Un amore color Caramello. [sospesa momentaneamente]

di ___Luthien
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La numero 103. ***
Capitolo 2: *** Ferite. ***
Capitolo 3: *** "Tu sei il mio giocattolo." ***
Capitolo 4: *** I belong to you....You belong to me? ***
Capitolo 5: *** Le otto e mezza. ***
Capitolo 6: *** Mi aiuta a dimenticarti. Buffo vero? ***
Capitolo 7: *** Amami come solo tu potresti fare. ***
Capitolo 8: *** Solo un freddo lenzuolo. ***
Capitolo 9: *** Una semplice scopata. ***
Capitolo 10: *** Egoismo. ***
Capitolo 11: *** E tu come mai sei qui? ***
Capitolo 12: *** Tre parole. ***
Capitolo 13: *** Io, non ho paura delle conseguenze. ***
Capitolo 14: *** Capitolo Extra: Il passato di Arisa. ***
Capitolo 15: *** Grazie Luna. ***
Capitolo 16: *** 37 giorni. ***
Capitolo 17: *** Una platea buia. ***
Capitolo 18: *** Peggio della preside. ***
Capitolo 19: *** Capo. ***
Capitolo 20: *** Un orribile X. ***
Capitolo 21: *** Il passato di Patrick e Chanel ***
Capitolo 22: *** Motivazioni. ***
Capitolo 23: *** Rosso. ***
Capitolo 24: *** Il passaggio per la zona nera. ***
Capitolo 25: *** La fuga. Parte 1. ***
Capitolo 26: *** La fuga. Parte 2. ***
Capitolo 27: *** La fuga. Parte 3 ***
Capitolo 28: *** La fuga. Parte 4 ***
Capitolo 29: *** Una tunica di lenzuolo. ***
Capitolo 30: *** Un grande albero. ***
Capitolo 31: *** Treno. ***



Capitolo 1
*** La numero 103. ***


<<Allora ci siamo capite? La sveglia va messa alle 6 in punto, alle 6.30 bisogna essere pronti per la corsa mattutina. Alle 7 sei libera di andare a farti una doccia e alle 7 e mezza devi essere nel salone blu per la colazione. Avrai esattamente 15 minuti di tempo per mangiare, in quanto le lezioni iniziano alle 8. Qui non accettiamo ritardi, sia chiaro. Ogni sua dimenticanza verrà seriamente punita>>  mi dice la Signora Kraford squadrandomi dal alto al basso. << Il pranzo verrà servito alle 13.30. Avrà a sua disposizione esattamente un’ora. Alle 15.00 deve svolgere le sue mansioni: dovrà pulire, rassettare, spazzare,lavare e aiutare in qualsiasi altra richiesta le venga fatta. Dalle 17.00 in poi è libera, può andare in stanza a studiare o svolgere qualche attività di gruppo. E severamente vietato uscire dai cancelli e togliere il proprio braccialetto di riconoscimento. Alle 21.00 bisogna essere in stanza, anche in questo caso non sono ammesse scuse. Alle 21.30 bisogna spegnere le luci. Solo il sabato è concesso di rientrare nelle stanze alle 23.00 e allo scoccare della mezzanotte saranno spente tutte le luci. Allora signorina Fujioka le è tutto chiaro? >>

<<Tutto chiaro>>  -Non potrebbe essere diversamente. Ho capito. Questo posto fa schifo.-

<<Perfetto! Ora venga con me le assegneremo una stanza>>  Mi condusse lungo uno stretto corridoio, illuminato da poche lampade a neon. Con l’enorme borsone a tracolla che mi portavo dietro, mi era difficile mantenere il suo passo, ma cercai di sforzarmi. Le mura erano di un grigio scuro e le porte quasi non si distinguevano. Iniziai a rallentare, ma la Signora Kraford non sembrava farci caso.  Stringevo a me il mio borsone, quel corridoio spoglio mi spaventava. Quando tornai a guardare di fronte, non c’era più nessuno.

<<Signora Kraford?>> Dissi con un filo di voce che echeggiò lungo tutto il corridoio. Continuavo a camminare, il mio passo si era fatto più svelto e la mia paura più elevata. Dopo pochi minuti arrivai ad un bivio.

<<Signor..>>  Guardai il primo corridoio. Notai che era molto breve e che alla fine vi era una porta molto piccola e angusta, chiusa accuratamente da un enorme lucchetto.


[…]


<<Cosa?!?!?! Com’è possibile che l’unica stanza rimasta sia quella??!>> Una voce mi riportò alla realtà. Dovevo trovare qualcuno. Imboccai il secondo corridoio e poco dopo uscii in una grande stanza illuminata.

<< Eccola finalmente!>> Mi disse la Signora Kraford venendomi incontro. <<Che fine aveva fatto?>>

<<Mi scusi, mi ero fermata un secondo…>> -Che fine avevo fatto? Mi ha lasciata in dietro senza mai voltarsi!-

<<Signora, non siamo riusciti a risolvere il problema. Purtroppo ultimamente siamo stati ondati di ragazzi, l’unica stanza libera è la 103>> disse con voce preoccupata una donna sulla quarantina; supposi fosse la segretaria… Possedeva un aspetto assai buffo. Aveva una corporatura minuta, ma in “compenso” aveva due enormi occhiali a fondo di bottiglia, che stonavano completamente con il suo viso.

<<Fujioka Lydia!>>
Scossi la testa, e guardai la Signora Kraford, intenta a richiamarmi alla realtà.

<<Abbiamo avuto dei problemi, purtroppo l’unica stanza libera è per metà occupata da un ragazzo. Non abbiamo altre sistemazioni quindi mi dispiace dirle che finché non si libererà un'altra camera femminile, dovrà convivere con un ragazzo. Questo  potrebbe crearle dei problemi?>> Mi domandò seria.

<<No. Va bene.>>

Attraversammo un'altra stanza e un corridoio, questa volta molto più bello. Alle pareti vi erano appese molte cornici e i colori erano molto vivaci.  Un leggero, sottile, impercettibile sorriso spuntò sulle mie labbra. Ogni porta era decorata dai ragazzi che convivevano nella stanza, e le scritte e i disegni mi trasmessero calore. Impiegammo dei minuti per arrivare al terzo piano, in quanto non vi erano ascensori. Alla fine di un lungo corridoio sulla destra notai una stanza. Era di colore nero, senza disegni, senza scritte. Era assolutamente nera. Rabbrividì al pensiero dei coinquilini che la occupavano, chissà che ragazzi erano. Continuai a camminare continuando a guardare quella porta, ma andai a sbattere contro la segretaria.

<<Mi scusi.>>

<<Tranquilla Tesoro… Puoi fermarti questa è la tua stanza>> disse gentilmente

Mi girai lentamente, molto lentamente. Davanti a me si presentò una grande porta. Una porta assolutamente nera.
Quella, era la camera 103.
Deglutii e aprii piano la porta. All’interno vi erano due letti. Uno era vicino alla finestra coperta da una tenda blu notte. L’altro era al suo opposto. Vi erano inoltre due scrivanie, un tappeto è un grande armadio a tre ande. Tutto era molto spoglio, solo una cornice adornava una scrivania. La presi tra le mani; vi era ritratta l’immagine di una bambina tra i 5 e i 6 anni, sorridente e con grandi occhi celesti. La riposai cautamente e andai a posare il mio enorme borsone sul letto adiacente alla finestra.

CLICK.

 Mi girai di scatto, la Signora Kraford e la buffa donna avevano chiuso la porta. -Potevano salutare - pensai.

Spostai la tenda e con stupore mi accorsi che alla finestra ci fossero delle sbarre. Rimasi a guardarle, e per un momento mi sentii in gabbia. Scossi la testa.   -Non devo pensare in negativo.-                                                              

Iniziai a disfare i bagagli ed a ordinarli negli spazi vuoti del armadio…    -I ragazzi saranno a lezione, sono appena le 9 e mezza.-                                                                                                                                                                      

Mi sdrai sul letto e senza accorgermene chiusi gli occhi.
 
<<Sveglia. Hei tu! Ragazza dai capelli color ruggine. Sveglia!>>

Riaprii leggermente gli occhi, a due passi dal mio viso vi era un ragazzo. Era completamente disteso su di me e con le sue braccia mi scuoteva per le spalle. Urlai per lo spavento e senza farlo apposta lo spinsi via. Cadde dal letto, sbattendo chiassosamente il sedere per terra.

<<Chi, chi sei tu?>> chiesi sorpresa

<<Dovrei chiedertelo io. Questa è la mia stanza>>

<<Ti sbagli, ora è…>> feci una pausa.. <<.. la nostra stanza>>  
Mi guardò con occhi perplessi, così decisi di spiegargli tutto.

<< … e così la Signora Kraford non riuscendo a trovarmi una coinquilina femmina, mi ha messo con te..>>  Iniziai a guardarlo. Era un ragazzo normale, aveva dei bei lineamenti e i suoi occhi erano chiari e limpidi come il cielo d’estate. I suoi capelli neri come la notte gli ricadevano perfettamente sul viso. Quando si alzò dal pavimento, notai inoltre che era incredibilmente alto.

<<Sapevi che ero io il tuo coinquilino?>> mi chiese con quella sua voce sexy… No. Volevo dire, profonda… VOCE PROFONDA.
<<Mmm no. A dire il vero non so nemmeno il tuo nome.>>

<<Edward.>>

<<Edward…?>>

<<Edward è basta.>>

Si diresse verso l’altro letto e ci si coricò sopra.. Dopo alcuni attimi di silenzio...

<<Tu invece come ti chiami?>> mi domandò senza neanche guardarmi.

<<Lydia… Lydia Fujioka.>>

<< E come mai sei qui, Lydia?>>

Non risposi.

Si alzò dal letto e iniziò a fissarmi.

Iniziò a ridere.
<< Tu Lydia, sai perché sono qui?>>

Scossi la testa.

<<Lo vuoi sapere?>> mi chiese con un tono di voce sempre sicuro.

<<Non lo so, se.. se vuoi dirmelo.. Io..>>

<<Oh, Lydia Lydia, devi essere più decisa e sincera.. Ti rifarò la domanda. Vuoi sapere perché sono in questo posto Lydia?>>

Lo guardai <<Si.>> fù la mia risposta.

Ricominciò a ridere.

<<È la scelta sbagliata mia cara Lydia.>>

Mi si avvicinò tutto d’un tratto, e quando fummo così vicini da poter toccare i nostri rispettivi nasi, disse: <<Ho ucciso mia sorella>>
Poi si allontanò e ricominciò a ridere.
Rimasi impietrita, dei brividi mi scorsero lungo tutto il corpo, e le mie mani tremavano.
 

Questo era quello che conteneva la numero 103.     

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Capitolo 2
*** Ferite. ***


DRIIIN.
Sentii la sveglia suonare. Erano le 5 e mezza. Storsi il naso. Non ero abituata ad alzarmi così presto.        
 Scesi delicatamente dal letto, e cercai di non fare troppo rumore così da non rischiare di svegliare Edward; ma, accesa la lampada mi accorsi che non c’era.
Non potevo permettermi di andarlo a cercare, la signora Kraford mi aveva avvertita : “Qui non accettiamo ritardi, sia chiaro. Ogni sua dimenticanza verrà seriamente punita

Quindi, corsi a vestirmi, e non volendo risaltare su gli altri indossai un semplicissimo paio di Jeans, e una maglietta nera a maniche corte. Legai i capelli in una coda laterale e indossate le mie comode Convers uscii dalla mia stanza. Quando aprii la porta rimasi stupita; Il corridoio era pieno di persone e quasi tutte le stanze erano aperte. Chiusi la mia camera, e notai molti sguardi posarsi su di me. Abbassai gli occhi e mi diressi verso il salone blu per la colazione. Quando arrivai mi sorpresi per la grande confusione e per l’enorme fila creatasi davanti alla mensa. Stranamente però, la coda si muoveva velocemente;infatti in pochi minuti riuscii ad arrivare davanti alla cuoca.

<<Cosa vuoi ragazzina? >>
<<Ehm, un cappuccino con una brioche alla crema>> sorrisi gentilmente, nonostante, la sua maleducazione.
<<Sei nuova vero? >> E senza aggiungere altro prese il mio vassoio. In una scodella versò una pappetta appiccicaticcia dal colore\odore\sapore non identificato, e in un bicchiere (sporco?!?!) mise dell’acqua zuccherata.

<<Il prossimo. >>

Presi con disgusto quel vassoio ma guardandomi in torno notai che tutti mangiavano il proprio “cibo”  in maniera talmente veloce  tanto da farlo sembrare appetitoso..
 
-“Forse avrà un buon sapore”-.. Pensai.

 Mi sedetti nel primo posto libero e senza notare chi avessi a fianco iniziai a mangiare…

Un senso di vomito mi percorse tutta la schiena. Quella, cosa, era immangiabile. Mi domandai subito, come facessero gli altri a digerire quel offesa alla cucina senza mostrare i minimi segni di svenimento, ma poi capì. Tutti i presenti, non facevano altro che guardare l’orologio senza preoccuparsi di quello che mettevano in bocca.  Avevano un viso altamente preoccupato, e non facevano che affrettarsi.
Mi alzai dalla tavola, e buttai via tutto il vassoio. Non avrei mai fatto colazione con una simile schifezza. Quella cuoca faceva proprio pena. Avrebbe fatto meglio a cambiare lavoro.

<<Hei tu signorina! >>

Sentii una mano appoggiarsi sulla mia spalla. Mi voltai di scatto e mi ritrovai faccia a faccia con quella grassona incapace di svolgere il proprio mestiere.

<<Si..? >>

<<Nessuno ti ha mai detto che il cibo non va sprecato?>>

<<Ah.. Perché? Quello lo considera cibo?>>

Sentii un bisbiglio alzarsi dalla sala, e molti mi segnalavano di non rispondere.

<<Oh. Oh. Oh. Abbiamo una principessa schizzinosa qui. >>  Mi si avvicinò minacciosa, e senza nemmeno poter ribattere, mi afferrò  i capelli e mi spinse violentemente contro il muro.

<<Ah!! Ma…ma.. eh impazzita?? Mi lasci subito!>>

Nessuno si muoveva,tutti guardavano ma nessuno aveva intenzione di aiutarmi. La spinsi via con forza, e la vidi barcollare per poi però, venirmi di nuovo contro. Afferrò il grosso mestolo di legno, e iniziò a sventolarlo con un sorriso beffardo. Cercò di colpirmi, ma per un pelo riuscì a schivarlo; senza accorgermene però, persi l’equilibrio e la urtai. Riuscii a rimanere in piedi, ma lei cadde. In tutta la sala scese il silenzio; nemmeno una mosca osava volare. Era come se tutti i suoni del mondo si fossero spenti nello stesso istante.

<<Tu, piccola sgualdrina…>> Si alzò con fatica dal pavimento e mi afferrò per un polso. La sua stretta era davvero forte. Alzò il mestolo e…

<<Ora basta.>> Una mano bloccò quella stronza. Mi voltai verso il mio salvatore...
<<E…Edward..>>  bisbigliai..
<<Tu non t’immischiare.>> ribatté lei.
I suoi occhi dal colore meraviglioso divennero pericolosamente agghiaccianti.
<<Le chiedo scusa per il suo atteggiamento. Il cibo non dev’essere sprecato in questa maniera..>>
<<Edward cosa stai dicendo??!? Non ti devi scusare di nien..>>
<<Zitta.>> Mi lanciò uno sguardo  terrificante, e poi riprese a parlare con la “cuoca” <<Mi prenderò personalmente le responsabilità per l’accaduto. E le prometto che ciò non accadrà più. Quindi per favore la lasci andare.>>

<<Bene bene. E sia. Edward, sai già dove andare.>> disse con un sorriso enorme.

Lo vidi annuire e girarsi…

<<E..Edward?!?>> Una mano, mi prese per il braccio e mi trascinò via.

<<Un.. un attimo!Lasciami!>>

Una ragazza più o meno della mia età mi guardò preoccupata.

<<Cosa pensavi di fare??Rispondere in quella maniera alla Signorina Mischelle!>>
<<Signorina?>> Scoppiai a ridere. <<Io non ho visto nessuna signorina. Quella lì era una sottospecie di balena. >>

La sua faccia però rimase seria.

<< Nessuno ti ha spiegato come bisogna comportarsi? Quel povero ragazzo.. Non so come mai un tipo come lui ti abbia aiutata. Ma ritieniti fortuna. Ora andiamo, mancano due minuti all’ inizio delle lezioni.>>

Mi trascinò dietro di se è per un pelo riuscimmo ad entrare in classe prima del professore. Non segui nemmeno una parola di tutta la lezione; Pensavo solo a ciò che era successo.
Grazie a questo pensiero, le lezioni volarono e non tardò molto l’ora di pranzo.

<<Sono, Arisa. Arisa Mako. Scusa se questa mattina sono stata così severa, ma devi capire certe cose che lì,   nel mondo esterno, non esistono..>> Mi trascinò in bagno e riprese il discorso..
<<Questa, non è una casa famiglia qualunque. Questa non è una scuola come le altre. Qui, noi ragazzi.. Non siamo considerati tali..>> Si alzò la maglia e rimasi di sasso. Il suo corpo era ricoperto di ferite, ed era cosparso di enormi lividi viola..
<<..Od..Oddio.. Devi farti vedere dal medico. Chi è stato? Dobbiamo chiamare la polizia.. Cosa…>>
<<Shh!! Non dire queste cose nemmeno per scherzo! Se qualcuno ti sentisse andrebbe a riferirlo alla preside. Il..>> abbassò il tono della sua voce.. <l medico, qui non esiste. Lui è d’accordo con tutti gli altri. Se si va in infermeria, l’unica cosa che si ottiene sono altri lividi. E.. E non parlare mai di polizia!! Se ti sentissero, dio solo sa cosa ti potrebbe accadere. Qui i telefoni sono vietati, e qualsiasi contatto con l esterno è strettamente sorvegliato. Anche se… a dire il vero… Non vi è contatto esterno.
>>   
<<Ma, ma cosa stai dicendo?.. Perché hai tutte quelle ferite, perché nessuno fa niente?>>
Rise.
<<Vuoi sapere come me le sono procurate?>>
Annui.
<<Bene. Vedi questo taglio qui leggermente sotto il seno? Ecco quello lo avuto per un ritardo ai lavori delle 3. Questi lividi, li ho avuti per uno starnuto scappatomi durante il discorso della preside. Questi buchi,  bhè.. Questi li fanno per prelevarti del sangue, fino a farti quasi rimanere senza… Quando fai qualcosa che a loro non sta bene, ti mandano in quella stanza..>>
<<Quale stanza?>>
<<La stanza nel corridoio. E situata nell’ala ad ovest… È piccola e ha un grosso catenaccio..>>

Mi ricordai subito di quella stanza. L’avevo vista il giorno prima per caso..I brividi che mi aveva provocato mi fecero tremare.
 Deglutì.
 
Sentimmo una campanella.

<<Oh, no.! Sono le tre. Come ho fatto a perdere la cognizione del tempo. Dobbiamo muoverci. Io e te lavoriamo nello stesso piano, forse non lo sai ma le nostre camere sono molto vicine.>>

Corremmo lungo le scale, e percorremmo tutti i piani, fino ad arrivare al terzo.  Una lunga coda di ragazzi era disposta in fila indiana.

<<Voi due. Siete ai bagni.>>
<<Si>>

Arisa prese il secchio e le spugne, io il moccio e i saponi.

<<Che sfiga. Il lavoro peggiore.>> Sbuffò << Non posso credere che per un intera settimana dovrò lavorare con questo schifo di odore tra le narici.>>

In effetti l’odore non era dei migliori.
Avete presente un bel miscuglio di vomito, pipì, e gorgonzola? Ecco aggiungeteci anche un pizzico di calzini sporchi e calda, soffice… cacca.  Bello il risultato vero?
In ogni bagno notai sempre le stesse cose. Sul water, per terra,e persino sulle pareti vi erano sempre schizzi di sangue.

Ma dove ero finita? Perché mi avevano mandato in questo terribile posto? Una lacrima mi scese lungo la guancia. Io non avevo fatto nulla di male. Mentre questi pensieri mi annebbiavano la testa due delicate braccia mi strinsero in un caloroso abbraccio. Scoppiai a piangere. Arisa mi accarezzava dolcemente, sussurandomi parole tenere.. Capivo, che sapeva come ci si sentiva. E questo mi fece liberare completamente. Piansi per molto.

[…]
 
Finimmo il bagno e riconsegnammo tutto il materiale. Eravamo libere, o per lo meno lo eravamo per le restanti ore..  In giro si notava subito che i volti di tutti erano più rilassati e sorridenti.
<<Ora cosa facciamo?>>
<<Quello che vuoi.. L’importante e non mettersi troppo in mostra o causare problemi.>>
<<Io.. Io vorrei cercare Edward.>> Dissi con voce tremolante. Pronunciare il suo nome non era per niente facile. Non dopo aver saputo il motivo per la quale si ritrovava in questo edificio.
<<Impossibile.>> Sentenziò Arisa. <<La..>>
<<La?>>
<<La.. punizione non è finità.>>
Abbassai gli occhi. Era tutta colpa mia. Sarei dovuta andare io al suo posto, ma non pensavo che in questo luogo le cose andassero in questo modo.
E poi perché mi aveva protetta? Che ragazzo stupido. Mi sentivo così male per lui.

Alla fine passai tutto il pomeriggio con Arisa,che, mi mostrò la scuola, e mi informò su tutte le lezioni che si tenevano.  
Alle otto e mezza ritornammo entrambe nelle nostre rispettive camere.  Quando entrai sperai, di trovare Edward ma di lui non c’era nemmeno l’ombra. Iniziai a svolgere i compiti; poco dopo però scattò il coprifuoco.
Le luci si spensero automaticamente così mi coricai lentamente e chiusi gli occhi.

STRSCH TUFF.

Aprii gli occhi uno strano rumore mi aveva svegliata. Guardai la sveglia erano le 11 passate. Mi appoggiai con l’orecchio sulla porta, sentivo dei passi. Dei passi molto lenti.

Presi la torcia che avevo nel cassetto, e sbirciai fuori dalla stanza. A metà corridoio c’era qualcuno…

<<E…Edward!>> Dissi correndo verso di lui.
<<Shh! Fai silezio! >>
Lo feci appoggiare a me, e piano lo portai in camera. Era pieno di ferite. Tutto il suo corpo sanguinava. Sentivo il suo sangue scendere lungo le mie mani. Mi feci forza e lo aiutai a sdraiarsi nel letto.

<<Aspetta, te la tolgo io.>>

Gli tolsi la maglietta, e subito cercai  un kit di pronto soccorso.

<<Non, Non ci sono kit.>> disse sofferente nel letto. <<Stai tranquilla. Dormi. Farò da solo.>>

<<Non ci penso nemmeno.>> Corsi nel mio letto e presi il lenzuolo. Iniziai a strapparlo e con la bottiglietta d’acqua a bagnarlo.
Pulii il suo corpo delicatamente; Le ferite erano profonde e facevano pensare a delle frustate.  I lividi erano talmente tanti, da non riuscire a vedere il colore della pelle.

Iniziai a piangere silenziosamente.

Lo vidi puntarmi la lampada in faccia.

<<Fammi vedere dove sei ferito.>> dissi cercando di riprendermi la pila.

<<Tu, stai piangendo? >>

<<Non farci caso.>> E ripuntai la torcia sul suo torace.

Mi prese la mano, e con fatica si sedette sul bordo del letto.  La poca luce della pila, non bastava per aiutarmi a vedere il suo volto.

<<Non sentirti in colpa. Io sono il tuo compagno di stanza, avrei dovuto spiegarti determinate cose, ma non l’ho fatto. Questo era il minimo che potevo fare.>>

<<No, sono stata una stupida. Tu.. guarda come sei ridotto.>>

<<Tranquilla. Sto bene.>>

<<Come fai a stare bene?? Il tuo corpo, è…>>

Mi tappò delicatamente la bocca e disse:

<<Com’è il mio corpo non ha importanza. Sto bene. Credo che altro mi avrebbe fatto stare peggio.>>

<<Cosa c’è peggio di questo?>> chiesi singhiozzando.

<<Bhè per esempio, vedere delle simili ferite su di te, mi avrebbe fatto stare sicuramente più male.>> 

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Capitolo 3
*** "Tu sei il mio giocattolo." ***


Era passata ormai una settimana da quando Edward tornò in stanza mezzo-morto. Le occasioni per vederlo erano molto rare, solo la notte, poco prima del coprifuoco rientrava in camera, ma i nostri discorsi non andavano oltre al ciao.                                        
 Con Arisa invece avevo instaurato un ottimo rapporto. Nonostante l’aria pesante che si respirava in quel edificio, lei riusciva a tirarmi su di morale. Non avevo mai conosciuto una persona solare e gentile come lei.

<<Fujioka.>>

Mi alzai dalla sedia e mi diressi verso la lavagna.           
                  
<>>      
                                                                                
  Feci un sospiro di sollievo. Quest’argomento lo avevo ripassato poche ore prima. Iniziai a svolgere lentamente l’esercizio. La paura di sbagliare era tanta, e quella di essere punita era ancora più grande. Durante tutto lo svolgimento, il professore non disse nulla. Mi fissava con quei suoi piccoli occhi da ratto,  quasi come se volesse mangiarmi. Mi guardava in maniera così intensa da mettermi paura.
Le mani tremavano così tanto da rendere alcune cifre in leggibili, e solo dopo molte cancellature riuscii a completare l’esercizio.         
                        
<<Bene. L’aspetto dopo nel mio ufficio signorina. Può andare a sedersi.>>

Cosa? Voleva punirmi? L’esercizio era sbagliato?

Annuì tremante, e con le gambe molli raggiunsi (non so come) il banco. Mi voltai verso Arisa, che mi guardò con occhi profondamente tristi. La viti abbassare lo sguardo, e sulle sue labbra lessi un:
<<Stai attenta.>>

Le lezioni finirono, e andai subito verso la mia amica.

<<Ari, oddio che potrà volere il professore da me? Ho sbagliato a svolgere il problema che mi aveva dato?>>
<<Lydia, >> Mi prese per mano. <<Fai attenzione ti prego. Rimani sempre vicino alla porta, se puoi lasciala aperta, e se succede qualcosa di brutto, Scappa. Non pensare alle conseguenze.>>
<<Come non ci devo pensare? E se poi vengo punita? Ari, io ho paura di quella stanza. Tu…Tu sai qualcosa non è vero? Ti prego, dimmi cosa potrebbe succedermi.>>
La vidi abbassare gli occhi.
Iniziò a sfregarsi le mani tanto da farle diventare rosse.
<<Ecco, questa è solo una diceria. Vedi poco tempo fa, il professore aveva chiamato una ragazza nel suo ufficio.. La voce dice che abbia provato ad abusare di lei.. So che è scappata, e che è riuscita a riferire tutto alla preside. La cosa positiva, anzi l’unica che c’è in questo posto, è che la preside non  permette questo tipo di violenze. A quanto pare anche lei da piccola ha subito delle violenze di questo genere. La cosa negativa è che della ragazza non c’è più l’ombra.>>

[…]

TOC TOC.

Bussai al ufficio del professore. Sentivo il mio cuore battere all’impazzata; avevo paura di quello che potesse succedermi. E il Non sapere, mi stava uccidendo.
Volevo solo sbrigarmi; sapere cosa voleva e andarmene via.
Correre nella mia stanza e chiudere la porta.
Era questo che volevo.

<<Avanti>> La voce del insegnante era come al solito seria e neutrale. Entrai piano,la stanza non era molto illuminata, ed era anche piuttosto piccola.
Il professore era girato di spalle e cercava qualcosa tra la libreria. Io rimasi in piedi davanti all’ingresso. Lasciando la porta aperta. Proprio come mi aveva consigliato di fare Arisa.

Ad un tratto si girò.

<<Salve Fujioka, chiudi la porta e vieni a sederti qui.>> Deglutì, il professore mi stava indicando di sedermi sul divano vicino a lui. Chiusi la porta, e lentamente mi sedetti (il più lontano possibile), su quello stretto divano. Sentivo i suoi occhi posarsi su ogni parte del mio corpo.

<<Cosa, cosa voleva professore?>> dissi impaurita.

<<Shhh.>> Mi posò la sua mano sulla bocca. << Non ti ho detto che potevi parlare.>> La sua mano iniziò a sfiorarmi i capelli. Mi si avvicinò di scatto, e sentii le sue labbra baciare il mio collo.
Tremai.

Sentivo la sua lingua giocare con il mio orecchio. Cercai di alzarmi velocemente, ma lui fu più veloce.

Mi salì praticamente addosso e con la forza mi fece sdraiare. La paura di tutta quella situazione mi bloccava e non sapevo cosa fare.
Chiusi gli occhi.
Non volevo guardare il volto di quel mostro.

La mia maglietta si stava alzando e nonostante volessi ribellarmi, il mio corpo non mi rispondeva più.
Speravo solo che tutto quello che stava accadendo, sarebbe finito presto.

<<Dimmi Fujioka mi trovi attraente?>>

Quella domanda mi spiazzò. Ma cos’era psicopatico? Era ovvio che un uomo della sua età, con più rughe che cervello, non mi attraesse per niente.

Sentii un dolore alla nuca.

<<Allora??!?>>

Le sue mani mi stavano tirando i capelli e le lacrime cominciarono a scendere.

<<Io… Io… Vi trovo semplicemente disgustoso.>>

Mi arrivò uno schiaffo; sentii il dolore propagarsi lungo tutta la testa.

<<Cos’hai detto?>> Disse con voce nervosa.

<<Ho….Ho… detto che mi fa schifo.>> Lo spinsi via e mi alzai velocemente; cercai di raggiungere la porta, ma senza nemmeno accorgermene fui già rispinta sul divano.

Mi bloccò le mani con del nastro adesivo, nascosto sotto il divano, e iniziò a sbottonarmi la camicetta.

<<Ti faccio vedere io quanto ti posso fare schifo.>>

Detto ciò, mi sbottonò i pantaloni.

[....]
 
Sentii la porta spalancarsi.   Senza nemmeno accorgermene Arisa era vicino a me a togliermi il nastro adesivo, e per terra sopra il professore, c’era.. c’era… Edward?

Lo stava praticamente uccidendo. Vedevo le sue mani alzarsi, e colpire con forza il viso di quel mostro.
Ormai il sangue per terra era davvero molto ma non riuscivo a dire nulla. 

<<Può bastare, Edward>>

Mi girai verso la porta. Sulla soglia una donna sui 30 anni bloccò la furia di Edward..

Lo vidi scuotere la testa, poi si girò verso di me;

Mi venne in contro e mi prese tra le sue braccia.

<<Come, come stai? Io… Io sarei dovuto venire prima..Mi dispiace..Non pensavo..>>

<<Ed…Edward!!>> Mi strinsi a lui. Le mie lacrime scendevano velocemente lungo le guancie. Il suo odore, il suo calore. Ero così felice. Mi aveva aiutata.
Nel momento del bisogno,era di nuovo venuto da me.

<<Professor Stingol, lei è ufficialmente espulso. Verrà condotto lontano, così potrà rimediare ai suoi errori.>>

Due uomini molto grossi, entrarono nella camera, e presero il professore.

<<Lydia.>>

Guardai la donna. Era molto bella. Aveva lunghi capelli neri, e i suoi occhi verdi smeraldo risaltavano completamente su tutto il volto.

<<Vieni con me.>>
<<Dove la vuole portare?>> chiese Edward seriamente preoccupato.
<<Non può più stare qui. Nemmeno tu Arisa. Entrambe verrete...>> Fece una pausa..<< con me. >>
<<Vuoi farle scomparire come hai fatto con la ragazza precedente?>>
<<Edward. Non sono affari tuoi.>>
<<Io non te le farò portare via.>>
<<Mi stai sfidando?>>
<<Preside, per favore. Questa non è una sfida, voglio solo..>>
<<Vuoi cosa?>>
<<Voglio.. voglio proteggerle. Sono certo ce non diranno nulla. E che nessuno saprà del accaduto. La prego.>>

La preside ci guardò. E rivolgendosi a noi disse:

<<Dovreste essergli grate, ragazze. Se potete ancora vivere lo dovete a lui.>>

Poi , entrò nella stanza, e tirando a se Edward, lo baciò.

<<Ricordati che tu sei il mio giocattolo.>>




Fine terzo capitolo ^^ Grazie a coloro che mi seguono ^^ So che questo capitolo, è un po'....diverso.. ma spero che vi piaccia lo stesso u.u 
Grazie ancora ^^

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Capitolo 4
*** I belong to you....You belong to me? ***


<<Edward...>>
Lo vedevo sdraiato sul suo letto con gli occhi fissi sul soffitto.
Da quando la Preside era uscita dal ufficio del professore, l'unica cosa che aveva detto era: ″Ora andiamo tutti in camera”.
Da quel momento in poi, neppure una singola vocale era uscita dalla sua bocca.
<<E...Edward?>>
Si sedette sul letto...
<<Dimmi..>>
<<Grazie.>>

Mi guardò, quasi con aria confusa..

<<Solo questo?>>
<<Si. Ti sono grata. Se non fosse stato per te, a quest'ora  io e Arisa saremmo state portate chissà dove...>>
<<Ok.>>

Si risdraiò nel letto, e di nuovo il silenzio cadde nella stanza. 

A dire il vero c'erano tante cose che avrei voluto chiedergli, ma non riuscivo ad iniziare il discorso.
Perchè la preside aveva detto quella frase? E poi perchè lo aveva baciato? Non che io fossi stata gelosa, o avessi pensato di saltare al collo di quella stronza…Però...

<<Sei strana>> disse con voce beffarda..

Rialzai lo sguardo; senza accorgermene Edward era di nuovo seduto sul suo letto a fissarmi.

<<Perchè?>>
Lo vidi sorridere. Un sorriso molto debole.
<<Te ne stai lì, a mormorare parole incomprensibili, a farti chissà quante domande, quando io sono qui che potrei risponderti...>>
<<Già...>>

Si alzò dal letto, e mi venne vicino.
Si inginocchiò di fronte a me e guardandomi disse:
<<Tu, perchè non hai paura di me?>>
<<Dovrei averne?>>
<<Ti ho detto che ho ucciso mia sorella, mi aspettavo di non trovarti più in questa stanza..>>
<<Sicuramente è stato un incidente.. Non posso credere che una persona come te, che mi ha sempre aiutata, possa essere un assassino.>>

Il suo sguardo si abbassò..   

<<Invece ti sbagli.. Se mia sorella non c'è più è solo per colpa mia. L'ho uccisa io.>>

Lo accarezzai; io non ci credevo.
Mi sedetti vicino a lui e lo presi per mano..

<<Edward, mi dispiace; ma io non ci credo. >>
La mia voce era calma, e dolce. Volevo fargli capire che ero lì per ascoltarlo, e che se ne aveva bisogno poteva parlare con me.

La sua reazione però non fu delle migliori.
Si alzò di scatto e si liberò da me.

<<Tu sei una stupida. Non ti affezionare a me. Stammi lontano!>> Si girò per andarsene.
Ma non volevo.
Io volevo averlo accanto.
Volevo conoscerlo.
Volevo sapere la verità.
Volevo..aiutarlo.

Lo afferrai da dietro, e lo abbracciai. Mi appoggiai con la testa sulla sua schiena..

<<Rimani.>>
Si girò, e mi strinse tra le sue braccia.
Mi sentivo confusa. Dal collo di Edward veniva un profumo di ragazzo di cui non mi ero mai resa conto fino a quel momento.

<<Tu, non puoi affezionarti a me..>>
<<Ma, io voglio farlo.>>

Mi staccò dal suo corpo, e mi prese il viso tra le sue mani;
I nostri respiri erano sempre più vicini, e tutto in torno a noi si fece bollente. Ci stavamo per baciare? Era questo che stava per accadere? Eppure non succedeva..
Eravamo così vicini, gli sarei potuta saltare al collo, eppure niente. Entrambi rimanevamo fermi.
Sorrise, e girandosi uscii dalla stanza.  

Rimasi immobile.
Che avessi sognato? Non potevo crederci.

Mi sdrai nel letto, e tra un pensiero e l’altro mi addormentai.
_____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Mi sveglia a notte fonda, qualcuno aveva chiuso la porta. Guardai il letto di Edward, ma era vuoto; Mi alzai e mi sporsi fuori dalla stanza,lui era lì.
Chissà dove stava andando... Presi le scarpe di ginnastica , il capotto e iniziai a seguirlo.

Scese tutti i piani, e lo vidi dirigersi verso il cortile. Feci attenzione a non farmi vedere; vi era tanto freddo, e il giubbotto non bastava a tenermi al caldo.
Entrò in uno stabilimento, e con cautela lo seguii all'interno. Svoltò un paio di volte, finché non si ritrovò davanti ad una stanza. Vi entrò dentro e scomparve dalla mia vista.
Un rumore mi spaventò, così presi la rincorsa ed entrai in quella camera.
Era una stanza anzi, era un appartamento, molto lussuoso. Al ingresso vi era un bellissimo lampadario, e la moquette era soffice e altamente costosa.
Sentii delle voci provenire dalla sala più avanti così mi nascosi dietro ad una colonna e inginocchiandomi rimasi in attesa. Edward uscii dal bagno.
L'unica cosa che aveva era un asciugamano in torno alla vita. Era tutto bagnato, e l'acqua sgocciolava sulla moquette.
Arrossì.
Era altamente sexy. Il suo addominali erano scolpiti, e vederlo in quelle vesti mi fece venire i brividi.

Brividi di profondo piacere.

 Ma, che cosa faceva Edward in quella stanza?
 Perchè non era nella sua camera? Cos'aveva di diverso da tutti gli altri ragazzi del dormitorio? Perchè lui poteva disubbidire al coprifuoco?
Proprio nel momento in cui stavo per venire allo scoperto e domandargli tutte quelle cose, la porta si aprii.
<< Ciao Edward. Ti sei già lavato? Che peccato, e io che avrei voluto lavarmi insieme a te. >>
A dire queste parole, con mia grandissima sorpresa, era la preside.
<< Aspettami qui torno subito. >>

Edward non rispose. 
 
Pochi minuti dopo..
 
<< Eccomi. >>

Sulla soglia della stanza ricomparve la preside;
Aveva addosso solo l'intimo.
Un intimo nero col pizzo, e sul volto vi era stampato un sorriso seducente e ammiccante.
<< Vieni qui. >>

Edward si alzò quasi come se fosse telecomandato e la raggiunse.

<< Mmm, mi fai impazzire lo sai? >> La preside iniziò a baciarlo appassionatamente. Un bacio lungo e inebriante. Gli passò la mano tra i capelli e lo trascinò sul letto. Lo baciò sul collo, spostandosi dal lato destro a quello sinistro, fino a raggiungere l'orecchio. Fece scivolare la mano, lungo tutto il suo petto, fino a raggiungere la vita.
Slacciò l'asciugamano e iniziò a toccarlo mentre continuava a inondarlo di baci, a leccarlo e a morderlo.

Ero inorridita. Non pensavo che Edward potesse avere una simile relazione con quella donna. I
niziai a distogliere lo sguardo, le lacrime, per un'assurda ragione iniziarono a cadere lungo le mie guance. Dovetti soffocare molti singhiozzi.

<< Edward, è inutile che continui a ribellarti. Dovresti essermi grato,ti ho scelto tra tutti gli studenti di questa scuola. >>
<<Già. È stata una fortuna.>>

Sentii una risata aspra e il suono di uno schiaffo. Poi il silenzio. Mi girai a guardare.
La preside aveva ripreso a baciarlo. Mi alzai piano e uscii dalla stanza. Non volevo assistere al loro atto.
Tornai il più velocemente in camera e finalmente riuscii a piangere liberandomi da tutta la mia rabbia.

_____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

 
Passarono tre giorni. Edward ed io avevamo ″parlato” una sola volta. Fui molto aspra, e chiusi velocemente la conversazione dicendo che ero molto stanca. Non avevo nulla da dirgli.
Mi faceva solo schifo.
 
<<Ly!!!>> Mi voltai di scatto, Arisa con tutta la sua gracile figura mi corse incontro.
<<Dimmi>> Sorrisi debolmente.
<<Non puoi capire che mi è successo!Oddio Oddio!>>
<<Calmati scema.>> Scoppiai a ridere <<Raccontami tutto>>
<< Oggi avevo voglia di fare un po' di ginnastica, così mi sono unita ad un gruppo che avrebbe fatto qualche sport. E... Ho incontrato un ragazzo. Non puoi capire quant’è bello!>>

Risi. Non pensavo che in un luogo simile si potessero ancora fare simili conversazioni. Era da molto tempo che non mi capitava di parlare di un ragazzo con un’amica.

<<E quindi?>>
<<Mi ha invitata a uscire!!>> disse in preda alla gioia.
<<A..A uscire?>> Si era forse dimenticata del luogo in cui ci trovavamo? Non si poteva uscire da quell’ inferno.

La vidi sospirare.

<<Non dirmi che non lo sai?>>
<<Che cosa?>>
<<Lo vedi quello stabilimento?>>
Annuii.
<<Ecco, quel posto è esclusivamente  per le coppie. Ci si può entrare solo se si ha un appuntamento con qualcuno. Dentro vi è una riproduzione del Mc Donald e vi sono anche altre stanze dove fanno molta musica. Quando si è la dentro,fidati, sembra quasi di essere in un posto normale.!>>
<<Dev'essere bellissimo. Sono contenta per te. Mi raccomando divertiti.>>
<<No, no tesoro forse non hai capito ma vieni anche tu.>> disse con un sorriso malizioso.
<<Come scusa? Io non farò il terzo in comodo, e poi l'hai detto anche tu che si può entrare solo in coppia...>>
<<Tu non ti preoccupare. Ora vieni.>>
Mi prese per mano e mi portò nella sua stanza.
Era molto accogliente e aveva dei colori molto vivaci.

La vidi spogliarsi.
Molte ferite del suo corpo erano guarite; ne fui sollevata.
Indossò un bellissimo abito blu.
Era un po' corto, ma le stava benissimo.

<<E questo lo metti tu.>>
<<Tu sei scema. No e poi no.>>
Mi aveva tirato addosso un abito rosso.
Era davvero bello, ma non era il mio genere.
<<Non Fare storie, o le prendi.>>rise.

Cercai più volte di farle cambiare idea. Ma fu tutto inutile.
 
Arrivammo presto davanti allo stabilimento. Da lontano vedevo due ragazzi.
<<No. Non dirmi che..>>
Era troppo tardi.
Il mio sospetto era fondato.
Arisa aveva organizzato un appuntamento a 4 senza dirmi nulla. Non potevo crederci.

<<Lydia ti presento David.>>
<<Ciao.>> dissi arrabbiata e allo stesso tempo nervosa.

Entrambi i ragazzi notarono subito il mio pessimo umore.
Arisa scoppiò in una risatina assai irritante ed entrò con il suo bel imbusto lasciandomi da sola.

Avevo capito male. Arisa non aveva organizzato un appuntamento a quattro. Mi aveva organizzato un vero è proprio appuntamento.


Deglutì. David mi stava guardando e nei suoi occhi si leggeva chiaramente del imbarazzo.

Sbuffai.

<<E va bene. Entriamo.>>

Lo vidi sorridere. Entrammo a braccetto.

Il bodyguard ci squadrò dal alto in basso.
<<Siete una nuova coppia?>>
<<Esattamente.>>
Provai a ribattere ma David mi strinse forte facendomi capire di stare zitta.

<<Scusa.>> Mi disse appena superato quel omaccione.
Non dissi nulla.
Ci sedemmo ad un tavolo. 
La tensione tra me e David era molta.
Iniziai a guardarlo meglio. Non era per niente male. Anzi.
Aveva un viso molto dolce… I  suoi capelli biondi ricadevano sul viso in una maniera molto particolare tanto da renderlo  tenero.
I suoi occhi erano di un bel verde accesso,e mi stavano guardando..
Mi stavano guardando…
Mi stavano guardando…
Mi stavano guardando!!
Scossi la testa e sorrisi.

<<Scusa, non ero preparata ad uscire con un ragazzo.. Solo oggi ho scoperto l’esistenza di questo posto..>>
<<Tranquilla, sarei dovuto venire da te a chiederti di uscire, ma non sapevo come fare..>> abbassò lo sguardo imbarazzato.
<<Non fa niente. Avevo bisogno di uscire. Comunque.. ordiniamo?>>

Vidi un bel sorriso sul suo volto, e chiamammo il cameriere..

La serata fù davvero piacevole.. più di quanto avessi immaginato. David era proprio un bravo ragazzo ed era anche molto divertente.
<<Balliamo?>>
Annui.
Era da moltissimo tempo che non ballavo con qualcuno..

<<Spero di ricordarmi come si fa..  >> dissi impicciata..

Mi strinse forte a se, e sotto le note di “I belong to you” ballammo vicini l’un l’altro.

 <<Want you,
Baby I want you
And I thought that you should know
That I believe
And you’re the wind that’s underneath my wings
I belong to you…

….

You belong to me?
>>
 
Sussurrò quelle parole nel mio orecchio, stava cantando o parlava sul serio?. Mi staccai appena da lui e lo guardai negli occhi (molto seri).
Lo avevo appena conosciuto.
È vero, avevamo passato una bellissima serata, mi ero divertita, lo avevo trovato molto carino e mi aveva fatto dimenticare Edward..
Edward..
Edward..
Mi staccai da David e uscii fuori.
 
<<Lydia!>>

Mi girai. Come previsto, David mi aveva seguita…

<<Scusa, io.. Ho fatto qualcosa di male?>>
<<No, no. Va tutto bene.>>
<<Lydia, io..  E da molto che ti guardo..>>

Sgranai gli occhi. Cosa stava dicendo?

<<E da quel giorno, quando hai litigato in mensa, che non faccio che pensare a te.. Il tuo viso, la tua voce. È dall’ora che cerco di parlarti.. Ma non sono mai riuscito a trovare un modo. Quando Arisa mi ha detto che ci avrebbe fatto incontrare ero così felice.. So che non mi conosci.. Ma io.. Io davvero. Vorrei conoscerti!!>>

I suoi occhi mi guardavano.. Non sapevo cosa dire. Infondo era un bel ragazzo.. E io mi ero trovata molto bene..
Chissà..
forse sarebbe potuto nascere…qualcosa..?
<<Va bene.>>


Il suo volto si rallegrò. Mi prese per mano e mi attirò a se dandomi un leggero bacio sulla guancia..
<<Ti riaccompagno in camera.>>
Annuii.
 
 
<<Domani, ti va di mangiare insieme dopo le lezioni?>> chiese impacciato.
<<Si.>>
Con ciò gli sorrisi ed entrai in camera. Mi appoggia alla porta e tirai un sospiro di sollievo. Quello che stavo facendo era giusto?
Scacciai quelle domande, e con la canzone che risuonava nella mia testa, mi addormentai tranquilla.  



Fine del 4 capitolo^^ Scusate se l'ho prolungato un po'. Questo capitolo, ho cercato di renderlo meno noioso possibile visto che serviva per introddurre un nuovo personaggio, ma non so se sono riuscita nel mio intento.. Non ho saputo farlo diversamente, ma dal prossimo prometto di spiegare bene, perchè la scelta di inserire David al interno della storia:)
Al prossimo capitolo :) Spero di sapere cose ne pensate ^^ Grazie a tutti coloro che mi seguono ^^
Un bacio Aly <3

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Capitolo 5
*** Le otto e mezza. ***


<<Amore, vuoi venire da me anche questa sera?>> David diventava ogni giorno più malizioso. Io e lui non eravamo una vera e propria coppia, ma da un po’ di tempo avevamo iniziato ad avere degli atteggiamenti più intimi.La nostra “relazione” mi aveva aiutato moltissimo, ed ero contenta che due mesi fa avessi accettato di conoscerlo.
 
<<Hai già chiesto il permesso?>> chiesi abbracciandomi a lui..
<<La scuola è d’accordo.>> Sorrise beffardo. <<Se vuoi questa notte sarai mia ospite..>>

Mi diede un leggero bacio, che io però decisi di approfondire.
Baciarlo mi piaceva, mi faceva dimenticare del luogo in cui ci trovavamo, del fatto che avevamo bisogno di permessi per vederci oltre il coprifuoco, del fatto che i ragazzi a volte venissero quasi uccisi dalle torture,
dal fatto che la preside si portasse a letto il mio compagno di stanza..
Un suo semplice bacio, mi faceva scordare tutto quanto.

<<Allora a sta sera.>> Dissi staccandomi dalle sue labbra.
Mi voltai e raggiunsi Arisa, che aveva appena salutato il suo Mirko.



Ormai le mie giornate erano una Routine.
 Ci si alzava la mattina, si andava a lezione, a pranzo, ai lavori delle tre, e poi si passava il pomeriggio con gli amici.
Ogni giorno era sempre la stessa cosa. Qualche volta però, spuntava una novità, come un ragazzo scomparso, o qualcuno picchiato a sangue e lasciato quasi privo di vita. 

______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

 
<<Ly, che facciamo sta sera?>> mi chiese David baciandomi il collo.
<<Tu cosa proponi?>> chiesi con voce sensuale..

David mi sorrise.
Sapevo che per la sua testa di cose da fare c’erano. Mi prese in braccio e mi posò delicatamente sul letto.

<<Questa sera sei pronta..?>> domandò speranzoso..
<<David, mi dispiace ma…>>
<<Shh!>> Mi azzittì dolcemente.. <<Tranquilla, ti capisco se non sei pronta. Non ti obbligo a fare niente. Abbiamo ancora tempo..>> disse riprendendomi a baciare e a sfiorare il mio corpo.  

Mi sentivo fortunata. Avevo trovato un ragazzo che capiva la mia paura per il sesso, e questo mi faceva sentire sollevata. A lui non dovevo dare spiegazioni. Se non ero pronta lo capiva e aspettava.
Purtroppo però, avrebbe dovuto aspettare per tutta la vita.
Sapevo perfettamente che la mia prima volta, non sarebbe mai stata con David.
Io non lo amavo.


Alla fine passammo la serata a baciarci, a coccolarci e a stare vicini. Ci piaceva dormire insieme.
Passare la notte nello stesso letto, avvinghiati l’un l’altro, ci rendeva felici…

______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

 
Mi svegliai tra le sue braccia, e piano mi stiracchiai. Guardai verso l’orologio erano le otto e mezza.
Le otto e mezza...
Le otto e mezza...
Le otto e mezza...


Sgranai gl’occhi. Com’era possibile??

<<David! David!!!!>> Lo vidi guardarmi perplesso..

<<Che c’è? Dormi.>> grugnò

<<David cazzo! Sono le otto e mezza!>>

Si alzò immediatamente dal letto e in quel momento lessi la paura sul suo volto.

<<Com’è possibile! Ho messo la sveglia ieri! Oh cazzo!.. Oh no!>>

Iniziai a tremare. Ero in ritardo. Sarei stata punita. Io.. Io..

<<Ly, vestiti!Muoviti! Corri in classe! Scusati il più possibile! Non…Non ti puniranno.>>

Seguii il suo consiglio. Mi vestii in fretta e in furia, e di corsa uscii dalla sua stanza.
Com’era potuto succedere?!.
Io non volevo essere frustata. Non volevo essere portata in quella stanza.
Speravo che l’insegnante fosse clemente, che mi capisse. Era il mio primo ritardo. Sapevo che non sarebbe più successo. I
niziai a pregare.
Non so come, ma in soli due minuti arrivai davanti alla classe e  con il fiatone  bussai alla porta.

<<Avanti.>> La professoressa d’Italiano si girò verso la porta.
<<Buon…Buon..Buongiorno.>> dissi tremolante

Dalla classe si alzò un mormorio, e sul volto di Arisa vedevo già spuntare le lacrime.

<<Signorina, come mai questo ritardo?>> Chiese assolutamente neutrale.
<<La sveglia non è suonata.. Mi mi dispiace. Io.. Non accadrà più glielo prometto. La.. la prego.. Io…davvero..>> Le parole mi morivano in gola e i brividi mi percorrevano la schiena.
<<Mi dispiace.>> disse sorridendo.

Dietro di me, comparve un energumeno.

<<Professoressa, la prego. Farò tutto quello che vuole…Proff..>> Inutile. Si era già girata.
L’omone mi prese per un braccio e mi portò fuori dalla stanza.

 Guardai nella classe vicina.
David era seduto al suo banco.
A quanto pare lui era stato più fortunato.

<<Per favore no. Mi lasci. La prego>> Piagnucolavo disperata. Ma niente. Quel uomo continuava a trascinarmi dietro di se.
Le lacrime ormai m’inondavano il  viso. Non volevo sapere cosa mi sarebbe accaduto.

<<Ora stia zitta. E continui a camminare.>>

Cercai altre volte di convincere quel omaccione, ma nulla.
Le mie parole gl’erano indifferenti.

Arrivammo davanti la porta in pochissimo tempo. Come al solito era chiusa da un enorme catenaccio.

L’uomo rallentò la presa per cercare la chiave, così senza pensarci diedi uno strappo e iniziai a correre.

Non sarei stata punita. Non volevo.

Tutto ciò non era umano.

Io ero sempre arrivata in orario..

Per una volta..

una sola volta..

Andai a sbattere contro qualcuno. Cercai di liberarmi, ma le sue mani mi avevano già presa.

Non volevo.

Non volevo.

Continuavo a ribellarmi, ma tutto sembrava inutile..


<<Lydia!Lydia!!>>

Aprii gl’occhi. Non potevo crederci. Davanti a me c’era… Edward.
Mi strinsi forte a lui..

<<E..Edward! Ti prego, non allontanarmi. Non.. Non voglio entrare in quella stanza.! Ti prego!>>
<<Calmati! Cos’è successo?!? Perché non sei in classe??.. Non dirmi che..>>
<<Io.. Non so come sia potuto succedere.. Ero in camera di David.. e..e…>>
<<David?>>

Lo guardai. Lui non era a conoscenza dell’esistenza di David. Non sapevo cosa dirgli...

<<L’avete trovata?>> La voce del omone proveniva dal fondo del corridoio. Mi stavano cercando.

<<Ly! Sei una stupida. Io. Io non posso proteggerti da questo.!>> mi urlò contro.

Rimanemmo in silenzio.. Cosa mi sarebbe successo.?

<<Vai.>>
<<Dove?>>
<<Vai da loro. Devi.. accettare la punizione. Se scappi, tutto sarà peggiore.>>

Non potevo crederci.  

<<Edward, no ti prego..>>

Mi prese il volto tra le sue mani..
Era come quella volta nella nostra stanza, quando tutto intorno a noi si era fatto bollente.
Lo guardavo.
Speravo che stesse scherzando.
Che anche questa volta mi avrebbe aiutato.

<<Mi dispiace, ma più il tempo passa, e più la sanzione sarà alta.>> Mi prese per il braccio e mi trascinò verso quella stanza..
<<NO! NO! NON VOGLIO!>>

Troppo tardi.

Ormai ero già davanti a quella porta, questa volta APERTA.

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Capitolo 6
*** Mi aiuta a dimenticarti. Buffo vero? ***


<<No!No! Edward!!Edward!! Non lasciarmi qui!!>>
Allungai la mano per cercare di afferrarlo, ma la porta si chiuse.  

Ormai ero dentro.
Era una stanza lugubre e buia, con tanti strani oggetti appesi alle pareti.
L’aria era umida e impregnata da un odore che mi faceva venire la nausea..
Il pavimento era pura roccia,non marmo, ma pura, umida, scivolosa, roccia.     

<<Bene bene, cos’abbiamo qui?>>

Mi voltai di scatto.. Un uomo sulla quarantina stava affilando un lungo coltello. Iniziò a guardarmi con occhi maligni.. <<Sei nuova vero? È il tuo primo ritardo?>> chiese quasi per prendermi in giro..

<<Sss..ii..>>
<<Capisco.. bhè, si spogli per favore.>>  disse voltandosi per prendere un marchingegno..
<<Co..co..come?>>  balbettai..

Lo sentii sbuffare e mormorare qualcosa..
Non riuscii a capire cos’avesse detto.. ma subito dopo sentii dei passi dietro di me..

Poco dopo un lancinante dolore alla testa, mi fece perdere i sensi.
Caddi per terra, e il rumore del mio corpo si propagò in tutta la stanza.

______________________________________________________________________________________________________________________________________________________


Mi svegliai dopo non so quanto tempo.
Il mio corpo sembrava essere congelato.
Non sentivo più le dita dei piedi e del sangue colava lungo tutto il mio braccio sinistro.
Anche in faccia avevo del sangue..

Iniziai ad aprire piano gli occhi, provai a muovermi, ma le mie mani erano legate a delle catene.
Non toccanvo nemmeno per terra. Ero appesa come un sacco da boxer.

Piano iniziai a realizzare dove mi trovavo.
Davanti a me, con una sigaretta tra le labbra, c’era un uomo.
Appena si avvicinò lo riconobbi subito.

<<Finalmente ti sei svegliata!>> Disse incurante davanti alle mie ferite. <<Sei davvero debole. Ci sono andato leggero.. eppure ci hai messo così tanto a riprenderti.. Pensa che avevo iniziato a sospettare che eri morta.>> Scoppiò a ridere..

Mi slacciò dalle catene facendomi cadere senza nessuna delicatezza sul pavimento bagnato. La mia testa continuava a girare, e ogni tanto la mia vista si annebbiava.

<<Tra poco potrai andare..>>

Non risposi.
Infondo cosa avrei potuto dire?

<<Hai capito?!?>> disse esaltandosi.

Annuii debolmente.

Mi si avvicinò di soppiatto e mi afferrò per i capelli.
Sentii un terribile dolore, che mi fece urlare.

<<Sai che è maleducazione non rispondere?!?>> disse urlandomi in faccia.
Ero troppo debole per dire qualcosa e ciò  lo fece arrabbiare maggiormente.
Strinse la presa e con fare naturale spense la  sigaretta sul mio corpo.
Urlai dal dolore.

Le lacrime non cadevano. Ormai le avevo consumate tutte.

<Bene. Può andare. Domani è esonerata dalle lezioni. Ovviamente questo suo permesso varrà solo per un giorno. Se dopodomani non sarà puntuale.. Bhè sarà un piacere riaverla qui. >> disse ridendo con amarezza.

Mi spinse verso la porta, finalmente aperta.

Piano mi alzai. Le gambe mi tremavano. Come avrei fatto a raggiungere la mia stanza?
Sentivo il sangue gocciolare  lungo il mio corpo nudo.
Avevo freddo.
Avevo sete.
Mi sentivo terribilmente stanca.

Girato l angolo non ressi l’ondata di vento e caddi per terra. Cercai di rialzarmi, ma ormai il mio fisico non mi rispondeva più. Faceva freddo.. Tanto freddo.. Che stessi per morire?
Chiusi gli occhi.
Nella mia mente tutto divenne bianco, ma poco a poco la luce si affievolì diventando tutto spaventosamente nero.

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<<Lydia tesoro.>>

Riaprii lentamente gli occhi.. Non ero morta?

Vicino al mio letto David mi stringeva la mano, e Arisa piangeva sulle mie gambe.

<<Come..come sono arrivat…>> le parole mi morivano in bocca.
<<È stato grazie ad Edward. Ti ha portato lui qui..>> disse Arisa girandosi verso la porta..

Sul letto, completamente al buio, c’era Edward. Il suo sguardo però, era lontano.

<<Amore mio, quanto mi dispiace..>> Le labbra di David si posarono sulle mie.. Fu un bacio leggero, ma non gli diedi importanza.
I miei occhi guardavano Edward.
Il suo volto era cupo.
Speravo in una sua reazione di gelosia, ma rimase immobile.
Non disse nulla.

<<Noi ora dobbiamo andare ai lavori delle tre.. Ci vediamo dopo cucciola, promesso.>> Arisa mi baciò la fronte e trascinandosi dietro David uscirono dalla stanza.

Cercai di alzarmi piano, avevo bisogno di un po’ d’acqua..
Mentre mossi la coperta per scendere dal letto, Edward si alzò di scatto e mi venne vicino.

<<Scema, non devi sforzarti. Se hai bisogno di qualcosa ci sono qua io.>>
<<Un po’ d’acqua…>>

La prese subito, e piano me la porse.
Feci un grosso sospiro.

<<Come mai non vai ai lavori delle tre?>> chiesi per smozzare quel silenzio fastidioso..
<<Non sono obbligato ad andarci.. E sinceramente li odio..>>
<<E perché tu puoi non andarci?>>
<<Non c’è una vera motivazione...>>

Risi. Ma nel farlo provai una forte sofferenza al petto..

<<Non dire stupidaggini..>>
<<Cosa intendi?..>>
<<Lo.. lo so bene, che ti scopi la preside.>> Mi girai a guardarlo.. Come sempre i suoi occhi erano sfuggenti..

<<Tu non sai niente.>> Disse in fine alzandosi dal pavimento e sdraiandosi sul suo letto. <<Se hai bisogno di qualcosa mi chiami.>>


Non risposi. Guardai attraverso le sbarre della finestra. Era una giornata molto nuvolosa, tra poco sarebbe sicuramente iniziato a piovere.
 
______________________________________________________________________________________________________________________________________________________


Mi svegliai poco dopo.
Erano appena le quattro e mezza.
Il dolore non mi permettava di riposare più a lungo.
Guardai nel letto di Edward ma non c’era nessuno.
Cercai di alzarmi, ma qualcosa ai piedi me lo impediva.
Alzai leggermente la testa.
Lì, alla fine del mio letto, Edward dormiva come un bambino.
Sorrisi debolmente. Il suo volto mentre riposava era così bello.

Senza volerlo iniziai a tossire, così lo svegliai.

<<Stai bene??>> mi venne affianco preoccupato..
<<Si.>>

La mia risposta era schietta.

<<Mi dispiace.. Non volevo portarti in quella stanza. Ma era la cosa giusta da fare..>>
<<È giusto quello che fanno lì dentro?>>
<<Non ho detto questo. E solo che..>> fece una pausa.. <<Dove saresti scappata? Qui è tutto chiuso. Prima o poi ti avrebbero trovata.. E fidati.. La punizione sarebbe stata delle peggiori..>>

Infondo aveva ragione.. Non sarei potuta scappare..

<<Va bene>>
<<Ly.>> Mi si avvicinò << Ero così preoccupato.. Quando ti ho visto lì per terra..>> scosse la testa..
Lo accarezzai… <<Tranquillo.. inizio a stare meglio..>> mentii.

<<Lydia, posso farti una domanda?>>
<<Poi… io potrò fartene una?>>
<<Se risponderai sinceramente si.>>
<<Allora chiedimi quello che vuoi.>>

Lo vidi distogliere lo sguardo; poi sottovoce chiese..

<<Tu ami veramente David?>>

Quella domanda mi spiazzò. Era assurdo. Era questo che voleva chiedermi??

I suoi occhi si riposarono su di me.. Era teso.

<<No.>> era tutto quello che ero riuscita a dire.
<<Allora perché ci stai assieme?>>
<<Perché mi fa dimenticare tutto ciò che detesto ricordare… Buffo vero?>>
<<E cos’è che vuoi dimenticare?>>

Sorrisi.

<< Bhè, il luogo in cui mi trovo per esempio. La scomparsa dei miei genitori.. Queste brutte ferite.. E poi…>> mi bloccai.
Non potevo dirgli che David mi aiutava a dimenticare lui.
<<Non avevi detto una domanda?>>
<<Scusa.. Ma concludi ti..ti..prego.>>

Lo guardai.. Era così serio.

<<Mi..Mi aiuta a dimenticare..te.>> conclusa la frase mi sentii terribilmente imbarazzata.
<<Allora, fai bene a starci insieme.>> disse freddo.

Mentre si stava per alzare lo afferrai con la poca forza che avevo in corpo..

<<Come?>>
<<Lydia, fai bene a non pensare a me. Io ti causerei solo guai.>>
<<Che tipo di guai..?>>
<< E questa la tua domanda?>>

No. Non era questa la mia domanda.

<<No.>>
<<Allora, chiedimi quello che vuoi veramente sapere.>>

Deglutì.

<<Perché vai a letto con la preside?>>
<<Come fai a dire che ci vado a letto?>>
<<Non puoi rispondere a una domanda con un'altra domanda.>> sbuffai in maniera infantile..

Sul suo volto comparve per un istante un leggero sorriso…

<<Sono obbligato.>>
<<Cioè?>>
<<Non avevi detto una domanda?>>
<<Non lo avevi detto anche tu?>>
Lo vidi annuire, e sentendosi ormai alle strette riprese a parlare...
<<Se non faccio quello che vuole ci vanno di mezzo persone innocenti. Mi ha preso per un giocattolo. Soddisfa le sue voglie usando me. Io provo solo ribrezzo per quella donna…>>
Gli presi la mano.
<<Non puoi fare nulla per ribellarti?>>
<<Cosa potrei fare? Lei qui è come una regina. E non voglio.. che tu ci vada di mezzo.>>
<<Io?>>

Lo vidi annuire.

<<Perché dovrei andarci di mezzo io?>>
<<Perché... perché, lei si è accorta subito di quanto io fossi interessato a te..>>

Poi senza più aggiungere altro, la nostra vicinanza diventò nulla.

Le nostre labbra si incontrarono in un bacio travolgente.
La passione iniziò a impossesarsi di noi.
Il mio corpo, ignorò le mie ferite, e diete tutto se stesso per cercare di far continuare per sempre quel bellissimo bacio.
Quando le nostre lingue si scontrarono, sentii un brivido di piacere percorrermi.
Mi strinsi forte a lui, per nulla al mondo gli avrei permesso di andarsene.

<<L…Lydia?>>

Mi staccai di colpo. Sulla soglia, tra stupore e amarezza c’era David. 

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Capitolo 7
*** Amami come solo tu potresti fare. ***


<< David… >>

Mi ignorò completamente..
Andò dritto per la sua strada come se fossi invisibile.

Da quando io e Edward ci eravamo baciati, lui non mi guardava nemmeno più.
Capivo il suo rancore nei miei confronti, ma avrei voluto avere almeno la possibilità per spiegargli..
Cercare di mantenere almeno un buon rapporto di amicizia..
Chiedevo troppo?

Anche Arisa aveva cercato di aiutarmi.. Ma niente.
David non l’ascoltava minimamente.
Ogni volta che cercava di parlargli di me, lui o se ne andava o cambiava subito argomento.
Ormai iniziavo a rinunciarci.
A dire il vero iniziavo a rinunciare a tutto.
Edward da quel giorno  era di nuovo scomparso.
Vaporizzato.


Eravamo tornati al punto di partenza.
Non si presentava in camera, non parlavamo, nemmeno uno sguardo.
Molte volte, quando non si faceva vedere per due, tre giorni, i pensieri più assurdi mi comparivano in testa.
Ultimamente molti ragazzi scomparivano, e la mia paura era sempre la stessa.
Se Edward fosse scomparso?
Ogni volta mi ripetevo di essere una stupida e di lasciar perdere questi pensieri..però..

 
 
<<Dai cucciola, lascia perdere l’idea di chiarirti con David.. Infondo.. ti sei baciata Edward.>> odiavo la sua schiettezza..
<<Si, ma..>> sbuffai.. Come potevo ignorare i suoi sguardi sofferenti? Infondo gli volevo bene.
<<Io devo tornare in stanza.. Tu tirati su di morale.. Domani ti voglio vedere felice ok?>> Arisa mi diede un tenero bacio sulla guancia, e piano si allontanò.

 Non sapevo cosa fare.. ora che David non era il mio fidanzato le mie giornate erano così monotone. Con molta noia andai verso la mia stanza.
______________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Entrai in camera..
La lampada era accesa..
Mi girai piano..
Nel letto Edward dormiva.
Sorrisi.
Non gli era successo nulla.. E ne ero contenta…  
Mi piegai piano e con delicatezza scostai i capelli dal suo viso..
Il suo petto saliva e scendeva in maniera regolare, e le sue labbra..

Le sue labbra.. Erano così carnose.. Solo a guardarle mi veniva voglia di baciarlo..

Mi avvicinai piano, e con morbidezza posai la mia bocca sulla sua. Le sue labbra si socchiusero e una mano mi strinse la testa..
Di scattò apri gli occhi,(li avevo chiusi?).
Edward, in tutta la sua meravigliosa presenza mi stava guardando, baciando, stringendo..
Ricambiai il suo bacio e mi avvinghiai a lui.
Io lo desideravo.
Lo volevo avere, lo volevo in tutto e per tutto.
Iniziai a toccarlo, a passargli la mano tra i suoi capelli, sotto la sua maglia.
Non mi ero mai sentita così.
Possibile che un bacio poteva causarmi tutte quelle emozioni?

Mi staccai un secondo da lui, solo per poterlo guardare meglio.. Ma quello fu un terribile errore.

<<Lydia, allontanati!>>mi spinse via. Lontano da lui. Dalle sue labbra. 

Era tornato se stesso.
Il ragazzo insicuro, che si nascondeva dietro a parole fredde.
Feci come aveva chiesto.

<<Ora te ne andrai..?>>
Non mi guardò neanche.
Prese la giacca e si diresse verso la porta.

Solita storia. Appena mostrava una debolezza, appena ci baciavamo, appena riuscivo ad avere un piccolo spazio nel suo cuore, nella sua mente.. Lui si girava e fuggiva.
Usciva da quella porta e tornava dopo svariati giorni.

Distolsi lo sguardo. Vederlo uscire per me era sempre una grande sofferenza.
Sentii la porta chiudersi.
Non potei fare a meno di iniziare a piangere. Le lacrime scendevano anche se cercavo di trattenerle.
Non capivo perché provassi così tanto affetto verso di lui.
Una sua parola fredda bastava per distruggere la mia felicità.

<<No.>>

Mi voltai di scatto. Edward era ancora li. In piedi, con quei suoi due occhi celesti.
Nella poca luce della lampada il suo volto riusciva a risplendere.
Cercai di alzarmi ma le gambe non mi reggevano.
Lo vidi avvicinarsi piano.
Si avvicinò al mio viso posando una mano sulla mia guancia. Un leggero brivido mi colse, attraversandomi in pieno.
Il bacio si fece più profondo e la mia voglia di volerlo avere aumentò. Mi avvinghiai a lui circondandogli il collo con le braccia.
Le sue mani mi stringevano forte e scendevano lungo i fianchi.
Nonostante tutto lo sentivo titubante..
Non era deciso di quello che stava per succedere…
Cioè.. stava per succedere qualcosa vero? Non sarebbe andato via.. Lasciandomi lì.. Vero?
Decisi di rompere quel bacio per compiere un passo in avanti. Mi sfilai la maglia e guardandolo negli occhi gli feci capire le mie intenzioni..
Continuavo a vederlo insicuro..
Lo riavvicinai di nuovo a me e lentamente gli accarezzai il dorso..
Non ero mai stata così piena di iniziative.. Ma io lo volevo. Lo desideravo con tutta me stessa.
Notai un cambiamento. In una frazione di secondo le sue preoccupazioni scomparirono, e deciso mi strinse a se.
Con la mano sinistra giunse a sfiorare il mio seno, e in un attimo senza indugi slacciò i gancetti del reggiseno.
In quel momento mi sentii imbarazzata, ma non potevo più tirarmi indietro.
Ripresi a baciarlo con foga… ma dopo poco si fermò.
Iniziò ad osservarmi e ciò mi fece completamente andare in fiamme.

<< Sei bellissima. >>

Sorrisi, poi senza accorgermene portai una mano tra i suoi capelli per avvicinare il suo viso ancora di più al mio.
 Mi sdraiò sul letto, e iniziò a percorrere il mio corpo con le sue dita..
Sollevai il bacino per cercare di fargli capire che poteva benissimo togliermi i pantaloni
. Edward colse al volo il mio gesto e con decisione mi sfilò da dosso quel “inutile” indumento; poi senza mai distogliere lo sguardo dai miei occhi, si tolse la maglietta.
Il suo fisico, era così.. perfetto. I suoi addominali sembravano quelli di un ragazzo fotomodello..
Sicuramente faceva palestra..
In quel appartamento lussuoso della preside..
preside..
preside…


Mi bloccai al istante.
Perché proprio in quel momento doveva venirmi in mente quella donna?
Scossi la testa, non volevo rovinare quel momento.

Edward però si accorse del mio dubbio..

<< Cosa c’è? >> chiese preoccupato. Anche in lui c’era un elevata eccitazione e lo avevo capito da come mi stringeva a se..
<<Niente.>> risposi. Poi cercai di riavvicinarmi a lui.
<< Non mentirmi per favore. >>

Distolsi lo sguardo..

<<Stavo pensando.. alla preside..>>

I suoi occhi in un solo momento si spensero..
<<Ah..>>

No! No! Non doveva andare così.
Non volevo che tutto finisse così.

<<Edward, scusa. Io davvero…>>
Avevo bisogno di sentirmi amata da lui.
Afferrai il suo volto con entrambe le mani per attirarlo verso la mia bocca e con dolcezza iniziai a giocare con le sue labbra...
<<Lydia..>> Non volevo che parlasse..
Continuavo a baciarlo..
<<Ly..>>
Stai zitto ti prego.  
<< L… >>
Mi staccò leggermente. << Ascoltami.>>
Lo guardai negl’occhi. <<Dimmi.>>
<< Quella donna non è nulla. Io mentre mi bacia, mi isolo. Penso ad altro.. Penso.. quasi sempre a te..>>

Annui. Non volevo continuare, questo mi bastava.

<< Lydia, non so come farò a gestire tutto. Ma ti prometto che non ti farò soffrire. Io ti desidero. Sei diventata importante per me, e non so nemmeno come..>> si fermò con un leggero sorriso sul volto e poi riprese.. << Non voglio che tu ti penta di niente..>>
<<Non mi pentirò di nulla.>>

Sorrise. Quella risposta lo aveva sollevato. Alzò le coperte e mi posò delicatamente sotto di esse..

<<Un secondo.. Uno solo.>> Si voltò e con rapidità si sfilò i boxer.
Lo vidi indugiare un secondo davanti alla scrivania.
Ma poi con fare deciso aprii il cassetto e prese qualcosa..
Tornò verso di me, e anche lui si mise sotto le coperte.
Era completamente sopra di me.
Completamente nudo.
Il mio seno al contatto con il suo torace faceva salire in me una grande passione.
Con fare esperto mi tolse infine  il mio ultimo intimo..

<<Sei sicura?...>>

Quante altre volte avrei dovuto dirlo?

<< Si. >>

Deglutii piano e senza accorgermene il mio respiro iniziò a farsi più pesante.

<<Ly, rilassati. Io.. Farò il più piano possibile.>>
Lo guardai con approvazione.
Lentamente lo sentii entrare in me e per istinto mi irrigidì per quel strano senso di bruciore.
<<Lydia, tranquilla. Non ti farei mai del male.>>

Al suono delle sue parole cercai di rilassarmi..
Chiusi gli occhi e poi piano li riaprii per fargli capire che ero pronta.
Attese ancora qualche secondo.. E poi sempre delicatamente ricominciò ad entrare in me.
Afferrai il lenzuolo, e lo strinsi forte.
Edward iniziò ad accelerare il ritmo..
Quel senso di bruciore stava scomparendo e piano iniziavo ad abbandonarmi completamente a lui.
I nostri corpi erano finalmente uniti, e non molto dopo, tra ansimi e carezze, uscii lento dal mio corpo.
Mi diede un leggero bacio sulle labbra, e sdraiandosi affianco a me, mi strinse forte.
Le emozioni che stavo provando erano troppe per poterle descrivere.
Ero felice.
Questo si.
Ero davvero felice.

<<Ly..Io, ti amo.>>
Lo guardai, quelle parole mi riempirono di ulteriore gioia.
<<So, a cosa stai pensando...>> i suoi occhi erano sfuggenti..
<<A cosa sto pensando?>>chiesi curiosa..
<<Che sono un idiota.>>
<< Perché pensi questo?>> chiesi perplessa..
<<Perché ti ho detto che.. Ti amo. So che non puoi crederci. Ma io ogni volta che ti guardavo, o che mi sentivo sfiorato da te. Provavo così tante emozioni.. Voglio proteggerti, voglio averti al mio fianco, voglio potermi svegliare e dire: Questa è la mia ragazza. Se questo non è amore.. Allora cos’è?>>

Era la prima volta che mi apriva il suo cuore.
Finalmente tutto quello che volevo era accaduto.

Lo voltai verso di me, e gli diedi un bacio.

<<Sbagliavi.>>
<<Su cosa?>>
<<Non penso che tu sia un idiota..>>
<<E… Allora a cosa pensi?..>> chiese titubante
<<Penso che tu sia stupido. Penso che tu lo sia molto.>>

Il suo volto si scurì.

<<Sai perché lo sei?>>chiesi dolcemente..
<<No..>>
<<Perché non hai capito che, ti amo anchio.>>

I suoi occhi ripresero a brillare, e dopo un ultimo bacio, ci addormentammo stretti l’uno al altro.

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Capitolo 8
*** Solo un freddo lenzuolo. ***


<<Svegliati amore mio..>>
Aprii leggermente gli occhi.
Edward con il suo tenero viso mi guardava dolcemente..
Sorrisi debolmente.
<<Che c’è? Ma che ore sono..?>>
Lo vidi guardare la sveglia..

<<Sono appena le tre del mattino..>> disse beffardo..
<<Le…Le..Le tree????>> Non potevo crederci. Come poteva svegliarmi a quell’ora!
<<Scusami principessa, ora vestiti avanti.>>
Principessa? Ma era impazzito. Da quando mi chiamava in quel modo?
<<Ma, perché dove andiamo..?>>
Non volevo vestirmi, ero troppo stanca. Il giorno dopo sarei dovuta andare a lezione..
Se avessi ritardato di nuovo? Io non volevo più entrare in quella stanza..

<<C’è ne andiamo.>> Disse sorridendomi.
<<E dove?>>
<<Non lo so.. Andremo lontano.. Lontano da tutto questo..>>

Mi prese per mano, e mi portò fuori..

<<Edward aspetta devo ancora vestirmi..!>>
<<Ma che dici scema? L’hai già fatto!>>

Mi guardai. Indossavo un bellissimo abito celeste. Sulle spalline c’erano due bellissime rose rosse..Era davvero splendido..
Ma quando lo avevo messo..? Possibile che me ne fossi dimenticata?
Edward mi faceva un simile effetto?
Scossi la testa e ridendo per la mia incredibile sbadataggine, lo seguii..

Per i corridori non c’era nemmeno un sorvegliante e non ci mettemmo molto per arrivare nel cortile..
<<Edward se ci trovano? Noi.. Noi dovremmo stare in camera.. So..Sono così preoccupata!>> Mi fermai.
Non potevamo uscire da lì.
Perché stava rischiando così tanto?
Tutto ciò era impossibile.
Se la preside ci avesse scoperti.. Chissà cosa mi sarebbe successo.
Non c’erano vie d’uscita eppure lui cercava di andare avanti.
<<Edward mi stai ascoltando!!>>
Finalmente si fermò.. <<Come sei stressante.>>
Eh?
Non mi diede il tempo di ribattere, che le nostre labbra erano già unite in un fantastico bacio.
Baciarlo, come sempre, era un emozione indescrivibile..
Le sue mani mi cinsero la vita e mi strinsero forte a se..
Mi lasciai andare e sotto la pioggia, (pioveva?), il nostro bacio divenne profondo.

<<Ora andiamo..>>
Annui. Ormai ero sotto il suo controllo.
Avrebbe potuto chiedermi quello che voleva, la mia risposta sarebbe stata sempre positiva..

Iniziammo a correre lungo un corridoio. Era così lungo.. Non l’avevo mai visto.
Correvamo veloci.
Tutto era così buio.. speravo di vedere una luce… Ma nulla.
I nostri respiri si fecero affannati…
Le mie gambe iniziavano a cedere e io non riuscivo più a mantenere quel passo svelto..
<<Edward.. rallenta ti prego..>>
<<Ci siamo quasi..>> disse senza nemmeno guardarmi..
<<Edward per favore non c’è la faccio più…>>

Si girò di scatto, e con un grande sorriso mi prese in braccio.

<<Ma.. ma cosa fai! Mettimi giù.!>> 

Lo guardai... Sembrava così forte..
Come faceva? Non ero certo una piuma.. Eppure lui sembrava non stancarsi..

<<Eccola.>>
Mi voltai a guardare la fine del corridoio.. Non vi era più il buio, ma una luce.
Una calorosa luce bianca..
Mi sentii felice.. Ma la mia gioia scomparve velocemente.. Com’era possibile uscire dal quel luogo così facilmente?..
Eravamo costantemente sotto controllo eppure durante tutto il tragitto non avevamo incontrato nessuno ostacolo..
Deglutii.
Se fosse stata una trappola?

<<Edward fermati.>>Mi liberai dalle sue calde braccia e piano riposai le mie gambe sul suolo..
<<Cosa c’è?>>
<<Non ti sembra strano??>>
<< Che cosa? >>
<< Uscire. È severamente vietato.. Eppure noi non abbiamo incontrato nessuno…. È  tutto così semplice.. Com’è possibile? >>
Si avvicinò a me con un’espressione seducente sul volto..
<< Non ti fidi di me? >>
<< Io.. Io.. Si mi fido…Ma è tutto troppo semplice! >>
<< Stai tranquilla. È normale.. >>

Non capii la sua frase, ma ormai era troppo tardi per ribattere..
Avevamo ricominciato a correre verso la luce. La raggiungemmo in poco tempo.
Da vicino era così forte, che chiusi gl’occhi per non rimanere accecata.
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Un tepore meraviglioso mi colse alla sprovvista, così aprii gli occhi.
Non potevo crederci.
Un fantastico prato verde ci circondava…
Un vento leggero soffiava  tra i nostri capelli. Tra tutta quella luce il viso di Edward era bellissimo.
Mi si avvicinò e mi sfiorò le labbra..
<<Vieni..>>
<<Dove andiamo?>>
<<Lo capirai presto..>>

Mi prese la mano, e piano iniziammo a percorrere quel meraviglioso prato..
In lontananza vedevo un carinissimo edificio…
Era una casetta molto graziosa, chissà com’era l’interno.. Speravo fosse stata calda e accogliente…  
Immaginavo già un bellissimo camino acceso, e un cane che al vederci entrare avrebbe fatto le feste..
Speravo che fosse stata la nostra nuova casa..


 Non sentivo la stanchezza ed ero felice. Non c’erano più problemi. La preside non ci avrebbe trovato, e io ed Edward avremmo potuto vivere insieme.
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<<Entriamo>> disse dolcemente nel momento in cui arrivammo davanti a quella carinissima porta di legno..

Quando la aprii, rimasi confusa.
In quel edificio non c’era nulla di quello che avevo immaginato..

Guardai Edward, stava facendo sul serio…? Sembrava di si.
Mi prese per mano..

<<Andiamo.>> Disse sorridente..
<<E..E..Edward.. Un attimo! Tu..>>
<<Si Lydia. Sposiamoci.>>

Non riuscivo a connettere.. Voleva.. Voleva che ci sposassimo?? Ma..

<<Cosa c’è?>>
<<Ma.. non è presto?>>
<<No. Il nostro amore è forte. Io voglio che tu sia mia moglie, perché ti amo.>>
Mi diede un bacio..
<< Ti ho portata in questa chiesa per coronare il tuo sogno mia cara Lydia.. >>
Ero felice. Non pensavo che sarebbe successo tutto così in fretta.
Ma averlo davanti a me, in quel bellissimo smoking.. (quando si era cambiato?)..
Lo presi per mano, e davanti a Dio ci sposammo.

Appena ci baciammo iniziarono a suonare le campane..
Che suono strano..
Non sembravano campane..

Mi coprii le orecchie. Era un rumore così fastidioso…
Mi accasciai per terra e cercai di ricordare cosa mi ricordasse quel suono..
Poi guardando Edward capii.
Chiusi gl’occhi arrendendomi al evidenza.   
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DRIIIIIIIIIIIIIN.

Mi svegliai con il fiatone.
Scossi la testa pensando a quanto stupida ero. Mi ero sognata tutto quanto.
Tutto quello che era successo era solo frutto della mia immaginazione.
Come avevo potuto sognare persino il matrimonio?
Poi capii..
Infondo io ero innamorata.
 Sorrisi, al pensiero di quanto fosse profondo il mio amore per lui.

Spensi la sveglia ancora intenta a suonare, e dolcemente mi girai per svegliare Edward..
Quando con la mano cercai di accarezzarlo mi accorsi che non c’era.
Vicino a me non c’era nessuno.
Solo un freddo lenzuolo.
Contro ogni mia previsione, Edward era andato via.

Non potevo crederci.
La nostra prima notte d’amore.. E lui non c’era nemmeno al mio risveglio.

Sentivo già una lacrima bagnarmi il viso.. Ma poi guardando la sveglia mi accorsi del ora tarda..
Mi vestii di fretta e saltando la colazione andai in classe, sperando che tra un momento o l'altro mi svegliassi di nuovo... ma purtroppo, questa era la pura realtà.
Sapevo che non ci sarebbe stato un altro risveglio..
Dovevo semplicemente accettarlo.
Edward non c’era.

Ciao a tutti^^ So benissimo che questo capitolo non è il massimo.. Ma non so a me piaceva l'idea di inserire un sogno della protagonista.. Non so se questo capitolo possa piacere.. Boh lo spero :)
Spero di avere vostri commenti così da capire se in futuro dovrei rifare una cosa simile in un altra storia :)
Grazie a tutti quelli che mi seguono ^^ Non mi stancherò mai di ringrazziarvi ^^ 
Un bacio Aly <3

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Capitolo 9
*** Una semplice scopata. ***


<<Edward, Edward! Ti prego aspettami..>> Corsi verso di lui.
Questa era la prima volta che lo guardavo, dopo la nostra prima notte d’amore.. In effetti ero abbastanza imbarazzata… Ma, forse era normale.. no?

Gli presi la mano, e con un largo sorriso cercai di avvicinarmi a lui per dargli un bacio.
Mi alzai in punta di piedi e guardandolo nei suoi profondi occhi celesti, gli diedi un leggero segno d’amore.

<<Ma cosa fai sei stupida?>> Mi  spinse via malamente, facendomi sbattere contro il muro.

Lo guardai perplessa.. Non era di certo questa la reazione che mi aspettavo…

<<Edward.. Cosa c’è? Io… Io… Pensavo..>> balbettai maldestramente.. <<Pensavo.. che tra noi fosse cambiato qualcosa…>>
Nei suoi occhi non riuscivo a percepire nulla, ero talmente confusa.
Come poteva reagire così?

<<Per una scopata?>>

Quelle parole mi risuonarono nella testa, tante, tantissime volte..
Una.. Scopata?
Era stato solo questo per lui?
Una semplice.. Scopata?

Il mondo intorno a me era diventato paurosamente silenzioso, e nella mia mente solo  l’eco di quella frase risuonava, spezzando il mio cuore, in pezzetti sempre più piccoli…

Una scopata.

Non si scaturì nessuna reazione.
Il mio corpo era immobile, e non rispondeva più al mio volere.
Rimasi lì a guardare il pavimento, con quelle parole che non smettevano di risuonare nella mia testa..

Sentii un rumore di passi allontanarsi sempre di più; lontano.
Lontano da me.
Lontano dai miei sogni, dai miei desideri..

Mai e poi mai mi sarei aspettata una cosa simile.
La mia prima volta, il momento che avevo conservato gelosamente per così tanto tempo..
Era stato sminuito a tal punto da definirla..
Una scopata.

<<Edward!!>> Mi girai di scatto.
Non potevo permettere una cosa simile. Io.. Io ero completamente dipendente da lui.
Non potevo accettare una simile affermazione.
Corsi per raggiungerlo e mi piazzai dinanzi a lui. Lo guardai dritto negli occhi..
Quegl’incantevoli occhi che la sera prima mi avevano guardata e sedotta come nessun altro era riuscito a fare.

<<Cosa vuoi..Ancora?>> chiese freddo e distaccato..
<<Come puoi dire una cosa simile.. Per te è stato tutto così insignificante..?>>
<<Esattamente.>>

Un altro pezzo del mio cuore, si era spezzato.
Non potevo credere a una cosa simile..
Come poteva dire una cosa simile con tanta naturalezza?

<<Edward.. per favore.. non dire una cosa simile.. Io..Io.. Io..credo.. di.. amarti.>>
Scorsi qualcosa nella sua espressione..
Un leggero cambiamento.. Per un solo istante mi sembrò felice..

<<Questo è un problema tuo.>> Poi senza aggiungere altro andò a passo svelto verso una classe aperta, e senza mai voltarsi in dietro scomparve dal mio sguardo.

Scopata. Insignificante. Problema.

Quelle parole continuarono ad assillarmi fino a quando non entrai nella mia camera.
La nostra camera.
La nostra prima volta.
Il nostro prima bacio.
Il nostro primo sguardo.
Il nostro piccolo mondo.


Non riuscì a reggere, le gambe crollarono e tra le lacrime e l’immenso dolore al petto mi stesi sul pavimento.
Mi arrotolai su me stessa e nel buio che mi circondava sfogai tutta la mia tristezza.
 
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<<Tesoro, sorridi. E da più di una settimana che non mostri segni di vita.>> Arisa cercava di tirarmi su di morale, ma la mia vita ormai mi appariva inutile e futile.
<<Ari, tranquilla. Sto bene.>>
Continuavo a tenere il capo chino e a giocherellare con una foglia trovata sul tavolo dove eravamo sedute.
<<Si. Si vede. Un morto è più vivo di te.>>
Sbuffò lei.
Se questo era il modo per aiutarmi stava completamente sbagliando.

Mi si avvicinò leggiadra e mi diede un tenerissimo bacio sulla guancia, per poi stringermi tra le sue calorose braccia.
<<Lydia, so che è difficile, ma devi andare avanti. Lui, non è il ragazzo che ti aspettavi, ti ha presa solo in giro. Ha approfittato dei tuoi sentimenti per.. soddisfare le sue voglie, ma devi andare avanti.. Devi lasciarti indietro tutto questo. Devi riguardare la vita con una nuova luce. Ignorare la sua esistenza; Io sono qui con te. Ti aiuterò e ti starò sempre vicina.. Ma ti prego non piangere più. Mi fa male vederti in questo stato.. >>
 La guardai, e gli sorrisi.
La strinsi a me e poi cautamente mi alzai..

<<Torno in camera. Devo studiare geografia per domani. Grazie Ari.. Ti voglio bene.>>
Mi voltai piano, e andai verso la mia stanza.

In realtà non avrei studiato, ma odiavo essere penosa davanti alle persone.
Aprii piano la porta, e un’altra crepa si formò sul mio cuore.
Seduto sul letto, con il viso tra le mani, c’era Edward.
Deglutì piano, e cercai di tornare sui miei passi.

<<Tranquilla stavo per andare via. Puoi entrare.>> Disse guardandomi con quegl’occhi che facevano palpitare il mio cuore ad una velocità pazzesca.
Entrai in camera, e presi la borsa.
<<Come stai?>>  Domandò.
<<Dubito ti interessi.>>Cercai di concludere la conversazione con estrema freddezza.
<<E invece, mi interessa.>> Mi rispose dolcemente, posando la sua fronte sulla mia spalla.
Sentii il suo calore su di me.. Quella stessa sensazione di tepore che poco tempo fa mi aveva conquistata..

Lo spinsi via. Non volevo cascarci di nuovo.

<<Avevi detto che stavi per andare via.>> Mi voltai e feci finta di cercare un vestito nel armadio.
Non volevo sentire i suoi occhi posarsi su di me.
Non volevo aumentare il mio amore per lui.

<<Lydia, amami ancora.>>

Mi voltai a guardarlo. Cosa diavolo stava dicendo? Era scemo?

<<Mi dispiace, ma credo che una scopata ti sia bastata.>>

Ritornai a frugare tra i vestiti, con la speranza che uscisse fuori, e mi lasciasse sola con la mia penosità.

<<Lydia..>> sussurrò piano.

Sentii un movimento svelto di passi, e senza nemmeno accorgermene ero distesa sul letto, con Edward che mi baciava il collo e sfiorava il mio corpo con le sue morbide mani.

<<Cos…Cosa stai facendo!! Togliti subito!!>> Cercai di svincolarmi, ma lui era troppo forte.
Il mio respiro si faceva sempre più affannato, e l’ardore che provavo nel sentire le sue labbra su di me, mi provocarono un enorme piacere.

<<Edward, togliti!!>> Lo respinsi via, e con il poco respiro che mi era rimasto corsi verso la porta.
Proprio mentre la mia mano toccò la maniglia, Edward mi prese tra le sue braccia e mi strinse forte a se.
Cercai di liberarmi dalla sua presa. Ma non ci riuscii..
Piano, piano scivolammo a terra, senza mai staccarci l’un l’altro.

<<Edward.. Cosa.. Perchè…..?>> Il tepore di quel abbraccio, non  mi permetteva di formulare una frase con un senso logico.
C’erano tante cose che volevo dirgli..
Ma perché non ne usciva nemmeno una?

<<Lydia, io ti voglio. Qui. Subito.>> Al suono di quella richiesta, mi liberai dalla sua stretta e mi allontanai da lui.
<<Tu, mi ami.. No?>> Continuò senza mai staccare lo sguardo dal mio volto.

Amarlo? Come potevo amare qualcuno che mi aveva fatto soffrire così? Mi aveva paragonata a una qualsiasi scopata e ora aveva il coraggio di chiedermi una cosa simile?

Le lacrime mi scorrevano lungo le guancia.
Non potevo crederci.
Aveva questa considerazione di me?
Come poteva credere che dopo tutto quello che era successo, avrei accettato quella sua assurda richiesta.
Non ero una sgualdrina. Ero solo una ragazza innamorata.
Già..
Amore.

<<Amarti? Come potrei amare una persona come te? Io non provo nulla per te.>> Mentii.
Feci per alzarmi e uscire finalmente da quel luogo ormai diventato insostenibile.


<<Mi dispiace.>>

Lo guardai; nelle ombre della stanza, notai una goccia.

 Una calda, veloce, piccola lacrima caddè dal suo volto.

Istintivamente mi riavvicinai a lui,e  con la mano asciugai la sua guancia..

<<Perché stai piangendo..?>>Domandai insicura..
<<Non lo capisci?>>
<<No. A dire il vero no..>>

Mi rivolse uno sguardo intenso, e in un battere di ciglia le nostre labbra si scontrarono in un bacio intenso e pieno di emozioni.


<<Io ti amo.>>

Quelle parole risuonarono profonde nella mia testa.

<<Co..cosa?>> Perché doveva continuare a prendermi in giro.. Non avevo sofferto abbastanza?
<<Io ti amo.>>

Scossi la testa. Questo scherzo non lo trovavo per nulla divertente..

<<Smettila di prendermi in giro.>>
<<Non ti sto prendendo in giro.. Io ti amo. Ti amo davvero.>>
<<Ma come puoi dire una cosa simile!?!? Tu.. Tu hai chiaramente detto che ero solo una scopata..>>

Distolse lo sguardo.

<<Edward, mi fai schifo.>>

I suoi occhi subito rincrociarono i miei..

<<Immaginavo..>>
<<Non vuoi nemmeno darmi una spiegazione?>>
<<Non la capiresti.>>

Sbuffai. Ero nervosa, e in preda alla tensione.

<< Edward! Smettila di prendermi per il culo. Oh mi dici le cose come stanno o lasciami andare!>>
<<Lydia, io.. l’ho fatto per te.>>
<<Cosa?>>
<<Nel dirti quelle cose..>>
<<Mi hai paragonato ad una puttana per il mio bene?>>
I miei nervi stavano per cedere.
Lo vidi annuire, per poi riprendere velocemente…

<<Tu.. Tu sai delle scomparse che avvengono in questa scuola vero?>>

Annui.. ma cosa centrava?

<<La preside, è colei che decide chi.. “prendere”..  Io, Io ho paura per te. Sono come un burattino per lei, se dovesse scoprire ciò che c’è tra noi, non so cosa potrebbe farti.. Io non voglio che per colpa mia ti succedesse qualcosa di brutto..>> si fermò per guardarmi meglio..<< Dirti quelle cose per me è stato difficilissimo.. Io..Io ti amo…>>

In un secondo, il mio cuore iniziò a curarsi e a capire tutto ciò che era successo..
A capire il suo atteggiamento, le sue parole, i suoi gesti..

Mi buttai tra le sue braccia. Non volevo parlare, volevo solo sentirlo mio.
Volevo essere sua.
Lo trascinai sul letto, e ignorando le sue preoccupazioni iniziai a baciarlo con foga.
Avevo bisogno del suo sapore, del suo odore sulla mia pelle, delle sue carezze.
Mi lascia trasportare dai miei sentimenti.
Tolsi la maglia e finalmente sentii la sua mano sul mio corpo.
Quel calore che per quei giorni avevo sentito così glaciale, ora ardeva pieno di passione.

I nostri corpi si unirono e in quel momento capii quanto realmente io l’amassi.

Io e lui eravamo una sola cosa, e mai avrei permesso a qualcuno di separarci di nuovo.

 Mi strinsi forte a lui e tra i respiri affannati solo due parole uscirono dalle nostre labbra.

“Ti amo.”







Ehm, ciao a tutti^^ xD
scusate se sono sparita per un po' °-° E che davvero ultimamente non riuscivo più a concentrarmi.. ._.
Cmq^^ Grazie alle persone che mi hanno scritto^^ E che mi hanno sostenuta nonostante non mi fossi più fatta viva ._. Mi dispiace T_T 
Comunque^^ Ecco a voi il nuovo capitolo ^^ Cosa ne pensate?:) 
xD 
No cmq u.u aspettatevi presto il continuo perchè la mia mente ha ripreso a lavorare xD
Ciao a tutti:)
Aly<3

 

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Capitolo 10
*** Egoismo. ***


<<Ci vediamo domattina.>> Mi diede un bacio leggero e come da routine si avviò verso la porta. 
Ogni volta che l’attraversava un’improvvisa stretta al cuore mi colpiva. Sapevo dove andava a tarda notte quasi ogni santo giorno. 
Era sempre la stessa storia.
Sempre.
<<Si.>>

Eccola.
La porta che si chiudeva lasciandomi sola in quella stanza mezza vuota.
Tra non molto lui sarebbe stato da lei, e come sempre il mio amore, sarebbe diventato il suo giocattolo personale.

Per il primo periodo di tempo, avevamo deciso che ogni mattina mi avrebbe raccontato tutto per non avere segreti. Ma dopo due giorni cambiai immediatamente idea.
Tutto quello che succedeva nella stanza di quella depravata era troppo per le mie orecchie, e per il mio cuore...
Sapevo che tra la preside e colui che amavo più della mia stessa vita, non vi era nessun sentimento, ma solo pura sottomissione, e insignificante sesso..
Insignificante sesso…
 Insignificante sesso…
 Insignificante sesso…


Strinsi i pugni.
Nel fare quei pensieri una rabbia immaginabile mi percorreva tutto il corpo. Non potevo accettare una cosa simile.
Il sesso era pur sempre sesso. E il saperlo tra le braccia di quella vipera mi faceva sentire male.

Quel luogo era insostenibile, e l’unico mio desiderio era quello di lasciarlo al più presto.


Mi addormentai nelle lenzuola con il solito pensiero fisso.
Edward stava facendo sesso con un'altra donna.

_________________________________________________________________________________________________________________________
<<Hai fatto ritardo.. Bene bene, credo che tu debba andare nella stanza.>>
Un nuovo ragazzo, si era presentato in ritardo proprio il suo primo giorno di scuola, e la professoressa di cattivo umore non ci aveva pensato due volte per mandarlo nella camera infondo al corridoio.
Quella stanza tutt’ora mi metteva i brividi. Non avrei mai più  fatto tardi e non sarei mai tornata  in quella stanza.. era troppo per me..

Mi dispiacei molto per il nuovo arrivato.. Sicuramente non aveva avuto il tempo per informarsi sulle regole.. Eppure la professoressa non ci aveva pensato due volte per mandarlo in quel inferno.
Sarebbe stato solo ad affrontare tutto quel dolore...

 Le ore di lezione ormai scorrevano veloci e non impiegarono molto a terminare.
Arisa come al solito durante il tragitto per andare in mensa mi parlava delle sue nuove conquiste e di quanto ritenesse carino questo e quell’altro.
Quei discorsi mi riportavano alla mente tutti i ricordi di quando avevo una vita normale.. Prima che i miei genitori morissero in un incidente aereo.
Già.
Mamma e papà.
Erano partiti per un viaggio di lavoro e mi promisero di tornare presto.. Eppure non tornarono più.
Il mio unico familiare non volle un’intrusa nella sua famiglia e così mi ritrovai tra queste quattro mura.

Sospirai.

<<Poverino lo hanno ridotto proprio male..>> disse Arisa con un tono di voce basso.
Non capendo a cosa si riferisse guardai nella direzione che puntavano i suoi occhi.
Zoppicante e ricoperto di sangue, il nuovo arrivato cercava, forse, di raggiungere la sua stanza.
Un brivido di freddo mi percorse la schiena nel vedere quanto sangue stesse perdendo.
Tutti i passanti si accorsero di lui, ma nessuno era intenzionato a fermarsi per aiutarlo. Provai molta rabbia. Come potevano ignorare una persona ferita in quel modo?
Con passo svelto, ignorando il richiamo di Arisa, mi avvicinai a lui e piano lo aiutai a camminare.
Gli occhi erano completamente puntati su di noi. Ma non me ne interessai.
Tutto ciò era ingiusto, ed ero sempre più dell’idea che lasciare quel posto sarebbe dovuta divenire la mia priorità.

<<Piano. Piano. In che stanza sei?>> gli chiesi cautamente..
<<Cent..cento..>> si fermò affannosamente.. <<s..se..sette >> Annui.
 Conoscendo la strada iniziai a camminare con più decisione. Salimmo piano le scale del primo piano.
Sentivo che a ogni gradino il dolore che provava aumentava.
<<So che è doloroso, lo so bene..>>
Mi guardò. E capii subito che anche io avevo passato tutto quel inferno, anche se a differenza sua, io ero svenuta..
<<Fatti forza.>>
 Piano piano riuscimmo a raggiungere il terzo piano.
La sua stanza era poco più avanti dalla mia.

Nel preciso istante che passai la porta della mia camera, essa si aprii.
Sulla soglia vi era Edward.

<<Che cos’è successo?>> Chiese guardando il ragazzo appoggiato a me.
<<Oggi ha fatto ritardo.>> Mi limitai a rispondere.
<<E perché ora è aggrappato a te?>>

Non capii bene la sua domanda.. Era gelosia o cosa?

<<Ma come perché? Non avrebbe mai potuto raggiungere la sua stanza in queste condizioni. È appena arrivato, eppure guarda come l’hanno ridotto.>> Sbuffai. <<Ora scusami ma deve sdraiarsi.>>
Ignorando i suoi occhi fissi su di me raggiunsi la stanza numero 107 e piano la aprii.

<<Siamo arrivati.>> Guardai il ragazzo appoggiato a me, ma non ebbi una risposta
.Non aveva resistito al dolore, e anch’esso era svenuto.
Con delicatezza lo sdraiai sul letto, e senza svegliarlo iniziai a spogliarlo, così da poter medicare le sue ferite.
Mi guardai in torno come previsto era appena arrivato. I suoi bagagli erano ancora impacchettati nelle scatole, e le finestre erano ancora chiuse.
Aprii uno scatolone, e per pura fortuna trovai un pigiama. Mi accasciai vicino al suo corpo, e dopo averlo bendato e curato lo vestii.
Il suo viso trasmetteva molto calore e i suoi capelli di un colore molto simile al mio risplendevano.

Guardai l’ora. Erano quasi le tre. Dovevo sbrigarmi. Tra poco avrebbero assegnato i turni delle pulizie,e non potevo ritardare.
Scrissi un biglietto veloce e glielo lasciai sopra il comodino.
Torno verso le 5, non ti alzare e non ti affaticare. Ti porterò qualcosa da mangiare.
Uscii dalla stanza e di corsa andai al ritrovo per l’assegnazione dei lavori. Riuscii ad arrivare giusto in tempo,e tra gl’occhi severi di Arisa presi il materiale per lavare le finestre del  dormitorio.

<<Cosa ti è saltato in mente prima?>> mi domandò severa la mia amica.
<<Di cosa stai parlando?>>
<on lo conosci nemmeno quel ragazzo. Come ti è venuta la brillante idea di aiutarlo?
>>
<<Avrei fatto meglio a lasciarlo sanguinante per i corridori?>>
<<Sto solo dicendo che non sono problemi tuoi. E che dovresti cercare di pensare prima a te stessa.>>
<<Io penso a me stessa, ma quel ragazzo avrebbe preso sicuramente delle infezioni, o avrebbe perso chissà quanto sangue. Poteva addirittura morire. Se tu non capisci questo basilare concetto, credo che dovresti starmi lontana.>> Non potevo accettare che una mia amica fosse così egoista, da non capire quanto quel ragazzo fosse in condizioni gravi.
<<Ok.>> La sua risposta fu secca e senza nemmeno guardarmi se ne andò. Per la prima volta io e Arisa avevamo litigato.
Scossi la testa.
Perché nessuno riusciva a capire il mio gesto. Anche Edward mi era sembrato contrario.
Eppure io avevo solo aiutato una persona.

<<Signorina Fujioka?>>
Mi voltai. Di fronte a me, vi era la preside.
<<Si.?>>
<<Venga con me.>>
Lasciai il secchio d’acqua e la seguii senza dire una parola.
Cosa voleva da me? Che avesse scoperto tutto quello che c’era tra me ed Edward? Perché mi stava portando nel suo ufficio?

L’assistente chiuse la porta e in quella stanza rimanemmo solo io e quella vipera.

<<Mi dica signorina Fujioka come si sta trovando qui da noi?>>
<<Tutto bene grazie.>> *Tutto uno schifo.
 <<Mmm.. sono contenta. >> disse senza nemmeno sforzarsi di essere credibile.

La camera era molto lussuosa e tutto sembrava altamente costoso. Chissà quanti soldi si faceva alle nostre spalle.

<<Sai perché ti ho chiamata qui?>> Il suo tono divenne glaciale.
<<Sinceramente no.>>
<<Ho saputo, da fonti certe, che hai aiutato un nuovo arrivato.. E vero?>>
Era di questo che voleva parlarmi?
<<Si.>>
<<Perché ha aiutato una persona che era stata punita?>>
<<Perché ritengo che era esagerato, e inumano lasciarlo sanguinante nel corridoio davanti a tutti.>>
<<Quella era una dimostrazione per tutti. Nessuno deve ritardare. La puntualità deve essere alla base di ogni cosa. E lei, Fujioka è intervenuta senza permesso.>>
<<Io ho semplicemente aiutato una persona in difficoltà.>>
<<Lei ha interferito e basta.>> Mi rivolse un occhiataccia per farmi capire di non aggiungere altro. Ignorai completamente quel suo avvertimento.
<<Io ho aiutato e basta.>> Risposi mantenendo lo sguardo fisso su di lei.

Una risata amara uscii dalla sua bocca.

<<Edward.>>
Una porta si aprii e sulla soglia c’era lui.
Lo vidi quasi sussultare nel vedermi nel ufficio della preside.
Era così bello, e il suo profumo quasi mi raggiungeva.

<<Puniscila.>> Mi voltai di scatto. Cos’aveva detto? Non poteva fare sul serio..
<<Signora non capisco cosa intende..>> Il suo tono era completamente sottomesso.
<<Questa ragazza ha osato rispondermi maleducatamente. Merita una punizione.>>
Dicendo ciò si voltò, e come nei film estrasse dal cassetto della sua scrivania un frustino.
Sgranai gl’occhi alla vista di quel marchingegno.
Stava scherzando vero?
Vidi il frustino essere lanciato verso Edward, che agilmente lo prese. Cosa stava succedendo?
<<Signora preside, io.. Io non me la sento. Lei, è mia amica..>>
Mia amica.
Mia amica.
Mia amica.

Sorrisi.
Tutti quei segreti e quel rispetto che mostrava per quella donna mi davano il voltastomaco.

<<Edward, ti stai rifiutando?>> La sua voce si fece più dura e autoritaria di prima.
<<Si signora.>> Buttò il frustino per terra e abbassò lo sguardo.
La preside si diresse verso di lui e senza nemmeno pensarci due volte raccolse quel aggeggio e lo colpì violentemente.
Mi misi subito tra quella vipera e il mio amato, e senza accorgermene la frusta mi colpì in pieno viso. Un bruciore immenso comparve lungo tutto il mio volto, ma non mi sarei mai sottomessa.
Rimasi in piedi e con occhi di sfida continuai a guardarla. Senti una mano prendermi per il polso, mi voltai.
Edward inginocchiato per terra cercò di abbassarmi.
Mi svincolai.
Quella strega non avrebbe mai avuto la meglio su di me.
Rimasi a guardarla.
<<Bene, bene. Stai cercando di fare la forte? Potrei mandarti in quella stanza e non farti uscire mai più lo sai?>> Mi chiese come se mi stesse sfidando.
Al suono di quella frase un brivido mi percorse. Quella stanza era la mia più grande paura.
<<Hahahaha. A quanto pare ho trovato il tuo punto debole.. >> Detto ciò prese un cercapersone e schiacciò dei pulsanti.
Poco dopo la porta si aprii, e sulla soglia comparve l’omone che un po’ di tempo fa mi portò nella camera infondo al corridoio.
Nel solo vederlo gl’occhi iniziarono a bruciare. Stavo già per piangere… La sua vista mi incuteva terrore.  

<<Prendila.>> La preside fu schietta, e l’omone non ci pensò due volte.
Mi afferrò per il polso e mi strattonò via.
Mi aggrappai alla porta ma era troppo forte. Tirò di più e priva di forze abbandonai la presa. Proprio mentre sentivo di essere persa, una mano mi afferrò e mi liberò dalla presa di quel uomo.
Aprii gl’occhi, e con grande gioia mi ritrovai tra le braccia di Edward.

<<Cosa stai facendo?>> La preside che aveva assistito alla scena si alzò subito dalla sedia.
<<Mi prenderò io le colpe di questa ragazza. Quindi se proprio deve punire qualcuno, punisca me. Mi sembra di averglielo già detto. Non permetterò a nessuno di fare del male a Lydia.>>
Le lacrime che si erano formate, ora cadevano lungo le mie guancie. Mi sentivo tremendamente in colpa. Non volevo che Edward fosse punito al posto mio..
Guardai la preside.
La rabbia era chiaramente visibile.
La sua faccia era di un rosso profondo e sembrava quasi stesse per scoppiare.
Ordinò al omone di andare via e senza dire nulla si sedette sulla poltrona della sua scrivania.

<<Lydia, vai. Per questa volta non ti accadrà nulla.. per questa volta. Se dovesse riaccadere una cosa simile, ne pagherei le conseguenze. Edward, tu invece rimarrai qui.>>
Il cuore mi si strinse.
Perché lui sarebbe dovuto rimanere?
<<Ok.>> Edward con quella risposta secca interruppe tutti i miei pensieri..
Lo guardai per cercare di convincerlo a venire via con me da quella camera, ma lui non si girò neanche.
La preside mi accompagnò alla porta e subito la richiuse, separandomi così dal mio amato.
Abbassai lo sguardo. I sensi di colpa iniziarono a fiorire dentro di me.
Avevo messo nei guai l’unica persona a me più cara.
Ora capivo cosa cercava di dirmi Arisa. Ero proprio una stupida, non avrei dovuto aiutare quel ragazzo..

Tutto d’un tratto mi ricordai di lui.
Erano quasi le sei e io non gli avevo portato nulla da mangiare. Andai dritta in mensa e cercai degli avanzi.
Fortunatamente trovai un panino e della pasta.
La misi tutta accuratamente nel vassoio  e cercando di non far cadere niente andai verso la stanza numero 107.

Toc Toc.

Bussai alla porta sperando in una risposta, ma dall’interno non si sentii provenire nulla.
Aprii piano e con cautela entrai nella camera. Il ragazzo era ancora steso nel letto, ma il suo respiro era molto meno affannato di quando lo avevo lasciato.
Appoggiai il vassoio sul comodino e cercai di controllare le sue ferite.
<<Sei in ritardo.>>
Sussultai, non mi aspettavo che fosse sveglio.
<<Ehm, scusami.. Ho avuto un imprevisto.. Non pensavo di trovarti già sveglio..>>
Lo vidi aprire gli occhi.
Li aveva di un bellissimo verde smeraldo.. Nel guardarli mi rispecchiai. Quel ragazzo aveva i miei stessi occhi, anche se i suoi erano più belli.
Erano molto più belli.

<<Come, come ti chiami?>> Chiesi titubante..
<<Dylan. Tu?>> Che nome particolare.. Pensavo che erano solo i miei genitori a mettere nomi strani. E invece non ero stata l'unica ad avere due genitori dai gusti strani..
<<Lydia.>> Sorrisi.

I suoi occhi per un momento cambiarono, ma non impiegarono molto a tornare calorosi..

<<Allora, mi hai portato qualcosa da mangiare?>> Chiese sorridente, come se tutti quei lividi non facessero parte del suo corpo.
<<Certo!>> Ricambiai il sorriso e con gioia gli mostrai il vassoio..
<<E questa roba cosa sarebbe?>> Chiese sbuffando..
<<Ho trovato solo questo..>> dissi dispiaciuta..
Guardammo insieme il vassoio..
Infondo quel miscuglio di pane e pasta faceva impressione.
Scoppiamo in una risata. Tutto in quel momento mi trasmetteva calore.
Ridemmo per tutto il tempo, e quando arrivò il coprifuoco lasciai la sua stanza con molto dispiacere.
Gli promisi di tornare il giorno seguente e che lo avrei svegliato in orario.

Il tempo passato insieme a Dylan fu davvero piacevole, e insieme a lui mi ero dimentica di ogni cosa negativa.
Entrai nella mia stanza, e senza pensare a nulla mi addormentai nel mio letto.


A tarda notte sentii la porta della camera chiudersi.. Mi voltai verso la figura sulla soglia..
Edward..
Edward..
Edward..


Mi ero dimenticata anche di lui.
Tutti i sensi di colpa riaffiorarono..
Questa volta ancora più forti.
Mi alzai dal letto e andai verso di lui. Sul suo volto vi erano parecchi lividi..
<<Cosa.. Cosa ti è successo?>>
Sorrise. <<Nulla, la preside non era di buon umore. Non dopo averle disubbidito.>>
<<Ed..>> Il suo nome mi morì in gola. Come avevo potuto divertirmi mentre lui soffriva? 
Scoppiai in un fragoroso pianto.. <<Mi..Mi dispiace..>>
Le sue braccia mi strinsero forte. <<Per te questo e altro. Tu non dovrai mai soffrire. Ti proteggerò sempre, te lo prometto.>>

Al suono di quelle parole mi sentii ancora peggio. Chissà cosa aveva passato..

<<Ti amo.>>
Lo guardai nel volto.
Non riuscivo a rispondere.
Ero stata un egoista. Incolpavo gli altri di pensare solo a se stessi, quando io ero la prima a farlo.
Le lacrime iniziarono ad uscire ancora più velocemente.
Edward capendo il mio disagio mi prese per mano.
<<Dai andiamo a dormire, e ti prego non piangere.>>
Annui piano e con lo sguardo perso nel vuoto mi sdraiai nel letto.
Passai così la notte abbracciata a lui con i rimorsi che mi divorano.
La verità era una sola.
Ero un egoista.

 
 
u.u Allora ragazzi cosa ne pensate di questo nuovo capitolo?:D A me sinceramente la figura di Dylan piace un sacco..xD Cioè, mi spiego meglio.. xD è  l’idea che mi frulla in testa riguardo a questo personaggio che mi piace un casino..xD quindi prendetelo in simpatia^^ xD
u.u pubblicherò il prima possibile il nuovo capitolo.. cioè ci sto già lavorando.. xD Alla prossima <3
Ovviamente ringrazio tutti quelli che mi seguono <3 Grazie grazie grazie^^ :D

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Capitolo 11
*** E tu come mai sei qui? ***


<<Dai muoviti!>> Sbuffai. <<Dylann!!!>> Iniziai a innervosirmi.
Non poteva fare di nuovo ritardo. Mi ero svegliata prima,ed ero uscita dalla mia stanza senza salutare Edward solo per riuscire a svegliarlo in orario eppure lui continuava a dormire beato.
<<Uffa!! Vuoi alzarti??!?>>Gli presi la mano per tirarlo fuori dal letto, ma senza accorgermene lui mi tirò verso di se e mi strinse tra le sue braccia.

<<Dy..Dylan…>> dissi perplessa da quel suo gesto, così improvviso…
Cercai di svincolarmi, ma dopo nemmeno pochi secondi mi fermai. Quel contatto tra i nostri corpi mi faceva sentire tranquilla. Ricambiai il suo gesto, e delicatamente mi strinsi a lui. Sapevo che le sue ferite erano molto fresche e cercai di non fargli male. <<Cosa stai facendo?>> Pensai. Eppure non dissi nulla.
Rimasi solo in silenzio, in quella piacevole sensazione di calore.
Mi allontanai di poco, tanto per poterlo guardare. Mi morsi il labbro inferiore. Non riuscivo a capire quella bizzarra situazione. Volevo baciarlo?
Lo vidi avvicinasi di poco e le nostre labbra quasi si toccarono, quando sentii bussare alla porta.

Toc Toc.

Mi voltai di scatto, e con mia grande sorpresa sulla soglia della camera vi era Edward, che con quei suoi grandi occhi di ghiaccio oltrepassava il mio corpo. Mi staccai immediatamente da Dylan e cercai di dare delle spiegazioni..

<<E tu saresti?>> Dylan senza nemmeno farmi capire ciò che era successo si era messo in mezzo.
<<Il suo fidanzato.>>
Era la prima volta che sentivo Edward affermare che ero la sua ragazza.
Ne fui davvero felice.

<<Potevi trovartene uno migliore..>> mi disse Dylan abbracciandomi.
Quella situazione mi mandò in tilt, non avrei mai potuto pensare di arrivare al punto di poter quasi tradire Edward.
<<Non toccarla.>> Il mio amato si avvicinò velocemente e senza cautela mi strappò dal quel caldo abbraccio.
<<Edward calmati. Non è successo nulla.>> Provai a dire..
<<E se non fossi arrivato in tempo???>> chiese nervoso.
Abbassai lo sguardo.. Non potevo sapere cosa sarebbe successo se non fossimo stati interrotti.
Mi prese per il polso e quasi correndo mi portò nella nostra camera.
Chiuse a chiave la porta e senza controllo tirò un pugno al muro.
<<Allora mi spieghi??? Cosa c’è tra te e quel tizio??>> La sua voce era agitata, non lo avevo mai visto così arrabbiato..
<<Non c’è nulla..>>
<<E allora perché stavate per baciarvi????!?>>
<<Mi.. Mi dispiace.. Non so cosa mi sia preso..>>

Non riuscivo a dirgli nulla. Non sapevo davvero cosa fosse successo in quella stanza..

Si sdraiò sul letto e si prese il volto tra le mani. <<Io non voglio perderti. Non riuscirei a sopportarlo.>>
Un leggero sorriso comparve sulle mie labbra. In quel momento stava davvero dimostrando di tenere a me.. anche se lo faceva quasi ogni giorno proteggendomi contro tutti e tutto.
E io cosa facevo? Lo tradivo? No. No. Non sarebbe più successa una cosa simile.

<<Sei innamorata di lui?>>
Sgranai gl’occhi come poteva chiedermi una cosa simile?
<<N..No.>>
Mi guardò, e il dolore che leggevo nei suoi occhi mi faceva sempre sentire peggio.
<<Tu mi ami?>> Chiese insicuro e debole.
<<È  ovvio.>> risposi senza nemmeno pensarci. <<Io, io ti amo.>>
Lo vidi annuire e senza aggiungere altro uscii dalla stanza. Appena aperta la porta lo vidi dire qualcosa e l’istante dopo sulla soglia comparve Dylan.

<<E così quello è il tuo ragazzo.. Non mi sembra un tipo apposto..>> disse guardando la crepa lasciata sul muro.
Il pugno che aveva lanciato si vedeva chiaramente.
<<Non lo conosci nemmeno..>> dissi prendendo il quaderno degli appunti. <<Ora andiamo, non possiamo più fare colazione. E meglio andare direttamente in classe.>> Mi seguii senza obbiettare e per tutto il tragitto non mi staccò gl’occhi di dosso.

Arrivati in classe,vidi Arisa seduta al suo posto. Mi ero completamente scordata della nostra litigata.
Mi sentii una pessima amica e non avendo il coraggio di parlarle mi sedetti al mio solito posto ingnorandola completamente.
La professoressa iniziò ad interrogare e per pura sfortuna disse il mio nome.
Non ero prepara in latino.
Non era una materia che amavo, e non seguendola in classe dovevo per forza studiarla il pomeriggio. Peccato però, che i libri dopo la scuola non li aprivo ormai da un pezzo.
L’interrogazione finì nei peggiori dei modi.
L’insegnante mi mise un due meno, e mi mandò al posto quasi soddisfatta.
Iniziai a disperarmi.. Come avrei potuto recuperare un simile voto?
Per tutte le lezioni, non feci altro che pensare a quella maledetta interrogazione, e a quanto ero stata scema a  lasciare da parte lo studio.

Suonata la campanella andai dritta in mensa.
Mi sarei affogata in quello schifo di cibo per poi rinchiudermi in camera a studiare tutto il giorno.
<<Hai fatto un interrogazione davvero pietosa..>>
Mi voltai; seduto di fianco a me c’era Dylan, che divertito dalla mia situazione aveva il coraggio di scherzare su una cosa simile.
<<Non mi sei d’aiuto.>> Brontolai.
<<E invece potrei aiutarti più di quanto immagini.>> disse sorridendomi. Che bel sorriso.
Scossi la testa. Non dovevo fare simili pensieri.

<<E come.?>> Chiesi tornando a mangiare quella poltiglia.
<<Bhè, magari dandoti ripetizioni di latino..>>
I miei occhi si illuminarono <<Sai il latino?>>
<<Facevo il liceo classico prima di venire qui… Allora vuoi una mano?>>

<<Si. Si. E ancora si.>> Sorrisi. Ero davvero fortunata. Se era davvero bravo, sarei riuscita a recuperare quel votaccio senza problemi.
<<Allora ci vediamo alle 5?>> Annuii. <<Camera tua o camera mia?>> Chiese quasi malizioso.. <<Mia.>>

_________________________________________________________________________________________________________

 
<<Avanti.>>
<<Permesso!>> Dylan tutto sorridente entrò nella mia stanza e come se fosse a casa sua si sdraiò sul letto. <<Allora dimmi cosa non sai del latino?>>
<<Ehm.. Tutto?>> dissi imbarazzata.
<<Oh povero me. Qui ci vuole un recupero drastico.>> Prese il libro tra le sue mani, e con tanta, tanta pazienza iniziò a spiegarmi le cose che avevamo fatto.
Era davvero bravo.. Riuscii a capire tutto senza problemi, e per la prima volta iniziai ad apprezzare quella materia.
Guardai l’orologio.
<<Oddio sono già le undici? Meno male che è sabato, se no saresti nei guai.Il tempo è proprio volato.>>
<<Come mai sarei nei guai?>>
<<Ah non lo sai? Vi è un coprifuoco.. Ogni giorno alle 21:00 bisogna essere nella propria stanza.. Tranne il fine settimana che si può rimanere in giro fino alle 23:00.>>
<<Ah no, non lo sapevo.>>
<<Scusa se ti ho occupato tutta la giornata. Forse avevi di meglio da fare..>>
<<No stai tranquilla.>> disse senza nemmeno guardarmi..
<<Lydia, come mai sei qui?>> Quella domanda un po’ mi spiazzò. Non ci conoscevamo da molto, eppure mi aveva domandato una cosa così personale senza nemmeno girarci in torno. La sua schiettezza e la sua sincerità erano delle doti che gli riconoscevo. Io per il carattere che avevo non sarei mai riuscita a chiedere una cosa simile a un “ospite” di quel dormitorio. L’unica volta che ci avevo provato era con Edward.. Ma non ebbi nessuna risposta.
“Ho ucciso mia sorella” In un lampo questa frase mi tornò alla mente.
Come avevo potuto dimenticare una cosa simile?
Edward aveva ammesso di aver ucciso sua sorella, eppure io non gli avevo mai chiesto spiegazioni.

<<Non vuoi rispondermi?>> Scossi la testa. Ero proprio sbadata.. Perdermi tra i miei pensieri ormai era davvero troppo frequente.
<<Ecco.. Non è un argomento del quale amo parlare..>>
<<Io invece sarei curioso di conoscere la tua storia.>>
Deglutii. Avrei dovuto davvero raccontargli tutto?
<<Bhè, sono qui.. Perché i miei genitori.. Sono morti.>>
<<Ah si? E come sono morti?>> La sua sincerità si stava trasformando in pura freddezza. Avevo appena ammesso che i miei genitori non c’erano più, eppure l’unica cosa che gli interessava era quella di sapere com’era successo?
<<Hanno avuto un incidente..>>
<<…Aereo?>>
Mi voltai di scatto.. Come faceva a saperlo? <<Ma, tu come..>>
<<Cosa ci fa questo tizio qui?>> Edward era entrato in stanza senza preoccuparsi della nostra conversazione.
<<Me ne stavo per andare tranquillo.>> Detto ciò mi si avvicinò e con dolcezza mi diede un bacio sulla guancia, per poi uscire beatamente, lasciandomi in un mare di casini.

<<Come mai era qui?>> mi chiese Edward appena la porta si richiuse.
<<Oggi ero andata male in latino e così si è offerto di aiutarmi. Non è successo nulla davvero.>>
Cercai di sembrare il più credibile possibile.
<<E perché non hai chiesto a me?>> domandò sbuffando.
<<Forse perché non sapevo dove trovarti e come contattarti?>> Iniziai ad innervosirmi.
Possibile che non capiva che quella sua gelosia era altamente infantile?
<<Scusa, ero molto impegnato.>>
<<A fare?>>
<<Ecco.. La preside mi ha trattenuto più del previsto..>>
<<Perché non dici semplicemente che avete scopato per tutto il tempo? Saresti più sincero.>>
Mi accorsi subito ti quanto schietta fui stata.
Non mi succedeva mai, eppure in quella situazione una delle mie parti più nascoste era venuta a galla.

<<Ly, lo sai che io non vorrei.. E che amo solo te?>>
<<Si si lo so. Ultimamente non fai che ripete che mi ami, eppure quando arriviamo ad un discorso serio tu te la svigni tirando fuori un argomento capace di farmi sentire in colpa, così da ignorare tutto il resto.>>
Il suo sguardo si fece cupo.
Questa volta ero proprio stata severa, eppure sapevo che dopo tutto quello che aveva fatto per me non si meritava una discussione simile. <<Non importa. Ignora tutto quello che ho detto. Ora andiamo a dormire che sono stanca.>> Conclusi cercando di portare a termine quel discorso.
<<Cos’è che vuoi sapere Ly?>>

Mi voltai. Lui non mi guardava e capivo bene che dentro di lui regnava solo la tristezza. E tutto questo solo a causa mia.
Come potevo far soffrire la persona a me più cara in quel modo?
Mi avvicinai a lui, e accarezzandolo dissi:<<Edwy, non importa. Andiamo a dormire.>>
Ma lui non si mosse. Capivo che non voleva ignorare quelle mie parole, e che voleva andare avanti.
Sospirai.
Ormai dovevo dirgli ciò che mi frullava in testa.. Così senza pesarci due volte gli chiese semplicemente..

<<Perché affermi di aver ucciso tua sorella?>>
L’aria si fece subito pesante e tutto attorno a noi divenne silenzioso.
<<Perché è così.>> rispose dopo un po'
<<Come..come l’hai uccisa?>>
Lo vidi deglutire. Tutto quel discorso lo faceva chiaramente stare male.

<<Non l’ho protetta.>>
<<Che cosa intendi?>>

Si sedette sul letto e in quel momento capii che avrebbe iniziato a raccontarmi tutto.

<<Era un giorno come tanti, io e la mia famiglia stavamo andando al centro commerciale. Mancavano pochi giorni al compleanno di nostra nonna e io e la mia sorellina avevamo deciso di comprargli una calda e morbida coperta di lana. Lei, lei era una donna molto freddolosa, e ci sembrò l’idea più carina. Quando arrivammo al supermercato ci dirigemmo tutti verso il negozio di coperte.. e per pura sfortuna..>> si fermò di colpo. Le parole gli morivano in gola e le lacrime gli iniziarono a scendere lungo il viso. <<Proprio quel negozio. Quel maledetto giorno.>> Iniziò a parlare a vanvera.
Ciò che diceva cominciava a non avere più senso.
<<Edward, calma calma.>> Mi avvicinai a lui e lo strinsi forte. <<Stai calmo, va tutto bene.>>

Si aggrappò a me e tra la malinconia che lo avvolgeva continuò a raccontare..

<<Entrammo in quel negozio con molta gioia. E solo quando ci trovammo davanti alla cassa notammo che un uomo era armato. Mio padre si mise subito davanti per proteggerci e il ladro scambiò quel gesto come un attacco nei suoi confronti. Iniziò a sparare a vanvera e colpi in pieno mio padre. Lo vidi……Lo… Lo vidi…. Lo vidi morire tra le braccia di mia madre. Quel bastardo ormai era in preda al panico. La sua rapina era divenuta un vero e proprio assassinio. Mia madre mi disse di prendere mia sorella e di andare fuori il più velocemente possibile. Esitai per un secondo, ma guardando la mia povera sorellina mi feci forza e iniziai a correre. Sentii un altro sparo. Mentre continuavo a correre mi voltai. Mia madre era accasciata a terra. Quel.. quel.. quel uomo aveva ucciso pure lei. In quel  momento la mia priorità diventò una: dovevo salvare la mia sorellina. Aveva appena sette anni. Non sarebbe dovuta morire. La trascinai via il più velocemente possibile ma in un secondo fui colpito da un colpo di pistola. Mi accasciai a terra e spronai mia sorella a correre ed a uscire. Lei però non si mosse.. Almeno credo. Svenni poco dopo.. Quando mi risveglia ero in un ospedale con delle infermiere intorno al mio letto. Ricordo perfettamente le loro facce quando gli chiesi di mia sorella. Non volli crederci. Mi dissero che fu ritrovato del suo sangue sul pavimento ma che del suo corpo non vi era traccia. Quel bastardo l’aveva uccisa e portata via. Non potei nemmeno seppellirla..>> Il suo pianto si fece ancora più forte.
Tutta quella storia era così triste.
Edward aveva visto morire i suoi genitori. E aveva perso anche sua sorella. Si sentiva in colpa per non essere riuscito a portarla fuori..
Ma non era colpa sua.
Non era un assassino.
Aveva fatto il possibile per aiutarla.
Pensai tutte quelle cose ma alla fine non dissi nulla.
Lo abbraccia semplicemente, ripromettendomi di stargli per sempre affianco.
Non avrebbe più perso nessuno.

Io gli sarei sempre stata vicina. 



Hei hei ^^ Ciao a tutti xD scusate questo capitolo un po' deprimente.. Ma volevo approfondire un po' di più la storia dei personaggi :D E l'arrivo di Dylan mi ha permesso di farlo *-* xD Cmq ringrazio ancora tutti quelli che mi seguono e in particolare la mia splendita firstlost_nowfound che adoro <3 xD 

Al prossimo capitolo <3 
BY BY ALI.

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Capitolo 12
*** Tre parole. ***


<<Hei tesoro! <3 >> Dylan si avvicinò a me con aria maliziosa e mi stampò un adorabile bacio sulla guancia.

<<Daiiii!!>> Mi pulii quasi schifata da quel contatto <<Lo sai che se ti vede Edward sono nei guai!>> sbuffai.
<<Ma non ci sono pericoli, ora è con la preside a fare il cameriere. E da due giorni ormai che non si fa vedere. Ma.. Non ti preoccupare ci sono io qui a tenerti compagnia…>> disse ancora con quella faccia da schiaffi. Purtroppo però aveva ragione.
Edward era stato incaricato da quella vipera a lavorare gratuitamente per lei.
In pratica doveva farle da servo.

<<Il fatto che non lo vedo da due giorni, non significa che non lo ami.>> Dissi senza nemmeno guardarlo.
Ogni volta che ammettevo di amare Edward la reazione di Dylan era imprevedibile. Lo vedevo chiaramente geloso, però io..
Io non provavo nulla per lui.
<<Si si. Lo ami.>> disse infine spingendomi “simpaticamente” addosso alla porta.
<<Dai entra che ti aiuto con il latino, frana!>> mi disse poi con  un enorme sorriso.
Da quando avevo fatto quella terribile interrogazione, Dylan si era offerto di aiutarmi e dentro di me sentivo un vero e proprio miglioramento.
<<Guarda che non sono più una frana!!>>

Entrammo in camera e come al solito ci posizionammo sul pavimento a studiare.
Dylan era davvero una persona intelligente, e mentre mi spiegava le regole dei verbi intorno a lui sembrava aleggiare un aura di enorme saggezza.
Era proprio bello guardarlo mentre leggeva i testi e cercava di tradurli.
Poi il modo in cui si aggiustava gli occhiali ogni volta che scivolano lungo il suo sottile naso, era davvero simpatico e mi  faceva spuntare sempre un sorriso.

<<Perché ridi? La guerra tra galli e francesi ti fa ridere?>> disse interrompendo i miei pensieri sul suo comportamento..
<<La guerra di cosa?>>
Alzò gli occhi al cielo e sbuffando disse <<Ma mi stai seguendo? E da un quarto d’ora che ti sto parlando della guerra tra i galli e i francesi.. Si può sapere a cosa pensi?>> disse giustamente arrabbiato.. Poi senza nemmeno darmi il tempo di rispondere concluse la sua frase.. <<Non dirmi che pensi a lui..>>
Scossi la testa.
<<No, No. Non mi è minimante venuto in mente a dire il vero..>>
<<E allora come mai non mi ascoltavi?>>
<<Ecco, il tuo modo di.. di sistemarti gli occhiali.. Mi ricorda.. Mi ricorda mia mamma..>> 
Abbassai gli occhi.
Involontariamente la mia famiglia e la mia vecchia vita erano riaffiorati e come al solito delle lacrime scivolavano lungo le guancie..

<<Davvero?>> Alzai lo sguardo.. Anche i suoi occhi in quel momento sembravano molto tristi.
<<Si..>>
Sorrise.  <<È bello saperlo.>>
In quel momento non riuscii a capire cosa intendeva.. Infondo ciò che avevo detto era strano, eppure lui prese quella mia frase molto seriamente..

<<Dylan, ehm.. Tu come mai sei qui?>>
Lo sentii sorridere di nuovo... <<È una lunga storia..>>
<<Ho tutto il tempo che vuoi..>>

Mi interessava sapere cosa gli era successo, il motivo per la quale si trovasse in un simile luogo.
Sapevo che l’argomento non era dei migliori, ma volevo iniziare a conoscerlo..

<<Bhè, diciamo che i miei genitori..>> fece una pausa e poi finalmente mi guardò << Ecco, come dire.. Mio padre è morto per un tumore al cervello poco tempo fa, e mia madre..>> sospirò.. << Quella che ritenevo mia madre, mi ha ripudiato.>>
<<Cosa? Come può una madre ripudiare il proprio figlio?>>mi lasciai scappare..
<<È questo il bello. Io non sono suo figlio.>> distolse nuovamente lo sguardo. Per una delle poche volte, Dylan non faceva l’idiota e finalmente si apriva a me su un discorso serio.
 <<E ti ha mandato qui?>> chiesi senza nemmeno pensarci.
Come poteva una donna dopo aver cresciuto un bimbo, non affezionarsi a lui e mandarlo via in quella maniera?

<<No. Ho deciso io di venire in questo posto.>>
Sgranai gl’occhi.
<<Cosa?>> pronunciai quasi istintivamente.. <<Perché hai preso una simile decisione??>>
In quel momento il suo volto sembrò sul punto di esplodere.
Non capivo se era triste o arrabbiato o deluso..

<<Senti, possiamo parlarne un’altra volta?>>  disse interrompendo ogni mia domanda. <<Anzi, possiamo non parlarne mai più?>>
<<Eh? Ma..>> abbassai lo sguardo..
Cosa stavo facendo? Non potevo intromettermi così nella sua vita. Ero una completa sconosciuta, ci conoscevamo da così poco…
Eppure io gli avevo praticamente fatto il terzo grado..
<<Mi dispiace..>> lo guardai.
A quella frase sembrò sollevato..
<<ma.. Ma voglio sapere di più. So che è sfacciato da parte mia chiederti di andare avanti e rispondere alle mie domande, ma.. Come dire..>> iniziai a confondere le parole, cosa che in situazioni del genere mi succedeva sempre.
Quando rialzai il capo tutto il mio corpo si irrigidì.
Dylan si era fiondato su di me e per la sorpresa e la forza caddi al indietro.
Il suo corpo era completamente disteso sul mio, e le sue mani tremavano.
Quella vicinanza come al solito non mi dispiacque, anzi mi tranquillizzò.
I nostri respiri erano come sincronizzati e quel suo abbracciò mi provocò tante sensazioni.
Delle emozioni così profonde da non riuscirle a descrivere.
Averlo vicino era come avere…


<<Non ti ha mai detto nulla di me?>>
Aprii gl’occhi. <<Chi?>> Chiesi stupita..
<<La mamma.>>
In quel momento tutto intorno a me divenne silenzioso.
Che domanda era..
Cosa..

<<Dylan.. Cosa…?..?>>
<<Mi dispiace. Io non pensavo di dirtelo.. Averti vicino era già tanto per me.. Però..>> Sentì una lacrima bagnarmi la spalla e solo in quel momento dei pensieri iniziarono a frullarmi in testa.
Ma.
Ma era impossibile.
Cioè..

<<È così.>> Si alzò dal mio corpo, e si sedette di fronte a me.
Mi alzai cautamente anche io.
Il mio cuore in quel  momento sembrava non battere più e tutto in torno era diventato silenzioso. Continuavo a guardarlo ma non riuscivo a dare una spiegazione alle sue parole, quando dalle sue labbra uscirono tre parole.
Tre parole che mandarono il Tilt il mio cervello ma, che fecero riprendere a battere il mio cuore.
Tre parole che per un assurda ragione mi resero felici.
Tre parole che non mi permisero di mostrare quella felicità.
Tre parole.
Tre meravigliose parole.
Tre spaventose parole.
Tre parole.

<<Sono tuo fratello.>>

Mi diedi un pizzicotto. Quello che diceva.. Era.. Era.. Impossibile.

<<Impossibile.>> Alla fine riuscii a dire solo quello. Anche se me lo sentivo, se il mio cuore mi diceva di credergli,io non ci riuscivo...

Lo vidi sorridere.

<<Non importa. Immaginavo una simile reazione.. Ora scusami.>> Si alzò dal tappeto e uscii dalla stanza.
Non lo fermai.
Non mi alzai.
Non feci nulla.
Rimasi in quella stanza a fissare il vuoto.
Mia madre mi avrebbe sicuramente parlato di un eventuale fratello..
Non avrebbe mai tradito mio padre con un altro uomo..
Non..

Non..
______________________________________________________________________________________________________________________________________

 
La mattina seguente la voglia di alzarmi era nulla, ma ricordandomi delle sanzioni a cui sarei andata in contro in un mio eventuale ritardo, mi vestii e andai a fare colazione.
Alla mensa vi era sempre la stessa confusione e la fila scorreva il più velocemente possibile. Come al solito c’era chi mangiava quel composto chiamato cibo senza nemmeno guardarlo e ciò mi creava sempre un non so che di disgusto. Ormai anche io dopo tanto tempo ero riuscita ad abituarmi a quel obrioso gusto, però non riuscivo a mangiarlo come tutti gli altri.
Mi guardai in torno e senza volerlo incontrai lo sguardo di Arisa. La sua faccia era davvero molto stanca e le enormi occhiaie sotto agl’occhi dimostravano  che era da un bel po’ che non andava a dormire.
Inizia a chiedermi il motivo, ma interrompei subito i miei pensieri quando in un bancone più in là, vidi Dylan.
Mi stava guardando, ma non riuscendo a sostenere lo sguardo distolsi gl'occhi e uscii dalla mensa senza fare colazione.

Andai dritta in classe. Fui la prima ad entrare e così ne approfittai per svolgere degli esercizi.
Il tempo passò molto lentamente tanto da sembrare eterno.
Non mi riusciva nemmeno un esercizio e la mia concentrazione era pari a zero.
In quel momento avrei avuto bisogno di qualcuno al mio fianco.. Ma.. La mia migliore amica mi aveva praticamente abbandonata e il mio ragazzo era ancora a fare da sguattero e da vibratore vivente a quella schizofrenica della preside.
Pochi minuti prima dal inizio delle lezioni l’aula iniziò a riempirsi e quasi contemporaneamente dalla porta entrarono Dylan ed Arisa.
In quel momento notai una complicità nei loro sguardi, ma distolsi immediatamente quel pensiero in quanto tra di loro non vi era nessun rapporto.

La professoressa non tardò nemmeno di un secondo, e alla presenza di tutti gli alunni notai una delusione.
Era proprio una stronza.
Il suo unico divertimento, secondo la mia teoria, era quello di punire gli studenti.

Arisa fu interrogata e come previsto il suo voto fu molto alto. Era davvero molto brava in Inglese e questo glielo avevo sempre riconosciuto.
La sua unica lacuna si trovava nel Diritto, una delle mie materie preferite.
Fui contenta dei suoi risultati, nonostante il pessimo aspetto che aveva.
Quando si sedette al suo posto notai che mi rivolse uno sguardo, ma imbarazzata dalla nostra litigata ignorai il tutto.

Le sei del pomeriggio arrivarono in fretta, e presa dalla noia andai a sdraiarmi sotto un albero in cortile.
L’odore dell’erba e il sole che mi illuminava il viso mi fecero sentire libera.
In quel momento avrei voluto avere al mio fianco tutte le persone a me care…

<<Ly..Lydia..>> Mi alzai.
Davanti ai miei occhi comparve Arisa, e al suo fianco c’era… Dylan?

Le loro facce erano completamente sconvolte, e l’aria era pesante…

<<Ly..Ly..>> Arisa cadde per terra.
Scoppiò a piangere come una fontana lasciandomi senza parole.
Mi avvicinai subito a lei e l’abbracciai forte.
Guardai Dylan con aria severa.. <<Cosa le hai fatto?>> domandai scorbutica..
<<Lui non c’entra..>> La mia amica continuava a piangere e io continuavo a non capirci nulla.
<<Ari, calma.. Calma.. Dimmi cos’è successo?>> Lei però non mi rispose e continuò a versare lacrime su lacrime..
<<Forse è meglio che te lo dica io..>> Vidi annuire Arisa.
Dylan aveva preso in mano la situazione, e piano si sedette di fianco a noi.

<<Sorel..>> scosse la testa <<Lydia, ecco..>> Abbassò lo sguardo..

Dylan mi appoggiò una mano sulla spalla e senza guardarmi iniziò a parlare.. <<Tre giorni fa, Arisa camminando verso l’ufficio della professoressa di Inglese, ha per caso sentito parlare la preside.. Diceva che..>> fece una pausa per poi riprendere.. <<Che era arrivata la sua ora.>>
<<In quel momento non capii a cosa si riferisse ma.. Ma.. Ma..Oggi..>> Arisa tra le mi braccia si scostò piano per rivolgermi il suo sguardo.. <>
Non riuscii a capire.. Di cosa stavano parlando?
<<Cosa state dicendo? Di che cosa parlate?>>
<<Lydia, Edward.. Edward è morto.>>

Edward è morto.

Edward è morto.

Edward è morto.

Edward è morto.





Fine capitolo 12. 
By By Ali. 

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Capitolo 13
*** Io, non ho paura delle conseguenze. ***


<<Ly?>>
Alzai lo sguardo dalle mie mani. Sulla soglia della porta vi era Arisa che come al solito mi portava quella poltiglia immangiabile dalla mensa.  

<<Come stai?>>
<<Bene..>> dissi sorridendo. <<Anche se a dire il vero questi compiti sono davvero troppi.>> esclamai sbuffando.
<<Ly, dico davvero.. come stai?>> la sua voce era così strana..
<<E come dovrei stare?>> risposi sorpresa dalla sua domanda <<Sto aspettando che Edward esca dall’ufficio della preside, e sempre così lento, non trovi?>> scoppiai in una fragorosa risata.
Il mio fidanzato era proprio un lumacone..

<<Ancora?>> Mi voltai.
Sulla soglia c’era Dylan che appoggiato alla scrivania mi guardava preoccupato..
<<Uff..! Quante volte dovrò ancora dirti di non venire così spesso? Edward potrebbe arrabbiarsi..!>> Sospirai. Non volevo che il mio ragazzo s’ingelosisse più del dovuto, infondo io amavo solo lui.
<<Lydia!! Basta! È passato un mese, un mese!! Quando lo capirai!?!>>
Sbattei le palpebre, <<Capire cosa?>> chiesi perplessa..
<<Lydia! Edward non tornerà! È morto! Morto!>>

Edward è morto.

Sorrisi.

<<Ma cosa stai dicendo.. Lui.. Lui sta per tornare. Tra poco.. Tra poco sarà qui..>>

Arisa venne immediatamente ad abbracciarmi, e le parole ad un tratto smisero di uscire dalla mia bocca...
Chi volevo prendere in giro?
Il mio amore non c’era più, e la sua scomparsa dimostrava questa teoria.
Ormai era un mese che piangevo, e ora non avevo nemmeno più lacrime.
Quando me lo dissero la prima volta, risi come una scema.
Pensai che quello scherzo fosse di pessimo gusto, ma quando poi iniziarono a passare i giorni, capii che era tutto vero.
Edward non si faceva più vedere, e sembrava quasi che non fosse mai esistito.

<<Ly, andiamo a fare una passeggiata..Dai..>> Dylan cercò di alzarmi ma le gambe non mi tenevano.

<<No.. Lui.. Lui deve trovarmi qui..>> Le lacrime iniziarono a formarsi lentamente sui miei occhi..
Speravo ancora di riuscire a svegliarmi da quel incubo. Non poteva essere vero.
Non poteva..
____________________________________________________________________________________________________________________________

 
<<Io.. Io vorrei andare in presidenza..>>
<<Ancora? Ly, lo sai bene che è una pessima idea. Quella donna è imprevedibile.. E io.. Io non potrei sopportare di vederti ferita..>>
<<Io sono già ferita! Lo sono da un mese ormai! Sono ferita dentro! E anche se non le vedi quelle ferite, provocano più dolore di qualsiasi altra punizione. Per favore.. Andiamo..>> supplicai.
<<Ly, torna a studiare.>>
<<Dylan, io non posso accettare questa storia. E tutto così assurdo..>>
<<Lydia! Tutto questo posto è assurdo! Devi lasciare scorrere! So che è difficile, ma io e Arisa siamo qui per aiutari..>>
<<Ma come puoi credere che questo mi aiuti?????!!>> Iniziai ad alzare notevolmente la voce.
Come non poteva capire? La persona che più mi stava a cuore, era.. era.. era..
Scomparsa.

<<Non importa. Sono stanca adesso. Grazie per l’aiuto ma vorrei riposare.>> Congedai Dylan e piano mi misi le scarpe.
Non mi interessavo a ciò che andavo in contro, la cosa importante era scoprire la verità. Dovevo fare qualcosa. Edward, anche se.. anche se…
Doveva essere vendicato.

Uscii piano dalla mia stanza e furtivamente mi guardai in torno.
Non c’era nessuno che conoscevo e così andai velocemente verso la presidenza.
Non avrei permesso che Edward venisse semplicemente dimenticato.
Quella vipera avrebbe dovuto dirmi la verità.

Toc Toc.

<<Avanti.>> Solo il suono della sua voce mi mandò in tilt il cervello. Feci un respiro profondo e cautamente entrai nel suo ufficio.
<<Oh, signorina Fujioka, che cosa la porta qui?>>
La sua falsità mi diede il voltastomaco. Come poteva essere così palesemente ipocrita?
<<Ecco è da molto che non vedo il mio compagno di camera.. Stavo iniziando a preoccuparmi..>>
<<Oh, davvero? Ma non lo sai che qui le scomparse sono frequenti? Sarà scappato da qualche parte..>>
<<Dubito.>>

Mi guardò con faccia interrogativa..

<<Come mai dici una cosa simile?>>
<<Io, io so benissimo che..>>
<<Cosa sai Lydia?>> Mi si avvicinò con aria di sfida. Si posò a due centimetri dal mio volto.. <<Allora?>>
Deglutii.
Cosa dovevo fare? Dire tutta la verità e liberarmi finalmente di tutti i pensieri che avevo sul suo conto oppure avrei dovuto chiedere scusa ed andarmene?
Presi la scelta migliore.
<<So di come lo trattava! Della relazione che aveva con lui! Come poteva obbligare  un ragazzo a soddisfare i suoi pensieri perversi? Lei si reputa una donna? Io la definirei una puttana! Una stronza, falsa puttana!!>> Spalancai gl’occhi.
Il suo volto era chiaramente divenuto di un colore violaceo.
<<Che cosa hai detto?!>>
<<Ha capito benissimo!!>> Scoppiai in lacrime e avendo ormai perso il senso della ragione mi accanì su di lei << Me lo ridia! Me lo ridia!! Dov’è Edward? Dov’è??!?!>> Il tono della mia voce divenne molto alto e le miei mani ormai non collegate più alla mia ragione continuavano a scatenarsi contro il petto della preside.

<<Hahahahaha!!>> Quella sua risata amara, mi pietralizzò. <<Tra di voi c’era del tenero?>> disse continuando a ridere..

La mia rabbia iniziò a crescere, a crescere. Il mio autocontrollo ormai era pari a zero.
Come poteva ridere in quel modo? Strinsi i pugni per diminuire il nervoso che scorreva nel mio corpo, ma non servì a molto.
Il suo sghignazzare mi irritava.. Mi irritava molto..
Presa dall’ira mi riaccanì contro di lei e ormai priva di controllo la colpii con la prima cosa che mi capitò sotto mano. Grazie ad una penna, gli stampai un segno lungo tutto il volto, e solo alla vista del sangue mi calmai.
Mi bloccai immediatamente, ma ormai era troppo tardi.
Sapevo già che la stanza in fondo al corridoio mi stava aspettando. Quella volta nessuno avrebbe potuto salvarmi, eppure io l’avrei rifatto altre mille volte.

<<Vattene!>> Sgranai gl’occhi.. Andarmene? Come.. Com’era possibile che non desiderava punirmi?

<<Vattene ho detto!!>> disse tenendo una pezza sulla guancia.
Non me lo feci ripete una terza volta e indietreggiando a passo svelto uscii da quella stanza.
Corsi immediatamente in camera e ringraziai Dio per non essere in fin di vita.

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<<Tu che cosa hai fatto??>> Dylan e Arisa mi urlarono contro.
Purtroppo non riuscii a tenermi dentro l’accaduto ed essendo le persone a me più care gli raccontai tutto.
<<Mi dispiace..>>
<<Come ti invidio.>> Guardai Arisa con aria perplessa.. <<Io non avrei mai avuto il coraggio di fare una cosa simile, eppure lo desidererei tanto..>>
<<Arisa non sei d’aiuto!!>> La faccia, la voce e il sudore di Dylan mostravano la sua preoccupazione..<<Sei un irresponsabile! Non posso credere che lei ti abbia lasciata andare! Dovresti ritenerti davvero fortunata!>>
<<Già.. Scusa.>>
<<E inutile che ti scusi! Se a quest’ora tu fossi stata ferita.. io…io.. Ti ricordo che sono tuo fratello!>>
Si bloccò di colpo, e anche io come lui rimasi di sasso. Non avevamo più parlato di quella cosa..
<<Guarda che non..>>
<<Si si lo so! Tu pensi che non sia così, ma..>> si bloccò di colpo <<Lasciamo stare. Non è il momento di parlarne.. Un giorno ti spiegherò tutto.>>
<<Si certo, rimanda.>>
La mia vita era così confusa, e lui non faceva che peggiorare le cose.
Perché non capiva che non potevo essere sua sorella? Perché non faceva altro che peggiorare la mia situazione?

<<Ragazzi…>> Arisa, che era stata in silenzio per tutta la conversazione, saltò fuori dal nulla…
<<Cosa c’è?>>
<<Mi è venuto un dubbio..>>disse lei alzando il capo
<<Eh? Quale dubbio?>>
<<Non è che.. la preside.. Non ti ha punita perché in quella stanza vi è nascosto qualcosa.. o forse..>>
<<qualcuno..>>

Edward.

<< Forse mi sto sbagliando.. Ma ultimamente ho sentito che i professori sono molto più permissivi sui ritardi.. E con quello che ci hai raccontato..>>

Edward..

Edward.. Poteva essere ancora vivo? Avrei fatto di tutto pur di scoprirlo.
In quel momento presi una decisone.
Sarei andata in quella stanza, anche al costo di subirne le conseguenze.  

u_u fine tredicesimo capitolo ^^ Cosa ne pensate?:D Come sempre mi fa davvero piacere ricevere le vostre recensioni :D Grazie mille^^ :) Vi aspetto al prossimo capitolo^^

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Capitolo 14
*** Capitolo Extra: Il passato di Arisa. ***


Ciao a tutte le persone che mi seguono vi ringrazio vivamente : ) Questo come avrete capito, è un capitolo Extra. :D dedicato completamente al passato di Arisa. È un personaggio che non ho sviluppato molto al interno della storia, eppure anche lei è molto importante per le scoperte e le vicende che circondano la mia protagonista^^ Quindi spero che leggerete con interesse questo breve capitolo, riguardante la sua vita. Grazie a tutti Baci Baci Aly

<<Sorellina! Sorellina!>> Aprii piano gl’occhi, e davanti a me comparve il volto paffutello del mio amorevole fratellino.
<<Buongiorno..>> dissi tra un sbadiglio e l’altro.. <<Che ore sono?>>
<<È
 tardi! Sei la solita dormigliona!>> sulla soglia della porta mio fratello maggiore era già in divisa. Quella domenica aveva la semifinale di calcio ed era ormai da una settimana che in casa non si parlava d’altro..
<<Ora arrivo!>> Dissi sorridendogli..
Quella mattina sarebbe stata divertente ed io avrei sicuramente fatto il tifo per la squadra di mio fratello Adam.
Mi vestii velocemente e come al solito scesi nel pianerottolo dove la mia famiglia era abituata a fare colazione.
Avevamo una casa davvero molto bella, e il giardino che la circondava era rigoglioso di tulipani.. Tulipani di ogni colore, grandezza e profumo..
I fiori preferiti della mamma. <<Muoviti lumaca!>> disse Adam.
<<Non sgridarla scemo!>> Il mio adorato fratellino Sirio, era sempre a proteggermi e il modo in cui rispondeva appena mi si diceva qualcosa di poco carino mi rendeva felice. Stava diventando un ometto in piena regola, nonostante avesse solamente 6 anni. <<Si Si, ora muoviamoci però!>> Salutammo la mamma e ci dirigemmo al campetto di calcio.
L’odore dell’erba tagliata vagava nell’aria e il rumore degli uccellini era davvero molto rilassante. <<Buona fortuna!>> urlai a mio fratello che era corso verso i suoi compagni. Lui si girò e alzando la mano mi salutò con un enorme sorriso. I suoi riccioli castani risplendevano alla luce del sole e i suoi occhi in quel momento erano davvero innocenti.
Sorrisi.
Non sapevo che presto non avrei mai rivisto quella espressione di gioia sul suo volto..

<<Ari!! Andiamo a sederci li?>> il mio fratellino era già stanco di stare in piedi ed essendo di buon umore lo accontentai. Ci sedemmo su una panchina coperta dai rami di un grande albero, da dove si riusciva perfettamente a vedere il campo.
 Seguii la partita con molto interesse e alla fine fui felice di vedere che Adam insieme alla sua squadra fosse in finale. Avevano praticamente stracciato gli avversari.
3-0 fu il risultato.
Lo aspettai al cancello per tornare a casa ma in quel momento mi suonò il telefono..
Arisa?! Ciao!
Mary! Che sorpresa.. Come mai questa chiamata?
Eh, volevo chiederti se questa sera avevi da fare.. che ne dici se andiamo a farci un giro e poi magari resti a dormire da me?
Mmm.. Ma sai che credo proprio di poter venire? Ti mando un messaggio tra poco per la conferma! A dopo..
A dopo!


Era da molto che non sentivo quella mia cara amica ed ero sicura che la mamma non avrebbe obbiettato. Era una persona molto permissiva e buona; Da quando mio padre era scappato con una ragazza più giovane di 20 anni, lasciandoci in un mare di casini mia madre si era fatta in quattro per procurarci ogni cosa..
Noi tutti le dovevamo molto.
Quando la chiamai ebbi la conferma e lo dissi subito a Mary. Quella giornata era sempre più bella..

<<Uff, voglio venire anche io!>> disse Sirio con quei suoi grandi occhioni azzurri..
<<Non puoi!>> gli sbuffai contro. <<Vai a casa con Adam.>>
<<Ma.. Ma io voglio venire con te.. Adam è brutto!>> Scoppiai a ridere nel vedere la faccia offesa del mio fratellone..
<<Chi è che sarebbe brutto?>> fingendosi arrabbiato prese in braccio Sirio e lo tirò in aria per poi riprenderlo affettuosamente in un abbraccio. Ridevano insieme e anche io con  loro ero contenta..
<<Ci vediamo domattina..>>
<<Certo.!>> Mi salutarono calorosamente e piano salirono su una corriera.
Li guardai andare via.. quella sarebbe stata l’ultima volta che li avrei visti felici.

Arrivai a casa di Mary, verso le sei del pomeriggio. Parlammo molto, e come sempre saltò fuori il solito discorso..
<<Arisa, ci ho provato davvero.. Ma io non riesco a togliermi dalla testa tuo fratello.. Non ci riesco proprio…>>
Esattamente.
La mia cara amica era pazzamente innamorata di Adam, ma in fondo non era una novità. La maggior parte delle ragazze che conoscevo erano incantate dalla bellezza che lo avvolgeva. Aveva un’aria misteriosa datagli da quei suoi profondi occhi neri, dai capelli castani che arrivavano quasi a toccare le sue spalle e dalla sua altezza. Era davvero molto alto. Quando si camminava per la strada veniva sempre osservato e io da sorella ne ero davvero molto orgogliosa. Ma  detta sinceramente non era solo il suo aspetto ad attirare le ragazze; Adam era una persona molto simpatica e gentile. Tutti lo conoscevano per la sua disponibilità ad aiutare gli altri, per la passione che nutriva per gli animali, per il bene che voleva alla sua famiglia.. a me.. a mia madre.. al piccolo Sirio.
Lui, era speciale.
Lo era davvero.

Nonostante questa conversazione un po’ ripetitiva passai una bellissima serata.
 Ero sicura che non mi sarei dimenticata nulla di quel bel giorno.. E infatti, tutt’oggi lo ricordo..
Si lo ricordo, come un terribile incubo.

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Il mio telefono suonò alle 11.37 p.m. e quando vidi sul display il nome del mio fratellino mi preoccupai.. Lui era un bimbo molto ubbidiente e sapevo che a quell’ora sarebbe dovuto essere a letto da un pezzo. Mi sbrigai a rispondere  alla chiamata ma c’erano delle interferenze.
Lo sentivo troppo piano quasi da non riuscire a capire le sue parole. Ero certa che stesse piangendo e ciò mi agitò ulteriormente.
Iniziai ad alzare la voce tanto da svegliare la mia amica.
<<Sirio, calma cosa succede?>>
<<Sorellina.. Sorellina.. Ho paura..>>
Poi un urlo, e infine il silenzio.

Uscii subito dalla stanza e iniziai a correre. Ero ancora in pigiama ma non mi importava avrei raggiunto casa mia ad ogni costo. Quella notte non vi era un passante o un suono.. solo il rumore delle mie ciabatte in gomma che sbattevano sul asfalto.
Corsi, corsi come non avevo mai fatto.
Corsi tra l’erba.
Corsi tra i sassi.
Corsi e basta.

Mi ritrovai davanti casa verso mezzanotte e mezza, era passata quasi un ora dalla chiamata di mio fratello. Salii velocemente le scale e quando arrivai davanti alla stanza di Adam, non trovai nulla.
Corsi verso la cameretta di Sirio, ma nemmeno li trovai anima viva.
<<Sirio!??>> <<Adam?!??!!>> <<Mamma?!?!!!>>
Urlavo disperatamente, finchè poco dopo sentii un rumore.
In quel momento la paura si prese possesso del mio corpo..
<<Ma..mma?>> Andai verso la sua stanza.. è quello fu il mio errore più grande.
Quando aprii la porta vidi ciò che tutt’ora perseguita i miei sogni, le mie giornate..

Per terra vi era mia madre e contro il muro vi era Adam.
Presi immediatamente il cellulare e chiamai un ambulanza.
Non ricordo cosa dissi, so solo che riuscii a spiegargli il luogo dove vivevo. <<Ma..Mam..>>
Lei non si muoveva; era li stesa in una pozza di sangue, fredda come il ghiaccio e bianca come la neve.
<<Ari..>>
Dal armadio spuntò Sirio. In quel momento scoppiai a piangere e lo abbraccia forte. <<Tesoro mio! Cosa, cosa è successo?>>
Ma lui non rispose. Non disse nulla. Nei suoi occhi color cielo era come guardare un paesaggio ricoperto da nebbia e desolazione. Lo strinsi più forte e lo portai fuori da quella stanza.
<<Non muoverti da qui.>> Non poteva guardare il corpo di nostra madre, aveva solo sei anni.

L’ambulanza impiegò 13 minuti e 27 secondi per arrivare. Quando videro la scena iniziarono ad affrettarsi. <<Non c’è nulla da fare..>> disse un medico
Mia madre era morta. Una fitta al cuore mi distrusse.
Non potevo credere che..
<<Lui è ancora vivo! Sbrighiamoci presto!! Dobbiamo portarlo subito in ospedale!!>>
Guardai Adam.. Lui.. Lui era vivo.
Salii sul ambulanza insieme a Sirio e per ore aspettammo in clinica.
<<Sirio, amore..>> Il mio fratellino non parlava, guardava il vuoto.
Lui aveva assistito a tutto.
_________________________________________________________________________________________________________

Dopo due ore mi alzai dalla panchina, perché i medici non erano ancora usciti? Dissi a Sirio di rimanere seduto e andai in bagno. Finalmente potevo sfogarmi. Iniziai a urlare, a piangere a tirare pugni al muro!
Perché alla  mia famiglia?
Perché mia madre, mio fratello..
Perchè?!
Chi era stato?
Manifestai il mio dolore in ogni modo possibile dentro quel bagno. Ruppi il vetro, tirai calci alla porta e poi, facendomi forza tornai da Sirio. Non potevo mostrare la mia disperazione, era troppo piccolo, avrei semplicemente peggiorato la situazione. Anche se era già tragica.

Dopo 45 minuti finalmente il dottore uscii dalla stanza..
<<Dottore! Dottore! Come sta mio fratello come sta?!?!>> Sul suo volto l’espressione diceva chiaramente “Non c’è l’ha fatta.” Era distrutto e continuava a scuotere il capo. <<Allora?!?!?!>>
<<Ecco signorina, suo fratello, forse per proteggere sua  madre… ha sbattuto fortemente la testa.. e.. Ora è in coma.>>
Coma.
Coma.
Coma.

Caddi per terra, e tra l’angoscia che avvolgeva il mio cuore iniziai a piangere dal dolore.
Poi nulla.
Mi risveglia nel letto del ospedale con il mio fratellino affianco.

_________________________________________________________________________________________________________________

 
 <<Avete qualche familiare che possa prendersi cura di voi?>> Scossi la testa.
L’assistente sociale era notevolmente preoccupata.. <<Vostro padre?>>
<<Non abbiamo un padre.>>
<<Degli zii? Dei nonni?>>
<<Nostra nonna è in una casa di riposo, e mia madre non aveva ne fratelli ne sorelle. Con i parenti di nostro padre non abbiamo più contatti da molto tempo.>>
<<Capisco..>> La vidi sospirare e poi guardare Sirio.
Lui non parlava più.
Aveva completamente perso l’uso della parola e anche i suoi occhi non emanavano nulla.
______________________________________________________________________________________________________________

<<Arisa, devo parlarti in privato..>> mi disse un giorno la direttrice..
Era passato un mese dal accaduto. Adam non aveva dato segni di miglioramento e Sirio continuava a stare zitto. Avevo provato a fargli dire qualcosa ma sembrava un missione impossibile.
<<Arisa cara, siediti. Quello che sto per dirti e molto difficile.. Ma voglio che sia tu a decidere..>>
Annui e aspettai il continuo del suo discorso.
<<Vedi Arisa, tu ormai ai 16 anni e tra poco sarai maggiorenne.. Le famiglie non vogliono più adottare dei ragazzi in piena adolescenza.. Soprattutto con un passato burrascoso come il tuo.. Però vedi.. Ci sono due persone.. Due persone davvero molto buone e gentili che vedendo Sirio insistono per l’adozione.. Però.. Vorrebbero adottare solo lui.>> Mi guardò con quei suoi occhi dolci..
<<Ah..>>
<<Lo so cara, mi dispiace.. Ma sarebbe un ottima occasione per lui.. Pensaci.. Lo sai anche tu che cose simili non accadano tutti i giorni.. Tu crescerai e anche lui insieme a te.. Io, non penso che tu voglia fargli passare la sua infanzia tra queste quattro mura..>>
<<Già..>>
Mi alzai dalla sedia, e senza aggiungere altro andai verso la camera di Sirio.
Mi buttai completamente su di lui e lo strinsi forte a me.
<<Sirio io ti voglio bene! Te ne voglio tanto ed è per questo che..>> Le lacrime iniziarono ad uscire da sole.. <<E per questo che..>> Non riuscivo a concludere la frase, non volevo separarmi da lui, ma purtroppo dovevo farlo.

<<Guardami tesoro mio.>> Presi il suo volto così bello e morbido tra le mie mani e piano dissi: <<Tu sei importantissimo per me, però per un po’ non potremmo vederci.. Due persone molto buone hanno chiesto di aiutarti.. ma io non posso venire.. Ma tra due anni appena sarò maggiorenne verrò da te.. Mi aspetterai vero? Non ti dimenticherai di me?>>
In quel istante anche lui iniziò a piangere, e mentre mi guardava sembrava quasi che mi stesse dicendo “Non voglio", e sapevo che era proprio quello che cercava di comunicarmi..
Ma..
Era la scelta migliore.

Il giorno dopo lo salutai, e quella fu l’ultima molta che lo vidi.
Poche settimane dopo mi comunicarono che l’orfanotrofio era stracolmo e che io avevo bisogno di un istruzione così fui mandata al “Central House Family”.
L’inizio di un nuovo incubo.
 

 
Questa è la storia della povera Arisa T_T mamma mia quando l’ho scritta avevo i sensi di colpa T_T Come l’avete trovata?
Cmq, per chi non l’avesse capito.. Anche perché sbadatamente non l’ho mai detto -.- La casa famiglia\la scuola per orfani\ l’incubo degli adolescenti si chiama “Central House Family!” 

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Capitolo 15
*** Grazie Luna. ***


Ciao a tutti.. Allora premetto subito una cosa.. In questo capitolo non c’è traccia di sentimento.. Cioè..xD io di sentimento ne ho messo tanto.. ma i personaggi non lo dimostrano.. xD In pratica ho dovuto introdurre una nuova cosa, che più avanti renderà, a mio parere, la storia un po’ più bella.. *Datemi retta per favore T_______T* No comunque sia, spero che vi piaccia, ci ho messo tanto per elaborare questa idea.. Quindi non siate cattivi T_T Prometto che in questo (puntini puntini) succederanno tante cose u.u Promesso. U.u
Buona lettura. E grazie della pazienza che avete con me <3 xD



<<Non voglio sentire niente!! Io devo andare in quella stanza!>>
<<Ly fermati!! Non puoi andarci! Sarebbe una pazzia..>>
<<Dylan forse tu non hai capito!! Forse non ci arrivi!!! Ma la persona che amo a quest’ora potrebbe essere in bilico tra la vita e la morte, e io DEVO aiutarlo!>>
<<Ma.. Non puoi esserne sicura..>>
<<Io me lo sento.>> Ed era così.
Il mio cuore non aveva mai accettato la morde di Edward. Non lo aveva mai fatto.
Io credevo nel nostro amore, e sapevo che non sarebbe stato spezzato così facilmente.
Lui non poteva scomparire da un giorno all’altro..
Non poteva..

<<Verrò con te.>> Mi risvegliai dai miei pensieri così grigi..
Cosa voleva fare? Non gliel’avrei permesso.
Lui non centrava nulla in questa storia, non era nemmeno amico di Edward..
E poi era mio fratello..
Scossi la testa.
Cosa andavo a pensare? Lui non era mio fratello...eppure ogni volta che mi guardava rivedevo così tanto gl’occhi della mamma..
Quegl’occhi che mi avevano accudita e protetta in ogni situazione..
Quanto avrei voluto chiarire questa situazione, togliermi questo dubbio, capire perché continuasse ad affermare una cosa simile..
Capire come mai, non riuscivo ad ignorare la cosa, e a considerarla solo un errore..

<<Non puoi.>> risposi secca. Lui, doveva starne fuori.
<<Ho già deciso. O andiamo insieme o non ci vai.>>
Lo guardai. Il suo volto era serio, e se il suo carattere assomigliava a quello della mamma sapevo di non poterlo dissuaderlo, l’unico modo era aggirarlo..
<<Va bene, però sarebbe meglio riposare prima..>> feci finta di sbuffare..
<<Sono d’accordo con te.>> Ora il suo viso sembrava sereno, ed è così che l’avrei voluto vedere sempre.
Sereno.
Ci sdraiammo sul letto e con impazienza attesi di sentirlo dormire..
Non poteva correre quei rischi a causa mia.. se la preside lo avesse preso di mira, non me lo sarei mai perdonata.
Mai.
Passarono circa 30 minuti, e finalmente il suo sonno sembrava essere diventato pesante.
Mi alzai cautamente e senza fare rumore presi la chiave dal cassetto della scrivania. In punta di piedi raggiunsi la soglia e silenziosamente girai la maniglia.
Aprii piano la porta..
<<..Ly?..>> Mi girai di scatto, Dylan era seduto sul letto con gl’occhi mezzi addormentati, non aveva ancora capito nulla.. per fortuna..
Uscii subito dalla stanza e con una velocità incredibile infilai la chiave nella serratura, riuscendo per un pelo a chiudere la  porta.
<<Ly!?!? Che stai facendo?!?! Apri!! Lydia!!>>urlò lui bussando rumorosamente sulla porta..
 <<Mi dispiace.. Scusami.. Fra..Fratellino..>>

Corsi lontano da quella camera e mi affrettai a scendere i piani.
Dovevo raggiungere il corridoio est e finalmente scoprire la verità.
Scoprire se il mio amore era vivo.
Scoprire ciò che gli era successo...
______________________________________________________________________________________________________________________________________

Quando passai nel cortile mi accorsi dell’immensa luna in cielo.
Era gigantesca e la sua luce risplendeva a tal punto da riuscire a illuminare la strada.
Un punto però, sul tetto dei dormitori, era più splendente.
Di giorno quel luogo era sempre nascosto dal buio.. Eppure la notte brillava immensamente.

 Era uno spettacolo davvero meraviglioso. Quando ero bambina, la luna mi aveva sempre attirata,incantata; era così grande e bella.. Eppure provavo compassione per lei.. Poche persone si fermavano a guardarla, a tenerle compagnia.. Tutti vivevano durante le ore in cui compariva il sole e la domanda che sempre mi ponevo era: “Ma non si sentirà sola in quel cielo così buio?”
Che domanda stupida.. Eppure ora, nel vederla così bella questa stessa domanda riaffiora nella mia mente..
“Ma non ti senti sola mia cara amica luna? Il cielo è così buio..”
Già, qui è tutto buio.
Distolgo lo sguardo, devo trovare Edward il mio unico sprazzo di luce.
Non potevo perdere del tempo.

Entrai nell'ala est della scuola, la porta era poco più avanti.
Quella porta lontano da tutto e tutti, quella porta di terrore, quella  maledetta porta.

Camminai piano e la paura iniziò a sentirsi. Non sapevo cosa fare, ora che ero lì.. cosa.. cosa.. potevo fare?
Nulla.
Ero una stupida.
In questa scuola io valevo meno di zero..
Come potevo entrare li dentro?
Feci un passo indietro e capii di essere impotente..
Urla.
Sgranai gl’occhi, un rumore era appena uscito da quella maledetta stanza.
C’era qualcuno dentro.. ma chi? Chi c’era? 
Mi nascosi dietro lo spigolo del corridoio. Poco dopo la stanza si aprii e da quella camera uscii l’uomo che a un tempo, mi torturò senza un motivo preciso.. Lo guardai e il suo volto pareva notevolmente soddisfatto..
Prese il cellulare in mano e senza distogliere lo sguardo dalle sue mani lo pose al suo orecchio sinistro..
<<Pronto, signora?>>
<< ----- >>
<<Si ho fatto come voleva.. Non può provare a scappare di nuovo..>>
<< ----- >>
<<No, per oggi ho finito, tornerò domattina.. >>
<< ---- >>
<< Stia tranquilla signora preside. Ormai il suo stato sta cedendo. Presto sarà più ubbidiente di un burattino.. Hahahaha!!>> Una risata amara uscii dalla lurida bocca di quel verme.. Di chi stava parlando?
<< ----- >>
<< Ok va bene. Stia tranquilla non ci saranno interferenze, arrivederci.>>
<< ----- >>

Quel essere mise via il telefono e appendendo le chiavi al muro andò via.
Era il momento giusto, dovevo agire subito.
Presi le chiavi e andai verso la porta, cosa mi aspettava dietro ad essa?
La serratura schioccò e piano entrai in quel orrendo luogo del terrore.
Richiusi subito e con cautela accesi la luce..
Quando mi girai uno spettacolo spaventoso comparve davanti ai miei occhi.
Appeso per le mani a delle catene, il corpo di un ragazzo rimaneva sospeso in aria.
Era completamente ricoperto da ogni tipo di ferita e la sua testa non aveva nemmeno la forza di alzarsi.
Mi avvicinai con estrema cautela.. Cosa potevo fare?  
Lasciarlo li? Nemmeno per sogno.
Chiunque fosse, di sicuro non meritava un simile trattamento. Allentai le catene e frugando tra i cassetti delle varie scrivanie di legno trovai finalmente un mazzo di chiavi.
Iniziai a provarle, e dopo la tredicesima chiave finalmente riuscii a liberarlo.
Lo sollevai con molta attenzione, il viso era coperto dai suoi lunghi capelli..
Non era Edward.
Questo era ovvio.
Iniziai a camminare piano, non pesava molto...
chissà da quanto tempo non mangiava..
Richiusi delicatamente la porta e con cautela iniziai a trascinarlo verso la mia camera.
Cosa stavo combinando? Non potevo nasconderlo da nessuna parte e se lo avessero trovato nella mia stanza chissà cosa mi sarebbe potuto accadere..
Eppure non riuscivo a lasciarlo la..

<<Sto solo dicendo che non sono problemi tuoi. E che dovresti cercare di pensare prima a te stessa.>> le parole di Arisa mi risuonarono nella mente.
Lo stavo facendo di nuovo, stavo creando dei problemi a me stessa, e di conseguenza alle persone a me care.
Niente.
Non ci riuscivo.
Non riuscivo ad abbandonarlo lì, continuavo a trascinarlo con tutta la mia forza..

<<Lydiaaa!!>> Guardai in avanti, Dylan e Arisa mi correvano in contro. Come aveva fatto ad uscire? Iniziai a scuotere la testa.
Loro non dovevano andarci di mezzo.
Si fermarono davanti e quando videro quel ragazzo appoggiato a me fecero un passo indietro..
<<Andate via, non voglio crearvi problemi. Me la sbrigherò da sola..>>
<<Che cosa stai dicendo stupida? Sono tuo fratello, l’ho hai detto o sbaglio?>> mi sorrise con quel suo sguardo affettuoso..
<<Si lo sei.>> dissi chiaramente imbarazzata e poi con sensi di colpa rivolsi i miei occhi verso Arisa, che come previsto sembrava turbata..
<<Ari, vai via.. So come la pensi. Non farò mai il tuo nome, torna in camera..>>
La vidi scuotere la testa.. <<No..>> sussurrò <<No..>>
<<Ari.. ma..>>
<<Io voglio aiutarvi!!>> Esplose in un secondo.
Così all’improvviso.
Il suo viso con quei suoi riccioli castani mi fecero chiaramente capire le sue intenzioni.
Non voleva più scappare, ma aiutarci in quella che sarebbe diventata una sanguinosa avventura.

Annui.
<<Allora, siete con me?>>
<<Ovvio.>> mi disse Dylan.
<<Si..>>
<<Bene. Ora sbrighiamoci dobbiamo portalo in camera mia..>>
Dylan accorse subito verso di me per aiutarmi a trascinare il corpo di quel povero ragazzo ancora privo di sensi.
<<Lydia, ti fidi di me?>>
<<Arisa cosa centra? Dobbiamo sbrigarci!>>
Lei alzò il capo, e con uno sguardo deciso mi azzittì.
<<Io so dove portarlo.. Le camere sono troppo pericolose. Saremmo subito sospettati.. Soprattutto tu Ly!>>
Aveva ragione, purtroppo ne aveva tanta.
<<E dove vuoi portarlo?>>
<<Ecco.. All’ala ovest, vicino alle scuderie.. Dietro.. Vicino.. Intorno.. al grande albero vi è un rifugio sotterraneo.. A quanto ne so la chiave per aprirlo è posta “nel punto dove risplende il sole” o almeno questo è quello che viene detto in giro.. Nessuno è a conoscenza di quel luogo.. Il figlio del costruttore di questa scuola era l’unico a conoscere l’esistenza di quel posto; perse la vita in un terribile incidente a lavoro, e il figlio fu affidato alla ex preside.. Quella che ora è diventata una leggenda dice che il ragazzo si nascondeva sempre in quel luogo e che al compiere dei 18 anni nascose la chiave per colui che veramente ne aveva bisogno. Lì dove il sole risplende..  Io.. Io credo in questa storia..>>
<<È solo una diceria!! Non possiamo rischiare tanto! Tra 3 ore saranno le sei del mattino e tutti si sveglieranno..>>
<<Li dove risplende il sole..>> dissi sottovoce..
<<Ly, non dirmi che credi a questa storia..>> Alzai lo sguardo.
Io mi fidavo di Arisa, e se lei ci credeva.. Io ero con lei.
Annui con foga e poi senza nessuna spiegazione dissi <<Andate alle scuderie. Trovate un grande albero, o qualcosa che ci assomigli, e.. e.. cercate.. Cercate per terra.. sui muri..Trovate qualcosa.. Portate questo ragazzo con voi.. e nascondetelo in mezzo alla paglia.. Io..>> feci una pausa.. <<Io troverò quella chiave.!>>
Non aspettai la loro risposta e di corsa uscii nel cortile.
La chiave doveva trovarsi da qualche parte..

Un punto.. dove batte il sole.. Sbuffai.
Nella mia mente iniziai ad immaginarmi la scuola durante le ore di luce..
In che luogo i raggi solari erano più intensi?
______________________________________________________________________________________________________________________

 
Passò un’ora e io non riuscivo a trovare nulla. L’agitazione iniziava a sentirsi maggiormente in quanto tra sessantacinque minuti gli insegnanti si sarebbero svegliati e poco dopo anche gli “studenti”..
La scuola durante il giorno era illuminata costantemente solo la notte..
...

Spalancai gl’occhi.
La risposta l’avevo sempre avuta davanti..
Arisa non aveva specificato di che sole stesse parlando..  Anche la luna, di notte era paragonabile ad un bellissimo sole, e nel suo caso, vi era un unico posto che era capace illuminare.
Alzai gl’occhi al cielo, “Grazie” sussurrai.
La chiave era lì. Sul tetto, l’unico punto illuminato dalla luce..
La luce lunare.

Entrai nello stabilimento e arrivai con gran velocità al ultimo piano..
La scala che permetteva di salire al tetto era quella che attraversava il camino. Mi infilai in esso e piano iniziai a salire un gradino dopo l’altro.. Avrei trovato quella chiave ad ogni costo.!
Guardai l’ora..
Avevo 30 minuti scarsi..

<<Ti prego, fai che sia lì.. Ti prego..>> Sbucai dal enorme canna fumaria e senza preoccuparmi dello sporco che mi ricopriva uscii sul tetto.
Con molta attenzione raggiunsi quel luogo, la mia unica speranza..
<<Ti prego, ti prego..>> Mi abbassai con cautela e iniziai ad alzare le tegole;
una dietro l’altra;
una sopra l’altra..
<<Ti prego.. Ti prego..>>
Quando arrivai al ultimo coppo sospirai.. Doveva essere li.
Lo alzai, e le lacrime cominciarono a scendere.
Lacrime di pura gioia.
In un fazzoletto di carta vi era arrotolata la chiave, il simbolo di un nuovo inizio.

Ripercorsi la strada al contrario e con il fiatone raggiunsi le scuderie.
Davanti al portone mi aspettava Dylan. <<Ly!!>>
<<Dylan ho la chiave!!>>
I suoi occhi si illuminarono
<<Anche noi l’abbiamo trovato.>> Il mio cuore sussultò.
Mi prese per mano e piano mi portò all’interno della scuderia..

<<Ma, Dylan dobbiamo andare al grande albero qua fuori..>>
<<Seguimi e basta..>> Rimasi in silenzio finchè da dietro un mucchio di fieno comparve Arisa.
<<Ly! Lydia! L’hai.. L’hai trovata?!>>
<<Si.>> sorrisi.
Anche lei fu sollevata e con gioia mi prese per mano.. <<Guarda..>>
Davanti a me si presentò un enorme palo di legno. <<Cosa devo guardare?>>
<<Questo è il palo che sorregge tutta la scuderia.. Chiamato anche albero.>> disse Dylan osando quasi fare la voce da saputello.. Rimasi strabiliata dalla loro grande capacità intuitiva..
Iniziai a toccare quel grande legno.. <<Ma.. Dov’è la serratura?>>
<<E qui che viene il bello..>>
Dylan mi fece segno di abbassarmi.
Sotto una piastrella vi era un buco.
Un buco a forma di chiave.
<<Oddio, come avete fatto a trovarla??>>
Dylan scoppiò a ridere e Arisa divenne rossa..
<<Vedi, è un bene avere una persona imbranata come lei nella squadra.! In pratica è inciampata su quel rastrello lì, ed è volata fino a qui col muso per terra..>> si fermò per liberare un’altra risata sonora..
<<Dai antipatico piantala!!>> La faccia “finta-arrabbiata” di Arisa mi fece scoppiare, e anche io mi unii a quel meraviglioso momento di calore.
<<Ly..>> Dylan si fece serio.. <<è il momento!>>
Annuii.
Mi abbassai piano, le mani mi sudavano..
Quella era la prova del nove..
Speravo che inserendola nella serratura qualcosa si aprisse..
Qualsiasi cosa..
Girai lentamente e con sorpresa sentii un Clic.

Mi girai velocemente, come per magia una botola fece capolino dal pavimento.
Tutti i nostri visi si illuminarono ed una domanda mi sorse in mente..
Cosa avremmo trovato in quel luogo ormai chiuso da anni? 


Lo so, lo so.. Non è proprio tutta sta bellezza come capitolo..Però fidatevi dovevo scriverlo per forza xD 

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Capitolo 16
*** 37 giorni. ***


Finalmente il nuovo capitolo. xD

Mi avvicinai alla botola comparsa dopo aver inserito la chiave.
La curiosità ormai mi stava uccidendo e la voglia di conoscere quel luogo avvolto dal mistero non faceva che aumentare secondo dopo secondo.

<<Il ragazzo sta ancora dormendo?>> chiesi, abbassandomi ad osservare da vicino quello strano ingresso.
<<Si, Lo abbiamo steso sulla paglia..>>
<<Dylan vallo a prendere.. Dobbiamo sbrigarci.>>
Aprii piano quella specie di tombino e con agilità mi intrufolai all’interno. Appena misi piede su quel pavimento, una luce illuminò tutto il buio che fino a qualche istante prima mi aveva circondato. Rimasi ammaliata a fissare ciò che mi si era presentato davanti.
La stanza aveva in centro un bel divano bianco ricoperto da un telo di plastica e ai suoi piedi un soffice tappeto circolare dava un tocco di classe al ambiente.
I colori che più risaltavano agl’occhi erano il nero e il bianco, e con sorpresa, nonostante le prime apparenze, quelle tinte riuscivano a trasmettere calore e sicurezza.
Piano andai verso una porta posta a sinistra e incuriosita la spalancai.
Mi ritrovai in un ambiente completamente differente: la cucina.
I mobili e il soffitto erano fatti in legno e l’unica cosa moderna era un forno per cucinare.
Mi avvicinai al lavandino e con sorpresa notai che l’acqua scorreva tranquillamente.
Mi girai e con timore questa volta aprii un'altra porta.
Il resto di quella “casa sotterranea” erano camere da letto, singole e matrimoniali, sparse di qua e di la, da una parte all’altra di quei lunghi corridoi.
Tornai in soggiorno felice per quel posto che rappresentava una nuova speranza.
Dylan e Arisa erano scesi portando con loro il ragazzo ancora sporco di sangue e quando li guardai notai che sul loro viso vi era tanta sorpresa.

<< Dylan, vai a prendere dei tuoi vestiti, qualsiasi cosa.. Fai in fretta tra non molto sarà impossibile per noi riuscire ad entrare qui.>>
Lo vidi annuire e come se fossi un capo, mi ubbidì senza ribattere. Appena uscii chiusi silenziosamente la botola e con attenzione mi diressi verso il corpo stanco e ferito di quel poveretto.
Andai in cucina e bagnai delle pezze trovate nel cassetto della credenza e piano iniziai a medicarlo.
Era talmente magro che sentivo le sue costole e i capelli erano così sporchi da non riuscire a capirne il colore..  Pulii lentamente il suo volto. Aveva dei lineamenti molto delicati e il naso era leggermente a punta.
Gli fasciai il torace e con impazienza aspettai il ritorno di Dylan.

Bum Bum! Qualcuno bussava sul ingresso.

<<Lydia apri!>> Il suono della voce di Dylan mi fece tirare un sospiro di sollievo.
<<Idiota non ho chiuso!>> dissi chiaramente sfinita da quella nottata insonne.
<<Guarda che io non riesco ad entrare!>>
Sgranai gli’occhi. Come non riusciva ad entrare..?
Mi fiondai sulle scale e con forza spinsi per aprire quella botola, ma nonostante i miei ripetuti tentativi non riuscii a farla muovere.
<< Dylan Non riesco ad aprire!!>>
Mi voltai verso Arisa, nei suoi occhi leggevo molta preoccupazione e così continuai a spingere con tutta la forza che avevo in corpo, ma nulla.

<<Ly dov’è la chiave??!!>>
<<C’è l’ho io..>> dissi imbarazzata.
L’avevo presa per la paura che qualcuno potesse vederla ma non avrei mai pensato che non saremmo più riusciti ad aprire il tombino.
Piano scesi le scale e con un enorme tristezza nel cuore iniziai a rassegnarmi..


Eh quella?


Con immensa gioia notai che nel angolo del muro vi era un'altra serratura.
Inserii la chiave e silenziosamente la botola si aprii.
Dylan si fiondò dentro e mi abbracciò forte.
Il suo calore mi rese ancora più felice e sollevata.
 Richiusi l’ingresso.
<<Quanto abbiamo?>>
<<20 minuti.>>
Con passo deciso mi avvicinai al ragazzo steso sul divano e con delicatezza lo scossi.
<<Hei tu.. Hei..>> Sentii i suoi muscoli irrigidirsi e quando spalancò gl’occhi lo vidi alzarsi spaventato per poi ricadere come un sacco di patate sul divano..
<<Calmo!Calmo!>> dissi con voce dolce..<<Va tutto bene..>>
I suoi occhi di una tonalità castana e riflessi dorati, continuavano a guardarmi terrorizzati..
<<Chi.. Chi siete..?>> Chiese tremolante..
<<Siamo amici. Tranquillo..>>
Mi avvicinai piano a lui e cercando di fare un bel sorriso gli diedi i vestiti di Dylan.
<<Dove..sono?>>
<<Bhè ecco..>>
Gli spiegai tutta la situazione, e quando finalmente riuscii a fargli capire almeno le cose basilari notai che nel suo sguardo qualcosa era cambiato.
Ora era molto più tranquillo.
 
<<Come ti chiami?>> Domandai appena si mise la tuta che mio fratello gentilmente gli aveva prestato..
<<Damian.>>
Sorrisi.
<<Ok Damian, io sono Lydia. Lei è Arisa e lui è Dylan. Ora noi dobbiamo andare; tra pochi istanti tutti si sveglieranno e noi stando qui rischiamo molto. Verremo sta notte.. credo che tu sappia come funzionano le regole.>> Lo vidi annuire. <<Bene. Ti porteremo da mangiare promesso.>>

<<Avremmo modo per conoscerci..>> disse Arisa con un bel sorriso e senza dire nient’altro uscimmo da quel luogo.
Richiusi delicatamente il tombino e di corsa tornammo nelle nostre stanze.

 
___________________________________________________________________________________________________

<<Se qualcuno di voi ospiterà questo individuo non credo potrà rivedere la luce del sole. Quindi chiunque di voi è a conoscenza di qualche informazione farebbe meglio a rivelarmelo subito!>> L’insegnante era visibilmente nervosa.
In classe nemmeno una mosca osava volare. In tutta la scuola insegnanti e non, si erano mobilitati a controllare ogni singola stanza con la speranza di trovare Damian.
Io e i miei amici non smettemmo mai di guardaci preoccupati.
Stavamo rischiando molto ma ormai tornare indietro era impossibile.
<<Allora?? Qualcuno vuole dirmi qualcosa?>>
Quasi contemporaneamente tutti i ragazzi abbassarono lo sguardo con la speranza di non essere guardati..
<<Arisa tu hai qualcosa da dirmi?>>
La vidi alzarsi velocemente, e nei suoi occhi leggevo chiaramente tanto terrore.
<<N.. No professoressa.>>
Si risedette rigidamente sulla sedia e non alzò più lo sguardo dal foglio di carta posto sul suo banco.

La lezione finalmente finì, e con tranquillità ci dirigemmo verso la mensa.

<<Stai tranquilla, non posso prendersela con te.>> Dylan abbracciava teneramente Arisa, che nonostante cercasse di mostrarsi forte la paura le si vedeva chiara in faccia.
<<Smettila di fare la bambina.>> dissi brusca e seria. <<Tutti controllano le mosse di ogni studente, se ti dimostri debole ti prenderanno di mira. Pensa a quanto Damian ti sia grato piuttosto. Se hai paura dillo e non ti coinvolgeremo più. Ma se invece vuoi continuare smettila di tremare come una foglia!>>
<<Ly! Dovresti essere più gentile con…>>
<<No,ha ragione.>> disse lei rivolgendomi il suo sguardo ora molto più naturale <<Scusa.>>
<<Muoviamoci.>>
Entrammo in mensa con fare normale, e cercammo di comportarci come tutti gli altri studenti. Prendemmo la solita poltiglia immangiabile e ci sedemmo al tavolo meno affollato.

<<Come facciamo a procurarci del cibo?>>

<<Ci penso io.>> Dylan mi guardò con quei suoi bei occhioni familiari e fiduciosa nelle sue capacità gli diedi il consenso.

<<Signorina Fujioka.>> Mi voltai di scatto sorpresa da colei che mi ritrovai davanti.
<<Signora preside.>> Mi alzai con rispetto e abbassando il capo le feci un segno di saluto.
<<Devo controllare la sua stanza, vorrei che venisse con me.>>
Guardai gl’occhi dei miei amici, entrambi tremavano alla vista di quella donna così rivoltante.
<<Nessun problema>> dissi facendo un passo verso di lei. <<Sono contenta che il segno sul volto le sia scomparso.>>stuzzicai.
Un sorrisetto maligno comparve sul volto di quel mostro.
<<Già, l’ultima volta non ci siamo lasciate molto bene. Forse oggi potremmo rimediare.>>
Senza aggiungere altro si voltò e con la mano mi fece segno di seguirla.
Le sue parole mi avevano un po’ sorpresa, ma non mi demoralizzai. Non davanti ad Dylan e ad Arisa.
<<Non preoccupatevi, andrà tutto bene!>>Gli sorrisi e facendo un cenno con la mano seguii la preside.

Non impiegammo molto ad arrivare davanti alla mia stanza.
Aprii la porta e lei tranquillamente vi entrò dentro.

<<Qui non c’è nessuno..>> disse chiaramente delusa..
<<Già, cosa si aspettava?>>
<<Mmm? Nulla.>> Fece per andarsene, ma la bloccai.
<<Di Edward cosa mi dice invece?>>
Un sorriso soddisfatto comparì sul suo volto.
<<Come ti ho già detto sarà andato via.>>
<<Impossibile. Andare via da questo inferno è impossibile.>>
<<Inferno? Non ti piace la tua casa?>>
<<Questa non è casa mia!>> dissi con una nota di nervoso nella mia voce.
<<Invece ti sbagli.>>
<<Non cambi discorso!!!>> Alzai ancora di più la mia voce. <<Che cosa hai fatto ad Edward?>>
Il sorriso sulle sue labbra mi irritava maggiormente.
<<Hahaha. Ucciderlo è stato un piacere.>>

CRACK.

Il rumore del mio cuore spezzato risuonò nella stanza, anche se solo io riuscii a sentirlo.

<<Vuoi sapere com’è morto? Hahahaha.>>Vuoi sapere cos’ha detto prima che lo uccidessi?>>

Le mie ginocchia non mi ressero, e tremante caddi a terra.
Io, una speranza continuavo ad averla, eppure dopo quelle sue parole tutto il mio mondo crollò.

<<Co..cosa gli hai fatto..??>>
<<“Dì a Lydia che dev’essere sempre felice.” Sono state le sue ultime parole, che cosa romantica non credi?>>

Non risposi.
La mia paura più grande era stata definitivamente confermata.
Il mio amore, non c’era più.

La preside uscii dalla mia stanza e io sprofondai nel dolore più assoluto liberando il mare di lacrime formatesi sui miei occhi.

__________________________________________________________________________________________________

 
 L’oscurità non tardò ad arrivare. Dylan bussò puntualmente alla mia porta.
Mi alzai piano dal letto, e cercando di essere il più normale possibile gli aprii.

<<Per fortuna stai bene!>> disse lui visibilmente sollevato nel vedermi sana e salva.
<<Certo che sto bene!>> “Falsa.” Pensai.
<<Dobbiamo andare, sono riuscito a procurarmi da mangiare per Damian. Sono rimasto nascosto sotto i tavoli della mensa e quando la grassona della cuoca è uscita sono riuscito a prendere del pane e del formaggio. Poi ho anche un yogurt magro e dei grissini..>> disse imbarazzato..
<<Certo che per una persona che non mangia da chissà quanto potevi prendere anche qualcos’altro..>> sbuffai.
<<Scusa, e che non volevo far notare la mancanza di cibo..>>
<<Non in effetti hai fatto bene. Ora andiamo Arisa sarà già in scuderia.>>
Lo vidi annuire e con fare sospettoso riuscimmo ad uscire e ad raggiungere la mia amica.
<<Ari!!>> dissi correndo verso di lei.
<<Ly! Stai bene??! Grazie al cielo!>>
<<Certo!>> dissi sfoggiando un altro sorriso falso.

Inserii la chiave nella serratura ai piedi del grande albero e silenziosamente entrammo nella non più camera ma casa sotterranea.

<<Damian..?>> bisbigliò Dylan..

Da dietro la colonna portante comparve il volto di un ragazzo. Era biondo e i suoi capelli lunghi ricadevano soffici lungo le guancie.

<<Siete venuti..>> disse chiaramente spaventato..
Notai la sua tuta e realizzai che si trattasse di Damian.
Mi avvicinai a lui e gli porsi il poco cibo raccolto.
I suoi occhi azzurro pallido si illuminarono e con foga iniziarono a divorare completamente le pietanze.

<<Certo che siamo venuti.>> dissi sorridendogli. <<Ti sei riposato?>>
Lo vidi annuire. <<Bene.>>

Attendemmo che finisse di mangiare e poi tranquillamente ci sedemmo tutti sul divano.

<<Questo posto è davvero grande!>> esordì dopo poco.
<<Si, anche io l’ho notato!>>
<<Chissà quanta pazienza per costruirlo!>>
<<Già e per il progetto?!>>
<<Ohh.. Secondo me ci hanno speso tanto tempo!!>>

Iniziai ad irritarmi.
Sospirai sperando che la piantassero con quei discorsi superflui.

<<Ma che poi per far entrare i mobili?>>
<<Ottima domanda! Chis..>>
<<La volete piantare?!?!?!?>>
Scoppia in un istante. Quella giornata per me era stata terribilmente pesante, e loro cosa facevano? Parlavano del più del meno come se si trovassero al bar???
<<Ly, calma stavamo solo..>>
<<Stavate solo parlando di cazzate!>>
Le mie mani iniziavano già a sudare e la voce a tremare.
Stavo per scoppiare a piangere.. di nuovo..
Non riuscivo a dimenticare la conversazione con la preside e questo mi mandava in Tilt.
<<Sorellina cos’hai?>>
<<Nulla. Sono solo stanca.>>
<<Non è vero..>>

Sospirai..

<<Ho parlato con la preside.. E mi ha.. mi ha detto che.. Ha ucciso lei Edward.>>

In quel momento cadde il silenzio.

<<È possibile o forse...>>

Mi voltai a guardare Damian, cosa stava per dire?

<<Che cosa?>>
<<Da quando tempo è scomparso questo Edward?>>
<<Sarà quasi un mese, o forse un mese e qualcosa..>>
<< Sono 37 giorni che non c’è.>> dissi chiara e sicura.
<<Allora non può essere morto.. A meno che non sia molto fragile.. >>
<<Che cosa intendi dire?>>
<<Lui, era debole di salute?>>
<<No.>>
<<Allora è ancora vivo.>>

Il mio cuore riprese a battere,Edward è ancora vivo?
 
 
Ah boh. xD Non so se sia vivo, secondo voi?xD xD
Cmq, u.u Finalmente ho pubblicato il seguito, xD questa storia sta diventando difficile da scrivere xD è sta cosa mi piace *----* Cmq, Grazie ragazzi che mi seguite in questo modo e apprezzate il mio modo di mettere giù le idee che mi frullano in testa..xD Grazie davvero. <3 
p.s. Allora qui di seguito trovare le immagini riguardanti:
1) Il salotto sotteraneo xD 


2) La cucina. :)


3) Alcune camere della casa.
   

4) Un esempio di bagno sgrauso xD

 
xD ok, a me piace solo la cucina. xD Per il resto mi fa abbastanza schifo tutto xD però sotto terra non si può avere il massimo del lusso, no?O_O 

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Capitolo 17
*** Una platea buia. ***


u.u Nuovo capitolo. U.U 

<<Come fai a dire che è vivo..?>>
Damian prese un grande respiro.. è piano iniziò a raccontare.. a raccontare tutto dall’inizio.


<<Avevo 15 anni quando mi portarono in questo luogo infernale.
I miei genitori erano tossicodipendenti e molte volte, quando erano a corto di eroina, sfogavano la loro rabbia su di me.
Ricordo perfettamente quando un giorno mio padre rientrò a casa chiaramente nervoso. Era in astinenza di cocaina da quasi dieci ore e non avendo soldi per comprarla, esalò la sua rabbia su di me.
Ho ancora la cicatrice. Proprio qui, tra i miei capelli ci sono undici punti.
Mio padre mi fece sbattere contro il lavello della cucina e in preda alla sua ira cercò di affogarmi nell’acqua all’interno.
Ricordo ancora quei minuti terribili della mia vita, dove tra un movimento e l’altro cercavo di liberarmi dalla sua presa possente, così da poter riprendere fiato e ricominciare a respirare. Rimasi sott’acqua per un tempo a me infinito, ma quando finalmente allentò la presa riuscii a scappare.
Mi nascosi in camera e iniziai a piangere. Avevo solo 12 anni.. A quel tempo..


Circa due settimane dopo il mio quindicesimo compleanno a scuola arrivò un assistente sociale chiamato dall’insegnante di ginnastica.
Feci parecchi incontri, e quando ottenne la mia piena fiducia gli raccontai tutto..
In due giorni ero già in una casa famiglia per ragazzi con problemi.
Pensai che quel luogo non fosse per niente male, ma poi un dì, mi dovettero trasferire.
Mi portarono al Central House Family, è da lì iniziarono i miei veri incubi.

Notai da subito, le regole ferree e la sottomissione di ogni singolo ragazzo agl’insegnanti e alla preside, il poco rispetto che si teneva nei nostri confronti, e l’egoismo di ogni studente che pensava solo al proprio fondoschiena.
Nonostante tutto vissi i primi 7 mesi molto tranquillamente; rispettavo le regole e mi facevo forza..
Un giorno però incontrai la preside e per un’assurda ragione lei mise i suoi occhi su di me.

“E tu biondino come ti chiami?”
“Damian signora..”
“Che bel nome.”

Da quel momento in poi passavo più tempo in sua compagnia che nella mia stanza.
Le piacevano i miei capelli e i miei occhi. Me lo ripeteva moltissime volte.

“Come sei carino.”
Una sera mi portò nel suo appartamento, e ignorando completamente le nostra differenza di età mi minacciò. Disse chiaramente che se non avessi fatto le cose che mi chiedeva mi avrebbe punito severamente.
Ero a conoscenza di ciò che succedeva a chi disubbidiva, così mi sottomisi alla sua volontà.
Da quel istante divenni il suo giocattolino personale e io non potei che assecondare le sue richieste.

Devo dire che mi ci abituai in fretta, era meglio essere il suo schiavo che essere trattato come qualsiasi altro studente. Potevo tranquillamente saltare le lezioni, mangiare buon cibo e tutto senza essere punito.
Molti ragazzi iniziarono ad invidiarmi, e pian piano tutti si allontanarono da me.
Tutti tranne Sofy.
Sofy era la mia unica amica, la mia forza, e credo anche che era l’unica persona che ero riuscito ad amare.
Già forse, l’amavo.
Cominciai a tenere molto a lei così, cercai di distaccarmi sempre più dalla preside sperando che mi lasciasse in pace.
Purtroppo ottenni l’effetto contrario.

Sofy un giorno scomparve. Provai a cercarla in tutto l’istituto ma non la trovai, così corsi verso l'ufficio della preside in preda alla disperazione.
Mi ricordo ancora la nostra conversazione.


“Signora, Sofy è scomparsa.. Io.. Io non riesco a trovarla..”
“A me cosa interessa?”
“Ma.. lei è una residente, è sotto la sua responsabilità..”
“Hahaha. Ma pensi che mi possa interessare la sua vita?”


Quelle parole tutt’ora risuonano nella mia mente, e in quel momento guardando i suoi occhi capii che nella scomparsa della mia amica, lei era la responsabile.

“Voi.. Voi centrate in questa..storia?”
Ricordo il suo ghigno malefico e il suo volto soddisfatto.
“Toglitela dalla testa. Lei tra non molto non ci sarà più.”

Le urlai contro e cercai di capire dove l’avesse portata, cosa le fosso successo.. Dopo poco si irritò e mi trascinò dalla sua stanza verso una porta che non avevo mai notato.

“Vuoi vedere dov’è? Ora vedrai!”

Mi tirò lungo un immenso corridoio, e poco dopo comparì una camera.
Tutta la platea era buia, e solo il centro era illuminato.
Ed è proprio in quel punto, che Sofy giaceva.
Il suo corpo era immobile steso per terra, in quella specie di gabbia.
Gli spettatori nascosti nel buio si lamentavano per una perdita di soldi, ma a momento non capii.
Iniziai a correre e la raggiunsi.
Il suo corpo era stato praticamente mutilato, ma nonostante la grande perdita di sangue era ancora viva.

“Sofy.. Sofy..!”
Sputò sangue. Lo ricordo bene, così rosso e intenso..
“Sofy non mi lasciare ti prego!!”
“Damian… Sei.. sei tu?”
“Si sono io. Sono qui.. Non andartene ti prego..”

La sua mano tremante si sollevò e con fatica raggiunse il mio volto.
Una lacrima le bagnò la guancia e tra un rigurgito di sangue e l’altro chiuse gl’occhi.
Non li riaprì più. La tenni stretta per lungo tempo, finche un uomo non me la portò via.

Da quel preciso istante, la mia vita cambiò radicalmente.
Il mio unico scopo era vendicare la sua morte.

Con rammarico vi dico, che ho raggiunto quello scopo. Poche settimane fa ho scoperto chi l’aveva ridotta in quello stato, e mescolando le carte e i suoi documenti l’ho mandato contro una morte sicura. Vedete, in quell’enorme stanza, i ragazzi che scompaiono sono costretti a combattere. Ogni giorno sono sottoposti a continui allenamenti e chi cede viene ucciso all’istante.
Io, fino a poco tempo fa, gestivo gl’incontri.. Decidevo chi doveva combattere, e chi doveva vivere. Sapevo, in base a delle statistiche e a degl’esami che gli facevo svolgere giornalmente chi avrebbe vinto… Io.. Io ho mandato molte persone contro una morte certa.. Ma, quando ho raggiunto il mio obbiettivo ho iniziato a rifiutarmi, ed è per questo che mi avete trovato in quella stanza.
Volevano rimandarmi sulla retta via, ma io.. io.. Io non ne potevo più.
>>

Damian finii il suo racconto, e nella stanza non vi era più un suono.
Vidi mio fratello chiaramente sconvolto da quelle parole, e Arisa in lacrime non osava nemmeno guardarlo.

<<Come, come hai potuto aiutare quella vipera in questo sporco lavoro??>> chiesi amareggiata  e scossa.
<<Io, io volevo solo trovare il colpevole che mi aveva portato via l’unica persona per me veramente importante..>>
<<Facendo ammazzare altra gente??>>

Lo vidi alzarsi e perdere ulteriormente il controllo.

<<Lei era la persona che amavo!! Tu non lo avresti fatto?? Non avresti voluto vendicare la sua morte?>>

Quelle domande mi azzittirono.
Io lo avrei fatto eccome.
Avrei trovato il colpevole a qualsiasi costo..

<<Lo avremmo fatto tutti.>>
Dylan ruppe quel silenzio e io lo ringraziai dal più profondo del cuore.

<<Ora, vorrei chiederti una cosa..>>
<<Dimmi tutto..>>
<<Perché hai affermato che Edward potrebbe essere vivo?>>
Il suo sguardo si abbassò.
<<Perché la sua cartella aveva degl’ottimi punteggi.>>
<<Che cosa?? Lui ora sta vivendo quel inferno??>>
Lo vidi annuire e privo di coraggio non mi guardò più.
<<Devo aiutarlo! Dimmi.. Dimmi come si raggiunge quella stanza!!>>
Mi avvicinai a lui violentemente e senza riguardi per le sue ferite iniziai a scuoterlo. <<Dimmelo!!Dimmeloo!!>>
Dylan accorse immediatamente e mi strattonò per farmi tornare in me. <<Ly!Calmati!>>
<<Quella stanza non si può raggiungere..>>
<<Perché?>>
<<Gli ingressi sono al di fuori dello stabilimento, e sono tutti segreti. Solo chi frequenta e scommette sulla vita dei partecipanti riesce a trovare quell'entrate. L’ingresso usato dalla preside è controllato da allarmi e videocamere a circolo privato. Nessuno può entrare. Nessuno.>>

Lo guardai negl’occhi, e capii che quella purtroppo era la dura verità.
Uscii da quel salotto in preda alla rabbia e all’amarezza di quella nuova scoperta.
La preside era una vera malata, e io in qualche modo l’avrei fermata.

Camminai lungo i corridoi e tra una svolta e l’altra raggiunsi una stanza di legno. Cercai di aprirla, ma con rammarico era chiusa a chiave.
Mi voltai per andare altrove ma poi un lampo di genio mi colpì.
Presi la chiave che apriva l’ingresso e con cautela la inserii nella serratura.

CLICK.

La porta cigolò e piano si aprii.
Accesi la luce ma notai che era fioca.
Era una stanza molto piccola e priva di mobili.
Che motiva c’era di chiuderla a chiave?
Piano entrai in quella stanza finche non sentì un urlo di dolore proveniente dalla parete. Mi avvicinai con cautela e notai un piccolo foro su di essa.
Con cautela appoggiai il mio viso sul muro e con orrore mi pietrificai.
Quella stanza mostrava ciò che avveniva nella stanza delle torture.

Piano andai verso i miei amici e balbettando mi feci seguire.
<<Chi.. chi è?>>
<< Si chiama Patrick. È stato portato in quel luogo circa tre mesi fa.. A quanto mi ricordo dagl’appunti che avevo preso su di lui, si è rifiutato di uccidere una ragazza a fine round.. Credo che fosse sua sorella.. Non ho capito bene.. Ma so per certo che la sua punizione era programmata per oggi.>>

Patrick, smise di urlare.
Mi avvicinai con orrore a quel piccolo foro, e con disgusto vidi  il suo corpo privo di sensi.
Feci uscire tutti e senza dire una parola raggiunsi la cucina.

<<Ly, non possia..>>
<<Questo lo dici tu Arisa. Forse tu non potrai fare niente. Forse Dylan non potrà fare niente.. Ma.. Insieme, possiamo fare tutto.>> Strinsi i pugni e con convinzione dissi. <<Noi fermeremo tutto questo schifo.>>
<<Io sono con te.>>
<<Anche io.>>
<<Contate su di me.>>
Ci guardammo con occhi convinti.
La preside c’è l’avrebbe pagata. 



Fine. O_O xD volevo fare questo capitolo MOLTO più corto.. xD Volevo solo raccontare il ruolo di Damian.. ._. Però mi sono divulgata un po' troppo ._." 

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Capitolo 18
*** Peggio della preside. ***


Capitolo 18. :O Mamma mia che FATICA. :O

Mi svegliai stanca morta nella mia stanza. Ormai quella camera mi suscitava malinconia e tristezza.
Edward mancava da molto tempo, e con i miei amici non eravamo ancora giunti a una soluzione.
Da otto giorni Patrick veniva continuamente portato nella stanza delle torture e nonostante i vari sforzi non riuscivamo ad aiutarlo in alcun modo.
Il giorno dopo averlo visto appeso a quelle catene avevamo cercato di entrare nella stanza ma nonostante i nostri intenti l’omone non si spostava mai dalla porta. Da quando avevo portato via Damian la sicurezza era diventata molto più alta, e aggirarsi la notte nell’edificio era sempre più difficile e complesso.  

<<Dobbiamo trovare una soluzione!!>> disse Arisa in preda all’ira. Da quando aveva saputo le atrocità che si svolgevano in quella remota e sconosciuta stanza della scuola, era diventata molto più determinata.
<<Si, ma io non so come fare..>> Abbassai lo sguardo..
I miei amici contavano tutti su di me, ma io ero una ragazza come tutte le altre.
<<Lydia, vuoi lasciare Patrick in balia di quei mostri?>>
<<Non ho detto questo!! Noi lo salveremo.. E solo che non ho..idee..>>
Cosa potrei fare?
Entrare in quel corridoio vorrebbe dichiarare spudoratamente che siamo noi i colpevoli per la scomparsa di Damian, ma non entrarci vorrebbe dire che stiamo abbandonando un ragazzo al suo terribile destino..
Non so cosa fare.. Non lo so proprio.. Qualcuno mi aiuti..

<<Lasciala respirare! Gli verrà sicuramente un’idea! E comunque Arisa anche tu potresti aiutarci invece di parlare a vanvera!>> Dylan fu schietto e deciso e nei suoi occhi la dolcezza che possedeva di solito era scomparsa..
Tra di loro era certamente successo qualcosa..

<<Si vabbhè! Vado in classe, sbrigatevi che tra poco iniziano le lezioni.!>>
La vidi alzarsi dal tavolo della mensa sbuffando e prendendo i suoi quaderni, uscii sventolando i suoi boccoli.

<<Ma.. Cosa sta succedendo tra di voi? Prima vi vedevo andare così d’accordo..>> dissi a bassa voce..
<<Ma che ne so! Quella ragazza è isterica! Nemmeno lei sa cosa vuole!>> mi rispose nervoso mentre ingoiava a forza quella pappetta verdognola che si ritrovava nella scodella.

Rimasi in silenzio. Avrei voluto chiedergli di più, ma lo vedevo troppo agitato..
Finimmo di “mangiare” e con velocità entrammo in classe.
Anche quella mattina i professori ci fecero le solite minacce.
Chiunque di voi nasconda questo ragazzo, pagherà le conseguenze a caro prezzo!”

Dylan fu interrogato in latino, e come al solito fu mandato al posto dopo due domande.
Io e lui, nonostante a suo dire fossimo fratello e sorella, eravamo caratterialmente molto diversi.
La sua voglia di studiare e approfondire qualsiasi cosa veniva spiegata o detta mi faceva venire il volta stomaco.
Io lo studio non lo amavo minimamente, preferivo di gran lunga le attività di gruppo.
A scuola, nella mia vecchia vita, adoravo passare le ore di scuola a fare lavori insieme ai miei compagni.
C’era una collaborazione enorme, e i risultati erano sempre ottimi.
Un pensiero mi attraversò la testa. Era proprio di quello che avevamo bisogno.
COLLABORAZIONE.

Finite le ore di scuola presi Arisa per mano ed escludendo Dylan dalla nostra conversazione iniziai a chiedergli determinate cose.

<<Si può sapere cosa vi succede?Come mai avete litigato?>>
<<Bah, chiedilo a lui! È un bambino! Un bambino geloso e possessivo!>> disse sbuffando in preda alla rabbia.
La sua faccia era chiaramente stremata e la sua mano tremava. L’unica cosa che le mancava era una bella sigaretta in bocca.. Ma per fortuna in quel luogo le sigarette venivano vietate.

<<Puoi spiegarti meglio? È geloso di cosa?>>
<<Di.. di Damian.>>

Sgranai gl’occhi.
Mio fratello era proprio un idiota. Le toccai leggermente la spalla e la salutai con un bel sorriso.
A passo svelto raggiungi Dylan, che come al solito era seduto in quella stra maledetta mensa.
Ormai passava il tempo libero chiuso in quello schifo.

<<Eccoti! Finalmente ti ho trovato!>> Dissi raggiungendolo con uno sguardo adirato.
<<Cosa c’è Ly? Hai trovato una soluzione a quel problema?>>
<<No, ma ho trovato una soluzione al Tuo di Problema.>>
Lo vidi abbassare gli occhi e iniziare a perdersi altrove.
In queste situazioni assomigliava moltissimo alla mamma.
Anche lei quando sapeva di aver sbagliato, o di aver fatto una cavolata, abbassava il suo volto per perdersi nei suoi pensieri.
Mi avvicinai a lui, e con fare deciso lo spintonai.

<<Ma sei scema!?>> sobbalzò lui reggendosi alla sedia.
<<Te lo meritavi!>> dissi incrociando le braccia al petto. <<Solo un neonato non capirebbe che la tua gelosia verso Damian è da idioti!>>
<<Ma tu che ne sai?! Sono io che li vedo scambiarsi sorrisini e sguardi di continuo!! Ogni sera..>> si bloccò di colpo e mi si avvicinò per non dover urlare.. <<Ogni sera si guardano come se volessero mangiarsi a vicenda!>> concluse infine un po’ impacciato.
<<Dylan, caro..>> gli passai una mano sul viso <<Non c’è niente tra di loro. Davvero. Io Arisa la conosco ormai, e posso assicurarti che ha occhi solo per te.. E che tu sei così stupido da non accorgertene..>>
  Il suo volto cambiò, e in un istante lo vidi rilassarsi. Si morse il labbro inferiore, e sorridendomi se ne andò, lasciandomi sola in quella puzzolente mensa.
Il primo passo era stato fatto.
Dovevo creare una squadra unita e collaborativa.
Speravo solo che mio fratello sarebbe riuscito a risolvere quel malinteso con Arisa.

 
I lavori del pomeriggio passarono in fretta e la sera non impiegò molto ad arrivare.
Come al solito raggiunsi la scuderia prima degl’altri e con fretta inserii la chiave che portavo sempre con attenzione al mio collo.
<<Ciao Damian!>>
<<FINALMENTE!>> mi raggiunse con grande velocità e senza dire nulla mi prese il polso. <<Seguimi!>>
Mi condusse lungo il solito corridoio. Ci fermammo davanti alla camera che ci permetteva di vedere ciò che accadeva nella stanza delle torture.
<<Cos’è accaduto?>> chiesi preoccupata.
<<Non puoi capire! Ho.. Ho trovato un passaggio!>>
Silenziosamente entrò in quel piccolo stanzino e controllando accuratamente che la stanza dall’altra parte fosse libera mi mostrò una piccola maniglia, nascosta accuratamente nel angolo della camera.
Abbassò cautamente la leva e con assoluto stupore comparve una porta.
Anch’essa come tutte le altre porte di quello strano rifugio sotterraneo, poteva essere aperta con la chiave che portavo accuratamente sul collo.
<<Ma tutto ciò è fantastico!!>> dissi sobbalzando dalla felicità!
Abbassai nuovamente la maglia, e raggiunsi immediatamente il salone.
Entrai nella stanza con immensa frenesia, interrompendo però un momento assai intimo.
Vicino alle scale vi erano Dylan e Arisa.
Si baciavano appassionatamente contro il muro e mio fratello non esitava a frugare tra la sua maglia.
A quanto pare avevano chiarito.

<< EHM EHM! SCUSATE!>> dissi antipaticamente. Si staccarono immediatamente, e su entrambi i volti vidi formarsi del rossore. << Muovetevi piccioncini! Abbiamo delle novità!>>
Entrambi mi seguirono velocemente, e lungo il tragitto gli spiegai le novità.

<<Ora finalmente potremmo aiutare quel ragazzo!!>> disse Arisa gioiosa
<<Purtroppo non sarà così facile..>>
<<Perché?>>
Tutti guardammo stupidi Damian..
Che cosa intendeva?
<<Immaginatevi la scena. La stanza è vuota, uno di noi entra e proprio mentre stiamo liberando Patrick entra qualcuno. Magari l’omaccione che è alla guardia all’ingresso.. Come glielo spiegate che siete riusciti ad entrare?>>
Questo ragazzo era un genio.
Il suo ragionamento purtroppo, non faceva una piega.

<<Ok. Io distrarrò l’omone fuori.. Voi porterete dentro Patrick..>>
Sgranai gl’occhi.
<<Dylan ma cosa ti salta in testa??? Verremmo scoperti lo stesso!!>> mi affrettai a dire.
Non avrei mai permesso a mio fratello di correre un simile rischio.
Mai e poi mai.

 <<Sorellina, ti ho già detto che lo farò io. Io sono veloce, e non mi farò prendere da quel ciccione.. coprirò il volto e poi mi nasconderò da qualche parte..>>
<<Ma.. Ma..>>
<<Tu e Arisa siete troppo lente, e Damian è ancora troppo debole per poter sfuggire a quel tipo. Questa è una cosa che devo fare.>> mi si avvicinò lento e con dolcezza mi abbracciò.. <<Siamo d’accordo?>> mi sussurrò gentile.
<<Ti avverto ragazzo! Se ti fai prendere vengo a liberarti, per poi prenderti a calci! Chiaro?!>> dissi stritolandolo in un abbraccio.
Non volevo che corresse questo pericolo, ma se desideravamo aiutare anche gli altri, dovevamo rischiare.
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L’ora fatidica arrivò presto.
Patrick fu lasciato solo nella stanza delle torture verso le tre di notte, ed era arrivato il momento di agire.
Dylan ci salutò con un bellissimo sorriso, e incappucciato uscii dal tombino.
Tra cinque minuti sarei dovuta entrare in quella camera e liberare Patrick.
Inserii piano la chiave nella serratura, e aprendo piano quella misteriosa porta, sentii in lontananza una voce: “Chi va la?!”

Dylan era stato visto.

Entrai velocemente in quel lugubre luogo e trovando le chiavi nel cassetto della scrivania liberai Patrick.
Il suo corpo era completamente ricoperto di ferite, ma ormai non mi stupivo di nulla.
Trascinai con forza il ragazzo nel nascondiglio e velocemente richiusi la porta abbassando la maniglia.
Damian mi aiutò a portarlo in una camera da letto e appena appoggiato iniziai a correre insieme ad Arisa verso l’uscita.
Tra non molto sarebbe scattato l’allarme e per nessuna ragione al mondo avrebbero dovuto trovare le nostre stanze vuote.
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Mi sveglia nel mio letto con un dolore lancinante al collo.
In tutta la scuola, la confusione regnava sovrana.
Mi alzai lentamente e controvoglia mi vestii.
Raggiunsi la mensa e con un grande sollievo seduti al solito tavolo vi erano Arisa e mio fratello.

<<Per fortuna stai bene!>> dissi abbracciandolo forte.
<<Certo! Non volevo rischiare di essere preso a calci da te!>> disse ridendo chiassosamente.
<<Che scemo!>>
Dylan mi raccontò della faccia sorpresa che aveva fatto l’omone nel vedere qualcuno aggirarsi a quella tarda ora, mi spiegò di come stava per essere sorpreso da un guardiano notturno, e di come Arisa fosse contenta di vederlo.
Sorrisi per tutto il suo discorso e lentamente ci dirigemmo verso la nostra classe.
Chissà cosa avrebbero detto quella mattina gl’insegnanti.
Tremavo al solo pensiero.

Entrammo titubanti in classe e con sorpresa mi ritrovai la preside seduta alla cattedra.
Ci sedemmo ai nostri posti e silenziosamente aspettammo un suo discorso.
I minuti passavano ma lei sembrava non voler parlare, finchè..
<<Oggi è scomparso un altro ragazzo. Qualcuno di voi ne sa niente?>>
Silenzio.
<<Immaginavo.>> disse nervosa <<Bene. Buona giornata.>>
Si alzò di fretta e nel richiudere la porta mi fulminò con lo sguardo.
Quella donna mi odiava, ma la cosa era reciproca.
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<<Come sta Patrick?>> chiesi una volta raggiunto Damian nel nascondiglio sotterraneo.
<<Molto meglio, e riuscito a mangiare qualcosa per fortuna..>>
<<Ne sono felice.. Ed è sveglio?>>

Lo vidi annuire.
Mi accompagnò con gentilezza nella stanza in cui riposava.

<<Patrick?>>
Un ragazzo dai lineamenti marcati alzo il suo sguardo di ghiaccio.
Aveva gli occhi molto simili a quelli di Edward.
Freddi e lontani.
I suoi capelli erano talmente lunghi da toccargli le spalle e le sue labbra erano carnose.
Due labbra piene di un colore rosso.


<<Saresti tu la mia salvatrice?>> chiese con un tone di voce caldo.
Caldo e sensuale.
<<Salvatrice è esagerato..>> dissi arrossendo..
<<Ti ringrazio. Senza il tuo aiuto, sarei ancora appeso a quelle catene..>>
I suoi occhi si posarono sui suoi polsi feriti.
Mi avvicinai cautamente e gli accarezzai le mani.
<<Non ci pensare.. Ora sei qui.. E sei salvo..>>
<< Io si.. ma..>>
<<Ma?>>
<<Ma mia sorella…?>>  
<<Libereremo anche lei..>>
Dissi stringendogli maggiormente la mano.
I suoi occhi per un momento si riscaldarono, ma non impiegarono molto a tornare glaciali.
Quel ragazzo assomigliava così tanto ad Edward..

<<C’è anche una novità..>> Damin si mise in mezzo bloccando i miei pensieri..
<<Quale?>> chiesi sorpresa..
<<Patrick ha conosciuto Edward. È vivo.>>
Mi voltai immediatamente verso il ragazzo steso sul letto e nel vederlo annuire il mio cuore sussultò.

<<Gli ho parlato l’altro giorno..>>
<<E cosa ti ha detto? Come sta??>> chiesi in preda alla curiosità.
<<Non molto, solo che era il mio turno..>>
<<Il tuo turno?>>

Patrick deglutii leggermente e mi strinse la mano..

<<Lydia, devo dirti una cosa..>>
<<Parla.>>
<<Ecco all’inizio Edward era gentile e cercava di aiutarci a sopravvivere alle prove che dovevamo svolgere ogni giorno.. Ma ultimamente è cambiato…  È diventato peggio della preside stessa..>>
Abbassò lo sguardo e iniziò a guardare le sue ferite.. perdendosi in esse..

<<Ma cosa stai dicendo!!>> dissi liberandomi dalla sua mano e alzandomi in piedi <<Il mio Edward è una persona buona! Mi ha sempre aiutata! Sempre!>>    
Damian mi avvolse in un tenero abbraccio e piano mi sussurrò di stare calma.
Mi avvinghiai alla sua camicia e iniziai a piangere.
Il mio Edward peggio della preside??
Cosa stava dicendo questo tizio?


....



Fine capitolo.
ODDIO CHE FATICA. XD
Cmq, u.u per le spasimanti di Edward, tadan qualche notizia in più è arrivata per voi! :D
Mi dispiace solo che non sia proprio una notizia.. bella. xD
Vabbhè, xD hahahxD Aspetto vostre notizie!!:D e vostri commenti! Un bacione Aly!:)

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Capitolo 19
*** Capo. ***


Mi sdrai nel letto e tra paure e inquietudini chiusi i miei occhi.
Quel Patrick non poteva aver detto la verità.  
Io mi rifiutavo di credergli.
Il mio Edward era una persona buona e gentile e sicuramente non avrebbe mai fatto del male a nessuno.

Durante la notte feci uno strano sogno…
“<<Salvaci..Salvaci..Ti prego..Ti prego..>>
Era una camera buia e tetra e non riuscivo nemmeno a vedermi le mani. In tutta la stanza solo dei lamenti lontani riecheggiavano nell’aria gelata.
<<Chi siete?>>
<<Salvaci ti prego..>>
<<Da cosa?? Dove siete?>> urlavo disperatamente avanzando di qualche passo in quel nero carbone che mi circondava..
<<Da loro.. Loro.. Aiuto! Ti prego.. Ti prego.. Cercala.. la.. cerca.. la..stanza..cercala..>>


Mi risvegliai ricoperta dal sudore tra le lenzuola rosee della mia camera.
Cosa significava quel sogno?
Con il volto tra le mani iniziai a fare un sacco di ragionamenti e alla fine solo una soluzione mi comparì in mente..
Che fosse stato un sogno premonitore?
Mi alzai velocemente dal letto e piano uscii da quelle quattro mura.
  Erano le 3.37 del mattino e senza una meta precisa iniziai a girovagare per la scuola.
Quale porta dovevo cercare..? E dove?
Continuai a camminare per i corridoi di quel maledetto luogo, e senza accorgermene mi ritrovai davanti alla stanza della preside.
Dall’interno sentivo provenire delle voci, ma nonostante cercassi di capirle non ci riusci...
Aprii piano la porta e con cautela mi infiltrai all’interno.
Percorsi lentamente l’ingresso e celandomi nel buio che aleggiava nella stanza mi accasciai in un angolo. Davanti a me vi erano tre persone.
Tre persone mai viste prima, nascoste da un cappuccio rosso.

<<Vi ho detto che non possiamo fare altrimenti.>> parlava la preside con un volto preoccupato.
<<Sono scomparsi dei ragazzi! Tutto il corpo della polizia sarebbe nei guai se si venisse a sapere cosa succede qui dentro!Noi siamo coinvolti quanto lei!>> Diceva un uomo piuttosto robusto.
<<Solo voi?? Io rappresento tutti gli scommettitori.. Se venissero fuori i nostri nomi come potremmo sfuggire alla galera??>> sosteneva un’altra figura a me misteriosa..
<<Vi prego di calmarvi.. Farò il possibile..>>
<<Non è abbastanza.>> La voce proveniva dall’unica persona che era rimasta in silenzio. <<Deve assolutamente trovare quei due ragazzi!>>
<<Li.. Li troverò.>> concluse frettolosa la preside.
Poi chinando il capo fece uno strano gesto con la mano sinistra, e quasi contemporaneamente tutti entrarono in una porta abbastanza nascosta.
<<Salvaci da loro..>>
Indietreggiai cautamente e senza mai voltarmi tornai nella mia stanza.
La polizia era coinvolta in tutto quello che ci accadeva? Cosa stava succedendo? Cosa significavano quelle parole?
Tremante raggiunsi le coperte e con mille dubbi che mi attraversavano la testa, aspettai il suono della mia sveglia.

_____________________________________________________________________________________________________________

<<Ly lo sai che se tutto ciò è vero.. La nostra situazione è peggiorata..vero?>> Mio fratello mi guardava con occhi perplessi.  
<<Lo so.. Ma purtroppo è la verità.. Anche se in qualche modo fuggiamo da qui.. Non ci sarebbe nessuno pronto ad aiutarci.. Nessuno..>> dissi senza alzare il volto. Mi sentivo confusa e spaesata.
<<Dobbiamo parlarne con Damian.. Lui sicuramente saprà consigliarci..>>
Annui debolmente e senza aggiungere altro mi alzai dal tavolino.
Quella giornata era stata terribilmente pesante. La professoressa di italiano ci aveva fatto svolgere una complessa verifica sull’Inferno di Dante e purtroppo sentivo di non essere riuscita a raggiungere la sufficienza. Ultimamente lo studio era passato completamente in secondo piano e tra la casa sotterranea e la scomparsa di Edward non avevo mai tempo per aprire libro. Fortunatamente Damian mi aveva passato qualche risposta..
Ai lavori delle tre c’era stata molta confusione. Un ragazzo era caduto dalle scale rompendosi una gamba, e i professori erano scoppiati in urla e imprecazioni. Persino il professore di religione, ignorando la figura cristiana che rappresentava agli occhi degli studenti, aveva iniziato a bestemmiare.
Fui disgustata da quella patetica scena. I professori si accanirono con quel povero disgraziato, e tra urla e grida lo portarono via.
Da quel momento scomparve.

______________________________________________________________________________________________________

<<Ciao..>> Patrick non osava guardarmi. Dopo avermi raccontato di Edward, cercava di non rivolgermi la parola.
<<Ciao.>> dissi forse, troppo scontrosamente.. <<Damian?>> chiesi accarezzando il bracciolo del divano..
<<Stavate parlando di me??>> Damian spuntò all’improvviso, e sul volto aveva un tenero sorriso.
<<Scemo,>> disse Arisa guardandolo con occhi esageratamente dolci.
Mio fratello se ne accorse subito, e con fare deciso la attirò a se.
Dalla sua espressione si capiva chiaramente che avesse paura di vedersi portar via Arisa.

Raccontai a Damian e a Patrick tutto quello che avevo visto e sentito nella camera della preside, ma con sorpresa non notai stupore sui loro volti.

<<Voi non lo sapevate?>>
<<No..>>disse Dylan con un tono di voce rauco e basso.
<<La questione è semplice. Il padre della preside è in politica.. Ha molti soldi e molte conoscenze, e rigira tutti con delle parole banali. Lui ha sempre viziato la figlia, anche dopo aver saputo dei desideri macabri che aveva. Possiamo affermare che noi siamo dei pupazzi in mano a quella psicopatica, che soddisfano i suoi pensieri raccapriccianti con la morte.>>
Quando Damian finì di parlare, nessuno osò aprir bocca.
Tutto ciò che aveva detto, era assolutamente vero.

<<E ora..che si fa?>> domandai dopo un tempo che pareva infinito..
<<Innanzitutto dobbiamo salvare più persone possibili.. Questa è la nostra priorità assoluta.>>
<<Compresa mia sorella..>> disse Patrick alzando piano lo sguardo su di me..
<<Tranquillo, faremo di tutto...>> risposi cercando di confortarlo.

Iaaaa!!

Un urlo spiazzò la nostra conversazione.
Quasi sincronizzati ci alzammo tutti, e velocemente andammo verso il piccolo sgabuzzino in grado di metterci a contatto con la stanza delle torture.

<<Chi è?>> chiesi freneticamente mentre con orrore guardavo attraverso il piccolo foro sulla parete.
<<È..è.. mia sorella..>>
Tutti ci voltammo a guardare Patrick, e senza pensare a nulla mi avvicinai a lui.
Lo strinsi forte a me e sentendo le sue lacrime bagnarmi il collo provai tanta tristezza.
Mi si aggrappò e chiudendo gl’occhi cercò di nascondere i suoi singhiozzi.
Le urla della povera sorella lo facevano tremare, e io non potetti che provare a stargli vicino.
<<Vieni..>> Lo alzai delicatamente e piano lo portai nella sua stanza, lontano da quelle grida disperate.
I suoi occhi color ghiaccio diventarono ancora più gelidi e si persero nel vuoto.
Le mani continuavano a tremargli e lungo le sue guancia delle lacrime scivolavano veloci.
<<Noi la salveremo..>> dissi riabbracciandolo. <<Te lo prometto.. Farò di tutto..>>

 
<<Lydia muoviti!!>> Damian era apparso sulla porta, con un evidente terrore sul volto. <<Tu, Patrick.. Rimani qui.>>
Iniziai a correre verso il piccolo sgabuzzino e appoggiandomi alla parete, vidi qualcosa di assolutamente immaginabile. Le gambe mi iniziarono a tremare, e velocemente le lacrime iniziarono a scendere.

Lui era li.
Con i suoi capelli di un nero notte.
Con la sua corporatura slanciata e le sue spalle possenti.
Con la sua carnagione bianca come il latte.
Con i suo 190centimetri di altezza.
Con la sua accecante bellezza.
Con le sue morbide labbra.
Con i suoi occhi celesti. Freddi. Lontani.
Edward.
Deglutì velocemente, e proprio sul punto di urlare il suo nome, Dylan mi tappò la bocca.
Stavo per commettere l’errore più grande della mia vita.
Con lo sguardo mio fratello mi spronò a continuare a guardare, e soprattutto a sentire...

<<Due giorni e credo che morirà.>> Disse il mio amato con un frustino(?) in mano. <<O forse la uccido adesso..>> Continuò a parlare con un sorriso maligno sul volto.
L’uomo affianco a lui era la guardia che portava i ragazzi in quell’orribile stanza. <<Vuoi ucciderla adesso capo?>> Capo?
<<Mmm.. No.. Lasciamola soffrire per un altro po’.. Infondo merita di vivere per qualche altro giorno.. Ci è stata così utile con quei clienti..>> disse ridendo chiassosamente..
<<È stato un bene che quel poveraccio di suo fratello sia stato ucciso..>>
Patrick ucciso? Da quando girava quella voce?
<<Concordo.. Almeno ho potuto giocare con il corpo di questa ragazza per tutto il tempo che volevo..>> rispose Edward con un enorme malizia nella voce.
Si avvicinò alla sorella di Patrick e contro ogni mia previsione la baciò.
Un bacio violento, senza sentimento, senza affettività.. Le accarezzò la guancia e senza delicatezza gli lasciò cadere il volto.
Quello non poteva essere lui.

Sentii un lamento provenire dal povero corpo di quella ragazza che con la poca forza rimastale in corpo sussurrò una piccola e semplice frase..
<<Mi fai schifo.>>
Come risposta ebbe un rumoroso ceffone in pieno viso.
<<Zitta troia.>>
Cosa stava succedendo?
Quello.. non poteva essere Edward.
Non poteva essere veramente lui..

_________________________________________________________________________________________________________

<<Cos'è successo a mia sorella?>> disse Patrick nel rivederci entrare nella sua camera..
<<Stai tranquillo..>> disse Arisa in maniera dolce.. Ma questa volta mio fratello non disse e non fece nulla.

<<Lydia?!>>
Lo guardai con occhi spenti. Non riuscivo a dire nulla.. Infondo cosa avrei potuto dire?
<<Patrick lasciala stare..>> Damian mi abbracciò teneramente e sussurandomi parole confortanti cercò di riportarmi alla realtà..
<<Ly, so che è un momento difficile.. Però.. Qui c’è in gioco la vita di una ragazza.. E ormai lo sai, qui per noi sei come un capo..>> Capo..? Io un ca..po?
Mi alzai dalla sedia su cui mi ero seduta e iniziai a urlargli contro.
<<Non osare MAI più chiamarmi in quel modo!!>>
Gl’occhi di tutti i presenti si stupirono per la mia reazione ma non impiegarono molto a capire..
Edward, pochi minuti fa era stato chiamato nello stesso modo, e io non volevo essere paragonata a quella persona.
Lui, era spregevole.. Non era il mio Edward.
Era qualcun altro.
Doveva essere qualcun altro.

<<Scusami…>>
Ignorai le parole di Damian e con fare deciso rivolsi uno sguardo verso Patrick, che in quella situazione era il primo a meritare delle risposte.
<<Agiremo sta notte stessa. Tua sorella non verrà toccata. Farò di tutto, per tirarla fuori di li.>>

Corsi in bagno e liberandomi la mente da quel sorriso maligno, mi sciacquai la faccia.

<<Te la farò pagare.>>
 
 
Fine capitolo O_O E si, direi! xD Oh fly. xD Sospiro, perchè so che le "fan" di Edward mi uccideranno per averlo rappresentato in questo modo. xD Scustemi xD
Comunque, u.u Lydia è molto Incavolata u.u Secondo voi a chi si riferisce nell'ultima frase? u.u 
Aspetto vostre recensioni e opinioni*--*.. E scusate la lentezza per l'aggiornamento T_T  A presto^^ 

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Capitolo 20
*** Un orribile X. ***


Legai i capelli in una stretta coda. Stavo per intrufolarmi nella stanza delle torture, e il mio cuore iniziava a battere a mille.
Tutto doveva andare come previsto.
Chanel, la sorella di Patrick, sarebbe stata salvata a qualsiasi costo.
Io avevo fatto una promessa e avrei fatto di tutto pur di mantenerla.
<<Sono pronta.>> dissi uscendo decisa dal bagno.. <<Com’è la situazione di la?>> chiesi mantenendo la mia serietà al massimo.
<<Tutto calmo. C’è solo il corpo di Chanel..>> mi disse mio fratello con occhi pieni di preoccupazione.
<<Ok, allora sbrighiamoci.>>
Entrai nello sgabuzzino grande pochi metri e ignorando gli sguardi colmi d’ inquietudini mi comportai con indifferenza.
Inserii silenziosamente la chiave nella serratura e loquacemente la girai. Un leggero sussulto uscii dalle labbra dei miei amici, e contro ogni previsione iniziai a ridere. <<Oddio come siete buffi!>> dissi ignorando la situazione dolente. <<Mi guardate tutti come se stessi andando chissà dove! Andrà tutto bene ve lo prometto! Non mi farò prendere, e poi voi sarete qui a sostenermi no?>> cercai di dire con più spontaneità possibile.
Capivo le tensioni di Dylan e Arisa che infondo mi conoscevano da molto ormai, ma gl’occhi di Damian e Patrick mi rendevano scema.
Non che io non lo fossi già di mio, ma loro aumentavano la dose.

<<Sorellina, posso andare io al posto tuo..?>> chiese mio fratello Dylan ignorando i miei sorrisi. La sua domanda scontata fu ignorata alla grande, e senza rispondergli mi voltai.
<<Bene io vado.>> dissi seriamente.
Controllai la zona dall’altra parte e piano mi intrufolai.. Sentii un sussurro provenire dalle labbra di Arisa..
<<Buona Fortuna amica mia..>> Fui felice di sentire quelle parole che, riuscirono a darmi la fiducia necessaria per entrare ed avvicinarmi al corpo di Chanel.
Mi voltai verso il muro da cui ero entrata, e con stupore notai che l’ingresso nonostante fosse aperto non si notasse.
Con delicatezza aprii il cassetto della scrivania ma non trovai le chiavi in grado di sbloccare le catene della povera Chanel.
Iniziai ad andare in panico fin quando non sentii un rumore provenire dall’esterno.
Il mio cuore iniziò a battere velocemente, e richiudendo accuratamente il cassetto mi nascosi nell’oscurità che alleggiava sotto il tavolino. Se fossi rimasta in silenzio probabilmente non  mi avrebbero scoperta.
Mi inginocchiai frettolosamente e con il cuore in gola vidi la porta aprirsi.
Sulla soglia comparvero le uniche due persone che non avrei mai voluto vedere in una simile situazione.

La preside ed Edward erano appena entrati nella stanza, e ignorando il corpo sanguinante di Chanel presero qualcosa da un tavolo vicino all’ingresso.
Era un quaderno.
<<Lo avevo lasciato qui. Mi scusi.>> disse Edward con la solita voce sottomessa che abitualmente rivolgeva a quella vipera.
<<Non importa. Ora controlla il PF di Karl.>> disse lei avvicinandosi al corpo della sorella di Patrick.
In quel momento il terrore e la paura si impadronii di me.
Mi era così vicina.. Persi la cognizione dello spazio intorno a me, ritrovandomi così delle scarpe davanti.
Erano le scarpe di Edward.
Lui era proprio li.
Avrei potuto allungare la mano e finalmente ritoccarlo, ma fortunatamente non feci nulla.
<<Poso le chiavi che se no le perdo.>> disse ridendo guardando probabilmente la preside.
<<Non è ancora morta?>> rispose lei ignorando completamente l’affermazione di Edward.
Io invece la colsi in pieno.
Le chiavi erano li.

<<Non ancora. Se domani sarà ancora viva, la ucciderò io stesso. Stia tranquilla.>> Disse lui con un tono terribilmente glaciale. L’avrebbe uccisa davvero?
Avrebbe commesso davvero una simile atrocità?
Lui non era il mio Edward, e nonostante vi assomigliasse molto, era sicuramente un’altra persona.

<<Molto bene. Ora andiamo, la guardia sta aspettando di chiudere la porta.>>
All’esterno quindi vi era nuovamente una guardia?   
Sorrisi, felice di aver raccolto quelle informazioni e impaziente aspettai che l’ingresso fosse chiuso.
Quando sentii un click uscii velocemente dal mio nascondiglio buio.
Presi le chiavi e con agilità liberai Chanel. Ormai le serrature e le chiavi erano la mia specializzazione.
La tenni stretta a me per non farla cadere, e lentamente la trascinai verso i miei amici.
La infilai in quel piccolo ingresso segreto e quasi invisibile e cautamente la diedi ai miei amici.
Poi, mi avvicinai al tavolo nella stanza delle torture.
Presi il quaderno che pochi minuti prima era stato tra le mani di Edward.
Era un quaderno molto grande, e nel guardarlo anche vecchio.
Lo aprii piano, e con stupore trovai i profili di ogni ragazzo scomparso.
Molti di loro erano segnati con un enorme X sul foglio, e infondo alla pagina vi era scritto: “Deceduto.”
Rabbrividii nel vedere quante foto di ragazzi e ragazze fossero state contrassegnate con quell’orribile X nera.
Nel sfogliare quel fascicolo trovai un foglio svolazzante nuovo nuovo di stampa.
Lo apri e con sorpresa trovai dei numeri.

“Ragazzi attualmente vivi: 52”
“Ragazzi in fin di vita:8”
“Ragazzi morti nell’ultimo mese: 43”

Presi quel unico pezzo di carta, e riposando tutto al proprio posto tornai dai miei amici.
Nell’entrare trovai una scena commovente.
Chanel si era svegliata, e con la poca forza rimastale in corpo, abbracciava Patrick  ormai colmo di lacrime. Sorrisi dolcemente e con velocità richiusi il passaggio segreto.
<<Come sta?>> chiesi guardando Damian, commosso anche lui da quella scena.
<<Si riprenderà!> disse lui felice di veder star bene un'altra persona.
Chanel mi guardo con quei suoi occhi chiari e lucenti, e prima di svenire mi sussurro un: <<Grazie>>

Mio fratello la prese in braccio e aiutato da Arisa la condussero in una stanza libera.
Patrick mi si avvicinò cauto, e accarezzandomi il volto con la sua mano tremante mi sorrise.
Un sorriso caldo.
Un sorriso gentile.
Un sorriso semplicemente bellissimo.
Mi strinsi a lui, e senza dire nulla iniziai a piangere.
Ero riuscita a salvare sua sorella. Io ero riuscita nel riportarla tra le sue braccia.
<<Grazie mille>> mi sussurrò lui all’orecchio e con affetto mi staccò dolcemente. <<Ora andate o vi potrebbero scoprire.>> mi disse gentilmente.
In quel momento notai la sua bellezza.
I suoi capelli così lunghi lo rendevano misterioso e attraente, e contro ogni mia previsione lo trovai carino.
Lo trovai sexy.
Lo trovai simile ad Edward.
Al mio vecchio Edward.
Scossi la testa, e preoccupata per quelle fantasie fuori luogo, andai velocemente a chiamare Dylan e Arisa.
Era tardi e tra poco tutti si sarebbero svegliati.
Furtivamente rientrammo nelle nostre rispettive camere, e per quelle restanti due ore cercai di dormire..
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TOC TOC.

Mi stiracchiai nel letto, e lentamente mi alzai. Chi poteva essere? Erano appena le cinque..
Apri la porta e con sorpresa mi ritrovai l’omone che di solito svolgeva il ruolo di guardia alla stanza delle torture.
Che mi avessero scoperta? Che il nascondiglio fosse venuto alla luce e ora saremmo stati uccisi?
Iniziai a tremare e con cautela a indietreggiare.
Lo vidi muovere le labbra, e con immensa paura attesi che il suono di quelle parole uscissero. “Verrete uccisa.” Ecco quello che mi aspettavo. E ne ero quasi certa e invece..
<<Sa che ore sono?>> mi chiese lui con uno sguardo freddo e maligno.
<<Le cinque,,?>> azzardai..
<<Esattamente, sono le cinque del pomeriggio.>>
Sgranai gl’occhi e senza dire nulla mi voltai a guardare la sveglia.
Aveva pianamente ragione.
Quelle notti passate insonne mi avevano fatto perdere la cognizione del tempo e non mi avevano fatta svegliare in tempo.
Mi schiarì la voce ma nonostante tutto mi sentii sollevata.
I miei amici erano tutti salvi.
Tutti salvi.
Tirai un sospiro di sollievo e piano abbassai il capo.

<<Mi dispiace, non ho sentito la sveglia..>> dissi con finta tristezza nella voce.
<<Ora venga con me. La preside desidera parlarle.>> Nel mio corpo si scatenò una bufera di emozioni, ma mantenendo a forza la mia rabbia, lo seguii.
Cosa voleva quella vipera da me? Punirmi con le sue stesse mani? Che lo avrebbe fatto, tanto non mi sarei mai fermata a ribellarmi a lei.

Nell’uscire dalla stanza incrociai gli sguardi di Arisa e di mio fratello. Entrambi non erano stati in grado di svegliarmi e dal loro volto capii quanto si sentissero in colpa.
Sorrisi debolmente e cercando di non farmi vedere dall’omone che mi era davanti gli feci l’occhiolino. Non dovevano preoccuparsi, me la sarei cavata.

Fui accompagnata fino alla porta di quella strega e titubante entrai.
Non sapevo cosa avrei potuto trovare all’interno. Cosa mi sarebbe potuto accadere..

<<Oh, la signorina si è svegliata. Ho saputo che ha infranto le regole Lydia..>> Disse la preside nel vedermi entrare nel suo ufficio.
<<Mi dispiace non ho sentito la sveglia.>> provai a dire.
<<Questa non è una scusante..>> disse lei con uno sguardo pieno di cattiveria. <<Devi essere punita!>> Nel suo tono di voce si riusciva a percepire la felicità che provava nel pronunciare quella frase.
<<Immaginavo.>>
La vidi sorridere ancora di più e congedando l’omone rimasto sulla soglia si avvicinò a me.
<<Scommetto che soffrirai molto..>> disse lei in preda all’eccitazione.
<<Solo starle vicino è una sofferenza, sa.. Mi fa schifo.>> risposi senza pensare alle parole che pronunciavo.
<<Hahaha. E proprio questo che apprezzo di te Lydia!>> scoppiò lei ridendo. <<Sei così sincera e schietta, forse è per questo che non sei ancora morta..>> mi disse guardandomi con malignità.  
<<Sono felice di divertirla>> risposi ironica <<Ora mi punisca e basta.>> dissi tornando seria.
<<Oh Oh.. Ma è proprio qui il bello.. Non sarò io a punirti.>>
La guardai fulminea, e all’istante capii tutto.

<<Entra pure.>> disse infine lei.
La porta dietro di me si aprì lentamente e come previsto sulla soglia c’era lui.
Il mio Edward.
Nei suoi occhi color mare ghiacciato, non vidi nessuna traccia di sentimento. Nulla di nulla.

<<Edward..>> sussurrai avendolo finalmente così vicino.
<<Non chiamarmi per nome. Io non ti conosco.>> mi disse lui.
Osservai meglio i suoi occhi, e mi spaventai. Non vi era una pupilla. Erano completamente bianchi.
Bianchi come la neve fresca.
<<Puniscila.>> disse la preside interrompendo i miei pensieri.
<<Come desidera.>>
 
 
Fine capitolo *-* YEAH!YEAH!XD Non dico nulla. Sono curiosa di sapere cosa mi dite voi *--* By By <3
Ah si xD Grazie a tutti <3 ^^ Vi adoro <3 

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Capitolo 21
*** Il passato di Patrick e Chanel ***



<<Sorellina muoviti o faremo tardi a scuola!>> gli dissi scuotendola nel letto.
Mia sorella continuava a dormire beatamente ignorando i miei ripetuti richiami. La vidi rigirarsi nelle lenzuola e sorridere antipaticamente.
Quella piccola peste mi stava prendendo in giro.
<<Vuoi la guerra? E guerra sia!>> Iniziai a pizzicarle le braccia e come un coniglietto pasquale la vidi saltare in aria. <<Oh! Ti sei svegliata?>> dissi ridendo a quarantadue denti.
<<Sei una persona antipatica!>> mi disse lei cercando di ribellarsi.
<<Muoviti sfigata, se non vuoi che facciamo tardi!>>
La vidi alzarsi controvoglia dal letto e piano andare in bagno. Mosse i suoi capelli castano chiaro lungo le sue spalle e infantilmente saltellò nella stanza.
Io e mia sorella ci siamo sempre voluti bene e il nostro rapporto è sempre stato magnifico.
La nostra famiglia era perfetta e l’armonia regnava sovrana nella nostra casa.
Nostra madre faceva l’arredatrice e il nostro secondo papà era il direttore di un importante casa editrice.
Tutto era semplicemente meraviglioso, e l’unica pecora nera era il nostro vero padre.
Un uomo senza coraggio, futile e meschino. Un poveraccio senza soldi e senza casa. Senza dignità. Una persona inutile alla società, e indifferente ai suoi famigliari.
Io e Chanel non lo vedevamo ormai dai nove anni e sinceramente vivevamo benissimo così. Nonostante colui che ci aveva dato alla luce, donando il suo sporco spermatozoo alla nostra splendida e purificatrice mamma, non fosse con noi, io e mia sorella riuscivamo a goderci pienamente la vita.
Un giorno però, tutto mutò.

Era un giovedì qualunque, e dopo aver finito la scuola Chanel ed io tornammo a casa. Nel aprire la porta però trovammo un uomo mai visto prima. Ci mostrò il suo distintivo, e il più delicatamente possibile ci scortò in centrale.
Provammo a chiedere spiegazioni ma nessuno ci diede retta.
Ricordo chiaramente le lacrime e i singhiozzi trattenuti di mia sorella.
Era triste e spaventata e io mi sentivo impotente.
<<Venite ragazzi..>> ci disse il poliziotto dopo un tempo infinito. <<Ecco, mi dispiace ma ho una brutta notizia da darvi.>> La mano di mia sorella mi strinse maggiormente e le sue lacrime iniziarono a scorrere più velocemente. <<C’è stato un attentato in banca.. e sfortunatamente i vostri genitori sono rimasti coinvolti..Ora purtroppo.. Non ci sono più..>> Al finire di quella frase mi sorella svenne, e io non potei fare assolutamente niente.
Ero una persona inutile, una persona uguale a quello schifo di vero padre che mi ritrovavo.

Quando mia sorella si risvegliò ci trovavamo in una stanza assomigliante quasi a una cella. Aveva due letti freddi con delle lenzuola sbiadite, e solo una scrivania arricchiva quell’ambiente cupo. I poliziotti mi avevano chiesto di aspettare con pazienza, perché presto avrebbero rintracciato mio padre.
Già.
Non potevano darmi notizia peggiore.


Passarono circa due ore, e mentre Chanel continuava a singhiozzare la porta si aprii.
Sulla soglia comparve lui.
L’uomo più ignobile ed egoista a questo mondo.
<<Figli miei!>> disse venendoci incontro con un enorme sorriso. Mi accolse calorosamente tra le sue braccia e forte mi strinse.
<<Sei un attore nato.>> sibilai piano.
<<Zitto. Ti, anzi, VI conviene.>> mi rispose lui senza mai smettere di sorridere. <<Sono così felice di vedere che state bene!>> disse ad alta voce per farsi sentire dal poliziotto rimasto vicino all’ingresso della stanza. <<Ora vi porterò a casa.>>
Ringraziò il poliziotto e lo vidi firmare dei fogli.
Appena usciti dalla centrale tutta quella atmosfera familiare piena di amore mutò. <<Mi siete sempre utili voi. Sapete?>> ci disse facendoci segno di entrare in macchina. Mia sorella si strinse forte a me, e silenziosamente continuò a piangere la morte della nostra mamma. <<Ah si? E cosa ci hai guadagnato questa volta? Sei in grado di mantenerci?>> chiesi nonostante conoscessi già la risposta.
<<E proprio qui il bello! Indovina figliolo!>>
Figliolo. Sentire una splendida parola uscire dalla sua lurida bocca mi fece venire il voltastomaco. <<Non lo so.>>

Accarezzai dolcemente i capelli sinuosi di Chanel e appoggiai delicatamente il mio mento sulla sua testa.
Era sconvolta e impaurita, e io nonostante la mia maschera forte e coraggiosa, lo ero di più.
<<Non lo sai?! Te lo dico subito!>> disse quel uomo senza dignità accostando bruscamente la macchina per poi voltarsi a guardarmi negl’occhi. <<Quella troia di tua madre vi ha lasciato una marea di soldi! Sono ricco capisci? E questo solo perché vi ho qui. I vostri soldi mi appartengono! Non è magnifico?>> disse quasi urlando dal piacere di quelle orrende parole.
Ricominciò a guidare e non parlò più. Rimaneva in silenzio con lo sguardo sulla strada e le mani sul volante. Non diceva nulla. 
Mi appoggiai a mia sorella, e senza accorgermene mi addormentai con lei.
Un sonno disturbato e inquietante.
Un sogno senza colori.
Un sogno di cui non ricordo nemmeno un dettaglio, solo terribili sensazioni.

Mi risveglia qualche ora dopo e guardando fuori dal finestrino notai che la macchina era ancora in movimento.
<<Dove stiamo andando?>> chiesi non riconoscendo il paesaggio all’esterno.
<<Oh ti sei svegliato?>> mi chiese lui ignorando completamente la mia domanda. <<Dove ci stai portando?!?>> ripetei più nervosamente. <<Non mi parlare in questo modo.>> sibilò lui. <<Ricordati che sei solo feccia.>>
Quelle parole nonostante fossero orribili, non mi sfiorarono minimante.
Quel uomo era una specie di barbone in preda alla troppa eccitazione. Si sentiva fortunato. Forse lo era veramente. <<Già, con un padre come il mio non potevo crescere diversamente.>> stuzzicai. L’auto svoltò di colpo e subito dopo frenò.

Mia sorella si svegliò confusa e nel vedermi accasciato a terra ricominciò a piangere.

Accasciato a terra.

Esattamente. Mio padre mi fece uscire dalla macchina e in preda all’ira funesta iniziò a tirarmi pugni e calci.
Credo di aver vomitato sangue.
Già, se ricordo bene, ne vomitai molto.

 

<<Dove siamo?>> chiese mia sorella mentre cercava di risanarmi le ferite con un po’ di pezza.
Quell’animale aveva ricominciato a guidare e questa volta non badava ai limiti di velocità. Sorpassava le auto senza rispettare le regole della strada, e con la sigaretta in bocca avvelenava i nostri polmoni.
<<Mi sto liberando di voi.>>
<<Cosa intendi?>> chiese lei chiaramente preoccupata.
<<Tra non molto vedrete.>>
La discussione finì lì, ma nel mio cuore e nella mia mente si scatenò la tempesta.
Quell’essere poteva pestarmi quanto voleva, ma se solo una volta avrebbe provato a fare del male alla mia piccola Chanel, lo avrei ucciso con le mie stesse mani. Lo avrei fatto davvero.
Strinsi tra le mie braccia la mia piccola e impaurita sorellina e ignorando il tempo che trascorreva lentamente, cercai di immergermi nei miei pensieri.
Provai a ricordare i giorni belli, i giorni solari, i giorni felici.. Ma li avevo dimenticati. Non riuscii a ricordare nessuna gita in famiglia, nessuna uscita scolastica, niente di niente.
Dopo esser venuto alla conoscenza della morte dei miei genitori, non riuscii a piangere, e tutt’ora non ci riesco.
Le lacrime non volevano uscire,e ciò mi faceva sentire in colpa.
Come potevo non piangere per una simile disgrazia?


<<Eccoci.>> ci disse accostando davanti a un enorme insegna grigiastra “Central House Family”.
Una donna molto bella si avvicinò all’auto e lanciò dei soldi a mio padre. <<La ringrazio per questa generosa offerta.>> disse pateticamente quel uomo.
<<Si figuri, i suoi figli saranno molto utili per il divertimento dei nostri clienti. Anche lei ovviamente se vuole venire ad assistere a qualche spettacolo..>>
<<Senz’altro!>> sorrise lui malignamente. <<Scendete voi.>> ci disse con disprezzo.
<<Dove siamo?>> chiesi preoccupato. 
<<Scendete e basta.>>
Ubbidimmo e con paura entrammo in quel luogo malinconico.
Fummo scortati da un omone enorme in una stanza sotterranea, e lo scenario che ci si presentò davanti fu orribile. Vi era un lungo corridoio illuminato da poche lampade ad  olio, e a destra e a sinistra vi erano delle stanze che a posto delle porte avevano le sbarre.
In quelle piccole e anguste camere i ragazzi e le ragazze erano accasciati negl’angoli e solo qualcuno si sdraiava nel letto.
L’unico suono che percorreva quel luogo erano delle urla lontane, e come se non bastasse l’odore del sangue e del vomito infestava quel terribile ambiente.
Dove ci aveva portati quell’ignobile uomo? A chi ci aveva venduto?
Purtroppo lo scoprii presto.


Due giorni dopo il nostro arrivo io e mia sorella fummo portati in una stanza circolare dove i ragazzi, ancora morenti e sanguinati, dovevano correre ed effettuare stancanti prove. Ci fecero correre per 4 ore senza sosta e senza acqua. Io avevo  sempre avuto una buona resistenza ma quando vidi cadere a terra mia sorella, stremata dalla fatica cercai immediatamente di aiutarla.
Una guardia le si avvicinò prima di me e pensando che la volesse aiutare mi fermai. Purtroppo quello che vidi mi fece andare il colesterolo alle stelle.
Quel essere aveva osato colpire mia sorella con un orribile frustino.
Presi la rincorsa e mi avventai su di lui.
Gli strappai quel arnese dalle mani e rilasciai tutta l’ira funesta che avevo in corpo su di lui.
Lo colpi molte volte in faccia con quella frusta, e ricordo che dalla testa iniziò ad uscirgli del sangue.
<<Non osare mai più toccare mia sorella brutto maiale!!>> continuavo ad urlargli mentre continuavo a scagliarmi contro il suo corpo. Pochi minuti dopo altre guardie si accorsero della situazione e vennero a staccarmi da quella sottospecie di uomo.
Io continuai a ribellarmi e a cercare di colpirlo ancora <<Toccala ancora e ti uccido!!>> urlavo freneticamente.


Fui portato in una stanza abbastanza ben arredata con mia sorella e dalla porta principale comparve la signora che ci aveva raccattati dall’auto di nostro “padre”. <<Ho saputo che hai fatto il birichino.”>>Disse sedendosi davanti a me. Mia sorella ancora tremava e le sue gambe cedevano in continuazione.
<<Quel lurido bastardo ha osato toccare mia sorella!>> le urlai dietro.
Un sorriso maligno comparve sul suo viso.. <<Bhè, se non vuoi che le succeda di nuovo, saresti disposto a uccidere?>> mi chiese come se fosse la cosa più naturale del mondo.
<<Come..?>> sussurrai debolmente.
<<Vedi, presto tu e tua sorella verrete condotti su un ring vero e proprio, dove dovrete combattere contro altri ragazzi se non volete essere uccisi ovviamente, tu però potresti salvarla. Dovresti solo assicurarmi che ogni tuo incontro finirebbe con la morte del tuo avversario..>> Rimasi paralizzato davanti a quelle richieste.
<<Mio fratello non ucciderà nes..>> tappai la bocca a Chanel, e senza il coraggio di guardarla annui alla richiesta di quella folle donna.

È così fu.

Uccisi molti avversari, ragazzi innocenti.
Miei amici.
Lo feci solo per lei.
Per non vedere nemmeno una ferita sul suo tenero e luminoso volto, finché un giorno però successe l’immaginabile.
Sul ring vi era lei.
La mia piccola e adorabile sorellina.
<<Che significa!!!??>> urlai alle guardie che chiusero la gabbia.
La gente nascosta nell’ombra della platea iniziava a fremere e non vedeva l’ora di vedere l’incontro. <<Uccidilaa!!>> urlava qualcuno. <<Falla fuori!!>> dicevano altri.
Mia sorella tremava e presa dal panico si accasciò a terra. <<Colpiscila Patrick. Colpiscila se non vuoi che vi farò uccidere.>> mi disse quella donna, che poi avevo scoperto fosse la preside.
<<Mai.>>
Iniziai ad auto-colpirmi, a farmi male sul serio.
Volevano vedere del sangue? Avrebbero visto solo il mio.

Mi imprigionarono per quel rifiuto, e fu così che fui salvato da Lydia.
Già.
La ragazza più bella che avessi mai visto.
Quando mi accolse tra le sue braccia, un brivido mi percorse.
Il suo profumo mi diede alla testa e i suoi capelli color rame invasero i miei pensieri.
Lydia, la mia salvatrice.
La ragazza che poco dopo salvò la mia Chanel, era la ragazza di cui iniziavo ad innamorarmi sul serio. 




Fine *-* Oddio oddio, voglio opinioniii xD Ditemi cosa ne pensate perfavore xD Perchè io boh, xD Non so che dire xD
In questo capitolo nonostante riguardi Chanel e Patrick ho voluto inserire elementi importanti, come la descrizione del luogo in cui avvengono i combattimenti, e i sentimenti di Patrick per Lydia :D Quindi, boh xD Non so proprio che dire x D aspetto vostre considerazioni *-------*

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Capitolo 22
*** Motivazioni. ***


Mi risveglia su un freddo pavimento in cortile. Cosa mi era successo?
Provai ad alzarmi ma le mie gambe stranamente non mi reggevano. Rivolsi il mio sguardo su di esse e notai del sangue. Il mio sangue.
Presi la mia testa tra le mani, cosa diavolo mi era capitato?
L’ultima cosa che ricordavo era la faccia di Edward..
Edward.
Iniziai a piangere.
Il mio Edward mi aveva ridotto in quelle condizioni. Non aveva disubbidito alla preside e mi aveva punita senza nessun ripensamento.
Era così, e anche se non mi ricordavo la sequenza delle scene sapevo che il colpevole era lui.

Cercai di trascinarmi verso la mia stanza, ma non riuscivo ad alzarmi.
La notte era calata e in giro non c’era nessuno capace di aiutarmi. Ero sola. Ero nuovamente sola.
Le lacrime mi scorrevano veloci lungo le guancie, cosa avevo fatto di male per meritarmi una simile vita?
Perché dovevo vivere? Tanto valeva morire e non soffrire più.
Già.
Non volevo più soffrire. Non avevo più la forza di combattere.
Combattere per cosa poi?
Per una libertà che non sarebbe mai arrivata?
Per un amore che ora si era trasformato in odio?
Combattere per cosa?
Per cosa?
Crollai stanca e sanguinante ai piedi del grande albero in cortile e senza pensare a niente sperai di morire. Di non risvegliarmi mai più. Di essere lasciata in pace.
In pace per sempre.

-  -  -

<< Sorellina.. Sorellina..! >>

<< Oddio! Oddio è morta? >>

<< Lydia!Lydia! >>


Pianti, singhiozzi, urla..
Ero circondata da tutti questi rumori, eppure non riuscivo a capire a chi appartenevano.
Chi mi chiamava? Chi erano coloro che piangevano per una mia eventuale morta?
Io non ero morta. Ero ancora viva. Sfortunatamente lo ero ancora.
Continuai a sentire quei lamenti, quelle suppliche rivolte a Dio, e nonostante volessi vedere da chi provenivano quelle parole amorevoli nei miei confronti, i miei occhi non si aprivano.
Rimanevano chiusi.
Serrati.

<< Svegliati ti prego! >>

Pioggia. Dell’acqua cadeva silenziosa e lenta sul mio viso.
Era così calda e delicata. Piccole gocce irregolari mi bagnavano solo il volto.
Forse non era pioggia.. Ma quindi cos’era?

<< Lydia, amica mia.. >>

Amica. Amica.
Una mia amica?

<< Vivi per noi ti prego. Noi abbiamo bisogno di te. Tutti quanti hanno bisogno di te. >>

Vivere per loro? Vivere? C’erano delle persone così tristi per colpa mia? La mia vita, quindi era importante?
Aprii piano gl’occhi e delle immagini sfocate mi comparvero davanti.
Delle figure nascoste dalla nebbia. Mi avevano sollevata dal terreno umido, dove mi stavano portando?
Dove?
Non riuscivo a dire nulla, e l’oscurità stava nuovamente prendendo il sopravento.
Ero debole. Troppo debole.
Sentivo il sangue colare lungo la mia tempia destra.
Era così caldo.

Fui trascina su uno scomodo divano, e con il tremendo dolore alla nuca mi addormentai.
Un sonno disturbato.
Un sonno oscuro.
Un sonno dannatamente spiacevole.

- - - 

<<Lydia?>>

Aprii piano gl’occhi. Dove mi trovavo?
Davanti a me comparve il volto spaventato della mia più cara amica.
Si la mia amica.
La mia amica.
La prima motivazione per vivere l’avevo appena trovata.
Lei era una motivazione molto valida.
Non potevo lasciarla sola a combattere contro quel inferno.
Dovevo vivere per lei.

<<Sorellina..?>>

Mi voltai di poco e subito incontrai gl’occhi rossi e gonfi di mio fratello.
Chissà quanto aveva pianto..
Cercai di sforzarmi a sorridere, ma le mie labbra non si muovevano.
Erano troppo debole. Io ero troppo debole.
Guardando il mio adorato Dylan trovai la mia seconda motivazione di sopravvivenza.
Lui era mio fratello. Lui aveva bisogno di me. E io avrei vissuto per lui. 

<<Come stai.?>>

Spostai ancora le mie pupille verso la mia sinistra e notai altre tre figure.
Patrick, Chanel e Damian.
I loro occhi si posavano preoccupati sulle mie ferite, e nell’incrociare lo sguardo del biondo e dolce Patrick mi sentii riempire di calore.
Eccola.
La terza motivazione erano loro.
I ragazzi torturati da quella vipera. Io dovevo salvarli..
Salvarli? E come?
Io ero debole. Troppo debole.

Chiusi i miei occhi, ormai troppo stanchi e ignorando i richiami da parte dei miei amici, caddi in un sonno profondo.

 
Quando mi risveglia, mi ritrovai tra le mie fredde lenzuola della mia stanza, e con delusione in torno a me non trovai nessuno.
Guardai l’orologio e subito capì le  motivazioni.
Erano le otto e mezza.
A quest’ora tutti erano sui banchi a sperare di non essere puniti. Piano mi alzai dal letto e guardandomi allo specchio dei brividi mi percorsero la schiena.
Il labbro inferiore era completamente spaccato e la mia guancia era diventata di un colorito violaceo. Un livido enorme. Nel vedermi, ricominciai a demoralizzarmi.
Io ero davvero debole.
Non riuscivo a capire come i miei amici riuscissero a contare su di me.
Ero praticamente inutile. Inutile per me stessa e per gli altri. Inutile per il mondo. Inutile e indifferente a tutti. Giusto? 

Richiusi lentamente l’armadio e dopo aver indossato un golfino nero e un paio di jeans grigi, uscii lentamente dalla mia camera. Tutto intorno a me era deserto, e la solitudine regnava sovrana.
Cosa avrei potuto fare durante quelle ore?
Guardandomi attentamente in torno mi calai silenziosamente nelle scuderie e piano mi introdussi nella botola che mi conduceva dai miei amici.
La richiusi velocemente e nel girarmi tirai quasi un urlo.
Patrick mi osservava confuso e spaventato.

<<Come.. Come stai?>> mi disse mentre tremante si avvicinava a me.
<<Sto bene.. adesso..si..>> dissi in un sussurro quasi impercettibile. Lui però riuscì a coglierlo.
<<Chi è stato a farti..questo?>> mi domandò accarezzandomi delicatamente la guancia.
Le sue mani calde mi provocarono una bufera di emozioni interiori.
Cosa mi stava prendendo? Perché nell'averlo così vicino provavo simili sentimenti?
Scossi la testa e mi concentrai nella sua domanda, ma guardandolo negl’occhi ricaddi nei miei contrasti interiori.

Quegl’occhi di un blu argentato erano capaci di impadronirsi di me. Come se fossero delle calamite mi obbligavano a guardarli, a scrutarli, a perdermi in essi.
Erano belli.
Erano bellissimi.
Lui era bello.
Era molto più di bello.

<<Ly..?>> La sua voce dal suono sensuale, mi richiamò sulla terra, e scuotendo la testa come una povera imbecille, cercai di rispondergli.
Ma qual’era la domanda?

<<Io.. Ecco.. Cos’è che mi hai chiesto?>> domandai insicura di me stessa.
Cosa diamine avevo?
<<Lydia, chi ti ha fatto questo!?>> La sua voce cambiò radicalmente. Era dura e decisa.
<<E.. E..>>
Non riuscivo a pronunciare il suo nome.
Come potevo articolare il suo nome?
Il nome che fino allo scorso giorno era costantemente nei miei pensieri?
Io non riuscivo a dirlo. Ci provavo. Ci provavo ripetutamente, ma nonostante la mia mente continuasse a pronunciarlo, la mia lingua si rifiutava di muoversi.

<<E-d-w-a-r-d-?>>
Quella singola parola, pronunciata dalle sue sottili labbra rosee mi fecero bloccare la respirazione.
In quel preciso istante ero nuovamente morta. Ero morta interiormente.
Mi accasciai al suolo, e le lacrime iniziarono a prendere il sopravvento.
Scorrevano veloci lungo le mie guance, e nonostante cercassi di contenerle, loro disubbidivano.
Scendevano e scendevano e scendevano e scendevano..

<<Lydia, tesoro.!>>

Patrick mi raccolse tra le sue possenti braccia e delicatamente mi strinse in un tenero abbraccio.
Il suo corpo era in grado di donarmi calore e forza.
Era così bello poter appoggiare il mio capo sulla sua spalla.
Era così bello poter accarezzare la sua schiena.
Era così bello poter sentire il suo respiro sensuale sul mio collo.
Era così bello poter sentire l’odore dei suoi capelli.
Era così bello poter sentire il suo odore.
Mi staccai leggermente da lui, e in quel momento commisi un errore fatale.
Lo guardai negl’occhi. Nei suoi meravigliosi e unici occhi blu.
Mi persi nuovamente in loro, e tra una frazione di secondo e l’altra li ritrovai sempre più vicini.
Sempre più vicini.

Aprii leggermente le labbra per cercare di allontanarlo. Ma da quella mia carnosa bocca rosa non uscii un solo, sottile suono.
Ormai era troppo tardi. 
Patrick, chiudendo i suoi magnetici occhi, appoggiò le sue labbra sulle mie e unii i nostri due respiri in una sola cosa.
In quel momento eravamo uniti in una sola persona. Eravamo una sola persona.
Aprii maggiormente la mia bocca e cautamente gli permisi di esplorarmi maggiormente.
Volevo il suo sapore.
Ne avevo assolutamente bisogno.

Patrick non se lo fece ripetere due volte, e con estrema bravura mi fece completamente sua.
Mi strinse in un abbraccio caldo e mi passò la mano tra i miei capelli color rame.

<<Sveglia. Hei tu! Ragazza dai capelli color ruggine. Sveglia!>>

Mentre la mia bocca continuava ad essere impegnata a ricambiare il bacio passionale di Patrick, questa frase mi comparve in mente.
Ragazza dai capelli color ruggine.

Chi mi aveva chiamata così?

In un lampo ricordai.
Edward.
Quella era stata la prima frase che mi aveva detto. Il nostro primo incontro.
L’amore immediato e profondo che avevo provato per lui.
Un solo sguardo.
Un solo gesto.
Un solo movimento.
Io ero stata sua da subito, anche se non lo avevo capito immediatamente, ero sua.
E cosa stavo facendo? Ero su questo freddo pavimento a baciare Patrick..
Perché lo stavo facendo? Perché Edward non era come si era mostrato.
Era un mostro.
Io dovevo solo togliermelo dalla testa.
Solo questo.. D-I-M-E-N-T-I-C-A-R-L-O.

Serrai gl’occhi maggiormente, e mi lasciai trascinare dal quel bacio caloroso.
Patrick era quello di cui avevo bisogno. 


Oddio oddio oddio. xD Allora, qui mi aspetto recensioni. Si mie care lettrici, xD 
So che ci siete visto che mi scrivete per gli aggiornamenti, ma questa volta lo chiedo e basta. 
Voglio Assolutamente un vostro parere. xD Ci tengo sul serio. xD Anche un commentino breve solo per dirmi: "L'idea mi piace." xD Perchè io non so più se continuarla questa storia sinceramente.. ._." Vorrei segnali di vita da parte vostra. ._.
Ovviamente, coloro che mi hanno sempre dato Notizie, Le ringrazio infinitamente, <3 Cioè ringrazio tutte, anche quelle che non si sono fatte vive, Grazie lo stesso per leggere <3, però una sola piccola opinione, piccola piccola, potete farla? *-* Grazie mille a tutte. E sinceramente, detto da ""scrittrice"" Patrick a me piace un sacco. xD Voi? xD
Edward, o Patrick? xD Non fidatevi dei miei gusti, cambiano Velocemente. xD
Un bacio Aly <3

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Capitolo 23
*** Rosso. ***


<<Lydia, tesoro è quasi ora sai..?>> Mi disse il mio nuovo fidanzato con degl’occhi adorabili.
<<Lo so..>> dissi stiracchiandomi nel letto. Mi avvicinai dolcemente a lui, e gli diedi un leggero bacio sulle labbra. <<Ci vediamo sta notte. Mi raccomando non fate troppo casino..>> gli sorrisi e piano andai verso la porta.
Dylan e Arisa erano distesi sul divano e insieme a Damian e Chanel conversavano sugli Onigiri.
Era da secoli che non ne mangiavo uno, e sinceramente mi mancava moltissimo il sapore di quelle polpette di riso accompagnate da un’alga.
Un tipico piatto giapponese.
Un piatto che mia mamma cucinava volentieri.

<<Ragazzi andiamo..>> dissi interrompendo il loro continuo parlare..
Patrick mi raggiunse e mi cinse per la vita. Mi diede un leggero bacio sul collo che mi provocò una miriade di brividi lungo il corpo e poi dolcemente mi sussurrò delle parole meravigliosamente tenere <<Sei bellissima, sai?>>
Subito dopo scoppiai in una risatina e voltandomi per guardarlo negli occhi gli diedi un bacio.

<<Mamma mia come siete smielati.>> disse antipatica Chanel.
Nonostante l’avessi portata fuori da quell’incubo per condurla in un luogo più sicuro non riuscivo ad esserle simpatica. Forse era la mia vicinanza a suo fratello che le dava fastidio?
Risi beatamente e piano mi diressi verso l’uscita. <<A più tardi ragazzi!>>
<<Ciao ciao.>> risposero loro quasi in coro.

Un’altra giornata di scuola stava per iniziare. Un’altra giornata infernale.


Mi sedetti al mio banco mezz’ora prima del solito e preoccupata iniziai a ripassare le lezioni.
Lo studio ormai era diventato secondario a tutto, eppure proprio per questo rischiavo molto.
La preside era capace di richiamarmi nel suo ufficio e farmi rivedere lui..
Lui.
Già lui. 

Chiusi i quaderni e delicatamente appoggia la testa sul banco. Fuori dalla finestra s’intravedevano i raggi del sole, e nel cortile qualche sfortunato uccellino cantava tra gli alberi. Le mura che circondavano la “scuola” s’innalzavano possenti su tutto il paesaggio circostante e tutto sembrava calmo, quando però, vidi qualcosa muoversi.
Un ragazzo dall’aria furtiva spuntò dal pavimento.
Spuntò dal pavimento.

Spuntò dal pavimento.
Spuntò dal pavimento.

Spuntò dal pavimento?
  Mi alzai immediatamente dalla sedia e cercai di memorizzare il luogo dal quale era uscito. I suoi capelli di un rosso accesso scomparvero nuovamente poco dopo, ma notai che tra le mani questa volta aveva qualcosa.. Cos’era? E dove l’aveva preso?
Nell’istante in cui stetti per uscire, arrivarono i miei compagni di classe e con loro la professoressa.
<<Stava andando da qualche parte signorina?>> mi domandò la professoressa con quei suoi occhi da topo di fogna.
<<N..No professoressa.>> mi risedetti al mio posto, e ignorando gli sguardi dubbiosi dei miei amici cercai di non dimenticare il punto esatto della comparsa.

- - -

<<Lydia! Lydia!>> Mio fratello mi raggiunse appena suonata l’ultima campana e velocemente mi prese il polso. <<Dove stai andando?>> Mi chiese preoccupato.
<<Non ora! Te lo dico dopo!!>> Corsi all’esterno e cercai di trovare qualche indizio che mi permettesse di aprire quel misterioso passaggio, ma nonostante i svariati tentativi non trovai nulla.
Solo erba.
Alta, incurata erba verde.

Abbassai il capo intristita. Per poche ore avevo avuto la speranza di trovare un passaggio in grado di portarmi fuori, di poter aiutare tutti.. Eppure..

Scruschhh.

Senti muoversi qualcosa e spaventata mi nascosi dietro un tronco.
Un pezzo di erba si sollevo e dal nulla comparve una folta chioma rossa. Era di nuovo il ragazzo di prima.
Lo vidi riposare accuratamente quella balla d’erba e piano dirigersi verso gli appartamenti degl’insegnanti. Sicuramente era uno scagnozzo della preside.
Decisi di seguirlo e come previsto non impiegai molto a ritrovarmi davanti all’appartamento di quella vipera. Entrai piano ma del ragazzo non vi era più l’ombra.
<<Edward..si..>> Dei sussurri di piacere provenivano dalla stanza da letto..
Il mio cuore iniziò ad accelerare e quando mi chinai a guardare ciò che succedeva lo sentì rompersi.. o per meglio dire sbriciolarsi.
Lui era lì, sopra di lei..
Sospirai silenziosamente e facendo molta attenzione iniziai a tornare sui miei passi, ma,  proprio mentre stetti per riaprire la porta qualcosa mi spinse a girarmi.
Un vento inebriante e caldo mi sollecitò ad entrare nello studio della preside. “Ci sono le telecamere.” Pensai. “Non ti preoccupare.. C’ho pensato io.”
Mi bloccai. Sentii quelle parole nella mia testa, ma non era la mia voce.. Chi mi stava parlando? Che stessi impazzendo?
Continuai a muovere cautamente i miei piedi l’uno dopo l’altro, e quando mi ritrovai davanti alla scrivania notai tre cose.
Due mazzi di chiavi completamente identici e un quaderno di appunti.
Dalla stanza adiacente sentivo provenire ancora gli ansimi e i respiri eccitati dei due piccioncini, così, fidandomi di me stessa presi un mazzo di chiavi e il quaderno. Forse mi sarebbero serviti.

Mi voltai piano e quasi sussultai dallo spavento. Sulla soglia della porta era ricomparso il ragazzo dai capelli rossi, che con la mano mi faceva segno di seguirlo.
Potevo fidarmi di lui? “Si puoi.” Il mio cuore, il mio cervello mi suggerirono di seguirlo.. Perché?   
Chiusi la porta dietro di me e mettendo la paura da parte lo seguii. Tornammo al punto di partenza. Eravamo nuovamente il quel cortile.
“Torna qui questa sera.”
“Eh? Chi sei?”
“Leggi il contenuto di quel quaderno.”
“Aspetta…”
“Questa sera.”


 Il ragazzo scomparve davanti a me, e mi lasciò senza parole.
Che fosse stato tutto frutto della mia immaginazione?

- - -

Entrai nella mia stanza in preda alle domande. In mano avevo solo quei due oggetti. Perché li avevo presi? Mi sentivo strana. Terribilmente strana.
“Leggi il contenuto di quel quaderno.”Ancora quella voce.
Perché non riuscivo a disubbidirle?
Aprii piano quel libretto e mi inoltrai nella lettura del suo contenuto.

“21/03/1987  Mia cara Synphonie, non riesco più a disubbidirle. Sto perdendo giorno dopo giorno il mio amore per te. Come farò a vivere senza quel che provo per te?”

“29/09/1987  Synphonie, mia unica amata. Oggi le mie pupille stavano diventando del colore della sottomissione. Bianche. Stavo per perdere tutti i nostri ricordi. Mi sento in colpa. Scusami se presto non ricorderò il tuo viso.”


“01/04/1987  Sto resistendo. Spero che mi lasci andare. Questa donna è sadica.. Ed ha pure una figlia. Come può comportarsi in questo modo nonostante la presenza di quella docile creatura? Non so perché te lo sto scrivendo, ma il mio cuore dice di farlo. Ho ancora un cuore..per ora..”

“02/04/1987  Synphonie cara, sto cedendo. Giorno dopo giorno sono sempre più debole. Queste continue prove e questi combattimenti non fanno che farmi crollare. Vorrei vivere per noi, per il nostro amore.. Ma sto per mollare. Mi dispiace. Ti amo.”

“05/04/1987  Oggi mi sono ricordato i nostri baci. Già per un momento il tuo sapore è riaffiorato in me. Ci siamo incontrati in questo posto infernale, ed ora nonostante le nostre sofferenze, siamo costretti a soffrire di più. La tua lontananza mi sta uccidendo, ma sono felice. Tu non sei qui… sotto terra. Non stai combattendo per vivere. Sei nella tua stanza mia piccola perla. La nostra stanza. Ricordo ancora il numero.. 103. Sono bravo vero?.”

“11/04/1987  Amore mio, scusami se non ti ho scritto. Quella donna maligna aveva preso il sopravvento, e la figlia purtroppo sta diventando come lei. Sarà la futura preside.. Spero ancora che capisca che queste torture sono sbagliate. Non voglio vedere altri ragazzi soffrire. La sottomissione è orribile.”

“14/04/1987   Mio tesoro, oggi mille dubbi sono sorti.  Perché quella donna ha scelto me? Io volevo solo starti vicino. Continuerò a resistere, te lo prometto.. Potrà avere il mio corpo ma non avrà mai la mia anima. Non potrà togliermi l’amore che ho nei tuoi confronti.”

“15/04/1987  Scusa se non nomino il tuo nome, ma perdonami.. L’ho dimenticato.”


Girai la pagina ma con tristezza notai che era bianca. Quel diario finiva lì? Nel leggerlo le lacrime avevano iniziato a scorrere. Che destino crudele. Quante persone avevano sofferto in quel modo? “Vai avanti.”
Continuai a sfogliare le pagine..


“30/05/1987  Synphonie. Oggi dopo terribili giorni, sono riuscito a risvegliarmi. Non so come ma dopo essermi guardato allo specchio ho sentito la tua voce gentile.. << I tuoi capelli rossi sono bellissimi amore.>> Già, i capelli rossi che tu amavi tanto, ora si stanno spegnendo. Ma sono felice.. Mi ricordo di te. Spero che tu stia bene. Ti..”

“31/05/1987  Amore, oggi la mia padrona mi ha costretto ad amarla. Io vorrei amare solo te.. Questo quaderno è l’unica cosa che riesce a farmi pensare a te. Me lo hai regalato tu.. Te ne ricordi?”

“08/06/1987  Domani, mia unica anima gemella, non potrò più scriverti. Domani sarò portato in quella stanza, e la sottomissione sarà completata. Domani non ricorderò più niente e nel vedere questo quaderno non proverò una briciola di sentimento. Questo pensiero mi tormenta e nonostante vorrei poter vivere per il nostro amore, ho capito che ormai è troppo tardi. Scusa la mia scrittura elementare, ma tra non molto passeranno a prendermi. Spero che un giorno leggerai queste mie parole. Ho lottato molto per noi, e anche adesso grazie a te riesco ancora a piangere. Grazie a te so ancora cosa vuol dire amare. Tu, mia unica amata. Ti dico addio. Tra pochi minuti mi ucciderò, così la mia padrona non potrà ottenermi completamente. Voglio morire ricordandomi di te, perché io Ti amo. Addio.. Synphonie.”

Le mie lacrime  non si fermarono mai. Dall’inizio alla fine continuavano a scendere veloci. Questo ragazzo era davvero innamorato.. Ma che cosa gli era successo..
“Pupille bianche” Edward.. Quando lo avevo visto aveva gl’occhi di quel colore..
Possibile che anche lui stava passando tutto ciò?
“Presto dimenticherò il tuo volto..” Che gli abbiano fatto qualcosa in grado di fargli dimenticare di me? “Ti amo..”
Questo ragazzo nonostante tutto ciò che aveva passato, aveva continuato a lottare per il suo amore. Che anche Edward stava passando queste situazioni?
E io cosa stavo facendo per aiutarlo?
L’ho stavo dimenticando, prima di lui..?



** Questa volta non dico nulla. Sto zitta. >_< Solo una cosa..xD Grazie a tutti <3

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Capitolo 24
*** Il passaggio per la zona nera. ***


Chiusi quel quaderno dopo averlo riletto più volte e nonostante cercassi di contenermi, le lacrime non avevano mai accennato a smettere. Dentro di me solo il vuoto.
“Vieni..” Quella voce mi stava chiamando.
Che fosse il ragazzo dai capelli rossi?
 “<< I tuoi capelli rossi sono bellissimi amore.>> Già, i capelli rossi che tu amavi tanto, ora si stanno spegnendo.” 
Che quel diario appartenesse proprio a colui che avevo incontrato nel cortile?
Come se fossi spinta da una forza suprema, uscii silenziosa dalla mia stanza e invece di dirigermi dai miei amici andai nel cortile.
La luna risplendeva silenziosa nel cielo e come sempre mi illuminava la strada. Non impiegai molto a raggiungere il punto d’incontro, ma quando lo vidi il mio cuore trasalì.
Era appoggiato al tronco dell’albero e delle gocce simili a diamanti gli rigavano le guancie. Lacrime pure e sincere.
Forse stava pensando a Synphonie?
<<Eccomi..>> dissi avvicinandomi cautamente a lui. I suoi occhi fissavano il cielo e non accennavano a voltarsi verso di me. <<Ho letto il quaderno.. Mi.. Mi dispiace davvero molto..>>
<<Di cosa ti dispiaci? Tu stai vivendo la stessa situazione..>> mi rispose lui senza distogliere lo sguardo dalla luna.
<<Io..? Tu dici che Edward..?>> non riuscii a finire la frase, infondo mi vergognavo.
Mi vergognavo per aver cercato di dimenticarlo.
Mi vergognavo per averlo seppellito nella zona più remota del mio cuore, della mia mente.
Mi vergognavo per aver smesso di lottare per il nostro amore..
Mi vergognavo per così tante cose che in quel momento non riuscii ad elencare.
<<Synphonie fece lo stesso sai?>> mi disse finalmente guardandomi nel volto. <<Mi dimenticò da un giorno all’altro incolpandomi di cose che non avevo mai fatto.. Lei non sapeva nulla di quello che stavo passando.. Credeva che l’avessi abbandonata.. Solo un istante prima della sua morte scoprii la verità.. >>
<<Com’è morta?>> azzardai a chiedergli..
<<Fu uccisa dalla vecchia preside. Io vidi tutta la scena, ma non potei fare nulla.. Ero completamente sotto il suo controllo.. Dentro di me urlavo e mi dibattevo ma il mio corpo non si muoveva. Rimaneva immobile mentre la mia amata veniva uccisa brutalmente. Il suo spirito è imprigionato in questo luogo, proprio come il mio.. Il nostro destino è quello di non poter vivere in pace nemmeno dopo la morte..>>
Altri puri diamanti caddero dai suoi occhi tristi.
<<Io vi aiuterò!>> Il suo sguardo fu sorpreso..
<<Aiutarci?>>
<<Si!  Farò di tutto per farvi incontrare!>>
<<È impossibile.. Solo quando questo posto verrà chiuso o reso migliore potremmo vederci..>>
<<Contate su di me!>> Sorrisi nella maniera più genuina e spensierata possibile, e con un cenno della mano lo salutai. <<Ci vedremmo presto, è una promessa!>>
<<Aspetta! Devo dirti una cosa!!>> Mi bloccai di scatto e lo guardai con aria interrogativa. <<Si?>> <<Ecco.. Ora che so che vuoi aiutare tutti, compreso me che conosci appena, devo rivelarti una cosa. Ieri hai preso un mazzo di chiavi dalla scrivania della preside; mi raccomando tienilo con cura. Apre tutte le porte di questo luogo maledetto, e inoltre ti permette di raggiungere la zona nera.>> 
<<La zona nera?>> domandai non avendola mai sentita nominare.
<<La zona in cui tutti i ragazzi scomparsi vengono obbligati a combattere e ad uccidersi tra di loro.. Da questo passaggio potrai raggiungerla, ma stai attenta.. Non devi farti notare da nessuno.. Arrivata in quel luogo potrai cercare la porta che ti farà uscire per cercare aiuto.. Non fidarti delle forze dell’ordine e dei cittadini..>>
<<E di chi posso fidarmi?>> Ma era troppo tardi.. La sua figura era scomparsa e con me non vi era più nessuno.
Uscire all’esterno per chiedere aiuto?
Sarei stata in grado di una simile impresa?

Raggiunsi i miei amici di corsa e senza salutare Patrick con il solito bacio iniziai a raccontare tutto dall’inizio..

- - -

<<Ly, stai cercando di dirci che hai parlato con un fantasma?>>
<<Uno spirito!>> ribattei offesa.
<<Ohh ancora meglio.>> disse sarcastica Chanel.
<<Ragazzi è la pura verità! Non sono pazza! È così!>>
Dylan mi si avvicino affettuoso, e piano mi accarezzò. <<Non stiamo dicendo che sei pazza, e che forse hai avuto troppo stress ultimamente..>>
Lo spinsi via e in preda alla rabbia me ne andai. Come non potevano credermi dopo tutto quello che stavamo vivendo?
Dei passaggi segreti e delle torture su dei poveri adolescenti erano più credibili di uno spirito?
Bhè, forse si..
Ma io non ero pazza, e non avevo nessun tipo di esaurimento nervoso!
Corsi in uno dei tanti corridoi e sussultai quando dalla stanza delle torture sentii la sua voce.
Entrai cauta nel piccolo sgabuzzino e nel vederlo altre emozioni mi riaffiorarono in corpo.
Edward era lì, con il suo solito viso perfetto. Con il suo solito corpo meraviglioso.
Con i suoi soliti occhi… Bianchi?
Il mio ex(?) amato girovagava in quella terribile stanza alla ricerca di chissà cosa, e sul suo volto non vi era nessuna espressione.
Sembrava un automa. “Edward..” pensai mentre la porta si spalancava.
Sulla soglia lei. Il mio peggior nemico.
<<Allora le hai trovate?>> chiese la preside seriamente preoccupata.
<<No mia signora..>>
<<Siamo nei guai! Devi assolutamente trovare quelle chiavi!>>
Le chiavi?
Che stessero cercando le chiavi di cui mi ero impadronita?
Sorrisi nel vederla così disperata e piano mi allontanai dalla parete. Dovevo prepararmi..
Domani avrei agito e sarei scappata. Avrei cercato qualcuno in grado di aiutarci. 
Ritornai nell’ingresso del nascondiglio e mi irritai quando nel vedermi tutti smisero di parlare. <<Parlate pure. Però sia chiaro. Mi avete deluso.>>
Uscii da quel posto e senza aggiungere altro andai nella mia camera.
Avevo bisogno di riposare.
Di dormire il più possibile.

- - -

<<Signorina Fujioka, la prego di venire alla lavagna.>> La professoressa di matematica mi aveva chiamata per svolgere un orribile funzione goniometrica. Erano secoli che non ripassavo quel argomento, e come previsto non riuscii a trovare la soluzione corretta.
<<Mi dica signorina, cosa fa lei mentre tutti studiano? Pensa di essere migliore? Di avere privilegi?>> <<No, professoressa…>>
<<E allora mi spiega perché non sa nemmeno di cosa stiamo parlando?>>
“Perché devo aiutare i ragazzi a liberarsi da questo inferno. Perché lei brutta stronza merita la galera, e io mi sto impegnando per avere giustizia!” pensai.
<<Ho studiato altre materie mettendo da parte la sua.. Mi dispiace..>>
<<Vada in presidenza. Deciderà la preside cosa farne di lei.>>
Annui e senza guardare mio fratello o la mia migliore amica uscii dalla classe.
Avrei dovuto nuovamente incontrare quella vipera.

TOC TOC.

Dall’interno nessuna voce mi rispose, e spinta dalla curiosità entrai.
Lo studio era completamente al buio e nell’aria vi era un orrendo odore di fumo e alcool.
Con estrema sorpresa trovai quella strega sdraiata sul divano con in mano una bottiglia di Vodka.
Da quando era un alcolizzata? 
Mi girai felice di non dover subire nessuna conseguenza, e piano cercai di uscire da quel luogo, ma di colpo mi bloccai.
Edward uscii dal bagno e mi scrutò con quei suoi occhi privi di sentimenti.
<<Edward..>> dissi avvicinandomi titubante a lui.
<<Tu cosa ci fai qui?>> domandò lui afferrandomi per il polso. <<Chi sei?>> mi chiese stringendo maggiormente la presa.
<<Ed..Edward sono io..>> dissi con voce sommessa.
Con la mano libera gli accarezzai dolcemente la guancia e provai a risvegliarlo.
<<Edward, so che dentro di te sai chi sono. Guardami bene.. Ribellati alla volontà di quella puttana!>> Il suo viso finalmente assunse un espressione, ma svanì in pochi istanti.
<<Edward, battiti per me!>>
Mi avvicinai al suo volto e accorcia sempre più le distanze. Avevo bisogno del suo sapore. Avevo bisogno di sentirlo. Unii le nostre bocche in un bacio che riuscii a fermare il tempo intorno a noi.
Lui era la persona che amavo, e avrei fatto di tutto pur di vederlo sorridere di nuovo.
Quando mi staccai, mi accorsi che i nostri respiri si erano accorciati..
<<Lydia..>> disse lui guardandomi amorevolmente. I suoi occhi. I suoi bellissimi occhi cielo. <<Edward!>> gli saltai al collo e nuovamente lo bacia. Questa volta anche lui contraccambiò e mi strinse forte a se. <<Mi sei mancata..>> mi sussurrò all’orecchio.
Fui felice di sentire quelle parole, prima della mia partenza; però non mi bastava..
<<Edward, vieni con me..>>
<<Dove?>> mi domandò lui perplesso.
Ignorai la sua frase e senza fare rumore lo portai in stanza. Un bacio non mi bastava, volevo di più. Mi avvinghiai a lui e senza permettergli di parlare lo spinsi sul letto.
<<Anche tu mi sei mancato.>> Detto ciò iniziai a spogliarmi, e dopo tanto tempo, finalmente, eravamo nuovamente una cosa sola.
Io ed Edward.
Io e lui.
<<Ti amo..>>
Sorrisi.
Quelle ultime parole mi diedero la carica finale per avventurarmi all’esterno di quella scuola maledetta.

 
Fine capitolo *-* Vi è piaciuto?o.o A me non particolarmente, perché è un capitolo diciamo di passaggio.. Ma ho provato a renderlo interessante:) Spero di esserci riuscita! Grazie a tutti coloro che mi seguono e che recensiscono *-* Grazie davvero:)

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Capitolo 25
*** La fuga. Parte 1. ***



Lasciai il corpo dormiente di Edward nella mia stanza e sussurrandogli un tenero “Ti amo” nell’orecchio, presi le chiavi dal comodino. Dovevo agire il prima possibile; prima che quella strega della preside si riprendesse.
Presi carta e penna e decisi di scrivere una lettera riferendomi ad ognuno dei miei amici.

“Cari amici miei, mentre leggerete questa lettera io ormai sarò lontana, o morta..
Non preoccupatevi, se tutto andrà per il meglio presto questo inferno finirà.
Cercherò di uscire da questo luogo maledetto e troverò qualcuno in grado di aiutarci. Lo spirito, di cui voi non credete l’esistenza, è stato in grado di darmi quest’opportunità e trovando la preside ubriaca ho deciso di agire subito!
Scusatemi se non vi saluto personalmente e se le ultime parole che vi ho detto sono state: -Mi avete deluso.
Non lo penso seriamente, ero solo arrabbiata e confusa.
Ora che sto scrivendo sto pensando ad una mia eventuale morte, e siccome non so se vi rivedrò voglio dirvi quello che mi avete dato.
Perché ognuno di voi mi ha dato qualcosa.

Fratellino, inizio da te che sei stata la mia sorpresa più grande. Grazie per essermi stato sempre vicino e per avermi cercata. Sono felice di essere venuta a conoscenza della tua esistenza, e nonostante papà non c’è più, so per certo che ci voleva bene. La tua presenza ha reso la mia vita migliore in questo luogo abbandonato da Dio.

Arisa, mia piccola e dolce amica. Ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me e sono contenta di aver incontrato una persona con un cuore immenso come il tuo. So che con Dylan potrai essere felice, e spero che un giorno uscendo da questa scuola potremmo andare a bere un bel cappuccino in un caldo e accogliente bar.
Non ti rattristare.
Non pensare che non sono con te, perché io sarò sempre, e ripeto Sempre con te.
Sia da morta che da viva io per te ci sarò; basterà che guarderai nel tuo cuore e mi troverai lì per te.

Damian. Sei il primo ragazzo che sono riuscita a portare fuori da quella terribile stanza e nei tuoi confronti provo un grande affetto. Non ti arrendere mai, e non pensare  che la tua vendetta ti abbia reso una persona crudele.
Tu hai cercato di vendicare la tua Sofy, forse hai sbagliato nel coinvolgere le persone innocenti, ma tu non potevi saperlo. Mi hai dimostrato di essere una persona buona e gentile, e sono felice di averti conosciuto.

Chanel. Mia cara ragazza, mi dispiace di non essere riuscita a conoscerti ma sfortunatamente il tuo arrivo ha segnato la mia partenza. Sono contenta di averti portata lontana dal mio Edward, e mi dispiace se ti ha fatto soffrire.
Fidati anche io ho sofferto per lui.
Non arrenderti mai! Vicino a te c’è una persona che ti ama immensamente, tuo fratello.

Patrick. Ora che arrivo a te non so cosa dire. Mi dispiace se te lo rivelo scrivendo ma non riesco a tenermelo dentro.
So che i tuoi sentimenti nei miei confronti sono puri e sinceri, ma io sono innamorata di un’altra persona. Mi hai confortata nel momento del bisogno e pensavo di potermi innamorare di te, ma mi sbagliavo.
Sei un ragazzo buono e generoso.. Sei bello e altruista ma perdona la mia ipocrisia.
Perdonami per favore.          


Ora ragazzi, miei cari e buoni amici, devo salutarvi, stanno per suonare le vostre campanelle e presto la scuola sarà sommersa da tutti gli studenti.
Mi mancherete ogni singolo giorno, e vi prego di stare attenti.
Vi voglio bene, e spero di riuscire a tornare per riabbracciarvi tutti quanti.
Un bacio, la vostra Lydia.”



Lasciai quel foglio sul letto di Dylan e piano andai in cortile.
Nessuno doveva vedermi.
Infilai la chiave nella serratura che mi aveva mostrato il ragazzo dai capelli rossi e in preda all’agitazione vidi sollevarsi una balla d’erba.
Stavo per inoltrarmi in un nuovo ambiente.
In un luogo pieno di sangue e violenza.
In un luogo che non doveva esistere.
In un luogo di cui avevo solamente paura.

Scesi i gradini uno dopo l’altro e in fretta richiusi la botola.
I muri erano di roccia ed erano umidi e viscidi. L’acqua fangosa scivolava silenziosa e intorno a me solo un odore di sangue e vomito.
Piano iniziai a seguire quel lungo corridoio, speranzosa di non incontrare qualche scagnozzo della vecchia e stronza preside. Misi i miei piedi l’uno dietro l’altro e feci molta attenzione a non scivolare.
Avevo paura.
Quel posto era davvero orribile.

Tutto era molto buio e si riusciva a intravedere qualche parete grazie a delle piccole fiaccole.
D’un tratto però, sentii dei passi provenire dal fondo del corridoio e lentamente mi accasciai dietro a un masso abbastanza grande.
<<Tra poco finiscono di correre vero?>> chiese un uomo dall’aspetto burbero.
<<Si! Tra poco li vedrai intrufolarsi nelle proprie stanza in preda alla paura..ahahah>>
I due omaccioni mi sorpassarono senza nemmeno accorgersi della mia presenza,e fui disgustata da quella loro macabra conversazione.
Come potevano ridere della sofferenza altrui?
Ritornai a camminare cauta in quel lugubre luogo ma, passo dopo passo del rumore, anzi dei tonfi, iniziavano a farsi sentire sempre più chiassosamente.
Il paesaggio intorno a me cambiò radicalmente.

Le pareti avevano delle incavature molto profonde e all’interno di esse dei letti(se si possono chiamare “letti” delle lenzuola sporche buttate lungo la stanza) e del fango riempivano quella piccola e angusta “stanza.”
Piano iniziai a superarle una dopo l’altra, finché, un suono assordante non riempii quei corridoi.
Era una specie di campana amplificata che mi fece fischiare le orecchie e urlare dal dolore.
Cosa diavolo era??
In preda al panico mi nascosi in una di quelle camere buie e accasciandomi nell’angolo più ombroso mi arrotolai su me stessa.
Per quanto diavolo sarebbe durato questo infernale rumore?
Gl’occhi iniziarono a rilasciare le lacrime sofferenti e tappandomi le orecchie con le mani, aspettai paziente che quel terribile momento finisse.

- - -

Quando sollevai la nuca notai che di fronte a me con aria sbigottita vi era una ragazza.
Era magra e di statura molta piccola. I suoi lunghi capelli biondi le scendevano sporchi e annodati lungo il volto, e le sue labbra erano sottili e strette.

<<Ci..Ciao..>> dissi, vedendole le ferite sul corpo. 
<<Chi sei?>> domandò lei con quegl’occhi privi di luce e di vita.
<<Un..Un’amica..>> le sorrisi cercando di infonderle sicurezza.
<<Io non ho amici.>> disse lei mutando la sua voce da tenera e amorevole a isterica e nervosa.
<<Shhh! Shh! Io..Io sono tua amica..>> cercai di dirle avvicinandomi maggiormente a lei.
<<E cosa ci fai qui?>> mi domandò tornando normale.
<<Io.. Mi sono persa..>> mentii, ma per un’assurda ragione non riuscii a fidami di quella fanciulla.
Mi sembrava cattiva.
Maligna.
Pazza.

<<Ah.. Tu vieni dall’esterno?>> mi chiese notando la mia pelle pulita e quasi completamente guarita.
<<Io..Io sono nuova..>> cercai di inventarmi al momento..
<<Sei bella sai..>> continuò lei allungando una mano verso la mia guancia.
Senza capire la situazione la vidi ridere gioiosa e del sangue iniziò a scorrere lungo il mio volto.
<<Ah ma che fai!>> dissi spingendola via.
<<Adoro il sangue..>> disse lei leccandosi il mio liquido rosso dalla sua unghia. <<Ma che..>>
Senza rendermene conto la ragazza mi era nuovamente addosso, cercando di ferirmi ulteriormente.
<<Non riuscirai a trovare la giusta strada.! Ti ucciderò prima che tu possa farlo!>>
Cosa diamine stava accadendo?
Erano questi gli effetti che si avevano dopo una lunga permanenza in quel luogo?
Si diventava sadiche e psicopatiche..?

<<Lasciami..>> provai a dirle respingendola con tutta la forza che avevo.
<<Ti succhierò il sangue! Capito lurida puttana?!?!>>
Non riuscii a credere alle mie parole, questa ragazza non era normale!
La respinsi nuovamente e frettolosamente cercai di raggiungere le sbarre.
Quando le pressai per uscire mi accorsi che erano chiuse a chiave.

<<Dove vuoi andare? Tu sei mia amica vero?>> mi domandò lei tornando esteriormente normale.
<<Io.. Io..>>
Presi le chiavi che avevo legato accuratamente al mio collo e iniziai a provarne una ad una.
Dovevo riuscire ad aprire quelle maledette transenne.
<<Puttana..>> sibilò lei alle mie spalle.
Perché dovevo avere tutta questa sfortuna!
Perché dovevo capitare in una cella insieme a una psicopatica?
Mi sentii tirare i capelli e notai di trovarmi contro la parete rocciosa.
La biondina mi era completamente addosso, e senza indugiare mi morse il labbro.
Sentii il mio sangue scorrere sulle sue labbra e un dolore lancinante mi colpii alla sprovvista.
Senza ragionare le diedi un chiassoso ceffone e la spinsi contro la parete.
Non controllai la mia forza e contro ogni mia aspettativa la vidi sbattere la testa.
Perse coscienza davanti ai miei occhi, o per meglio dire, perse coscienza per colpa mia.
Tremante cercai di liberarmi dai sensi di colpa e mi promisi che, una volta uscita da quell’inferno, avrei fatto ogni cosa pur di scusarmi.
Finalmente, aprii le sbarre, e dopo averle richiuse accuratamente, iniziai a correre verso un eventuale uscita.

Dovevo uscire a qualsiasi costo.
Dovevo farlo per i miei amici.
Dovevo farlo per me stessa.
Dovevo farlo per ogni singolo ragazzo.
Dovevo farlo per Edward. 

Fine *-* Oddio, questa è la prima parte della sua fuga, il suo primo incontro. xD mamma mia, volevo rendere quella ragazza un po'..pazza... spero di esserci riuscita xD Un bacio Aly^^


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Capitolo 26
*** La fuga. Parte 2. ***



Mi mancava il fiato ma nonostante tutto continuavo a percorrere quei lugubri corridoi.
Da quando ero entrata in quel luogo avevo incontrato una miriade di guardie e una ragazzina isterica.
Le stanze che ormai avevo superato, contenevano ragazzi privi di normalità.
Urlavano e urlavano di voler combattere, mentre i più sani chiedevano ancora di essere liberati.
“Che posto orribile.”

Le mie scarpe erano completamente ricoperte dal fango e la mia gola chiedeva disperatamente dell’acqua.
Dovevo bere.
Ne avevo assolutamente bisogno.
Svoltai verso una porta dal colore chiaro, e piano mi intrufolai all’interno.
Era una stanza particolarmente pulita, e il colore che alleggiava maggiormente era il bianco.
Andai stanca verso il lavello e piano iniziai a bere.
Sentire l’acqua che scorreva lungo il mio corpo mi diede carica ed energia. Ed era proprio quello di cui avevo bisogno. Deglutii piano e sentendomi abbastanza in forma mi voltai verso la porta, quando però sentii dei passi provenire dall’esterno, accompagnate da delle urla.
Senza fare troppo rumore mi nascosi cauta dietro l’armadio e silenziosamente aspettai che quei suoni scomparissero. Sfortunatamente però, si bloccarono per aprire la stanza in cui ero nascosta.
Sulla soglia comparve un omone sporco e grasso che trascinava per i capelli una povera e piccola ragazza.
<<Lasciami! Lasciami ti prego..!>> supplicava lei mentre cercava di liberarsi da quella ferrea presa.
<<Zitta! Che ora ci divertiamo.>> l’uomo richiuse l’ingresso dietro di se e senza delicatezza buttò la povera ragazza sul divano. <<Spogliati!>> le urlò contro.
<<No..n..o.. Ti prego..Ti prego..>> diceva lei con le mani che non smettevano di tremare.
<<Forse non hai capito. O lo fai, o ti uccido all’istante.>>
La ragazza singhiozzante iniziò a togliersi di dosso quella lurida e fangosa maglia e io in preda alla rabbia continuai a stare nascosta.
<<Non farlo..>> continuava a ripetere lei, mentre piano si toglieva quegli stracci.
L’uomo nel vedere scoperti i suoi piccoli seni, non si controllò più e si fiondò su di lei.
<<NO! NO!>> piangeva lei.
Il maschio senza badare alle sue suppliche si tolse i pantaloni e fremente cerco di denudarla maggiormente.
La ragazza continuava a dimenarsi, e io da piccola e povera codarda, continuai a rimanere nascosta.
Non potevo salvarla. Se uscivo allo scoperto avrei perso la mia unica possibilità di aiutare i miei amici..
Di aiutare tutti.
Eppure lei continuava a lottare e a dimenarsi..
Come potevo rimanere inflessibile davanti a tanta violenza?
Scrutai bene l’uomo. Un attacco diretto sarebbe stata la mia morte\cattura certa.
Dovevo agire di nascosto.

Mi guardai intorno e ringraziai Dio quando notai un coltello posato sul comodino poco più avanti a me.
Dovevo solo prenderlo, ed uccidere un uomo.
Solo.
Solo.
Solo.

Solo. 
Solo.
Solo.


<<NO NO!>>
Le urla della povera fanciulla mi ridiedero le motivazioni necessarie per agire, e senza pensare a nulla mi porsi silenziosamente verso la lama. Quando la ebbi tra le mani fui contenta di non essere stata ancora scoperta.
Mi riabbassai velocemente, e gattonando mi posizionai alle spalle di quel grasso e sporco uomo.
Mentre lo vedevo intento a violentare quella povera ragazza, presi bene la mira e affondai quella grossa arma nella testa di quel bastardo.
Il suo corpo cadde privo di vita sulla povera fanciulla che non comprendendo la situazione continuava ad urlare.
Avevo appena ucciso un uomo. Avevo sporcato le mie mani e la mia anima del suo sporco sangue. 

Spostai quel cadavere dal suo corpo e piano la strinsi a me.
<<Shh..Shh..va tutto bene! Va tutto bene..>> cercai di dirle mentre ancora si dimenava.
<<Chi..chi..cosa?>> balbettava lei vedendo il corpo di quel uomo senza vita.
<<Tranquilla non ti farò del male. Vatti a nascondere da qualche parte.. Io devo andare..>>
Non potevo perdere del tempo prezioso.
Presto a scuola si sarebbero accorti che non ero presente ai lavori delle tre e avrebbero lanciato l’allarme.
<<Gr..Grazie..>> mi disse lei prendendomi per mano.
<<Di nulla..>>
La guardai e un lampo di genio mi attraversò la mente.
Lei sicuramente conosceva quel luogo meglio di me.. Forse sarebbe stata in grado di aiutarmi.
<<Tu.. Tu sai dov’è l’uscita?>> le chiesi osservandola con occhi seri.
<<Non si può uscire.>> mi disse lei tornando nella tristezza più assoluta.
<<Guardami!>> le dissi scuotendola. <<Dimmi dov’è!>>
Il suo sguardo privo di luce mi osservò attentamente..
<<Le uniche uscite si trovano nella stanza dei ring.. Ma se non si hanno le chiavi è inutile..>>
Ecco.
Era quello il mio obbiettivo.
<<Tu sapresti condurmi li?>>
La vidi annuire, e per la prima volta affidai il mio futuro nelle mani di uno sconosciuto.
Speravo solo che il mio intuito, questa volta, non sbagliasse.


Tenendola per mano attraversammo per lungo e largo una miriade di corridoi e solo dopo svariate svolte e sorpassi di porte, raggiungemmo un bivio.
<<Come mai non c’è nessuno in giro?>> chiesi sorpresa dalla facilità in cui avevamo attraversato quell’ambiente. <<Molte guardie sono impegnate nell’allenamento dei ragazzi. Altre sono nel ring. In questo momento si sta svolgendo il primo incontro.>> I suoi occhi si fecero ancora più tristi. <<Il prossimo sarà il mio.>> disse lei come se sapesse già il finale di quello scontro.
Istintivamente l’abbracciai.
<<Vieni via con me.>> Il suo sguardo per un secondo riprese vita, ma dei passi lo spensero subito.
Mi prese per mano e nascoste dall’oscurità aspettammo di conoscere il volto di chi camminava lungo i corridoi.


Fine capitolo *-* Mamma mia fatica fatica fatica *-*
Spero che vi sia piaciuto *-* Questa è un'altra situazione che la nostra protagonista ha dovuto affrontare durante la fuga.. Che poi, riuscirà ad uscire?
Grazie a tutti coloro che recensiscono e che hanno inserito questa storia tra le preferite\seguite\ricordate <3 :D Grazie. 

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Capitolo 27
*** La fuga. Parte 3 ***


I passi si avvicinavano sempre più e il terrore aumentava vertiginosamente nel mio corpo.
Sentivo la ragazza di fianco a me, tremare tremendamente e nei suoi occhi leggevo chiaramente la paura di essere scoperte. Con il mio sguardo cercai di rassicurarla.
Il buio ci nascondeva abbastanza bene.
Non dovevamo muoverci.
Solo questo.
Poco dopo una figura comparve dinnanzi al bivio. Indossava un lungo mantello nero che lo copriva interamente.
La fanciulla mi strinse maggiormente il braccio facendomi quasi sussultare. La figura nascosta, tirò fuori da una tasca il cellulare e il silenzio calò in quel lugubre luogo finché, non iniziò a parlare.
<<Si, ciao.. Senti sono al bivio.. Dov’è che si va per il ring che mi sono dimenticato..>> Una voce maschile.
Una voce maschile che riconobbi.
<<Ah ok.. Si Si.. L’incontro che comincerà tra poco, dovrebbe essere soddisfacente per il pubblico..>>
Era lui.
Ne ero certa.
Ma perché..?
<<Va bene. Andrò ad assistere..>>
Chiuse il cellulare e lo vidi entrare nel primo tunnel. Lo guardai meglio..
Non c’era dubbio.
L’altezza era quella, e la voce era inconfondibile.
Cosa ci faceva lui lì?
Perché non era con gli altri?

Presi per mano la ragazza e senza dirle nulla lo seguii.
Dovevo accertarmi del suo volto.
Dovevo scoprire per quale assurda ragione si trovava la sotto.
Perché ci aveva traditi?
Lo vidi fermarsi davanti a una parete e smuovere qualche pietra. Poi magicamente scomparve in un ingresso comparso chissà quando.
<<Hai visto anche tu?>> mi chiese la ragazza guardandomi allibita.
Annui piano e dentro di me i rimorsi iniziavano a prendere il sopravvento.
Tutto ciò era assurdo! Non poteva essere veramente lui.

Raggiunsi la porta e ricopiando i suoi movimenti cercai di far comparire nuovamente l’ingresso ma nonostante le varie prove, non ci riuscii.. poi però una specie di miracolo accadde.
Trovai una serratura piccola e nascosta.
Provai gioia immensa..
Io avevo tutte le chiavi di quel luogo spietato.
Iniziai a provarne una dopo l’altra finche finalmente riuscii a trovarla.
Comparve un corridoio stretto, lungo e senza luce. Alla fine solo un’enorme confusione.
Iniziai a camminare, quando una mano mi bloccò.
<<Non puoi andare.. Non sai cosa c’è oltre questo corridoio..>> mi disse lei con sguardo preoccupato.  
<<Tranquilla.. C’è la caveremo.>> le porsi la mano in segno di conforto, e lei la serrò forte.

L’uscita da quello squallido corridoio era sempre più vicina e le urla si avvicinavano sempre più.
Un brivido mi percorse, ma dovevo farmi forza.
Dovevo riuscire a scoprire la verità, altrimenti i miei amici, mio fratello e Arisa sarebbero stati in grave pericolo. Camminammo piano e arrivati alla fine ciò che mi comparve di fronte, mi pietrificò.
Era pieno di gente che nell’oscurità cercava di sedersi.
Parlavano ad alta voce e scommettevano soldi.
Al centro di questa platea c’era un enorme Ring illuminato da una luce pazzesca, e su di esso due figure.
Due ragazzi ormai mezzi morti che faticavano a stare in piedi.
La fanciulla, al mio fianco, mi strinse maggiormente la mano.
Ricambiai il suo gesto.
<<Vieni..>> le bisbigliai all’orecchio.
Con passi inosservati, cercammo di raggiungere un uscita.. Peccato però che non sapessi dove si trovasse.
Quasi tutte le porte sembravano potersi aprire con un meccanismo preciso.. E io non lo conoscevo.
<<Come facciamo..?>> chiese lei tremante.
Osservava il ring con un enorme paura.. Tra poco sarebbe toccato a lei.
Dovevo trovare una soluzione.
<<Stai qui.. Non muoverti.. Io cercherò una soluzione.. Stai attenta..>>
<<Non lasciarmi.. ti prego..>> disse lei con occhi cupi.
<<Tranquilla, non ti succederà nulla. Usciremo da qui, promesso.>>
La lasciai in quel piccolo angolo, lontano da occhi indiscreti, e piano iniziai a cercarlo.
Lui.
Il traditore.
Mi muovevo normalmente con testa china e cercavo di imitare un po’ l’atteggiamento degli scommettitori.
Non dovevano sospettare nulla, ero quasi arrivata all’uscita.. Non potevo farmi uccidere proprio adesso.
Mentre mi osservavo in giro notai che l’incontro era finito, e che steso a terra vi era un povero ragazzo.
<<Dagli il colpo finale!>>
<<UCCIDILOO!>>
Le persone urlavano quelle terribili parole, e il mio cuore iniziò a battere forte.
Dentro di me solo un pensiero.. “Ti prego Dio, fai che non lo uccida.. Ti prego..” Ma Dio non mi ascoltò.
Finita la mia preghiera, il vincitore diete il colpo finale, uccidendo definitivamente il ragazzo disteso a terra.
La gente si alzò esultante dalle sedie, mentre altre iniziarono a maledirsi per aver scommesso sul perdente.
Ma che razza di posto era quello?
Tutte quelle persone non si facevano schifo?

Chiusi i miei occhi nel vedere tutto quel sangue scivolare lungo il tappeto del ring, e sospirando cercai di andare avanti. Pultroppo però successe qualcosa di imprevisto.
Una mano mi prese improvvisamente per il polso e azzittendomi con l’altra mi trascinò nel angolo più buio in assoluto. Cercai di dimenarmi e liberarmi da quella ferrea presa ma nonostante i calci non ci riuscii.
Quella era la fine.
Sarei stata uccisa e buttata in qualche lago.
Non avrei più rivisto Edward.
Non avrei più potuto fare l’amore con lui.
Non avrei più potuto sentire il suo odore sul mio corpo.
Non avrei mai più potuto dirgli che lo amo.
Non avrei mai più potuto stringergli la mano e guardare quei suoi meravigliosi occhi.
Non avrei più potuto aiutarlo.
Non avrei più rivisto mio fratello.
Non sarei più riuscita  stringerlo tra le mie braccia e simpaticamente prenderlo in giro.
Non avrei più potuto immergermi nel calore del suo sguardo.
Non avrei più potuto parlare con Arisa.
Non sarei più andata con lei  a prendere un cappuccio al bar.
Non avrei più potuto dirle che le voglio bene.
Non sarei più riuscita a salvare gli studenti e a mantenere le svariate promesse che avevo fatto.
Non sarei riuscita a vendicarmi della preside.

Sarei morta sola, in un qualche luogo freddo ed isolato.
La mia vita stava per spegnersi per le mani di uno sconosciuto che continuava a tenermi saldamente.
Perché ero stata così ingenua?
Perché mi ero fatta catturare così facilmente?
Avevo perso di vista il mio scopo, mi ero preoccupata per altro, ed ora quella era la mia punizione.
L’uomo che mi aveva catturata mi avrebbe forse violentata e poi nascosta a marcire in qualche putrido luogo.
Mi avrebbe scaricata come la spazzatura in qualche discarica e sarei stata mangiata dai topi e dai vermi.
Questo era il mio destino.. eppure per quale assurda ragione ero ancora viva?
Smisi di dimenarmi e mi accorsi che la presa si fece minore.
<<Shh.. ora ti mostro l’uscita.>>
Mi girai di scatto.
Riconoscevo quella voce.
Ne ero sicura.
La figura si tolse il mantello, e come immaginato il traditore mi si presentò davanti.
<<Cosa ci fai tu qui?>> domandai sollevata e spaventata allo stesso tempo.
<<Tranquilla Ly. Da sola non puoi farcela.. e per questo che ti aiuterò io.>> Sul suo volto comparve un sorriso, e io conoscendolo decisi di fidarmi..
Infondo come non potevo fidarmi di lui?
Mi prese sotto il suo mantello e silenziosamente iniziammo a camminare.
Che mi avrebbe veramente condotta verso la libertà?      

Scusate per il terribile ritardo :) Spero vi sia piaciuto^^ Un bacio Aly:) P.s. so che ci sono errori, perdonatemi non ho avuto il tempo di rivederlo.. Lo farò al più presto:)

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Capitolo 28
*** La fuga. Parte 4 ***


<<Dove mi stai portando?>> chiesi ancora incredula alla sua presenza in quel luogo.
<<Tranquilla Ly, ti farò uscire. Tuo fratello ci ha letto la tua lettera.. Non potevo rimanere con le mani in mano.>> Lo guardai negli occhi, erano troppo sinceri.
Come potevo non credergli?
Gli strinsi la mano e con piena fiducia lo seguii.
Era un mio amico.
Lo avevo salvato.
Lo avevo aiutato.
Lo avevo consolato.
Come potevo non fidarmi di lui?
<<Come hai fatto a passare inosservato?>> Lui mi sorrise.. <<Ho mentito.. Semplice no?>> Continuavo a non capire.
<<Cioè?>> I miei occhi scrutavano i suoi movimenti, i suoi sorrisi, i suoi tocchi leggeri sulla mia pelle. <<Nella tua lettera dicevi che la preside era ubriaca. Lo è ancora. Ho detto che mi ha appena scagionato. Che ho passato tutto questo tempo nella sua stanza..>>
<<E ti hanno creduto?>> domandai sorpresa.
<<Certo, non è la prima volta che succede una cosa simile..>> Gli sorrisi debolmente.
Come non potevo credere in lui?
Damian.
Lo avevo salvato.
Lo avevo aiutato.
Lo avevo sostenuto.
Lo avevo consolato.
Come potevo dubitare?
Mi lasciai trascinare lungo quella platea quando d’un tratto mi ricordai di lei.
La ragazza.
<<Da..Damian! Devi aiutare una ragazza! Lei è la prossima per salire su quel ring.. Io l’ho lasciata lì..>> Indicai il luogo in cui l’avevo nascosta e con amarezza vidi qualcosa che sarebbe stato meglio ignorare.
La ragazza era completamente circondata da omoni. Io la stavo abbandonando al suo triste destino. <<Damian dobbiamo tornare indietro! Dobbiamo fare qualcosa!>> Lui mi serrò forte la mano.
<<Non puoi fare nulla.>>
<<No! No! Non posso lasciarla così..>>
Le mie gambe tremavano e le paure sorgevano maligne nel mio corpo.
<<Damian ti prego!>> Lo supplicavo di lasciarmi andare.
Dovevo andare da lei.
I miei occhi continuavano a guardarla.. Gli omoni la stavano trascinando via e nonostante la confusione riuscivo a percepire le sue urla. <<LYDIA!>>
Damian mi sbatte dolorosamente contro la parete.
<<Stai zitta! Ti prometto che aiuterò quella ragazza, ma tu.. TU devi uscire. Devi aiutare tutti noi! La vita di un singolo, anche se importante, può essere sacrificata..>>
Il suo discorso non faceva una piega..
Sapevo che aveva ragione.
Ne ero pienamente cosciente.
Ma come potevo abbandonarla così?
<<Lydia ti prego.. Tu sei l’unica che può cambiare le cose..>>
“È vero..!” Feci un sospiro e guardandolo con occhi severi dissi:<<Io uscirò da qui.. Ma tu devi promettermi che la salverai!Devi!>>
Lui annui. <<Te lo prometto.>>
Ci riprendemmo per mano e nascosta dal suo mantello mi portò dinnanzi a un grosso tunnel.
Di fronte ad esso vi era un uomo che probabilmente evitava le fughe e manteneva la sicurezza.
<<E voi chi siete?>> domandò scoprendo la pistola che portava appesa alla cintura.
Damian si tolse il cappuccio e sorrise nel miglior modo possibile.
<<Non ho avuto ordini per farvi passare!>> disse rabbiosa la guardia.
<<Lo so..>> Damian fulmineo lo bloccò al collo e gli girò la testa finchè la vertebra non si spezzò in un amaro Crack. Lo appoggiò in piedi alla parete e senza riguardo mi spinse in quel tunnel.
<<Corri! Corri e non voltarti!>> Feci come mi aveva detto.
Non pensai al suo omicidio, corsi e basta. Inizia a percorrere quel lungo corridoio con molte speranze in corpo, ma tutto era nero; l’aria era simile a quella che si trovava nelle fogne.. putrida.
Non voltai mai il capo. Guardai sempre davanti sperando di vedere una luce.
Correvo, correvo, correvo, correvo, correvo, correvo..

Correvo, correvo, correvo, correvo, correvo, correvo.. 
Correvo, correvo, correvo, correvo, correvo, correvo.. 
Il fiato iniziava a farsi pesante e le gambe a cedere.
Quel tunnel sembrava non finire mai e la temperatura che vi aleggiava era elevata.
Faceva caldo.
Troppo caldo.
Il pavimento era ricoperto dalla melma e i miei vestiti erano ormai impregnati di sporcizia.
“Devo farcela” pensai mentre appoggiavo ansimante la mano alla parete.
L’energia che mi era rimasta in corpo ormai era quasi nulla e i dolori causati dalla fame e dalla sete iniziavano a farsi sentire maggiormente.
“Noi contiamo su di te” Le voci di mio fratello, di Arisa, di Damian, di Patrick, di Chanel, di David, di Edward, del ragazzo dai capelli rossi, dalla ragazza e altre a me ignote mi raggiunsero nel momento in cui stetti per crollare.
<<È vero! Io devo farcela!>>
Ignorai i dolori, la stanchezza, la pesantezza del mio corpo, la sofferenza interiore e continuai a correre.
Correvo, correvo, correvo, correvo, correvo, correvo..

Correvo, correvo, correvo, correvo, correvo, correvo.. 
Correvo, correvo, correvo, correvo, correvo, correvo.. 
Correvo, correvo, correvo, correvo, correvo, correvo.. 
STOP.
Il tunnel finiva.
Non c’era un uscita.
Solo buio.
Tetro e deprimente buio.
“Com’è possibile? Com’è possibile?”
Mi inginocchiai a terra e finalmente piansi.
Era da molto, troppo tempo, che trattenevo le mie lacrime.. ma finalmente scendevano.
Scorrevano pesanti lungo le mi guance liberandomi almeno un poco dalla sofferenza che mi mangiava dentro.
“Lydia la scala..Cerca la scala..”
Una luce rossa comparve davanti ai miei occhi umidi e mi diede speranza.
Con fatica mi alzai da quel marcio suolo e quasi incosciente raggiunsi la parete.
Mi serviva una scala.
Passo dopo passo perlustrai quelle maledette mura finchè tra un singhiozzo e l’altro, non sentii del ferro.
Ignorando la mia cecità a causa del buio, salii piano piano quella scala.
Sopra il mio capo un tombino.
Lo sollevai con tutta la forza rimastami in corpo, per ritrovarmi finalmente, il sole cuocente di quella splendida giornata.
Respirai l’aria pulita e fresca e con gioia vidi la città.
Tante piccole case raggruppate, e un unico mezzo di comunicazione..
La ferrovia.
Strinsi i pugni e con passo deciso percorsi il sentiero, finalmente ero libera.       


Si lo so è da un casino che non aggiornavo questa storia.. xD E mi dispiace.. e che tra una cosa e l'altra non mi veniva mai l'ispirazione giusta ._." Spero che il capitolo sia stato almeno carino.. ^^ Un bacio Aly^^

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Capitolo 29
*** Una tunica di lenzuolo. ***


Il paesino era molto caotico e a causa dei miei vestiti sporchi e sudici non passavo inosservata.
La gente continuava a fissarmi e nonostante facessi finta di niente mi sentivo i loro occhi costantemente addosso.
Sentii dire a qualcuno che era meglio chiamare la polizia e per un istante fui d’accordo con loro..Poi però mi ricordai del poliziotto nella camera della preside..
Non potevo contare sulle forze dell’ordine..
Non potevo contare su nessuno.
Chinai la testa e il prima possibile svoltai in un vicolo buio.
Ero parecchio stanca e avevo bisogno di riposare.
Erano due giorni che non dormivo e gli occhi faticavano a stare aperti.
Mi sedetti vicino a un cassonetto e coprendomi con dei sacchi dell’immondizia chiusi finalmente le palpebre.
“Dormirò solo due ore..” Mi raccomandai prima di addormentarmi completamente in quel “meraviglioso” odore di cibo marcio e calzini sporchi.

“<<Edward, cosa devo fare adesso?>> Gli chiesi vedendolo bello come il sole, seduto su una coperta, stesa su un caldo prato verde.
<<Non lo so.. Facciamo l’amore?>> Mi chiese facendomi una faccina coccolosa.
<<Scemo! Intendo ora che sono fuori..>> dissi tirandogli una sberletta sul viso.
<<Cerca aiuto..>>
<<Si ma chi?>> Domandai con i tormenti che si muovevano nello stomaco.
<<Tu saprai riconoscere un animo buono da uno cattivo.. Farai la scelta giusta..>>
<<Lo spero..>> Mi girai per andarmene.. Infondo sapevo che era solo un sogno.
<<Ly?>> Ed mi richiamò e mi prese per mano, tirandomi a se.
<<Dimmi..>> dissi accarezzandogli dolcemente il volto.
Com’era bello.
Com’era enigmatico.
Com’era sexy.
<<Ti amo.>> Il mio cuore sussultò, e dei brividi mi percorsero la pelle. Se quello era un sogno, cosa di cui non ero più convinta, non volevo essere svegliata.
<<Anche io..>> dissi avvicinandomi piano a lui.
Le nostre labbra si incontrarono per approfondirsi in un bacio pieno di passione.
Lo desideravo.
Lo volevo.
Lo amavo.
<<Tu sei solo mia.>>
Annui a quella richiesta e con il sorriso sulle labbra mi lascia cullare dalle sue labbra.”


[…]

Mi risveglia riposata e felice in un letto.
In un letto..
In un letto..
In un letto..

“Eh?” Spaventata mi alzai immediatamente e mi accorsi di essere in biancheria.
Coma mai ero seminuda? E dov’erano i miei luridi vestiti?
Mi toccai la pelle e mi accorsi che era soffice e liscia e inoltre profumava di lavanda.
I miei capelli erano stati pettinati e acconciati e le mie ferite medicate.
Dalla stanza affianco provenivano delle voci e incuriosita guardai all’interno.
Era una cucina non molto grande e ai fornelli vi era una bambina. Poteva avere 13 anni al massimo. Seduto di spalle vi era un ragazzo dai capelli neri come la notte. Sfogliava un libro e sembrava imprigionato in quelle pagine.
Ritornai vicino al mio letto, e rimuovendo le coperte presi il lenzuolo.
Lo indossai come una tunica e lentamente misi piede nella cucina.
La ragazza nel vedermi fece cadere un bicchiere dallo spavento, rovesciando così tutta l’acqua..
Il giovane si voltò immediatamente quasi terrorizzato ma nel vedermi si tranquillizzò immediatamente. <<Ti sei svegliata..>> disse accennando un sorriso. Aveva degli occhi verdi smeraldo e delle spalle larghe e possenti. Il collo era molto grosso e il torace bene muscoloso. Il naso era un poco all’insù ma ben proporzionato con il volto dai tratti sicuri e decisi.
<<Si..>> dissi dopo la “breve” radiografica a cui l’avevo sottoposto.
La ragazzina mi si posizionò di fronte, accarezzandomi i capelli. <<Ti piacciono?>> mi chiese così ingenuamente.
Mi fece riflettere in uno specchio, e nel vedere i fiori che ornavano la mia chioma un sorriso comparve sulle mie labbra. <<Sono bellissimi..>> dissi notando lo sguardo insistente del ragazzo.
<<Piacere sono Karl. Sei la fuggitiva di Central House Family?>> fui sorpresa dalla sua domanda, e maledicendomi per la mia poca furbizia, indietreggiai.
<<No no!>> disse lui allungando la sua mano verso di me. <<Non voglio farti del male..>> cercò di dirmi afferrando delicatamente il mio polso.
Mi liberai velocemente da quella presa e senza accorgermene toccai il muro.
Ero in trappola.
<<Cosa vuoi..>> chiesi titubante.
<<Nulla..>> rispose lui con quegli occhi che emanavano calore e sincerità.
La più piccola si mise in mezzo e guardandomi con quei suoi due occhioni chiari, disse:
<<Il mio Fratellone ti ha salvato la vita! In paese ti cercano e lui ti ha portato qui! Ti ha trovata e ti ha curata!>>
“Per essere una bambina se la cava bene con le parole..”
Il ragazzo prese la sorella tra le braccia e la sollevò da terra.
<<Scusala a volte non sa tenere la bocca chiusa..>> disse sorridendo.
Aveva proprio un bel sorriso.. Certo non era bello come Edward.. ma lo era più di Patrick.. No! Non dovevo fare quei pensieri. Non potevo proprio.
<<In paese mi cercano?>> chiesi per cambiare argomento.
<<Si Lydia, un tuo ritratto è appeso per ogni angolo della città..>>
<<Come fai a sapere il mio nome?>> Abbassò lo sguardo e lentamente tirò fuori un foglio.
Quando lo aprii notai la mia faccia e sotto ad essa miriadi di informazioni sul mio conto.
C’era scritto dei miei genitori, morti in un incidente aereo..
C’erano le informazioni private.. Quelle personali..
C’era scritto tutto..
Stropicciai quel foglio in preda a una crisi nervosa e senza rendermi conto del luogo in cui mi trovavo, buttai quel pezzo di carta verso il muro.
<<Stronza!>> dissi mentre scivolai lungo il muro, fino a toccare il pavimento con il sedere.
Karl si avvicinò a  me e piano mi aiutò ad alzarmi. <<Ehi! Tranquilla.. Ti aiuterò io, ok?>> mi domandò con quel faccino adorabile.
<<Non voglio mettervi nei guai.. Hai già fatto tanto..>> dissi abbassando lo sguardo verso le mattonelle fredde di quella cucina.
<<Senti, per due..tre..quattro giorni starai a casa nostra.. Appena le acque si saranno calmate, e tutti penseranno che non c‘è più niente da fare ti aiuterò a scappare.. Che ne dici?>> Non era una cattiva idea.. Anzi.. Però non potevo aspettare tutti quei giorni..
Dovevo andarmene il prima possibile.. Prendere il primo treno e trovare qualcuno in grado di aiutarmi seriamente..
<<Non credo sia possibile.. Non posso fermarmi tutti questi giorni.. Ho fatto delle promesse e devo mantenerle..>> Incontrai i suoi occhi, probabilmente delusi, e una sua mano mi accarezzò i capelli.
<<So che vuoi aiutare gli amici che hai li dentro.. Ma non puoi farlo.. Nessuno ci è riuscito.. Ed è già tanto che tu possa riuscire  a scappare da questo paesino..>> Le sue parole mi demoralizzarono, ma non potevo ascoltarle.
Io avrei salvato mio fratello.
Avrei salvato Edward.
Avrei salvato Arisa.
Avrei salvato tutti.
<<Grazie di tutto.. Voglio solo dei vestiti e andrò via..>> dissi mantenendo gli occhi bassi.
<<Oggi non puoi, guarda..>> Mi fece avvicinare alla finestra, e ciò che vidi mi sconvolse.
Sembrava una rivolta civile.
Sembrava una manifestazione.
Sembrava una protesta.
<<Sono i gruppi che ti cercano. Hanno il permesso di ucciderti.. Se ti trovano per te sarà la fine.. Non puoi uscire.. Non questa notte.. E nemmeno quella di domani..>>
Riguardai nuovamente verso quelle folle armate di forconi e lampadine. <<Hai ragione..>>
Una lacrima mi scivolò lungo la guancia. I miei amici avrebbero dovuto attendere più del previsto. “Aspettatemi.. Vi salverò il prima possibile.”   

^^Wei wei^^
Da tanto che non aggiorno la storia sulla povera Lydia? ^^ 
bhè ecco il nuovo capitolo, spero vi piaccia^^ 
Un bacione Aly:)

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Capitolo 30
*** Un grande albero. ***


Mi risveglia nuovamente in quel letto che profumava di fresco.
In casa l’assoluta pace ma fuori da quelle quattro mura, il caos regnava sovrano.
Mi affacciai alla finestra e con sorpresa notai che la gente continuava a perlustrare le strade con la mia foto sempre a portata di mano.
Ero diventata una specie di fuggiasca, di ricercata, di galeotta evasa..
Toc Toc.
<<Avanti..>>
Davanti alla porta comparve Karl che con in mano un vassoio, mi portava la colazione.
Due brioche calde e un fumante cappuccino caldo.
Erano secoli che non vedevo simili meraviglie.
Il cibo di Central House Family era sempre stato vomitevole e amaro..
Quelle due soffici e cocenti Brioche furono una benedizione per i miei occhi e per il mio stomaco. <<Grazie..>> dissi con la bava alla bocca.
Karl, molto probabilmente, se ne accorse e con velocità mi porse il piatto.
Mi sedetti sul letto e con un sorriso a trentadue denti azzannai letteralmente quelle bellezze.
<<Sono contento che ti piacciano..>> mi disse lui sedendosi a terra. Intrecciò le gambe e appoggiando i gomiti sulle ginocchia iniziò a guardarmi..
Sul suo viso un dolcissimo sorriso e nei suoi occhi.. compassione.
Nonostante cercasse di nasconderlo capivo che gli facevo pena.. e infondo come non biasimarlo?
Ero un orfana obbligata a vivere in un luogo abbandonato da Dio con una preside sadica e psicopatica..
Cosa c’era di peggio?
<<Quando posso andarmene?>> domandai sorseggiando il cappuccio dalla tazza.
Aveva un sapore buonissimo e mi ricordava tantissimo quello della mamma.. Mia mamma lo faceva davvero ottimo. <<Appena le perlustrazioni delle strade diminuiranno.. Anche se..>>
Karl si bloccò. <<Anche se?>> chiesi preoccupata da quella sua brusca interruzione.
<<Anche se ho saputo che vogliono ispezionare le case.. Iniziano a pensare che qualcuno ti nasconda..>>
A quelle parole appoggia velocemente la tazza sul comodino e senza badare alla sua presenza mi spoglia per rindossare i miei abiti.
Dovevo andarmene il più velocemente possibile, non potevo rimanere in quella casa.
Avrei dato solo problemi a lui e alla piccola e amorevole Carolina.
<<Che stai facendo?>> mi domandò lui alle mie spalle.
<<Non si vede? Me ne vado..>> Karl mi girò con forza e senza alcun riguardo mi spintonò contro il muro.
<<Ma cos’è, sei scema?! Non vedi com’è la fuori?Non potrai mai raggiungere la ferrovia..>> Lo sapevo com’era la fuori. Ma non volevo metterli in mezzo.
Non volevo metterli nei guai.
Anche se li conoscevo da poco avevo capito che in loro c’era molta bontà, non volevo vederli soffrire. <<Non posso stare qui.. Se la preside scoprisse che mi avete aiutata.. Bhè.. Non so cosa potrebbe accadervi.. Ma sicuramente nulla di buono!>> Karl mi sorrise dolcemente e piano mi accarezzò la spalla ancora nuda.
<<La preside ha già provato a rinchiuderci lì dentro.. I nostri genitori sono morti due anni fa.. Ma fortunatamente erano molto ricchi..Io ero l’unico che conosceva la password del loro conto in banca, così annualmente pago la libertà mia e quella di mia sorella..>> Mentre me ne parlava vedevo nascere in Karl una rabbia, un odio, una malinconia vista negli occhi di pochi..
Nei miei occhi.
In quel momento io e lui eravamo uguali.
Entrambi cercavamo la libertà.. Chi per mezzo dei soldi, chi per mezzo della fuga..
Entrambi volevamo solo una cosa.
Una sola.
La libertà.
<<Che facciamo?>> chiesi dirigendomi verso il letto..<<Se non posso uscire ma non posso rimanere.. Cosa farò?>> La mia voce si incrinò ma non volevo piangere.
Non davanti a lui.
Non in quel momento.
Volevo solo sapere qual’era la giusta via d’uscita..
Volevo solo rivedere i miei amici.. coloro che erano divenuti la mia famiglia.
Volevo solo questo.
<<Ti nasconderò. Non ti preoccupare.. So dove nasconderti.. Ma tu devi avere fiducia in me..>>
<<Ti conosco appena..>> dissi con un finto sorriso sulle labbra.
<<Lo so.. Ma fallo ti prego.>> Quella sua supplica mi smosse qualcosa dentro..
Qualcosa di enorme.. di devastante.
Annui piano con la testa e quando lo vidi avvicinarsi a me con le braccia aperte, mi immersi nel suo caldo abbraccio.
Le sue mani mi circondarono completamente e io finalmente mi sentì protetta.
Lui era come una sorte di protezione.. Di dono calato dal cielo.. eppure lo avevo appena conosciuto. <<Vieni..>> Karl mi prese per mano e assicurandosi di avere la via libera mi fece uscire di casa. Corremmo a grande velocità evitando le sentinelle con grande abilità e astuzzia.
<<Dove stiamo andando?>> sibilai piano.
<<In un posto sicuro..>>
<<Ma di là c’è la foresta..>> dissi preoccupata.
Quella era la strada che conduceva al Central House Family, e sfortunatamente l’avevo riconosciuta fin troppo bene.
Karl non si voltava mai e continuava a correre imperterrito. Tutto ciò era troppo strano..
Possibile che mi ero immaginata tutto?
La rabbia nei suoi occhi.. L’odio comune per quella donna.. Possibile che era stata solo una mia fantasia?
Bruscamente mi liberai dalla sua stretta.. Perché mi stavo fidando?
Per quale assurda ragione lo stavo facendo?
“Perché sei una ragazzina che si fa ammaliare da un sorrisetto.” Scossi quei pensieri dalla mia mente, sfortunatamente però, era la pura verità.
Era la fottuta e inevitabile verità. 
<<Lydia cosa c’è?>> mi domandò lui con lo sguardo preoccupato.
“È veramente preoccupato, o sta solo fingendo?”
Il suo braccio si allungò verso di me e mossa dalla paura indietreggiai.
Feci un sonoro tonfo sul suolo.
Ero inciampata in uno stupido ramo.
<<Ly tutto bene?>> Karl si era fiondato vicino a me e con quegli occhi sinceri e cristallini mi aiutò ad alzarmi. <<Ci siamo quasi, non dubitare di me proprio adesso..>> nonostante fosse un affermazione quella frase suonava più come un supplica.
La sua voce riusciva ad ammaliarmi, e ignorando i miei precedenti dubbi accettai il suo aiuto.

Camminammo per altri parecchi metri, forse dei chilometri, finché non ci fermammo davanti a un grosso albero.
Era immenso, davvero enorme.
Le sue foglie creavano un’ombra tutta intorno, ottima per proteggerci dai raggi del sole.
<<Cosa ci facciamo qui davanti?>> chiesi affaticata e affamata.
<<Ora lo vedrai..>> Karl bussò sulla corteccia tre volte, e dopo dei secondi che lui contò, altre due..
Pochi istanti dopo dal terreno, spuntò qualcosa e guardandola con attenzione la riconobbi.
Era la testolina di Carolina, la sua sorellina.
Sorrisi alla visione di quella piccola creatura, e inondata da una sensazione di calore, scesi con loro le scale.
La stanza in cui mi ritrovai non era molto grande, ma anzi era abbastanza piccola. Ai lati altre due porte.
Una camera da letto e una cucina con bagno e salotto incorporato.
Era un luogo abbastanza angusto ma non mi lamentai, infondo mi stavano salvando da una morte certa.
<<Grazie..>> gli sibilai all’orecchio abbracciandolo fortemente.
Sentì le sue labbra sollevarsi, e in quel istante immaginai il suo sorriso.
Un sorriso meraviglioso.          

O_O Ragazze non chiedetemi di spiegare ciò che ho scritto.. xD forse è una schifezza.. non lo so, lascio giudicare a voi xD :) Io come sempre spero che vi piaccia.. poi boh. xD Tanto tra non molto saremmo alla fine XD
Ah si, perdonatemi il capitolo breve, e che con la fine della scuola alle porte, non ho molto tempo, però volevo pubblicare.. xD si lo so faccio pena. xD
Un bacio Aly^^

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Capitolo 31
*** Treno. ***


Gli accarezzai il volto con delicatezza. Me ne stavo andando nonostante fossero passati appena tre giorni. Non riuscivo a rimanere sotto quel albero.
Dovevo agire.. E nonostante tutto fosse terribilmente pericoloso, i miei amici contavano su di me.
Tutti, in quella maledetta casa famiglia, contavano sul successo della mia fuga.
Con cautela presi una giacca impolverata e lentamente aprii la botola. Karl e la sorella stavano ancora dormendo beatamente.. e in cuor mio mi maledì.
Karl era un ragazzo davvero eccezionale.. E lasciarlo in quel modo mi devastò con sentimenti deprimenti.
Non avrei mai voluto scomparire così in fretta.. ma il suo sorriso era qualcosa di troppo emozionante.
Mi bastava un suo sguardo per farmi rimanere, per farmi sciogliere, per farmi dimenticare di tutto e tutti.. ma io dovevo andare.
Andare lontano.
Il più lontano possibile.
Con un misero ″grazie” lasciato sul tavolino della piccola cucina, uscii all'esterno.
Pioveva.
Pioveva a dirotto.
Coprendomi con il giubbotto iniziai a corre tra la foresta.
Faceva freddo e il vento mi pungeva la pelle.
L'acqua si schiantava sul mio corpo con molta violenza e poco dopo mi accorsi che non erano più gocce, ma enormi palle di ghiaccio.
Grandinava.
Correndo il più velocemente possibile cercando di raggiungere la città.
Il treno era la mia unica via di fuga.
La mia unica speranza.
Dovevo riuscire a salirci ed arrivare in un luogo più sicuro.
Più grande.
Un luogo dove la preside non avesse potere.
Quando vidi la prima casa del piccolo paesino iniziai a rallentare.
Quello era territorio nemico.
Piano mi abbassai sul terreno umido e come un militare iniziai a strusciarmi tra l'erba.
Molti uomini girovagavano tra una strada e l'altra e nonostante tutti i giorni trascorsi, continuavano a controllare la ferrovia.
″Come diavolo riuscirò a scappare da questo inferno?” Pensai mentre continuavo a nascondermi tra la vegetazione.
Il treno si trovava dalla parte opposta alla mia.
Era lontano.
Dannatamente lontano.
Con il cuore in gola indossai il cappuccio della vecchia giacca e alzandomi delicatamente in piedi iniziai a percorrere il perimetro del paese.
La paura di essere scoperta era tanta, e le gambe mi tremavano.
Forse sarei stata catturata.
Forse sarei scappata.
Chi poteva saperlo?
Continuavo a camminare con le dita che ormai avevano assunto un colorito violastro mentre le mie labbra erano screpolate e non curate.
Sembravo uno zombie.
Lo ero.
Con quella poca forza di volontà che mi rimaneva in corpo continuai a percorrere la città..
Poco più in là, un grande aggeggio di metallo.
Eccola.
Era lei.
Era la ferrovia.
Raggiungerla non era stato per niente difficoltoso.
Mi sentii sollevata e prendendo vari respiri iniziai a entrare nella città.
Mi nascondevo tra le stradine scure ricoperte di sporcizia e lentamente sgattaiolavo tra un angolo all'altro.
Dovevo solo salire su un vagone e la salvezza era sicura.
Un solo vagone.
Una sola via d'uscita.
Una sola possibilità.

<<Ho visto qualcosa.>> una voce mi riportò alla realtà.
Un uomo aveva scrutato il mio capotto malmesso e insieme a un suo amico aveva iniziato a venirmi incontro.
Ero nei guai.
Ero nei guai più seri.
Con lentezza scesi lungo la parete e mi accartocciai su me stessa.
Dovevo farmi piccola.
Dovevo diventare minuta in pochi minuti.
Pochi secondi.
Pochi millesimi di secondi.
Iniziai a essere percossa da brividi di paura e istintivamente iniziai a dondolare su me stessa.
Ero disperata.
Avevo bisogno di qualcuno, ma sfortunatamente non c'era nessuno.
I loro passi erano sempre più vicini.
Li sentivo bisbigliare parole confuse.
Stavano parlando.
Parlando di me.
Chiusi le mie palpebre e non potendo scappare aspettai la mia fine.
Ormai ne ero certa. T
utto stava per finire.
Stretti maggiormente le mie mani sulle mie ginocchia mentre nella mia testa una lista di scuse era partita naturale..

″Scusa fratellino se passerai la tua vita in quello schifo. Se tra pochi mesi per il tuo compleanno verrai obbligato a combattere. Scusami se non sono riuscita a portarti fuori da li. A vivere la nostra famiglia con amore e felicità. Perdonami. Scusa Arisa per quel cappuccino al bar che non prenderemo mai. Per quelle passeggiate al mare che ti avevo promesso ma che non riusciremo mai a fare. Scusami Edward se ti lascio in balia di quella strega. Se non potremo vivere il nostro amore come una coppia normale.. Scusami se ti stavo tradendo con Karl. Scusami per aver cercato di sostituirti. Scusami se non ti ho salutato come si dive. Scusatemi ragazzi.. Scusatemi se sono stata così imprudente.. Io avrei voluto salvarvi.. Io....”

Un tonfo.
Due tonfi.
Spalancai i miei occhi e velocemente guardai nella direzione di quei suoni.
A terra due uomini.
Le due sentinelle.
Dietro di loro un figura.
″Karl.”
Corsi nella sua direzione e lui fece lo stesso.
Mi strinse tra le sue braccia enormi e con delicatezza mi accarezzò la schiena.
<<Stupida!>> Mi disse con la voce mozzata.
Era preoccupato.
Dannatamente preoccupato.
<<Scusa..>> dissi con le lacrime agli occhi.
Quel ragazzo era una benedizione dal cielo.
Era un dono di Dio.
Era il mio angelo custode.
<<Vieni.>> Mi prese per mano e con atteggiamento fuggiasco iniziammo ad avvicinarci al treno.
Ci nascondevamo nell'ombra.
Ci nascondevamo grazie al buio che riuscivano a creare le nuvole grigiastre.
Ci nascondevamo è questo era l'importante.
Con grande abilità Karl riuscì a portarmi dinnanzi all'entrata del vagone del treno.
″Non ci credo.” mi dissi nel toccare il grande sportello di ferro.
Quello era davvero un vagone.
Ero davvero riuscita a raggiungerlo con questa facilità.
Non potevo crederci.
Tutto ciò era assolutamente meraviglioso.
<<Fa attenzione..>> Mi disse mentre con cautela aprì lo sportello.
Mi posò all'interno con dolcezza e dopo avermi scoccato un bacio sulla guancia cercò i miei occhi.
<<Promettimi che riuscirai a vivere.>>
Quelle sue parole uscirono come supplice.
Delle suppliche sincere.
<<Te lo prometto.>>
Mi accarezzò nuovamente e con le lacrime agli occhi mi chiuse all'interno.
Stavo per lasciare questa città.
Tutto era stato più facile del previsto..
Ero riuscita a salire su questo maledetto treno..
Ora dovevo raggiungere un'unica metà.
La liberazione dei miei amici.
Con i dubbi che mi devastavano la mente mi appoggia a una balla di fieno e con sentendo le palpebre pesanti decisi di chiuderle.
Avrei riposato il giusto necessario..
Quel giusto in grado di darmi quella forza per combattere per le persone a me care.
I miei amici.
La mia famiglia.
Il motivo della mia futile esistenza.


eccomi xD si scusatemi.. aggiorno ogni morte del papà lo so.. xD e che sono così impegnata! xD Diciamo che quel poco di tempo che ho lo dedico ad un altra mia storia xD uff. Oggi però volevo aggiornare questa. xD So che molti di voi mi diranno che sono una gran stronza xD ma mi dispiace davvero! xD Questa volta vi avverto: L'aggiornamento sarà lento. xD Proverò a scrivere il seguito il prima possibile, ma la vedo dura. xD Scusate il capitolo corto.. ma si il motivo è sempre uno. Non ho tempoxD Boh. xD Ok. non devo dire nient'altro.. ah si.. Grazie a chiunque leggerà questa cosa xD Un bacio Aly^^

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