quei pensieri le assillavano la mente. 

Il BlueMoon era un locale molto di moda in quel periodo. Si trovava in una zona poco residenziale vicina alla città in un ex edificio industriale della prima metà del novecento, alto e completamente vuoto all'interno, con i muri esterni di mattoni rossi. Era stato ristrutturato da qualche anno e aveva cambiato gestione più volte: in quel periodo ospitava concerti nei giorni feriali e serate con vari dj nel week-end.
La nuova gestione del locale aveva rinnovato lo staff cercando dei pr giovani che facessero pubblicità anche nelle scuole: uno di questi era Manuel, amico di vecchia data di Jack, il ragazzo di Chiara. Grazie a lui avevano preso a frequentare assiduamente quel posto, quasi tutte le sera riservava un tavolo per loro o trovava qualche lista per farli entrare gratis.
Tutte e tre evitarono la fila con disinvoltura dopo aver infilato una bella banconota nella tasca di Gerry, un uomo simpatico sulla cinquantina, che faceva il buttafuori per mantenere al meglio moglie e due figli. Ad Alice stava davvero simpatico, le ricordava tanto un suo zio, con la barba i capelli grigi e la pancia enorme stretta nella giacca elegante. Aveva aiutato spesso Laura a Chiara a caricarla in macchina quando Alice beveva troppo, cosa che avveniva ormai con inquietante regolarità.
-Grazie Gerry- Alice gli sorrise agitando la borsetta, era davvero un buon uomo e le faceva piacere contribuire al suo stipendio pur di saltare la coda davanti all'ingresso.
Appena varcarono la grossa porta rossa che Gerry galantemente tenne loro aperta, la musica le colpì stordendole insiema ad una ventata d'aria calda, il dj era davvero sordo!
Non si sentiva nulla sopra al fracasso infernale proveniente dalle casse sparse per tutta la sala e furono costrette a comunicare a gesti per decidere dove andare.

Alice arrivò al bancone del bar e vi poggiò la pochette per issarsi su uno sgabello libero, accavallò le gambe come faceva sempre per abitudine più che per seduzione, sotto lo sguardo ammaliato di uno ragazzo di passaggio. Quel fracasso infernale la irritava parecchio e prese a far risuonare le unghie laccate sul piano lucido.
-Smettila Ali, mi da sui nervi.- la ammonì subito Laura che le bloccò la mano contro il bancone.
-Hai visto chi c'è?- chiese Chiara indicando con lo sguardo un gruppetto di persone sedute da uno dei tavolini sul soppalco d'acciaio.
Alice scandagliò attentamente l'insieme di ochette e sbarbatelli con i soldi che occupavano i tavolini nell'angolo più alto del locale, alcuni frequentavano il suo stesso liceo e anche lì si atteggiavano a padroni del mondo. Catalogò ogni volto senza interesse, li conosceva da anni, sapeva i giri che frequentavano e tutta la coca che sniffavano barricandosi dietro un'apparenza di disinvolta perfezione.
-Martini, con ghiaccio e limone.- ordinò sovrappensiero guardando il barista senza vederlo davvero, poi si rivolse all'amica: -Cherubini è un animale, se non lo infastidiamo ci lascerà stare... lui e i suoi amichetti.-
Nonostante tutto sapeva che era una predica inutile, Chiara non li sopportava dal giorno che avevano cercato di vendere steroidi al suo ragazzo.
Alice perlustrò il locale ascoltando annoiata le lamentele di Laura per la loro incapacità di cambiare locali, sempre gli stessi da anni, poi improvvisamente incontrò due occhi scuri come pozze di petrolio: lui era là.
Fu un fulmine che l'attraversò da parte a parte.
Le si chiuse lo stomaco rivoltandosi con una capriola dolorosa, la mano che stringeva la pochette tremò pericolosamente e per un buffo istinto contrasse i muscoli delle gambe per stingersi più salda allo sgabello come se avesse avuto paura di cadere. Quegli occhi erano il primo e più grave dei suoi problemi, la causa di ogni suo malessere da qualche mese, il motivo scatenante del caos che regnava nella sua vita e ciò che l'aveva portata a mentire persino alle sue migliori amiche.
Lontano da lei in piedi vicino al mixer c'era lui, il ragazzo con cui aveva si era rotolata nel letto per tutto il pomeriggio, appoggiato con disinvoltura ad una cassa guardava una cartellina con un altro tizio che aveva visto già un paio di volte.

In un attimo come se si fosse accorto dei suoi pensieri, alzò lo sguardo verso di lei. 
I loro occhi s'incontrarono solo per pochi istanti perchè qualcosa oscurò il loro contatto.

-Amore mio!-
Edoardo, il "Ken versione carne e ossa", le comparì davanti impedendole la vista dell'oggetto dei suoi desideri.
Era destino che Edo fosse sempre l'ostacolo tra loro due? Irritata fulminò il suo ragazzo sperando che capisse che non era la serata giusta per le sue moine.
-Ciao.- gli rispose atona ricevendo il suo bacio a stampo senza reagire minimamente: -Dov'eri stamattina?- si ricordò che quella mattina aveva saltato il compito di scienze senza dirle nulla. Girò il braccialetto che portava al polso nervosamente, mantenere le apparenze era una delle cose che in quel periodo le riusciva meglio.
-Ho fatto fuga con il Vigna..- mormorò mortificato con le mani nelle tasche dei Levi's.
-Complimenti  gran testa di rapa!-
Il suo ragazzo era un caso disperato di assenteismo scolastico acuto, erano più i giorni che si trascinava in giro per negozi di musica con qualche testa vuota come lui, che quelli che passava a scuola a cercare di concludere decentemente il liceo.

Il suo drink arrivò e lei l'agguantò come un naufrago in cerca di un appiglio. Il suo unico pensiero coerente era rivolto all'alcol che le avrebbe alleviato i sensi di colpa, mentre il suo presunto fidanzato strusciava le labbra sotto al suo orecchio.
-Senti amore devo raggiungere Andre e Manuel giù dal mixer- le mormorò indicando proprio colui che avrebbe voluto al suo posto.
-Non chiamarmi amore. Stasera dobbiamo parlare davvero, non dileguarti come al solito!!- lo minacciò Alice decisa bloccandogli il braccio che tentava di abbracciarla.
-Sì sì va bene. Ora vado eh...- altro bacio che abilmente evitò ricevendolo sulla guancia.
Maledì lui e se stessa in tutte le lingue che conosceva mentre guardava la sua schiena allontanarsi tra la folla e tornava a tracannare Martini.
Ci furono dieci secondi esatti di silenzio.
-Alice quando ti deciderai a piantare quel cretino?- le disse Laura interrompendo l'empasse, il suo sguardo ammonitore non aveva nulla da invidiare a quello di sua madre.
-Appena riesco a braccarlo maledetto bastardo. E' peggio di un'anguilla, ogni volta che accenno ad un discorso serio lui se ne va con una scusa!-
Alice sbattè il bicchiere vuoto sul piano nero del bar, spaventando la povera Chiara che sobbalzò sullo sgabello.

Finalmente il dj abbandonò la consolle annunciando l'imminente inizio del concerto degli AfterBlack, il gruppo in cui Edo suonava la chitarra. Sfortunatamente per lei suonavano cover di gruppi punk rock americani o roba anni 70 che Alice ignorava e detestava, ma forse solo per trasmissione dell'odio che ormai provava per il suo ragazzo, che come sfuggiva ai suoi tentativi di lasciarlo.
Il concerto fu discreto per il resto della platea, le sue due amiche avevano ballato come due forsennate nella folla insieme a un centinaio di altri spettatori che stravedevano per il gruppo. Lei era rimasta al bar, a guardare dal suo sgabello.
E i Martini erano diventati cinque.
Lo aveva fissato per tutto lo spettacolo, rapita e stregata da lui. Fregandosene della gente che poteva beccarla e del suo ragazzo che strimpellava orgoglioso sul palco: nel caos non avrebbe potuto vederla. Con lo sguardo vacuo lo spogliava con gli occhi: conosceva ogni centimetro del suo corpo, i suoi pregi e le sue debolezze. Conosceva il modo in cui ammiccava, o la nota roca della sua voce quando a letto le sussurrava quanto era bella. E il suo nome pronunciato da quella voce la faceva ancora arrossire.
Se ne stava appoggiato al muro a molti metri da lei, illuminato solo da una luce blu alle sue spalle e si dondolava tra le dita una bottiglia di Beck's vuota. Ormai era costretta ad ammettere almeno con se stessa che intratteneva una relazione alle spalle di Edoardo.

Pagò i tutto quello che aveva bevuto e chiese gentilmente al barista di riempirle solo un'altra volta il bicchiere mentre le sue amiche riemergevano dalla folla accaldate e sorridenti.
-Sono stati davvero bravi!- sospirò Chiara entusiasta prendendo fiato, anche loro seguivano il gruppo da tempo per l'amicizia che le legava ai tre ragazzi.
Ma dopo aver assistito a più di tre concerti in un mese, diventavano bravi più per abitudine che per vero talento e Alice cominciava a riconoscere il motivetto di qualcuna di quelle canzoni rockettare che spesso la stordivano.

-Vero- ammise Alice sorridendo mentre sorseggiava l'ultimo Martini.
-Ma che hai stasera?- domandò Laura vedendola spenta : -Ti vedo un po' sbattuta, è successo qualcosa?-
-Sono solo stanca, niente di grave-
Vide Laura studiare il liquido nel suo bicchiere, probabilmente si stava chiedendo quanti ne avesse già bevuti.
-Eccoli là!- esclamò Chiara sbracciando per farsi notare nel caos di quel postaccio, tutto il gruppo di amici le stava raggiungendo in massa al bancone del bar. Alice sospirò voltandosi dalla parte opposta prima di bere una lunga sorsata dal suo bicchiere.
A pochi metri da loro Jack guidava il gruppetto di ragazzi che le stava puntando, per raggiungerle dovettero sgomitare contro la folla che ballava gli Strokes.
Giovanni, per tutti era Jack da quando in seconda media aveva portato per mesi una benda sull'occhio dopo un'operazione, davanti agli altri si sbracciava regalando grandi sorrisi a Chiara la sua adorabile fidanzata. Accanto a lui suo fratello di due anni più grande Filippo, alias Filo avanzava adocchiando divertito qualche gonna corta o decoltèe in bella vista. Erano identici fisicamente quanto opposti caratterialmente: entrambi mori con gli occhi scuri, robusti con i muscoli ben allenati, ma Jack era molto estroverso, solare e a tratti ingenuo, mentre Filo, pluriripetente convinto, era l'esatto contrario: arrogante e rissaiolo non perdeva occasione di prendere in giro chiunque non gli andasse a genio. Erano finiti in classe insieme dopo l'ennesima bocciatura di Filo che stava rifacendo la quinta.

-Ciao ragazze!- esordì Jack sorridendo al gruppetto come sempre, prima di stampare un bacio sulla guancia della sue ragazza stringendola tra le braccia, fu il primo a raggiungerle assieme al fratello che salutò distrattamente, era troppo impegnato a flirtare con un ghigno malizioso una biondina seduta a pochi metri da loro.
-'Sera- brontolò Alice.
-Allora vi è piaciuto il concerto?- chiese Charlie comparendo improvvisamente alle spalle di Laura ridendo.
Charlie era l'allegro compagno di sventure di Jack, un po' come Spongebob e Patrick o Starsky e Hutch. Al suo fianco faceva quasi tenerezza: Jack alto, avvenente e muscoloso, Charlie invece bassetto, mingherlino con gli occhiali e il fascino dell'incompreso, coppia fissa da tempi lontani. Il suo vero nome era Enzo Carlini, era tradizione della sua famiglia che tutti gli uomini si chiamassero Enzo o Pierpaolo,
ma lo odiava fin da piccolo e così da anni tutti lo conoscevano come Charlie e la maggior parte della gente ignorava il suo nome completo.
-Oh si, secondo me sono migliorati moltissimo!- rispose Laura traboccante di sarcasmo.
-Avete sentito la canzone nuova? L'ha scritta Edo!- indicò col pollice un punto indefinito dietro di sé.
Alice si reggeva al bancone per sopportare il momento di crisi, con le dita strette al bordo del piano di granito trattenendo l'aria nei polmoni più a lungo possibile per godere di ogni molecola di ossigeno: era stanca, ubriaca, soffocata ai sensi di colpa e voleva andarsene da lì.

Edo arrivò rumorosamente insieme agli altri due componenti del gruppo il Vigna, il batterista, e Andre. Quest'ultimo il Pasini, cantante e bassista del gruppo, era il più carismatico della combriccola, faceva sospirare le ragazzine con un fascino secondo Alice incomprensibile e per il suo look da depravato pieno di tatuaggi; da anni era compagno di merende e grande amico di Filo e Manuel Bressan, il loro vero pr al locale e new entry della compagnia ma era ancora assente all'appello.
"Ken versione carne e ossa", per gli amici Edo, la raggiunse subito abbracciandola alle spalle e baciandole il collo.
Alice chiuse gli occhi come un condannato di fronte al suo patibolo. Le si era rivoltato lo stomaco facendola pentire di aver bevuto tutti quei cocktail.
Lo sguardo della ragazza intercettò l'ultimo componente del gruppetto arrivare e seppe con certezza che avrebbe concluso la serata vomitando. Manuel Bressan era appena comparso nel piccolo cerchio proprio di fronte ad Alice con il suo passo cadenzato e elegante.
Il maledetto fidanzato dietro e l'imperturbabile amante da mille e una notte davanti.
In quel momento Alice avrebbe preferito essere inghiottita dal pavimento o scomparire in una nuvola di fumo, poi gridare, urlare e strapparsi tutti i capelli pur di non essere lì.

Il ragazzo davanti a lei la ignorò concentrandosi sul barista che non lo aveva ancora servito, nonostante lui l'avesse chiamato più volte.
-Una Beck's Marco.- disse a voce alta attirando la sua attenzione con il suo solito tono arrogante.
Alice svicolò abilmente l'abbraccio di Edo e si concentrò insistentemente sul ghiaccio nel suo bicchiere, non le piacevano le situazioni ambigue e imbarazzanti se non poteva controllarle a suo piacimento, come in quel caso.
Voleva andarsene al più presto invece i
l gruppo continuava a chiacchierare vivacemente intorno a lei.
Con Martina, la ragazza del Vigna, che li aveva appena raggiunti e Paolo un altro amico di Jack e Charlie la compagnia era al completo. Chiara ballava ridendo intorno a Jack, Laura arpionata al collo dal bicipite di Filo ascoltava le prodezze amorose di Andre, Charlie discuteva animatamente con Paolo della nuova canzone di Edo che lui non era riuscito a sentire.
Tutti allegri, tutti spensierati. Tutti al loro posto.
Si sentì tirare la manica del vestito, e fulminò per l'ennesima volta Edo che cercava di attirare la sua attenzione: -Amore non dici niente? Non sono stato bravo?- chiese abbracciandola come fosse un orsacchiotto da coccolare. Fu il colpo di grazia alla sua coscienza.
-Lo sai che non ci capisco niente.- mormorò sorridendo a denti stretti e divincolandosi dalla sua presa.
Liquidò la conversazione per spostarsi verso Martina, almeno con lei non avrebbe rischiato di tradirsi.
Dopo pochi minuti però non sentiva che suoni ovattati provenire dalle bocche dei suoi amici: i Martini erano arrivati tutti al cervello a effetto ritardato, non capiva più a chi appartenessero le voci intorno a lei, aveva solo ricordi e altre parole che si sovrapponevano a quelle delle persone nel locale e dei flashback che la assediavano distraendola dalla realtà.


-Grandi novità ragazze!-  Edo saltellava nell'aula della quinta B: -Manuel dice che forse riesce a farci suonare al BlueMoon.-
-Finalmente farete concerti in locali decenti.. - esclamò Alice tutta entusiasta
-Chi è questo Manuel?- Chiara sospettosa chiuse il libro di scienze: -Non sarà Bressan, quello della D?-
-Sì proprio lui, Jack lo conosce dal primo anno, dice che è a posto e vuole portarlo fuori con noi qualche volta..-
-Almeno grazie a lui avrete più visibilità!- Alice gli sorrise passandogli una mano tra i capelli: -Sarà fighissimo!- ridacchiò fantasticando.

-Alice ti va di fare due salti con noi?- Laura le tirava una mano verso la pista, ma Alice non capiva più nulla.
Si appese al braccio di qualcuno saltando giù dallo sgabello, e quasi cadde in braccio a Filo.
-Ehi Rossa non è che hai bevuto troppo?-
-No... - si rimise dritta e ostentò una sicurezza che non poteva vantare: -Devo solo uscire un momento.-
-Ali?-

-Alice?- qualcuno la chiamò nel corridoio: -Volevo presentarti Manuel!-
-Ah ciao.  Piacere Alice Aroldi..-  rispose allungando la mano con il suo sorriso migliore verso quel ragazzo alto quasi quanto Jack.
-Piacere.- rispose senza accogliere il suo gesto con aria superiore. Era moro con dei lineamenti spettacolari.
-E' lei l'amica di cui ti parlavo: è molto brava con i computer, magari può aiutarti.-
-Non ce n'è bisogno- lo interruppe l'altro dileguandosi  -Ci vediamo Alice Aroldi.- ghignò squadrandola da capo a piedi facendola sentire nuda davanti a quegli occhi scuri.
-Non si può dire che sia socievole il tuo amico?- commentò Alice seguendone la schiena allontanarsi.
-Scusalo è fatto così..-

-Quindi si va da Manu?- domandò qualcuno alla sua sinistra, poteva essere Jack o Paul. O chiunque altro.
-Evvai... ci facciamo un pockerino?-
-Ce l'hai della birra in casa?-
Tutti parlavano troppo forte e lei non ne riconosceva più le voci. Dov'erano finite le ragazze?
-Vado fuori a fumarmi una sigaretta. Aspettami qui.- disse a Edo tentando di svicolarsi dal gruppetto. 
I tacchi non la aiutavano affatto in quella situazione ma aveva bisogno di aria fresca. Non ricordava nemmeno più che strada prendere per uscire. Doveva andare a destra o a sinistra?

-Alice hai sentito di Manuel e Cecilia, quella del quarto anno?- Cici non era una da pettegolezzi, mentre Laura masticava più quelli che cibo vero.
-Cosa?- era concentrata un esercizio di fisica particolarmente complicato e non aveva tempo per le cavolate.
-Pare che stiano insieme.-
-Ah davvero?- Alice non dava grandi soddisfazioni a Laura, non era mai troppo interessata ai pettegolezzi da liceo.
-Lei l'ha praticamente detto a tutta la scuola!- le rispose Chiara con evidente disprezzo.
-Non credo che Bressan sia tipo da fidanzarsi. Ho sentito che ha fatto lo stronzo con un sacco di ragazzine come Cecilia l'anno scorso...- Laura amava questo genere di intrighi, lei invece la liquidò con un gesto annoiato.
-Tutti dicono che è a posto, ma l'anno scorso frequentava Cherubini io non mi fido.- concluse Chiara.


La mente di Alice oscillava tra i ricordi e la realtà non sapeva più chi le stesse parlando ne dove stessero andando. Qualcuno la teneva per un gomito, e sentiva un braccio attorno alla vita. Era Edo o Jack?
Magari era Manuel...

-Hai sentito che ho detto? Andiamo da Manu a berci una birra perchè suo padre è ancora via.- quello era Edo.
Lo sapeva che il padre di Manuel Bressan era fuori città, eccome se lo sapeva: aveva passato il pomeriggio a rotolarsi nel suo letto sospirando sotto il tocco delle sue labbra.
Non voleva tornare da lui, non in quella casa. Era la casa dei ricordi, del senso di colpa, non poteva sopportare di passarci la serata insieme agli amici. Gemette disperata ma probabilmente nessuno la sentì.
Provò a protestare ma contro Edo non poteva granché, le fece fumare una sigaretta poi la caricò in macchina senza porsi tanti problemi.
Stava andando a casa del suo amante ubriaca e col suo ragazzo. Era semplicemente fottuta.














Spazio autrice:

Come avevo annunciato
ecco il primo capitolo rivisto e corretto!!!
Non è molto lungo lo so, però spero piaccia ugualmente.
Ora vorrei indire un bel contest
per tutti quelli che mi seguono:
-Qual'è secondo voi la città in cui è ambientata la storia?-
Vediamo un po' se indovinate...
Il primo che azzeccherà la risposta avrà un bel premio,
a sua scelta!
Potete usare il mezzo che volete per inviarmi le risposte
mail
msn (l'indirizzo è lo stesso della mail se mi volete aggiungere)
recensioni
a voi la scelta!!
[La storia è piena di indizi, e i prossimi capitoli lo saranno anche di più,
premetto però che io in questa città non ci abito, la conosco un po'
per le varie visite che ho fatto, ma non così bene...
quindi se faccio alcuni errori perdonatemi!!]

Grazie a tutti per le recensioni,
vi ammmmo!!



1bacio. Vale

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Capitolo 3
*** 3 ***


a







3






Liceo privato paritario: sabato mattina, ora buca di latino nella classe 5°B, la gioia dello studente medio di ogni parte del mondo.
Era l'inizio di aprile e i famosi cento giorni alla maturità erano già passati da qualche settimana, ma nessuno sentiva ancora il fiato sul collo per gli esami, gli studenti dell'ultimo anno anzi erano tranquilli a godersi l'assenza della professoressa più temuta della scuola.
L'aula, con i muri azzurri sbiaditi come tutte le altre, conteneva a fatica i quindici banchi in disordine e le sedie accatastate in giro alla rinfusa: tutte le ragazze si erano radunate in un angolo e parlottavano tra loro delle tendenze sessuali di qualche
malcapitato giovane professore.
Alice seduta su un banco tra loro  con l'i-pod nelle orecchie, le ignorava sistemandosi accuratamente le pieghe della gonna bordeaux. Non sentì la porta scorrevole aprirsi aveva la musica troppo alta, ma notando un movimento nel suo campo visivo alzò gli occhi per trovarne la spiegazione. Notò le due presenze estranee e seguì con lo sguardo i due ragazzi che sfilano tra i banchi: erano del suo stesso anno ma venivano da un'altra classe. Si conoscevano tutti bene: in una scuola privata con meno di duecentocinquanta alunni, non era poi così strano conoscere ogni volto. Li salutò con un cenno del capo e loro ricambiarono senza entusiasmo, li seguì mentre si sedevano con gli altri maschi della sua classe e intavolare un'animata discussione di cui non poteva cogliere l'argomento.
Edoardo è li tra loro. Ma non la guardava, ne lei non guardava lui; negli ultimi mesi era diventato abbastanza normale.
Il suo sguardo si posò sul nodo della cravatta della divisa di un altro studente: basso e castano, il viso ovale e i lineamenti morbidi insignificanti, con il colletto ben stretto e ordinato. Lo guardava senza vederlo davvero, cullata nei ricordi dalle note dei Coldplay: quante volte aveva sfilato quel nodo a lui, al ragazzo con cui condivideva i pomeriggi, il letto e una passione incontrollabile.
Peccato che non fosse Edoardo.
Chiara le tirò una manica della camicia entrando prepotentemente nel flusso dei suoi ricordi, doveva essere suonata la campanella.
-Ali andiamo a mensa!- la sentì gridare togliendosi le cuffie, e con un balzo leggero lasciò il banco su cui era seduta per seguire la mandria di studenti che abbandonavano le aule.
Ogni giorno la stessa routine, cinque ore la mattina, pausa pranzo e altre due strazianti ore pomeridiane.
La scuola privata condivideva con quella pubblica gioie e dolori, ma a quest'ultimi andavano aggiunte molte più ore e scomodissime divise obbligatorie mentre per i pregi potevano vantare gite scolastiche extralusso assicurate estate e inverno.
Alice, come tutti gli studenti dell'ultimo anno era ormai nauseata dai colori della scuola che era costretta ad indossare tutte le mattine da cinque lunghi anni. La gonna grigia e bordeaux e la camicetta bianca ornata di stemma sul taschino non erano nulla paragonate al cravattino, all'orrendo cardigan di lana e alle calze nere e pesanti; tutti uguali come soldatini, obbedienti ad un preside altero e conservatore legato ancora ad un'educazione strettamente cattolica.
Non si poteva sgarrare alle Stimate, almeno per quelli che non potevano permettersi di pagare perchè le teste giuste si girassero dal lato giusto.
Guardandosi attorno mentre tutti i ragazzi si immettevano nel corridoio rumorosamente, si poteva notare come in genere le ragazze avessero messo un po' di personalità e colore all'omologazione: una ragazzetta bassa e un po' tarchiata del terzo anno che usciva dall'aula accanto alla sua, aveva indossato delle buffe calze nere decorate con piccole stelline rosse mentre un'altra portava un paio di spillette tonde attaccate alla camicia accanto ai bottoni del colletto. Persino Laura, che camminava algida e severa davanti a lei, sotto l'orlo della camicia nascondeva una serie di risvolti per accorciare la gonna e mostrare spavalda le sue gambe magre e atletiche forgiate da anni di danza classica.
Con i Coldplay ancora nelle orecchie Alice studiò attentamente le figure che stava seguendo in silenzio. Chiara e Laura.
Le sue migliori amiche da sempre. Stava nascondendo anche a loro un segreto indicibile ma che avrebbe tanto voluto condividere per togliersi quel peso orrendo. Il senso di colpa le chiudeva lo stomaco ogni volta che era costretta a mentire per coprire le sue sparizioni, non capiva perchè ma si sentiva molto più in colpa verso di loro che non verso Edoardo, il suo ragazzo.
Era certa che Chiara si sarebbe scandalizzata e l'avrebbe sgridata come avrebbe fatto sua madre, però poi in lacrime sarebbe corsa ad abbracciarla scusandosi e provando di consolarla. Era la più dolce, materna e moralista del gruppo, fidanzata più che storica di Jack, non vedeva nessun altro uomo al mondo che non fosse lui. La sua camminata al contrario di quella di Laura, che diritta come un fuso guardava tutti dall'alto in basso, diceva tutto di lei: si guardava perennemente i piedi e sorrideva a tutti quelli che la salutavano con un paio di libri stretti sul fianco destro e i capelli castani lisci come seta che ondeggiavano armonicamente sulla schiena.
Laura, Maria Laura all'anagrafe, con i suoi capelli biondi mossi da un'onda di boccoli perfetti ad ogni ora della giornata, era il prototipo di Barbie Malibù, miscelato con due occhi nocciola, ciglia lunghe e delle curve morbide che Alice invidiava dalla scuola media. Lei ed Alice si erano odiate dal primo giorno delle elementari, due caratteri troppo forti per non scornarsi dalla mattina alla sera, ma al terzo giorno erano già migliori amiche e non si erano più separate. Chiara era quella costretta a calmare gli animi del gruppo, Laura era l'opposto: acida e caustica, aveva sempre qualcosa da dire su tutto e tutti; lei e Charlie erano la coppia più improbabile del liceo. Nessuno avrebbe mai scommesso un euro su quell'unione, invece da due anni facevano coppia fissa, e nonostante le battutine di Filo sul "Nano e la Spilungona" Charlie era il ragazzo indiscutibilmente più invidiato della scuola.
Scesero insieme alla ressa fino al piano terra e raggiunsero la mensa e assonnate come ogni sabato sedettero insieme in un tavolo vuoto non lontano da dove sedevano abitualmente i ragazzi. Anche a mensa la routine era consolidata, il gruppo dei ragazzi sedeva in un angolo privilegiato assieme al resto dei loro compagni di basket e troneggiavano sul resto degli alunni.
Nemmeno nei peggiori licei americani le gerarchie erano così consolidate.
Alice e Chiara presero i vassoi mentre Laura occupava il tavolo, la mensa non era male ma con tutto quello che aveva bevuto la sera prima tra la pasta, il polpettone e le verdure cotte la scelta ricadeva inappellabile sulla mela posata nell'angolo del vassoio.
Le chiacchiere furono poche. Chiara stava ripassando filosofia per l'ora successiva, Alice sospirava in agonia pensando al pacchetto di sigarette che l'aspettava nella tasca della gonna, mentre Laura sproloquiava da sola illustrando alle altre gli ultimi pettegolezzi sul divorzio della sua vicina di casa.
Improvvisamente il cellulare di Alice vibrò sul tavolo attirando l'attenzione di tutte e tre, Laura si allungò per tentare di prenderglielo, ma Alice fu più veloce. La guardò con aria di sfida dopo averle fatto la linguaccia poi si concentrò sull'sms appena arrivato.
"Chiudi quelle gambe altrimenti sarò costretto a saltarti addosso davanti a tutti."
Il numero non presente in rubrica finiva con 742 e tanto bastò per farle chiudere le gambe con uno scatto rumoroso sotto al tavolo.
Non aveva bisogno di andare a rileggersi il numero, solo un cretino come lui poteva mandarle un messaggio del genere a mensa. Alzò lo sguardo lentamente cercando di rimanere calma: seduto due tavoli più avanti, voltato arrogantemente nella sua direzione, stava appollaiato sullo schienale di una panca con i suoi amici e la scrutava impertinente, ignorando il fatto che il ragazzo di Alice fosse seduto al suo stesso tavolo.
Dettagli insignificanti secondo Manuel Bressan.
Alice lesse di nuovo il messaggio sconcertata poi lo cancellò alla svelta mentre Manuel continuava a fissarle le cosce con un sopracciglio alzato.
-Chi è Ali?- non si voltò nemmeno a guardare la altre due, rispose abituata ad usare la scusa di sua madre ad ogni messaggio inopportuno di Manuel.
-Mia madre che chiede delle stronzate.- ripose il telefono in tasca mentre un sorriso malizioso cominciava a farsi spazio sulle sue labbra.
Decise di stare al suo gioco.
Si sistemò sul bordo della panca, aprì le gambe verso di lui facendo scorrere più su con discrezione la gonna già corta.
Aveva impiegato l'intera estate tra la seconda e la terza per convincere sua madre ma alla fine la sua tenacia aveva vinto e segretamente era riuscita a far accorciare la parte inferiore della divisa di cinque centimetri abbondanti, l'anno dopo madre natura completò il lavoro concedendole il metro e settanta che ora sfoggiava fieramente e le gambe lunghe ereditate grazie ai geni materni.
Continuò ad ascoltare con Laura, senza particolare entusiasmo e cercando di nascondere il suo ghigno malefico dietro al collo della bottiglietta d'acqua. Si voltò ancora con discrezione fingendo di spostare il vassoio verso il tavolo dei ragazzi.
Edo e Charlie si stavano lanciando contro dei bicchieri di plastica e gli altri cercavano di ripararsi con le braccia.
Manuel invece guardava lei, sorpreso e vagamente malizioso, fingeva di deviare lo sguardo ma poi ricadeva comunque sotto al tavolo a cui sedeva Alice. Dal modo tagliente con cui la guardò quando incrociò il suo sguardo capì che non avrebbe resistito molto, e lui era capacissimo di adempiere alla minaccia del messaggio fregandosene di tutto e tutti.
Passarono solo pochi istanti e poi, soddisfatta della sua dimostrazione di potere, chiuse le gambe accavallandole e precludendogli ogni progetto bellicoso.

Durante le lezioni del pomeriggio Alice risentì molto dell'uscita della sera prima, i Martini e l'orario di rientro più vicino all'alba che al tramonto, non le avevano giovato.
Il pensiero di quella situazione inoltre le bloccò il pranzo a metà digestione. Così, dolorante e nauseata da se stessa, ignorò del tutto la lezione di filosofia concentrandosi solo sui ricordi della serata precedente.
Era stata davvero una serata del cavolo...
All'una passata si era ritrovata sola sul divano immacolato nel grande salotto di Manuel.
Jack e Chiara stavano pomiciando stretti su una poltrona poco distante da lei. Charlie, Edo, Filo e Manuel stavano giocando a poker al centro della stanza. Avevano steso la tovaglia di panno verde sul tavolo rotondo e accumulavano fiches su fiches, Alice aveva seguito la partita per un po', ma non la facevano mai giocare perchè temevano il suo cervello svelto nei conti e nelle probabilità.
Alla fine annoiata a morte si era lasciata sprofondare sul divano, come sempre Manuel stava vincendo spillando una marea di soldi a Edo. Una notte le aveva anche confessato che si divertiva particolarmente a spennare il suo ragazzo perchè era davvero negato per il bluff e smascherarlo era cosa da poco.
Non ricordava bene ogni particolare nonostante avesse smaltito in fretta quasi tutto l'alcol, ma era certa almeno della parte cruciale della nottata. Era stata una pessima, pessima idea.
-Manu posso usare il bagno?- chiese al padrone di casa con entrambe le mani sullo schienale dietro Edoardo e un sorriso innocente.
La fissò con gli occhi d'ossidiana spalancati e immobili per una frazione di secondo, poi tornò a guardare le carte e le buttò al centro del tavolo voltate: - Esco.- brontolò alzandosi con entrambe le mani sul bordo della tovaglia.
-Vieni ti faccio vedere dov'è.-
Le si rivolse come se nemmeno la conoscesse ma con lo sguardo soffocante che concedeva solo a lei.
Ovviamente sapeva benissimo da sola dove si trovasse il bagno: l'aveva usato decine di volte, ci aveva fatto la doccia con lui, si era asciugata nel suo accappatoio e usato il suo phon, aveva anche lasciato lì il suo deodorante una volta e sfogliato le sue riviste di moto.
Seguì Manuel sulla scala a chiocciola e quando furono soli nella sua stanza si lasciò cadere sul letto con la testa tra le mani.
-Sto malissimo- 
-Hai bevuto troppo?- ipotizzò Manuel in piedi di fronte a lei con le braccia incrociate sulla maglietta grigia e un sopracciglio teatralmente alzato.
Era nella stanza del suo amante mentre al piano di sotto il suo ragazzo rideva ignaro di tutto. Perché Manuel non capiva il suo senso di colpa!? Perchè era così incapace di empatizzare i sentimenti altrui?
-No. Cioè anche, ma non è questo il punto. Questa situazione mi sta facendo impazzire, non so come fare.-
Si alzò imboccando la porta del suo bagno privato.
Nonostante l'ora, l'alcol e le avances di Edo, l'immagine di se stessa allo specchio era ancora perfetta, il trucco era non si era sbavato e i capelli lisci ricadevano come seta sulle spalle. Manuel dietro di lei ghignava.
-Sono problemi tuoi lo sai.- era fermo sullo stipite della porta lo sguardo fisso sulla figura nello specchio.
-Come sei comprensivo. Grazie tante.- 
-Quante volte dovrò ripeterti che non me ne frega niente di quello che fai fuori di qui.-
Alice lo odiava in quei momenti, la costringeva sempre a scontrarsi con la realtà puramente carnale del loro rapporto, come se avesse bisogno di ricordarselo.
Alzò le spalle facendo un misero passo verso di lei.
-Credi che sia facile? Anche lui pretende la sua parte, e io non ce la faccio.-
Non lo guardava più, e non riusciva nemmeno a guardare la propria immagine riflessa nello specchio al ricordo di come Edo l'aveva toccata e baciata in macchina prima di salire.
-E' il tuo fidanzato no? E' ovvio che pretenda la sua parte.- calcava sempre quella parola con ironia le rare volte che la pronunciava. Rimaneva imperturbabile e incolore come sempre, aveva la capacità di farle saltare i nervi come nessun altro. a Manuel non importava che lei stesse tradendo il suo ragazzo, era un problema di Alice non suo.
La sua filosofia con le donne era sempre stata quel che è mio è mio e quel che è tuo anche.
-Bastardo.- sibilò tra i denti mentre si voltava pronta a continuare ad insultarlo.
Nemmeno mezzo secondo e si era avventato sulla sua bocca, e stupidamente era stata al gioco per l'ennesima volta. Non aveva protestato mentre l'afferrava per metterla seduta accanto al lavandino, ne mentre le mordeva il collo o le sfilava le calze.
Non aveva mai protestato Alice con lui.
E non faceva che rimproverarselo da quella maledetta sera di Gennaio. Ma pentirsene no: quello non l'avrebbe fatto mai.

La 'maledetta sera' fu solo l'inizio di quel guaio.
Nessuno avrebbe potuto dire con certezza se fosse stato l'alcol, la solitudine, un rapporto ormai finito o il sentirsi attratto magneticamente dalla pelle dell'altro, ma quella sera d'inverno aveva decretato l'inizio e la fine di molte cose.
Non capitava spesso che andassero in discoteca a ballare tutti insieme perchè nessuno dei ragazzi apprezzava l'ambiente. Ma il club di basket di Jack e Filo aveva organizzato una festa, così tutti si erano convinti a partecipare alla serata.
Charlie e Laura, erano scomparsi dalla circolazione subito dopo la mezzanotte, sicuramente imbucati in macchina in qualche parcheggio buio o in periferia. Chiara e Jack invece stavano avvinghiati su un divanetto in disparte, Jack con i primi bottoni della camicia saltati la ragazza invece col vestito arrotolato ben oltre le ginocchia.
Alice era rimasta sola, la sfortuna di uscire con due coppie.
Edo era a casa con la febbre.
Presa dalla compassione per i due sfilò le chiavi dell'auto dalla borsetta e scese dal tavolino su cui stava ballando. Si avvicinò agli amici impegnati in una complessa contorsione che vedeva Chiara seduta sulle ginocchia del ragazzo con le gambe intrecciate alle sue. Attirò la loro attenzione toccando la gamba a Jack e fece ciondolare le chiavi davanti alle loro teste.
-Tieni.- sorrise ammiccando verso l'uscita. -Andate pure, basta che domani me la riportiate.-
Filo si era preso la 206 nera che condividevano i fratelli per "accompagnare a casa" una moretta che aveva conosciuto quella sera, costringendo il fratello minore ad elemosinare un passaggio da Alice.
-Sicura?-
-Sì andate su.- rassicurò Chiara con una pacca sul sedere.
-Grazie ti adoro- 
-Tu come torni?- intervenne Jack preoccupato tenendo la sua fidanzata per la vita.
-Torno con il Vigna o con Paul, o magari mi trovo qualcuno che mi accompagni- gli fece l'occhiolino sogghignando.
Quando le due chiome scure scomparvero dalla sua vista tra la folla dopo averla salutata e ringraziata calorosamente, Alice si avviò verso il bar. Sapeva dall'inizio che sarebbe finita così: loro avvinghiate saldamente al braccio dei loro fidanzati e lei a bere su uno sgabello da sola.
-Martini ghiaccio e limone, grazie.- disse al barista allungandogli la tessera mezza consumata, quello annuì e in pochi secondi il bicchiere comparve davanti a lei.
Finì il drink in tre sorsi e decise di tornare a ballare per tentare di scorgere qualcuno degli altri che potesse accompagnarla a casa.
La folla la opprimeva e detestava doversi schiacciare contro corpi sudati e appiccicosi per ballare, cercò un tavolino libero e salì facendosi aiutare dal ragazzo carino con cui stava ballando liquidandolo subito dopo. Rimase lassù tranquilla a scrutare tra le luci la massa di persone che si muoveva tutta alla stesso ritmo e lasciò che la musica e il Martini la cullassero.
Dopo una ventina di minuti i piedi cominciavano a dolerle scese per prendersi qualcosa da bere e trovare un angolo per sedersi per continuare a perlustrare il locale in cerca del Vigna o magari di Pasini.
Stava appoggiata al bancone con i gomiti in attesa dell'ennesimo cocktail quando, vagando con lo sguardo tra la gente, vide lui.
Non lo riconobbe subito.
Stanca e con la mente offuscata non riuscì ad associare quel volto conosciuto a nessun nome.
Indossava una felpa nera col cappuccio e un giubbotto di pelle nero, doveva essere appena arrivato perchè se ne stava con le spalle appoggiate al muro proprio accanto all'ingresso e sorseggiava una birra squadrando scettico una ragazzina che agitava le sue grazie davanti a lui.
I loro sguardi si incrociarono un attimo tra la folla che si muoveva davanti al bar, ma bastò ad entrambi per riconoscersi.
Alice lo scrutò a lungo ignorando le comuni regole dell'educazione, studiando ogni dettaglio che poteva cogliere a distanza: che fosse alto ben più di lei già lo sapeva, non poteva capire col giubbotto quanto fosse muscoloso ma aveva le spalle larghe e i fianchi sottili come un nuotatore, occhi scuri e capelli neri come la pece. I lineamenti regolari e marcatamente maschili.
Quando il suo drink arrivò ne bevve solo due sorsi abbandonandolo poi sul primo tavolino basso.
Lui alzò lo sguardo oltre la moretta che gli ballava davanti e la squadrò dall'alto in basso un paio di volte mentre gli si avvicinava. Alice era decisamente appariscente, con quel vestito nero cortissimo e senza spalline e le scarpe col tacco rosso.
Non si poteva non guardarla a bocca aperta.
Era certa di aver già visto da qualche parte quel bel ragazzo, quel broncio da ragazzo ribelle e il fisico asciutto, non ci si scordava facilmente di uno così. Forse era uno delle Stimate, ma non ne ricordava il nome.
Arrivò da lui ancheggiando sui tacchi e catturò tutta la sua attenzione.
-Ci conosciamo vero?- 
-Potrebbe essere.- rispose allusivo senza smettere di guardarla.
Per un momento, solo un momento, Alice si perse a fissare quella mascella definita e scurita da una punta di barba, i capelli scompigliati e gli occhi scuri che la fissavano senza alcuna inclinazione. Sembrava non vedesse solo i capelli rossi il trucco e le lentiggini, come se le guardasse direttamente le viscere, era asfissiante essere sotto quello sguardo. E da quello lo riconobbe.
-Ma sei Manuel? Lo stronzetto amico di Jack.- esclamò improvvisamente illuminata, pentendosi l'attimo dopo.
Aveva sentito alcune storie su di lui, sulle sue frequentazioni con quello schifoso di Cherubini e ricordava che lui e Jack qualche anno prima avevano giocato assieme.
-Brava indovinato.- rise della sua sfacciataggine e finì per guardare la linea profonda nella sua scollatura.
Seguendo il suo sguardo malizioso sorrise anche lei: non era certo uno che perdeva tempo in stupidi giochi di chiacchiere e seduzione. Uno sguardo e le aveva già detto tutto ciò che avrebbe voluto sentirsi dire da un uomo.
Il modo bramoso con cui la guardava negli occhi era indefinibile, aveva le sopracciglia folte e ogni loro movimento era una parola che lui non diceva. Nessuno l'aveva mai guardata così. Nemmeno Edo l'unico ragazzo che avesse mai amato.
Manuel indovinò quanto fosse alticcia vedendola barcollare leggermente e tenersi in equilibrio con una mano contro al muro.
-Ti va di ballare un po'?- chiese senza indugi passandogli un dito sulla cucitura del giubbotto.
Finì la birra con una breve sorsata e si fece condurre in pista.
Si confusero tra la folla e si fermarono al centro del locale dove il soffitto era più basso e coperto di specchi.
Alice audacemente lo prese per mano per avvicinarlo a sé e gli passò le braccia attorno al collo; cominciò a dondolarsi contro di lui piegando un angolo della bocca verso l'alto. Più lo guardava, più i suoi occhi sembravano scurirsi, non distingueva iride e pupilla, era ammaliata da quello sguardo altero ma allo stesso tempo caldo e avvolgente come il velluto più scuro, non riusciva a smettere di fissarlo.
All'inizio lo sentì muoversi un po' impacciato contro di lei, poi prese il ritmo e divenne più disinvolto. Così bello e sicuro di sè da non smettere di guardarla negli occhi nemmeno un istante; non era paragonabile alla massa di ragazzi insipidi che ciondolavano attorno a loro.
Il piglio autoritario con cui la strinse in vita quando un altro ragazzo le finì addosso la fece sussultare. Finì contro il suo petto e l'avvolse un senso di protezione che non aveva mai conosciuto; aveva mani grandi che le avvolgevano quasi completamente la vita minuta e le sentiva correre sul vestito e sulla schiena nuda senza paura.
Cominciò ad avvicinarsi sempre più al suo volto, appoggiandosi prima al collo per proseguire poi fino alla guancia, sperando che lui cogliesse lo spunto per baciarla.
Ma non lo fece.
Stordito per la prima volta dalla sua vita da una ragazza: era bellissima, bianca come la neve con due occhi grandi e puliti che lo fissavano maliziosi. Sentiva il suo profumo inebriarlo. I capelli, le labbra, la pelle, le spalle le braccia sottili, tutto era assurdamente perfetto in lei.
Si era avvicinata sempre più e aveva capito che stava aspettando solo un suo bacio, ma non voleva accontentarla ancora per divertirsi un po' a prenderla in giro e tentare di scacciare quello strano stordimento. In fondo non poteva essere diversa dalle altre.
-Che fai Alice Aroldi, ci provi con me?- le sussurrò in un orecchio per sovrastare la musica altissima.
Quando la guardò di nuovo si stava mordendo il labbro con gli incisivi osservandolo dal basso. Era bella da mangiarsela.
-Anche se fosse?- 
Manuel non si aspettava certo una risposta così, pensava di indispettirla non di provocarla.
Inclinò un angolo della bocca in un sorriso furbo avvicinandosi di nuovo al suo orecchio: -Andiamo via di qui.-
Lei annuì e cercò la sua mano per essere guidata.
Presero la borsetta e il cappotto di Alice dal guardaroba. Risero insieme quando svuotò la sua pochette sul tavolo dell'ingresso alla ricerca di spiccioli e alla fine fu Manuel a pagare per lei. Non era molto stabile sui quei tacchi altissimi, e fuori dalla folla, dove non aveva altro appiglio che lui, la sua instabilità si fece molto più marcata.
Manuel rideva vedendola inciampare nei sassi del parcheggio e imprecare contro una pozzanghera mentre si sistemava i capelli dietro alle orecchie. Notò un braccialetto argentato al suo polso ossuto, era quello di Tiffany che piaceva tanto alle ragazze in quel periodo. Ne studiò l'abbigliamento attentamente, dalle scarpe alte bordate di rosso al cappotto di panno nero coi bottoni dorati, doveva essere tutto firmato e probabilmente usato meno di due volte. Rientrava in pieno nella categoria di ragazze che adorava prendere in giro, petulanti ragazzine figlie di papà convinte di poter giocare alle brava ragazze di giorno e strafarsi la notte. Illuse di poter avere tutti ai loro piedi grazie al potere della Visa che tenevano nel portafoglio. Ne aveva viste tante, ed erano le sue preferite. 
Quando lui si fermò davanti alla moto estraendo le chiavi dalla tasca dei jeans, Alice si bloccò guardandolo storto.
-Mai salita su una moto?- domandò divertito mentre slacciava il suo casco dal lato sinistro della Honda nera e argentata.
Alice scosse il capo titubante strappandogli una risata derisoria.
-C'è una prima volta per tutto. Metti questo!- le ordinò allungandole in casco di riserva che allacciò con qualche difficoltà.
Manuel si piazzò in sella e impacciata seguì le sue istruzioni per montare dietro di lui. Le sue gambe bianche e sottili facevano quasi luce sotto i fari chiari del parcheggio, sarebbe dovuto andare piano altrimenti si sarebbe congelata con quel fazzoletto di vestito.
-Hai fame?-
-Sì.- brontolò lei tentando di abbassare il più possibile il bordo del vestito.
-Attaccati a me.- ordinò Manuel accendendo il motore che ruggì sotto le gambe di Alice.
Guidò per una decina di minuti con le dita sottili e fredde di Alice attaccate alla felpa sotto al giubbotto. Ogni volta che si fermava ad un semaforo o rallentava la sentiva accarezzargli curiosa gli addominali. Non aveva mai guidato così piano, a quell'ora di notte di solito poteva scatenare tutti i cavalli della sua Honda, così invece impiegò molto più tempo per raggiungere il forno dove andava con Filo a strafogarsi di pizza.
Scesero insieme davanti all'unica vetrina accesa del quartiere e Alice prese un cornetto alla crema ciascuno mentre Manuel l'aspettava fuori fumandosi una sigaretta.
Lui mangiò in silenzio col culo appoggiato alla moto, lei invece rideva, saltellava e parlava in continuazione.
Però guardarla lo divertiva: continuava a inciampare dappertutto borbottando tra se imprecazioni incomprensibili contro un certo Serio Rossi, gli raccontò di quanto la sua amica Cici amasse Jack e viceversa. Diceva che era così che doveva essere, ma Manuel non capiva di cosa parlasse.
Finito il cornetto le offrì una sigaretta e la fissò col solito sguardo insondabile: -Devo riportarti a casa?- le chiese.
Alice andò nel panico. Non voleva andare a casa, stava bene con lui e non voleva che la serata finisse. Non voleva smettere di sentirsi quegli occhi addosso.
-No.- colse una nota di ritrovata coscienza nella voce: -Non voglio andare a casa.-
In piedi davanti a lui con le dita strette sul bordo della giacca e le ginocchia tremanti per il freddo, lo guardava fisso con un'espressione strana, sembrava quasi che lo stesse implorando di tenerla con se per un motivo a lui sconosciuto. Una bambina che faceva i capricci o una donna spaventata? Non riusciva a collocarla in nessuna categoria.
Non rispose, le passò solo il casco con un mezzo sorriso, lo prese tra le mani ringraziandolo sottovoce.
Era ancora pieno inverno e in moto faceva un freddo cane anche per Manuel, ma lei non aprì bocca ne si lamentò in alcun modo. Attese pazientemente rannicchiata contro la sua schiena con la pelle d'oca sulle cosce, finchè dopo una curva stretta Manuel non rallentò bruscamente per infilarsi in un cortile interno.
Alice scese e non fece domande. L'attese davanti al gradino del portone principale mentre Manuel parcheggiava con calma la moto vicino al muro del palazzo alto e maestoso in San Zeno.
In ascensore evitò di fissarlo imbarazzata. Giocherellava con le chiavi della moto comodamente stravaccato nell'angolo opposto alla pulsantiera mentre Alice di fronte a lui si teneva in equilibrio sui tacchi alti, non sapendo bene cosa l'avesse condotta fino a quel punto.
Non voleva ammettere a se stessa che non vedeva l'ora di provarci lui, e che le piaceva quella sensazione di novità, quelle farfalle nello stomaco. Non voleva pensare al fatto che stava salendo in casa di uno degli amici del suo ragazzo con il chiaro intento di tradirlo e non aveva nessun rimorso.
Manuel non capiva bene cosa lei cercasse. Sapeva che lei stava con Edoardo e la cosa non gli importava poi molto, la scelta era di Alice, lui da uomo aveva degli istinti che lei aveva risvegliato con un solo sguardo. Le porte si aprirono con il classico scampanellio delicato, sfilò la mano dalla tasca del giubbotto e aprì la porta.
-Vivi da solo?- chiese stupita dalla tranquillità con cui entrò a notte inoltrata accendendo qualche luce e senza preoccuparsi di non fare rumore.
-Con mio padre, ma non c'è.-
Le prese il casco di mano e li poggiò entrambi su un mobiletto all'ingresso: -Vieni.-
La guidò lungo un corridoio fino ad una scala a chiocciola, salì dietro di lui senza guardarsi attorno.
Arrivarono in una stanza da letto, ma non si soffermò nemmeno un momento ad osservarla. Gettò borsetta e giacca su una poltrona imitandolo e si ritrovò in piedi nella semioscurità davanti a lui. Senza pensarci troppo annullò le distanze portandogli le braccia attorno al collo cercando ancora i suoi occhi.
Anche lui guardò ancora un momento prima di avvicinarsi e tutto ciò che avevano trattenuto fino a quel momento esplose. Le labbra di Manuel finalmente assaporarono quelle di lei, cominciò a baciarla lentamente e si sorprese per la velocità con cui si adattarono subito l'una all'altro. Non ci fu timore ne imbarazzo come di solito accadeva nei primi baci, fu automatico e naturale come respirare, come se non avessero fatto altro tutta la vita. Spinto da quell'intesa cominciò ad accarezzarle la schiena e i fianchi sopra la stoffa cangiante del vestito.
-As.. Aspetta.- annaspò senza fiato scossa dai suoi baci sul collo.
Si abbassò da un lato e tolse le scarpe che la stavano torturando con un gemito di piacere. Quando si rialzò era visibilmente più bassa, e Manuel non potè che sorridere ritrovandosi tra le braccia una ragazza che gli arrivava appena al naso. Poi si abbassò un po' su di lei e riprese da dove l'aveva interrotto.
Quelle carezze la infiammarono più di tutto l'alcol che le scorreva nelle vene, le piaceva il modo in cui la esplorava e cominciò anche lei a sfilargli felpa e maglietta dai pantaloni. Quando si trovò faccia a faccia col suo torace scolpito le mancò l'ossigeno per un attimo, annaspò e perse ogni freno inibitore. Era bello come un dio greco.
Alice si scostò ancora una volta quando lo sentì cominciare a lottare contro la zip del vestito sul suo fianco, guardandolo maliziosa scivolò con le mani fino al bordo inferiore e lo sfilò con facilità rimanendo in biancheria. Non era mai stata così audace con Edoardo, ma Manuel aveva un tocco capace d'incendiarla. Così senza aspettare si adoperò per slacciargli la cintura e i jeans scuri, aiutandolo poi a liberarsi le gambe. Manuel si fece spogliare docilmente poi senza dire nulla la issò da terra passandole le mani dietro alle cosce per poggiarla sul letto sotto di loro. Poi finalmente si guardarono di nuovo negli occhi.
Lì la vide di nuovo: quella bramosia nascosta tra le pieghe di velluto nero del suo sguardo.
Pur di aver quello sguardo su di se avrebbe anche potuto implorarlo di guardarla.
Si gettò di nuovo a lambire il collo con le labbra per poi scendere e dedicarsi al resto del corpo.
In quel momento, con i capelli di Manuel che le accarezzavano in ventre e le sue labbra che percorrevano la linea del suo fianco, le vennero in mente Edo, Matteo e Gianpaolo, gli unici tre ragazzi con cui si era trovata nuda in un letto. Nessuno mai l'aveva trattata con quella sicurezza, il sesso per lei era sempre stato un buffo scambio di effusioni, contorto e imbarazzato.
Ricordò Gianpaolo l'estate precedente, che non era nemmeno riuscito a slacciarle il costume da solo, e Matteo, altra avventura estiva, che era stato così veloce a spogliarla e ad infilarsi tra le sue gambe che Alice non si era quasi accorta di nulla. E poi Edoardo con la sua morbosa possessività, diversa da quella di Manuel, meno nascosta, e le proposte assurde a cui lei non aveva mai acconsentito.
Manuel era tutto un altro mondo. Con lui non si preoccupò della luce accesa o dei vicini che potevano sentirli, non si preoccupò di avere la biancheria giusta o di trattenere i suoi gemiti, non ebbe paura di mostrare le lentiggini che le decoravano il corpo o le smagliature sui fianchi. Non ebbe paura di guardarlo negli occhi o chiedergli di più.
Le disse di gridare e lei lo fece, le impose di sciogliersi e lo fece, le disse come muoversi e obbedì.
Dopo un numero infinito di gemiti e sospiri umidi, Manuel allungò una mano verso il cassetto del comodino e prese un preservativo da una scatoletta azzurra. Si mise nudo in ginocchio tra le lenzuola alla mercè dello sguardo imbarazzo della ragazza, infilò il preservativo lanciando via la confezione e si chinò a baciarla di nuovo con un trasporto che le faceva girare la testa.
Ciò che era accaduto dopo era un segreto che Alice custodiva gelosamente nell'anima.
La mattina dopo si era svegliata poco dopo l'alba e si era rivestita in silenzio mentre Manuel dormiva ancora.
Non era mai stata così bene con nessuno. Sebbene avesse con Edo una confidenza ormai di anni, non riusciva a scollarsi dalla mente i baci dell'altro e la fermezza con cui le stringeva i fianchi. Gli aveva lasciato solo un biglietto sul comodino.
"Grazie mille per la serata. Ci vediamo a scuola. A."
La tentazione di lasciargli anche il suo numero era stata forte ma il senso di colpa aveva vinto sui ricordi della nottata meravigliosa.
Il lunedì dopo a scuola lo aveva evitato accuratamente per tutta la mattinata, poi a mensa, quando si era resa conto che nulla era cambiato e che lui la guardava con lo stesso sguardo incolore e altezzoso che riservava al resto del mondo, tirò un sospirò di sollievo convinta di poter chiudere quella notte in uno dei cassetti segreti più nascosti della sua memoria.

Passarono le settimane e Edo era guarito dall'influenza, ma Alice non era ancora riuscita a gettare la chiave di quel cassetto. Ad ogni bacio di Edo rimpiangeva le labbra dell'altro, ad ogni sguardo sostituiva due profonde perle nere agli occhi color cioccolato del suo ragazzo.
Ma se la follia di una notte non poteva incasinarle troppo la vita, due settimane dopo iniziarono davvero i suoi guai.
Era il weekend di san Valentino e per festeggiare il Vigna, nato il giorno di san Faustino, il gruppo si era riunito a cena in una trattoria fuori città; dopo il dolce, il caffè e svariati bicchieri di grappa la compagnia aveva deciso di separarsi.
Edo e il resto degli Afterblack voleva raggiungere una festa in un paese poco lontano mentre gli altri preferivano tornare in città. Come accadeva sempre più spesso Alice ed il suo ragazzo litigarono animatamente sotto lo sguardo rassegnato degli amici: Alice rivendicava la sua indipendenza da un Edoardo aggressivo che non voleva che lei uscisse sola senza di lui.
Rispettando un copione sempre più consumato, dopo qualche minuto cominciarono ad insultarsi ed si allontanarono entrambi su corsie opposte della statale.
Manuel come tutti aveva assistito alla scena in silenzio seguendo con lo sguardo la figura di Alice che saliva in auto con le lacrime agli occhi e spariva a tutta velocità verso Bussolengo.
-Me ne vado.- aveva annunciato agli amici pochi minuti dopo, mentre tutti decidevano che fare e lui aveva il casco già in testa.
Prese la stessa direzione di Alice rallentando davanti al luogo dove era certo di trovare la ragazza: al primo distributore di sigarette. L'aveva trovata che guardava la campagna con una sigaretta tra le dita e le guance rigate di nero. Come da lì avessero raggiunto una stradina di sterrata buia e desolata non lontano da San Massimo, non lo ricordava bene nemmeno Alice.
Ma tra i ricordi nebulosi di lacrime asciugate in un secondo, sorrisi maliziosi e finestrini appannati, una frase riecheggiava nei suoi ricordi dopo che una voce roca e eccitata l'aveva sussurrata al suo orecchio.
-Impazzirò per colpa tua Alice Aroldi... -
Là era cominciato in gioco di fughe improvvise, bugie campate in aria e nascondini notturni.
Alice sapeva delle serate del Manuel con qualche altra ragazzina. Aveva provato una volta a fare un po' la gelosa, ma era solo tempo sprecato con lui. Ogni volta le diceva che non erano affari suoi, oppure la liquidava sbattendole in faccia la verità e raccontandole pure i dettagli.
-Con chi sei uscito ieri sera?-
-Non sono affari tuoi.- era la sua risposta standard.
-Te la sei scopata?- sibilò fredda e indignata. Per cosa non lo sapeva nemmeno lei, non aveva alcun diritto di replicare.
La guardò dritta negli occhi prima di rispondere: -Sì.-
-Pensavo di bastarti io? Non sono più all'altezza?-
-Ma che vuoi? Mi sembra che tu debba solo tacere: non dirmi che non la dai più a quel pirla di Edo!?-
Quella volta Alice non rispose più e non fece più domande.
Da quella notte erano passati quasi due mesi e molte altre l'avevano seguita. Alice si era rintanata nella menzogna, nessuno sapeva, e nessuno avrebbe dovuto sapere che stava tradendo il suo fidanzato con il peggior stronzo della storia.



















Spazio Autrice:

Non so se avete notato che oggi è mercoledì...
ho aggiornato in anticipo!!
contente??
Questa lieta novella è dovuta al mio stato di disperazione compulsiva
per due avvenimenti atroci:
1- il mio hard disk esterno è caduto ed è morto..
solo che dentro aveva tutta la mia vita in pratica
musica...
foto...
slides delle lezioni..
e sopratutto...
tutto ciò che avevo scritto in tre anni

(silenzio in contemplazione del danno fisico e morale)

Non dico nulla perchè non ci sono parole per il mio stato d'animo
almeno ho recuperato questa storia con un bel copia incolla da efp..

2- le mie vacanze stanno per finire, un tragico matrimonio a cui non vorrei ma devo partecipare
incombe come una spada di Damocle sulla mia testa, e il mio splendido fidanzato si è messo in testa
l'idea balzana di mettermi a dieta!!!

Disperazione in ogni cellula del mio corpo..
solo il mio immortale lettore mp3 mi consola!!!

Detto questo smetto di logorarvi con le mie vicende personali e torno ad Alice e Manuel
che ne dite? vi piace la nuova versione mi pare,
no?
Lo so il capitolo è un papiro, ma era necessario per farvi capire un po' di cose...
Non dirò nulla sulla competition sulla città perchè solo una persona ha tentato la sorte
quindi aspetto le opinioni di altri per svelarvi il verdetto!!!
ahahahahaha
...crudele...

ora mi accingo a rispondere a tutte le recensioni in ordine...ehm sparso!!!

Sbruby: seee prima che le cose si aggiustino ne passerà di acqua sotto i ponti!! quei due sono un caso disperato di orgoglio e presunzione,
mi fa piacere che la fic ti piaccia, e grazie del complimento, sentirsi dire che è ben scritta fa sempre un piacere immenso!!
Ozz: ora hai nuovi indizi lanciati nella geografia e spara un ipotesi, ormai è facilissimo!!!
Amylee: ho letto Naoki, la prima cosa che vorrei consigliarti è di usare nvu come programma di scrittura perchè l'html è un po' incasinato,
secondo: aggiusta i verbi e cerca di ambientare un po' meglio la storia ci sono cose un po' inverosimili per un paese come il giappone
per il resto non saprei cosa dirti a parte il fatto che non ho mai veramente creduto alla sindrome di Stoccolma ma che in generale la fic mi piace!!!
Crusade: quale intendi per il capitolo in cui si dichiara? se mi dici in numero in base all'altra storia vedrò che posso fare, anche se in generale
la storia rimarrà la stessa
Lady Jane: giuro che ho pianto quando ho letto la rece (..il che considerando quante volte piango alla settimana potrebbe essere sottovalutato...) ma la rece mi ha commossa davvero..
Sulla città mantengo mi appello al quinto emendamento e non dico nulla, ma ti assicuro che non cambierò quel capitolo perchè è una delle mie scene preferite, anzi è probabile che gli dia anche più spazio!!
Spero di continuare a trovare le tue recensioni perchè mi confortano un sacco, grazie di tutto. 1bacio.
RBAA: olà carissima, ci si rivede!! attendi attendi che se ne vedranno delle belle...
Morgana 92: se hai adorato la vecchia...questa l'amerai!!!     o almeno spero....
Anthy: eh lo so lo so, è una faticaccia, ma in realtà mi fa piacere perchè ho la possibilità di correggermi e trovare nuovi spunti!!
Grazie mille della rece! Si concordo Manuel spesso non merita nemmeno il mio bene!!
Annalisa70: solo una cosa: è solo grazie alla tua mail se mi sono decisa a rimettermi al lavoro..
quindi prenditi pure tutto il merito, ne hai il diritto!!



Grazie a tutti i Preferiti-Seguite
E mi raccomando:
recensite recensite recensite!!

1bacio. Vale

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Capitolo 4
*** 4 ***


4





-Relazione Clandestina-









4






Il problema più grosso dell'intera faccenda non era il tradimento in se, ma ciò che era cominciato due settimane dopo il compleanno del Vigna.

La seconda volta era stata scomoda, imbarazzante e intrisa di umidità sul sedile del passeggero della Micra di Alice, perchè se la prima volta era stata incoraggiata dall'alcol e subito dopo si era addormentata senza dover affrontare la realtà di ciò che era successo, in auto non era potuta scappare da nessuna parte, sopratutto nuda e con Manuel comodamente spalmato sullo stomaco; sfortunatamente però era stata anche meglio della prima.
E così altri incontri, decisamente meno casuali avevano seguito quella serata.
Sempre in macchina o a casa di Manuel, quando suo padre era fuori città, gli bastava uno sguardo ormai per comunicare con lei ed in un attimo un mal di testa lancinante la costringeva a lasciare amici e fidanzato per ritirarsi in casa/vedersi con il suo amante.
E ogni volta, quando -davvero- tornava a casa si tormentava per ore, spesso fino all'alba, nel letto domandandosi quale cavolo di strana vocazione al sadismo la convinceva a seguirlo fino alla sua stanza e sprofondare con lui nel piumone. Ma non riusciva mai a trovare una risposta. Mai.
La svolta cruciale avvenne appunto più di due settimane dopo san Valentino: Alice non aveva nessuna voglia di uscire quel mercoledì sera, sua madre aveva accompagnato suo padre ad un convegno a Milano e si sarebbero fermati là per la notte, quindi aveva la casa tutta per se ed era ben decisa a rilassarsi davanti ad un bel film e recuperare tutte le ore di sonno che aveva perso per colpa di Manuel.
Però a metà pomeriggio, grazie ad un messaggino dal solito numero estraneo alla rubrica, scoprì che anche il padre di Manuel era fuori città, a Treviso, e ci sarebbe rimasto per tutto il weekend, e il suo programma di relax e recupero del sonno svanì misteriosamente; così si truccò e si preparò alla perfezione infilando nella borsa anche il kit di emergenza per serate come quella, ovvero quando non sapeva per certo dove o con chi avrebbe dormito.
Il gruppo era riunito al Bluemoon, tanto per non perdere le vecchie abitudini, e quando Alice li raggiunse alle dieci passate Manuel non era ancora tra loro.
Le sue speranze di una serata tranquilla con lui senza l'incubo del coprifuoco scemarono lentamente quando non lo vide arrivare nemmeno assieme a Filo -il ritardatario per eccellenza assieme a lei-.
Dopo una serie infinita di chiacchiere inutili, l'analcolicissima acqua tonica nel suo bicchiere sembrava guardarla con aria di scherno e Alice la fissava inerme, tanto che persino il barista vedendola in quello stato aggiunse due dita di gin nel bicchiere senza che lei aprisse bocca.
-abbiamo perso il Bressan stasera?- provò a buttare lì scherzosamente in mezzo alla conversazione per cercare di carpire qualche informazione dai suoi amici, ma lì per lì nessuno rispose, il che preoccupò alquanto Alice che già si figurava in mente scenari atroci di incidenti stradali mortali.
Solo Jack dopo qualche secondo vedendola accigliata si degnò di rispondere.
-dovrebbe arrivare tra poco, quel bastardo, è andato a Palazzo e non ci ha detto niente!!-
Impiegò qualche minuto ad analizzare e tradurre la frase in senso compiuto; perchè, certo Jack era gentile e simpatico, ma troglodita tanto quanto suo fratello!!
Evidentemente Manuel aveva trovato un biglietto per quella che doveva essere una partita di basket interessante e non aveva detto nulla ai suoi amici, provocando l'indignazione generale.
Ma la parte saliente della frase per lei era un'altra: 'dovrebbe raggiungerci tra poco' risuonò al suo orecchio come l'annuncio di una mega svendita di Gucci, e si ritrovò a pensare che forse per quel mercoledì sera c'era ancora qualche speranza di finire con il ragazzo giusto.
In effetti Manuel li raggiunse una mezzora più tardi, e subito venne investito da una catena di cori infamanti guidati da Filo, mentre Edo e il Vigna sparivano alla svelta dalla circolazione dopo una telefonata concitata del primo.
Alice distratta dall'arrivo di Manuel che si era accomodato proprio di fronte a lei e al suo gin-tonic, liquidò il fidanzato con un bacio a stampo e un rimprovero frettoloso per il fatto che non l'avrebbe accompagnata a casa per l'ennesima volta.
Chiara e sopratutto Laura la guardarono allibite, non era da Alice lasciar correre una fuga così misteriosa si erano abituate a litigate furibonde e scene di gelosia inverosimili in momenti come quello, invece niente: ne un urlo ne un insulto; intanto una serie di scimmiette in uniforme rossa e ora stava suonando un'allegra fanfara di vittoria nella sua mente.
Quella volta fu lei a prendere l'iniziativa e dopo quasi un'ora di discorsi su tiri liberi, falli, schiacciate e occhiatacce malinterpretate prese il cellulare dalla borsa rabbiosamente e scrisse  un messaggio meno esplicito possibile nel caso Jack avesse deciso di curiosare: "ci defiliamo?"
Manuel lo lesse tenendo il cellulare sotto il tavolo e non si curò nemmeno di risponderle, continuò semplicemente a parlare con Jack e gli altri della partita -che per quanto aveva capito Alice, era stata meravigliosa- finchè, un attimo prima che lei se ne andasse incazzata, senza troppe cerimonie si alzò, salutò in gruppo con il chiodo su una spalla e si allontanò per salutare altri due ragazzi al banco del bar.
-credo che me ne andrò anch'io- mugugnò Alice dopo averlo visto uscire, simulando il miglior tono afflitto che avesse mai prodotto.
-non stai bene?- le chiese Chiara perplessa seguendone i movimenti con gli occhi
-nah, solo stanca e poi i miei non ci sono e se non vado a letto presto non ho nessuno che mi svegli domattina!!-
Aveva già lasciato i soldi per la sua acqua tonica sul tavolo e agguantato la borsa alla ricerca delle chiavi della macchina quando Laura rischiò di rovinarle la perfezione del momento e sopratutto di farle saltare la copertura.
-perchè non vieni a dormire da me? mio fratello è via hai il suo letto tutto per te, poi domattina ti presto una mia divisa e andiamo in macchina assieme!??-
I battiti cominciarono ad aumentarle quando Laura la inchiodò alla sedia con il suo sguardo inquisitore, le sudavano le mani e il cervello non riusciva ad elaborare una risposta plausibile.
Stava andando nel panico perchè in effetti non aveva una scusa plausibile per risponderle.
-lasciala stare! non vedi che occhiaie che ha?!? se viene a dormire da te starete tutte la notte a parlare di creme e cerette...lascia che vada a casa sua a riposarsi no?-
Charlie l'aveva salvata.
Certo con quell'intrusione aveva innescato un bel battibecco con la sua ragazza ma Alice era corta che sarebbe riuscito a cavarsela e poi la furia indispettita di Laura coprì alla perfezione la sua fuga silenziosa.
Prima o poi l'avrebbe ringraziato.
Nel parcheggio Manuel le ordinò di seguirlo con un semplice gesto del capo e in meno di un quarto d'ora furono casa sua. Alice parcheggiò l'auto al posto del suv del signor Bressan e stacchettando per tutto il cortile, raggiunse il ragazzo che l'aspettava davanti al portone con l'ombra di un sorriso sulle labbra. Gongolò tra se davanti all'ascensore mentre attendevano in silenzio che le porte si aprissero.
Manuel era di buon umore e questo metteva di buon umore anche lei.
-non sapevo che saresti andato a palazzo...-
Spezzò il silenzio Alice per prima all'altezza del terzo piano, ma lui smorzò subito il suo entusiasmo rifilandole un occhiata che non lasciava spazio ad interpretazioni: 'cosa ti fa pensare che avresti dovuto saperlo?' le stavano dicendo quelle sopracciglia aggrottate e lo sguardo severo.
-divertito?- chiese dopo qualche secondo sorridendogli allegramente cercando di salvare il suo buonumore
Non rispose subito, sembrò pensarci per qualche minuto, tanto che Alice confusa cominciò a chiedersi se non avesse sbagliato domanda: non c'era poi molto da riflettere su una domanda così, generalmente una persona sa quando si diverte o no...
-abbastanza- mormorò infine senza guardarla pochi istanti prima che l'ascensore rallentasse e le porte si aprissero davanti a loro.
Alice si maledisse per come aveva cominciato la conversazione perchè probabilmente aveva incrinato l'equilibrio già precario che si era instaurato quella sera e quindi dopo sarebbe stato intrattabile.
Non sbuffò come avrebbe fatto con Edoardo davanti ad una risposta del genere, ne si scompose trattenendo un barlume di speranza dentro sé mentre lo seguiva nell'oscurità dell'appartamento 7b all'ultimo piano di via Uberti.
Manuel non accese le luci -cosa insolita- abbandonò il casco all'ingresso e lasciò ad Alice il compito di chiudere il portone, tutto ciò la incupì sempre più e si diresse spedita lungo il corridoio completamente buio che conduceva alla scala.
Una mano forte sbucò improvvisa dall'oscurità dopo i primi due passi e afferrandole un polso la trascinò contro il muro in un bacio che aveva il sapore di una boccata dopo una lunga apnea.
E arrivare al letto baciandosi e togliendosi i vestiti non fu affatto facile, sopratutto sulla scala a chiocciola, ma quella frenesia aveva colto Alice talmente di sorpresa che aveva paura di spegnerla non assecondandolo, per questo gli stivali la giacca e il vestito rimasero al piano di sotto, insieme alle dunk e alla maglietta azzurra di Manuel.
Ma se il prima l'aveva lasciata sorpresa, ciò che avvenne dopo distrusse inevitabilmente tutte le sue certezze del suo piccolo mondo.
Manuel era in bagno, e solo la luce da quella porta aperta  illuminava la stanza di un chiarore azzurrognolo mentre l'orologio segnava le due e un quarto. Lei seguiva ogni suo movimento avvolta nel piumone bianco: il letto era sfatto, un cuscino a terra e l'altro sotto la pancia della ragazza, i vestiti sparsi da lì fino al piano inferiore e un paio di boxer giaceva inerme sul comodino.
-hai le sigarette?- le domandò Manuel di ritorno dal bagno, nudo e vagamente meno imbronciato del solito.
Sfilò un braccio dal suo bozzolo di coperte indicandogli la borsa cacciata a terra in un angolo e misteriosamente arrivata al piano di sopra, Manuel l'afferrò con malgrazia posandola sulle ginocchia di lei e con entrambe le mani si tuffò nella ricerca.
-ma quanta cazzo di roba ti porti dietro?- brontolò stizzito dalla ricerca infruttuosa guadagnandosi uno sbuffo annoiato di Alice abituata a certe affermazioni da anni.
Finalmente le Winston Blu apparvero tra il portafoglio e una scatola di Vigorsol, Manuel si sedette sul bordo del letto vicino a lei e guardandosi attorno si infilò una sigaretta tra le labbra sottili. Alice vedendolo concentrato nella semioscurità attorno a loro intuì cosa stava cercando e afferrò l'accendino dal comodino opposto senza fare domande.
Se ne impossessò in silenzio Manuel, e non la ringraziò nemmeno quando con due dita recuperò i suoi boxer posandoglieli su una coscia.
La borsa di Marc Jacobs tornò a terra con un tonfo sordo, fosse stato per lui poteva anche finire fuori dalla finestra, ma Alice, prevedendo questa mossa, si occupò personalmente di levarla dal letto mentre lui prendeva posto lì accanto dal suo lato del letto.
Fumava spesso a letto, era la sua camera, suo padre non gli diceva nulla e quindi faceva ciò che voleva indisturbato, ma Alice non poteva sopportarlo e ogni volta afferrava il telecomando della velux sul soffitto e l'apriva completamente sebbene fossero in pieno inverno.
Quella volta però il telecomando era davvero troppo lontano e lei davvero troppo stanca.
Manuel attese una sua mossa per un po' seduto con le spalle appoggiate alla struttura del letto sbuffando il fumo lontano da lei.
-niente correnti artiche stasera?- le chiese incuriosito dalla sua immobilità e dalla mancanza dei soliti sbuffi risentiti.
-è troppo lontano non mi va di alzarmi...-
Con la mano con cui teneva la sigaretta accese la lampada accanto a sé e seguì divertito il percorso dei suoi occhi per scovare l'oggetto in questione. La cosa gli strappò un risolino sprezzante che Alice catalogò come la cosa più simile ad una risata sincera che gli avesse mai sentito fare, e senza aggiungere altro si alzò con la sigaretta stretta tra le labbra e recuperò il telecomando che giaceva immobile sul bracciolo della poltrona.
-perchè poi ti da fastidio...anche tu fumi no?- le chiese mentre tornava a letto mantenendo quel tono divertito e rilassato con cui aveva cominciato.
Alice annuì e sciolse il suo bozzolo per lasciare un po' di piumone anche a Manuel che pazientemente aveva puntato il telecomando verso l'alto.
-non a letto, perchè poi le lenzuola puzzano di fumo-
Ignorò la sua risposta sensata e finì di fumare in silenzio con un vago senso di colpa per la poveretta che gli cambiava le lenzuola ogni tre giorni, schiacciò mozzicone nel posacenere con forza cercando di imporsi un contegno e di non farsi influenzare dalle sciocchezze di una ragazzetta come Alice.
Passò qualche attimo di silenzio in cui entrambi contemplarono il vuoto buio che avvolgeva quel letto dalle lenzuola candide, poi immancabilmente Alice interruppe lo stato di dolce tranquillità.
-allora...chi ha vinto stasera?-
Non che le importasse poi molto, ma ricordava gli sprazzi di conversazione in ascensore e decise di riprendere da lì, Manuel ascoltò il suono della voce della ragazza propagarsi lieve nel silenzio circostante e per un attimo scordò il senso della domanda, solo per un attimo.
-la Fortitudo- rispose calmo nascondendo abilmente la nota divertita che affiorò nella sua gola
-o-oh..- mormorò Alice tremendamente impreparata.
Nemmeno sapeva cosa fosse 'la Fortitudo', per quel che ne sapeva lei poteva essere anche una marca di detersivo.
-stai cercando di fare conversazione?-
-forse-
Questa volta non le sfuggì il tono divertito. E voltandosi verso di lui incontrò il suo sguardo scuro mimetizzato con l'oscurità.
-se tu mi risponderai allora si!- sogghignò Alice, poi accoccolandosi contro la sua spalla riprese il suo tentativo di conversazione: -tuo padre quando torna?-
Domanda facile e senza rischi, quindi Manuel decise di rispondere: -non so..-
-che fa a Treviso?-
"troppo curiosa Alice.." Manuel rimase qualche secondo in silenzio, la situazione lo divertiva però temeva che quella piccola impicciona diventasse troppo invadente.
-il preparatore atletico-
-oh non lo sapevo..- rispose assorta nel tentativo di rintracciare nella sua mente il volto del padre di Manuel.
L'aveva visto un paio di volte alle partite di Jack insieme al figlio ma non ne ricordava con precisione i lineamenti, di lui sapeva solo che passava parecchio tempo lontano da casa in patria o all'estero e Manuel viveva praticamente da solo da molto tempo.
-ci sono molte cose che non sai- sospirò osservando come i capelli rossi di Alice ricadevano scompigliati sul suo petto.
-...ad esempio?-
-ad esempio che non mi piacciono la gente troppo curiosa!!-
-oh ma questa la sapevo...- rispose divertita rivoltandosi tra le coperte fino a trovarsi  completamente sdraiata su di lui con le sue braccia avvolte attorno alla vita. Gli posò delicatamente la labbra su uno zigomo e ridendo scese fino all'orecchio strofinandosi il naso sui suoi capelli.
-e tua madre?-
Improvvisamente lo sentì irrigidirsi sotto di lei, smise di baciargli il collo e si scostò per vederlo negli occhi, ma fu un errore madornale perchè lo sguardo di Manuel era perso sul soffitto, come se lei fosse a chilometri di distanza.
Gli attimi di silenzio palpitavano quasi nell'aria, Manuel non reagiva, anzi sembrava sprofondare sempre più nel suo silenzio; Alice era pronta a scusarsi e andarsene da quelle coperte in fretta e furia quando finalmente lui aprì la bocca.
-è morta-
Il silenzio si ovattò e diventò stagnante per pochi attimi, giusto il tempo che Alice metabolizzasse la notizia.
-oh scusami..io-io non lo sapevo! non volevo, non dovevo chiedertelo, sono una maleducata...mi dispiace-
-non è vero- mormorò Manuel continuando a non guardarla
-cosa?-
-che ti dispiace..-
Ci volle un po' ma alla fine Alice comprese cosa stava dicendo e si drizzò sulle braccia, nuda e completamente esposta al suo sguardo, era troppo sconvolta per badare a quel piccolo particolare.
-che cavolo dici? certo che mi dispiace! che discorso del cavolo, come può non dispiacermi, non sarai il mio migliore amico ma so che un lutto del genere è una sofferenza per chiunque e..- ma non riuscì a terminare la frase perchè Manuel intervenne bloccandole le parole in gola
-come può dispiacerti la morte di una persona che nemmeno conoscevi e di cui non te ne frega niente??-
Non si era mossa di un millimetro, e nemmeno lui; si fissarono senza dir nulla in un altro di quei silenzi piatti che costellavano il loro rapporto.
Poi Alice prese coraggio e reggendosi su una sola mano, gli accarezzò il collo con dolcezza: -hai ragione non la conoscevo, ma sono sicura che a te manchi e che tu ci sia stato male, per questo mi dispiace...-
Manuel non rispose, abbassò lo sguardo sul suo seno senza guardarlo davvero, nella sua mente tentò di ricostruire il volto di sua madre ma per l'ennesima volta fallì; un moto di stizza lo pervase, avrebbe voluto scacciare Alice e il piumone dal un lato e fumarsi un'altra sigaretta da solo in santa pace, ma quella mano piccola e candida intervenne in suo soccorso. Gli accarezzò la guancia, scese lentamente al collo continuando fino alla spalla e al pettorale con una dolcezza che non aveva nulla di malizioso ne di erotico. Voleva solo portare sollievo.
-non mi parlerai mai di lei?-
-no-
-e non mi parlerai più?-
I cambiamenti di umore di Alice erano sempre stati un mistero per lui, un attimo prima l'aveva attaccato indignata poi improvvisamente, come se avesse dimenticato ciò che si erano detti, aveva cominciato ad accarezzarlo e gli parlava con una nota tenera e insicura nella voce che avrebbe corrotto Satana in persona.
-tu invece continuerai a farlo per molto vero?-
Decisamente l'aveva irritato parecchio, ma almeno non l'aveva ancora scacciata da casa sua con la solita arroganza e questo per Alice era un traguardo interessante. Senza dire una parola scivolò di nuovo a suo fianco lontana dal raggio di luce della lampada e frugò tra le coperte alla ricerca della sua biancheria intima.
-a quanto tempo fa risale la tua ultima storia con una ragazza...intendo seria, che sia durata, non so, almeno un mese!??-
Alice non poté vederlo poichè gli dava le spalle ma Manuel si voltò accigliato e per attimo parve stupito.
-due anni circa.-
-e chi era?-
-non mi pare che siano cazzi tuoi-
E finalmente arrivò il momento della seconda sigaretta, aveva resistito per il bene dei suoi polmoni e perchè in fondo fumare in camera non era proprio salutare, ma quell'interrogatorio era davvero troppo snervante e senza nicotina rischiava di mandarla a quel paese da un momento all'altro. E stranamente quela sera non voleva che se ne andasse.
-quanto sei scorbutico, per forza vai d'accordo con Filo..siete uguali! immagino che conversazioni logorroiche tra voi!!!-scherzò Alice riprendendo posto contro il suo fianco.
Semplicemente non colse la provocazione continuando a fumare indisturbato.
-in ogni caso non la conosci-
Manuel piccato nell'orgoglio decise di risponderle per non darle la soddisfazione di dimostrarsi scorbutico, e quindi darle ragione. Conscia di ciò Alice sogghignò nascondendo il viso tra i cuscini.
-ed era carina?-
-ovvio-
"presuntuoso" pensò seguendo il suo profilo che si stagliava nell'ombra annebbiato dal fumo.
-bionda o mora?- domandò esitante
-mora- sbuffò Manuel soffiando il fumo fuori dalle labbra con più vigore, non fece nemmeno in tempo a ricacciarla in bocca perchè Alice senza chiedergli il permesso, l'afferrò e la portò alla sua di bocca. Lui seguì divertito i suoi giochi di potere indugiando più volte sulle labbra piene della ragazza che si arricciavano leggermente ogni volta che espirava.
Solo un paio di tiri e poi la schiacciò nel posacenere allungando il braccio oltre il suo petto.
E sempre senza dir nulla spense anche la luce.
Nel tempo si era adattata al suo silenzio, l'aveva compreso e accetto. Perchè non era vero che Manuel non parlava con nessuno, ne che fosse poi così scorbutico, solo preferiva il silenzio e spesso la solitudine, perchè ci era abituato ed aveva imparato a sopportare meglio il silenzio che la confusione. A volte Alice apprezzava questa sua peculiarità, rimaneva distesa nel letto con lui a contemplare il buio per ore, senza dir nulla, e a volte si addormentava con la fronte sulla sua spalla, altre volte l'aveva mandata via anche brutalmente perchè voleva stare solo. O perchè stava talmente bene con lei da non poterlo accettare.
-intendi dormire qui?-
Non ottenne risposta, provò a chiamarla piano ma di nuovo nulla, così si decise ad alzare il braccio per scorgere il suo volto immerso nel cuscino. Si era rannicchiata in posizione fetale vicino a lui, una gamba intrecciata tra le sue e la spallina del reggiseno scivolata giù. E dormiva.
-ah ecco, ti sei già addormentata-
Si sentiva ridicolo a parlare con una dormiente ma aveva voglia di ricordare e raccontarlo a lei, l'unica che non l'avrebbe mai detto a nessuno.
-si chiamava Licia, era completamente diversa da te, molto più timida e anche molto meno bella. Era poco impicciona, per questo mi piaceva; è stato prima dell'infortunio, l'ho mollata appena uscito dall'ospedale non sopportavo il suo sguardo compassionevole- fece un piccola pausa poi riprese: -dopo di lei non ho mai avuto nessuna per più di due finesettimana di seguito-
Alice mugugnò nel sonno ridestandolo dai suoi ricordi.
-..a parte te-

Da quella sera erano cominciate quelle che Alice definiva le "conversazioni silenziose col Bressan", nella realtà dei fatti, com'era prevedibile, non era Manuel a parlare ma lei che lo tampinava di domande coinvolgendolo nella conversazione volente o nolente.
Col tempo entrambi avevano imparato molte cose dell'altro, sopratutto lui, ed erano diventati amici più che amanti -certo, se non si considerava ciò che facevano prima e dopo le loro chiacchierate-. Gli aveva raccontato praticamente tutto di se, con naturalezza, cose che a Edoardo aveva nascosto per anni per paura della sua reazione e che invece Manuel aveva ascoltato senza parlare incamerando tutte quelle informazioni senza volerlo; al contrario lui si era barricato in una gabbia di segretezza invalicabile, rispondeva alle domande a monosillabi e spesso le aggirava abilmente.
Come quando gli aveva chiesto come mai avesse perso un anno a scuola: -per lo stesso motivo per cui tu ieri hai perso l'autobus..- le aveva risposta candidamente.
Perplessa sondò la sua espressione indifferente per qualche attimo, quindi tentò di indovinare.
-perchè sei lento?-
Manuel la derise sogghignando e le posò due dita sotto il mento per alzarle il volto e sforare con le labbra la punta del suo naso: -no, perchè avevo una valida alternativa...-
-e io che alternativa avevo all'autobus scusa??- la faccenda si faceva sempre più ambigua a suo parere.
-un passaggio in moto- era tornata l'espressione candidamente stupita di prima
-ma se mi hai lasciata a piedi!??!- sbottò risentita mentre Manuel sdraiato a pancia in giù già la ignorava.

A scuola però tutta questa confidenza spariva sotto una patina di apparenza e preconcetti che non poteva essere intaccata.
Se Alice Aroldi agli occhi del mondo poteva apparire come l'emblema della perfezione, la brava ragazza di buona famiglia fidanzata con un altrettanto bravo ragazzo rigorosamente scelto nella cerchia di amici e approvato dalla famiglia, allora Manuel Bressan era tutto l'opposto. Tutto ciò che lei non avrebbe neanche dovuto sognare. Un bastardo egoista sempre pronto a divertirsi, con un passato oscuro e voci insistenti che lo includevano in un grosso giro di droga.
Di certo non il tipico ragazzo da presentare a mamma e papà.
Conoscenti. Per tutto il resto del mondo erano amici di amici che si salutavano nei corridoi con un cenno del capo, magari una battutina in cortile con gli altri del gruppo e poi via, ognuno per la sua strada, ovviamente opposta a quella dell'altro.
Per questo motivo Alice non aveva alcuna intenzione di lasciare Edoardo. Lui era la sua miglior copertura, il suo porto sicuro; aveva imparato a conoscerlo così bene da saper gestire ogni litigata e ogni riapacificazione senza batter ciglio.
E poi in fondo sapeva di star facendo un favore anche a lui: aveva chiuso non solo un occhio per quasi due anni sulla tendenza del suo presunto fidanzato di finire misteriosamente nei letti delle altre, lo aveva sempre perdonato perchè con una scusa o con l'altra alla fine tornava sempre da lei a implorarla di non troncare la loro storia.
Ma ora era arrivato il suo turno.
Non che la situazione le facesse piacere, però si sentiva in un certo senso legittimata: oltre alle volte che l'aveva beccato in flagrante, c'erano stati spesso messaggini ambigui nel suo cellulare mail nel cestino che aveva scordato di cancellare e le voci di corridoio che era giunte persino alle sue orecchie.
Manuel ci aveva riso su quando lei gli aveva raccontato quante volte aveva scoperto Edo con qualcun'altra, e se n'era fregato della sua teoria della legittimazione liquidandola con la solita scusa che non erano fatti suoi.
Perchè era fatto così: un egoista bastardo e strafottente -con le spalle larghe e gli addominali scolpiti, ma comunque un gran bastardo-.
E nel tempo stava cominciando ad apprezzarlo.
Dopo il venerdì sera del poker, il signor Bressan era tornato all'ovile per restarci almeno una settimana. Alice l'aveva notato il sabato seguente nel suo sguardo quanto fosse indisposto alla presenza del genitore e si era messa da parte in silenzio. Manuel amava la sua autonomia, si era abituato alla solitudine e alla possibilità di gestirsi il suo tempo come preferiva, e ritrovarsi qualcuno a scombinargli le giornate lo rendeva astioso e intrattabile.
Non si era fatto sentire per i quattro giorni successivi com'era prevedibile, allo stesso modo a scuola aveva mantenuto le distanze, e quando Alice, preoccupata, aveva tentato di contattarlo su messenger lui l'aveva liquidata confermandole che andava tutto bene e in due secondi si era disconnesso.
Ma il giovedì successivo capitolò.
I genitori di Alice stavano guardando la tv nel salotto al pianterreno della loro villetta monofamiliare e la figlia, annoiata dai compiti di latino, aveva rinunciato all'impresa e poltriva sul suo letto davanti a un film d'amore, quando il suo cellulare vibrò un paio di volte sul comodino lo afferrò fiaccamente. Sullo schermo del suo pc un meraviglioso Brad Pitt rideva felice su un materasso sbattuto a terra con la sua Cate Blancett.
"lo so che ti stai annoiando. usciamo"
Non lo controllò nemmeno il numero: chi poteva proporle di uscire alle undici di giovedì sera a due mesi dalla maturità? Chi poteva farlo senza nemmeno un punto interrogativo? Chi poteva essere così sfacciato da ordinare ad una ragazza di uscire invece che chiederlo gentilmente??
E poi come lo sapeva lui se lei si stava annoiando o meno, non le era affatto chiaro..
Come ogni volta suo malgrado, l'arrabbiatura durò appena due minuti, subentrò prima l'indignazione per la sua insolenza ma anche quella scemò velocemente verso un familiare senso di eccitazione che l'invadeva quando si preparava per incontrarlo.
Tentò di aspettare qualche minuto per rispondegli, giusto per non dargli la soddisfazione di pensare che fosse in contemplazione del cellulare -annoiata- in attesa di un suo segnale, anche lì fallì. Dopo i primi due minuti e mezzo aveva già composto il testo dell'sms alla velocità della luce cone le dita che fremevano.
"passa a prendermi tra mezz'ora, dove andiamo?"
Infilò dei jeans stretti maglietta nera poco scollata, converse e borsa a tracolla alla velocità della luce. Legò i capelli rossi con un elastico e pettinò la frangetta con le mani di corsa davanti allo specchio. Mezz'ora e la chiamata senza risposta comparve sul display del cellulare, di corsa scese al piano di sotto.
Con suo padre che già dormiva, convincere la mamma a farla uscire fu un gioco da ragazzi: pochi secondi e il cancellino verde si chiuse con un tonfo metallico dietro di lei. Manuel l'aspettava lì fuori, a cavallo della sua Honda nera vicino al marciapiede.
-sali- le disse porgendole il casco.
-allora, dove si va?-
-lo vedrai...- accese il motore e partì veloce.
Parcheggiò senza chiederle nulla, e sempre in silenzio la guidò tra le stradine strette vicino piazza Bra. S'infilò in un pub carino poco frequentato durante la settimana, per la prima volta l'aveva portata fuori e sarebbero stati soli finalmente.
Scelsero un tavolo in disparte da cui Alice riusciva a vedere tutto il locale. Non era molto grande, arredato per la maggior parte da mobili di legno con un soft-rock di sottofondo. Un cameriere sorridente sulla trentina arrivò a prendere le ordinazioni: un martini liscio per lei, una coca per lui.
Appena rimasero nuovamente soli Manuel sorrise divertito: -sei l'unica ragazza che conosco che beve questo genere di cose-
-ognuno ha i suoi vizi..- rispose muovendosi i capelli con aria vissuta.
-tu non bevi?-
Era stupita, non ricordava che fosse astemio, anzi l'aveva visto spesso bere insieme ai suoi amici
-devo guidare- risoluto abbandonò il capo sulle nocche della mano
-come sei responsabile...- canzonandolo gli puntò il dito sul petto spingendolo all'indietro senza smuoverlo.
-allora...non ci vediamo da quando è tornato tuo padre, come va con lui?-
-come con uno capace solo di scombinarmi la vita!- chiuse così l'argomento.
Non lo credeva possibile però quella sera si rese conto che pareva addirittura più imbronciato del solito. Era stato lui a cercarla e questo la inorgogliva, e con tutta quella carica di autostima era tentata di giocare un po' alla femme fatale con lui per non concedersi tanto facilmente, poi però incontrava quel broncio e quel paio di occhi scuri e pensierosi e le veniva voglia di abbracciarlo e coccolarlo tutta la notte.
Chiacchierarono a lungo, Alice si fece raccontare qualcosa della sua famiglia a forza: scoprì che aveva una zia nel bresciano che aveva due gemelle di quattro anni, come da copione lui non le sopportava, e pochissimi altri parenti con cui si frequentava pochissimo.
Erano stati lontani per troppo.
Entrambi se ne resero conto quando entrambi i bicchieri rimasero vuoti, Manuel afferrò il giubbotto dalla sedia libera e si alzò diretto alla cassa sotto lo sguardo piacevolmente stupito di Alice. Era sempre così con lui, agiva, senza chiedere nulla farsi problemi o ricoprirla di domande, ed era una delle mille cose che al suo occhio lo rendevano diverso dagli altri, unico.
In strada non riuscirono a trattenersi fino alla moto: la città era quasi deserta i marciapiedi poco illuminati e le loro mani si sfioravano tanto camminavano vicini, bastò un portone più buio degli altri e un passo inavvertitamente più lento e si ritrovarono a baciarsi ansimanti e frettolosi sui gradini di un palazzo medievale con la luce della pulsantiera dei campanelli che illuminava d'oro i capelli rossi di Alice.
Per la prima volta erano all'aria aperta, esposti alla vista dei passanti e il cuore cominciò a batterle così forte che lo sentiva rimbombare nelle orecchie, e le farfalle nello stomaco che erano scomparse qualche settimana prima ripresero a svolazzare allegramente facendola pentire di aver preso quel martini.
Ancora una notte la Honda nera rimase parcheggiata davanti alla villetta fino a tardi. E ancora una notte la luna il cielo le stelle i campi e i finestrini appannati della Micra furono gli unici testimoni di quello strano modo di appartenersi.

Un ultimo bacio sigillò quell'incontro, calde e dolci come una buonanotte le labbra di Manuel incontrarono quelle di Alice.
Non sapevano che presto tutto sarebbe cambiato.














Spazio Autrice:

Lo so...sono in ritardo..
perdonatemi...

Premetto che non risponderò alle recensioni
perchè è l'una e io mi devo alzare alle 5.30!!!
Ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto la storia ai preferiti/ seguite, siete
la benzina che fa funzionare questa macchina...
Ringrazio specialmente Sbruby Betty ozz RBAA e Crusade
che hanno recensito lo scorso cap...
spero di riuscire a rispondervi in settimana, se ce la fate,
passate nei prossimi giorni a vedere se sono riuscita a rispondere!!

I miei complimenti a Lady Jane, Betty e ozz
avete indovinato, la città e proprio Verona.
Più avanti vi spiegerò il perchè di questa scelta....
Ora, come premio potete chiedermi ciò che volete:
anticipazioni sulla storia
dettagli sul bel Bressan
oppure anche di inserire qualcosa nella storia.
ciò che volete
[mi sento molto magnanima]
Quindi la mia mail l'avete, le recensioni sapete come inserirle,
non vi resta che decidere come sfruttare questa opportunità, ricordate però che la trama fondamentale non la cambierò mai..
non cè fretta potete usarla anche più avanti se preferite, ma non oltre il cap.10!!

Ringrazio ancora tutti i lettori.
...scappo sotto le coperte...



Aggiornamento dello spazio autrice:

Sono rientrata ora da un turno allucinante nel mio caro vecchi policlinico
ho i piedi che somigliano a due petti di pollo e la schiena a pezzi,
ma sono felice.
Perchè in una mattina ho ricevuto 60 letture e una recensione
e mi sento...
non so
entusiastissimissima
So di aver postato in ritardo ma capitemi:
ho un pc poco collaborante
un matrimonio che incombe sulla mia testa
un tirocinio in cardiologia che mi massacra e
poca
pochissima
privacy per concentrarmi
...
sono una martire della famiglia!!

Ma parliamo del cap. che è meglio!!!
Mi sono concentrata questa volta sul rapporto tra i due porcellini,
volevo mostrare ciò che si è creato tra loro
perchè nella prima versione mi pareva che non fosse molto chiaro.
Le conversazioni silenziose col Bressan sono una chicca dite la verità
anche perchè lo so che vorreste sapere tutte qualcosa in più su di lui...perverse!!!
Spero che sia servito a chiarirvi la situazione che si è creata tra loro.

E ora rispondo alle recensioni da brava:
Sbruby: ah Manuel Manuel, quel ragazzo è un vero mistero lo so, ma abbi pazienza e tutto verrà a galla..mi pare di aver capito che non hai letto la prima versione della storia che ho postato l'anno scorso: vedi di non farlo!!! sbirciare non vale...e poi non ti conviene perchè cambieranno molte cose! ahahahaha sono un mostro lo so (..e ne vado fiera!!) bacissimi tessora!!
Betty: ben ritrovata!!! so che mi hai odiata per mesi ma ora imploro il tuo perdono, le tue mail sono state di grande aiuto e mi hanno fatto ritrovare la fiducia in me stessa! grazie mille..
Il caro ragazzo di plastica (per gli amici Edo..) purtroppo per te avrà un ruolo un pochino più intenso, non troppo perchè lo odio anch'io ma vedrai che nel suo piccolo sarà utile anche lui! No no il seguito c'è, cartaceo ma c'è!
Come al solito manca il finale...MA ora voglio concentrarmi su questo, poi si vedrà..
ozz: ok puoi buttare definitivamente il libro di geografia! complimenti hai indovinato..ora ti tocca il premio, giocatelo bene!!!
Sono contenta che la storia ora ti piaccia di più, io ne sono orgogliosissima e i complimenti mi mandano in brodo di giuggiole *scodinzola*
Rbaa: c'hai provato...non tutti possono vincere, don't cry!! super complimenti per le tue ultime tre storie sul fandom di Naruto, mi sono piaciute un casino. Continua così ciccina che vai alla grande.
[Sasusaku forever] ovviamente..
Crusade: ovvio!! come potrei modificare il cap 17, è il mio capolavoro personale (modestia a parte, chiaro!?!?) adoro Alice in quel cap, e non credo che lo cambierò di una virgola: contenta??


Al prossimo aggiornamento,
previsto all'incirca forse dopo il prossimo weekend


1bacio.Vale.






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Capitolo 5
*** 5 ***


5



-Relazione Clandestina-







5








Da settimana aveva perso il conto dei pomeriggi che aveva passato dall'estetista quella era la scusa che rifilava a Edoardo, alle amiche e a sua madre perchè era certa che nessuno si sarebbe mai sognato di andare a cercarla là.
Stava in quella stanza seduta sul letto con solo gli slip rosa addosso, si guadava attorno annoiata.
La stanza era completamente bianca, tutti i mobili bianchi dall'armadio alla scrivania, dal letto alla libreria, il tappeto bianco, le lenzuola sempre bianche, persino la lampada sul comodino.
Aveva un che di vuoto e di impersonale, non sembrava nemmeno la camera di un ragazzo di 19 anni: niente foto ne poster, molti libri e pochi cd, un posacenere sempre pieno sul comodino e un cumulo di magliette da lavare in un angolo.
L'unica nota di colore era la poltrona nera di pelle, l'unica cosa che aveva scelto lui, gliel'aveva raccontato una mattina, per caso mentre le preparava un caffè in cucina, il resto l'aveva fatto un arredatore. Come tutte le altre stanze della casa.
Tutt quel bianco era noioso e nulla riusciva a catturare la sua attenzione, Manuel se ne stava davanti alla scrivania parlava al telefono e intanto lavorava col portatile, una telefonata li aveva interrotti, e Alice era rimasta lì seduta sul letto a guardarlo. Era incazzato con qualcuno al telefono ma lei non stava ascoltando, lo capiva dal tono di voce. Portava solo i boxer addosso seduto sulla sedia con le gambe incrociate e la schiena curva.
La telefonata finì e lui chiuse il portatile piroettando gli occhi al cielo per un istante
Sbuffò poi abbandonò la sedia e si lasciò cadere sul letto accanto a lei
Lei, la donna con cui condivideva il letto sempre più spesso: l'unica che avesse mai richiamato, l'unica di cui sapesse tutte le generalità oltre al numero di telefono, l'unica con cui avesse parlato anche dopo averci fatto sesso.
Alice.
Non la chiamava quasi mai per nome perchè dire il suo nome ad alta voce era strano, gli sembrava di rendere reale qualcosa che voleva rimanesse solo un'illusione, la chiamava "oh!" oppure "tu" sia in pubblico che in privato, la trattava male senza alcuna remora, ma tornava sempre da lei.
E aveva una voglia matta di raccontarle tutti i suoi casini e le sue incazzature, lo stress delle aspettative di suo padre, i problemi a scuola con la matematica ma non ne capiva il motivo.
-è tardi!- le si era sdraiato accanto con le mani dietro la nuca e gli occhi fissi sul soffitto
-già è vero..-
Guardava la sua schiena diritta e perfetta anche nella penombra con le scapole pronunciate e le vertebre che si potevano contare, aveva quelle mutande rosa col maiale disegnato davanti, era così buffa.
-vuoi rimanere a cena qui?- domandò di punto in bianco spostando leggermente lo sguardo su di lei.
Gli era uscita dal nulla quella proposta, senza rifletterci, era ora di cena e gli era parso naturale anche se inaspettato chiederglielo.
Imbarazzatissima cominciò a torturarsi l'interno del labbro con i denti, avrebbe voluto rimanere lì con lui (per sempre), ma non poteva, tutta colpa di quell'altro cretino. Quell'unica irripetibile volta che le aveva proposto di cenare insieme era sfumata per colpa di Edo. Alice stava già calcolando una scusa per rinunciare alla cena: il solito mal di testa martellante per lui, un cinema con Laura per sua madre. Poteva anche andare, era già pronta a pescare il cellulare dalla borsa e disdire tutti i suoi programmi pur di stare là, ma qualcosa la trattenne, non poteva continuare a scappare da Edoardo.
-ehm, stasera non posso, ma se vuoi un'altra sera si, potremmo andare a mangiare fuori se vuoi?-
-che fai stasera?-
-vado a cena con Edo e dei suoi amici...- gli rispose guardandosi attorno alla ricerca del reggiseno: -però dopo faremo un salto al BM dagli altri credo, se sei li ci vediamo- 
Il suo sorriso era qualcosa di inebriante risplendeva e lo inchiodava, non riusciva più a dirle di no. E non riuscì a  far a meno di pensare che Alice aveva il lato B più bello di tutta Verona.
-forse- rispose alzandosi dal letto diretto al bagno, camuffando i suoi pensieri dietro la facciata di indifferenza.
-portati il mio casco così magari torno con te!- gli gridò mentre si infilava gli shorts che aveva riposto ordinatamente sulla poltrona, si era già chiuso in bagno ma Alice sapeva che l'aveva sentita, e quel mio non era stato casuale.
"Il suo casco" pensò Manuel fermo di fronte allo specchio "una volta se l'è pure portato a casa quella scema, ma questo non vuol dire che sia suo!"
-va bene- le rispose, forse troppo piano perchè potesse sentirlo.
Alice finì di vestirsi e prese le sue cose, si specchiò nell'anta dell'armadio e poi scese senza salutarlo in religioso silenzio.

La cena fu atroce.
Gli amici della palestra di Edo erano dei porci scalmanati che non sapevano comportarsi come delle persone normali. Avrebbe voluto chiudersi in bagno per la vergogna quando cominciarono a intonare le osterie in coro tutti un po' brilli, si aggrappò a tutta la sua pazienza per non andarsene, e dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non scolarsi tutto il vino.
Doveva guidare lei e si maledisse per essersi offerta volontaria per quel compito.
Ancora non lo sapeva, ma da quella sera il corso della sua vita sarebbe cambiato drasticamente. La situazione era arrivata ad un punto di svolta e di questo se  n'era resa conto perfettamente nonostante ciò non riusciva a scegliere la via giusta. Avrebbe potuto continuare a stare con Edoardo e troncare le sue scappatelle con Manu, o avrebbe potuto fregarsene di tutti e due e ricominciare da capo all'università alla fine dell'estate, oppure ancora avrebbe potuto scegliere di continuare ad ingannare Edo finchè non si fosse stancata dell'altro: invece scelse di seguire il cuore.
La prima cosa da fare nella sua scaletta mentale era mettersi in pari la coscienza confessando tutto alle persone più importanti: Laura e Chiara.
Dopo cena Edoardo voleva irretirla e appartarsi in macchina da soli, ma Alice si impose e prese il controllo della situazione rubandogli le chiavi dell'auto dalla tasca; nella ventina di minuti di viaggio che li separava dal BlueMoon lui non fece altro che lamentarsi e romperle le scatole raccontandole le sue ultime avventure con Vigna mentre lei cercava di concentrarsi per trovare le parole giuste per parlare con le amiche.
Quando finalmente raggiunsero il BM Alice fu costretta a parcheggiare lontano dall'ingresso perchè il piazzale era completamente pieno, e tra uno sbuffo e l'altro si fece scortare a braccetto dal suo ragazzo attraverso tutto lo spiazzo ghiaiato per non slogarsi una caviglia.
-paga tu!- ordinò a Edo che si sfilò il portafoglio dai pantaloni fulminandola oltraggiato dal suo tono perentorio.
Jerry sghignazzava abituato a quella scena.
Era venerdì sera e al BM c'era sempre una gran ressa nel weekend, quindi Alice si armò di pazienza e, preso per mano Edoardo, se lo trascinò dietro in cerca degli amici. Incrociarono Paolo davanti al bar che gli indicò il punto dove avrebbero trovato gli altri; così mentre Edo era rimasto a chiacchierare con lui, Alice si diresse a passo di marcia verso la direzione indicata. Individuò la chioma bionda di Laura dpo pochi metri e aumentò ancora l'andatura spintonando senza ritegno chiunque incrociasse la sua strada.
-Ali!!- urlò immediatamente Chiara quando la vide e tutto il gruppo si voltò verso di lei.
Anche Manuel.
Erano tutti in piedi vicino ai tavolini, forse stavano aspettando che se ne liberasse qualcuno, ma in quel momento non gliene fregava nulla, salutò un gesto della mano tutti gli altri poi con un falsissimo sorriso agguantò il polso di Laura.
-devo dirvi una cosa!- annunciò ad entrambe sottovoce
-c'è quanche nuovo pettegolezzo?- chiese Laura divertita vedendo Alice che dispensava sorrisi e saluti a tutti
-no, riguarda me...andiamo fuori però!-
Le ragazze la seguirono guardandosi dubbiose e preoccupate per l'aria seria che aveva assunto Alice. Non era da lei trascinarle fuori per un pettegolezzo, quindi doveva essere sicuramente qualcosa di grosso, e in quel momento a Laura vennero in mente tutti gli strani comportamenti che aveva notato nell'amica negli ultimi mesi. Forse avrebbero finalmente scoperto cosa nascondeva.
Arrivarono nel parcheggio del locale, Alice si guardò intorno con un'aria strana, sembrava sospettosa, poi, con il polso di Laura ancora tra le dita le condusse verso l'uscita secondaria del locale appartata e lontana da orecchie indiscrete.
-ok..- mormorò dopo essersi fermata vicino ad un muretto, si sedette e con tutta la dovuta calma si accese una sigaretta
-devo raccontarvi una cosa, ma deve rimanere tra noi...- aspirò una lunga boccata poi alzò lo sguardo su di loro: Laura teneva le braccia incrociate sotto al seno e la scrutava severamente, era certa che lei avesse intuito qualcosa -neanche con Jack e Charlie!-
Entrambe annuirono con le orecchie ben aperte.
-io mi vedo con Manuel Bressan!-
Alice trattenne il respiro in attesa della reazione, ma non abbassò lo sguardo e fu costretta a tenere la sigaretta ben stretta tra le dita tanto le tremavano le mani. Ci fu un silenzio immobile, sbalordto che durò pochissimi secondi, perchè Chiara frastornata chiese subito spiegazioni convinta di aver capito male.
-in che senso scusa?- domandò ingenuamente, ma le altre due la ignorarono concentrate sullo sguardo dell'altra.
Alice e Laura erano amiche da molto più tempo, avevano entrambe un carattere forte e spesso si erano scornate, però nonostante questo avevano affrontato un sacco di problemi assieme ed erano sempre uscite a testa alta. Era il suo di giudizio che Alice temeva più di tutti, non che Chiara fosse meno importante, ma sapeva ce alla fine le avrebbe perdonato qualsiasi cosa, Laura invece era molto più orgogliosa e severa nei suoi confronti ed era capace di non perdonarle una cosa del genere.
-da quanto?- chiese solamente senza batter ciglio
-non ci sarai andata a letto spero?- continuò Chiara imperterrita con lo sgomento nella voce, a quel punto Alice ritenne giusto raccontare ogni cosa.
-non è così semplice! è cominciato tutto la sera che siamo state al Berfi's e Edo aveva la febbre. Io avevo bevuto, voi eravate andati via tutti e speravo di scroccare un passaggio da lui all'inizio, poi però siamo finiti a casa sua non mi ricordo nemmeno come, e siamo finiti a letto insieme! Non volevo assolutamente che succedesse di nuovo, tutta la settimana dopo l'ho evitato mi sentivo in imbarazzo: dopo la cena del compleanno del Vigna, vi ricordate che io e Edo abbiamo litigato di nuovo e io me ne sono andata. Ho incontrato Manu al distributore delle sigarette e siamo andati a farci un giro in macchina, vi risparmio il resto...-
Dopo il racconto riprese a fumare con quel solito strano attaccamento che aveva per le sigarette, senza guardarle questa volta, pronta alla loro sentenza.
-quindi va avanti da quasi due mesi, settimana più settimana meno...- constatò Laura dopo una rapida riflessione
-più o meno-
-perchè non hai lasciato Edo?- Alice non poteva saperlo stava guardando a terra la cenere che cadeva dal suo mozzicone, ma Laura nonostante il tono austero, la stava guardando con le lacrime agli occhi. Perchè lei aveva capito, lei sapeva che qualcosa non andava nella sua amica ma non pensava, mai avrebbe creduto ad una cosa del genere.
-non lo so, non c'è una vera ragione, forse solo perchè sono una codarda! Lui non c'è mai e io volevo solo qualcuno che mi coccolasse un po', che mi facesse stare bene; e poi perchè avrei dovuto lasciarlo, lui mi ha tradita così tante volte e io ho sempre girato la testa dall'altra parte per non vedere, ora tocca a lui!!-
-cosa c'è quindi tra te e il Bressan?- Laura deviò il discorso perchè aveva colto qualcosa nel modo in cui l'amica nominava Manuel che le aveva fatto nascere un sospetto
-niente, siamo amici direi..- rispose dubbiosa
-voglio sperare che tu non vada a letto con tutti quelli che chiami amici...- puntualizzò Laura sorridendo sarcastica
-ma sei matta Alice? che fai, stai con due alla volta? Non puoi non è giusto nei confronti di Edo è una questione di rispetto! avevamo capito che tra voi stav andando male, ma non puoi assolutamente trattarlo così!!- chiese Chiara adirata
-Chiara non giudicarmi troppo male, non voglio umilare Edo, e poi Manuel...è...è una cosa nata dal nulla senza nessuna possibilità, siamo incompatibili!-
-in che senso?- intervenne Laura interrompendola
-lui non ne vuole sapere di storie serie, è abituato ad avere delle amichette che vede ogni tanto e non credo che se mollassi Edo le cose tra noi cambierebbero..-
-Alice tu sei un'egoista, non puoi stare con Edo se non lo ami...e poi con Manuel Bressan!?! come diamine ti è venuto in mente? eppure sai quello che si dice di lui, anche gli altri pensano che sia uno di cui non fidarsi!- Laura la sgridò, era sbottata finalmente e lo aveva fatto senza mezzi termini.
La sigaretta era finita e ora giaceva a terra vicino alle scarpe di vernice di Alice, si stava consumando lentamente, come lei per colpa di quel bastardo di Manuel e non voleva fare quella fine, gettata a terra, dimenticata e ignorata.
-e successo per caso ve l'ho detto, e poi non giudicate le apparenze, Manu è molto diverso da come credevo, da come lo vedete voi!-
Chiara la guardava perplessa, il viso rotondo e pallido truccato come una bambola di porcellana stonava in quell'angolo oscuro. Lei era pura, candida, diversa da Alice e Laura, le teneva a bada, come una mamma e aveva la capacità di risvegliare la loro umanità anche nei momenti peggiori: quella sera, fasciata in un vestito corto di voile viola appariva ancor più angelica del solito e Alice quando le pose quella domanda non potè che essere sincera.
-ti sei presa una cotta per lui, vero?-
La frase rimase sospesa nell'aere, la potevano quasi vedere: le parole di inchiostro rosso che volteggiavano tra loro in attesa di essere assorbite.
-il problema è questo...con lui è..diverso! Nessuno mi aveva mai trattata come fa Manuel, con lui posso parlare di tutto, non mi sento giudicata, mi ascolta e basta. E non ero mai stata così bene con un ragazzo; vi sembrerà assurdo ma è così!!-
Nessuna le rispose, si guardarono tra loro sbalordite e spaventate. Questo cambiava tutto. Le carte in tavola erano state rimescolate improvvisamente, perchè non era più un semplice tradimento in cerca di coccole a gratis, Alice si stava innamorando dell'uomo sbagliato.
-è uno stronzo. Lo so, ma non riesco a togliermelo dalla testa....-
-perchè non ce l'hai detto prima?-
Non sapeva cosa rispondere: per paura del loro giudizio, per vergogna, per mancanza di coraggio, no...niente di tutto questo.
-perchè se ve l'avessi detto sarebbe diventato reale! avrei dovuto ammettere quello che stavo facendo, a voce alta, sarebbe finito il mio angolo di serenità con lui...dicendolo a voi ho deciso di affrontare la situazione!- ammise guardando Chiara negli occhi.
-Alice tu sai cosa devi fare, non c'è bisogno che te lo dica io- Laura, cercando di essere comprensiva, le sorrise e le sistemò il frangetta rossa
-lo so, dovrei mollare Edo, però lui c'è sempre stato, ci conosciamo da una vita, non voglio umiliarlo e non voglio che sappia di Manuel-
-non diglielo e basta!-
Alice annuì convinta: era quello che doveva fare, ne era convinta e intanto mentalmente cancellava il primo punto della sua scaletta. Ora toccava al secondo "mollare Edoardo"
-mi raccomando: nessuno deve sapere di me e di Manu!- precisò mentre si sistemava i jeans e la camicetta con il dito puntato verso la bionda e la mora che l'aspettavano.
-ok- risposero entrambe.
-vi voglio bene- Chiara le scombinò i capelli  e poi le disse: -adesso rientriamo che devi sistemarti il trucco!!-
Attraversarono il locale senza fermarsi, Chiara teneva Alice per mano e Laura la scortava dall'altro lato, non si fermarono a salutare i fidanzati ne a ballare con Martina che si sbracciava tra i tavolini, andarono dritte fino al bagno dove Alice sciolse le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento. Con un'occhiataccia Laura spedì fuori tutte le altre occupanti dei bagni che la guardavano incuriosite: perchè beccare Alice Aroldi a piangere nel bagno del BM, sapeva tanto di scoop fresco fresco!!
Manuel le vide passare ma non diede troppo peso ad Alice e alla sua scorta, era abituato a vederla sparire in bagno per ore intere, e poi in fondo non era certo un problema suo.
Solo dopo una ventina di minuti Alice risorse dal bagno con il trucco un po' colato e le guance arrossate, Manuel non era più in sala, ma lei non ci fece caso. Era il momento: aveva preso il coraggio a due mani, si era -metaforicamente- arrotolata le maniche della camicetta di Paul Smith da 150 euro e il martini che la aveva portato Laura era stata una bella iniezione di autostima.
-in bocca al lupo!- le sussurrò Laura nell'orecchio quando raggiunsero insieme il tavolo a cui sedevano i ragazzi, scoccandole un bacio sulla guancia.
Alice stranamente instabile sui tacchi si avvicinò alla sedia di Edo e si chinò sul suo orecchio sussurrando: -puoi uscire un secondo? devo parlarti...- lui annuì e dopo aver rassicurato gli altri uscirono mano nella mano.
Manuel ritornò al tavolo proprio in quel momento, giusto in tempo per vedere Alice allontanarsi con l'altro.
"che fa adesso la ragazzetta se ne va mano nella mano con l'amichetto..." guardò la birra che aveva in mano, era ancora mezza piena. Così decise di fermarsi a chiacchierare con Jack e Paolo prima di andare a prendersene un'altra, e magari, già che era là, avrebbe indagato su quei due.

Jerry la guardò stranito vedendola uscire di nuovo, era stata più fuori che dentro quella sera, e sembrava sempre seria, sul punto di piangere. Era strana quella sera, non rideva, non allietava il mondo col suo sorriso radioso, non barcollava ubriaca contro le auto parcheggiate, era triste.
Raggiunsero in silenzio il muretto di prima, quello dove andavano tutte le coppiette, Edoardo sentiva che qualcosa non andava, e lo sentiva da un po'.
Stava con Edo da quasi due anni, le dispiaceva sinceramente averlo tradito, ma lui non era l'uomo per lei, lo aveva capito solo dopo aver incontrato Manuel, era orribile però era la realtà.
-Alice cosa c'è?- le chiese appena si fermarono sotto il lampione.
Non rispose subito, sfilò il solito fedele pacchetto dalla tasca di jeans e accese la sigaretta come se lui non fosse stato lì, come se non avesse parlato nessuno. Soffiò fuori tutto il fumo poi cominciò: -Edo ascoltami stavolta perchè è importante...io non ti amo più! ti voglio bene e lo sai, ma non ti amo e non posso stare con te se non ti amo. Non voglio continuare così...-
L'aveva spiazzato, poteva leggergli in faccia la sorpresa. La guardava come se avesse appena annunciato la sua morte imminente, spaventato più che arrabbiato e per un secondo -solo uno- pensò di aver sbagliato tutto, che forse era quello che aveva davanti l'uomo giusto per lei; quello che l'avrebbe accudita e protetta per sempre. Poi Edoardo cambiò faccia, e ogni dubbio svanì.
-ma che cazzo dici sei impazzita? perchè te ne esci così dal nulla con queste cazzate?- si era alterato, come ogni volta che cercava di far valere le sue ragioni, lui urlava lei piangeva, litigavano e non si parlavano per una settimana.
-non esco dal nulla! non stò più bene ci ho pensato e ho capito di non amarti più..-
Lo guardò elaborare la sua risposta, sembrava essersi calmato per qualche istante, poi la furia esplose più iraconda di prima: -te la fai con qualcun altro?-
-no- mentì, ma non voleva assolutamente umiliarlo ne che lui scoprisse chi era l'altro
Cercò di sostenere il suo sguardo per non fargli capire che stava mentendo
-sei una stronza! dimmi la verità dimmelo che te la fai con qualcun'altro...non mentirmi perchè se scopro che stai con qualcuno ti ammazzo! chiaro?-
-ma che cavolo dici? non provare a minacciarmi ti ho detto che non ti amo più, non puoi accettarlo? potremmo essere amici, potresti trovare un'altra no?!-
-amici? no Alice non esiste, non ti lascerò andare tanto facilmente-
Si voltò e se ne andò verso l'entrata del locale.
Alice rimase li sola. Si sentiva una stronza, e perdipiù ora aveva anche paura di cosa avrebbe potuto fare Edoardo se avesse scoperto tutto. Si accese l'ennesima sigaretta con le mani che tremavano e si sedette sul bordo del marciapiede le ginocchia strette al petto e degli strani brividi sulle braccia..
Piangeva non sapeva per chi o per cosa ma piangeva.
E il terzo punto della lista " parlare con Manuel", quella sera non aveva proprio voglia di cancellarlo.














Spazio autrice:
ta-tan!!!
ecco a voi il quinto capitolo!!

E' più corto degli altri lo so,
ma ci sono molte rivelazioni e poi la notte della verità non è ancora finita...

Finalmente sono riuscita ad aggiornare.
Ho passato un periodo atroce,
tra matrimoni
feste paesane
amiche discotecare
e sopratutto la fine del tirocinio!!!!
Non dovrei raccontarvi queste cazzate lo so, dovrei parlare del nuovo capitolo
però mi devo inevitabilmente sfogare altrimenti impazzisco..

Veniamo a due potenziali innamorati:
Alice è una cagasotto, e ormai è chiaro a tutti direi!! Manuel qui è poco presente, ma tornerà
e vedrete come tornerà
Edoardo invece mi sta davvero sul cavolo invece come avrete notato ho smesso di chiamarlo
ken in carne ed ossa
perchè non lo è più, io odio le presone violente o che alzano la voce
per questo gli ho affibbiato questo ruolo -perchè lo odio-
Invece il bel Bressan si sta pian piano rendendo conto del legame che ha costruito con la piccola Alice
e questo non gli farà molto piacere.
Nonostante tutto non disdegna il lato B della nostra Alicetta....
porco!!!
*in realtà la porca sono io, ma non diciamolo che è meglio*


ed ora....recensioni!!!!

(anzi recensione)

Cara...carissima Bambolotta (o alessandra che dir si voglia), l'unica che mi ha recensito e che mi ha pure mandato una mail...
lo so quella frase è stato un vero colpo da  maestra...
mi è venuta tipo 5 minuti prima di postare la fic, le cose migliori sono sempre quelle scritte di getto alla fine, che ci vuoi fare!!!
Grazie cmq per tutti i complimenti !
per tutto il resto scrivimi pure tutte le mail che vuoi, ricordati che non mi disturbi mai e non sarai mai invadente!!! XO


Grazie anche a xsempre noi per la mail...però basta con gli spoiler ora!! XO


Grazie ai  21 che hanno aggiunto la storia tra i preferiti e
ai 15 che l'hanno messa tra le seguite!!
vi adoro, spero di vedere questi due numeri aumentare!!



1bacio. Vale




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Capitolo 6
*** 6 ***


6



-Relazione Clandestina-






6






Quanto era stata banale quella conversazione?
Quanto era stato facile lasciarlo?
Si sentiva come un personaggio di uno di quegli stupidi telefilm sentimentali per adolescenti, come la piccola Joey Potter o la Marissa Cooper del triveneto, una povera pirla abituata a vivere sotto una campana di vetro che piange alla prima scottatura, al primo vero scontro con i suoi simili.
E non voleva essere così.
Aveva diciottanni ormai, frequentava l'ultimo anno di liceo e in meno di tre mesi si sarebbe diplomata, era tempo che anche lei imparasse a reagire e affrontare i suoi problemi. Fino ad allora la vita aveva avuto un ritmo lento cadenzato, senza infamia e senza lode, mai abbastanza lento però per fermarsi a pensare quello, lei e Edo; il suo maggior problema era stato copiare la versione di latino in tempo per la terza ora del lunedì e costruirsi una scusa plausibile per saltare le ore di ginnastica, o trovare qualcuno che la facesse entrare gratis al Berfi's il sabato sera.
Grandi quesiti esistenziali insomma...
E in tutto questo Edoardo dov'era finito?
C'era si, ma col tempo era diventato poco più di un bell'accompagnatore, erano il trofeo l'uno dell'altra da mostrare al pubblico.
Le farfalle nello stomaco erano sparite da troppo.
Si sentiva vuota, perchè almeno Marissa aveva lasciato il suo fidanzato perchè  si faceva segretamente sua madre, lei invece non aveva nemmeno un'accusa plausibile da imputargli (anzi l'idea di quella coppia le faceva accapponare la pelle); era solo caduta improvvisamente dalle nuvole in una realtà malsana e complicata che aveva costruito lei stessa.
Stupida, stupida e ingenua Alice.
Quando Edoardo tornò al tavolo tutti lo guardavano in attesa, aspettavano una rivelazione o un segnale per capire cos'era successo, ma lui non disse nulla, li squadrò dall'alto in basso tutti, nessuno escluso, poi  prese la giacca dalla sedia con irruenza e senza salutare si diresse di nuovo verso l'uscita principale.
-secondo me tira una brutta aria tra quei due!!-
Charlie fu il primo a rompere il silenzio interpretando il pensiero comune, erano ancora tutti sbalorditi dalla dipartita teatrale di Edo, imbambolati verso la porta.
-credo che lei l'abbia mollato...- Chiara sospirò convinta dopo aver incrociato per un istante lo sguardo di Laura, era tempo che tutti sapessero.
Il silenzio si allargò: Jack Charlie Paolo, il Vigna che stava pomiciando con Martina fino ad un attimo prima, Manuel e Filo, che parevano totalmente estranei alla faccenda, si voltarono verso di lei, una cosa del genere non poteva esser detta così a cuor leggero. Quella separazione avrebbe fatto il giro del locale in tre minuti e non era cosa da poco, era come dire che avrebbero tolto latino da tutti i licei del Paese: una rivelazione epica.
-cosa?- domandò Jack incredulo.
Avrebbe voluto vedere la faccia di Manuel in quel momento, ma non poteva voltarsi sarebbe stato troppo eloquente. Credeva di essere l'unico a sapere, invece ignorava il fatto che altre persone fossero al corrente del segreto della piccola Alice. Si limitò a guardare negli occhi la sua ragazza, con Lady Gaga che faceva da colonna sonora a quella condizione di stasi.
-non so dirvi altro..saranno affari loro no?- brontolò con un alzata di spalle lei, il bicchiere di coca che le copriva un sorrisetto compiaciuto.
Subito partì un chiacchiericcio corale: tutti volevano sapere, ipotizzare, dire la loro sulla coppia di amici, mentre Manuel in silenzio guardava la porta dietro cui Alice era sparita.

Nel parcheggio erano comparse le prime auto vicino all'ingresso, genitori diligenti che andavano a prendere i figli che uscivano dal locale, e due ragazzi innamorati l'avevano raggiunta e si erano seduti l'una in braccio all'altro a pochi passi da Alice.
Se ne stavano abbracciati nella penombra incuranti del resto del mondo, sentiva i sospiri e le risatine della ragazza giungere fino a lei, ed era quasi decisa a rientrare per non disturbarli quando lo vide uscire di nuovo più incazzato di prima. Le si avvicinò dapprima incerto poi sempre più veloce, prese il coraggio a due mani e con l'indice alzato sussurrò a denti stretti vicino al suo volto: -non credere che possa finire così, non ci credo che di punto in bianco tu abbia preso questa decisione! scoprirò cosa c'è sotto vedrai!!-
Non le diede nemmeno il tempo di replicare perchè se ne andò adirato verso il parcheggio senza dire altro.
Non ci poteva credere, era davvero ostinato, e lei si era sentita perfino in colpa per averlo lasciato...
E tra le risatine e i baci rumorosi della coppietta felice, prese fuori il pacchetto di sigarette. Per l'ennesima volta.

Manuel si alzò dal tavolo con la birra ancora in mano. Era inquieto, continuava a ripetersi che la storia tra Edo e Alice non era affar suo, ma qualcosa non gli tornava; erano usciti mano nella mano, poi era rientrato solo lui, adirato, mentre lei era sparita da mezzora.
Aveva provato a non pensarci: si era fatto un giro con la ragazza che il Pasini gli aveva presentato facendogli l'occhiolino, ma si era rivelata una vera chiavica, voleva trascinarselo a spasso come un bambolotto e presentarlo a tutte le sue amiche. Come un trofeo.
Non era decisamente serata per sopportare una tizia del genere, e poi era rossa pure lei. E a lui non erano mai piaciute le rosse.
-dove vai Manu?- chiese Filo vedendolo alzarsi dal tavolo all'improvviso
-a farmi un giro!- gli rispose senza voltarsi.
Chiara e Laura si guardarono complici, la bionda accavallò le gambe sotto lo sguardo preoccupato del suo fidanzato. Quando faceva quel sorrisetto compiaciuto con una della altre due del mistico trio, doveva cominciare da preoccuparsi.
Era passata un'oretta e Alice non si era vista, così Manuel decise di andare fuori, con la scusa di una sigaretta, per vedere se era ancora nei paraggi: si fermò al bar prima di uscire -Alice aveva ragione- in certi casi, un martini era proprio quel che ci voleva.
Mentre aspettava il dj dalla consolle sorrise e alzò un braccio richiamando il Vigna che scherzava là sotto con Filo, aveva messo per lui Pump it dei Black Eyed Peas. Il martini arrivò e Manuel se lo portò alle labbra osservando i suoi amici che ballavano attorno a una tipa con un vestito rosso microscopico.
Uscire per lui fu impresa facile, la maggior parte della gente là dentro sapeva chi fosse Manuel Bressan e non aveva certo voglia di attaccar briga per una gomitata accidentale. Quando raggiunse la tettoia esterna Fergie stava contando la sua strofa (e gli ricordava tremendamente la voce di Alice, dolce e diabolica al tempo stesso) ma ogni suono, per sua fortuna, venne attutito dalla porta rossa che si chiuse con un tonfo sordo alle sue spalle.
Attese di aver acceso la sigaretta prima di guardarsi attorno, ma la notò subito: seduta sul marciapiede con le ginocchia contro il petto e i capelli che le oscuravano il viso.
La osservò per qualche minuto con la sigaretta in una mano e il bicchiere nell'altra. Le tremava la mano con cui sorreggeva la sigaretta e stava certamente piangendo a giudicare dai singhiozzi che le scuotevano tutto il corpo. Aveva addosso quei jeans attillati che le fasciavano le gambe e le facevano sembrare ancora più magre, che a lui piacevano tanto, li aveva notati appena era entrata al BM, e poi quei sandali blu con il tacco alto che le distruggevano le caviglie.
-portale questo e non dirle altro!- mormorò a Jerry poco prima di rientrare lanciandole un occhiata. Quello gli rivolse uno sguardo interrogativo ma obbedì senza fare domande.
Porse al buttafuori il bicchiere e si dileguò prima che Alice potesse guardarsi intorno, la sua sigaretta a metà lanciata nell'aiuola ancora accesa.
Manuel non riusciva a spiegarselo, perchè mollarlo se poi se ne stava a piangere da sola su un marciapiedi? Magari non era stata lei, magari l'aveva mollata lui perchè gli aveva confessato di averlo tradito, o magari lei l'aveva mollato e poi se n'era pentita...
Indovinare era impossibile, e chiederlo ancora più improbabile.
Bastarono due sorsi per finire quel martini, era esattamente quello che le ci voleva per ritemprarsi e smettere di piangersi addosso. Lanciò il mozzicone lontano, verso la ghiaia del parcheggio, prese un respiro profondo riempendo tutti i polmoni fino a farsi male. Aveva deciso razionalmente di smettere di piangere per Edo, che non ne valeva la pena e che da quella sera avrebbe cominciato una nuova epoca, che si sarebbe abituata -volente o nolente- alla sua assenza.
Jerry le sorrise bonario mentre le teneva galantemente aperta la porta, Alice ricambiò titubante, e si fece avvolgere volentieri dalla ressa del venerdì sera al BM.
-love..sex...american express...- inneggiava la canzone
Pareva proprio la descrizione della sua vita, peccato che la sua fosse una Visa e che ci fosse molto più sex che love.
-tutto ok Ali?- chiese Charlie appena la vide riapparire nel gruppo
-si..si tutto bene!- rispose sorridendo al meglio delle sue qualità di attrice, il trucco ormai inesistente e la frangia un po' scomposta. Manuel non potè che guardare scettico quel sorriso tirato: che aveva pianto come una fontana era chiaro a tutti ma la sua testardaggine nel cercare di nasconderlo era sorprendente.
Dopo l'una gli amici cominciarono a sparire gradualmente, Alice era rimasta a chiacchierare al tavolo con Laura e Martina, molti erano andati a dormire, altri erano ancora mischiati alla folla danzante. Voleva andarsene a dormire, ma era obbligata a rispettare le esigenze di Martina, era quella che abitava più vicina a lei e quindi l'avrebbero riaccompagnata lei e il Vigna. Rassegnata ormai ad andare a dormire all'alba -perchè secondo le abitudini del Vigna, il sabato era facoltativo andare a scuola- afferrò la borsa dalla sedia accanto per cercare il cellulare e avvisare sua mamma del ritardo.
Ma inaspettatamente qualcuno era già corso in suo aiuto.
"vado via adesso, se vuoi un passaggio esci"
Lesse il messaggio e si fermò a riflettere, non era difficile indovinare chi l'avesse mandato, il solito numero non salvato in rubrica che finiva con 724; sfortunatamente per lui Alice non aveva nessuna intenzione di lasciarsi sedurre dai suoi baci quella sera, fortunatamente per lei, Manuel sembrava volerle offrire solo un passaggio.
Rispose al volo: "aspettami fuori"
-ragazze io vado a letto sono un po' stanca, ci vediamo domani a scuola?- raccattò tutta la sua roba velocemente infilando tutto nella borsa a casaccio per raggiungerlo il più velocemente possibile.
-con chi torni?-
Non aveva pensato a questo particolare, quindi buttò lì a Martina la prima scusa che le venne in mente. A Laura avrebbe spiegato tutto il giorno dopo.
-è venuta mia madre, le avevo mandato un messaggio prima..- si, era l'ennesima balla colossale, ma sommata a tutte le altre non era che un dettaglio insignificante.
-ok ci vediamo domattina.- Laura la salutò ondeggiando la mano a ritmo di musica con un ghigno inequivocabile stampato in volto: aveva capito tutto..
Prese la borsa e uscì consapevole che il giorno dopo avrebbe subito il suo terzo grado.
Raggiunse Manuel nel punto dove l'aspettava sempre, un vicolo un po' nascosto e lontano dal parcheggio e da altri spettatori: l'attendeva già a cavallo della moto, con il casco in testa e il motore acceso. Slacciò il suo casco appeso ad una delle maniglie laterali e infilò la giacchetta nera di raso.
-come mai vai via così presto?- chiese sistemandosi sul sedile posteriore
-sono stanco-
"e allora come mai mi hai cercata?" non poté che porsi questa domanda, senza però trovare il coraggio di parlare.
 Se era stanco come si proclamava, perchè l'aveva aspettata, le sembrava assurdo che volesse solo offrirle un passaggio, la galanteria non era certo una delle sue prerogative. Non osò chiedergli nulla. Si strinse con le braccia attorno alla sua vita con i met sferzati dal vento e la borsa a tracolla sulla schiena, appena in tempo prima che partisse sgommando.
Dopo poche curve Alice riconobbe Ponte Vittoria davanti a loro, erano fermi al semaforo, avrebbero dovuto proseguire diritto e costeggiare il fiume per arrivare a casa sua. Invece Manuel partì sgasando, e subito piegò a destra sul ponte; apparve viale della Repubblica, lo imboccarono velocemente sfilando nel viale alberato, se avessero proseguito fino alla fine potevano ancora arrivare facilmente a casa sua, ma come aveva ipotizzato la moto svoltò a destra all'ultimo incrocio verso via Ederle. A quel punto sapeva benissimo dove erano diretti, eppure non capiva cosa volesse fare.
Arrivarono sotto il palazzo, Manuel rallentò e entrò nel cortile interno, parcheggiò la sua moto nelle solita posizione vicino al portone. Aspettò che scendesse anche lei per mettere il cavalletto, poi si avvicinò all'ingresso con il casco infilato in braccio e le chiavi in mano, senza farle domande ne premurarsi di darle alcuna spiegazione.
Alice lo imitò sgusciando nell'atrio appena in tempo prima che la porta si chiudesse.
-mi vuoi dire che ci facciamo qui!?- sibilò mentre aspettavano l'ascensore
-stanotte dormi qui-
Non era una proposta o una preghiera, era un ordine.
Aveva deciso tutto lui, senza interpellarla. Lo odiava quando la trattava in quel modo, con quel tono di comando che non dava diritto di replica, la faceva incazzare da morire: poteva chiederglielo o magari solo avvertirla, invece no! Lui aveva deciso tutto da solo senza nemmeno darle il tempo di avvisare a casa.
Rimase in silenzio nell'ascensore, mentre Manuel fissava la pulsantiera assorto.
Non sembrava interessato a lei.
Frugò nella borsa ed estrasse il cellulare, sua madre l'avrebbe ammazzata di sicuro, ma almeno se l'avesse avvertita che avrebbe dormito fuori non le sarebbe venuto un infarto, così compose in fretta un messaggio per rassicurarla dicendole che avrebbe dormito da Chiara e che sarebbe andata direttamente a scuola. Le disse anche che lei e Edo si erano lasciati, giusto per trovare una scusa per essere rimasta da un'amica.
Manuel aprì il portone e accese tutte le luci.
Alice lo seguiva per la casa come un'ombra. Improvvisamente la consapevolezza di ciò che Manuel voleva da lei la bloccò sulla porta della cucina. Se l'aveva portata là non era solo per dormire, non aveva mai dormito-e-basta con lui: lo osservò inquieta vagare per la cucina, aveva lanciato il giubbotto sull'isola al centro della stanza e stava trafugando qualcosa nel frigorifero.
La cucina era immacolata, tutta in ordine senza nemmeno uno strofinaccio fuori posto, come se nessuno l'avesse mai usata. Probabilmente Manuel non aveva mai nemmeno acceso i fornelli, l'unica cosa che gli aveva visto fare era usare la macchina del caffè, non che si dovesse sforzare molto a mettere una capsula nello sportellino, però lì dentro sembrava davvero fuori posto.
Il pensiero di fare l'amore con lui in quel momento la disgustava.
Nel silenzio vennero a galla tutte le cose che erano successe quella sera: le parole di Laura e quelle di Edoardo, lo sguardo strano che le aveva lanciato Manuel quando era rientrata, così carico di dubbi, e vuoto allo stesso tempo. E sopratutto la certezza che di lì a poco Manuel avrebbe preteso la sua parte in quello strano baratto sessuale.
Come si fa poi a dire ad un uomo al quale ci si è già concesse -più di una volta e ben volentieri-, che ti ha portata a casa sua solo ed esclusivamente per quel motivo, e che è sempre così teatralmente sexy, che non te la senti di rotolarti tra le lenzuola con lui. E' un'impresa galattica.
E Manuel le passò accanto con la sua migliore espressione vacua proprio in quel momento: sulla porta poteva esserci lei, uno scoiattolo, il fantasma della sua defunta madre, un qualsiasi altro essere vivente, e lui avrebbe avuto lo stesso sguardo e la stessa attenzione per esso -o magari davanti al fantasma di sua madre si sarebbe scomposto un attimo, ma poi avrebbe ripreso la sua strada senza troppi problemi-.
Lo seguì fino in camera sconsolata senza aspettare un ordine preciso, poggiò la borsa sulla sedia e rimase in piedi incapace di reagire alla situazione. Cosa avrebbe potuto dirgli? Manuel intanto aprì l'armadio dandole le spalle, prese una maglietta grigia dei Rancid, la prima della pila, e la lanciò sul letto.
-puoi usare questa per dormire.-
Era calmo, stranamente calmo. Sembrava solo tranquillo, non aveva il solito tono incazzato e arrogante, si era rivolto a lei con naturalezza e serenità.
A quel punto qualcosa non le tornava: le aveva dato una maglietta per "dormire"? Cos'era un messaggio in codice? Oppure con "stasera dormi qui" intendeva davvero dormi qui?!??
-posso usare il bagno vero?-
Lui annuì mentre le dava le spalle piegato sul pc alla scrivania.
Velocemente imboccò la porta del bagno accanto all'armadio e se la chiuse alle spalle. Non sapeva se essere incazzata perchè Manuel continuava ad ignorarla, piangere per la fine della storia con Edo, sentirsi sollevata perchè lui non aveva manifestato intenzioni bellicose o odiare se stessa per averlo seguito in quell'appartamento.
Sospirò, scivolando con le spalle contro la porta con la maglietta dei Rancid in una mano e la borsa nell'altra.
Lo specchio sulla parete di fronte rifletteva un'immagine di se stessa mai vista: struccata, con due occhiaie da paura, la camicetta stropicciata e macchiata sul colletto di mascara e gli occhi gonfi, i capelli normalmente lisci come seta, arruffati con le punte tutte arricciate. Era tempo di darsi una ripulita.
Sentì il cellulare di Manuel suonare dietro alla porta senza però distinguere la sua voce, probabilmente era un messaggio, mollò la borsa e la maglia sul bordo del lavandino per tuffarsi alla ricerca degli asciugamani puliti.
Il bagno  era decisamente maschile, diverso dalla camera, perlomeno quello sembrava abitato. Le mattonelle azzurre e i faretti attorno allo specchio davano al tutto un atmosfera da hotel di lusso sebbene fosse poco più che uno sgabuzzino, lei aveva usato quel bagno decine di volte ma non si era mai soffermata a guardarlo come "il bagno di Manu". Tutto lì dentro parlava di lui.
L'accappatoio blu appeso dietro la porta, gli asciugamani anch'essi blu impilati ordinatamente su una mensola, spazzolino e dentifricio appoggiati davanti al lavandino, un disordine organizzato. Rasoio e schiuma relegati in un angolo del primo ripiano del mobile la fecero sorridere, Manuel odiava farsi la barba. Accanto al bidet una pila di riviste seminascosta; così ad occhio e croce non ne conosceva nessuna, era tutta roba di moto, basket e musica. Decisamente il bagno di un uomo, lei in bagno teneva Glamour, Vogue e Elle!!!
Uscì una decina di minuti dopo ripulita, con i vestiti tra le braccia e addosso quella maglietta che le copriva a malapena il sedere.
Intanto Manuel aveva spento le luci, solo quella sul comodino di destra rischiarava la stanza, e se ne stava stravaccato contro la testata del letto con una mano dietro la nuca e il portatile sulle gambe. In boxer.
Quando la vide uscire dal bagno spense il pc e lo poggiò a terra. E per la prima volta da quando era salita in moto con lui si guardarono negli occhi. Era imbarazzatissima, normalmente a quel punto gli era già saltata addosso, anzi probabilmente sarebbe stata già nuda. Aveva dormito da lui solo un paio di volte ma mai intenzionalmente, una volta si era addormentata lì perchè non aveva nessuna intenzione di guidare, l'altra era troppo ubriaca per scendere le scale da sola e Manuel...dormiva. Poggiò i vestiti sulla sedia della scrivania e si incamminò verso il letto.
La domanda era là, sulla punta della lingua: "perchè sono qui?" nonostante questo, non riusciva ad uscire, troppo codarda o troppo stanca non riuscì a fargliela e senza dir nulla si accoccolò sotto al piumone.
Il silenzio calò sulla tutta casa.
Nessuno dei due dormiva ovviamente, erano sdraiati nello stesso letto schiena contro schiena come fratello e sorella, senza toccarsi. La luce spenta nessun rumore, non lo sentiva nemmeno respirare, e il cuore che batteva nel petto come una grancassa. Cominciò a chiedersi se anche lui potesse sentirlo tanto rimbombava nel suo petto, e si sentiva un'idiota perchè aveva fatto sesso con lui tante di quelle volte e ancora le si chiudeva lo stomaco e le veniva la tachicardia solo perchè dormivano nello stesso letto. Anzi perchè dormiva nel suo letto.
E i pensieri cominciarono a vagare leggeri nel buio. Manuel in effetti non le aveva chiesto nulla, l'aveva solo accolta lì senza chiederle niente: e perchè allora non le era saltato addosso? Forse non voleva che restasse sola dopo quello che era successo. Dopo la sfuriata di Edo. Si stava preoccupando per lei? Se ne stava prendendo cura, come avrebbe fatto Jack? Aveva paura, paura di illudersi che il suo fosse solo un gioco, per cosa poi...prenderla in giro? L'aveva già fatto mille volte in fondo...Ma lo conosceva, sapeva che se l'avesse voluta in altri sensi, avrebbe già preso possesso del suo giocattolo.
Quindi davvero era diventata il suo giocattolo?
I discorsi di Laura le piombarono di nuovo addosso, proprio sul petto, dove faceva più male.
"voglio sperare ce tu non vada a letto con tutti quelli che chiami amici..." e lui era davvero solo un amico? "che diamine ti è venuto in mente? sai quello che si dice di lui.." si purtroppo lo sapeva... "ti sei presa una cotta per lui?"
Si.
Passarono i minuti e pian piano capì che si era addormentato perchè il respiro era diventato più lento e profondo. Anche lei era stanca ma non riusciva a prendere sonno. Troppi pensieri.
"dimmelo che te la fai con qualcun'altro.." non voleva che lo sapesse, avrebbe solo provocato un putiferio. Lui e Manuel avrebbero litigato, gli amici e le amiche si sarebbero schierati e alla fine, in qualunque modo, qualcuno avrebbe sofferto. Probabilmente lei e Manuel si sarebbero ritrovati tutti contro e non era assolutamente quello che voleva.
"...sei una stronza!!"
Avrebbe voluto girarsi e abbracciarlo in quel preciso istante, e magari farsi dire qualcosa di carino per tirarsi su, ma aveva paura di essere scacciata -anzi la certezza- quindi si addormentò tra pensieri infausti sulla famosa maledetta sera e ricordi nebulosi della prima volta che aveva dormito con Edo.
Potevano essere passati pochi minuti o anche sei ore, quando un movimento accanto a lei la destò, Manuel aveva mosso una gamba sotto la coperta, probabilmente nel sonno. Alice si ritrovò sveglia in quella stanza conosciuta accanto ad un uomo conosciuto, eppure si sentiva un'estranea completa in quel letto; rannicchiata nell'estremità più lontana da lui sul bordo del materasso le braccia strette al cuscino. Aspettò qualche momento, il tempo di esser certa che lui fosse almeno un po' addormentato e poi si decise, si voltò veloce e leggera e appoggiò la fronte tra le sue scapole sulla schiena nuda avvolgendolo con le braccia.
L'illusione durò pochi secondi, la pelle fresca contro la sua fronte era il lenitivo migliore per la sua mente ingarbugliata in strani pensieri, sembrava che Manuel non si fosse nemmeno accorto della sua vicinanza, respirava piano e il suo cuore batteva regolare sotto la mano di Alice.
-che fai?-
Lo credeva addormentato invece dalla voce sembrava perfettamente sveglio e inequivocabilmente scocciato. Cosa poteva rispondergli?
-ti abbraccio..- la verità pura e semplice.
-devi proprio?- le rispose senza muovere un muscolo, a quella domanda Alice si staccò all'istante e tornò dal suo lato del letto silenziosa.
Non voleva assolutamente, non doveva, non poteva: invece eccole là, le lacrime arrivarono impetuose, salivano salivano e lei non riusciva a trattenerle. Si fece piccola piccola, sempre più lontana da Manuel, e pianse. In silenzio pianse, stringendo i denti per non singhiozzare e inspirando con la bocca perchè i fazzoletti per soffiarsi il naso erano troppo distanti.
Rimasero così ancora per molto. Ognuno dal suo lato. La sentiva, eccome se la sentiva piangere, ma l'orgoglio aveva catene pesanti da spezzare, se voleva sfogarsi e piangere, a lui non doveva importare. E allora cominciò a chiedersi perchè l'avesse portata lì con se?
Pian piano il pianto si calmò e Alice era decisa ad abbandonarsi definitivamente al sonno. Aveva pensato di alzarsi e andarsene, di voltasi e schiaffeggiarlo o in alternativa urlargli contro tutto l'odio che provava per lui in quel momento, però una voce dentro se le ricordò di chi stava parlando. Manuel Bressan non era un ragazzo carino -bello si, ma non carino- non trattava bene nessuno, men che meno lei, e non era quello giusto da cui andare a frasi consolare e non doveva aspettarsi nulla di diverso da lui. La colpa era soltanto della sua ingenuità.
Poi fu lui a muoversi, proprio il lui che stava maledicendo mentalmente: si voltò prima verso di lei, e ne sentiva il respiro dietro al collo ancora distante, poi dopo qualche attimo di esitazione, con cautela l'avvolse tra le sue braccia, così rannicchiata com'era, tirandola indietro verso se la strinse contro il suo petto.
Alice non reagì, non disse nulla e nemmeno smise di piangere.
-perchè stai piangendo?-
Un sussurro, roco e tremendamente sensuale, che arrivò al suo orecchio come da un'altra dimensione, estraneo a quella stanza, a quel letto, a Manuel. Il cuore perse un battito per la sorpresa e Alice stretta in quel goffo abbraccio trasalì. Veramente si stava prendendo cura di lei?
Singhiozzò, si passò la mano sulle guance per asciugare le lacrime.
-non lo so..-
Silenzio.
Il suono strano che le giunse all'orecchio era proprio ciò che le serviva; non aveva riso e non aveva sbuffato, aveva fatto entrambe le cose producendo un buffo mix che rimbombò contro la sua nuca. Le scappò un risatina: perchè dopo tutto ciò che aveva combinato le pareva incredibile concludere la serata con una risata, eppure Manuel c'era riuscito.
Involontariamente certo, ma aveva rischiarato anche quella serata.
E lui invece era immobile, il silenzio era calato Alice aveva smesso di piangere. Solo allora osò inspirare a fondo con il volto tra i suoi capelli, e si rese conto di ciò che aveva accanto: la cosa più profumata e fragile che avesse mai stretto tra le braccia, la avvolgeva completamente col corpo e con le gambe, che ancora tremava un po'.
Inspirò di nuovo, a suo rischio e pericolo, Alice già dormiva tranquilla con le mani posate sulle sue. Sistemò meglio la testa sul cuscino perchè sapeva che lei non lo avrebbe lasciato andare facilmente ora che l'aveva abbracciata. E in fondo non gli dispiaceva più di tanto.
La strinse impercettibilmente contro di sè.
E dormirono così, tutta la notte.

Alle 7 la sveglia del cellulare di Alice suonò come ogni mattina.
Aprì gli occhi di soprassalto e allungò la mano verso il comodino, prese il Nokia ultimo modello che le aveva regalato suo padre a Natale e disattivò il suono fastidioso.
Ritornò subito tra le sua braccia, immobile per non guastare quel momento perfetto, si rannicchiò di nuovo nella stessa posizione e gli strinse le mani tra le sue. 
A quel contatto Manuel reagì mugugnando e allentando la presa delle braccia, brontolò qualcosa di incomprensibile disorientato, gli sembrava di aver dormito dieci minuti scarsi, invece era già ora di andare a scuola. Si scostò di lei dopo essersi accorto di aver dormito tutta la notte con il viso affondato sul suo collo e  con una mano massaggiò un braccio intorpidito.
-non mi va di andare a scuola- impastata dal sonno Alice tirò il piumino fin sopra la testa mentre Manuel apriva finalmente gli occhi. -voglio dormire!- continuò da sotto le coperte.
-vuoi fare fuga?- le chiese allibito. Nell'immaginario collettivo Alice era l'incarnazione dell'alunna modello: brava, rispettosa e diligente. Non l'aveva mai vista fare fuga, e non si aspettava un proposta del genere proprio nel giorno in cui tutti avrebbe scoperto della sua rottura con Edoardo. Decisamente non era una buona idea, sarebbe apparsa come una dimostrazione di debolezza.
Lei annuì vigorosamente in modo che lui la vedesse anche sotto alle coperte.
-sicura?-
A quel punto Alice riemerse con il viso dal piumone, lo osservò un po' indignata: forse non la credeva capace di marinare le lezioni? Manuel stava sdraiato a pancia insù con gli occhi chiusi e il torace scoperto.
-certo!-
Di nuovo Manuel borbottò qualcosa di incomprensibile e si riacoccolò sul fianco voltato verso di lei -senza abbracciarla-.
Alice continuò a guardarlo per qualche secondo, la mandibola rilassata e le rughe sulla fronte distese, decise di non forzarlo, di non stargli troppo addosso, l'aveva tenuta tra le braccia tutta la notte, doveva accontentarsi!! Rimasero quindi così ognuno dal suo lato, questa volta faccia a faccia.
Alle 10 passate Alice sentì dei rumori al piano di sotto, si spaventò e si avvicinò alla sua spalla scrollandolo leggermente.
-Manuel?-
-che c'è?- non sembrava affatto entusiasta di esser stato svegliato. 
-c'è qualcuno di sotto!- gli sussurrò all'orecchio
-sarà Sonia-
Sapeva che avevano una sorta di aiuto domestico, faceva tutto lei: puliva, cucinava, lavava e faceva la spesa. Si occupava di tutta la roba di Manuel, la stirava e la metteva nell'armadio. Suo padre stava all'estero per settimane e lui non sapeva provvedere a se stesso da solo.
Al piano di sotto un rumore sordo e metallico annunciò l'uscita della donna dalla casa.
-ecco, se n'è andata...- commentò innervosito.
Si voltarono l'uno verso l'altra, casualmente. E in silenzio incrociarono lo sguardo.
Dopo tutto quello che era successo quegli occhi scuri che la scrutavano senza timore la mettevano in imbarazzo.
Manuel sondò con gli occhi ogni cellula del suo viso perfetto, le labbra piene di un rosa delicato, il naso piccolo e in perfetta armonia con i lineamenti dolci del viso, e poi gli occhi, di un azzurro disarmante ridevano allegri, sarebbe potuto stare ora a guardarla. Così piccola e fragile, così buffa nei suoi lineamenti di porcellana, i capelli di un brillante color del rame, le lentiggini sul naso e sulle guance, la fronte alta e le sopracciglia sottili. Incantata da quello sguardo scuro, lasciò il piumone che teneva stretto tra le dita, gli portò una mano sulla sua testa e passò le dita tra i capelli sorridendogli dolcemente.
Quel sorriso leggero e gentile lo spiazzò.
D'istinto le prese il viso tra le mani e nascosto sotto il piumone la baciò, dolce e lieve, sfiorandola soltanto. Alice non si scostò ne tentò di approfondire il contatto, accolse il suo gesto con il cuore che aveva ripreso a martellare nel petto.
Lo aveva fatto così senza pensare Manuel, stregato dalla suo dolcezza; non la strinse per paura di romperla, così piccola e fragile, facile da rovinare.
-grazie per avermi tenuto qui stanotte-
Non rispose, alzò semplicemente le spalle e le lasciò il viso. 
Alice rimase immobile ancora un momento per imprimere nella memoria quel momento così dolce e inaspettato.
Poi -sorridendo sotto i baffi- lo seguì al piano di sotto.
Si sedette sul tavolo della cucina dietro di lui che stava armeggiando con la macchina del caffè. Alice ancora in maglietta e mutande seduta sul marmo freddo, Manuel solo in boxer, le mostrava in tutta la sua bellezza il suo sedere da statua di marmo.
-vuoi mangiare?- le chiese di spalle
-no solo caffè!- trillò allegra agitando le gambe penzolanti
-guarda che se continui a bere fumare e farti di caffè così campi poco!- le lanciò un'occhiata sbieca ghignando come un ragazzino
-...e va bene che merendine hai?-
Manuel allungò una braccio e aprì un anta bassa della cucina accanto alla sua gamba destra: -queste-
La dispensa era completamente stipata di confezioni colorate: fagottini girelle flauti tegolini, sembrava che avessero riversato là dentro un'intera scansia del supermercato, Alice balzò giù dal tavolo con uno scatto e l'espressione più sconvolta che le avesse mai visto.
-wow, ma è un sogno, questo è...è il paradiso delle merendine!- si chinò sulle ginocchia scoprendosi tutte le cosce magroline per cominciare a frugare come una forsennata. Nonostante le apparenze quella ragazza sapeva stupirlo: mangiava dolci e cioccolata in quantità industriali eppure non aveva un filo di ciccia.
-ma quanta roba c'è qui dentro Manu?- 
-io non le mangio, è Sonia continua a comprarmele..- rispose guardandola scomparire nella dispensa con entrambe le braccia e tutta la testa.
Ne studiò i movimenti, inconsapevolmente aggraziati, mentre fissava indecisa le scatole per scegliere qual'era quella con il giusto equilibrio di cioccolato pan di spagna e farcitura: bere il caffè con lui accomodata sul piano della cucina e sporcarsi gli angoli della bocca con la Kinder Delice, ovviamente aveva scelto la merendina più cioccolatosa della dispensa. Finita la colazione Alice tornò in camera per lavarsi e vestirsi mentre Manuel si piazzò sul divano a vedere la tv.
-la mia camicia è sporca, posso prendere qualcosa di tuo?- gli urlò con la testa che sbucava dalla cima della scala.
-si- brontolò con un livello di voce che usava raramente.
Quando Alice scese in salotto vestita, la squadrò interrogativo: -come ti sei conciata?-
Aveva i suo pantaloni e una camicia azzurra di Manuel stretta in vita dalla cintura di cuoi che la sera prima portava infilata nei jeans, i sandali blu di Zara in una mano e la borsa nell'altra. E sorrideva sorniona.
-è tua! hai detto che potevo prendere qualcosa da te no?!- gli disse facendo una mezza piroetta mentre sistemava il collo della camicia che su di lei si sformava.
-lo so quel che ho detto.-
La stava troppo larga e dallo spazio tra un bottone e l'altro si vedeva chiaramente il reggiseno nero, nonostante tutto Manuel non potè che convenire con lei che lui non l'aveva mai messa e che certamente la portava con molta più disinvoltura lei, di quanto non avrebbe mai potuto fare lui.
-oh non fare quella faccia...tanto non l'hai mai messa...- continuò sbuffando davanti alla sua espressione contrariata.
La ignorò e dopo un'alzata di spalle tornò a concentrarsi sulla tizia in jeans e reggiseno che ballava su Mtv. Alice mollò a terra le scarpe e la borsa e saltellò fino al divano accanto a lui e si lanciò letteralmente in ginocchio sui cuscini guadagnandosi lo sguardo più truce del suo repertorio.
-cosa facciamo stamattina?-
Manuel scrollò le spalle mentre cambiava canale passando alla paytv, non sembrava granchè intenzionato a muoversi dal divano in realtà.
-che fai di solito il sabato scusa?- tentò di smuoverlo piazzandosi quasi in braccio a lui.
-vado al campetto.-
Si rese conto immediatamente che lo sapeva benissimo, Manuel non era particolarmente assenteista, mai quanto Edoardo comunque, e non lo vedeva a scuola solo quando mancavano anche il Vigna Filo o addirittura Jack e Paolo. Il perchè lo sapevano tutti, anche i prof ormai: si trovavano a giocare al campetto tutti insieme. Il sabato pomeriggio poi era un appuntamento fisso. Alice c'era stata parecchie volte con le ragazze, o a trovare gli amici dopo lo shopping del sabato -ma in quelle occasioni Manuel era sempre troppo occupato a correre dietro al canestro per curarsi di lei-, definirlo "campo da basket" era alquanto azzardato, si trattava semplicemente una lastra di cemento in mezzo al parco con due canestri arrugginiti ai lati. Però era gratuito e abbastanza isolato da permettergli di fare tutto il casino che volevano.
-oh giusto...e allora che si fa?- brontolò scostandosi da lui per incrociare le braccia. Manuel sorrise della sua espressione imbronciata.
-andiamo al lago- le propose atono. E Alice si illuminò come una bambina felice.
















Spazio Autrice

Ehilà..
*si copre il volto con le braccia per paura di essere colpita da qualcosa di pesante*
lo so...ennesimo ritardo!!
però questo capitolo è davvero lungo e molto puccioso, quindi spero che mi perdonerete
XD

Passiamo ad argomenti seri:
visto come si è piagato il piccolo e puccioso Bressan davanti alle lacrime di Alice??!!??
eheheh
ma non poggiatevi sugli allori!!
il caro vecchio stronzo bastardo fottuto egoista tornerà alla carica molto presto!!
Spero che la storia stia piacendo anche a coloro che la leggevano una volta,
sono cambiate delle cose, però per adesso la trama è rimasta pressochè invariata..
(da notare il corsivo+grassetto+sottolineato su: per adesso)
Finale in sospeso...
sadicamente, lo so

Ho notato che chi recensiva all'inizio ora non lo fa più...
...perchè???
*si strugge in lacrime in un angolo della sua stanza*
mi auguro che non mi abbiate abbandonata ragazze..
spero di ritrovare qualche rece,
giusto per la mia autostima e per capire se la storia fa così schifo da aver fatto fuggire tutte le lettrici!

Ora rispondo alla rece:
annalisa70: la dieta è fallita, come sempre, ma gli impegni sono tanti e purtroppo a volte non ho tempo di scrivere anche se ci penso tutto il giorno, ho trovato comunque una valida soluzione, mi stampo le bozze dei capitoli e le porto sempre con me, così ogni volta che mi viene in mente qualcosa mi ci butto a capofitto...mi è capitato di scrivere pure mentre stavo in fila in macchina in tangenziale, esperienza pessima!!
Per il finale dovrai aspettare un po', anche se in realtà ho fuso molti capitoli e cancellato anche intere parti, quindi potrebbe volerci meno del previsto..
Ukyu93: grazie 1000 della rece, continua a seguire mi raccomando e grazie anche per avermi inserita nelle seguite ^^
Bellatrix_indomita: ho provato a cercare la tua rece, ma non l'ho trovata...magari EFP ha fatto qualche casino oppure tu hai pensato di recensire, poi non l'hai fatto (a me capita spessissimo...don't worry)!! Sto scrivendo una cosa unica..davvero?? che bello mi emoziona trovare certe rece e poi mi sprona un sacco a scrivere (e aggiornare in tempo), quindi spero di trovarne altre!! hihihi
Bambolotta: Aleeeeeee!!! PERDONAMI please...che ti amo te l'ho già detto che mi salvi te l'ho già detto...che mi resta...Vuoi sposarmi???
spero che il cap sia di tuo gradimento..anche se l'anteprima l'avevi già letta! il finale è un po' in sospeso, ma ciò che succederà al lago lo scoprirai la prossima volta..felice che tu abbia riavuto il pc MA giuro che smetto di aggiornare se tu non la smetti di non dormire!!! EDo è viscidissimo si, ma con questo cap ce ne siamo liberate per un po', contenta??




Prometto solennemente di impegnarmi per pubblicare il cap 7 entro il 20/10/2009




1bacio. Vale






Grazie 1000 alle 23 buon'anime che hanno aggiunto R.C. ai preferiti: 1 - Amo90 2 - Anthy  3 - BAMBOLOTTA 4 - Betty O_o 5 - bribry85  6  - Janeisa 7 - kira988 8 - kiravf 9 - lady jane 10 - LaylaFly 11 - lela98412 - lillay 13 - ozz 14 - paragni 15 - pirilla88 16 - Potter92 17 - Raffuz18 - RBAA 19 - ruby18 20 - Sbruby 21 - valespx78 22 - Veronica91 23 - xsemprenoi
e alle 17 seguite: 1 - akane_date 2 - crusade 3 - elie84 4 - Fantasy_Mary88 5 - GIUGGIOLINA1808 6 - giunigiu95  7 - Kagome 13 8 - la_regina 9 - Lemon12310 - Mirya 11 - priscy 12 - Sbruby 13 - silver_mermaid 14 - Ukyu93 15 - Vale_Tvb16 - White Frog 17 - zamby88 

 







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Capitolo 7
*** 7 ***


7





-Relazione Clandestina-





7






Il 22 di aprile era un bel sabato mattina, uno di quelli freschi e soleggiati che facevano venir voglia a tutti di fare fuga.
Quel sabato mattina alle Stimate l'assenza di Manuel Bressan passò inosservata a molti, l'unica che veramente la notò fu la prof di Latino che aveva ben pensato di interrogarlo dopo la disastrosa versione della settimana prima, costretta quindi a virare su qualcun altro.
L'assenza di Alice Aroldi invece venne accolta da quasi tutto il corpo studenti come una mancanza di coraggio: la notizia della rottura della coppia d'oro infatti aveva fatto il giro del cortile addirittura prima della campanella d'ingresso, quando nessuno vide la sua chioma rossa in sella alla bici arrivare all'ultimo momento, tutti pensarono che la poverina non se la fosse sentita di andare a scuola dopo il fattaccio.
L'assenza di Alice Aroldi e Manuel Bressan venne notata invece solo da pochissimi. Laura fu l'unica ad indovinare l'esatto motivo dell'assenza di entrambi, e con dovizia di particolari informò anche Chiara sulla situazione nei primi dieci minuti della prima ora. Jack, in un'altra quinta, aveva notato si l'assenza di entrambi ma si era autoconvinto che fosse solo una mera coincidenza. Il resto degli studenti che aveva notato la strana casualità, non poteva sapere e si accontentò di classificare la cosa come, appunto, una casualità.
Nessuno poteva sapere che in quel momento Manuel e Alice correvano sulla statale abbracciati l'una all'altro sulla moto.

Dopo la notte passata l'uno accanto all'altra le cose non cambiarono poi di molto.
Si erano visti solo una volta perchè le cose non erano esattamente tornate alla normalità: Alice aveva passato il pomeriggio a casa di Laura a spettegolare e fingere di studiare fisica, le aveva confessato tutto nei minimi dettagli (comprese tutte le fughe, le balle, i mal di testa fasulli e l'intesa sessuale assurda che avevano trovato), poi quando era uscita poco prima di cena aveva trova l'sms di Manuel che le annunciava l'imminente ritorno di suo padre. Quindi non aveva perso tempo, l'aveva raggiunto sotto casa con la bici era salita di corsa e si era lasciata spogliare senza dir nulla.
Da quando si era sparsa la voce della sua rottura con Edo, Alice si era ritrovata assediata dalle domande e dagli sguardi di molti, e sfuggire alle occhiatacce di Edoardo stava diventando complicato. Mentre Manuel, l'unico da cui sperava di ricevere attenzioni, non la trattava diversamente da solito.
E lei si era accorta che neanche lui riusciva più a trattenersi per troppo, era diventato molto più audace e aperto nei suoi confronti, ma sempre e solo quando erano soli. Se stavano lontani per troppo anche lui non riusciva a trattenere la sua voglia di vederla e l'assediava anche a scuola e nelle ore buche.
Gli esami però si stavano avvicinando e Alice non riusciva più a passare tutto il pomeriggio con lui. Passava intere mezze giornate alla scrivania o al tavolo del salotto concentrata sempre solo su un'unica riga del libro di storia con il cellulare davanti sempre pronta a scappare da lui, era ormai iniziato maggio e comunque prima degli esami avrebbe avuto parecchio altre occasioni per vedersi, sopratutto ora che si era finalmente liberata di Edoardo: i suoi infatti avevano programmato ormai da sei mesi due settimane di crociera per festeggiare la loro seconda luna di miele, al compleanno di Laura mancavano ormai meno di due settimane e la festa che Charlie stava preparando sarebbe stata fantastica, e in ultimo non poteva dimenticare la festa per i diplomandi, storica occasione per far baldoria.
Stava riflettendo su tutti questi programmi per il futuro nel giardino della scuola seduta sui gradini del cortile interno con Chiara e Laura, come sempre stavano fuggendo dalla prof di ginnastica.
-ragazze che si fa questo weekend?- chiese la bionda con il palmare in mano
-non so io dovrei studiare.. sono indietro in fisica!- Chiara era sempre indietro in qualcosa, aveva sempre esercizi supplementari da fare o libri interessanti da studiare. Era molto più secchiona di loro due, e tremendamente più ligia allo studio.
-tu Ali che pensi di fare?- continuò la bionda ammiccante
-non so, sono a casa da sola-
-esci con il tuo piccolo nano maledetto?-
Che senso avesse non le era mai stato chiaro, ma Laura amava dare nomignoli ambigui a tutto, questo era quello che aveva scelto per parlare di Manuel in pubblico. Non aveva alcun senso logico, anche perchè Manuel nel suo metro e ottanta abbondante non era per niente nano, anche se maledetto era abbastanza appropriato.
-ovviamente no!-
-come vanno le cose?-
-come sempre: ci siamo visto l'altra sera, ma fuori da casa sua  nemmeno una parola! E poi è tornato suo padre quindi per ora...nulla-
-e tu che pensi di fare per questo?- le chiese Laura assottigliando lo sguardo; aveva mollato il palmare sul gradino e si era voltata completamente verso di lei, bruttissimo segno!! Ora Alice aveva tutta la sua attenzione.
-che dovrei fare scusa?- scrollò le spalle, non aveva voglia di affrontare Manuel. Voleva solo rifugiarsi tra le sue braccia al momento del bisogno, divertirsi e farsi coccolare.
-Alice non dirmi che ti va bene così, perchè tanto non ci credo...tu non sei mai stata così, dov'è finito il tuo orgoglio?-
-ma cosa dovrei dirgli "se mi vuoi ancora ti devi mettere con me", dargli un ultimatum?-
-eh esatto potrebbe essere un'idea!- dal suo tono credeva che fosse la soluzione più ovvia. Ma Alice sbuffò trattenendo un sorriso, già se la immaginava la faccia di Manu davanti ad una domanda del genere: le avrebbe riso in faccia, e se lei avesse insistito semplicemente l'avrebbe scaricata. Come faceva con tutte.
-ahahah si vede che non lo conosci...mi riderebbe in faccia-
-quindi preferisci che ti tratti come una qualsiasi delle sue amichette?-
-non sono una qualsiasi..-
-a no?- insinuò Laura spazientita, non capiva come la sua amica potesse essere così cieca. La conosceva da anni, non era mai stata una stupida, nemmeno quando si era presa la cotta per Edo, non era mai fatta mettere i piedi in testa, eppure ora sembrava aver perso tutta la sua razionalità: -e che ha fatto per dimostrartelo?-
"nulla..." non trovò il coraggio di ammetterlo ad alte voce, ma con se stessa non poteva negarlo. Manuel la stava usando come il suo giocattolo, e lei si era piegata ad ogni suo ordine ad ogni sua chiamata, come una delle tante.
Il silenzio calò tra le tre amiche. Alice guardava a terra, non sapeva che fare, sapeva che Laura aveva ragione loro ma non voleva ammetterlo, aveva paura di perderlo per sempre costringendolo a scegliere: o lei, o la sua libertà.
"io non voglio essere la sua scopamica!!"    
-ho bisogno di un po' di sano shopping..- cominciò Alice

Un tranquillo pomeriggio di compere era proprio quello di cui sentiva la necessità, certo Laura aveva passato metà pomeriggio a cercare di convincerla a mettere le cose in chiaro con Manuel, l'altra metà a scegliere con lei le parole giuste, mentre Chiara continuava a sostenere che non era il caso di intromettersi in quella situazione, che era già abbastanza complicata senza l'intervento della bionda "ripara-coppie".
Si comprò due borse, una quantità industriale di magliette, dei jeans, due paia di ballerine e degli sandali per l'estate.
Si presentò a casa di Manuel quasi all'ora di cena, non era sicura di trovarlo da solo, invece la invitò a salire con il solito distacco.
Quando entrò in casa lo trovò sdraiato sul divano a guardare il basket sulla pay-tv. Si piazzò davanti a lui decisa. Aveva provato il discorso decine di volte in macchina, scelto le parole più adatte, quelle che non avrebbero urtato il suo senso di libertà da ogni legame.
Dopo mille ripensamenti si era convinta ad andare da lui, non con il discorso che Laura avrebbe sperato, però era lì. Non voleva rovinare tutto imponemdogli qualcosa, quindi l'idea era di parlargli tranquillamente e cercare di scoprire cosa provasse per lei.
-dobbiamo parlare!-
-non adesso, aspetta!- sembrava che non l'avesse nemmeno vista entrare in salotto.
-come non adesso? io devo parlarti, ora!!-
Lo credeva diverso, 
-sto guardando l'NBA, levati che è quasi finita..dopo puoi parlare quanto vuoi- stava cominciando ad irritarsi e questo non poteva che sfavorirla, doveva correre ai ripari, per questo provò di addolcire il tono di voce e avvicinarsi al divano.
-no Manuel ascoltami: io non posso continuare così sono mesi che ci vediamo di nascosto, io non posso più andare avanti in questo modo!- aveva paura, si, ma prima o poi bisogna affrontare tutte le paure.
-bene-
-come bene?-
Le tremava la voce, la conversazione stava prendendo la piega sbagliata.
-se non ti va più bene..vattene!-
Per un momento l'aria scomparve dall'atmosfera, il cuore corse ad una velocità mai raggiunta e un vuoto, enorme gigantesco si aprì nei suoi visceri. Era proprio quella la frase che temeva, quella che l'avrebbe scacciata, come una qualsiasi..
Le aveva parlato tranquillo senza nemmeno guardarla in faccia, anzi cercava di scorgere i giocatori sullo schermo dietro di lei. Credeva di conoscerlo -almeno un po'- invece no, si rese conto che non aveva capito nulla. Si era illusa che la sua fosse solo una maschera, che oltre il bastardo stronzo senza scrupoli che mostrava al mondo ci fosse qualcos'altro. Invece era solo quello: un bastardo stronzo senza scrupoli.
-sei solo uno stronzo!-
La rabbia cominciò a crescere e non smetteva più. Non tanto per quello che aveva detto, ma per l'ignobile codarda aria con cui non la guardava.
Era stata a letto con lei, cazzo!! Alice non riusciva a crederci, come poteva dopo tutto ciò che avevano..fatto, ignorarla così? L'aveva baciata -con parecchio trasporto-, l'aveva spogliata e vista nuda, le aveva accarezzato la pelle e sedotto la mente.
Si avvicinò come una furia alla presa sul muro e staccò tutti i fili che c'erano sul pavimento. La tv si spense immediatamente con uno zot inquietante.
-ma sei scema? che cazzo fai?- sbraitò Manuel alzandosi in piedi e incrociando finalmente il suo sguardo.
Sapeva che quel giorno sarebbe arrivato prima o poi, l'idillio non poteva durare per sempre. L'aveva fatto apposta a non ascoltarla, non voleva sentirle dire quello che gli avevano già detto mille altre labbra, avrebbe distrutto l'immagine che si era costruito di lei; Alice col passare del tempo si era fatta largo nelle pieghe della sua personalità e aveva raggiunto i limiti che lui stesso si era preposto, oltre quelli nessuno era mia arrivato, eppure non sembrava patirne, sempre perfetta, dolce disponibile ad ascoltarlo, avrebbe voluta tenerla lì sul divano con lui tutta la vita. Se solo non avesse chiesto di più...
-ora sei pregato di ascoltarmi!- le mani piazzate sui fianchi, indignata.
Ignara che ciò che tanto desiderava, fosse già suo.
-io non ascolto un bel niente! non ti va più bene così? bene...allora FINE! addio, io per la mia strada tu per la tua!- allontanarla era l'unica soluzione possibile per Manuel
-non possiamo parlare da persone civili? non volevo arrivare a questo!- le chiavi della macchina tanto strette nella mano da far male.
-non c'è niente da dire! non me ne frega dei tuoi scazzi o delle tue pretese! tu sei una bella scopata e basta per me, chiaro?-
Perchè? Da dove arrivava la nausea che gli stava risalendo lo stomaco con dolorosi spasmi? Doveva forse interpretarlo come un segnale del suo corpo che non voleva perdere ciò che tanto bramava?
Ignorò i segni e la sua coscienza, essere spietato forse sarebbe stata la salvezza di Alice: -..ora vattene e scordati di me!-
-ti odio!- gli sibilò contro a denti stretti. Andandosene dopo aver raccolto i cocci della sua dignità.

Passarono quattro giorni dalla discussione, non parlarono ne si videro.
Non ci poteva credere che gli mancasse davvero. Non era umano ne possibile, eppure lui era diventato un bisogno fisico, una necessità; le mancava il suo odore i suoi capelli nerissimi, il modo in cui la guardava prima di spegnere la luce.
Emozioni così forti non le appartenevano; cominciava  a spaventarsi. Avrebbe voluto confrontarsi con Laura e Chiara o magari anche con Martina -il Vigna era più simile a Manuel rispetto agli altri due- per sapere se anche loro avevano provato emozioni simili, quella necessità di sentirlo vicino o anche solo vederlo, ma si vergognava troppo, aveva paura della risposta.
E se le avessero detto che a loro non era mai capitato, che quella morbosità non era normale, che avrebbe fatto?
Cominciò a convincersi che non doveva pensarci, che pian piano avrebbe smesso di sentire il bisogno dei suoi abbracci.
Nonostante tutto, quando lo incontrava a scuola nei corridoi o in mensa, tutta quella foga spariva. Rimaneva soltanto il rancore e la rabbia, e tutte le parole che le aveva riversato addosso la settimana prima.
Aveva provato a distrarsi, con la scuola, i compiti, lo shopping -non aveva mai speso tanto in un pomeriggio- ma erano solo rimedi temporanei, blandi palliativi ad una mancanza più viscerale.
Non aveva trovato il coraggio di raccontare nulla a sua madre; avevano parlato solo di Edoardo e quando si era ritrovata ad essere accusata di non aver avuto abbastanza pazienza con lui, quel briciolo di voglia di confessarle com'erano andate realmente le cose, scomparve, dissolto come lo zucchero nel suo tè. Sua madre non era mai stata brava a capirla; era una buona compagna per lo shopping, sua alleata nelle battaglie contro suo padre per uscire la sera, eppure non si erano mai parlate davvero. Due universi paralleli senza contatti, questo erano.
-Aliii vuoi il roastbeef o il tacchino?-
Nulla, non voleva nulla!!
Laura aveva il potere di risvegliarla sempre nei momenti più dei suoi pensieri, come se le leggesse nella mente.
-non ho fame, prendimi solo una mela per favore, io vado a tenere il tavolo- si dileguò sorridendo, con i libri e l'acqua in mano.
La mensa non era ancora così piena, la maggior parte degli studenti ciondolava ancora in fila con i vassoi in mano, per cui riuscì ad accaparrarsi un tavolo da quattro vicino al muro. Almeno non sarebbero state al centro, esposte agli sguardi inquisitori di tutti.
Si rese conto solo allora seduta da sola a guardare la città viva fuori dalla finestra, che per la prima volta nella sua vita stava scappando dal mondo. Mai si era sottratta alla vista degli altri, per natura aveva sempre amato stare al centro dell'attenzione, sentirsi osservata, ammirata. Ora invece ne sentiva il peso sulla nuca: tutti volevano sapere, tutti cercavano la tracce del dolore, del pianto o volevano scoprire le prove di un tradimento, di una lite violenta o di un nuovo amore.
Adolescenti avvoltoi senza alcuna morale.
E poi, a volte incappava in momenti tragici, come quello che stava arrivando: Manuel era appena entrato in mensa, le mani in tasca e una smorfia annoiata sul volto.
Di una bellezza incomprensibile.
Scortato come sempre da Filo, si accodò al gruppo seguito dalle occhiate maliziose di buona parte del corpo studentesco femminile. Una parte di quelle del quinto e alcune del quarto potevano vantare un passato -un finesettimana, due al massimo se erano particolarmente disinibite- al suo fianco. E Alice poteva riconoscerle solo con un occhiata: erano quelle che lo guardavano con celata bramosia, non lo spogliavano con gli occhi lucidi di emozione, lo scrutavano con finto disinteresse, mordendosi l'interno delle guance con cattiveria perchè conoscevano il valore di ciò che avevano perso.
Ed erano esattamente come lei.
-controllati!! ci manca solo che sbavi....-
Laura e Chiara l'aveano raggiunta insieme ad altre tre compagne di classe.
Alice si riscosse in un attimo, senza mostrare alcunchè al resto del pubblico, deviò l'attenzione su una ragazza del quarto anno della stessa sezione di Manuel che saltellava allegra in mezzo al salone; lei e le sue amichette avevano in mano dei foglietti azzurri, con molta probabilità avevano trovato l'invito per qualche festa di universitari.
-ieri pomeriggio ho visto Paolo che andava via con una di seconda! è una bionda...carina...dev'essere la figlia di quell'avvocato, quello che insegna anche a Giurisprudenza...non mi ricordo come si chiama però!?!- brontolò Laura, sempre troppo in vena di pettegolezzi. Squadrò le altre in cerca di un appoggio, ma nessuna le diede ascolto.
-wow oggi sprizziamo allegria è ragazze!! quanto siete noiose, non sarà mica per il compito d'inglese??-
-si-
-no-
Risposte prevedibili: ad Alice non fregava nulla d'inglese, aveva fatto il compito nella metà del tempo a disposizione per correre fuori a fumare, mentre Chiara era convintissima di aver sbagliato tutta l'analisi del testo.

Edoardo intanto in quei quattro miseri giorni era tornato all'attacco, Alice rifiutava cortesemente tutti i suoi inviti con scuse sempre più maleducate. Non poteva rassegnarsi a guardarla con astio come tutto il resto della scuola?
I ragazzi della compagnia non avevano preso posizioni: Jack aveva passato un intero pomeriggio a casa sua a fingere di non sapere nulla di lei e Manuel ascoltando tutte le sue (false) motivazioni per cui aveva mollato Edoardo, Charlie la faceva ridere come una bambina sotto precise indicazioni di Laura, gli altri, fingevano che nulla fosse cambiato, che Edo non avesse improvvisamente smesso di farsi vedere in giro quando c'era anche lei.
Le ragazze prevedibilmente le erano sempre accanto.
Il weekend però incombeva davanti alle fughe continue di Alice (da Manuel da Edoardo dalla realtà), sabato sarebbe stato il compleanno di Laura, e Charlie e Chiara avevano organizzato una festa a sorpresa al BM, una nuova tortura per Alice.
La ricerca del regalo era stata abbastanza banale, sia lei che Chiara sapevano perfettamente che Laura voleva il nuovo orologio bianco di Furla, non aveva fatto altro che parlarne per un mese. Tuttaltra cosa fu la scelta del vestito.
Dopo una settimana di sofferenza, pura e semplice, l'animo combattivo di Alice tornò a bussare alla porta. Aveva razionalmente deciso di riprenderselo! L'illuminazione era arrivata venerdì mattina mentre pedalava tranquilla con l'i-pod nell'orecchie, proprio mentre imboccava via Montanari vide due ragazze della scuola scendere dai motorini dei loro accompagnatori in divisa. La prima più bassetta non era nulla di chè, ordinaria ma carina con le sue ballerine rosse salutò il suo ragazzo con un bacio a fior di labbra quando lui la trattenne per un braccio, l'altra decisamente più appariscente, la gonna arrotolata in vita per scoprire le cosce e un reggiseno di pizzo nero che dava bella mostra di sè sotto la camicia bianca, sgambettò fino al suo lui ancheggiando per poi salutarlo con un buffetto sul casco dopo averlo illuso con le sue movenze sensuali.
Lì le venne l'idea geniale. L'avrebbe fatto morire, doveva capire cosa si era lasciato scappare, guardarla con la stessa bramosia con cui lei aveva guardato lui per tutta la settimana.
Non voleva essere sconfitta senza combattere, e le sue armi erano tutt'altro che convenzionali.
La scelta dell'abito per sabato fu l'argomento di tutto il pranzo del venerdì: Laura aveva fatto fuga con Charlie per "festeggiare degnamente" lasciando così Alice e Chiara ben lontane dal tavolo dei ragazzi a parlottare di gonne top e vestitini succinti.
La sua amica era in parte concorde col piano, temeva seriamente per le idee malsane di seduzione di Alice, ma tutto sommato più che la versione silenziosa e depressa che avevano visto tutta la settimana, questa vendicativa era decisamente meglio!

Alle 7e45 di sabato mattina Alice inforcò la sua bici nera per recarsi a scuola.
Ignara di tutto quello che sarebbe capitato in quel sabato di maggio.
Durante tutto il tragitto il suo pensiero fisso fu solo la vendetta: "dovrà rimpiangermi..dovrà volermi tanto da non riuscire a resistere...allora cadrà!! e io avrò vinto..." non riusciva a non essere euforica, messe a tacere tutte le voci nella sua testa che le ricordavano ciò che si erano urlati durante la litigata della settimana prima, il suo umore non poteva che essere alle stelle.
Con la bella stagione aveva tolto le calze grosse sotto la divisa, pedalava veloce nel traffico mattutino con le gambe nude e la camicia scalzata dalla gonna, sfilava tra le macchine con il vento che le accarezzava la pelle e le scompigliava i capelli. Maggio era il suo mese preferito, caldo abbastanza ma senza l'afa di luglio a soffocarle il respiro. E le veniva voglia di cantare ferma al semaforo all'incrocio con  corso Porta Nuova, perchè Robbie Williams la faceva sentire la più bella di tutte le ragazze del liceo, di Verona, del mondo, e perchè forse qualche speranza con Manuel ce l'aveva ancora.
Arrivò a scuola in anticipo, lasciò la bici nelle rastelliere davanti all'ingresso bloccandola con il grosso catenaccio rosso che si portava sempre dietro. Chiara l'aspettava con la festeggiata al bar in piazza della Cittadella, a due passi dalla scuola. Ripercorse il vicolo con l'i-pod in una mano e la borsa nell'altra e si apprestò ad attraversare la strada, senza troppa attenzione, ma tanto da lì non passava quasi mai nessuno.
Quando fu a metà delle strisce pedonali una moto nera la evitò per un pelo, e schizzò veloce nel vicolo della scuola.
Senza volerlo sfiatò uno strillo strozzato, le aveva fatto prendere un colpo, non aveva visto nulla, solo una macchia nera in avvicinamento e una fortissima scarica di adrenalina che le bloccò le gambe. Parecchia gente dall'altro lato della strada si fermò a guardare la scena. Alice adirata e con il cuore che rimbombava nelle orecchie e le lacrime agli occhi, si voltò di scatto verso la direzione in cui la moto era scomparsa: e lui era là, Manuel si tolse il casco lei non riuscì a fiatare estasiata dalla sua visione.
Giubbotto leggero maglietta blu jeans e converse, un ghigno sulle labbra da svenimento e un fuoco negli occhi color del carbone che le tolse ogni raziocinio.
Perchè era così bello?
-vuoi farti ammazzare Aroldi?- urlò ad Alice ancora ferma in mezzo alla carreggiata beffardo, vedendola imbambolata non potè che ampliare il suo sorrisetto malefico.
-certo che no!!- rispose risvegliatasi dal torpore. Tornò sul marciapiedi in tre passi con le gambe che tremavano ancora.
-guarda che se vuoi morire ci sono metodi molto più efficaci...- era ormai sui gradini dell'ingresso, lei invece non si era ancora ripresa del tutto dallo spavento.
Rimase là, con le cuffie in mano, a guardarlo con odio con la sottile speranza che scivolasse sulle scale. E ad ammirare il suo sedere perfetto stretto nei jeans a vita bassa.
Poi due voci la raggiunsero preoccupate.
-Alice stai bene?- chiese Chiara col fiatone
-eravamo ferme all'angolo e abbiamo visto tutto, quello è pazzo!! come cazzo si permette poteva farti male!?!- intervenne la bionda
-no sto bene, non preoccupatevi...- rispose camminando come un automa guidata sotto braccio da Laura verso il bar dove avevano appuntamento
-è completamente scemo!!!- continuò a inveire Chiara intanto dall'altro lato Laura blaterava qualcosa a proposito di denunce, querele e genitori avvocati.
Le due ragazze continuarono ad insularlo, ma Alice non le sentiva più, aveva la mente offuscata da pensieri contrastanti: sapeva che Manuel l'aveva fatto apposta, la strada era vuota, poteva rallentare o evitarla senza problemi, e sapeva anche di non aver rischiato nulla perchè gli aveva visto fare cose ben peggiori in moto. Voleva spaventarla, chiaro, probabilmente aveva anche accelerato quando l'aveva vista attraversare.
Ma perchè spaventarla? che cavolo voleva ancora da lei?
La rabbia salì a livelli estremi durante la colazione, per poi alimentare il rancore per tutta la mattina. Quella sera l'avrebbe distrutto.
Il sabato mattina passò velocemente, decise di anticipare il piano per la serata a mensa nonostante la completa disapprovazione della altre due, lei si era intestardita per fargliela pagare.
Andarono a sedersi con i ragazzi, tra cui Manuel, per puro caso a causa del maltempo non mancava nessuno, e Alice fu ben felice così tutti avrebbero assistito al suo siparietto; altro colpo di fortuna, il posto di fronte a Manuel era libero accanto a Filo -che aveva sempre avuto un debole per lei-, ne approfittò assottigliando gli occhi nella sua direzione la vendetta stava per avere inizio.
Chiara e Laura dall'altra parte del tavolo seguirono la scena senza dire una parola, erano entrambe convinte che si stesse cacciando in grossi guai. Conoscevano le reazioni furiose di Alice, ma non quelle di Manuel e il suo piano poteva diventare un arma a doppio taglio.
Mangiò il suo pranzo in silenzio: insalata e yogurt. Per la linea, tutta la cioccolata con cui si era ingozzata durante la settimana l'aveva gonfiata come un pallone.
Lo guardava a malapena, ascoltava divertita i discorsi di Filo, rideva a tutte le sue battute idiote e continuava a toccargli la gamba distrattamente se Manuel li guardava. Fu gentilissima con Filo, fare la smorfiosa era uno dei suoi ruoli preferiti e meglio riusciti. Manuel l'aveva vista all'opera un paio di volte e capì subito che quelle moine erano un messaggio per lui e non si scompose, non poteva negare -almeno a se stesso- di esserne geloso ma non le avrebbe certo dato la soddisfazione di saperlo. Seguì tutta la scena in silenzio con le mani intrecciate davanti al volto: Alice sorrideva scherzava chiacchierava con tutti disinvolta, di rado incrociava il suo sguardo, nemmeno quando venne il suo turno di prendere in giro l'allenatore di Jack lo guardò, fissava ostentatamente Filo e il Vigna a turno. Cominciava a dargli sui nervi.
Il colpo di grazia arrivò quando stese le gambe su quelle di Filo appoggiando la schiena contro la spalla di Jack dall'altro lato.
Le sue gambe lunghe sottili -sexy- che a Manuel piacevano tanto, su Filo che le accarezzava distrattamente dal ginocchio in giù mentre continuava a chiacchierare  con Jack. Guardò Manuel solo un attimo, ma le bastò: stava deglutendo vistosamente fissando con odio bruciante la mano del suo amico che scivolava lenta sulle sue gambe, per un secondo credette che sarebbe esploso e avrebbe strappato il braccio dal corpo a Filo. Alice sapeva che quella mossa l'avrebbe certamente fatto innervosire.

La serata sarebbe stata sicuramente interessante


-quindi? come va il tuo piano??-
il pc trillò un paio di volte prima che Alice notasse la nuova finestra di conversazione
-prima fase completata!-
-cioè?-
-estetista, parrucchiere e manicure-
-ahaha..e cosa comprende la seconda fase?-
-la più difficile: abito scarpe e trucco!!!-
Si stava divertendo un casino a chiacchierare con Laura , in attesa della sua risposta sbirciò gli altri contatti in linea nella pagina di msn, aveva circa un centinaio di contatti, solo una trentina connessi. Tra questi incredibilmente anche Manuel.
Era uno dei pochi che non aveva stupide icone o giochi di simboli nel nome, solo manu, in nero corsivo, aveva conversato con lui solo un paio di volte e lui era stato telegrafico ed evasivo. Lo trovava connesso solo ad orari assurdi di solito, si stupì notevolmente a vederlo là con il suo omino verde accanto impostato su 'in linea'.
Laura le rispose con una faccina ammiccante.
-è in linea..-
Voleva un consiglio: parlarci o no? e se si, cosa avrebbe dovuto dirgli?
-è vero, non l'avevo visto...non parlarci!!!! guai a te..-
Aveva ragione lei, perchè avrebbe dovuto parlargli? avrebbe rovinato il suo piano di vendetta! No, sarebbe riuscita a resistere, non doveva cedere come una dilettante: Alice Aroldi era forte e gliel'avrebbe dimostrato.
Salutò Laura per concentrarsi, era tempo di cominciare a fase due.
Trovò un trucco pesante ma adatto alla festa su you tube: prese tutto il portatile e lo trasportò in bagno, alzò il volume delle casse e fece partire il filmato con le istruzioni per truccarsi. Dopo una decina di minuti ammirò il suo lavoro soddisfatta, l'eyeliner e l'ombretto scuro attorno all'occhio mettevano in risalto il blu acceso delle sue iridi creando un contrasto strepitoso con i capelli rossi, lisci e perfettamente stirati della frangia.
Sistemato il trucco tornò in camera per occuparsi del'abito. Si sedette sul letto davanti all'armadio aperto in contemplazione, stava aspettando l'idea geniale, sapeva che sarebbe arrivata da un momento all'altro. Faceva sempre così, si sedeva in contemplazione sul letto passando in rassegna tutto ciò che possedeva, poi improvvisamente trovava l'abbinamento prefetto, si alzò dopo cinque minuti di silenzio per provare l'abitino blu che aveva comprato pochi giorni prima.
La slanciava parecchio, però quell'abito era troppo serio, scopriva troppo il seno e troppo poco le gambe.
Snervata lo rilanciò nella catasta di roba, colpì tutte le stampelle appese in alto, alcune caddero, altre scivolarono sulle mensole, una finì a terra ai suoi piedi.
Lì arrivò l'illuminazione.
-come ti sei conciata?- il tono sprezzante di Manuel le tornò in mente insieme al suo sorrisetto malizioso.
Aveva indosso i jeans e quella camicia azzurra stretta in vita dalla cintura di cuoio che la sera prima portava infilata nei passanti dei jeans, i sandali blu di Zara in una mano.
-è tua! hai detto che potevo prendere qualcosa da te no?!!- gli disse facendo una mezza piroetta mentre sistemava il collo della camicia che su di lei si sformava.
-lo so quel che ho detto-
-oh non fare quella faccia...tanto non l'hai mai messa...- continuò sbuffando davanti alla sua espressione contrariata.
Sembrava passato un secolo dal ricordo di quella notte...

Raccolse da terra la camicia guardandola bene, si era sempre scordata di ridargliela in quel momento le suonò come un segno, un taglio serioso ma sfilato in vita, della Lacoste con quel piccolo coccodrillo ricamato sul taschino, azzurra con piccoli bottoni bianchi.

Studiò la camicia ancora una volta, quella l'avrebbe fatto morire...
Frugò a lungo in un cassetto per trovare una cintura adatta, ne scelse una alta elastica sulla schiena e di vernice nera davanti che aveva preso l'anno prima da Gucci. La lanciò sul letto insieme alla camicia. Più guardava quella camicia più si convinceva che Manuel si sarebbe incavolato nero, esattamente ciò che voleva lei. Provò tre paia di shorts di jeans, neri con un taglio maschile e altri bianchi e alcune gonne corte, ma non trovava quella che aveva in mente, affondò le mani nel fondo dell'armadio. Era certa di avere una minigonna nera con le tasche come quelle dei jeans, non la usava da parecchio perchè era diventata eccessivamente corta. Eppure quella sera sembrava calzare perfettamente al suo scopo. Scavò tra le mensole un paio di minuti per poi urlare esaltata con capo in mano: -eccola!!-
La provò senza la camicia: scandalosamente corta, le copriva a malapena gli slip, l'abbassò il più possibile sulle anche per renderla accettabile. L'aveva comprata anni prima di nascosto da sua mamma per andare ad una festa con tizio che col senno di poi le sembrava orrendo, ma quella sera avrebbe distrutto Manuel Bressan, a costo di far vedere le mutande a tutti.
Infilò la camicia azzurra che le stava eccessivamente lunga e copriva quasi tutta la minigonna, la strinse in vita con cintura nera. Le mozzava il fiato tanto la stringeva, cercò di sistemarla un po' meglio in modo che non le piegasse le costole e riuscisse almeno a respirare, poi aprì un paio di bottoni sopra della cintura per scoprire un po' il decoltèe, il reggiseno di raso non si vedeva nemmeno scomparso tra le pieghe del tessuto largo.
La scelta delle scarpe fu relativamente facile, con le decoltèe di vernice nera di Louboutin avrebbe potuto sedurre anche un ghiacciolo. Erano state il regalo per i suoi diciotto anni di sua madre, i cinquecento euro spesi meglio della sua breve vita.
Alla fine della preparazione sospirò, infilò un cerchietto lucido tra i capelli e si posizionò davanti allo specchio. Rimase folgorata.
La camicia era stato un colpo di genio, le conferiva un aria più matura, le gambe lunghe sbucavano dal tessuto azzurro -la mini non si vedeva neppure- come due sottili stuzzicadenti diritti tonici e prefetti, i capelli lisci come spaghetti incorniciavano il viso intonandosi armoniosi alle lentiggini.
Se sua madre fosse stata a casa probabilmente non l'avrebbe fatta uscire così svestita. Fortunatamente quella sera era sopraggiunta una cena di lavoro di suo padre a cui non potevano assolutamente mancare, le aveva fatto tirare un sospiro di sollievo, anche se nulla l'avrebbe fermata, era disposta persino a cambiarsi in macchina, ma doveva sbrigarsi ad uscire prima che loro rientrassero. Non poteva assolutamente rischiare.
Prese la pochette nera di Gucci dall'attaccapanni, una falso praticamente perfetto, la riempì con pochi beni di prima necessità e si avviò al piano di sotto.
Venti minuti dopo scese dalla sua Micra e nel parcheggio del BM, ci aveva messo molto più tempo del previsto ad arrivare, ma guidare con quei tacchi non era stata affatto impresa facile.
Barcollò un po' sulla ghiaia finchè con un sospiro di sollievo non raggiunse l'entrata. Sfilò l'invito per il privè che le avrebbe fatto saltare la fila dalla borsetta e finalmente raggiunse Gerry.
-wow Alicetta sei splendida stasera! chi devi conquistare?- le disse l'uomo accompagnando la battuta con una risata bonaria.
Gli sorrise melliflua facendogli l'occhiolino.
Dalla fila disordinata dall'altro lato della pensilina arrivarono fischi e complimenti urlati al vento.
Alice compiaciuta allungò la mano al ragazzo che timbrava l'ingresso, lui sorrise adocchiando per un secondo le gambe scoperte. Senza badargli troppo attraversò la porta di sicurezza da cui proveniva la musica assordante. Superato l'ingresso si fermò a contemplare la situazione: il BM era già pieno di gente, il privè sopraelevato dall'altro lato della stanza anche, lanciò un occhiata verso la consolle dove riconobbe subito il Vigna che chiacchierava vicino al dj. Sembrava a disagio con la camicia e la cravatta strette attorno al collo, probabilmente l'aveva costretto Martina a mettersi in ordine eppure gli donava molto.Si diresse subito al bar dove avrebbe chiesto della festa. Attraversò la sala sgomitando un po', passò da un corridoio scuro che si snodava attorno alla pista fino al bar, una luce azzurrina rincorreva tutto il bancone, Alice la seguì attentamente prima di avvicinarsi, voleva controllare che Manuel non fosse lì. Il piano prevedeva che non si trovassero mai soli.
Si appoggiò con i polsi al bancone facendo tintinnare la chiusura della borsetta. Il barista la salutò con un sorriso cordiale, era uno che non aveva mai visto, e le chiese cosa volesse bere.
-una birra grazie, quelli della festa nel privè sono già arrivati??-
-si, credo manchi la festeggiata- le disse indicando con un cenno del mento il soppalco.
Prese la birra e lo ringraziò passandogli alcune monete, per quel sabato Cherubini non avrebbe avuto il suo solito tavolo privileggiato, Charlie e Jack avevano affittato tutti e quattro i tavoli lassù per la festa di Laura.
Dondolandosi la Beck's tra due dita osservò la fauna radunata in pista, tutta gente molto normale, nulla di preoccupante. Poi si decise a raggiungere gli altri. Dieci gradini e un cordone di plastica rosso della consistenza di una cintura di sicurezza dividevano la zona privata dal resto, un ragazzo moro e nerboruto sorvegliava l'accesso. Gli mostrò il timbro e quello senza neppure cambiare espressione la fece passare.
-wow! Alice sei una strafiga stasera!-
Accolse i fischi e i gridolini sarcastici di approvazione con una piroetta veloce sulle scale. Edo la guardava scuro in volto seduto su un divanetto in disparte, mentre gli altri, Jack Paolo il Vigna Andre e un paio di altri giocatori del Verona basket le applaudivano sornioni.
-stasera?- gongolò fingendosi offesa alla battuta del Vigna
-tu sei sempre fantastica...colombella- la canzonò lanciandosi in un improbabile baciamano
Tutti risero, Martina compresa. Il Vigna era un personaggio impareggiabile.
Chiara l'affiancò subito illustrandole il programma nel dettaglio. Il concerto degli AfterBlack era stato annullato, ma il dj era un ex compagno di scuola di Jack e aveva promesso di far qualcosa al loro segnale. Non sapeva se sentirsi sollevata o imprecare per il cambio di programma. Se Edo avesse suonato, almeno se lo sarebbe tolto dalle scatole per un'oretta.
Evitò di sedersi terrorizzata all'idea che tutta la pista potesse vederle le mutande e quindi rimase in piedi, birra alla mano e equilibrio minato dai tacchi.
Ma qualcun altro l'aveva notata dall'altra parte del locale.
Manuel l'aveva intravista al bar, stava cercando di schiodarsi da Clarissa e dalla sua amichetta mora quando una chioma rossa, perfettamente stirata e brillante, catturò la sua attenzione vicino all'uscita del corridoio. Si sganciò velocemente per raggiungerla e confermare le sue ipotesi, ma la perse nella folla.
Certo che prima o poi avrebbe raggiunto i tavoli prenotati si diresse anche lui da quella parte. Ma a pochi metri dalla scala si bloccò tra la folla.
Solo un momento e il sangue gli ribollì nelle vene.
Non era umanamente possibile sopportare una cosa del genere. Quella ragazza, diabolica e bastarda, l'avrebbe portato alla follia: si poteva morire di eccitazione?
La seguì con lo sguardo mentre saliva nel privè, ancheggiava leggermente. Un movimento involontario dovuto ai tacchi e quasi impercettibile ad occhio inesperto, e lui poteva vantare un'assidua osservazione del soggetto: quella maledetta camicia scivolava delicata sotto la cintura modellandone la vita e i fianchi fino ad accarezzare le cosce e lambire l'orlo della minigonna.
La odiava.
Come poteva stordirlo così, da lontano? Non era certo normale quell'effetto, nemmeno il calendario di Megan Fox di Filo  aveva quel potere su di lui.
Finì il drink alla svelta improvvisamente interessato agli sviluppi organizzativi del compleanno della bionda.
Quando arrivò alla base degli scalini uno strano turbinio lo assalì, le gambe di Alice nude a pochi passi da lui riportarono alla mente spiacevoli ricordi. Primo fra tutti la sua risata dolce, sincera, gli mancava e non se n'era nemmeno reso conto, il resto arrivò come un macigno sullo stomaco: i baci, le carezze le risate sotto il piumone, i suoi reggiseni di pizzo, le ore passate in macchina in qualche campo a cercare un paio di boxer finiti chissà dove. Tutte quelle dannate volte che l'aveva avvisata di essere solo con un messaggio, quando erano andati a bere in centro soli e non aveva resistito baciandola all'ombra di un palazzo, il sabato al lago.
Quello fu l'ultimo devastante colpo. Perchè era stato bene al lago con lei. Troppo.
Erano stati in spiaggia, faceva ancora troppo freddo per fare il bagno o prendere il sole quindi erano rimasti là a passeggiare in riva al lago, poi avevano mangiato fuori in una trattoria dove facevano dei tortelli divini. Nel pomeriggio erano tornati alla spiaggia e immancabilmente nella villetta della famiglia di Manuel a fare l'amore.
Prima di salire ne privè la osservò ancora una volta, da quel'angolazione la gonna non si vedeva neppure, e come un tredicenne in piena crisi ormonale senti qualcosa risvegliarsi nei pantaloni: se le cose fossero state diverse, se lei non fosse stata Alice Aroldi e lui Manuel Bressan, l'avrebbe già afferrata per i fianchi e portata via con se. Se fosse stato certo di quel che sarebbe successo dopo, delle conseguenze, l'avrebbe addirittura baciata lì, in mezzo a tutti.
Invece -codardo- continuava ad adorarla da lontano, senza nemmeno un valido motivo per averla scacciata.
Rideva con Jack e Filo e sembrava serena.
Aveva forse dimenticato ciò che era successo dal giorno di san Valentino? tutto ciò che avevano combinato e si erano detti?
Il colpo finale furono le scarpe. Alte nere con la suola rossa, roteò disinvolta proprio in quel momento mostrandogli la linea perfetta che saliva dal tacco percorrendo il retro del ginocchio e la coscia, avrebbe voluto baciarla proprio lì, dietro al ginocchio. Quelle scarpe erano veramente provocanti.
Si avvicinò lentamente, ogni gradino verso quel corpo era una tortura per i suoi istinti.
Arrivò accanto a Filo e cercò di non guardarla, ma l'impresa pareva molto più ardua del previsto, il suo cervello sembrava essersi trasferito pericolosamente un metro più in basso e palpitava accaldato.
Come era arrivato a quel punto?
Ne seguì i movimenti da lontano. Il lento erotico e asfissiante movimento delle sue labbra sul collo della bottiglia di birra, le dita piccole e affusolate arrotolate alla catenina di Chanel, le caviglie sottili incrociate in equilibrio precario, le risate, quell'angolo sotto l'orecchio (dove la sua pelle era così morbida..) lasciato scoperto dal cerchietto che gli faceva venir voglia di morderla. I polsi esili e bianchi. Il reggiseno di raso, che era certo di non esse stato l'unico a notare, apparì quando la ragazza si chinò ad appoggiare la bottiglia. Una tortura.
Alice si  ravvivò i capelli, un gesto semplice e natura; troppo aggraziato e sensuale agli occhi di Manuel che si costrinse a fissare una vena pulsante sul collo del suo interlocutore.
Tutto. Tutto. Tutto era erotico a livelli esponenziali in lei.
-ehi ciao Manuel!- la manata sulla sua spalla trovò un colpevole.
Lo salutò con un cenno, troppo impegnato -nell'ordine- a ignorare Alice, trincerarsi nelle sue false fattezze di essere superiore e fingere di ascoltare Filo.
I due fratelli cominciarono a battibeccare su uno stupido bicchiere di gintonic finchè Filippo non decise di lasciar perdere e Manuel si ritrovò improvvisamente catapultato nel genere di conversazione che aveva cercato di evitare da giorni.
-allora? non è la tua quella camicia azzurra?-
-se-
Jack rise sotto i baffi, o meglio dietro al bicchiere, ritrovandosi faccia a faccia con un Manuel stizzito come un bambino.
-bhè è innegabilmente figa...ricordami un momento perchè non te la fai più?- domanda puramente retorica. -aaah già scusa! perchè sei un coglione cagasotto che ha paura dei rapporti seri, e pure un po' finocchio a dir la verità!-
La reazione non tardò che qualche secondo.
Se gli sguardi potessero uccidere, Jack in quel momento non sarebbe solo morto, ma seppellito tre metri sottoterra con tanto di lapide e mazzo di fiori. Manuel era furioso, odiava esser preso in giro e odiava ancor di più non poter avere ciò che voleva.
-finiscila- sibilò solo voltando la schiena in direzione della ragazza.
-se lo dicessi a mio fratello morirebbe...dice di amarla alla follia da anni..-
-tuo fratello è un porco! e non poi non ti crederebbe..-
-questo è sicuro!-
Entrambi riportarono alla luce la scena: Manuel nella doccia e Jack che lo aspettava in camera per andare a farsi un giro al campetto. Il cellulare che trillava tra le coperte. Tentò di avvertire il suo amico ma quello non sentì e nel maldestro tentativo di vedere di chi fosse il messaggio Jack si ritrovò davanti le parole di Alice: "se tuo padre torna lunedì dobbiamo approfittarne! stasera dico a mia madre che dormo da un amica, sarò sotto casa tua per l'una ok?"
Più esplicito di così..
Manuel non si scompose alla sua richiesta di spiegazioni, si sorbì le sue accuse e l'indignazione per Edo e lo costrinse a tenere la bocca chiusa.
Da quel momento a Jack tornarono molte cose.
Alle 10 in punto arrivò Laura e appena fu dentro il dj cominciò a sbraitare finchè tutto il locare non intonò la canzoncina di buon compleanno per lei sulle note della versione di Marilin Monroe quando cantò per JFKennedy. La bionda rimase sbalordita, baciò Charlie che le stava accanto e si guardarono negli occhi per pochi silenziosi secondi.
Alice proprio non riusciva a capire tutte quelle voci maligne sulla coppia. Per lei erano perfetti, l'opposto l'uno dell'altra, ma come i pezzi dei lego si incastravano a meraviglia, Laura lo strinse forte e si lasciò abbracciare a sua volta. Immensamente innamorata.
Li raggiunsero alla fine della canzone, e lì brindarono cantarono ballarono e festeggiarono tutta la notte.
Il piano di Alice sarebbe iniziato dopo mezzanotte.
















Spazio Autrice:

Ritardo di soli due giorni...
accettabile no??

Bien
che dire del capitolo..
Ebbene è successo
l'idillio è finito
Non credevate spero che sarebbe durato per sempre, i giocattoli stancano prima o poi
e Manuel ne è un esempio più che lampante.
Non vi dirò ne come ne quando, ma sì l'AliManu tornerà a splendere sul grigio sole di Verona!!!
Sicuramente ci saranno degli errori di battitura e anche di grammatica,
ma sono le 2 sono stanca e domani ahimè dovrò alzarmi presto, quindi chiedo scusa fin d'ora.

Ora io sono certa, completamente, che tutte
e dico tutte
le ragazze del mondo abbiano passato una settimana così!
non mentite!
Io mo sono basata sulla mia esperienza, su quella delle amiche e degli amici
spero di esser stata abbastanza realista
Alice non è una da piangersi addosso per troppo, e ha valide argomentazioni da sottoporre a Manuel
e lui, bhè lui, resisterà ad una camicetta svolazzante e ad un paio di gambe come quelle??
questi link sono un piccolo regalo:
Alice
Manuel 

ho scoperto questo sito ( e ci ho perso u bel po' di tempo che ho rubato alla scrittura)
grazie a un'autrice del fandom di Twilight che mi sento di consigliarvi caldamente. Il nick è Stupid Lamb, la storia: Vicini.
l'ho letta in una notte perchè non riuscivo a staccarmi (giuro!)
Se vi piace posso farlo tutte le volte!

Lo scoprirete presto!

Ho notato che darmi una scadenza mi facilita il compito, mi sento con l'acqua alla gola e lavoro meglio
(si, sono pazza)
quindi anche stavolta mi impegnerò per postare entro il 4 Novembre!

Bien
grazie a tutti
chi legge
chi recensisce
chi aggiunge ai preferiti/seguiti
che semplicemente passa..

Recensioni:
Betty: e chi non vorrebbe un Manuel tutto per se? però hai visto cosa succede con i Manuel, sono orgogliosi, pesanti e spesso rompono le palle e finisce che ti stanchi! Donna avvisata mezza salvata!! un accenno di ciò che è successo al lago l'ho messo, ma ci sono ancora particolari da chiarire, che prima o poi, verranno alla luce! sono crudele...si, ma non troppo suvvia, hai visto i miei link? fammi sapere che ne pensi..
ozz: ooo mitica! le tue recensioni mi piacciono sempre un sacco! lo so il morbo di non-so-che-scrivere-nella-rece-e-sono-troppo-stanca-per-pensarci colpisce spesso anche me...è brutto, ma sappiamo tutti che è vero! spesso il capitolo ci piace, ma non abbiamo nulla da dire se non: woow bello, dai continua così aggiorna presto...quindi finiamo per non scrivere nulla! ti capisco ma non ti assolvo...perchè io vengo tutti i giorni -ehm..circa- a vedere se qualcuno ha recensito e mi struggo se non trovo nessun aggiornamento! Per questa volta ti perdono, ma solo se recensisci anche questo! ehehehe *si stringe la mano da sola*   sono diabolica...
bambolotta: ma dove sei finita?? maledette connessioni fallite.. che palle capita anche a me..scrivi una roba bellissima ispiratissima, poi puff scompare e ti scordi tutto quello che avevi scritto, a me di solito saltano i nervi e mollo tutto!!! per favore non cavarti gli occhi con il palmare, so che se stai leggendo vuol dire che lo stai già facendo..però poi basta, altrimenti ti vanno a fuoco le retine!
xsemprenoi: ohi insomma, più o meno, oggi è il 22...ormai 23 vista l'ora...però almeno sono riuscita entro la settimana: non sei felice??
il lieto fine...ah che concetto evanescente. Il lieto fine della prima parte, quello si. Ma poi i personaggi crescono, gli anni passano e le persone scappano chissà cosa accadrà in relazione clandestina 2 (titolo provvisorio)...
ehehe sono troppo troppo cattiva!



Vi saluto..
1bacio. Vale









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Capitolo 8
*** 8 ***


9



-Relazione Clandestina-






8







Non sempre i nostri piani si realizzano, lavoriamo, lavoriamo per attuarli, ci spremiamo le meningi per calcolare tutti i possibili contrattempi..ma il Fato è così labile! Una sola decisione diversa, un passo, un respiro una parola, e tutto può cambiare e i piani di noi poveri piccoli umani saltano inevitabilmente.
Alice aveva cercato di prevedere ogni particolare e c'era quasi riuscita, aveva solo sottovalutato il soggetto.
Fino alla mezzanotte la serata era andata come previsto, il BM si era riempito e il dj si stava sbizzarrendo con i sound più in voga, Manuel aveva bevuto un paio di drink con Filo e poi si erano allontanati dalla folla per chiacchierare.
Se ne stava sui divanetti da una decina di minuti da solo. Una ragazza fin troppo piccola per la minigonna che indossava si era portata via Filo e lui era rimasto solo ad annoiarsi. Non aveva voglia di ballare ne di sballarsi, l'unica cosa che là dentro poteva accendere il suo interesse l'aveva persa tra la folla.
In quel momento il piano di Alice cominciò.
Ma quando Manuel capì cosa stesse succedendo il bicchiere rischiò di esplodere tra le sue dita.
Alice ballava, non faceva nulla di chè, a volte agitava i fianchi a ritmo, o si spostava solo da un piede all'altro mentre muoveva le braccia in aria leggere come ali di libellula.
Ma ballava con Carlo, idiota che pretendeva di giocare come guardia nel ruolo che era stato suo.
E prima di lui aveva ballato con: Filo, il Vigna, Andre, Paolo, Charlie, un cameriere, un tizio biondo con piercing al labbro, un mezzo emo che pareva capitato là per caso, un amico di Cheru che Manuel aveva fulminato immediatamente e che se l'era svignata alla svelta e poi persino con Laura.
E l'aveva guardato.
Incatenato al divanetto dai suoi brillanti occhioni azzurri, costretto a guardarla muoversi tra le braccia d'altri. Non l'aveva mollato un secondo, ogni volta che aveva alzato lo sguardo dal suo cavaliere era finito su di lui. Senza sorridere o ammiccare, senza una vera espressione ma con un'intensità che lo aveva incollato al suo posto per tutta la sera.
Manuel la odiò profondamente per qualche istante. Ne seguì il profilo dal braccio che ondeggiava sulla testa, poi i capelli sciolti sulle spalle che saltavano come lingue di fuoco illuminate a tratti, il collo bianco e gli occhi, quei maledetti occhi color del cielo d'estate che non si decidevano a lasciarlo in pace.
Scattò in piedi senza nemmeno pensarci quando vide un cameriere passare vicino al suo tavolo. Il suo corpo reclamava una pausa, aveva le gambe indolenzite a forza di star seduto mentre qualcos'altro era fin troppo sveglio. E la vodka fu un valido richiamo.
Lò bloccò ordinandogli due vodka-lemon (meglio abbondare per non rischiare di rimanere senza), poi si voltò per tornare al suo posto e incontrò di nuovo quelle due pozze azzurre che seguivano i suoi movimenti. Non capiva che cavolo volesse dirgli con quello sguardo totalizzante.
Attorno a loro intanto la situazione era precipitata all'inverosimile.
Andre giaceva semisvenuto su un divano, le ragazze intorno a Filo erano triplicate e dalla sua espressione era sul punto di svenire anche lui, Jack avvinghiato a Chiara e persino il Vigna si era lascito irretire da Martina e giaceva tra le sue gambe inerme soggiogato dai baci impetuosi della ragazza. Tutti troppo impegnati o troppo poco coscienti per aiutarlo a distrarsi. Gli era rimasta solo la vodka.
Tornò al fidato giaciglio nell'angolo più nascosto del privè schivando le richieste di unirsi alle danze con un paio di grugniti malevoli, raggiunto dopo pochi secondi dal cameriere con i suoi due bicchieri li afferrò entrambi con una foga che normalmente non gli apparteneva.
La gente ballava attorno a lui, i vetri della balaustra brillavano iridescenti sotto le luci strobo e il resto del mondo pareva in quel momento una massa unica di individui inutili.
Alice intanto era spartita dal suo campo visivo.
Esattamente 75 minuti dopo la mezzanotte avvenne la catastrofe.
Manuel non aveva mosso il culo dal divanetto -se non per rifornire il bicchiere- per tutta la sera, da lì aveva spiato i movimenti della sua rossa tortura in pista sempre inchiodato dal suo sguardo.
Quando riapparve alle spalle di Laura un po' scompigliata e con la camicia sbottonata fino al reggiseno un moto di gelosia lo attraversò fino al centro del petto, ma lei sembrava tranquillissima: aveva abbandonato l'ennesimo cavaliere e se la rideva con la sua amica. Probabilmente alticcia quanto lui. A quel punto il primo vodka-lemon era già finito tutto nel suo stomaco.
Nell'attimo esatto in cui entrambi riconobbero le prime note di quella canzone librarsi nell'aria, successe qualcosa: Alice si voltò di scatto nella sua direzione subito dopo il primo giro di basso poi si mosse troppo svelta e Manuel la perse di vista confuso dalla gente che aveva invaso il privè.
Poi improvvisamente apparve sopra tutti. Sola in piedi su un tavolino esattamente di fronte a lui. Era la canzone giusta, il momento giusto nessun testimone pericoloso (..ovvero cosciente) in vista e una massa di altri intrusi a coprirla. Il basso dei Muse rimbombò come un tuono in tutta la sala.
I think I'm drowning
asphyxiating...
Asfissiando.
Si, quella era la sensazione corretta. Quello stava provando Manuel.
Guardò le braccia di Alice muoversi sensuali. Per lui. E intanto asfissiava.
Guardò le gambe piegarsi e risalire lente e morbide. E asfissiava.
Le dita percorrere delicate le cosce scoperte e risalire fino alla vita prima di affondare nei capelli. E l'aria sfuggiva sempre più veloce dai polmoni.
you're something beautiful
a contradiction
Oh si, lei lo era eccome, una bellissima contraddizione. Incostante e impalpabile. Ne seguì i movimenti a tempo di musica, conscio che ogni mossa era solo per lui. Maledicendosi per tutto ciò che aveva perso: era stato lui a mandarla via, l'aveva presa in giro, allontanata a forza.
you will be
the death of me
Ne era certo, al 100% che lei sarebbe stata la sua morte.
L'aveva capito subito, dalla prima volta che era andato a letto con lei. Era un po' brillo si, ma ricordava bene cosa aveva provato quando l'aveva vista nuda nella penombra, quando l'aveva sentita ridere, gemere e sussurrare il suo nome. E quei ricordi parevano vivissimi in quel momento.
Our time is running out..
Davvero voleva questo, davvero voleva che il loro tempo finisse? che tutto ciò che era successo..svanisse?
Forse non l'avrebbe mai dimenticata, ma sentiva di non potersi legare a lei. Erano troppo forti le sensazioni che gli faceva provare, gli facevano paura. Si ricordò cosa l'aveva spinto ad allontanarsi, a non chiamarla più, il perchè aveva litigato con Jack due giorni prima e perchè quella sera non aveva nessuna voglia di schiodarsi dal divano.
Intanto Alice ballava. Morbida davanti a lui.
E lo fissava.
Muoveva i fianchi ondeggiando, scivolava con le dita sulle braccia sulle cosce sui fianchi, esattamente dove avrebbe voluto sfiorarla lui.
I wanted freedom
but I'm restricted
I tried to give you up
but I'm addicted
No, non poteva essere. Però la canzone aveva ragione: era dipendenza. Nessuna parola sarebbe stata più calzante per descrivere quella sensazione; la voleva assolutamente, era lì a portata di mano, innegabile che anche lei lo volesse, prenderla per mano e condurla fino a casa sua sarebbe stato facile.
Eppure..
Continuava a guardarlo e colpire l'aria con i fianchi ad ogni accento della musica. Alzò le mani nella sua direzione portandosele poi al collo, come per chiamarlo a lei. Un brivido caldo e pulsante attraversò lo stomaco a Manuel, mentre si ostinava a ripetersi nella mente un mantra che inneggiava alla sua libertà.
La mano pallida e piccola di lei scese dal collo scivolando nel solco in mezzo al seno fino ad appoggiarsi sull'anca, e stringere la stoffa della camicia tra le dita.
how did it come to this..
Già...come?
La musica cambiò e in quello stesso momento Alice si bloccò. Immobile con le braccia lungo i fianchi e lo sguardo fisso su Manuel.
In quell'istante successero troppe cose che lei non aveva previsto, e che andarono ad intaccare irrimediabilmente i suoi piani. Laura la raggiunse saltellando per evitare le persone che le giravano attorno, con il volto distorto dalla preoccupazione: il Vigna non riusciva più a trovare Martina e l'ultima volta che l'avevano vista era ubriaca fradicia, inevitabilmente il legame visivo con Manuel si interruppe. Quando Alice rialzò  lo sguardo verso in divano dopo aver rassicurato la sua migliore amica e spedita a controllare i bagni, lui non c'era più.
Il dolore la investì. Dov'era finito? Si guardò attorno ancora in piedi sul tavolino e quello che vide purtroppo non la incoraggiò. Il BM era pieno, pieno davvero, la pista si muoveva come un unico blocco di gelatina tante erano le persone stipate in mezzo, e di ragazzi mori alti e con le spalle larghe ce n'erano a bizzeffe.

Ci volle tutta la sua forza per attraversare la folla.
Spintonò e sgomitò senza cortesia, normalmente odiava farlo. Anzi finiva sempre per incagliarsi e rimanere bloccata tra la gente finchè Jack o Edo non andavano a ripescarla; questa volta invece non si fece scrupoli. Usò le braccia, sottili e poco muscolose per farsi spazio, sfruttando la sua figura esile sgusciò tra i ragazzi e le ragazze che ballavano a gruppetti.
Alzò la testa e per un attimo sprofondò nel panico: fino ad un secondo prima stava seguendo un potenziale Manuel in mezzo alla pista ma ora l'aveva perso, e là in mezzo nel suo misero metro e settanta (con i tacchi) attorniata da ragazzi mori e carini nella semi oscurità delle luci strobo temette davvero non poterlo più ritrovare.
-Manuel!- puntò un ragazzo, indossava un gilet nero come lui e camminava senza guardare in faccia nessuno. Bracollò alla cieca tra quei corpi sudaticci, continuò a chiamare il suo nome senza ottenere risposta, attorno a lei nessuno pareva darle ascolto.
Era sull'orlo delle lacrime.
Manuel doveva sapere. Non poteva lasciarlo andare senza giustificare ciò che era successo: i suoi tentativi di farlo ingelosire con tutti quei ragazzi, il bisogno che sentiva ogni volta che lo incontrava di fiondarsi tra le sue braccia, farsi abbracciare e rimanere con lui tutta la notte e quella stupida idea che le era venuta sentendo la canzone dei Muse. Voleva dirgli che in nessun modo sarebbe riuscita a dimenticarlo. Che avrebbe pensato di lei se non fosse riuscita a raggiungerlo? Dopo quella penosa esibizione sul tavolino avrebbe avuto ancora il coraggio di guardarlo in faccia?
Il panico, puro e incontrollato, si fece largo nella sua mente.
E prese quasi a correre.
Spintonava corpi di lato, si faceva spazio piantando i gomiti ossuti nelle costole di poveri malcapitati. Non chiese scusa ne permesso, non tenette la testa bassa ne urlò il suo nome in preda alle lacrime, incredibilmente nel panico rimase lucida. Attraversò mezza pista fino a trovarsi quasi al centro, e cominciò a guardarsi attorno in ogni direzione, poteva essere ovunque. A farsi un drink al bar. Al bagno degli uomini. A fumarsi una sigaretta. Quest'ultima ipotesi risvegliò la sensazione che aveva provato quando si era voltata trovando il divano vuoto: inconsciamente sapeva già che se ne sarebbe andato.
Si girò di scatto verso l'uscita, c'era una gran ressa anche lì e da quella distanza non riusciva nemmeno a distinguere i mori dai biondi.
Poi improvvisamente lo vide.
Non era ancora all'uscita ma solo ad una decina di metri da lei, come gli altri avanzava a fatica e si toccava continuamente i capelli, indice che fosse davvero spazientito.
-levatevi!!- brontolò contro tre ragazze che ballavano in cerchio sulla sua traiettoria, non aveva un minuto da perdere, le scansò e riprese a farsi largo con tutta la forza (poca) che aveva. Gli occhi ben puntati sull'obiettivo.
Era lì. A cinque metri.
Superò due coppiette e un gruppo di sgallettate che ridevano con un paio di cretini messi peggio di loro, il tanfo d'alcool che emanavano le fece rivoltare lo stomaco. Ma non aveva tempo neppure per stare male.
E i metri divennero tre.
Separò a forza due amiche che ballavano tenendosi per mano, senza scusarsi. Scivolò con una gamba seguita poi dal resto del corpo tra altri individui imprecando contro tutti tra i denti.
E i metri divennero due.
A quel punto potè scorgere le spalle larghe il gilet nero e la maglietta grigia con lo stemma della Burton su una manica. Era proprio lui. Decisamente non sembrava di buon umore, si faceva largo senza bisogno di sgomitare, era abbastanza imponente da non averne bisogno.
Un passo e dimezzò la distanza.
Ora gli era dietro, eppure stava già scomparendo di nuovo dietro un altro turbine di persone. Non poteva permettersi di perderlo di nuovo, l'uscita non era poi così lontana e fuori avrebbero dato nell'occhio, la in mezzo invece nessuno li avrebbe notati. Vide la figura scivolare tra due ragazzi alti almeno quanto lui e senza pensarci gli afferrò il polso prima che svanisse.
Manuel si voltò di scatto preso alla sprovvista. Mai si sarebbe aspettato di ritrovarsi davanti quel volto pallido decorato da piccole lentiggini e quegli occhi azzurro cielo che l'avevano seguito per tutta la sera.
Il mondo continuò a girare, la gente ballava saltava urlava intorno a loro, il sound di Laurent Wolf  rimbombava in tutta la sala dagli amplificatori. No stress.
Istintivamente abbassò lo sguardo sulle dita di Alice che, ghiacciate come sempre, stringevano il suo polso e non parevano intenzionate a mollarlo. Si divertì a pensare che forse quella era la sua massima forza.
-Manu- fu un sussurro, non sentì nemmeno il suono colse solo il suo nome dal movimento delle labbra, e forse senza volerlo davvero, si concentrò su di lei.
Ci fu un istante di silenzio in cui davvero credette di cedere. Di mandare a farsi fottere tutto e tutti baciandola lì in quel punto esatto del BM. Invece no. Non lo fece, si limitò a ricambiare il suo sguardo in attesa.
Alice prese fiato, poi radunò il coraggio in un unico punto al centro del petto e allungò una gamba. Solo mezzo passo e si spinse sulla punta per alzarsi un po' fino alla sua spalla. Ignara di ciò che la mente di Manuel stava elaborando: temeva che l'avrebbe baciato, ma contemporaneamente stava già valutando come fare a tornare a prendere la moto se fossero fuggiti con la Micra di Alice come facevano una volta.
Raggiunse la guancia poi l'orecchio con un unico movimento, senza esitazioni.
-non ci riesco a dimenticarti...-
Nonostante la folla fosse esplosa al suono di un nuovo successo dei Black Eyed Peas, quella parole non si dispersero. Arrivarono là esattamente dove Alice avrebbe voluto. Miliardi di endorfine si liberarono nel sangue di Manuel, da ogni punto del suo corpo le cellule urlavano all'unisono: "coglione baciala!! è lei che vuoi! è Alice...è la donna per te"
Il suono di quella voce squillante nella sua mente si confuse con quella soave di Alice. Non credeva che avrebbe più sentito quel suono. L'ultima volta che si erano parlati l'aveva quasi investita e derisa in mezzo alla strada, dopo non si erano più salutati, ne erano rimasti soli.
In effetti non sentiva nemmeno quelle dita fredde da quasi due settimane, eppure lì sul suo polso sembravano stare così bene.
Gli lasciò un bacio, morbido e umido, sotto l'orecchio dove lui adorava morderla.
E fu un attimo riconoscere l'odore dei suoi capelli, il tocco delle sue labbra, il colore delle lentiggini, la sua presenza così vicina. Troppo per un istante solo, si ritrovò perso. Perchè era successo tutto? Come mai da due settimane il suo letto era così vuoto?
Cos'era successo per ridurli così? Lei che lo teneva per il polso e gli sussurrava che non riusciva a dimenticarlo, e lui che combatteva contro se stesso per non trascinarla a casa sua. Perchè si stavano inseguendo come due ragazzini alla prima cotta?
Finì tutto in un secondo. Alice non vedendo risposta abbassò lo sguardo dai suoi occhi alla cucitura della spalla della maglietta e si ritrasse allentando la presa sul polso.
In fondo aveva fatto ciò che si era prefissata di fare, gliel'aveva detto, si era esposta e ora lui sapeva che lei era ancora lì. A non riuscire a dimenticare. Tutto era durato si e no un minuto, eppure persa in quegli occhi scuri le era parso di esser là da ore.
Di nuovo in quel momento il Fato si intromise a cambiare il corso degli eventi.
Un ragazzo, un certo Francesco Rizzi, passò dietro Alice. Non conosceva ne Manuel Bressan ne Alice Aroldi, non frequentava le Stimate, anzi le snobbava apertamente e non era nemmeno mai stato al BM prima di quella sera. Non era un granchè come ragazzo, gli piacevano i computer la birra e le ragazze bionde, nessuna particolare aspirazione nessun segno di distinzione. Un individuo anonimo come tanti, uno di quelli che non ti volti a guardare in autobus o accanto a cui non ti sederesti mai a lezione. Però quella notte cambiò la vita a due perfetti sconosciuti.
Superò Alice senza notare nulla e inavvertitamente, nel tentativo di salvare il suo bicchiere dai colpi di una ragazzina particolarmente esagitata, colpì un omone grassoccio che stava ballando proprio accanto alla coppia.
Fu un domino assurdo: la ragazzina, Francesco, l'omone grassoccio e poi Alice.
Troppo concentrata sull'assoluto mutismo di Manuel e su quello sguardo che ardeva come nero carbone non si accorse della montagna che le si abbatté contro. Sentì solo un colpo sulla parte destra i tacchi ondeggiare e l'equilibrio scivolare via.
Manuel invece si accorse di tutto, e agì d'istinto: quando la vide barcollare era certo che sarebbe caduta, per questo le afferrò la vita tirandola su contro il suo petto, e si ritrovarono abbracciati per caso l'una schiacciata contro l'altro.
Il bacio fu inevitabile.
Come se improvvisamente il vetro che li separava fosse sparito al solo contatto dei loro corpi, anche le labbra si unirono senza controllo. Alice completamente sostenuta da Manuel con le mani strette alla maglietta a cui si era aggrappata e la razionalità relegata in un angolo buio del cervello. Frastornati risposero entrambi subito al contatto approfondendolo.
Sei secondi. E tutto finì.
Come se la bolla d'aria in cui erano finita fosse scoppiata con un gran botto, Manuel si staccò boccheggiando mentre le lasciava delicatamente la vita e Alice riprese possesso della sua stabilità sui tacchi abbassando lo sguardo sul pavimento. Non era previsto, quel bacio aveva sconvolto tutti i piani: le cellule del corpo di Manuel gridavano tutte insieme che volevano di più mentre un altra voce nella sua testa tentava di portare avanti altre argomentazioni. La libertà, la sua libertà..quella che prima il basket poi l'infortunio gli avevano tolto, quella che gli aveva riempito la rubrica del Blackberry di numeri di ragazze di cui non ricordava nulla, quella che si era guadagnato a causa e grazie a suo padre.
Cercò quegli occhi blu, quelli che lo inseguivano e gli facevano male. Quelli che sorridevano a dispetto di tutto, quelli che gli ricordavano tanto il cielo d'estate.
-Alice..- pronunciare quel nome non fu affatto piacevole -..lasciami stare-
E senza guardarla o darle il tempo di replicare si dileguò nella folla il più velocemente possibile. In una mano le sigarette, le chiavi della moto nell'altra.

Alice rimase immobile, incerta se essere felice o disperarsi.
Quella sera avrebbe dovuto chiarire la situazione, nei suoi piani Manuel avrebbe dovuto scoprire che lei ancora teneva a lui, stramazzare davanti alla sua minigonna e fiondarsi tra le sue braccia. Eppure qualcosa non era andata come avrebbe dovuto.
Restò lì a fissare il punto in cui era scomparso finchè Laura e Martina non la trovarono, in evidente stato confusionale.
La sua controparte invece non si era fatto scrupoli a lasciarla là in balia di se stessa, se n'era andato perchè non ce la faceva più. Come uomo non avrebbe resistito molto alla gambe nude e alla sguardo languido di Alice, come Manuel aveva già mandato a farsi benedire le sue resistenze da parecchio.
Quando si trovò fuori dal BM con l'accendino già davanti alla bocca si rese improvvisamente conto che non erano più tutte le sue cellule a gridare la sua voglia di lei, ma alcune in particolare, localizzate in un punto ben preciso alla fine dell'addome. Non si era nemmeno accorto dei jeans che tiravano mentre Alice ballava sul tavolo, troppo concentrato a scacciare l'idea di quello che avrebbe voluto fare su quel tavolo...
-ma non avevi smesso?-
La voce di Filo lo fece quasi saltare sul posto, si trattenne solo grazie alla gente che aveva intorno, non poteva fare la figura del cretino.
-fatti i cazzi tuoi..- brontolò in risposta soffiando fuori la prima magica boccata di fumo.
Gli arrivò accanto con la sua Lucky Strike tra le labbra, gli avevano detto mille volte di cambiare sigarette, che quelle erano le più puzzolenti e piene di nicotina, ma lui era fissato, gli piacevano solo quelle, e certe abitudini sono dure a morire.
-aah hai ragione..ognuno ha i suoi vizi, che vuoi farci! senti è confermato il poker da te mercoledì?-
Non lo sentì nemmeno. Alcune delle sue parole avevano portato alla luce una serata particolare. Ognuno ha i suoi vizi...gliel'aveva detto Alice la sera che erano andati a bere in centro e lui non era riuscito a trattenersi e l'aveva baciata sul marciapiedi. Ricordava bene quella sera, Alice gli aveva fatto guidare la sua Micra verso Chievo, fin su per i colli, aveva sempre avuto il terrore dei maniaci e quindi finivano sempre per imbucarsi in posti assurdi.
-alle 10 e di a Edo che deve portarmi i soldi. Io me ne vado- gettò la sigaretta appena accesa mollando lì il suo amico senza parole.
Filo era abituato a quella scontrosità, alle sue rispostacce e alle frasi smozzicate, non a vederlo buttare una sigaretta e andare a casa così presto.
-ehi dove cavolo vai?- ma l'altro era già lontano.

Ognuno nel proprio letto, a decine e decine di metri di distanza, entrambi non riuscirono a prendere sonno.
Manuel solo, in quel grande appartamento, nel letto bianco e stranamente vuoto, pensava a lei. Aveva cercato di scacciarla, ma i suoi pensieri vorticavano involontariamente attorno a lei; gli tornavano alla mente troppe cose. Frasi, discorsi, oggetti, momenti, sensazioni. Tutti troppo reali.
Quella volta che ruppe le calze nel pedale della moto e lo maledisse per tutta la sera.
Sorrise tra sè contro il cuscino ripensando alla sua faccia indispettita e a come sbuffando si era sfilata i collant da sotto alla gonna e li aveva lasciati nel primo bidone.
Una borsetta verde dimenticata sul suo divano, rimasta lì dopo la nottata movimentata in cui avevano testato il tavolo della cucina.
O quando lei la prima volta, imbarazzata, gli disse che non aveva mai fatto "certe cose". E Manuel non era riuscito a non sorridere.
O quando gli chiedeva di spegnere la luce perchè si vergognava di farsi vedere nuda da lui. Lui che l'aveva spogliata decine di volte.
Ripensò a cos'era successo al BM: quella canzone dei Muse non l'avrebbe più dimenticata.
Nonostante tutto si costrinse a riconoscere che in realtà non sapeva poi molto di lei, avevano sempre parlato di cose più o meno serie insieme e così si era perso le banalità. Il suo colore preferito. Il numero di scarpe. La sua canzone preferita. Non era nemmeno certo della data del suo compleanno. Cavolate che in quel momento avrebbe tanto voluto sapere...
A poco più di un chilometro nemmeno Alice riusciva a dormire.
Per quasi mezzora era rimasta con gli occhi semichiusi davanti allo schermo del cellulare indecisa se mandargli un messaggio o no. Aveva scritto e cancellato decine di volte, mille tipi di scuse altrettante accuse. La verità era che non sapeva cosa dirgli. In un momento di follia aveva provato a scrivergli semplicemente 'mi manchi', poi codarda aveva cancellato in fretta, prima che la tentazione di premere il tasto invia fosse troppo forte.
Alla fine si rassegnò a non scrivergli nulla, spense addirittura il cellulare -cosa che non faceva mai- per allontanare la tentazione il più possibile. Tanto sapeva che lui non l'avrebbe mai cercata e di chiunque altro in quel momento non poteva importargliene meno.

Nella notte, nel buio della propria stanza, ognuno dei due pensava all'altro, entrambi si voltarono dal lato vuoto del letto cercando qualcosa che non c'era, qualcosa che avrebbero voluto accanto a sè, qualcuno che credevano perduto ma che dopo quel bacio sembrava un po' più vicino.
Entrambi si sentirono persi.








Spazio Autrice:
et voilà!!
siamo finalmente giunti al capitolo 8!!
Spero che dopo questo capitolo abbiate capito un po' di più il povero Bressan
Intrappolato in bilico tra i suoi istinti le sue paure, e chissà forse anche l'amore.

un paio di link utili per la lettura:
Muse - Time is running out (nel caso non conosceste la canzone)
il testo tradotto (in italiano per fare un po' di chiarezza)

Spero di aver reso un po' l'idea della parte maschile,
ammetto che scriverla è stato difficilissimo!!
Chiaramente non sono un uomo e fatico a pensare come tale quindi mi ci è voluto un bel po' di impegno
ho tentato di mettermi nei 'loro' panni, di aggiungere una buona componente fisica ai suoi pensieri
semplicemente immaginando e interpretando i comportamenti di amici e moroso.
Mi auguro che mi facciate sapere se vi è piaciuto!!

So di aver tardato la pubblicazione
ma ci sono stati GRAVI E INCOMBENTI motivazioni
1- taglio+ 3 punti+ fasciatura ad una mano
2- mamy ricoverata per operazioncina
3- grave depressione dovuta alla scarsità di recensioni!!!!

Ora mi congedo
spero di non avervi annoiati!

1bacio. Vale



















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Capitolo 9
*** 9 ***


10



-Relazione Clandestina-



9






La testa poggiata sul banco verde.

Guardava la punta della matita scorrere sul quaderno tracciando dei segni casuali, seguiva con gli occhi quella scia nera assorta in un flusso ambiguo di pensieri.
Il caldo era arrivato tutto in pochi giorni, l'estate aveva spintonato via la primavera con violenza e da una settimana l'afa invadeva le aule e stringeva la gola degli studenti impegnati sui banchi.
Nonostante tutto -la fine del liceo, gli ottimi voti, la lode annunciata, la prospettiva della liberazione dai genitori entro breve- Alice non riusciva a mettersi il cuore in pace su una particolare faccenda. Tutta colpa di Manuel!!!

-che stai facendo?- quella voce la risvegliò dal suo letargo meditativo.
Alzò solo lo sguardo verso l'interlocutrice che le sedeva accanto, senza muovere un muscolo.
Chiara si era autoproclamata sua tutor nella riabilitazione dal bastardo: la chiamava per assicurarsi che studiasse, le controllava i compiti e la spronava a mantenersi in pari e non perdere il ritmo in vista dell'esame. Non che le facesse piacere, ma Alice fu costretta ad ammettere che grazie a lei i suoi voti erano tornati quelli di una volta e anche in latino c'erano stati dei miglioramenti.
-mi annoio.- rispose bofonchiando con la bocca schiacciata contro il dorso della mano.

Chiara prese un libro e glielo sbattè vicino alla faccia senza ottenere la minima reazione.
-studia...che manca poco all'esame!!-
Esame. Esame. Esame. Non si parlava d'altro anche i progetti per le vacanze erano stati momentaneamente accantonati per concentrarsi su libri tesine e mappe concettuali. A scuola la corsa agli armamenti era stata invisibile ma massiva: giravano appunti su appunti, cartucciere per bigliettini fai-da-te e il toto-tema dava ormai per certo che uscisse Pascoli.
-non mi va...ho studiato tutto ieri...- continuò a bofonchiare senza alzare la testa.

-smettila di poltrire!! reagisci..- chiuse il quaderno che aveva davanti nonostante la prof non avesse ancora finito di correggere gli esercizi, mancavano pochi secondi alla campanella.
-non si è ancora fatto sentire?- una voce conosciuta intervenì alle sue spalle.
L'altra addetta alla riabilitazione intervenne senza che nessuno l'avesse chiamata in causa: Chiara si occupava della scuola, Laura della sua vita sociale. In maniera altrettanto accanita. Ovviamente anche in quell'occasione aveva capito qual'era la causa di tanta afflizione senza dir nulla, non che fosse difficile indovinarlo...da una settimana Alice si trascinava a scuola sempre più svogliata e quasi tutta la classe (Edo compreso) aveva colto quel malessere senza però conoscerne la ragione.
-no...- rispose alla bionda sprofondando con la testa tra le braccia nascondendo il volto, dopo aver abbandonato la matita e i suoi disegni senza senso.

-oh no! ancora con quello stronzo? potresti avere chiunque in questa scuola o nel resto della città, e tu vai a intestardirti sull'unico idiota che non ti si fila?? anzi non è che non ti vuole, quello ti vuole eccome! ma pretende solo quello che pare a lui...Alice fidati di me..dimenticalo! trovati un altro per un po' poi vedrai che non penserai più a lui...chiodo scaccia chiodo funziona SEMPRE!!-
-non credo sia così semplice la situazione..- intervenne l'altra prima che Alice potesse rispondere.
Nessuna delle due si era schierata apertamente, non potevano negare che Manuel fosse il bonazzo più figo della scuola, però la sua reputazione lo precedeva di parecchio e aveva trattato male la loro amica, quindi era diventato comunque un nemico.
Nonostante questo Laura si era mantenuta molto più diplomatica nei suoi confronti, al contrario dell'altra che lo disapprovava apertamente. Le aveva confessato di capirla, che anche lei si era presa una cotta per lui al biennio...poi aveva conosciuto Charlie. Però aveva ascoltato pazientemente i pianti di Alice e i racconti delle notti che aveva passato con Manuel, di come l'aveva sempre trattata bene e di come si era sentita per la prima volta una donna tra le sue braccia. E si era pure adoperata parecchio per strappare informazioni a Charlie o al Vigna, col quale aveva parecchia confidenza dalle medie.
-credo che sia proprio cotta...non studia, è afflitta, non esce al pomeriggio, a scuola non sculetta più come prima e non si fila nessuno...la situazione sta degenerando!- disse la bionda Laura sarcastica poggiando una mano sulla spalla di Alice.

-sei cattiva..- bofonchiò la vittima delle sue ironie ancora nascosta con la testa tra le braccia.
La campanella le impedì ogni replica.
Dopo cinque ore di lezione, di cui due di italiano una d'inglese e due di fisica, la pausa pranzo appariva come una visione mitologica nonostante comportasse l'incontro/scontro con Manuel.
Si alzò insieme alle amiche, prese il cellulare da sotto al banco e lo infilò nella tasca della gonna della divisa. Edoardo le passò accanto senza degnarla di uno sguardo, cosa che nelle ultime settimane aveva gradito parecchio; avevano rotto da quasi un mese e lui pian piano si era allontanato facendo crescere le speranze di Alice che avesse trovato finalmente qualcun'altra da torturare. Attraversò l'aula di malavoglia e trascinando i piedi, seguì le amiche e con loro si unì alla folla nel corridoio diretta in mensa.

-oh no...è venerdì ci sarà il pesce...che schifo!!- mugugnò arrancando alle spalle di un gruppo di primine
-dai su che fa bene, combatte i radicali liberi e non ti fa venire le rughe..e poi mi sa tanto che con questa storia che sei triste e hai bisogno di cioccolata hai messo su qualche chiletto- le rispose Laura spingendola avanti verso la mensa con una risata leggera.
Quando raggiunsero la 5°D il corridoio era ormai quasi vuoto, Jack e Charlie (e ovviamente anche Manuel) avevano il compito d'inglese all'ultima ora e la porta chiusa era un chiaro segnale che non fosse ancora finito. Laura e Chiara si scambiarono un sguardo molto esplicito che non sfuggì ad Alice.
-sisi va bene li aspettiamo!!-
Le conosceva troppo bene, erano tutte e due in pensiero per i due poverini intrappolati tra le grinfie della Pasquali. Non aspettarono che pochi secondi perchè la porta si aprì subito dopo lo sbuffo di Alice.
Uscirono per prime due ragazze che salutarono allegramente il trio dirigendosi in mensa, seguirono un altro paio di gruppetti poi finalmente Jack e Charlie fecero la loro mesta comparsa. Dalle facce il compito non doveva esser andato bene.
-non credo di aver preso la sufficienza stavolta...- mormorò Charlie alla sua ragazza che provvedette subito a rifilargli uno scappellotto e una ramanzina su quanto poco mancasse agli esami e sull'importanza di una buona media. La scena si ripetè dall'altro lato in toni un po' meno vivaci, Jack era più ottimista ma aver scritto che Virginia Wolf era una "lesbica rivoluzionaria" non giocava certo a suo vantaggio. Alice seguì il siparietto in silenzio con una spalla appoggiata alla porta dell'aula, e proprio non si era accorta che qualcuno doveva ancora lasciare la classe.
Di nuovo la sfortuna/fortuna giocò con le coincidenze: il gruppo s'incamminò ciarlando verso il refettorio, Charlie riparandosi dalle sberle di Laura mentre Jack, dopo aver notato suo fratello e il Vigna alla fine del corridoio, si bracciò urlando per farsi tenere il posto a tavola. Non potè che scrollare il capo davanti alla loro spensierata allegria e decidersi a seguirli.
Ancora concentrata sulle figure davanti a lei ignorò la persona contro cui andò a sbattere: Manuel! Uscì in quell'istante finendo contro la schiena di Alice, entrambi si bloccarono pronti ad insultare l'altro finché non si accorsero chi fosse davvero l'altro.
Ci fu solo uno scambio di sguardi, inceneritori si, ma nessuno scontro verbale. Fu Manuel ad arretrare per primo mentre il resto del gruppo si era fermato a guardare la scena: si stampò in faccia il suo peggior ghigno derisorio e con un gesto ampio e signorile le cedette il passo.
-Aroldi..- sussurrò chinando il capo con falsa galanteria, simulando un saluto.
Per un istante soppesò l'idea di prenderlo a calci su quel bel didietro scolpito, poi le venne in mentre che probabilmente si sarebbe fatta più male lei o forse non sarebbe nemmeno riuscita a colpirlo. Così, adirata offesa e indignata, accettò la sfida e gli sfilò davanti con tutta la grazia che possedeva: il sedere diritto, petto il fuori, collo allungato e sguardo disinteressato. Mascherando l'odio e l'imbarazzo.
-vado a fumare!- sussurrò a Chiara, quando le passò accanto, un attimo dopo svoltò a destra su un altro corridoio che portava al cortile
-Alice aspetta!! dai ci andiamo dopo pranzo...-
La voce la raggiunse quando ormai le lacrime traballavano sul bordo delle ciglia. Si era lasciata alle spalle tutti: gli amici confusi, le amiche dispiaciute e sopratutto un Manuel odioso che l'aveva presa in giro e le aveva ghignato in faccia come fosse una qualunque ragazzina del liceo.
-che succede a Alice??- chiese Jack dopo aver assistito alla scena. Si era illuso che Alice riuscisse a superare la cosa.
-niente..problemi di cuore..- 

-davvero? per chi? non starà mica tornando con Edo?- continuò cingendo la vita alla sua ragazza conscio che Manuel li avesse raggiunti e potesse sentire la conversazione.
-OH NO!! Dio ce ne scampi!!- sospirò Laura alzando gli occhi al cielo con aria melodrammatica, fulminata all'istante dall'altra: -stavo solo scherzando...ha detto che non aveva fame! Spero solo che stia bene, stamattina alla terza ha avuto un capogiro..- tentativo di salvataggio in extremis che convinse tutti, e stuzzicò l'unico a cui era velatamente diretto.


Alice sola sui gradini della scuola si gustò a pieno la calma che le infondeva quella sigaretta.
Pensava a lui ovviamente.
A quanto fosse bello. A quanto lo odiasse per la sua stupida faccia di bronzo. A quanto si sentisse stupida ogni volta che lui la ignorava come se non si conoscessero affatto, come se non fossero mai stati a letto insieme. Ogni volta che si incontravano era un dramma, non avrebbe mai smesso di piacerle -assolutamente impossibile- ne avrebbe mai smesso di irritarla a morte per come l'aveva trattata, sopratutto dopo il bacio al BM -altrettanto assolutamente impossibile-!! Eppure negli ultimi giorni era arrivata una sensazione nuova e terrificante; tutto era iniziato per caso a pranzo con una battutina di Laura.
-ha!! se ci penso che ti scopavi quel bonazzo...mi vengono le vampate!!- aveva esclamato a bassa voce alle altre due.
Alice era arrossita come un peperone e all'improvviso le erano venute in mente tutte le serate e i pomeriggi passati a casa di Manuel e tutte le cose che aveva fatto con lui: si rese conto che guardandolo poteva benissimo immaginarselo nudo senza dover fantasticare. E la stessa cosa valeva per lui.
Da quel momento aveva evitato accuratamente di incontrarne lo sguardo, più di quanto non facesse già prima, imbarazzata più che mai al pensiero che lui potesse "vedere" senza sforzo attraverso gonna e camicetta. Si odiava a morte per quella stupida vergogna.
Non avrebbe voluto piangere ancora ma le lacrime sembravano volerle uscire per forza.

Si rannicchiò abbracciandosi le gambe con un braccio e continuando a sorreggere la sigaretta con l'altra mano. Più ci pensava più finiva per sentirsi un imbecille completa e le tremavano le mani. Era sempre stato così, da due anni aveva iniziato a fumare, le piaceva e riusciva a calmarla in maniera sorprendente; conosceva i rischi e i danni come tutti eppure non riusciva a separarsi dalle sue sigarette sottili.
Tutti dicevano che vederla fumare aveva un che di inquietante, per come teneva la sigaretta tra le dita come se fosse fatta di piombo e per la grazia delle sue mani lunghe e sottili. Jack sosteneva che fosse innaturale vederla fumare.
Passarono una decina di minuti nel silenzio più completo e aveva appena cominciato a calmarsi quando la porta dietro di lei si aprì, non ci fece caso più di tanto, non gliene poteva fregare di niente e di nessuno in quel momento.

Si materializzarono due scarpe da basket bianche e nere sul gradino accanto a lei. Conosceva quelle scarpe, al contrario delle femmine erano pochi i maschi che portavano le scarpe da ginnastica sotto la divisa, ma non voleva vederle proprio in quel momento. Il ragazzo con le Nike si chinò sedendosi a pochi centimetri da lei, sfilò dalla tasca un pacchetto di Winston blu e ne fece scivolare una tra le labbra mentre le loro ginocchia quasi si sfioravano.
Guadava dritto davanti a se e lo stesso fece lei, non lo voleva lì in quel momento, voleva stare sola a piangere in pace, non voleva sentirsi stupida o imbarazzata voleva solo starsene da sola.
Concentrò l'attenzione sulla strada oltre il cancello, sulle auto parcheggiate, i passanti, mentre ascoltava il ragazzo agitarsi accanto a lei frugandosi le tasche.
-hai da accendere?- chiese calmo e senza guardarla.
Non rispose girò soltanto la mano con cui si avvolgeva le gambe e aprì il palmo porgendogli l'accendino rosso. Manuel sfruttò il momento per guardarla un po' da vicino, non aveva più la possibilità di farlo tanto spesso. Era talmente magra che le gambe rannicchiate le aderivano al petto schiacciandole il seno. Il collo bianco allungato per appoggiare il mento sulle ginocchia e le braccia sottili ad abbracciare il tutto. Ordinata ma tutto fuorché ordinaria.
Era così buffa. Così diversa da lui che sedeva scomposto a gambe aperte.
Lo prese si accese la sigaretta in silenzio e poi lo ripose sulla mano che era rimasta aperta in attesa.

-grazie- sussurrò soffiando fuori dai polmoni il fumo grigio.
Alice snervata si accese un'altra sigaretta con pochi movimenti veloci e silenziosi. Rimasero l'uno accanto all'altra in silenzio a fumare.
Non riuscì a trattenere le lacrime, si odiò a morte per la sua scarsissima resistenza a quell'essere seduto accanto a lei, e così si lasciò solcare il viso da poche gocce salate e sconsolate. Qualche momento e si ricompose passandosi la mano, che teneva ancora la sigaretta, frettolosamente sul viso.

Aspirò ancora quel delicato veleno e poi si decise a importunarlo.
Non si voltò verso di lui, non voleva vederlo, non voleva che i suoi occhi lambissero i suoi.
-cosa vuoi Bressan?- gli disse cercando di mantenersi calma
Lui non le rispose subito, guardava lontano oltre il cancello, oltre gli alberi sul marciapiede, oltre le nuvole lontane.
-da quando per te sono Bressan e non Manuel?- Il volto era serio, ma stonava completamente con il tono derisorio che aveva assunto.
Le venne voglia di mandarlo a quel paese e andarsene a mensa con tutti gli altri. Eppure rimase vigliaccamente al suo posto, troppo dipendente da quella vicinanza.
-da quando io sono Aroldi e non più solo Alice..- acida sibilò la risposta di getto.
Piccola pausa, il tempo di un tiro alla sigaretta poi fu lui a riprendere la conversazione: -perchè non sei a mangiare?-
-non mi andava..-
Per un istante si ritrovò a godere di quella conversazione, per una volta non doveva essere lei a tirargli fuori le parole con le pinze, i ruoli erano invertiti e Manuel sembrava diventato improvvisamente logorroico. Nel momento sbagliato.
-perchè devi essere così testarda..devi dimenticarmi! Io non posso stare con te, non è il momento...quindi fai un favore a tutti e due: lasciami perdere!-

Lo disse con calma quasi per farle capire l'entità delle sue parole: non voleva assolutamente ferirla, voleva proteggerla da se stesso, ciononostante fu una coltellata in pieno stomaco. Non ne vedeva il motivo e non avrebbe mai potuto se Manuel avesse continuato a tenerle nascosta quella parte di se: come poteva la piccola e ingenua Alice Aroldi indovinare le terribili frustate che aveva subito in passato quel ragazzo cupo e silenzioso seduto lì accanto. Per lei era solo Manuel, lo stronzo bellissimo che la faceva tribolare, di certo pieno di problemi ma non così insormontabili.
Aspirò ancora un'ultima tirata, poi gettò il mozzicone ancora acceso lontano nello spiazzo.
-non voglio più ripetertelo, dimenticami!!- il tono calmo e risoluto, era un ordine puro e semplice, detto da lui sembrava così facile da eseguire: voleva essere chiaro con lei, non voleva che pensasse che provasse qualcosa. Doveva credergli.
Si alzò in piedi deciso più che mai ad andarsene, si fermò solo un momento prima di voltarsi e rientrare, guardandola dall'alto: non piangeva più, ma sicuramente era più scossa di quanto volesse mostrare.
Esattamente tanto quanto lui era interessato a lei più di quanto volesse mostrare.
Risalì i gradini di marmo lentamente. Quattro banalissimi gradini che parevano la scalata dell'Everest senza ossigeno.

-non capisco più se menti solo a me...o anche a te stesso- soffiò fuori dalle labbra il fumo, non si voltò nemmeno per dirglielo, continuò a guardare il cancello imperterrita.
E lui si bloccò su momento sull'ultimo gradino -cento metri dalla vetta del monte, come vedere la meta e non poterla toccare...-
"sei proprio una cretina...vuoi farti del male?" ma dirglielo in quel momento gli sembrò solo un inutile spreco di fiato, Alice era sempre stata troppo testarda, discutere con lei significava perdere. Continuò a camminare infischiandosene di ciò che aveva detto lei, scomparendo dietro alla porta a vetri.
Pian piano gli studenti cominciarono ad affluire all'esterno mentre lei rimaneva là, paralizzata. Le passavano accanto incuranti del suo cuore spezzato, e per la prima volta si sentì sola in mezzo a tanta gente. Aveva letto e sentito di quella sensazione, Laura le aveva detto di averla provata spesso quando ancora ballava, l'aveva definito 'panico da palcoscenico'...eppure lì di palcoscenici non ce n'era traccia.
Era un vuoto talmente concreto che avrebbe potuto tracciarne i confini attorno a se, arrivava appena oltre i piedi girandole attorno come un cerchio e l'avvolgeva fino alle mani e su tutto il resto del corpo. Le conversazioni, le voci le risate, arrivavano solo in parte all'orecchio, perse nella loro inutilità.
Non sapeva bene come o perchè, lo sentiva nella sua voce, nel modo di agire, Manuel non era stato sincero, si stupì anche delle sue stesse sensazioni ma ne era certa in maniera viscerale. Semplicemente lo percepiva, lo sapeva, stava mentendo in qualcosa, magari pensava davvero quello che le aveva detto però non completamente. Ci si stava aggrappando con tutta se stessa a quella insensata consapevolezza, solo per sentirsi un po' meno disperata, un po' meno sola.

E il cuore batteva lento, non si era scompensato. Qualcosa le si era fermato in gola -non il cuore-, e non si decideva a scendere.
Guardò distrattamente i ragazzi della scuola riversarsi nello spiazzo antistante l'ingresso, li osservò ridere spensierati, parlottare a gruppetti, scherzare tra loro.
Mai aveva visto lui in quegli atteggiamenti spensierati, forse non ne era nemmeno capace. Aveva mai riso davvero? Con la pancia che fa male e gli occhi che lacrimano?
E la domanda insorse nei suoi pensieri sottile e inesorabile come la nebbia: era mai stato felice davvero?
In tutto quel trambusto di domande irrisolte e sentimenti e contrasti verbali senza valore, non si accorse nemmeno di aver ricominciato a piangere. Ci pensarono le sue amiche, quando la trovarono in quello stato catatonico mentre si guardava intorno con la sigaretta consumata tra le dita e le gambe ancora avvolta da un braccio immobile, la alzarono di peso sotto lo sguardo impotente di Jack trascinandola nel bagno delle ragazze.
Alice non si accorse di nulla: le voci concitate, il panico di Chiara che voleva chiamare l'ambulanza e l'altra voce che la spronava a respirare col naso, una delle due le passo un fazzoletto bagnato sulla fronte, qualcun altro faceva vento. 
Era in trance, si sentiva persa, senza un appiglio, come se stesse affogando nell'aria.
Non aveva più la forza di fare nulla, ne studiare ne parlare ne alzarsi e andare a casa, sarebbe rimasta volentieri là seduta su quel gabinetto chiuso in attesa che il dolore passasse e che la volontà ritornasse. E non importava quanto ci avrebbe impiegato: un'ora, un giorno una settimana un mese, lei avrebbe aspettavo pazientemente che l'aria tornasse da sola dentro i polmoni senza far male.

-qualunque cosa sia..tu sei più forte!-
Chi disse quella frase? Laura? Chiara, o forse Martina che era arrivata per ultima?
Non era importante.
Perché fu l'unica ad arrivarle alla mente?
-non vorrai farti vedere così da lui?-
Di nuovo nel vociare sommesso delle tre quella fu l'unica frase che arrivò davvero alla sua mente.
Magari era stata la sua stessa coscienza a parlare?
All'improvviso, come se un elastico avesse ceduto ad una tensione troppo forte, tutto tornò. I volti delle sue amiche e le loro voci familiari, poi quelle delle altre curiose che si erano infilate in bagno di soppiatto, la tensione di Chiara che parlava a raffica e Martina che si mangiava le pellicine con le sopracciglia contratte.
L'aria tornò al suo posto nei polmoni, e tutto si mosse a velocità normale.
Le ragioni di quel crollo erano ben in vista nella bacheca della sua memoria, l'avevano portata al punto di rottura.
Manuel le aveva chiesto troppo, dimenticarlo era impossibile tanto quanto respirare sott'acqua: si può resistere per un po', ma alla fine si ritorna sempre a galla.
La vita riprese come se quell'attimo fosse sparito. Alice tornò in aula quel pomeriggio senza dire una parola e con l'espressione di una che avesse passato una tranquilla pausa pranzo a rinfrescarsi in giardino, e tutto venne obliato.
I giorni passarono come le nuvole bianche nel cielo: lenti e silenziosi, senza temporali. La situazione si stabilizzò pian piano, Alice fingeva di non vedere.
Ogni giorno andava a scuola curando nei minimi dettagli la scultura perfetta che aveva creato di sé, veleggiava armoniosa nei corridoi con lo sguardo alto, sopra i volti di quelli che incontrava per ridurre al minimo il rischio di spiacevoli incontri. Nel week end sopportava, come ogni donna sa fare, stringeva i denti i pugni le ginocchia e qualunque cosa abbastanza dura da sopportare la torsione, intanto sorrideva e scherzava con tutti, evitava Manuel come la peste con la disinvoltura di una donna d'altri tempi. Si sentiva sempre più una protagonista di quei telefilm anni '60, quelle che sorridevano spensierate anche in mezzo all'apocalisse.
E chi sapeva non poteva fare a meno di chiedersi dove trovasse tutta quella forza.
Senza che se ne accorgesse passò la metà di maggio, finirono le verifiche e le interrogazioni e arrivò il tempo della paura, dell'ansia dei patimenti.


-è venerdì...non esci?-
Non era poi così strana come scena.
Sua madre seduta sul bordo del letto con la gambe accavallate sotto la vestaglia azzurrina in perfetto pendant con il copriletto blu notte e le ciabatte celesti, in modalità chioccia preoccupata pronta al terzo grado. E Alice non era per nulla in vena di confessioni.
-non credo, ho da studiare e poi scusa tu non dovresti stare dall'altro lato? Pensavo che cercare di trattenermi in casa facesse parte dei tuoi doveri!?!-
Fare la finta tonta sarcastica le veniva bene solo con due persone: sua mamma e un ragazzo moro di cui stava cercando di cancellare il ricordo.
-guarda signorina che io sono tua madre, con me non attaccano i tuoi trucchetti: io so che mi stai nascondendo qualcosa!!- era completamente calata nel ruolo tanto che alzò addirittura il dito in direzione della porta del bagno dal quale la figlia le stava rispondendo, conscia che non avrebbe potuto vederla.
Uno sbuffo fu l'unica risposta che ottenne.
La signora Aroldi sapeva di aver sbagliato parecchio nell'educazione di Alice, l'aveva lasciata sola troppe volte e sin da quando era piccola si era sempre dimostrata più indipendente del necessario, guadagnandosi la fiducia dei suoi. Col senno di poi, da mamma, avrebbe dovuto sapere che questo l'avrebbe allontanata da lei, Alice non si era mai confidata con lei senza però mentirle, aveva giocato bene le sua carte dosando in maniera molto saggia le informazioni che poteva darle. Sottovalutandone a volte l'occhio clinico di madre.
-se non hai voglia di raccontarmelo non importa, vorrei solo essere sicura che tu sia tranquilla! so che suona strano detto da me, ma se tua avessi bisogno di un consiglio sai sempre su chi poter contare vero??-
-mamma smettila con tutta questa mammite!! E' ovvio che verrei da te se avessi un problema..- brontolò tornando in camera con i capelli fradici che gocciolavano sulla canotta del pigiama: -è l'esame che mi stressa!-
Le rifilò la causale perfetta sperando di sedare la sua voglia di gossip.
-almeno dimmi come si chiama...-
-chi???- l'acuto esagerato sulla vocale finale tradì clamorosamente la finta noncuranza con cui continuò a riporre i vestiti stirati.
-quello per cui hai lasciato Edoardo e per cui ti sei presa una cotta!- esclamò sorniona con un sorriso 32 denti: -guarda che non sono ancora così decrepita!!-
Per un istante, breve e ingenuo, rimase spiazzata, poi la consapevolezza che quella fosse la sua mamma la travolse. Come poteva non averlo capito? Lei era carne della sua carne, sangue del suo sangue, donna come lei con metà dei suoi geni, come poteva non averlo sentito? Se ciò che aveva provato con Manuel era così grande, così difficile da capire e da contenere in se stessa, era effettivamente impossibile che la persona che le aveva dato la vita non l'avesse avvertito!
I minuti le ore le notti che aveva passato con lui, erano qualcosa di vivo, e chiaro nella sua mente, qualcosa di talmente forte che tentare di non pensarci era un sforzo al di là delle sue capacità. Era amore? possesso? bramosia? Non avrebbe saputo definirlo. Eppure sua madre l'aveva visto chiaramente, senza indugi aveva capito che aveva lasciato Edoardo per Manuel. Che lui era qualcosa da nascondere, qualcosa di proibito.
-Manuel...-
Il punto di non ritorno era stato varcato. Nel preciso momento in cui aveva sussurrato quel nome, capì di aver firmato una sentenza di morte; non per la reazione che avrebbe potuto aver sua madre o per il fatto che sicuramente avrebbe indagato per scoprire chi fosse, ma per la portata dell'evento. Confessare un amore alla mamma è sempre (sempre!) fonte di guai.


-Alice!!!! che.cavolo.ci.fai.ancora.in.pigiama!!- l'urlo cavernicolo di Laura rimbombò per tutta la villetta facendo tremare di paura la povera inquilina
-per favore non cominciare! non è che ho molta voglia di uscire, sto facendo uno sforzo immenso!- provò a tenerle testa minacciandola con l'arricciacapelli puntato come un'arma. Ma la vincitrice del contrasto era già annunciata!
-si certo certo...invece che perdere tempo a lamentarti comincia a vestirti che altrimenti non troviamo più parcheggio-
Sfavillante nei suoi shorts di jeans e camicetta si accomodò senza tanti preamboli sulla tazza del wc con le gambe accavallate e le braccia strette in una morsa: -Ali ora ti farò il predicozzo e tu mi ascolterai in silenzio, annuendo e dandomi ragione! siamo d'accordo?- Alice non capì se davvero stesse aspettando una risposta quindi si limitò a sorriderle e continuare a truccarsi.
-stasera ci sarà anche Manuel! e sarà bello e stronzo come sempre, e tu già lo sai...ma io non intendo assistere di nuovo alla scena di mercoledì scorso!! Niente lacrime, respiri rantolati o sguardi persi nel nulla! per poco non mi hai fatto venire un infarto la settimana scorsa, quindi se non vuoi farlo per te stessa o per lui, vedi di farlo per me. Non voglio mai più trascinarti in giro più morta che viva: ora annuisci!!-
E si ritrovò ad annuire sotto suo preciso ordine.
Dopo la predica i preparativi furono abbastanza svelti. In meno di un quarto d'ora Laura riuscì a trascinarla in macchina vestita e truccata, aveva scelto di corsa un vestito bianco corto fin sopra al ginocchio, dei sandali bassi e la Balenciaga di pelle invecchiata. Volente o nolente si ritrovò a guidare la macchina dell'amica, raggiungere le Colombare non era una passeggiata, bisognava attraversare la città e superare tre tornanti: troppo per la precaria sicurezza al volante della bionda che l'aveva costretta a prendere il suo posto.
Arrivarono dopo una ventina di minuti, i bordi della carreggiata lungo tutte le ultime curve erano già occupati, ma Jack aveva tenuto loro il posto così parcheggiò senza problemi sotto gli sguardi incarogniti di chi era risalito a piedi.
Il parco delle colombare era uno dei posti più belli di Verona, un punto strategico sopra San Zeno da cui si poteva ammirare la città dall'alto, lontani dal caos dell'autostrada e dal traffico delle vie principali. Ogni anno alla metà di maggio gli universitari organizzavano una grande festa lassù per salutare l'arrivo dell'estate, ed ogni anno puntualmente qualche liceale coraggioso riusciva ad imbucarsi!
Ci vollero pochi secondi ad individuare il luogo del raduno nell'oscurità: la musica rimbombava tutt'attorno e un alone di luce bianca avvolgeva lo spiazzo e i suoni di David Guetta vibravano nell'aria. Alice inspirò profondamente, pronta ad affrontare qualunque cosa sarebbe successa.
Laura la prese per mano e la guidò tra la folla fino al limitare della radura, qualcuno aveva arrangiato una postazione da dj su un lato mentre dalla parte opposta vide i loro amici già piazzati ad un tavolo tutti armati di bicchierone di birra.
C'era anche lui.
Seduto tra Jack e Filo sorseggiava fiero la sua birra con un gomito poggiato sul tavolo e la testa voltata verso Andre.
Lo vide bere e accennare un sorriso mentre gli altri ridevano di gusto e prendevano in giro il Vigna che era rimasto in piedi.
Si ritrovò a meno di cinque metri da loro, con le mani libere e un improvvisa voglia di spaccargli la faccia, non sapeva se sarebbe riuscita ad ignorarlo, aveva bisogno di qualcosa che le impegnasse le mani. Fermò Laura toccandole un braccio e la guardò sorridente: -prima di sederci accompagnami a prendere da bere, altrimenti poi ci sarà una gran fila!!-

-ok- le rispose alzando le spalle, era evidente che non l'aveva interpretato come un modo per ritardare l'incontro.
Dopo la fila si ritrovò con una media chiara in mano e nessun altra scusa per scampare il macello, l'incontro era inevitabile e così si avvicinò al tavolo rassegnata trascinando i piedi nell'erba umida.
-ciao a tutti- esordì Laura trillando come un  uccellino e attirando così su di se l'attenzione di tutto il tavolo.
Alice cercò di mimetizzarsi col buio alle sue spalle, con scarsi risultati considerando il candore quasi cangiante del vestito e della sua pelle, e non potè fare a meno di scivolare con lo sguardo fino allo spazio tra Jack e Filo, ma lui stava ostentatamente ammirando la birra nel suo bicchiere.

Il resto del gruppo salutò affettuosamente le due ragazze e fece loro spazio sulle panche.
Laura e Alice presero posto davanti a Chiara intavolando con lei una fitta conversazione.
Pian piano lo spiazzo erboso si riempì di ragazzi e ragazze, erano quasi tutti in piedi accalcati a ballare al centro della radura, i fusti di birra vuoti cominciarono ad accumularsi e anche Alice giunta alla terza birra cominciava ad essere parecchio allegra. Rideva con tutti e per tutto, scivolava sulla panca come un anguilla senza trovare pace e si toccava i capelli in continuazione, segno che fosse parecchio agitata.
Chiara e Laura la guardavano indecise se ridere o disperarsi. Ma in confronto alle condizioni degli altri, lei era persino consolante!
La festa entrò nel vivo e tutto procedette come nella norma. Le ragazze ballavano allegre in mezzo alla ressa mentre i ragazzi preferirono restare nelle retrovie seduti su un paio di panchine continuando a scolarsi  bicchieri di birra. Ad Alice piaceva un mondo andare alle feste universitarie, la faceva sentire importante, sopratutto per come la guardavano quei ragazzi più grandi: se ai liceali faceva vibrare tutti gli ormoni, a loro si presentava come un ottima occasione per divertirsi e allungare le mani. Non aveva problemi a gestirli, quando cominciavano a farsi troppo pretenziosi, li scacciava o se ne andava con le amiche, ma vederli così eccitati in balia solo di un suo gesto era una sensazione impagabile.
Se Manuel non fosse stato a pochi metri da lei probabilmente sarebbe stata una serata perfetta.
A diciotto anni, quasi diciannove, il futuro è solo una parola, un concetto evanescente e labile: vuoto, come quelle parole che hai ripetuto talmente tante volte che hanno perso significato e che si perdono nella lista delle cose da fare scivolando sera dopo sera sempre più in basso.
E proprio non ci stava pensando al futuro Alice mentre lanciava in mezzo al prato l'ennesimo bicchiere vuoto, e ballava spalla a spalla con Laura e Martina; era passata da un paio d'ore la mezzanotte e la festa era ancora nel vivo nonostante lei fosse già ridotta uno straccio. Come lei anche gli altri del gruppo  avevano alzato parecchio il gomito quella sera: Filo sdraiato nell'erba non riusciva più ad alzarsi e guardava le stelle senza vederle davvero, mentre Jack e Charlie ridevano di lui e del bicchiere che teneva in bilico sullo stomaco, anche se loro non erano in condizioni  migliori, Edo invece era ancora in pista e ballava con una bionda, poco distante da Alice. Filo Andre e Manuel erano spariti come sempre.


Poco distante dal nucleo pulsante del parco sul limitare del bosco un ragazzo, seduto alla base di un albero guardava la scena da un angolo, e seguiva con particolare attenzione i movimenti di Alice. La vide apparire tra la folla, che rideva bella come sempre, non ballava più, semplicemente si muoveva scoordinata e fuori tempo, reggeva a fatica il bicchiere che teneva nella mano destra e la borsa abbandonata a terra.
Si agitava con gli occhi chiusi appoggiandosi di tanto in tanto a un amica.
Sorrise tra sè nel vederla così disinibita ma dolce nelle movenze.
Non che non l'avesse mai vista ubriaca o dolce, in effetti poteva dire di aver visto parecchie sfacettature della sua personalità, eppure quella sembrava la sua versione più sincera. La più vera. Non aveva maschere ne finzioni, era abbastanza ubriaca per infischiarsene delle buone maniere e di divertirsi senza pensare a nulla.
Perse l'equilibrio ancora una volta inciampando in un filo d'erba e finì tra le braccia di Chiara, incespicando le due amiche la portarono fino ad una delle panchine sostenendola dalle ascelle.

-non beveva così da un bel po'...- ridacchiò una delle due guardandosi attorno per cercare un angolo vuoto.
-eh già, mettiamola là seduta vicino agli altri-  le rispose Laura indicando il gruppetto di amici con il mento, faticosamente la trascinarono fuori dalla folla e la fecero sedere tra Jack e Charlie che ridevano tirando dei sassolini in testa al fratello di Jack.
-ho sete..- mormorò con la testa poggiata su una spalla.
-ok andiamo a prenderti da bere, tu stai buona qui con gli altri- Alice annuì felice ribaltando la testa sulla spalla di Jack con gli occhi semichiusi e un sorriso placido sul volto.

Tornarono poco dopo con un bicchiere d'acqua e glielo misero in mano, Alice lo guardò stranita e brontolò a bassa voce: -acqua?!? io volevo un'altra birra!!- 
Nonostante tutto ne bevve un bel sorso sotto l'occhio vigile di Chiara, poi allungò una mano verso la birra che Filo cercava di tenere in mano e la sostituì con il suo bicchiere d'acqua senza che il ragazzo sdraiato a terra reagisse.
-ecco fatto!- esordì soddisfatta
Chiara cercò di prenderle il nuovo bicchiere ma lei la schivò: -torna pure a ballare io sto bene, vi aspetto qui..- le disse Alice ad occhi chiusi indicando non si sa bene perchè Charlie.
-sicura?- chiese Laura con le mani piantate sui fianchi
-ceeeeerto!!-
In quello stato non poteva creare grossi danni e i due ragazzi l'avrebbero tenuta d'occhio, per cui Laura a Chiara decisero di darle ascolto e così Alice rimase sola tra i ragazzi che ridevano sguaiati e si prendevano in giro a vicenda.

Lontana dalla sorveglianza dei suoi cani da guardia, continuò a bere ancora, decisa ad ignorare Manuel: a dimenticare le sue parole, a dimenticare la sua freddezza, a dimenticare lui! Almeno per una notte...
Alle 3 non riusciva più a stare seduta, sentiva tutto girare intorno a lei, le voci completamente distorte e il corpo pareva fatto di gomma. Era ufficialmente sbronza. La nausea arrivò alla quinta mezza pinta, i suoi cinquanta chili scarsi erano saturi di alcol e non poteva essere altrimenti, quindi barcollando e trascinandosi un po' raggiunse il primo albero che aveva a tiro.
Manuel, l'unico ancora orientato del gruppo, la vide allontanarsi ondeggiando pericolosamente, accasciarsi e rialzarsi pochi metri dopo. Preoccupato dal suo stato si alzò per seguirla. La trovò in ginocchio sull'erba.
Le faceva male la mano, la corteccia era dura e inconsciamente la stava stringendo con troppa forza, poteva sentire le schegge di legno infilarsi sotto la pelle, ma tutto era sovrastato dalle dolorose contrazioni del suo stomaco...e dal puzzo tremendo di vomito.
Quando arrivò una mano fresca a posarsi sulla sua fronte e tenerle diritta la testa, tutto migliorò drasticamente: gli spasmi erano meno violenti e tutto il resto del corpo riusciva a rimanere in equilibrio senza che fosse lei a tenersi. Senza nessuna valida ragione era consapevole che quella mano appartenesse a Manuel ma tutto era troppo sfuocato per reagire.

Manuel aveva allungato il passo per raggiungerla prima che vomitasse dentro la sua stessa borsa: le afferrò la fronte tirandola verso di se e con l'altra mano raccolse i capelli rossi che fluivano in avanti con uno strattone davvero poco delicato. Passò qualche minuto prima che si calmasse e smettesse di sussultare, dopodichè scivolò seduta sui talloni con la schiena poggiata alle gambe di Manuel.
Si pulì la bocca con un fazzoletto che era apparso dal nulla nella sua mano, sputò varie volte per lavare via il sapore acido.
Odiava vomitare.
Erano passate le 3 e la festa per fortuna stava cominciando a scemare, Manuel, dopo uno sguardo veloce al resto del gruppo, si chinò su di lei e agguantandola per le braccia la sollevò di peso per spostarla da quella pozza maleodorante, le scostò i capelli dal viso e mormorandole nell'orecchio chiese: -sei viva?-

Alice annuì lievemente senza parlare e con gli occhi chiusi e la testa ribaltata su una spalla. Cercò il suo braccio e si mosse per cercare di alzarsi, ma non appena si mise in posizione eretta scivolò nuovamente a terra a vomitare.
"pessima idea..." pensò Manuel puntando gli occhi al cielo per poi guardarla esasperato. Si voltò di nuovo verso il gruppetto di amici che sembrava essersi lievemente calmato mentre Alice in ginocchio si teneva aggrappata ai suoi pantaloni.
Dopo parecchi minuti e molti conati di vomito, le amiche della ragazza li raggiunsero trafelate.
-oddio per fortuna è qui, l'abbiamo cercata ovunque, ci stavamo preoccupando!! ma ha vomitato?- chiese Chiara guardando l'amica riversa a terra.
-si..3 volte- le rispose Manuel lanciando uno sguardo alla zona contaminata.
Le due si scambiarono uno sguardo che Manuel non riuscì a decifrare, parevano quasi contente della cosa.
Un mugugno sommesso si alzò alle loro spalle.
-come la portiamo a casa? nessuno degli altri è in condizioni di guidare quindi abbiamo solo 5 posti e dobbiamo caricare anche Charlie Jack e Filo, altrimenti quelli a casa non ci arrivano...- proseguì Laura grattandosi la nuca.

-vogl.. ...dar casa!- provò a bofonchiare Alice nel mero tentativo di alzarsi.
Ricadde però subito seduta contro un albero abbracciata alla sua stessa borsa piagnucolando parole incomprensibili.
Fu allora che a una delle due venne l'idea geniale, se avessero provocato Manuel forse si sarebbe offerto lui stesso di portarla a casa.
-potremmo chiedere a Edo se la porta a casa?- propose Chiara con le mani sui fianchi e l'espressione più genuina del mondo.

Manuel risorse dall'ombra in cui era sprofondato: -ci penso io- intervenne serio a bassa voce.
-non credo sia il caso che venga in moto con te.. Edo ha la macchina e poi conosce casa sua, le darà una mano ad andare a letto...- Laura dopo aver intuito perfettamente la strategia di Chiara rincarò la dose: -hai ragione, poi conosce anche i suoi nel caso si svegliassero...sua madre stravede per lui!-
Quella fu la stoccata giusta all'orgoglio di Manuel.
-a lei penso io, dite a sua madre che dorme fuori!- e questa volta il tono non ammetteva repliche.
La mora e la bionda lo guardarono fintamente perplesse poi si decisero ad accettare.
-va bene, mando io un messaggio a sua madre per dirle che dorme da me, dille di chiamarmi domattina appena si sveglia! E stai attento a quel che fai!- disse Laura con gli occhi castani piantati in quelli scuri di lui, mentre con una mano sfilava il cellulare dalla tasca degli shorts.
Non che Manuel potesse definirsi esattamente una persona generosa, però a volte capitava anche a lui di fare qualcosa per gli altri, e ultimamente questo "altri" coincideva spesso con la persona di Alice Aroldi. Quella sera fu una di quelle fortunate volte.
Inspiegabilmente sotto lo sguardo divertito delle due ragazze, si fece avanti con l'andatura degna di un prode cavaliere che si accinge alla battaglia più gloriosa della sua vita; afferrò Alice per un braccio senza alcun garbo portandola di nuovo eretta e la sostenne finchè non smise di barcollare. Poi mormorò qualcosa a denti stretti con le labbra che le sfioravano i capelli, in modo che solo lei potesse sentire: -andiamo?-
Manuel non rispose al ghigno divertito di Laura ne alle sue minacce, passò un braccio sotto le spalle della ragazza afferrandola con forza sulle costole.

-merda Alice! quante volte ancora dovrò vederti così...- brontolò scocciato sollevandola con un colpo di reni.
Da parte sua Alice non aveva più alcuna percezione dell'esterno, sapeva di essere tornata in piedi senza sapere esattamente come fosse successo. Qualcosa di forte che premeva sul fianco sinistro la manteneva in quella posizione, eppure non avrebbe potuto dire se fosse un muro, una persona o un auto; tutto era storpiato dalle luci alle persone, persino il terreno...il mondo si muoveva ad una velocità strana, a volte troppo accelerata, a volte troppo lenta.
Poi anche lei cominciò a muoversi, un piede dopo l'altro e le sembrò di essere un'astronauta sulla Luna tanto si sentiva leggera. Cominciò a credere di star sognando tutto.
Dall'esterno la scena apparve confusa e surreale come nella mente di Alice.
Di tutti quelli che vi assistettero, pochi l'avrebbero ricordata il giorno dopo, e di quell'esigua minoranza coloro che avrebbero potuto dare una spiegazione al comportamento di Manuel si potevano contare sulle dita di una mano. Senza dire nemmeno una parola al resto del gruppo, il ragazzo scomparve tra i cespugli seguendo il sentiero che li avrebbe riportati al parcheggio, Chiara si affrettò a raggiungerlo con la borsa di Alice e un giubbotto di pelle nera in mano.
Laura tornò dai ragazzi, dei pochi che avevano seguito la scena, Charlie il suo ragazzo, finse di non aver visto ne intuito nulla, perchè per il bene di tutti certe cose era opportuno che rimanessero nascoste, mentre Jack accanto a lui seguiva con lo sguardo la figura della fidanzata sparire dietro alla "strana coppia".
Solo Andre si mostrò contrariato, conosceva abbastanza Manuel per sapere che non era tipo da aiutare qualsiasi ragazza ubriaca in cui si imbatteva, ma nonostante questo evitò d'inseguirlo e chiedergli spiegazioni, avrebbe ottenuto solo un occhiataccia....o al massimo qualche insulto.
A fatica Alice riuscì a trascinarsi fino al parcheggio, dove si accasciò guidata dalle mani di Manuel sul bordo di un marciapiedi.
Da lì tutto divenne estremamente buio....
Non si accorse di finire sul sedile del passeggero di una BMW scura, ne del giubbotto caldo che le coprì le gambe. Cadde in uno stato soporoso, più simile al coma che al sonno che mantenne fino alla fine del viaggio.
La radio spenta, i finestrini chiusi nonostante il caldo, la guida più leggera del solito e la mente piena di dubbi: per quale motivo dopo averla insultata, scacciata e averle intimato di dimenticarlo per ben due volte, ora si ritrovava di nuovo in auto accanto a lei??
Eppure credeva di essere stato chiaro con se stesso...Alice era un argomento taboo! Non andava pensata, ne immaginata, non bisognava guardarla, ne parlarle, starle lontano era l'obbiettivo primario!
Eppure l'aveva soccorsa subito, le aveva tenuto la testa mentre vomitava tutto quell'alcol, l'aveva aiutata a rimettersi in piedi e le stava offrendo la possibilità di non dover dare spiegazioni a nessuno e rintanarsi in casa sua....fortuna che l'obbiettivo era starle lontano!!!
Arrivato in fondo alla discesa prese velocità lungo il rettilineo di via Nevio per poi fermarsi al semaforo rosso all'incrocio con Porta Trento, giusto il tempo di lanciare un occhiata veloce al sedile accanto. Alice era là con la testa schiacciata contro il finestrino e l'espressione beata di chi non sa dove si trova ma non gliene importa nulla, i piedi sul sedile e le ginocchia strette al petto le davano un'aria da bambina spersa.
Ne seguì la linea del viso dall'orecchio al mento e il profilo dolce del naso e delle labbra, le braccia ossute e il vestito bianco arrotolato fino all'inguine. E purtroppo era bellissima.
Quando raggiunsero il cortile del palazzo di Manuel, trasportarla fino al portone e poi su con l'ascensore fino al sesto piano fu una vera passeggiata rispetto a quello che dovette affrontare dopo: per un istante davanti alla sconfortante visione della minuscola scala a chiocciola, fu davvero tentato di lasciala a dormire sul divano così com'era, ma le condizioni del vestito e la possibilità che vomitasse sul tappeto del suo salotto lo fecero desistere. E poi se Sonia l'avesse trovata lì abbandonata l'avrebbe ucciso. Quindi a suon di spinte e strattoni e con davvero poca delicatezza la trascinò al piano superiore, affrontando da solo 20 ripidissimi scalini con una bambola a dimensioni reali sulla schiena; non che lei avesse opposto resistenza però di certo non gli aveva facilitato le operazioni.
Prevedibilmente Alice si accasciò a terra accanto al letto non appena la lasciò per andare ad accendere la luce.
Di nuovo -sbuffando- la caricò di peso per metterla seduta sul letto, ma qualcosa lo bloccò appena prima di lasciarla andare.
-pipì- aveva mormorato al suo orecchio quella palla al piede di Alice Aroldi.
Non era mai stato incline alle bestemmie, nonostante di difetti ne avesse parecchi, era una delle poche cose che gli aveva lasciato sua madre, eppure in quel momento alcune sante paroline affiorarono sulle sue labbra...si trattenne a fatica e solo perchè era assolutamente certo che la colpa di tutto ciò che era successo quella notte non era da imputare ad una qualsiasi divinità, ma solo ed esclusivamente a lei!
La portò fino al gabinetto quasi di corsa mentre continuava a ripetergli nell'orecchio quelle due stupide sillabe: e ringrazio mentalmente l'università di Manchester e tutti i suoi dirigenti per le trasferte e i convegni che impegnavano suo padre all'estero quasi tutto l'anno, perchè se fosse stato a casa e l'avesse visto aiutarla ad abbassarsi le mutande e sedersi sul gabinetto, carta igienica alla mano, sarebbe di sicuro morto di vergogna..

In qualche modo riuscì a trascinarla di nuovo fino al letto -dopo averla aiutata anche a rivestirsi e averle pulito le mani e le ginocchia sporche di erba- ma perlomeno aveva ripreso un po' di lucidità, non abbastanza comunque da collaborare.
-grazie Manu..- bofonchiò in un momento di assurda lucidità strappandogli un sorriso divertito.
Le sfilò i sandali e il vestito sporco di erba e terra lasciandoli in un angolo, e quando si ritrovò davanti ad un completino color cipria, trasparente, ornato da piccole margherite bianche e gialle gli mancò quasi il fiato. Aveva quasi scordato quanto fosse perfetta.
Improvvisamente, mentre Alice cominciava a tremare, si ritrovò a chiedersi per quale assurdo motivo avesse deciso di troncare quella relazione.
E non trovò la risposta.
Trovò da sola il bordo delle coperte e senza fare domande ci si infilò sotto, raggomitolandosi su se stessa.
La osservò un momento, sedendosi accanto a lei, sdraiata sul suo letto in biancheria intima. Ed era bellissima.

Ubriaca, incosciente ma bellissima.
Qualunque altro ragazzo della sua età avrebbe detto la stessa cosa, e probabilmente l'avrebbe pure preso in giro per non aver approfittato di un'occasione del genere. Si ritrovò a chiedersi cosa sarebbe successo se le avesse dimostrato altre intenzioni, e non sforzò nemmeno la fantasia, riportò solo alla mente l'ultima notte che avevano passato lassù insieme certo che sarebbero finiti ancora una volta a fare sesso.
-no Manu stai qui, non andartene..- protestò Alice nel momento in cui provò di alzarsi.

-torno dopo- le rispose liberandosi dalla presa delle sue dita esili e malferme posate sulla gamba.
Tornò dopo pochi minuti con un secchio e un asciugamano in mano, non voleva rischiare di dover anche pulire il suo vomito...
Alice si era rannicchiata dal suo lato in posizione fetale sotto il lenzuolo bianco, abbracciava il cuscino alla sua sinistra e dormiva profondamente.
Dopo essersi liberato di jeans e maglietta si sdraiò nel letto accanto a lei con la schiena contro la spalliera del letto, e lei non si fece scrupoli ad accomodarsi con la testa sul suo grembo, lo abbracciò con una mossa felina e lui, impreparato a reagire, rimase fermo a subire l'invasione.
-non approfittare di me..eh!?- cercò di apparire seria, come se fosse una raccomandazione come un'altra.
-proverò di resisterti..- rispose sorridendo alla sua espressione goffa, mentre intrecciava le gambe con le sue.
Non tentò nemmeno di liberarsi, allungò una mano sul comodino per spegnere il cellulare, spense la luce e le passò una mano sulla chioma rossa per scoprirle il volto. Rimase immobile ad accarezzarle i capelli, stregato da quel senso di necessità che provava nei suoi confronti e dal quale stava cercando di scappare disperatamente chiedendosi per l'ennesima volta come sarebbe stato se le cose fossero andate diversamente: se avesse accettato le sue condizioni, se fosse diventata la sua ragazza, se avesse acconsentito a legarsi a lei.
E come se avesse parlato a voce alta, la risposta di Alice arrivò.
-saremmo stati bene, ti avrei reso felice se tu non mi avessi mandata via...- aveva gli occhi chiusi e l'espressione concentrata, sapeva perfettamente ciò che stava dicendo. Forse.

-..perchè siamo innamorati l'uno dell'altra.. ci apparteniamo..-
No. Ora decisamente non poteva essere lucida, non gli avrebbe mai detto davvero una cosa del genere.
-...e tu lo sai!-
Manuel rimase immobile, interdetto, non capiva quanto lei fosse cosciente di ciò che aveva detto, non sapeva se dar credito alle sue parole, sembrava seria, ma non poteva esserlo davvero..

-dormi ora- le disse indeciso su come affrontare la cosa accarezzandole i capelli al buio.
"Alice Aroldi dovresti proprio smettere di bere..." pensò prima chiudere gli occhio guardandola addormentarsi contro il suo petto nudo, dolce e serena nella sua incoscienza.

















Spazio Autrice:

Siete ufficialmente liberi di odiarmi!!
me lo merito
Quasi due mesi di ritardo non sono giustificabili nemmeno si mi avessero assunta alla NASA!!
Quindi odiatemi liberamente!!
Detto questo non mi prolungherò in scuse inutili, ne a raccontarvi per quali assurde ragioni non ho mai avuto tempo di scrivere,
vi dico solo che ora..
sono felice di potervi regalare questo nuovo capitolo!!!

Ora colgo l'occasione per farvi i più sinceri auguri di buone feste, a voi lettori e alle vostre famiglie!!
-in ritardo, proprio nel mio stile!-

Regalinooo:
parte 1 - @ school
parte 2 - the party

Dedico questo capitolo alla mia adorata Ale-chan
la mia nuova beta
la mia consigliera
un'amica
e sopratutto una persona specialissima!!

Vai con le recensioni:

Sophief88: eh per sapere come andrà a finire ci vorrà ancora un po' e non illuderti per questa fine sdolcinosa, ci saranno ancora molte peripezie da affrontare per i due della "strana coppia"!!
scusa per la risposta frettolosa che ti ho mandato via mail...ero stra impegnata! spero di averti fatta contenta!

xsemprenoi: wow...mi piace far piangere le persone perchè io piango solo con le storie che mi prendono di più...quindi è una cosa che mi rende orgogliosissima!!! Manu ha un sacco di problemi -sopratutto mentali- e di ragioni per star lontano da lei, ma verranno fuori più avanti..tutti insieme!!

RBAA: carissimaaaaaaaa!!! ben ritrovata! colgo l'occasione per congratularmi con te per la bellissima conclusione alla tua storia nel fandom di Naruto perchè non mi ricordo se ho recensito! ...strabiliante...davvero! Anch'io voglio un Manuel...gonfiabile però! E senza il dono della parola, perchè con quello fa solo danni! Hai i capelli rossi??? Davvero?? allora sei la mia piccola Alice!
Grazie per i complimenti..in questa versione mi sono ridimensionata un po' con le descrizioni perchè il mio moroso sosteneva che fossero troppo porno!! Per il fatto della routine quotidiana..ti ringrazio tanto, perchè il mio impegno è tutto lì a rendere il più possibili vicino a voi questa storia!!!

LaylaFly: io invece ODIO alla follia Manuel Bressan perchè mi sta portando sulla via della psichiatria!! Per colpa sua impazzirò...

Un saluto speciale alla mia amica Chiara, che spero leggerà questo nuovo capitolo,
perchè è l'unica persona del mio 'mondo' a far parte anche di questo...1bacio.



Piccola nota finale:

Vorrei specificare che tutti i comportamenti che assumono i personaggio di questa storia non fittizzi, e non vanno emulati!
Bere troppo fa male!
Fumare fa male!
Assumere droghe -di ogni genere- fa malissimo!!
Mentire è sbagliato!
Tradire è sbagliato!

Mi sentivo in dovere di dirvelo per questioni...deontologiche.



a presto
1bacio. Vale



















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Capitolo 10
*** 10 ***


10





10




Il risveglio arrivò troppo presto.
La nausea era ancora lì dietro la gola, bussava alla porta della bocca con moderata insistenza e non sembrava intenzionata a lasciarla in pace. La nottata non era stata affatto piacevole: tra il vomito, gli incubi e il dolore lancinante dietro la fronte non aveva praticamente chiuso occhio fino all'alba.

La prima cosa che percepì dopo aver ripreso coscienza fu la sensazione di scardinamento di tutti gli arti, si sentiva come se l'avessero centrifugata dentro una lavatrice al massimo dei giri. La schiena il collo e tutte le articolazioni dolevano e al solo pensiero di muoverle un senso d'oppressione si fece spazio tra la nausea e la sonnolenza.
Oltre tutto questo non ricordava affatto come e quando Manuel l'avesse condotta a casa sua.
Se n'era accorta durante una delle numerose tribolazioni che aveva patito la notte, per sbaglio rivoltandosi per trovare una posizione comoda era finita addosso al corpo caldo e muscoloso dell'ultima persona che avrebbe voluto trovarsi accanto, che -per inciso- non aveva mosso un dito per aiutarla se un grugnito scocciato. Ci aveva pensato parecchio ma non era riuscita a venire a capo del dilemma prima di addormentarsi di nuovo, e al risveglio la domanda era tornata lì a tormentarla. Come cavolo era finita dal parcheggio delle Colombare al letto di Manuel in reggiseno e mutande?
Pian piano aprì gli occhi e riconobbe le sue cose abbandonate sulla sedia della scrivania, il vestito e la borsa cacciati là da mani disattente.

"perchè evo sempre cacciarmi in questi casini?" pensò riprendendo coscienza di se e osservando perplessa il secchio e l'asciugamano posati a terra accanto al comodino. Si guardò attorno spaesata, Manuel chiaramente non c'era, e lei non aveva la più pallida idea ne di che ore fossero e ne dove lui potesse essersi cacciato. Provò a scandagliare i rumori della casa, ma sembrava vuota, e si ripromise di fargli il culo quando si fosse fatto vivo: non poteva lasciarla in casa sua da sola e senza vestiti!!!
Cercarlo era evidentemente inutile, arrabbiarsi uno spreco di energie e un incentivo al mal di testa, per cui riaccoccolarsi sotto le coperte era in assoluto la scelta migliore che potesse fare.


Passarono pochi secondi o forse anche un'ora o una settimana, non si accorse quanto ancora aveva dormito quando la voce di Manuel riempì la stanza.
-il tuo cellulare sta suonando da due ore.-
Non poteva essere vero, non si era nemmeno voltato, come poteva averla sentita?? Aveva parlato proprio pochi secondi dopo che lei aveva aperto gli occhi, non era normale, cos'era diventato anche veggente?   
Si riscosse in fretta da quei pensieri idioti per concentrarsi su ciò che le era stato detto.
-a si?- esordì con le voce impastata.
Le sembrava di aver dormito troppo e troppo poco allo stesso tempo. Si stirò i muscoli delle gambe sotto le coperte e poi, nell'attesa di una risposta che non sarebbe mai arrivata, venne il turno delle braccia e della schiena. Infine si rassegnò ad aprire del tutto gli occhi e ispezionare l'ambiente. Era domenica, e come tutte le domeniche in quella camera il caos regnava sovrano perchè Sonia aveva il weekend libero. Le magliette i jeans di un paio di giorni prima giacevano a penzoloni sulla poltrona, le dunk abbandonate accanto all'ultimo gradino della scala con dentro ancora dei calzini grigi, probabilmente sporchi; a destra invece correva il lungo tavolo da lavoro di Manuel sovrastato da quattro mensole di libri.
Là c'era lui, seduto davanti al portatile e assorto in chissà quali misteriosi affari. Sulla scrivania un collage di quaderni libri appunti e post-it davano finalmente alla stanza l'aria di adolescenza che le mancava.
Alice lo osservò senza muoversi, doveva essere andato a correre a giudicare dai pantaloncini e dalla maglia sbracciata segnata da grossi aloni di sudore. In una mano stringeva li-pod ancora acceso e le cuffie penzolavano sul petto.
-perchè sono in mutande e reggiseno?- si azzardò finalmente a chiedere
Lui nemmeno in quel caso si mosse: -il tuo vestito puzzava di vomito e birra.-
In effetti fino alle svariate birre, ai salti sull'erba con le altre due la memoria ancora non la tradiva, era da là in poi che si offuscava, mentre dal momento in cui si era inginocchiata di fronte ad un albero il vuoto era quasi totale.
-ha!- si limitò a questo prima di ricordarsi del cellulare: -dov'è finita la mia borsa?- era decisamente il momento di spostare l'attenzione su altro.
Solo a quel punto lo vide voltarsi, cercarla tra le lenzuola con la coda dell'occhio e per poi indicarle il fondo del letto con la mano. Stretta nel lenzuolo ALice raggiunse la sua meta e incredibilmente le bastò allungare un braccio per ripescare il cellulare dalla borsa.
Sei chiamate perse e due messaggi.
Tre di casa e tutte le altre di Laura, i messaggi invece erano tutti suoi.
"tua madre ti ha cercata un casino di volte. chiamami appena leggi questo mess" L'urgenza e il tono di Laura non presagivano niente di buono, il secondo era ancora peggio: "l'ho fatta parlare con mia madre e mi devi un bel po' di favori, ma tu CHIAMAMI!!!"
Senza esitare andò a ripescare il numero dell'amica dalle ultima chiamate, ma nel momento esatto in cui premette il tasto verde lo schermo lampeggioò un paio di volte e poi si spense lasciandola a bocca aperta: -cazzo! batteria scarica....- esclamò lasciandolo cadere sull'altro lato del letto. Quando si dice la sfiga..
-tieni- brontolò un voce sopra di lei, non si era nemmeno accorta che si fosse alzato vide solo il Blackberry nero atterrare tra le sue gambe con tonfo leggero. Alice lo guardò un attimo interdetta, un dubbio affiorò subito nel mare della confusione della sua mente, ma non ebbe nemmeno il tempo di elaborarla che la risposta arrivò inaspettata.
-è inutile che ti arrovelli il cervello, la tua amica sa già che hai dormito qui...- e detto questo sparì dentro al bagno.
A quel punto non si prese nemmeno lo scrupolo di chiedere spiegazioni, compose il numero alla svelta con gli occhi puntati sulla porta del bagno. Manuel era in piedi davanti allo specchio a torno nudo e la guardava attraverso il riflesso davanti a lui.
Al secondo squillo la voce trillante di Laura le trapanò il timpano: -finalmente!!! ti ho chiamata un sacco di volte..-
-mmmh non urlarmi nelle orecchie: ho mal di testa e ho dormito poco, le ho viste le chiamate e anche i messaggi.- e una porta venne chiusa proprio quando Alice aprì bocca.
-tua madre ha chiamato un'ora fa, ieri le ho detto che avresti dormito da me, ma stamattina non sembrava molto convinta quindi l'ho fatta parlare con Luisa. E questo merita un favore bello grosso!- fece una piccola pausa, troppo corta però perchè Alice potesse intervenire: -mia madre ti ha coperta ma ti conviene spicciarti ad andare a casa. Prima però raccontami tutto!!!!-
-tutto cosa? non mi ricordo nulla..-
-ci credo con la sbronza che hai preso! mi meraviglio che tu sia così arzilla...perchè mi chiami col suo numero?-
-il mio è scarico- brontolò grattandosi i capelli, il solito interrogatorio..
-puoi parlare?-
Alice non amava affatto il tono cospiratorio che usava Laura contro Manuel, però tese l'orecchio comunque per controllare: dal bagno arrivava lo scrosciare ritmico della doccia e nient'altro.
-si, è sotto la doccia-
-è andato tutto bene? non ti ha molestata vero? quello sarebbe capace di qualsiasi cosa...-
-no, cioè si, è andato tutto bene. e' stato gentile, direi, o almeno  credo.-
-mmmh, chiamami se vuoi che ti venga a prendere o per qualsiasi altra cosa! ma prima chiama tua madre, credo abbia detto qualcosa a proposito di un pranzo e di tua nonna..sembrava incazzata.-
In quel momento le nubi si diradarono tutte in un colpo e Alice scattò in ginocchio sul letto: l'anniversario dei suoi genitori!
-cazzo il pranzo, mi ero dimenticata...devo correre, ti mando un messaggio se ho bisogno! grazie mille Laura!- e chiuse di scatto la telefonata.
Doveva correre e doveva farlo davvero, una schiera di parenti infiocchettati e impomatati l'aspettava per pranzo, i suoi festeggiavano venticinque anni di matrimonio e con ogni probabilità sua madre l'avrebbe uccisa se non si fosse presentata a casa in perfetto ordine per quell'occasione. Recuperò di corsa tutta la sua roba e constatò l'entità dei danni, il vestito era lurido, puzzava e aveva persino un piccolo strappo sull'orlo, decisamente se sua nonna l'avesse vista con una cosa del genere addosso l'avrebbe diseredata, ci voleva una soluzione e alla svelta.
-carini i capelli..-
La voce di Manuel la sorprese, era talmente concentrata sui suoi disastri che aveva scordato la doccia e il suo ospitante. Invece lui era là, in boxer con i capelli e il corpo tutto bagnato e la guardava divertito dalla porta del bagno. Alice si alzò per specchiarsi e l'immagine che si trovò davanti era davvero orrenda, urgevano manovre diversive.
-oddio!! è un casino e io devo correre!-
Certo se l'obiettivo era evitare di finire di nuovo insieme, le tattiche di Manuel non erano esattamente appropriate; non poteva, non era affatto corretto da parte sua uscire dal bagno in quelle condizioni, con quei cavolo di addominali scolpiti in bella mostra. No, lui la correttezza non sapeva nemmeno cosa fosse.
Quando entrambi si resero conto di essere mezzi nudi l'imbarazzo piombò nel silenzio: era talmente evidente che sembrava quasi che si fosse materializzato come una terza persona nella stanza. Alice si morse l'interno di una guancia per frenare l'istinto primordiale di saltargli al collo e baciarlo che l'era salito dallo stomaco, mentre Manuel per togliersi dalla mente l'immagine dell'ultima volta che le aveva tolto uno dei suoi stupidi completini, afferrò i primi vestiti che trovò nell'armadio e li indossò alla svelta.
Non riusciva nemmeno a guardarlo, i ricordi la tormentavano portando a galla la rabbia che l'aveva scossa le prime settimane. Stare nella stessa stanza con quel ragazzo le chiudeva lo stomaco. Quante volte ancora sarebbe dovuta finire così? Lui l'aveva sentita gridare, piangere e gemere tra le sue braccia, l'aveva vista spogliarsi per lui, giocare a fare la femme fatale, le aveva insegnato a fargli perdere la testa...come poteva ancora guardarlo negli occhi senza voler sprofondare??
Manuel intanto aveva ripreso a farsi i fatti suoi, seduto davanti al computer con una sigaretta tra le labbra.
-che ore sono?- fu Alice ad interrompere il silenzio
-appena passato mezzogiorno-
-cazzo! oggi ho un pranzo con i parenti, perchè martedì i miei partono. Se non corro a casa mia madre mi disintegra..- tuffandosi alla disperata ricerca di un elastico per i capelli nel casino della sua borsa.
La cosa più importante da affrontare era la questione vestiti, per questo lo chiamò con tono dolce e misurato.
-che vuoi?- chiese senza voltarsi

-avrei bisogno di...un prestito!-
-vuoi dei soldi?- la cosa lo lasciò perplesso, per quanto ne sapeva la famiglia di Alice non se passava affatto male, per questo si voltò a studiarla.
-nooo che hai capito!?...volevo dei vestiti in prestito, non posso presentarmi a casa in mutande o con questo coso puzzolente, te li restituisco domani!-
La guardò più imbarazzato che stupito, era una richiesta legittima in quelle condizioni, ma l'immagine di lei con i suoi vestiti addosso rievocò la sera della festa al BleuMoon. Ricordò la sua camicia azzurra troppo larga per lei che ne copriva le forme e scopriva generosamente le gambe sottili, la canzone dei Muse quelle dita che lo chiamavano e infine il bacio caldo che gli aveva dato in mezzo alla pista. Un brivido lo percorse lungo la schiena.
-prendi quello che ti serve..- le disse con un cenno verso l'armadio sull'altro lato della stanza
-grazie!- 
Aprì le ante del grosso armadio alla sua destra, non sarebbe stato facile trovare qualcosa che le andasse bene in quell'oceano di vestiti. C'erano un mucchio di scatole ammassate nelle mensole in alto, mentre sulle stampelle troneggiavano giacche e giubbotti e una sacca per abiti nera in un angolo, nell'altro lato trovò altre stampelle piene di jeans e le divise appese ordinatamente dietro un divisorio.
"è sorprendentemente attento all'abbigliamento per essere un ragazzo, ha quasi più vestiti di me.." pensò guardando le pile ordinate di magliette, i pantaloni appesi accanto alle camicie, i felpe le giacche e infine le cravatte appese all'anta.
-quante cravatte, ma le usi?- chiese lei innocente
-solo a scuola...le altre sono regali.- le rispose distrattamente. Alice non potè fare a meno di storgere il naso, chi mai avrebbe potuto regalare una cravatta a Manuel, di certo qualcuno che non lo conosceva davvero.
Prese una maglietta bianca a maniche corte da una pila di cianfrusaglie da basket e la infilò, era ovviamente troppo larga e lunga ma non ci fece caso, la cosa importante era coprirsi decentemente, avrebbe pensato a casa a sistemarsi, e proseguì alla ricerca di un paio di pantaloni.

Dopo qualche minuto non aveva ancora trovato nulla, erano tutti troppo larghi, Manuel l'aveva guardata per tutto il tempo in silenzio ma alla fine spazientito si alzò e attraversò la stanza raggiungendo l'armadio. Aprì un cassetto al disotto delle ante e ne estrasse un paio di vecchi pantaloncini rossi sintetici.
-questi mi vanno corti da anni, a te dovrebbero stare!- le disse sprezzante lanciandoglieli quasi in faccia.
Li guardò e li infilò titubante, ma si accorse che aveva ragione, certo non erano il genere di capo che poteva avere lei nell'armadio, ma erano pantaloncini larghi che le arrivavano al ginocchio con una fascia elastica alta in vita. Ci infilò dentro la maglietta e si voltò speranzosa verso di lui con le braccia aperte.
La squadrò seduto sul letto e gli uscì un sorrisetto arrogante.
-non è che sei un po' cleptomane...non fai altro che rubarmi i vestiti, ci provi gusto?-
-ahahah- rispose lei sarcastica -è solo per necessità!-
Raccattò in fretta il cellulare, e il vestito, riempì la borsa e afferrò i sandali: -mi fai mandare un messaggio? devo dire a Laura che mi venga a prendere.-
Manuel si alzò dal letto e schiacciò la sigaretta in un posacenere sulla scrivania, chiuse lo schermo del portatile dopo un'ultima occhiata e infine si decise a risponderle.
-non c'è bisogno: ti porto io.-

Così si ritrovarono insieme in ascensore, entrambi che evitavano insistentemente di guardare l'altro e con la consapevolezza che avrebbero voluto trovarsi in tutt'altra situazione.
Poi un dubbio assalì la mente di Alice; lei non ricordava nulla della sera prima, di come avesse fatto il suo vestito a puzzare di birra e vomito o come si fosse strappato e sporcato d'erba, ne in che circostanze si fosse spogliata. Divenne sempre più nervosa, studiava Manuel con la coda dell'occhio con l'assurda speranza di leggergli nella mente qualche ricordo della sera prima. E se presa dalla frenesia dell'alcol ci avesse provato con lui un'altra volta?
Era indecisa se sprofondare nella vergogna o incazzarsi per il mutismo del ragazzo.
-senti, io..ieri sera, cioè noi, non mi ricordo molto e..-
-no! non abbiamo scopato-
L'aveva interrotta prima ancora che finisse ma perlomeno si era tolta il dubbio e si concesse un lieve sospiro di sollievo che probabilmente Manuel non notò.
-ah ecco! b-bene direi..- si concesse un altro secondo per pensare ma già che erano in argomento, tanto valeva andare fino in fondo: -e perchè sono finita a casa tua?- e questa volta si azzardò ad alzare lo sguardo su di lui.
Senza tacchi faticava a guardarlo negli occhi.
-le tue amiche avevano la macchina piena e portarti a casa non mi sembrava una buona idea visto che non stavi in piedi- giocava col bordo della chiave e non si era nemmeno posto il problema di guardarla in faccia.
-allora bhè: grazie!-
-no potevo certo lasciarti là- le rispose con un'alzata di spalle, ma Alice non se ne curò, con lui più che con chiunque un gesto valeva più di mille parole.
Raggiunsero il box della famiglia Bressan e Alice non si stupì affatto davanti alla BMW lucida e imperlata che trovò dietro al portone automatico, era decisamente l'auto adatta a lui. Non l'aveva mai vista di persona -o almeno non in condizioni che ricordasse- ma le voci invidiose correvano a scuola, Jack ne tesseva le lodi ogni volta che vedeva Manuel sulla moto, mentre suo fratello sperava continuamente di convincerlo a prestargliela. La sua micra al confronto pareva la macchina dei Flinstones.
Passò i polpastrelli delicatamente sul cofano, attenta a non sfiorarlo con le unghie mentre Manuel prendeva possesso del posto di giuda senza tanti complimenti. Di sicuro avrebbe preferito la Honda parcheggiata in un angolo che lo chiamava come una sirena.
-perchè non la usi mai? è una bella macchina in fondo...- provò di buttare lì con noncuranza subito prima che il rombo del motore sovrastasse la sua voce.
Non le rispose, ingranò la prima e scivolò senza sforzo fuori dai garage sotto lo sguardo attonito di Alice, la quale non potè fare a meno di pensare che a lei sarebbero servite almeno due manovre solo per uscire dal box.
-preferisco la moto...- fu la laconica risposta che arrivò solo dopo un paio di curve.
Non che lei ne capisse molto, ma quella non doveva essere certo una semplice utilitaria e non si avvicinava nemmeno ad un banale regalo per i diciott'anni, di certo doveva costare parecchio: con i sedili in pelle, i finestrini posteriori oscurati e un impianto stereo da paura. Eppure suo padre aveva un suv scuro della Volvo, ne era certa perchè aveva accompagnato personalmente Manuel a riprenderlo nel parcheggio dell'aeroporto. E in famiglia c'erano solo loro.
-mah io preferisco questa, d'inverno in moto si gela!- e in quel preciso istante capì a chi doveva essere appartenuta quell'auto e il motivo per cui Manuel preferiva la moto sempre e comunque.
Per il resto del viaggio nessuno parlò, raggiunsero casa di Alice in una decina di minuti, giusto in tempo prima che lo implorasse di cambiare cd. Quella roba non faceva per lei.

L'auto si fermò sul retro davanti alla porta del garage su precisa indicazione della ragazza. Il tragitto era stato silenzioso e imbarazzante rotto solo dal suono dei Queens of the stone age, non sapeva bene perchè ma Alice sentiva che in lui qualcosa non andava, non riusciva a interpretare la sua espressione, sembrava scocciato e a disagio allo stesso tempo, non capiva cosa potesse aver fatto per meritare quel silenzio pressante.
La loro ultima conversazione sensata che ricordava era stata qualche giorno prima sui gradini d'entrata della scuola, non era stata una vera e propria conversazione, più che altro lui le aveva detto di lasciarlo in pace.
Si sentiva in imbarazzo anche lei pensando alla sue parole e al fatto che ora lui la stava riportando a casa dopo che avevano dormito insieme per l'ennesima volta. Lontani ma nello stesso letto.
Manuel invece non sapeva che fare, stava cominciando ad odiarla, più cercava di sfuggire da lei, più se la ritrovava tra le braccia  in un modo o nell'altro..ti avrei reso felice..quelle parole risuonavano cupe nella sua mente...ci apparteniamo!
-senti...grazie per avermi aiutata, non mi ricordo molto, ma ti devo un favore, quindi sarò pronta a ricambiare quando avrai bisogno!- cerava di essere ironica, ma voleva davvero ringraziarlo. Manuel nonostante tutto le era stato vicino in tanti momenti.
Giocava con un gancio della borsa tenendo gli occhi bassi, troppo codarda per incrociare il suo sguardo.
-non mi piace non sapere cos'ho combinato...-
Continuavano a non guardarsi.
-vedi di non ridurti più in quelle condizioni, non ho intenzione di tenerti ancora la testa mentre vomiti!- fu il suo laconico commento. Non si voltò nemmeno lui, ostinato a guardare lo specchietto.
-ciao- mormorò quindi impercettibilmente Alice aprendo la portiera.
Girò attorno all'auto con circospezione poi chiavi alla mano si avvicinò alla porta accanto al garage e scomparve senza voltarsi.
Ora doveva correre sotto la doccia prima che qualcuno potesse vederla.

Neanche a dirlo lunedì a scuola non si presentò proprio.
Si era alzato presto come sempre ma all'improvviso l'idea di rivedere Alice non lo allettava affatto. Dopo averla scaricata davanti a casa domenica mattina, aveva cercato di tenersi occupato con gli amici per tutto il pomeriggio, mentre la sera, conscio che si sarebbero adunati tutti al BM  era rimasto rintanato in casa a vedersi Trecento su Sky.
Quindi essere poi costretto ad incrociala a mensa non era esattamente nei suoi piani. Per questo arraffò qualche libro, l'i-pod, e le chiavi della moto prima di andarsi a rintanare da qualche pare. Da solo.
Si ritrovò senza neanche pensarci troppo davanti ad una delle sale studio dell'università, dove era ceto non avrebbe incontrato nessuno dei suoi amici. Il cellulare trillò un paio di volte all'arrivo dei messaggi di Jack e Sonia -che evidentemente aveva scoperto la sua fuga- ed elaborò velocemente una scusa per entrambi: al primo disse solo di essersi alzato tardi mentre alla seconda spiegò che aveva bisogno di libri per finire la tesina d'esame. Per tutta la mattina rimase chiuso là dentro, autoconvincendosi che era davvero là per finire la tesina, ma la sua testa era continuamente piena di pensieri che con avevano nulla a che fare con la "Critica alla ragion pura" di Kant. Alice Aroldi era il suo unico cruccio.
Le sue parole sull'amore e sull'appartenersi l'avevano toccato più di quanto non volesse ammettere, e si sarebbe fatto fustigare più che confessare che aveva passato le ultime due ore sulla stessa pagina del libro.
Per pranzo tornò a casa dove trovò un messaggio di Sonia sul frigo che lo minacciava di morte per aver trovato più di trenta mozziconi di sigaretta sparsi in tutta la casa. Era sempre stata fin troppo affezionata a lui: era lei a sgridarlo per il fumo e le nottate passate fuori, per i calzini sporchi lasciati in bagno e il disordine in camera. Lei che gli raccomandava di studiare di più matematica, lei che gli preparava le cotolette per cena quando prendeva un bel voto. Suo padre da un paio d'anni s'era fatto di nebbia, tornava a casa solo ogni due settimane per il weekend o addirittura per qualche giorno in più: in quelle rare occasioni s'informava solo del suo rendimento scolastico e del numero di assenze, a volte lo portava fuori a cena con qualche personalità del basket ma nulla di più.
E Manuel si era adattato a quella nuova versione della casa.
Raccattò qualcosa per pranzo e finì per mangiare sul divano davanti ai Simpson come faceva alle medie. Quando c'era ancora sua madre.
Poco dopo le tre Filo lo svegliò dalla pennichella con un messaggio: "hai preso 8 in fisica...il solito rottoinculo!!!"
E già pregustava il sapore della sua cotoletta alla milanese.

Martedì mattina purtroppo fu costretto da Sonia, che era entrata in camera già sul piede di guerra, ad andare a scuola alla seconda ora. Arrivò in classe giusto in tempo per sentire la penosa interrogazione d'inglese di Charlie passando inosservato alla prof.
Per le quattro ore successive non fece altro che ignorare i fratelli Zonin che cercavano il pelo nell'uovo nel racconto della sua fuga del giorno prima. Era Filo quello più dubbioso, sembrava convinto che avesse qualcosa da nascondere, mentre Jack che invece aveva colto nel segno lo scrutava senza dir nulla seguendone ogni respiro. Fu quasi un sollievo quando la prof di storia lo chiamò alla cattedra per interrogarlo sul processo di Norimberga.
Solo pochi minuti prima della campana Filo riuscì a stupirlo, se n'era stato zitto per quasi tutta la durata dell'esercitazione di fisica dell'ultima ora, glissando pure sul suo 8 in storia, poi all'improvviso l'aveva guardato di sottecchi e aveva mormorato nascosto dietro alle spalle di suo fratello: -non avrai mica ricominciato a vedere quel pirla di Cherubini???-
Manuel s'irrigidì all'istante, non ci voleva credere che il suo amico avesse avuto davvero il coraggio di pronunciare quella domanda!
Gli salì una rabbia violenta e bollente dallo stomaco che fece parecchia fatica a controllare, non rispose nemmeno perchè se avesse aperto bocca avrebbe finito col prenderlo a pugni, preferì fulminarlo solo con lo sguardo sperando che capisse che quel tasto non andava toccato.
-sta calmo!- si affrettò ad aggiungere l'altro: -è solo che ti ho visto strano e mi sono preoccupato...non guardarmi con quella faccia di pitbull incazzato!!-

A mensa la situazione si quietò, nessuno fece più domande inopportune sulla fuga e tutti ripresero i consueti ruoli: Filo sfotteva Charlie, il Vigna e Edo parlottavano a bassa voce di chitarre e concerti e il resto della scuola che tirava avanti nella mediocrità più assoluta.
Poi arrivò il suo momento di tortura personale...Alice entrò in mensa con la bionda al suo fianco, si mise in fila parlottando a bassa voce con l'amica presero un vassoio e l'una accanto all'altra attraversarono lo stanzone dirette ad un tavolo a pochi metri dal loro. E nemmeno per un misero istante lo guardò.
Manuel ne seguì ogni movimento, dalla camminata marziale e altezzosa che sfoderava quando si trovava al centro dell'attenzione, al gesto leggero con cui sistemò la gonna sotto le cosce. Ed era una maledetta bastarda, perchè lo faceva sentire bene.
La conosceva già da un paio d'anni quando all'inizio della quinta Jack gliela presentò ufficialmente. Era l'unica rossa della scuola, ma sebbene fosse discretamente carina, a lui le rosse non erano mai piaciute troppo. Eppure quel giorno qualcosa andò diversamente, quegli occhi blu così allegri e limpidi gli strapparono un sorriso e da quella volta divennero il suo cruccio.

Cominciò a guardarla ogni tanto a mensa giusto per distrarsi un po', all'epoca era ancora immischiato in giri troppo torbidi e non aveva nessuna voglia di uscire con Filo e i suoi amici. All'inizio era stato solo curioso di capire come una come lei potesse stare con un essere insignificante come Edoardo; Alice era bella intelligente, lo sapevano tutti e non c'era da stupirsi se in quel periodo anche Edo sfoggiasse una media ben superiore alle sue possibilità.
Non c'era malizia -in principio- poi col passare del tempo l'aveva trovata inconsciamente sensuale. Ma non nel modo in cui si sarebbe aspettato.
Dopo erano subentrati altri pensieri: pian piano si era accorto di quanto fosse carina con i capelli raccolti e di quanto le sue maschere da gran donna adulta fossero false. Camminava sempre con la schiena tesa, la pancia contratta e le spalle dritte come un colonnello dell'esercito, ma non aveva capito nulla. Era molto, molto meglio quand'era se stessa, quando ciondolava in giardino con la sigaretta tra le labbra, stretta in quel suo cappottino blu che la faceva ancora più magra. O quando si spostava una ciocca di capelli indietro. O quando imbarazzata finiva sempre per grattarsi l'interno del gomito sinistro.
Poi, per caso, ci era finito a letto e le cose erano cambiate tutto a un tratto in una sera.
Aveva scoperto che senza vestiti era ancora più bella e che quando rideva vicino al suo orecchio gli faceva venire i brividi dietro al collo.
In un primo momento si era pure illuso di poterla gestire, sopratutto quando si era finalmente liberata di Edoardo. Invece tutto era precipitato. Grazie a lui.
A volte passava interi minuti a guardarla da lontano, a mensa o in palestra, ripetendosi i motivi per cui era meglio che le cose rimanessero com'erano, una sorta di rito punitivo che si autoimponeva per scacciare i rimpianti.
La sua libertà era sempre il primo a venirgli in mente, ma anche il più labile perchè ci avrebbe rinunciato volentieri pur di riaverla almeno una volta.
Il secondo erano valanghe di complicazioni che Alice avrebbe portato con se: li aveva visti bene negli anni prima Jack e poi il Vigna, segregati e schiavizzati dall'amore...telefonate interminabili, serate sprecate in cenette romantiche e un continuo di compromessi e rinunce che facevano seriamente a pugni col suo carattere tremendo. Ricordava bene quella sera che aveva provato a giocare con Alice al fidanzato perbene, l'aveva portata a bere in un pub del centro e non era stato affatto male. Era alquanto evidente che lei fosse diversa e che non lo avrebbe mai costretto a fare una qualunque di quelle stronzate da fiori e cioccolatini. Purtroppo per lui era ben lungi dall'essere una noiosa palla-al-piede facendo cadere così una delle sue argomentazioni.
Infine c'era il motivo più importante, quello che ancora lo teneva aggrappato al suo rimpianto: il passato.
Stare con lei avrebbe significato inevitabilmente darle tutte le risposte che aveva sempre cercato di strappargli. E Manuel non ne aveva alcuna intenzione, avrebbe dovuto mettersi a nudo ed esporsi al suo giudizio. Conosceva bene Alice e sapeva che con molte probabilità non gli avrebbe mai perdonato certe scelte. E questo significava perderla.
Non poteva, proprio non poteva.
Ripensò ancora una volta alle sue parole mentre la guardava lasciare il tavolo con la sigaretta già in mano: "ti avrei reso felice..." perchè era certo che lei l'avrebbe fatto se solo lui gliene avesse data la possibilità.
Ma c'erano cose nel secondo cassetto del suo armadio che non era ancora pronto ad affrontare.
-ohi Manu?!!!- Filo lo scosse con una spallata riportandolo alla cruda realtà....quella senza Alice.
-a chi stavi guardando il culo maledetto porco?- lo canzonò seguendo la scia del suo sguardo.
A quel punto reagì d'istinto, lo prese per la collottola riportandolo al suo posto con uno spintone: -non sono affari tuoi coglione!-
-e non t'incazzare! senti piuttosto: stasera? pockerino da te?-
Manuel si voltò di nuovo fingendo di non aver sentito Filo, ma Alice era già scomparsa tra la ressa.
-no! non posso...-
Seguirono una serie di lamentele più o meno serie ma nessuna arrivò al suo orecchio, era troppo occupato a convincersi che non valesse la pena rischiare solo per una rossa.


A metà della penultima settimana prima della fine dell'anno le Stimate si riempirono di volantini neri e argento, due grossi poster davano bella mostra sulle macchinette, mentre altri comparvero nelle aule e sui tavoli della mensa. Laura sapeva di cosa si trattasse ancora prima di averli tra le mani.
La prima ora del mercoledì ne strappò uno dalla porta del bagno delle ragazze e se lo portò in classe tutta gongolante, non vedeva l'ora di farlo vedere alle altre due. Per sua sfortuna le trovò entrambe impegnate alla cattedra al suo rientro, si era scordata che le avrebbero interrogate in arte proprio quel giorno.
Così si ritrovò a studiare da sola il volantino.
Da un paio d'anni il BM organizzava subito dopo la fine della scuola la "festa dei diplomandi" in attesa dell'esame, e quel banale foglietto ne era l'annuncio: esattamente il venerdì prima dell'ultimo giorno, le prevendite costavano 10 euro e la brillante scritta argentata nell'angolo avrebbe fatto impazzire Alice, lei adorava il free drink!!
Attese febbrilmente la fine dell'ora e il responso delle prof sull'interrogazione, e quando vide la rossa e la mora tornare al banco raggianti seppe che la media era salda ancora una volta!
-otto e mezzo tutte e due!!- trillò Chiara coinvolgendola in un abbraccio al limite dello stritolamento mentre Alice riponeva con cura i libri e sorrideva tra se.
-bene, ora ho io una bella notizia per voi...- esclamò appena fu libera dalle braccia dell'altra: -tadan! sono uscite le prevendite per la festa di fine anno, ma sono in edizione limitata e noi dobbiamo subito accaparracene tre!-
Alice le strappò subito di mano il volantino e scorse febbrilmente tutte le parole fino ad arrivare alla parte che le interessava, per poi affondare sconsolata nella sedia: -non è possibile...-
-che c'è?-
-guarda chi vende le prevendite- brontolò passando il foglio alle due che la guardavano allibite
In fondo nell'angolo un numero di cellulare e un nome erano scritti in stampatello, ed il nome era inequivocabile: MANUEL.
-eh qual'è il problema? ci parlo io no!?! tu devi solo sganciare 10 euro al resto penserà la sottoscritta!-
Detta così sembrava alquanto tranquillizzante ma Alice non credeva più in nulla se non nella sua cattiva sorte, sapeva che quel nome avrebbe potato a qualcosa di strano.
Alla ricreazione la fila alle macchinette era interminabile e tutta la scuola brulicava di eccitazione per quei volantini, non si parlava d'altro e sopratutto le ragazze sprizzavano euforia per aver ottenuto il numero di Manuel Bressan così facilmente.

-prendiamo questo caffè e andiamo a fumare prima che mi venga un esaurimento nervoso!!- brontolò Alice stordita dall'ennesimo gridolino eccitato da parte di una ragazzina tutta emo e piena di piercing al passaggio di Manuel dall'altro lato del corridoio.
In cortile occuparono il solito angolo sulle scale che veniva inconsapevolmente riservato per loro, i ragazzi chiacchieravano a qualche metro ma lui non era nel gruppo.
-ancora quattro giorni e saluteremo questo posto...- commentò Laura spaparanzata al sole per risucchiare ogni raggio disponibile.
-per fortuna!- le rispose Alice sensualmente accomodata sulle scale con le gambe stese in bella vista. Farsi ammirare era ancora uno dei suoi passatempi preferiti in fondo.
Scrollò la cenere a terra con un gesto meccanico delle dita e sbuffò fuori tutto il veleno che le invadeva i polmoni. Dolce maledetta nicotina.
Uno sguardo veloce al cortile e si rese conto che in cinque anni poco era cambiato: Cherubini spadroneggiava ancora come fosse l'unico spacciatore della zona e si attorniava ancora di belle e stupide ragazzine e figli di papà altolocati senza nulla da perdere.
Era così da un paio d'anni, tutti sapevano che Cheru spacciasse coca, pasticche e robaccia varia dentro e fuori dalla scuola. Ma l'omertà è il peccato preferito dagli adolescenti (e non solo), la filosofia del non vedo-non sento-non parlo andava molto di moda alle Stimate e portava con se parecchie conseguenze.
Cherubini Andrea era figlio di un noto avvocato del foro milanese e per questo intoccabile, e le voci che giravano su di lui erano tutte indiscutibilmente vere, l'anno prima Manuel si era fatto vedere spesso con quella compagnia di gente e la maggior parte della scuola aveva cominciato a parlare del bello e drogato Bressan sempre peggio.
Alice non ci aveva mai visto chiaro in quella faccenda, sapeva solo che lui e Cheru non si parlavano praticamente più al di fuori del BM.
Per questo quando vide il trio mal assortito spuntare dall'entrata principale e appartarsi in un angolo si drizzò tutta attenta.
Manuel si guardava intorno con il volto tirato e la fronte corrugata, mentre Cherubini camminava tutto tronfio del suo metro e sessanta scarso come se fosse un imperatore romano nell'arena. L'unica donna del gruppo li seguiva pedissequamente sculettando a più non posso, Alice la odiava per inerzia ormai. Clarissa non era mai stata una mente brillante, aveva un anno meno di loro e si era atteggiata da regina della scuola fin dal biennio. I quarta quando Alice cominciò a spopolare tra i ragazzi si tinse anche lei i capelli di un rosso fuoco tutto fuorchè naturale.
La sfida a distanza tra le due si combatteva a colpi di manicure perfette e scarpe all'ultima moda. Clarissa era sempre stata accanto a Cherubini fin da quando Alice riuscisse a ricordare sebbene non fosse ben chiaro se fossero una coppia o solo un mini-bulletto con la sua gallinella.
Osservò la scena strizzando gli occhi per metter bene a fuoco l'altro lato del cortile, la ragazza si avvicinò a Manuel schioccandogli un bacio sulla guancia senza che lui facesse un passo. In realtà lo scambio non durò che qualche minuto, Cheru fu l'unico a parlare, l'altro annuiva e basta poi improvvisamente sfilò dalla tasca dei pantaloni una o più (Alice era troppo lontana per capirlo) banconote da cinquanta euro e le passò nella mano già allungata dell'altro.
Si guardò intorno sbalordita, nessuno aveva notato nulla, nemmeno gli amici di Manu che sedevano sulle scale vicini al lei parevano aver visto la scena. Ritornò attenta a quell'angolo di cortile giusto in tempo per vedere Clarissa strusciarsi un po' contro il fianco dell'oggetto della sua attenzione, e lui allontanarla con disinvoltura, salutare Cheru e allontanarsi.
E guardare Manuel attraversare il giardino era davvero uno spettacolo che meritava tutta la sua attenzione: con la sua solita aria trasandata e sexy, senza giacca con le maniche arrotolate e la cravatta lenta fece sobbalzare non pochi cuori innocenti. Inconsapevole -forse- dell'effetto che aveva sul mondo femminile della scuola si passò una mano tra i capelli tirandoli tutti indietro, aveva un'espressione sollevata che strappò un sorriso ad Alice.
Un paio di ragazze si lasciarono scappare un gridolino compiaciuto quando si accorsero di lui. In fondo era semplicemente perfetto.
Come se seguisse un copione prestabilito le passò accanto ignorandola, si fermò in piedi accanto a Filo che lo aspettava sorridente: -fatto?- gli chiese
Lui annuì come se niente fosse e fece scivolare in bocca la sigaretta che il Vigna gli allungò. Alice non vedeva l'ora di vederci chiaro in tutta quella faccenda.

L'ultima settimana di maggio volò via e Alice nemmeno se se accorse, i suoi erano partiti e aveva la casa tutta per se, passava le giornate a studiare perchè quel cento lo voleva davvero, e ogni sera andava a letto sempre più tardi impegnata com'era sui libri.
E fu proprio a causa dello studio che il sabato prima del ponte della festa della Repubblica arrivò troppo tardi per la prima ora.
La bicicletta non l'aveva presa quella mattina, troppa fatica pedalare dopo una notte quasi insonne

Arrivò alla porta a vetri dell'ingresso della scuola con venti minuti di ritardo consapevole che non l'avrebbero fatta entrare. Provò ad implorare la bidella ma alla fine si arrese ad aspettare la prima campanella seduta sullo scalone di marmo.
L'esame la stava angosciando ogni minuto di più, non riusciva a far altro che studiare e così si era ritrovata sveglia nel cuore della notte a ripassare l'avvento del nazionalsocialismo in Germania -decisamente non il suo argomento preferito-. Si accasciò sui gradini freddi senza forze: aveva bisogno di un caffè ma nemmeno una moneta. Appoggiò la schiena al muro e chiuse gli occhi sconsolata, forse sarebbe riuscita a schiacciare almeno un pisolino di mezz'ora prima di entrare in classe.
Poi una voce. Profonda e sexy.
L'unica che non avrebbe mai voluto sentire.
-non ci credo Aroldi..tu che arrivi in ritardo!-
Aprì leggermente gli occhi e l'inconfondibile figura di Manuel Bressan si stagliò al suo orizzonte. Bello e maledetto se ne stava appoggiato con un gomito al corrimano e le guardava le gambe senza pudore. Perchè non si era messa le calze, stupida cretina??
-sssh...cosa urli? non vedi che sto dormendo in piedi!! lasciami un po' in pace!!- non aveva davvero voglia di mettersi a discutere con lui, non a quell'ora e con così poca caffeina in corpo.
Incredibilmente lui non rispose, si staccò solo dello scalone diretto all'altro lato del corridoio.
Sentì i suoi passi muoversi sul marmo avanti e indietro, la porta aprirsi e richiudersi ancora una volta, poi più nulla, solo il silenzio di un corridoio vuoto. E la stanchezza la vinse. Chiuse gli occhi sperando di dormire per quei miseri minuti che le erano rimasti.
Nel torpore un colpo sulla spalla la svegliò bruscamente, aprì gli occhi di scatto spaesata per rendersi poi conto di essere sui gradini della scuola.
-sveglia bella addormentata!-
Quel tono ritornò ad importunarla per l'ennesima e Alice si ritrovò a fulminare il ragazzo chinato davanti a lei con la solita aria strafottente cucita sul volto.
-prendi.- le intimò perentorio allungando un braccio per dondolarle davanti un bicchierino bianco fumante.
Quell'odore mutò del tutto la sua reazione.
-gr..grazie..- 
Cominciò a mescolare la bevanda calda con il bastoncino trasparente tenendo gli occhi fissi sul liquido scuro, e lo ingurgitò in due sorsi, avida di caffeina. Manuel la guardava ancora chinato.
-cos'hai fatto stanotte per ridurti così?-
-studiato- rispose semplicemente con gli occhi bassi strappandogli un ghigno di compatimento.
E lui perchè era arrivato in ritardo? Ci pensò varie volte ma non trovò il coraggio di chiederglielo.
-oh ho qualcosa per te!!- esclamò improvvisamente Alice posando il bicchiere sul gradino per agguantare la borsa. Ci volle un po' ma riuscì a sfilare il sacchetto di carta dalla tracolla dell'Eastpack e passarlo al ragazzo che la guardava stranito: -i tuoi vestiti..- mormorò come spiegazione.
Manuel spiò il contenuto del sacchetto poi si alzò e lo ficcò nella sua borsa senza alcun riguardo.
-li hai lavati almeno?-
-certo! per chi mi hai preso scusa? li ho pure stirati.- brontolò offesa incrociando le braccia
La scrutò un secondo poi con un sopracciglio alzato la interrogò divertito: -tu?-
-ma guarda tu se mi devo mettere a discutere con te delle mie capacità di casalinga!?! parli tu poi che non sai nemmeno dove sia la lavatrice in casa tua..- lo canzonò ridendo Alice, contagiandolo con la sua allegria.
-ti devo ricordare cos'hai fatto con me su quella lavatrice...Alice Aroldi?-
E solo il tono con cui pronunciò il suo tono la fece arrossire fino alla punta dei capelli mentre Manuel si sedeva accanto a lei sulla scala, giusto per continuare a darle un po' fastidio.
Non ci poteva credere Alice che erano ancora capaci di chiacchierare semplicemente come due amici, come facevano una volta -tra una scopata e l'altra-. Fu così strano al suono della campana vederlo alzarsi e allungarle una mano per aiutarla, che quando si separarono senza nemmeno un saluto ci rimase quasi male. Proprio ora che si era abituata a non averlo più tra i piedi.

Passò l'intero pomeriggio in biblioteca a studiare e poi dall'estetista -questa volta sul serio-, cercò di non pensare a Manuel e alle sue stranezze, un giorno la insultava e la ignorava il giorno dopo le portava il caffè e chiacchieravano tranquilli sulle scale della scuola. Stava cominciando a pensare di aver perso qualche dettaglio significativo per completare il puzzle della sua mente.
Sulla strada verso casa si ritrovò a pensare che forse tutti quei segreti fossero dovuti ad una personalità bipolare che le aveva nascosto!!!
Aveva ancora la divisa addosso mentre saliva sull'autobus che l'avrebbe scaricata e pochi metri da casa sua, stava seduta guardando fuori dal finestrino quando il cellulare vibrò sulla sua coscia nella tasca della gonna.
-un messaggio?- mormorò con un filo di voce assorta nella solitudine tra lei e l'ipod.
"Edo ha chiamato Jack oggi pomeriggio e gli ha fatto una sacco di domande sue te e M. perchè dice di avervi visti parlare stamattina! ma non avevate smesso di vedervi? cmq sta attenta..sembrava parecchio incaz! baci"
-oh cazzo!- urlò a mezzo autobus, molti passeggeri si voltarono verso di lei che imbarazzata sorrise e arrossì. Ringraziò il cielo che Jack fosse così ingenuo e Chiara così leale: Edo era una belva quando ci si metteva e quella sembrava proprio la situazione che l'avrebbe fatto incazzare parecchio.
Si passò una mano sulla frangia spettinandola tutta. Era davvero un bel casino!














Spazio Autrice:

non ci sono scuse per il ritardo

perdono perdono perdono




Ringraziate la mia beta 'bambolotta', senza di lei non sareste lì davanti allo schermo a leggere questo capitolo.
E' la pazienza fatta donna!!
(mi ha pure impedito di cambiare il titolo che io ormai odio)



Risposte alle recensioni:

Annalisa70: come vedi il ritardo è ormai una costante della mia vita!!! non è che mi scordo di voi. anzi siete il mio incubo...in senso buono...è che ho troppo TROPPI impegni!
Amo90: presto...che parola strana, può voler dire molte cose!
Per sempre noi: carissime! benritrovate! ammetto che ho passato un periodo d'inferno, tra la sessione d'esami (che però è andata benissimo) la settimana bianca col mio moroso e gli esami extra sessione mi sono davvero impiccata con le mie mani...cercherò di rimediare: i promise! Manuel qui è la contraddizione fatta a persona, come tutti gli uomini del resto, ma in fondo che lo dice che bisogna essere per forza coerenti sempre??
Pink princess: certo che la continuo! eccomi qui infatti! solo che con me ci vuole pazienza..abbi pietà, però è sempre bello avere nuove lettrici!!!
Sophief88: no ti prego continua con le mail...tartassami tutte le volte vuoi!! ti autorizzo ufficialmente a disturbarmi ad ogni ora del giorno e della notte, ho bisogno di qualcuno che mi sproni altrimenti non combino nulla! Spero che questo cap ti piaccia come quello precedente!! baciiiii
Bambolotta: ti devo pure rispondere??


Ho rinunciato a dire a presto: facciamo così
..se tutto va bene ci vediamo prima del 26 aprile..





1000 baci. Vale.
















































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Capitolo 11
*** 11 ***


12




11









Lunedì. L'inizio della settimana, da lì cominciava la discesa verso il weekend.
Solita mattinata boriosa in classe, Alice odiava le ore di filosofia tanto quanto quelle di storia o letteratura, erano inutili e incomprensibili per lei. Era sempre stata una mente matematica, razionale e calcolatrice, un computer capace di sviluppare calcoli complicatissimi senza sforzo e brillanti idee ingegneristiche. 
Seppur supportata da notevoli doti innate Alice era particolarmente refrattaria alle lezioni, si sentiva claustrofobica in quelle aule insulse, per lei l'intervallo era sempre troppo breve.
La ricreazione era il suo personalissimo momento di disconnessione con le materie  e i libri da studiare, non voleva mai sentirne parlare neanche a mensa. Nessuno poteva ostacolare il suo rituale perfetto: 1) fuga veloce dall'aula, 2) caffè lungo alla macchinetta, 3) corsa in cortile per la sigaretta delle 11 e infine 4) salutare spettegolezzamento con le compagne.
Adorava la sua routine.
Stava fumando la sua Marlboro con pacato divertimento davanti al rocambolesco racconto della giornata di shopping di Charlie, quando Edo le si parò davanti con un'espressione seria e rabbiosa.
Era stato suo compagno di classe fin dalle scuole medie e la loro amicizia era sfociata in una cotta colossale in terza superiore, prima da parte di lei poi da parte di lui, quindi conosceva a memoria tutte le sue espressioni facciali.
Da quando lei l'aveva lasciato non avevano più parlato. Edo aveva cambiato banco allontanandosi il più possibile da lei, in gruppo si faceva vedere sempre meno, e quelle poche volte si ignoravano l'un l'altra.
All'inizio non credeva che sarebbe stata capace di stare senza di lui. Dopo tutto il tempo che avevano passato assieme tornare a casa da sola le faceva strano ma da molti mesi ormai faceva fatica a sopportare persino la sua presenza., lo considerava vuoto, inutile. Era rimasto il ragazzino ridanciano che era alle medie, mentre lei no.
-Hai una storia con Manu?-
Se ne uscì così. Davanti alle sue amiche e a qualche ignaro ascoltatore.
Il colpo fu talmente improvviso che nessuna delle tre riuscì a trattenere la smorfia spaesata e scandalizzata che era apparsa sui loro volti. Ma Alice sapeva che quella era una prova cruciale e che se non avesse mantenuto la calma si sarebbe fottuta da sola.
-Mpf!-sbottò soffiando fuori il fumo per mascherare la tensione. Trasformare il suo sbigottimento in una sorpresa divertita era la miglior strategia per salvare le apparenze: -Ti sembra lontanamente plausibile? devi essere rincretinito...- lo incalzò ridendo.
-Vi ho visti parlare sabato mattina!!!-
Edo era chiaramente sul punto di perdere la pazienza.
-Si siamo arrivati tutti e due in ritardo e ci siamo beccati nell'atrio...è un crimine?-
Paolo e Jack si avvicinarono incuriositi e anche Manuel e il suo gruppetto vennero attirati dai toni eccessivi di Edo. Nonostante tutto Alice si mantenne calma, Edo stava dando spettacolo e se si fosse lasciata irretire dai suoi giochini tutta la scuola avrebbe saputo.
-Hai parlato con lui e ti ha offerto un caffè! VI HO VISTI!- imprecò sempre più forte
-E' vero, mi sono fatta offrire il caffè perchè non avevo monete...Edo scusa, ma che fai? mi spii?-
Fu la stoccata giusta: partì qualche risatina e il silenzio che si era creato venne spezzato da un brusio divertito. Edo perse il controllo.
-Rispondi! Non mi hai ancora risposto...hai o no una storia col Bressan!?- continuò ignorando le risatine alle sue spalle con l'indice accusatore puntato verso di lei.
Lo sguardo di tutti era puntato su di lei, persino Manuel attendeva fremente la risposta a quella domanda, per la prima volta il cortile era completamente immerso nel silenzio. E così la sua voce risuonò forte e chiara nelle orecchie di tutti.
-No.-
Subito Edo si lanciò in un'assurda replica ma le sue parole vennero stroncate sul nascere da una terza voce estranea alla disputa.
-Che problema hai Edo?-
Di nuovo piombò il silenzio.
Manuel non mosse un muscolo, ne si fece avanti, rimase seduto esattamente dov'era prima con le dita incrociate sotto al mento. La sua teatrale entrata in scena stupì persino Alice. Tutti a scuola lo conoscevano, e con lui la sua fama di rissaiolo. Più di una volta l'anno prima si era fatto vedere con un labbro spaccato o qualche livido in faccia. E faceva paura. Con quel suo carattere schivo e affatto socievole, sempre circondato da amici alti almeno un metro e ottanta e con bicipiti grossi come lattine di birra.
-Ti ho visto con lei! Nell'atrio l'altra mattina...te la fai con Alice per caso?- sbraitò Edo faccia a faccia con l'avversario che nemmeno sapeva di avere. Era stato strafottente apposta per provocarlo e fargli ammettere la verità colpendolo sull'orgoglio.
Ma la reazione non fu proprio quella sperata.
Un sorrisetto di scherzo si fece spazio pian piano sulle labbra di Manuel, Filo a pochi passi da loro scoppiò proprio a ridere nel silenzio e subito alcuni lo seguirono.
Alice quasi si offese: facevano così ridere come coppia?
-..Non credo che sia affar tuo con chi me la faccio io!- quella era una minaccia bella buona nonostante Manuel avesse ancora un sorrisetto stampato sulle labbra lo sguardo che lanciò a Edo fu assolutamente inequivocabile. Ma forse solo in pochi se ne accorsero.
-..E poi...nella casa al lago non ho il pollaio, non saprei che farmene dell'Aroldi!-
Alice che aveva seguito la scena con finto disinteresse, si alzò in piedi di scatto gettando lontana la sigaretta ancora a metà.
-Che. cazzo. hai. detto?- scandì bene le parole del suo urlo cavernoso.
Il conflitto stava cambiando ancora i protagonisti, intanto buona parte dei presenti rideva compiaciuta e Edo se n'era andato con la coda tra le gambe.
-Ripeti se hai il coraggio..razza di bastardo!- urlò a un metro dalla sua faccia.
Il trillo della campana rimbombò tra le mura del cortile. Salvato per un pelo.
Come se niente fosse successo Manuel ritirò il sorriso e senza degnarla di uno sguardo si alzò pronto a tornare in aula. Tutta la scuola si mosse all'unisono e la lite si disperse tra la folla così come le parole gridate al vento di Alice.
-Come osi...vai a divertirti con le tue amichette dodicenni e non scocciare me! Brutto figlio di....- l'insulto le morì in gola.
Come aveva potuto essere così idiota? Dov'era finito il suo buon senso e quel filtro che doveva stare tra il cervello e le corde vocali?
Lui era là.
Fermo sull'ultimo gradino con un piede sospeso nel vuoto.
Aveva sentito.
Si voltò piano, come un personaggio dei film di Hitcock, e i suoi occhi non avevano colore.

Cazzo Cazzo Cazzo..
Non riusciva a pensare ad altro.
Non poteva dimenticare il rancore che aveva visto in lui.
Né il senso di colpa che era arrivato dopo.
Aveva fatto una cazzata davvero grossa. Presa dalla rabbia non aveva pensato affatto alle conseguenze di ciò che avrebbe detto, ed ora lui aveva tutte le ragioni per odiarla.
Se c'era una cosa che era sicura di aver capito di Manuel era il dolore che ancora lo accompagnava per la perdita della madre. Quella donna doveva averlo amato moltissimo per lasciare dietro se una scia di quella portata; un po' la invidiava, nonostante non potesse più goderne, il cuore di Manuel le apparteneva. Tentò e ritentò di trovare il modo per scusarsi.
Si sentì così in colpa solo per aver pensato quell'insulto che non era nemmeno uscito del tutto dalla sua bocca che lo stomaco si chiuse al punto di farla venire la nausea!
A mensa evitò il suo sguardo nonostante le altre avessero insistito per sedersi con i ragazzi, si mise in un angolo a consumare il suo piatto in silenzio mesta mesta. Se fosse stata a conoscenza di un modo certo per scomparire di sicuro in quel momento l'avrebbe usato. Tenne le orecchie ben aperte per tutto in pranzo per cogliere anche il più sottile accenno di rancore nella voce, nemmeno lui sembrava in vena di parlare: intervenne nelle conversazioni solo quando altri lo interpellarono, non si scompose davanti al putiferio che scatenò il Vigna ribaltando la coca su tutto il tavolo ne si affrettò ad aiutare ad asciugare. Pareva inerme, soggiogato da pensieri troppo pesanti per prestare attenzione a ciò che avveniva fuori dalla sua testa.
-Oh venerdì tenetevi tutti liberi: i nostri non ci sono e possiamo vederci la finale di scudetto tutti insieme!- l'annuncio di Filo scatenò un coro d'approvazione da parte dei ragazzi, mentre Laura e Chiara si scambiarono uno sguardo sofferente.
Alice si perse il resto delle conversazioni troppo presa da una soltanto.
-Manu vedi di non tirare il pacco! Tuo padre è a casa questo weekend?-
-Si ha già i biglietti ma ci va con un suo amico, poi resta fino a martedì...sarà un ponte di merda!- brontolò Manuel a bassa voce in modo che solo Filo sentisse
-Bhè se te la vedi brutta puoi stare a dormire da noi, sabato ci sei alla cena?-
Alice tese ancora di più l'orecchio mentre la sua mente si riempiva di una sola domanda: quale cena?
-Penso di si, dopo devo vedermi con Cheru...-
Alice sbiancò: cosa doveva fare ancora con Cherubini?
Filo sembrò molto sollevato dalla cosa e si sbilanciò indietro con le braccia aperte e la schiena distesa: -Aaah quindi finalmente è arrivato quel maledetto bonifico! ancora un po' e facevamo prima ad andarceli a prendere di persona quei soldi: con questi hai finito no?-
Manuel annuì.
Le parole di Filo aprirono altri milioni di punti interrogativi irrisolti nella sua mente, perlomeno ora era certa di una cosa: i sospetti che aveva ipotizzato pochi giorni prima quando l'aveva visto in cortile erano fondati, c'era qualcosa tra Manuel e Andrea Cherubini che le aveva nascosto e che doveva assolutamente scoprire!!
Pioveva quando suonò l'ultima campanella di quel lunedì da leoni, pioveva davvero a dirotto. E Alice chiaramente non aveva con se l'ombrello.
Salutò gli amici e le amiche con un sorriso tanto tirato quanto falso e rifiutò cortesemente tutte le offerte di passaggi in auto che le avevano proposto. Maltempo o no, voleva starsene sola e anche gli altri se ne accorsero.
Gli ultimi a salutarla furono Charlie e Laura  che stretti sotto l'ombrello della ragazza si diressero al parcheggio correndo.
Lasciò la bicicletta nelle rastrelliere del cortile e si diresse verso la fermata dell'autobus, con la musica sparata al massimo nelle orecchie. Il viaggio fu relativamente breve, aveva solo poche fermate da superare, ma sull'autobus la guardavano tutti, bagnata com'era i suoi vestiti già particolarmente striminziti lasciavano poco all'immaginazione. E questo non contribuì affatto a migliorare il suo umore.
Sul marciapiede attese un momento prima di proseguire il percorso verso casa.
Alzò lo sguardo e incrociò la sua immagine riflessa nella vetrina di un negozio di scarpe poco distante da casa.
Era orribile.
I capelli e i vestiti fradici, la borsa a tracolla le schiacciava la camicia bagnata sul corpo appiccicandola alla pelle, i piedi nelle ballerine erano anch'essi allagati e ad ogni passo producevano un rumore di sciacquettio fastidioso. La faccia stanca e avvilita era esattamente lo specchio della giornata che aveva affrontato.
In quelle condizioni spaventose si avviò verso casa desiderosa solo di un bel bagno caldo e una bella dormita, alle indagini su Manuel avrebbe pensato il giorno dopo.

-Non ho intenzione di discutere con te della cosa....quindi gira a largo!-
Il tentativo sarebbe stato buono se almeno ci avesse messo un po' di convinzione in quella assai poco velata minaccia.
-Ma finiscila!- fu infatti l'annoiata risposta che ricevette.
Manuel non aveva nemmeno fatto in tempo a chiudersi la porta di casa alle spalle dopo essere rientrato da scuola che subito il trillo del campanello aveva interrotto la sua quiete. Era Jack. Ed il motivo per cui era là non era nemmeno da chiedere.
L'ospite si gettò a peso morto sul letto ignorando le proteste e le occhiatacce del padrone di casa: -Su su racconta a papino: cos'avete combinato stavolta?!-
-Non sono affari tuoi!- ringhiò l'altro chiudendo l'anta dell'armadio con eccessiva convinzione.
In effetti lo spettacolino a cui aveva assistito la mattina a ricreazione non era affar suo, ne gliene sarebbe importato nulla se i diretti interessati non fossero stati il suo migliore amico e la sua migliore amica (segretamente amanti da quasi quattro mesi) e l'ex fidanzato di lei, ingenuamente geloso di una relazione di cui aveva scorto per caso solo la punta dell'iceberg!!
Manuel sbuffò brontolò e masticò pure un paio di insulti verso Jack. Ma alla fine cedette.
-NIENTE! Non è successo assolutamente niente! E' solo che è sempre tra i piedi e non fa che provocarmi..poi se ne esce con certe cazzate che mi fanno venir voglia di urlarle addosso che non ha capito un cazzo di nulla nella sua cazzutissima vita!- sfogò la sua ira sullo stipite della porta del bagno, che, innocente, incassò il calcio senza poter replicare: -Mi ha detto 'figlio di puttana'!! Lei capisci? Proprio lei che sa che è morta!-
Forse era scemo. Forse ingenuo. Ma secondo lui i problemi erano ben altri per quei due.
-Se ci tieni diglielo, e magari affrontala una buona volta! Le dici tutto e basta.- il gesto stizzito di Manuel gli fece capire però che non ne aveva alcuna intenzione: -Perchè no? Così magari la finite di rincorrervi e di insultarvi l'un l'altra... se fossi in te più che rimanere a rodermi e a pensare a come sarebbero potute andare le cose, preferirei rischiare e vedere che succede..-
E fu silenzio.
Magari Jack aveva ragione. O magari no.
In effetti la scelta era tutta lì: continuare a non fare nulla e lasciare le cose così com'erano, o rischiare e in un modo o nell'altro passare oltre.
-Non è così semplice...-
Eh si..c'era sempre quella roba che nascondeva nel cassetto dell'armadio da considerare. Il passato e la verità.
-Sei tu che complichi le cose solo perchè sei un cagasotto!-
-'Fanculo!-
L'insulto non sortì l'effetto sperato perchè strappò a Jack solo una risatina.
Afferrò un paio di pantaloncini sintetici lunghi fino al ginocchio lì studiò un attimo poi rabbiosamente ci infilò una gamba per volta rischiando di stracciarli.
-Cagasotto...- mormorò di nuovo l'ospite ancora sdraiato sul letto. Giocare a fare la voce della coscienza di Manuel era davvero uno spasso per lui!
Prese le dunk da sotto al letto e infilò anche quelle allo stesso modo.
Ancora a torso nudo decise che lui era Jack, il suo migliore amico, quello che gli aveva praticamente salvato la vita, e che era lì per aiutarlo -la scusa di fare due tiri a canestro era ormai scontata-, quindi prima di infilare la scarpa destra si drizzò e gli riversò addosso tutta la sua rabbia.
Un bel respiro e prese il coraggio a due mani: -Sai l'altra sera, dopo la festa alle Colombare? Ha dormito qui...nel mio letto!! E sai che mi ha detto? Era un po' brilla, non so quanto ricordi, però mi si è attaccata addosso e ha detto: "io ti avrei reso felice!", non ci volevo credere! Dopo tutto quello che è successo? Dopo che l'ho usata, poi piantata e presa in giro, era ancora disposta a rendermi felice. Eppure è così, io sono certo che con lei starei bene. Ma non posso! Tu lo sai. Cosa credi che direbbe se le dicessi di Cheru e di tutto quello che ho combinato? Bhè te lo dico io: le farei schifo!-
L'aveva detto davvero?
Ed eccola lì tutta la sua verità spiattellata su un piatto d'argento.
Jack non mollò un minuto il suo sguardo e finì per incazzarsi più di Manuel: stava insultando l'intelligenza di Alice, non era così stupida e superficiale da giudicare ogni suo errore.
-Io mi chiedo che cazzo sto qui a fare?! Non lo vedi? Forse per la prima volta nella tua vita ti stai chiedendo cosa penserebbe qualcun'altro di te, non credi che questo significhi qualcosa?-
Manuel non rispose, rimase lì a guardarlo senza niente da dire.
Questo lato della situazione non l'aveva mai preso in considerazione.
-Che direbbe secondo te Filo se sapesse di tutta questa storia?-
Sghignazzarono entrambi immaginando la faccia di Filo davanti alla notizia, forse un giorno Manuel gli avrebbe detto tutto pur di vedere quella faccia!
-Primo che sono un coglione perchè è la donna più figa del mondo e io me la lascio scappare, secondo che sono uno sfigato cagasotto perchè non le ho detto niente e terzo che sono un finocchio perchè Alice è Alice..e ha il culo più bello di tutta Verona!- bofonchiò un po' in imbarazzo mentre infilava l'altra scarpa e la maglietta.
-E tu ancora ci devi pensare?-



La mensa le faceva schifo come ogni altro santissimo giorno, così si concesse solo un piatto di verdure, le altre pietanze avevano un aspetto raccapricciante. Dal giorno prima aveva evitato l'argomento Manuel con tutti e persino con se stessa. Aveva passato la serata a guardare scarpe on-line e a fingere di ripassare filosofia. I suoi sarebbero tornati solo dopo il ponte e cominciava a sentirsi un po' sola a casa.
Tutti i tavoli piccoli erano occupati quindi si accontentarono di occupare un angolo di uno di quelli più lunghi, ognuna sedette con un libro aperto accanto al vassoio e ripassavano in religioso silenzio.
Vennero raggiunte quasi subito da un gruppetto di quattro ragazze del secondo anno che chiesero gentilmente se potevano sedersi. Erano così eccitate non gli sembrava vero di sedersi con tre delle ragazze più conosciute della scuola.
Nessuna delle tre prestò particolare attenzione ai discorsi provenienti dall'altro lato del tavolo finchè un nome conosciuto non giunse alle orecchie di Alice.
-Oooh Emily...eccolo eccolo! E' arrivato adesso, là all'inizio della fila c'è Bressan con uno dei due Zonin!!-
Alice alzò gli occhi dal libro e seguì gli sguardi adoranti delle altre quattro fino ad incrociare la figura di Manuel intento a prendere un trancio di pizza dall'inserviente della mensa.
Dal giorno prima non si era fatto vedere più di tanto in giro, la mattina era entrato senza aspettare nessuno barricandosi in aula e non si era fatto vedere nemmeno a ricreazione concedendo così a lei di fumarsi una sigaretta in santa pace. Era certa che a mensa avrebbe dovuto fingere di non vederlo e le ragazze sostennero la sua scelta decidendo di sedersi lontano dagli altri.
-Che figo da paura...- mormorò sognate una delle quattro riportando anche Alice coi piedi per terra.
Figo o no non aveva alcuna intenzione di imbattersi nel suo sguardo sprezzante.
-Stamattina l'ho visto arrivare in moto, quanto pagherei per poterci salire con lui...- e tutte seguirono quella rivelazione con un coro di gemiti sospirati.
Con la coda dell'occhio lo seguì fino alla scansia dei dolci che sapeva avrebbe evitato come la lebbra! Anche lei come quelle ragazzine avrebbe pagato volentieri pur di tornare ancora una volta sulla moto dietro di lui...
-Sapete che in giro si dice che è stato con quella tipa con i capelli rossi...- mormorò in tono cospiratorio la più carina del gruppo
Il cuore di Alice fece una capriola nel petto.
-...si dai...quella che sta sempre con Cheru!!!- si affrettò ad aggiungere la ragazza
-Chi Clarissa? Ma insieme insieme? Non ci credo neanche un po'..-
-Si dice anche che sia stato con tutte quelle di terza F se è per questo!- ci fu qualche commento acido sulle ragazze in questione e sull'attitudine di Manuel a non legarsi troppo ad un sola ragazza, poi ripreso a parlare solo di lui: -Un sacco di tipe sono andate con Manu..ma non le richiama mai! E poi ho sentito che una volta giocava a basket in serie C ma poi si è rotto un ginocchio e ha dovuto smettere, Uno in classe con me dice che era un fenomeno!-
Alice non si stupì di quanto fossero informate sul suo conto, anche lei aveva fatto lo stesso con il ragazzo per cui aveva una cotta al biennio.
-E adesso chissà con chi se la fa?-
Anche Laura alzò lo sguardo dal suo libro per incrociare quello di Alice ammonendola per il suo origliare spudorato.
-Non lo so, Melissa ha detto che ieri ha discusso uno nel cortile perchè insinuava che si stava facendo la sua tipa...anch'io vorrei uno come lui a difendermi-
-Chi era la ragazza??-
Laura alzò di nuovo lo sguardo intercettando quello dell'amica. Entrambe ridevano sotto i baffi.
-Eccolo! Eccolo! Sta andando a sedersi...- esclamò a bassa voce una delle quattro e in quel momento la bionda le lanciò un'occhiata complice: -Manuuu?-
Alzò un braccio per farsi notare dal ragazzo che si guardava attorno alla ricerca di chi l'avesse chiamato, appena le vide tutte e due sorridenti passò a Filo il suo vassoio e gli fece cenno di proseguire senza di lui. Si voltò e con pochi passi le raggiunse.
-Oh cazzo!- mormorò una delle ragazze al loro tavolo resasi conto della situazione.
Manuel si fermò in piedi accanto alla rossa senza incrociare lo sguardo con lei, le mani in tasca come sempre e l'aria scocciata.
-Che volete?- chiese brusco
-Quanto sei acido...- mormorò Alice in modo che solo lui potesse sentire
-Ci servono i biglietti per sabato prossimo?- trillò Laura con il suo miglior volto angelico, scura arrancata all'ultimo momento però era l'occasione giusta per chiedere informazioni sulla festa.
La guardò perplesso forse aveva capito che c'era qualcosa di strano in quella richiesta improvvisa: -Tavolo o lista?-
-Quello che vuoi, basta che ci faccia saltare la fila!- di nuovo fu Laura a parlare Alice la osservava ammirata.
-Vi faccio avere tre pass domani- si limitò a dire
-Grazie mille, stasera ti faccio portare i soldi da Charlie, quant'è per tutte e tre?-
Ci pensò un attimo poi rispose vagando con gli occhi per la sala: -Venti- dopodichè se ne andò senza dire altro.
Laura richiamò l'attenzione di Chiara che stava studiando con le cuffie per riferirle dell'acquisto mentre Alice si voltò maligna a guardare le reazioni che avevano scatenato nel resto del tavolo.
Le quattro più piccole le osservavano in estasi senza respirare. Si lasciò scappare una risatina per poi distoglierle dalla trance con un movimento della mano.
-Vi piace davvero così tanto?- chiese Laura divertita: -Se lo conosceste dubito che la pensereste allo stesso modo- aggiunse a bassa voce
-Perchè a voi non piace?- rispose scorbutica una moretta
-Bhè..- le due più grandi si scambiarono un occhiata dubbiosa, Alice abbassò per prima lo sguardo e chiuse il libro al suo fianco, le era passata tutta la voglia di ripassare: -Ci siamo già passate, ecco!-
-Siete di 5°B vero?-
Alice annuì.
-Quindi frequentate i fratelli Zonin e gli amici di Manuel Bressan?- Chiara all'udire il cognome del suo ragazzo si drizzò piccata.
-Esattamente quel gruppo di zotici seduti là- commentò la bionda indicando il solito tavolo dei ragazzi da cui venivano risate forti e sguaiate. Quel giorno erano radunati proprio tutti là: Filo e Manu al centro di una panca con attorno a se il Vigna e Charlie dall'altro lato sedevano nell'ordine Jack Paolo e Edoardo nell'angolo.
-Sarà anche zotico ma Manuel è davvero figo! Fortuna che almeno è single!- brontolò una infossando la faccia in una mano mentre le alte annuivano concordi.
-...ancora per molto!- si lasciò sfuggire Alice osservando le pieghe della sua gonna corta con inaudito interesse.
-Perchè ancora per molto?- scattò subito la moretta scorbutica di prima.
Non sapeva che rispondere a quelle quattro paia di occhi che pendevano dalle sue labbra.
-Diciamo che è un po' troppo votato alla poligamia..- commentò Chiara intervenendo per la prima volta nella conversazione.
-Comunque se volete trovare una scusa per parlarci dovreste venire alla festa di sabato prossimo, è lui che vende i biglietti così avrete una scusa per avvicinarlo! Se siete fortunate vi da anche il suo numero!- proseguì Alice magnanima, già immaginava la faccia seccata che avrebbe fatto Manuel a trovarsi davanti quelle quattro bambinette.
-Bhè comunque non ce n'è uno in quel tavolo che non mi farei..- esordì una bionda bassettina che non si rese conto di aver firmato la sua condanna.
Chiara alzò definitivamente la testa dal libro e lo chiuse con uno scatto, fissò la ragazzina negli occhi e alzò un sopracciglio, come avrebbe fatto Manuel, la fulminò riducendola in cenere.
-Ah ehm scusa! Ovviamente se fossero liberi...- si affrettò ad aggiungere abbassando lo sguardo.
La mora non le rispose, afferrò il libro e lasciò il tavolo con la schiena dritta come un pavone che mostra la coda.
-Lasciatela perdere..è solo un po' scorbutica! Abbaia ma non morde- commentò Alice agitando una mano in aria con noncuranza, le quattro ospiti del loro tavolo seguirono la chioma scura di Chiara finchè non sparì oltre l'uscita e tirarono un breve sospiro di sollievo.
Ci fu una pausa di silenzio poi una delle ragazze che aveva parlato meno in precedenza alzò lo sguardo su tutte e disse piano: -comunque non è vero che Bressan adesso non si fa nessuna!-
Le altre la guardarono attonite
-E con chi sta?- chiese Laura scettica incrociando per un secondo l'espressione concentrata dell'amica.
-Non credo ci stia assieme, ma sono sicura che sabato sera è stato con quella bionda di 2°A. Si chiama Juliette, e sta sempre insieme a Clarissa e alle altre ochette solo perchè ha una sorella più grande, me lo ha detto lei fa ginnastica con me..ha detto pure che è stata a casa sua!!-
-Veramente? E cosa ha detto? Dai dai racconta!!- chiesero avide le amiche mentre Laura guardava Alice sbiancare e tendere l'orecchio verso l'altro lato del tavolo.
-Ha detto che ha una bella casa nella zona dietro all'Arsenale, vicino all'ospedale e che forse vive da solo...e poi ha una stanza fighissima all'ultimo piano! Non so però cos'abbiano fatto...Lei ha pure il ragazzo!-
La descrizione coincideva perfettamente con l'appartamento di Manuel quindi probabilmente quella Juliette non mentiva.
-ah però ha detto che sul comodino c'erano un paio di orecchini a forma di margherita e quando gli ha chiesto di chi erano lui li ha presi e li ha messi via dicendo che li doveva ridare a una persona importante...magari lui in realtà sta con quella degli orecchini?- continuò il suo pettegolezzo mentre Alice incastrava tutti i pezzi del collage nella sua testa.
Importante.
Quella parola rimbombava tra le pareti del suo corpo.
-A forma di margherita? Chissà di chi sono?-
Istintivamente si portò una mano al lobo dell'orecchio.
 









Spazio Autrice:
Ebbene si:
eccomi qui con un solo giorno di ritardo su quanto avevo promesso!!
vi ho stupiti vero??

Questo capitolo è stato per me un'immensa sofferenza
innanzitutto perchè non mi piace
e poi perchè ci ho pensato e ripensato ma non ho trovato altre soluzioni
la storia è così punto e basta.
Anche se fa schifo persino a me!
Comunque ho una nuova storia in cantiere che spero di poter pubblicare preso...il ritorno alla chirurgia fa bene alla mia fantasia!!

Calorosi e infiniti baci alla mia beta che stavolta mi ha strigliata per le feste!
hai visto però come sono ubbidiente??

Per finire vorrei lamentarmi un po' per le recensioni: SOLO 2!?!?!?
(quella dell'ale non conta!)
nuuuo! perchè?
che ho fatto per meritare questo (ritardi clamorosi a parte)??
Vi prego ricominciate a recensire...altrimenti la mia autostima crollerà in picchiata!!!

risposte:
Angyr88: quando ho letto la rece mi sono piegata in due dalle risate! 'quagliato' è un termine buffissimo ed ho cominciato ad usarlo anch'io hihihi
RBAA: anche tu mi manchi!! la tua sosia in capelli è sempre più incasinata e Manu ha davvero combinato qualcosa di losco...a te scoprirlo! Ho iniziato a leggere Roxanne (faccio volentieri pubblicità ad una brava come te!) ma non ho tempo per scrivere...figurati leggere!! quando mi sarò messa un po' avanti coi capitoli recensirò anche: per ora mi piace tanto!

Un saluto a Chiara la mia lettrice invisibile


 
1bacio. Vale.

Prossima uscita: intorno al 2 giugno!


















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Capitolo 12
*** 12 ***


1

Relazione Clandestina



-12-








La consapevolezza era arrivata all'improvviso. Tra gli spaghetti alla carbonara collosi della mensa e un secondo di tacchino e verdure cotte -il che la rendeva un po' squallida, ma insomma bisogna poi accontentarsi...- nel giovedì più nevrotico dell'anno.
Era appena finita la simulazione della prima prova per tutte le quinte, e in mensa si respirava l'aria tesa che accompagna l'uscita dagli esami, quando a tutti sembra di aver fatto un buon compito e la frenesia di sapere il risultato chiude lo stomaco.
Chiara ancora sfogliava con studiata meticolosità la divina commedia, per controllare se le citazioni che aveva infilato nell'analisi testuale fossero giusto mentre l'allegra compagna di disavventure fulminava chiunque osasse avvicinarsi al loro tavolo.
E poi eccolo lì il tassello che mise tutto al posto giusto.
Ripassò con la mente ogni notte passata insieme, ogni parola detta o sospirata sulla pelle dell'altro, ogni cenno ogni sguardo. Il “ti odio” che gli aveva urlato mesi prima quando l'aveva buttata fuori dalla sua vita e le tensioni che erano arrivate dopo: le frecciatine, gli insulti morti in gola, le contraddizioni, i baci rubati in mezzo dalla folla.
Per giorni aveva speso ore dietro ai suoi misteri, dietro a quel segreto che lo frenava, che gli impediva di essere spontaneo, senza capire perché le interessasse così tanto.
Sì il solco che aveva lasciato sulla sua pelle era ancora visibile, e le sua mani cariche di passione e gentilezza ancora le tormentavano il sonno, però l'aveva catalogata come una cotta da manuale e nulla di più. Ma quel tormento non aveva nulla di familiare, mai si era sentita così in colpa per aver ferito qualcuno, ne aveva desiderato così ardentemente un banale contatto con la pelle di una ragazzo al punto da sperare di sfiorarla casualmente nel corridoio. Nessuno -nemmeno Edoardo- le aveva mai provocato tutte quelle farfalle e quei sorrisi e quei pianti.
Alzando gli occhi lo trovò là, due tavoli più a destra, meno di cinque metri in linea d'aria. Poteva sentirne la risata bassa piena di scherno mentre combatteva con Filo e il Vigna a suon di palline di mollica di pane. Nulla di diverso da quando l'aveva visto chinarsi la mattina alla macchinetta del caffè o fumare a ricreazione sdraiato sulle scale con il viso rivolto al sole. Forse solo la luce accesa della risata nei suoi occhi.
Ed era là a portata di mano. Con i suoi misteri e la sua alterigia. La risata bassa e roca e i capelli più spettinati del solito. Un orgoglio che faceva sorridere e un paio di bicipiti da paura.
E tutto prese un nome, quello con la A, che a diciott'anni si ha paura a pronunciare persino col pensiero.
Finalmente non c'era più nulla da capire: Alice era innamorata cotta di Manuel (e in qualche modo poco ortodosso lui la ricambiava).

Fu relativamente facile a quel punto capire cosa fare.
Innanzitutto prese il cellulare dalla tasca per attivare la prima fase, quella dell'indagine, mandò un sms a Jack dicendo che aveva bisogno di parlargli da sola e se poteva aspettarla all'uscita.
Attese la reazione con le dita incrociate sotto il mento, quando finalmente alzò gli occhi e la guardò pieno di domande, lei sorrise discreta e Jack, da grande diplomatico quale era, annuì mascherando il movimento nella confusione del tavolo più agitato della sala.
Ancora una volta l'avevano fatta sotto il naso a Manuel.
Dopodiché illustrò la situazione e il piano alle amiche a bassa voce con estrema disinvoltura. Due grossi sorrisi si aprirono sui volti attorno ad Alice strappandole un immenso sospiro di sollievo.
Laura si spinse avanti sul tavolo l'espressione diabolica che Alice adorava e temeva al tempo stesso dipinta sul viso.
-Io amo i tuoi piani. Finalmente abbiamo qualcosa da fare, non ne potevo più di studiare!- ondeggiò la chioma bionda e boccolosa a beneficio della fauna maschile che la guardava estasiata, poi con tono leggermente più alto continuò: -Bene direi che è giunto il momento della tua sigaretta post-pranzo perché stavolta te la sei meritata. No Chi?-
Con i libri e i pensieri del compito accantonati, anche Chiara la guardava felice come non lo era mai stata davanti ad una confessione dell'amica rossa-combinaguai: -Giusto se l'è meritata. Quindi se oggi pomeriggio cercherai di estorcere qualche informazione a Gio, io e lei potremmo portare avanti la missione con una spedizione esplorativa di shopping per quando l'avrai conquistato? Che preferisce intimo bianco virginale o nero pizzi e merletti?-
Improvvisamente lei e le sue sorelle erano tornate quelle di una volta. Diaboliche e vendicatrici, unite come un fronte compatto per proteggere la famiglia, e pronte ad accettare tutto per la felicità di una delle tre.
-Non che abbia mai espresso una preferenza, di solito toglieva tutto alla svelta non si fermava finché non arrivava alla pelle. Però credo che sia più il tipo da vedo-non-vedo..- si fermò a lanciargli uno sguardo attento mentre Manuel, ignaro delle trame che stavano tessendo alle sue spalle, chiacchierava pacatamente con Paolo annuendo di tanto in tanto attento alle sue parole.
-Nero sì, decisamente nero!- mormorò infine Alice dopo un'attenta analisi.


-Non dovrei essere io a raccontarti questa storia..- sospirò con il peso della colpa che già gli piegava le spalle
Alice aveva atteso febbrilmente quel momento per tre ore.
Si era torta le mani per tutto il pomeriggio, aveva fatto la punta a tutte le matite del suo astuccio e anche a quelle delle sue compagne di banco. Non aveva seguito una parola della lezione di storia dell'arte ne d'inglese. Nella mente contava i minuti.
-Lui non me lo direbbe mai ed io ho bisogno di sapere! Sai di poterti fidare di me, non andrò certo a spifferargli le mie fonti!- cercò di dissuaderlo con una spallata amichevole che sui 90 kg di muscoli non sortirono un gran effetto. Arrivata a quel punto non si sarebbe arresa davanti alle remore di coscienza dell'altro.
Jack la guardò negli occhi, ed oltre gli occhi contemporaneamente. Avrebbe regalato tutto il suo guardaroba pur di conoscere i suoi pensieri
-E va bene..ma bada di non giudicarlo troppo male!- sospirò arreso sistemandosi con le gambe stese oltre i gradini e le braccia a sostenersi il corpo all'indietro
-Più o meno lo conosco dalle elementari, ed è sempre stato lo scorbutico asociale che conosci tu, forse un po' meno stronzo, ma sicuramente a causa dell'età innocente! Eravamo alle fine delle medie quando sua madre morì, un tumore che la consumò in meno di due mesi. Da quel momento si chiuse ancora di più in se stesso come era prevedibile: parlava pochissimo e stava quasi sempre con Andre. All'inizio delle superiori  ci perdemmo di vista, io alle Stimate, lui invece era riuscito ad iscriversi al classico contro la volontà di suo padre. Quell'anno cominciammo anche a giocare nella stessa squadra, prima io ero nella categoria più bassa della sua, e scoprii che in campo era molto diverso da fuori. Dava tutto se stesso per vincere e per far felice suo padre. Prima di vederlo con i miei occhi avevo sentito voci sulla sua scorrettezza e sulla mancanza di abilità tattiche, ma erano solo il frutto dell'invidia che provocava negli altri. In seconda mi bocciarono lui invece si trasferì alle Stimate perché con tutti gli allenamenti che faceva non riusciva a star dietro allo studio e suo padre pensò di agevolarlo mandandolo al privato-
-Tsk..allora ha decisamente sbagliato scuola per il suo pargoletto!!-
Jack rise, una risata seria, controllata poi la riprese: -Si vede che non conosci suo padre, per lui non esiste accontentarsi! Bisogna sempre arrivare al massimo! Non che sia sbagliata come filosofia però la applica indistintamente a tutto sopratutto nei confronti di suo figlio. Non è una cattiva persona solo pretende molto da chi gli sta attorno!-
Di punto in bianco Alice si ritrovò a pensare alle poche volte che Manuel aveva nominato suo padre e a come l'avesse fatto con irritazione e una punta di disprezzo ben mascherata.
-Beh comunque il meglio deve ancora arrivare: dalla terza in avanti migliorammo i nostri rapporti, gli unici con cui usciva eravamo io mio fratello e Andre, gli altri della squadra lo rispettavano ma lo temevano troppo per legare, nonostante fosse il capitano. Poi in quarta, cioè io ero ancora in terza in realtà, successe il finimondo!-
Quello era il momento giusto per la prima sigaretta.
-Sai no dell'infortunio?- si fermò a guardarla per la prima volta dall'inizio del racconto, non voleva vedere le sue reazioni mentre parlava di una vita non sua.
-Mmh non tutta la storia-
-Non che ci sia molto da dire su quello in particolare. All'inizio del campionato in Novembre, al terzo quarto un idiota gli infilò il piede sotto il suo mentre atterrava da canestro e lui ci finì sopra con tutto il peso. Risultato: frattura scomposta di tibia e perone, tutti i legamenti esterni del ginocchio strappati e menisco andato. Non ti dico gli urli e le bestemmie che tirava mentre aspettavamo l'ambulanza, mia madre se lo ricorda ancora e ogni tanto quando lo vede si fa il segno della croce!!!- Jack sbotto in una risata acuta che stonava con discorso ma ebbe il plauso di stemperare un po' la tensione che aveva accumulato sulle spalle.
-Andò ad operarsi a Bologna prima di Natale ma subito gli dissero che non avrebbe potuto più giocare ad alti livelli. Al rientro dalle vacanze combinò un gran casino: non andava mai a fare riabilitazione ne portava le stampelle, a scuola si faceva vedere si e no due volte a settimana e con una faccia da cadavere allucinante. Scoprimmo grazie al Vigna che Cherubini gli vendeva della roba in cambio delle serate da PR-
Alice chiuse gli occhi, la verità era sempre stata lì come un tarlo sopito nella sua mente, solo non aveva voluto vederla. Il semplice fatto che fosse così in confidenza con Cherubini e Clarissa era un grave campanello d'allarme e poi la bocciatura nonostante gli ottimi voti che aveva sempre avuto, le conoscenza torbide che aveva sempre dimostrato all'interno del BlueMoon.
-Poi all'inizio della primavera il fratello di Laura e alcuni suoi amici ci chiamarono dicendo che lo avevano trovato su una panchina vicino al BM. Strafatto-
Lì Jack si fermò e non sembrò intenzionato a riprendere.
E poi? Voleva sapere, cos'era successo dopo, com'era tornato quello di prima? Se veramente era tornato come prima...
Rivolse all'amico uno sguardo smarrito mentre lui si ostinava a guardare i sassolini sull'asfalto.
-Perché?-
Fu l'unica domanda sensata che trovò la forza di porgli.
-Questo lo devi chiedere a lui, penso che solo Manuel possa risponderti. Io ho provato a mettermi nei suoi panni tante volte: aveva una famiglia un futuro una vita serena, poi in pochi anni si è ritrovato solo e senza nessuna meta. Senza punti di riferimento.-
-Suo padre?- era inutile non riusciva a costruire una frase completa.
-Dopo la storia del ginocchio accettò un incarico a Manchester oltre a quello con la Benetton e lo mollò da solo proprio quando aveva bisogno di controllo; ormai saranno tre anni che lo vede solo un weekend si uno no. C'è rimasta solo quella santa di Sonia che lo bacchetta ogni tanto e adesso lo tiene in riga. Non lasciarti ingannare da quel che dice, lui la adora!-
Quante volta l'aveva sentito imprecare contro di lei per una maglietta che non trovava più, i cd rimessi a posto nell'ordine sbagliato, il telecomando che non si trovava mai...
Ma quella domanda era ancora lì a premere dietro la fronte: -Sai se si fa ancora?-
Jack sospirò come se la fatica di tutte le parole che aveva detto fosse ancora sul suo petto.
-Ali devi chiederle a lui queste cose, io mi sono limitato a raccontarti ciò che so, che sappiamo tutti. Manu ha passato un anno di merda prima di diventare quel che è ora gli ho promesso che non ti avrei detto nulla e credo davvero che spetti a lui- la guardò con quegli occhi buoni e scuri così simili e allo stesso tempo diversi dai suoi. Se gliel'avesse chiesto, lui non le avrebbe mai risposto. -Chiediglielo, se si fida di te allora te lo dirà!-
Sconvolta molto più di quanto fosse possibile vedere dalle sole espressioni del viso Alice annuì con poca convinzione. Si fidava di lei?
Sei uno stronzo
I think i'm drowing...Io non posso dimenticarti...Asfixiating
Da quando per te non sono più Alice ma Aroldi
Perchè devi essere così testarda devi dimenticarmi! Io non posso stare con te..non è il momento, quindi fai un favore a tutti e due: lasciami perdere!
Come osi...vai a divertirti con le tue amiche dodicenni e non scocciare me! Brutto figlio di...
Quanto sei acido..
Quasi le vennero le lacrime agli occhi al pensiero di quante cattiverie gli aveva urlato, quando l'unica cosa che voleva davvero era potergli sussurrare ancora all'orecchio tutta la voglia che aveva di lui e del suo abbraccio.
Su quel gradino davanti a scuola con il suo migliore amico di fianco a svelarle cose che mai avrebbe immaginato da sola si sentì per la seconda volta nella sua breve vita, una gigantesca merda maleodorante.
Ed entrambe le volte era coinvolto Manuel.
Coma aveva potuto in tutti quei mesi insultarlo giudicarlo con tanta leggerezza, se solo avesse saputo...forse gli sarebbe stata lontana!
Quel ragazzo a soli 19 anni ne aveva passate più di quante ne potesse sopportare; e mentre lei negli anni precedenti scopriva se stessa, il potere inebriante del Martini e quello seduttivo di un bel paio di gambe, lui sopportava il peso di vedersi strappare un sogno a forza e delle aspettative di un padre. Avrebbe dovuto capirlo quando gli aveva chiesto della sua famiglia e lui aveva candidamente risposto che ciò che ne rimaneva passava più tempo con le hostess dell'British Airways che con lui.
Oppure quando lo aveva visto con lo sguardo perso nel vuoto mentre lei si lamentava delle interminabili discussioni con sua madre.
O quando andava a prenderla dopo essere stato a vedere una partita e la spogliava in fretta senza vederla davvero, con i denti le correva sul corpo, pieno di brama e di rabbia e non diceva nulla fino all'orgasmo.
Si maledisse una, due cento volte per la sua inutile ingenua cecità. E Jack lo intuì subito quando la vide conficcarsi le unghie nei palmi e l'espressione mutarsi in una maschera d'odio.
-Ali non fartene una colpa, non potevi saperlo. Lui non ne parla nemmeno con me e tu hai fatto il possibile, ti sei avvicinata come nessuna prima di te aveva osato fare. Di solito le faceva scappare prima che potessero anche solo pensare di chiedergli di rivederlo..- le passò un braccio sulle spalle e con le labbra si avvicinò alla tempia: -ci vuole pazienza e costanza con Manu!-
Le lacrime a quel punto strariparono, aveva retto anche troppo a lungo senza piangere, perchè sentiva che quelle parole c'erano già dentro di lei. Sapeva dall'inizio che ci sarebbe voluta molta pazienza, e c'aveva provato con tutti i mezzi. Ma era tardi. Troppo tardi.
Aveva deciso senza interpellarla.
Proprio ora che era certa di essersene innamorata.
-troppo tardi..- brontolò tra i singhiozzi contro la spalla dell'amico
-Ehi non ci crederei troppo se fossi in te!- sghignazzò dei suoi stessi pensieri: -Ieri ha passato tutto il pranzo a guardarti cercando di non farsi beccare da noi e ha preso cinque in latino dopo la scenetta in giardino, persino la Gracci si è stupita. Non voleva crederci, era l'unico della classe con la sufficienza piena-
Trattenne un sorriso a stento ricordando che quello era uno dei loro battibecchi più comuni: il suo pessimo rapporto col latino.
Quel discorso riportò alla luce il bacio che le aveva dato la mattina che erano andati al lago, il giorno dopo che lei aveva mollato Edo. Il tepore del piumone, le sue mani a circondarle il viso e le labbra delicate in un tocco casto che voleva solo dirle buongiorno.
No. Non poteva arrendersi.
Non dopo tutta la fatica che aveva fatto prima di ammettere a se stessa che era lui che voleva.
Poteva essere arrogante, scorbutico, asociale, persino drogato, non gliene fregava nulla, li avrebbe raddrizzati lei i pilastri che si erano piegati sotto di lui. A costo di impiegarci anni non avrebbe rinunciato. Gli avrebbe dato qualcosa di nuovo per cui sperare, qualcosa che avrebbe scacciato tutte le sue ombre.
Perché non ne avesse mai parlato con lei non importava, l'avrebbe costretto con la forza o con metodi meno ortodossi se si fosse reso necessario, a tutti i costi. Fino a che lui non le avesse detto esplicitamente che non provava nulla per lei. Doveva portare a termine il piano.
Non importava che fosse amore - anche perché conoscendolo se si fosse innamorato non avrebbe nemmeno saputo dare un nome a ciò che sentiva - si sarebbe accontentata di qualsiasi barlume di sentimento. Pur di essere almeno un po' nei suoi pensieri.
Rimase a farsi coccolare un po' da Jack. Pianse ancora qualche lacrima giusto per sfogare tutta quella rabbia mentre le mani grandi del suo migliore amico le stropicciavano la frangia con carezze rudi e smaliziate. E si fece portare a casa, troppo stanca per affrontare Manuel la sera stessa.




Venerdì a una settimana esatta dalla fine della scuola e a meno di 24 ore da uno dei ponti più attesi dell'anno, il sole splendeva arrogante su Verona, quasi come per prepararsi al weekend. I programmi erano fatti, tutti erano pronti bisognava solo aspettare la fine delle lezioni e poi via al grande anticipo di vacanze.
E come ogni mattina dell'anno scolastico il Blackberry di Manuel trillò venti minuti dopo le sette.
Provò a ignorarlo per qualche secondo, ma sapeva di dover andare, così straziato dal dolore lanciò il lenzuolo da un lato con irruenza e si issò a sedere sul bordo del letto.
La prima cosa di cui si accorse era assolutamente fuori posto: il suo piede destro era finito su qualcosa di angolato liscio e plasticoso che non somigliava affatto al parquet in rovere della sua stanza. Abbassò gli occhi e lui era là, trionfante.
Fisica Tre, edizioni Zanichelli.
Quella era la prova lampante della sua tragica serata, non era uscito per studiare una materia che riteneva inutile e incomprensibile e per la quale oltretutto era pure negato. Raccolse il libro e lo scaraventò sulla scrivania con stizza rovesciando una pila di cd.
Decisamente aveva bisogno di una doccia fredda per svegliarsi.
Uscito dal bagno dove aveva perso tempo a farsi la barba, era in clamoroso ritardo quindi si infilò camicia pantaloni della divisa, poggiò la cravatta sulla spalla e raccattò velocemente i libri di cui aveva bisogno. Quello di fisica per primo.
Infilate le dunk si scapicollò per le scale fino all'ascensore. La vicina lo guardò malissimo mentre aspettavano insieme -l'aveva sempre sostenuto, lei, che quel ragazzo dalla morte della madre era diventato un delinquente- di certo le condizioni di Manuel non aiutarono: le chiavi della moto in bocca i pantaloni a metà sedere e la camicia fuori, la tracolla stretta tra le ginocchia mentre tentava invano di fare un nodo almeno per una volte decente alla cravatta, i capelli bagnati nemmeno lontanamente pettinati.
Non poteva che essere un delinquente.
Arrivato in garage afferrò il casco e si sistemò alla svelta sulla Honda per poi scattare fuori dal cancello per riversarsi sui viali trafficatissimi a quell'ora del mattino.
Scivolò come sempre agile e tra le auto in coda, e non riuscì a non pensare a come avrebbe fatto senza il suo gioiellino.
In fondo ognuno ha i suoi vizi...glielo aveva detto lei in uno slancio di sincerità reciproca quella volta che erano andati in centro ed erano finiti a baciarsi contro un portone.
Scacciò l'immagine con violenza dalla sua mente -non aveva nessuna voglia di flagellarsi pensando ad Alice- per di più a quell'ora del mattino con l'alzabandiera e un motore vibrante tra le cosce.
In effetti si, forse la moto era il suo unico vizio residuo, nemmeno le sigarette avevano lo stesso potente legame fisico col suo corpo. A scuola nei momenti peggiori, quando cominciava a vederci doppio i sentiva i muri giallo sporco stringersi sul suo corpo e strappargli via l'aria dai polmoni, la mente volava libera tra i colli euganei con 250 cavalli tra le gambe e il vento a ghiacciargli la faccia. L'asfalto a pochi centimetri ad ogni piega e l'adrenalina che corre veloce nelle vene.
Niente car wash con ragazze in abiti succinti, ne professoresse giovani e seducenti pronte a bacchettarlo, come nei pensieri della maggior parte dei suoi coetanei, solo una signora nera e cromata, sexy e molto disponibile.
Arrivò a scuola persino in anticipo con la foga che aveva di correre, nel parcheggio non c'era nessuna delle macchine degli amici, per questo si concesse una sigaretta in tutta calma e un bel cornetto al bar.
Quando finalmente arrivò in classe Filo stava ripassando fisica con i capelli lunghi più incasinati del solito e suo fratello cercava febbrilmente un luogo adatto per nascondere i bigliettini. Quei due avevano il potere di agitarlo più di quanto non fosse già di suo.
Si accomodò al suo posto, con gli appunti già al loro posto in un calzino e la certezza che se non avesse passato quel compito decentemente avrebbe dovuto dire addio ad un paio di crediti.
Poi arrivò lei: l'angelo della salvezza.
Visione celestiale -per una lunga serie di motivi- avvolta di luce e preceduta dall'annuncio delle trombe del paradiso, Alice fece il suo ingresso nell'aula della quinta D. Mai donna fu più desiderata.
Si avvicinò sgusciando tra banchi in disordine e compagni esagitati, seguita ad un passo da Charlie che fissava tutti circospetto. Così Manuel ebbe l'occasione di studiarla accuratamente: dai capelli lunghi e lisci disposti ordinatamente sulle spalle alle pieghe ondeggianti della gonna, passando per la camicetta sbottonata ad arte per finire sulle gambe candide.
Deglutì e si passò la lingua sul labbro inferiore prima di avventurarsi ad incrociarne lo sguardo, quegli occhi blu potevano fare brutti scherzi, meglio premunirsi.
-Se le tracce sono quelle che mi ha mandato Charlie ieri sera, queste sono le soluzioni-
Ecco il completamento della visione perfetta: la splendida Alice di prima mattina che portava con se i risultati del compito!!
Aveva parlato a voce bassa direttamente chinata sul banco di Filo, in una posizione che gli faceva temere che l'amico non avesse sentito una parola, poi riprese dopo aver buttato un'occhiata generale all'aula: -Sono tre copie, una ciascuno. Nel caso voleste qualcos'altro mi faccio trovare nel bagno dei maschi alle 8.30 precise ok?-
Manuel stava per dire che si, voleva dell'altro e che l'avrebbe raggiunta di sicuro nel bagno ma non certo per il compito di fisica, e pure lo sguardo vacuo di Filo gli disse che lui stava pensando esattamente la stessa cosa. Forse solo Jack mantenne una parvenza di lucidità.
-Ali ti adoro!! Se riesco a copiare giuro che domani sera la tua pizza la pago io!!- Jack si allungò oltre il banco per abbracciarla in uno slancio di gratitudine.
-Io invece ti sposo!- strillò Filo senza nessun senso logico, e una buona dose di femminilità nella voce.
A quel punto tutti si aspettavano che anche Manuel, il terzo componente del trio, esordisse con una proposta per Alice. I loro sguardi si incrociarono mentre lei era ancora stretta tra le braccia di Jack -e quelle di Filo che si era unito all'altro e non perdeva occasione per toccarla- ma nessuno disse nulla. Alice troppo persa ad annegare in due occhi scuri come la notte, Manuel troppo orgoglioso per ringraziare in qualsiasi modo.
Da quell'istante tutto si mosse molto velocemente.
Prima la campanella che riportò l'ordine in classe e costrinse la ragazza alla fuga veloce dall'aula, poi arrivò la professoressa con un plico di fogli in mano.
-Avete cinquanta minuti da adesso-
Gli esercizi erano esattamente quelli del compito che aveva fatto l'altra classe, quindi gli stessi che la loro salvatrice aveva portato pochi minuti prima. Copiarli non fu impresa facile, ma i meccanismi di distrazione di Filo -dall'alto del suo settimo anno di liceo dirigeva la classe egregiamente- erano sempre validi e non ci volle molto perché la professoressa si arrendesse all'evidenza della loro innocenza.
Al suono della campana della seconda ora tutti avevano già consegnato e all'uscita della Spigarelli, Filo si lanciò in corridoio dichiarando a squarciagola a tutta la scuola di amare Alice Aroldi.

A ricreazione anche Manuel si vide costretto a ringraziare la ragazza con un dignitoso assenso del capo alle, già eccessive, proposte per sdebitarsi degli altri due. Lei si limitò a sorridere divertita declinando gentilmente l'ennesima proposta di matrimonio del maggiore dei fratelli Zonin.
-Non posso accettare la tua proposta solo per il pagamento di un debito..Non potrei mai privare il mondo femminile di un buon partito come te per ragioni così infime!!-
-Oh Ali quanto sei buona! L'ho sempre detto io, beato chi ti si piglia!!-
Buona parte del gruppo scoppiò in una sonora risata, solo Jack lanciò un'occhiata in tralice a Manuel che nascondeva un sorrisino malizioso dietro una mano. Da troppo non lo vedeva ridere così.



Nulla di speciale quel venerdì alle Stimate. La mattinata, dopo l'episodio del maggiore dei fratelli Zonin che urlava nel corridoio le sue proposte di matrimonio per la Aroldi, si trascinò lenta fino dopo pranzo.
I soli che a mensa urlavano entusiasti erano un ristretto gruppo di studenti di seconda: le voci non erano state confermate, ma si diceva in giro che un paio di loro avesse spiato la tanto bramata Alice Aroldi a fumare nel bagno dei maschi del terzo piano e che lei li avesse intrattenuti mostrando loro le sue grazie. Già si favoleggiava di completini leopardati e rocambolesche acrobazie sessuali.
In realtà le cose erano andate in modo ben diverso. Alice si era sì rinchiusa nel bagno dei maschi armata di libro di Fisica, calcolatrice, ed aveva riempito di fumo tutta la stanza, in attesa che suonasse la campanella, ma i due ragazzini che l'avevano beccata seduta a gambe incrociate sul piano del lavandini erano stati cacciati fuori prima ancora che avessero il tempo di sbavare sul pavimento. E si erano pure presi una bella strigliata dal Bressan (con tanto di minacce e insulti coloriti alle loro madri) quando li aveva beccati a raccontare in giro la storia rivista e corretta del loro incontro.
Questo però era un particolare che nessuna delle due parti era interessata a divulgare..
Il pomeriggio toccò vette di sonnolenza mai raggiunte per gli alunni di quinta. Persino Chiara, sempre attenta e diligente, affondò le testa tra le braccia incrociate sul banco in un momento di totale sconforto.
Solo la bella rossa della sezione B fremeva con le mani schiacciate sulla sedia sotto le cosce fresche. Unica in tutta la classe che parve vagamente attenta alla correzione dell'ultima versione assegnata per casa, non staccava gli occhi dall'orologio e la sua mentre viaggiava già verso il settimo piano di un palazzo bello e signorile nel centro di Verona.

Con uno scatto del pedale superò lo spartitraffico e attraversò il cortile interno diretta al portone di legno scuro e i campanelli. Trasse un respiro profondo e con il dito tremante pigiò il bottoncino argentato accanto al cognome di Manuel.
Contrariamente a tutti i suoi piani si ritrovò a pregare che nessuno rispondesse, tutto il coraggio era scomparso all'improvviso, i nervi tesi dietro al collo e una sensazione inspiegabile nello stomaco le diceva di andarsene, che salire sarebbe stato un errore enorme.
Passarono una decina di secondi e stava già per girare la bicicletta e andarsene quando la sua voce falsata dal citofono risuonò nell'aria.
-Chi è?-
-Sono Alice-
Silenzio dalla parte del ragazzo.
Enorme e madornale errore. Ogni istante le diceva che non avrebbe mai dovuto suonare quel campanello. Eppure da quella decisione dipendevano troppe cose -compresa la sua felicità- e forse anche il suo futuro.
-Mi fai salire un attimo, devo chiederti una cosa?-
-Vieni- rispose subito facendo scattare il meccanismo del portone.
-Metto dentro la bici?-
-Si-
La solita conversazione telegrafica non la scalfì, ci era abituata.
Attraversò il portone e lasciò la bicicletta nel solito angolo appoggiata al muro. Sempre lì, lo stesso punto in cui la lasciava sempre fino a qualche mese prima.
Quando non andava da lui per parlare, e la mattina impiegava dieci minuti solo per scegliere la biancheria.
Si avviò all'ascensore sistemando la divisa della scuola e la borsa a tracolla che le stringeva il seno provando senza risultati di scacciare ogni pensiero che non fosse il suo obiettivo.
Settimo piano.
Guadagnò il pianerottolo in quattro falcate e si addentrò decisa nell'appartamento. Pensava di trovarlo in camera al computer oppure sdraiato sul letto ad ascoltare musica come sempre, quindi si avviò spedita alle scale a chiocciola che portavano alla sua stanza.
-Ehi! Sono qui.- l'urlo arrivò dalla cucina, luogo che lei aveva semplicemente ignorato.
Voltandosi indietro lo trovò seduto su uno sgabello davanti ad un paio di libri che si affrettò a chiudere.
-Che vuoi?-
Ed era bello anche così, in maglietta e vecchi pantaloncini. Coi capelli appiattiti su un lato, probabilmente dove prima teneva appoggiata una mano, gli avambracci muscoli su cui sporgeva un intricato disegno di vene pulsanti.
-Avevo un paio di cose da chiederti-
Sbuffò e si alzo in piedi. La maglietta larga dei Celtics talmente lisa da essere quasi trasparente non nascondeva affatto le linee dure delle spalle. Si avviò al frigorifero dove si tuffò con tutta la testa.
-Parla no!?!-
Quell'invito nemmeno troppo scortese la distrasse definitivamente da quel corpo tentatore.
L'obiettivo, doveva pensare solo all'obiettivo.
-Prima di tutto: per caso hai trovato un mio paio di orecchini?- decise di partire da lontano, si liberò della borsa lasciandola accanto al tavolo e si sedette sullo sgabello dove era seduto lui in precedenza: -Sono a forma di margherita, li ho persi la sera della festa alle Colombare, se non sono qui..-
Manuel interruppe il suo sproloquio: -Sì, erano sparsi nel letto, te li avrei restituiti io-
Glacialmente parlando, la risposta di Manuel fu come una corrente artica nel pieno di Verona il 15 di luglio: da brivido.
-Ok beh...- esitò un attimo sull'altra domanda, improvvisamente tutta la carica che aveva prima di uscire era sparita.
-Perché non mi hai mai detto che hai fatto due anni al classico?-
-Perché non sono affari tuoi- le rispose acido ma calmo emergendo dal frigo con in mano una serie di buste.
Alice si concesse uno sbuffo, appoggiò il gomito sul piano e il mento sulla mano.
-Pensavo ti fidassi di me? Io mi sono fidata e ti ho raccontato un sacco di cose di me, tu invece nulla...non è corretto!!-
-Non fare la bambina...-
Era serio e la guardava stando in piedi dall'altra parte del piano. Per un attimo incatenò lo sguardo con suo, e in quegli specchi d'ossidiana bollente Alice vide l'ammonimento che in realtà celavano. Le stava chiedendo di non andare oltre con lo domande.
-Hai fame?- tergiversare era un gioco in cui Manuel non aveva rivali.
-No-
Ancora una pausa più breve della precedente in cui lo vide prendere un grosso respiro.
-Non sei venuta qui per chiedermi le cose di me che non ti ho detto, ne di stupidi orecchini ...quindi ora parla: che vuoi?-  il tono era perentorio e non ammetteva repliche.
Sfiorò il piano freddo con il palmo della mano libera, la testa ancora abbandonata sull'altra, poi tamburellò con le dita sul marmo, indecisa se fosse o no il momento di scoprire tutte le carte.
-Cosa ti è successo l'anno scorso?- sputò tutto d'un fiato.
Alzando gli occhi per scorgere la sua reazione si ritrovò davanti solo un paio di spalle larghe.
Non le rispose.
-Senti Manu sei incoerente! Io non ti capisco...prima mi tratti male e mi dici di andarmene via...-
La interruppe senza voltarsi: -Sei tu che mi hai staccato la tv e mi hai dato dello stronzo!- la corresse senza particolare intonazione mentre armeggiava con pane e prosciutto.
Ma Alice continuò imperterrita.
-..poi mi hai baciata al BleuMoon-
-No tu mi hai baciato!!- continuò a correggerla sempre più irritato
-...poi a scuola mi dici che devo dimenticarti e che non è il momento giusto-
Nella mente di entrambi vorticava il ricordo doloroso di quella conversazione, quando Manuel le l'aveva seguita per dirle di dimenticarlo pensava davvero di fare la cosa giusta per tutti, invece non aveva fatto altro che peggiorare la situazione.
-Mmmh...smettila di interrompermi!!!- sbraitò Alice anticipando la sua replica: -Comunque poi mi hai aiutata sabato scorso, anche se non mi spiego il perché visto che nella tua testa vuota mi avevi chiesto di starti lontana!- berciò sempre più irritata sbattendo le mani sul tavolo e dando sfogo a tutta la sua impazienza.
Finalmente Manuel si voltò tra la mani un piatto su cui aveva disposto due metà di una panino bello farcito.
-E allora?- domandò con rinnovata calma.
-Come allora? Ieri mattina mi hai difesa e poi insultata davanti a tutti, mi hai umiliata capisci, cosa dovrei pensare io? Eh?-
La guardò un istante negli occhi per decidere cosa risponderle.
Erano dunque alla resa dei conti, sapeva che prima o poi Alice sarebbe arrivata a chiedergli spiegazioni, non poteva continuare a illudersi di poterle stare vicino senza però “avvicinarsi troppo”. Allo stesso tempo aveva la certezza che se le avesse detto che non si sentiva di darle quello che lei desiderava, si sarebbe infuriata e non gli avrebbe più dato tregua.
-Se sei venuta per sentirti dire che ti amo e che voglio stare con te, che ti sarò fedele finché morte non ci separi, puoi anche tornare da dove sei venuta! Sai che non è così te l'ho detto che non provo per te quello che tu provi per me! E poi io non sono come il tuo ex..-
Non comprese il riferimento a Edoardo, però il senso di ciò che le aveva detto era fin troppo chiaro.
-Non sono venuta per questo...- amareggiata gli rispose e abbassò lo sguardo.
Forse si era illusa di avere qualche possibilità quando invece lui non era affatto interessato.
-Per cosa allora?-
Giusto. Bella domanda: per cosa era lì?
-Per sapere con chi sono andata a letto per più di tre mesi, per avere delle risposte. Perché io sono tua amica e non mi accontento delle voci, voglio la verità. E poi per scoprire se ti fidi di me-
-Non è necessario-
-Si che lo è!- inveì con fin troppa enfasi costringendolo ad alzare gli occhi su di lei e a fissarla con un sopracciglio alzato: -Lo è per me- concluse sussurrando.
In un istante qualcosa si accese nello sguardo di Manuel tramutandolo in una belva.
-SMETTILA! Tu non sai niente di me, e non te ne frega nulla altrimenti non mi avresti dato del figlio di puttana l'altra mattina. Te l'ho detto smettila di starmi tra i piedi e dimenticami è meglio per tutti e due!-
Non l'aveva mai visto in quello stato. Manuel si era sporto verso lei al di là del piano della cucina, stingeva forte i bordi di marmo come se volesse sbriciolarli, le aveva urlato in faccia quelle parole in preda all'ira convulsa.
I tendini svettavano sul dorso delle mani e sugli avambracci come corde tese di un violino e anche i bicipiti si erano gonfiati sotto le maniche della maglietta. Sul collo pulsava una vena di grosso calibro al ritmo del suo cuore impazzito.
Eppure non le faceva paura.
Sapeva che con i suoi muscoli avrebbe potuto farle davvero male, ma non si mosse, sapeva che non l'avrebbe sfiorata nemmeno con un dito. Mai, nemmeno nei momenti di passione più brutale, le aveva fatto del male: ogni volta che magari le stringeva un polso o una coscia troppo forte e Alice stringeva i denti per non farglielo capire, lui invece mollava la presa con una carezza quasi gentile.
Urlando le aveva lanciato contro parole dure che riconosceva di meritarsi.
-Ti sbagli..- continuò senza mollare il suo sguardo e sfoderando tutta la dolcezza di cui era capace: -..io continuerò a starti intorno finché ne avrò forza; e non sottovalutarmi, so molte cose di te, più di quanto immagini!-
Allentò leggermente la presa sul marmo e rise sarcastico per quell'affermazione.
-Sai bene che è vero!- ribadì Alice un po' offesa per la sua risata.
-Dimostralo...- la sfidò. Per tutta risposta si alzò dallo sgabello e cominciò a girare attorno all'isola al centro della cucina per raggiungerlo dall'altro lato. Lentamente misurando ogni passo e senza mai lasciare il nero dei suoi occhi.
-Vuoi le prove? Pensavo che mi conoscessi abbastanza da sapere che io non parlo mai per nulla-
Manuel non accennò a cambiare la sua posizione e Alice continuò il suo percorso verso di lui.
-So che sei preoccupato dell'esame più di quanto tu voglia far credere, soprattutto per Fisica perché avere la Spigarelli in commissione ti terrorizza...ma non ne hai motivo. Per quanto ti faccia schifo sei abbastanza intelligente per passare egregiamente anche la terza prova- era praticamente al suo fianco e lo scrutava in cerca di un cambiamento nei suoi lineamenti rigidi.
Alzò una mano col preciso intento di sistemargli una ciocca di capelli però si fermò qualche centimetro del contatto. La sua possibile reazione la spaventava, poteva compromettere tutto il suo lavoro.
-So che hai avuto a che fare con Cherubini, Dave, Marco e il resto della sua cricca e pure con Clarissa, e la cosa non posso negarlo mi spaventa. Vorrei che ti fidassi di me al punto da raccontarmi cosa ci sta dietro ma non posso importelo-
-E poi odi i compromessi, o tutto o niente...me lo hai detto una volta...- abbassò per un po' gli occhi e sapeva che era per l'imbarazzo di quel ricordo.
Manuel non avrebbe scordato facilmente l'occasione che lei aveva citato: era l'inizio di aprile, ed erano ancora in quella fase in cui il resto del mondo sembrava solo una cartonato di scenografia alla loro vita. Si vedevano quasi tutti i giorni, a scuola starle lontano era una tortura, desiderava morderla e baciarla in ogni momento, non tollerava il pensiero che Edo potesse averla quando non era con lui, ed ad ogni amplesso era come morire tra quei capelli ramati.
Tutto o niente Alice Aroldi...ti credevo meno pudica....
Poi non le aveva detto più nulla, aveva atteso un suo cenno dopodiché aveva alzato l'orlo del vestito trascinandola a sedere su di lui. I piedi puntellati alla porta e le dita affondate nei fianchi di Alice, abbracciati nel bagno del BlueMoon.
La Aroldi scivolò davanti a lui proprio in quel momento, passando sotto al suo braccio con una mossa felina. Ora si guardavano negli occhi a pochi centimetri l'uno dall'altra, come quella notte tra denti stretti per non urlare parole di troppo.
L'idea di spostare le mani dal marmo freddo al calore delle sue cosce lo fece tremare, fremeva al pensiero di prenderla di peso e scaraventarla sul tavolo per dimostrarle quanto gli fosse mancata.
-So che ti convinci di stare bene così, ma ti manca la tua famiglia-
Il respiro gli si fermò rumorosamente. Gli occhi sbarrati puntati su di lei.
Alice 2 Manuel 0. Palla al centro.
-So che non mi hai trattata come tratti tutte le altre...E che ti piaccio più di quanto tu abbia il coraggio di ammettere- parlò gentile e carezzevole, come se volesse davvero ringraziarlo per questo.
Non c'era malizia, ne accusa, ne rivendicazione.
Manuel spostò lo sguardo verso il basso, non voleva guardare più quei maledetti occhi azzurri. Non voleva arrossire, ne darle l'impressione di avere ragione.
Non doveva sapere Alice di essere stata il suo sole e la sua luna, il giorno e la notte, l'acqua e l'aria, l'amore e l'odio, la vita e la morte. Per tre banalissimi mesi.
Eppure lei ci era preparata, scivolò con una mano sotto il mento decisa e lo riportò incatenato al suo sguardo con un gesto dolce che non era un'imposizione.
-Ali..-
Tutto quello che avrebbe dovuto dirle rimase intrappolato in gola.
Mentre lei lo guardava negli occhi con dolcezza, splendida, quel sorriso solo accennato sulla bocca, più di tutto gli occhi sorridevano soddisfatti per aver catturato la sua attenzione.
Cercò di ritrovare la sua dignità posando lo sguardo intorno a se.
Quando i loro occhi persero il contatto seppe che probabilmente era tutto perduto, che lui non voleva arrendersi, che non le avrebbe mai aperto il cuore.
Si appoggiò con tutto il peso contro al tavolo e con una mano incrociò uno dei libri che lui aveva lasciato sul tavolo, gli lanciò uno sguardo distratto; quando lesse il titolo, gli concesse l'attenzione che meritava: "Storia del design moderno".
Il portatile acceso sul tavolo della cucina, quel libro, e una alta pila di quaderni. L'astuccio blu scuro decorato dal bianchetto con ghirigori geometrici e alcune matite sparse sul marmo.
Quando incrociò di nuovo la sua maglietta che si allontanava di un poco da lei Manuel non le era mai apparso così stanco.
-Stai finendo la tesina?- chiese interrompendo il discorso che l'aveva portata lì immobile tra le sue braccia, appoggiati entrambi allo stesso tavolo. Colpì il libro con due dita.
-Stai cercando di cambiare argomento?- le fece il verso aprendosi in un sorrisetto scettico.
Purtroppo aveva imparato a conoscerla fin troppo bene, per lui era trasparente come un bicchiere di cristallo.
-Sì perché a questo punto credo che non otterrò più le risposte che cercavo- gli sorrise per spronarlo a parlare. Ultimo stremato tentativo.
-Sei una rottura!- rispose allontanandosi definitivamente da quella posizione così intima.
Attraversò la cucina a passo di marcia e si fermò sotto l'arco della porta dandole le spalle: -Se vuoi le tue risposte vieni e sta zitta!-
Spaesata ci impiegò qualche secondo per realizzare quanto le stava dicendo, ma si affrettò a seguirlo lungo il corridoio mantenendo fede all'invito al silenzio.
La portò in camera sua. Con un gesto automatico le indicò la poltrona perché si sedesse e aspettò che si accomodasse sulla pelle nera con le gambe a cavallo di un bracciolo.
Non sorrideva eppure nella sua espressione non poté che leggere ansia e una punta di curiosità.




Spazio Autrice:


Dopo mesi di latitanza eccomi qui!
Che lavativa...direte voi!
E in effetti è così!!
Ma gioite ora sono tornata e ho preparato già anche il prossimo capitolo
quindi fine delle attese millenarie!
[odiatemi pure per avervi lascito con un finale così...^^]

Jack è troppo buono, Manuel un cazzone cretino e Alice una pazza egocentrica..
ma la vita è bella perchè è varia!!



Come al solito vi amo e vi adoro per le splendide recensioni  a cui mi accingo a rispondere:

Ilary92: cara vorrei postare più spesso, come vorrei fare un viaggio in india, avere tre mesi di ferie, un attico a Parigi e due gatti...insomma ci siamo capite no?
RBAA: Tesora!! come vanno i tuoi studi?? io sono prossima alla laurea sai? Eh si ci avevi preso Droga è la parola chiave del mistero di Manu... vedrai che avremo anche altri particolare, nel prossimo capitolo HIHIHI Condivido l'iniquità della razza maschile (perchè di razza si parla!!) ma non possiamo farci più nulla, è un destino crudele il nostro!! Non ho avuto tanto tempo per leggere molto ultimamente spero di recuperare presto con le tue storie!! baciii
Angyr88:  Eheheh lasciare le cose in sospeso è il mio gioco preferito...sono contenta che la storia ti sia piaciuta! io sono sempre alla ricerca di gratificazioni perchè (come saprai) è snervante non sapere quello che i lettori pensano..spero di trovare una tua recensione, sono sempre molto gradite!! baci
Annalisa70: anch'io voglio pubblicare il continuoooooo uffa! devo impegnarmi ma sono sempre troppo incasinata!
Ozz: finalmente! da tanto non vedevo una tua rece!! Manuel e umano nella stessa frase un po' stonano, lui esula dalla razza per varie ragioni...sono felice che la storia ti piaccia! Spero anche questi ultimi cambiamenti!! ^^ baci
Betty: ehi ciao!! come al solito non ho mantenuto la promessa!! Londra?? piaciuta? io sinceramente l'ho odiata! Devo smentirti: le lettrici invisibili (ora sono due) non sei tu, ma le mie compagne di corso che ho (ahimè) coinvolto in questa avventura e leggono sempre tutti i capitoli! in ogni caso fai bene a tormentarmi con le mail, e anche su fb! Ci vuole qualcuno che mi sproni. Anche se la mia beta già ci mette un gran impegno!! Aspetto con ansia le impressioni sul nuovo capitolo!! baci
bimbic: benvenuta nel club dei quelle-che-leggono-un-mucchio-ma-non-recensiscono-un-tubo! Mi sa che siamo in parecchi comunque! Non ti preoccupare l'importante è che leggi (e magari fai girare la voce sulla mia Splendida creatura)!! Siamo concittadine?? wow! Bolognese anche tu...hihihi forse allora sarai l'unica a notare i tanti punti che mi da la nostra amabile città! baci
Rodney: chiedo venia ma davvero sono stata incasinatissima, tra matrimoni università lauree esamini ed esamoni, mi sono ridotta a scrivere tutto di notte...vorrei avere più tempo, ma giuro GIURO che la storia le finisco!! baci



Un saluto alle lettrici invisibili che sono diventate DUE!!


Baci a tutte
direi che ci rivediamo i primi di settembre!!

Vale



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Capitolo 13
*** 13 ***


cap13
So che non mi vedete da un pezzo ma forse sono tornata a pieno ritmo..vorrei averne la certezza. Ma in fondo ci sono un sacco di cose che vorremmo e che non si avverano.
Vi adoro solo per il fatto che state leggendo queste righe.
Consiglio: andate a rileggervi l'ultima parte del cap 12..così per rinfrescare la memoria prima di questo (sconvolgente) nuovo aggiornamento...





-13-






"Non avevo niente da offrire a nessuno
 eccetto la mia stessa confusione"
(J. Kerouac)



-Chi ti ha detto cosa?-
Alice alzò le spalle sfoderando le sue doti sceniche migliori: -Non sono tenuta a dirtelo, e poi che importa il chi? Per il cosa invece è facile, sono stata messa al corrente della versione ufficiale, quella che sanno tutti.-
Aggrottò le sopracciglia di fronte a quella risposta così vaga.
-E allora non hai bisogno di sapere nient'altro..- replicò abbandonandosi con le spalle al muro e la braccia incrociate.
Era diventata talmente brava a leggerlo che intuì subito dalla posizione che non le avrebbe più detto nulla se fosse dipeso da lui.
-Bisogno non senso più comune del termine forse no, ma lo voglio sapere! E sopratutto lo voglio sapere da te!-
Aveva fatto un grosso azzardo ad alzare il tono, e le conseguenze si videro subito: -Non c'è un cazzo da sapere Alice, chiaro!?! Sono fatti miei! Tu non centri nulla e stanne fuori finché puoi!!-
-Perché? Dammi delle risposte porca vacca!-
-No!-
Nell'impeto della conversazione entrambi si erano alzati, ed erano finiti a fronteggiarsi faccia a faccia a meno di un metro l'uno dall'altra.
-Non mi interessa quello che vuoi tu! Io devo sapere, non voglio essere lasciata fuori da nulla che ti riguardi!- Alice si era fatta leggermente indietro nel momento in cui aveva percepito la sua vicinanza effettiva, e perdipiù aveva pure smorzato la voce nel tentativo di prenderlo con le buone.
-Perché?- fu la più che lecita replica di Manuel che la guardava fremendo.
Era davvero curioso di sapere cosa avrebbe risposto. Si sarebbe scoperta? Avrebbe messo tutte le carte in tavola?
-Perché ti interessa? Non stiamo più insieme, anzi se è per questo non siamo mai stati assieme.-
Non era la prima volta che le diceva una cosa del genere eppure le fece sempre e comunque lo stesso effetto: le lacrime vacillarono sul punto di esondare, ma le bloccò con un respiro profondo concentrandosi sulla risposta che avrebbe voluto dargli.
-Io ci tengo a te. Per qualche motivo assurdo, ti voglio bene. Anche se ambigua, senza ragioni e più incasinata che altro, io e te abbiamo avuto una relazione se così si può dire, e questo non puoi negarlo. Ecco perché voglio la verità!-
Manuel trasecolò facendo uno sforzo inumano per nasconderle la sua reazione, mai si sarebbe aspettato una risposta così sincera e diretta.
Relazione. Quel termine non era mai venuto fuori prima, anzi evitavano accuratamente di dare nomi e definizioni al loro rapporto. Nessuno si era azzardato ad affibbiare all'altro termini di possessione, per lui Alice era solo Alice.
Ne la sua ragazza, ne la sua migliore amica, ma nemmeno solo un amante, Era tutto e molto di più allo stesso tempo. Senza nome, senza definizione.
Forse era arrivato il momento di metterla alla prova.
-Bene!-
Si voltò ad aprire l'armadio un passo dietro di lui, chinandosi poi al secondo cassetto. Alice lo studiò con attenzione tornado seduta sul bordo del letto. Accavallò le gambe in tensione, un groppo d'ansia le impediva quasi di respirare regolarmente.
L'ora della verità era arrivata: niente più segreti, fughe o malintesi. Il momento in cui avrebbero raggiunto un punto di equilibrio, insieme o lontani che fosse almeno le cose sarebbero state chiare.
Seguì con attenzione il frusciare dei vestiti che spostava evidentemente alla ricerca di qualcosa, poi d'un tratto senza preavviso le lanciò qualcosa. Non ebbe nemmeno il tempo di muoversi per afferrare l'oggetto che quello si depositò leggero sul lenzuolo proprio accanto alla sua mano.
In un primo momento non lo riconobbe per la mimetizzazione perfetta col candore del letto, ma bastò un attimo per associare quel piccolo quadrato di plastica al racconto di Jack.
-E' ciò che penso che sia?- mormorò con un filo di voce dopo un attimo di evidente smarrimento.
Manuel le si era avvicinato di un passo e se ne stava ritto davanti a lei, non alzò le sguardo per parlargli ne per ricevere la sua risposta, la sua attenzione era tutta per l'oggetto posato accanto alla sua mano.
-E' coca.- Due sillabe di puro orrore. -Una dose per due piste.-
La verità era lì. Ad pochi centimetri dalle sue dita.
E Manuel non era più il ragazzo che aveva sempre creduto.
La sua storia disastrata perse ogni valore davanti a quella bustina piena di polvere bianca. Le testa le si riempì di domande una più assurda dell'altra. Dove avesse trovato i soldi per quella roba, come faceva ad assumerla, quali fossero gli effetti, oppure se l'avesse mai visto fatto senza accorgersene. In bilico tra la voglia di scappare o di urlargli contro, finì col rimanere vigliaccamente in silenzio.
-Tu mi hai chiesto la verità! Ora lo sai, se sei soddisfatta per quanto mi riguarda puoi anche andartene. Oppure c'è altro che il tuo cervellino svelto vuole sapere?-
Non urlò, se mosse un muscolo per avvicinarsi o riprendersi la bustina.
Di tutto quello che aveva voglia di chiedergli (se avesse smesso innanzitutto...) nulla sembrava importarle o tentare di raggiungere le corde vocali per dare voce alle sue domande.
Qualsiasi particolare sarebbe stato fuori luogo, nulla aveva importanza. Jack le aveva detto di ricordarsi chi era Manuel, com'era stare con lui al di la di qualsiasi cosa avesse potuto dirgli. E fu questo che cercò di tenere a mente mentre si sforzava di produrre una reazione.
Cosa doveva fare? Avrebbe voluto avere un giorno una settimana per poterci pensare e poi dirgli qualcosa. Ma quel lusso non poteva permetterselo. Lui pretendeva una reazione. Se se ne fosse andata senza dir nulla l'avrebbe perso davvero per sempre.
-Manuel..- sussurrò faticando a sentire la sua stessa voce.
Non si mosse, così fu Alice ad alzare lo sguardo e alzarsi in piedi faticosamente.
La guardava e non la vedeva. Sentiva il cuore martellargli nei timpani in attesa di qualsiasi cosa sarebbe uscito da quelle labbra morbide e perfette. Non abbassò lo sguardo e incastonò gli occhi nei suoi in attesa.
-Cosa sono io per te?-
Avrebbe potuto chiedergli come avesse iniziato, perché o se avesse smesso. Ma Alice valutò che se avesse voluto dirglielo lo avrebbe fatto da se per questo gli aveva fatto l'unica domanda che sopra a tutte avesse un senso.
-Non lo so- rispose Manuel con una nota evidente di frustrazione nella voce. Forse se fosse stato meno stoico si sarebbe passato le mani sul volto vista la sua espressione.
-Bene, allora muoviti a scoprirlo perché è l'unica cosa importante e io non ho intenzione di aspettarti per sempre.-
Detto questo lo aggirò senza aspettare di vedere quale reazione le sue parole avessero provocato, con le spalle curve per il peso di quella mezz'ora in quella casa prese la via delle scale.
-Quindi e' tutta qui la tua curiosità? La tua fame di gossip è stata soddisfatta? Non vuoi sapere altro, per esempio se ho smesso o no? Sei venuta qui a pretendere una verità di cui non te ne frega niente, oppure la cosa ti disgusta al punto da andartene così? Sei così egoista e presuntuosa da interessarti a me solo in riflesso a quello che provo io per te?-
Aveva ascoltato tutto di spalle sapendo bene che lui non vedeva l'ora di sfogarsi così con lei, di rispondere a tutte le domande solo dopo che gli aveva mostrato la sua indifferenza alla cosa. Proprio per questo si voltò e gli sorrise.
-Ho sbagliato a costringerti a parlarmene. Quindi aspetterò che sia tu a volermelo dire. Per questo ti ho chiesto cosa sono io per te, quando l'avrai capito saprai anche se avrai abbastanza fiducia in me per dirmi tutta la verità.- quelle parole lo lasciarono talmente basito che sgranò gli occhi e non rispose nulla.
-A stasera.- lo salutò con una breve carezza su una spalla e gli voltò le spalle definitivamente.


"Tu a difendermi e farmi male
Sezionare la notte e il cuore
Per sentirmi vivo
In tutti i miei sbagli
"
(Subsonica)


Il ponte del 2 giugno era ufficialmente iniziato e prevedeva un programma inflessibile per il trio.
Dopo la discussione a casa di Manuel, Alice era rientrata in casa piangendo. La tensione che aveva accumulato l'aveva sfogata in un pianto senza freni sotto la doccia, non le piaceva piangere in quel modo così violento da scuoterla fin nello stomaco per questo si era rifugiata sotto il getto dell'acqua, in un certo senso era un compromesso con se stessa. Le lacrime si mischiavano con l'acqua e come si dice occhio non vede cuore non duole.
Finito di ricomporre il suo aspetto impeccabile, cominciò il rituale tour di preparazione a serate importanti: estetista manicure e parrucchiere.
La sera prima avevano sovvertito le abitudini del venerdì sera di baldoria: i ragazzi si erano rintanati tutti a casa Zonin con il condizionatore puntato su 17° e una cassa di birra nel frigo per vedere la finale di scudetto, mentre le ragazze a casa Aroldi avevano optato per un sushi d'asporto e una commedia romantica con Luca Argentero (il loro idolo erotico per antonomasia).
Verso mezzanotte i due gruppi si erano ricongiunti, ma Alice era fuggita a gambe levate dalla prospettiva di vedere Manuel in previsione della conversazione che si era rivelata ben peggiore di quel che immaginava.
In effetti quando l'aveva lasciato con la certezza che l'avrebbe rivisto alla cena che avevano organizzato Paolo e Charlie, non aveva minimamente pensato alla faccia di bronzo che avrebbe dovuto sfoderare e mantenere per tutta la serata.
Laura la raggiunse a metà pomeriggio e si fece raccontare tutto mentre Alice tentava di metter ordine nel caos primordiale del suo armadio in previsione del rientro dei suoi dalla crociera. Se sua madre avesse trovato quel guazzabuglio di magliette jeans e vestiti l'avrebbe appesa per il collo al lampadario.
-Quindi non avete risolto un bel niente in definitiva? Oltre al fatto che gli hai velatamente detto di decidersi alla svelta, non hai cavato un ragno dal buco?-
Le aveva rifilato quella che aveva deciso che sarebbe stata la versione ufficiale dell'incontro. Non poteva certo andare a raccontare in giro della dose di coca dopo avergli chiesto di darle fiducia?!
-Più o meno è andata così..- e l'altra non le fece più altre domande
Fu un lavoraccio catalogare tutto il suo guardaroba, Laura l'aiutò parecchio e come ringraziamento se ne andò a casa con un paio di magliette nuove di Alice.
-In tutto questo casino che hai riordinato hai trovato qualcosa da metterti per domani sera?-
Il giorno dopo ci sarebbe stata La festa. Quella dei diplomanti al BlueMoon. La loro ultima festa da liceali al BM, una manifestazione di potere in piena regola, un modo come un altro per lasciare un'impronta indelebile del loro passaggio alle Stimate.
-In parte si, avevo già deciso di mettere quel tubino di voile nero di Pepejeans, devo pensare alle scarpe e gli accessori ma direi che sono più o meno decisa.-
-E per stasera invece?-
-Bah per andare a mangiare la pizza con i ragazzi un paio di jeans andranno benissimo, no?-
-E se Manu avesse deciso di aver trovato la risposta alla tua domanda?- la bionda le lanciò uno sguardo malizioso che Alice conosceva da anni.
-Anche in quel caso i Jeans andranno benissimo..-
-Mamma mia quanto sei noiosa, dopo cena che abbiamo i programma? Tu ne sai qualcosa, anche Chichi non ne sa niente...- scrollò la chioma bionda oltre al bordo del letto su cui stava stravaccata ad occhi chiusi.
-Smettila di chiamarla così se ti sentisse s'infurierebbe...-la ammonì Alice con una sguardo birichino.
-Sisi, piuttosto chi c'è in linea su msn che magari chiediamo informazioni?-
Alice si sporse oltre la pila di magliette che stava selezionando per afferrare il portatile, un paio di colpi sulla tastiera e rimase a bocca aperta nel vedere il contatto di Manuel impostato su "in linea".
-Guarda un po' Mister Non-So-Cosa-Provo-Per-Te è in linea e ha pure cambiato il messaggio iniziale, dice: "Nothing left to lose"... Niente da perdere...-
-E' una canzone, non mi ricordo di chi però?- intervenne Laura senza muoversi dal suo giaciglio, era sempre stata molto più competente delle altre dal punto di vista musicale: -Credi che sia riferito a te?-
Nothing left to lose...
-Conoscendo lo probabilmente no, è già un miracolo che sia collegato a messenger...-
All'appuntamento delle 8 a casa Zonin, non troppo distante da quella di Manuel, Alice era arrivata trafelata con un quarto d'ora di ritardo -scatenando le ire di Chiara, l'occhiata sbieca di Mister Non-So-Cosa-Provo-Per-Te che pareva non essersi nemmeno accorto del suo arrivo e quella ironica di Laura- nonostante avesse avuto tutto il tempo per prepararsi. Quella sera c'era qualcosa di strano nella sua immagine allo specchio, non era mai perfetta.
-Solo un paio di Jeans eh?-
In effetti i jeans li aveva messi, all'inizio, poi erano finiti di nuovo nell'armadio lasciando il posto ad un paio di shorts neri e ad una camicetta di voile di seta color avorio bordata di nero. Incredibilmente senza tacchi e con i capelli raccolti sulla nuca in uno chignon improvvisato all'ultimo minuto.
L'aveva liquidata con la scusa del caldo che la bionda non si era affatto bevuta, ma aveva fatto spallucce fasciata in un abitino di cotone blu notte senza spalline che le metteva in bella vista la quarta di reggiseno che Alice invidiava.
-Quindi dove si va?- aveva chiesto al gruppo pur di dirottare la conversazione su altro che non fosse il suo abbigliamento.
-Surprise...- intervenne Charlie zittendo Paolo che stava per rispondere: -Deve arrivare qualcun altro?- continuò
-No Edo non viene perchè aveva un altro impegno. Direi che ci siamo tutti ora che sono arrivati Filo e la rossa...-
Ormai non se la prendeva nemmeno più per quel nomignolo cretino che le avevano appiccicato addosso gli amici di Manu e Jack.
Si risolsero a prendere tre macchine dopo che Manuel li aveva preceduti dicendo che andava da solo in moto.

La pizzeria era carina. Abbastanza vicina al centro e con un soppalco centrale sul quale stavano solo tavolini da due per lasciare un po' di tranquillità alle coppiette, visto che la maggior parte dei tavoli era pieno di comitive di ragazzi rumorosi quanto loro.
-Chi era?-
-Cheru-
Il silenzio avvolse quella dichiarazione che forse nemmeno Manuel si aspettava avessero sentito tutti.
Senza volerlo si era trovata incastrata in un gran pasticcio.Al momento di sedersi a tavola le coppie si erano sedute ad un capo del tavolo Martina e il Vigna da un lato Laura Chiara con Jack e Charlie dall'altro, così Alice era finita senza volerlo nell'angolo dei single trascinata da Filo e Andre che la strinsero in un quartetto di ragazzoni dai bicipiti gonfi. Non avrebbe potuto rifiutare nemmeno volendo, la fecero sedere a forza di fronte ad Andre.
Manuel riprese posto accanto a maggiore degli Zonin con estrema noncuranza, senza quasi vederla mentre tentava di svicolarsi dalle battutine di Andre e Paolo.
Qualcuno l'aveva chiamato al cellulare allontanandolo per qualche minuto dal tavolo. Quel qualcuno rispondeva al nome di Andrea Cherubini.
-Che vuole da te quel delinquente?- Laura la ragazza seduta più vicino a loro, intervenne nello scambio spostando lo sguardo da l'uno all'altro
-Questo tuo continuo ficcanasare ti porterà alla tomba..- la ammonì laconica Alice due posti più lontana dall'amica.
Filo incrociò uno sguardo perplesso con Manuel, il quale non rispose.
-Oh Ali finiscila! Ero solo preoccupata per Manu, è meglio stare lontani da quel nano tronfio! Sapete che l'anno scorso per non farsi beccare dai cani della polizia ha messo la sua roba nello zaino di una di seconda, l'ha fatta sospendere ma tutti sapevano benissimo che non poteva essere sua..-
-L'omertà è un difetto genetico dell'adolescenza..- si lamentò Paolo in sottofondo, guadagnandosi un'occhiata ammirata di Chiara.
-Guarda bello che dalla loro espressione Filo Jack e il Vigna non sanno nemmeno cosa voglia dire omertà!- esordì Charlie con un tono roco che usava raramente. Quasi tutti risero, persino gli interessati.
-Chissene frega di Cherubini. E' un coglione non vedo nemmeno perchè dovremmo perdere tempo a parlare di lui. Sopratutto non vedo come potremmo parlane noi.- Alice tornò a rivolgersi all'amica mentre in sottofondo si affievolivano le risatine degli altri.
-Che intendi dire?-
-Com'è che si dice? Chi è senza peccato scagli la prima pietra? Beh avanti chi di noi è senza peccato. Guardaci: tu ieri hai comprato un paio di stivali da 300 euro -brutti peraltro- sfoderando la Visa senza batter ciglio, Filo tra qualche anno avrà bisogno dell'ossigeno per salire le scale se continua così, mezza scuola pensa Manuel che sia un rissaiolo delinquente, Chichi si fa venire una crisi di panico ad ogni interrogazione, io sono sulla via dell'alcolismo e Edo è uno stalker..Ognuno ha i suoi vizi e i suoi problemi. Cheru ha scelto la sua strada, e per quanto sia discutibile non possiamo demonizzare una persona solo perchè ha vizi meno distruttivi dei nostri!-
Per qualche momento calò il silenzio e tutti la guardavano con i bocconi a mezz'aria, ma non si fece intimorire continuò la sua pizza senza batter ciglio.
-Lo difendi?-
-Affatto! Anzi tutt'altro, io non lo ritengo neanche degno di entrare nelle nostre conversazioni, volevo solo farvi notare che non è l'unico ad avere dei difetti. Non giustifico assolutamente il suo modo di agire.-
Manuel posò le posate un istante dopo che Alice finì di parlare la quale però non ebbe il coraggio di incontrare il suo sguardo.
-Sono d'accordo con lei.- esordì il ragazzo stupendo tutti. Jack per primo, che temendo un battibecco tra i due si era messo silenziosamente all'erta, suo fratello invece che conosceva bene la situazione e quanto Manuel fosse suscettibile sul discorso Cherubini, smise di masticare e piantò gli occhi sul profilo del suo compagno.
-Cherubini non è un idiota, sa quel che fa e ne ha accettato i rischi anche se moralmente discutibili.- fece una piccola pausa per afferrare il bicchiere, poi riprese ben attento a piantare gli occhi in quelli di Alice: -Forse per lui il gioco vale la candela-
Quella frase aprì una valanga di cassetti che stava cercando di tenere ossessivamente chiusi nella sua mente.
E per lei il gioco valeva la candela?
Manuel valeva aver messo in gioco tutto il suo orgoglio?
Valeva la pena aver messo in gioco i suoi sentimenti per qualcosa che poteva benissimo ridursi a qualche pomeriggio di sesso?
Schivò subito lo sguardo di Manuel ben conscia che quella conversazione fatta lì in mezzo a tutti aveva in realtà ben altri significati. Se fossero stati soli che le avrebbe detto?
Lo vide riprendere a tagliare la sua pizza con la coda dell'occhio, mentre gli altri intervenivano finalmente nel discorso.
-Per me non vale la pena di rovinarsi per qualche attimo di benessere? Provate a immaginare se davvero si perdesse la vista a forza di masturbarsi, vi sareste fatti tutte quelle seghe sotto le coperte se foste stati consci del rischio?-
Senza nemmeno alzare lo sguardo, anche se l'avesse vista solo scritta, Alice sapeva benissimo che solo Laura avrebbe potuto tirar fuori una frase del genere in una tavolata di quasi solo uomini.
Subito tutti scoppiarono in risa o versi disgustati mentre Charlie tentava di convincerla che lui non aveva mai fatto nulla del genere in vita sua con un'espressione da diavoletto redento da manuale.
La tensione venne stemperata ulteriormente da Filo che oltre a chiedere altra coca-cola alla cameriera le chiedeva anche di uscire.
-Alice non ti offendere amore mio... Tu rimani sempre la più bella di tutte: ma quella ha un davanzale da paura!!- le aveva candidamente sussurrato il troglodita seduto a fianco a lei, ben attento a farsi sentire da tutto il tavolo: -Anche perché il tuo rimane in assoluto il più bel culo di Verona!-
L'uscita di Filo le aveva finalmente ridato il sorriso dopo i discorsi subdoli che avevano messo in piedi lei e Manuel diradando anche i pensieri cupi dell'amico, che ora lo guardava con gratitudine.
-Suppongo di dovermi sentire lusingata e per questo ti cederò ben due fette della mia pizza! Anche se in realtà dubito che tu abbia visto tutti i culi di Verona!-
-Ohohoh si che li ha visti tutti: uomini e donne! Non è vero Zonin? Sopratutto quello di Toffoli quello lo conosce benissimo, a proposito come va la vostra splendida storia d'amore? Quando farete outing?-
Ecco. Alice poté rilassarsi e godersi la sua birra, tanto mettere in dubbio l'orientamento sessuale degli altri per i diciottenni di genere maschile era in assoluto una delle attività più divertenti, almeno per un po' non avrebbero badato a lei incastrata tra Filo e Andre.
Sfoderarono insulti sempre nuovi, degni di neologismi danteschi al punto che Laura intervenne per far abbassare loro la voce che aveva attirato l'attenzione di altri clienti della pizzeria.
Manuel non partecipava così attivamente alla conversazione si limitava a sghignazzare o rispondere con un dito medio alle insinuazioni di Andre, l'unico ad avere il coraggio di insultarlo apertamente davanti a tutti. Si guardava intorno studiando con attenzione i processi relazionali che legavano i singoli membri del gruppo.
Le ragazze ad esempio erano un soggetto di studio interessante: già da lontano si notava quanto quelle tre fossero legate e che Martina fosse la new entry anche se facevano di tutto per farla sentire accettata. Jack invece era guardingo, spesso incrociava la sua traiettoria visiva per ammonirlo di qualcosa di incomprensibile, anche se la maggior parte del tempo rideva con Charlie e la sua ragazza. Loro erano la parte lustra e pulita del gruppo.
Poi c'erano gli altri.
Filo il pluriripetente che adulava Alice senza guardarla davvero, Manuel lo sapeva, lo faceva solo per farla ridere e farla sentire un po' meno distante. Insieme a lui c'era Andre col tatuaggio che sbucava dal collo della maglietta a renderlo ancora più minaccioso dei suoi sguardi altezzosi. Era il meno simile agli altri eppure teneva unita quella parte un po' sgangherata del gruppo. E c'erano Paolo e il Vigna, il primo taciturno e galantuomo sempre pronto a tendere una mano ad un amico che aveva scostato la sedia di Alice per farla sedere, l'altro pazzo e viziato che si era ridimensionato grazie all'amore per quella creatura minuta e dispotica che gli sedeva accanto.
In quella compagnia così eterogenea Manuel non vedeva la sua collocazione, era l'ultimo arrivato, il più problematico e distante dagli altri.
Alice nonostante tutto aveva le sue migliori amiche. E anche lì in mezzo a soli ragazzi aveva trovato una sua dimensione. Rideva alle battuta sconce di Andre e dell'indignazione di Paolo che tentava di difendere il suo -falso- candore. Era amalgamata con resto. Stava bene lì. Non stonava.
E lui?
Stonava il suo passato da drogato in una compagnia di giocatori di basket ammirati e invidiati?
-Manuel, tu invece?- fu Andre a riportarlo tra gli altri mentre
-Io cosa?-
-La tua bella? Quand'è che ce la porti?-
Manuel si guardò attorno e per la prima volta Alice lo vide in imbarazzo.
-Finitela..- brontolò senza intonazioni di sorta.
Nessuno osò rispondere ma ghignarono tutti e quattro sotto i baffi, Alice schiacciata in quel quadretto idilliaco non poté che abbassare gli occhi sulla pizza che stava centellinando. Era enorme troppo per lei, così pensò di fargli un doppio favore togliendolo dall'imbarazzo.
-Manu io non la finirò mai, le vuoi un paio di fette?- lui annuì cogliendo al volo l'occasione di svicolare da quel discorso e scambiandosi con Alice uno sguardo che valeva ogni sforzo.
C'era complicità, passione e un pizzico di ammonimento in quegli occhi neri.
-Rossa, il mio gatto mangia più di te lo sai?!- Andre le riprese per lo stesso motivo per cui Alice aveva scorto l'ammonimento negli occhi di Manuel. Ma lei rispose con un gesto incurante della mano.
-Se due fette le hai date a Filo, una a me e due a Manu, tu che hai mangiato scusa??- intervenne Paolo spalleggiato da Laura che non le staccava gli occhi di dosso. Alice rispose di nuovo con quel gesto incurante e addentò l'ultima fetta rimasta nel piatto sotto gli occhi di tutti. -Ti avverto che se mi dici che sei a dieta ti prendo a calci!- continuò Paolo puntandole addosso la forchetta.
-Ma volete lasciarmi in pace? Che avete stasera? Mangio, poco ma mangio, peso cinquanta chili e non ho mica lo stomaco grosso come il vostro io?- brontolò sentendosi punta sul vivo: -Mi sta pure venendo la cellulite nelle cosce...-
-Oddio..La cellulite??- fu Manuel a riprenderla intervenendo con un tono allibito e pieno di scherno.
-Si la cellulite? Cos'è vuoi controllare?-
-Non ce n'è bisogno...-sibilò il ragazzo lasciandola di sasso. Voleva svergognarla lì davanti a tutti? Oppure semplicemente non aveva pensato prima di parlare? -I tuoi pantaloncini non celano nulla!-
Si salvò all'ultimo minuto giusto in tempo per vedere le sopracciglia di Andre tornare a posto e l'espressione di Filo ricomporsi. Manuel le aveva tolto dieci anni di vita con quell'uscita.
-Cafone- si limitò a rispondergli senza nemmeno guardarlo.
Laura scrollò la coda con un cenno d'assenso e le fece un discreto occhiolino, mentre tutti continuavano a mangiare e ridere di quel piccolo siparietto.
-Guarda che non ho certo detto che non mi piacciono..-
Stava...flirtando??
Era impazzito, ovvio.
Alice schizzò con il capo nella sua direzione, le labbra spalancate in una piccola smorfia e gli occhi che ridevano compiaciuti. In contemporanea Andre sbattè una mano sul tavolo per sorreggersi dalla risata, Paolo si affogò con mezzo bicchiere di coca-cola, gli altri ridevano stentati per nascondere lo stupore e Jack dall'altra parte del tavolo si complimentava con se stesso per l'ottimo lavoro svolto su Manuel.
Al dolce ci arrivarono così, tra un battibecco e l'altro.
Gli unici ad essersi chiusi in un mutismo forzato erano Manuel e Alice, controllati a vista da Laura che non voleva perdersi nemmeno un fiato di quella serata così interessante. Si erano scrutati a lungo dopo l'ultima dichiarazione del ragazzo, entrambi, magari nascosti dal bicchiere o da una sistemata ai capelli, eppure nessuno dei due sembrava stancarsi di quel giochetto malizioso che avevano messo in piedi. Alice sorrideva guardandolo con la coda dell'occhio, invece Manuel alzava solo un angolo della bocca bruciandola con quegli occhi di arenaria.
La adorava letteralmente.
Charlie chiese il conto e prima della fuga generale si fece lasciare i soldi anche dai più reticenti.
Tornati alle macchine l'atmosfera goliardica scemò e decisero di separarsi.
Charlie e Jack volevano fermarsi al BlueMoon -con grande sconforto di Laura che ormai ci si sentiva fin troppo di casa-, il Vigna e Martina da come si tenevano abbracciati occhi negli occhi avevano programmi che non prevedevano compagnia, il resto dei ragazzi oscillava tra una partita a biliardo e un giro al campetto da basket ora che avevano ripristinato l'illuminazione notturna.
Alice propose di concludere la serata a casa sua visto che i suoi sarebbero rientrati il giorno dopo, il fatto di non avere birra fredda in casa però fece scartare subito l'ipotesi. Finirono così tutti a fare -o guardare- una partita a biliardo in un pub con giardino estivo che offriva alle ragazze la possibilità di appartarsi a spettegolare.
Tutti, tranne Manuel.
Fu l'unico ad andarsene per conto suo, nonostante l'insistenza di Andre e gli sguardi apprensivi di Filo, casco alla mano era già pronto a filare via dopo aver pagato il conto, e adducendo scuse poco credibili se la filò da solo in sella alla sua Honda. Quando Jack si avvicinò a suo fratello per chiedere spiegazioni le uniche parole che gli uscirono dalla bocca furono glaciali: -Va a estinguere il suo debito-









Spazio Autrice:
Ritardo inqualificabile...
questioni di vita o di morte...

baci a tutti
chi legge e chi recensisce

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Capitolo 14
*** 14 ***




Relazione Clandestina



-14-






"la tua bellezza sale fino in fondo all'anima,
solo ad immaginare la tua mano cosa fa
"


Quando il cellulare trillò nel buio della stanza quasi saltò sul letto.
Lo afferrò con il cuore in gola, spaventata dalle ipotesi apocalittiche che le affollavano la mente. Era un messaggio. Di Manuel.
Il pollice vibrò leggermente per la frenesia mentre premeva il tasto rotondo al centro della tastiera, il testo apparve subito confortandola un po'.
"Sei a casa?"
Compose il testo e lo inviò ancora prima di avere la consapevolezza di averlo fatto.
"Si"
Che cosa voleva? Si accorse che era l'una passata solo dopo essere tornata alla schermata principale del cellulare, l'una e trentasette. La consapevolezza di cosa potesse volere da lei a quell'ora indecente si sviluppò piano piano. Manuel sapeva che Alice era sola a casa, ne avevano parlato fuori dalla pizzeria, e a cena era stata fin troppo accomodante con lui visto quello che le aveva rivelato nel pomeriggio. Avrebbe dovuto ignorarlo? O peggio starne alla larga?
Eppure non riusciva a vedere qualcosa di pericoloso in lui nonostante tutto...
Una seconda vibrazione interruppe i suoi castelli in aria prima che prendessero una forma concreta.
"Sono davanti al tuo cancello. Aprimi"
Eccolo il solito messaggio. Manuel non faceva domande...ordinava, da chi cavolo aveva imparato quei metodi barbari di comunicazione??
Contro ogni pronostico si scapicollò fuori dalle lenzuola per correre alla porta in pigiama. Tutte le ipotesi malevole di prima scomparirono per far posto ad altre molto più drammatiche condite di sangue e ossa rotte.
E oltre la porta lo spettacolo non era poi troppo distante dalle sue immagini mentali.
Manuel era scuro in volto, la maglietta bagnata dall'acqua che colava dai capelli e macchiata di rosso attorno al collo e su una manica, un sopracciglio incrostato di sangue circondato da altri piccoli sfregi e un graffio più grosso sulla guancia dallo stesso lato. Non fece nemmeno in tempo a spaventarsi e urlare che incrociò i suoi occhi che la costrinsero al silenzio.
-Entra- mormorò solo spostandosi di lato.
Conosceva vagamente casa di Alice l'aveva vista solo una volta di sfuggita. Era molto diversa dalla sua: una villetta bifamiliare con un bel salotto con divani a ferro di cavallo e un tavolo da pranzo in vetro. C'era calore in quella casa, foto sulle pareti, quadri e tinte calde, vasi di fiori e candele, tutte cose che in casa Bressan erano sparite con la morte di sua madre e la dipartita di suo padre. L'unica stanza di quella casa ad avere una parvenza di vita era la stanza di Manuel.
Dopo aver posato il casco a terra aspettò che fosse lei a fargli strada.
-Cosa ti è successo?- gli chiese subito dopo averlo fatto accomodare in cucina.
Evitò di risponderle tanto sapeva che sarebbe tornata alla carica più tardi. Ne seguì i movimenti tra la cucina e il ripostiglio alla ricerca di cotone e disinfettante e mentre bagnava un canovaccio sotto al rubinetto. Pragmatica e decisa, dopo un primo momento di confusione, non aveva perso la calma neanche davanti al sangue.
-Mio padre è a casa con degli amici, non potevo presentarmi così..- strinse i denti mentre Alice provava a pulirgli la faccia -Jack e Filo avrebbero fatto troppe domande. Andre invece non so dove sia-
-Quindi speri che io non te le faccia??-
-Mi devi ancora un favore, e non sei pericolosa quanto loro. Me ne avrebbero date il doppio solo per non averli portati con me..-
Stava seduto nella grande cucina in cotto con i gomiti poggiati al tavolo e le palpebre che gli si chiudevano dal sonno sotto il tocco discreto di quelle manine bianche. Lo stava medicando delicatamente, in piedi di fianco a lui, e non appena lo toccò con il batuffolo imbevuto di disinfettante Manuel scattò indietro colpito dal bruciore della sostanza a contatto con la ferita. Strizzò gli occhi cercando di trattenere un ringhio molto irritato.
-Su su dai, non farà più male di quando te l'hanno fatto, no?- 
La guardò torvo e ritornò al suo posto gli occhi concentrati sui piedi nudi della ragazza.
Aveva le unghie dipinte di un verde brillante che saltava subito all'occhio.
L'operazione continuò ma si trattenne da scappare al contatto con il disinfettante, digrignò solo un po' i denti. Essere davanti lì in quelle condizioni era già abbastanza umiliante, non poteva fare pure la figura del bambino piagnone. Alice sbuffò un paio di volte ma sembrava più che altro divertita dalla sua rigidità e dal fatto che quel taglio fosse tutto fumo e niente arrosto.
Quando la tortura si interruppe tornò di nuovo tranquillo.
La guardava a pochi centimetri da lui mentre studiava pensierosa la ferita..
-Hai detto che sei da sola, giusto?- chinò il capo da un lato guardandosi attorno senza un velo di malizia, forse più per assicurarsi di non rischiare incontri spiacevoli.
All'improvviso quella camicia da notte le sembrò troppo corta, lisa e slavata per stare di fronte a lui senza arrossire, avrebbe dovuto quantomeno infilarsi un paio di pantaloncini prima di aprirgli. Annuì dignitosa.
-Che hai fatto per meritarti questo?- gli chiese indicando il lato destro del suo volto con gli occhi.
-Ho fatto incazzare gli amichetti di Cheru-
Cercò di focalizzare le facce dei tipi di cui parlava con scarso successo, Cheru era una figura indimenticabile tutto tronfio nella sua misera altezza, i suoi comilitoni erano due, uno smilzo ma perecchio più alto, l'altro invece per quanto ricordava somigliava in tutto e per tutto a un cinghiale.
-Wow! Che magnifica idea..- riprese a medicarlo con l'acqua ossigenata con più vigore: -Filo ha detto che dovevi saldare un debito, suppongo che questa sia la liquidazione!?! Tieni qui.-
La sua mano si sostituì a quella sottile e delicata di Alice sul batuffolo mentre gli cercava un cerotto nella scatola.
-Ehi guarda che non le ho solo prese! Vedrai Dave che bell'occhio nero che sfoggerà..-
Gli sorrise con un misto di divertimento e ammonimento che riusciva a sfoderare solo lei per poi attaccargli un cerotto grosso e bianco senza troppa premura sul sopraciglio.
Passarono qualche minuto in silenzio mentre la ragazza smaltiva carte e batuffoli sporchi di sangue e Manuel finiva di pulirsi il collo dal sangue con l'asciugamano, incrociarono gli sguardi un paio di volte senza dirsi nulla in particolare. Solo allora notò davvero l'abbigliamento di Alice.
Una canottiera bianca la copriva appena sotto al sedere, lasciando le gambe altrettanto pallide completamente esposte alla sua vista. I capelli slegati avevano preso l'onda della crocchia in cui li aveva stretti a cena, stavano scompigliati su una spalla, alcuni ciuffi della franghia spettinata voltati all'insù.
-Dormivi già?-
Alice annuì chinandosi sulle ginocchia per prendere una bottiglia d'acqua dal mobile, il vestito scivolò in avanti senza che lei se ne accorgesse e Manuel ebbe l'esatta percezione di tutto ciò che non indossava sotto la camicia da notte.
Gli offrì un bicchier d'acqua che ignorò, troppo impegnato a cercare una scappatoia dalla visione della ragazza a meno di un metro da lui.
Di nuovo piombarono nel silenzio imbarazzante di prima, e pur non concentrarsi troppo su di lei cominciò a vagare con lo sguardo per la cucina. L'unica cosa che gli saltò all'occhi fu un foglio bianco appeso al frigo con due calamite, era una lista dei cose da fare, una sorta di promemoria, vergato con la calligrafia regolare e asciutta di Alice. Alcuni punti erano stati sottilineati, altri cancellati: quelli ancora da fare erano riordinare la stanza, passare al lavasecco e chiamare il tecnico del modem. Non era abituata quanto lui a stare sola, lui aveva smesso di farsi quelle liste da quasi un anno.
Perso nella sua osservazione si accorse tardi dell'espressione stranita e del risolino di Alice in sottofondo.
-Che c'è?- le chiese irritato dalla curiosità con cui lo scrutava.
-Non ti avevo mai visto sbadigliare...quindi sei umano!?-
-Simpatica!!- si beò del suo stesso sarcasmo perchè la sua semplicità lo irritava più di quanto non fosse di suo: -Sono stanco stamattina mi sono alzato presto e ho passato il pomeriggio al campetto con Jack-
Non sapeva nemmeno perchè le stesse dando spiegazioni.
-Puoi dormire qui se vuoi- 
Manuel la guardò stupito alzando il sopraciclio sano, cos'era una dichiarazione di guerra? Si era forse accorta della brama con cui la guardava? Probabilmente no visto il sorriso gentile che aveva sfoderato.
A che gioco stava giocando?
-Perchè?-
-Mi piace dormire con te..- mugugnò facendo spallucce: -E poi mi parva di aver capito che non fosse il caso che tu tornassi a casa in queste condizioni..-
Eccola. Quella era Alice. La piccola addescatrice maliziosa dagli occhi blu che l'aveva irretito quella sera d'inverno.
-Va bene-

Era stato solo una volta in camera di Alice, il giorno in cui erano stati insieme al lago l'aveva accompagnata a casa a cambiarsi ed era rimasto seduto sul suo letto tutto il tempo seguendola con gli occhi entrare e uscire dal bagno.
Quella stanza era come l'aveva sempre immaginata, incasinata e colorata.
Aveva una grande scrivania con sopra un caos spropositato, un'armadio a tre ante che straripava di vestiti che l'altra volta non erano così in ordine, il letto a una piazza e mezzo con le lenzuola azzurre con stampate delle nuvolette gialle e rosa. Il pavimento non era più disseminato di scarpe spaiate, c'era solo un paio di ballerine, le stesse probabilmente che aveva indossato a cena.
Niente era esattamente al suo posto ma lei sembrava starci bene in quel disordine.
Sul comodino un i-pod su un amplificatore dal design iperfemminile diffondeva deboli note di un concerto di pianoforte -Chopin conoscendo i gusti di Alice-, il portatile ai piedi del letto, sulla scrivania un altro computer fisso da cui si diramava una ragnatela di cavi che lo collegavano a vari pezzi sparsi sopra o sotto il tavolo. Su una mensola sotto la finestra pile disorganizzate di giornali di moda e libri.
-Scusa il disordine, ma quando non c'è mia madre mi lascio un po' prendere la mano..- gli disse appena lo vide entrare spaesato in camera.
Non le rispose.
Al bordo inferiore del letto era appeso un reggiseno che Manuel riconobbe e non potè che sorridere davanti al pizzo cosparso di piccole margherite binahce gialle.
-Posso usare il bagno?- le chiese mentre Alice si muoveva per dare una parvenza d'ordine, raccolse alcuni libri da terra e li posò in bilico su una pila di fogli sulla scrivania, chiuse le ante dell' armadio gettandovi dentro alla rinfusa tutto ciò che stava sul fondo del letto, poi raccolse una scatola aperta da terra che conteneva una serie di attrezzi da disegno, squadre righelli e goniometri di ogni dimensione e la nascose sotto il letto.
-Certo certo- brontolò.
Manuel si chiuse la porta del piccolo bagno privato alle spalle con un sorriso sulle labbra.

Quando uscì sembrava vagamente più orientato, e notò subito quanto la camera sembrasse più ordinata. Dal bagno l'aveva sentita armeggiare per tutto il tempo, ed ora non c'era più nulla appeso al letto, ne oggetti a terra. In compenso in bagno aveva trovato di tutto: rossetti e mascara sparsi ovunque, vestiti accumulati in un angolo, un post-it sullo specchio con disegnata una grossa P rossa e un punto esclamativo e accessori per capelli che straripavano dal cassetto. Il concetto di ordine e razionalizzazione le era completamente estraneo.
La trovò seduta contro la testata del letto con le mani in grembo, ed era chiaro che lo stesse aspettando da come lo fissava.
Manuel si sfilò la maglietta e la lasciò cadere a terra ai piedi del letto, poi passò alla chiusura dei jeans continuando a guardarla negli occhi. Stordita dalla visione ci mise un po' per organizzare pensieri coerenti e spostare lo sguardo, doveva per forza spogliarsi in quel modo?
Non ci fu bisogno di dirsi nulla, era come era sempre stato a casa di lui: Alice a destra Manuel a sinistra. Venne naturale ad entrambi disporsi così, non ci fu bisogno di parlarsi.
Manuel le voltò le spalle, nonostante lei sapesse benissimo che dormiva quasi sempre a pancia insù: -Buonanotte-
-'Notte- rispose in un brontolio assonnato lui.
Non rimasero a lungo schiena contro schiena in quella posizione ridicola e poco riposante, ognuno accucciato sul bordo esterno del letto e presto si ritrovarono sdraiati quasi l'uno contro l'altra in posizioni molto più gradevoli. Al solito il ragazzo infilò un braccio sotto al cuscino, l'altro, quello con cui di solito l'abbracciava, abbandonato sul petto.
Alice invece non riusciva a rilassarsi, e allo stesso tempo temeva di disturbarlo nel tentare di trovare una posizione comoda. Era rigida e immobile con le braccia innauralmente abbandonate ai lati dei fianchi, incapace di reagire.
I minuti passavano nel silenzio più totale della casa, i soliti scricchiolii provenienti dall'armadio, il respiro ritmico di lui, tutto nella norma. Eppure non la straniva averlo lì.
-Dormi?- chiese sussurrando dopo interminabili minuti di insonnia e pensieri che si rincorrevano senza ne capo ne coda.
Dovette attendere un po' ma alla fne la risposta arrivò: -Ci stavo quasi riuscendo- 
-Domani pensi di andare al lago con gli altri?-
-Forse-
Alice si voltò verso il comodino e con una semplice pressione su un tasto riempì la stanza con una canzone lieve dal ritmo lento e irregolare, il volume era bassissimo, ma la note riempivano dolcemente il silenzio.
Lui voltò la testa guardandola per chiede spiegazioni a quel gesto.
-Ogni tanto dormo con la musica, mi concilia il sonno. Ti da fastidio?-
Non le rispose tornò solo a fissare il soffitto e poi chiuse le palpebre rapito da quel suono.
-Uhn..già la tua insonnia...- commentò ricordando il suo problema -Ti capita ancora?-
-Spesso. In questo periodo poi, con gli esami e tutto il resto..- non si guardavano fissavano entrambi il soffitto.
Decise di ginorare quel "tutto il resto" che immaginava riguardasse anche lui, non gli piaceva l'idea di crearle problemi. Ascoltò meglio la sinfonia, riconoscendola vagamente per l'irregolarità dell'andatura.
-Chopin immagino?-
-Bravo! Questo me l'ha consigliato Andre Pasini sai, dice che a lui rilassa..-
Manuel rimase in silenzio ad occhi chiusi, e lasciò che mente e corpo si perdessero in quella melodia, era rapito, rilassato e abbandonato ai sensi.
Troppo abbandonato ai senti.
Affondò completamente nel cuscino e inspirò a fondo: quel cuscino, quelle lenzuola, quella stanza, quel mondo intero odorava di lei. Era snervante e inebriante. 
La sensazione che l'aveva sconvolto tante volte in sua presenza lo vinse ancora: il mondo era scomparso.
Non c'erano più i suoi problemi con la fisica, ne la tesina da finire.
Non c'era sua padre ad assillarlo per l'università dall'altra parte dell'Europa.
Non c'era quel ginocchio maledetto, ne il fisioterapista con le sue ramanzine.
Non c'era il carburatore della moto da riparare, ne tutte le sue maschere d'orgoglio da mantenere.
C'era solo quella stanza dal disordine nascosto nei cassetti, quel cuscino che profumava di lei. Solo loro, in quel letto, soli.

Le parole arrivarono al suo orecchio distorte, come se fossero lontane o solo pensate e un tripudio di emozioni esplose nel suo corpo ottenendone solo la completa pietrificazione.
Calore. Paura. Stupore. Gioia. Dubbio.
E ancora farfalle. Milioni di farfalle, dentro e fuori di lei.
-Basta hai vinto tu, mi arrendo-
Cosa voleva dire?
Non impiegò molto a capirlo, nel momento stesso in cui sentì le lenzuola spostarsi al tocco di una mano che non era la sua, capì che quelle erano le parole che aspettava da mesi.
Lenta la mano di Manuel la raggiunse, insinuò due dita nel suo palmo per accarezzarlo, senza fretta.
Le stava rannicchiato accanto eppure i loro corpi non si sfioravano, l’unico contatto era quello con le dita di Manuel.
Risalì con le dita fino al polso, scivolando sul tendine contratto, forse nella speranza di rilassarla lo massaggiò leggermente senza grandi risultati. Alice era immobile, una statua di cera supina sul letto con gli occhi chiusi.
Aprirli significava scontrarsi con la realtà e magari scoprire che quelle parole, quel tocco erano solo frutto della sua fantasia, che Manuel non aveva ceduto, non era accanto a lei ad accarezzarle la pelle.
Intanto quelle dita invece salivano. Salivano, salivano.
Erano arrivate all’interno del gomito, ne saggiavano la consistenza morbida della pelle ed esile e ossuta al di sotto. Lo sentì soffermarsi su una vena, un piccolo canale rigido ed elastico sottopelle, inseguì il suo corso fino al bicipite per poi sentirlo sparire dietro al sottile strato di muscolo, giunse alla fine del braccio e si fermò. Esitazione.
Alice non si era mossa di una virgola, ne un cenno ne un tremito, occhi ostinatamente serrati. Era il caso di insistere?
Si.                                                             
Sulla spalla incontrò la sporgenza della clavicola e l’ostacolo leggero della canottiera che agirò infastidito da tutto ciò che non fosse la sua pelle, separarsene in quel momento era qualcosa di estremamente fastidioso. Scese fino all’attaccatura del collo fino al centro della gola.
E lì fu il dilemma.
Salire ad accarezzarle il viso, o azzardasi a scendere al resto del corpo?
Lei non accennò a muoversi.
Si convinse che forse poteva aggirare i punti più ostici. Non voleva ancora incontrare i suoi occhi.
Cominciò a camminare con le dita lungo lo sterno, contando le costole e saggiandone lo spessore la rigidità e quanto poco tessuto lo separasse dall’osso. Constatò con amarezza quanto fosse fragile rispetto a lui, quanto poteva pesare Alice? Mangiava abbastanza? Forse avrebbe dovuto controllarla meglio. Inevitabilmente a metà del torace incontrò il sottile strato di tessuto che la copriva.
Maledetta camicia da notte.
Camminò sul profilo inferiore del seno senza avvicinarcisi troppo, lì la pelle prendeva una consistenza differente, più tenera, le costole s’inabissavano nel corpo lasciando spazio alla curva debole di cui l’aveva sentita lamentarsi tante volte.
Ridiscese verso il centro del ventre, lo sentiva abbassarsi al ritmo del respiro molto più che il torace, morbido a differenza del resto anche se intrappolato del tessuto del pigiama. Trovò l’ombelico in un piccolo avvallamento di forma perfettamente circolare, niente piercing, diceva di essere troppo cagasotto per sottoporsi volontariamente al dolore. Sapeva che lì sotto al cotone avrebbe trovato un piccolo neo proprio alla destra dell’ombelico.
Scese ancora percependo con chiarezza l’elastico delle mutande e gli ostacoli tra le sue dita e la pelle di Alice aumentare. Per un attimo l’idea di seguire l’istinto lo accarezzò, avrebbe voluto toglierle tutta quella roba, trascinarla nuda sotto di se e stringerla fino a fondersi con lei.
Rincorse le ossa del bacino fino al fianco sinistro, artigliandolo con tutto il palmo -quante volte le aveva artigliato così i fianchi incastrandosi con lei alla perfezione- e finalmente ne avvertì la reazione. Un gemito. Non di dolore. Non di piacere. Solo una reazione di stupore, probabilmente per il cambio di tono con lui l’aveva stretta.
In alcuni punti era fin troppo spigolosa Alice.
Andò da un’anca all’altra con il palmo aperto, con forza, portandola un po’ di più verso di se.
Poi tornò a sfiorarla solo con i polpastrelli.
Scivolò sull’esterno della coscia fino ad incontrare di nuovo quella pelle pallida sporcata di lentiggini, arrivò al ginocchio chinandosi per solleticarne il retro attendendo la reazione che sperava.
Alice si rilassò in modo appena percettibile sotto al suo tocco, rilasciò il ventre e pure i muscoli delle gambe finalmente liberò un respiro più profondo degli altri in cui Manuel ascoltò il suo nome insinuarsi tra quelle labbra e scappare fuori.
Era tempo di prendere coraggio.
In quel momento qualsiasi –qualsiasi- cosa le avesse chiesto non avrebbe mai rifiutato, era sua, in ogni atomo in ogni organo in ogni respiro. Le avesse chiesto del sangue si sarebbe tagliata pur di farglielo bere direttamente dalle sue vene.
Nemmeno si accorse che si era mosso quando se lo ritrovò addosso.
Per quante volte l’avesse visto sopra di lei a torso nudo pronto a spogliarla, non sarebbe mai stata pronta a quel momento: in equilibrio con le mani ben piantate sul materasso appena sopra le sue spalle e le ginocchia ai lati dei fianchi, Manuel quasi non la toccava.
-Apri gli occhi ti prego-
Mai mai mai avrebbe creduto di sentirlo pregare con quel tono così dimesso e sofferente.
Perché? Li aveva forse chiusi? Allora perché lo vedeva comunque?
Quando li aprì si scontrò con l’oscurità della stanza, faticò a distinguere i contorni della figura di Manuel sebbene fosse a pochi centimetri da lei. Per abituarsi al buio ci volle un po’, la prima cosa che distinse furono le spalle, larghe e massicce, dalle quali risalì al volto e poi agli occhi. Neri abbastanza per non essere distinti dal resto, eppure era certa che fossero lì, piantati su di lei. Frementi.
Forse era il consenso che aspettava perché pian piano Manuel si sedette sui talloni facendo scivolare il lenzuolo in basso scoprendo entrambi.
Fu con studiata lentezza che le portò di nuovo le mani ai fianchi insinuandole sotto la camicia da notte. E non furono più solo i polpastrelli a godere del contatto con la sua pelle, ma tutti i palmi, tutte le dita perfino i polsi. E ogni terminazione nervosa trovò il suo posto. Il suo attimo di gloria.
Alice non sapeva dove guardare, chi pregare, a chi chiedere sollievo, si sentiva andare a fuoco dal desiderio e allo stesso tempo divorata dall’ansia.
Non faceva l’amore con lui da mesi.
Eppure lui era seduto sulle sue cosce e la guardava pieno di brama, e anche le sue parole erano lì.
Si era arreso. E il suo tocco non era mai stato così incerto, la cortese fermezza che l’aveva sempre distinto dagli altri momentaneamente accantonata.
Le farfalle che l’avevano tormentata fino a quel momento divennero veri e propri crampi quando, dopo aver atteso a lungo uno stop, iniziò a far scorrere la canottiera verso l’alto.
Saliva saliva saliva.
Si bloccò con le mani sotto al seno senza scoprirlo. Concentrò le sue attenzioni sul ventre, accarezzandolo con tutte e dieci le dita, prima verso l’alto poi verso il basso, fino al bordo delle mutande. Alice ora lo guardava, ne seguiva ogni mossa con circospezione mentre si abbassava a lambirle con le labbra la carne molle del fianco, e dopo mentre con la lingua e i denti le marchiava il perimetro dell’ombelico. Era il figlio di Satana. Le mani presero la via della schiena sollevandola un po’  e correndo fin sulle natiche, da lì ricominciò dalle mani, i polsi, gli avambracci, i gomiti. E ancora le spalle, le clavicole, la gola. La toccava dappertutto, e non sembrava averne mai a basta, baciava ogni sporgenza ogni osso o venuzza in rilievo, stampandosene il percorso nella mente.
Finalmente si ritrovò le mani grandi di Manuel ad avvolgerle la mandibola, con le dita insinuate tra i suoi capelli era di nuovo immobile, preso solo a guardarla. Mosse le mani tra la massa di capelli rossi sparsa sul cuscino, a tracciarne i bordi dell’attaccatura e massaggiarle le tempie.
Era lì a un palmo dalle sue labbra con gli occhi sbarrati. A portata di bacio.
Per un attimo le fece quasi paura per la forza che imprimeva alla stretta sul suo volto e per la tensione delle labbra serrate per uno sforzo incomprensibile. Prima non l’aveva capito.
Aveva preso la sua esitazione per brama, invece era lui stesso ad avere paura, aspettava lei, la sua partecipazione, il suo permesso.
In effetti oltre ad aver aperto gli occhi, non si era più mossa, era lì inerme alla mercè delle sue mani con l’improvvisa sensazione di dover dire qualcosa.
Le mani le formicolavano per l’immobilità forzata, ne volevano collaborare, ma le costrinse ad alzarsi fino agli addominali di Manuel e correre fino allo stomaco, al petto su per le spalle fino alla gola, in fretta ignorando la sensazione di calore sotto le dita e la tentazione di fermarsi ad esplorarne i muscoli definiti. Raggiunse il viso e lo accarezzò piano prima di spingere sui reni ed alzarsi a baciarlo.
E fu fuoco.
E fu aria.
Un bacio semplice in cui era stata Alice a lanciarsi su di lui, ed ora stava appesa alle sue spalle con la schiena sollevata. Le artigliò la vita e una coscia per portarla seduta con se sul materasso e dedicarsi a quel bacio che aspettava da giorni.
 
 
 
"perso non più contatto più niente, se tutto cambia in un istante
in guardia e costantemente, fuori controllo
perso non più certezze più niente, il vuoto accorcia le distanze
in fuga e costantemente, pronto allo scontro.
Subsonica"









Inutile e abusivo spazio autrice:

Ecco a voi l'ennesimo capitolo scritto e pubblicato di getto!
Ringraziate tutti e inchinatevi alla mia Alessandra, la mia beta una e trina.
Ora,
no comment sul capitolo che finisce e non finisce...
Già so che riceverò recensioni con violente ripercussioni verso la mia persona e visto che qualcuna di voi è di bologna
vi prego non venite a cercarmi per flagellarmi!
Il seguito è quasi pronto, diciamo che il più è fatto.
Come alcune di voi già sanno: la mia velocità negli aggiornamenti è direttamente proporzionale alla mia depressione,
il che significa che in questo periodo va tutto maledettamente male.
Ma voi gioite, significa che aggiornerò in un lampo!!!

Due piccoli regalini:
capitolo 13
capitolo 14
Le canzoni citate sono: L'amor carnale - The bastard sons of dioniso, L'errore - Subsonica.

Adoro il nuovo sistema per rispondere alle recensioni e adoro voi che mi seguite.
(come al solito) 1bacio. Vale.


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Capitolo 15
*** 15 ***


15   
Relazione Clandestina





-15-






Perché negarsi quei baci, quell’odore, quel sapore?
Perché era rimasto lontano da Alice?
Non lo so.
Chissenefrega.
Nulla aveva più significato al di fuori di quella stanza, di quel letto. Nulla che non fosse Alice.
Prese i bordi della sua camicia da notte finiti di nuovo sui fianchi e la liberò da quell’inutile pezzo di stoffa sfoderando una gran fretta. Doveva vederla, toccarla, stringerla, per convincersi di essere lì davvero.
Quando finalmente aveva finito di spogliarla, lei si era sentita nuda in troppi sensi. Troppo inestinguibile era la voglia di lui, troppo il desiderio di essere stretta di nuovo tra quelle braccia forti. Era troppo e basta. Come tutto quello che riguardava lui.
Fu istintivo portarsi le braccia al petto per coprirsi ed evidentemente Manuel non capì.
Lo lasciò perplesso.
L’aveva vista nuda un sacco di volte, conosceva ogni pregio e difetto, ogni virgola della sua pelle chiara e ogni segno sulle ginocchia. Aveva forse cambiato idea?
Le prese un polso senza scostarlo, solo per attirarne l’attenzione in modo che almeno lo guardasse negli occhi.
-E’ passato tanto tempo. Magari tu non..-
Non poteva essere imbarazzo quello che le spezzava la voce, non con Alice Aroldi.
Quella Alice che si era inginocchiata ai suoi piedi nei bagni del BM, quella Alice a cui aveva rotto infinite paia di calze, quella Alice che portava la cicatrice di un suo morso su una coscia.
La zittì prima che potesse finire la frase andando a mettere più forza nella presa sul suo braccio.
Non furono parole ma solo un sibilo roco a farle capire che non aveva da temere, che nulla era cambiato. Cedette. Si lasciò scostare entrambe le braccia e baciare la fronte, le palpebre, gli zigomi, il naso e le labbra.
Subito il ritmo nei movimenti del ragazzo cambiò, non quello frenetico e scostante a cui l’aveva abituata, ma uno più impaziente incatenato con la brama che aveva letto prima nei suoi occhi.
Manuel si buttò a capofitto sulla sua pelle, facendosi scorrere la punta del seno nelle intercapedini tra le dita ed era talmente preso da non accorgersi della forza con cui la mordeva o dell’impeto con cui stringeva le costole, si faceva guidare solo dai suoi gemiti, ad ogni fiato aumentava o calava la presa, assolutamente incapace di ragionare.
Sentì la punta fresca del suo naso scorrere dalla gola al centro dello sterno lasciandole un piccolo bacio sulla sinistra, la dove batteva sordo il cuore.
E tornò a rallentare in maniera irritante, scendeva al centro della pancia, la barba le raschiava la pelle laddove subito dopo era certa avrebbe sentito le sue labbra addolcirne l’irritazione. Le dita scivolarono tra i capelli neri senza che Alice ne avesse previsto i movimenti, e strinse, accarezzò e tirò eppure non lo smosse dal suo percorso.
Qualcosa le diceva di lasciarlo fare, di lasciare che la esplorasse per scoprirla di nuovo come fosse la prima volta; al tempo stesso lo desiderava, non aveva più alcun dubbio, voleva la sua irruenza, la sua passionalità, sentire i baci, i morsi su tutto il corpo ormai non bastava più.
Trattenne il fiato quando la mano del ragazzo raggiunse le mutande nella speranza che le afferrasse e le togliesse con foga com’era sua abitudine anche a costo di romperle. Restò delusa perché le dita di Manuel scivolarono di nuovo sulle natiche afferrandole più saldamente per correre sul retro delle cosce fino alle ginocchia. La trovò più magra di quanto ricordasse, con quei muscoli inesistenti che parevano attaccati alle ossa per una forza misteriosa, mai flaccida, nonostante la magrezza disarmante gli aveva sempre fornito agganci e carne su cui artigliarsi. Tonica e nervosa. Piacevole da toccare, da stringere.
-Dio Ali, cazzo..cazzo!-
Alice sapeva di fresco e di pulito, come i suoi occhi che lo seguivano in ogni mossa, limpidi e puliti anche al buio. Ogni suo gemito sospirato scatenava in lui gli istinti umani più bassi e nascosti.
Dalle gambe risalì verso il ventre arrampicandosi con le labbra su ogni centimetro, pian piano tornò fino alla piega dell’inguine nella quale affondò col volto per morderla. Finalmente le arpionò le mutande sfilandole in un unico gesto, senza esitazioni, la aiutò a liberarsi dell’intimo che finì lanciato fuori dal letto.
Era strano come si sentisse imbarazzata e al tempo stesso con la voglia di aggrapparsi a lui per tutta la notte e oltre. Nemmeno la prima volta erano stati così cauti, ne ricordava la frenesia, la voglia di essere di nuovo guardata da quegli occhi neri di lussuria e i vestiti che volavano. Intanto Manuel riprese la posizione di prima, con le ginocchia accanto ai suoi fianchi e per un lunghissimo minuto rimase immobile a scrutarla in viso accarezzandole i capelli.
Fu lei a spingerlo al passo successivo. Gli afferrò la spalla per avvicinarlo e baciarlo su una guancia lasciva, dopodiché dedicò tutta la sua attenzione ai boxer blu che ancora indossava, senza indugi li abbassò facendogli capire le sue intenzioni, Manuel cambiò posizione per facilitarle le operazioni ma non mosse un dito nemmeno quando Alice gli prese la mano riportandola al suo petto per fargli sentire il battito del suo cuore sordo e veloce sotto le ossa.
Di nuovo il ritmo dei movimenti ebbe un’impennata di frenesia.
Le dita di Manuel corsero fino alla fine del ventre scivolando in basso immerse nei mormorii sconnessi di lei. Ondate cicliche di calore si espandevano per il suo corpo in armonia con i movimenti della mano di lui affondata tra le cosce. La conosceva al punto da poterla spingere sempre sull’orlo del baratro e riportarla indietro beandosi delle suppliche senza senso che gli mormorava sulla pelle della spalla. E la baciava ogni volta che sfiorava l’orgasmo.
Mai avrebbe scordato i baci di Manuel, sempre uguali sempre pieni di parole non dette: con quell’inizio lento e profondo che l’accarezzava prima di leccarle il labbro inferiore e catturarlo tra le labbra.
Il corpo le pulsava, cercava di vezzeggiare anche il suo ma i movimenti non trovavano coerenza in quel tripudio di piacere e scintille.
-Dio quanto sei bella, Ali-
Quel tono di preghiera la fece sorridere e di nuovo ritrovò la lucidità per agire. Gli scostò a forza la mano costringendolo a guardarla negli occhi mentre alzava le gambe per allacciarle ai fianchi del ragazzo e avvicinarlo al suo bacino. Fu un segnale inequivocabile.
-Aspetta aspetta, devo metterlo- mormorò quasi in imbarazzo per essere costretto a interrompere quel silenzio che sapeva di sacro.
Di nuovo strinse la presa delle gambe e lo tirò a se: -Non c’è bisogno, prendo la pillola da aprile-
Si trovò spaesato, ancora più eccitato di prima.
Se era stato lento ed accorto fino a quel momento non era stato solo per lei, ma in parte era lui ad averne bisogno, voleva godersela, voleva respirare Alice fino all’ultimo quella notte. Non voleva perdere un centimetro ne un soffio di lei. Aveva atteso e cercato di dimenticare al tempo stesso, decidere di separarsene volontariamente era stato un dolore che non avrebbe potuto immaginare, ed ora poteva averla di nuovo, ed era un sogno.
Ora la voleva. Tutta.
Le passò un braccio sotto la schiena e uno dietro la nuca e la strinse a se in un abbraccio di forza, incurante di schiacciarla o farle male. Alice non respirava.
Di nuovo lei fu il suo sole e la sua luna, il giorno e la notte, l'acqua e l'aria, l'amore e l'odio, la vita e la morte.
La strinse fino a perdere il confine con il proprio corpo, millimetro dopo millimetro la imprimeva nella memoria per non dimenticare mai più il modo in cui con solo un abbraccio gli placava l’animo e disperdeva ogni sua nebulosa preoccupazione.
La trovò calda e accogliente e gli parve d’immergersi in un mare di lava morbida, quelle sensazioni nuove e devastanti minarono il suo autocontrollo tanto quanto i gemiti e le parole sconnesse di Alice. Come se fosse tornato alla prima volta, l’emozione era troppa per essere contenuta in un solo corpo, tutta lì nei polmoni. L’odore dei suoi capelli era ovunque, insieme al calore del suo corpo che pian piano risaliva dal ventre fino alla gola e al cervello.
Perso, si muoveva con l’inerzia dei suoi ormoni impazziti e del sangue che pulsava nelle tempie.
Forse le confessò segreti impronunciabili o parole dolci che in altri momenti non avrebbe mai avuto il coraggio di dirle, il giorno dopo non avrebbe saputo dirlo; era perso, assolutamente fuori di senno, perché Alice era Alice per lui e quando la baciava e lei lo guardava negli occhi quasi gli veniva voglia di piangere.
Non lo fermò mai, anche se all’inizio fu costretta a stringere i denti finché il bruciore lentamente non si trasformò in una sensazione appagante che ad ogni spinta diventava uno spasmo di piacere vero e proprio. Non lo fermò mai perché era perfetto e modellata al suo corpo gli andava incontro senza sapere bene dove sarebbero finiti.
Sentiva caldo, e poi freddo, poi di nuovo caldo.
E la mano di Manuel si insinuò lì dove i loro corpi sembravano perdere un confine.
La incalzava sorreggendole la nuca per tenera più vicina a sé, fin quando non arrivò al limite fisico della sua resistenza.
-Cazzo…Cazzo!- ansimò con la bocca premuta contro il suo sterno: -Ali per favore non ce la faccio..- strinse le palpebre e la mano con cui le avvolgeva la spalla al punto da farle male.
Non gli rispose. O forse si ma senza rendersene conto; perché era lì, sul bordo del precipizio. Ancora una spinta, e cadde a occhi chiusi.
Mille scintille bianche esplosero silenziose nel vuoto e le sembrò come di essere inglobata dal materasso con lui in qualcosa di morbido e bollente.
Di nuovo non seppe cosa uscì dalla sua bocca, se grida sussurri parole o gemiti.
Riaprì gli occhi mentre Manuel ancora ansimava muto nascosto tra i suoi capelli, strinse le gambe e le braccia per avvolgerlo tutto. E sentì il suo cuore rimbalzare come un forsennato tra loro due.
Per un lungo minuto nessuno dei due si mosse, stretti l’uno contro l’altra nessuno trovò la forza di reagire.
Era davvero tardi quando si accorse che il suo cuore era rientrato nel petto e finalmente poteva respirare, si mosse sfiorandole l’orecchio con la punta del naso, inspirò ancora il suo odore andando incontro alla resa dei conti.
Alice gli impedì di cambiare posizione, sempre ancorata a lui che la premeva sul materasso, quindi capì che quello era il momento per dirle tutto. Avrebbe voluto guardarla negli occhi, eppure non aveva abbastanza coraggio.
-Non sai quanto mi sei mancata…- tirò dentro aria desiderando una sigaretta con tutto il cuore. Alice tremò.
-Tu sei qualcosa di… strano e.. caldo, che mi fa sentire vivo, e bene-
Che stava dicendo? Si sentì un pirla, non poteva costruire una frase di senso compiuto, con parole che sembrassero almeno di un adulto? No, quella cosa che gli era uscita era arrivata dal nulla.
-Ho provato a starti lontano, a ignorarti, a sostituirti. Avevo paura perché io questa cosa non posso controllarla e di nuovo sono scappato.-
Tentò di scostarlo per vederlo in faccia, ma si trovò a lottare con un fascio di muscoli che non poteva contrastare.
-Aspetta, io devo..-
Per un momento titubò incapace di aprir bocca, poi lo abbracciò sempre più forte con braccia e gambe e la stretta venne ricambiata con altrettanta forza.
Immobili, in silenzio. Entrambi.
Fu un sussurro che la strappò dal torpore in cui stava precipitando dolcemente, dapprima pensò di averlo sognato, spalancò gli occhi ascoltando il silenzio della stanza, poi si accorse di essere l'unica a star respirando. Per questo richiuse gli occhi accoccolandosi in quell’abbraccio prima di lasciarsi andare e rispondergli piano: -Si, anch’io-

“I lean against the wind, pretend
that i am weightless and in this
moment i am happy.”
Incubus


Dopo mille baci, infinite carezze e altrettanti sospiri c'era stata altra passione e le lenzuola erano finite tutte sul pavimento. Poi erano rimasti abbracciati, nudi con l'alba che scacciava lentamente l'oscurità dalla stanza e dai loro cuori.
C'erano ancora tante tantissime cose da mettere a posto e Alice lo sapeva bene. Ma le sue braccia erano esattamente dove avrebbero dovuto essere e il suo respiro regolare la cullava nel limbo del dormiveglia. Lo sentiva tranquillo, sperava che avrebbero potuto rimandare tutto a tempo indeterminato, o che magari quella notte bastasse a mettere in chiaro ogni cosa: sopra ogni dubbio aveva risposto all'unica domanda che gli aveva fatto il giorno prima, davanti a un paio di grammi di cocaina.
Eppure era bello stare lì senza pensare a nulla, senza porsi il problema di ciò che sarebbe successo di lì a breve, o di cosa avrebbero fatto usciti da quella stanza.
Alle dieci avevano appuntamento con il resto del gruppo per andare al lago, mancavano si e no cinque ore e l'unica cosa che sembrava impegnare Manuel in quel momento era cercare di prendere sonno.
Non si sarebbe certo aspettata di sentire la sua voce così presto. E così chiara, non arrochita dal sonno o dall'inutilizzo prolungato, parlò con poche pause senza darle la possibilità di fermarlo e tenendola stretta contro il suo fianco delicatamente. Dopo non ci fu quasi più nulla da mettere a posto.
-E’ cominciato tutto per scherzo.
Dopo l’infortunio mi sentivo uno straccio e gli antidolorifici sedavano il male solo per sforzi minimi. Correre, saltare mi mozzava il fiato in gola dal dolore, quindi mi fu chiaro da subito che non sarei tornato in campo tanto presto. Però c’era il campionato e volevo assolutamente vincere e farmi vedere in forma in modo che qualcuno della serie B mi notasse, avrei fatto di tutto pur di riuscire a fare il salto di qualità. Mio padre non desiderava altro che un figlio professionista da seguire, ed io in quel periodo non desideravo altro che la sua attenzione.
Incontrai Cheru al BM, ovviamente lo conoscevo, a scuola era già un personaggio noto a tutti e sappiamo entrambi perché; quella sera la gamba mi martoriava, quasi non riuscivo a stare in piedi nemmeno con la stampella, fu lui ad avvicinarmi vedendomi seduto ai divanetti in disparte. Sapeva tutto dell'infortunio, mi chiese delle terapie e dell'operazione poi mi chiese cosa prendessi per il dolore. Io mi lamentai dicendo che mi davano roba di merda e che all'ospedale stavo molto meglio, la gamba pulsava e il ginocchio era gonfio come un melone. Lì mi propose le anfetamine.
L’idea non mi entusiasmava granché ma ero disposto a tutto per tornare a giocare e feci il tentativo.
Mi informai su internet sulle dosi e sulla tossicità, pensavo che la dipendenza potesse essere tenuta a bada con la volontà, in fondo non mi ero mai piegato al fumo perché avrei dovuto fallire con quelle.
I giorni successivi pensavo di aver risolto tutti i miei problemi. Le anfetamine mi davano una gran carica, non sentivo la fatica e il dolore, potevo correre per una partita intera senza problemi. A quel punto mi convinsi di non aver più bisogno del fisioterapista e convinsi l'allenatore a farmi rientrare in squadra.
Ero instancabile, facevo allenamenti su allenamenti e miglioravo giorno dopo giorno, mi sentivo un Dio. L’effetto calmante sul dolore durava poco, lo bruciavo in fretta in campo, quindi aumentai le dosi gradatamente, pensavo di potermi controllare tenendo d’occhio in maniera precisa le pasticche. Andai avanti qualche mese, mio padre era felicissimo anche se l’ortopedico continuava a non spiegarsi la mia ripresa, eppure io correvo più di prima e avrei anche potuto partecipare ai provini della Benetton.
Il mio problema si presentò dopo qualche mese perche l’effetto delle anfetamine pian piano non mi durava più per una partita intera, quindi chiesi a Cheru qualcosa che avesse effetto più lungo, e tentammo la coca. Ci sentivamo due scienziati durante un test: sperimentavamo le dosi e la durata dell'effetto per diminuirle o aumentarle o mischiarle con altro. E lui era un genio della chimica.
Ho cominciato con un quarto di dose solo per giocare le partite, ma alla fine della scuola mi facevo quasi tutti i weekend e anche per gli allenamenti infrasettimanali. Ero sempre più invincibile, il ginocchio quasi non lo sentivo e non portavo più nemmeno il tutore per far bella figura ai provini.
Pian piano ho cominciato a usarla per tenermi sveglio per studiare, per uscire la sera a volte anche per scopare, e sempre in dosi maggiori.
Pagare quella era molto più complicato, mi finivano i soldi della settimana senza che me ne accorgessi, quindi Cheru mi propose di ripagarlo vendendo qualcosina a scuola e allo Zefirus.
A quel punto il basket era passato in secondo piano, fallii il provino alla Benetton e non arrivammo nemmeno ai playoff in campionato. Senza farmi in campo non duravo cinque minuti e fatto invece ero fin troppo euforico per concentrarmi sono sulla partita, mi innervosivo e finivo sempre fuori. Quando il coach cominciò a lasciarmi in panca mollai tutto.
Mio padre pensava che tutti i soldi che chiedevo fossero per le riparazioni della moto, le feste, il poker, computer e altre cazzate, perdevo peso molto velocemente, spesso mi scordavo addirittura di mangiare, mi bocciarono per le troppe assenze e ovviamente mio padre smise di parlarmi.
L’anno dopo finii in classe con quei deficienti degli Zonin che erano già stati segati l’anno prima e Charlie, tempo un mese e non li sopportavo più. Fortunatamente anche loro mi stavano più o meno alla larga perché sapevano che frequentavo Cherubini e Dave; l’unico che mi parlava e tentava sempre di trascinarmi fuori con loro era Jack.
Scoprirono come stavano esattamente le cose perché Lori, Lorenzo il fratello della tua amica pazza bionda, mi trovò fuori dal BM strafatto e le avevo pure prese da uno a cui Cheru mi aveva mandato a chiedere soldi, e mi portò al pronto soccorso.
Io conoscevo Lori perché giocavamo insieme un paio d'anni prima, e fu lui a chiedere a sua sorella di avvisare qualcuno perché sapeva che anch’io frequentavo le Stimate e pensava ci conoscessimo. E lei ebbe la brillante idea di chiamare Filo e Jack.
Quei due mi trascinarono a casa senza chiamare mio padre e in camera trovarono tutta la roba che dovevo dar via per Cheru, e per confermare ulteriormente la loro idiozia, buttarono tutto nel cesso lasciandomi quasi seicento euro da ripagare.
Da lì ho smesso.
Vedere le facce con cui mi guardavano mi fece imbestialire, ritrovai l’orgoglio e la volontà perché mi facevo schifo. Non potevo tollerare che Filo mi guardasse come un povero mentecatto incapace di tenersi in piedi.
Confessai tutto a Sonia implorandola di fare da intermediario con mio padre giurando a entrambi che avrei smesso, la mia fortuna fu che il corpo ancora non aveva sviluppato una vera e propria dipendenza, il cervello invece si. Promisi che mi sarei fatto aiutare e avrei ripagato da solo i debiti, non persi l’anno solo perché al centro per tossicodipendenti mi permettevano di andare a scuola la mattina e stare là il resto della giornata.
Ci passai quattro mesi, da Natale a fine aprile, gran posto di merda. Fu atroce, all'inizio nemmeno me ne rendevo conto: stavo bene, pensavo che sarebbe passata velocemente, invece se non avessi avuto quei due pirla degli Zonin a riportarmi sempre là sarei scappato dopo il primo mese!
Quando tornai a casa Filo mi aiutò a smontare tutto il vendibile dalla moto, e vendemmo un sacco di roba, diventammo due imprenditori di e-Bay. I pezzi con più valore li vendevamo per comprarne altri più scarsi da mettere a posto per salvare la moto perché io non ho mai voluto usare la vecchia auto di mia madre.
Vendevamo e compravamo di tutto pur di far soldi perché Cheru, per tenere la bocca chiusa col Preside, mi chiese altri soldi. Se a scuola si fosse saputo mi avrebbero buttato fuori, conosci la loro politica per queste cose, e se mi fossi fatto bocciare di nuovo mio padre mi avrebbe spedito a lavorare.
Stasera comunque ho finalmente estinto tutto, e mi sono pure preso un pugno.-
Fece una pausa per sistemarsi meglio il cuscino, la prima dall'inizio del racconto.
-L’unica nota positiva è che ho imparato a giocare benissimo a poker pur di spillare più soldi possibile…- emise una risata bassa contro la spalla di Alice senza una vera nota di divertimento.
-Perché non hai chiesto i soldi a tuo padre, avresti potuto chiudere prima la faccenda!- gli domandò a bruciapelo.
-E’ stata Sonia ad impormelo! Quella donna è una negriera: disse che avevo bisogno d'imparare dai miei errori e a riparare le cose con le mie mani. Ed aveva ragione, come sempre.
Credo che sarebbe stata un’ottima madre.-
Sospirò passandole la mano tra i capelli alla base del collo. -Ti ho lasciata andare quando mi hai chiesto di più perché temevo la tua reazione davanti a questa storia. Ora so di aver commesso l’ennesimo errore per colpa della mia inettitudine; mi ero illuso che tu potessi capire e stare meglio senza di me, che ti avrei portato solo dentro i miei casini e non lo meritavi.
Ai miei occhi sei sempre stata così pulita e perfetta non volevo intaccare il tuo candore.-
-Non sono così delicata ne senza macchia come mi vedi tu…-
-Infatti ora sei qui, non sei scappata. Ed io sono qui- le baciò la pelle morbida dietro l’orecchio: -Nudo, per la prima volta nel tuo letto- di nuovo rise senza divertimento e le soffiò contro parole che non si sarebbe aspettata.
-Non c’è pietà, ne compassione ne disprezzo nel modo in cui mi guardi, quindi per favore, ti prego, dimmi quello che stai pensando prima che impazzisca a scervellarmici sopra-
Alice prese fiato e si voltò verso la finestra per cercare di capire che ora fosse dalla luce.
-Non ti ho detto perchè ho cominciato a prendere la pillola qualche mese fa.- non era una domanda, ma il preludio per una rivelazione.
-Da più di un anno sono sottopeso. Non è che non mangi per una questione d'immagine, o che voglia dimagrire, solo che il cibo non vuole saperne di entrare, se mangio troppo mi sento scoppiare e sto male, per questo ho ridotto le razioni.
Questo ha portato a una progressiva perdita di peso, di tono muscolare dello stomaco e inoltre avevano smesso di venirmi le mestruazioni. Si chiama amennorea e in pratica vuol dire che il mio corpo mi stava dicendo che devo rimettermi in sesto perchè lui da solo non ce la fa. Così mi sono sforzata di mangiare almeno un piatto di pasta a pranzo e proteine la sera il tutto accompagnato da un bel po di condimenti per la gioia di mia madre e ho preso subito un paio di chili. A febbraio mi sono tornate e Edo prese malissimo la cosa perchè la associava al fatto che fossi ingrassata, e poi ho incontrato te.
La ginecologa mesi fa mi ha proposto la pillola per mantenere un ciclo regolare e ho subito accettato visto come si stavano mettendo le cose tra noi.
Quando ho incontrato te cercavo la salvezza, qualcuno che mi facesse sentire viva e bella pur con tutti i miei difetti. Ma ho trovato tutto tranne il principe azzurro…-
-Che vorresti dire??-
-Che tu non fingi. Sei te stesso e va bene così. Mi sono rotta di avere intorno gente che non è quella che credo. Qualsiasi cosa succeda tra noi non mi porterai mai fuori per farti perdonare ne mi scriverai messaggini mielosi la sera prima del compito in classe. Se starai con me sarà solo perché lo vuoi davvero, non perché ti servo. Mi hai aiutata quando non ero in grado di badare a me stessa e ti sei preso cura di me. Non fingi, non sei un leccaculo, se vuoi qualcosa te la prendi, ma mi guardi negli occhi e pretendi il mio consenso. Non mi scoperai mai in una vasca da bagno in casa d’altri per placarti le voglie senza il mio consenso e per poi lasciami lì mezza svenuta.-
-Ti ho già detto che mi sono arreso.-
-E questo mi basta-
Manuel si allungò meglio nel letto, come se finalmente qualcosa si fosse sciolto nelle sue articolazioni. In quel letto in ferro battuto bianco con lenzuola azzurre a nuvolette rosa, tra le braccia dell'unica persona che gli avesse fatto dimenticare se stesso per risalire al primo posto tra le sue priorità, finalmente, dopo tanto tempo sentì di essere a casa. Nel posto giusto e fatto apposta per lui.
Passarono istanti di stallo in cui entrambi gongolavano nel limbo della ritrovata serenità. Avevano combattuto per quel momento, si erano insultati e umiliati, erano fuggiti per poi ritornare, si erano persi in loro stessi ma alla fine eccoli lì, molto più lontano della notte molto più in alto del giorno, nell'abbagliante splendore del loro primo amore.
-Quindi non vuoi… che so… definire i termini di questo accordo??-
Alice sbuffò, più divertita che altro, e gli rifilò un pizzicotto nel costato: -Non è un contratto Manu-
-No, ma non sei la prima donna con cui ho a che fare, quindi so per esperienza che con voi prevenire è meglio che curare.-
Sarebbe stata dura con lui, Alice già lo sapeva, non era affatto certa di farcela ma era sicura di volerci provare fino in fondo.
-L’unica cosa che pretendo è la fedeltà, per il resto te l’ho detto, sei tu e ti accetto per quel che offri.-
Mai una ragazza l’aveva fatto sentire così. In orbita.
Si prese qualche altro secondo prima di risponderle per godersi l'effetto di quella frase.
-E tu cosa vorresti?- riprese Alice prendendolo in contropiede.
Tentennò un attimo, poi si rivoltò a pancia ingiù con le lenzuola a coprirlo fino al bacino, e lei lo seguì con lo sguardo mentre appoggiava le braccia e il mento sulla sua pancia.
-Ora come ora vorrei poter tornare indietro a qualche mese fa e non cedere quella sera alle tue grazie.- le rispose con la mente altrove intenta a creare mille possibili scenari, diversi da quello, in cui si sarebbero potuti trovare.
-Adesso col senno di poi, avrei voluto il tempo per fare come tutti: corteggiarti, riempirti di sms, portarti fuori. O non confondere il primo bacio con la prima volta che ti ho vista nuda o la prima volta che ti ho accarezzata. Scoprirti piano e godere del piacere della conquista. Detta così magari può sembrare una cosa sadica ma per certe cose ci vuole calma e pazienza.-
-E magari mi avresti voluta pure vergine?-
Fortunatamente l'ironia di Alice stemperò un po' l'atmosfera carica di rimpianti che albergava in entrambi riportandoli a ridere l'uno sulla pancia dell'altra.
-A dire il vero si, però saremmo dovuti tornare indietro al giurassico, non mi sembra pratico!- la prese in giro ghignando al pugno che ricevette su un braccio e alla smorfia risentita sul volto spruzzato di lentiggini.
-Ci sono un sacco di cose che cambierei se potessi tornare indietro, immagino che tu capisca.. Prima di tutto spaccherei la faccia a Edo in maniera preventiva così da evitare ogni tua tentazione, e magari eviterei di riempirmi di merda per un fottuto ginocchio.-
-Non disprezzare il passato, in fondo ti ha portato da me- Alice si alzò in ginocchio sul letto pronta a scavalcarlo per scendere: -Se Edo non mi avesse trattata male non ti avrei nemmeno dato l’attenzione che quella sera meritavi!-
-Troppi se e ma in questa conversazione… torniamo con i piedi per terra!- la prese per la vita per trascinarla su di se e riprendere da dove si erano interrotti.
 

forgetting all the hurt inside
you've learned to hide so well,
pretending someone else can come
and save me from myself,
i can't be who you are”
Linkin Park




Abusivo spazio autrice:
 
Allora?
Ci ho messo un po' lo so ma mi sono successe alcune cose belle che mi hanno distratta
Ora:
che dite di questo capitolo?
So che lo aspettavate tutte con ansia, ora VOGLIO sapere che ne pensate assolutamente!!
L'ultima volta abbiamo battuto ogni record con 10 recensioni!
Rimaniamo su queste lunghezze dai ragazze!!!
Ho inserito una citazione da una poesia di Prevert che nel periodo della mia vita in cui si trovano ora Manuel e Alice, era per me molto importante.
Le canzoni citate sono:  Incubus - Wish you were here, Linkin Park - Leave out all the rest

Un ringraziamento particolare come al solito alla beta perchè stavolta davvero senza di lei non sarei riuscita a combinare nulla!

Grazie mille
a chi legge e recensisce
a chi legge e si emozione
 e a chi legge e basta,
a chi spera di vedere un mio aggiornamento nelle seguite
alle mie concittadine bolognesi
e a tutte le mie adorate lettrici!

1bacio. Vale






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Capitolo 16
*** 16 ***


16+




-16-








Manuel fu il primo a svegliarsi.
Rimase immobile in silenzio ad osservare le dita di Alice posate sul suo petto e il ritmo lento del respiro che le muoveva le membra. Era pieno giorno ormai, la luce del sole filtrava dalla finestra facendo riprendere vita ai colori della stanza; tutta la casa giaceva immobile in un silenzio ovattato, quasi irreale, solo il respiro di Alice e il sibilo del condizionatore accompagnavano la sua veglia.
Poi un ronzio conosciuto a intervalli regolari attirò la sua attenzione, cominciò a scandagliare le zone limitrofi al letto alla ricerca di quella fonte di disturbo. Individuò i suoi jeans abbandonati a terra e con cautela si sfilò dall'abbraccio della ragazza accompagnandole il capo su un cuscino.
Si mosse piano agguantando i jeans dal letto, e vide il nome dello scocciatore lampeggiare sul display.
Un moto d'ira lo invase ma premette comunque il tasto di risposta dopo aver valutato vari modi per uccidere Giovanni Zonin.
-Giuro che prima o poi ti ammazzo! Che vuoi imbecille??-
-Ohi Manu! Perché parli piano? Dove sei finito, ti avrò chiamato già dieci volte e nemmeno tuo padre ha saputo dirmi niente...-
-Non urlare cazzo!- si voltò a controllare se Alice si fosse svegliata e di nuovo si rivolse all'amico sottovoce: -Mio padre? Perché hai chiamato mio padre?-
-Sono venuto a casa tua a cercarti ma tuo padre era un po' girato perché ha detto che hai dormito fuori senza nemmeno avvertire. Ma sei a casa di una?-
Jack continuava imperterrito ad urlare.
-Zitto! Non urlare o giuro che appena ti becco ti riempio di botte se la svegli!-
E arrivò la domanda cruciale: -Chi è, la conosco?-
Per un attimo fu tentato di dirglielo, infondo lui era Jack, il loro primo sostenitore, sapeva tutto quello che era successo e parteggiava clamorosamente per Alice. Poi si ricordo di quanto era successo poche ore prima e concluse che non era più tempo di fare certe scelte da solo.
-No e non sono cazzi tuoi...Perché mi cercavi?-
-Volevo dirti che alla fine noi non siamo andati al lago perché nessuno ha la macchina oggi, quindi siamo al campetto del parco a fare due tiri e abbiamo portato un po' di roba da magiare. Se dopo vuoi raggiungerci ti aspettiamo.-
Si voltò a cercare il corpo di Alice abbandonato al sonno con le lenzuola aggrovigliate tra le gambe e un sorriso gli sorse sulle labbra senza premeditazione.
-Non so cosa decideremo di fare..-
Jack esplose letteralmente in un ululato dall'altro lato della cornetta costringendolo a tapparla con la mano: -Uhuhuh parli già al plurale!?!? Allora è una cosa seria, dai sbottonati: dimmi chi è?-
Quel plurale gli era davvero scappato, non ci aveva riflettuto era uscito così...spontaneo.
-Scordatelo imbecille.- borbottò Manuel.
Ci fu una piccola pausa al di là della cornetta, capì che erano già al parco dai rumori di sottofondo.
-Non è che...- probabilmente Jack si stava allontanando dagli altri a giudicare dal respiro alterato e dai rumori in lontananza: -Se per caso adesso decidessi di passare sotto casa di Alice, vedrei la tua moto parcheggiata lì davanti vero!?-
Attimi di panico per Manuel Bressan.
Si voltò istintivamente verso il muro per attutire il suono degli insulti che era sul punto di tirargli: -Jack non fare il coglione per favore. Abbassa la voce, anzi: sta zitto che è meglio!- l'altro gli rispose con una risata fragorosa.
Chiuse la conversazione violentemente lanciando il cellulare sul pouf peloso vicino all'armadio. Si voltò di nuovo verso il letto deciso a tornarci, sul suo percorso incontrò i suoi boxer e li infilò distrattamente.
Pian piano scivolò accanto alla ragazza con cui aveva passato la notte appoggiando la testa sul cuscino e rimanendo a guardarla dormire.
Lei, sveglia, aveva sentito tutta la conversazione e si voltò verso di lui per abbracciarlo, accoccolò il volto sul suo petto così com'erano prima che lui si alzasse per rispondere.
-Buongiorno..- borbottò contro la sua pelle.
-'Giorno- le rispose sogghignando sotto i baffi alla sua voce impastata.
-Che voleva Jack?- continuò con gli occhi di nuovo chiusi.
-Allora eri sveglia, perfida vipera?- le passò una mano sui capelli afferrandone una ciocca: -Mi ha detto che non sono andati al lago perché non avevano abbastanza posti in auto, così hanno optato per rimanere al campetto, si sono portati da mangiare là e volevano sapere se ho intenzione di raggiungerli.-
-Vuoi andarci?-
Non sapeva che rispondere, quindi temporeggiò.
-Tu che fai?-
-Oggi tornano i miei: alle due devo andare all'aeroporto a prenderli, prima però sarebbe meglio che tentassi di rendere decente questa casa, altrimenti mia madre mi trucida.-brontolò sbuffando più rivolta a se stessa che a lui.
-Io invece ho mio padre a casa, il che rende questo weekend fin troppo lungo e insopportabile, non vedo l'ora che sia martedì per tornare a scuola tanto sono disperato! Penso che mi unirò agli altri per pranzo pur di non vederlo- trattenne il fiato al pensiero di dover tornare a casa a cambiarsi, poi arrivò il momento delle questioni irrisolte: -Vuoi venire con me?-
Quella domanda ne sottintendeva molte altre.
Alice lo sapeva. E anche Manuel.
Era rimasta sin troppo in bilico la questione, si erano detti fin troppe cose per una notte sola. Ma era giunta l'alba e con lei la luce di un nuovo giorno che avrebbe aperto un nuovo corso, c'era bisogno di chiarezza e di certezze, solide fondamenta su cui costruire scintillanti palazzi di vetro.
Nei pochi secondi in cui attese la risposta di Alice mille possibilità invasero la sua mente.
Avrebbe dovuto essere più diretto? O chiarirle prima la sua posizione? Come si sarebbero dovuti comportare al di fuori di quelle mura, alla luce del sole? Come avrebbero reagito tutti gli altri? Suo padre, Sonia, gli amici? Come avrebbero giustificato questa improvvisa unione? E poi in definitiva cos'erano ora loro due? Una coppia, un esperimento, un tentativo di ricostruirsi un'immagine? Gli avrebbe chiesto di trasformarsi in un fidanzato amorevole e premuroso?
Alice si tirò a sedere sul letto e voltandosi verso di lui si portò dietro tutto il lenzuolo. Lo guardò con attenzione prima di parlare, con un misto di preoccupazione ed orgoglio negli occhi: -Ci ho pensato anch'io, prima mentre parlavi al telefono con Jack e stanotte mentre dormivi. Ci ho pensato bene e ho valutato molte variabili e, nonostante tutto, vorrei tenere la cosa per noi, almeno per un po'. So che avresti scommesso il contrario, ma è che ora che ho la possibilità di stare con te, vorrei godermela un po' senza intrusioni. Sai bene cosa succederebbe se lo dicessimo subito agli altri: diventeremmo l'attrazione principale della scuola e non avremmo più un attimo di pace. Saremmo costretti a rispondere a domande per le quali ancora non abbiamo risposte e ci costringerebbero ad essere qualcosa che non siamo. In più io ho appena chiuso una relazione fin troppo sbandierata, non voglio cadere di nuovo negli stessi errori.-
All'inizio non disse nulla, si portò entrambe le mani dietro la nuca e la guardò con scherno.
-E così proponi di continuare ad agire nell'ombra e a vederci di nascosto??-
-Lo fai sembrare un crimine con quel tono??- Alice si offese e strinse meglio il lenzuolo contro al seno incrociandovi le braccia contro.
Manuel scoppiò a ridere davanti alla sua smorfia risentita e l'abbandonò sola nel letto, afferrò i jeans da terra e si avviò al bagno bloccandosi però sulla soglia a contemplarla.
-Per una volta sono d'accordo con te: prima di coinvolgere il resto del mondo dovremmo assestarci meglio e trovare un equilibrio tra noi. Non ci sarà bisogno di nasconderci o mentire basterà solo un po' di discrezione.- la vide rilassare spalle e braccia alla sua risposta e afferrò la maniglia per chiudersi in bagno, quindi lanciò la stoccata finale: -In fondo potremmo anche scoprire di essere un fallimento totale come coppia no??-
Un attimo dopo stava ridendo a crepapelle dietro la porta, avendo appena evitato per un soffio una scarpa volata verso il bagno.
Fecero a turno per la doccia, e quando venne quello di Alice, Manuel ne approfittò per studiare un po' meglio quella stanza.
Di frugare per scovare i segreti più torbidi della ragazza non sarebbe stato corretto, quindi si limitò a studiare attentamente ogni particolare.
Era tutto perfettamente aderente all'immagine di sé che Alice aveva creato per gli altri. Le alte pile di scatole di scarpe allineate sul fondo dell'armadio, i cassetti strabordanti di abiti pressati all'inverosimile pur di farceli entrare, le riviste di moda in bella mostra sotto la finestra, il poster di un bel chirurgo da telefilm sulla porta del bagno.
Proprio sopra alla testata del letto una bacheca di sughero attirò la sua attenzione, non l'aveva guardata bene la sera prima, per cui si inginocchiò sul letto per avvicinarsi. Era piena di foto: Alice, Chiara e Laura erano i soggetti principali, c'erano anche foto del gruppo o con i compagni di scuola, in qualcuna appariva anche lui. In una di queste Alice doveva aver avuto sui dieci anni ed era seduta con i suoi davanti alla Tour Eiffel, per la prima volta vide sua madre dalla quale aveva inequivocabilmente preso i lineamenti aggraziati e la bellezza morbida che la distinguevano dalle altre, e suo padre che le aveva donato gli occhi azzurri e limpidi, e lo sguardo attento. C'erano un paio di buchi dove probabilmente erano state tolte alcune foto di lei e Edoardo.
Una lo colpì più di tutte. Doveva essere stata scattata poco tempo prima al campetto, Alice indossava una sciarpa leggera su una maglietta bianca, aveva i capelli legati in disordine e nemmeno un filo di trucco, era seduta in braccio a Jack ma nessuno dei due guardava l'obiettivo, stavano ridendo con qualcun'altro che non era stato inquadrato. C'era qualcosa in quella foto di puro: Jack le cingeva la vita con un braccio ma non riusciva ad essere geloso di quel gesto, e Alice aveva una mano tra i suoi capelli neri, non c'era malizia ne una velata attrazione nonostante la posizione fosse ambigua. Chiunque l'avesse scattata aveva colto l'essenza stessa di quel legame.
Guardandosi di nuovo attorno notò che nulla stonava in quella stanza al di fuori della scrivania.
Quella -e si vedeva bene- era il vero mondo di Alice: di quell'Alice sveglia e intelligente che aveva nove in fisica e prima di dormire leggeva libri sulla meccanica razionale, di quell'Alice un po' sfigata che usava uno spazzolino da denti per pulire le componenti del suo pc, quella che gli aveva detto che tentare di comunicare con lui era come cercare di dividere per zero, o quella che tentava di convincerlo a farle smontare la sua moto per vederne i componenti.
Alice era tutto questo e molto di più, con i suoi libri di fisica applicata e i quaderni pieni di grafici.
In quel momento la ragazza riemerse dal bagno coperta da un asciugamano azzurro, si voltò verso il letto ma lui non c'era, scorse velocemente il resto della stanza e lo trovò seduto alla scrivania con suo iPod in mano.
-Che fai?- gli chiese afferrando un paio di mutande a caso dal cassetto.
Non rispose, si limitò a squadrarla con occhio critico e sbuffare contrariato, Alice non comprendendo quel gesto lo insultò mentalmente per la solita loquacità che dimostrava ad ogni buona occasione, allacciandosi il reggiseno lontano dal suo sguardo malizioso.
Quando almeno le parti importanti erano coperte lanciò l'asciugamano sul letto e si diresse verso l'armadio, seguita a vista da Manuel.
-Vediamo un po'- mormorò affondando con due mani tra le grucce.
Dopo qualche secondo e vari brontolii sommessi di cui lui non aveva capito nulla, scelse un paio di shorts di jeans e una maglietta a righe orizzontali decisamente oversize.
-Qui urge un intervento correttivo immediato!- insorse improvvisamente Manuel alle sue spalle: -Hai della musica orrenda...ascolti davvero le PussycatDolls??-
Sembrava realmente sconvolto.
-Beh alcune canzoni sono carine e mi danno la carica di mattina!- si giustificò non capendone a pieno il motivo.
-Decisamente non ci siamo, dobbiamo rivedere interamente la tua cultura musicale. Gli Stones danno la carica, i Metallica, oppure i Linkin Park se preferisci il new metal: ma NON le PussycatDolls!- continuò a scorrere la lista dei brani con uno sguardo sempre più preoccupato: -Oddio pure Masini? Siamo quasi ad un livello irrecuperabile!- interpretando perfettamente il pricipino del melodramma.
-Smettila di fare il cretino..ci sono anche canzoni vecchie che non ascolto da una vita!- tentò di recuperare il suo lettore, ma lottare contro Manuel era davvero un'impresa senza speranza.
-Lo spero per te! Avverti subito se hai anche Gigi d'Alessio perché me ne vado immediatamente e ti risparmio il mio sguardo profondamente deluso.-
-Sempre spiritoso eh?? Piuttosto pensi di uscire a torso nudo o con la tua maglietta stile Pulp Fiction?-
Parve un attimo spaesato come se non avesse pensato minimamente all'eventualità di lasciare quella stanza, si riscosse dopo un attimo facendole spallucce.
Alice lo ignorò prima di perdere la pazienza e si mise a pensare a come risolvere il problema.
-Ho un'idea..perché non ti metti la mia camicia? Quella azzurra?-
-Intendi la mia camicia, che tu hai rubato e hai deliberatamente indossato per provocarmi?!?-
Fece finta di non capire di cosa stesse parlando scrollando i capelli ancora bagnati e sorridendogli angelica, dopodiché si tuffò di nuovo con entrambe le braccia nell'armadio alla ricerca del capo in questione. Sfilò la camicia dalla stampella dopo un paio di minuti di ricerca e gliela lanciò, Manuel la studiò un secondo poi la infilò arrotolando le maniche fino ai gomiti e aprì le braccia mostrandole il risultato finito.
Graffi e tagli sul sopracciglio a parte, era prefetto, la camicia gli cadeva sulle spalle come un guanto e gli avvolgeva i fianchi nella giusta misura, ne troppo stretta ne troppo larga, esaltandone il fisico magro e longilineo. Gli avambracci abbronzati lasciati scoperti preannunciavano un corpo tonico e muscoloso che la camicia celava rendendolo fascinoso ed elegante.
In poche parole: un sogno erotico su due gambe.

Alla fine decisero di separarsi.
Manuel avrebbe raggiunto gli amici al campo, mentre Alice sarebbe rimasta a casa per riordinare e andare a prendere i suoi. Si offrì di accompagnarla all'aeroporto con un po' di titubanza, giusto per una questione di gentilezza, ma lei rifiutò al volo dicendo che spiegare la sua presenza sarebbe stato troppo per un giorno solo. In quel momento la amò profondamente.
Quando si presentò a casa per cambiarsi, suo padre gli rifilò una sorta di ramanzina sul fatto che avrebbe quantomeno dovuto avvertire prima di decidere di dormire fuori.
-Non era in programma-
-Quindi dove hai dormito??-
-Da..- titubò un attimo indeciso se dire qualcosa al padre, forse in fondo gli avrebbe fatto piacere: -Da Alice-
-Alice chi?-
-Alice Aroldi, è un'amica della ragazza di Jack-
Suo padre lo studiò mentre Manuel si aggirava irrequieto per la stanza senza fare nulla di concreto, spostando oggetti e aprendo cassetti senza prendere alcunché: -Capisco... E com'è questa ragazza?-
Manuel si bloccò improvvisamente colpito da tutta quella partecipazione. Quella conversazione padre-figlio stava diventando piuttosto curiosa, erano mesi, forse anni, che non si parlavano in quel modo.
-In che senso?-
-Non lo so, ma suppongo che sia interessante visto quanto ti turba parlarne.- e suo padre sfoderò un sorriso ambiguo e furbo che non gli vedeva dai tempi delle medie, in cui si divertivano a fare scherzi alla mamma.
-E'...- cercò di trovare una parola sola per descriverla, fallendo: -E' bella, molto bella.-
Si fermò davanti alla poltrona e dandogli le spalle cominciò a spogliarsi per infilare vestiti più consoni per una partita al campetto: -E' molto sveglia, anche se completamente diversa da me, ha la testa sulle spalle insomma. E' un po' troppo magra e ha i capelli rossi-
-E' passato parecchio tempo dall'ultima volta che hai avuto una ragazza fissa, devo dedurre che o ti sei divertito abbastanza, oppure questa Alice ti ha fatto perdere la testa..- il signor Bressan seduto in poltrona nella stanza di suo figlio, per la prima volta dopo molto tempo lo vide felice, e tanto gli bastò per adorare questa ragazza: -E dalla tua faccia opterei decisamente per la seconda!-

Quando Manuel arrivò nelle vicinanze del campetto capì che quello sarebbe stato un momento che non avrebbe mai dimenticato.
Casco alla mano, la faccia piena di graffi e un sopracciglio tagliato, attraversò il prato a testa alta ignorando tutte le altre persone che affollavano il parco in quell'assolata giornata d'inizio giugno, dirigendosi direttamente verso le panchine a bordo campo.
I fratelli Zonin, Paolo e Andre stavano giocando due contro due sotto un unico canestro e si fermarono non appena lo videro scavalcare le transenne: lì davanti ai loro sguardi interrogativi capì che non si poteva più tornare indietro su quanto era successo.
Più di tutte fu la faccia di Jack a stupirlo, non era sorpreso come gli altri tre, anzi sembrava che fosse perfettamente preparato a vederselo arrivare conciato in quella maniera, tanto che gli fece sorgere il dubbio che non avesse già chiamato Alice per farsi spifferare tutto.
Ma fu suo fratello a rompere lo stallo di silenzio.
-Cos'hai fatto alla faccia?-
Filippo già sapeva. Glielo leggeva in faccia.
Si conoscevano da troppi anni perché gli bastasse un'occhiata per capire che nel bene o nel male qualcosa era cambiato radicalmente nel suo amico dalla sera prima. Dal canto suo Bressan era pronto a quel tipo d'inquisizione e insieme ad Alice avevano preparato un copione da esibire a tutti.
-Sono caduto in moto ieri sera-
Filo non disse nulla, annuì e distolse lo sguardo incrociandolo per un attimo con quello del fratello.
Se c'era una cosa in cui Manuel era sempre stato ligio alle regole era l'uso del casco, per questo quelle escoriazioni erano incompatibili con una caduta in moto, ed entrambi lo sapevano perfettamente.
-Giochi?- domandò Andre perplesso quanto gli altri dalla strana espressione di Manuel.
Annuì dondolando il casco con la mano destra: -Prima mi metto il tutore però, sennò finisce che stasera non cammino e non posso certo abbandonarvi senza di me al BM.-
Quella battuta sulla festa e sullo stato del suo ginocchio tolsero definitivamente ogni dubbio ai quattro che gli stavano davanti; non era da lui scherzare sul suo stato di salute, era stato un argomento taboo fin dalla dimissione dall'ospedale, ne sulla sua partecipazione alle feste sulla quale lasciava sempre un velo d'incertezza. Invece lo videro accennare una risata e avviarsi alle panchine dove stavano Charlie, il Vigna e le ragazze.
-'Giorno- brontolò il Vigna vedendoselo davanti, gli rispose con un cenno, mentre alle ragazze fece un mezzo inchino omaggiandole con un sommesso: -Signore, i miei omaggi-
Lo accolsero con tutti gli onori dopo quell'uscita, facendolo accomodare tra loro e offrendogli acqua e un panino che rifiutò. Dopo un iniziale tentennamento tutti ripresero le loro occupazioni: le donne spettegolavano prendendo il sole, il Vigna dormiva con la testa sulle gambe della sua ragazza e Charlie si lamentava della costanza con la quale i suoi amici cercassero di farsi venire un colpo correndo sotto il sole.
Manuel mollò tutti i suoi averi alle cure di Chiara, l'unica lì in mezzo che sembrasse avere un minimo di attenzione, e si dedicò al posizionamento del maledetto tutore. Colse solo frammenti di conversazione, dei quali nemmeno capiva il soggetto, ma fu un nome a fargli rizzare le antenne tenendosi sulla difensiva.
-Chichi alla fine Ali ti ha risposto al messaggio?- fu Laura a introdurre la questione. Impossibile capire se sapesse già qualcosa.
-Si, mi ha mandato un sms dieci minuti fa, diceva che ha dormito troppo e non ha sentito le nostre chiamate. Comunque non viene nemmeno dopo pranzo perché deve andare a prendere i suoi all'aeroporto verso le due.-
-Quella il cellulare non lo sente mai!- fu la replica inviperita dell'altra.
-A te non ha risposto?-
-Non ci ho nemmeno provato a mandarle un sms, tanto se non sente le chiamate, figurarsi un messaggio!-
-Allora c'è qualcosa che non torna! Come faceva a sapere che siamo venuti qui invece che andare al lago!?! Io non le avevo ancora detto nulla!-
In quel momento un brivido ghiacciato bloccò i movimenti di Manuel. Si erano traditi da soli, come avevano fatto ad essere tanto idioti?
Il primo istinto fu quello di afferrare il cellulare per mandarle un messaggio pieno di insulti per la sua imbecillità, poi in pochi secondi mille scenari gli vorticarono in mente: che avrebbe dovuto fare se avessero manifestato qualche sospetto? Avrebbe dovuto difenderla e dare spiegazioni? Oppure fingere vigliaccamente di non saperne nulla?
Erano decisamente ancora impreparati ad affrontare la comunità alla luce del sole, ma allo stesso tempo per giocare agli amanti avrebbero dovuto affinare le tecniche.
Erano?
Da quanto pensava al plurale?
Fu l'urlo cavernoso di Jack a salvarlo dall'impiccio richiamandolo al campo insieme a Charlie.
Le squadre al campetto erano sempre le stesse. Non era come giocare in squadra, o a scuola con tutti che ti guardano in attesa di una grande azione, l'allenatore che urla indicazioni assurde e gli avversari sempre pronti a saltarti con un ginocchio sulla schiena pur di metterti ko. Al campetto era puro gioco, il basket per il gusto del divertimento, senza agonismo o scorrettezze infami.
Jack Manu e Charlie contro gli altri tre.
L'inesperienza di Charlie era bilanciata dalle capacità e dall'affiatamento di Manu con Jack che avevano giocato per anni in squadra insieme, mentre dall'altro lato l'anello debole era Andre che era molto più votato alla chitarra che al canestro, compensato da Filo e Paolo che conoscevano pregi e difetti degli avversari.
Marcare Manuel era un onere che nessuno voleva mai prendersi, era agile e veloce, sapeva fingere bene ed era pericoloso sia fuori che dentro l'area.
Dopo dieci minuti di gioco la sua squadra dominava già gli avversari superandoli di dodici punti, quindi Andre tentò la carta della pressione psicologica.
-Che hai oggi Bressan?- gli chiese dopo l'ennesimo tiro andato a canestro.
Manuel tirava, saltava e correva lasciandosi dietro gli amici a bocca aperta e prendendosi tutti gli applausi e i complimenti delle ragazze. Era bagnato di sudore come se avesse fatto una doccia eppure non si sentiva affatto stanco, nemmeno la cocaina l'aveva mai caricato in quel modo.
-Nulla!- rispose chinato a sistemarsi gli strappi del tutore: -solo avevo una gran voglia di giocare e mi sento carico come una molla!-
Andre si cacciò a ridere mentre invece Filo cercava lo sguardo di suo fratello che al contrario sembrava altrettanto contento.
-Oddio con chi sei stato stanotte per ridurti in questo modo? Non avrai deciso di sperimentare nuove frontiere, devo preoccuparmi?-
Fu allora che ogni dubbio dei fratelli Zonin venne sfatato, Manuel si alzò in piedi e si stirò le braccia verso l'alto aprendo tutto il torace e mostrando a tutti un succhiotto violaceo vicino all'ombelico scatenando le risate collettive.
-No coglioni, niente di nuovo...-


Dopo un'intensa attività di restauro, Alice Aroldi poteva dirsi davvero soddisfatta.
Aveva passato quasi due ore in bagno tra trucco, capelli da stirare al limite della perfezione e manicure rossa e lucida come la carrozzeria di un'auto nuova.
La scelta dell'abito era stata il nucleo centrale della preparazione, ci si era concentrata maniacalmente al punto da stimolare i sospetti di sua madre che l'aveva trovata davanti all'armadio in preda ad una crisi isterica della serie 'ho-un-armadio-pieno-di-cose-inutili'.
Alla fine in collaborazione con la mamma, che non aveva chiara la ragione di tutta quell'agitazione per una semplice festa, aveva deciso per un abito nero, stretto come un guanto ma rigoroso nel taglio a tubino con uno scollo sia davanti che dietro molto più castigato dei suoi standard. La calze furono un prestito direttamente dall'armadio di Mamma Aroldi che resuscitò da una vecchia scatola una paio di calze di seta con tanto di cucitura posteriore anni '30.
Quando si era presentata a cena già vestita pure suo padre si stupì di vederla già vestita e agghindata, e la riempì di domande sul destinatario di tutte quelle attenzioni.
Davanti alle scatole di scarpe nell'armadio, ovviamente le tornarono in mente le preferenze del suo neo-ragazzo per le Louboutin. E la scelta era stata facile.
All'arrivo di Laura sotto casa sua, era già davanti al cancello con la cluntch in mano e l'ansia ad attanagliarle le viscere.
Doveva essere perfetta in ogni singolo capello per la sua prima uscita pubblica come ragazza di Manuel Bressan.
A metà pomeriggio gli aveva mandato un sms chiedendogli se avesse intenzione di andare alla festa al BM, non le aveva risposto subito (eppure contrariamente alle sue abitudini, non aveva dato in escandescenze) ma l'aveva chiamata una volta arrivato a casa che era quasi sera.
Era la prima volta che vedeva comparire il suo numero sul cellulare con la scritta lampeggiante incoming call.
Le aveva raccontato del pomeriggio e l'aveva pure sgridata per il messaggio che aveva mandato alla sua amica, si erano scambiati una serie di convenevoli, tra cui la notizia che il signor Bressan non sarebbe ripartito per Manchester fino a venerdì, dopodiché Manuel aveva sollevato la questione festa.
-Che facciamo per stasera? Vuoi andare insieme?-
-Andare insieme significherebbe buttare alle ortiche i discorsi di stamattina no?-
-Giusto-
Ci fu una piccola pausa, in cui Alice si mordicchiò il labbro e Manuel si grattò il lobe dell'orecchio.
-Che ne dici di vederci là? Anche Laura mi ha chiesto di andare insieme, se le dicessi che vado con qualcun altro si insospettirebbe e comincerebbe a farmi un sacco di domande.-
Dall'altra parte della cornetta Manuel non disse nulla se non uno sbuffo nemmeno troppo percettibile.
-Che ne dici eh? Poi ti faccio uno squillo quando entro così mi dici dove sei e ti raggiungo.-
-Va bene.- Non sembrava particolarmente entusiasta: -Però dopo andiamo a berci qualcosa da soli!-
Già immaginava il ghigno perverso che aveva Manuel stampato in faccia nel dire quella frase, e venne da ridere pure a lei.
-Allora a dopo-
-A dopo. Ciao.-
In auto Laura la riempì di chiacchiere, tanto da riuscire a distrarla dalla sua tensione all'idea di rivedere Manuel dopo tutto quello che si erano detti quella notte, le pareva quasi di aver fatto un lungo sogno come se avesse passato un'intera giornata in dormiveglia.
Quando arrivarono nel piazzale ghiaiato e parcheggiarono la vecchia twingo di Laura, non ci fu nemmeno bisogno di fingere di fare la fila o chiamare Manuel per farle entrare dall'ingresso privilegiato perché non appena le vide attraversare la strada, Gerry si sbracciò con discrezione verso di loro e il cordone rosso si aprì senza indugi davanti ai loro occhi trasognati.
-Alice, questo è per te.- e un cartoncino bianco piegato in due entro nel suo campo visivo nella manona del buttafuori.
Lo afferrò al volo nascondendolo dalla vista a raggi x di Laura che già la guardava con un sopracciglio eloquentemente alzato e si avviò con lei oltre il portone rosso e la coda di gente accalcata per entrare.
Riconobbe immediatamente la calligrafia disorganizzata e calcata ancor prima delle parole, e già sapeva che sarebbero stati guai.
"Dobbiamo parlare, vieni nel backstage. Ti aspetto lì."






Spazio Autrice:

Ebbene rieccomi qui con il consueto ritardo, ormai non credo di poterci più fare nulla, è qualcosa di cronico...
Comunque alla fine ho pubblicato dai.
La capitolo fa sostanzialmente schifo, è un capitolo di transizione senza infamia e senza lode
secondo me,
ma come al solito l'ultima parola spetta a voi.
Fatemi sapere che ne pensate,
sarò ben felice di rispondere a tutte le vostre domande!

1bacio. Vale.

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Capitolo 17
*** 17 ***


17




-17-









-Edo!-
Appena imboccato il corridoio dietro il palco, cominciò a urlare il suo nome. Non aveva alcuna in tenzione di perdere tempo con lui, dall'altro lato di quella porta antipanico c'era Manuel ad aspettarla ed in quel momento era l'unica cosa di cui le importasse.
Gli aveva mandato un messaggio subito dopo aver riconosciuto la calligrafia del biglietto promettendogli di fare in fretta anche se i toni di Edoardo non erano esattamente amichevoli.
Laura l'aveva guardata con una buona dose di scetticismo quando le aveva annunciato di aver bisogno di qualche minuto per sistemare la faccenda con il suo ex. Si era proposta di accompagnarla conoscendo Edo e i suoi sbalzi di umore. Ma Alice aveva rifiutato con gentilezza rassicurandola che li avrebbe raggiunti a breve.
Manuel non aveva risposto al messaggio invece.
-Edo dove sei?-
Dal fondo del corridoio sbucò la faccia perplessa del Vigna dall'ultima porta.
-Ehi Rossa! Edo è qui, vieni!!-
Quando raggiunse la stanza si diede mentalmente dell'idiota, era il deposito degli strumenti, il luogo dove tutti i gruppi si riunivano per prepararsi a salire sul palco. Edo non poteva che essere lì prima del concerto!
Salutò entrambi con un sorriso tirato.
-Che diamine vuoi?-
-Potresti anche essere più gentile!-
Il Vigna comprese al volo l'aria che tirava tra quei due e colse la palla al balzo nel momento in cui vide Alice squadrare in cagnesco il suo ex pronta ad azzannarlo alla giugulare e guardarlo morire dissanguato.
-Beh io me ne vado, vi lascio litigare..-
-No!- per un attimo credette che avrebbe azzannato lui alla giugulare, poi ammorbidì un po' il tono: -Rimani-
Lo fissò dritto negli occhi e lui vi lesse esattamente quello che non avrebbe dovuto vedere. Quella ragazza aveva paura, lo stava letteralmente implorando di rimanere, e nonostante tra loro non ci fosse mai stato un rapporto idilliaco non se la sentì di voltarle le spalle, non dopo le scenate di Edo degli ultimi tempi.
-Dovrei essere gentile!?! Tu non lo sei stato quando mi hai fatto quella piazzata a ricreazione davanti a tutta la scuola, quindi perché dovrei esserlo io!?- Alice era agguerrita ma non aveva alzato la voce.
-Io ne ho tutto il diritto, sei tu che mi hai mollato.-
Quell'ostinazione infantile di trincerarsi dietro muri di cartapesta era tipica del suo compagno di band.
-Questo ti darebbe il diritto di insultarmi e gridarmi false accuse?- Alice scrollò le spalle come per liberarsi dal peso dell'idiozia di quella conversazione: -Ti stai mostrando come l'idiota che ho sempre sospettato fossi...-
Sentendosi preso in giro dalla noncuranza con cui lo trattava la ragazza, Edo cambiò improvvisamente tono.
-Avresti dovuto pensarci due anni fa!-
-Edo finiscila!- di nuovo lo attraversò con il suo sguardo più meschino: -Mi hai fatta venire qui solo per discutere?- si accomodò su un amplificatore proprio di fronte a lui accavallando le gambe.
E in quel momento il Vigna si rese conto di star esattamente nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Lei lo stava deliberatamente provocando, ma come biasimarla da come l'aveva sempre trattata Edo, ne aveva tutti i diritti.
-Ti ho fatta venire qui per capire cosa stai combinando! Ti stai già facendo qualcun altro scommetto. Hai voglia solo di divertirti? Bene, fallo! Ma sai benissimo che oltre a me non hai altre speranze di trovare qualcuno che sopporti il tuo egocentrismo e le tue moine. Sai che tornerai da me.-
-Come immaginavo non abbiamo nulla di cui discutere, non ho intenzione di assecondare le tue follie.-
La ragazza fece per alzarsi ma Edo le si avvicinò a larghi passi fino ad urlarle in faccia e arpionarle un braccio: -Non ti ho detto che puoi andartene!-
-Mi fai male Edo!-
Gli ci vollero appena tre secondi per reagire.
Non che fosse sua abitudine impicciarsi negli affari degli altri, ma Edo aveva passato abbondantemente il limite.
Appena un anno prima se gli avessero raccontato che si sarebbe frapposto tra il suo migliore amico e la sua ragazza avrebbe riso il faccia al veggente senza batter ciglio, eppure da Natale le cose nel gruppo avevano preso una piega strana. Sopratutto tra Alice e Edoardo, come se ci fosse un particolare sfuggito a tutti.
Quando cominciò a frequentare il gruppo di Jack Charlie ed Edo all'inizio della terza, conosceva solo loro tre e Laura con la quale aveva passato i tre anni delle scuole medie. Con Chiara e gli altri ragazzi si trovò subito sopratutto grazie alla sua verve comica, Alice fu l'unica a rimanere in disparte. Non che lo ignorasse o lo trattasse male, ma con lui come con tutti gli altri uomini che non fossero Jack manteneva un'aura di distacco mitigata solo dal sorriso luminoso che regalava al mondo.
Poco dopo le cose tra lei ed Edo cominciarono ad ingranare fino a stabilizzarsi, e conobbe l'Alice sotto la patina dorata di cui si ricopriva.
L'Alice con la media del nove in pagella e all'alcol test, l'Alice festaiola e divertente. L'Alice che ciondolava indolente la coda ramata ogni volta che prendendola in giro le urlava 'Rossa tutta gambe' in mezzo al corridoio.
Eppure da qualche tempo era diversa.
Più fragile e ancora più magra, sorrideva meno e spariva di continuo, aveva l'espressione perennemente tirata che nascondeva dietro a bicchieri stracolmi.
E poco prima quando l'aveva bloccato prima che uscisse, le aveva letto qualcosa di ancestrale negli occhi. Per quanto poco la conoscesse rispetto alle altre due, non se l'era sentita di ignorare quella muta richiesta d'aiuto. E davanti al gesto di Edoardo ne comprese le ragioni.
-Basta.-
Una parola.
Bastò una parola per allontanarlo da lei.
Cosa sarebbe successo se non avesse bloccato il Vigna prima che uscisse per non rimanere sola? Quella furia che Edo le stava riversando addosso a parole avrebbe trovato sfogo anche nei muscoli e nelle mani? L'avrebbe picchiata? Umiliata?
Non riuscì a guardarlo negli occhi, ne a voltarsi verso il suo protettore che le stava alle spalle. Chiusa tra i toraci massicci dei due ragazzi non ebbe il coraggio di muoversi.
-Lasciala Edo e vattene. Cerca Andre che tra poco iniziamo.-
Gli obbedì senza fiatare e imboccò la porta prima che Alice avesse il tempo di dir nulla.
Rimasero in silenzio per pochi istanti. Lui odiava il silenzio, e allo stesso tempo non avrebbe saputo che dirle per darle conforto, per questo riprese fuori la chitarra fingendo di dover controllare le corde. Una buona scusa per allontanarsi e lasciarle il tempo di metabolizzare l'accaduto.

Il BM era strapieno.
Che fosse per il concerto degli Afterblack o per il ponte scolastico, ad Alice poco interessava ma ben sapeva che la situazione avrebbe potuto rivelarsi un'arma a doppio taglio avrebbe potuto sfruttare la cosa a suo favore per nascondersi con Manuel, ma allo stesso tempo la inquietava tanto quanto la mensa della scuola, si sentiva braccata e con mille sguardi addosso, proprio quando non desiderava altro che affondare il volto nel suo petto.
Dopo la sfuriata con Edo ci aveva messo qualche minuto a riprendersi, risistemare il vestito, controllare il trucco e che le calze non si fossero smagliate, il tutto sotto lo sgurdo alibito del Vigna che la vide risorgere dalle sue ceneri stampandosi in faccia un sorriso luminoso che di falso non aveva nulla.
-Voi donne siete incredibili...- mormorò seguendola tra la folla sinceramente colpito.
Nemmeno si spercò a rispondergli, gli lanciò solo un'occhiata furbetta da sopra la spalla.
Solo quando furono ad una decina di metri dal tavolo dei loro amici lo bloccò tra la folla, in modo che si confondessero e nessuno facesse caso alla loro conversazione.
Lo fissò dritto negli occhi senza vacillare neanche un istante: -Non una parola su quello che è successo con Edo. Mai! A nessuno.- era un ordine bello e buono al quale non se la sentì di replicare.
Di nuovò le tornò il sorriso smagliate, bello e luminoso col quale credeva di riparare a tutto, anche se dietro il suo cervello lavorava a ritmi forsennati per cercare valide scuse.
Nessuno si accorse di nulla. Alice arrivò e salutò tutti: riempì Filo -che si era tagliato finalmente i capelli- di complimenti, mostrò apprezzamenti a Chiara e Martina per la scelta dell'abito e si perse in due parole con Jack. Al tavolo comparvero anche Andre e Manu con un paio di birre e lei sorrise a loro come aveva fatto con tutti, agitando la manina dalla perfetta manicure rossa, Andre passandole dietro le strappò un bacio sulla guancia mentre Manuel si limitò a lanciarle uno sguardo stranamente perplesso e prendere posto tra gli altri.
Il Vigna continuava a guardarla e a non capacitarsi di come facesse ad essere così mutevole. L'aveva vista vacillare sull'orlo della lacrime, sconvolta dalla paura di una persona di cui evidentemente si fidava, eppure ora la ragazza che aveva davanti pareva in tutto e per tutto la stessa di sempre.
O era un ottima attrice, oppure dietro quel sorriso nascondeva l'animo più spietato e calcolatore che avesse mai visto.
Tra tutti solo Laura e Manuel sapevano del biglietto di Edo e, se la prima aveva fatto finta di nulla davanti alla spensieratezza di Alice archiviando il resoconto ad un altro momento, il secondo nel saluto svagato della sua ragazza aveva letto a ragione un presagio di pessime notizie.
Senza nemmeno accorgersene in tutti quei mesi aveva imparato a leggere attraverso le sue maschere e vedere oltre tutte le impalcature di menzogne che si costruiva attorno, e conosceva bene quegli occhi cerulei o quel modo stupido di agitare la mano quando salutava. Era certo che qualcosa nell'incontro con Edo era andato storto, e l'assenza dell'altro non faceva che confermare le sue ipotesi.
Un paio di volte tentò di incrociare il suo sguardo, ma era impegnata in una fitta conversazione con Chiara sugli esercizi di fisica che la prof aveva assegnato per esercitarsi in vista della Terza Prova. Passò qualche minuto e ancora Chiara la teneva impegnata, nonostante la fisica fosse uno dei suoi argomenti preferiti pareva sempre meno interessata alle parole dell'altra e sempre più attratta dal pacchetto di sigarette col quale stava giocherellando da un po'.
Manuel sfruttò per una volta i metodi Aroldi, deciso a scoprire cosa fosse successo: finì l'ultimo goccio di birra rimasto nel bicchiere poi si alzò in piedi.
-Chi mi offre una sigaretta?- annunciò con un tono che decisamente non si adattava ai suoi soliti modi. Si premurò di passare un rapido sguardo su tutto il tavolo per poi finire di lei e sul pacchetto che stava torturando.
Non le ci volle molto per capire il messaggio da brava maestra d'inganni qual'era, sfoderò un sorriso innocente e prima che qualcun'altro s'intromettesse rispose mantenendo in piedi la maschera svagata e luminosa che aveva indossato: -Te la offro io, ma non ti dispace vero se mi unisco anch'io?-
Lui alzò le spalle ed si era già voltato quando tre parole raggiunsero il tavolo: -Come ti pare-

Is our secret safe tonight
and are we out of sight
or will our world come tumbling down?
Will they find our hiding place
is this our last embrace
or will the walls start caving in?


-Che è successo?-
Quando l'aveva seguito nel corridoio buio prima dell'uscita ancora non ci aveva pensato, era troppo impegnata a crogiolarsi nella perfezione del siparietto che avevano messo su per fregare gli altri e nel fatto che sicuramente nessuno aveva sospettato nulla, per fermarsi a pensare a che spiegazioni gli avrebbe dato nel momento in cui sarebbero stati soli.
Ora però quel momento era arrivato.
Che fare a quel punto? Dire la verità e coinvolgerlo in un vortice di urla bugie e rivendicazioni, oppure tenerlo all'oscuro, risolvere la cosa sottobanco rischiando però di partire col piede sbagliato e costruire le fondamenta del loro rapporto sul fango?
Una piccola bugia per evitare altri problemi, altro dolore e altri drammi?
Già una volta aveva tentato di scappare dalla realtà, una realtà di maschere per coprire lividi ancora bluastri. Era stata la notte di febbraio, la prima tra le braccia di Manuel, la prima in cui aveva abbassato la maschera e si era mostrata senza timore. E non se n'era pentita.
Edo le faceva paura, inutile negarlo, però non voleva dargliela vinta e intendeva dimostrargli quanto fosse cresciuta, e quanto avesse imparato dai propri errori.
Eppure dall'altro lato c'era Manuel, con le sue braccia forti e la pelle calda, Manuel e i suoi occhi scuri, che non aveva filtri e non sapeva trattenersi. Manuel che aveva già un passato abbastanza scuro sul quale non aveva il coraggio di gettare altre ombre.
La scelta era tra salvare Edoardo da Manuel o Manuel da Edoardo.
Decise in due secondi, poco prima che Manuel si fermasse nello spazio tra due macchina parcheggiate, lontano da chi non avrebbe capito, che non avrebbe permesso a nessuno dei due di rovinare la sua felicità. Avrebbe raccontato a Manuel che era stata dall'altro per parlare, che non era successo nulla di grave ma che al contrario avevano chiarito la loro separazione.
Poi alzò gli occhi.
Manuel aveva le mani in tasca come ogni volta che si sentiva a disagio, il sopracciglio tagliato ora coperto da un piccolo cerotto e l'altro ovviamente alzato, la mascella serrata con forza e le guance incavate dal disappunto.
E quegli occhi scuri. Così pieni da non aver bisogno di parole, così intensi da svuotarla da ogni dubbio.
Non era un ragazzo di molte parole, e Alice sapeva sarebbe diventato un uomo ancor più silenzioso e schivo. Eppure non vedeva l'ora di cominciare la sua vita con lui. Non poteva permettersi di mettere in gioco una posta così alta e per la quale aveva lottato così tanto.

If we live a life of fear
i'll wait a thousand years
just to see you smile again

E le parole uscirono come lava.
-Edo mi ha lasciato il biglietto all'entrata chiedendomi di vederci perchè voleva parlarmi, l'ho raggiunto nel deposito subito prima della porta di servizio. Quando sono entrata c'era anche il Vigna, se ne stava andando ma io l'ho praticamente implorato di restare. Poi Edo ha cominciato ad accusarmi di non essere gentile con lui e i toni si sono subito scaldati perché gli ho dato dell'idiota, lui mi ha accusata di nuovo di avere già un'altra storia e infine ha fatto la sua sparata geniale dicendo che posso divertirmi finché mi pare ma che tanto non avrei mai trovato nessun altro oltre a lui in grado di sopportarmi.-
Si fermò per prendere aria e tentennando di nuovo sulla parte saliente della vicenda.
Lui se ne accorse e la incalzò subito, senza lasciarle spazio per cambiare versione.
-Poi..-
-Nemmeno ho riposto. Gli ho detto che non avevamo più nulla da dirci e ho fatto per andarmene ma lui mi ha trattenuta: mi ha afferrato un braccio e ha cominciato a stringermi poi si è messo a urlarmi un faccia.- quasi trattenne il fiato in attesa dell'esplosione di Manuel, invece vide solo i nervi sui suoi avambracci tendersi sotto pelle, segno che probabilmente stava stringendosi i pugni nelle tasche. Le fece un cenno incomprensibile col capo.
-A quel punto è intervenuto il Vigna, gli ha detto di smetterla e di andarsene. E lui l'ha fatto senza dire una parola- non aveva nemmeno il coraggio di guardalo in faccia in quel momento, come se la colpa fosse sua che era andata da Edo incurante delle conseguenze.
Senza preavviso le afferrò i polsi veloce e gentile, se li portò davanti e osservò bene come se si aspettasse di vedervi inciso il tocco dell'altro. Quando non trovò tracce evidentemente si rilassò e la tirò leggermente, annullando quel passo che li manteneva a distanza di sicurezza per sguardi indiscreti, la strinse contro se stesso, conscio improvvisamente di quanto fosse scarsa e inadeguata la sua presenza accanto a lei.
Non le avrebbe mai più permesso di finire in guai come quelli.
Al diavolo l'idea di aspettare e tutti i bei discorsi che avevano fatto sul prendersi del tempo o sul rodarsi un po' prima di rendere tutto di dominio pubblico. Se Edo avesse voluto la guerra con lui avrebbe di certo trovato pane per i suoi denti.
-Ti prego, so cosa stai pensando, ma non farlo. Niente rappresaglie, ne vendette. Se gli dessimo credito questa storia finirebbe per rovinarci, io non voglio diventare il pretesto per sfogare la sua voglia di menar le mani, ne voglio che tu ora che hai chiuso con Cheru finisca per inguaiarti di nuovo. Gli starò lontana, non gli darò modo di infastidici.-
La preghiera di Alice venne sussurrata direttamente nel suo orecchio, fu quel fiato fresco a lenirgli la rabbia e riportare ordine nei suoi pensieri. Come avrebbe potuto ignorarla e tradire la sua richiesta? Proprio ora che lo stava rendendo così felice, proprio ora che stava cominciando ad abituarsi alla leggerezza che provava standole accanto.
-Ti supplico, lascia perdere... -
Si alzò un alito di vento, caldo e pieno, che le sollevò qualche ciocca di capelli le disperse nell'aria scura.
Alice alzò la testa, separandosi un poco da lui.
Nonostante i tacchi per guardarlo negli occhi era comunque costretta a piegare il collo, quando lì incontrò la stava fissando attentamente e vi lesse le stesse cose di quella stessa mattina, quando si erano separati sulla porta di casa.
All'improvviso sospirò e chinò la testa scrollandola come per svuotarla: -Va bene.-
-Davvero?-
-Davvero-
Non si trattenne oltre e lo abbracciò forte per la vita, tuffandosi completamente nel calore che le regalava.
Manuel rispose quasi con condiscendenza davanti a quell'entusiasmo, accorgendosi per l'ennesima volta di quanto fosse facile avvolgerla tutta con un solo braccio, e senza pensarci le posò le labbra sulla fronte.
Alice si smorzò appena e ritornò a parlare sottovoce: -Ero terrorizzata all'idea di vederti-
-Perché?-
-Non lo so... Temevo di aver sognato la notte scorsa, e quindi incontrandoti avrei scoperto che era stato tutto un sogno e probabilmente mi sarei sentita davvero idiota. E' stata una fortuna affrontare Edo prima di vederti, mi ha distratta dalla tremarella.-
Manuel nemmeno si impegnò per trattenere le risate.
-Ma cosa ridi? Sei un insensibile.- protestò vivacemente ma fu del tutto inutile davanti al sorriso sincero su quel volto.
-E scommetto che ti sarai cambiata dieci volte e sarai stata due ore a truccarti...-
-Mi correggo: sei un cafone insensibile!-
Iniziò a ribellarsi per scappare dalle sue braccia, tentativi senza alcuna speranza di riuscita, neppure i pizzicotti lo smossero. Provò di morderlo sulla mandibola ma si dileguò agilmente.
-Quindi questo vestito l'hai messo per me?- continuò a canzonarla col sorriso sulle labbra, senza degnare di uno sguardo l'opera per la quale lei aveva speso mezzo pomeriggio, e ovviamente in risposta ottenne solo l'ennesimo pizzicotto: -Smettila di torturarmi, non ho detto che non mi piace!-
-Non hai nemmeno detto che ti piace però!-
-Cosa me ne frega del vestito quando so benissimo che mi piace di più quello che c'è sotto, scusa?-
Dal tono e la faccia con cui gliel'aveva detto, evidentemente era serio e credeva pure di averle fatto un complimento.
Alice, indecisa se ridere o piangere, nel dubbio lo baciò.

Quando rientrarono il gruppo era già sul palco e al tavolo non era rimasto nessuno.
Insieme si buttarono nella mischia alla ricerca del resto del gruppo su specifica richiesta di Alice che non voleva suscitare sospetti, nonostante le invitanti proposte del suo ragazzo di fuggire da tutti e rifugiarsi in qualche localino del centro.
Appena li videro si riunirono al gruppo con naturalezza, e solo Laura la fissò più a lungo degli altri con un misto di sospetto e malizia davvero inquietante.
Il rock la scaldò subito. Non era mai stata ad un concerto che non fosse uno di quelli degli Afterblack, e delle loro canzoni non sapeva quasi nulla, ne riconosceva a malapena qualche motivetto, eppure la voce di Andre, roca e disperata, le scatenava qualcosa di caldo e avvolgente nel petto e nella gola.
Aveva scoperto questa vocazione pian piano, ascoltando dapprima solo la chitarra di Edo, poi prestando sempre più attenzione alla musica e alle parole. La prima volta che aveva visto Andre aggrapparsi al microfono cantando i Nirvana, l'aveva catalogato come un invasato, la seconda l'aveva guardato meglio e aveva cercato di capire se era solo una coreografia studiata o se invece seguisse il suo istinto, dopo la terza aveva cercato la canzone su you tube, e aveva capito.
Manuel invece adorava quella musica. Lo vedeva da come rilassava l'espressione e si dondolava la bottiglia di birra tra le dita, stavano a pochi passi di distanza ed avevano scambiato solo un paio di occhiate sbieche da quando erano tornati nel mondo reale, eppure come era già accaduto in passato lo sentiva vicino, una presenza onnipresente alle spalle, un paio d'occhi sempre su di lei. Prima d'allora avere Edo sempre intorno l'aveva spesso maldisposta, odiava l'idea di essere sempre controllata, ma Manuel era molto diverso: il suo orgoglio testosteronico gli impediva di dimostrarle apertamente quanto tenesse a lei, e mai -mai!!- si sarebbe fatto beccare a guardarla in un modo che fosse, anche solo di poco, diverso da quello di un leone davanti alla giugulare di una gazzella.
Quello stato le suscitava una profonda eccitazione, non in termini propriamente sessuali ma più verso l'adrenalina pura, era l'idea di averlo sempre vicino e non sentirlo a stordirla, come una sciarpa leggera sulle spalle.
Si voltò a guardarlo all'improvviso, fingendo di seguire la voce di Chiara, certa di coglierlo in flagrante. E rimase delusa per l'ennesima volta.
Lui stava là, a portata di mano, ma irraggiungibile per sua stessa volontà, canticchiando le parole del ritornello sopra un sorriso furbo. Si era accorto di lei e non aveva voluto darle la soddisfazione di beccarlo.
Filo si chinò versò di lui e parlò brevemente accennando al palco con il mento, Manuel scosse il capo probabilmente non condivideva le idee dell'altro, prese un sorso poi fu lui a parlare. Alice cercò di carpire le parole dal movimento delle labbra, ma fallì.
Ancora una volta lui sapeva di essere osservato.
-Che guardi?-
Laura e il suo maledetto occhio vigile, l'avrebbe strangolata volentieri in quel momento.
-Nulla-
-I tuoi stanno bene? Com'è andato il volo?-
-Sono tornati tutti interi. Stanno bene, anzi benissimo, mio padre è ingrassato sei chili in crociera, non vede l'ora di tornarci-
Laura non rispose, le sorrise, si guardò attorno inspiegabilmente attenta e tornò a farsi i fatti suoi mano nella mano con Charlie. Sempre più perplessa nei confronti di chi aveva attorno Alice decise che sarebbe stato meglio mantenere un profilo inattaccabile fino alla fine della serata.

All'alba dell'una il concerto era terminato, e con lui anche il fulcro della serata.
Alice e Manuel non erano più riusciti a "fumare una sigaretta" da soli, prima si era unito a lei Filo, la seconda volta Andre e il Vigna, la terza addirittura Laura che da salutista convinta quale era non avrebbe mai toccato una sigaretta nemmeno con un dito e le faceva sempre la ramanzina sul fumo passivo. Dopo l'ennesimo fallimento nei loro tentativi di ritagliarsi un angolo di privacy, al suo rientro Alice venne raggiunta da un occhiataccia scura e pregna di frustrazione.
Manuel si era mantenuto calmo e distaccato fin dopo la mezzanotte forse grazie alla misteriosa scomparsa di Edo, solo con l'arrivo di Cheru e della sua cloaca di scimmioni raggiunse il limite della crisi di nervi facendosi sfiorare dall'idea di implorarla di mollare tutti lì per chiudersi in un bagno, vedendolo in quelle condizioni cominciò ad attivare i suoi sensi da stratega.
L'occasione venne con Cheru al cui braccio stava attaccata una biondina che faticava a raggiungere l'età da liceo, che apparve al loro tavolo senza invito.
-Ma guarda un po'... L'elitè delle Stimate al completo.-
Qualcuno s'irrigidì sulla sedia altri lo ignorarono con un'alzata di spalle, Alice si trattenne dal voltarsi a vedere la reazione del suo ragazzo non solo per mantenere le apparenze ma sopratutto per non perdere di vista il nuovo arrivato.
-Cherubini leva le tende,  non sei gradito!- Filo era decisamente l'unico così sfrontato da rispondergli .
-Zonin nemmeno tu sei gradito, purtroppo però siamo obbligarti a vederti. In ogni caso volevo solo salutare il tuo amico Bressan, so che ieri ha avuto un incidente...-
L'atmosfera cambiò radicalmente in pochi secondi. Tutti i ragazzi del tavolo alzarono gli occhi su di lui, tesi e pronti a scattare ad un qualsiasi segnale, mentre Manuel a malapena si mosse per guardarlo in faccia, gli amici di Cheru erano una decina di metri dietro di lui, se qualcuno avesse alzato la voce sarebbero accorsi in pochi secondi, lo conosceva bene quindi sapeva che non si sarebbe mai esposto senza il suo gruppo pronto a spalleggiarlo.
-In giro si dice che tu le abbia prese.-
-Beh si dice anche che il tuo amico Dave sia accidentalmente andato a sbattere contro il pungo di qualcuno-
-Bressan...- Manuel carico di rabbia e sarcasmo non lo fece nemmeno parlare.
-Si dice anche che tu sia un succhia-cazzi.-
Il silenzio che avvolse le parole di Manuel durò solo qualche secondo, rotto immediatamente dalle risatine di tutti.
-Come vedi in giro se ne dicono parecchie di cose.-
-Bressan faresti meglio...-
-Cheru vattene-
Quel tono non ammetteva repliche, tanto che il suo avversario rimase di stucco per qualche secondo prima di mandarlo teatralmente a quel paese, voltarsi e andare via.
Nessuno osò parlare mentre Manuel si passava una mano sul volto con l'espressione più frustrata che gli avessero mai visto.
-Bene!- Alice si annunciò al mondo alzandosi in piedi fasciata come un'anguilla nel suo vestitino nero: -Dopo questo teatrino edificante, per me è tempo di prendere aria, il puzzo di carogna di Cheru mi ha nauseata abbastanza! Me ne vado a nanna e offro una sigaretta a chi mi da un passaggio a casa.-
L'unico a sghignazzare fu Manuel, rischiando per l'ennesima volta di buttare tutti i loro sforzi per mantenersi una copertura, gli altri la guardarono basiti afferrare la borsetta e la sigarette dal tavolo e attendere la loro reazione.
-Rossa, per una volta sono d'accordo con te-
Senza guardare in faccia nessuno anche lui si alzò con indolenza, pronto a tenere in piedi la loro commedia.
-Come pensi di portarmi a casa? In moto Bressan?-
-Se non ti sta bene prendi un taxi.-
Da un lato all'altro del tavolo nessuno continuava a fiatare, intenti da assistere alla seconda commedia della serata.
-Ce l'hai almeno il casco?-
-E tu le hai le sigarette?-
Alice alzò gli occhi al cielo sventolandogli davanti un pacchetto di Winston Blu come se fosse un povero scemo: -Per chi mi hai presa?-
-Che pazienza. Rossa muoviti prima che cambi idea.-
Entrambi salutarono il gruppo con l'aria di chi sta per andare al patibolo, per poi dileguarsi verso l'uscita in tutta fretta.
Attese un attimo dopodichè Jack si stiracchiò con un sorriso a trentadue denti e l'espressione beata.


-Ma secondo voi sono ancora convinti di fregarci?- domandò Charlie seguendo la chioma rossa di Alice sparire vicino al bar.
-Credo proprio di si- Filo se la rideva ormai apertamente dopo essersi trattenuto in presenza dell'amico, mentre i suoi tre compari, Andre il Vigna e Paolo lo seguivano a ruota.
E se le due migliori amiche di Alice a quelle parole strabuzzarono gli occhi, il resto del tavolo invece annuì colmo di serietà.











Spazio Autrice:

Che dire...solito ritardo
spero almeno che il capitolo vi piaccia
l'ho riscritto qualcosa tipo 10000 volte come al solito, poi stamattina in treno ho avuto la folgorazione
mi sono rotta e l'ho ricominciato ex novo!
E ora ho deciso di pubblicarlo e vedere che succede...
Qualcuno sicuramente rimarrà deluso, e qualcun'altro mi manderà sonori accidenti, so che vorreste un po' più "Ali-Manu"
e magari più scene hot...
ma ahimè vi ho lasciate un po' a bocca asciutta con una misera Alice capricciosa!! HIHI

La canzone in corsivo è Resistance - Muse
l'ultimo non è secondo me il loro album migliore ma se non l'avete ancora sentito o se non li conoscete (dubito!!) correte su you tube!!
L'ho scelta innanzitutto perchè la stavo ascoltando in treno, in secondo luogo perchè parla di atmosfere di sospetto e tenacia
nel proteggere un amore,
mi sembrava calzante.

A voi l'ardua sentenza.
Come sempre risponderò a tutte le recensioni (magari ci metto un po' ma alla fine rispondo)
e tutte le domande.
à bientot!

1bacio. Vale.




 

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Capitolo 18
*** 18 ***


18



-18-





...
Il BM era molto affollato e la ragazze credette di sognare inizialmente, invece tutti parevano convinti.
-Come diamine fate a saperlo?- Laura fulminò il suo ragazzo e poi nell'ordine Jack e tutti gli altri.
Andre si fece portavoce di tutti e illustrò l'evidenza dei fatti con un sorriso malefico che aveva ben poco di rassicurante: -Non siamo mica idioti: Manu è cotto come un bistecca alla griglia. Sono mesi che quando a lei viene mal di testa, lui se ne va senza dare spiegazioni e riappare solo il giorno dopo, e guarda un po', ogni volta che lui non c'è lei non esce oppure ha sonno. Sono due attori da strapazzo.-
Filo tentò di placare le risate solo per dare il suo contributo al discorso: -O quando lui fa fuga, magicamente Alice Aroldi la studentessa perfetta non c'è.-
-E alla tua festa il mese scorso?- il Vigna indicò la bionda mentre la sua ragazza annuiva complice: -Quando è arrivata ha cominciato a dare di matto, Manu non stava più nella pelle quando è salita sul tavolo a ballare, pensavo che gli sarebbe esplosa la testa!- tutti i ragazzi risero annuendo in accordo con lui.
-Per non parlare di ieri sera a cena, stavo per affogarmi per non ridere quando le ha fatto quella battutina! Manu non fa altro che guardarle il culo da mesi, a mensa, in cortile, in palestra. Ogni volta che è sovrappensiero lo becco che le guarda il culo e pensa pure che non ce ne accorgiamo?!- Filo parve quasi offeso all'idea che Manuel lo ritenesse così cieco.
Jack davanti alla loro incredulità tentò di dare qualche spiegazione: -Nessuno gli ha mai detto niente perchè sappiamo com'è fatto... ci avrebbe mandati al diavolo all'istante!-
-Non parla con nessuna ragazza da mesi eppure si presenta sempre con qualche succhiotto- rincarò la dose Andre aprendo teatralmente le braccia di fronte e tutte quelle prove: -Il massimo è stato stamattina al campetto. Fino a ieri lui sembrava un'anima in pena, oggi invece arriva tutto felice con la faccia tumefatta e un succhiotto sulla pancia.... e guarda caso ieri sera dopo la cena gli unici due che se la sono filata chi erano? Manuel e Alice-
-Ma voi davvero non ne sapevate nulla?- intervenne Paolo dubbioso.
-Ce lo ha detto lei...- Chiara tentennò un secondo sperando che fosse l'altra a concludere la frase: -La sera che ha lasciato Edo ma non sappiamo tutti i dettagli.-
Quella rivelazione parve destabilizzarli un po' forse non avevano capito che tutto era iniziato molto prima che cominciasse la crisi tra Alice e il suo ex, molto prima di quanto credessero.
Fu Laura a decidere di fare chiarezza.
-Edo ha creato un sacco di problemi ad Alice, ma sono fatti solo suoi. Credo che una sera si siano incontrati per caso ed erano entrambi un po' brilli...-
-Una sera che avevano bevuto entrambi? Quando è stata l'ultima sbronza di Manu?- domandò Filo ad Andre che parve rifletterci attentamente.
-Forse alla festa alle Colombare?- suppose l'altro.
-No no, è iniziato tutto molto prima... Quella sera Alice ha bevuto perchè avevano litigato di brutto!-
-Allora quando?- si interrogò di nuovo Filo.
-Vi ricordate al mio compleanno: Alice e Edo hanno litigato e lei se n'è andata in macchina, poi dopo neanche dieci minuti anche Manuel se ne andò.- il Vigna aveva lanciato l'ennesima supposizione alla quale i ragazzi risposero contando i mesi sulle dita.
Laura e Chiara si guardarono un secondo, ma tanto ormai tutte le carte erano state scoperte, tanto valeva essere chiari.
-Credo fosse successo qualcosa già prima. Ve la ricordate la serata al Berfi's?- quasi tutti annuirono: -Ali ci ha parlato di una sera in discoteca, ha detto che aveva bevuto e che lui le diede un passaggio a casa, e quella sera Edo aveva la febbre. Credo che tutto sia iniziato quella sera.-
Filo parve illuminarsi e si battè un colpo sulla fronte: -Ma si anche Manu aveva bevuto, e il giorno dopo mi ha detto che era stato con una delle Stimate senza dirmi chi fosse!-
Tutti si guardarono a bocca aperta.
-Era... Gennaio?- domandò Charlie ridendo: -Sei mesi e non hanno mai detto nulla!?-


Per Manuel era stata una settimana d'inferno.
Passare dal paradiso all'inferno in poche ore l'aveva leggermente indisposto.
Dopo il ponte erano iniziati i drammi: con suo padre a casa in pausa prima degli imminenti campionati Europei, tutta la scuola ad osservarli e l'esame ad incombere come una ghigliottina sulle loro teste, il clima terso e svagato che aveva caratterizzato i loro primi giorni insieme se n'era andato.
In compenso Manuel non aveva mai scritto tanti sms nella sua vita come in quel periodo.
Il momento peggiore erano le ore di scuola. Essendo l'ultima settimana oramai anche i professori avevano allentato la corda e solo pochi disperati erano ancora impegnati in compiti e interrogazioni. Tutti tranne ovviamente quelli dell'ultimo anno, i quali correvano da un'aula all'altra in cerca di approvazione per gli argomenti scelti per l'elaborato o delucidazioni sul programma, persino Manuel era stato costretto ad inseguire l'adorata prof di Arte durante un cambio d'ora per mostrarle gli ultimi sviluppi delle sue ricerche.
Filo che per la prima volta nella sua vita era stato ammesso all'esame di maturità viaggiava tra picchi di assoluta felicità e stati di cosmica depressione e perdita di sicurezza nelle sue capacità. Erano perlopiù Chiara ed Alice a scuoterlo e rimproverarlo per il suo atteggiamento provando a dargli sostegno, mentre gli altri continuavano a ridere del suo nichilismo.
Le ricreazioni erano per Manuel gioia e dolori nel vero senso della parola.
Finalmente poteva vedere la sua nuova ragazza dopo ore passate ad annoiarsi in aula a fingere di studiare, eppure, per uno stupido masochismo che aveva contribuito a mettere in piedi, non poteva baciarla, abbracciarla o toccarla in qualsiasi maniera. Si erano costretti a sorrisi vaghi e sfuggenti o gesti distaccati e innaturali.
Vederla lì seduta con gli amici a concedersi la meritata sigaretta, le gambe nude accavallate e ormai libere dalle calze scure, la camicetta leggera della divisa che lasciava intravedere la biancheria ricercata di pizzi e merletti che Alice amava tanto, il sorriso ad ammorbidirle le labbra e il sole ad illuminare la massa rossa dei capelli sciolti, gli girava la testa al punto che un paio di volte si era dovuto allontanare a fingere di salutare qualcuno per evitare di saltarle al collo per infilarle le mani nel capelli e scaldarsi il cuore con l'odore della sua pelle.
Lei aveva un routine meticolosa che odiava fosse scombinata. Ogni mattina faceva colazione al bar, con l'una o l'altra amica, arrivava a scuola all'ultimo minuto e ciondolava fino all'aula ancora con un piede nel letto, a ricreazione scendeva al piano terra e fingeva di mettersi in fila per il caffè che tanto le avrebbe offerto il primo disperato in cerca di attenzioni, che avrebbe liquidato con un sorriso mellifluo e un paio di ancheggiamenti. Dopodichè che ci fossero tre o trenta gradi usciva sul giardino interno e prendeva posto nell'angolo destro della scalinata, lì dove avrebbe trovato Filo e Paul ad aspettarla mentre Charlie e Jack andavano incontro alle loro rispettive ragazze.
Guai a chi avesse osato rovinarle il giro o occuparle il posto.
Era successo in paio d'occasioni e si era rivelata una belva per il resto della giornata.
Manuel sapeva e si limitava ad osservarla in tutti i suoi spostamenti, non si premurava di prenderle il caffè come aveva fatto Edo per mesi, ne le offriva le sue sigarette o una mano per rialzarsi al suono della campanella.
Ora da qualche giorno la sua routine non era visibilmente cambiata, aveva solo rivolto la gravità verso qualcun'altro. Manuel.
La mattina Manuel andava in moto sotto casa sua, giustificandosi con la scusa di evitarle di fare altri ritardi, facevano colazione insieme in un piccolo bar ad un paio di isolati da scuola, lontano dagli sguardi degli studenti che affollavano il bar davanti alle Stimate, e arrivati a scuola Alice scendeva prima dell'ultimo semaforo e legava il casco alla sella posteriore in modo da arrivare separati al portone. Ma straordinariamente in orario.
Anche la ricreazione aveva subito piccoli discreti cambiamenti.
Il caffè se lo faceva sempre offrire dal primo ragazzo della fila, ma non si premurava nemmeno di ringraziarlo con un sorriso, si dileguava in fretta senza attendere nemmeno la fedele Chiara. Dopodiché usciva in cortile e prendeva posto al solito gradino: ad aspettarla come sempre c'erano Paul e Filo, a quali Manuel si era aggiunto ormai come presenza fissa. Ogni giorno aspettava che arrivasse lei per tirare fuori le Winston Blu dalla tasca che, con sorprendente tempismo, scordava sempre più spesso le sigarette in classe.
Era giovedì, ancora due giorni e cinque -ehm, sei- anni di tortura sarebbero finiti.
-Hai finito con gli appunti di Shopenauer che ti ho passato lunedì?- vide Paul rivolgersi alla sua ragazza e prendere posto accanto a lei entrambi con la sigaretta in una mano e il caffè nell'altra.
-Si li ho nella borsa, te li porto dopo in mensa. Se mi scordo ricordameli tu all'uscita. Erano talmente perfetti che guardando i miei mi sono vergognata, sono irrimediabilmente una pasticciona; però mi sono stati molto utili.- Alice gli regalò un sorriso luminoso e continuò a ciarlare con lui: -A proposito... la Paccari a voi ha portato il programma d'esame?-
-Non ancora. Ma l'abbiamo all'ultima ora, stavolta spero si sia ricordata.-
Manuel intervenne con aria disinteressata in una conversazione che non avrebbe dovuto nemmeno sentire: -Si se l'è ricordato, l'ho vista prima che ne fotocopiava una cinquantina.-
-Finalmente- sospirò Paul prima di dare un altro tiro.
Alice scivolò con lo sguardo sul suo ragazzo e se lo mangiò con gli occhi prima di infierire sulla sua entrata in scena.
-Com'è che tu sei sempre così informato su tutto quello che avviene nei corridoi, anche se non parli mai con nessuno?- Manuel le scroccò uno sguardo ostile, che in un attimo virò in uno decisamente divertito alla vista dell'aria maliziosa del sorriso lentigginoso della ragazza.
-Evidentemente parlo con le persone giuste... Rossa.-
Sapeva che più tardi avrebbe pagato caro quel nomignolo, nell'intimità del cubicolo di un bagno o contro il muro dietro la palestra, ma ne valeva la pena pur di vedere la smorfia risentita della ragazza. Quando la indispettiva serrava le labbra fino a farle sbiancare e riempiva le guance d'aria come un pesce palla, tutto accompagnato da uno sguardo al vetriolo degno di Crudelia Demon.
Se non fossero stati nel cortile della scuola sarebbe scoppiato a ridere, dopodichè le sarebbe saltato addosso caricandosela in spalla, così irritata e carina com'era, per trascinarla in un letto/divano/tavolo/vasca da bagno o qualunque altra superficie orizzontale e affogarla di baci. Lì invece purtroppo si limitò a sorridere e svicolare la sua rabbia.
Poi un peso gli crollò sulle spalle e contemporaneamente la voce roca di Filo gli sfondò un timpano.
-Fratello!- si sforzò di non sbranarlo, limitandosi a scrollarserlo dalle spalle: -Ti vedo palliduccio?!-
-Fatti gli affari tuoi Zonin.-
-Sempre delicato come un fiore.- brontolò Alice in sottofondo allo sproloquio di Filo che ciarlava di partite al campetto, appunti da fotocopiare e tipe con tette enormi. 
-... e poi il Vigna dice che è successo qualcosa a Edo, che è strano, Rossa tu ne sai qualcosa?-
Colse solo due parole (Edo e Rossa) che nella stessa frase non gli piacevano per niente. Quindi rizzò la schiena e si concentrò solo sulla risposta  che Filo avrebbe ricevuto.
Alice era impallidita e aveva stretto la mascella sulla sigaretta, ma erano particolari troppo sottili perchè qualcuno degli altri due li notasse, ma la risposta arrivò troppo in fretta, e chiunque avrebbe capito che stava tentando di sfuggire a quella conversazione.
-Che dovrei saperne io? Non ci parlo da quando ci siamo lasciati.-
-Ma che ne so! Il Vigna non ha detto altro, e Edo non si fa vedere a scuola dalla settimana scorsa.-
L'aiuto inaspettato arrivò quando sia Alice che Manuel stavano per intervenire ognuno con improperi diversi.
Charlie e Jack stavano scendendo in quel momento seguiti dagli altri due vertici del triangolo di ragazze, ed evidentemente avevano sentito le ultime battute della conversazione.
-Lascialo perdere Filo. Se Edo è incazzato per qualcosa non si farà vedere finchè non avrà sbollito la rabbia...- Charlie conosceva Edo dalle scuole medie ed era l'unico oltre al Vigna con il quale parlasse davvero: -E' orgoglioso e se la prende facilmente.-
Sebbene avessero quietato Filo e le sue preoccupazioni, quelle parole turbarono Alice che si passò assorta una mano sul polso destro e finì per grattarsi il gomito come ogni volta che era nervosa.
Manuel invece strinse il pugno che teneva in tasca.
Avrebbe voluto raschiare la faccia di Edo contro il muro fino a renderlo irriconoscibile, spaccargli il naso e tutte le dita sotto le suole delle scarpe, caricare il destro e sfogarlo contro la sua testa per staccarla direttamente dal collo. E poi ricominciare finchè non l'avesse pregato di smettere, di avere pietà e non avesse giurato sulla sua stessa madre e sul suo Dio che avrebbe dimenticato anche solo l'esistenza sulla Terra di Alice Aroldi.
Ma se l'avesse fatto lei non l'avrebbe mai perdonato. Quindi nascose la rabbia in un anfratto profondo del suo stomaco, limitandosi a lasciare tutto e tutti con la scusa di una pisciata veloce prima di rientrare in classe.
Le ora successive scivolarono via veloci, Manuel aveva la testa da un'altra parte e i suoi compagni di classe sapevano che quand'era così cupo e scostante, era bene non disturbarlo e lasciarlo solo nella sua inavvicinabilità. Alice lo contattò prima di pranzo ma gli mancò la forza di dirle la verità, le disse che si sarebbero visti a pranzo nonostante lei gli avesse proposto un tète a tète nei bagni del terzo piano.
Anche la pausa pranzo fu banale e noiosa, l'argomento Edo non venne più fuori per sua fortuna e col caldo che faceva in mensa quasi tutti mangiarono alla svelta per poi correre in cortile per una partitella. I primi anni dentro le Stimate quel canestro arrugginito era stata la sua unica valvola di sfogo: là sotto aveva imparato a conoscere davvero Jack e Filo, e aveva scoperto che fuori dallo spogliatoio erano ancora poi idioti, poi era arrivato Charlie molto più abile con le parole che con la palla e con lui Paolo che Manu aveva sottovalutato per anni, e per ultimi il Vigna ed Edo.
Quel pomeriggio lui e Alice sarebbero riusciti finalmente a stare un po' insieme. Suo padre sarebbe rientrato solo per cena, e Sonia era passata quella mattina, quindi casa sua era tornata libera, e fu l'unico appiglio per non bigiare le lezioni del pomeriggio. All'ultima ora le mandò un messaggio: si sarebbero incontrati al solito semaforo, e le promise un pomeriggio di fuoco.
Come da copione all'uscita si ignorarono, lei inforcò gli occhiali da sole e salutò tutti con la sigaretta in bocca rifiutando tutti i passaggi con la scusa di dover fare una lampada, invece Manuel rimase a chiacchierare qualche altro minuto con Filo giusto il tempo che avrebbe impiegato lei ad arrivare al luogo dell'appuntamento.
Quando arrivarono a casa sua Alice aveva i capelli spettinati dal casco e si stupì della naturalezza con cui ora scendeva dalla moto senza lamentarsi. Gli rubò un piccolo bacio a fior di labbra prima di entrare nell'atrio e poi saltellò fino all'ascensore; era allegra come non mai e vederla così sorridente gli metteva addosso una gran frenesia di mangiarsela a suon di baci.
Se la caricò in spalla subito dopo aver chiuso il portone e non arrivarono nemmeno in camera perchè la prima stanza che incontrò fu il salotto e la scaraventò sul divano mentre lei rideva come una matta.
Subito invertì le posizioni mettendosi seduta su di lui e spogliandosi solo per i suoi occhi con disarmante lentezza. Quando i vestiti furono sparsi per tutta la sala e lui potè finalmente baciare la sua pelle lattea, la giornata prese una nuova piega e ritrovò il posto che aveva scoperto di amare più di tutti tra le braccia di Alice. Finirono sdraiati sul tappeto, Manuel non avrebbe saputo dire come, e aveva ancora i pantaloni arrotolati sulle caviglie quando Alice ricadde sul suo petto ansimante.
Rimasero sdraiati l'una sull'altro per parecchi minuti ad ascoltare i propri respiri, Manuel le raccontò quello che gli aveva detto la prof di Arte della tesina e lei alcuni pettegolezzi che aveva sentito da Laura. Poi Alice scappò dal suo abbraccio per andare in bagno e lo lasciò a raccogliere tutti i loro vestiti e seguirla al piano superiore.
-Hai le sigarette?- gli domandò quando fu il turno di Manuel di usare il bagno.
-Nel cassetto del comodino.-
Alice si allacciò il reggiseno con le margherite che piaceva tanto a lui e si allungò sul letto fino al comodino. Quello era il cassetto dei preservativi, delle sigarette, delle penne, dei dadi, del vecchio orologio e degli occhiali che Manu avrebbe dovuto usare per leggere ma che si rifiutava di usare. Trovò due pacchetti di Winston Blu iniziati e tirò fuori due sigarette.
-L'accendino?-
-Bah fruga un po'- le rispose aprendo la porta.
Trovò l'accendino, e sotto di esso un passaporto. Non le aveva mai parlato di viaggi fuori dall'Europa, però forse aveva raggiunto suo padre da qualche parte.
-Quando hai fatto il passaporto?- chiese sventolandolo verso la porta del bagno il documento. Manuel si voltò perplesso, come se avesse dimenticato di averlo, poi qualcosa distese i suoi lineamenti.
-Oh già... non è mio.- Alice accese entrambe le sigarette e lo raggiunse in bagno tenendolo in mano.
Saltò sul piano del lavandino in reggiseno e mutande e gli passò una sigaretta, mentre lui si lavava le mani. Aprì il passaporto curiosa come una gazza, e studiò attentamente la foto. Dove aveva già visto quella donna?
-Chi è Elena Tatsuchi?-
Manuel le sorrise soffiando poi il fumo in alto: -Mia madre.-
-Tua madre? Questa è tua madre?- di nuovo sorrise e annuì.
La ragazza studiò più attentamente la foto e riconobbe i lineamenti delle altre foto che aveva visto per casa, anche se lì erano molto più giovani. Era mora come suo figlio, con vaghi lineamenti orientali nel naso schiacciato alla base e gli occhi leggermente allungati, ma se non avesse letto il cognome non ne avrebbe indovinato la provenienza. In più era davvero una gran bella donna.
Si portò un ginocchio sotto al mento e studiò l'immagine confrontandola con il viso di Manuel. Non trovò grandi somiglianze escluso il colore di occhi e capelli, era sputato suo padre.
-Era giapponese?- indagò mentre sfogliava i timbri nelle pagine successive: aveva viaggiato molto.
Manuel uscì dal bagno in boxer e si buttò sul letto seguito a ruota dalla ragazza che gli si sedette sulla pancia.
-Non proprio, mio nonno materno lo era per metà.-
-I nonni di Venezia?- lui si limitò ad annuire e schiacciare il mozzicone nel posacenere.
-Racconta per bene.- farsi dire qualcosa era sempre una lotta con lui.
-E' una storia lunga...- sbuffò affatto dell'umore di parlare della famiglia di sua madre.
-Ho tempo.-
Di nuovo sbuffò e Alice dovette combattere un po' e usare tutto il suo charme per farlo capitolare.
-Mio nonno era giapponese solo di padre, sua madre era un'insegnante d'inglese. Durante la guerra venne costretto a seguire una delegazione governativa in Italia come interprete, dopo l'arrivo degli alleati conobbe mia nonna e rimase qui per sposarla. Fine della storia.-
-Quindi hai un ottavo di sangue giapponese?-
-In pratica si-
Alice lo guardò pensierosa annuendo continuamente, sapeva che la sua morbosa curiosità non era stata soddisfatta.
-E che faceva tuo nonno?-
-Non lo so credo abbia continuato a fare l'interprete.- Manuel cominciava ad irritarsi con tutte quelle domande.
-E tu lo parli?-
-No.- Troppo veloce, stava mentendo. -Solo qualche parola.-
Ecco, ci aveva preso.
-Cosa?-
-Bah non mi ricordo, mi aveva insegnato qualcosa mia madre da piccolo... tipo a salutare mio nonno.- faceva il reticente ma prima o poi l'avrebbe convinto.
-Che faceva tua madre invece?-
-Lavorava in una galleria d'arte.-
Quella conversazione spiegò ad Alice molte cose, innanzitutto l'interesse di Manu per l'arte e poi le due stampe giapponesi appese nel corridoio, e i suoi occhi così neri, non erano così comuni in Italia. Rimase sovrappensiero abbastanza da non accorgersi che le toglieva dalle mani quel passaporto per poi ribaltarla sul letto e proseguire il discorso iniziato in salotto.


-Sono Bressan, puoi scendere?-
-Ehm...si aspetta.-
Quando lo raggiunse Manuel aveva appena acceso la seconda sigaretta, quella situazione lo metteva davvero a disagio. Si sentiva un merda, e anche molto poco virile. Camminava su una lama sottile, se fosse caduto da un lato avrebbe fatto la figura del bulletto senza cervello che se ne andava in giro a minacciare i propri rivali in amore per consolidare l'onore della sua bella, dall'altro la nomea di novello principe azzurro in calzamaglia che a colpi di spada difende la damigella dai maligni non gli piaceva per nulla.
Nonostante questo non era andato là  senza aver prima riflettuto attentamente, ci aveva pensato tutta la mattina in classe. Edo aveva già varcato il limite una volta secondo i canoni di Manuel, e lui non era tipo da rimanere a guardare; aveva inforcato la moto senza dir nulla ad Alice recuperando l'indirizzo da Jack, lei non avrebbe approvato. Stava infrangendo la promessa fatta la settimana prima, ma con le migliori intenzioni!!
-Bressan.- non aveva sentito la porta aprirsi, e sentirsi chiamato alle spalle lo colse in pieno ripasso del discorso che aveva preparato: -Che vuoi?-
I toni non erano certo amichevoli, ma non si era aspettato nulla di diverso.
-Com'è che non ti fai vedere a scuola da martedì?-
-Che ti frega?-
-Mi vedo con Alice.- sganciò la bomba a bruciapelo e non gli diede altre spiegazioni, non riteneva fossero affari suoi. Si sarebbe fatto bastare quella dichiarazione. -Lei non sa che sono qui, ne io sono qui per litigare, però volevo che lo sapessi da me.-
Il suo avversario tentennò solo pochi secondi.
-Deduco i miei sospetti fossero fondati.- 
-Non sono affari tuoi.- Edo non era mai stato fulminato in quel modo da qualcuno, Bressan era serio, troppo serio, non che avesse smesso la maschera di indifferenza che ostentava ogni giorno, solo nei suoi occhi, nel modo in cui non lo perdeva di vista e nella freddezza con cui l'aveva messo a tacere c'era qualcosa di inquietante e spaventoso -Ma si, lo erano.-
Edo non aveva mai intessuto grandi rapporti con lui: saluti e chiacchiere di circostanza, oltre al poker del mercoledì e lo spogliatoio di ginnastica difficilmente si erano trovati a stretto contatto, l'aveva conosciuto più che altro tramite Andre e poi Filo e Jack. Onestamente gli aveva sempre fatto paura: sia prima di conoscerlo, quando era l'Oscuro Signore delle Stimate e braccio destro del Cherubini, e anche dopo il suo improvviso cambiamento; per questo quando lo vide buttare a terra la sigaretta e schiacciarla col tallone con estrema calma, per poi alzare su di lui un'occhiataccia raggelante, si cagò davvero sotto.
-Non so cosa sia andato male tra voi, se l'abbia lasciata tu o lei, o se ancora ci stai dietro, ne lo voglio sapere. Però purtroppo lei ti rispetta ancora abbastanza per non dirti che le fai schifo, quindi lo farò io: sei un animale solo per aver pensato di alzare le mani contro una ragazza e dovresti vergognartene al punto da non farti più vedere in giro. Purtroppo però da solo non lo capisci.
Quindi arriviamo al secondo punto: stalle molto lontano, non avvicinarti a lei, non parlarle, non pensarla nemmeno, hai già fatto a sufficienza. Sei abbastanza sveglio da capire cosa questo significhi. Se sarò costretto ad intervenire, ti assicuro che non risponderò di me e che ti farai male. -
Manuel si maledì mentalmente perchè gli era uscito proprio il discorso da principe azzurro in calzamaglia che aveva cercato di evitare, e se l'avesse sentito Jack avrebbe riso per un decennio (e probabilmente anche Alice).
D'altra parte se avesse ben interpretato la smorfia di Edo avrebbe capito di aver centrato esattamente l'obiettivo.
Il suo interlocutore infatti era impietrito: Bressan metteva davvero paura, ma si sarebbe fatto venire una paresi pur di non farglielo capire. Erano soli sul marciapiedi davanti al suo portone, non era saggio provocarlo lì perchè in uno scontro diretto era sicuramente svantaggiato. Edo non aveva mai fatto a botte e non era intenzionato ad farsi battezzare da uno come Manuel.
-Da quanto?-
-Meno di quanto credi, ma ti ho detto che non sono affari tuoi.-
-Mi aveva giurato che non aveva nessun altro...- continuò sussurrando a denti stretti con astio.
-Non ti ha lasciato per me, se è questo che vuoi sapere.-
Edo avrebbe voluto urlare tanto da asfissiare. Aveva visto giusto fin dall'inizio. Chissà da quanto Alice se la faceva con lui alle sue spalle, chissà quante volte se l'era già scopata, magari pure a scuola o al BM sotto il suo naso. L'ira crebbe come un magma nel suo stomaco ma sapeva di non poter reagire, non lì con quello svantaggio, e in fondo sapeva anche di non volersela prendere con lui.
Non fosse stato per la differenza di stazza, il comportamento di Manuel sarebbe stato anche corretto
Era lei, solo lei, la puttana traditrice. Era lei che doveva pagare quell'insulto, lei a dover subire la sua ira.
Si limitò ad annuire e voltare le spalle al suo avversario meditando vendetta.


Alice non era tranquilla quella mattina.
Lui lo sentiva, era qualcosa di lento e viscido che gli correva sotto pelle e una sensazione orribile allo stomaco, come di un serpente che sinuoso ti si attorciglia addosso fino a strangolarti.
In più non sapeva dove fosse finita.
Erano arrivati insieme quella mattina di festa e si erano mescolati alla ressa in giardino con discrezione fino a raggiungere a pochi istanti di distanza il gruppo dei loro amici. L'appello non era stato fatto e nessuno era rimasto in aula a lungo. La giornata prevedeva un tedioso discorso del preside, la premiazione degli alunni più meritevoli sia in campo accademico che sportivo, o che avessero partecipato a competizioni interscolastiche dopodichè musica buffet e tradizionale finale del torneo di calcetto.
Quasi tutte le quinte avevano monopolizzato l'unico lato del cortile all'ombra nonchè unico fornito di scalini, già dalle prime ore del mattino, e lì risiedevano senza alcuna intenzione di muoversi. Manuel si era accasciato su un muretto laterale con la schiena contro il muro e una gamba a penzoloni nel vuoto, per la gioia degli occhi delle sue molteplici ammiratrici aveva smesso la divisa della scuola indossando banalissimi jeans e maglietta, inpensierito dalla scomparsa di Alice.
Jack seduto di fronte a lui lo sfotteva apertamente guardandosi attorno.
-Guarda quella tipa con la coda, ti sta mangiando con gli occhi...- Manuel tentava di ignorarle mentre Filo non faceva altro che distribuire falsi numeri di telefono di Manu: -Se non stai attento finisce che qualcuna prima o poi ti violenta!-
Filo in piedi a pochi passi da loro latrò come un cane la sua risata rauca: -Ti prego Dio, fa che io possa assistere alla scena- implorò al cielo con sincero trasporto.
Tutti risero, Manuel si limitò a grugnire uno strano verso, Paul gli rifilò una pacca sulla gamba mentre il Vigna si premurava di spiegare con ampi gesti a Laura e Martina come una donna potesse violentare un uomo.
-Il tuo successo con le donne ha dell'incredibile. Con che coraggio si avvicinano a te, ancora non l'ho capito, e poi che tu le convinca a dartela senza nemmeno parlarci è assurdo. Non è che le ipnotizzi?- Jack era l'unico ad avere con lui la confidenza necessaria per questo tipo di battute.
-Nemmeno ti rispondo- dichiarò Manuel fulminando Filo che rideva a crepapelle imitando una ragazza zombie che lo inseguiva.
L'ilarità generale scemò con l'apparizione del preside sul palco armato di microfono.
-Buongiorno a tutti. Siamo finalmente giunti alla fine dell'anno e prima di salutarvi per l'estate come consuetudine, premieremo gli alunni più meritevoli e che si sono distinti sia fuori che dentro le mura della scuola. Ora la signorina Draghetti, la vostra rappresentante, leggerà i nomi, quando e se sentirete il vostro vi prego di raggiungere il palco. Cominceremo dai primi anni a salire.-
La Draghetti lo raggiunse sgambettando con addosso la divisa linda e perfetta, era una dei pochi ad essersi presentata abbigliata come un qualsiasi giorno di scuola, con la sua coda di cavallo tirata al millimetro, la gonna al ginocchio e la cravatta stretta come un cappio. Manuel non la sopportava.
Era una gattamorta tutta sorrisini e moine che davanti si atteggiava a Madre Teresa degli studenti, mentre nei bagni sniffava di nascosto da tutti e non aveva scrupoli ad inginocchiarsi davanti al belloccio di turno. Quando ancora spacciava, lei era stata una delle sue maggiori clienti alle Stimate, e ricordava benissimo di averla beccata parecchie volte in atteggiamenti "discutibili" a casa di Cherubini.
La sua voce acuta e fastidiosa si diffuse nel cortile interno come il verso di un Nazgul, rivoltandogli lo stomaco.
-Dio, quella non la tollero- lo scatto di un accendino e una piccola nube di fumo, annunciarono la ricomparsa di Alice al suo fianco.
Manuel non scostò lo sguardo dalla Draghetti che in sottofondo si ostinava a torturare la platea con la sua nenia, si limitò a ghignare e dondolare la testa in cenno di assenso, sospirando di sollievo nella sua mente. Dalla storia di Edo non tollerava di vederla sparire dal suo campo visivo.
Chiamarono innumerevoli nomi e altrettanti individui salirono sul palco, alcuni sicuri e spavaldi, altri più timidi con lo sguardo piantato a terra, un paio di soggetti di quarta vennero acclamati tra urli e fischi derisori, uno di questi inciampò finendo diretto sulle tette della Draghetti, scatenando così un boato nel cortile. Persino Alice, ormai alla quarta sigaretta, tossì fuori il fumo dalla bocca in un conato misto di ilarità e stupore.
Era rimasta per tutto il tempo contro il muro accanto a lui, ad un passo di distanza da tutti gli altri.
-Cominciamo ora con le quinte!- annunciò la loro odiosa rappresentante eccitata come una cheerleader invasata.
Tra i primi ad essere chiamati ci fu anche Jack per meriti sportivi: era capitano della squadra che aveva rappresentato la scuola al torneo di basket interscolastico. Manuel aveva assistito a tutte le partite dal pubblico ed era stato quasi noioso vedere alcuni dei suoi migliori amici stracciare quasi tutti gli avversari quasi senza sudare, tanto che alla fine aveva smesso di andare a vederli. Chiara era in lizza per il premio per la media più alta dell'anno, ma era stata battuta da una compagna di classe di Manuel e Filo particolarmente acida e inavvicinabile.
-Quando tocca te?- chiese quando l'elenco cominciò ad assottigliarsi, rivolto ad Alice.
Quella si voltò di scatto con le sopraciglia aggrottate e un'espressione per nulla rassicurante, Manuel alzò il mento per incrociare il sguardo sfoderando la sua aria angelica e innocente.
-Come fai a saperlo?- ma si corresse in fretta sfuggendo ai suoi occhi: -Farei meglio a chiederti a chi hai estorto le tue informazioni...-
Il sorriso pieno e malefico di Manuel aumentò all'istante, donandogli un'aria oscura e pericolosa davvero sexy.
Rassegnata all'evidenza della sua bellezza, se lo mangiò con gli occhi concedendosi solo un leggero pizzicotto sulla spalla per punirlo.
-Posso ancora sperare che si siano scordati di me!- brontolò estraendo di nuovo l'accendino dalla tasca dei pantaloncini, con l'ennesima sigaretta già tra le labbra.
Fumava troppo più del solito, era nervosa, e Manuel lo notò.
-Io non ci spererei troppo.-
E dopo un attimo, a conferma della sua tesi, la Draghetti dal palco trillò il nome di Alice: -Alice Aroldi, sezione B, fiore all'occhiello del quinto anno, classificatasi prima ai Giochi della Matematica regionali, settima a livello nazionale.-
Alice pietrificata dal tempismo di Manuel, lo fulminò mentre lui se la rideva sotto i baffi.
-Dove sei Aroldi?- insistette la Draghetti costringendo Alice a staccarsi dal muro e a sbracciarsi tra la folla per farsi vedere.
Raggiunse il palco con una complicata gimkana tra corpi seduti sull'asfalto rovente, e gettò la sigaretta solo dopo aver messo il piede sul primo gradino. Il preside la omaggiò di uno sguardo raggelante prima di porgerle una piccola scatola blu e un fazzoletto ripiegato, Alice mortalmente imbarazzata ma impeccabile come solito, gli sorrise e scrollò spalle e chioma concedendosi per qualche secondo allo sguardo avido del pubblico per sanare il suo innato narcisismo.
La raggiunsero fischi compiaciuti e applausi, qualcuno nelle retrovie (e quel qualcuno l'avrebbe pagata cara) gridò: -Vai Rossa!- subito seguito ad un altro coro di apprezzamenti che fecero drizzare i peli della nuca a Manuel. Lui che da lontano la guardava orgoglioso e sorrideva.
Alice si affrettò a tornare nei ranghi degli ultimi anni mentre dopo di lei vennero premiati altri studenti che avevano partecipato a competizioni di chimica e progetti di scienze.
-Che ti hanno dato?- le chiese subito Laura rubandole di mano il premio.
Era una piccola spilla rotonda con inciso il nome e lo stemma della scuola, il suo nome e l'anno scolastico, e un foulard di tessuto impalpabile dello stesso odiato colore delle divise, grigio e bordeaux, anche quello ornato con lo stemma della scuola.
-Carini..- brontolò la bionda con un sopracciglio alzato, in precisa assonanza con il mugugno sarcastico di Manuel alle sue spalle.
Molte volte Alice aveva colto inquietanti somiglianze tra la sua migliore amica e il suo ragazzo, ma non era davvero il caso di render note a nessuno queste piccolezze.
Non potè però soffermarsi a lungo su questi particolari perchè Filo e il Vigna avevano sottratto il suo e il foulard di qualcun'altro e li avevano legati sul capo in modo molto piratesco, e in piedi sul muretto proclamarono le loro intenzioni di sfidarsi a duello con due penne. Infantili al punto che nemmeno i professori presenti nel cortile trovarono la forza di rimproverarli, forse per pena.
Charlie fotografava col cellulare e se la rideva con Jack e Paolo, Laura sbuffava coprendosi il volto con le mani e Martina cercava inutilmente di tirar via il suo ragazzo dall'accanita sfida. Manuel saltato giù dal suo giaciglio appena in tempo prima di esser travolto, se la rideva apertamente e incitava il Vigna a "fare il culo a strisce" a Filo.
Per quanto inopportuno il siparietto tra i due andò avanti fino alla fine della premiazione e dei saluti. Solo il richiamo della batteria riuscì a placare il Vigna.
Fu Edo arrivato in ritardo di oltre due ore -con Andre che non frequentava le Stimate- a richiamarlo all'ordine, anche il loro gruppo avrebbe suonato alla festa successiva alla premiazione, per la gioia del folto numero di fangirl che affollavano il biennio.
Con l'arrivo di Edo l'inquietudine che Manuel aveva notato nella sua ragazza, crebbe rapida contagiando anche lui. Edoardo era freddo e distaccato, non aveva guardato nemmeno una volta in direzione di Alice e aveva quasi ignorato tutti gli altri.
La giornata proseguì come prestabilito: finite le premiazioni iniziò la festa, un gruppo avrebbe suonato prima degli Afterblack però la vera attrazione sarebbero stati loro, mentre tutti si rimpinzavano al buffet, gli Zonin ovviamente in pole position. Poi visto che Manuel era sempre stato negato per il calcio, lui e Alice avrebbero approfittato dell'attenzione di tutti rivolta alla finale di calcetto per svignarsela clandestinamente.
Durante il concerto l'aveva vista ballare e saltare con le amiche in mezzo a tutte le altre stupide fangirl di Andre. Lei non apprezzava fino in fondo quel genere di musica, ma quando partirono con Song 2 dei Blur, si voltò verso di lui che rispose con un sorrisetto; gliel'aveva fatta sentire un paio di giorni prima in macchina e si era stupito nel sentirla affermare candidamente 'Mi piace questa roba'.
Alla fine dell'esibizione c'era stata un po' di diaspora e Jack l'aveva coinvolto in una sfida a canestro con due ragazzi di quarta un po' troppo montati, Alice invece se n'era andata in giro con le sue amiche a salutare qualche professore: la secchiona leccaculo.
Contro i due pivelli avevano vinto a mani basse, ma poi erano arrivati Andre e Filo e si era innescata la solita partitella, passato mezzogiorno le ragazze erano tornate con tutti gli altri. Tutte tranne Alice. Erano pari, quindi Manuel non ci fece troppo caso fino alla sua vittoria con un canestro da tre punti. Lui e Jack raggiunsero gli altri e si accorse della sua assenza: si guardò attorno ma lei non c'era, prese il cellulare dalla tasca e provò a chiamarla ma dopo quattro squilli non rispose, tentò di ascoltare i discorsi degli altri ma nessuno parlava di lei o di dove fosse finita. Quindi senza pensarci due volte guardò Jack e a bassa voce gli chiese se avesse visto Alice, di lui poteva fidarsi non avrebbe fatto troppe domande, non davanti agli altri almeno...
La sua risposta però fu un'alzata di spalle che gettò Manuel nel panico, si guardò attorno di nuovo ed Edo non era insieme al Vigna ne a Charlie e Paolo.
-La rossa dov'è?- fu Jack a domandarlo risparmiandogli la pena di farlo da se.
-Perchè? Ce ne stiamo andando?-
-No no, solo che non la vedevo.-
A quel punto Laura invece che rispondere a Jack, guardò Manuel in uno strano modo.
-E' andata su in classe a prendere la borsa.-
Se Manuel non si fosse fidato ciecamente di Alice, avrebbe giurato che Laura sapesse tutto.
-Sì e Edo le è andato dietro al volo. Dice che deve parlarle!- sghignazzò Charlie facendole eco.
Ma Manuel vide rosso.
Edo l'aveva seguita in classe, al terzo piano, dove probabilmente non c'era nessuno.. E lui era andato da Edo solo il giorno prima a dirgli che lui e Alice stavano insieme. Era stato un idiota, un coglione, avrebbe dovuto spaventarlo di più, promettergli le pene dell'inferno, avrebbe dovuto dargli un avvertimento per fargli capire che faceva sul serio. Alice era sola con lui, lui che già l'aveva minacciata.
-Merda.- non fu Manuel a parlare ma il Vigna, che prese a correre verso la scuola subito dietro di lui.

-Edo che ci fai qui?-
-Cercavo te.- le rispose senza alcuna intonazione.
Quella frase fece risuonare un campanello d'allarme nella testa di Alice: erano soli in un corridoio vuoto, di sotto la gente schiamazzava e si divertiva. Si fece più attenta nel momento stesso in cui lo sentì avvicinarsi.
-Perchè mi cercavi?-
-Ho sentito delle voci, e i miei sospetti erano fondati. Ora che ci penso in effetti tu non hai mai negato...- le si avvicinò abbastanza da contarle le lentiggini, e lei poté toccare con mano l'ira che lo animava. Non respirava eppure il cuore le correva all'impazzata.
-Qu.. Quali voci?-
Edo sorrise e le afferrò la coda di capelli strattonandola indietro, le fece un male cane: -Dicono che sei la nuova puttana di quel drogato di Bressan.-
-Non è un drogato.- Edo tirò di nuovo -Smettila mi fai male stronzo.-
Non avrebbe dovuto insultarlo, lo sapeva che poi si sarebbe incazzato ancora di più, infatti le tirò i capelli costringendola ad inginocchiarsi davanti a lui. Per un attimo Alice credette che si sarebbe aperto i pantaloni costringendola a fare quello che si era sempre rifiutata con lui, quindi quando la mandò a sbattere contro il muro con un calcio la prese abbastanza di sorpresa da impedirle di proteggersi il capo.
In testa le rimbombò il rumore delle sue ossa contro la parete e un dolore acuto le inibì qualsiasi altra percezione.
Quando tornò abbastanza in se da sentire i rumori, Edo stava sproloquiando da solo: -.. forse tu non te lo ricordi, oppure all'epoca eri talmente impegnata a startene con tuo nasino all'insù che nemmeno l'avresti notato, qualcuno dovrà pure rinfrescarti la memoria no?-
Le afferrò di nuovo i capelli facendola gridare di dolore per la prima volta, tentò di colpirlo in faccia ma lui si teneva prudentemente fuori dalla portata delle sue mani e le serrò l'altra mano sul collo, abbastanza da impaurirla senza impedirle di respirare.
-Te lo dico io come si riduceva il tuo Bressan un paio d'anni fa. Non c'era giorno che non fosse fatto, in classe dormiva e all'intervallo pippava nei bagni invece di mangiare. Era magro da far schifo il tuo merdoso Emo, a momenti non si reggeva in piedi. Tutti alla Stimate sapevano che lui spacciava qualsiasi cosa.- le sibilava all'orecchio di non urlare ad ogni frase, strattonandole i capelli al punto che Alice immagino che sarebbe rimasta senza.
Di nuovo la spinse contro il muro, stavolta fu abbastanza furba da chinare la testa in avanti, in modo che fosse la schiena ad impattare per prima.
-Lasciami andare brutto idiota- riuscì a gridargli mentre gli graffiava il braccio per tentare di allentarne la presa. Edo non le aveva mai fatto tanta paura.
-Sta ferma troia! Non ti piace che ti si dica la verità eh? Tutti alle Stimate lo sapevano, tutti tranne la perfetta Alice Aroldi, troppo intoccabile per occuparsi della spazzatura come Bressan? Com'è che all'improvviso ti interessa certa gente. Il tuo amichetto una volta ha spezzato due dita a uno perchè non voleva pagare, te l'ha detto questo?-
No, non gliel'aveva detto e non le importava. Quello era il passato.
-Smettila Edo, per quanto tu possa insultarlo non cambierà nulla.-
-Quindi ti va bene fare la puttana di un drogato?-
-Finiscila, non si fa più ora.-
-Cos'è ti sei messa a spacciare con lui al BM?-
Alice si ritrovò a piangere senza volerlo e comprese che non l'avrebbe ascoltata qualsiasi cosa le avesse detto su Manuel o sul loro rapporto. Come aveva fatto a saperlo poi??
Quindi tentò con una nuova strategia.
-Credi di potermi fare la predica?- scivolò di nuovo in ginocchio trascinata da lui: -Mi stai facendo male, lasciami o mi metto a urlare!!-
-Urla quanto ti pare. Bressan qui non ti sentirà.-
Alice urlò con tutto il fiato che riuscì a racimolare e sarebbe stato un gran urlo se Edo non l'avesse calciata di nuovo a terra. Finì contro un banco che si ribaltò insieme ad una sedia provocando comunque un gran rumore. Lo vide agitarsi e guardare in direzione della porta, la speranza migliore di Alice era che arrivasse qualcuno perchè dubitava che sarebbe riuscita a scappare da sola.
-Non volevo farti male.- esordì Edo tirandola in piedi per i polsi e lasciandola per la falsità di quelle parole, la tentazione di schiaffeggiarlo fu davvero forte.
-Invece è proprio quello che hai fatto.-
-Ascoltami cazzo!- di nuovo usò la forza per farla tacere stringendole i polsi: -Non puoi fidarti di lui, è un drogato. Ti sta usando, non ti ama e sicuramente prima o poi ti tradirà e ti farà soffrire.-
Nonostante i denti stretti, il tono rabbioso e le forza che imprimeva alla sua stretta, quel discorso le parve quasi accorato, quasi come una preghiera. Le ricordò un Edoardo molto diverso, quello dei primi tempi che la portava al parco a studiare e a San Valentino le mandava mazzi di fiori a casa.
In lacrime lo implorò ancora una volta di lasciarla andare strattonando le braccia e maledicendosi per non essersi mai iscritta in palestra.
-Anche tu mi amavi, mi hai tradita e ora mi stai facendo male. In cosa credi di essere migliore di lui?-
Evidentemente fu quell'accusa a scoperchiare il vaso di Pandora dell'ira di Edoardo. Credette di aver fatto leva sul punto giusto quando le lasciò i polsi, era talmente accecata dalle sue stesse lacrime però da non riuscire a vedere la mano di Edo caricare verso destra e schiantasi sulla sua mascella.
Alice sentì solo un gran colpo e il dolore bruciante, perse l'equilibrio e finì contro qualcosa di duro con il lato destro del corpo prima di rovinare a terra.
Poi fu tutto nero.

Aveva paura. Una paura fottuta.
E rabbia. Tanta da non sapere se sarebbe riuscito a trattenerla.
E l'adrenalina pompata nei muscoli non gli faceva avvertire la corsa.
Salì tutte le rampe tre gradini alla volta.
L'aula di Alice era al terzo piano, la seconda a sinistra. Esattamente sopra alla sua.
Al secondo piano gli parve di sentire un urlo ma non poteva esserne certo con le voci degli altri alle spalle e il casino che proveniva dal giardino. Nel dubbio aumentò la velocità.
Una rampa e qualche metro.
Quattro salti sulla scala ed fu all'ultimo piano, cinque metri e guadagnò la porta di corsa. Qualcuno stava piangendo.
Spalancò la porta ed entrò come un toro inferocito pronto ad attaccare qualsiasi cosa si muovesse. Subito dietro di lui sentiva il Vigna Jack e Filo, gli altri erano più indietro.
Poi li vide nell'angolo accanto alla cattedra.
E vide la mano di Edo schiantarsi contro la testa di Alice, i suoi capelli vorticare in aria e finire contro un banco e scivolare a terra.
A posteriori si pentì molto di ciò che aveva fatto: avrebbe dovuto correre da lei e assicurarsi che stesse bene, baciarla e asciugarle via tutte le lacrime, tenerla vicina e impedirle di allontanarsi per il resto dei suoi giorni. Invece si abbandonò all'istinto facendosi guidare da qualcosa che nessun uomo dovrebbe mai conoscere.
Attraversò l'aula scaraventando via ogni ostacolo e si avventò su Edo spedendolo subito a terra con un pugno.
Non sentì le voci che gli dicevano di fermarsi, non sentì l'urlo soffocato di Chiara, ne Laura invocare il nome di Alice. C'era solo quello schifoso e la rabbia da scaricargli addosso, c'erano solo colpe da lavare col sangue.
Edo era a terra contro il muro a prendersi i calci e gli insulti di Manuel, lo prese per la maglietta tirandolo in ginocchio mentre quello implorava il perdono di tutti, spergiurando che non voleva farle del male che si era arrabbiato e aveva perso il controllo. Manuel lo sbattè in ginocchio e caricò di nuovo il pugno destro che ormai gli doleva.
Jack tentò di fermarlo posandogli una mano sulla spalla, mentre suo fratello si aggrappava al braccio pronto a scaricarsi.

Le faceva male la testa, e la parte sinistra del volto bruciava. Le ginocchia dolevano come se ci fosse caduta sopra e anche il braccio destro. Tutto ronzava.
Era a terra perchè sotto di se vide le orribili mattonelle beige della scuola. Era a terra e non ricordava come ci fosse finita.
Chichi e Martina erano chinate su di lei e muovevano la bocca come se parlassero, per lei però era solo ronzio.
Il pavimento era fresco, non aveva voglia di lasciarlo, la loro aula era sempre stata troppo calda. Perchè era in classe? Avrebbe dovuto raggiungere gli altri e andar via con Manu...
Poi ricordò la borsa lasciata in classe, Edo che entrava, la discussione, i capelli, il muro, i calci...
Sentì il cuoio capelluto bruciare e lo stomaco rivoltarsi, la gola raschiava e un sapore orribile le invase la bocca, le faceva male dappertutto ora e doveva vomitare.
Edo l'aveva colpita.
Edo e la sua rabbia, le sua accuse, la paura che le facesse davvero male, il rancore nelle sue parole, la forza del suo braccio contro la gola.
-Sei uno schifoso figlio di puttana!-
Alice conosceva quella voce. Era Manuel. Manuel. Manuel era arrivato a salvarla.
Le grida la riscossero dal suo torpore, i suoi tornarono al loro posto e anche le voci delle amiche le riempirono le orecchie. Alzò gli occhi dal pavimento mentre le ragazze non facevano che domandarle cosa fosse successo e come stesse, e ciò che vide le svuotò il sangue dal cuore.
Le dava le spalle quindi non poteva vederlo in faccia, quella voce roca piena di rancore l'avrebbe riconosciuta tra mille ma forse la sua espressione l'avrebbe spaventata. Impiegò quasi un minuto ad identificare le altre persone nella stanza e ad inquadrare la situazione e Chiara con la sua opprimente preoccupazione non l'aiutò affatto.
Subito oltre Chiara e Martina c'era il Vigna, anche lui come quasi tutti di spalle, che apriva e chiudeva i pugni in continuazione e si muoveva nervoso su una linea precisa tra la sua ragazza e Laura. Lei era l'unica ragazza in piedi, era appoggiata alla cattedra con un fianco, le braccia conserte e l'espressione dura, lanciava continue occhiate alla porta dov'era piantato Charlie.
Più avanti c'erano Filo Jack e Paolo, tutti e tre estremamente vicini a Manuel al centro della tensione.
Edo era l'unico insieme a lei ad essere a terra, schiacciato contro il muro immobile e con un labbro insanguinato, Manuel lo teneva schiacciato a terra con un ginocchio.
-Che cazzo ti è venuto in mente?? Ti avevo avvertito che ti avrei spaccato la faccia se l'avessi toccata di nuovo no?-
-Edo che cavolo le hai fatto?- si unì anche Jack vagamente più calmo.
La voce di Manuel riempiva l'aula con prepotenza, gli altri sembravano in apnea tanto erano immobili.
-Non volevo..- Edo fece appena in tempo a chiudere gli occhi che Manuel lo rispedì a terra con un calcio tra le costole. Alice trattenne il fiato.
Se li avessero beccati in quel momento sarebbe stato un vero casino, rischiavano tutti di non essere ammessi all'esame, Manuel più di tutti che non vantava una condotta impeccabile. Non poteva permettergli di essere espulso.
-Manu, calmati!- riconobbe la voce di Jack poi lo vide muoversi verso l'altro: -Sta buono, non menarlo o finiremo noi dalla parte del torto!-
-Non vale la pena perderci del tempo!-
Jack cercò di scrollarlo dal muro contro il quale aveva sbattuto Edoardo, ma Manuel non si mosse ne perse il fuoco che gli ardeva nelle vene.
alice tentò di parlare e le uscì solo un gemito roco. La gola bruciava e la nausea era in agguato, Chiara tentò di calmarla, le disse di non sforzarsi, lei però voleva fermarlo. Allungò una mano per spostare le due ragazze, voleva che il Vigna la vedesse e le chiamasse Manuel, invece fu Laura a vederla.
I suoi boccolosi capelli biondi risplendevano alla luce di Giugno che entrava dalle finestre e creavano un contrasto tremendo con il suo viso da Barbie indurito dall'espressione severa, fu lei a capire cosa volesse. Sopratutto chi volesse.
Si mosse appena dalla cattedra per raggiungere Manuel, lo chiamò piano facendolo ruggire come un animale, eppure non indietreggiò di un passo affatto spaventata: -Smettila di martoriare questo idiota, lei ha bisogno di te.- e con un cenno del capo indicò Alice ancora in ginocchio sul pavimento.
Manuel si bloccò e la guardò negli occhi come avrebbe dovuto fare dall'inizio.
Aveva pianto e il mascara l'era colato sulle guance, i capelli erano scomposti e arruffati e negli occhi vi lesse solo smarrimento. Immediatamente lasciò perdere la sua rabbia e la raggiunse spintonando via  Filo che tentava di trattenerlo contro Edo e il Vigna che faceva scudo alle ragazze. Tre passi ed era chinato su di lei, le mise le mani sotto le ascelle e la tirò in piedi per controllare l'entità dei danni, lei lo lasciò fare come una bambola nelle sue mani. Niente sangue, niente danno.
Non le disse nulla, si guardarono solo pochi istanti prima che Alice tra le sue braccia scoppiasse in un pianto isterico che sapeva tanto di sfogo.
Quando la strinse riportandola in piedi, ogni altro individuo in quella stanza si sentì di troppo. 
Manuel sentiva tutti gli sguardi addosso, eppure non riusciva a guardare nulla che non fossero quei capelli rossi. Singhiozzava contro la sua spalla tremando tutta, e lui non sapeva che dire o che fare. Quali erano le parole giuste? Come avrebbe potuto scacciare la paura?
Le accarezzò la testa e la schiena affondando col naso nel suo collo, non sapeva che dirle e tutti erano in silenzio in attesa solo che lui parlasse.
-Stai bene?- si pentì subito della sua scelta, che domanda idiota: come poteva star bene? Il suo ex l'aveva appena aggredita e lui le chiedeva se stesse bene... ma che gli era saltato in mente?
Invece Alice annuì  sfregando la fronte contro la sua maglietta, senza allontanarsi da lui: -Scusa.-
Non resistette e la scostò un po' per baciarle la fronte conscio di star dando spettacolo davanti a tutti, lei singhiozzò ancora un po' dopodiché di scostò e muta posò le labbra sulle sue. Manuel d'istinto approfondì il contatto stringendole la vita.
Attorno a loro tutti si mossero a disagio: Filo tirò in piedi Edo per un braccio intanto Jack e Paolo decidevano quale fosse il modo migliore per far passare tutto sottobanco. Laura esortava le altre ragazze ad alzarsi e recuperare le cose di Alice, e fu l'unica ad avvicinarsi ai due ragazzi abbracciati scostando con un sorriso il braccio di Manuel per raggiungere l'orecchio dell'amica. Nemmeno lui sentì cosa le disse, la vide annuire e un attimo dopo si riprese abbastanza da scostarsi da lui e passarsi una mano sul volto per ripulirlo.
-Ci penso io al mentecatto.- brontolò Filo agli altri due strattonando di nuovo Edo verso la porta. Allungò uno sguardo al suo migliore amico che bastò all'altro per capire che l'ex di Alice non sarebbe tornato alla carica tanto presto.
Usciti Filo ed Edo la situazione si distese e tutti si trasferirono nel bagno del piano su suggerimento di Charlie.
Alice dopo essersi calmata si rinchiuse in un cubicolo con Laura e la sentirono vomitare un paio di volte, mentre fuori Jack aggiornava Andre dell'accaduto e Manuel si lava la faccia e passava le nocche della mano sotto l'acqua fredda. Erano viola e pulsanti di sangue, e sommate al sopracciglio non ancora guarito era indizi inequivocabili di una rissa. Se qualche professore l'avesse beccato in quello stato, Edo sarebbe diventato l'ultimo dei suoi problemi.
-Che cavolo gli è preso a Edo?- mormorò Charlie quasi sovrappensiero.
Fu il Vigna a raccontare quanto successo in precedenza risparmiandolo ad Alice: -Da quando l'aveva mollato, era perseguitato dall'idea che si vedesse con qualcun'altro. Lo scorso weekend avevano già litigato, c'ero anch'io e già l'aveva aggredita a parole. Lo sapevi?- si rivolse a Manuel che annuì massaggiandosi la mano.
-Ieri sono stato da lui. L'ho avvertito che se l'avesse toccata di nuovo gliel'avrei fatta pagare, credo sia stata la botta finale.-
Alice da dentro al gabinetto lo ammonì davanti a tutti: -Ti avevo detto di non farlo. Sei testardo come un mulo!-
Jack rise sotto i baffi e pure il Vigna, Chiara li rimproverò con un'occhiataccia e pure Manuel tentò di farli tacere.
Quando uscì dal bagno Alice sembrava tornata la sicura e impertinente Alice Aroldi che solcava i corridoi delle Stimate elargendo sorrisi e frecciatine. Sbattè l'intera borsa sul piano dei lavandini e cominciò a pulirsi e ritruccarsi meticolosamente inveendo contro il mondo. Si pettinò i capelli con le dita massaggiandosi il cuoi capelluto per un po', poi li legò di nuovo perfettamente tirati nella coda.
-Niente musi lunghi, non è morto nessuno!- li minacciò guardandoli uno per uno.
Dopo si passò vari strati di fondotinta sul viso, poi matita e mascara e perfino un rossetto di un delicato rosa pastello. Manuel le era sempre a non più di un passo, gettava nel cestino tutto ciò che lei gli passava con naturale coordinazione e le teneva un gomito, tanto che Andre guardandoli alzò le sopracciglia perplesso.
-Sentite voi due, non è che dovreste aggiornarci su qualcosa?!-
Alice si bloccò con il pennello del phard in mano e incrociò lo sguardo di Laura nello specchio. Erano tutti in attesa di  spiegazioni.
I bagni delle Stimate erano stati spesso testimoni di quel tipo di rivelazioni, magari non ad un gruppo così nutrito di persone al massimo un piccolo gruppetto di amiche, eppure quella situazione sarebbe parsa ridicola a chiunque. Erano in dieci là dentro, e sebbene fossero sicuramente bagni più spaziosi e puliti di quelli di una scuola pubblica, rimaneva comunque il cesso di un liceo!
-Non mi pare.- brontolò il suo ragazzo sulla difensiva.
Quasi le venne da ridere al pensiero che se non fosse stato Manuel Bressan probabilmente in quel momento sarebbe arrossito.
Paolo tanto per divertirsi rincarò la dose ridendo: -Non crederete di continuare a farci fessi vero??-
Entrambi rimasero di sasso: da mesi?? Quindi tutti sapevano??
-Bhè.. diciamo che...- Alice provò di spiegarsi ma non trovò le argomentazioni per una balla colossale. Manuel in compenso rimase zitto e muto lasciandole la patata bollente tra le mani, limitandosi a scrollare le spalle. -In realtà è solo da una settimana.- tentò di rifilare a tutti la versione ufficiale che avevano concordato.
-Non dir balle!- la redarguì Charlie ridendo: -Sarà almeno da Pasqua!-
-Sei stato tu?- chiese improvvisamente Manu a Jack assottigliando gli occhi, facendo capire a tutti che Charlie ci aveva preso in pieno.
-No giuro!- si arrese l'altro alzando le mani.
Manuel si passò una mano sugli occhi sempre più in difficoltà, lui non avrebbe scucito una parola. Sapevano che stava con Alice e per lui tanto bastava, l'importante era stato reso noto, il resto erano fatti suoi e quelli potevano rimanere a macerare nelle loro congetture ancora un po'. Temeva però che lei avrebbe finito per cedere e raccontare tutto, almeno a beneficio delle sue amiche, ma non voleva assolutamente assistere alla scena, quindi decise di svignarsela come avevano già programmato.
-Che branco di fetenti.- brontolò Manuel imboccando la porta e portandosi dietro Alice tra le risate generali.
Se la tirò dietro fino al piano terra dove le lasciò la mano guidandola solo attraverso porte e corridoi fino al cortile. Non disse nulla e nemmeno lei aprì bocca, sorrideva e tanto gli bastava dopo ciò che era successo con Edo.
In cortile c'erano ancora un sacco di studenti sopratutto degli ultimi anni, solo un paio di ragazze si girarono vedendoli uscire assieme e una di loro era in classe con lui. Non si fermarono a salutare nessuno, Alice però non si nascondeva anzi camminava fiera al suo fianco.
Quando la folla si diradò un po' verso il parcheggio Manuel intravide la moto, ma prima che potesse sfilare le chiavi dalla tasca lei gli prese il braccio e se lo passò sulle spalle intrecciando le dita con le sue in silenzio.
Si guardò attorno elargendo sorrisi e prima di uscire dal cortile si spinse un po' su per depositargli un bacio sulla guancia, davanti a mezza scuola.
 









Spazio Autrice:

Still Alive....

in questi mesi sono passata da studentessa a laureata disoccupata,
da figlia a carico a novella regina di una nuova casa,
dalla mia Bologna ad una mega metropoli che mi fa sentire tanto sola...
ma sopratutto dall'adsl ad una stronzissima chiavetta che non prende mai!!!

Con questo siamo a meno due capitoli,
spero abbiate apprezzato questo ENORME aggiornamento!!


1bacio. Vale.






 












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Capitolo 19
*** 19 ***


18 o successivi

-19-






Manuel l'aspettava in macchina, il telefono aveva già squillato due volte palesando la sua impazienza.
Eppure non riusciva a scollarsi dallo specchio.
Quella sarebbe stata la loro ultima festa insieme. Da lì a due giorni entrambi si sarebbero trasferiti definitivamente, e avrebbero iniziato le lezioni in università. Le valige erano pronte.
Si era preparata in cinque minuti perchè aveva completamente perso la cognizione del tempo guardando Megacostruzioni su Sky. I primi jeans sulla sedia, la maglietta di Manu dei Motorhead slavata e strappata infilati di corsa, aveva legato i capelli alla meglio e preso la tracolla di Chanel dall'armadio. All'ultimo si era ricordata di dover prendere la pillola ed era tornata in bagno scontrandosi con la figura riflessa nello specchio. E da lì non si era ancora mossa.
Era davvero lei quella ragazza?
Struccata con i capelli arruffati sulle tempie e addosso i primi due capi trovati nel caos della stanza. Niente tacchi ma banalissime converse nere, nessun gioiello ne accessori appariscenti, niente mascara ne gloss e nemmeno una goccia di correttore a coprire la piantagione di lentiggini che in estate le aveva infestato il volto perfetto.
Quando era diventata quella ragazza riflessa nello specchio?

Dopo la fine della scuola, e le infauste vicende tra lei ed Edo, la situazione era andata migliorando solo sotto alcuni punti di vista.
I loro amici avevano accettato di buon grado la loro unione, le prese in giro erano scemate dopo appena una settimana, ma non tutti condividevano quella benevolenza.
La prima sera che si erano presentati al BM insieme, anche la musica sembrava si fosse fermata in modo che l'attenzione di tutti si concentrasse solo su di loro. Era una tranquilla sera della settimana ed erano entrati dalla porta principale uno dietro l'altra, ma trovandosi tutti gli sguardi puntati addosso per un attimo Alice tentennò. Con la borsa stretta tra le mani si bloccò dopo un paio di passi. Solo la mano di Manuel sulla schiena le diede la spinta per alzare la testa e camminare al suo fianco fino al bancone.
-Lascia che si godano lo spettacolo- le aveva sussurrato all'orecchio e il sorriso era tornato sulle sue labbra.
Erano sopratutto i loro compagni di classe a scrutarli come fossero bestie rare. Durante le settimane precedenti all'esame la scuola aveva tenuto aperta la biblioteca per permettere ai maturandi di studiare in un luogo tranquillo, ogni giorno il loro gruppo di studi si trovava là per condividere informazioni e lacune. All'inizio Manuel aveva preferito prepararsi da solo, blindando casa sua come un rifugio antiatomico, poi si era scontrato con la realtà delle sue carenze in fisica che solo lei avrebbe potuto colmare. Quando però una mattina si era presentato da lei per andare in biblioteca insieme, era nervoso e il perchè Alice l'aveva scoperto solo una volta arrivati a scuola. Tutti, nessuno escluso, si erano voltati neanche fossero entrati Kate Moss e Pete Doerthy. E stavolta era stato il suo turno di prenderlo per mano e andare a testa alta a cercare un tavolo libero.
Nei giorni delle prove scritte la situazione si era stabilizzata, perchè nessuno aveva più tempo di badare a loro. Alcuni professori l'avevano guardata con tanto d'occhi quando si era seduta vicino a lui, il nome Bressan per loro non era che una spina nel fianco di arroganza e insolenza. Solo la professoressa di arte si avvicinò durante la prima prova per chiacchierare fitto fitto con Manuel, con cui aveva un rapporto elitario.
Al momento dell'orale la tensione tra loro divenne un'arma a doppio taglio: da un lato si appoggiavano l'una all'altro per sostenersi, dall'altro al minimo accenno alla questione Alice scattava come una mantide religiosa inferocita, e Manuel si chiudeva nel suo guscio di indifferenza. Finalmente in una torrida mattina di metà luglio arrivò il turno di Alice, sua madre aveva insistito per accompagnarla almeno al cancello e non si era risparmiata una risatina alla vista del suo ragazzo, tutto tirato a lucido e rigido come uno stoccafisso davanti alla porta. Per grazia divina la signora Aroldi non aveva fatto battutine, si era limitata ad un occhiolino malizioso e tremendamente imbarazzante.
Avevano passato ore a fare avanti e indietro nel corridoio. Manuel l'aveva pazientemente ascoltata mentre ripeteva la sua presentazione almeno dieci volte, poi aveva fumato almeno mezzo pacchetto prima che lui le strappasse definitivamente la sigaretta dalle dita. L'aveva presa in giro per la camicetta d'organza che aveva indossato e per la treccia ordinata da brava ragazza, e alla fine era arrivato il suo turno.
Ovviamente non gliel'avrebbe mai confessato, però era stato in piedi accanto alla porta per tutto il tempo dissimulando indifferenza con chiunque passasse nel corridoio. L'aveva ascoltata esporre la sua tesina con sicurezza, teneva la commissione in pugno con il suo tono deciso e cortese, pretendeva la loro attenzione calcando sulle parole giuste e alla fine dell'esposizione ricevette molti complimenti e poche domande. Gli scritti erano andati molto bene ad entrambi quindi anche a lei fecero poche domande all'orale, solo la parte esterna della commissione l'aveva tartassata con tona da malefica inquisizione. 
Dopo appena un paio di giorni uscirono i risultati. Di nuovo arrivarono insieme attirando gli sguardi e i commenti di mezza scuola: Manuel faceva il superiore, ma era più teso per la mano stretta nella sua, che per il verdetto che stava per ricevere. Era certo di essere passato, e tanto bastava per renderlo soddisfatto della performance; eppure dopo essere scivolata fuori dalla folla pigiata contro i cartelloni, Alice l'aveva trovato con la sigaretta stretta tra i denti e gli occhi strizzati per la tensione.
-Allora?-
Lui odiava aspettare e odiava essere in balia di qualcuno, ma Alice sorrideva per cui non poteva essere andata tanto male.
-Novantacinque-
-Cosa? Perchè non ti hanno dato cento? Non avevi già novantasette con i crediti?-
Il sorriso le arrivò agli occhi: -Infatti. Io cento, tu novantacinque-
La sigaretta gli cadde sulla mano facendolo scattare come un aspide. Ma dopo l'aveva guardata con tanto d'occhi e l'espressione più assurda che gli avesse mai visto in viso. Lei scoppiò a ridere mentre Manuel bestemmiava contro la pelle bruciata.
Pure gli altri scoppiarono a ridere quando li raggiunsero e la videro soffiare sul cerchietto di pelle arrossata. Lui le imprecava contro agitando la mano sana per impedirle di spiegare la situazione, e lei rideva e soffiava. Tutti erano passati, persino Filo aveva strappato un sessantacinque e attaccato al telefono stava spergiurando a sua madre che non era uno scherzo.
Ne erano usciti illesi e soddisfatti, chiudendo così definitivamente la fase più semplice del loro rapporto.

Manuel non credeva sarebbe stato possibile. Non così velocemente, non alla sua età. Sopratutto conoscendo il proprio carattere, i propri modi e i mille difetti. Non era un soggetto facile, e lo sapeva, nonostante non facesse nulla per migliorare la propria attitudine all'antisocialità.
Eppure lei l'aveva scalfito. Come l'acqua, infiltrante, implacabile e costante, insistente goccia dopo goccia, aveva oltrepassato le sue molteplici corazze. All'inizio era spaventato da questa prospettiva, poi col passare del tempo la sua vicinanza era diventata sempre più indispensabile, e com'era prevedibile si era in parte modellato su di lei.
Ciò a cui proprio non riusciva a credere invece era la perfetta simbiosi che avevano raggiunto.
Alice era cresciuta parecchio in un lasso di tempo molto breve, imparando a limitare i picchi del suo narcisismo e la sua costante necessità di avere l'approvazione degli altri. Non faceva nemmeno più i capricci! Stare a contatto con lui l'aveva portata alla consapevolezza della propria influenza sugli altri e delle responsabilità che ne derivavano. Il fatto che il suo ragazzo fosse un ex-tossicodipendente l'aveva cambiata per sempre, insegnandole a vedere molte cose che aveva sempre ignorato.
L'Alice che era diventata gli piaceva anche di più di quella di cui si era innamorato. L'Alice in cui si era trasformata era quella che lui aveva già scorto dietro la maschera di splendore e sorrisi che indossava quando stava con Edo, era quella che aveva vinto una borsa di studio della facoltà di Ingegneria e rimaneva per ore incantata a guardare le scale mobili per capire come funzionassero. Se gliel'avessero detto prima della fine del liceo avrebbe riso in faccia a chiunque, ma dietro i sorrisi e le moine di Alice Aroldi si nascondevano un forza d'animo ed una risolutezza senza pari.
Alla fine degli esami davanti a loro si aprirono due mesi di libertà talmente sconfinata da soffocarli. La proposta iniziale fu quella di seguire il gruppo per una lunga vacanza al lago, la famiglia di Laura aveva grande casa direttamente affacciata sul Lago di Garda con molo e giardino privato. Alice era esaltatissima all'idea, poter stare con le sue amiche e con Manu tutto il giorno, godersi il sole e un mese di vacanza era proprio ciò che desiderava.
Invece Manuel si era scontrato con la sua totale assenza di prospettive per il futuro e il mondo gli era crollato addosso.
Era stata ovviamente lei ad accorgersi prima di tutti (forse anche prima di lui..) di quell'improvviso vuoto nella sua vita. Saperlo a casa da solo con suo padre, a farsi tormentare e tormentarsi per i suoi stessi rimpianti, era qualcosa di inspiegabilmente intollerabile. Gli aveva detto che non poteva più voltarsi dall'altra parte, e lui non aveva capito.
Così una notte gli aveva proposto di andarsene, solo loro due, ovunque avesse voluto; erano in un prato sdraiati sotto le stelle al buio, ma Manuel ricordava di non averla mai sentita così vicina, così tenace e pulita, e sua. L'aveva costretto a scegliere una meta e una data di partenza quella stessa sera, gli aveva lasciato scegliere tutto quanto senza obiezioni ne condizioni. 
Certo all'inizio non era stato facile convincerla che in moto non si sarebbe potuta portare trolley e beauty case, ne le sei paia di scarpe che aveva preparato, però con pazienza aveva acconsentito a ridurre il suo bagaglio in modo drastico. Era stata talmente accondiscendente da fargli temere future ripercussioni o ricatti meschini, che invece non arrivarono mai. E fu davvero una sorpresa, la settimana dopo, trovarla davanti al cancello di casa alle tre del mattino, in jeans, converse e zaino in spalla. Pronta per ovunque avesse voluto portarla.
Partirono il 23 luglio: una moto, due zaini e la carta di credito di Alice.
Ad Ancona Alice comprese la loro meta solo quando imboccarono l'imbarco dei traghetti per la Grecia, e capì che sarebbe stato un duro viaggio.
Per Manuel furono le due settimane più entusiasmati di tutta la sua vita, con lei che era perfetta ad ogni ora del giorno e della notte: dalla mattina quando si aggirava arruffata e assonnata in mutande e maglietta dei Metallica nella luce pallida del mattino o di giorno dispersa tra templi e rovine sotto il sole cocente dell'acropoli, alla sera quando crollava sfinita contro la sua schiena costringendolo ad andare a passo d'uomo per non farla cadere dalla moto. Non si era mai mai mai lamentata, nè del caldo, nè della moto o dei posti al limite della decenza dove avevano mangiato. Un paio di volte si era bruciacchiata le spalle, ostinata com'era ad abbronzarsi non voleva mettersi la crema, ma la sua pelle era talmente bianca che i primi giorni sotto il sole pareva brillare. Avevano riso come matti quando la vecchia dell'albergo aveva fatto tanto d'occhi davanti alla loro richiesta di un secchiello di ghiaccio, e Alice si era strusciata su di lui con la perizia di un'attrice consumata quando la padrona era tornata con una ciotola piena di cubetti. Manuel era quasi arrossito in quell'occasione.
Le aveva raccontato la storia di ogni singola pietra, ogni bassorilievo, ogni colonna tediandola a morte. Credeva che avrebbe finito per odiarlo, invece quando non era lui a spiegare, era lei a chiedere di questo o quell'altro tempio o a incuriosirsi davanti a qualche statua o qualche strano mito dell'antichità.
Fu così che quell'estate scoprì che oltre a tacchi e vestitini frivoli, Alice riusciva a mantenere la sua innata grazia anche arrampicandosi scalza tra le rocce di una scogliera, e la sua cocciuta testardaggine anche con i contadini greci che non capivano una parola del suo inglese.
Erano stati a Delfi, Olimpia, Micene, Corinto e infine ad Atene. Poi erano risaliti verso l'interno continentale per vedere le Meteore. Avevano visitato templi, musei e anfiteatri, spiagge deserte e bianchissime, montagne e dirupi che non sembravano avere fine. Quando i soldi nel portafoglio di Manuel finirono e il ritorno a Verona divenne inevitabile. Erano sopravvissuti dodici giorni a stretto contatto, litigando ogni quattro parole e facendo l'amore ogni cinque, eppure Alice non avrebbe mai dimenticato quei dodici giorni insieme.
A casa rimasero giusto il tempo di disfare le valige e lavare i vestiti, per poi ripartire e raggiungere la casa al lago di Laura dove li aspettavano altre due settimane di relax prima dell'inizio dei test d'ingresso.

Verso la metà agosto Manuel era ancora infognato nell'assenza di prospettive future.
Aveva passato così tanto tempo a disperarsi per non poter più realizzare i suoi sogni, o addirittura a convincersi di non averne, che dopo il liceo si era ritrovato alla deriva. 
Una notte in Grecia aveva raccontato ad Alice di non sapere cosa fare a settembre, di non sapere cosa fare di se. Suo padre spingeva perchè studiasse scienze motorie e seguisse le sue orme come preparatore atletico, seguiva molte squadre sia in Italia che in Europa e il lavoro certo non gli sarebbe mancato. Forse gli sarebbe anche piaciuto ritornare a respirare l'aria di una palestra, il parquet, il sudore, la tensione del tempo che sta per scadere; ma lo sentiva come un ripiego, temeva che avrebbe sofferto per sempre stando fermo sulla linea del campo senza poterci mai entrare. Dall'infortunio era tornato pochissime volte a vedere la sua squadra, e solo in occasioni speciali, perchè preferiva tenersene lontano che stare a guardare dagli spalti.
Sonia premeva perchè facesse l'università, a lei andava bene una facoltà qualsiasi, gli bastava che prendesse la laurea che lei non era riuscita ad avere. Ma Manuel nonostante il buon esito della maturità non aveva mai avuto una gran voglia di stare chino sui libri, al liceo gli bastava poco per stare al passo quindi faceva il minimo indispensabile nelle materie di base e si interessava solo alle sue preferite. Non fremeva all'idea di ricominciare a studiare, sopratutto se doveva fare qualcosa di cui non gliene fregava nulla, solo per parcheggiarsi altri tre anni in casa a spese di suo padre. Piuttosto, le aveva detto, si sarebbe trovato un lavoro.
Al lago con gli amici ne avevano parlato di nuovo a lungo. Alice aveva provato a convincerlo a guardare alcuni opuscoli delle università del Veneto, e lui l'aveva fatto solo per farla contenta; dopodichè aveva provato a farlo parlare con Paolo, che studiava da Natale entrare a Medicina, e con Charlie che puntava su Lingue. Il resto dei ragazzi erano degli zucconi senza speranze: Andre già lavorava, Jack aveva un contratto già pronto con una squadra di professionisti, Filo mirava al barbonaggio, gli altri speravano tutti in qualche corso professionale o nell'illuminazione dell'ultimo minuto, per loro Martina e Chiara stampavano tutti i giorni annunci di lavoro e volantini. Alice invece non voleva arrendersi, sopratutto perchè conosceva la passione che Manuel aveva mostrato a pochi altri, e sapeva che quella sarebbe stata la carta vincente.
Dopo alcuni tentativi l'aveva lasciato riflettere per conto suo e aveva accantonato l'argomento per poter lavorare sottobanco. Si era informata in internet, stando per mattinate intere davanti al portatile di Laura, aveva scaricato tutte le informazioni possibili, piani di studio, insegnamenti, test d'ingresso e tasse. Poi aveva fatto un bel fascicolo, evidenziato e colorato, con tanto di note personali, e aveva fatto in modo che Manuel se lo ritrovasse sul cuscino prima di andare a letto. Quando era uscita dal bagno e l'aveva raggiunto, lo stava sfogliando, pure il giorno dopo prima di pranzo era seduto in veranda a leggerlo, e il giorno successivo lo trovò sul suo telo, tutto spiegazzato e pieno di segnalibri agli angoli delle pagine.
Poco prima della fine della vacanza Filo e Manuel decisero di fare una grigliata e trascinarono Alice al supermercato con loro per evitare che si ustionasse al sole come tutti i pomeriggi. Fu lì, tra braciole, salsicce e patatine fritte, davanti al banco frigo dei surgelati, che le disse di aver preso una decisione e le chiese di accompagnarlo in un posto il giorno dopo.
Ovviamente la tenne all'oscuro di tutto fino all'ultimo momento, la mattina dopo le disse solo di mettersi i pantaloni lunghi e di prendere lo zaino. Salutarono il gruppo dicendo che sarebbero tornati per cena, poi sfrecciarono in moto fino all'autostrada. Vide passare i cartelli per Brescia, dove avrebbe studiato lei negli anni successivi, e Bergamo, prima che imboccassero la tangenziale est di Milano, e si chiese se Manuel sapesse con certezza dove stava andando.
Ci volle almeno un'altra mezzora di viaggio: si aggirarono un po' nella periferia sud della città, un paio di volte ebbe l'impressione che si fosse perso ma non disse nulla. Poi rallentò e parcheggiarono lentamente davanti ad un lungo muro di cinta, lì vide la targa d'ottone e comprese. Missione compiuta.
Con la fine dell'estate arrivò anche il momento di fare i conti con la famiglia. Era già stato difficile farli con se stesso, ed era arrivato ad un equilibrio solo grazie alla nuova presenza nella sua vita, quindi l'idea di scontrarsi anche con suo padre non lo rendeva affatto sereno.
Parlò prima con Sonia, dalla quale ottenne appoggio incondizionato come aveva previsto, e insieme decisero per una bella cenetta in famiglia con molto molto vino, durante la quale Manuel avrebbe sganciato la bomba al momento del dolce.
Per dire a suo padre che sarebbe andato a studiare a Milano, Sonia lo costrinse a tirare fuori il servizio buono.
Poi gli venne in mente che avrebbe dovuto dirgli anche che sarebbe andato alla IULM, che aveva tasse cinque volte più alte di quelle delle università pubbliche, quindi tirò fuori anche la tovaglia di lino ricamata da sua nonna e i candelabri d'argento.
Infine si ricordò del particolare peggiore, cioè che sarebbe andato a Milano per studiare Comunicazione nei mercati dell'arte e beni culturali, e si decise a chiamare Alice per aiutarlo a preparare tutti i piatti preferiti di suo padre. Un po' di captatio benevolentiae non poteva che aiutarlo!
Dopo una giornata ai fornelli aveva prodotto praticamente un pranzo di Natale, con tanto di doppia portata di primi, bollito, salse e colpo di scena finale la zuppa inglese con la ricetta della mamma di Alice. Tutta quella fatica però non andò sprecata, perchè quando Manuel annunciò l'imminente trasferimento a suo padre non cadde il cucchiaino ne sputò tutto il vino nel piatto. Stagnarono un po' nel più sacro dei silenzi, poi arrivò la frase che Manuel non aveva nemmeno mai sperato di sentire.
-Se è quello che vuoi, vedremo di organizzarci-.
Sia Alice che Sonia trattennero un urlo di gioia, lui invece rimase di sasso per almeno un paio di minuti prima di capire che la sua vita sarebbe cambiata completamente.

Tutto sembrava un sogno. A partire da lei, che per qualche arcana ragione lo amava, ed era stata testarda abbastanza per tutti e due fino a convincerlo a cedere; passando per le sue nuove prospettive sul futuro, dove ovviamente lei aveva avuto un ruolo fondamentale; per finire con l'università, dove finalmente studiava qualcosa che lo appassionava davvero, e suo padre che dopo tanti anni finalmente aveva smesso di tentare di plasmarlo ma lo accettava solo per quello che era.
Il primo semestre volò in un attimo, accompagnato da quella piacevole sensazione d'irrealtà. La casa era microscopica, due stanze matrimoniali, un bagno grande la metà della cabina armadio della sua ragazza e una sala con angolo cottura in cui a stento entrava un tavolo da 4; in compenso l'affitto era onesto, c'erano lavatrice e lavastoviglie nuove di zecca e l'adsl inclusa nelle spese condominiali. Il suo coinquilino era un tipo strano forte, un geek del computer di prima categoria, studiava e viveva di notte per alzarsi quasi sempre a metà pomeriggio. Però erano in sintonia: poche intrusioni nella vita dell'altro, poche domande e molte birre condivise sul divano davanti alla tv. Gli chiese se era un problema ospitare la sua ragazza qualche volta nei weekend e lui acconsentì con un'alzata di spalle, ma quando vide Alice per la prima volta quasi svenne, dopodichè si rinchiuse in camera sua finchè lei non lo convinse ad uscire parlando di processori, schede video e ram. Ovviamente, com'era successo anche con suo padre e molti altri, Kurtis si invaghì di lei e divennero ottimi amici.
Era così diversa da lui, Alice faceva amicizia con tutti, con Kurtis (superato il terrore per il suo corpo perfetto e il sorriso dolce) instaurò un rapporto malefico: in pratica non facevano altro che divertirsi alle spalle di Manu con giochetti da nerd malati quali erano. Ogni weekend lei e Manuel cercavano di vedersi, a turno lei andava a Milano oppure lui passava a prenderla a Brescia e tornavano a casa a Verona dalle famiglie, alla fine del primo anno avevano accumulato qualcosa tipo 500 km di spostamenti però Manuel era in pari con gli esami e il mondo sembrava girare ancora per il verso giusto.

Una settimana prima dell'inizio dei corsi del secondo anno, prima di vedersi con gli amici Manuel aveva dato appuntamento ad Alice. Si era preparata con poca cura, visto che era solo un bevuta tra amici, e jeans e maglietta erano tra le poche cose ancora fuori dalla valigia.
Manuel come al solito non le aveva svelato il perchè di quell'uscita, quand'era arrivato era stato rapito da sua madre per farsi riempire di raccomandazioni per il nuovo anno, mentre lei finiva di passarsi il mascara.
Era andato a prenderla in macchina, cosa strana perchè anche a Milano di rado si separava dalla sua Honda, ma non così inusuale da darle qualche indizio. Avevano imboccato la statale per Legnago poco dopo il tramonto, e a buio inoltrato ancora non si decideva a fermarsi o spiegarle dove fossero diretti. Alice ci aveva fatto l'abitudine, all'inizio lo torturava fino all'esaurimento senza risultati, poi pian piano la fiducia era cresciuta al punto da smettere di farsi domande. Ovviamente c'erano state volte in cui si era pentita di tutta quella fiducia e l'aveva odiato a morte, come quando l'aveva portata all'Heineken Jammin Festival a sentire i Metallica (un'esperienza traumatizzante), o quando una domenica l'aveva fatta alzare all'alba per andare alla Pinacoteca di Brera (altra esperienza traumatizzante solo perchè lui stava venti minuti a raccontarle la storia di ogni quadro).
Quella notte invece lasciarono la superstrada per imbucarsi in mezzo a cumuli di case sperduti nella pianura padana. Attraversarono un piccolo comune e mille microscopiche frazioni, fino ad infilare una strada sterrata affiancata da un doppio filare di alberi. Era talmente buio che stentava a riconoscere il panorama fuori dal fascio di luce dei fari dell'auto, erano in pianura secondo i suoi calcoli, ma l'assenza della luna rendeva l'esterno un'unica massa di nero informe.
Procedettero in silenzio per un centinaio di metri, mentre alla fine della strada cominciava a stagliarsi una grossa costruzione in mattoni. Alice identificò una grossa casa di campagna, c'erano due auto parcheggiate a fianco quindi doveva essere abitata, un giardino curato e pieno di costruzioni per bambini, aiuole piene di fiori e piante.
Manuel spense i fari e fermò la macchina ad una discreta distanza dal giardino, forse per non essere visto dalla casa.
Non capiva che senso avesse quella trasferta notturna. Da una vita non si rifugiavano in macchina per fare l'amore, non c'era più bisogno di nascondersi e spesso passavano la notte l'uno a casa dell'altra. Aveva voglia di qualcosa di diverso? Il brivido del rischio di essere scoperti? A Manuel non era mai fregato nulla di queste cose.
E allora perchè fare trenta chilometri per quella casa?
-Di chi è questa casa?-
-Non lo so-
Si voltò verso di lui e lo trovò completamente assorto nella contemplazione del giardino. Di nuovo i dubbi l'assalirono, anche se era abituata alle fughe e alle stranezze del suo ragazzo, quella notte pareva davvero strano.
-Che diavolo ci facciamo qui scusa?- Alice portò le ginocchia al petto e si rannicchiò sul sedile.
Quell'atteggiamento la faceva preoccupare, Manuel era stato sereno per tutta l'estate, aveva affrontato la sessione d'esami estiva con una gran carica e ne era uscito molto meglio di lei. Aveva una media impressionante e non sembrava sentire il peso dello studio quanto lei che aveva passato luglio a dare esami e agosto a studiare per gli esami di settembre, e comunque si era ritrovata indietro di due esami: analisi le faceva sputare sangue per ore e per quanto le piacessero fisica e meccanica erano una sfida molto ostica. Così mentre Manuel si dilettava girando musei e gallerie a Milano lei era rimasta quasi tutta l'estate a studiare. Erano fuggiti solo per qualche giorno al lago e Alice non era riuscita nemmeno a prendere un colorito decente.
Improvvisamente il fumo delle Winston Blu invase l'abitacolo accompagnato dalla sua voce roca e strascicata: -Tra vent'anni voglio una casa così...-
Non le diede il tempo di commentare perchè riprese perso in un sogno che lei non poteva vedere.
-Vorrei un bel casolare in campagna, con un po' di terra, un grande giardino e magari un orto. E un cane, l'ho sempre voluto un cane- fece un piccola pausa e soffiò tutto il fumo che aveva nei polmoni contro il vetro.
-Voglio dei figli: due, tre o tutti quelli che arriveranno. Essere figli unici è una gran palla, non voglio che si annoino come ho fatto io da piccolo, potrei costruire un canestro, un'altalena e magari anche una piscina così potrebbero chiamare anche i loro amici. Non voglio vivere tutta la vita in città rinchiuso in un cubo di cemento, ne voglio che lo facciano i miei figli. Così ci sarebbe posto anche per mio padre, per quando andrà in pensione, potrebbe stare con i suoi nipoti e divertirsi a tenere dietro al giardino; anche lui e mia madre volevano trasferirsi in campagna prima che lei si ammalasse.-
Sospirò come se un masso gli fosse caduto all'improvviso in grembo, e Alice era troppo pietrificata per intervenire.
-Vorrei una grande famiglia, solida e unita. Non voglio fare figli per poi lasciarli soli, nessuno dovrebbe fare figli e poi lasciarli soli- altra pausa, più breve. Le sembrava quasi che stesse cercando di trattenere i cattivi pensieri per mostrarle solo il suo futuro paradisiaco.
-E tutto questo ancora non sono pronto ad averlo adesso.-
Perchè le stava dicendo quelle cose? Da dove erano uscite? Avevano parlato pochissimo del futuro e più ne parlavano più Alice sentiva di star costruendo una bolla di speranza troppo fragile per aggrapparvisi.
In quel momento, consapevole di quanto tutto quello che le stava dicendo fosse irrealizzabile, le venne voglia di piangere.
-Non so cosa sarà di noi tra dieci anni, non so nemmeno cosa sarà di noi tra un mese a dir la verità..- fece l'ennesimo sospiro e si voltò a guardarla direttamente per la prima volta da quando era iniziata quella conversazione surreale: -Ma per come stanno ora le cose, questo futuro voglio realizzarlo con te. Solo con te.-
Manuel lo sapeva che era solo grazie a lei, che era stato tutto grazie a lei.
Non si sarebbe mai iscritto all'università grazie a lei, non avrebbe neanche finito il liceo forse se non ci fosse stata lei. Forse alla fine della scuola senza di lei sarebbe caduto di nuovo in un baratro di domande senza risposta, e (lui lo sapeva) sarebbe caduto di nuovo tra gli artigli della coca. Forse senza di lei avrebbe finito per cedere alla manipolazione di suo padre, avrebbe fatto scienze motorie e sarebbe diventato un personal trainer o un allenatore di terza categoria. Senza Alice non avrebbe preso novantacinque, e non avrebbe mai visto la soddisfazione sul volto della sua adorata prof di arte. Senza lei non avrebbe mai visto dal vivo una tavola del Tintoretto, ne la Cappella Sistina, avrebbe continuato ad ammirarli sui libri senza trovare il coraggio di rincorrere la sua passione. Senza Alice non avrebbe conosciuto Kurtis e quei pazzi in facoltà con lui, senza Alice non avrebbe mai visto il sorriso sul volto di Sonia, ne la riconciliazione con suo padre. Senza Alice non avrebbe mai trovato il coraggio di essere se stesso.
Pianse a lungo, mentre la baciava, mentre la spogliava, mentre le diceva tutto quello che andava mormorato solo e soltanto all'orecchio.
Mentre lei piangeva a dirotto con le guance rigate di nero e il naso gocciolante, lui non l'aveva mai trovata così bella, così vera, così se stessa.
E pianse tanto Alice quando, tra i sospiri e i vestiti volati sotto al sedile, percepì il gelo del metallo attorno al suo anulare e il sorrisetto furbo di Manuel sulla pelle.



*


Erano passati oltre due anni da quella notte, e poco era cambiato.
Come quella notte le valige erano pronte, e quell'anello non aveva mai lasciato il dito a cui era destinato, ne quell'amore aveva mai lasciato le anime in cui era radicato.
Eppure tutto, ad occhi disattenti, pareva diverso.
Solo qualche mese prima quella situazione sarebbe stata inconcepibile, ora invece pareva l'unica possibile.
Inconcepibile, era stato il pensiero di doverla lasciare per inseguire i suoi sogni.
Inconcepibile, era stata la consapevolezza di stare facendo la cosa giusta.
Inconcepibile, era l'assenza di dolore fisico nonostante il suo cuore e tutto il suo corpo sembrasse sanguinare.
Inconcepibile, era l'idea di non potersi più prendere cura di lei come avrebbe voluto.
Inconcepibile, era stato abbandonarla senza prima aver baciato i suoi occhi, i suoi capelli, la sua pelle centimetro per centimetro, per tutta la notte. Tutte le notti.
Inconcepibile, era stato permetterle di lasciare il suo letto.
Inconcepibile, erano i giorni senza di lei. Tutti.
Inconcepibile, erano i suoi sogni senza di lei. Tutti.
Inconcepibile, era il futuro senza di lei.
Eppure tutto ora gli stava scorrendo via dalle dita per una ragione ben precisa. Concepibile. Razionale. Giusta.
Inconcepibile era solo la sua assenza.





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Capitolo 20
*** Epilogo ***


Epilogo RC






EPILOGO






Quando rientrò dall’ufficio per pranzo, la casa era immersa in un silenzio irreale, sebbene si aspettasse di trovarvi Kate, visto che il suo turno iniziava solo alle 5.
Lasciò giacca, scarpe e tracolla all’ingresso e s'infilò in cucina per controllare se gli avesse lasciato qualcosa di pronto. Aveva una fame indescrivibile. Accanto ai fornelli trovò quattro confezioni ancora sigillate del take away vegetariano, nessun biglietto, né la tavola apparecchiata. Doveva essere uscita di fretta per qualche commissione.
Stava lasciando la cucina diretto in bagno, quando un rumore alla fine del corridoio lo bloccò sulla porta. Forse non l’aveva sentito entrare, ma che ci faceva in camera sua? Sperò con tutto il cuore che non fosse entrata di nuovo in psicosi da pulizia, l’ultima volta l’aveva costretto a imbiancare tutta la casa.
- Katie? -
Al suono della sua voce seguì un piccolo trambusto, doveva averla spaventata.
In due passi raggiunse la porta e si affacciò nella stanza. Kate era seduta a terra davanti all’armadio, attorniata da pile di vestiti e lo guardava con un'espressione ambigua. Sembrava imbarazzata e terrorizzata, come se avesse fatto qualcosa di particolarmente disdicevole.
- Welcome back clean-psyco! -
- Oh I’m not... I won't mess anything up. I was looking for your jerkin... the black leather one, for the 80s party... -
Di nuovo sembrava fin troppo colpevole: non era certo una novità che frugasse tra i suoi vestiti.
- That box fell down, I didn’t know it was here! -
Finalmente l’attenzione di Manuel cadde sull’oggetto incriminato, gelandogli il sangue nelle vene.
Era da tempo che non vedeva quella scatola, l’aveva nascosta bene sotto strati di roba vecchia, ma Kate riusciva sempre a trovarla, e ogni tanto la tirava fuori per esplorarne il contenuto con perizia. Era sempre stata troppo sentimentale Kate, non capiva però che quello non era un romanzo d’amore da rileggere per commuoversi, quella era vita reale, e faceva male ogni volta di più.
- You need to stop this, torturing me like that - si lasciò cadere sul letto subito dietro le spalle di lei, cercando di ignorare gli oggetti sparsi attorno a loro.
Ogni volta che vedeva quella scatola era un supplizio, una ferita infetta riaperta, che brucia e pulsa e sanguina. Ogni volta Kate guardava quella roba con devozione, neanche fossero state le reliquie di un santo. C’erano pacchetti di sigarette bianche e sottili, una tazza blu con il manico, uno slip di pizzo rosa, delle forcine per capelli, una spazzola, un paio di collant di lycra nera, dei libri, degli occhiali da sole e un vasetto di crema della Collistar. Tutti oggetti banali, d’uso comune, senza nessun nome, nessun valore.
Manuel si era sdraiato dietro di lei, un braccio sugli occhi e l’espressione afflitta.
- Do you like to rack my brain? Put it back please -
Kate sapeva tutto, aveva sempre saputo tutto. Era stata l’unica persona della sua vita con cui era stato sempre sincero dall’inizio alla fine. Forse perché l’aveva raccolto quand’era disperato e solo in un angolo oscuro del suo cuore.
Non gli rispose, non ce n'era bisogno. Tra loro da anni si era instaurata una sorta di comunicazione fatti di silenzi invece che di parole. In realtà la gran parte delle parole appartenevano a lei. Non era mai stato bravo a parlare, ma lei pareva l'unica persona che avesse mai incontrato capace di leggere i suoi silenzi.
No.
Non l'unica.
La parte preferita di Kate era la busta gialla con le foto, invece Manuel non era proprio in vena di rimpianti. Era stanco morto, aveva due transizioni con dei clienti importanti da concludere e sperava di riuscire a ritagliarsi un'oretta per andare a correre. Gli era pure passata la fame.
Quella scatola avrebbe mai smesso di tormentarlo?
Pranzarono in silenzio e, sempre in silenzio, tornò al lavoro.
Non aveva più la Honda, ora aveva una Kawasaki. Costosa, rossa e cromata e per cambiare il carburatore non doveva più elemosinare da suo padre, non aveva nemmeno più due caschi: era il suo giocattolo privato. Quella stessa sera andò a correre, ma rimase fuori ben più della sua oretta canonica. Corse fino a perdere il fiato, senza trattenersi, finchè non sentì il cuore esplodere nel petto. A casa trovò un vaso di gerbere rosse sul tavolo, un biglietto pieno di scuse e cuoricini e la cena coperta da un piatto. Cotoletta e zucchine fritte. Fece un doccia eterna, caricò la lavatrice e cenò in camera davanti al pc, aveva almeno una decina di mail a cui rispondere e nient’altro d’interessante da fare.
Finì per non dormire affatto, Kate non aveva nascosto abbastanza bene la scatola, quindi non fu difficile ritrovarla sulla mensola più alta dell’armadio.
La svuotò sul letto con poca premura e si sedette tra tutta quella roba. Era quasi un rito, ogni volta che ne apriva il coperchio doveva toccarne ogni oggetto, rigirarselo tra le mani, e ricordarlo tra le mani di lei.
I suoi gesti, le sue mani.
Si passò i palmi sulla faccia, frustrato da tutta quella roba che avrebbe voluto aver il coraggio di distruggere, e invece continuava a venerare.
Dio.
Non se n’era mai andata. Mai.
L’ultimo ricordo di lei che aveva era legato ad un vestito blu di cotone. Una mattina di maggio, faceva caldo, erano seduti a far colazione in un bar. Il vento, l’odore del sole sulla pelle, lei che sfogliava quell’agenda che ora lui teneva stretta tra le mani, parlava di un regalo che avrebbero dovuto comprare non ricordava per chi. Ricordava chiaramente soprattutto quel vestito che si gonfiava ad ogni folata di vento, mostrava a tratti i bordi della sua biancheria e si divertiva a farla arrabbiare.
A volte quel vestito lo tormentava ancora la notte.
Era consapevole di essere colpevole, colpevole con l’aggravante della premeditazione.
Non per questo, però, aveva perso il diritto di crogiolarsi nel ricordo.
Era stato lui a lasciarla, ad abbandonarla da un momento all’altro senza darle il tempo di replicare. Aveva deciso per tutti e due, perché sapeva di dover essere lui a prendere il coraggio a due mani e scappare da una situazione che li avrebbe incastrati tutti e due in un rapporto senza futuro. Si amavano, ma l’amore non bastava più. La gelosia era un virus che lavorava nell'ombra e li divorava dall'interno. C'era sempre un velo di vigliaccheria che impediva ad entrambi di dar voce ai loro dubbi. Manuel non aveva mai neanche pensato di tradirla, eppure lei pareva certa che prima o poi sarebbe accaduto, sebbene non ne avesse mai avuto alcun sentore. Era la lontananza che li stava logorando. Col passare del tempo stavano annegando nei loro stessi silenzi. Ci fu una pazzesca litigata poco prima di Capodanno: lo accusò di non amarla abbastanza, di non saper comunicare, che non sarebbe mai stato pronto per costruire una vita insieme. Come ogni volta risolsero tutto sotto le coperte. Eppure l'aveva capito proprio lì che qualcosa si era incrinato, fare l’amore era diventato lo specchio del modo in cui comunicavano. Era una sorta di scontro violento tra due sconosciuti, più di una volta aveva sperato e temuto di farle del male. Passarono i mesi e nulla sembrava più lo stesso: il sospetto di lei aveva insinuato il tarlo della gelosia in lui, e ne fu divorato. Viveva di fantasie e supposizioni tutte sue, non riusciva più a guardarla nello stesso modo. Anche se continuava ad amarla con tutto se stesso, sentiva il loro rapporto naufragare in un bicchier d’acqua. Non parlavano più, se non per rinfacciarsi qualcosa. Sapeva che in quel modo non sarebbero andati da nessuna parte, aveva provato dei palliativi ma non riusciva mai ad arrivare alla radice del problema. Ci aveva messo mesi prima di trovare la forza per reagire, perché la sola idea dell’abbandono gli era inconcepibile. Così, all’inizio dell’estate, Manuel decise di scomparire senza dirle nulla. Senza dir nulla a nessuno che non fosse Sonia. Fece di tutto per eclissarsi. Nuova scheda nel cellulare, nuovo indirizzo e-mail, cancellò tutti gli account dai social network. Non tornò più a Verona, se non per prendere le ultime cose, ma sempre senza farsi vedere da altri che non fossero la sua famiglia. Si chiuse nella sua stanza a studiare e scrivere la tesi, tanto che persino Kurtis usciva più di lui. Gli unici con cui mantenne qualche rapporto furono i fratelli Zonin. Ovviamente per loro stessa imposizione. Si presentarono a Milano un mese dopo la sua fuga. Subito pensò che li avesse mandati lei, invece scoprì che era stata tutta una loro iniziativa. Lei non ne sapeva nulla, non voleva più sentir nessuno parlare di lui. Nemmeno lui voleva più sentir parlare di lei.
Filo andò a trovarlo parecchie volte, mentre Jack lo sentiva quasi solo via mail. A settembre arrivò la laurea, qualche mese prima di quella di lei. Gli unici a presenziare furono suo padre, Sonia (che pianse dall'inizio alla fine) accompagnata da suo marito, infine Jack e Filo che gli portarono un nuovo portatile, regalo di tutti, e un biglietto di due righe chiuso in una piccola busta color crema accuratamente sigillata.
Diceva solo: "Congratulazioni, ho sempre saputo che ce l’avresti fatta."
Nessuna firma, ma il mittente era chiaro come un'insegna luminosa rossa e intermittente. Quella notte fece una doccia lunga più di un'ora per non far vedere a suo padre le lacrime e il dolore. Non ebbe il coraggio di buttarlo, come tutto il resto delle cose che lei aveva lasciato nella sua casa milanese finì tutto in uno dei quindici scatoloni che spedì a Londra prima di Natale.
Inizialmente quella di suo padre gli era parsa un'idea assurda; da quando anche lui aveva abbandonato Verona, suo padre aveva scelto un incarico permanente a Manchester, ma lasciare la sua casa natale definitivamente non fu una scelta facile. A quella casa erano legati i soli ricordi che ancora possedeva di sua madre, e allo stesso tempo ogni volta che vi tornava due occhi azzurri e una massa di capelli rossi gli toglievano il sonno per giorni. Alla fine si convinse che un cambiamento radicale l'avrebbe aiutato, oltremanica c'era molto più lavoro per lui, sopratutto a Londra, in fondo il suo inglese era molto buono e la sua laurea valida in tutta Europa. Non ebbe il coraggio di dirlo personalmente agli Zonin, non dopo la scenata che aveva fatto Sonia quando le aveva detto della sua partenza. Così mandò loro una lunga mail in cui spiegava le ragioni di quel trasferimento. Era stato talmente sincero che si rifiutò persino di rileggerla prima d'inviarla perchè si sarebbe vergognato.
Dal suo primo Capodanno a Londra non mise più piede a Verona per molto tempo. Là trovò nuovi stimoli e intraprese strade di cui non si sarebbe mai creduto capace. All’inizio era stato davvero difficile, non passava giorno che non rimpiangesse ciò che si era lasciato alle spalle, che non rimpiangesse lei. Spronato da suo padre, si iscrisse all’Università di Manchester per prendere la specializzazione e riuscì ad accedere ad un master del Sotheby’s Institute of Art. Aveva lavorato un po’ in giro, da commesso in un libreria a barista in un pub dove lo chiamavano the Italian toy e infine in un galleria del centro; per puro caso era pure finito ad insegnare storia dell’arte nelle middle-school e non gli era nemmeno dispiaciuto. Poi era arrivata la chiamata di Sotheby’s e il sogno aveva preso corpo dietro una porta con su scritto il suo nome.
Infine, dopo cinque anni a Londra, aveva una casa, aveva quell’incarico per cui aveva sputato il sangue, e aveva Kate.
Sua confidente, coinquilina, personal shopper, produttrice di cibo spazzatura, e soprattutto amica; Katie l’aveva ripescato mentre stava annegando nel suo dolore qualche mese dopo l’arrivo a Londra, l’aveva rimesso in piedi a suon di vodka e schiaffi e riportato alla vita con i suoi modi da scaricatrice di porto.
E finalmente ora era appagato.
Non aveva motivi per avere rimpianti, stava bene; per quanto in certi momenti ancora cercasse gli occhi di lei in altre donne, dopo anni di ripensamenti stava bene. Era certo che lei fosse felice, che fosse riuscita a realizzarsi e a diventare uno splendido e geniale ingegnere. Non aveva mai davvero voluto sapere nulla, anche se volte gli era salita l’idea di indagare, l’aveva abbandonata prima che prendesse corpo. Altre volte aveva provato a fantasticare su come avrebbe potuto essere la loro vita se fosse rimasto in Italia con lei: al tempo progettavano di andare a vivere insieme dopo la specialistica, lui voleva dei figli e forse a quel punto ne avrebbero già avuti, o magari quel labrador che sognava. Non aveva nessuna voglia di rivederla, per confermare ciò che già sapeva, che era ancora in grado di fargli ribollire il sangue con i ricordi. Aveva provato ad immaginare come potesse essere diventata, di sicuro era rimasta meravigliosa; sperava che con la maturità avesse messo su anche qualche chilo su quei fianchi tutti pelle e ossa, o che avesse perso l’abitudine di mangiarsi o grattarsi il gomito quando era nervosa. E in cuor suo era certo che avesse trovato qualcun altro da amare, qualcuno che sapesse darle tutto ciò di cui aveva bisogno, che sapesse darle certezze e stabilità, che sapesse prendersi cura di lei, e sapesse farla ridere e renderla serena. Tutto ciò che non aveva saputo darle lui. Ci sperava davvero, perchè lei meritava davvero di essere amata.




FINE











Traduzione del dialogo in inglese:

M: Ti è tornata la psicosi della pulizia?
K: No io.. cioè non volevo far casino. Cercavo il tuo giubbotto.. quello di pelle nero, per la festa anni ’80..
Mi è caduta questa scatola addosso. Non credevo l’avessi ancora.
M: Devi smetterla di torturarmi così. 
Ci godi a fracassarmi il cervello? Metti via tutto per favore.





Spazio Autrice:


Siamo giunti alla fine e so che questa fine non vi soddisferà.
Purtroppo non posso fare altrimenti, il finale è sempre stato questo.
Io sono fatta così, mi piace scrivere storie vere, non ficcine che siano solo piacevoli: la vita è anche questo e a volte l’amore non basta davvero.


Sapevo che sarebbe stato difficile separarmi da questa storia e da questi personaggi che mi hanno accompagnata per un sacco di anni, non sto piangendo.. ma quasi.
Ed è anche per questo che vi prometto un seguito.
Quando ho iniziato questa storia ero appena uscita dal liceo quindi potevo immedesimarmi in questo mondo molto facilmente. Ora invece mi riesce davvero difficile scrivere qualcosa che riguardi un diciottenne, non che io sia molto più vecchia, però la mia vita è cambiata talmente tanto che scrivere questi ultimi importanti capitoli è stato molto ostico.
Con i miei soliti tempi, perchè oltre che perfida sono anche conscia dei miei limiti, ma voglio davvero scrivere il seguito. Non posso lasciare Manuel naufragare nella nostalgia, ne posso lasciarvi senza farvi sapere cosa è successo alla nostra cara Alicetta. Quindi ufficializzo le mie intenzioni di scrivere qualcos'altro che li riguardi.
Non aspettatevi però altri 20 capitoli perchè non posso farcela, avevo pensato più ad una cosa da una decina di capitoli.
Se avete domande sull'epilogo scrivetemi una mail o in una recensione e vedrò se posso accontentarvi!

Passiamo a ringraziamenti:
Innanzitutto devo ringraziare Sandra che mi ha dato le conferme di cui avevo bisogno riguardo all'epilogo.
Devo ringraziare anche Ale che mi ha accompagnato per buona parte di questo viaggio.
Anche se non leggeranno mai, ringrazio C. e S. che con le loro sconclusionate e melodrammatiche vicende amorose hanno ispirato questa storia.
Ringrazio i Muse, i Metallica, i Linkin Park, i Blur, un po' anche Ligabue, Mina e Battisti sopratutto, Lenny Kraviz, Adele (<3) e de Andrè.
Ringrazio il mio 'Fida' che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, perchè c'è lui dietro a quel pizzico di stronzaggine di Manuel (e lui lo sa).
Ma sopratutto ringrazio voi lettrici, che mi avete sempre seguita e tormentata... ehm spronata ad aggiornare, senza di voi tutto questo non esisterebbe, non avrei concluso la storia forse, ne avrei mai ricevuto oltre 100 recensioni (cosa che non mi sarei mai aspettata..). Ci tengo molto a voi e spero di non avervi mai deluse.

Con tutto l'affetto del mondo vi saluto.
A presto.
1bacio. Vale.



 

PS: nel caso la vostra ira necessiti di sfogo verbale, su FB mi trovate come FuoriTarget Efp. 


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