Non spegni il Sole se gli spari addosso.

di Beginning
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1. ***
Capitolo 2: *** Chapter 2. ***
Capitolo 3: *** Chapter 3. ***
Capitolo 4: *** Chapter 4. ***
Capitolo 5: *** Chapter 5. ***
Capitolo 6: *** Chapter 6. ***
Capitolo 7: *** Chapter 7. ***
Capitolo 8: *** Chapter 8. ***
Capitolo 9: *** Chapter 9. ***
Capitolo 10: *** Chapter 10. ***
Capitolo 11: *** Chapter 11. ***
Capitolo 12: *** Chapter 12. ***
Capitolo 13: *** Chapter 13. ***



Capitolo 1
*** Chapter 1. ***


Non spegni il sole se gli spari addosso.
                                             -Anonimo-


“Mamma, ma dove finisce il cielo?”
“Dove vuoi tu. Fin dove riesci a vedere, fin dove arrivano le nuvole, allora quello è cielo”
“E poi, cosa c’ è?”
“Oh, dopo ci sono i piani alti.. L’ atmosfera, la proto sfera e così via. Sù, sù, sempre più in alto.”
“E le stelle?”
“Le stelle? Le stelle sono lì, più o meno”
“A che servono?”
“E’ una bella storia, sai? Loro bruciano e bruciano, logorano il loro stesso cuore, si fanno male.
Sono masochiste, forse”
“Che vuol dire masochiste?”
“Sei masochista quanto t’ ostini ad aggrappare a ciò che ti fa male.”
“Quindi se a me piace la Nutella ma sono allergica e la mangio comunque sono masochista?”
“Diciamo di sì.”
“Mamma, ma se fa male perché le stelle bruciano comunque?”
“Perché devono illuminare il cielo, perché sennò da sola la Luna non regge.

Non ce la si fa mai, da soli.

Perché senza stelle non ci sarebbero né le comete né Peter Pan e la sua isola.
Solo il buio.
Sono importanti, sai?
Accendono la luce quando noi ce ne scordiamo.”
“Un giorno mi ci porti? Su una stella, intendo.”
“Sicuro.
Scegliamo quella più bella, quella che vuoi tu.
Andremo in un’ agenzia di viaggio, io con un capello di quelli che indosso al mare, perché farà molto caldo, tu con la tua bambola stretta in mano.
“Posso esservi d’ aiuto?”
“Due biglietti per una stella, per favore.”
“Sta scherzando, signora?”
“Certo che no. Ha mai visto una persona più seria di me?”
E, sotto lo sguardo allibito dell’ impiegata, ci sorrideremo.
Poi in qualche modo ci arriveremo lassù.
Possiamo fare come Peter, Wendy ed i suoi fratelli: ci ricopriremo di polvere di fata e voleremo via.
Ma noi useremo lo zucchero a velo. Certo, non è il massimo, ma basta crederci, no?
E poi rimarremo lì, sopra ad una stella, a dondolarci, facendo quattro chiacchiere con il sole ed indossando un bel paio d’ occhiali, senno ci si acceca.
E guarderemo lo spazio con le gambe a penzoloni nel vuoto.
Un giorno ti ci porto, te lo prometto.”



Saaaalve salvino pipol (?)

Ok, il primo capitolo fa abbastanza cagare, infatti non so se continuerò la FF, dipende dalla piega che prenderà la storia.
Coooomunque sarei contenta se lo leggeste. :)
Non prendetemi per matta, ma quando ho buttato giù il capitolo avevo appena finito di studiare 30 pagine di scienze sullo spazio ahahaha.
Ok, ora mi levo dalle pallonsssss. Spero non vi faccia troppa pena.

Ah dimenticavo, su Twitter sono Ali__97 c:

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Capitolo 2
*** Chapter 2. ***


Era disordinata, tremendamente disordinata.
Un letto sotto cuscini e pupazzi, una sedia sotto ad una pila di vestiti ed una scrivania sotto mucchi di fogli sparsi, volanti, come i pensieri che ci aveva rigettato sopra, vomitando tutto, anche l’ anima.
L’ unico posto in ordine della sua camera era la libreria: era più forte di lei, non c’ era neanche un motivo.
Scaffali e scaffali pieni zeppi di libri.
E non erano disposti secondo i colori, l’ altezza o il genere.
Li aveva ammassati lì, nell’ ordine in cui li aveva  letti ed aveva lasciato una parte della sua anima lì.
Già, la sua anima.
L’ aveva ritagliata tante, forse troppe volte, per regalarla a qualcuno, magari incartando un pezzo di cuore.
Poi aveva capito di sbagliare, perché quei pezzi s’ inzuppavano e basta.
Non erano riposti con ordine in qualche armadio.
Erano come panni stesi al sole, solo che quello non c’ era quasi mai e pioveva sempre, squarciando tutto quello che le rimaneva.
Aveva deciso di tenere tutto per se.
Si era rinchiusa da sola, magari con l’ aiuto degli altri.
E dato che l’ ordine nella sua vita era mancato, aveva deciso di chiuderlo fuori, per sempre.
Aveva serrato porte, finestre, occhi, bocca e cuore e nulla era più entrato.
Si era rifugiata in un modo fatto di pensieri volanti, lasciati lì, ad affondare nel buio della mente, come se nulla fosse.
Ma i libri no.
Erano perfezione, l’ intersecarsi della sua vita fermato con periodi, virgole e punti.
Aveva tante parole, lei.
Avete presente le parole? Non quelle che si usano per scrivere o parlare, ma quelle che sono collegate dritte dritte al cuore con un filo, quelle che riescono a farlo piangere, prendendolo a calci o cazzotti, ma anche a ridere, solleticandolo.
Le sue parole le aveva trovate leggendo, osservando il mondo, lasciandolo andare avanti, per restare un po’ sola, ad osservare tutto con un blocchetto in mano, per poi alzarsi e tentare di raggiungerlo, correndo con la borsa stretta in mano.

Bibliofilia (italiano): amore per i libri, passione nel leggerli e collezionarli.

Empatia (italiano): capacità di un individuo di comprendere in modo immediato i pensieri e gli stati d’ animo di una persona.

Petrichor (inglese): profumo di pioggia sulla terra asciutta.


Le sue tre parole. Le aveva captate, aveva aperto il vocabolario e le aveva cercate, per poi appuntarle sul cuore, perché senza le tue parole tu non sei nessuno.
Non hai una storia da raccontare.
Non hai un passato da nascondere dietro ad un sorriso.
Non sei nulla.
Il niente più assoluto.

‘Caro diario,
oggi solita giornata. Alzataccia, corsa per il pullman che puntualmente ho perso.
Scuola, pranzo, compiti e parole.
Ne ho mangiate tante oggi, sai?
Parole e latte a colazione.
Parole e pasta a pranzo.
Parole e sogni a cena.
E ne ho trovata anche un’ altra, una proprio adatta a me.
Credo sia grave, sai?
Credo di essere malata, se è davvero così.
Io te la lascio qui, tu pensaci un po’ e poi fammi sapere.

Filofobia (italiano): paura persistente di innamorarsi o di amare una persona.

Ciao.
Emma.’

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Capitolo 3
*** Chapter 3. ***


Adolesco, is, olevi, ultum, ere: crescere, svilupparsi, rinvigorirsi.

  "C’ avete mai pensato? E’ il paradigma di ognuno di noi.
Adolesco.
Certo che i Latini avevano capito proprio tutto.
Adolesco.
Ecco, ora stai nascendo, lì, sopra la elle.
Adolescis.
Sai, ora giochi, rincorri un pallone, ma questo vola via e finisce lì, a fare da puntino alla i.
Adolevi.
I ricordi. Il tuo viso che si sporge inutilmente a guardare il passato, ad osservarne il riflesso, volendo tornare indietro. Ma il tempo non si ferma.
Adultum.
Qui sei adolescente.
Qui sei solo, o almeno ti senti così.
Allora t’ aggrappi a tutto quello che può aiutarti. Perché da solo non riesci a fare nulla, sei il vuoto.
Chiedi aiuto, bussi a tutte le porte possibili, così, a caso. E lasci le tue foto, sperando che nessuno si dimentichi di te.
Ma non sempre è così.
Ma c’ è chi resta, c’ è chi ti porge una mano, anche se sei caduto ed hai le ginocchia sbucciate, i polmoni pieni di sospiri ed il cuore a pezzi, così rotto che non bastano né la colla né lo scotch per rimetterlo a posto.
Allora, piano piano, inizi a rimetterti in piedi e guardi tutto, ma proprio tutto: passato, presente e futuro.
Adolescere.
Crescere.
Peter Pan non voleva questo.
E non lo vuoi neanche tu, anche se da piccolo sì, ci hai sempre pensato.
Adolescere.
E’ la chiave della vita.
E non ci vuole tanto neanche per capirla.
Infinito, presente, III declinazione, attivo.
Attivo perché non puoi crescere passivamente.
Quello si chiama morire, tutto qui."

Emma pensava a questo, invece che fare la versione in classe.
Pensava troppo.
Magari avrebbe dovuto smettere di farlo, ma ci avrebbe dovuto pensare per bene comunque.
L’ analisi sul foglio era un susseguirsi di parentesi, predicati verbali e nominali, nominativi, accusativi e complementi, che costruivano la frase, ma anche la sua vita.
Il complemento d’ agente.
Diciamo che è la persona che compie l’ azione subita dal soggetto.
E lei era il soggetto della sua vita.
Il complemento d’ agente gli altri, il mondo che la circondava, le persone che le andavano a sbattere contro e correvano via.
Solo che le azioni che subiva erano più brutte ed impregnate di lacrime che belle.
Alzò lo sguardo.
Metà classe era china sul banco, intenta ad analizzare la versione, tradurla o copiarla tentando di sfuggire agli occhi falco della professoressa.
L’ altra metà si era rassegnata ad un quattro cerchiato di rosso sul registro.
Liam Payne stava scrivendo alla velocità della luce.
Accanto a lui Harry Styles stava sbattendo la testa sul banco, tentando di risvegliare il cervello.
Sentì un colpo alla nuca, leggero leggero.
Era un bigliettino.
Ci risiamo.’ Pensò, alzando gli occhi al cielo.
Lo raccolse comunque, sicura di trovarci scritto un qualche insulto, un pettegolezzo o roba incomprensibile.

Ehi Emma, puoi passarmi la settima riga?
Te la passerei anche, se solo sapessi chi fossi’ pensò sarcasticamente la ragazza.
Si girò, pronta a trovarsi davanti la solita ochetta bionda.
Invece incontrò degli occhi azzurro cielo.

  



Scccceeeao beli.
Sì, Ali__97 si è messa a parlare del latino. E’ che oggi ho fatto una verifica sui verbi e quindi ho ancora una dozzina di paradigmi in testa.
Il bello è che la prof mi ha fatto studiare due pagine di verbi e poi mi ha chiesto i soli quattro paradigmi.
NAGINI, UCCIDI.

Cooomunque dopo un’ attenta analisi ho capito che lametà dei miei capitoli dipendono da quello che combino a scuola e, dato che oggi non ho fatto un cazzo perché ho letto di nascosto, ho parlato del latino, perché il mio cervello è entrato in azione solo per il compito.
Ok, ora non vi disturbo.
Mi farebbe piacere se recensiste o mi diceste cosa ne pensate menzionandomi nel caso in cui non foste iscritti. c:
VVVVVVVVVVVVVVIVA LE FRAGOLE. e.e

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Capitolo 4
*** Chapter 4. ***



“Se da una gloria solida e vera si può aver frutto, certo io in quel giorno colsi il frutto migliore delle mie grandi fatiche e delle mie veglie numerose.”
 
Eccola qui, la settima riga, scritta con l’ inchiostro blu di una comune biro.
Emma si stiracchiò, nascondendo uno sbadiglio mai nato dietro la mano sinistra ed allungando il braccio destro per passare quel pezzo di carta al ragazzo seduto dietro di lei.
E dopo il nulla.
Solo lei, il banco, il foglio bianco, la versione da ricopiare in bella e l’ astuccio, pieno zeppo di penne.
C’ è chi negli astucci tiene di tutto: biro, matite, evidenziatori, colle, righelli, bianchetti, trucchi e magari uno specchietto, per ritoccare gli occhi, specialmente se si è seduti in fondo alla classe.
Lei no.
Emma aveva il minimo indispensabile e poi tantissime penne, di tutti i colori.
Era con le penne che scriveva.
Le matite le detestava: era come lei, come tutti noi.
Già, perché l’ uomo è uno schizzo, un tratto di grafite spiaccicato lì, sulla pagina della vita, che scompare sempre, prima o poi, sotto la pressione di una gomma.
E tutto ciò la spaventava.
Macchiava il foglio d’ inchiostro rosso quando era arrabbiata o così nauseata da sentire il cuore contrarsi, lì, nel petto.
Il blu lo utilizzava quando era statica, spenta.
Impugnava la penna verde quando sperava, ovvero quasi mai.
E poi c’ era il nero.
Nero come i suoi capelli.
Nero come il cielo.
Nero come la vita, che però non aveva le stelle a rischiararla.
Lei era nera dentro.
C’ aveva l’ anima inzuppata di nero.
Nero perché il mondo è così, tutto uguale, piatto, senza sfumature.
Ed aveva finito per colorare anche la sua vita di nero, riponendo tutti gli altri colori in una scatola gettata chissà dove.
 
Guardò l’ orologio.
Le 9 e 30.
Solo mezz’ ora ed avrebbe dovuto consegnare.
Fissò le penne che straripavano dall’ astuccio e, per la prima volta dopo anni, la mano vacillò nel prendere quella nera.
Iniziò a ricopiare la versione ed al suono della campanella la consegnò alla prof che fissava la classe con un sorriso sbilenco, ansiosa di assegnare a tutti una sfilza di quattro cerchiati di rosso.

I corridoi erano affollati e, chissà come, mentre era al bagno, intenta a disprezzarsi davanti allo specchio, si riscoprì triste di non aver ricevuto neanche un ‘grazie’ da quel ragazzo seduto dietro di lei.

Passò dai numeri del professor Tondins alle lotte romantiche con la professoressa Red ma niente, c’ erano sempre quegli occhi azzurri a seguirla.
Li aveva visti nel gessetto turchese che aveva spezzato il prof, prima di scrivere una formula alla lavagna.
E poi li aveva incontrati guardando negli occhi uno come tanti, intento a difendere la sua patria sotto il monotono borbottare della prof.
Ma non ci si era più ritrovata faccia a faccia nella realtà.

 Alla quinta ora, con la prof Fabiani, aprì il libro di letteratura e s’ immerse nelle poesie, fino a non sentire più nulla, se non l’ eco di quelle storie raccontate dietro a quelle parole.
Occhi azzurro cielo.
Occhi che gli avevano proprio rubato il colore.
Occhi dove potevi vedere tutto.
Aveva corso intorno al mondo, per poi andargli di nuovo vicino e salutarlo.
S’ era seduta a guardarlo con le gambe incrociate e le era sembrato di poter vedere una stella, quella che voleva visitare con sua mamma, se solo ci fossero stati i biglietti.

“Ragazzi, sottolineate bene quello che ora vi leggerò e che si trova a pagina 50.

Non avevo mai visto occhi così belli. La finestra era aperta e il sole li illuminava. C’ era l’ anima in quegli occhi.
-C. Bukowski
.

 I suoi compagni sbuffarono ed evidenziarono tutto.

Emma no.
Emma si sentì tremare dentro.
Sentì il cuore tossicchiare e le gambe fremere.


Prese la penna verde e sottolineò ogni singola parola.

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Capitolo 5
*** Chapter 5. ***



Sei del mattino.
Emma era seduta in camera, avvolta in una coperta, con una tazza di cioccolata appoggiata alla scrivania.
Il pc era acceso.
Il suo cervello era in standby.
Il cuore spento.
Fissava la barretta che lampeggiava sul foglio bianco dello schermo da circa dieci minuti.
Quella riga nera era scomparsa e riapparsa circa un centinaio di volte.
Doveva scrivere un tema per la professoressa di religione.
Perfetto, anche i compiti di religione.

“Chi sei?”

Già, chi era?
Emma Harvey, sedici anni, capelli neri, occhi verdi.
E poi?
E poi nulla.
Era una matassa d’ inchiostro difficile da districare.
Era una radio sempre accesa, per contrastare il silenzio che la circondava.
Era vuota.

Il suo cuore era una soffitta, piena zeppa di ricordi, di foto ingiallite dal tempo, di ragnatele.
Eccole lì, accatastati nel ventricolo sinistro le risate con le amiche, i sorrisi fatti al riflesso del passato, i sospiri in giardino, le lacrime versate ed inghiottite dal silenzio.
Nel destro nulla.
Nel destro solo un cartello:’Affittasi.’
Che poi però quell’ affitto costava caro e nessuno voleva entrarci o chi era venuto aveva spostato tutto, aveva arredato il suo cuore come voleva, per poi andar via, senza pagare.
Così lei aveva deciso di sfrattare tutti.


“Forse dovrei scrivere questo. Emma Harvey odia tutti. E’ la cosa che le riesce meglio” pensò la ragazza.

Iniziò ad appigliarsi ad ogni parola, cominciò a tratteggiare i lineamenti del suo passato.
Solo quello bello, però.
Parlò delle sue parole.
Capì di amare l’ odore della cioccolata calda.
Così parlo anche di quello.
Inchiostro rigorosamente nero.


“Sono una che la vita forse l’ ha capita, ma non riesce a giocarci.
La vita è come una grande addizione, moltiplicata per ciò che vorremmo, divisa per la realtà a cui viene sottratto tutto ciò che abbiamo perso o che aveva promesso di rimanere o poi è andato via.
Il segreto non è fare bene quest’ operazione, ma capirla: ascoltare e vedere con il cuore, anche solo per un momento.
E’ questa la matematica, quella impregnata di parole, sentimenti, sensazioni di ognuno di noi ed è tremendamente più difficile di quella fatta di numeri, segni e grossi mal di testa.
Ogni minuto, anche il più piccolo istante, fanno di noi ciò che siamo oggi, ecco perché non dovremmo mai pentirci di quello che abbiamo fatto: se cancellassimo il nostro passato ora saremmo qui, a pezzi, senza una rotella o con una vite mancante.
Tutto, ma proprio tutto, ruota intorno alla vita: la letteratura prova a descrivere questa gran confusione, la scienza ci spiega perché il posto dove viviamo è così, le lingue ci insegnano a comunicare  con gli altri, per assaporare tutto più profondamente, per non lasciarci sfuggire nulla.
La vita è fatta di sogni, quelli che ti uniscono alle persone con cui non puoi stare nella realtà.
La vita è fatta di risate, pianti, sorrisi.
La vita è fatta di quei momenti in cui vorresti che tutto finisse, perché cadi a pezzi e non hai la colla per aggiustarti.
La vita è fatta di persone che ti promettono di restare e che a volte lo fanno, sennò scompaiono e non si trovano più, se non nel loro riflesso.
La vita è fatta di ricordi, di cui t’ ammali, da cui dipendi, per cui piangi o sorridi, se sono brutti o belli.
E poi è fatta di negozi, di ospedali dove guarire, di biblioteche dove prendere in prestito qualcosa, di parchi, di treni che prendi una volta o perdi per sempre.
La vita è fatta di piccoli momenti, di frazioni di secondo che durano un’ eternità e che vanno a comporre un copione, un curriculum che tu t’ ostini a tenere, per non farti trovare impreparato, indifeso.
E’ come una ricetta, da cui viene fuori il dolce più buono di tutti.
E fra tutte queste componenti, se le si diluisce bene, frazionando il tempo, spaccando i minuti si trova lo straordinario.
Perché la vità è questo, è meraviglia, è un gioiello immerso nello straordinario, impregnato di felicità.
Quando smetti d’ amarla, quando decidi di prenderti una pausa, quando inizi a detestarla, allora scendi dalla vita stessa.
E non farlo mai, a meno che tu non lo voglia sul serio.
Ecco, questa forse sono io.”


Stampò tutto velocemente, si preparò e corse a scuola.
Prima ora: latino.
La Adams girava per la classe, restituendo le versioni del giorno precedente.
“Questa ha una velocità formidabile quando si tratta di darci un quattro” boffocchiò Harry a Liam, che gli lanciò uno sguardo ansioso.
“Harry, smettila. Devo prendere almeno otto per tenere alta la media.”
“Sei un secchione, zitto. Fossi in te mi preoccuperei più per me ed il nostro amicone.” Replicò il ragazzo, prima di incontrare gli occhi della professoressa, che gli stava tendendo il compito.
“Payne, come al solito benissimo. Styles, mi hai stupita. Posso complimentarmi con te?”
“Ma certo prof.” rispose il ragazzo, atteggiandosi come un divo.
La classe scoppiò a ridere.
Anche Emma sorrise e sorrise di uno di quei sorrisi veri, non truccati, fatti di cartapesta e tristezza.
“Harvey, ottimo.”
La campanella suonò.

“Hei, Emma..”
La ragazza si girò, finendo di sistemare tutto nello zaino che portava sempre sceso, forse per proteggersi le spalle.
Occhi azzurri.
L' anima, le stelle, la vita inzuppati nel celeste del cielo.
“Mi hai aiutato davvero con quel bigliettino. La prima sufficienza di tutta la mia carriera scolastica. Grazie.”
“Prego, Louis.”


 

SSSSSSSPAZIO A ME.
Ccccciaoooo pampini.
Ok, sono quella cogliona di @Ali__97.. Questo capitolo non è il massimo e ne sono consapevole.. E' che oggi sono un po'
triste, perchè a scuola sono successe delle cose abbastanza deprimenti di loro.
Cooomunque alla fine il tizio occhiazzzzzzzzuurrri è Louis, yeeeepp. Non ho potuto trattenere di più la sua identità.
Ero indecisa fra lui e Niall, ma mi è sembrato più dolce Lou, non so. Contrariamente a tante io penso che Niall sia un
ragazzo forte, non il coglione che non si sa difendere come in molti tendono a farlo apparire. (?)

E niente, spero che questo capitolo vi piaccia e vi prego di recensire per farmi sapere che ne pensate ed al limite, se
non siete iscritte, di farmi sapere anche su Twitter, perchè ci tengo davvero molto alla vostra opinione.
CAGATE QUESTA FF. (?)
Ooooooook. Grazie per avermi sopportata, perchè so di essere pallosa ahahahahah:)
SSCEEEAAAAOOOO c:

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Capitolo 6
*** Chapter 6. ***


“Innamorarsi non è facile.
Sai quanto impegno ci vuole?
Devi impostare il cuore dalla modalità ‘viva la nutella’ a ‘ti amo’.
Devi decidere come sognarlo.
Devi trovarlo, l’ amore.
Devi imparare a sentire le farfalle nello stomaco ed a sopportare le gambe che tremano.
E soprattutto devi accettare che il tuo cuore d’ ora in poi batterà per un’ altra persona e non più per mantenerti in vita, che la tua vita ruoterà intorno a lui.
Devi capirlo, l’ amore.
Ci hanno provato in tanti, sai?
I bambini, con i loro abbracci.
I cani, che scodinzolano, come per farti aria al cuore.
I poeti, che lo descrivono, gli regalano milioni di aggettivi, di parole, di lacrime e sorrisi e lo rendono più bello, vestendolo di vocaboli e d’ inchiostro.
La musica, che te lo fa sentire, quando sei così sorda da non percepirlo, da non vederlo chiaramente.
Spiaccicato su uno spartito o su un foglio, ti racconta la sua storia, la tua storia.
Ecco perché innamorarsi è difficile: devi trovarlo, devi scovarlo e non hai nulla, nessun gps, nessun navigatore.
Hai solo il tuo cuore e questo tante volte è chiuso, spento, nascosto nella cassa toracica.
Devi ascoltarlo, quest’ organo grande come il tuo pugno chiuso, ma non è facile, quando il mondo ti urla nelle orecchie.
E c’ è un motivo se il cuore è proporzionale alla tua mano: quando t’ innamori ti strappi il cuore dal petto ed, a mani congiunte, lo regali al suo prossimo proprietario.
E poi basta.
Vivi anche solo guardandolo, perdendoti nei suoi occhi, nel sorriso fatto di denti perfetti, magari un po’ storti, o appoggiandoti alla sua spalla, che poi è sempre perfetta per la tua testa.
 T’ innamori innamorandoti.
Ed è tutto meravigliosamente stupendo, perché l’ amore è uno dei pochi sentimenti ancora bianchi, che poi diventano rossi.
L’ amore e rosso.
Ed è la cosa migliore che possa capitarti.”


Emma era seduta alla finestra, che aveva una sorta di divanetto sotto.
La professoressa Fabiani assegnava alla classe sempre dei libri da leggere e quello che stava sfogliando la ragazza era proprio uno di questi.
La professoressa Fabiani era diversa:.
La professoressa Fabiani non insegnava ai ragazzi come mettere in fila quattro parole.
No.
Lei insegnava ai ragazzi come vivere.
Quella donna scriveva ogni volta un manuale delle istruzioni e lo regalava agli alunni, nascondendolo fra le sue parole, fra le sue spiegazioni, fra i suoi perché.

Emma non s’ era mai innamorata.
Aveva paura.
Era filofobica.
Da piccola, davanti ad uno specchio, s’ era indicata il cuore, appoggiando la mano sulla pelle che lo nascondeva al mondo ed aveva promesso che non l’ avrebbe mai dato a nessuno, non l’ avrebbe fatto uscire dal patto per scappare via, senza tornare.
Non sarebbe rimasta sola.
Lei nel cuore aveva tutto, ma proprio tutto.
Era come una soffitta, dove ammassava ogni parte della sua vita e, lasciata andare la soffitta, sarebbe stata persa, per sempre.
Ripensò a quei occhi azzurri.
Maledette farfalle nello stomaco.
Gambe che vacillavano.
Cuore che bussava, per uscire e galoppare via.
I sintomi c’ erano tutti.
Ma non c’ era nessun dottore da consultare.

“E se mi stessi innamorando?” pensò la ragazza.
Ma, per la prima volta in vita sua, non ebbe paura.

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Capitolo 7
*** Chapter 7. ***


Le era sempre piaciuto l’ inverno.
L’ inverno è bianco.
L’ inverno è buio.
L’ inverno è freddo.
L’ inverno è un nascondiglio.
L’ inverno sono cappelli, sciarpe e guanti, l’ armatura migliore contro la realtà.
L’ inverno è camminare per strada con un caffè in mano, per sentire quel po’ di calore che il mondo non ha.
L’ inverno è un nascondiglio.
L’ inverno era lei.

Amava accoccolarsi sotto una coperta e leggere, spararsi della musica a tutto volume nelle orecchie o stare semplicemente lì, ad ascoltare il rumore che fa il silenzio.
Perché il silenzio non è davvero silenzio, non è l’ assenza di rumori, è solo una porta sbattuta in faccia a tutto il resto, per poterti ascoltare, da sola, nonostante lo scampanellio del mondo, che ti chiama, per prenderti a bordo e continuare a girare.
Il silenzio è lo spartito dove è scritta la vita.


Emma era in piedi, in mutande, davanti al suo armadio: fissava smarrita tutti i vestiti ammucchiati lì dentro.
Gonne, giacche, maglioni, magliette, jeans e felpe.
Ecco, il suo armadio era il silenzio ed il silenzio era la sua vita.
Quel guardaroba era pieno zeppo, ma lei usava sempre le stesse cose: lì, schiacciati in fondo, c’ erano i vestiti vecchi, quelli che le aveva comprato la mamma e che lei aveva lasciato lì, a marcire, ai margini della sua vita, come i rimasugli del passato.
Poi c’ erano i suoi jeans: li metteva sempre. Avevano preso il sapore dell’ asfalto, delle ferite rimarginate, delle cicatrici invisibili alla vita, del disinfettante che usava per cancellarle.
Le felpe sapevano di lei, del fisico, della vergogna, della timidezza e dell’ insicurezza che ci nascondeva dentro.
Le ragazze normali usano i trucchi per essere più belle e sicure.
Lei usava le felpe.


Emma si vestiì come sempre, come al solito.
Scese in cucina, dove il padre stava sorseggiando una tazza di caffè per lavare via il sonno dai suoi occhi.
‘Buongiorno.’
‘Ciao papà’ rispose la ragazza mentre afferrava una mela e la sua borsa piena di libri, quaderni e penne.
‘Non mangi qualcosa?’
‘No, scappo.’


Louis ed Harry erano in piedi davanti agli armadietti.
‘Vedo che sei giusto un po’ assonnato, Lou.’ azzardò il ragazzo con un sorriso sbilenco.
‘Harry, fottiti.’
‘Giorno, ragazzi.’
‘Ciao Liam.’
‘Giusto per sapere.. Voi avete studiato per l’ interrogazione a tappeto di quella di scienze?’
‘Io mi ficco due dita nel naso, faccio uscire un po’ di sangue ed è fatta.’ Annunciò trionfante il riccio.
Louis alzò gli occhi azzurri dal quaderno che stava fissando da circa dieci minuti: c’ era il terrore nel suo sguardo.
‘Oh merda.’
‘Woooooo, Lou, ci sei proprio fino al collo e mi dispiace, ma direi che i mal di pancia o i tagli con la carta non bastano più per evitare la prof.’ gongolò Harry.
‘Puoi sempre ripassare ora, in fondo non è nulla di troppo difficile e poi abbiamo la Nana all’ ultima ora’ suggerì Liam.
‘Amico, non ci capisco niente.’
‘Forza, ti spiego qualcosa io.’
Ma, nello strappare il quaderno dalle mani di Louis, il suo sguardo cadde proprio sulla pagina che il ragazzo s' ostinava a nascondere.
Era una pagina bianca.
C’ era solo un bigliettino, solcato dall’ inchiostro nero di una biro.
C’ era scritta una frase, la frase più complicata di tutta la versione di latino della settimana precedente.
‘Lou?’
‘Emmmm.. Beh… Vedi…’
‘Emma’ rispose Harry al suo posto ‘Gli ha suggerito la frase, gli ha parato il culo alla grande.’

Liam fissò gli occhi del ragazzo.
Occhi azzurri che erano sempre stati spenti, bianchi come la pagina di quel quaderno.
E lesse quella pagina, nel silenzio più assoluto, nel silenzio del suo migliore amico.
Osservò le ore passate da Louis a pensare a quella ragazza, vide le occhiate fugaci che le rivolgeva, le farfalle che tentava di prendere a pugni nel suo stomaco, il cuore che aveva tentato di spengere. 

S’ accorse dell’ amore che aveva segnato l’ amico.
L’ amore è così: lo dai, lo prendi, lo compri e paghi con la carta,  lo lasci lì, a marcire, ma resta, lascia il segno.
Se ami o hai amato ne porti le cicatrici impresse sulla tua pelle.


Le cicatrici di Louis portavano il nome di Emma Harvey.

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Capitolo 8
*** Chapter 8. ***


Le mancava sua madre.
Le mancavano i suoi abbracci, le sue carezze, i suoi baci.
Le mancava stendersi sul prato vicino a lei per guardare le stesse stelle.

‘Pensa che bello vivere su una stella o usarla per cucinare qualcosa.
Anche se, secondo me, la cosa migliore è prenderne una, fare benzina e volare per fare un salto sulla Terra: devi sapere che quando passa una stella tutti la indicano, tutti la salutano, tutti alzano gli occhi al cielo, poi lo chiudono ed esprimono un desiderio.
E quel desiderio lo appiccicano lì, alla coda della stella, che riparte e corre veloce.
Quindi, quando avrai un sogno tutto tuo, lancialo lassù.
Il cielo è pieno di desideri.
Le persone li appendono lì perché sono al sicuro, perché così la Terra non li travolge mentre ruota intorno al Sole.’ le aveva detto una volta.
‘Mamma, io ce l’ ho già un sogno: voglio stare con te per sempre.’
‘Questo non si può, piccolina. Le stelle sono infinite, non noi, non la vita.
In tanti credono che il per sempre duri un’ eternità, che non abbia una fine.
Non è così.
Il per sempre esiste, ma dura poco.
Non è il per sempre ad essere affibbiato alla vita, è la vita ad essere un ‘per sempre’ che dura poco.
Prima o poi ci separeremo.
Ma il nostro per sempre l’ abbiamo vissuto ed abbiamo avuto anche un ‘e vissero felici e contente’.’

Era morta due anni dopo quella frase.
Tumore.

‘Mamma, noi abbiamo vissuto il per sempre ed ora tu hai deciso di volare lassù a guidare una stella per realizzare i sogni di tutti.
Hai deciso di scendere dalla vita, passo dopo passo.
Ti prego, vienimi a trovare questa notte con la tua stella: vorrei tanto farci un giro.’ Aveva pensato la bambina circondata dal suono della morte.


Emma camminava verso l’ ingresso della scuola, immergendosi nei ricordi  per riguardare il suo per sempre.
Decise di uscirne solo per osservare il corridoio mezzo deserto.
C’ erano tre ragazzi in piedi, vicino agli armadietti.
Li conosceva.
Liam, Harry e Louis.
Si sedette su una panchina, tirando fuori un quaderno ed una penna, nera.
Iniziò a scribacchiare qualcosa.
Le persone vivono il per sempre tante volte.
Lei solo una.
Ed aveva perso troppo presto.

Morte 1. Vita 0.


‘Ehi, c’ è quella secchiona di Emma’ boffocchiò Harry per poi voltarsi radioso per la ragazza e salutarla con un:’Emma, buuuuoooongggggiorno.’
Lei non alzò la testa.
Non lo guardò.
Gli fece solo un cenno.
Non guardava le persone negli occhi.
Aveva paura.
I suoi occhi erano una finestra sull’ anima.
I suoi occhi erano pagine e pagine che parlavano della sua vita.
I suoi occhi erano inchiostro sbaffato dalle lacrime.
I suoi occhi erano lei.
E lei voleva solo nascondersi.


‘Ciao, Emma’ le disse Liam, sorridendo e lanciando delle occhiatine comprensive a Louis, che era rimasto fermo, titubante.
‘Mattiniera anche tu, eh? Io stavo giusto aiutando Louis a ripassare, dato che la Nana interroga a tappeto. Vuoi unirti a noi?’
‘Ok.’ rispose la ragazza in un sussurro.
I tre ragazzi si sedettero sulla panchina.
‘Bene. Emmmm, Lou? Ci sei? Allora, cosa mi dici dell’ Universo?’
‘E’ infinito o almeno così dicono. E’ composto da atomi che se finiscono pongono fine anche al sistema, ma dato che si moltiplicano l’ Universo non dovrebbe avere uno stop preciso.
Sì, è infinito, dura per sempre.’

Emma alzò gli occhi.
‘Lou.. Lou.. Louis?..’ azzardò la ragazza.
‘Sì?’ disse il ragazzo, tentando di nascondere il rossore che però non sfuggì a Liam.
‘Tu lo sai come si costruisce il per sempre?’.


Saaaaaaaaaalveeee pipol (?)
Bbbbene, eccomi qui, pronta per rompervi DI NUOVO le palle. Il capitolo non è dei migliori, ne sono consapevole, e mi dispiace davvero tanto. 
Vorrei ringraziarvi per tutte le recensioni che mi avete lasciato, per quello che mi avete scritto e per aver messo la mia FF nelle seguite, nelle ricordate o nelle preferite. 

Per me tutto ciò vale davvero molto.

A volte non rispondo subito, ma leggo ogni singola recensione e sorrido ogni volta e tutto questo è solo grazie a voi. Ok, vi lascio al capitolo otto.. Spero che non vi faccia troppo schifo ma, in ogni caso, lasciatemi un commento, perchè voglio davvero sapere cosa ne pensate, ci tengo molto.

Aaaaaaaaaaaaaaaaaddddios c:



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Capitolo 9
*** Chapter 9. ***


Silenzio.
Uno di quei silenzi brutti, carichi d’ imbarazzo.
Uno di quei silenzi che vorresti spezzare, ma non ci riesci, perché quell’ assenza di rumore ha intorpidito anche le tue corde vocali.

‘Cosa diavolo mi è venuto in mente?’ pensò Emma, abbassando lo sguardo, di nuovo.
Emma aveva gli occhi verdi.
Emma aveva gli occhi color smeraldo.
Emma l’ aveva perso quello smeraldo.
Emma l’ aveva eclissato, depositandoci sopra la polvere che s’ ostinava a fissare e che era lì, inerme, per terra.
E quella polvere pizzicava, quindi la ragazza faceva spesso le pulizie di casa, lasciando che le lacrime scivolassero sul suo viso come se fosse un parabrezza.

Già.
Le sue lacrime scivolavano sul parabrezza della sua vita.
Questo bastava a renderlo pulito agli occhi degli altri ed a lei bastava.


Liam si sentiva tremendamente a disagio: era sempre stato un ragazzo tranquillo, buono, che si lasciava mettere i piedi in testa da tutti.
Ma lui una dote ce l’ aveva.
Liam Payne leggeva le persone come se fossero dei libri.
Gli occhi erano il suo inchiostro.
S’ accorgeva di tutto e s’ era accorto anche di Emma.
L’ aveva osservata mentre camminava: aveva un passo veloce, non appoggiava mai completamente il piede.
Correva su quelle Converse sfilacciate.

Aveva imparato a correre pure nel cuore di Louis e Liam aveva capito anche questo.

Harry rimase fermo, la testa china sul libro.

“Una nebulosa (dal latino nebula, nuvola) è un agglomerato interstellare di polvere, idrogeno e plasma. “

Il suo sguardo era rimasto incollato lì.
Gli erano sempre piaciute le nebulose.
Erano belle.
Emma era bella.
Emma era la nuvola che stava andando ad offuscare gli occhi di Louis.
Ma a lui la pioggia piaceva.
Gli piaceva l’ odore della terra bagnata.
Gli piaceva l’ idea di un Louis bagnato, senza armatura.
Il Louis di prima.

‘Liam, vado a prendere qualcosa da mangiare al bar.. Dovrebbe esserci anche Niall.. Che fai, vieni?’ propose il riccio, sempre fissando la pagina del libro.
‘Mmmm.. Andiamo’ rispose il ragazzo.

Di nuovo silenzio.
Emma raccoglieva la polvere con i suoi occhi.
Louis aveva smesso di respirare da qualche minuto.

‘Se non prendo un po’ d’ aria, qui ci rimango secco’ pensò allarmato.

Così inspirò lentamente, cercando di regolare il battito del cuore.
Era tremendamente forte.
Emma non doveva sentirlo.
Emma non sarebbe riuscita a spegnerlo, l’ avrebbe solo acceso di più.
Espirò.
Inspirò.
Espirò.
Inspirò di nuovo, più calmo.
Sentì un profumo.
Vaniglia.
Emma era vaniglia.

La sua voce era ferma, non voleva proprio saperne di uscire.
Non voleva costruire il ‘per sempre’.
Voleva immergersi nel silenzio.


Ma il nome di Emma andò a punzecchiare le corde vocali del ragazzo.

‘Il per sempre? Emmm.. Beh…
Piano piano.
Mattone dopo mattone.
Momento dopo momento.
Il per sempre lo costruiamo noi.
Il p.. per sempre lo scriviamo noi su un foglio stracciato, ma non con una penna, né con l’ inchiostro.
Usiamo i nostri passi, le nostre azioni, il battito frenetico del cuore, il.. il sorriso delle persone a cui vogliamo bene.
La gente pensa che il ‘per sempre’ duri in eterno, sfidando il tempo.
Non è così.
Noi siamo per sempre.
Noi siamo un punto ed a capo.
Noi siamo un momento finito, ma che può essere registrato, rivisto e riavvolto tante, tantissime volte, un per sempre di volte.’


Silenzio.

‘Lou, scusami davvero.. Non so cosa mi sia preso’ sussurò la ragazza, colpita dal manuale di costruzione del per sempre.
‘Non fa niente.
Posso..
Posso fartela io una domanda?’
Emma annuì.
‘Bene. Lo.. Lo sai che hai gli occhi carichi di polvere?’

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Capitolo 10
*** Chapter 10. ***


Silenzio.
Di nuovo.

‘Louis, brutto coglione demente testa di minchia, ma cosa dici? Gli occhi impolverati? Ma sei scemo? Cosa cavolo hai nel cervello?
Oh, già, tu il cervello non ce l’ hai.’ si rimproverò il ragazzo per poi alzare lo sguardo senza incontrare quello di Emma.

‘Scusami, scusami davvero. Io non volevo.. Cioè, insomma, non volevo dire una cazzata simile.
Mi… Mi dispiace davvero tanto.’
‘Nessun problema.. Non preoccuparti, Louis.’
‘Oh, comunque se vuoi posso sempre chiamare qualche impresa per pulirti gli occhi. Ci stai?’

Louis Tomlinson aveva il brutto vizio di non pensare prima di parlare.


‘Le lacrime servono a pulire gli occhi, a spazzare via la polvere, i ricordi rimasti lì come dei rimasugli, i riflessi del passato, le paure, tutto, ogni singola cosa.
Non servono i panni, i detersivi, i prodotti chimici o uno staccio.
Servono le lacrime.
Ma vedi, sono arrivata ad un punto tale da non piangere più.
Il mio corpo soffre di siccità ma non a causa dell’ acqua.
No.
A me manca tutto.
Mancano le risate, i sorrisi, i bei ricordi, la spensieratezza, l’ affetto, le coccole,
l’ amore.
Una persona piange quando deve sfogarsi nel bene e nel male.
Le lacrime intrappolano ogni cosa e scivolano via, lasciano i segni sul viso, sulla pelle e poi più nulla.
Il niente.
Devi amare ed essere amato per poter piangere.
Serve tanto, ma tanto amore: una cosa come il 90%.
Ed io non ho nulla di tutto questo.
Non piango perché non ne ho ragione.
Sono un punto d’ inchiostro nero, nero nerissimo ma sono così debole che anche una gomma riuscirebbe a portarmi via.
Se scomparissi ora, nessuno se ne accorgerebbe.’


Emma Harvey aveva il vizio di tenersi tutto dentro, di non sfogarsi, di scoppiare.
Emma era una bomba.
Ma Emma non avrebbe fatto male a nessuno.


La ragazza si alzò e scappo di corsa, lasciando Louis solo sulla panchina.

‘Se scomparissi, Emma, io me ne accorgerei e finirei per diventare il nulla.
Ma in quel nulla avrei te e quel nulla diventerebbe il mio tutto.’
sussurò il ragazzo, sperando di essere sentito.


Il bar profumava di cornetti, caffè, cioccolata calda, sonno e sbadigli.
Niall Horan era seduto al bancone, intento a sorseggiare un liquido scuro da un bicchierone bianco.
Usava entrambe le mani per reggerlo.
Usava entrambe le mani per tante azioni.
Le usava entrambe perché aveva perso troppe cose utilizzandone solo una.


Qualcuno gli tirò un collino.
A Niall andrò di traverso la cioccolata calda e si sentì caldo dentro dopo tanto tempo.
Risate, un ‘Oh Harry, sei il solito coglione’.
Eccoli, in ritardo come sempre.
Il biondo si girò e si ritrovò davanti Liam Payne, Harry Styles e..
Louis non c’ era.

‘Harry, aspettati uno sparti culo assurdo all’ ora di ginnastica.’ Lo minacciò il ragazzo, per poi rivolersi a Liam.
‘Louis?’
‘Oh, è rimasto a parlare con Emma in corridoio’
‘Emma?’
‘Sai, Emma Harvey, la ragazza secchiona con gli occhi verdi, la timidona’
‘Ooooh, lei. Non sembra tanto male’
‘Nah. Mi piace Emma. E’ così titubante, è delicata, è silenziosa ma porta un silenzio carico di mille parole.’ intervenì Harry sedendosi vicino a Niall e scroccandogli un pezzo del cornetto alla marmellata.

‘Mmmm, marmellata. Sei sempre il solito.’
‘Andiamo, ridammelo.’
‘Credo che mi prenderò un pezzo di torta.’ disse Liam.
‘Grandeeee! Vai Liam, prendila. Ne voglio un pezzo. Ho fame. Tu sai come divento quando sono affamato.’ gracchiò un Harry in preda all’ entusiasmo.

‘Ragazzi, volete qualcosa?’ intervenne allegramente Rose, la bidella migliore del liceo.
‘Vorrei un pezzo di quella torta al ciocc..’

Liam si fermò.
Aveva visto entrare Louis con la coda dell’ occhio.
Non rideva.
Era in silenzio.
Incontrò il suo sguardo.
Pioggia in arrivo in quel cielo azzurro.


Senza dire nulla, Niall capì tutto e si alzò.
S’ avvicino a Louis e lo abbracciò con tutte e due la mani, stringendolo forte anche con le braccia. 



Saaaaaaaalveeeeeeeeeeeeeeeeeee gente.
Ok, eccomi qui.
Questo capitolo l' ho scritto ora, a mezzanotte e devo dire che parlare di cornetti e cioccolata calda m' ha fatto venire fame. Bene. uu
Dopo vado in cucina. Sono pronta per affrontare il buio. MUUUAHAHAHAHAHHAHAHA.
Ok, mi scuso tantissimo per il ritardo, ma sta andando tutto di cacca ultimamente. Dovrebbe essere la mia estate..
Sono indecisa: dovrei partecipare ad un concorso di scrittura, ma non trovo il coraggio necessario.
Ringrazio tantissimo tutte le persone che hanno sprecato del tempo per recensire e leggere la mia FF. Grazie davvero. ♥
Per chi non lo sapesse sono @Ali__97 su Twitter :)
E niente, spero che il capitolo vi piaccia.

Ok, ora vado. Grazie davvero, non so cosa farei senza di voi. c:

Ali.

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Capitolo 11
*** Chapter 11. ***



Gli abbracci sono belli, sono speciali, quasi più dei baci.
Negli abbracci c’ è tutto: amore, amicizia, tristezza, felicità, nostalgia.
C’ è il mondo intero, c’ è tutta la gamma dei sentimenti che un uomo può provare.
E’ solo che non è facile abbracciare.
Nasciamo diversi, cresciamo diversi e poi ci fermiamo.
Quando la smetti d’ allungarti, di cambiare il numero delle scarpe o la tua taglia è perché ormai sei grande e puoi iniziare a provare dei sentimenti veri.
Crescere non è facile, ma il peggio viene dopo.
Devi imparare ad amare e devi farlo da solo, perché non c’ è nessun libretto delle istruzioni.
Ci sei solo tu e dall’ altra parte un cuore diverso dal tuo.
Le persone sono destinate a stare insieme per sempre, sono destinate a volersi bene, a logorare ogni singola parte della propria anima per rammendare l’ altra, quella in cui è riposto tutto l’ amore che un essere umano è capace di provare.
Smetti di crescere perché sei capace d’ amare, perché devi iniziare a modellarti, non a cambiarti: devi solo tagliare un po’ qui, arrotondare lì, smussare gli spigoli per far combaciare i lembi.
E’ così che nascono gli abbracci.

Niall era nato quadrato ed era diventato rotondo per poter amare le persone a cui voleva bene.
Nell’ abbraccio che scambiò con Louis c’ erano solo il silenzio e l’ eco di tre semplici parole:”Io ci sono.”
Liam era rimasto fermo a guardare i suoi amici: doveva ancora capire bene come utilizzare il martello per modellarsi, ma c’ era vicino.
Harry non aveva capito per niente la situazione.
Harry non aveva capito quasi nulla della vita.
Harry non voleva cambiare.
Era Harry e basta.
Ecco perché quando amava faceva male.


“Lou, cosa è successo?” chiese Liam, aspettando che Niall sciogliesse l’ abbraccio.
Louis alzò lo sguardo.
C’ era un cielo nero in quegli occhi.
Harry ci guardò dentro e rimase interdetto.
Niall restò in silenzio e basta.
Palla a Louis.
“Ho fatto una delle mie solite cazzate. L’ ho ferita.”
“Oh, andiamo, Lou.. Dai, non puoi averle fatto così tanto male. Perché piangerci sopra? Ci parli e rimetti tutto a posto.” intervenne Harry.
“Non so come parlarle, Harry. Non hai capito nulla.”
“Ho capito solo che lei è una ragazza e che state facendo troppi girotondi.
Ci state male tutti e due, tu per primo.”
“Harry, non è il momento..” sussurrò Niall.
No. Lou, io amo a modo mio. Liam ama a modo suo. Niall ama come cazzo vuole. Io devo ancora capire come si ama.
Ma soffriamo tutti ugualmente e non parlo di un cuore spezzato.
Quello s’ aggiusta.
Parlo del sorriso.
Quello non s’ aggiusta.
Si costruisce e basta.
E se non hai l’ amore, che è la calce, non sorridi, stai zitto, non vivi, resti solo seduto a distruggerti.

“Harry non esagerar..”
“No, Liam, ha ragione lui. Non sta esagerando, mi sta solo insegnando.”
“Emm, Payne, allora? Che fetta di torta vuoi?”

Si fissarono tutti e quattro negli occhi e scoppiarono a ridere.
Rose aveva sentito tutto.
La scuola non è un gran bel posto per filosofeggiare e parlare.
A scuola studi, ridi e scrivi bigliettini.

“Quella al cioccolato, per favore.”
“Oh Dio, Liam, sei sempre il solito. Il cioccolato ti fa spuntare i brufoli, poi chi lo sente il dermatologo?”
Qualcuno aveva parlato, imitando palesemente la voce stridula della madre del ragazzo.
“Zayn, non infierire.”
“Allora, cosa mi raccontate?” disse allegramente il ragazzo, sedendosi davanti al bancone e strappando un morso al cornetto di Niall.
“Zayn, era la mia colazione.”
“Arrangiati.
Ok, ok, ne compro uno tutto per me. Rose, un cornetto, per favore.”
“Subito, Malik..”
“Ok. Niall, ora mangia. Liam, ingozzati. Harry, cosa mi dici?”
“Niente.. Louis è cotto di una.”
“Cosa? Lou, davvero davvero? Chi è?”
“Emma Harvey.” boffocchiò Liam con la bocca piena.
“Figo.. Non dovresti essere felice? Insomma, sei cotto di una.”
“Abbiamo discusso o meglio, io l’ ho ferita.”
“Cosa t’ ha detto?”
“Le ho detto che aveva gli occhi impolverati, poi ho aggiunto una cazzata sulle pulizie e lei è scoppiata come un fiume in piena.
Ha detto che le mancano un bel po’ di cose, che le serve tanto amore, un 90% d’ amore.
Non sono giusto per lei.”

Zayn sapeva leggere fra le righe.

Lou, non hai pensato che forse quel 90% potresti regalarglielo proprio tu?

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Capitolo 12
*** Chapter 12. ***


Il bagno della scuola non è mai stato un gran bel posto.
Quello del maschi puzza di pipì, quello delle ragazze risuona di risatine fastidiose.
Perché le ragazze non vanno mai al bagno.
Oh no.
Loro hanno le tubature completamente chiuse per sei ore.
Le ragazze, quelle oche, si alzano dal banco e concentrano una sfilata di moda nei cinque passi che lo separano dalla cattedra del professore e chiedono con strafottenza di andare al bagno per saltare qualche interrogazione, per truccarsi, fumare o cose simili.

Emma ci andava quasi mai, salvo per un paio di volte.
Emma non si tagliava, non si ficcava due dita in gola e mangiava.
Era solamente triste.
Aveva una falla e lì dentro precipitavano tutte le cose belle della sua vita.
Emma era come un buco nero: lei divorava ogni cosa, anche la luce e feriva le persone, senza rendersene conto.

Dopo aver piantato le lacrime negli occhi di Louis era scappata: la scuola era mezza deserta e lei aveva spalancato la porta del bagno delle ragazze del primo piano, quello accanto alla macchinetta.
Il pavimento era bianco ed intriso dell’ odore dei prodotti che le bidelle usavano ogni pomeriggio.
Le bidelle puliscono la sporcizia degli altri.
I netturbini ripuliscono le strade dai rifiuti degli altri.

Nessuno però pulisce gli errori degli altri.
Questo devi farlo da solo.
Ma non esistono detergenti, saponi o prodotti per lucidare una pagina già scritta, per cancellare una frase, per riavvolgere un nastro.
Gli sbagli non si cancellano.
Restano e basta.
Emma s’ infilò in uno dei bagni, chiuse la porta e si lasciò cadere a terra, abbracciandosi le ginocchia.
Quella volta il bagno non risuonò di chiacchiere, consigli sul trucco, risate o conati di vomito.
Quella volta il bagno risuonò solo dei suoi singhiozzi.



“Io? Zayn, io non ne sono capace.” rispose scoraggiato Louis.
“Oh, andiamo, non dire cazzate. T’ arrendi ancora prima di fare qualcosa.”
“Non è vero.”
“No? Lou, sei qui, al bar della scuola, con le lacrime agli occhi, il desiderio di fare qualcosa ma la voglia azzerata.
Se devi cambiare il mondo, fallo prima che lui cambi te.”
“Esatto, Lou. Mettiti in gioco, lotta, non fare come me. Avevo una bella colazione, prima che arrivasse Harry e me la rubasse.
Prima o poi l’ amore, la vita, la felicità, tutte le cose buone vanno a male.
Devi consumarle prima che ciò accada.
“Da consumarsi preferibilmente subito, senza titubare, senza esitare, dondolandosi su due piedi.”
Figo, no?
Lou? Comprendi?” Niall era un tipo saggio tutto sommato.
“Ho afferrato qualcosa, sì.”
“Bene.”
“Emma dove è andata quando ti ha mortalmente ferito?” domandò Harry.
“Come sei simpatico, riccio. E’ scappata verso le scale, penso che sia al primo piano.”
“Ragazzi, è giunta l’ ora fatidica.”
“Sta per suonare la campanella?”
“Harry, no.”
“Sta per arrivare il preside?”
“Niall, neanche questo.”
“La prof di scienze è decisa a farvi tutti secchi all’ interrogazione?”
“Zayn, sei totalmente fuori strada.. E comunque IO ho studiato.”
“Liam, ti spieghi?”
“Ora noi saliremo di sopra ed andremo a cercarla.
E per noi intendo tutti noi.
Louis, tu sei incluso nel ‘noi.’
Datemi il tempo d’ incartare questo pezzo di torta e partiamo.”
“Mr. Payne si sente molto potente.” commentò Zayn.
“Stiamo per affrontare un corridoio pieno di armadietti.
Il secchio dell’ immondizia potrebbe mangiarci.
E non dimentichiamoci delle scale: con le scarpe slacciate sono micidiali”
ironizzò Harry.
“La scuola è un posto estremamente pericoloso.. L’ ho sempre detto io.”
“Liam, sei un secchione. Per te la scuola è un parco giochi.”
“Andiamo, dai..”
I cinque ragazzi s’ avviarono verso l’ uscita della caffetteria ed andarono verso le scale.

“Comunque la scuola è grande.. Potrebbe essere da ogni parte.”
“Non penso.. Insomma, era praticamente distrutta da quanto ci ha detto Louis.
Quando sei distrutta e stai per piangere, ti butti nel primo rifugio che trovi.
Piangere in pubblico è umiliante.
E quando tenti di bloccare le lacrime, inizia a bruciarti la gola.

Non è corsa in giro per la scuola.
Si è semplicemente accucciata da qualche parte.”
“Harry, come fai a sapere tutto questo?”
Il ragazzo arrossì prima di rispondere:”Oh, emmmm.. Io.. Ragazzi, lasciatemi respirare, dai. Comunque per me è in bagno.”
“Oh, se è così non posso entrare. Insomma, è il bagno delle ragazze. Se becco qualche tipa, verrò sbattuto fuori a calci nel sedere.”
“Louis, ora tu prendi ed entri.”
“No, vi preg..”
Troppo tardi.
Quattro amici maschi sono capaci di spedirti dentro ad un bagno delle ragazze in meno di mezzo secondo.

Louis si fermò solo un secondo, per controllarsi.
C’ era un silenzio atroce.
Restò in piedi, dando le spalle alla lunga fila di specchi per un paio di minuti.
“L’ avevo detto io che non c’ era nessuno.”
Stava per andarsene quando sentì un singhiozzo.
Quarta porta a partire da destra.
S’ avvicinò lentamente.
Si lascò cadere per terra nello stesso identico modo di Emma.

Le parole della ragazza iniziarono a echeggiargli in testa.

“Devi amare ed essere amato per poter piangere.
Serve tanto, ma tanto amore: una cosa come il 90%.”


“Ehi, Emma… Spiegami come si costruisce un 90% d’ amore e t’ aiuterò.
Possiamo anche andare al supermercato a comprarlo, pago io.
O posso suonartelo.
Magari posso regalartelo io.

Forse potrei essere semplicemente io.



Saaaaaaalveeeeeeeee gente. :3
Sono sempre io.. In effetti chi potrebbe essere? Beh, volevo ringraziarvi per tutte le recensioni che ho ricevuto in questi 11 capitoli:
avete sprecato del tempo per leggere le mie cazzate ed è una cosa che mi fa davvero tanto piacere. Grazie.
Anyway, ho spedito il tema per il concorso, ma mi hanno detto che sono troppo giovane per partecipare. Il massimo ahahahaahah.
Non potete capire che nervi.. Mio fratello è tornato da due minuti e già litiga con mia mamma. C' è pace e amore nella mia famiglia, già. çç
Venerdì parto e vado in Sardegna per due settimane, quindi per due settimane non potrò aggiornare probabilmente..
Mi scuso davvero tanto..
Ora vado. Vi lascio e grazie per aver letto fino a qui. c:

Ali.

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Capitolo 13
*** Chapter 13. ***


Fra Emma e Louis c’ era sempre stato il silenzio, un baratro, e nessuno dei due aveva mai avuto il coraggio di saltarlo: si sedevano lì, con le gambe a penzoli e si fissavano, rincorrendo i loro stessi sguardi.
Ecco, in quel momento quel crepaccio insormontabile era la porta: Emma ci si era lasciata scivolare, appoggiandoci le spalle ed abbracciandosi le ginocchia.
Louis aveva fatto lo stesso.
Erano vicini.
Ma a volte una porta ed il silenzio possono allontanare due persone anche per miliardi di chilometri.
E dopo è difficile ritrovarsi.


Louis sentiva l’ assenza di parole di Emma che lo pugnalava alle spalle: poteva percepire il suo respiro, le lacrime che s’ erano fermate o che lei tentava di ricacciare dentro.
Che poi erano uguali: due studenti.
Avevano camminato per gli stessi corridoi bianchi immacolati.
S’ erano riscaldati con un tazza di caffè in mano.
Avevano calpestato lo stesso asfalto, che era rimasto sotto la suola delle loro scarpe.
Se ne erano andati in giro scalciando una lattina di Pepsi con la musica sparata al massimo nelle orecchie, respingendo la vita stessa, il mondo che bussava per entrare.
Quattro tappi: due nelle orecchie, uno nel cuore ed uno nel culo.
Avevano le stesse identiche cicatrici, ma erano dentro e nessuno le vedeva.
Solo loro.
S’ erano improvvisati corridori per non arrivare tardi alle lezioni.
Ed avevano maledetto la prof di latino.
Ok, quello solo Louis.
Erano stati vicini anche quando erano così distanti fra loro.
Ora erano appoggiati alla stessa porta, spalla contro spalla, ma tremendamente lontani.

“Le porte sono state create per essere aperte. O sbattute in faccia.
Quello che vuoi, ma la maniglia c’ è sempre ed ogni tanto anche qualche chiave può spuntare fuori.
Solo che qui non c’ è niente, neanche la serratura.
E’ solo un pezzo di legno appoggiato a dei cardini.
Ed il silenzio non deve arrugginirci sopra.
Perché ferma tutto, anche le parole.
Eclissa ogni speranza.
Non ruota più nulla.
Perché la ruggine invecchia la vita.”


Pensato questo, Louis s’ alzò lentamente: barcollò e vide il suo riflesso in uno degli specchi allineati alla parete.
C’ era un ragazzo lì.
C’ era l’ immagine di un tipo, ma era piatta.
Era apparenza.
Si guardò i piedi: quello era lui, non il coglione laggiù.

Si voltò ed esaminò la porta, di un bianco anonimo: niente scritte su ordine del preside.
Appoggiò la mano sulla maniglia e l’ abbassò, spingendo lentamente.
Emma era lì, in piedi, con gli occhi fissi nei suoi.

Non avevo mai visto occhi così belli. La finestra era aperta e il sole li illuminava. C’ era l’ anima in quegli occhi.
-C. Bukowski.



Le tornò in mente quella frase, che la prof aveva fatto sottolineare a tutta la classe: lei l’ aveva fatto con la penna verde, quella della speranza.
Non ci aveva pensato neanche un secondo.

“Hei.”
“Ciao.”
“Senti, mi dispiace d’ essere piombati qui, così, davvero.
Ma se vuoi l’ offerta di prima è valida.
Lo sarà sempre, credo.
Non sono bravo con la matematica, ma posso aiutarti.
Posso esserci.
Fino a quando vorrai tu.”


Emma aveva il cuore intriso dell’ inchiostro verde della sua biro, chiusa in fondo all’ astuccio come se fosse un misero avanzo, il rimasuglio di qualche ricordo felice.

Emma sorrise.

Louis l’ abbracciò, non prima di aver ringraziato qualcuno per le porte del bagno delle ragazze, che sono senza chiavi e serrature.



Salve popolooooooo. :3 *balle di fieno*
Ok, sono tornata: vi scrivo dal pc di mia zia, che è di una lentezza estenuante. Oggi avevo voglia di scrivere, quindi ho anticipato la pubblicazione del capitolo.
Intanto mi scuso per essere mancata così a lungo, anche se non ve ne sarete neanche accorti.
Poi voglio ringraziarvi davvero moltissimo per le recensioni che ho ricevuto: le ho lette tutte, ma, come ho già detto, internet è lentissimo e non sono riuscita a rispondere.
Ho sorriso.
Grazie a voi.
Martedì notte torno a casa mia: il tempo di togliermi un po' di compiti dalle scatole e di prepararmi per la cresima e cercherò di rispondere a tutti, come è giusto che sia.
Intanto vi ringrazio ancora un trilione di volte.
Siete stati tutti gentilissimi con me. <3
Ah, dimenticavo: su Twitter ora sono _rainsperfume.. Ho cambiato perchè Ali__97 era troppo da bm.
E niente, ora scappo.
Recensite o fatemi sapere, perchè mi fa davvero tanto piacere. :)
AAAAAAAAAAAAAAADIOOOOOOOOOOSSSS e buoni ultimi giorni di vacanze. <3

 

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