Negli occhi del Dio

di virgily
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: L'uomo delle nuvole ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Athanasia ***
Capitolo 3: *** capitolo 3: La notte ***
Capitolo 4: *** capitolo 4: luce ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: L'uomo delle nuvole ***


-No! Loki!- Sentí suo frasello gridare il suo nome. I suoi occhi fissarono il giovane dio del tuono con la mano tesa contro di lui, prima di ridurre le sue palpebre in due piccole fessure ricolme di lacrime amare. Era piacevole, dopo tutto, sentire il corpo leggero, avvolto da nulla in una lenta discesa che quasi lo cullava nello spazio infinito. I suoi capelli corvini fluttuavano leggeri, carezzandogli  le guance pallide e appena scavate. Stanco e conscio del suo destino Loki cadde in un sonno profondo, come se dormire servisse ad alleviare quel dolore che lo divorava dentro.
***
Folti raggi ocra si stendevano nella calda luce dell’imbrunire. Soffice vento soffiava da est, increspando la lucida superfice del mare. Affondando i passi nella tiepida sabbia, una lunga scia d’impronte tracciava il sinuoso percorso della donna dagli occhi color ametista. Giunta sul bagnasciuga, rimase immobile a guardare malinconicamente un orizzonte lontano. Le acque bagnavano le sue caviglie, tinteggiando gli orli dorati della sua lunga veste dal tessuto leggero. La salsedine colpiva le sue gote delicate, come una polvere di cristalli prezziosi, inumidendo le rosee labbra inarcate in un silenzioso sorriso. Sentiva i capelli sollevarsi e scontrarsi con la sua schiena nuda; le scapole ravvicinate e la colonna vertebrale inarcata verso l’alto. Contemporaneamente a quel movimento lento e agraziato, inspiró profondamente, riempiendosi i polmoni di quell’aroma salmastro. Sollevó il viso, osservando il cielo nelle sue tonalitá violacee, mentre una piccola luce cominciava a fare capolino da dietro una nuvola. Forse era una stella cadente, poiché squarciava il cielo lasciando una sottilissima scia azzurra dientro di se. Eppure sembrava sfrecciare ad una velocitá insolitá per una stella, quasi cadeva in picchiata, e il mare si apriva come una voragine ed accolse  l’oggetto venuto dal cielo, racchiudendolo nel suo viscido abbraccio. Il tonfo era stato talmente violento che le acque avevano creato delle onde agitate che giunsero in men che non si dica alla riva. Irrigidendosi di colpo la fanciulla trattenne il fiato dischiudendo appena le labbra, lasciando sgusciare fuori dalla sua bocca un lieve sibilo. Voci confuse provenire da lontano s’inoltravano nel suo udito. Quella “stella cadente” sembrava aver suscitato parecchio scalpore. Quasi meccanicamente i suoi piedi avanzarono nel mare, lasciando innalzare il livello dell’acqua sino alle sue cosce. Poi con un balzo agraziato si tuffó all’interno di quel cristallino tepore. Morbidi e sinuosi gli argentei capelli parevano danzare a ritmo con i suoi movimenti di braccia e gambe.  Piccole bollicine, che fuoriuscivano dalle sue narici piccole, solletiavano le sue guance, e piú si avvicinava al fondo piú il flusso di particelle diminuiva la sua frequenza, fino a scomparire del tutto. Era forte la pressione che provava sul suo corpo, ma questo non le impedí di muoversi fluidamente, come una sirena. E piú  si adentrava in quel fondale scuro piú sentiva il gelo graffiarle la pelle. Non aveva mai raggiunto quel livello, doveva ammetterlo. Eppure la giovane non riusciva a fare a meno di osservare la figura prestante e sfocata che sostava immobile su quel suolo sabbioso e viscido. Non era una stella, da quando un corpo celeste possedeva delle sembianze simili alle sue? Da quando un globo di plasma indossava una corazza pesante e degli abiti di ruvida stoffa?
No, quello era un uomo. Un uomo caduto dal cielo.
Posandosi sul suo grembo, la giovane prese fra le mani il pesante elmo dorato per le sue lunghe corna, sfilandolo abilmente. Come alghe, folti capelli corvini incorniciarono quell’ovale pallido, dai lineamenti morbidi e seducenti nella loro curiosa delicatezza. Chinandosi sul suo petto afferró quelle che erano le giunture della corazza, sfilandogli il pesante mantello verde dalla sue esili spalle. Strinse il suo corpo contro il petto, quasi abracciandolo durante la rapida risalita. I polmoni, compressi nella sua cassa toracica, ora si rilassavano, tornando a gonfiarsi regolarmente quando il suo viso finalmente fuoriuscí dalla limpida lastra cristallina d’acqua. I suoi occhi osservarono la riva, ormai affollata da altre giovani, abitanti del suo palazzo, e da un uomo. Questo, dalla barba fluente e candida, sembrava fissarla con ardore. Anche lui aveva gli occhi del suo stesso colore: viola e brillanti, proprio come quelle pietre prezziose che adornavano i bracciali e le cavigliere di platino che era costretta ad indossare. Annaspando nel bagnasciuga, trascinava quell’uomo come se piú che trasportarlo lei lo stesse proteggendo. Le braccia strette attorno alla sua schiena fradicia, e le dita immerse nei suoi capelli color pece; nessuno nel suo regno aveva mai avuto dei capelli cosí scuri. Lo stese sulla sabbia, prostrandosi al suo fianco, mentre l’uomo che con sguardo vigile  giunse alle sue spalle toreggiando su di lei, la osservava cominciare il massaggio cardiaco
-É morto...- sentí la voce roca dell’uomo dietro di lei affermare qualcosa accennando appena il movimento della sua bocca
-No padre. Non lo é!- rispose a denti stretti, cucciandosi di colpo. Morbide e vellutate le sue labbra si posarono su quelle dell’uomo, e con decisione soffió al loro interno, sperando che il suo fiato donasse vita a quel corpo esanime sotto di lei. Perché? Semplicemente perché lui era caduto dalle nuvole, sotto i suoi occhi. E se il cielo lo aveva portato da lei doveva esserci un motivo. E il suo respiro attraversó la trachea irrompendo nella sua cassa toracica, provocando un sussultó che fece sí che l’acqua che ustruiva i suoi polmoni fuoriuscisse di getto, assieme ai colpi di tosse convulsi ed estenuanti che lo costrinsero a spalancare gli occhi. E fu in quel momento che le iridi verdi dell’uomo s’incontrarono con quelle violacee e feline della donna che lo aveva salvato. Gocce trasparenti colarono dagli angoli delle sue labbra, lasciando fuoriuscire anche gravosi respiri. Con attenzione e curiositá,dopo essersi finalmente risvegliato dall’estenuante sonno al quale si era abbandonato, Loki osservava quel viso dolce e candido, illuminato dalle gocce d’acqua che parevano gemme argentee proprio come i suoi capelli. Per qualche attimo pensó che stesse sognando, ma doveva ammettere che non era mai stato cosí lucido. Con la punta dei polpastrelli, una manina piccola e affusolata carezzó le sue guance con morbida dolcezza, mentre sul volto della ragazza un sorriso si sollevava verso l’alto
-Sei vivo, uomo delle nuvole...- ridacchió appena coprendosi la bocca con la mano, celando dientro le sue dita il suono sottile della sua voce
“uomo delle nuvole?” si chiese sentendosi frastornato: dove si trovava? Come ci era finito? Ma sopratutto, chi era lei?
-Nobile figlia avete fatto a bastanza. Ora tornate nelle vostre stanze!- una seconda voce costrinse gli occhi stanchi del dio a cercare quell’uomo assai vecchio che per certi versi gli ricordava Odino: lo sguardo fiero e austero, l’atteggiamento composto e il tono perennemente distaccato e altezzoso. Anche lui aveva i capelli bianchi, e gli occhi di quel colore cosí insolito ed accattivante. Dal canto suo, la fanciulla che lo stringeva ancora tra le braccia, si distaccó lentamente dal suo corpo, osservandolo un ultima volta in quel verde pallido delle sue iridi prima di allontanarsi, e svanire completamente dal suo campo visivo. Sentiva la gola quasi corrosa dal sapore del sale, e faticava a trattenere la tosse mentre il vecchio si cucciava su di lui
-Da dove vieni figliolo?- ora che la donna era sparita, l’uomo innanzi a Loki pareva essersi addolcito, sia nel modo di parlare che nel tono dello sguardo, adesso sereno e piuttosto gentile
-A-Asgard- riuscí a sussurrare tra un respiro e l’altro, prima di sentire le palpebre chiudersi pesantemente. L’angolo destro delle labbra ruvide e mascherate dalla barba dell’ansiano sovrano si sollevó appena, scolpendo un ghignetto divertito sul suo viso
-Benvenuto a Roxelyon- rispose con un risolino beffando, indicando alle sue serve di portarlo via, al sicuro. E tutto quello che Loki desiderava in quel momento era riposare, riprendere le forze e meditare sul da farsi. Ma era terribile e allo stesso tempo rassicurante quel pensiero che adesso annebbiava tutti i suoi pensieri: Lei, e per quanto si sforzasse di non soffermarcisi troppo, la sua debole mente oramai era invasa da quelle iridi di ametista, da quei capelli di soffice argento e quelle mani di puro candore. Non aveva mai visto una donna come lei. Una dea, non era mortale e di questo ne era certo. Tuttavia era troppo stanco per cercare di trovare origine a quella eterea creatura. Ora sembrava essere ben intenzionato a concedersi quel benedetto riposo, ma avrebbe faticato a togliersela dalla testa, lo sapeva.

*Angolino di Virgy*
Questa é la mia prima fiction per quanto riguarda Loki. 
Onestamente spero che vi piaccia e mi piacerebbe leggere qalche vostro commento!
Un bacio
-V-

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: Athanasia ***


Una brezzolina tiepida e timida andó a coccolare la sua pelle nuda ed accaldata, riportando il giovane dio alla realtá, svegliandolo con la tenerezza di un bacio, come quello della sua madre asgardiana quando era bambino.  Facendo sbattere piú e piú volte che ciglia scure, i suoi occhi osservarono un soffitto riccamente decorato di stucchi e ori, con una piccola finestrella ovale che gli permetteva la visione del cielo scuro adornato di stelle. Sollevandosi appena, lasció che il lenzuolo di stoffa sottile scivolasse sul suo petto, coprendogli appena l’inguine e le cosce svestite. Si portó una mano al viso, grattandosi appena la testa prima che uno sbadiglio gli gonfiasse le labbra. La luce delle candele rendevano una fioca penombra che gli permetteva di osservare i piccoli particolari raffinati della sua camera: tavoli di cristallo, tende dal colore purpureo, candelabri d’oro e rifiniture in argento. Ovunque il dio posasse lo sguardo, tutto quello che vedeva era uno sfarzo quasi esagerato. Scivolando sul bordo del letto, posó i piedi sul liscio e gelido pavimento, stropicciandosi appena gli occhi mentre sentiva bussare dalla prestante porta di legno tinteggiato di vernice color panna
-Avanti- affermó sollevando appena quelle lenzuola, che come un velo di nebbia mascherava lievemente le sue nuditá. Tre fanciulle, dai lunghi capelli biondi e raccolti in architettate acconciature, entrarono trasportando tra le mani delle vesti di lino verde e ricami in filo d’oro e dei sandali di cuoio
-Sua altezza, il nobile padre, ci ha inviate per prepararvi. Mio signore- sussuró una delle giovani, abbassando appena lo sguardo quando constató il pallore della sua pelle
-Prepararmi per cosa?- domandó inarcando il sopracciglio destro
-Per il banchetto privato che il nobile padre ha organizzato per voi...- rispose un’altra posando con delicatezza le vesti sul cristallino tavolo per poi fiancheggiarlo
-Prego venite...- la terza giovane, una donna dai capelli di un biondo piuttosto intenso, lo invitó cortesemente a sollevarsi dal suo gaciglio, cosí che le tre ancelle potessero vestirlo. Sebbene fosse la prima volta che delle donne lo accudissero in quel modo, sul suo volto la vergogna non osó alterare quel candido colorito. Cosí lasció che la coperta scivolasse al suolo, mentre a passo lento si portava al centro della camera. Abilmente e senza fiatare, le tre serve si prendevano cura del suo corpo senza minimamente azzardarsi a guardarlo negli occhi. Dal canto suo, invece, Loki oserava il colore chiaro delle loro irdi, di un vivace cobalto che li redeva discretamente affascinanti, ma mai seducenti e ammalianti come quelli della donna che ancora faticava a togliersi dalla testa
-Come si chiama?- domandó guadagnandosi la loro attenzione
-Chi, mio signore?- domandarono all’unisono abbassando violentemente lo sguardo. Tutte e tre avevano sfiorato il suo sguardo, seppur per brevissimo tempo, e per non rischiare di disubbidire alla loro servera etichetta, preferirono fare finta di non aver mai guardato i suoi occhi
-La donna che mi ha salvato. La giovane dagli occhi viola...- e alla sua affermazione le ancelle impallidirono di colpo
-Non ci e concesso pronunciare il suo nome. Solo il nobile padre puó- si giustificó una delle giovani, legando saldamente i lacci dei sandali di cuoio attorno alle caviglie
-Non vi é concesso? E per quale motivo?-
-Perché la nostra nobile sorella é la figlia del re. E noi non siamo meritevoli di chiamarla per nome...- spiegó un’altra delle ragazze, mentre sollevando l’angolo delle labbra, chiudeva i piccoli bottoni perlacei della camicia candida che gli ricopriva il torso. Il giovane dio non ci stava capendo molto, e questo fece accrescese in lui la voglia di scoprire qualcosa sul conto di quella fantomatica donna.

***
Da quello che riusciva a ricordare dagli antichi miti asgardiani, Roxelyon era un regno leggendario che si diceva fosse governato da un uomo vecchio quanto il tempo stesso che possedeva poteri sconosciuti perfino a Odino. Eppure quel mondo esisteva; Il caldo torrido incalzava sulle spiagge sabbiose e biancastre, e l’isola era circondata dalla distesa limpida e cristallina del mare, il quale celava nelle sue piú infime profonditá delle insenature e delle caverne, famose per storie che tante volte aveva ascoltato da bambino ma che crescendo aveva segregato nella sua mente. Il palazzo sorgeva su una altura che dava su uno strapiombo circondato dagli scogli, e una leggenda narrava che molti uomini avevano fatto una brutta fine cadendo da quella altezza. Il salone nel quale avrebbe cenato, si sviluppava in lunghezza, accogliendo il lunghissimo tavolo da sessanta postazioni di legno color avorio, addobbato a festa e apparecchiato con posate scintillanti. Sei portate di carne e vegetariane restavano adagiate su enormi vassoi di argento. C’era un fitto via vai di ancelle che camminavano con grazia, facendo ondeggiare le loro lunghissime vesti dai colori delicati. Sostando in piedi innanzi l’ingresso, Loki osservava il pavimento di granito, e le colonne tortili di marmo candido. Seduto a capo tavola sul fondo dell’immensa sala, il sovrano restava seduto sulla sua comoda sedia imbottita con il gomito poggiato sul bracciolo, mentre con la mano libera si carezzava la lunga barba argentea. Dai suoi occhi violacei intravedeva un’espressione scocciata e quasi annoiata, tuttavia quando sollevó il capo e riuscí a trovare quello straniero sulla soglia, gli angoli delle sue labbra si sollevarono verso l’alto, mettendo in risalto le tonde guance appena al di sopra dei folti baffi grigi
-Oh! Vi siete svegliato! Venite! Venite! Dovete essere affamato! Figlie mie scortatelo al suo posto...- affermó sollevando le grandi mani ruguse, incitando le ragazze nella sala a muversi nella sua direzione. Cosí, dopo essersi inchinate, tutte quelle giovani fanciulle accolsero l’uomo, scortandolo sino alla seggiola che si trovava dall’altro capo esatto del lungo tavolo. Sebbene ci fossero le pietanze e i candelabri di mezzo, questi oggetti superflui non riuscivano certo a impedire al “nobile padre” di scrutare attentamente quell’uomo “venuto dal cielo”. Non sapeva se fidarsi di lui, e non gli piaceva il modo con il quale sua nobile figlia lo aveva guardato. Ma veniva da Asgard, e conosceva bene le voci che giravano sul conto di Odino e del suo giovane e valente figlio. Pertanto non era saggio provocare il padre degli dei
-Qual’é il tuo nome, ragazzo?- domandó afferrando una coppa di vino, portandosela alla bocca
-Loki, mio signore...- dal canto suo, il moro aveva tutta l’intenzione di sfoderare diplomaticamente ogni mezzo e ogni sua conoscenza nell’arte dialettica pur di portarsi il sovrano dalla sua parte. Sí perché per quanto fosse in grado di mascherarlo, Loki riconosceva bene la menzogna scolpita sul suo viso. Cosí quasi fissandosi con un subdolo strato di sfida, i due uomini rimanevano silenti, quasi concentrati nello studiarsi a vicenda.
Proprio in quell’istante, quell’immenso portale che qualche minuto prima si era chiuso alle spalle di Loki, ora si riapriva come un ostrica oramai pronta per mostrare la meravigliosa perla che custodiva al suo interno. Giá, di una bellezza pari a quella di una perla, una giovane fanciulla fece il suo ingresso suscitando la maniacale attenzione di tutti i presenti: le spalle nude venivano messe in risalto da sottilissime bretelle di stoffa azzurra che s’intrecciava dietro il suo collo. La veste poi, scendeva morbida e fluida fino alle sue caviglie, dalle quali si intravedevano le cavigliere di platino della medesima manifattura dei suo bracciali. I capelli, sciolti lungo le sue clavicole, le inconiciavano il dolce viso. E dopo aver fissato per un lunghissimo istante l’espressione contrita di suo padre, la giovane posó il suo violaceo sguardo su l’uomo che il cielo le aveva donato. “L’uomo delle nuvole” come lo aveva chiamato, quando finalmente ebbe il grandissimo onore di guardare quegli occhi dal verde intenso, profondo... Enigmatico eppure triste, molto triste. E aveva sentito il cuore batterle forte nel petto, come se una mano avesse trapassato la cassa toracica, afferrandoglielo tra le dita per poi strapparglielo via; e per quanto fosse doloroso, era piacevole quell’immaginario ardore
-Mia nobile figlia! Siete piú bella che mai questa sera!- bofocchió il sovrano tornando a bere, mentre a piccoli passi, la donna si avviava al tavolo per sedersi proprio alla destra del suo genitore
-Purtroppo, quando eravate ancora convalescente sulla spiaggia, non ho avuto il piacere di presentarvi la mia nobile figlia. Athanasia, principessa di Roxelyon. La donna piú bella di tutti i nove regni- affermó pavoneggiandosi, baciando con aviditá il dorso della manina piccola e affusolata della giovane, che di rimando, a stento riuscí a trattenere due lievi rossori sulle gote
-Nobile padre. Cosí mi mettete in imbarazzo...- sussurró appena abbassando violentemente lo sguardo
-Oh mia adorata. La vostra pudicizia é deliziosa. Ma lasciate che vi presenti Loki. É un asgardiano. E onestamente sono stupito del fatto che siate riuscito a trovarci...- affermó l’uomo indicandogli il dio seduto all’altro capo della tavola. Cosí, seguendo il percorso mostratogli dal braccio allungato di suo padre, Athanasia portó il suo sguardo dritto dritto nelle iridi di quell’uomo, Loki, immergendosi in quel verde pallido, languido... Malinconico. Si sorrisero appena, prima che Loki potesse rispondergli
-Devo confessarvi, mio signore, che avevo sentito molte leggende su questa terra da bambino. Ma mai avrei pensato che esistesse un luogo tanto...- si bloccó per un istante, come se non riuscisse a trovare un aggettivo adatto per descrivere quel mondo nuovo nel quale si era ritrovato. Ma gli bastó concedersi un’ultima occhiata alla bella principessa per rendersi conto che la parola giusta era sempre rimasta immobile sulla punta della sua lingua affilata e astuta
-... Stupendo- concluse infine tornando a concentrarsi sul vecchio re, il quale dopo aver esposto un mezzo sorriso, sollevó beffardo il folto sopracciglio finistro, facendo esplodere nella sua bocca una sonora risata
-Certo! Ci siamo ben guardati dal dare troppo nell’occhio con gli altri nove regni! Qui regna solo ed esclusivamente la pace- afferó con autoritá mentre le prime portate venivano servite in tavola dalle serve, o come amava chiamarle: “Figlie”
-Ho notato che lavorano molte fanciulle presso il vostro palazzo. Vostra altezza...- constató con fare vago e quasi disinteressato Loki. Se lo avesse fatto di certo non avrebbe fatto altro che mettersi in cattiva luce innanzi al “nobile padre”
-Raggiunta l’etá adatta, tutte le ragazze del mio regno hanno l’oppurtunitá di entrare nel mio palazzo come ancelle e dame di compagnia. Con quello che guadagnano sfamano le loro famiglie. Gli uomini invece si dedicano alla pesca e alla caccia. Tutte queste giovani nel momento in cui varcano la soglia del mio castello diventano come delle figlie da accudire ed educare come buone mogli. E quando sará arrivato il momento ognuna di loro verrá affidata ad un giovane che diventerá suo marito. Funziona cosí dalla creazione di questo mondo...- rispose senza badare all’espressione perplessa che il moro aveva scolpito sul suo delicato ovale
-Per caso te ne piace qualcuna?- domandó improvvisamente cogliendolo alla sprovvista
-Perché mi fate questa domanda sire?- chiese a sua volta sentendosi il corpo irrigidirsi di colpo
-Beh cosí sará piú facile per me scegliere chi madare nelle vostre stanze questa notte. Voi siete mio ospite e quindi é da bene che siate servito e riverito come si deve...- rispose tranquillamente continuando a gustarsi la cena, mentre la giovane al suo fianco, udite le parole del padre, aveva sentito come una forte scossa elettrica percorrerle la schiena, facendole venire dei forti tremori alle mani. Cos’era quella strana sensazione che l’affliggeva? Perché proprio ora sentiva i forzi di stomaco?
Dal canto suo, Loki cominciava a sentire caldo. Non solo era strana la concezione di vita su quel pianeta, ma anche la maniera di trattare gli ospiti: servendo una ancella come un cortigiana qualunque solo per soddisfare le sue voglie carnali. Dando due leggeri colpi di tosse, si passó una mano tra i capelli corvini, cercando di ricomporsi
-Siete molto gentile... Ma...-
-Oh non fate complimenti! Le mie figlie devono essere educate anche a questo. Devono imparare a saper sfruttare il loro corpo...- ma il sovrano non fece in tempo a terminare la frase che la pincipessina lo interrppe repentinamente:
-P-Padre!- afferó quasi ammonendolo, mentre i brividi e i dolori allo stomaco continuavano a crescere dentro di lei. E quando la fanciulla dagli occhi violacei e appena velati da una coltre di timidezza, il suo tono tornó ad essere pacato ed equilibrato
-P-Perdonatemi. Sono molto stanca. Mi ritiro nei miei appartamenti. Con permesso...- sussurró sollevandosi dalla sua seggiola, inchiandosi verso ambo gli uomini presenti prima di avviarsi ad ampie falcate verso l’uscio. Perché si sentiva cosí in imbarazzo? Per quale motivo Athanasia non riusciva a spiegarsi quella rabbia mescolata alla vergogna che le lacerava ogni parete piú interna al suo essere? Purtroppo non era in grado di dare un nome a quel sentimento alieno che cominciava a provare dentro di se. Tutto quello che sapeva peró, era che tutto questo era dovuto a lui, nient’altro che Loki.

*Angolino di Virgy*
Ecco qui il secondo capitolo! Spero di aver chiarito almeno in parte i vostri dubbi! :P
spero che vi piaccia!
Un bacio!
-V-

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Capitolo 3
*** capitolo 3: La notte ***


Finalmente tornato nella sua camera da letto, Loki si stese sul suo morbido giaciglio dalla lenzuola leggere con l’intento di fissare il vuoto, lasciando che il suo flusso di coscenza lo portasse lontano da quella cena e da quei discorsi assurdi a cui le sue orecchie si erano prestate. Ma dopotutto lui chi era per criticare la loro cultura? Un sibilo sgusció appena dalle sue labbra, e il suo sguardo sembrava trapassare il soffitto, andando alla ricerca di quegli occhi tanto belli quanto timidi ma ardenti allo stesso tempo. Athanasia. Non aveva mai sentito un nome del genere. Con il capo posato sul cuscino, e gli occhi rivolti a quella finestrella ovale, il giovane dio guardava quel cielo stellato dal quale era piombato su Roxelyon. Una immensa distesa oscura tempestata di gemme neutre e brillanti, una notte scura come quelle acque che lo stavano uccidendo dolcemente. E sarebbe morto se non fosse stato per lei. Respiró profondamente mentre nella sua testa ancora si ripeteva quella eterea immagine, quasi surreale. Quando riaprendo gli occhi, la prima cosa che vide furono le sue iridi preziose. Se solo si sfiorava le labbra, con la punta delle dita, quasi gli pareva di ricordare il soffice tepore della sua bocca, piccola e rosea. Se c’era una cosa che rimpiangeva poi, era che nella sua incoscienza la sua memoria non fu in grado di trarne il sapore. Tracciando il perimetro della sua bocca con la lungua, il moro si adentrava nell’avida ricerca di un qualcosa che gli potesse rimembrare. Si sarebbe accontentato anche della piú insipida reminescenza pur di trovare una traccia di lei su di se. Ad interrompere la sua ardua impresa fu un rumore, probabilmente qualcuno che aveva bussato alla sua porta
-Avanti- affermó sollevandosi dal suo giaciglio, tornando in posizione seduta mentre una giovane donna dai lunghi capelli biondi e le vesti opache, faceva il suo ingresso nella sua camera, chiudendosi la porta alle spalle. Una scollatura profonda sul retro dell’abito mostrava il profilo della sua schiena nuda, una morbida linea che per lo sguardo del dio fu difficile non notare
-Mio signore...- affermó la giovane, che dopo essersi voltata, s’inchinó a lui con riverenza. A differenza della altre giovani ancelle che lo avevano servito quella sera, la donna che aveva davanti era l’unica che pareva avere il “coraggio” di guardarlo in viso. I suoi occhi grigi infatti, trasudavano una audacia e una malizia di cui le altre “figlie” sembravano esserne sprovviste
-Come ti chiami?- domandó inarcando il sopracciglio verso l’alto, divertito dalle occhiate eloquenti che quella ragazza sapeva mandargli
-Eulalia, mio signore...- rispose cortesemente restando seducentemente immobile, mentre l’uomo innanzi a lei si sollevava dal comodo materasso, avvicianandosi a lei con passi lenti, e uno sguardo vivido e quasi folgorante che la trapassava da parte a parte
-E dimmi, cara Eulalia... Come mai ho il piacere di vedere i tuoi occhi fissarmi? Da quel che ho capito, la vostra severa etichetta vi impedisce una cosí alta confidenza...- constató il moro girandole intorno, studiandola da testa ai piedi, osservando il taglio della veste che velava appena il suo corpo asciutto e candido
-Noi dame di compagnia, mio signore, abbiamo un codice comportamentale diverso dalle nostre sorelle. Il mio compito é soddisfarvi. E se il mio sguardo vi reca offesa, posso abbassarlo- disse la ragazza sollevando l’angolo destro delle labbra, trettenendo a stento un risolino beffardo, incuriosita e affascianta allo stesso tempo delle attenzioni ricevute
-E dimmi, in che modo pensi di soddisfarmi?- con un movimento repentino e azzardato, il dio dell’inganno giunse alle sue spalle, avvicinando le labbra al lobo scoperto della serva, facendola sussultare mentre una miriade di brividi increspavano la sua pelle chiara
-Nel modo che il mio signore preferisce...- sussurró mentre la mano dell’uomo sfiorava il suo collo nell’intento di spostare tutti i suoi boccoli dorati su una sola spalla, lasciadogli un ampio perimetro ove le sue labbra avide ed esprete avrebbero potuto ben lavorare
-Interessante...- bofocchió tra una bacio e l’altro, percorrendo una lunga scia di baci lungo il suo collo e la spalla, mentre le sue mani avide giungevano sui suoi fianchi morbidi, carezzandole il ventre al di sopra della veste. Poi, facendole scivolare sul piccolo seno, Loki afferró con bramosia quel docile nodo che teneva l’abito saldamente legato al suo collo. Sebbene sentisse un focoso desiderio carnale divorargli le membra, il giovane dio non aveva in serbo una semplice notte di libero sfogo alle sue voglie nascoste. No, all’interno della sua mente lucida aveva un disegno specifico in mente. E privare la donna di quell’inutile indumento era soltanto l’inizio del suo piano
-Cosa sai dirmi della figlia del re?- chiese spogliandola con abilitá, provocando il corpo della ragazza con sapiente astuzia, toccandole la pelle con decisione, massaggiandola dove era certo di scaturire una eccitante reazione
-L-La principessa ha scatenato un certo interesse nell’animo del mio signore?- domandó boccheggiando alle ricerca di aria mentre le sue membra cominciavano a riscaldarsi
-Puó darsi... Da brava Eulalia, parlami di lei...- sembrava una preghiera dolce quella che fuoriuscí dalle sue labbra, andando a torturare ancora di piú la fanciulla oramai preda del fascino del dio, che facendola voltare, adesso la stringeva fra le braccia, fissandola intensamente in quegli occhi chiari ed ammalianti. E la donna si era tuffata a capofitto in quelle iridi tanto belle quanto ingannatrici. Posando le mani sul petto dell’uomo, cominció a sbottonare la camicia che rivestiva il suo corpo, concedendosi il tempo di riprendere fiato dalla passione che mano a mano la stava travolgendo, facendola annegare nella trappola di Loki
-La nobile figlia del re non é docile come sembra. É il suo aspetto a mostrarla come una fragile farfalla. Ma la principessa é molto piú forte e astuta di quanto possa sembrare. É una valida stratega non che capace di usare grandi poteri. Il nostro nobile padre é molto geloso di lei. Purtroppo mai un uomo ha sfiorato la sua pelle o é mai entrato nel suo letto. Chiunque ci abbia provato, é volato giú nel precipizio...- un sorriso si dipinse sulle labbra del dio, che lasciandosi scivolare la camicia dalle spalle, prese il viso della fanciulla tra le mani, portandolo al suo, sfiorandole le labbra con il solo respiro caldo e avvolgente
-Mille grazie, mia cara. Sei stata molto utile. Perché adesso non lasciamo alle spalle questi discorsi, e ci concentriamo a placare questa lunga notte?- effermó stringendola a se con una stretta decisa e veemente, facendo scontrare le loro pelli nude che immediatamente cominciarono ad ardere.

***
La luce delle stelle entrava all’interno della sua stanza tramite la finestra che aveva lasciato aperta, lasciando che del soffice vento entrasse facendo danzare le morbide tende dorate. Per quanto si fosse girata e riggirata sotto le lenzuola, Athanasia non riusciva a prendere sonno. No, non erano il buio e le tenebre a terrorizzarla come quando era bambina, ma la fredda consapevolezza del letto freddo e vuoto, troppo grande per contenere solo il suo corpo. E il cuore pareva scalpitare nel suo petto, quasi volesse uscire e correre per la sua strada, tra le mani di quell’uomo piombato dal cielo e riemerso dalle acque gentili della sua terra. Respiró profondamente, sollevandosi dal suo poggio per dirigersi a piedi scalsi su quel balcone che si affacciava al magnifico panorama di Roxelyon: il cielo, il mare e la morbida costa. La brezza marina carezzó la sua palle, facendo ondulare i capelli e i merletti della veste da notte che a malapena raggiungeva la lunghezza del suo ginocchio. Sotto la fioca luce delle stelle, i gioielli che adornavano i suoi polsi e le sue caviglie emanavano una spendida luce violacea, proprio come quella dei suoi occhi, che rivolti al cielo, cercavano lui. Con le mani posate sul cornicione in marmo, la principessa di sporgeva appena, per osservare il secondo terrazzo che fiancheggiava il suo. Vedeva delle luci ancora accese in quella camera, ed era proprio li che si trovava Loki. Possibile che anche lui non riuscisse a dormire? Sarebbe stato bello per la giovane sperare che quell’uomo fosse rimasto sveglio a pensarla. Al tempo stesso peró, si dava della sciocca. Tanti pensieri e tanti sospiri sprecati per uno sconosciuto proveniente da un altro mondo.  Eppure, quella bocca pallida e vellutata era stata la prima su cui le sue piccole labbra si fossero mai posate, il primo uomo ad aver causato tante sensazioni contrastanti nel suo essere pacato e razionale. Mordendosi le labbra, la nobile figlia perfetta del re si chiese se quello che stava provando nei suoi confronti fosse giusto. Quanto avrebbe desiderato accostarsi a quella finestra, sbirciare appena per guardarlo dormire. Non sarebbe rimasta tanto, le bastava osservarlo sopito in chissá quale bel sogno; magari sgattagliolare all’interno della sua camera per soffiare sopra le fastidiose candele, ma niente di piú, soltanto ammirarlo da lontano in quella splendida notte. Un sorriso euforico si tracció sulle sue labbra fine, mentre agilmente scavalcava il cornicione, restandoci saldamente appesa mentre osservava il vuoto sotto i suoi piedi. Era folle quello che stava facendo, ma chi avrebbe potuto vederla a quell’ora della notte? Respiró pronfondamente, osservando quella breve distanza che separava il suo balcone da quello del suo ospite. Avrebbe dovuto fare un bel salto se non voleva cadere nella stretta gola rocciosa sottostante. Continuo a respirare lentamente, mentre cominciava pian piano a prendere coraggio per lanciarsi. Poi, lasciando per un attimo che la sua mente si svuotasse di tutti quei mille pensieri, Athanasia balzó nel vuoto, protendendo le braccia in avanti. Le sue mani immediatamente si aggrapparono al balcone, e sebbene i suoi piedi sembravano aver perso l’equilibrio, le cavigliere di platino che sempre l’accompagnavano, accopiati al paio di bracciali, s’illuminarono di una luce color ametista. Una luce cosí forte e tangibile  che quasi le diede la forza di risollevarsi, e scavalcare il cornicione, impedendole di cadere. Sospirando di sollievo, si avvicinó in punta di piedi a quella fantomatica finestra. Cominciava a sentire il tepore delle candele, con le loro fiammelle che danzavano suadentemente, donando una fioca luce dorata a quella camera cosí vicina eppure allo stesso tempo distante. Era lí ad un passo, le bastava sporgere il capo per vederlo, ma prima ancora che il suo corpo potesse muoversi, una voce spezzó quel breve silenzio che l’accompagnava nella sua scapestrata “avventura”. Un gemito, un verso appassionato di una donna che fendeva la notte e squarciava il suo cuore nel petto. Sentendo le mani tremare e il respiro mancarle, decise ugualmente di porgere il suo sguardo al suo interno, osservando quella scena che inevitabilmente la colpí dritta nell'animo. Eppure non c’era da meravigliarsi se suo padre aveva scelto di mandare Eulalia a fare compagnia al loro ospite, dopo tutto era lei la piú esperta di tutte le ancelle in materia d’amore, piú esperta perfino di lei, ma doveva ammettere che ci voleva molto poco per essere piú esperta di lei. La donna sostava grondante di sudore in preda alla passione di quell’uomo che la stava possedendo con foga. Vedeva il corvino affondare nel corpo della sua serva senza tuttavia donarle il privilegio di concedergli le sue labbra. Pareva cosí frettoloso ai suoi ingenui occhi, come se il suo intento, piú che godersela era quello di appagare semplicemente la sua libidine. Disinteressato, sornione Loki a stento osava guardarla ansimante sotto di se, e per certi versi questo rassicuró l’animo della principessa, che a suo malgrado non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Era cosí bello il profilo della sua schiena nuda, il colore chiaro e pallido della sua carne esposto alla leggiadra luce delle candele, i capelli corvini arruffati che gli incorniciavano il viso, madido di piccole gemme stillate dalla sua fronte. Era cosí affascinante che quasi si era dimenticata del fatto che stesse usando il corpo di un’ altra donna. Un grido di piacere giuse alle sue orecchie quasi disgustandola, facendola tornare alla realtá, mentre l’uomo pareva essersi arrestato di colpo, con il fiato corto. Passandosi una mano tra i folti capelli color pece, il dio si scostava dal corpo della serva. No non aveva terminato il suo lavoro, ma c’era una strana sensazione a pesare su di lui, come se si sentisse fissato, e questo grave sconforto gli aveva impedito di continuare il suo “passa tempo”. Con la coda dell’occhio colse quel piccolo bagliore violaceo che proveniva dalla sua finestra aperta, mascherato dalla danza delle tende mosse dal vento. Un brivido immediatamente si arrampicó sulla sua colonna vertebrale, facendolo sussultare appena, mentre si voltava di scatto con le guance colorate di porpora. Gli occhi verdi del dio avevano incrociato quelli della principessa per pochi secondi, e per la prima volta Atahasia pregó di non essere stata scoperta
-Buona notte, mio signore- sentí la voce di Eulalia che si congedava velocemente, e sporgendosi appena la principessa riuscí a vederla uscire dalla sua camera, mentre il suo ospite si rivestiva appena, infilandosi svogliatamente i calzoni per allacciarli in malomodo ai fianchi. Aveva l’espressione tranquilla, come se in realtá non si fosse mai accorto della sua presenza. Un sospiro lunghissimo sgusció fuori dalle sue labbra mentre il respiro tornava regolare. Aveva visto anche troppo quella sera, e decise che sarebbe stato piú saggio ritornare nelle sue stanze, e alla svelta. Cosí si voltó di scatto, pronta per lanciarsi nuovamente dal balcone, ma non ebbe neanche il tempo di muoversi del tutto che Athanasia rimase in balia di quelle iridi chiare e magnetiche, trapassata da parte a parte da uno sguardo beffardo e divertito, mentre sentiva il cuore esploderle nel petto. I brividi incresparono la sua pelle, mentre indietreggiava finendo con le spalle al muro. Loki adesso era davanti a lei, il torso nudo illuminato dalla luce delle stelle. Vamparono di fiamme ardenti le sue guance mentre sentiva il sudore freddo colarle fastidiosamente lungo la schiena
-Non mi sembra molto educato per una principessa spiare il proprio ospite... Sopratutto in circostanze come questa- constató l’uomo avvicinandosi appena
-N-non vi s-stavo spiando- rispose abbassando violentemente lo sguardo, mentre sentiva la vergogna mangiarla dentro. “Ma come ha fatto?” si domandó
-Ah no?- ridacchió il dio canzonandola, accorciando sempre di piú le distanze tra i loro corpi
-No. Volevo solamente assicurarmi che mia sorella avesse soddisfatto le vostre voglie...- rispose diplomaticamente cercando di mantenere i nervi saldi, tornando mostrare un aspetto dicorosamente composto, sebbene sentiva che si sarebbe sciolta in poco tempo sotto il suo sguardo fugacemente appassionato
-Tzé, sorella. Ancora devo capire come mai una creatura del vostro rango si abbassi a definire una serva come sangue del suo sangue...- rispose con stizza il giovane Loki, posando una mano sul muro, proprio accanto alla testa della giovane, cosí che  per arrivare al suo bel visetto gli bastasse soltanto piegarsi di qualche centimetro. Loki era piuttosto alto rispetto, e vederlo ricurvo verso di lei in quel modo la fece sentire ancora piú piccola di quanto non lo fosse giá
-Sono certa che mio padre sia stato piú che esauriente- affermó sollevando lo sguardo, guardandolo negli occhi. Accolta negli occhi del dio Athanasia si sentiva come spaesata dal mondo circostante, come un marinaio in balia delle onde, e quelle iridi chiare erano il faro per la sua salvezza dall’oblio della sua mente. Gli angoli delle sue piccole labbra si sollevarono appena verso l’alto, mentre scostandosi dalla parete fredda a cui era scomodamente costretta si avviava verso il cornicione marmoreo del balconcino. Le bastavano pochi passi per arrivare, ma una presa salda e molto piú forte di lei, aveva cominciato ad esercitare una pressione gentile attorno al suo polso. La mano del moro infatti aveva afferrato quella della principessa, bloccandola abilmente
-No, restate. Vi prego...- la scongiuró l’uomo facendola volteggiare come in una elegante piroetta, facendola danzare in aria prima di accoglierla al petto. Con le mani, che di scatto si erano parate contro i suoi pettorali, la giovane donna toccó con mano quella pelle ancora umida e compatta, sussultando per la piacevole sensazione che il suo tatto trasmise a tutto il suo intero sistema nervoso
-Non ho avuto modo di parlarvi a cena...- continuó la frase tralasciata a metá, disegnando sulla sua bocca un sorrisetto sgembo, quasi imbarazzato dallo sguardo incredulo che la principessa gli rivolgeva con devozione
-Dovevate parlarmi? E di cosa?- chiese a sua volta, restando perfettamente immobile in quella posizione sconvenientemente meravigliosa. Per la prima volta in quella conversazione, ora Atahanasia sembrava tranquilla, come se tra le sue braccia, Loki fosse finalmente riuscito a metterla a suo agio
-Voi mi avete salvato la vita. Volevo ringraziarvi- confessó cambiando per qualche decimo di secondo la traiettoria del suo sguardo, quasi intimidito dal barlume proveniente dai suoi occhi gradi e vividi sotto di se
-Non potevo lasciarvi affogare. Vi pare?- domandó sarcasticamente lasciando che un risolino dolce ammorbidisse tutto il suo viso. Poi, lasciandosi coinvolgere da un attacco di sconsiderata audacia, lasció che la sua manina piccola e affusolata afferrasse con decisa scioltezza il mento dell’uomo, riportando quelle splendide iridi verdi a stretto contatto visivo con le sue. Tanto ardore e tenerezza al contempo scatenó una inconsueta sensazione di tepore dentro di se, proprio all’altezza del suo cuore. Un dolce calore a cui Loki non sapeva dare un nome, non ancora almeno
-Vi devo la vita, mia signora- Le rivolse una occhiata lunghissima e languida, talmente profonda che la principessa per qualche secondo pensó che la stesse penetrando fino alle profonditá piú occulte del suo animo. Le sue gote pallide e rotonde si colorarono di una morbida tinta rosea, mentre sentiva le labbra cominciare a tremare, e non per il freddo
-O-Ora devo andare. Se mio padre scoprisse che sono fuori dalle mie stanze a quest’ora della notte andrá su tutte le furie...- bofocchió guardandosi timidamente la punta dei piedini nudi, discostandosi dal corpo della divinitá, che addolcito di quella ingenua genuinitá, accolse tra le sue mani quella della giovane, portandosela alle labbra. Lasció impresso sul suo dorso un baciamano sublime e delicato. Un soffice e casto segno che sarebbe rimasto impresso sulla sua pelle e nella sua memoria per molto tempo
-Allora, buona notte. Principessa- sussurró con cortese garbo, lasciandola andare
-Buona notte... Mio signore- rispose inchinandosi al suo cospetto come il piú importante degli ospiti che avesse avuto l’onore di incontrare. Poi, dandogli le spalle, scavalcó nuovamente la balconata per tornare nella sua camera da letto con allegro furore. La finestra aperta era pronta per accoglierla nuovamente al suo interno, ma qualcosa la spinse a fermarsi. Volgendosi alle sue spalle Atahanasia osservó compiaciuta che Loki era ancora li, a guardarla prima di rientrare nei suoi appartamenti. Si sorrisero vicendevolmente, e sospirando in preda ad una qualche sorta di estasi mistica, la principessina tornó al suo giaciglio, pronta per concedersi il meritato riposo. Ora sí che avrebbe dormito, ora sí che i suoi sogni sarebbero stati felici.           

*Angolino di Virgi*
Che dire? scusatemi per il ritardo, ma spero di farmi perdonare con questo capitolo!
Un bacio
-V-

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Capitolo 4
*** capitolo 4: luce ***



Supina nel mezzo del suo letto, Athanasia dormiva con le labbra appena dischiuse, e gli argentei capelli sparpagliati lungo il cuscino. Un mugugno leggero s’ intrufoló nella sua bocca, solleticandole la lingua. Il nitrito dei cavalli si mescolava al suono delle onde che s’infrangevano sugli scogli, istigando fastidiosamente gli occhi della giovane a spalancarsi di colpo.  La luce del primo sole illuminava completamente la sua camera, lasciando brillare, sotto i suoi fiochi raggi, i cristalli decorativi dei suoi mobili. Sollevandosi agraziatamente, la donna si portó le mani al viso stropicciandosi le palpebre ancora stanche ed assonnate. Lanciando uno sguardo al suo giaciglio, notó con disappunto le lenzuola stropicciate e trasandate, come se piuttosto che dormire avesse lottato fino allo stremo delle sue forze. Posando i piedi sul marmoreo pavimento, Athanasia camminó fino al suo balcone, ammirando la distesa azzurra del cielo mescolarsi all’orizzonte con l’acqua limpida. Respiró profondamente riempiendosi i polmoni di quell’aria gradevole e rinfrescante. Posando lo sguardo sulla spiaggia, invece, notó come suo padre, con grande maestria, galoppava in groppa al suo fedele destriero dal manto candido come la sua folta barba, e rimase piacevolmente colpita del fatto che Loki lo stesse fiancheggiando nella cavalcata mattutina. Montava con una prestanza tale che per la ragazza fu difficile togliergli gli occhi di dosso. Elegante, proprio come quel baciamano sublime che qualche ora prima aveva macchiato la sua pelle. Al solo ricordo un brivido le percosse la schiena, quasi facendole venire la pelle d’oca. Un risolino si dipinse sulle sue labbra mentre sentiva con disattenzione la porta delle sue stanze aprirsi per poi richiudersi immediatamente
-Nobile sorella?- quella voce, le bastó udire quel tono cosí zuccherosamente impostato per stomacarle il risveglio. Voltandosi di scatto infatti, Atahanasia osservó attentamente la giovane donna che era entrata nei suoi appartamenti, con i capelli raccolti e gli abiti conciati in una maniera decisamente piú decorosa di come l’aveva vista la notte scorsa
-Eulalia...- pronunció il nome con pacatezza, sebbene la giovane principessa sentisse tutti i suoi muscoli irrigidirsi di colpo e l’adrenalina pulsare veementemente nelle sue vene...
-É la prima volta che vi trovo giá in piedi...- ridacchió amichevolmente, avvicinandosi a lei con un certo interesse. E dopo essere stata fiancheggiata dalla sua ancella, ambe due le donne si misero a guardare i due uomini cavalcare senza sosta avanti e indietro per la battigia, in particolare l’uomo dai capelli corvini mossi dal vento che soffiava dal mare            
-É un grande onore poter cavalcare con il nobile padre, non trovate?- le domandó cercando il suo sguardo
-Giá, non avevo mai visto mio padre andare a cavallo con qualcuno al suo fianco...- confessó la principessa sospirando appena, cercando di nascondere il suo sconforto. Non era mai stata infastidita dalla presenza della sua serva, anzi era sempre rimasta affascinata dai suoi racconti squisitamente scabrosi e dettagliati delle sue notti di fuoco, incantata e attenta come una alunna che desiderava ad ogni costo diventare come la sua maestra. Ma non quel giorno, non quel mattino dopo quello che era successo e quello che aveva visto
-Quell’uomo é diverso...- affermó Eulalia cogliendo particolarmente la sua attenzione
-Cosa intendi dire?-
-É freddo, distaccato. La sua passione piú che ardere sembra giaccio fondente. Travolgente, ma crudele allo stesso tempo...-
“Crudele? “ si domandó la principessa volgendo lo sguardo nuovamente sull’uomo a cavallo, il quale aveva cominciato a trottare verso le stalle. I lineamenti fluidi, affilati... Eppure spaventosamente dolci. Gli occhi lucenti, eloquenti, ma malinconici, bloccati in un passato piú grande e forte di lui
-Come puó una creatura del genere essere crudele?- si domandó Athanasia sospirando appena, cogliendo alla sprovvista la sua serva, che con un risolino sulle labbra bofocchió:
-Mia nobile sorella, per caso il nostro valente ospite ha fatto breccia nel vostro cuore?- e a quella domanda la giovane non seppe cosa rispondere. L’aveva presa in contropiede, e doveva ammettere che quello sguardo limpido sembrava sapere piú cose di quanto lei potesse immaginare
-Eulalia sai bene che il re non mi permetterebbe mai di...-
-Mia signora. Il re non é qui. E state facendo una confidenza a me, non a lui...- rispose fermamente, lasciandola basita. Per qualche istante la giovane non parló, ma preferí tacere per concedersi del tempo per ponderare alla sua risposta
-Beh, é un uomo affascinante non posso negarlo...- cominció con naturale compostezza, mantenendo quell’equilibrio tra essere e apparire su cui aveva costruito la sua fortezza, la sua corazza. Sporgendosi appena, Athanasia regaló il suo sguardo a quegli occhi cristallini e ardenti che a loro volta la guadavano da laggiú, dalla spiaggia. Sebbene la distanza tra loro fosse notevole, questo non ostacoló l’occhiata fugacemente attraente e accattivante che Loki le aveva lanciato, facendola appena arrossire, sbilanciando tutta la sua precaria armonia
-State arrossendo, mia nobile sorella...- ridacchió Eulalia alle sue spalle. E pareva essere contagioso il suo riso innocente, perché come d’incanto un lievissimo cenno si distese sulle labbra della principessa, che con occhi sognanti e impacciati si allontanó da quel balcone con la bocca piena di sospiri
-É tardi, meglio cominciare a prepararsi...-
-Perdonatemi mia signora, ma voi non avete ancora risposto alla mia domanda!- le fece notare la sua amica, che a passo lento la seguiva cercando di incrociare il suo sguardo, i suoi occhi violacei che non sarebbero mai stati in grado di nascondere la veritá troppo a lungo. Arrestandosi di colpo innanzi l’apertura della sua finestra, Athanasia si voltó di scatto, fissando intensamente la sua ancella dritta dritta negli occhi. Dal canto suo Eulalia rimase immobile, silente. Il volto della principessa era una maschera inespressiva dalla quale sbucavano due ametiste incastonate nelle cavitá orbitali, due gioielli dalla luce forte e delicata; una luce pura e ingenua proprio come il suo animo docile e gentile, quello che si nascondeva dietro la muraglia dell’affabile principessa di Roxelyon
-Eulalia io...- ma si bloccó immediatamente, forse spaventata. Non aveva mai confidato nulla a nessuno. In veritá non aveva mai avuto nulla da confidare, e tutto ció le pareva cosí estraneo, inabituale. Prese un bel respiro profondo, e con un casto risolino riprese a parlare con dolcezza
-Vorrei rendermi presentabile. P-Per lui...- le ultime parole le bofocchió in un timido sussurro, lasciando che gli angoli delle labbra della giovane serva si sollevassero verso l’alto. Lo aveva confessato in fondo... A parole sue, ma lo aveva fatto, e questa fiducia nei suoi riguardi rese la ragazza ancora piú fiera del lavoro che svolgeva, dell’incarico che il nobile padre le aveva cosí generosamente affidato anni prima.
-Certamente. Entriamo! Ho giá in mente qualcosa che puó fare al caso vostro...- affermó auforicamente incitando la principessina a ritornare nella sua camera. E proprio in quell’istante anche il nobile padre e il suo illustre ospite sembravano aver optato per rientrare alla magione.
Faceva molto caldo, ma la cavalcata era stata piacevole, e aveva aiutato il giovane dio a risvegliarsi a dovere da quel sogno stupendo in cui era ancora inabissato. Ancora quella visione; il suo risveglio tra le braccia della principessa, era giorni ormai che non faceva altro che riviverselo nella mente, sognando ad occhi aperti tanto quanto ad occhi chiusi. E vederla lissú, affacciata al marmoreo balcone imponente, con gli argentei capelli scossi dal vento e gli occhi rivolti verso di lui... Decisamente il migliore dei suoi mattini
-Siete molto abile a cavallo- ammise il sovrano trottando al suo fianco in direzione delle sue stalle
-Vi ringrazio mio signore. Anche se devo confessare che é da molto tempo che non montavo a cavallo- rispose con un cenno del capo in segno di riverenza
-Conto che anche domani mattina veniate a farmi compagnia- bofocchió l’ansiamo uomo grattandosi appena la pappagorgia mascherata dalla sua folta lanugine
-Accetto molto volentieri il vostro invito...- rispose distraendosi per qualche secondo, tornando a guardare quella finestra, ormai vuota
-La vostra nobile figlia non viene mai a cavallo con voi, mio signore?- domandó cortesemente, abbassando lo sguardo da quel luogo diventato inutile senza la magnifica presenza della ragazza
-Oh! La mia bambina non ama cavalcare. In fanciullezza ho provato a insegnarle... Ma non ce ne é stato verso. La sua paura terrorrizza l’animale, che a sua volta é spaventanto dalla sua inquietudine- rispose smontando da cavallo, lasciando la creatura nelle mani degli stallieri mentre attendeva che il suo gradito ospite lo imitasse. E proprio in quel frangente, udita la sua affermazione un’idea balenava nella sua mente
-Pesate che...- cominció il corvino una volta posati ambo i piedi a terra
-Cosa?- domandó a sua volta il re, incuriosito dal tono innocentemente tranquillo e quasi timido con cui il dio gli stava per proporre la sua offerta
-Pensate che ora che é cresciuta, ci sia la possibilitá di poterle insegnare?- domandó cogliendolo alla sprovvista
-Beh, non sono in grado di accertarlo. Ma ditemi, sareste voi a darle lezioni?- domandó guardandolo di sottecchi, avvicinandosi appena al ragazzo quasi con l’intento di studiarne le intenzioni. Loki tuttavia era scaltro ed era ben abituato ad eludere controlli del genere, e con voce pacata e cordiale rispose
-Io? Mio signore non credo di essere meritevole di un certo incarico. Di sicuro ci sono persone piú abili di me...- cominció con una naturale finta umiltá che facilmente spacció per una delle sue piú nobili virtú
-Ma si! Giovanotto voi avete avuto una grande idea! Athanasia ha bisogno di essere educata e voi siete piú che adatto a questo. É riprovevole per una donna di nobile origini non saper andare a cavallo. Oh ma eccola lí la mia nobile figlia! Venite Loki, andiamo a darle la notizia!- avevano appena varcato la soglia del palazzo quando, osservando l’immensa sala, lo sguardo del dio era stato improvvisamente rapito dall’incantevole visione che aveva innanzi: proprio sulle scale che toreggiavano l’imponente ingresso, Athanasia scendeva i gradini a braccetto con la sua ancella, Eulalia, sussurrandosi reciprocamente qualcosa nelle orecchie. Una tunica verde come quello delle fluttuanti alghe marine rivestiva il suo corpo, scoprendogli le caviglie; i capelli, raccolti in una lunga treccia, erano adornati di perline e fermagli di argento, risaltando il tenue e delicato colore della sua chioma. Giunte a pochi metri da loro, le due si fermarono, separandosi dalla loro amichevole stretta per potersi inchinare elegantemente
-La vostra bellezza, figlia mia, sboccia come i fiori al sole!-
-Buon giorno anche a voi padre...- rispose abbassando lo sguardo in sengo di riverenza
-Questo mattino il nostro ospite ha avuto una splendida idea. Perché non venite a cavalacare con noi figlia mia? Sono sicuro che il nostro Loki sará perfettamente in grado di insegnarvi...- e alla sua proposta la fanciulla sentí tutti i suoi muscoli irrigidirsi di colpo, e la pelle d’oca incresparle la cute. Intuendo il disagio che la principessa trasudava da ogni poro, il moro decise che quello era il momento di farsi avanti. Cosí avvicinandosi a lei le offrí galantemente la mano
-É normale avere paura, mia signora. Ma le proprie paure vanno affrontate e sconfitte...- invitando la ragazza ad affidargli la mano nella sua, una volta stretta fra le mani l’uomo la portó alle labbra, sfiorandola appena. Un brivido, simile ad una scossa elettrica percosse la colonna vertebrale della giovane principessa, che a stento trattenne il rossore sulle guance pallide e tonde. Non era stato un baciamano vellutato e carismatico come quello della notte precedente, ma gli effetti erano difficili da non riconoscere
-S-Siete certo che possa esserne in grado?- domandó Athanasia dopo aver preso un bel respiro profondo, cosí da soffocare tutta quella moltitudine di sensazioni contrastanti e apparire ancora nella sua perfetta austeritá regale
-Assolutamente si...- risposte secco, fissandola intensamente prima che il sovrano si frapponesse fra loro, interrompendo quel forte scambio di sguardi
-Bene! Allora é deciso! Ora, mia cara, é tempo che torniate ai vostri allenamenti. Eulalia per favore fate un bagno al nostro povero ospite. La cavalcata di questo mattino é stata estenuante!- e all’affermazione di suo padre Athanasia sbiancó all’improvviso, restando paralizzata per qualche decimo di secondo. Solo il pensiero che la sua ancella si sarebbe ritrovata nuovamente sola con l’asgardiano quasi fece cresce l’angoscia dentro di lei, come acidi conati che salivano per il suo esofago a corroderle la gola. Al volere del re, tutti si erano inchinati. Tutti tranne lei, che immobile fissava il vuoto in preda ai brividi. Soltanto quando si rese conto di aver attirato l’attenzione di tutti su di se ritornó alla realtá, accennando appena un inchino prima di dirigersi ad ampie falcate verso il chiostro del palazzo, quasi correndo, scappando da quella situazione e da quei ricordi che ancora la tormentavano.
***
Delle vetrate colorate riflettevano la luce da varie angolazioni in vari colori, mentre i fumi dell’acqua calda creavano dolci nuvole che condensavano l’aria, creando una soffusa nebbiolina che carezzava il viso del dio. Con la schiena poggiata contro il corpicino dell’ancella, Loki aveva adagiato il capo contro la sua clavicola, immobile in quel tiepido abbraccio mentre la donna gli strofianava le spalle e il petto
-Era molto bello...- sussurró appena l’uomo socchiudendo appena gli occhi, mentre le mani abili di Eulalia gli massaggiavano i pettorali a filo con il pelo dell’acqua
-Cosa, mio signore?-
-La veste che la vostra nobile sorella stava indossando qualche minuto fa. Particolarmente bello per essere stato indossato a caso...- constató il moro sollevandosi dal suo corpo, voltandosi affinché potesse fissarla dritta negli occhi. Uno sguardo freddo, talmente serio da metterle quasi paura
-Mia cara Eulalia. Non avrai per caso accennato alla tua padrona della nostra conversazione...?- domandó facendo scivolare le sue mani lungo tutto il suo copro, sfiorandola con aviditá, salendo dal suo ventre ai suoi seni, sfiorandole le spalle e il collo per poi afferrarla veementemente per la mascella
-N-N-No mio s-signore...- sussurró tremando sebbene ci fosse un imspiegabile furore a consumarla dentro, a corrompere la sua debole carne
-É stata la principessa a chiuedermi di aiutarla a prepararsi. Mi ha espressamente chiesto di trovarle una veste per apparire bella ai vostri occhi. Per voi...- rispose cercando di calmarsi. Era intimorita dal modo in cui brillavano i suoi occhi. Verdi iridi con un fondo rossastro che quasi le incutevano terrore. Eppure la stretta al collo era gentile, seppur molesta. Un risolino si dipinse sulla bocca del dio, mentre le sue mani lasciavano quella pelle biancastra e fragile
-Che bella notizia che mi dai Eulalia...- ridacchió baciandole il collo, poco al di sotto di dove l’aveva afferrata, rassicurandola con morbide carezze e baci suadenti
-E ora dimmi, dolce Eulalia. In cosa consistono gli allenamenti della principessa?- domandó scostandole una ciocca bionda dal viso
-Il nobile padre fa allenare tutto il pomeriggio la sua nobile figlia nell’uso dei suoi poteri. In particolare nel perfezzionare la sua capacitá telecinetica, cosí che sappia difendersi...- rispose la giovane serva restando passivamente incantata dalla sua voce suadente, e dalle sue maniere possessive, glaciali ma allo stesso tempo eleganti del moro
-Questo é molto interessante. E sarei curioso di vedere questi “Poteri” di cui tanto mi hai parlato- disse prendendole il viso per il mento con l’indice e il pollice, sollevandole il capo verso il suo
-Portami da lei. Voglio vederla...- le ordinó    
-Come desiderate... Tuttavia...-
-Cosa?- le domandó a denti stretti, sibilando appena
-Le consiglio, mio signore, di immergervi nella vasca dalle acque gelide. La principessa é ancora ingenua e certamente potrebbe fraintendere questo... Gonfiore- gli sussurró piano, carezzandogli quasi il lobo sinistro con le labbra, mentre con sfacciata malizia alludeva alla “Virilitá” che aveva colto le membra del dio. Aveva un necessario bisogno di raffreddare i suoi bollenti spriti, doveva ammetterlo. Eppure cos’era questo convulso desiderio che gli divorava il petto? Mai Loki aveva provato una sensazione del genere, mai la passione sembrava essersi fatta cosí ardente e devastante. E stava usando il suo innato ingegno per saziare questa sua bramosia, piuttosto che trovare un modo per andarsene, per vendicarsi.
 
Athanasia restava immobile. Mentre suo padre e le ancelle sostavano sotto il porticato in granito, lei rimaneva sotto il cielo aperto, stesa supina sul freddo pavimento. Era sempre stato pericoloso quell’esercizio, e lei lo aveva sempre odiato per questo. In lasso di tempo variabile, dei massi venivano gettati dalla somma del chiostro, proprio da quella apertura dalla quale vedeva le nuvole fare capolino e scorrere lente. Era una prova che richiedeva la massima concentrazione, e sebbene la sua mente fosse invasa da una moltitudine di immaigini diverse, la principessa con poteva minimamente permettersi distrazioni, ne valeva della sua incolumitá dopo tutto. Ecco che vide gli uomini sul tetto preparare il primo sasso. Sará stato dieci chilogrammi, e cadeva a picco con grande velocitá. Athanasia prese un respiro profondo mentre i suoi ornamenti abituali cominciavano a brillare di luce propria, come la sera precente, quando per scavalcare il balcone quella luce l’aveva aiutata a non cadere e risollevarsi, adesso questo barlume le consentiva di focalizzare meglio il masso, e lasciare che la sua mente, svuotata di ogni sensazione, potesse controllare la sua andatura, facendolo rallentare gradualmente, per poi fermarlo a pochi metri dal suo corpo.  Un respiro di sollievo sgusció tra le labbra di suo padre, mentre osservava la sua bambina, controllare senza problemi anche i due pesi successivi. Detestava ammetterlo, ma quello era un buon esercizio per non pensare a lui, per purificare la sua mente da quelle percezioni anomale che sentiva pesare dentro di se.  Sentí dei passi distinguersi per l’intero ambiente, ma non aveva il tempo per voltarsi a vedere di chi si trattasse, perché il nuovo masso era giá in picchiata su di lei. Un altro ennesimo respiro e ancora quella luce. E sebbene stavolta la roccia dalle grandi dimensioni si fosse fermata solo a un metro dal suo corpicino, Athanasia fu perfettamente capace di mantenere il pieno controllo delle sue capacitá. Aveva il fiato corto, e la sua cassa toracica si sollevava a tempo con il ritmo acellerato e ben scandito dal suo cuore. La fronte madida di sudore grondava gocce cristalline che colavano lungo le sue tempie. Era stanca, ma la consapevolezza che le mancesse l’ultima, mastodontica pietra la rassicurava
-Oh! Bene sono felice di rivedervi! Giusto in tempo!-
-Perdonatemi. Ho impiegato piú del previsto per fare il bagno- una risata colse le sue orecchie, e di conseguenza tutta la sua concentranzione andó a focalizzare l’uomo che ora sedeva accanto a suo padre. I capelli color pece erano ancora umidi, ed incorniciavano il suo ovale pallido. Iridi verdi come fili d’erba, malinconici eppure magnetici, provocanti, attraenti e sopratutto: incantatrici. Le iridi viola della principessa si erano immerse in quelle di Loki, il quale pareva essersi isolato dal mondo, fisso a guardare la giovane donna stesa a terra. il masso era giá stato lanciato quando Athanasia si rese conto di avere poco tempo. Distogliendo bruscamente lo sguardo dall’uomo dal fascino letale, la principessa cercó di ritrovare quella tranquillitá e quella luciditá che gli avrebbe consentito di salvarsi. Respirava, e chiudeva gli occhi, ma la roccia non rallentava, anzi sentiva i suoi spigoli accuminati fendere l’aria nella sua rapida discesa. Athanasia sapeva che non era il caso farsi prendere dal panico, ma con un megalite di due tonnellate che minacciava di schiacciarla frantumandole le ossa mantenere la calma di certo non era una delle sue prioritá. Serró le labbra, digrignando i denti. Il bagliore che si sprigionava dalle sue caviglie e dai suoi polsi, pur essendo di forte intensitá, pareva non essere capace di contrastare quell’enorme peso. Per lo sforzo, gli arti della fanciulla cominciarono a tremare, e tutto il suo intero corpo sembrava essere percosso da una violenta scarica di convulsioni. Sul volto del sovrano un’espressione contrita e spaventata si stampó sulla sua faccia, paralizzandolo al suo posto con il gelo nel sangue. Dal canto suo, Loki sapeva che doveva entrare in azione.
Ci fu una forte esplosione di luccicore verdastro, e una pesante ed asfissiante nuvola di polvere si sollevó sporcando l’aria. Annebbiata da quel pesante velo grigiastro, la vista del sovrano si appannava dale lacrime alla disperata ricerca della sua bambina, sparita dietro quello sfavillio alieno. Poi, quando finalmente i suoi occhi tornarono a vedere, Athanasia era lí, tra le braccia di quel dio che non aveva aspettato secondo di piú per strapparla dalle grinfie di una morte certa. Con il viso sporco del sangue che le colava dalle narici del nasino piccolo, e le iridi socchiuse che roteavano verso l’alto, pronti a perdere ogni percezione. Tuttavia, prima di perdere definitivamente i sensi, la principessa riconobbe la carezza gentile del suo salvatore coccolarle le goti, penetrandola con quelle iridi seducentemente dolci perfino nelle piccole fessure in cui si erano ridotti i suoi occhi. Sentiva suo padre chiamarla a gran voce, ma non aveva la forza di rispondergli. Tutto quello che adesso la giovane desiderava era addormentarsi, gustare quelle braccia che la tenevano stretta al suo petto caldo, sentire il morbido tocco del suo respiro sulla pelle, restare vittima di quelle minuziose premure di cui era stata sempre allo scuro, e godersele fino alla fine.  

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