La curiosa storia di Jack Parker

di Aimondev
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Jack Parker ***
Capitolo 2: *** Uno strano cambiamento ***
Capitolo 3: *** Il dottor Kermel ***
Capitolo 4: *** La crisi ***
Capitolo 5: *** Vendetta ***
Capitolo 6: *** Fuga ***



Capitolo 1
*** Jack Parker ***



Salve. 
[Ho letto la parte del regolamento relativa alle musiche e mi pare di aver capito che non si possono caricare file contenenti musica.  Quindi non credo di infrangere il regolamento postando soundtrack da youtube.  Non dovrei appesantire la pagina in questo modo.  Beh, se sbaglio me lo farà presente l'admin e provvederò a rimediare.]
Dunque, visto che il mio timbro è ormai diventato l'aggiunta di soundtrack nelle storie per alleggerire la lettura, alla fine ho deciso di aggiungerne qualcuna anche qui per cercare di caratterizzare meglio colore ed atmosfera di ciò che voglio comunicare  (e perché mi ci diverto).
Di solito scrivo ascoltando una determinata colonna sonora (quella che secondo me è la più consona al momento)  ma questa volta ho aggiunto la musica solo DOPO aver scritto i capitoli. Per questo motivo, non sono proprio sottofondi ideali,  probabilmente, in certi tratti sarete costretti a bloccare il video  (come ho fatto anche io stesso).  Diciamo che li ho inseriti per illustrare anche con i suoni le sensazioni che volevo esprimere. 

Liberi di cliccarci sopra, e stoppare in qualsiasi momento.

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Lo scrosciare di una bufera di applausi e grida. La consapevolezza di avere lo sguardo di centinaia di persone su di me, ad osservare ogni mio singolo movimento. Il silenzio prima del tiro e poi... Il fragore generale che crescente si solleva come una tempesta.

 "Incredibile!  Ancora un tiro da tre punti. Ecco a voi  Jack Parker, signore e signori. Ricordatevi questo nome perché ne sentirete parlare presto".

 La stanchezza e la fatica non erano niente. Rivoli di sudore solcavano il mio viso ed ogni mio muscolo, ma il mio organismo continuava a reagire nella sua massima esplosione di potenza.
Dianabol, Anavar, Sushtanon,  nessuno di questi steroidi mi avrebbe mai garantito prestazioni così elevate in forza e resistenza fisica.    Stavo al quarto tempo e la mia carica  era rimasta invariata, anzi,  mi sentivo addirittura più energico. Tutta quell'esultanza di folla, aveva scatenato in me una sorta di rush bestiale. Adrenalina e testosterone a mille. 
"Mi sento instancabile!"

 "Duncan Lewis dei Condor, devia la palla.  Recupero di Jack Parker. E' circondato da maglie nere.  Passaggio filtrante verso John Maiden.  Con una morbida esecuzione regala altri due punti ai Black Cats!"

 Il cronista era come impazzito, e la folla con lui. Studenti di tre diverse scuole erano venuti ad assistere a quello che si prospettava essere uno scontro epico. Trampolino di lancio per potenziali grandi giocatori di Basket. I più promettenti sarebbero stati presi alla nazionale giovanile, e poi da lì forse si sarebbe passati al NBA.
Sì, me lo sentivo.  Con questa nuova sostanza in corpo, nulla sarebbe stato più irraggiungibile. Non avrei avuto più limiti.

 "Brad Taylor conquista la palla dopo un errore di Craig Malour. Avanza verso i Blacks Cats.
Parker lo cerca.  Ecco infine i due capitani  fronteggiarsi.  Lo scontro nello scontro che tutti aspettavamo.  Parker è geneticamente avvantaggiato: lo supera in altezza di una spanna intera..."

"Cerchi qualcosa in particolare, Brad?"  Dissi al rivale, che mi guardava confuso. 

Fu in quel momento che recuperai il pallone suscitando la disapprovazione di Brad Taylor, già abbastanza infervorato per tutte le mie precedenti frecciatine.
Incominciai a correre. Una corsa incredibile, sovraumana, contro i difensori avversari.   Il colosso centrale  Clark Harold, mi si abbatte contro come un muro di mattoni, ma i suoi movimenti sono goffi e molto lenti.  Eludere la sua difesa è un gioco da ragazzi. 

John, sotto il canestro mi grida di passargli la palla, e intanto Brad ed il resto della difesa avversaria mi raggiungono.

 "Jack Parker, è accerchiato da maglie nere. Tenta il tiro della disperazione e... LA PALLA ENTRA! Assurdo.  In un solo anno,  Parker ha battuto ogni record degli under 21.  E' impossibile definire l'esaltazione della gente. Gli spalti sono infiammati. Sono tutti in piedi inneggiando il nuovo campione che quasi sicuramente vedremo nelle nazionali giovanili"

 In mezzo ad un grande ammasso di corpi che strillavano a gran voce il mio nome, sento la voce di John sopra tutte, ad incrinare i rapporti di rispetto e sportività che avevo cercato di tenere con i Condor, i nostri avversari.

"Cosa cerchi di fare, Taylor? Sei insignificante come un insetto. Fallito sei, e fallito rimarrai per il resto dei tuoi giorni.  Lascia la pallacanestro ai vincenti, e levati dai coglioni" 

 Dopo l'ennesima provocazione, Brad Taylor si infuriò.  Nonostante l'insulto fosse partito da un mio compagno, l'oggetto degli sfoghi di Brad ero e rimanevo io. Mi odiava dal profondo del cuore. 

E' una lunga storia, si parla dei tempi delle medie.
Da qui a quel periodo mi sembra passata un'eternità, tante sono le cose assurde  che mi sono capitate.   A quei tempi ero un bulletto e Brad era la mia preda preferita.

Si diceva che in tenera età fosse stato oggetto delle attenzioni malate di un vecchio decrepito, un certo Hans Jackson. La situazione arrivò al culmine quando Brad fu riaccompagnato a casa da scuola da lui.

 Fu visto entrare nella sua macchina e rincasò solamente molte ore dopo. Nessuna sa veramente cosa avvenne.  Brad giurava di non essere stato toccato e che era rimasto a casa del vecchio solamente per giocare. I genitori denunciarono comunque la vicenda alle autorità locali.
Durante il processo non ne uscì fuori nulla, né Brad né il vecchio confessarono.  Nonostante questo Hans, ebbe una vita di inferno. Fu bollato come pedofilo dall'opinione pubblica e, nel giro di due mesi, si suicidò.

 Non bisogna sottovalutare gli effetti devastanti di una voce di corridoio, l'incredibile influenza che un'etichetta affibbiata dalla società può avere sul proprio stato psicologico.
Incomincia ad entrarti dentro in modo subdolo, ti colpisce nell'orgoglio, fa restringere le pareti della tua casa, ti rende paranoico. Incomincia a divorare il tuo ego con piccoli morsi finché non arrivi a credere a quello che dice la gente ed infine, il tuo peggior nemico diventi proprio tu.  L'ho capito solo adesso. Troppo tardi.

 Già...Ma a quei tempi ero cattivello, e non ero così empatico nei confronti dei poveri disgraziati come forse posso sembrare adesso.

"Brenda culetto sfondato".  Così divenne Brad per tutti. Ah da bambini si può essere davvero crudeli.  Fui io a far nascere la voce.  Lentamente da che era argomento tabù, la vicenda fu affrontata da tutti i ragazzi, non senza trovare una vena comica in quella che teoricamente doveva essere una cosa tragica. Tutti incominciarono a girare il coltello su una piaga che forse non ci sarebbe mai dovuta essere. La ferita l'avevo aperta io.  Le mie derisioni e sbeffeggiamenti arrivavano puntuali come un orologio, laceranti come una sveglia. Le molestie psicologiche erano la mia specialità, ed arrivai dunque a friggere il cervello del povero Taylor in modo così perfetto da fargli credere forse di aver fatto cose che non aveva mai fatto.  Il mio obiettivo era spronarlo a suicidarsi. L'idea mi eccitava e mi davo un senso di onnipotenza. Lo stesso che forse provano i serial killer, e forse lo sarei diventato.

Quando io non ero presente erano i miei amici, sostenitori, seguaci, come li vogliamo chiamare, a spartirsi i suoi avanzi e dargli il colpo di grazia. Divenni la sua ombra e la sua maledizione per anni.
Brad, dal canto suo, tentò il suicidio più di una volta ma alla fine si fermava sempre. Non voleva darmi questa soddisfazione. Incominciò ad allenarsi, praticare arti marziali e...Basket.
Con il tempo divenne capitano della sua squadra, ed un temibile rivale della nostra. Voleva umiliarmi nel mio stesso campo di gioco.

Ma negli ultimi cinque anni di liceo, la situazione parve essersi quasi invertita.  Brad divenne la peggiore testa calda del quartiere, l'attaccabrighe più terribile della PriceSchool.  Con i suoi atti vandalici e la sua brutale violenza voleva come far scordare alla gente ciò che era. Rimuovere, o almeno nascondere l'etichetta che gli avevo dato e affermarsi come nuovo Brad.
Incominciò ad infliggere agli altri ciò che riservai io a lui tempo prima.

Avevo creato un mostro.

 Io con il tempo mi ero calmato.  Non ebbi bisogno di essere visitato da nessuno strizzacervelli, come voleva mia madre;  né finii in uno di quei campi di concentramento dove dei fanatici militaristi ti insegnano la disciplina come voleva mio padre.  Capii da solo che dovevo darmi una regolata.

Okkey, non è proprio così.  Fu il mio coach. L'uomo che per me vale quanto mio padre mia madre, Dio e il paradiso.   Il signor Harlinghton mi diceva sempre che se avessi voluto fare strada nel Basket e nella vita in generale, avrei dovuto per prima cosa dare una ripulita di me stesso e prendere la retta via. 

Smettere di fumare erba, smettere di fumare, smettere di umiliare gli altri, smettere di servirmi di menti ingenue per dare fuoco alla scuola o rubare auto, smettere di utilizzare sosia di me per fare compiti in classe, smettere di incitare alla violenza, smettere di girare con la mia banda con mazze e coltelli e seminare il panico la notte, smettere di drogarmi, smettere di bere, smettere di masturbarmi...

"Ehi coach,  ma va a farti fottere!"   Questo gli dissi, le ultime parole che gli dissi. Fu l'ultima volta che lo vidi, prima che  un asteroide radesse al suolo la città dove era tornato per un week end per venire a trovare i suoi genitori, disintegrandolo.

 Fui così traumatizzato dalla faccenda, che divenni un'altra persona.  Divenni quello che coach Harlinghton avrebbe voluto che diventassi.  Beh, qualche piccolo vizietto era rimasto. Ma smisi di infastidire il prossimo e incominciai a studiare per conto mio, senza schiavi nerds .

Con il passare del tempo la nuova vita incominciò a piacermi e persi interesse a terrorizzare gli altri. Mi piaceva l'idea di avere sempre la situazione sotto controllo.   Nonostante questo la mia etichetta di "terribile" era rimasta.
Per gli altri rimanevo quello di sempre.  Continuavo ad incutere timore e suscitare rispetto, e questo da una parte era un bene.

 Purtroppo neppure Brad cambiò idea sul mio conto.  Rimanevo sempre lo stronzo che gli aveva rovinato la vita. Non lo biasimavo.   L'etichetta di fuoco con cui lo avevo marchiato era rimasta non tanto visibile agli occhi degli altri  quanto evidente agli occhi suoi. Non poteva perdonarmi.  E ogni volta che un mio compagno lo sbeffeggiava o lo danneggiava in qualche modo il suo odio nei miei confronti cresceva.
Ogni mio tentativo di rimediare era inutile. I miei compagni non facevano altro che peggiorare la situazione

Ed eccolo ora avvicinarsi a me, a brutto muso, per regolare i conti.

Stava per  sferrarmi un pugno. Lo sapevo, lo avevo intuito. La DreamofGod aveva incrementato la velocità dei miei riflessi fino a renderli quasi animaleschi. Riuscivo ad anticipare i suoi movimenti, ma lo lasciai fare. 
Un pugno in faccia era il minimo, per ciò che gli avevo fatto.  Volli dargli almeno questa piccola soddisfazione dopo quella bruciante sconfitta.

 La folla esplose. Ci fu una rissa terribile tra tifosi delle due squadre.  Mi allontanai, ma non troppo. Udii la voce di John, che rovinò tutto.

 "Ti senti soddisfatto adesso, perdente? Considera il pugno che hai dato al mio amico come un omaggio da parte sua. Potrai raccontare di aver colpito in pieno volto il grande Jack Parker e sarà l'unico tuo unico vanto per tutta la tua squallida esistenza, culetto sfondato!"

 Jack Parker. Il Jack Parker di un tempo, sapeva come ferire una persona nel profondo dell'animo. Ero il più raschiante di tutti i bulli.  Adesso la mia eredità l'avevo lasciata a Johnny, il mio miglior amico.  Era diventato il riflesso di me, molti anni prima.
E intanto Brad era più infuriato di quanto non fosse.
Io fui avvolto dall'abbraccio dei compagni e mi ritirai negli spogliatoi.

 Un calvo signore in giacca e cravatta mi raggiunse
"Grande partita, Parker. Ti hanno già detto tutto?"
"Sì signore"
"Bene.  Khalim Muhared, il nuovo dirigente della squadra è molto esigente, ma sono sicuro che tu saprai soddisfare ogni sua aspettativa.  Sei alto per avere diciannove anni, questo è un bene.  Muhared è ancora un po' dubbioso. Per far parte delle selezioni, i suoi standard sono un'altezza di almeno due metri.  Ma ho garantito per te,  ti darà una possibilità, e sono sicuro che con il tuo talento non ci deluderai.
Fatti trovare pronto. Tra due settimane ci saranno le selezioni."
"Sì signore"

 La mia vita era già stata scritta.  Le mie più rosee previsioni si stavano concretizzando. Ci sarebbe stato  un successo dopo l'altro, e sarei rimasto legato al mondo del basket fino alla fine dei miei giorni.
Era quello che credevo.   
Nella mia imperfetta,  umana comprensione degli eventi credevo di riuscire a dare un pronostico esatto del mio futuro. come i cronisti fanno con le mie partite. 

 "La mia vita, comincia ora.  I miei successi passati sono solo un preludio di qualcosa di veramente grandioso.    Finalmente potrò fuggire via da questa fogna. Questa  insignificante cittadina sperduta nel Michigan. Lascerò tutto per seguire il vero successo"

 Jane entrò di corsa negli spogliatoi per baciarmi. 
"Sei stato...Straordinario.  Dicono che sei il nuovo Michael Jordan."
"Adesso non esagerare"
"Ha ragione" si introdusse John  "Non ti avevo mai visto giocare in quel modo. Santo iddio, Jack,  sei un fenomeno. E' stata una delle migliori partite...Di sempre. "

 "Avete visto come ha umiliato Brad?"  Rise Craig.   "Resti sempre il migliore Jack."
Fred incominciò a battere le mani sulla pancia come fosse un tamburo e incominciò ad intonare il mio nome.
"Parker! Parker!  Forza ragazzi. Radiamolo al suolo questo fottuto edificio."
"PARKER! PARKER! PARKER!" gridarono tutti in coro.

 "Tesoro"
Mi sussurrò Jane nell'orecchio.
"Non vedo l'ora che l'associazione nazionale di basket ti prenda con te.   Ma te lo immagini?  Ce ne andremo via da questo posto.  Prenderemo una bella casa a Manhattam e vivremo insieme, nel lusso"

 Heh...La puttanella non aspettava altro.
"Spiacente, tu non sei nei miei programmi."  Questo avrei dovuto dire a quella troia.

"Sei solo una da sette. Sette e mezzo al massimo, mentre io sono un semidio greco. Posso averne cento migliori di te. Con una come te come madre che genetiche daremo ai nostri figli?"

 Invece, con gli occhi lucidi risposi:
"Certo, amore mio. Sarà bellissimo."

 Jane era la ragazza che avrei voluto sposare, era speciale. Non solo un sollazzo sessuale con cui sfogare il mio vigore maschile, come lo erano state molte altre. 

 "Questa sera ho in serbo una bella sorpresa per te."    Rise maliziosamente lei.
Già ridi pure. Ridi finché ti resta da vivere.

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 Tornavamo trionfanti verso le nostre case: John, Craig, Fred, Danny ed io.

 "Avete sentito la tv? "  disse Craig
"Ci sono stati degli strani avvistamenti in Cina.  Strane ombre tra le nubi, innaturali, spettrali. 
Correnti di vento anomale.  E i satelliti non hanno ripreso nulla. Ci sono state come delle interferenze alle onde radio,  i circuiti sono saltati e..."

 "Lascia la Cina ai cinesi Craig, e pensa a non farti scivolare le palle dalle mani, come nella partita di oggi."  Sentenziò John.
"E' strano, Craig. non mi aspettavo che proprio TU, ti lasciassi sfuggire le palle dalle mani" scherzò Fred.

 "Non vedo l'ora di andare al Marlowe  e finire in coma etilico.  Birra gratis per i vincitori!"  Gridò Danny. 
"Siamo delle leggende viventi, in città, ormai! Dobbiamo festeggiare."

 "Mi spiace ragazzi"  dissi.   
"Io per oggi, passo. Voglio stare un po' con Jane.  Gli allenamenti mi hanno impegnato troppo e ora devo recuperare del tempo con lei"

 "Cosa? Cosa?" balbettava Fred   
"Non ci credo.  Ma-ma è la nostra serata. Si era deciso. Questa sera niente donne"
"E' per questo che non scopi più da sei mesi, Fred?"  disse John.  Tutti risero.

"Sono mesi che ci alleniamo, ragazzi" continuò 
"E se il nostro pivot è stanco e vuole stare un po' di tempo con la sua ragazza, noi di certo non faremo da cock-blockers. Dico bene?  Tu non sei un cock-blocker vero Fred?"

"Bah...Vorrà dire che berrò anche per lui" rispose stizzito.

John, il mio migliore amico mi si arrampicò sopra avvolgendomi un braccio al collo.

 "Sono o non sono il miglior wingman che tu abbia mai conosciuto?  Vai così Jack.  Castiga la tua Jane questa notte.  Ce ne saranno altre di notte per noi.  Ci saranno molte altre notti per i Blacks Cats."

 
Già.  La notte era nostra. La notte era mia. 
La nuova droga che stavo assimilando era portentosa. Incolore, insapore e invisibile ad ogni controllo doping.  Non avrebbe richiesto cicli di pct né interruzioni di ciclo; cosa che avrei dovuto fare per altri steroidi.  Avrei potuto assimilarla per il resto della mia vita, senza il rischio di incorrere in spiacevoli effetti collaterali e avrei potuto smettere quando avrei voluto. Sarei stato come un dio tra gli uomini.

La DreamofGod mi aveva regalato non solo prestazioni fisiche superiori, ma anche la felicità.  Avevo davanti a me un radioso futuro.

Avevo tutte le potenzialità di entrare nell' NBA e diventare un giocatore professionista,  avevo trovato la ragazza della mia vita e la mia popolarità era salita ai massimi livelli.
Denaro, amore, successo, prestanza fisica di un adone.  Avevo tutto ciò che chiunque altro poteva sognare, eppure non avevo  nulla.

Suonarono alla porta di casa. Era Jane.

Glossario:

Dianabol, Anavar, Sushtanon:   steroidi leggeri
Wingman: è il ruolo che può assumere un amico quando una persona ha bisogno di supporto nell'approcciare con il partner. Può essere d'aiuto nell'allontanare le tipiche amiche meno attraenti della ragazza-bersaglio, oppure ad allontanare amici insistenti.
Cockblocker: qualcuno che per motivi di gelosia, competitività o anche accidentalmente impedisce ad una persona di approcciare con il partner.
nba:  National Basketball Association
Pivot:   Il centro è generalmente il giocatore più alto della squadra e preferibilmente il più massiccio dal punto di vista muscolare. Nella pallacanestro maschile, l'altezza minima richiesta ad un tipico centro è di almeno 208 centimetri
Shooting Guard:   Si tratta solitamente di un giocatore in grado sia di tirare sia di penetrare verso il canestro se serve.
Altri ruoli del basket citati:
Small Forward,  Power Forward

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Capitolo 2
*** Uno strano cambiamento ***


La mia ragazza giaceva stremata, sopraffatta dall'estasi sul mio letto.  Quella notte aveva ululato più dei cani del quartiere.

La DreamofGod aveva aumentato incredibilmente la quantità di testosterone nel mio corpo, e conseguentemente anche la qualità delle mie prestazioni sessuali.  Ero sempre più soddisfatto. E mentre mi beavo dei miei doni, mi sparai nelle vene un altro po' di quella merda.

 S'era fatto tardi.  Come ogni domenica, avevo fatto i miei giri, e le mie commissioni quotidiane.  Adesso che avevo una casa in affitto ero costretto a fare ciò che prima veniva delegato a mia madre, ma non mi dispiaceva.  Sceglievo gli alimenti con cura, seguendo la dieta sportiva che si integrasse al meglio con le mie attività.
Qualcuno bussò alla porta.

 "Partitella?"  John mi tirò il pallone da basket.
"Non aspettavo altro"  risposi con un sorriso, mentre gli effetti della DreamofGod già incominciavano a farsi evidenti.
"E quello?"  indicai il piccoletto magro e occhialuto che mi fissava incuriosito da due fondi di bottiglia.

"Oh, non farci caso. E' il mio nerd.  A causa degli allenamenti sto molto indietro con gli esami e quindi l'ho stracaricato di compiti.  Preferisce consultarmi, in caso decidesse di fare troppo di testa sua."

"Ancora con questa storia dei nerds?  E non dirmi che usi ancora dei sosia per passare gli esami?"
"Non tutti siamo perfetti come te, Jack.  Non sono in grado di studiare ed allenarmi per le selezioni allo stesso tempo. Ho bisogno di schiavi nerds."

 Fino a quando avevo quindici anni facevo un largo uso dei nerds, erano il motore che permetteva a noi sportivi di restare al passo con lo studio e poter al contempo continuare ad allenarci con gli stessi ritmi. Un sostegno non di poco conto.

Forse fui proprio io il primo a fare caso al potenziale nerdish ed a tutti i vantaggi che il loro apporto ci avrebbe potuto fornire.  Il loro rendimento scolastico era notoriamente molto alto;  così alto che avrebbero benissimo potuto tenere a galla un'altra persona senza che la loro preziosa media venisse intaccata. Decisi quindi di dar loro un senso ed uno scopo e riuscii anche a renderli soddisfatti del nostro accordo.

 Loro svolgevano gli esami per noi sportivi e studiavano al nostro posto,  noi in cambio facevamo in modo che i vari bulletti minori di cui abbondava la nostra zona cessassero di martoriarli.

Addirittura, per alzare il loro morale, concedevamo loro una notte o due con le nostre ragazze di scarto.  Li motivavo, li accattivavo li propiziavo. Ero arrivato a possedere ben cinque nerds personali che lavoravano tutti assieme per me. Ero così popolare da poter garantire ragazze e protezione per ognuno di loro.   Eravamo diventati come dei soci in affari. Riuscii a farli integrare così bene che non era raro che potesse nascere persino un'amicizia tra sportivo e nerd.
Era un buon affare, sia per noi che per loro.  O almeno lo era quando ero io a gestire le cose.
Da quando mi ritirai dal giro dei nerds le cose presero decisamente una brutta piega. 
Adesso, con il regno del terrore di John, che continuava a farne un grande utilizzo,  erano di nome e di fatto schiavi.

A convincerli ad ubbidire bastò un raid d'assalto condotto nelle loro stanze a cui presero parte una decina di giocatori di basket ed una dozzina di giocatori di football armati di stracci bagnati che usavano come fruste. Un'arma non da sottovalutare.
Inoltre non fu troppo difficile trovare i giusti ricatti.  A quanto pare Fred immortalò con la sua Canon l'insana passione dei nerds di travestirsi da donna, mettersi seduti in cerchio e praticare il cosiddetto mulinello olandese.  Pratica per cui ebbi un conato dopo che mi fu spiegata la dinamica.

 "Diciotto a due, Jack. Non mi avevi mai stracciato così prima d'ora.  Sei  proprio al top della forma fisica. Dì la verità, tu prendi qualcosa?  Propinato di testosterone, scommetto"
"Ma non dire stupidaggini".    Prendevo qualcosa di molto più pesante.
"Vieni, andiamo a misurare l'altezza"
"1 e 91 centimetri.  Non è Magic Johnson,  ma diavolo amico,  crescerai ancora.  E se non raggiungi l'altezza per diventare pivot all'Nba, hai tutte le potenzialità per diventare un'ottima shotting guard.   Michael Jordan era solo cinque centimetri più alto."

 "Aspetta hai detto novantuno?  Ricontrolla bene."
"Uhm... Si, Jack.  Ho misurato tre volte. Centonovantun centimetri."
"Ma se ero 1 e 94, qualche giorno fa."
"Avrai sbagliato a misurarti." 
"No, sono abbastanza sicuro"

 "Forse ti sei misurato di mattina"  A parlare fu il nerd di Johnny.  
"Fa silenzio, tu"
"No no, lascialo parlare"  dissi.

"La mattina presto l'altezza di un individuo, specie se alto, risulta essere superiore rispetto che durante altre fasi del giorno.
 A determinare la differenza di altezza sono i dischi invertebrati interposti tra le vertebre. La loro somma è pari ad un quarto della lunghezza della colonna.  I dischi contengono un nucleo formato d'acqua che, durante il giorno a causa della gravità, tende a uscire e quindi la differenza tra vertebra e vertebra diminuisce.
Dopo una dormita, invece, quando ci si alza dal letto, si è più alti perché quell'acqua è andata a convergere nuovamente nel nucleo incrementando la distanza tra una vertebra e l'altra.
Quindi è possibile che la tua altezza possa essere variata anche di tre centimetri."

 "Ehi, è in gamba il mio nerd.   Visto Jack,  ti farebbe comodo averne qualcuno anche tu."

 "Stai dicendo che domani mattina, la mia altezza tornerà quella di sempre?"
"Ma certo. E' fisica!"  si infervorò il giovane nerdino.
"Dagli retta Jack.  Il mio secchione è infallibile.   Piuttosto,  pensiamo a cosa possiamo fare questa sera.  Ce la meritiamo una serata solo noi della squadra prima degli allenamenti."

 Quella sera io e il mio gruppo andammo al Marlowe. Io non diedi troppo peso alla misteriosa sparizione dei tre centimetri, tranquillizzato anche dalla spiegazione scientifica del nerd di Johnny.
Il giorno dopo sarebbe stato lunedì ed avrei incominciato gli allenamenti più seriamente. Non mi avrebbe fatto male sbronzarmi un po' quell'ultima domenica.

 "Ho dei problemi col mio nerd, ragazzi." Stava dicendo Fred.
"Io lo vedo che potenzialmente potrebbe fare molto di più.  Potrebbe ottenere risultati che gli altri nerds si sognerebbero, ma...Non so.  Non lo vedo ben motivato.   Se ne sta lì, mogio e silenzioso nella sua stanzetta a rosicchiare crackers e ridere davanti le repliche di Greys Anatomy."

"Hai provato a portargli Gina e Cloe?" chiese Dan.
"Loro sanno sempre come consolare un uomo.  Fa così: gliele butti dentro la stanza, e chiudi la porta a chiave.  Ritorna dopo mezzora, e vedrai se il tuo nerd non è arzillo e pimpante come prima".
"Sì... Come facevamo un tempo.  Può essere un'idea."

"Ehi! Guardate chi arriva."  avvertì Craig.

 Due auto s'avvicinavano minacciose al locale.
 Brad e i suoi su una cabrio rossa esponevano mazze che non lasciavano presagire nulla di buono.

 "Brad la fighetta"  epitetò John per nulla intimorito.
"Con tutti quelli che si è fatto" aggiunse, mentre altri uscivano da una Sabre dell' '86. Erano sette in tutto.
"Questo è il nostro quartiere" disse Craig.  "Che intenzioni avete."

 "Le intenzioni di spaccarti il culo"  rispose Clark,  il pivot dei Condor. Un colosso di 2 metri e 2.
Brad scese dalla macchina. 
"Bella partita Parker. Sei stato davvero bravo"
"Non male, anche tu Brad."  risposi tranquillamente, cercando di affievolire in qualche modo quel clima di tensione che s'era andato a creare.
"Sei venuto qui solo per complimentarti, o hai qualcos'altro da dirmi?" aggiunsi.
"Uhm, fammi pensare... In effetti sì, avrei qualcosa da chiederti. Volevo sapere quale delle due braccia preferiresti che ti rompessi se dovessi scegliere tra una delle due.

Duncan e Steven dei Condor incominciarono ad agitare delle mazze.
"Sono mancino lo sai"  risposi ironico.
"Ah, giusto. Dimenticavo. Allora vorrà dire che ti romperò il braccio destro, per ora. Non vorrei che le tue capacità di pivot calassero troppo. Sarebbe squallido e pietoso poi confrontarsi con te."

 Johnny, assurdamente esaltato dalla situazione, lanciò la sua birra contro la cabrio di Brad infradiciandogli tutta la carrozzeria.
A quel punto incominciai a vedere tutti i movimenti di tutti al rallentatore, tale era il rush adrenalinico che mi pervase. Avrei potuto fare la telecronaca degli eventi come si fa in una partita di basket.

 "Questo non dovevi farlo!".  Duncan la small forwar caricò John con un impeto tale da farlo schiantare sul tavolino che si trovava alle sue spalle, che cedette per il peso e la potenza dell'urto.
Steven si unì alla selvaggia carica ed incominciò ad andare giù di pugni e calci sul povero Johnny che era rimasto a terra.
Clark sferrò un pugno a Dan, che cadde a terra.
 Fred accorse in suo aiuto prendendo una sedia e spaccandola contro la schiena del colosso, mentre Craig si guardava intorno iperattivo cercando qualcuno con cui battersi. Poco dopo qualcuno gli sfracellò una bottiglia sulla testa.
James,  la shotting guard, dei Condors e altri due mi travolsero come uno tsunami. Erano tutti alti più o meno quanto me, ed altrettanto grossi.

 Nel contorcersi dei corpi non ricordo bene cosa successe. So solo che sotto l'effetto della droga, la mia reazione ebbe degli effetti a dir poco devastanti per gli  aggressori. 
Mi ritrovai in piedi con tra le mani la faccia insanguinata di James, il quale aveva perso conoscenza.  Gli altri due erano fuori combattimento: uno era finito lungo per terra dentro la vetrata di un negozio, con schegge di vetro dappertutto;  dell'altro erano appena visibili le gambe. Spuntavano, protese verso l'alto, dal sedile posteriore della cabrio.
Non mi sfuggiva neppure un piccolo particolare.  Ero iperattivo, come sotto gli effetti di dieci caffè. Ogni cosa attorno a me era rallentata.

I polmoni lavoravano di più, e potenti scariche di adrenalina acceleravano il mio battito cardiaco per dare più ossigeno ai muscoli.  Per aumentare la forza i depositi di glucosio liberarono immediatamente il prezioso nutriente nel sangue e la digestione, che consuma molte calorie, s'era fermata.  Le mie pupille s'erano dilatate, e avevo perso la visione periferica. I miei pensieri divennero rapiti ed istintivi. 

 Vidi John sbattere contro il cofano di un auto uno dei Condor, mentre l'altro che lo aveva attaccato era già svenuto.

 Focalizzai quindi lo sguardo verso gli altri amici in difficoltà. Il colosso Clark stava mazzolando il povero Fred con quello che restava di una sedia, mentre Danny gli era saltato sulle spalle cercando di abbatterlo inutilmente con ridicoli pugnetti, per poi sbilanciarsi e cadere all'indietro.
Afferrai il gigantesco pivot per il collo e gli schiantai una bottiglia di birra in testa. Arretrò di qualche passo e si riapprossimò per sferrarmi un colpo ma lo schivai e con un high kick volante stile Boyka (che sorprese anche me) gli spaccai il naso.  Clark cadde svenuto sul cofano della cabrio di Brad, ammaccandola tutta.

 Mi rivolsi verso Brad, l'ultimo rimasto in piedi.  Estrasse un coltello.
"Aaah, andiamo... Non sai mostrarmi qualcosa di più interessante di questo banale  cliché"
Con mia sorpresa incominciò a maneggiarlo tanto bene quanto poteva fare il fottuto BruceLee con un nunchaku.
"Questo non te l'aspettavi!" si scagliò a tutta velocità verso di me.

 Non importava quanto fosse abile, il mio impeto selvaggio ed i miei riflessi inauditi mi permisero di intercettargli il polso, e disarmarlo.
Il sangue mi ribolliva nelle vene, ma i miei sensi di colpa verso Brad erano più forti e mi restituirono la lucidità.  Mi limitai a catapultarlo a dieci metri di distanza con un calcio.

 I sei con cui si era presentato erano tutti ko.
"Basta, John."  gli dissi, vedendolo scatenare tutta la sua rabbia su uno di quelli ormai a terra.
John lo prese per la maglia e lo scaraventò via. 

 Brad e gli amici, pesti di sangue e lividi si trascinarono verso le loro autovetture.
"Andiamo via! Quello ha la forza di un figlio di puttana"
"Torneremo, bastardi.   Non ve la caverete così la prossima volta"
"Perché aspettare!"  gridò John.  "Se volete farci secchi trattenetevi qui un altro po', no?  Cosa vi impedisce di restare, fighette?"

"Siete e rimanete beta.  I veri maschi alpha siamo noi."  li provocò Craig che s'era appena ripreso dalla botta in testa.
" Quest'oggi avete conosciuto la furia dei Black Cats e di Jack Parker, signorine".

 Tutta quella forza, sapevo bene da dove proveniva. Sono sempre stato forte in passato, in quanto sportivo agonista. Ero un temibile bullo, niente di più.
Riuscivo a sopraffare facilmente tutti quanti con la mia superiorità fisica.

 Mai prima di quel periodo però avrei pensato di poter fare cose così assurde. Mettere fuori combattimento, con colpi alla Ken Shiro, energumeni grossi come e più di me, ed altrettanto allenati.
Mai avrei pensato di poter mantenere la lucidità mentale davanti a qualcuno che mi puntava contro il coltellone di Rambo e men che meno di riuscire a neutralizzarlo con facilità.

 "Il mio locale!  Che cosa avete fatto?"  gridò l'oste.  Ero così concentrato nel battermi con i Condor che non m'ero accorto della grande folla che aveva ormai gremito la piazza.
Tutti ragazzi conosciuti.  Avevano assistito in prima fila a quello spettacolo ed ora gridavano giubilanti a gran voce i nostri nomi. 
"Tranquillo Ben. Paghiamo noi i danni..." disse Johnny.  "...E OFFRIAMO DA BERE A TUTTI" 

 "SIIIII! VIVA I BLACKS CATS".

Oramai qualsiasi cosa facessimo, anche la più brutale, veniva accettata e celebrata da tutta la città. Tutti quanti conoscevano i Blacks Cats, eravamo diventati i beniamini del quartiere.
"Non credo che quei brutti ceffi verranno più a disturbarti, Ben." disse Fred.
"Oh, quei brutti ceffi no. Ma voi scommetto di sì"
"E scommetti bene.  Guarda quanti clienti che ti abbiamo portato"

 Anche quella notte fu nostra. Ma la mia felicità sarebbe destinata a scemare rapidamente.  Tanto più una fiamma arde, quanto più si estinguerà presto, e la mia fiamma era destinata a sparire nel più miserevole dei modi.

Ritornai a casa, ancora carico per ciò che era successo, e accesi la tv alla ricerca di un qualche bel pornazzo che potesse ispirarmi.

 -click-
"Una pioggia di asteroidi della grandezza di un palmo di una mano ha devastato le coste della Florida per oltre 120 chilometri.  Ricordiamo bene i danni devastanti del meteorite che incenerì la cittadina di Allentown l'anno scorso, potrebbe esserci un legam..."
-click-
"...andando a danneggiare gran parte delle strutture.   Sono Duecentomila i morti.  Ottocentomila i feriti gravi e altrettanti sfollati..."
-click-
"...E' come se il normale ciclo delle Perseidi abbia anticipato il suo corso di due mesi. Ben sappiamo infatti che le Perseidi attraversano la nostra orbita nei mesi di Luglio e Agosto.
E' verosimile che la meteora che precipitò sulla Terra un anno fa, fiondata sul nostro pianeta a causa della spropositata gravità di Giove, abbia come attirato verso la sua traiettoria la parte più consistente dello sciame di asteroidi che in collisione con l'atmosfera terrestre..."
-click-
"NON E' COME VOGLIONO FARCI PENSARE! SI TRATTA DEGLI ALIENI!  GLI ALIENI VI DICOoo..."
-click-
"...Phil, il signor Johnson è tua madre..."
-click-
"...Una punizione divina..."
-click-
"...Come avevano previsto i Maya..."
-click-
"...E' colpa del governo..."
-click-
"...E' colpa dei gay..."
-click-

Non riuscivo a concentrarmi per più di due minuti sullo stesso argomento. Trovavo tutto incredibilmente noioso, niente mi attirava quella notte.
Mi sentii particolarmente stanco e volevo solo dormire. 

 Ma mentre mi divincolavo nel letto, un pensiero invase la mia mente ostacolando il mio sonno. Qualcosa che volevo verificare con tale ossessiva morbosità che mi rialzai dal letto di soprassalto.

Andai a prendere il metro e mi misurai l'altezza.

 "Un metro e novanta centimetri?"    
"Che diavolo stava a significare?  Forse ero solo ubriaco. Avevo letto male.
Se solo quell'incubo si fosse interrotto lì, ora non mi troverei dove mi trovo ora!

Glossario:

Nerd   chi ha una certa predisposizione per la ricerca intellettuale, ed è al contempo tendenzialmente solitario e con una più o meno ridotta predisposizione per la socializzazione.
Mulinello olandese:  Pratica sessuale che può essere sostenuta  da tre o più individui di sesso maschile che consiste in una masturbazione simultanea  circolare che ricorda il movimento di un mulino olandese Glossario:

Nunchaku:   Un' arma tradizionale, diffusa in alcuni paesi dell' Asia orientale, costituita da due corti bastoni uniti mediante una breve catena o corda.  Bruce Lee era noto per la sua abilità con l'arma.
Glossario:

Yuri Boyka:  personaggio del film Undisputed, divenuto un idolo per i suoi calci spettacolari.
Ken Shiro:  personaggio dell'omonimo manga giapponese

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Capitolo 3
*** Il dottor Kermel ***


Mi svegliò il campanello.  Ci misi qualche minuto per riprendermi dalla sbornia del giorno prima e rialzarmi dal letto.  
-DLIN DLON-

"Un attimo"  aprii la porta.  Ci misi alcuni istanti per focalizzare la persona che avevo di fronte.
"Johnny?"
"Jack!?"
Che diavolo gli era successo. Era...Diverso.  John, lasciò cadere il pallone da basket per la sorpresa.
"Amico" disse.  "Che ti è successo? Che fine ha fatto Jack Parker?"
"Che stai dicendo?  Cosa è successo a te.  Perché sei alto quanto me."
"Sei tu che sei alto quanto me"
Ero confuso, sorpreso, spaesato  e nuovamente sbronzo.  I postumi della sbornia del giorno prima ricominciavano a farsi sentire.
"Ho la gola secca"  fu l'unica cosa che riuscii a dire. 

"Jack andiamo a misurarci." Disse lui.

 Non ricordo esattamente di aver camminato fino al giardino sul retro, dove sovente io e John ci allenavamo. Di fatto mi ritrovai lì, in piedi, davanti a quello strano nuovo John che prendeva le misure."
"Oh...Porca troia."
"Che c'è?"
"un...Un metro e...Ottantasei.   Sei alto esattamente come me"
Non capivo più niente. La testa cominciò a pulsare.
"Che cosa stai dicendo, John. Com'è possibile? M prendi per il culo?"
"E' la terza volta che controllo, Jack.  Non so che dire."

In quel momento ebbi un crollo psicologico violento ed inaspettato. Era forse superiore anche a quelli che ebbi successivamente.  Immaginatevi un giovane promettente, futura stella del basket, sempre attento e scrupoloso nella scelta dell'alimentazione e duro negli allenamenti, che con perizia misura la propria altezza una volta al giorno. Uno così preso dalla propria vita da arrivare ad iniettarsi sostanze steroidee e nuovi composti in via di sviluppo nelle vene per aumentare le proprie prestazioni fisiche.

 Figuratevi una persona così puntigliosa sulla perfezione umana e sportiva calare di botto di otto centimetri.

Ebbene...

Quello ero io, che ora rotolavo a terra tra il fango e la merda del mio giardino, a strapparmi i capelli e ad afferrare fili d'erba, gemendo e singhiozzando in preda ad una crisi isterica, come una tredicenne mestruata che scorge -positivo- sul suo primo test di gravidanza.

"Cristo!  Jack, rialzati!  Datti un contegno."
La mia risposta fu un piagnucolante gemito.  Poi vomitai.

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"Lo sapevo io che quel nerd vi stava dicendo cazzate."   diceva Fred.
"Cosa ne sanno loro di...uhm.... Cali muscolari....Prestazioni fisiche...Altezze virili...Sono solo nerds"  
Tutti guardarono l'affabulante Fred, preso in uno dei suoi monologhi privi di senso.

 "Com'è possibile che l'altezza di un uomo possa calare in questo modo.  Si tratta chiaramente di uhm...Una qualche sorta di virus.  Tipo quello che aveva il nano Pingping, avete presente?  Sono sicuro, che è la stessa cosa che sta accadendo a Jack."

 Facevamo grande difficoltà a riuscire a distinguere quando Fred fingeva di essere stupido solo per divertirsi a cogliere di sorpresa le persone,  quando fingeva perché non voleva rompersi a pensare a qualcosa di più complesso oppure quando fingeva di essere ignominiosamente stupido per non far capire che effettivamente non capiva cosa stava accadendo e che quindi in realtà era stupido.

 "Fred.  Jack non ha la malattia di Pingping." disse Danny.

Da che ero il più alto della squadra, ora mi vedevo raggiunto e superato da Craig e Fred con i loro centoottantasette e centoottantanove centimetri.
Incominciai a sentirmi enormemente a disagio davanti a loro.  Provavo una frustrazione mai provata prima, che ora si faceva spazio prepotentemente tra i miei pensieri e mi deconcentrava da tutto il resto.

 "diosanto, Jack"  Si lamentò John " Dopodomani ci sono le selezioni e tu ti stai miniaturizzando. Almeno il tocco d'oro ti è rimasto?"
"E cosa  vuoi che ne sappia!?" gridai
"Ora facciamo due tiri!"
"No, non sono in vena.  Non  sono in vena di fare niente."
"Non sei in vena?  Cosa vuol dire, non sei in vena?  Tu DEVI farlo. Non te lo sto chiedendo!  Siamo una squadra, ricordi?  E io sto in squadra assieme a te. Quindi adesso muovi quel tuo culo e prendi il pallone, capito?"

 Molte volte prima di allora io e John avevamo avuto discussioni anche più animate di questa. Tra scherzi pesanti e provocazioni finivamo sempre per lottare, come si lotta tra fratelli.  Ma mai prima di allora avevo sentito quel tono così sprezzante ed irrispettoso.  Avrebbe potuto cercare di capire come mi stavo sentendo in quel momento, ma il suo unico pensiero era rivolto a sé stesso.  Cercai di sopprimere la rabbia che stavo provando, ma non ci riuscii del tutto.

"Mi hai sentito, John. Non sono in vena ti ho detto.  Ora finiscila di fare lo stronzo."

"COSA HAI DETTO, JACK?"  si avvicinò fino ad un palmo di distanza da me.  Potevo guardarlo dritto negli occhi, dalla stessa altezza.
"Tu blocchi l'allenamento dell'intera squadra e lo stronzo sarei io?" 

 Era strano. Era come se si sentisse in potere di osare ciò che prima non si sarebbe mai sognato. Ero suo amico, certo,  ma prima di tutto ero Jack Parker.  Ed il Jack Parker di un tempo aveva un'etichetta terribile.  Tutto il mio microcosmo, tutte le mie ambizioni, i miei successi, il rispetto che gli altri nutrivano nei miei confronti ed il timore che ancora riuscivo a suscitare  erano davvero tutti attaccati allo stesso filo?  Era sul serio la mia altezza a determinare tutte le mie fortune?  La risposta la ottenni qualche tempo dopo.

Inizialmente questo ragionamento non mi aveva neppure sfiorato l'anticamera del cervello. Si parlava sempre di otto centimetri, era tanto ma non TROPPO, e comunque restavo sempre relativamente alto. Tuttavia nel mio ambiente, la differenza che questi fanno dal punto di vista intersociale, la si scorge subito.

Forse qualcuno non condividerà il mio punto di vista ma è oggettivo: l'essere umano è prima di tutto un animale. Anche se con l'avanzare della civilizzazione i suoi tratti più bestiali sono andati soppressi, nel suo dna è ancora impressa a caratteri di fuoco la dura legge della giungla. Dog eat dog, Homo homini lupus, la legge del più forte.

Mi resi conto che l'altezza di un individuo è uno dei fattori che può far variare la risposta psicologica emotiva  di un altro. La cosa non è evidente quando la differenza di altezza è appena accennata, ma diventa  palese quando si parla di molti più centimetri.  Nel mio ambiente poi,  il confine tra  rispetto e disprezzo è sottile come un filo.

 L'uomo espone la sua vera natura solo quando è minacciato, oppure quando sente la primordiale pulsione di espletare un bisogno prettamente fisico.

I più arricceranno il naso nell'udire questa affermazione, così come avrebbero arricciato il naso i ricchi nobiluomini americani e britannici che furono parte dell'equipaggio della nave Lusitania.

Nel giro di diciotto minuti la nave colò a picco. La rapidità in cui la nave affondò impedì agli occupanti qualsiasi ragionamento facendo scattare come una molla i loro istinti più bestiali.  La reazione di panico e l'istinto di sopravvivenza presero il sopravvento ed a salvarsi furono quelli che fisicamente erano i più adatti a farlo. Solo i forti.

 "Basta ragazzi. Fermatevi" Quietò Danny.
"Ehi ragazzi, guardate laggiù"  Craig cercò di distogliere l'attenzione.
"Guardate quei ragazzini che se le stanno dando.  Vedete, quello grasso? E' il bulletto della scuola. guardate com'è flaccido e ridicolo,  sembra una candela che si scioglie!"

John distolse lo sguardo per unirsi anche lui allo sbotto di derisione dei suoi compagni.

Due ragazzini tenevano fermo un terzo, mentre il bambino grasso sfogava tutta la sua rabbia sferrandogli contro lenti e goffi pugni diretti al ventre. Gli altri bambini, spettatori del fattaccio, osservavano  paralizzati il corso degli eventi.

 "Se solo avesse conosciuto noi a tredici anni,  lo avremmo fatto nero."  sospirò melanconicamente Fred  "Ricordi che bestie che eravamo? E tu Jack eri il più terribile di tutti".
"Andiamo a sbeffeggiarlo un po' dai.  Umiliamolo davanti a tutti gli altri" propose Craig. Prese una pietra da terra e la lanciò facendo parabola sul cranio del grassone,il quale tonfò a terra come un sacco di sabbia.

"Ehi, ciccione. Cosa fai impalato sulla strada. Aspetti che ti facciano secco? Sarebbe troppo bello per te!"   Tutti risero, mentre il grassone
, stridendo come un porcello, ed i suoi piccoli tirapiedi fuggivano terrorizzati a tutta velocità.

"Ehi Jack. Ma hai visto che scena?  Jack!  Dove stai correndo"

 Non ce la potevo fare. Nulla più riusciva a consolarmi.  La situazione era grave ed io stavo ora correndo verso l'unica persona che avrebbe potuto darmi delle risposte. L'uomo che aveva ideato la formula e che, sotto mia richiesta, mi aveva somministrato il siero.
-----

"Brutto stronzo!  Cosa mi hai fatto!?"  afferrai il dottor Kermel per il colletto e lo sbattei contro il suo tavolo di lavoro, mandando in frantumi alcuni alambicchi.

"Kalma, kalma zignor KRAPper. Mi ezponga zuo proplema, ja?"
"Si dice -Parker-! E Il suo siero del cazzo mi sta rendendo più basso GIORNO DOPO GIORNO"
"Mio siero?"
"La DreamofGod, non ricorda?  Quella droga sperimentale SICURA AL 100%  per cui lei stava cercando cavie umane. Mi aveva garantito che non ci sarebbero stati effetti collaterali. Mi aveva detto che lei è un dottore qualificato e professionale.  Io le faccio causa!"

 "Aspetti zignor Parker. Non è possibile.
Ho somministrato la DreamofGod a più di cento cafie, e nessuno ha mai presentato problemi di alcun genere.   Ho somministrato sostanza ad aitanti giofani e sportifi  e i risultati sono stati come da programma: un temporaneo aumento del metabolismo, aumento di libido, rinfigorimento fisico.

Inzomma niente ti più di quello che potrebbe fare normale sostanza anabolizzante, ja.

 Il siero non zi distingue assolutamente dalle altre sostanze negli effetti. ANZI,  è anche più leggero degli steroidi, e non prefete alcun tipo di stress neuro-fisico da parte dell'organismo come invece può accadere per steroidi.

 Il vantaggio assoluto della DreamofGod sta nel fatto che sua assimilazione non può essere in alcun modo rilevata dai controlli doping. E' invisipile.

Infatti il siero non agisce per via muscolare, andando a rifocillare  tessuti di proteine, vitamine, creatina o quanto altro, ma coinfolge direttamente  cervello.

La sostanza pone le sinapsi in uno stato di eccitazione e induce l'encefalo a mettere spontaneamente in moto il perfetto ordigno che è il corpo umano, spingendolo ad utilizzare sostanze già comunemente presenti nell'organismo in maniera PIU EFFICENTE, ja. Sintetizzare ATP, bruciare grassi, usare zuccheri, sollecitare gonadi,  in modo non eccessivo e del tutto naturale.

Non fiene immessa alcuna sostanza extra nell'organismo che potrebbe risultare estranea, per questo motifo non può subentrare effetto collaterale.
Zignor Parker, quante folte ha fatto uso di stimolante?"

 "Quattro...Cinque volte ad intervalli di giorni.  L'ultima volta è stato due giorni fa."

 "L'effetto della sostanza dura due ore al massimo. Non è possibile che sia ancora in corso."
"Sì invece!  Sta ancora facendo effetto.  La sento formicolarmi dentro.  Mi tiene sveglio la notte. Delle volte, sento come degli sbalzi ormonali...E poi perché diavolo sono sceso di altezza!? Cosa devo  aspettarmi, dottor Kermel?"

 "E' incretibile.  Forse è zolo spossato. Sarà sicuramente un effetto nocebo che le fa cretere..."
"Dottor Kermel, sono sceso di otto centimetri in due fottute settimane.  Adesso lei, o risolve i miei problemi o giuro che io l'ammazzo.  E poi le faccio causa."

 "Troferò zoluzione a zuo proplema, ma si calmi, zignor Parker.
Ho bisogno che adesso resti qui.  Devo prelevare alcuni campioni di sostanze e farle alcune analisi... Diverse analisi...Parecchie analisi. 
Si distenda sul lettino, ja?"

Glossario:

Pingping:  Entrò nel guinnes dei primati come uomo più basso del mondo con i suoi 74 centimetri, fino al 2010, anno della sua morte.
Atp:  Adenosin trifosfato  è il composto ad alta energia richiesto dalla stragrande maggioranza delle reazioni metaboliche. .
.KRAPper: gioco di parole con il cognome Parker. Krap in inglese vuol dire merda

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Capitolo 4
*** La crisi ***


I risultati delle analisi fecero sobbalzare dalla sedia il dottor Kermel, che si convinse della veridicità dei miei sintomi.  Mi disse che i campioni prelevati avrebbero richiesto uno studio più che approfondito  e che sarei dovuto tornare da lui tra quattordici giorni.
"Due settimane?  IO VOGLIO RISPOSTE, E LE VOGLIO ADESSO!"
"Sia paziente zignor Parker. Come posso fornirle risposte?  Le assicuro che una settimana è già un tempo ristretto. Le prometto che lavorerò sodo solo sul suo caso. Anche di notte se necessario."

 Erano già passati due giorni ed io non osavo misurarmi. Le due giornate furono scandite dai rintocchi dello snervante bussare di Johnny sulla mia porta di casa, e le telefonate continue della mia ragazza.  Non la diedi vinta a nessuno dei due. Me ne restai abbarbicato sul divano a guardare le repliche di vecchie telenovele e sgranocchiare patatine scadute da chissà quanto.

Nulla e nessuno mi avrebbero smosso.  Alternavo periodi di profonda depressione e grave crisi, a momenti di incredibile sbalzo ormonale, in cui cercavo in ogni modo di fermare quel sovrannaturale rimpicciolimento.
Provavo a fare esercizi di stretching, facevo piegamenti sulle braccia, trazioni sulla sbarra, arrivai a pensare addirittura che fosse il sonno a farmi quell'effetto. Rimasi sveglio per più di 48 ore, alleviando le mie veglie con lunghi caffè concentrati. Non cambiò nulla.
La decrescita continuava ineluttabilmente a gravare su di me.

Avevo paura di misurarmi. Quasi terrore.  E pensare che fino a poco tempo prima, da quando avevo solo tredici anni, mi misuravo anche due volte al giorno, tanto ero appassionato. E di mese in mese mi vedevo crescere.  Ora di giorno in giorno, stavo subendo l'effetto contrario.
Me ne rendevo conto anche senza prendere le misure. Bastava guardare a che altezza mi arrivava il pomello della porta di casa per rendermene conto. Ogni giorno, quel fottuto pomello era sempre più alto!

 Un giorno, sopraffatto da un furore cieco, incominciai a tirare pugni su ogni cosa mi capitasse a tiro: sul muro sugli specchi, sui quadri. Afferrai una lampada e la scaraventai contro una parete, rivoltai un tavolo, ribaltai la televisione.
"Sei contenta adesso, eh? Brutta puttana!"
 Con un pugno spaccai il vetro dello sportello dei medicinali e la presi.  La mia mano, grondante di sangue scuro, stringeva ora tra le dita quel diabolico elisir  che aveva trasformato un sogno soave in un terribile incubo.

Scagliai il flacone di DreamofGod contro il muro.  Il liquido si disperse schizzando dappertutto. Avrei pensato di sentirmi meglio dopo, ma non fu così. Mi sentivo solo incredibilmente stupido.

 Dovevo sopprimere quel coctail di furore, umiliazione, ansia e sconforto che mi bruciava dentro, così decisi di fare una cosa ancora più stupida, e raggiungere la DreamofGod schiantandomi di testa su quello stesso muro. Persi conoscenza.
Non so neppure io quali fossero le mie intenzioni. Forse avrei sperato di non risvegliarmi più. Era strano, sono sempre stato un amante della vita, o meglio, della MIA vita.  Eppure furono una manciata di centimetri a rendermi un suicida represso.  Avevo tutto e non avevo niente.  Fu in quel preciso istante che me ne capacitai.

 "pffffff...Fujarah...pfffffff...Khor Fakkam....Manama...pffffff....andate distrutte...Panico...pfffff...Milioni di morti...pffffff...Diocisalvi!"

 Per mia sfortuna, mi risvegliai il giorno dopo.  La televisione s'era salvata all'urto, anche se non del tutto. Furono i suoi gracchi sconnessi a darmi la sveglia, negandomi il mio ardente desiderio di morte.
Quello era il grande giorno.  Le prove di selezione per entrare nella squadra di Khalim Muhared sarebbero state esattamente 

"...Dieci minuti fa..."
Avevo scavato così in profondità nel pantano dello squallore che ormai la notizia non mi tangeva minimamente. Una parte di me tuttavia mi sussurrava di prendere al volo quella chance.  Mandare all'aria una simile occasione mi avrebbe turbato psicologicamente per tutta la vita più di qualsiasi altra cosa, molto più di quanto avrebbe fatto un fallimento.
Raccolsi gli stracci sudati che avevo usato l'ultima volta per allenarmi e uscii di casa.

 "Ma avete visto?" "E' davvero lui?"  "Cosa gli sarà successo?"  "E' assurdo!" "Jack Parker? Questo manlet qui?" "Non posso crederci."  "Dicevano fosse alto due metri"

 Quello sprezzante vociare era divenuto il perfetto sottofondo di quella che si prospettava essere la mia vita. Gente della mia città, gente di altre città, gente che non avevo mai visto e gente che avevo veduto solo qualche giorno prima; erano tutti lì con gli occhi puntati sui colossali esordienti e su di me, il più piccolo del gruppo.

Khalim era lì, a troneggiare assieme ad un altra mezza dozzina di uomini in giacca e cravatta, tra cui il tizio calvo con cui avevo parlato prima ed il mio allenatore.
Inutile dire che a entrambi era caduta la mascella dallo stupore. Eppure mi sentivo incredibilmente spudorato, non temevo di essere giudicato dagli altri dal momento che ero sopravvissuto allo spietato giudizio di me medesimo, la sera prima.  Il dubitare della folla aveva poca importanza. 
Nulla aveva più importanza ormai, visto che avevo perso il rispetto che nutrivo per me stesso.

 Intanto i colossali esordienti davano prova di loro davanti alla giuria e a due folte ali di pubblico. Erano lenti, goffi e piuttosto prevedibili ai miei occhi. Non erano assolutamente all'altezza di entrare a far parte di una lega del basket così prestigiosa, almeno così pensavo io.
Eppure sia la folla che la giuria sembrava essere ammaliata dalle prodezze atletiche, che io avrei definito ridicole, di alcuni di loro.
Quando giunse il mio turno, i dirigenti della compagnia mi guardavano come se fossi un alieno. I loro sguardi sdegnosi ed arroganti sembravano quasi volermi incolpare di un crimine di cui non mi ero mai macchiato, ma di cui ero forse colpevole: quello di essere assolutamente al di sotto delle loro aspettative.

"E tu chi saresti? Saresti venuto per le prove?"  chiese Muhared, e intanto più di uno nel pubblico sogghignò.
"Il mio nome è Jack Parker"
"Parker?  Mi prendi in giro?"  Khalim gettò un' occhiataccia glaciale verso l'uomo calvo di cui non mi sono preso la briga di segnarmi il nome,
"Mi avevi detto che era un giovane prestante, sopra i sei piedi e due."
L'uomo scrollò le spalle
"Ma sì...Lui...era...lui..."
"Ho capito, ho capito. Questo è quello che mi merito per essermi circondato di insulsi incompetenti yesman.  Questo qui raggiunge a mala pena i sei piedi"
Muhared si voltò verso di me con occhi ancor più gelidi e continuò

"Tu sai, sapevi, che noi della EAB abbiamo degli standard minimi di preselezione ai quali i nostri giocatori devono rispondere per potervi  far parte.  Per quale motivo dunque ti sei presentato qui?"
"Signore" lo interruppe il tipo pelato  "Ma forse...Non vorrebbe vederlo prima giocare? Io le garantisco che è un autentico fenomeno e..."
"Per  favore signor Hankings, lei ha già fatto abbastanza per oggi. Si degni solo di tacere, adesso."
Continuò a parlare, sembrava provasse piacere nell'udire il suono della sua voce.

"La società che ho creato mira alla coronazione di determinati obiettivi, uno di questi è mantenere la superiorità fisica ed atletica in campo, e questo implica soprattutto una certa prestanza fisica ed un' altezza di, come minimo,  sei piedi e tre pollici.  Bene, ora che ti ho chiarito la faccenda puoi andare,  non ho alcun interesse ad assistere alla tua esibizione né tantomeno valutarti come possibile ShootGuard come mi aveva proposto il mio assistente, qui presente.  Mi scuso se possa averti illuso in qualche modo, ma la situazione è questa e, anche se tu fossi il nuovo Muggsy Bogues, non sono interessato. Puoi andare, prego"
Ero rimasto a fissare quel grasso, sgradevole individuo senza udire una sola parola di ciò che avesse realmente detto.
"Sono migliore di tutti questi buffoni messi assieme." Gridai.
Il silenzio che era calato sulla sala ora era rotto dalle grida di disapprovazione degli amici e parenti di quei buffoni.

"FUORI! FUORI!" gridava Muhared assieme a quella folla che ora sembrava quasi essersi coesa e dimenticata chi io fossi.  Gente che meno di un mese prima gridava a squarciagola il mio nome con gaudio e giubilo, adesso gridava il mio nome con odio e disprezzo. Uscii dalla sala accompagnato dai fischi e dagli improperi.
Così il treno del successo sarebbe partito senza di me, ma era davvero quello il treno del successo?
"Mi interessava davvero entrare in quella squadra ridicola?" dissi tra me e me.

Stranamente avevo perso ogni interesse a prestarmi a quella pagliacciata e non mi curavo minimamente di tutta la loro disapprovazione.  Se erano quegli imbranati che la gente voleva, ebbene, io non mi sarei certo messo in mezzo. Non avrei provato che disagio ed imbarazzo ad essere accostato a dei tipi come loro. Era un bene che non avesse voluto vedermi, nessuno di quelli era al mio livello.

 "Jack!"
Fred, Craig e Dan mi correvano dietro.
"Ma...ma sei impazzito?  Cosa t'è preso?  Perché hai insultati tutti in questo modo?.  Quello era il presidente della EAB, un'associazione con una grande influenza anche sull'NBA."
"Ho detto quello che penso!"  dissi. "E se il livello medio è quello dovreste lasciar perdere anche voi!"
"Ma...ma che dici, erano dei fenomeni."
"Fenomeni? mi prendi in giro?"
"Che ti prende, Jack?  Sei strano" disse Dan  "Non rispondi più al telefono, e anche Jane è preoccupata."
"Che mi prende?! Che mi prende?  Guardami stupido idiota.  QUESTO mi prende! Sto soffrendo di un-un... nanismo regressivo, e voi invece di aiutarmi continuate i vostri stupidi allenamenti ed a parlarmi di voi stessi"
"Noi..."
"Lasciatelo andare"  disse una voce dietro di loro. John.
"Ormai è chiaro.  Vuole chiudere con noi. E per come si è comportato questo periodo sarebbe quello che merita.  Jack, hai mancato di rispetto a tutti noi ed al nostro allenatore. Dovresti scusarti."

"Ah è così che la pensi eh?"
Mi avvicinai a quello che un tempo era un amico sincero, un compagno inseparabile, un vero fratello.  La differenza di altezza che sussisteva tra me e lui era rimasta, ma questa volta ero io a guardarlo dal basso.
"Quando avrò risolto il mio problema, mi ricorderò di questo, John."
"SE risolverai il tuo problema" disse con espressione sarcastica e ghignante. Oltre a non aver adempito ad i doveri di migliore amico, mi prendeva anche in giro.

"Sei un bastardo!"  mi basto spintonarlo con una mano per farlo finire col culo per terra.
Almeno la mia forza era rimasta invariata.
Gli altri del gruppo cercarono di ragionare, ma mi liberai velocemente della loro amichevole, ipocrita stretta.  "Voi fate pure ciò che credete...Io ho chiuso." dissi.
"Ma sì, scappa con la coda fra le gambe!  Vattene via, e non farti rivedere!" strillava e sbraitava John alle mie spalle.

 Aprii la porta di casa e sprofondai esausto sulla poltrona.  La rabbia mi teneva sveglio, e mi faceva venire terribili emicranie. Incominciai a condannare tutto e tutti senza farmi esami di coscienza come fossi un giudice al di là di ogni giurisdizione. 

"John, è uno stronzo!  E anche tutti gli altri!  Mi apprezzavano solo per il mio talento.   Ho visto come la gente che poco prima mi idolatrava, ha iniziato ad insultarmi e fischiarmi. Per chi poi? Quei quattro spilungoni che sarebbero capaci di sbagliare persino un tiro libero.

Non sono alla mia altezza!  Nessuno è alla mia altezza!"

La rabbia che provavo lentamente evaporò, e senza neppure rendermene conto, un ghigno idiota s'era stampato sul mio volto. Emisi un gemito sordo che sarebbe dovuto essere una risata.

"nessuno...è...alla mia altezza"  incominciai a ridere pervaso da una follia senza nome , poi scoppiai in una fragorosa risata.  "NESSUNO E' ALLA MIA ALTEZZA!"  La stanza intorno a me girava, assieme a tutta la mobilia, mentre, senza neppure ricordarmi di essemi alzato in piedi, incominciai a roteare su me stesso assieme ad essa sghignazzando a squarciagola.

E mentre distruggevo ciò che era rimasto integro lì dentro, questa volta guidato da lucida follia e non più dalla rabbia, udii qualcuno bussare alla mia porta.
Ci misi qualche minuto per tornare in me. "E' John" pensai  "E' venuto qui per chiedermi scusa".
Aprii la porta e vidi Jane.

"Oh, sei solo tu"
Lei mi guardò con uno stupore tale che probabilmente si sarebbe aspettata che mi uscisse un cucù dalla fronte.

"Solo...io?"  ripeté.
"Entra"  le dissi,  camminando tra i frammenti di vasi distrutti e lampade in frantumi.
Trovò una sedia su cui sedersi ed incominciammo a parlare.  Non ricordo bene cosa mi disse, né voglio prendermi la briga di sforzarmi e ricordare.

Passò del tempo, che a me parve un'eternità, in cui parlava quasi sempre e solo lei. Quella mia ultima scenata da pazzo mi si ritorse contro e servì solo a darle un'altra giustificazione per lasciarmi... per tradirmi.
Già, come se non lo avesse già in programma nel momento in cui persi l'occasione della mia vita.
Quella puttana era interessata al mio denaro, al mio successo, non a me.

La presi con filosofia.  Restai  in spartano silenzio a fissare un punto fisso davanti a me anche molto tempo dopo che Jane lasciò la stanza e la casa.
Oramai anche la fase della disperazione era passata.  Ora ero giunto alla fase dell'accettazione. Mi sentii più saggio, più reattivo, più sveglio di quanto mai fui stato prima d'allora. 
Prima ero cieco, ora vedevo.
Sotto la doccia notai che il mio fisico era divenuto più tonico e definito che mai, ma ormai che senso aveva?
La mia felicità si fondava su delle false illusioni. Si radicava sulla mia ingenuità. Sul raggiungimento del mero piacere fisico e il più superficiale appagamento mentale.  Sì, perché se davvero il mio scopo era essere amato e stimato da tutti per quale motivo avevo fatto in modo che la gente amasse l'etichetta che avevo dato di me?

Avevo dato loro modo di amare un mio Uno dei centomila volti che in realtà sapevo di possedere.  Un Uno che ora stava morendo, e d'ora di me non era rimasto che un nessuno.
Loro amavano una maschera che non mi rappresentava, e maledetto me che non me ne sono mai reso conto.  Il risultato di quella scoperta mi arrecò più sofferenza di quanta avrei potuta provarne se avessi incominciato a ragionare in quel modo tempo prima.
Ma ora BASTA.  Ero stufo delle illusioni, stufo degli inganni.  Perché mentire a me stesso? Perché vivere così?

 Il Jack di un tempo avrebbe voluto vivere nella sua  lieta ignoranza e non avrebbe voluto apprendere nulla che in qualche modo avesse potuto opprimerlo.  Avrebbe avuto paura di misurare la propria altezza ancora una volta.  Ma questa paura mi avrebbe forse aiutato a vincere il mio problema?
Mi feci coraggio e mi misurai.

"Uno e settantanove" Mantenni la calma, grazie al  mio rinnovato senso di responsabilità e di ironia, ma questo non servì a frenare il mio stupore.

"Allucinante.  Sto perdendo diversi centimetri ogni giorno... Spero che il dottor Kermel abbia trovato una soluzione.  Manca ancora una settimana e poi potrò passare da lui. Inutile farmi prendere dal panico e recarmi da lui prima.
Ma se non mi da delle risposte soddisfacenti sono pronto ad ucciderlo, quel maledetto...Prima di suicidarmi"

 Passò un altro giorno. Presi un pò di coraggio e mi misurai nuovamente. Un metro e 76 centimetri.  Rimasi per circa trenta minuti nella stessa posizione a contemplare la shoccante misurazione. Poi incominciai a fare prove su prove per verificare se avevo realmente perso tre centimetri in una notte. Mi ritornò in mente la tesi del nerd di John;  ieri sera misuravo tre centimetri più di questa mattina,  se davvero la mattina si è più alti che di sera allora io ne avevo persi ben più di tre.

Incominciai a studiare morbosamente il mio corpo per vedere cosa non andasse e dove avevo perso i centimetri, se avevo le gambe più corte, o il collo, o il busto. Nulla.  Mi trovavo sempre uguale,  ben proporzionato e, paradossalmente, più in forma che mai.  Insomma, se non vedessi il mondo attorno a me ingigantirsi, non avrei mai neppure detto di essermi rimpicciolito. Ma purtroppo è tutto relativo, e quel relativo che era accessibile al vecchio me, stava diventando decisamente troppo irraggiungibile per il nuovo.

Incominciavo addirittura  a sospettare che fossi stato maledetto, che quello fosse stato il risultato  di un anatema lanciatomi contro da una qualche zingara a cui non avevo dato i miei spiccioli.

Poi la razionalità prese il sopravvento.  

"No... Questi sono gli effetti di quella droga, ed ora mi ritrovo a raccogliere quel che ho seminato..."

Glossario:

Manlets:  è la denominazione che danno i giovani americani per sbeffeggiare gli  uomini che non superano i 6 piedi d'altezza  (6 piedi= 180 centimetri)  detta anche Sindrome di Napoleone.  Letteralmente racchiude i termini Man (uomo) e Less (meno).
Muggsy Bogues: con i suoi 158 centimetri fu il più basso giocatore nella storia dell'Nba
EAB:  EmiratiArabi Bastetball

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Capitolo 5
*** Vendetta ***


La notte del 23 Febbraio la città di Dubai è stata rasa al suolo.  La città e l'intera regione sono state distrutte in pochi minuti Nessuno riesce a spiegare la causa di una simile distruzione.
Cataclisma naturale? alieni?  Non  è rimasto in vita nessuno che possa testimoniarlo. Nessuno è riuscito a riprendere niente, tanto è stata repentina l'esplosione.
E' esclusa l'ipotesi dell'attacco nucleare. Gli specialisti non hanno trovato materiali fissili o radioattivi nella zona. La fonte dell'emissione di tale energia è sconosciuta.
Il cratere del diametro di venticinque chilometri denuncia una deflagrazione  il cui centro sarebbe dovuto trovarsi approssimativamente nei pressi del Burj Dubai, l'ex grattacielo più alto del mondo, di cui ormai non rimane che cenere.
Ogni edificio  è stato spazzato via dalla potentissima onda d'urto, nel raggio di cento chilometri, e la gente è stata incenerita in tutta l'area.
Più di quindici milioni di morti. Nessun sopravvissuto.  Tutti quelli che hanno assistito alla catastrofe sono stati annientati. Gli abitanti delle città circostanti hanno visto un'intensissima luce abbagliante che ha reso giorno la notte.
 I satelliti continuano ad avere strane interferenze radio, e non hanno ripreso nulla.
E intanto il mondo è impazzito.  In diverse metropoli ci sono stati episodi di panico collettivo. Le autorità cercano di ristabilire l'ordine ma inutilmente.   

 E mentre le catastrofi colpivano il mondo intero, davanti a tutta questa distruzione, quanto poteva significare la mia insulsa esistenza? Quanto potevano essere grandi i miei problemi?
Enormi. 
Più giganteschi di quanto concezione umana potesse immaginare...

 Vivevo la mia nuova vita contenendo spiacevoli sorprese ad ogni misurazione.
I giorni passavano e tutte le volte che mi svegliavo l'incubo continuava, sempre più diabolico, sempre più tormentoso.
Mi misuravo di mattina, di pomeriggio, di sera. Notai che la mia miniaturizzazione  aveva accelerato il suo corso.  Se prima perdevo due o tre centimetri al giorno,  adesso bastavano addirittura poche ore,  cinque per la precisione.  Così che ogni barlume di speranza di poter ripristinare la mia vita si frantumava in pezzi sempre più piccoli.
Era Giovedì, e il cielo era coperto da densi nembi, neri quanto il mio umore.   Nel giro di diciotto ore da quando mi misurai, a mezzanotte, ero sceso di dieci centimetri, arrivando a misurare un metro e sessantacinque.

"Assurdo! Non misuravo così, dalla terza media".

 Eppure qualcosa dentro di me mi forzava a mantenere la calma. Sapevo che tutto sarebbe tornato come prima, meglio di prima.  Sapevo che, come sempre, Jack Parker l'avrebbe avuta vinta.
Facendo un paio di calcoli mi rendevo conto che il rapporto altezza-peso era rimasto intaccato. Se all'origine di tutto quel casino pesavo 90 chili ed ero alto 194 centimetri, adesso ne pesavo 65.   La formula del peso-forma non aveva avuto alterazioni nel risultato, nonostante tutte le schifezze che ingurgitavo. 
Se non fosse stato per questo preoccupante rimpicciolimento, sarei stato più in forma che mai.
Il mio fisico era divenuto realmente quello di un semidio greco, senza imperfezioni o deformazioni, o gonfiori muscolari.  Quello che adesso era il mio corpo sembrava il frutto di costanti cicli di steroidi, nonostante conducessi uno stile di vita totalmente privo di limiti.  Il sogno di ogni americano.

 Uscii di casa.  Il maledetto pomello della porta ora mi arrivava al petto. Ormai erano giorni che non avevo contatti umani; Jane, John e tutti gli altri non si erano più fatti sentire e le rare volte in cui uscivo mi tenevo ben lontano dalla gente per evitare di essere riconosciuto.
Fortunatamente nessuno riusciva a riconoscermi.  Tenendomi a debita distanza nessuno avrebbe potuto dire che quell'ometto fosse Jack Parker.
Ormai anche la gente comune mi superava in altezza. Contavo per strada quelli ancora più bassi: perlopiù donne, vecchi o ragazzini.   Avevo rivelato la mia vera natura: un frustrato nevrotico, ossessionato da sè stesso.

"Quindi è questo quello che sono realmente? Una mente debole, incapace di vivere senza un corpo forte? Forse è un bene che questa disgrazia mi abbia fatto rendere conto di questo..." 

 Il vero me, era dunque il corpo?  Non potevo, non dovevo crederci.  Jack Parker è più di un materiale involucro.

"Ehi, ma sei davvero tu?"
Una voce familiare interruppe i miei pensieri.
"Ma allora le voci erano vere.  Ti sei davvero trasformato in un manlet!"
Brad ed amici erano scesi dalla cabrio rimessa a nuovo dopo i danni ricevuti durante l'ultimo scontro.
Ci mancava solo questa. Nel mio attuale, confuso, instabile stato d'animo, l'improvvisa apparizione di Brad non mi sarebbe stata affatto salutare.
Dall'alto del suo metro e ottanta risicato mi squadrava serio, ritrovandosi per la prima volta nella sua vita a dover abbassare lo sguardo per potermi guardare negli occhi.  Scoppiò in una grassa risata.  

 "Ma guardatelo, ragazzi.  Jack Parker. Ci credereste? Questo nano ridicolo"

I due tizi che s'era portato dietro sghignazzarono con lui.
Io mi mantenei nella mia totale imperscrutabilità, cercando di capire dove volessero andare a parare.

"Sai una cosa Parker.  Ammetto che ho sempre sognato di poterti giudicare dall'alto, come tu hai fatto con me per tutta una vita.  Sognavo di vederti strisciare ed implorare in lacrime il mio perdono, ma non mi sarei mai aspettato che una tale situazione divenisse realtà"
"Mi vedi strisciare?"
Brad mi girava attorno come uno squalo fa con la sua preda.

"...E nel seguito del mio sogno, io ignoravo le tue preghiere e ti pestavo a sangue.  Ma ormai devo dire che ho ricevuto il mio contentino, ho avuto la mia vendetta.
Insomma, l'occasione della tua vita, quella di entrare nel mondo del basket giovanile è andata in fumo. Sei alto quanto mia nonna.  L'intera città ora ti ride dietro, assieme a tutta la tua vecchia squadra di basket ovviamente,  tutti i tuoi amici ti hanno voltato le spalle,  la tua ragazza se la fa con il tuo migliore amico e...Dulcis in fundo, renderò la tua vita un inferno."

Continuò a sghignazzare fino a strozzarsi.
"Io-io non avrei mai creduto che tutte le maledizioni che t'avevo lanciato, alla fine s'avverassero. Non avrei mai creduto che questo giorno potesse arrivare, e invece..."  si soffocò nella sua stessa risata .

 Normalmente avrei ignorato la provocazione che Brad mi stava lanciando, ma questa volta accusai duramente il suo attacco psicologico. 

 "Cosa!?  Qual è stata l'ultima cosa che hai detto?"
"Non avrei mai creduto che questo giorno potesse arrivare!"
"No, no  L'ALTRA!"
"...che le maledizioni che t'avevo lanciato, alla fine s'avverassero"
A quel punto persi la pazienza, lo presi per la maglia.
"No, no!  COSA HAI DETTO PRIMA!? Con chi se la fa Jane?"

 "la-la tua ragazza se la fa con il tuo migliore amico...? Aspetta, non mi dire che non lo sapevi?" 
Scoppiò nuovamente a ridere fino a farsi lacrimare gli occhi
"Questo-QUESTO COGLIONE NON NE SAPEVA NIENTE!" 

Questa volta la situazione incominciava ad irritarmi sul serio.  Presi Brad per il collo e con tutta la forza che avevo lo schiantai sul cofano della sua Cabrio appena rimessa a nuovo.
Mi sentivo così forte che sapevo che se avessi voluto avrei potuto ucciderlo con quella stessa mano con cui gli tenevo la gola.
"PARLA!"

Da un cazzone come Brad, mi sarei aspettato una reazione più decisa. Invece incominciò a tremare come una foglia.  Evidentemente con quel gesto, avevo risvegliato in lui quel terrore primordiale che gli ho sempre suscitato sin da quando ci conoscemmo.
"Jane è la ragazza di John, adesso" disse in un soffio.  
"A quanto dicono i tuoi amici. I due...si vedevano già da mesi. Erano amanti.  Solo adesso che sei uscito dalla circolazione, si sono messi insieme ufficialmente"

 Improvvisamente, mi resi conto di quanto fosse precaria la mia vita. Tutto si reggeva sul filo della mia popolarità. Tolta quella, il castello di carte della mia vita andava in pezzi.
Dire addio a Jane ed a John non mi dava più grossi problemi,  e neppure che quei due stronzi facessero coppia. Ma quello che proprio non riuscivo a tollerare era sapere che per tutto quel tempo, durante tutti quei bei momenti passati con entrambi, rappresentavo solo l'oggetto delle loro derisioni , ed un mezzo per un fine.  Questo mi faceva infuriare oltre ogni limite,  mi rendeva folle di rabbia.



Forse non fu un caso che la mia altezza ora, fosse la stessa di quando avevo tredici anni. L'età in cui Jack Parker aveva fama di terribile: il flagello di ogni quartiere, il bullo dei bulli.

 Caso o non caso, la follia lucida del Jack Parker tredicenne s'era infusa nei miei occhi e nei miei pensieri.  Ora sentivo il bisogno di sfogare tutto l'odio che avevo accumulato in sei anni.
Esorcizzare un'ultima volta tutta quell rabbia soppressa in un' esplosione, ben peggiore di quella a Dubai.
In quel momento due degli amici di Brad fecero l'errore di fiondarsi su di me.   
Se quella era davvero la mia forza, se quelli erano i miei riflessi, se quella era la mia velocità, l'aver perso 30 centimetri non mi dispiaceva poi più di tanto.
Mi bastò un niente per schivare i loro movimenti, lenti e goffi ai miei occhi.  Con un paio di colpi ben assestati li feci  rotolare a terra doloranti. 
Mi rivolsi nuovamente verso Brad.

"Sono anni che mi rompi i coglioni per qualcosa per cui mi sono scusato in tutti i modi che conoscevo.  Anni che non reagisco alle tue provocazioni e le tue ridicole vendette.  Anni che provi a risvegliare la BESTIA che con tanta fatica ho soppresso per onorare la memoria del mio vecchio coach.  Adesso sei riuscito a risvegliarla, CONTENTO?!"
Brad pareva paralizzato dalla paura,  evidentemente aveva rivisto nei miei occhi il suo peggiore incubo. 
"Ti dispiace se la prendo in prestito?" dissi indicando la sua macchina.
Emise un gemito strozzato.
 "Sì vero?  Allora dovrò portarti assieme a me"
Lo trascinai con forza dentro quello stretto portabagagli cercando di farcelo entrare. 
Poi montai sulla macchina, mettendola in moto grazie alle chiavi che aveva lasciato sul cruscotto. Accesi la radio a massimo volume e  partii a tutta velocità.
Non so quale scheggia mi saltò nel cervello, ma quando vidi la casa di John in fondo alla strada incominciai a dare di gas e poggiare tutto il peso sull'acceleratore gridando come un pazzo.
"MALEDETTI!  AVETE SVEGLIATO LA BESTIA!"

 Ci fu uno schianto tremendo, e io per qualche attimo quasi non mi resi conto di cosa fosse accaduto.
Con la macchina ora mi trovavo nel bel mezzo del salotto di Johnny, tra le macerie del muro finito in pezzi.   Sorprendentemente c'erano tutti:  la coppietta di stronzi, e gli amici traditori.  Erano seduti su un divano, e per terra a passarsi degli spinelli.
"Ma...ma che cazz...ma che cazzo"  John si esprimeva in monosillabi  e gli altri sembravano paralizzati dalla paura e dalla sorpresa.

Non sapevano neppure loro se sorprendersi perché Jack Parker era diventato un nano, o perché aveva distrutto un muro con un auto rischiando di ucciderli tutti.

"Come mai non sono stato invitato a questo ameno raduno?"  dissi.
Ci fu un lungo silenzio, in cui gli astanti cercavano il modo più consono per reagire alla situazione.
Ad avere l'iniziativa fu il solito Danny, il quale cercò di raggirarmi a modo suo. Ormai conoscevo i suoi modi.
Dan si alzò tremante,  "J-Jack, stai calmo, stavamo giusto per..."   una gomitata diretta allo stomaco lo azzittì una volta per tutte.

"Danny, Danny, Danny!  Tu hai sempre preso la situazione in mano, cercando di risolvere tutto con le parole, anche quando queste non erano sufficienti. Hai sempre provato a quietarci quando qualcuno di noi aveva un problema con qualcun altro, e ti ho sempre ammirato per questo.  E allora perché cerchi inutilmente di risolvere questa situazione, quando avresti potuto farlo mesi fa,  quando scopristi per la prima volta che la mia ragazza montava questo stronzo. Eh? Che aspettavi a dirmelo?!"
Danny, non rispose. Il colpo che gli avevo inferto era così forte che cadde a terra svenuto.
"J-Jack, noi...Non sa-sapevamo n-nulla di questi due.  Altrimenti te lo avremmo de-detto"
Si intromise Craig, balbettando e gesticolando.  Stava chiaramente mentendo,  lo conoscevo da anni e ormai avevo imparato a capire quando mentiva.

 "...Ed ecco la vera natura di una persona uscire solo nei momenti di crisi.  Craig, tu saresti in grado di vendere anche tua madre se ti sentissi minacciato"
"Ma-ma è vero Jack, te lo giur..."   gli mollai un pugno in piena volto che poteva essere paragonato ad un mig.   Vidi per un decimo di secondo  il rallenty del volto di Craig comprimersi da una parte e dilatarsi dall'altra,  per poi essere scaraventato a tre metri di distanza.

 Tutte le mie fortune erano cadute, ma forse il timore che riuscivo ad incutere non era stato intaccato. Evidentemente la gente ricordava ancora cosa ero in grado di fare. Le mie dimensioni non facevano molta differenza, me lo confermavano ora gli occhi terrorizzati di tutti i presenti.

 "Ora basta, Jack" disse Fred  "Io chiamo la polizia"  si alzò e cercò il telefono  tra le macerie del muro, lo raccolse e incominciò a comporre il numero.
"Che...che stai facendo?" Chiese John perplesso.
"Ho finito i soldi al cellulare. Ti dispiace se uso il tuo?"
"Imbecille!  l'intera fiancata di muro è distrutta, a cosa pensi sia attaccato quel cordless?".
Nel momento in cui Fred si capacitò della sua stessa ignoranza, lo colpii così forte da far perdere i sensi anche a lui.

"Ora, siamo rimasti solo io e te, John".  Jane mi afferrò un braccio cercando di persuadermi,  "Jack, ti prego, non...non farlo...Non hai pensato alla-alla tua vita? Ti arresteranno."
"Oh e immagino che la cosa ti stia oltremodo a cuore, non è vero?"  con un movimento brusco la levai di mezzo facendola cadere.

John mi saltò addosso buttandomi a terra ed incominciò a colpirmi forte sul volto, con tutta la sua forza.  Lo capivo dalla sua foga, dalla bava che gli usciva dalla bocca, dal rossore sul suo pugno.
Eppure non provavo niente che avessi potuto considerare dolore.
Non avevo perso la sensibilità del corpo perché potevo sentire il contatto del suo pugno, ma lo percepivo come una debole carezza, e niente di più.
John si fermò, massaggiandosi la mano, che forse era fratturata in alcuni punti.

"Ma di cosa sei fatto!?  Di granito?"
Neppure io avevo idea di cosa diavolo stava accadendo al mio corpo,  di quali assurde mutazioni genetiche si fossero verificate, ma mi piaceva.

Lo colpii sulla fronte con la testa facendogli perdere i sensi.
Mi rialzai.  "Questo è ciò che meriti per avermi ingannato per tutto questo tempo!".
Mi sentii finalmente sollevato,mi ero liberato da un fardello pesante. Tutta la frustrazione che tenevo dentro dalla morte del mio allenatore, adesso s'era esaurita come la carica di una batteria.

Jane era in lacrime. Il suo pianto mi rimbombava nella testa, che cominciò a pulsare.  Ogni parte del mio corpo incomincio a dolermi oltre ogni limite. Crampi su tutti i muscoli,  fitte su tutti gli organi.  Era come se da un momento all'altro dovessi implodere.  E intanto Jane piangeva più forte di prima.

"Sta...sta zitta...STA ZITTA!"
Per alcuni istanti ebbi coscienza di ogni mio organo.  Tutto intendo.  Muscoli volontari ed involontari, organi interni: il cuore il fegato i polmoni.  Potevo percepirli, come si può percepire un braccio o una gamba. Avevo sensibilità di tutto me stesso.  Era come se il mio cervello cominciasse a lavorare al 100%.   Se lo avessi voluto so che avrei potuto togliermi la vita solo con il pensiero. Me lo sentivo. Avrei potuto fermare il cuore o un altro organo a mio piacimento. Una sensazione meravigliosa e terrificante al tempo stesso.  Era come avere la remota coscienza di una perduta parte di me,  come i mutilati alle volte riescono ad avvertire il proprio arto fantasma.

"AAAAAARGH"  levai uno strillo strozzato, e poi non sentii più nulla.  Riaprii gli occhi.   Jane era sbigottita, e lo fui anche io nel rendermi conto che adesso mi superava in altezza di tutta la testa. 
Sentii delle sirene lontane.  Dovevo scappare.

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Capitolo 6
*** Fuga ***


In lontananza udivo gli echi lontani delle sirene della polizia. In diciannove anni di vita in quella cittadina del Michigan, tra aggressioni, risse e furti, la polizia non era mai accorsa così velocemente, né mai in mio aiuto. Doveva arrivare di soprassalto proprio in un momento di tale crisi? 
E' pur vero che avevo combinato un bel macello: solo ora mi rendevo conto che, oltre ad un'intera fiancata di casa distrutta, avevo danneggiato un paio di idranti che ora stavano innaffiando tutta la strada, abbattuto un albero e arato i giardini dell'intero vicinato.
 Ma, dannazione, non potevo farmi riconoscere in quelle condizioni, sembravo un fottuto bambino con la barba!

 Jane continuava a strillare come un maiale che viene macellato, davanti alla nuova forma che avevo improvvisamente assunto e una folla di vicini gridava a gran voce la propria disapprovazione dalle case.
Dovevo scappare.  Non potevo permettere di venire incarcerato, non in un momento simile, non in quelle condizioni. Se fossi stato riconosciuto come Jack Parker sarei stato lo zimbello di tutti, avrei chiuso definitivamente e sarebbe stato davvero arduo poi riguadagnare il rispetto e la fiducia di tutti una volta tornato quello che ero.  Sì, perché in quello stato ero ancora nelle condizioni per poter sperare...Per poter pregare. Cercavo quindi di valutare anche il caso in cui sarei potuto tornare alla mia forma originaria.

 Inutile fuggire verso casa perché mi avrebbero facilmente raggiunto prima ancora che fossi riuscito a trovare una scappatoia.  Ci pensai qualche istante e poi mi decisi. Sapevo dove andare.
Il dottor Kermel avrebbe potuto rimediare un nascondiglio per occultarmi alle forze dell'ordine fornendomi vitto e alloggio. In fondo quel vecchio era in debito nei miei confronti. Me lo doveva.

Il giorno seguente sarei dovuto recarmi da lui in ogni caso. Mi avrebbe dato aggiornamenti in tempo reale sulla mia situazione o magari aveva trovato addirittura una soluzione al mio problema.  Sarebbe stato l'ideale recarsi da lui.
Nella mia totale ingenuità credevo che sarebbe giunto alle conclusioni che avrei sperato, e detto ciò che volevo sentirmi dire.

 Saltai in macchina.

"No...non posso crederci!"  
I pedali erano lontanissimi, ci arrivavo a stento.  Incominciai a sprofondare sul sedile per raggiungerli  sacrificando parte della visibilità. 
"Vai maledetta vai!"
Il motore scalciò un paio di volte e poi entrò in funzione.  Con una manovra ritornai in pista e diedi di gas. Ormai avevo arrecato così tanti danni alla comunità che un inseguimento della polizia non avrebbe certo peggiorato quella situazione ormai abbastanza compromessa in cui stavo sguazzando.
Le volanti mi stavano dietro, alcuni agenti mi incitavano a fermarmi.

"Ferma!  FERMA!  Ma...  La macchina va da sola?  Non vedo nessuno al volante da qui.  Chi stiamo inseguendo?"
"Sta zitto e non perderla di vista, Boris."

 Non potevo fermarmi, non potevo arrendermi in un momento così critico. Questo pensavo.
Eppure, forse se lo avessi fatto sarebbe stato meglio,  forse diventando un caso umano avrei potuto mobilitare scienziati e dottori, molto migliori del dottor Kermel da tutto il mondo i quali avrebbero potuto trovare nuove soluzioni per fermare l'incubo.   Ma fu a causa del mio stupido orgoglio e l'ossessionante paura di intaccare la mia reputazione che scappai quel giorno. Non volevo che una nuova sindrome prendesse il mio nome.

Ogni mio pensiero era rivolto a trovare la fonte del problema e neutralizzarlo, con l'aiuto del dottor Kermel che aveva ideato la ricetta.  Giungere nel suo laboratorio era tutto ciò che mi restava,  una seppur vaga speranza di salvarmi da quell'interminabile incubo.

 Kermel stava in un ospedale poco fuori città. Ad occhio e croce avrei impiegato quindici minuti per arrivarci, considerando la mia velocità e le strade poco trafficate che stavo percorrendo. Sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Già, se solo fossi riuscito a vedere qualcosa della strada davanti a me.
 La cabrio andava a zigzag e in certi momenti s'accostava minacciosamente alle auto che mi venivano incontro a tutta velocità.  Mi accorsi che avevo imboccato la strada contromano.

Per evitare i veicoli che incombevano dalla direzione opposta, sterzai verso il marciapiede prendendo in pieno alcune pattumiere e sradicando una dozzina di cassette della posta. Dopo poco riacquistai il controllo.
Quella astrusa situazione mi ricordava quando a nove anni facevo prove di guida con auto rubate. Più o meno le mie dimensioni erano quelle di allora.  Per fortuna quelle esperienze mi tornarono utili ora.
Svoltai di botto lo sterzo evitando un auto, e poi ancora  elusi un furgone.  Alle mie spalle sentii un boato.  Una delle volanti doveva averlo preso in pieno.
Raggiunsi l'highway e lì non trovai altri ostacoli.

 Finalmente vidi il complesso ospedaliero. Svoltai verso il prato ed una volta lì abbandonai il velivolo e corsi più che potevo verso l'edificio. Ero arrivato sano e salvo.
Dalle porte a specchio mi accorsi con orrore che avevo perso molti più centimetri di quelli che mi sarei aspettato, o forse dovevo averne perduti altri durante quel breve viaggio. Solo adesso mi rendevo conto che ogni cosa attorno a me s'era fatta più grande dell'ultima volta che mi ero recato lì. 

Il panico mi sopraffece.  La sostanza diabolica, aveva accelerato ancora il suo processo che ora era velocissimo. C'era rischio che facessi compagnia al pulviscolo prima ancora di riuscire a raggiungere il dottore.
Dovevo rappresentare una veduta impressionante per tutti i presenti visto che adesso probabilmente non raggiungevo il metro e trenta, ma continuavo tuttavia a mantenere le proporzioni e il fisico di grande atleta.   Trovai la situazione assurdamente ironica:  passare da candidato alla NBA a nano armonico nel giro di un mese.  Adesso anche se fossi stato cento volte Muggsy Bogues nessuna società del Basket di sani di mente avrebbe mai potuto anche solo valutarmi.
Ero abbastanza grande però da potermi affacciare al bancone della segreteria.

Dall'altra parte a scartabellare ricette e ricevute c'era Edward, nota checca cittadina.
Dovevo recarmi dal doc ma non avevo né il tempo né la pazienza per attendere che fosse chiamato il turno di tutti i pazienti in sala.  Dovevo inventarmi qualcosa, ed in fretta anche.

Quando ero un bulletto ciò che mi rendeva superiore agli altri della mia specie stava nella mia innata abilità nel fottere cervelli attraverso forbiti raggiri ben articolati, conditi con una buona capacità nel raccogliere informazioni riguardo usi costumi, stili di vita e abitudini della vittima. Cercai di superare me stesso cercando, con quel metodo, di dare a Brad i giusti ragguagli per suicidarsi. 

L'impadronimento delle basi della dialettica e del ben parlare, o meglio, di queste tecniche di violenza psicologica di cui ero e sono un incontrastato maestro,  le dovevo a mio padre.
Lui, professore di filosofia all'università, ha sempre voluto che precorressi le sue orme, ma l'unica cosa che mi aveva realmente trasmesso nella sua squallida e sgradevole esistenza furono queste armi mentali di cui facevo largo uso.
Le fallacie.
Ad hominem circostanziali, ad auctoritatem e ad judicium. Facevo leva nelle falle di quei ragionamenti contorti per volgere la persona al mio volere.

 Edward era diventato alquanto famoso in città per la sua esuberanza e per le sue eccentriche trovate in fatto di cappelli, tuttavia non conoscevo affatto la persona che avevo di fronte, poiché non ho mai avuto motivo di imbrogliarlo, e inoltre frequentavo ben altri ambienti da quelli in cui viveva:  il quartiere dove era solito omosessualeggiare stava da tutt'altra parte del mio.

 Forse però avevo ancora una risorsa.  Edward aveva una cotta per me e non perdeva occasione per farmelo presente ad ogni incontro durante le mie frequenti visite dal medico sportivo. Ero il suo preferito ai tempi d'oro e mi favoreggiava sempre mettendomi in testa alla fila.
Forse questa volta mi sarebbe stato utile accettare le sue avances.

 "Ehi Edward" gli dissi
" mi piace come hai intonato il colore del rossetto con la tintura per le unghie"
"Chi è lei scusi? Ci conosciamo?"
Quello che più temevo...non mi riconosceva.
"Edward, sono Jack.  Devo vedere il dottor Kermel il più presto possibile"
"Jack?... Non la conosco.   Comunque il dottor Kermel è parecchio impegnato al momento e non può riceverla"
"Ho un appuntamento con lui domani, ma la mia situazione si è parecchio aggravata!"
"Beh...Prenda un bigliettino e faccia la fila come tutti gli altri"

 Mi protesi verso di lui e abbassai la voce, ben attento a non farmi sentire dagli altri presenti.

"Edward...Eddy... per favore. Sono io, Jack Parker.  Puoi fare un'eccezione? E' davvero importante per me"
"Par...Oh che scherzo di cattivo gusto!  Lei, Jack Parker?  Jack Parker è..."
incominciò ad arrossire.
"...Lui è...Jackie è... alto, bello, di classe"
Sospirò dolcemente.

Adesso la situazione era diventata fottutamente imbarazzante, però dovevo mantenere la calma. Non potevo permettere di farmi riconoscere anche all'interno dell'ospedale, visto che avevo avuto la fortuna di non essere stato riconosciuto durante l'inseguimento grazie alla mia infima stazza.

Edward intanto stava continuando a civettare da solo.
"...Perciò lei non può essere Jack Parker"  concluse.

 Effettivamente non dovevo apparire gradevolissimo, ero d'aspetto trasandato con occhiaie violacee e barba incolta. Quel periodo non prestai la minima attenzione all'aspetto fisico, e quello ne fu il risultato.  Non che se fossi stato meno negligente sarei stato chissà quale spettacolo, rimanevo comunque un soldo di cacio.

 "Te lo chiedo per favore Eddy. Ti dico che è questione di vita o di morte"
"Non mi chiami Eddy. E poi  le dico che non posso farla entrare senza un appuntamento..."

Ci fissammo per un lungo istante. A quel punto capii di non avere altra scelta e che l'unico modo per poter averla vinta sarebbe stato fare ricorso all'ad baculum,  l'ultima delle fallacie.
...

Mi ritrovai a correre come un pazzo per il corridoio con Edward attaccato ad una caviglia. 
"BRUTTA CHECCA SPINGIMERDA, TI AMMAZZO!"

 "Fermatelo!  Questo-questo nano è pazzo! SICUREZZA!"
Con la gamba libera sfondai la porta del laboratorio 

"KERMEL! Dove sei?" 
controllai il laboratorio da cima a fondo ma non trovai nessuno.   Sopraffatto dall'ira incominciai a  sfracellare provette e alambicchi per terra e distruggere tutto ciò trovassi davani.

 "Fermati"
Edward gridava come una ragazzina.
"Fermatelo, aiuto accorrete"

 "Cosa accade?"  due ciclopici infermieri,  o almeno ciclopici ai miei occhi, entrarono di prepotenza nel laboratorio
"Quel tizio non vedete? Sta spaccando tutto. FERMATELO!"

 La vista incominciò ad offuscarsi,  fui sopraffatto dal panico.  Era la fine. Avrei fatto una fine ben peggiore della morte: sarei SCOMPARSO.  E il mio unico rimpianto sarebbe stato quello di non essermi opposto in nessun modo a quella maledizione.  Quando quell'incubo avrebbe avuto fine? Che cosa avrei dovuto fare?
Gli infermieri mi agguantarono. Tutto attorno a me incominciò a girare  ed a muoversi.  Poi tutto nero.

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Quel bianco soffitto incombeva su di me come un velo mortuario.  Il mio respiro era accompagnato solo dai suoni scanditi dell'elettrocardiogramma.  Dopo lo svenimento, dovevano avermi portato in una delle camere d'ospedale.

Sentii delle voci.

"Deve avere avuto un calo di pressione. Dice che voleva parlare col dottor Kermel. Aveva un appuntamento. Qual è il suo nome?"
"Non lo so. Dice di chiamarsi Jack Parker, ma stava chiaramente mentendo.  Non l'ho mai visto in città"
"Lasciatelo a me. E' mio paziente. Ci penZo io a lui"  finalmente una voce familiare.
"Oh, salve dottore.  Sicuro che vuole stare solo con lui?  Mi è sembrato un individuo piuttosto violento."

"Non preoccupatevi, zignori."
Alcuni rumori di passi mi fecero capire che adesso eravamo rimasti solo io e Kermel.
Grugnii.
"Do-dottore.  Finalmente!"

 "Non si sforzi troppo zignor Parker. Stia tranquillo, ci sono io adesso. 
Piuttosto, mi vuole spiegare per quale motivo ha combinato tutti quei disastri?  La polizia la sta cercando dappertutto. Dicono che ha distrutto mezza città, e nel portabagagli della sua auto è stato trovato un uomo terrorizzato."
"Brad. Me ne ero scordato..."
"Lei rischia diversi  anni di carcere, zignor Parker"
"Non ho tutto quel tempo."
"No infatti non lo ha. Fortunatamente nessuno è riuscito a riconoscere nelle sue fattezze attuali i caratteri di Jack Parker"

Lentamente incominciai a riacquistare sensibilità e lucidità.
"Perché sono svenuto? Quanto ho dormito?"   

Il soffitto della stanza mi sembrava cosi alto, e non mi ricordavo che i folti baffi del dottore fossero così enormi. E ogni oggetto di quella stanza mi parve innaturalmente grande.

 "Nulla di cui preoccuparsi. E' stata solo una comprensibile crisi di panico, uno shock. Ma è naturale, in questo periodo sta vivendo emozioni molto intense, zignor Parker.
Ha dormito per due giorni ed una notte." 
Il volto del dottore non nascose una vena di preoccupazione.

"Cazzo..."  fu l'unica cosa che la mia mente riuscii a scandire.
"cazzocazzocazzocazzo"  gli echi di quel primo pensiero mi rimbombavano nella testa.
Mi tirai fuori dal letto per ergermi in piedi.
 
"no zignor Parker, no! Potrebbe avere un altro shock. Aspett..."

 Ero già in piedi,  ma la visione che ne ebbi mi lasciò confuso.  In senso che i miei piedi si trovavano effettivamente poggiati al suolo ed il mio corpo era eretto, eppure mi sembrava di stare seduto.  A malapena arrivavo all'altezza dell'ombelico del dottore. La visione che avevo adesso era quella dei primi anni di vita,  quando tutto mi sembrava nuovo e minaccioso.

"Dottore..."  riuscii a proferire con innaturale fermezza.  "Quanto misuro adesso?"
Il dottore ebbe un attimo di esitazione.  "QUANTO?" 
"Novantuno centimetri... " 
La vista mi si appannò nuovamente, e mi accasciai sul letto in preda ad un secondo attacco di panico.

 "No, zignor parker.  Si svegli!.. Non deve dormire o velocizzerà le fasi del processo.   Prima le ho iniettato in corpo delle sostanze che dovrebbero fermare il suo rimpicciolimento, ma se si rimette a dormire vanificherà quegli effetti."

Lo afferrai per il colletto del camice.
"Niente più sostanze sperimentali!"   

"Questa volta è stato necessario, zignor Parker.   Il processo aveva assunto delle velocità così impressionanti che i suoi novantuno centimetri sono già più di quanto mi aspettassi. Se non avessi agito per tempo a quest'ora sarebbe finito in pasto agli acari del letto."

Lasciai la presa, del tutto esausto a causa dello stress.

 "Zignor Parker, io le assicuro che  tornerà tutto com'era prima. Sono riuscito a capire cosa sta succedendo in lei. 
Lei, zignor parker, è il più grande prodigio della storia dell'umanità.  Lei è un esemplare unico su sette miliardi. Lei è la soluzione ad ogni male del mondo e forse la risposta definitiva al senso della vita."  Pareva incredibilmente sicuro questa volta, nel suo entusiasmo

"...Attraverso il suo organismo potremmo estrapolare sostanze in grado di curare i più grandi mali dell'umanità:  virus, tumori, malattie... Il suo organismo è un congegno perfetto!"

Normalmente mi sarei esaltato, ma questa volta non ne avevo la forza, e neppure mi sentivo di dare troppo credito alle divagazioni di quell'uomo. L'unica cosa che mi interessava era tornare come prima.

 "Allora mi vuole spiegare perché sto rimpicciolendo? E spero per lei che abbia trovato una soluzione a questo problema."
"Ci siamo quasi, zignor Parker. Stiamo a buon punto.  Adesso non ci resta che mettere in atto le conclusioni alle quali siamo giunti.  Non posso rivelarle altro qui.  Non abbiamo tempo e inoltre non vorrei che le nostre informazioni trapelassero a qualche orecchio indiscreto. Se diventasse un caso pubblico finiremmo assaliti da orde di giornalisti che potrebbero ostacolare il nostro lavoro."
"Bene. Sono d'accordo" 
"Ora abbia ancora un po' di pazienza ed aspetti alcune ore.  La verrò a prendere e la porterò in un luogo sicuro."
"E poi voglio le risposte che cerco."
"A tempo debito le rivelerò ogni cosa. Adesso attenda qui"
"C'è rischio che rimpicciolisca ancora, durante la sua assenza?"

"Nein!  Gliel'ho detto, le sostanze nel suo corpo rallentano la sua decrescità. Al massimo può scendere di un altro paio di centimetri.  Mi raccomando, però, non si addormenti."
Uscì dalla stanza lasciando solo il silenzio.
Già. Come se potessi addormentarmi, con ogni probabilità m'aveva somministrato anche qualcosa per farmi restare sveglio.

 Rimasi sul letto per un tempo che mi apparve eterno e diversamente da come mi sarei creduto non accadde niente: era come se il mondo si fosse fermato.  Dovevano essere passati secoli, e quel maledetto Kermel ancora non arrivava.  Decisi di farmi un giro nei dintorni dell'ospedale.

Era una sensazione strana e impressionante vedere oggetti comuni formato gigante. Era come essere tornati allo stadio di infante, ma con la lucidità di un adulto.
E anche il fisico era quello di un adulto.

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Mi ritrovai nel giardino interno del complesso ospedaliero. Il mondo appariva gigantesco, gli alberi erano colossali, l'erba mi arrivava alle caviglie.

 "Guarda, guarda guarda" sentii una voce alle mie spalle. Mi girai e vidi una massa enorme giganteggiare davanti a me,  un grasso individuo con delle bende attorno alla testa.

 Lo guardai meglio e notai  che era il ridicolo bulletto grasso che era stato messo in fuga alcuni  giorni prima dallo scatenato lancio di pietre di John e gli altri.  Una delle pietre doveva avergli provocato una piccola commozione cerebrale, per questo motivo ora avevo la sfortuna di incontrarlo.
Si rivolse agli altri due giganti che dovevano essere i suoi piccoli sgherri.

"Guardate ragazzi, è un nano! Un nano vero! Non ne avevo mai visto uno prima"
"Guarda che barba ispida disgustosa. Fa troppa impressione."
"Facciamogli un video"

 Non avevo tempo di fare da balia a dei piccoli aspiranti Jack Parker. Li ignorai del tutto e cercai di individuare all'orizzonte l'auto del dottore.

 "Ehi ci ignora! Non è felice di diventare famoso?"
"Ragazzi che ne dite di buttarlo di forza dentro lo zaino, e poi gli diamo fuoco. Filmiamo e mettiamo tutto su youtube."
"E se lo buttassimo dal cavalcavia?"
"Oppure prima gli diamo fuoco e poi lo gettiamo dal cavalcavia."
"Non lo so, non mi convince...  Al giorno d'oggi dare fuoco ai barboni o lanciarli da un ponte, è roba old, roba che fan tutti. E quante visualizzazioni sperate di prendere per una cosa così?  Io penso in grande invece."
"Ma è un nano. Questo farà pure qualche differenza sulle visualizzazioni"

Uditi quei discorsi omicidi, decisi che forse sarebbe stato opportuno  tenere a bada quei tre bambocci e mostrar loro con chi avevano a che fare.

Improvvisamente ebbi un tremito, e poi avvertii una sensazione stranissima: nuova e familiare al tempo stesso. Mi stava prendendo un'altra di quelle crisi che mi era presa davanti a Jane.
Ebbi una sensazione di caldo, e poi di freddo.  Il mio corpo si muoveva da solo, mi contorcevo e mi dimenavo in modo impossibile senza sentire alcun dolore.
Poi, finalmente ripresi il controllo di me stesso.

"O CAZZO!" gridava uno sopraffatto dal panico.
"Ma questo è peggio di Freddy Krueger!"
Fuggirono tutti spaventati a morte.
...
"Questo sì che otterrà visualizzazioni. Hai filmato?
"No, cazzo! Mi sono scordato"
...

Inorridii anche io.  Adesso non ero più alto dello zaino che quei ragazzini portavano addosso.
"Jack! Vieni qui!  Entra in macchina."
Gridava il dottor Kermel, che finalmente era arrivato.

GLOSSARIO:
Freddy Krueger: protagonista di un noto horror anni '80-'90 caratterizzato da scene di estrema violenza, negli spasmi e nelle convulsioni delle vittime
Highway:  strada extraurbana statunitense.
nanismo armonico : Il soggetto nell'insieme mantiene le sue proporsioni.  

Il manuale del raggiro di Jack Parker.  (alcune tecniche)

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Fallacie:  sono errori nascosti nel ragionamento che comportano la violazione delle regole di un confronto argomentativo corretto.  I ragionamenti fallaci appaiono come rigorosi e logici ma in realta non sono validi.

Ad hominem circostanziale:  consiste nel tentativo di confutare una tesi portando un attacco alle circostanze di una persona  (religione in cui crede, l'affiliazione politica, valori etici, etc).  Argomento falace perché le prefereze di una persona non hanno alcun nesso logico con la verità di un'affermazione.

Ad auctoritatem (appello all'autorità): Questa fallacia ha luogo ogni qual volta noi rifiutiamo una tesi o l'accettiamo solo per il prestigio o il rispetto che attribuiamo a chi la propone.

Ad judicium: Caso particolare di ad auctoritatem Il gran numero di persone che sostiene la tesi costituisce l'autorità.

Ad baculum (al bastone):  imporre una tesi minacciando di ricorrere alla forza o esercitando qualche forma di pressione all'interlocutore.

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